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XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 27 febbraio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2 

Audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, già Ambasciatore d'Italia al Cairo dal 2013 al 2016, Maurizio Massari.
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 2 
Massari Maurizio , Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, già Ambasciatore d'Italia al Cairo dal 2013 al 2016 ... 2 
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 8  ... 8  ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO

  La seduta comincia alle 8.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso.

Audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, già Ambasciatore d'Italia al Cairo dal 2013 al 2016, Maurizio Massari.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, già Ambasciatore d'Italia al Cairo dal 2013 al 2016, Maurizio Massari.
  Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, come concordato, i lavori proseguiranno in forma segreta dopo l'esposizione dell'audito.
  Invito l'ambasciatore Massari a prendere la parola ringraziandolo per la disponibilità immediatamente manifestata, nonostante i gravosi impegni del suo attuale incarico.

  MAURIZIO MASSARI, Rappresentante permanente d'Italia presso l'Unione europea, già Ambasciatore d'Italia al Cairo dal 2013 al 2016. Grazie, Presidente. Desidero rivolgere innanzitutto un ringraziamento sentito a lei e a tutti i membri della Commissione per avermi consentito di essere qui oggi e per avermi offerto la possibilità di delineare qual è stato il mio ruolo in qualità di ambasciatore d'Italia al Cairo durante la scomparsa e il tragico omicidio di Giulio Regeni.
  Da subito vorrei sottolineare il fortissimo impegno che è stato profuso a tutto campo da me personalmente e da tutta l'Ambasciata al Cairo, in raccordo con il Governo a Roma, sin dai primissimi momenti della scomparsa di Giulio, e per tutta la mia permanenza al Cairo sino al mio richiamo a Roma, il giorno 8 aprile 2016. Impegno che ho esercitato costantemente sollecitando, attraverso tutti i canali dell'ambasciata, le competenti autorità egiziane, e sostenendo sempre e in ogni modo l'attività dei nostri organi inquirenti nella ricerca della verità sul barbaro omicidio di Giulio. Non abbiamo lesinato alcuno sforzo sia nella ricerca di Giulio sia nella ricerca della verità, una volta giunti al tragico epilogo di questa vicenda. Molte delle cose che mi appresto a dire sono già state illustrate dal Segretario generale, l'ambasciatore Belloni, con cui in quel periodo ho lavorato in stretto raccordo in quanto l'ambasciatore Belloni era capo di gabinetto dell'allora Ministro degli esteri Gentiloni.
  Articolerò il mio intervento illustrando le azioni intraprese da me e dall'Ambasciata al Cairo, nell'immediatezza della scomparsa e del ritrovamento del cadavere di Giulio, con i numerosissimi interventi effettuati a tutto campo in quei giorni.
  Giulio Regeni scomparve improvvisamente al Cairo la sera del 25 gennaio 2016. Venni informato con una telefonata alle 23.21 del professor Gennaro Gervasio, professore di economia presso l'Università britannica del Cairo, con il quale Giulio aveva appuntamento quella sera stessa. Non conoscevo Giulio, né io personalmente né il resto del personale dell'ambasciata e del consolato, non avendo Giulio Regeni segnalato,Pag. 3 come del resto accade con molti nostri connazionali non solo in Egitto, ma un po’ in tutto il mondo, presso i nostri uffici la sua presenza al Cairo. Gervasio invece l'avevo visto alcune volte in occasione di eventi, anche se non era, tra gli italiani al Cairo, un regolare interlocutore dell'ambasciata. Gervasio mi disse, con tono preoccupato, che un suo amico, uno studente ricercatore, Giulio Regeni, era improvvisamente scomparso. Aveva con lui un appuntamento alle 20 di quella sera presso un ristorante in centro nei pressi di piazza Tahrir, ma Giulio non si era presentato all'appuntamento, e vani erano stati i suoi, di Gervasio, numerosi tentativi di contattarlo sul cellulare. Ricordo che il 25 gennaio è in Egitto una data particolare, legata agli eventi del 2011: una data in cui dopo i mutamenti politici nel giugno 2013, alla vigilia e durante ogni anniversario, le autorità egiziane rafforzano le misure di controllo sociale e di ordine pubblico. Regolarmente, in quella data, come all'occasione, in altre circostanze, quando si preannunciano situazioni di potenziale pericolo per i nostri connazionali, l'ambasciata invia alla rete dei connazionali registratisi via sms un warning, cioè un avviso per raccomandare la massima cautela ed evitare luoghi e situazioni potenzialmente pericolosi; cosa che facemmo regolarmente anche alla vigilia di quel giorno. Regeni non essendosi mai segnalato, come dicevo, presso i nostri uffici, non poteva aver ricevuto direttamente il nostro avviso, né siamo in grado di sapere se sia stato indirettamente informato dai suoi conoscenti italiani, invece registratisi presso di noi, e quindi destinatari del nostro avviso.
