Sulla pubblicità dei lavori:
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3
Audizione dell'avvocato Angelino Alfano, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Governo Gentiloni):
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 3
Alfano Angelino , già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 15
Tripodi Maria (FI) ... 15
Quartapelle Procopio Lia (PD) ... 16
Pettarin Guido Germano (FI) ... 16
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 17
Alfano Angelino , già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 18
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 19
Ungaro Massimo (IV) ... 19
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 20
Formentini Paolo (LEGA) ... 20
Suriano Simona (M5S) ... 20
Alfano Angelino , già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 20
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 20
Alfano Angelino , già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 21
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 21
Alfano Angelino , già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 21
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 22
Alfano Angelino , già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 22
Palazzotto Erasmo , Presidente ... 22 ... 22 ... 22
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ERASMO PALAZZOTTO
La seduta comincia alle 14.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche tramite impianto audiovisivo a circuito chiuso, nonché via streaming sulla web-tv della Camera, come convenuto in sede di Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.
Audizione dell'avvocato Angelino Alfano, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Governo Gentiloni).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dell'onorevole Angelino Alfano, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel Governo Gentiloni.
Ricordo che la seduta odierna si svolge nelle forme dell'audizione libera e che, ove necessario, i lavori potranno proseguire in forma segreta, sia a richiesta dell'audito sia dei colleghi che formuleranno quesiti od osservazioni.
Ricordo, altresì, ai colleghi la prescrizione di indossare la mascherina, mentre consentirò di prendere la parola senza, avendo assicurato la necessaria distanza grazie alla dislocazione dei posti e alla sanificazione dei singoli microfoni.
Ringrazio, a nome di tutta la Commissione, l'onorevole Angelino Alfano, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel Governo Gentiloni per aver accettato l'invito a intervenire in audizione, anche alla luce delle funzioni assolte come Ministro dell'interno nel Governo Renzi.
L'odierna audizione si inserisce – dopo quelle del Ministro Di Maio e dell'ex Ministro Moavero Milanesi – nell'ambito del ciclo delle audizioni di coloro i quali sono stati in successione alla guida della politica estera italiana, fino a risalire all'epoca dei fatti, che la Commissione sta svolgendo.
Come noto, la delibera istitutiva di questa Commissione parlamentare di inchiesta sancisce il compito di «verificare fatti, atti e condotte commissive e omissive che abbiano costituito o costituiscano ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale delle responsabilità relative alla morte di Giulio Regeni».
L'audizione dell'onorevole Alfano rappresenta quindi per la Commissione un tassello essenziale perché durante la sua gestione della Farnesina, nell'agosto 2017, l'ambasciatore d'Italia ha fatto ritorno al Cairo. Ciò al fine di ricostruire l'intreccio tra la dinamica dei rapporti italo-egiziani e l'accertamento della verità sulla morte di Giulio Regeni, nonché di verificare la portata della pressione diplomatica esercitata ovvero esercitabile.
È quindi di assoluta priorità per questa Commissione approfondire le istruzioni che sono state impartite alla nostra ambasciata al Cairo e valutare le azioni che allora furono intraprese per tutelare la credibilità internazionale dell'Italia e per onorare le promesse fatte all'opinione pubblica e alla famiglia Regeni.
In tale ottica, acquista rilevanza l'andamento della cooperazione giudiziaria che ha conosciuto alti e bassi rispetto ai quali questa Commissione è chiamata a individuare cause e responsabilità.Pag. 4
Con riferimento alle funzioni precedentemente assolte al Viminale dall'onorevole Alfano, è interesse di questa Commissione acquisire le sue valutazioni sia in ordine all'impegno dispiegato dalle forze di polizia nelle indagini sin dai primi giorni dopo il ritrovamento del corpo senza vita di Giulio Regeni, sia le sue considerazioni sul partenariato strategico con l'Egitto nella lotta al terrorismo e nel controllo dei flussi migratori, a cui si è fatto spesso riferimento nei nostri lavori in particolare da parte dei rappresentanti diplomatici.
Ricordo che oggi il Presidente della Camera si è espresso durante la cerimonia del Ventaglio per chiedere al nostro Governo di prendere azioni decise per ottenere la verità e di cambiare strategia nel caso in cui non ci fossero delle risposte adeguate.
Invito dopo quest'ultima precisazione l'onorevole Angelino Alfano a prendere la parola.
ANGELINO ALFANO, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor presidente, onorevoli componenti di questa Commissione, ritengo il barbaro assassinio di Giulio Regeni uno dei casi più drammatici con cui la nostra Repubblica si sia trovata a confrontarsi e l'accertamento della verità su esecutori, complici, eventuali mandanti e movente il compito più alto da assolvere da parte di chi ha svolto, svolge e svolgerà funzioni di governo, parlamentari e giudiziarie utili a questo obiettivo. Per tale ragione mi sia preliminarmente consentito di manifestare il mio apprezzamento alla Camera dei deputati che questa Commissione ha voluto, all'onorevole Palazzotto, che fortemente ne ha sollecitato la nascita fin dalla scorsa legislatura, e a tutti voi che con il vostro lavoro contribuite all'efficacia della sua azione, un'azione che, insieme a quella della magistratura, del Governo e del Parlamento, è stata corroborata da una costante attenzione da parte dell'opinione pubblica italiana, che mai ha smesso di chiedere verità e giustizia sulla morte di Giulio Regeni. Sono, la verità e la giustizia, le uniche risposte che le istituzioni devono impegnarsi a dare ai genitori di Giulio Regeni e all'opinione pubblica italiana e internazionale. È con questo spirito, presidente e onorevoli deputati, che mi accingo a offrire a codesta Commissione il contributo che mi è stato e mi sarà richiesto nel corso di questa audizione.
Nei giorni della scomparsa di Giulio Regeni, della sua morte e del rinvenimento del suo corpo, svolgevo l'incarico di Ministro dell'interno nel Governo presieduto dall'oggi senatore Matteo Renzi. In seguito ai tragici fatti, oltre alle procedure che vengono per prassi attivate attraverso il canale Interpol, che fa capo al Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, immediatamente furono messi a disposizione della Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati commessi all'estero contro cittadini italiani, tutte le risorse investigative ritenute necessarie: investigatori specializzati del Servizio centrale operativo (SCO) della Polizia di Stato; esperti del Servizio di polizia scientifica; il personale del Servizio di cooperazione internazionale. Anche l'Arma dei carabinieri mise a disposizione analoghe risorse. Il 4 febbraio del 2016, il giorno seguente al rinvenimento del corpo di Giulio Regeni, la Procura della Repubblica di Roma delegò il Servizio centrale operativo e il Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri (ROS) a svolgere ogni opportuno approfondimento informativo e investigativo. Si tratta dei due uffici investigativi di vertice della Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri. Il 5 febbraio del 2016 investigatori di tali uffici furono inviati al Cairo unitamente al personale del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia, permanendovi per circa due mesi. Io ebbi modo di annunciare la loro partenza nel corso di una trasmissione televisiva del mattino, chiedendo il massimo sforzo all'Egitto per l'accertamento della verità. Contestualmente, un analogo team investigativo, composto da investigatori del Servizio centrale operativo della polizia di Stato e del Raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri, fu costituito a Roma per svolgere in sinergia ogni necessario approfondimento investigativo. L'11 febbraio del 2016 furono inviati in Egitto tecnici del Servizio di polizia scientifica di Pag. 5Roma al fine di svolgere ogni utile accertamento sul computer in uso a Giulio Regeni, che era stato consegnato dai suoi genitori al personale diplomatico dell'ambasciata d'Italia al Cairo. Nei mesi successivi, come voi ben sapete, ci furono incontri tra i magistrati italiani ed egiziani sia a Roma sia al Cairo e furono effettuate varie missioni in Egitto da parte degli investigatori italiani, sempre su mandato della Procura della Repubblica di Roma.
Ho poi assunto l'incarico di Ministro per gli affari esteri e della cooperazione internazionale il giorno 12 dicembre del 2016 e ho cessato le mie funzioni il primo giugno del 2018, data di insediamento del primo Governo Conte. Sul piano politico e personale mi pare opportuno ricordare che ho deciso e annunciato il mio ritiro dalla vita politica attiva il 6 dicembre del 2017. Fin dal giorno di ingresso alla Farnesina, le vicende riguardanti l'accertamento della verità sulla morte di Giulio Regeni sono state una priorità del mio mandato. È doveroso premettere che al momento dell'assunzione del mio incarico ho potuto riscontrare come nella collaborazione con l'Egitto si fosse creato uno spartiacque con un prima e un dopo l'assassinio di Giulio Regeni. Ero in grado di fare la differenza – anche rispetto al tempo recente ero in grado di fare la differenza – poiché ero stato al Cairo un paio d'anni prima da Ministro dell'interno nel settembre del 2014 e ricordavo bene la qualità dell'accoglienza, specchio dell'intensità delle relazioni tra i Paesi. Nel dicembre del 2016, invece, i rapporti bilaterali erano ridotti a quel che risultava appena necessario per coltivare la cooperazione giudiziaria e non molto altro. Del resto, il principio di reciprocità aveva indotto l'Egitto a lasciare sguarnita del capo missione la sede di Roma dopo la nostra decisione di richiamare l'ambasciatore Massari e di non fare assumere le funzioni al già designato ambasciatore Cantini. L'affievolimento delle relazioni bilaterali si tradusse in un diradarsi del dialogo diretto tra i due governi e sostanzialmente si estinsero le occasioni di visite e di incontri bilaterali tra esponenti politico-istituzionali di alto livello italiani ed egiziani; anche sulle questioni di sicurezza, che certo rivestivano e rivestono un interesse preminente – ricordo che stiamo parlando degli anni dei più feroci attacchi del terrorismo internazionale – il dialogo proseguiva a livello di funzionari senza nessun coordinamento politico o governativo tra i Paesi. Lo stesso avveniva per i dossier inerenti all'immigrazione e allo sviluppo oppure quelli economico-commerciali. A conferma di ciò che dico, ricordo il ridimensionamento o sospensione delle attività di sostegno allo sviluppo della collaborazione tra le rispettive comunità imprenditoriali, a cominciare dal Business Council. Non solo il Governo, ma anche il Parlamento diede segnali inequivocabili, decidendo nel luglio del 2016 la sospensione della fornitura all'Egitto di materiali di ricambio per velivoli F16. La dimensione per me prioritaria della verità sull'assassinio di Giulio Regeni emergeva nella prima e più formale occasione parlamentare, cioè durante l'audizione sulle linee programmatiche del mio dicastero tenutasi presso le Commissioni esteri di Camera e Senato, convocate in seduta congiunta in data 17 gennaio del 2017. In quella occasione, nell'imminenza del primo anniversario dell'assassinio, ricordai Giulio Regeni ribadendo la volontà di proseguire nella ricerca della verità e della giustizia, obiettivo che non sarebbe mai venuto meno e su cui era e sarebbe stato impegnato il nostro sistema giudiziario e il nostro sistema diplomatico. Il giorno successivo ribadii lo stesso concetto in Aula rispondendo a un'interrogazione parlamentare dell'onorevole Pia Locatelli. La deputata interrogante sollecitava, inoltre, in quella occasione, l'invio dell'ambasciatore Cantini, che nel frattempo, prima della mia nomina a Ministro degli esteri, era stato designato capo missione al Cairo in data 11 maggio del 2016. A questa parte dell'interrogazione dell'onorevole Locatelli risposi così: «È materia sotto la nostra attenzione, parecchio delicata, di cui ovviamente continuerò a parlare con il Presidente del Consiglio». Nella mia risposta sentii di dover riconoscere «l'esemplare lezione di compostezza e dignità che hanno dato i suoi genitori in questi lunghi e dolorosi mesi». Pochi giorni Pag. 6dopo, il 24 gennaio, volli ricordare la figura di Giulio Regeni nell'Aula del Senato della Repubblica. La discussione riguardava una mozione sul Venezuela, ma in quella circostanza, prima di entrare in argomento, sottolineai, raccogliendo l'unanime consenso dei colleghi, che l'indomani sarebbe stato il giorno di un triste anniversario per l'Italia e per tutti noi, cioè l'anniversario della scomparsa di Giulio Regeni. Dissi che dovevamo e volevamo ricordarlo in un luogo solenne come l'Aula del Senato e annunciai che l'indomani avremmo promosso alcune iniziative dal valore simbolico. Tutto il personale dell'ambasciata avrebbe osservato, lì dove lui aveva perso la vita, un minuto di silenzio in suo ricordo; sul sito web della rappresentanza sarebbe stata pubblicata una sua fotografia e un testo che ne ricordasse la figura e sarebbe stato altresì pubblicato sul sito della Farnesina un analogo contributo.
