Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 aprile 2018

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CAPITANIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, in data 9 aprile 2018 in località Varedo, provincia di Monza e della Brianza, è stata arrestata una maestra di scuola materna per maltrattamenti fisici e psicologici nei confronti dei propri alunni;

   ogni qual volta i media raccontano queste storie aberranti di bambini, disabili o anziani maltrattati dalle persone che hanno scelto di dedicare la propria vita lavorativa alla loro presa in carico, come legislatori, si sente la responsabilità di individuare strumenti capaci di contrastare tali fenomeni;

   nella passata legislatura è stato avviato l’iter di proposte di legge volte ad introdurre l'obbligo per le strutture pubbliche e private che accolgono bambini, disabili ed anziani (asili nido, scuole dell'infanzia, strutture socio-assistenziali a carattere residenziale e semiresidenziale) di dotarsi di strumenti di video-sorveglianza a circuito chiuso, al fine, da un lato, di costituire un deterrente a tali crimini e, dall'altro, di garantire maggiore sicurezza alle famiglie che affidano i propri cari a tali strutture. Nell'ottobre 2016 dalla Camera dei deputati, con una larga maggioranza bipartisan, è stato approvato un testo unificato A.C. 3933, risultante dalla sintesi di diverse proposte di legge, presentate da quasi tutti i gruppi parlamentari rappresentati nell'assemblea parlamentare;

   nel panorama nazionale alcune regioni, come ad esempio la regione Lombardia (legge regionale 2/2017), hanno provveduto a stanziare risorse economiche per l'installazione di sistemi di videosorveglianza all'interno delle residenze per anziani e per disabili;

   è necessario attivare gratuitamente servizi sociali di sostegno alle vittime e alle famiglie coinvolte, attraverso percorsi di sostegno psicologico-pubblici –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di prevedere, anche attraverso un'iniziativa normativa, l'obbligo per le strutture pubbliche e private che accolgono bambini, disabili ed anziani di dotarsi di strumenti di videosorveglianza;

   quali iniziative il Governo intenda adottare per garantire un sostegno pubblico gratuito con percorsi di riabilitazione delle vittime di questi reati nonché strumenti di formazione che consentano alle famiglie di individuare, quanto più tempestivamente, segnali di disagio nelle vittime di maltrattamenti fisici e psicologici.
(4-00067)


   BRAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel gennaio 2014, all'età di 59 anni, moriva a causa di una patologia tumorale Michele Liguori, tenente dei vigili urbani di Acerra in provincia di Napoli, e assegnato al «pool ambientale» di quel comune costituito di un solo componente: lui stesso;

   con i pochi mezzi a disposizione egli operò alacremente per contrastare le «ecomafie», in quella che più tardi fu tristemente denominata «Terra dei fuochi», dove il ciclo illegale dei rifiuti industriali era oggetto di interesse criminale per le organizzazioni malavitose, a danno di ambiente e cittadini;

   il tenente Liguori fu tra i primi poliziotti municipali ad aver utilizzato ampiamente le sue doti di investigatore per condurre un'intensa indagine sul disastro ambientale in atto nel territorio campano inquinato;

   da ciò che si evince da un articolo di Nello Trocchia, pubblicato da «L'Espresso» il 14 marzo 2018, l'Inail aveva riconosciuto dopo il suo decesso la malattia professionale come causa della morte, e a seguito di tale pronunciamento i familiari avevano presentato al Ministero dell'interno richiesta di inserimento nella lista dei familiari vittime del dovere;

   da ciò che si evince dalla stampa, nel marzo 2018 il dipartimento della pubblica sicurezza del Viminale ha tuttavia negato tale riconoscimento, motivando con queste parole la propria determinazione: «la malattia non può riconoscersi dipendente dai fatti di servizio, in quanto, nei precedenti di servizio dell'interessato non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo ad una genesi neoplastica. Pertanto è da escludere ogni nesso di causalità e o di con causalità non sussistendo, altresì nel caso di specie, precedenti infermità o lesioni imputabili al servizio che col tempo possano essere evolute in senso metaplastico»;

   pare quindi determinarsi un contrasto tra quanto riconosciuto dall'Inail al tenente Liguori e il diniego del Ministero dell'interno riguardo all'inserimento degli interessati nella lista dei familiari delle vittime del dovere –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se non intendano acquisire informazioni circa l'istruttoria promossa dall'Inail che considera la patologia che ha portato al decesso del tenente Liguori come dipendente da fatti di servizio e verificare se non sussistano le condizioni per disporre il riconoscimento, da parte del dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale, del diritto degli interessati all'inserimento nella lista dei familiari delle vittime del dovere.
(4-00068)


