Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 27 settembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    nella seduta plenaria del 12 settembre 2018, il Parlamento europeo con 448 voti a favore, 197 contrari e 48 astenuti ha approvato una risoluzione su una proposta recante l'invito al Consiglio a constatare, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea, l'esistenza di un evidente rischio di violazione grave da parte dell'Ungheria dei valori su cui si fonda l'Unione;

    l'articolo 7, del Trattato sull'Unione europea, stabilisce che, su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento europeo o della Commissione europea, il Consiglio può constatare che sussista un evidente rischio di violazione grave o che esista una violazione grave e persistente da parte di uno Stato membro dei valori di cui all'articolo 2 del Trattato;

    la procedura prevista dal citato articolo 7 prevede due meccanismi differenti: uno per le misure preventive, qualora vi sia un chiaro rischio di violazione dei valori dell'Unione europea, e uno per le sanzioni qualora la violazione sia avvenuta. Le sanzioni – non definite chiaramente dai trattati – possono giungere alla sospensione del diritto di voto a livello del Consiglio dell'Unione europea e del Consiglio europeo;

    in entrambi i casi la decisione finale spetta ai rappresentanti degli Stati membri nel Consiglio europeo, con quorum diversificati a seconda della situazione: per quanto riguarda il meccanismo preventivo richiede la maggioranza dei quattro quinti degli Stati membri, mentre in caso di violazione è necessaria una decisione all'unanimità dei capi di Stato e di Governo;

    l'8 aprile 2018 si sono tenute le elezioni per il rinnovo del Parlamento magiaro nelle quali il premier Viktor Orban ha conquistando il suo terzo mandato consecutivo dal 2010. Con un'affluenza alle urne del 68,13 per cento degli aventi diritto il partito di governo, Fidesz e il suo alleato del partito cristiano democratico, con il 49 per cento dei consensi hanno ottenuto 133 seggi su 199. Secondo è il partito Jobbik con il 20 per cento e 26 seggi, terza è risultata l'alleanza socialisti-verdi con 12 per cento;

    nella sua relazione, la missione di osservazione elettorale limitata dell'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'OSCE (OSCE/ODHIR) ha dichiarato che il modo in cui le elezioni sono state amministrate dal punto di vista tecnico è stato professionale e trasparente e che nel complesso i diritti e le libertà fondamentali sono stati rispettati;

    nell'allegato alla risoluzione votata dal Parlamento europeo viene dato atto che le autorità ungheresi sono sempre state disposte a discutere la legalità di qualsiasi misura specifica, riportando numerosi casi in cui le autorità di Budapest hanno modificato le proprie norme, tenendo conto delle sentenze e dei suggerimenti delle diverse istituzioni ed organismi europei, contestando tuttavia la lenta od omessa adozione di ulteriori azioni raccomandate;

    proprio a causa della gravità dei suoi possibili effetti, la procedura di cui all'articolo 7 del TUE è particolarmente lunga e complessa, tanto da essere stata attivata soltanto una volta in precedenza, nei confronti della Polonia, senza peraltro essere giunta a termine;

    premesso che, nel caso di specie, si ritiene che non sussistano i presupposti per l'avvio della procedura, è evidente come, in considerazione delle maggioranze richieste e degli equilibri in seno al Consiglio europeo, l'ipotesi di una sua effettiva attivazione risulti altamente improbabile. Pertanto, se, come ipotizzabile, le ventilate sanzioni europee non comporteranno alcun effetto concreto, la scelta compiuta va letta in un'ottica prevalentemente e squisitamente politica, anche in relazione alle prossime scadenze elettorali del 2019;

    la discussione sull'attivazione della procedura, in questa fase storica, è infatti necessariamente condizionata da un più ampio dibattito che coincide con l'avvio della campagna elettorale per le elezioni europee e che rende impossibile una valutazione serena e oggettiva delle situazioni;

    in questo momento, la pretesa di attivare, o comunque anche solo proporre l'attivazione della procedura dell'articolo 7, pare quindi animata dal desiderio di far prevalere l'una o l'altra parte e non di affermare nel concreto il rispetto dei princìpi fondanti del Trattato dell'Unione;

    il risultato netto sarebbe sfavorevole all'Europa, per via dell'effetto o della reazione che la propaganda elettorale imprimerà alle decisioni che verranno assunte, quali esse siano, e l'Unione potrebbe risultare allora ancora più divisa e la sua crisi ancora più profonda;

    per i firmatari del presente atto di indirizzo la strada maestra continua ad essere quella del dialogo e della ragionevolezza, abbandonando ogni posizione ideologica ed evitando di commettere quegli errori che hanno portato l'Europa a non comprendere porzioni sempre più ampie della propria popolazione che – anche grazie ai ritardi nella costruzione della casa comune europea dei popoli e non solo dei governanti – vede l'Unione sempre più lontana,

impegna il Governo

1) ad attivarsi, in seno al Consiglio dell'Unione europea, affinché prosegua il dialogo con il Governo ungherese, escludendo ogni possibilità di avallare posizioni ideologiche e strumentali che rischiano, in particolare in vista delle prossime elezioni, di limitarsi a rafforzare sentimenti antieuropei e nazionalismi, senza alcuna discussione di merito sul futuro delle istituzioni comunitarie e sulla loro capacità di gestire le crisi, a partire da quella migratoria, nonché di rispondere alle legittime aspettative di benessere e sicurezza dei propri cittadini.
(1-00049) «Santelli, Pettarin, Occhiuto».

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,

   premesso che:

    con la legge n. 257 del 1992, Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto, l'Italia ha finalmente messo al bando l'attività di estrazione, importazione ed esportazione, produzione e commercializzazione dell'amianto e dei prodotti che lo contengono;

    tale importante intervento normativo non ha però risolto il problema dell'amianto in modo definitivo: le bonifiche vanno estremamente a rilento e sono previsti decenni per rimuovere le tonnellate ancora diffuse sul territorio nazionale. Pertanto, nel tempo di amianto si continuerà purtroppo a morire, come è anche emerso dai fatti resi noti con la storica sentenza del tribunale di Torino, n. 565, del 13 febbraio 2012, nei confronti della multinazionale Eternit;

    tale drammatica situazione impone di intervenire rispetto a più profili, quali la prevenzione, procedendo alla rimozione integrale del materiale cancerogeno ancora presente, e la tutela di coloro che sono più esposti ai pericoli derivanti dalla presenza di amianto, in particolare, presso i luoghi di lavoro. Ciò anche in conformità alla direttiva 2009/148/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con un'esposizione all'amianto durante il lavoro;

    al riguardo, si fa presente che il rischio connesso ai materiali contenenti amianto coinvolge molti edifici scolastici italiani, poiché costruiti in un'epoca in cui l'amianto era molto utilizzato in edilizia; difatti, è frequente rinvenire al loro interno materiale contenente amianto. A distanza di anni dalla legge n. 257 del 1992, il censimento delle scuole non è ancora stato completato;

    già nel 2012, l'Osservatorio nazionale amianto (Ona) ha reso pubblici i dati relativi alla presenza di amianto in 2.400 edifici scolastici, con una condizione di rischio estesa a 350.000 studenti e 50.000 lavoratori della scuola. Successivamente, anche il Censis ha confermato questi dati;

    secondo il registro nazionale mesoteliomi istituito presso l'Inail, che censisce le neoplasie dovute all'amianto (pleura, peritoneo, pericardio e tunica vaginale del testicolo) nel 2012 – ultimo anno analizzato – erano stati registrati 63 casi nel comparto istruzione, di ogni categorie professionale (insegnanti, bidelli, tecnici di laboratorio, e altro): 41 uomini e 22 donne;

    nel «libro bianco delle morti di amianto in Italia», l'Ona ha reso pubblici i dati dell'incidenza dell'amianto in Italia: 1.900 di mesotelioma (che provoca la morte dei pazienti nel 95 per cento dei casi); 600 per asbestosi; 3.600 per tumori polmonari;

    l'amianto provoca anche altre patologie neoplastiche (il tumore della faringe, della laringe, dello stomaco, delle ovaie e del colon retto). Spesso possono bastare anche esposizioni non elevate per provocare l'insorgenza del mesotelioma e delle altre patologie tumorali asbesto correlate;

    il picco di mesoteliomi e di altre patologie asbesto correlate è previsto tra il 2025 e il 2030 e poi inizierà una lenta decrescita;

    in Italia, ci sono ancora 40 milioni di tonnellate di materiali contenenti amianto, di cui 33 milioni di amianto compatto e 8 milioni di tonnellate di amianto friabile;

    ebbene, nella convinzione che ancora non venga affrontato adeguatamente il rischio connesso alla presenza del materiale cancerogeno nei luoghi di lavoro, si ritiene necessario intervenire, imponendo l'adozione di ogni misura disponibile volta a evitare il contatto umano con le polveri di amianto e prevedendo che l'attività lavorativa debba essere condotta utilizzando i migliori strumenti tecnologici alla luce delle conoscenze tecniche più recenti;

    si impone, inoltre, la necessità di coordinare e integrare la normativa in materia di amianto, attraverso la costituzione di un testo unico che disciplini e regolamenti tale ambito, in particolare, rispetto ai profili della tutela e della sicurezza del lavoro e delle misure previdenziali per gli aventi diritto;

    un ulteriore intervento è richiesto rispetto all'accesso anticipato al pensionamento riconosciuto, a determinate condizioni, ai lavoratori esposti ad amianto dalla citata legge, n. 257, del 1992. Sul punto, infatti, va affrontata una volta per tutte la necessità di riaprire i termini per la presentazione delle istanze finalizzate al riconoscimento dei benefici previdenziali, non più esigibili dal 15 giugno 2005, in favore dei lavoratori esposti a amianto. Ciò individuando soluzioni che escludano trattamenti diseguali come avvenuto in passato;

    tra i più penalizzati vi sono i militari, e i dipendenti del comparto sicurezza, in particolare coloro che sono stati addetti a svolgere «missioni» imbarcati nelle unità navali della Marina militare, gli stessi finanzieri «ramo mare», i vigili del fuoco e altri, che a maggior ragione, non essendo assicurati Inail, si sono trovati nell'impossibilità di poter far valere il loro diritto, così determinando una ingiustificata discriminazione;