Signor presidente, onorevoli deputati, ho riferito e sto per riferire di fatti avvenuti tra quattro anni e mezzo e due anni fa. Si rende necessario, dunque, uno sforzo di contestualizzazione per inquadrarli correttamente nel momento in cui tali fatti avvennero. Prima di tutto, ci fu la vicenda delle indagini, che va spiegata alla luce dello stadio inquirente di quel momento e non di questo momento, così come le esigenze istruttorie vanno lette alla luce del bisogno di esse allora e non degli sviluppi concreti che poi esse hanno avuto e che oggi risultano chiari. I giorni del mio insediamento – sto parlando del dicembre del 2016 – coincisero con qualche avanzamento nell'ambito della collaborazione giudiziaria, tant'è che le due procure di Roma e del Cairo rilasciarono un comunicato congiunto in cui si dava atto che «i magistrati egiziani hanno consegnato tutta la documentazione richiesta dalla Procura di Roma con la rogatoria del settembre scorso».
Nella fase dell'assunzione delle mie funzioni al Ministero degli esteri, erano essenzialmente tre i filoni operativi da seguire: l'accesso al fascicolo di indagine da parte della famiglia Regeni e, per suo conto e interesse, da parte del loro avvocato; l'ottenimento dei filmati della metropolitana del Cairo dove Giulio Regeni era entrato la sera del 25 gennaio del 2016 e che gli inquirenti chiesero fin da subito, nel febbraio del 2016, perché pensavano di ricavarne elementi utili; l'attivazione di una forma efficiente di collaborazione delle autorità giudiziarie e accademiche britanniche. Per garantire efficacia alla nostra azione su questi tre profili, la strategia seguita dal Ministero degli esteri fu binaria. Da un lato la strategia è consistita nello svolgere ogni azione diplomatica di pressione sulle autorità egiziane utile a fare cogliere in modo immanente e mai calante la nostra attenzione sul caso, il nostro inesausto sforzo per raggiungere la verità, il senso di una tensione e di un'attenzione che mai sono venuti meno e mai verranno meno, il voler trasmettere sempre l'idea e il messaggio che il caso per noi mai si sarebbe chiuso senza l'ottenimento della verità e della giustizia e che sarebbe stato illusorio da parte delle autorità egiziane immaginare che il trascorrere del tempo avrebbe raffreddato l'interesse italiano sul caso, consentendo quindi un recupero dei rapporti ordinari, complice il semplice allontanamento temporale dalla data del terribile assassinio di Giulio Regeni. Direi che questa è l'azione diplomatica pura. Vi è stata poi un'azione diplomatica di sostegno e supporto all'azione giudiziaria italiana e alla cooperazione giudiziaria con l'autorità giudiziaria egiziana. Tale azione si è sostanziata in un costante lavoro di coordinamento delle nostre iniziative con gli uffici giudiziari della capitale affinché il messaggio inviato alla Procura generale del Cairo fosse sempre accompagnato da un analogo messaggio diplomatico attraverso i canali e gli strumenti della Farnesina. Come aveva già fatto il governo precedente e il mio predecessore alla Farnesina, onorevole Paolo Gentiloni, poi divenuto Presidente del Consiglio dei ministri, la linea fu quella di sostenere con i passi politico-diplomatici necessari e possibili il lavoro della Procura della Repubblica di Roma. Abbiamo sviluppato questa strategia a due livelli, binaria, non solo nei confronti dell'Egitto, ma anche, come dirò appresso, nei confronti del Regno Unito.Pag. 7
Incontro per la prima volta il collega egiziano Shoukry il 6 marzo del 2017 a Bruxelles. Si trattò di un'occasione davvero propizia per coinvolgere l'Europa, tema che ritenni politicamente molto importante, perché un'Italia isolata in ambito europeo sarebbe stata inevitabilmente più debole di fronte all'Egitto nella ricerca della verità e della giustizia. Era necessario, dal nostro punto di vista, che l'indignazione e il dolore sul caso di Giulio Regeni fossero percepiti come europei e non solo italiani, che europea apparisse la richiesta di giustizia e che europea fosse l'istanza in favore dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il formato era quello dell'incontro del Consiglio affari esteri dell'Unione europea, dunque dell'incontro di tutti i Ministri degli esteri dei Paesi dell'Unione con il Ministro degli esteri egiziano. L'argomento era quello di fare un aggiornamento sulle relazioni bilaterali. Credo sia utile sottolineare che questo formato prevede una discussione a porte chiuse, tra soli ministri, per favorire un supplemento di schiettezza. Prendendo la parola, posi la questione della verità e della giustizia sulla morte di Giulio Regeni come esigenza irrinunciabile per l'Italia e in ogni caso prioritaria rispetto all'intreccio davvero ampio – non solo ampio, ma pure parecchio articolato – delle relazioni tra l'Unione europea e l'Egitto. Ricordo di avere ricevuto la solidarietà e attestazioni di vicinanza da parte dei colleghi e il pieno sostegno della Commissione europea alle posizioni italiane sul caso Regeni per bocca dell'Alto commissario Federica Mogherini. Ricordo anche che fu una discussione molto franca e che il collega egiziano, coram populo, ribadì la volontà del suo Paese di offrire la massima collaborazione sia governativa sia giudiziaria. Shoukry riconobbe il danno che la tragica morte di Giulio Regeni aveva arrecato alle relazioni con l'Italia e insieme espresse il desiderio di un ripristino pieno dei rapporti recuperando la verità da ogni cassetto in cui essa si trovasse, dando una mano d'aiuto fino alla fine per rintracciare i responsabili dell'omicidio. La discussione complessiva si instradò sui binari della richiesta di verità e giustizia e della collaborazione, senza venire meno all'obbligo di vigilanza europeo in materia di diritti umani. Sul piano generale mi colpirono due elementi. I Paesi europei ponevano la questione dei diritti umani ribadendo comunque il ruolo strategico dell'Egitto nel Mediterraneo e la volontà di accelerare una piena ripresa dei rapporti bilaterali tra l'Unione europea e il Cairo. Il secondo elemento fu, dal punto di vista politico, una concentrazione del dibattito sul tema della Libia. Questo rendeva chiaro quanto fosse per i partner europei l'Egitto un Paese chiave nella soluzione della crisi. Poche settimane dopo, il 23 marzo, incontrai nuovamente il Ministro Shoukry in occasione di un evento multilaterale sulla lotta al terrorismo, organizzato dagli Stati Uniti a Washington dalla Global Coalition Against Daesh. In quella circostanza, trattandosi di un incontro bilaterale a margine tra me e il collega Shoukry, gli chiesi in modo molto netto e ancora più specifico che le richieste della Procura di Roma fossero soddisfatte, invitandolo a compiere ogni sforzo perché questo obiettivo fosse raggiunto. Si trattava della rogatoria inviata dalla Procura di Roma pochi giorni prima, il 16 marzo, e contenente importanti quesiti. Il 25 luglio si tenne a Bruxelles il Consiglio di associazione tra l'Unione europea e l'Egitto come seguito politico dell'incontro di marzo tra Unione europea ed Egitto, di cui ho riferito poco fa. Il documento che rappresentava la posizione dell'Unione europea in occasione della settima sessione del Consiglio di associazione UE-Egitto conteneva un paragrafo in cui «l'Unione europea chiede alle autorità egiziane di fare luce sulle circostanze della morte di Giulio Regeni». Nello stesso paragrafo l'Unione europea manifestava la propria preoccupazione riguardo alla restrizione degli spazi di libertà in Egitto per la società civile, per la pressione cui vengono sottoposte le organizzazioni che si occupano dei diritti umani e per i metodi utilizzati, che includono arresti, sorveglianza elettronica e tante altre modalità. Fu un risultato per noi politicamente significativo perché esponeva tutta l'Unione, ufficialmente e in un documento scritto, in una richiesta formale all'Egitto, che a quel Pag. 8punto non poteva ignorare come il caso Regeni fosse un caso europeo.
