Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 7 dicembre 2018

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    nel giugno 2018 l'Organizzazione mondiale della sanità ha presentato il report «Time to deliver», contenente una serie di raccomandazioni agli Stati membri per ridurre l'impatto negativo di alimenti ricchi di grassi saturi, sale e zuccheri e migliorare la regolamentazione degli stessi;

    il report dell'Organizzazione mondiale della sanità, fra le altre raccomandazioni, sostiene la necessità di:

     accelerare l'attuazione degli impegni presi nel 2011 e 2014 per ridurre l'abuso di tabacco e di alcol, per evitare stili di vita malsani determinati in particolare da una scorretta alimentazione e dall'inattività fisica, tenendo conto, a seconda dei casi, di una spesa più attenta e consapevole e di altri interventi raccomandati per la prevenzione e il controllo di malattie non trasmissibili, nonché le priorità degli Stati membri;

     attuare interventi efficaci ed efficienti, e basati su dati oggettivi per arrestare il sovrappeso e l'obesità infantile entro il 2025, tenendo conto delle indicazioni dell'Oms;

     attuare politiche e misure legislative e regolamentari che riducano al minimo il consumo di prodotti nocivi per la salute e promuovano stili di vita sani;

     impiegare i pieni poteri legali e fiscali per attuare politiche e misure legislative e regolamentari che riducano al minimo il consumo di prodotti nocivi per la salute e promuovano stili di vita sani e forniscano un flusso di entrate per il finanziamento dello sviluppo;

     promuovere sistemi di produzione, distribuzione e somministrazione di alimenti attenti alla salute dei cittadini, al fine di ridurre l'insorgenza di malattie non trasmissibili e contribuire a promuovere una alimentazione sana ed equilibrata;

    tali raccomandazioni, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, hanno la finalità di contrastare il diabete, il cancro e le malattie cardiovascolari e l'obiettivo di ridurre di almeno un terzo, entro il 2030, i morti per le malattie non trasmissibili anche riducendo nella dieta l'apporto di grassi saturi, sale, zuccheri e alcol;

    pur essendo le finalità condivisibili, la strada inizialmente scelta non appariva, tuttavia, adeguata alle finalità stesse e ai modelli alimentari della nostra tradizione mediterranea;

    in detto documento, redatto dalla Commissione indipendente, volto a raccomandare linee di azione agli Stati membri per il raggiungimento di tale obiettivo, venivano utilizzate espressioni generiche nell'ambito dell'analisi delle possibili azioni a contrasto delle malattie non trasmissibili, riferendosi genericamente ad effetti che su tali malattie possono avere i cibi «non salutari» (al pari, peraltro, di inquinamento, fumo di sigaretta, stile di vita sedentario) e si accennava all'opportunità di utilizzare etichette che contenessero segnali di allarme sulle confezioni di tali prodotti alimentari, per scoraggiarne il consumo;

    in seguito alle polemiche che tale approvazione aveva suscitato, l'Organizzazione mondiale della sanità chiariva che la propria posizione non «criminalizza specifici alimenti», ma fornisce indicazioni e raccomandazioni per una dieta sana e che si adoperava in particolare per promuovere la riduzione del consumo di sodio, zuccheri e grassi saturi. L'Organizzazione mondiale della sanità affermava di non volere criminalizzare determinati alimenti ma di raccomandare politiche che promuovessero un consumo parsimonioso degli alimenti che hanno alti contenuti di sodio, zuccheri o grassi saturi;

    il 27 settembre 2018, i capi di Stato e di Governo dei Paesi membri delle Nazioni Unite, hanno approvato la dichiarazione «Time to Deliver: Accelerating our response to address NCDs for the health and well-being of present and future generations», tenendo conto delle molte osservazioni pervenute, e che veniva incorporata nella risoluzione dell'Assemblea generale del 10 ottobre 2018;

    il 12 novembre 2018 sette Paesi (Brasile, Francia, Indonesia, Norvegia, Senegal, Sudafrica e Thailandia) hanno nuovamente presentato, alla seconda commissione dell'Assemblea generale dell'Onu, una risoluzione nell'ambito dell'iniziativa «Global Health and Foreign Policy», contenente, sostanzialmente, le dannose e non utili misure punitive originarie;

    la nuova proposta pare voglia colpire gli alimenti che contengono zuccheri, grassi e sale, attraverso la mera apposizione di etichette nutrizionali e la riformulazione delle ricette. Tali misure, slegate da ogni qualsiasi considerazione in merito a sane ed equilibrate abitudini alimentari, consumo consapevole e prevenzione, non considerano la peculiarità delle nostre produzioni «Made in Italy», e delle tradizioni plurisecolari trasmesse da generazioni di nostri agricoltori e produttori dell'intera filiera agroalimentare, che si sono impegnati a mantenere altissimi livelli di varietà, sicurezza e qualità;

    la suddetta scelta rischia di minare un patrimonio riconosciuto nel mondo che è alla base della dieta mediterranea; l'Italia, rappresenta il 7 per cento della popolazione europea, ma ha conquistato il primato della percentuale più alta di ultraottantenni, davanti a Grecia e Spagna, e può vantare anche una aspettativa di vita che è tra le più alte a livello mondiale (pari a 80,6 anni per gli uomini e a 85 anni per le donne);

    la qualità del modello alimentare italiano, tra l'altro, è stata riconosciuta con l'iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'Unesco il 16 novembre 2010;

    tra le priorità del nostro Paese, vi è quella di favorire politiche e misure efficaci per tutelare e garantire le eccellenze italiane nel settore agroalimentare in Italia e nel mondo. Tale obiettivo si può raggiungere attraverso la realizzazione e il rafforzamento di programmi in grado di promuovere stili di vita salutari, la prevenzione delle malattie croniche, e attraverso l'implementazione di strategie multisettoriali a livello nazionale e locale;

    le politiche da sempre perseguite nel nostro Paese, considerano prioritario contrastare i fattori di rischio e promuovere una politica di sana e corretta alimentazione, attraverso investimenti significativi in prevenzione, educazione e informazione, nonché in interventi multisettoriali che coinvolgano le amministrazioni pubbliche, il mondo della comunicazione e la società civile;

    in linea con i più consolidati orientamenti scientifici, e attraverso il contributo di prestigiosi istituti di ricerca quali ad esempio il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea), l'Italia ha sempre considerato fondamentale l'interezza e la complessità della dieta e non certo il singolo alimento, evitando di classificare i prodotti «in buoni e cattivi»; tale valutazione nasce dalla considerazione che la composizione della dieta deve essere commisurata alle specifiche esigenze del singolo individuo, e non giudicata nell'ambito di una mera valutazione standardizzata;

    a questo si aggiunge il caso della Gran Bretagna che, con l'adozione dell'etichetta a semaforo sui prodotti, non accompagnata da percorsi educativi, potrebbe portare ad escludere dalle scelte dei cittadini alimenti sani che da secoli sono presenti sulle nostre tavole; tali etichette nei fatti rappresentano misure protezionistiche, barriere non tariffarie, utilizzate non tanto e non solo per tutelare i consumatori, quanto per limitare in modo surrettizio il libero commercio;

    nel 2015 l'Italia ha ospitato Expo 2015, che è stata occasione per discutere di questi temi a livello globale; nella passata legislatura il Ministro dell'agricoltura pro tempore, Maurizio Martina, a nome del Governo e di tutta la filiera agroalimentare italiana, ha più volte portato in discussione a livello comunitario la questione dell'etichettatura a semaforo, proposta dalla Gran Bretagna, sollecitando la Commissione europea ad assumere una «posizione chiara e forte» sulla questione;

    alla fine del 2017, è stato istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di lavoro a cui partecipano amministrazioni (Ministero della salute, Ministero dello sviluppo economico e Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo) e associazioni di categoria, finalizzato alla definizione di una posizione nazionale sulle espressioni sintetiche delle informazioni nutrizionali in grado di considerare le peculiarità dei prodotti nazionali e bilanciate le informazioni sugli elementi nutrizionali con un più ampio riferimento al contesto generale della dieta e dello stile di vita mediterraneo;

    il tavolo ha ipotizzato una proposta di modello supplementare di etichettatura nutrizionale, che si configura quale contributo da offrire alla discussione degli altri Paesi membri dell'Unione europea per assicurare una applicazione corretta ed uniforme delle disposizioni del Regolamento europeo n. 1169 del 2011;

    tale modello si differenzia rispetto agli altri sistemi già in atto (etichetta nutrizionale semplificata, semaforo) poiché non individua una classificazione degli alimenti sulla base della loro formulazione in termini di energia e nutrienti negativi e positivi;

    nelle prossime settimane cominceranno i negoziati sulla risoluzione, per cercare di individuare una posizione comune ed entro il 7 dicembre 2018 dovrà essere predisposto un testo definitivo che sarà poi presentato il 13 dicembre 2018 all'Assemblea generale dell'Onu, per essere votato dagli Stati membri;

    il contributo italiano dovrà essere finalizzato al raggiungimento di un sistema di etichettatura nutrizionale «front of pack» chiara, comprensibile, realmente informativa e, soprattutto, non discriminatoria del made in Italy;

    nel contempo, si dovrà, con decisione, contrastare l'applicazione di tassazioni maggiorate, poiché tale approccio, privo di alcuna componente educativa verso sane abitudini alimentari, rischia di determinare un possibile spostamento dei consumi verso prodotti di scarsa qualità nutrizionale;

    l'educazione del consumatore è ben più efficace della criminalizzazione di certi prodotti e le aziende italiane sono pronte a fare la propria parte attraverso la trasparenza delle etichette e un'autoregolamentazione del marketing verso i bambini che, a livello europeo, sta dando risultati molto importanti. Misure di distorsione del mercato come la tassazione o etichette discriminanti non fanno altro che deprimere l'economia attraverso la riduzione del gettito fiscale e dei posti di lavoro, consentendo anche ad alcuni Paesi di lanciare pratiche protezionistiche ai danni del made in Italy camuffate da provvedimenti volti a perseguire la salute pubblica;

    non esistono cibi sani o insalubri, ma solo diete più o meno sane. Le posizioni emerse nell'ambito dell'Onu e dell'Organizzazione mondiale della sanità rischiano di produrre in tutto il mondo informazioni e posizioni che, come nel caso del Cile, iniziano a marchiare con il bollino nero, sconsigliandone di fatto l'acquisto, prodotti come il parmigiano, il gorgonzola, il prosciutto e, addirittura, gli gnocchi, andando ad incidere pesantemente sulle esportazioni del «Made in Italy» agroalimentare, crollate nel caso di cui sopra del 12 per cento nei primi sette mesi del 2018 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A questo si aggiunge il caso della Gran Bretagna, che prevede l'adozione di un'etichetta a semaforo con la quale si escludono dalla dieta alimenti sani e naturali che, da secoli, sono presenti sulle tavole, «per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta»;

    il settore agroalimentare italiano nel 2018 ha messo a segno un nuovo record delle esportazioni con un aumento del 3 per cento nei primi sei mesi, dopo il valore di 41,03 miliardi del 2017, proprio grazie al traino delle denominazioni di origine (Dop) con quasi l'85 per cento in valore del «Made in Italy» che le istituzioni europee e quelle internazionali dovrebbero tutelare e non discriminare,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi con una decisa e concertata azione diplomatica in ambito europeo, affinché sia respinta o significativamente cambiata la risoluzione di cui in premessa, al fine di evitare le scorrette, inutili e dannose conseguenze che l'approvazione di un tale documento riverserebbe sulla salute, sulla qualità dell'alimentazione, sulla ricchezza delle tradizioni ed anche sul settore agroalimentare italiano, in particolare per le prospettive del nostro export;

