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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Sabato 8 dicembre 2018

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli, nella seduta dell'8 dicembre 2018.

  Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Braga, Caiata, Cancelleri, Cardinale, Carfagna, Castelli, Ciprini, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, De Maria, Del Barba, Luigi Di Maio, Durigon, Ferraresi, Ferri, Gregorio Fontana, Fraccaro, Fusacchia, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Grillo, Grimoldi, Guidesi, Lorenzin, Losacco, Lupi, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Pastorino, Picchi, Ribolla, Rosato, Ruocco, Schullian, Sisto, Valente, Vignaroli, Raffaele Volpi, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Braga, Caiata, Cancelleri, Cardinale, Carfagna, Castelli, Ciprini, Cirielli, Colucci, Comaroli, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, De Maria, Del Barba, Luigi Di Maio, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Ferri, Gregorio Fontana, Fraccaro, Fusacchia, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grillo, Grimoldi, Guidesi, Lorenzin, Losacco, Lupi, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Pastorino, Picchi, Ribolla, Rosato, Ruocco, Schullian, Carlo Sibilia, Sisto, Valente, Vignaroli, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 7 dicembre 2018 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   GELMINI: «Introduzione dell'insegnamento dell'educazione alla cittadinanza attiva nonché disposizioni per lo sviluppo delle competenze digitali e la formazione degli studenti all'uso consapevole degli strumenti telematici e tecnologici» (1425);
   DEL MONACO ed altri: «Modifiche all'articolo 210 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di attività libero-professionale dei medici e degli psicologi militari» (1426);
   CATALDI: «Modifiche al codice di procedura civile e al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e altre disposizioni per la semplificazione e l'accelerazione del processo civile nonché in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali» (1427);
   PELLICANI: «Modifiche e integrazioni alla legislazione speciale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna» (1428);
   GUSMEROLI ed altri: «Istituzione dell'imposta municipale sugli immobili (nuova IMU)» (1429).

  Saranno stampate e distribuite.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: BILANCIO DI PREVISIONE DELLO STATO PER L'ANNO FINANZIARIO 2019 E BILANCIO PLURIENNALE PER IL TRIENNIO 2019-2021 (A.C. 1334-A/R)

A.C. 1334-A/R – Articolo 3

ARTICOLO 3 ED ANNESSA TABELLA 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 2).
  2. L'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, è stabilito, per l'anno 2019, in 62.000 milioni di euro.
  3. I limiti di cui all'articolo 6, comma 9, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, concernente gli impegni assumibili dalla SACE Spa – Servizi assicurativi del commercio estero, sono fissati per l'anno finanziario 2019, rispettivamente, in 3.000 milioni di euro per le garanzie di durata sino a ventiquattro mesi e in 22.000 milioni di euro per le garanzie di durata superiore a ventiquattro mesi.
  4. La SACE Spa è altresì autorizzata, per l'anno finanziario 2019, a rilasciare garanzie e coperture assicurative relativamente alle attività di cui all'articolo 11-quinquies, comma 4, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, entro una quota massima del 30 per cento di ciascuno dei limiti indicati al comma 3 del presente articolo.
  5. Gli importi dei fondi previsti dagli articoli 26, 27, 28 e 29 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, inseriti nel programma «Fondi di riserva e speciali», nell'ambito della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, sono stabiliti, per l'anno finanziario 2019, rispettivamente, in 900 milioni di euro, 1.500 milioni di euro, 2.000 milioni di euro, 398,5 milioni di euro e 6.500 milioni di euro.
  6. Per gli effetti di cui all'articolo 26 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, sono considerate spese obbligatorie, per l'anno finanziario 2019, quelle descritte nell'elenco n. 1, allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  7. Le spese per le quali può esercitarsi la facoltà prevista dall'articolo 28 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, sono indicate, per l'anno finanziario 2019, nell'elenco n. 2, allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.
  8. Ai fini della compensazione sui fondi erogati per la mobilità sanitaria in attuazione dell'articolo 12, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione al programma «Concorso dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria», nell'ambito della missione «Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2019, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.
  9. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione al programma «Famiglia, pari opportunità e situazioni di disagio», azione «Promozione e garanzia delle pari opportunità», nell'ambito della missione «Diritti sociali, politiche sociali e famiglia» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2019, delle somme affluite all'entrata del bilancio dello Stato, derivanti dai contributi destinati dall'Unione europea alle attività poste in essere dalla Commissione per le pari opportunità fra uomo e donna.
  10. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, al trasferimento delle somme occorrenti per l'effettuazione delle elezioni politiche, amministrative e dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia e per l'attuazione dei referendum dal programma «Fondi da assegnare», nell'ambito della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2019, ai competenti programmi degli stati di previsione del medesimo Ministero dell'economia e delle finanze e dei Ministeri della giustizia, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno e della difesa per lo stesso anno finanziario, per l'effettuazione di spese relative a competenze spettanti ai componenti i seggi elettorali, a nomine e notifiche dei presidenti di seggio, a compensi per lavoro straordinario, a compensi agli estranei all'amministrazione, a missioni, a premi, a indennità e competenze varie spettanti alle Forze di polizia, a trasferte e trasporto delle Forze di polizia, a rimborsi per facilitazioni di viaggio agli elettori, a spese di ufficio, a spese telegrafiche e telefoniche, a fornitura di carta e stampa di schede, a manutenzione e acquisto di materiale elettorale, a servizio automobilistico e ad altre esigenze derivanti dall'effettuazione delle predette consultazioni elettorali.
  11. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a trasferire, con propri decreti, per l'anno 2019, ai capitoli del titolo III (Rimborso di passività finanziarie) degli stati di previsione delle amministrazioni interessate le somme iscritte, per competenza e per cassa, nel programma «Rimborsi del debito statale», nell'ambito della missione «Debito pubblico» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, in relazione agli oneri connessi alle operazioni di rimborso anticipato o di rinegoziazione dei mutui con onere a totale o parziale carico dello Stato.
  12. Nell'elenco n. 5, allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, sono indicate le spese per le quali si possono effettuare, per l'anno finanziario 2019, prelevamenti dal fondo a disposizione, di cui all'articolo 9, comma 4, della legge 1o dicembre 1986, n. 831, iscritto nel programma «Prevenzione e repressione delle frodi e delle violazioni agli obblighi fiscali», nell'ambito della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica», nonché nel programma «Concorso della Guardia di Finanza alla sicurezza pubblica», nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza» del medesimo stato di previsione.
  13. Il numero massimo degli ufficiali ausiliari del Corpo della guardia di finanza di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 937 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, da mantenere in servizio nell'anno 2019, ai sensi dell'articolo 803 del medesimo codice, è stabilito in 70 unità.
  14. Le somme iscritte nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, assegnate dal CIPE con propria delibera alle amministrazioni interessate ai sensi dell'articolo 1, comma 7, della legge 17 maggio 1999, n. 144, per l'anno finanziario 2019, destinate alla costituzione di unità tecniche di supporto alla programmazione, alla valutazione e al monitoraggio degli investimenti pubblici, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, negli stati di previsione delle amministrazioni medesime.
  15. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, alla riassegnazione ad apposito capitolo di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, nella misura stabilita con proprio decreto, delle somme versate nell'ambito della voce «Entrate derivanti dal controllo e repressione delle irregolarità e degli illeciti» dello stato di previsione dell'entrata, dalla società Equitalia Giustizia Spa a titolo di utili relativi alla gestione finanziaria del fondo di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
  16. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, provvede, nell'anno finanziario 2019, all'adeguamento degli stanziamenti dei capitoli destinati al pagamento dei premi e delle vincite dei giochi pronostici, delle scommesse e delle lotterie, in corrispondenza con l'effettivo andamento delle relative riscossioni.
  17. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione al programma «Analisi, monitoraggio e controllo della finanza pubblica e politiche di bilancio», nell'ambito della missione «Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2019, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato relative alla gestione liquidatoria del Fondo gestione istituti contrattuali lavoratori portuali ed alla gestione liquidatoria denominata «Particolari e straordinarie esigenze, anche di ordine pubblico, della città di Palermo».
  18. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad effettuare, con propri decreti, variazioni compensative, in termini di competenza e di cassa, tra gli stanziamenti dei capitoli 2214 e 2223 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno finanziario 2019, iscritti nel programma «Oneri per il servizio del debito statale», e tra gli stanziamenti dei capitoli 9502 e 9503 del medesimo stato di previsione, iscritti nel programma «Rimborsi del debito statale», al fine di provvedere alla copertura del fabbisogno di tesoreria derivante dalla contrazione di mutui ovvero da analoghe operazioni finanziarie, qualora tale modalità di finanziamento risulti più conveniente per la finanza pubblica rispetto all'emissione di titoli del debito pubblico.
  19. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione ai pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno finanziario 2019, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dal CONI, dal Comitato italiano paralimpico (CIP), dalle singole Federazioni sportive nazionali, dalle regioni, dalle province, dai comuni e da altri enti pubblici e privati, destinate alle attività dei gruppi sportivi del Corpo della guardia di finanza.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 3.
(Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e disposizioni relative).

  Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23 Fondi da ripartire, programma 23.1 Fondi da assegnare, apportare le seguenti variazioni:
  2019:
   CP: –1.000.000;
   CS: –1.000.000;
  2020:
   CP: –1.000.000;
   CS: –1.000.000;
  2021:
   CP: –1.000.000;
   CS: –1.000.000.

  Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, missione 1 Competitività e sviluppo delle imprese, programma 1.2 Vigilanza sugli enti, sul sistema cooperativo e sulle gestioni commissariali, apportare le seguenti variazioni:
  2019:
   CP: +1.000.000;
   CS: +1.000.000;
  2020:
   CP: +1.000.000;
   CS: +1.000.000;
  2021:
   CP: +1.000.000;
   CS: +1.000.000.
*Tab. 2. 34. (ex *Tab. 2. 4.) Lupi, Colucci, Tondo.

  Allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, missione 23 Fondi da ripartire, programma 23.1 Fondi da assegnare, apportare le seguenti variazioni:
  2019:
   CP: –1.000.000;
   CS: –1.000.000;
  2020:
   CP: –1.000.000;
   CS: –1.000.000;
  2021:
   CP: –1.000.000;
   CS: –1.000.000.

  Conseguentemente, allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, missione 1 Competitività e sviluppo delle imprese, programma 1.2 Vigilanza sugli enti, sul sistema cooperativo e sulle gestioni commissariali, apportare le seguenti variazioni:
  2019:
   CP: +1.000.000;
   CS: +1.000.000;
  2020:
   CP: +1.000.000;
   CS: +1.000.000;
  2021:
   CP: +1.000.000;
   CS: +1.000.000.
*Tab. 2. 35. (ex *Tab. 2. 5.) Lorenzin, Toccafondi, Soverini.

  Dopo il comma 16, aggiungere il seguente:
  16-bis. Ai fini della massimizzazione delle riscossioni di cui al comma precedente e nell'ottica della semplificazione delle operazioni a premio, all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 2001, n. 430, il comma 6 è sostituito dal seguente:
  «6. Tutte le fasi della manifestazione a premio destinate all'aggiudicazione dei premi sono effettuate nel territorio dello Stato. Le attività connesse al confezionamento dei premi e alla partecipazione alla manifestazione che può avvenire attraverso il servizio postale, telefonico o mediante internet ovvero mediante carte di pagamento possono svolgersi anche al di fuori del detto territorio».
**3. 1. (ex *92. 1.) D'Ettore, Fiorini, Occhiuto, Pella, Cannizzaro, D'Attis, Mandelli, Prestigiacomo, Paolo Russo.

  Dopo il comma 16, aggiungere il seguente:
  16-bis. Ai fini della massimizzazione delle riscossioni di cui al comma precedente e nell'ottica della semplificazione delle operazioni a premio, all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 2001, n. 430, il comma 6 è sostituito dal seguente:
  «6. Tutte le fasi della manifestazione a premio destinate all'aggiudicazione dei premi sono effettuate nel territorio dello Stato. Le attività connesse al confezionamento dei premi e alla partecipazione alla manifestazione che può avvenire attraverso il servizio postale, telefonico o mediante internet ovvero mediante carte di pagamento possono svolgersi anche al di fuori del detto territorio».
**3. 2. (ex *92. 2.) Lorenzin.

A.C. 1334-A/R – Articolo 4

ARTICOLO 4 ED ANNESSA TABELLA 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 4.
(Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dello sviluppo economico, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 3).
  2. Le somme impegnate in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 9 ottobre 1993, n. 410, convertito dalla legge 10 dicembre 1993, n. 513, recante interventi urgenti a sostegno dell'occupazione nelle aree di crisi siderurgica, resesi disponibili a seguito di provvedimenti di revoca, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nell'anno finanziario 2019, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, ai fini di cui al medesimo articolo 1 del decreto-legge n. 410 del 1993, convertito dalla legge n. 513 del 1993.

A.C. 1334-A/R – Articolo 5

ARTICOLO 5 ED ANNESSA TABELLA 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 4).
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, variazioni compensative in termini di residui, di competenza e di cassa tra i capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche tra missioni e programmi diversi, connesse con l'attuazione dei decreti legislativi 14 settembre 2015, n. 149 e n. 150.

A.C. 1334-A/R – Articolo 6

ARTICOLO 6 ED ANNESSA TABELLA 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 6.
(Stato di previsione del Ministero della giustizia e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero della giustizia, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 5).
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, in termini di competenza e di cassa, delle somme versate dal CONI, dalle regioni, dalle province, dai comuni e da altri enti pubblici e privati all'entrata del bilancio dello Stato, relativamente alle spese per il mantenimento, per l'assistenza e per la rieducazione dei detenuti e internati, per gli interventi e gli investimenti finalizzati al miglioramento delle condizioni detentive e delle attività trattamentali, nonché per le attività sportive del personale del Corpo di polizia penitenziaria e dei detenuti e internati, nel programma «Amministrazione penitenziaria» e nel programma «Giustizia minorile e di comunità», nell'ambito della missione «Giustizia» dello stato di previsione del Ministero della giustizia per l'anno finanziario 2019.

A.C. 1334-A/R – Articolo 7

ARTICOLO 7 ED ANNESSA TABELLA 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 7.
(Stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 6).
  2. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è autorizzato ad effettuare, previe intese con il Ministero dell'economia e delle finanze, operazioni in valuta estera non convertibile pari alle disponibilità esistenti nei conti correnti valuta Tesoro costituiti presso le rappresentanze diplomatiche e gli uffici consolari, ai sensi dell'articolo 5 della legge 6 febbraio 1985, n. 15, e che risultino intrasferibili per effetto di norme o disposizioni locali. Il relativo controvalore in euro è acquisito all'entrata del bilancio dello Stato ed è contestualmente iscritto, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base delle indicazioni del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nei pertinenti programmi dello stato di previsione del medesimo Ministero per l'anno finanziario 2019, per l'effettuazione di spese connesse alle esigenze di funzionamento, mantenimento ed acquisto delle sedi diplomatiche e consolari, degli istituti di cultura e delle scuole italiane all'estero. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è altresì autorizzato ad effettuare, con le medesime modalità, operazioni in valuta estera pari alle disponibilità esistenti nei conti correnti valuta Tesoro in valute inconvertibili o intrasferibili individuate, ai fini delle operazioni di cui al presente comma, dal Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze su richiesta della competente Direzione generale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

A.C. 1334-A/R – Articolo 8

ARTICOLO 8 ED ANNESSA TABELLA 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 8.
(Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 7).

A.C. 1334-A/R – Articolo 9

ARTICOLO 9 ED ANNESSA TABELLA 8 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 9.
(Stato di previsione del Ministero dell'interno e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell'interno, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 8).
  2. Le somme versate dal CONI nell'ambito della voce «Entrate derivanti da servizi resi dalle Amministrazioni statali» dello stato di previsione dell'entrata sono riassegnate, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, al programma «Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico», nell'ambito della missione «Soccorso civile» dello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno finanziario 2019, per essere destinate alle spese relative all'educazione fisica, all'attività sportiva e alla costruzione, al completamento e all'adattamento di infrastrutture sportive concernenti il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  3. Nell'elenco n. 1, annesso allo stato di previsione del Ministero dell'interno, sono indicate le spese per le quali si possono effettuare, per l'anno finanziario 2019, prelevamenti dal fondo a disposizione per la Pubblica sicurezza, di cui all'articolo 1 della legge 12 dicembre 1969, n. 1001, iscritto nel programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica», nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza».
  4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a trasferire, con propri decreti, su proposta del Ministro dell'interno, agli stati di previsione dei Ministeri interessati, per l'anno finanziario 2019, le risorse iscritte nel capitolo 2313, istituito nel programma «Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose», nell'ambito della missione «Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti» dello stato di previsione del Ministero dell'interno, e nel capitolo 2872, istituito nell'ambito del programma «Pianificazione e coordinamento Forze di polizia», nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza» del medesimo stato di previsione, in attuazione dell'articolo 1, comma 562, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dell'articolo 34 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, e delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 106, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
  5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a riassegnare, con propri decreti, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, per l'anno finanziario 2019, i contributi relativi al rilascio e al rinnovo dei permessi di soggiorno, di cui all'articolo 5, comma 2-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, versati all'entrata del bilancio dello Stato e destinati, ai sensi dell'articolo 14-bis del medesimo testo unico, al Fondo rimpatri, finalizzato a finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza.
  6. Al fine di reperire le risorse occorrenti per il finanziamento dei programmi di rimpatrio volontario ed assistito di cittadini di Paesi terzi verso il Paese di origine o di provenienza, ai sensi dell'articolo 14-ter del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro dell'interno, per l'anno finanziario 2019, le occorrenti variazioni compensative di bilancio, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, anche tra missioni e programmi diversi.
  7. Ferma restando l'adozione dello specifico sistema di erogazione unificata di competenze fisse e accessorie al personale da parte delle amministrazioni dello Stato, al fine di consentire l'erogazione nell'anno successivo delle somme rimaste da pagare alla fine di ciascun esercizio finanziario a titolo di competenze accessorie, per tutti gli appartenenti alle Forze di polizia si applicano le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 2 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o dicembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 16 dicembre 2010.
  8. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, le variazioni compensative di bilancio tra i programmi di spesa dello stato di previsione del Ministero dell'interno «Elaborazione, quantificazione e assegnazione delle risorse finanziarie da attribuire agli enti locali» e «Gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali», in relazione alle minori o maggiori occorrenze connesse alla gestione dell'albo dei segretari provinciali e comunali necessarie ai sensi dell'articolo 7, comma 31-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell'articolo 10 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213.
  9. Al fine di consentire la corresponsione nell'ambito del sistema di erogazione unificata delle competenze accessorie dovute al personale della Polizia di Stato, per i servizi resi nell'ambito delle convenzioni stipulate con le società di trasporto ferroviario, con la società Poste Italiane Spa, con l'ANAS Spa e con l'Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori, il Ministro dell'interno è autorizzato ad apportare, con propri decreti, previo assenso del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, le occorrenti variazioni compensative di bilancio delle risorse iscritte sul capitolo 2502, istituito nel programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica» della missione «Ordine pubblico e sicurezza» sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno.

A.C. 1334-A/R – Articolo 10

ARTICOLO 10 ED ANNESSA TABELLA 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 10.
(Stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 9).

A.C. 1334-A/R – Articolo 11

ARTICOLO 11 ED ANNESSA TABELLA 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 11.
(Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 10).
  2. Il numero massimo degli ufficiali ausiliari del Corpo delle capitanerie di porto da mantenere in servizio come forza media nell'anno 2019, ai sensi dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stabilito come segue: 251 ufficiali in ferma prefissata o in rafferma, di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010; 35 ufficiali piloti di complemento, di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010.
  3. Il numero massimo degli allievi del Corpo delle capitanerie di porto da mantenere alla frequenza dei corsi presso l'Accademia navale e le Scuole sottufficiali della Marina militare, per l'anno 2019, è fissato in 136 unità.
  4. Nell'elenco n. 1 annesso allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, riguardante il Corpo delle capitanerie di porto, sono descritte le spese per le quali possono effettuarsi, per l'anno finanziario 2019, i prelevamenti dal fondo a disposizione iscritto nel programma «Sicurezza e controllo nei mari, nei porti e sulle coste», nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza» del medesimo stato di previsione.
  5. Ai sensi dell'articolo 2 del regolamento per i servizi di cassa e contabilità delle Capitanerie di porto, di cui al regio decreto 6 febbraio 1933, n. 391, i fondi di qualsiasi provenienza possono essere versati in conto corrente postale dai funzionari delegati.
  6. Le disposizioni legislative e regolamentari in vigore presso il Ministero della difesa si applicano, in quanto compatibili, alla gestione dei fondi di pertinenza delle Capitanerie di porto. Alle spese per la manutenzione e l'esercizio dei mezzi nautici, terrestri e aerei e per attrezzature tecniche, materiali e infrastrutture occorrenti per i servizi tecnici e di sicurezza dei porti e delle caserme delle Capitanerie di porto, di cui al programma «Sicurezza e controllo nei mari, nei porti e sulle coste», nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza» dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si applicano, per l'anno finanziario 2019, le disposizioni del nono periodo del comma 2-bis dell'articolo 34 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a riassegnare allo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti quota parte delle entrate versate al bilancio dello Stato derivanti dai corrispettivi di concessione offerti in sede di gara per il riaffidamento delle concessioni autostradali nella misura necessaria alla definizione delle eventuali pendenze con i concessionari uscenti.

A.C. 1334-A/R – Articolo 12

ARTICOLO 12 ED ANNESSA TABELLA 11 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 12.
(Stato di previsione del Ministero della difesa e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 11).
  2. Il numero massimo degli ufficiali ausiliari da mantenere in servizio come forza media nell'anno 2019, ai sensi dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stabilito come segue:
   a) ufficiali ausiliari, di cui alle lettere a) e c) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010:
    1) Esercito n. 63;
    2) Marina n. 47;
    3) Aeronautica n. 64;
    4) Carabinieri n. 0;
   b) ufficiali ausiliari piloti di complemento, di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010:
    1) Esercito n. 0;
    2) Marina n. 27;
    3) Aeronautica n. 9;
   c) ufficiali ausiliari delle forze di completamento, di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 937 del codice di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010:
    1) Esercito n. 103;
    2) Marina n. 30;
    3) Aeronautica n. 40;
    4) Carabinieri n. 80.

  3. La consistenza organica degli allievi ufficiali delle accademie delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è fissata, per l'anno 2019, come segue:
    1) Esercito n. 289;
    2) Marina n. 295;
    3) Aeronautica n. 245;
    4) Carabinieri n. 110.

  4. La consistenza organica degli allievi delle scuole sottufficiali delle Forze armate, esclusa l'Arma dei carabinieri, di cui alla lettera b-bis) del comma 1 dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stabilita, per l'anno 2019, come segue:
    1) Esercito n. 406;
    2) Marina n. 374;
    3) Aeronautica n. 281.

  5. La consistenza organica degli allievi delle scuole militari, di cui alla lettera b-ter) del comma 1 dell'articolo 803 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, è stabilita, per l'anno 2019, come segue:
    1) Esercito n. 500;
    2) Marina n. 207;
    3) Aeronautica n. 135.

  6. Alle spese per le infrastrutture multinazionali della NATO, sostenute a carico dei programmi «Servizi e affari generali per le amministrazioni di competenza», nell'ambito della missione «Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche», «Approntamento e impiego Carabinieri per la difesa e la sicurezza» e «Pianificazione generale delle Forze Armate e approvvigionamenti militari», nell'ambito della missione «Difesa e sicurezza del territorio» dello stato di previsione del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2019, si applicano le direttive che definiscono le procedure di negoziazione ammesse dalla NATO in materia di affidamento dei lavori.
  7. Negli elenchi n. 1 e n. 2 allegati allo stato di previsione del Ministero della difesa sono descritte le spese per le quali si possono effettuare, per l'anno finanziario 2019, i prelevamenti dai fondi a disposizione relativi alle tre Forze armate e all'Arma dei carabinieri, ai sensi dell'articolo 613 del codice di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  8. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione ai pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2019, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dal CONI, dal CIP, dalle singole Federazioni sportive nazionali, dalle regioni, dalle province, dai comuni e da altri enti pubblici e privati, destinate alle attività dei gruppi sportivi delle Forze armate.
  9. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione ai pertinenti capitoli del programma «Approntamento e impiego Carabinieri per la difesa e la sicurezza», nell'ambito della missione «Difesa e sicurezza del territorio» dello stato di previsione del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2019, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dalla Banca d'Italia per i servizi di vigilanza e custodia resi presso le proprie sedi dal personale dell'Arma dei carabinieri.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 12.
(Stato di previsione del Ministero della difesa e disposizioni relative).

  Dopo il comma 6, aggiungere i seguenti:
  6-bis. È autorizzata la spesa di 2.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 per il completamento del reparto logistico della Brigata Sassari.
  6-ter. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 6-bis si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140.
12. 1. (ex 101. 2.) Deidda, Lucaselli, Rampelli.

  Dopo il comma 9, aggiungere i seguenti:
  9-bis. Dopo il comma 2-bis dell'articolo 614 del decreto legislativo del 15 marzo 2010, n. 66, è inserito il seguente:
  «2-ter. Nella prospettiva degli interventi di valorizzazione del personale civile contrattualizzato appartenente alle aree funzionali del Ministero della difesa in relazione alla peculiarità del suo impiego e al contributo fornito in termini di integrazione delle funzioni di difesa e sicurezza assicurate dal personale delle Forze armate, è istituito un Fondo integrativo del trattamento economico accessorio del personale civile della Difesa destinato a remunerare tale peculiare situazione di impiego e la complessità e variabilità dei nuovi compiti da assolvere. La dotazione finanziaria di detto Fondo integrativo, volto a prevedere compensi per il supporto fornito alle attività delle Forze Armate in tema di difesa e sicurezza nazionale, è pari a 21 milioni annui per il triennio 2019-2021 ed è ripartito attraverso la contrattazione collettiva nazionale integrativa. Agli oneri di cui al presente comma si provvede, per gli anni 2019 e 2020, nei termini di cui all'articolo 1, comma 590, della legge 27 dicembre 2017, n. 205; per il 2021, mediante quota parte dei risparmi di cui all'articolo 11, comma 5, lettera b) del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94».

  9-ter. Al fine di soddisfare le esigenze di efficientamento e ammodernamento dello strumento militare, anche mediante mirati processi di razionale rimodulazione delle dotazioni organiche del personale civile del Ministero della difesa nonché nella prospettiva della valorizzazione di tale personale, il Ministero della difesa è autorizzato, nei limiti del 50 per cento delle posizioni disponibili in dotazione organica, a indire una o più procedure interne per il passaggio del personale inquadrato nella prima area funzionale all'area seconda, con profilo professionale di addetto e attribuzione della prima fascia retributiva d'inquadramento F1. Per le stesse finalità e con gli stessi limiti, il Ministero della difesa è autorizzato, nell'ambito dei posti disponibili e in relazione al fabbisogno, ad indire una o più procedure interne per il passaggio del personale inquadrato nella seconda area alla terza area funzionale con attribuzione della prima fascia retributiva d'inquadramento F1, qualora in possesso dei prescritti titoli di studio previsti per l'accesso dall'esterno alla terza area. Gli effetti economici e giuridici decorrono dalla completa definizione delle procedure selettive. Il rapporto tra posti riservati ai dipendenti e posti riservati agli accessi dall'esterno è fissato, in deroga a quanto previsto dall'articolo 22, comma 15, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 e nell'ambito della medesima area funzionale, nella percentuale, rispettivamente, del 50 per cento e 50 per cento, computando in tale ultima percentuale anche gli accessi per procedure assunzionali finalizzate al 31 dicembre 2018. Per le finalità di cui al comma 1, si provvede alla relativa copertura finanziaria a valere sulle facoltà assunzionali annuali del Ministero della difesa. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
12. 2. (ex 101. 1.) Pagani, Enrico Borghi, Carè, De Menech, Losacco, Lotti, Rosato.

A.C. 1334-A/R – Articolo 13

ARTICOLO 13 ED ANNESSA TABELLA 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 13.
(Stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 12).
  2. Per l'attuazione del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, e del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 100, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, nell'ambito della parte corrente e nell'ambito del conto capitale dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per l'anno finanziario 2019, le variazioni compensative di bilancio, in termini di competenza e di cassa, occorrenti per la modifica della ripartizione delle risorse tra i vari settori d'intervento del Programma nazionale della pesca e dell'acquacoltura.
  3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, al trasferimento delle somme iscritte nel capitolo 2827 del programma «Politiche europee ed internazionali e dello sviluppo rurale», nell'ambito della missione «Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca» dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per l'anno finanziario 2019, ai competenti capitoli dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo per il medesimo anno, secondo la ripartizione percentuale indicata all'articolo 24, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
  4. Per l'anno finanziario 2019 il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, le variazioni compensative di bilancio, in termini di competenza e di cassa, occorrenti per l'attuazione di quanto stabilito dagli articoli 12 e 23-quater del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, in ordine alla soppressione e riorganizzazione di enti vigilati dal medesimo Ministero.
  5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a ripartire, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, tra i pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, le somme iscritte, in termini di residui, di competenza e di cassa, nel capitolo 7810 «Somme da ripartire per assicurare la continuità degli interventi pubblici nel settore agricolo e forestale» istituito nel programma «Politiche competitive, della qualità agroalimentare, della pesca, dell'ippica e mezzi tecnici di produzione», nell'ambito della missione «Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca» del medesimo stato di previsione, destinato alle finalità di cui alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, recante razionalizzazione degli interventi nel settore agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale.
  6. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, ai pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per l'anno finanziario 2019, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato da amministrazioni ed enti pubblici in virtù di accordi di programma, convenzioni ed intese per il raggiungimento di finalità comuni in materia di telelavoro, ai sensi dell'articolo 4 della legge 16 giugno 1998, n. 191, dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

A.C. 1334-A/R – Articolo 14

ARTICOLO 14 ED ANNESSA TABELLA 13 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 14.
(Stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero per i beni e le attività culturali, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 13).
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, per l'anno finanziario 2019, le variazioni compensative di bilancio, in termini di residui, di competenza e di cassa, tra i capitoli iscritti nel programma «Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo dal vivo», nell'ambito della missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici» dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali relativi al Fondo unico per lo spettacolo.
  3. Ai fini di una razionale utilizzazione delle risorse di bilancio, per l'anno finanziario 2019, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, adottati su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, comunicati alle competenti Commissioni parlamentari e trasmessi alla Corte dei conti per la registrazione, le occorrenti variazioni compensative di bilancio, in termini di competenza e di cassa, tra i capitoli iscritti nei pertinenti programmi dello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali, relativi agli acquisti ed alle espropriazioni per pubblica utilità, nonché per l'esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato su immobili di interesse archeologico e monumentale e su cose di arte antica, medievale, moderna e contemporanea e di interesse artistico e storico, nonché su materiale archivistico pregevole e materiale bibliografico, raccolte bibliografiche, libri, documenti, manoscritti e pubblicazioni periodiche, ivi comprese le spese derivanti dall'esercizio del diritto di prelazione, del diritto di acquisto delle cose denunciate per l'esportazione e dell'espropriazione, a norma di legge, di materiale bibliografico prezioso e raro.
  4. Al pagamento delle retribuzioni delle operazioni e dei servizi svolti in attuazione del piano nazionale straordinario di valorizzazione degli istituti e dei luoghi della cultura dal relativo personale si provvede mediante ordini collettivi di pagamento con il sistema denominato «cedolino unico», ai sensi dell'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. A tal fine il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, le variazioni compensative di bilancio in termini di competenza e di cassa su appositi piani gestionali dei capitoli relativi alle competenze accessorie del personale.

A.C. 1334-A/R – Articolo 15

ARTICOLO 15 ED ANNESSA TABELLA 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 15.
(Stato di previsione del Ministero della salute e disposizioni relative)

  1. Sono autorizzati l'impegno e il pagamento delle spese del Ministero della salute, per l'anno finanziario 2019, in conformità all'annesso stato di previsione (Tabella n. 14).
  2. Per l'anno finanziario 2019, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad adottare, con propri decreti, su proposta del Ministero della salute, variazioni compensative in termini di competenza e di cassa, tra gli stanziamenti alimentati dal riparto della quota di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, iscritti in bilancio nell'ambito della missione «Ricerca e innovazione» dello stato di previsione del Ministero della salute, restando precluso l'utilizzo degli stanziamenti di conto capitale per finanziare spese correnti.

A.C. 1334-A/R – Articolo 16

ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 16.
(Totale generale della spesa)

  1. Sono approvati, rispettivamente, in euro 877.346.939.404, in euro 878.865.654.072 e in euro 891.881.539.733 in termini di competenza, nonché in euro 913.000.022.188, in euro 891.099.177.215, in euro 900.958.378.317 in termini di cassa, i totali generali della spesa dello Stato per il triennio 2019-2021.

A.C. 1334-A/R – Articolo 17

ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 17.
(Quadro generale riassuntivo)

  1. È approvato, in termini di competenza e di cassa, per il triennio 2019-2021, il quadro generale riassuntivo del bilancio dello Stato, con le tabelle allegate.

A.C. 1334-A/R – Articolo 18

ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 18.
(Disposizioni diverse)

  1. In relazione all'accertamento dei residui di entrata e di spesa per i quali non esistono nel bilancio di previsione i corrispondenti capitoli nell'ambito dei programmi interessati, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad istituire gli occorrenti capitoli nei pertinenti programmi con propri decreti da comunicare alla Corte dei conti.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a trasferire, in termini di competenza e di cassa, con propri decreti, su proposta dei Ministri interessati, per l'anno finanziario 2019, le disponibilità esistenti su altri programmi degli stati di previsione delle amministrazioni competenti a favore di appositi programmi destinati all'attuazione di interventi cofinanziati dall'Unione europea.
  3. In relazione ai provvedimenti di riordino delle amministrazioni pubbliche, il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta dei Ministri competenti, è autorizzato ad apportare, con propri decreti da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per l'esercizio finanziario 2019, le variazioni compensative di bilancio in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l'istituzione, la modifica e la soppressione di programmi, che si rendano necessarie in relazione all'accorpamento di funzioni o al trasferimento di competenze.
  4. Su proposta del Ministro competente, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, negli stati di previsione della spesa che nell'esercizio finanziario 2018 e in quello in corso siano stati interessati dai processi di ristrutturazione di cui al comma 3, nonché da quelli previsti da altre normative vigenti, possono essere effettuate variazioni compensative, in termini di residui, di competenza e di cassa, limitatamente alle autorizzazioni di spesa aventi natura di fabbisogno, nonché tra capitoli di programmi dello stesso stato di previsione limitatamente alle spese di funzionamento per oneri relativi a movimenti di personale e per quelli strettamente connessi con l'operatività delle amministrazioni.
  5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, le variazioni di bilancio connesse con l'attuazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente dalle amministrazioni dello Stato, stipulati ai sensi dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché degli accordi sindacali e dei provvedimenti di concertazione, adottati ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, per quanto concerne il trattamento economico fondamentale e accessorio del personale interessato. Per l'attuazione di quanto previsto dal presente comma, le somme iscritte nel conto dei residui sul capitolo n. 3027 «Fondo da ripartire per l'attuazione dei contratti del personale delle amministrazioni statali, ivi compreso il personale militare e quello dei corpi di polizia» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze possono essere versate all'entrata del bilancio dello Stato.
  6. Le risorse finanziarie relative ai fondi destinati all'incentivazione del personale civile dello Stato, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dei Corpi di polizia, nonché quelle per la corresponsione del trattamento economico accessorio del personale dirigenziale, non utilizzate alla chiusura dell'esercizio, sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate nell'esercizio successivo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, le variazioni di bilancio occorrenti per l'utilizzazione dei predetti fondi conservati.
  7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione, negli stati di previsione delle amministrazioni statali interessate, per l'anno finanziario 2019, delle somme rimborsate dalla Commissione europea per spese sostenute dalle amministrazioni medesime a carico dei pertinenti programmi dei rispettivi stati di previsione, affluite al fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, e successivamente versate all'entrata del bilancio dello Stato.
  8. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, le variazioni di bilancio negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, occorrenti per l'attuazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati ai sensi dell'articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dei decreti legislativi concernenti il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della medesima legge n. 59 del 1997.
  9. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, nei pertinenti programmi degli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2019, le variazioni di bilancio occorrenti per l'applicazione del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, concernente disposizioni in materia di federalismo fiscale.
  10. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2019, delle somme versate all'entrata a titolo di contribuzione alle spese di gestione degli asili nido istituiti presso le amministrazioni statali ai sensi dell'articolo 70, comma 5, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, nonché di quelle versate a titolo di contribuzione alle spese di gestione di servizi ed iniziative finalizzati al benessere del personale.
  11. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, nell'ambito degli stati di previsione di ciascun Ministero, per l'anno finanziario 2019, le variazioni compensative di bilancio tra i capitoli interessati al pagamento delle competenze fisse e accessorie mediante ordini collettivi di pagamento con il sistema denominato «cedolino unico», ai sensi dell'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
  12. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2019, le variazioni di bilancio compensative occorrenti per l'attuazione dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
  13. In attuazione dell'articolo 30, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, le variazioni compensative, in termini di competenza e di cassa, tra gli stanziamenti dei capitoli degli stati di previsione dei Ministeri, delle spese per interessi passivi e per rimborso di passività finanziarie relative ad operazioni di mutui il cui onere di ammortamento è posto a carico dello Stato.
  14. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2019, le variazioni di bilancio compensative occorrenti in relazione alle riduzioni dei trasferimenti agli enti territoriali, disposte ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
  15. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a riassegnare, per l'anno finanziario 2019, con propri decreti, negli stati di previsione delle amministrazioni competenti per materia, che subentrano, ai sensi della normativa vigente, nella gestione delle residue attività liquidatorie degli organismi ed enti vigilati dallo Stato, sottoposti a liquidazione coatta amministrativa in base all'articolo 12, comma 40, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, le somme, residuali al 31 dicembre 2018, versate all'entrata del bilancio dello Stato dai commissari liquidatori cessati dall'incarico.
  16. Le somme stanziate sul capitolo 1896 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, destinate al CONI per il finanziamento dello sport, e sul capitolo 2295 dello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, destinate agli interventi già di competenza della soppressa Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, per il finanziamento del monte premi delle corse, in caso di mancata adozione del decreto previsto dall'articolo 1, comma 281, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, o, comunque, nelle more dell'emanazione dello stesso, costituiscono determinazione della quota parte delle entrate erariali ed extraerariali derivanti da giochi pubblici con vincita in denaro affidati in concessione allo Stato ai sensi del comma 282 del medesimo articolo 1 della citata legge n. 311 del 2004.
  17. Le risorse, pari ad euro 5 milioni, relative a iniziative di promozione integrata all'estero volte alla valorizzazione dell'immagine dell'Italia anche ai fini dell'incentivazione dei flussi turistici, a valere sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato nell'anno finanziario 2019.
  18. Le risorse finanziarie iscritte nei fondi connessi alla sistemazione di partite contabilizzate in conto sospeso nonché da destinare alle regioni, alle province autonome e agli altri enti territoriali, istituiti negli stati di previsione dei Ministeri interessati, in relazione all'eliminazione dei residui passivi di bilancio e alla cancellazione dei residui passivi perenti, a seguito dell'attività di ricognizione svolta in attuazione dell'articolo 49, comma 2, lettere c) e d), del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, sono ripartite con decreti del Ministro competente.
  19. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle variazioni compensative per il triennio 2019-2021 tra i programmi degli stati di previsione dei Ministeri interessati ed il capitolo 3465, articolo 2, dello stato di previsione dell'entrata, in relazione al contributo alla finanza pubblica previsto dal comma 6 dell'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, da attribuire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a carico delle regioni a statuto ordinario.
  20. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, le variazioni di bilancio occorrenti per la ripartizione, tra le diverse finalità di spesa, delle risorse finanziarie iscritte negli stati di previsione del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in attuazione dell'articolo 19, commi 2 e 3, del decreto legislativo 13 marzo 2013, n. 30.
  21. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2019, le variazioni di bilancio occorrenti per la riduzione degli stanziamenti dei capitoli relativi alle spese correnti per l'acquisto di beni e servizi in applicazione di quanto disposto dall'articolo 2, comma 222-quater, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.
  22. Per corrispondere alle eccezionali indilazionabili esigenze di servizio, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a ripartire tra le amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2019, le risorse iscritte sul fondo istituito ai sensi dell'articolo 3 della legge 22 luglio 1978, n. 385, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito della missione «Fondi da ripartire», programma «Fondi da assegnare», capitolo 3026, sulla base delle assegnazioni disposte con l'apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Tali assegnazioni tengono conto anche delle risorse finanziarie già iscritte sui pertinenti capitoli degli stati di previsione dei Ministeri interessati al fine di assicurare la tempestiva corresponsione delle somme dovute al personale e ammontanti al 50 per cento delle risorse complessivamente autorizzate per le medesime finalità nell'anno 2018. L'utilizzazione delle risorse è subordinata alla registrazione del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da parte dei competenti organi di controllo.
  23. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta dei Ministri competenti, per l'anno finanziario 2019, le variazioni compensative, anche tra programmi diversi del medesimo stato di previsione, in termini di residui, di competenza e di cassa, che si rendano necessarie nel caso di sentenze definitive anche relative ad esecuzione forzata nei confronti delle amministrazioni dello Stato.
  24. In relazione al pagamento delle competenze accessorie mediante ordini collettivi di pagamento con il sistema denominato «cedolino unico», ai sensi dell'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a ripartire, con propri decreti, su proposta del Ministro dell'interno, fra gli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2019, i fondi iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'interno, nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza», programma «Servizio permanente dell'Arma dei Carabinieri per la tutela dell'ordine e la sicurezza pubblica» e programma «Pianificazione e coordinamento Forze di polizia», concernenti il trattamento accessorio del personale delle Forze di polizia e del personale alle dipendenze della Direzione investigativa antimafia. Nelle more del perfezionamento del decreto del Ministro dell'interno, di cui all'articolo 43, tredicesimo comma, della legge 1o aprile 1981, n. 121, al fine di consentire il tempestivo pagamento dei compensi per lavoro straordinario ai corpi di polizia, è autorizzata l'erogazione dei predetti compensi nei limiti stabiliti dal decreto adottato ai sensi del medesimo articolo 43, tredicesimo comma, per l'anno 2018.
  25. In relazione al pagamento delle competenze fisse e accessorie mediante ordini collettivi di pagamento con il sistema denominato «cedolino unico», ai sensi dell'articolo 2, comma 197, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a riassegnare nello stato di previsione del Ministero della difesa, per l'anno finanziario 2019, le somme versate in entrata concernenti le competenze fisse ed accessorie del personale dell'Arma dei carabinieri in forza extraorganica presso le altre amministrazioni.
  26. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro dell'interno, per l'anno finanziario 2019, variazioni compensative negli stati di previsione delle amministrazioni interessate tra le spese per la manutenzione dei beni acquistati nell'ambito delle dotazioni tecniche e logistiche per le esigenze delle sezioni di polizia giudiziaria, iscritte nell'ambito della missione «Ordine pubblico e sicurezza», programma «Contrasto al crimine, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica».
  27. Ai fini dell'attuazione del programma di interventi previsto dall'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, finanziato ai sensi del comma 12 del medesimo articolo, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, per l'anno finanziario 2019, variazioni compensative, in termini di residui, di competenza e di cassa, tra i capitoli dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico relativi all'attuazione del citato programma di interventi e i correlati capitoli degli stati di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  28. In relazione alla razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, per l'anno finanziario 2019, le opportune variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione delle amministrazioni interessate.
  29. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a provvedere, con propri decreti, alla riassegnazione negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, per l'anno finanziario 2019, delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato dall'Unione europea, dalle pubbliche amministrazioni e da enti pubblici e privati, a titolo di contribuzione alle spese di promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124.
  30. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a ripartire, tra gli stati di previsione dei Ministeri interessati, le risorse del capitolo «Fondo da assegnare per la sistemazione contabile delle partite iscritte al conto sospeso», iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per l'anno finanziario 2019. Le risorse del suddetto Fondo non utilizzate nel corso dello stesso esercizio sono conservate in bilancio al termine dell'anno 2019 per essere utilizzate nell'esercizio successivo.
  31. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni compensative di bilancio, anche in termini di residui, relativamente alle sole competenze fisse, tra i capitoli delle amministrazioni interessate al riordino delle Forze armate e delle Forze di polizia previsto dai decreti legislativi 29 maggio 2017, n. 94 e n. 95.
  32. Le somme affluite all'entrata del bilancio dello Stato per effetto di donazioni effettuate da soggetti privati in favore di amministrazioni centrali e periferiche dello Stato puntualmente individuate possono essere riassegnate ad appositi capitoli di spesa degli stati di previsione dei Ministeri interessati.
  33. In relazione al riordino delle attribuzioni, ai sensi del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 97, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, in termini di residui, di competenza e di cassa, tra gli stati di previsione interessati, ivi comprese l'istituzione, la modifica e la soppressione di programmi che si rendano necessarie in relazione all'accorpamento di funzioni o al trasferimento di competenze.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 18.
(Disposizioni diverse).

  Dopo il comma 7, aggiungere il seguente:
  7-bis. A valere sulle disponibilità del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, sono destinate, fino al limite di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, risorse a favore delle azioni di cooperazione allo sviluppo realizzate dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in coerenza e a complemento della politica di cooperazione dell'Unione europea. Le somme annualmente individuate sulla base delle azioni finanziabili ai sensi del presente comma sono versate dal Fondo di rotazione all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinate al pertinente capitolo di spesa del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che provvede al relativo utilizzo in favore delle azioni stesse.
*18. 3. (ex *107. 4.) Quartapelle Procopio, De Maria, Scalfarotto, Fassino, Guerini, Minniti.

  Dopo il comma 7, aggiungere il seguente:
  7-bis. A valere sulle disponibilità del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, sono destinate, fino al limite di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, risorse a favore delle azioni di cooperazione allo sviluppo realizzate dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in coerenza e a complemento della politica di cooperazione dell'Unione europea. Le somme annualmente individuate sulla base delle azioni finanziabili ai sensi del presente comma sono versate dal Fondo di rotazione all'entrata del bilancio dello Stato per essere destinate al pertinente capitolo di spesa del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, che provvede al relativo utilizzo in favore delle azioni stesse.
*18. 4. (ex *107. 6.) Muroni, Fassina, Pastorino, Fornaro, Boldrini.

A.C. 1334-A/R – Articolo 19

ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 19.
(Entrata in vigore)

  1. La presente legge, salvo quanto diversamente previsto, entra in vigore il 1o gennaio 2019.

A.C. 1334-A/R – Allegati e Tabelle

QUADRI GENERALI RIASSUNTIVI

Non sono riportate le modifiche ai quadri generali riassuntivi conseguenti alle variazioni degli stati di previsione introdotte dalla Commissione. Per il testo proposto dal Governo, si rinvia allo stampato A.C. 1334.

MODIFICAZIONI APPORTATE DALLA COMMISSIONE ALLE TABELLE DEGLI STATI DI PREVISIONE

N.B. – Le parti modificate dalla Commissione sono stampate in neretto.
Tra parentesi, in corsivo, sono riportate le cifre contenute nel testo proposto dal Governo.

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A.C. 1334-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il sistema delle entrate locali presenta un quadro complesso a causa del sovrapporsi – a decorrere dal 2011 – di numerosi interventi normativi, anche con carattere di urgenza, che hanno più volte modificato la disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale, sia direttamente che nell'ambito di numerosi provvedimenti legislativi. Tale stratificazione è stata particolarmente rilevante per la tassazione immobiliare comunale che, nel corso del tempo, ha assunto un'articolazione del tutto diversa da quella immaginata dal legislatore del 2011;
    nel corso dell'esame in sede referente del disegno di legge di bilancio 2019 (A.C. 1334), alcune proposte emendative presentate hanno inteso semplificare e ricondurre ad un unico testo normativo la disciplina dell'imposizione immobiliare diretta locale;
    in tale ambito, le proposte hanno altresì inteso unificare la disciplina dell'imposta Municipale Propria – IMU e quella della Tassa sui Servizi Indivisibili – TASI, poiché la menzionata stratificazione normativa degli ultimi anni ha portato ad una sostanziale sovrapponibilità delle due imposte, con riferimento sia alla base imponibile, sia ai soggetti passivi, tanto più che a decorrere dal 2016 l'abitazione principale dei contribuenti è esente da entrambe le forme di prelievo;
    i tempi del dibattito e la complessità dell'argomento non hanno consentito una riflessione sufficientemente approfondita sull'assetto vigente dell'imposizione immobiliare, che richiederebbe un'urgente riforma complessiva, volta a semplificare le imposte e ricondurre la relativa disciplina ad un testo normativo unico, organico, che sia di semplice comprensione e consultazione per i contribuenti e per gli amministratori locali, chiamati ad applicare le norme in un eterogeneo tessuto geografico ed economico;
    nel corso del dibattito parlamentare non è stato possibile, inoltre, verificare compiutamente tutti gli effetti finanziari connessi a siffatto processo di riforma, i quali, verosimilmente, non solo si riflettono sulla pressione fiscale complessiva, ma hanno risvolti rilevanti sulla contabilità dei comuni e su rapporti finanziari tra questi ultimi e lo Stato;
    in tale contesto, la V Commissione, esaminando il disegno di legge di bilancio, è comunque riuscita ad operare alcune significative modifiche alla disciplina delle imposte immobiliari locali: in particolare, è raddoppiata – dal 20 al 40 per cento – la percentuale di deducibilità dalle imposte sui redditi dell'IMU dovuta sugli immobili strumentali; viene estesa la riduzione del 50 per cento della base imponibile IMU e TASI, prevista per gli immobili concessi in comodato d'uso a parenti in linea retta, anche al coniuge del comodatario in caso di morte di quest'ultimo, in presenza di figli minori; si consente ai comuni di confermare, anche per gli anni 2019 e 2020, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per gli anni 2016-2018 con delibera consiliare,

impegna il Governo:

   a riformare complessivamente l'imposizione immobiliare comunale nell'ottica di semplificarla, unificando l'IMU e la TASI in una sola imposta dal momento che, come si è visto, attualmente condividono la medesima base imponibile;
   a ispirare tale processo di riforma ad alcuni specifici principi:
    la tendenziale invarianza di gettito, che deve tenere conto anche dell'innalzamento della percentuale di deducibilità introdotta dal disegno di legge di bilancio;
    la necessità di definire a regime l'aliquota massima al 10,6 per mille: in considerazione del fatto che attualmente circa 1.000 comuni applicano la maggiorazione dello 0,80 per mille con riferimento alla TASI, occorre dunque individuare soluzioni condivise con le amministrazioni locali che, non sottraendo risorse ai Comuni e al contempo non innalzando la pressione fiscale sui contribuenti, stabiliscano una volta per tutte la misura dell'imposta a regime, eliminando situazioni transitorie che si trascinano di anno in anno generando disparità di trattamento sia fra le amministrazioni che fra i contribuenti;
    la semplificazione del rapporto degli enti locali coi cittadini, che consenta a tutti i comuni di inviare ai contribuenti un bollettino precompilato per il pagamento delle imposte immobiliari locali;
    la semplificazione anche delle delibere comunali in materia di imposte immobiliari, con lo scopo di predisporre un modello uniforme e semplificato di delibera in materia di tassazione immobiliare locale, che faciliti l'azione degli amministratori e, al contempo, consenta al Ministero dell'economia e finanze di raccogliere e catalogare uniformemente i dati provenienti dai Comuni, con finalità ricognitive ed informative.
9/1334-AR/1(versione corretta)Gusmeroli, Centemero, Cavandoli, Covolo, Ferrari, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema delle entrate locali presenta un quadro complesso a causa del sovrapporsi – a decorrere dal 2011 – di numerosi interventi normativi, anche con carattere di urgenza, che hanno più volte modificato la disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale, sia direttamente che nell'ambito di numerosi provvedimenti legislativi. Tale stratificazione è stata particolarmente rilevante per la tassazione immobiliare comunale che, nel corso del tempo, ha assunto un'articolazione del tutto diversa da quella immaginata dal legislatore del 2011;
    nel corso dell'esame in sede referente del disegno di legge di bilancio 2019 (A.C. 1334), alcune proposte emendative presentate hanno inteso semplificare e ricondurre ad un unico testo normativo la disciplina dell'imposizione immobiliare diretta locale;
    in tale ambito, le proposte hanno altresì inteso unificare la disciplina dell'imposta Municipale Propria – IMU e quella della Tassa sui Servizi Indivisibili – TASI, poiché la menzionata stratificazione normativa degli ultimi anni ha portato ad una sostanziale sovrapponibilità delle due imposte, con riferimento sia alla base imponibile, sia ai soggetti passivi, tanto più che a decorrere dal 2016 l'abitazione principale dei contribuenti è esente da entrambe le forme di prelievo;
    i tempi del dibattito e la complessità dell'argomento non hanno consentito una riflessione sufficientemente approfondita sull'assetto vigente dell'imposizione immobiliare, che richiederebbe un'urgente riforma complessiva, volta a semplificare le imposte e ricondurre la relativa disciplina ad un testo normativo unico, organico, che sia di semplice comprensione e consultazione per i contribuenti e per gli amministratori locali, chiamati ad applicare le norme in un eterogeneo tessuto geografico ed economico;
    nel corso del dibattito parlamentare non è stato possibile, inoltre, verificare compiutamente tutti gli effetti finanziari connessi a siffatto processo di riforma, i quali, verosimilmente, non solo si riflettono sulla pressione fiscale complessiva, ma hanno risvolti rilevanti sulla contabilità dei comuni e su rapporti finanziari tra questi ultimi e lo Stato;
    in tale contesto, la V Commissione, esaminando il disegno di legge di bilancio, è comunque riuscita ad operare alcune significative modifiche alla disciplina delle imposte immobiliari locali: in particolare, è raddoppiata – dal 20 al 40 per cento – la percentuale di deducibilità dalle imposte sui redditi dell'IMU dovuta sugli immobili strumentali; viene estesa la riduzione del 50 per cento della base imponibile IMU e TASI, prevista per gli immobili concessi in comodato d'uso a parenti in linea retta, anche al coniuge del comodatario in caso di morte di quest'ultimo, in presenza di figli minori; si consente ai comuni di confermare, anche per gli anni 2019 e 2020, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per gli anni 2016-2018 con delibera consiliare,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a riformare complessivamente l'imposizione immobiliare comunale nell'ottica di semplificarla, unificando l'IMU e la TASI in una sola imposta dal momento che, come si è visto, attualmente condividono la medesima base imponibile;
   a ispirare tale processo di riforma ad alcuni specifici principi:
    la tendenziale invarianza di gettito, che deve tenere conto anche dell'innalzamento della percentuale di deducibilità introdotta dal disegno di legge di bilancio;
    la necessità di definire a regime l'aliquota massima al 10,6 per mille: in considerazione del fatto che attualmente circa 1.000 comuni applicano la maggiorazione dello 0,80 per mille con riferimento alla TASI, occorre dunque individuare soluzioni condivise con le amministrazioni locali che, non sottraendo risorse ai Comuni e al contempo non innalzando la pressione fiscale sui contribuenti, stabiliscano una volta per tutte la misura dell'imposta a regime, eliminando situazioni transitorie che si trascinano di anno in anno generando disparità di trattamento sia fra le amministrazioni che fra i contribuenti;
    la semplificazione del rapporto degli enti locali coi cittadini, che consenta a tutti i comuni di inviare ai contribuenti un bollettino precompilato per il pagamento delle imposte immobiliari locali;
    la semplificazione anche delle delibere comunali in materia di imposte immobiliari, con lo scopo di predisporre un modello uniforme e semplificato di delibera in materia di tassazione immobiliare locale, che faciliti l'azione degli amministratori e, al contempo, consenta al Ministero dell'economia e finanze di raccogliere e catalogare uniformemente i dati provenienti dai Comuni, con finalità ricognitive ed informative.
9/1334-AR/1(Versione corretta – Testo modificato nel corso della seduta)Gusmeroli, Centemero, Cavandoli, Covolo, Ferrari, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    le caratteristiche dei corsi a indirizzo musicale nelle scuole secondarie di primo grado sono tuttora disciplinate dal decreto ministeriale 6 agosto 1999, n. 201;
    il 13 aprile 2017 è stato approvato il decreto legislativo n. 60, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 112 del 16 maggio 2017 e rubricato «Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera g), della legge 13 luglio 2015, n. 107»;
    per la realizzazione di quanto previsto nel suddetto decreto legislativo era necessaria l'emanazione di cinque decreti attuativi da parte del Miur entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo, dunque entro il 30 novembre 2017;
    decreti attuativi in oggetto dovevano riguardare l'accreditamento dei soggetti del terzo settore, il Piano delle arti, i Poli a orientamento artistico e performativo, i corsi a indirizzo musicale nelle scuole secondarie di I grado e l'armonizzazione della filiera musicale;
    uno specifico decreto avrebbe dovuto definire «le indicazioni nazionali per l'inserimento dell'insegnamento dello strumento musicale nelle scuole secondarie di primo grado, in coerenza con le indicazioni relative all'insegnamento della disciplina della musica, tenuto anche conto delle competenze richieste per l'accesso ai licei musicali; b) gli orari; c) i criteri per il monitoraggio dei percorsi a indirizzo musicale»;
    ad oggi non risulta che siano stati emanati i decreti attuativi in oggetto;
    in molte parti d'Italia i provveditorati agli studi si trovano in difficoltà nell'attivazione delle sezioni a indirizzo musicale delle scuole secondarie di primo grado nonostante le domande sempre crescenti di attivazione di nuove sezioni da parte delle famiglie;
    l'incremento delle sezioni a indirizzo musicale nelle scuole secondarie di primo grado garantirebbe sostegno e prospettiva ai licei musicali e ai conservatori, oltre a rientrare nel più generale quadro di attenzione alla cultura musicale;
    risultano ampie disponibilità di docenti di strumento abilitati a seguito di frequenza in conservatorio dei bienni abilitanti in didattica strumentale che ad oggi sono inseriti nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente senza alcuna prospettiva di impiego stabile sul proprio territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare quanto prima i decreti attuativi in oggetto, al fine di garantire la dovuta propulsione e il necessario ampliamento delle sezioni musicali delle scuole secondarie di primo grado su tutto il territorio nazionale.
9/1334-AR/2Nitti.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    le caratteristiche dei corsi a indirizzo musicale nelle scuole secondarie di primo grado sono tuttora disciplinate dal decreto ministeriale 6 agosto 1999, n. 201;
    il 13 aprile 2017 è stato approvato il decreto legislativo n. 60, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 112 del 16 maggio 2017 e rubricato «Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera g), della legge 13 luglio 2015, n. 107»;
    per la realizzazione di quanto previsto nel suddetto decreto legislativo era necessaria l'emanazione di cinque decreti attuativi da parte del Miur entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto legislativo, dunque entro il 30 novembre 2017;
    decreti attuativi in oggetto dovevano riguardare l'accreditamento dei soggetti del terzo settore, il Piano delle arti, i Poli a orientamento artistico e performativo, i corsi a indirizzo musicale nelle scuole secondarie di I grado e l'armonizzazione della filiera musicale;
    uno specifico decreto avrebbe dovuto definire «le indicazioni nazionali per l'inserimento dell'insegnamento dello strumento musicale nelle scuole secondarie di primo grado, in coerenza con le indicazioni relative all'insegnamento della disciplina della musica, tenuto anche conto delle competenze richieste per l'accesso ai licei musicali; b) gli orari; c) i criteri per il monitoraggio dei percorsi a indirizzo musicale»;
    ad oggi non risulta che siano stati emanati i decreti attuativi in oggetto;
    in molte parti d'Italia i provveditorati agli studi si trovano in difficoltà nell'attivazione delle sezioni a indirizzo musicale delle scuole secondarie di primo grado nonostante le domande sempre crescenti di attivazione di nuove sezioni da parte delle famiglie;
    l'incremento delle sezioni a indirizzo musicale nelle scuole secondarie di primo grado garantirebbe sostegno e prospettiva ai licei musicali e ai conservatori, oltre a rientrare nel più generale quadro di attenzione alla cultura musicale;
    risultano ampie disponibilità di docenti di strumento abilitati a seguito di frequenza in conservatorio dei bienni abilitanti in didattica strumentale che ad oggi sono inseriti nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente senza alcuna prospettiva di impiego stabile sul proprio territorio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di emanare quanto prima i decreti attuativi in oggetto, al fine di garantire la dovuta propulsione e il necessario ampliamento delle sezioni musicali delle scuole secondarie di primo grado su tutto il territorio nazionale.
9/1334-AR/2. (Testo modificato nel corso della seduta)  Nitti.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    la Repubblica promuove e sostiene lo spettacolo nella pluralità delle sue diverse espressioni quale fattore indispensabile per lo sviluppo della cultura ed elemento di coesione e di identità nazionale, strumento di diffusione della cultura italiana nel mondo nonché quale componente dell'imprenditoria culturale e creativa e dell'offerta turistica nazionale;
    la Repubblica riconosce, altresì, il valore formativo ed educativo dello spettacolo, anche per favorire l'integrazione e contrastare il disagio sociale, e il valore delle professioni artistiche e la loro specificità;
    il 21 febbraio 2018, il Mibact e la Federazione italiana «Il Jazz Italiano – IJI» hanno sottoscritto una Dichiarazione di intenti al fine di promuovere lo sviluppo della cultura jazzistica. Tra i principali obiettivi della Dichiarazione viene sottolineata l'esigenza di dare continuità al Bando annuale per la promozione della musica jazz prevedendo la conferma degli stanziamenti per il triennio 2019-2021,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, idonee iniziative, volte a promuovere e sostenere, anche attraverso adeguati finanziamenti, appositi progetti finalizzati al sostegno del settore della produzione e promozione della musica jazz.
9/1334-AR/3Carbonaro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    la Repubblica promuove e sostiene lo spettacolo nella pluralità delle sue diverse espressioni quale fattore indispensabile per lo sviluppo della cultura ed elemento di coesione e di identità nazionale, strumento di diffusione della cultura italiana nel mondo nonché quale componente dell'imprenditoria culturale e creativa e dell'offerta turistica nazionale;
    la Repubblica riconosce, altresì, il valore formativo ed educativo dello spettacolo, anche per favorire l'integrazione e contrastare il disagio sociale, e il valore delle professioni artistiche e la loro specificità;
    il 21 febbraio 2018, il Mibact e la Federazione italiana «Il Jazz Italiano – IJI» hanno sottoscritto una Dichiarazione di intenti al fine di promuovere lo sviluppo della cultura jazzistica. Tra i principali obiettivi della Dichiarazione viene sottolineata l'esigenza di dare continuità al Bando annuale per la promozione della musica jazz prevedendo la conferma degli stanziamenti per il triennio 2019-2021,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, idonee iniziative, volte a promuovere e sostenere, anche attraverso adeguati finanziamenti, appositi progetti finalizzati al sostegno del settore della produzione e promozione della musica jazz.
9/1334-AR/3. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carbonaro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 1334 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», prevede all'articolo 52 la costituzione di équipe formative territoriali volte a promuovere progetti di innovazione didattica e digitale nelle scuole, cui sono destinati docenti che possono essere esonerati dall'esercizio delle attività didattiche;
    è disposto, altresì, che le risorse stanziate per consentire alle scuole di attuare azioni coerenti con il Piano nazionale scuola digitale (PNSD) sono ripartite sulla base di procedure selettive,

impegna il Governo:

   1) a valutare l'opportunità di promuovere misure e progetti di educazione diffusa e d'innovazione didattica nelle scuole, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, nonché a prevedere la possibilità di esonerare dall'esercizio delle attività didattiche un numero massimo di 200 docenti, nonché professori universitari e ricercatori di didattica e pedagogia, per progettare e guidare percorsi di educazione diffusa in spazi esterni alla scuola, garantire la diffusione di azioni legate al Piano per la scuola digitale, nonché per promuovere azioni di formazione del personale docente e di potenziamento delle competenze degli studenti sulle metodologie didattiche innovative;
   2) a valutare l'opportunità di prevedere che le équipe territoriali abbiano, altresì, lo scopo di esercitare autonomia di ricerca-azione e sperimentazione di percorsi negli spazi esterni alla scuola, tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali;
   3) a valutare l'opportunità di prevedere che i succitati docenti siano individuati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tramite una selezione ad evidenza pubblica, per titoli ed esami e che lo stesso ministero nomini il coordinatore nazionale delle équipe territoriali;
   4) a valutare l'opportunità di prevedere che in ogni regione sia eletto un coordinatore regionale come disciplinato dal coordinatore nazionale;
   5) a valutare l'opportunità di prevedere, altresì, che l’équipe territoriale rediga un rapporto annuale, da inviare al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e alle Commissioni parlamentari competenti per relazionare sugli sviluppi della loro azione e trasmettere i dati sullo sviluppo prodotto negli istituti scolastici interessati dagli interventi.
9/1334-AR/4Di Lauro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto Camera 1334 recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», prevede all'articolo 52 la costituzione di équipe formative territoriali volte a promuovere progetti di innovazione didattica e digitale nelle scuole, cui sono destinati docenti che possono essere esonerati dall'esercizio delle attività didattiche;
    è disposto, altresì, che le risorse stanziate per consentire alle scuole di attuare azioni coerenti con il Piano nazionale scuola digitale (PNSD) sono ripartite sulla base di procedure selettive,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1) a valutare l'opportunità di promuovere misure e progetti di educazione diffusa e d'innovazione didattica nelle scuole, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, nonché a prevedere la possibilità di esonerare dall'esercizio delle attività didattiche un numero massimo di 200 docenti, nonché professori universitari e ricercatori di didattica e pedagogia, per progettare e guidare percorsi di educazione diffusa in spazi esterni alla scuola, garantire la diffusione di azioni legate al Piano per la scuola digitale, nonché per promuovere azioni di formazione del personale docente e di potenziamento delle competenze degli studenti sulle metodologie didattiche innovative;
   2) a valutare l'opportunità di prevedere che le équipe territoriali abbiano, altresì, lo scopo di esercitare autonomia di ricerca-azione e sperimentazione di percorsi negli spazi esterni alla scuola, tenendo conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali;
   3) a valutare l'opportunità di prevedere che i succitati docenti siano individuati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca tramite una selezione ad evidenza pubblica, per titoli ed esami e che lo stesso ministero nomini il coordinatore nazionale delle équipe territoriali;
   4) a valutare l'opportunità di prevedere che in ogni regione sia eletto un coordinatore regionale come disciplinato dal coordinatore nazionale;
   5) a valutare l'opportunità di prevedere, altresì, che l’équipe territoriale rediga un rapporto annuale, da inviare al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e alle Commissioni parlamentari competenti per relazionare sugli sviluppi della loro azione e trasmettere i dati sullo sviluppo prodotto negli istituti scolastici interessati dagli interventi.
9/1334-AR/4. (Testo modificato nel corso della seduta)  Di Lauro.


   La Camera,
   premesso che:
    Il provvedimento in esame, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», prevede all'articolo 38 l'istituzione di un Fondo di 525 milioni per ciascuno degli 2019, 2020 e 2021 per il ristoro dei risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell'Arbitro per le controversie finanziarie, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di azioni emesse da banche aventi sede legale in Italia poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1o gennaio 2018;
    anche l'articolo 47 della Costituzione garantisce la tutela del risparmio di tutti i cittadini e non solo quelli che hanno subito un danno ingiusto in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia sottoposte ad azione di risoluzione ai sensi del decreto legislativo del 16 novembre 2015, n. 180, o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa dal 17 novembre 2015 al 31 dicembre 2017;
    dal tenore letterale dell'articolo 38 del provvedimento in titolo appare evidente la preclusione dell'accesso al detto fondo da parte dei risparmiatori delle società «Emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante», ancorché ingiustamente danneggiati, generando una disparità di trattamento in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione nonché la violazione del principio della «tutela del risparmio» sancito dal suddetto articolo 47 della Costituzione,

impegna il Governo:

   1) a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, idonee iniziative, anche di carattere normativo, volte a prevedere che i risparmiatori persone fisiche, o i loro successori mortis causa, nonché il coniuge, il convivente more uxorio o i parenti entro il secondo grado, che hanno acquistato strumenti finanziari di debito emessi da società, che non svolgono attività di intermediazione finanziaria e/o bancaria, iscritte nell'elenco tenuto dalla Consob degli «Emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante», dichiarate fallite con sentenza passata in giudicato ovvero sottoposte ad altre procedure concorsuali, i cui amministratori legali o di fatto, siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per il reato di cui all'articolo 130 del decreto legislativo n. 385 del 1993, ovvero per le quali sia stato accertato che i soci, gli amministratori o la medesima società abbiano raccolto abusivamente risparmio tra il pubblico, abbiano accesso al Fondo per il ristoro dei risparmiatori di cui all'articolo 38 ovvero, in alternativa, ad ogni altro Fondo preposto al risarcimento ed all'indennizzo dei risparmiatori danneggiati dalla violazione degli obblighi informativi e da ogni altro genere di violazione normativa;
   2) a valutare l'opportunità di prevedere che il suddetto ristoro sia concesso nella misura almeno pari al 30 per cento del valore degli strumenti finanziari di debito emessi dalle suddette società ed acquistati dai risparmiatori e nel limite massimo complessivo di centomila euro per ciascun risparmiatore, comprensivo di accessori di legge ove riconosciuti, a condizione che i risparmiatori abbiano subito un danno ingiusto riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell'Arbitro per le controversie finanziarie in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché in ragione della predisposizione di prospetti informativi contenenti dati, notizie o informazioni risultati non veritiere ovvero in ragione di omissioni o alterazioni di dati o informazioni e notizie relativi alla situazione patrimoniale, economica e finanziaria delle società.
9/1334-AR/5Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    Il provvedimento in esame, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», prevede all'articolo 38 l'istituzione di un Fondo di 525 milioni per ciascuno degli 2019, 2020 e 2021 per il ristoro dei risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell'Arbitro per le controversie finanziarie, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di azioni emesse da banche aventi sede legale in Italia poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1o gennaio 2018;
    anche l'articolo 47 della Costituzione garantisce la tutela del risparmio di tutti i cittadini e non solo quelli che hanno subito un danno ingiusto in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia sottoposte ad azione di risoluzione ai sensi del decreto legislativo del 16 novembre 2015, n. 180, o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa dal 17 novembre 2015 al 31 dicembre 2017;
    dal tenore letterale dell'articolo 38 del provvedimento in titolo appare evidente la preclusione dell'accesso al detto fondo da parte dei risparmiatori delle società «Emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante», ancorché ingiustamente danneggiati, generando una disparità di trattamento in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione nonché la violazione del principio della «tutela del risparmio» sancito dal suddetto articolo 47 della Costituzione,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1) a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, idonee iniziative, anche di carattere normativo, volte a prevedere che i risparmiatori persone fisiche, o i loro successori mortis causa, nonché il coniuge, il convivente more uxorio o i parenti entro il secondo grado, che hanno acquistato strumenti finanziari di debito emessi da società, che non svolgono attività di intermediazione finanziaria e/o bancaria, iscritte nell'elenco tenuto dalla Consob degli «Emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante», dichiarate fallite con sentenza passata in giudicato ovvero sottoposte ad altre procedure concorsuali, i cui amministratori legali o di fatto, siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per il reato di cui all'articolo 130 del decreto legislativo n. 385 del 1993, ovvero per le quali sia stato accertato che i soci, gli amministratori o la medesima società abbiano raccolto abusivamente risparmio tra il pubblico, abbiano accesso al Fondo per il ristoro dei risparmiatori di cui all'articolo 38 ovvero, in alternativa, ad ogni altro Fondo preposto al risarcimento ed all'indennizzo dei risparmiatori danneggiati dalla violazione degli obblighi informativi e da ogni altro genere di violazione normativa;
   2) a valutare l'opportunità di prevedere che il suddetto ristoro sia concesso nella misura almeno pari al 30 per cento del valore degli strumenti finanziari di debito emessi dalle suddette società ed acquistati dai risparmiatori e nel limite massimo complessivo di centomila euro per ciascun risparmiatore, comprensivo di accessori di legge ove riconosciuti, a condizione che i risparmiatori abbiano subito un danno ingiusto riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia dell'Arbitro per le controversie finanziarie in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché in ragione della predisposizione di prospetti informativi contenenti dati, notizie o informazioni risultati non veritiere ovvero in ragione di omissioni o alterazioni di dati o informazioni e notizie relativi alla situazione patrimoniale, economica e finanziaria delle società.
9/1334-AR/5. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 52 dell'A.C. 1334, legge di Bilancio 2019, titolato «équipe formative territoriali per il potenziamento di misure per l'innovazione didattica e digitale nelle scuole» prevede la costituzione di équipe formative territoriali per il potenziamento delle competenze degli studenti e per promuovere azioni di formazione del personale docente;
    l'attività di potenziamento promuove il diritto allo studio, l'ampliamento dell'offerta formativa e l'inclusione;
    l'istituto del potenziamento di cui alla Legge 13 luglio 2015, n. 107 e in particolare, l'articolo 1, commi 180 e 181, lettera e) è già vigente nelle altre classi di concorso mentre non ha trovato applicazione per la scuola dell'infanzia;
    l'intero settore «zero sei» assume un prioritario carattere educativo, da cui deriva una funzione di impulso e coordinamento di carattere nazionale;
    il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, individua come imprescindibile «l'istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni» e, in particolare, lo fa attraverso l'articolo 12 comma 7. Considerato che lo stesso decreto legislativo n. 65 del 13 aprile 2017 ha raccolto queste evidenze e orientato il sistema nella direzione di un potenziamento dei servizi per i bambini più piccoli;
    il Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 ha definito per un triennio, la destinazione delle risorse disponibili per consolidare, ampliare e qualificare il Sistema integrato, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale di cui all'articolo 12 del decreto legislativo e in relazione alle ulteriori risorse messe a disposizione dagli altri enti interessati;
    l'articolo 12, comma 7, del decreto legislativo n. 65 del 2017, ha previsto l'assegnazione alla scuola dell'infanzia statale di una quota parte (non quantificata) dell'organico di potenziamento definito dalla tabella 1 della L. 107/2015;
    la legge 11 dicembre 2016, n. 232 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e Bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019 all'articolo 1 comma 364 ha previsto che per il pubblico impiego sono complessivamente stanziati, per le finalità di cui ai commi 365 e 366, 1.920,8 milioni di euro per l'anno 2017 e 2.633 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018;
    il comma 366 prevede che per il concorso alle finalità di cui al comma 364 del presente articolo, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è iscritto un fondo con una autonoma dotazione di 140 milioni di euro per l'anno 2017 e 400 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, da destinare all'incremento dell'organico dell'autonomia di cui all'articolo 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107;
    la legge n. 107 del 2015 prevede all'articolo 1, comma 69 un ulteriore contingente di posti: All'esclusivo scopo di far fronte ad esigenze di personale «ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall'organico dell'autonomia come definite dalla presente legge, a decorrere dall'anno scolastico 2016/2017, ad esclusione dei posti di sostegno in deroga, nel caso di rilevazione delle inderogabili necessità previste e disciplinate, in relazione ai vigenti ordinamenti didattici, dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, è costituito annualmente con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, un ulteriore contingente di posti non facenti parte dell'organico dell'autonomia né disponibili, per il personale a tempo indeterminato, per operazioni di mobilità o assunzioni in ruolo»,

impegna il Governo:
   1. a valutare l'opportunità di destinare opportune finanziamenti al fine di consolidare, ampliare e qualificare il Sistema integrato di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale di cui all'articolo 12 del decreto legislativo e in relazione alle ulteriori risorse messe a disposizione dagli altri enti interessati;
   2. a valutare l'opportunità di incrementare la qualità del servizio scolastico, attraverso il potenziamento dell'offerta formativa alla scuola dell'infanzia.
9/1334-AR/6Casa.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 52 dell'A.C. 1334, legge di Bilancio 2019, titolato «équipe formative territoriali per il potenziamento di misure per l'innovazione didattica e digitale nelle scuole» prevede la costituzione di équipe formative territoriali per il potenziamento delle competenze degli studenti e per promuovere azioni di formazione del personale docente;
    l'attività di potenziamento promuove il diritto allo studio, l'ampliamento dell'offerta formativa e l'inclusione;
    l'istituto del potenziamento di cui alla Legge 13 luglio 2015, n. 107 e in particolare, l'articolo 1, commi 180 e 181, lettera e) è già vigente nelle altre classi di concorso mentre non ha trovato applicazione per la scuola dell'infanzia;
    l'intero settore «zero sei» assume un prioritario carattere educativo, da cui deriva una funzione di impulso e coordinamento di carattere nazionale;
    il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, individua come imprescindibile «l'istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni» e, in particolare, lo fa attraverso l'articolo 12 comma 7. Considerato che lo stesso decreto legislativo n. 65 del 13 aprile 2017 ha raccolto queste evidenze e orientato il sistema nella direzione di un potenziamento dei servizi per i bambini più piccoli;
    il Piano di azione nazionale pluriennale per la promozione del Sistema integrato di educazione e di istruzione di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 ha definito per un triennio, la destinazione delle risorse disponibili per consolidare, ampliare e qualificare il Sistema integrato, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale di cui all'articolo 12 del decreto legislativo e in relazione alle ulteriori risorse messe a disposizione dagli altri enti interessati;
    l'articolo 12, comma 7, del decreto legislativo n. 65 del 2017, ha previsto l'assegnazione alla scuola dell'infanzia statale di una quota parte (non quantificata) dell'organico di potenziamento definito dalla tabella 1 della L. 107/2015;
    la legge 11 dicembre 2016, n. 232 Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e Bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019 all'articolo 1 comma 364 ha previsto che per il pubblico impiego sono complessivamente stanziati, per le finalità di cui ai commi 365 e 366, 1.920,8 milioni di euro per l'anno 2017 e 2.633 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018;
    il comma 366 prevede che per il concorso alle finalità di cui al comma 364 del presente articolo, nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è iscritto un fondo con una autonoma dotazione di 140 milioni di euro per l'anno 2017 e 400 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, da destinare all'incremento dell'organico dell'autonomia di cui all'articolo 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107;
    la legge n. 107 del 2015 prevede all'articolo 1, comma 69 un ulteriore contingente di posti: All'esclusivo scopo di far fronte ad esigenze di personale «ulteriori rispetto a quelle soddisfatte dall'organico dell'autonomia come definite dalla presente legge, a decorrere dall'anno scolastico 2016/2017, ad esclusione dei posti di sostegno in deroga, nel caso di rilevazione delle inderogabili necessità previste e disciplinate, in relazione ai vigenti ordinamenti didattici, dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, è costituito annualmente con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, un ulteriore contingente di posti non facenti parte dell'organico dell'autonomia né disponibili, per il personale a tempo indeterminato, per operazioni di mobilità o assunzioni in ruolo»,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1. a valutare l'opportunità di destinare opportune finanziamenti al fine di consolidare, ampliare e qualificare il Sistema integrato di cui al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale di cui all'articolo 12 del decreto legislativo e in relazione alle ulteriori risorse messe a disposizione dagli altri enti interessati;
   2. a valutare l'opportunità di incrementare la qualità del servizio scolastico, attraverso il potenziamento dell'offerta formativa alla scuola dell'infanzia.
9/1334-AR/6. (Testo modificato nel corso della seduta)  Casa.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, prevede diverse disposizioni in materia di scuola tra cui alcune relative all'edilizia scolastica;
    ad oggi intorno alla figura del dirigente scolastico persistono gravi incongruenze normative: da un lato viene attribuita ai dirigenti scolastici la responsabilità della sicurezza e della manutenzione degli edifici scolastici in quanto datori di lavoro, dall'altro viene ignorato il fatto che i suddetti edifici sono di proprietà degli Enti locali e soltanto a loro la normativa vigente impone gli obblighi relativi agli interventi strutturali al fine di mettere in sicurezza gli edifici;
    l'articolo 1, comma 143 della legge 13 luglio 2015, n. 107, cosiddetta «Buona scuola», prevede una delega al Governo affinché, attraverso un proprio decreto, incrementi l'autonomia contabile delle istituzioni scolastiche ed educative statali per la semplificazione degli adempimenti amministrativi e contabili;
    il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, attraverso il decreto 28 agosto 2018, n. 129 ha emanato un Regolamento recante istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche ai sensi dell'articolo 1, comma 143, della legge 13 luglio 2015, n. 107;
    l'articolo 39 del decreto Ministeriale 129/2018 prevede norme relative alla manutenzione degli edifici scolastici, in particolare al comma 4 stabilisce che i dirigenti scolastici possono effettuare, con eventuali fondi propri e d'intesa con il proprietario, interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici e delle loro pertinenze;
   considerato che:
    in questo modo la responsabilità dei lavori ricadrebbero interamente sul dirigente scolastico che non ha competenze né risorse per gestire anche la manutenzione degli immobili di proprietà degli Enti locali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire tempestivamente sul comma 4 dell'articolo 39 del regolamento di cui al Decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, 28 agosto 2018, n. 129 al fine di riequilibrare le discrasie presenti attribuendo agli Enti locali proprietari degli edifici le opportune responsabilità che in questo momento sono a carico dei dirigenti scolastici, meri gestori del servizio scolastico.
9/1334-AR/7Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, prevede diverse disposizioni in materia di scuola tra cui alcune relative all'edilizia scolastica;
    ad oggi intorno alla figura del dirigente scolastico persistono gravi incongruenze normative: da un lato viene attribuita ai dirigenti scolastici la responsabilità della sicurezza e della manutenzione degli edifici scolastici in quanto datori di lavoro, dall'altro viene ignorato il fatto che i suddetti edifici sono di proprietà degli Enti locali e soltanto a loro la normativa vigente impone gli obblighi relativi agli interventi strutturali al fine di mettere in sicurezza gli edifici;
    l'articolo 1, comma 143 della legge 13 luglio 2015, n. 107, cosiddetta «Buona scuola», prevede una delega al Governo affinché, attraverso un proprio decreto, incrementi l'autonomia contabile delle istituzioni scolastiche ed educative statali per la semplificazione degli adempimenti amministrativi e contabili;
    il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, attraverso il decreto 28 agosto 2018, n. 129 ha emanato un Regolamento recante istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche ai sensi dell'articolo 1, comma 143, della legge 13 luglio 2015, n. 107;
    l'articolo 39 del decreto Ministeriale 129/2018 prevede norme relative alla manutenzione degli edifici scolastici, in particolare al comma 4 stabilisce che i dirigenti scolastici possono effettuare, con eventuali fondi propri e d'intesa con il proprietario, interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici e delle loro pertinenze;
   considerato che:
    in questo modo la responsabilità dei lavori ricadrebbero interamente sul dirigente scolastico che non ha competenze né risorse per gestire anche la manutenzione degli immobili di proprietà degli Enti locali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intervenire tempestivamente sul comma 4 dell'articolo 39 del regolamento di cui al Decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, 28 agosto 2018, n. 129 al fine di riequilibrare le discrasie presenti attribuendo agli Enti locali proprietari degli edifici le opportune responsabilità che in questo momento sono a carico dei dirigenti scolastici, meri gestori del servizio scolastico.
9/1334-AR/7. (Testo modificato nel corso della seduta)  Villani.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il provvedimento in esame prevede l'attivazione di ulteriori borse di studio per i medici di medicina generale, tramite il comma 4 dell'articolo 40 che recita: «al fine di attivare ulteriori borse di studio per i medici di medicina generale che partecipano ai corsi di formazione di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, le disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale di cui all'articolo 3 del decreto-legge 30 maggio 1994 n. 325, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994 n. 467, sono incrementate di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019. Conseguentemente, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, di cui al comma 1, è incrementato di un corrispondente importo a decorrere dall'anno 2019.»;
   considerato che:
    biologi, chimici e fisici, farmacisti, veterinari, infermieri e altre professioni sanitarie sono risorse umane e professionali fondamentali e indispensabili in ogni azienda sanitaria locale o ospedaliera;
    gli specializzandi sanitari non medici che prestano la propria opera per il Servizio sanitario nazionale, al pari di quelli in medicina, sono figure essenziali per il mantenimento di reparti e laboratori e forniscono servizi fondamentali per il cittadino;
    allo scopo di non rendere maggiormente accessibile la formazione che deriva dall'obbligo di svolgere un tirocinio professionalizzante all'interno dei percorsi di specializzazione ospedaliera per professioni non mediche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere l'attivazione di nuove borse di studio alle specializzazioni ospedaliere per professioni non mediche, proporzionalmente alle ore di tirocinio svolte.
9/1334-AR/8Tuzi, Melicchio.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il provvedimento in esame prevede l'attivazione di ulteriori borse di studio per i medici di medicina generale, tramite il comma 4 dell'articolo 40 che recita: «al fine di attivare ulteriori borse di studio per i medici di medicina generale che partecipano ai corsi di formazione di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, le disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale di cui all'articolo 3 del decreto-legge 30 maggio 1994 n. 325, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994 n. 467, sono incrementate di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019. Conseguentemente, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, di cui al comma 1, è incrementato di un corrispondente importo a decorrere dall'anno 2019.»;
   considerato che:
    biologi, chimici e fisici, farmacisti, veterinari, infermieri e altre professioni sanitarie sono risorse umane e professionali fondamentali e indispensabili in ogni azienda sanitaria locale o ospedaliera;
    gli specializzandi sanitari non medici che prestano la propria opera per il Servizio sanitario nazionale, al pari di quelli in medicina, sono figure essenziali per il mantenimento di reparti e laboratori e forniscono servizi fondamentali per il cittadino;
    allo scopo di non rendere maggiormente accessibile la formazione che deriva dall'obbligo di svolgere un tirocinio professionalizzante all'interno dei percorsi di specializzazione ospedaliera per professioni non mediche,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di estendere l'attivazione di nuove borse di studio alle specializzazioni ospedaliere per professioni non mediche, proporzionalmente alle ore di tirocinio svolte.
9/1334-AR/8. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tuzi, Melicchio.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il provvedimento in esame, all'articolo 78, contiene misure in merito al fabbisogno finanziario delle Università;
   considerato che:
    in Italia il dottorato di ricerca rappresenta il terzo livello di studi, massimo grado di istruzione universitaria. I Dottori di ricerca costituiscono una risorsa fondamentale anche e soprattutto al di fuori dell'Università, per lo sviluppo e l'innovazione del nostro paese. Durante il percorso per diventare Dottori di ricerca si sviluppano in modo scientifico e rigoroso le ricerche che permettono un avanzamento scientifico in una determinata materia. Questo consente ai Dottori di ricerca di apprendere un metodo che soddisfi conoscenze e competenze complesse e interdisciplinari. Le competenze acquisite, se adeguatamente valorizzate, possono promuovere la competitività delle imprese italiane, l'efficienza della pubblica amministrazione, una scuola propositrice di cultura. I Dottori di ricerca, in virtù della loro attività di ricerca di alto profilo rappresentano un vettore in grado di contribuire alla trasformazione e al miglioramento dei processi in molteplici ambiti, assumendo quel ruolo di motore di trasferimento di conoscenza e innovazione nella ricerca, nella scuola, nelle imprese, nelle professioni e in tutte le attività produttive, nella pubblica amministrazione;
    in un numero crescente di atenei, per poter iscriversi al dottorato di ricerca, i dottorandi di ricerca con borsa sono tenuti a pagare tasse e contributi in quello che rappresenta un vero e proprio tributo sul talento;
    il beneficio economico garantito dalle borse di studio, erogate dal MIUR così come da diversi Enti sia italiani che stranieri, al fine di permettere allo studente di portare avanti un'attività di ricerca originale all'interno dei nostri atenei, è sensibilmente ridotto dalla tassazione sull'iscrizione ai corsi di dottorato di ricerca stessi operata da alcuni atenei;
    l'articolo 1 comma 262 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 recita: «Gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio sono esonerati dal pagamento delle tasse o contributi a favore dell'università. Il regolamento di cui al comma 254 stabilisce il contributo annuale dovuto dagli iscritti ai corsi o scuole di specializzazione.»;
    allo scopo di esonerare dal pagamento delle tasse o contributi a favore delle università anche i dottorandi di ricerca percettori di borsa di studio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo al fine di abrogare all'articolo 1 comma 262 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 le seguenti parole: che non sono beneficiari di borsa di studio.
9/1334-AR/9Bella, Melicchio.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il provvedimento in esame, all'articolo 78, contiene misure in merito al fabbisogno finanziario delle Università;
   considerato che:
    in Italia il dottorato di ricerca rappresenta il terzo livello di studi, massimo grado di istruzione universitaria. I Dottori di ricerca costituiscono una risorsa fondamentale anche e soprattutto al di fuori dell'Università, per lo sviluppo e l'innovazione del nostro paese. Durante il percorso per diventare Dottori di ricerca si sviluppano in modo scientifico e rigoroso le ricerche che permettono un avanzamento scientifico in una determinata materia. Questo consente ai Dottori di ricerca di apprendere un metodo che soddisfi conoscenze e competenze complesse e interdisciplinari. Le competenze acquisite, se adeguatamente valorizzate, possono promuovere la competitività delle imprese italiane, l'efficienza della pubblica amministrazione, una scuola propositrice di cultura. I Dottori di ricerca, in virtù della loro attività di ricerca di alto profilo rappresentano un vettore in grado di contribuire alla trasformazione e al miglioramento dei processi in molteplici ambiti, assumendo quel ruolo di motore di trasferimento di conoscenza e innovazione nella ricerca, nella scuola, nelle imprese, nelle professioni e in tutte le attività produttive, nella pubblica amministrazione;
    in un numero crescente di atenei, per poter iscriversi al dottorato di ricerca, i dottorandi di ricerca con borsa sono tenuti a pagare tasse e contributi in quello che rappresenta un vero e proprio tributo sul talento;
    il beneficio economico garantito dalle borse di studio, erogate dal MIUR così come da diversi Enti sia italiani che stranieri, al fine di permettere allo studente di portare avanti un'attività di ricerca originale all'interno dei nostri atenei, è sensibilmente ridotto dalla tassazione sull'iscrizione ai corsi di dottorato di ricerca stessi operata da alcuni atenei;
    l'articolo 1 comma 262 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 recita: «Gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca che non sono beneficiari di borsa di studio sono esonerati dal pagamento delle tasse o contributi a favore dell'università. Il regolamento di cui al comma 254 stabilisce il contributo annuale dovuto dagli iscritti ai corsi o scuole di specializzazione.»;
    allo scopo di esonerare dal pagamento delle tasse o contributi a favore delle università anche i dottorandi di ricerca percettori di borsa di studio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo al fine di abrogare all'articolo 1 comma 262 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 le seguenti parole: che non sono beneficiari di borsa di studio.
9/1334-AR/9. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bella, Melicchio.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    in questa legge di bilancio si impegnano i fondi per l'assunzione di ricercatori (articolo 32);
    il salario accessorio è la dote che in ogni ente finanzia le parti della busta paga aggiuntive rispetto alle voci fisse nazionali;
    nella generalità degli enti pubblici i precari ricevono le voci accessorie dallo stesso fondo cui hanno accesso anche i dipendenti a tempo indeterminato per cui l'assunzione a tempo indeterminato di personale in servizio con contratti a tempo determinato (stabilizzazione) non ha oneri a carico né dei soggetti interessati né dello Stato;
    negli enti e nelle istituzioni di ricerca, invece, le buste paga sono spesso finanziate da singoli progetti o da assegni di ricerca, e non pesano sul fondo dell'ente o dell'ateneo. Con la stabilizzazione, quindi, chi è già dipendente a tempo indeterminato dovrebbe dividere le risorse con chi entra grazie alla stabilizzazione, causando un ovvio cortocircuito;
    l'articolo 23 (Salario accessorio e sperimentazione), comma 2 del decreto legislativo nr. 75 del 25 maggio 2017 recita: «Nelle more di quanto previsto dal comma 1, al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualità dei servizi e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, assicurando al contempo l'invarianza della spesa, a decorrere dal 1o gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016. A decorrere dalla predetta data l'articolo 1, comma 236, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è abrogato. Per gli enti locali che non hanno potuto destinare nell'anno 2016 risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa a causa del mancato rispetto del patto di stabilità interno del 2015, l'ammontare complessivo delle risorse di cui al primo periodo del presente comma non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2015, ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio nell'anno 2016»;
    allo scopo di equiparare il salario accessorio degli enti e delle istituzioni di ricerca con la generalità degli enti pubblici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo, al fine di rimuovere il limite imposto dall'articolo 23, comma 2 del decreto legislativo nr. 75 del 25 maggio 2017, agli Enti ed alle Istituzioni di Ricerca indicati dall'articolo 1 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218, limitatamente alle procedure di reclutamento straordinario ai sensi dell'articolo 20 commi I e 2 del suddetto decreto.
9/1334-AR/10Melicchio.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    in questa legge di bilancio si impegnano i fondi per l'assunzione di ricercatori (articolo 32);
    il salario accessorio è la dote che in ogni ente finanzia le parti della busta paga aggiuntive rispetto alle voci fisse nazionali;
    nella generalità degli enti pubblici i precari ricevono le voci accessorie dallo stesso fondo cui hanno accesso anche i dipendenti a tempo indeterminato per cui l'assunzione a tempo indeterminato di personale in servizio con contratti a tempo determinato (stabilizzazione) non ha oneri a carico né dei soggetti interessati né dello Stato;
    negli enti e nelle istituzioni di ricerca, invece, le buste paga sono spesso finanziate da singoli progetti o da assegni di ricerca, e non pesano sul fondo dell'ente o dell'ateneo. Con la stabilizzazione, quindi, chi è già dipendente a tempo indeterminato dovrebbe dividere le risorse con chi entra grazie alla stabilizzazione, causando un ovvio cortocircuito;
    l'articolo 23 (Salario accessorio e sperimentazione), comma 2 del decreto legislativo nr. 75 del 25 maggio 2017 recita: «Nelle more di quanto previsto dal comma 1, al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualità dei servizi e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, assicurando al contempo l'invarianza della spesa, a decorrere dal 1o gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016. A decorrere dalla predetta data l'articolo 1, comma 236, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è abrogato. Per gli enti locali che non hanno potuto destinare nell'anno 2016 risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa a causa del mancato rispetto del patto di stabilità interno del 2015, l'ammontare complessivo delle risorse di cui al primo periodo del presente comma non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2015, ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio nell'anno 2016»;
    allo scopo di equiparare il salario accessorio degli enti e delle istituzioni di ricerca con la generalità degli enti pubblici,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo, al fine di rimuovere il limite imposto dall'articolo 23, comma 2 del decreto legislativo nr. 75 del 25 maggio 2017, agli Enti ed alle Istituzioni di Ricerca indicati dall'articolo 1 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 218, limitatamente alle procedure di reclutamento straordinario ai sensi dell'articolo 20 commi I e 2 del suddetto decreto.
9/1334-AR/10. (Testo modificato nel corso della seduta)  Melicchio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 comma 1 del disegno di legge di bilancio 2019, contiene disposizioni finalizzate ad ampliare significativamente la platea dei beneficiari del regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014 prevedendo, per l'accesso al regime stesso, un plafond unico di fatturato, pari a 65.000 euro ragguagliati ad anno, ed eliminando le previgenti restrizioni in ordine al costo dei beni strumentali (20.000 euro) e alle spese per prestazioni di lavoro (5.000 euro);
    tuttavia la lettera f) del primo comma del suesposto articolo 4, contiene una previsione che risulta, in contrasto con lo spirito di semplificazione ed estensione di cui è permeato l'intero provvedimento, in quanto sopprime, infatti, il primo periodo dell'articolo 1 comma 73 della legge n. 190 del 2014, nella parte in cui è stabilita l'esclusione dei contribuenti che applicano il regime forfetario da studi di settore e parametri, lasciando in vigore il secondo periodo che prevede, invece, l'assoggettamento dei medesimi contribuenti a specifici obblighi informativi in dichiarazione, relativamente all'attività svolta;
    il menzionato regime si caratterizza per la marcata semplificazione degli adempimenti dichiarativi e contabili, prevedendosi oltre all'esclusione da imposta sul valore aggiunto, anche quella da scritture contabili: il calcolo del reddito imponibile ai fini dell'imposta sostitutiva avviene applicando al volume complessivo annuo di ricavi o compensi un coefficiente di redditività variabile in base ai codici di attività ATECO. Sono, pertanto, irrilevanti ai fini della determinazione dell'imposta, le voci di costo o spesa eventualmente sostenute dal contribuente;
    deve rammentarsi, infine, che in base all'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto ministeriale 23 marzo 2018, ai contribuenti che applicano il regime forfettario non si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale istituiti con l'articolo 9-bis, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con la legge 21 giugno 2017, n. 96,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito delle prossime iniziative normative, l'esonero totale per i contribuenti che applicano il regime forfettario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014, per ogni adempimento relativo a studi di settore, parametri, indici di affidabilità finanziaria nonché per gli obblighi informativi similari.
9/1334-AR/11Migliorino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 comma 1 del disegno di legge di bilancio 2019, contiene disposizioni finalizzate ad ampliare significativamente la platea dei beneficiari del regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014 prevedendo, per l'accesso al regime stesso, un plafond unico di fatturato, pari a 65.000 euro ragguagliati ad anno, ed eliminando le previgenti restrizioni in ordine al costo dei beni strumentali (20.000 euro) e alle spese per prestazioni di lavoro (5.000 euro);
    tuttavia la lettera f) del primo comma del suesposto articolo 4, contiene una previsione che risulta, in contrasto con lo spirito di semplificazione ed estensione di cui è permeato l'intero provvedimento, in quanto sopprime, infatti, il primo periodo dell'articolo 1 comma 73 della legge n. 190 del 2014, nella parte in cui è stabilita l'esclusione dei contribuenti che applicano il regime forfetario da studi di settore e parametri, lasciando in vigore il secondo periodo che prevede, invece, l'assoggettamento dei medesimi contribuenti a specifici obblighi informativi in dichiarazione, relativamente all'attività svolta;
    il menzionato regime si caratterizza per la marcata semplificazione degli adempimenti dichiarativi e contabili, prevedendosi oltre all'esclusione da imposta sul valore aggiunto, anche quella da scritture contabili: il calcolo del reddito imponibile ai fini dell'imposta sostitutiva avviene applicando al volume complessivo annuo di ricavi o compensi un coefficiente di redditività variabile in base ai codici di attività ATECO. Sono, pertanto, irrilevanti ai fini della determinazione dell'imposta, le voci di costo o spesa eventualmente sostenute dal contribuente;
    deve rammentarsi, infine, che in base all'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto ministeriale 23 marzo 2018, ai contribuenti che applicano il regime forfettario non si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale istituiti con l'articolo 9-bis, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con la legge 21 giugno 2017, n. 96,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito delle prossime iniziative normative, l'esonero totale per i contribuenti che applicano il regime forfettario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014, per ogni adempimento relativo a studi di settore, parametri, indici di affidabilità finanziaria nonché per gli obblighi informativi similari.
9/1334-AR/11. (Testo modificato nel corso della seduta)  Migliorino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 comma 1 del disegno di legge di bilancio 2019, contiene disposizioni finalizzate ad ampliare significativamente la platea dei beneficiari del regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014 prevedendo, per l'accesso al regime stesso, un plafond unico di fatturato, pari a 65.000 euro ragguagliati ad anno ed eliminando le previgenti restrizioni in ordine al costo dei beni strumentali (20.000 euro) e alle spese per prestazioni di lavoro (5.000 euro);
    la lettera d) del primo comma del richiamato articolo 4, prevede l'esclusione dalla fruizione del beneficio nei riguardi dei contribuenti che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone o associazioni o imprese familiari di cui all'articolo 5 del TUIR, ovvero ad associazioni in partecipazione, nonché a tutte le società a responsabilità limitata, laddove nella previgente formulazione tale restrizione era limitata esclusivamente a quelle trasparenti di cui all'articolo 116 del medesimo TUIR, pur condividendo lo spirito antielusivo della disposizione, il sottoscrittore del presente atto evidenzia, tuttavia che la suesposta esclusione appare eccessiva ed iniqua laddove l'attività di impresa, arte o professione esercitata dal contribuente, risulti sostanzialmente differente da quelle svolta dalle società partecipate, così da potersi ragionevolmente escludere l'artificiosa commistione delle attività finalizzata a scopi di indebita riduzione del prelievo fiscale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nelle prossime iniziative, un intervento normativo ad hoc volto ad escludere dall'accesso al regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014, i contribuenti le cui attività sono classificabili, ai fini ATECO, come identiche o similari a quelle svolte dalle società di persone, associazioni, società a responsabilità limitate o imprese familiari di cui all'articolo 5 del TUIR da essi partecipate.
9/1334-AR/12Currò.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 comma 1 del disegno di legge di bilancio 2019, contiene disposizioni finalizzate ad ampliare significativamente la platea dei beneficiari del regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014 prevedendo, per l'accesso al regime stesso, un plafond unico di fatturato, pari a 65.000 euro ragguagliati ad anno ed eliminando le previgenti restrizioni in ordine al costo dei beni strumentali (20.000 euro) e alle spese per prestazioni di lavoro (5.000 euro);
    la lettera d) del primo comma del richiamato articolo 4, prevede l'esclusione dalla fruizione del beneficio nei riguardi dei contribuenti che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone o associazioni o imprese familiari di cui all'articolo 5 del TUIR, ovvero ad associazioni in partecipazione, nonché a tutte le società a responsabilità limitata, laddove nella previgente formulazione tale restrizione era limitata esclusivamente a quelle trasparenti di cui all'articolo 116 del medesimo TUIR, pur condividendo lo spirito antielusivo della disposizione, il sottoscrittore del presente atto evidenzia, tuttavia che la suesposta esclusione appare eccessiva ed iniqua laddove l'attività di impresa, arte o professione esercitata dal contribuente, risulti sostanzialmente differente da quelle svolta dalle società partecipate, così da potersi ragionevolmente escludere l'artificiosa commistione delle attività finalizzata a scopi di indebita riduzione del prelievo fiscale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere nelle prossime iniziative, un intervento normativo ad hoc volto ad escludere dall'accesso al regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014, i contribuenti le cui attività sono classificabili, ai fini ATECO, come identiche o similari a quelle svolte dalle società di persone, associazioni, società a responsabilità limitate o imprese familiari di cui all'articolo 5 del TUIR da essi partecipate.
9/1334-AR/12. (Testo modificato nel corso della seduta)  Currò.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 comma 1 del disegno di legge di bilancio 2019, contiene importanti, disposizioni finalizzate ad ampliare significativamente la platea dei beneficiari del regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014 prevedendo, per l'accesso al regime stesso, un plafond unico di fatturato, pari a 65.000 euro ragguagliati ad anno ed eliminando le previgenti restrizioni in ordine al costo dei beni strumentali (20.000 euro) e alle spese per prestazioni di lavoro (5.000 euro);
    il successivo comma 2, sostituisce l'allegato n. 4 alla legge n. 190 del 2014 senza modificare il meccanismo sostanziale di determinazione dell'imponibile soggetto all'imposta sostitutiva, basato sull'applicazione al volume complessivo annuo di ricavi o compensi di un coefficiente di redditività variabile in base ai codici di attività ATECO; pertanto risulta ammessa, la deducibilità analitica dei soli contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, con esclusione di ogni altra voce di costo o di spesa;
    ad avviso del sottoscrittore del presente atto, nonostante si ampiamente condivisibile la ratio semplificatoria insita nel menzionato sistema di determinazione dell'imponibile, risulta tuttavia necessario considerare che esso determina un disincentivo all'assunzione di risorse umane in seno all'attività imprenditoriale, artistica o professionale del contribuente; dal punto di vista della tassazione finale, infatti, il sostenimento dei suddetti costi sarebbe irrilevante dal momento che ne è esclusa la puntuale deducibilità; l'estensione della platea dei beneficiari del regime forfettario, previsto dal disegno di legge di bilancio 2019, risulta pertanto, ad avviso del sottoscrittore del presente atto, auspicabile in relazione ai benefici circolari per l'economia nazionale, in quanto tra l'altro, favorisce piuttosto che disincentivare l'utilizzo del fattore lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con i vincoli di bilancio, un'iniziativa normativa ad hoc, volta ad introdurre la deduzione analitica delle spese per lavoro dipendente, parasubordinato ed autonomo, in favore dei contribuenti, che accedono al regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014, anche nei limiti di una soglia annuale massima, periodicamente aggiornabile.
9/1334-AR/13Trano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 comma 1 del disegno di legge di bilancio 2019, contiene importanti, disposizioni finalizzate ad ampliare significativamente la platea dei beneficiari del regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014 prevedendo, per l'accesso al regime stesso, un plafond unico di fatturato, pari a 65.000 euro ragguagliati ad anno ed eliminando le previgenti restrizioni in ordine al costo dei beni strumentali (20.000 euro) e alle spese per prestazioni di lavoro (5.000 euro);
    il successivo comma 2, sostituisce l'allegato n. 4 alla legge n. 190 del 2014 senza modificare il meccanismo sostanziale di determinazione dell'imponibile soggetto all'imposta sostitutiva, basato sull'applicazione al volume complessivo annuo di ricavi o compensi di un coefficiente di redditività variabile in base ai codici di attività ATECO; pertanto risulta ammessa, la deducibilità analitica dei soli contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, con esclusione di ogni altra voce di costo o di spesa;
    ad avviso del sottoscrittore del presente atto, nonostante si ampiamente condivisibile la ratio semplificatoria insita nel menzionato sistema di determinazione dell'imponibile, risulta tuttavia necessario considerare che esso determina un disincentivo all'assunzione di risorse umane in seno all'attività imprenditoriale, artistica o professionale del contribuente; dal punto di vista della tassazione finale, infatti, il sostenimento dei suddetti costi sarebbe irrilevante dal momento che ne è esclusa la puntuale deducibilità; l'estensione della platea dei beneficiari del regime forfettario, previsto dal disegno di legge di bilancio 2019, risulta pertanto, ad avviso del sottoscrittore del presente atto, auspicabile in relazione ai benefici circolari per l'economia nazionale, in quanto tra l'altro, favorisce piuttosto che disincentivare l'utilizzo del fattore lavoro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con i vincoli di bilancio, un'iniziativa normativa ad hoc, volta ad introdurre la deduzione analitica delle spese per lavoro dipendente, parasubordinato ed autonomo, in favore dei contribuenti, che accedono al regime forfetario di cui all'articolo 1, commi da 54 a 89 della legge n. 190 del 2014, anche nei limiti di una soglia annuale massima, periodicamente aggiornabile.
9/1334-AR/13. (Testo modificato nel corso della seduta)  Trano.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, all'articolo 11 prevede misure volte a prorogare le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobile;
    Considerato che:
    la necessità di incentivare sistemi di riscaldamento ad alta efficienza energetica come previsto dal regolamento delegato (UE) n. 811/2013 della Commissione, del 18 febbraio 2013,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure volte ad incentivare la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale centralizzati, anche a servizio di più unità immobiliari o di edifici adibiti a uso non residenziale, con impianti dotati di generatori di calore con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto.
9/1334-AR/14Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, all'articolo 11 prevede misure volte a prorogare le detrazioni fiscali per gli interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobile;
    Considerato che:
    la necessità di incentivare sistemi di riscaldamento ad alta efficienza energetica come previsto dal regolamento delegato (UE) n. 811/2013 della Commissione, del 18 febbraio 2013,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare misure volte ad incentivare la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale centralizzati, anche a servizio di più unità immobiliari o di edifici adibiti a uso non residenziale, con impianti dotati di generatori di calore con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto.
9/1334-AR/14. (Testo modificato nel corso della seduta)  Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, riportante il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, si concretizza anche in una serie di misure orientate allo sviluppo, agli investimenti e all'inclusione sociale;
    i Programmi di riqualificazione urbana prevedono un insieme coordinato di interventi volti alla riqualificazione di parti degradate di città; questi sono stati tra i primi a prevedere la partecipazione del soggetto privato e rappresentano materia di interesse per una pluralità di operatori e finanziatori. I suddetti programmi sono stati finanziati ai sensi dell'articolo 2 comma 2 della legge n. 179 del 1992, ed avviati secondo le procedure previste dal Decreto Ministeriale del 21.12.94 e rifinanziati in parte attraverso progetti pilota con delibera CIPE 23 aprile 1997 a valere sulle risorse assegnate con la legge n. 341 del 1995;
    a partire dal 2014, il monitoraggio avviato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha riscontrato numerose difficoltà nell'organizzazione e gestione di programmi complessi – caratterizzati da una molteplicità di interventi interconnessi tra loro – da parte dei comuni, condizione a cui si è accompagnato il recepimento di numerose istanze di proroga corredate da relazioni esplicative;
    il decreto ministeriale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 9 settembre 2015 – riportante Disposizioni per il definitivo completamento dei programmi di riqualificazione urbana – ha stabilito che per le opere pubbliche e private comprese negli Accordi di programma originari o nelle loro modifiche approvate in fase di vigenza degli Accordi stessi e per le «opere pubbliche già» alla data di pubblicazione del suddetto Decreto, il termine di ultimazione risulta prorogato secondo quando definito nel cronoprogramma approvato dal Collegio di Vigilanza;
    i Programmi di riqualificazione Urbana si sostanziano in interventi di natura cross-cutting, che comportano non solo la riqualificazione estetica delle aree più degradate, ma concorrono ad un contemporaneo approccio teso a: favorire in maniera efficace l'inclusione sociale delle fasce di popolazione residenti nelle aree caratterizzate da degrado urbano; supportare l'utilizzo di tecnologie ed impianti infrastrutturali innovativi ed avanzati nell'ottica di una maggiore sostenibilità economica ed ambientale; incoraggiare lo sviluppo di una dimensione culturale attiva nelle aree urbane più disagiate; attrarre – al fine di incentivare la partecipazione e collaborazione alla realizzazione delle infrastrutture indicate nei programmi – imprese giovanili e start-up ed aziende innovative capaci di accelerare uno sviluppo integrato del territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire in maniera precisa il contenuto della disciplina del decreto ministeriale 9 settembre 2015 per il completamento dei Programmi di Riqualificazione Urbana, in modo da superare le incertezze applicative determinate dalla molteplicità delle casistiche verificate in ambito nazionale.
9/1334-AR/15Lattanzio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, riportante il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, si concretizza anche in una serie di misure orientate allo sviluppo, agli investimenti e all'inclusione sociale;
    i Programmi di riqualificazione urbana prevedono un insieme coordinato di interventi volti alla riqualificazione di parti degradate di città; questi sono stati tra i primi a prevedere la partecipazione del soggetto privato e rappresentano materia di interesse per una pluralità di operatori e finanziatori. I suddetti programmi sono stati finanziati ai sensi dell'articolo 2 comma 2 della legge n. 179 del 1992, ed avviati secondo le procedure previste dal Decreto Ministeriale del 21.12.94 e rifinanziati in parte attraverso progetti pilota con delibera CIPE 23 aprile 1997 a valere sulle risorse assegnate con la legge n. 341 del 1995;
    a partire dal 2014, il monitoraggio avviato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha riscontrato numerose difficoltà nell'organizzazione e gestione di programmi complessi – caratterizzati da una molteplicità di interventi interconnessi tra loro – da parte dei comuni, condizione a cui si è accompagnato il recepimento di numerose istanze di proroga corredate da relazioni esplicative;
    il decreto ministeriale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 9 settembre 2015 – riportante Disposizioni per il definitivo completamento dei programmi di riqualificazione urbana – ha stabilito che per le opere pubbliche e private comprese negli Accordi di programma originari o nelle loro modifiche approvate in fase di vigenza degli Accordi stessi e per le «opere pubbliche già» alla data di pubblicazione del suddetto Decreto, il termine di ultimazione risulta prorogato secondo quando definito nel cronoprogramma approvato dal Collegio di Vigilanza;
    i Programmi di riqualificazione Urbana si sostanziano in interventi di natura cross-cutting, che comportano non solo la riqualificazione estetica delle aree più degradate, ma concorrono ad un contemporaneo approccio teso a: favorire in maniera efficace l'inclusione sociale delle fasce di popolazione residenti nelle aree caratterizzate da degrado urbano; supportare l'utilizzo di tecnologie ed impianti infrastrutturali innovativi ed avanzati nell'ottica di una maggiore sostenibilità economica ed ambientale; incoraggiare lo sviluppo di una dimensione culturale attiva nelle aree urbane più disagiate; attrarre – al fine di incentivare la partecipazione e collaborazione alla realizzazione delle infrastrutture indicate nei programmi – imprese giovanili e start-up ed aziende innovative capaci di accelerare uno sviluppo integrato del territorio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di chiarire in maniera precisa il contenuto della disciplina del decreto ministeriale 9 settembre 2015 per il completamento dei Programmi di Riqualificazione Urbana, in modo da superare le incertezze applicative determinate dalla molteplicità delle casistiche verificate in ambito nazionale.
9/1334-AR/15. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lattanzio.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    in questi anni si sono susseguite norme (come la Legge 221/2015 meglio nota come Collegato Ambientale alla legge di bilancio) che hanno sostanzialmente messo in atto una riforma della governance sulla gestione del suolo. Le nuove sette Autorità di Distretto Idrografico sono i soggetti deputati a fornire il quadro conoscitivo unico della pericolosità e del rischio connesso ai fenomeni di dissesto idrogeologico, e a redigere il Piano di Bacino Distrettuale. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria (Articolo 69 decreto legislativo 152/06);
    in base alla norma, una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente deve essere destinata a:
     a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;
     b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
     c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali;
    dalla lettura del decreto legislativo 152/06, sembrerebbe che in Italia la gestione del rischio idrogeologico parte obbligatoriamente dai Piani stralcio di Bacino che vengono attuati, appunto, mediante programmi triennali di intervento. Tuttavia, dal 2001 i piani e programmi delle Autorità di Bacino non sono stati più finanziati; solo nell'ottobre scorso è stato deliberato il «Programma manutenzione 2018», ossia un primo stralcio di un Programma triennale di interventi correlato ai nuovi Piani di gestione, destinando una prima somma di 50 milioni di euro di risorse ministeriali, da ripartire per l'importo di 10 milioni di euro per ogni distretto;
    la «Difesa del Suolo», come definita all'articolo 54 del disegno legislativo 152/06, è «il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonché dei territori a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate». La «Mitigazione del rischio idrogeologico» è, invece, l'attività mirata al contenimento diretto di fenomeni di dissesto urgenti e indifferibili, attraverso la realizzazione di interventi specifici. Premettendo che entrambe le strade debbano venir perseguite, soprattutto in una fase critica come questa in cui i cambiamenti climatici e la fragilità del suolo Italiano stanno mettendo a rischio una gran parte del territorio nazionale, è doveroso ribadire però che sia necessario pianificare in forma ordinaria la difesa del suolo e in via del tutto straordinaria la mitigazione del rischio idrogeologico (come, per altro, affermano la Direttiva Quadro sulle Acque e sulla Gestione del rischio Alluvioni),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere nell’iter intrapreso dal Ministero dell'Ambiente con il «Programma manutenzione 2018» garantendo una continuità di finanziamenti in materia di difesa del suolo (in linea con la «programmazione triennale di interventi a scala di distretto») consistenti essenzialmente in interventi di manutenzione delle opere e del territorio, interventi di mantenimento di condizioni di corretto assetto del territorio, interventi strutturali «estensivi» funzionali alla diffusa del territorio a carattere ordinario e straordinario, interventi di sistemazioni idrauliche (garantendo la polizia idraulica e il pronto intervento) e forestali, con particolare attenzione al reticolo idrografico minore e al territorio collinare e montano.
9/1334-AR/16Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    in questi anni si sono susseguite norme (come la Legge 221/2015 meglio nota come Collegato Ambientale alla legge di bilancio) che hanno sostanzialmente messo in atto una riforma della governance sulla gestione del suolo. Le nuove sette Autorità di Distretto Idrografico sono i soggetti deputati a fornire il quadro conoscitivo unico della pericolosità e del rischio connesso ai fenomeni di dissesto idrogeologico, e a redigere il Piano di Bacino Distrettuale. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della relativa copertura finanziaria (Articolo 69 decreto legislativo 152/06);
    in base alla norma, una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente deve essere destinata a:
     a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei magazzini idraulici;
     b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
     c) compilazione ed aggiornamento dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi di fattibilità, dei progetti di opere e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali;
    dalla lettura del decreto legislativo 152/06, sembrerebbe che in Italia la gestione del rischio idrogeologico parte obbligatoriamente dai Piani stralcio di Bacino che vengono attuati, appunto, mediante programmi triennali di intervento. Tuttavia, dal 2001 i piani e programmi delle Autorità di Bacino non sono stati più finanziati; solo nell'ottobre scorso è stato deliberato il «Programma manutenzione 2018», ossia un primo stralcio di un Programma triennale di interventi correlato ai nuovi Piani di gestione, destinando una prima somma di 50 milioni di euro di risorse ministeriali, da ripartire per l'importo di 10 milioni di euro per ogni distretto;
    la «Difesa del Suolo», come definita all'articolo 54 del disegno legislativo 152/06, è «il complesso delle azioni ed attività riferibili alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori, degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee, nonché dei territori a questi connessi, aventi le finalità di ridurre il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche collegate». La «Mitigazione del rischio idrogeologico» è, invece, l'attività mirata al contenimento diretto di fenomeni di dissesto urgenti e indifferibili, attraverso la realizzazione di interventi specifici. Premettendo che entrambe le strade debbano venir perseguite, soprattutto in una fase critica come questa in cui i cambiamenti climatici e la fragilità del suolo Italiano stanno mettendo a rischio una gran parte del territorio nazionale, è doveroso ribadire però che sia necessario pianificare in forma ordinaria la difesa del suolo e in via del tutto straordinaria la mitigazione del rischio idrogeologico (come, per altro, affermano la Direttiva Quadro sulle Acque e sulla Gestione del rischio Alluvioni),