   è, dunque, urgente dare delle risposte efficaci a tutti i lavoratori esposti ad amianto,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a tutelare i lavoratori che, in considerazione del luogo di lavoro, rischiano maggiormente danni da esposizione da amianto e adottare innovative misure di protezione che, grazie alle conoscenze tecniche più recenti, possano prevenire il contatto con le polveri cancerogene;

   ad adottare idonee iniziative normative finalizzate al coordinamento e all'integrazione della disciplina vigente, con la costituzione di un testo unico che disciplini la materia rispetto alla sicurezza sul lavoro e alle misure previdenziali;

   a porre in essere iniziative normative a tutela dei lavoratori esposti ad amianto, affinché siano riaperti i termini per la presentazione delle istanze di riconoscimento dei benefici previdenziali riconosciuti dalla legge n. 257 del 1992 e non più esigibili dal 15 giugno 2005, estesi anche al personale civile e militare delle Forze armate e del comparto sicurezza (Guardia di finanza, polizia di Stato, vigili del fuoco).
(7-00055) «Rizzetto, Bucalo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   già nel 2004 il Consiglio europeo richiese la preparazione di una strategia globale per la protezione delle infrastrutture critiche;

   il 17 novembre del 2005 la Commissione ha adottato un libro verde relativo a un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche, culminato, al termine di un ampio confronto con i Paesi membri, nella emanazione della direttiva 2008/114/CE dell'8 dicembre 2008, concernente «l'individuazione e la designazione delle infrastrutture critiche europee e la valutazione della necessità di migliorarne la protezione»;

   per «infrastruttura critica» la direttiva intende un elemento, un sistema o parte di questo essenziale per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della salute, della sicurezza e del benessere sociale ed economico dei cittadini, il cui danneggiamento o la cui distruzione causerebbe l'impossibilità di mantenere tali funzioni;

   la direttiva rimanda l'applicazione degli interventi finalizzati alla protezione delle infrastrutture critiche ai soggetti/proprietari responsabili della loro costruzione, manutenzione e funzionamento;

   la direttiva è stata recepita in Italia attraverso il decreto legislativo n. 61 del 2011;

   il decreto n. 61 del 2011, nel riprendere le definizioni e gli indirizzi della direttiva, prevede la predisposizione di un piano di sicurezza dell'operatore (PSO) per ciascuna infrastruttura, la costituzione di un «nucleo interministeriale situazione e pianificazione (NISP)», insediato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che individui opere e priorità limitatamente ai settori dell'energia e dei trasporti;

   in effetti, il programma EPCIP (European Program far Critical Infrastructure Protection) prevede la protezione di molti più settori, che possono essere così riepilogati:

    energia e relativi sottosettori;

    trasporti e relativi sottosettori;

    tecnologie dell'informazione e della comunicazione;

    acqua;

    alimenti;

    salute;

    finanza;

    industria chimica;

    industria nucleare;

    spazio;

    ricerca;

   allo stato, non sembra sussistere una lista definitiva delle infrastrutture critiche nazionali. Le attività del nucleo interministeriale situazione e pianificazione (Nisp), istituito ai sensi dell'articolo 4 del citato decreto legislativo n. 61 del 2011, non risultano pubbliche;

   i recenti drammatici eventi che hanno interessato infrastrutture stradali, ferroviarie e idriche esigono un'accelerazione dei processi di messa in sicurezza e protezione di settori essenziali al mantenimento delle funzioni vitali della società, soprattutto in relazione a quanto disposto dal citato decreto legislativo n. 61 del 2011 –:

   quali siano le risultanze delle attività del Nucleo interministeriale e della struttura responsabile di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 61 del 2011 in ordine all'individuazione delle infrastrutture critiche europee, segnatamente in relazione ai settori dell'energia e dei trasporti, come meglio specificati nella lista dei sottosettori, tra i quali viene indicato con priorità il trasporto stradale;

   quali siano i contenuti degli eventuali decreti dirigenziali di cui al comma 2 dell'articolo 5 del medesimo decreto legislativo, aventi ad oggetto l'individuazione e la comunicazione delle infrastrutture individuate in territorio nazionale rispondenti alle caratteristiche di criticità indicate nelle linee guida della Commissione europea;

   se il ponte autostradale «Morandi» di Genova sia stato ricompreso nella lista delle infrastrutture critiche europee, e, in caso contrario, per quali ragioni ciò non sia avvenuto, essendo evidente che la sua distruzione avrebbe avuto un significativo impatto su almeno due Stati membri dell'Unione, producendo notevoli ricadute negative anche sulla base dei criteri di valutazione di cui al comma 2 dell'articolo 6, segnatamente riferiti: alle possibili vittime, in termini di morti e feriti; alle possibili conseguenze economiche, in termini di perdite finanziarie, di deterioramento del bene o servizio e di effetti ambientali; alle possibili conseguenze per la popolazione, in termini di fiducia nelle istituzioni, di sofferenze fisiche e di perturbazione della vita quotidiana, considerando anche la perdita di servizi essenziali;

   se, nel caso di specie, sia stato definito il piano di sicurezza, dell'operatore di cui all'articolo 12 del citato decreto legislativo, e ne siano state attivate le modalità di implementazione;

   se l'eventuale mancato inserimento del ponte «Morandi» nella lista delle infrastrutture europee ed il mancato eventuale adempimento del decreto legislativo n. 61 del 2011, non siano da valutare, per quanto di competenza, anche sotto il profilo di eventuali responsabilità e ai fini di segnalazioni ad ulteriori autorità competenti.
(2-00121) «D'Ettore, Gagliardi, Sozzani, Bagnasco, Mulè, Cassinelli, Cortelazzo, Casino, Giacometto, Labriola, Mazzetti, Ruffino, Pettarin, Cannizzaro, Siracusano, Fiorini, Bignami, Carrara, Silli, Ripani, Zangrillo, Marin, Bond, Baratto, Mugnai, Mandelli, Pella, Paolo Russo, Martino, Bartolozzi, Maria Tripodi, D'Attis, Battilocchio, Barelli, Sorte, Fatuzzo, Cannatelli».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   i lavori per la costruzione del Terzo valico prevedono un cronoprogramma di realizzazione di 118 mesi a partire dal 2 aprile 2012;

   i primi 4 lotti sono stati finanziati e sono il I all'86,20 per cento di lavori realizzati, il II al 64,94 per cento, il III al 23,54 per cento e il IV al 20 per cento;

   il V lotto del Terzo valico che è stato finanziato e approvato dal Cipe con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 27 luglio 2018 è pronto per essere consegnato all'impresa aggiudicataria;

   il Terzo valico come tutto il «pacchetto» delle grandi opere è stato affidato all'esame di un pool di esperti della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'aggiornamento della valutazione costi/benefici;

   i lavori di questa commissione, secondo lo stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti non sarà pronto prima della fine di novembre;

   il presidente della regione Liguria Toti ha denunciato che, se non si sblocca immediatamente questa situazione di stallo sono a rischio oltre 150 posti di lavoro a partire da ottobre 2018;

   al contrario il VI lotto del Terzo valico, che risulta finanziato dal fondo infrastrutture del 2018 con deliberazione del Cipe del 22 dicembre 2017, ancora non ha trovato copertura finanziaria –:

   se trovi conferma che i lavori del V lotto del terzo valico sono nella situazione descritta in premessa;

   quali iniziative il Governo intenda adottare per sbloccare immediatamente i lavori evitando il licenziamento di centinaia di maestranze;

   quali iniziative il Governo intenda assumere per rendere disponibili i fondi per i lavori del VI lotto.
(2-00120) «Colucci, Lupi, Tondo, Sangregorio».

Interrogazione a risposta orale:


   FATUZZO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il settore dell'emittenza radio-televisiva locale è in gravissima crisi occupazionale. Risultano essere in corso circa 2.500 licenziamenti a causa delle disposizioni introdotte dal decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento concernente i criteri di riparto tra i soggetti beneficiari e le procedure di erogazione delle risorse del fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione in favore delle emittenti televisive e radiofoniche locali, che in linea di principio per l'anno 2016 avrebbe dovuto sostenere l'occupazione con un fondo di oltre 89,6 milioni di euro;

   il sistema di riparto del fondo prevede la partecipazione al bando con alcuni requisiti che le stesse emittenti denunciano come discriminanti e che sono basati sull'ampiezza della popolazione regionale servita, sul numero di dipendenti da assumere, sul dato Auditel, sull'abbattimento quasi totale delle televendite;

   inoltre il sistema si mostra in violazione della direttiva europea sul regime de minimis per il quale l'importo complessivo delle misure di aiuto di Stato concesso a una singola impresa non può superare i 200mila euro nell'arco di tre anni;

   il risultato segnalato dalle emittenti è una sostanziale riserva del 95 per cento del monte contributi alle prime cento imprese in graduatoria e del solo 5 per cento corrisposto a tutte le circa mille restanti imprese rimanenti, con casi eclatanti quali Telemare con appena 5.074 euro e Tele A 57 con 4.825 euro;

   sulla scorta di queste considerazioni l'Associazione delle emittenti radio-televisive locali ha proclamato lo stato di agitazione per scongiurare il rischio di chiusura;

   a parere dell'interrogante questi criteri, lungi dal favorire il pluralismo delle televisioni locali le soffocano, costringendone la quasi totalità a fallire o chiudere –:

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza per modificare il suddetto regolamento con urgenza per garantire la pluralità della informazione.
(3-00200)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, GAGNARLI, ALBERTO MANCA, DEL SESTO, CILLIS, CASSESE e LOMBARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   in Italia le competenze marittime sono distribuite in maniera non coordinata e poco efficiente su molteplici amministrazioni centrali e ambiti territoriali e locali;

   le politiche marittime nazionali risultano parcellizzate «a compartimenti stagni» nei tre Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;

   il settore dell'ittica e della pesca risentono negativamente di tale frammentazione: il nostro Paese non riesce a trarre vantaggio dall'enorme potenzialità che invece offre la risorsa «mare» in termini di turismo, pesca, acquacoltura e risorse alieutiche, porti, trasporti marini, energie rinnovabili, ricchezza ambientale e biodiversità presenti nei mari;

   gli operatori della pesca e dell'ittica lamentano la farraginosità delle procedure burocratiche e la lontananza delle amministrazioni pubbliche con cui hanno si rapportano quotidianamente per l'esercizio delle loro attività;

   in materia di controlli, non di rado si riscontrano duplicazioni e ridondanze improprie proprio in conseguenza delle diverse autorità che si occupano di affari marittimi. Ciò si ripercuote negativamente sugli operatori che, oltre a subire i lunghissimi tempi della giustizia, debbono sopportarne gli inevitabili costi;

   l'Unione europea incoraggia gli Stati membri ad adottare politiche marittime integrate al fine di superare le criticità che il loro mancato coordinamento comporta;

   il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca garantisce specifiche risorse per rafforzare lo sviluppo e l'attuazione della politica marittima integrata;

   la ricerca scientifica dovrebbe entrare a fare parte dei sistemi che le istituzioni dovrebbero utilizzare per meglio indirizzare lo sviluppo sostenibile, duraturo e competitivo delle attività marittime e della pesca;

   al fine di colmare le attuali debolezze del sistema marittimo nazionale e avviare una ripresa efficace delle imprese che operano nel mare, sarebbe auspicabile l'istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di una struttura di missione per il coordinamento e l'integrazione degli affari e delle attività marittime con l'unificazione delle attività di controllo di competenza marittima, tra cui quelle sulla pesca e sul codice della navigazione;

   la struttura di missione per essere efficace dovrebbe avere come riferimento politico un sottosegretario dotato di deleghe e poteri effettivi in materia di politiche marittime integrate e disporre di una struttura amministrativa autorevole in grado di esercitare un effettivo indirizzo e direzione verso le amministrazioni coordinate;

   si dovrebbe altresì elaborare un piano nazionale integrato degli affari e delle attività marittimi, in cui siano delineate le linee programmatiche su cui basare le azioni per lo sviluppo sostenibile, interconnesso e convergente delle attività dell'uomo incentrate sul mare, segnatamente di quelle afferenti ai trasporti marittimi ed ai porti, all'energia, alla ricerca sui mari, alla pesca, alle pratiche alieutiche ed al turismo, alla tutela delle risorse naturali ed ambientali connesse ai mari;

   per consentire agli operatori marittimi e della pesca di svolgere con efficienza e agilità i propri affari e attività, si dovrebbe istituire uno sportello unico per le attività marittime quale unico punto di accesso per il richiedente in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti la sua attività produttiva, che fornisca una risposta unica tempestiva in luogo delle diverse amministrazioni, coinvolte nel procedimento interessato –:

   se il Governo intenda intraprendere iniziative urgenti affinché in Italia si pervenga a un approccio più coerente e integrato delle questioni marittime e se, per lo scopo, intenda adottare iniziative per prevedere l'istituzione, ai sensi del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di una apposita struttura di missione volta al coordinamento delle diverse amministrazioni marittime interessate che si occupi, in particolare, delle questioni sopra descritte.
(5-00553)


