Sulla pubblicità dei lavori:
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL'ATTUALITÀ DELL'ACCORDO DI SCHENGEN, NONCHÉ AL CONTROLLO E ALLA PREVENZIONE DELLE ATTIVITÀ TRANSNAZIONALI LEGATE AL TRAFFICO DI MIGRANTI E ALLA TRATTA DI PERSONE
Audizione del Ministro dell'interno, Luciana Lamorgese.
Zoffili Eugenio , Presidente ... 3
Lamorgese Luciana , Ministro dell'interno ... 4
Zoffili Eugenio , Presidente ... 10
Lamorgese Luciana , Ministro dell'interno ... 11
Zoffili Eugenio , Presidente ... 14
Pacifico Marinella ... 14
Zoffili Eugenio , Presidente ... 14
Di Muro Flavio (LEGA) ... 14
Nugnes Paola ... 16
De Falco Gregorio ... 16
Zuliani Cristiano ... 18
Pacifico Marinella ... 19
Zoffili Eugenio , Presidente ... 19
Testor Elena ... 19
Silli Giorgio (Misto-C10VM) ... 20
Galizia Francesca (M5S) ... 21
Zoffili Eugenio , Presidente ... 22
Lamorgese Luciana , Ministro dell'interno ... 22
De Falco Gregorio ... 22
Lamorgese Luciana , Ministro dell'interno ... 22
Zoffili Eugenio , Presidente ... 24
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
EUGENIO ZOFFILI
La seduta inizia alle 14.10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e successivamente sul canale satellitare della Camera dei deputati.
Audizione del Ministro dell'interno, Luciana Lamorgese.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro Lamorgese, accompagnato dal prefetto Marco Valentini, direttore dell'ufficio Affari legislativi e Relazioni parlamentari, viceprefetto Vincenzo Callè, capufficio di staff dell'ufficio Relazioni parlamentari, nell'ambito dell'indagine conoscitiva «Gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento all'attualità dell'accordo di Schengen, nonché al controllo e alla prevenzione delle attività transnazionali legate al traffico di migranti e alla tratta di persone». È stato richiesto al Ministro un approfondimento sul tema, al fine di avere un inquadramento in merito alle iniziative in essere o che al riguardo saranno avviate in ambito europeo.
Io ringrazio il Ministro dell'interno Lamorgese per essere presente qui in Comitato Schengen, Europol e immigrazione; abbiamo il ruolo di controllo e vigilanza su questi tre ambiti. Siamo appena tornati da una missione in Sardegna, a Cagliari, dove abbiamo portato avanti la nostra indagine conoscitiva rispetto alla problematica legata agli sbarchi dei cosiddetti barchini dall'Algeria. Abbiamo incontrato il governatore della Sardegna, i sindaci delle zone interessate, il prefetto, le forze dell'ordine e da Cagliari ci siamo presi l'impegno – anche con gli altri colleghi della delegazione in rappresentanza delle forze politiche presenti – di portarle la richiesta che arriva dal territorio, visto che c'è questa criticità nell'area: un potenziamento mirato della presenza di forza pubblica, se fosse possibile, attraverso l'invio e l'implementazione di personale aggiuntivo.
Ci è stato rappresentato – e faccio un esempio che può sembrare banale – il fatto che i Carabinieri, già sotto organico, sono impiegati sulla costa, nell'attività di trasferimento di queste persone, e ne soffrono i cittadini e le altre realtà dove c'è bisogno della presenza della forza pubblica per attività di contrasto su altre problematiche di loro competenza. Tenevo a rappresentarle questo aspetto emerso nel corso della missione.
Il Comitato Schengen è un organo bicamerale, composto da dieci deputati e dieci senatori, molto operativo nel Palazzo, ma anche nelle missioni mirate. Noi siamo stati sul confine a Ventimiglia, tra Italia e Francia. Guardando al Friuli Venezia Giulia, ho svolto un'audizione con il governatore Fedriga. Siamo stati due volte presso la sede di Europol, a L'Aia, dove abbiamo apprezzato e conosciuto le attività, ma anche gli uomini (Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia di Stato) che lavorano con tanta passione nel team de L'Aia e si rapportano con le forze dell'ordine e con gli agenti degli altri Paesi. Pag. 4
Siamo stati due volte a Lampedusa. Nell'ultima missione abbiamo rilevato una situazione un po’ preoccupante riguardo l’hotspot, che con una capienza di 94 posti ospita 320 persone.
Siamo stati a Varsavia, alla sede di Frontex, dove abbiamo approfondito e studiato le attività preziose dell'Agenzia.
In cantiere, oltre alle missioni in ambito nazionale, abbiamo missioni in fase di preparazione: in Nigeria, in Algeria, in Tunisia e in Libia, oltre ad altre attività.
La ringrazio per la presenza, anche a nome dei componenti del Comitato, e le cedo la parola.
LUCIANA LAMORGESE, Ministro dell'interno. Grazie, presidente. Saluto gli onorevoli deputati e senatori, componenti di questo organismo parlamentare. Ringrazio anche per l'invito, presidente, che ha voluto rivolgermi e che mi consente di mantenere aperto un canale informativo e costruttivo con il Parlamento su una materia importante per il nostro Paese e per l'intera Unione Europea.
Il carattere strutturale delle migrazioni è una realtà ormai unanimemente acquisita; impone un approccio politico, rivolto in più direzioni, che consenta di governare il fenomeno, contenendo i flussi e avviando contestualmente a soluzione le varie problematiche che ne discendono. In tale quadro sicuramente è importante la stabilizzazione dei Paesi dell'Africa nord occidentale, la creazione di condizioni di sviluppo dei Paesi dell'Africa subsahariana. Ciò rappresenta una precondizione affinché ci sia un sistema per affrontare organicamente la problematica dell'immigrazione. Per perseguire questo obiettivo occorre certamente uno sforzo coordinato tra gli organi di Governo, dell'Unione Europea e tra i diversi Paesi membri, che dovrebbero andare coerentemente nella medesima direzione. Va intensificato il rapporto, il dialogo con l'Unione africana e con ciascuno dei Paesi che ne fanno parte, al fine di porre le basi per politiche sostenibili, efficaci e soprattutto durature.
Ci confrontiamo con un panorama instabile, di povertà diffusa, di guerre, in uno scenario denso di focolai di crisi umanitarie e non possiamo non tenerne conto.
Per quel che ci riguarda più da vicino, considero fondamentale continuare a sostenere con decisione le iniziative multilaterali europee per la stabilizzazione della Libia, mantenendo sempre aperti tutti i canali di dialogo. Mi pare rilevante informare che lo scorso 23 ottobre ho incontrato il Ministro dell'interno libico, con il quale si è sviluppata una franca discussione sullo stato di collaborazione tra i due Paesi. Proprio nella giornata di ieri ho riferito alla Camera dei deputati, in risposta a un'informativa urgente relativamente alla prevista scadenza del Memorandum d'intesa Italia-Libia in materia di contrasto all'immigrazione illegale e al traffico di esseri umani. Sullo stesso tema è stato chiamato a riferire il 30 ottobre il Ministro degli esteri e della cooperazione internazionale in un question time.
Si tratta quindi di un tema importante, sul quale non posso che richiamare il contenuto della mia comunicazione al Parlamento, da cui si evince che la sottoscrizione, tre anni fa, del Memorandum abbia svolto un ruolo importante per non abbandonare le autorità libiche e, di conseguenza, coinvolgerle in un processo di lotta al traffico di esseri umani.
L'Italia è certamente uno dei pochi Paesi che ha svolto questo ruolo e il risultato è stato positivo: una riduzione degli arrivi dalla Libia, una diminuzione del numero delle vittime in mare. Certo, ogni accordo può essere migliorato e lo stesso Memorandum prevede un'apposita commissione congiunta che dovrà occuparsi di questi aspetti. In questo senso, lo scorso 1 novembre l'ambasciata d'Italia a Tripoli ha proposto alle autorità libiche la convocazione del predetto organismo (previsto dall'articolo 3 del Memorandum), al fine di concordare un aggiornamento dell'intesa, attraverso modifiche volte a migliorarne l'efficacia, da formalizzare nel prosieguo attraverso uno scambio di note (previsto dall'articolo 7 del Memorandum). Tale proposta è stata immediatamente accolta dal Governo libico, che il giorno successivo ha dato la piena Pag. 5disponibilità della controparte libica a rivedere il testo.
Richiamando sinteticamente e solo per titoli quanto riferito ieri in Parlamento, al fine di poter concentrare il mio intervento sulle questioni di più diretto interesse di questo Comitato, rammento che il Governo ha intenzione di sviluppare, nell'ambito delle attività connesse al Memorandum, un rinnovato impegno affinché vengano riportati i centri a condizione di umanità e questo l'ho ripetuto ieri in maniera decisa. Effettivamente, da più parti sono state rilevate le condizioni di disumanità, di non rispetto dei diritti umani, però anche su questo il Governo libico ha dato ampia disponibilità a rivedere e ad apportare dei miglioramenti ai centri di detenzione dei migranti, in vista della chiusura, incrementando il ricorso ai corridoi umanitari, con ulteriori iniziative bilaterali e progettualità europee. Riteniamo che debba proseguire l'azione al confine sud della Libia, per il rafforzamento delle capacità di sorveglianza dei confini terrestri meridionali e proseguire le iniziative volte a sostenere le municipalità libiche attraverso un nuovo piano di assistenza e di sostegno.
Nell'ambito delle iniziative da sviluppare ulteriormente, intendiamo supportare il rafforzamento dei sistemi di controllo delle frontiere dei Paesi africani, sia per quelle meridionali appartenenti ai Paesi di transito verso il Mediterraneo, sia per quelle costiere. Solo un controllo più attento delle aree di partenza prospicienti al mare potrà limitare i tentativi di attraversamento del Mediterraneo con natanti fatiscenti, carichi di uomini, donne e bambini, a rischio di sicuro naufragio.
Ritengo i fattori che ho appena citato decisivi anche per il contrasto ai trafficanti di esseri umani e soprattutto per impedire ulteriori tragedie, oltre quelle che abbiamo avuto di recente anche a Lampedusa.