  A seguito della telefonata di Gervasio, contattai immediatamente il responsabile del nostro ufficio di intelligence in ambasciata chiedendogli di attivare i propri interlocutori egiziani. Mi rispose poco dopo che a seguito di alcune prime verifiche, le controparti locali non avevano alcuna informazione su Giulio Regeni. Dalle informazioni successivamente raccolte, apprendemmo che Giulio Regeni si trovava al Cairo dal settembre 2015, e stava svolgendo un dottorato presso l'Università di Cambridge. In questo ambito, stava svolgendo una ricerca sul campo al Cairo sui sindacati indipendenti egiziani. Era anche un visiting researcher presso l'American University of Cairo, e per poter svolgere questa attività di ricerca, dalle informazioni raccolte, aveva stabilito una serie di contatti con gli ambienti sindacali egiziani, tra cui anche i sindacati dei venditori ambulanti. La mattina del 26 gennaio intervenimmo a più riprese presso le competenti autorità egiziane, reiteratamente attraverso i funzionari responsabili dell'intelligence e anche del Ministero dell'interno in Ambasciata, perché fossero avviate le ricerche e si giungesse quanto prima al ritrovamento del nostro connazionale. Nella giornata del 26, prima che passassero le ventiquattr'ore dalla scomparsa di Giulio, interessai ufficialmente tramite formale nota verbale il Ministero degli esteri egiziano. Al contempo, sollecitai anche il Ministro di Stato egiziano per la produzione militare, Mohamed El-Assar, un mio regolare interlocutore, e conoscenza personale, particolarmente influente e vicino ai vertici militari dell'intelligence. El-Assar mi assicurò di occuparsene personalmente e di informare tempestivamente il Ministro dell'interno, Magdi Abdel Ghaffar, per sensibilizzarlo sulla delicatezza e importanza del caso. Inoltre, informai e chiesi l'intervento anche dell'allora ambasciatore egiziano a Roma, Amr Helmy.
  Nella notte tra il 26 e 27 gennaio, su mie istruzioni, un funzionario dell'ambasciata si recò presso il commissariato di polizia del quartiere Dokki per sporgere formale denuncia di scomparsa. Nel frattempo sollecitai la cancelleria consolare dell'ambasciata al Cairo, affinché procedesse a effettuare le opportune verifiche presso gli ospedali e gli obitori del Cairo. Il 27 gennaio informammo i genitori di Giulio, Claudio Regeni e Paola Deffendi, che giunsero al Cairo il successivo 30 gennaio. Sempre il 27 gennaio, sollecitai di nuovo i miei interlocutori egiziani dei ministeri degli esteri, in particolare l'allora assistant minister, cioè il viceministro per gli affari europei, l'ambasciatore Hossam Zaki, e dell'interno, dal capo di gabinetto del Ministro Ghaffar sino Pag. 4al responsabile dei rapporti con l'Italia, il colonnello Shawkat, per avere notizie. Al contempo avanzammo la prima formale richiesta di incontro con il Ministro dell'interno Ghaffar; incontro che venne ripetutamente sollecitato nei giorni successivi, ma che fu tuttavia concesso solamente il 2 febbraio.
  Nel corso di queste prime 48 ore, dai contatti avuti attraverso il responsabile dell'intelligence e del ministero degli interni in ambasciata, le diverse articolazioni di sicurezza egiziane – come sapete ce ne sono diverse, ossia la National Security, la polizia e l'intelligence militare – esclusero che Giulio Regeni fosse stato fermato o arrestato. Il 28 gennaio si svolse un'udienza sul caso presso il procuratore della repubblica egiziano, a cui partecipò il legale di fiducia dell'ambasciata, l'avvocato Salim Abdel Monsif, per intensificare anche il binario criminale delle indagini. Nei giorni successivi continuai ripetutamente a sollecitare l'assistant minister per gli affari europei Zaki, e interessai anche il consigliere per la sicurezza nazionale egiziano, l'ambasciatore Faiza Abou el-Naga, una stretta collaboratrice del presidente egiziano Al-Sisi. Entrambi gli interlocutori, pur sottolineando come le autorità egiziane e in primis il ministro dell'interno fossero a conoscenza del caso, mi ribadivano di non avere alcuna notizia circa il nostro connazionale scomparso, precisando che egli non risultava ufficialmente fermato dalle autorità egiziane.
