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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 19 luglio 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni XII e XIII,

   premesso che:

    nella precedente legislatura si è completato l’iter di recepimento della direttiva n. 2009/128/CE con l'approvazione del decreto ministeriale 22 gennaio 2014, il piano d'azione nazionale (Pan) per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, a completamento del decreto legislativo n. 150 del 14 agosto 2012;

    il gruppo M5S in Commissione agricoltura aveva avanzato una serie di osservazioni e richieste, a cominciare dal ritardo nella pubblicazione del Pan, il 13 febbraio 2014, dopo oltre un anno rispetto al 26 novembre 2012, data indicata dal decreto legislativo n. 150 del 2012. Nel merito si chiedeva una rivisitazione generale di tutto il piano, nel senso di una riscrittura più dettagliata e puntuale che individuasse gli obiettivi quantitativi, le misure ed i tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dei pesticidi sulla salute e sull'ambiente, non individuati benché imposti dalla direttiva europea all'articolo n. 4, comma 1. Si evidenziavano altresì i troppi rinvii a decreti attuativi, l'inadeguatezza dell'impianto sanzionatorio e delle misure previste dalla lotta integrata obbligatoria, ed altre segnalazioni minori, alcune delle quali negli ultimi anni sono state colmate, grazie ad alcuni decreti emanati dai Ministeri che ne avevano competenza;

    in merito alle sanzioni disciplinate dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012, ribadendo quanto segnalato nella precedente legislatura, si rileva che la maggior parte delle penalità interessa la parte della distribuzione e della formazione professionale, trascurando ad esempio quelle relative all'articolo 11 su informazione e sensibilizzazione, all'articolo 14 sulla tutela dell'ambiente acquatico e delle acque potabili, all'articolo 15 sulla tutela delle aree specifiche, all'articolo 17 sulla manipolazione e stoccaggio dei prodotti fitosanitari e trattamento dei relativi imballaggi e delle rimanenze, ma soprattutto all'articolo 19 in merito all'applicazione dei princìpi generali della difesa integrata obbligatoria, di cui all'allegato III del decreto legislativo n. 150 del 2012, argomento principale della norma;

    da una recente verifica (maggio 2018) risulta che tra i provvedimenti attuativi individuati dall'impianto normativo sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, ci sarebbero tuttora atti o misure mancanti. A titolo non esaustivo tra questi si segnalano: le trasmissioni, da parte delle regioni, delle informazioni rilevanti sulla tossicità, l'eco-tossicità, il destino ambientale e gli aspetti fitosanitari relativi ai prodotti in commercio mediante l'utilizzo di apposite banche dati (punti A 5.2, A 5.8.1 del Pan); il decreto ministeriale che disciplini la vendita dei prodotti fitosanitari attraverso i canali alternativi, come la vendita on-line (articolo n. 10, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del 2012); la definizione di programmi di informazione e sensibilizzazione della popolazione sui rischi e sui potenziali effetti acuti e cronici per la salute umana (punto A 2.1 del Pan); la rete di collegamento, coordinata dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, tra le iniziative di ricerca in atto e l'attivazione di possibili nuovi progetti di ricerca e il ferimento delle innovazioni, e le misure da adottare nelle aree di influenza delle acque di balneazione (Punto D del Pan);

    l'articolo n. 53 del regolamento (CE) n.1107/2009 prevede la possibilità di autorizzare, in deroga ai requisiti di sicurezza sanitaria e ambientale stabiliti dagli articoli 28 e 29 dello stesso regolamento, l'immissione in commercio di un prodotto fitosanitario, per un periodo non superiore a 120 giorni e per un uso limitato e controllato «(...) ove tale provvedimento appaia necessario a causa di un pericolo che non può essere contenuto in alcun altro modo ragionevole.». Nella precedente legislatura si evidenziava che il reiterarsi annuale dell'emergenza trasformava queste concessioni straordinarie in prassi, producendo come effetto un utilizzo pressoché costante di alcuni principi attivi: a) su colture o avversità diverse da quelle su cui erano normalmente autorizzati, b) approvati ma non presenti in prodotti fitosanitari autorizzati in Italia, c) in corso di approvazione (nuove sostanze), oppure d) non ancora approvate ai sensi del regolamento (CE) 1107/2009;

    si rilevano, altresì, problematiche sulle colture a bassa diffusione, cosiddette minori, come le erbe fresche, il luppolo, e altre. Tali piantagioni, probabilmente per motivi di mancato interesse economico delle imprese dell'agrochimica ad estendere l'utilizzo dei propri formulati commerciali, continuano a trovarsi sguarnite nei confronti di alcune fitopatologie o erbe infestanti;

    si pone anche l'attenzione, in continuità con quanto chiesto nella precedente legislatura, sull'obbligo prescritto dalla normativa per alcune tipologie di irroratrici, di effettuare il controllo funzionale e la taratura entro un determinato limite temporale, che ha, come termine principale, quello del 26 novembre 2016. Il controllo delle irroratrici è un impegno obbligatorio per le aziende che aderiscono alle misure agro-climatico-ambientali e all'agricoltura biologica; pertanto, il mancato adempimento può determinare eventuali riduzioni del premio Pac. A tal proposito risulta che il ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo abbia convenuto che siano regioni e province autonome a decidere in quali circostanze comminare le sanzioni; la provincia di Trento, ad esempio, ha deciso per la non applicazione della sanzione o della decurtazione degli aiuti comunitari per le aziende che sottopongono le proprie attrezzature al controllo funzionale dopo il 26 novembre 2016, ma comunque prima del loro effettivo utilizzo;

    come segnalato nella precedente legislatura, si ricorda come la vendita delle piante ornamentali sottoposte a trattamenti fitosanitari, possa avvenire senza il rispetto di alcun periodo di tempo necessario alla pianta per degradare i prodotti eventualmente su di essa irrorati. Le piante ornamentali, quindi, potrebbero veicolare residui di prodotti fitosanitari potenzialmente pericolosi, anche solo per contatto. Posto che, soprattutto in determinati periodi dell'anno, presso i grandi centri commerciali le derrate alimentari e le piante ornamentali sono a stretto contatto, sia sugli scaffali che nelle piattaforme logistiche, tale promiscuità potrebbe provocare una contaminazione dei prodotti ortofrutticoli. Per questo sarebbe opportuno incentivare la ricerca affinché venga introdotto un nuovo parametro, paragonabile al tempo di carenza (usato per le piante eduli), da applicare all'utilizzo dei prodotti fitosanitari sulle piante ornamentali. La commercializzazione di tali piante, quindi, sarebbe consentita solo una volta trascorso il periodo di tempo necessario alla degradazione dei princìpi attivi eventualmente irrorati, in metaboliti non tossici,

impegnano il Governo:

   a intraprendere, nelle sedi competenti, ogni utile iniziativa volta a perfezionare il piano di azione nazionale sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, attraverso l'individuazione degli obiettivi quantitativi, le misure e i tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dei pesticidi sulla salute e sull'ambiente, prescritti dalla direttiva europea n. 2009/128/CE, all'articolo 4, comma 1;