Purtroppo, lo scorso 7 ottobre, alle ore 00.10, la motovedetta CP 313 della Guardia costiera di Lampedusa, unitamente alla motovedetta De Rosa della Guardia di finanza, ha intercettato, a circa sei miglia a sud di quell'isola, un'imbarcazione in legno con a bordo un numero imprecisato di migranti. Nell'immediatezza dell'avvistamento, l'imbarcazione si è capovolta e si è riusciti a trarre in salvo solo ventidue persone (dieci uomini, otto donne, quattro minori non accompagnati), immediatamente condotte presso l’hotspot di Lampedusa, dove sono state assistite. Successivamente un team specializzato di sommozzatori della Guardia di finanza, della Marina militare e dei Vigili del fuoco, ha recuperato altri tredici corpi senza vita di migranti di presunta nazionalità ivoriana e camerunense, le cui esequie, dopo le operazioni di riconoscimento, sono state celebrate il 9 ottobre successivo presso la Casa della Fraternità di Lampedusa. Il 15 ottobre successivo, a mezzo nave di linea, i quattro minori sono stati trasferiti presso idonee strutture di accoglienza: tre presso strutture della provincia di Agrigento, uno a Catania; una donna è stata trasferita a Palermo per motivi sanitari. Nella mattinata del 16 ottobre le salme sono giunte a Porto Empedocle e da lì trasferite nei diversi cimiteri della provincia di Agrigento. Dai primi riscontri appare plausibile che le cause del naufragio siano da attribuire a una serie di fattori concomitanti: la presenza di avverse condizioni meteorologiche; l'eccessivo numero di persone a bordo dell'imbarcazione; il contestuale spostamento delle persone che tendevano ad alzarsi e a muoversi da una parte all'altra dell'unità; l'avaria del motore; la presenza di acqua all'interno dell'imbarcazione; la totale assenza di dotazioni di sicurezza per le persone imbarcate. Dalle prime informazioni apprese dai superstiti, tutti sprovvisti di giubbotto salvagente, l'imbarcazione (un piccolo peschereccio di sette/otto metri) sarebbe salpata dalla Tunisia con circa sessanta/settanta migranti intorno alle 23 del 5 ottobre. La navigazione si sarebbe poi interrotta verso le ore 23 del 6 ottobre per la mancanza di carburante, lasciando l'imbarcazione in balia delle onde, a poche miglia di distanza da Lampedusa. Si tratta di un ennesimo drammatico episodio, le cui circostanze evidenziano il ripetersi di un copione tragico, purtroppo, di cui abbiamo visto già negli anni precedenti, e l'accertamento della dinamica Pag. 6 non può che essere rimesso all'approfondimento dell'autorità giudiziaria.
Vorrei parlare delle politiche migratorie, dello stato dei negoziati in sede europea sul Sistema europeo comune di asilo. Il Governo è impegnato a rilanciare, a livello europeo, un approccio condiviso sulle risposte da dare al fenomeno dell'immigrazione via mare e alle problematiche cui vanno incontro i Paesi che costituiscono la frontiera dell'Europa sul Mediterraneo. È la posizione che ho già avuto modo di rappresentare nel vertice di Malta del 23 settembre e di cui ho già parlato anche in I Commissione riunita, Camera e Senato, in un'audizione che è stata fatta proprio sullo specifico tema dell'incontro di Malta. La dichiarazione congiunta d'intenti lì sottoscritta rappresenta un passo avanti che inaugura un percorso complesso, certamente impegnativo; si tratta di una dichiarazione comune, aperta all'adesione degli Stati membri, un progetto pilota, la cui efficacia andrà monitorata, implementata, che intende coniugare il necessario rigore contro i trafficanti di esseri umani, con il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, posti alla base della costruzione dell'integrazione europea, a cui non intendiamo rinunciare. Uno degli aspetti che ritengo più significativo dell'intesa raggiunta riguarda l'adozione di procedure per la redistribuzione automatica tra i Paesi che aderiscono e che aderiranno all'intesa dei migranti sbarcati a seguito di operazioni di salvataggio in mare. Al momento, si tratta di un meccanismo della durata di sei mesi, destinato a superare questo approccio caso per caso, già applicato in precedenti sbarchi in Italia e a Malta, effettuati da parte di navi di organizzazioni non governative. L'intesa prevede anche la possibilità di attivare una rotazione volontaria/spontanea dei porti di sbarco. Ciò significa che uno Stato membro può offrire, sulla base della volontarietà, un luogo sicuro. Va anche evidenziato che le navi di proprietà pubblica che dovessero effettuare soccorso in mare dovranno sbarcare le persone salvate nel proprio Stato di bandiera (questo prevede, tra l'altro, questa bozza di accordo). Il meccanismo di redistribuzione riguarda tutte le persone soccorse in mare che facciano domanda di asilo al loro arrivo in Europa e che non saranno, in tal modo, nella responsabilità del solo Paese di sbarco. Spetterà quindi allo Stato membro di ricollocare, attraverso le procedure previste per la verifica della sussistenza delle condizioni per il riconoscimento della protezione internazionale, ovvero, in caso contrario, di procedere al rimpatrio.
Il 29 ottobre scorso la Commissione europea ha veicolato la lista di distribuzione dei 148 richiedenti ricollocabili, attualmente accolti nel CARA di Bari, compresi tra le 176 persone sbarcate dalla nave Ocean Viking a Taranto il 16 ottobre; si tratta di migranti provenienti da vari Paesi (Burkina Faso, Camerun, Congo, Gambia, Guinea, Ghana). In questa settimana è stato previsto l'inizio delle interviste da parte della delegazione francese. L'11 novembre proseguirà la delegazione tedesca, dando un'accelerazione al processo di redistribuzione dei migranti. Il 30 ottobre si sono concluse le procedure di sbarco della nave Ocean Viking nell’hotspot di Pozzallo. Il 31 ottobre sono iniziate le interviste propedeutiche alla redazione della lista di distribuzione secondo le quote offerte da Francia e Germania, rispettivamente di trentacinque migranti ciascuno, nonché dal Portogallo, disponibile ad accoglierne cinque, Lituania tre e Irlanda due. Tutti i 104 migranti presenti a bordo, di cui trentotto minori non accompagnati, hanno manifestato la volontà di richiedere la protezione internazionale.
Il 3 novembre si sono concluse le procedure di sbarco presso l’hotspot di Taranto degli 88 migranti della nave Alan Kurdi (provenienti anch'essi da Gambia, Guinea, Costa D'Avorio, Mali, Senegal, Nigeria, Liberia, Ghana) e i dieci minori non accompagnati saranno trasferiti e affidati ai centri dedicati. In questo caso abbiamo avuto la disponibilità per trenta posti dalla Francia, trenta dalla Germania, cinque dal Portogallo, due dall'Irlanda.
Abbiamo avuto modo di confrontarci su questi temi anche a Lussemburgo il 7 ottobre scorso, in occasione dell'ultimo Consiglio giustizia e affari interni; a fronte di Pag. 7alcuni Stati membri che non hanno mostrato aperture, ho comunque verificato che altri Paesi stanno maturando posizioni favorevoli alla nuova impostazione.
Non considero l'ipotesi dell'intesa di Malta un punto di arrivo, quanto una forte spinta per l'Europa a sviluppare una strategia complessiva di riforma delle politiche migratorie. In tale contesto considero necessario innovare il Sistema comune europeo di asilo intervenendo in ossequio all'obbligo di solidarietà previsto dai trattati sulla revisione del principio di Paese di primo approdo, ora alla base dell'applicazione del Regolamento di Dublino. Ci vorrà tempo, ci vorrà impegno, ma abbiamo appena iniziato un percorso e sarebbe semplicistico ritenere che la soluzione del problema dell'immigrazione sia connesso all'accordo di Malta, perché il problema dell'immigrazione è ben più complesso. Quindi si tratta di rendere semplicistico un problema che invece è davvero complesso e che va affrontato nell'insieme.
Attualmente lo stallo del negoziato sulla riforma del Regolamento di Dublino, che da tempo si registra nei lavori del Consiglio europeo, condiziona anche l’iter delle altre proposte legislative che compongono il pacchetto del Sistema comune europeo di asilo.
Per quanto riguarda la posizione dell'Italia, confermo che tutte le proposte normative relative all'asilo (mi riferisco, ad esempio, al regolamento Eurodac, all'istituzione dell'Agenzia dell'Unione Europea per l'asilo, nonché alle Direttive accoglienza, procedure e qualifiche) non possono essere approvate in modo disgiunto o indipendente dalla riforma del Regolamento di Dublino.
In linea generale, facendo leva sull'interdipendenza tra tutte le proposte normative, il Governo, nella considerazione che l'insieme di tali iniziative costituisca un pacchetto omogeneo di intervento, in una materia complessa che non si presta a una disciplina frammentaria, spingerà in sede europea per un chiarimento a livello politico. Il momento appare favorevole, anche in ragione degli impegni espressi in sede europea circa la volontà di rilanciare il negoziato per la riforma del Regolamento di Dublino.
L'azione politica che il Governo sta svolgendo a livello europeo è affiancata, nel settore dell'immigrazione, da una fitta attività di relazioni internazionali, sia a livello multilaterale che bilaterale, portata avanti dal Ministero dell'interno che ho l'onore di rappresentare e, in particolare, l'impegno prevalente è volto a costruire reti e legami con i Paesi terzi, di provenienza e di transito dei migranti, nella ricerca di soluzioni per una più ordinata gestione dei flussi migratori in un quadro di legalità.
Le linee della cooperazione internazionale seguono due principali direttrici: la prima è rivolta al rafforzamento delle capacità dei Paesi terzi di gestione del fenomeno migratorio e tende a garantire azioni di sostegno per la protezione di migranti e rifugiati, migliorando le loro condizioni di vita, offrendo alternative valide e significative all'immigrazione irregolare; la seconda è volta, nell'ambito della cooperazione di polizia, a promuovere il rafforzamento delle capacità operative per il contrasto all'immigrazione irregolare, per il controllo delle frontiere, per l'individuazione di trafficanti di esseri umani e di possibili terroristi. In questo stesso ambito, l'azione negoziale è rivolta anche alla ricerca di intese che possano agevolare il rimpatrio degli immigrati in posizione irregolare e alla sottoscrizione di accordi di riammissione. Segnalo, riguardo al primo profilo, il Programma regionale di sviluppo e protezione per il Nord Africa, nel cui ambito l'Italia è capofila di un consorzio di quindici Stati membri associati, che si avvale del co-finanziamento di fondi europei ed è rivolto a: Marocco, Tunisia, Libia, Egitto, Niger, Mauritania, Algeria. Il nostro Paese ha inoltre in corso in collaborazione con l'UNHCR, l'OIM e l'UNICEF, anche altre progettualità – tra l'altro, con la Nigeria e la Costa D'Avorio – allo scopo di promuovere le condizioni per il ritorno volontario dei migranti e la loro reintegrazione nei territori di provenienza. Con detti progetti si intende favorire l'ammodernamento delle infrastrutture, il sostentamento economico e la formazione professionale; si intende sostenere Pag. 8 la creazione e il miglioramento dei sistemi di protezione dell'infanzia. Analoghe iniziative sono in atto in territorio africano, con altri Stati, in particolare con Etiopia, Niger, Nigeria, Senegal e Sudan; altre sono allo studio in Ciad, Costa D'Avorio, Ghana, Libia, Mali e con alcuni degli stessi Paesi citati con cui esistono iniziative già in atto.
Quanto al secondo profilo, relativo alla cooperazione di polizia, reputo importante l'azione svolta dal Ministero dell'interno per la negoziazione di misure volte al contrasto dei traffici di migranti e per il contenimento dell'immigrazione irregolare con i Paesi terzi di origine e di transito dei flussi migratori. Le iniziative riguardano programmi di assistenza tecnica per la fornitura di beni e servizi, necessari per il controllo delle frontiere; l'erogazione di corsi di formazione per le locali forze di polizia; nonché la collaborazione in materia di riammissione e rimpatrio. Sono in atto, al momento, forme di collaborazione tecnica, favorite anche dall'intervento finanziario della Commissione Europea e del Ministero per gli affari esteri e la cooperazione internazionale con Tunisia, Marocco, Libia ed Egitto, nonché iniziative di formazione presso le principali scuole di polizia italiane.