2) ad assumere le iniziative di competenza, in tutte le sedi opportune, per la tutela e la valorizzazione delle eccellenze agroalimentari italiane, al fine di evitare che ad esse vengano applicate sovrattasse o etichette che ne scoraggino il consumo presso il più vasto pubblico;

3) a sostenere tutte le amministrazioni coinvolte, ciascuna negli ambiti di rispettiva competenza e avvalendosi degli strumenti previsti dalla normativa vigente, affinché si adoperino per rendere pienamente efficace la tutela dei prodotti di qualità italiani all'estero, imprimendo incisività e determinazione al ruolo dell'Italia in tutti i fori internazionali in cui vengono definite le politiche della salute con potenziale impatto sulla produzione e commercializzazione dei prodotti alimentari, a cominciare dall'Organizzazione mondiale della sanità.
(1-00087) «Gadda, Cenni, Cardinale, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, Incerti, Portas, Scalfarotto, De Filippo, Quartapelle Procopio».


   La Camera,

   premesso che:

    la salute riproduttiva è definita dall'Organizzazione mondiale della sanità come uno «stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale in tutto ciò che attiene il sistema riproduttivo, le sue funzioni ed i suoi meccanismi», e uno dei suoi aspetti fondamentali dipende dalla possibilità di poter regolare liberamente e in modo sicuro la propria fecondità, anche attraverso l'uso di contraccezione;

    nell'ambito dei Millennium Development Goals per il 2015, le Nazioni Unite hanno promosso il miglioramento della salute materna, auspicando l'aumento della diffusione della contraccezione come fattore di empowerment delle donne, garantendo l'accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo;

    la disponibilità di contraccettivi gratuiti, erogati a carico del Servizio sanitario nazionale, è una condizione necessaria per assicurare il diritto alla procreazione responsabile, con ricadute importanti sulla salute delle donne. In Italia, a differenza di altri Paesi europei, come la Francia, il Belgio e la Germania, la contraccezione è interamente a carico delle cittadine e dei cittadini, salvo rari casi regionali e solo per situazioni e categorie specifiche. Una scelta che sta facendo precipitare ancora più in basso il poco utilizzo di anticoncezionali nel nostro Paese, in particolare tra i giovanissimi che sono le categorie più a rischio. Oggi, infatti, solo in Emilia-Romagna, Puglia, Piemonte e Toscana è possibile acquistare un contraccettivo gratuito, Lazio e Lombardia si sanno muovendo nella stessa direzione;

    in tutti casi è prevista la gratuità per le donne che hanno avuto un'interruzione volontaria di gravidanza e per le donne nel periodo post parto, ma in Puglia, prima regione a varare un provvedimento in questo ambito, possono accedervi gratuitamente anche le donne sotto i 24 anni, le immigrate senza permesso di soggiorno, le neocomunitarie e tutte le donne di famiglie con esenzione del ticket; in Emilia-Romagna, donne e uomini di età inferiore ai 26 anni; in Piemonte solo donne under 26; in Toscana giovani dai 14 ai 25 anni, mentre nel Lazio solo donne minori;

    recentemente, anche in Lombardia la maggioranza di centro-destra ha approvato un ordine del giorno alla manovra di bilancio 2018-2020 presentato dal Partito Democratico, che rende gratuita la contraccezione per i minori di 24 anni, con lo scopo di implementare e valorizzare la rete dei consultori pubblici che li distribuiscono, e di responsabilizzare le istituzioni a fare di tutto per evitare le conseguenze tragiche di una malattia come l'Hiv, rendendo i giovani più consapevoli delle proprie scelte, indipendentemente dalla condizione economica;

    secondo i dati della Sigo, la Società italiana di ginecologia e ostetricia, in Italia soltanto il 16 per cento delle donne utilizza la pillola. Il 42 per cento delle ragazze under 25 anni non ricorre ad alcun contraccettivo durante i primi rapporti sessuali, 17,5 per cento delle persone adulte ricorrono generalmente alla pericolosa pratica del coito interrotto, il 4,2 per cento si affida ad altri metodi naturali e il 3,1 per cento al «destino»; inoltre, l'Atlante europeo della contraccezione, realizzato dall’European Parliamentary Forum on Population & Development (EPF), classifica l'Italia al 26esimo posto in Europa per l'accesso agli anticoncezionali, il counseling e l'informazione on line sul tema, su 45 Paesi presi in considerazione;

    le principali motivazioni di percentuali così basse sono attribuibili al costo eccessivo dei contraccettivi, alla mancanza di un programma di educazione e salute sessuale nelle scuole, al decadimento dei consultori, che hanno scontato pesantemente i tagli della sanità, e alla poca informazione indipendente degli operatori. Tali concause hanno reso molto difficile gestire la diffidenza nei confronti della contraccezione, e nella concezione che la sessualità sia libera e non per forza subordinata alla riproduttività. Le dirette conseguenze di ciò sono riscontrabili nell'aumento del rischio di malattie sessualmente trasmissibili, tra cui l'Hiv e nell'aumento del numero di gravidanze indesiderate, soprattutto nelle fasce più giovani;

    in base all'ultimo dato disponibile dell'istituto superiore di sanità, nel 2016, in Italia sono state registrate 3.451 nuove diagnosi di Hiv, con aumento percentuale nelle fasce giovanili, e la maggioranza di queste è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l'85,6 per cento di tutte le segnalazioni; inoltre, nei casi in cui viene utilizzato, spesso il profilattico viene visto come un metodo per evitare gravidanze indesiderate e non come un contraccettivo sicuro contro le malattie sessualmente trasmissibili;

    per ciò che riguarda le gravidanze indesiderate, in Italia le fonti Istat mostrano l'andamento decrescente del tasso di abortività soprattutto dal 2016, anno in cui la pillola del giorno dopo è diventata un farmaco SOP, senza obbligo di prescrizione o ricetta, e il cui acquisto è cresciuto nel 2017 del 15/20 per cento;

    a livello demografico, non vi è una correlazione tra il basso tasso di natalità e l'accesso alla contraccezione, anzi, come documentato dal British Medical Journal, sul quale anche la Sigo – Società italiana di ginecologia e ostetricia – ha espresso parere positivo, l'uso di contraccettivi ormonali protegge la salute e la fertilità della donna. Secondo analisi condotte su scala europea, la Francia, che è il paese più avanzato sia per l'accesso equo e gratuito ai contraccettivi, che per l'accesso all'informazione on line sul tema, è anche la nazione europea con il più alto tasso di fecondità;

    uno studio svolto nel Regno Unito dimostra che per ogni sterlina spesa per prevenire le gravidanze e fornire contraccettivi, vengono risparmiate almeno 11 sterline da parte del sistema sanitario nazionale. Mentre in Italia dati dimostrano che il sistema sanitario nazionale risparmierebbe non meno di 7-10 milioni di euro/anno;

    le leggi n. 405 del 1975 e n. 194 del 1978 si basano sull'idea e l'obiettivo che la contraccezione debba essere gratuita, così come l'accesso ai consultori, regolamentando la tutela sociale della maternità e l'interruzione volontaria di gravidanza, mentre i nuovi livelli essenziali di assistenza definiti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 prevedono l'erogazione gratuita da parte della Asl al cittadino, dietro prescrizione medica, di alcuni ausili per la cura e la protezione personale, senza menzionare alcun mezzo contraccettivo;

    il «Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole» dal 6 dicembre 2017 ha attivato una petizione pubblica per garantire la contraccezione gratuita per tutti non solo per i giovani, a intero carico del servizio sanitario nazionale che ha raccolto 65.000 firme;

impegna il Governo:

1) ad assumere le iniziative di competenza volte a rendere disponibile e gratuito in tutta Italia l'accesso alla contraccezione tramite dispositivi ormonali e medici, in linea con i princìpi posti dalla legge n. 194 del 1978, superando l'arretratezza del nostro Paese su questo fronte, al fine di diminuire il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili come l'Hiv e gravidanze indesiderate, e garantendo la tutela della salute sessuale e riproduttiva delle giovani generazioni, alle seguenti condizioni:

   a) persone di età inferiore a 26 anni;

   b) persone con Isee inferiore a 25.000 euro;

   c) coloro che sono beneficiari di protezione internazionale;

   d) sieropositivi; a coloro che hanno malattie sessualmente trasmissibili;

   e) portatori di Hpv;

   f) donne, entro sei mesi dall'interruzione volontaria di gravidanza;

   g) donne post partum entro i dodici mesi dal parto;

2) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a potenziare e migliorare la rete dei consultori, per le varie funzioni che svolgono, compresa la consulenza per la scelta del contraccettivo migliore e la prevenzione contro tutte le malattie sessualmente trasmissibili, investendo su programmi di educazione e salute sessuale.
(1-00088) «Quartapelle Procopio, Pini, Gribaudo, Schirò, Carla Cantone, Paita, Scalfarotto, Bruno Bossio, Giachetti, Carnevali, Zan, Ungaro, Serracchiani».