Arriviamo alla decisione assunta il 14 agosto di rinviare l'ambasciatore al Cairo a valere dal 17 settembre del 2017. La scelta di richiamare l'ambasciatore Massari a Roma per consultazioni non era stata immediata, ma venne assunta nell'aprile del 2016 per ottenere dall'Egitto un cambio di passo dopo i deludenti risultati dell'incontro tra le due procure svoltosi a Roma all'inizio del mese. Dopo tale decisione, si svolsero ben quattro incontri tra le procure (settembre e dicembre del 2016, maggio e agosto del 2017). Gli incontri si conclusero con un segno nell'insieme positivo, anche se non esaustivo. A maggio, per esempio, i risultati non furono soddisfacenti, ma l'incontro di agosto apparve particolarmente significativo in quanto vennero consegnati dalla Procura egiziana dei tabulati e dei verbali considerati concretamente utili e importanti per la ricostruzione dei fatti e per l'accertamento della verità. Il comunicato congiunto delle due procure del 14 di agosto, oltre a fare stato del soddisfacente andamento della collaborazione – il comunicato recitava che gli ultimi sviluppi segnano un ulteriore passo in avanti nella collaborazione – conteneva una parte dal valore quasi programmatico con un tenore letterale di particolare pregnanza. Lo cito testualmente: «Entrambe le parti hanno assicurato che le attività investigative e la collaborazione continueranno fino a quando non sarà raggiunta la verità in ordine a tutte le circostanze che hanno portato al sequestro, alle torture e alla morte di Giulio Regeni». Il comunicato aggiungeva che «un nuovo incontro tra i due uffici si dovrebbe svolgere a settembre». Fin dall'inizio della nostra impostazione avevamo previsto e immaginato la necessità che si arrivasse a un segnale concreto, preciso e davvero incoraggiante di collaborazione da parte delle autorità egiziane, prima di rinviare l'ambasciatore. Non ci saremmo accontentati delle parole e così facemmo, perché demmo questa interpretazione a quella che era non una generica dichiarazione di buona volontà delle autorità egiziane, ma un comunicato congiunto della Procura generale del Cairo e della Procura della Repubblica di Roma. Si trattava, dunque, di una condivisione di giudizio anche da parte dell'ufficio giudiziario romano circa un effettivo avanzamento della cooperazione e, conseguentemente, delle indagini, nonché su possibili promettenti sviluppi per l'immediato futuro. Spettava ovviamente al Governo, qualora lo ritenesse giusto o lo avesse ritenuto giusto e opportuno, trarre delle conseguenze politico-diplomatiche da questi sviluppi di indagine. Si trattava di scegliere come coltivare ciò che ormai era più di un germoglio di una rinnovata collaborazione. L'inevitabile domanda era: «Coltiviamo di più e meglio il buon esito della collaborazione ripristinando la fisiologica rappresentanza diplomatica oppure proseguiamo su una linea di sostanziale rottura?» A questa domanda non poteva che seguirne un'altra: «Se dopo questi risultati non risolutivi e definitivi, ma soddisfacenti, secondo i nostri inquirenti, noi proseguissimo sulla linea della rottura, siamo proprio certi che la reazione dell'Egitto non sarà quella di raffreddare e rallentare la cooperazione giudiziaria?» Se la logica del ritiro fu essenzialmente – lo dico in termini tecnici – diplomaticamente sanzionatoria per la frustrazione di una collaborazione insufficiente, come rispondere a un rilancio della cooperazione giudiziaria che comincia a dare risultati? Mantenendo la sanzione o, simmetricamente rispetto alla scelta precedente, operando una scelta diplomaticamente premiale?
Optammo per questa seconda ipotesi perché la ritenemmo più vantaggiosa ai fini della collaborazione dell'Egitto nell'accertamento della verità sulla tragica morte di Giulio Regeni e perché considerammo svantaggioso per la cooperazione giudiziaria mantenere quella frattura mentre le cose sembravano andare meglio. Si trattò di una scelta eminentemente politica, altamente politica. È bene sottolineare che l'invio dell'ambasciatore non restituiva di certo le relazioni con l'Egitto al suo stato precedente. Lo spartiacque di cui ho parlato in precedenza e la stessa natura delle relazioni con l'Egitto ne rimanevano comunque segnati. Si trattava di una crisi di fiducia Pag. 9che non ho ritenuto sanata fino alla cessazione delle mie funzioni il primo giugno 2018 e l'invio dell'ambasciatore non ha rappresentato né poteva rappresentare, lo ripeto, il ripristino delle relazioni precedenti. A quelle saremmo potuti tornare solo con una piena cooperazione da parte delle autorità egiziane, una cooperazione idonea ad assicurare verità e giustizia sul caso di Giulio Regeni. Per rendere chiaro tutto ciò, sottolineo che mai mi sono recato al Cairo da Ministro degli esteri e ciò per sottolineare che il rapporto non si era ripristinato nei termini precedenti neanche dopo il rinvio dell'ambasciatore. Come voi sapete, le visite sono uno degli strumenti politicamente più alti e simbolicamente più significativi del linguaggio diplomatico. Nel linguaggio diplomatico tra i Paesi, la visita del Ministro degli esteri è quasi il livello più alto, poi c'è l'incontro tra i presidenti. Il nostro linguaggio diplomatico fu molto chiaro: «Garantiamo la presenza dell'ambasciatore, ma nessuna visita del Ministro degli esteri» e ciò nonostante mi fossero stati rivolti numerosi inviti. Credetti che una visita al Cairo, ovviamente non per la mia persona, ma per la mia funzione, avrebbe potuto essere letta come una normalizzazione delle relazioni tra Italia ed Egitto. La mia idea era quella di lasciare comunque qualcosa di irrisolto nelle relazioni tra i due Paesi per evitare il rischio di un rilassamento egiziano sul caso. Mantenni, dunque, un simile atteggiamento per inviare al Cairo un chiaro segnale: la normalizzazione delle relazioni restava legata alla scoperta dei responsabili dell'omicidio di Giulio Regeni. Come ebbi modo di sottolineare in Parlamento, l'ambasciatore Cantini veniva considerato a buona ragione un diplomatico di grandi qualità ed esperienza in quel quadrante mediterraneo e mediorientale e quindi perfettamente idoneo a rafforzare l'impegno italiano nella ricerca della verità sulla terribile morte di Giulio Regeni. All'ambasciatore affidammo il compito di seguire in via prioritaria l'evolversi delle indagini sul caso di Giulio Regeni. La mia lettera di missione fu inequivoca, affidandogli l'incarico di «facilitare tramite più intensi contatti con le autorità egiziane il rafforzamento della cooperazione giudiziaria e di conseguenza la ricerca della verità sull'omicidio», in sostanza l'affinamento del raccordo tra le due procure per facilitare e sostenere l'ulteriore sviluppo e il rafforzamento della cooperazione giudiziaria in un momento in cui l'evoluzione delle indagini esprimeva potenzialità significative. Tutto ciò, ovviamente, in stretto raccordo con la Procura della Repubblica di Roma e nel pieno rispetto della sua autonomia. Tra gli obiettivi affidati all'ambasciatore vi fu anche quello di costruire un solido rapporto con il collega britannico al Cairo per fare sì che alla nostra azione diplomatica – intendo la mia personale da Ministro e quella dell'ambasciata italiana a Londra – si affiancasse un'ulteriore iniziativa, quella britannica, sul terreno di crisi della capitale egiziana.
Già poco dopo la nostra decisione di rinviare l'ambasciatore e prima della sua assunzione, il 24 di agosto, apprezzammo che nel corso di una visita al Cairo il Ministro britannico per lo sviluppo internazionale avesse sensibilizzato gli egiziani alla collaborazione con le autorità giudiziarie e gli organi investigativi italiani sul caso Regeni. Il 14 settembre del 2017, a Londra, ebbi una buona occasione per parlare sia con il collega britannico sia con quello egiziano. Si trattava della Riunione ministeriale sulla Libia in formato 3 + 3, organizzata dal Ministro degli esteri del Regno Unito, Boris Johnson. Furono solamente sei, dunque, i Paesi del mondo invitati e tra questi gli Stati Uniti. Dico questo per ribadire il ruolo egiziano sia nella sostanza sia nella percezione globale riguardo alla Libia, con ciò che ne consegue in termini di relazioni internazionali e di potere di interlocuzione con le grandi potenze. Incontrando l'allora collega britannico Boris Johnson, ribadii con forza la condizione di Giulio Regeni in quanto ricercatore di un'università britannica e quanto questo suo essere al Cairo per lavorare a una ricerca ispirata da una loro istituzione accademica fosse sottovalutato. Mi lamentai molto della scarsa collaborazione dell'Università di Cambridge con le autorità inquirenti e chiesi un maggiore Pag. 10coinvolgimento del Regno Unito dal punto di vista diplomatico. Sollecitai iniziative diplomatiche congiunte tra Italia e Regno Unito per favorire l'accertamento della verità sulla morte di un giovane che era cittadino italiano, ma ricercatore dell'Università di Cambridge. Johnson mi sembrò sinceramente turbato e diede immediate istruzioni al suo direttore politico, che era presente all'incontro, di dare a sua volta istruzioni all'ambasciatore britannico al Cairo e di approfondire la questione con l'Università di Cambridge, anche perché a lui risultava che la questione fosse superata. Quale seguito immediato di tutto questo, l'ambasciatore Cantini avviò contatti con l'ambasciatore del Regno Unito al Cairo per coordinare una collaborazione in loco incontrandolo due volte in pochi giorni, il primo e il 18 ottobre del 2017, svolgendo un'azione coordinata con la Procura di Roma per stimolare la collaborazione dell'Università di Cambridge. L'ambasciatore d'Italia a Londra incontrò Damian Green, che era una figura assimilabile per la sua funzione a una sorta di facente funzioni di Vice Primo Ministro, una sorta di nostro Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, e gli ribadì l'auspicio di azioni diplomatiche coordinate sul caso Regeni, nonché un maggiore coinvolgimento dell'Università di Cambridge nelle indagini in corso. Inoltre, la nostra ambasciata a Londra contattò per due volte la prorettrice per le relazioni istituzionali e internazionali dell'Università di Cambridge proprio per instaurare un dialogo più sistematico e uno scambio di informazioni su questo caso. L'ambasciatore Terracciano, il nostro ambasciatore a Londra, incontrò anche l'allora Vice Ministro con delega al Mediterraneo e Medio Oriente e la direttrice politica del Foreign Office. Tutto ciò avvenne a seguito di mie precise istruzioni.