   SERRACCHIANI e PAITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 3 aprile 2018, la DG Competition, divisione della Commissione europea che si occupa di concorrenza, ha inviato una comunicazione al Governo italiano minacciando di avviare la procedura di infrazione contro i porti italiani accusati di concorrenza sleale nei confronti delle altre banchine europee;

   la procedura di infrazione nei confronti dei porti italiani sarebbe dovuta al mancato pagamento delle tasse allo Stato italiano su concessioni e autorizzazioni; si farebbe così concorrenza sleale nei confronti delle altre banchine europee;

   la procedura di infrazione sarebbe rivolta anche verso lo Stato italiano «colpevole» di aver rinunciato ad una parte delle entrate;

   nella comunicazione delle autorità di Bruxelles, si apprende che l'Italia avrebbe un mese di tempo per dare gli opportuni chiarimenti;

   tale richiesta arriva peraltro in un momento particolare della situazione politica italiana, all'indomani delle elezioni, in presenza di un Governo dimissionario e nel corso di consultazioni per la formazione del nuovo Governo;

   l'associazione dei porti italiani ha immediatamente stigmatizzato tale annuncio in tema di applicabilità della tassazione fiscale sulle entrate da parte delle autorità di sistema portuale;

   nella missiva della Commissione si sostiene, infatti, che «con l'esenzione delle tasse alle autorità portuali italiane, che sono coinvolte in attività economiche, l'Italia rinuncia a una parte di entrate che costituiscono risorse economiche per lo Stato. Così la misura di esenzione – si aggiunge – si configura come perdita per le casse centrali»;

   appare pertanto evidente che le autorità comunitarie ritengono che le autorità di sistema portuale italiano svolgano attività economica, perché rilasciano autorizzazioni e concessioni e quindi le tasse portuali e i canoni dovrebbero essere soggetti alle imposte sui redditi;

   sempre secondo Assoporti, considerare l'attività di riscossione espletata dalle suddette autorità alla pari delle attività economiche di un'impresa di diritto privato, è da ritenersi un grave errore interpretativo, poiché tali autorità svolgono funzioni di regolazione e vigilanza poste in capo alle stesse e sono quindi da considerarsi di natura pubblica, in quanto deputate a un ruolo di coordinamento di politica dei trasporti;

   è del tutto evidente che tale imposizione costringerebbe le autorità di sistema portuale ad applicare canoni concessori e autorizzativi più alti, a discapito delle imprese che lavorano nei porti, mettendo così in seria difficoltà tutti gli scali italiani;

   si tratterebbe di una vera e propria «stangata fiscale», tale da provocare non solo una perdita di competitività degli scali italiani, ma da mettere in ginocchio l'intero sistema portuale italiano –:

   se il Governo non reputi necessario assumere iniziative per chiarire la normativa di riforma in materia di porti, al fine di consentire il superamento dell'ambigua ricostruzione comunitaria concernente il ruolo delle citate autorità e di tutelare la competitività del sistema portuale italiano.
(4-00070)


   DURIGON. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   suscita viva preoccupazione quanto si apprende dagli organi di stampa in merito ad una lettera denuncia pubblicata sui principali quotidiani nazionali e firmata dai vertici del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (Cnel), organo di rilevanza costituzionale. Dalla lettera emergono gravi inadempimenti e irregolarità formali in capo alla attuale Presidenza;

   nella lettera in questione vengono denunciate gravissime irregolarità, come ad esempio il mancato versamento dei contributi previdenziali ai dipendenti in forza al Cnel;

   si evidenzia dalla lettera una gestione monocratica del Consiglio da parte della Presidenza, irrispettosa dell'organo assembleare e del suo funzionamento collegiale all'interno dello stesso ufficio di presidenza;

   il presidente del Cnel, in merito alla vicenda, in risposta a quanto denunciato pubblicamente, sempre stando alle notizie rese note dai media, non ha fornito esaustive risposte in grado di restituire la giusta trasparenza sull'operato del Consiglio –:

   di quali elementi disponga il Governo, con particolare riferimento alla questione dei contributi previdenziali come segnalata dalla citata lettera, e quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-00072)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   martedì 3 aprile 2018 è crollato un tratto della cinta muraria di San Gimignano (provincia di Siena) edificata nel XIII secolo d.C. Secondo le rilevazioni tecniche di vigili del fuoco e dei tecnici comunali e della Soprintendenza, il tratto interessato dal crollo è lungo 15 metri ed alto sei;

   il centro storico di San Gimignano è stato dichiarato dal 1990 patrimonio mondiale dell'Unesco e rappresenta una delle più significative testimonianze nazionali dell'architettura medievale. Per le sue peculiarità artistiche e paesaggistiche è oggi uno dei luoghi maggiormente visitati al mondo con circa 3 milioni di visitatori annui;

   le istituzioni, secondo quanto si apprende dagli organi di informazione, si sono già attivate per cercare di ripristinare il tratto murario danneggiato. La regione Toscana ha proclamato lo stato di emergenza, mentre il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha autorizzato lo stanziamento, da parte della Sovrintendenza di Arezzo, Siena e Grosseto, di 300 mila euro per i primi interventi necessari;

   secondo fonti stampa i primi sopralluoghi tecnici hanno evidenziato, ad oggi, che il crollo potrebbe essere stato causato da un avvallamento del terreno sopra le mura causato dalle forti piogge dei giorni scorsi;