Considero di rilievo anche i negoziati volti a migliorare la collaborazione con le autorità consolari dei Paesi terzi, di origine e transito dei migranti, per le operazioni di identificazione dei loro presunti connazionali rintracciati in posizione irregolare in Italia. Tale attività contribuisce, infatti, a una maggiore efficacia delle politiche di rimpatrio. Per questo stiamo svolgendo mirate azioni di cooperazione a livello bilaterale con Algeria, Marocco, Nigeria, Costa D'Avorio, Gambia, Guinea, Bangladesh e Pakistan.
Pur con la premessa che le rilevazioni statistiche non restituiscono da sole la fotografia di un fenomeno così complesso e dipendente da molteplici fattori, come quello dell'immigrazione, osservo che nel 2019 si è consolidato il trend decrescente dell'andamento degli arrivi via mare, che ha preso avvio con la drastica riduzione evidenziatasi dalla seconda metà del 2017. Dall'inizio dell'anno al 7 novembre scorso sono sbarcati 9.944 migranti, con un decremento rispetto allo stesso periodo del 2018 pari al 55,2 per cento.
Quanto alle dinamiche delle rotte migratorie, i dati al 31 ottobre evidenziano 2.826 arrivi dalla Libia, 3.491 dalla Tunisia, 872 dall'Algeria, 2.431 dalla Turchia e dalla Grecia, con sbarchi diffusi, prevalentemente in ragione della provenienza, sulle coste siciliane, calabresi, pugliesi e sarde.
Per quanto concerne i cosiddetti sbarchi fantasma o autonomi, vale a dire migranti intercettati in mare, o rintracciati a terra dall'inizio del 2019 al 4 novembre, risultano pari a 7.510 rispetto ai 6 mila dell'intero anno 2018, con una tendenza di aumento registrata sin dal mese di aprile 2018 e proseguita, in particolar modo, nel mese di settembre, con 1.924 arrivi, e ottobre.
I Paesi di origine dei migranti, in base alla nazionalità dichiarata al momento dello sbarco, vedono – in linea con quanto registrato nel 2018 – presenti ai primi posti la Tunisia, il Pakistan, la Costa D'Avorio e l'Algeria. Proprio la forte riduzione dei flussi verso le nostre coste incoraggia a promuovere il rafforzamento della capacità operativa delle Guardie costiere dei Paesi del Mediterraneo meridionale e a sostenere l'azione dell'alto commissario delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni, per assicurare, da parte degli stessi Paesi di partenza dei natanti, modalità di soccorso e di sbarco nel pieno rispetto dei diritti umani.
Il Governo, anche nell'intento di scongiurare le tragedie del mare e di garantire l'arrivo in condizioni di sicurezza di coloro cui è riconosciuto uno stato di vulnerabilità meritevole della protezione internazionale, è impegnato in tre specifiche progettualità: programma di reinsediamento, che consiste nel trasferimento dei rifugiati, su segnalazione dell'UNHCR, dai Paesi terzi di primo asilo verso l'Italia; corridoi umanitari realizzati attraverso la stipula di protocolli d'intesa con associazioni di natura religiosa. Detta iniziativa si inquadra nell'ambito del più ampio concetto di sponsorizzazione Pag. 9 privata, sperimentata anche in altri Stati, che consente il trasferimento di persone bisognose di protezione internazionale dal Paese di primo asilo (dove risiedono) in Italia, in modo sicuro e legale, grazie alla cooperazione dei settori pubblico e privato. I beneficiari della misura autorizzati all'ingresso sono accolti presso strutture individuate e finanziate dalle associazioni private proponenti, che garantiscono anche i successivi percorsi di integrazione socio-culturale, senza oneri a carico dello Stato. La terza progettualità sono le evacuazioni umanitarie direttamente dalla Libia e dal Niger, in collaborazione con l'UNHCR, finalizzate al trasferimento rapido e sicuro in Italia di persone in situazioni di emergenza, potenzialmente bisognose di protezione internazionale. L'Italia, fino a ora, è l'unico Paese che effettua evacuazioni direttamente dalla Libia.
Il programma di reinsediamento si avvale di finanziamenti della Commissione Europea e dal 2015 ad oggi ha permesso l'arrivo in Italia di 2.316 rifugiati da Giordania, Libano, Libia, Siria, Turchia e Sudan. Per il 2020 abbiamo assunto un impegno aggiuntivo per il reinsediamento di altri 700 rifugiati: 70 dal Niger, 130 dalla Libia, 250 dalla Giordania e 250 dal Libano.
È mia intenzione continuare a favorire anche le iniziative per l'apertura di corridoi umanitari verso l'Europa, dedicati alle persone più vulnerabili. A tal fine, registro con soddisfazione l'avvenuto rinnovo del Protocollo d'intesa del 2017 siglato tra il Ministero degli affari esteri, il Ministero dell'interno, la CEI (la Conferenza episcopale italiana) e la comunità di Sant'Egidio, grazie al quale sono state trasferite dall'Etiopia in Italia 496 persone bisognose di protezione internazionale. Tale protocollo riguarderà in totale 600 ulteriori beneficiari da trasferire da Etiopia, Giordania e Niger.
Per quanto riguarda l'evacuazione umanitaria, l'Italia ha messo a punto una vera e propria buona prassi che ha permesso di accogliere, dal dicembre 2017, con sette distinte operazioni, 859 richiedenti asilo, di cui 51 dal Niger e gli altri dalla Libia. Il 5 novembre scorso è stato effettuato un ulteriore trasferimento dal Niger di 54 persone, di cui tredici minori non accompagnati.
Nonostante la diminuzione degli arrivi, il fenomeno delle migrazioni necessita, per essere ben governato, anche di efficaci politiche interne per l'accoglienza – come la stessa Europa ci impone – di coloro per i quali sia stata accertata la sussistenza dei motivi posti a base della protezione. Ritengo, peraltro, che possano essere ulteriormente migliorate le misure necessarie a garantire i percorsi di effettiva integrazione. Per questo, abbiamo la necessità di politiche di inclusione che devono vedere come attori protagonisti tutti i livelli di governo del territorio. Ritengo che anche una politica delle migrazioni sostenibile e inclusiva costituisca la condizione imprescindibile per garantire sicurezza e fungere da deterrente a quelle forme di marginalizzazione che, soprattutto nelle grandi città, determinano il rischio di attrazione in attività illegali di soggetti che vivono in situazione di incertezza e precarietà.
Coniugare le politiche dell'integrazione con quelle della sicurezza vuol dire essere inclusivi verso coloro che hanno diritto a rimanere nel nostro Paese e in Europa, ma essere nel contempo rigorosi, adottando ogni misura prevista dall'ordinamento, nei confronti di coloro ai quali non è riconosciuto alcun titolo a rimanere sul nostro territorio.
Il sistema di accoglienza ha conosciuto in questi ultimi anni, anche sulla scorta delle esperienze maturate in occasione della pesante pressione migratoria degli anni scorsi, diverse rimodulazioni e interventi, al fine di poter sempre garantire la tutela dei diritti fondamentali dei migranti. In relazione alla mappatura dei centri – che ho già avuto modo di trasmettere agli atti del Comitato – ritengo opportuno precisare che a una fase di primo soccorso e assistenza anche sanitaria effettuata presso gli hotspot, segue l'accoglienza di primo livello, dove i servizi essenziali sono garantiti presso i centri di accoglienza dislocati sull'intero territorio nazionale. Pag. 10
Il sistema delle strutture di accoglienza di primo livello si articola su due diverse tipologie di ospitalità: alla data del 30 ottobre sono attive dieci strutture di accoglienza, con una presenza complessiva di 2.454 migranti e circa seimila strutture di accoglienza temporanea (CAS), con una presenza pari a 69.827 unità.
Dai dati di quest'anno è constatabile una flessione rispetto al medesimo periodo del 2018, sia del numero delle strutture sul territorio sia del numero dei migranti ospitati.
La fase di seconda accoglienza è assicurata dal sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), che ha sostituito lo SPRAR ed è gestito da comuni con capillare diffusione su tutto il territorio nazionale. Il sistema assicura attualmente l'assistenza ai soli beneficiari di una forma di protezione internazionale: ai minori stranieri non accompagnati, anche se non richiedenti asilo; agli stranieri titolari di permesso di soggiorno per casi speciali o altre tipologie, come quelli previsti per cure mediche, per calamità nel Paese di origine, o per atti di particolare valore civile (e l'abbiamo visto anche di recente).
Alla data del 31 ottobre 2019 risultano presenti nelle strutture di accoglienza gestiti dal SIPROIMI 24.568 ospiti, a fronte di una disponibilità di posti pari a 31.661 unità.
Ritengo opportuno soffermarmi sulle funzioni svolte dagli hotspot. Rammento che gli hotspot sono stati istituiti da una specifica disciplina nel 2017, in attuazione di due decisioni del Consiglio dell'Unione Europea del settembre 2015; tali strutture costituiscono i punti di gestione delle attività di primo soccorso, di assistenza, nonché delle operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico degli stranieri rintracciati in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera, ovvero giunti a seguito di operazioni di salvataggio in mare. Più nello specifico, in tali strutture si procede velocemente alle operazioni di screening sanitario, all'individuazione della vulnerabilità, all'identificazione delle generalità, della nazionalità del migrante, cui vengono anche rese le informazioni per l'eventuale presentazione della domanda di protezione internazionale. La permanenza si protrae, di regola, per il periodo strettamente necessario all'espletamento di queste attività, comunque per un periodo non superiore a trenta giorni nel caso in cui sussistano difficoltà di identificazione, cui segue – ove il migrante abbia manifestato l'intendimento di presentare domanda d'asilo – l'immediato trasferimento nei centri di accoglienza, che potrei definire centri di accoglienza avanzata e di cui ho appena fatto cenno.
Desidero affermare un altro punto che ritengo rilevante: l'organizzazione dei servizi resi nei hotspot deve essere improntata, come in tutto il sistema dell'accoglienza, al pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona e deve tener conto delle eventuali condizioni di vulnerabilità dei migranti, per i quali sono assicurati servizi anche di assistenza psicologica. Gli hotspot attualmente attivi sono quattro, ubicati a Lampedusa (96 posti), Pozzallo (234 posti), Taranto (400 posti); Messina (160 posti), con ricettività complessiva di 890 posti e una presenza, al 7 novembre, pari a 252 migranti, così suddivisi: 168 a Messina, 84 a Pozzallo, zero a Lampedusa, e voglio rispondere anche al presidente, che aveva rilevato, quando erano andati a Lampedusa, una presenza eccessiva: evidentemente la visita era stata effettuata proprio nel periodo in cui c'erano stati gli sbarchi, ma devo anche assicurare che ogni volta che ci sono degli sbarchi, noi provvediamo subito a redistribuirli, in modo da lasciare libero il centro.