   La Camera,

   premesso che:

    l'11 dicembre 2018 a Marrakech, in Marocco, al summit delle Nazioni Unite è prevista la firma del Global Compact for Migration (Gcm), il trattato proposto dall'Onu per favorire una migrazione a livello globale che «sia sicura, ordinata e regolare», firmato da 193 Paesi nel 2016, nell'Assemblea generale delle Nazioni Unite di New York, come base per arrivare alla firma definitiva del prossimo dicembre;

    il principale obiettivo del Global Compact è creare una rete internazionale per l'accoglienza di migranti e rifugiati. Il punto di partenza è il principio che la questione delle migrazioni debba essere affrontata a livello globale tramite una rete di collaborazione internazionale, attraverso una lunga serie di impegni da parte di tutti i Paesi per tutelare «diritti e bisogni» di chi è costretto a fuggire dal proprio Paese;

    oltre a ribadire princìpi fondanti quali la lotta alla xenofobia, la lotta allo sfruttamento, il contrasto del traffico di esseri umani, il potenziamento dei sistemi di integrazione, l'assistenza umanitaria, i programmi di sviluppo, le procedure di frontiera nel rispetto del diritto internazionale, a iniziare dalla Convenzione sui rifugiati del 1951, il Global Compact afferma uno dei princìpi più invisi alle forze politiche di destra, a partire dagli Usa di Donald Trump, ossia quello concernente «il riconoscimento e l'incoraggiamento degli apporti positivi dei migranti e dei rifugiati allo sviluppo sociale». Il Patto prevede inoltre un maggiore sostegno ai Paesi e alle comunità che ospitano il maggior numero di rifugiati;

    il Global Compact è finanziato da contributi volontari dei Governi a UN Trust Fund, e attualmente i donatori sono: Brasile, Cile, Cina, Colombia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Regno Unito, Repubblica di Corea, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia;

    esso ha una rilevanza politica importantissima soprattutto a livello internazionale, perché può essere un'occasione per cambiare il modo con cui ci si approccia alle migrazioni, proponendo modelli di cooperazione e rimettendo al centro il multilateralismo, approccio da tutte le parti politiche di questo Parlamento sempre riconosciuto come fondamentale per sostenere e governare il fenomeno migratorio;

    il Gcm servirebbe all'Italia per una definizione complessiva, coerente e lungimirante della propria politica migratoria, superando un approccio emergenziale e settoriale che ha caratterizzato negli ultimi decenni le politiche migratorie internazionali; esso sarebbe utile come strumento per rafforzare le proprie ragioni nelle relazioni e negoziazioni con gli altri Paesi europei, diventando uno strumento di conciliazione e un filo conduttore su cui poggiare le priorità e le scelte, rafforzando così anche la richiesta italiana di una maggiore cooperazione e solidarietà e di decisioni maggiormente condivise in sede europea e internazionale; esso costituirebbe un tramite per facilitare le trattative nella definizione degli accordi con i Paesi di provenienza e di transito che occorrerà moltiplicare nel prossimo futuro;

    l'attuale Governo ha messo l'immigrazione tra i principali punti del contratto di maggioranza e della propria propaganda politica, ma affrontando il tema con un approccio settoriale, emergenziale, non all'altezza della complessità del fenomeno, e che contribuisce a creare un clima di tensione e paura nei confronti dello straniero e della diversità;

    il fenomeno migratorio non si arresterà a breve, ma sarà un tema strutturale, come è sempre stato anche nel passato: le migrazioni dei popoli sono sempre esistite e hanno interessato da vicino il nostro Paese con la grande migrazione verso le Americhe dei primi decenni del secolo scorso. È e sarà un tema vitale per le nostre società presenti e future. Come avviene per le più rilevanti questioni di politica estera, esso dovrebbe imporre a tutti di trovare una base comune, che garantisca le legittime differenti convinzioni, sensibilità, priorità e scelte, mantenendole però lungo un comune filo conduttore per il bene dell'Italia, indipendentemente dalle alternanze politiche;

    il Ministro dell'interno, Matteo Salvini, ha dichiarato: «sono assolutamente contrario al Global Compact. Ne discuteremo con gli alleati del M5S, però non vedo perché delegare ad organismi sovranazionali scelte che spettano ai singoli Paesi, non vedo perché mettere sullo stesso piano i migranti cosiddetti economici e i rifugiati politici». Ha poi aggiunto, dinanzi a quest'Aula che «il Governo italiano non andrà a Marrakech, non firmerà alcunché ma deve essere quest'Aula a discutere del Global Compact»;

    in una nota diramata dalla Farnesina, invece, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Enzo Moavero Milanesi ha fornito una versione ben diversa, dichiarando che «per quanto riguarda l'orientamento circa questo accordo detto Global Compact ricordo che il Presidente del Consiglio aveva espresso un orientamento favorevole; in ogni caso avremo un approfondimento in sede di Governo, prima di procedere alla conclusione eventuale dell'accordo stesso, tenendo conto, anche, degli stimoli parlamentari (...). Nell'ambito dei negoziati che si sono sin qui svolti su questo atto, nei mesi e negli anni che ci pretendono, l'Italia ha sempre tenuto presente l'elemento importante di arrivare a una condivisione di oneri nella gestione dei fenomeni migratori e a una cooperazione rafforzata con i Paesi di origine e di transito»;

    un autorevole esponente del M5S ha affermato: «il Global Compact? Va sottoscritto assolutamente» e dichiarando di condividere le parole del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale a «prescindere dalla partecipazione del nostro Governo alla Conferenza di Marrakech. Abbiamo bisogno di una gestione globale dell'immigrazione. L'Europa ha fallito e ha lasciato da soli i singoli Stati. Ora che facciamo? Rifiutiamo un tentativo più ambizioso?»;

    in un recente report del Centro Studi Machiavelli si evidenzia che l'approccio del Global Compact sarebbe «nettamente in contrasto con gli obbiettivi del Governo italiano», innanzitutto perché «si propone di gestire una migrazione continua, senza mai affrontare questioni numeriche», mentre l'obiettivo dichiarato dal Ministro dell'interno, Matteo Salvini, è quello di ridurre il più possibile i flussi migratori verso l'Italia, attraverso politiche restrittive;

    il Gcm ritiene le migrazioni fondamentali per favorire lo sviluppo dei Paesi di destinazione, mentre la Lega «rifiuta l'utilizzo dell'elemento migratorio come compensazione demografica», respingendo anche il principio del «diritto di migrare» perché «potrebbe rivelarsi pericoloso e controproducente per l'Italia accettare ciecamente questo ordinamento»;

    un autorevole esponente della Lega ha affermato che «il Global Compact non è altro che l'ennesimo tentativo di ingerenza nelle politiche nazionali. È anacronistico e socialmente pericoloso limitare la sovranità nazionale nella gestione dei flussi migratori. Allo stesso tempo è falso che il fenomeno della migrazione di massa sia positivo e vantaggioso per tutti». Tuttavia, tali affermazioni non trovano alcun fondamento nello spirito e nella lettera del documento, tanto che non solo il Gcm non è assolutamente vincolante, ma specifica nelle sue linee guida che la sovranità nazionale sarà garantita, con i singoli Paesi che potranno continuare a operare e «definire l'immigrazione regolare o irregolare» in base alle proprie leggi e «in conformità al diritto internazionale»;

    nel dibattito di alcuni giorni fa in Aula in merito al «decreto-sicurezza», il Governo ha dato parere contrario ad un ordine del giorno del gruppo parlamentare Fratelli d'Italia volto a impegnare il Governo a non sottoscrivere il Global Compact;

    il Presidente del Consiglio dei ministri ha incontrato il 27 settembre 2018 il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, dando la sua parola per la partecipazione dell'Italia al meeting di Marrakech;

    il Presidente del Consiglio dei ministri nei mesi scorsi, è intervenuto in Parlamento, chiedendo «un governo europeo delle migrazioni», lasciando intendere che, grazie all'Italia, finalmente l'Europa si faceva carico di un problema globale;

    in tutte le occasioni di dibattito relative al fenomeno della gestione delle migrazioni, il Movimento 5 Stelle ha sostenuto che, per governare le migrazioni, serve una soluzione condivisa internazionale ed europea;

    sin dal suo insediamento, questo Esecutivo, e soprattutto il Ministro dell'interno, non ha perso occasione per lamentare come l'Europa avesse lasciato sola l'Italia nella gestione dell'accoglienza e degli arrivi dei migranti, ma proprio quando si presenta l'occasione di trovare una soluzione condivisa con la comunità internazionale, ha annunciato di non partecipare al meeting;

    così come scritto proprio nel testo del Gcm, «nessuno Stato può affrontare il fenomeno migratorio da solo, proprio per la sua natura transnazionale». La non adesione italiana al Gcm, finirebbe per accentuare ancora di più l'isolamento internazionale del nostro Paese, complicando i rapporti bilaterali e multilaterali nella gestione di tematiche, come quella in esame, di approccio così globale,

impegna il Governo

1) ad aderire al Global Compact for Migration che verrà discusso l'11 dicembre 2018 a Marrakech.
(1-00089) «Scalfarotto, Quartapelle Procopio, De Maria, Fassino, Guerini, La Marca, Minniti, Ascani, Braga, Bruno Bossio, Buratti, Cantini, Carnevali, Marco Di Maio, Giachetti, Librandi, Morani, Morgoni, Noja, Pezzopane, Rosato, Rossi, Siani, Ungaro, Viscomi».

ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   VIETINA e BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da circa 10 giorni il connazionale Andrea Urcioli, cesenate, e Riccardo Pinela, portoghese, sono bloccati in Kuwait a causa di controversie legali sorte tra la ditta italiana, per la quale sono dipendenti, e altre società locali;

   da fonti di stampa odierne (7 dicembre 2018) si apprende dell'annuncio diramato dalla Farnesina relativo al rientro, a breve, di Urciuoli in Italia dato che il Kuwait ha di fatto rimosso il divieto di lasciare il Paese che era stato disposto nei confronti del nostro connazionale –:

   quali siano le tempistiche per il rientro di Urciuoli in Italia;

   se abbia preso contatti anche con lo Stato portoghese in relazione alla vicenda stessa.
(4-01816)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante è già firmatario di precedenti atti di sindacato ispettivo a tutela di orsi e lupi, per contrastare ogni iniziativa di abbattimento;

   si apprende adesso di un grave episodio di uccisione dell'orso, denominato Elisio, il quale era noto poiché monitorato dall'università di Udine, dal gruppo di ricerca che si occupa della fauna selvatica e che aveva applicato all'animale un radio-collare attraverso il quale gli esperti seguivano tutti i suoi spostamenti;

   mentre l'orso si trovava nei boschi di Senozece, frazione di Divaccia, poco distante dalle Grotte di San Canziano, è stato fucilato da un cacciatore sloveno;

   si tratta di un fatto inaccettabile del quale vanno accertate le responsabilità, considerando che l'animale era protetto e, come predetto, provvisto di apposito collare che avrebbe dovuto segnalare al cacciatore tale condizione dell'orso –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, per quanto di competenza, in relazione ai fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché episodi del genere non si verifichino nuovamente e siano tutelati orsi e lupi da ogni iniziativa di abbattimento.
(5-01075)


   BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sono numerosissime le associazioni di volontariato laiche e religiose sul territorio del Veneto, così come i gruppi missionari parrocchiali veneti di Vicenza, Treviso, Padova e Venezia, che operano annualmente la raccolta del ferro a scopo benefico;

   la legge n. 124 del 2017 «Legge annuale per il mercato e la concorrenza» ha previsto procedure semplificate per la raccolta del ferro operate da soggetti legati al terzo settore con caratteristiche volontaristiche e senza scopo di lucro;

   l'articolo 5 del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 1° febbraio 2018 così prescrive: «1. Le associazioni di volontariato e gli enti religiosi che intendono svolgere attività di raccolta e trasporto occasionale di rifiuti non pericolosi costituiti da metalli ferrosi e non ferrosi di provenienza urbana operano d'intesa con i comuni territorialmente competenti e previa iscrizione all'Albo nazionale gestori ambientali, il quale individua apposite modalità che consentano la temporanea iscrizione dei veicoli concessi in uso in conformità alle norme che disciplinano l'autotrasporto di cose. 2. Per raccolta e trasporto occasionale si intende l'attività svolta per non più di quattro giornate annue, anche non consecutive, e che non superi le cento tonnellate annue complessive»;

   il Consorzio di bacino Priula, nell'assemblea dell'8 ottobre 2018, ha approvato uno schema di atto di intesa, «Convenzione regolante l'intesa per la raccolta di metalli ferrosi e non ferrosi nel territorio del Consiglio di Bacino Priula», secondo cui le autonome intese da parte di ciascuna associazione e il comune competente, già previste dal citato decreto ministeriale del febbraio 2018, sarebbero assoggettate alla disciplina del Consorzio Priula;

   il Consiglio di bacino Priula regolamenta, affida e controlla, in base alla legge, il servizio di gestione dei rifiuti in 50 comuni della provincia di Treviso;

   a questo impegno virtuoso e decennale va riconosciuto il valore fondamentale del volontariato quale elemento essenziale della convivenza e della coesione civile e la particolare rilevanza delle tradizionali raccolte benefiche di rifiuti riciclabili realizzate, in molte regioni e località del Paese, dalle parrocchie, dai gruppi missionari, e, più in generale, dalle associazioni di volontariato religiose e laiche –:

   se il predetto schema di atto di intesa del Consorzio Priula sia compatibile con l'articolo 5, comma 1, del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 1° febbraio 2018 e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, affinché vengano rimossi tutti gli ostacoli normativi e amministrativi che impediscono o frenano il libero esercizio, da parte dalle associazioni di volontariato, delle raccolte benefiche di rifiuti riciclabili e venga promosso, nell'ambito delle attività di gestione del ciclo dei rifiuti, l'affidamento alle associazioni di volontariato delle raccolte benefiche di rifiuti riciclabili, in un'ottica di promozione del volontariato e di collaborazione fra i soggetti pubblici e privati presenti sul territorio, ai sensi e in attuazione di quanto stabilito dall'articolo 3, comma 5, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000).
(5-01076)


   BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   come si evince dalla stampa nazionale e locale il 22 novembre 2018 i carabinieri forestali hanno posto sotto sequestro cautelare due aree dove erano stoccate 280 mila tonnellate di rifiuti perché trattati in modo illecito. Si tratta di un'area del trevigiano, nel comune di Paese (TV), ed una nel veneziano, nel comune di Noale, dove il materiale conferito da più località del Veneto e di altre regioni pur essendo inquinato e inquinante non veniva reso inerte ma trattato, secondo gli inquirenti, come «normale»;

   il materiale trovato è pari a 10 mila trasporti effettuati con autoarticolati. In particolare, l'emissione della misura cautelare da parte del giudice per le indagini preliminari di Venezia è seguita a una indagine coordinata dalla direzione distrettuale antimafia della procura lagunare;

   le operazioni che venivano fatte dall'azienda Cosmo Tecnologie Ambientali S.r.L. di Noale (VE) consistevano essenzialmente nella miscelazione del materiale contaminato (principalmente da metalli pesanti quali rame, nichel, piombo, amianto e selenio) con altri rifiuti, al fine di «diluire» gli inquinanti, e nella successiva realizzazione, attraverso tali rifiuti e con l'aggiunta di calce, leganti e cemento, di aggregati da utilizzarsi nel campo dell'edilizia ed in particolare per la realizzazione di sottofondazioni o rilevati stradali;

   il 20 luglio 2018, con decreto n. 50 pubblicato nel Bollettino Ufficiale della regione del 23 ottobre 2018, il direttore ad interim dell'area tutela e sviluppo del territorio della regione del Veneto dottoressa Ilaria Bramezza «autorizzava la ditta Cosmo Tecnologie Ambientali S.r.l. ad effettuare operazioni di miscelazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi presso l'installazione sita in Via Mestrina 46X, Noale (VE), integrando a tal fine l'Autorizzazione Integrata Ambientale di cui al decreto n. 45 del 15 dicembre 2016 e successive modificazioni e integrazioni» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraccitati, per quanto di competenza del sistema nazionale per la protezione dell'ambiente (Snpa) e se intenda adottare iniziative normative per escludere il rilascio di autorizzazioni ambientali in presenza di circostanze come quelle di cui in premessa, nell'ottica di prevenire illeciti nell'ambito del ciclo dei rifiuti.
(5-01077)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPENA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere — premesso che:

   le acque del fiume Sacco, che scorre nelle province di Frosinone e Roma all'interno di un sito da bonificare di interesse nazionale, sono ricoperte periodicamente da uno spesso strato di schiuma bianca;

   il fenomeno è stato riscontrato e documentato recentemente nei territori dei comuni di Colleferro, Ceccano, Castro dei Volsci e Madonna del Piano;

   con numero di protocollo generale 0081809 del 30 novembre 2018, l'Arpa Lazio ha pubblicato sul suo sito web e diramato una nota recante gli «esiti analitici preliminari relativi alla presenza di schiume sul Fiume Sacco del 24 novembre 2018 e del 26 novembre 2018»;

   la nota dell'Arpa Lazio, in sintesi, riferisce che nelle acque del fiume Sacco fino al suo affluente fiume Alabro, sono presenti livelli di tensioattivi fino a otto volte superiori ai limiti di norma (tabella 3, allegato 5, parte III del decreto legislativo n. 152 unico ambientale);

   tali tensioattivi «si ritiene possano aver determinato la formazione della enorme quantità di schiuma»;

   l'evento indagato appare verosimilmente riconducibile a un massiccio sversamento di materiale in acque superficiali;

   sono in corso ulteriori accertamenti per localizzare la sorgente o le sorgenti di inquinamento generanti le schiume del fiume Sacco, già verificatesi precedentemente all'ultimo evento indagato, i tensioattivi sono composti chimici di origine antropica utilizzati come detergenti ed emulsionanti sia per usi cosmetici che industriali (ad esempio preparazione di cosmetici, inchiostri, pesticidi e adesivi, decapaggio dei metalli e impiego nell'industria tessile);

   l'evento, di dimensioni impressionanti, suscita grande allarme nella popolazione e grande eco nell'opinione pubblica;

   la popolazione, autonomamente organizzata, ha convocato una giornata di presidio sui ponti lungo il fiume e una pubblica manifestazione;

   si teme in particolare che le acque contaminate inquinino i terreni adiacenti molto spesso coltivati a foraggio per animali da pascolo;

   inoltre, si segnala il rischio che il fieno raccolto sulle terre sottoposte a cautela sia venduto a basso costo agli allevamenti della zona –:

   quali iniziative di competenza siano state adottate al fine di identificare e isolare la sorgente di inquinamento del Fiume Sacco e se sia previsto di bonificare le acque dal massiccio inquinamento da tensioattivi;

   se siano previste particolari iniziative, per quanto di competenza, al fine di contrastare l'utilizzo dei terreni contaminati per il pascolo e per la raccolta di fieno e foraggio da destinare agli allevamenti;

   se, in quale misura e secondo quali modalità saranno rimborsati gli imprenditori agricoli che risultino danneggiati dall'inquinamento delle acque del fiume Sacco.
(4-01818)


   TESTAMENTO e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con delibera n. 529 del 28 dicembre 2017 la giunta regionale del Molise rilasciava giudizio positivo di compatibilità ambientale sul «Progetto di ampliamento della discarica per rifiuti non pericolosi sita in località Tufo Colonoco in agro di Isernia» proposto dalla ditta Smaltimenti Sud s.r.l. Inoltre, con D.D. n. 1697 del 4 maggio 2018 è stata aggiornata l'autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla regione Molise con determinazione dirigenziale n. 14 del 13 luglio 2015 sempre alla Smaltimenti Sud s.r.l. per l'esercizio dell'impianto di compostaggio sito nella stessa località;

   con delibera n. 26 dell'8 ottobre 2018 il consiglio comunale di Forlì del Sannio ha dichiarato unanimemente la propria contrarietà all'ampliamento della discarica di «Tufo Colonoco», chiedendo al prefetto di Isernia la convocazione di un tavolo di confronto tra la regione Molise, la provincia, il comune di Isernia e le associazioni ambientaliste. Le popolazioni residenti a Forlì del Sannio e a Isernia non sono state coinvolte e informate del progetto e lamentano l'altissimo impatto ambientale che lo stesso potrebbe produrre su un territorio già ampiamente compromesso;

   da alcuni mesi i cittadini residenti nei comuni di Forlì del Sannio, Roccasicura e Isernia avvertono odori forti, fastidiosi e nauseabondi provenienti dalla discarica di Tufo Colonoco. Dopo opportuni controlli, Arpa Molise ha inviato una nota al comune di Forlì del Sannio informando dell'avvenuto aumento delle emissioni odorigene a seguito dell'incremento del 30 per cento del quantitativo di rifiuti lavorato in discarica nel triennio 2016-2018 e del contestuale aumento del 48 per cento della produzione di percolato, anche a causa dei rifiuti provenienti da altre regioni d'Italia;

   è di primaria importanza tutelare la salute e la qualità della vita dei cittadini residenti nei comuni limitrofi alla predetta discarica, diritti che – a parere degli interroganti – sarebbero ulteriormente compromessi con l'ampliamento della stessa e il maggiore conferimento di tonnellate di rifiuti oltre quelle già esistenti al suo interno;

   il parere positivo della giunta regionale molisana sull'ampliamento della discarica di «Tufo Colonoco», ad avviso degli interroganti, contrasta fortemente con una disciplina europea che sull'ammissibilità dei rifiuti solidi urbani in discarica è diventata ancora più stringente. La direttiva 2018/850, infatti, stabilisce che «gli Stati membri si adoperano per garantire che entro il 2030 tutti i rifiuti idonei al riciclaggio o al recupero di altro tipo, in particolare i rifiuti urbani, non siano ammessi in discarica». Inoltre si fissano specifici obiettivi per la collocazione dei rifiuti urbani in discarica prevedendo, in particolare, che gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che entro il 2035 la quantità di rifiuti urbani collocati in discarica sia ridotta al 10 per cento, o a una percentuale inferiore, del totale dei rifiuti urbani prodotti;

   in data 13 novembre 2018 l'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato una mozione sulle iniziative riguardanti il conferimento dei rifiuti in discarica. Tra gli impegni assunti dal Governo vi è anche quello di introdurre quanto prima nel decreto legislativo n. 152 del 2006 il «fattore di pressione», cioè uno strumento che di fatto mira a impedire l'apertura di nuove discariche o l'ampliamento delle esistenti in aree con un elevato fattore di pressione ambientale, situazione rinvenibile nel comune di Forlì del Sannio e, più in generale, in tutto il Molise –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di attivare, per quanto di competenza, un'iniziativa ispettiva da parte del comando carabinieri tutela ambientale (C.c.t.a.), al fine di constatare lo stato di inquinamento dell'area, anche in considerazione dei crescenti rischi riferiti al progetto di ampliamento della discarica di «Tufo Colonoco».
(4-01819)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI e LICATINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   Mondadori Electa s.p.a. (ME) è una s.p.a., con capitale sociale 1.593.735 euro, presidente del Consiglio di amministrazione Porro Antonio Stefano;

   la società svolge l'attività di editoria, promozione, organizzazione di esposizioni, mostre d'arte e manifestazioni culturali in genere e la concomitante vendita di tutto il materiale inerente, quali cataloghi e pubblicazioni;