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di procedere nell’iter intrapreso dal Ministero dell'Ambiente con il «Programma manutenzione 2018» garantendo una continuità di finanziamenti in materia di difesa del suolo (in linea con la «programmazione triennale di interventi a scala di distretto») consistenti essenzialmente in interventi di manutenzione delle opere e del territorio, interventi di mantenimento di condizioni di corretto assetto del territorio, interventi strutturali «estensivi» funzionali alla diffusa del territorio a carattere ordinario e straordinario, interventi di sistemazioni idrauliche (garantendo la polizia idraulica e il pronto intervento) e forestali, con particolare attenzione al reticolo idrografico minore e al territorio collinare e montano.
9/1334-AR/16. (Testo modificato nel corso della seduta)  Daga.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    i principi di diritto affermati dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 3618 del 2016, con riferimento all'assoggettabilità ad IMU delle piattaforme petrolifere, nella parte in cui si rileva che la redditività deve essere riferita allo svolgimento di attività imprenditoriale – industriale e non alla diretta produzione di un reddito da parte della struttura;
    il regio decreto-legge n. 652 del 1939, stabilisce che fabbricati da accatastare sono anche le costruzioni sospese o galleggianti «stabilmente assicurate al suolo»;
    i terminali galleggianti ubicati nel mare territoriale, destinati all'esercizio dell'attività di rigassificazione del gas naturale liquefatto, sono ancorati in maniera fissa e continuativa al fondo marino mediante apposito sistema di ancoraggio e prevedono il permanente posizionamento di attrezzature asservite alla struttura;
    per tali strutture permane uno stato di incertezza sulla portata della normativa applicabile e sui presupposti che consentono di limitare il pagamento dell'Imu alla sola porzione del manufatto destinata ad uso abitativo e di servizi civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 728, della legge di bilancio n. 205/2017,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire normativamente al fine di ridefinire ed ampliare i presupposti oggettivi per l'assoggettamento ad IMU dei terminali di rigassificazione con riferimento alle complessive strutture funzionali all'attività imprenditoriale.
9/1334-AR/17Davide Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    i principi di diritto affermati dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 3618 del 2016, con riferimento all'assoggettabilità ad IMU delle piattaforme petrolifere, nella parte in cui si rileva che la redditività deve essere riferita allo svolgimento di attività imprenditoriale – industriale e non alla diretta produzione di un reddito da parte della struttura;
    il regio decreto-legge n. 652 del 1939, stabilisce che fabbricati da accatastare sono anche le costruzioni sospese o galleggianti «stabilmente assicurate al suolo»;
    i terminali galleggianti ubicati nel mare territoriale, destinati all'esercizio dell'attività di rigassificazione del gas naturale liquefatto, sono ancorati in maniera fissa e continuativa al fondo marino mediante apposito sistema di ancoraggio e prevedono il permanente posizionamento di attrezzature asservite alla struttura;
    per tali strutture permane uno stato di incertezza sulla portata della normativa applicabile e sui presupposti che consentono di limitare il pagamento dell'Imu alla sola porzione del manufatto destinata ad uso abitativo e di servizi civili, ai sensi dell'articolo 1, comma 728, della legge di bilancio n. 205/2017,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intervenire normativamente al fine di ridefinire ed ampliare i presupposti oggettivi per l'assoggettamento ad IMU dei terminali di rigassificazione con riferimento alle complessive strutture funzionali all'attività imprenditoriale.
9/1334-AR/17. (Testo modificato nel corso della seduta)  Davide Aiello.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, recate misure finalizzate a promuovere la ripresa dell'economia nazionale;
    in questo contesto il Governo ha ritenuto di adottare una politica espansiva, basata su un profondo mutamento di strategia che ha come obiettivo la promozione del benessere dei cittadini e la difesa dei loro diritti attraverso il ridimensionamento dei privilegi e la riduzione degli sprechi;
    vanno in questo senso le misure contenute nel provvedimento in esame finalizzate a dare ristoro ai cittadini e al tessuto delle attività produttive situate nei territori colpiti da eventi naturali estremi;
    ultime in ordine di tempo le devastazioni arrecate da piogge eccezionali in un'ampia parte del Paese: dal Veneto alla Sicilia, passando per la Liguria, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia;
    la ripresa del tessuto sociale, economico e produttivo di questi territori deve passare attraverso azioni di sostegno concreto e tangibile, in particolare per le zone già connotate da criticità strutturali di sviluppo come quelle della regione Sicilia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche con future iniziative legislative, interventi di carattere finanziario a sostegno della popolazione della Regione Sicilia interessata dagli eccezionali eventi atmosferici verificatisi tra il 2 e il 4 novembre 2018.
9/1334-AR/18Licatini.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, recate misure finalizzate a promuovere la ripresa dell'economia nazionale;
    in questo contesto il Governo ha ritenuto di adottare una politica espansiva, basata su un profondo mutamento di strategia che ha come obiettivo la promozione del benessere dei cittadini e la difesa dei loro diritti attraverso il ridimensionamento dei privilegi e la riduzione degli sprechi;
    vanno in questo senso le misure contenute nel provvedimento in esame finalizzate a dare ristoro ai cittadini e al tessuto delle attività produttive situate nei territori colpiti da eventi naturali estremi;
    ultime in ordine di tempo le devastazioni arrecate da piogge eccezionali in un'ampia parte del Paese: dal Veneto alla Sicilia, passando per la Liguria, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia;
    la ripresa del tessuto sociale, economico e produttivo di questi territori deve passare attraverso azioni di sostegno concreto e tangibile, in particolare per le zone già connotate da criticità strutturali di sviluppo come quelle della regione Sicilia,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, anche con future iniziative legislative, interventi di carattere finanziario a sostegno della popolazione della Regione Sicilia interessata dagli eccezionali eventi atmosferici verificatisi tra il 2 e il 4 novembre 2018.
9/1334-AR/18. (Testo modificato nel corso della seduta)  Licatini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, all'articolo 16 stanzia il fondo per gli investimenti degli enti territoriali e all'articolo 64 il finanziamento dei piani di sicurezza per la manutenzione di strade e di scuole delle province delle regioni a statuto ordinario;
   considerato che:
    la strada statale n. 7 collega la città di Matera designata «Capitale della cultura 2019» con la strada statale n. 407 «Basentana», attraverso la quale la stessa città di Matera si collega con l'autostrada A1, con il capoluogo di regione Potenza e con l'area del Metapontino;
    la messa in sicurezza della statale n. 7 risulta fondamentale per l'adeguamento e il completamento del collegamento mediano Murgia – Pollino che collega l'autostrada A24 con la strada statale n. 407 «Basentana»;
    l'opera di messa in sicurezza della strada statale n. 7 dal km 562 all'innesto con la strada statale n. 407, di complessivi 10 km, di competenza esclusiva Anas, è inserita nel contratto di governo 2016/2020 ma priva dei finanziamenti necessari;
    il costo complessivo dell'opera, come da stima Anas è di circa 60 milioni di euro;
    la messa in sicurezza e l'adeguamento del collegamento mediano A24 – Strada statale n. 407 «Basentana» è tra le opere infrastrutturali strategiche previste dal Dossier Matera Capitale europea 2019;
   considerato inoltre che:
    In concomitanza con l'evento europeo «Matera 2019» è previsto un aumento considerevole dei flussi da e per Matera, provenienti soprattutto dall'autostrada A1,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee Iniziative, volte a finanziare l'opera o ad attivarsi presso Anas affinché nell'aggiornamento del contratto di governo previsto per l'anno 2019 venga inserito il finanziamento per la messa in sicurezza della strada statale n. 7, dal km 562 all'innesto con la strada statale 407 «Basentana».
9/1334-AR/19Rospi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, all'articolo 16 stanzia il fondo per gli investimenti degli enti territoriali e all'articolo 64 il finanziamento dei piani di sicurezza per la manutenzione di strade e di scuole delle province delle regioni a statuto ordinario;
   considerato che:
    la strada statale n. 7 collega la città di Matera designata «Capitale della cultura 2019» con la strada statale n. 407 «Basentana», attraverso la quale la stessa città di Matera si collega con l'autostrada A1, con il capoluogo di regione Potenza e con l'area del Metapontino;
    la messa in sicurezza della statale n. 7 risulta fondamentale per l'adeguamento e il completamento del collegamento mediano Murgia – Pollino che collega l'autostrada A24 con la strada statale n. 407 «Basentana»;
    l'opera di messa in sicurezza della strada statale n. 7 dal km 562 all'innesto con la strada statale n. 407, di complessivi 10 km, di competenza esclusiva Anas, è inserita nel contratto di governo 2016/2020 ma priva dei finanziamenti necessari;
    il costo complessivo dell'opera, come da stima Anas è di circa 60 milioni di euro;
    la messa in sicurezza e l'adeguamento del collegamento mediano A24 – Strada statale n. 407 «Basentana» è tra le opere infrastrutturali strategiche previste dal Dossier Matera Capitale europea 2019;
   considerato inoltre che:
    In concomitanza con l'evento europeo «Matera 2019» è previsto un aumento considerevole dei flussi da e per Matera, provenienti soprattutto dall'autostrada A1,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee Iniziative, volte a finanziare l'opera o ad attivarsi presso Anas affinché nell'aggiornamento del contratto di governo previsto per l'anno 2019 venga inserito il finanziamento per la messa in sicurezza della strada statale n. 7, dal km 562 all'innesto con la strada statale 407 «Basentana».
9/1334-AR/19. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rospi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    l'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 152/06 prevede la procedura di valutazione di impatto sanitario soltanto per i progetti di cui al punto 1) dell'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo e per i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW;
    l'articolo 252 del d.lgs. 152/06 definisce i Siti di Interesse Nazionale (SIN) ai fini della bonifica come aree «individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali». Uno dei principi da seguire per l'individuazione di questi siti è la presenza di un «rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata»;
    L'articolo 1 della legge n. 208/2015, commi 149, 150 e 151, ha prorogato i termini per gli incentivi sull'energia elettrica prodotta dagli impianti alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi;
    l'erogazione degli incentivi è subordinata alla decisione favorevole della Commissione Europea. Entro il 31 dicembre 2018, i produttori interessati dalle disposizioni di cui ai Commi 149 e 150 comunicano al Ministero dello Sviluppo Economico le informazioni dovute ai fini della verifica di compatibilità con la disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia per gli anni 2014-2020, di cui alla comunicazione 2014/C 200/01 della Commissione Europea;
    la Commissione UE ha richiesto con una nota dell'8 dicembre 2017 (COMP B.3 AC/AM/MB/kd*D*2017/116863) una serie di approfondimenti che, di fatto, hanno rappresentato l'avvio di una possibile procedura di infrazione, con indagine sui pregressi regimi di incentivazione;
    il Ministero dell'Ambiente, per i profili di competenza in materia di bonifica, fornisce il proprio contributo all'Autorità competente al rilascio delle autorizzazioni, rappresentando il quadro ambientale dell'area e richiamando le disposizioni normative che prevedono la valutazione delle interferenze dell'opera con le attività di bonifica e la tutela sanitaria per i fruitori dell'area;
    l'erogazione di incentivi alla produzione di energia da impianti biogas può scaturire nella proliferazione di tali installazioni, che seppure di taglia ridotta possono facilmente superare nel complesso, in zone dense di tali impianti, la soglia limite di 300 MW di cui all'articolo 23 del disegno legislativo 152/2006, necessitando quindi di una valutazione di impatto sanitario a maggior ragione quando tale impatto va a sovrapporsi a situazioni ambientali e sanitarie già compromesse come quelle dei SIN,

impegna il Governo:

   1. a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo, al fine di evitare la possibilità di incorrere in una procedura di infrazione a livello comunitario relativa agli eccessivi aiuti di stato alla produzione di energia elettrica da biomasse, biogas e bioliquidi, limitandone la disponibilità in termini di anni futuri e/o restringendone il campo di applicazione per tipologia di impianto o per contesto territoriale;
   2. valutare l'opportunità di prevedere azioni volte a eseguire Valutazioni di Impatto Sanitario all'interno di ogni procedura di Valutazione di Impatto Ambientale per progetti ricadenti all'interno, o nelle aree limitrofe, di Siti di Interesse Nazionale ai fini di Bonifica.
9/1334-AR/20Ilaria Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    l'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 152/06 prevede la procedura di valutazione di impatto sanitario soltanto per i progetti di cui al punto 1) dell'allegato II alla parte seconda del decreto legislativo e per i progetti riguardanti le centrali termiche e altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW;
    l'articolo 252 del d.lgs. 152/06 definisce i Siti di Interesse Nazionale (SIN) ai fini della bonifica come aree «individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali». Uno dei principi da seguire per l'individuazione di questi siti è la presenza di un «rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata»;
    L'articolo 1 della legge n. 208/2015, commi 149, 150 e 151, ha prorogato i termini per gli incentivi sull'energia elettrica prodotta dagli impianti alimentati da biomasse, biogas e bioliquidi;
    l'erogazione degli incentivi è subordinata alla decisione favorevole della Commissione Europea. Entro il 31 dicembre 2018, i produttori interessati dalle disposizioni di cui ai Commi 149 e 150 comunicano al Ministero dello Sviluppo Economico le informazioni dovute ai fini della verifica di compatibilità con la disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell'ambiente e dell'energia per gli anni 2014-2020, di cui alla comunicazione 2014/C 200/01 della Commissione Europea;
    la Commissione UE ha richiesto con una nota dell'8 dicembre 2017 (COMP B.3 AC/AM/MB/kd*D*2017/116863) una serie di approfondimenti che, di fatto, hanno rappresentato l'avvio di una possibile procedura di infrazione, con indagine sui pregressi regimi di incentivazione;
    il Ministero dell'Ambiente, per i profili di competenza in materia di bonifica, fornisce il proprio contributo all'Autorità competente al rilascio delle autorizzazioni, rappresentando il quadro ambientale dell'area e richiamando le disposizioni normative che prevedono la valutazione delle interferenze dell'opera con le attività di bonifica e la tutela sanitaria per i fruitori dell'area;
    l'erogazione di incentivi alla produzione di energia da impianti biogas può scaturire nella proliferazione di tali installazioni, che seppure di taglia ridotta possono facilmente superare nel complesso, in zone dense di tali impianti, la soglia limite di 300 MW di cui all'articolo 23 del disegno legislativo 152/2006, necessitando quindi di una valutazione di impatto sanitario a maggior ragione quando tale impatto va a sovrapporsi a situazioni ambientali e sanitarie già compromesse come quelle dei SIN,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1. a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo, al fine di evitare la possibilità di incorrere in una procedura di infrazione a livello comunitario relativa agli eccessivi aiuti di stato alla produzione di energia elettrica da biomasse, biogas e bioliquidi, limitandone la disponibilità in termini di anni futuri e/o restringendone il campo di applicazione per tipologia di impianto o per contesto territoriale;
   2. valutare l'opportunità di prevedere azioni volte a eseguire Valutazioni di Impatto Sanitario all'interno di ogni procedura di Valutazione di Impatto Ambientale per progetti ricadenti all'interno, o nelle aree limitrofe, di Siti di Interesse Nazionale ai fini di Bonifica.
9/1334-AR/20. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ilaria Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante il «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», prevede all'articolo 79 disposizioni in merito a situazioni emergenziali;
    i molteplici contesti emergenziali di rilievo nazionale conseguenti alle eccezionali avversità atmosferiche che, anche di recente, hanno interessato numerose regioni italiane richiedono una complessiva revisione della disciplina prevista dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 28 luglio 2016 in riferimento alle modalità di stanziamento dei finanziamenti e di erogazione dei contributi massimi concedibili;
    la percentuale di ristoro dei danni subiti da parte dei privati in conseguenza di eventi alluvionali si assesta su percentuali piuttosto basse (appena il 10 per cento, a distanze tre anni dall'evento);
    con particolare riferimento alle modalità per la ricognizione dei fabbisogni e per la quantificazione dei danni al patrimonio edilizio privato e alle attività economiche e produttive, sarebbero auspicabili procedure semplificate che prevedano il superamento della stima sommaria dei danni affidata in prima istanza al cittadino, consentano il recupero dei costi per le prestazioni tecniche richieste ai professionisti, e prevedano misure di sostegno per garantire l'avvio in tempi brevi degli interventi di ripristino del patrimonio mobiliare e immobiliare distrutto o allagato, anche al fine di assicurare uniformità di trattamento nei confronti dei cittadini danneggiati dagli eventi calamitosi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere, anche in successivi provvedimenti normativi, alla ridefinizione dei criteri e delle direttive per la ricognizione dei fabbisogni e per la quantificazione dei danni al patrimonio edilizio privato e alle attività economiche e produttive danneggiati dagli eventi calamitosi indicati in premessa, prevedendo a tal fine congrue misure finanziarie per i rimborsi ai privati.
9/1334-AR/21Berti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante il «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», prevede all'articolo 79 disposizioni in merito a situazioni emergenziali;
    i molteplici contesti emergenziali di rilievo nazionale conseguenti alle eccezionali avversità atmosferiche che, anche di recente, hanno interessato numerose regioni italiane richiedono una complessiva revisione della disciplina prevista dalla delibera del Consiglio dei Ministri del 28 luglio 2016 in riferimento alle modalità di stanziamento dei finanziamenti e di erogazione dei contributi massimi concedibili;
    la percentuale di ristoro dei danni subiti da parte dei privati in conseguenza di eventi alluvionali si assesta su percentuali piuttosto basse (appena il 10 per cento, a distanze tre anni dall'evento);
    con particolare riferimento alle modalità per la ricognizione dei fabbisogni e per la quantificazione dei danni al patrimonio edilizio privato e alle attività economiche e produttive, sarebbero auspicabili procedure semplificate che prevedano il superamento della stima sommaria dei danni affidata in prima istanza al cittadino, consentano il recupero dei costi per le prestazioni tecniche richieste ai professionisti, e prevedano misure di sostegno per garantire l'avvio in tempi brevi degli interventi di ripristino del patrimonio mobiliare e immobiliare distrutto o allagato, anche al fine di assicurare uniformità di trattamento nei confronti dei cittadini danneggiati dagli eventi calamitosi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di provvedere, anche in successivi provvedimenti normativi, alla ridefinizione dei criteri e delle direttive per la ricognizione dei fabbisogni e per la quantificazione dei danni al patrimonio edilizio privato e alle attività economiche e produttive danneggiati dagli eventi calamitosi indicati in premessa, prevedendo a tal fine congrue misure finanziarie per i rimborsi ai privati.
9/1334-AR/21. (Testo modificato nel corso della seduta)  Berti.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, all'articolo 79, nell'ambito delle disposizioni su alcune situazioni emergenziali, prevede al comma 6 il finanziamento della zona franca urbana della città metropolitana di Genova per la quale si autorizza la spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 in ragione del tragico evento occorso;
    esigenze parimenti emergenziali sorgono rispetto alla città di Taranto che, quale «area ad elevato rischio di crisi ambientale», presenta insediamenti industriali di rilevante dimensione che influenzano in modo considerevole i profili socio-economici, ambientali e paesaggistici; l'elevata antropizzazione, inoltre, incide ulteriormente sugli ecosistemi;
    si pone allora la necessità di provvedere al finanziamento anche della zona franca urbana di Taranto. Si tratterebbe di uno strumento utile per la rimozione del degrado delle aree cittadine maggiormente interessate dal disastro ambientale tarantino, per contrastare i fenomeni di esclusione sociale e per riqualificare quartieri urbani caratterizzati da gravi fenomeni di degrado urbano, sociale ed economico;
    è noto che la allora legge finanziaria del 2008 ha esteso a tutto il territorio nazionale l'istituzione delle ZFU, inizialmente limitate alle zone del Mezzogiorno. Parimenti noto è che le delibere CIPE del 2008 e del 2009 includono anche alcune parti della città di Taranto;
    le agevolazioni sono numerose e rilevanti, eppure ci sono state difficoltà attuative e ritardi, che hanno portato solo nel 2013 alla adozione di un decreto ministeriale per stabilirne termini, condizioni, limiti e modalità. Per vero la Puglia ha subito particolari ritardi ed esclusioni, poi sanate;
    emerge dunque la necessità di promuovere un modello di sviluppo rispettoso dell'ambiente e della natura, comprensivo di appositi istituti tributari che intervengano a fronte di emergenze e disastri ambientali, sia in funzione – auspichiamo – preventiva sia anche riparatoria dell'equilibrio turbato;
    il ricorso alla leva fiscale deve esser destinato ad avvantaggiare attività economiche impegnate nel processo di bonifica e soggetti che siano stati danneggiati dall'effetto dell'inquinamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di finanziare, compatibilmente con i limiti di finanza pubblica, nonché di estendere all'intero territorio comunale della città di Taranto la cosiddetta zona franca urbana in conformità alle finalità di interesse pubblico previste tese alla rimozione del degrado urbano e al contrasto dei fenomeni di esclusione sociale, destinando le agevolazioni previste in favore di attività economiche impegnate nel processo di bonifica e soggetti che siano stati danneggiati dall'effetto dell'inquinamento.
9/1334-AR/22Vianello.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, all'articolo 79, nell'ambito delle disposizioni su alcune situazioni emergenziali, prevede al comma 6 il finanziamento della zona franca urbana della città metropolitana di Genova per la quale si autorizza la spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 in ragione del tragico evento occorso;
    esigenze parimenti emergenziali sorgono rispetto alla città di Taranto che, quale «area ad elevato rischio di crisi ambientale», presenta insediamenti industriali di rilevante dimensione che influenzano in modo considerevole i profili socio-economici, ambientali e paesaggistici; l'elevata antropizzazione, inoltre, incide ulteriormente sugli ecosistemi;
    si pone allora la necessità di provvedere al finanziamento anche della zona franca urbana di Taranto. Si tratterebbe di uno strumento utile per la rimozione del degrado delle aree cittadine maggiormente interessate dal disastro ambientale tarantino, per contrastare i fenomeni di esclusione sociale e per riqualificare quartieri urbani caratterizzati da gravi fenomeni di degrado urbano, sociale ed economico;
    è noto che la allora legge finanziaria del 2008 ha esteso a tutto il territorio nazionale l'istituzione delle ZFU, inizialmente limitate alle zone del Mezzogiorno. Parimenti noto è che le delibere CIPE del 2008 e del 2009 includono anche alcune parti della città di Taranto;
    le agevolazioni sono numerose e rilevanti, eppure ci sono state difficoltà attuative e ritardi, che hanno portato solo nel 2013 alla adozione di un decreto ministeriale per stabilirne termini, condizioni, limiti e modalità. Per vero la Puglia ha subito particolari ritardi ed esclusioni, poi sanate;
    emerge dunque la necessità di promuovere un modello di sviluppo rispettoso dell'ambiente e della natura, comprensivo di appositi istituti tributari che intervengano a fronte di emergenze e disastri ambientali, sia in funzione – auspichiamo – preventiva sia anche riparatoria dell'equilibrio turbato;
    il ricorso alla leva fiscale deve esser destinato ad avvantaggiare attività economiche impegnate nel processo di bonifica e soggetti che siano stati danneggiati dall'effetto dell'inquinamento,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di finanziare, compatibilmente con i limiti di finanza pubblica, nonché di estendere all'intero territorio comunale della città di Taranto la cosiddetta zona franca urbana in conformità alle finalità di interesse pubblico previste tese alla rimozione del degrado urbano e al contrasto dei fenomeni di esclusione sociale, destinando le agevolazioni previste in favore di attività economiche impegnate nel processo di bonifica e soggetti che siano stati danneggiati dall'effetto dell'inquinamento.
9/1334-AR/22. (Testo modificato nel corso della seduta)  Vianello.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    a partire dal 2016 le tre Città Metropolitane e i sei Liberi Consorzi della Regione siciliana sono stati tutti coinvolti in una gravissima crisi finanziaria che ha compromesso l'erogazione dei servizi all'utenza e ha messo in discussione la continuità del rapporto di lavoro dei dipendenti;
    la riduzione e/o azzeramento dei trasferimenti statali e il cosiddetto prelievo forzoso operato dallo Stato dal 2012 attraverso il contributo di finanza pubblica ha contribuito a rendere disastrosa la situazione finanziaria delle ex province;
    inoltre, nel quadro della complessiva riforma delle province in itinere, nel cui ambito il versamento delle risorse ad apposito capitolo del bilancio statale è specificamente destinato al finanziamento delle funzioni provinciali non fondamentali ed al passaggio delle relative risorse agli enti subentranti, va data adeguata considerazione al diverso disegno strategico del legislatore regionale siciliano, che, a differenza di quanto previsto a livello nazionale, ove prevale una riallocazione presso altri livelli di governo, tende al mantenimento e addirittura all'implementazione delle funzioni precedentemente assegnate agli enti intermedi;
    a fronte di tale prelievo forzoso, lo Stato, ai sensi del comma 754 della legge 208/2015 ha assegnato un contributo in favore delle ex province e delle città metropolitane delle sole Regioni a statuto ordinario, dell'importo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica;
    non si è però intervenuto a favore degli enti di area vasta delle Regioni a statuto speciale, che rimangono comunque obbligati a fornire il contributo per la finanza pubblica, in virtù dell'intesa stipulata tra Stato e Regione Siciliana il 20 giugno 2016;
    l'articolo 64 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede un contributo a favore delle sole province delle regioni a statuto ordinario pari a 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2023, finalizzato al finanziamento di piani di sicurezza a valenza triennale per la manutenzione di strade e scuole, per cui, ancora una volta, le Regioni a statuto speciale vengono tagliate fuori da un'assegnazione di risorse che diventa quanto mai improcrastinabile in questo momento di enorme difficoltà per le finanze locali;
    l'articolo 63 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede che la ridefinizione dei rapporti tra lo Stato e le Regioni a Statuto speciale entro il 31 marzo 2019 tramite apposito accordo bilaterale;
    nel caso di inadeguati livelli di finanziamento risulta inevitabilmente pregiudicato quel principio di adeguata corrispondenza tra risorse e funzioni (articolo 119, comma 4, della Costituzione) quale naturale declinazione del diritto di eguaglianza sostanziale dei cittadini alla continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale. A questo riguardo, la Corte Costituzionale, nella recente sentenza n. 10/2016, ha chiarito che questo diritto costituisce «un profilo di garanzia fondante nella tavola dei valori costituzionali, che non può essere sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma delle autonomie territoriali»;
    l'articolo 16 comma 1 del decreto-legge n. 50/2017 è stato dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 137/2018, nella parte in cui, modificando l'articolo 1 comma 418-bis della legge n. 190/2014, non prevede la riassegnazione alle regioni e agli enti locali, subentranti nelle diverse regioni nell'esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali, delle risorse acquisite dallo Stato, per effetto dell'articolo 1, commi 418 e 419 della legge 190/2014 e connesse alle stesse funzioni non fondamentali;
    l'articolo 16 comma 4 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede che i comuni non capoluoghi di provincia ricorrano alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici, tuttavia non tenendo nel dovuto conto le diverse realtà e condizioni che sussistono presso le province e città metropolitane in Italia, che allo stato, in alcuni casi, dimostrano di non essere in grado di gestire neppure le proprie gare, a causa di insufficienti capacità di programmazione e progettazione, per cui, laddove in alcune realtà ricorrere alla stazione unica appaltante realizzerebbe sicuramente le finalità di contenimento della spesa pubblica e di efficienza degli appalti, in altre, rischierebbe di creare l'effetto opposto, paralizzando anche l'attività di gara dei comuni non capoluogo di provincia che si vedrebbero obbligati a ricorrere alle stesse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare un tavolo di lavoro permanente tra Ministero dell'Economia e delle Finanze e Regione Siciliana in vista del nuovo accordo Stato-Regione che, partendo da un'analisi della sostenibilità finanziaria degli accordi precedenti in tema di enti di area vasta e considerando il rispetto degli stessi accordi, garantisca soluzioni istituzionali e finanziarie adeguate e condivise e un monitoraggio costante dei rispettivi impegni al fine di garantire l'effettiva funzionalità delle ex province.
9/1334-AR/23Varrica, Ficara, Marzana, Giarrizzo, Lorefice, Martinciglio, Alaimo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    a partire dal 2016 le tre Città Metropolitane e i sei Liberi Consorzi della Regione siciliana sono stati tutti coinvolti in una gravissima crisi finanziaria che ha compromesso l'erogazione dei servizi all'utenza e ha messo in discussione la continuità del rapporto di lavoro dei dipendenti;
    la riduzione e/o azzeramento dei trasferimenti statali e il cosiddetto prelievo forzoso operato dallo Stato dal 2012 attraverso il contributo di finanza pubblica ha contribuito a rendere disastrosa la situazione finanziaria delle ex province;
    inoltre, nel quadro della complessiva riforma delle province in itinere, nel cui ambito il versamento delle risorse ad apposito capitolo del bilancio statale è specificamente destinato al finanziamento delle funzioni provinciali non fondamentali ed al passaggio delle relative risorse agli enti subentranti, va data adeguata considerazione al diverso disegno strategico del legislatore regionale siciliano, che, a differenza di quanto previsto a livello nazionale, ove prevale una riallocazione presso altri livelli di governo, tende al mantenimento e addirittura all'implementazione delle funzioni precedentemente assegnate agli enti intermedi;
    a fronte di tale prelievo forzoso, lo Stato, ai sensi del comma 754 della legge 208/2015 ha assegnato un contributo in favore delle ex province e delle città metropolitane delle sole Regioni a statuto ordinario, dell'importo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica;
    non si è però intervenuto a favore degli enti di area vasta delle Regioni a statuto speciale, che rimangono comunque obbligati a fornire il contributo per la finanza pubblica, in virtù dell'intesa stipulata tra Stato e Regione Siciliana il 20 giugno 2016;
    l'articolo 64 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede un contributo a favore delle sole province delle regioni a statuto ordinario pari a 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2023, finalizzato al finanziamento di piani di sicurezza a valenza triennale per la manutenzione di strade e scuole, per cui, ancora una volta, le Regioni a statuto speciale vengono tagliate fuori da un'assegnazione di risorse che diventa quanto mai improcrastinabile in questo momento di enorme difficoltà per le finanze locali;
    l'articolo 63 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede che la ridefinizione dei rapporti tra lo Stato e le Regioni a Statuto speciale entro il 31 marzo 2019 tramite apposito accordo bilaterale;
    nel caso di inadeguati livelli di finanziamento risulta inevitabilmente pregiudicato quel principio di adeguata corrispondenza tra risorse e funzioni (articolo 119, comma 4, della Costituzione) quale naturale declinazione del diritto di eguaglianza sostanziale dei cittadini alla continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale. A questo riguardo, la Corte Costituzionale, nella recente sentenza n. 10/2016, ha chiarito che questo diritto costituisce «un profilo di garanzia fondante nella tavola dei valori costituzionali, che non può essere sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma delle autonomie territoriali»;
    l'articolo 16 comma 1 del decreto-legge n. 50/2017 è stato dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 137/2018, nella parte in cui, modificando l'articolo 1 comma 418-bis della legge n. 190/2014, non prevede la riassegnazione alle regioni e agli enti locali, subentranti nelle diverse regioni nell'esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali, delle risorse acquisite dallo Stato, per effetto dell'articolo 1, commi 418 e 419 della legge 190/2014 e connesse alle stesse funzioni non fondamentali;
    l'articolo 16 comma 4 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede che i comuni non capoluoghi di provincia ricorrano alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici, tuttavia non tenendo nel dovuto conto le diverse realtà e condizioni che sussistono presso le province e città metropolitane in Italia, che allo stato, in alcuni casi, dimostrano di non essere in grado di gestire neppure le proprie gare, a causa di insufficienti capacità di programmazione e progettazione, per cui, laddove in alcune realtà ricorrere alla stazione unica appaltante realizzerebbe sicuramente le finalità di contenimento della spesa pubblica e di efficienza degli appalti, in altre, rischierebbe di creare l'effetto opposto, paralizzando anche l'attività di gara dei comuni non capoluogo di provincia che si vedrebbero obbligati a ricorrere alle stesse,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di avviare un tavolo di lavoro permanente tra Ministero dell'Economia e delle Finanze e Regione Siciliana in vista del nuovo accordo Stato-Regione che, partendo da un'analisi della sostenibilità finanziaria degli accordi precedenti in tema di enti di area vasta e considerando il rispetto degli stessi accordi, garantisca soluzioni istituzionali e finanziarie adeguate e condivise e un monitoraggio costante dei rispettivi impegni al fine di garantire l'effettiva funzionalità delle ex province.
9/1334-AR/23. (Testo modificato nel corso della seduta)  Varrica, Ficara, Marzana, Giarrizzo, Lorefice, Martinciglio, Alaimo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    a partire dal 2016 le tre Città Metropolitane e i sei Liberi Consorzi della Regione siciliana sono stati tutti coinvolti in una gravissima crisi finanziaria che ha compromesso l'erogazione dei servizi all'utenza e ha messo in discussione la continuità del rapporto di lavoro dei dipendenti;
    la riduzione e/o azzeramento dei trasferimenti statali e il cosiddetto prelievo forzoso operato dallo Stato dal 2012 attraverso il contributo di finanza pubblica ha contribuito a rendere disastrosa la situazione finanziaria delle ex province;
    inoltre, nel quadro della complessiva riforma delle province in itinere, nel cui ambito il versamento delle risorse ad apposito capitolo del bilancio statale è specificamente destinato al finanziamento delle funzioni provinciali non fondamentali ed al passaggio delle relative risorse agli enti subentranti, va data adeguata considerazione al diverso disegno strategico del legislatore regionale siciliano, che, a differenza di quanto previsto a livello nazionale, ove prevale una riallocazione presso altri livelli di governo, tende al mantenimento e addirittura all'implementazione delle funzioni precedentemente assegnate agli enti intermedi;
    a fronte di tale prelievo forzoso, lo Stato, ai sensi del comma 754 della legge 208/2015 ha assegnato un contributo in favore delle ex province e delle città metropolitane delle sole Regioni a statuto ordinario, dell'importo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica;
    non si è però intervenuto a favore degli enti di vasta area delle Regioni a statuto speciale, che rimangono comunque obbligati a fornire il contributo per la finanza pubblica, in virtù dell'intesa stipulata tra Stato e Regione Siciliana il 20 giugno 2016;
    l'articolo 64 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede un contributo a favore delle sole province delle regioni a statuto ordinario pari a 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2023, finalizzato al finanziamento di piani di sicurezza a valenza triennale per la manutenzione di strade e scuole, per cui, ancora una volta, le Regioni a statuto speciale vengono tagliate fuori da un'assegnazione di risorse che diventa quanto mai improcrastinabile in questo momento di enorme difficoltà per le finanze locali;
    nel caso di inadeguati livelli di finanziamento risulta inevitabilmente pregiudicato quel principio di adeguata corrispondenza tra risorse e funzioni (articolo 119, comma 4, della Costituzione) quale naturale declinazione del diritto di eguaglianza sostanziale dei cittadini alla continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale. A questo riguardo, la Corte Costituzionale, nella recente sentenza n. 10/2016, ha chiarito che questo diritto costituisce «un profilo di garanzia fondante nella tavola dei valori costituzionali, che non può essere sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma delle autonomie territoriali»;
    l'articolo 16 comma 1 del decreto-legge n. 50/2017 è stato dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 137/2018, nella parte in cui, modificando l'articolo 1 comma 418-bis della legge n. 190/2014, non prevede la riassegnazione alle regioni e agli enti locali, subentranti nelle diverse regioni nell'esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali, delle risorse acquisite dallo Stato, per effetto dell'articolo 1, commi 418 e 419 della legge 190/2014 e connesse alle stesse funzioni non fondamentali;
    l'articolo 16, comma 4, del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede che i comuni non capoluoghi di provincia ricorrano alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici, tuttavia non tenendo nel dovuto conto le diverse realtà e condizioni che sussistono presso le province e città metropolitane in Italia, che allo stato, in alcuni casi, dimostrano di non essere in grado di gestire neppure le proprie gare, a causa di insufficienti capacità di programmazione e progettazione, per cui, laddove in alcune realtà ricorrere alla stazione unica appaltante realizzerebbe sicuramente le finalità di contenimento della spesa pubblica e di efficienza degli appalti, in altre, rischierebbe di creare l'effetto opposto, paralizzando anche l'attività di gara dei comuni non capoluogo di provincia che si vedrebbero obbligati a ricorrere alle stesse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire che, laddove la stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici non sia in grado di eseguire le procedure di gara in maniera tempestiva ed efficace, nelle more del raggiungimento di standard adeguati, vi sia la possibilità e non l'obbligo per i comuni non capoluogo di provincia di ricorrervi.
9/1334-AR/24Giarrizzo, Ficara, Varrica, Marzana, Lorefice, Martinciglio, Alaimo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    a partire dal 2016 le tre Città Metropolitane e i sei Liberi Consorzi della Regione siciliana sono stati tutti coinvolti in una gravissima crisi finanziaria che ha compromesso l'erogazione dei servizi all'utenza e ha messo in discussione la continuità del rapporto di lavoro dei dipendenti;
    la riduzione e/o azzeramento dei trasferimenti statali e il cosiddetto prelievo forzoso operato dallo Stato dal 2012 attraverso il contributo di finanza pubblica ha contribuito a rendere disastrosa la situazione finanziaria delle ex province;
    inoltre, nel quadro della complessiva riforma delle province in itinere, nel cui ambito il versamento delle risorse ad apposito capitolo del bilancio statale è specificamente destinato al finanziamento delle funzioni provinciali non fondamentali ed al passaggio delle relative risorse agli enti subentranti, va data adeguata considerazione al diverso disegno strategico del legislatore regionale siciliano, che, a differenza di quanto previsto a livello nazionale, ove prevale una riallocazione presso altri livelli di governo, tende al mantenimento e addirittura all'implementazione delle funzioni precedentemente assegnate agli enti intermedi;
    a fronte di tale prelievo forzoso, lo Stato, ai sensi del comma 754 della legge 208/2015, ha assegnato un contributo in favore delle ex province e delle città metropolitane delle sole Regioni a statuto ordinario, dell'importo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica;
    non si è però intervenuto a favore degli enti di area vasta delle Regioni a statuto speciale, che rimangono comunque obbligati a fornire il contributo per la finanza pubblica, in virtù dell'intesa stipulata tra Stato e Regione Siciliana il 20 giugno 2016;
    l'articolo 64 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede un contributo a favore delle sole province delle regioni a statuto ordinario pari a 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2023, finalizzato al finanziamento di piani di sicurezza a valenza triennale per la manutenzione di strade e scuole, per cui, ancora una volta, le Regioni a statuto speciale vengono tagliate fuori da un'assegnazione di risorse che diventa quanto mai improcrastinabile in questo momento di enorme difficoltà per le finanze locali;
    nel caso di inadeguati livelli di finanziamento risulta inevitabilmente pregiudicato quel principio di adeguata corrispondenza tra risorse e funzioni (articolo 119, comma 4, della Costituzione) quale naturale declinazione del diritto di eguaglianza sostanziale dei cittadini alla continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale. A questo riguardo, la Corte Costituzionale, nella recente sentenza n. 10/2016, ha chiarito che questo diritto costituisce «un profilo di garanzia fondante nella tavola dei valori costituzionali, che non può essere sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma delle autonomie territoriali»;
    l'articolo 16 comma 1 del decreto-legge n. 50/2017 è stato dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 137/2018, nella parte in cui, modificando l'articolo 1 comma 418-bis della legge n. 190/2014, non prevede la riassegnazione alle regioni e agli enti locali, subentranti nelle diverse regioni nell'esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali, delle risorse acquisite dallo Stato, per effetto dell'articolo 1, commi 418 e 419 della legge 190/2014 e connesse alle stesse funzioni non fondamentali;
    l'articolo 16 comma 4 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede che i comuni non capoluoghi di provincia ricorrano alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici, tuttavia non tenendo nel dovuto conto le diverse realtà e condizioni che sussistono presso le province e città metropolitane in Italia, che allo stato, in alcuni casi, dimostrano di non essere in grado di gestire neppure le proprie gare, a causa di insufficienti capacità di programmazione e progettazione, per cui, laddove in alcune realtà ricorrere alla stazione unica appaltante realizzerebbe sicuramente le finalità di contenimento della spesa pubblica e di efficienza degli appalti, in altre, rischierebbe di creare l'effetto opposto, paralizzando anche l'attività di gara dei comuni non capoluogo di provincia che si vedrebbero obbligati a ricorrere alle stesse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere interventi al fine di consentire che gli enti di area vasta delle Regioni a statuto speciale siano dotati delle risorse necessarie a garantire l'erogazione degli stipendi al personale dipendente, l'erogazione dei servizi all'utenza, la realizzazione degli investimenti e la continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale.
9/1334-AR/25Ficara, Varrica, Giarrizzo, Marzana, Lorefice, Martinciglio, Alaimo.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    a partire dal 2016 le tre Città Metropolitane e i sei Liberi Consorzi della Regione siciliana sono stati tutti coinvolti in una gravissima crisi finanziaria che ha compromesso l'erogazione dei servizi all'utenza e ha messo in discussione la continuità del rapporto di lavoro dei dipendenti;
    la riduzione e/o azzeramento dei trasferimenti statali e il cosiddetto prelievo forzoso operato dallo Stato dal 2012 attraverso il contributo di finanza pubblica ha contribuito a rendere disastrosa la situazione finanziaria delle ex province;
    inoltre, nel quadro della complessiva riforma delle province in itinere, nel cui ambito il versamento delle risorse ad apposito capitolo del bilancio statale è specificamente destinato al finanziamento delle funzioni provinciali non fondamentali ed al passaggio delle relative risorse agli enti subentranti, va data adeguata considerazione al diverso disegno strategico del legislatore regionale siciliano, che, a differenza di quanto previsto a livello nazionale, ove prevale una riallocazione presso altri livelli di governo, tende al mantenimento e addirittura all'implementazione delle funzioni precedentemente assegnate agli enti intermedi;
    a fronte di tale prelievo forzoso, lo Stato, ai sensi del comma 754 della legge 208/2015, ha assegnato un contributo in favore delle ex province e delle città metropolitane delle sole Regioni a statuto ordinario, dell'importo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica;
    non si è però intervenuto a favore degli enti di area vasta delle Regioni a statuto speciale, che rimangono comunque obbligati a fornire il contributo per la finanza pubblica, in virtù dell'intesa stipulata tra Stato e Regione Siciliana il 20 giugno 2016;
    l'articolo 64 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede un contributo a favore delle sole province delle regioni a statuto ordinario pari a 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2023, finalizzato al finanziamento di piani di sicurezza a valenza triennale per la manutenzione di strade e scuole, per cui, ancora una volta, le Regioni a statuto speciale vengono tagliate fuori da un'assegnazione di risorse che diventa quanto mai improcrastinabile in questo momento di enorme difficoltà per le finanze locali;
    nel caso di inadeguati livelli di finanziamento risulta inevitabilmente pregiudicato quel principio di adeguata corrispondenza tra risorse e funzioni (articolo 119, comma 4, della Costituzione) quale naturale declinazione del diritto di eguaglianza sostanziale dei cittadini alla continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale. A questo riguardo, la Corte Costituzionale, nella recente sentenza n. 10/2016, ha chiarito che questo diritto costituisce «un profilo di garanzia fondante nella tavola dei valori costituzionali, che non può essere sospeso nel corso del lungo periodo di transizione che accompagna la riforma delle autonomie territoriali»;
    l'articolo 16 comma 1 del decreto-legge n. 50/2017 è stato dichiarato illegittimo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 137/2018, nella parte in cui, modificando l'articolo 1 comma 418-bis della legge n. 190/2014, non prevede la riassegnazione alle regioni e agli enti locali, subentranti nelle diverse regioni nell'esercizio delle funzioni provinciali non fondamentali, delle risorse acquisite dallo Stato, per effetto dell'articolo 1, commi 418 e 419 della legge 190/2014 e connesse alle stesse funzioni non fondamentali;
    l'articolo 16 comma 4 del disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 prevede che i comuni non capoluoghi di provincia ricorrano alla stazione unica appaltante costituita presso le province e le città metropolitane per gli appalti di lavori pubblici, tuttavia non tenendo nel dovuto conto le diverse realtà e condizioni che sussistono presso le province e città metropolitane in Italia, che allo stato, in alcuni casi, dimostrano di non essere in grado di gestire neppure le proprie gare, a causa di insufficienti capacità di programmazione e progettazione, per cui, laddove in alcune realtà ricorrere alla stazione unica appaltante realizzerebbe sicuramente le finalità di contenimento della spesa pubblica e di efficienza degli appalti, in altre, rischierebbe di creare l'effetto opposto, paralizzando anche l'attività di gara dei comuni non capoluogo di provincia che si vedrebbero obbligati a ricorrere alle stesse,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere interventi al fine di consentire che gli enti di area vasta delle Regioni a statuto speciale siano dotati delle risorse necessarie a garantire l'erogazione degli stipendi al personale dipendente, l'erogazione dei servizi all'utenza, la realizzazione degli investimenti e la continuità nella fruizione dei diritti di rilevanza sociale.
9/1334-AR/25. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ficara, Varrica, Giarrizzo, Marzana, Lorefice, Martinciglio, Alaimo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 dispone stanziamenti e interventi a sostegno degli investimenti in capitale di rischio, per favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, e per agevolare l'acquisizione di consulenze specialistiche finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Impresa 4.0;
    il 2017 è stato un anno record per il venture capital in Europa, con un aumento del 30 per cento dell'ammontare investito rispetto al 2016, in un panorama che ha visto però investiti in Italia solo 133 milioni di euro (0,004 per cento del PIL), contro i 900 milioni della Spagna (0,02 per cento del PIL), gli 1,2 miliardi della Svezia (0,023 per cento del PIL), i 2,5 miliardi della Francia (0,04 per cento del PIL) e i 7,1 miliardi del Regno unito (0,06 per cento del PIL) e, nonostante la crescita che si sta manifestando in Italia nel 2018, il settore rimane gravemente sottosviluppato al punto da manifestare impatti negativi sulla competitività dell'intero sistema economico e sulla creazione di posti di lavoro qualificati;
    nel nostro paese il finanziamento privato delle imprese innovative, sia nelle forme proprie del venture capital che soprattutto in quelle del seed capital, sconta la forte frammentazione e scarsa propensione al rischio degli investitori istituzionali italiani, che affiancate all'eccessivo livello di regolamentazione determinano una netta chiusura verso i pochi operatori che si avventurino nello sviluppo di questi strumenti;
    se all'incoraggiamento dato da un fattore di traino pubblico si accostassero provvedimenti semplificativi nonché premiali quali un taglio molto significativo sul trattamento fiscale del capital gain, portando a rivolgere nella sperata direzione un investimento anche solo dell'1 per mille delle gestioni e della liquidità, si ricaverebbero benefici enormi, dati gli attuali risicati volumi di investimento italiani;
    ancor maggiore sarebbe l'impatto positivo di un simile beneficio sul risparmio gestito, che attualmente, data l'esiguità di questo mercato nel nostro Paese, esiguità che rappresenta in quanto tale un fattore di imprevedibilità dei ritorni, destina la porzione di portafoglio indirizzata a questo settore di preferenza a fondi, e fondi di fondi, di altri paesi;
    l'economia dell'innovazione italiana risulta caratterizzata da svariati spin-off da ricerca che sopravvivono con fondi pubblici, da poche start-up partecipate da operatori professionali, da alcune PMI e da poche grandi imprese, oltre ad accusare ritardi dovuti ai ripetuti tagli alla ricerca scientifica di base e agli ostacoli di carattere organizzativo e giuridico che frenano il trasferimento tecnologico;
    il recente rapporto Istat sull'innovazione nelle imprese, relativo agli anni 2014- 2016, se mostra rispetto al precedente triennio segni incoraggianti dovuti anche all'effetto di misure «orizzontali» di sostegno pubblico agli investimenti in capitale tangibile e intangibile e in ricerca e sviluppo, evidenzia altresì un calo della propensione innovativa nel settore dei servizi, accompagnato da una diminuzione del già piuttosto limitato numero di accordi di cooperazione per l'innovazione stipulati dalle imprese innovatrici in senso stretto, nonché dei nuovi prodotti da esse proposti sul mercato, soprattutto su quello internazionale;
    oltre a non essere indirizzata all'economia dell'innovazione intesa in senso stretto, la rilevante componente di domanda per investimenti indotta dalle accennate misure di incentivazione «orizzontali» degli ultimi anni, ha coinvolto in misura relativamente scarsa settori quali la logistica ed ha soprattutto determinato un « timing concentrato» di scelte di rinnovo dei macchinari che le imprese avrebbero comunque compiuto, magari diluendole nel tempo, e che la prospettiva del vantaggio offerto ha semplicemente anticipato, in molti casi senza uno specifico disegno strategico di innovazione;
    analizzando congiuntamente la dotazione di capitale e la digitalizzazione, si individuano nel nostro Paese cinque profili di propensione alla trasformazione digitale, che evidenziano una situazione che necessita di un ulteriore stimolo: le «Indifferenti», con bassa digitalizzazione, sono il 63 per cento delle imprese; le «Sensibili vincolate», con media digitalizzazione e basso capitale, il 22 per cento; le «Digitali incompiute», con alta digitalizzazione e basso capitale, sono il 2,3 per cento; le «Sensibili», con media digitalizzazione e medio-alto capitale, sono il 9,7 per cento; infine, le «Digitali compiute», con alta digitalizzazione e alto capitale, rappresentano il 3 per cento;
    nel contesto sopra illustrato si avverte, dunque, la necessità di potenziare il mercato dei capitali di rischio, favorendo gli investimenti in seed e venture capital di strumenti finanziari a sostegno dell'economia reale come PIR ed ELTIF, anche attraverso opportuni piani di incentivazione, al fine di sostenere le imprese innovative nelle fasi di stand-up, start-up e scale-up; appare opportuno semplificare il settore della gestione dei capitali di rischio, esentando le società di investimento a bassa raccolta, quali i fondi Angel o Seed Capital, le syndication di investimento, i fondi sidecar degli acceleratori, anche in presenza di un gestore, dal regime autorizzativo e dalla vigilanza di Banca d'Italia propri degli OICR;
    la riduzione dell'aliquota di tassazione sul capital gain per investimenti in start-up innovative italiane, avrebbe come risultato quello di indurre nuovi operatori di Seed e Venture Capital a stabilire la sede delle proprie operazioni in Italia, con effetti positivi non solo sulla crescita della liquidità nel sistema ma anche sul numero di operatori attratti a competere sul mercato dei capitali di rischio;
    l'introduzione di nuovi incentivi e semplificazioni in favore delle start-up innovative, oltre a potenziare quelli esistenti, legandoli alla raccolta di capitale di rischio, ridurrebbe lo squilibrio competitivo dato dalla semplicità dei sistemi legislativi nazionali confinanti con l'Italia, ed anzi renderebbe il Paese a sua volta un attrattore nei confronti di talenti ed imprenditori stranieri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo, al fine di colmare la grave distanza competitiva tra l'Italia e le omologhe nazioni OCSE nell'industria dell'innovazione, altrimenti detta filiera del venture business, considerando la urgente necessità di introdurre tanto misure di semplificazione quanto incentivi di natura fiscale nelle componenti della filiera quali le start-up innovative, gli investitori in capitale di rischio, gli operatori intermedi tra prime e secondi, nonché di stabilire una adeguata modalità di coordinamento tra le politiche e gli incentivi nazionali e quelle territoriali.
9/1334-AR/26Carabetta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 dispone stanziamenti e interventi a sostegno degli investimenti in capitale di rischio, per favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, e per agevolare l'acquisizione di consulenze specialistiche finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Impresa 4.0;
    il 2017 è stato un anno record per il venture capital in Europa, con un aumento del 30 per cento dell'ammontare investito rispetto al 2016, in un panorama che ha visto però investiti in Italia solo 133 milioni di euro (0,004 per cento del PIL), contro i 900 milioni della Spagna (0,02 per cento del PIL), gli 1,2 miliardi della Svezia (0,023 per cento del PIL), i 2,5 miliardi della Francia (0,04 per cento del PIL) e i 7,1 miliardi del Regno unito (0,06 per cento del PIL) e, nonostante la crescita che si sta manifestando in Italia nel 2018, il settore rimane gravemente sottosviluppato al punto da manifestare impatti negativi sulla competitività dell'intero sistema economico e sulla creazione di posti di lavoro qualificati;
    nel nostro paese il finanziamento privato delle imprese innovative, sia nelle forme proprie del venture capital che soprattutto in quelle del seed capital, sconta la forte frammentazione e scarsa propensione al rischio degli investitori istituzionali italiani, che affiancate all'eccessivo livello di regolamentazione determinano una netta chiusura verso i pochi operatori che si avventurino nello sviluppo di questi strumenti;
    se all'incoraggiamento dato da un fattore di traino pubblico si accostassero provvedimenti semplificativi nonché premiali quali un taglio molto significativo sul trattamento fiscale del capital gain, portando a rivolgere nella sperata direzione un investimento anche solo dell'1 per mille delle gestioni e della liquidità, si ricaverebbero benefici enormi, dati gli attuali risicati volumi di investimento italiani;
    ancor maggiore sarebbe l'impatto positivo di un simile beneficio sul risparmio gestito, che attualmente, data l'esiguità di questo mercato nel nostro Paese, esiguità che rappresenta in quanto tale un fattore di imprevedibilità dei ritorni, destina la porzione di portafoglio indirizzata a questo settore di preferenza a fondi, e fondi di fondi, di altri paesi;
    l'economia dell'innovazione italiana risulta caratterizzata da svariati spin-off da ricerca che sopravvivono con fondi pubblici, da poche start-up partecipate da operatori professionali, da alcune PMI e da poche grandi imprese, oltre ad accusare ritardi dovuti ai ripetuti tagli alla ricerca scientifica di base e agli ostacoli di carattere organizzativo e giuridico che frenano il trasferimento tecnologico;
    il recente rapporto Istat sull'innovazione nelle imprese, relativo agli anni 2014- 2016, se mostra rispetto al precedente triennio segni incoraggianti dovuti anche all'effetto di misure «orizzontali» di sostegno pubblico agli investimenti in capitale tangibile e intangibile e in ricerca e sviluppo, evidenzia altresì un calo della propensione innovativa nel settore dei servizi, accompagnato da una diminuzione del già piuttosto limitato numero di accordi di cooperazione per l'innovazione stipulati dalle imprese innovatrici in senso stretto, nonché dei nuovi prodotti da esse proposti sul mercato, soprattutto su quello internazionale;
    oltre a non essere indirizzata all'economia dell'innovazione intesa in senso stretto, la rilevante componente di domanda per investimenti indotta dalle accennate misure di incentivazione «orizzontali» degli ultimi anni, ha coinvolto in misura relativamente scarsa settori quali la logistica ed ha soprattutto determinato un « timing concentrato» di scelte di rinnovo dei macchinari che le imprese avrebbero comunque compiuto, magari diluendole nel tempo, e che la prospettiva del vantaggio offerto ha semplicemente anticipato, in molti casi senza uno specifico disegno strategico di innovazione;
    analizzando congiuntamente la dotazione di capitale e la digitalizzazione, si individuano nel nostro Paese cinque profili di propensione alla trasformazione digitale, che evidenziano una situazione che necessita di un ulteriore stimolo: le «Indifferenti», con bassa digitalizzazione, sono il 63 per cento delle imprese; le «Sensibili vincolate», con media digitalizzazione e basso capitale, il 22 per cento; le «Digitali incompiute», con alta digitalizzazione e basso capitale, sono il 2,3 per cento; le «Sensibili», con media digitalizzazione e medio-alto capitale, sono il 9,7 per cento; infine, le «Digitali compiute», con alta digitalizzazione e alto capitale, rappresentano il 3 per cento;
    nel contesto sopra illustrato si avverte, dunque, la necessità di potenziare il mercato dei capitali di rischio, favorendo gli investimenti in seed e venture capital di strumenti finanziari a sostegno dell'economia reale come PIR ed ELTIF, anche attraverso opportuni piani di incentivazione, al fine di sostenere le imprese innovative nelle fasi di stand-up, start-up e scale-up; appare opportuno semplificare il settore della gestione dei capitali di rischio, esentando le società di investimento a bassa raccolta, quali i fondi Angel o Seed Capital, le syndication di investimento, i fondi sidecar degli acceleratori, anche in presenza di un gestore, dal regime autorizzativo e dalla vigilanza di Banca d'Italia propri degli OICR;
    la riduzione dell'aliquota di tassazione sul capital gain per investimenti in start-up innovative italiane, avrebbe come risultato quello di indurre nuovi operatori di Seed e Venture Capital a stabilire la sede delle proprie operazioni in Italia, con effetti positivi non solo sulla crescita della liquidità nel sistema ma anche sul numero di operatori attratti a competere sul mercato dei capitali di rischio;
    l'introduzione di nuovi incentivi e semplificazioni in favore delle start-up innovative, oltre a potenziare quelli esistenti, legandoli alla raccolta di capitale di rischio, ridurrebbe lo squilibrio competitivo dato dalla semplicità dei sistemi legislativi nazionali confinanti con l'Italia, ed anzi renderebbe il Paese a sua volta un attrattore nei confronti di talenti ed imprenditori stranieri,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo, al fine di colmare la grave distanza competitiva tra l'Italia e le omologhe nazioni OCSE nell'industria dell'innovazione, altrimenti detta filiera del venture business, considerando la urgente necessità di introdurre tanto misure di semplificazione quanto incentivi di natura fiscale nelle componenti della filiera quali le start-up innovative, gli investitori in capitale di rischio, gli operatori intermedi tra prime e secondi, nonché di stabilire una adeguata modalità di coordinamento tra le politiche e gli incentivi nazionali e quelle territoriali.
9/1334-AR/26. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carabetta.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il turismo è un settore economico primario che contribuisce per il 10,4 per cento al PIL mondiale e sostiene 313 milioni di posti di lavoro (occupazione diretta e indiretta) con previsioni di crescita globale attorno al 3,4 per cento per anno in media;
    questi dati sono perfettamente in linea con la situazione del turismo nel nostro Paese, dove nell'ultimo anno – per cause complessive ma anche specifiche del settore il contributo totale del settore all'economia è stato pari al 13 per cento del PIL, con prospettive di crescita sempre più solide e impatti occupazionali che raggiungono il 14 per cento;
    nel 2017 gli arrivi internazionali, attestatisi intorno agli 1,32 miliardi di turisti, sono cresciuti del 6,8 per cento rispetto all'anno precedente. In Italia sono stati 58,7 milioni i viaggiatori stranieri, in aumento dell'11,8 per cento rispetto al 2016. Si tratta del più alto tasso di incremento fra i Paesi top five. La bilancia turistica dei pagamenti di Banca d'Italia ha riportato un saldo netto positivo di 14.598 milioni di euro nel 2017 (+5,7 per cento sul 2016). I viaggiatori stranieri in Italia hanno speso 39.155 milioni di euro (+7,7 per cento rispetto al 2016) mentre la spesa turistica degli italiani all'estero è stata di 24.557 milioni di euro (+8,9 per cento sul 2016); cresce dunque la voglia di visitare l'Italia e di godere delle sue bellezze e non solo artistiche: quello che attrae il turista nel nostro Paese, infatti, è ciò che comunemente chiamiamo Made in Italy;
    il rapporto Tourism for development dell'UNWTO sottolinea come il turismo può funzionare da volano per lo sviluppo sostenibile, la crescita economica, la cura dell'ambiente e la cura del patrimonio culturale;
    si delinea dunque un'idea di turismo legato ad un concetto più ampio e approfondito di Made in Italy, con particolare attenzione alle specificità del Sud Italia – e segnatamente delle sue aree interne – il cui potenziale di attrattività risulta ancora per la gran parte inespresso;
    tra le direttrici lungo le quali si muove l'azione del Governo nel settore del turismo ci sono, tra le altre, quelle relative allo sviluppo del settore nelle zone del Sud Italia mediante iniziative coordinate, di ampio respiro, imperniate sulla valorizzazione delle specificità territoriali, fondate sul binomio enogastronomia e turismo e promuovere le specificità territoriali anche delle aree interne, in ottica di costruzione di un'offerta realmente efficace, oltre che economicamente efficiente;
    anche a tale scopo sono dedicate le risorse di cui al programma 3.1 «Sviluppo e competitività del turismo» contenuto nella Tabella 12 relativa allo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, allegata al provvedimento in esame;
    per il Sud Italia lo sviluppo del turismo è, altresì, strettamente connesso alla cura del territorio e allo sviluppo delle sue infrastrutture: a questo proposito si pensi a quale sforzo si sta compiendo per rendere adeguatamente fruibile l'intero territorio compreso tra la Basilicata e Puglia che nel 2019 sarà attraversato da ingenti flussi turistici in concomitanza con l'inaugurazione dell'anno che vede Matera capitale europea della cultura;
    il 2019 sarà, altresì, in Italia l'anno del turismo lento, una delle forme meno invasive di turismo che mira a promuovere la qualità e l'esperienza contrapponendosi al turismo di massa, veloce e di consumo che poco valorizza le tipicità di un luogo, la conoscenza e la scoperta di cibi biologici e a chilometri zero, la propensione a destinazioni attente dal risparmio energetico e alla raccolta differenziata per perseguire valori sostenibili verso un turismo più sano e reale. Chi viaggia in chiave slow è determinato ad andar oltre la brochure e desidera conoscere l'impatto ambientale di una struttura turistica e la sensibilità ecologica dei gestori o la provenienza e del cibo prima di acquistare un determinato servizio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere, anche mediante l'utilizzo delle risorse di cui al citato programma 3.1 «Sviluppo e competitività del turismo» idonee iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate al sostegno di proposte imprenditoriali per lo sviluppo del turismo responsabile e sostenibile nelle aree interne del Sud Italia e a favorire nuovi progetti imprenditoriali di aziende con sede nel sud Italia che indirizzino la loro azione, in particolare, alla valorizzazione e promozione dei territori in chiave sostenibile.
9/1334-AR/27Masi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il turismo è un settore economico primario che contribuisce per il 10,4 per cento al PIL mondiale e sostiene 313 milioni di posti di lavoro (occupazione diretta e indiretta) con previsioni di crescita globale attorno al 3,4 per cento per anno in media;
    questi dati sono perfettamente in linea con la situazione del turismo nel nostro Paese, dove nell'ultimo anno – per cause complessive ma anche specifiche del settore il contributo totale del settore all'economia è stato pari al 13 per cento del PIL, con prospettive di crescita sempre più solide e impatti occupazionali che raggiungono il 14 per cento;
    nel 2017 gli arrivi internazionali, attestatisi intorno agli 1,32 miliardi di turisti, sono cresciuti del 6,8 per cento rispetto all'anno precedente. In Italia sono stati 58,7 milioni i viaggiatori stranieri, in aumento dell'11,8 per cento rispetto al 2016. Si tratta del più alto tasso di incremento fra i Paesi top five. La bilancia turistica dei pagamenti di Banca d'Italia ha riportato un saldo netto positivo di 14.598 milioni di euro nel 2017 (+5,7 per cento sul 2016). I viaggiatori stranieri in Italia hanno speso 39.155 milioni di euro (+7,7 per cento rispetto al 2016) mentre la spesa turistica degli italiani all'estero è stata di 24.557 milioni di euro (+8,9 per cento sul 2016); cresce dunque la voglia di visitare l'Italia e di godere delle sue bellezze e non solo artistiche: quello che attrae il turista nel nostro Paese, infatti, è ciò che comunemente chiamiamo Made in Italy;
    il rapporto Tourism for development dell'UNWTO sottolinea come il turismo può funzionare da volano per lo sviluppo sostenibile, la crescita economica, la cura dell'ambiente e la cura del patrimonio culturale;
    si delinea dunque un'idea di turismo legato ad un concetto più ampio e approfondito di Made in Italy, con particolare attenzione alle specificità del Sud Italia – e segnatamente delle sue aree interne – il cui potenziale di attrattività risulta ancora per la gran parte inespresso;
    tra le direttrici lungo le quali si muove l'azione del Governo nel settore del turismo ci sono, tra le altre, quelle relative allo sviluppo del settore nelle zone del Sud Italia mediante iniziative coordinate, di ampio respiro, imperniate sulla valorizzazione delle specificità territoriali, fondate sul binomio enogastronomia e turismo e promuovere le specificità territoriali anche delle aree interne, in ottica di costruzione di un'offerta realmente efficace, oltre che economicamente efficiente;
    anche a tale scopo sono dedicate le risorse di cui al programma 3.1 «Sviluppo e competitività del turismo» contenuto nella Tabella 12 relativa allo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, allegata al provvedimento in esame;
    per il Sud Italia lo sviluppo del turismo è, altresì, strettamente connesso alla cura del territorio e allo sviluppo delle sue infrastrutture: a questo proposito si pensi a quale sforzo si sta compiendo per rendere adeguatamente fruibile l'intero territorio compreso tra la Basilicata e Puglia che nel 2019 sarà attraversato da ingenti flussi turistici in concomitanza con l'inaugurazione dell'anno che vede Matera capitale europea della cultura;
    il 2019 sarà, altresì, in Italia l'anno del turismo lento, una delle forme meno invasive di turismo che mira a promuovere la qualità e l'esperienza contrapponendosi al turismo di massa, veloce e di consumo che poco valorizza le tipicità di un luogo, la conoscenza e la scoperta di cibi biologici e a chilometri zero, la propensione a destinazioni attente dal risparmio energetico e alla raccolta differenziata per perseguire valori sostenibili verso un turismo più sano e reale. Chi viaggia in chiave slow è determinato ad andar oltre la brochure e desidera conoscere l'impatto ambientale di una struttura turistica e la sensibilità ecologica dei gestori o la provenienza e del cibo prima di acquistare un determinato servizio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere, anche mediante l'utilizzo delle risorse di cui al citato programma 3.1 «Sviluppo e competitività del turismo» idonee iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate al sostegno di proposte imprenditoriali per lo sviluppo del turismo responsabile e sostenibile nelle aree interne del Sud Italia e a favorire nuovi progetti imprenditoriali di aziende con sede nel sud Italia che indirizzino la loro azione, in particolare, alla valorizzazione e promozione dei territori in chiave sostenibile.
9/1334-AR/27. (Testo modificato nel corso della seduta)  Masi.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    la legge di bilancio è il provvedimento più qualificante nella vita di un Governo e non solo da un punto di vista economico: esso, infatti, reca nelle misure contenute un'idea del Paese nell'oggi ma soprattutto di quello che si vuole esso diventi;
    la politica di bilancio evidenziata nel provvedimento in esame ha l'obiettivo di promuovere la ripresa dell'economia nazionale, puntando sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita: in questo contesto è stata adottata una politica espansiva che punti sul rilancio degli investimenti pubblici, sulla modernizzazione delle infrastrutture, sul sostegno alle fasce più deboli della popolazione e sul rilancio e l'irrobustimento del nostro tessuto imprenditoriale, in particolare di quello che poggia sull'attività delle micro, piccole e medie imprese;
    numerose nella manovra per il 2019 le misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle attività economiche e produttive dove la necessaria intraprendenza imprenditoriale trova il necessario supporto nell'azione pubblica;
    misure strettamente connesse con quelle relative al rilancio degli investimenti degli enti territoriali per lo sviluppo infrastrutturale del Paese;
    sono le Pmi quelle che più hanno sofferto della crisi economico-finanziaria e che dimostrano maggiori criticità nell'affrontare le sfide della globalizzazione; in questo quadro necessitano un'attenzione maggiore le attività del commercio, quelle dei negozi di vicinato, in particolare, che in seguito alla crisi, nell'impossibilità di continuare a sostenere i costi di gestione elevati e affitti troppo alti sono stati costretti a licenziare i propri dipendenti e a chiudere. Un danno non solo sotto il profilo economico ma anche sociale; sulla base di un'indagine di Confcommercio del 2017 sono le imprese del commercio al dettaglio con sede fissa nei centri storici a soffrire di più, con un tasso di mortalità di impresa più alto rispetto alle imprese fuori dal centro storico;
    la sopravvivenza del negozio dipende anche dal livello dei canoni di affitto e in particolare, dal rapporto dei canoni del centro e della periferia: ogni 10 per cento di incremento di questo rapporto comporta, a parità di altre condizioni, una riduzione dell'8 per cento del negozio del centro; 630 chiusure su 3.470 nel periodo 2008-2016 (oltre al 18 per cento);
    questo fenomeno riduce la qualità della vita dei residenti del centro storico dei Comuni italiani, e l’appeal turistico delle nostre città. Senza i negozi, nelle città c’è meno luce, meno bellezza, meno socialità e soprattutto meno sicurezza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere iniziative tempestive per riqualificare e valorizzare le aree urbane, con particolare riguardo al recupero dei centri storici, a partire dal sostegno alle attività commerciali anche attraverso un'efficace politica di agevolazioni fiscali e di erogazione di contributi per il pagamento dei canoni, delle spese sostenute per l'apertura, la ristrutturazione del locale, l'ampliamento dell'attività, per la dotazione di strumentazioni nuove, comprese quelle necessarie per i pagamenti tramite moneta elettronica, e di sistemi di sicurezza innovativi, nonché per l'accrescimento dell'efficienza energetica.
9/1334-AR/28De Toma, Rachele Silvestri, Alemanno.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    la legge di bilancio è il provvedimento più qualificante nella vita di un Governo e non solo da un punto di vista economico: esso, infatti, reca nelle misure contenute un'idea del Paese nell'oggi ma soprattutto di quello che si vuole esso diventi;
    la politica di bilancio evidenziata nel provvedimento in esame ha l'obiettivo di promuovere la ripresa dell'economia nazionale, puntando sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita: in questo contesto è stata adottata una politica espansiva che punti sul rilancio degli investimenti pubblici, sulla modernizzazione delle infrastrutture, sul sostegno alle fasce più deboli della popolazione e sul rilancio e l'irrobustimento del nostro tessuto imprenditoriale, in particolare di quello che poggia sull'attività delle micro, piccole e medie imprese;
    numerose nella manovra per il 2019 le misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle attività economiche e produttive dove la necessaria intraprendenza imprenditoriale trova il necessario supporto nell'azione pubblica;
    misure strettamente connesse con quelle relative al rilancio degli investimenti degli enti territoriali per lo sviluppo infrastrutturale del Paese;
    sono le Pmi quelle che più hanno sofferto della crisi economico-finanziaria e che dimostrano maggiori criticità nell'affrontare le sfide della globalizzazione; in questo quadro necessitano un'attenzione maggiore le attività del commercio, quelle dei negozi di vicinato, in particolare, che in seguito alla crisi, nell'impossibilità di continuare a sostenere i costi di gestione elevati e affitti troppo alti sono stati costretti a licenziare i propri dipendenti e a chiudere. Un danno non solo sotto il profilo economico ma anche sociale; sulla base di un'indagine di Confcommercio del 2017 sono le imprese del commercio al dettaglio con sede fissa nei centri storici a soffrire di più, con un tasso di mortalità di impresa più alto rispetto alle imprese fuori dal centro storico;
    la sopravvivenza del negozio dipende anche dal livello dei canoni di affitto e in particolare, dal rapporto dei canoni del centro e della periferia: ogni 10 per cento di incremento di questo rapporto comporta, a parità di altre condizioni, una riduzione dell'8 per cento del negozio del centro; 630 chiusure su 3.470 nel periodo 2008-2016 (oltre al 18 per cento);
    questo fenomeno riduce la qualità della vita dei residenti del centro storico dei Comuni italiani, e l’appeal turistico delle nostre città. Senza i negozi, nelle città c’è meno luce, meno bellezza, meno socialità e soprattutto meno sicurezza,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere iniziative tempestive per riqualificare e valorizzare le aree urbane, con particolare riguardo al recupero dei centri storici, a partire dal sostegno alle attività commerciali anche attraverso un'efficace politica di agevolazioni fiscali e di erogazione di contributi per il pagamento dei canoni, delle spese sostenute per l'apertura, la ristrutturazione del locale, l'ampliamento dell'attività, per la dotazione di strumentazioni nuove, comprese quelle necessarie per i pagamenti tramite moneta elettronica, e di sistemi di sicurezza innovativi, nonché per l'accrescimento dell'efficienza energetica.
9/1334-AR/28. (Testo modificato nel corso della seduta)  De Toma, Rachele Silvestri, Alemanno.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    l'evasione e l'elusione fiscale, fenomeni fortemente destabilizzanti per l'economia e per la giustizia sociale del Paese, costringono, sempre più, le istituzioni preposte a recuperare le mancate entrate nelle casse dello Stato, aumentando la pressione fiscale, con una ricaduta paradossalmente punitiva sui cittadini e i professionisti onesti, che pagano regolarmente le tasse;
    i dati OCSE e ISTAT sono chiari: la pressione fiscale in Italia ha raggiunto percentuali superiori al 40 per cento, a partire dal 2010, collocando il Paese al sesto posto tra quelli aderenti all'OCSE (dati aggiornati al 2016);
    l'evasione fiscale caratterizza percentualmente anche i settori della libera professione, generando fenomeni di concorrenza sleale particolarmente gravi in un periodo così complesso del mercato della professione, soprattutto nell'ambito dell'edilizia;
    un primo ma significativo risultato nel contrasto dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale era stato già raggiunto con l'introduzione degli sgravi fiscali IRPEF per le ristrutturazioni, che riguardano anche i compensi dei professionisti. Queste misure oltre a rilanciare il mercato delle ristrutturazioni, hanno ridotto l'evasione fiscale limitatamente all'ambito degli interventi sulle costruzioni esistenti;
    nell'ottica di allargare la portata della norma si rende necessario, dunque, stabilire regole chiare e trasparenti per le prestazioni professionali da rendere alla committenza privata per tutti gli interventi regolamentati dal testo unico sull'edilizia, comprese le nuove costruzioni, quale strumento per contrastare l'evasione fiscale e per salvaguardare contestualmente il lavoro dei professionisti onesti, in regola con il fisco,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a prevedere lo stop del procedimento amministrativo autorizzativo qualora la richiesta dei titoli edilizi ed urbanistici abilitativi all'Ente o l'Ufficio preposto non sia corredata dalla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà del professionista o dei professionisti sottoscrittori degli elaborati progettuali attestante il pagamento dei compensi relativi alla prestazione resa in cui sono riportati gli estremi del bonifico bancario, eseguito nel rispetto delle norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari, con la quale si attesta l'avvenuto pagamento delle spettanze.
9/1334-AR/29Alemanno.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    l'evasione e l'elusione fiscale, fenomeni fortemente destabilizzanti per l'economia e per la giustizia sociale del Paese, costringono, sempre più, le istituzioni preposte a recuperare le mancate entrate nelle casse dello Stato, aumentando la pressione fiscale, con una ricaduta paradossalmente punitiva sui cittadini e i professionisti onesti, che pagano regolarmente le tasse;
    i dati OCSE e ISTAT sono chiari: la pressione fiscale in Italia ha raggiunto percentuali superiori al 40 per cento, a partire dal 2010, collocando il Paese al sesto posto tra quelli aderenti all'OCSE (dati aggiornati al 2016);
    l'evasione fiscale caratterizza percentualmente anche i settori della libera professione, generando fenomeni di concorrenza sleale particolarmente gravi in un periodo così complesso del mercato della professione, soprattutto nell'ambito dell'edilizia;
    un primo ma significativo risultato nel contrasto dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale era stato già raggiunto con l'introduzione degli sgravi fiscali IRPEF per le ristrutturazioni, che riguardano anche i compensi dei professionisti. Queste misure oltre a rilanciare il mercato delle ristrutturazioni, hanno ridotto l'evasione fiscale limitatamente all'ambito degli interventi sulle costruzioni esistenti;
    nell'ottica di allargare la portata della norma si rende necessario, dunque, stabilire regole chiare e trasparenti per le prestazioni professionali da rendere alla committenza privata per tutti gli interventi regolamentati dal testo unico sull'edilizia, comprese le nuove costruzioni, quale strumento per contrastare l'evasione fiscale e per salvaguardare contestualmente il lavoro dei professionisti onesti, in regola con il fisco,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a prevedere lo stop del procedimento amministrativo autorizzativo qualora la richiesta dei titoli edilizi ed urbanistici abilitativi all'Ente o l'Ufficio preposto non sia corredata dalla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà del professionista o dei professionisti sottoscrittori degli elaborati progettuali attestante il pagamento dei compensi relativi alla prestazione resa in cui sono riportati gli estremi del bonifico bancario, eseguito nel rispetto delle norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari, con la quale si attesta l'avvenuto pagamento delle spettanze.
9/1334-AR/29. (Testo modificato nel corso della seduta)  Alemanno.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    nel quadro delle misure finalizzate alla riduzione della pressione fiscale il provvedimento in esame prevede l'estensione dell'imposta sostitutiva unica con aliquota del 15 per cento ai contribuenti che hanno conseguito ricavi, ovvero percepito compensi, nell'anno precedente fino a 65 mila euro;
    la disposizione citata prevede che non possano avvalersi del nuovo regime forfettario gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a imprese familiari, soggetti che vanno ad aggiungersi a quelli già esclusi dal regime forfettario sulla base della normativa vigente, che partecipano a società di persone, ad associazioni ovvero a società a responsabilità limitata o ad associazioni in partecipazione;
    il mondo delle piccole e micro imprese, così come quello delle startup si alimenta di sistemi come il work for equity e l’equity crowdfunding che consentono a tanti professionisti di investire in società di capitali o di associarsi per avviare una attività di impresa;
    ci sono molti liberi professionisti che decidono di investire quote in società di capitali attraverso il work for equity e l’equity crowdfunding o di avviare una attività di impresa con altri professionisti;
    in Italia fare impresa presenta una serie di barriere all'ingresso dovute alla burocrazia e alla difficoltà di reperire capitali di investimento, gap colmato spesso con l'intervento in fase seed di liberi professionisti che mettono a disposizione i loro risparmi;
    è da rilevare, altresì, che qualora un proprietario di quote volesse alienarle, oltre alla difficoltà a reperire soggetti acquirenti a causa della rigidità del mercato, si troverebbe anche a dover sostenere ingenti spese notarili e tasse; il libero professionista titolare di quote di impresa non è necessariamente un imprenditore e, quindi, verrebbe discriminato senza motivo fondato;
    in questo quadro la suddetta previsione di esclusione, secondo i sottoscrittori del presente atto, reca inevitabili effetti negativi: iscrive una seria ipoteca sulla sopravvivenza delle imprese di cui i professionisti sono detentori di quote, disincentiva l'utilizzo di strumenti partecipativi al capitale delle imprese come il work for equity e l’equity crowfounding per il finanziamento delle startup e delle piccole imprese, scoraggia l'investimento in startup italiane da parte dei liberi professionisti che magari dirotteranno i loro capitali su investimenti in società di Paesi con un regime fiscale più favorevole; disincentiva, infine, la nascita di nuove imprese frutto dell'aggregazione di liberi professionisti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di escludere o apportare eventuali variazioni del regime forfetario di tutti i liberi professionisti che hanno quote in società, associazioni, imprese familiari.
9/1334-AR/30Orrico, Rizzone.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    nel quadro delle misure finalizzate alla riduzione della pressione fiscale il provvedimento in esame prevede l'estensione dell'imposta sostitutiva unica con aliquota del 15 per cento ai contribuenti che hanno conseguito ricavi, ovvero percepito compensi, nell'anno precedente fino a 65 mila euro;
    la disposizione citata prevede che non possano avvalersi del nuovo regime forfettario gli esercenti attività d'impresa, arti o professioni che partecipano contemporaneamente a imprese familiari, soggetti che vanno ad aggiungersi a quelli già esclusi dal regime forfettario sulla base della normativa vigente, che partecipano a società di persone, ad associazioni ovvero a società a responsabilità limitata o ad associazioni in partecipazione;
    il mondo delle piccole e micro imprese, così come quello delle startup si alimenta di sistemi come il work for equity e l’equity crowdfunding che consentono a tanti professionisti di investire in società di capitali o di associarsi per avviare una attività di impresa;
    ci sono molti liberi professionisti che decidono di investire quote in società di capitali attraverso il work for equity e l’equity crowdfunding o di avviare una attività di impresa con altri professionisti;
    in Italia fare impresa presenta una serie di barriere all'ingresso dovute alla burocrazia e alla difficoltà di reperire capitali di investimento, gap colmato spesso con l'intervento in fase seed di liberi professionisti che mettono a disposizione i loro risparmi;
    è da rilevare, altresì, che qualora un proprietario di quote volesse alienarle, oltre alla difficoltà a reperire soggetti acquirenti a causa della rigidità del mercato, si troverebbe anche a dover sostenere ingenti spese notarili e tasse; il libero professionista titolare di quote di impresa non è necessariamente un imprenditore e, quindi, verrebbe discriminato senza motivo fondato;
    in questo quadro la suddetta previsione di esclusione, secondo i sottoscrittori del presente atto, reca inevitabili effetti negativi: iscrive una seria ipoteca sulla sopravvivenza delle imprese di cui i professionisti sono detentori di quote, disincentiva l'utilizzo di strumenti partecipativi al capitale delle imprese come il work for equity e l’equity crowfounding per il finanziamento delle startup e delle piccole imprese, scoraggia l'investimento in startup italiane da parte dei liberi professionisti che magari dirotteranno i loro capitali su investimenti in società di Paesi con un regime fiscale più favorevole; disincentiva, infine, la nascita di nuove imprese frutto dell'aggregazione di liberi professionisti,

impegna il Governo:

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di non escludere o apportare eventuali variazioni del regime forfetario di tutti i liberi professionisti che hanno quote in società, associazioni, imprese familiari.
9/1334-AR/30. (Testo modificato nel corso della seduta)  Orrico, Rizzone.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il settore alimentare è tornato ai livelli di produzione del 2007 ed è fra quelli che stanno trainando la ripresa italiana: nei primi due mesi del 2018 l'industria alimentare italiana è cresciuta del 4,9 per cento, contro un aumento della produzione totale nazionale del 3,4 per cento;
    non cresce solo la produzione ma cresce anche l’export, vero motore dello sviluppo del settore, il quale dopo aver registrato un aumento del 6,3 per cento nel 2017, nei primi sette mesi del 2018 ha visto crescere del 3,3 per cento (oltre 20 miliardi di euro) la vendita di prodotti Made in Italy rispetto allo stesso periodo dello scorso anno;
    principali mercati di sbocco dei prodotti agroalimentari italiani sono quelli dell'Unione Europea mentre per quanto riguarda i principali comparti produttivi i risultati migliori sono stati riportati dalle vendite all'estero dei settori «vino e mosti» e «latte e derivati»;
    l'Italia è il secondo produttore al mondo di uva da tavola dopo la Cina;
    la produzione di uva da tavola nel nostro Paese si è assestata, al netto di un lento trend decrescente, su circa un milione di tonnellate provenienti da Puglia e Sicilia;
    si assiste ad una ripresa delle esportazioni, che nell'ultimo anno hanno superato le 480 mila tonnellate (dati Eurostat), mentre i primi tre mercati di destinazione sono Germania, Francia e Polonia;
    nella legislazione cinese in materia di importazione, in particolare nel settore ortofrutticolo, permangono molteplici divieti e limitazioni;
    nel quadro di una progressiva apertura del gigante asiatico agli stili di vita occidentali il Governo ha in più occasioni operato ai fini del superamento delle barriere non tariffarie per l’export;
    un ostacolo che occorre superare per proseguire nel percorso di riequilibrio dei rapporti commerciali nell'agroalimentare dove le importazioni dalla Cina hanno superato del 29 per cento il valore delle esportazioni che nel 2017 erano state pari a 448 milioni di euro, anche per effetto delle barriere commerciali;
    anche alla luce dell'aumento degli scambi commerciali tra Cina e paesi UE nel settore agroalimentare negli ultimi anni ed alla firma di numerosi protocolli tra lo Stato asiatico ed i paesi dell'UE, sarebbe auspicabile un accordo tra Italia e Cina per l'esportazione di uva da tavola,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere ogni utile iniziativa per favorire accordi negoziali con la Cina finalizzati alla esportazione dell'uva da tavola italiana al fine di ampliare i mercati di riferimento nel settore agroalimentare.
9/1334-AR/31Cassese.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il settore alimentare è tornato ai livelli di produzione del 2007 ed è fra quelli che stanno trainando la ripresa italiana: nei primi due mesi del 2018 l'industria alimentare italiana è cresciuta del 4,9 per cento, contro un aumento della produzione totale nazionale del 3,4 per cento;
    non cresce solo la produzione ma cresce anche l’export, vero motore dello sviluppo del settore, il quale dopo aver registrato un aumento del 6,3 per cento nel 2017, nei primi sette mesi del 2018 ha visto crescere del 3,3 per cento (oltre 20 miliardi di euro) la vendita di prodotti Made in Italy rispetto allo stesso periodo dello scorso anno;
    principali mercati di sbocco dei prodotti agroalimentari italiani sono quelli dell'Unione Europea mentre per quanto riguarda i principali comparti produttivi i risultati migliori sono stati riportati dalle vendite all'estero dei settori «vino e mosti» e «latte e derivati»;
    l'Italia è il secondo produttore al mondo di uva da tavola dopo la Cina;
    la produzione di uva da tavola nel nostro Paese si è assestata, al netto di un lento trend decrescente, su circa un milione di tonnellate provenienti da Puglia e Sicilia;
    si assiste ad una ripresa delle esportazioni, che nell'ultimo anno hanno superato le 480 mila tonnellate (dati Eurostat), mentre i primi tre mercati di destinazione sono Germania, Francia e Polonia;
    nella legislazione cinese in materia di importazione, in particolare nel settore ortofrutticolo, permangono molteplici divieti e limitazioni;
    nel quadro di una progressiva apertura del gigante asiatico agli stili di vita occidentali il Governo ha in più occasioni operato ai fini del superamento delle barriere non tariffarie per l’export;
    un ostacolo che occorre superare per proseguire nel percorso di riequilibrio dei rapporti commerciali nell'agroalimentare dove le importazioni dalla Cina hanno superato del 29 per cento il valore delle esportazioni che nel 2017 erano state pari a 448 milioni di euro, anche per effetto delle barriere commerciali;
    anche alla luce dell'aumento degli scambi commerciali tra Cina e paesi UE nel settore agroalimentare negli ultimi anni ed alla firma di numerosi protocolli tra lo Stato asiatico ed i paesi dell'UE, sarebbe auspicabile un accordo tra Italia e Cina per l'esportazione di uva da tavola,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere ogni utile iniziativa per favorire accordi negoziali con la Cina finalizzati alla esportazione dell'uva da tavola italiana al fine di ampliare i mercati di riferimento nel settore agroalimentare.
9/1334-AR/31. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cassese.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    in ordine agli investimenti in infrastrutture destinati allo sviluppo con ricadute per l'intero Paese, i sistemi portuali integrati e concorrenziali costituiscono una grande occasione, con riferimento all'efficienza, all'adeguamento delle infrastrutture di collegamento ed alla promozione di interventi di miglioramento del sistema logistico e rappresentano una sfida da cogliere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incentivare, nell'ambito del trasporto, l'utilizzo del porto di Brindisi come punto di snodo, anche attraverso sgravi e snellimento e delle procedure a fronte della sua posizione e delle potenzialità di sviluppo.
9/1334-AR/32Macina.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    in ordine agli investimenti in infrastrutture destinati allo sviluppo con ricadute per l'intero Paese, i sistemi portuali integrati e concorrenziali costituiscono una grande occasione, con riferimento all'efficienza, all'adeguamento delle infrastrutture di collegamento ed alla promozione di interventi di miglioramento del sistema logistico e rappresentano una sfida da cogliere,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di incentivare, nell'ambito del trasporto, l'utilizzo del porto di Brindisi come punto di snodo, anche attraverso sgravi e snellimento e delle procedure a fronte della sua posizione e delle potenzialità di sviluppo.
9/1334-AR/32. (Testo modificato nel corso della seduta)  Macina.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il disegno di legge in titolo, reca, all'articolo 49, misure per il sostegno del settore agricolo;
    gli eventi climatici avversi che si sono abbattuti nelle regioni italiane nei mesi di ottobre e novembre 2018, hanno causato danni a moltissime aziende agricole;
    a causa di questi eventi, molti lavoratori del settore agricolo perderanno molte giornate lavorative;
   considerato che:
    è necessario intervenire per sostenere i succitati lavoratori agricoli a tempo indeterminato e determinato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare con futuri interventi normativi, un rafforzamento delle misure di cui all'articolo 21, della Legge n. 223 del 1991 anche attraverso una progressiva parificazione del regime previdenziale, assistenziale e salariale dei lavoratori a tempo indeterminato e determinato.
9/1334-AR/33Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    il disegno di legge in titolo, reca, all'articolo 49, misure per il sostegno del settore agricolo;
    gli eventi climatici avversi che si sono abbattuti nelle regioni italiane nei mesi di ottobre e novembre 2018, hanno causato danni a moltissime aziende agricole;
    a causa di questi eventi, molti lavoratori del settore agricolo perderanno molte giornate lavorative;
   considerato che:
    è necessario intervenire per sostenere i succitati lavoratori agricoli a tempo indeterminato e determinato,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare con futuri interventi normativi, un rafforzamento delle misure di cui all'articolo 21, della Legge n. 223 del 1991 anche attraverso una progressiva parificazione del regime previdenziale, assistenziale e salariale dei lavoratori a tempo indeterminato e determinato.
9/1334-AR/33. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marzana.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, nell'ambito dell'articolo 54, contiene misure utili a favorire l'occupazione e l'inclusione sociale, interventi necessari anche per sostenere coloro che si trovano in posizione di difficoltà nell'accedere al mercato del lavoro ovvero bisognosi di formazione e inserimento nel mercato del lavoro, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, in tali aree, sono presenti da molti anni i cosiddetti lavoratori socialmente utili (LSU) e i lavoratori di pubblica utilità (LPU);
    con il decreto legislativo n. 468 del 1997 è stato introdotto la figura dei lavoratori socialmente utili e per tali categorie di lavoratori sono state adottate misure per il rifinanziamento delle attività svolte e per la loro stabilizzazione presso gli enti pubblici o società private, per lo più cooperative appaltatrici di servizi pubblici esternalizzati, in deroga alla normativa ordinaria;
   considerato che:
    in molte aree ad emergenza occupazionale, la platea dei soggetti coinvolti nei progetti, è costituita oltre che da LSU anche dai Lavoratori di Pubblica Utilità (LPU), alcuni dei quali privi ormai da anni di qualsiasi sostegno economico o di trattamenti di cassa integrazione e mobilità;
    il bacino nazionale dei lavoratori impiegati in lavori socialmente utili e di pubblica utilità, si compone di circa 14.500 lavoratori dislocati soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno: Campania, Sicilia, Basilicata, Puglia e Sardegna, impiegati principalmente presso molti enti locali;
    le misure adottate da oltre un decennio a favore di questi lavoratori precari, inserite spesso in contesti ad alto tasso di disoccupazione, hanno consentito solo una parziale stabilizzazione degli LSU e LPU, ossia un capitale umano di precariato sul quale le Pubbliche Amministrazioni e gli enti locali dovrebbero intervenire anche attraverso una mirata politica di stabilizzazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sanare il vuoto normativo generato sulla materia che ad oggi è regolata dall'obsoleto decreto legislativo n. 81 del 28 febbraio 2000, avviando inoltre, sin da ora, un tavolo tecnico di concertazione con le regioni e gli enti locali interessati, volto a ridurre, per quanto di competenza, il bacino storico nazionale dei lavoratori di cui in premessa, al fine di superare definitivamente le situazioni di precarietà di tale tipologia lavorativa.
9/1334-AR/34Amitrano.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, nell'ambito dell'articolo 54, contiene misure utili a favorire l'occupazione e l'inclusione sociale, interventi necessari anche per sostenere coloro che si trovano in posizione di difficoltà nell'accedere al mercato del lavoro ovvero bisognosi di formazione e inserimento nel mercato del lavoro, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, in tali aree, sono presenti da molti anni i cosiddetti lavoratori socialmente utili (LSU) e i lavoratori di pubblica utilità (LPU);
    con il decreto legislativo n. 468 del 1997 è stato introdotto la figura dei lavoratori socialmente utili e per tali categorie di lavoratori sono state adottate misure per il rifinanziamento delle attività svolte e per la loro stabilizzazione presso gli enti pubblici o società private, per lo più cooperative appaltatrici di servizi pubblici esternalizzati, in deroga alla normativa ordinaria;
   considerato che:
    in molte aree ad emergenza occupazionale, la platea dei soggetti coinvolti nei progetti, è costituita oltre che da LSU anche dai Lavoratori di Pubblica Utilità (LPU), alcuni dei quali privi ormai da anni di qualsiasi sostegno economico o di trattamenti di cassa integrazione e mobilità;
    il bacino nazionale dei lavoratori impiegati in lavori socialmente utili e di pubblica utilità, si compone di circa 14.500 lavoratori dislocati soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno: Campania, Sicilia, Basilicata, Puglia e Sardegna, impiegati principalmente presso molti enti locali;
    le misure adottate da oltre un decennio a favore di questi lavoratori precari, inserite spesso in contesti ad alto tasso di disoccupazione, hanno consentito solo una parziale stabilizzazione degli LSU e LPU, ossia un capitale umano di precariato sul quale le Pubbliche Amministrazioni e gli enti locali dovrebbero intervenire anche attraverso una mirata politica di stabilizzazioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di sanare il vuoto normativo generato sulla materia che ad oggi è regolata dall'obsoleto decreto legislativo n. 81 del 28 febbraio 2000, avviando inoltre, sin da ora, un tavolo tecnico di concertazione con le regioni e gli enti locali interessati, volto a ridurre, per quanto di competenza, il bacino storico nazionale dei lavoratori di cui in premessa, al fine di superare definitivamente le situazioni di precarietà di tale tipologia lavorativa.
9/1334-AR/34. (Testo modificato nel corso della seduta)  Amitrano.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia vengono prodotti ogni anno circa 1,1 milioni di tonnellate di rifiuti da prodotti assorbenti per la persona (PAP) fra cui prodotti per la protezione dell'igiene femminile, dei neonati, dei disabili, degli anziani, arrivando a costituire il 30 per cento in volume dei rifiuti che finiscono in discarica nelle aree a elevata raccolta differenziata; in Italia vengono utilizzati detergenti domestici, per la persona e industriali privi di certificazioni ecobiologiche in enormi quantità;
    il mercato dei PAP lavabili e compostabili ha minimi fatturati nonostante l'esistenza di molti brevetti e lo sviluppo industriale degli stessi. Dai PAP si può anche recuperare fosforo. Il ciclo geochimico del fosforo è notevolmente sovvertito, è il limite planetario più sovvertito in Italia secondo Steffen. I detergenti sopracitati determinano un importante impatto ambientale e necessitano di un importante impegno per la depurazione, che prevede un incremento della quantità dei fanghi di depurazione prodotti;
    è necessario proseguire i lavori della piattaforma del fosforo per procedere a integrare in rete amministratori, imprenditori e ricercatori. La ricerca va estesa alla prevenzione e alla riduzione dei fanghi di depurazione, ottenibile per esempio con l'utilizzo di detergenti ecobiologici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di ridurre l'IVA o altre misure di defiscalizzazione e incentivo, comprese campagne informative, per i prodotti caratterizzati da elevata sostenibilità ambientale come PAP lavabili e/o compostabili e i detergenti con certificazione ecobiologica o altri prodotti similari.
9/1334-AR/35Zolezzi, Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia vengono prodotti ogni anno circa 1,1 milioni di tonnellate di rifiuti da prodotti assorbenti per la persona (PAP) fra cui prodotti per la protezione dell'igiene femminile, dei neonati, dei disabili, degli anziani, arrivando a costituire il 30 per cento in volume dei rifiuti che finiscono in discarica nelle aree a elevata raccolta differenziata; in Italia vengono utilizzati detergenti domestici, per la persona e industriali privi di certificazioni ecobiologiche in enormi quantità;
    il mercato dei PAP lavabili e compostabili ha minimi fatturati nonostante l'esistenza di molti brevetti e lo sviluppo industriale degli stessi. Dai PAP si può anche recuperare fosforo. Il ciclo geochimico del fosforo è notevolmente sovvertito, è il limite planetario più sovvertito in Italia secondo Steffen. I detergenti sopracitati determinano un importante impatto ambientale e necessitano di un importante impegno per la depurazione, che prevede un incremento della quantità dei fanghi di depurazione prodotti;
    è necessario proseguire i lavori della piattaforma del fosforo per procedere a integrare in rete amministratori, imprenditori e ricercatori. La ricerca va estesa alla prevenzione e alla riduzione dei fanghi di depurazione, ottenibile per esempio con l'utilizzo di detergenti ecobiologici,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di ridurre l'IVA o altre misure di defiscalizzazione e incentivo, comprese campagne informative, per i prodotti caratterizzati da elevata sostenibilità ambientale come PAP lavabili e/o compostabili e i detergenti con certificazione ecobiologica o altri prodotti similari.
9/1334-AR/35. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zolezzi, Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le agevolazioni introdotte a sostegno del settore primario; attesa la necessità di ulteriori interventi volti a semplificare gli adempimenti per le aziende agricole e agroalimentari;
   considerato che dal prossimo 1o gennaio 2019 con l'entrata in vigore dell'obbligo di fatturazione elettronica, il fornitore è tenuto ad inviare la fattura al Sistema di Interscambio (SdI) dell'Agenzia delle entrate che, entro un termine massimo di 5 giorni, ne verifica la correttezza e la invia al destinatario;
    posto tuttavia che la data di ricezione della fattura da parte del destinatario è, secondo l'Agenzia delle entrate, quella in cui la fattura stessa viene inviata dal Sistema al destinatario;
    visto che come noto, per il settore agroalimentare vige, a garanzia del rispetto dei tempi di pagamento, la norma di cui all'articolo 62 della legge n. 27 del 2012 che dispone che i termini di pagamento decorrano dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura;
    preso atto pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, che se il termine entro cui effettuare il pagamento decorre dall'ultimo giorno del mese di ricezione della fattura, che di fatto corrisponde alla data di comunicazione della stessa al destinatario da parte del SdI, il disallineamento che si genera può comportare uno slittamento di oltre 30 giorni dei pagamenti in favore delle aziende del settore agroalimentare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire normativamente al fine di precisare che per il settore agroalimentare i termini di pagamento decorrano comunque dall'ultimo giorno del mese nel quale il Sistema di Interscambio comunica la fattura al destinatario.
9/1334-AR/36Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le agevolazioni introdotte a sostegno del settore primario; attesa la necessità di ulteriori interventi volti a semplificare gli adempimenti per le aziende agricole e agroalimentari;
   considerato che dal prossimo 1o gennaio 2019 con l'entrata in vigore dell'obbligo di fatturazione elettronica, il fornitore è tenuto ad inviare la fattura al Sistema di Interscambio (SdI) dell'Agenzia delle entrate che, entro un termine massimo di 5 giorni, ne verifica la correttezza e la invia al destinatario;
    posto tuttavia che la data di ricezione della fattura da parte del destinatario è, secondo l'Agenzia delle entrate, quella in cui la fattura stessa viene inviata dal Sistema al destinatario;
    visto che come noto, per il settore agroalimentare vige, a garanzia del rispetto dei tempi di pagamento, la norma di cui all'articolo 62 della legge n. 27 del 2012 che dispone che i termini di pagamento decorrano dall'ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura;
    preso atto pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, che se il termine entro cui effettuare il pagamento decorre dall'ultimo giorno del mese di ricezione della fattura, che di fatto corrisponde alla data di comunicazione della stessa al destinatario da parte del SdI, il disallineamento che si genera può comportare uno slittamento di oltre 30 giorni dei pagamenti in favore delle aziende del settore agroalimentare,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intervenire normativamente al fine di precisare che per il settore agroalimentare i termini di pagamento decorrano comunque dall'ultimo giorno del mese nel quale il Sistema di Interscambio comunica la fattura al destinatario.
9/1334-AR/36. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le misure introdotte al fine di sostenere il comparto primario attraverso interventi per favorire lo sviluppo socio economico delle aree rurali;
    preso atto tuttavia della necessità di fornire un sostegno particolare ad alcuni settori quali quello castanicolo la cui produzione quest'anno è destinata a crollare a meno del 10 per cento del potenziale produttivo;
   considerato che nelle more dell'approvazione di un Piano di settore in grado di finanziare investimenti mirati soprattutto nella ricerca, è indispensabile assicurare un primo sostegno alle aziende danneggiate da tale crisi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare per le annualità 2019 e 2020 apposite risorse finalizzate al sostegno delle aziende del settore castanicolo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/1334-AR/37Del Sesto, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le misure introdotte al fine di sostenere il comparto primario attraverso interventi per favorire lo sviluppo socio economico delle aree rurali;
    preso atto tuttavia della necessità di fornire un sostegno particolare ad alcuni settori quali quello castanicolo la cui produzione quest'anno è destinata a crollare a meno del 10 per cento del potenziale produttivo;
   considerato che nelle more dell'approvazione di un Piano di settore in grado di finanziare investimenti mirati soprattutto nella ricerca, è indispensabile assicurare un primo sostegno alle aziende danneggiate da tale crisi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare per le annualità 2019 e 2020 apposite risorse finalizzate al sostegno delle aziende del settore castanicolo, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/1334-AR/37. (Testo modificato nel corso della seduta)  Del Sesto, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le agevolazioni introdotte a sostegno del settore primario, in particolare gli interventi diretti in favore lo sviluppo socio economico delle aree rurali, le disposizioni sulla xylella fastidiosa, gli interventi indiretti sulle clausole di salvaguardia Iva e accise, compresa la sterilizzazione degli aumenti delle accise sui carburanti, il rifinanziamento della «nuova sabatini», la proroga delle detrazioni sulle sistemazioni a verde;
    ritenute tuttavia particolarmente pesanti le conseguenze causate alle imprese agricole dalle avversità atmosferiche assimilabili a calamità naturali, eventi eccezionali, eventi di portata catastrofica, verificatesi in questa annata agraria;
   considerato, pertanto, fondamentale ammettere queste imprese agricole agli interventi previsti per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102 e successive modificazioni e integrazioni, nei limiti dell'entità del danno, nei termini previsti dagli orientamenti e regolamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo, in deroga all'articolo 1, comma 3 lettera b) del medesimo decreto legislativo, per coloro i quali non abbiano potuto sottoscrivere le relative polizze assicurative di cui agli articoli 2 e 2-bis del medesimo decreto legislativo;
    visto che l'attuale dotazione del Fondo di solidarietà nazionale, stabilita dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 102 del 2004, si ritiene non sufficiente a far fronte alle numerose richieste provenienti dai territori danneggiati dai suddetti fenomeni avversi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rifinanziare il Fondo di solidarietà nazionale, interventi indennizzatori, di cui al capitolo 7411 dello stato di previsione del ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo.
9/1334-AR/38Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le agevolazioni introdotte a sostegno del settore primario, in particolare gli interventi diretti in favore lo sviluppo socio economico delle aree rurali, le disposizioni sulla xylella fastidiosa, gli interventi indiretti sulle clausole di salvaguardia Iva e accise, compresa la sterilizzazione degli aumenti delle accise sui carburanti, il rifinanziamento della «nuova sabatini», la proroga delle detrazioni sulle sistemazioni a verde;
    ritenute tuttavia particolarmente pesanti le conseguenze causate alle imprese agricole dalle avversità atmosferiche assimilabili a calamità naturali, eventi eccezionali, eventi di portata catastrofica, verificatesi in questa annata agraria;
   considerato, pertanto, fondamentale ammettere queste imprese agricole agli interventi previsti per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102 e successive modificazioni e integrazioni, nei limiti dell'entità del danno, nei termini previsti dagli orientamenti e regolamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo, in deroga all'articolo 1, comma 3 lettera b) del medesimo decreto legislativo, per coloro i quali non abbiano potuto sottoscrivere le relative polizze assicurative di cui agli articoli 2 e 2-bis del medesimo decreto legislativo;
    visto che l'attuale dotazione del Fondo di solidarietà nazionale, stabilita dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 102 del 2004, si ritiene non sufficiente a far fronte alle numerose richieste provenienti dai territori danneggiati dai suddetti fenomeni avversi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di rifinanziare il Fondo di solidarietà nazionale, interventi indennizzatori, di cui al capitolo 7411 dello stato di previsione del ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo.
9/1334-AR/38. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le agevolazioni introdotte a sostegno del settore primario, in particolare gli interventi diretti in favore lo sviluppo socio economico delle aree rurali, le disposizioni sulla xylella fastidiosa, gli interventi indiretti sulle clausole di salvaguardia Iva e accise, compresa la sterilizzazione degli aumenti delle accise sui carburanti, il rifinanziamento della «nuova Sabatini», la proroga delle detrazioni sulle sistemazioni a verde;
    ritenuto tuttavia strategico intervenire anche sulla grave crisi in cui versa da tempo la pastorizia, specialmente quella sarda, che è strutturata su circa 15 mila aziende zootecniche con un indotto di oltre 40 mila addetti, circa 3 milioni di capi, una produzione di 300 mila tonnellate di latte, oltre 380 mila quintali di prodotti caseari, la maggioranza dei quali indirizzati alla trasformazione di pecorino romano DOP, il più rilevante in tutta Europa, in termini di volumi prodotti e valore generato, tra i prodotti derivanti dal latte di pecora;
   considerato che:
    tra le criticità più rilevanti del settore, si segnala la mancanza di disponibilità di dati produttivi ufficiali omogenei e trasparenti, a partire dai quantitativi di latte munto, una scarsa tracciabilità che impedisce un'azione di programmazione produttiva reale con conseguente deprezzamento dei prodotti;
    per poter seguire l'andamento del mercato ed avere dati immediati e certificati l'Unione Europea ha introdotto delle disposizioni che regolano le informazioni utili sui quantitativi di latte crudo che vengono consegnati, per garantire tale comunicazione periodica, il primo acquirente notifica i quantitativi consegnati al proprio Stato membro e quest'ultimo li comunica alla Commissione europea;
    tutto questo in un'ottica di sviluppo sostenibile della produzione per poter assicurare un giusto tenore di vita ai produttori di latte, ed allo stesso tempo, dare forza al loro potere contrattuale, all'interno della filiera, al fine di una più equa distribuzione del valore aggiunto;
    tenuto conto che:
    per il latte vaccino, il decreto ministeriale 7 aprile 2015, in applicazione dell'articolo 151 del Regolamento europeo n. 1308 del 2013, ha definito le modalità delle dichiarazioni obbligatorie e gli adempimenti dei primi acquirenti riconosciuti, fornendo un valido strumento per la regolamentazione e la programmazione della relativa filiera;
    ritenuto quindi indispensabile intervenire con urgenza mediante azioni concrete e interventi strutturali per rilanciare un settore che rappresenta una strategica risorsa economica e sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire una piattaforma informatica al fine di attuare la banca dati per la filiera del latte ovino-caprino e bovino, (sia di produzione italiana che di provenienza estera), e del formaggio stoccato per la stagionatura nonché ad estendere al comparto del latte ovi caprino il decreto ministeriale 7 aprile 2015 in materia di dichiarazioni obbligatorie, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/1334-AR/39Cillis.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le agevolazioni introdotte a sostegno del settore primario, in particolare gli interventi diretti in favore lo sviluppo socio economico delle aree rurali, le disposizioni sulla xylella fastidiosa, gli interventi indiretti sulle clausole di salvaguardia Iva e accise, compresa la sterilizzazione degli aumenti delle accise sui carburanti, il rifinanziamento della «nuova Sabatini», la proroga delle detrazioni sulle sistemazioni a verde;
    ritenuto tuttavia strategico intervenire anche sulla grave crisi in cui versa da tempo la pastorizia, specialmente quella sarda, che è strutturata su circa 15 mila aziende zootecniche con un indotto di oltre 40 mila addetti, circa 3 milioni di capi, una produzione di 300 mila tonnellate di latte, oltre 380 mila quintali di prodotti caseari, la maggioranza dei quali indirizzati alla trasformazione di pecorino romano DOP, il più rilevante in tutta Europa, in termini di volumi prodotti e valore generato, tra i prodotti derivanti dal latte di pecora;
   considerato che:
    tra le criticità più rilevanti del settore, si segnala la mancanza di disponibilità di dati produttivi ufficiali omogenei e trasparenti, a partire dai quantitativi di latte munto, una scarsa tracciabilità che impedisce un'azione di programmazione produttiva reale con conseguente deprezzamento dei prodotti;
    per poter seguire l'andamento del mercato ed avere dati immediati e certificati l'Unione Europea ha introdotto delle disposizioni che regolano le informazioni utili sui quantitativi di latte crudo che vengono consegnati, per garantire tale comunicazione periodica, il primo acquirente notifica i quantitativi consegnati al proprio Stato membro e quest'ultimo li comunica alla Commissione europea;
    tutto questo in un'ottica di sviluppo sostenibile della produzione per poter assicurare un giusto tenore di vita ai produttori di latte, ed allo stesso tempo, dare forza al loro potere contrattuale, all'interno della filiera, al fine di una più equa distribuzione del valore aggiunto;
    tenuto conto che:
    per il latte vaccino, il decreto ministeriale 7 aprile 2015, in applicazione dell'articolo 151 del Regolamento europeo n. 1308 del 2013, ha definito le modalità delle dichiarazioni obbligatorie e gli adempimenti dei primi acquirenti riconosciuti, fornendo un valido strumento per la regolamentazione e la programmazione della relativa filiera;
    ritenuto quindi indispensabile intervenire con urgenza mediante azioni concrete e interventi strutturali per rilanciare un settore che rappresenta una strategica risorsa economica e sociale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di istituire una piattaforma informatica al fine di attuare la banca dati per la filiera del latte ovino-caprino e bovino, (sia di produzione italiana che di provenienza estera), e del formaggio stoccato per la stagionatura nonché ad estendere al comparto del latte ovi caprino il decreto ministeriale 7 aprile 2015 in materia di dichiarazioni obbligatorie, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/1334-AR/39. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cillis.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le agevolazioni introdotte a sostegno del settore primario; visto tuttavia che le avversità atmosferiche che hanno colpito vasti territori della regione Puglia tra lo scorso 26 febbraio e 1 marzo hanno irrimediabilmente danneggiato moltissime aziende agricole;
    preso atto che l'eccezionalità delle gelate verificatesi nei suddetti territori si è manifestata nella intensità distruttiva degli eventi meteorici a fronte dei quali nessuna ragionevole previsione poteva risultare efficace;
    ritenuta la necessità di consentire alle aziende danneggiate che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004 di accedere agli interventi compensativi previsti dal citato decreto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire alle aziende pugliesi che hanno subito danni dalle gelate eccezionali verificatesi dal 26 febbraio al 1o marzo 2018 e che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi, in deroga all'articolo 1, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102 e successive modificazioni e integrazioni, di accedere agli interventi previsti per favorire la ripresa delle attività produttive di cui all'articolo 5 del medesimo decreto nei limiti della dotazione ordinaria del Fondo di solidarietà nazionale.
9/1334-AR/40L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    accolte con favore le agevolazioni introdotte a sostegno del settore primario; visto tuttavia che le avversità atmosferiche che hanno colpito vasti territori della regione Puglia tra lo scorso 26 febbraio e 1 marzo hanno irrimediabilmente danneggiato moltissime aziende agricole;
    preso atto che l'eccezionalità delle gelate verificatesi nei suddetti territori si è manifestata nella intensità distruttiva degli eventi meteorici a fronte dei quali nessuna ragionevole previsione poteva risultare efficace;
    ritenuta la necessità di consentire alle aziende danneggiate che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004 di accedere agli interventi compensativi previsti dal citato decreto,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di consentire alle aziende pugliesi che hanno subito danni dalle gelate eccezionali verificatesi dal 26 febbraio al 1o marzo 2018 e che non hanno sottoscritto polizze assicurative agevolate a copertura dei rischi, in deroga all'articolo 1, comma 3, lettera b) del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102 e successive modificazioni e integrazioni, di accedere agli interventi previsti per favorire la ripresa delle attività produttive di cui all'articolo 5 del medesimo decreto nei limiti della dotazione ordinaria del Fondo di solidarietà nazionale.
9/1334-AR/40. (Testo modificato nel corso della seduta)  L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone l'istituzione di un fondo finalizzato al rilancio degli investimenti degli enti territoriali per lo sviluppo infrastrutturale del paese;
    nel provvedimento in oggetto è previsto che tale fondo disponga di una dotazione annua cospicua per far fronte a numerosi interventi, in particolare nei settori di spesa dell'edilizia pubblica, della manutenzione della rete viaria della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, l'istituzione di Osservatori ambientali in aree d'uso o d'interesse militare con funzione di consulenza per le regioni dove insistono poligoni militari all'aperto, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili.
9/1334-AR/41Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Iorio, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone l'istituzione di un fondo finalizzato al rilancio degli investimenti degli enti territoriali per lo sviluppo infrastrutturale del paese;
    nel provvedimento in oggetto è previsto che tale fondo disponga di una dotazione annua cospicua per far fronte a numerosi interventi, in particolare nei settori di spesa dell'edilizia pubblica, della manutenzione della rete viaria della prevenzione del rischio sismico e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, l'istituzione di Osservatori ambientali in aree d'uso o d'interesse militare con funzione di consulenza per le regioni dove insistono poligoni militari all'aperto, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili.
9/1334-AR/41. (Testo modificato nel corso della seduta)  Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Iorio, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 231 comma 4, 279 e 297 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 «Codice dell'ordinamento militare» disciplinano la normativa relativa all'uso e all'assegnazione degli alloggi di servizio dei militari appartenenti alle Forze Armate, nonché il programma pluriennale per gli alloggi di servizio in parola, costituenti infrastrutture militari ed opere destinate alla difesa nazionale;
    la vetustà degli edifici ad uso alloggiativo e la mancanza di risorse finanziarie degli ultimi anni hanno causato un grave invecchiamento del parco infrastrutturale disponibile che necessita di imponenti attività di manutenzione straordinaria, di messa a norma, di adeguamenti antisismici strutturali;
    il concreto supporto al personale militare attraverso azioni di recupero dell'esistente parco alloggiativo migliorerebbe in generale le condizioni di vita del personale militare e delle relative famiglie, mitigando le problematiche logistiche derivanti dalla movimentazione del personale nei trasferimenti di sede, notoriamente frequenti per i militari;
    nell'attuale momento storico di trasformazione dello strumento militare sarebbe necessario per le Forze Armate razionalizzare la propria organizzazione e distribuzione sul territorio nazionale, nel rispetto e con attenzione nei confronti del proprio personale;
    il programma pluriennale pianificherebbe interventi di ammodernamento e rinnovamento sui complessi logistici per alloggi militari per famiglie e sugli edifici dedicati ad alloggi di servizio collettivi, presenti nelle basi a maggior criticità di afflusso di personale e nei centri urbani ad alta densità abitativa,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le azioni necessarie finalizzate all'ammodernamento ed al rinnovamento del parco alloggiativo Alloggi Militari per Famiglie (AMPF) e Alloggi di Servizio Collettivo (ASC) delle Forze Armate.
9/1334-AR/42Roberto Rossini, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Iorio, Iovino, Rizzo, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 231 comma 4, 279 e 297 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 «Codice dell'ordinamento militare» disciplinano la normativa relativa all'uso e all'assegnazione degli alloggi di servizio dei militari appartenenti alle Forze Armate, nonché il programma pluriennale per gli alloggi di servizio in parola, costituenti infrastrutture militari ed opere destinate alla difesa nazionale;
    la vetustà degli edifici ad uso alloggiativo e la mancanza di risorse finanziarie degli ultimi anni hanno causato un grave invecchiamento del parco infrastrutturale disponibile che necessita di imponenti attività di manutenzione straordinaria, di messa a norma, di adeguamenti antisismici strutturali;
    il concreto supporto al personale militare attraverso azioni di recupero dell'esistente parco alloggiativo migliorerebbe in generale le condizioni di vita del personale militare e delle relative famiglie, mitigando le problematiche logistiche derivanti dalla movimentazione del personale nei trasferimenti di sede, notoriamente frequenti per i militari;
    nell'attuale momento storico di trasformazione dello strumento militare sarebbe necessario per le Forze Armate razionalizzare la propria organizzazione e distribuzione sul territorio nazionale, nel rispetto e con attenzione nei confronti del proprio personale;
    il programma pluriennale pianificherebbe interventi di ammodernamento e rinnovamento sui complessi logistici per alloggi militari per famiglie e sugli edifici dedicati ad alloggi di servizio collettivi, presenti nelle basi a maggior criticità di afflusso di personale e nei centri urbani ad alta densità abitativa,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di porre in essere tutte le azioni necessarie finalizzate all'ammodernamento ed al rinnovamento del parco alloggiativo Alloggi Militari per Famiglie (AMPF) e Alloggi di Servizio Collettivo (ASC) delle Forze Armate.
9/1334-AR/42. (Testo modificato nel corso della seduta)  Roberto Rossini, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Iorio, Iovino, Rizzo, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi e per gli effetti dell'articolo 229 del Decreto legislativo 5 marzo 2010, n. 66 «Codice di ordinamento militare» presso gli stabilimenti e le officine militari possono essere istituite, con decreto del Ministro della difesa, scuole allievi operai per la formazione professionale di operai occorrenti alle Forze armate;
    ai sensi del predetto articolo 229, presso le stesse scuole possono essere svolti corsi per l'addestramento, la qualificazione e l'aggiornamento degli apprendisti e degli altri operai delle Forze armate;
    ai sensi e per gli effetti del comma 1 dell'articolo 45 del Decreto legislativo 5 marzo 2010, n. 66, gli stabilimenti e gli arsenali militari, organi di produzione e di lavoro a carattere industriale del Ministero della difesa, per il supporto tecnico e logistico delle Forze armate, assolvono di massima, nei limiti e con le modalità stabilite dalle norme del codice e del regolamento, i seguenti compiti:
     a) produzione di mezzi e materiali;
     b) riparazioni, manutenzioni e trasformazioni di mezzi e materiali non eseguibili presso gli organi logistici di forza armata;
     c) conferimento di commesse esterne, con tutte le conseguenti attività di controllo e collaudo;
     d) studio ed esperienze; realizzazione di prototipi;
     e) analisi, studio e controllo in materia di costi e prezzi anche ai fini di un'azione calmieratrice dei prezzi di mercato;
     f) formazione e aggiornamento ai diversi livelli e per specialità del personale tecnico dipendente dal Ministero della difesa;
    ai sensi e per gli effetti del comma 2 dell'articolo 45 del Decreto legislativo 5 marzo 2010, n. 66, gli stabilimenti e arsenali militari, inoltre, concorrono allo studio, nel rispettivo settore, dello sviluppo di attività industriali di particolare interesse militare e della loro eventuale conversione ai fini della produzione bellica;
    ai sensi e per gli effetti del comma 3 dell'articolo 45 del decreto legislativo 5 marzo 2010, n. 66, con decreto del Ministro della difesa sono stabiliti:
     a) tipo, finalità, compiti specifici di cui al presente articolo, numero e dislocazione, in relazione alle esigenze delle Forze armate e del progresso scientifico e tecnico;
     b) l'ordinamento e la ripartizione interna dei compiti di ciascuno stabilimento e arsenale militare e delle rispettive sezioni staccate,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo, le seguenti azioni:
   i Centri di formazione presso gli stabilimenti e gli arsenali militari svolgano, anche mediante collegamenti con realtà territoriali pubbliche e private, corsi di formazione, aggiornamento e specializzazione per il personale militare e civile del Ministero della difesa, appartenenti ai profili dell'area funzionale seconda del settore tecnico-scientifico informatico, avvalendosi, prioritariamente di personale docente militare e civile in servizio, con qualifiche di formatore;
   i programmi di studio, di comprovata significatività formativa, composti da moduli di base e specializzazione tecnico-professionale, siano approvati dal Ministro della difesa, su proposta del Capo di Stato Maggiore della difesa, di concerto con il Segretario generale della difesa.
9/1334-AR/43Ermellino, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Frusone, Galantino, Iorio, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede all'articolo 36 un incremento pari a 70 milioni di euro a partire dal 2020 del Fondo di cui al decreto-legge n. 113 del 2018 per il riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate;
    l'impiego del personale nell'attuale dispositivo «Strade Sicure» produce, al termine del semestre di servizio, un totale di circa 60 giorni di assenza, tra recuperi di festività non fruite ed ore di straordinario non remunerate;
    al fine di soddisfare esigenze connesse con la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, opportune misure finalizzate a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario svolto dagli appartenenti alle Forze Armate, impegnati ai sensi dell'articolo 1, comma 688 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/1334-AR/44Galantino, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Iorio, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede all'articolo 36 un incremento pari a 70 milioni di euro a partire dal 2020 del Fondo di cui al decreto-legge n. 113 del 2018 per il riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate;
    l'impiego del personale nell'attuale dispositivo «Strade Sicure» produce, al termine del semestre di servizio, un totale di circa 60 giorni di assenza, tra recuperi di festività non fruite ed ore di straordinario non remunerate;
    al fine di soddisfare esigenze connesse con la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, opportune misure finalizzate a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario svolto dagli appartenenti alle Forze Armate, impegnati ai sensi dell'articolo 1, comma 688 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/1334-AR/44. (Testo modificato nel corso della seduta)  Galantino, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Iorio, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    le unità del Genio militare svolgono un ruolo fondamentale non solo per le primarie funzioni di difesa e salvaguardia delle libere istituzioni ma anche, in un'ottica « dual use», per tutte le attività di concorso con la protezione civile ed in circostanze di pubbliche calamità;
    il loro intervento è stato di fondamentale importanza in tutte la recente attività di concorso alle popolazioni colpite da calamità naturali fornendo, grazie ai loro mezzi ed equipaggiamenti, un contributo determinante, per le iniziali attività di rimozione delle macerie ed il ripristino delle vie di comunicazione;
    il preminente utilizzo degli assetti del genio militare nelle citate circostanze determina un'eccezionale usura di mezzi, attrezzature e materiali in dotazione, in relazione ai quali si rende necessario integrare gli ordinari stanziamenti di bilancio con le necessarie dotazioni finanziarie allocate per consentire al Paese di avere a disposizione un asset moderno e tecnologicamente avanzato indispensabile per far fronte alle possibili situazioni di emergenza nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, misure finanziarie opportune dirette al ripianamento ed al potenziamento di mezzi, attrezzature e materiali da destinare alle unità operative del genio militare.
9/1334-AR/45Rizzo, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Iorio, Iovino, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    le unità del Genio militare svolgono un ruolo fondamentale non solo per le primarie funzioni di difesa e salvaguardia delle libere istituzioni ma anche, in un'ottica « dual use», per tutte le attività di concorso con la protezione civile ed in circostanze di pubbliche calamità;
    il loro intervento è stato di fondamentale importanza in tutte la recente attività di concorso alle popolazioni colpite da calamità naturali fornendo, grazie ai loro mezzi ed equipaggiamenti, un contributo determinante, per le iniziali attività di rimozione delle macerie ed il ripristino delle vie di comunicazione;
    il preminente utilizzo degli assetti del genio militare nelle citate circostanze determina un'eccezionale usura di mezzi, attrezzature e materiali in dotazione, in relazione ai quali si rende necessario integrare gli ordinari stanziamenti di bilancio con le necessarie dotazioni finanziarie allocate per consentire al Paese di avere a disposizione un asset moderno e tecnologicamente avanzato indispensabile per far fronte alle possibili situazioni di emergenza nazionale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi interventi normativi, misure finanziarie opportune dirette al ripianamento ed al potenziamento di mezzi, attrezzature e materiali da destinare alle unità operative del genio militare.
9/1334-AR/45. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rizzo, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Iorio, Iovino, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede nuove assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia Penitenziaria) finalizzate all'incremento dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, connessi, in particolare, alle esigenze di contrasto al terrorismo internazionale;
    nell'ambito dell'ampliamento dell'Operazione «Strade Sicure», sarebbe necessario avviare operazioni di ricognizione aerea costante, prevedendo l'impiego degli aeromobili a pilotaggio remoto in dotazione o da acquisire (per potenziare detta capacità), da integrare nel dispositivo in atto per l'Operazione Strade Sicure e/o per interventi emergenziali ed altri sistemi di videosorveglianza e sorveglianza passiva al fine di assicurare attività di deterrenza e controllo dei reati contro il patrimonio ambientale e delle aree boschive maggiormente a rischio di incendi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere misure finanziarie idonee, compatibilmente con i vincoli di bilancio, a garantire una maggiore efficienza nelle operazioni di cui in premessa.
9/1334-AR/46Frusone, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Galantino, Iorio, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede nuove assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia Penitenziaria) finalizzate all'incremento dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, connessi, in particolare, alle esigenze di contrasto al terrorismo internazionale;
    nell'ambito dell'ampliamento dell'Operazione «Strade Sicure», sarebbe necessario avviare operazioni di ricognizione aerea costante, prevedendo l'impiego degli aeromobili a pilotaggio remoto in dotazione o da acquisire (per potenziare detta capacità), da integrare nel dispositivo in atto per l'Operazione Strade Sicure e/o per interventi emergenziali ed altri sistemi di videosorveglianza e sorveglianza passiva al fine di assicurare attività di deterrenza e controllo dei reati contro il patrimonio ambientale e delle aree boschive maggiormente a rischio di incendi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere misure finanziarie idonee, compatibilmente con i vincoli di bilancio, a garantire una maggiore efficienza nelle operazioni di cui in premessa.
9/1334-AR/46. (Testo modificato nel corso della seduta)  Frusone, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Galantino, Iorio, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede disposizioni per far fronte al fabbisogno sanitario nazionale;
    il sostegno psicologico per gli appartenenti alle Forze armate è un sostegno indispensabile, soprattutto per coloro che sono stati impegnati in missioni di pace e anche per le loro famiglie che, durante tale operatività, talvolta, non ricevendo un adeguato supporto psicologico, vanno soggette a traumi indelebili soprattutto se il loro congiunto appartenente alle Forze armate è deceduto o è rimasto ferito in terra straniera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi provvedimenti normativi, misure dirette a garantire un servizio di sostegno psicologico per gli appartenenti alle Forze armate impegnati in missione e alle loro famiglie.
9/1334-AR/47Del Monaco, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Iorio, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede disposizioni per far fronte al fabbisogno sanitario nazionale;
    il sostegno psicologico per gli appartenenti alle Forze armate è un sostegno indispensabile, soprattutto per coloro che sono stati impegnati in missioni di pace e anche per le loro famiglie che, durante tale operatività, talvolta, non ricevendo un adeguato supporto psicologico, vanno soggette a traumi indelebili soprattutto se il loro congiunto appartenente alle Forze armate è deceduto o è rimasto ferito in terra straniera,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successivi provvedimenti normativi, misure dirette a garantire un servizio di sostegno psicologico per gli appartenenti alle Forze armate impegnati in missione e alle loro famiglie.
9/1334-AR/47. (Testo modificato nel corso della seduta)  Del Monaco, Corda, Aresta, Chiazzese, Dall'Osso, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Iorio, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo, Traversi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    le misure citate dovranno riguardare, in particolare, la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti al fine di promuovere maggiore equità nell'accesso alle cure;
    risulta inoltre evidente che all'interno dei sistemi sanitari regionali, le misure di compartecipazione per le diverse tipologie di prestazioni si presentano differenziate, e di conseguenza anche gli importi da corrispondere e le esenzioni previste;
    un primo passo che porti ad una efficace programmazione e ad un efficientamento dei costi, non può non dirigersi verso una riduzione della spesa farmaceutica;
    alcuni medicinali compresi in fascia A sono prescrivibili a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) soltanto per determinate indicazioni. Le indicazioni per cui è previsto il rimborso del farmaco sono specificate nelle «note AIFA» (Agenzia Italiana del Farmaco). In questi casi è il medico prescrittore che, sulla base di quanto indicato dall'AIFA, stabilisce se il paziente ha o meno diritto ad ottenere il farmaco in regime assistenziale. Se il paziente ne ha diritto, il medico appone sulla ricetta l'indicazione del numero della nota AIFA negli appositi spazi. Solo a queste condizioni la ricetta è rimborsata dal SSN;
    l'AIFA ha, inoltre, previsto che alcuni farmaci siano erogati solo sulla base di Diagnosi e Piano Terapeutico formulati da Centri specialistici individuati dalle regioni, allo scopo di assicurarne l'appropriatezza diagnostico-assistenziale. I medici specialisti abilitati alla redazione dei Piani Terapeutici devono svolgere la propria attività presso i Centri Specialistici delle Aziende Sanitarie Regionali o a Direzione Universitaria, degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico e delle strutture accreditate con il SSR;
    accade che alcuni farmaci che abbiano indicazioni terapeutiche diverse contenenti lo stesso principio attivo, se erogati in fasce diverse o con piani terapeutici, abbiano rilevanti differenze di prezzo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, anche previo un utile e accurato monitoraggio, nell'ambito delle misure atte a controllare i prezzi dei farmaci, affinché i farmaci che contengono lo stesso principio attivo anche se con indicazioni terapeutiche diverse ed erogati con piano terapeutico, abbiano sempre il medesimo prezzo.
9/1334-AR/48Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    le misure citate dovranno riguardare, in particolare, la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti al fine di promuovere maggiore equità nell'accesso alle cure;
    risulta inoltre evidente che all'interno dei sistemi sanitari regionali, le misure di compartecipazione per le diverse tipologie di prestazioni si presentano differenziate, e di conseguenza anche gli importi da corrispondere e le esenzioni previste;
    un primo passo che porti ad una efficace programmazione e ad un efficientamento dei costi, non può non dirigersi verso una riduzione della spesa farmaceutica;
    alcuni medicinali compresi in fascia A sono prescrivibili a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) soltanto per determinate indicazioni. Le indicazioni per cui è previsto il rimborso del farmaco sono specificate nelle «note AIFA» (Agenzia Italiana del Farmaco). In questi casi è il medico prescrittore che, sulla base di quanto indicato dall'AIFA, stabilisce se il paziente ha o meno diritto ad ottenere il farmaco in regime assistenziale. Se il paziente ne ha diritto, il medico appone sulla ricetta l'indicazione del numero della nota AIFA negli appositi spazi. Solo a queste condizioni la ricetta è rimborsata dal SSN;
    l'AIFA ha, inoltre, previsto che alcuni farmaci siano erogati solo sulla base di Diagnosi e Piano Terapeutico formulati da Centri specialistici individuati dalle regioni, allo scopo di assicurarne l'appropriatezza diagnostico-assistenziale. I medici specialisti abilitati alla redazione dei Piani Terapeutici devono svolgere la propria attività presso i Centri Specialistici delle Aziende Sanitarie Regionali o a Direzione Universitaria, degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico e delle strutture accreditate con il SSR;
    accade che alcuni farmaci che abbiano indicazioni terapeutiche diverse contenenti lo stesso principio attivo, se erogati in fasce diverse o con piani terapeutici, abbiano rilevanti differenze di prezzo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intervenire, anche previo un utile e accurato monitoraggio, nell'ambito delle misure atte a controllare i prezzi dei farmaci, affinché i farmaci che contengono lo stesso principio attivo anche se con indicazioni terapeutiche diverse ed erogati con piano terapeutico, abbiano sempre il medesimo prezzo.
9/1334-AR/48. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel testo in esame, l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, all'articolo 40 viene specificato un incremento del fabbisogno sanitario nazionale di 2 miliardi di euro per il 2020 e di 1,5 miliardi di euro per il 2021: lo stesso è confermato, per il 2019, nella somma di 114,435 miliardi di euro;
    tra le misure previste dal comma 3 del succitato articolo della legge di Bilancio, al punto b) si fa riferimento ai seguenti punti: riorganizzazione dell'offerta ospedaliera e riorganizzazione dell'assistenza territoriale con particolare riferimento alle cronicità ed alle liste di attesa. Al punto e), altresì, si sottolinea la necessità di promuovere la ricerca in ambito sanitario;
    il sistema sanitario dovrebbe continuare ad affrontare sfide importanti come la sostenibilità economica e la integrazione dei sistemi sanitari regionali italiani, per tutto quello che riguarda le patologie rare, con particolare attenzione ai «tumori rari»;
    i «tumori rari» sono esclusi, ad oggi, dall'ambito delle patologie rare, poiché essi vengono trattati nell'ambito delle reti oncologiche;
    i «tumori rari» ad oggi rappresentano circa il 23 per cento delle nuove diagnosi di tumore in Italia, con quasi 86 mila nuovi casi l'anno: si riscontrano circa 200 casi di tumore raro che costringono alla convivenza con tale patologia oltre mezzo milione di italiani;
    ormai da diversi anni la promozione di una rete nazionale dei tumori rari viene continuamente posta all'attenzione della pianificazione del SSN e mai pienamente attuata;
    la proposta di Intesa Stato Regioni, sul tema in premessa, è stata recepita in data 21 settembre 2017 e prospetta soluzioni, tra le altre, su alcuni aspetti di carattere prioritario:
    il collegamento con le Reti Oncologiche per mirare ad una integrazione organizzativa, nella prospettiva essenziale di coinvolgere la totalità dei pazienti con tumori rari ed a facilitarne l'accesso, sia alla rete che contestualmente alle cure;
    il collegamento con gli European Reference Networks – Reti di riferimento europee – ERN;
    favorire la fruizione delle prestazioni in telemedicina, garantire un alto livello di informazione appropriata e la partecipazione attiva dell'associazionismo. Essa è organizzativamente connessa (presso AGENAS) alle funzioni di promozione, monitoraggio e valutazione;
    la nascita e la crescita di tali reti rappresenterebbe un punto fisso di riferimento per tutti i pazienti affetti da «tumori rari», come anche un impulso alla ricerca che sarebbe favorita dal continuo scambio in connessione di flussi di conoscenza;
    ad oggi la costituzione di tali reti tarda a realizzarsi concretamente, sia per la non completa individuazione dei centri di riferimento, sia per il giudizio di appropriatezza delle cure erogate dalle strutture ai pazienti oncologici;
    la differenziazione dell'erogazione delle cure nelle diverse regioni, renderebbe ancora più necessario ed urgente un impegno per la concreta creazione dei centri di riferimento per i tumori rari;
    l'accesso alle cure, in particolar modo nelle regioni insulari come la Sardegna, risulta essere ancora difficoltoso e tutto ciò viene aggravato dai piani di rientro sanitario varati dalla Giunta regionale. Essi penalizzano ulteriormente i pazienti, allungando le liste d'attesa persino per i pazienti oncologici, a causa dei continui tagli di personale,

impegna il Governo:

   1) a valutare l'opportunità di portare a compimento il processo di costituzione ed individuazione dei centri nazionali per i tumori rari, favorendo di fatto l'omogeneizzazione dei trattamenti dei pazienti oncologici su tutto il territorio nazionale;
   2) a sostenere la ricerca in ambito di malattie rare ed in particolar modo per quello che riguarda i «tumori rari»;
   3) a valutare l'opportunità di promuovere – anche con il sostegno delle associazioni dei pazienti e delle loro famiglie – attività rivolte ad una più efficace organizzazione dei servizi sanitari, soprattutto per l'assistenza dei pazienti, sia a livello individuale che familiare.
9/1334-AR/49Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando.


   La Camera,
   premesso che:
    nel testo in esame, l'A.C. 1334 recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, all'articolo 40 viene specificato un incremento del fabbisogno sanitario nazionale di 2 miliardi di euro per il 2020 e di 1,5 miliardi di euro per il 2021: lo stesso è confermato, per il 2019, nella somma di 114,435 miliardi di euro;
    tra le misure previste dal comma 3 del succitato articolo della legge di Bilancio, al punto b) si fa riferimento ai seguenti punti: riorganizzazione dell'offerta ospedaliera e riorganizzazione dell'assistenza territoriale con particolare riferimento alle cronicità ed alle liste di attesa. Al punto e), altresì, si sottolinea la necessità di promuovere la ricerca in ambito sanitario;
    il sistema sanitario dovrebbe continuare ad affrontare sfide importanti come la sostenibilità economica e la integrazione dei sistemi sanitari regionali italiani, per tutto quello che riguarda le patologie rare, con particolare attenzione ai «tumori rari»;
    i «tumori rari» sono esclusi, ad oggi, dall'ambito delle patologie rare, poiché essi vengono trattati nell'ambito delle reti oncologiche;
    i «tumori rari» ad oggi rappresentano circa il 23 per cento delle nuove diagnosi di tumore in Italia, con quasi 86 mila nuovi casi l'anno: si riscontrano circa 200 casi di tumore raro che costringono alla convivenza con tale patologia oltre mezzo milione di italiani;
    ormai da diversi anni la promozione di una rete nazionale dei tumori rari viene continuamente posta all'attenzione della pianificazione del SSN e mai pienamente attuata;
    la proposta di Intesa Stato Regioni, sul tema in premessa, è stata recepita in data 21 settembre 2017 e prospetta soluzioni, tra le altre, su alcuni aspetti di carattere prioritario:
    il collegamento con le Reti Oncologiche per mirare ad una integrazione organizzativa, nella prospettiva essenziale di coinvolgere la totalità dei pazienti con tumori rari ed a facilitarne l'accesso, sia alla rete che contestualmente alle cure;
    il collegamento con gli European Reference Networks – Reti di riferimento europee – ERN;
    favorire la fruizione delle prestazioni in telemedicina, garantire un alto livello di informazione appropriata e la partecipazione attiva dell'associazionismo. Essa è organizzativamente connessa (presso AGENAS) alle funzioni di promozione, monitoraggio e valutazione;
    la nascita e la crescita di tali reti rappresenterebbe un punto fisso di riferimento per tutti i pazienti affetti da «tumori rari», come anche un impulso alla ricerca che sarebbe favorita dal continuo scambio in connessione di flussi di conoscenza;
    ad oggi la costituzione di tali reti tarda a realizzarsi concretamente, sia per la non completa individuazione dei centri di riferimento, sia per il giudizio di appropriatezza delle cure erogate dalle strutture ai pazienti oncologici;
    la differenziazione dell'erogazione delle cure nelle diverse regioni, renderebbe ancora più necessario ed urgente un impegno per la concreta creazione dei centri di riferimento per i tumori rari;
    l'accesso alle cure, in particolar modo nelle regioni insulari come la Sardegna, risulta essere ancora difficoltoso e tutto ciò viene aggravato dai piani di rientro sanitario varati dalla Giunta regionale. Essi penalizzano ulteriormente i pazienti, allungando le liste d'attesa persino per i pazienti oncologici, a causa dei continui tagli di personale,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1) a valutare l'opportunità di portare a compimento il processo di costituzione ed individuazione dei centri nazionali per i tumori rari, favorendo di fatto l'omogeneizzazione dei trattamenti dei pazienti oncologici su tutto il territorio nazionale;
   2) a sostenere la ricerca in ambito di malattie rare ed in particolar modo per quello che riguarda i «tumori rari»;
   3) a valutare l'opportunità di promuovere – anche con il sostegno delle associazioni dei pazienti e delle loro famiglie – attività rivolte ad una più efficace organizzazione dei servizi sanitari, soprattutto per l'assistenza dei pazienti, sia a livello individuale che familiare.
9/1334-AR/49. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4, comma 1, della legge 11 gennaio 2018, n. 3, prevede che tutti i professionisti regolarmente abilitati che intendano esercitare una professione sanitaria in qualunque forma giuridica, hanno l'obbligo di iscriversi all'albo professionale di riferimento;
    tale obbligo riguarda i 17 profili – dai fisioterapisti agli ortottisti, dai tecnici di laboratorio ai dietisti, dagli igienisti dentali ai tecnici audiometristi – per la prima volta inclusi in un albo professionale e che devono effettuare l'iscrizione in uno dei neonati albi che compongono il nuovo Ordine, sia nella libera professione sia nell'ambito della dipendenza presso strutture pubbliche o private; infatti stessa scadenza cogente vale anche per i professionisti impiegati come dipendenti del Servizio sanitario nazionale (SSN);
    in caso di non ottemperanza, si rischia di incorrere nel reato di esercizio abusivo della professione, le cui pene e sanzioni sono state inasprite dalla stessa legge 11 gennaio 2018, n. 3, che all'articolo 12 prevede infatti da sei mesi a tre anni di reclusione e multe da 10 mila a 50 mila euro;
    si rischia dunque anche il licenziamento, soprattutto in ambito privato dove per l'assunzione non è stato espletato alcun concorso pubblico;
    diverse migliaia di professionisti non hanno la possibilità di iscriversi perché in possesso di vecchi titoli formativi ora non più idonei, come i titoli antecedenti al 1999 e rimasti esclusi dalle norme sull'equipollenza e sull'equivalenza, previste dall'articolo 4, comma 2, della legge n. 42 del 1999, dopo l'introduzione dei diplomi universitari dal 1992 e dei corsi di laurea istituiti dal 2001. Tale problema potrebbe riguardare anche titoli regionali rilasciati fino al 2008,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di affrontare quanto esposto in premessa e generato dall'articolo 4, comma 1, della legge 11 gennaio 2018, n. 3, ai sensi del quale per l'esercizio di ciascuna delle professioni sanitarie, in qualunque forma giuridica svolto, è necessaria l'iscrizione al rispettivo albo, emanato senza aver tenuto conto delle problematiche esposte in premessa e che rischia di causare seri riflessi occupazionali per i professionisti della Sanità coinvolti.
9/1334-AR/50Lorefice, D'Arrando, Mammì, Leda Volpi, Nappi, Lapia.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    secondo quanto si apprende dalla lettura del report I.S.T.A.T. relativo alla Natalità e fecondità della popolazione residente per l'anno 2017, risultano iscritti al registro dell'anagrafe n. 458.151 bambini, ovvero oltre 15 mila in meno rispetto al 2016, mentre, con riferimento al periodo temporale 2014-2017, le nascite hanno registrato un decremento pari a circa 45 mila unità;
    dalla lettura del citato report, il numero di figli per donna, relativamente all'anno 2017, è pari a 1,32, con una diminuzione rispetto all'anno 2010 (ove esso era stimato attorno a 1,46), con ciò determinando effetti negativi per il ricambio generazionale e accrescendo i problemi di welfare;
    come affermato dalla World Health Organization (WHO), una coppia è considerata «infertile» se dopo 24 mesi di rapporti regolari e non protetti non riesce a concepire un figlio;
    l'Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.) segnala che l'infertilità riguarda circa il 15 per cento delle coppie e che le cause di essa sono molteplici e di diversa natura;
    secondo i dati contenuti nel Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita, aggiornato al 31 marzo 2015, le coppie ricorrono a tecniche di fecondazione medicalmente assistita per le seguenti cause e secondo le seguenti percentuali:
     1. per infertilità maschile: 29,3 per cento;
     2. per infertilità femminile: 37,1 per cento;
     3. per infertilità maschile e femminile: 17,6 per cento;
     4. per infertilità idiopatica: 15,1 per cento;
     5. per fattore genetico: 0,9 per cento;
    la prevenzione cosiddetta secondaria riduce le cause di infertilità mediante programmi di screening, mentre la prevenzione cosiddetta terziaria interviene, sulle dette cause, con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie adeguate;
    gli screening sulla fertilità da includere nel programma di prevenzione riguardano sia la fertilità maschile che quella femminile e vengono individuati, dalla comunica scientifica, in plurimi esami specifici,

impegna il Governo:

   1) ad individuare le più opportune misure, in un'ottica di prevenzione secondaria, volte a promuovere programmi di screening finalizzati a prevenire l'infertilità e rivolti, in particolar modo, ai giovani adulti;
   2) a verificare la possibilità di adottare interventi finalizzati a favorire la natalità, rimuovendo gli squilibri sanitari e sociali connessi alla disomogenea situazione registrabile tra le varie regioni;
   3) a prevedere misure volte a favorire e implementare le linee di ricerca biomedica in grado di incrementare le potenzialità diagnostiche e terapeutiche nell'ambito dell'infertilità.
9/1334-AR/51Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Lapia, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    secondo quanto si apprende dalla lettura del report I.S.T.A.T. relativo alla Natalità e fecondità della popolazione residente per l'anno 2017, risultano iscritti al registro dell'anagrafe n. 458.151 bambini, ovvero oltre 15 mila in meno rispetto al 2016, mentre, con riferimento al periodo temporale 2014-2017, le nascite hanno registrato un decremento pari a circa 45 mila unità;
    dalla lettura del citato report, il numero di figli per donna, relativamente all'anno 2017, è pari a 1,32, con una diminuzione rispetto all'anno 2010 (ove esso era stimato attorno a 1,46), con ciò determinando effetti negativi per il ricambio generazionale e accrescendo i problemi di welfare;
    come affermato dalla World Health Organization (WHO), una coppia è considerata «infertile» se dopo 24 mesi di rapporti regolari e non protetti non riesce a concepire un figlio;
    l'Istituto Superiore di Sanità (I.S.S.) segnala che l'infertilità riguarda circa il 15 per cento delle coppie e che le cause di essa sono molteplici e di diversa natura;
    secondo i dati contenuti nel Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita, aggiornato al 31 marzo 2015, le coppie ricorrono a tecniche di fecondazione medicalmente assistita per le seguenti cause e secondo le seguenti percentuali:
     1. per infertilità maschile: 29,3 per cento;
     2. per infertilità femminile: 37,1 per cento;
     3. per infertilità maschile e femminile: 17,6 per cento;
     4. per infertilità idiopatica: 15,1 per cento;
     5. per fattore genetico: 0,9 per cento;
    la prevenzione cosiddetta secondaria riduce le cause di infertilità mediante programmi di screening, mentre la prevenzione cosiddetta terziaria interviene, sulle dette cause, con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie adeguate;
    gli screening sulla fertilità da includere nel programma di prevenzione riguardano sia la fertilità maschile che quella femminile e vengono individuati, dalla comunica scientifica, in plurimi esami specifici,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1) ad individuare le più opportune misure, in un'ottica di prevenzione secondaria, volte a promuovere programmi di screening finalizzati a prevenire l'infertilità e rivolti, in particolar modo, ai giovani adulti;
   2) a verificare la possibilità di adottare interventi finalizzati a favorire la natalità, rimuovendo gli squilibri sanitari e sociali connessi alla disomogenea situazione registrabile tra le varie regioni;
   3) a prevedere misure volte a favorire e implementare le linee di ricerca biomedica in grado di incrementare le potenzialità diagnostiche e terapeutiche nell'ambito dell'infertilità.
9/1334-AR/51. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Lapia, Lorefice.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, la legge di bilancio all'esame stabilisce che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, per il 2019 è confermato in 114.435 milioni di euro, per il 2020 è incrementato di 2.000 milioni di euro e, per l'anno 2021, di ulteriori 1.500 milioni di euro;
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019- 2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    le misure citate dovranno riguardare, in particolare, la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti al fine di promuovere maggiore equità nell'accesso alle cure, in quanto risulta piuttosto evidente la sperequazione nell'erogazione delle prestazioni sanitarie;
    molte sono le cause di tale sperequazione, a cominciare dalla incoerenza delle riforme costituzionali adottate in Italia nell'ultimo ventennio e da un federalismo che mal si concilia con i vincoli finanziari di matrice europea; in tale contesto, si inserisce altresì quello che è stato un progressivo definanziamento del SSN, come ampiamente rilevato dagli osservatori della Sanità e dagli organi d'informazione e, come documentato, a più riprese, tanto dalla Ragioneria generale dello Stato quanto dalla Corte dei conti;
    inoltre nel tempo hanno trovato piena attuazione le misure di contenimento della spesa, con gravi conseguenze, a partire dalla drastica riduzione dei posti letto della rete ospedaliera, che doveva essere armonizzata con un'implementazione dell'assistenza territoriale; in realtà alla tanta solerzia nel definire i tagli dei posti letto non ha fatto da contraltare la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità previsti nel punto 17 del Patto della Salute 2014-2016;
    sarebbe auspicabile anche tener conto delle nuove sfide, inclusa quella ambientale; appaiono infatti emblematici i dati aggiornati sull'incidenza delle forme tumorali e le cifre impressionanti sulla percentuale di persone che si trovano costrette a rinunciare alle cure;
    appare dunque indispensabile riconsiderare il meccanismo di riparto delle risorse, correlando il fabbisogno al reale e diversificato bisogno della comunità e alla domanda di salute, sulla base della prevalenza di patologie, introducendo il parametro basato sul dato epidemiologico e tenendo conto della popolazione affetta da malattie croniche invalidanti, sulla scorta dei dati rilevati dai piani annuali della prevenzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di elaborare nuovi e diversi parametri per la distribuzione delle risorse destinate alla Sanità, al fine di superare le forti disuguaglianze esistenti nel Paese in termini di accesso alle cure e per rispondere al diversificato bisogno della comunità e alla domanda di salute.
9/1334-AR/52Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Massimo Enrico Baroni, Bologna, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, la legge di bilancio all'esame stabilisce che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, per il 2019 è confermato in 114.435 milioni di euro, per il 2020 è incrementato di 2.000 milioni di euro e, per l'anno 2021, di ulteriori 1.500 milioni di euro;
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019- 2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    le misure citate dovranno riguardare, in particolare, la revisione del sistema di compartecipazione alla spesa sanitaria a carico degli assistiti al fine di promuovere maggiore equità nell'accesso alle cure, in quanto risulta piuttosto evidente la sperequazione nell'erogazione delle prestazioni sanitarie;
    molte sono le cause di tale sperequazione, a cominciare dalla incoerenza delle riforme costituzionali adottate in Italia nell'ultimo ventennio e da un federalismo che mal si concilia con i vincoli finanziari di matrice europea; in tale contesto, si inserisce altresì quello che è stato un progressivo definanziamento del SSN, come ampiamente rilevato dagli osservatori della Sanità e dagli organi d'informazione e, come documentato, a più riprese, tanto dalla Ragioneria generale dello Stato quanto dalla Corte dei conti;
    inoltre nel tempo hanno trovato piena attuazione le misure di contenimento della spesa, con gravi conseguenze, a partire dalla drastica riduzione dei posti letto della rete ospedaliera, che doveva essere armonizzata con un'implementazione dell'assistenza territoriale; in realtà alla tanta solerzia nel definire i tagli dei posti letto non ha fatto da contraltare la definizione dei requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dei presidi territoriali/ospedali di comunità previsti nel punto 17 del Patto della Salute 2014-2016;
    sarebbe auspicabile anche tener conto delle nuove sfide, inclusa quella ambientale; appaiono infatti emblematici i dati aggiornati sull'incidenza delle forme tumorali e le cifre impressionanti sulla percentuale di persone che si trovano costrette a rinunciare alle cure;
    appare dunque indispensabile riconsiderare il meccanismo di riparto delle risorse, correlando il fabbisogno al reale e diversificato bisogno della comunità e alla domanda di salute, sulla base della prevalenza di patologie, introducendo il parametro basato sul dato epidemiologico e tenendo conto della popolazione affetta da malattie croniche invalidanti, sulla scorta dei dati rilevati dai piani annuali della prevenzione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di elaborare nuovi e diversi parametri per la distribuzione delle risorse destinate alla Sanità, al fine di superare le forti disuguaglianze esistenti nel Paese in termini di accesso alle cure e per rispondere al diversificato bisogno della comunità e alla domanda di salute.
9/1334-AR/52. (Testo modificato nel corso della seduta)  Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Massimo Enrico Baroni, Bologna, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    la crisi di finanziamento e di governo che sta vivendo il Servizio Sanitario Nazionale sembra proporsi come la scorciatoia per una privatizzazione dell'intero sistema, sempre più imminente;
    tutto ciò nonostante la caratterizzazione principale del nostro sistema sanitario sia sempre stata la garanzia di un'assistenza omogenea ed equanime per tutte le persone con bisogno reale e su tutto il territorio di competenza, garanzia certamente ancora lontana dall'essere conseguita;
    è ancora strategicamente determinante contrastare l'organizzazione di separati servizi tesi alla concorrenza sfrenata fra loro (modello a canne d'organo) e provare a frenare l'incremento ingiustificato dell'offerta di prestazioni, spesso non appropriate; le buone pratiche che molti operatori sanitari portano avanti sono tante e diffuse;
    ci sono esempi reali di come sia possibile – senza sprechi e con le risorse presenti – governare il sistema sanitario garantendo la messa in atto di tutti gli strumenti per facilitare l'accesso alle cure da parte dei pazienti;
    alla luce delle nuove sfide che il nostro sistema sanitario si ritrova a dover affrontare per i prossimi anni, si renderebbe necessario che le aziende sanitarie locali tornino ad essere il fulcro dell'intero sistema, territorio per territorio: esse dovrebbero assicurare lo svolgimento diretto delle attività di prevenzione e delle prestazioni di base (cure primarie, assistenza al domicilio e presso le strutture residenziali e semiresidenziali, continuità terapeutica, assistenza agli anziani, assistenza ai malati terminali, controlli di qualità e per l'accreditamento) tramite proprie strutture e servizi;
    se questo sistema si realizzasse, stando anche agli impegni che il Governo assume con il provvedimento di legge in esame e che riguardano il potenziamento del sistema sanitario nazionale sotto vari aspetti, ne deriverebbe una forte responsabilizzazione dei Direttori Generali che sarebbero incentivati a realizzare e far funzionare i servizi in loco, riducendo inefficienze e sprechi;
    è proprio tale figura che, dietro direttive nazionali e regionali, tenendo presente che la sanità rimane oggi esclusiva competenza delle regioni, si adoperano per riorganizzare l'offerta sul territorio e per garantire l'omogeneità di accesso a tutta l'utenza: tuttavia, molto spesso, nella realtà accade il contrario; i piani di rientro varati dalle regioni e messi in atto dai Direttori Generali dipendono esclusivamente, per la maggior parte delle volte, da indici statistici e capitoli di spesa, dimenticando le reali esigenze dei pazienti a fronte dei servizi erogati;
    tale mandato, qualora previsto, darebbe ai direttori generali maggiori responsabilità, guidando le loro scelte in maniera più oculata e diretta alle reali esigenze della popolazione, pur tenendo conto dei vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di spesa e di riorganizzazione della rete sanitaria,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, tra gli obiettivi dell'agenda politica, l'adozione di misure volte ad affidare ai direttori generali delle aziende sanitarie, ai direttori amministrativi ed infine anche ai direttori sanitari, il mandato di tutela di salute della popolazione residente nei Comuni che fanno capo a quella specifica ASL.
9/1334-AR/53Provenza, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Sapia, Massimo Enrico Baroni, Bologna.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    la crisi di finanziamento e di governo che sta vivendo il Servizio Sanitario Nazionale sembra proporsi come la scorciatoia per una privatizzazione dell'intero sistema, sempre più imminente;
    tutto ciò nonostante la caratterizzazione principale del nostro sistema sanitario sia sempre stata la garanzia di un'assistenza omogenea ed equanime per tutte le persone con bisogno reale e su tutto il territorio di competenza, garanzia certamente ancora lontana dall'essere conseguita;
    è ancora strategicamente determinante contrastare l'organizzazione di separati servizi tesi alla concorrenza sfrenata fra loro (modello a canne d'organo) e provare a frenare l'incremento ingiustificato dell'offerta di prestazioni, spesso non appropriate; le buone pratiche che molti operatori sanitari portano avanti sono tante e diffuse;
    ci sono esempi reali di come sia possibile – senza sprechi e con le risorse presenti – governare il sistema sanitario garantendo la messa in atto di tutti gli strumenti per facilitare l'accesso alle cure da parte dei pazienti;
    alla luce delle nuove sfide che il nostro sistema sanitario si ritrova a dover affrontare per i prossimi anni, si renderebbe necessario che le aziende sanitarie locali tornino ad essere il fulcro dell'intero sistema, territorio per territorio: esse dovrebbero assicurare lo svolgimento diretto delle attività di prevenzione e delle prestazioni di base (cure primarie, assistenza al domicilio e presso le strutture residenziali e semiresidenziali, continuità terapeutica, assistenza agli anziani, assistenza ai malati terminali, controlli di qualità e per l'accreditamento) tramite proprie strutture e servizi;
    se questo sistema si realizzasse, stando anche agli impegni che il Governo assume con il provvedimento di legge in esame e che riguardano il potenziamento del sistema sanitario nazionale sotto vari aspetti, ne deriverebbe una forte responsabilizzazione dei Direttori Generali che sarebbero incentivati a realizzare e far funzionare i servizi in loco, riducendo inefficienze e sprechi;
    è proprio tale figura che, dietro direttive nazionali e regionali, tenendo presente che la sanità rimane oggi esclusiva competenza delle regioni, si adoperano per riorganizzare l'offerta sul territorio e per garantire l'omogeneità di accesso a tutta l'utenza: tuttavia, molto spesso, nella realtà accade il contrario; i piani di rientro varati dalle regioni e messi in atto dai Direttori Generali dipendono esclusivamente, per la maggior parte delle volte, da indici statistici e capitoli di spesa, dimenticando le reali esigenze dei pazienti a fronte dei servizi erogati;
    tale mandato, qualora previsto, darebbe ai direttori generali maggiori responsabilità, guidando le loro scelte in maniera più oculata e diretta alle reali esigenze della popolazione, pur tenendo conto dei vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di spesa e di riorganizzazione della rete sanitaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di prevedere, tra gli obiettivi dell'agenda politica, l'adozione di misure volte ad affidare ai direttori generali delle aziende sanitarie, ai direttori amministrativi ed infine anche ai direttori sanitari, il mandato di tutela di salute della popolazione residente nei Comuni che fanno capo a quella specifica ASL.
9/1334-AR/53. (Testo modificato nel corso della seduta)  Provenza, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Sarli, Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Sapia, Massimo Enrico Baroni, Bologna.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, la legge di bilancio all'esame stabilisce che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per il 2019 è confermato in 114.435 milioni di euro, per il 2020 è incrementato di 2.000 milioni di euro e, per l'anno 2021, di ulteriori 1.500 milioni di euro;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, recante i nuovi livelli essenziali di assistenza, al Capo II, articolo 2, nell'ambito della prevenzione collettiva e della Sanità pubblica include anche la salute animale e l'igiene urbana veterinaria e, in particolare, prevede l'attuazione del programma per la lotta al randagismo e il controllo del benessere degli animali d'affezione;
    nel nostro Paese le terapie di cura per gli animali sono detraibili al 19 per cento delle spese sostenute e l'IVA sul cibo di animali di affezione è al 22 per cento, quasi come fosse un bene di lusso;
    molte persone meno abbienti rinunciano alle cure per i propri animali di affezione anche a causa della forte tassazione;
    i benefici del possesso di animali d'affezione trovano sempre maggiori evidenze scientifiche sugli anziani e sui bambini;
    l'articolo 15, comma 1, lettera c-bis) del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 prevede una detrazione Irpef del 19 per cento delle spese veterinarie sostenute nell'anno fino ad un importo massimo di 387,34 euro, per la parte che eccede la franchigia di 129,11 euro. Il limite di detraibilità è unico per tutte le spese veterinarie sostenute, indipendentemente dal numero di animali posseduti. La possibilità di portare in detrazione tali spese è limitata alle sole spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva, mentre non sono detraibili le spese per la cura di animali destinati all'allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare e di animali di qualunque specie allevati o detenuti nell'esercizio di attività commerciali o agricole, né in relazione ad animali utilizzati per attività illecite;
    le spese veterinarie ammesse alla detrazione riguardano: le prestazioni professionali rese dal veterinario, l'acquisto di medicinali veterinari prescritti dal veterinario, le spese per analisi di laboratorio e interventi presso cliniche veterinarie;
    una eventuale estensione della detraibilità fiscale, con un possibile innalzamento del limite della stessa, può creare le condizioni per far emergere possibili casi di evasione fiscale nel settore, facendo in questo modo guadagnare alle casse dell'erario statale nuovi introiti. Tale misura, allo stesso tempo, potrebbe essere di sostegno alle famiglie che possiedono animali di compagnia, ma che si trovano in condizioni di difficoltà economica,

impegna il Governo:

   1) a valutare l'opportunità di intraprendere misure finalizzate ad estendere la detraibilità fiscale per le spese veterinarie sostenute per ciascun animale da compagnia legalmente detenuto non a scopo di lucro;
   2) a verificare se vi siano le condizioni per innalzare il limite della detraibilità fiscale delle spese veterinarie detraibili sostenute in un anno;
   3) a valutare l'eventualità di abbassare l'aliquota dell'IVA sul cibo per animali d'affezione, valorizzando in questo modo il valore sociale e il ruolo sempre maggiore degli animali d'affezione nella vita quotidiana, così come accade in molti Paesi europei.
9/1334-AR/54Sarli, D'Arrando, Troiano, Bologna, Massimo Enrico Baroni, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sportiello, Trizzino, Leda Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza, la legge di bilancio all'esame stabilisce che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per il 2019 è confermato in 114.435 milioni di euro, per il 2020 è incrementato di 2.000 milioni di euro e, per l'anno 2021, di ulteriori 1.500 milioni di euro;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, recante i nuovi livelli essenziali di assistenza, al Capo II, articolo 2, nell'ambito della prevenzione collettiva e della Sanità pubblica include anche la salute animale e l'igiene urbana veterinaria e, in particolare, prevede l'attuazione del programma per la lotta al randagismo e il controllo del benessere degli animali d'affezione;
    nel nostro Paese le terapie di cura per gli animali sono detraibili al 19 per cento delle spese sostenute e l'IVA sul cibo di animali di affezione è al 22 per cento, quasi come fosse un bene di lusso;
    molte persone meno abbienti rinunciano alle cure per i propri animali di affezione anche a causa della forte tassazione;
    i benefici del possesso di animali d'affezione trovano sempre maggiori evidenze scientifiche sugli anziani e sui bambini;
    l'articolo 15, comma 1, lettera c-bis) del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 prevede una detrazione Irpef del 19 per cento delle spese veterinarie sostenute nell'anno fino ad un importo massimo di 387,34 euro, per la parte che eccede la franchigia di 129,11 euro. Il limite di detraibilità è unico per tutte le spese veterinarie sostenute, indipendentemente dal numero di animali posseduti. La possibilità di portare in detrazione tali spese è limitata alle sole spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva, mentre non sono detraibili le spese per la cura di animali destinati all'allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare e di animali di qualunque specie allevati o detenuti nell'esercizio di attività commerciali o agricole, né in relazione ad animali utilizzati per attività illecite;
    le spese veterinarie ammesse alla detrazione riguardano: le prestazioni professionali rese dal veterinario, l'acquisto di medicinali veterinari prescritti dal veterinario, le spese per analisi di laboratorio e interventi presso cliniche veterinarie;
    una eventuale estensione della detraibilità fiscale, con un possibile innalzamento del limite della stessa, può creare le condizioni per far emergere possibili casi di evasione fiscale nel settore, facendo in questo modo guadagnare alle casse dell'erario statale nuovi introiti. Tale misura, allo stesso tempo, potrebbe essere di sostegno alle famiglie che possiedono animali di compagnia, ma che si trovano in condizioni di difficoltà economica,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1) a valutare l'opportunità di intraprendere misure finalizzate ad estendere la detraibilità fiscale per le spese veterinarie sostenute per ciascun animale da compagnia legalmente detenuto non a scopo di lucro;
   2) a verificare se vi siano le condizioni per innalzare il limite della detraibilità fiscale delle spese veterinarie detraibili sostenute in un anno;
   3) a valutare l'eventualità di abbassare l'aliquota dell'IVA sul cibo per animali d'affezione, valorizzando in questo modo il valore sociale e il ruolo sempre maggiore degli animali d'affezione nella vita quotidiana, così come accade in molti Paesi europei.
9/1334-AR/54. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sarli, D'Arrando, Troiano, Bologna, Massimo Enrico Baroni, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sportiello, Trizzino, Leda Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    attualmente in Italia la contraccezione risulta interamente a carico dei cittadini e delle cittadine tranne che in alcune regioni (Puglia, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana) dove invece ne viene assicurata la gratuità e l'accessibilità e, in ognuna di queste, diverse sono le categorie di persone a cui è garantita;
    lasciare alla gestione e alla volontà delle Regioni, o addirittura ai singoli consultori, la possibilità di poter rendere accessibile e gratuita la contraccezione significa creare forti diseguaglianze territoriali che non assicurano a tutti i cittadini e a tutte le cittadine il pieno godimento di un diritto;
    infatti, il costo della contraccezione resta ancora troppo elevato per tante donne, coppie e famiglie in condizioni di disagio economico e ciò genera difficoltà nel regolare la fertilità, programmare e distanziare adeguatamente le gravidanze, nonché nell'evitare la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili;
    dal rapporto dell’European Parliamentary Forum on Population and Development del 2018, sulla diffusione e l'accesso alle moderne tecniche di contraccezione in 46 Stati d'Europa, l'Italia risulta collocata al 26esimo posto tra i Paesi in cui esistono rimborsi per diverse tipologie di contraccettivi e in cui si realizzano politiche che mirano a facilitare l'accesso alla contraccezione di giovani e donne con basso reddito, e non risulta nemmeno presente tra i 18 paesi che rimborsano le spese per i mezzi di contraccezione agli utenti appartenenti agli adolescenti a particolari categorie;
    nonostante in ambito legislativo i riferimenti alla contraccezione gratuita siano riportati sia nella legge n. 405 del 1975, che istituì i consultori, sia nella legge n. 194 del 1978 che regolamenta l'interruzione volontaria di gravidanza e la tutela sociale della maternità, la questione non è mai stata risolta uniformemente a livello nazionale con un intervento che armonizzasse le iniziative regionali con importanti ricadute sulla salute e con la conseguenza che nel nostro Paese la contraccezione non è ancora erogata a carico del Servizio Sanitario Nazionale privando, di fatto, la possibilità a donne, uomini e coppie di farvi ricorso consapevolmente;
    la gratuità, così come richiesto dal Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole, dovrebbe riguardare: il dispositivo intra-uterino al rame che garantiscono una protezione anticoncezionale di lunga durata eliminando il rischio di dimenticanza; gli estro-progestinici (pillole di seconda generazione che offrono il miglior profilo di sicurezza rispetto al rischio di eventi tromboembolitici, anello vaginale, cerotti) per cui si richiede la prescrivibilità fino a 6 confezioni; pillola progestinica indicata per chi non può assumere estrogeni e durante l'allattamento; dispositivi intra-uterini con progestinico indicati anche nel trattamento della metrorragia; impianto sottocutaneo con progestinico che garantisce una protezione contraccettiva di 3 anni eliminando il rischio di dimenticanza ed è utilizzabile anche in allattamento; preservativi almeno per minori e per partner di persone HIV positive;
    si ricorda che dati allarmanti sono stati raccolti dall'istituto Superiore di Sanità riguardo la diffusione dell'HIV che solo nel 2016, in Italia, ha registrato 3.451 nuove diagnosi di infezione pari a un'incidenza di 5,7 nuovi casi ogni 100.000 residenti. L'85,6 per cento delle segnalazioni è attribuibile a rapporti sessuali non protetti;
    l'articolo 2 della legge n. 194 del 1978, così detta «La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori» e l'articolo 4 della legge n. 405 del 1975 prevede «Le altre prestazioni previste dal servizio istituito con la presente legge sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, su territorio italiano» la contraccezione gratuita deve essere accessibile anche ai minori e a coloro che soggiornino in Italia anche temporaneamente,

impegna il Governo:

   1) a valutare la possibilità di rendere gratuiti i dispositivi contraccettivi medici e ormonali, meccanici e di barriera, almeno per i minori di 26 anni, per le donne fino a 12 mesi dopo un'interruzione di gravidanza, ovvero un parto, per coloro affetti da una malattia sessualmente trasmissibile e per coloro che sono già esentati dalla compartecipazione al costo delle spese sanitarie;
   2) a valutare l'opportunità di rendere gratuiti i preservativi almeno ai minori, alle persone affette da HIV e ai loro partner e a coloro a cui sia stata diagnosticata una malattia sessualmente trasmissibile.
9/1334-AR/55Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    attualmente in Italia la contraccezione risulta interamente a carico dei cittadini e delle cittadine tranne che in alcune regioni (Puglia, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana) dove invece ne viene assicurata la gratuità e l'accessibilità e, in ognuna di queste, diverse sono le categorie di persone a cui è garantita;
    lasciare alla gestione e alla volontà delle Regioni, o addirittura ai singoli consultori, la possibilità di poter rendere accessibile e gratuita la contraccezione significa creare forti diseguaglianze territoriali che non assicurano a tutti i cittadini e a tutte le cittadine il pieno godimento di un diritto;
    infatti, il costo della contraccezione resta ancora troppo elevato per tante donne, coppie e famiglie in condizioni di disagio economico e ciò genera difficoltà nel regolare la fertilità, programmare e distanziare adeguatamente le gravidanze, nonché nell'evitare la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili;
    dal rapporto dell’European Parliamentary Forum on Population and Development del 2018, sulla diffusione e l'accesso alle moderne tecniche di contraccezione in 46 Stati d'Europa, l'Italia risulta collocata al 26esimo posto tra i Paesi in cui esistono rimborsi per diverse tipologie di contraccettivi e in cui si realizzano politiche che mirano a facilitare l'accesso alla contraccezione di giovani e donne con basso reddito, e non risulta nemmeno presente tra i 18 paesi che rimborsano le spese per i mezzi di contraccezione agli utenti appartenenti agli adolescenti a particolari categorie;
    nonostante in ambito legislativo i riferimenti alla contraccezione gratuita siano riportati sia nella legge n. 405 del 1975, che istituì i consultori, sia nella legge n. 194 del 1978 che regolamenta l'interruzione volontaria di gravidanza e la tutela sociale della maternità, la questione non è mai stata risolta uniformemente a livello nazionale con un intervento che armonizzasse le iniziative regionali con importanti ricadute sulla salute e con la conseguenza che nel nostro Paese la contraccezione non è ancora erogata a carico del Servizio Sanitario Nazionale privando, di fatto, la possibilità a donne, uomini e coppie di farvi ricorso consapevolmente;
    la gratuità, così come richiesto dal Comitato per la contraccezione gratuita e consapevole, dovrebbe riguardare: il dispositivo intra-uterino al rame che garantiscono una protezione anticoncezionale di lunga durata eliminando il rischio di dimenticanza; gli estro-progestinici (pillole di seconda generazione che offrono il miglior profilo di sicurezza rispetto al rischio di eventi tromboembolitici, anello vaginale, cerotti) per cui si richiede la prescrivibilità fino a 6 confezioni; pillola progestinica indicata per chi non può assumere estrogeni e durante l'allattamento; dispositivi intra-uterini con progestinico indicati anche nel trattamento della metrorragia; impianto sottocutaneo con progestinico che garantisce una protezione contraccettiva di 3 anni eliminando il rischio di dimenticanza ed è utilizzabile anche in allattamento; preservativi almeno per minori e per partner di persone HIV positive;
    si ricorda che dati allarmanti sono stati raccolti dall'istituto Superiore di Sanità riguardo la diffusione dell'HIV che solo nel 2016, in Italia, ha registrato 3.451 nuove diagnosi di infezione pari a un'incidenza di 5,7 nuovi casi ogni 100.000 residenti. L'85,6 per cento delle segnalazioni è attribuibile a rapporti sessuali non protetti;
    l'articolo 2 della legge n. 194 del 1978, così detta «La somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori» e l'articolo 4 della legge n. 405 del 1975 prevede «Le altre prestazioni previste dal servizio istituito con la presente legge sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, su territorio italiano» la contraccezione gratuita deve essere accessibile anche ai minori e a coloro che soggiornino in Italia anche temporaneamente,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1) a valutare la possibilità di rendere gratuiti i dispositivi contraccettivi medici e ormonali, meccanici e di barriera, almeno per i minori di 26 anni, per le donne fino a 12 mesi dopo un'interruzione di gravidanza, ovvero un parto, per coloro affetti da una malattia sessualmente trasmissibile e per coloro che sono già esentati dalla compartecipazione al costo delle spese sanitarie;
   2) a valutare l'opportunità di rendere gratuiti i preservativi almeno ai minori, alle persone affette da HIV e ai loro partner e a coloro a cui sia stata diagnosticata una malattia sessualmente trasmissibile.
9/1334-AR/55. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sportiello, Trizzino, Troiano, Leda Volpi, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 42, titolato «Programmi di edilizia sanitaria» contiene disposizione volte a incrementare il livello delle risorse destinate ad interventi di edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico, innalzando la dotazione dagli attuali 24 miliardi di euro a 26 milioni di euro;
    oltre a condividere pienamente l'incremento delle risorse ivi previsto, nonché il complessivo impiego delle stesse per il finanziamento di nuovi interventi di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico, appare altresì opportuna una ricognizione e analisi sui vari provvedimenti di chiusura che hanno riguardato, negli ultimi anni, sull'intero territorio nazionale, i punti di primo intervento/soccorso. Molti di essi, infatti, sono stati chiusi senza tenere conto delle caratteristiche orografiche del territorio e dei rispettivi bacini d'utenza e questo ha prodotto per molti cittadini serie difficoltà ad accedere alle cure d'emergenza, non potendo più contare su un punto di assistenza sanitaria di prossimità. Ciò ha prodotto il conseguente prevedibile sovraffollamento di gran parte delle strutture di primo intervento/soccorso esistenti, con un abbassamento della qualità dei servizi offerti;
    decisioni di cui sopra, adottate appunto senza tenere conto della conformazione orografica del territorio e del relativo bacino di utenza, hanno coinvolto ad esempio anche il Molise, con la contemporanea chiusura lo scorso 1 luglio dei punti di primo intervento/soccorso di Venafro e Larino. Una decisione che – come affermato dal Presidente dell'Ordine dei Medici di Isernia – «è inaccettabile perché priva i cittadini di un servizio fondamentale e perché avvenuta senza consultare i medici, le organizzazioni sindacali e lo stesso Ordine isernino», disattendendo totalmente l'articolo 32 della Costituzione che definisce «la tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
    i punti di primo intervento/soccorso siano, invece, di strategica importanza per i cittadini, perché se ben potenziati possono servire da filtro per l'utenza e contribuire alla realizzazione di una più efficace ed efficiente rete territoriale di assistenza medico-ospedaliera oltre che a un'effettiva tutela del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione;
    in un caso simile a quello sopra citato, il Tar dell'Umbria, con la sentenza n. 98/2018 ha valutato come «irragionevole la soppressione e/o trasferimento definitivo di presidi di pronto soccorso che costringano l'utenza a rivolgersi a servizi il cui espletamento richieda un aumento dei tempi di percorrenza, a maggior ragione nei casi in cui la conformazione orografica e le condizioni di viabilità della zona incidono negativamente sulla rapida e normale percorribilità stradale soprattutto nel periodo invernale a causa delle prevedibili avverse condizioni climatiche»;
    il Ministro della salute ha manifestato di recente la necessità di rilanciare la sanità pubblica nel nostro paese, attraverso l'attuazione di alcuni prioritari interventi tra cui anche il potenziamento su tutto il territorio nazionale delle unità di personale impiegato nelle operazioni di accettazione, primo intervento e urgenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di promuovere su tutto il territorio nazionale un piano straordinario di potenziamento delle strutture sanitarie di primo intervento/soccorso, anche attraverso la riapertura di quei presidi territoriali ubicati, come quelli di Venafro e Larino, in aree particolarmente impegnative dal punto di vista orografico, nonché caratterizzate in alcuni mesi dell'anno, da condizioni climatiche prevedibilmente avverse.
9/1334-AR/56Testamento, D'Arrando.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 42, titolato «Programmi di edilizia sanitaria» contiene disposizione volte a incrementare il livello delle risorse destinate ad interventi di edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico, innalzando la dotazione dagli attuali 24 miliardi di euro a 26 milioni di euro;
    oltre a condividere pienamente l'incremento delle risorse ivi previsto, nonché il complessivo impiego delle stesse per il finanziamento di nuovi interventi di edilizia sanitaria e di ammodernamento tecnologico, appare altresì opportuna una ricognizione e analisi sui vari provvedimenti di chiusura che hanno riguardato, negli ultimi anni, sull'intero territorio nazionale, i punti di primo intervento/soccorso. Molti di essi, infatti, sono stati chiusi senza tenere conto delle caratteristiche orografiche del territorio e dei rispettivi bacini d'utenza e questo ha prodotto per molti cittadini serie difficoltà ad accedere alle cure d'emergenza, non potendo più contare su un punto di assistenza sanitaria di prossimità. Ciò ha prodotto il conseguente prevedibile sovraffollamento di gran parte delle strutture di primo intervento/soccorso esistenti, con un abbassamento della qualità dei servizi offerti;
    decisioni di cui sopra, adottate appunto senza tenere conto della conformazione orografica del territorio e del relativo bacino di utenza, hanno coinvolto ad esempio anche il Molise, con la contemporanea chiusura lo scorso 1 luglio dei punti di primo intervento/soccorso di Venafro e Larino. Una decisione che – come affermato dal Presidente dell'Ordine dei Medici di Isernia – «è inaccettabile perché priva i cittadini di un servizio fondamentale e perché avvenuta senza consultare i medici, le organizzazioni sindacali e lo stesso Ordine isernino», disattendendo totalmente l'articolo 32 della Costituzione che definisce «la tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
    i punti di primo intervento/soccorso siano, invece, di strategica importanza per i cittadini, perché se ben potenziati possono servire da filtro per l'utenza e contribuire alla realizzazione di una più efficace ed efficiente rete territoriale di assistenza medico-ospedaliera oltre che a un'effettiva tutela del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione;
    in un caso simile a quello sopra citato, il Tar dell'Umbria, con la sentenza n. 98/2018 ha valutato come «irragionevole la soppressione e/o trasferimento definitivo di presidi di pronto soccorso che costringano l'utenza a rivolgersi a servizi il cui espletamento richieda un aumento dei tempi di percorrenza, a maggior ragione nei casi in cui la conformazione orografica e le condizioni di viabilità della zona incidono negativamente sulla rapida e normale percorribilità stradale soprattutto nel periodo invernale a causa delle prevedibili avverse condizioni climatiche»;
    il Ministro della salute ha manifestato di recente la necessità di rilanciare la sanità pubblica nel nostro paese, attraverso l'attuazione di alcuni prioritari interventi tra cui anche il potenziamento su tutto il territorio nazionale delle unità di personale impiegato nelle operazioni di accettazione, primo intervento e urgenza,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di promuovere su tutto il territorio nazionale un piano straordinario di potenziamento delle strutture sanitarie di primo intervento/soccorso, anche attraverso la riapertura di quei presidi territoriali ubicati, come quelli di Venafro e Larino, in aree particolarmente impegnative dal punto di vista orografico, nonché caratterizzate in alcuni mesi dell'anno, da condizioni climatiche prevedibilmente avverse.
9/1334-AR/56. (Testo modificato nel corso della seduta)  Testamento, D'Arrando.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    l'analisi dei dati della mortalità e dell'incidenza delle patologie di maggiore impatto rappresentano una fonte insostituibile non solo per la descrizione dello stato di salute della popolazione, ma soprattutto per stimare in maniera accurata le necessità e specificità in termini di richiesta di prestazioni sanitarie dei singoli territori e per individuare eventuali cluster di aumentata incidenza che possono suggerire una correlazione con fattori ambientali e quindi indirizzare studi epidemiologici mirati. Tuttavia la frammentazione che attualmente riguarda i registri di malattia (alcuni totalmente assenti in alcune Regioni) rende inefficace e inutilizzabile questa importante arma di indagine sugli ambiti prioritari di intervento e di valutazione di efficacia delle azioni della Sanità Pubblica;
    in quest'ottica, la consultazione dei registri di malattia su un'unica piattaforma presso il ministero della Salute renderebbe possibili analisi epidemiologiche efficaci riducendo i costi di mantenimento, il tutto nell'ottica di un controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche;
    allo stesso modo, per una miglior programmazione sanitaria sarebbe utile che il Ministero potesse visualizzare direttamente tramite la medesima piattaforma digitale le informazioni relative alla numerosità del personale medico occupato nei vari Reparti dei presidi ospedalieri, nonché gli accessi soprattutto nei Pronto Soccorso al fine di una corretta pianificazione delle assunzioni e di pianificazione di offerta sanitaria;
    in particolare, sarebbe auspicabile che nella citata piattaforma potessero essere inserite dal medico le principali diagnosi di cui si ha interesse a creare un registro (tumori, malattie infettive, ictus, diabete, ipertensione ecc...), evitando quindi la dispersione su singoli registri su base territoriale o regionale, e anche l'anagrafe vaccinale. Queste informazioni sarebbero disponibili in forma anonima per il Ministero della salute (che potrebbe finalmente commissionare studi epidemiologici completi e progetti di prevenzione mirati) e per gli operatori sanitari in caso di ricovero del paziente o accesso in pronto soccorso evitando così le inutili difficoltà e le perdite di tempo a reperire informazioni anamnestiche quando il paziente afferisce ad un altro reparto o altro ospedale;
    nel medesimo applicativo si potrebbe far convergere tutte le informazioni concernenti il personale reale, il numero del personale sanitario operante in ogni reparto (dato necessario anche per predisporre una realistica programmazione delle assunzioni) e che renda visualizzabili i posti letto disponibili totali – al fine di monitorare la programmazione regionale – e quelli disponibili effettivamente in tempo reale per essere accessibile dal personale medico del 118 allo scopo di conoscere in ogni momento l'effettiva disponibilità di posti letto in ciascuna struttura ospedaliera italiana, e da remoto, attraverso app gestibile attraverso smartphone/tablet, e poter altresì trasmettere durante il trasporto in urgenza i dati di eventuali analisi condotte e la tipologia di intervento necessario all'arrivo del paziente presso la struttura ospedaliera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un'unica piattaforma informatica nazionale per la gestione centralizzata dei dati sanitari, al fine di evitare dispersioni e perdite di informazioni tra Regioni e Ministero e garantire altresì una maggiore trasparenza.
9/1334-AR/57Leda Volpi, Menga, Nappi, Lorefice, Sportiello, Trizzino, Troiano, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Lapia, Mammì, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento all'esame si prevede che l'accesso delle regioni all'incremento del livello del finanziamento, per gli anni 2020 e 2021, viene subordinato alla stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome per il Patto per la salute 2019-2021, specificamente diretto a prevedere misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati e di efficientamento dei costi;
    l'analisi dei dati della mortalità e dell'incidenza delle patologie di maggiore impatto rappresentano una fonte insostituibile non solo per la descrizione dello stato di salute della popolazione, ma soprattutto per stimare in maniera accurata le necessità e specificità in termini di richiesta di prestazioni sanitarie dei singoli territori e per individuare eventuali cluster di aumentata incidenza che possono suggerire una correlazione con fattori ambientali e quindi indirizzare studi epidemiologici mirati. Tuttavia la frammentazione che attualmente riguarda i registri di malattia (alcuni totalmente assenti in alcune Regioni) rende inefficace e inutilizzabile questa importante arma di indagine sugli ambiti prioritari di intervento e di valutazione di efficacia delle azioni della Sanità Pubblica;
    in quest'ottica, la consultazione dei registri di malattia su un'unica piattaforma presso il ministero della Salute renderebbe possibili analisi epidemiologiche efficaci riducendo i costi di mantenimento, il tutto nell'ottica di un controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche;
    allo stesso modo, per una miglior programmazione sanitaria sarebbe utile che il Ministero potesse visualizzare direttamente tramite la medesima piattaforma digitale le informazioni relative alla numerosità del personale medico occupato nei vari Reparti dei presidi ospedalieri, nonché gli accessi soprattutto nei Pronto Soccorso al fine di una corretta pianificazione delle assunzioni e di pianificazione di offerta sanitaria;
    in particolare, sarebbe auspicabile che nella citata piattaforma potessero essere inserite dal medico le principali diagnosi di cui si ha interesse a creare un registro (tumori, malattie infettive, ictus, diabete, ipertensione ecc...), evitando quindi la dispersione su singoli registri su base territoriale o regionale, e anche l'anagrafe vaccinale. Queste informazioni sarebbero disponibili in forma anonima per il Ministero della salute (che potrebbe finalmente commissionare studi epidemiologici completi e progetti di prevenzione mirati) e per gli operatori sanitari in caso di ricovero del paziente o accesso in pronto soccorso evitando così le inutili difficoltà e le perdite di tempo a reperire informazioni anamnestiche quando il paziente afferisce ad un altro reparto o altro ospedale;
    nel medesimo applicativo si potrebbe far convergere tutte le informazioni concernenti il personale reale, il numero del personale sanitario operante in ogni reparto (dato necessario anche per predisporre una realistica programmazione delle assunzioni) e che renda visualizzabili i posti letto disponibili totali – al fine di monitorare la programmazione regionale – e quelli disponibili effettivamente in tempo reale per essere accessibile dal personale medico del 118 allo scopo di conoscere in ogni momento l'effettiva disponibilità di posti letto in ciascuna struttura ospedaliera italiana, e da remoto, attraverso app gestibile attraverso smartphone/tablet, e poter altresì trasmettere durante il trasporto in urgenza i dati di eventuali analisi condotte e la tipologia di intervento necessario all'arrivo del paziente presso la struttura ospedaliera,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di istituire un'unica piattaforma informatica nazionale per la gestione centralizzata dei dati sanitari, al fine di evitare dispersioni e perdite di informazioni tra Regioni e Ministero e garantire altresì una maggiore trasparenza.
9/1334-AR/57. (Testo modificato nel corso della seduta)  Leda Volpi, Menga, Nappi, Lorefice, Sportiello, Trizzino, Troiano, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Lapia, Mammì, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    al disegno di legge recante Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici, con un ordine del giorno, il Governo è stato impegnato a valutare l'opportunità di adottare criteri obiettivi e trasparenti per determinare le piante organiche delle Procure in Italia basati su dati oggettivi quali, ad esempio, la popolazione servita, le attività economiche nel circondario, numero di comuni serviti, l'estensione totale del territorio servito;
    il territorio bergamasco è un territorio molto esteso, sul quale è difficile, come ha espresso il Procuratore circondariale di Bergamo, fare sinergia;
    la conformazione territoriale, eterogenea e frazionata, rende particolarmente complicato il lavoro delle forze dell'ordine impiegate sul territorio;
    la Procura circondariale di Bergamo ha sollevato diverse criticità operative riguardanti le unità complessive del Corpo dei Carabinieri, le quali risultano essere insufficienti a fronteggiare le diverse problematiche territoriali. In particolare le unità del Corpo dei Carabinieri facente capo al Nucleo Investigativo, unità chiamata a risolvere casi di particolare rilevanza ed importanza come omicidi e rapine. Inoltre ha messo in evidenza le criticità inerenti i criteri di ripartizione sul territorio nazionale delle forze dell'ordine e in particolare la ripartizione del corpo dei carabinieri;
    l'articolo 30 del provvedimento in esame, dispone assunzioni straordinarie nelle Forze di Polizia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito di quanto già previsto dall'articolo in premessa, di adottare misure che possano intervenire sui criteri di ripartizione delle forze dell'ordine sul territorio nazionale con particolare attenzione alla ripartizione territoriale delle unità facenti capo all'arma dei Carabinieri.
9/1334-AR/58Termini, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    al disegno di legge recante Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici, con un ordine del giorno, il Governo è stato impegnato a valutare l'opportunità di adottare criteri obiettivi e trasparenti per determinare le piante organiche delle Procure in Italia basati su dati oggettivi quali, ad esempio, la popolazione servita, le attività economiche nel circondario, numero di comuni serviti, l'estensione totale del territorio servito;
    il territorio bergamasco è un territorio molto esteso, sul quale è difficile, come ha espresso il Procuratore circondariale di Bergamo, fare sinergia;
    la conformazione territoriale, eterogenea e frazionata, rende particolarmente complicato il lavoro delle forze dell'ordine impiegate sul territorio;
    la Procura circondariale di Bergamo ha sollevato diverse criticità operative riguardanti le unità complessive del Corpo dei Carabinieri, le quali risultano essere insufficienti a fronteggiare le diverse problematiche territoriali. In particolare le unità del Corpo dei Carabinieri facente capo al Nucleo Investigativo, unità chiamata a risolvere casi di particolare rilevanza ed importanza come omicidi e rapine. Inoltre ha messo in evidenza le criticità inerenti i criteri di ripartizione sul territorio nazionale delle forze dell'ordine e in particolare la ripartizione del corpo dei carabinieri;
    l'articolo 30 del provvedimento in esame, dispone assunzioni straordinarie nelle Forze di Polizia,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, nell'ambito di quanto già previsto dall'articolo in premessa, di adottare misure che possano intervenire sui criteri di ripartizione delle forze dell'ordine sul territorio nazionale con particolare attenzione alla ripartizione territoriale delle unità facenti capo all'arma dei Carabinieri.
9/1334-AR/58. (Testo modificato nel corso della seduta)  Termini, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il dissesto idrogeologico costituisce un tema di particolare rilevanza per l'Italia a causa degli impatti sulla popolazione, sulle infrastrutture lineari di comunicazione e sul tessuto economico e produttivo. Il forte incremento delle aree urbanizzate, verificatosi a partire dal secondo dopoguerra, spesso in assenza di una corretta pianificazione territoriale, ha portato a un considerevole aumento degli elementi esposti a frane e alluvioni e quindi del rischio. Le superfici artificiali sono passate infatti dal 2,7 per cento negli anni ’50 al 7,65 per cento del 2017. L'abbandono delle aree rurali montane e collinari ha inoltre determinato un mancato presidio e manutenzione del territorio;
    in particolare i principali dati del Rapporto dell'ISPRA 2018 sul dissesto idrogeologico in Italia segnalo che 7.275 comuni (91 per cento del totale) sono a rischio per frane e/o alluvioni; il 16,6 per cento del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità; 1,28 milioni di abitanti sono a rischio frane e oltre 6 milioni di abitanti a rischio alluvioni;
   considerato che:
    tra le finalità del fondo per gli investimenti degli enti territoriali di cui all'articolo 16 del provvedimento in esame, è prevista una quota per il rilancio degli investimenti nel settore del dissesto idrogeologico;
    la regione Abruzzo ha caricato le necessarie informazioni per il finanziamento degli interventi sulla piattaforma RENDIS e che tale procedura è funzionale alla presentazione delle richieste da parte delle regioni, alla successiva procedura di valutazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) e delle Autorità di bacino distrettuale (AdD) e al successivo finanziamento degli interventi da parte di MATTM;
    la direzione generale per la salvaguardia del territorio delle acque del competente MATTM ha effettuato la verifica della coerenza degli interventi, presentati dalla regione Abruzzo, con le finalità del finanziamento e valutato la completezza della relativa e obbligatoria documentazione sulla progettazione;
    la costa adriatica che rappresenta il 6 per cento della costa mediterranea, il 17 per cento di quella italiana e che pertanto può essere praticamente considerata una città lunga 1470 chilometri. La massiccia urbanizzazione avvenuta negli ultimi cinquanta anni la rende gravemente vulnerabile, sempre più spesso le piogge provocano danni ingenti interessando anche strutture di notevole interesse architettonico-paesaggistico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi tempestivamente per formalizzare l'atto integrativo all'accordo di programma con la regione Abruzzo per il finanziamento degli interventi per la messa in sicurezza della costa orientale.
9/1334-AR/59Grippa, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    il dissesto idrogeologico costituisce un tema di particolare rilevanza per l'Italia a causa degli impatti sulla popolazione, sulle infrastrutture lineari di comunicazione e sul tessuto economico e produttivo. Il forte incremento delle aree urbanizzate, verificatosi a partire dal secondo dopoguerra, spesso in assenza di una corretta pianificazione territoriale, ha portato a un considerevole aumento degli elementi esposti a frane e alluvioni e quindi del rischio. Le superfici artificiali sono passate infatti dal 2,7 per cento negli anni ’50 al 7,65 per cento del 2017. L'abbandono delle aree rurali montane e collinari ha inoltre determinato un mancato presidio e manutenzione del territorio;
    in particolare i principali dati del Rapporto dell'ISPRA 2018 sul dissesto idrogeologico in Italia segnalo che 7.275 comuni (91 per cento del totale) sono a rischio per frane e/o alluvioni; il 16,6 per cento del territorio nazionale è classificato a maggiore pericolosità; 1,28 milioni di abitanti sono a rischio frane e oltre 6 milioni di abitanti a rischio alluvioni;
   considerato che:
    tra le finalità del fondo per gli investimenti degli enti territoriali di cui all'articolo 16 del provvedimento in esame, è prevista una quota per il rilancio degli investimenti nel settore del dissesto idrogeologico;
    la regione Abruzzo ha caricato le necessarie informazioni per il finanziamento degli interventi sulla piattaforma RENDIS e che tale procedura è funzionale alla presentazione delle richieste da parte delle regioni, alla successiva procedura di valutazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) e delle Autorità di bacino distrettuale (AdD) e al successivo finanziamento degli interventi da parte di MATTM;
    la direzione generale per la salvaguardia del territorio delle acque del competente MATTM ha effettuato la verifica della coerenza degli interventi, presentati dalla regione Abruzzo, con le finalità del finanziamento e valutato la completezza della relativa e obbligatoria documentazione sulla progettazione;
    la costa adriatica che rappresenta il 6 per cento della costa mediterranea, il 17 per cento di quella italiana e che pertanto può essere praticamente considerata una città lunga 1470 chilometri. La massiccia urbanizzazione avvenuta negli ultimi cinquanta anni la rende gravemente vulnerabile, sempre più spesso le piogge provocano danni ingenti interessando anche strutture di notevole interesse architettonico-paesaggistico,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di attivarsi tempestivamente per formalizzare l'atto integrativo all'accordo di programma con la regione Abruzzo per il finanziamento degli interventi per la messa in sicurezza della costa orientale.
9/1334-AR/59. (Testo modificato nel corso della seduta)  Grippa, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 114 comma 3 della Costituzione dispone che: «Roma è la Capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento»;
    la legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione», all'articolo 24, definisce puntualmente l'ordinamento transitorio di Roma Capitale;
    il contratto per il Governo del cambiamento nel recepire le criticità della Capitale d'Italia, stabilisce di «disegno attuativo delle disposizioni costituzionali su Roma Capitale (articolo 114 della Costituzione), con legge dello Stato», anche attraverso «un nuovo patto tra la Repubblica e la sua Capitale, restituendole nuova e definitiva dignità»;
    codesto ramo del Parlamento ha approvato in data 27 novembre 2018 la mozione n. 1-00048 in cui il Governo si impegna tra l'altro, ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di garantire un rafforzamento dell'ordinamento di Roma Capitale in attuazione dell'articolo 114, terzo comma, della Costituzione, a partire dal decentramento amministrativo e dal ruolo dei municipi, in attuazione dell'articolo 5 della Costituzione; ad adottare iniziative per realizzare un progetto di rilancio di Roma Capitale e della macchina amministrativa capitolina; ad implementare, attraverso le iniziative di competenza, la riforma del federalismo fiscale al fine di completare l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, che prevede non soltanto l'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa;
   considerato che,
    è stata rappresentata dal Comune di Roma la necessità di procedere ad una revisione progettuale della Linea C della metropolitana nonché l'acquisto di nuovo materiale rotabile per la medesima linea e di assicurare con urgenza la manutenzione straordinaria delle linee A e B. Le risorse hanno l'obiettivo di contribuire al completamento del programma per l'adeguamento di cui al decreto interministeriale del 21 ottobre 2015 in materia di prevenzione incendi, già in parte attivato con le risorse di cui all'articolo 1 comma 140 della legge n. 232 del 2016 – annualità 2017, nonché per effettuare interventi prioritari di manutenzione straordinaria finalizzati all'implementazione della funzionalità e degli standard di sicurezza;
    la stessa amministrazione, a fronte di dati oggettivi sul tasso di incidenti dovuti allo stato della piattaforma stradale, ha più volte segnalato la necessità di prevedere uno stanziamento finalizzato ad assicurare il rifacimento profondo della piattaforma stradale nonché la necessità di provvedere con urgenza alla manutenzione delle strade di Roma,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere un finanziamento straordinario volto a sopperire alle annose emergenze della Capitale d'Italia in tema di trasporto pubblico locale e di sicurezza stradale;
   a promuovere una revisione normativa che coinvolga la Capitale in iniziative di autonomia differenziata, ai sensi dell'articolo 116 terzo comma, della Costituzione con particolare riferimento al trasporto pubblico, locale e la sicurezza stradale.
9/1334-AR/60Francesco Silvestri, Baldino, Salafia, Liuzzi, De Toma, Flati, Bella, Daga, Carelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 114 comma 3 della Costituzione dispone che: «Roma è la Capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento»;
    la legge 5 maggio 2009, n. 42, recante «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione», all'articolo 24, definisce puntualmente l'ordinamento transitorio di Roma Capitale;
    il contratto per il Governo del cambiamento nel recepire le criticità della Capitale d'Italia, stabilisce di «disegno attuativo delle disposizioni costituzionali su Roma Capitale (articolo 114 della Costituzione), con legge dello Stato», anche attraverso «un nuovo patto tra la Repubblica e la sua Capitale, restituendole nuova e definitiva dignità»;
    codesto ramo del Parlamento ha approvato in data 27 novembre 2018 la mozione n. 1-00048 in cui il Governo si impegna tra l'altro, ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di garantire un rafforzamento dell'ordinamento di Roma Capitale in attuazione dell'articolo 114, terzo comma, della Costituzione, a partire dal decentramento amministrativo e dal ruolo dei municipi, in attuazione dell'articolo 5 della Costituzione; ad adottare iniziative per realizzare un progetto di rilancio di Roma Capitale e della macchina amministrativa capitolina; ad implementare, attraverso le iniziative di competenza, la riforma del federalismo fiscale al fine di completare l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, che prevede non soltanto l'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa;
   considerato che,
    è stata rappresentata dal Comune di Roma la necessità di procedere ad una revisione progettuale della Linea C della metropolitana nonché l'acquisto di nuovo materiale rotabile per la medesima linea e di assicurare con urgenza la manutenzione straordinaria delle linee A e B. Le risorse hanno l'obiettivo di contribuire al completamento del programma per l'adeguamento di cui al decreto interministeriale del 21 ottobre 2015 in materia di prevenzione incendi, già in parte attivato con le risorse di cui all'articolo 1 comma 140 della legge n. 232 del 2016 – annualità 2017, nonché per effettuare interventi prioritari di manutenzione straordinaria finalizzati all'implementazione della funzionalità e degli standard di sicurezza;
    la stessa amministrazione, a fronte di dati oggettivi sul tasso di incidenti dovuti allo stato della piattaforma stradale, ha più volte segnalato la necessità di prevedere uno stanziamento finalizzato ad assicurare il rifacimento profondo della piattaforma stradale nonché la necessità di provvedere con urgenza alla manutenzione delle strade di Roma,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare l'opportunità di prevedere un finanziamento straordinario volto a sopperire alle annose emergenze della Capitale d'Italia in tema di trasporto pubblico locale e di sicurezza stradale;
   a promuovere una revisione normativa che coinvolga la Capitale in iniziative di autonomia differenziata, ai sensi dell'articolo 116 terzo comma, della Costituzione con particolare riferimento al trasporto pubblico, locale e la sicurezza stradale.
9/1334-AR/60. (Testo modificato nel corso della seduta)  Francesco Silvestri, Baldino, Salafia, Liuzzi, De Toma, Flati, Bella, Daga, Carelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema aeroportuale calabrese consta di tre aeroporti di interesse nazionale ex decreto del Presidente della Repubblica 201 del 2015 siti in Lamezia Terme, Reggio Calabria e Crotone, gestiti dalla società SACAL con sede in Lamezia Terme;
    il territorio del crotonese risulta da sempre servito da una strada statale vetusta ad una sola carreggiata altamente pericolosa e tristemente famosa come strada della morte per l'elevata sinistrosità e ferrovia ad unico binario non elettrificato con insufficiente traffico interregionale;
    l'aeroporto S. Anna di Crotone rappresenta, pertanto, l'unica importante risorsa di immediata fruibilità per il territorio dell'intera fascia jonica calabrese costretta a vivere, a causa della mancanza di infrastrutture adeguate, un regime di isolamento con gravi ripercussioni e limitazioni del diritto alla mobilità dei cittadini;
    l'isolamento della città di Crotone e del comprensorio tutto si ripercuote in maniera drammatica sull'economia del territorio, danneggiando gravemente le attività produttive e commerciali, nonché le attività turistiche dell'intera area jonica costretta a vivere una situazione disastrata rispetto all'area tirrenica;
    l'aeroporto attualmente è aperto con una operatività limitata ad una sola tratta settimanale RyanAir Bergamo/Crotone;
    l'aeroporto di Crotone ha necessità per consentire gli indispensabili lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza nonché per implementare la sua operatività, di stanziamenti adeguati che consentano il ripristino di voli regolari, anche mediante il riconoscimento degli oneri di servizio pubblico, al servizio dell'intero comprensorio della fascia jonica calabrese;
    risulta che nella recente legge di bilancio, così come licenziata dalla Commissione della Camera dei Deputati, sia stato approvato all'unanimità in data 3 dicembre 2018 l'emendamento n. 16.012 con il quale vengono stanziati 15 milioni di euro per il 2019 e 10 milioni di euro per il 2020 in favore dell'aeroporto di Reggio Calabria;
    ragioni di equità, anche al fine di garantire il diritto alla mobilità dei cittadini della fascia jonica gravemente leso dall'isolamento infrastrutturale, impongono di riequilibrare la situazione aeroportuale calabrese e di impegnare per Crotone le stesse cifre che sono state riconosciute all'aeroporto di Reggio Calabria anche in coerenza con le recenti dichiarazioni del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che ha recentemente ribadito come l'obiettivo per l'aeroporto di Crotone sia il ripristino, nel più breve tempo possibile, dell'operatività del medesimo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere risorse ed interventi volti ad assicurare il rilancio, la messa in sicurezza e la piena funzionalità dell'aeroporto di Crotone, alla luce di quanto previsto in favore dell'aeroporto Reggio Calabria anche al fine di garantire il pieno diritto alla mobilità dei cittadini della fascia jonica calabrese e a porre i presupposti per riequilibrare le differenti situazioni che si registrano sui due versanti calabresi.
9/1334-AR/61Barbuto, Scagliusi, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema aeroportuale calabrese consta di tre aeroporti di interesse nazionale ex decreto del Presidente della Repubblica 201 del 2015 siti in Lamezia Terme, Reggio Calabria e Crotone, gestiti dalla società SACAL con sede in Lamezia Terme;
    il territorio del crotonese risulta da sempre servito da una strada statale vetusta ad una sola carreggiata altamente pericolosa e tristemente famosa come strada della morte per l'elevata sinistrosità e ferrovia ad unico binario non elettrificato con insufficiente traffico interregionale;
    l'aeroporto S. Anna di Crotone rappresenta, pertanto, l'unica importante risorsa di immediata fruibilità per il territorio dell'intera fascia jonica calabrese costretta a vivere, a causa della mancanza di infrastrutture adeguate, un regime di isolamento con gravi ripercussioni e limitazioni del diritto alla mobilità dei cittadini;
    l'isolamento della città di Crotone e del comprensorio tutto si ripercuote in maniera drammatica sull'economia del territorio, danneggiando gravemente le attività produttive e commerciali, nonché le attività turistiche dell'intera area jonica costretta a vivere una situazione disastrata rispetto all'area tirrenica;
    l'aeroporto attualmente è aperto con una operatività limitata ad una sola tratta settimanale RyanAir Bergamo/Crotone;
    l'aeroporto di Crotone ha necessità per consentire gli indispensabili lavori di ristrutturazione e messa in sicurezza nonché per implementare la sua operatività, di stanziamenti adeguati che consentano il ripristino di voli regolari, anche mediante il riconoscimento degli oneri di servizio pubblico, al servizio dell'intero comprensorio della fascia jonica calabrese;
    risulta che nella recente legge di bilancio, così come licenziata dalla Commissione della Camera dei Deputati, sia stato approvato all'unanimità in data 3 dicembre 2018 l'emendamento n. 16.012 con il quale vengono stanziati 15 milioni di euro per il 2019 e 10 milioni di euro per il 2020 in favore dell'aeroporto di Reggio Calabria;
    ragioni di equità, anche al fine di garantire il diritto alla mobilità dei cittadini della fascia jonica gravemente leso dall'isolamento infrastrutturale, impongono di riequilibrare la situazione aeroportuale calabrese e di impegnare per Crotone le stesse cifre che sono state riconosciute all'aeroporto di Reggio Calabria anche in coerenza con le recenti dichiarazioni del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che ha recentemente ribadito come l'obiettivo per l'aeroporto di Crotone sia il ripristino, nel più breve tempo possibile, dell'operatività del medesimo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere risorse ed interventi volti ad assicurare il rilancio, la messa in sicurezza e la piena funzionalità dell'aeroporto di Crotone, alla luce di quanto previsto in favore dell'aeroporto Reggio Calabria anche al fine di garantire il pieno diritto alla mobilità dei cittadini della fascia jonica calabrese e a porre i presupposti per riequilibrare le differenti situazioni che si registrano sui due versanti calabresi.
9/1334-AR/61. (Testo modificato nel corso della seduta)  Barbuto, Scagliusi, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, comma 2-ter del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185 convertito dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9 ha previsto, per incentivare il trasporto merci per ferrovia, uno stanziamento di € 100.000.000 annui, successivamente ridotti a euro 95.000.000, iscritto nello stato di previsione del Ministero dei Trasporti. Si tratta di benefici per imprese che effettuano il trasporto merci, compresi quelli transfrontalieri, aventi origine o destinazione nelle regioni del Mezzogiorno e, con alcune limitazioni, anche alle imprese ferroviarie che effettuano il trasporto merci sull'intera infrastruttura ferroviaria nazionale;
    tali risorse, ai sensi della predetta normativa, sono attribuite alle imprese ferroviarie a compensazione dei costi supplementari per l'utilizzo della infrastruttura ferroviaria, inclusi quelli relativi al traghettamento ferroviario delle merci ed ai servizi ad esso connessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure volte a stanziare le risorse necessarie, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica, che promuovano il trasporto delle merci per ferrovia.
9/1334-AR/62De Girolamo, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, comma 2-ter del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185 convertito dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9 ha previsto, per incentivare il trasporto merci per ferrovia, uno stanziamento di € 100.000.000 annui, successivamente ridotti a euro 95.000.000, iscritto nello stato di previsione del Ministero dei Trasporti. Si tratta di benefici per imprese che effettuano il trasporto merci, compresi quelli transfrontalieri, aventi origine o destinazione nelle regioni del Mezzogiorno e, con alcune limitazioni, anche alle imprese ferroviarie che effettuano il trasporto merci sull'intera infrastruttura ferroviaria nazionale;
    tali risorse, ai sensi della predetta normativa, sono attribuite alle imprese ferroviarie a compensazione dei costi supplementari per l'utilizzo della infrastruttura ferroviaria, inclusi quelli relativi al traghettamento ferroviario delle merci ed ai servizi ad esso connessi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare misure volte a stanziare le risorse necessarie, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica, che promuovano il trasporto delle merci per ferrovia.
9/1334-AR/62. (Testo modificato nel corso della seduta)  De Girolamo, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 647, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha riconosciuto contributi per 45,4 milioni di euro per l'anno 2016, di 44, 1 milioni di euro per l'anno 2017 e di 48,9 milioni di euro per l'anno 2018 per l'attuazione di progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria, riguardanti l'istituzione, l'avvio e la realizzazione di nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci o il miglioramento dei servizi sulle rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, che collegano porti situati in Italia o negli altri Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo (cd. marebonus). Tali contributi sono stati successivamente parzialmente decurtati;
    allo stato attuale la misura ”marebonus” registra la fase di esercizio dei servizi marittimi, sui quali sono in fase di implementazione gli specifici miglioramenti qualitativi previsti dalla base giuridica volta al riconoscimento degli incentivi, ciò posto è possibile confermare che la misura ha riscontrato interesse sia da parte degli operatori marittimi e degli autotrasportatori e visto con interesse dagli operatori della logistica e dal sistema della portualità:
    sono stati presentati più di 50 progetti, fra azioni di miglioramento operativo e tecnologico ed attivazione di nuovi servizi marittimi, da parte delle principali compagini armatoriali operanti su rotte che impegnano porti italiani; fra le attività previste nei progetti si possono segnalare anche azioni rivolte al miglioramento delle infrastrutture logistiche portuali. Tale aspetto dei progetti contribuisce a conferire garanzia di stabilità degli effetti nel lungo periodo con positivi impatti sulla filiera dei trasporti intermodali e combinati;
    il regolamento disciplinante la misura ”marebonus” prevede fra l'altro il monitoraggio del mantenimento degli upgrade qualitativi per i successivi 36 mesi che seguono il termine dell'ultima annualità di contribuzione;
    l'articolo 1, commi 648 – 649, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), ha altresì riconosciuto risorse statali, nella misura di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, a favore delle imprese che utilizzano la ferrovia per il trasporto combinato di merci, con origine e destinazione nei nodi logistici del territorio nazionale o degli Stati membri dell'Unione Europea o dello Spazio economico europeo (cd. ferrobonus). Anche tali contributi sono stati successivamente parzialmente decurtati;
    quanto all'efficacia della misura ”ferrobonus” deve rilevarsi che entro i termini per la presentazione delle domande sono pervenute oltre 70 istanze e che sono ancora aperti i termini per la rendicontazione che costituirà oggetto di apposita valutazione. Allo stato è plausibile confermare il prevedibile successo della misura nonché le forti aspettative degli operatori del trasporto intermodale (MTO), delle imprese ferroviarie e delle imprese di autotrasporto. A ciò si aggiunge che il riconoscimento del contributo è legato alla dimostrazione di un incremento in termini di volumi di traffico ferroviari lungo l'arco temporale di efficacia della misura. Ne consegue l'evidente correlazione fra la misura d'incentivazione e la sua efficacia intrinseca posto che obiettivo primario e requisito di base della misura è costituito proprio dalla generazione di un aumento delle percorrenze ferroviarie di treni merci,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure volte al rifinanziamento delle misure descritte in premessa, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, al fine di dare rinnovato impulso agli incentivi a favore del trasporto delle merci via mare e ferroviario attraverso progetti di miglioramento del sistema del trasporto intermodale e della catena logistica prevedendo l'integrazione del finanziamento con risorse da iscriversi nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
9/1334-AR/63Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 647, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha riconosciuto contributi per 45,4 milioni di euro per l'anno 2016, di 44, 1 milioni di euro per l'anno 2017 e di 48,9 milioni di euro per l'anno 2018 per l'attuazione di progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria, riguardanti l'istituzione, l'avvio e la realizzazione di nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci o il miglioramento dei servizi sulle rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, che collegano porti situati in Italia o negli altri Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo (cd. marebonus). Tali contributi sono stati successivamente parzialmente decurtati;
    allo stato attuale la misura ”marebonus” registra la fase di esercizio dei servizi marittimi, sui quali sono in fase di implementazione gli specifici miglioramenti qualitativi previsti dalla base giuridica volta al riconoscimento degli incentivi, ciò posto è possibile confermare che la misura ha riscontrato interesse sia da parte degli operatori marittimi e degli autotrasportatori e visto con interesse dagli operatori della logistica e dal sistema della portualità:
    sono stati presentati più di 50 progetti, fra azioni di miglioramento operativo e tecnologico ed attivazione di nuovi servizi marittimi, da parte delle principali compagini armatoriali operanti su rotte che impegnano porti italiani; fra le attività previste nei progetti si possono segnalare anche azioni rivolte al miglioramento delle infrastrutture logistiche portuali. Tale aspetto dei progetti contribuisce a conferire garanzia di stabilità degli effetti nel lungo periodo con positivi impatti sulla filiera dei trasporti intermodali e combinati;
    il regolamento disciplinante la misura ”marebonus” prevede fra l'altro il monitoraggio del mantenimento degli upgrade qualitativi per i successivi 36 mesi che seguono il termine dell'ultima annualità di contribuzione;
    l'articolo 1, commi 648 – 649, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016), ha altresì riconosciuto risorse statali, nella misura di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, a favore delle imprese che utilizzano la ferrovia per il trasporto combinato di merci, con origine e destinazione nei nodi logistici del territorio nazionale o degli Stati membri dell'Unione Europea o dello Spazio economico europeo (cd. ferrobonus). Anche tali contributi sono stati successivamente parzialmente decurtati;
    quanto all'efficacia della misura ”ferrobonus” deve rilevarsi che entro i termini per la presentazione delle domande sono pervenute oltre 70 istanze e che sono ancora aperti i termini per la rendicontazione che costituirà oggetto di apposita valutazione. Allo stato è plausibile confermare il prevedibile successo della misura nonché le forti aspettative degli operatori del trasporto intermodale (MTO), delle imprese ferroviarie e delle imprese di autotrasporto. A ciò si aggiunge che il riconoscimento del contributo è legato alla dimostrazione di un incremento in termini di volumi di traffico ferroviari lungo l'arco temporale di efficacia della misura. Ne consegue l'evidente correlazione fra la misura d'incentivazione e la sua efficacia intrinseca posto che obiettivo primario e requisito di base della misura è costituito proprio dalla generazione di un aumento delle percorrenze ferroviarie di treni merci,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare misure volte al rifinanziamento delle misure descritte in premessa, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, al fine di dare rinnovato impulso agli incentivi a favore del trasporto delle merci via mare e ferroviario attraverso progetti di miglioramento del sistema del trasporto intermodale e della catena logistica prevedendo l'integrazione del finanziamento con risorse da iscriversi nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
9/1334-AR/63. (Testo modificato nel corso della seduta)  Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1334 definisce il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e il bilancio pluriennale per il triennio per gli anni dal 2019 al 2021 la legislazione UE si è evoluta negli ultimi anni ed ha meglio delineato, anche a seguito del c.d. «diesel-gate», i compiti delle Autorità nazionali;
    attraverso la recente adozione del nuovo regolamento quadro sulla omologazione e sorveglianza del mercato, regolamento 2018/858/UE, si prevede, dal 2020, un controllo ogni 40.000 immatricolazioni e pertanto si rende necessario procedere alla implementazione dei controlli di conformità, di omologazione e dei parametri emissivi dei veicoli nuovi di fabbrica e dei veicoli circolanti;
    per far fronte alle esigenze sempre più evidenti nei contesti di sicurezza stradale ed inquinamento con apposito intervento normativo, attraverso la legge n. 208 del 28/12/2015, sono stati attribuiti al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT) i fondi per la realizzazione di una «Campagna straordinaria di prove su veicoli nuovi di fabbrica e su veicoli circolanti nonché di incrementare le verifiche di conformità su veicoli e dispositivi a tutela della sicurezza stradale e della salute pubblica»;
    a seguito dell'elaborazione dei dati di consuntivo raccolti ed elaborati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti su tale campagna, la cui conclusione è prevista al termine del 2018 e che ha interessato circa 2.500 tra veicoli e dispositivi di sicurezza, testati, in conformità con le norme comunitarie, in laboratori e centri prova dislocati sull'intero territorio nazionale e che ha riguardato veicoli (M1 e N1), ciclomotori (L1, L2 e L6), motoveicoli (L3, L4, L5 e L7), bus (M2 e M3), autocarri (N2 e N3), rimorchi (01, 02, 03, 04) e velocipedi a pedalata assistita (così come definiti dalla Direttiva Europea 2002/24/CE e dal successivo Regolamento UE 168/2013), nonché dispositivi per la sicurezza, ovvero sistemi di ritenuta bambini, pneumatici, ruote, guarnizioni di attrito e caschi (così come definiti rispettivamente dai Regolamenti ECE ONU di riferimento), i costi delle prove sono stati stimati, oltre che sulla base dell'attuale campagna, anche tramite indagini di mercato presso alcuni tra i principali laboratori presenti sul territorio nazionale, nonché sulla base di interlocuzioni con funzionari del MIT su pregresse esperienze nei singoli ambiti di indagine;
    dall'analisi del conto economico del programma si desume l'importo di circa 5.000.000 euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare attuazione al mandato comunitario e a rendere sistematiche le attività di controllo in premessa anche attraverso il rifinanziamento costante, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, e strutturale delle attività di controllo sulla conformità, sull'omologazione e sulle emissioni inquinanti dei veicoli.
9/1334-AR/64De Lorenzis, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1334 definisce il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e il bilancio pluriennale per il triennio per gli anni dal 2019 al 2021 la legislazione UE si è evoluta negli ultimi anni ed ha meglio delineato, anche a seguito del c.d. «diesel-gate», i compiti delle Autorità nazionali;
    attraverso la recente adozione del nuovo regolamento quadro sulla omologazione e sorveglianza del mercato, regolamento 2018/858/UE, si prevede, dal 2020, un controllo ogni 40.000 immatricolazioni e pertanto si rende necessario procedere alla implementazione dei controlli di conformità, di omologazione e dei parametri emissivi dei veicoli nuovi di fabbrica e dei veicoli circolanti;
    per far fronte alle esigenze sempre più evidenti nei contesti di sicurezza stradale ed inquinamento con apposito intervento normativo, attraverso la legge n. 208 del 28/12/2015, sono stati attribuiti al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT) i fondi per la realizzazione di una «Campagna straordinaria di prove su veicoli nuovi di fabbrica e su veicoli circolanti nonché di incrementare le verifiche di conformità su veicoli e dispositivi a tutela della sicurezza stradale e della salute pubblica»;
    a seguito dell'elaborazione dei dati di consuntivo raccolti ed elaborati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti su tale campagna, la cui conclusione è prevista al termine del 2018 e che ha interessato circa 2.500 tra veicoli e dispositivi di sicurezza, testati, in conformità con le norme comunitarie, in laboratori e centri prova dislocati sull'intero territorio nazionale e che ha riguardato veicoli (M1 e N1), ciclomotori (L1, L2 e L6), motoveicoli (L3, L4, L5 e L7), bus (M2 e M3), autocarri (N2 e N3), rimorchi (01, 02, 03, 04) e velocipedi a pedalata assistita (così come definiti dalla Direttiva Europea 2002/24/CE e dal successivo Regolamento UE 168/2013), nonché dispositivi per la sicurezza, ovvero sistemi di ritenuta bambini, pneumatici, ruote, guarnizioni di attrito e caschi (così come definiti rispettivamente dai Regolamenti ECE ONU di riferimento), i costi delle prove sono stati stimati, oltre che sulla base dell'attuale campagna, anche tramite indagini di mercato presso alcuni tra i principali laboratori presenti sul territorio nazionale, nonché sulla base di interlocuzioni con funzionari del MIT su pregresse esperienze nei singoli ambiti di indagine;
    dall'analisi del conto economico del programma si desume l'importo di circa 5.000.000 euro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di dare attuazione al mandato comunitario e a rendere sistematiche le attività di controllo in premessa anche attraverso il rifinanziamento costante, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, e strutturale delle attività di controllo sulla conformità, sull'omologazione e sulle emissioni inquinanti dei veicoli.
9/1334-AR/64. (Testo modificato nel corso della seduta)  De Lorenzis, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame prevede assunzioni nella pubblica amministrazione volte a migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa nonché l'accesso dei cittadini ai servizi di interesse pubblico;
    il Ministero delle Infrastrutture a dei Trasporti gestisce quasi il 40% di tutti gli investimenti pubblici in Italia e pertanto, ha la necessità di accelerare gli investimenti e velocizzare l'impegno delle risorse al fine di garantire la spendibilità dei fondi stanziati;
    risulta sempre più difficile soddisfare la domanda dell'utenza, sia per il settore delle infrastrutture, sia per il settore dei trasporti e motorizzazione che interessa a vario titolo gli interessi di gran parte della popolazione, riguardante circa 40 milioni di titolari di patente guida e circa 46 milioni di veicoli circolanti;
    l'organico del Ministero attualmente è di circa 7.350 unità. Nonostante le procedure di mobilità poste in essere e le assunzioni effettuate su autorizzazione della presidenza del Consiglio dei Ministri, già rispetto all'organico di diritto sono disponibili circa 450 posti;
    la carenza di personale rispetto agli aumentati compiti istituzionali è sia nelle strutture centrali, ove appare fondamentale rafforzare, con l'apporto di professionalità sia giuridiche che tecniche, i compiti e le funzioni di valutazione e analisi dei progetti e le procedure di appalto, sia negli uffici periferici (motorizzazione civile e provveditorati alle opere pubbliche), ove si riscontra una forte carenza di funzionari e di operatori per le operazioni tecniche, con situazioni di particolare criticità prevalentemente al Centro Nord;
    si evidenzia come il DPCM 30.9.2014 prevedeva 7.760 unità, mentre nel 2001, quando furono accorpati i Ministeri dei trasporti e dei lavori pubblici, l'organico di diritto era pari a 11.00 unità e da allora il Ministero ha assunto ulteriori rilevanti compiti come il Registro italiano dighe e la vigilanza sui concessionari autostradali;
    inoltre, considerato, il prossimo pensionamento di gran parte del personale oggi in servizio, al fine di evitare una paralisi delle attività in essere presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti risulta necessario attuare un piano straordinario di reclutamento, teso a ripristinare una situazione di normale operatività, ed idonea a fronteggiare tutti i compiti istituzionali attribuiti al Ministero, nonché a rafforzare i servizi ad alto contenuto specialistico e tecnico, in particolare per lo sviluppo ed il rilancio degli investimenti pubblici e per il raggiungimento di più alti indici di sicurezza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di prevedere nuove assunzioni presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, indispensabili a garantire l'operatività e lo svolgimento delle funzioni essenziali del Dicastero.
9/1334-AR/65Luciano Cantone, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame prevede assunzioni nella pubblica amministrazione volte a migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa nonché l'accesso dei cittadini ai servizi di interesse pubblico;
    il Ministero delle Infrastrutture a dei Trasporti gestisce quasi il 40% di tutti gli investimenti pubblici in Italia e pertanto, ha la necessità di accelerare gli investimenti e velocizzare l'impegno delle risorse al fine di garantire la spendibilità dei fondi stanziati;
    risulta sempre più difficile soddisfare la domanda dell'utenza, sia per il settore delle infrastrutture, sia per il settore dei trasporti e motorizzazione che interessa a vario titolo gli interessi di gran parte della popolazione, riguardante circa 40 milioni di titolari di patente guida e circa 46 milioni di veicoli circolanti;
    l'organico del Ministero attualmente è di circa 7.350 unità. Nonostante le procedure di mobilità poste in essere e le assunzioni effettuate su autorizzazione della presidenza del Consiglio dei Ministri, già rispetto all'organico di diritto sono disponibili circa 450 posti;
    la carenza di personale rispetto agli aumentati compiti istituzionali è sia nelle strutture centrali, ove appare fondamentale rafforzare, con l'apporto di professionalità sia giuridiche che tecniche, i compiti e le funzioni di valutazione e analisi dei progetti e le procedure di appalto, sia negli uffici periferici (motorizzazione civile e provveditorati alle opere pubbliche), ove si riscontra una forte carenza di funzionari e di operatori per le operazioni tecniche, con situazioni di particolare criticità prevalentemente al Centro Nord;
    si evidenzia come il DPCM 30.9.2014 prevedeva 7.760 unità, mentre nel 2001, quando furono accorpati i Ministeri dei trasporti e dei lavori pubblici, l'organico di diritto era pari a 11.00 unità e da allora il Ministero ha assunto ulteriori rilevanti compiti come il Registro italiano dighe e la vigilanza sui concessionari autostradali;
    inoltre, considerato, il prossimo pensionamento di gran parte del personale oggi in servizio, al fine di evitare una paralisi delle attività in essere presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti risulta necessario attuare un piano straordinario di reclutamento, teso a ripristinare una situazione di normale operatività, ed idonea a fronteggiare tutti i compiti istituzionali attribuiti al Ministero, nonché a rafforzare i servizi ad alto contenuto specialistico e tecnico, in particolare per lo sviluppo ed il rilancio degli investimenti pubblici e per il raggiungimento di più alti indici di sicurezza,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, di prevedere nuove assunzioni presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, indispensabili a garantire l'operatività e lo svolgimento delle funzioni essenziali del Dicastero.
9/1334-AR/65. (Testo modificato nel corso della seduta)  Luciano Cantone, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è in notevole ritardo rispetto al raggiungimento degli obiettivi internazionali ed europei relativi alla riduzione dell'inquinamento veicolare e moto veicolare, nonostante alcune iniziative virtuose promosse a livello nazionale, regionale e locale;
    sarà fondamentale, nei prossimi anni, il sostegno da parte dello Stato alla domanda di veicoli che rendano il trasporto privato compatibile con i parametri europei sempre più stringenti in materia di emissioni, traendo spunto anche dall'esperienza acquisita a livello europeo e internazionale in relazione a politiche pubbliche che stimolino la riqualificazione elettrica del parco circolante;
    è inoltre ampiamente dimostrato che i benefìci della mobilità elettrica si traducono in una maggiore tutela della salute dei cittadini, creando di conseguenza cicli virtuosi,
   considerato che:
    il numero dei ciclomotori circolanti in Italia è molto elevato ed inoltre il numero dei mezzi circolanti delle categorie Euro 1, 2 e 3 è ben più alto che nel resto dei paesi europei;
    il provvedimento in esame pone finalmente le basi per una reale sostituzione dei veicoli più inquinanti verso una svolta ecologia attesa da decenni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte ad estendere quanto disposto dal provvedimento in esame in materia di bonus-malus sulle emissioni di CO2g/km delle nuove autovetture anche ai moto veicoli.
9/1334-AR/66Serritella, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è in notevole ritardo rispetto al raggiungimento degli obiettivi internazionali ed europei relativi alla riduzione dell'inquinamento veicolare e moto veicolare, nonostante alcune iniziative virtuose promosse a livello nazionale, regionale e locale;
    sarà fondamentale, nei prossimi anni, il sostegno da parte dello Stato alla domanda di veicoli che rendano il trasporto privato compatibile con i parametri europei sempre più stringenti in materia di emissioni, traendo spunto anche dall'esperienza acquisita a livello europeo e internazionale in relazione a politiche pubbliche che stimolino la riqualificazione elettrica del parco circolante;
    è inoltre ampiamente dimostrato che i benefìci della mobilità elettrica si traducono in una maggiore tutela della salute dei cittadini, creando di conseguenza cicli virtuosi,
   considerato che:
    il numero dei ciclomotori circolanti in Italia è molto elevato ed inoltre il numero dei mezzi circolanti delle categorie Euro 1, 2 e 3 è ben più alto che nel resto dei paesi europei;
    il provvedimento in esame pone finalmente le basi per una reale sostituzione dei veicoli più inquinanti verso una svolta ecologia attesa da decenni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte ad estendere quanto disposto dal provvedimento in esame in materia di bonus-malus sulle emissioni di CO2g/km delle nuove autovetture anche ai moto veicoli.
9/1334-AR/66. (Testo modificato nel corso della seduta)  Serritella, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Liuzzi, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato, per l'anno finanziario 2019, prevede numerose e articolate misure in materia di politiche di coesione e di interventi nel Mezzogiorno, anche attraverso il rifinanziamento complessivo del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), pari a 4 miliardi di euro e il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (cosiddetta Fondo IGRUE), pari a 30 miliardi di euro a partire dal 2022;
    in tale quadro, nell'ambito della strategia nazionale per lo sviluppo delle «Aree interne» del Paese, di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, – legge di stabilità 2014 nonché delle misure previste dalla legge 6 ottobre 2017, n. 158, tale strumento costituisce una delle opzioni strategiche di intervento del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell'ambito dell'Accordo di partenariato, in quanto ha il duplice obiettivo di adeguare la quantità e la qualità dei servizi d'istruzione, salute, mobilità (cittadinanza) e di promuovere progetti di sviluppo che valorizzino il patrimonio naturale e culturale di queste aree, puntando anche sulle filiere produttive locali (mercato);
    parte prevalente del territorio italiano a tal fine, (circa il sessanta per cento del territorio nazionale) è contraddistinto dalla presenza di piccoli comuni, fortemente in ritardo per i servizi essenziali, quali: scuola, sanità, mobilità e infrastrutture, la cui marginalizzazione di tali aree assume quindi rilevanza «nazionale» e sulle cui complessità, sono intervenute in favore, le delibere CIPE (n. 80 del 2017, n. 43 del 2016, n. 9 del 2015) che hanno assegnato risorse per la Strategia nazionale per lo sviluppo delle «Aree interne»;
    la regione Puglia di concerto con il Dipartimento nazionale di sviluppo e coesione, nell'ambito delle decisioni previste dalla strategia nazionale, ha individuato al riguardo, tre nuove «Aree interne»: il Sud Salento, la Murgia e il Gargano, (che si aggiungono a quella dei Monti dauni istituita nel 2015) le cui misure d'intervento, rispondono all'esigenza di contrastare lo spopolamento e la marginalizzazione, facendo leva su due importanti assi di politica economica, quali: il miglioramento dei servizi alla persone e l'innesco, di processi locali di sviluppo;
    l'articolo 1 della legge 6 ottobre 2017, n. 158, recante «misure per la valorizzazione dei piccoli comuni», prevede al comma 2, lettera n) che i comuni rientranti nelle aree periferiche e ultraperiferiche, individuate nella strategia nazionale per lo sviluppo delle «Aree interne» del Paese, (di cui al suesposto articolo 1, comma 13, della legge 27 dicembre 2013, n. 147) possono beneficiare dei finanziamenti concessi dal Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, incrementato di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018, come disposto dall'articolo 1, comma 862 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – legge di bilancio 2018;
    ad avviso del sottoscrittore del presente atto, sia le risorse statali, che regionali in favore delle «Aree interne», in particolare quelle riferite alle regioni del Mezzogiorno, nonostante l'attenzione dimostrata dal legislatore e dalle istituzioni nazionali e locali negli ultimi anni, appaiono tuttora insufficienti, per migliorare i livelli socioeconomici periferici come ad esempio le aree territoriali della Murgia pugliese, i cui ritardi nei servizi essenziali quali istruzione, mobilità, welfare e sanità, costituiscono attualmente un'emergenza, da affrontare con politiche rigorose attraverso adeguate risorse pubbliche;
    la necessità di monitorare l'effettivo impatto, che lo strumento normativo per lo sviluppo del Paese, (e in particolare del Mezzogiorno) delle «Aree interne», avrà negli anni successivi, (considerato che nelle medesime aree, le comunità locali, scontano tre grandi elementi di crisi: la generale crisi economica e produttiva del Paese, la demolizione del welfare urbano e la caduta del valore della casa) risulta, ad avviso del sottoscrittore del presente atto, pertanto indispensabile; al fine di invertire una direzione di crisi economica e di abbandono culturale che da troppi anni ha contraddistinto negativamente le aree periferiche e marginali del territorio nazionale,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con i vincoli di bilancio, nell'ambito delle prossime iniziative legislative, misure volte a incrementare le risorse finanziarie in favore dei comuni rientranti nelle aree periferiche e ultraperiferiche, come individuate nella strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese;
   ad emanare il decreto previsto dall'articolo 3, comma 2 della legge 6 ottobre 2017, n. 158, concernente la predisposizione del Piano nazionale degli interventi per la riqualificazione dei piccoli comuni.
9/1334-AR/67Angiola.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato, per l'anno finanziario 2019, prevede numerose e articolate misure in materia di politiche di coesione e di interventi nel Mezzogiorno, anche attraverso il rifinanziamento complessivo del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), pari a 4 miliardi di euro e il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie (cosiddetta Fondo IGRUE), pari a 30 miliardi di euro a partire dal 2022;
    in tale quadro, nell'ambito della strategia nazionale per lo sviluppo delle «Aree interne» del Paese, di cui all'articolo 1, comma 13, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, – legge di stabilità 2014 nonché delle misure previste dalla legge 6 ottobre 2017, n. 158, tale strumento costituisce una delle opzioni strategiche di intervento del nuovo ciclo di programmazione 2014-2020, definite nell'ambito dell'Accordo di partenariato, in quanto ha il duplice obiettivo di adeguare la quantità e la qualità dei servizi d'istruzione, salute, mobilità (cittadinanza) e di promuovere progetti di sviluppo che valorizzino il patrimonio naturale e culturale di queste aree, puntando anche sulle filiere produttive locali (mercato);
    parte prevalente del territorio italiano a tal fine, (circa il sessanta per cento del territorio nazionale) è contraddistinto dalla presenza di piccoli comuni, fortemente in ritardo per i servizi essenziali, quali: scuola, sanità, mobilità e infrastrutture, la cui marginalizzazione di tali aree assume quindi rilevanza «nazionale» e sulle cui complessità, sono intervenute in favore, le delibere CIPE (n. 80 del 2017, n. 43 del 2016, n. 9 del 2015) che hanno assegnato risorse per la Strategia nazionale per lo sviluppo delle «Aree interne»;
    la regione Puglia di concerto con il Dipartimento nazionale di sviluppo e coesione, nell'ambito delle decisioni previste dalla strategia nazionale, ha individuato al riguardo, tre nuove «Aree interne»: il Sud Salento, la Murgia e il Gargano, (che si aggiungono a quella dei Monti dauni istituita nel 2015) le cui misure d'intervento, rispondono all'esigenza di contrastare lo spopolamento e la marginalizzazione, facendo leva su due importanti assi di politica economica, quali: il miglioramento dei servizi alla persone e l'innesco, di processi locali di sviluppo;
    l'articolo 1 della legge 6 ottobre 2017, n. 158, recante «misure per la valorizzazione dei piccoli comuni», prevede al comma 2, lettera n) che i comuni rientranti nelle aree periferiche e ultraperiferiche, individuate nella strategia nazionale per lo sviluppo delle «Aree interne» del Paese, (di cui al suesposto articolo 1, comma 13, della legge 27 dicembre 2013, n. 147) possono beneficiare dei finanziamenti concessi dal Fondo per lo sviluppo strutturale, economico e sociale dei piccoli comuni, incrementato di 10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018, come disposto dall'articolo 1, comma 862 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – legge di bilancio 2018;
    ad avviso del sottoscrittore del presente atto, sia le risorse statali, che regionali in favore delle «Aree interne», in particolare quelle riferite alle regioni del Mezzogiorno, nonostante l'attenzione dimostrata dal legislatore e dalle istituzioni nazionali e locali negli ultimi anni, appaiono tuttora insufficienti, per migliorare i livelli socioeconomici periferici come ad esempio le aree territoriali della Murgia pugliese, i cui ritardi nei servizi essenziali quali istruzione, mobilità, welfare e sanità, costituiscono attualmente un'emergenza, da affrontare con politiche rigorose attraverso adeguate risorse pubbliche;
    la necessità di monitorare l'effettivo impatto, che lo strumento normativo per lo sviluppo del Paese, (e in particolare del Mezzogiorno) delle «Aree interne», avrà negli anni successivi, (considerato che nelle medesime aree, le comunità locali, scontano tre grandi elementi di crisi: la generale crisi economica e produttiva del Paese, la demolizione del welfare urbano e la caduta del valore della casa) risulta, ad avviso del sottoscrittore del presente atto, pertanto indispensabile; al fine di invertire una direzione di crisi economica e di abbandono culturale che da troppi anni ha contraddistinto negativamente le aree periferiche e marginali del territorio nazionale,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare l'opportunità di prevedere, compatibilmente con i vincoli di bilancio, nell'ambito delle prossime iniziative legislative, misure volte a incrementare le risorse finanziarie in favore dei comuni rientranti nelle aree periferiche e ultraperiferiche, come individuate nella strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese;
   ad emanare il decreto previsto dall'articolo 3, comma 2 della legge 6 ottobre 2017, n. 158, concernente la predisposizione del Piano nazionale degli interventi per la riqualificazione dei piccoli comuni.
9/1334-AR/67. (Testo modificato nel corso della seduta)  Angiola.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca norme in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    in particolare, il titolo IX del disegno di legge reca disposizioni in materia di entrate e il capo I disposizioni in materia di entrate tributarie;
    i canoni annui per i permessi di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nella terraferma e nel mare territoriale sono regolate dall'articolo 18 del decreto legislativo 5 novembre 1996, n. 625;
    i canoni vigenti appaiono eccessivamente ridotti ed economicamente favorevoli alle compagnie petrolifere che operano nel territorio e nelle acque territoriali italiane;
    le attività inerenti la prospezione, ricerca e coltivazioni di idrocarburi producono un forte impatto ambientale sui territori circostanti, ponendo in essere molteplici effetti che sovente risultano dannosi per la salute della popolazione oltre che per il territorio sul quale hanno sede,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere al rialzo gli attuali canoni annui per i permessi di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, al fine di destinare maggiori risorse ad opere di bonifica ambientale dei territori danneggiati dalle medesime attività.
9/1334-AR/68Liuzzi, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca norme in materia di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
    in particolare, il titolo IX del disegno di legge reca disposizioni in materia di entrate e il capo I disposizioni in materia di entrate tributarie;
    i canoni annui per i permessi di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nella terraferma e nel mare territoriale sono regolate dall'articolo 18 del decreto legislativo 5 novembre 1996, n. 625;
    i canoni vigenti appaiono eccessivamente ridotti ed economicamente favorevoli alle compagnie petrolifere che operano nel territorio e nelle acque territoriali italiane;
    le attività inerenti la prospezione, ricerca e coltivazioni di idrocarburi producono un forte impatto ambientale sui territori circostanti, ponendo in essere molteplici effetti che sovente risultano dannosi per la salute della popolazione oltre che per il territorio sul quale hanno sede,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di rivedere al rialzo gli attuali canoni annui per i permessi di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nella terraferma, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana, al fine di destinare maggiori risorse ad opere di bonifica ambientale dei territori danneggiati dalle medesime attività.
9/1334-AR/68. (Testo modificato nel corso della seduta)  Liuzzi, Scagliusi, Barbuto, Barzotti, Luciano Cantone, Carinelli, De Girolamo, De Lorenzis, Ficara, Grippa, Marino, Raffa, Paolo Nicolò Romano, Serritella, Spessotto, Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame prevede, tra le altre, misure volte alla valorizzazione dei beni ambientali;
    i rifiuti sono una delle principali minacce agli ecosistemi marini e rappresentano un rischio crescente alla biodiversità, l'ambiente, l'economia e la salute;
    la plastica rappresenta il 95 per cento dei rifiuti in mare aperto, infatti si stima che, in tutto il mondo, ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscano in mare, e la quantità è destinata ad aumentare;
    il nostro mare è considerato una delle zone critiche del pianeta, infatti nel Mediterraneo la concentrazione dei rifiuti in mare è pari a quella delle cosiddette «isole galleggianti» dell'Oceano Pacifico;
    inoltre la plastica con il tempo si frammenta, diventando un pericolo ancora più insidioso, destinata spesso a esser ingoiata da quegli stessi pesci, crostacei e molluschi che arrivano poi sulle nostre tavole, mettendo a rischio anche la salute umana;
    oltre a danneggiare l'ambiente, l'inquinamento da plastica provoca danni economici ad attività come il turismo e la pesca, inoltre i rifiuti in mare costituiscono anche un problema economico: si calcola che ogni anno in Europa si spendano 630 milioni di euro per la pulizia delle coste;
    ad oggi in Italia il recupero della plastica in mare da parte di pescatori e volontari sensibili alla tutela dell'ambiente marino trova un limite non solo nel divieto di raccolta, ma anche nella impossibilità del conferimento in adeguate strutture e quindi del successivo corretto smaltimento dei rifiuti raccolti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche di carattere normativo, volte a consentire il recupero della plastica dispersa in mare anche a pescatori e volontari, autorizzandone la raccolta e individuando modalità e strutture per il corretto conferimento dei rifiuti raccolti in mare, anche valutando altresì la possibilità di introdurre incentivi fiscali e ulteriori misure volte a incoraggiare e rafforzare la strategia di recupero e riduzione dei rifiuti in mare.
9/1334-AR/69Trizzino, Buompane, Licatini, Penna, Varrica.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame prevede, tra le altre, misure volte alla valorizzazione dei beni ambientali;
    i rifiuti sono una delle principali minacce agli ecosistemi marini e rappresentano un rischio crescente alla biodiversità, l'ambiente, l'economia e la salute;
    la plastica rappresenta il 95 per cento dei rifiuti in mare aperto, infatti si stima che, in tutto il mondo, ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscano in mare, e la quantità è destinata ad aumentare;
    il nostro mare è considerato una delle zone critiche del pianeta, infatti nel Mediterraneo la concentrazione dei rifiuti in mare è pari a quella delle cosiddette «isole galleggianti» dell'Oceano Pacifico;
    inoltre la plastica con il tempo si frammenta, diventando un pericolo ancora più insidioso, destinata spesso a esser ingoiata da quegli stessi pesci, crostacei e molluschi che arrivano poi sulle nostre tavole, mettendo a rischio anche la salute umana;
    oltre a danneggiare l'ambiente, l'inquinamento da plastica provoca danni economici ad attività come il turismo e la pesca, inoltre i rifiuti in mare costituiscono anche un problema economico: si calcola che ogni anno in Europa si spendano 630 milioni di euro per la pulizia delle coste;
    ad oggi in Italia il recupero della plastica in mare da parte di pescatori e volontari sensibili alla tutela dell'ambiente marino trova un limite non solo nel divieto di raccolta, ma anche nella impossibilità del conferimento in adeguate strutture e quindi del successivo corretto smaltimento dei rifiuti raccolti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere idonee iniziative, anche di carattere normativo, volte a consentire il recupero della plastica dispersa in mare anche a pescatori e volontari, autorizzandone la raccolta e individuando modalità e strutture per il corretto conferimento dei rifiuti raccolti in mare, anche valutando altresì la possibilità di introdurre incentivi fiscali e ulteriori misure volte a incoraggiare e rafforzare la strategia di recupero e riduzione dei rifiuti in mare.
9/1334-AR/69. (Testo modificato nel corso della seduta)  Trizzino, Buompane, Licatini, Penna, Varrica.