PRESIDENTE. Ho visto coi miei occhi, Ministro. Mi scusi se la interrompo in questo passaggio, anche nel rispetto dei colleghi che hanno partecipato all'ultima missione di Lampedusa. Ha fatto notare che attualmente ci sono zero persone presenti nel centro accoglienza. Sono solo contento. In un centro accoglienza con una capienza di novantaquattro persone, quando siamo andati noi ce n'erano presenti trecentoventi. Quello che le dico non è un fatto numerico, è anche quello che abbiamo visto. Io, appena sono sceso dal mezzo dell'aeronautica Pag. 11 militare, ho trovato una bimba di quattro mesi dalle condizioni igieniche – mi perdoni, Ministro – assolutamente al limite dell'umanità, soprattutto nell'area dedicata ai bimbi, ai minori. Una situazione al collasso. Oggi è a zero e siamo assolutamente contenti. Porto la voce di colleghi deputati e senatori di una delegazione parlamentare che è andata di persona sul posto. Mi scusi veramente se l'ho interrotta. Non volevo mancarle assolutamente di rispetto, ma è troppo importante, perché lì c'è un sindaco, ci sono degli amministratori, ci sono delle persone...
LUCIANA LAMORGESE, Ministro dell'interno. Ha ragione perfettamente, presidente. Ripeto, volevo assicurare, proprio perché mi trovo qui e ho l'opportunità di poterlo fare, che noi tendiamo sempre a lasciare Lampedusa il più possibile libera. Evidentemente, quando la Commissione è andata, era proprio il momento di maggiori sbarchi. Certamente quello che ha visto lei corrisponde a quello che era, però noi tendiamo – e questa è un'assicurazione che voglio dare – immediatamente a provvedere ai trasferimenti, in modo da lasciare libero il centro.
La pressione migratoria, soprattutto da parte di richiedenti protezioni internazionali, ha reso, nel tempo, sempre più sensibile il ruolo e l'attività svolta dalle commissioni per il riconoscimento della protezione internazionale. La celere definizione delle domande; è stato sempre un obiettivo perseguito dal Ministero dell'interno, viste poi le ripercussioni che inevitabilmente ci sono sui tempi occorrenti per le decisioni finali e per favorire l'ingresso del richiedente la protezione nel sistema e nel circuito dell'accoglienza. A tal fine si è proceduto, con il decreto legislativo n. 220 del 2017, alla revisione della composizione dei collegi territoriali, presieduti da funzionari prefettizi, che sono ora composti anche da rappresentanti dell'UNHCR e da funzionari amministrativi altamente specializzati; non sono più presenti il funzionario della pubblica sicurezza e il rappresentante dell'ANCI. Contestualmente, con il decreto-legge n. 13 del 2017, nel 2018 si è proceduto all'assunzione dei primi 250 funzionari amministrativi altamente specializzati, cui se ne sono aggiunti altri 162 nel corrente anno. Al potenziamento delle attività dei colleghi territoriali ha anche contribuito l'Ufficio europeo per il supporto all'asilo (EASO) che, nell'ambito del piano operativo sottoscritto con l'Italia per gli anni 2018 e 2019, ha sostenuto le attività istruttorie e di gestione del contenzioso, svolte dalle commissioni e dalle sezioni territoriali con cento unità di personale specializzato.
Alla semplificazione dell’iter per il riconoscimento del diritto di asilo si aggiungono altre due misure che ritengo possano essere utili per velocizzare tutto il processo: l'esame accelerato delle domande d'asilo presentate in zone di frontiera, appositamente individuate secondo la procedura prevista dal decreto ministeriale 5 agosto 2019; la lista dei Paesi sicuri di origine elencati nel decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministero dell'interno e il Ministero della giustizia del 4 ottobre 2019. L'attuazione di tali provvedimenti consentirà di esaminare le domande di asilo degli stranieri provenienti dai Paesi considerati sicuri entro termini particolarmente ridotti, comunque non superiore a nove giorni dalla presentazione della domanda.
Adesso vorrei fornire qualche dato sull'attività svolta nell'anno in corso dalle commissioni territoriali. Alla data del 31 ottobre risultano presentate 30.468 domande di asilo, con una diminuzione del 35 per cento rispetto al medesimo periodo dell'anno precedente. Le commissioni, nell'anno in corso, fino al 31 ottobre, hanno esaminato – indipendentemente dalla data di presentazione della domanda – 81.162 istanze, riconoscendo la protezione internazionale nel 18 per cento dei casi, di cui l'11 per cento per status di rifugiato e il 7 per cento per protezione sussidiaria. I dinieghi sono stati pari al 66 per cento delle domande. La protezione umanitaria, per effetto delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 113 del 2018, è stata concessa all'1 per cento delle posizioni esaminate; con questo decreto-legge si è proceduto alla tipizzazione dei motivi di riconoscimento Pag. 12 della protezione umanitaria, prevedendo la possibilità di concedere il permesso di soggiorno per protezione speciale nel caso in cui sussista il divieto di espulsione per rischio di tortura nel Paese di origine, cure mediche, calamità e atti di particolare valore civile. Le domande pendenti alla data del 31 ottobre 2019 sono pari a 42.323 con una flessione pari al 61 per cento rispetto al 2018.
Sono fermamente convinta che per lo sviluppo delle politiche di gestione dei fenomeni migratori sia essenziale l'azione volta a stroncare i traffici criminali dei migranti e la tratta degli esseri umani. In questo contesto si saldano le iniziative di cooperazione internazionale (di cui ho fatto cenno nel corso del mio intervento) con quelle info-investigative, sviluppate anche con il concorso di organismi di polizia internazionali, tra i quali le agenzie europee Europol e Frontex.
L'importanza e la delicatezza del contrasto all'immigrazione illegale è di tutta evidenza anche per la stretta relazione che essa riveste per il contrasto alla criminalità organizzata, impegnata nel traffico di esseri umani e per le attività conseguenti allo sfruttamento dei migranti. Questa è la ragione per cui il tema riveste specifico attuale interesse per le forze di polizia, le agenzie di intelligence, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, che da tempo sviluppano sul punto intense forme di collaborazione. Aggiungo che il dispositivo investigativo nazionale per la lotta all'immigrazione clandestina ha permesso, dall'inizio dell'anno fino al 31 ottobre, l'arresto di 84 scafisti.
Quanto sin qui illustrato conferma che il sistema di controllo delle frontiere, nonché quello per la prevenzione e la repressione dell'immigrazione illegale, continua ad essere efficace ed efficiente e si avvale di sette centri di permanenza per i rimpatri (Bari, Brindisi, Caltanissetta, Roma, Torino, Potenza e Trapani) ove, alla data del 7 novembre, risultavano presenti 600 migranti che, ricordo, possono essere trattenuti fino a 180 giorni. Nei prossimi mesi si prevede di attivare centri di permanenza e rimpatrio per una disponibilità complessiva di oltre 300 posti. Sono state anche avviate le attività per la realizzazione di altre strutture, per un totale di 160 posti.
I questori hanno emanato, dall'1o gennaio al 31 ottobre 2019, complessivamente 19.829 provvedimenti di espulsione e di respingimento, di cui 5.925 eseguiti con rimpatrio coattivo. Nello stesso periodo, le autorità di frontiera hanno proceduto al respingimento di 8.279 cittadini stranieri non aventi titolo ad entrare nel territorio europeo.
Sono convinta che una politica migratoria efficace e credibile necessiti anche di un rapido rimpatrio di coloro che non hanno diritto a rimanere in Europa, fermo restando il rispetto dei diritti umani e del principio di non respingimento. Un tasso di rimpatri insufficiente rischia di delegittimare il sistema europeo di contrasto all'immigrazione illegale, impedendo allo strumento del rimpatrio di costituire un fattore di deterrenza.
Sulle azioni collegate ai rimpatri sarà sollecitata anche una più intensa azione della Commissione europea, sia per la negoziazione di nuovi accordi di riammissione sia per l'implementazione di quelli già in vigore. Il decreto-legge n. 53 del 2019 ha previsto un fondo di premialità per le politiche di rimpatrio, che auspico possa svolgere un ruolo importante per favorire tali politiche. In particolare, il fondo è destinato a finanziare interventi di cooperazione mediante sostegno al bilancio generale o settoriale, ovvero intese bilaterali, con finalità premianti per la particolare collaborazione nel settore della riammissione di soggetti irregolari presenti sul territorio nazionale e provenienti da Stati non appartenenti all'Unione Europea. Il fondo può essere incrementato da una quota annua fino a 50 milioni.
Alla data del 31 ottobre sono stati effettuati 5.925 rimpatri; soltanto 1.289 dal 5 settembre, a fronte dei 5.395 dello stesso periodo del 2018 e dei 5.279 del 2017. In particolare, sono stati ricondotti in patria 1.528 tunisini, 1.259 albanesi, 834 marocchini.
Negli ultimi due mesi il Ministero dell'interno si è attivato anche per intensificare Pag. 13 ulteriormente i rimpatri. Ad ottobre sono sbarcati sul territorio italiano 379 tunisini; di questi, ne sono stati già rimpatriati 138 che, unitamente a 105 sbarcati in precedenza, porta il numero dei rimpatri verso la Tunisia, nel solo mese di ottobre, a 243 unità, pari a una percentuale del 60 per cento degli stessi sbarcati nello stesso mese.
Desidero sottolineare che sono state individuate cinque aree di transito alla frontiera e in queste il richiedente asilo viene ascoltato entro sette giorni e la decisione segue di due successivi. La procedura è stata applicata, per la prima volta, proprio a Lampedusa, dove arriva la maggior parte dei barchini, e riguarda chi ha eluso e ha tentato di eludere i controlli.
Qualche parola vorrei spenderla sull'importanza di sviluppare di più e al meglio, anche a livello europeo, con stanziamenti di fondi adeguati, il sistema dei rimpatri volontari assistiti, che dal 2018 ha visto il nostro Paese realizzarne in tutto più di 1.400. Detto strumento, ove attuato, attraverso l'erogazione di adeguati sussidi, sostituisce certamente l'aspetto traumatico dell'applicazione della misura coattiva e, nel contempo, incentiva coloro che vi aderiscono a lasciare il territorio europeo, ove altrimenti rimarrebbero sempre in una condizione di illegalità. Ritengo che garantire una percentuale molto più alta di rimpatri coattivi potrebbe avere effetti positivi anche su quella dei rimpatri volontari assistiti, dal momento che la certezza di andare incontro al rientro forzato nel proprio Paese d'origine potrebbe incentivare l'immigrato in condizione di irregolarità a una sempre maggiore adesione allo strumento volontario.
Il contrasto all'immigrazione irregolare è anche uno dei cardini della difesa dello spazio comune europeo e della libera circolazione delle persone. Tuttavia, occorre anche garantire ai cittadini stranieri accessi più fluidi al territorio europeo: lo impone la globalizzazione dei mercati, dell'esercizio delle professioni; è necessario lo sviluppo del mercato del lavoro, dei flussi turistici e dello scambio di conoscenze.
