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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVIII Legislatura

VI Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 2 di Mercoledì 23 ottobre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ruocco Carla , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI SISTEMI TRIBUTARI DELLE REGIONI E DEGLI ENTI TERRITORIALI NELLA PROSPETTIVA DELL'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE E DELL'AUTONOMIA DIFFERENZIATA

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia.
Ruocco Carla , Presidente ... 3 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 3 
Ruocco Carla , Presidente ... 9 
Cavandoli Laura (LEGA)  ... 9 
Covolo Silvia (LEGA)  ... 10 
Paternoster Paolo (LEGA)  ... 10 
Fragomeli Gian Mario (PD)  ... 11 
Pagano Alessandro (LEGA)  ... 12 
Martinciglio Vita (M5S)  ... 13 
Ruocco Carla , Presidente ... 14 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 15 
Ruocco Carla , Presidente ... 19 
Boccia Francesco (PD) , Ministro per gli affari regionali e le autonomie ... 19 
Ruocco Carla , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
CARLA RUOCCO

  La seduta comincia alle 14.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui sistemi tributari delle regioni e degli enti territoriali nella prospettiva dell'attuazione del federalismo fiscale e dell'autonomia differenziata, l'audizione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia. Saluto il Ministro e gli do il benvenuto a nome di tutta la Commissione.
  Com'è noto, il percorso attuativo del federalismo fiscale, che ha preso le mosse dalla legge n. 42 del 2009, si è realizzato solo parzialmente, anche a causa dell'aggravarsi della crisi economica e finanziaria che ha determinato una maggiore centralizzazione delle decisioni di entrata e di spesa, riducendo gli spazi di autonomia finanziaria degli enti territoriali. Sono tuttavia rimaste immutate le esigenze di autonomia finanziaria e gestionale delle regioni e lo scopo dell'indagine conoscitiva è proprio quello di acquisire informazioni e dati aggiornati in merito allo stato di attuazione del processo di riforma, anche con riferimento alle modalità di trasferimento delle risorse alle regioni e agli enti territoriali; ciò al fine di consentire l'effettivo passaggio ad un modello istituzionale in grado di contemperare le istanze di autonomia con le esigenze di perequazione, basato sui livelli essenziali delle prestazioni, capacità fiscali e fabbisogni standard.
  Cedo la parola al Ministro Boccia, al quale chiederei di limitare – se è possibile – il proprio intervento a una ventina di minuti al massimo, al fine di lasciare spazio al successivo dibattito.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, presidente Ruocco. Ringrazio in primo luogo la Commissione per il contributo, attraverso l'indagine conoscitiva che sta svolgendo, ad un confronto che personalmente ritengo fondamentale avvenga in tutti i modi possibili in Parlamento, sia in questa fase di costruzione della proposta che il Governo sta elaborando, sia soprattutto perché le vostre valutazioni e le vostre riflessioni ci serviranno nel momento in cui si arriverà al dibattito parlamentare di merito.
  Penso di poter essere utile, rispetto al lavoro che state svolgendo, provando a raccontarvi che cosa ho trovato agli atti del mio Ministero. Anche per evitare inutili discussioni, ho chiesto ai presidenti delle regioni, che avevano fatto i primi passi verso l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, di condividere con me il percorso fatto, e ho disposto formalmente la trasmissione al Parlamento degli atti che ho trovato da Ministro degli affari regionali. Una cosa infatti è il racconto da «esterni», un'altra sono le responsabilità istituzionali che abbiamo da legislatori, un'altra cosa ancora è il lavoro di merito che abbiamo il dovere di fare sulle norme. Pag. 4
  Presidente, dopo aver ricevuto la richiesta di documentazione sia dalla Commissione bicamerale per le questioni regionali che dalle Commissioni riunite Bilancio e Affari costituzionali, e siccome immagino che analoga richiesta arriverà in questa sede anche da lei, ho predisposto oggi stesso la trasmissione al Parlamento di tutti gli atti protocollati, così che tutti i deputati e le deputate, i senatori e le senatrici sappiano da che punto siamo partiti. In questo modo eviteremo confronti che siano figli di informazioni parziali, soprattutto in Parlamento. Ho disposto la trasmissione degli atti al Parlamento e penso che arriveranno a breve, così tutti i colleghi potranno aiutarmi a capire meglio perché alcune cose non sono state fatte, oppure sono state fatte ma possono essere ulteriormente rafforzate.
  Nei quindici mesi che abbiamo alle spalle c'è stato un tentativo, assolutamente comprensibile, di provare a dar vita all'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, attraverso una sorta di «corsa libera» tra lo Stato e le intese. Si è partiti dalle pre-intese, firmate dal governo Gentiloni, che ha indicato un metodo: varare dei pre-accordi, che poi sarebbero dovuti entrare nella dinamica del confronto tra il nuovo Governo e il Parlamento che si sarebbe insediato – eravamo alla fine della scorsa legislatura e alla vigilia della nuova – i quali avrebbero poi stabilito il percorso da seguire.
  Lo scorso Governo aveva deciso di dare vita all'attuazione di quelle pre-intese attraverso delle intese vere e proprie tra coloro che si ritenevano pronti – attraverso i passaggi fatti nei Consigli regionali – e la disponibilità del Governo a cedere alcune funzioni in relazione ad un modello: si parte subito, si cedono le funzioni, si cedono in funzione della spesa storica (vale a dire la spesa esistente), si aspetta un anno e si cambia la copertura con i fabbisogni, si aspettano tre anni e si verifica se i livelli essenziali delle prestazioni – punto centrale nel nostro Titolo V – sono stati definiti.
  Io non giudico la scelta di questo percorso, ma giudico i fatti: alla fine dei quindici mesi, la trattativa tra le tre regioni che avevano fatto da apripista e il Governo si è arenata. Non voglio entrare nel merito del perché si sia arenata; vi trasmetto gli atti e ognuno potrà leggere la differenza che passa tra le proposte legittime, ma unilaterali, delle tre regioni e le risposte, altrettanto legittime del Governo – non potrei dire unilaterali, perché sono il risultato di una mediazione che non è andata in porto, ma che era una mediazione, nel senso che le risposte dei Ministeri sono quelle più avanzate della mediazione possibile secondo l'Esecutivo. Questo vale per le 23 funzioni per il Veneto, per le 23 funzioni per la Lombardia, per le 15 o 16 funzioni per la regione Emilia-Romagna. Di quello che vi sto raccontando ho disposto oggi la trasmissione alla presidente Ruocco, alla Commissione e agli uffici.
  L'idea che mi sono fatto è che il processo sia fallito perché, per alcuni dei rilievi fatti dai Ministeri su singole funzioni, in alcuni casi la mediazione non era ancora pronta, non era ancora matura; in altri casi era evidente che le proposte unilaterali, avanzate dalle regioni, avevano debordato rispetto ai confini del Titolo V. Si attua l'articolo 116, terzo comma, ma in un quadro armonico, che deve tener conto degli articoli della Costituzione che vanno dal 114 al 119; se si pensa di attuare l'articolo 116 come se fosse una sola Costituzione, come se gli altri articoli non ci fossero, è evidente che si crea un cortocircuito nel rapporto tra l'amministrazione regionale e le amministrazioni centrali. Alcuni dei no, che non ho detto io, ma che sono stati detti, per esempio, dal Ministro Bussetti al presidente della regione Lombardia Fontana (sono agli atti e sono stati trasmessi), non significano mancanza di volontà politica da parte del Ministro Bussetti, ma si spiegano con il fatto che alcune di quelle richieste non rientravano nei binari che la Costituzione definisce, non solo con l'articolo 116, ma anche con gli altri articoli che ho richiamato. Questa è la ragione.
  Potrei farvi mille esempi sul passato, ma non voglio fare una relazione sul passato; voglio provare a dare un contributo per un'indagine conoscitiva che parta dall'esperienza Pag. 5 già fatta dal Governo, nel rapporto tra i Ministeri e le regioni, per provare a fare un passo in avanti.
  Qual è il modello che ci siamo dati? Io ho trasmesso gli atti ai presidenti e ho detto che non voglio ripartire da zero, ma da tutti i punti di accordo già esistenti. Ovviamente, ho il dovere, sui quei punti di accordo, di fare un passaggio velocissimo – ma la responsabilità è mia – con i nuovi Ministri, perché intanto è cambiato il Governo. Non voglio perdere tempo ed è una mia responsabilità, quindi nel giro di pochissime settimane le regioni che erano già coinvolte torneranno al tavolo del negoziato bilaterale regione-Stato sulla base dei punti che già erano stati accettati, avallati e che ora diventano oggetto di una nuova mediazione con il nuovo Governo.