  Naturalmente di tutte queste azioni dello stato della situazione, ho tenuto costantemente informato le nostre autorità a Roma, in particolare la Farnesina e la Presidenza del Consiglio. Devo dire che ciò che maggiormente colpiva, e preoccupava con il passare delle ore e dei giorni, era la mancanza di risposte concrete da parte delle autorità egiziane, e ciò malgrado le mie insistenze e l'eccellenza dei rapporti bilaterali e anche personali con le autorità egiziane che esisteva a tutti i livelli. Ricordo che all'epoca, l'Italia e la nostra Ambasciata al Cairo erano tra i Paesi maggiormente profilati, sia per quanto riguarda l'intensità delle relazioni diplomatiche sia per i rapporti politici al più alto livello sia per i rapporti economici. Non potevo non notare il contrasto tra questo stato eccellente dei rapporti bilaterali e l'elusività delle risposte rispetto al caso Regeni, il dilazionare di fronte a una situazione che pure avevamo rappresentato alle autorità egiziane, sin dall'inizio, come di prioritaria importanza per l'Italia, per gli evidenti risvolti umani oltre che politici. In questi giorni attivammo con la mia squadra diplomatica contatti anche con esponenti della società civile egiziana, nostri abituali interlocutori, alla ricerca di eventuali notizie sulla sorte di Giulio. Nessuno aveva informazioni certe. Qualcuno ci ricordava che casi simili di sparizione di cittadini stranieri in Egitto, si erano già verificati, soprattutto con studiosi ricercatori americani che erano stati fermati dalle autorità egiziane, ma erano poi riapparsi dopo un certo numero di giorni. Altri ci indicavano che Regeni sarebbe stato in realtà attenzionato già da qualche tempo per la sua attività sui sindacati indipendenti, e che questo avrebbe potuto essere la motivazione eventuale, il suo fermo da parte degli organi della sicurezza egiziana, ma ovviamente erano fonti e informazioni non verificabili che comunque aumentavano la nostra preoccupazione e stato di allerta. In assenza di riscontri attraverso i canali diplomatici e di intelligence, decidemmo pertanto di elevare a livello politico la pressione sulle autorità egiziane. Il 31 gennaio, il nostro Ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, ebbe un colloquio telefonico con il Ministro degli esteri egiziano Shoukri, per rappresentare la forte preoccupazione del nostro Governo per la sparizione di Giulio Regeni, e richiedere la massima collaborazione delle autorità egiziane. Al termine del colloquio fu pubblicato un comunicato che rese quindi pubblico il caso. Il 31 gennaio, cinque giorni dopo la mia richiesta, il viceministro degli esteri egiziano mi disse che il ministro dell'interno mi avrebbe incontrato presto. Avevamo tra l'altro avuto conferma in quei giorni, attraverso i nostri contatti informali con l'American University of Cairo, che il ministro dell'interno era personalmente impegnato sul caso Regeni.Pag. 5
  Il 2 febbraio 2016, dopo ripetuti tentativi, ottenni finalmente un lungo incontro con il Ministro dell'interno Ghaffar, al quale sottolineai con fermezza la forte preoccupazione del Governo italiano, nonché il crescente interesse dei media e dell'opinione pubblica italiani e rinnovai l'appello affinché ogni sforzo fosse dispiegato per giungere a una rapida e positiva soluzione del caso. L'atteggiamento del ministro Ghaffar risultò evasivo. Malgrado la mia insistenza, il ministro disse ripetutamente di non sapere e di non disporre di informazioni. Il ministro non fornì alcun dettaglio sull'andamento dell'inchiesta o su possibili ipotesi circa la sparizione di Giulio. Fece soltanto un riferimento ai numerosi contatti con gli egiziani di Giulio, che erano al vaglio delle autorità egiziane. Chiesi con insistenza che, per l'Italia, riavere e rivedere Giulio era l'assoluta priorità e che contavamo per questo sulla massima collaborazione e impegno da parte delle autorità egiziane, in virtù anche degli stretti rapporti di amicizia fra i due Paesi, tra l'altro alla