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per ottimizzare il quadro sanzionatorio, previsto dall'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012, introducendo misure relative all'inosservanza di tutte le prescrizioni e delle indicazioni contenute nell'intero apparato normativo sull'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari;

   ad adottare, entro 6 mesi dall'approvazione del presente atto di indirizzo, gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal Pan non ancora adottati, per i quali risultino scaduti i termini o per i quali non sia stata stabilita alcuna scadenza;

   a valutare la possibilità di perfezionare il ricorso alle autorizzazioni in deroga, previste dall'articolo n. 53 del regolamento (CE) n. 1107/2009 rilasciate dal Ministero della salute, al fine di assicurare un maggiore rigore nell'utilizzo di tale prerogativa;

   ad informare le Commissioni parlamentari competenti in merito allo stato di attuazione dei controlli funzionali e delle regolazioni delle macchine irroratrici in uso, alle scelte operate dagli enti territoriali in materia di sanzioni per il mancato controllo, nonché alle implicazioni che hanno coinvolto o rischiano di coinvolgere l'Italia a causa della mancata osservanza dei termini previsti dalla direttiva europea;

   a valutare l'opportunità di istituire un tavolo tecnico per gli «usi minori» di cui al regolamento dell'unione europea n. 1107/2009, che possa innanzitutto classificare tali colture, per mettere successivamente in atto misure in grado di garantire ai produttori agricoli un'adeguata difesa fitosanitaria;

   a commissionare un approfondimento, alle istituzioni di ricerca competenti, volto a valutare l'opportunità di predisporre un parametro, commisurabile al «tempo di carenza», valido per gli utilizzi dei prodotti fitosanitari sulle colture ornamentali, che garantisca una maggior sicurezza a chi acquista piante ornamentali, ed eviti una eventuale contaminazione di prodotti ortofrutticoli che, durante la distribuzione o la vendita, possano venire in contatto con piante ornamentali ed assorbire, anche solo per contatto, residui di prodotti fitosanitari.
(7-00028) «Gagnarli, Lorefice, Maglione, Cadeddu, Cassese, Cillis, Cimino, Cunial, Del Sesto, L'Abbate, Lombardo, Alberto Manca, Maraia, Marzana, Parentela, Pignatone, Gallinella».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   domenica scorsa il Ministro dell'interno si è recato a Mosca per i campionati del mondo di calcio e ha incontrato il suo omologo Kolokoltsev ed i rappresentanti del Consiglio per la sicurezza nazionale della Federazione Russa, Averyanov e Venediktov,

   come scritto dallo stesso ministro su Facebook, «tra i tanti temi discussi, collaborazione a tutto campo tra Italia e Russia nella lotta al terrorismo islamico, che usa anche l'immigrazione clandestina come veicolo di infiltrazione: condivisione di buone pratiche, e banche dati, scambio di informazioni e competenze tecniche, fino all'istituzione di pattuglie miste tra Forze dell'ordine italiane e russe»;

   non solo, il Ministro interrogato ha anche parlato di «impegno comune di Italia e Russia per la cybersicurezza e la difesa dagli attacchi informatici»;

   garantire la sicurezza nazionale attraverso i nuovi sistemi cibernetici è una sfida irrinunciabile del domani, anche per il contrasto al terrorismo internazionale, poiché quanto avviene nel web è sempre più rilevante nel definire il complesso dei rapporti culturali, politici ed economici a livello nazionale ed internazionale;

   nel contesto internazionale, l'operato della Russia in materia di cybersecurity desta preoccupazione e proprio nell'ultimo documento di analisi strategica presentato al Comitato intelligence del Senato americano dal direttore della National Intelligence, è emerso che l'attivismo informatico di Russia, Cina, Iran e Corea del Nord rappresenterà, nel corso del prossimo anno, la maggiore minaccia cyber per la sicurezza degli Stati Uniti d'America. Anche Ciaran Martin, direttore del National Cyber Security Centre britannico — da notizie a mezzo stampa — ha dichiarato che «la Russia è il nostro avversario più agguerrito e ostile nel cyberspazio»;

   come è noto, si assiste ad una delicata fase dei rapporti tra la comunità internazionale e la Federazione russa, a seguito delle azioni che sono state messe in atto da quest'ultima per compromettere o minacciare l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina che hanno spinto anche l'Unione europea a prorogare di altri sei mesi, fino al 15 settembre 2018, le sanzioni nei confronti della Russia, in linea con quanto deliberato dagli Stati Uniti e dal Giappone;

   mentre possono apparire chiari gli obiettivi della Russia consistenti, secondo la scrivente, nel creare le condizioni perché uno dei Paesi fondatori dell'Unione europea si faccia promotore di una frattura all'interno del Consiglio europeo volta a interrompere il regime delle sanzioni per l'aggressione all'Ucraina, suscita preoccupazione la prospettiva che il nostro Paese, anche a seguito di atti negoziali di tale natura, possa radicalmente sovvertire il sistema delle alleanze internazionali che da decenni si è consolidato, sia nei confronti dei partner europei, sia nei rapporti atlantici, nonostante le rassicurazioni formali contenute nel programma di Governo –:

   come ritenga il Ministro interrogato che questa collaborazione con la Russia si tradurrà nel lavoro politico e diplomatico che la Farnesina porta avanti con i nostri alleati dell'Unione europea e della Nato;

   con quali modalità sarà attuata la «collaborazione a tutto campo» con la Russia e in cosa concretamente consisterà «l'impegno comune di Italia e Russia per la cybersicurezza».
(5-00205)

Interrogazione a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   la difficoltà di accesso ai fondi europei, strutturali e a gestione diretta, è un tema annoso e riguarda soprattutto gli enti locali, in particolare comuni medi e piccoli che faticano a cogliere, il più delle volte, le opportunità offerte dai bandi emessi dall'Unione europea o dalle regioni attraverso fondi dell'Unione europea;

   i fondi strutturali sembrano essere quelli di più facile accesso in quanto gestiti dalle regioni nell'ambito di programmi operativi regionali. Tuttavia, anche in questo caso, sembra spesso mancare la capillarità dell'informazione rispetto ai bandi emessi così come appare carente il dialogo e l'aiuto per i comuni che intendano parteciparvi attraverso l'ausilio di personale adeguatamente formato e preposto a tale scopo;

   resta centrale anche il nodo del cofinanziamento che tali bandi richiedono e che spesso fanno desistere i comuni, soprattutto quelli più piccoli e delle zone più marginali, dal parteciparvi lasciando così svanire una concreta occasione di investimento;

   l'accesso ai fondi diretti è addirittura più difficoltoso, perché va programmato a livello europeo richiedendo l'attivazione di uno specifico partenariato europeo;

   i dati aggiornati al 31 ottobre 2017 relativamente all'utilizzo dei fondi europei e resi noti in occasione della prima relazione della Commissione europea sui 5 fondi strutturali europei (fondo agricolo per lo sviluppo rurale, fondo per la coesione, fondo per lo sviluppo regionale, fondo per la pesca e fondo sociale) vedono l'Italia in 23esima posizione sui 28 Stati membri in relazione all'uso dei fondi stessi. L'Italia, nel settennato 2014-2020 ha a disposizione 73,67 miliardi (di cui 42,67 provenienti dal bilancio dell'Unione europea), il 37 per cento dei fondi impegnati (27,103 miliardi di euro) ma solo 2,45 miliardi (il 3 per cento del totale) effettivamente spesi;