  Siamo già ripartiti con i negoziati sulle intese. Ieri, la delegazione trattante della regione Veneto si è seduta nuovamente al tavolo con la delegazione trattante dei tecnici del Ministero. Tra i tecnici presenti, qui c'è la consigliera dottoressa Elisa Grande, il nuovo capo del Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, che segue personalmente, con gli altri tecnici e consiglieri del Ministero, le trattative delle delegazioni trattanti.
  Si tratta di una semplice valutazione di buonsenso, considerando quello che abbiamo ereditato e il cammino che abbiamo di fronte. Ho affermato semplicemente la necessità – e me ne assumo tutta la responsabilità politica – che le delegazioni trattanti ricomincino il loro lavoro, sulla base di valutazioni che erano state fatte anche dal Parlamento – da questa Commissione, dalla Commissione Bilancio, dalla Commissione per le questioni regionali, dalla Commissione per l'attuazione del federalismo fiscale – e sulla base degli atti che ho personalmente visto.
  Il lavoro peraltro è già ripreso: abbiamo convocato la delegazione della regione Lombardia, della regione Emilia-Romagna e della regione Toscana (che non era mai stata convocata prima).
  Sto andando personalmente nelle sedi delle regioni, sto guardando i dossier relativi alle attività che le regioni portano avanti con il mio Ministero – e sto parlando di attività corrente, delle leggi da impugnare, della conciliazione Stato-regioni, dell'attività tra Stato e regioni, che riguarda tutte le regioni a statuto speciale – però sull'autonomia sto insistendo, perché sto chiedendo a tutti i presidenti delle regioni a statuto ordinario di valutare, in seno alla Conferenza Stato-regioni, se non sia il caso, con la nuova impostazione, di valutare l'ipotesi di sedersi al tavolo e avviare l'iter che porta in Consiglio regionale la richiesta dell'attuazione dell'articolo 116. Questo consiglio lo sto dando a tutte le regioni, nessuna esclusa, perché la proposta che stiamo preparando, inserita nella Nota di aggiornamento al DEF come disegno di legge collegato alla manovra, prevede un capovolgimento della precedente impostazione.
  Nelle more del confronto sulle intese che le delegazioni trattanti stanno completando, noi proponiamo una legge quadro per cui tutte le intese tra lo Stato e le regioni, cui sono attribuite, ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, forme e condizioni particolari di autonomia, devono conformarsi ad alcuni obiettivi e modalità di attuazione: in primo luogo la determinazione delle materie oggetto di attribuzione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) o obiettivi di servizio uniformi su tutto il territorio nazionale.
  I LEP noi li abbiamo in Costituzione dal 2001. Io trovo ingiustificabile – e penso siate tutti d'accordo – che, nonostante il Costituente abbia previsto i LEP, il Legislatore non abbia dato ai LEP un profilo, un abito. Noi abbiamo il dovere di chiarire se siamo o meno in grado di definire i LEP, perché tutto l'impianto su cui stiamo ragionando passa attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.
  Tutto questo vorrei che avvenisse ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m). L'articolo 117 non è sganciato dall'articolo 116. Con che cosa deve essere coerente il finanziamento delle funzioni attribuite sulla base dei fabbisogni standard dei livelli essenziali delle prestazioni? E qui veniamo all'articolo 119, perché anche l'articolo 119 deve essere rispettato dalle intese, altrimenti non funziona. Pag. 6
  Con la regione Veneto abbiamo fatto, a mio avviso, un passo in avanti importante: l'insieme della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale e del decreto legislativo n. 68 del 2011, che attua le deleghe, ci consente di sostenere il modello attuale di perequazione delle regioni a statuto ordinario. Nella prima versione della proposta fatta dalla regione Veneto, questa indicazione – che per me è fondamentale – non c'era, perché c'era un'altra visione, un'altra impostazione. Dopo il mio primo incontro a Venezia, dopo il confronto franco che ho avuto con il presidente Zaia, dopo il confronto tecnico proposto dal presidente Zaia e che io ho accettato di fare con la delegazione trattante, guidata dal professor Bertolissi (che ieri ha guidato la stessa delegazione dell'inizio dei negoziati), ho detto con chiarezza: «Se non fate riferimento all'attuazione dell'articolo 119 attraverso la legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale e il decreto legislativo n. 68 del 2011, per me non va bene; posso accettare che mi diciate che il modello di perequazione è un altro, ma dovete dirmi qual è. Se voi non indicate qual è il modello di perequazione, la proposta non funziona. Se dite che c'è un altro modello, noi ci prendiamo quindici, venti giorni, un mese, ci confrontiamo con il Parlamento e diremo che il modello di perequazione che consente di dire che l'articolo 119 è rispettato e che consente alle regioni a statuto ordinario oggi di funzionare è questo, ma da una regione arriva un'altra proposta».
  Dopo l'incontro fatto a Venezia, la delegazione trattante mi ha consegnato, attraverso il presidente Zaia, la nuova proposta, che sulle funzioni resta la stessa di prima – non sto parlando del merito delle funzioni, perché su questo il negoziato è in corso e non voglio entrare nel merito, perché non voglio condizionare né i tecnici né i politici – ma ho molto apprezzato il fatto che il presidente Zaia e la delegazione trattante del Veneto abbiano riconosciuto, come modello di perequazione esistente, anche per la loro proposta, il combinato disposto della legge n. 42 del 2009 e del decreto legislativo n. 68 del 2011. Questo ci consente almeno di sederci al tavolo. È stato un passo importante che ho riconosciuto alla regione Veneto e che oggi consente alle parti di confrontarsi. Quindi il richiamo all'articolo 117, il richiamo all'articolo 119, il richiamo inevitabile all'articolo 118.
  Veniamo alla parte, per me, fondamentale: la necessità di assicurare su tutto il territorio nazionale i livelli delle prestazioni e gli obiettivi di servizio che ho citato, anche attraverso la perequazione infrastrutturale. Questo è il nodo a mio avviso essenziale, senza il quale ci possiamo solo illudere di migliorare i ritardi di sviluppo, e non mi riferisco solo al divario tra Nord e Sud. Il ragionamento che stiamo facendo non lo stiamo facendo soltanto con riferimento al divario tra Nord e Sud, ma anche tra Sud e Sud e tra Nord e Nord. Stiamo tentando di consentire al Parlamento di discutere una norma quadro che tenga insieme tutto e che preveda la distribuzione di funzioni tra regione e città metropolitane ed enti locali, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di adeguatezza previsti dall'articolo 118 della Costituzione. Questo significa che all'affidamento delle funzioni si procederà tenuto conto delle funzioni fondamentali degli enti locali e delle città metropolitane definite dalla legislazione statale ai sensi dell'articolo 117.
  Questa è un'indagine conoscitiva, quindi la discussione è molto più libera di quella che faremo eventualmente quando dovremo discutere se approvare o meno questa norma, nel senso che non ci sono emendamenti che condizionano le posizioni dei gruppi, quindi possiamo fare una profonda riflessione di merito. Questa è la sfida politica che vi sottopongo e per la quale vi chiedo un contributo molto serio, da qui alla chiusura di questo confronto parlamentare: ritengo che occorra vincolare tutti i fondi pluriennali di investimento presenti nel bilancio dello Stato, al netto di quelli europei, che hanno una disciplina diversa e che diventano aggiuntivi, se noi approviamo questo schema; mi riferisco a quelli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze, della Presidenza del Consiglio. Questa Pag. 7 norma ci aiuta ad imporre che tutte le aree in ritardo di sviluppo tra regioni e all'interno delle regioni diventino prioritarie nell'assegnazione di una quota delle risorse, assegnazione che inevitabilmente consente di agganciare la differenza di sviluppo.
  È evidente che tra la regione Calabria e la regione Lombardia quella in ritardo di sviluppo è la regione Calabria e che quando si fa la programmazione degli investimenti infrastrutturali, penso all'alta velocità, inevitabilmente la regione Calabria deve diventare prioritaria, perché l'alta velocità non ci è arrivata (stante la quota di risorse ottenute in questi anni dalla regione Lombardia, che non diminuiscono). Il Sud ha il 16 per cento di alta velocità, tutta finanziata con la fiscalità ordinaria e con risorse ordinarie (non con quelle comunitarie); l'84 per cento dell'alta velocità è nel Centro Nord. È inevitabile aprire questa discussione.