   La Camera,
   premesso che:
    sono sempre più precari i conti dei Comuni italiani e sono a rischio i livelli essenziali di assistenza ai cittadini;
    il quadro di crisi che emerge da un documento pubblicato dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili è preoccupante: nel 2017 sono 67 gli enti locali deficitari, 151 in «predissesto» e 107 in dissesto;
    le statistiche dicono che negli ultimi anni sta crescendo il numero dei comuni in dissesto e quelli più a rischio sono i piccoli Comuni, specialmente in alcune zone del paese: Campania, Calabria e Sicilia;
    al fine di garantire i servizi essenziali ai cittadini residenti nei comuni in dissesto, è opportuno derogare alla normativa generale per procedere all'assunzione di figure professionali infungibili (ragioniere, tecnico) in caso di assoluta carenza di organico, anche attraverso la stabilizzazione dei precari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire agli enti di cui in premessa di procedere, in deroga all'articolo 9, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 133 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 160 del 2016, all'assunzione di figure professionali infungibili, in caso di assoluta carenza di organico, e all'assunzione di personale ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, compatibilmente alle esigenze di finanza pubblica e al fine di garantire il regolare funzionamento degli enti in dissesto e assicurare l'effettiva attuazione dei relativi percorsi di risanamento.
9/1334-AR/70Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    sono sempre più precari i conti dei Comuni italiani e sono a rischio i livelli essenziali di assistenza ai cittadini;
    il quadro di crisi che emerge da un documento pubblicato dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili è preoccupante: nel 2017 sono 67 gli enti locali deficitari, 151 in «predissesto» e 107 in dissesto;
    le statistiche dicono che negli ultimi anni sta crescendo il numero dei comuni in dissesto e quelli più a rischio sono i piccoli Comuni, specialmente in alcune zone del paese: Campania, Calabria e Sicilia;
    al fine di garantire i servizi essenziali ai cittadini residenti nei comuni in dissesto, è opportuno derogare alla normativa generale per procedere all'assunzione di figure professionali infungibili (ragioniere, tecnico) in caso di assoluta carenza di organico, anche attraverso la stabilizzazione dei precari,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di consentire agli enti di cui in premessa di procedere, in deroga all'articolo 9, comma 1-quinquies, del decreto-legge n. 133 del 2016, convertito con modificazioni dalla legge n. 160 del 2016, all'assunzione di figure professionali infungibili, in caso di assoluta carenza di organico, e all'assunzione di personale ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017, compatibilmente alle esigenze di finanza pubblica e al fine di garantire il regolare funzionamento degli enti in dissesto e assicurare l'effettiva attuazione dei relativi percorsi di risanamento.
9/1334-AR/70. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cancelleri.


   La Camera,
   premesso che:
    nella seconda sezione del disegno di legge in esame, nell'ambito della Tabella 2 della seconda sezione, recante lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, ed in particolare la Missione 3 riguardante «L'Italia nell'Europa e nel mondo» e il programma 3.1 concernente la «Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE», appare non adeguatamente finanziato il Fondo istituito ai sensi degli articoli 11, 12 e 13 della legge 7 luglio 2016, n. 122, come modificati dalla legge 20 novembre 2017, n. 167, che riconosce il diritto all'indennizzo ai cittadini dell'Unione europea vittime di reati intenzionali violenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di verificare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare eventuali ulteriori iniziative normative volte a dotare il Fondo di ulteriori risorse finanziarie, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica.
9/1334-AR/71Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    nella seconda sezione del disegno di legge in esame, nell'ambito della Tabella 2 della seconda sezione, recante lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, ed in particolare la Missione 3 riguardante «L'Italia nell'Europa e nel mondo» e il programma 3.1 concernente la «Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE», appare non adeguatamente finanziato il Fondo istituito ai sensi degli articoli 11, 12 e 13 della legge 7 luglio 2016, n. 122, come modificati dalla legge 20 novembre 2017, n. 167, che riconosce il diritto all'indennizzo ai cittadini dell'Unione europea vittime di reati intenzionali violenti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di verificare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare eventuali ulteriori iniziative normative volte a dotare il Fondo di ulteriori risorse finanziarie, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica.
9/1334-AR/71. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema tributario italiano riconosce numerose agevolazioni a favore delle persone portatrici di disabilità;
    per quanto riguarda l'acquisto di automobili la normativa vigente prevede per tale categoria una detrazione Irpef del 19 per cento della spesa sostenuta sull'acquisto, l'IVA agevolata al 4 per cento sull'acquisto, l'esenzione dal bollo auto e l'esenzione dall'imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà;
    i soggetti che hanno diritto a beneficiare delle suddette agevolazioni sono: non vedenti e sordi; disabili con handicap psichico o mentale; titolari dell'indennità di accompagnamento e disabili con grave limitazione della capacità di deambulazione o affetti da pluriamputazioni; disabili con ridotte o impedite capacità motorie. Le agevolazioni sono riconosciute solo se i veicoli sono utilizzati, in via esclusiva o prevalente, a beneficio delle persone disabili. Se il portatore di handicap è fiscalmente a carico di un suo familiare (possiede cioè un reddito annuo non superiore a 2.840,51 euro), può beneficiare delle agevolazioni lo stesso familiare che ha sostenuto la spesa nell'interesse del disabile;
    con la legge 9 aprile 1986, n. 97 (Disposizioni per l'assoggettamento all'imposta sul valore aggiunto con aliquota ridotta dei veicoli adattati ad invalidi) veniva introdotta l'aliquota IVA agevolata per l'acquisto di veicoli utilizzati dai portatori di invalidità. A tutt'oggi, l'aliquota agevolata è stabilita al 4% ma solo per gli acquisti circoscritti ai veicoli con motore a benzina o con motore diesel; la legislazione vigente in materia non è stata adeguata all'evoluzione dei tempi, essendo ad oggi la categoria dei veicoli adibiti alla circolazione delle persone disabili limitata ai veicoli «tradizionali» a benzina o a gasolio, escludendo tutti quei veicoli che, come autorevoli voci insistono nell'affermare, sono destinati a conquistare il mercato dove è già rilevante la loro presenza; il riferimento è ai modelli ibridi (HEV, Hybrid electric vehicle), ai veicoli ibridi che si possono ricaricare «alla spina» (PHEV, Plug-in hybrid electric vehicle), ai mezzi 100 per cento elettrici (BEV, Battery electric vehicle) e alle vetture alimentate da celle a combustibile (FCEV, Fuel cell electric vehicle);
    ciò si traduce nell'anacronistico inconveniente che un disabile, già avente diritto alle agevolazioni per l'acquisto dell'auto (con le specificazioni sopra indicate), non può usufruire dell'agevolazione dell'aliquota IVA del 4 per cento sull'acquisto di un veicolo ibrido o elettrico, ossia di un tipo di veicolo che, in un futuro non troppo lontano, potrebbe rappresentare il nuovo modo ecocompatibile per viaggiare se non, addirittura, l'unico disponibile sul mercato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo, volte a estendere l'aliquota agevolata per l'acquisto di veicoli utilizzati dai disabili anche ai veicoli ibridi ed elettrici.
9/1334-AR/72Donno, Adelizzi, Angiola, Buompane, D'Incà, Flati, Gubitosa, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Manzo, Misiti, Sodano, Trizzino, Zennaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema tributario italiano riconosce numerose agevolazioni a favore delle persone portatrici di disabilità;
    per quanto riguarda l'acquisto di automobili la normativa vigente prevede per tale categoria una detrazione Irpef del 19 per cento della spesa sostenuta sull'acquisto, l'IVA agevolata al 4 per cento sull'acquisto, l'esenzione dal bollo auto e l'esenzione dall'imposta di trascrizione sui passaggi di proprietà;
    i soggetti che hanno diritto a beneficiare delle suddette agevolazioni sono: non vedenti e sordi; disabili con handicap psichico o mentale; titolari dell'indennità di accompagnamento e disabili con grave limitazione della capacità di deambulazione o affetti da pluriamputazioni; disabili con ridotte o impedite capacità motorie. Le agevolazioni sono riconosciute solo se i veicoli sono utilizzati, in via esclusiva o prevalente, a beneficio delle persone disabili. Se il portatore di handicap è fiscalmente a carico di un suo familiare (possiede cioè un reddito annuo non superiore a 2.840,51 euro), può beneficiare delle agevolazioni lo stesso familiare che ha sostenuto la spesa nell'interesse del disabile;
    con la legge 9 aprile 1986, n. 97 (Disposizioni per l'assoggettamento all'imposta sul valore aggiunto con aliquota ridotta dei veicoli adattati ad invalidi) veniva introdotta l'aliquota IVA agevolata per l'acquisto di veicoli utilizzati dai portatori di invalidità. A tutt'oggi, l'aliquota agevolata è stabilita al 4% ma solo per gli acquisti circoscritti ai veicoli con motore a benzina o con motore diesel; la legislazione vigente in materia non è stata adeguata all'evoluzione dei tempi, essendo ad oggi la categoria dei veicoli adibiti alla circolazione delle persone disabili limitata ai veicoli «tradizionali» a benzina o a gasolio, escludendo tutti quei veicoli che, come autorevoli voci insistono nell'affermare, sono destinati a conquistare il mercato dove è già rilevante la loro presenza; il riferimento è ai modelli ibridi (HEV, Hybrid electric vehicle), ai veicoli ibridi che si possono ricaricare «alla spina» (PHEV, Plug-in hybrid electric vehicle), ai mezzi 100 per cento elettrici (BEV, Battery electric vehicle) e alle vetture alimentate da celle a combustibile (FCEV, Fuel cell electric vehicle);
    ciò si traduce nell'anacronistico inconveniente che un disabile, già avente diritto alle agevolazioni per l'acquisto dell'auto (con le specificazioni sopra indicate), non può usufruire dell'agevolazione dell'aliquota IVA del 4 per cento sull'acquisto di un veicolo ibrido o elettrico, ossia di un tipo di veicolo che, in un futuro non troppo lontano, potrebbe rappresentare il nuovo modo ecocompatibile per viaggiare se non, addirittura, l'unico disponibile sul mercato,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di intraprendere, nel rispetto dei vincoli di bilancio, idonee iniziative, anche di carattere normativo, volte a estendere l'aliquota agevolata per l'acquisto di veicoli utilizzati dai disabili anche ai veicoli ibridi ed elettrici.
9/1334-AR/72. (Testo modificato nel corso della seduta)  Donno, Adelizzi, Angiola, Buompane, D'Incà, Flati, Gubitosa, Gabriele Lorenzoni, Lovecchio, Manzo, Misiti, Sodano, Trizzino, Zennaro.


   La Camera,
   premesso che:
    la Statale 52 Gamica ha registrato negli anni continue frane e smottamenti isolando il Comelico, a volte anche per settimane come è successo nel 2014 costringendo i residenti a utilizzare anche strade silvo-pastorali riadattate;
    in considerazione di tali disagi, con deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 91 del 27 gennaio 2015, veniva approvato l'atto di indirizzo sulle priorità di infrastrutturazione della viabilità sul territorio e individuati gli interventi di competenza ANAS ritenuti migliorativi della rete infrastrutturale stradale;
    con riferimento a tali interventi, di cui si richiedeva il finanziamento all'interno dei piani di investimento della società, veniva predisposto un elenco il cui ordine numerico costituiva ordine di priorità;
    al primo posto delle priorità veniva inserito l'intervento denominato «Variante alla SS. Gamica – galleria Coltrando dal km 86+050 al km 88”» in comune di Santo Stefano di Cadore in provincia di Belluno, che prevede la realizzazione di una variante mediante un tratto di galleria lunga circa 1600 metri;
    con lettera del dicembre 2014 del Presidente di ANAS al Presidente della Regione Veneto veniva confermata la disponibilità della società ad acquisire il progetto preliminare per risolvere la situazione di criticità della citata statale all'ingresso del Comelico, considerando, peraltro, la spesa (all'epoca stimata in 55 milioni di euro) contenuta e recuperabile da altre opere non immediatamente cantierabili;
    nella stessa comunicazione si confermava che l'intervento sarebbe stato inserito tra quelli prioritari da sottoporre all'esame e all'approvazione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
    il piano operativo Fsc (Fondo Sviluppo e Coesione) 2014-2020 deliberato dal Cipe, assegnava al Veneto circa 170 milioni per la realizzazione di opere infrastrutturali necessarie al territorio regionale e di questi, 55 milioni erano destinati alla provincia di Belluno per la galleria di Coltrando;
    con lettera del maggio 2015 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti veniva confermato l'appalto dell'opera nel 2017 e venivano forniti anche alcuni dati tecnici: la previsione del costo progettazione, l'inserimento dei lavori di realizzazione della galleria nel piano pluriennale 2015-2019 e l'inoltro a stretto giro del Contratto di programma al Cipe per la necessaria approvazione;
    nel 2017 i sindaci del Cadore accettavano la proposta dell'ANAS di riversare le risorse destinate alla variante Coltrando in un progetto di miglioramento della viabilità lunga la strada statale 51-bis tra Pieve e Lozzo ed in diversi punti della strada statale 52, per consentire una maggiore scorrevolezza sulle strade esistenti, sospendendo quindi il progetto iniziale, ma senza che questo fosse considerata una alternativa alla realizzazione della galleria;
    i tragici eventi alluvionali delle ultime settimane hanno riproposto in termini ancor più drammatici le condizioni della viabilità dell'area di Santo Stefano di Cadore, lasciando ancora una volta isolati dal mondo per via delle frane e degli smottamenti provocati dal maltempo numerosi paesi evidenziando la grande fragilità della statale Gamica in quanto unico accesso che collega il Comelico e Sappada con il resto del Bellunese e della regione;
    nel corso di un incontro con il Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Toninelli, i sindaci hanno fatto presente come la galleria avrebbe consentito facilmente il transito dalla valle del Comelico in tutta sicurezza;
    per il Ministro Toninelli «questa della galleria è sicuramente una delle priorità», «non è economicamente così importante, il costo; e allora spero, una volta analizzato nel dettaglio il dossier, di portarlo avanti il più velocemente possibile perché queste comunità vanno rilanciate» e lo stesso AD di ANAS Armani (allora in carica) affermava: «Completeremo la galleria paramassi e a febbraio concluderemo la progettazione della Coltrando, che poi porteremo alla Via»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire le procedure e le risorse necessarie all'avvio dei lavori della galleria del Coltrando, dando seguito all'impegno preso recentemente dal Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture con i sindaci e la cittadinanza dei comuni interessati all'opera, al fine di garantire la sicurezza e la continuità di collegamento sulla direttrice principale Belluno-Treviso-Venezia, anche in considerazione degli eventi alluvionali che hanno recentemente colpito i territori del Comelico e della Valle del Piave.
9/1334-AR/73D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    la Statale 52 Gamica ha registrato negli anni continue frane e smottamenti isolando il Comelico, a volte anche per settimane come è successo nel 2014 costringendo i residenti a utilizzare anche strade silvo-pastorali riadattate;
    in considerazione di tali disagi, con deliberazione della Giunta regionale del Veneto n. 91 del 27 gennaio 2015, veniva approvato l'atto di indirizzo sulle priorità di infrastrutturazione della viabilità sul territorio e individuati gli interventi di competenza ANAS ritenuti migliorativi della rete infrastrutturale stradale;
    con riferimento a tali interventi, di cui si richiedeva il finanziamento all'interno dei piani di investimento della società, veniva predisposto un elenco il cui ordine numerico costituiva ordine di priorità;
    al primo posto delle priorità veniva inserito l'intervento denominato «Variante alla SS. Gamica – galleria Coltrando dal km 86+050 al km 88”» in comune di Santo Stefano di Cadore in provincia di Belluno, che prevede la realizzazione di una variante mediante un tratto di galleria lunga circa 1600 metri;
    con lettera del dicembre 2014 del Presidente di ANAS al Presidente della Regione Veneto veniva confermata la disponibilità della società ad acquisire il progetto preliminare per risolvere la situazione di criticità della citata statale all'ingresso del Comelico, considerando, peraltro, la spesa (all'epoca stimata in 55 milioni di euro) contenuta e recuperabile da altre opere non immediatamente cantierabili;
    nella stessa comunicazione si confermava che l'intervento sarebbe stato inserito tra quelli prioritari da sottoporre all'esame e all'approvazione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
    il piano operativo Fsc (Fondo Sviluppo e Coesione) 2014-2020 deliberato dal Cipe, assegnava al Veneto circa 170 milioni per la realizzazione di opere infrastrutturali necessarie al territorio regionale e di questi, 55 milioni erano destinati alla provincia di Belluno per la galleria di Coltrando;
    con lettera del maggio 2015 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti veniva confermato l'appalto dell'opera nel 2017 e venivano forniti anche alcuni dati tecnici: la previsione del costo progettazione, l'inserimento dei lavori di realizzazione della galleria nel piano pluriennale 2015-2019 e l'inoltro a stretto giro del Contratto di programma al Cipe per la necessaria approvazione;
    nel 2017 i sindaci del Cadore accettavano la proposta dell'ANAS di riversare le risorse destinate alla variante Coltrando in un progetto di miglioramento della viabilità lunga la strada statale 51-bis tra Pieve e Lozzo ed in diversi punti della strada statale 52, per consentire una maggiore scorrevolezza sulle strade esistenti, sospendendo quindi il progetto iniziale, ma senza che questo fosse considerata una alternativa alla realizzazione della galleria;
    i tragici eventi alluvionali delle ultime settimane hanno riproposto in termini ancor più drammatici le condizioni della viabilità dell'area di Santo Stefano di Cadore, lasciando ancora una volta isolati dal mondo per via delle frane e degli smottamenti provocati dal maltempo numerosi paesi evidenziando la grande fragilità della statale Gamica in quanto unico accesso che collega il Comelico e Sappada con il resto del Bellunese e della regione;
    nel corso di un incontro con il Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Toninelli, i sindaci hanno fatto presente come la galleria avrebbe consentito facilmente il transito dalla valle del Comelico in tutta sicurezza;
    per il Ministro Toninelli «questa della galleria è sicuramente una delle priorità», «non è economicamente così importante, il costo; e allora spero, una volta analizzato nel dettaglio il dossier, di portarlo avanti il più velocemente possibile perché queste comunità vanno rilanciate» e lo stesso AD di ANAS Armani (allora in carica) affermava: «Completeremo la galleria paramassi e a febbraio concluderemo la progettazione della Coltrando, che poi porteremo alla Via»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di definire le procedure e le risorse necessarie all'avvio dei lavori della galleria del Coltrando, dando seguito all'impegno preso recentemente dal Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture con i sindaci e la cittadinanza dei comuni interessati all'opera, al fine di garantire la sicurezza e la continuità di collegamento sulla direttrice principale Belluno-Treviso-Venezia, anche in considerazione degli eventi alluvionali che hanno recentemente colpito i territori del Comelico e della Valle del Piave.
9/1334-AR/73. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Incà.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante il «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», prevede all'articolo 79 disposizioni in merito a situazioni emergenziali;
    nella città di Messina continuano ad insistere, da oltre cento anni, per effetto del terremoto che nel 1908 ha colpito la città lasciando numerose famiglie senza abitazione, insediamenti di baracche dove risiedono circa 3.000 nuclei familiari. In tali insediamenti, che si estendono su un'area vasta, le condizioni igienico-sanitarie e sociali assumono connotazioni di massima criticità, con massiccia presenza di amianto, rifiuti abbandonati ed assenza di rete fognaria e servizi;
    la situazione socio-sanitaria e ambientale è di tale gravità da richiedere un intervento urgente di risanamento e ripristino delle condizioni di salubrità e vivibilità dell'intero insediamento, al fine di garantire il diritto fondamentale alla salute dell'individuo nel contesto sociale di riferimento tutelato dall'articolo 32 della Costituzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte al risanamento delle aree degradate della Città di Messina e al ripristino, nel confronto con l'ente di governo locale, di adeguate condizioni igienico-sanitarie, allo stato gravemente carenti, prevedendo a tal fine congrue misure finanziarie.
9/1334-AR/74D'Uva, Raffa.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, recante il «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021», prevede all'articolo 79 disposizioni in merito a situazioni emergenziali;
    nella città di Messina continuano ad insistere, da oltre cento anni, per effetto del terremoto che nel 1908 ha colpito la città lasciando numerose famiglie senza abitazione, insediamenti di baracche dove risiedono circa 3.000 nuclei familiari. In tali insediamenti, che si estendono su un'area vasta, le condizioni igienico-sanitarie e sociali assumono connotazioni di massima criticità, con massiccia presenza di amianto, rifiuti abbandonati ed assenza di rete fognaria e servizi;
    la situazione socio-sanitaria e ambientale è di tale gravità da richiedere un intervento urgente di risanamento e ripristino delle condizioni di salubrità e vivibilità dell'intero insediamento, al fine di garantire il diritto fondamentale alla salute dell'individuo nel contesto sociale di riferimento tutelato dall'articolo 32 della Costituzione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte al risanamento delle aree degradate della Città di Messina e al ripristino, nel confronto con l'ente di governo locale, di adeguate condizioni igienico-sanitarie, allo stato gravemente carenti, prevedendo a tal fine congrue misure finanziarie.
9/1334-AR/74. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Uva, Raffa.


   La Camera,
   premesso che:
    per i disabili è molto difficile prendere in locazione un immobile: nel mercato immobiliare, sono molto rare le offerte di appartamenti privi di barriere architettoniche e quindi accessibili ai disabili;
    anche qualora l'inquilino con ridotte capacità motorie, oppure chi ne esercita la tutela o la potestà, intenda sostenere interamente la spesa degli interventi, vi sono ostacoli rilevanti, anche di natura normativa;
    in base all'articolo 2 della legge 13 del 1989, le deliberazioni dell'assemblea del condominio che hanno per oggetto gli interventi per eliminare le barriere architettoniche negli edifici privati devono essere approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio;
    nel caso in cui l'assemblea deliberi l'esecuzione dei lavori le relative spese sono ripartite tra i condomini in base ai millesimi di proprietà; nel caso in cui invece nell'assemblea venga deliberato il rifiuto all'esecuzione dei lavori necessari il disabile potrà comunque eseguire i lavori a proprie spese, ma a condizione che tali interventi non rechino danno al decoro architettonico dell'edificio, non ne alterino la stabilità o la sicurezza e non rendano alcune parti comuni dell'edificio inservibili al godimento e all'utilizzo anche di un solo condomino;
    anche qualora gli interventi necessari siano a carico del disabile e rispettino queste condizioni, il disabile deve comunque attendere la delibera, per assumere la quale il condominio ha a disposizione tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di incentivare i proprietari di immobili a eliminare le barriere architettoniche negli edifici privati e a offrirli in locazione a persone disabili, anche mediante l'applicazione di aliquote agevolate nei contratti di affitto con portatori di handicap, nel caso di opzione per la cedolare secca;
   a valutare l'opportunità di prevedere, anche mediante opportune modifiche normative, termini brevi per le delibere condominiali richieste da disabili o da proprietari locatori di immobili a disabili, per gli interventi necessari all'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici privati.
9/1334-AR/75Penna, Trizzino.


   La Camera,
   premesso che:
    per i disabili è molto difficile prendere in locazione un immobile: nel mercato immobiliare, sono molto rare le offerte di appartamenti privi di barriere architettoniche e quindi accessibili ai disabili;
    anche qualora l'inquilino con ridotte capacità motorie, oppure chi ne esercita la tutela o la potestà, intenda sostenere interamente la spesa degli interventi, vi sono ostacoli rilevanti, anche di natura normativa;
    in base all'articolo 2 della legge 13 del 1989, le deliberazioni dell'assemblea del condominio che hanno per oggetto gli interventi per eliminare le barriere architettoniche negli edifici privati devono essere approvate dall'assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio;
    nel caso in cui l'assemblea deliberi l'esecuzione dei lavori le relative spese sono ripartite tra i condomini in base ai millesimi di proprietà; nel caso in cui invece nell'assemblea venga deliberato il rifiuto all'esecuzione dei lavori necessari il disabile potrà comunque eseguire i lavori a proprie spese, ma a condizione che tali interventi non rechino danno al decoro architettonico dell'edificio, non ne alterino la stabilità o la sicurezza e non rendano alcune parti comuni dell'edificio inservibili al godimento e all'utilizzo anche di un solo condomino;
    anche qualora gli interventi necessari siano a carico del disabile e rispettino queste condizioni, il disabile deve comunque attendere la delibera, per assumere la quale il condominio ha a disposizione tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto,

impegna il Governo

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare l'opportunità di incentivare i proprietari di immobili a eliminare le barriere architettoniche negli edifici privati e a offrirli in locazione a persone disabili, anche mediante l'applicazione di aliquote agevolate nei contratti di affitto con portatori di handicap, nel caso di opzione per la cedolare secca;
   a valutare l'opportunità di prevedere, anche mediante opportune modifiche normative, termini brevi per le delibere condominiali richieste da disabili o da proprietari locatori di immobili a disabili, per gli interventi necessari all'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici privati.
9/1334-AR/75. (Testo modificato nel corso della seduta)  Penna, Trizzino.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità 2015 ha elevato dal 10 al 22 per cento l'aliquota IVA applicabile al pellet di legno;
    dal 1o gennaio 2015 è più vantaggioso acquistare legna ricavata dal taglio degli alberi – che beneficia dell'aliquota ridotta del 10 per cento – piuttosto che pellet, a cui ancora oggi si applica l'aliquota ordinaria al 22 per cento;
   considerato che:
    oltre due milioni di famiglie in Italia usano il pellet per riscaldarsi; il prelievo tributario è particolarmente gravoso, se si considera la previsione di un rialzo dei prezzi del pellet per il 2019, anche per effetto dell'aumento del prezzo del prodotto importato: cresce infatti il consumo, come valida alternativa al carbone, nei paesi produttori, che hanno ridotto le esportazioni;
    l'elevato consumo registrato nell'ultimo anno per le temperature rigide e per l'aumento di domanda per usi industriali ha ridotto gli stock di pellet e ha determinato un incremento dei prezzi, in particolare del pellet di qualità Al, con minori emissioni di CO2;
    il settore del pellet impiega oltre 42.000 unità lavorative, di cui circa 20.000 nella produzione e distribuzione del prodotto; la sola produzione di pellet ha una ricaduta occupazionale pari a 8,3 unità lavorative per milione di euro fatturato; l'incidenza del valore aggiunto della produzione di pellet è 7 volte superiore rispetto a quello derivante della raffinazione del petrolio;
    l'Italia è un paese leader, a livello internazionale, nella produzione e nella tecnologia di apparecchi domestici alimentati a pellet, che esportiamo – per oltre il 35% della produzione, in Europa e Nord America;
    ritenuto che:
    l'impiego di pellet per usi domestici e industriali contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020 in termini di energia rinnovabile e sostituisce i combustibili fossili principali responsabili del cambiamento climatico;
    il minor prelievo fiscale su questo combustibile determina un incremento dei consumi – e quindi del relativo gettito IVA, un aumento della produzione della vendita e quindi delle entrate tributarie dal settore delle stufe alimentate a pellet,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare l'aliquota agevolata del 10 cento alle cessioni del pellet di legno.
9/1334-AR/76Aprile.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità 2015 ha elevato dal 10 al 22 per cento l'aliquota IVA applicabile al pellet di legno;
    dal 1o gennaio 2015 è più vantaggioso acquistare legna ricavata dal taglio degli alberi – che beneficia dell'aliquota ridotta del 10 per cento – piuttosto che pellet, a cui ancora oggi si applica l'aliquota ordinaria al 22 per cento;
   considerato che:
    oltre due milioni di famiglie in Italia usano il pellet per riscaldarsi; il prelievo tributario è particolarmente gravoso, se si considera la previsione di un rialzo dei prezzi del pellet per il 2019, anche per effetto dell'aumento del prezzo del prodotto importato: cresce infatti il consumo, come valida alternativa al carbone, nei paesi produttori, che hanno ridotto le esportazioni;
    l'elevato consumo registrato nell'ultimo anno per le temperature rigide e per l'aumento di domanda per usi industriali ha ridotto gli stock di pellet e ha determinato un incremento dei prezzi, in particolare del pellet di qualità Al, con minori emissioni di CO2;
    il settore del pellet impiega oltre 42.000 unità lavorative, di cui circa 20.000 nella produzione e distribuzione del prodotto; la sola produzione di pellet ha una ricaduta occupazionale pari a 8,3 unità lavorative per milione di euro fatturato; l'incidenza del valore aggiunto della produzione di pellet è 7 volte superiore rispetto a quello derivante della raffinazione del petrolio;
    l'Italia è un paese leader, a livello internazionale, nella produzione e nella tecnologia di apparecchi domestici alimentati a pellet, che esportiamo – per oltre il 35% della produzione, in Europa e Nord America;
    ritenuto che:
    l'impiego di pellet per usi domestici e industriali contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di Europa 2020 in termini di energia rinnovabile e sostituisce i combustibili fossili principali responsabili del cambiamento climatico;
    il minor prelievo fiscale su questo combustibile determina un incremento dei consumi – e quindi del relativo gettito IVA, un aumento della produzione della vendita e quindi delle entrate tributarie dal settore delle stufe alimentate a pellet,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di applicare l'aliquota agevolata del 10 cento alle cessioni del pellet di legno.
9/1334-AR/76. (Testo modificato nel corso della seduta)  Aprile.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono presenti numerosi interventi in materia di cultura e spettacolo;
    la tutela del diritto d'autore e dei diritti connessi riveste un ruolo fondamentale per la valorizzazione del lavoro intellettuale e delle opere di ingegno e, di conseguenza, per la promozione culturale e lo sviluppo artistico del nostro Paese;
    la liberalizzazione dell'attività di intermediazione del diritto d'autore e dei diritti connessi al diritto d'autore sta progressivamente esplicando i suoi positivi effetti in favore degli Artisti e Interpreti ed Esecutori, secondo quanto indicato dalla direttiva europea 2014/26/UE finalizzata proprio a favorire e tutelare gli interessi degli autori e degli artisti aventi diritto;
    sull'attività di intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore, gli interessi degli artisti interpreti ed esecutori grava ancora l'enorme lentezza e mancanza di trasparenza con cui procede la distribuzione ad oltre 20 mila artisti interpreti ed esecutori aventi diritto delle somme loro spettanti a seguito della procedura di liquidazione dell'IMAIE Istituto per la tutela dei diritti degli Artisti Interpreti ed Esecutori;
    il 14 luglio 2009, l'IMAIE fu estinto dal Prefetto di Roma e messo in liquidazione ex articolo 16 disp. att. c.c., a causa della manifesta incapacità gestionale nell'individuazione dei titolari di diritti connessi ai diritti d'autore ai fini della conseguente distribuzione dei compensi;
    allo scopo di continuare a garantire la tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori e per garantire i livelli occupazionali dell'IMAIE, con il DL 30 aprile 2010, n. 64, convertito in legge 29 giugno 2010, n. 100, recante «Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali» è stato istituito il Nuovo IMAIE che ha mantenuto la stessa organizzazione gestionale ed amministrativa, nonché le figure di rappresentanza e dirigenziali del precedente Istituto;
    nel 2009 furono nominati, dal tribunale di Roma, tre Commissari liquidatori con lo scopo di procedere alla ripartizione di circa 120 milioni di euro mai distribuiti dall'istituto;
    dopo circa 4 anni dall'espletamento del proprio incarico, caratterizzato da scarsi risultati, a causa delle grandi difficoltà nello svolgere il proprio compito, i Commissari liquidatori hanno avviato «una valutazione comparativa di offerte» per l'affidamento ad un soggetto terzo del servizio finalizzato al completamento dell'attività di attribuzione e di ripartizione dei compensi percepiti a partire da luglio 2009;
    secondo quanto si evince dagli atti dei Commissari liquidatori le uniche due società coinvolte nella valutazione comparativa sono state la Seacon S.r.l., che opera nel settore della progettazione di opere marittime e idrauliche, e il Nuovo IMAIE, cui è stato assegnato l'incarico;
    secondo quanto riferito dai Commissari liquidatori l'incarico al Nuovo IMAIE è stata conferito poiché quest'ultimo aveva presentato un'offerta economica migliore: infatti avendo ricevuto in comodato d'uso il database dell'IMAIE in liquidazione e avendo fatto su quest'ultimo delle migliorie, il Nuovo IMAIE sarebbe stato nelle condizioni migliori per effettuare i ricalcoli dei compensi spettanti agli artisti. Per eseguire tali ricalcoli il Nuovo IMAIE percepisce un compenso di circa 730 mila euro l'anno;
    nel corso delle audizioni svolte nel 2014 dalla Commissione Istruzione pubblica e beni culturali del Senato della Repubblica, proprio in merito alla procedura di liquidazione del vecchio IMAIE, i Commissari liquidatori avevano dichiarato che «l'attività di contrattualizzazione e di recupero delle somme afferenti i diritti maturati dagli artisti, interpreti ed esecutori fino alla data del 14 luglio 2009» fosse sostanzialmente esaurita e che «la procedura è impegnata nel completamento delle attività di attribuzione dei proventi riferiti ai diritti incassati per il periodo 1.1.2008-14.7.2009»;
    nella stessa occasione i Commissari liquidatori dichiaravano altresì che il loro obiettivo era quello di «completare l'attività nel corso dei primi nove mesi del 2014 e depositare lo stato passivo finale dell'Ente entro la fine dell'esercizio 2014»;
    quanto dichiarato dai Commissari liquidatori si è, quindi, rivelato nei fatti inattendibile e dimostra l'assoluta inefficacia dell'attività degli stessi Commissari liquidatori, visto che dopo oltre 9 anni dall'avvio della procedura di liquidazione di IMAIE persisterebbero, secondo quanto pubblicato sul sito IMAIE in liquidazione, circa 70 milioni di euro, che non sono stati ancora distribuiti agli artisti aventi diritto;
    l'affidamento dell'attività di liquidazione al Nuovo IMAIE rischia di produrre significative alterazioni della concorrenza: gli aventi diritto denunciano da tempo una forte mancanza di trasparenza in merito ai criteri in base ai quali vengono corrisposte le somme derivanti dalla procedura di liquidazione che, peraltro, in alcuni casi, risultano pervenire anche ad artisti appartenenti ad altre società di collecting senza che queste ultime possano verificare la correttezza dell'operato e degli importi nell'interesse dell'artista rappresentato; il Governo accogliendo la Risoluzione Doc. XXIV n. 21 del Senato della Repubblica dell'11 marzo 2014 e l'Ordine del Giorno n. 9/03540-A/018 del 21 aprile 2016 si era già impegnato a garantire una soluzione rapida a questa vicenda che, invece, continua a produrre danni all'intera categoria degli aventi diritto con il solo effetto di rafforzare la posizione dominante dell'ex monopolista Nuovo IMAIE,

impegna il Governo:
   1) a valutare l'opportunità di intervenire, con iniziative di propria competenza, per stabilire, il termine della procedura di liquidazione di cui in premessa affidando alla Presidenza del Consiglio dei ministri il compito di individuare, con apposito decreto e su proposta del Ministero per i beni e le attività culturali, le modalità ed i criteri di distribuzione del residuo attivo della liquidazione agli artisti e interpreti o esecutori aventi diritto;
   2) ad attivarsi affinché, anche per il tramite dell'Autorità della Concorrenza e del Mercato, vengano avviate le opportune verifiche rispetto all'operato del Nuovo IMAIE nella procedura di liquidazione di IMAIE.
9/1334-AR/77Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame sono presenti numerosi interventi in materia di cultura e spettacolo;
    la tutela del diritto d'autore e dei diritti connessi riveste un ruolo fondamentale per la valorizzazione del lavoro intellettuale e delle opere di ingegno e, di conseguenza, per la promozione culturale e lo sviluppo artistico del nostro Paese;
    la liberalizzazione dell'attività di intermediazione del diritto d'autore e dei diritti connessi al diritto d'autore sta progressivamente esplicando i suoi positivi effetti in favore degli Artisti e Interpreti ed Esecutori, secondo quanto indicato dalla direttiva europea 2014/26/UE finalizzata proprio a favorire e tutelare gli interessi degli autori e degli artisti aventi diritto;
    sull'attività di intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore, gli interessi degli artisti interpreti ed esecutori grava ancora l'enorme lentezza e mancanza di trasparenza con cui procede la distribuzione ad oltre 20 mila artisti interpreti ed esecutori aventi diritto delle somme loro spettanti a seguito della procedura di liquidazione dell'IMAIE Istituto per la tutela dei diritti degli Artisti Interpreti ed Esecutori;
    il 14 luglio 2009, l'IMAIE fu estinto dal Prefetto di Roma e messo in liquidazione ex articolo 16 disp. att. c.c., a causa della manifesta incapacità gestionale nell'individuazione dei titolari di diritti connessi ai diritti d'autore ai fini della conseguente distribuzione dei compensi;
    allo scopo di continuare a garantire la tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori e per garantire i livelli occupazionali dell'IMAIE, con il DL 30 aprile 2010, n. 64, convertito in legge 29 giugno 2010, n. 100, recante «Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali» è stato istituito il Nuovo IMAIE che ha mantenuto la stessa organizzazione gestionale ed amministrativa, nonché le figure di rappresentanza e dirigenziali del precedente Istituto;
    nel 2009 furono nominati, dal tribunale di Roma, tre Commissari liquidatori con lo scopo di procedere alla ripartizione di circa 120 milioni di euro mai distribuiti dall'istituto;
    dopo circa 4 anni dall'espletamento del proprio incarico, caratterizzato da scarsi risultati, a causa delle grandi difficoltà nello svolgere il proprio compito, i Commissari liquidatori hanno avviato «una valutazione comparativa di offerte» per l'affidamento ad un soggetto terzo del servizio finalizzato al completamento dell'attività di attribuzione e di ripartizione dei compensi percepiti a partire da luglio 2009;
    secondo quanto si evince dagli atti dei Commissari liquidatori le uniche due società coinvolte nella valutazione comparativa sono state la Seacon S.r.l., che opera nel settore della progettazione di opere marittime e idrauliche, e il Nuovo IMAIE, cui è stato assegnato l'incarico;
    secondo quanto riferito dai Commissari liquidatori l'incarico al Nuovo IMAIE è stata conferito poiché quest'ultimo aveva presentato un'offerta economica migliore: infatti avendo ricevuto in comodato d'uso il database dell'IMAIE in liquidazione e avendo fatto su quest'ultimo delle migliorie, il Nuovo IMAIE sarebbe stato nelle condizioni migliori per effettuare i ricalcoli dei compensi spettanti agli artisti. Per eseguire tali ricalcoli il Nuovo IMAIE percepisce un compenso di circa 730 mila euro l'anno;
    nel corso delle audizioni svolte nel 2014 dalla Commissione Istruzione pubblica e beni culturali del Senato della Repubblica, proprio in merito alla procedura di liquidazione del vecchio IMAIE, i Commissari liquidatori avevano dichiarato che «l'attività di contrattualizzazione e di recupero delle somme afferenti i diritti maturati dagli artisti, interpreti ed esecutori fino alla data del 14 luglio 2009» fosse sostanzialmente esaurita e che «la procedura è impegnata nel completamento delle attività di attribuzione dei proventi riferiti ai diritti incassati per il periodo 1.1.2008-14.7.2009»;
    nella stessa occasione i Commissari liquidatori dichiaravano altresì che il loro obiettivo era quello di «completare l'attività nel corso dei primi nove mesi del 2014 e depositare lo stato passivo finale dell'Ente entro la fine dell'esercizio 2014»;
    quanto dichiarato dai Commissari liquidatori si è, quindi, rivelato nei fatti inattendibile e dimostra l'assoluta inefficacia dell'attività degli stessi Commissari liquidatori, visto che dopo oltre 9 anni dall'avvio della procedura di liquidazione di IMAIE persisterebbero, secondo quanto pubblicato sul sito IMAIE in liquidazione, circa 70 milioni di euro, che non sono stati ancora distribuiti agli artisti aventi diritto;
    l'affidamento dell'attività di liquidazione al Nuovo IMAIE rischia di produrre significative alterazioni della concorrenza: gli aventi diritto denunciano da tempo una forte mancanza di trasparenza in merito ai criteri in base ai quali vengono corrisposte le somme derivanti dalla procedura di liquidazione che, peraltro, in alcuni casi, risultano pervenire anche ad artisti appartenenti ad altre società di collecting senza che queste ultime possano verificare la correttezza dell'operato e degli importi nell'interesse dell'artista rappresentato; il Governo accogliendo la Risoluzione Doc. XXIV n. 21 del Senato della Repubblica dell'11 marzo 2014 e l'Ordine del Giorno n. 9/03540-A/018 del 21 aprile 2016 si era già impegnato a garantire una soluzione rapida a questa vicenda che, invece, continua a produrre danni all'intera categoria degli aventi diritto con il solo effetto di rafforzare la posizione dominante dell'ex monopolista Nuovo IMAIE,

impegna il Governo

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1) a valutare l'opportunità di intervenire, con iniziative di propria competenza, per stabilire, il termine della procedura di liquidazione di cui in premessa affidando alla Presidenza del Consiglio dei ministri il compito di individuare, con apposito decreto e su proposta del Ministero per i beni e le attività culturali, le modalità ed i criteri di distribuzione del residuo attivo della liquidazione agli artisti e interpreti o esecutori aventi diritto;
   2) ad attivarsi affinché, anche per il tramite dell'Autorità della Concorrenza e del Mercato, vengano avviate le opportune verifiche rispetto all'operato del Nuovo IMAIE nella procedura di liquidazione di IMAIE.
9/1334-AR/77. (Testo modificato nel corso della seduta)  Battelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è un Paese a medio-alta pericolosità sismica, dato scientifico ben normato, e rispetto ad altri Paesi a pericolosità sismica ben maggiore, ha un patrimonio edilizio pubblico e privato altamente vulnerabile, come testimoniano gli eventi sismici che hanno colpito il territorio aquilano nel 2009, l'Emilia Romagna nel 2012 ed il centro Italia a partire dal 2016, causando numerose vittime;
    l'Italia è un paese ad elevato rischio idrogeologico come dimostrano gli effetti che eventi meteorologici più o meno importanti comportano in termini di inondazioni ed eventi franosi. Tale situazione provoca vittime come nel caso delle ultime alluvioni in Calabria, Sicilia, Sardegna;
    a causa di eventi calamitosi, il tessuto economico e sociale dei territori colpiti ne risente sia in termini di danni agli edifici ed alle infrastrutture, sia in termini di danni alle aziende, sia in termini di perdite di vite umane e conseguentemente dei traumi psicologici dei familiari delle vittime, in particolare per chi perde un proprio figlio, specie se minorenne, e per i bambini e ragazzi in età adolescenziale e pre-adolescenziale che perdono uno o entrambi i genitori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire risorse economiche adeguate al fine di istituire un Fondo Permanente per i Familiari delle Vittime degli Eventi Calamitosi, riconoscendo, fatte salve le provvidenze previste da altre disposizioni di legge, il diritto all'indennizzo a carico dello Stato ai suddetti familiari e garantendo loro il supporto psicologico costante di professionisti, attraverso le strutture sanitarie del territorio, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/1334-AR/78Gabriele Lorenzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia è un Paese a medio-alta pericolosità sismica, dato scientifico ben normato, e rispetto ad altri Paesi a pericolosità sismica ben maggiore, ha un patrimonio edilizio pubblico e privato altamente vulnerabile, come testimoniano gli eventi sismici che hanno colpito il territorio aquilano nel 2009, l'Emilia Romagna nel 2012 ed il centro Italia a partire dal 2016, causando numerose vittime;
    l'Italia è un paese ad elevato rischio idrogeologico come dimostrano gli effetti che eventi meteorologici più o meno importanti comportano in termini di inondazioni ed eventi franosi. Tale situazione provoca vittime come nel caso delle ultime alluvioni in Calabria, Sicilia, Sardegna;
    a causa di eventi calamitosi, il tessuto economico e sociale dei territori colpiti ne risente sia in termini di danni agli edifici ed alle infrastrutture, sia in termini di danni alle aziende, sia in termini di perdite di vite umane e conseguentemente dei traumi psicologici dei familiari delle vittime, in particolare per chi perde un proprio figlio, specie se minorenne, e per i bambini e ragazzi in età adolescenziale e pre-adolescenziale che perdono uno o entrambi i genitori,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di reperire risorse economiche adeguate al fine di istituire un Fondo Permanente per i Familiari delle Vittime degli Eventi Calamitosi, riconoscendo, fatte salve le provvidenze previste da altre disposizioni di legge, il diritto all'indennizzo a carico dello Stato ai suddetti familiari e garantendo loro il supporto psicologico costante di professionisti, attraverso le strutture sanitarie del territorio, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica.
9/1334-AR/78. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gabriele Lorenzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 marzo 1996, n. 108, che reca disposizioni in materia di usura, ha istituito presso l'ufficio del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative anti-racket il «Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura»;
    il Fondo provvede alla erogazione di mutui senza interesse di durata non superiore al decennio a favore di soggetti che esercitano attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, i quali dichiarino di essere vittime del delitto di usura e risultino parti offese nel relativo procedimento penale;
    il Fondo è surrogato, quanto all'importo dell'interesse e limitatamente a questo, nei diritti della persona offesa verso l'autore del reato; la concessione del mutuo è esente da oneri fiscali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che il fondo di solidarietà per le vittime dell'usura provveda all'erogazione dei mutui senza interesse, non solo a favore degli imprenditori o professionisti, bensì anche a favore delle persone fisiche vittime del medesimo reato.
9/1334-AR/79Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 7 marzo 1996, n. 108, che reca disposizioni in materia di usura, ha istituito presso l'ufficio del Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative anti-racket il «Fondo di solidarietà per le vittime dell'usura»;
    il Fondo provvede alla erogazione di mutui senza interesse di durata non superiore al decennio a favore di soggetti che esercitano attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o comunque economica, ovvero una libera arte o professione, i quali dichiarino di essere vittime del delitto di usura e risultino parti offese nel relativo procedimento penale;
    il Fondo è surrogato, quanto all'importo dell'interesse e limitatamente a questo, nei diritti della persona offesa verso l'autore del reato; la concessione del mutuo è esente da oneri fiscali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere che il fondo di solidarietà per le vittime dell'usura provveda all'erogazione dei mutui senza interesse, non solo a favore degli imprenditori o professionisti, bensì anche a favore delle persone fisiche vittime del medesimo reato.
9/1334-AR/79. (Testo modificato nel corso della seduta)  Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    le vittime di arresto cardiaco sono oltre 70.000 ogni anno e oltre l'80 per cento dei decessi avviene lontano da ospedali e strutture sanitarie: a casa, negli uffici pubblici, nelle strade, sul lavoro;
    l'arresto cardiaco non dà segni premonitori e colpisce chiunque e dovunque, spesso a causa di una sopraggiunta aritmia chiamata fibrillazione ventricolare, che compromette la vita della persona;
    se non si interviene entro i primi 5 minuti dall'arresto cardio-circolatorio somministrando una scarica elettrica al cuore attraverso l'utilizzo di un «defibrillatore DAE semiautomatico esterno», le possibilità di salvezza per la persona colpita sono praticamente nulle;
    il cosiddetto decreto Balduzzi del 24 aprile 2013 sancisce l'obbligo di dotazione di defibrillatore DAE (Defibrillatore Automatico Esterno) e di presenza di personale debitamente formato e aggiornato per tutte le Associazioni Sportive, sia quelle professionistiche (per le quali l'obbligo vige da anni) sia per quelle dilettantistiche per le quali l'obbligo è stato confermato dal decreto interministeriale 26 giugno 2017;
    con decreto 18 marzo 2011 il Ministero della Salute elenca i criteri per la distribuzione dei defibrillatori semiautomatici DAE sul territorio;
    il decreto del 18/03/2011 (Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6/6/11) ha stabilito i criteri di diffusione dei Defibrillatori semi automatici Esterni (DAE) ed i luoghi dove deve essere garantita la loro presenza, ovvero i luoghi di aggregazione cittadina, luoghi molto frequentati o ad alto afflusso turistico, in strutture dove si registra un grande afflusso di pubblico;
    tuttavia la delega conferita alle Regioni non impone nessun obbligo di installazione dei succitati dispositivi cd. «salva vita»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare nuove linee guida che prevedano l'obbligatorietà di diffondere i succitati defibrillatori semi automatici nei luoghi pubblici, di cui al decreto 18 marzo 2011, anche attraverso incentivi fiscali, che prevedano la riduzione dell'IVA al 4 per cento, utile ad aumentare la quantità di dispositivi al servizio della cittadinanza e le possibilità di sopravvivenza di migliaia di persone ogni anno.
9/1334-AR/80Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    le vittime di arresto cardiaco sono oltre 70.000 ogni anno e oltre l'80 per cento dei decessi avviene lontano da ospedali e strutture sanitarie: a casa, negli uffici pubblici, nelle strade, sul lavoro;
    l'arresto cardiaco non dà segni premonitori e colpisce chiunque e dovunque, spesso a causa di una sopraggiunta aritmia chiamata fibrillazione ventricolare, che compromette la vita della persona;
    se non si interviene entro i primi 5 minuti dall'arresto cardio-circolatorio somministrando una scarica elettrica al cuore attraverso l'utilizzo di un «defibrillatore DAE semiautomatico esterno», le possibilità di salvezza per la persona colpita sono praticamente nulle;
    il cosiddetto decreto Balduzzi del 24 aprile 2013 sancisce l'obbligo di dotazione di defibrillatore DAE (Defibrillatore Automatico Esterno) e di presenza di personale debitamente formato e aggiornato per tutte le Associazioni Sportive, sia quelle professionistiche (per le quali l'obbligo vige da anni) sia per quelle dilettantistiche per le quali l'obbligo è stato confermato dal decreto interministeriale 26 giugno 2017;
    con decreto 18 marzo 2011 il Ministero della Salute elenca i criteri per la distribuzione dei defibrillatori semiautomatici DAE sul territorio;
    il decreto del 18/03/2011 (Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6/6/11) ha stabilito i criteri di diffusione dei Defibrillatori semi automatici Esterni (DAE) ed i luoghi dove deve essere garantita la loro presenza, ovvero i luoghi di aggregazione cittadina, luoghi molto frequentati o ad alto afflusso turistico, in strutture dove si registra un grande afflusso di pubblico;
    tuttavia la delega conferita alle Regioni non impone nessun obbligo di installazione dei succitati dispositivi cd. «salva vita»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di emanare nuove linee guida che prevedano l'obbligatorietà di diffondere i succitati defibrillatori semi automatici nei luoghi pubblici, di cui al decreto 18 marzo 2011, anche attraverso incentivi fiscali, che prevedano la riduzione dell'IVA al 4 per cento, utile ad aumentare la quantità di dispositivi al servizio della cittadinanza e le possibilità di sopravvivenza di migliaia di persone ogni anno.
9/1334-AR/80. (Testo modificato nel corso della seduta)  Romaniello.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge bilancio contiene misure per la riduzione della pressione fiscale;
    il 3 dicembre è iniziata in Polonia la COP24, la Conferenza sul cambiamento climatico organizzata dalle Nazioni Unite per fare il punto sui problemi, le sfide e le possibili soluzioni per affrontare il riscaldamento globale, e in primis per tagliare drasticamente le emissioni di anidride carbonica;
    tutti i Governi nazionali hanno finora eluso l'impegno che attraverso la Delega Fiscale 2014 il Parlamento della XVII legislatura aveva loro affidato per una revisione in chiave ecologica della fiscalità che disincentivi il depauperamento delle risorse ecologiche in coerenza con la Strategia Energetica Nazionale e il Clean Energy Package in fase di approvazione da parte dell'UE;
    tale revisione sarebbe coerente con le indicazioni di ONU, OCSE, IMF e Banca Mondiale;
    a tal fine, la prima direzione di intervento da intraprendere sarebbe quella di delegare il Ministero dell'economia a provvedere affinché i sussidi dannosi all'ambiente identificati nel «Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli» siano eliminati. Tali sussidi dannosi ammontano in totale, secondo la tabella 14 del citato Catalogo, a oltre 16 miliardi di euro; in prima battuta, la fine dei regimi di favore delle accise sui combustibili fossili avrebbe un impatto stimabile di circa 4 miliardi di euro;
    aumenti consistenti di gettito potrebbero derivare anche dalla riparametrazione delle accise sui prodotti energetici sulla base delle emissioni-serra associabili al loro consumo, che potrebbe essere in una prima fase a parità di gettito per stabilire successivamente il valore unitario delle accise per emissioni di CO2 sulla base dei prezzi nel mercato europeo di permessi ad emettere CO2 (Emission Trading System), con un minimo pari a 30 €/T CO2 aumentato di 2 €/T ogni anno successivo fino al quinto;
    è inoltre auspicabile progettare una riparametrazione dell'IVA sulla base dell'emissione di gas-serra associabile alla produzione e al consumo di ogni categoria merceologica censita, a parità di gettito atteso;
    tali interventi, contenuti nell'emendamento 4.01 a prima firma del presentatore del presente atto, respinto in Commissione, risponderebbero al principio del «chi inquina paga», citato dal Vice Presidente del Consiglio Luigi Di Maio a proposito della cosiddetta «Ires verde» che dovrebbe essere introdotta dal disegno di legge recante introduzione di misure fiscali agevolate per le società che riducono le emissioni inquinanti, annunciato dal Governo tra i collegati alla decisione di bilancio a completamento della manovra di bilancio 2019-2021;
    le ingenti risorse liberate da tali interventi potrebbero essere destinate alla diminuzione di altre imposte, a partire da quelle sul reddito da lavoro, e per il credito di imposta per investimenti in riduzione dell'impatto ambientale nei settori coinvolti dal taglio degli sconti,

impegna il Governo

a ridurre la spesa fiscale dannosa all'ambiente secondo le linee di intervento delineate in premessa, permettendo una riduzione delle imposte in particolare sui redditi e un aumento dei trasferimenti pubblici all'innovazione sostenibile.
9/1334-AR/81Magi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio prevede misure in favore delle persone con disabilità (es. commi 51, 146, 303, 371);
    è necessario attivare interventi in favore delle persone con disabilità soprattutto quelli relativi all'innovazione tecnologica delle strutture, contrassegni e segnaletica per assicurare una più agevole mobilità alle medesime persone con disabilità;
    infatti risulta fondamentale agevolare la circolazione e la sosta dei veicoli delle persone con deambulazione sensibilmente ridotta intervenendo anche per evitare eventuali abusi sulle autorizzazioni concesse alle medesime persone con disabilità;
    è opportuno pertanto promuovere interventi diretti ad assicurare alle persone con disabilità una mobilità piena. Infatti è compito dello Stato rimuovere quelle «barriere» che ancora oggi impediscono alle persone con disabilità di accedere ai servizi ed a qualsiasi struttura in piena autonomia,

impegna il Governo

ad attivare interventi che prevedano misure tali da facilitare l'accesso alla piena mobilità delle persone con disabilità in modo da assicurare a loro la piena autonomia ed in particolare incentivare gli interventi relativi alla circolazione stradale.
9/1334-AR/82Caiata.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio prevede misure in favore delle persone con disabilità (es. commi 51, 146, 303, 371);
    è necessario attivare interventi in favore delle persone con disabilità soprattutto quelli relativi all'innovazione tecnologica delle strutture, contrassegni e segnaletica per assicurare una più agevole mobilità alle medesime persone con disabilità;
    infatti risulta fondamentale agevolare la circolazione e la sosta dei veicoli delle persone con deambulazione sensibilmente ridotta intervenendo anche per evitare eventuali abusi sulle autorizzazioni concesse alle medesime persone con disabilità;
    è opportuno pertanto promuovere interventi diretti ad assicurare alle persone con disabilità una mobilità piena. Infatti è compito dello Stato rimuovere quelle «barriere» che ancora oggi impediscono alle persone con disabilità di accedere ai servizi ed a qualsiasi struttura in piena autonomia,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad attivare interventi che prevedano misure tali da facilitare l'accesso alla piena mobilità delle persone con disabilità in modo da assicurare a loro la piena autonomia ed in particolare incentivare gli interventi relativi alla circolazione stradale.
9/1334-AR/82. (Testo modificato nel corso della seduta)  Caiata.


   La Camera,
   premesso che:
    il Disegno di Legge n. 1334-A all'articolo 68 reca «Disposizioni concernenti il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»;
    alcuni Comuni capoluogo che hanno stipulato le convenzioni nell'ambito del Programma di cui al comma 1 del succitato articolo – convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2/2017 del 3 marzo 2017 e n. 72/2017 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, – fermo restando gli impegni finanziari assunti a carico degli stessi e lo stanziamento delle somme previste a carico dei privati si trovano nella necessità di dovere rimodulare gli interventi indicati, anche in ragione di una più attenta verifica degli stessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere note, nelle forme ritenute più opportune, le modalità di possibile riprogrammazione degli interventi di cui Programma in premessa citato.
9/1334-AR/83Foti, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Disegno di Legge n. 1334-A all'articolo 68 reca «Disposizioni concernenti il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»;
    alcuni Comuni capoluogo che hanno stipulato le convenzioni nell'ambito del Programma di cui al comma 1 del succitato articolo – convenzioni concluse sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 148 del 27 giugno 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2/2017 del 3 marzo 2017 e n. 72/2017 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, – fermo restando gli impegni finanziari assunti a carico degli stessi e lo stanziamento delle somme previste a carico dei privati si trovano nella necessità di dovere rimodulare gli interventi indicati, anche in ragione di una più attenta verifica degli stessi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di rendere note, nelle forme ritenute più opportune, le modalità di possibile riprogrammazione degli interventi di cui Programma in premessa citato.
9/1334-AR/83. (Testo modificato nel corso della seduta)  Foti, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    le conseguenze drammatiche delle catastrofi naturali che hanno coinvolto negli ultimi anni quasi tutte le regioni italiane hanno ricondotto all'attenzione dell'opinione pubblica il problema della tutela e della manutenzione del suolo. Un problema che non ha ancora prodotto e sedimentato nel nostro Paese politiche territoriali in grado di assumere il ruolo fondamentale della conservazione del suolo non solo per la funzione produttiva agricola, ma anche per una corretta regolazione del ciclo dell'acqua, funzioni entrambe compromesse irrimediabilmente dalle trasformazioni urbanistiche;
    per questo tutelare il suolo è il primo modo di proteggere uomini, piante e animali. Ogni anno in Europa spariscono sotto il cemento mille chilometri quadrati di suolo fertile, un'estensione quasi pari all'intera città di Roma;
    il fenomeno del consumo del suolo ha dimensioni globali ed è monitorato da alcuni anni, con attenzione, anche dalle istituzioni internazionali. La crescita della popolazione urbana su scala mondiale è infatti inserita in un trend che sta conducendo nel ristretto arco temporale di un secolo, dal dopoguerra alle previsioni per il 2050, i residenti nelle aree urbanizzate da circa un terzo della popolazione rurale ad oltre il doppio, con sei dei nove miliardi di abitanti stimati al termine della proiezione che vivranno nella nuova dimensione della diffusione urbana;
    l'Unione europea, con la proposta di direttiva COM(2006) n. 232 definitivo, ha assunto l'orientamento in base al quale il suolo deve essere protetto, così come le altre matrici ambientali, in primo luogo dai fenomeni di impermeabilizzazione ed in quanto riserva di carbonio. Alcuni Stati membri hanno del resto già adottato interessanti misure di prevenzione: la Gran Bretagna, ad esempio, ha stabilito che almeno il 60 per cento delle nuove urbanizzazioni debba avvenire su aree dismesse (brownfield), mentre la Germania ha fissato un target decrescente di consumo che, partendo da una media di 30 ettari/giorno, dovrà giungere a zero al 2050. Eurostat conduce inoltre un monitoraggio delle tendenze in atto nei Paesi membri dell'Unione europea che colloca l'Italia abbondantemente al di sopra della media europea, con una percentuale di aree artificiali e cementificate che supera il 7 per cento;
    i dati ufficiali sul fenomeno del consumo di suolo sono raccolti in Italia, con metodologie sostanzialmente diverse, dall'istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA), facente capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il consumo di suolo in Italia continua a crescere, come confermato dai dati più recenti relativi ai primi mesi del 2016. Nel periodo compreso tra novembre 2015 e maggio 2016 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 50 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, poco meno di 30 ettari al giorno;
    una velocità di trasformazione di più di 3 metri quadrati di suolo che, nell'ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo. Il consumo di suolo continua a coprire irreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici, e fabbricati, strade e altre infrastrutture, insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, anche attraverso l'espansione di aree urbane, spesso a bassa densità. I dati della nuova cartografia SNPA mostrano come, a livello nazionale, il consumo di suolo sia passato dal 2,7 per cento stimato per gli anni ’50 al 7,6 per cento del 2016, con un incremento di 4,9 punti percentuali e una crescita percentuale del 184 per cento. In termini assoluti, il consumo di suolo ha intaccato ormai 23.039 chilometri quadrati del territorio nazionale;
    il dossier «Suolo minacciato, ancora cemento oltre la crisi», realizzato da Legambiente, a cui fanno da cornice i dati dell'ISPRA ha confermato che il consumo di suolo in Italia è in aumento anche nel 2017. La superficie naturale si è ridotta di ulteriori 52 kmq l'anno scorso: ogni due ore viene costruita un'intera piazza Navona, ogni secondo vengono coperti con cemento o asfalto 2 metri quadrati di territorio;
    quasi un quarto, il 24,61 per cento, del nuovo consumo di suolo netto tra il 2016 e il 2017 avviene all'interno di aree soggette a vincoli paesaggistici. Di questo, il 64 per cento si deve alla presenza di cantieri e ad altre aree in terra battuta destinate, in gran parte, alla realizzazione di nuove infrastrutture, fabbricati, non necessariamente abusivi, o altre coperture permanenti nel corso dei prossimi anni;
    i nuovi edifici rappresentano il 13,2 per cento del territorio vincolato perso nell'ultimo anno. Sul fronte del dissesto idrogeologico, il 6 per cento delle trasformazioni del 2017 si trova in aree a pericolosità da frana ed oltre il 15 per cento in quelle a pericolosità idraulica media;
    il consumo di suolo non tralascia neanche le aree protette: quasi 75 mila ettari sono ormai totalmente impermeabili;
    per quanto riguarda la ripartizione territoriale, i territori maggiormente urbanizzati corrispondono al quadrante nord-ovest del Paese (8,6 per cento), sebbene le dinamiche espansive più vivaci riguardino il nord-est e l'Italia centrale. Alla Lombardia compete il « record nazionale» di superfici urbanizzate, stimate al 12,8 per cento del territorio;
    le tante storie italiane di spreco di territorio, frutto della mancanza di regole nazionali e comunitarie sulla tutela del comparto ambientale del suolo ci raccontano di autostrade, aeroporti, ville e insediamenti e centri commerciali;
    questa malattia che affligge l'Italia deve essere affrontata in tempi rapidi e con azioni strutturali,

impegna il Governo

a considerare, al fine della riduzione del consumo del suolo per la tutela del suolo e la rigenerazione urbana legato alla perdita di valore ecologico, ambientale e paesaggistico che esso determina, l'istituzione di un Fondo per la tutela del suolo e la rigenerazione urbana legato alla perdita di valore ecologico, ambientale e paesaggistico che esso determina, alimentato da un contributo parametrato ai proventi degli oneri relativi all'urbanizzazione primaria e secondaria e al costo di costruzione. Un Fondo per destinare risorse ad interventi per: a) minimizzare il rischio idrogeologico e sismico; b) la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; c) il risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e in altri tessuti urbani da tutelare; d) all'acquisizione delle aree da espropriare, nonché, una quota delle risorse dell'eventuale fondo, a interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dei patrimoni degli enti locali.
9/1334-AR/84Bersani, Muroni.


   La Camera,
   premesso che:
    le conseguenze drammatiche delle catastrofi naturali che hanno coinvolto negli ultimi anni quasi tutte le regioni italiane hanno ricondotto all'attenzione dell'opinione pubblica il problema della tutela e della manutenzione del suolo. Un problema che non ha ancora prodotto e sedimentato nel nostro Paese politiche territoriali in grado di assumere il ruolo fondamentale della conservazione del suolo non solo per la funzione produttiva agricola, ma anche per una corretta regolazione del ciclo dell'acqua, funzioni entrambe compromesse irrimediabilmente dalle trasformazioni urbanistiche;
    per questo tutelare il suolo è il primo modo di proteggere uomini, piante e animali. Ogni anno in Europa spariscono sotto il cemento mille chilometri quadrati di suolo fertile, un'estensione quasi pari all'intera città di Roma;
    il fenomeno del consumo del suolo ha dimensioni globali ed è monitorato da alcuni anni, con attenzione, anche dalle istituzioni internazionali. La crescita della popolazione urbana su scala mondiale è infatti inserita in un trend che sta conducendo nel ristretto arco temporale di un secolo, dal dopoguerra alle previsioni per il 2050, i residenti nelle aree urbanizzate da circa un terzo della popolazione rurale ad oltre il doppio, con sei dei nove miliardi di abitanti stimati al termine della proiezione che vivranno nella nuova dimensione della diffusione urbana;
    l'Unione europea, con la proposta di direttiva COM(2006) n. 232 definitivo, ha assunto l'orientamento in base al quale il suolo deve essere protetto, così come le altre matrici ambientali, in primo luogo dai fenomeni di impermeabilizzazione ed in quanto riserva di carbonio. Alcuni Stati membri hanno del resto già adottato interessanti misure di prevenzione: la Gran Bretagna, ad esempio, ha stabilito che almeno il 60 per cento delle nuove urbanizzazioni debba avvenire su aree dismesse (brownfield), mentre la Germania ha fissato un target decrescente di consumo che, partendo da una media di 30 ettari/giorno, dovrà giungere a zero al 2050. Eurostat conduce inoltre un monitoraggio delle tendenze in atto nei Paesi membri dell'Unione europea che colloca l'Italia abbondantemente al di sopra della media europea, con una percentuale di aree artificiali e cementificate che supera il 7 per cento;
    i dati ufficiali sul fenomeno del consumo di suolo sono raccolti in Italia, con metodologie sostanzialmente diverse, dall'istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale (ISPRA), facente capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il consumo di suolo in Italia continua a crescere, come confermato dai dati più recenti relativi ai primi mesi del 2016. Nel periodo compreso tra novembre 2015 e maggio 2016 le nuove coperture artificiali hanno riguardato altri 50 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, poco meno di 30 ettari al giorno;
    una velocità di trasformazione di più di 3 metri quadrati di suolo che, nell'ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo. Il consumo di suolo continua a coprire irreversibilmente aree naturali e agricole con asfalto e cemento, edifici, e fabbricati, strade e altre infrastrutture, insediamenti commerciali, produttivi e di servizio, anche attraverso l'espansione di aree urbane, spesso a bassa densità. I dati della nuova cartografia SNPA mostrano come, a livello nazionale, il consumo di suolo sia passato dal 2,7 per cento stimato per gli anni ’50 al 7,6 per cento del 2016, con un incremento di 4,9 punti percentuali e una crescita percentuale del 184 per cento. In termini assoluti, il consumo di suolo ha intaccato ormai 23.039 chilometri quadrati del territorio nazionale;
    il dossier «Suolo minacciato, ancora cemento oltre la crisi», realizzato da Legambiente, a cui fanno da cornice i dati dell'ISPRA ha confermato che il consumo di suolo in Italia è in aumento anche nel 2017. La superficie naturale si è ridotta di ulteriori 52 kmq l'anno scorso: ogni due ore viene costruita un'intera piazza Navona, ogni secondo vengono coperti con cemento o asfalto 2 metri quadrati di territorio;
    quasi un quarto, il 24,61 per cento, del nuovo consumo di suolo netto tra il 2016 e il 2017 avviene all'interno di aree soggette a vincoli paesaggistici. Di questo, il 64 per cento si deve alla presenza di cantieri e ad altre aree in terra battuta destinate, in gran parte, alla realizzazione di nuove infrastrutture, fabbricati, non necessariamente abusivi, o altre coperture permanenti nel corso dei prossimi anni;
    i nuovi edifici rappresentano il 13,2 per cento del territorio vincolato perso nell'ultimo anno. Sul fronte del dissesto idrogeologico, il 6 per cento delle trasformazioni del 2017 si trova in aree a pericolosità da frana ed oltre il 15 per cento in quelle a pericolosità idraulica media;
    il consumo di suolo non tralascia neanche le aree protette: quasi 75 mila ettari sono ormai totalmente impermeabili;
    per quanto riguarda la ripartizione territoriale, i territori maggiormente urbanizzati corrispondono al quadrante nord-ovest del Paese (8,6 per cento), sebbene le dinamiche espansive più vivaci riguardino il nord-est e l'Italia centrale. Alla Lombardia compete il « record nazionale» di superfici urbanizzate, stimate al 12,8 per cento del territorio;
    le tante storie italiane di spreco di territorio, frutto della mancanza di regole nazionali e comunitarie sulla tutela del comparto ambientale del suolo ci raccontano di autostrade, aeroporti, ville e insediamenti e centri commerciali;
    questa malattia che affligge l'Italia deve essere affrontata in tempi rapidi e con azioni strutturali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a considerare, al fine della riduzione del consumo del suolo per la tutela del suolo e la rigenerazione urbana legato alla perdita di valore ecologico, ambientale e paesaggistico che esso determina, l'istituzione di un Fondo per la tutela del suolo e la rigenerazione urbana legato alla perdita di valore ecologico, ambientale e paesaggistico che esso determina, alimentato da un contributo parametrato ai proventi degli oneri relativi all'urbanizzazione primaria e secondaria e al costo di costruzione. Un Fondo per destinare risorse ad interventi per: a) minimizzare il rischio idrogeologico e sismico; b) la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; c) il risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e in altri tessuti urbani da tutelare; d) all'acquisizione delle aree da espropriare, nonché, una quota delle risorse dell'eventuale fondo, a interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dei patrimoni degli enti locali.
9/1334-AR/84. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bersani, Muroni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23 della legge di bilancio per il 2019 reca disposizioni finalizzate al completamento dei piani di recupero occupazionale, prevedendo che le risorse indicate dal citato articolo 23 possano essere destinate dalle regioni per le finalità dell'articolo 44 comma 11-bis del decreto legislativo, 148 del 2015 nonché a quelle dell'articolo 53-ter del decreto-legge 24 aprile 2017 n. 50 convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017 n. 96;
    è necessario ora giungere alla stabilizzazione degli Lsu e Lpu un precariato storico che in Calabria riguarda circa 4.500 persone, a tal fine il Governo è chiamato a dare seguito alle legittime rivendicazioni dei lavoratori interessati fornendo sia gli strumenti finanziari necessari che le modifiche normative per garantire la stabilizzazione dei citati lavoratori;
    la Regione Calabria nel documento economico per il 2019 ha storicizzato un impegno economico di 39 milioni del Bilancio regionale, garantendo così la propria parte di impegno programmatico per dare risposta concreta ai 4.500 lavoratori, che hanno permesso l'espletamento di servizi essenziali in diverse realtà della Calabria,

impegna il Governo:

   1) al fine di proseguire nel processo di progressiva e definitiva stabilizzazione della intera platea dei lavoratori ex LSU ed LPU della Calabria, a prevedere già nell’iter della legge di bilancio in esame adeguate risorse economiche per l'anno 2019;
   2) a prevedere, altresì, la proroga di ulteriori 12 mesi, fino al 31 dicembre 2019, delle disposizioni di cui all'articolo 1 commi 223-225 legge n. 205 del 2017, autorizzando le amministrazioni a prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro a tempo determinato, anche in deroga alla normativa vigente rispetto al limite dei 36 mesi, con i soggetti che partecipano alle procedure fino alla loro progressiva e definitiva stabilizzazione.
9/1334-AR/85Stumpo, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 23 della legge di bilancio per il 2019 reca disposizioni finalizzate al completamento dei piani di recupero occupazionale, prevedendo che le risorse indicate dal citato articolo 23 possano essere destinate dalle regioni per le finalità dell'articolo 44 comma 11-bis del decreto legislativo, 148 del 2015 nonché a quelle dell'articolo 53-ter del decreto-legge 24 aprile 2017 n. 50 convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017 n. 96;
    è necessario ora giungere alla stabilizzazione degli Lsu e Lpu un precariato storico che in Calabria riguarda circa 4.500 persone, a tal fine il Governo è chiamato a dare seguito alle legittime rivendicazioni dei lavoratori interessati fornendo sia gli strumenti finanziari necessari che le modifiche normative per garantire la stabilizzazione dei citati lavoratori;
    la Regione Calabria nel documento economico per il 2019 ha storicizzato un impegno economico di 39 milioni del Bilancio regionale, garantendo così la propria parte di impegno programmatico per dare risposta concreta ai 4.500 lavoratori, che hanno permesso l'espletamento di servizi essenziali in diverse realtà della Calabria,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   1) al fine di proseguire nel processo di progressiva e definitiva stabilizzazione della intera platea dei lavoratori ex LSU ed LPU della Calabria, a prevedere già nell’iter della legge di bilancio in esame adeguate risorse economiche per l'anno 2019;
   2) a prevedere, altresì, la proroga di ulteriori 12 mesi, fino al 31 dicembre 2019, delle disposizioni di cui all'articolo 1 commi 223-225 legge n. 205 del 2017, autorizzando le amministrazioni a prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro a tempo determinato, anche in deroga alla normativa vigente rispetto al limite dei 36 mesi, con i soggetti che partecipano alle procedure fino alla loro progressiva e definitiva stabilizzazione.
9/1334-AR/85. (Testo modificato nel corso della seduta)  Stumpo, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennale 2019-2021 all'articolo si interviene, in diversi ambiti, sulla destinazione delle risorse per le regioni da utilizzare per i servizi ai cittadini;
    l'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, scrive che lo Stato ha la legislazione esclusiva sulla determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (LEP);
    i LEP sono una cornice indispensabile per ridurre le diseguaglianze territoriali e per garantire una equa distribuzione dei servizi fondamentali;
    la Conferenza Stato-regioni ha avanzato la richiesta di «attivazione in tempi brevi del Tavolo tecnico preposto alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, anche al fine di rivedere gli attuali meccanismi di calcolo che risultano penalizzanti per alcune regioni»;
    permangono nelle regioni del Mezzogiorno rilevanti diseguaglianze rispetto al resto del Paese e che l'erogazione delle prestazioni che garantiscono i diritti sociali e civili sono gravemente deficitarie,

impegna il Governo

ad attivarsi per l'adozione dei LEP e, per intanto, affinché i LEP siano poi effettivamente garantiti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, a rendere disponibili per le regioni del sud, un fondo perequativo aggiuntivo e straordinario in percentuale alla popolazione residente, che consenta al Mezzogiorno di recuperare il gap in termini di erogazione di servizi essenziali rispetto al centro-nord.
9/1334-AR/86Conte.


   La Camera,
   premesso che:
    il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennale 2019-2021 all'articolo si interviene, in diversi ambiti, sulla destinazione delle risorse per le regioni da utilizzare per i servizi ai cittadini;
    l'articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, scrive che lo Stato ha la legislazione esclusiva sulla determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (LEP);
    i LEP sono una cornice indispensabile per ridurre le diseguaglianze territoriali e per garantire una equa distribuzione dei servizi fondamentali;
    la Conferenza Stato-regioni ha avanzato la richiesta di «attivazione in tempi brevi del Tavolo tecnico preposto alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, anche al fine di rivedere gli attuali meccanismi di calcolo che risultano penalizzanti per alcune regioni»;
    permangono nelle regioni del Mezzogiorno rilevanti diseguaglianze rispetto al resto del Paese e che l'erogazione delle prestazioni che garantiscono i diritti sociali e civili sono gravemente deficitarie,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad attivarsi per l'adozione dei LEP e, per intanto, affinché i LEP siano poi effettivamente garantiti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, a rendere disponibili per le regioni del sud, un fondo perequativo aggiuntivo e straordinario in percentuale alla popolazione residente, che consenta al Mezzogiorno di recuperare il gap in termini di erogazione di servizi essenziali rispetto al centro-nord.
9/1334-AR/86. (Testo modificato nel corso della seduta)  Conte.


   La Camera,
   premesso che:
    il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennale 2019-2021 all'articolo 28 (Assunzioni nella pubblica amministrazione), comma 4, prevede, al fine di potenziare il funzionamento degli uffici giudiziari e di garantirne la piena funzionalità, e di prevenire, nel contesto carcerario, fenomeni derivanti dalla condizione di marginalità sociale dei detenuti, nonché di realizzare una rete territoriale di istituti a custodia attenuata per detenute madri e di far fronte alle esigenze di funzionamento degli istituti penali per i minorenni, di autorizzare il Ministero della giustizia ad assumere, nell'ambito dell'attuale dotazione organica, per il triennio 2019-2021, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, un contingente massimo di 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale;
   considerato che:
    a oggi oltre duemila candidati risultati idonei al concorso per Assistenti Giudiziari, del novembre 2016, non hanno ancora trovato collocazione nell'organico dei tribunali;
    che continuano a persistere gravi carenze di personale nell'organico degli uffici giudiziari che incidono negativamente sullo svolgersi dell'attività giudiziaria, arrecando grave danno ai cittadini,

impegna il Governo

a considerare con attenzione, nelle more delle normative vigenti, per le prossime assunzioni negli uffici giudiziari, coloro che sono risultati idonei all'ultimo concorso per assistente giudiziario.
9/1334-AR/87Occhionero.


   La Camera,
   premesso che:
    il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennale 2019-2021 all'articolo 28 (Assunzioni nella pubblica amministrazione), comma 4, prevede, al fine di potenziare il funzionamento degli uffici giudiziari e di garantirne la piena funzionalità, e di prevenire, nel contesto carcerario, fenomeni derivanti dalla condizione di marginalità sociale dei detenuti, nonché di realizzare una rete territoriale di istituti a custodia attenuata per detenute madri e di far fronte alle esigenze di funzionamento degli istituti penali per i minorenni, di autorizzare il Ministero della giustizia ad assumere, nell'ambito dell'attuale dotazione organica, per il triennio 2019-2021, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, un contingente massimo di 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale;
   considerato che:
    a oggi oltre duemila candidati risultati idonei al concorso per Assistenti Giudiziari, del novembre 2016, non hanno ancora trovato collocazione nell'organico dei tribunali;
    che continuano a persistere gravi carenze di personale nell'organico degli uffici giudiziari che incidono negativamente sullo svolgersi dell'attività giudiziaria, arrecando grave danno ai cittadini,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a considerare con attenzione, nelle more delle normative vigenti, per le prossime assunzioni negli uffici giudiziari, coloro che sono risultati idonei all'ultimo concorso per assistente giudiziario.
9/1334-AR/87. (Testo modificato nel corso della seduta)  Occhionero.


   La Camera,
   premesso che:
    il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennale 2019-2021 all'articolo 57 (Misure di razionalizzazione della spesa pubblica), comma 2, prevede che il Ministero dell'interno ponga in essere processi di revisione e razionalizzazione della spesa per la gestione dei centri per l'immigrazione in conseguenza della contrazione del fenomeno migratorio, nonché interventi per la riduzione del costo giornaliero per l'accoglienza dei migranti, dai quali, previa estinzione dei debiti pregressi, devono derivare risparmi connessi all'attivazione, locazione e gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari per un ammontare almeno pari a 400 milioni di euro per l'anno 2019, a 550 milioni di euro per l'anno 2020 e a 650 milioni di euro annui a decorrere dal 2021,

impegna il Governo:

   affinché l'entità di tali risparmi sia valutata adeguatamente rispetto all'effettivo andamento dei flussi migratori;
   affinché i risparmi previsti non incidano nella condizione dei centri per l'immigrazione, che devono essere adeguati per la permanenza in condizioni di dignità e giusta assistenza per i migranti e di sicurezza per loro e le popolazioni dei comuni dove i centri sono presenti;
   affinché attivi tutti gli strumenti di controllo per garantire che le condizioni lavorative di coloro che sono impegnati nella gestione dei centri rientrino in tutte le garanzie previste dalla legge.
9/1334-AR/88Palazzotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennale 2019-2021 all'articolo 57 (Misure di razionalizzazione della spesa pubblica), comma 2, prevede che il Ministero dell'interno ponga in essere processi di revisione e razionalizzazione della spesa per la gestione dei centri per l'immigrazione in conseguenza della contrazione del fenomeno migratorio, nonché interventi per la riduzione del costo giornaliero per l'accoglienza dei migranti, dai quali, previa estinzione dei debiti pregressi, devono derivare risparmi connessi all'attivazione, locazione e gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari per un ammontare almeno pari a 400 milioni di euro per l'anno 2019, a 550 milioni di euro per l'anno 2020 e a 650 milioni di euro annui a decorrere dal 2021,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   affinché l'entità di tali risparmi sia valutata adeguatamente rispetto all'effettivo andamento dei flussi migratori;
   affinché i risparmi previsti non incidano nella condizione dei centri per l'immigrazione, che devono essere adeguati per la permanenza in condizioni di dignità e giusta assistenza per i migranti e di sicurezza per loro e le popolazioni dei comuni dove i centri sono presenti;
   affinché attivi tutti gli strumenti di controllo per garantire che le condizioni lavorative di coloro che sono impegnati nella gestione dei centri rientrino in tutte le garanzie previste dalla legge.
9/1334-AR/88. (Testo modificato nel corso della seduta)  Palazzotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 39 della legge di bilancio per il 2019 in esame reca risorse per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie in attuazione del Piano nazionale di governo delle liste di attesa;
    secondo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 39 le risorse saranno ripartite tra le regioni secondo modalità individuate con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;
    il comma 3 dell'articolo 39 dispone che il monitoraggio degli effetti derivanti dagli interventi di cui all'articolo 39 è effettuato dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza;
    l'articolo 39 non detta misure diverse nella ripartizione delle risorse che tengano anche conto delle differenze territoriali in particolare tra le regioni meridionali e quelle del centro nord;
    il VI Rapporto dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità, presentato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, registra un'Italia in cui le disuguaglianze sui tempi di attesa appaiono sempre più marcate fra le varie aree del Paese;
    secondo il VI Rapporto dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità, di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, la garanzia dei servizi il confronto tra le regioni è impietoso. La maglia nera spetta alla Campania che, insieme alla Calabria, due regioni che il Ministero della salute valuta come inadempienti rispetto all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, mentre al primo posto risulta il Veneto;
    i lunghi tempi d'attesa non fanno altro che creare le condizioni affinché l'alternativa alle prestazioni del servizio pubblico diventano le strutture convenzionate, o i servizi a pagamento intramoenia effettuati dai medici in ospedale al di fuori dell'orario di lavoro;
    si riscontra quindi come le lunghe liste di attesa hanno incentivato lo sviluppo di un'offerta privata di servizi spesso concorrenziale con quella pubblica, per costo e tempi di risposta;
    il completo esaurimento delle liste di attesa ovvero la loro riduzione a tempi fisiologici rappresenta uno delle questioni principali che pesano sul Servizio sanitario nazionale, e le liste di attesa sono direttamente collegate alla garanzia dell'accesso alle prestazioni nelle diverse regioni italiane;
    se la riduzione delle liste di attesa è una esigenza strutturale, per le regioni del sud e quelle insulari è una priorità, per garantire il diritto alla salute, alla prevenzione e alla cura in tempi certi;
    lo stanziamento previsto dall'articolo 39 per il triennio 2019-2021 si riferisce all'ammodernamento tecnologico delle infrastrutture legate ai centri di prenotazione regionali, anche se sarebbe stato auspicabile destinare risorse per l'assunzione di personale per garantire la prestazione dei servizi nelle regioni dove è più necessario,

impegna il Governo:
   a prevedere in sede di ripartizione delle risorse di cui all'articolo 39 finalizzate all'ammodernamento tecnologico delle infrastrutture dei centri di prenotazione regionali di tenere conto delle differenze territoriali con particolare riferimento alle regioni meridionali e insulari per garantire a queste un ammodernamento tecnologico uniforme in tutte le regioni;
   ad affrontare la questione delle liste di attesa in maniera strutturale a destinare altresì risorse per l'assunzione di personale al fine di garantire la prestazione delle prestazioni in tempi adeguati in particolare nelle regioni meridionali anche al fine di affrontare la questione delle migrazioni sanitarie verso il centro nord.
9/1334-AR/89Rostan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 39 della legge di bilancio per il 2019 in esame reca risorse per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie in attuazione del Piano nazionale di governo delle liste di attesa;
    secondo quanto disposto dal comma 2 dell'articolo 39 le risorse saranno ripartite tra le regioni secondo modalità individuate con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge;
    il comma 3 dell'articolo 39 dispone che il monitoraggio degli effetti derivanti dagli interventi di cui all'articolo 39 è effettuato dal Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza;
    l'articolo 39 non detta misure diverse nella ripartizione delle risorse che tengano anche conto delle differenze territoriali in particolare tra le regioni meridionali e quelle del centro nord;
    il VI Rapporto dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità, presentato da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, registra un'Italia in cui le disuguaglianze sui tempi di attesa appaiono sempre più marcate fra le varie aree del Paese;
    secondo il VI Rapporto dell'Osservatorio civico sul federalismo in sanità, di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, la garanzia dei servizi il confronto tra le regioni è impietoso. La maglia nera spetta alla Campania che, insieme alla Calabria, due regioni che il Ministero della salute valuta come inadempienti rispetto all'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, mentre al primo posto risulta il Veneto;
    i lunghi tempi d'attesa non fanno altro che creare le condizioni affinché l'alternativa alle prestazioni del servizio pubblico diventano le strutture convenzionate, o i servizi a pagamento intramoenia effettuati dai medici in ospedale al di fuori dell'orario di lavoro;
    si riscontra quindi come le lunghe liste di attesa hanno incentivato lo sviluppo di un'offerta privata di servizi spesso concorrenziale con quella pubblica, per costo e tempi di risposta;
    il completo esaurimento delle liste di attesa ovvero la loro riduzione a tempi fisiologici rappresenta uno delle questioni principali che pesano sul Servizio sanitario nazionale, e le liste di attesa sono direttamente collegate alla garanzia dell'accesso alle prestazioni nelle diverse regioni italiane;
    se la riduzione delle liste di attesa è una esigenza strutturale, per le regioni del sud e quelle insulari è una priorità, per garantire il diritto alla salute, alla prevenzione e alla cura in tempi certi;
    lo stanziamento previsto dall'articolo 39 per il triennio 2019-2021 si riferisce all'ammodernamento tecnologico delle infrastrutture legate ai centri di prenotazione regionali, anche se sarebbe stato auspicabile destinare risorse per l'assunzione di personale per garantire la prestazione dei servizi nelle regioni dove è più necessario,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a prevedere in sede di ripartizione delle risorse di cui all'articolo 39 finalizzate all'ammodernamento tecnologico delle infrastrutture dei centri di prenotazione regionali di tenere conto delle differenze territoriali con particolare riferimento alle regioni meridionali e insulari per garantire a queste un ammodernamento tecnologico uniforme in tutte le regioni;
   ad affrontare la questione delle liste di attesa in maniera strutturale a destinare altresì risorse per l'assunzione di personale al fine di garantire la prestazione delle prestazioni in tempi adeguati in particolare nelle regioni meridionali anche al fine di affrontare la questione delle migrazioni sanitarie verso il centro nord.
9/1334-AR/89. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rostan.