   FREGOLENT. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), all'articolo 974, 975, 976, 977 e 978, il legislatore ha istituito un programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia;

   la città metropolitana di Torino ha partecipato al bando rientrando nei 120 progetti vincitori risultando al 38° posto in graduatoria con il progetto: «ToP Metro – Città Metropolitana Riqualificazione Periferie»);

   il 18 dicembre è stata firmata con il Presidente del Consiglio la relativa convenzione, registrata poi alla Corte dei conti;

   i primi 24 comuni hanno beneficiato delle risorse previste all'articolo 1, comma 978, della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Per i restanti 96 comuni il finanziamento è stato assicurato dalle risorse di cui ai commi 140 e 141 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017);

   con quello che l'interrogante giudica il pretesto di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale 13 aprile 2018 n. 74, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nella parte in cui non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale, il decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, ha differito al 2020 l'efficacia delle convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017;

   in particolare, la revoca dei finanziamenti renderà impossibile la realizzazione dei 91 progetti della città metropolitana di Torino che, in particolare, coinvolgono i comuni di Rivoli, San Mauro, Settimo e Venaria e riguardano l'arredo urbano, l'abbattimento di barriere architettoniche, la riqualificazione di aree e spazi pubblici degradati, la messa in sicurezza di edifici, la sistemazione di parchi urbani ed aree ricreative, la promozione della mobilità ciclabile;

   questa scelta del legislatore lede il rapporto di leale collaborazione tra enti costitutivi della Repubblica come da dettato costituzionale;

   si tratta quindi di una decisione secondo l'interrogante arbitraria che danneggia i cittadini e la periferia della città e penalizza conseguentemente progettisti e imprese con cui il comune ha contrattualizzato degli impegni;

   il valore finanziario complessivo della spesa per investimenti destinata a questo progetto ammonta a 93.006.344,27 euro comprensivo dei cofinanziamenti. La quota complessiva da imputare al finanziamento statale corrisponde a un valore di 39.942.803,58 euro;

   il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte dopo un incontro con l'Anci l'11 settembre 2018 ha promesso che «nel prossimo decreto del Governo, sarebbero stati stanziati i fondi nell'arco di un triennio, sulla base delle effettive necessità dei comuni» per ripristinare i finanziamenti relativi al bando sulle periferie;

   non avendo avuto alcuna comunicazione in merito al promesso rifinanziamento del bando, l'Anci ha annunciato di aver interrotto le relazioni istituzionali con il Governo e ha dichiarato che i 327 sindaci coinvolti faranno ricorso al Tar e alla Corte costituzionale contro il taglio ai fondi per le periferie –:

   con quali tempistiche, con quali modalità e con quali risorse verrà finanziato il progetto «ToP Metro – Città metropolitana riqualificazione periferie» citato in premessa nel rispetto degli impegni assunti dal Governo con Anci l'11 settembre 2018 e non ancora onorati.
(5-00555)


   RIZZETTO e PETTARIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   per decenni è rimasta nascosta la verità storica dei massacri delle foibe: spietati eccidi ai danni della popolazione italiana della Venezia Giulia e della Dalmazia, avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell'immediato secondo dopoguerra, per mano dei partigiani jugoslavi e dell'Ozna;

   è inammissibile che, ad oggi, ancora non sia stata fatta piena luce su questo dramma. Al riguardo, è quasi sconosciuto l'eccidio che si è consumato in Croazia, nell'isola di Zuri, contea di Sebenico, dove, nel settembre del 1943, furono portate e infoibate oltre una cinquantina di ragazze, fucilate dagli uomini di Tito e gettate in una fossa a Gradina;

   a tale strage, seguì quella del maggio 1945, quando furono uccisi e gettati, nella medesima fossa, dei prigionieri di guerra italiani dell'Istria e di Fiume, di Trieste e Zara; la foiba di Gradina è molto profonda, addirittura lo strato degli scheletri rinvenuti, sembra sia spesso circa 7-8 metri, con almeno un migliaio di vittime;

   sono noti due partecipanti a questo crimine: Ive Alić, nato a Žirje, e Vjeko Duković, nato a Zlarinjanin. Per il resto, quasi nulla è dato sapere o, comunque, è reso pubblico su tali eccidi; in particolare, non si conoscono le identità delle vittime infoibate, né quelle di tutti i partecipanti al massacro;

   esistono ancora troppi lati oscuri legati alle vicende delle foibe; è necessario rendere accessibile ogni informazione, nel rispetto delle vittime, anche procedendo alla eventuale desecretazione dei documenti che risultino ancora coperti dal segreto di Stato –:

   per quanto di loro competenza, quali siano le informazioni del Governo sui fatti esposti in premessa relativi alla foiba di Gradina, e se e quali iniziative si intendano adottare per permettere di giungere ad una verità storica su questa strage e su tutte le vicende legate alle foibe e agli eventi intercorsi dopo la fine della Seconda guerra mondiale nei confini orientali dell'Italia, anche interessando della questione i governi sloveno e croato, nonché per favorire l'accesso a tutti i documenti presenti negli archivi dello Stato e all'estero.
(5-00558)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 144 del 1999 ha istituito, nell'ambito del Cipe, l'unità tecnica finanza di progetto (Uftp), col compito di promuovere, all'interno delle pubbliche amministrazioni, l'utilizzo di tecniche di finanziamento di infrastrutture con ricorso a capitali privati, prevedendo che la medesima unità fosse dotata di un organico di 15 unità, in parte, scelti – per un periodo di 4 anni, rinnovabile per altri 4 – tra esperti nel settore, secondo modalità da stabilire con successivo decreto ministeriale;

   la legge di stabilità 2016, al fine di ridurre i costi delle strutture, ha trasferito le suindicate funzioni dell'Uftp al Dipe, stabilendo che il medesimo possa avvalersi di un massimo di diciotto esperti in investimenti pubblici e finanza di progetto;

   con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 agosto 2016 sono stati stabiliti, in particolare, i seguenti criteri: in primo luogo, è stato stabilito che gli esperti siano scelti tra quelli iscritti ad apposita short list, aggiornata con cadenza almeno annuale; in secondo luogo, è stata stabilita che la durata dell'incarico debba essere compresa tra 2 e 4 anni, con facoltà di proroga per un ulteriore anno; infine, è stato previsto che, una volta scaduto l'incarico, l'interessato in possesso dei requisiti possa manifestare nuovamente il proprio interesse alla nomina, in occasione della pubblicazione online dell'avviso per l'aggiornamento della citata short list;

   il citato decreto – non avendo espressamente impedito che gli esperti, alla scadenza dell'incarico, possano chiedere nuovamente l'iscrizione alla short list – secondo l'interrogante pone, di fatto, nel nulla le regole di durata massima dell'incarico, con conseguente, possibile nomina dei medesimi soggetti, i quali si troverebbero così a ricoprire stabilmente un ufficio, senza tuttavia aver superato un concorso pubblico, in contrasto con i principi di imparzialità e buon andamento di cui all'articolo 97 della Costituzione;

   allo stato, per quanto risulta, vi è chi – avendo ricoperto l'incarico di esperto dapprima nell'Uftp e successivamente presso il Dipe – vanterebbe un periodo complessivo di permanenza finanche pari a quindici anni –:

   se siano a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intendano adottare al fine di superare tale sistema di reclutamento, a giudizio dell'interrogante di dubbia trasparenza ed imparzialità.
(4-01217)


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da articoli giornalistici si apprende della chiusura della sede Inps di Castel di Sangro;

   se la notizia corrispondesse al vero si tratterebbe di una grave penalizzazione, purtroppo non certo la prima, delle aree interne, in particolare del territorio aquilano, a conferma della lontananza dei centri decisionali pubblici e delle istituzioni dall'entroterra della provincia aquilana;

   in una nota la Cgil provinciale, unitamente allo Spi e alla Fp, a proposito di tale scelta denuncia: «Una scelta che contraddice non soltanto le affermazioni quasi giornaliere che rassicurano sul mantenimento dei servizi nei centri di montagna, che non soltanto ridurrà i servizi previdenziali che l'Inps deve garantire ai cittadini, ma che andrà a colpire un'area economicamente vivace, dove la presenza di numerose aziende soprattutto turistiche e del terziario deve essere appoggiata da tutte le prestazioni che l'economia locale richiede. Soprattutto — ed è questo il caso dell'Inps — se a svolgerle sono aziende pubbliche il cui obiettivo prioritario è quello di garantire i servizi dovuti agli utenti anche delle zone più distanti e svantaggiate, evitando che ci siano anche in Abruzzo cittadini di serie A e cittadini di serie B.»;

   spetta alla politica e alle istituzioni offrire soluzioni a tutela delle piccole comunità e delle aree montane, in un'ottica di accesso ai servizi di tutti i cittadini, in ogni area del Paese –:

   quali orientamenti il Governo intenda esprimere in riferimento a quanto esposto e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze.
(4-01224)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MANCINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare operano circa 400 lavoratori della Sogesid, società in house del Ministero, di cui circa 360 assunti con contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti e gli altri con contratti di prestazione professionale a partita Iva;

   quasi tutti questi lavoratori operano al Ministero da oltre 10 anni, alcuni da oltre 20, con rapporti e contrattualizzazioni diverse, ma svolgendo nei fatti sempre il medesimo lavoro «organico» alle attività istituzionali del Ministero;

   negli ultimi tre anni sono stati stabilizzati dalla Sogesid una serie di precari che da 15-20 anni lavorano per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attraverso delle graduatorie ben precise;

   questi lavoratori rappresentano circa la metà della forza lavoro quotidianamente impegnata ne| Ministero di via Cristoforo Colombo e svolgono, in buona sostanza, tutti ruoli tecnici, di cui invero la pianta organica del Ministero è da sempre priva;

   per unanime costatazione, senza l'apporto di questi lavoratori oggi il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non potrebbe svolgere le sue attività istituzionali: in una dichiarazione rilasciata all'Agenzia di stampa Ansa in data 23 settembre 2018, lo stesso Ministro interrogato ha, infatti, affermato che non è pensabile «rinunciare alle professionalità assunte da Sogesid dal 2015»;

   nel suo «Atto di indirizzo sulle priorità politiche per l'anno 2019-2021» il Ministero afferma che «è necessario che durante il 2019 la Sogesid (...) cessi di essere utilizzata (...) quale intermediario di mano d'opera ancorché di elevata professionalità»;

   nel medesimo atto di indirizzo si afferma esplicitamente che la pianta organica del Ministero va portata da poco più di 500 unità, tutti attualmente occupati da «ministeriali», a circa mille unità;

   il Ministro ha dichiarato di voler svolgere i concorsi per coprire i posti che egli stesso creerà ampliando la pianta organica;