  Nella mia Puglia – per non fare analisi che urtino la suscettibilità di qualche deputato – è inevitabile che, all'interno della quota di risorse per le infrastrutture che vengono assegnate alla regione (e sto parlando di risorse ordinarie e pluriennali, non c'entrano nulla quelle del fondo di coesione e quelle comunitarie, che auspicabilmente dovrebbero finalmente diventare aggiuntive, se questo sistema funziona) la provincia di Foggia avrà priorità rispetto all'area metropolitana di Bari, perché è in evidente ritardo di sviluppo. Non potranno prendersela i baresi, perché dovranno capire. Questo diventa un impegno dello Stato, non della regione, perché la regione non ha gli strumenti e neanche la forza per finanziare un ritardo di sviluppo sulle infrastrutture e sui servizi.
  È inevitabile che Belluno e Rovigo – per citare due province della regione Veneto – avranno priorità rispetto a Venezia e Padova su alcuni servizi, perché hanno un ritardo di sviluppo evidente; e questi interventi non può farli la regione, ma deve farli lo Stato. Così come Piombino, Livorno o Grosseto. Vi sto citando alcune aree non a caso, perché sono già oggetto di analisi.
  La regione Toscana, per ammissione dello stesso presidente Rossi, non è in grado di fare più di quello che ha fatto per Piombino, Livorno e Grosseto, per far sì che raggiungessero la media di sviluppo regionale, che ovviamente si eleva grazie a Firenze, Prato e alle altre aree più sviluppate. Nonostante la regione Toscana (così come la regione Veneto) abbia fatto tanto per le aree meno sviluppate, non ha risorse sufficienti. Quindi o riorientiamo i grandi fondi pluriennali di investimento presenti nel bilancio dello Stato, con un vincolo di priorità alle aree meno sviluppate, oppure non riusciremo a far funzionare questo modello.
  È inutile nascondercelo, anche perché abbiamo fatto più di una manovra insieme: quali sono i processi che portano le grandi aziende pubbliche, che fanno opere sui territori, a decidere se si fa o meno un'opera pubblica? Il ritardo di sviluppo dell'area? No. ANAS, RFI e Ferrovie dello Stato: lascio ad ognuno di voi l'analisi sui processi decisionali, tutti legittimi, ma quasi sempre condizionati da fisiologiche attenzioni connesse alla densità economica dei luoghi, a pressioni legittime della politica dei gruppi di interesse. Io dico sempre legittime, perché tutto quello che accade in Parlamento, alla fine, lo decide con la sua sovranità il Parlamento, però, ogni scelta non la si fa al fine di sostenere le aree in ritardo di sviluppo. In Lombardia, tutte le aree interne sono in grande sofferenza, per non parlare delle aree di montagna, al netto di qualche nota stazione, universalmente riconosciuta, di eccellenza sciistica. Tutte le aree interne lombarde sono in grande difficoltà. Per non parlare di Verbania, Novara, Alessandria, Vercelli.
  Io non voglio ripercorrere tutta l'analisi delle disparità sui territori, dico semplicemente che le regioni da sole non ce la fanno e non ce la faranno nemmeno dopo. Se guardo gli accordi che erano già stati fatti e che posso dare per buoni, nella misura in cui si faccia un negoziato dentro questo schema, la proposta è che i negoziati sulle intese non debbano avere – com'era in passato – un cappello unico, perché il cappello delle vecchie intese era Pag. 8una premessa e i tecnici presenti a questo tavolo mi insegnano che le premesse sono degli auspici. Non possiamo smontare e rimontare il Paese con degli auspici; dobbiamo farlo per migliorare le performance, ma all'interno dei vincoli che ci siamo dati. La legge quadro serve a vincolare la Repubblica Italiana ad aiutare tutte le aree in ritardo di sviluppo, non solo nel confronto tra Sud e Nord, ma anche tra Nord e Nord e tra Sud e Sud.
  Questo è il quadro generale. La domanda scontata è: ma quanto tempo ci vuole? Oggi è il 23 ottobre, mi sono insediato il 5 settembre: sono passati meno di cinquanta giorni. Ho dovuto prendere atto di quello che avevo ereditato e dei problemi che c'erano. Tutte le regioni devono sedersi al tavolo e nessuna vincolerà l'altra dal punto di vista della velocità. Lo start viene sparato dal giudice di gara con l'approvazione della legge quadro: questa è l'unica condizione politica che io sottopongo al Parlamento, perché sono più tranquillo; siamo tutti più tranquilli.
  Se ci ritroviamo sui contenuti e sul merito e se, come ho scritto nella Nota di aggiornamento al DEF, il Parlamento mi aiuta a far sì che questo dibattito si possa già fare, se chiudiamo entro l'anno questo confronto, se i presidenti delle Commissioni coinvolte e i gruppi parlamentari dovessero ritenere sostenibile questo modello, dal 1° gennaio si può partire con le intese. Le delegazioni trattanti stanno entrando nel merito. Ce ne sono alcune che potranno entrare nel merito il 1° gennaio, firmando le intese che però – altra condizione che ho posto – devono essere sottoposte al Parlamento, perché vorrei che ricevessero l'approvazione del Parlamento per avere maggiore forza e maggiore credibilità. A quel punto, io non pretendo e non penso che arriveranno tutte le intese a gennaio, forse due o tre, quelle che hanno il lavoro già pronto; auspico però che, da qui alla fine della legislatura, tutte le regioni a statuto ordinario possano uniformarsi ad un percorso che diventerà l'attuazione naturale del Titolo V.
  I tempi, per me, sono quelli della legge quadro. Io penso di essere pronto nella misura in cui tutti i presidenti di regione condivideranno il percorso, come anche la Conferenza delle regioni e delle province autonome (attraverso la quale voglio passare), i presidenti delle Commissioni coinvolte nella discussione sulla manovra e i capigruppo di tutti i partiti di maggioranza e di opposizione, perché voglio che questa cosa la si faccia alla luce del sole e che ci sia tutto il tempo per emendarla. Prometto, nel caso in cui si dovesse decidere di avviare il dibattito in questa fase autunnale – che spesso ho condiviso con molti di voi – che ci sarà tutto il tempo possibile, perché la presentiamo a mezzogiorno, non a mezzanotte, così il sole picchia; speriamo in una giornata soleggiata e ci prendiamo tutto il tempo di cui c'è bisogno per emendarla, così nessuno pensa a blitz notturni, perché non ho nessuna intenzione di fare blitz. Questo modo di procedere ha senso se condiviso, altrimenti non ha senso.
  Dopodiché, penso che la domanda spontanea sia: quanto ci vuole per fare i LEP? La risposta è: sono passati diciotto anni e non è stato fatto nulla, io ho messo al lavoro tutti i tecnici che hanno questa responsabilità; questo lavoro lo stiamo facendo con un ponte permanente e solido con il Ministero dell'economia e delle finanze, perché altrimenti non si va da nessuna parte, perché i dati devono essere raccolti da tutte le amministrazioni centrali. Penso che abbia senso guardare l'esperienza che abbiamo alle spalle: dopo le leggi Bassanini (ovviamente, non sto parlando di fisco e tributi, sto parlando della cessione di funzioni) ci furono circa due anni e mezzo di tempi, non dico morti, ma quasi; poi, ci fu un modello – sul quale stiamo ragionando, sul quale voglio confrontarmi con le regioni e sul quale vorrei anche il vostro parere – che consentì l'accelerazione del trasferimento delle funzioni, perché per trasferirle devi avere tutte le informazioni, e mi riferisco alla figura di un commissario ad hoc, dentro il Governo (non persone esterne); quindi parlo di uffici dello Stato a cui si dà una responsabilità maggiore e che poi si assumono quella responsabilità e rispondono al Presidente del Consiglio e ai Ministri di turno. All'epoca Pag. 9 questa responsabilità fu affidata al Consigliere di Stato Alessandro Pajno e funzionò: fu consentita un'accelerazione dell'attuazione delle leggi Bassanini. Penso a un modello di questo genere che, in ogni caso, vorrei presentare all'attenzione del Parlamento, perché anche su questo c'è tutto il tempo per ragionare. Nelle more, ho fatto un passaggio molto chiaro all'inizio, parlandovi di livelli essenziali delle prestazioni e obiettivi di servizio uniformi su tutto il territorio nazionale.