   La Camera,
   premesso che:
    dalle modifiche apportate dalla Commissione l'articolo 35 che concerne l'ispettorato nazionale del lavoro dispone nello specifico che l'ispettorato è autorizzato ad assumere a tempo indeterminato un contingente di personale, prevalentemente ispettivo, pari a 300 unità per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e a 330 unità per il 2021; l'incremento da 2 a 4 posizioni dirigenziali di livello dirigenziale generale e da 88 a 94 posizioni dirigenziali di livello non generale della dotazione organica dell'ispettorato; l'ispettorato è autorizzato all'assunzione delle suddette unità dirigenziali non generali, nonché di ulteriori 12 unità dirigenziali di livello non generale. Inoltre, si prevede un incremento del 10 per cento degli importi dovuti per la violazione di norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
    sono diminuite le assunzioni di personale ispettivo previste per il 2021 e introdotte assunzioni per dirigenti generali e non generali, nonché diminuiti gli importi delle sanzioni in materia di violazione norme prevenzione (da 15 a 10 per cento) rispetto al testo originario,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori misure mirate a sostenere la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, aumentando ulteriormente il numero degli ispettori del lavoro per controlli più efficaci e abbassando la contribuzione assicurativa e previdenziale a chi promuove contratti stabili.
9/1334-AR/90Speranza.


   La Camera,
   premesso che:
    dalle modifiche apportate dalla Commissione l'articolo 35 che concerne l'ispettorato nazionale del lavoro dispone nello specifico che l'ispettorato è autorizzato ad assumere a tempo indeterminato un contingente di personale, prevalentemente ispettivo, pari a 300 unità per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e a 330 unità per il 2021; l'incremento da 2 a 4 posizioni dirigenziali di livello dirigenziale generale e da 88 a 94 posizioni dirigenziali di livello non generale della dotazione organica dell'ispettorato; l'ispettorato è autorizzato all'assunzione delle suddette unità dirigenziali non generali, nonché di ulteriori 12 unità dirigenziali di livello non generale. Inoltre, si prevede un incremento del 10 per cento degli importi dovuti per la violazione di norme in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
    sono diminuite le assunzioni di personale ispettivo previste per il 2021 e introdotte assunzioni per dirigenti generali e non generali, nonché diminuiti gli importi delle sanzioni in materia di violazione norme prevenzione (da 15 a 10 per cento) rispetto al testo originario,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare ulteriori misure mirate a sostenere la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, aumentando ulteriormente il numero degli ispettori del lavoro per controlli più efficaci e abbassando la contribuzione assicurativa e previdenziale a chi promuove contratti stabili.
9/1334-AR/90. (Testo modificato nel corso della seduta)  Speranza.


   La Camera,
   premesso che:
    attualmente, la nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI) viene corrisposta per una durata pari alla metà dei periodi lavorati e contribuiti in un quadriennio. Tale sistema di calcolo, adottato per ragioni di contenimento della spesa non più giustificabile, penalizza soprattutto i lavoratori e le lavoratrici impegnati in attività caratterizzate da cicli stagionali;
    l'articolo 3 della legge 15 giugno 1984, n. 240 prevede per detti lavoratori, un inquadramento, ai fini previdenziali, nel settore dell'agricoltura. A parziale deroga di ciò e limitatamente alla cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, alla mobilità, alla cassa unica assegni familiari e all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, si applicano le disposizioni del settore dell'industria, sia agli effetti della contribuzione che delle prestazioni per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
    l'articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, che ha disciplinato la NASpI, con la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, ha escluso da detto trattamento i dipendenti a tempo indeterminato della Pubblica Amministrazione e gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato;
    l'abolizione della mobilità a partire dal 1o gennaio 2017 sommata all'esclusione dalla NASpI fa sì che agli operai agricoli a tempo indeterminato delle cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci, non sia riconosciuta alcuna copertura in caso di disoccupazione,

impegna il Governo

ad adottare misure al fine di estendere il diritto della prestazione NASpI ai lavoratori a tempo indeterminato di imprese cooperative e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione.
9/1334-AR/91Epifani.


   La Camera,
   premesso che:
    attualmente, la nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI) viene corrisposta per una durata pari alla metà dei periodi lavorati e contribuiti in un quadriennio. Tale sistema di calcolo, adottato per ragioni di contenimento della spesa non più giustificabile, penalizza soprattutto i lavoratori e le lavoratrici impegnati in attività caratterizzate da cicli stagionali;
    l'articolo 3 della legge 15 giugno 1984, n. 240 prevede per detti lavoratori, un inquadramento, ai fini previdenziali, nel settore dell'agricoltura. A parziale deroga di ciò e limitatamente alla cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, alla mobilità, alla cassa unica assegni familiari e all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, si applicano le disposizioni del settore dell'industria, sia agli effetti della contribuzione che delle prestazioni per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;
    l'articolo 2 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, che ha disciplinato la NASpI, con la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione, ha escluso da detto trattamento i dipendenti a tempo indeterminato della Pubblica Amministrazione e gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato;
    l'abolizione della mobilità a partire dal 1o gennaio 2017 sommata all'esclusione dalla NASpI fa sì che agli operai agricoli a tempo indeterminato delle cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci, non sia riconosciuta alcuna copertura in caso di disoccupazione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare misure al fine di estendere il diritto della prestazione NASpI ai lavoratori a tempo indeterminato di imprese cooperative e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione.
9/1334-AR/91. (Testo modificato nel corso della seduta)  Epifani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ambiente scolastico, in quanto comunità educante, deve essere luogo in cui ciascun alunna e ciascun alunno possano fruire appieno di tutte le opportunità di crescita e di sviluppo personale che vengono loro offerte, imparando ad interagire con gli altri in un rapporto positivo e nel pieno rispetto delle regole del vivere civile. Anche quello del pasto è considerato momento educativo in senso generale e, più specificatamente, un'opportunità offerta alle alunne ed agli alunni di avvalersi di una corretta educazione alimentare;
    il dibattito relativo alle mense scolastiche da giugno del 2016 si è animato intorno alla questione relativa alla possibilità di consumare a scuola il pasto domestico. Tale alternativa è stata resa possibile da una sentenza della Corte di Appello di Torino che ha riconosciuto il diritto degli alunni ricorrenti di usufruire in modo parziale del tempo mensa attraverso la consumazione, negli stessi locali destinati alla refezione scolastica, del pasto preparato a casa, in alternativa al servizio mensa. In senso contrario è invece successivamente intervenuto il Tribunale di Napoli che con ordinanza ha espresso parere negativo alla richiesta di una famiglia di portare il pasto da casa sostenendo che: «al diritto alla libertà di scelta individuale del genitore vadano contrapposti altri diritti fondamentali della collettività, anch'essi di rango costituzionale, come il diritto all'uguaglianza e alla salute, alla partecipazione a una comunità sociale, quale appunto quella scolastica». Da quel giorno il tema dell'accesso alla mensa scolastica ha assunto un ruolo sempre più centrale anche nell'ambito del dibattito sulla tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
    il Governo stesso, nel corso della passata legislatura, ha più volte riconosciuto l'importanza della mensa e la necessità di mettere in campo forme di monitoraggio per verificare sistematicamente se siano garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i diritti civili e sociali ai sensi dell'articolo 117, comma 2 lettera m) della Costituzione con riferimento ai minori, in particolare su come gli enti locali garantiscano un servizio di refezione. Il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 63, all'articolo 6 definisce il servizio di refezione scolastica come «un servizio prioritario per il supporto al diritto allo studio», limitandosi però a disciplinare la possibilità per gli Enti locali di prevedere la gratuità totale o parziale dell'accesso al servizio, lasciando così alla loro discrezionalità l'individuazione dei criteri di compartecipazione economica da parte delle famiglie, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
    la normativa, infatti, definisce ancora oggi la mensa come un servizio pubblico a domanda individuale, ovvero un servizio che l'ente locale non ha l'obbligo di fornire, ma che può garantire solo compatibilmente con le proprie esigenze di bilancio. Di contro la mensa dovrebbe essere riconosciuta come un servizio pubblico essenziale, garantendo così la possibilità ad ogni alunno, in qualsiasi comune abiti, di accedervi con le stesse possibilità. Con il sistema attualmente vigente purtroppo si riscontra una forte disomogeneità sia in termini di offerta del servizio che di tariffe, agevolazioni, restrizioni ed esclusioni;
    inoltre, occorre evidenziare che la differenza di livello del servizio offerto tra enti locali non riguarda soltanto l'ammontare dei loro investimenti, ma anche la percentuale di compartecipazione ai costi richiesta alle famiglie. Anch'essa infatti è lasciata alla scelta degli enti locali, i quali, di volta in volta, possono stabilire la percentuale di copertura finanziaria da garantire rispetto al costo complessivo del servizio di ristorazione scolastica, stabilendo, così, diversi livelli di spesa da parte dell'utenza. L'unico vincolo legislativo attualmente vigente, al contrario, pone il limite del 36 per cento come soglia minima di contribuzione da parte dell'utenza, per quei comuni che sono riconosciuti come strutturalmente deficitari, così come previsto all'articolo 242 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative al fine di orientare i dirigenti scolastici, le famiglie ed il personale della scuola nell'ottica di un'efficace gestione della ristorazione scolastica che tenga conto delle diverse esigenze, tutelando il diritto alla ristorazione degli alunni, considerata la mensa quale strumento di inclusione, integrazione ed educazione alimentare, la cui offerta non è garantita in modo uniforme sul territorio;
   a prevedere un investimento opportuno di risorse economiche, destinato alla copertura del costo del servizio di refezione scolastica.
9/1334-AR/92Fratoianni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ambiente scolastico, in quanto comunità educante, deve essere luogo in cui ciascun alunna e ciascun alunno possano fruire appieno di tutte le opportunità di crescita e di sviluppo personale che vengono loro offerte, imparando ad interagire con gli altri in un rapporto positivo e nel pieno rispetto delle regole del vivere civile. Anche quello del pasto è considerato momento educativo in senso generale e, più specificatamente, un'opportunità offerta alle alunne ed agli alunni di avvalersi di una corretta educazione alimentare;
    il dibattito relativo alle mense scolastiche da giugno del 2016 si è animato intorno alla questione relativa alla possibilità di consumare a scuola il pasto domestico. Tale alternativa è stata resa possibile da una sentenza della Corte di Appello di Torino che ha riconosciuto il diritto degli alunni ricorrenti di usufruire in modo parziale del tempo mensa attraverso la consumazione, negli stessi locali destinati alla refezione scolastica, del pasto preparato a casa, in alternativa al servizio mensa. In senso contrario è invece successivamente intervenuto il Tribunale di Napoli che con ordinanza ha espresso parere negativo alla richiesta di una famiglia di portare il pasto da casa sostenendo che: «al diritto alla libertà di scelta individuale del genitore vadano contrapposti altri diritti fondamentali della collettività, anch'essi di rango costituzionale, come il diritto all'uguaglianza e alla salute, alla partecipazione a una comunità sociale, quale appunto quella scolastica». Da quel giorno il tema dell'accesso alla mensa scolastica ha assunto un ruolo sempre più centrale anche nell'ambito del dibattito sulla tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
    il Governo stesso, nel corso della passata legislatura, ha più volte riconosciuto l'importanza della mensa e la necessità di mettere in campo forme di monitoraggio per verificare sistematicamente se siano garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i diritti civili e sociali ai sensi dell'articolo 117, comma 2 lettera m) della Costituzione con riferimento ai minori, in particolare su come gli enti locali garantiscano un servizio di refezione. Il decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 63, all'articolo 6 definisce il servizio di refezione scolastica come «un servizio prioritario per il supporto al diritto allo studio», limitandosi però a disciplinare la possibilità per gli Enti locali di prevedere la gratuità totale o parziale dell'accesso al servizio, lasciando così alla loro discrezionalità l'individuazione dei criteri di compartecipazione economica da parte delle famiglie, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;
    la normativa, infatti, definisce ancora oggi la mensa come un servizio pubblico a domanda individuale, ovvero un servizio che l'ente locale non ha l'obbligo di fornire, ma che può garantire solo compatibilmente con le proprie esigenze di bilancio. Di contro la mensa dovrebbe essere riconosciuta come un servizio pubblico essenziale, garantendo così la possibilità ad ogni alunno, in qualsiasi comune abiti, di accedervi con le stesse possibilità. Con il sistema attualmente vigente purtroppo si riscontra una forte disomogeneità sia in termini di offerta del servizio che di tariffe, agevolazioni, restrizioni ed esclusioni;
    inoltre, occorre evidenziare che la differenza di livello del servizio offerto tra enti locali non riguarda soltanto l'ammontare dei loro investimenti, ma anche la percentuale di compartecipazione ai costi richiesta alle famiglie. Anch'essa infatti è lasciata alla scelta degli enti locali, i quali, di volta in volta, possono stabilire la percentuale di copertura finanziaria da garantire rispetto al costo complessivo del servizio di ristorazione scolastica, stabilendo, così, diversi livelli di spesa da parte dell'utenza. L'unico vincolo legislativo attualmente vigente, al contrario, pone il limite del 36 per cento come soglia minima di contribuzione da parte dell'utenza, per quei comuni che sono riconosciuti come strutturalmente deficitari, così come previsto all'articolo 242 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   ad assumere iniziative al fine di orientare i dirigenti scolastici, le famiglie ed il personale della scuola nell'ottica di un'efficace gestione della ristorazione scolastica che tenga conto delle diverse esigenze, tutelando il diritto alla ristorazione degli alunni, considerata la mensa quale strumento di inclusione, integrazione ed educazione alimentare, la cui offerta non è garantita in modo uniforme sul territorio;
   a prevedere un investimento opportuno di risorse economiche, destinato alla copertura del costo del servizio di refezione scolastica.
9/1334-AR/92. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fratoianni.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi dal 6 a 8 dell'articolo 57 prevedono l'abrogazione delle norme sulle agevolazioni tariffarie per le spese di telefonia, di connessione dati per le imprese editoriali e di comunicazione, a decorrere dal 1o gennaio 2020;
    nello specifico il comma 6 sopprime le agevolazioni tariffarie previste dall'articolo 28, commi da uno a tre, della legge 5 agosto 1981, n. 416, che prevede la riduzione del 50 per cento delle tariffe telefoniche fatturate dai gestori dei servizi telefonici, compresa la cessione in uso di circuiti telefonici e a banda larga per le imprese editrici; dall'articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67 e dall'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, che attribuiscono lo stesso beneficio anche alle imprese di radiodiffusione sonora con requisiti specifici; dall'articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223 che ha esteso i medesimi benefici ai concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale;
    il comma 7 dispone l'abrogazione anche del comma quattro dell'articolo 28 della citata legge n. 416 del 1981 che prevede che le riduzioni tariffarie previste dal primo al terzo comma si applichino con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della richiesta;
    il comma 8 stabilisce l'abrogazione: dell'articolo 11, comma 1, lettera a), della citata legge n. 67 del 1987, che ha esteso alle imprese di radiodiffusione sonora le riduzioni tariffarie di cui all'articolo 28 della legge citata n. 416 del 1981 e prevedeva anche che tali riduzioni fossero applicate anche ai consumi di energia elettrica, ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, compresi i sistemi via satellite; dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della citata legge n. 250 del 1990, che ha esteso alle radio locali con requisiti specifici le riduzioni tariffarie dell'articolo 28 della legge n. 416 del 1981, compresa l'applicazione anche ai consumi di energia elettrica; del riferimento all'articolo 28 della legge n. 416 del 1981, contenuto nell'articolo 23, comma 3, della citata legge n. 223 del 1990, che prevede che le agevolazioni degli articoli 28, 29 e 30 si applichino alle radiotelevisioni locali con determinate caratteristiche;
    il comma 9 prevede l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 1 della legge 26 ottobre 2016, n. 198, che ha disposto l'emanazione di un regolamento di delegificazione per istituire e disciplinare un contributo per le spese sostenute per l'utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati, sostitutivo delle vigenti agevolazioni tariffarie riconosciute alle imprese editrici e radiotelevisive,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ripensare alle misure in favore dell'editoria, al fine di proseguire nel sostegno economico di un settore fondamentale per il pluralismo dell'informazione, fondamentale elemento della nostra democrazia repubblicana.
9/1334-AR/93Fornaro.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi dal 6 a 8 dell'articolo 57 prevedono l'abrogazione delle norme sulle agevolazioni tariffarie per le spese di telefonia, di connessione dati per le imprese editoriali e di comunicazione, a decorrere dal 1o gennaio 2020;
    nello specifico il comma 6 sopprime le agevolazioni tariffarie previste dall'articolo 28, commi da uno a tre, della legge 5 agosto 1981, n. 416, che prevede la riduzione del 50 per cento delle tariffe telefoniche fatturate dai gestori dei servizi telefonici, compresa la cessione in uso di circuiti telefonici e a banda larga per le imprese editrici; dall'articolo 11 della legge 25 febbraio 1987, n. 67 e dall'articolo 8 della legge 7 agosto 1990, n. 250, che attribuiscono lo stesso beneficio anche alle imprese di radiodiffusione sonora con requisiti specifici; dall'articolo 23, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223 che ha esteso i medesimi benefici ai concessionari per la radiodiffusione televisiva in ambito locale;
    il comma 7 dispone l'abrogazione anche del comma quattro dell'articolo 28 della citata legge n. 416 del 1981 che prevede che le riduzioni tariffarie previste dal primo al terzo comma si applichino con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della richiesta;
    il comma 8 stabilisce l'abrogazione: dell'articolo 11, comma 1, lettera a), della citata legge n. 67 del 1987, che ha esteso alle imprese di radiodiffusione sonora le riduzioni tariffarie di cui all'articolo 28 della legge citata n. 416 del 1981 e prevedeva anche che tali riduzioni fossero applicate anche ai consumi di energia elettrica, ai canoni di noleggio e di abbonamento ai servizi di telecomunicazione di qualsiasi tipo, compresi i sistemi via satellite; dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della citata legge n. 250 del 1990, che ha esteso alle radio locali con requisiti specifici le riduzioni tariffarie dell'articolo 28 della legge n. 416 del 1981, compresa l'applicazione anche ai consumi di energia elettrica; del riferimento all'articolo 28 della legge n. 416 del 1981, contenuto nell'articolo 23, comma 3, della citata legge n. 223 del 1990, che prevede che le agevolazioni degli articoli 28, 29 e 30 si applichino alle radiotelevisioni locali con determinate caratteristiche;
    il comma 9 prevede l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 1 della legge 26 ottobre 2016, n. 198, che ha disposto l'emanazione di un regolamento di delegificazione per istituire e disciplinare un contributo per le spese sostenute per l'utilizzo di servizi di telefonia e di connessione dati, sostitutivo delle vigenti agevolazioni tariffarie riconosciute alle imprese editrici e radiotelevisive,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di ripensare alle misure in favore dell'editoria, al fine di proseguire nel sostegno economico di un settore fondamentale per il pluralismo dell'informazione, fondamentale elemento della nostra democrazia repubblicana.
9/1334-AR/93. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fornaro.


   La Camera,
   in sede di discussione del disegno di legge in esame, «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021»;
   premesso che:
    si ritiene necessario incentivare gli strumenti di gestione sostenibile delle acque, per contrastare le problematiche relative allo spreco, la scarsità e i crescenti costi di approvvigionamento di tale bene prezioso;
    in particolare, tra i sistemi in grado di offrire un immediato contributo ai fini predetti, esistono gli impianti di recupero e riutilizzo delle acque meteoriche che garantiscono un ingente risparmio idrico dell'acquedotto di rete, che può arrivare fino al 50 per cento, grazie allo stoccaggio in serbatoi dell'acqua piovana opportunamente trattata; dunque, per favorire gli investimenti nel settore in questione, vanno riconosciute delle detrazioni fiscali, cosiddetti ecobonus, per le spese di installazione e messa in opera dei sistemi di recupero dell'acqua piovana,

impegna il Governo

ad adottare idonei provvedimenti per introdurre una detrazione dall'imposta lorda delle spese sostenute per l'installazione e messa in opera di impianti certificati di recupero e riutilizzo delle acque meteoriche.
9/1334-AR/94Rizzetto, Rampelli, Zucconi.


   La Camera,
   in sede di discussione del disegno di legge in esame, «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021»;
   premesso che:
    si ritiene necessario incentivare gli strumenti di gestione sostenibile delle acque, per contrastare le problematiche relative allo spreco, la scarsità e i crescenti costi di approvvigionamento di tale bene prezioso;
    in particolare, tra i sistemi in grado di offrire un immediato contributo ai fini predetti, esistono gli impianti di recupero e riutilizzo delle acque meteoriche che garantiscono un ingente risparmio idrico dell'acquedotto di rete, che può arrivare fino al 50 per cento, grazie allo stoccaggio in serbatoi dell'acqua piovana opportunamente trattata; dunque, per favorire gli investimenti nel settore in questione, vanno riconosciute delle detrazioni fiscali, cosiddetti ecobonus, per le spese di installazione e messa in opera dei sistemi di recupero dell'acqua piovana,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare idonei provvedimenti per introdurre una detrazione dall'imposta lorda delle spese sostenute per l'installazione e messa in opera di impianti certificati di recupero e riutilizzo delle acque meteoriche.
9/1334-AR/94. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rizzetto, Rampelli, Zucconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il 26 settembre 2018 è stata approvata dalla regione Toscana la legge n. 54 del 2018, «Modifiche alla legge regionale 25 marzo 2015, n. 35», recante disposizioni in materia di cave con l'obiettivo di superare alcune ambiguità interpretative relative al perimetro delle autorizzazioni comunali;
    la legge regionale n. 35 del 2015 prevede che, nel caso in cui un imprenditore titolare di un'autorizzazione, abbia realizzato scavi superiori per oltre 1.000 metri cubi ai volumi autorizzati dal progetto di coltivazione, la sua autorizzazione decada;
    in mancanza di una interpretazione autentica, relativa alla definizione di «perimetro autorizzato» su cui insiste la cifra limite degli scavi emersa in seguito ai controlli effettuati nel 2016 e nel 2017, la regione Toscana ha deciso (con la legge n. 54 del 2018) di stabilire un periodo di moratoria che terminerà il 5 giugno 2019, termine entro il quale l'applicazione della legge n. 35 del 2015 sarà stringente;
    ad oggi, in tutti i casi riscontrati di difformità tra quanto autorizzato e quanto prelevato, l'attività estrattiva è stata immediatamente bloccata. Con la legge n. 54 del 2018, agli imprenditori che hanno realizzato abusi superiori ai 1.000 metri cubi non sarà revocata la licenza durante tale periodo transitorio, ma saranno chieste la presentazione e la realizzazione di un progetto di messa in sicurezza e risistemazione ambientale dell'area che tenga conto degli impatti complessivi derivanti dalle lavorazioni difformi;
    tale progetto di messa in sicurezza dovrà essere realizzato entro 180 giorni dalla sua approvazione, che la regione Toscana dovrà rilasciare entro 60 giorni dalla sua presentazione;
    appare evidente come, in questo periodo che può durare alcuni mesi, le attività estrattive delle cave interessate verranno sospese;
    secondo gli ultimi dati disponibili sono circa 1.200 i lavoratori impiegati nella cave di marmo presenti in Toscana;
    il presidente della regione Toscana Enrico Rossi ha dichiarato il 17 ottobre 2017 che la modifica alla legge n. 35 del 2015 è stata «effettuata per venire incontro ai problemi occupazionali che si sono creati con la chiusura di tre cave a Carrara, a seguito degli interventi di controllo attuati dalla Regione. Con questa modifica acceleriamo la presentazione dei progetti per la sicurezza e stabiliamo che in 180 giorni le attività devono mettersi in sicurezza, se vogliono riprendere ad estrarre. Il nostro obiettivo non è chiudere, ma far in modo che l'attività si svolga regolarmente nel rispetto dell'ambiente e dei lavoratori»;
    le associazioni sindacali hanno rimarcato come non esista ad oggi, una tipologia di ammortizzatore sociale che possa sostenere quei lavoratori delle cave la cui l'attività è sospesa in attesa degli interventi previsti dalla citata legge n. 54 del 2018 della regione Toscana. «Non si può stare 180 giorni senza prendere lo stipendio, in attesa che ripartano le autorizzazioni alla coltivazione. Occorre un ammortizzatore sociale per questa categoria. Qualunque cosa possa sopperire al fatto che i lavoratori debbano fermarsi per sei mesi»: hanno rimarcato alcuni esponenti sindacali sulla stampa;
    lo stesso Rossi ha risposto ai sindacati (a quanto si apprende dai media) che questa problematica era già stata segnalata «al ministero qualche mese fa, ma che da Roma non sono arrivati riscontri positivi»;
    valutato che norme similari a quelle introdotte dalla regione Toscana potrebbero essere assunte da altre regioni e conseguentemente la platea di lavoratori interessati dalla sospensione di una attività estrattive in cava potrebbero aumentare sensibilmente;
     ad oggi non esistono strumenti normativi per assicurare forme di ammortizzatori sociali efficaci a sostenere i lavoratori delle cave la cui attività è sospesa ai sensi di determinate leggi regionali;
     tale tematica è già stato oggetto nei mesi scorsi, alla Camera dei deputati, di una interrogazione parlamentare (interrogazione a risposta in Commissione 5-00766) alla quale non è ancora pervenuta risposta;
    preso atto che nel provvedimento in esame «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» (A.C. 1334) sono presenti, all'articolo 23, norme che riguardano gli ammortizzatori sociali;
     l'emendamento 23.13 al provvedimento in esame, ritenuto ammissibile ma non discusso nel corso dell'esame in Commissione Bilancio e ripresentato per l'Aula, prevede «il trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale a favore dei dipendenti delle imprese titolari dell'attività estrattive nelle cave qualora siano state rilevate difformità nell'attività di escavazione che diano luogo alla sospensione o decadenza delle autorizzazioni rilasciate»,

impegna il Governo

ad attivare nel primo provvedimento utile strumenti normativi urgenti al fine di assicurare forme di ammortizzatori sociali efficaci a sostenere i lavoratori delle cave la cui attività è sospesa in seguito ad appositi provvedimenti regionali come le leggi regionali della Toscana n. 35 del 2015 e n. 54 del 2018.
9/1334-AR/95Nardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il 26 settembre 2018 è stata approvata dalla regione Toscana la legge n. 54 del 2018, «Modifiche alla legge regionale 25 marzo 2015, n. 35», recante disposizioni in materia di cave con l'obiettivo di superare alcune ambiguità interpretative relative al perimetro delle autorizzazioni comunali;
    la legge regionale n. 35 del 2015 prevede che, nel caso in cui un imprenditore titolare di un'autorizzazione, abbia realizzato scavi superiori per oltre 1.000 metri cubi ai volumi autorizzati dal progetto di coltivazione, la sua autorizzazione decada;
    in mancanza di una interpretazione autentica, relativa alla definizione di «perimetro autorizzato» su cui insiste la cifra limite degli scavi emersa in seguito ai controlli effettuati nel 2016 e nel 2017, la regione Toscana ha deciso (con la legge n. 54 del 2018) di stabilire un periodo di moratoria che terminerà il 5 giugno 2019, termine entro il quale l'applicazione della legge n. 35 del 2015 sarà stringente;
    ad oggi, in tutti i casi riscontrati di difformità tra quanto autorizzato e quanto prelevato, l'attività estrattiva è stata immediatamente bloccata. Con la legge n. 54 del 2018, agli imprenditori che hanno realizzato abusi superiori ai 1.000 metri cubi non sarà revocata la licenza durante tale periodo transitorio, ma saranno chieste la presentazione e la realizzazione di un progetto di messa in sicurezza e risistemazione ambientale dell'area che tenga conto degli impatti complessivi derivanti dalle lavorazioni difformi;
    tale progetto di messa in sicurezza dovrà essere realizzato entro 180 giorni dalla sua approvazione, che la regione Toscana dovrà rilasciare entro 60 giorni dalla sua presentazione;
    appare evidente come, in questo periodo che può durare alcuni mesi, le attività estrattive delle cave interessate verranno sospese;
    secondo gli ultimi dati disponibili sono circa 1.200 i lavoratori impiegati nella cave di marmo presenti in Toscana;
    il presidente della regione Toscana Enrico Rossi ha dichiarato il 17 ottobre 2017 che la modifica alla legge n. 35 del 2015 è stata «effettuata per venire incontro ai problemi occupazionali che si sono creati con la chiusura di tre cave a Carrara, a seguito degli interventi di controllo attuati dalla Regione. Con questa modifica acceleriamo la presentazione dei progetti per la sicurezza e stabiliamo che in 180 giorni le attività devono mettersi in sicurezza, se vogliono riprendere ad estrarre. Il nostro obiettivo non è chiudere, ma far in modo che l'attività si svolga regolarmente nel rispetto dell'ambiente e dei lavoratori»;
    le associazioni sindacali hanno rimarcato come non esista ad oggi, una tipologia di ammortizzatore sociale che possa sostenere quei lavoratori delle cave la cui l'attività è sospesa in attesa degli interventi previsti dalla citata legge n. 54 del 2018 della regione Toscana. «Non si può stare 180 giorni senza prendere lo stipendio, in attesa che ripartano le autorizzazioni alla coltivazione. Occorre un ammortizzatore sociale per questa categoria. Qualunque cosa possa sopperire al fatto che i lavoratori debbano fermarsi per sei mesi»: hanno rimarcato alcuni esponenti sindacali sulla stampa;
    lo stesso Rossi ha risposto ai sindacati (a quanto si apprende dai media) che questa problematica era già stata segnalata «al ministero qualche mese fa, ma che da Roma non sono arrivati riscontri positivi»;
    valutato che norme similari a quelle introdotte dalla regione Toscana potrebbero essere assunte da altre regioni e conseguentemente la platea di lavoratori interessati dalla sospensione di una attività estrattive in cava potrebbero aumentare sensibilmente;
     ad oggi non esistono strumenti normativi per assicurare forme di ammortizzatori sociali efficaci a sostenere i lavoratori delle cave la cui attività è sospesa ai sensi di determinate leggi regionali;
     tale tematica è già stato oggetto nei mesi scorsi, alla Camera dei deputati, di una interrogazione parlamentare (interrogazione a risposta in Commissione 5-00766) alla quale non è ancora pervenuta risposta;
    preso atto che nel provvedimento in esame «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» (A.C. 1334) sono presenti, all'articolo 23, norme che riguardano gli ammortizzatori sociali;
     l'emendamento 23.13 al provvedimento in esame, ritenuto ammissibile ma non discusso nel corso dell'esame in Commissione Bilancio e ripresentato per l'Aula, prevede «il trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale a favore dei dipendenti delle imprese titolari dell'attività estrattive nelle cave qualora siano state rilevate difformità nell'attività di escavazione che diano luogo alla sospensione o decadenza delle autorizzazioni rilasciate»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad attivare nel primo provvedimento utile strumenti normativi urgenti al fine di assicurare forme di ammortizzatori sociali efficaci a sostenere i lavoratori delle cave la cui attività è sospesa in seguito ad appositi provvedimenti regionali come le leggi regionali della Toscana n. 35 del 2015 e n. 54 del 2018.
9/1334-AR/95. (Testo modificato nel corso della seduta)  Nardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce una delle realtà più importanti per la sicurezza dei cittadini svolgendo quotidianamente attività di prevenzione, vigilanza e soccorso a sostegno di soggetti pubblici e privati grazie al proficuo impegno del proprio personale;
    la carenza di organico che riguarda il Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce comunque un fattore di evidente preoccupazione;
    l'articolo 16-ter, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali) ha autorizzato l'assunzione straordinaria di personale nella Polizia di Stato (1.050 unità), nell'Arma dei carabinieri (1.050 unità), nella Guardia di finanza (400 unità), per ciascuno degli anni 2015 e 2016;
    per tali assunzioni si è attinto in via prioritaria alle graduatorie dei vincitori dei concorsi approvate non prima del 1o gennaio 2011, riservati ai volontari in ferma prefissata quadriennale (articolo 2199, comma 4, lettera b), decreto legislativo n. 66 del 2010) ovvero ai volontari delle Forze armate raffermati o in congedo, indetti in caso di disponibilità di ulteriori posti rispetto a quelle programmati (articolo 2201, comma 1, decreto legislativo n. 66 del 2010). Per i posti residui, è previsto lo scorrimento delle graduatorie (per i medesimi concorsi) degli idonei non vincitori. Per l'Arma dei carabinieri, per i posti residui è altresì autorizzato l'ampliamento dei posti dei concorsi riservati ai volontari in ferma prefissata annuale (articolo 2199, comma 4, lettera a));
    tale norma ha di fatto escluso arbitrariamente numerosi idonei inseriti nelle graduatorie antecedenti all'anno 2011 creando una notevole disparità di trattamento rispetto alle qualifiche acquisite;
    in particolare verso i circa 1.000 giovani idonei del concorso pubblico per 814 vigili del fuoco, di cui al bando indetto con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale, n. 90, del 18 novembre 2008, in attesa di assunzione da troppo tempo;
    con il comma 288, articolo 1, della legge n. 205 del 27 dicembre 2017 sono stati successivamente finanziate 400 assunzioni attingendo dalla graduatoria relativa al citato concorso pubblico a 814 posti di vigile del fuoco;
    tale norma, pur risolvendo alcune disparità, non ha però individuato una soluzione per tutti gli idonei antecedenti al 2011;
    l'attuale Governo ha annunciato di voler esaurire la graduatoria del concorso pubblico per gli 814 vigili del fuoco;
    il Senato in data 20 settembre 2018 ha inoltre approvato un ordine del giorno (atto numero 9/717-B/84) che impegna il governo a prorogare suddetta graduatoria al fine di procedere allo scorrimento degli idonei del concorso per 814 vigili del fuoco al fine di procedere al potenziamento degli organici del Corpo dei Vigili del fuoco;
    nel provvedimento in esame «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» (A.C. 1334) sono presenti all'articolo 31 norme relative ad assunzioni straordinarie nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco,

impegna il Governo

a prevedere nel prossimo provvedimento utile, coerentemente con quanto previsto dal citato ordine del giorno 9/717-B/84, le norme e le risorse necessarie per portare a termine il percorso intrapreso per esaurire la graduatoria relativa al bando indetto con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, destinando le necessarie assunzioni extra con riferimento unicamente alla graduatoria cosiddetta «814» ed eliminando la grave disparità di trattamento con riguardo alle altre graduatorie di stabilizzazione già esaurite.
9/1334-AR/96Ciampi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce una delle realtà più importanti per la sicurezza dei cittadini svolgendo quotidianamente attività di prevenzione, vigilanza e soccorso a sostegno di soggetti pubblici e privati grazie al proficuo impegno del proprio personale;
    la carenza di organico che riguarda il Corpo nazionale dei vigili del fuoco costituisce comunque un fattore di evidente preoccupazione;
    l'articolo 16-ter, comma 1, della legge 6 agosto 2015, n. 125 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali) ha autorizzato l'assunzione straordinaria di personale nella Polizia di Stato (1.050 unità), nell'Arma dei carabinieri (1.050 unità), nella Guardia di finanza (400 unità), per ciascuno degli anni 2015 e 2016;
    per tali assunzioni si è attinto in via prioritaria alle graduatorie dei vincitori dei concorsi approvate non prima del 1o gennaio 2011, riservati ai volontari in ferma prefissata quadriennale (articolo 2199, comma 4, lettera b), decreto legislativo n. 66 del 2010) ovvero ai volontari delle Forze armate raffermati o in congedo, indetti in caso di disponibilità di ulteriori posti rispetto a quelle programmati (articolo 2201, comma 1, decreto legislativo n. 66 del 2010). Per i posti residui, è previsto lo scorrimento delle graduatorie (per i medesimi concorsi) degli idonei non vincitori. Per l'Arma dei carabinieri, per i posti residui è altresì autorizzato l'ampliamento dei posti dei concorsi riservati ai volontari in ferma prefissata annuale (articolo 2199, comma 4, lettera a));
    tale norma ha di fatto escluso arbitrariamente numerosi idonei inseriti nelle graduatorie antecedenti all'anno 2011 creando una notevole disparità di trattamento rispetto alle qualifiche acquisite;
    in particolare verso i circa 1.000 giovani idonei del concorso pubblico per 814 vigili del fuoco, di cui al bando indetto con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale, n. 90, del 18 novembre 2008, in attesa di assunzione da troppo tempo;
    con il comma 288, articolo 1, della legge n. 205 del 27 dicembre 2017 sono stati successivamente finanziate 400 assunzioni attingendo dalla graduatoria relativa al citato concorso pubblico a 814 posti di vigile del fuoco;
    tale norma, pur risolvendo alcune disparità, non ha però individuato una soluzione per tutti gli idonei antecedenti al 2011;
    l'attuale Governo ha annunciato di voler esaurire la graduatoria del concorso pubblico per gli 814 vigili del fuoco;
    il Senato in data 20 settembre 2018 ha inoltre approvato un ordine del giorno (atto numero 9/717-B/84) che impegna il governo a prorogare suddetta graduatoria al fine di procedere allo scorrimento degli idonei del concorso per 814 vigili del fuoco al fine di procedere al potenziamento degli organici del Corpo dei Vigili del fuoco;
    nel provvedimento in esame «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» (A.C. 1334) sono presenti all'articolo 31 norme relative ad assunzioni straordinarie nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere nel prossimo provvedimento utile, coerentemente con quanto previsto dal citato ordine del giorno 9/717-B/84, le norme e le risorse necessarie per portare a termine il percorso intrapreso per esaurire la graduatoria relativa al bando indetto con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, destinando le necessarie assunzioni extra con riferimento unicamente alla graduatoria cosiddetta «814» ed eliminando la grave disparità di trattamento con riguardo alle altre graduatorie di stabilizzazione già esaurite.
9/1334-AR/96. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ciampi.


   La Camera,
   premesso che:
    le associazioni culturali, qualora costituite nella forma dell'associazione senza scopo di lucro, oggi godono di importanti agevolazioni fiscali e semplificazioni amministrativo-contabili e, tra le facilitazioni più rilevanti, è utile ricordare l'attuale fruibilità di regimi fiscali forfettari previsti dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398 e dall'articolo 145 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Testo unico delle imposte sui redditi, nonché la de-commercializzazione dei corrispettivi specifici versati da associati e tesserati per la partecipazione alle attività istituzionali del sodalizio;
    tale regime, inizialmente introdotto per le sole associazioni sportive dilettantistiche (e relative sezioni non aventi scopo di lucro) è stato successivamente esteso anche alle associazioni senza scopo di lucro e associazioni pro-loco (articolo 9-bis, decreto-legge n. 417 del 1991), alle società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro (articolo 90, comma 1, legge n. 289 del 2002) nonché alle associazioni bandistiche, cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente riconosciute e senza fini di lucro (articolo 2, legge n. 350 del 2003);
    tra gli aspetti caratteristici della legge sopra citata si evidenzia, ai fini delle imposte dirette, la determinazione forfettaria della base imponibile relativa alle attività commerciali svolte mediante l'applicazione di un coefficiente di redditività del 3 per cento; inoltre l'opzione della legge comporta una serie di agevolazioni anche in materia di IVA, nonché la sostituzione dell'obbligo delle scritture contabili e fiscali con la tenuta del «Registro IVA contribuenti minori» di cui al decreto ministeriale 11 febbraio del 1997 opportunamente adattato;
    in conformità a quanto previsto dall'articolo 148, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Tuir, e dall'articolo 4, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le associazioni culturali e di promozione sociale possono godere, nel rispetto di determinate condizioni, della piena esenzione fiscale, ai fini dell'Iva e delle imposte dirette, sulle somme corrisposte dai fruitori per i servizi erogati dalle stesse;
    il decreto legislativo n. 117 del 2017 (cosiddetto Codice del Terzo settore), tuttavia, ha escluso le associazioni culturali dalla futura applicazione dell'articolo 148, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (articolo 89, comma 4);
    per le associazioni culturali, pertanto, per effetto della riforma del Terzo settore, a partire dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10, del decreto legislativo n. 117 del 2017, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del Registro unico degli enti del Terzo settore, verrà meno la possibilità di fruire della de-commercializzazione delle «quote di frequenza» versate dai propri associati/tesserati nonché esclusa l'applicabilità del regime forfettario di cui alla legge n. 398 del 1991;
    l'intento del legislatore è sembrato, dunque, quello di indirizzare gli enti non profit operanti in ambito culturale verso la trasformazione in associazioni di promozione sociale (Enti del Terzo settore) garantendo così la fruizione, a Registro unico funzionante, della de-commercializzazione dei corrispettivi specifici versati dai propri associati e familiari conviventi nonché degli associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale per la partecipazione alle attività istituzionali (articolo 85 comma 1, del Codice del Terzo Settore);
    come Associazioni di Promozione Sociale o come Enti del Terzo Settore potranno usufruire di un regime fiscale forfettario standard (articolo 80 del Codice), nonché di un regime forfettario ad hoc ai sensi dell'articolo 86 del Codice, peggiorativo però rispetto all'attuale regime ex legge n. 398 del 1991,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le iniziative legislative di competenza, già durante l'esame della Legge di bilancio, al fine di concedere un regime fiscale di maggior vantaggio alle bande musicali costituite sotto forma di associazioni culturali senza scopo di lucro, valutando contestualmente la possibilità di un'equiparazione al regime fiscale applicato alle associazioni sportive dilettantistiche, come illustrato in premessa.
9/1334-AR/97Emanuela Rossini, Gebhard, Plangger, Schullian.


   La Camera,
   premesso che:
    le associazioni culturali, qualora costituite nella forma dell'associazione senza scopo di lucro, oggi godono di importanti agevolazioni fiscali e semplificazioni amministrativo-contabili e, tra le facilitazioni più rilevanti, è utile ricordare l'attuale fruibilità di regimi fiscali forfettari previsti dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398 e dall'articolo 145 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Testo unico delle imposte sui redditi, nonché la de-commercializzazione dei corrispettivi specifici versati da associati e tesserati per la partecipazione alle attività istituzionali del sodalizio;
    tale regime, inizialmente introdotto per le sole associazioni sportive dilettantistiche (e relative sezioni non aventi scopo di lucro) è stato successivamente esteso anche alle associazioni senza scopo di lucro e associazioni pro-loco (articolo 9-bis, decreto-legge n. 417 del 1991), alle società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro (articolo 90, comma 1, legge n. 289 del 2002) nonché alle associazioni bandistiche, cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente riconosciute e senza fini di lucro (articolo 2, legge n. 350 del 2003);
    tra gli aspetti caratteristici della legge sopra citata si evidenzia, ai fini delle imposte dirette, la determinazione forfettaria della base imponibile relativa alle attività commerciali svolte mediante l'applicazione di un coefficiente di redditività del 3 per cento; inoltre l'opzione della legge comporta una serie di agevolazioni anche in materia di IVA, nonché la sostituzione dell'obbligo delle scritture contabili e fiscali con la tenuta del «Registro IVA contribuenti minori» di cui al decreto ministeriale 11 febbraio del 1997 opportunamente adattato;
    in conformità a quanto previsto dall'articolo 148, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante il Tuir, e dall'articolo 4, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le associazioni culturali e di promozione sociale possono godere, nel rispetto di determinate condizioni, della piena esenzione fiscale, ai fini dell'Iva e delle imposte dirette, sulle somme corrisposte dai fruitori per i servizi erogati dalle stesse;
    il decreto legislativo n. 117 del 2017 (cosiddetto Codice del Terzo settore), tuttavia, ha escluso le associazioni culturali dalla futura applicazione dell'articolo 148, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (articolo 89, comma 4);
    per le associazioni culturali, pertanto, per effetto della riforma del Terzo settore, a partire dal periodo di imposta successivo all'autorizzazione della Commissione europea di cui all'articolo 101, comma 10, del decreto legislativo n. 117 del 2017, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del Registro unico degli enti del Terzo settore, verrà meno la possibilità di fruire della de-commercializzazione delle «quote di frequenza» versate dai propri associati/tesserati nonché esclusa l'applicabilità del regime forfettario di cui alla legge n. 398 del 1991;
    l'intento del legislatore è sembrato, dunque, quello di indirizzare gli enti non profit operanti in ambito culturale verso la trasformazione in associazioni di promozione sociale (Enti del Terzo settore) garantendo così la fruizione, a Registro unico funzionante, della de-commercializzazione dei corrispettivi specifici versati dai propri associati e familiari conviventi nonché degli associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale per la partecipazione alle attività istituzionali (articolo 85 comma 1, del Codice del Terzo Settore);
    come Associazioni di Promozione Sociale o come Enti del Terzo Settore potranno usufruire di un regime fiscale forfettario standard (articolo 80 del Codice), nonché di un regime forfettario ad hoc ai sensi dell'articolo 86 del Codice, peggiorativo però rispetto all'attuale regime ex legge n. 398 del 1991,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a mettere in atto tutte le iniziative legislative di competenza, già durante l'esame della Legge di bilancio, al fine di concedere un regime fiscale di maggior vantaggio alle bande musicali costituite sotto forma di associazioni culturali senza scopo di lucro, valutando contestualmente la possibilità di un'equiparazione al regime fiscale applicato alle associazioni sportive dilettantistiche, come illustrato in premessa.
9/1334-AR/97. (Testo modificato nel corso della seduta)  Emanuela Rossini, Gebhard, Plangger, Schullian.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame della Nota di aggiornamento al DEF 2018, discussa nel mese di ottobre, il Governo ha previsto, con riguardo alle misure di sostegno alle famiglie, «un potenziamento della rete dei servizi territoriali, con particolare riferimento agli asili nido e alle strutture, anche private, per l'assistenza all'infanzia, nonché il rafforzamento del sostegno alla genitorialità intervenendo sui congedi parentali, introducendo nuove forme di incentivazione degli investimenti nel welfare familiare aziendale e di promozione, un'adeguata dotazione del Fondo per le politiche della famiglia e del Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare»;
    durante l'esame in Commissione sono stati affrontati pochi temi riguardanti le misure di sostegno alle famiglie, nonostante gli annunci del Ministro Fontana e, tra questi, c’è il congedo parentale per i padri, prorogato per il 2019 ed esteso a 5 giorni, nonché il finanziamento del Fondo per le politiche della famiglia per il 2019, le cui risorse saranno destinate a finanziare una serie di obiettivi, tra i quali le iniziative di conciliazione del tempo di vita ai sensi del nuovo comma 1250, lettera n), della legge n. 296 del 2006, come modificato dall'articolo 1, comma 251, del presente atto;
    sembra che, nelle intenzioni del Governo, nella finalizzazione di cui alla lettera n) siano incluse iniziative e misure aggiuntive al voucher baby-sitting e al Buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido;
    tenuto conto che il documento della Commissione Europea, la Relazione per paese relativa all'Italia (SWD(2018) 210 final, del marzo 2018), stigmatizza l'attuale sistema frammentario di bonus a sostegno delle famiglie ed evidenzia quali potrebbero essere gli effetti, invece, di una razionalizzazione di tali prestazioni; in tale ottica, sono presentati i risultati di simulazioni riferite all'abrogazione di quattro misure attualmente in vigore a sostegno delle famiglie (assegno di maternità concesso dai comuni; « voucher baby sitting»; l'assegno di natalità o « bonus bebé», « bonus mamma domani» o premio alla nascita), in favore dell'istituzione di una misura permanente e strutturale finalizzata alla conciliazione vita-lavoro e al supporto alla genitorialità,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative legislative di competenza, già nel passaggio della legge di bilancio 2019, almeno per prorogare anche per il biennio 2019-2020 la possibilità per le madri lavoratrici, sia dipendenti che autonome e imprenditrici, di richiedere, al termine del congedo di maternità ed entro gli 11 mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, i voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting oppure un contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, per un massimo di sei mesi.
9/1334-AR/98Gebhard, Emanuela Rossini, Plangger, Schullian.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame della Nota di aggiornamento al DEF 2018, discussa nel mese di ottobre, il Governo ha previsto, con riguardo alle misure di sostegno alle famiglie, «un potenziamento della rete dei servizi territoriali, con particolare riferimento agli asili nido e alle strutture, anche private, per l'assistenza all'infanzia, nonché il rafforzamento del sostegno alla genitorialità intervenendo sui congedi parentali, introducendo nuove forme di incentivazione degli investimenti nel welfare familiare aziendale e di promozione, un'adeguata dotazione del Fondo per le politiche della famiglia e del Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare»;
    durante l'esame in Commissione sono stati affrontati pochi temi riguardanti le misure di sostegno alle famiglie, nonostante gli annunci del Ministro Fontana e, tra questi, c’è il congedo parentale per i padri, prorogato per il 2019 ed esteso a 5 giorni, nonché il finanziamento del Fondo per le politiche della famiglia per il 2019, le cui risorse saranno destinate a finanziare una serie di obiettivi, tra i quali le iniziative di conciliazione del tempo di vita ai sensi del nuovo comma 1250, lettera n), della legge n. 296 del 2006, come modificato dall'articolo 1, comma 251, del presente atto;
    sembra che, nelle intenzioni del Governo, nella finalizzazione di cui alla lettera n) siano incluse iniziative e misure aggiuntive al voucher baby-sitting e al Buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido;
    tenuto conto che il documento della Commissione Europea, la Relazione per paese relativa all'Italia (SWD(2018) 210 final, del marzo 2018), stigmatizza l'attuale sistema frammentario di bonus a sostegno delle famiglie ed evidenzia quali potrebbero essere gli effetti, invece, di una razionalizzazione di tali prestazioni; in tale ottica, sono presentati i risultati di simulazioni riferite all'abrogazione di quattro misure attualmente in vigore a sostegno delle famiglie (assegno di maternità concesso dai comuni; « voucher baby sitting»; l'assegno di natalità o « bonus bebé», « bonus mamma domani» o premio alla nascita), in favore dell'istituzione di una misura permanente e strutturale finalizzata alla conciliazione vita-lavoro e al supporto alla genitorialità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad assumere le iniziative legislative di competenza, già nel passaggio della legge di bilancio 2019, almeno per prorogare anche per il biennio 2019-2020 la possibilità per le madri lavoratrici, sia dipendenti che autonome e imprenditrici, di richiedere, al termine del congedo di maternità ed entro gli 11 mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, i voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting oppure un contributo per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati, per un massimo di sei mesi.
9/1334-AR/98. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gebhard, Emanuela Rossini, Plangger, Schullian.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, prevede tra l'altro, un finanziamento specifico per lo sviluppo sia di nuove tecnologie antitumorali CAR-T, sia nella prevenzione primaria cardiovascolare, con la creazione di una Rete oncologica e una rete cardiovascolare;
    lo scorso 11 luglio presso la Direzione generale della prevenzione sanitaria si è insediato il Coordinamento Inter-istituzionale con il compito di attuare il «Piano per l'innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche», approvato con Intesa Stato Regioni del 26 ottobre 2017;
    tale documento tiene conto nei suoi contenuti di alcuni atti di pianificazione strategica nazionali e internazionali. In particolare, viene riconosciuta la profonda e copernicana innovatività portata dalla genomica per gli effetti possibili sulla salute degli individui. Il piano definisce, altresì, la linea strategica per integrare tale innovazione all'interno dell'attuale contesto programmatorio;
    l'Italia si è impegnata sottoscrivendo l'obiettivo di ridurre per il 2020 del 25 per cento il rischio di mortalità prematura per malattie cardiovascolari, cancro, diabete e malattie respiratorie croniche all'interno del « WHO Global action pian for thè prevention and control of non-communicable diseases 2013-2020»;
    inoltre, le conclusioni del Consiglio dell'Unione Europea sulla medicina personalizzata per i pazienti pubblicate il 7/12/2015 invitano gli Stati membri a sviluppare politiche centrate sul paziente e basate sull'uso delle informazioni genomiche, integrandole nei programmi di sanità pubblica;
    con il decreto ministeriale 13 febbraio 2016 «Documento di indirizzo per l'attuazione delle linee di supporto centrali al Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018», viene assegnato al «Tavolo per la genomica» il compito di proporre uno specifico atto di pianificazione che promuova una capacità di sistema attraverso l'analisi dei Big data, rendendo normativamente agevole la condivisione dei dati e definendo un assetto di sistema delle valutazioni HTA applicate a questo campo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di supportare, anche attraverso le opportune iniziative di natura finanziaria, lo stato di avanzamento delle attività di attuazione del «Piano per l'innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche» affidato al Coordinamento Inter-Istituzionale presso la Direzione generale della prevenzione sanitaria, data l'importanza che rappresenta per la salute pubblica.
9/1334-AR/99Lorenzin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, prevede tra l'altro, un finanziamento specifico per lo sviluppo sia di nuove tecnologie antitumorali CAR-T, sia nella prevenzione primaria cardiovascolare, con la creazione di una Rete oncologica e una rete cardiovascolare;
    lo scorso 11 luglio presso la Direzione generale della prevenzione sanitaria si è insediato il Coordinamento Inter-istituzionale con il compito di attuare il «Piano per l'innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche», approvato con Intesa Stato Regioni del 26 ottobre 2017;
    tale documento tiene conto nei suoi contenuti di alcuni atti di pianificazione strategica nazionali e internazionali. In particolare, viene riconosciuta la profonda e copernicana innovatività portata dalla genomica per gli effetti possibili sulla salute degli individui. Il piano definisce, altresì, la linea strategica per integrare tale innovazione all'interno dell'attuale contesto programmatorio;
    l'Italia si è impegnata sottoscrivendo l'obiettivo di ridurre per il 2020 del 25 per cento il rischio di mortalità prematura per malattie cardiovascolari, cancro, diabete e malattie respiratorie croniche all'interno del « WHO Global action pian for thè prevention and control of non-communicable diseases 2013-2020»;
    inoltre, le conclusioni del Consiglio dell'Unione Europea sulla medicina personalizzata per i pazienti pubblicate il 7/12/2015 invitano gli Stati membri a sviluppare politiche centrate sul paziente e basate sull'uso delle informazioni genomiche, integrandole nei programmi di sanità pubblica;
    con il decreto ministeriale 13 febbraio 2016 «Documento di indirizzo per l'attuazione delle linee di supporto centrali al Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018», viene assegnato al «Tavolo per la genomica» il compito di proporre uno specifico atto di pianificazione che promuova una capacità di sistema attraverso l'analisi dei Big data, rendendo normativamente agevole la condivisione dei dati e definendo un assetto di sistema delle valutazioni HTA applicate a questo campo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di supportare, anche attraverso le opportune iniziative di natura finanziaria, lo stato di avanzamento delle attività di attuazione del «Piano per l'innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche» affidato al Coordinamento Inter-Istituzionale presso la Direzione generale della prevenzione sanitaria, data l'importanza che rappresenta per la salute pubblica.
9/1334-AR/99. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lorenzin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1334-A reca all'articolo 57 misure di razionalizzazione della spesa pubblica;
    come sottolineato dalla Corte dei Conti, «in un periodo di generalizzata riduzione delle spese sociali a causa della congiuntura economica, le contribuzioni a favore delle confessioni continuano, in controtendenza, ad incrementarsi senza che lo Stato abbia provveduto ad attivare le procedure di revisione di un sistema che diviene sempre più gravoso per l'erario» (deliberazione del 23 dicembre 2016, n. 16/2016/G);
    il meccanismo alla base di tale sistema si rinviene nella legge 20 maggio 1985, n. 222, che all'articolo 47, comma 3 prevede che le destinazioni dell'otto per mille vengono stabilite sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi; in caso di scelte non espresse, la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse;
    come rilevato sempre dalla Corte dei conti – che è intervenuta per ben tre volte negli ultimi anni rilevando gli elementi di debolezza della normativa – in virtù di tale meccanismo ognuno è coinvolto, indipendentemente dalla propria volontà, nel finanziamento delle confessioni, dal momento che i soli optanti decidono per tutti, e il riparto anche delle scelte non espresse avvantaggia soprattutto i maggiori beneficiari. «Il sistema, pertanto, risulta non del tutto rispettoso dei principi di proporzionalità, di volontarietà e di uguaglianza»;
    la Conferenza episcopale italiana, che nel 1990 incassava 210 milioni di euro, a partire dal 2002 riceve un gettito quintuplicato di circa un miliardo di euro, mentre nello stesso periodo le spese per il sostentamento del clero (la principale destinazione cui la legge vincola l'uso dei fondi) sono poco più che raddoppiate;
    peraltro lo Stato è l'unico competitore per l'otto per mille che ha deciso di non farsi pubblicità, almeno fino al 2017, come sottolineato a più riprese anche dalla Corte dei Conti, scelta che ha compromesso la possibilità di ottenere maggiori introiti,

impegna il Governo

a formalizzare la richiesta alla Conferenza episcopale italiana di avviare la procedura prevista dall'articolo 49 della legge 20 maggio 1985, n. 222, al fine di modificare l'articolo 47 della stessa legge riducendo l'aliquota e modificando il meccanismo delle quote inespresse.
9/1334-AR/100Benedetti, Magi.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, connessi, in particolare, alle esigenze di contrasto al terrorismo internazionale il presente provvedimento prevede, tra l'altro, un piano di assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia di 8000 unità;
    la legge 1o dicembre 2018, n. 132, cosiddetto «Decreto Sicurezza», amplia le competenze e gli oneri delle forze di polizia, in maniera particolare per quanto riguarda la sicurezza urbana, la lotta al terrorismo e al crimine organizzato nonché il sistema di controllo e di accoglienza degli extracomunitari;
    i controlli alle frontiere italiane con la Francia e l'Austria reintrodotti da Parigi e Vienna per l'allerta terrorismo e migranti, secondo una relazione del Parlamento europeo, negli ultimi due anni sono costati, all'Unione Europea, circa 40 miliardi di Euro;
    in questo contesto internazionale sarà sempre più importante, per la sicurezza pubblica, non solo dotare tutte le forze di polizia di strumenti tecnologici idonei a contrastare, prevenire e combattere il terrorismo e la criminalità organizzata, ma anche avere in forza agenti che abbiano la conoscenza di diverse lingue;
    la legge di bilancio 2018 all'articolo 1, comma 293, nel prevedere espressamente una riserva di legge per il personale bilingue su tutte le nuove assunzioni ha contribuito a creare un clima di ritrovata serenità con le popolazioni di frontiera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ottemperare al piano di assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia, di riservare una adeguata quota, comunque non inferiore all'uno per cento e a stabilizzare, con strumenti normativi idonei, le norme sul bilinguismo che nell'anno in corso hanno contribuito a ricreare un clima di serenità e collaborazione con le popolazioni di frontiera.
9/1334-AR/101Plangger, Schullian, Gebhard, Emanuela Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di incrementare i servizi di prevenzione e di controllo del territorio e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, connessi, in particolare, alle esigenze di contrasto al terrorismo internazionale il presente provvedimento prevede, tra l'altro, un piano di assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia di 8000 unità;
    la legge 1o dicembre 2018, n. 132, cosiddetto «Decreto Sicurezza», amplia le competenze e gli oneri delle forze di polizia, in maniera particolare per quanto riguarda la sicurezza urbana, la lotta al terrorismo e al crimine organizzato nonché il sistema di controllo e di accoglienza degli extracomunitari;
    i controlli alle frontiere italiane con la Francia e l'Austria reintrodotti da Parigi e Vienna per l'allerta terrorismo e migranti, secondo una relazione del Parlamento europeo, negli ultimi due anni sono costati, all'Unione Europea, circa 40 miliardi di Euro;
    in questo contesto internazionale sarà sempre più importante, per la sicurezza pubblica, non solo dotare tutte le forze di polizia di strumenti tecnologici idonei a contrastare, prevenire e combattere il terrorismo e la criminalità organizzata, ma anche avere in forza agenti che abbiano la conoscenza di diverse lingue;
    la legge di bilancio 2018 all'articolo 1, comma 293, nel prevedere espressamente una riserva di legge per il personale bilingue su tutte le nuove assunzioni ha contribuito a creare un clima di ritrovata serenità con le popolazioni di frontiera,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, nell'ottemperare al piano di assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia, di riservare una adeguata quota, comunque non inferiore all'uno per cento e a stabilizzare, con strumenti normativi idonei, le norme sul bilinguismo che nell'anno in corso hanno contribuito a ricreare un clima di serenità e collaborazione con le popolazioni di frontiera.
9/1334-AR/101. (Testo modificato nel corso della seduta)  Plangger, Schullian, Gebhard, Emanuela Rossini.


   La Camera,
   esaminato l'Atto Camera 1334, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021,
   premesso che:
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE) riconosciute dallo Stato italiano sono 77, operanti in 55 Paesi del mondo; associano, su base volontaria, 20.000 imprese, sviluppando annualmente più di 300 mila contatti di affari;
    le CCIE sono connesse «a rete» in un sistema di promozione, radicato sui territori esteri, che costituisce un punto di riferimento per le comunità di affari italo-locali e un supporto di servizio alle piccole e medie imprese italiane;
    le CCIE, ai sensi delle leggi n. 518 del 10 luglio 1970 e n. 549 del 1995, sono destinatarie annualmente di un cofinanziamento sul valore dei programmi di promozione realizzati, nell'ambito delle disponibilità di cui alla tab. 3 – Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, al cap. 2501;
    ogni anno viene effettuata la ripartizione delle disponibilità sul capitolo sulla base del valore dei programmi presentati allo stesso Ministro dello sviluppo economico, che nel 2018, sulla base di un percorso seguito negli anni precedenti, ha riguardato il 100 per cento dei fondi disponibili sul cap. 2501, pur rimanendo largamente insufficiente a cofinanziare le spese sostenute dalle CCIE;
    sulla base delle percentuali di contribuzione degli scorsi anni, la contribuzione pubblica a favore delle CCIE si è collocata, in media, a meno del 30 per cento della spesa rendicontata, rispetto alla previsione normativa di un massimo del 50 per cento;
    tali organismi hanno visto, in sei anni, ridurre sensibilmente il cofinanziamento pubblico, mettendo a repentaglio la continuità di servizio, la capacità di rappresentanza degli interessi imprenditoriali all'estero, nonché l'attivo supporto ai processi d'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane;
    nell'anno 2018 il Ministero dello Sviluppo Economico ha ricevuto programmi di attività delle Camere per una spesa prevista superiore a 36 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare la necessità, di destinare e le risorse assegnate al Programma 3.2 di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e alla promozione del made in Italy al supporto delle attività delle Camere di commercio italiane all'estero assicurando alle stesse, in sede di ripartizione del cap. 2501 un contributo comunque non inferiore al 95 per cento della dotazione globale del capi o, per realizzare un più adeguato cofinanziamento della spesa sui programmi promozionali già realizzati nell'anno 2018 con risorse proprie.
9/1334-AR/102Borghese, Tasso, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea.


   La Camera,
   esaminato l'Atto Camera 1334, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021,
   premesso che:
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE) riconosciute dallo Stato italiano sono 77, operanti in 55 Paesi del mondo; associano, su base volontaria, 20.000 imprese, sviluppando annualmente più di 300 mila contatti di affari;
    le CCIE sono connesse «a rete» in un sistema di promozione, radicato sui territori esteri, che costituisce un punto di riferimento per le comunità di affari italo-locali e un supporto di servizio alle piccole e medie imprese italiane;
    le CCIE, ai sensi delle leggi n. 518 del 10 luglio 1970 e n. 549 del 1995, sono destinatarie annualmente di un cofinanziamento sul valore dei programmi di promozione realizzati, nell'ambito delle disponibilità di cui alla tab. 3 – Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, al cap. 2501;
    ogni anno viene effettuata la ripartizione delle disponibilità sul capitolo sulla base del valore dei programmi presentati allo stesso Ministro dello sviluppo economico, che nel 2018, sulla base di un percorso seguito negli anni precedenti, ha riguardato il 100 per cento dei fondi disponibili sul cap. 2501, pur rimanendo largamente insufficiente a cofinanziare le spese sostenute dalle CCIE;
    sulla base delle percentuali di contribuzione degli scorsi anni, la contribuzione pubblica a favore delle CCIE si è collocata, in media, a meno del 30 per cento della spesa rendicontata, rispetto alla previsione normativa di un massimo del 50 per cento;
    tali organismi hanno visto, in sei anni, ridurre sensibilmente il cofinanziamento pubblico, mettendo a repentaglio la continuità di servizio, la capacità di rappresentanza degli interessi imprenditoriali all'estero, nonché l'attivo supporto ai processi d'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane;
    nell'anno 2018 il Ministero dello Sviluppo Economico ha ricevuto programmi di attività delle Camere per una spesa prevista superiore a 36 milioni di euro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la necessità, di destinare e le risorse assegnate al Programma 3.2 di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e alla promozione del made in Italy al supporto delle attività delle Camere di commercio italiane all'estero assicurando alle stesse, in sede di ripartizione del cap. 2501 un contributo comunque non inferiore al 95 per cento della dotazione globale del capi o, per realizzare un più adeguato cofinanziamento della spesa sui programmi promozionali già realizzati nell'anno 2018 con risorse proprie.
9/1334-AR/102. (Testo modificato nel corso della seduta)  Borghese, Tasso, Billi, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'esame della Camera dei Deputati prevede, tra l'altro, il rifinanziamento del Fondo di cui all'articolo 1, comma 365, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, destinato ad assunzione nella pubblica amministrazione a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà di assunzione previste a legislazione vigente;
    lo stesso provvedimento autorizza il Ministero della Giustizia per l'anno 2019, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, ad assumere magistrati ordinari già vincitori di concorso e a bandire, sentito il Consiglio superiore della magistratura, ulteriori procedure concorsuali; Recentemente il Ministro della giustizia ha presentato il cosiddetto «Ufficio di prossimità», – entro il 2019 apertura di 1000 uffici – strumento di raccordo non solo per gli uffici giudiziari ma anche con le strutture istituzionali con cui l'utente deve interfacciarsi per poter tutelare in sede giudiziaria i suoi interessi;
    la VII Commissione del CSM con risoluzione del 18 giugno 2018 ha evidenziato, ancora una volta, l'endemica carenza di risorse umane disponibili per un corretto funzionamento degli Uffici per il processo;
    saranno molteplici i soggetti, circa 850 unità, che alla data del 31 dicembre 2018, terminata l'esperienza formativa di cui all'articolo 1, comma 1121 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, verrà attribuito il titolo professionalizzante ai sensi dell'articolo 16 legge 28 dicembre 2017, n. 205,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di garantire il corretto funzionamento sia degli uffici per il processo, sia dell'istituendo ufficio di prossimità, di stabilizzare nelle forme che riterrà più opportune tutte le risorse oggi impegnate come tirocinanti negli Uffici per il processo.
9/1334-AR/103Vitiello, Caiata.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento all'esame della Camera dei Deputati prevede, tra l'altro, il rifinanziamento del Fondo di cui all'articolo 1, comma 365, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, destinato ad assunzione nella pubblica amministrazione a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà di assunzione previste a legislazione vigente;
    lo stesso provvedimento autorizza il Ministero della Giustizia per l'anno 2019, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla normativa vigente, ad assumere magistrati ordinari già vincitori di concorso e a bandire, sentito il Consiglio superiore della magistratura, ulteriori procedure concorsuali; Recentemente il Ministro della giustizia ha presentato il cosiddetto «Ufficio di prossimità», – entro il 2019 apertura di 1000 uffici – strumento di raccordo non solo per gli uffici giudiziari ma anche con le strutture istituzionali con cui l'utente deve interfacciarsi per poter tutelare in sede giudiziaria i suoi interessi;
    la VII Commissione del CSM con risoluzione del 18 giugno 2018 ha evidenziato, ancora una volta, l'endemica carenza di risorse umane disponibili per un corretto funzionamento degli Uffici per il processo;
    saranno molteplici i soggetti, circa 850 unità, che alla data del 31 dicembre 2018, terminata l'esperienza formativa di cui all'articolo 1, comma 1121 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, verrà attribuito il titolo professionalizzante ai sensi dell'articolo 16 legge 28 dicembre 2017, n. 205,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, al fine di garantire il corretto funzionamento sia degli uffici per il processo, sia dell'istituendo ufficio di prossimità, di stabilizzare nelle forme che riterrà più opportune tutte le risorse oggi impegnate come tirocinanti negli Uffici per il processo.
9/1334-AR/103. (Testo modificato nel corso della seduta)  Vitiello, Caiata.


   La Camera,
   premesso che:
    l'occupazione femminile rappresenta un tasto dolente per il nostro Paese, specialmente se rapportato alla media europea. Come risulta, infatti, dal database di Eurostat, l'occupazione femminile italiana calcolata nella fascia d'età 15-64 anni è ferma al 49 per cento, rendendoci fanalino di coda nell'eurozona a 28 Stati ove si attesta, invece, nel medesimo periodo, al 62 per cento, con un divario di 13,2 punti rispetto alla media, seguita soltanto dalla Grecia;
    secondo i calcoli di Eurofund, il sotto utilizzo del capitale umano femminile nel sistema produttivo italiano ammontava, nel solo 2017, a 88 miliardi di euro, ossia il 5,7 per cento di tutta la ricchezza prodotta ogni anno in Italia. Detto in altri termini (fonte Banca d'Italia), un aumento del tasso di partecipazione femminile al lavoro dal 49,1 per cento al 60 per cento comporterebbe, quasi automaticamente una crescita fino al 7 per cento del PIL. Ad analoghe conclusioni sono giunti il FMI ed altri organismi internazionali;
    ai suddetti dati, in sé drammatici, occorre affiancare quello del gap salariale, poiché a parità di mansioni, le donne spesso guadagnano meno degli uomini, essendo loro riservati ruoli inferiori, in settori a basso reddito, con contratti part-time o a tempo determinato che fanno loro raggiungere più difficilmente ruoli di vertice, nonostante quello femminile sia il capitale umano più formato e scolarizzato;
    a questo scenario si aggiunge un altro aspetto non irrilevante a livello di impatto sulla ridotta partecipazione delle donne al mercato del lavoro: una bassa condivisione tra i componenti della famiglia della gestione dei carichi di cura legata, strettamente connessa all'arretrata definizione dei ruoli all'interno delle mura domestiche ancora fortemente condizionata da un retaggio culturale di stampo patriarcale ed una carenza cronica e strutturale di servizi pubblici per l'infanzia – e più in generale per la cura della famiglia – che obbliga troppo spesso le donne ad abbandonare il lavoro o a limitare le ambizioni di crescita e di sviluppo perché non adeguatamente sostenute nella gestione famigliare;
    la questione della partecipazione femminile al mercato del lavoro è, inoltre, intimamente legata alla crisi demografica italiana: bassi livelli di occupazione femminile intrecciati alle condizione di precarietà lavorativa sono, infine, i principali responsabili della denatalità che affligge ormai da tempo il nostro Paese;
    tale scenario impone un brusco e significativo cambio di rotta, di cui non vi è minima traccia neanche nel provvedimento all'esame dell'aula, che l'agenda politica di governo continua a disconoscere, con gravi ripercussioni sull'economia italiana e sulla tenuta sociale del Paese;
    solo un piano straordinario per l'occupazione femminile, che contempli nuovi strumenti contrattuali per la parità di genere ed il potenziamento dei servizi sociali e del welfare sarebbe in grado di: incentivare l'occupazione femminile stabile e dignitosamente retribuita; contrastare lo squilibrio di genere nei diversi territori e settori occupazionali e nei trattamenti retributivi; salvaguardare la dignità e l'incolumità della donna sui luoghi di lavoro ed in ambito domestico; garantire l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro a donne vittime di violenza di genere; sostenere in ambito lavorativo la genitorialità, promuovendo una cultura di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e di maggiore condivisione dei compiti di cura dei familiari all'interno della coppia;
    occorre pertanto avviare un profondo percorso di ripensamento delle politiche e delle azioni a favore dell'occupazione femminile, anche quale fattore capace di stimolare la crescita economica, atto a rimuovere quegli ostacoli che impediscono la piena valorizzazione della risorsa femminile sul lavoro,

impegna il Governo:

   ad avviare un piano straordinario per l'occupazione femminile al fine di:
    1. favorire la conciliazione tra tempo lavorativo e tempo familiare per uomini e donne, attraverso misure di welfare aziendale a sostegno della famiglia e politiche family friendly (smart working, telelavoro, banca delle ore, flessibilità degli orari) e favorire forme di congedo che coinvolgano anche i padri;
    2. incentivare i datori di lavoro al fine di aumentare la domanda di lavoro femminile attraverso sgravi contributivi;
    3. implementare e garantire la presenza su tutto il territorio nazionale di infrastrutture e servizi a sostegno della famiglia e della genitorialità (asili nido, nidi-famiglia, educatori famigliari, dopo scuola, servizi di sostegno per genitori anziani, ecc.) per agevolare la permanenza e favorire il ritorno al lavoro delle donne dopo la maternità;
    4. favorire e premiare lo sviluppo e la diffusione di politiche virtuose che consentano di certificare l'assenza di discriminazioni nei processi aziendali e la garanzia di equità di genere sia a livello di opportunità e di accesso alla partecipazione al lavoro, sia a livello di parità retributiva.
9/1334-AR/104Boldrini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'occupazione femminile rappresenta un tasto dolente per il nostro Paese, specialmente se rapportato alla media europea. Come risulta, infatti, dal database di Eurostat, l'occupazione femminile italiana calcolata nella fascia d'età 15-64 anni è ferma al 49 per cento, rendendoci fanalino di coda nell'eurozona a 28 Stati ove si attesta, invece, nel medesimo periodo, al 62 per cento, con un divario di 13,2 punti rispetto alla media, seguita soltanto dalla Grecia;
    secondo i calcoli di Eurofund, il sotto utilizzo del capitale umano femminile nel sistema produttivo italiano ammontava, nel solo 2017, a 88 miliardi di euro, ossia il 5,7 per cento di tutta la ricchezza prodotta ogni anno in Italia. Detto in altri termini (fonte Banca d'Italia), un aumento del tasso di partecipazione femminile al lavoro dal 49,1 per cento al 60 per cento comporterebbe, quasi automaticamente una crescita fino al 7 per cento del PIL. Ad analoghe conclusioni sono giunti il FMI ed altri organismi internazionali;
    ai suddetti dati, in sé drammatici, occorre affiancare quello del gap salariale, poiché a parità di mansioni, le donne spesso guadagnano meno degli uomini, essendo loro riservati ruoli inferiori, in settori a basso reddito, con contratti part-time o a tempo determinato che fanno loro raggiungere più difficilmente ruoli di vertice, nonostante quello femminile sia il capitale umano più formato e scolarizzato;
    a questo scenario si aggiunge un altro aspetto non irrilevante a livello di impatto sulla ridotta partecipazione delle donne al mercato del lavoro: una bassa condivisione tra i componenti della famiglia della gestione dei carichi di cura legata, strettamente connessa all'arretrata definizione dei ruoli all'interno delle mura domestiche ancora fortemente condizionata da un retaggio culturale di stampo patriarcale ed una carenza cronica e strutturale di servizi pubblici per l'infanzia – e più in generale per la cura della famiglia – che obbliga troppo spesso le donne ad abbandonare il lavoro o a limitare le ambizioni di crescita e di sviluppo perché non adeguatamente sostenute nella gestione famigliare;
    la questione della partecipazione femminile al mercato del lavoro è, inoltre, intimamente legata alla crisi demografica italiana: bassi livelli di occupazione femminile intrecciati alle condizione di precarietà lavorativa sono, infine, i principali responsabili della denatalità che affligge ormai da tempo il nostro Paese;
    tale scenario impone un brusco e significativo cambio di rotta, di cui non vi è minima traccia neanche nel provvedimento all'esame dell'aula, che l'agenda politica di governo continua a disconoscere, con gravi ripercussioni sull'economia italiana e sulla tenuta sociale del Paese;
    solo un piano straordinario per l'occupazione femminile, che contempli nuovi strumenti contrattuali per la parità di genere ed il potenziamento dei servizi sociali e del welfare sarebbe in grado di: incentivare l'occupazione femminile stabile e dignitosamente retribuita; contrastare lo squilibrio di genere nei diversi territori e settori occupazionali e nei trattamenti retributivi; salvaguardare la dignità e l'incolumità della donna sui luoghi di lavoro ed in ambito domestico; garantire l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro a donne vittime di violenza di genere; sostenere in ambito lavorativo la genitorialità, promuovendo una cultura di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro e di maggiore condivisione dei compiti di cura dei familiari all'interno della coppia;
    occorre pertanto avviare un profondo percorso di ripensamento delle politiche e delle azioni a favore dell'occupazione femminile, anche quale fattore capace di stimolare la crescita economica, atto a rimuovere quegli ostacoli che impediscono la piena valorizzazione della risorsa femminile sul lavoro,

impegna il Governo:
   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad avviare un piano straordinario per l'occupazione femminile al fine di:
    1. favorire la conciliazione tra tempo lavorativo e tempo familiare per uomini e donne, attraverso misure di welfare aziendale a sostegno della famiglia e politiche family friendly (smart working, telelavoro, banca delle ore, flessibilità degli orari) e favorire forme di congedo che coinvolgano anche i padri;
    2. incentivare i datori di lavoro al fine di aumentare la domanda di lavoro femminile attraverso sgravi contributivi;
    3. implementare e garantire la presenza su tutto il territorio nazionale di infrastrutture e servizi a sostegno della famiglia e della genitorialità (asili nido, nidi-famiglia, educatori famigliari, dopo scuola, servizi di sostegno per genitori anziani, ecc.) per agevolare la permanenza e favorire il ritorno al lavoro delle donne dopo la maternità;
    4. favorire e premiare lo sviluppo e la diffusione di politiche virtuose che consentano di certificare l'assenza di discriminazioni nei processi aziendali e la garanzia di equità di genere sia a livello di opportunità e di accesso alla partecipazione al lavoro, sia a livello di parità retributiva.
9/1334-AR/104. (Testo modificato nel corso della seduta)  Boldrini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'individuazione dei sussidi dannosi o favorevoli sotto il profilo ambientale è un'attività che va inquadrata nell'ambito sia delle politiche di spesa pubblica sia della politica fiscale;
    la legge 28 dicembre 2015, n. 221, contiene misure in materia di tutela della natura e sviluppo sostenibile, valutazioni ambientali, energia, acquisti verdi, gestione dei rifiuti e bonifiche, difesa del suolo e risorse idriche. Suddetta legge, nota come Collegato ambientale, oltre a promuovere misure di green economy per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse, all'articolo 68 prevede che il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare predisponga, con cadenza annuale, un Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli;
    la conoscenza dei sussidi ambientalmente rilevanti, sia dannosi che favorevoli, costituisce un elemento fondamentale per il disegno di politiche ambientali ed economiche efficienti. Politiche che devono essere all'altezza delle sfide globali lanciate con l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, l'Agenda 2030 dell'ONU per uno sviluppo sostenibile, con i suoi 17 obiettivi (SDG) che rappresentano un impegno da inserire nella programmazione politica ed economica del Governo e il Piano d'azione di Addis Abeba per una finanza sostenibile;
    a tal riguardo, i sussidi sono intesi nella loro definizione più ampia, che collima con quella dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), e comprendono, tra gli altri, gli incentivi, le agevolazioni, i finanziamenti agevolati, le esenzioni da tributi direttamente finalizzati alla tutela dell'ambiente;
    in linea di principio tutti i sussidi pubblici dovrebbero essere favorevoli all'ambiente, tuttavia, con riferimento alla valutazione di compatibilità ambientale dei sussidi, il Catalogo (pubblicato nel dicembre 2016) individua 57 forme di sussidio dannoso per l'ambiente, per una spesa finanziaria complessiva di euro 16,2 miliardi, a fronte di 46 forme di sussidio favorevole all'ambiente, per un valore di euro 15,7 miliardi; inoltre, dall'analisi emergono 27 sussidi «incerti» (che richiedono ulteriori valutazioni in quanto presentano impatti ambientali sia positivi che negativi) per un valore complessivo di euro 5,8 miliardi mentre è stata individuata una sola misura «neutrale», per un importo di euro 3,5 miliardi;
    nel dettaglio, si rileva che oltre il 97 per cento dei sussidi dannosi (15,7 miliardi di euro) è costituito da sconti fiscali, mentre meno di mezzo miliardo ossia il 3 per cento è dato da sussidi diretti. Appare evidente la necessità che, in fase di predisposizione delle norme, sia effettuata anche una valutazione ambientale preventiva dei sussidi;
    la rimozione e il conseguente «reimpiego green» delle risorse derivanti dalla ricollocazione dei sussidi ambientalmente dannosi consentirebbe di attivare le strategie di raggiungimento degli obiettivi COP 21 con importanti benefici sia sul versante dell'abbattimento della CO2 sia sul versante occupazionale;
    come da interlocuzioni avute con l'Onorevole Laura Castelli, Sottosegretario di Stato al Ministero dell'economia e delle finanze, in occasione della discussione presso la Commissione Bilancio del provvedimento, emerge una volontà da parte dell'attuale esecutivo di andare nella direzione di una progressiva rimozione dei sussidi ambientali dannosi a beneficio dei sussidi ambientali favorevoli, tuttavia, è stata anche dichiarata una difficoltà ad agire nei tempi di approvazione del provvedimento in oggetto,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di attuare un riequilibrio della fiscalità generale in chiave ambientale, avviando un processo di riallocazione dei sussidi ambientalmente dannosi a vantaggio dei sussidi ambientalmente favorevoli e prevedendo che il maggior gettito sia destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sul lavoro generato dalla green economy, alla diffusione e innovazione delle tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia da fonti rinnovabili;
   a valutare la possibilità di istituire, presso il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, un fondo dotato e alimentato da risorse di origine riallocativa gestito dal CIPE e avente finalità di sviluppo sostenibile con particolare riguardo alla nuova occupazione permanente, prevedendo al contempo di destinare una parte non inferiore al 20 per cento delle risorse di origine riallocativa ad azioni di compensazione a favore dell'occupazione nei settori che cedono risorse e prevedendo un piano specifico per l'agricoltura, settore in cui sono più numerosi i sussidi diretti dannosi per l'ambiente;
   ad assicurare che sia sempre attuata una valutazione ambientale ex ante dei sussidi previsti dalle disposizioni normative e che entro il 30 giugno di ogni anno sia effettuato l'aggiornamento del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, di cui all'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221.
9/1334-AR/105Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'individuazione dei sussidi dannosi o favorevoli sotto il profilo ambientale è un'attività che va inquadrata nell'ambito sia delle politiche di spesa pubblica sia della politica fiscale;
    la legge 28 dicembre 2015, n. 221, contiene misure in materia di tutela della natura e sviluppo sostenibile, valutazioni ambientali, energia, acquisti verdi, gestione dei rifiuti e bonifiche, difesa del suolo e risorse idriche. Suddetta legge, nota come Collegato ambientale, oltre a promuovere misure di green economy per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse, all'articolo 68 prevede che il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare predisponga, con cadenza annuale, un Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli;
    la conoscenza dei sussidi ambientalmente rilevanti, sia dannosi che favorevoli, costituisce un elemento fondamentale per il disegno di politiche ambientali ed economiche efficienti. Politiche che devono essere all'altezza delle sfide globali lanciate con l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, l'Agenda 2030 dell'ONU per uno sviluppo sostenibile, con i suoi 17 obiettivi (SDG) che rappresentano un impegno da inserire nella programmazione politica ed economica del Governo e il Piano d'azione di Addis Abeba per una finanza sostenibile;
    a tal riguardo, i sussidi sono intesi nella loro definizione più ampia, che collima con quella dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), e comprendono, tra gli altri, gli incentivi, le agevolazioni, i finanziamenti agevolati, le esenzioni da tributi direttamente finalizzati alla tutela dell'ambiente;
    in linea di principio tutti i sussidi pubblici dovrebbero essere favorevoli all'ambiente, tuttavia, con riferimento alla valutazione di compatibilità ambientale dei sussidi, il Catalogo (pubblicato nel dicembre 2016) individua 57 forme di sussidio dannoso per l'ambiente, per una spesa finanziaria complessiva di euro 16,2 miliardi, a fronte di 46 forme di sussidio favorevole all'ambiente, per un valore di euro 15,7 miliardi; inoltre, dall'analisi emergono 27 sussidi «incerti» (che richiedono ulteriori valutazioni in quanto presentano impatti ambientali sia positivi che negativi) per un valore complessivo di euro 5,8 miliardi mentre è stata individuata una sola misura «neutrale», per un importo di euro 3,5 miliardi;
    nel dettaglio, si rileva che oltre il 97 per cento dei sussidi dannosi (15,7 miliardi di euro) è costituito da sconti fiscali, mentre meno di mezzo miliardo ossia il 3 per cento è dato da sussidi diretti. Appare evidente la necessità che, in fase di predisposizione delle norme, sia effettuata anche una valutazione ambientale preventiva dei sussidi;
    la rimozione e il conseguente «reimpiego green» delle risorse derivanti dalla ricollocazione dei sussidi ambientalmente dannosi consentirebbe di attivare le strategie di raggiungimento degli obiettivi COP 21 con importanti benefici sia sul versante dell'abbattimento della CO2 sia sul versante occupazionale;
    come da interlocuzioni avute con l'Onorevole Laura Castelli, Sottosegretario di Stato al Ministero dell'economia e delle finanze, in occasione della discussione presso la Commissione Bilancio del provvedimento, emerge una volontà da parte dell'attuale esecutivo di andare nella direzione di una progressiva rimozione dei sussidi ambientali dannosi a beneficio dei sussidi ambientali favorevoli, tuttavia, è stata anche dichiarata una difficoltà ad agire nei tempi di approvazione del provvedimento in oggetto,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare l'opportunità di attuare un riequilibrio della fiscalità generale in chiave ambientale, avviando un processo di riallocazione dei sussidi ambientalmente dannosi a vantaggio dei sussidi ambientalmente favorevoli e prevedendo che il maggior gettito sia destinato prioritariamente alla riduzione della tassazione sul lavoro generato dalla green economy, alla diffusione e innovazione delle tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia da fonti rinnovabili;
   a valutare la possibilità di istituire, presso il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, un fondo dotato e alimentato da risorse di origine riallocativa gestito dal CIPE e avente finalità di sviluppo sostenibile con particolare riguardo alla nuova occupazione permanente, prevedendo al contempo di destinare una parte non inferiore al 20 per cento delle risorse di origine riallocativa ad azioni di compensazione a favore dell'occupazione nei settori che cedono risorse e prevedendo un piano specifico per l'agricoltura, settore in cui sono più numerosi i sussidi diretti dannosi per l'ambiente;
   ad assicurare che sia sempre attuata una valutazione ambientale ex ante dei sussidi previsti dalle disposizioni normative e che entro il 30 giugno di ogni anno sia effettuato l'aggiornamento del Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, di cui all'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221.
9/1334-AR/105. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2017, anche se il dato non è ancora ufficiale, si stima che le emissioni di gas serra in Italia siano cresciute fra lo 0,5 per cento e l'1 per cento negli ultimi 4 anni, in presenza di una modesta ripresa economica, il processo di decarbonizzazione sembra essersi fermato: l'intensità energetica del Pil è rimasta costante attorno ai 120 tep per milione di euro; i consumi di energia tra il 2014 e il 2017 sono tornati a crescere da 166 a oltre 170 Mtep: le rinnovabili, dopo la forte crescita del periodo 2005-2013, nell'ultimo quinquennio si sono quasi fermate intorno al 17 per cento del fabbisogno energetico, con una modesta crescita dal 17,4 nel 2016 al 17,7 per cento nel 2017;
    dal Documento di programmazione economica e finanziaria e dal disegno di legge in esame, si evince che la sostenibilità e le scelte di green economy non siano fra le priorità di questo Governo;
    si attendono ancora misure importanti quali: il nuovo decreto sulle rinnovabili; la risoluzione delle questioni aperte per l'End of Waste; il recepimento delle nuove Direttive europee sui rifiuti e l'economia circolare e il Piano delle misure per l'energia e il clima;
    l'Italia spende, secondo Legambiente, ogni anno 14,8 miliardi di euro pubblici per aiutare direttamente o indirettamente la produzione e il consumo di gas, carbone e petrolio;
    secondo InfluenceMap, tra i paesi del G7 l'Italia è quello con i maggiori sussidi alle fonti fossili in rapporto al PIL. Siamo allo 0,63 per cento a fronte di una media europea dello 0,17 per cento e molto oltre lo 0,20 per cento degli Stati Uniti e lo 0,23 per cento della Germania;
    secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2015 i sussidi alle fonti fossili a livello mondiale sono stati pari a 5.300 miliardi di dollari (10 milioni di dollari al minuto), pari al 6,5 per cento del PIL mondiale e più della spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo. L'aumento rispetto al 2013 è del 10,4 per cento;
    tra chi aiuta di più le fossili secondo i dati FMI: la Cina con 2.272 miliardi di dollari (+22 per cento), seguita da Stati Uniti con 699 miliardi (+14 per cento) e Russia con 335 miliardi (5.7 per cento). In Europa, la maggior sostenitrice delle fonti fossili è la Germania con 55,6 miliardi di $ (+10.5 per cento), seguita da Regno Unito con 41,2 miliardi (+12.2 per cento), Francia con 30,1 miliardi (+13.2 per cento), Spagna (24,1 miliardi), Repubblica Ceca (17,5 miliardi) e Italia (13,2 miliardi, dato questo del FMI leggermente inferiore a quanto stimato da Legambiente, appunto 14,8 miliardi):
    eliminare gli incentivi alle fossili consentirebbe di ridurre le emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate, cioè il 5,8 per cento delle emissioni globali al 2020, contribuendo al raggiungimento della metà dell'obiettivo climatico necessario a contenere l'aumento di temperatura globale di 2o C;
    nelle raccomandazioni che la Commissione Europea ha inviato nel 2015 al governo italiano (Country Specific Reccomendations) il nostro Paese viene bacchettato per il ritardo nell'introdurre tasse modulate secondo il principio del «chi inquina paga», come la carbon tax, e nel rimuovere aiuti dannosi per l'ambiente, come quelli alle fossili;
    l'adozione di una carbon tax è oramai da lungo tempo suggerita per interiorizzare e mitigare parte degli impatti ambientali e sanitari legati all'impiego dei combustibili fossili. L'introduzione di una fiscalità ambientale, era stata prevista anche in Italia con la «delega fiscale» del 2012. Una norma che non è mai stata approvata, malgrado una carbon tax avesse già fatto una effimera comparsa alla fine degli anni Novanta;
    questo strumento fiscale è applicato con successo in Canada e in diversi paesi europei, dagli UK alla Svizzera. La Svezia, paese che l'ha introdotta nel 1991, ha alzato progressivamente il suo valore fino a 136 dollari/t ottenendo tra il 1990 e il 2013 una riduzione del 22 per cento delle emissioni a fronte di un aumento del Pil del 58 per cento. Considerato l'attuale basso prezzo dei combustibili fossili, molte istituzioni, dalla Banca Mondiale all'Agenzia Internazionale dell'Energia, hanno caldamente suggerito l'opportunità di tassare le emissioni di CO2;
    una carbon tax pari a 30 € a tonnellata genererebbe un gettito pari a 15 miliardi, che potrebbero essere reinvestiti nella green economy;
    è auspicabile che l'Italia abbandoni l'uso delle fonti fossili. Un'Italia che strutturalmente e strategicamente si affida alle energie rinnovabili e all'efficienza energetica;
    è necessario definire in tempi brevi un piano clima ed energia che abbia come obbiettivo nel 2030 l'Italia Carbon-free,

impegna il Governo:

   a prevedere l'introduzione di un contributo ecologico per favorire il perseguimento di un progressivo contenimento delle emissioni di anidride carbonica derivanti dal consumo di combustibili fossili impiegati in processi di combustione in modo da rendere il nostro Paese coerente con gli obiettivi dell'Accordo di Parigi;
   a definire in tempi brevi un piano clima ed energia che abbia come obbiettivo, nel 2030, l'Italia Carbon-free.
9/1334-AR/106Muroni.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2017, anche se il dato non è ancora ufficiale, si stima che le emissioni di gas serra in Italia siano cresciute fra lo 0,5 per cento e l'1 per cento negli ultimi 4 anni, in presenza di una modesta ripresa economica, il processo di decarbonizzazione sembra essersi fermato: l'intensità energetica del Pil è rimasta costante attorno ai 120 tep per milione di euro; i consumi di energia tra il 2014 e il 2017 sono tornati a crescere da 166 a oltre 170 Mtep: le rinnovabili, dopo la forte crescita del periodo 2005-2013, nell'ultimo quinquennio si sono quasi fermate intorno al 17 per cento del fabbisogno energetico, con una modesta crescita dal 17,4 nel 2016 al 17,7 per cento nel 2017;
    dal Documento di programmazione economica e finanziaria e dal disegno di legge in esame, si evince che la sostenibilità e le scelte di green economy non siano fra le priorità di questo Governo;
    si attendono ancora misure importanti quali: il nuovo decreto sulle rinnovabili; la risoluzione delle questioni aperte per l'End of Waste; il recepimento delle nuove Direttive europee sui rifiuti e l'economia circolare e il Piano delle misure per l'energia e il clima;
    l'Italia spende, secondo Legambiente, ogni anno 14,8 miliardi di euro pubblici per aiutare direttamente o indirettamente la produzione e il consumo di gas, carbone e petrolio;
    secondo InfluenceMap, tra i paesi del G7 l'Italia è quello con i maggiori sussidi alle fonti fossili in rapporto al PIL. Siamo allo 0,63 per cento a fronte di una media europea dello 0,17 per cento e molto oltre lo 0,20 per cento degli Stati Uniti e lo 0,23 per cento della Germania;
    secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2015 i sussidi alle fonti fossili a livello mondiale sono stati pari a 5.300 miliardi di dollari (10 milioni di dollari al minuto), pari al 6,5 per cento del PIL mondiale e più della spesa sanitaria totale di tutti i governi del mondo. L'aumento rispetto al 2013 è del 10,4 per cento;
    tra chi aiuta di più le fossili secondo i dati FMI: la Cina con 2.272 miliardi di dollari (+22 per cento), seguita da Stati Uniti con 699 miliardi (+14 per cento) e Russia con 335 miliardi (5.7 per cento). In Europa, la maggior sostenitrice delle fonti fossili è la Germania con 55,6 miliardi di $ (+10.5 per cento), seguita da Regno Unito con 41,2 miliardi (+12.2 per cento), Francia con 30,1 miliardi (+13.2 per cento), Spagna (24,1 miliardi), Repubblica Ceca (17,5 miliardi) e Italia (13,2 miliardi, dato questo del FMI leggermente inferiore a quanto stimato da Legambiente, appunto 14,8 miliardi):
    eliminare gli incentivi alle fossili consentirebbe di ridurre le emissioni di CO2 di 750 milioni di tonnellate, cioè il 5,8 per cento delle emissioni globali al 2020, contribuendo al raggiungimento della metà dell'obiettivo climatico necessario a contenere l'aumento di temperatura globale di 2o C;
    nelle raccomandazioni che la Commissione Europea ha inviato nel 2015 al governo italiano (Country Specific Reccomendations) il nostro Paese viene bacchettato per il ritardo nell'introdurre tasse modulate secondo il principio del «chi inquina paga», come la carbon tax, e nel rimuovere aiuti dannosi per l'ambiente, come quelli alle fossili;
    l'adozione di una carbon tax è oramai da lungo tempo suggerita per interiorizzare e mitigare parte degli impatti ambientali e sanitari legati all'impiego dei combustibili fossili. L'introduzione di una fiscalità ambientale, era stata prevista anche in Italia con la «delega fiscale» del 2012. Una norma che non è mai stata approvata, malgrado una carbon tax avesse già fatto una effimera comparsa alla fine degli anni Novanta;
    questo strumento fiscale è applicato con successo in Canada e in diversi paesi europei, dagli UK alla Svizzera. La Svezia, paese che l'ha introdotta nel 1991, ha alzato progressivamente il suo valore fino a 136 dollari/t ottenendo tra il 1990 e il 2013 una riduzione del 22 per cento delle emissioni a fronte di un aumento del Pil del 58 per cento. Considerato l'attuale basso prezzo dei combustibili fossili, molte istituzioni, dalla Banca Mondiale all'Agenzia Internazionale dell'Energia, hanno caldamente suggerito l'opportunità di tassare le emissioni di CO2;
    una carbon tax pari a 30 € a tonnellata genererebbe un gettito pari a 15 miliardi, che potrebbero essere reinvestiti nella green economy;
    è auspicabile che l'Italia abbandoni l'uso delle fonti fossili. Un'Italia che strutturalmente e strategicamente si affida alle energie rinnovabili e all'efficienza energetica;
    è necessario definire in tempi brevi un piano clima ed energia che abbia come obbiettivo nel 2030 l'Italia Carbon-free,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a prevedere l'introduzione di un contributo ecologico per favorire il perseguimento di un progressivo contenimento delle emissioni di anidride carbonica derivanti dal consumo di combustibili fossili impiegati in processi di combustione in modo da rendere il nostro Paese coerente con gli obiettivi dell'Accordo di Parigi;
   a definire in tempi brevi un piano clima ed energia che abbia come obbiettivo, nel 2030, l'Italia Carbon-free.
9/1334-AR/106. (Testo modificato nel corso della seduta)  Muroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il lavoro, in questa manovra, è stato il «convitato di pietra» nonostante il governo si fosse imposto, in sede di approvazione della Nota di aggiornamento al DEF 2018, l'ambizioso obiettivo di orientare oltre 9 dei 22 miliardi di euro di spesa previsti in deficit dalla manovra verso politiche di indirizzo innovative e misure concrete capaci di contrastare la straordinaria situazione di disagio economico in cui versa un'ampia fascia del Paese, ricorrendo ad una misura di sussidio, il reddito di cittadinanza, che potrebbe paradossalmente scoraggiare la ricerca di un lavoro o addirittura favorire quello sommerso;
    inoltre la manovra per il triennio 2019-2021 traccia un percorso diverso ove rimangono carenti le risorse per gli investimenti, poiché si è preferito privilegiare la spesa corrente ed introdurre misure che non determinano maggiore e migliore occupazione, ma che rischiano di tradursi in mere politiche assistenzialistiche;
    stando alle anticipazioni del governo il reddito di cittadinanza costituirebbe un'integrazione al reddito familiare fino a 780 euro mensili, estremamente rilevante per chi è in condizioni di povertà e che rispetto ai tagli di trasferimenti ed investimenti pubblici registratisi negli ultimi due decenni, rappresenterebbe un salto di qualità politico ed economico;
    di contro la medesima misura rappresenterebbe una resa sul fronte occupazionale, facendoci rassegnare all'assistenza per milioni di persone, in specie giovani qualificati, in particolare nel Mezzogiorno, potenzialmente in grado di contribuire attivamente alla propria comunità drammaticamente sofferente per tanti bisogni insoddisfatti;
    la stragrande maggioranza dei Comuni italiani ha progetti canteriabili e gli investimenti pubblici, nonostante le litanie degli editorialisti liberisti impermeabili alla realtà, sono la componente più efficace per dare ossigeno all'economia reale;
    pertanto 1 miliardo all'anno della dotazione finanziaria prevista dall'ex articolo 21 per il cosiddetto «Reddito di Cittadinanza», potrebbe essere allocata su programmi di «Lavoro di cittadinanza», concentrati nel Mezzogiorno;
    i suddetti programmi di lavoro di Cittadinanza sarebbero promossi e gestiti da enti locali ed associazioni di cittadinanza attiva. Sugli enti locali ricadrebbero le spese organizzative, i programmi beneficiari di finanziamenti verrebbero selezionati attraverso un bando nazionale. L'importo spettante per la prestazione di «Lavoro di Cittadinanza» sarebbe pari all'importo massimo del Reddito di Cittadinanza al quale si aggiungerebbe la contribuzione previdenziale ordinaria;
    i programmi finanziabili devono essere finalizzati, a seconda delle abilità e competenze dei lavoratori coinvolti nel programma, alla fornitura di servizi di cura dell'ambiente (naturale e storico), delle persone e della comunità, in aggiunta a quelli che l'amministrazione pubblica deve garantire, come: 1) attività di ristrutturazione di immobili pubblici da adibire a case di quartiere, dove organizzare attività gratuite per le fasce più bisognose della popolazione, bambini e anziani, in orari scoperti rispetto ai turni di lavoro; 2) attività di supporto allo studio, giochi da tavolo, lettura quotidiani o libri per ragazzi, attività ludico-ricreative e sportive; 3) catalogazione e digitalizzazione degli archivi di musei e biblioteche civiche; 4) servizio di sorveglianza e guida presso musei, biblioteche, siti pubblici di interesse storico e artistico se privi di presidio o non fruibili al pubblico del tutto o solo parzialmente; 5) recapito domiciliare di spesa alimentare o farmaceutica per gli anziani; 6) messa in sicurezza del territorio da rischio idrogeologico; 7) coltivazione e cura di orti e giardini cittadini; 8) lotta ai parassiti che danneggiano le coltivazioni,

impegna il Governo

ad avviare i programmi di «Lavoro di cittadinanza», concentrati nel Mezzogiorno, finalizzati alle attività indicate in premessa.
9/1334-AR/107Fassina.


   La Camera,
   premesso che:
    il lavoro, in questa manovra, è stato il «convitato di pietra» nonostante il governo si fosse imposto, in sede di approvazione della Nota di aggiornamento al DEF 2018, l'ambizioso obiettivo di orientare oltre 9 dei 22 miliardi di euro di spesa previsti in deficit dalla manovra verso politiche di indirizzo innovative e misure concrete capaci di contrastare la straordinaria situazione di disagio economico in cui versa un'ampia fascia del Paese, ricorrendo ad una misura di sussidio, il reddito di cittadinanza, che potrebbe paradossalmente scoraggiare la ricerca di un lavoro o addirittura favorire quello sommerso;
    inoltre la manovra per il triennio 2019-2021 traccia un percorso diverso ove rimangono carenti le risorse per gli investimenti, poiché si è preferito privilegiare la spesa corrente ed introdurre misure che non determinano maggiore e migliore occupazione, ma che rischiano di tradursi in mere politiche assistenzialistiche;
    stando alle anticipazioni del governo il reddito di cittadinanza costituirebbe un'integrazione al reddito familiare fino a 780 euro mensili, estremamente rilevante per chi è in condizioni di povertà e che rispetto ai tagli di trasferimenti ed investimenti pubblici registratisi negli ultimi due decenni, rappresenterebbe un salto di qualità politico ed economico;
    di contro la medesima misura rappresenterebbe una resa sul fronte occupazionale, facendoci rassegnare all'assistenza per milioni di persone, in specie giovani qualificati, in particolare nel Mezzogiorno, potenzialmente in grado di contribuire attivamente alla propria comunità drammaticamente sofferente per tanti bisogni insoddisfatti;
    la stragrande maggioranza dei Comuni italiani ha progetti canteriabili e gli investimenti pubblici, nonostante le litanie degli editorialisti liberisti impermeabili alla realtà, sono la componente più efficace per dare ossigeno all'economia reale;
    pertanto 1 miliardo all'anno della dotazione finanziaria prevista dall'ex articolo 21 per il cosiddetto «Reddito di Cittadinanza», potrebbe essere allocata su programmi di «Lavoro di cittadinanza», concentrati nel Mezzogiorno;
    i suddetti programmi di lavoro di Cittadinanza sarebbero promossi e gestiti da enti locali ed associazioni di cittadinanza attiva. Sugli enti locali ricadrebbero le spese organizzative, i programmi beneficiari di finanziamenti verrebbero selezionati attraverso un bando nazionale. L'importo spettante per la prestazione di «Lavoro di Cittadinanza» sarebbe pari all'importo massimo del Reddito di Cittadinanza al quale si aggiungerebbe la contribuzione previdenziale ordinaria;
    i programmi finanziabili devono essere finalizzati, a seconda delle abilità e competenze dei lavoratori coinvolti nel programma, alla fornitura di servizi di cura dell'ambiente (naturale e storico), delle persone e della comunità, in aggiunta a quelli che l'amministrazione pubblica deve garantire, come: 1) attività di ristrutturazione di immobili pubblici da adibire a case di quartiere, dove organizzare attività gratuite per le fasce più bisognose della popolazione, bambini e anziani, in orari scoperti rispetto ai turni di lavoro; 2) attività di supporto allo studio, giochi da tavolo, lettura quotidiani o libri per ragazzi, attività ludico-ricreative e sportive; 3) catalogazione e digitalizzazione degli archivi di musei e biblioteche civiche; 4) servizio di sorveglianza e guida presso musei, biblioteche, siti pubblici di interesse storico e artistico se privi di presidio o non fruibili al pubblico del tutto o solo parzialmente; 5) recapito domiciliare di spesa alimentare o farmaceutica per gli anziani; 6) messa in sicurezza del territorio da rischio idrogeologico; 7) coltivazione e cura di orti e giardini cittadini; 8) lotta ai parassiti che danneggiano le coltivazioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad avviare i programmi di «Lavoro di cittadinanza», concentrati nel Mezzogiorno, finalizzati alle attività indicate in premessa.
9/1334-AR/107. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fassina.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 380 del disegno di legge di bilancio demanda a un decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, da adottare entro il 31 gennaio di ciascun anno ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il compito di innalzare le percentuali di compensazione applicabili a legno e alla legna da ardere, nel limite di spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019;
    essendo le percentuali di compensazione per il legno ferme da anni al 2 per cento, si tratta di una misura attesa dal settore, che soffre da anni una crisi, aggravata ulteriormente dalla recente ondata di maltempo che ha distrutto vastissime aree boschive in molte regioni d'Italia;
    per quanto importate, la destinazione di 1 milione di euro a copertura della spesa è comunque insufficiente per aiutare adeguatamente gli operatori del settore,

impegna il Governo

a provvedere con il prossimo provvedimento utile e compatibilmente con le risorse finanziare disponibili, a innalzare ulteriormente le percentuali di compensazione applicabili a legno e alla legna da ardere.
9/1334-AR/108Schullian, Gebhard, Plangger, Emanuela Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 380 del disegno di legge di bilancio demanda a un decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, da adottare entro il 31 gennaio di ciascun anno ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il compito di innalzare le percentuali di compensazione applicabili a legno e alla legna da ardere, nel limite di spesa di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2019;
    essendo le percentuali di compensazione per il legno ferme da anni al 2 per cento, si tratta di una misura attesa dal settore, che soffre da anni una crisi, aggravata ulteriormente dalla recente ondata di maltempo che ha distrutto vastissime aree boschive in molte regioni d'Italia;
    per quanto importate, la destinazione di 1 milione di euro a copertura della spesa è comunque insufficiente per aiutare adeguatamente gli operatori del settore,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a provvedere con il prossimo provvedimento utile e compatibilmente con le risorse finanziare disponibili, a innalzare ulteriormente le percentuali di compensazione applicabili a legno e alla legna da ardere.
9/1334-AR/108. (Testo modificato nel corso della seduta)  Schullian, Gebhard, Plangger, Emanuela Rossini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'accesso al cibo e ad una alimentazione sana e corretta è un diritto da tutelare e garantire, attraverso politiche pubbliche e, secondo un principio di sussidiarietà, anche attraverso la partecipazione attiva di altri soggetti quali ad esempio gli enti del terzo settore;
    la povertà alimentare riguarda purtroppo molti cittadini, anziani e famiglie con minori, a rischio di emarginazione sociale;
    l'opera quotidiana e capillare di migliaia di associazioni impegnate su questo fronte, consente di rispondere attraverso la distribuzione di generi alimentari alimenti ad un bisogno sociale crescente, e accompagnare tali cittadini verso un percorso di inclusione sociale;
    per rispondere a tale esigenza, gli enti del terzo settore approvvigionano i loro magazzini, gli empori solidali, le mense di solidarietà, attraverso diversi strumenti tra i quali si annoverano le donazioni di imprese agevolate attraverso la legge 166/2016, i fondi europei gestiti a livello nazionale da Agea, e il fondo nazionale per gli aiuti alimentari agli indigenti;
    tale fondo nazionale è stato istituito presso il MIPAAFT con decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica italiana;
    l'articolo 1, comma 399, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha rifinanziato il Fondo di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
    si rileva che nell'ultimo triennio, tali risorse sono sempre state incrementate anche in corso d'anno fino a giungere a 12 milioni di euro nell'anno 2015, 10 milioni di euro nell'anno 2016 e 9 milioni di euro nell'anno 2017;
    con la nuova legislatura non sono state aggiunte risorse ulteriori ai 5 milioni di euro definiti in modo strutturale dal 2017, e nemmeno la legge di bilancio per l'anno finanziario 2019 integra il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti così come richiesto dal Tavolo di coordinamento permanente sugli indigenti istituito presso Ministero delle politiche agricole;
    interrompere questo percorso e diminuire le risorse disponibili, rischia di indebolire le reti sociali sul territorio e lasciare senza sostegno molte persone indigenti, mentre ancora si devono definire i contorni del promesso reddito di cittadinanza,

impegna il Governo

ad aumentare per il 2019 lo stanziamento a favore del Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti al fine di dare continuità al sistema di aiuti alimentari evitando il ridimensionamento della distribuzione di alimenti ai più poveri.
9/1334-AR/109Gadda, Cenni, Cardinale, Dal Moro, D'Alessandro, Incerti, Portas.