Di questo, o almeno della parte che si è verificata prima della seduta d'Aula, ho avuto modo, il 4 ottobre 2017, di rendere edotto il Parlamento, che, tramite un'interrogazione dell'onorevole Quartapelle, mi chiedeva di sapere quali fossero i progressi nella ricerca della verità dopo tre settimane dall'assunzione delle funzioni dell'ambasciatore Cantini al Cairo. Immediatamente dopo, nel rapporto con il Regno Unito si poterono osservare sviluppi. Il 2 novembre la Procura di Roma trasmise all'organismo preposto nel Regno Unito una nuova rogatoria contenente i cinque punti su cui era massimo l'interesse investigativo. L'Università di Cambridge fece sapere di essere pronta a collaborare. Il 6 dicembre, mentre mi trovavo a Bruxelles per un vertice della NATO, venni avvisato che i britannici avrebbero predisposto una nota con la quale avrebbero annunciato che il giudice britannico accettava l'ordine di investigazione europeo che era stato emesso dal procuratore italiano e quindi dava il permesso di intervistare la tutor di Regeni e di condurre ricerche nei suoi archivi («intervistare» sta per «interrogare»). Il 7 dicembre i giornali inglesi danno spazio a questa notizia, riportando anche la mia dichiarazione di soddisfazione per l'avanzamento della cooperazione. L'11 gennaio 2018, a Cambridge, si svolsero una serie di attività di indagine a opera della magistratura italiana, come voi avrete avuto modo di accertare. Il 25 gennaio il Procuratore della Repubblica di Roma, dottor Giuseppe Pignatone, nella lettera al Corriere della Sera e alla Repubblica affermò che gli accertamenti nel Regno Unito sono stati «resi possibili dall'efficace collaborazione delle autorità d'oltremanica».
Torno alla seduta di interrogazioni del 4 ottobre del 2017. Durante quella seduta di interrogazioni parlamentari, come accennavo prima, riferii anche dell'altro incontro avuto a Londra, quello con il Ministro egiziano Shoukry, cui ho fatto cenno sopra. In quell'occasione diedi atto al collega egiziano dell'incremento di cooperazione giudiziaria e sottolineai come fosse interesse dell'Egitto e di entrambi i governi consegnare alla giustizia i responsabili dell'omicidio di Giulio Regeni, a maggior ragione dopo che i due governi avevano deciso di ripristinare le rispettive rappresentanze diplomatiche al massimo livello. Il collega Shoukry mi assicurò il massimo impegno del suo Governo e anche quello suo personale per offrire all'Italia tutta la cooperazione necessaria in piena trasparenza per Pag. 11arrivare alla verità. Il senso del messaggio di Shoukry fu questo, e cioè che l'Egitto e l'Italia avevano molte potenzialità economiche in comune e obiettivi importanti, al raggiungimento dei quali si frapponevano sfide comuni, dal terrorismo alla gestione dei flussi migratori. Mi disse che il rapporto con l'Italia rivestiva un ruolo di assoluta importanza e che questo alimentava la sincera volontà del Cairo di superare l'impasse determinata dalla vicenda Regeni. Il collega Shoukry mi garantì che lui stesso avrebbe spronato gli inquirenti del suo Paese e aggiunse come fosse in primo luogo il Presidente al-Sisi a sentirsi investito della ricerca di una verità non di comodo tale da soddisfare pienamente non solo il Governo, ma anche il popolo italiano. Fece questo riferimento al popolo in quanto io non avevo mancato di sottolineare come l'opinione pubblica italiana fosse sensibilissima alla soluzione veritiera del caso di Giulio Regeni. Questi furono i primi sviluppi diplomatici dopo il rinvio dell'ambasciatore. L'incontro di Londra fu utile anche per riaffermare che la ripresa di un rapporto tra i Paesi che collaborano anche per il tramite degli ambasciatori rispettivamente accreditati non equivale alla condivisione degli stessi valori, in primo luogo quello della libertà e in generale sui diritti umani. La ripresa di una collaborazione con l'Egitto non poteva prescindere dal rispetto e dalla promozione dei diritti umani. Erano infatti i giorni dell'arresto di un noto avvocato egiziano, Ibrahim Metwally Hegazy, anche consulente della famiglia Regeni e attivista del movimento degli scomparsi in Egitto. L'avvocato era stato fermato in aeroporto mentre si recava a Ginevra per partecipare a una sessione del gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate in Egitto. Rappresentai al collega la gravità della situazione dal nostro punto di vista, chiesi informazioni sulle condizioni di salute del legale e posi al Ministro l'esigenza di un suo personale interessamento al caso. Il collega mi rispose di non avere informazioni sulla vicenda, ma che se le sarebbe procurate al rientro al Cairo. Il 3 ottobre, appresa la notizia del prolungamento della detenzione per altri quindici giorni di Ibrahim Metwally Hegazy, organizzai una telefonata da Roma con il Ministro Shoukry, reiterando al collega l'aspettativa italiana che il caso fosse presto risolto. Diedi parallelamente istruzioni alla nostra ambasciata al Cairo di attivarsi insieme ad altre ambasciate per sensibilizzare le autorità egiziane, trattandosi di un caso attinente al più generale profilo dei diritti umani. La nostra ambasciata chiese e ottenne un monitoraggio sulla vicenda da parte della delegazione dell'Unione europea e degli altri Stati membri. Di questa attività informai il Parlamento il 4 ottobre 2017 rispondendo a un'interrogazione dell'onorevole Pia Locatelli.
Il tema dei diritti umani in Egitto fu la ragione per la quale incrementammo i progetti di cooperazione allo sviluppo proprio su questo campo, così come su quello della dignità della persona e della parità di genere. Il nostro intendimento era che l'Italia doveva continuare a favorire la concessione di borse di studio a favore di giovani egiziani e gli scambi tra le nostre società civili anche nel settore studentesco. Tornando ai miei contatti con il collega egiziano, ebbi con lui due colloqui telefonici in ventiquattro ore. In quello del 3 ottobre parlammo dell'avvocato Metwally Hegazy e anche, direi ovviamente, della collaborazione giudiziaria tra le due procure. Il Ministro Shoukry mi ribadì l'intendimento egiziano di giungere a un nuovo inizio delle relazioni bilaterali e mi disse anche di aver riferito al presidente al-Sisi le richieste che gli avevo formulato a Londra poche settimane prima, convenendo con il suo presidente sulla necessità di agevolare i canali di comunicazione tra le procure del Cairo e di Roma. Io gli chiesi notizie in merito al recupero delle immagini della videocamera di sorveglianza della metropolitana del Cairo e gli domandai di conoscere la data del nuovo incontro che avrebbe dovuto svolgersi tra le procure del Cairo e di Roma, auspicando che venisse fissato al più presto. Shoukry mi manifestò ancora una volta la piena consapevolezza di come l'accertamento della verità sul caso Regeni fosse un'assoluta priorità per l'Egitto. Su entrambe le questioni (immagini della metropolitana e data Pag. 12dell'incontro tra le due procure) il collega mi rispose che si sarebbe informato e che mi avrebbe fatto sapere a stretto giro di posta. In effetti mi richiamò l'indomani informandomi di avere contattato il Procuratore generale del Cairo e di averlo sensibilizzato sull'esigenza di rivolgere presto un invito ai magistrati della Procura della Repubblica di Roma per recarsi al Cairo, ricevendo dal procuratore del Cairo la risposta che l'invito ai colleghi romani sarebbe arrivato una volta ottenute le immagini dalla società russa incaricata di recuperarle. Il collega mi disse anche che, se i tempi di questa operazione si fossero dilatati, avrebbe comunque sollecitato il procuratore del Cairo per inoltrare in ogni caso l'invito ai colleghi di Roma. A conclusione della conversazione, ribadii che il recupero delle immagini e l'invito alla Procura di Roma sarebbero stati da noi considerati segni concreti di quella collaborazione e cooperazione giudiziaria fortemente auspicate.
Tre settimane dopo ebbe luogo un evento significativo per varie ragioni e cioè la prima visita di un rappresentante di governo al Cairo dal febbraio del 2016. Chiedemmo noi, infatti, all'onorevole Vincenzo Amendola, sottosegretario agli esteri, di rappresentare l'Italia alle celebrazioni del 75esimo anniversario della battaglia di El Alamein. Con tutti i suoi interlocutori egiziani il sottosegretario Amendola sviluppò la stessa premessa: il ristabilimento delle relazioni diplomatiche a livello di ambasciatori doveva andare di pari passo con i positivi sviluppi della cooperazione giudiziaria, sottolineando in ogni contesto che questa esigenza di verità e giustizia era sentitissima dall'opinione pubblica e dalle istituzioni italiane. Ricevette la conferma di ciò che mi ero sempre sentito dire, cioè del fatto che il raggiungimento della verità era innanzitutto interesse egiziano. Ricevette anche un giudizio positivo circa il nostro attivismo nei confronti dell'Università di Cambridge per il contributo che essa avrebbe potuto dare nel fare luce sulla vicenda e del resto avevo colto l'importanza che l'Egitto attribuiva alla posizione di Cambridge nelle parole del collega Boris Johnson durante il colloquio avvenuto a Londra. Nel mese di novembre del 2017 incontrai il Ministro Shoukry due volte, ad Abu Dhabi e a Roma. Reiterai la pressante richiesta di collaborazione, divenendo insistente, al Ministro Shoukry ai primi di novembre, ad Abu Dhabi, parlandogli a margine dei lavori del Sir Bani Yas Forum, che è un evento su scala globale organizzato annualmente dagli emiratini, a cui erano presenti molti colleghi provenienti da tutto il mondo. Lo incontrai nuovamente il 30 novembre a Roma in occasione dei MED Dialogues. Specifico che non si trattò di una visita bilaterale con tutti i crismi diplomatici riservati a queste occasioni, ma della partecipazione, insieme a decine di altri colleghi, a un evento multilaterale da noi annualmente organizzato. L'incontro avvenne a distanza di una settimana dall'attentato terroristico subito dall'Egitto, che aveva provocato molte vittime e che faceva seguito a un altro attentato che l'Egitto stesso aveva subito alla vigilia della visita del sottosegretario Amendola. Nonostante il clima dell'intera platea dei ministri presenti a Roma per l'evento da noi organizzato fosse quello della giusta e doverosa solidarietà al popolo egiziano colpito dal vile attentato, colsi comunque l'occasione per ribadire la necessità della cooperazione tra i nostri Paesi in materia giudiziaria e di stato di diritto. Ricordai al collega egiziano che il potenziale di sviluppo dei rapporti tra Italia ed Egitto sarebbe dipeso dai progressi della collaborazione giudiziaria per la ricerca della verità sull'assassinio di Giulio Regeni e rafforzai la richiesta di favorire un incontro tra i nostri inquirenti e quelli egiziani (sempre la richiesta dell'incontro, che non avveniva). Il collega Shoukry mi confermò l'impegno egiziano, citò il Presidente al-Sisi dicendo che lui stesso aveva espresso questo impegno e confermò che l'incontro tra i procuratori sarebbe avvenuto quando la Procura generale avrebbe ricevuto i video della società russa. Disse che probabilmente questo incontro avrebbe potuto avere luogo a metà dicembre e in effetti l'incontro poi si svolse al Cairo il 21 dicembre, come voi sapete e come appresso ribadirò.Pag. 13
Signor presidente, onorevoli deputati, come già detto in premessa, all'azione diplomatica pura svolta a livello politico-governativo da me come Ministro, ma anche dai sottosegretari, si affiancò l'azione di supporto alla strategia inquirente della Procura di Roma. Così, mentre l'ambasciatore a Londra si occupava di stimolare la collaborazione dell'Università di Cambridge e dell'autorità giudiziaria di quel Paese, l'ambasciatore Cantini al Cairo seguiva i due filoni che in quella fase apparivano urgenti e promettenti in quella sede – cioè la sede del Cairo – ossia l'accesso al fascicolo istruttorio da parte della famiglia Regeni, la cui premessa era la costituzione di parte civile, e il recupero delle immagini video della metropolitana del Cairo registrate il 25 gennaio del 2016. Ribadisco che sono queste tre le direttrici di azione che furono considerate essenziali nel dialogo tra i nostri uffici e la Procura di Roma fin dai primi giorni del mio mandato.