La Commissione Europea, con appositi regolamenti, ha già previsto di dotare i varchi di frontiera europea di strumenti tecnologici in grado di contemperare dette esigenze con le crescenti necessità di sicurezza, derivanti soprattutto dal rischio di minaccia terroristica. A tal fine, ha previsto la messa in esercizio di sistemi di controllo dedicati, il cui valore aggiunto consiste nella loro interoperabilità con quelli già in uso (Sistema Informativo Schengen, SIS); ciò permette, anche in ossequio alla disciplina della tutela dei dati personali, di poter meglio individuare eventuali fonti di potenziale minaccia alla sicurezza europea. Al riguardo richiamo le funzioni del sistema EES (Entry-Exit System) ed ETIAS, previsti da appositi regolamenti del Parlamento e del Consiglio dell'Unione Europea del 2017 e del 2018, che dovrebbero essere resi operativi entro il 2022. Il primo (EES) introduce un nuovo sistema di ingressi e uscite di cittadini extracomunitari che sostituirà la timbratura dei documenti di viaggio e si applicherà a tutti i cittadini di Paesi terzi che, in possesso di un visto, o esentati da tale obbligo, saranno ammessi per soggiorni di breve durata nello spazio Schengen (fino a novanta giorni); detto sistema consentirà agli operatori di frontiera di registrare, oltre alla data e il luogo di ingresso e uscita dall'area Schengen, anche i dati anagrafici, i documenti di viaggio, l'eventuale visto, i dati biometrici dell'interessato. Grazie a detto sistema saranno registrati anche i respingimenti dei cittadini di Paesi terzi non ammessi per soggiorni di breve durata nello spazio di libera circolazione. Per facilitare le operazioni di registrazione al momento dell'attraversamento della frontiera, saranno ammesse alcune soluzioni tecnologiche, quali l'uso di varchi elettronici o sistemi self-service. Il nuovo sistema faciliterà anche l'individuazione di soggiornanti fuori termine, nonché l'identificazione delle persone prive di documento nello spazio Schengen, contribuendo a rafforzare la sicurezza interna. Il secondo (ETIAS) si applicherà ai cittadini di Paesi terzi esenti dall'obbligo di visto, e permetterà di valutare se la presenza di tali cittadini nel territorio degli Stati membri Pag. 14rappresenti un rischio per la sicurezza e per l'immigrazione illegale, o un alto rischio epidemico. Chi si avvarrà di detta procedura dovrà ottenere un'autorizzazione preventiva ai viaggi per l'ingresso nell'area Schengen, tramite una domanda on line.
Il quadro delle misure di controllo si avvale anche dell'uso dei dati di codice di prenotazione aerea (PNR) ai fini di prevenzione, accertamento, indagine nei confronti di reati di terrorismo e reati gravi; sistema che prevede l'analisi delle informazioni che ciascun passeggero fornisce ai vettori aerei in fase di prenotazione del volo.
Per quanto concerne le frontiere terrestri interne, il fenomeno di maggiore interesse è costituito da movimenti secondari verso i Paesi Schengen confinanti, o da questi provenienti. I flussi in uscita interessano i confini italo-francesi, italo-svizzeri, italo-austriaci e sono costituiti dai cittadini dei Paesi dell'Africa subsahariana che tentano di raggiungere i Paesi del Nord Europa. Il flusso in entrata è costituito da cittadini afgani e pakistani che hanno già chiesto asilo in altri Paesi dell'Europea orientale e che, dinanzi all'impossibilità di richiedere protezione internazionale in Germania e in Austria, raggiungono l'Italia attraverso il confine italo-austriaco. In tale contesto vi è la volontà di continuare a rafforzare i rapporti di cooperazione di polizia di frontiera con i Paesi confinanti, anche al fine di porre in essere ulteriori misure utili al contrasto al fenomeno.
Mi soffermo anche sulla situazione del confine con la Slovenia, in considerazione dell'aumento della pressione migratoria a cui si trova esposto quel Paese dall'inizio dello scorso anno. Le cause sono riconducibili sia a un cambio di politica nel rilascio dei visti d'ingresso, attuato dalla Serbia e dalla Bosnia, in favore di cittadini provenienti da Iran, Iraq, India e Cina, sia all'apertura di una nuova rotta dal Nord Africa. La situazione è attentamente monitorata dal Ministero dell'interno ed è stata già concordata con l'autorità croata e slovena una intensificazione dei controlli, volti al rintraccio degli immigrati irregolari, anche mediante servizi di pattugliamento congiunto, che dall'inizio dell'anno, infatti, hanno reso possibile rintracciare 3.537 migranti in ingresso in Italia dalla Slovenia.
Ringrazio per le osservazioni e per eventuali domande che vorrete pormi, di cui certamente terrò conto, anche in vista dei prossimi impegni internazionali, nella ferma convinzione che un rapporto continuo di stretta collaborazione tra Governo e Parlamento possa essere utile per sviluppare delle scelte di cui poi dobbiamo dare conto sul piano interno e internazionale.
Si stanno determinando nuove aree di instabilità, destinate fatalmente ad avere un impatto anche sui flussi migratori, e non mi riferisco soltanto alla Libia, ma anche a ciò che sta avvenendo nel nord della Siria, al confine con la Turchia, dove la situazione di conflitto sta già determinando spostamenti di popolazioni e movimenti di profughi.
Sono a vostra disposizione e grazie ancora.
PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Si sono iscritti a parlare per un intervento l'onorevole Di Muro, il senatore De Falco, il senatore Zuliani, l'onorevole Silli, il senatore Pacifico, la senatrice Testor, l'onorevole Galizia.
Sull'ordine dei lavori, senatrice Pacifico. Prego.
MARINELLA PACIFICO. Vorrei chiedere se fosse possibile dare la precedenza ai senatori, visto che alle 16 è previsto un question time con il Ministro Patuanelli.
PRESIDENTE. Se siamo d'accordo, procediamo con l'onorevole Di Muro e poi diamo precedenza ai senatori.
FLAVIO DI MURO. Grazie, presidente. In questo momento storico, noi, lo Stato italiano, siamo sbeffeggiati dalla Germania e dalla Francia. La Germania ha appena annunciato di blindare i confini, così chi sbarca in Italia resta in Italia; la Francia – la informo, se non lo sa – ancora una volta, con una notifica – che se vuole le consegno, è scritta in lingua francese – chiede e ottiene, nel totale assenso e silenzio dell'Europa, Pag. 15 di chiudere le frontiere, con disagi evidenti sul confine italo-francese. Non credo che il Governo italiano abbia mosso un dito per evitare questo. Conte è andato a cena con Macron; avranno parlato di tutto, tranne che dei problemi tuttora esistenti sui confini dei due Paesi e anche nella sua relazione, Ministro, mi dispiace, non ha tenuto conto di queste problematiche.
Hanno accusato Salvini, quando era Ministro, di avere un carattere burbero e politicamente scorretto e che questo fosse la causa dell'atteggiamento di chiusura da parte francese.
Ora che ci siete voi, la Francia chiude il confine per ulteriori sei mesi.
L'accordo di Malta è inefficace e ipocrita. Oggi Macron, uno dei firmatari dell'accordo, dichiara di voler accogliere solo i professionisti che gli interessano, gli studenti meritevoli: vuole selezionare, tra chi sbarca, quelli che lui considera i migliori e lasciare sulle spalle dell'Italia quelli non desiderati. Tutto questo quando a Ventimiglia, a dieci metri dal confine, ci sono migranti pronti ad andare in Francia, dove magari hanno parenti, possibilità di lavorare e integrarsi. È assurdo e vergognoso. Su questo, Ministro, le chiedo una presa di posizione netta nei confronti della Francia e nei confronti del silenzio assordante dell'Europa.
Ho sentito affermare delle cose assolutamente non corrispondenti alla verità; ha detto che ultimamente sono ridotti gli sbarchi. Che coraggio! Basta leggere i dati del suo stesso Ministero per sconfessare questa dichiarazione. Siamo di fronte a politiche governative pull factor per l'immigrazione clandestina, assolutamente attrattive.
Io mi pongo un problema che non mi ponevo fino a pochi mesi fa, perché ero garantito dalla capacità del Ministro Salvini e del precedente Governo: nel decreto Sicurezza 1 c'erano delle strutture studiate per alleggerire il peso burocratico delle domande, le ulteriori commissioni territoriali, le nuove articolazioni territoriali dell'Unità di Dublino; magari prima si cercava anche di depotenziare queste strutture perché con meno flussi, meno sbarchi, meno pressione migratoria in Italia, conseguentemente c'erano anche meno domande da dover analizzare. Su questo vorrei avere un chiarimento.
Nel decreto Sicurezza del Ministro Salvini si prevedeva un monitoraggio sull'andamento dei flussi migratori volto alla chiusura di strutture di accoglienza emergenziale temporanea. L'accoglienza in queste strutture, infatti, è limitata strettamente al tempo necessario, per poi andare in altri centri di accoglienza o nella ex rete SPRAR. Questo è il caso del campo Roja di Ventimiglia, una struttura temporanea ed emergenziale, costruita per calmierare bivacchi e accampamenti nel centro città, ma che si trova ad ospitare migranti per 500, 400, 300 giorni. Non possiamo certo definirla un'accoglienza temporanea se dura un anno e mezzo. È chiaro che da lì vanno trasferiti, ma qui si pone una questione che le rivolgo: nel decreto Sicurezza erano stanziate risorse per costruire e ampliare centri di accoglienza, perché ora la capienza è esaurita (ad esempio, non ci sono posti per trasferirvi i migranti da Ventimiglia), quanto e come volete investire sui centri di accoglienza e sui CPR, in modo da decongestionare le realtà più difficili?
Un'altra domanda, sempre relativa al decreto Sicurezza: si parlava di una norma di trasparenza – peraltro voluta insieme ai colleghi del Movimento 5 Stelle quando eravamo in maggioranza – per le associazioni che gestiscono i servizi resi per l'immigrazione; vorrei sapere che tipo di attività vorrà fare prossimamente il suo Ministero per vedere se sui siti Internet, come prevede la norma, si pubblicano le spese di questa gestione, ai fini della trasparenza, visto che sul tema ci sono state anche importanti inchieste giudiziarie.
Ci sono anche molte risorse, centinaia di milioni che le lascia in dote il Ministro Salvini e parlo dell'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte dei comuni, progetti di sicurezza urbana, misure a sostegno delle forze dell'ordine, interventi per l'edilizia penitenziaria, eccetera. Il precedente Governo e il Ministro Salvini le lascia in dote tante risorse, vorrei sapere cosa farà nei prossimi mesi, se utilizzerà queste Pag. 16risorse, quali sono i bandi che prevede di fare nell'immediato. Spero che non si lasci spolpare nella prossima legge di bilancio da altri Ministeri quello che, secondo noi, invece, è un investimento importante, perché per noi la priorità è garantire la sicurezza sul suolo nazionale.
PAOLA NUGNES. Ministro, io non ho preparato un intervento, ma sono venuta ad ascoltarla e mi sono appuntata più cose. Per quanto riguarda il Memorandum, lei ha parlato di un rapporto con le autorità libiche, ma sono sicura che più di me lei sappia quanto sia fragile lo stato attuale della Libia. Faccio riferimento anche all'ultimo decreto emanato sul fatto che per effettuare i salvataggi in mare ci sarà bisogno di avere un'autorizzazione preventiva. Quindi, è vero, è importante evitare gli sbarchi, perché il rischio di morire in mare è altissimo; io mi chiedo, però, qual è la finalità di tenere chiusi questi confini e quindi non poter neanche valutare le domande di queste persone, che già hanno attraversato il deserto e quindi hanno sicuramente esigenze pressanti per chiedere asilo. Io mi chiedo sempre qual è il fine ultimo, perché lei ci parla di corridoi umanitari, ci parla anche della possibilità che avete messo in atto di accogliere, in via preventiva, alcune persone da alcuni Paesi, ma mi chiedo: con che modalità? Come vengono scelte nella moltitudine di persone che hanno questa esigenza? Credo che questo Memorandum ponga estreme questioni di problematicità, anche in questa disponibilità che ha l'Italia a rinnovare l'impegno, cercando di far diventare questi centri umanitari, che in questo momento non sono umanitari (come lei stessa ha detto), gestiti dall'ONU, quindi dei centri che possano gestire queste persone in un modo dignitoso. Mi sembrano delle disponibilità che non hanno un concreto riscontro.