   la situazione appare dunque particolarmente critica: il Sole 24 ore, in un articolo di inizio anno (23 febbraio 2018 dal titolo «Fondi Ue: tutti i ritardi delle regioni e dei ministeri italiani») evidenzia che entro il 31 dicembre regioni e Ministeri dovranno utilizzare almeno 3,6 miliardi di euro di fondi strutturali europei per impedire che scatti la cosiddetta «tagliola» del disimpegno automatico secondo la regola «N+3». Se entro tre anni dall'impegno di spesa non viene presentata all'Unione europea domanda di pagamento, si provvederà alla cancellazione in automatico della relativa quota di finanziamento –:

   se il Governo sia a conoscenza della situazione esposta;

   se si intendano attivare iniziative urgenti, per quanto di competenza, che vadano nella direzione di incentivare e facilitare l'accesso degli enti locali ai fondi europei con particolare riguardo alla creazione di misure di garanzia per la copertura finanziaria del cofinanziamento, alla informazione e alla pubblicità capillare dei bandi emessi, anche mediante il potenziamento di agenzie nazionali e regionali allo scopo preposte o altre forme di pubblicizzazione;

   quali iniziative si intendano assumere in particolare per i piccoli comuni collocati in aree marginali affinché possano disporre di opportunità concrete per l'accesso ai fondi europei in un costante dialogo con enti ed organismi facilitatori;

   se si intendano programmare investimenti volti alla formazione del personale con l'obiettivo specifico di individuare i bandi più adatti e assolvere appieno alle procedure burocratiche per la partecipazione;

   se si intenda promuovere, nelle competenti sedi europee, una semplificazione burocratica complessiva che consenta una vasta partecipazione ai bandi europei da parte di enti locali e soggetti privati quali piccole e micro imprese.
(4-00744)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRI e ROTTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 20 marzo 2016, lungo l'autostrada AP-7, nei pressi di Freginals, un autobus diretto da Valencia a Barcellona, con a bordo studenti appartenenti al progetto Erasmus, veniva coinvolto in un gravissimo incidente. Dei 57 giovani a bordo, risultavano essere 13 le studentesse decedute, tra le quali 7 italiane: Francesca Bonello, Lucrezia Borghi, Valentina Gallo, Elena Maestrini, Serena Saracino, Elisa Scarascia Mugnozza, Elisa Valent;

   nel registro degli indagati, per omicidio colposo plurimo, veniva iscritto dalla magistratura spagnola un solo nome: Santiago Rodrigues Jiménez, il conducente sessantaduenne del mezzo coinvolto;

   dal rapporto della polizia regionale dei Mossos d'Esquadra, emergeva che la causa più probabile dell'incidente fosse da ritenersi un colpo di sonno dell'autista: come scritto dalla stampa spagnola, l'uomo avrebbe ammesso ai soccorritori di essersi addormentato;

   altre indagini da parte delle forze dell'ordine evidenziavano come dalla scatola nera dell'autobus risultasse, nell'ora e mezza di viaggio, un numero eccessivo di «decelerazioni significative»: ben 77, mentre gli altri bus facenti parte della comitiva non ne effettuarono più di 12. Nelle testimonianze dei passeggeri sopravvissuti emergevano, inoltre, numerose attestazioni di un comportamento imprudente alla guida da parte dell'autista (mancato rispetto della distanza di sicurezza, frenate improvvise, uscita dai bordi della carreggiata);

   per ben due volte la magistratura spagnola ha archiviato il caso, non reputando sufficienti tutti gli elementi già citati. Il Gip ha sostenuto che l'autista non avesse «alcuna responsabilità così grave da essere punita penalmente», di fatto lasciando senza colpevoli una tragedia di portata europea;

   i genitori delle ragazze italiane, dopo la tragedia, hanno vissuto la disperazione di non avere risposte, ma non si sono mai rassegnati e hanno condotto un'estenuante battaglia legale, promuovendo un'azione congiunta nei confronti della giustizia spagnola affinché il caso venisse riaperto;

   il 15 giugno 2018 è giunta la notizia della riapertura del caso, ma ai magistrati occorreranno altri mesi, fino ad un massimo di diciotto, per capire i fatti e acquisire documenti, solo alla fine potranno decidere se dare avvio al processo o procedere nuovamente con l'archiviazione;

   occorre sostenere e dare risposte alle famiglie delle giovani vittime, impegnate da più di due anni in una logorante battaglia giudiziaria. È altresì fondamentale garantire un senso di sicurezza e tutela a tutti i giovani italiani che ogni anno decidono di studiare all'estero –:

   se il Governo ritenga di dover acquisire le necessarie informazioni e adottare le opportune iniziative al fine di vigilare sull'andamento di questa tragica vicenda legale, alla luce delle criticità emerse nelle prime fasi dell'indagine e dell'esigenza di garantire lo svolgimento di un giusto processo.
(5-00201)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIANELLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   secondo numerosissime segnalazioni pervenute ai vigili del fuoco, all'Arpa, all'Asl e alle forze dell'ordine, oltre che sui social network, nella serata del 17 luglio 2018 e per tutta la nottata la città di Taranto è stata invasa da un forte odore di gas;

   si apprende da una segnalazione di Asso-Consum ad Arpa Puglia che molti cittadini avrebbero addirittura lamentato disagi fisici, quali bruciore agli occhi, al naso, mal di testa e nausee;

   in una nota, Eni comunica che nell'ambito delle operazioni di riavvio della Raffineria di Taranto, a seguito della fermata generale per manutenzione programmata, si è verificata una perdita di Gpl — che la società qualifica come «lieve» — da una linea dell'impianto di «trattamento gas» ricevuto dall'unità di distillazione primaria. La perdita ha generato un effetto odorigeno e, secondo la società, sarebbe stata prontamente rimossa ed il fenomeno sarebbe da considerarsi episodico –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riferiti in premessa e quali elementi intenda fornire sugli impatti ambientali dell'evento occorso;

   quali iniziative, anche di tipo ispettivo, il Ministro interrogato, alla luce degli accadimenti, intenda adottare al fine di individuare le cause dell'accaduto, impedire il ripetersi di eventi simili e preservare da eventuali rischi per l'incolumità pubblica;

   se il Ministro interrogato intenda fornire in ordine al regolare rispetto da parte della società Eni dell'autorizzazione integrata ambientale.
(5-00200)