A questo punto mi appaiono doverose due osservazioni che spero possano essere utili alla riflessione di questa Commissione. La prima: entrambe le richieste all'Egitto furono formulate a caldo, immediatamente, dai nostri inquirenti e dai legali della famiglia già nel gennaio del 2016 (accesso al fascicolo istruttorio, video della metropolitana del Cairo). I fatti di cui parlo si riferiscono al settembre 2017. All'atto dell'assunzione del nostro ambasciatore al Cairo, dunque dopo quasi due anni, venti mesi per l'esattezza, dall'assassinio di Giulio Regeni, la famiglia non aveva ancora avuto accesso al fascicolo di indagine e i magistrati della Procura di Roma non avevano potuto visionare le immagini della metropolitana del Cairo. La seconda considerazione è questa: il nostro Paese è legato da accordi di cooperazione giudiziaria con una moltitudine di Paesi, ma non con l'Egitto, sicché tutta la cooperazione che si è sviluppata nasce su base, se così possiamo dire, volontaria, ossia fuori da ogni vincolo derivante da un trattato. Ciò rendeva l'Egitto libero nell'offrire il grado e l'intensità di collaborazione deliberatamente scelto e al riparo da ogni possibile contestazione di inadempimento di un accordo. Si tratta di un tipico caso in cui il rapporto tra i Paesi è tutto e la diplomazia è il canale attraverso cui i Paesi dialogano creando le basi per la cooperazione giudiziaria. Nel corso della già citata lettera a due quotidiani italiani, il procuratore Pignatone rende molto chiaro ed esplicito questo concetto affermando che «quando, come in questo caso, non esistono accordi o convenzioni internazionali, una cooperazione giudiziaria così impegnativa e complessa può avvenire solo se parallelamente viene attivata una concreta collaborazione tra due governi». Esattamente quel che facemmo. Solo così si spiega, del resto, la relazione diretta che l'ambasciatore Cantini per un verso ha costruito «con» e per altro verso gli è stata concessa «dai» procuratori che si sono succeduti presso la Procura generale del Cairo. Vorrei al tempo stesso affermare che considerai la cooperazione dell'Egitto, pur non essendovi un dovere giuridico a provvedere, non un grazioso regalo, ma la considerai un dovere morale per ciò che Giulio Regeni aveva subito in quel Paese e un dovere politico sull'altare di una collaborazione tra i Paesi che fino al 3 febbraio del 2016 erano legati da uno straordinario rapporto di amicizia.
Ritorno ai ritardi e ai fallimenti alla data del settembre 2017 riguardanti l'accesso al fascicolo di indagine e ai video della metropolitana. Arrivato al Cairo, l'ambasciatore Cantini immediatamente si attiva su entrambi. Vi risparmio il minuzioso resoconto della sua attività, avendo voi già audito sia l'interessato sia il vertice dell'amministrazione della Farnesina, l'ambasciatrice Elisabetta Belloni. Mi limito a ricordare l'essenziale. Appena arrivato al Cairo, l'ambasciatore Cantini incontra immediatamente il procuratore Sadek, che consiglia la procedura per la costituzione di parte civile come presupposto per l'istanza di accesso al fascicolo istruttorio da parte della famiglia. La procedura viene seguita dagli interessati e l'ambasciatore a quel punto sollecita e insiste con incontri personali, lettere e passi formali presso il Ministero degli esteri per il più rapido accesso al fascicolo istruttorio da parte della famiglia Regeni. Il tutto si conclude Pag. 14positivamente tra il 14 e il 15 dicembre del 2017, data in cui il fascicolo viene consegnato ai legali egiziani a cui era stata riconosciuta la costituzione di parte civile e poi ai legali della famiglia; dopo meno di tre mesi dall'arrivo al Cairo dell'ambasciatore viene dato riscontro a una richiesta che era stata lasciata insoddisfatta nei precedenti venti mesi.
Riguardo alle immagini registrate nella metropolitana del Cairo torno a sottolineare che esse furono immediatamente chieste dai nostri inquirenti dopo il rinvenimento del corpo di Giulio Regeni e anche qui mi limito all'essenziale. L'ambasciatore esercitò fin da subito un'azione pressante nei confronti del procuratore Sadek che non eccepì sul principio ma sulla materiale pratica procedura di recupero delle immagini. Il 21 dicembre del 2017 si svolse l'incontro, quello da me lungamente caldeggiato al collega egiziano e di cui il Ministro Minniti diede notizia pubblica pochi giorni prima a conclusione del suo incontro al Cairo con il presidente al-Sisi. Durante l'incontro tra i nostri inquirenti guidati dal procuratore Pignatone e il procuratore Sadek, quest'ultimo presentò un quadro di evoluzione positiva del recupero delle immagini da parte della società incaricata. A parte questo si discusse anche delle nove persone sospettate in relazione all'omicidio di Giulio Regeni. Il nostro ambasciatore incontrerà nuovamente il procuratore Sadek ai primi di marzo del 2018 per coltivare i filoni di indagine e collaborazione emersi proprio nella riunione del 21 dicembre nell'incontro tra le due procure e ricevendo ulteriori impegni alla collaborazione. Ai primi di maggio, esattamente il sette maggio, abbiamo contezza che le immagini della metropolitana del Cairo sarebbero state finalmente disponibili. Lungamente richieste dai vertici dell'ufficio giudiziario della Capitale, la possibilità di visionare quelle immagini apparve come un passo significativo per l'accertamento della verità. Di questo ebbi modo di parlare anche con il Procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone che del risultato diede anche merito alla presenza e al lavoro dell'ambasciatore e salutammo con favore la missione al Cairo dei magistrati della Procura di Roma che si sarebbero recati nella capitale egiziana da lì a poco. Il giorno 8 maggio riferii di questo positivo sviluppo in quello che sarebbe stato l'ultimo Consiglio dei ministri della mia esperienza istituzionale. Il 29 maggio, in un'intervista al TG1, l'ambasciatore Cantini, a margine della missione al Cairo dei magistrati della Procura di Roma, annuncia che «le immagini recuperate sono state consegnate alla Procura di Roma e ai nostri organi investigativi e adesso dovranno essere analizzate». Quella che per più di due anni era stata una richiesta e un auspicio e che nelle ultime tre settimane era stato un annuncio, era finalmente diventato un risultato concreto. Tre giorni dopo, il primo giugno 2018, conclusi il mio mandato da Ministro degli esteri e il mio servizio pubblico. Le delusioni sul contenuto, la quantità e la qualità delle immagini arriveranno dopo.
Lasciando la Farnesina e passando le consegne volli ricordare, in un comunicato di commiato dalle funzioni del 2 giugno, «gli sforzi che proseguono per trovare la verità in relazione al caso di Giulio Regeni». Quel giorno considerai i risultati come il contributo che noi, come Governo e anche come amministrazione della Farnesina potemmo dare, un piccolo contributo alla verità, proporzionato al ruolo che il Ministero degli esteri poteva svolgere, al tempo che ci era stato dato e alla complessità della situazione. Non mi ero mai illuso che l'accertamento della verità e l'affermazione della giustizia fossero un compito facile e neanche poco faticoso. Non avevo sottovalutato la complessità di una collaborazione tra due Paesi in crisi diplomatica e in assenza di un trattato bilaterale, due autorità giudiziarie che non avevano un accordo di cooperazione giudiziaria più un terzo Paese, il Regno Unito, con la sua autorità giudiziaria e un'università dal grande prestigio e forza come quella di Cambridge. La strada per la verità e la giustizia era e rimane impervia e tortuosa. Percorremmo un pezzetto di questa strada, ottenendo alcuni risultati senz'altro parziali e ancora insufficienti nell'accertamentoPag. 15 della verità, ma si trattava comunque di risultati ulteriori rispetto alla situazione del dicembre 2016. Infatti avevo cominciato il mio mandato con l'urgenza dell'accesso al fascicolo istruttorio da parte della famiglia, con la necessità di potere visionare le immagini della metropolitana del Cairo della notte del 25 gennaio e con l'esigenza di una relazione cooperativa con il Regno Unito. Al primo giugno del 2018 tutti e tre tali risultati si erano realizzati. È una constatazione, non una rivendicazione, anche perché non c'è da assumersi meriti, quanto piuttosto da riconoscere i limiti oggettivi. Il verificarsi di queste tre acquisizioni diplomatiche e inquirenti non è dunque certamente da attribuire alla sola Farnesina. Ritengo che il lavoro svolto dalla Procura di Roma sia stato straordinario e meriti un profondo apprezzamento. All'azione del Ministero degli esteri si può, però, in piena obiettività riconoscere di avere contribuito a tale lavoro.