   la perdita, entro il 2019, di queste professionalità somministrate da Sogesid, paralizzerebbe per anni la maggior parte delle attività di tutela ambientale interna e tutte le attività internazionali in materia di ambiente e cambiamenti climatici. Sarebbe un oggettivo, nonché gravissimo danno per il Paese oggigiorno impegnato nella deregulation, in attività di risanamento e bonifica dei siti inquinati, frenando valutazioni di impatto ambientale, iter autorizzativi già in essere, attività di controllo sul sistema dei parchi e delle aree marine protette e iter degli interventi per la messa in sicurezza del territorio –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere in relazione alle tempistiche per la realizzazione dei complessi atti amministrativi ipotizzati (ampliamento di pianta organica ed effettuazione dei concorsi per 500 posti di lavoro) e se i relativi oneri a carico del bilancio dello Stato siano stati già concordati, definiti e inseriti negli strumenti di programmazione economica;

   se, e quali strumenti e/o iniziative intenda intraprendere, alla luce di quanto esposto in premessi, per ovviare nel breve-medio periodo alle eventuali problematiche e criticità rappresentate;

   se ritenga opportuno assicurare l'efficacia, l'efficienza e il buon andamento delle attività istituzionali del Ministero salvaguardando, per l'effetto, il posto di lavoro e il reddito di 400 professionalità di comprovato livello ed esperienza.
(4-01225)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   DONZELLI, FERRO e DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la sentenza della 4a sezione del Consiglio di Stato del 12 dicembre 2017, n. 5845, ha definitivamente stabilito e indicato quale consolidato orientamento giurisprudenziale che i militari possono liberamente iscriversi ad un partito politico;

   la stessa sentenza stabilisce che la mera iscrizione di un appartenente alle Forze armate a un partito politico costituisce «ab imis» lecito, che in nessun caso può essere stigmatizzato dall'Amministrazione militare;

   la stessa sentenza richiama l'articolo 1465 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010 n. 66, che, al primo comma, statuisce espressamente che «Ai militari spettano i diritti che la Costituzione della Repubblica riconosce ai cittadini», dunque anche quello di associazione a fini politici;

   l'articolo 9 del regolamento del Parlamento europeo n. 2016/679/UE relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati), al comma 1, stabilisce il divieto di «trattare dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona»;

   alcuna norma di legge impone limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici e oltretutto tale diritto costituzionale è garantito dall'articolo 49 in combinato disposto con l'articolo 98, comma terzo, della Costituzione della Repubblica;

   risulta agli interroganti che in alcune caserme e comandi militari d'Italia alcuni singoli comandanti, ad avviso degli interroganti in completa violazione di quanto sopra riportato, abbiano imposto ad alcuni militari alle proprie dipendenze di dichiarare e rivelare per iscritto se erano iscritti a partiti politici;

   risulta, inoltre, che in alcuni casi siano stati addirittura aperti procedimenti disciplinari dai quali è scaturita l'inflizione di sanzioni disciplinari di Corpo che limitano la libertà personale, quale la «consegna» in casi di opposizione al censimento e alla «schedatura» politica –:

   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare, sul piano normativo, affinché sia impedita tale violazione dei diritti politici, costituzionalmente garantiti, nei confronti dei cittadini in divisa.
(4-01222)


   GALANTINO e ROBERTO ROSSINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   sulla pagina Facebook dell'Esercito italiano è stato pubblicato, in data 23 settembre 2018, un post riguardante il 62° Reggimento fanteria «Sicilia» dell'Esercito italiano;

   nel post si legge: «In relazione a un audio che in queste ore circola sui social riguardante il 62° Reggimento fanteria “Sicilia” dell'Esercito, a Catania, informiamo che l'episodio è a conoscenza dei vertici militari e politici del Ministero della difesa. Informiamo altresì che, rispetto ai toni censurabili, è stata avviata una indagine interna per appurare responsabilità ed eventuali profili disciplinari»;

   a quanto consta all'interrogante, nell'audio si fa riferimento a fatti che se fossero confermati costituirebbero una gravissima violazione delle norme che disciplinano l'ordinamento militare –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire elementi in merito all'avvio dell'indagine interna riguardante il 62° Reggimento fanteria «Sicilia» dell'Esercito di cui in premessa;

   qualora l'indagine sopra richiamata fosse già conclusa, se intenda chiarirne gli esiti e quali eventuali iniziative disciplinari siano state assunte in relazione ai fatti descritti.
(4-01230)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   è in corso un vivace dibattito pubblico circa il futuro di alcuni negozi che si affacciano sulla centralissima piazza Saffi in pieno centro storico della città di Forlì;

   vi sarebbe, infatti, l'intenzione da parte della proprietà dell'Agenzia del demanio di farne degli uffici di front office dell'Agenzia delle entrate;

   si fa presente che quei locali hanno sempre avuto una destinazione a uffici; poi sono stati utilizzati come locali commerciali, come previsto dal Rue;

   l'amministrazione comunale ha effettuato una serie di incontri con la proprietà mostrando le proprie perplessità su questa possibile destinazione e riscontrando però una forte resistenza da parte dei vertici dell'Agenzia del demanio;

   un utilizzo di questi locali in chiave commerciale consentirebbe un rilancio del centro storico e la possibilità di innescare un meccanismo virtuoso di nuovo appeal per lo shopping e per la valorizzazione delle attività economiche presenti nel centro storico della città –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto richiamato in premessa e se intenda attivarsi per promuovere un incontro istituzionale tra comune e Agenzia del demanio volto a rivedere l'orientamento sulla destinazione di tali locali e ad attivare conseguentemente un protocollo istituzionale finalizzato alla loro destinazione come locali commerciali, con l'obiettivo di valorizzare il centro storico di Forlì.
(5-00552)

Interrogazione a risposta scritta:


   DARA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   a un titolare di un ristorante, in data 11 giugno 2004, veniva notificato un atto di irrogazione di sanzioni dall'Agenzia delle entrate di Castiglione delle Stiviere (Mantova), con il quale veniva irrogata a carico del ricorrente la sanzione di euro 136.664,28 prevista dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, per aver impiegato lavoratori dipendenti non risultanti dalla documentazione obbligatoria per il periodo 1° gennaio 2002-2 settembre 2002;

   il ricorso in 1° grado fu accolto in parte, determinando la sanzione per soli tre dipendenti per i giorni effettivamente lavorati anche in relazione della sentenza della Corte costituzionale n. 144 del 4 aprile 2005, depositata il 12 aprile 2005, che ha statuito e dichiarato «l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 convertito in legge dall'articolo 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73, nella parte in cui non ammette la possibilità di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell'anno in cui è stata constatata la violazione»;

   la sentenza è stata appellata dall'Agenzia delle entrate; la Commissione tributaria regionale (Ctr) competente ha dichiarato l'incompetenza di giurisdizione, ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 130 del 14 maggio 2008, che ha dichiarato «l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 ..., nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria»;

   in funzione della variazione di giurisdizione, la società doveva riassumere il contenzioso, entro 6 mesi avanti il tribunale ordinario, ma detta riassunzione non è avvenuta. Decorso il periodo suddetto, l'avviso di irrogazione sanzioni è passato in giudicato e l'Agenzia delle entrate ha proceduto all'iscrizione a ruolo delle sole sanzioni;

   con la «rottamazione dei ruoli», Equitalia non ha ritenuto «rottamabili» le suddette sanzioni in quanto «non ritenute aventi natura tributaria» nonostante siano «gestite» dall'Agenzia delle entrate;

   la definizione delle liti pendenti, sembrerebbe, ai sensi della disciplina posta dal decreto-legge n. 50 del 2017, coinvolgere anche questo caso di specie –:

   se i Ministri interrogati intendano adottare iniziative per chiarirei se la definizione di casi come quello indicato possa avvenire attraverso la «rottamazione dei ruoli», visto che il tributo è stato sostanzialmente «gestito» dall'Agenzia delle entrate e pertanto non si comprende come non possa essere incluso in detto istituto, considerato anche che, a giudizio dell'interrogante, non è conforme all'ordinamento che venga irrogata una sanzione sulla base di una norma dichiarata incostituzionale.
(4-01228)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   TARTAGLIONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del crollo del «viadotto Morandi» di Genova e del sisma del 14 e 16 agosto 2018 che ha colpito la regione Molise, il prefetto di Isernia ha indetto una riunione con istituzioni e comuni per un'analisi dello stato delle infrastrutture viarie, dighe ed edifici della provincia di Isernia;

   in data 13 settembre 2018 con ordinanza n. 77, la provincia di Isernia, al termine di un incontro convocato ad Agnone, a cui hanno partecipato i sindaci dei comuni dell'alto Molise e di Castiglione Messer Marino, Schiavi di Abruzzo e Fraine, ha ordinato la chiusura al transito del viadotto Sente-Longo, lungo la strada provinciale 86 dal 18 settembre 2018 «fino a quando non siano eseguiti interventi che garantiscano la sicurezza almeno in condizioni di esercizio ordinario». Nel testo dell'ordinanza di chiusura si parla di estrema pericolosità dovuta alla rotazione e traslazione della pila numero 3 e alla probabile formazione di un cuneo di distacco sul baggiolo già parzialmente frantumato;

   il viadotto Sente-Longo è un ponte stradale tra i più alti e importanti d'Italia, 185 metri di altezza per 1.200 metri di lunghezza con campate di 200 metri, uno dei monumenti strutturali più importanti d'Europa. Realizzato tra il 1974 e il 1977, in acciaio e calcestruzzo, è situato sull'omonimo fiume, nonché sulla linea di confine tra Abruzzo e Molise e collega le due regioni tra il territorio di Castiglione Messer Marino, in provincia di Chieti, e Belmonte del Sannio, in provincia di Isernia sulla strada provinciale 86;

   la strada provinciale 86, strada statale fino al 2001, comporta per l'ente provinciale di secondo livello un carico di competenze impossibile da gestire sul piano della sicurezza in casi di emergenza come questo; per questi motivi, è da tempo in atto una vera e propria «battaglia» da parte della provincia di Isernia, al fine di far ritornare la strada provinciale 86 tra le strade di competenza statale garantendo così la disponibilità delle risorse necessarie alla gestione e alla messa in sicurezza della stessa;

   la regione Molise rischia di tornare indietro di 50 anni, tutti gli abitanti dei comuni che gravitano sulla città di Agnone per i servizi sanitari e scolastici dovranno necessariamente recarsi in altri centri con un conseguente e gravissimo impoverimento del territorio molisano;

   la provincia di Isernia, che in seguito all'entrata in vigore della «legge Delrio», ha modificato il suo status in ente di secondo livello con conseguenze catastrofiche per il territorio, è stata costretta a ordinare la chiusura sperando in un intervento del Governo al fine di vagliare le possibili soluzioni;

   si ritiene, infatti, urgente ed indispensabile, prima di ogni intervento, un'indagine accurata che consenta di capire in quali condizioni versi la struttura e che analizzi l'attività della frana sottostante al fin di comprendere se il suolo sia ancora in grado di sorreggere l'impalcato. Tali indagini sono propedeutiche a ogni valutazione e ipotesi di intervento parziale o totale –:

   quali iniziative urgenti si intendano adottare per dare soluzione alla drammatica situazione esposta in premessa e se non si intendano assumere iniziative volte ad accogliere la richiesta avanzata con forza da tempo anche dalla provincia di Isernia, al fine di far ritornare la strada provinciale 86 tra le strade di competenza statale;

   se non si ritenga in ogni caso di adottare iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, prioritariamente per scongiurare il rischio di crollo e abbandono, nonché il rischio di chiusura permanente di un viadotto di vitale importanza per la sopravvivenza della regione Molise e dei territori limitrofi.
(3-00202)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GARIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 23 gennaio 2017, n. 25, riguarda l'individuazione di modalità innovative e sperimentali per il concorso dello Stato al raggiungimento degli standard europei del parco mezzi destinato al trasporto pubblico locale e regionale, in particolare per le persone a mobilità ridotta, ai sensi della legge 28 dicembre 2015, n. 208, anni 2017, 2018 e 2019;

   l'articolo 1, comma 866, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, per il concorso dello Stato al raggiungimento degli standard europei del parco mezzi destinato al trasporto pubblico locale e regionale, e in particolare per l'accessibilità per persone a mobilità ridotta, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti prevede l'istituzione di un fondo finalizzato all'acquisto diretto, ovvero per il tramite di società specializzate, nonché alla riqualificazione elettrica o al noleggio dei, mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale;

   a suddetto fondo confluiscono, previa intesa con le regioni, le risorse disponibili di cui all'articolo 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successivi rifinanziamenti. Al Fondo sono altresì assegnati, per le medesime finalità, 210 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, 130 milioni di euro per l'anno 2021 e 90 milioni di euro per l'anno 2022;