   negli ultimi anni sono stati numerosi i danni che si sono verificati, a seguito di avversità atmosferiche, al patrimonio storico ed architettonico regionale. Come ad esempio nel 2012 a Monticchiello (in provincia di Siena nel comune di Pienza), un borgo che ricade nella Val d'Orcia che, dal 2004, è patrimonio dell'Unesco dove sono crollate alcune sezioni della cinta muraria e nel 2014 a Volterra (in provincia di Pisa) dove il crollo interessò circa 30 metri delle mura costringendo anche all'evacuazione di alcune abitazioni. Danni si sono verificati anche a Magliano in Toscana (in provincia di Grosseto), Poggio a Caiano (in provincia di Prato), San Casciano in Val di Pesa (in provincia di Firenze);

   appare evidente, come anche confermato da alcune dichiarazioni del sindaco di San Gimignano Giacomo Bassi, che sia necessario approfondire la natura di questi crolli per capire i motivi per cui strutture edificate numerosi secoli fa siano andate in grave sofferenza soprattutto negli ultimi anni;

   il direttivo di Anci Toscana ha recentemente lanciato un appello alle istituzioni nazionali per tutelare e preservare il patrimonio storico, artistico e culturale della regione: «I crolli che si sono verificati negli ultimi anni e che hanno interessato importanti testimonianze del passato pongono con assoluta urgenza la necessità di un piano regionale per il monitoraggio e la tutela almeno del patrimonio a rischio, che veda la partecipazione e l'apporto della Regione, delle soprintendenze, del ministero dei Beni culturali, dei Comuni e degli ordini professionali competenti»;

   è infatti evidente che i finanziamenti necessari sia per prevenire episodi simili, sia per mettere in sicurezza i danni subiti non possono ricadere esclusivamente sugli enti territoriali. Si tratta di beni culturali riconosciuti dall'ordinamento nazionale (ricadenti in alcuni casi all'interno di siti Unesco) che, oltre a rappresentare una straordinaria ricchezza dal punto di vista artistico ed architettonico, attraggono ogni anno milioni di visitatori e contribuiscono alla crescita del Pil turistico e ricettivo del nostro Paese;

   le fortificazioni e le cinte murarie di origine medievale sono spesso di proprietà del Demanio pubblico e date in gestione alle amministrazioni comunali senza però adeguate risorse per la manutenzione ordinaria;

   molto spesso i vincoli di bilancio dei comuni interessati dai crolli ai beni culturali pubblici non consentono di utilizzare risorse economiche a disposizione per prevenire e riparare i danni, a causa dei vincoli stessi di bilancio;

   la legge 20 febbraio 2006, n. 77, «Misure speciali di tutela e fruizione dei siti e degli elementi italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell'Unesco», nonostante abbia finanziato in questi anni numerosi progetti, ha una dotazione finanziaria non sufficiente per salvaguardare e valorizzare adeguatamente i numerosi e diversificati siti italiani;

   all'articolo 4 della convenzione Unesco di Parigi del 1972, con la quale è stata costituita la World Heritage List, è scritto testualmente che «ciascuno Stato partecipe della presente Convenzione riconosce che l'obbligo di garantire l'identificazione, protezione, conservazione, valorizzazione e trasmissione alle generazioni future del patrimonio culturale e naturale di cui agli articoli 1 e 2, situato sul suo territorio, gli incombe in prima persona. Esso si sforza di agire a tal fine sia direttamente con il massimo delle sue risorse disponibili, sia, all'occorrenza, per mezzo dell'assistenza e della cooperazione internazionale di cui potrà beneficiare, segnatamente a livello finanziario, artistico, scientifico e tecnico»; ciò esplicita, in modo inequivocabile, che la protezione e la conservazione spetta agli Stati nazionali ed ai Governi e alle comunità locali –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, nel dettaglio, al fine di ripristinare la cinta muraria di San Gimignano interessata dal crollo e prevenire ulteriori episodi di questa natura;

   se il Governo ritenga utile, per quanto di competenza, promuovere norme specifiche che permettano alle amministrazioni comunali di poter utilizzare risorse economiche in deroga ai vincoli del pareggio di bilancio per prevenire e riparare eventuali danni arrecati al patrimonio culturale pubblico;

   se ritenga necessario assumere iniziative per istituire un apposito fondo nazionale a sostegno degli interventi di prevenzione, manutenzione e riparazione di eventuali danni delle fortificazioni medievali riconosciute patrimonio storico e culturale, con particolare riferimento a quelle ricadenti sui siti Unesco.
(2-00013) «Cenni».

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   grande clamore ha suscitato il caso di un detenuto in regime di 41-bis cui è stata riconosciuta la possibilità di un colloquio riservato;

   nello specifico è accaduto nel carcere di Spoleto, dove il garante dei detenuti di Lazio e Umbria, Stefano Anastasia, ha incontrato, fuori dai controlli consueti, il boss della camorra Umberto Onda;

   tale incontro, avvenuto il 29 marzo 2018, è oggetto di una battaglia giudiziaria che vede contrapposti il garante da un lato ed il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e gli uffici inquirenti di Perugia dall'altro;

   la normativa italiana, infatti, prevede, in virtù dell'adesione dell'Italia alla Convenzione Onu del 2002, la figura del garante nazionale, cui è riconosciuta la prerogativa di effettuare colloqui riservati con i detenuti, mentre ai garanti locali è consentita soltanto la possibilità di verificare la condizione dei detenuti con semplici visite ma senza colloqui individuali;