Signor presidente e onorevoli deputati, permettetemi una brevissima considerazione conclusiva. La vicenda riguardante il barbaro assassinio di un giovane ricercatore italiano ha segnato in modo indelebile gli ultimi anni della storia della nostra amata Repubblica e ha inciso sulla coscienza collettiva della società italiana. Io mi sento di affermare che il governo presieduto dall'onorevole Paolo Gentiloni ha fatto ogni sforzo per contribuire a una verità che non era nelle nostre mani, come non è nelle mani del governo oggi in carica. Ai governi compete contribuire al lavoro di chi quella verità può accertare, sostenere gli sforzi di chi ha il potere di indagine e di accertamento e favorire il dialogo quando, come in questo caso, neanche la magistratura italiana dispone di tutte le leve per agire. Certo, occorreva e occorre uno spirito di squadra, una squadra-Stato che funziona se gioca unita e penso che in questa drammatica vicenda Parlamento, Governo e magistratura abbiamo giocato insieme e con lo stesso obiettivo. Il nostro contributo non è mancato ed è stato offerto profondendo il massimo degli sforzi personali, politici e istituzionali miei e di ciascun collaboratore che dal Ministero degli esteri ha trattato la vicenda, dal Segretario generale, ai direttori generali, all'ambasciatore a Londra e a quello al Cairo, all'incaricato d'affari e al suo staff nei mesi di vacatio dell'ambasciatore. Colgo questa occasione per ringraziarli ancora ora per allora e ringrazio anche voi per l'invito, l'attenzione e l'ascolto, rimanendo a disposizione per le vostre domande.
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Alfano per la sua corposa e completa relazione e invito i colleghi commissari a intervenire per formulare quesiti, osservazioni e domande di chiarimenti. Eventuali richieste di intervenire in forma segreta potranno essere concentrate dopo aver esaurito gli interventi in forma pubblica. La collega Tripodi ha chiesto la parola.
MARIA TRIPODI. Grazie, presidente, per due motivi oltre perché mi dà la parola, anche perché abbiamo dato la possibilità al Ministro Alfano di relazionarci. Ministro, le devo dare atto che ha fatto una relazione molto completa, tra l'altro andando proprio nello specifico di alcuni punti che per il lavoro che stiamo portando avanti non sempre sono stati trattati con questa dovizia di particolari, per esempio il fatto della sospensione in una prima fase degli accordi di natura economica. Ho preso degli appunti rispetto alle informazioni che lei ci ha fornito, però mi sembrano veramente di notevole valore, soprattutto quando lei ci dice che sono stati attuati tutta una serie di strumenti come l'azione diplomatica di pressione pura, il fatto che nel 2017 c'è stato, con il richiamo dell'ambasciatore, anche un innalzamento della tensione nel senso buono del termine tra Italia ed Egitto, anche considerando il fatto che l'Egitto è un Paese chiave nel Mediterraneo. Devo quindi dire che la linea che lei ci ha rappresentato qui quando lei era Ministro degli esteri mi sembra una linea coraggiosa, ma più che altro ci ha fornito un elemento non trascurabile, quello dell'Università di Cambridge.
Lei con l'esperienza che ha sa benissimo che purtroppo negli ultimi tempi questa vicenda tragica e luttuosa è stata anche Pag. 16strumentalizzata solo sulla questione degli accordi di natura commerciale, delle FREMM e quant'altro, però invece io sono del suo avviso, nel senso che bisogna sfruttare quanto più possibile, anche se con gli strumenti limitati che abbiamo, il discorso della cooperazione giudiziaria tra i due Paesi. La domanda che volevo formularle è la seguente: avendo con l'Egitto rapporti di cooperazione giudiziaria, disciplinati dai trattati internazionali, nulli, mi sembra di avere evinto, secondo lei oggettivamente come si può procedere, in una fase che diplomaticamente è molto complicata, a instaurare un'azione un po' più concreta per andare in questa direzione? Perché io credo che questa sia la direzione ottimale da intraprendere, però allo stesso tempo penso che, vista la situazione in essere, sia molto complicato. Poi ogni Governo naturalmente fa di tutto: abbiamo avuto qui anche il presidente Conte che ci ha rappresentato il fatto che si stanno compiendo tutti gli sforzi possibili, però, oltre alla volontà, ci deve essere proprio una condizione realistica delle cose. La ringrazio.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Ringrazio molto l'ex Ministro, perché con la sua relazione estremamente completa e dettagliata credo che non ci abbia solo fornito delle informazioni utili, ma ci abbia illustrato risultati e limiti della pressione diplomatica, cioè che cosa si può fare, che cosa si ottiene, che cosa manca, perché è evidente che non c'è stata piena collaborazione, altrimenti oggi questa Commissione non esisterebbe, però ci ha fatto vedere come si fa a fare pressione.
Io ho tre domande da porre. La prima riguarda un limite della pressione. Ritengo che sia stato assolutamente fondamentale poter ottenere quei tre risultati che lei ci ha detto dell'inizio del suo mandato e della fine del suo mandato. Come lei sicuramente sa, il fascicolo che è stato consegnato è un fascicolo incompleto, esattamente come le immagini della metropolitana sono immagini incomplete. Mancano le cose importanti, perché è evidente che le autorità egiziane non hanno intenzione di collaborare pienamente, altrimenti – ancora una volta – noi non saremmo qui. Cosa si è fatto per protestare rispetto al fatto che il fascicolo non è stato consegnato completo?
Vengo alla seconda domanda. Ho molto apprezzato quando lei ha spiegato che con l'Egitto, lei riteneva che ci fosse una crisi di fiducia non sanata e che l'avanzare del rapporto diplomatico e politico sarebbe andato in parallelo con un avanzare della cooperazione giudiziaria. Lo ha detto in modo molto chiaro, ci ha spiegato anche lei stesso cosa ha fatto, cosa che i suoi successori non hanno fatto, perché lei è stato l'ultimo Ministro a rifiutarsi di andare in Egitto, finché non sarebbe stata chiarita la vicenda Regeni. Il suo successore è venuto qui e ci ha raccontato proprio ieri che si è recato in Egitto dopo neanche due mesi dalla nomina. La domanda è, e credo che sia una domanda più di carattere generale rispetto al lavoro di questa Commissione: in quali altri ambiti delle relazioni si è deciso di non procedere, proprio per marcare questa crisi di fiducia non sanata? Per noi questa domanda è importante per cercare di capire quali sono le leve che l'Italia ha nel favorire una certa risposta dall'Egitto.
La terza domanda riguarda quell'agosto del 2017. Ne abbiamo già discusso più volte in Parlamento rispetto alla decisione di rimandare il nostro ambasciatore. Io ribadisco, come ribadii allora, che noi dovevamo avere tutti gli strumenti per favorire la ricerca di Regeni e a quel punto l'ambasciatore era uno degli strumenti necessari. Quali furono però gli elementi che vennero presi in considerazione dal Governo per quella decisione? Perché proprio allora si giudicò che la cooperazione giudiziaria aveva prodotto dei risultati e quindi era necessario allora rimandare l'ambasciatore? Grazie.
GUIDO GERMANO PETTARIN. Ringrazio, e non è formula di rito, ma è veramente molto sentita. Ringrazio la presidenza della nostra Commissione per questa audizione, ringrazio moltissimo lei, Ministro. Mi permetto di fare le seguenti osservazioni perché la sensibilità della sua attività forense credo sia molto utile e il fatto della sua ottica anche da avvocato credo ci possa essere preziosa rispetto a questo quadro.Pag. 17 I dettagli che lei ci ha dato sono estremamente importanti. È la prima volta che nei colloqui con lei e con i Ministri che sono succeduti a lei nel suo ruolo abbiamo modo di poter avere un'elencazione di quelli che sono stati i dettagli dell'azione che il Ministro degli esteri ha compiuto. Abbiamo più volte avuto modo di chiedere a chi si è succeduto in quel ruolo quali fossero gli indirizzi, le indicazioni e gli ordini dati agli ambasciatori per poter riuscire a comprendere quale fosse stato il modo di reagire alla situazione e le devo dire che questa è la prima volta che otteniamo una risposta che da parte degli altri che è stata un po' di renitenza, mi sento di definirla in questa maniera. Mi piace molto quindi poter colloquiare con lei di questo quadro anche nell'ottica di alcune situazioni che per noi sono molto importanti: i rapporti con il Regno Unito e rapporti con l'Unione europea. È una curiosità che a mano a mano è diventata un cruccio, ma in dettaglio noi all'Unione europea, ai nostri partner comunitari cosa abbiamo chiesto, perché possano effettivamente darci una mano a collaborare con noi in un quadro quale quello che si è venuto a creare per la vicenda Regeni? Ci siamo sentiti dire, e io condivido, che l'Unione europea è molto spesso semplicemente un mix tra collaborazione e concorrenza. In questo mix dell'Unione europea le richieste che abbiamo fatto sono state anche fattuali o ci siamo limitati a chiedere delle prese di posizione meramente formali? Non mi pare così, rispetto a quelli che sono i dati che lei ha cominciato a darci, ma su cui avrei molto piacere lei potesse dirci qualcosa di più.