  Quindi se i tempi, nonostante il modello che potremo scegliere insieme, cioè di definire una procedura commissariale interna alle amministrazioni per definire i LEP, dovessero leggermente dilatarsi, siamo in grado di definire gli obiettivi uniformi in tempi ragionevolmente brevi o parallelamente alla mediazione che le regioni faranno, prima con il Governo, per arrivare alla firma delle intese, e successivamente in Parlamento, perché se le intese le firmiamo e poi vengono in Parlamento, il primo a difendere le intese sarò io, perché se chiedo il voto del Parlamento poi dovrò passare un po' di tempo qui a difenderne l'impianto.
  Questo è il quadro che vi rappresento. Sono pronto ad ascoltare tutti i vostri contributi e a replicare, se fosse necessario. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la relazione. Do spazio alle domande.
  Prego, collega Cavandoli.

  LAURA CAVANDOLI. Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, per la relazione. Abbiamo tante domande. Cercherò di essere schematica, però innanzitutto, visto che oggi ha disposto la trasmissione degli atti, le chiediamo l'impegno di tornare, così possiamo studiare gli atti con calma e aprire con lei un dibattito.
  Le chiedo se e come intende finanziare l'autonomia, ovvero se intende trasferire o assegnare risorse alle regioni per poter esercitare le nuove competenze; se, in questo caso, la forma scelta sia quella del federalismo fiscale oppure se vuole seguire quella delle regioni e delle province a statuto speciale. Di conseguenza, se intende proseguire il percorso già aperto dal Ministro del Governo Gentiloni, Bressa, con le pre-intese e quindi passare dal costo storico al fabbisogno standard.
  Un'altra segnalazione riguarda il discorso del gap infrastrutturale che c'è e per ridurre il quale devono essere accantonati e utilizzati fondi strutturali nazionali. Però, leggo sui giornali che ci sono incentivi per fare impresa al Sud e poi, soprattutto, c'è il discorso dei fondi europei. Quindi mi chiedo se effettivamente sia possibile valutare, nella sua proposta, di utilizzare al Sud i fondi europei, che sono preziosi e che vanno quindi utilizzati.
  Cito ancora una norma che un po' ci ha impressionato. L'articolo 44, nella stesura del decreto fiscale del 21 ottobre, pare faccia un rinvio netto di un anno (dal 2020 al 2021) della parte relativa al federalismo fiscale. Ne approfittiamo oggi perché facciamo sempre in tempo a chiederle di togliere la norma o comunque di valutare la tempistica, proprio perché per noi comporterebbe la perdita di un anno (non solo per noi, ma anche per il Governo).
  Ci sono alcune questioni che riguardano, in particolare, la mia regione. I confronti avuti dal governatore Bonaccini con il Ministro che l'ha preceduta – e che probabilmente il governatore Bonaccini provvederà a riproporre negli incontri con lei, che auspico ci saranno presto – riguardavano: la programmazione delle risorse per la difesa del suolo; il problema della valutazione di impatto ambientale relativo alle infrastrutture statali di interesse regionale, che in Emilia-Romagna sono parecchie (e colgo l'occasione per dire che vorremmo che ne venisse avviata la realizzazione); il problema della programmazione delle risorse in materia di edilizia scolastica e diritto allo studio; le misure per la montagna (e anche su questa noi vorremmo una fiscalità di vantaggio, con la riduzione dell'IRAP e con la possibilità di istituire zone economiche speciali); il fondo del trasporto pubblico locale; le risorse per la riqualificazione urbana delle periferie e sismiche. Degli investimenti sui ticket so che ne sta parlando proprio adesso con il Ministro Speranza in un'altra Commissione, Pag. 10 perché dall'Emilia-Romagna li hanno tolti dal 1° gennaio 2019, speriamo non sia solo una misura elettorale. Mi rendo conto che si tratta di tante questioni, ma per quanto riguarda il mio territorio sono tutte importanti allo stesso modo.

  SILVIA COVOLO. Provengo dalla regione Veneto, per cui mi richiamo alle parole pronunciate ieri, in occasione del secondo anno dell'anniversario del referendum sull'autonomia del Veneto, dal governatore Luca Zaia, che ha ribadito come il Governo sia ancora inadempiente rispetto alla proposta autonomista avanzata dalla nostra regione.
  Rispetto a quanto è stato detto oggi, richiamandomi alla proposta del governatore Zaia, vorrei sottolineare come, dal punto di vista procedurale, si sia parlato della preventiva approvazione di una legge quadro nazionale che, tuttavia, non ritengo conforme all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che è assolutamente chiaro: possono essere concesse alle regioni a statuto ordinario ulteriori forme e condizioni di autonomia in base ad una legge approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di preventive intese tra Stato e regioni interessate. È quindi evidente come debba essere inteso il ruolo del Parlamento: il testo di legge si deve fondare sull'intesa sottoscritta tra l'Esecutivo e ogni singola regione.
  Con il precedente Governo e ancora all'epoca del sottosegretario Bressa, i governatori del Veneto, della Lombardia e dell'Emilia-Romagna avevano convenuto di procedere sul modello dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, quindi sulla base del procedimento, ormai consolidato in via di prassi, per l'approvazione delle intese tra Stato e confessioni religiose. In secondo luogo, per quel che riguarda gli aspetti finanziari, rilevo che, tanto la legge n. 42 del 2009, quanto l'articolo 119 della Costituzione, affermano il principio per cui a nuove ed ulteriori competenze deve corrispondere l'attribuzione delle risorse necessarie per poterle svolgere.
  La Corte costituzionale è altrettanto chiara nel riconoscere che deve esserci corrispondenza tra funzioni e risorse. Ed è proprio la legge n. 42 del 2009 che prevede espressamente la necessità di superare la logica della spesa storica, che premierebbe le amministrazioni meno efficienti e che hanno speso di più. Per ribadire la necessità di pervenire alla logica dei costi e dei fabbisogni standard, non intendiamo minimamente mettere in discussione la necessità della preventiva definizione dei LEP, tanto che dovrebbe essere data – come anche ha detto lei poc'anzi – formale attuazione all'articolo 13 del decreto legislativo n. 68 del 2011, che impone di definire i LEP e i correlati fabbisogni standard nelle materie dell'assistenza, dell'istruzione e del trasporto locale, proprio al fine di stabilire le risorse che devono essere messe a disposizione di ogni ente locale, perché lo Stato possa procedere alla necessaria perequazione. Siamo quindi a ribadire la necessità di una maggiore giustizia fiscale, nel rispetto del principio di solidarietà verso le aree del Paese più in difficoltà, ma senza che ciò si traduca in un indebito arricchimento per le regioni meno virtuose.
  Sul modello del Veneto, riteniamo che l'autonomia dal punto di vista finanziario, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, comporti: la partecipazione al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e ai tributi erariali riferiti al territorio regionale; la definizione di aliquote riservate nell'ambito di quelle previste dalla legge statale, sulla base degli imponibili dei medesimi tributi riferiti al territorio regionale; l'attribuzione alle regioni dell'eventuale variazione di gettito dei tributi compartecipati maturati nel territorio regionale, rispetto a quanto riconosciuto in applicazione dei fabbisogni standard.
  La partita dell'autonomia è una sfida decisiva per il Paese, per superare l'attuale interpretazione del regionalismo, finora improntato ad una uniformità che riteniamo abbia premiato soltanto le realtà meno efficienti.

  PAOLO PATERNOSTER. Ringrazio il signor Ministro per i suoi chiarimenti e per aver disposto la trasmissione degli atti al Parlamento. Tra l'altro, mi risulta che nelle carte che anche lei ha ricevuto dal presidente Zaia – noi le abbiamo ricevute il 23 Pag. 11settembre – c'è tutto il lavoro che è stato fatto in questi quattordici mesi di governo, nel quale – scrive il nostro presidente – si sono svolti non meno di quindici incontri politico-istituzionali e trentacinque incontri tecnici (qui abbiamo le date e i tavoli ministeriali che erano stati coinvolti).
  Io non formulerò quesiti, signor Ministro, ma vorrei solamente sottolineare che in quattordici mesi non abbiamo risolto assolutamente nulla. Come parlamentari della Lega, ma soprattutto come parlamentari veneti, ci siamo sentiti «flipperati» – concedetemi il termine – da un Ministero all'altro. C'è stata una grandissima perdita di tempo.
  Per quanto mi riguarda – e non solo per il sottoscritto – c'è stata la nettissima sensazione che la parte politica che sosteneva il precedente Governo e che ora sostiene anche questo Governo non abbia nessuna voglia di dare seguito a quello che abbiamo votato esattamente due anni e un giorno fa in Veneto, quando 2.328.000 cittadini veneti (praticamente tutti) hanno votato a favore dell'autonomia.