   l'istituto di pena di Spoleto, pertanto, aveva negato al garante di Lazio e Umbria il permesso di incontro riservato col boss di Torre Annunziata; una decisione contro la quale era stato fatto ricorso al magistrato di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, che aveva dato ragione al detenuto. Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha presentato appello al tribunale di sorveglianza di Spoleto che, però, ha confermato il provvedimento del giudice spoletino;

   il collegio presieduto da Nicla Flavia Restivo, in altri termini, ha elevato i garanti locali al rango di quello nazionale perché «avendo avuto un ruolo e un riconoscimento molto prima del garante nazionale, i garanti regionali si sono già trovati ad esercitare quei poteri di verifica delle situazioni detentive del ristretto ad affrontare le problematiche connesse alla tutela dei diritti fondamentali»;

   la sentenza concludeva che «qualunque detenuto ha diritto a svolgere un colloquio riservato (ovvero privo di controllo auditivo) con l'autorità garante territoriale, senza che sia necessaria alcuna autorizzazione a svolgerlo da parte della Amministrazione», compreso il detenuto sottoposto al regime del 41-bis;

   la questione era quindi arrivata alla Cassazione, alla quale si era rivolta la procura generale di Perugia; nel frattempo, però, il colloquio riservato ha avuto luogo;

   indubbiamente, tale orientamento desta forte preoccupazione e grosso allarme perché, come evidenziato dallo stesso pubblico ministero di Perugia al tribunale, sussiste «il pericolo attraverso il garante territoriale di collegamenti all'esterno con il sodalizio di appartenenza» –:

   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare affinché sia chiarita e resa più stringente la disciplina in materia di colloqui per i detenuti sottoposti al regime di isolamento.
(4-00066)


   FRACCARO e BONAFEDE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   presso il tribunale di Bolzano è in corso di svolgimento il processo a carico della ex dirigente provinciale Katia Tenti e del costruttore Antonio Dalle Nogare, accusati di rivelazione di segreto d'ufficio e turbata libertà di scelta del contraente, relativamente al bando indetto dall'Istituto provinciale edilizia sociale per la costruzione di alloggi su un terreno privato;

   da notizie di stampa si apprende che durante un'udienza dibattimentale del processo il maresciallo dei ROS Alessandro Fontana ha spiegato come nel corso di un'intercettazione telefonica Tenti avrebbe ironicamente salutato «il maresciallo Fontana che ci sta ascoltando» rendendo plausibile l'ipotesi della presenza di una «talpa» nella procura bolzanina. Si apprende inoltre che Tenti avrebbe telefonato all'ex procuratore capo di Bolzano Cuno Tarfusser per chiedere di essere tenuta informata sull'evolversi delle indagini svolte nei suoi confronti da parte del ROS dei carabinieri;

   sempre da notizie di stampa si apprende che tra Tenti e Tarfusser esisterebbe un rapporto di amicizia. La notizia trova conferma anche dalla partecipazione del giudice alla promozione del tentativo letterario di Tenti «Ovunque tu vada», romanzo nel quale, peraltro, il nome del protagonista (Jakob Dekas) corrisponde al secondo nome di Tarfusser e il cognome a quello della madre di Tarfusser da nubile;

   in una recente intervista, Tarfusser avrebbe confermato le pesanti critiche all'operato dei suoi successori presso la procura di Bolzano già esternate in precedenza, sollevando interrogativi sul clima di lavoro all'interno degli uffici che si sarebbe deteriorato nel tempo e sugli spostamenti del personale;

   da fonti di stampa si apprende altresì che Tarfusser, nel corso di un pranzo in pizzeria da lui organizzato a Bolzano il 29 dicembre 2017 con i suoi collaboratori più stretti nel periodo in cui ricopriva il ruolo di procuratore capo, avrebbe lamentato il trasferimento di un fidato agente di polizia giudiziaria ad altri ruoli nell'ambito di un processo di riorganizzazione del modello da lui allora impostato;

   al predetto pranzo, come risulta dalle medesime fonti di stampa, su invito di Tarfusser, avrebbe partecipato anche l'attuale sindaco della città di Bolzano Renzo Caramaschi, il quale sarebbe stato accompagnato dal funzionario di polizia giudiziaria Mario Andreoli con un'automobile di servizio della procura, e, successivamente, come affermato con indignazione dal sindaco, si sarebbe presentata per un caffè anche la sopracitata Tenti;

   si rileva infine l'ex procuratore generale di Bolzano Tarfusser sia già stato al centro del dibattito pubblico per via del suo comportamento in situazioni verificatesi a margine del procedimento penale sui cosiddetti «Sonderfonds» condotto dall'allora procuratore generale Guido Rispoli (si veda l'interrogazione parlamentare n. 5-08941 presentata nella legislatura XVII alla Camera dei deputati);