   Consip s.p.a. opererà quale centrale di committenza, facendo ricorso al mercato per la selezione di operatori economici fornitori di autobus destinati al rinnovo dei parchi automobili utilizzati per i servizi di trasporto pubblico locale e regionale, all'esito della quale stipulerà convenzioni ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488;

   il richiamato decreto ministeriale nel rispetto della normativa vigente, affida alla Consip s.p.a. il compito di individuare, mediante procedure a evidenza pubblica, il soggetto fornitore per ciascuno dei lotti di autobus stipulando con esso un'apposita convenzione ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488;

   suddetta procedura dovrebbe essere in linea di principio finalizzata a individuare forme di risparmio e di razionalizzazione della spesa;

   nell'ambito di un raffronto dei prezzi tra gara Consip ai sensi della richiamata normativa e l'acquisto diretto da aziende si nota ad avviso dell'interrogante una rilevante sproporzione dei costi nell'ambito della procedura che invece avrebbe dovuto portare ad un risparmio di risorse;

   la valutazione del prezzo medio di un bus accessoriato evidenzia che per ciascuna tipologia di bus si registra un costo medio superiore che oscilla dall'8,8 per cento al 25,9 per cento e che tradotto in valori assoluti va da un minimo di circa 20 mila euro ad un massimo di circa 50 mila;

   si tratta di dati che destano stupore e perplessità, perché evidenziano una incongruenza con la ratio della normativa a cui si è fatto riferimento –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, in particolare per quanto concerne il paradosso dell'aumento di spesa, e quali iniziative intenda conseguentemente assumere al fine di verificare l'attuale impianto di affidamento per il rinnovo del parco mezzi, nell'ambito del trasporto pubblico locale, valutando l'opportunità di adottare iniziative per procedere, d'intesa con le regioni, a una revisione della normativa che superi questa incredibile eterogenesi dei fini che può, in un settore importantissimo, ripercuotersi a danno dei cittadini e delle amministrazioni locali.
(5-00556)


   VISCOMI e NAVARRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   le città metropolitane di Reggio Calabria e Messina sono collegate quotidianamente da una serie di servizi di trasporto passeggeri e merci, governati dalla «direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per vie d'acqua interne» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   quotidianamente si registrano circa 20.000 passaggi sullo stretto di Messina, a evidente significazione della crescente interconnessione tra le due città metropolitane in termini di servizi, attività economiche, culturali e sociali;

   le città di Reggio e Messina e le regioni Calabria e Sicilia hanno avviato da tempo azioni finalizzate al potenziamento dell'area dello stretto, mediante l'istituzione di un bacino ottimale per il trasporto pubblico locale, con l'obiettivo di migliorare l'integrazione dei mezzi di trasporto nell'area dello stretto di Messina, anche attraverso la più efficiente allocazione di risorse europee, nazionali, regionali e locali;

   uno dei servizi più utilizzati, necessario anche a favorire l'integrazione urbana tra le due città, è rappresentato dal servizio di trasporto marittimo veloce, attuato con aliscafi e traghetti tra i porti di Reggio Calabria e Messina, a cui si integrano servizi di trasporto pubblico locale a terra garantiti dalle due città;

   l'affidamento del servizio di trasporto veloce passeggeri tra Reggio Calabria e Messina scadrà il 30 settembre 2018;

   da notizie di stampa si è appreso che gli assessori Giuseppe Marino di Reggio Calabria e Marco Falcone della regione siciliana hanno espresso forte preoccupazione per la mancata attivazione, da parte del Ministero, di procedure utili all'affidamento del servizio suddetto, anche causata dalla mancata previsione, da parte del Governo, delle risorse finanziarie necessarie a mantenere il servizio;

   la eventuale interruzione del servizio di collegamento navale tra le città di Reggio e Messina causerebbe un incalcolabile pregiudizio al percorso di conurbazione intrapreso dalle città dello stretto ed enormi disagi alle migliaia di pendolari giornalieri, con conseguenze drammatiche anche al turismo, al commercio, alle Università –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le urgenti iniziative di competenza per consentire la prosecuzione del servizio di trasporto navale veloce tra le città di Reggio Calabria e Messina.
(5-00557)


   PRESTIPINO e PIZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di agosto 2018, a seguito del drammatico crollo del ponte Morandi di Genova, gli organi di informazione hanno parlato diffusamente della pericolosità di molte infrastrutture viarie sul territorio nazionale a causa della scarsa manutenzione, tra le quali figura il viadotto «della Magliana» di Roma;

   si sono registrate nel tempo numerose segnalazioni inerenti al continuo peggioramento delle condizioni di sicurezza del citato viadotto, tanto da far interessare al caso gli organi di stampa, tra i quali il Corriere della Sera, cronaca di Roma, che il 15 agosto 2018 ha pubblicato l'intervista a un esperto in tecnica delle costruzioni, a parere del quale «Il ponte della Magliana ha oggi elevate possibilità di un crollo. Il rischio di collasso è nell'ordine delle cose»;

   il susseguirsi di notizie di tale genere e portata ha destato la comprensibile preoccupazione delle migliaia di cittadini che percorrono quel viadotto ogni giorno per i loro spostamenti quotidiani;

   secondo l'interrogante è opportuno che vengano svolte immediatamente dalle autorità preposte tutte le ispezioni e i controlli necessari per il preciso accertamento dell'attuale stato di manutenzione del viadotto «della Magliana» e, se del caso, che vengano espletate tutte le attività necessarie a garantirne la sicurezza e la stabilità, anche a costo della chiusura –:

   quali iniziative siano state adottate e quali si intendano adottare, per quanto di competenza, per mettere in sicurezza il suddetto viadotto e prevenire il verificarsi in futuro di crolli o cedimenti dello stesso e, per quanto di competenza, come si intenda garantire nell'immediatezza l'incolumità delle migliaia di cittadini che ogni giorno percorrono il viadotto «della Magliana».
(5-00559)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI e RIBOLLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il ponte San Michele (o di Paderno), che collega Paderno e Calusco d'Adda, è stato costruito nel 1887 su progetto di Julius Rothlisberger dalla società nazionale delle officine di Savigliano ed è usato per la circolazione sia stradale, sia ferroviaria (strada provinciale n. 54, strada provinciale n. 166). Ha una lunghezza di 267 metri e nel corso degli anni è stato oggetto di diversi interventi, già dalla fine della seconda guerra mondiale. Dal 2014, il ponte è stato posto sotto monitoraggio continuo, con prove di resistenza della struttura e analisi dello stato dei materiali, attraverso prove magnetoscopiche e indagini endoscopiche;

   nel mese di novembre 2015, si è conclusa la campagna d'indagine strutturale e di caratterizzazione dello stato di degrado del ponte di Paderno e, in considerazione dei risultati positivi ottenuti da tale campagna di analisi, Rete ferroviaria italiana (Rfi) ha dato avvio alla progettazione definitiva di un intervento di manutenzione straordinaria che consentirà di adeguare la struttura al passaggio dei treni viaggiatori e merci, di eliminare limitazioni di velocità dei convogli ferroviari, di consentire la contemporaneità del traffico stradale con quello ferroviario, e di riaprire i camminamenti laterali alla sede stradale;

   in data 14 settembre 2018 Rfi ha disposto la chiusura d'urgenza del ponte per improcrastinabili interventi di manutenzione straordinaria, decisi a seguito dei continui e costanti controlli che hanno evidenziato una riduzione dei margini di sicurezza del ponte; tale chiusura ha interrotto la comunicazione sia stradale che ferroviaria tra due province importantissime per i rapporti commerciali e le attività di impresa, come Bergamo e Lecco;

   il 13 settembre 2018, un giorno prima della chiusura, la provincia di Lecco aveva ricevuto una comunicazione da Rfi, che evidenziava la chiusura del ponte San Michele, dal 15 ottobre al 15 novembre 2018, per lavori importanti alla sede stradale, ai parapetti, ai camminamenti. La motivazione notava che «marcate irregolarità del piano viabile, unitamente al dissesto dei giunti, inducono vibrazioni nelle strutture del ponte, che alla lunga rischiano di incidere negativamente sulle sue capacità portanti»;

   i lavori avrebbero dovuto iniziare ad ottobre 2018 e durare circa 2 anni, ma nessuna autorità competente aveva mai ipotizzato la chiusura completa del ponte;

   ogni giorno transitavano sul ponte 50 treni e, secondo la provincia di Lecco, 15.000/20.000 veicoli; si tratta per lo più di pendolari che si spostano per motivi di studio e di lavoro; molto di questo traffico si è ora spostato sul ponte di Brivio (che anche necessita di lavori di manutenzione straordinaria), che registra lunghe code, creando un fortissimo disagio ai pendolari, già penalizzati dalla chiusura del ponte San Michele, con aumento dei tempi di percorrenza, spese e inquinamento ambientale conseguente al consistente traffico stradale –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative di competenza, anche adottando procedure straordinarie, ai fini della celere realizzazione dei lavori di manutenzione straordinaria del ponte di Paderno, allo scopo di ripristinare il collegamento stradale e ferroviario, in sicurezza, tra le due province di Bergamo e Lecco.
(4-01221)


   FRATOIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   Porto Livorno 2000 è una società a partecipazione pubblica con l'esclusiva gestione della stazione marittima e competenza quasi esclusiva sulla gestione del traffico passeggeri, crociere e traghetti, con un flusso annuo sui tre milioni di turisti. Da luglio il 66 per cento è stato ceduto alle compagnie armatoriali Moby e Msc, diventando così un soggetto con prevalenza di capitale privato;

   vi sono stati una lunga serie di errori, attese e rinvii incomprensibili sul bando di gara che hanno depotenziato la forza propulsiva di un'operazione fondamentale per il porto e la città di Livorno;

   il presidente di Porto Livorno 2000, Luciano Guerrieri, ha denunciato l'incompatibilità di quanto accaduto attraverso la manovra di cessione delle quote societarie esercitata dall'AdSP. L'ipotesi paventata sarebbe la creazione di un monopolio fra privati a discapito del servizio pubblico, affidando ai privati la totale competenza del traffico passeggeri, svuotando le competenze di Porto Livorno 2000 e rischiando di determinare anche un danno erariale;

   tacitamente vengono concesse aree ad altri operatori privati senza possesso di titoli o competenze, ad avviso dell'interrogante creando così ulteriore danno erariale, come nel caso della tensostruttura costruita in Darsena Toscana nell'area data in concessione alla Grimaldi, ora posta sotto sequestro dalla capitaneria di porto di Livorno, perché in difformità con il piano regolatore portuale;

   il segretario generale di AdSP ha definito il sequestro «un intoppo burocratico», minimizzando l'accaduto. Di fatto quell'area data in concessione pare impedisca il corretto utilizzo dell'antistante approdo pubblico;

   le scelte e le procedure di AdSP appaiono non consone a rendere il porto motore di sviluppo fondamentale per la città e il lavoro, in ottemperanza anche a quanto contenuto nel regolamento (UE) 2017/352 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 febbraio 2017 che istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti e che entrerà in vigore dal 24 marzo 2019;

   recentemente ci sono state dubbie interpretazioni della legge n. 84 del 1994 sulle concessioni alle imprese (spesso senza corrispondenza al loro piano di impresa) nonché una sovrapposizione continua fra articolo 16 e articolo 17 ALP da parte di AdSP che pregiudica la rispondenza ai criteri di legge sulle regole del lavoro portuale;

   ogni scelta strategica riguardo al porto di Livorno deve essere vagliata attentamente e rispettare le regole, soprattutto dopo le dichiarazioni del procuratore nazionale antimafia De Raho che indica nel porto di Livorno il terzo approdo italiano per il traffico di droga dopo Gioia Tauro. Oggetto delle indagini sono alcune cooperative che operano all'interno del porto con uomini legati alla ‘ndrangheta che gestiscono traffico di droga e riciclaggio;

   occorre garantire la legalità e chiarire quegli aspetti che si potrebbero configurare come un sopruso e un danno ai lavoratori, alle imprese e a chi opera nel porto per mantenere un servizio pubblico –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per verificare se le scelte adottate da AdSP possano causare un danno sul piano finanziario, se vi sia un vizio nelle attività e nelle scelte anche rispetto alle norme contenute nel regolamento (UE) 2017/352 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 febbraio 2017 che istituisce un quadro normativo per la fornitura di servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti e che entrerà in vigore dal 24 marzo 2019;

   se l'interpretazione di AdSP di cui in premessa sia conforme alla legge n. 84 del 1994;

   se intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica ispettiva urgente sulle concessioni in essere all'interno del porto di Livorno, controllando la rispondenza ai criteri di assegnazione relativamente a ogni società e azienda che vi opera, per escludere ricadute su sicurezza e indice di legalità diffusa sulla città di Livorno.
(4-01227)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   MORETTO e PELLICANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   attraverso un comunicato stampa pubblicato anche nel proprio profilo Facebook, il gruppo di Forza Nuova Venezia annuncia di aver avviato nella serata del 21 settembre 2018 le «passeggiate per la sicurezza» sugli autobus di linea del territorio del comune di Venezia;

   con tale iniziativa un gruppo di militanti di un partito politico di estrema destra, e non nuovo a iniziative provocatorie e in grado di determinare situazioni di forte tensione per l'ordine pubblico, sembrerebbe volersi sostituire al serio e quotidiano lavoro delle forze dell'ordine;

   per quanto legittima, la percezione di insicurezza dei cittadini viene in questo modo strumentalmente utilizzata fini di propaganda politica con il rischio di creare tensioni e possibili occasioni di scontri a bordo di automezzi del servizio di trasporto pubblico, determinando un aggravio per i compiti delle forze dell'ordine;

   l'organico delle forze dell'ordine a presidio del comune di Venezia, come denunciato dalle organizzazioni sindacali, risulta attualmente ancora sottodimensionato, nonostante alcuni interventi avvenuti nel corso degli ultimi anni –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, quali iniziative intenda assumere per non autorizzare manifestazioni a giudizio degli interroganti provocatorie come quella di cui in premessa e per rafforzare in termini di uomini e mezzi le forze dell'ordine in servizio a Venezia e nell'ambito della città metropolitana di Venezia a tutela dei cittadini.
(3-00201)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la risposta resa dal competente sottosegretario per l'interno all'interrogazione n. 5-00003, presentata dall'interrogante è oggetto di contestazione da parte di una sigla sindacale (si veda Libertà del 26 settembre 2018, pagina 12) in quanto, a fronte dell'effettiva assegnazione di 29 vigili del fuoco al Comando di Piacenza, l'organico sarebbe diminuito di ulteriori 4 unità in ragione del fatto che il 17 di settembre 2018 sarebbero stati trasferiti ad altri comandi 33 vigili del fuoco. In buona sostanza, ad avviso della sigla sindacale in questione la chiave di lettura del risultato finale è ben diversa da quella descritta nella risposta all'interrogazione: manca, infatti, completamente il dato delle uscite di persone trasferito a seguito della mobilità nazionale, in ragione della quale sono appunto uscite ben 33 unità dal comando di Piacenza;

   la situazione del comando dei vigili del fuoco di Piacenza continua pertanto a essere fonte di legittima preoccupazione — tenuto conto anche dei delicati compiti cui lo stesso deve fare fronte, sia per via della presenza sul territorio della centrale nucleare di Caorso, sia perché il predetto territorio rappresenta uno snodo autostradale e ferroviario di primaria importanza a livello nazionale — solo che si pensi che nei prossimi anni si avranno una quindicina di pensionamenti, che si andranno ad aggiungere alle oramai croniche 36 unità mancanti dall'organico dei vigili del fuoco di Piacenza –:

   se e quali urgenti iniziative intenda assumere il Governo al riguardo e quando verrà completata la sede del comando di strada Val Nure, con la costruzione del capannone da adibire ad autorimessa.
(5-00550)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la polizia di frontiera si occupa di pattugliare porti e aeroporti, dove gli ambiti di intervento non si limitano al solo controllo dei titoli di viaggio delle persone in arrivo e in partenza, ma concernono anche, per esempio, il controllo delle merci, nonché, relativamente agli scali aeroportuali, i pattugliamenti esterni e il controllo dei tassisti abusivi e/o delle persone in transito nelle ore notturne;

   la condizione di insularità della Sardegna non consente di effettuare con celerità gli opportuni trasferimenti di personale in caso di urgenze e/o situazioni di emergenza relativamente all'ordine pubblico e sanitario;

   il traffico aeroportuale e marittimo, da e per la Sardegna, risulta in costante aumento, per quanto concerne l'aeroporto di Cagliari, grazie all'attivazione di nuove rotte e all'operatività di nuove compagnie e, per quanto, invece concerne il porto, in ragione dell'incremento degli arrivi delle navi da crociera, della nuova politica delle compagnie di navigazione, nonché dell'operatività delle compagnie private nell'attività concernente il trasporto di container e merci;

   appare assolutamente necessario prevenire — potenziando i controlli, in particolare delle aree marittime — da un lato, l'arrivo e l'immissione nel mercato locale di prodotti contraffatti da Paesi extra Unione europea e, dall'altro lato, il traffico di sostanze stupefacenti;

   le forze di polizia frontaliera presso l'aeroporto di Cagliari sono in numero inferiore rispetto agli altri aeroporti italiani, i quali registrano, peraltro, un traffico passeggeri inferiore rispetto a quello del capoluogo isolano, con conseguenti gravi difficoltà operative; una parte delle medesime forze assegnate opera nell'aerea di Sarroch, con apposito ufficio distaccato, al fine di controllare il traffico delle navi petroliere transitanti nella medesima area –:

   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali iniziative intenda adottare per consentire una piena e funzionale operatività degli uffici di polizia di frontiera di Cagliari e della Sardegna.
(4-01218)


   FORNARO, SPERANZA e CONTE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dopo l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti sullo schema di decreto legislativo recante l'attuazione della direttiva (UE) 2017/853 che modifica la direttiva 91/477/CEE, relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi, il decreto legislativo n. 104 del 10 agosto 2018 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'8 settembre 2018. Dalla lettura del provvedimento in esame sembrerebbe essere più facile comprare un'arma;

   da quanto emerge da organi di stampa i dati sul numero di armi che circolano in modo legale in Italia non sono resi pubblici dal Ministero dell'interno. Secondo alcune stime, che risalgono al 2007, le armi nel nostro Paese sono tra i 4 e i 10 milioni;

   come evidenzia l'Agi, citando l'Associazione nazionale produttori armi e munizioni sportive e civili, ci sono 1.300 punti vendita al dettaglio di armi e munizioni, ai quali si aggiungono più di 400 associazioni sportive dilettantistiche e tiri a volo;

   tra i Paesi industrializzati l'Italia è uno di quelli con il più alto tasso di omicidi compiuti con arma da fuoco, in rapporto alla popolazione: 0,71 ogni centomila abitanti;

   in questi giorni la Commissione giustizia del Senato sta svolgendo l'esame, in sede redigente, dei disegni di legge in materia di legittima difesa –:

   se intendano fornire dati aggiornati sul numero di armi che circolano in modo legale in Italia e sul numero di possessori di armi.
(4-01219)


   GEMMATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio del comune di Bari si verificano da tempo una serie di episodi di violenza, probabilmente legati alla rivalità esistente tra clan diversi, che evidenziano due ordini di problemi che necessitano di risposte: da un lato, si pone la necessità di un potenziamento degli organici delle forze dell'ordine operanti sul territorio e dei sistemi di video sorveglianza e, dall'altro, l'urgenza di poter ripristinare la corretta funzionalità degli uffici giudiziari che sono in corso di dislocazione in sedi diverse a causa della dichiarazione di inagibilità del palazzo di giustizia, fatto che non consente alla magistratura inquirente di operare con continuità e determinazione;

   la sistematicità e l'efferatezza che caratterizzano questi episodi, costituiscono condizioni concrete, nonché elementi inquietanti e di tutta evidenza che dovrebbero portare l'Esecutivo a considerare con estrema urgenza quella che appare come una chiara emergenza sicurezza che interessa tutta la città di Bari e che pone in serio rischio l'incolumità dell'intera cittadinanza pugliese;

   soltanto negli ultimi sette giorni si sono susseguiti ben tre episodi che, secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbero riconducibili non solo al controllo delle zone utilizzate ai fini dello spaccio di sostanze stupefacenti, ma anche a rivalità tra gruppi criminali diversi per il dominio di intere zone della città;

   il 17 settembre 2018, nel quartiere Madonnella a Bari, un giovane di 28 anni è stato colpito con diversi colpi di arma da fuoco nel corso di un agguato. L'episodio è ancor più grave se si considera la presenza di molte persone e soprattutto di donne e bambini costretti a fuggire e a cercare rifugi di fortuna;

   il 24 settembre 2018 si è verificata una sparatoria nelle vicinanze del «tondo di Carbonara» che ha causato la morte e il ferimento di due persone che sembrerebbero collegate ad esponenti della criminalità organizzata operanti sul territorio barese;

   il 25 settembre 2018 l'ultima sparatoria si è verificata nei pressi di un istituto scolastico. L'episodio evidenzia la concreta necessità di rendere, questa ed altre strutture pubbliche presenti sul territorio, oggetto di un ampio quadro di provvedimenti e misure di riqualificazione e di messa in sicurezza che il Governo dovrebbe assumere, prendendo la questione in seria considerazione;