   La Camera,
   premesso che:
    l'accesso al cibo e ad una alimentazione sana e corretta è un diritto da tutelare e garantire, attraverso politiche pubbliche e, secondo un principio di sussidiarietà, anche attraverso la partecipazione attiva di altri soggetti quali ad esempio gli enti del terzo settore;
    la povertà alimentare riguarda purtroppo molti cittadini, anziani e famiglie con minori, a rischio di emarginazione sociale;
    l'opera quotidiana e capillare di migliaia di associazioni impegnate su questo fronte, consente di rispondere attraverso la distribuzione di generi alimentari alimenti ad un bisogno sociale crescente, e accompagnare tali cittadini verso un percorso di inclusione sociale;
    per rispondere a tale esigenza, gli enti del terzo settore approvvigionano i loro magazzini, gli empori solidali, le mense di solidarietà, attraverso diversi strumenti tra i quali si annoverano le donazioni di imprese agevolate attraverso la legge 166/2016, i fondi europei gestiti a livello nazionale da Agea, e il fondo nazionale per gli aiuti alimentari agli indigenti;
    tale fondo nazionale è stato istituito presso il MIPAAFT con decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica italiana;
    l'articolo 1, comma 399, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha rifinanziato il Fondo di 5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
    si rileva che nell'ultimo triennio, tali risorse sono sempre state incrementate anche in corso d'anno fino a giungere a 12 milioni di euro nell'anno 2015, 10 milioni di euro nell'anno 2016 e 9 milioni di euro nell'anno 2017;
    con la nuova legislatura non sono state aggiunte risorse ulteriori ai 5 milioni di euro definiti in modo strutturale dal 2017, e nemmeno la legge di bilancio per l'anno finanziario 2019 integra il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti così come richiesto dal Tavolo di coordinamento permanente sugli indigenti istituito presso Ministero delle politiche agricole;
    interrompere questo percorso e diminuire le risorse disponibili, rischia di indebolire le reti sociali sul territorio e lasciare senza sostegno molte persone indigenti, mentre ancora si devono definire i contorni del promesso reddito di cittadinanza,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad aumentare per il 2019 lo stanziamento a favore del Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti al fine di dare continuità al sistema di aiuti alimentari evitando il ridimensionamento della distribuzione di alimenti ai più poveri.
9/1334-AR/109. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gadda, Cenni, Cardinale, Dal Moro, D'Alessandro, Incerti, Portas.


   La Camera,
   premesso che:
    la maggioranza delle imprese agricole soggette a tassazione in base alle regole catastali non hanno avuto accesso alle nuove disposizioni sul super ed iper ammortamento per l'acquisto dei beni strumentali nuovi in quanto il sistema di determinazione del reddito non prevede la rilevanza dei costi e dei ricavi effettivi;
    l'agricoltura 4.0, in Italia è una realtà con un mercato di 100 milioni di euro, il 2,5 per cento di quello globale che vale 3,5 miliardi di euro; si avvale di 300 nuove soluzioni tecnologiche, dai sensori ai droni in campo, al packaging intelligente o attivo, utilizzate lungo tutta la filiera;
   tenuto conto che:
    il settore agricolo deve essere destinatario degli incentivi per gli investimenti innovativi previsti dal Piano nazionale industria 4.0 presentato dal Governo, in modo particolare per quanto riguarda il settore Agrifood,

impegna il Governo

a sostenere gli investimenti mirati nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie per agricoltura estendendo pienamente le misure di industria 4.0 al settore agricolo.
9/1334-AR/110Critelli, Gadda, Cenni, Cardinale, Dal Moro, D'Alessandro, Incerti, Portas.


   La Camera,
   premesso che:
    la maggioranza delle imprese agricole soggette a tassazione in base alle regole catastali non hanno avuto accesso alle nuove disposizioni sul super ed iper ammortamento per l'acquisto dei beni strumentali nuovi in quanto il sistema di determinazione del reddito non prevede la rilevanza dei costi e dei ricavi effettivi;
    l'agricoltura 4.0, in Italia è una realtà con un mercato di 100 milioni di euro, il 2,5 per cento di quello globale che vale 3,5 miliardi di euro; si avvale di 300 nuove soluzioni tecnologiche, dai sensori ai droni in campo, al packaging intelligente o attivo, utilizzate lungo tutta la filiera;
   tenuto conto che:
    il settore agricolo deve essere destinatario degli incentivi per gli investimenti innovativi previsti dal Piano nazionale industria 4.0 presentato dal Governo, in modo particolare per quanto riguarda il settore Agrifood,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a sostenere gli investimenti mirati nella ricerca e nello sviluppo delle tecnologie per agricoltura estendendo pienamente le misure di industria 4.0 al settore agricolo.
9/1334-AR/110. (Testo modificato nel corso della seduta)  Critelli, Gadda, Cenni, Cardinale, Dal Moro, D'Alessandro, Incerti, Portas.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ondata di maltempo che ha colpito pesantemente il nostro Paese nei mesi di ottobre e novembre 2018 ha causato gravi danni in molte Regioni italiane in particolar modo nelle regioni settentrionali causando numerosi danni, compromettendo l'equilibrio ecologico ed ambientale di varie aree montane, mettendo a rischio la stabilità idrogeologica;
    al danno ambientale si è aggiunto quello economico con importanti ripercussioni sulla filiera del legno, sull'agricoltura e sul turismo;
    i cittadini delle aree montane hanno ancora una volta dimostrato di essere una comunità coesa e solidale ma il Governo deve assolutamente fare la propria parte, con interventi e finanziamenti appropriati;
    le risorse messe finora a disposizione delle amministrazioni per superare l'emergenza, per poter sostenere la rinascita delle aree interessate e il ripristino delle principali attività economiche risultano ad oggi insufficienti;
    risulta necessario, prevedere l'istituzione di un Fondo nazionale per le zone agricole e montane colpite dagli eventi calamitosi del mese di ottobre e novembre 2018, con una congrua dotazione finanziaria da destinare al finanziamento dei seguenti progetti:
     a) interventi a sostegno delle aziende agricole, zootecniche e forestali danneggiate tra i quali: rimozione dei danni da tempesta; recupero dei depositi di mezzi agricoli, delle serre e dei capannoni di stoccaggio; interventi di messa in sicurezza dei territori interessati; messa in sicurezza delle aree a valle; ripristino della viabilità agro-forestale; impiego di prodotti fitosanitari; salvaguardia dei prati destinati a pascolo e recupero dei terrazzamenti; ripristino degli agriturismi danneggiati; manutenzione di vie di comunicazione pubbliche sollecitate dal trasporto di legname;
     b) misure finanziarie a favore dei proprietari di aree boschive quali: sostegno allo smercio dei grossi quantitativi di legname; realizzazione di vie d'esbosco principali; realizzazione di piazzali di deposito del legname; recupero delle strutture turistiche montane; prestazioni straordinarie per ripristinare la normale agibilità degli spazi forestali; crediti d'investimento per l'acquisizione di macchinari e veicoli per fronteggiare l'emergenza;
     c) interventi a sostegno degli operatori turistiche ed economici volti a ripristinare gli impianti danneggiati, la perdita di reddito, la perdita del magazzino, crediti d'investimento per l'acquisizione di macchinari e veicoli per fronteggiare l'emergenza, interventi per incentivare la promozione del territorio e delle attività economiche;
     d) l'istituzione di una zona franca e la definizione delle agevolazioni alle imprese localizzate all'interno della medesima nei territori dei comuni della Provincia di Belluno colpita dagli eccezionali eventi atmosferici del 28 ottobre 2018 per il quale è stato dichiarato lo stato di crisi dalla Regione Veneto,

impegna il Governo

a stanziare risorse adeguate e a porre in essere provvedimenti legislativi elencati in premessa necessari per difendere il territorio e sostenere le attività economiche e produttive nelle zone agricole e montane colpite dagli eventi calamitosi del mese di ottobre e novembre 2018.
9/1334-AR/111De Menech, Gadda, Cenni, Cardinale, Dal Moro, D'Alessandro, Incerti, Portas, Enrico Borghi, Rotta, Moretto, Zardini, Pellicani, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ondata di maltempo che ha colpito pesantemente il nostro Paese nei mesi di ottobre e novembre 2018 ha causato gravi danni in molte Regioni italiane in particolar modo nelle regioni settentrionali causando numerosi danni, compromettendo l'equilibrio ecologico ed ambientale di varie aree montane, mettendo a rischio la stabilità idrogeologica;
    al danno ambientale si è aggiunto quello economico con importanti ripercussioni sulla filiera del legno, sull'agricoltura e sul turismo;
    i cittadini delle aree montane hanno ancora una volta dimostrato di essere una comunità coesa e solidale ma il Governo deve assolutamente fare la propria parte, con interventi e finanziamenti appropriati;
    le risorse messe finora a disposizione delle amministrazioni per superare l'emergenza, per poter sostenere la rinascita delle aree interessate e il ripristino delle principali attività economiche risultano ad oggi insufficienti;
    risulta necessario, prevedere l'istituzione di un Fondo nazionale per le zone agricole e montane colpite dagli eventi calamitosi del mese di ottobre e novembre 2018, con una congrua dotazione finanziaria da destinare al finanziamento dei seguenti progetti:
     a) interventi a sostegno delle aziende agricole, zootecniche e forestali danneggiate tra i quali: rimozione dei danni da tempesta; recupero dei depositi di mezzi agricoli, delle serre e dei capannoni di stoccaggio; interventi di messa in sicurezza dei territori interessati; messa in sicurezza delle aree a valle; ripristino della viabilità agro-forestale; impiego di prodotti fitosanitari; salvaguardia dei prati destinati a pascolo e recupero dei terrazzamenti; ripristino degli agriturismi danneggiati; manutenzione di vie di comunicazione pubbliche sollecitate dal trasporto di legname;
     b) misure finanziarie a favore dei proprietari di aree boschive quali: sostegno allo smercio dei grossi quantitativi di legname; realizzazione di vie d'esbosco principali; realizzazione di piazzali di deposito del legname; recupero delle strutture turistiche montane; prestazioni straordinarie per ripristinare la normale agibilità degli spazi forestali; crediti d'investimento per l'acquisizione di macchinari e veicoli per fronteggiare l'emergenza;
     c) interventi a sostegno degli operatori turistiche ed economici volti a ripristinare gli impianti danneggiati, la perdita di reddito, la perdita del magazzino, crediti d'investimento per l'acquisizione di macchinari e veicoli per fronteggiare l'emergenza, interventi per incentivare la promozione del territorio e delle attività economiche;
     d) l'istituzione di una zona franca e la definizione delle agevolazioni alle imprese localizzate all'interno della medesima nei territori dei comuni della Provincia di Belluno colpita dagli eccezionali eventi atmosferici del 28 ottobre 2018 per il quale è stato dichiarato lo stato di crisi dalla Regione Veneto,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a stanziare risorse adeguate e a porre in essere provvedimenti legislativi elencati in premessa necessari per difendere il territorio e sostenere le attività economiche e produttive nelle zone agricole e montane colpite dagli eventi calamitosi del mese di ottobre e novembre 2018.
9/1334-AR/111. (Testo modificato nel corso della seduta)  De Menech, Gadda, Cenni, Cardinale, Dal Moro, D'Alessandro, Incerti, Portas, Enrico Borghi, Rotta, Moretto, Zardini, Pellicani, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'Articolo 49 prevede «Interventi per favorire lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali» attraverso il sostegno delle attività agricole, per contrastare lo spopolamento e l'abbandono dei terreni agricoli situati in queste aree;
    gli articoli 3 e 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabiliscono gli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale, insieme a quelli di pari opportunità per le zone con svantaggi strutturali e permanenti,

impegna il Governo:

   a istituire un Piano nazionale delle aree rurali interne finalizzato al finanziamento dei seguenti interventi, dando priorità ai giovani agricoltori ed alle imprese agricole a conduzione femminile:
    a) promozione di misure per tutelare la maternità delle lavoratrici, delle imprenditrici, e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro attraverso la creazione di servizi alle famiglie e di politiche di welfare, a partire dall'attivazione di agri asili ed agri nidi, di servizi di sostituzione, e la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati;
    b) attivazione e potenziamento del servizio di trasporto pubblico nei territori rurali e introduzione di incentivi per l'acquisto di abbonamenti di viaggio al fine di promuovere un reale ed effettivo diritto alla mobilità;
    c) promozione di interventi per l'installazione e l'utilizzo della banda larga e ultralarga nelle zone rurali, prevedendo agevolazioni fiscali per imprese agricole che utilizzano le infrastrutture digitali;
    d) sostegno all'economia agricola circolare in un'ottica di sostenibilità integrale dell'attività economica, anche attraverso attività di formazione e informazione agli operatori e ai cittadini;
    e) incentivazione di un'offerta agricola aggregata e della progettazione territoriale anche attraverso il sostegno e la creazione di distretti del cibo.
9/1334-AR/112Incerti, Gadda, D'Alessandro, Cenni, Cardinale, Dal Moro, Portas.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'Articolo 49 prevede «Interventi per favorire lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali» attraverso il sostegno delle attività agricole, per contrastare lo spopolamento e l'abbandono dei terreni agricoli situati in queste aree;
    gli articoli 3 e 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea stabiliscono gli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriale, insieme a quelli di pari opportunità per le zone con svantaggi strutturali e permanenti,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a istituire un Piano nazionale delle aree rurali interne finalizzato al finanziamento dei seguenti interventi, dando priorità ai giovani agricoltori ed alle imprese agricole a conduzione femminile:
    a) promozione di misure per tutelare la maternità delle lavoratrici, delle imprenditrici, e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro attraverso la creazione di servizi alle famiglie e di politiche di welfare, a partire dall'attivazione di agri asili ed agri nidi, di servizi di sostituzione, e la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting, ovvero per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l'infanzia o dei servizi privati accreditati;
    b) attivazione e potenziamento del servizio di trasporto pubblico nei territori rurali e introduzione di incentivi per l'acquisto di abbonamenti di viaggio al fine di promuovere un reale ed effettivo diritto alla mobilità;
    c) promozione di interventi per l'installazione e l'utilizzo della banda larga e ultralarga nelle zone rurali, prevedendo agevolazioni fiscali per imprese agricole che utilizzano le infrastrutture digitali;
    d) sostegno all'economia agricola circolare in un'ottica di sostenibilità integrale dell'attività economica, anche attraverso attività di formazione e informazione agli operatori e ai cittadini;
    e) incentivazione di un'offerta agricola aggregata e della progettazione territoriale anche attraverso il sostegno e la creazione di distretti del cibo.
9/1334-AR/112. (Testo modificato nel corso della seduta)  Incerti, Gadda, D'Alessandro, Cenni, Cardinale, Dal Moro, Portas.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati delle organizzazioni agricole sarebbero oltre 300 milioni di euro i danni provocati al comparto agricolo dalla presenza incontrollata di ungulati;
    la presenza massiccia di ungulati nelle aree rurali, e ormai anche periferiche dei centri urbani, è diventato anche un problema di ordine pubblico e di sicurezza in particolare per gli agricoltori e non solo, basti pensare al numero di incidenti stradali in numero crescente dovuto proprio alla presenza di animali selvatici;
    ad aggravare la situazione vi è anche il timore della estensione dei casi di peste suina in Europa di cui i cinghiali possono essere diffusori;
    il Ministro dell'Agricoltura intervenendo all'assemblea annuale della Cia ha annunciato di voler chiedere al Ministro Costa, all'Ispra e agli assessori regionali la costituzione di un tavolo al quale dovrebbero sedere anche i Ministri della salute e quello per le autonomie e gli affari regionali;
    si fa presente che già nell'anno 2017 è stato istituito, in sede di Conferenza Unificata, un Tavolo per il coordinamento degli interventi territoriali in materia di danni da fauna selvatica, al quale hanno partecipato, oltre alle Regioni, anche i Ministeri competenti (Agricoltura, Ambiente, Salute) ed ISPRA;
    il tavolo già in quella occasione ha messo a punto alcune proposte di modifica al quadro legislativo vigente, alle quali, tuttavia, al momento non è ancora stato dato seguito;
    si pone un problema di sicurezza sanitaria e di risarcimento per le attività economiche danneggiate,

impegna il Governo

a predisporre in tempi rapidi e comunque non oltre 60 giorni dalla approvazione della presente legge, d'intesa con le Regioni e con il coinvolgimento delle organizzazioni di categoria, un piano d'azione, che riprenda le conclusioni del tavolo del 2017, con misure adeguate e corrispondenti risorse finanziarie da destinare ad interventi di snellimento burocratico per la richiesta dei risarcimenti, nonché per il ristoro e il supporto del comparto agricolo per i danni derivanti dalla presenza di animali selvatici.
9/1334-AR/113D'Alessandro, Gadda, Cenni, Cardinale, Dal Moro, Incerti, Portas.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati delle organizzazioni agricole sarebbero oltre 300 milioni di euro i danni provocati al comparto agricolo dalla presenza incontrollata di ungulati;
    la presenza massiccia di ungulati nelle aree rurali, e ormai anche periferiche dei centri urbani, è diventato anche un problema di ordine pubblico e di sicurezza in particolare per gli agricoltori e non solo, basti pensare al numero di incidenti stradali in numero crescente dovuto proprio alla presenza di animali selvatici;
    ad aggravare la situazione vi è anche il timore della estensione dei casi di peste suina in Europa di cui i cinghiali possono essere diffusori;
    il Ministro dell'Agricoltura intervenendo all'assemblea annuale della Cia ha annunciato di voler chiedere al Ministro Costa, all'Ispra e agli assessori regionali la costituzione di un tavolo al quale dovrebbero sedere anche i Ministri della salute e quello per le autonomie e gli affari regionali;
    si fa presente che già nell'anno 2017 è stato istituito, in sede di Conferenza Unificata, un Tavolo per il coordinamento degli interventi territoriali in materia di danni da fauna selvatica, al quale hanno partecipato, oltre alle Regioni, anche i Ministeri competenti (Agricoltura, Ambiente, Salute) ed ISPRA;
    il tavolo già in quella occasione ha messo a punto alcune proposte di modifica al quadro legislativo vigente, alle quali, tuttavia, al momento non è ancora stato dato seguito;
    si pone un problema di sicurezza sanitaria e di risarcimento per le attività economiche danneggiate,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a predisporre in tempi rapidi e comunque non oltre 60 giorni dalla approvazione della presente legge, d'intesa con le Regioni e con il coinvolgimento delle organizzazioni di categoria, un piano d'azione, che riprenda le conclusioni del tavolo del 2017, con misure adeguate e corrispondenti risorse finanziarie da destinare ad interventi di snellimento burocratico per la richiesta dei risarcimenti, nonché per il ristoro e il supporto del comparto agricolo per i danni derivanti dalla presenza di animali selvatici.
9/1334-AR/113. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Alessandro, Gadda, Cenni, Cardinale, Dal Moro, Incerti, Portas.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 24 settembre 2018 si è verificato un incendio di vaste proporzioni che ha devastato un ampio territorio nei comuni di Vecchiano, Bufi, Calci e Vicopisano (provincia di Pisa);
    soltanto l'intervento tempestivo di numerose unità di vigili del fuoco provenienti dalla Toscana e dall'Emilia Romagna, con il supporto della protezione civile, di numerosi volontari e l'utilizzo di Canadair ed elicotteri antincendio ha impedito conseguenze ancora più tragiche;
    l'incendio, che ha causato l'evacuazione di circa 700 persone dalle loro abitazioni, ha interessato circa 1.400 ettari di bosco e coltivazioni, ha distrutto centinaia di ettari di oliveti, quasi tutti coltivati in terrazzamenti, castagneti, minacciato abitazioni rurali e alcuni agriturismi;
    i danni ufficiali stimati ad oggi dal centro intercomunale di protezione civile «Monte Pisano» sono i seguenti:
    danni agli immobili abitativi: per gli edifici già ispezionati e danneggiati in modo totale o parziale il danno complessivo è pari a 3.100.000 euro;
    danni a strutture, manto stradale ed impianti pubblici: il totale dei danni stimati è di 228.000 euro;
    danni al patrimonio agricolo: la superficie olivata terrazzata danneggiata dall'incendio è elevatissima per un totale stimato di piante bruciate di circa 400 a ettaro coltivato a oliveto e il danno agronomico a frutti pendenti è stimabile in complessivi 4.500.000 euro; sono circa 1.004 ettari la superficie di bosco distrutta comprendente anche castagni da legno per una stima di danno pari a 2.400.000 euro;
    spese di somma urgenza: la stima dei costi comprende tutte le spese immediate sostenute e stimate in corso di esecuzione, per gli interventi attivati per la rimozione delle situazioni di pericolo in atto per la salvaguardia dell'incolumità della cittadinanza è pari a 135 mila euro;
    danni alle attività economiche: il resoconto sommario dei danni da mancata attività di aziende presenti nelle aree colpite dall'incendio è quantificato in 80 mila euro;
    gli uffici regionali stimano inoltre, sulla base delle rilevazioni satellitari, che per la ricostituzione dei quasi mille e quattrocento ettari bruciati serviranno 8 milioni e mezzo di euro;
    i risarcimenti dovranno, inoltre, considerare le perdite economiche e di produzione che inevitabilmente si ripercuoteranno nei prossimi anni oltre i gravissimi danni subiti dall'indotto (come ad esempio i frantoi) e relativi alla promozione turistica e ricettiva legata all'olio;
    questa grande emergenza, che ha spinto le istituzioni ad organizzarsi per sostenere i territori colpiti, oggi richiede interventi rapidi per garantire anche la sopravvivenza di molte aziende agricole, anche attraverso l'adozione di misure straordinarie come il reimpianto delle coltivazioni andate distrutte dal fuoco;
    il presidente della regione Toscana Enrico Rossi ha firmato il decreto che attiva lo stato di emergenza regionale e ha previsto lo stanziamento di 850 mila euro per gli interventi forestali e di ripulitura, e altri 350 mila per i lavori che i consorzi realizzeranno a valle attorno ai corsi d'acqua. Una seconda fase, dopo i rilievi, riguarderà il riassetto idrogeologico e le spese per i lavori di somma urgenza già effettuate dai comuni e il ripristino della strada provinciale sul Monte Serra;
    il Ministro Gian Marco Centinaio, dopo aver effettuato alcuni sopralluoghi nelle zone colpite dall'incendio sui Monti Pisani e dopo aver acquisito le necessarie informazioni, ha assicurato il suo impegno per il riconoscimento dello stato di emergenza nazionale;
    il 3 ottobre 2018 il governo, rispondendo all'interrogazione n. 5-00597, relativa agli incendi che hanno colpito i Monti Pisani, dichiarava l'intenzione di attivare in via del tutto eccezionale interventi compensativi a ristoro della produzione perduta a favore delle imprese agricole danneggiate,
    la regione Toscana ha successivamente avviato la procedura per la richiesta di calamità naturale e lo stato di emergenza;
   valutato che il Governo non ha attivato il Fondo di solidarietà nazionale, disciplinato dal decreto legislativo n. 102 del 2004 per gli aiuti alle imprese agricole coinvolte, in quanto gli incendi non sono assimilabili alle avversità atmosferiche ed alle calamità naturali;
    il Governo ha rifiutato lo stato di emergenza perché i danni non sarebbero stati abbastanza ingenti: nella lettera inviata alla Regione Toscana la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha infatti scritto testualmente: «non risulta l'incendio di cui trattasi abbia coinvolto in modo significativo le strutture e le infrastrutture presenti nell'area percorsa dal fuoco»;
    in data 22 novembre 2018 il Ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio ha annunciato di aver firmato un decreto che consentirà alla Regione Toscana di attivare le misure del proprio Programma di sviluppo rurale 2014-2020 a sostegno degli investimenti per il ripristino dei terreni agricoli e del patrimonio forestale danneggiati dall'incendio sul Monte Serra;
    appare evidente che, con questo ultimo provvedimento, il governo ha soltanto consentito formalmente che la Regione Toscana potesse stanziare appositi fondi europei, ottenuti grazie alla sua lungimirante programmazione, per alcuni danneggiamenti agricoli ed ambientali. Si tratta quindi di un atto formale di esclusivo buonsenso in cui non viene concesso alcun aiuto ulteriore rispetto a quelli già previsti dalla Unione europea;
    «il Piano di sviluppo rurale della Toscana – ha commentato in merito il Presidente della Regione Enrico Rossi – prevede infatti di attivare alcune misure strettamente legate al ripristino del bosco danneggiato. Avendo la Regione già censito i danni, adesso gli imprenditori agricoli e gli enti pubblici potranno chiedere il ristoro dei danni subiti. Zero risorse invece da Roma – prosegue Rossi – per il riconoscimento dell'emergenza nazionale e quindi per le strutture che questo incendio ha distrutto»;
   considerato che nel provvedimento in esame «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» (A.C. 1334) sono presenti, all'articolo 79, norme che riguardano «esigenze emergenziali»;
    alcuni emendamenti al provvedimento in esame (numero 79. 69 a prima firma dell'on. Susanna Cenni e numero 79. 142 a prima firma dell'onorevole Lucia Ciampi), ritenuti ammissibile ma non discussi nel corso dell'esame in Commissione Bilancio e riproposti in Aula, prevedono lo stanziamento di apposite risorse per i danni ai privati e per il ripristino idrogeologico dei territori colpiti dagli incendi verificatisi nei comuni della Provincia di Pisa, Calci, Vicopisano e Buri, nel mese di settembre 2018,
    il 29 novembre 2018 la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati ha approvato all'unanimità una risoluzione su tale tematica (numero 8-00008 a prima firma dell'onorevole Susanna Cenni) che impegna il governo a:
    verificare la necessità di adottare, al più presto, le iniziative normative di competenza, d'intesa con la regione Toscana, ove necessario anche di natura straordinaria e urgente, assicurando il necessario sostegno finanziario alle imprese agricole danneggiate e agli altri soggetti il cui intervento sarebbe finalizzato a mettere in sicurezza il territorio interessato;
    promuovere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine del reintegro e della ricostituzione delle aree e delle colture pregiudicate, la collaborazione tra enti di ricerca, università, associazioni di categoria e agricoltori per una corretta progettazione e gestione del reimpianto delle colture perse nell'incendio;
    adottare iniziative per tutelare e incentivare, nel suo sviluppo, la secolare e tradizionale produzione agricola dei Monti Pisani, nonché risorsa naturale e rurale qualitativamente elevata del territorio toscano e fiore all'occhiello della produzione olivicola italiana;
    le uniche misure ad oggi messe in campo sono a carico dei comuni coinvolti dall'incendio e della regione Toscana,

impegna il Governo:

   ad integrare nel primo provvedimento utile, coerentemente con quanto annunciato da autorevoli esponenti dell'esecutivo, le risorse già stanziate dalla regione Toscana al fine di risarcire le aziende ed i privati colpiti dagli incendi verificatisi nei comuni della Provincia di Pisa, Calci, Vicopisano e Buri, nel mese di settembre 2018;
   a stanziare risorse apposite al fine di ripristinare l'equilibrio idrogeologico dei territori interessati;
   promuovere un maggiore e più efficace controllo del territorio del Monte Serra, colpito da numero incendi nel corso degli anni, anche al fine di prevenire altri atti di natura dolosa.
9/1334-AR/114Cenni, Ciampi, Ceccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 24 settembre 2018 si è verificato un incendio di vaste proporzioni che ha devastato un ampio territorio nei comuni di Vecchiano, Bufi, Calci e Vicopisano (provincia di Pisa);
    soltanto l'intervento tempestivo di numerose unità di vigili del fuoco provenienti dalla Toscana e dall'Emilia Romagna, con il supporto della protezione civile, di numerosi volontari e l'utilizzo di Canadair ed elicotteri antincendio ha impedito conseguenze ancora più tragiche;
    l'incendio, che ha causato l'evacuazione di circa 700 persone dalle loro abitazioni, ha interessato circa 1.400 ettari di bosco e coltivazioni, ha distrutto centinaia di ettari di oliveti, quasi tutti coltivati in terrazzamenti, castagneti, minacciato abitazioni rurali e alcuni agriturismi;
    i danni ufficiali stimati ad oggi dal centro intercomunale di protezione civile «Monte Pisano» sono i seguenti:
    danni agli immobili abitativi: per gli edifici già ispezionati e danneggiati in modo totale o parziale il danno complessivo è pari a 3.100.000 euro;
    danni a strutture, manto stradale ed impianti pubblici: il totale dei danni stimati è di 228.000 euro;
    danni al patrimonio agricolo: la superficie olivata terrazzata danneggiata dall'incendio è elevatissima per un totale stimato di piante bruciate di circa 400 a ettaro coltivato a oliveto e il danno agronomico a frutti pendenti è stimabile in complessivi 4.500.000 euro; sono circa 1.004 ettari la superficie di bosco distrutta comprendente anche castagni da legno per una stima di danno pari a 2.400.000 euro;
    spese di somma urgenza: la stima dei costi comprende tutte le spese immediate sostenute e stimate in corso di esecuzione, per gli interventi attivati per la rimozione delle situazioni di pericolo in atto per la salvaguardia dell'incolumità della cittadinanza è pari a 135 mila euro;
    danni alle attività economiche: il resoconto sommario dei danni da mancata attività di aziende presenti nelle aree colpite dall'incendio è quantificato in 80 mila euro;
    gli uffici regionali stimano inoltre, sulla base delle rilevazioni satellitari, che per la ricostituzione dei quasi mille e quattrocento ettari bruciati serviranno 8 milioni e mezzo di euro;
    i risarcimenti dovranno, inoltre, considerare le perdite economiche e di produzione che inevitabilmente si ripercuoteranno nei prossimi anni oltre i gravissimi danni subiti dall'indotto (come ad esempio i frantoi) e relativi alla promozione turistica e ricettiva legata all'olio;
    questa grande emergenza, che ha spinto le istituzioni ad organizzarsi per sostenere i territori colpiti, oggi richiede interventi rapidi per garantire anche la sopravvivenza di molte aziende agricole, anche attraverso l'adozione di misure straordinarie come il reimpianto delle coltivazioni andate distrutte dal fuoco;
    il presidente della regione Toscana Enrico Rossi ha firmato il decreto che attiva lo stato di emergenza regionale e ha previsto lo stanziamento di 850 mila euro per gli interventi forestali e di ripulitura, e altri 350 mila per i lavori che i consorzi realizzeranno a valle attorno ai corsi d'acqua. Una seconda fase, dopo i rilievi, riguarderà il riassetto idrogeologico e le spese per i lavori di somma urgenza già effettuate dai comuni e il ripristino della strada provinciale sul Monte Serra;
    il Ministro Gian Marco Centinaio, dopo aver effettuato alcuni sopralluoghi nelle zone colpite dall'incendio sui Monti Pisani e dopo aver acquisito le necessarie informazioni, ha assicurato il suo impegno per il riconoscimento dello stato di emergenza nazionale;
    il 3 ottobre 2018 il governo, rispondendo all'interrogazione n. 5-00597, relativa agli incendi che hanno colpito i Monti Pisani, dichiarava l'intenzione di attivare in via del tutto eccezionale interventi compensativi a ristoro della produzione perduta a favore delle imprese agricole danneggiate,
    la regione Toscana ha successivamente avviato la procedura per la richiesta di calamità naturale e lo stato di emergenza;
   valutato che il Governo non ha attivato il Fondo di solidarietà nazionale, disciplinato dal decreto legislativo n. 102 del 2004 per gli aiuti alle imprese agricole coinvolte, in quanto gli incendi non sono assimilabili alle avversità atmosferiche ed alle calamità naturali;
    il Governo ha rifiutato lo stato di emergenza perché i danni non sarebbero stati abbastanza ingenti: nella lettera inviata alla Regione Toscana la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha infatti scritto testualmente: «non risulta l'incendio di cui trattasi abbia coinvolto in modo significativo le strutture e le infrastrutture presenti nell'area percorsa dal fuoco»;
    in data 22 novembre 2018 il Ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio ha annunciato di aver firmato un decreto che consentirà alla Regione Toscana di attivare le misure del proprio Programma di sviluppo rurale 2014-2020 a sostegno degli investimenti per il ripristino dei terreni agricoli e del patrimonio forestale danneggiati dall'incendio sul Monte Serra;
    appare evidente che, con questo ultimo provvedimento, il governo ha soltanto consentito formalmente che la Regione Toscana potesse stanziare appositi fondi europei, ottenuti grazie alla sua lungimirante programmazione, per alcuni danneggiamenti agricoli ed ambientali. Si tratta quindi di un atto formale di esclusivo buonsenso in cui non viene concesso alcun aiuto ulteriore rispetto a quelli già previsti dalla Unione europea;
    «il Piano di sviluppo rurale della Toscana – ha commentato in merito il Presidente della Regione Enrico Rossi – prevede infatti di attivare alcune misure strettamente legate al ripristino del bosco danneggiato. Avendo la Regione già censito i danni, adesso gli imprenditori agricoli e gli enti pubblici potranno chiedere il ristoro dei danni subiti. Zero risorse invece da Roma – prosegue Rossi – per il riconoscimento dell'emergenza nazionale e quindi per le strutture che questo incendio ha distrutto»;
   considerato che nel provvedimento in esame «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» (A.C. 1334) sono presenti, all'articolo 79, norme che riguardano «esigenze emergenziali»;
    alcuni emendamenti al provvedimento in esame (numero 79. 69 a prima firma dell'on. Susanna Cenni e numero 79. 142 a prima firma dell'onorevole Lucia Ciampi), ritenuti ammissibile ma non discussi nel corso dell'esame in Commissione Bilancio e riproposti in Aula, prevedono lo stanziamento di apposite risorse per i danni ai privati e per il ripristino idrogeologico dei territori colpiti dagli incendi verificatisi nei comuni della Provincia di Pisa, Calci, Vicopisano e Buri, nel mese di settembre 2018,
    il 29 novembre 2018 la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati ha approvato all'unanimità una risoluzione su tale tematica (numero 8-00008 a prima firma dell'onorevole Susanna Cenni) che impegna il governo a:
    verificare la necessità di adottare, al più presto, le iniziative normative di competenza, d'intesa con la regione Toscana, ove necessario anche di natura straordinaria e urgente, assicurando il necessario sostegno finanziario alle imprese agricole danneggiate e agli altri soggetti il cui intervento sarebbe finalizzato a mettere in sicurezza il territorio interessato;
    promuovere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine del reintegro e della ricostituzione delle aree e delle colture pregiudicate, la collaborazione tra enti di ricerca, università, associazioni di categoria e agricoltori per una corretta progettazione e gestione del reimpianto delle colture perse nell'incendio;
    adottare iniziative per tutelare e incentivare, nel suo sviluppo, la secolare e tradizionale produzione agricola dei Monti Pisani, nonché risorsa naturale e rurale qualitativamente elevata del territorio toscano e fiore all'occhiello della produzione olivicola italiana;
    le uniche misure ad oggi messe in campo sono a carico dei comuni coinvolti dall'incendio e della regione Toscana,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   ad integrare nel primo provvedimento utile, coerentemente con quanto annunciato da autorevoli esponenti dell'esecutivo, le risorse già stanziate dalla regione Toscana al fine di risarcire le aziende ed i privati colpiti dagli incendi verificatisi nei comuni della Provincia di Pisa, Calci, Vicopisano e Buri, nel mese di settembre 2018;
   a stanziare risorse apposite al fine di ripristinare l'equilibrio idrogeologico dei territori interessati;
   promuovere un maggiore e più efficace controllo del territorio del Monte Serra, colpito da numero incendi nel corso degli anni, anche al fine di prevenire altri atti di natura dolosa.
9/1334-AR/114. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cenni, Ciampi, Ceccanti.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 256 a 268 dell'articolo 1 del provvedimento in esame disciplinano le modalità di funzionamento di un nuovo Fondo per il ristoro dei risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto in relazione all'investimento in azioni di banche poste in liquidazione coatta amministrativa nell'ultimo biennio, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata;
    il ristoro è definito nella misura pari al 30 per cento dell'importo onnicomprensivo riconosciuto o liquidato nelle sentenze o pronunce dell'autorità giudiziaria o dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF), entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore: la procedura disposta si pone in continuità con quella prevista dall'articolo 11, comma 1-bis del decreto n. 91 del 2018, recante proroghe di termini;
    contrariamente agli originari intendimenti dell'attuale Esecutivo, la procedura disposta, inoltre, conferma il principio di danno ingiusto in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza di cui al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, proprio come previsto dalle procedure originariamente definite dai Governi della XVII legislatura in materia di ristoro dei risparmiatori;
    il nuovo Fondo per il ristoro dei risparmiatori di cui al provvedimento in esame sostituisce però quello istituito nella scorsa legislatura dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi da 1106 a 1108, della legge n. 205 del 2017,) avente comunque analoghe finalità e la cui operatività doveva essere stabilita con decreto del Presidente del Consiglio del ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di bilancio 2018;
    da fonti stampa si è appreso che tali norme attuative predisposte dal Governo uscente, hanno subito a marzo 2018 un arresto, per volontà di alcune forze politiche, che avrebbero chiesto di non procedere con l'emanazione dei citato decreto, per lasciare al successivo Esecutivo il compito di stabilire in che modo risarcire i risparmiatori, anche al fine di consentire un ampliamento della platea degli aventi diritto;
    nei fatti l'attuale Governo ha rallentato un processo che aveva invece conferito una concreta speranza ai risparmiatori colpiti, dapprima posticipando il richiamato termine del citato decreto del Presidente del Consiglio del ministri al 31 ottobre 2018 e, infine, al 31 gennaio 2019, come risulta ai sensi dei citato decreto n. 91 del 2018;
    peraltro questo rallentamento si è concretizzato nell'approvazione con il provvedimento in esame di misure decisamente sfavorevoli verso chi ha diritto al ristoro, poiché questo viene erogato entro limiti quantitativi particolarmente stringenti, sia per quanto concerne la misura del ristoro sia il limite massimo individuale, a fronte di promesse elettorali che avrebbero dovuto garantire un ristoro integrare a tutti gli azionisti coinvolti;
    nella formulazione originaria del disegno di legge, la lettera f) del comma 3 dell'articolo 38 prevedeva, inoltre, che l'accettazione del pagamento a carico del Fondo equivalesse a rinuncia all'esercizio di qualsiasi diritto e pretesa connessa alle stesse azioni: su impulso delle opposizioni, grazie agli emendamenti soppressivi della disposizione proposti e, infine, con l'approvazione nel corso dell'esame in commissione V di un emendamento sostenuto da tutte le forze politiche, confluito nella lettera f), comma 258, dell'articolo 1, per i soggetti che accedono al Fondo resta impregiudicato il diritto di agire in giudizio per il risarcimento della parte di danno eccedente il ristoro erogato;
    nessuna altra modifica è stata approvata alla disciplina in esame, e resta fermo, come previsto dalla formulazione originaria del disegno di legge, che il Fondo operi entro i limiti della dotazione finanziaria e fino al suo esaurimento secondo il criterio cronologico della presentazione della domanda avanti l'autorità giudiziaria ordinaria o l'ACF, meccanismo che potrebbe determinare l'esclusione dal ristoro di alcuni risparmiatori che presentano istanza, qualora le risorse stanziate non si rivelassero sufficienti,

impegna il Governo

in coerenza con quanto annunciato in sede di campagna elettorale, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di innalzare la misura del ristoro erogato, considerando il 30 per cento soltanto a titolo di acconto dell'importo onnicomprensivo riconosciuto o liquidato nelle sentenze o pronunce in favore dei risparmiatori, nonché ad innalzare il limite massimo complessivo individuale, e ad incrementare per gli anni successivi le risorse destinate all'operatività del Fondo istituito dal presente provvedimento, al fine di garantire a tutti i risparmiatori per i quali sia stato riconosciuto un danno ingiusto l'integrale ristoro di quanto dovuto.
9/1334-AR/115Navarra, Marattin.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi da 256 a 268 dell'articolo 1 del provvedimento in esame disciplinano le modalità di funzionamento di un nuovo Fondo per il ristoro dei risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto in relazione all'investimento in azioni di banche poste in liquidazione coatta amministrativa nell'ultimo biennio, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata;
    il ristoro è definito nella misura pari al 30 per cento dell'importo onnicomprensivo riconosciuto o liquidato nelle sentenze o pronunce dell'autorità giudiziaria o dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF), entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore: la procedura disposta si pone in continuità con quella prevista dall'articolo 11, comma 1-bis del decreto n. 91 del 2018, recante proroghe di termini;
    contrariamente agli originari intendimenti dell'attuale Esecutivo, la procedura disposta, inoltre, conferma il principio di danno ingiusto in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza di cui al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, proprio come previsto dalle procedure originariamente definite dai Governi della XVII legislatura in materia di ristoro dei risparmiatori;
    il nuovo Fondo per il ristoro dei risparmiatori di cui al provvedimento in esame sostituisce però quello istituito nella scorsa legislatura dalla legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi da 1106 a 1108, della legge n. 205 del 2017,) avente comunque analoghe finalità e la cui operatività doveva essere stabilita con decreto del Presidente del Consiglio del ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di bilancio 2018;
    da fonti stampa si è appreso che tali norme attuative predisposte dal Governo uscente, hanno subito a marzo 2018 un arresto, per volontà di alcune forze politiche, che avrebbero chiesto di non procedere con l'emanazione dei citato decreto, per lasciare al successivo Esecutivo il compito di stabilire in che modo risarcire i risparmiatori, anche al fine di consentire un ampliamento della platea degli aventi diritto;
    nei fatti l'attuale Governo ha rallentato un processo che aveva invece conferito una concreta speranza ai risparmiatori colpiti, dapprima posticipando il richiamato termine del citato decreto del Presidente del Consiglio del ministri al 31 ottobre 2018 e, infine, al 31 gennaio 2019, come risulta ai sensi dei citato decreto n. 91 del 2018;
    peraltro questo rallentamento si è concretizzato nell'approvazione con il provvedimento in esame di misure decisamente sfavorevoli verso chi ha diritto al ristoro, poiché questo viene erogato entro limiti quantitativi particolarmente stringenti, sia per quanto concerne la misura del ristoro sia il limite massimo individuale, a fronte di promesse elettorali che avrebbero dovuto garantire un ristoro integrare a tutti gli azionisti coinvolti;
    nella formulazione originaria del disegno di legge, la lettera f) del comma 3 dell'articolo 38 prevedeva, inoltre, che l'accettazione del pagamento a carico del Fondo equivalesse a rinuncia all'esercizio di qualsiasi diritto e pretesa connessa alle stesse azioni: su impulso delle opposizioni, grazie agli emendamenti soppressivi della disposizione proposti e, infine, con l'approvazione nel corso dell'esame in commissione V di un emendamento sostenuto da tutte le forze politiche, confluito nella lettera f), comma 258, dell'articolo 1, per i soggetti che accedono al Fondo resta impregiudicato il diritto di agire in giudizio per il risarcimento della parte di danno eccedente il ristoro erogato;
    nessuna altra modifica è stata approvata alla disciplina in esame, e resta fermo, come previsto dalla formulazione originaria del disegno di legge, che il Fondo operi entro i limiti della dotazione finanziaria e fino al suo esaurimento secondo il criterio cronologico della presentazione della domanda avanti l'autorità giudiziaria ordinaria o l'ACF, meccanismo che potrebbe determinare l'esclusione dal ristoro di alcuni risparmiatori che presentano istanza, qualora le risorse stanziate non si rivelassero sufficienti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, in coerenza con quanto annunciato in sede di campagna elettorale, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di innalzare la misura del ristoro erogato, considerando il 30 per cento soltanto a titolo di acconto dell'importo onnicomprensivo riconosciuto o liquidato nelle sentenze o pronunce in favore dei risparmiatori, nonché ad innalzare il limite massimo complessivo individuale, e ad incrementare per gli anni successivi le risorse destinate all'operatività del Fondo istituito dal presente provvedimento, al fine di garantire a tutti i risparmiatori per i quali sia stato riconosciuto un danno ingiusto l'integrale ristoro di quanto dovuto.
9/1334-AR/115. (Testo modificato nel corso della seduta)  Navarra, Marattin.


   La Camera,
   premesso che:
    nel contesto globale attuale la lotta ai cambiamenti climatici e l'incentivo a politiche che salvaguardino le condizioni ambientali sono temi ormai imprescindibili nei processi legislativi ed amministrativi. In tale contesto le città si definiscono come ambienti estremamente delicati, dove la necessità di abbassare le emissioni nocive dei motori endotermici dei veicoli, oltre che diminuire il traffico stesso, devono spingere il legislatore e le amministrazioni a convergere su politiche di incentivo verso tipologie di mobilità alternative, ambientalmente sostenibili e che permettano una riduzione dei volumi di traffico nelle strade;
    la mobilità elettrica, settore in forte evoluzione negli ultimi anni grazie al costante miglioramento tecnologico nel settore e all'introduzione nel mercato di veicoli innovativi a prezzi sempre più accessibili, rappresenta una reale possibilità per migliorare le condizioni ambientali generali delle città italiane e ridurre le emissioni. Oltre ai veicoli che da una propulsione endotermica si stanno convertendo a quella elettrica, si registra nel mercato una crescente offerta di veicoli innovativi non contemplati dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e per questo non autorizzati a circolare nelle strade italiane. È da notare che tali veicoli in altri paesi europei sono già stabili realtà della mobilità cittadina;
    la crescente necessità di introdurre nella mobilità delle nostre città veicoli sostenibili può essere sostenuta dall'incremento dell'offerta di veicoli innovativi elettrici. L'introduzione di veicoli elettrici innovativi nelle nostre città non riguarda solo il mercato privato ma anche il mercato della mobilità in sharing, a tal proposito si registrano molte aziende che stanno introducendo in città europee servizi di mobilità elettrica in condivisione;
    l'esplorazione di tale innovazione sia da parte di privati cittadini che di aziende del settore della sharing mobility non risulta percorribile ad oggi non essendo tali veicoli, secondo decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ammessi alla circolazione nelle strade italiane. Con questo dispositivo il governo permette alle amministrazioni di locali di attivare delle sperimentazioni in deroga al Codice della strada all'interno di aree limitate delle proprie città per un periodo di 18 mesi, onde poter valutare l'impatto di tali veicoli nella mobilità cittadina e fornire al legislatore gli strumenti per poter normare tale mercato e la circolazione degli stessi veicoli;
    tale manovra risulta strategica per il raggiungimento di più obiettivi, quali lo sviluppo di lirici mobilità elettrica matura, che diminuisca le emissioni nocive e migliori le condizioni dei traffico, la nascita di un mercato di tali mezzi con conseguente indotto per l'economia nazionale nonché l'arrivo di investimenti esteri nel settore dello sharing mobility, con evidenti ricadute positive in termini occupazionali;
    nel presente disegno di Legge di Bilancio è stato approvato un emendamento che consente la sperimentazione della sharing mobility autorizzando i Comuni all'introduzione di modalità operative per svolgere tale sperimentazione,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di dare la facoltà ai comuni che intendono avviare una sperimentazione di determinare i confini dell'area operativa all'interno della quale svolgere la sperimentazione. Fatto salvo la seguente facoltà sono da prevedere almeno le seguenti prescrizioni:
   i veicoli non possono essere soggetti a limitazioni di circolazione, ovvero potranno circolare liberamente su strada, area pedonale, pista ciclabile;
   la velocità massima consenta dovrà essere di 20 km/h su strada e ciclabile, 10 km/h in area pedonale;
   a valutare gli opportuni provvedimenti regolamentari, nell'ottica di favorire una selezione basata sulla qualità del servizio e non sulla quantità, dando la facoltà ad ogni comune di definire il numero minimo e massimo di veicoli che ogni operatore è autorizzato a gestire, ovvero deve definire tale quantità come multiplo dell'area coperta dal servizio (x veicoli per ogni km quadrato coperto);
   a prevedere una periodica verifica della permanenza dei requisiti di idoneità alla sperimentazione, da parte dei Comuni sperimentatori;
   a valutare gli opportuni provvedimenti regolamentari finalizzati ad un procedimento autorizzativo da parte dei Comuni interessati dalla sperimentazione, che preveda la pubblicazione di una manifestazione d'interesse in conformità con le norme che regolano la pubblicità degli atti degli enti locali, in ogni caso almeno 30 giorni di pubblicazione prima di avviare qualsiasi valutazione delle domande pervenute;
   la predetta autorizzazione dovrà consentire a tutti gli operatori che presentino un progetto in linea con quanto stabilito dalla manifestazione d'interesse e che non incorrano nei requisiti d'incompatibilità fissati dal Comune, di essere autorizzati alla sperimentazione; è comunque facoltà dei Comuni escludere dalla possibilità di ricevere l'autorizzazione in risposta alfa Manifestazione di Interesse, gli operatori che abbiano avviato il servizio senza autorizzazione del comune stesso;
   a valutare l'opportunità di istituire un tavolo con gli operatori del servizio onde recepirne suggerimenti, indicazioni e richieste al fine di avviare un dialogo costruttivo con il settore. La convocazione di tale tavolo dovrà essere resa pubblica preventivamente entro un tempo congruo, prima della stessa. Ogni comune dovrà poi periodicamente convocare un tavolo con tutti gli operatori.
   A valutare l'opportunità di fissare un tetto massimo di contributo per il Comune per ogni veicolo in strada. I fondi provenienti da tale iniziativa dovranno essere vincolati a spese d'investimento finalizzate al miglioramento della mobilità alternativa sostenibile (per esempio: piste ciclabili, colonnine di ricarica elettrica).
9/1334-AR/116Soverini, Benedetti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel contesto globale attuale la lotta ai cambiamenti climatici e l'incentivo a politiche che salvaguardino le condizioni ambientali sono temi ormai imprescindibili nei processi legislativi ed amministrativi. In tale contesto le città si definiscono come ambienti estremamente delicati, dove la necessità di abbassare le emissioni nocive dei motori endotermici dei veicoli, oltre che diminuire il traffico stesso, devono spingere il legislatore e le amministrazioni a convergere su politiche di incentivo verso tipologie di mobilità alternative, ambientalmente sostenibili e che permettano una riduzione dei volumi di traffico nelle strade;
    la mobilità elettrica, settore in forte evoluzione negli ultimi anni grazie al costante miglioramento tecnologico nel settore e all'introduzione nel mercato di veicoli innovativi a prezzi sempre più accessibili, rappresenta una reale possibilità per migliorare le condizioni ambientali generali delle città italiane e ridurre le emissioni. Oltre ai veicoli che da una propulsione endotermica si stanno convertendo a quella elettrica, si registra nel mercato una crescente offerta di veicoli innovativi non contemplati dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e per questo non autorizzati a circolare nelle strade italiane. È da notare che tali veicoli in altri paesi europei sono già stabili realtà della mobilità cittadina;
    la crescente necessità di introdurre nella mobilità delle nostre città veicoli sostenibili può essere sostenuta dall'incremento dell'offerta di veicoli innovativi elettrici. L'introduzione di veicoli elettrici innovativi nelle nostre città non riguarda solo il mercato privato ma anche il mercato della mobilità in sharing, a tal proposito si registrano molte aziende che stanno introducendo in città europee servizi di mobilità elettrica in condivisione;
    l'esplorazione di tale innovazione sia da parte di privati cittadini che di aziende del settore della sharing mobility non risulta percorribile ad oggi non essendo tali veicoli, secondo decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ammessi alla circolazione nelle strade italiane. Con questo dispositivo il governo permette alle amministrazioni di locali di attivare delle sperimentazioni in deroga al Codice della strada all'interno di aree limitate delle proprie città per un periodo di 18 mesi, onde poter valutare l'impatto di tali veicoli nella mobilità cittadina e fornire al legislatore gli strumenti per poter normare tale mercato e la circolazione degli stessi veicoli;
    tale manovra risulta strategica per il raggiungimento di più obiettivi, quali lo sviluppo di lirici mobilità elettrica matura, che diminuisca le emissioni nocive e migliori le condizioni dei traffico, la nascita di un mercato di tali mezzi con conseguente indotto per l'economia nazionale nonché l'arrivo di investimenti esteri nel settore dello sharing mobility, con evidenti ricadute positive in termini occupazionali;
    nel presente disegno di Legge di Bilancio è stato approvato un emendamento che consente la sperimentazione della sharing mobility autorizzando i Comuni all'introduzione di modalità operative per svolgere tale sperimentazione,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare la possibilità di dare la facoltà ai comuni che intendono avviare una sperimentazione di determinare i confini dell'area operativa all'interno della quale svolgere la sperimentazione. Fatto salvo la seguente facoltà sono da prevedere almeno le seguenti prescrizioni:
   i veicoli non possono essere soggetti a limitazioni di circolazione, ovvero potranno circolare liberamente su strada, area pedonale, pista ciclabile;
   la velocità massima consenta dovrà essere di 20 km/h su strada e ciclabile, 10 km/h in area pedonale;
   a valutare gli opportuni provvedimenti regolamentari, nell'ottica di favorire una selezione basata sulla qualità del servizio e non sulla quantità, dando la facoltà ad ogni comune di definire il numero minimo e massimo di veicoli che ogni operatore è autorizzato a gestire, ovvero deve definire tale quantità come multiplo dell'area coperta dal servizio (x veicoli per ogni km quadrato coperto);
   a prevedere una periodica verifica della permanenza dei requisiti di idoneità alla sperimentazione, da parte dei Comuni sperimentatori;
   a valutare gli opportuni provvedimenti regolamentari finalizzati ad un procedimento autorizzativo da parte dei Comuni interessati dalla sperimentazione, che preveda la pubblicazione di una manifestazione d'interesse in conformità con le norme che regolano la pubblicità degli atti degli enti locali, in ogni caso almeno 30 giorni di pubblicazione prima di avviare qualsiasi valutazione delle domande pervenute;
   la predetta autorizzazione dovrà consentire a tutti gli operatori che presentino un progetto in linea con quanto stabilito dalla manifestazione d'interesse e che non incorrano nei requisiti d'incompatibilità fissati dal Comune, di essere autorizzati alla sperimentazione; è comunque facoltà dei Comuni escludere dalla possibilità di ricevere l'autorizzazione in risposta alfa Manifestazione di Interesse, gli operatori che abbiano avviato il servizio senza autorizzazione del comune stesso;
   a valutare l'opportunità di istituire un tavolo con gli operatori del servizio onde recepirne suggerimenti, indicazioni e richieste al fine di avviare un dialogo costruttivo con il settore. La convocazione di tale tavolo dovrà essere resa pubblica preventivamente entro un tempo congruo, prima della stessa. Ogni comune dovrà poi periodicamente convocare un tavolo con tutti gli operatori.
   A valutare l'opportunità di fissare un tetto massimo di contributo per il Comune per ogni veicolo in strada. I fondi provenienti da tale iniziativa dovranno essere vincolati a spese d'investimento finalizzate al miglioramento della mobilità alternativa sostenibile (per esempio: piste ciclabili, colonnine di ricarica elettrica).
9/1334-AR/116. (Testo modificato nel corso della seduta)  Soverini, Benedetti.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.»;
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    inoltre, la delega relativa a specifici interventi in favore dei detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri non è stata attuata;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    per l'anno 2017 era stato portato a completamento il processo di riorganizzazione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità con particolare riguardo al settore dell'esecuzione penale esterna;
    il disegno di legge di bilancio prevede il definanziamento di 900 mila euro del capitolo relativo alla rieducazione dei detenuti che riguarda per 500 mila euro le spese per lo svolgimento di attività di istruzione e scolastiche (articolo 19 OP) e per 400 mila euro lo svolgimento di attività culturali ricreative e sportive (articolo 27, comma 9, OP). Ciò, nonostante il Ministero abbia inserito la valorizzazione della cultura, dell'istruzione e della formazione professionale, tra gli obiettivi strategici della propria azione;
    non sono previsti stanziamenti per gli Istituti a custodia attenuata per detenute madri e, anzi, con un emendamento approvato in sede referente in commissione bilancio, è stato specificato che le assunzioni di personale non dirigenziale presso il Ministero della Giustizia non sono destinate alla prevenzione dei fenomeni derivanti dalla condizione di marginalità sociale in carcere e la realizzazione di una rete territoriale di istituti a custodia attenuata per detenute madri,

impegna il Governo

a garantire, con futuri provvedimenti, la realizzazione, l'ammodernamento e la manutenzione degli istituti di custodia attenuata per detenute madri di cui all'articolo 285-bis del codice di procedura penale e a ripristinare i fondi destinati alla rieducazione dei detenuti.
9/1334-AR/117Pollastrini, Bazoli, Verini.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.»;
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    inoltre, la delega relativa a specifici interventi in favore dei detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri non è stata attuata;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    per l'anno 2017 era stato portato a completamento il processo di riorganizzazione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità con particolare riguardo al settore dell'esecuzione penale esterna;
    il disegno di legge di bilancio prevede il definanziamento di 900 mila euro del capitolo relativo alla rieducazione dei detenuti che riguarda per 500 mila euro le spese per lo svolgimento di attività di istruzione e scolastiche (articolo 19 OP) e per 400 mila euro lo svolgimento di attività culturali ricreative e sportive (articolo 27, comma 9, OP). Ciò, nonostante il Ministero abbia inserito la valorizzazione della cultura, dell'istruzione e della formazione professionale, tra gli obiettivi strategici della propria azione;
    non sono previsti stanziamenti per gli Istituti a custodia attenuata per detenute madri e, anzi, con un emendamento approvato in sede referente in commissione bilancio, è stato specificato che le assunzioni di personale non dirigenziale presso il Ministero della Giustizia non sono destinate alla prevenzione dei fenomeni derivanti dalla condizione di marginalità sociale in carcere e la realizzazione di una rete territoriale di istituti a custodia attenuata per detenute madri,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a garantire, con futuri provvedimenti, la realizzazione, l'ammodernamento e la manutenzione degli istituti di custodia attenuata per detenute madri di cui all'articolo 285-bis del codice di procedura penale e a ripristinare i fondi destinati alla rieducazione dei detenuti.
9/1334-AR/117. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pollastrini, Bazoli, Verini.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.»;
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;
    gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della Legge di bilancio;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    a fronte delle giustificazioni del Governo (assunzioni che compensano i tagli) ricordiamo che l'aumento di 17,1 milioni previsto come effetto finanziario della Sezione I e dunque delle assunzioni di personale di magistratura ordinaria è ampiamente assorbito dalla diminuzione di circa 39,2 milioni di euro, derivante da interventi di Sezione II;
    in particolare gli articoli 28 e 29 riguardano l'assunzione di personale amministrativo e di magistrati, amministrativi e ordinari;
    oltre alle assunzioni appare fondamentale garantire il buon funzionamento nell'organizzazione giudiziaria,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a stanziare le adeguate risorse finanziarie affinché l'indennità di trasferta competa anche ai Magistrati dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di cassazione che svolgono le funzioni di cui al terzo comma dell'articolo 115 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
9/1334-AR/118Ferri.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.»;
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    l'aumento dello spread si ripercuote sull'intera economia, ossia su famiglie, imprese e istituzioni finanziarie che detengono il risparmio nazionale, e rispetto ad aprile è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di euro di interessi in più e, ipotizzando tassi coerenti con le attuali aspettative dei mercati, costerebbe oltre 5 miliardi di euro nel 2019 e circa 9 nel 2020 dalle stime della Banca d'Italia;
    gli effetti della protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti del Governo, in costante conflitto con le istituzioni europee, e sulla credibilità dell'impegno a conseguire i risultati di crescita annunciati, hanno determinato una crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico che rischia dunque di vanificare tutto l'impulso espansivo atteso dall'Esecutivo con l'approvazione della Legge di bilancio;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    a fronte delle giustificazioni del Governo (assunzioni che compensano i tagli) ricordiamo che l'aumento di 17,1 milioni previsto come effetto finanziario della Sezione I e dunque delle assunzioni di personale di magistratura ordinaria è ampiamente assorbito dalla diminuzione di circa 39,2 milioni di euro, derivante da interventi di Sezione II;
    in particolare gli articoli 28 e 29 riguardano l'assunzione di personale amministrativo e di magistrati, amministrativi e ordinari;
    oltre alle assunzioni appare fondamentale garantire il buon funzionamento nell'organizzazione giudiziaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nell'ambito delle sue proprie prerogative a stanziare le adeguate risorse finanziarie affinché l'indennità di trasferta competa anche ai Magistrati dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo della Corte di cassazione che svolgono le funzioni di cui al terzo comma dell'articolo 115 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
9/1334-AR/118. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ferri.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    inoltre, la delega relativa a specifici interventi in favore dei detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri non è stata attuata;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    per l'anno 2017 era stato portato a completamento il processo di riorganizzazione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità con particolare riguardo al settore dell'esecuzione penale esterna;
    in sede di esame in Commissione bilancio, è stato approvato un emendamento che ha previsto che, ferma restando la dotazione organica complessiva, sono rimodulati gli organici all'interno delle specifiche funzioni esercitate. In particolare: 1) nell'ambito della Corte di cassazione, è aumentato di 5 unità (da 60 a 65) – l'organico dei magistrati con funzioni direttive – ed è ridotto di 15 unità (da 455 a 440) quello dei magistrati con funzioni non direttive; 2) è aumentato di 10 unità (da 9.611 a 9.621) l'organico dei magistrati di merito di primo e secondo grado, dei magistrati distrettuali e di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, dei magistrati con funzioni semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado,

impegna il Governo

a provvedere in sede di rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari a seguito delle nuove assunzioni a porre particolare attenzione alla destinazione di un maggior numero, proporzionalmente adeguato rispetto agli effettivi fabbisogni di organico, di nuovi magistrati per le funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, per quella di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado.
9/1334-AR/119Vazio, Bazoli, Verini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    inoltre, la delega relativa a specifici interventi in favore dei detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri non è stata attuata;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    per l'anno 2017 era stato portato a completamento il processo di riorganizzazione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità con particolare riguardo al settore dell'esecuzione penale esterna;
    in sede di esame in Commissione bilancio, è stato approvato un emendamento che ha previsto che, ferma restando la dotazione organica complessiva, sono rimodulati gli organici all'interno delle specifiche funzioni esercitate. In particolare: 1) nell'ambito della Corte di cassazione, è aumentato di 5 unità (da 60 a 65) – l'organico dei magistrati con funzioni direttive – ed è ridotto di 15 unità (da 455 a 440) quello dei magistrati con funzioni non direttive; 2) è aumentato di 10 unità (da 9.611 a 9.621) l'organico dei magistrati di merito di primo e secondo grado, dei magistrati distrettuali e di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, dei magistrati con funzioni semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a provvedere in sede di rideterminazione delle piante organiche degli uffici giudiziari a seguito delle nuove assunzioni a porre particolare attenzione alla destinazione di un maggior numero, proporzionalmente adeguato rispetto agli effettivi fabbisogni di organico, di nuovi magistrati per le funzioni giudicanti e requirenti di merito di primo e di secondo grado, per quella di magistrato distrettuale, di coordinamento nazionale presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e semidirettive di primo grado, di primo grado elevate e di secondo grado.
9/1334-AR/119. (Testo modificato nel corso della seduta)  Vazio, Bazoli, Verini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale.
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    il disegno di legge di bilancio prevede ulteriori assunzioni nel settore della giustizia,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative a provvedere alle assunzioni di cui in premessa mediante scorrimento della graduatoria del concorso indetto con Decreto 18 novembre 2016 – Concorso pubblico a n. 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente giudiziario, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Qualora siano indisponibili tali professionalità nelle graduatorie in vigore, si provvede mediante l'indizione di concorso pubblico.
9/1334-AR/120Miceli, Bazoli, Morani.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale.
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    il disegno di legge di bilancio prevede ulteriori assunzioni nel settore della giustizia,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nell'ambito delle sue proprie prerogative a provvedere alle assunzioni di cui in premessa mediante scorrimento della graduatoria del concorso indetto con Decreto 18 novembre 2016 – Concorso pubblico a n. 800 posti a tempo indeterminato per il profilo professionale di Assistente giudiziario, area funzionale II, fascia economica F2, nei ruoli del personale del Ministero della giustizia. Qualora siano indisponibili tali professionalità nelle graduatorie in vigore, si provvede mediante l'indizione di concorso pubblico.
9/1334-AR/120. (Testo modificato nel corso della seduta)  Miceli, Bazoli, Morani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    inoltre, la delega relativa a specifici interventi in favore dei detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri non è stata attuata;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    per l'anno 2017 era stato portato a completamento il processo di riorganizzazione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità con particolare riguardo al settore dell'esecuzione penale esterna;
    il disegno di legge di bilancio prevede il definanziamento di 900 mila euro del capitolo relativo alla rieducazione dei detenuti che riguarda per 500 mila euro le spese per lo svolgimento di attività di istruzione e scolastiche (articolo 19 OP) e per 400 mila euro lo svolgimento di attività culturali ricreative e sportive (articolo 27, comma 9, OP). Ciò, nonostante il Ministero abbia inserito la valorizzazione della cultura, dell'istruzione e della formazione professionale, tra gli obiettivi strategici della propria azione,

impegna il Governo

a potenziare ulteriormente il personale degli Uffici di servizio sociale preposti all'esecuzione penale esterna dei minori (Uffici di Servizio sociale per minorenni) e degli adulti (Uffici per l'esecuzione penale esterna).
9/1334-AR/121Verini, Bazoli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    inoltre, la delega relativa a specifici interventi in favore dei detenuti stranieri, delle donne recluse e delle detenute madri non è stata attuata;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    per l'anno 2017 era stato portato a completamento il processo di riorganizzazione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità con particolare riguardo al settore dell'esecuzione penale esterna;
    il disegno di legge di bilancio prevede il definanziamento di 900 mila euro del capitolo relativo alla rieducazione dei detenuti che riguarda per 500 mila euro le spese per lo svolgimento di attività di istruzione e scolastiche (articolo 19 OP) e per 400 mila euro lo svolgimento di attività culturali ricreative e sportive (articolo 27, comma 9, OP). Ciò, nonostante il Ministero abbia inserito la valorizzazione della cultura, dell'istruzione e della formazione professionale, tra gli obiettivi strategici della propria azione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a potenziare ulteriormente il personale degli Uffici di servizio sociale preposti all'esecuzione penale esterna dei minori (Uffici di Servizio sociale per minorenni) e degli adulti (Uffici per l'esecuzione penale esterna).
9/1334-AR/121. (Testo modificato nel corso della seduta)  Verini, Bazoli.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.»;
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale; di particolare gravità ci appare il taglio di 10 milioni di euro al Fondo per il finanziamento del processo penale e dell'ordinamento penitenziario e minorile: a fronte delle giustificazioni del Governo (assunzioni che compensano i tagli) ricordiamo che l'aumento di 17,1 milioni previsto come effetto finanziario della Sezione I e dunque delle assunzioni di personale di magistratura ordinaria è ampiamente assorbito dalla diminuzione di circa 39,2 milioni di euro, derivante da interventi di Sezione II;
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    per l'anno 2017 era stato portato a completamento il processo di riorganizzazione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità con particolare riguardo al settore dell'esecuzione penale esterna;
    rilevato che il disegno di legge di bilancio taglia risorse al comparto giustizia a cominciare dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e dell'ordinamento penitenziario, di cui all'articolo 1, comma 475, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, le cui finalità sono state, inoltre, estese agli interventi urgenti destinati alla funzionalità delle strutture e dei servizi penitenziari e minorili;
    tale Fondo, in base ad un intervento nella Sez. II del Bilancio, risulta infatti, per il 2019, definanziato di 10 milioni di euro, così pure per il 2020 e 2021,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, il ripristino della dotazione finanziaria del Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale per ciascuno degli anni 2019-2021 e a garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, anche al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva.
9/1334-AR/122Bordo, Verini.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.»;
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale; di particolare gravità ci appare il taglio di 10 milioni di euro al Fondo per il finanziamento del processo penale e dell'ordinamento penitenziario e minorile: a fronte delle giustificazioni del Governo (assunzioni che compensano i tagli) ricordiamo che l'aumento di 17,1 milioni previsto come effetto finanziario della Sezione I e dunque delle assunzioni di personale di magistratura ordinaria è ampiamente assorbito dalla diminuzione di circa 39,2 milioni di euro, derivante da interventi di Sezione II;
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    per l'anno 2017 era stato portato a completamento il processo di riorganizzazione del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità con particolare riguardo al settore dell'esecuzione penale esterna;
    rilevato che il disegno di legge di bilancio taglia risorse al comparto giustizia a cominciare dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e dell'ordinamento penitenziario, di cui all'articolo 1, comma 475, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, le cui finalità sono state, inoltre, estese agli interventi urgenti destinati alla funzionalità delle strutture e dei servizi penitenziari e minorili;
    tale Fondo, in base ad un intervento nella Sez. II del Bilancio, risulta infatti, per il 2019, definanziato di 10 milioni di euro, così pure per il 2020 e 2021,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative, il ripristino della dotazione finanziaria del Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale per ciascuno degli anni 2019-2021 e a garantire e implementare la funzionalità e l'organizzazione degli uffici e delle strutture di esecuzione penale esterna e per la messa alla prova, anche al fine di favorire il decremento della popolazione penitenziaria e concorrere così a determinare positivi effetti anche in termini di complessiva sicurezza sociale in ragione della conseguente riduzione della recidiva.
9/1334-AR/122. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bordo, Verini.


   La Camera,
   premesso che:
    sul fronte della tutela delle vittime di violenza contro le donne e in funzione preventiva, in merito alle risorse, la legge di bilancio di questo Governo conferma con decisione la tendenza di questa maggioranza alla «disattivazione» sostanziale delle politiche, avviate dai Governi del Partito democratico, volte al contrasto e alla prevenzione della violenza contro le donne e alla tutela delle vittime vulnerabili;
    lo scorso 7 novembre 2018 è stata approvata dalla camera una mozione del Partito Democratico che impegnava il Governo a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a rendere efficace il complesso sistema di strumenti e di tutele citati in premessa, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul, ad assumere iniziative per proseguire nella strada tracciata dai Governi Letta, Renzi e Gentiloni, attuando la strategia delineata dal Piano nazionale 2017-2020 e implementando e monitorando le linee guida nazionali per l'assistenza sociosanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono ai pronto soccorso; ad assumere iniziative per favorire il coordinamento tra processo penale, civile e procedimenti presso i tribunali per i minorenni, al fine di garantire un'efficace protezione delle donne e dei loro figli e per evitare l'affido condiviso nei casi in cui vi sia violenza domestica; a promuovere la parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, assumendo iniziative per destinare a tale scopo nuove risorse finanziarie; a promuovere strumenti e procedure di valutazione del rischio di letalità per la vittima, gravità, reiterazione e recidiva del reato, partendo dai protocolli di valutazione del rischio sviluppati nell'ambito degli studi e delle ricerche sulla violenza di genere e ai protocolli investigativi in via di diffusione presso le forze dell'ordine con specifico riferimento a questa materia (ad esempio, il protocollo Eva); ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, anche nell'ambito di specifiche provviste finanziarie destinate alla violenza di genere; ad assumere iniziative per favorire modalità organizzative condivise, utili ad assicurare la trattazione prioritaria dei procedimenti e la protezione alla vittima anche in ambito processuale, così come indicato nelle linee guida del Consiglio superiore della magistratura; ad adottare politiche volte a garantire la parità di genere e ad incrementare l'occupazione femminile, elemento quest'ultimo fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza; ad assumere iniziative per dare attuazione all'articolo 17 della Convenzione di Istanbul;
    nel cosiddetto «contratto» di Governo si parlava, inoltre, di raddoppiare il Fondo per le donne vittima di violenza;
    in realtà nel disegno di legge presentato dal Governo non vi era traccia di questo aumento: anzi, il disegno di legge di bilancio taglia risorse al comparto giustizia a cominciare dal Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici di cui all'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, modificata dall'articolo 6 della legge 20 novembre 2017, n. 167, e dall'articolo 11, comma 4, della legge 11 gennaio 2018, n. 4;
    che in sede di esame in commissione bilancio a tale fondo sono stati destinati 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021,

impegna il Governo

a stanziare ulteriori risorse da destinare al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici di cui all'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, modificata dall'articolo 6 della legge 20 novembre 2017, n. 167, e dall'articolo 11, comma 4, della legge 11 gennaio 2018, n. 4, nonché al Piano nazionale anti violenza contro le donne.
9/1334-AR/123Bazoli, Boschi, Annibali, Morani, Pollastrini, Verini, Vazio, Miceli, Bordo, Ferri.


   La Camera,
   premesso che:
    sul fronte della tutela delle vittime di violenza contro le donne e in funzione preventiva, in merito alle risorse, la legge di bilancio di questo Governo conferma con decisione la tendenza di questa maggioranza alla «disattivazione» sostanziale delle politiche, avviate dai Governi del Partito democratico, volte al contrasto e alla prevenzione della violenza contro le donne e alla tutela delle vittime vulnerabili;
    lo scorso 7 novembre 2018 è stata approvata dalla camera una mozione del Partito Democratico che impegnava il Governo a mettere in campo tutte le iniziative necessarie a rendere efficace il complesso sistema di strumenti e di tutele citati in premessa, con l'obiettivo di raggiungere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul, ad assumere iniziative per proseguire nella strada tracciata dai Governi Letta, Renzi e Gentiloni, attuando la strategia delineata dal Piano nazionale 2017-2020 e implementando e monitorando le linee guida nazionali per l'assistenza sociosanitaria alle donne che subiscono violenza e che si rivolgono ai pronto soccorso; ad assumere iniziative per favorire il coordinamento tra processo penale, civile e procedimenti presso i tribunali per i minorenni, al fine di garantire un'efficace protezione delle donne e dei loro figli e per evitare l'affido condiviso nei casi in cui vi sia violenza domestica; a promuovere la parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere attraverso l'educazione scolastica, assumendo iniziative per destinare a tale scopo nuove risorse finanziarie; a promuovere strumenti e procedure di valutazione del rischio di letalità per la vittima, gravità, reiterazione e recidiva del reato, partendo dai protocolli di valutazione del rischio sviluppati nell'ambito degli studi e delle ricerche sulla violenza di genere e ai protocolli investigativi in via di diffusione presso le forze dell'ordine con specifico riferimento a questa materia (ad esempio, il protocollo Eva); ad assumere iniziative per investire risorse adeguate per la formazione specifica e per il necessario aggiornamento del personale chiamato ad interagire con la vittima, polizia e carabinieri, magistrati, personale della giustizia, polizia municipale e personale sanitario, anche nell'ambito di specifiche provviste finanziarie destinate alla violenza di genere; ad assumere iniziative per favorire modalità organizzative condivise, utili ad assicurare la trattazione prioritaria dei procedimenti e la protezione alla vittima anche in ambito processuale, così come indicato nelle linee guida del Consiglio superiore della magistratura; ad adottare politiche volte a garantire la parità di genere e ad incrementare l'occupazione femminile, elemento quest'ultimo fondamentale per la liberazione delle donne dalla violenza; ad assumere iniziative per dare attuazione all'articolo 17 della Convenzione di Istanbul;
    nel cosiddetto «contratto» di Governo si parlava, inoltre, di raddoppiare il Fondo per le donne vittima di violenza;
    in realtà nel disegno di legge presentato dal Governo non vi era traccia di questo aumento: anzi, il disegno di legge di bilancio taglia risorse al comparto giustizia a cominciare dal Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici di cui all'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, modificata dall'articolo 6 della legge 20 novembre 2017, n. 167, e dall'articolo 11, comma 4, della legge 11 gennaio 2018, n. 4;
    che in sede di esame in commissione bilancio a tale fondo sono stati destinati 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a stanziare ulteriori risorse da destinare al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici di cui all'articolo 11 della legge 7 luglio 2016, n. 122, modificata dall'articolo 6 della legge 20 novembre 2017, n. 167, e dall'articolo 11, comma 4, della legge 11 gennaio 2018, n. 4, nonché al Piano nazionale anti violenza contro le donne.
9/1334-AR/123. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bazoli, Boschi, Annibali, Morani, Pollastrini, Verini, Vazio, Miceli, Bordo, Ferri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    con il decreto ministeriale 20 ottobre 2015 è stata indetta la procedura di selezione di 1.502 tirocinanti per lo svolgimento dell'ulteriore anno di perfezionamento presso la struttura organizzativa denominata «ufficio per il processo»;
    la legge di bilancio per il 2017 prolungava di ulteriori 12 mesi, e dunque per tutto il 2017, la durata del periodo di perfezionamento che dovrà essere svolto nell'ufficio giudiziario ove il tirocinante è ad oggi assegnato e confermava che lo svolgimento positivo di questa ulteriore attività formativa è un titolo di preferenza nei concorsi nella P.A. e in particolare per le procedure concorsuali indette dall'amministrazione della giustizia;
    attualmente il bacino dei cosiddetti tirocinanti conta circa 2000 lavoratori impiegati, di cui 850 direttamente inseriti nell'Ufficio del processo,

impegna il Governo

a prorogare il periodo di perfezionamento che può essere svolto presso gli uffici giudiziari dai soggetti che hanno completato il tirocinio formativo presso i medesimi uffici, già previsto dalla legge di stabilità 2013: lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili e disoccupati.
9/1334-AR/124Morani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
    il Governo, che si è già distinto per avere affossato la delega sulla riforma dell'ordinamento penitenziario, assesta con questa legge di bilancio un altro fondamentale colpo alla ricerca di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena e in particolare, alla individualizzazione del trattamento, secondo la linea indicata dall'articolo 27 della Costituzione: il Governo intende intervenire sul problema carceri solo facendo leva sull'edilizia penitenziaria, distraendo risorse dal Fondo per l'attuazione della riforma del processo penale e per l'ordinamento penitenziario appena varata e della quale (come hanno ampiamente sottolineato anche gli autorevoli auditi sulla materia della prescrizione in sede di esame del A.C. 1189) si aspettano i tempi tecnici necessari per valutarne gli effetti;
    nella scorsa legislatura il Ministero della Giustizia aveva dato il via a circa 4.250 assunzioni nel comparto, a conferma dello sforzo nel rafforzamento degli organici del personale amministrativo, dando seguito ad uno degli obiettivi prioritari delle riforme dei precedenti esecutivi nonché dell'impegno assunto dal precedente Governo in tema di assunzioni con gli uffici giudiziari e con i vincitori e gli idonei;
    anche per quanto riguarda l'introduzione del processo telematico, era stato ampiamente avviato dal precedente Governo, che si è speso per il conseguimento dell'obiettivo in termini normativi, organizzativi e di progettazione (sta proseguendo il processo di digitalizzazione nei tribunali si è allargato il Processo civile telematico presso la Corte di Cassazione e si sono allineati i cantieri di lavoro che riguardano il Processo amministrativo telematico, il Processo penale telematico, il Processo contabile telematico, il Processo tributario telematico);
    sul fronte organizzativo, oltre al rafforzamento del personale amministrativo e al suo riequilibrio rispetto al numero di magistrati (è stato varato un piano straordinario di 5.400 assunzioni in tre anni) è stato bandito il primo concorso dopo vent'anni ed è stata avviata la riqualificazione del personale;
    nel triennio 2017-2019, inoltre, il settore giustizia bandendo nuovi concorsi o attingendo a graduatorie valide può già reclutare ulteriori mille amministrativi (in ruoli non dirigenziali) con contratto a tempo indeterminato. Tali ingressi andavano ad aggiungersi all'assunzione straordinaria di altri 1.000 assistenti giudiziari prevista dal decreto sul processo amministrativo telematico approvato in agosto;
    si è poi attuato l'Ufficio per il Processo anche nell'ambito del Processo amministrativo, dopo la positiva esperienza in ambito civile;
    con il decreto ministeriale 20 ottobre 2015 è stata indetta la procedura di selezione di 1.502 tirocinanti per lo svolgimento dell'ulteriore anno di perfezionamento presso la struttura organizzativa denominata «ufficio per il processo»;
    la legge di bilancio per il 2017 prolungava di ulteriori 12 mesi, e dunque per tutto il 2017, la durata del periodo di perfezionamento che dovrà essere svolto nell'ufficio giudiziario ove il tirocinante è ad oggi assegnato e confermava che lo svolgimento positivo di questa ulteriore attività formativa è un titolo di preferenza nei concorsi nella P.A. e in particolare per le procedure concorsuali indette dall'amministrazione della giustizia;
    attualmente il bacino dei cosiddetti tirocinanti conta circa 2000 lavoratori impiegati, di cui 850 direttamente inseriti nell'Ufficio del processo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prorogare il periodo di perfezionamento che può essere svolto presso gli uffici giudiziari dai soggetti che hanno completato il tirocinio formativo presso i medesimi uffici, già previsto dalla legge di stabilità 2013: lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili e disoccupati.
9/1334-AR/124. (Testo modificato nel corso della seduta)  Morani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
   premesso che:
    sul fronte della tutela delle vittime di violenza contro le donne e in funzione preventiva, è necessario intervenire sul trattamento degli uomini violenti nella fase di esecuzione della pena, le cui modalità di espiazione, secondo l'articolo 27 della Costituzione, devono avere una funzione rieducativa;
    in modo particolare, per questa tipologia di reati, caratterizzati dalla abitualità delle condotte e della recidiva specifica estremamente elevata, il carcere, senza un trattamento specifico, si rivela inefficace. Espiata la pena, essi tendono infatti a commettere altri reati della stessa natura;
    per questo motivo, occorre prevedere all'interno degli istituiti penitenziari un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale;
    come sottolineato anche dal Presidente della sezione autonoma delle misure di prevenzione del Tribunale di Milano, dott. Roia, nella seduta n. 35 del 6 dicembre 2017 della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere «Il trattamento degli uomini violenti è però fondamentale e l'esperienza ci mostra che questi uomini devono essere sottoposti ad un trattamento – uso il termine in maniera impropria, gergale, non scientifica – cioè ad un percorso che, in regime di detenzione, faccia loro capire che quello che hanno fatto costituisce un crimine. Molti uomini, infatti, ritengono di non avere fatto niente di grave; mentre il rapinatore sa di avere commesso una rapina, l'uomo che si trova in carcere ad espiare cinque o sei anni perché ha maltrattato la propria compagna e ha preteso da lei rapporti sessuali in assenza di volontà non è consapevole di avere commesso un reato; anzi, è alla compagna che attribuisce una sorta di cattiva azione che a lui fa trascorrere degli anni in carcere. In questi casi, quindi, la sanzione tende ad incattivire questa persona. Gli uomini non trattati fanno registrare un altissimo tasso di recidiva: quando escono dal carcere agiscono violenza o nei confronti della ex partner oppure nei confronti di altre donne. Da questo punto di vista, quindi, bisogna spendere delle risorse»,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, a stanziare le risorse necessarie volte a garantire e implementare la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne e per la prevenzione della recidiva.
9/1334-AR/125Annibali.


   La Camera,
   premesso che:
    l'esame del disegno di legge di bilancio per il 2019 si inserisce in un contesto macroeconomico che desta forti preoccupazioni: nel trimestre luglio-settembre 2018 il prodotto interno lordo italiano ha ristagnato, per la prima volta dopo ben 14 trimestri consecutivi di crescita;
    gli effetti della politica di bilancio non possono infatti essere valutati come se essa fosse isolata, dal momento che risentono delle condizioni finanziarie, particolarmente determinanti se in rapporto al Pil il debito pubblico è elevato: dopo soli sei mesi di Governo i segnali di indebolimento dell'economia sono allarmanti, la volatilità sui mercati finanziari è tornata ad aumentare e i tassi di interesse sul debito pubblico sono divenuti molto elevati;
    per quanto concerne il settore giustizia rispetto alla dotazione a legislazione vigente, pari a 8.379,5 milioni, la missione registra una decurtazione di circa 37 milioni di euro, decurtazione che interessa principalmente i Programmi per l'Amministrazione penitenziaria e quello riguardante la Giustizia civile e penale;
   premesso che:
    sul fronte della tutela delle vittime di violenza contro le donne e in funzione preventiva, è necessario intervenire sul trattamento degli uomini violenti nella fase di esecuzione della pena, le cui modalità di espiazione, secondo l'articolo 27 della Costituzione, devono avere una funzione rieducativa;
    in modo particolare, per questa tipologia di reati, caratterizzati dalla abitualità delle condotte e della recidiva specifica estremamente elevata, il carcere, senza un trattamento specifico, si rivela inefficace. Espiata la pena, essi tendono infatti a commettere altri reati della stessa natura;
    per questo motivo, occorre prevedere all'interno degli istituiti penitenziari un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale;
    come sottolineato anche dal Presidente della sezione autonoma delle misure di prevenzione del Tribunale di Milano, dott. Roia, nella seduta n. 35 del 6 dicembre 2017 della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere «Il trattamento degli uomini violenti è però fondamentale e l'esperienza ci mostra che questi uomini devono essere sottoposti ad un trattamento – uso il termine in maniera impropria, gergale, non scientifica – cioè ad un percorso che, in regime di detenzione, faccia loro capire che quello che hanno fatto costituisce un crimine. Molti uomini, infatti, ritengono di non avere fatto niente di grave; mentre il rapinatore sa di avere commesso una rapina, l'uomo che si trova in carcere ad espiare cinque o sei anni perché ha maltrattato la propria compagna e ha preteso da lei rapporti sessuali in assenza di volontà non è consapevole di avere commesso un reato; anzi, è alla compagna che attribuisce una sorta di cattiva azione che a lui fa trascorrere degli anni in carcere. In questi casi, quindi, la sanzione tende ad incattivire questa persona. Gli uomini non trattati fanno registrare un altissimo tasso di recidiva: quando escono dal carcere agiscono violenza o nei confronti della ex partner oppure nei confronti di altre donne. Da questo punto di vista, quindi, bisogna spendere delle risorse»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nell'ambito delle sue proprie prerogative, a stanziare le risorse necessarie volte a garantire e implementare la presenza di professionalità psicologiche esperte all'interno degli istituti penitenziari per consentire un trattamento intensificato cognitivo-comportamentale nei confronti degli autori di reati contro le donne e per la prevenzione della recidiva.
9/1334-AR/125. (Testo modificato nel corso della seduta)  Annibali.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione di accompagnamento al presente disegno di legge, il Governo dichiara di puntare sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita anche al fine di conseguire nel medio termine la riduzione del rapporto debito/PIL;
    tali obiettivi non possono prescindere dal sostegno all'occupazione femminile, che in Italia ancora non è pienamente sviluppata, nonostante il raggiungimento negli ultimi anni di un record storico, e che si realizza pienamente attraverso la concreta ed effettiva possibilità di conciliare la vita privata e la vita lavorativa, senza temere esclusioni o penalizzazioni;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non vi è traccia di alcune azioni positive fondamentali per incrementare e valorizzare la presenza femminile nel mondo del lavoro, e che invece sono state messe in campo negli ultimi anni;
    in particolare, nella scorsa legislatura sono state introdotte dai governi a guida PD alcune importanti disposizioni, che hanno rappresentato tra l'altro un significativo veicolo di sviluppo culturale ed economico in materia di condivisione dei compiti di cura dei figli a all'interno della coppia, nel quadro del percorso iniziato col Jobs Act per ridurre il gap uomo-donna sui luoghi di lavoro;
    tra queste, la norma introdotta in via sperimentale per il triennio 2016-2018 dall'articolo 25 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, finalizzata all'incentivazione della contrattazione di secondo livello destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, ha contribuito ad ampliare il perimetro di riferimento della legislazione in materia e costituisce un modello virtuoso, apprezzato da lavoratrici, lavoratori e parti sociali;
    in attuazione di tale disposizione, nel biennio 2017-2018, sono stati stanziati 110 milioni di euro destinati al finanziamento, sotto forma di agevolazioni ai datori di lavoro del settore privato, che mediante la stipula di contratti collettivi aziendali, adottano misure di conciliazione tra vita professionale e privata e un welfare aziendale, migliorative o aggiuntive rispetto a quelle già previste a livello nazionale;
    stante l'avvicinarsi del termine di efficacia della predetta norma, appare necessario operare al fine di disporne la proroga per i prossimi anni,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia della disposizione finalizzata all'incentivazione della contrattazione di secondo livello destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata.
9/1334-AR/126Boschi, Marco Di Maio, Rossi, Moretto, Cenni, Gavino Manca, Prestipino, Fregolent, Annibali, Carla Cantone, Cantini, Viscomi, De Filippo, Ferri, Schirò, Ascani, Migliore, Nardi, Pezzopane, Quartapelle Procopio, Ciampi, Bruno Bossio, Zardini, Enrico Borghi, Melilli, Mor, Pini, Incerti, Del Barba, Giachetti, Scalfarotto, Pizzetti, Di Giorgi, Gadda, Zan, Verini, Paita, Siani, Piccoli Nardelli, Sensi, Noja, Mura, Ungaro.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione di accompagnamento al presente disegno di legge, il Governo dichiara di puntare sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita anche al fine di conseguire nel medio termine la riduzione del rapporto debito/PIL;
    tali obiettivi non possono prescindere dal sostegno all'occupazione femminile, che in Italia ancora non è pienamente sviluppata, nonostante il raggiungimento negli ultimi anni di un record storico, e che si realizza pienamente attraverso la concreta ed effettiva possibilità di conciliare la vita privata e la vita lavorativa, senza temere esclusioni o penalizzazioni;
    nel testo finale del provvedimento, tuttavia, non vi è traccia di alcune azioni positive fondamentali per incrementare e valorizzare la presenza femminile nel mondo del lavoro, e che invece sono state messe in campo negli ultimi anni;
    in particolare, nella scorsa legislatura sono state introdotte dai governi a guida PD alcune importanti disposizioni, che hanno rappresentato tra l'altro un significativo veicolo di sviluppo culturale ed economico in materia di condivisione dei compiti di cura dei figli a all'interno della coppia, nel quadro del percorso iniziato col Jobs Act per ridurre il gap uomo-donna sui luoghi di lavoro;
    tra queste, la norma introdotta in via sperimentale per il triennio 2016-2018 dall'articolo 25 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, finalizzata all'incentivazione della contrattazione di secondo livello destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata, ha contribuito ad ampliare il perimetro di riferimento della legislazione in materia e costituisce un modello virtuoso, apprezzato da lavoratrici, lavoratori e parti sociali;
    in attuazione di tale disposizione, nel biennio 2017-2018, sono stati stanziati 110 milioni di euro destinati al finanziamento, sotto forma di agevolazioni ai datori di lavoro del settore privato, che mediante la stipula di contratti collettivi aziendali, adottano misure di conciliazione tra vita professionale e privata e un welfare aziendale, migliorative o aggiuntive rispetto a quelle già previste a livello nazionale;
    stante l'avvicinarsi del termine di efficacia della predetta norma, appare necessario operare al fine di disporne la proroga per i prossimi anni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di prorogare l'efficacia della disposizione finalizzata all'incentivazione della contrattazione di secondo livello destinata alla promozione della conciliazione tra vita professionale e vita privata.
9/1334-AR/126. (Testo modificato nel corso della seduta)  Boschi, Marco Di Maio, Rossi, Moretto, Cenni, Gavino Manca, Prestipino, Fregolent, Annibali, Carla Cantone, Cantini, Viscomi, De Filippo, Ferri, Schirò, Ascani, Migliore, Nardi, Pezzopane, Quartapelle Procopio, Ciampi, Bruno Bossio, Zardini, Enrico Borghi, Melilli, Mor, Pini, Incerti, Del Barba, Giachetti, Scalfarotto, Pizzetti, Di Giorgi, Gadda, Zan, Verini, Paita, Siani, Piccoli Nardelli, Sensi, Noja, Mura, Ungaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il commercio al dettaglio, spesso articolato su base familiare rappresenta un elemento indispensabile del nostro tessuto economico nonché, in taluni casi, l'unica attività effettivamente presente nei territori dei piccoli comuni, specialmente se dislocati in aree geografiche disagiate;
    questo settore, che nelle città più grandi costituisce anche una sorta di presidio sociale rispetto a fenomeni di degrado urbano, è tenuto a confrontarsi con le sfide assai complicate di una concorrenza sempre più agguerrita, rappresentata in modo particolare dalla rete della grande distribuzione;
    nel corso delle ultime settimane presso la X Commissione (Attività produttive) della Camera è stato ampiamente dibattuto il tema del commercio, ed è stato svolto un ampio ciclo di audizioni dal quale sono emerse le principali problematiche dell'intero sistema, la cui soluzione richiederebbe, piuttosto che un intervento restrittivo sugli orari di apertura degli esercizi commerciali, come ventilato dalla maggioranza parlamentare, l'adozione di misure volte a promuovere la capacità dei centri urbani, soprattutto piccoli e medi, di valorizzare l'esperienza del commercio al dettaglio, immaginando altresì nuovi moduli organizzativi e distributivi, anche puntando sulle potenzialità dell'e-commerce;
    in tale contesto, la possibilità di finanziare contributi integrativi per il pagamento di canoni di locazione o di contributi per le spese relative a interventi di ristrutturazione edilizia e di eliminazione delle barriere architettoniche, comprese quelle per l'acquisto di mobili, nell'ottica più complessiva di favorire processi di modernizzazione delle predette microimprese, anche sotto il profilo tecnologico, sarebbe una risposta concreta ed effettiva alle richieste di sostegno arrivate dagli operatori del settore del commercio al dettaglio,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire un Fondo dedicato al sostegno organico delle microimprese attive nel settore del commercio al dettaglio.
9/1334-AR/127Moretto, Benamati, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Noja, Nardi, Zardini, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    il commercio al dettaglio, spesso articolato su base familiare rappresenta un elemento indispensabile del nostro tessuto economico nonché, in taluni casi, l'unica attività effettivamente presente nei territori dei piccoli comuni, specialmente se dislocati in aree geografiche disagiate;
    questo settore, che nelle città più grandi costituisce anche una sorta di presidio sociale rispetto a fenomeni di degrado urbano, è tenuto a confrontarsi con le sfide assai complicate di una concorrenza sempre più agguerrita, rappresentata in modo particolare dalla rete della grande distribuzione;
    nel corso delle ultime settimane presso la X Commissione (Attività produttive) della Camera è stato ampiamente dibattuto il tema del commercio, ed è stato svolto un ampio ciclo di audizioni dal quale sono emerse le principali problematiche dell'intero sistema, la cui soluzione richiederebbe, piuttosto che un intervento restrittivo sugli orari di apertura degli esercizi commerciali, come ventilato dalla maggioranza parlamentare, l'adozione di misure volte a promuovere la capacità dei centri urbani, soprattutto piccoli e medi, di valorizzare l'esperienza del commercio al dettaglio, immaginando altresì nuovi moduli organizzativi e distributivi, anche puntando sulle potenzialità dell'e-commerce;
    in tale contesto, la possibilità di finanziare contributi integrativi per il pagamento di canoni di locazione o di contributi per le spese relative a interventi di ristrutturazione edilizia e di eliminazione delle barriere architettoniche, comprese quelle per l'acquisto di mobili, nell'ottica più complessiva di favorire processi di modernizzazione delle predette microimprese, anche sotto il profilo tecnologico, sarebbe una risposta concreta ed effettiva alle richieste di sostegno arrivate dagli operatori del settore del commercio al dettaglio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di istituire un Fondo dedicato al sostegno organico delle microimprese attive nel settore del commercio al dettaglio.
9/1334-AR/127. (Testo modificato nel corso della seduta)  Moretto, Benamati, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Noja, Nardi, Zardini, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo del provvedimento in esame reca alcune disposizioni che interessano il settore economico-imprenditoriale che si riferisce ad aziende ad alto contenuto innovativo;
    in particolare viene modificata la disciplina del credito d'imposta per spese di ricerca e sviluppo, prevedendo l'abbassamento della quota agevolabile e il massimo importo annualmente concedibile lasciando ferma la normativa previgente che prevedeva l'agevolazione al 50 per cento per le spese per contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up e PMI innovative;
    viene inoltre istituito un Fondo di sostegno al Venture Capital, per sostenere la sottoscrizione da parte dello Stato, tramite il MISE, di quote o azioni di fondi di Venture Capital e contestualmente si prevede la chiusura del Fondo rotativo per il finanziamento di operazioni di Start up;
    si attribuisce alle PMI un contributo a fondo perduto per l'acquisizione di consulenze specialistiche finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Impresa 4.0.
    con alcune modifiche approvate in commissione, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018 e per quello successivo, il citato contributo viene rimodulato a favore delle micro e piccole imprese delle medie imprese e nel caso di adesione ad un contratto di rete;
    le misure introdotte tuttavia non sono sufficienti per dare uno shock al sistema e recuperare il gap tra l'Italia e gli altri grandi paesi europei in termini di investimenti in start-up innovative;
    i dati degli ultimi anni, infatti, indicano che l'Italia è, tra i paesi che attira meno investimenti privati verso le start-up innovative risulta pertanto urgente fornire un sistema di incentivi fiscali di carattere strutturale per tutti gli investitori in start-up innovative, prevedendo la possibilità, sia per i privati sia per le imprese, di dedurre almeno il 70 per cento del proprio investimento in start-up innovative; la detassazione del guadagno in conto capitale e la possibilità di dedurre fiscalmente almeno la metà dell'eventuale perdita sull'investimento. Parimenti, le imprese che investono in fondi di Venture Capital o che costituiscono il proprio fondo di Corporate Venture Capital nonché quelle che utilizzino le start-up come fornitori, dovrebbero poter dedurre almeno il 70 per cento del proprio investimento;
    l'impatto del mondo digitale sul funzionamento dell'attuale sistema economico è rilevante e le start- up sono centrali per la creazione di lavoro; deve essere quindi centrale l'impegno per favorire queste imprese affinché l'Italia diventi sempre di più la casa ideale per i talenti innovativi;
    la concessione di agevolazioni di carattere fiscale rientra tra le misure concrete volte a valorizzare la capacità di intraprendere attività innovativa, necessaria in un periodo in cui c’è bisogno di un'iniezione di fiducia, dell'impatto digitale sul funzionamento dell'attuale sistema economico,

impegna il Governo

a finanziare progetti concreti, condivisi con i soggetti maggiormente interessati alla normativa di settore, per introdurre misure fiscali di incentivo a carattere strutturale in grado di attrarre investimenti privati sulle start-up e sulle PMI innovative, che assumono sempre maggiore rilevanza nel creare il tessuto produttivo e i posti di lavoro di domani.
9/1334-AR/128Mor, Moretto, Benamati, Bonomo, Gavino Manca, Nardi, Noja, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo del provvedimento in esame reca alcune disposizioni che interessano il settore economico-imprenditoriale che si riferisce ad aziende ad alto contenuto innovativo;
    in particolare viene modificata la disciplina del credito d'imposta per spese di ricerca e sviluppo, prevedendo l'abbassamento della quota agevolabile e il massimo importo annualmente concedibile lasciando ferma la normativa previgente che prevedeva l'agevolazione al 50 per cento per le spese per contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up e PMI innovative;
    viene inoltre istituito un Fondo di sostegno al Venture Capital, per sostenere la sottoscrizione da parte dello Stato, tramite il MISE, di quote o azioni di fondi di Venture Capital e contestualmente si prevede la chiusura del Fondo rotativo per il finanziamento di operazioni di Start up;
    si attribuisce alle PMI un contributo a fondo perduto per l'acquisizione di consulenze specialistiche finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano Impresa 4.0.
    con alcune modifiche approvate in commissione, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2018 e per quello successivo, il citato contributo viene rimodulato a favore delle micro e piccole imprese delle medie imprese e nel caso di adesione ad un contratto di rete;
    le misure introdotte tuttavia non sono sufficienti per dare uno shock al sistema e recuperare il gap tra l'Italia e gli altri grandi paesi europei in termini di investimenti in start-up innovative;
    i dati degli ultimi anni, infatti, indicano che l'Italia è, tra i paesi che attira meno investimenti privati verso le start-up innovative risulta pertanto urgente fornire un sistema di incentivi fiscali di carattere strutturale per tutti gli investitori in start-up innovative, prevedendo la possibilità, sia per i privati sia per le imprese, di dedurre almeno il 70 per cento del proprio investimento in start-up innovative; la detassazione del guadagno in conto capitale e la possibilità di dedurre fiscalmente almeno la metà dell'eventuale perdita sull'investimento. Parimenti, le imprese che investono in fondi di Venture Capital o che costituiscono il proprio fondo di Corporate Venture Capital nonché quelle che utilizzino le start-up come fornitori, dovrebbero poter dedurre almeno il 70 per cento del proprio investimento;
    l'impatto del mondo digitale sul funzionamento dell'attuale sistema economico è rilevante e le start- up sono centrali per la creazione di lavoro; deve essere quindi centrale l'impegno per favorire queste imprese affinché l'Italia diventi sempre di più la casa ideale per i talenti innovativi;
    la concessione di agevolazioni di carattere fiscale rientra tra le misure concrete volte a valorizzare la capacità di intraprendere attività innovativa, necessaria in un periodo in cui c’è bisogno di un'iniezione di fiducia, dell'impatto digitale sul funzionamento dell'attuale sistema economico,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a finanziare progetti concreti, condivisi con i soggetti maggiormente interessati alla normativa di settore, per introdurre misure fiscali di incentivo a carattere strutturale in grado di attrarre investimenti privati sulle start-up e sulle PMI innovative, che assumono sempre maggiore rilevanza nel creare il tessuto produttivo e i posti di lavoro di domani.
9/1334-AR/128. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mor, Moretto, Benamati, Bonomo, Gavino Manca, Nardi, Noja, Zardini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 63 del provvedimento in esame determina il contributo complessivo agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia e Valle d'Aosta per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021. Il contributo al pagamento del debito pubblico richiesto a ciascuna autonomia dovrà essere determinato da accordi bilaterali con lo Stato (entro il 31 marzo 2019) ed è comunque definito in via provvisoria nel caso in cui non vengano raggiunti accordi;
    per la regione Sardegna, l'accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 (recepito dal decreto-legge n. 133 del 2014, articolo 42, commi 9-12), oltre a definire la misura del concorso alla finanza pubblica della regione, ha stabilito per essa il passaggio alla disciplina del pareggio di bilancio a decorrere dall'anno 2015;
    dal 2010 la Regione sostiene integralmente i costi della sanità, del trasporto pubblico locale e della continuità territoriale e dal 2012 concorre principalmente al perseguimento degli obiettivi nazionali di finanza pubblica attraverso gli accantonamenti disposti dallo Stato a valere sulle quote di compartecipazione al gettito statutariamente spettanti alla Regione;
    l'ammontare delle risorse sottratte al bilancio regionale con i predetti accantonamenti, pari a euro 3,5 miliardi dal 2012 al 2017, risulta con tutta evidenza eccessivo in relazione alle condizioni economiche dell'isola;
    a decorrere dall'anno 2009 lo Stato per risanare i conti pubblici ha drasticamente ridotto i trasferimenti erariali spettanti ai comuni e alle province sarde;
    come anche riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza 275/2007, la materia della finanza locale è devoluta alla competenza esclusiva della Regione in forza dell'articolo 3, comma primo, lettera b) dello Statuto speciale («Ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni»);
    la Regione già finanzia ordinariamente la finanza locale con ingenti trasferimenti e assegnazioni specifiche, nel 2016, come da rendiconto generale della Regione parificato dalla Corte dei conti, la Missione 18 (Relazioni con le altre autonomie territoriali e locali) ha inciso sul bilancio regionale per ben il 13,62 per cento sulla competenza e per il 15,52 per cento sulla cassa rappresentando la seconda voce del bilancio regionale;
    al fine di definire una nuova Intesa sul contributo alla finanza pubblica per il triennio 2018-2020 la Regione Sardegna ha presentato formalmente in data 24 marzo 2017 al Governo la sua richiesta di nuova Intesa con una forte riduzione degli accantonamenti basata su una attenta analisi della situazione economica della Regione che indica che il peso degli accantonamenti della Sardegna rispetto alla ricchezza prodotta nella regione è decisamente superiore alle altre RSS,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di attivare un negoziato per la definizione di un nuovo assetto dei rapporti economici e finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna per:
    consentire una forte riduzione dell'ammontare degli accantonamenti disposti dallo Stato a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alla Regione, previsti per il prossimo triennio, per il contributo della regione Sardegna agli obiettivi di finanza pubblica;
    arrivare ad una compiuta assunzione da parte della Regione delle funzioni riguardanti la «finanza locale» ancora esercitate dallo Stato;
    prevedere per la Sardegna, un tetto massimo alla possibilità di disporre a carico della Regione nuovi o maggiori contributi per il risanamento della finanza pubblica.
9/1334-AR/129Gavino Manca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 63 del provvedimento in esame determina il contributo complessivo agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia e Valle d'Aosta per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021. Il contributo al pagamento del debito pubblico richiesto a ciascuna autonomia dovrà essere determinato da accordi bilaterali con lo Stato (entro il 31 marzo 2019) ed è comunque definito in via provvisoria nel caso in cui non vengano raggiunti accordi;
    per la regione Sardegna, l'accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 (recepito dal decreto-legge n. 133 del 2014, articolo 42, commi 9-12), oltre a definire la misura del concorso alla finanza pubblica della regione, ha stabilito per essa il passaggio alla disciplina del pareggio di bilancio a decorrere dall'anno 2015;
    dal 2010 la Regione sostiene integralmente i costi della sanità, del trasporto pubblico locale e della continuità territoriale e dal 2012 concorre principalmente al perseguimento degli obiettivi nazionali di finanza pubblica attraverso gli accantonamenti disposti dallo Stato a valere sulle quote di compartecipazione al gettito statutariamente spettanti alla Regione;
    l'ammontare delle risorse sottratte al bilancio regionale con i predetti accantonamenti, pari a euro 3,5 miliardi dal 2012 al 2017, risulta con tutta evidenza eccessivo in relazione alle condizioni economiche dell'isola;
    a decorrere dall'anno 2009 lo Stato per risanare i conti pubblici ha drasticamente ridotto i trasferimenti erariali spettanti ai comuni e alle province sarde;
    come anche riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza 275/2007, la materia della finanza locale è devoluta alla competenza esclusiva della Regione in forza dell'articolo 3, comma primo, lettera b) dello Statuto speciale («Ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni»);
    la Regione già finanzia ordinariamente la finanza locale con ingenti trasferimenti e assegnazioni specifiche, nel 2016, come da rendiconto generale della Regione parificato dalla Corte dei conti, la Missione 18 (Relazioni con le altre autonomie territoriali e locali) ha inciso sul bilancio regionale per ben il 13,62 per cento sulla competenza e per il 15,52 per cento sulla cassa rappresentando la seconda voce del bilancio regionale;
    al fine di definire una nuova Intesa sul contributo alla finanza pubblica per il triennio 2018-2020 la Regione Sardegna ha presentato formalmente in data 24 marzo 2017 al Governo la sua richiesta di nuova Intesa con una forte riduzione degli accantonamenti basata su una attenta analisi della situazione economica della Regione che indica che il peso degli accantonamenti della Sardegna rispetto alla ricchezza prodotta nella regione è decisamente superiore alle altre RSS,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare la possibilità di attivare un negoziato per la definizione di un nuovo assetto dei rapporti economici e finanziari tra lo Stato e la Regione Sardegna per:
    consentire una forte riduzione dell'ammontare degli accantonamenti disposti dallo Stato a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alla Regione, previsti per il prossimo triennio, per il contributo della regione Sardegna agli obiettivi di finanza pubblica;
    arrivare ad una compiuta assunzione da parte della Regione delle funzioni riguardanti la «finanza locale» ancora esercitate dallo Stato;
    prevedere per la Sardegna, un tetto massimo alla possibilità di disporre a carico della Regione nuovi o maggiori contributi per il risanamento della finanza pubblica.
9/1334-AR/129. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gavino Manca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 stabilisce che, al fine di favorire la fusione dei comuni oltre ai contributi della regione, lo Stato eroga, per i dieci anni decorrenti dalla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono;
    secondo l'articolo 20, comma 1-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 a decorrere dall'anno 2016, ai comuni che danno luogo alla fusione è attribuito un contributo straordinario commisurato al 40 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010, elevato al 50 per cento per l'anno 2017 e al 60 per cento a decorrere dall'anno 2018, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti e comunque in misura non superiore a 2 milioni di euro per ciascun beneficiario;
    il medesimo articolo stabilisce che, in caso di fabbisogno eccedente le disponibilità sia data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianità e che, in caso contrario, le risorse siano ripartite a favore dei medesimi enti in base alla popolazione e al numero dei comuni originari;
    secondo il DM 27 aprile 2018, qualora le richieste di contributo erariale risultino superiori al fondo stanziato, nella determinazione del trasferimento viene data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianità, assegnando un coefficiente di maggiorazione del 4 per cento per le fusioni con anzianità di contributo di un anno, incrementato del 4 per cento per ogni anno di anzianità;
    dal 2014 al 2017, anche grazie alle norme approvate nel corso della XVII legislatura, il numero delle fusioni è quasi raddoppiato e nel 2017 sono stati assegnati complessivamente contributi per 37.549.370 milioni di euro;
    a legislazione vigente a decorrere dal 2019 le risorse finanziarie stanziate per la concessione del contributo straordinario alle fusioni attraverso le principali autorizzazioni di spesa (articolo 1, comma 446 della legge n. 232/2016; articolo 1, comma 164 della legge n. 662/1996; articolo 3, comma 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017 n. 232; articolo 1 comma 869 della legge n. 205 del 2017) ammontano a 46.549.370 euro;
    alla data attuale, tenendo conto delle fusioni già istituite e quelle di nuova istituzione a decorrenza 2019, il contributo da erogare si aggira intorno ai 58 milioni di euro, con il grave rischio quindi che il contributo promesso – e sulla base del quale i cittadini hanno approvato le fusioni nei rispettivi referendum – risulti ex post ridotto per mancanza di capienza nel corrispondente capitolo di bilancio,

impegna il Governo

ad incrementare le risorse previste per i comuni che danno luogo a fusioni per non limitare il carattere fortemente incentivante delle misure previste a legislazione vigente ed evitare che i comuni che stanno pianificando questi processi non percepiscano in misura piena il contributo dedicato.
9/1334-AR/130Marattin, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 stabilisce che, al fine di favorire la fusione dei comuni oltre ai contributi della regione, lo Stato eroga, per i dieci anni decorrenti dalla fusione stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono;
    secondo l'articolo 20, comma 1-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 a decorrere dall'anno 2016, ai comuni che danno luogo alla fusione è attribuito un contributo straordinario commisurato al 40 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010, elevato al 50 per cento per l'anno 2017 e al 60 per cento a decorrere dall'anno 2018, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti e comunque in misura non superiore a 2 milioni di euro per ciascun beneficiario;
    il medesimo articolo stabilisce che, in caso di fabbisogno eccedente le disponibilità sia data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianità e che, in caso contrario, le risorse siano ripartite a favore dei medesimi enti in base alla popolazione e al numero dei comuni originari;
    secondo il DM 27 aprile 2018, qualora le richieste di contributo erariale risultino superiori al fondo stanziato, nella determinazione del trasferimento viene data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianità, assegnando un coefficiente di maggiorazione del 4 per cento per le fusioni con anzianità di contributo di un anno, incrementato del 4 per cento per ogni anno di anzianità;
    dal 2014 al 2017, anche grazie alle norme approvate nel corso della XVII legislatura, il numero delle fusioni è quasi raddoppiato e nel 2017 sono stati assegnati complessivamente contributi per 37.549.370 milioni di euro;
    a legislazione vigente a decorrere dal 2019 le risorse finanziarie stanziate per la concessione del contributo straordinario alle fusioni attraverso le principali autorizzazioni di spesa (articolo 1, comma 446 della legge n. 232/2016; articolo 1, comma 164 della legge n. 662/1996; articolo 3, comma 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 marzo 2017 n. 232; articolo 1 comma 869 della legge n. 205 del 2017) ammontano a 46.549.370 euro;
    alla data attuale, tenendo conto delle fusioni già istituite e quelle di nuova istituzione a decorrenza 2019, il contributo da erogare si aggira intorno ai 58 milioni di euro, con il grave rischio quindi che il contributo promesso – e sulla base del quale i cittadini hanno approvato le fusioni nei rispettivi referendum – risulti ex post ridotto per mancanza di capienza nel corrispondente capitolo di bilancio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad incrementare le risorse previste per i comuni che danno luogo a fusioni per non limitare il carattere fortemente incentivante delle misure previste a legislazione vigente ed evitare che i comuni che stanno pianificando questi processi non percepiscano in misura piena il contributo dedicato.
9/1334-AR/130. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marattin, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 4, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di bilancio 2017), ha riconosciuto per ciascuno degli anni 2017 e 2018 il credito di imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive turistico alberghiere, già istituito all'articolo 10 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, portandola alla misura del 65 per cento a condizione che gli interventi avessero anche finalità di ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica o energetica e acquisto mobili, ed estendendola anche alle strutture svolgenti attività agrituristica;
    la misura si è rivelata molto efficace e fondamentale per il turismo che è uno dei principali settori dell'economia italiana,

impegna il Governo

a prendere iniziative volte a migliorare la qualità dell'offerta ricettiva per accrescere la competitività delle destinazioni turistiche italiane mediante la proroga delle misure di incentivazione fiscale per la riqualificazione delle strutture ricettive turistico alberghiere in scadenza.
9/1334-AR/131Benamati, Moretto, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Noja, Nardi, Zardini, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 4, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di bilancio 2017), ha riconosciuto per ciascuno degli anni 2017 e 2018 il credito di imposta per la riqualificazione delle strutture ricettive turistico alberghiere, già istituito all'articolo 10 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, portandola alla misura del 65 per cento a condizione che gli interventi avessero anche finalità di ristrutturazione edilizia, riqualificazione antisismica o energetica e acquisto mobili, ed estendendola anche alle strutture svolgenti attività agrituristica;
    la misura si è rivelata molto efficace e fondamentale per il turismo che è uno dei principali settori dell'economia italiana,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prendere iniziative volte a migliorare la qualità dell'offerta ricettiva per accrescere la competitività delle destinazioni turistiche italiane mediante la proroga delle misure di incentivazione fiscale per la riqualificazione delle strutture ricettive turistico alberghiere in scadenza.
9/1334-AR/131. (Testo modificato nel corso della seduta)  Benamati, Moretto, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Noja, Nardi, Zardini, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 1096, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018), ha previsto che la società RAI – Radiotelevisione italiana S.p.A. possa avviare immissioni in organico di giornalisti al livello retributivo minimo previsto dal contratto di categoria, attingendo prioritariamente alle graduatorie di giornalisti professionisti riconosciuti idonei elaborate a seguito delle selezioni avviate nel 2013 e nel 2014;
    la ratio della norma, che tra l'altro ha reso permanente l'esclusione (già introdotta provvisoriamente dall'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 244 del 2016) della RAI S.p.A. dall'applicazione delle norme sul contenimento della spesa previste dalla legislazione vigente a carico delle amministrazioni pubbliche, è quella di consentire immissioni in organico «in un'ottica virtuosa di risparmio a medio-lungo termine»;
    in particolare, nel 2014 la RAI ha avviato una procedura di selezione di 100 giornalisti professionisti per far fronte a future esigenze, la cui graduatoria finale ha validità di 3 anni dalla sua pubblicazione, avvenuta nel 2015, e che non è stata esaurita con le assunzioni successivamente avvenute;
    nel corso del prossimo anno, una serie di giornalisti andranno in quiescenza e sarà necessario integrare l'organico al fine di assicurare il pieno ed efficace svolgimento delle attività e delle funzioni attribuite alla società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale;
    si ritiene opportuno limitare la discrezionalità nella selezione del personale che svolge la professione di giornalista presso il servizio pubblico radiotelevisivo e, in ogni caso, vincolandola a parametri di eccellenza, evitando quindi di equiparare ai concorsi pubblici la partecipazione a corsi di formazione di scuole che, seppur autorevoli, non possono ritenersi equivalenti giacché l'autorevolezza delle scuole di formazione è in qualche modo decisa dal mercato, che nel caso della RAI non può essere invocato trattandosi di una situazione di monopolio,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative per consentire che la società RAI – Radiotelevisione italiana S.p.A. possa procedere per il triennio 2019-2021 all'immissione in organico di personale in sostituzione dei giornalisti che accedono al pensionamento, attingendo prioritariamente, sino al relativo esaurimento, alle graduatorie degli idonei delle precedenti procedure di selezione del 2013 e del 2015, al fine sia di tutelare i diritti maturati dai vincitori sia di evitare pratiche poco trasparenti e un inutile sperpero di denaro pubblico.
9/1334-AR/132Boccia, Lacarra, Pezzopane, Bartolozzi, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 1096, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018), ha previsto che la società RAI – Radiotelevisione italiana S.p.A. possa avviare immissioni in organico di giornalisti al livello retributivo minimo previsto dal contratto di categoria, attingendo prioritariamente alle graduatorie di giornalisti professionisti riconosciuti idonei elaborate a seguito delle selezioni avviate nel 2013 e nel 2014;
    la ratio della norma, che tra l'altro ha reso permanente l'esclusione (già introdotta provvisoriamente dall'articolo 6, comma 4, del decreto-legge n. 244 del 2016) della RAI S.p.A. dall'applicazione delle norme sul contenimento della spesa previste dalla legislazione vigente a carico delle amministrazioni pubbliche, è quella di consentire immissioni in organico «in un'ottica virtuosa di risparmio a medio-lungo termine»;
    in particolare, nel 2014 la RAI ha avviato una procedura di selezione di 100 giornalisti professionisti per far fronte a future esigenze, la cui graduatoria finale ha validità di 3 anni dalla sua pubblicazione, avvenuta nel 2015, e che non è stata esaurita con le assunzioni successivamente avvenute;
    nel corso del prossimo anno, una serie di giornalisti andranno in quiescenza e sarà necessario integrare l'organico al fine di assicurare il pieno ed efficace svolgimento delle attività e delle funzioni attribuite alla società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale;
    si ritiene opportuno limitare la discrezionalità nella selezione del personale che svolge la professione di giornalista presso il servizio pubblico radiotelevisivo e, in ogni caso, vincolandola a parametri di eccellenza, evitando quindi di equiparare ai concorsi pubblici la partecipazione a corsi di formazione di scuole che, seppur autorevoli, non possono ritenersi equivalenti giacché l'autorevolezza delle scuole di formazione è in qualche modo decisa dal mercato, che nel caso della RAI non può essere invocato trattandosi di una situazione di monopolio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prendere le opportune iniziative per consentire che la società RAI – Radiotelevisione italiana S.p.A. possa procedere per il triennio 2019-2021 all'immissione in organico di personale in sostituzione dei giornalisti che accedono al pensionamento, attingendo prioritariamente, sino al relativo esaurimento, alle graduatorie degli idonei delle precedenti procedure di selezione del 2013 e del 2015, al fine sia di tutelare i diritti maturati dai vincitori sia di evitare pratiche poco trasparenti e un inutile sperpero di denaro pubblico.
9/1334-AR/132. (Testo modificato nel corso della seduta)  Boccia, Lacarra, Pezzopane, Bartolozzi, Bruno Bossio.