vigilia di una visita al Cairo di un ministro di Governo e di una missione di imprenditori italiana, a dimostrazione dell'intensità dei nostri rapporti. Nel tentativo di ottenere qualche indicazione sulla sorte del nostro connazionale, chiesi altresì al ministro dell'interno un aggiornamento sullo stato delle indagini e sulle ipotesi investigative su cui le autorità egiziane stavano lavorando: Ghaffar mi rispose che dalle registrazioni delle videocamere, poste nelle stazioni della metropolitana, non risultava alcun passaggio di Giulio la sera del 25 gennaio, ribadì che tutte le ipotesi erano ancora sul tavolo e assicurò che tutte le informazioni che sarebbero state raccolte dai servizi di intelligence egiziani, che hanno una consolidata esperienza nella localizzazione di persone, sarebbero state condivise in modo trasparente con l'ambasciata. Il 3 febbraio 2016, l'allora Ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, si trovava in missione al Cairo, alla testa di una delegazione imprenditoriale di alto livello e plurisettoriale: partecipavano infatti rappresentanti di aziende attive nei settori dell'automotive, farmaceutico, energia, agroalimentare e costruzioni. Si trattava di una delle numerose visite governative che avevamo organizzato sino a quel momento, e che si inserivano in un partenariato economico e commerciale bilaterale molto intenso tra Italia ed Egitto. Infatti, la visita del ministro Guidi sarebbe stata propedeutica all'organizzazione di un vertice bilaterale Italia-Egitto, che avrebbe dovuto tenersi a marzo del 2016, vertice che poi naturalmente, alla luce degli sviluppi, non ebbe luogo. Il ministro Guidi portò il caso all'attenzione del presidente Al-Sisi, durante un colloquio privato, prima dell'incontro istituzionale con la delegazione italiana. Il presidente egiziano ascoltò e garantì al ministro Guidi che si sarebbe occupato personalmente del caso. Ricordo anche che dopo la riunione plenaria con la delegazione, il presidente Sisi volle nuovamente rassicurare il ministro Guidi circa il suo impegno personale sul caso di Giulio. Tale colloquio aveva rappresentato un ultimo tassello dell'azione a tutto campo effettuata in quei giorni, durante innumerevoli contatti e incontri a vari livelli con le autorità egiziane.
  Come sapete, il 3 febbraio 2016, il corpo senza vita di Giulio Regeni venne ritrovato nelle prime ore della mattina alla periferia del Cairo, lungo la strada che conduce ad Alessandria, ma non ne avemmo immediata notizia da parte delle autorità egiziane. Fu soltanto la sera di quel giorno, poco prima delle 20, durante lo svolgimento di un ricevimento in residenza in onore del ministro Guidi e della delegazione di imprenditori, che l'assistant minister per gli affari europei del Ministero degli esteri, l'ambasciatore Zaki, mi informò ufficiosamente del ritrovamento, poche ore prima, in una zona della periferia del Cairo, di un corpo di un giovane che sarebbe stato corrispondente a quello di Giulio Regeni. Poco dopo mi giunse notizia sul mio cellulare, dalla mia fonte egiziana non istituzionale dell'American University of Cairo, che mi informava che era stato effettivamente ritrovato il corpo di Giulio Regeni. Suggerii quindi al ministro Guidi, che ancora non era giunta in residenza, che, prima di recarsi al ricevimento, che Pag. 6era appena iniziato, di richiedere immediatamente alle autorità egiziane conferma ufficiale della morte di Giulio Regeni e spiegazioni delle circostanze del suo decesso, considerando che soltanto poche ore prima il nostro ministro aveva ricevuto rassicurazioni dal presidente stesso. Cercai invano di ottenere a nome del Governo italiano, e del ministro Guidi, tali conferme e spiegazioni da parte delle autorità egiziane. Ricordo che mi rivolsi immediatamente e con insistenza, oltre che al rappresentante del ministero degli esteri egiziano presente al ricevimento, anche telefonicamente agli altri interlocutori istituzionali egiziani, inclusi gli uffici del presidente.