   per evidenziare ancora la necessità di un concreto supporto logistico, tecnologico e soprattutto di potenziamento di organici delle forze dell'ordine al territorio barese, è intervenuto il Ministro dell'interno che, nel corso di una recente visita in città, ha testualmente affermato che: «... Il primo impegno che abbiamo studiato al Ministero è che entro la fine dell'anno arriveranno a Bari decine di nuovi agenti delle forze dell'ordine a controllare il territorio ...» –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare affinché sia possibile affrontare, già nel breve termine, la conclamata emergenza sicurezza evidenziatasi nella città di Bari, con particolare riferimento alla possibilità di potenziare non solo gli organici delle forze dell'ordine operanti sul territorio pugliese, nonché gli strumenti a loro disposizione, ma anche di rinforzare, migliorare ed estendere la rete dei sistemi di sicurezza e di video sorveglianza al fine di garantire il diritto alla sicurezza per i cittadini di Bari;

   se il Governo intenda chiarire, in merito alla programmata dislocazione degli uffici giudiziari di Bari presso strutture alternative, quale sia il relativo stato di avanzamento e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di poter accelerare il processo di trasferimento e garantire, nel breve periodo e con la massima urgenza, il ripristino del corretto funzionamento dell'attività giudiziaria, problematica già affrontata nelle interrogazioni a risposta scritta 4-00252 e 4-00557, nonché condizione necessaria per assicurare e affermare il principio della certezza della pena soprattutto in una fase come quella attuale che evidenzia la grave mancanza di sicurezza per la cittadinanza.
(4-01220)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dalle ricostruzioni emerse sull'aggressione del 21 settembre 2018 a Bari da parte di militanti di CasaPound ad alcuni manifestanti, al termine della manifestazione antifascista e antirazzista si apprende che, finito il corteo, un gruppo di manifestanti stava rientrando a casa attraversando il quartiere Libertà;

   i manifestanti, tra cui l'europarlamentare Eleonora Forenza, hanno incontrato una ragazza molto preoccupata, anch'essa era di ritorno dalla manifestazione con il suo bambino nel passeggino. Per rientrare a casa sua, la ragazza sarebbe stata obbligata a transitare davanti la sede di CasaPound, dove c'era un gruppo di trenta militanti schierato con mazze e catene. Nonostante il pacifico corteo fosse presidiato massicciamente dalle forze dell'ordine, in quella circostanza non ve ne era traccia;

   i manifestanti hanno atteso con lei che scendessero di casa le amiche della ragazza, anche loro con figli nel passeggino, per non lasciarle da sole in quel contesto incredibilmente lasciato scoperto dalle forze dell'ordine; poco dopo, dal gruppo di neofascisti si è mosso verso di loro un gruppetto di 7-8 persone, armati di mazze, cinghie, catene. Uno dei ragazzi è stato colpito da una cinghiata, con un grosso peso da sommozzatore legato all'estremità. Miracolosamente è riuscito a parare il colpo, cavandosela con qualche acciacco e 7 giorni di prognosi;

   altri due hanno riportato diverse ferite, alcune medicate con parecchi punti in testa. La violenza con cui i militanti di CasaPound si sono accaniti su di loro è stata davvero brutale;

   le forze dell'ordine sono arrivate solo dopo, quando le aggressioni si erano moltiplicate e i passanti scappavano terrorizzati. All'arrivo delle forze dell'ordine il cordone e le cariche sono state riservate, incredibilmente, ai manifestanti antifascisti e non agli aggressori;

   sui social network è partita una campagna vergognosa con commentatori seriali e menzogne volte ad accusare gli aggrediti e non gli aggressori, fino al post, indegno per la divisa che indossa, di un operatore della polizia di Stato che, sull'accaduto, ha commentato su Facebook: «Ma quanto sto godendooooo...?»;

   appare incredibile che, vista la vicinanza tra il luogo della fine della manifestazione antirazzista e la sede di CasaPound, la questura abbia lasciato totalmente sguarnite le strade limitrofe, consentendo a un gruppo di neofascisti armati, provenienti anche da altre città, di radunarsi e muoversi indisturbati;

   i responsabili di CasaPound, nei loro comunicati, pubblicano la foto delle camionette schierate davanti alla sede e di un folto gruppo di manifestanti all'entrata di via Eritrea, sostenendo di aver subito un assalto e di essersi soltanto difesi. Peccato che quella foto sia delle ore 23.30, mentre l'aggressione è avvenuta alle ore 22.15 circa;

   a parere dell'interrogante, organizzazioni neofasciste come Casapound, per le idee che diffondono e i metodi violenti che utilizzano, andrebbero sciolte poiché si pongono al di fuori dei dettami costituzionali e in contrasto con la legge Mancino –:

   se il Ministro intenda acquisire, dalla questura e dalla prefettura di Bari, tutti gli elementi utili a chiarire perché le vie limitrofe alla sede di CasaPound non fossero presidiate dalle forze dell'ordine, nonostante la presenza di un gruppo di trenta militanti di quell'organizzazione schierato con mazze e catene e la contemporanea fine del corteo antirazzista e antifascista;

   quali iniziative intenda assumere, anche fornendo precise indicazioni alle prefetture, per monitorare attentamente iniziative come quelle esposte in premessa, al fine di evitare che movimenti d'ispirazione neofascista, che, a giudizio dell'interrogante, non si riconoscono nella Costituzione, possano compiere aggressioni di tali proporzioni contro persone inermi;

   quali iniziative di competenza intenda assumere nei confronti dell'operatore del reparto mobile della polizia di Bari, che sui social network ha mostrato soddisfazione per l'aggressione descritta, essendo per l'interrogante tale comportamento incompatibile con i suo ruolo di appartenente alla polizia di Stato.
(4-01226)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCHIRÒ e UNGARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   decine di migliaia di pensionati italiani residenti all'estero hanno ricevuto e stanno ricevendo una lettera dell'Inps con la quale viene chiesta la restituzione di somme «indebitamente» percepite e contestate dall'istituto previdenziale italiano in seguito agli accertamenti reddituali effettuati nel corso degli anni;

   l'impatto economico, umano e psicologico di queste lettere è devastante, considerate sia l'assenza di dolo degli interessati che la loro totale buona fede (in taluni casi alcune sedi provinciali dell'Inps intimano che la restituzione degli importi deve avvenire tramite bonifico entro 60 giorni dalla data di ricezione della lettera raccomandata e che se non dovesse essere rispettata tale scadenza, sarà dato corso all'azione legale per il recupero coattivo delle somme indebite);

   in un'audizione tenutasi la scorsa legislatura (luglio 2017) presso il Comitato per gli italiani nel mondo della Camera il presidente dell'Inps Tito Boeri ha quantificato in circa 100.000 le pratiche di prestazioni indebite relative a residenti all'estero titolari di pensioni in regime convenzionale;

   circa 60.000 pratiche erano (sono) interessate dall'attività di recupero; l'importo da recuperare è di circa 270 milioni di euro;

   le pensioni dell'Inps in pagamento all'estero sono circa 380.000; ciò significa che sono oggetto di ripetizione di un indebito più di un quarto delle pensioni erogate all'estero;

   si tratta ovviamente di una situazione clamorosa ma di difficile decifrazione e che appunto lascia molto perplessi, visto che non può essere il dolo da parte dei pensionati debitori la causa degli indebiti;

   è quindi presumibile che il costituirsi di questo elevato numero di indebiti sia da ascrivere alle modalità e alle procedure adottate dall'Inps ai fini della attribuzione dei diritti previdenziali legati a limiti di reddito e alla verifica, durante l'erogazione delle prestazioni, del mantenimento di tale diritto da parte dei pensionati italiani residenti all'estero –:

   quanti siano complessivamente i pensionati residenti all'estero che devono restituire somme indebitamente percepite dall'Inps; quale sia il numero disaggregato per ciascun Paese di residenza dei debitori; quali siano le cause di un numero così obiettivamente elevato di indebiti pensionistici vista l'alta percentuale (25 per cento) rispetto al numero complessivo delle pensioni erogate all'estero; quali siano esattamente le modalità di recupero adottate dall'Inps soprattutto in termini di trattenute sulle pensioni in pagamento e di salvaguardia del trattamento minimo; quali siano esattamente le modalità di recupero adottate dall'Inps in termini di pagamento con rimesse di denaro e di durata dei piani di recupero; a quanto ammontino finora le somme recuperate rispetto ai 270 milioni di euro che l'Inps ha sostenuto di dover recuperare nel 2017;

   se il Ministro interrogato non ritenga utile ed opportuno valutare la possibilità di adottare iniziative per introdurre una sanatoria degli indebiti pensionistici per i pensionati italiani residenti all'estero i quali sono titolari di redditi complessivi inferiori agli importi della «tax area» Irpef italiana, visto che la Corte costituzionale ha sostenuto più volte il principio dell'importanza dell'affidamento dei pensionati nell'irripetibilità di trattamenti pensionistici indebitamente percepiti in buona fede, principio che – secondo la Corte – è tanto più meritevole di tutela ove si tratti di pensionati a reddito non elevato che destinano le prestazioni pensionistiche, pur indebite, al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia.
(4-01214)


   FOTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 2 luglio 2018 si è tenuta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la riunione conclusiva per l'espletamento della fase amministrativa delle procedure di licenziamento collettivo avviata in data 16 aprile 2018 dalla società Italiaonline s.p.a.;

   in ragione di detto accordo la società si è resa disponibile ad attivare un meccanismo di incentivazione all'esodo nei confronti dei lavoratori che non si oppongano al licenziamento. In particolare, dette incentivazioni, potranno riguardare un numero massimo di 255 lavoratori in possesso dei profili professionali dichiarati in esubero;

   l'adesione del singolo lavoratore al piano di incentivazione all'esodo comporta l'erogazione in favore dell'aderente di un importo pari a n. 30 mensilità della retribuzione come determinata e dovrà essere rappresentata alla società entro il termine tassativo del 30 ottobre 2018;

   in aggiunta a quanto sopra la società, in favore delle risorse che aderiranno al predetto piano di incentivazione all'esodo e che risultino avere ricevuto da parte della società somme a titolo di prestito individuale, si è impegnata a neutralizzare l'impatto economico conseguente la restituzione del prestito stesso, nel rispetto delle modalità previste dalla vigente normativa fiscale e previdenziale;

   quanto al trasferimento collettivo di n. 90 lavoratori appartenenti alle categorie di quadri e impiegati da Torino ad Assago, risulta che la società avrebbe dovuto inviare il 1° settembre 2018 una nota ai lavoratori interessati volta ad ottenere l'adesione (entro il 30 settembre 2018) o il rifiuto (silenzio a fronte della nota) alla proposta;

   allo scopo di gestire l'esubero dichiarato risulta che la società in questione si sia impegnata a costituire entro il 1° settembre 2018, presso la sede di Torino, una nuova unità organizzativa denominata Digital factory presso cui verrebbero impiegate parte delle risorse in esubero –:

   quale sia lo stato di attuazione dell'accordo che qui interessa, con particolare riferimento al piano di incentivazione all'esodo e al trasferimento dei lavoratori alla sede di Assago;

   se la società Digital factory non solo risulti costituita, ma sia anche operativa e quante risorse, tra quelle individuate in esubero nell'accordo sopra richiamato, risultino già impiegate;

   quali siano le ragioni per cui non risulti prevista l'applicazione della «isopensione» e se risponda al vero che detta decisione sia stata assunta in ragione di quanto comunicato dall'Inps; in caso di risposta affermativa, in ragione di quali norme la «isopensione» non possa trovare applicazione nel caso in questione.
(4-01215)