   a giudizio dell'interrogante i fatti sopra descritti dimostrerebbero: l'esistenza di un grave fenomeno di fuga di notizie relativamente all'attività investigativa con particolare riferimento ai nominativi oggetto di intercettazioni; critiche esternate a mezzo stampa sui provvedimenti riguardanti l'organizzazione interna del personale presso la procura nonché la presenza di rapporti tra esponenti della magistratura, funzionari degli organi inquirenti della procura e imputati che paiono non conformi al codice di condotta disciplinare dei magistrati; un uso dell'automobile di servizio della procura per soddisfare esigenze non attinenti alle funzioni di competenza agli uffici giudiziari –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e quali eventuali iniziative di competenza intenda assumere, in particolare valutando la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ispettive, anche ai fini di eventuali azioni disciplinari.
(4-00071)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   DI MURO e GASTALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in merito alla realizzazione della linea ferroviaria della Val Roja tra Cuneo e Ventimiglia, SNCF Réseau, il gestore dell'infrastruttura francese a cui sono affidati 20,2 dei 29 milioni di euro stanziati dall'Italia per la prima fase dei lavori ha annunciato pochi giorni fa un possibile ritardo nei lavori per la riapertura della linea, prevista originariamente per il 1° maggio 2018;

   l'annuncio del gestore francese, che è arrivato tramite una semplice mail da parte del direttore territoriale, in cui si imputano i ritardi allo sciopero proclamato contro la riforma proposta dal governo francese, è sembrato decisamente poco rispettoso degli investimenti fatti da parte del nostro Paese su questa linea ritenuta strategica;

   essendo la linea in parte in territorio francese, una convenzione bilaterale ha ripartito i costi fra i due Paesi per la realizzazione degli interventi di risanamento della linea, di messa in opera e di installazione della segnaletica e dei lavori vari necessari a rilanciare in tempi brevi la citata linea ferroviaria Cuneo-Ventimiglia ed è fondamentale che entrambi i Paesi rispettino il cronoprogramma dei lavori –:

   se non ritenga urgente promuovere immediatamente un incontro con i rappresentanti del gestore dell'infrastruttura ferroviaria francese SNCF Réseau per ribadire gli impegni e le responsabilità dei soggetti coinvolti e per far sì che il cronoprogramma dei lavori per la riapertura della linea Cuneo-Ventimiglia, concordato fra i due Paesi interessati, non subisca ritardi rispetto alla data prevista del 1° maggio 2018.
(4-00064)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   il Ministero dell'interno, a seguito dell'accordo Anci/Viminale del 2016, aveva assegnato al comune di Macerata (che già da anni aveva attivato progetti Sprar) la quota di 139 richiedenti asilo;

   attualmente, presso il comune di Macerata, la rete Sprar ha in carico 110 richiedenti asilo;

   la prefettura di Macerata, con bando di aprile 2017, ha predisposto il rinnovo del progetto Cas, assegnando 272 richiedenti asilo a diversi enti attuatori;

   sarebbero dunque 382, tra richiedenti asilo e titolari di protezione, i soggetti attualmente ospitati a Macerata, un numero quindi ben al di sopra della quota assegnata (139);

   per lungo tempo il sindaco di Macerata non ha posto in essere atti formali per chiedere lo spostamento di richiedenti asilo dal Cas allo Sprar, per arrivare alla cifra sufficiente a far valere la clausola di salvaguardia, prevista dalla direttiva del Ministero dell'interno 11 ottobre 2016, perché nello Sprar vi erano, appunto, solo 110 richiedenti;

   solo in data 28 marzo 2018, la giunta del comune di Macerata ha deliberato di chiedere al Ministero dell'interno di aumentare dagli attuali 110 a 139 il numero dei richiedenti da ospitare nelle strutture Sprar per attivare la clausola di salvaguardia e così ridurre a zero l'accoglienza straordinaria nei Cas;

   sempre dalla stampa, si apprende che, tra le premesse della richiesta di attivazione della clausola da parte della giunta, vi sarebbe il fatto che l'accoglienza straordinaria gestita dalla prefettura sarebbe non controllata dal comune e che, avendo aderito alla rete Sprar in provincia solo 15 su 55 comuni, vi sarebbe una «disomogeneità nella distribuzione dei migranti sul territorio»;

   a seguito della riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 19 marzo 2018, la stessa prefettura, «preso atto dell'esistenza di criticità nella percezione di sicurezza da parte della comunità di Macerata in relazione alla presenza di stranieri migranti» avrebbe, quindi, «condiviso l'opportunità di procedere a una progressiva riduzione del numero dei cittadini richiedenti protezione internazionale presenti»;

   il prefetto di Macerata con il bando del 2017, a giudizio dell'interpellante, ha disatteso le indicazioni della nota ministeriale dell'11 ottobre 2016, inviata ai prefetti affinché attivassero «una politica di governance applicando una clausola di salvaguardia che renda esenti i Comuni che appartengono alla rete Sprar dall'attivazione di ulteriori forme di accoglienza» e invitando già allora ad «operare affinché i centri di accoglienza temporanea eventualmente presenti sul territorio dei Comuni aderenti alla rete Sprar vengano gradualmente ridotti, ovvero ricondotti ove possibile a strutture della rete Sprar medesima, fino al raggiungimento della predetta quota di posti»;