  Non avendo avuto risposta, riscontro a questa richiesta di ufficializzazione della morte del nostro connazionale e delle spiegazioni sulle circostanze del suo decesso, a quel punto suggerii al ministro Guidi di considerare di annullare il ricevimento e interrompere la visita. Ritenevo che continuare un evento sociale e una missione di business, quando un cittadino italiano era stato appena ritrovato morto in circostanze misteriose, con le autorità egiziane che, con ambiguità e imbarazzo, rifiutavano persino di ufficializzare la notizia, dopo otto giorni di nostra insistente ricerca di informazioni sulla sua sparizione, ritenevo fosse assolutamente incompatibile in primo luogo con il rispetto nei riguardi della vita di Giulio e della sua famiglia, che si trovava in quel momento al Cairo. La protezione dei nostri connazionali, ritengo sia il primo dovere, in assoluto, di un diplomatico all'estero, in qualsiasi posizione esso si trovi; ma si trattava, lasciatemelo dire, anche di una questione di rispetto nei confronti dell'Italia stessa.
  Assieme allo stesso ministro Guidi decidemmo di recarci dai genitori del ragazzo, che alloggiavano presso l'abitazione di Giulio a Dokki, per comunicargli personalmente la tragica notizia, e portare immediatamente le condoglianze del Governo italiano. Il ministro Guidi, di concerto con il nostro Governo a Roma, decise contemporaneamente di cancellare la visita in corso, e di fare immediato rientro in Italia. L'ambasciata informò di tali decisioni le autorità egiziane con una nota verbale la mattina successiva, il 4 febbraio. Quella sera stessa, il giorno 3 febbraio, invitai i genitori di Giulio a trasferirsi presso la mia residenza in ambasciata. In quelle ore ebbi notizie, dalla stessa fonte dell'American University of Cairo, che Giulio si trovava presso l'obitorio centrale di Zeinhom, al-Mokattam, e che sarebbe stato opportuno andarlo a vedere quanto prima, prima che fosse portato via dalle autorità egiziane per l'autopsia, facendomi indirettamente intendere che lo stato del suo corpo doveva essere in condizioni critiche. Chiesi ripetutamente autorizzazione ufficiale per visitare l'obitorio, autorizzazione che però non ottenni. D'intesa con Roma decisi quindi durante la notte, intorno all'una di notte, di recarmi in ogni caso presso l'obitorio con un carabiniere e il responsabile del ministero dell'interno dell'ambasciata. In quell'occasione potemmo visionare il corpo di Giulio e riscontrammo oggettivamente segni di violente percosse, abrasioni e torture su tutto il corpo. Una scena che ha lasciato una traccia indelebile nella mia memoria. Il corpo, ci dissero dall'obitorio, era stato portato lì verso le 17 di quel pomeriggio da un'ambulanza proveniente dalla periferia del Cairo. Le autorità egiziane, come ho detto, non ritennero in quelle ore di informare l'ambasciata né di confermare il decesso.
  La mattina del 4 febbraio, su istruzione del mio Governo, consegnai personalmente al capo di gabinetto del Ministro degli esteri egiziano Shoukry, l'ambasciatore Seifeldin, una nota verbale contenente la richiesta dell'immediata ufficializzazione della notizia del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, nonché lo svolgimento di un'inchiesta esaustiva sulla tragica vicenda in cui fosse espressamente prevista anche la partecipazione di esperti italiani e, infine, la restituzione immediata della salma del nostro connazionale. Lo stesso giorno l'ambasciata provvide al formale riconoscimento della salma presso l'Istituto di medicina legale di Zeinhom dove i medici legali effettuarono l'autopsia confermando nel loro referto i segni di prolungata torturaPag. 7 sul corpo di Regeni. Su nostra insistente richiesta, la sera del 4 febbraio la salma di Giulio venne trasferita presso l'ospedale italiano, per essere poi rimpatriato il successivo 6 febbraio.
  Il giorno 5 febbraio giunse al Cairo la squadra investigativa italiana composta da sette membri, del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri, del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, più un funzionario di Interpol, per la conduzione delle indagini congiuntamente con le controparti egiziane, secondo quanto era stato concordato direttamente al telefono il giorno precedente, il 4 febbraio, dal nostro Primo Ministro e dal presidente egiziano. Da questo momento prese avvio l'attività investigativa degli inquirenti italiani che per settimane hanno affiancato gli inquirenti egiziani. Contemporaneamente, fu trasmessa al nostro Ministero della giustizia, attraverso la nostra ambasciata, una rogatoria, una richiesta di assistenza giudiziaria alle autorità egiziane. Purtroppo nei mesi successivi all'omicidio di Giulio, nonostante gli sforzi profusi, fu constatata l'assenza di significativi sviluppi nelle indagini sul tragico evento. Al contrario, com'è noto pubblicamente, assistemmo alla produzione di ricostruzioni e versioni assai poco credibili, fatte filtrare a mezzo stampa, quando era in corso l'indagine congiunta con il nostro team investigativo su ciò che è accaduto a Giulio.