Per quanto riguarda lo sbarco nei Paesi di bandiera, per quanto possa comprendere il criterio, noi siamo partiti con l'idea che chi sbarca in Italia, sbarca in Europa e questo dovrebbe essere un principio fondamentale per fare anche degli spostamenti via aerea. Come possiamo pensare che una nave che porti la bandiera tedesca possa portare in Germania queste persone, che sbarchino in Italia e vengano trasportate, anche via aerea, in altri Paesi? Lei ha ribadito più volte che vanno garantiti i diritti fondamentali dell'uomo e ha anche ribadito più volte che vanno accolte le persone che hanno il diritto, ma dobbiamo accertare se questo diritto c'è. Il respingimento ex ante sicuramente non rispetta il diritto fondamentale.
Lei ha anche parlato di una redistribuzione dell'accoglienza, che io condivido perfettamente con lei, perché la sicurezza è fatta con l'accoglienza. Mi chiedevo se il sistema Welcome, che era stato messo in atto nella scorsa legislatura, potrebbe essere un progetto da riprendere in considerazione.
Visto che il Presidente del Consiglio in questo nuovo Governo «Conte 2» ha parlato di revisione dei decreti Salvini, cosa si prospetta in questo senso?
Lo so che l'Europa ha un atteggiamento non molto collaborativo e su quello noi dobbiamo puntare innanzitutto, ma è vero anche che la Francia sta prendendo in considerazione l'accoglienza di immigrati climatici. Noi, come italiani, come ci poniamo di fronte a questa questione emergenziale, di cui non possiamo non tener conto?
Lei ha detto tante cose estremamente interessanti. Quando ha parlato della possibilità di avere un permesso temporaneo sui novanta giorni per muoversi nell'area Schengen, ha detto che verranno esclusi alcuni cittadini extracomunitari; vorrei sapere se ha già presente quali sono i criteri di esclusione di queste persone, se sono soltanto persone che hanno dei precedenti di criminalità. A chi non verrà concessa questa possibilità? A soggetti che sia accertato abbiano dei precedenti o a soggetti che vengono da alcuni Paesi in particolare? Qual è il criterio per questa selezione?
GREGORIO DE FALCO. Ringrazio il Ministro, perché ci ha fatto un quadro molto ampio, molto particolareggiato, dal quale si avverte anche la difficoltà della materia. È una materia complessa, sulla quale bisogna agire sicuramente con molta Pag. 17cautela, facendo interventi mirati, attenti, graduali.
In ogni manovra, in ogni Governo, effettivamente, da una nave a un Paese, ogni accostata va fatta con gradualità, ogni cambio di rotta va fatto piano, assecondando i movimenti e vedendo, momento per momento, le reazioni che si procurano. Ecco che il Governo «Conte 2», per quanto mi riguarda, ha avuto la fiducia anche perché ha annunciato di voler effettuare una vera e propria discontinuità, graduale, ovviamente, perché una discontinuità non può che avere questa modalità operativa. Una discontinuità che si sarebbe dovuta manifestare, ma che al momento io ancora non vedo; anzi, purtroppo, io ancora vedo una eccessiva continuità non soltanto con il precedente Governo, con il precedente responsabile del Ministero dell'interno, ma addirittura voglio risalire indietro fino al 2008. Io sono in grossa difficoltà personalmente, ma non in questa sala, sono in grossa difficoltà perché ho dato la fiducia a questo Governo e mi attendo discontinuità. Questa discontinuità deve intervenire anche e soprattutto rispetto al Memorandum, perché abbiamo visto tutti qual è lo stato di vita di quelle persone nei lager, perché sappiamo tutti che la cosiddetta area SAR libica altro non è che una mistificazione. C'è un presupposto giuridico formale perché si possa istituire un'area SAR, che non ha a che vedere soltanto con la dichiarazione del Paese interessato (la Libia), ma è la possibilità di indicare un place of safety. Se non c'è un posto sicuro, non esiste un'area SAR. È logica. Qual è il posto sicuro in Libia per i migranti, per i naufraghi? Non esiste, perché quel Paese non ha firmato la Convenzione di Ginevra, perché in quel Paese le persone sono comunque trattenute al limite della tortura, comunque con trattamenti degradanti e inumani. Quindi sgomberiamo il campo: dal punto di vista operativo l'area SAR libica non esiste, anche perché quel Paese non ha gli apparati per fare i coordinati di soccorso in mare; sempre dal punto di vista operativo l'area SAR non esiste, anche perché quel Paese, non solo non ha gli apparati radio, ma non ha neanche le capacità per farlo. Tant'è vero che un certo Mustapha, un ufficiale della Marina libica, viene richiamato a bordo di nave Capri più volte, come ci raccontano i giornali, per firmare i cosiddetti ordini di operazione SAR. Lui firma e partono le motovedette. Loro hanno le motovedette che noi e i francesi gli abbiamo dato, ma non hanno la capacità, non hanno il coordinamento, non hanno i mezzi per farlo; dove sta, qual è il nominativo radio con il quale fanno i coordinamenti? Nel database non c'è, perché non esiste. Quindi sgomberiamo il campo dagli equivoci e cominciamo a ragionare concretamente in termini fattuali, per quanto riguarda non tutto il fenomeno dell'immigrazione che lei, signor Ministro, le do atto, ha ben inquadrato nella sua complessità, ma almeno la parte che riguarda il naufragio e la sicurezza in mare. Quelle persone non possono essere considerate migranti quando sono oggetto di salvataggio: sono dei naufraghi. Già questo dovrebbe farci capire che quelle persone non sono soggette al Regolamento di Dublino. Non è il porto di primo approdo dei migranti, ma è il porto di approdo dei naufraghi ed è una cosa totalmente differente. Questo ci deve mettere in condizioni di parlare, con i partner europei, in maniera differente di quelle persone.
In alcune parti io sono d'accordo anche con i colleghi della Lega: l'atteggiamento dei Paesi europei non è sempre stato collaborativo; dobbiamo pretendere la collaborazione, però il Regolamento di Dublino è ancora quello che è perché non ci siamo fatti carico di modificarlo quando era possibile, in conseguenza del testo approntato dal Parlamento europeo.
Vorrei farle una domanda di carattere specifico. Lei ha detto che la tragedia di ottobre, che si verificò a sette miglia da Lampedusa, vide quell'imbarcazione senza motore (senza propulsione) mentre imbarcava acqua alle 23. E a che ora hanno chiesto soccorso? Perché è strano, è difficile pensare che arrivi un barchino a sette miglia e non abbia chiamato già soccorso e che quando sta lì, senza motore, mentre imbarca acqua, chissà da quanto tempo, non abbia chiamato già soccorso. A sette Pag. 18miglia ci si arriva in un quarto d'ora, venti minuti. L'aver tolto dal mare i mezzi istituzionali è molto grave.
Io ho visto nel porto di Napoli una delle navi della Guardia costiera, so che un'altra è ormeggiata a Catania e che stanno facendo? È chiaro che non dovrei rivolgere a lei questa domanda, però la politica generale del Governo presuppone pure questo.
CRISTIANO ZULIANI. Buonasera, presidente. Ringrazio il Ministro per la presenza. Innanzitutto vorrei intervenire in merito all'ordine dei lavori. Con il collega Di Muro, che ora è andato via, ho preso atto che nella seduta di oggi, all'audizione del Ministro dell'interno, mancasse la delegazione parlamentare del Partito Democratico. Presa d'atto che mi fa pensare, perché spesso i rappresentanti del Partito Democratico attaccano i componenti parlamentari della Lega per creare slogan, strumentalizzare il tema dell'immigrazione, invece la dimostrazione di oggi è che almeno noi della Lega siamo qui a lavorare con gli altri rappresentanti, mentre il Partito Democratico snobba un suo Ministro del Governo al quale hanno dato la fiducia. Sull'ordine dei lavori chiudo.
Signora Ministro, faccio presente che venerdì 25 ottobre c'è stato un incontro al Viminale fra il Ministro e i rappresentanti di varie Ong, fra cui Sea Eye e Sea Watch. Per il Viminale ha rappresentato – leggo – un primo passo per l'avvio di una interlocuzione diretta tra le parti e in quell'occasione le richieste delle Ong al Viminale sono state: rimettere al centro l'obbligo del soccorso, evitando ritardi, omissione di intervento e mancanza di comunicazione sulle imbarcazioni in difficoltà; porre fine alle intercettazioni da parte della Guardia costiera libica, che riporta le persone in Libia, in violazione del diritto internazionale; definire con l'Europa un sistema preordinato di sbarco in vicino porto sicuro, evitando ai naufraghi giorni di attesa in condizioni di grave vulnerabilità.
La cosa che mi sconcerta, Ministro, è che in occasione di un'audizione recente, al Ministro della giustizia Bonafede, ho fatto presente che questo Comitato bicamerale, in missione a Lampedusa, ha potuto toccare con mano, vedere la situazione di quando la Sea Watch ha speronato – questo è il termine che ho utilizzato e lì mi corresse il presidente – ha schiacciato un'imbarcazione della Guardia di finanza. Il Ministro della giustizia, Bonafede, se n'è lavato le mani, dicendo che è in corso un procedimento giudiziario, quindi non poteva esprimersi in tal senso. Però la cosa che mi sconcerta, signor Ministro – e qui non ho parole – è che lei, a un tavolo presso il Viminale, abbia ricevuto anche i rappresentanti di Sea Watch. So che lei è stata anche prefetto e io sono ancora sindaco al terzo mandato di un piccolo comune; se il mio prefetto ricevesse organizzazioni che hanno messo a rischio la vita di uomini rappresentanti dello Stato – in questo caso la Guardia di finanza – o io stesso, nel mio comune, ricevessi un tavolo presso il municipio, di quelli che definirei, nel mio caso, delinquenti che hanno speronato un'auto dei Carabinieri, sicuramente verrei messo alla gogna – giustamente – dai miei concittadini che mi hanno votato. Non capisco come lei abbia potuto, dopo quello che è successo, ricevere i rappresentanti di Sea Watch.
In un rapporto di Frontex, risalente a novembre 2016, venivano contestate le modalità di salvataggio svolte dalle ONG a ridosso delle coste libiche, interferendo con la Guardia costiera. Durante la nostra missione per visitare la sede di Frontex a Varsavia furono definite pull factor e fu constatato da noi che effettivamente il fenomeno di attrazione pull factor esiste per quel che riguarda le partenze. La mia domanda è: qual è stato il motivo di tale incontro e quali sono stati gli esiti.