   fino alla recente delibera approvata dalla giunta di Macerata, tuttavia né il comune né la prefettura hanno posto in essere atti formali, neanche propedeutici, alla realizzazione delle suddette raccomandazioni ministeriali, ma anzi, addirittura, la prefettura di Macerata ha rinnovato, nell'aprile 2017, i progetti Cas senza alcun piano di rientro nello Sprar, addirittura richiedendo per il territorio provinciale un numero di richiedenti superiore (1098) rispetto a quello poi assegnato (808, di cui, appunto 272 sul comune di Macerata);

   esiste quindi a Macerata una innegabile impasse nella gestione dei progetti Sprar e Cas, evenienza peraltro assai critica in una città in cui, dopo le note tragiche vicende di sangue di gennaio 2018 (uccisione di Pamela Mastropietro, tentata strage imputata a Luca Traini), è aumentata la percezione dell'insicurezza da parte dei cittadini, acuita da giornalieri episodi di cronaca per spaccio, furto e altro, assai spesso imputabili a stranieri clandestini o destinatari di progetti di accoglienza –:

   se quanto sopra riportato corrisponda al vero ed in particolare quali siano i motivi per i quali la prefettura di Macerata abbia disatteso le direttive impartite con la nota ministeriale dell'11 ottobre 2016 che invitavano ad attivare una politica di governance locale con progressiva riduzione dell'accoglienza straordinaria ed invece abbia rinnovato, con il bando dello scorso anno, i progetti Cas;

   quali siano i motivi per i quali fino ad oggi non sia stato attivato a Macerata alcun protocollo o accordo per adeguarsi alle direttive ministeriali del 2016 sopra riportate, ciò determinando una presenza di richiedenti asilo a Macerata pari quasi a tre volte quella indicata dall'accordo con l'Anci;

   quali iniziative intenda adottare per superare l’impasse sopra descritto, riassumibile, ad avviso dell'interpellante, con il totale immobilismo di comune e prefettura di Macerata, quale sia il numero dei richiedenti asilo e dei soggetti titolari di protezione suddivisi per nazionalità, effettivamente presenti nel comune di Macerata, e di quale forma di protezione beneficino;

   con quali modalità e tempistica il Ministro intenda procedere per collocare in altri comuni i richiedenti asilo attualmente ospitati nei Cas di Macerata;

   come intenda sopperire alle evidenti mancanze dovute a quella che appare una lacunosa governance locale al fine di riportare il numero dei richiedenti asilo, a Macerata, a quello previsto di 139.
(2-00014) «Patassini».

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZETTO, LUCA DE CARLO e CARETTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa di episodi di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro che avrebbero coinvolto alcuni richiedenti asilo presenti nel centro di accoglienza di Conetta (in provincia di Venezia);

   al riguardo, un'azienda situata in territorio euganeo per ottenere manodopera, si sarebbe rivolta a un 37enne di nazionalità marocchina per reclutarla da intermediario;

   sarebbero otto i richiedenti asilo bengalesi ospitati a Conetta, che, reclutati per lavorare nell'azienda illecitamente, sarebbero stati poi non pagati o sottopagati. I tre, che non avrebbero percepito alcuna retribuzione, si sarebbero rivolti a un responsabile del centro di accoglienza per riferire l'accaduto;

   purtroppo, già in passato si sono verificati casi del genere: profughi caricati su un furgone all'uscita dei centri di accoglienza, sfruttati nei campi come braccianti per pochi euro e riportati solo in tarda sera nei centri;

   ciò mette in rilievo la necessità di controlli incisivi non solo nelle aziende, per escludere il caporalato e il lavoro in nero, ma anche nei centri di accoglienza, poiché i profughi sono considerati facili prede per lo sfruttamento della manodopera –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati per quanto di competenza;

   se e quali iniziative intendano adottare per quanto di competenza.
(4-00062)


   MOLTENI, CLAUDIO BORGHI, LOCATELLI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'area di Cantù continua ad essere investita da un'emergenza sicurezza che non accenna ad attenuarsi, come stanno dimostrando nuovi sconcertanti fatti di cronaca registrati dalla stampa locale a Capiago Intimiano, teatro di numerosi furti in appartamento;

   a fine marzo 2018, nella stessa serata ladri si sono introdotti in due case diverse a via Cacciatori delle Alpi, un'area condominiale del resto colpita ben quattro volte in due mesi;

   domenica 15 aprile 2018 è stata la volta di una villetta non abitata, situata a via degli Alpini, appena acquistata da una famiglia locale ancora residente in un appartamento situato a breve distanza;

   verosimilmente credendola solo temporaneamente vuota, tre ladri hanno tentato di entrarvi, aprendo un buco nella recinzione stesa attorno alla villetta e poi cercando di forzare la porta d'ingresso;

   il colpo tuttavia veniva sventato grazie all'allarme dato da una vicina;

   incoraggia probabilmente i ladri la contiguità ai boschi del comune di Capiago Intimiano;

   per fronteggiare l'emergenza, a Capiago Intimiano si è provveduto ad acquistare ed installare delle telecamere, senza tuttavia ottenere alcun miglioramento, mentre il comune ha bandito un concorso per il reclutamento di un terzo agente di polizia locale, da arruolare nel Corpo intercomunale di polizia locale briantea;