Sono convinto che la via giudiziaria, il supporto alla Procura – che, condivido, ha svolto un lavoro veramente ammirabile – sia la strada maestra, ma è un dato di fatto che quando lei è andato via il primo giugno 2018 dal Ministero degli esteri, la situazione si è congelata. Non è cambiato niente da quella volta. Non c'è stato un minimo di passo avanti. Quindi lei è una persona assolutamente qualificata per poterle chiedere in che cosa abbiamo sbagliato. Il presidente Fico oggi nella cerimonia del Ventaglio ha con forza chiesto nuove strategie. La domanda che io le faccio, mi rendo conto che è anche irrituale e non vorrei per questo metterla in difficoltà, è: che nuove strategie? Qual è la nuova strategia che noi dobbiamo seguire, in riferimento, Ministro, con l'esperienza che lei ha, quando uno dei quadri con cui abbiamo a che fare comporta la ripresa delle forniture importanti di armamenti all'Egitto? Noi non forniamo solamente fregate militari, ma forniamo anche armi leggere che sono destinate alle forze di polizia e quindi a soggetti che probabilmente sono quegli stessi o almeno sono colleghi di quegli stessi che in questo momento sono indagati. Noi stiamo percorrendo la strada giusta? A fronte di questo, il fatto di compiere queste forniture in qualche maniera, e se sì in che maniera, ci mette in difficoltà con i nostri partner europei e internazionali? Ovvero, chiediamo azioni, chiediamo supporti, chiediamo conforto, ma nel contempo vendiamo armi leggere all'Egitto? Mi rendo conto che non è particolarmente facile questo tipo di quadro, ma è molto importante e su questo le vorrei chiedere un ulteriore elemento. A me pare che quando ci rifiutammo come Stato di fornire i pezzi di ricambio per gli F-16 sia stato un momento particolarmente importante, perché probabilmente è stato uno dei momenti in cui la crisi di fiducia che lei ha evidenziato si è molto appalesata. È quella la strada, Ministro? Il quadro in cui ci troviamo, in cui questi elementi hanno anche evidenziato quanto importanti fossero – perché certamente la reazione al blocco delle forniture dei pezzi di ricambio dell'Egitto non è stata particolarmente felice – è una strada che ci viene indicata su come dovremmo agire per riuscire effettivamente e finalmente ad avere verità e giustizia su Giulio Regeni? Quindi in estrema sintesi e per quanto possibile, che strategia, vista la sua esperienza, lei individua come possibile per riuscire a uscire da questa impasse, da queste sabbie mobili che in questo momento ci stanno vedendo affondare, non certamente affiorare? Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Alfano per le risposte.
Pag. 18 ANGELINO ALFANO, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Preliminarmente vorrei porgere dei ringraziamenti ai colleghi intervenuti e delle scuse ai colleghi intervenuti. Il ringraziamento sta nella cortesia con cui si sono rivolti a me chiamandomi «Ministro». Ringrazio e declino. Vale solo per i ministri del culto semel sacerdos semper sacerdos, per i Ministri della Repubblica si diviene rapidamente ex. Questo è il ringraziamento.
Per quanto riguarda le scuse, loro mi scuseranno, ma io mi sottrarrò alle domande che implicano giudizi politici sull'oggi. Io dal primo giugno del 2018 ho sospeso il servizio pubblico. Mi sono ritirato il 6 dicembre del 2017. Sono uscito dalla scena pubblica senza rimanere sull'uscio. Non ho intenzione di rientrare e quindi tutte le mie considerazioni svolte qui si fermano al 2 di giugno del 2018, per cui risponderò a tutte le domande, ma mi scuseranno coloro i quali mi chiedono un giudizio sull'oggi. L'unico che io ho dato, perché ritengo che c'entri con quello che dovevo dire, l'ho dato in piena coscienza ed era il dare atto a questo Governo che come i precedenti non ha in mano la soluzione per la verità sul caso di Giulio Regeni. Non è nelle mani del Governo della Repubblica. Detto questo, chiederei – questa è una postilla oltre alle scuse per non rispondere alla parte politica – essendo io un cittadino privato e venendomi chiesti dettagli riguardanti anche le relazioni internazionali, se a talune risposte possa rispondere in seduta segreta. Questa è la mia richiesta.
Vado alle risposte. Per quanto riguarda l'onorevole Maria Tripodi, la sospensione degli accordi di natura economica fu radicale. Di altre cose dirò anche durante la parte segretata. Quello che sostanzialmente si verificò in modo pubblico e immediato fu la sospensione delle visite di alto livello, la sospensione del sostegno reciproco nelle candidature agli organismi internazionali, la sospensione delle attività di cooperazione sponsorizzate dai governi, il termine «sponsorizzate» inteso non in senso economico, ma promosse politicamente dai governi, e il blocco del Business council. Queste sono state cose immediatamente avvertite. Poi c'è tutto un altro filone di cui ha parlato l'onorevole Pettarin, e a cui ha accennato anche l'onorevole Tripodi, e su cui risponderò nella parte segretata: mi riferisco alle questioni del materiale d'armamento, relativamente alle quali risponderò anche nella seconda metà di questo nostro incontro, quello che avverrà in parte riservata.
Per quanto riguarda quello che chiede l'onorevole Quartapelle sul fascicolo di indagine, tutta la questione riguardante il suo contenuto si è poi sviluppata nel corso dei mesi successivi, quando parallelamente il fascicolo di indagine non è risultato evidentemente completo. Il nostro sforzo principale è stato quello di farlo ottenere, così come è stato quello di fare ottenere le immagini della metropolitana di Londra. Sull'agosto 2017 che è la terza domanda – la seconda la salto e la rinvio alla parte successiva – e cioè in quali altri ambiti si è deciso di non procedere. La cosa che nell'agosto del 2017 apparve decisiva, lo dico come ho già detto nell'ambito della mia relazione, è che si combinarono due aspetti. Il primo aspetto fu che il tipo di materiale istruttorio offerto alla Procura della Repubblica di Roma apparve un materiale concretamente utile ai fini delle indagini. Poi questo penso sia stato ribadito anche dalla Procura della Repubblica di Roma che voi avete avuto modo di sentire. Si fa riferimento al fatto che furono consegnati essenzialmente due tipi di materiale istruttorio, i tabulati e i verbali. Questi tabulati e questi verbali erano molto attesi dalla Procura della Repubblica di Roma e furono considerati molto importanti. Ribadisco quello che ho detto nella relazione. Ci fu anche un tono di sostegno a quella acquisizione da parte degli uffici giudiziari di Roma che ci incoraggiò a considerare importante l'acquisizione di quel giorno, quindi procedemmo. A che cosa si è combinato quello che ho appena detto sul piano fattuale? Si è combinato a una valutazione di natura eminentemente politica che era un bilanciamento tra rischi e opportunità circa la decisione di rimandare o meno l'ambasciatore dopo questi sviluppi. È evidente che gli egiziani cooperavano e la Pag. 19cooperazione stava andando bene ed era in fase di miglioramento, ma era altrettanto evidente che gli egiziani lavoravano per un recupero di relazione diplomatica al massimo livello con noi e dunque il nostro dubbio e la domanda di cui ho parlato nella mia relazione è stata: coltiviamo meglio questo germoglio continuando sulla linea della frattura oppure andando avanti e dicendo: «Noi mandiamo l'ambasciatore, ma non consideriamo né le relazioni ripristinate al livello precedente e neanche le visite ufficiali tornano a essere quelle ordinarie con la presenza del Ministro?». Nel combinato disposto tra quello che la Procura del Cairo consegnò alla Procura di Roma e la nostra valutazione politica, scegliemmo la strada di rimandare l'ambasciatore.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Pettarin, la cosa che a me pare importante sottolineare sul piano politico generale di allora, lo ribadisco, è che nel rapporto con l'Unione europea occorreva «trascinare l'intera Unione europea», perché voi siete consapevoli, alla luce anche delle risultanze di questa Commissione, della fatica dell'interruzione di un rapporto con un Paese come l'Egitto da parte dell'Italia, Paese ferito, gravemente ferito dalla morte di Giulio Regeni. Immaginatevi quanto sia difficile l'interruzione dei rapporti da parte degli amici, alleati e membri della stessa Unione, che quella ferita hanno certamente vissuto, ma non era una ferita patria, non era avvenuta in riferimento a un cittadino loro. Aggiungo, sul piano politico generale, che anche al paragrafo 22, cui mi riferivo prima io, della dichiarazione di posizionamento dell'Unione europea in funzione del Consiglio di associazione Ue-Egitto, non fu citato solo Giulio Regeni, ma fu citato anche Eric Lang che è un cittadino francese. Quindi anche i francesi erano feriti, ma le reazioni dei Paesi europei andavano stimolate, essendo consapevoli che non vi era la possibilità di un'interruzione diplomatica generale del rapporto tra l'intera Unione europea e l'Egitto. La politica estera è un'arte complessa che deve tenere conto dei principi fondamentali. La nostra attenzione ai diritti umani è sempre stata alta, ma non si deve distrarre sul principio di realtà. Quindi la nostra azione con l'Unione europea è stata per schierare di fronte all'Egitto l'Unione europea in termini compatti dal punto di vista politico, però l'Unione europea quando parla con l'Egitto – e io ho voluto menzionare solo uno degli aspetti per ragioni di sintesi – e cioè quando abbiamo affrontato il tema della Libia nel Consiglio dei ministri degli esteri europei, insieme al Ministro degli esteri Shoukry, la centralità della Libia e la centralità dell'Egitto sullo scenario di crisi libico erano considerate unanimemente un tema cruciale. Se a questo aggiungete il tema della contribuzione alla lotta contro il terrorismo internazionale e la presenza nella Global Coalition against Daesh dell'Egitto invitato a Washington, se aggiungete il tema generale delle migrazioni, vi rendete conto di come sia complessa da parte del Governo italiano la funzione di stimolo nei confronti dell'unità dell'Unione europea che un conto è se viene sollecitata nella direzione di una richiesta di verità e giustizia nei confronti dell'Egitto e della cooperazione giudiziaria, altro conto è se viene invece sollecitata nella direzione di una rottura della relazione. E così torno al principio di realtà. La risposta all'altra domanda sul Regno Unito la posticipo alla seconda fase.
PRESIDENTE. Do la parola al collega Ungaro.
MASSIMO UNGARO. Anche io ringrazio l'ex Ministro Alfano per la sua accurata e puntuale ricostruzione durante il suo mandato come Ministro. È stato molto utile. Le volevo fare una domanda molto precisa. Durante le audizioni che abbiamo svolto in questa Commissione è emerso che lei da settembre 2018 sia diventato consulente dello studio legale Bonelli Erede di Milano, soprattutto nella sezione Africa, dove lei sembra collabori insieme al signor Ziad Bahaa Eldin. Questo signore è stato capo dell'Egyptian financial supervisory authority ai tempi di Mubarak, ma soprattutto vicepremier sotto il presidente al-Sisi. Io le volevo quindi chiedere se lei conosceva questo signore prima di cominciare il suo Pag. 20nuovo lavoro presso lo studio Bonelli Erede nel settembre 2018 e che tipo di rapporto ha intrattenuto con questo studio legale prima di cominciare a lavorarci sempre a settembre 2018. Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola al collega Formentini.
PAOLO FORMENTINI. Mi ha proprio preceduto il collega Ungaro.