   è stata attenzionata in molti atti di sindacato ispettivo per la gestione di servizi aggiuntivi:

   a Pompei, nel settembre 2005, la polizia municipale ha operato il sequestro del bookshop gestito da Mondadori Electa all'interno degli scavi di Pompei, poiché lo stesso mancava di tutte le autorizzazioni amministrative e sanitarie da parte degli organi competenti, dovendosi ritenere manufatto abusivo (si veda l'interrogazione Bobbio 4-09336 presentata nella XIV legislatura);

   a Roma, la Corte dei conti rilevava che alla data del 2001, la Mondadori Electa, concessionaria «per i servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico», era stata oggetto di una «serie continua di rinnovi e proroghe, in evidente violazione (...) dei princìpi comunitari in materia di libera concorrenza». Nell'esame di controllo preventivo di legittimità del decreto n. 6 del 5 settembre 2013, con il quale il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici per il Lazio aveva approvato la proposta di un aumento del costo dei biglietti di accesso all'area Colosseo, Foro romano e Palatino, la Corte dei conti (Lazio), con deliberazione 278/2013/PREV, rilevava l'attribuzione all'Amministrazione e alla società affidataria del servizio di percentuali di entrate da prezzo dei biglietti opposte a quelle di legge (articolo 2, comma 5, decreto ministeriale 11 dicembre 1997, n. 507, norme per l'istituzione del biglietto d'ingresso ai monumenti, musei, e altro). All'affidatario (Mondadori Electa e Coop culture) sarebbe spettato il 68,9 per cento, in violazione del tetto massimo del 30 per cento fissato dalla norma (si veda l'interrogazione Mazziotti Di Celso 3-01810 presentata nella 17° Legislatura);

   i servizi aggiuntivi sono gestiti da tantissimi anni da società private, e ammonta a 44,9 milioni di euro la cifra che i servizi aggiuntivi hanno generato di nel 2013;

   di questi 44,9 milioni di euro, allo Stato rientrano 6,11 milioni di euro;

   con queste premesse a Mantova nel 2019 è prevista una mostra su Giulio Romano, che inizialmente doveva tenersi solo a Palazzo Ducale, poi estesa anche a Palazzo Te;

   la mostra nasce dalla collaborazione tra il complesso museale Palazzo Ducale di Mantova e il Musée du Louvre di Parigi, che concederà in prestito un nucleo di settantadue disegni. Non è chiaro invece di quali opere disporrà la mostra a Palazzo Te, nonostante siano noti gli sponsor della Fondazione Palazzo Te (i principali industriali della provincia di Mantova);

   si rileva anche che Mondadori Electa gestisce i servizi aggiuntivi della recente mostra di Chagall a Mantova. Al solito, il riscontro economico per l'ente locale è stato minimo e lo stesso potrebbe succedere per la mostra di Giulio Romano. Lo stesso discorso vale per la rete di relazioni che potrebbe giovare a Mantova e che invece rimarrebbe in capo a Mondadori Electa –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per rivedere la normativa dei «servizi aggiuntivi» museali;

   se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa di competenza volta a promuovere e favorire una gestione dei beni culturali di Mantova che valorizzi il tessuto economico, culturale e turistico locale.
(5-01074)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   giungono all'interrogante segnalazioni relative a criticità in merito all'avvio della fatturazione elettronica;

   in particolare, la criticità emergerebbe per le fatture datate dicembre 2018 (ed emesse da decenni entro il 15 gennaio successivo). Se tali fatture, datate dicembre, venissero trasmesse il 2 gennaio, ad esempio con posta certificata, si correrebbe il concreto rischio di non rilevamento delle fatture stesse da parte del sistema;

   in questa fase transitoria, dunque, il mittente che ha emesso fattura potrebbe incorrere in sanzioni: il ricevente, invece, dovrebbe respingerla (pena la mancata detrazione dell'Iva). Il mittente dovrebbe quindi stornarla e riemetterla con conseguenti aggravi burocratici –:

   se tale criticità risulti effettivamente al vaglio del Ministero dell'economia e delle finanze;

   quali iniziative intenda assumere o abbia assunto per superare tale criticità.
(4-01811)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il rimborso delle spese legali per i dipendenti delle amministrazioni centrali, inclusi gli appartenenti alle Forze di polizia e alle Forze armate è disciplinato dall'articolo 18 del decreto-legge n. 67 del 1997 che prevede, nello specifico, che «le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura dello Stato»;

   la norma è oggetto di interpretazione restrittiva e la sua ratio è quella di tenere indenni i dipendenti della pubblica amministrazione dall'onere economico che gli stessi si potrebbero trovare a dover sopportare, a causa dell'apertura di procedimenti civili, penali o amministrativi, connessi all'espletamento delle loro attività istituzionali. La disciplina deve essere interpretata nel senso che vi è l'obbligo di rigettare ogni richiesta risarcitoria che non sia suffragata da un provvedimento che escluda qualsiasi profilo responsabilità del dipendente, risultando applicabile ai soli casi espressamente disciplinati ex lege (Corte di cassazione, 3 gennaio 2008, n. 2);

   da ciò deriva che se il procedimento a carico del dipendente si conclude perché viene dichiarata la prescrizione del reato durante, ad esempio, la fase delle indagini preliminari e quindi prima dell'udienza preliminare, il giudice emette un provvedimento di archiviazione che non va ad escludere la responsabilità e l'indagato non può fare alcunché per rinunciare ad avvalersi della prescrizione ed ottenere la piena assoluzione. Ciò comporta l'impossibilità per il dipendente pubblico di ottenere il rimborso delle spese legali sostenute durante il procedimento;

   l'articolo 7-bis del decreto-legge n. 78 del 2015 è recentemente intervenuto sul rimborso delle spese legali per gli amministratori e i dipendenti degli enti locali, prevedendo che «il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti: a) assenza di conflitto di interessi con l'ente amministrato; b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti; c) assenza di dolo o colpa grave»;

   ad oggi, pertanto, da quanto riportato, emerge una immotivata disparità di trattamento tra i dipendenti pubblici della pubblica amministrazione centrale e quelli della pubblica amministrazione locale nonché quindi tra un appartenente alle forze di polizia nazionali e un appartenente alla polizia locale: il tenore letterale della nuova norma indirizzata agli appartenenti alle amministrazioni locali, prevedendo espressamente la rimborsabilità anche in caso di emissione di un provvedimento di archiviazione, andrebbe implicitamente a penalizzare l'appartenente alla pubblica amministrazione statale, in quanto l'articolo 18 del decreto-legge n. 67 del 1997, già citato, non contiene medesima previsione;

   tale situazione potrebbe comportare un fenomeno di inefficienza da parte della pubblica amministrazione, in quanto i dipendenti, a causa dell'attuale assetto normativo, per evitare di essere dichiarati responsabili e accusati di reati contro la pubblica amministrazione potrebbero preferire non prendere alcuna decisione, con la conseguenza di bloccare la macchina amministrativa e quindi contribuire alla creazione di quelle disfunzionalità che frenano la nazione;

   attualmente, a causa del recente dibattito in tema di modifica del sistema della prescrizione, è stato appurato che oltre il cinquanta per cento delle prescrizioni verrebbero rilevate prima dell'udienza preliminare; ciò comporta la definizione del procedimento con l'archiviazione e quindi senza alcuna sentenza;

   a parere dell'interrogante l'attuale conformazione del sistema del rimborso delle spese legali per i dipendenti della pubblica amministrazione centrale, inclusi gli appartenenti alle forze di polizia e alle forze armate risulterebbe iniquo, soprattutto alla luce delle nuove proposte di legge presentate al Parlamento che vorrebbero modificare in modo capillare la disciplina della prescrizione dei reati –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per impartire precise indicazioni alle amministrazioni centrali sul tema della rimborsabilità delle spese legali sostenute dai dipendenti pubblici nonché per fornire un'interpretazione autentica della disciplina.
(4-01815)


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con sentenza del 9 marzo 2017, la I sezione civile del tribunale di Reggio Calabria, condannava il Ministero della giustizia al risarcimento del danno subito dal signor F. I. per 844 giorni di detenzione trascorsi in violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;

   in particolare, al signor F. I., veniva riconosciuto quanto previsto dall'articolo 35-ter della legge n. 354 del 1975, per coloro che hanno già concluso la detenzione, e cioè un risarcimento di 8 euro per ogni giorno di detenzione pregiudizievole; il Ministero della giustizia veniva così condannato al risarcimento del danno di complessivi 6.752,00 euro in favore del ricorrente, oltre rivalutazione monetaria ed interessi al tasso legale, dalla domanda sino al soddisfo; il Ministero della giustizia veniva altresì condannato al pagamento delle spese processuali liquidate – operata la compensazione del 50 per cento – in complessivi 145,50 euro per spese vive e 1.250,00 euro per competenze;

   in data 16 aprile 2017, l'ufficiale giudiziario, addetto all'ufficio unico notifiche presso la corte d'appello di Reggio Calabria, notificava al Ministero della giustizia - direzione generale degli affari giuridici e legali – in persona del Ministro in carica, l'istanza del difensore di F. I. di pagare quanto previsto dalla sopracitata sentenza nei confronti del suo assistito;

   in data 27 giugno 2018 il signor F. I., tramite posta certificata, si rivolgeva al Ministero della giustizia sollecitando il pagamento delle somme previste a titolo di risarcimento danni in base alla sentenza/precetto notificata in data 23 aprile 2018;

   nonostante i numerosi ulteriori solleciti inviati via Pec al Ministero della giustizia, al Ministero dell'economia e delle finanze e all'ufficio contenzioso del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, a tutt'oggi, il signor F. I. non ha ottenuto alcuna risposta né, tantomeno, il risarcimento riconosciuto nella citata sentenza, come recriminato in un’email del 28 novembre 2018 inviata all'ex deputata Rita Bernardini del Partito Radicale –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;

   in che modo e in che tempi intendano far fronte al diritto risarcitorio maturato da oltre un anno e mezzo dal signor F. I. per i trattamenti inumani e degradanti da lui subiti durante la detenzione;

   se ritengano di fornire un quadro, aggiornato e dettagliato, anche geograficamente: a) di quante siano le istanze presentate dai detenuti e dagli ex detenuti ai fini di ottenere quanto previsto dall'articolo 35-ter dell'ordinamento penitenziario; b) di quante siano le domande accolte dagli uffici e dai tribunali di sorveglianza e dai tribunali civili; c) di quali somme lo Stato italiano abbia già erogato a fronte di sentenze che hanno riconosciuto il risarcimento; d) di quali somme lo Stato italiano debba ancora erogare a fronte di sentenze che hanno riconosciuto il risarcimento.
(4-01817)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:


   DONZELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la zona delle ex officine grandi riparazioni della stazione Leopolda di Firenze, di pertinenza delle Ferrovie, è diventata un'area degradata invasa dai rifiuti e in cui vivono clandestini ed abusivi. Più volte il comune di Firenze ha annunciato accordi per la sua riqualificazione senza darne mai concreta attuazione. I cittadini della zona denunciano insicurezza e una escalation di furti nelle loro abitazioni. In data 30 novembre 2018 l'interrogante si è recato per verificare personalmente la situazione riscontrando una particolare resistenza da parte del personale preposto a consentire l'accesso alla struttura ferroviaria –:

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché Ferrovie dello Stato italiane adotti misure più efficaci per evitare che abusivi e clandestini occupino tale area;

   quali siano le motivazioni che abbiano indotto Ferrovie dello Stato italiane a negare l'accesso all'area sopra richiamata;

   se il Governo non intenda assumere iniziative di competenza per garantire la sicurezza della circolazione ferroviaria e dei cittadini residenti.
(3-00374)


   SCOMA, PRESTIGIACOMO, BARTOLOZZI, GERMANÀ, MINARDO e SIRACUSANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dall'isola di Pantelleria partono due aerei al giorno per Palermo e due per Trapani, che rappresentano sostanzialmente il mezzo più utile per i pendolari, in particolar modo nelle stagioni dove le mareggiate rendono più complicato il trasporto via mare;

   dal 1° luglio 2018 è subentrato il nuovo gestore della tratta aerea da e per l'isola. Si tratta della compagnia danese, Danish Air Transport (Dat) che assicura i collegamenti fra la Sicilia e le isole di Pantelleria e Lampedusa, che si è aggiudicata la gara indetta da Enac per l'esercizio in regime di oneri di servizio pubblico dei collegamenti aerei per le isole, come risulta dalla nota informativa della Commissione europea pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea n. 441 del 22 dicembre 2017;

   il contratto di servizio della compagnia aerea ha un costo pari a 28 milioni di euro che viene sostenuto in quota parti identiche da regione siciliana e dallo Stato, attraverso l'Enac, e dalle vendite dei biglietti ai passeggeri; già nel corso del mese di luglio 2018, appena subentrata, Dat ha cancellato una serie di voli, recando così gravi disagi ai pendolari delle isole siciliane (come riportato a titolo esemplificativo dal sito di informazione);

   nonostante le prime segnalazioni, dall'estate scorsa, le condizioni di viaggio dei passeggeri sono andate via via peggiorando tanto che secondo i calcoli degli uffici del comune di Pantelleria tra la data del 1° luglio e quella del 1° ottobre, sarebbero ben 14 i voli cancellati dalla compagnia danese, ai quali si aggiungono i 21 voli che hanno registrato ritardi superiori alle due ore;

   tutto ciò si ripercuote gravemente sui pendolari che denunciano la perdita di denaro e di tempo oltre che disagi rilevanti nelle proprie attività lavorative, come riportato da la Repubblica, dorso di Palermo, del 6 dicembre 2018 dove si legge, a pagina IX, che «ci sono insegnanti che non sono andati in classe e alunni rimasti senza docenti. Ci sono pazienti che non sono potuti andare a una visita medica, ricascando in coda nelle lunghe liste d'attese»;

   i frequenti ritardi e i guasti tecnici che di fatto bloccano i voli rappresentano inoltre un pesante disincentivo per i turisti che preferiscono altre mete per non dover rischiare di restare bloccati nelle isole siciliane o non dover perdere denaro;

   la situazione è tale che i cittadini di Pantelleria si starebbero organizzando per manifestare pubblicamente il proprio disappunto e le proprie preoccupazioni, in considerazione del fatto che finora, nonostante le segnalazioni che risulterebbero essere state trasmesse anche al Ministro interrogato, nessun provvedimento risulta essere stato adottato per risolvere il problema;

   risulta agli interroganti che l'Enac nei giorni scorsi avrebbe convocato i vertici della compagnia aerea Dat chiedendo informazioni sulle interruzioni frequenti del servizio con le isole minori e sulle eventuali azioni che la società avrebbe posto in essere per far fronte alle criticità, affinché venissero rispettati gli obblighi della convenzione stipulata per effettuare le rotte in continuità territoriale con contributi pubblici e in particolare per quanto riguarda la sicurezza e la qualità dei servizi resi ai passeggeri, come previsto dal regolamento (CE n. 1008/2008 recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire che il servizio di collegamento aereo tra le isole di Pantelleria e Lampedusa con la Sicilia sia svolto in piena sicurezza e con regolarità dalla compagnia Danish Air Transport, nonché nel pieno rispetto della continuità territoriale aerea e nella corretta gestione delle risorse pubbliche attraverso le quali è finanziato il servizio di trasporto aereo.
(3-00376)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPITANIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 373 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, sono esentati dal pagamento del pedaggio autostradale i «veicoli con targa C.R.I., nonché i veicoli delle Associazioni di volontariato e degli organismi similari non aventi scopo di lucro, adibiti al soccorso nell'espletamento del relativo specifico servizio e provvisti di apposito contrassegno approvato con decreto dei Ministro dei trasporti e della navigazione e del Ministro dei lavori pubblici»;

   la posizione nella quale le organizzazioni di volontariato (ODV) sono state inquadrate rispetto alla CRI ha dato luogo nel corso degli anni ad una serie di circolari ministeriali che hanno determinato i casi di esenzione del pedaggio con modalità che hanno recato rilevanti problemi all'operatività del trasporto;

   nella disposizione summenzionata non trova menzione esplicita il trasporto sanitario svolto dalle organizzazioni di volontariato sebbene esse siano i principali soggetti che operano nel settore, svolgendo attività essenziali a servizio della comunità nazionale –:

   se ritenga opportuno intervenire sulla disciplina vigente al fine di ricomprendere fra i veicoli esentati dal pagamento del pedaggio autostradale i veicoli adibiti al trasporto sanitario qualificato consistente nel trasferimento mediante veicolo sanitario di persone malate ed infortunate o comunque bisognose di assistenza, effettuato da personale — anche volontario — adeguatamente formato.
(4-01813)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'assegno di ricerca è uno strumento volto a finanziare un contratto di diritto privato per lo svolgimento di attività di ricerca – un progetto – stipulato tra un'università o un ente di ricerca e un vincitore di un concorso in possesso di specifiche competenze e requisiti, individuato a seguito di una procedura di selezione sulla base di un bando appositamente emanato. In questi anni gli assegni di ricerca vengono sostenuti economicamente soprattutto da parte delle stesse strutture universitarie dove gli assegnisti di ricerca operano e i finanziamenti provengono da: fondi derivanti dalle sperimentazioni; fondi europei; privati; associazioni di volontariato; fondazioni o enti (ad esempio, Airc, fondazioni bancarie e altro); aziende (farmaceutiche o altro);

   è imminente la scadenza della proroga di 2 anni per la cumulabilità degli assegni di ricerca, fissata in 4 anni dall'articolo 22, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 – recante «Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario» cosiddetta «legge Gelmini» – e successivamente innalzata a 6 anni, ai sensi di quanto stabilito dall'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito dalla legge n. 11 del 2015;

   il decreto-legge n. 192 del 2014, convertito dalla legge n. 11 del 2015, infatti, non modifica la durata complessiva massima dei contratti per assegni di ricerca, ricercatore a tempo determinato di «tipo a» (RTDa) e ricercatore a tempo determinato di «tipo b» (RTDb), fissata dall'articolo 22, comma 9, della legge n. 240 del 2010 in 12 anni;

   migliaia di assegnisti rischieranno seriamente di essere espulsi dall'università, dopo sei anni di lavoro e senza alcuna concreta prospettiva di carriera nel mondo della ricerca;

   nel 2016, a fronte di 13 mila assegnisti, sono stati banditi appena mille contratti da RTDa (che non danno alcuna garanzia di stabilità) e meno di 500 passaggi da RTDa a RTDb, che sono gli unici contratti che consentono l'assunzione come professori;

   secondo le proiezioni elaborate nella VI indagine Adi (Associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani) sul «post-doc», con le cifre del reclutamento attuale, più del 93 per cento di ricercatori non strutturati sarà costretto ad abbandonare l'università al termine di percorsi di lavoro precario –:

   quali iniziative si intendano assumere per ampliare la durata complessiva massima dei contratti per assegni di ricerca, al fine di garantire continuità di ricerca ai numerosi assegnisti.
(4-01809)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il sistema di convocazione tramite il portale «Vivifacile» consente l'invio delle mail a un massimo di 10 persone per volta. Questa caratteristica, purtroppo, genera criticità nel puntuale svolgimento degli adempimenti relativi all'attribuzione delle supplenze scolastiche;

   a tal proposito, l'Anquap (Associazione nazionale quadri amministrazioni pubbliche) ha proposto una completa revisione del sistema che consenta:

    a) l'invio della convocazione a tutta la graduatoria della relativa classe di concorso;

    b) l'inserimento della risposta del docente direttamente sulla piattaforma dell'aspirante alla supplenza e non inviata per mail per non intasare le caselle di posta elettronica delle scuole;

    c) possibilità di inviare la convocazione anche tramite sms;

    d) l'accorpamento delle graduatorie di più scuole per consentire lo svolgimento di convocazioni massive suddivise per ambito, provincia e ordine di scuole;

    e) le possibilità di inserimento a cura delle istituzioni scolastiche dei decreti di depennamento, revisione dei punteggi, avvenuta convalida della domanda di supplenza;

    f) la possibilità di verifica, in tempo reale, della situazione delle supplenze conferite e delle riserve «R» o «T»;

    g) la possibilità di visionare le graduatorie delle altre scuole in modalità «self-service»;

    h) la possibilità per i candidati di accedere alla piattaforma anche attraverso il sistema pubblico di identità digitale (SPID);

    i) la possibilità di una profilazione che consenta di operare in piattaforma per gestire – in modalità self-service – le modifiche dei propri recapiti telefonici e di residenza e, con il fine di favorire la massima trasparenza, di visionare la situazione delle supplenze conferite;

   l'Anquap chiede inoltre una soluzione alla problematica delle Mad, le domande di messa a disposizione che quotidianamente arrivano numerose nelle caselle mail delle istituzioni scolastiche;

   secondo l'Anquap, la revisione della piattaforma «Vivifacile» potrebbe essere l'occasione per creare e gestire anche la cosiddetta graduatoria di IV fascia, consentendo ai candidati fuori graduatoria di gestirsi e inserire la propria domanda autonomamente –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   quali iniziative il Governo intenda assumere per una completa revisione della piattaforma «Vivifacile», per superare le criticità descritte in premessa e per dare risposte alle problematiche evidenziate da Anquap.
(4-01810)


   ROMANIELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'università di Pavia è uno degli atenei più antichi al mondo, ospita 24.000 studenti, offre 86 corsi di studio di cui 10 in lingua inglese. L'ateneo possiede 18 dipartimenti che organizzano attività di ricerca e di didattica di diversi livelli, 22 corsi di dottorato di ricerca e 29 master universitari. Attualmente, l'ateneo, gestisce una moltitudine di servizi attraverso l'ente di diritto allo studio universitario, Edisu, tra i quali quello dei collegi. I collegi, che offrono straordinarie possibilità agli studenti che arrivano da ogni parte del Paese e del mondo, sono 18, di cui 11 gestiti da Edisu, e offrono 1.500 posti letto. La qualità del servizio mensa è nota, l'offerta di oltre 400 mila pasti l'anno è di notevole impatto sociale. Presso le strutture Edisu sono cresciuti costantemente le attività di tutorato, le conferenze, le lezioni integrative e ogni genere di attività culturale;

   il sistema dei collegi universitari è uno dei fattori primari di unicità, eccellenza e competitività dell'ateneo pavese, a livello non solo nazionale, ma mondiale. Quello di Pavia rappresenta l'ateneo italiano col numero più alto di studenti fuori sede, primato dovuto sia all'ampia offerta formativa, sia per la qualità e l'offerta dei servizi;

   nonostante ciò, la regione Lombardia sta valutando di modificare i criteri per i finanziamenti regionali al diritto allo studio nell'ambito del rinnovo di una convenzione in vigore da dieci anni. La proposta del nuovo sistema di riparto dei fondi, che coinvolge tutti gli atenei lombardi, prevede una «razionalizzazione dei servizi, con graduale superamento della spesa storica»;

   la modifica dei criteri penalizza l'ateneo pavese, ma avvantaggia altre università lombarde. Da subito, l'università di Pavia perderebbe 700 mila euro, oltre il 12 per cento in meno dei fondi, mentre altre università, come quella di Bergamo, avranno aumenti fino al 111 per cento in più. Se la proposta dovesse passare già dal prossimo anno l'ateneo non riuscirà a coprire i costi dei servizi offerti, cosa che è riuscita faticosamente a fare in questi anni senza intaccarne la qualità, sia nei collegi che nelle mense. La riduzione ulteriore non consentirà neppure di tenere aperti tutti i collegi e non permetterà la loro gestione negli stessi termini qualitativi odierni;

   è da notare che già l'ultima convenzione riguardo alla gestione delle residenze, dei collegi e dei servizi agli studenti (scaduta nell'aprile 2018), prevedeva per il 2017 una quota per il contributo regionale per l'Edisu sottofinanziata quasi del 20 per cento rispetto alla convenzione stessa;

   la sera del 5 dicembre 2018 sono scesi per le strade di Pavia gli studenti universitari. La manifestazione ha coinvolto diverse migliaia di studenti, docenti, ricercatori e personale di ogni genere;

   si ricorda, infine, che nei collegi sono impiegate le diverse tipologie professionali come i custodi e gli operatori che si occupano della pulizia delle camere, dei servizi sportivi, dei corsi di lingua e di tutorato e che ogni collegio ha un docente con funzione di rettore. Tali servizi non potranno più essere garantiti, aprendo dunque anche una questione occupazionale –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, per quanto di competenza, in relazione alle criticità esposte in premessa, anche valutando l'opportunità di promuovere un incremento del fondo integrativo statale per il diritto allo studio, al fine di evitare qualsiasi riduzione nella qualità e nella quantità dei servizi offerti confermando il principio di altissima civiltà contenuto nell'articolo 34 della Costituzione.
(4-01812)


   MAGI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il capitolato della «Procedura aperta sotto soglia comunitaria per l'individuazione di un soggetto del terzo settore per la realizzazione delle attività previste dal progetto nazionale per l'inclusione e l'integrazione dei bambini Rom, Sinti e Caminanti del Comune di Roma» prevede che «Roma Capitale, al fine di assicurare il diritto allo studio e gli strumenti di conoscenza di ogni bambino e adolescente, intende porre in essere azioni volte a promuovere e facilitare l'accesso all'istruzione e all'inserimento scolastico dei minorenni Rom, Sinti e Caminanti, che vivono a vario titolo nei Villaggi attrezzati e insediamenti non attrezzati del territorio romano»;

   dall'analisi sui sette plessi scolastici coinvolti nel bando, alla luce dell'elenco dei bambini rom iscritti nell'anno scolastico 2018-2019, emergono alcuni dati interessanti;

   per quanto riguarda l'istituto comprensivo (IC) di Largo Castelseprio, nell'anno scolastico 2017-2018, risultavano iscritti 20 bambini nella scuola primaria e nella scuola secondaria residenti a Camping River. A seguito dello sgombero, come da comunicazione del dipartimento servizi educativi e scolastici di Roma Capitale (prot. n. 61952 del 30 novembre 2018), i minori residenti nell'insediamento risulterebbero «per lo più dispersi e non più frequentanti»;

   per quanto riguarda gli altri istituti: nell'istituto comprensivo di F.lli Cervi il bando interessa 24 alunni presenti nella scuola secondaria e residenti nell'insediamento di Candoni; nell'istituto comprensivo Ferraironi il bando interessa 10 alunni presenti nella scuola secondaria e residenti nell'insediamento di Gordiani; nell'istituto comprensivo Antonio Gramsci il bando interessa 20 alunni presenti nella scuola secondaria e residenti nell'insediamento di Candoni; nell'istituto comprensivo Martellini il bando interessa 18 alunni presenti nella scuola primaria e residenti nell'insediamento di Monachina; nell'istituto comprensivo via Santi il bando interessa 7 alunni presenti nella scuola secondaria e residenti nell'insediamento di Salone, 2 nell'insediamento di Salviati 70 e 6 nell'insediamento di Salviati 72; nell'istituto comprensivo di via Cortina 70 il bando interessa 1 alunno presente nella scuola secondaria e residente nell'insediamento di Salone;

   se pertanto si considerano gli insediamenti formali della Capitale, gli alunni coinvolti nel bando sono 10 dall'insediamento di Gordiani, 44 da Candoni, 18 da Monachina, 8 da Salone, 2 da Salviati 70 e 6 da Salviati 72 per un totale di 88 alunni sui 117 previsti;

   alla luce dei dati delle precedenti annualità, si stima che degli alunni iscritti, circa 18 abbiano avuto una frequenza regolare;

   i plessi scolastici coinvolti dal bando sono il 3 per cento dei 207 nei quali risultano iscritti nell'anno 2018-2019 gli alunni rom;

   per quanto riguarda i bambini coinvolti dalle azioni del bando, si tratta secondo una stima ottimistica di 88 minori rom sui 2.000 in età scolare presenti negli insediamenti formali e informali, pari al 4,4 per cento del totale; secondo una stima realistica, 18 sui 2.000 pari allo 0,9 per cento del totale;

   la spesa complessiva prevista dal bando è di circa 240.200 euro, pari, secondo la stima realistica, a una spesa per bambino di 13.344 euro circa;

   nell'elenco degli alunni rom iscritti nelle scuole romane nell'anno 2018-2019 rilasciato dal dipartimento servizi educativi e scolastici di Roma Capitale, risultano segnalati bambini rom non residenti in insediamenti formali. Alcuni di essi risultano iscritti anche nelle scuole oggetto del bando –:

   alla luce del fatto che l'iniziativa si inserisce nell'ambito di un progetto nazionale promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e finanziato con fondi statali, di quali elementi disponga il Governo circa le ragioni per cui siano state inserite scuole non frequentate più da bambini rom e, a fronte di un numero così basso di minori coinvolti, la spesa sia così elevata, anche considerando che questa è l'unica azione portata avanti dal comune nei confronti dei minori Rom, Sinti e Caminanti;

   di quali elementi disponga il Governo circa il criterio con il quale sono stati identificati come rom gli alunni non residenti all'interno degli insediamenti formali e, qualora abbia prevalso il criterio dell'auto-riconoscimento, come esso sia stato formalizzato e trattato nel rispetto della privacy.
(4-01821)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   DI SARNO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro pro tempore per la semplificazione e la pubblica amministrazione, con il decreto ministeriale 2 dicembre 2016, ha decretato l'istituzione dell'elenco nazionale dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione della performance (O.i.v.). Tale elenco racchiude tutti i professionisti esperti di valutazione delle performance delle pubbliche amministrazioni, riconosciuti dal dipartimento della funzione pubblica. L'iscrizione all'elenco nazionale è condizione necessaria per la partecipazione alle procedure comparative di nomina degli organismi indipendenti di valutazione della performance istituiti ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, cosiddetto «legge Brunetta», presso amministrazioni, agenzie ed enti statali, anche ad ordinamento autonomo;

   nel mese di settembre 2018 il dipartimento della funzione pubblica ha provveduto a dare notizia degli enti accreditati per l'erogazione dei corsi di formazione qualificati per gli appartenenti all'elenco nazionale degli Oiv e quindi autorizzati anche al rilascio dei crediti obbligatori per la redenzione all'elenco nazionale, che avviene a cadenza triennale;

   appartenere al suddetto elenco è titolo indispensabile per potersi candidare al ruolo di componente o presidente degli Oiv e quindi svolgere attività di consulenza manageriale specifica in campo di valutazione delle performance. I soggetti iscritti sono tenuti ad acquisire quaranta crediti formativi nel triennio precedente al rinnovo dell'iscrizione. Il sistema della formazione continua è previsto all'articolo 6 del decreto ministeriale 2 dicembre 2016, al fine di migliorare le competenze professionali dei soggetti iscritti nell'elenco nazionale e garantirne l'allineamento metodologico nell'esercizio delle funzioni di Oiv. Per il raggiungimento dei tanto agognati 40 crediti si dovranno frequentare almeno 3 corsi di circa 400 euro ciascuno con costi totali pari a 1.200 euro, non tenendo conto delle spese di trasporto, vitto e alloggio;