  Sappiamo bene che nessuno ha la bacchetta magica, però non vorremmo che questo voto popolare, che ha peraltro raggiunto il quorum, vada buttato nel cestino. Abbiamo speso dei soldi, perché il referendum del Veneto è costato circa 15 milioni di euro – soldi dei veneti – e il Veneto adesso ha delle aspettative; è un fattore di giustizia sociale.
  In quattordici mesi, di baggianate ne abbiamo sentite molte: l'Italia a due velocità, il fratello povero e il fratello ricco, e via dicendo. Io le parlo da parlamentare. Mio padre è pugliese come lei e le posso assicurare che tutte queste cose non sono assolutamente vere, perché se c'è una sanità di serie A e una sanità di serie B, quelli che ne stanno pagando le conseguenze sono proprio gli abitanti delle regioni del Sud che, purtroppo, ogni anno, devono trasferirsi al Nord con i loro familiari (40-50 mila persone) per riuscire a trovare una sanità decente.
  Il mio auspicio, da parlamentare veneto, è che non si venga trattati come negli ultimi quattordici mesi, che stavolta sia una cosa seria, altrimenti, le dico che non siamo disposti ad essere presi in giro, anche perché fra qualche mese ci saranno le elezioni regionali in Veneto e quindi vorremmo dare una risposta ai cittadini. Altrimenti, se questo Governo, come il MoVimento 5 Stelle fine a qualche mese fa, non ha nessuna voglia di realizzare l'autonomia, ce lo dica subito che facciamo dell'altro.

  GIAN MARIO FRAGOMELI. Sento la necessità di fare alcune precisazioni, perché capisco le reprimenda e capisco tutto quello che è emerso nel dibattito in corso. Noi, da ex partito di opposizione, oggi al Governo, possiamo semplicemente dire che in quattordici mesi non ci è stata mai presentata neanche una bozza d'intesa, e questo lo dico anche da componente della Commissione bicamerale per il federalismo, nella quale abbiamo discusso sul nulla, perché non è mai stata predisposta, da parte dei Ministeri competenti, neanche una bozza o una proposta ufficiale. Poi, che ci siano stati degli incontri tecnici, ben venga.
  Questo solo per evidenziare che, a nostro avviso, con il nuovo Ministro vi è stato un cambio di marcia importante, secondo noi fondamentale, sia a monte che a valle. Il tema della legge cornice a monte è fondamentale per superare delle possibili impasse che altrimenti si incontrerebbero in un percorso successivo. Quindi costruire uno strumento che consolidi il fattore comune e individuare le questioni che, secondo noi, devono essere affrontate subito, in termini di richieste di autonomia differenziata, non è una perdita di tempo.
  Come peraltro abbiamo detto più volte, non è pensabile che le singole intese passino attraverso un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o un parere consultivo; si riacquista un protagonismo del Parlamento sia nella fase iniziale della procedura, sia nella fase finale, e questo dovrebbe garantire tutti, sposando, a questo elemento della garanzia rappresentata dal ruolo del Parlamento, quello altrettanto fondamentale della tempistica, che tutti riconosciamo, perché non vogliamo neanche pensare che i tempi siano così lunghi. Pag. 12
  Venendo alle questioni più operative, lei ha sollevato una questione importante relativa al protagonismo dei territori che non può essere ricondotto solo ed esclusivamente a un protagonismo regionale; quindi si è soffermato anche sul tema dell'investimento nei territori più deboli, che ci sono anche in Lombardia e in altri territori dello stesso valore e importanza. Vorremmo capire tecnicamente come si affronta questa questione e come si possano rendere protagonisti gli stessi territori, le stesse amministrazioni provinciali, nell'interlocuzione che prevede l'intervento dello Stato; perché vorremmo che anche loro avessero modo di esprimersi e che non si tratti soltanto di riportare una visione regionale, che pure è importante, ma che noi abbiamo sempre visto come deficitaria, perché qualsiasi forma di federalismo che diventi neocentralismo regionale, dal nostro punto di vista, non è mai positiva.
  Oltre alla definizione dei LEP – su cui non mi ripeto, perché noi siamo sempre stati d'accordissimo e l'abbiamo chiesta fin dal primo giorno, in tutte le sedi –, plaudo al fatto che oggi il Ministro ci abbia detto che, seppure non c'è un incarico formale al SOSE, tutti coloro che sono impegnati a livello del Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministero per gli affari regionali, stiano lavorando, perché per noi è fondamentale lavorare e discutere su questioni concrete; è inutile parlare di materie, sganciandole dai veri effetti, sia in termini di LEP, sia in termini di fabbisogni.
  Lei oggi ha aggiunto una questione importante relativa alla perequazione infrastrutturale. Abbiamo già una sperimentazione consolidata di rapporto tra regioni, anche rispetto al tema, seppur diverso, dei LEA (sto parlando della sanità). Siccome in un'audizione in Commissione bicamerale, l'allora Ministra della salute Grillo aveva ribadito l'importanza di istituire un fondo volto al recupero e alla perequazione infrastrutturale sul tema sanità, vorrei sapere se da questo punto di vista quell'elemento non possa essere il primo a svilupparsi, per capire meglio come si recupera questo gap infrastrutturale, che è fondamentale rispetto a qualsiasi tipo di discorso di fondo perequativo sulla parte corrente, legato più alla capacità fiscale e ai fabbisogni standard. Occorrerebbe quindi focalizzare l'attenzione anche su una sperimentazione in un settore.
  L'altra questione era legata a come costruiamo queste capacità fiscali regionali, perché giustamente ribadiamo, nelle proposte di legge, l'importanza di fare un fondo di perequazione, però sappiamo tutti che poi il fondo è una semplice sottrazione tra capacità fiscale e livello di fabbisogni standard. Alcune colleghe prima hanno sollevato il tema importante della compartecipazione di alcuni tributi fondamentali, tema che ieri abbiamo posto anche al professor Arachi; però è altrettanto fondamentale chiarire come rientrino, all'interno di una capacità fiscale che cresce nel tempo, sia il tema del finanziamento delle funzioni che vengono assegnate alle regioni, sia quello della perequazione che deve riguardare i territori che hanno maggiori difficoltà.

  ALESSANDRO PAGANO. Grazie, signor Ministro. Da siciliano, accolgo positivamente lo spirito enunciato oggi, perché noi dell'autonomia ne abbiamo fatto una ragione di vita da secoli e il fatto stesso che in taluni ambienti si potesse mettere in discussione il diritto che regioni d'Italia potessero avere autonomie differenziate, era una cosa che personalmente pensavo disdicevole. Mi fa piacere che il quadro enunciato dal Ministro non vada in questa direzione.
  Posto che dovremmo stare delle ore a fare domande, io ne ho scelte due, e non mi interessa oggi fare polemica. Piuttosto mi interessa capire realmente il quadro complessivo nel quale ci si muove e, da lì, attraverso un dibattito che mi pare sia stato auspicato dal Ministro stesso, trovare le soluzioni ottimali che attengono ai temi che noi oggi stiamo discutendo.
  All'interno di questa premessa – che è un auspicio, come diceva lo stesso Ministro – ho colto positivamente alcuni spunti, come ad esempio il fatto che vi sia una visione di insieme; non solo condivido la legge quadro e i suoi obiettivi, ma anche la visione di insieme; non è di profondità, Pag. 13però complessivamente alcuni aspetti sono stati colti in termini positivi.
  Sicuramente condivido l'idea di concentrare tutti i fondi e non capisco come non si sia fatto prima. Poi, ancora, il fatto che ci sia il pieno rispetto dei criteri di perequazione. Condividiamo pienamente l'impostazione della legge n. 42 del 2009 e del decreto legislativo n. 68 del 2011; d'altronde hanno il loro fondamento giuridico nella Costituzione, quindi c'è poco da fare: è una gabbia da cui non si può scappare. Però, all'interno di questa logica, rimangono aperte alcune questioni. Probabilmente non ho percepito bene delle cose e, se così fosse, a maggior ragione mi sento di aprire un dibattito, ovviamente futuro, e oggi mi accontenterò di un primo livello di risposta. Sicuramente mi soffermerei sul trasferimento delle risorse.