Proseguo con un'altra domanda. Esponenti del Governo hanno più volte dichiarato di voler modificare il decreto Sicurezza-bis; la stessa Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza preannuncia una rivisitazione del decreto-legge n. 53 del 2019 (cosiddetto decreto Sicurezza-bis), alla luce delle osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica, inviate l'8 agosto 2019 ai Presidenti del Senato, della Camera dei deputati e del Consiglio dei ministri. Tale lettera sollevava due rilievi: il Pag. 19primo sull'entità della sanzione amministrativa e pecuniaria applicabile in caso di violazione del divieto; il secondo sulla particolare tenuità del fatto, nell'ipotesi di resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e oltraggio a pubblico ufficiale. La domanda è: quali sono le modifiche che si intendono apportare al decreto Sicurezza-bis e il motivo per cui non viene applicato l'articolo 1 relativo al divieto d'ingresso nelle acque territoriali? Aggiungo che, a mio modo di vedere, questo correttivo è molto pericoloso; sinceramente io non lo toccherei. Rischiamo veramente di creare una situazione incontrollabile che darà luogo a un'immigrazione incontrollata.
L'ultimo argomento sul quale vorrei fare una domanda riguarda il rientro dei foreign fighters. La necessità di rafforzare i controlli alle frontiere e vigilare sull'immigrazione illegale, sia per i rischi che questa può comportare a causa di possibili infiltrazioni dei jihadisti, sia per il pericolo del rientro di molti foreign fighters, a causa della crisi siriana. Sul quotidiano Il Messaggero una giornalista rileva che i servizi di intelligence hanno da tempo segnalato il pericolo del rientro dalla Siria di molti di questi pericolosi personaggi, che potrebbero entrare in azione nei nostri Paesi. Il dato sarebbe confermato anche nell'ultimo rapporto dell'Europol, che evidenzia come i foreign fighters stiano tornando in massa in Europa. La domanda è: quali misure per rafforzare i controlli alle frontiere e vigilare sull'immigrazione illegale?
MARINELLA PACIFICO. Grazie, presidente. Grazie, Ministro, per la sua relazione che, in realtà, è stata così esauriente che molti dei punti che volevo toccare sono stati già trattati. Quindi le faccio i miei complimenti per come sta portando avanti il tema dell'immigrazione; un tema complicato, delicato, molto difficile da portare avanti. Ha toccato tutti i punti sui quali volevo intervenire, anche con i dati. Qualche precisazione la vorrei fare ugualmente.
Lei ha parlato di 9 mila sbarchi totali nel 2019, più o meno, dicendo chiaramente che c'è stata una diminuzione rispetto agli anni precedenti; in realtà, la diminuzione l'abbiamo avuta fino al 31 luglio: abbiamo avuto un numero inferiore rispetto al 2018 e al 2017; in percentuale io ho dati dell'80 per cento e 96 per cento. Da agosto ad oggi gli sbarchi sono aumentati notevolmente: io ho un dato di 6 mila migranti arrivati sulle nostre coste. Vorrei un chiarimento su questo dato.
Ho accolto favorevolmente la Dichiarazione congiunta di intenti del 23 settembre a Malta; ci ha già fornito informazioni per il ricollocamento dei migranti nei Paesi che hanno preso parte a questa Dichiarazione. Vorrei sapere quali porti sono messi a disposizione per far approdare le navi che hanno effettuato il salvataggio in mare, a parte Malta. Sui rimpatri assistiti lei ci ha dato dei numeri e vorrei conoscere anche i costi: quanto costa allo Stato italiano questo tipo di servizio? E quali sono stati i Paesi che li hanno riaccolti? In parte li ha citati, ma vorrei un chiarimento su questo aspetto. Inoltre, riguardo ai rimpatri volontari e quelli che riguardano le espulsioni con l'obbligo di lasciare il Paese con mezzi propri, vorrei sapere se ha dei numeri, perché mi sembra che non li abbia forniti.
PRESIDENTE. Vi informo, per l'ordine dei lavori, che alle 16 dobbiamo chiudere.
Sono iscritti a parlare la senatrice Testor, l'onorevole Silli e l'onorevole Galizia. Prego.
ELENA TESTOR. Grazie, Ministro, per la sua relazione. Questo è un tema sicuramente molto importante e molto delicato. Vorrei lasciarle alcune riflessioni su quello che lei ha relazionato. Innanzitutto sull'accordo di Malta: la questione «in base volontaria» mi sembra poco da parte degli altri Paesi europei, perché obiettivamente se l'Italia si trova in questa situazione probabilmente è dovuto proprio a uno scarso apporto d'aiuto da parte del resto dell'Europa, generando anche un'avversità verso l'Unione Europea. Quindi è stata sicuramente una cosa controproducente anche per l'unità europea.
Sul quadro finanziario pluriennale è previsto un aumento dello stanziamento per affrontare questo tema e io trovo sia molto importante mettere in pratica un Pag. 20piano Marshall per l'Africa (noi lo dicevamo già tanti anni prima), perché obiettivamente bisogna fare in modo che le persone possano rimanere nei loro Paesi e aiutarli nei loro Paesi. Se si attuano politiche che incentivano le persone a cercare di arrivare sul nostro territorio, dandogli anche delle false opportunità di migliorare la loro vita, si rischia di mettere a repentaglio tante vite umane, che forse sarebbe il caso di evitare.
Ringrazio il presidente Zoffili per l'importante esperienza della missione a Cagliari: abbiamo avuto modo di confrontarci sull'immigrazione in Sardegna, diversa rispetto a Lampedusa, perché è limitata alla questione dei «barchini» e degli sbarchi «fantasma» e abbiamo riscontrato alcune perplessità. Siamo andati a visitare il centro di primo soccorso e accoglienza, e vorrei chiederle, Ministro, qual è la sostanziale differenza (forse sarebbe anche bene per i miei colleghi comprendere la specificità) rispetto agli hotspot.
Sulla questione del CPR a Macomer: quando si intende aprire? Era previsto per fine ottobre e ancora non c'è una data stabilita.
Credo sia fondamentale e importante fare un accordo con l'Algeria per cercare di trovare una soluzione innanzitutto per poter rimpatriare queste persone, ma soprattutto per risolvere la questione dei barchini, perché si sospetta che possa essere organizzata.
Su questi fattori di malavita che stanno insistendo anche sui nostri territori e sull'aumento dell'esistenza della mafia nigeriana, vorrei chiederle di collaborare ulteriormente con l'Europol per poter incrociare i dati, perché sappiamo benissimo che la mafia nigeriana non è solo a livello nazionale, ma anche a livello mondiale. Quindi credo sia importante mettere in campo tutte le possibilità e l'Europol è nata proprio per questo: raccogliere i dati e poter creare informazioni, utilizzando anche la nostra esperienza in campo di mafia, visto che l'Italia, purtroppo, ha grande esperienza, per poter trovare una soluzione e dare risposte celeri e concrete a questi territori che si trovano ad affrontare le necessità di questo fenomeno.
GIORGIO SILLI. Grazie, presidente. Ringrazio tantissimo il signor Ministro, perché effettivamente ci ha fornito una relazione assolutamente puntuale con un numero amplissimo di dati. La materia dell'immigrazione è molto complessa, quindi per studiare e analizzare i dati ci sarebbe la necessità di qualche giorno di lavoro. Sappiamo anche che l'immigrazione è un po’ «carne da macello» in tutti i dibattiti politici del mondo. Questo ha portato a una sorta di sclerotizzazione del dibattito politico: anziché cercare di avere una visione organica di quella che dovrebbe essere la società del futuro e anziché cercare di avere una linea politico-programmatica a lungo termine, si tende a contrapporsi tra forze democratiche, tra quelli che i migranti li vogliono e quelli che i migranti non li vogliono. Detto in soldoni è questo.
Effettivamente io mi occupo di immigrazione almeno da una quindicina d'anni, sono stato responsabile nazionale del mio partito per tanti anni, vengo da una città dove almeno il 35 per cento sono migranti e devo dire che, purtroppo, negli ultimi dieci/quindici anni, noi abbiamo parlato di dati, ma semplicemente in chiave di contrapposizione. È mancato anche un tentativo di costruire una linea politico-programmatica sul lungo periodo sull'immigrazione, complici i disordini della Primavera araba (all'epoca io ero un assessore all'immigrazione e credo fosse il 2010 o il 2011), poi è scoppiata la guerra civile in Siria, quindi sicuramente queste sono state delle aggravanti sull'avere un'idea sul lungo periodo della politica. È indubbio, però, che si parla spesso e volentieri di Europa, di sovrastrutture nazionali, io ci metto dentro anche l'ONU per certi versi, ma sono loro stessi i primi a non avere una visione sul lungo periodo da un punto di vista migratorio. Faccio un esempio, signor Ministro: io sono stato, per quattro anni, deputato al Comitato delle Regioni di Bruxelles, che è la Camera bassa, quella che ascolta i territori; ricordo che con una grandissima fatica (perché i francesi e i tedeschi sono tutti «fenomeni» a parole, quando poi devono Pag. 21 firmare una sorta di mozione comune, trovano sempre il pelo nell'uovo) riuscimmo a far approvare un parere, da sottoporre alla Commissione europea, che approvava una sorta di regolamentazione globale europea per quanto riguarda il diritto d'asilo e anche i percorsi di integrazione. Perché io voglio essere padrone dei miei confini e gestirli con i Ministeri competenti nel mio Paese, ma è chiaro che se devo sottostare a una visione più ampia, da un punto di vista europeo, io voglio avere delle linee guida sul lungo periodo, che non siano: «Voi fateli entrare e poi, se ne abbiamo voglia, li prendiamo», che non siano: «Voi fateli entrare e poi noi ci dividiamo solamente gli aventi diritto all'asilo», perché sappiamo tutti perfettamente – che si sia di destra, di sinistra, o di centro – che sono o discorsi un po’ campati in aria (la stessa ONU, la stessa UNHCR). Da lì, la necessità assoluta di fare degli interventi, com'è successo da venti/venticinque anni a questa parte, dai vari Governi che si sono susseguiti, che siano l'uno il contrario dell'altro e non parlo solamente del Governo Conte con Salvini Ministro dell'interno e questo Governo, parlo di tutti i Governi precedenti, parlo addirittura della famosa legge Bossi-Fini, parlo precedentemente della Turco-Napolitano. Sono tutte toppe messe lì, per formare una sorta di patchwork che non dà una visione globale e completa dell'immigrazione. Spesso si tende a voler colpevolizzare l'operato del Governo precedente, facendo un provvedimento che vada in misura assolutamente contraria.
Nella nostra missione a Lampedusa ci siamo resi conto di una cosa importantissima, al di là delle tremende condizioni dei minori. Ciò che ci ha veramente colpito è che l'80/90 per cento dei migranti presenti erano tutti ragazzi tunisini o addirittura marocchini: Paesi quasi occidentali – lo stesso Marocco è un Paese arabo per modo di dire – ricchi, benestanti, che hanno accordi bilaterali sull'immigrazione con l'Italia da una vita (i primissimi migranti me li ricordo nei primi anni Ottanta, erano marocchini che venivano a fare la stagione facendo la vendita sulle spiagge) e, nonostante questo, hanno ripreso ad attraversare e quindi a rischiare la vita. Perché? Perché, a differenza di qualche mese fa, si è diffusa la voce che il Governo era cambiato, che i porti sarebbero stati aperti nuovamente e quindi anche chi realmente cerca una vita migliore, ma non scappa da nessuna guerra, ha ricominciato ad attraversare lo Stretto, quindi rischiando la vita.