   OCCHIONERO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la categoria professionale degli «educatori penitenziari», denominati dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria «funzionari della professionalità giuridico-pedagogica» è fortemente provata dalle difficoltà del proprio lavoro e sfavorita dalle norme vigenti;

   tale profilo professionale è infatti inquadrato nel comparto Ministeri come un qualunque lavoratore amministrativo pubblico, venendo assoggettato a discipline che non tengono conto della peculiarità e della complessità del tipo di lavoro svolto quotidianamente all'interno del sistema carcerario;

   la figura dell'educatore penitenziario è costantemente esposta ad un logorio psico-fisico derivante da un contesto lavorativo difficile e dal continuo confronto con il disagio socio-esistenziale di cui è portatrice un'utenza come quella dei detenuti, destinatari degli interventi professionali degli educatori –:

   in attesa di una più ampia riflessione complessiva sulla categoria, se il Governo intenda assumere le necessarie iniziative di competenza al fine dell'inserimento del profilo degli educatori penitenziari nella categoria dei lavori usuranti, considerato che tale categoria è numericamente ridotta (circa 700), quindi con scarsa incidenza sul bilancio e sugli oneri dello Stato.
(4-01216)


   FORNARO e FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   per la fabbrica di Andezeno (TO) il Gruppo Jde, proprietario del marchio Hag dal giugno 2015, il 25 settembre 2018 ha annunciato l'apertura della procedura di licenziamento collettivo per tutti e 57 dipendenti dell'azienda e la cessazione delle attività dal primo gennaio 2019;

   nella fabbrica, fino a una decina di anni fa, si producevano 5 mila tonnellate di decaffeinato e le stime dell'azienda prevedevano addirittura un incremento. Inoltre, in vent'anni di produzione, non c'è stato mai il ricorso ad ammortizzatori sociali o cassa integrazione;

   la multinazionale ha dichiarato: «di considerare importante e unico il mercato del caffè italiano e di voler continuare ad attribuirgli un ruolo chiave all'interno dei propri futuri piani di crescita», intraprendendo successivamente delle scelte nell'opposta direzione;

   i sindacati hanno proclamato lo stato di agitazione e due giornate di sciopero –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e della motivazione della chiusura improvvisa da parte del gruppo Jde del sito produttivo di Andezeno, l'unico in Italia, e del relativo trasferimento della produzione nelle altre fabbriche europee;

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere ai fini dell'apertura di una trattativa con l'azienda per mantenere il sito in Italia e per pervenire al ritiro della procedura di licenziamento collettivo.
(4-01223)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   SPERANZA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la legge 12 dicembre 2016, n. 238, recante «Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino», all'articolo 48, in materia di contenitori e contrassegno per i vini a Dop e Igp, comma 6, prevede che i vini a Docg devono essere immessi al consumo in bottiglia o in altri contenitori di capacità non superiore a sei litri, salve diverse disposizioni degli specifici disciplinari di produzione, muniti, a cura delle imprese imbottigliatrici, di uno speciale contrassegno, stampato dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato o da tipografie autorizzate, applicato in modo da impedirne il riutilizzo. Esso è fornito di un'indicazione di serie e di un numero di identificazione;

   al successivo comma 9 del medesimo articolo si stabilisce che con decreto del Ministro sono stabilite le caratteristiche, le diciture nonché le modalità per la fabbricazione, l'uso, la distribuzione, il controllo e il costo dei contrassegni;

   la liberalizzazione della produzione di etichette dei vini, determinata da tale previsione normativa, produrrebbe risparmi di spesa per le aziende vinicole e i consorzi di almeno il 50 per centro rispetto all'attuale situazione in cui vi è un monopolio dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato;

   tuttavia, il decreto attuativo non risulta ancora essere stato emanato –:

   quale sia la motivazione della mancata adozione del decreto attuativo di cui ai commi 6 e 9 dell'articolo 48 della citata legge n. 238 del 2016.
(4-01213)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il 17 settembre 2018 le rappresentanze sindacali hanno chiesto un incontro urgente con i vertici del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) per conoscere lo stato di avanzamenti della procedura di applicazione del decreto legislativo n. 75 del 2017 e specificatamente dell'articolo 20 del suddetto decreto, avente ad oggetto il superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni, e inoltre per sollecitare l'ente ad applicare, nel 2018, importanti istituti contrattuali relativi alle progressioni verticali e orizzontali del personale di ruolo;

   in occasione dell'incontro, tenutosi il 18 settembre 2018, il presidente del Cnr, professor Inguscio, relativamente alla stabilizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori precari con i requisiti previsti dalla legge ha ribadito la volontà dell'ente di stabilizzare i lavoratori nei tempi previsti dal decreto legislativo n. 75 del 2017;

   tuttavia, a seguito della sollecitazione ad adottare la delibera per la stabilizzazione volta a dare certezze concrete al personale avente diritto, il presidente ha motivato i ritardi per l'adozione della delibera alla registrazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ancora pendente, firmato dal Presidente del Consiglio dei ministri il 28 aprile di quest'anno, per il riparto agli enti dei fondi stanziati dalla legge n. 205 del 2017 per l'applicazione del decreto legislativo n. 75 del 2017, articolo 20;

   il suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 aprile 2018, «Articolo 1, commi 668, 670 e 671, della legge n. 205 del 2017. Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con i| Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri vigilanti di individuazione dei criteri per l'attribuzione delle risorse finanziarie stanziate e degli enti pubblici di ricerca beneficiari» registrato alla Corte dei conti il 10 maggio 2018 Reg.ne – succ. n. 994 è stato pubblicato sul sito del Dipartimento della funzione pubblica solo il 21 settembre 2018;

   il presidente ha, inoltre, espresso preoccupazione in merito alla disposizione ministeriale che vieta, anche per gli enti pubblici di ricerca (Epr), di incrementare per il 2018 il fondo del salario accessorio; tale norma rischia di vanificare il dettato del sopracitato articolo 20;

   è urgente assicurare il diritto al lavoro stabile di tutti i precari del Cnr: i lavoratori che rientrano nelle categorie C.1 e C.2 attendono da tempo la stabilizzazione e rappresentano il futuro dell'ente, una vera e propria risorsa su cui investire –:

   se siano a conoscenza delle criticità descritte in premesse e quali iniziative intendano adottare al fine di superare il precariato del personale impiegato presso il Consiglio nazionale per le ricerche;

   quali iniziative intendano adottare per superare il conflitto insorto fra l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 e il blocco dell'incremento del fondo per salario accessorio, stabilito nell'articolo 23 dello stesso decreto legislativo n. 75 del 2017, considerata l'urgenza di superarlo entro la fine del 2018;

   se siano previste ulteriori risorse che permettano di portare a termine il processo di stabilizzazione per tutti i lavoratori precari C.1 e C.2 del Cnr nei tempi previsti dal decreto legislativo n. 75 del 2017, tenuto conto che la cifra stanziata nel suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri copre solo parzialmente la platea degli aventi diritto.
(4-01229)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BOLOGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'idebenone, commercializzato come Raxone cpr da 150 milligrammi, in confezione da 180 comprese al prezzo di euro 10.426 (diecimilaquattrocentoventisei), è indicato per il trattamento della compromissione visiva in pazienti adulti e adolescenti affetti da neuropatia ottica ereditaria di Leber (LHON) ed è rimborsato in classe A, se prescritto da neurologi o oftalmologi operanti in centri esperti per Lhon come determina n. 1477/2017 (17A06131), Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 203 del 31 agosto 2017. Non si tratta dell'unico marchio;

   Raxone è un analogo di Mnesis (idebenone compresse da 45 milligrammi), un medicinale contenente lo stesso principio attivo autorizzato in Italia dal 1993 ma per una diversa indicazione: trattamento dei deficit cognitivi e comportamentali dovuti a patologie cerebrali di origine vascolare o degenerativa. Il Mnesis commercializzato in classe C, compresse da 45 milligrammi, confezione da 30 compresse al prezzo di euro 51,50 (cinquantunocinquanta), è propriamente indicato negli adulti nel trattamento dei disturbi delle attività del cervello, ovvero ad esempio di linguaggio, comprensione, memoria e apprendimento, concentrazione e attenzione, orientamento, capacità di lettura e scrittura, e del comportamento dovuti a malattie del cervello causate da problemi ai vasi sanguigni o dovute all'invecchiamento;

   nel caso di Raxone il prezzo è di 0,386 euro al milligrammo, mentre per Mnesis 0,038 euro al milligrammo. Significa che in regime di rimborsabilità Raxone costa 10 volte di più. Indipendentemente dall'efficacia nella neuropatia ottica ereditaria di Leber o in disturbi genericamente cognitivi, l'idebenone può avere quindi costi molto diversi a seconda dell'indicazione, costando 10 volte meno nell'indicazione più generica –:

   se, nell'ambito delle misure atte a controllare i prezzi dei farmaci e riguardo all'opportunità che indicazioni terapeutiche diverse non debbano influenzare il prezzo dei farmaci, intenda adottare iniziative affinché vi sia una rivalutazione da parte di Aifa relativamente al prezzo dell'idebenone per il trattamento della compromissione visiva in pazienti adulti e adolescenti affetti da neuropatia ottica ereditaria di Leber.
(5-00551)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DADONE, COSTANZO e TRIPIEDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Rhibo S.p.a. è un'azienda produttrice di componentistica auto, con due unità produttive nella provincia di Cuneo, precisamente a Ceva (CN) e a Garessio (CN);

   l'azienda si trova in una situazione di crisi fin dal 2008 che ha raggiunto il suo apice nel 2013, ma negli ultimi anni si sono evitati licenziamenti e altre conseguenze sui lavoratori attraverso l'uso degli ammortizzatori sociali, che hanno consentito gradualmente una riduzione non traumatica del personale;

   ad oggi, l'azienda annovera ancora oltre settanta dipendenti tra operai ed impiegati ma, dal 1o settembre 2018, a seguito della riforma degli ammortizzatori sociali inserita nella legge cosiddetta Jobs Act, la possibilità di ricorrere a questi stessi si è esaurita;

   gli esuberi calcolati dall'azienda in base alle esigenze di lavoro dell'ultimo triennio sono della metà del personale circa. Per ovviare ai licenziamenti i lavoratori sono stati costretti a una riduzione dell'orario di lavoro: pertanto tutti manterranno il posto, ma con un part-time del 50 per cento circa;

   l'accordo è in validità dal 1o settembre fino al 31 dicembre 2018 e prevede anche altri incentivi ai lavoratori, assolutamente volontari, per coloro che volessero procedere per un distacco presso altre aziende del gruppo o che decidessero di scegliere altre strade lavorative;

   nell'accordo si precisa pure che, in caso di uscite di dipendenti, il lavoro di questi verrà ridistribuito sui restanti lavoratori e, ad oggi, tre lavoratori hanno accettato un distacco in un'altra azienda del gruppo –:

   quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di salvaguardare i lavoratori dell'azienda di cui in premessa.
(5-00554)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Vianello e altri n. 2-00117, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ermellino.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Conte n. 5-00439, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Occhionero.

  L'interrogazione a risposta scritta Iovino n. 4-01162, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Galantino, Roberto Rossini.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Prestipino n. 4-00994 del 4 settembre 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00559.