  Le regioni a statuto speciale ovviamente vivono di entrate. La regione Sicilia ha visto il crollo delle entrate negli ultimi dieci anni per una serie di motivi: trasferimenti di sede legale oppure processi di fusione che hanno visto l'acquisizione di aziende (che sono state acquistate da aziende, non solo locali, ma nazionali e anche internazionali) che hanno visto il trasferimento della sede fiscale, con conseguente crollo delle entrate. Tutto questo non l'ho ritrovato né nelle sue interviste né nel suo intervento di oggi. Però, attenzione, non è una critica, perché il tempo è quello che è – ha parlato venti minuti – ma questo è un tema che, secondo me, deve essere oggetto di grande attenzione. Se noi vediamo le cose secondo un principio di cassa, è chiaro che noi vedremo le nostre entrate dovunque esse siano: al Sud, ma vale anche per il Nord che vede trasferite le sedi fiscali in Lussemburgo. Esiste una legge dello Stato del 2002 o del 2003 che dovrebbe garantire il principio di cassa o il principio del centro di costo. Mi piacerebbe conoscere la sua visione su una voce che ritengo fondamentale: le entrate, all'interno delle quali, dobbiamo considerare le entrate standardizzate e il fabbisogno.
  Ieri l'intervento del dottor Arachi, a mio avviso, è stato opaco, forse perché non aveva gli strumenti ancora ben rodati, forse perché era in un contesto di tecnicismo che, francamente, lasciava un po' a desiderare. Però ci sono stati degli aspetti che ci hanno lasciato molto perplessi. Il Ministro non è soltanto bravo dialetticamente, ma ha anche competenze tecniche, quindi ci aspettiamo qualche passaggio in più, per esempio, a proposito del fondo di solidarietà: se vi sono 26 miliardi di entrate standardizzate e 35 miliardi di fabbisogno standardizzato, io vorrei capire le dinamiche dei 9 miliardi che mancano. Come sono avvenute? All'interno di un passaggio Nord-Sud o di aree depresse all'interno di ogni singola regione? L'impressione è che ci siano stati, dal 2001 ad oggi, trasferimenti importanti di risorse che non sono stati giustificati rispetto alle entrate standardizzate. Avremmo però bisogno, prima di rendere questo principio assolutamente coerente, che il dato scientifico lo confermi, altrimenti rischiamo di fare ipotesi, chiacchiere. Questo vale sia per una tesi che per l'altra. Lo dico anche a vantaggio del suo ragionamento: se la regione Veneto accetta il dibattito all'interno dei principi di perequazione, però poi bisogna presentarsi con una scientificità del dato stesso, e mi pare di poter cogliere che ad oggi sia assente.
  Vorrei capire prima con riferimento alla domanda ben precisa che ho fatto e poi con riferimento anche a una metodologia – visto che lei oggi ha affrontato l'argomento da un punto di vista metodologico. Poi, tutto il resto ce lo diremo nelle settimane e nei mesi successivi.

  VITA MARTINCIGLIO. Anch'io, in quanto membro della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, volevo sottolineare come in questi quattordici mesi non ci siamo sicuramente risparmiati all'interno della Commissione bicamerale, presieduta dal collega Invernizzi, rappresentante della Lega. Quindi non è vero che abbiamo perso tempo: abbiamo svolto un ciclo di audizioni molto importanti.
  Quando si parla di intese in materia di autonomia differenziata, che costituiscono attuazione e anche modifiche di norme costituzionali, credo che, al di là di fisiologiche, legittime e giustificate diversità di Pag. 14vedute e orientamenti politici, la soluzione vada trovata nella sede più opportuna, che per noi è sicuramente il Parlamento.
  In questi quattordici mesi, da questo ciclo serrato di audizioni, è emersa non solo una totale incertezza su una bozza di queste intese, ma anche sulla definizione dei LEP o sulla misurazione di fabbisogni standard, come anche sulla formulazione di meccanismi perequativi, che assicurano i principi di solidarietà nazionale e costituiscono un aspetto tecnico necessario e fondamentale per parlare di attuazione di un regionalismo che non sia differenziato, o quantomeno lo sia tenendo conto sempre del rispetto della Carta costituzionale.
  Ad oggi credo sia necessario e opportuno avviare, nelle sedi opportune, un processo di confronto, di dialogo, che serva finalmente a dare risposta ad entrambi i profili legittimi di una maggiore autonomia di queste regioni, ricordando sempre il nostro faro, che è la Carta costituzionale.

  PRESIDENTE. Non essendovi altre richieste di intervento, vorrei in primo luogo ringraziare il Ministro per la chiarezza dell'esposizione. Poi vorrei fare riferimento ad una cifra: qui si discute sull'efficienza e soprattutto se ne fa una questione Nord-Sud, e sono contenta che il Ministro invece faccia un discorso più ampio di aree sviluppate e aree non sviluppate, anche perché abbiamo un territorio molto bello, ma anche esposto a sismi, alluvioni, e via dicendo, per cui non c'è nessuna area che aprioristicamente possa essere identificata come area in difficoltà, ma tutte vanno aiutate nello stesso modo a buon bisogno.
  Spiace vedere che si faccia un discorso confinato magari alla regione Veneto, dimenticando che il passaggio infrastrutturale è fondamentale, perché nessun imprenditore veneto sarebbe contento di trovare il vuoto infrastrutturale fuori dalla regione Veneto e di non sapere neanche a chi vendere i propri prodotti, perché magari un TIR non può raggiungere una zona d'Italia diversa dal Veneto. Quindi il discorso che fa il Ministro è che, soprattutto sul piano infrastrutturale, per l'interesse anche della parte più produttiva del Paese, è fondamentale che la parte più svantaggiata (dovunque essa sia) sia ben collegata.
  Noi per fortuna viviamo in un unico Paese, e siamo al riparo da fenomeni commerciali, quali quelli dei dazi, che a livello internazionale possono essere imposti da un momento all'altro e chiudere completamente il mercato italiano a certi Paesi o comunque metterlo in seria difficoltà. Questo non può avvenire, fortunatamente, all'interno del nostro territorio, che è ancora unito. Quindi l'unità non si può fare a intermittenza, ma si deve garantire sotto tutti i punti di vista, e mi fa piacere che il Ministro lo abbia sottolineato.
  Quello che mi preme evidenziare è che i fondi europei rispetto ai fondi nazionali si trovano su un piano diverso; non è detto che se l'Europa individua delle regioni Obiettivo 1, dall'altra parte, con un sistema di vasi comunicanti, in queste regioni si debba investire meno, o comunque dato che ci sono i fondi europei, si debba fare confusione con quelli nazionali, anche perché già l'Europa su questo ha espresso il suo disappunto in maniera formale.
  Il secondo piano che non mi piace venga confuso – ed è il core dell'indagine conoscitiva – è quello dell'efficienza rispetto al piano delle risorse. Io posso avere l'amministrazione meno efficiente del mondo (questo non fa piacere a nessuno e bisogna porvi rimedio), ma qui si sta facendo il ragionamento che precede la questione dell'efficienza, quante risorse cioè quell'amministrazione ha a disposizione rispetto a un'altra. Poi, ovviamente, deve impiegarle tutte in modo efficiente, ma la campagna elettorale, a volte, porta ad additare le amministrazioni inefficienti e a confondere l'autonomia differenziata richiesta dalle altre come un discorso di efficienza. Si tratta invece di due piani diversi.
  Per esempio, il discorso del costo della spesa storica è devastante, è un obiettivo assolutamente opposto rispetto al piano perequativo, perché da alcune fonti – e vorrei dal Ministro una conferma sui numeri – risulterebbero esserci circa 60 miliardi di sperequazione, generata dall'applicazione del criterio della spesa storica alla spesa sociale e agli investimenti, che Pag. 15non vengono destinati affatto alle aree più svantaggiate del Paese. Quindi vorrei una conferma di questo dato e una puntualizzazione per ribadire il concetto che tutto questo non c'entra nulla con un discorso di efficienza di quel pacchetto di risorse, magari inferiore, che poi viene anche investito male.
  Concludo dicendo che conosco personalmente tantissime eccellenze in campo sanitario che si trovano in ogni parte del Paese, quindi questo conferma la teoria che l'efficienza e le risorse a disposizione sono su due piani completamente diversi.
  Prego, signor Ministro.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Grazie, Presidente Ruocco. Passerò in rassegna degli appunti che ripercorrono i principali quesiti che mi avete posto. Perdonatemi se non cito tutti i nomi dei colleghi, ma li ho scritti velocemente e spero di dare risposte a tutti. E poi concluderò rispondendo all'ultimo quesito, molto interessante, che ha posto la Presidente.
  In primo luogo grazie, perché penso che questo confronto servirà molto ai miei uffici, servirà molto a me e servirà per costruire questo lavoro complesso, «di cesello», che stiamo portando avanti dal 5 settembre scorso.