   all'articolo 4 del decreto ministeriale, si riporta che è fatto obbligo per gli iscritti all'elenco nazionale:

    a) dell'acquisizione dei crediti formativi secondo quanto previsto all'articolo 6;

    b) del tempestivo aggiornamento dei propri dati con particolare riguardo ai requisiti di cui all'articolo 2, agli incarichi di Oiv ricoperti e ai crediti formativi acquisiti;

    c) di rinnovare ogni tre anni l'iscrizione nell'elenco nazionale, attraverso il portale della performance;

   l'articolo 6 del decreto ministeriale in merito alla formazione continua, riporta espressamente: «1. Al fine di migliorare le competenze professionali dei soggetti iscritti nell'Elenco nazionale e garantirne l'allineamento metodologico nell'esercizio delle funzioni di Oiv, la formazione continua prevede attività di qualificazione specifiche attraverso la partecipazione a corsi, organizzati da istituzioni pubbliche o private accreditate ai sensi del comma 4. 2. Ai fini della permanenza nell'Elenco nazionale i soggetti iscritti sono tenuti ad acquisire quaranta crediti formativi nel triennio precedente al rinnovo dell'iscrizione. 3. L'attribuzione dei crediti formativi avviene secondo i criteri indicati nell'Allegato A, che costituisce parte integrante del presente decreto. 4. Il Dipartimento, d'intesa con la Scuola nazionale dell'amministrazione, definisce i requisiti per l'accreditamento delle istituzioni pubbliche o private che svolgono attività formative e procede alla verifica, anche a campione, della sussistenza dei requisiti stessi. La Scuola nazionale dell'amministrazione provvede alle conseguenti attività di accreditamento. 5. Il Dipartimento, in collaborazione con la Scuola nazionale dell'amministrazione, promuove lo svolgimento della formazione e la orienta verso le nuove aree di sviluppo della professione. 6. Nell'ambito degli indirizzi del Dipartimento, la Scuola può:

    a) stipulare convenzioni con Università per definire regole comuni per il riconoscimento reciproco di crediti formativi professionali e universitari;

    b) valutare proposte formative su base individuale aventi caratteristiche di alta specializzazione» –:

   quali iniziative di carattere normativo il Ministro interrogato intenda adottare, alla luce di quanto descritto in premessa, al fine di eliminare ogni disparità nell'accesso ai corsi succitati fra i liberi professionisti e i dipendenti pubblici.
(4-01814)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   ROTTA e ZARDINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 13 dicembre 2017, la Ministra della salute pro tempore ha risposto all'interrogazione n. 3-03436 in cui si chiedeva se esistessero specifiche linee guida circa l'efficacia della plasmaferesi sulla rimozione delle sostanze Pfas, nonché se vi fosse un protocollo scientifico clinicamente validato e un'autorizzazione di un comitato etico per l'adozione della plasmaferesi su larga scala con il coinvolgimento anche di minori di anni 14, così come avviene nella regione Veneto;

   la popolazione di tre province del Veneto (Vicenza, Verona e Padova) da alcuni anni convive con la preoccupazione di abitare in un territorio inquinato dalle sostanze perfluoroalchiliche, conosciute come Pfas;

   nel mese di giugno del 2017 la regione Veneto aveva dato avvio a una procedura su larga scala, appunto la plasmaferesi, con l'obiettivo di abbattere la quantità di Pfas riscontrata nel sangue della popolazione a seguito di un piano di biomonitoraggio avviato sempre dalla stessa regione;

   la Ministra pro tempore, rispondendo all'interrogazione, ha precisato che il dicastero della salute e l'istituto superiore di sanità non sono stati mai formalmente interessati dalla regione Veneto circa l'utilizzo di questa terapia e ha chiarito che non risultano evidenze scientifiche in ordine alla possibilità di rimuovere gli Pfas o gli Pfoa attraverso l'uso della plasmaferesi;

   la Ministra ha specificato ulteriormente, come «le più recenti linee guida non includono detti contaminanti tra gli agenti inquinanti che possono essere rimossi con tale tecnica. Il ricorso alla plasmaferesi è fortemente sconsigliato proprio in quelle situazioni particolari e rare (ed è questo il caso dell'inquinamento da Pfas e Pfoa, presente nella sola regione Veneto) in cui si registra una specifica tipologia di inquinamento ambientale»;

   per tali ragioni, e in considerazione anche del fatto che la plasmaferesi è una terapia fortemente invasiva, la regione Veneto, prima di sottoporre le persone a tale trattamento, avrebbe dovuto procedere a una preventiva sperimentazione;

   la Ministra pro tempore ha concluso rassicurando di aver già chiesto alla regione Veneto maggiori e più dettagliate informazioni in merito, al fine di poter valutare l'adozione di un'iniziativa volta a tutelare la salute dei cittadini veneti;

   sebbene sia importante cercare soluzioni al problema Pfas nel sangue, è tuttavia doveroso farlo nel rispetto della scienza e a garanzia della salute. Non è di certo responsabile proporre un trattamento senza aver verificato se è utile, quali effetti produce e se davvero valga la pena di investire milioni di euro senza dati chiari è precisi;

   la regione Veneto sta continuando le operazioni di screening, ma, una volta consegnati i referti e in presenza di elevati valori di plasmaferesi, non offre alcuna soluzione concreta: a quanto consta all'interrogante alcune lettere inviate dall'azienda ospedaliera di Padova (Unità operativa immunotrasfusionale) si indicherebbe semplicemente un recapito telefonico da contattare dell'azienda ospedaliera e una nota informativa che descrive in cosa consiste la procedura;

   tuttavia, secondo quanto riferito agli interroganti, contattando il numero di telefono indicato per fissare un appuntamento per eseguire i trattamenti, l'operatore dichiarerebbe che essi sono sospesi in seguito al blocco stabilito dal Ministero della salute;

   è del tutto evidente che fare lo screening, senza offrire soluzioni concrete ai cittadini, stia producendo tra la popolazione uno stato di grande agitazione;

   la regione Veneto ha ricevuto dal Ministero della salute una circolare recante «applicazione delle procedure di plasmocentesi» in cui si ribadisce la disponibilità del centro nazionale sangue e dell'istituto superiore di sanità a ogni forma di collaborazione tecnico-scientifica sul tema dell'impegno della plasmocentesi terapeutica in questa specifica situazione clinica per la quale è necessario procedere solide evidenze scientifiche –:

   quali iniziative intenda mettere in campo, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute dei cittadini veneti che devono rimuovere le sostanze Pfas dal loro sangue.
(4-01820)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   ROSSELLO, CASSINELLI, MULÈ e GAGLIARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   Piaggio Aerospace è stata una tra le più importanti aziende di produzione aeronautiche italiane; l'azienda fu fondata nel 1884 da Rinaldo Piaggio a Sestri Ponente (Genova), avendo come principale settore di attività la produzione di materiale ferroviario; dal 2014 ha assunto l'attuale denominazione, dopo che Piaggio Aero Industries è stata interamente acquisita da Mubadala Development Company, fondo sovrano del Governo di Abu Dhabi;

   il fondo Mubadala Development ha deciso di non investire più nella società rilevata nel 2014 e il 22 novembre 2018 ha chiesto l'amministrazione straordinaria; il gruppo ha 1.117 dipendenti tra Villanova d'Albenga e Genova e avrebbe maturato, in base all'elenco creditori aggiornato al 30 settembre, 618,8 milioni di euro di debiti;

   nel tempo, la situazione è andata sempre più peggiorando, visto che oltre al disimpegno della Mubadala Development, si è registrato anche quello dello stesso Governo emiratino suo azionista, che avrebbe bloccato tutti gli ordini di droni, sia vecchi sia nuovi; in particolare, a quanto si apprende dagli articoli di stampa apparsi negli ultimi giorni, almeno una parte di queste commesse era stata portata avanti, nel concreto, tramite il veicolo di investimento Adasi (Abu Dhabi Autonomous Systems Investments), che fa sempre capo al Governo emiratino ed è specializzato nel settore della difesa;

   si è di fronte a un altro difficile capitolo che si aggiunge alla delicata situazione dell'industria aeronautica ligure; a questo proposito il Governo ha preso tempo con un rinvio dell'audizione parlamentare del Ministero dello sviluppo economico prevista per il 29 novembre, che aveva all'ordine del giorno la commessa da 766 milioni di euro per 20 droni bloccata in Parlamento. Ora gli occhi sono puntati all'incontro fissato al Ministero dello sviluppo economico per il 7 dicembre 2018;

   gli oltre mille operai impiegati nell'azienda non hanno ancora percepito lo stipendio del mese di novembre 2018 nonostante le rassicurazioni da parte del Ministro dello sviluppo economico a margine di un evento al Ministero, e portano avanti la loro protesta non solo per il ritardo nel pagamento, ma soprattutto per le modalità con cui questo è stato comunicato: un semplice messaggio dell'azienda arrivato il 29 novembre attorno alle 14, orario in cui i manager erano attesi nella sede savonese di Unione Industriali per incontrarsi con i sindacati;

   l'atteso meeting tra lavoratori e manager non è però mai avvenuto, reso inutile dal comunicato rilasciato poche ore prima, e i vertici dell'azienda si sono riuniti in un'altra stanza senza incontrare i rappresentanti dei lavoratori –:

   se siano a conoscenza della situazione in cui versano i lavoratori della Piaggio Aerospace;

   se non ritengano doveroso, visto il gravissimo mancato pagamento degli stipendi ai lavoratori, attivarsi immediatamente, con tutti gli strumenti a disposizione, per far sì che l'azienda paghi il dovuto senza ulteriori ritardi;

   quali iniziative intendano adottare per vigilare sulla gestione di Piaggio Aerospace, ponendo fine alle anomalie, qualora queste vengano riscontrate;

   poiché il commissario appena nominato è già stato in visita allo stabilimento, come lo stesso intenda nel suo nuovo mandato fare fronte a tutti i problemi relativi ai pagamenti degli stipendi ancora in sospeso;

   quali politiche industriali intendano mettere in campo per il settore della Difesa a sostegno delle imprese interessate e quindi a salvaguardia delle conoscenze, professionalità, prodotti e livelli occupazionali di Piaggio Aerospace e, anche, delle altre aziende impiegate nel settore;

   come intendano affrontare questo stato di grave emergenza sociale a tutela dei lavoratori e della stessa impresa, in un'azienda che costituisce una rilevante fonte di reddito per le popolazioni dei territori interessati.
(3-00375)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Mandelli e Gelmini n. 1-00085, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Orsini, Palmieri, Perego di Cremnago, Rossello, Saccani Jotti, Squeri.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Bellucci e altri n. 7-00126, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 dicembre 2018, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Meloni, Caretta, Ciaburro.

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:

   interrogazione a risposta in Commissione Capitanio n. 5-00367 del 4 settembre 2018 in interrogazione a risposta scritta n. 4-01813.