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDERICO e TESTAMENTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella zona Pip (piano degli insediamenti produttivi) dei comuni di Carpinone, Pettoranello del Molise e Pesce, in provincia di Isernia, è stato realizzato diversi anni fa un depuratore consortile, dal costo di circa 7,5 miliardi di lire e gestito da una società consortile, Carpino Ecologica s.r.l., alla quale partecipavano i tre comuni con il 20 per cento di quota ciascuno, mentre il restante 40 per cento era capitale privato;

   il depuratore aveva capacità di smaltimento giornaliero di 400 metri cubi di reflui, e autorizzato allo scarico degli stessi, dalla provincia di Isernia su delega regionale, con determina n. 66 del 29 luglio 2002;

   su richiesta della società consortile la regione Molise ha successivamente autorizzato, con determina dirigenziale n. 128 dell'11 novembre del 2002, il trattamento di rifiuti speciali non pericolosi provenienti da insediamenti esterni e conferiti a mezzo autobotti per un massimo di 750 metri cubi giornalieri;

   con successiva determina dirigenziale n. 4 del 9 gennaio 2003, la regione Molise autorizzava la Carpino Ecologica s.r.l. al trattamento aggiuntivo di rifiuti pericolosi, limitatamente a quelli caratterizzati da elevata biodegradabilità (rapporto BOD5/COD>0.8) per un massimo di 25 metri cubi giornalieri;

   a seguito dell'entrata in funzione del depuratore nella zona sono iniziate subito le problematiche ambientali, con lacrimazioni ed esalazioni fetide; in una relazione tecnica (prot. 6060 del 29 ottobre 2003) emessa dall'assessorato all'ambiente della regione Molise, è emerso che nel sito in questione sono stati acquisiti e sottoposti a trattamento rifiuti non corrispondenti alla definizione di codice CER 070701 autorizzato, dando luogo a disfunzioni del processo di depurazione, con l'immissione anche di rifiuti pericolosi provenienti da siti industriali di fuori regione;

   queste gravissime disfunzioni ed i sospetti di traffico illecito di rifiuti pericolosi hanno portato la regione Molise a revocare le autorizzazioni alla Carpino Ecologica;

   ad oggi il depuratore non è più in funzione, ha delle crepe nelle vasche di cemento causate probabilmente da lavori non effettuati ad opera d'arte ed inoltre, per quanto risulta all'interrogante, non è mai stata effettuata la bonifica dei rifiuti pericolosi tuttora giacenti nelle vasche del depuratore, rischiando di compromettere anche il fiume Carpino che scorre nelle vicinanze e tutto il territorio dei comuni appartenenti al Pisu di Isernia –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato per scongiurare un disastro ambientale dei fiumi Sordo e Carpino dovuti ai rifiuti pericolosi stipati da anni nel depuratore consortile di Carpinone e per la cui bonifica occorrerebbero circa 700.000 euro.
(4-00752)

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 luglio 2018 gli organi di stampa hanno dato risalto a un preciso piano di contrasto alla emergenza della immigrazione clandestina articolato in dodici punti, elaborato dal generale di Corpo d'armata Vincenzo Santo, ex capo di Stato Maggiore della Nato in Afghanistan;

   il generale Vincenzo Santo ha pubblicato il predetto piano su Report Difesa e lo ha contestualmente presentato al Governo come promemoria;

   il generale Santo, figura certamente autorevole in materia, ha precisato che «il traffico e l'arrivo incontrollato degli immigrati è da considerarsi una vera e propria invasione che mette a rischio la sovranità non solo dell'Italia, ma dell'intera Unione europea»;

   attesa la gravità della situazione e l'inadeguatezza delle risposte italiane ed europee sino ad oggi poste in campo, il generale Santo propone non solo e non tanto la chiusura dei porti, quanto e soprattutto il «blocco navale» davanti alle coste libiche –:

   quale sia l'orientamento del Governo in ordine all'ipotesi della realizzazione di un blocco navale davanti alle coste della Libia e se si intendano assumere iniziative per porre in essere tale soluzione.
(3-00096)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   VIETINA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane numerose associazioni di categoria dell'autotrasporto hanno appreso con fortissima preoccupazione della decisione del Governo di ridurre le deduzioni forfettarie per l'autotrasporto che passano da 51 a 38 euro al giorno per i trasporti oltre comune e da 17 a 13 euro per i trasporti nell'ambito comunale;

   il taglio comporterà una maggiorazione della tassazione per le imprese;

   come si apprende pubblicamente e da fonti web delle associazioni stesse, tale scelta sarebbe stata assunta dal Governo senza previa consultazione con le associazioni di categoria dell'artigianato e delle piccole imprese;

   il provvedimento, tra l'altro, arriva ad anno già chiuso e, pertanto, senza alcuna possibilità per le imprese di recuperare i maggiori costi sul mercato;

   solo in provincia di Forlì-Cesena, ad esempio, si contano oltre 1.200 imprese artigiane di trasporti che subiranno dunque un prelievo fiscale maggiorato con effetti non prevedibili ma certamente critici;

   le associazioni hanno inoltre evidenziato che il pagamento in ritardo delle tasse comporterà anche una maggiorazione dello 0,40 per cento sui redditi. Tra l'altro, proprio il ritardo con cui l'Agenzia delle entrate ha emesso la comunicazione in relazione alle deduzioni forfettarie aveva fatto proclamare il fermo alle associazioni dal 6 al 9 agosto 2018;

   tra le richieste avanzate dalle associazioni di categoria figurano, inoltre, la certezza delle risorse strutturali, la rimozione del contingentamento imposto dall'Austria al traffico dei camion in uscita dal Paese, il ripristino della piena funzionalità del sistema delle revisioni dei mezzi presso le motorizzazioni, la ripubblicazione dei «costi minimi della sicurezza» e il rispetto dei tempi di pagamento, nonché l'estensione del rinvio della fatturazione elettronica anche agli acquisti di carburante in extra rete –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se si intendano assumere iniziative, e con quali tempistiche, per riportare le deduzioni forfettarie per l'autotrasporto ai livelli degli anni precedenti;

   se si intenda attivare un tavolo di confronto con le associazioni di categoria di cui in premessa per giungere, sul tema, a una soluzione condivisa e per dare risposte alle istanze sopra evidenziate.
(4-00745)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'odierna edizione del Giornale di Vicenza mette in risalto una vicenda emblematica, riguardante la ditta «Berica Impianti», nota azienda di proprietà di Severino Trevisan, ex sindaco di Arzignano (Vicenza);

   l'azienda suddetta nei giorni scorsi è stata costretta a presentare al tribunale di Vicenza domanda di ammissione al concordato preventivo, in quanto non appare più in grado di fare fronte a debiti per circa 12 milioni di euro;

   il motivo della crisi di liquidità è evidente, a causa di uno sbilancio determinato dal mancato incasso di crediti statali;

   il doloroso passaggio giudiziario per lo stimato imprenditore avviene, infatti, nonostante la gestione caratteristica della società sia positiva, ed è determinato dal contenzioso legato ai lavori nelle carceri italiane, dove la «Berica» ha installato impianti di ultima generazione;

   i contenziosi con il Ministero della giustizia, per un complessivo ammontare di 19 milioni di euro, pendono attualmente avanti i tribunali di Torino, Bologna e Firenze;

   appare tuttavia evidente che, a causa della abnorme durata dei processi italiani, la «Berica Impianti» sta subendo una fatale crisi di liquidità –:

   quali iniziative di competenza intenda tempestivamente assumere affinché il contenzioso in essere con la «Berica Impianti» possa essere definito in tempi ragionevoli, consentendo alla società di superare la pericolosa crisi di liquidità.
(3-00097)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da notizie pervenute all'interrogante dal Sindacato di polizia penitenziaria Al. SiP.Pe. Alleanza sindacale polizia penitenziaria, è in continuo e costante aumento il sovraffollamento nella casa circondariale Giuseppe, Salvia di Napoli Poggioreale; dagli ultimi dati rilevati, per una capienza effettiva di 1650 detenuti ne sono presenti più di 2200, dato che va in contrasto con la netta carenza di personale del Corpo di polizia penitenziaria che da tabella del decreto ministeriale 2 ottobre 2017 riguardante le dotazioni organiche del medesimo corpo prevede 911 unità presenti tra i vari ruoli; in realtà la presenza effettiva raggiunge le 800 circa; tale grave carenza non sarà colmata neanche con l'arrivo, grazie un piano di mobilità nazionale attivato dall'amministrazione centrale nel mese di luglio 2018, di 40 unità di polizia penitenziaria del ruolo degli agenti assistenti, unità che non basteranno neanche a coprire una parte dei pensionamenti previsti per l'anno 2018 nella casa circondariale in questione; il sovraffollamento inoltre si ripercuote sulle attività nevralgiche della struttura come quella del reparto colloqui, dove mediamente si effettuano circa 400 colloqui al giorno, con un ingresso di circa 1000 familiari -:

   se il Ministro interrogato non intenda avviare una verifica dell'attuale situazione della casa circondariale di Napoli Poggioreale, al fine di appurare eventuali problemi di sovraffollamento, ed adottare iniziative urgenti per una riduzione dello stesso, salvaguardando così anche la sicurezza degli agenti di polizia penitenziaria e rendendo meno difficile l'attività di gestione.
(4-00748)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRAGOMELI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 28 ottobre 2016 ad Annone in provincia di Lecco si è verificato il crollo di un ponte lungo la strada provinciale n. 49 sovrastante la strada statale 36 del lago di Como e dello Spluga contestuale al passaggio di un tir trasporto eccezionale;

   il crollo determinava la morte del signor Claudio Bertini di Civate la cui auto è stata schiacciata dal cavalcavia;

   purtroppo, non è stato l'unico caso e il ripetersi di questi tragici eventi è la dimostrazione che in materia autorizzatoria si intrecciano competenze statali e locali che rendono poco chiara la normativa di riferimento e permettono trasporti sulle infrastrutture stradali ben al di sopra dei carichi di progetto e della loro resistenza;

   proprio a seguito di quell'evento nella scorsa legislatura è stata approvata in data 24 maggio 2017, la risoluzione n. 7-01218 presso la IX Commissione trasporti che impegnava il Governo pro tempore: «a promuovere entro sessanta giorni i tavoli tecnici in ambito regionale che coinvolgano gli enti territoriali interessati al fine di produrre entro un anno un sistema digitalizzato su base regionale, supervisionato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che raccolga i dati del censimento delle infrastrutture viarie sospese, quali ponti viadotti e cavalcavia, in particolare prevedendo che sia riportato l'anno di costruzione, la portata dell'infrastruttura, lo stato e lo storico degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché a prevedere una struttura telematica cosiddetta “open data” che permetta l'inserimento di informazioni in tempo reale quali la possibilità di interventi emergenziali o programmati di manutenzione che riducano e temporaneamente la portata dell'infrastruttura, e consenta la consultazione e la condivisione delle medesime informazioni da parte degli enti territoriali e degli altri soggetti interessati»;

   con decreto ministeriale protocollo n. 293 del 15 giugno 2017 sono state definite misure in tema di autorizzazioni alla circolazione dei veicoli eccezionali e dei trasporti in condizioni di eccezionalità;

   la direttiva, adottata in base all'articolo 5.1 del codice della strada e della normativa vigente del settore, affronta i temi della realizzazione e pubblicazione del catasto delle strade con le informazioni necessarie a caratterizzare la percorribilità delle stesse, le modalità con cui deve essere svolta l'istruttoria preventiva sulle richieste di autorizzazione, la necessità di coordinamento tra gli enti proprietari delle strade e delle opere d'arte interessate dal transito, le eventuali prescrizioni e/o le particolari cautele ed accorgimenti tecnici da imporre nell'autorizzazione ai fini della tutela e della salvaguardia del patrimonio stradale e della sicurezza della circolazione;

   quando gli enti proprietari o gestori di strade risultano essere diversi da quelli che autorizzano il trasporto e nel caso in cui non siano disponibili e pubblicate le indicazioni aggiornate di percorribilità di cui al catasto delle strade è stato escluso il principio del silenzio/assenso –:

   quale sia lo stato di realizzazione del catasto delle strade in riferimento ai manufatti viari sospesi per il transito di trasporti eccezionali, se risulti essere operativa la prevista struttura telematica «open data» per raccogliere in tempo reale informazioni sulle infrastrutture interessate e se siano in previsione interventi in questo ambito, anche per quel che concerne il processo di autorizzazione del transito, al fine di rafforzare la sicurezza sulle strade.
(5-00202)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 15 luglio 2018 gli organi di stampa hanno dato risalto ad un preciso piano di contrasto alla emergenza della immigrazione clandestina articolato in dodici punti, elaborato dal generale di Corpo d'Armata Vincenzo Santo, ex capo di Stato Maggiore della Nato in Afghanistan;

   il generale Santo ha pubblicato il predetto piano su Report Difesa e lo ha contestualmente presentato al Governo come promemoria;

   il generale Santo, figura certamente autorevole in materia, ha precisato che «il traffico e l'arrivo incontrollato degli immigrati è da considerarsi una vera e propria invasione che mette a rischio la sovranità non solo dell'Italia, ma dell'intera Unione europea»;

   dopo aver proposto non solo e non tanto la chiusura dei porti, quanto e soprattutto il «blocco navale» davanti alle coste libiche, il generale Santo è intervenuto anche sull'annosa e spinosa questione della filiera dell'accoglienza italiana e dei sottostanti interessi, spesso opachi, saltuariamente assurti agli onori della cronaca giudiziaria ed in ogni caso assolutamente privi di controllo;

   in particolare, il generale Santo ha proposto di procedere al graduale cambio di gestione delle attuali strutture di accoglienza in favore della Protezione civile da rinforzare con personale in quiescenza delle Forze armate, da richiamare in servizio;

   inoltre, il generale è intervenuto in merito all'istituto della «protezione umanitaria», previsto esclusivamente dall'ordinamento italiano nel panorama europeo, suggerendone l'abrogazione;

   l'ordinamento italiano riconosce, infatti, tre tipi di protezione e segnatamente il diritto di asilo, la protezione sussidiaria – entrambe definite dall'ordinamento internazionale – e la protezione umanitaria, che, invece, non nasce da alcun obbligo internazionale né di carattere costituzionale;

   la protezione umanitaria è stata introdotta nel nostro ordinamento con la cosiddetta legge Turco-Napolitano, e prevede che le commissioni territoriali che decidono su sul diritto di asilo possano riconoscerla «per gravi motivi umanitari», con ciò introducendo, ad avviso dell'interrogante, elemento eccessivamente elastico e discrezionale;