   La Camera,
   premesso che:
    con la Legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) sono state introdotte agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine nelle imprese, specialmente nelle piccole e medie imprese (PMI), attraverso investimenti qualificati e piani di risparmio a lungo termine (PIR);
    la citata legge, all'articolo 1, commi da 100 a 114, prevede l'esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati nei predetti PIR a condizione che gli strumenti finanziari in cui è investito il PIR siano detenuti per almeno 5 anni ed entro il limite individuale di 30.000 euro all'anno e, comunque, di complessivi 150.000 euro;
    in particolare, il comma 102 prevede che, in ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell'anno stesso, le somme destinate nel PIR debbano essere investite per almeno il 70 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari – anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione – emessi o stipulati con imprese fiscalmente residenti in Italia o in Stati membri dell'Unione europea; la predetta quota del 70 per cento deve essere inoltre investita per almeno il 30 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;
    la normativa richiamata sta avendo effetti fortemente positivi sull'economia nazionale, con risultati ben oltre le aspettative e ampie prospettive di crescita: secondo le stime degli uffici studi delle principali case di investimento italiane la raccolta cumulata al 2021 potrebbe superare i 70 miliardi; ciò nonostante le masse gestite e amministrate dal private banking non sono ancora interessate dagli strumenti previsti se non in maniera molto marginale;
    un innalzamento dei limiti individuali e di quello complessivo all'investimento si stima permetterebbe di estendere anche alle masse del Private Banking i benefici fiscali dei PIR, con un ulteriore rafforzamento degli effetti positivi di tali piani di risparmio sull'economia del Paese;
    lo strumento dei PIR rappresenta inoltre una straordinaria opportunità per sostenere una politica industriale volta a rafforzare la patrimonializzazione delle imprese italiane, e tra queste in particolare quelle di medio-piccole dimensione, in continuità con quanto disposto dai Governi della XVII legislatura;
    l'esame in Commissione V della Legge di bilancio per il 2019 ha visto l'approvazione di un solo emendamento ad integrazione della disciplina richiamata, che, all'articolo 1, comma 128, introduce un ulteriore vincolo di destinazione dei relativi investimenti effettuati, prevedendo che una quota non inferiore al 3 per cento del valore complessivo del Piano debba essere investita in strumenti finanziari non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione di PMI;
    il provvedimento in esame non ha però né rivisto al rialzo i limiti quantitativi all'investimento in PIR né previsto modifiche che sostengano, in particolare, le PMI che investono nell'innovazione – come le start-up innovative, le PMI e gli incubatori certificati – con l'obiettivo di favorire la competitività delle stesse e la loro capacità di gestire i cambiamenti, complessi e veloci, in atto nel sistema economico, anche attraverso una migliore patrimonializzazione,

impegna il Governo

a incoraggiare gli investimenti a lungo termine nelle imprese nazionali attraverso il sostegno allo strumento dei piani di risparmio a lungo termine (PIR), innalzando le soglie relative al limite individuale e a quello complessivo, oggi pari rispettivamente a 30.000 euro annui e 150.000 euro, e promuovendo altresì la canalizzazione del risparmio privato in PIR verso le imprese tecnologicamente avanzate, al fine di sostenere la patrimonializzazione delle start-up innovative, delle PMI innovative e degli incubatori certificati.
9/1334-AR/133Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    con la Legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) sono state introdotte agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine nelle imprese, specialmente nelle piccole e medie imprese (PMI), attraverso investimenti qualificati e piani di risparmio a lungo termine (PIR);
    la citata legge, all'articolo 1, commi da 100 a 114, prevede l'esenzione fiscale per i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche residenti in Italia, al di fuori dello svolgimento di attività di impresa commerciale, derivanti dagli investimenti effettuati nei predetti PIR a condizione che gli strumenti finanziari in cui è investito il PIR siano detenuti per almeno 5 anni ed entro il limite individuale di 30.000 euro all'anno e, comunque, di complessivi 150.000 euro;
    in particolare, il comma 102 prevede che, in ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell'anno stesso, le somme destinate nel PIR debbano essere investite per almeno il 70 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari – anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione – emessi o stipulati con imprese fiscalmente residenti in Italia o in Stati membri dell'Unione europea; la predetta quota del 70 per cento deve essere inoltre investita per almeno il 30 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell'indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;
    la normativa richiamata sta avendo effetti fortemente positivi sull'economia nazionale, con risultati ben oltre le aspettative e ampie prospettive di crescita: secondo le stime degli uffici studi delle principali case di investimento italiane la raccolta cumulata al 2021 potrebbe superare i 70 miliardi; ciò nonostante le masse gestite e amministrate dal private banking non sono ancora interessate dagli strumenti previsti se non in maniera molto marginale;
    un innalzamento dei limiti individuali e di quello complessivo all'investimento si stima permetterebbe di estendere anche alle masse del Private Banking i benefici fiscali dei PIR, con un ulteriore rafforzamento degli effetti positivi di tali piani di risparmio sull'economia del Paese;
    lo strumento dei PIR rappresenta inoltre una straordinaria opportunità per sostenere una politica industriale volta a rafforzare la patrimonializzazione delle imprese italiane, e tra queste in particolare quelle di medio-piccole dimensione, in continuità con quanto disposto dai Governi della XVII legislatura;
    l'esame in Commissione V della Legge di bilancio per il 2019 ha visto l'approvazione di un solo emendamento ad integrazione della disciplina richiamata, che, all'articolo 1, comma 128, introduce un ulteriore vincolo di destinazione dei relativi investimenti effettuati, prevedendo che una quota non inferiore al 3 per cento del valore complessivo del Piano debba essere investita in strumenti finanziari non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione di PMI;
    il provvedimento in esame non ha però né rivisto al rialzo i limiti quantitativi all'investimento in PIR né previsto modifiche che sostengano, in particolare, le PMI che investono nell'innovazione – come le start-up innovative, le PMI e gli incubatori certificati – con l'obiettivo di favorire la competitività delle stesse e la loro capacità di gestire i cambiamenti, complessi e veloci, in atto nel sistema economico, anche attraverso una migliore patrimonializzazione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a incoraggiare gli investimenti a lungo termine nelle imprese nazionali attraverso il sostegno allo strumento dei piani di risparmio a lungo termine (PIR), innalzando le soglie relative al limite individuale e a quello complessivo, oggi pari rispettivamente a 30.000 euro annui e 150.000 euro, e promuovendo altresì la canalizzazione del risparmio privato in PIR verso le imprese tecnologicamente avanzate, al fine di sostenere la patrimonializzazione delle start-up innovative, delle PMI innovative e degli incubatori certificati.
9/1334-AR/133. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo in esame prevede all'articolo 15 che una quota di risorse del fondo venga attribuito a forme di sperimentazione innovativa per la mobilità elettrica;
    si tratta di una misura attesa e molto importante in prospettiva per il settore della mobilità,

impegna il Governo

a prevedere entro trenta giorni dalla approvazione della presente legge la predisposizione di tutti gli atti necessari per la operatività della norma e che la quota per il suddetto fondo non sia inferiore al 33 per cento.
9/1334-AR/134Nobili.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo in esame prevede all'articolo 15 che una quota di risorse del fondo venga attribuito a forme di sperimentazione innovativa per la mobilità elettrica;
    si tratta di una misura attesa e molto importante in prospettiva per il settore della mobilità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere entro trenta giorni dalla approvazione della presente legge la predisposizione di tutti gli atti necessari per la operatività della norma e che la quota per il suddetto fondo non sia inferiore al 33 per cento.
9/1334-AR/134. (Testo modificato nel corso della seduta)  Nobili.


   La Camera,
   premesso che:
    uno dei problemi più rilevanti presenti nella pubblica amministrazione è costituito dal cosiddetto «precariato storico»;
    nella scorsa legislatura sono state approvate norme che forniscono strumenti per il definitivo superamento di questo fenomeno;
    in particolare, l'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 ha dato attuazione al criterio di delega di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015, che richiedeva la «previsione nelle procedure concorsuali pubbliche di meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzare l'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso dall'esterno»;
    nel citato articolo, si prevede, nel triennio 2018-2020, la facoltà, per le amministrazioni, di procedere alla stabilizzazione del personale non dirigenziale che possegga determinati requisiti: risulti in servizio presso l'amministrazione che procede all'assunzione, sia stato reclutato a tempo determinato con procedure concorsuali e abbia maturato, al 31 dicembre 2017 almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto;
    allo stesso tempo, le amministrazioni interessate possono bandire, nello stesso triennio 2018-2020, specifiche procedure concorsuali riservati, in misura non superiore al 50 per cento dei posti disponibili, per l'assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale che alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame possegga determinati requisiti: risulti titolare di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso e abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni;
    l'articolo 28, commi da 1 a 3, del presente provvedimento rifinanzia il Fondo per il pubblico impiego per la parte relativa alle nuove assunzioni a tempo indeterminato presso la pubblica amministrazione, individuate nell'ambito delle vacanze di organico e in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente;
    è necessario proseguire nell'azione di stabilizzazione del precariato «storico»,

impegna il Governo

a continuare l'attuazione del processo di stabilizzazioni individuato dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 al fine di superare definitivamente il fenomeno del precariato storico in tutte le amministrazioni, anche negli enti territoriali e nel comparto sanità e, al contempo, consentendo alle amministrazioni centrali l'utilizzo delle risorse di cui all'articolo 28 del presente provvedimento.
9/1334-AR/135Madia.


   La Camera,
   premesso che:
    uno dei problemi più rilevanti presenti nella pubblica amministrazione è costituito dal cosiddetto «precariato storico»;
    nella scorsa legislatura sono state approvate norme che forniscono strumenti per il definitivo superamento di questo fenomeno;
    in particolare, l'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 ha dato attuazione al criterio di delega di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), della legge n. 124 del 2015, che richiedeva la «previsione nelle procedure concorsuali pubbliche di meccanismi di valutazione finalizzati a valorizzare l'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso dall'esterno»;
    nel citato articolo, si prevede, nel triennio 2018-2020, la facoltà, per le amministrazioni, di procedere alla stabilizzazione del personale non dirigenziale che possegga determinati requisiti: risulti in servizio presso l'amministrazione che procede all'assunzione, sia stato reclutato a tempo determinato con procedure concorsuali e abbia maturato, al 31 dicembre 2017 almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto;
    allo stesso tempo, le amministrazioni interessate possono bandire, nello stesso triennio 2018-2020, specifiche procedure concorsuali riservati, in misura non superiore al 50 per cento dei posti disponibili, per l'assunzione a tempo indeterminato di personale non dirigenziale che alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame possegga determinati requisiti: risulti titolare di un contratto di lavoro flessibile presso l'amministrazione che bandisce il concorso e abbia maturato, alla data del 31 dicembre 2017, almeno tre anni di contratto, anche non continuativi, negli ultimi otto anni;
    l'articolo 28, commi da 1 a 3, del presente provvedimento rifinanzia il Fondo per il pubblico impiego per la parte relativa alle nuove assunzioni a tempo indeterminato presso la pubblica amministrazione, individuate nell'ambito delle vacanze di organico e in aggiunta alle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente;
    è necessario proseguire nell'azione di stabilizzazione del precariato «storico»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a continuare l'attuazione del processo di stabilizzazioni individuato dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 al fine di superare definitivamente il fenomeno del precariato storico in tutte le amministrazioni, anche negli enti territoriali e nel comparto sanità e, al contempo, consentendo alle amministrazioni centrali l'utilizzo delle risorse di cui all'articolo 28 del presente provvedimento.
9/1334-AR/135. (Testo modificato nel corso della seduta)  Madia.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio di trasporto ferroviario Trenord evidenzia da tempo una serie di criticità a discapito dell'utenza costretta quotidianamente a dovere fronteggiare sistematici disservizi;
    lo scorso 15 novembre in un comunicato congiunto il Ministro delle Infrastrutture e il Presidente della regione Lombardia hanno testualmente affermato che Trenord sarà una priorità per lo Stato, per la Regione e per le Ferrovie dello Stato da qui al prossimo 2020;
    nel richiamato comunicato si fa riferimento ad una agenda condivisa che verrà illustrata di volta in volta a partire dal mese di febbraio, per informare sulle iniziative concrete che si assumeranno in merito al trasporto ferroviario;
    su alcune tratte regionali la situazione è ormai al collasso e l'utenza è esasperata;
    ci sono delle priorità ineludibili che riguardano il rinnovo del materiale rotabile, l'implementazione dei sistemi di sicurezza, l'incremento del personale per una rete che serve uno dei territori più avanzati della intera Europa continentale,

impegna il Governo

a prevedere adeguati investimenti per migliorare il servizio di trasporto ferroviario in Lombardia in particolare per le tratte più critiche, ad istituire, in sede ministeriale, un Osservatorio sulla qualità del suddetto servizio e a prevedere una relazione annuale da inviare al Parlamento.
9/1334-AR/136Pizzetti, Colaninno.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio di trasporto ferroviario Trenord evidenzia da tempo una serie di criticità a discapito dell'utenza costretta quotidianamente a dovere fronteggiare sistematici disservizi;
    lo scorso 15 novembre in un comunicato congiunto il Ministro delle Infrastrutture e il Presidente della regione Lombardia hanno testualmente affermato che Trenord sarà una priorità per lo Stato, per la Regione e per le Ferrovie dello Stato da qui al prossimo 2020;
    nel richiamato comunicato si fa riferimento ad una agenda condivisa che verrà illustrata di volta in volta a partire dal mese di febbraio, per informare sulle iniziative concrete che si assumeranno in merito al trasporto ferroviario;
    su alcune tratte regionali la situazione è ormai al collasso e l'utenza è esasperata;
    ci sono delle priorità ineludibili che riguardano il rinnovo del materiale rotabile, l'implementazione dei sistemi di sicurezza, l'incremento del personale per una rete che serve uno dei territori più avanzati della intera Europa continentale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere adeguati investimenti per migliorare il servizio di trasporto ferroviario in Lombardia in particolare per le tratte più critiche, ad istituire, in sede ministeriale, un Osservatorio sulla qualità del suddetto servizio e a prevedere una relazione annuale da inviare al Parlamento.
9/1334-AR/136. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pizzetti, Colaninno.


   La Camera,
   premesso che:
    la chiusura del Ponte di san Michele tra Calusco e Paderno D'Adda sta determinando palesi criticità non solo alla mobilità dei cittadini ma anche sul tessuto economico e produttivo del comprensorio territoriale;
    il commissariamento, affidato all'Amministratore delegato di Rfi, per gli interventi al suddetto Ponte, introdotto mediante la norma inserita nella legge di conversione n. 16 novembre 2018, n. 130, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 19 novembre 2018, n. 269, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 conosciuto come «Decreto Genova» non risulta essere in grado di affrontare le criticità presenti sul territorio;
    nell'ambito dei lavori parlamentari di conversione del richiamato decreto-legge è stato accolto un ordine del giorno il n. 9/1209-A/45 che impegnava il Governo a valutare l'opportunità di prevedere sin dalla prossima manovra di bilancio misure per le imprese aventi sede operativa nelle province di Bergamo e Lecco, nonché agli artigiani e commercianti con sede o unità locale ubicate nella medesima zona, la cui attività risulti essere condizionata negativamente dalla chiusura alla circolazione del Ponte nonché un contributo straordinario a sostegno della rimodulazione dei servizi di trasporto pubblico (locale) per fronteggiare i disagi derivanti per l'utenza;
    nell'ambito della legge di stabilità per l'anno 2019 nonostante la presenza di alcuni emendamenti presentati che richiamassero quei precisi impegni assunti dallo stesso esecutivo non è stato dato seguito con la introduzione di specifiche norme;
    questo ritardo rischia di aggravare ulteriormente il disagio economico del comprensorio territoriale interessato dalla chiusura con un inevitabile rischio per le imprese presenti,

impegna il Governo

a riconoscere la condizione di disagio per il territorio in oggetto derivante dalla chiusura del Ponte di San Michele e a valutare l'opportunità di introdurre, nell'ambito di uno dei prossimi provvedimenti di Governo, misure di sostegno per le imprese interessate e per il sistema di trasporto pubblico locale finalizzato ad assicurare la mobilità dei cittadini ed in particolare dei pendolari.
9/1334-AR/137Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    la chiusura del Ponte di san Michele tra Calusco e Paderno D'Adda sta determinando palesi criticità non solo alla mobilità dei cittadini ma anche sul tessuto economico e produttivo del comprensorio territoriale;
    il commissariamento, affidato all'Amministratore delegato di Rfi, per gli interventi al suddetto Ponte, introdotto mediante la norma inserita nella legge di conversione n. 16 novembre 2018, n. 130, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 19 novembre 2018, n. 269, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 conosciuto come «Decreto Genova» non risulta essere in grado di affrontare le criticità presenti sul territorio;
    nell'ambito dei lavori parlamentari di conversione del richiamato decreto-legge è stato accolto un ordine del giorno il n. 9/1209-A/45 che impegnava il Governo a valutare l'opportunità di prevedere sin dalla prossima manovra di bilancio misure per le imprese aventi sede operativa nelle province di Bergamo e Lecco, nonché agli artigiani e commercianti con sede o unità locale ubicate nella medesima zona, la cui attività risulti essere condizionata negativamente dalla chiusura alla circolazione del Ponte nonché un contributo straordinario a sostegno della rimodulazione dei servizi di trasporto pubblico (locale) per fronteggiare i disagi derivanti per l'utenza;
    nell'ambito della legge di stabilità per l'anno 2019 nonostante la presenza di alcuni emendamenti presentati che richiamassero quei precisi impegni assunti dallo stesso esecutivo non è stato dato seguito con la introduzione di specifiche norme;
    questo ritardo rischia di aggravare ulteriormente il disagio economico del comprensorio territoriale interessato dalla chiusura con un inevitabile rischio per le imprese presenti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a riconoscere la condizione di disagio per il territorio in oggetto derivante dalla chiusura del Ponte di San Michele e a valutare l'opportunità di introdurre, nell'ambito di uno dei prossimi provvedimenti di Governo, misure di sostegno per le imprese interessate e per il sistema di trasporto pubblico locale finalizzato ad assicurare la mobilità dei cittadini ed in particolare dei pendolari.
9/1334-AR/137. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    gli eventi calamitosi registrati a Venezia e nel suo comprensorio nel mese di ottobre/novembre con il nuovo record di acqua alta per città hanno determinato notevoli danni al patrimonio storico e artistico della città;
    particolarmente colpita è risultata essere la Basilica di San Marco con ingenti danni che rischiano di comprometterne seriamente la bellezza e la sua sicurezza;
    le istituzioni locali, le competenti autorità culturali e la città intera ha chiesto una adeguata attenzione da parte del governo affinché vengano posti in essere tempestivi interventi per la messa in sicurezza di questo incommensurabile patrimonio artistico di caratura mondiale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità entro trenta giorni dalla approvazione della presente legge ad attivare un tavolo istituzionale per individuare e porre in essere gli interventi necessari per la tutela della Basilica di San Marco.
9/1334-AR/138Pellicani.


   La Camera,
   premesso che:
    gli eventi calamitosi registrati a Venezia e nel suo comprensorio nel mese di ottobre/novembre con il nuovo record di acqua alta per città hanno determinato notevoli danni al patrimonio storico e artistico della città;
    particolarmente colpita è risultata essere la Basilica di San Marco con ingenti danni che rischiano di comprometterne seriamente la bellezza e la sua sicurezza;
    le istituzioni locali, le competenti autorità culturali e la città intera ha chiesto una adeguata attenzione da parte del governo affinché vengano posti in essere tempestivi interventi per la messa in sicurezza di questo incommensurabile patrimonio artistico di caratura mondiale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità entro trenta giorni dalla approvazione della presente legge ad attivare un tavolo istituzionale per individuare e porre in essere gli interventi necessari per la tutela della Basilica di San Marco.
9/1334-AR/138. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pellicani.


   La Camera,
   premesso che:
    la previsione del definanziamento della tratta ferroviaria Lucca-Pistoia pari a 5 milioni di euro costituisce un durissimo colpo per i territori in questione;
    si tratta di un'area che necessita fisiologicamente di un potenziamento della rete di trasporto pubblico e la ferrovia in oggetto rappresenta un investimento infrastrutturale atteso dalle comunità di riferimento proprio in relazione alla necessità di migliorare la qualità e l'efficienza dei collegamenti; Il definanziamento rischia di pregiudicare il diritto alla mobilità per gli abitanti di questi territori e di avere ricadute negative anche in ambito economico;
    tale misura è stata adottata senza aver in alcun modo coinvolto i territori interessati,

impegna il Governo

ad attivare in tempi rapidi un confronto con la Regione Toscana, con le Province di Lucca e Pistoia, con gli enti locali interessati e le forze economiche e sociali al fine di riconsiderare la scelta assunta e di valutare il ripristino del finanziamento della tratta ferroviaria Lucca-Pistoia considerata la sua rilevanza per il territorio e le legittime attese dei cittadini per un più efficiente servizio di trasporto.
9/1334-AR/139Cantini.


   La Camera,
   premesso che:
    la previsione del definanziamento della tratta ferroviaria Lucca-Pistoia pari a 5 milioni di euro costituisce un durissimo colpo per i territori in questione;
    si tratta di un'area che necessita fisiologicamente di un potenziamento della rete di trasporto pubblico e la ferrovia in oggetto rappresenta un investimento infrastrutturale atteso dalle comunità di riferimento proprio in relazione alla necessità di migliorare la qualità e l'efficienza dei collegamenti; Il definanziamento rischia di pregiudicare il diritto alla mobilità per gli abitanti di questi territori e di avere ricadute negative anche in ambito economico;
    tale misura è stata adottata senza aver in alcun modo coinvolto i territori interessati,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad attivare in tempi rapidi un confronto con la Regione Toscana, con le Province di Lucca e Pistoia, con gli enti locali interessati e le forze economiche e sociali al fine di riconsiderare la scelta assunta e di valutare il ripristino del finanziamento della tratta ferroviaria Lucca-Pistoia considerata la sua rilevanza per il territorio e le legittime attese dei cittadini per un più efficiente servizio di trasporto.
9/1334-AR/139. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cantini.


   La Camera,
   premesso che:
    occorre proseguire nel processo di stabilizzazione della intera platea dei lavoratori ex LSU ed LPU della Calabria;
    per poter conseguire questo obiettivo è indispensabile prorogare le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 223, 224 e 225 della legge 27 dicembre 2017, n. 205;
    le amministrazioni interessate, d'intesa con la Regione e le organizzazioni sindacali, devono poter essere autorizzate a prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro a tempo determinato, anche in deroga alla normativa vigente rispetto al limite dei 36 mesi, fino alla loro progressiva stabilizzazione;
    il personale utilizzato nel contingente degli LSU – LPU e lavoratori impiegati in attività socialmente utili, che continui a prestare servizio nel corso della richiamata proroga, proprio per favorire il processo di stabilizzazione, può essere inquadrato, anche in sovrannumero, alle dipendenze delle Amministrazioni presso le quali viene utilizzato, o in altre nell'ambito della Regione Calabria con la posizione funzionale ricoperta,

impegna il Governo

a reperire le risorse finanziarie necessarie per la progressiva e totale stabilizzazione della platea dei lavoratori di cui in premessa, rendendo strutturale la dote finanziaria prevista dalla normativa vigente a sostegno di tale processo, nonché ad attivare specifici percorsi per l'inquadramento, anche in sovrannumero, per le amministrazioni presso le quali sono impiegati o nell'ambito della Regione Calabria.
9/1334-AR/140Bruno Bossio, Stumpo.


   La Camera,
   premesso che:
    occorre proseguire nel processo di stabilizzazione della intera platea dei lavoratori ex LSU ed LPU della Calabria;
    per poter conseguire questo obiettivo è indispensabile prorogare le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 223, 224 e 225 della legge 27 dicembre 2017, n. 205;
    le amministrazioni interessate, d'intesa con la Regione e le organizzazioni sindacali, devono poter essere autorizzate a prorogare i corrispondenti rapporti di lavoro a tempo determinato, anche in deroga alla normativa vigente rispetto al limite dei 36 mesi, fino alla loro progressiva stabilizzazione;
    il personale utilizzato nel contingente degli LSU – LPU e lavoratori impiegati in attività socialmente utili, che continui a prestare servizio nel corso della richiamata proroga, proprio per favorire il processo di stabilizzazione, può essere inquadrato, anche in sovrannumero, alle dipendenze delle Amministrazioni presso le quali viene utilizzato, o in altre nell'ambito della Regione Calabria con la posizione funzionale ricoperta,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a reperire le risorse finanziarie necessarie per la progressiva e totale stabilizzazione della platea dei lavoratori di cui in premessa, rendendo strutturale la dote finanziaria prevista dalla normativa vigente a sostegno di tale processo, nonché ad attivare specifici percorsi per l'inquadramento, anche in sovrannumero, per le amministrazioni presso le quali sono impiegati o nell'ambito della Regione Calabria.
9/1334-AR/140. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bruno Bossio, Stumpo.


   La Camera,
   per sapere:
    in Liguria a seguito delle recentissime ondate di maltempo si sono verificati ingentissimi danni ad infrastrutture e manufatti con costi elevatissimi;
    numerose amministrazioni locali interessate hanno evidenziato una serie di criticità legate al cosiddetto patto di stabilità interno che impedisce di fatto l'utilizzo di risorse che pure vi sono e che potrebbero essere impegnate proprio per il ripristino di opere e manufatti;
    in molti casi si tratta di comuni nei quali vi è una incidenza molto rilevante di seconde case sulle quali lo Stato incassa il 65 per cento dell'IMU pagata dai cittadini;
    l'impiego di queste risorse sarebbe importantissimo non solo per gli interventi di ripristino ma anche come strumenti finanziari di garanzia per l'accensione di mutui agevolati considerata la certezza delle entrate;
    tale meccanismo di flessibilità sarebbe utile in questa fase per dare sollievo a territori duramente provati dal maltempo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivare un tavolo di confronto con la Regione Liguria e le amministrazioni locali interessate al fine di prevedere la sospensione almeno per l'anno 2019, per i comuni colpiti dal maltempo, il patto di stabilità interno e consentire loro di usare le risorse provenienti dall'IMU per la quota parte destinata allo Stato con l'obiettivo di procedere alla messa in opera di interventi di ripristino e manutenzione su manufatti e infrastrutture danneggiati dagli eventi calamitosi nonché per attivare anche con Cdp mutui agevolati per investimenti nel campo della manutenzione e messa in sicurezza del territorio.
9/1334-AR/141Andrea Romano, Paita.


   La Camera,
   per sapere:
    in Liguria a seguito delle recentissime ondate di maltempo si sono verificati ingentissimi danni ad infrastrutture e manufatti con costi elevatissimi;
    numerose amministrazioni locali interessate hanno evidenziato una serie di criticità legate al cosiddetto patto di stabilità interno che impedisce di fatto l'utilizzo di risorse che pure vi sono e che potrebbero essere impegnate proprio per il ripristino di opere e manufatti;
    in molti casi si tratta di comuni nei quali vi è una incidenza molto rilevante di seconde case sulle quali lo Stato incassa il 65 per cento dell'IMU pagata dai cittadini;
    l'impiego di queste risorse sarebbe importantissimo non solo per gli interventi di ripristino ma anche come strumenti finanziari di garanzia per l'accensione di mutui agevolati considerata la certezza delle entrate;
    tale meccanismo di flessibilità sarebbe utile in questa fase per dare sollievo a territori duramente provati dal maltempo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di attivare un tavolo di confronto con la Regione Liguria e le amministrazioni locali interessate al fine di prevedere la sospensione almeno per l'anno 2019, per i comuni colpiti dal maltempo, il patto di stabilità interno e consentire loro di usare le risorse provenienti dall'IMU per la quota parte destinata allo Stato con l'obiettivo di procedere alla messa in opera di interventi di ripristino e manutenzione su manufatti e infrastrutture danneggiati dagli eventi calamitosi nonché per attivare anche con Cdp mutui agevolati per investimenti nel campo della manutenzione e messa in sicurezza del territorio.
9/1334-AR/141. (Testo modificato nel corso della seduta)  Andrea Romano, Paita.


   La Camera,
   premesso che:
    la Valbasento è una delle principali e più importanti area industriali della Basilicata e dell'intero Mezzogiorno;
    da tempo attraversa una lunghissima fase di crisi che ha determinato un progressivo ridimensionamento delle attività industriali presenti e una conseguente drammatica contrazione della occupazione;
    suddetta area nel 1987 è stata la prima area industriale nel processo di reindustrializzazione a seguito delle dismissioni da parte delle partecipazioni statali ad essere interessata su scala nazionale da un Accordo di Programma;
    gli strumenti di negoziazione programmata purtroppo non hanno determinato i risultati sperati dal punto di vista occupazionale;
    l'area rimane strategica per infrastrutture e collegamenti ed è in parte ricadente nell'ambito della ZES jonica con l'area portuale di Taranto;
    occorre raccogliere in pieno questa opportunità per rendere nuovamente attrattivo suddetto sito e allocare nuove imprese,

impegna il Governo

a promuovere entro sessanta giorni dalla approvazione della presente legge un tavolo istituzionale aperto alle parti sociali datoriali e sindacali, per riconoscere suddetta area industriale quale «area di crisi complessa» ai sensi della normativa vigente a partire dalla legge n. 181 del 1989 e accedere ai relativi finanziamenti per porre in essere tutte le iniziative opportune per il rilancio economico, produttivo ed occupazionale del sito.
9/1334-AR/142Anzaldi.


   La Camera,
   premesso che:
    la Valbasento è una delle principali e più importanti area industriali della Basilicata e dell'intero Mezzogiorno;
    da tempo attraversa una lunghissima fase di crisi che ha determinato un progressivo ridimensionamento delle attività industriali presenti e una conseguente drammatica contrazione della occupazione;
    suddetta area nel 1987 è stata la prima area industriale nel processo di reindustrializzazione a seguito delle dismissioni da parte delle partecipazioni statali ad essere interessata su scala nazionale da un Accordo di Programma;
    gli strumenti di negoziazione programmata purtroppo non hanno determinato i risultati sperati dal punto di vista occupazionale;
    l'area rimane strategica per infrastrutture e collegamenti ed è in parte ricadente nell'ambito della ZES jonica con l'area portuale di Taranto;
    occorre raccogliere in pieno questa opportunità per rendere nuovamente attrattivo suddetto sito e allocare nuove imprese,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a promuovere entro sessanta giorni dalla approvazione della presente legge un tavolo istituzionale aperto alle parti sociali datoriali e sindacali, per riconoscere suddetta area industriale quale «area di crisi complessa» ai sensi della normativa vigente a partire dalla legge n. 181 del 1989 e accedere ai relativi finanziamenti per porre in essere tutte le iniziative opportune per il rilancio economico, produttivo ed occupazionale del sito.
9/1334-AR/142. (Testo modificato nel corso della seduta)  Anzaldi.


   La Camera,
   per sapere:
    il protocollo d'intesa raggiunto grazie al lavoro dell'allora Ministro Delrio con le associazioni di categoria presso il tavolo tecnico del MIT, con l'obiettivo di ridefinire la Legge Quadro sui servizi pubblici non di linea (taxi e NCC), costituisce una valida base da cui partire per modernizzare un settore importantissimo per la mobilità;
    occorre una logica concertativa finalizzata a superare diffidenze e pregiudizi che ostano una soluzione condivisa per problematiche oggettive che paralizzano un settore invece che in altre realtà risulta essere dinamico e in grado di creare occupazione;
    con il tavolo tecnico presso il MIT del 2017 ed il protocollo d'intesa si è individuato un percorso che prospetta soluzioni importanti per il settore come ad esempio la previsione di una norma transitoria, il passaggio delle competenze per il rilascio dei titoli autorizzativi dai comuni alle regioni, la possibilità di avere più rimesse nel proprio ambito regionale, nonché quella di operare senza rientro nella rimessa in ambito di una stessa giornata lavorativa ed in ambito regionale;
    per ora l'emergenza più avvertita dagli operatori di settore è quella di una proroga termini che consenta di affrontare le problematiche qui riportate in maniera organica e strutturale,

impegna il Governo

a prevedere la proroga al 31 dicembre 2019 delle disposizioni previste dal comma 1136 lettera b) della legge n. 205 del 2017 e ripartire dalle conclusioni del tavolo tecnico presso il MIT del 2017 per una riforma strutturale del settore.
9/1334-AR/143Losacco.


   La Camera,
   per sapere:
    il protocollo d'intesa raggiunto grazie al lavoro dell'allora Ministro Delrio con le associazioni di categoria presso il tavolo tecnico del MIT, con l'obiettivo di ridefinire la Legge Quadro sui servizi pubblici non di linea (taxi e NCC), costituisce una valida base da cui partire per modernizzare un settore importantissimo per la mobilità;
    occorre una logica concertativa finalizzata a superare diffidenze e pregiudizi che ostano una soluzione condivisa per problematiche oggettive che paralizzano un settore invece che in altre realtà risulta essere dinamico e in grado di creare occupazione;
    con il tavolo tecnico presso il MIT del 2017 ed il protocollo d'intesa si è individuato un percorso che prospetta soluzioni importanti per il settore come ad esempio la previsione di una norma transitoria, il passaggio delle competenze per il rilascio dei titoli autorizzativi dai comuni alle regioni, la possibilità di avere più rimesse nel proprio ambito regionale, nonché quella di operare senza rientro nella rimessa in ambito di una stessa giornata lavorativa ed in ambito regionale;
    per ora l'emergenza più avvertita dagli operatori di settore è quella di una proroga termini che consenta di affrontare le problematiche qui riportate in maniera organica e strutturale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere la proroga al 31 dicembre 2019 delle disposizioni previste dal comma 1136 lettera b) della legge n. 205 del 2017 e ripartire dalle conclusioni del tavolo tecnico presso il MIT del 2017 per una riforma strutturale del settore.
9/1334-AR/143. (Testo modificato nel corso della seduta)  Losacco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi da 363 a 366, introducono modifiche all'attuale assetto normativo del CONI di cui all'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2002,mutando la denominazione della società per azioni «CONI Servizi Spa» in «Sport e Salute Spa»; modificando il meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato; ridisegnando la governarne della società di nuovo conio; attribuendo all'Autorità di Governo competente in materia di sport le competenze attualmente spettanti al MIBAC ai sensi della predetta disposizione;
    il riassetto della governance del CONI avrebbe dovuto richiedere una riflessione approfondita con gli organi parlamentari, con gli enti locali e un'interlocuzione con il mondo dello sport e in particolare con i rappresentanti delle federazioni sportive, cui sono iscritti oltre dieci milioni di italiani;
    gli interventi e le spese in materia di Sport registrano l'intenzione del Governo a rinunciare alle politiche di sostegno al settore,

impegna il Governo

a prevedere, al fine di avviare una riforma condivisa,- attraverso opportune iniziative anche normative – un confronto con gli organi parlamentari, con il Comitato olimpico nazionale (CONI), con le federazioni e con gli Enti Locali primi soggetti interessati ai nuovi assetti del settore.
9/1334-AR/144Rossi, Prestipino, Ascani, Piccoli Nardelli, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi da 363 a 366, introducono modifiche all'attuale assetto normativo del CONI di cui all'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2002,mutando la denominazione della società per azioni «CONI Servizi Spa» in «Sport e Salute Spa»; modificando il meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato; ridisegnando la governarne della società di nuovo conio; attribuendo all'Autorità di Governo competente in materia di sport le competenze attualmente spettanti al MIBAC ai sensi della predetta disposizione;
    il riassetto della governance del CONI avrebbe dovuto richiedere una riflessione approfondita con gli organi parlamentari, con gli enti locali e un'interlocuzione con il mondo dello sport e in particolare con i rappresentanti delle federazioni sportive, cui sono iscritti oltre dieci milioni di italiani;
    gli interventi e le spese in materia di Sport registrano l'intenzione del Governo a rinunciare alle politiche di sostegno al settore,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere, al fine di avviare una riforma condivisa,- attraverso opportune iniziative anche normative – un confronto con gli organi parlamentari, con il Comitato olimpico nazionale (CONI), con le federazioni e con gli Enti Locali primi soggetti interessati ai nuovi assetti del settore.
9/1334-AR/144. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rossi, Prestipino, Ascani, Piccoli Nardelli, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, De Menech.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 412 e 413, incrementa il limite di spesa relativo alla dotazione organica dei docenti in misura corrispondente a 2.000 posti aggiuntivi nella scuola primaria, al fine di ampliare le possibilità di tempo pieno nella stessa;
    le modalità per l'incremento del tempo pieno nella scuola primaria devono essere stabilite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza unificata, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge;
    la previsione di posti aggiuntivi non risponde alle reali esigenze e non consente l'estensione del tempo pieno da soddisfare l'intero fabbisogno;
    l'ampliamento del tempo pieno richiede anche la disponibilità di strutture e servizi,

impegna il Governo

a prevedere – al fine di rispondere alle reali esigenze e consentire l'estensione del tempo pieno e soddisfare l'intero fabbisogno – risorse adeguate ad avviare un piano assunzionale di almeno 40 mila posti aggiuntivi e ad estendere la disponibilità delle strutture e dei servizi, necessari all'ampliamento del tempo pieno.
9/1334-AR/145Prestipino, Ascani, Piccoli Nardelli, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 412 e 413, incrementa il limite di spesa relativo alla dotazione organica dei docenti in misura corrispondente a 2.000 posti aggiuntivi nella scuola primaria, al fine di ampliare le possibilità di tempo pieno nella stessa;
    le modalità per l'incremento del tempo pieno nella scuola primaria devono essere stabilite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentita la Conferenza unificata, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge;
    la previsione di posti aggiuntivi non risponde alle reali esigenze e non consente l'estensione del tempo pieno da soddisfare l'intero fabbisogno;
    l'ampliamento del tempo pieno richiede anche la disponibilità di strutture e servizi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere – al fine di rispondere alle reali esigenze e consentire l'estensione del tempo pieno e soddisfare l'intero fabbisogno – risorse adeguate ad avviare un piano assunzionale di almeno 40 mila posti aggiuntivi e ad estendere la disponibilità delle strutture e dei servizi, necessari all'ampliamento del tempo pieno.
9/1334-AR/145. (Testo modificato nel corso della seduta)  Prestipino, Ascani, Piccoli Nardelli, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme a sostegno del settore scolastico si traducono in riduzioni di spesa determinate da importanti modifiche di norme che andranno ad impattare negativamente sul settore;
    tra le misure finalizzate a garantire la continuità didattica sarebbe stato importante prevedere una norma di incremento dell'organico dell'autonomia;
    l'articolo 1, comma 413, si limita a prevedere la dotazione organica dei docenti in misura corrispondente a 2.000 posti aggiuntivi nella scuola primaria,

impegna il Governo

ad avviare – attraverso opportune iniziative anche normative – un piano strutturale di interventi finalizzato a garantire la continuità didattica, incrementando l'organico dell'autonomia, di cui all'articolo 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107.
9/1334-AR/146Ascani, Piccoli Nardelli, Prestipino, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    le norme a sostegno del settore scolastico si traducono in riduzioni di spesa determinate da importanti modifiche di norme che andranno ad impattare negativamente sul settore;
    tra le misure finalizzate a garantire la continuità didattica sarebbe stato importante prevedere una norma di incremento dell'organico dell'autonomia;
    l'articolo 1, comma 413, si limita a prevedere la dotazione organica dei docenti in misura corrispondente a 2.000 posti aggiuntivi nella scuola primaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad avviare – attraverso opportune iniziative anche normative – un piano strutturale di interventi finalizzato a garantire la continuità didattica, incrementando l'organico dell'autonomia, di cui all'articolo 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107.
9/1334-AR/146. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ascani, Piccoli Nardelli, Prestipino, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Franceschini, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 476, del provvedimento in esame, riduce di € 20 milioni lo stanziamento disponibile per il 2019 per la così detta Card cultura per i diciottenni, prevista a partire dal 2016.
    dall'attivazione, 3 novembre 2016, ad oggi, risultano spesi circa 220 milioni di euro in libri, quasi l'80 per cento dei totali 268 milioni di euro spesi in cultura. Un successo per un Paese come il nostro, dove si legge poco;
    inoltre, i ragazzi hanno acquistato musica registrata per il 12,42 per cento: in soli otto mesi, dall'ottobre 2017 a maggio 2018, gli acquisti di musica tramite 18app hanno realizzato consumi per oltre 12 milioni di euro, sensibilizzando così i giovani all'acquisto di contenuti legali sul web e allo stesso tempo stimolandoli all'utilizzo delle nuove tecnologie;
    inoltre, l'articolo 1, comma 477, del provvedimento in esame, prevede risparmi di spesa mediante la riduzione dei crediti d'imposta attribuiti agli esercenti di sale cinematografiche, agli esercenti di attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuano investimenti in editoria e programmi di ristrutturazione economica;
    tali tagli determinano per gli esercenti delle sale cinematografiche una riduzione del credito di imposta di quasi 4 milioni; per i librai di 1,25 milioni (un quarto della dotazione complessiva) e per le imprese produttrici di prodotti editoriali di 375 mila euro;
    i tagli effettuati sono inversioni di marcia rispetto agli ultimi anni, in cui per il patrimonio e le attività culturali sono state stanziate ingenti risorse e sono stati introdotti strumenti innovativi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di rivalutare, attraverso opportune iniziative anche normative, il taglio di 20 milioni della Card Cultura e la riduzione dei crediti d'imposta attribuiti agli esercenti di sale cinematografiche, agli esercenti di attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle imprese produttrici di prodotti editoriali, considerate un indebolimento per il settore della cultura.
9/1334-AR/147Piccoli Nardelli, Ascani, Franceschini, Prestipino, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 476, del provvedimento in esame, riduce di € 20 milioni lo stanziamento disponibile per il 2019 per la così detta Card cultura per i diciottenni, prevista a partire dal 2016.
    dall'attivazione, 3 novembre 2016, ad oggi, risultano spesi circa 220 milioni di euro in libri, quasi l'80 per cento dei totali 268 milioni di euro spesi in cultura. Un successo per un Paese come il nostro, dove si legge poco;
    inoltre, i ragazzi hanno acquistato musica registrata per il 12,42 per cento: in soli otto mesi, dall'ottobre 2017 a maggio 2018, gli acquisti di musica tramite 18app hanno realizzato consumi per oltre 12 milioni di euro, sensibilizzando così i giovani all'acquisto di contenuti legali sul web e allo stesso tempo stimolandoli all'utilizzo delle nuove tecnologie;
    inoltre, l'articolo 1, comma 477, del provvedimento in esame, prevede risparmi di spesa mediante la riduzione dei crediti d'imposta attribuiti agli esercenti di sale cinematografiche, agli esercenti di attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuano investimenti in editoria e programmi di ristrutturazione economica;
    tali tagli determinano per gli esercenti delle sale cinematografiche una riduzione del credito di imposta di quasi 4 milioni; per i librai di 1,25 milioni (un quarto della dotazione complessiva) e per le imprese produttrici di prodotti editoriali di 375 mila euro;
    i tagli effettuati sono inversioni di marcia rispetto agli ultimi anni, in cui per il patrimonio e le attività culturali sono state stanziate ingenti risorse e sono stati introdotti strumenti innovativi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare gli effetti applicativi del provvedimento in esame, al fine di rivalutare, attraverso opportune iniziative anche normative, il taglio di 20 milioni della Card Cultura e la riduzione dei crediti d'imposta attribuiti agli esercenti di sale cinematografiche, agli esercenti di attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle imprese produttrici di prodotti editoriali, considerate un indebolimento per il settore della cultura.
9/1334-AR/147. (Testo modificato nel corso della seduta)  Piccoli Nardelli, Ascani, Franceschini, Prestipino, Anzaldi, Ciampi, Di Giorgi, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto dei limiti delle misure adottate nella manovra per il rafforzamento della ricerca pubblica sia per la mancanza di un investimento adeguato, sia per la mancanza di un quadro programmatico dover collocare interventi che si limitano a tamponare le situazioni più critiche ma che non consentono di utilizzare in maniera coordinata le scarse risorse pubbliche a disposizione dei Ministri;
    ribadito che la programmazione strategica nel settore della ricerca richiede un momento di sintesi e di impulso che deve necessariamente collocarsi a livello Governativo essendo la ricerca un investimento strumentale al perseguimento di quasi tutte le politiche;
    richiamata l'attenzione sulla circostanza che il sistema pubblico della ricerca in Italia è un sistema complesso con 91 università (61 statali e 30 non statali di cui 11 telematiche), 20 enti nazionali di ricerca identificati dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 218 del 2016 vigilati da diversi Ministeri (istruzione, università e ricerca; politiche agricole alimentari e forestali; ambiente e tutela del territorio e del mare; lavoro e politiche sociali; salute e sviluppo economico);
    visto l'articolo 1, comma 97 del disegno di legge inserito tra le misure per la crescita (Titolo 2) nel capo dedicato alle misure per lo sviluppo e gli investimenti, che prevede la costituzione di una struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri denominata «Investitalia» per il supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei ministri relative al coordinamento delle politiche del Governo e dell'indirizzo politico e amministrativo dei Ministri in materia di investimenti pubblici e privati;
    ritenuto che una struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri possa essere costituita a legislazione vigente, anche nelle more di un intervento legislativo organico per aggiornare la legislazione sulla programmazione nazionale della ricerca di cui al decreto legislativo n. 204 del 1998;
    ritenuta strategica la presenza di una struttura temporanea a supporto del Presidente del Consiglio dei Ministri per il coordinamento delle politiche del Governo che destinano risorse per attività di ricerca;
    ritenuto che una struttura di missione potrebbe provvedere a: verificare e valutare gli effetti delle politiche pubbliche nel settore della ricerca e dell'innovazione; individuare le problematiche connesse alla mancata attuazione degli interventi; provvedere all'individuazione e alla ricognizione delle fonti di finanziamento; proporre interventi di particolare rilevanza strategica per il raggiungimento degli obiettivi generali; dare impulso e coordinare le strutture competenti dei Ministeri deputati alla gestione degli interventi di promozione e sostegno per la missione «Ricerca e innovazione»,

impegna il Governo

a istituire nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri di una struttura di missione ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, per assicurare il coordinamento, impulso e attuazione dei programmi affidati ai diversi Ministeri nell'ambito della missione n. 17 «Ricerca e innovazione» o di altre missioni che comportino attività di ricerca scientifica e tecnologica.
9/1334-AR/148Di Giorgi, Ascani, Piccoli Nardelli, Prestipino, Anzaldi, Ciampi, Franceschini, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    preso atto dei limiti delle misure adottate nella manovra per il rafforzamento della ricerca pubblica sia per la mancanza di un investimento adeguato, sia per la mancanza di un quadro programmatico dover collocare interventi che si limitano a tamponare le situazioni più critiche ma che non consentono di utilizzare in maniera coordinata le scarse risorse pubbliche a disposizione dei Ministri;
    ribadito che la programmazione strategica nel settore della ricerca richiede un momento di sintesi e di impulso che deve necessariamente collocarsi a livello Governativo essendo la ricerca un investimento strumentale al perseguimento di quasi tutte le politiche;
    richiamata l'attenzione sulla circostanza che il sistema pubblico della ricerca in Italia è un sistema complesso con 91 università (61 statali e 30 non statali di cui 11 telematiche), 20 enti nazionali di ricerca identificati dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 218 del 2016 vigilati da diversi Ministeri (istruzione, università e ricerca; politiche agricole alimentari e forestali; ambiente e tutela del territorio e del mare; lavoro e politiche sociali; salute e sviluppo economico);
    visto l'articolo 1, comma 97 del disegno di legge inserito tra le misure per la crescita (Titolo 2) nel capo dedicato alle misure per lo sviluppo e gli investimenti, che prevede la costituzione di una struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri denominata «Investitalia» per il supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei ministri relative al coordinamento delle politiche del Governo e dell'indirizzo politico e amministrativo dei Ministri in materia di investimenti pubblici e privati;
    ritenuto che una struttura di missione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri possa essere costituita a legislazione vigente, anche nelle more di un intervento legislativo organico per aggiornare la legislazione sulla programmazione nazionale della ricerca di cui al decreto legislativo n. 204 del 1998;
    ritenuta strategica la presenza di una struttura temporanea a supporto del Presidente del Consiglio dei Ministri per il coordinamento delle politiche del Governo che destinano risorse per attività di ricerca;
    ritenuto che una struttura di missione potrebbe provvedere a: verificare e valutare gli effetti delle politiche pubbliche nel settore della ricerca e dell'innovazione; individuare le problematiche connesse alla mancata attuazione degli interventi; provvedere all'individuazione e alla ricognizione delle fonti di finanziamento; proporre interventi di particolare rilevanza strategica per il raggiungimento degli obiettivi generali; dare impulso e coordinare le strutture competenti dei Ministeri deputati alla gestione degli interventi di promozione e sostegno per la missione «Ricerca e innovazione»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a istituire nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri di una struttura di missione ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, per assicurare il coordinamento, impulso e attuazione dei programmi affidati ai diversi Ministeri nell'ambito della missione n. 17 «Ricerca e innovazione» o di altre missioni che comportino attività di ricerca scientifica e tecnologica.
9/1334-AR/148. (Testo modificato nel corso della seduta)  Di Giorgi, Ascani, Piccoli Nardelli, Prestipino, Anzaldi, Ciampi, Franceschini, Rossi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 204-206, del provvedimento in esame mantiene al cento per cento delle cessazioni le facoltà assunzionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed incrementa la pianta organica della qualifica di vigile del fuoco per complessive 1.500 unità;
    a copertura dei posti, si ricorre in via prioritaria alla graduatoria relativa al concorso pubblico a 814 posti di vigile del fuoco – in procinto di essere esaurita –, e in subordine per il settanta per cento dei posti della graduatoria del concorso pubblico a 250 posti di vigile del fuoco, e per il rimanente trenta per cento mediante ricorso alla graduatoria relativa alla stabilizzazione del personale volontario,

impegna il Governo

a garantire l'esaurimento di entrambe le graduatorie e a dar seguito agli impegni assunti con il personale volontario aventi i requisiti previsti dalla vigente normativa.
9/1334-AR/149Paita.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi 204-206, del provvedimento in esame mantiene al cento per cento delle cessazioni le facoltà assunzionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ed incrementa la pianta organica della qualifica di vigile del fuoco per complessive 1.500 unità;
    a copertura dei posti, si ricorre in via prioritaria alla graduatoria relativa al concorso pubblico a 814 posti di vigile del fuoco – in procinto di essere esaurita –, e in subordine per il settanta per cento dei posti della graduatoria del concorso pubblico a 250 posti di vigile del fuoco, e per il rimanente trenta per cento mediante ricorso alla graduatoria relativa alla stabilizzazione del personale volontario,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a garantire l'esaurimento di entrambe le graduatorie e a dar seguito agli impegni assunti con il personale volontario aventi i requisiti previsti dalla vigente normativa.
9/1334-AR/149. (Testo modificato nel corso della seduta)  Paita.


   La Camera,
   premesso che:
    il Direttore della National Intelligence, degli Stati Uniti, James R. Clapper, ha definito la minaccia cyber «più grande di quella terroristica»;
    solo tra marzo e aprile 2018, l'Italia è stata il quarto bersaglio preferito al mondo per attacchi dei ransomware – un tipo di malware che limita l'accesso del dispositivo che infetta, richiedendo un riscatto da pagare per rimuovere la limitazione;
    più dell'80 per cento di conversione al fanatismo islamico avviene sul web che viene utilizzato anche per il reclutamento degli jihadisti. Uno strumento, quello cibernetico, utilizzato dai terroristi anche a scopo emulativo come si è constatato negli ultimi anni;
    nel primo semestre 2017, il 47 per cento delle imprese italiane ha subito attacchi informatici e secondo una stima del Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza, 1'80 per cento delle aziende italiane è sotto attacco, ma non lo sa;
    uno scenario che si traduce in milioni di euro persi per pagare i riscatti (ransomware) o ripristinare sicurezza ed efficienza dei sistemi informatici infettati, e i danni collaterali relativi a proprietà intellettuale trafugata, infrastrutture pubbliche strategiche minacciate;
    dinanzi ad una minaccia così seria e preoccupante, è decisamente inadeguata la esigua cifra di 1 milione di euro per il triennio, stanziato nel provvedimento in esame, al fine di potenziare le dotazioni strumentali per la difesa cibernetica, soprattutto se confrontati, ad esempio, coi quasi 2,2 miliardi di euro previsti dal governo britannico in cinque anni attraverso la National Cyber Security Strategy 2016 to 2021,

impegna il Governo

a prevedere nel primo provvedimento utile, adeguati stanziamenti per la realizzazione di progetti di cybersecurity proporzionati all'elevato rischio a cui il nostro paese e le nostre aziende, sono esposte.
9/1334-AR/150Cardinale, Pagani, Lotti, Losacco, Carè, De Menech, Rosato, Enrico Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Direttore della National Intelligence, degli Stati Uniti, James R. Clapper, ha definito la minaccia cyber «più grande di quella terroristica»;
    solo tra marzo e aprile 2018, l'Italia è stata il quarto bersaglio preferito al mondo per attacchi dei ransomware – un tipo di malware che limita l'accesso del dispositivo che infetta, richiedendo un riscatto da pagare per rimuovere la limitazione;
    più dell'80 per cento di conversione al fanatismo islamico avviene sul web che viene utilizzato anche per il reclutamento degli jihadisti. Uno strumento, quello cibernetico, utilizzato dai terroristi anche a scopo emulativo come si è constatato negli ultimi anni;
    nel primo semestre 2017, il 47 per cento delle imprese italiane ha subito attacchi informatici e secondo una stima del Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza, 1'80 per cento delle aziende italiane è sotto attacco, ma non lo sa;
    uno scenario che si traduce in milioni di euro persi per pagare i riscatti (ransomware) o ripristinare sicurezza ed efficienza dei sistemi informatici infettati, e i danni collaterali relativi a proprietà intellettuale trafugata, infrastrutture pubbliche strategiche minacciate;
    dinanzi ad una minaccia così seria e preoccupante, è decisamente inadeguata la esigua cifra di 1 milione di euro per il triennio, stanziato nel provvedimento in esame, al fine di potenziare le dotazioni strumentali per la difesa cibernetica, soprattutto se confrontati, ad esempio, coi quasi 2,2 miliardi di euro previsti dal governo britannico in cinque anni attraverso la National Cyber Security Strategy 2016 to 2021,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere nel primo provvedimento utile, adeguati stanziamenti per la realizzazione di progetti di cybersecurity proporzionati all'elevato rischio a cui il nostro paese e le nostre aziende, sono esposte.
9/1334-AR/150. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cardinale, Pagani, Lotti, Losacco, Carè, De Menech, Rosato, Enrico Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    il gruppo aeronautico Piaggio Aerospace, rappresenta un'eccellenza nazionale nell'industria di settore e occupa circa 1.300 lavoratori tra la sede principale e l'indotto. Essa è impegnata sul versante dell'aviazione civile e militare, specializzata nella produzione del velivolo commerciale P. 180 e del velivolo a pilotaggio remoto P.1HH, un drone progettato per scopi militari e per la sorveglianza e la ricognizione aerea, marittima e del territorio;
    il programma dei velivoli a pilotaggio remoto P.1HH e lo sviluppo del drone P.2HH, evoluzione del modello attualmente in produzione, appare strategico, non solo per l'eccellenza della ricerca nostrana in tal campo, ma anche per la sopravvivenza economica dell'azienda stessa e di conseguenza dei suoi lavoratori;
    i dipendenti, attualmente in stato di agitazione, hanno incontrato il Presidente della Regione Liguria e altri rappresentanti delle istituzioni locali e il prossimo 7 dicembre è stato convocato al Ministero dello sviluppo economico il Tavolo sulla vicenda Piaggio Aerospace;
    il via libera al programma pluriennale per la produzione dei droni, che spalmerebbe i finanziamenti sui 15 anni a venire, garantirebbe la sopravvivenza dell'azienda e il mantenimento del livello occupazionale,

impegna il Governo

a prevedere nel primo provvedimento utile, adeguate risorse a sostegno dei programmi pluriennali avviati dalla società Piaggio Aerospace, anche al fine di garantire la sopravvivenza dell'azienda e il livello occupazionale dei 1.300 lavoratori di Villanova d'Albenga.
9/1334-AR/151Pagani, Losacco, Carè, De Menech, Rosato, Lotti, Enrico Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    il gruppo aeronautico Piaggio Aerospace, rappresenta un'eccellenza nazionale nell'industria di settore e occupa circa 1.300 lavoratori tra la sede principale e l'indotto. Essa è impegnata sul versante dell'aviazione civile e militare, specializzata nella produzione del velivolo commerciale P. 180 e del velivolo a pilotaggio remoto P.1HH, un drone progettato per scopi militari e per la sorveglianza e la ricognizione aerea, marittima e del territorio;
    il programma dei velivoli a pilotaggio remoto P.1HH e lo sviluppo del drone P.2HH, evoluzione del modello attualmente in produzione, appare strategico, non solo per l'eccellenza della ricerca nostrana in tal campo, ma anche per la sopravvivenza economica dell'azienda stessa e di conseguenza dei suoi lavoratori;
    i dipendenti, attualmente in stato di agitazione, hanno incontrato il Presidente della Regione Liguria e altri rappresentanti delle istituzioni locali e il prossimo 7 dicembre è stato convocato al Ministero dello sviluppo economico il Tavolo sulla vicenda Piaggio Aerospace;
    il via libera al programma pluriennale per la produzione dei droni, che spalmerebbe i finanziamenti sui 15 anni a venire, garantirebbe la sopravvivenza dell'azienda e il mantenimento del livello occupazionale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere nel primo provvedimento utile, adeguate risorse a sostegno dei programmi pluriennali avviati dalla società Piaggio Aerospace, anche al fine di garantire la sopravvivenza dell'azienda e il livello occupazionale dei 1.300 lavoratori di Villanova d'Albenga.
9/1334-AR/151. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pagani, Losacco, Carè, De Menech, Rosato, Lotti, Enrico Borghi.


   La Camera,
   premesso che:
    la complessa riforma di razionalizzazione delle funzioni di polizia, che ha comportato l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato, in particolare nell'Arma dei Carabinieri, ha presentato alcuni problemi di carattere attuativo che necessitano di interventi legislativi integrativi;
    come anche rilevato dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato, in sede di parere n. 1653/2017, reso sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 177 del 2016, si ravvisa l'esigenza di ulteriori interventi legislativi volti a superare le criticità attuative;
    appare opportuno, dunque, predisporre una misura atta a consentire il passaggio del personale coinvolto dal provvedimento di cui sopra in altre amministrazioni diverse dall'Arma dei Carabinieri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di verificare, nel primo provvedimento utile, la praticabilità di eventuali transiti del personale in servizio nell'Arma dei carabinieri e nel Corpo della Guardia di finanza, già appartenente al disciolto Corpo forestale dello Stato, in altra amministrazione statale, con le salvaguardie adeguate, al fine anche di ottemperare alle considerazioni della Commissione Speciale del Consiglio di Stato.
9/1334-AR/152Enrico Borghi, Losacco, Carè, De Menech, Rosato, Lotti, Pagani.


   La Camera,
   premesso che:
    la complessa riforma di razionalizzazione delle funzioni di polizia, che ha comportato l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato, in particolare nell'Arma dei Carabinieri, ha presentato alcuni problemi di carattere attuativo che necessitano di interventi legislativi integrativi;
    come anche rilevato dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato, in sede di parere n. 1653/2017, reso sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 177 del 2016, si ravvisa l'esigenza di ulteriori interventi legislativi volti a superare le criticità attuative;
    appare opportuno, dunque, predisporre una misura atta a consentire il passaggio del personale coinvolto dal provvedimento di cui sopra in altre amministrazioni diverse dall'Arma dei Carabinieri,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di verificare, nel primo provvedimento utile, la praticabilità di eventuali transiti del personale in servizio nell'Arma dei carabinieri e nel Corpo della Guardia di finanza, già appartenente al disciolto Corpo forestale dello Stato, in altra amministrazione statale, con le salvaguardie adeguate, al fine anche di ottemperare alle considerazioni della Commissione Speciale del Consiglio di Stato.
9/1334-AR/152. (Testo modificato nel corso della seduta)  Enrico Borghi, Losacco, Carè, De Menech, Rosato, Lotti, Pagani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), è nata nel 1945 e ad essa aderiscono 193 Stati del mondo sul totale dei 196 riconosciuti sovrani. È un'organizzazione con importanti successi al suo attivo, e grandi opportunità a venire: oltre a dare un contributo considerevole alla pace e alla sicurezza, è stata fondamentale nel terzo pilastro sul quale poggia tutta l'Organizzazione, lo sviluppo. Inoltre le Nazioni Unite sono da sempre in prima linea per l'emancipazione delle donne, la salvaguardia dell'ambiente, la protezione dei bambini, la riduzione della fame e della povertà, nel combattere malattie e tanto altro ancora, con un approccio di dialogo multilaterale fondamentale e imprescindibile nell'epoca globalizzata nella quale viviamo;
    nel 2015, in una intervista contenuta nel libro II Metodo Salvini, a Domenico Ferrara e Francesco Maria Del Vigo, in merito all'Onu, l'attuale Ministro dell'interno disse: «invece di spenderli qua, i soldi, li spendi là, mettendo alle spalle questi organismi inutili come l'Onu, che non capisco a cosa serva; io toglierei anche la sottoscrizione dell'Italia a questi organismi internazionali, l'Onu è l'ente inutile per eccellenza, costa 16 miliardi, non so quale sia la quota dell'Italia, ma io inizierei a smettere di pagarla»;
    nel testo in esame viene decurtato il contributo italiano all'Onu,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel primo provvedimento utile il rifinanziamento del contributo erogato dall'Italia all'Organizzazione delle Nazioni Unite.
9/1334-AR/153Fassino, Scalfarotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), è nata nel 1945 e ad essa aderiscono 193 Stati del mondo sul totale dei 196 riconosciuti sovrani. È un'organizzazione con importanti successi al suo attivo, e grandi opportunità a venire: oltre a dare un contributo considerevole alla pace e alla sicurezza, è stata fondamentale nel terzo pilastro sul quale poggia tutta l'Organizzazione, lo sviluppo. Inoltre le Nazioni Unite sono da sempre in prima linea per l'emancipazione delle donne, la salvaguardia dell'ambiente, la protezione dei bambini, la riduzione della fame e della povertà, nel combattere malattie e tanto altro ancora, con un approccio di dialogo multilaterale fondamentale e imprescindibile nell'epoca globalizzata nella quale viviamo;
    nel 2015, in una intervista contenuta nel libro II Metodo Salvini, a Domenico Ferrara e Francesco Maria Del Vigo, in merito all'Onu, l'attuale Ministro dell'interno disse: «invece di spenderli qua, i soldi, li spendi là, mettendo alle spalle questi organismi inutili come l'Onu, che non capisco a cosa serva; io toglierei anche la sottoscrizione dell'Italia a questi organismi internazionali, l'Onu è l'ente inutile per eccellenza, costa 16 miliardi, non so quale sia la quota dell'Italia, ma io inizierei a smettere di pagarla»;
    nel testo in esame viene decurtato il contributo italiano all'Onu,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere nel primo provvedimento utile il rifinanziamento del contributo erogato dall'Italia all'Organizzazione delle Nazioni Unite.
9/1334-AR/153. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fassino, Scalfarotto.


   La Camera,
   premesso che:
    la promozione della lingua e della cultura italiane all'estero rappresenta un asset strategico per il Paese nella prospettiva di una sua autorevole proiezione nella sfera globale e di una più organica promozione integrata del Sistema Italia nel mondo;
    essa risponde alla triplice esigenza di assecondare la ricerca di identità che proviene dalle generazioni di italo discendenti, collocate ormai in contesti interculturali, di soddisfare la domanda di apprendimento dell'italiano e della cultura che lo sottende, proveniente da una crescente area di «italsimpatia», di corrispondere ai bisogni formativi dei figli dei protagonisti delle nuove emigrazioni e delle nuove mobilità;
    con la legge 11 dicembre 2016 n. 232, articolo 1, comma 587 (legge di bilancio 2017) è stato istituito il «Fondo per il potenziamento della promozione della lingua e della cultura italiane all'estero», dotato di 150 milioni di euro distribuiti in 4 anni (20 milioni per il 2017, 30 per il 2018 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020;
    il comma 588 dell'articolo 1 della medesima legge ha stabilito le modalità di ripartizione di tale Fondo pluriennale tra il MAECI, il MIUR e il MIBACT, che nel 2019 e nel 2020 potranno usufruire per le loro attività, per ciascuno degli anni indicati, rispettivamente di 36.250.000 euro, 6.750.000 euro e 7.000.000 euro;
    con tali risorse, già nei primi due anni trascorsi, è stato possibile sostenere in modo adeguato l'impegno della Dante Alighieri nel mondo e ristorare una serie di voci di investimento linguistico- culturale che a seguito dei tagli negli anni di risanamento finanziario si erano fortemente ridimensionati, mettendo in crisi attività e soggetti promotori;
    le risorse apportate dal Fondo sono state utilizzate, infatti, oltre che per le attività della Dante Alighieri, per il sostegno agli Istituti di cultura, per l'istituzione e il funzionamento delle cattedre di italianistica in università straniere, per borse di studio, per la promozione all'estero del nostro patrimonio artistico e culturale, per il sostegno delle arti creative, e per vari altri interventi;
    il ridimensionamento o l'interruzione improvvisa di queste attività comporterebbe una grave regressione di iniziative qualificanti e determinerebbe una condizione di minorità del nostro Paese nella concorrenza alla quale è esposto da parte di altri attori linguistici e culturali attivi sulla scena mondiale, oltre ad azzoppare una gamba fondamentale il sistema di promozione del Sistema Italia nel mondo,

impegna il Governo

a considerare con attenzione e disponibilità l'esigenza di dare continuità ai suaccennati interventi, prorogando il finanziamento del Fondo anche nel 2021, che nel bilancio triennale 2019-2021 risulta ancora scoperto.
9/1334-AR/154Schirò, La Marca, Ungaro, Carè.


   La Camera,
   premesso che:
    la promozione della lingua e della cultura italiane all'estero rappresenta un asset strategico per il Paese nella prospettiva di una sua autorevole proiezione nella sfera globale e di una più organica promozione integrata del Sistema Italia nel mondo;
    essa risponde alla triplice esigenza di assecondare la ricerca di identità che proviene dalle generazioni di italo discendenti, collocate ormai in contesti interculturali, di soddisfare la domanda di apprendimento dell'italiano e della cultura che lo sottende, proveniente da una crescente area di «italsimpatia», di corrispondere ai bisogni formativi dei figli dei protagonisti delle nuove emigrazioni e delle nuove mobilità;
    con la legge 11 dicembre 2016 n. 232, articolo 1, comma 587 (legge di bilancio 2017) è stato istituito il «Fondo per il potenziamento della promozione della lingua e della cultura italiane all'estero», dotato di 150 milioni di euro distribuiti in 4 anni (20 milioni per il 2017, 30 per il 2018 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020;
    il comma 588 dell'articolo 1 della medesima legge ha stabilito le modalità di ripartizione di tale Fondo pluriennale tra il MAECI, il MIUR e il MIBACT, che nel 2019 e nel 2020 potranno usufruire per le loro attività, per ciascuno degli anni indicati, rispettivamente di 36.250.000 euro, 6.750.000 euro e 7.000.000 euro;
    con tali risorse, già nei primi due anni trascorsi, è stato possibile sostenere in modo adeguato l'impegno della Dante Alighieri nel mondo e ristorare una serie di voci di investimento linguistico- culturale che a seguito dei tagli negli anni di risanamento finanziario si erano fortemente ridimensionati, mettendo in crisi attività e soggetti promotori;
    le risorse apportate dal Fondo sono state utilizzate, infatti, oltre che per le attività della Dante Alighieri, per il sostegno agli Istituti di cultura, per l'istituzione e il funzionamento delle cattedre di italianistica in università straniere, per borse di studio, per la promozione all'estero del nostro patrimonio artistico e culturale, per il sostegno delle arti creative, e per vari altri interventi;
    il ridimensionamento o l'interruzione improvvisa di queste attività comporterebbe una grave regressione di iniziative qualificanti e determinerebbe una condizione di minorità del nostro Paese nella concorrenza alla quale è esposto da parte di altri attori linguistici e culturali attivi sulla scena mondiale, oltre ad azzoppare una gamba fondamentale il sistema di promozione del Sistema Italia nel mondo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a considerare con attenzione e disponibilità l'esigenza di dare continuità ai suaccennati interventi, prorogando il finanziamento del Fondo anche nel 2021, che nel bilancio triennale 2019-2021 risulta ancora scoperto.
9/1334-AR/154. (Testo modificato nel corso della seduta)  Schirò, La Marca, Ungaro, Carè.


   La Camera,
   premesso che:
    nella precedente legislatura è stato istituito il cosiddetto «Fondo Africa», che prevede interventi straordinari nei Paesi africani prioritari situati sulle rotte migratorie, a favore della cooperazione e del rafforzamento delle capacità di alcuni Stati africani in ambito migratorio, attraverso un approccio integrato nei rapporti del nostro paese con i partner africani interessati;
    l'importanza del Fondo, è tale anche per proseguire l'apprezzabile percorso che l'Italia ha intrapreso negli anni precedenti e che ci ha consentito di riportare l'attenzione della politica italiana sull'Africa, attraverso scambi diplomatici, strumenti di investimenti e anche il Fondo per l'Africa, rafforzando così il binomio della solidarietà e sicurezza;
    il fondo si esaurirà nel 2019 e non sono stati previsti ulteriori rifinanziamenti nel testo in esame;
    entro il 2050 la popolazione del continente africano sarà la più grande e la più giovane del mondo. Il numero di giovani in Africa sarà dieci volte più grande rispetto al numero di giovani nell'Unione Europea. Nell'arco di questo secolo, il raddoppio della popolazione africana sarà determinante per il destino del mondo;
    a tal proposito, nessun governo occidentale, e per di più di frontiera come il nostro, può ignorare il fenomeno demografico dell'Africa, e ciò che ne conseguirà, nelle proprie policy di sicurezza, di cooperazione allo sviluppo, ma anche di opportunità di commercio internazionale e crescita del proprio export,

impegna il Governo

a tenere in considerazione, nei prossimi interventi normativi, la possibilità di prevedere strumenti idonei a governare la complessità del «fenomeno africano», anche attraverso un congruo rifinanziamento del Fondo Africa.
9/1334-AR/155Scalfarotto.


   La Camera,
   premesso che:
    nella precedente legislatura è stato istituito il cosiddetto «Fondo Africa», che prevede interventi straordinari nei Paesi africani prioritari situati sulle rotte migratorie, a favore della cooperazione e del rafforzamento delle capacità di alcuni Stati africani in ambito migratorio, attraverso un approccio integrato nei rapporti del nostro paese con i partner africani interessati;
    l'importanza del Fondo, è tale anche per proseguire l'apprezzabile percorso che l'Italia ha intrapreso negli anni precedenti e che ci ha consentito di riportare l'attenzione della politica italiana sull'Africa, attraverso scambi diplomatici, strumenti di investimenti e anche il Fondo per l'Africa, rafforzando così il binomio della solidarietà e sicurezza;
    il fondo si esaurirà nel 2019 e non sono stati previsti ulteriori rifinanziamenti nel testo in esame;
    entro il 2050 la popolazione del continente africano sarà la più grande e la più giovane del mondo. Il numero di giovani in Africa sarà dieci volte più grande rispetto al numero di giovani nell'Unione Europea. Nell'arco di questo secolo, il raddoppio della popolazione africana sarà determinante per il destino del mondo;
    a tal proposito, nessun governo occidentale, e per di più di frontiera come il nostro, può ignorare il fenomeno demografico dell'Africa, e ciò che ne conseguirà, nelle proprie policy di sicurezza, di cooperazione allo sviluppo, ma anche di opportunità di commercio internazionale e crescita del proprio export,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a tenere in considerazione, nei prossimi interventi normativi, la possibilità di prevedere strumenti idonei a governare la complessità del «fenomeno africano», anche attraverso un congruo rifinanziamento del Fondo Africa.
9/1334-AR/155. (Testo modificato nel corso della seduta)  Scalfarotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività di enti di ricerca in campo internazionalistico deve essere di supporto alle istituzioni del Paese e, per definizione corrispondono ad una visione di tipo plurale in grado di approfondire la conoscenza della politica internazionale, promuovere il dibattito e contribuire alle policy della politica europea ed internazionale;
    la materia era regolata da oltre trenta anni dalla Legge 28 dicembre n. 948, che ha assicurato criteri congrui ed equi atti a garantire non solo il riconoscimento delle alte professionalità operanti nel settore, ma anche la continuità di azione all'opera dei suddetti enti interessati e senza che nessuno abbia mai sollevato dubbi circa l'adeguatezza della suddetta normativa;
    è stato approvato un emendamento con il quale si abroga la legge 948/1982 e si amplia la platea degli aventi diritto al contributo pubblico anche a «organizzazioni non lucrative di utilità sociale»;
    gli stanziamenti per gli enti internazionalistici sono sempre inferiori alla reale esigenza che la maggior parte di questi istituti hanno per poter onorare al meglio il prezioso lavoro dei propri ricercatori, spesso giovani con alti profili, che vengono pagati al di sotto del loro impegno e competenze,

impegna il Governo:
   a valutare l'opportunità di verificare la praticabilità della nuova disposizione anche con i soggetti interessati e, in ogni modo, nell'emanazione dei decreti attuativi, di tenere conto delle salvaguardie presenti nella precedente normativa in materia che tutelavano la serietà e il valore scientifico di questi organismi;
   a valutare l'opportunità di verificare la congruità degli incrementi degli stanziamenti all'uopo finalizzati alla luce dell'ampliamento della platea dei soggetti beneficiari riconosciuti.
9/1334-AR/156Quartapelle Procopio, Scalfarotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività di enti di ricerca in campo internazionalistico deve essere di supporto alle istituzioni del Paese e, per definizione corrispondono ad una visione di tipo plurale in grado di approfondire la conoscenza della politica internazionale, promuovere il dibattito e contribuire alle policy della politica europea ed internazionale;
    la materia era regolata da oltre trenta anni dalla Legge 28 dicembre n. 948, che ha assicurato criteri congrui ed equi atti a garantire non solo il riconoscimento delle alte professionalità operanti nel settore, ma anche la continuità di azione all'opera dei suddetti enti interessati e senza che nessuno abbia mai sollevato dubbi circa l'adeguatezza della suddetta normativa;
    è stato approvato un emendamento con il quale si abroga la legge 948/1982 e si amplia la platea degli aventi diritto al contributo pubblico anche a «organizzazioni non lucrative di utilità sociale»;
    gli stanziamenti per gli enti internazionalistici sono sempre inferiori alla reale esigenza che la maggior parte di questi istituti hanno per poter onorare al meglio il prezioso lavoro dei propri ricercatori, spesso giovani con alti profili, che vengono pagati al di sotto del loro impegno e competenze,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare l'opportunità di verificare la praticabilità della nuova disposizione anche con i soggetti interessati e, in ogni modo, nell'emanazione dei decreti attuativi, di tenere conto delle salvaguardie presenti nella precedente normativa in materia che tutelavano la serietà e il valore scientifico di questi organismi;
   a valutare l'opportunità di verificare la congruità degli incrementi degli stanziamenti all'uopo finalizzati alla luce dell'ampliamento della platea dei soggetti beneficiari riconosciuti.
9/1334-AR/156. (Testo modificato nel corso della seduta)  Quartapelle Procopio, Scalfarotto.


   La Camera,
   premesso che:
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE) riconosciute dallo Stato italiano sono 77, operanti in 55 Paesi del mondo; associano, su base volontaria, 20.000 imprese, sviluppando annualmente più di 300 mila contatti di affari;
    le CCIE sono connesse «a rete» in un sistema di promozione, radicato sui territori esteri, che costituisce un punto di riferimento per le comunità di affari italo-locali e un supporto di servizio alle piccole e medie imprese italiane;
    le CCIE, ai sensi delle leggi n. 518 del 10 luglio 1970 e n. 549 del 1995, sono destinatarie annualmente di un cofinanziamento sul valore dei programmi di promozione realizzati, nell'ambito delle disponibilità di cui alla tabella 3 — Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, al cap. 2501;
    ogni anno viene effettuata la ripartizione delle disponibilità sul capitolo sulla base del valore dei programmi presentati allo stesso Ministro dello sviluppo economico, che nel 2018, sulla base di un percorso seguito negli anni precedenti, ha riguardato il 100 per cento dei fondi disponibili sul cap. 2501, pur rimanendo largamente insufficiente a cofinanziare le spese sostenute dalle CCIE;
    sulla base delle percentuali di contribuzione degli scorsi anni, la contribuzione pubblica a favore delle CCIE si è collocata, in media, a meno del 30 per cento della spesa rendicontata, rispetto alla previsione normativa di un massimo del 50 per cento;
    tali organismi hanno visto, in sei anni, ridurre sensibilmente il cofinanziamento pubblico, mettendo a repentaglio la continuità di servizio, la capacità di rappresentanza degli interessi imprenditoriali all'estero, nonché l'attivo supporto ai processi d'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane;
    nell'anno 2018 il Ministero dello sviluppo economico ha ricevuto programmi di attività delle Camere per una spesa prevista superiore a 36 milioni di euro,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di destinare le risorse assegnate al Programma 3.2 di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e alla promozione del made in Italy al supporto delle attività delle Camere di commercio italiane all'estero assicurando alle stesse, in sede di ripartizione del capitolo 2501, un contributo comunque non inferiore al 95 per cento della dotazione globale del capitolo, per realizzare un più adeguato cofinanziamento della spesa sui programmi promozionali già realizzati nell'anno 2018 con risorse proprie.
9/1334-AR/157Carè, Ungaro, Schirò, La Marca.


   La Camera,
   premesso che:
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE) riconosciute dallo Stato italiano sono 77, operanti in 55 Paesi del mondo; associano, su base volontaria, 20.000 imprese, sviluppando annualmente più di 300 mila contatti di affari;
    le CCIE sono connesse «a rete» in un sistema di promozione, radicato sui territori esteri, che costituisce un punto di riferimento per le comunità di affari italo-locali e un supporto di servizio alle piccole e medie imprese italiane;
    le CCIE, ai sensi delle leggi n. 518 del 10 luglio 1970 e n. 549 del 1995, sono destinatarie annualmente di un cofinanziamento sul valore dei programmi di promozione realizzati, nell'ambito delle disponibilità di cui alla tabella 3 — Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, al cap. 2501;
    ogni anno viene effettuata la ripartizione delle disponibilità sul capitolo sulla base del valore dei programmi presentati allo stesso Ministro dello sviluppo economico, che nel 2018, sulla base di un percorso seguito negli anni precedenti, ha riguardato il 100 per cento dei fondi disponibili sul cap. 2501, pur rimanendo largamente insufficiente a cofinanziare le spese sostenute dalle CCIE;
    sulla base delle percentuali di contribuzione degli scorsi anni, la contribuzione pubblica a favore delle CCIE si è collocata, in media, a meno del 30 per cento della spesa rendicontata, rispetto alla previsione normativa di un massimo del 50 per cento;
    tali organismi hanno visto, in sei anni, ridurre sensibilmente il cofinanziamento pubblico, mettendo a repentaglio la continuità di servizio, la capacità di rappresentanza degli interessi imprenditoriali all'estero, nonché l'attivo supporto ai processi d'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane;
    nell'anno 2018 il Ministero dello sviluppo economico ha ricevuto programmi di attività delle Camere per una spesa prevista superiore a 36 milioni di euro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a considerare l'opportunità di destinare le risorse assegnate al Programma 3.2 di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e alla promozione del made in Italy al supporto delle attività delle Camere di commercio italiane all'estero assicurando alle stesse, in sede di ripartizione del capitolo 2501, un contributo comunque non inferiore al 95 per cento della dotazione globale del capitolo, per realizzare un più adeguato cofinanziamento della spesa sui programmi promozionali già realizzati nell'anno 2018 con risorse proprie.
9/1334-AR/157. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carè, Ungaro, Schirò, La Marca.


   La Camera,
   premesso che:
    i consolati onorari hanno avuto un costante e proficuo ruolo di supporto delle attività consolari destinate ai connazionali residenti all'estero, soprattutto nei Paesi nei quali le grandi estensioni geografiche rendono particolarmente difficili e onerosi i contatti diretti con le ordinarie strutture consolari;
    la funzione di tali strutture di supporto si è resa ancor più necessaria a seguito della chiusura negli anni scorsi di oltre cinquanta sedi consolari e del blocco del turnover del personale del MAECI, che ha determinato il ridimensionamento di circa un terzo dell'organico disponibile;
    a fronte di tali accresciute e obiettive difficoltà, la domanda di servizi da parte dei nostri connazionali all'estero è aumentata progressivamente, sia a seguito dell'incremento dei flussi in uscita dall'Italia che del balzo della richiesta di alcune prestazioni, ad esempio la concessione e il rinnovo dei passaporti;
    l'attività dei Consoli e dei Vice Consoli onorari è prestata a titolo gratuito e comporta non solo una notevole disponibilità di tempo ma anche un impegno di sistemazione logistica e organizzativa;
    nel bilancio del MAECI queste accresciute responsabilità dei consoli e Vice Consoli onorari non hanno trovato finora un'eco adeguata, tant’è che il capitolo 1284 del programma Rappresentanza all'estero e servizi ai cittadini e alle imprese, destinato al sostegno delle loro attività, non raggiunge la dote di 200.000 euro per tutto il mondo, una cifra veramente irrisoria;
    la rete dei consolati onorari, in più, è continuamente erosa dall'applicazione della norma, ormai anacronistica, compresa nel Capo III della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari, ripresa dalla Circolare del Ministero degli Affari Esteri n. 3 del 16 luglio 2010, che prevede la cessazione dalle funzioni al compimento del settantesimo anno di età, mentre tali funzioni — di natura gratuita – in realtà possono essere più facilmente assunte ed assolte proprio quando gli impegni professionali e di lavoro diventano meno stringenti,

impegna il Governo:

   a considerare l'opportunità di rendere la dotazione del capitolo 1284 del bilancio del MAECI più adeguato alle obiettive necessità di funzionamento dei consolati onorari e alle esigenze di collaborazione con le ordinarie strutture consolari;
   di farsi promotore della modifica della norma che impone la cessazione dalle funzioni al settantesimo anno di età, spostando tale termine a 75 anni.
9/1334-AR/158La Marca, Carè, Schirò, Ungaro.


   La Camera,
   premesso che:
    i consolati onorari hanno avuto un costante e proficuo ruolo di supporto delle attività consolari destinate ai connazionali residenti all'estero, soprattutto nei Paesi nei quali le grandi estensioni geografiche rendono particolarmente difficili e onerosi i contatti diretti con le ordinarie strutture consolari;
    la funzione di tali strutture di supporto si è resa ancor più necessaria a seguito della chiusura negli anni scorsi di oltre cinquanta sedi consolari e del blocco del turnover del personale del MAECI, che ha determinato il ridimensionamento di circa un terzo dell'organico disponibile;
    a fronte di tali accresciute e obiettive difficoltà, la domanda di servizi da parte dei nostri connazionali all'estero è aumentata progressivamente, sia a seguito dell'incremento dei flussi in uscita dall'Italia che del balzo della richiesta di alcune prestazioni, ad esempio la concessione e il rinnovo dei passaporti;
    l'attività dei Consoli e dei Vice Consoli onorari è prestata a titolo gratuito e comporta non solo una notevole disponibilità di tempo ma anche un impegno di sistemazione logistica e organizzativa;
    nel bilancio del MAECI queste accresciute responsabilità dei consoli e Vice Consoli onorari non hanno trovato finora un'eco adeguata, tant’è che il capitolo 1284 del programma Rappresentanza all'estero e servizi ai cittadini e alle imprese, destinato al sostegno delle loro attività, non raggiunge la dote di 200.000 euro per tutto il mondo, una cifra veramente irrisoria;
    la rete dei consolati onorari, in più, è continuamente erosa dall'applicazione della norma, ormai anacronistica, compresa nel Capo III della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari, ripresa dalla Circolare del Ministero degli Affari Esteri n. 3 del 16 luglio 2010, che prevede la cessazione dalle funzioni al compimento del settantesimo anno di età, mentre tali funzioni — di natura gratuita – in realtà possono essere più facilmente assunte ed assolte proprio quando gli impegni professionali e di lavoro diventano meno stringenti,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a considerare l'opportunità di rendere la dotazione del capitolo 1284 del bilancio del MAECI più adeguato alle obiettive necessità di funzionamento dei consolati onorari e alle esigenze di collaborazione con le ordinarie strutture consolari;
   di farsi promotore della modifica della norma che impone la cessazione dalle funzioni al settantesimo anno di età, spostando tale termine a 75 anni.
9/1334-AR/158. (Testo modificato nel corso della seduta)  La Marca, Carè, Schirò, Ungaro.


   La Camera,
   premesso che:
    esprimiamo particolare preoccupazione per il serio calo di interesse e attenzione del governo per le politiche di cooperazione internazionale allo sviluppo;
    in materia di aiuto pubblico allo sviluppo (APS), la progressione dell'Aps negli ultimi anni, è passata da un rapporto Aps/Pil pari allo 0,19 per cento nel 2014, allo 0,22 nel 2015, allo 0,27 nel 2016, fino quasi a raggiungere lo 0,30 per cento nel 2017 (0,295 per cento), con l'impegno di allinearsi alla media europea pari allo 0,50 per cento del Pil, rendendo così raggiungibile l'obiettivo dello 0,7 per cento secondo gli impegni assunti con l'Agenda 2030. Nella Nota di aggiornamento del Def, approvata dal Consiglio dei ministri il 27 settembre scorso, era stata confermata, nel Focus «Aiuto pubblico allo sviluppo», «l'esigenza di continuare ad assicurare adeguati e graduali incrementi delle risorse destinate alle attività di cooperazione allo sviluppo» e «l'impegno del governo volto a perseguire il percorso di adeguamento stabilendo, per il triennio 2019-2021, i seguenti obiettivi di spesa intermedi: 0,33 per cento del Rnl nel 2019, 0,36 per cento nel 2020 e 0,40 per cento nel 2021»;
    le promesse annunciate nel DEF sono state tradite dal disegno di Legge di bilancio, dove difatti lo stanziamento previsto per l'Aps è pari a solo 5,077 miliardi a fronte di circa 5,8 per il 2018 previsti nella Nota di aggiornamento al DEF e comunque inferiori ai 5,277 miliardi necessari per mantenere l'attuale livello dello 0,30 del Pil;
    inoltre, non vengono incrementati per il triennio neanche gli stanziamenti per le politiche dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) che rappresenta lo strumento per ampliare e qualificare in particolare la cooperazione bilaterale dell'Italia, ma solo quelle riguardanti il personale della suddetta Agenzia;
    fermo restando che la cooperazione allo sviluppo rimane per noi un investimento necessario, in un contesto geopolitico complesso e fragile come quello che ci troviamo a vivere, per il futuro delle relazioni politiche ed economiche del nostro paese, per mantenere e garantire il peso politico e di indirizzo necessario per contare a livello internazionale; uno strumento imprescindibile per affrontare e governare, in modo integrato, ad esempio, anche il tema dei movimenti migratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel primo provvedimento utile un sostegno adeguato alle politiche di aiuto pubblico allo sviluppo.
9/1334-AR/159De Maria, Scalfarotto.


   La Camera,
   premesso che:
    esprimiamo particolare preoccupazione per il serio calo di interesse e attenzione del governo per le politiche di cooperazione internazionale allo sviluppo;
    in materia di aiuto pubblico allo sviluppo (APS), la progressione dell'Aps negli ultimi anni, è passata da un rapporto Aps/Pil pari allo 0,19 per cento nel 2014, allo 0,22 nel 2015, allo 0,27 nel 2016, fino quasi a raggiungere lo 0,30 per cento nel 2017 (0,295 per cento), con l'impegno di allinearsi alla media europea pari allo 0,50 per cento del Pil, rendendo così raggiungibile l'obiettivo dello 0,7 per cento secondo gli impegni assunti con l'Agenda 2030. Nella Nota di aggiornamento del Def, approvata dal Consiglio dei ministri il 27 settembre scorso, era stata confermata, nel Focus «Aiuto pubblico allo sviluppo», «l'esigenza di continuare ad assicurare adeguati e graduali incrementi delle risorse destinate alle attività di cooperazione allo sviluppo» e «l'impegno del governo volto a perseguire il percorso di adeguamento stabilendo, per il triennio 2019-2021, i seguenti obiettivi di spesa intermedi: 0,33 per cento del Rnl nel 2019, 0,36 per cento nel 2020 e 0,40 per cento nel 2021»;
    le promesse annunciate nel DEF sono state tradite dal disegno di Legge di bilancio, dove difatti lo stanziamento previsto per l'Aps è pari a solo 5,077 miliardi a fronte di circa 5,8 per il 2018 previsti nella Nota di aggiornamento al DEF e comunque inferiori ai 5,277 miliardi necessari per mantenere l'attuale livello dello 0,30 del Pil;
    inoltre, non vengono incrementati per il triennio neanche gli stanziamenti per le politiche dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) che rappresenta lo strumento per ampliare e qualificare in particolare la cooperazione bilaterale dell'Italia, ma solo quelle riguardanti il personale della suddetta Agenzia;
    fermo restando che la cooperazione allo sviluppo rimane per noi un investimento necessario, in un contesto geopolitico complesso e fragile come quello che ci troviamo a vivere, per il futuro delle relazioni politiche ed economiche del nostro paese, per mantenere e garantire il peso politico e di indirizzo necessario per contare a livello internazionale; uno strumento imprescindibile per affrontare e governare, in modo integrato, ad esempio, anche il tema dei movimenti migratori,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere nel primo provvedimento utile un sostegno adeguato alle politiche di aiuto pubblico allo sviluppo.
9/1334-AR/159. (Testo modificato nel corso della seduta)  De Maria, Scalfarotto.


   La Camera,
   premesso che:
    recenti statistiche, confermate anche dall'ISTAT, riportano che dal 2010 l'emigrazione dall'Italia è in un costante aumento;
    le registrazioni di italiani all'estero sono passate da 3,1 milioni nel 2006 a oltre 5 milioni nel 2018, secondo i dati dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), per altro inferiori a quelli rilevati a livello consolare. Più della metà hanno compiuto un'effettiva esperienza migratoria rispetto a quanti hanno acquisito la cittadinanza all'estero per discendenza;
    la maggior parte dei migranti italiani si dirige in altri paesi europei, principalmente in Gran Bretagna, Germania, Francia e Svizzera;
    il costante incremento dei flussi in uscita e la diversificazione sociale, culturale e professionale di coloro che ne sono protagonisti inducono a inquadrare il fenomeno nei termini di una vera e propria «nuova emigrazione», al cui interno si manifestano possibilità occupazionali e prospettive di tutela dei diritti molto differenziate;
    la migrazione di persone altamente qualificate, per altro, è un fenomeno significativo e tende a crescere, stando ai dati che segnalano il possesso di una laurea o di un titolo post-laurea da parte della metà dei giovani che lasciano il Mezzogiorno (SVIMEZ). Tra gennaio a dicembre 2017 si sono iscritti all'Aire, quasi 243 mila connazionali. Il 37,4 per cento di chi parte (cioè quasi 48 mila persone) ha tra i 18 e i 34 anni. Non sempre, per loro, emigrare significa migliorare, soprattutto se le identità sono ancora in formazione. Inoltre, secondo un recente sondaggio, il 34 per cento degli under 35 anni in Italia si dice disposto a cambiare nazione per trovare un impiego e un 22 per cento è convinto che il proprio futuro sarà all'estero, anche se una ridotta minoranza (14 per cento) ha già avuto esperienze lavorative in un'altra nazione;
    un caso emblematico è rappresentato dalla capitale britannica, Londra, dove vivono 250 mila italiani. Potrebbe essere una tra le più popolose città italiane dopo Roma, Milano, Napoli e Torino. In Europa, Londra è la metropoli estera con il maggior numero di italiani e nel mondo è seconda solo a Buenos Aires (290 mila italiani),

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    introdurre nei «Centri per l'impiego» nazionali, anche un servizio di informazione e orientamento sulle possibilità di occupazione all'estero, sui trattamenti salariali e sulle coperture previdenziali nei diversi Paesi;
    prevedere in un portale online dedicato agli italiani all'estero, un capitolo relativo alle offerte di lavoro qualificato proponendo tabelle di confronto tra le caratteristiche sociali ed economiche del paese scelto e l'Italia, in un'ottica di circolarità dell'esperienza formativa e professionale all'estero;
    prevedere nell'ambito dei «Piani Paese» richiamati dal Decreto n. 64 del 2017 il potenziamento dell'offerta educativa in italiano all'estero nel quadro di una formazione interculturale, con particolare riferimento ai figli degli espatriati e al loro inserimento nei sistemi scolastici locali che prevedano percorsi di integrazione per la lingua e la cultura italiana, nonché una programmazione culturale degli Istituti di cultura capace di soddisfare le esigenze multidisciplinari dei nuovi arrivati;
    estendere le agevolazioni fiscali sull'imponibile attualmente concesse a docenti, ricercatori, laureati e lavoratori specializzati che rientrano in Italia anche ai lavoratori dipendenti ed autonomi finora esclusi purché siano stati iscritti all'AIRE per almeno 2 anni e rientrino in Italia in maniera permanente;
    consentire, per tramite di adeguati strumenti normativi, ai cittadini italiani i quali lavorano e vivono all'estero, sebbene non iscritti all'Aire e con residenza fiscale in Italia, di detrarre le imposte versate all'estero dall'imponibile in Italia (senza rischiare la doppia imposizione fiscale ma pagando solo sanzioni amministrative) anche in caso di omessa presentazione in Italia della dichiarazione, o di omessa indicazione, dei redditi prodotti e già tassati all'estero;
    rinegoziare le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali stipulate dall'Italia che prevedono la tassazione concorrente, o doppia imposizione, sulle pensioni o sui redditi dei lavoratori;
    prevedere la stipula di accordi bilaterali sull'assistenza sanitaria basati sulla reciprocità con i Paesi extracomunitari di emigrazione italiana al fine di garantire la copertura sanitaria ai nostri connazionali i quali si recano all'estero per lavoro, turismo o studio e agli emigrati iscritti all'AIRE che rientrano in Italia per brevi periodi, senza dover ricorrere all'acquisto di polizze assicurative spesso molto onerose;
    istituire un tavolo tecnico che veda la presenza dei rappresentanti dei Ministeri competenti, dell'Inps e dei patronati nazionali con il preciso compito di monitorare lo stato delle convenzioni di sicurezza sociale vigenti, di verificare la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel nostro sistema previdenziale e la eventuale conseguente necessità di rinegoziazione;
    verificare inoltre, a fronte dell'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici — sia in uscita che in ingresso in Italia – la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale, completando il quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali, e aggiornare quelli in vigore, a garanzia di una più adeguata ed efficace tutela previdenziale.
9/1334-AR/160Ungaro, Schirò, Carè, La Marca.


   La Camera,
   premesso che:
    recenti statistiche, confermate anche dall'ISTAT, riportano che dal 2010 l'emigrazione dall'Italia è in un costante aumento;
    le registrazioni di italiani all'estero sono passate da 3,1 milioni nel 2006 a oltre 5 milioni nel 2018, secondo i dati dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), per altro inferiori a quelli rilevati a livello consolare. Più della metà hanno compiuto un'effettiva esperienza migratoria rispetto a quanti hanno acquisito la cittadinanza all'estero per discendenza;
    la maggior parte dei migranti italiani si dirige in altri paesi europei, principalmente in Gran Bretagna, Germania, Francia e Svizzera;
    il costante incremento dei flussi in uscita e la diversificazione sociale, culturale e professionale di coloro che ne sono protagonisti inducono a inquadrare il fenomeno nei termini di una vera e propria «nuova emigrazione», al cui interno si manifestano possibilità occupazionali e prospettive di tutela dei diritti molto differenziate;
    la migrazione di persone altamente qualificate, per altro, è un fenomeno significativo e tende a crescere, stando ai dati che segnalano il possesso di una laurea o di un titolo post-laurea da parte della metà dei giovani che lasciano il Mezzogiorno (SVIMEZ). Tra gennaio a dicembre 2017 si sono iscritti all'Aire, quasi 243 mila connazionali. Il 37,4 per cento di chi parte (cioè quasi 48 mila persone) ha tra i 18 e i 34 anni. Non sempre, per loro, emigrare significa migliorare, soprattutto se le identità sono ancora in formazione. Inoltre, secondo un recente sondaggio, il 34 per cento degli under 35 anni in Italia si dice disposto a cambiare nazione per trovare un impiego e un 22 per cento è convinto che il proprio futuro sarà all'estero, anche se una ridotta minoranza (14 per cento) ha già avuto esperienze lavorative in un'altra nazione;
    un caso emblematico è rappresentato dalla capitale britannica, Londra, dove vivono 250 mila italiani. Potrebbe essere una tra le più popolose città italiane dopo Roma, Milano, Napoli e Torino. In Europa, Londra è la metropoli estera con il maggior numero di italiani e nel mondo è seconda solo a Buenos Aires (290 mila italiani),

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di:
    introdurre nei «Centri per l'impiego» nazionali, anche un servizio di informazione e orientamento sulle possibilità di occupazione all'estero, sui trattamenti salariali e sulle coperture previdenziali nei diversi Paesi;
    prevedere in un portale online dedicato agli italiani all'estero, un capitolo relativo alle offerte di lavoro qualificato proponendo tabelle di confronto tra le caratteristiche sociali ed economiche del paese scelto e l'Italia, in un'ottica di circolarità dell'esperienza formativa e professionale all'estero;
    prevedere nell'ambito dei «Piani Paese» richiamati dal Decreto n. 64 del 2017 il potenziamento dell'offerta educativa in italiano all'estero nel quadro di una formazione interculturale, con particolare riferimento ai figli degli espatriati e al loro inserimento nei sistemi scolastici locali che prevedano percorsi di integrazione per la lingua e la cultura italiana, nonché una programmazione culturale degli Istituti di cultura capace di soddisfare le esigenze multidisciplinari dei nuovi arrivati;
    estendere le agevolazioni fiscali sull'imponibile attualmente concesse a docenti, ricercatori, laureati e lavoratori specializzati che rientrano in Italia anche ai lavoratori dipendenti ed autonomi finora esclusi purché siano stati iscritti all'AIRE per almeno 2 anni e rientrino in Italia in maniera permanente;
    consentire, per tramite di adeguati strumenti normativi, ai cittadini italiani i quali lavorano e vivono all'estero, sebbene non iscritti all'Aire e con residenza fiscale in Italia, di detrarre le imposte versate all'estero dall'imponibile in Italia (senza rischiare la doppia imposizione fiscale ma pagando solo sanzioni amministrative) anche in caso di omessa presentazione in Italia della dichiarazione, o di omessa indicazione, dei redditi prodotti e già tassati all'estero;
    rinegoziare le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali stipulate dall'Italia che prevedono la tassazione concorrente, o doppia imposizione, sulle pensioni o sui redditi dei lavoratori;
    prevedere la stipula di accordi bilaterali sull'assistenza sanitaria basati sulla reciprocità con i Paesi extracomunitari di emigrazione italiana al fine di garantire la copertura sanitaria ai nostri connazionali i quali si recano all'estero per lavoro, turismo o studio e agli emigrati iscritti all'AIRE che rientrano in Italia per brevi periodi, senza dover ricorrere all'acquisto di polizze assicurative spesso molto onerose;
    istituire un tavolo tecnico che veda la presenza dei rappresentanti dei Ministeri competenti, dell'Inps e dei patronati nazionali con il preciso compito di monitorare lo stato delle convenzioni di sicurezza sociale vigenti, di verificare la loro compatibilità con le modifiche intervenute nel nostro sistema previdenziale e la eventuale conseguente necessità di rinegoziazione;
    verificare inoltre, a fronte dell'aumentata mobilità internazionale di lavoratori e lavoratrici — sia in uscita che in ingresso in Italia – la necessità di stipulare nuovi accordi bilaterali di sicurezza sociale, completando il quadro giuridico di salvaguardia dei diritti sociali, e aggiornare quelli in vigore, a garanzia di una più adeguata ed efficace tutela previdenziale.
9/1334-AR/160. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ungaro, Schirò, Carè, La Marca.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione collegata al presente disegno di legge, il Governo afferma di voler adottare misure di sostegno al reddito delle persone in difficoltà e di contrasto alla diseguaglianza e all'esclusione sociale;
    in materia di sostegno al reddito, e più specificamente di ammortizzatori sociali, il provvedimento in oggetto prevede una sola disposizione, contenuta nel comma 148, finalizzata alla proroga dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità, anche in deroga, riguardanti i lavoratori dipendenti da aziende operanti nelle aree di crisi industriale complessa;
    l'obiettivo della salvaguardia del reddito dei lavoratori, coniugata al rafforzamento della struttura produttiva del sistema imprenditoriale italiano, è stato al centro delle politiche adottate dai governi a guida PD nella scorsa legislatura e deve rappresentare un tema fondamentale anche per l'Esecutivo in carica;
    a tale proposito, appare emblematico il caso riguardante la Italcementi, azienda leader nel settore dei materiali per le costruzioni, dal 2016 di proprietà della Heidelberg Cement Group, oggetto di un lungo e severo piano di riorganizzazione aziendale, i cui sviluppi sono stati seguiti con attenzione dai precedenti governi che hanno operato, al fine di tutelarne il tessuto occupazionale nella complessa fase di transizione da un assetto proprietario all'altro, anche mediante l'introduzione di specifiche norme volte a estendere le disposizioni in materia di CIGS oltre i limiti stabiliti dalla disciplina vigente;
    la vicenda riguardante la sostenibilità produttiva e occupazionale degli stabilimenti del gruppo Italcementi continua tuttavia a destare una giustificata preoccupazione tra i lavoratori e nei territori interessati; tra questi, le principali ricadute negative coinvolgono i siti lombardi e, più in particolare, quelli bergamaschi;
    se non adeguatamente monitorato e supportato dall'attuale Governo, il processo di riorganizzazione industriale della Italcementi rischia di provocare centinaia di licenziamenti e uno strutturale indebolimento produttivo dei predetti territori,

impegna il Governo

ad adoperarsi al fine di sostenere la tutela occupazionale dei dipendenti della Italcementi, favorendo un accordo tra le parti, utile al riconoscimento del rinnovo degli ammortizzatori sociali, unico strumento in grado di salvaguardarne il posto di lavoro e il reddito degli interessati nel corso della complessa fase di riorganizzazione aziendale.
9/1334-AR/161Martina, Carnevali, De Luca.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione collegata al presente disegno di legge, il Governo afferma di voler adottare misure di sostegno al reddito delle persone in difficoltà e di contrasto alla diseguaglianza e all'esclusione sociale;
    in materia di sostegno al reddito, e più specificamente di ammortizzatori sociali, il provvedimento in oggetto prevede una sola disposizione, contenuta nel comma 148, finalizzata alla proroga dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità, anche in deroga, riguardanti i lavoratori dipendenti da aziende operanti nelle aree di crisi industriale complessa;
    l'obiettivo della salvaguardia del reddito dei lavoratori, coniugata al rafforzamento della struttura produttiva del sistema imprenditoriale italiano, è stato al centro delle politiche adottate dai governi a guida PD nella scorsa legislatura e deve rappresentare un tema fondamentale anche per l'Esecutivo in carica;
    a tale proposito, appare emblematico il caso riguardante la Italcementi, azienda leader nel settore dei materiali per le costruzioni, dal 2016 di proprietà della Heidelberg Cement Group, oggetto di un lungo e severo piano di riorganizzazione aziendale, i cui sviluppi sono stati seguiti con attenzione dai precedenti governi che hanno operato, al fine di tutelarne il tessuto occupazionale nella complessa fase di transizione da un assetto proprietario all'altro, anche mediante l'introduzione di specifiche norme volte a estendere le disposizioni in materia di CIGS oltre i limiti stabiliti dalla disciplina vigente;
    la vicenda riguardante la sostenibilità produttiva e occupazionale degli stabilimenti del gruppo Italcementi continua tuttavia a destare una giustificata preoccupazione tra i lavoratori e nei territori interessati; tra questi, le principali ricadute negative coinvolgono i siti lombardi e, più in particolare, quelli bergamaschi;
    se non adeguatamente monitorato e supportato dall'attuale Governo, il processo di riorganizzazione industriale della Italcementi rischia di provocare centinaia di licenziamenti e uno strutturale indebolimento produttivo dei predetti territori,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adoperarsi al fine di sostenere la tutela occupazionale dei dipendenti della Italcementi, favorendo un accordo tra le parti, utile al riconoscimento del rinnovo degli ammortizzatori sociali, unico strumento in grado di salvaguardarne il posto di lavoro e il reddito degli interessati nel corso della complessa fase di riorganizzazione aziendale.
9/1334-AR/161. (Testo modificato nel corso della seduta)  Martina, Carnevali, De Luca.