Chiudo con una proposta che faccio sempre e la ribadisco, mi sentirò dire che non si può: quando io scendo da un aereo, in qualsiasi Paese del mondo, il corridoio che collega l'aereo al controllo passaporti non è territorio di nessuno e finché non ho fatto il controllo passaporti non sono dentro quel Paese, finché non torno indietro sul mio aereo, non sono nel territorio battente bandiera italiana, più o meno; in quel percorso, la mia libertà è parzialmente limitata, perché io non posso aprire una finestra e uscire. Così, anche chi viene salvato, rifocillato, curato ed è in attesa di un titolo di soggiorno. Non capisco perché in questi centri ci sia la libertà assoluta di entrare e uscire quando si vuole, anche nei pochi giorni precedenti al titolo di soggiorno, creando sicuramente un po’ di confusione nei posti in cui si trovano questi centri: Castelnuovo di Porto, Lampedusa ed altri. Lo so, non si può limitare la libertà di una persona, però bisognerebbe trovare il modo, almeno da un punto di vista parziale, con degli orari, di mettere ordine perché, in effetti, la situazione della gestione appare un po’ disordinata.
FRANCESCA GALIZIA. Vorrei subito ringraziare la signora Ministro per l'intervento, sia quello di oggi che quello di ieri in Aula, perché è stato molto puntuale.
A metà ottobre la Commissione Europea ha fatto una valutazione dell'Agenda europea sull'immigrazione e si è visto come, in questi quattro anni, sono emerse le necessità di dover intervenire sul Patto di solidarietà europea. Occorrerebbe insistere sulle missioni urgenti di miglioramento delle situazioni nel Mediterraneo orientale, agendo sulla nuova strategia di accoglienza e sull'asilo, che è una proposta che a livello europeo rimane ancora una riforma che non trova riscontro nella realtà. Bisognerebbe lavorare su una maggiore solidarietà Pag. 22per le operazioni di soccorso, sebbene vengano viste sempre come temporanee, come forme di intervento. E poi bisogna accelerare l'evacuazione dalla Libia anche attraverso i corridoi umanitari.
La questione dei corridoi umanitari è di fondamentale importanza; quello che non si dice è che questi migranti non vogliono venire in Italia, ma utilizzano il nostro Paese di passaggio, perché hanno familiari e parenti in altri Paesi europei e quindi la destinazione finale del loro progetto migratorio non è l'Italia, ma sono altri Paesi. Cosa potremmo fare con i corridoi umanitari? Potremmo sicuramente rispettare il progetto del migrante che vuole raggiungere la sua famiglia e la sua comunità in un altro Paese, per questo io lo trovo estremamente importante.
Noi siamo il primo Paese a sperimentare i corridoi umanitari, tant'è vero che abbiamo avuto dei riconoscimenti dell'UNHCR e i corridoi hanno visto un premio importante. Questo era un progetto sostenuto dalla Tavola valdese, dalla Federazione delle chiese evangeliche e dalla comunità di Sant'Egidio, CEI, Caritas. È stato rinnovato nel 2017 e scade alla fine del 2019 (queste sono le informazioni che ho). Le vorrei chiedere se avete intenzione di continuare a mantenere questa collaborazione con questi enti. Al momento, questi corridoi umanitari non hanno finanziamenti governativi, sono totalmente autonomi, non pesano sulle casse dello Stato, però, a questo punto, le volevo chiedere se c'era l'intenzione di prevedere dei finanziamenti per poter sostenere Caritas, CEI, i corridoi umanitari, soprattutto per la seconda parte: il reinserimento di queste persone nella società italiana, quindi per la parte dell'accoglienza. E quale sarà il nostro impegno in Europa, in vista del Consiglio affari generali dell'Unione Europea, visto che si voleva proporre i corridoi umanitari come europei? Credo che questo passaggio sia fondamentale: se l'Europa avvia dei corridoi umanitari, non più fatti solo su base volontaria, ma che sia uno strumento dell'Unione Europea, certamente possiamo dare maggiore dignità a questi rifugiati, che possano così realmente realizzare il loro progetto migratorio.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Galizia.
Sull'ordine dei lavori. Noi abbiamo stabilito la chiusura alle 16, il Ministro ha anche un impegno importante: Ministro, se vuole, può esserci anche la possibilità della trasmissione delle risposte in forma scritta nei prossimi giorni e comunque la invito a ritornare per aggiornarci in Comitato, se sono d'accordo anche i colleghi. Prego, Ministro.
LUCIANA LAMORGESE, Ministro dell'interno. Mi riferisco al naufragio di Lampedusa, perché il senatore De Falco chiede come mai è trascorso quel tempo...
GREGORIO DE FALCO. Non era mia intenzione, signor Ministro, porre una sorta di accusa.
LUCIANA LAMORGESE, Ministro dell'interno. Chiede come mai a sei miglia non è intervenuto nessuno (questo era il senso); mi ero fatta fare una relazione proprio su questo: alle 22.20 il 112 NUE di Palermo è stato contattato da una persona che affermava di trovarsi sull'imbarcazione; il comando della Capitaneria di porto ha immediatamente allertato e ha subito messo in moto tutto il meccanismo di ricerca e soccorso; la sala operativa della Direzione marittima di Lampedusa e la sala operativa dell'Ufficio circondariale della Guardia costiera disponevano l'uscita di una motovedetta della Guardia costiera; veniva avvisato contestualmente il pattugliatore «De Rosa» della Guardia di finanza, che si trovava nelle vicinanze dell'isola di Lampedusa. Alle 23.20 un sedicente parente di un migrante ha contattato la sala operativa della Guardia costiera di Lampedusa segnalando la presenza, vicino a Lampedusa, dell'imbarcazione. A mezzanotte e dieci la Guardia costiera è riuscita a individuarli a circa sei miglia (undici chilometri circa) e poi è iniziata tutta l'attività. Volevo fare un po’ di chiarezza su questo. Pag. 23
Posso rispondere al senatore Zuliani che mi aveva chiesto perché ho incontrato le ONG. Quando io sono arrivata, a un certo punto abbiamo visto che tante ONG erano collocate nell'area della costiera della Libia e ho voluto capire se loro rispettassero un codice, perché c'è il codice di Minniti che ha indicato delle regole, anche se non c'è una sanzione, ma ci sono delle regole ben individuate. D'altra parte, in quegli stessi giorni era stato adottato un provvedimento da parte della Libia, un codice di comportamento, però mentre il nostro era bilaterale, quindi firmato da alcune ONG e altre no, quello della Libia era un atto unilaterale, quindi dove si è dato un codice di comportamento dicendo che non potevano entrare nelle acque territoriali, nelle acque SAR, che laddove avessero preso a bordo dei migranti non li avrebbero ripresi loro. Io sono dell'idea che bisogna parlare sempre; il dialogo, il confronto sono un mio modo di operare, che sarà visto positivamente o negativamente da lei, ma ognuno ha un approccio diverso alle situazioni. Ho ritenuto di chiamarle per dare delle regole e per dire: «Non è che voi potete avvicinarvi e stare lì in attesa di vedere che cosa succede, quindi vorrei sapere innanzitutto se voi rispettate il codice di comportamento e se dobbiamo aggiungere ulteriori elementi, sulla base delle risposte che voi date, provvederò io a fare ulteriori integrazioni a quel codice di comportamento». Penso che noi dobbiamo comunque confrontarci, trovando quelle imbarcazioni, quelle organizzazioni nei pressi della zona libica, della Tunisia, se sono lì e poi ce li portano, allora diamoci delle regole. Il motivo per cui li ho incontrati era per parlare del codice di condotta e per vedere quali altre modifiche noi potremmo eventualmente apportare. Questo è il mio approccio ai problemi: il confronto, parlare. Poi, può essere visto positivamente o negativamente, ma ognuno è se stesso nel lavoro che fa e io ho messo il mio modo di operare: il confronto.
L'ultima cosa prima di andare, riservandomi di fornire risposte scritte. Quanto è stato detto a proposito della volontarietà di Malta, c'è un aspetto volontario di Malta, che è quello della rotazione dei porti, quello è volontario, però è stato un argomento sempre al di fuori di ogni accordo, perché ogni Stato dice: «Li prendete poi e poi, caso mai, ce li mandate». Ma chi firmerà il pre-accordo (poi vedremo a fine anno quanti Stati firmeranno quell'accordo), che poi diventerà un accordo definitivo, non avrà più volontarietà: le quote sono obbligatorie e non le abbiamo indicate ora perché non sappiamo quanti Stati parteciperanno. Nel momento in cui vedremo quanti Stati parteciperanno, verranno individuate anche le quote e, a quel punto, sarà obbligatorio. Tutto ciò è stato fatto per evitare quella situazione che attualmente stiamo vivendo, che ho vissuto io, il mio predecessore e il precedente ancora: quando arrivano c'è da vedere la ripartizione, vedere dove vanno, dove li spostiamo. Mentre ero a Monaco, al G6, stava proprio per sbarcare l’Ocean Viking e i miei colleghi omologhi, francese e tedesco, hanno visto che io stavo spesso al telefono perché stavano per sbarcare, quindi dovevo capire anche l'organizzazione, si sono avvicinati e mi hanno detto: «Più del 70 per cento ce li prendiamo noi». Per me questo è stato un dato positivo. Io non avevo ancora attivato la procedura con la Commissione Europea e sono stati loro ad offrirsi. È vero, l'ho detto anch'io per prima: non credo che l'accordo di Malta risolva tutti i problemi, però penso sia positiva un'apertura da parte dei Paesi europei vicini a noi. Ovviamente i rapporti vanno costruiti, dobbiamo procedere in questi termini, cercando di arrivare alla massima condivisione. Certamente ci saranno dei Paesi con problemi per la suddivisione; per esempio, tutti i Paesi Visegrád hanno una chiusura su questi temi. Però, io sono fiduciosa che ci sia un'apertura sempre maggiore di condivisione di un progetto comune europeo, perché qui veramente si gioca sul concetto dell'Europa, della solidarietà ed è giusto quello che dicono a tutti i livelli, quindi lo dico anche con riferimento alla Lega o agli altri partiti: l'Italia non può accoglierli tutti e su questo siamo certi. Quindi ci vuole una maggiore solidarietà e stiamo cercando di allargare tra i vari Stati, per creare un sentimento comune, perché il senso dell'Europa è anche Pag. 24questo: l'Europa ha un senso se tutti gli Stati hanno gli stessi sentimenti, anche con le diversità tipiche di ciascuno Stato. Io vedo il senso dell'Europa proprio per questo: essere un unico grande Paese europeo, dove ognuno ha le sue specificità e, nell'ambito di quello, darsi una mano.
Per il resto, presidente, dovrò darle poi le risposte scritte. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie, Ministro.
L'ufficio di presidenza è convocato per la settimana prossima. Vi verrà comunicata la data.
Buona serata a tutti.
La seduta termina alle 16.15.