  Il 24 marzo del 2016, il nostro team investigativo stava facendo rientro in Italia, quando fu fermato all'aeroporto, proprio pochi minuti prima dell'imbarco sull'aereo di rientro dal Cairo, da una telefonata della controparte egiziana che annunciava importanti sviluppi sul caso. Convocati immediatamente in procura, i membri del team investigativo italiano vennero informati dalle autorità egiziane che cinque persone, legate all'omicidio di Regeni, erano state uccise. Le autorità egiziane fecero sapere che i cinque uomini avrebbero fatto parte di una banda specializzata nel rapimento di stranieri, e che, al momento dell'arresto, c'era stato uno scontro a fuoco con la polizia che aveva portato alla loro morte. Il ministero dell'interno egiziano, a sostegno di questa tesi, affermò che il portafoglio di Giulio Regeni con i suoi documenti, fino ad allora irreperibili, erano stati trovati in una sacca di pelle rossa, in un appartamento legato alle persone uccise. I documenti, il passaporto, la tessera dell'Università di Cambridge, quella della AUC, l'American University of Cairo, le carte di credito, erano stati fotografati, poggiati su un piatto d'argento e diffusi sulla pagina Facebook del ministero dell'interno egiziano, insieme al comunicato degli arresti. Fu evidente sin da subito ai nostri inquirenti che si trattava di una versione inverosimile che non poteva aiutare il prosieguo delle indagini congiunte in un clima di fiducia.
  Il 7 e 8 aprile 2016, si tenne a Roma un vertice tra i team investigativi italiano ed egiziano, che sarebbe dovuto servire a uno scambio di documenti e informazioni richiesti tramite rogatoria l'8 febbraio precedente. Come sappiamo, quel vertice si rivelò totalmente infruttuoso, in particolare per la mancata consegna dei tabulati telefonici di una decina di utenze riconducibili ad altrettanti cittadini egiziani e di documenti relativi al traffico di cella. Di fatto, con quel vertice, la collaborazione con le autorità egiziane si interruppe e, a causa dello stallo venutasi a creare, l'allora Ministro degli esteri Gentiloni dispose, l'8 aprile 2016, il mio richiamo a Roma per consultazioni.
  Signor Presidente e componenti della Commissione, ho cercato di presentare una sintetica, ma completa, disamina delle principali azioni, poste in essere da me personalmente e da tutta l'ambasciata al Cairo durante tutte le fasi della vicenda per trovare Giulio, per fornire l'assistenza necessaria alla famiglia e per sostenere il lavoro degli inquirenti italiani nel ricostruire le circostanze che hanno portato a questo tragico epilogo. Vorrei ringraziare ancora, a quattro anni di distanza, tutti i miei collaboratori in ambasciata e la nostra squadra investigativa per l'impegno enorme e la professionalità con cui hanno affrontato questa difficilissima sfida e per aver cercato di contribuire alla ricerca della verità sulla morte di Giulio Regeni. Ringrazio la vicinanza dei miei colleghi diplomatici a Pag. 8Roma con cui ho interagito quotidianamente in quei difficili giorni, la vicinanza del Governo, e in particolare del Ministro degli esteri di allora, Paolo Gentiloni. Soprattutto, vorrei ribadire la mia vicinanza ai genitori di Giulio che hanno dimostrato in questa tragica vicenda un coraggio e forza d'animo eccezionali.
  La sparizione di un giovane e promettente ricercatore italiano è una perdita, oltre che per la sua famiglia, per l'Italia, ma Regeni era anche e soprattutto, visto il suo background accademico, un cittadino europeo. La sua tragica fine riguarda anche l'Europa. L'Unione Europea è stata in varie occasioni interessata sul caso, su impulso delle autorità italiane, e dovrà mantenere alta l'attenzione, così come sarebbe da assicurare, da parte dell'Università di Cambridge presso cui Regeni svolgeva il suo dottorato, tutta la necessaria collaborazione. Auspico che piena luce possa essere fatta su questa tragica vicenda e che, attraverso la verità, la piena fiducia nei rapporti dell'Italia e dell'Europa con l'Egitto possa essere ripristinata. Ringrazio il presidente e tutti i componenti della Commissione per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatore Massari per questa importante ricostruzione.
  Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
  (La Commissione prosegue in seduta segreta)

  PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
  (La Commissione riprende in seduta pubblica)

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ambasciatore Massari e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.