   è opinione diffusa tra gli abitanti di Capiago Intimiano che occorra assolutamente una maggiore presenza delle forze dell'ordine –:

   quali iniziative il Governo ritenga di dover assumere per arginare la pressione crescente della criminalità e per garantire la sicurezza della proprietà privata a Capiago Intimiano;

   per quali ragioni il Governo non provveda ad incrementare i presidi delle forze dell'ordine a Capiago Intimiano e, più in generale, nel canturino.
(4-00063)


   SEGNANA, BINELLI, VANESSA CATTOI, FUGATTI e ZANOTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   diversi quotidiani locali hanno pubblicato in questi giorni la notizia di un immigrato, ripreso da una donna di nascosto con il cellulare alcune settimane fa, mentre compiva atti osceni su una corriera della linea Trento-Canazei;

   il video sarebbe stato poi pubblicato su alcuni social network, suscitando immediatamente scalpore tra i cittadini e creando allarme sociale tra gli stessi;

   quanto successo sulla corriera è stato poi confermato, in modo anonimo, anche da alcuni autisti del mezzo;

   successivamente, grazie alla pubblicazione del video, i carabinieri di Canazei, dipendenti dalla compagnia di Cavalese, sarebbero riusciti a risalire al responsabile e lo avrebbero, quindi, denunciato per atti osceni in luogo pubblico;

   sempre secondo quanto riportato dai quotidiani, l'autore dell'atto osceno ripreso nel video sarebbe un cittadino straniero, di nazionalità nigeriana, che vive e lavora in Val di Fassa «con un regolare permesso»;

   lo stesso, una volta rintracciato dalle forze dell'ordine, avrebbe ammesso la propria responsabilità;

   lo straniero sarebbe affetto da problemi psichiatrici ma solo ora, dopo la denuncia, sarebbe in cura presso una struttura di recupero della provincia di Trento;

   è di tutta evidenza che quanto accaduto sulla corriera che collega Trento a Canazei è un episodio di assoluta gravità, sebbene i carabinieri di Trento, attraverso le parole del maggiore Enzo Molinari, abbiano cercato di rassicurare la cittadinanza che «non esiste alcun pericolo sociale, le donne non devono avere paura di salire sui mezzi pubblici» –:

   se quanto riportato dalla stampa e specificato in premessa trovi conferma, quale sia il permesso di soggiorno di cui è titolare lo straniero nigeriano denunciato per atti osceni in luogo pubblico e la sua durata, quando gli sia stato rilasciato e, data la gravità dell'accaduto, se non ritenga opportuno procedere ad una revoca dello stesso ai sensi dell'articolo 5, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
(4-00065)


   ANZALDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 15 e il 16 aprile 2018 si è sviluppato un incendio tra baracche di cartone, legno e altro materiale infiammabile situati nei pressi della cancellata esterna all'ostello «Don Luigi Di Liegro» della Caritas di Roma in Via Marsala, una importantissima struttura sociale per la Capitale;

   si registrano danni alle strutture esterne dell'ostello e alcuni feriti per fortuna non gravi;

   è la seconda volta che ciò accade in una settimana;

   la zona in questione a pochi passi dalla stazione Termini, è da tempo luogo di bivacco da parte di persone senza fissa dimora con un degrado che negli ultimi mesi è purtroppo ulteriormente peggiorato con gravi pericoli anche di ordine pubblico;

   da mesi, con più segnalazioni rivolte alle istituzioni, la Caritas e gli abitanti del quartiere hanno denunciato lo stato di completo abbandono di via Marsala, evidenziando i pericoli derivanti dal perdurare di una situazione fuori controllo;

   la Caritas, svolgendo appieno la propria funzione sociale, ha invitato gli abitanti delle baracche a trovare altre sistemazioni alternative, chiedendo un intervento delle istituzioni competenti –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per porre fine alla condizione di degrado della zona in questione e per garantire una più puntuale e attenta sorveglianza.
(4-00069)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   VIVIANI, ALESSANDRO PAGANO, RIXI, FOSCOLO e DI MURO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 6-bis del decreto legislativo n. 196 del 2005 dispone che i pescherecci di «lunghezza fuori tutto superiore a 15 metri» hanno l'obbligo di dotarsi di un «sistema di identificazione automatica» (Ais), con il quale vengono trasmessi i dati identificativi dell'imbarcazione attraverso un sistema VHF, allo scopo di permettere ad ogni unità in navigazione di visualizzare in tempo reale i dati identificativi del traffico navale e alle autorità marittime di monitorare i movimenti delle navi medesime;

   il regolamento (CE) n. 1224/2009 ed il regolamento di esecuzione (UE) n. 404/2011 recano disposizioni dettagliate in merito alle modalità di gestione e controllo della flotta comunitaria e delle navi dei Paesi terzi che operano in acque comunitarie attraverso gli impianti di localizzazione satellitare (blue-box) al fine di sorvegliare efficacemente le attività di pesca esercitate dai pescherecci ovunque si trovino, nonché le attività di pesca esercitate nelle loro acque;