   l'utilizzo indiscriminato della protezione umanitaria da parte delle commissioni territoriali è testimoniato inequivocabilmente ed eloquentemente dal fatto che il 50 per cento degli immigrati ai quali è stata riconosciuta una qualche forma di tutela sono stati ammessi proprio alla protezione umanitaria –:

   quale sia l'orientamento del Ministro in ordine a questa proposta radicale di riforma del sistema dell'accoglienza, che avrebbe il pregio di disvelare quelli che all'interrogante appaiono tanti, troppi e opachi interessi, e se intenda verificare la possibilità di affidare l'accoglienza alla Protezione civile e a personale militare in quiescenza;

   quale sia l'orientamento del Ministro, in ordine alla proposta di abolizione della protezione umanitaria, e, nell'ipotesi che concordi in merito all'abolizione, quali siano i passaggi che intende seguire e quali le tempistiche.
(3-00095)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MORASSUT. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il settore della vigilanza privata, così come tanti altri comparti produttivi, ha risentito della profonda crisi economica che ha colpito il nostro Paese a decorrere dal 2008;

   l'intero settore conta 1.326 imprese, con quasi 70 mila occupati, di cui circa 41 mila guardie armate, e un fatturato complessivo che si aggira attorno ai 3 miliardi e 300 milioni;

   tra le attività rientranti nelle competenze delle imprese di sicurezza privata, particolare rilievo riveste il servizio di trasporto valori, sia per l'incidenza complessiva sui fatturati e l'impiego di personale, sia per la delicatezza e pericolosità che può rivestire per gli addetti e per i frequentatori degli esercizi dove si svolge;

   ai sensi dell'allegato D, punto 3.1.3, del decreto ministeriale n. 269 del 2010 si dispone che il servizio di trasporto valori fino a 1,5 milioni di euro debba essere svolto da almeno 3 guardie private giurate a bordo di un furgone blindato. Di contro, al successivo punto 3.1.4, in tabella A, si specifica che il personale impiegato può ridursi a due unità qualora si utilizzino furgoni blindati dotati di sistemi ad alta tecnologia;

   se tale previsione può avere una sua logica con riferimento alla specifica fase del trasporto, a parere dell'interrogante, appare meno appropriata relativamente alle fasi che precedono e seguono il trasporto vero e proprio, ovvero il prelievo e il deposito del denaro;

   infatti, in tali fasi deve essere eseguita la cosiddetta «bonifica del perimetro» che prevede il controllo da parte di un operatore affinché nessuno intralci o interrompa il servizio che deve svolgersi nel minor tempo e con la massima attenzione possibile, al fine di ridurre al minimo i rischi;

   come noto, il servizio di prelievo e di deposito si svolge prevalentemente all'interno di supermercati, uffici postali, banche, tutti luoghi normalmente frequentati da un'utenza numerosa e inerme. Tenuto conto che l'unità operativa, ordinata alla guida del furgone non può in nessun caso scendere dal mezzo blindato, l'unico altro agente presente, deve contestualmente assolvere alle operazioni di bonifica e alla materiale attività di prelievo o deposito del denaro;

   appare evidente come tali condizioni di esercizio aumentino i rischi di attacchi e rapine a mano armata, mettendo a serio rischio l'incolumità degli operatori e dei cittadini che si dovessero trovare ad essere presenti al momento dello svolgimento di tali attività;

   paradossalmente, proprio la presenza sui furgoni di sistemi ad alta tecnologia, quali la macchiatura delle banconote, il rinforzo del vano valori, il sistema di blocco furgone gestito dal centro operativo, le resine biocomponenti, finisce per rendere particolarmente vulnerabili le fasi del prelievo e del deposito;

   inoltre, altrettanto evidente appare come tali metodiche operative generino un continuo stress da lavoro correlato, in contrasto con le disposizioni di cui all'articolo del decreto legislativo n. 81 del 2008 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, in relazione a quanto esposto in premessa, attivare un tavolo di confronto nel settore della vigilanza, con il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, in particolar modo per quanto concerne il trasporto valori, al fine di rivedere la normativa vigente con l'obiettivo di migliorare gli standard di sicurezza, anche per i cittadini, di tutte le fasi del servizio.
(4-00746)


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la città di Udine è al centro di un ingente flusso di migranti proveniente dalla rotta balcanica. Il sindaco Fontanini segnala, infatti, che nell'ultima settimana l'aumento migratorio in regione ha comportato di riflesso una ripresa di entrate anche a Udine;

   è una situazione che va urgentemente bloccata, poiché il numero dei richiedenti asilo è arrivato a 318, con il rischio di superare nel breve periodo il limite delle 320 presenze stabilite nel bando per la gestione dell'accoglienza nell'ex caserma Cavarzerani;

   il controllo del fenomeno migratorio deve interessare anche la rotta balcanica e, dunque, gli arrivi via terra. Di contro, sembra che il Governo stia intervenendo esclusivamente sulle entrate via mare dalla Libia;

   è necessario garantire sul territorio il rispetto della quota di 2,5 richiedenti per 1000 abitanti, quindi circa 250 migranti;

   attualmente i richiedenti asilo alla caserma Cavarzerani di Udine, si ribadisce, sono 318, a cui vanno aggiunti quelli ospitati negli appartamenti in virtù del progetto Aura che si concluderà il 31 dicembre 2018 in totale di 700 richiedenti asilo;

   nell'ultima settimana le entrate sono raddoppiate in particolare da parte di pakistani e afghani provenienti dalla Slovenia. A parere del prefetto i migranti non giungono attraverso il Brennero, il Pramollo e il Coccau, dove gli austriaci hanno ripreso i controlli, ma si sono spostati dalla Croazia alla Bosnia e passando per la Slovenia, giungono a Trieste –:

   se e quali urgenti iniziative intenda porre in essere il Ministro interrogato affinché ci sia un efficace controllo del flusso migratorio proveniente dalla rotta balcanica e sia arginata l'entrata di migranti in Friuli Venezia Giulia, in particolare, a Udine, poiché il territorio interessato non può sostenere l'accoglienza dell'attuale numero di entrate di richiedenti asilo.
(4-00747)


   MAGI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante è venuto a conoscenza della circostanza che ad alcuni richiedenti asilo nel territorio di Chieti sarebbe stato chiesto dall'ente gestore di abbandonare le strutture che li ospitavano all'esito del processo d'appello in merito al ricorso contro l'esito negativo alla richiesta di protezione internazionale da parte della commissione territoriale competente;

   a quanto si è appreso da segnalazioni giunte da parte di associazioni di tutela, fin dai primi casi segnalati, risalenti a marzo 2017, i richiedenti asilo ospitati dal Consorzio Matrix (Consorzio di cooperative che gestisce i centri C.a.s. e S.p.r.a.r. nel vastese e in altri territori) avrebbero subito pressioni e sarebbe stato loro prospettato, se non fossero andati via «spontaneamente», l'intervento delle forze dell'ordine;

   alla base del comportamento del personale del Consorzio Matrix ci sarebbe, a quanto consta all'interrogante, una circolare del prefetto di Chieti ove si dice genericamente che il programma di accoglienza cesserebbe automaticamente ex legem non appena sia depositata la sentenza d'appello;