Ho ascoltato con attenzione l'intervento dell'ex Ministro Alfano, un intervento puntuale, preciso, una strategia, quella descritta e attuata che dalla Lega, non trova obiezioni. Come ha ribadito più volte Matteo Salvini, noi su questo non facciamo politica, non facciamo discussione e non vogliamo spaccare il Paese. Siamo tutti uniti nel pretendere la verità, però al contempo manteniamo quelle relazioni diplomatiche delle quali ci ha parlato l'ex Ministro Alfano e i rapporti commerciali, pur pretendendo sempre con forza, lo ribadiamo più volte perché sia chiaro, la verità sull'uccisione barbara di Giulio Regeni. Però ci ha sorpreso, ma davvero sorpreso, il fatto che le accuse pesanti che i genitori di Regeni, nella fattispecie la madre di Giulio Regeni, hanno rivolto alla sua persona, non siano state prese minimamente in considerazione. Il collega Ungaro ha già sollevato la questione, quindi non mi dilungherò a ripeterla, però gradiremmo una risposta. Grazie.
SIMONA SURIANO. La ringrazio per la sua esaustiva esposizione. È emerso che in quei giorni, anzi il giorno in cui è stato trovato il corpo di Giulio Regeni era presente una delegazione commerciale proprio al Cairo. Volevo sapere se lei ricorda chi fosse presente di questa delegazione commerciale e che tipo di relazioni commerciali si stavano instaurando con l'Egitto, cosa c'era in discussione al momento dal punto di vista commerciale.
ANGELINO ALFANO, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Ringrazio i colleghi. Non ho con l'Egitto una relazione speciale. Lo studio Bonelli Erede era in Egitto ben prima del mio arrivo. Nel 2014 ci fu la decisione, nel 2016 l'apertura ufficiale. Ha sempre avuto un partner egiziano, degli avvocati italiani a lavorare al Cairo e degli altri avvocati italiani responsabili di seguire a distanza quella sede. Nella mia collaborazione, che è da consulente, perché non sono un socio dello studio Bonelli Erede, non ho alcuna responsabilità di guida e in qualsiasi modo non ho alcuna responsabilità di cura della sede del Cairo. Lo studio non mi ha chiesto di intrattenere rapporti con il governo egiziano. Peraltro lo studio aveva già avuto, prima del mio ingresso, varie occasioni di accreditamento governativo e istituzionale. Il collega di studio di cui lei parla non lo conoscevo se non nell'occasione dell'avvenuta comune collaborazione.
Onorevole Suriano, io ero Ministro dell'interno nel gennaio/febbraio 2016, quindi non avevo titolo a conoscere la delegazione. Probabilmente è una domanda che si può fare direttamente alla Farnesina o all'ambasciata al Cairo che avranno l'elenco dei membri della delegazione.
PRESIDENTE. Prima di passare alla seduta segreta le volevo rivolgere alcune domande.
La prima nello specifico riguarda ancora una volta la scelta di inviare al Cairo l'ambasciatore. Lei ci ha spiegato quali valutazioni sono state fatte per assumere questa decisione. Le chiederei se ci può dire quali sono state le considerazioni che hanno pesato in ordine alla scelta dei tempi, perché quella decisione è stata annunciata in piena estate, e qual è stato il tipo di condivisione a livello di Consiglio dei ministri, quindi se quella scelta è stata assunta insieme al Presidente del Consiglio, se è stata assunta in sede di Consiglio dei ministri e chi è stato consultato, se c'è stata una valutazione anche con altri partner europei a cui avevamo chiesto in quel periodo anche un impegno, quindi se abbiamo comunicato prima questa scelta che stavamo assumendo e se c'erano state pressioni anche di gruppi economici. Noi sappiamo che in quel periodo c'era stata tutta una serie di parlamentari italiani che avevano fatto delle visite al Cairo, di senatori Pag. 21nello specifico, impegnandosi a fare pressioni perché si ripristinassero le relazioni diplomatiche.
ANGELINO ALFANO, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Sulla scelta dei tempi non posso, onorevole presidente, che ribadire quello che ho detto poco fa, ossia il fatto che la scelta fu determinata dalla circostanza che in quei giorni si determinò un'acquisizione e in quei giorni noi fummo chiamati ad assumere la decisione, nel senso che una decisione che fosse sganciata e tardiva rispetto a quella acquisizione istruttoria avrebbe potuto perdere di efficacia e di significato, mentre per quanto riguarda la valutazione sul timing occorre specificare che non è che il 15 mattina partì l'ambasciatore Cantini. L'ambasciatore Cantini andò al Cairo alla metà di settembre ed ebbe modo di incontrare la famiglia Regeni, ebbe modo di incontrare coloro i quali avrebbero poi rappresentato i suoi interlocutori istituzionali come i rappresentanti della Procura di Roma. Quindi lasciammo un intervallo che fu dal 14 agosto, data dell'annuncio, al 17 settembre, che fu la data della reale assunzione e l'intervallo permise di rappresentare da parte del nostro ambasciatore quale fosse la sua missione derivante dalla mia lettera di incarico anche ai principali suoi interlocutori, che erano appunto la famiglia e la Procura di Roma. La decisione fu senz'altro assunta a livello di Presidente del Consiglio come naturale interlocutore. La scelta fu in piena sintonia e in piena condivisione. Del resto, che la scelta fosse considerata come possibile da parte del Governo emerge dagli atti, dal libro della famiglia Regeni e penso anche che sia del tutto fisiologico e politicamente spiegabile nel momento in cui si considera che il mio Presidente del Consiglio era il mio predecessore alla Farnesina nonché il Ministro degli esteri che aveva proceduto al richiamo dell'ambasciatore. Quindi vi era già un supplemento di dovere da parte del Ministro degli esteri in carica di relazionarsi con il Presidente del Consiglio e quindi la giudico una decisione politicamente assunta in modo congiunto e collegiale, come anche il dibattito politico sulle agenzie di stampa prima e in Parlamento poi ha dimostrato. Almeno da parte mia non vi è stata una consultazione degli altri partner europei e men che meno alcuna pressione da parte dei gruppi economici che lei ha citato, non nello specifico, ma come forma generale di pressione.
PRESIDENTE. Ho un'altra domanda che si può rivolgere in questa parte della seduta. Nel corso della discussione tenutasi il 4 settembre 2017 sull'indirizzo del suo dicastero che lei ha prima richiamato, la collega Quartapelle fece riferimento a una decisione del Ministero degli esteri secondo cui il nostro ambasciatore non sarebbe tornato da solo, ma insieme a un magistrato incaricato della cooperazione giudiziaria. L'ambasciatore Cantini, ascoltato da questa Commissione nello scorso marzo, ha riferito che tra le tante anomalie e il carattere tutto unico del caso Regeni va senz'altro ascritto il fatto che un ambasciatore abbia costantemente interloquito, talvolta anche su questioni di merito, su indicazione della Procura di Roma, non solo con l'autorità giudiziaria del proprio Paese, ma anche con quella del Paese di accreditamento. È un fatto eccezionale che non va trascurato, tanto più che all'epoca era stata ventilata anche l'ipotesi di assegnare all'ambasciata del Cairo un magistrato di collegamento specificatamente per il caso Regeni. Per quale ragione questa decisione che fu annunciata non è stata portata a termine né risulta nella lettera di incarico che è stata fatta all'ambasciatore?
ANGELINO ALFANO, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Lei ha già risposto, nel senso che non è parte della lettera di missione dell'ambasciatore Cantini. Non ho una ragione specifica per ritenere che non sia stata fatta se non la circostanza di cui bisogna tenere conto che, verificandosi nell'agosto del 2017 la cosa di cui stiamo parlando, cioè il ritorno dell'ambasciatore, la Procura della Repubblica di Roma aveva già autonomamente interloquito, grazie anche al supporto diplomatico della Farnesina, dal febbraio del 2016 al settembre del 2017 e solo Pag. 22nel febbraio/marzo del 2016, aveva potuto contare sulla presenza di un ambasciatore in sede. Per il resto si era talmente sviluppato il dialogo tra le due procure, con l'azione di fluidificazione derivante dall'azione diplomatica che non credo onestamente avrebbe aggiunto nulla la presenza di un magistrato che sarebbe stato a supporto di non so dire neanche che cosa in questo momento.
PRESIDENTE. Un'ultima domanda: lei è l'unico Ministro degli esteri che si è succeduto alla guida della Farnesina a non avere incontrato la famiglia Regeni. Le chiedo se c'era un motivo particolare e come valutava questa scelta.
ANGELINO ALFANO, già Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Molto sinceramente, io ho ritenuto che, avendo il Governo Renzi l'interlocuzione a livello di Presidente del Consiglio e avendo il Governo Gentiloni l'interlocuzione a livello di Presidente del Consiglio e avendo io assolto alla mia funzione pubblica di rappresentare la nostra solidarietà alla famiglia Regeni in ogni sede pubblica o privata, ho ritenuto che fosse un sovrappiù di esposizione politica, con un rischio di fraintendimento da photo opportunity che ho voluto evitare. È chiaro che io considero la famiglia Regeni l'icona del dolore, perché non penso che ci possa essere nulla di più grave di quello che questa famiglia ha subito. Aggiungo anche un altro elemento: ritengo che nessuno possa capire – chi è padre può solo immaginare – ma nessuno possa capire; e poi, ritornando alla domanda del collega della Lega di poco fa, è questa la ragione per la quale ometto ogni risposta, anche quando sono attaccato, perché mi rendo conto che è una famiglia che ha detto recentemente che si sente tradita dallo Stato italiano, mentre io rappresento il Ministro che ha mandato l'ambasciatore al Cairo, quindi comprendo il loro dolore ed è la ragione per la quale io non ho mai ritenuto di dovere fare una replica, perché non ci può essere nulla di più grande del dolore che questa famiglia, che questa mamma, questo papà, questa sorella e tutti coloro i quali hanno voluto bene a Giulio Regeni hanno provato. Non c'è nulla che possa essere paragonato in politica a questo dolore ed è la ragione per la quale io mi sottraggo a ogni forma di polemica e perciò non mi sono prestato a una risposta a cui in altri ambiti avrei reagito con altri toni e con altri argomenti.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Alfano. Se non ci sono obiezioni, passerei alla seduta segreta. Dispongo la disattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.
(La Commissione prosegue in seduta segreta).
PRESIDENTE. Dispongo la riattivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso e della web-tv.
(La Commissione riprende in seduta pubblica).
PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Alfano per la collaborazione prestata alla Commissione, per le informazioni che ci ha dato e per la corposa e completa relazione che ha sicuramente contribuito a chiarire il quadro di un periodo molto particolare e delicato. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.50.