  Mi chiedete di tornare, avendo disposto oggi la trasmissione degli atti. Io tornerò molto volentieri. Come vi ho detto, intendo trascorrere i prossimi due mesi più in Parlamento che al Governo, anche se questo lo decideranno i presidenti dei gruppi e delle Commissioni, dopo che avremo fatto la valutazione ulteriore con i presidenti delle regioni. Sottolineo l'importanza di questo ultimo passaggio, perché non vi sfuggirà, sul piano procedurale, il peso che avrà il fatto che la norma passi attraverso il via libera anche della Conferenza Stato-regioni. Io ho intenzione di compiere questo passaggio, non ho intenzione di arrivare qui all'improvviso, portandovi una norma che non è conosciuta da coloro che poi dovranno aiutarmi ad attuarla. Quindi, quando mi chiedete di tornare, io vi dico che tornerò volentieri, ma vi chiedo di parlare di futuro.
  Ho disposto la trasmissione degli atti per mettere in chiaro la differenza tra il passato – che «abbiamo» vissuto, perché io ero in Parlamento, non ero su Marte – e il presente che, per quanto mi riguarda, su questo tema è ripartito il 5 settembre. Recupero le tante intuizioni costruttive che c'erano, ma che non mi si venga più a dire che eravamo a buon punto e ora siamo ripartiti da zero, perché non siamo mai stati a buon punto; eravamo a un punto che, per quanto mi riguarda, era un punto più da sabbie mobili che da costruzione di un percorso alternativo. Lo dico perché voglio prendere le tante cose positive che sono nelle proposte.
  Ho detto dal primo momento al presidente Fontana che porgerò sempre l'altra guancia, che avrò un approccio gandhiano. Non mi aspettavo di finire in un flash mob così presto. Accetto l'ironia: mentre ieri c'era il flash mob fuori dalla regione Lombardia, noi eravamo con la delegazione trattante veneta. Lo dico senza alcuna polemica, ho accolto con simpatia il flash mob fatto anche sul mio nome, va bene.
  Ieri mattina, in parallelo, si è tenuto un incontro rispetto al quale non il Ministero – non abbiamo fatto comunicati – ma la stessa delegazione trattante della regione Veneto ha parlato di approccio collaborativo improntato a pragmaticità e operatività. È stato concordato di partire con l'analisi comparata dei testi dell'intesa Veneto (23 settembre) e Ministeri (7 ottobre). Si è quindi concordato il metodo, il confronto – molto positivo – e si condivide il percorso che porta alla legge quadro. Tra un flash mob e l'altro, spero di poter avere lo stesso contributo dalla regione Lombardia nei prossimi giorni. Ovviamente, tutte le regioni che vorranno fare flash mob, potranno farlo anche qui, in Parlamento; io sarò sempre disponibile, anche a dare un contributo, vorrei però anche ricevere contributi sulle norme, che siano rispettosi degli articoli della Costituzione, dal 114 al 119.
  Forma scelta: federalismo fiscale o regione a statuto speciale? Dobbiamo dirci la verità, non possiamo andare intorno a un «non tema»: le regioni a statuto speciale Pag. 16sono regioni a statuto speciale; le regioni a statuto ordinario non sono regioni a statuto speciale, e non lo saranno, ma sono regioni a statuto ordinario che attuano l'autonomia differenziata ai sensi dell'articolo 116, che non c'entra nulla con le regioni a statuto speciale.
  Lo voglio dire perché o raccontiamo la verità a noi stessi su quello che c'è nella nostra Costituzione, o, se facciamo passare l'idea che le regioni a statuto ordinario diventano regioni a statuto speciale, stiamo raccontando una cosa non vera, che non è vera oggi, ma non è stata vera nemmeno quindici o ventiquattro mesi fa. Ve lo dice chi ha profondo rispetto per chi ha votato in Veneto. Io penso che faccia bene il Veneto a porre con forza il tema dell'autonomia differenziata e io, il Presidente del Consiglio Conte e tutto il Governo, abbiamo preso un impegno davanti al Parlamento per l'attuazione dell'articolo 116, terzo comma, e lo faremo, con il vostro contributo e il vostro aiuto, ma tutto questo non c'entra nulla con le regioni a statuto speciale, che lo sono perché scolpite nella Costituzione per ragioni culturali e storiche.
  Non ricordo a nessuno di voi – perché vi offenderei – quali sono le motivazioni culturali e storiche definite nel Dopoguerra. I temi che ci portano ad un confronto permanente, molto opportuno, sul piano culturale, sulla vita comune che si fa in Alto Adige sono noti, ogni tanto sfugge a qualcuno e ci dobbiamo ritrovare a dover ricordare le ragioni dello stare insieme. Potrei andare nella regione dell'onorevole Pagano e ricordarvi alcune cose; ieri abbiamo varato la ripartizione delle risorse per le minoranze linguistiche, perché ho riconvocato il Comitato per le minoranze linguistiche. Il nostro Paese straordinario ha anche una storia straordinaria, che vi prego di non dimenticare, e che sta alla base delle ragioni delle regioni a statuto speciale.
  Le regioni a statuto ordinario avranno una spinta molto forte verso l'autonomia nella misura in cui noi non trasferiamo il centralismo statale al centralismo regionale. Per questa ragione mi è stato chiesto se il percorso del Sottosegretario Bressa si è interrotto. No, Gianclaudio Bressa e il presidente Gentiloni ebbero un'intuizione costruttiva importante e indicarono una strada con le pre-intese – che, per definizione, non sono intese, ma indicano una strada, tant'è che le materie a cui si faceva riferimento erano un quinto di quelle poi chieste alle intese – e si era ipotizzato un certo percorso, un certo meccanismo che doveva essere preso in considerazione poi dal Parlamento successivamente eletto. Il Parlamento successivamente eletto – parlo da parlamentare – poi ha scelto un'altra strada, che non c'entra nulla con la strada scelta da Bressa e Gentiloni, che era un'indicazione di rotta.
  Mi si chiede delle intese tra Stato e confessioni religiose. Vi prego, non scomodiamo Publilio Siro nel ricordare che la confessione dei nostri peccati è il primo passo verso l'innocenza. Però, colleghi, non funziona così. Le intese tra Stato e confessioni religiose non c'entrano nulla con l'intesa che porta all'attuazione dell'articolo 116, terzo comma. Ovviamente io non condivido il percorso, indipendentemente da chi lo abbia ispirato; lasciamo fare alle confessioni religiose le confessioni religiose e noi facciamo lo Stato con le sue articolazioni.
  Sono d'accordo con la collega che ha parlato dell'attuazione dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 68 del 2011, ed è esattamente quello che stiamo facendo con la legge quadro. L'articolato della legge quadro si ispirerà a molti spunti che sono emersi.
  Perché è stato rinviato l'articolo 44 del federalismo fiscale? Per le stesse ragioni per cui l'aveva rinviato il Governo precedente di centrodestra, con al Governo le stesse persone che ora sono all'opposizione: perché gli uffici non sono pronti. Siccome gli uffici non sono pronti e io non ho più intenzione di non essere pronto, è stato automatico il rinvio – per la verità si chiedeva un rinvio anche più lungo – si è preso quell'anno semplicemente perché penso che, per le cose che vi ho detto, nello stesso anno dobbiamo definire i LEP e i Pag. 17fabbisogni, quindi le cose procederanno in parallelo.
  Riguardo al tema di utilizzare i fondi europei al Sud sono d'accordissimo. Tuttavia questo tema non c'entra nulla con quello di cui stiamo parlando. Noi stiamo parlando di un quadro generale rispetto al quale tutti i fondi pluriennali di investimento italiani, nazionali, finanziati dalla fiscalità generale e, in generale, dalle risorse disponibili, devono essere ripartiti, in funzione del ritardo di sviluppo, su scala regionale e su scala sub-regionale. Io penso che le regioni che utilizzano male le risorse debbano essere sanzionate, così come devono essere premiati i presidenti delle regioni, quindi le classi dirigenti, che le utilizzano bene. Vorrei però che queste risorse comunitarie fossero aggiuntive.