   è sempre necessario un provvedimento ad personam di revoca da parte della prefettura competente che disponga la cessazione del programma di accoglienza in modo specifico per ogni singolo richiedente, disciplinato dall'articolo 23 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142;

   l'accoglienza è un diritto soggettivo perfetto del richiedente asilo e, in quanto tale, ogni sua compressione o limitazione deve essere tassativamente prevista dalla legge. Un eventuale provvedimento di revoca, dunque, sarebbe viziato da eccesso di potere e violazione di legge;

   ai sensi dell'articolo 35-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, il richiedente asilo che si sia visto respinto il ricorso di primo grado e intenda permanere sul territorio nazionale in attesa del ricorso per Cassazione, può proporre un'istanza di sospensione ad hoc al tribunale entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento; in tal caso le misure di protezione durano sino al permanere dell'effetto sospensivo del ricorso proposto avverso il provvedimento di rigetto della protezione internazionale, e quindi fino alla sua definizione con sentenza passata in giudicato;

   è utile a tal fine richiamare l'ordinanza di accoglimento del tribunale di Venezia del 20 aprile 2018 su un caso simile la quale evidenzia che la ratio delle misure di accoglienza non è quella di prevenire il rimpatrio ma di assicurare al richiedente asilo una idonea sistemazione sul territorio nazionale per tutto il tempo in cui è in attesa della decisione sulla sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale –:

   se corrisponda al vero che siano state disposte tali revoche e in che numero – nel 2017 e fino al mese di luglio 2018 – e sulla base di quali norme abbia eventualmente agito la prefettura di Chieti;

   quali altre prefetture in Italia abbiano eventualmente emanato circolari simili, quanti siano stati i provvedimenti di revoca su tutto il territorio nazionale nel 2017 e fino al mese di luglio 2018 e per quali motivi siano stati disposti.
(4-00750)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la regione Friuli Venezia Giulia nel corso degli ultimi anni ha fatto fronte al fenomeno dei flussi migratori attuando politiche che prevedevano l'accoglienza diffusa, ossia la collocazione sul territorio di piccoli gruppi di migranti presso i vari comuni della regione, in regime di volontarietà e con un sistema di incentivi regionali indirizzati alla realizzazione di progetti di integrazione;

   in alcune occasioni, per il Friuli Venezia Giulia, alcune testate hanno utilizzato l'espressione «Lampedusa del nord», e la passata amministrazione regionale ha chiesto e ottenuto che, in ragione delle specificità degli arrivi via terra, analoghi a quelli via mare, una volta superata la quota del tre per mille indicata dal Ministero dell'interno, i richiedenti asilo in soprannumero rispetto alla detta quota, fossero ricollocati in altre regioni d'Italia meno appesantite;

   dai mezzi di informazione si apprende che il varco scelto dai passeur è, in particolare, quello di Trieste e che, dopo aver percorso la cosiddetta «rotta balcanica», i migranti giungono in Friuli Venezia Giulia dove si fanno registrare e da dove non è possibile effettuare alcun respingimento;

   il fenomeno dei cosiddetti «movimenti secondari» è destinato a crescere, considerando le posizioni più volte ribadite dal Ministro dell'interno tedesco, Horst Seehofer, e dal premier austriaco, Sebastian Kurz, il quale anche recentemente ha rifiutato il ricollocamento di un piccolo gruppo dei migranti salvati a Pozzallo;

   il sindaco di Udine Pietro Fontanini, dopo l'ultimo report del comitato provinciale della Croce rossa che segnala un prossimo sforamento del numero consentito nelle strutture cittadine, ha annunciato di voler chiedere l'intervento del Ministro dell'interno;

   anche l'assessore regionale alla sicurezza del Friuli Venezia Giulia, Pierpaolo Roberti, ha confermato che il problema comincia a manifestarsi;

   il prefetto di Udine ha attestato l'intensificarsi degli arrivi dei migranti, che non giungono più via Brennero, passo Pramollo e Coccau, dove gli austriaci hanno ripreso i controlli, ma attraverso la Bosnia, passando per la Slovenia e infine giungendo a Trieste; sempre il prefetto di Udine ha quantificato gli arrivi per il capoluogo friulano nell'ordine di «un centinaio negli ultimi 10 giorni»;

   se il Ministro interrogato intenda adottare urgentemente iniziative prendendo in considerazione anche gli arrivi via terra, come avvenuto già in passato, operando un rapido intervento e chiedendo che almeno parte dei migranti presenti in Friuli Venezia Giulia sia ricollocata prioritariamente tra i Paesi membri dell'Unione europea, effettuando tra questi migranti una ricognizione a livello governativo analoga a quella fatta per i migranti salvati dal mare;

   se, in subordine, questi richiedenti asilo possano, con altrettanta urgenza, essere ripartiti tra le altre regioni italiane a minor tasso di saturazione, come già ripetutamente avvenuto nella scorsa legislatura.
(4-00751)


   D'IPPOLITO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 2017 (in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 298 del 22 dicembre 2017) il consiglio comunale di Lamezia Terme (Catanzaro) veniva sciolto, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, per infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione politica-amministrativa; con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica veniva nominata una Commissione straordinaria con «le attribuzioni spettanti al consiglio comunale, alla giunta ed al sindaco nonché ogni altro potere ed incarico connesso alle medesime cariche»; al decreto veniva allegata la prodromica relazione del Ministro dell'interno redatta anche sulla scorta degli accertamenti di rito e, in particolare, dell'accesso presso il suddetto comune disposto, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dal prefetto di Catanzaro, con decreto del 6 giugno 2017, successivamente prorogato; in particolare la relazione finale del Ministro, ha evidenziato che, in disparte i «rapporti a vario titolo tra numerosi componenti sia dell'organo esecutivo che di quello consiliare con soggetti appartenente alla criminalità organizzata (...) la relazione della commissione d'indagine ha fatto emergere un diffuso quadro di illegalità, in diversi settori dell'ente locale che, unitamente ad un generale disordine amministrativo, si sono rivelati funzionali al mantenimento di assetti predeterminati con soggetti organici o contigui alle organizzazioni criminali egemoni ed al consequenziale sviamento dell'attività di gestione dai principi di legalità e buon andamento»; nell'accertamento prefettizio sono elencate, con minuziosa ricostruzione, le varie pratiche condotte in modo poco ortodosso – fonte del sospetto collusivo e di infiltrazione malavitosa – ma anche le complete generalità dei dirigenti e funzionari del comune di Lamezia Terme che di tali comportamenti e atti amministrativi si sono resi responsabili; a quanto consta all'interrogante tutti i citati dirigenti (tre), all'infuori di uno, ormai in quiescenza, sono ancora regolarmente in servizio nel comune commissariato, anche se dopo doverosa rotazione d'incarichi; tali dirigenti, citati nella relazione prefettizia, riceverebbero ripetutamente attestati di stima e fiducia dalla terna commissariale che affiderebbe loro tutte le attività dirigenziali del comune (sono gli unici dirigenti in servizio), evitando di provvedere alla loro rimozione o, almeno, all'integrazione, consentita dalla legislazione vigente, dei quadri dirigenziali comunali con altri dirigenti di designazione provvisoria e prefettizia; tale situazione determina la totale assenza di servizi indispensabili per la città, atteso che i citati dirigenti a quanto risulta all'interrogante manterrebbero non atteggiamenti collaborativi e propositivi di fronte alle richieste dei singoli cittadini, bensì posizioni di chiusura totale e assoluta rispetto anche alle più elementari e giustificate esigenze che ogni comunità organizzata ha necessità di svolgere in campo sociale, culturale, sportivo, economico, e così via; i dirigenti più volte citati, essendo gli unici dirigenti comunali, starebbero portando a compimento atti amministrativi risalenti alla precedente amministrazione, che pure avevano formato oggetto delle motivate ragioni che avevano portato allo scioglimento del consiglio comunale, come ad esempio il piano strutturale comunale, la cui ipotetica approvazione provoca forti dissensi in città–:

   se non ritenga opportuno assumere urgenti iniziative di competenza affinché la commissione straordinaria segni una maggiore e più evidente discontinuità con l'amministrazione sciolta per infiltrazioni criminali, anche e soprattutto nella riorganizzazione degli uffici amministrativi e nei quadri dirigenziali.
(4-00753)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   OCCHIUTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   con decreto dipartimentale n. 105 del 23 febbraio 2016 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha bandito il concorso su base regionale per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento del personale docente per posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola dell'infanzia e primaria, per 6.933 posti nella scuola dell'infanzia e 17.299 nella scuola primaria per il triennio 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019;

   in particolare, per quanto riguarda la Calabria il bando prevedeva l'assegnazione di 401 posti per la scuola dell'infanzia e 708 posti per la scuola primaria e si è concluso con 441 docenti vincitori per la scuola dell'infanzia e 779 docenti vincitori per la scuola primaria;

   ad oggi, di questi vincitori di concorso sono stati immessi in ruolo 67 docenti per la scuola dell'infanzia e 83 docenti per la scuola primaria;

   le graduatorie di merito del concorso scuola 2016/17 avranno validità triennale –:

   quali iniziative urgenti intende adottare il Ministro interrogato al fine di accelerare le procedure di immissione in ruolo del personale docente vincitore di concorso, valutando anche la possibilità di intervenire con l'eventuale adozione di provvedimenti di blocco o di limitazione della mobilità sia professionale che territoriale per dare la precedenza ai vincitori del concorso 2016;

   nelle more dell'espletamento delle procedure di assunzione, se non ritenga di dover assumere iniziative per prevedere la possibilità, per i docenti in premessa, di accedere alle supplenze annuali anche tramite la graduatoria concorsuale 2016.
(4-00749)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il sito www.ilpost.it ed altri organi di informazione in data 13 luglio 2018 hanno pubblicato la notizia negli Stati Uniti la giuria del Tribunale di Saint Louis in Missouri ha condannato la Johnson & Johnson a pagare 4,7 miliardi di dollari di danni a 22 donne;

   il tribunale statunitense ha stabilito che le 22 donne hanno contratto il cancro alle ovaie a causa dell'asbesto (amianto) presente nei prodotti a base di talco, dopo un processo durato sei settimane, durante il quale sono state ascoltate decine di persone ed esperti;

   la giuria, composta da sei uomini e sei donne, ha stabilito prima i danni compensativi, fissandoli in 550 milioni di dollari, e dopo essersi riunita nuovamente ha deliberato i danni punitivi quantificandoli in 4,14 miliardi di dollari;

   gli avvocati delle 22 donne coinvolte, che hanno usato il talco per bambini della Johnson & Johnson per la loro igiene intima per decenni e alle quali è stato poi diagnosticato un tumore alle ovaie, hanno affermato che la società sapeva della contaminazione di alcuni dei suoi prodotti con l'amianto fin dagli anni Settanta, ma che non ha fatto nulla per avvisare i consumatori dei possibili rischi;

   Johnson & Johnson sta affrontando circa 9 mila casi legali che hanno a che fare con i suoi prodotti a base di talco;

   l’International Agency for Research on Cancer ha definito il prodotto come possibile cancerogeno;

   si tratta in ogni caso di una questione sulla quale è giusto che in Italia il Ministero della salute, si attivi, se a questo non si è ancora provveduto, al fine di verificare se le tracce di asbesto sono presenti nei prodotti a base di talco ed in particolare nei prodotti della Johnson & Johnson, venduti in Italia, al fine di garantire la salute alle persone che usano tali prodotti, ed eventualmente toglierli dalla commercializzazione ovvero procedere a fornire una esaustiva e ufficiale informazione ai cittadini –:

   quali iniziative intenda intraprendere o siano state già intraprese al fine di verificare la presenza di asbesto nel talco prodotto dall'azienda Johnson & Johnson commercializzato in Italia ed eventualmente procedere al ritiro dal commercio del prodotto, anche per dare una corretta ed esaustiva informazione ai cittadini sui rischi nell'uso dei prodotti a base di talco utilizzati, in particolare per l'igiene intima dalle donne.
(5-00203)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANDREA ROMANO e SERRACCHIANI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Pietro Dettori è socio e dipendente dell'Associazione Rousseau (associazione privata fondata da Gianroberto Casaleggio e presieduta dal figlio Davide, a cui tutti i parlamentari del Movimento Cinque Stelle sono obbligati a versare una quota mensile di 300 euro, a giudizio degli interroganti, con palese manifestazione di conflitto d'interesse e in sostanziale violazione della dignità del Parlamento) e ha gestito in passato il sito web beppegrillo.it;

   nonostante non si registrino sue specifiche professionalità in campo economico o manageriale, risulta agli interroganti che Pietro Dettori, già in predicato di essere assunto dagli uffici di diretta collaborazione del Presidente Consiglio Conte, sia attualmente impiegato presso gli uffici del Ministro dello sviluppo economico –:

   se Pietro Dettori sia stato assunto come collaboratore degli uffici del Ministro dello sviluppo economico;

   avendo, per quanto consta agli interroganti, il Ministro mantenuto per sé la delega alle telecomunicazioni, se non si ravvedano motivi di conflitto d'interesse nella presenzi di Pietro Dettori negli uffici del Ministro;

   sulla base di quale valutazione professionale e curricolare sia stato eventualmente assunto;

   quale sia la sua retribuzione lorda e netta;

   quali siano le sue specifiche mansioni.
(5-00204)

Apposizione di una firma
ad una mozione.

  La mozione Carnevali e altri n. 1-00009, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 giugno 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

Apposizione di una firma ad una interpellanza urgente e modifica dell'ordine dei firmatari.

  L'interpellanza urgente Labriola ed altri n. 2-00055, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 luglio 2018, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Gelmini e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Labriola, Gelmini, Occhiuto, D'Attis, Polverini, Polidori, Cortelazzo».