   allo stato attuale le unità da pesca sono dotate, contemporaneamente, sia della blue-box che del sistema Ais;

   il regolamento n. 404/2011 prevede espressamente che nessuna unità da pesca possa lasciare il porto con l'apparato blue-box non funzionante, salvo che, in deroga a questo principio, non sia stato espressamente autorizzato con formale provvedimento dell'autorità competente ai fini della sua riparazione o sostituzione;

   le procedure che l'armatore deve seguire in caso di guasto o anomalia di funzionamento, solitamente, sono complesse e, soprattutto, hanno la durata di diversi giorni. Questo comporta che l'imbarcazione è costretta a rimanere in porto fino alla risoluzione del problema con evidenti danni in termini di perdite di giornate di pesca e costi, a carico dell'armatore, per la riparazione del danno o la sostituzione dell'apparato malfunzionante. In questi casi il fermo in porto dell'imbarcazione avviene nonostante il sistema sia Ais perfettamente funzionante e la capitaneria sia perfettamente in grado di localizzare la posizione del peschereccio anche al fine di evitare eventuali infrazioni;

   la blue box, di proprietà del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è concessa in comodato d'uso gratuito agli armatori, ma l'eventuale sostituzione o gli interventi di manutenzione sono a completo carico dell'armatore stesso;

   entro la data del 14 dicembre 2019 le blue box, anche se funzionanti, devono comunque essere sostituite, sempre con costi a carico dell'armatore, con i nuovi A.c.s.;

   il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp) può contribuire al miglioramento e alla modernizzazione del controllo della pesca, in considerazione anche del fatto che le tecniche e le attrezzature sono cambiate e si sono evolute. In particolare, le tecnologie di localizzazione a distanza a basso costo, quale l'Ais, agevolano il monitoraggio da parte delle capitanerie, in quanto trasmettono in tempo reale –:

   se non ravvisino la necessità, stante il termine ultimo del 14 dicembre 2019 per la sostituzione della blue-box, di assumere iniziative per prevedere in favore degli imprenditori ittici armatori un rimborso, totale o parziale, per gli oneri sostenuti derivanti da tale sostituzione, anche tramite la creazione di uno specifico capitolo nell'ambito della ripartizione dei fondi provenienti dal Feamp;

   se intendano, per quanto di competenza, assumere iniziative per definire delle linee guida per le capitanerie di porto, valide su tutto il territorio nazionale, che prevedano una semplificazione ed una accelerazione delle procedure di autorizzazione alla deroga per il fermo delle imbarcazioni, in caso di malfunzionamento della blue-box, così da poter permettere alle stesse, nel frattempo, di effettuare ugualmente la giornata di pesca, in quanto ogni giorno mancato causa notevoli danni economici ai pescatori in termini di perdita del pescato, danni che si vanno ad aggiungere ai costi per la riparazione/sostituzione dell'apparato.
(4-00060)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   VANESSA CATTOI, FUGATTI, BINELLI, SEGNANA e ZANOTELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   notizie di stampa riportano di alcuni casi di parti difficoltosi che hanno trovato fortunatamente lieto fine nel pronto soccorso di Arco, l'ultimo in ordine di tempo pochi giorni fa, quando l'impossibilità di attendere l'arrivo dell'elicottero ha obbligato ad un intervento immediato;

   in altri casi, oltre alle urgenze mediche, si è dovuto intervenire per l'impossibilità di arrivo dell'elicottero per avverse situazioni meteorologiche;

   è importante ricordare che ad Arco il punto nascite è stato chiuso a seguito dell'applicazione della normativa nazionale, con l'avallo della provincia;

   dati alla mano risulta che la chiusura del punto nascita di Arco costa 545 mila euro all'anno all'azienda sanitaria della provincia autonoma di Trento per le spese dovute all'utilizzo dell'elicottero per «trasporti urgenti di donne gravide provenienti da Arco»;

   il costo di ogni intervento di elisoccorso va da un minimo di 96 euro al minuto per il vecchio elicottero a un massimo di 140 euro a minuto per gli elicotteri di più recente acquisizione, con una durata media per intervento pari a 55 minuti; va precisato che di regola vengono utilizzati gli elicotteri nuovi e solo in caso di avaria o manutenzione degli stessi si ricorre all'altro mezzo;

   altre regioni hanno chiesto deroghe per punti nascita di cui la norma imponeva la chiusura: Emilia-Romagna e Campania, ad esempio, hanno chiesto la deroga per tutti i punti nascita, motivando e rappresentando la necessità del mantenimento operativo, viste le criticità e le particolarità dei luoghi ove erano localizzati –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se intenda adottare le iniziative di competenza al fine di prevedere una deroga per il ripristino dell'attività del punto nascita di Arco, in modo da tutelare il bene primario della salute dei cittadini, soprattutto alla luce di quella che appare l'inerzia della provincia di Trento nella predisposizione della documentazione necessaria alla richiesta di deroga per i punti nascita di cui è stata prevista la chiusura, Arco e Tione, che ad avviso degli interroganti potrebbero ottenere la citata deroga viste le particolarità geografiche del bacino di utenza.
(4-00061)

Ritiro di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Cenni n. 2-00012 del 13 aprile 2018.