  Passo all'ultima domanda della presidente Ruocco, che fa riferimento ai 60 miliardi (sa che sono 61, ha arrotondato per difetto). Da dove nascono quelle risorse? È evidente che nei vent'anni che abbiamo alle spalle c'è un buco, connesso al fatto che le risorse che dovevano essere garantite in maniera equa su infrastrutture e sviluppo al Paese, non sono state garantite in maniera equa. La presidente Ruocco faceva riferimento al Mezzogiorno, ed è opportuno riprendere questo tema, così si fa chiarezza. È fin troppo evidente che se dal 2001 (compreso) al 2019 (compreso, quindi compresa la legge di bilancio 2018 che ha effetto sul periodo 2019-2021), la quota di risorse medie trasferite alle regioni del Mezzogiorno non è mai andata oltre il 24,5-25 per cento, con picchi massimi del 28-28,5 per cento e minimi del 19,5-20 per cento, dovendo garantire il 34 per cento (sto parlando di risorse ordinarie, non comunitarie), basta questo per mettere in evidenza cosa è successo in questi vent'anni.
  Se facciamo lo stesso calcolo sulle aree del Nord in ritardo di sviluppo, scopriamo la stessa cosa: al Mezzogiorno non è stato garantito il 34 per cento di media – che, secondo me, molto opportunamente lo scorso Governo ha scolpito con una legge dentro la norma – ma la verità è che anche quando era al 30 per cento (ho detto vent'anni, quindi hanno responsabilità tutti) non è mai stato garantito il trasferimento delle risorse, soprattutto sulle infrastrutture, alle aree meno sviluppate del Paese. Se ci fosse una sorta di accordo che prevede un conto da pagare sulle risorse non stanziate negli ultimi vent'anni, quel conto sarebbe di 61 miliardi, che non ci sono; basta guardare le aree e si capisce che quei 61 miliardi non ci sono. Quello che non possiamo fare è che il conto diventi di 121 miliardi nei prossimi vent'anni.
  Intanto, la legge quadro serve a far sì che quello che è successo non accada più, ponendo dei vincoli non superabili, e questo è un messaggio chiaro che vorrei trasmettere soprattutto alle aziende pubbliche dello Stato (ANAS, RFI) e a tutte le aziende che hanno il portafogli della Repubblica: o si investe a certe condizioni in tutte le aree del Paese in ritardo di sviluppo, oppure si sta fermi. E se le classi politiche e le classi dirigenti non sono in grado di favorire questi investimenti, si cambiano le classi dirigenti, ma non è che si spostano le risorse da un'altra parte. Quindi confermo che quelle risorse non sono state trasferite e sono uno dei buchi effettivi che emergono in questo momento.
  Quanto al presidente Bonaccini, alla valutazione d'impatto ambientale per le opere, alle risorse per il diritto allo studio, ai ticket eliminati in Emilia-Romagna: confermo che i ticket sono stati eliminati e che resteranno tali; ora si aggiunge il super-ticket. Il modello della regione Emilia-Romagna caratterizza una fase avanzata dell'intesa possibile, l'ho già detto pubblicamente; ha fatto già i passaggi con tutte le parti sociali; ha il limite – che ha anche l'intesa della regione Veneto – di non avere dallo Stato la risposta sui LEP, perché, se ci fosse, potremmo già chiudere. Per questa ragione stiamo rivedendo i dettagli, funzione per funzione, non solo con l'Emilia-Romagna, ma anche con il Veneto, e mi auguro presto anche con la Lombardia; vi segnalo che con la Toscana la delegazione trattante inizierà il 30 o il 31 di questo mese. Penso che a questo punto le regioni e i Ministeri devono lavorare sulle funzioni e noi dobbiamo lavorare sulle garanzie. Pag. 18
  Mi è stato detto: incontri tecnici, in quindici mesi trentacinque incontri. È vero. Io ho molto rispetto per gli incontri che sono stati fatti, non dico che non è stato fatto un lavoro. Dico che il risultato è quello. Quindi ognuno di voi potrà valutare la differenza tra le proposte originali delle regioni e gli atti che ho ereditato, che mi sono stati consegnati e di cui ho disposto la trasmissione al Parlamento. Poi ognuno si farà un'idea di cosa è stato fatto e se quei trentacinque incontri in quindici mesi abbiano prodotto delle proposte importanti. Io penso che abbiano prodotto delle proposte, alcune utili, altre che sono finite nella terra di nessuno.
  L'onorevole Fragomeli poneva il nodo – secondo me importante – di come si affronta lo spostamento di competenze dalle regioni agli enti locali: indicandolo espressamente nella legge quadro, quindi chiedendo, di fatto, il rispetto, fino in fondo, degli articoli 118 e 117, in particolar modo del 117. Io faccio un espresso riferimento al trasferimento di alcune risorse ai livelli che la Costituzione già prevede ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p). Così si gioca a carte scoperte, anche nel rapporto tra regioni ed enti locali, perché il rischio è quello di concentrare il potere tutto su scala regionale e passare i prossimi decenni – non ci saremo noi, ma lo lasceremo in eredità a chi verrà dopo di noi – a tutelare gli enti locali e le città metropolitane dalle decisioni unilaterali delle regioni. Io penso sia interesse delle regioni definire le regole del gioco sin da ora.
  L'onorevole Pagano mi faceva notare la concentrazione di fondi. Mi ha ispirato il suo intervento, perché se il modello che stiamo costruendo funziona per le regioni a statuto ordinario, va da sé che non è che le regioni a statuto speciale sono sulla luna (e mi riferisco soprattutto agli investimenti infrastrutturali), quindi dovremmo fare un ponte per garantire gli stessi principi (sto parlando delle opere finanziate dallo Stato).
  Com'è avvenuta la riduzione delle risorse? Il collega Pagano lo sa meglio di me, perché ha la mia stessa esperienza parlamentare, se non di più: c'è la colpa ingiustificabile dei tagli lineari, dove non è stato tenuto conto delle competenze delle regioni a statuto speciale; tant'è che in alcuni casi – vedi il caso recentissimo della regione Sardegna – la Consulta, rispetto ai tagli nei momenti peggiori della crisi, ha dato ragione alla regione – uno dei pochi casi, perché nella stragrande maggioranza il Governo vince contro le regioni, quasi tutte, a statuto ordinario e a statuto speciale – riguardo al fatto che quei tagli lineari non potevano essere fatti o comunque non potevano avere una scala triennale, bisognava limitarli all'anno. Il provvedimento, invece, incideva sul triennio; lo Stato è stato condannato e noi ora dobbiamo trovare una soluzione. Mi sono impegnato io stesso, con gli uffici, a convocare il tavolo – cosa che faremo – e quando andrò in regione Sardegna, troveremo una soluzione con il presidente, perché quando una regione ha ragione, bisogna dire che ha ragione.
  Penso che sia molto utile dire con chiarezza che i tagli lineari per le regioni a statuto speciale – e penso che sarà così anche per le regioni a statuto ordinario, quando sarà attuata l'autonomia differenziata ai sensi dell'articolo 116 – fatti con quel modello di basi imponibili, non sono più sostenibili. Questo è un salto di qualità che deve fare anche il Governo centrale nei momenti di difficoltà e di carestia.
  Sul metodo e sui valori ve lo dirò pubblicamente quando saremo pronti – altrimenti iniziamo a fare le simulazioni ora, con largo anticipo – non perché sto nascondendo un segreto, ma semplicemente perché stiamo lavorando e stiamo facendo un po' di simulazioni per capire poi dove si atterra.
  La collega mi ricordava il ciclo serrato di confronti fatti in Commissione per l'attuazione del federalismo fiscale. È vero. Con il presidente Invernizzi ci siamo sentiti e completerò questo ciclo da voi molto presto. Qui vedo molti colleghi che sono seduti in quella Commissione, che per me è fondamentale, perché alla fine tireremo le somme ed è lì che ci dovremo confrontare rispetto ad alcuni numeri. Ribadisco un concetto: serve dare potere agli uffici dello Stato che devono completare questo lavoro sui LEP e sui fabbisogni, quindi io Pag. 19proporrò al Parlamento di seguire la via del commissario. Non stiamo parlando di un marziano che arriva dalla luna; stiamo parlando di persone che non sono esterne all'amministrazione pubblica, che si occupano di queste cose dalla mattina alla sera, alle quali però dobbiamo dare il potere di dire ai loro colleghi: «Devi darmi questo, in questo tempo, perché questa è la priorità del Parlamento». Questo potere abbiamo il dovere di costruirlo, con delle norme che accelerano i processi, altrimenti rischiamo di aver fatto gli accordi, di aver definito tutto, e poi di non avere i numeri che mi consentirebbero, la prossima volta, di rispondere in maniera compiuta all'onorevole Pagano, che ha posto un tema molto coerente. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Boccia e tutti voi per l'attenzione. Ci vediamo presto, a questo punto è una promessa e una richiesta.

  FRANCESCO BOCCIA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Sono a vostra disposizione.

  PRESIDENTE. Bene, grazie a tutti. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.