   La Camera,
   premesso che:
    la gravissima congiuntura economico-finanziaria in cui versava il Paese, indusse l'allora Governo Monti a varare una ingente manovra finanziaria incentrata, tra l'altro, su una drastica operazione di innalzamento dell'età pensionistica e sull'abolizione delle pensioni di anzianità. Una decisione che, sin dal suo esordio, evidenziò notevoli problemi attuativi su numerosi processi di ristrutturazioni aziendali e sui percorsi di vita lavorativa costruiti sul previgente regime pensionistico;
    già in fase di conversione del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, con appositi ordini del giorno, fu segnalata l'esigenza di individuare specifiche soluzioni normative volte a dare una ragionevole e tempestiva risposta ai tanti lavoratori che si sarebbero trovati, a seguito dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni, senza occupazione, senza ammortizzatori sociali e senza trattamento pensionistico. Un tema che ha visto un lungo e complesso lavoro normativo per risolvere il fenomeno degli esodati, creato dalla riforma Fornero;
    tale impegno ha portato al varo di ben otto salvaguardie che hanno interessato complessivamente poco più di 142.000 lavoratori che si sono visti accolta la richiesta di pensionamento sulla base delle regole previgenti il citato decreto-legge 201/2011;
    nonostante lo sforzo per la riduzione del danno, non si è riusciti a concludere definitivamente il processo di salvaguardia di tutti i soggetti interessati;
    anche la sinora solo ipotizzata intenzione di reintrodurre il meccanismo delle quote, fissandone la soglia al valore di 100, potrebbe non costituire la soluzione per coloro che sono rimasti esclusi dalle otto salvaguardie ad oggi adottate, pertanto appare necessario procedere alla formulazione della nona salvaguardia, previo confronto con le organizzazioni sindacali e con i comitati di rappresentanza degli esodati,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di propria competenza, e previo un approfondito confronto con le organizzazioni sindacali ed i comitati di rappresentanza dei lavoratori esodati, urgenti e circostanziate misure per la salvaguardia definitiva dei lavoratori che, pure a parità di condizione sostanziale con chi ne ha già beneficiato, ancora risultano esclusi dalle procedure per l'accesso al trattamento pensionistico con le regole previgenti la riforma introdotta dal citato decreto-legge 201/2011.
9/1334-AR/162Zan, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    la gravissima congiuntura economico-finanziaria in cui versava il Paese, indusse l'allora Governo Monti a varare una ingente manovra finanziaria incentrata, tra l'altro, su una drastica operazione di innalzamento dell'età pensionistica e sull'abolizione delle pensioni di anzianità. Una decisione che, sin dal suo esordio, evidenziò notevoli problemi attuativi su numerosi processi di ristrutturazioni aziendali e sui percorsi di vita lavorativa costruiti sul previgente regime pensionistico;
    già in fase di conversione del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, con appositi ordini del giorno, fu segnalata l'esigenza di individuare specifiche soluzioni normative volte a dare una ragionevole e tempestiva risposta ai tanti lavoratori che si sarebbero trovati, a seguito dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni, senza occupazione, senza ammortizzatori sociali e senza trattamento pensionistico. Un tema che ha visto un lungo e complesso lavoro normativo per risolvere il fenomeno degli esodati, creato dalla riforma Fornero;
    tale impegno ha portato al varo di ben otto salvaguardie che hanno interessato complessivamente poco più di 142.000 lavoratori che si sono visti accolta la richiesta di pensionamento sulla base delle regole previgenti il citato decreto-legge 201/2011;
    nonostante lo sforzo per la riduzione del danno, non si è riusciti a concludere definitivamente il processo di salvaguardia di tutti i soggetti interessati;
    anche la sinora solo ipotizzata intenzione di reintrodurre il meccanismo delle quote, fissandone la soglia al valore di 100, potrebbe non costituire la soluzione per coloro che sono rimasti esclusi dalle otto salvaguardie ad oggi adottate, pertanto appare necessario procedere alla formulazione della nona salvaguardia, previo confronto con le organizzazioni sindacali e con i comitati di rappresentanza degli esodati,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare, per quanto di propria competenza, e previo un approfondito confronto con le organizzazioni sindacali ed i comitati di rappresentanza dei lavoratori esodati, urgenti e circostanziate misure per la salvaguardia definitiva dei lavoratori che, pure a parità di condizione sostanziale con chi ne ha già beneficiato, ancora risultano esclusi dalle procedure per l'accesso al trattamento pensionistico con le regole previgenti la riforma introdotta dal citato decreto-legge 201/2011.
9/1334-AR/162. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zan, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    le riforme in materia pensionistica intercorse nell'ultimo decennio hanno progressivamente garantito la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale nel lungo termine, tuttavia non sono riuscite ancora ad assicurare un futuro previdenziale per le giovani generazioni che possa rappresentare un trattamento economico dignitoso anche durante il godimento dell'assegno pensionistico;
    sembrerebbe opportuno affrontare tale tema attraverso meccanismi che possano conseguire un regime di solidarietà intergenerazionale, che veda prioritariamente la partecipazione della fiscalità generale e, in parte, dei percettori di trattamenti pensionistici molto elevati, secondo lo schema seguito con precedenti provvedimenti che hanno superato il vaglio di costituzionalità;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie, non affrontano il tema della previdenza per le giovani generazioni di lavoratori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, nell'ambito degli annunciati interventi in materia previdenziale, specifiche misure volte ad assicurare condizioni minime per i futuri trattamenti pensionistici dei giovani lavoratori che dovessero trovarsi con carriere lavorative discontinue e importi pensionistici inferiori a 1,5 volte il trattamento minimo INPS.
9/1334-AR/163Lepri, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    le riforme in materia pensionistica intercorse nell'ultimo decennio hanno progressivamente garantito la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale nel lungo termine, tuttavia non sono riuscite ancora ad assicurare un futuro previdenziale per le giovani generazioni che possa rappresentare un trattamento economico dignitoso anche durante il godimento dell'assegno pensionistico;
    sembrerebbe opportuno affrontare tale tema attraverso meccanismi che possano conseguire un regime di solidarietà intergenerazionale, che veda prioritariamente la partecipazione della fiscalità generale e, in parte, dei percettori di trattamenti pensionistici molto elevati, secondo lo schema seguito con precedenti provvedimenti che hanno superato il vaglio di costituzionalità;
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie, non affrontano il tema della previdenza per le giovani generazioni di lavoratori,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare, nell'ambito degli annunciati interventi in materia previdenziale, specifiche misure volte ad assicurare condizioni minime per i futuri trattamenti pensionistici dei giovani lavoratori che dovessero trovarsi con carriere lavorative discontinue e importi pensionistici inferiori a 1,5 volte il trattamento minimo INPS.
9/1334-AR/163. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lepri, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie per indistinti interventi in materia pensionistica finalizzati all'introduzione di ulteriori modalità di pensionamento anticipato, non solo non corrispondono alle più volte annunciate intenzioni di introdurre nuovi requisiti anagrafici e previdenziali, attraverso la quota 100 né, tanto meno, alla promessa elettorale di abrogare la cosiddetta riforma Fornero;
    nel frattempo, non essendo stata prevista la proroga dell'APE sociale, in scadenza il prossimo 31 dicembre, migliaia di lavoratori non avranno alcuna soluzione per andare in pensione prima dei termini previsti dalla Fornero. I lavoratori disoccupati, o quelli che assistono un congiunto disabile, o hanno una disabilità superiore al 74 per cento, o ancora hanno svolto attività gravose non potranno più anticipare di tre anni il pensionamento;
    peraltro, anche da quanto si può dedurre dalle infinite anticipazioni sulla ipotizzata quota 100, non sembra che si possa rassicurare le suddette categorie di lavoratori circa la possibilità di poter continuare ad usufruire dell'anticipazione dell'età pensionabile in ragione della loro specifica condizione lavorativa o personale;
    in ogni caso, allo stato delle cose, l'unica certezza è che, senza una proroga delle disposizioni che hanno introdotto l'Ape sociale, fino all'eventuale varo delle nuove misure di flessibilità pensionistica, tali lavoratori non avranno alcuna possibilità di anticipare il pensionamento,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di adottare, nelle more dell'entrata in vigore delle annunciate misure di nuova flessibilità dell'età pensionabile, le opportune disposizioni che consentano alle migliaia di lavoratori tutelati dall'Ape sociale di poter continuare ad avvalersi di tale istituto;
   a definire le nuove disposizioni pensionistiche assicurando che il nuovo regime ricomprenda le attuali forme di tutela che vengono riconosciute alle categorie di lavoratori presi in considerazione dalle norme che hanno introdotte l'Ape sociale.
9/1334-AR/164Carla Cantone, Serracchiani, Gribaudo, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie per indistinti interventi in materia pensionistica finalizzati all'introduzione di ulteriori modalità di pensionamento anticipato, non solo non corrispondono alle più volte annunciate intenzioni di introdurre nuovi requisiti anagrafici e previdenziali, attraverso la quota 100 né, tanto meno, alla promessa elettorale di abrogare la cosiddetta riforma Fornero;
    nel frattempo, non essendo stata prevista la proroga dell'APE sociale, in scadenza il prossimo 31 dicembre, migliaia di lavoratori non avranno alcuna soluzione per andare in pensione prima dei termini previsti dalla Fornero. I lavoratori disoccupati, o quelli che assistono un congiunto disabile, o hanno una disabilità superiore al 74 per cento, o ancora hanno svolto attività gravose non potranno più anticipare di tre anni il pensionamento;
    peraltro, anche da quanto si può dedurre dalle infinite anticipazioni sulla ipotizzata quota 100, non sembra che si possa rassicurare le suddette categorie di lavoratori circa la possibilità di poter continuare ad usufruire dell'anticipazione dell'età pensionabile in ragione della loro specifica condizione lavorativa o personale;
    in ogni caso, allo stato delle cose, l'unica certezza è che, senza una proroga delle disposizioni che hanno introdotto l'Ape sociale, fino all'eventuale varo delle nuove misure di flessibilità pensionistica, tali lavoratori non avranno alcuna possibilità di anticipare il pensionamento,

impegna il Governo:
   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare la possibilità di adottare, nelle more dell'entrata in vigore delle annunciate misure di nuova flessibilità dell'età pensionabile, le opportune disposizioni che consentano alle migliaia di lavoratori tutelati dall'Ape sociale di poter continuare ad avvalersi di tale istituto;
   a definire le nuove disposizioni pensionistiche assicurando che il nuovo regime ricomprenda le attuali forme di tutela che vengono riconosciute alle categorie di lavoratori presi in considerazione dalle norme che hanno introdotte l'Ape sociale.
9/1334-AR/164. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carla Cantone, Serracchiani, Gribaudo, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie per indistinti interventi in materia pensionistica finalizzati all'introduzione di ulteriori modalità di pensionamento anticipato, non solo non corrispondono alle più volte annunciate intenzioni di introdurre nuovi requisiti anagrafici e previdenziali, attraverso la quota 100 né, tanto meno, alla promessa elettorale di abrogare la cosiddetta riforma Fornero;
    altrettanto disattesa, per il momento, è la promessa di prorogare il regime della cosiddetta «opzione donna», introdotta dall'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, più volte prorogata dai precedenti Governi;
    tale strumento, pur comportando un significativo ridimensionamento del trattamento pensionistico, stante l'applicazione del calcolo contributivo anche sui periodi lavorativi antecedenti l'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335, rappresenta per tante lavoratrici un importante opportunità per lasciare anticipatamente il lavoro;
    a favore di tale misura, nel corso degli ultimi anni e anche nei mesi passati, c’è stata una forte mobilitazione delle donne, delle rappresentanti del Comitato Opzione Donna e delle organizzazioni sindacali;
    in risposta a tali sollecitazioni, secondo le dichiarazioni del vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la proroga delle suddette disposizioni avrebbe trovato spazio nella legge di bilancio,

impegna il Governo

a dare concreta e positiva risposta alle legittime aspettative delle tante donne che hanno sollecitato la proroga delle disposizioni che consentono l'anticipo pensionistico, attraverso la cosiddetta «opzione donna».
9/1334-AR/165Mura, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie per indistinti interventi in materia pensionistica finalizzati all'introduzione di ulteriori modalità di pensionamento anticipato, non solo non corrispondono alle più volte annunciate intenzioni di introdurre nuovi requisiti anagrafici e previdenziali, attraverso la quota 100 né, tanto meno, alla promessa elettorale di abrogare la cosiddetta riforma Fornero;
    altrettanto disattesa, per il momento, è la promessa di prorogare il regime della cosiddetta «opzione donna», introdotta dall'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, più volte prorogata dai precedenti Governi;
    tale strumento, pur comportando un significativo ridimensionamento del trattamento pensionistico, stante l'applicazione del calcolo contributivo anche sui periodi lavorativi antecedenti l'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 335, rappresenta per tante lavoratrici un importante opportunità per lasciare anticipatamente il lavoro;
    a favore di tale misura, nel corso degli ultimi anni e anche nei mesi passati, c’è stata una forte mobilitazione delle donne, delle rappresentanti del Comitato Opzione Donna e delle organizzazioni sindacali;
    in risposta a tali sollecitazioni, secondo le dichiarazioni del vicepresidente del Consiglio dei Ministri e Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la proroga delle suddette disposizioni avrebbe trovato spazio nella legge di bilancio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a dare concreta e positiva risposta alle legittime aspettative delle tante donne che hanno sollecitato la proroga delle disposizioni che consentono l'anticipo pensionistico, attraverso la cosiddetta «opzione donna».
9/1334-AR/165. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mura, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie per indistinti interventi in materia pensionistica e per il contrasto della povertà, tra cui, in particolare, si indica anche l'introduzione di una non meglio precisata pensione di cittadinanza, non offrono in realtà alcuna soluzione concreta;
    nel cosiddetto «contratto di programma», alla base dell'accordo di Governo, compare anche la proposta di «un'integrazione per un pensionato che ha un assegno inferiore ai 780 euro mensili, secondo i medesimi parametri previsti per il reddito di cittadinanza»;
    in merito va segnalato che il numero delle pensioni di importo fino a 500 euro ammonta ad oltre 4,5 milioni e pertanto l'ipotesi di innalzarne l'importo comporterebbe oneri finanziari di molti miliardi, accentuando le difficoltà di bilancio che tanto problemi sta già creando al nostro Paese;
    la giusta esigenza di incrementare il reddito delle persone che percepiscono pensioni tanto basse non sembra raggiungibile, almeno nel breve e medio periodo, con misure di tale natura;
    più opportunamente e realisticamente si potrebbe operare attraverso l'incremento della cosiddetta quattordicesima per le pensioni basse, introdotta dall'articolo 5, del decreto-legge 2 febbraio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 3 agosto 2007, n. 127,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, nelle more della definizione di norme specifiche e concrete volte ad introdurre la pensione di cittadinanza, misure volte ad incrementare gli importi riconosciuti ai sensi del citato articolo 5, del decreto-legge 81 del 2007.
9/1334-AR/166Lacarra, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    le disposizioni contenute nel provvedimento in oggetto, pur impegnando significative risorse finanziarie per indistinti interventi in materia pensionistica e per il contrasto della povertà, tra cui, in particolare, si indica anche l'introduzione di una non meglio precisata pensione di cittadinanza, non offrono in realtà alcuna soluzione concreta;
    nel cosiddetto «contratto di programma», alla base dell'accordo di Governo, compare anche la proposta di «un'integrazione per un pensionato che ha un assegno inferiore ai 780 euro mensili, secondo i medesimi parametri previsti per il reddito di cittadinanza»;
    in merito va segnalato che il numero delle pensioni di importo fino a 500 euro ammonta ad oltre 4,5 milioni e pertanto l'ipotesi di innalzarne l'importo comporterebbe oneri finanziari di molti miliardi, accentuando le difficoltà di bilancio che tanto problemi sta già creando al nostro Paese;
    la giusta esigenza di incrementare il reddito delle persone che percepiscono pensioni tanto basse non sembra raggiungibile, almeno nel breve e medio periodo, con misure di tale natura;
    più opportunamente e realisticamente si potrebbe operare attraverso l'incremento della cosiddetta quattordicesima per le pensioni basse, introdotta dall'articolo 5, del decreto-legge 2 febbraio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge di conversione 3 agosto 2007, n. 127,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di adottare, nelle more della definizione di norme specifiche e concrete volte ad introdurre la pensione di cittadinanza, misure volte ad incrementare gli importi riconosciuti ai sensi del citato articolo 5, del decreto-legge 81 del 2007.
9/1334-AR/166. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lacarra, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo oltre 25 anni dal varo della legge 27 marzo 1992, n. 257 con la quale si pose il bando dell'estrazione, dell'importazione, della commercializzazione e della produzione di prodotti contenenti amianto, tale sostanza rappresenta ancora una gravissima minaccia per la salute di tanti lavoratori e cittadini che negli anni sono stati esposti alle sue fibre cancerogene; tra i molti meriti della citata legge 257 del 1992 vi è senz'altro anche quello relativo alle misure previdenziali riconosciute ai lavoratori che hanno manipolato l'amianto, un limitato risarcimento per il rischio connesso alla presenza di sostanze tanto pericolose e la cui latenza nociva può durare diversi decenni;
    l'emergenza amianto non è ancora finita con la chiusura delle fabbriche: l'amianto è un nemico subdolo, che colpisce a distanza anche di molti anni e che continua a fare vittime ancora oggi; durante la scorsa Legislatura, molteplici sono stati gli interventi normativi volti a superare alcune delle incongruenze ancora presenti nel nostro ordinamento rispetto alle legittime aspettative di tanti lavoratori che non si sono visti riconoscere le previste provvidenze previdenziali, pur avendone sostanzialmente i requisiti professionali;
    la legge finanziaria per il 2008 ha istituito presso l'Inail, con contabilità autonoma e separata, il «Fondo per le vittime dell'amianto», finanziato con risorse provenienti per tre quarti dal bilancio dello Stato e per un quarto dalle imprese. I soggetti destinatari della prestazione economica del Fondo sono i lavoratori titolari di rendita diretta, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, ai quali sia stata riconosciuta una patologia asbesto-correlata per esposizione all'amianto, nonché i familiari dei lavoratori vittime dell'amianto, titolari di rendita a superstiti, tenuto conto che il rischio di contrarre una patologia correlata all'esposizione all'amianto non è limitata al solo rischio lavorativo, con l'articolo 1, comma 116, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 sono state estese le prestazioni erogate dal suddetto Fondo, in via sperimentale per gli anni 2015-2017, ai malati di mesotelioma riconducibile a «rischio ambientale» o a «esposizione familiare»; l'articolo 1, comma 292, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha previsto che gli eredi dei malati di mesotelioma non professionale deceduti nel corso dell'anno 2015 possono accedere al beneficio assistenziale indipendentemente dall'esercizio del diritto alla prestazione una tantum da parte del de cuius. Inoltre, con l'articolo 3, comma 3-quinquies del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 convertito in legge 27 febbraio 2017, n. 19, è stata disposta l'estensione dell'accesso al Fondo in favore degli eredi dei malati de quibus deceduti nel corso dell'anno 2016,

impegna il Governo:
   a valutare l'opportunità di adottare le misure necessarie volte a riconoscere a tutti i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo non inferiore a dieci anni, antecedentemente al 1o ottobre 2003, la rivalutazione dei suddetti periodi ai fini della determinazione dell'importo pensionistico;
   a valutare la possibilità di prorogare per il prossimo triennio l'erogazione del beneficio assistenziale, riconosciuto ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o per esposizione familiare a lavoratori impiegati nella lavorazione dell'amianto ovvero per esposizione ambientale.
9/1334-AR/167Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo oltre 25 anni dal varo della legge 27 marzo 1992, n. 257 con la quale si pose il bando dell'estrazione, dell'importazione, della commercializzazione e della produzione di prodotti contenenti amianto, tale sostanza rappresenta ancora una gravissima minaccia per la salute di tanti lavoratori e cittadini che negli anni sono stati esposti alle sue fibre cancerogene; tra i molti meriti della citata legge 257 del 1992 vi è senz'altro anche quello relativo alle misure previdenziali riconosciute ai lavoratori che hanno manipolato l'amianto, un limitato risarcimento per il rischio connesso alla presenza di sostanze tanto pericolose e la cui latenza nociva può durare diversi decenni;
    l'emergenza amianto non è ancora finita con la chiusura delle fabbriche: l'amianto è un nemico subdolo, che colpisce a distanza anche di molti anni e che continua a fare vittime ancora oggi; durante la scorsa Legislatura, molteplici sono stati gli interventi normativi volti a superare alcune delle incongruenze ancora presenti nel nostro ordinamento rispetto alle legittime aspettative di tanti lavoratori che non si sono visti riconoscere le previste provvidenze previdenziali, pur avendone sostanzialmente i requisiti professionali;
    la legge finanziaria per il 2008 ha istituito presso l'Inail, con contabilità autonoma e separata, il «Fondo per le vittime dell'amianto», finanziato con risorse provenienti per tre quarti dal bilancio dello Stato e per un quarto dalle imprese. I soggetti destinatari della prestazione economica del Fondo sono i lavoratori titolari di rendita diretta, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, ai quali sia stata riconosciuta una patologia asbesto-correlata per esposizione all'amianto, nonché i familiari dei lavoratori vittime dell'amianto, titolari di rendita a superstiti, tenuto conto che il rischio di contrarre una patologia correlata all'esposizione all'amianto non è limitata al solo rischio lavorativo, con l'articolo 1, comma 116, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 sono state estese le prestazioni erogate dal suddetto Fondo, in via sperimentale per gli anni 2015-2017, ai malati di mesotelioma riconducibile a «rischio ambientale» o a «esposizione familiare»; l'articolo 1, comma 292, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha previsto che gli eredi dei malati di mesotelioma non professionale deceduti nel corso dell'anno 2015 possono accedere al beneficio assistenziale indipendentemente dall'esercizio del diritto alla prestazione una tantum da parte del de cuius. Inoltre, con l'articolo 3, comma 3-quinquies del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244 convertito in legge 27 febbraio 2017, n. 19, è stata disposta l'estensione dell'accesso al Fondo in favore degli eredi dei malati de quibus deceduti nel corso dell'anno 2016,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare l'opportunità di adottare le misure necessarie volte a riconoscere a tutti i lavoratori che siano stati esposti all'amianto per un periodo non inferiore a dieci anni, antecedentemente al 1o ottobre 2003, la rivalutazione dei suddetti periodi ai fini della determinazione dell'importo pensionistico;
   a valutare la possibilità di prorogare per il prossimo triennio l'erogazione del beneficio assistenziale, riconosciuto ai malati di mesotelioma che abbiano contratto la patologia, o per esposizione familiare a lavoratori impiegati nella lavorazione dell'amianto ovvero per esposizione ambientale.
9/1334-AR/167. (Testo modificato nel corso della seduta)  Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione di accompagnamento al presente disegno di legge, il Governo dichiara di puntare sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita anche al fine di conseguire nel medio termine la riduzione del rapporto debito/PIL;
    tra gli strumenti maggiormente utili al riguardo, sono da considerare quelli relativi alla conciliazione tra vita professionale e vita privata, straordinari veicoli di sviluppo culturale ed economico del Paese e dei suoi cittadini;
    nella scorsa legislatura, i governi a guida PD hanno introdotto o potenziato alcune importanti misure volte alla promozione di una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia e di agevolazione delle modalità di rientro al lavoro delle donne;
    tra queste è inclusa la disposizione che consente alle mamme lavoratrici dipendenti di ottenere, al termine del periodo di congedo di maternità e per gli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting o di asilo nido;
    nel corso dell'esame della legge di bilancio 2017, la maggioranza parlamentare rappresentata dal Partito Democratico ha approvato un emendamento che ha esteso l'efficacia della norma, per il biennio 2017-2018, anche alle lavoratrici autonome o imprenditoriali;
    tali interventi legislativi hanno permesso di facilitare la conciliazione tra vita professionale e vita privata di molte donne per le quali, fino ad allora, non erano stati approntati strumenti legislativi ed economici adeguati;
    alla luce di quanto esposto appare indispensabile operare al fine di prorogare la norma in oggetto,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di disporre la messa a regime dell'efficacia della disposizioni inerenti la possibilità per le madri lavoratrici dipendenti e autonome, di usufruire, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale, della corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting o di asilo nido.
9/1334-AR/168Campana, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione di accompagnamento al presente disegno di legge, il Governo dichiara di puntare sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita anche al fine di conseguire nel medio termine la riduzione del rapporto debito/PIL;
    tra gli strumenti maggiormente utili al riguardo, sono da considerare quelli relativi alla conciliazione tra vita professionale e vita privata, straordinari veicoli di sviluppo culturale ed economico del Paese e dei suoi cittadini;
    nella scorsa legislatura, i governi a guida PD hanno introdotto o potenziato alcune importanti misure volte alla promozione di una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia e di agevolazione delle modalità di rientro al lavoro delle donne;
    tra queste è inclusa la disposizione che consente alle mamme lavoratrici dipendenti di ottenere, al termine del periodo di congedo di maternità e per gli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale, la corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby sitting o di asilo nido;
    nel corso dell'esame della legge di bilancio 2017, la maggioranza parlamentare rappresentata dal Partito Democratico ha approvato un emendamento che ha esteso l'efficacia della norma, per il biennio 2017-2018, anche alle lavoratrici autonome o imprenditoriali;
    tali interventi legislativi hanno permesso di facilitare la conciliazione tra vita professionale e vita privata di molte donne per le quali, fino ad allora, non erano stati approntati strumenti legislativi ed economici adeguati;
    alla luce di quanto esposto appare indispensabile operare al fine di prorogare la norma in oggetto,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento legislativo utile, al fine di disporre la messa a regime dell'efficacia della disposizioni inerenti la possibilità per le madri lavoratrici dipendenti e autonome, di usufruire, al termine del periodo di congedo di maternità, per gli undici mesi successivi e in alternativa al congedo parentale, della corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting o di asilo nido.
9/1334-AR/168. (Testo modificato nel corso della seduta)  Campana, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione di accompagnamento al presente disegno di legge, il Governo dichiara di puntare sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita anche al fine di conseguire nel medio termine la riduzione del rapporto debito/PIL;
    per raggiungere tali obiettivi è indispensabile rafforzare la struttura del settore pubblico italiano, avendo particolare cura delle esigenze e delle legittime aspettative del personale del comparto pubblico;
    a tale proposito, le risorse stanziate per la contrattazione collettiva e finalizzate al rinnovo contrattuale per il triennio 2019-2021, appaiono estremamente esigue e non rispondenti alle reali necessità di valorizzazione del lavoro svolto dai dipendenti pubblici;
    le proposte emendative presentate dai componenti del gruppo parlamentare del PD, volte a incrementare le risorse destinate alle predette finalità, non sono state accolte dal Governo e dalla maggioranza che lo sostiene,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento utile, allo scopo di destinare ingenti risorse aggiuntive finalizzate a consentire, in fase di contrattazione collettiva nazionale, un appropriato rinnovo contrattuale per i dipendenti della pubblica amministrazione.
9/1334-AR/169Viscomi, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione di accompagnamento al presente disegno di legge, il Governo dichiara di puntare sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita anche al fine di conseguire nel medio termine la riduzione del rapporto debito/PIL;
    per raggiungere tali obiettivi è indispensabile rafforzare la struttura del settore pubblico italiano, avendo particolare cura delle esigenze e delle legittime aspettative del personale del comparto pubblico;
    a tale proposito, le risorse stanziate per la contrattazione collettiva e finalizzate al rinnovo contrattuale per il triennio 2019-2021, appaiono estremamente esigue e non rispondenti alle reali necessità di valorizzazione del lavoro svolto dai dipendenti pubblici;
    le proposte emendative presentate dai componenti del gruppo parlamentare del PD, volte a incrementare le risorse destinate alle predette finalità, non sono state accolte dal Governo e dalla maggioranza che lo sostiene,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento utile, allo scopo di destinare ingenti risorse aggiuntive finalizzate a consentire, in fase di contrattazione collettiva nazionale, un appropriato rinnovo contrattuale per i dipendenti della pubblica amministrazione.
9/1334-AR/169. (Testo modificato nel corso della seduta)  Viscomi, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'importante azione riformatrice portata avanti nella passata legislatura ha conseguito significativi risultati sul piano dell'ampliamento delle tutele per intere platee di lavoratori che ne erano storicamente privi;
    tra i principali atti si possono ricordare la legge 81/2017, con la quale si è sanata una frattura storica nel mondo del lavoro, riconoscendo finalmente diritti e valore ai professionisti; oppure le misure con le quali si è dato accesso ai fondi strutturali europei, si è riservato un nuovo regime fiscale forfettario, si è abbassata l'aliquota previdenziale Inps dal 33 al 25 per cento, sono state messe al sicuro le casse professionali dal rischio bail-in, si è introdotto il principio dell'equo compenso nei rapporti con i committenti più forti, fra cui la pubblica amministrazione;
    un lavoro che meriterebbe di essere portato avanti con misure che, pur senza gravare sulla finanza pubblica, consentirebbero a circa due milioni di lavoratori professionisti, per il tramite dell'azione degli enti di previdenza di diritto privato, di vedersi riconosciute forme di tutela di natura socio-assistenziale, di promozione e sostegno del reddito e dell'esercizio della libera professione, in particolare per favorire l'ingresso di giovani professionisti nel mercato del lavoro, nonché di welfare;
    si tratta di un intervento che è atteso da questi lavoratori e che renderebbe meno squilibrato il nostro mondo del lavoro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, sin dai prossimi provvedimenti di carattere economico, appropriate misure volte ad estendere le suddette tutele per i professionisti, avvalendosi del ruolo e delle disponibilità finanziarie degli enti previdenziali privati.
9/1334-AR/170Gribaudo, Serracchiani, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'importante azione riformatrice portata avanti nella passata legislatura ha conseguito significativi risultati sul piano dell'ampliamento delle tutele per intere platee di lavoratori che ne erano storicamente privi;
    tra i principali atti si possono ricordare la legge 81/2017, con la quale si è sanata una frattura storica nel mondo del lavoro, riconoscendo finalmente diritti e valore ai professionisti; oppure le misure con le quali si è dato accesso ai fondi strutturali europei, si è riservato un nuovo regime fiscale forfettario, si è abbassata l'aliquota previdenziale Inps dal 33 al 25 per cento, sono state messe al sicuro le casse professionali dal rischio bail-in, si è introdotto il principio dell'equo compenso nei rapporti con i committenti più forti, fra cui la pubblica amministrazione;
    un lavoro che meriterebbe di essere portato avanti con misure che, pur senza gravare sulla finanza pubblica, consentirebbero a circa due milioni di lavoratori professionisti, per il tramite dell'azione degli enti di previdenza di diritto privato, di vedersi riconosciute forme di tutela di natura socio-assistenziale, di promozione e sostegno del reddito e dell'esercizio della libera professione, in particolare per favorire l'ingresso di giovani professionisti nel mercato del lavoro, nonché di welfare;
    si tratta di un intervento che è atteso da questi lavoratori e che renderebbe meno squilibrato il nostro mondo del lavoro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di adottare, sin dai prossimi provvedimenti di carattere economico, appropriate misure volte ad estendere le suddette tutele per i professionisti, avvalendosi del ruolo e delle disponibilità finanziarie degli enti previdenziali privati.
9/1334-AR/170. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gribaudo, Serracchiani, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio sanitario nazionale è l'unico comparto della pubblica amministrazione che da più di dieci anni è sottoposto non solo al blocco del turn over ma anche alla riduzione della spesa per il personale, impedendo così una corretta erogazione dei servizi sanitari;
    se da una parte il comparto della sanità, è stato chiamato in questi anni a profonde riforme organizzative indotte non solo dai vincoli economici ma anche dal progredire delle conoscenze scientifiche nonché dalle opportunità offerte da nuovi farmaci e dalle nuove tecnologie dall'altra è obbligato a vincoli di spesa imposti nel 2004 ridotti del 1,4 per cento;
    le regioni, in questi anni, hanno fatto un significativo sforzo di contenimento della spesa del personale in sanità come documentato dal rapporto 2017 del Mef «quarto monitoraggio della spesa sanitaria» che attesta «La spesa per i redditi da lavoro dipendente rappresenta, nel 2016, il 31 per cento della spesa complessiva. Tale percentuale risulta sensibilmente ridotta rispetto a quella del 2000 (39,8 per cento), segnalando pertanto una dinamica inferiore a quella media. In particolare, il tasso di variazione medio annuo della spesa per i redditi da lavoro dipendente si attesta mediamente al 4,7 per cento nel periodo 2001-2005, passa al 2,1 per cento nel periodo 2006-2010 e al –1,3 per cento nel periodo 2011-2016»;
    nell'ultima legge di bilancio, si è cercato di attenuare la rigidità dei limiti fissati riconoscendo in sede di monitoraggio una flessibilità dell'0,1 per cento (articolo 1 comma 454 della legge 205/2017). Quindi la legislazione in vigore prevede attualmente al comma 73 della legge 191 del 2009 che «Alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di cui al comma 3 del presente articolo si provvede con le modalità previste dall'articolo 2, comma 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento di tali obiettivi. In caso contrario, per gli anni dal 2013 al 2019, la regione è considerata adempiente ove abbia raggiunto l'equilibrio economico e abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale, ovvero una variazione dello 0,1 per cento annuo, fino al totale conseguimento nell'anno 2020 degli obiettivi previsti all'articolo 2, commi 71 e 72, della citata legge n. 191 del 2009»;
    lo stesso accordo di Governo al capitolo 21 «Sanità» indica che «il problema dei tempi di attesa è susseguente anche alla diffusa carenza di medici specialisti, infermieri e personale sanitario. È dunque indispensabile assumere il personale medico e sanitario necessario»,

impegna il Governo:

   ad individuare, in tempi brevi, le misure economiche e strumentali necessarie affinché anche il comparto sanità, come gli altri comparti della Pubblica amministrazione, possa essere oggetto di politiche assunzionali volte a garantire una corretta applicazione dei Livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio, rimuovendo, anche nello specifico, il limite imposto nel 2004, ridotto del 1,4 quale tetto di spesa per il personale sanitario;
   a prevedere misure economiche e normative volte alla stabilizzazione, all'interno del comporto sanità, di personale medico e sanitario attualmente impiegato con rapporti di lavoro non direttamente collegabili, all'azienda sanitario o ospedaliera come contratti interinali o di somministrazione.
9/1334-AR/171De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio sanitario nazionale è l'unico comparto della pubblica amministrazione che da più di dieci anni è sottoposto non solo al blocco del turn over ma anche alla riduzione della spesa per il personale, impedendo così una corretta erogazione dei servizi sanitari;
    se da una parte il comparto della sanità, è stato chiamato in questi anni a profonde riforme organizzative indotte non solo dai vincoli economici ma anche dal progredire delle conoscenze scientifiche nonché dalle opportunità offerte da nuovi farmaci e dalle nuove tecnologie dall'altra è obbligato a vincoli di spesa imposti nel 2004 ridotti del 1,4 per cento;
    le regioni, in questi anni, hanno fatto un significativo sforzo di contenimento della spesa del personale in sanità come documentato dal rapporto 2017 del Mef «quarto monitoraggio della spesa sanitaria» che attesta «La spesa per i redditi da lavoro dipendente rappresenta, nel 2016, il 31 per cento della spesa complessiva. Tale percentuale risulta sensibilmente ridotta rispetto a quella del 2000 (39,8 per cento), segnalando pertanto una dinamica inferiore a quella media. In particolare, il tasso di variazione medio annuo della spesa per i redditi da lavoro dipendente si attesta mediamente al 4,7 per cento nel periodo 2001-2005, passa al 2,1 per cento nel periodo 2006-2010 e al –1,3 per cento nel periodo 2011-2016»;
    nell'ultima legge di bilancio, si è cercato di attenuare la rigidità dei limiti fissati riconoscendo in sede di monitoraggio una flessibilità dell'0,1 per cento (articolo 1 comma 454 della legge 205/2017). Quindi la legislazione in vigore prevede attualmente al comma 73 della legge 191 del 2009 che «Alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di cui al comma 3 del presente articolo si provvede con le modalità previste dall'articolo 2, comma 73, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento di tali obiettivi. In caso contrario, per gli anni dal 2013 al 2019, la regione è considerata adempiente ove abbia raggiunto l'equilibrio economico e abbia attuato, negli anni dal 2015 al 2019, un percorso di graduale riduzione della spesa di personale, ovvero una variazione dello 0,1 per cento annuo, fino al totale conseguimento nell'anno 2020 degli obiettivi previsti all'articolo 2, commi 71 e 72, della citata legge n. 191 del 2009»;
    lo stesso accordo di Governo al capitolo 21 «Sanità» indica che «il problema dei tempi di attesa è susseguente anche alla diffusa carenza di medici specialisti, infermieri e personale sanitario. È dunque indispensabile assumere il personale medico e sanitario necessario»,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   ad individuare, in tempi brevi, le misure economiche e strumentali necessarie affinché anche il comparto sanità, come gli altri comparti della Pubblica amministrazione, possa essere oggetto di politiche assunzionali volte a garantire una corretta applicazione dei Livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio, rimuovendo, anche nello specifico, il limite imposto nel 2004, ridotto del 1,4 quale tetto di spesa per il personale sanitario;
   a prevedere misure economiche e normative volte alla stabilizzazione, all'interno del comporto sanità, di personale medico e sanitario attualmente impiegato con rapporti di lavoro non direttamente collegabili, all'azienda sanitario o ospedaliera come contratti interinali o di somministrazione.
9/1334-AR/171. (Testo modificato nel corso della seduta)  De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ridetermina il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale per il triennio 2019- 2021 subordinando l'accesso delle regioni all'incremento previsto per gli anni 2020 e 2021 rispetto al 2018 alla sottoscrizione di una specifica intesa in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano definendone le misure;
    all'inizio il riparto regionale del finanziamento sanitario pubblico avveniva sulla base della spesa storica, ossia sulla base della popolazione residente pesata, con pesi che tenevano conto del profilo dei consumi sanitari della popolazione residente, suddivisa per classi di età e sesso;
    il decreto legislativo 68 del 2011 su costi e fabbisogni standard in sanità introduce, rispetto al sistema di riparto fra le regioni delle risorse destinate ai livelli essenziali di assistenza in vigore dagli anni novanta, due innovazioni: il depotenziamento della ponderazione della quota capitaria per (sole) classi di età della popolazione e la individuazione di regioni benchmark;
    nonostante la modifica intervenuta, negli ultimi anni un insieme di fattori politici, economici e organizzativi hanno determinato il consolidamento di una condizione di frammentazione e difformità territoriali in cui a regioni in grado di assicurare servizi e prestazioni all'avanguardia se ne affiancano altre in cui è difficoltoso garantire anche solo i Livelli Essenziali di Assistenza e le disuguaglianze tra le persone si sono fatte sempre più evidenti con la conseguenza che non tutti riescono ad accedere alle cure di cui hanno bisogno nei territori in cui vivono;
    per ovviare a tale situazione diventa quindi necessario individuare criteri di riparto che consentano un riequilibrio territoriale attraverso l'applicazione di indici di deprivazione che tengano conto, in particolare, delle difficoltà in cui versano le regioni meridionali e insulari,

impegna il Governo:

   a predisporre misure economiche e normative volte alla definizione di un sistema sanitario più equo che dia alle Regioni maggiormente in difficoltà, in particolare quelle del Sud, adeguati strumenti per fronteggiare le difficoltà strutturali e il gap di risorse che esse scontano rispetto a quelle del Nord per porre fine a quel meccanismo per cui le Regioni più ricche, avendo più possibilità di investimento, sono anche quelle più virtuose a scapito di quelle più povere, che vengono ancor più depauperate;
   ad intervenire affinché il criterio di deprivazione economica con un peso ponderato non inferiore al 10 per cento da valere sull'intera quota sia inserito quale criterio aggiuntivo nel riparto del Fondo sanitario nazionale al fine di ridurre la mobilità passiva tra le regioni e le liste d'attesa.
9/1334-AR/172Ubaldo Pagano, De Filippo, Carnevali, Campana, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame ridetermina il livello di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale per il triennio 2019- 2021 subordinando l'accesso delle regioni all'incremento previsto per gli anni 2020 e 2021 rispetto al 2018 alla sottoscrizione di una specifica intesa in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano definendone le misure;
    all'inizio il riparto regionale del finanziamento sanitario pubblico avveniva sulla base della spesa storica, ossia sulla base della popolazione residente pesata, con pesi che tenevano conto del profilo dei consumi sanitari della popolazione residente, suddivisa per classi di età e sesso;
    il decreto legislativo 68 del 2011 su costi e fabbisogni standard in sanità introduce, rispetto al sistema di riparto fra le regioni delle risorse destinate ai livelli essenziali di assistenza in vigore dagli anni novanta, due innovazioni: il depotenziamento della ponderazione della quota capitaria per (sole) classi di età della popolazione e la individuazione di regioni benchmark;
    nonostante la modifica intervenuta, negli ultimi anni un insieme di fattori politici, economici e organizzativi hanno determinato il consolidamento di una condizione di frammentazione e difformità territoriali in cui a regioni in grado di assicurare servizi e prestazioni all'avanguardia se ne affiancano altre in cui è difficoltoso garantire anche solo i Livelli Essenziali di Assistenza e le disuguaglianze tra le persone si sono fatte sempre più evidenti con la conseguenza che non tutti riescono ad accedere alle cure di cui hanno bisogno nei territori in cui vivono;
    per ovviare a tale situazione diventa quindi necessario individuare criteri di riparto che consentano un riequilibrio territoriale attraverso l'applicazione di indici di deprivazione che tengano conto, in particolare, delle difficoltà in cui versano le regioni meridionali e insulari,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a predisporre misure economiche e normative volte alla definizione di un sistema sanitario più equo che dia alle Regioni maggiormente in difficoltà, in particolare quelle del Sud, adeguati strumenti per fronteggiare le difficoltà strutturali e il gap di risorse che esse scontano rispetto a quelle del Nord per porre fine a quel meccanismo per cui le Regioni più ricche, avendo più possibilità di investimento, sono anche quelle più virtuose a scapito di quelle più povere, che vengono ancor più depauperate;
   ad intervenire affinché il criterio di deprivazione economica con un peso ponderato non inferiore al 10 per cento da valere sull'intera quota sia inserito quale criterio aggiuntivo nel riparto del Fondo sanitario nazionale al fine di ridurre la mobilità passiva tra le regioni e le liste d'attesa.
9/1334-AR/172. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ubaldo Pagano, De Filippo, Carnevali, Campana, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede una serie di misure nel settore sanitario tra cui le risorse per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie e la modulazione del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard a cui concorre lo Stato;
    tra le varie misure non vi è però quella volta alla riduzione del superticket, ovvero i 10 euro che i cittadini devono pagare su ogni ricetta, per le prestazioni di diagnostica e specialistica, nonostante più volte il Ministro della Salute abbia dichiarato essere un obiettivo di questo governo, fin da questa legge di bilancio, la sua abolizione;
    la legge di bilancio 2018 (l'articolo 1, comma 804 della legge 27 dicembre 2017 n. 205) aveva previsto al fine di conseguire una maggiore equità e agevolare l'accesso alle prestazioni sanitarie da parte di specifiche categorie di soggetti vulnerabili, un Fondo per la riduzione della quota fissa sulla ricetta (articolo 1, comma 796, lettera p), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e delle misure di cui alla lettera p-bis) con una dotazione di 60 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018,

impegna il Governo

ad individuare le risorse economiche necessarie, oltre a quelle già stanziate, per addivenire ad una effettiva abolizione superticket sulle ricette relative alle prestazioni di diagnostica e specialistica garantendo così il diritto alla salute sancito dalla Costituzione a tutti i cittadini.
9/1334-AR/173Rizzo Nervo, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Schirò, Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede una serie di misure nel settore sanitario tra cui le risorse per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie e la modulazione del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard a cui concorre lo Stato;
    tra le varie misure non vi è però quella volta alla riduzione del superticket, ovvero i 10 euro che i cittadini devono pagare su ogni ricetta, per le prestazioni di diagnostica e specialistica, nonostante più volte il Ministro della Salute abbia dichiarato essere un obiettivo di questo governo, fin da questa legge di bilancio, la sua abolizione;
    la legge di bilancio 2018 (l'articolo 1, comma 804 della legge 27 dicembre 2017 n. 205) aveva previsto al fine di conseguire una maggiore equità e agevolare l'accesso alle prestazioni sanitarie da parte di specifiche categorie di soggetti vulnerabili, un Fondo per la riduzione della quota fissa sulla ricetta (articolo 1, comma 796, lettera p), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e delle misure di cui alla lettera p-bis) con una dotazione di 60 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2018,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad individuare le risorse economiche necessarie, oltre a quelle già stanziate, per addivenire ad una effettiva abolizione superticket sulle ricette relative alle prestazioni di diagnostica e specialistica garantendo così il diritto alla salute sancito dalla Costituzione a tutti i cittadini.
9/1334-AR/173. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rizzo Nervo, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Schirò, Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo gli ultimi dati ISTAT riferiti all'anno 2017 e pubblicati nel mese di novembre u.s. i bambini iscritti all'anagrafe per nascita sono stati 458.151 bambini, oltre 15 mila in meno rispetto al 2016 portando ad una diminuzione nell'arco di 3 anni di 45 mila unità;
    per far fronte a questa costante decrescita della natalità è necessario non solo riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli ma anche incrementare gli stanziamenti per la diffusione dei servizi per la primissima infanzia;
    a partire dal 2007 il legislatore italiano ha iniziato a prevedere finanziamenti straordinari utilizzando strumenti diretti e indiretti, che sono stati integrati con la programmazione dei fondi europei tra cui l'intervento più importante promosso negli ultimi anni è stato il Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi socio educativi per la prima infanzia istituito con la legge finanziaria del 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 1259, che prevedeva un finanziamento statale e regionale triennale;
    negli stessi anni è stata promossa la sperimentazione nazionale delle sezioni Primavera, sezioni aggregate anche alle scuole dell'infanzia e finanziate dallo Stato, destinate ad accogliere bambini nella fascia di età 24/36 mesi nonché, dal 2011, infine, è stato promosso il Piano Azione Coesione (PAC), un intervento statale rivolto a quattro regioni del sud – Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – per finanziare, tra gli altri, anche i servizi per la prima infanzia;
    nel 2017, con il decreto legislativo n. 65 del 13 aprile, è stata avviata la progressiva attuazione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, istituito nell'ambito della riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione conosciuta come la «Buona scuola» (legge n. 107 del 2015) «al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie»;
    per attuare questo sistema integrato, il Piano di azione nazionale pluriennale ha previsto una dotazione di 209 milioni di euro nel 2017, 224 milioni nel 2018 e 239 milioni l'anno a decorrere dal 2019 puntando così ad aumentare, in particolare, l'offerta dei servizi zero/tre, oggi molto disomogenea a livello territoriale (dal 39,9 per cento di copertura in Val d'Aosta al 6,4 per cento della Campania);
    nonostante tali interventi messi in campo negli ultimi dieci anni il settore dei servizi per la prima infanzia destinati ai bambini di età inferiore ai tre anni non riesce ancora a garantire una offerta di qualità diffusa su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo:

   a confermare e rafforzare le risorse destinate al raggiungimento degli obiettivi indicati nel decreto emanato sul sistema integrato in coerenza con le politiche europee e conformemente agli obiettivi definiti nel decreto legislativo no 65 del 2017 tra i quali il raggiungimento di almeno il 33 per cento della popolazione al di sotto dei 3 anni di età a livello nazionale, diffusione dei servizi educativi per l'infanzia in almeno il 75 per cento dei comuni, anche in forma associata, generalizzazione progressiva della scuola dell'infanzia per tutti i bambini tra 3 e 6 anni, l'inclusione di tutti i bambini con difficoltà, qualificazione universitaria del personale dei servizi educativi e per l'infanzia, obbligo di formazione in servizio per il personale del sistema integrato, coordinamento pedagogico territoriale;
   a definire delle aree a priorità educativa nelle aree marginali del Paese e ad investire in modo mirato e diretto risorse nazionali e comunitarie destinate all'infanzia e al potenziamento del sistema integrato 0-6;
   a convocare la Commissione per l'educazione e l'istruzione zero-sei anni per l'emanazione delle linee guida pedagogiche prevista dal decreto legislativo 65/2017, di regolare lo sviluppo dell'intero sistema e monitorare l'uso corretto dei finanziamenti;
   a realizzare una campagna informativa efficace congiunta tra Miur e Ministero della Salute sull'importanza del nido e sui metodi per stimolare linguisticamente i bambini e le bambine nei primi mille giorni di vita.
9/1334-AR/174Siani, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo gli ultimi dati ISTAT riferiti all'anno 2017 e pubblicati nel mese di novembre u.s. i bambini iscritti all'anagrafe per nascita sono stati 458.151 bambini, oltre 15 mila in meno rispetto al 2016 portando ad una diminuzione nell'arco di 3 anni di 45 mila unità;
    per far fronte a questa costante decrescita della natalità è necessario non solo riordinare e potenziare le misure di sostegno economico per i figli ma anche incrementare gli stanziamenti per la diffusione dei servizi per la primissima infanzia;
    a partire dal 2007 il legislatore italiano ha iniziato a prevedere finanziamenti straordinari utilizzando strumenti diretti e indiretti, che sono stati integrati con la programmazione dei fondi europei tra cui l'intervento più importante promosso negli ultimi anni è stato il Piano straordinario per lo sviluppo dei servizi socio educativi per la prima infanzia istituito con la legge finanziaria del 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 1259, che prevedeva un finanziamento statale e regionale triennale;
    negli stessi anni è stata promossa la sperimentazione nazionale delle sezioni Primavera, sezioni aggregate anche alle scuole dell'infanzia e finanziate dallo Stato, destinate ad accogliere bambini nella fascia di età 24/36 mesi nonché, dal 2011, infine, è stato promosso il Piano Azione Coesione (PAC), un intervento statale rivolto a quattro regioni del sud – Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – per finanziare, tra gli altri, anche i servizi per la prima infanzia;
    nel 2017, con il decreto legislativo n. 65 del 13 aprile, è stata avviata la progressiva attuazione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, istituito nell'ambito della riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione conosciuta come la «Buona scuola» (legge n. 107 del 2015) «al fine di garantire ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali, nonché ai fini della conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori, della promozione della qualità dell'offerta educativa e della continuità tra i vari servizi educativi e scolastici e la partecipazione delle famiglie»;
    per attuare questo sistema integrato, il Piano di azione nazionale pluriennale ha previsto una dotazione di 209 milioni di euro nel 2017, 224 milioni nel 2018 e 239 milioni l'anno a decorrere dal 2019 puntando così ad aumentare, in particolare, l'offerta dei servizi zero/tre, oggi molto disomogenea a livello territoriale (dal 39,9 per cento di copertura in Val d'Aosta al 6,4 per cento della Campania);
    nonostante tali interventi messi in campo negli ultimi dieci anni il settore dei servizi per la prima infanzia destinati ai bambini di età inferiore ai tre anni non riesce ancora a garantire una offerta di qualità diffusa su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a confermare e rafforzare le risorse destinate al raggiungimento degli obiettivi indicati nel decreto emanato sul sistema integrato in coerenza con le politiche europee e conformemente agli obiettivi definiti nel decreto legislativo no 65 del 2017 tra i quali il raggiungimento di almeno il 33 per cento della popolazione al di sotto dei 3 anni di età a livello nazionale, diffusione dei servizi educativi per l'infanzia in almeno il 75 per cento dei comuni, anche in forma associata, generalizzazione progressiva della scuola dell'infanzia per tutti i bambini tra 3 e 6 anni, l'inclusione di tutti i bambini con difficoltà, qualificazione universitaria del personale dei servizi educativi e per l'infanzia, obbligo di formazione in servizio per il personale del sistema integrato, coordinamento pedagogico territoriale;
   a definire delle aree a priorità educativa nelle aree marginali del Paese e ad investire in modo mirato e diretto risorse nazionali e comunitarie destinate all'infanzia e al potenziamento del sistema integrato 0-6;
   a convocare la Commissione per l'educazione e l'istruzione zero-sei anni per l'emanazione delle linee guida pedagogiche prevista dal decreto legislativo 65/2017, di regolare lo sviluppo dell'intero sistema e monitorare l'uso corretto dei finanziamenti;
   a realizzare una campagna informativa efficace congiunta tra Miur e Ministero della Salute sull'importanza del nido e sui metodi per stimolare linguisticamente i bambini e le bambine nei primi mille giorni di vita.
9/1334-AR/174. (Testo modificato nel corso della seduta)  Siani, De Filippo, Carnevali, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia la gratuità della contraccezione, anche se non esiste una normativa specifica si desume dall'ordinamento visto che riferimenti ad essa si possono individuare sia nella legge 405 del 1975 che istituisce i consultori famigliari che nella 194 del 1978 che regolamenta la tutela sociale della maternità e l'interruzione volontaria di gravidanza, visto che entrambe le leggi si basano sull'idea e sull'obiettivo che la contraccezione debba essere gratuita, così come l'accesso ai consultori;
    nella realtà, però, in Italia a quarant'anni di distanza dall'approvazione delle due leggi la situazione è molto diversa e solo alcune regioni hanno introdotto la contraccezione gratuita per alcune categorie di persone;
    a differenza di altri Paesi europei come Belgio, Francia e Regno Unito dove esistono i rimborsi per diverse tipologie di contraccettivi nonché ci sono politiche per facilitare l'accesso alla contraccezione di giovani e donne a basso reddito, l'Italia non ha una politica chiara a livello nazionale e, infatti, non risulta né tra gli 11 Paesi con un sito istituzionale di informazione sulla pianificazione riproduttiva né tra i 18 che rimborsano agli utenti, in particolare le categorie deboli e gli adolescenti, su spese per i mezzi di contraccezione;
    secondo il rapporto dell’« European Parliamentary Forum on Population and Development», che a ha presentato i dati sulla diffusione e l'accesso alle moderne tecniche di contraccezione in 46 stati dell'Europa geografica, l'Italia si piazza al 26esimo posto dopo stati come Svezia, Estonia, Spagna, Portogallo, Moldavia e Austria, mentre tra i Paesi dell'Europa occidentale, risulta addirittura fanalino di coda,

impegna il Governo

ad individuare le risorse economiche necessarie per predisporre a livello nazionale, anche in via sperimentale, una campagna di distribuzione di dispositivi anticoncezionali, medici e ormonali nonché di contraccettivi meccanici o di barriera gratuita per almeno ognuna delle seguenti categorie: persone sotto i 26 anni; persone con ISEE inferiore a 25.000 euro; persone che sono beneficiari di protezione internazionale; persone sieropositivi o che hanno malattie sessualmente trasmissibili; persone portatrici di HPV; alle donne entro sei mesi dall'interruzione volontaria di gravidanza, alle donne post partum entro i dodici mesi dal parto.
9/1334-AR/175Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia la gratuità della contraccezione, anche se non esiste una normativa specifica si desume dall'ordinamento visto che riferimenti ad essa si possono individuare sia nella legge 405 del 1975 che istituisce i consultori famigliari che nella 194 del 1978 che regolamenta la tutela sociale della maternità e l'interruzione volontaria di gravidanza, visto che entrambe le leggi si basano sull'idea e sull'obiettivo che la contraccezione debba essere gratuita, così come l'accesso ai consultori;
    nella realtà, però, in Italia a quarant'anni di distanza dall'approvazione delle due leggi la situazione è molto diversa e solo alcune regioni hanno introdotto la contraccezione gratuita per alcune categorie di persone;
    a differenza di altri Paesi europei come Belgio, Francia e Regno Unito dove esistono i rimborsi per diverse tipologie di contraccettivi nonché ci sono politiche per facilitare l'accesso alla contraccezione di giovani e donne a basso reddito, l'Italia non ha una politica chiara a livello nazionale e, infatti, non risulta né tra gli 11 Paesi con un sito istituzionale di informazione sulla pianificazione riproduttiva né tra i 18 che rimborsano agli utenti, in particolare le categorie deboli e gli adolescenti, su spese per i mezzi di contraccezione;
    secondo il rapporto dell’« European Parliamentary Forum on Population and Development», che a ha presentato i dati sulla diffusione e l'accesso alle moderne tecniche di contraccezione in 46 stati dell'Europa geografica, l'Italia si piazza al 26esimo posto dopo stati come Svezia, Estonia, Spagna, Portogallo, Moldavia e Austria, mentre tra i Paesi dell'Europa occidentale, risulta addirittura fanalino di coda,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad individuare le risorse economiche necessarie per predisporre a livello nazionale, anche in via sperimentale, una campagna di distribuzione di dispositivi anticoncezionali, medici e ormonali nonché di contraccettivi meccanici o di barriera gratuita per almeno ognuna delle seguenti categorie: persone sotto i 26 anni; persone con ISEE inferiore a 25.000 euro; persone che sono beneficiari di protezione internazionale; persone sieropositivi o che hanno malattie sessualmente trasmissibili; persone portatrici di HPV; alle donne entro sei mesi dall'interruzione volontaria di gravidanza, alle donne post partum entro i dodici mesi dal parto.
9/1334-AR/175. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pini.


   La Camera,
   premesso che:
    la piena inclusione sociale delle persone con disabilità è un problema ancora aperto nel nostro Paese nonostante l'Italia abbia ratificato, con legge 3 marzo 2009 n. 18, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata a New York il 3 dicembre 2006;
    diritti fondamentali quali il diritto alla salute, allo studio, all'inserimento lavorativo, all'autodeterminazione, malgrado i progressi raggiunti negli ultimi anni, devono ancora essere riconosciuti ad un numero elevato di cittadini ai quali occorre assicurare la possibilità di cogliere tutte le opportunità di cui godono gli altri individui;
    in particolare, in forza dell'articolo 19 della Convenzione dell'ONU, gli Stati firmatari «riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e la loro piena integrazione e partecipazione nella società», assicurando, tra l'altro, che «le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l'assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione»;
    a tutt'oggi, in Italia, il pieno godimento dei diritti fondamentali sanciti dal citato articolo 19 non è totalmente assicurato, essendo spesso limitata la partecipazione da parte delle persone con disabilità alla vita sociale ed economica del nostro Paese a causa di barriere comportamentali, ambientali, culturali ed economiche;
    al fine di incidere effettivamente sugli ostacoli che impediscono la realizzazione dell'articolo 19 della Convenzione dell'ONU, occorre investire, in modo quantitativamente e qualitativamente adeguato, su misure di sostegno alle persone con disabilità in condizione di non autosufficienza che consentano loro, attraverso percorsi di autonomia e progetti di vita indipendente, di sviluppare il più possibile il proprio potenziale e che offrano un reale supporto alle loro famiglie, su cui attualmente grava il carico maggior delle attività di cura e di aiuto;
    per assicurare il massimo grado di equità, efficacia ed efficienza di tali misure, occorre che le stesse siano articolate secondo una valutazione multidimensionale delle necessità effettive del destinatario della prestazione, riconoscendolo come protagonista del proprio percorso di vita,

impegna il Governo:

   ad istituire, in aggiunta alle misure già attualmente previste nel nostro ordinamento dell'indennità di accompagnamento o di quella di comunicazione, un assegno personale di cura di un importo graduato destinato specificamente alla realizzazione di progetti individualizzati per l'inclusione, l'autonomia, la vita indipendente di persone con disabilità grave, o per percorsi di deistituzionalizzazione delle stesse, o per il sostegno a persone con disabilità grave in condizioni di necessitare di assistenza vitale;
   ad assicurare che le condizioni per il riconoscimento e la graduazione di tale assegno siano stabiliti secondo criteri idonei a commisurare il grado di gravità, le condizioni e necessità specifiche e l'intensità del sostegno individuale necessario.
9/1334-AR/176Noja, Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    la piena inclusione sociale delle persone con disabilità è un problema ancora aperto nel nostro Paese nonostante l'Italia abbia ratificato, con legge 3 marzo 2009 n. 18, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata a New York il 3 dicembre 2006;
    diritti fondamentali quali il diritto alla salute, allo studio, all'inserimento lavorativo, all'autodeterminazione, malgrado i progressi raggiunti negli ultimi anni, devono ancora essere riconosciuti ad un numero elevato di cittadini ai quali occorre assicurare la possibilità di cogliere tutte le opportunità di cui godono gli altri individui;
    in particolare, in forza dell'articolo 19 della Convenzione dell'ONU, gli Stati firmatari «riconoscono il diritto di tutte le persone con disabilità a vivere nella società, con la stessa libertà di scelta delle altre persone, e adottano misure efficaci ed adeguate al fine di facilitare il pieno godimento da parte delle persone con disabilità di tale diritto e la loro piena integrazione e partecipazione nella società», assicurando, tra l'altro, che «le persone con disabilità abbiano accesso ad una serie di servizi a domicilio o residenziali e ad altri servizi sociali di sostegno, compresa l'assistenza personale necessaria per consentire loro di vivere nella società e di inserirvisi e impedire che siano isolate o vittime di segregazione»;
    a tutt'oggi, in Italia, il pieno godimento dei diritti fondamentali sanciti dal citato articolo 19 non è totalmente assicurato, essendo spesso limitata la partecipazione da parte delle persone con disabilità alla vita sociale ed economica del nostro Paese a causa di barriere comportamentali, ambientali, culturali ed economiche;
    al fine di incidere effettivamente sugli ostacoli che impediscono la realizzazione dell'articolo 19 della Convenzione dell'ONU, occorre investire, in modo quantitativamente e qualitativamente adeguato, su misure di sostegno alle persone con disabilità in condizione di non autosufficienza che consentano loro, attraverso percorsi di autonomia e progetti di vita indipendente, di sviluppare il più possibile il proprio potenziale e che offrano un reale supporto alle loro famiglie, su cui attualmente grava il carico maggior delle attività di cura e di aiuto;
    per assicurare il massimo grado di equità, efficacia ed efficienza di tali misure, occorre che le stesse siano articolate secondo una valutazione multidimensionale delle necessità effettive del destinatario della prestazione, riconoscendolo come protagonista del proprio percorso di vita,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   ad istituire, in aggiunta alle misure già attualmente previste nel nostro ordinamento dell'indennità di accompagnamento o di quella di comunicazione, un assegno personale di cura di un importo graduato destinato specificamente alla realizzazione di progetti individualizzati per l'inclusione, l'autonomia, la vita indipendente di persone con disabilità grave, o per percorsi di deistituzionalizzazione delle stesse, o per il sostegno a persone con disabilità grave in condizioni di necessitare di assistenza vitale;
   ad assicurare che le condizioni per il riconoscimento e la graduazione di tale assegno siano stabiliti secondo criteri idonei a commisurare il grado di gravità, le condizioni e necessità specifiche e l'intensità del sostegno individuale necessario.
9/1334-AR/176. (Testo modificato nel corso della seduta)  Noja, Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 112 del 2016 (cosiddetta «Dopo di noi») ha previsto all'articolo 3, comma 1, l'istituzione di un Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave, prive del sostegno familiare, con una dotazione pari a 90 milioni di euro per l'anno 2016, a 38,3 milioni di euro per l'anno 2017 e a 56,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2018;
    la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), nell'ambito dei definanziamenti disposti ai sensi dell'articolo 23, comma 3, lettera b), della legge n. 196 del 2009, ha previsto la riduzione della dotazione del citato Fondo per un ammontare pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, verosimilmente in considerazione del fatto che le risorse del citato Fondo potrebbero essere reintegrate per effetto del meccanismo previsto dall'articolo 9, comma 2, della predetta legge n. 112 del 2016;
    già il Governo si è impegnato con l'approvazione dell'ordine del giorno 9/851-A/1 a reintegrare le risorse del Fondo di cui all'articolo 3, comma 1, della legge n. 112 del 2016, per un ammontare pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, anche attraverso l'adozione di un apposito provvedimento d'urgenza nel corso del corrente anno finanziario,

impegna il Governo

a imputare i 2 milioni aggiuntivi per l'anno 2019, così come previsto dall'emendamento Tab. 2. 1 a prima firma Carnevali, al capitolo 3553 «Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare» dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, missione 3 Diritti sociali, politiche sociali e famiglia programma 3.2 Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva.
9/1334-AR/177Sensi, Carnevali, De Filippo, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge n. 112 del 2016 (cosiddetta «Dopo di noi») ha previsto all'articolo 3, comma 1, l'istituzione di un Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave, prive del sostegno familiare, con una dotazione pari a 90 milioni di euro per l'anno 2016, a 38,3 milioni di euro per l'anno 2017 e a 56,1 milioni di euro annui a decorrere dal 2018;
    la legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), nell'ambito dei definanziamenti disposti ai sensi dell'articolo 23, comma 3, lettera b), della legge n. 196 del 2009, ha previsto la riduzione della dotazione del citato Fondo per un ammontare pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, verosimilmente in considerazione del fatto che le risorse del citato Fondo potrebbero essere reintegrate per effetto del meccanismo previsto dall'articolo 9, comma 2, della predetta legge n. 112 del 2016;
    già il Governo si è impegnato con l'approvazione dell'ordine del giorno 9/851-A/1 a reintegrare le risorse del Fondo di cui all'articolo 3, comma 1, della legge n. 112 del 2016, per un ammontare pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, anche attraverso l'adozione di un apposito provvedimento d'urgenza nel corso del corrente anno finanziario,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a imputare i 2 milioni aggiuntivi per l'anno 2019, così come previsto dall'emendamento Tab. 2. 1 a prima firma Carnevali, al capitolo 3553 «Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare» dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, missione 3 Diritti sociali, politiche sociali e famiglia programma 3.2 Trasferimenti assistenziali a enti previdenziali, finanziamento nazionale spesa sociale, programmazione, monitoraggio e valutazione politiche sociali e di inclusione attiva.
9/1334-AR/177. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sensi, Carnevali, De Filippo, Campana, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Siani.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, il Servizio Civile Nazionale diventa Universale puntando in questo modo ad accogliere la totalità delle richieste di partecipazione da parte dei giovani che, per scelta volontaria, intendono fare un'esperienza di grande valore formativo e civile, in grado anche di dare loro competenze utili per l'immissione nel mondo del lavoro;
    attraverso un percorso virtuoso i precedenti governi sono passati dai 896 giovani volontari del 2013, al numero «record» di 53.363 ragazze e ragazzi partiti volontari nell'anno 2018 a fronte di più di 100 mila richieste, con uno stanziamento di circa 300 milioni di euro;
    l'attuale legge di bilancio contiene uno stanziamento di soli 148 milioni, sufficienti a mala pena per la partecipazione di 20.000 volontari, meno della metà dell'anno precedente;
    al fine di continuare il percorso intrapreso verso la realizzazione di un Servizio Civile veramente universale sarebbe necessario uno stanziamento totale di almeno 400 milioni di euro,

impegna il Governo

ad individuare risorse economiche necessarie a consentire un reale raggiungimento del Servizio Civile Universale, evitando così il dimezzamento del numero dei volontari e venendo incontro alle aspettative delle migliaia di giovani che annualmente vorrebbero partecipare a questa fondamentale esperienza di vita.
9/1334-AR/178Bonomo.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, il Servizio Civile Nazionale diventa Universale puntando in questo modo ad accogliere la totalità delle richieste di partecipazione da parte dei giovani che, per scelta volontaria, intendono fare un'esperienza di grande valore formativo e civile, in grado anche di dare loro competenze utili per l'immissione nel mondo del lavoro;
    attraverso un percorso virtuoso i precedenti governi sono passati dai 896 giovani volontari del 2013, al numero «record» di 53.363 ragazze e ragazzi partiti volontari nell'anno 2018 a fronte di più di 100 mila richieste, con uno stanziamento di circa 300 milioni di euro;
    l'attuale legge di bilancio contiene uno stanziamento di soli 148 milioni, sufficienti a mala pena per la partecipazione di 20.000 volontari, meno della metà dell'anno precedente;
    al fine di continuare il percorso intrapreso verso la realizzazione di un Servizio Civile veramente universale sarebbe necessario uno stanziamento totale di almeno 400 milioni di euro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad individuare risorse economiche necessarie a consentire un reale raggiungimento del Servizio Civile Universale, evitando così il dimezzamento del numero dei volontari e venendo incontro alle aspettative delle migliaia di giovani che annualmente vorrebbero partecipare a questa fondamentale esperienza di vita.
9/1334-AR/178. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bonomo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'istituto nazionale di statistica (ISTAT), nell'ultimo «Rapporto BES 2017: il benessere equo e sostenibile in Italia», evidenzia come l'indice di abusivismo edilizio si attesti sul valore di 19,6 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate: si tratta dunque di un fenomeno attuale e ancora gravissimo, sebbene in lieve calo rispetto all'indice di 19,9 su cento dell'anno precedente;
    il rapporto mette in luce come, durante la crisi economica, che ha portato al crollo dell'attività edilizia in Italia, l'incidenza dell'edilizia illegale sia più che raddoppiata, tenendo conto che nel 2007 la proporzione era di 9 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate;
    i livelli del fenomeno restano pertanto preoccupanti, specialmente nelle regioni dell'Italia centrale, dove si stima che nel 2016 le nuove costruzioni residenziali abusive equivalgano a quasi un quinto di quelle autorizzate, e ancor più nel Mezzogiorno, dove la proporzione sfiora il 50 per cento;
    gli indici di abusivismo sono, poi, particolarmente elevati in Molise, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia, risultandovi ampiamente superiori alla media del Mezzogiorno. Si tratta quindi di un valore inaccettabile, che si distacca nettamente da quello medio degli Stati dell'Unione europea e che conferma l'incapacità di tornare ai livelli antecedenti la crisi, quando – come si è detto – il dato era di 9 costruzioni illegali ogni 100 autorizzate;
    l'impatto dell'abusivismo sul tessuto urbanistico e sulla sicurezza idrogeologica e sismica si conferma devastante anche perché efficaci politiche di contrasto faticano a imporsi. L'abusivismo edilizio è un fenomeno che non risparmia purtroppo i luoghi più belli del paese, da Nord a Sud, cospargendolo di manufatti che spesso rimangono allo stato incompiuto di scheletri, oppure di villette e alberghi che privatizzano aree di spiaggia o sorgono in mezzo ai letti dei fiumi o in aree esposte al rischio idrogeologico. Tali abusi si legano a doppio filo con le cave illegali, con la movimentazione di terra e la produzione di calcestruzzo e con l'attività delle imprese gestite dalla criminalità organizzata;
    il dossier di Legambiente «Abbatti l'abuso. I numeri delle (mancate) demolizioni nei comuni italiani», del settembre 2018, è stato realizzato dall'associazione a partire dai dati forniti da 1.804 comuni italiani (il 22,6 per cento del totale), con una analisi del fenomeno dal 2004, anno successivo all'ultimo condono edilizio, ad oggi e il quadro complessivo che emerge conferma la sostanziale inerzia di fronte all'abusivismo e alle prescrizioni di legge rispetto alle procedure sanzionatorie e di ripristino della legalità. Il fatto che oltre 6 mila i comuni non abbiano inoltre risposto all'indagine di Legambiente e che 84 abbiano, invece, negato le informazioni richieste, dimostra che purtroppo ancora oggi – in mancanza di un censimento nazionale del fenomeno e con dati in circolazione spesso carenti, contraddittori o palesemente sottostimati, siamo di fronte a informazioni gelosamente custodite;
    siamo di fronte a un fenomeno complesso, immerso in un pantano burocratico che si è allargato a dismisura con i tre condoni edilizi, che hanno puntualmente rilanciato nuove stagioni di abusivismo, con l'inerzia dei Comuni e con lo stallo prodotto dai ricorsi amministrativi mai giunti a sentenza. Proprio per questo è indispensabile intervenire nella materia, perché occorre riscattare interi territori e le loro comunità, riportando legalità, sicurezza, bellezza, economia sana e turismo;
    attuare quindi un piano nazionale di demolizione dei manufatti abusivi, anche tramite strumenti normativi adeguati e agili non soltanto serve a tutelare la bellezza del territorio nazionale e la sicurezza idrogeologica e sismica dei nostri concittadini, ma rappresenta anche un'arma efficace di deterrenza contro la criminalità organizzata, la corruzione e la concorrenza sleale verso imprese edili che lavorano onestamente;
    per questo proponiamo di porre sui Prefetti la responsabilità delle demolizioni prevedendo anche risorse dedicate allo scopo,

impegna il Governo

ad intervenire con la massima urgenza modificando la disciplina contenuta nell'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 per attribuire le necessarie competenze ai Prefetti per gli interventi di demolizione di opere abusive, allo scopo riservando le necessarie risorse attraverso l'istituzione di un fondo dedicato, da costituire presso il Ministero dell'Interno.
9/1334-AR/179Braga, Buratti, Del Basso De Caro, Morassut, Morgoni, Orlando, Pellicani, Pezzopane, De Micheli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'istituto nazionale di statistica (ISTAT), nell'ultimo «Rapporto BES 2017: il benessere equo e sostenibile in Italia», evidenzia come l'indice di abusivismo edilizio si attesti sul valore di 19,6 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate: si tratta dunque di un fenomeno attuale e ancora gravissimo, sebbene in lieve calo rispetto all'indice di 19,9 su cento dell'anno precedente;
    il rapporto mette in luce come, durante la crisi economica, che ha portato al crollo dell'attività edilizia in Italia, l'incidenza dell'edilizia illegale sia più che raddoppiata, tenendo conto che nel 2007 la proporzione era di 9 costruzioni abusive ogni 100 autorizzate;
    i livelli del fenomeno restano pertanto preoccupanti, specialmente nelle regioni dell'Italia centrale, dove si stima che nel 2016 le nuove costruzioni residenziali abusive equivalgano a quasi un quinto di quelle autorizzate, e ancor più nel Mezzogiorno, dove la proporzione sfiora il 50 per cento;
    gli indici di abusivismo sono, poi, particolarmente elevati in Molise, Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia, risultandovi ampiamente superiori alla media del Mezzogiorno. Si tratta quindi di un valore inaccettabile, che si distacca nettamente da quello medio degli Stati dell'Unione europea e che conferma l'incapacità di tornare ai livelli antecedenti la crisi, quando – come si è detto – il dato era di 9 costruzioni illegali ogni 100 autorizzate;
    l'impatto dell'abusivismo sul tessuto urbanistico e sulla sicurezza idrogeologica e sismica si conferma devastante anche perché efficaci politiche di contrasto faticano a imporsi. L'abusivismo edilizio è un fenomeno che non risparmia purtroppo i luoghi più belli del paese, da Nord a Sud, cospargendolo di manufatti che spesso rimangono allo stato incompiuto di scheletri, oppure di villette e alberghi che privatizzano aree di spiaggia o sorgono in mezzo ai letti dei fiumi o in aree esposte al rischio idrogeologico. Tali abusi si legano a doppio filo con le cave illegali, con la movimentazione di terra e la produzione di calcestruzzo e con l'attività delle imprese gestite dalla criminalità organizzata;
    il dossier di Legambiente «Abbatti l'abuso. I numeri delle (mancate) demolizioni nei comuni italiani», del settembre 2018, è stato realizzato dall'associazione a partire dai dati forniti da 1.804 comuni italiani (il 22,6 per cento del totale), con una analisi del fenomeno dal 2004, anno successivo all'ultimo condono edilizio, ad oggi e il quadro complessivo che emerge conferma la sostanziale inerzia di fronte all'abusivismo e alle prescrizioni di legge rispetto alle procedure sanzionatorie e di ripristino della legalità. Il fatto che oltre 6 mila i comuni non abbiano inoltre risposto all'indagine di Legambiente e che 84 abbiano, invece, negato le informazioni richieste, dimostra che purtroppo ancora oggi – in mancanza di un censimento nazionale del fenomeno e con dati in circolazione spesso carenti, contraddittori o palesemente sottostimati, siamo di fronte a informazioni gelosamente custodite;
    siamo di fronte a un fenomeno complesso, immerso in un pantano burocratico che si è allargato a dismisura con i tre condoni edilizi, che hanno puntualmente rilanciato nuove stagioni di abusivismo, con l'inerzia dei Comuni e con lo stallo prodotto dai ricorsi amministrativi mai giunti a sentenza. Proprio per questo è indispensabile intervenire nella materia, perché occorre riscattare interi territori e le loro comunità, riportando legalità, sicurezza, bellezza, economia sana e turismo;
    attuare quindi un piano nazionale di demolizione dei manufatti abusivi, anche tramite strumenti normativi adeguati e agili non soltanto serve a tutelare la bellezza del territorio nazionale e la sicurezza idrogeologica e sismica dei nostri concittadini, ma rappresenta anche un'arma efficace di deterrenza contro la criminalità organizzata, la corruzione e la concorrenza sleale verso imprese edili che lavorano onestamente;
    per questo proponiamo di porre sui Prefetti la responsabilità delle demolizioni prevedendo anche risorse dedicate allo scopo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad intervenire con la massima urgenza modificando la disciplina contenuta nell'articolo 41 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 per attribuire le necessarie competenze ai Prefetti per gli interventi di demolizione di opere abusive, allo scopo riservando le necessarie risorse attraverso l'istituzione di un fondo dedicato, da costituire presso il Ministero dell'Interno.
9/1334-AR/179. (Testo modificato nel corso della seduta)  Braga, Buratti, Del Basso De Caro, Morassut, Morgoni, Orlando, Pellicani, Pezzopane, De Micheli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha istituito la zona franca urbana ai sensi della legge 27 dicembre 2006, n. 296 nei Comuni delle Regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016;
    l'articolo 79, comma 4 del provvedimento in commento dispone la proroga della gestione straordinaria fino al 31 dicembre del 2020 «allo scopo di assicurare il proseguimento e l'accelerazione del processo di ricostruzione e di consentire la progressiva cessazione delle funzioni commissariali, con riassunzione delle medesime da parte degli enti ordinariamente competenti»; alla proroga della gestione straordinaria non consegue in via automatica l'estensione dei benefici relativi alla Zona Franca Urbana trattandosi di agevolazioni riconosciute per legge con riferimento ai soli periodi di imposta 2017 e 2018;
    è quindi necessario estendere con norma di legge i benefici in questione anche per i periodi di imposta 2019 e 2020, prevedendo che per tali periodi le agevolazioni siano riconosciute a tutte le imprese che possano documentare di aver subito una contrazione del fatturato rispetto a quello dell'anno precedente superando la limitazione della riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento di quello dell'anno precedente, disposta nel citato articolo 46,

impegna il Governo

a prorogare le agevolazioni fiscali di cui all'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, relative alla zona franca urbana nei Comuni delle Regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, per i periodi di imposta 2019 e 2020, senza prevedere per i citati periodi di riferimento il requisito della riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento e riconoscendo i benefìci in questione a tutte le imprese che possono documentare una contrazione del fatturato rispetto al periodo di imposta precedente.
9/1334-AR/180De Micheli, Morgoni, Melilli, Braga, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ha istituito la zona franca urbana ai sensi della legge 27 dicembre 2006, n. 296 nei Comuni delle Regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016;
    l'articolo 79, comma 4 del provvedimento in commento dispone la proroga della gestione straordinaria fino al 31 dicembre del 2020 «allo scopo di assicurare il proseguimento e l'accelerazione del processo di ricostruzione e di consentire la progressiva cessazione delle funzioni commissariali, con riassunzione delle medesime da parte degli enti ordinariamente competenti»; alla proroga della gestione straordinaria non consegue in via automatica l'estensione dei benefici relativi alla Zona Franca Urbana trattandosi di agevolazioni riconosciute per legge con riferimento ai soli periodi di imposta 2017 e 2018;
    è quindi necessario estendere con norma di legge i benefici in questione anche per i periodi di imposta 2019 e 2020, prevedendo che per tali periodi le agevolazioni siano riconosciute a tutte le imprese che possano documentare di aver subito una contrazione del fatturato rispetto a quello dell'anno precedente superando la limitazione della riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento di quello dell'anno precedente, disposta nel citato articolo 46,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prorogare le agevolazioni fiscali di cui all'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, relative alla zona franca urbana nei Comuni delle Regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, per i periodi di imposta 2019 e 2020, senza prevedere per i citati periodi di riferimento il requisito della riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento e riconoscendo i benefici in questione a tutte le imprese che possono documentare una contrazione del fatturato rispetto al periodo di imposta precedente.
9/1334-AR/180. (Testo modificato nel corso della seduta)  De Micheli, Morgoni, Melilli, Braga, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    i ripetuti e violenti eventi calamitosi che purtroppo interessano il territorio nazionale, da ultimo le alluvioni avvenute nei giorni a cavallo tra ottobre e novembre, devono renderci sempre più consapevoli della responsabilità che abbiamo nel dare piena attuazione agli strumenti operativi messi a disposizione dal decreto legislativo 2 febbraio 2018, n. 1, Codice della protezione civile, che ha definito un quadro normativo certo e stabile, in grado di dare risposte omogenee ai cittadini in tutto l'arco in cui si esplica l'attività di protezione civile;
    coniugare al meglio le esigenze di legalità e di trasparenza con l'urgenza dell'operatività significa sforzarsi di trovare il punto più avanzato di equilibrio tra un'architettura normativa articolata, che è definita dalle norme ordinarie nelle varie materie (in materia edilizia, di lavori pubblici, di procedura amministrativa e di trasparenza) e la necessità però di garantire soluzioni efficaci in tempi ristretti;
    le disposizioni contenute del Codice della protezione ernie coniugate alle norme contenute nel nuovo Codice dei contratti pubblici hanno già dato una risposta importante, definendo procedure semplificate e accelerate da mettere in campo nella gestione dell'emergenza, contribuendo in maniera sistemica a definire la disciplina dello stato di emergenza e del regime derogatorio, secondo un modello che tende sempre di più verso un diritto positivo da applicare in situazioni di emergenza;
    dal dopoguerra ad oggi il costo complessivo dei danni provocati da frane, alluvioni e terremoti, è stimato nella spaventosa cifra di 240 miliardi di euro, 3 miliardi e mezzo di euro all'anno. Le cifre tendono ad aumentare e, proprio per questo, è doveroso investire ancora più energie, più risorse, per rafforzare la cultura della prevenzione del rischio nel nostro Paese, anche accompagnando una maggiore consapevolezza di tutti gli attori coinvolti che hanno una responsabilità nel prevenire e nel gestire le emergenze;
    in tale ottica assume un rilievo fondamentale la gestione delle emergenze da parte delle regioni e, per questo, accanto al Fondo per le emergenze nazionali, finanziato negli ultimi anni con risorse importanti, assume un valore fondamentale il Fondo regionale di protezione civile. Abbiamo chiesto come gruppo del Partito Democratico un'attenzione al Governo per rifinanziare anche il Fondo per le emergenze regionali, per dare veramente operatività piena alle strutture territoriali a partire dalle regioni e garantire il più possibile che queste misure possano produrre effetti positivi, immediati, nella gestione dell'emergenza. Si tratta di fornire uno strumento importante alle regioni per poter intervenire con immediatezza senza attendere l'intervento del Fondo per le emergenze nazionali. Inoltre nei casi di calamità regionali risulta addirittura l'unico strumento a disposizione dei territori per fornire i necessari interventi sociali ed economici;
    rilevato inoltre che gli eventi alluvionali degli ultimi giorni di ottobre e di inizio novembre hanno reso evidente l'urgenza di consentire rapida rimozione del materiale vegetale abbattuto e l'avvio degli interventi di ripristino dei boschi, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 25, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 1 del 2018, nonché il ripristino degli arenili ed i connessi interventi di ripascimento per la riduzione del rischio di erosione costiera, in attuazione di quanto previsto dalla lettera d) del medesimo articolo 25, con l'obiettivo di dare certezza agli investimenti ed alla ripresa economica dei territori interessati dall'evento calamitoso,

impegna il Governo:

   a finanziare con adeguate risorse il Fondo regionale di protezione civile di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 2 febbraio 2018, n. 1;
   a destinare le opportune risorse per consentire la più rapida rimozione del materiale vegetale abbattuto e l'avvio degli interventi di ripristino dei boschi, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 25, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 1 del 2018, nonché il ripristino degli arenili ed i connessi interventi di rifacimento per la riduzione del rischio di erosione costiera, in attuazione di quanto previsto dalla lettera d) del medesimo articolo 25, nelle zone interessate dalla dichiarazione dello stato di emergenza deliberata il 9 novembre 2018, disponendone, inoltre, l'utilizzo parziale per interventi a favore di soggetti privati ed attività economiche e produttive danneggiati dai predetti fenomeni in attuazione della lettera f) del medesimo articolo 25.
9/1334-AR/181Buratti, Braga, Del Basso De Caro, Morassut, Morgoni, Orlando, Pellicani, Pezzopane, De Micheli.


   La Camera,
   premesso che:
    i ripetuti e violenti eventi calamitosi che purtroppo interessano il territorio nazionale, da ultimo le alluvioni avvenute nei giorni a cavallo tra ottobre e novembre, devono renderci sempre più consapevoli della responsabilità che abbiamo nel dare piena attuazione agli strumenti operativi messi a disposizione dal decreto legislativo 2 febbraio 2018, n. 1, Codice della protezione civile, che ha definito un quadro normativo certo e stabile, in grado di dare risposte omogenee ai cittadini in tutto l'arco in cui si esplica l'attività di protezione civile;
    coniugare al meglio le esigenze di legalità e di trasparenza con l'urgenza dell'operatività significa sforzarsi di trovare il punto più avanzato di equilibrio tra un'architettura normativa articolata, che è definita dalle norme ordinarie nelle varie materie (in materia edilizia, di lavori pubblici, di procedura amministrativa e di trasparenza) e la necessità però di garantire soluzioni efficaci in tempi ristretti;
    le disposizioni contenute del Codice della protezione ernie coniugate alle norme contenute nel nuovo Codice dei contratti pubblici hanno già dato una risposta importante, definendo procedure semplificate e accelerate da mettere in campo nella gestione dell'emergenza, contribuendo in maniera sistemica a definire la disciplina dello stato di emergenza e del regime derogatorio, secondo un modello che tende sempre di più verso un diritto positivo da applicare in situazioni di emergenza;
    dal dopoguerra ad oggi il costo complessivo dei danni provocati da frane, alluvioni e terremoti, è stimato nella spaventosa cifra di 240 miliardi di euro, 3 miliardi e mezzo di euro all'anno. Le cifre tendono ad aumentare e, proprio per questo, è doveroso investire ancora più energie, più risorse, per rafforzare la cultura della prevenzione del rischio nel nostro Paese, anche accompagnando una maggiore consapevolezza di tutti gli attori coinvolti che hanno una responsabilità nel prevenire e nel gestire le emergenze;
    in tale ottica assume un rilievo fondamentale la gestione delle emergenze da parte delle regioni e, per questo, accanto al Fondo per le emergenze nazionali, finanziato negli ultimi anni con risorse importanti, assume un valore fondamentale il Fondo regionale di protezione civile. Abbiamo chiesto come gruppo del Partito Democratico un'attenzione al Governo per rifinanziare anche il Fondo per le emergenze regionali, per dare veramente operatività piena alle strutture territoriali a partire dalle regioni e garantire il più possibile che queste misure possano produrre effetti positivi, immediati, nella gestione dell'emergenza. Si tratta di fornire uno strumento importante alle regioni per poter intervenire con immediatezza senza attendere l'intervento del Fondo per le emergenze nazionali. Inoltre nei casi di calamità regionali risulta addirittura l'unico strumento a disposizione dei territori per fornire i necessari interventi sociali ed economici;
    rilevato inoltre che gli eventi alluvionali degli ultimi giorni di ottobre e di inizio novembre hanno reso evidente l'urgenza di consentire rapida rimozione del materiale vegetale abbattuto e l'avvio degli interventi di ripristino dei boschi, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 25, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 1 del 2018, nonché il ripristino degli arenili ed i connessi interventi di ripascimento per la riduzione del rischio di erosione costiera, in attuazione di quanto previsto dalla lettera d) del medesimo articolo 25, con l'obiettivo di dare certezza agli investimenti ed alla ripresa economica dei territori interessati dall'evento calamitoso,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a finanziare con adeguate risorse il Fondo regionale di protezione civile di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 2 febbraio 2018, n. 1;
   a destinare le opportune risorse per consentire la più rapida rimozione del materiale vegetale abbattuto e l'avvio degli interventi di ripristino dei boschi, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 25, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 1 del 2018, nonché il ripristino degli arenili ed i connessi interventi di rifacimento per la riduzione del rischio di erosione costiera, in attuazione di quanto previsto dalla lettera d) del medesimo articolo 25, nelle zone interessate dalla dichiarazione dello stato di emergenza deliberata il 9 novembre 2018, disponendone, inoltre, l'utilizzo parziale per interventi a favore di soggetti privati ed attività economiche e produttive danneggiati dai predetti fenomeni in attuazione della lettera f) del medesimo articolo 25.
9/1334-AR/181. (Testo modificato nel corso della seduta)  Buratti, Braga, Del Basso De Caro, Morassut, Morgoni, Orlando, Pellicani, Pezzopane, De Micheli.


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina dell'Edilizia Convenzionata ha subito, nel corso del tempo, una continua evoluzione attraverso numerosi interventi legislativi che hanno quale punto di partenza la considerazione della sua funzione «economico-sociale» di assicurare il bene primario «casa» a categorie di soggetti ritenuti svantaggiati, in quanto privi della potenzialità economica per entrare nel «libero mercato immobiliare»;
    come sottolineato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 121/2010 e, prima ancora, nella sentenza n. 94/2007, «la materia dell'edilizia residenziale pubblica», non espressamente contemplata dall'articolo 117 della Costituzione, si estende su tre livelli normativi. Il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati ai ceti meno abbienti, espressione della competenza statale esclusiva in materia di livelli essenziali delle prestazioni; il secondo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale, che ricade nella materia «governo del territorio»; il terzo livello normativo riguarda invece la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica, rientrante nel quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione (cfr. Corte costituzionale, 16 dicembre 2016, n. 273);
    tuttavia l'attuale situazione inerente i Piani di Zona impone interventi normativi urgenti per risolvere alcune criticità del sistema a tutela di tutti i soggetti interessati. In particolare è necessario modificare l'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 al fine di razionalizzare in modo uniforme e trasparente i procedimenti di trasformazione da diritto di superficie in proprietà e di rimozione dei vincoli relativi alla commerciabilità e ai prezzi di alienazione e locazione, favorendo altresì il «completamento dei piani di zona», ovvero la completa realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; si tratta di un tema rilevante per l'edilizia convenzionata degli anni 1967, 1969, 1970 e 1972 non solo nella città di Roma, ma anche in molte altre realtà metropolitane, come Palermo, Napoli;
    per tali motivazioni è necessario modificare i commi da 45 a 50-bis dell'articolo 31 della citata legge n. 448 del 1998 con l'obiettivo di:
     introdurre una fattispecie di diritto potestativo in capo ai titolari del diritto di superficie ex legge 22 ottobre 1971, n. 865, i quali potranno richiedere la trasformazione del diritto di superficie sulle aree, non escluse dai Comuni, in diritto di proprietà;
     prevedere il procedimento con il quale si attuerà la trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà, prevedendo rimedi per le ipotesi di inerzia dei Comuni;
     introdurre la possibilità di sostituire le Convenzioni di concessione di diritto di superficie e le Convenzioni di diritto di piena proprietà vincolata, con Convenzioni, stipulate utilizzando uno schema tipo regionale, già previsto normativamente (dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001);
     rimuovere, tramite tale Convenzione, tutti i vincoli oggettivi e soggettivi, compreso quello relativo alla determinazione del prezzo massimo di cessione e individuare le modalità di calcolo del corrispettivo dovuto al Comune per tale rimozione, introducendo un limite quantitativo;
     garantire la parità di trattamento giuridica tra i titolari di una Convenzione che avesse ad oggetto sin dall'origine il diritto di piena proprietà vincolata e i soggetti che hanno ottenuto la piena proprietà solamente a seguito della trasformazione del diritto di superficie, garantendo che anche per le Convenzioni trasformate (diritto di superficie in diritto di proprietà) si applichi il medesimo termine di venti anni, il quale inizia a decorrere, anche in questo caso, dalla stipula dell'originaria Convenzione di diritto di superficie (c. 46-bis);
     prevedere che la richiesta di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà possa provenire dai singoli proprietari degli alloggi, con conseguente esclusione sia della legittimazione attiva del Comune, che delle cooperative edilizie o delle imprese costruttrici in genere;
     prevedere modalità di calcolo del corrispettivo dovuto per la trasformazione delle aree in proprietà, facendo riferimento alle quotazioni dell'Osservatorio Immobiliare e l'applicazione di un beneficio a favore di tutti quei cittadini che hanno acquistato la propria abitazione in piani di zona nei quali le opere urbanizzazione non sono state ancora ultimate;
     stabilire il principio per cui il corrispettivo dovuto per la trasformazione delle aree in diritto di proprietà non potrà essere maggiore del corrispettivo previsto per le aree cedute direttamente in proprietà nell'ambito del medesimo piano di zona, salvo rivalutazione ISTAT e la facoltà del Comune di introdurre ulteriori elementi agevolativi, quali sconti e dilazioni di pagamento;
     stabilire che i Comuni debbano destinare i corrispettivi acquisiti dalle procedure di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà al completamento delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie dei vari Piani di Zona comunali,

impegna il Governo

ad affrontare e risolvere le problematiche di cui in premessa ed a procedere, con la massima urgenza, all'adozione di misure di riordino e semplificazione per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà e per l'affrancazione nei piani E.R.P. mediante la modifica e l'integrazione delle disposizioni straordinarie in materia di violazione della disciplina sul prezzo massimo di cessione dei commi dal 45 al 50-bis dell'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
9/1334-AR/182Morassut, Prestipino.


   La Camera,
   premesso che:
    la disciplina dell'Edilizia Convenzionata ha subito, nel corso del tempo, una continua evoluzione attraverso numerosi interventi legislativi che hanno quale punto di partenza la considerazione della sua funzione «economico-sociale» di assicurare il bene primario «casa» a categorie di soggetti ritenuti svantaggiati, in quanto privi della potenzialità economica per entrare nel «libero mercato immobiliare»;
    come sottolineato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 121/2010 e, prima ancora, nella sentenza n. 94/2007, «la materia dell'edilizia residenziale pubblica», non espressamente contemplata dall'articolo 117 della Costituzione, si estende su tre livelli normativi. Il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati ai ceti meno abbienti, espressione della competenza statale esclusiva in materia di livelli essenziali delle prestazioni; il secondo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale, che ricade nella materia «governo del territorio»; il terzo livello normativo riguarda invece la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica, rientrante nel quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione (cfr. Corte costituzionale, 16 dicembre 2016, n. 273);
    tuttavia l'attuale situazione inerente i Piani di Zona impone interventi normativi urgenti per risolvere alcune criticità del sistema a tutela di tutti i soggetti interessati. In particolare è necessario modificare l'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 al fine di razionalizzare in modo uniforme e trasparente i procedimenti di trasformazione da diritto di superficie in proprietà e di rimozione dei vincoli relativi alla commerciabilità e ai prezzi di alienazione e locazione, favorendo altresì il «completamento dei piani di zona», ovvero la completa realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria; si tratta di un tema rilevante per l'edilizia convenzionata degli anni 1967, 1969, 1970 e 1972 non solo nella città di Roma, ma anche in molte altre realtà metropolitane, come Palermo, Napoli;
    per tali motivazioni è necessario modificare i commi da 45 a 50-bis dell'articolo 31 della citata legge n. 448 del 1998 con l'obiettivo di:
     introdurre una fattispecie di diritto potestativo in capo ai titolari del diritto di superficie ex legge 22 ottobre 1971, n. 865, i quali potranno richiedere la trasformazione del diritto di superficie sulle aree, non escluse dai Comuni, in diritto di proprietà;
     prevedere il procedimento con il quale si attuerà la trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà, prevedendo rimedi per le ipotesi di inerzia dei Comuni;
     introdurre la possibilità di sostituire le Convenzioni di concessione di diritto di superficie e le Convenzioni di diritto di piena proprietà vincolata, con Convenzioni, stipulate utilizzando uno schema tipo regionale, già previsto normativamente (dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001);
     rimuovere, tramite tale Convenzione, tutti i vincoli oggettivi e soggettivi, compreso quello relativo alla determinazione del prezzo massimo di cessione e individuare le modalità di calcolo del corrispettivo dovuto al Comune per tale rimozione, introducendo un limite quantitativo;
     garantire la parità di trattamento giuridica tra i titolari di una Convenzione che avesse ad oggetto sin dall'origine il diritto di piena proprietà vincolata e i soggetti che hanno ottenuto la piena proprietà solamente a seguito della trasformazione del diritto di superficie, garantendo che anche per le Convenzioni trasformate (diritto di superficie in diritto di proprietà) si applichi il medesimo termine di venti anni, il quale inizia a decorrere, anche in questo caso, dalla stipula dell'originaria Convenzione di diritto di superficie (c. 46-bis);
     prevedere che la richiesta di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà possa provenire dai singoli proprietari degli alloggi, con conseguente esclusione sia della legittimazione attiva del Comune, che delle cooperative edilizie o delle imprese costruttrici in genere;
     prevedere modalità di calcolo del corrispettivo dovuto per la trasformazione delle aree in proprietà, facendo riferimento alle quotazioni dell'Osservatorio Immobiliare e l'applicazione di un beneficio a favore di tutti quei cittadini che hanno acquistato la propria abitazione in piani di zona nei quali le opere urbanizzazione non sono state ancora ultimate;
     stabilire il principio per cui il corrispettivo dovuto per la trasformazione delle aree in diritto di proprietà non potrà essere maggiore del corrispettivo previsto per le aree cedute direttamente in proprietà nell'ambito del medesimo piano di zona, salvo rivalutazione ISTAT e la facoltà del Comune di introdurre ulteriori elementi agevolativi, quali sconti e dilazioni di pagamento;
     stabilire che i Comuni debbano destinare i corrispettivi acquisiti dalle procedure di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà al completamento delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie dei vari Piani di Zona comunali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad affrontare e risolvere le problematiche di cui in premessa ed a procedere, con la massima urgenza, all'adozione di misure di riordino e semplificazione per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà e per l'affrancazione nei piani E.R.P. mediante la modifica e l'integrazione delle disposizioni straordinarie in materia di violazione della disciplina sul prezzo massimo di cessione dei commi dal 45 al 50-bis dell'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
9/1334-AR/182. (Testo modificato nel corso della seduta)  Morassut, Prestipino.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di Bilancio 2019 all'esame del Parlamento al Titolo VIII detta disposizioni per supportare alcune esigenze emergenziali connesse ad eventi calamitosi;
    una misura di rilevante interesse sociale ed economico per i cittadini colpiti dalle calamità è sicuramente quella che consentirebbe l'esclusione dei redditi dei fabbricati dichiarati inagibili dalla determinazione del patrimonio immobiliare rilevante ai fini ISEE,

impegna il Governo

a escludere i redditi dei fabbricati inagibili per la determinazione ai fini ISEE modificando l'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, per prevedere che ai fini della determinazione del patrimonio immobiliare, rilevante ai fini del calcolo dell'ISEE, non si deve tener conto del valore dei fabbricati oggetto di espressa dichiarazione di inagibilità, sino a quando la predetta condizione non verrà a cessare.
9/1334-AR/183Morgoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di Bilancio 2019 all'esame del Parlamento al Titolo VIII detta disposizioni per supportare alcune esigenze emergenziali connesse ad eventi calamitosi;
    una misura di rilevante interesse sociale ed economico per i cittadini colpiti dalle calamità è sicuramente quella che consentirebbe l'esclusione dei redditi dei fabbricati dichiarati inagibili dalla determinazione del patrimonio immobiliare rilevante ai fini ISEE,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a escludere i redditi dei fabbricati inagibili per la determinazione ai fini ISEE modificando l'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, per prevedere che ai fini della determinazione del patrimonio immobiliare, rilevante ai fini del calcolo dell'ISEE, non si deve tener conto del valore dei fabbricati oggetto di espressa dichiarazione di inagibilità, sino a quando la predetta condizione non verrà a cessare.
9/1334-AR/183. (Testo modificato nel corso della seduta)  Morgoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2019 all'esame del Parlamento, ancora una volta, non contiene gli interventi richiesti dai territori del centro Italia colpiti dai terremoti del 2009 e a far data dal 24 agosto 2016 nonostante gli impegni presi dalla maggioranza, ad inizio legislatura, sia con atti parlamentari sia con dichiarazioni stampa di voler intervenire con il primo provvedimento utile;
    non è stato, invece, fatto nel decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, convertito dalla legge 19 luglio 2918, né nel successivo decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, cosiddetto «milleproroghe», convertito dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, poi neanche nel decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito dalla legge 16 novembre 2018, n. 130 ed ora non c’è nulla nella Legge di Bilancio 2019. Si tratta di una scelta gravissima e penalizzante per i cittadini, le imprese e gli enti locali;
    in particolare, a quasi dieci anni dal terremoto de L'Aquila del 2009 alcune urgenze continuano ad essere ignorate. Si tratta di prorogare il termine in scadenza il prossimo 31 dicembre 2018 per salvare le aziende del cratere dalla restituzione tasse chiarendo che il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi opera limitatamente agli importi eccedenti la soglia de minimis di euro 500.000 e di confermare, come fatto dal 2009, un contributo per salvare i bilanci dei comuni del cratere per sopperire minori entrate e maggiori spese. Infine non è più rinviabile avviare il confronto sul personale precario per individuare le opportune procedure di stabilizzazione del personale anche per rafforzare gli uffici deputati alla ricostruzione;
    per la ricostruzione dei territori del Centro Italia risulta urgente prorogare la restituzione delle tasse sospese, prevedendone, allo stesso tempo, una riduzione al 40 per cento dell'importo da restituire, prorogare i benefici connessi alla zona franca urbana e l'incremento del personale impegnato nella ricostruzione,

impegna il Governo:

   per le urgenze del terremoto de L'Aquila:
    a disporre che, per i beneficiari delle misure di cui all'articolo 33 comma 28 della legge 12 novembre 2011, n. 183, il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi con la decisione della Commissione europea C (2015) 5549 del 24 agosto 2015 trovi applicazione per gli importi eccedenti la soglia de minimis di euro 500 mila;
    ad assegnare per il 2019 un contributo straordinario in favore del comune dell'Aquila e dei comuni del cratere per compensare le maggiori spese e le minori entrare includendovi anche quelle relative alla tassa per la raccolta dei rifiuti solidi urbani;
    a prevedere procedure di stabilizzazione del personale precario utilizzato nella ricostruzione finalizzando la misura alle esigenze di rafforzamento degli uffici medesimi;
   per le urgenze dei sismi del Centro Italia:
    a prorogare la restituzione dei tributi sospesi prevedendone una riduzione al 40 per cento dell'importo da restituire;
    a prorogare le misure di agevolazione relative alla Zona franca urbana di cui all'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50;
    a prevedere misure di potenziamento del personale dei comuni ricadenti nei territori colpiti dai sismi a far data dal 24 agosto 2016.
9/1334-AR/184Pezzopane, Morgoni, De Micheli, Melilli, Ascani, Verini, Morani, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2019 all'esame del Parlamento, ancora una volta, non contiene gli interventi richiesti dai territori del centro Italia colpiti dai terremoti del 2009 e a far data dal 24 agosto 2016 nonostante gli impegni presi dalla maggioranza, ad inizio legislatura, sia con atti parlamentari sia con dichiarazioni stampa di voler intervenire con il primo provvedimento utile;
    non è stato, invece, fatto nel decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, convertito dalla legge 19 luglio 2918, né nel successivo decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, cosiddetto «milleproroghe», convertito dalla legge 21 settembre 2018, n. 108, poi neanche nel decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, convertito dalla legge 16 novembre 2018, n. 130 ed ora non c’è nulla nella Legge di Bilancio 2019. Si tratta di una scelta gravissima e penalizzante per i cittadini, le imprese e gli enti locali;
    in particolare, a quasi dieci anni dal terremoto de L'Aquila del 2009 alcune urgenze continuano ad essere ignorate. Si tratta di prorogare il termine in scadenza il prossimo 31 dicembre 2018 per salvare le aziende del cratere dalla restituzione tasse chiarendo che il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi opera limitatamente agli importi eccedenti la soglia de minimis di euro 500.000 e di confermare, come fatto dal 2009, un contributo per salvare i bilanci dei comuni del cratere per sopperire minori entrate e maggiori spese. Infine non è più rinviabile avviare il confronto sul personale precario per individuare le opportune procedure di stabilizzazione del personale anche per rafforzare gli uffici deputati alla ricostruzione;
    per la ricostruzione dei territori del Centro Italia risulta urgente prorogare la restituzione delle tasse sospese, prevedendone, allo stesso tempo, una riduzione al 40 per cento dell'importo da restituire, prorogare i benefici connessi alla zona franca urbana e l'incremento del personale impegnato nella ricostruzione,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di bilancio, per le urgenze del terremoto de L'Aquila:
    a disporre che, per i beneficiari delle misure di cui all'articolo 33 comma 28 della legge 12 novembre 2011, n. 183, il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi con la decisione della Commissione europea C (2015) 5549 del 24 agosto 2015 trovi applicazione per gli importi eccedenti la soglia de minimis di euro 500 mila;
    ad assegnare per il 2019 un contributo straordinario in favore del comune dell'Aquila e dei comuni del cratere per compensare le maggiori spese e le minori entrare includendovi anche quelle relative alla tassa per la raccolta dei rifiuti solidi urbani;
    a prevedere procedure di stabilizzazione del personale precario utilizzato nella ricostruzione finalizzando la misura alle esigenze di rafforzamento degli uffici medesimi;
   per le urgenze dei sismi del Centro Italia:
    a prorogare la restituzione dei tributi sospesi prevedendone una riduzione al 40 per cento dell'importo da restituire;
    a prorogare le misure di agevolazione relative alla Zona franca urbana di cui all'articolo 46 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50;
    a prevedere misure di potenziamento del personale dei comuni ricadenti nei territori colpiti dai sismi a far data dal 24 agosto 2016.
9/1334-AR/184. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pezzopane, Morgoni, De Micheli, Melilli, Ascani, Verini, Morani, D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge di Bilancio del 2017, con l'articolo 1 commi 400, 401 e 405, ha stanziato per gli anni 2017, 2018 e 2019, 500 milioni di euro annui per i farmaci innovativi e 500 milioni di euro annui per i farmaci innovativi oncologici, così come qualificati in base ai criteri predisposti da AIFA;
    nel 2017 la spesa annuale per i farmaci innovativi non oncologici è stata di 308 milioni di euro e per quelli oncologici di 409 milioni;
    sulla base della normativa vigente, laddove le risorse previste nei fondi non siano totalmente impiegate per le finalità sopra evidenziate, queste confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard senza alcun particolare vincolo di destinazione;
    la legge di bilancio per il 2019 non prevede modifiche al riguardo, lasciando inalterata la consistenza e la finalità dei predetti fondi, e non prevedendo alcuna estensione dei fondi per gli anni successivi al 2019;
    nel 2019-2020 sono prossimi ad entrare nel mercato italiano nuove terapie fortemente innovative cosiddette «trasformative» (ossia capaci di trasformare la naturale storia patologica di un paziente) che offrono soluzioni « one-shot» paziente-specifiche o per nicchie di pazienti, ad alto costo. Ci si riferisce, in particolare, alle nuove «terapie geniche» appartenenti al novero delle Terapie Avanzate, che per loro intrinseche caratteristiche possono essere somministrate solo in centri di riferimento altamente specializzati,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di garantire una copertura finanziaria ai farmaci innovativi oncologici e non oncologici particolarmente costosi, come le nuove terapie geniche, attraverso modelli di finanziamento a medio-lungo periodo, con vincolo di destinazione;
   a valutare l'opportunità di disegnare uno specifico assetto normativo regolatorio delle Terapie Avanzate, nel quale vengano definiti anche gli standard che i centri di riferimento dovranno avere per il loro utilizzo.
9/1334-AR/185Boldi.


   La Camera,
   premesso che:
    la Legge di Bilancio del 2017, con l'articolo 1 commi 400, 401 e 405, ha stanziato per gli anni 2017, 2018 e 2019, 500 milioni di euro annui per i farmaci innovativi e 500 milioni di euro annui per i farmaci innovativi oncologici, così come qualificati in base ai criteri predisposti da AIFA;
    nel 2017 la spesa annuale per i farmaci innovativi non oncologici è stata di 308 milioni di euro e per quelli oncologici di 409 milioni;
    sulla base della normativa vigente, laddove le risorse previste nei fondi non siano totalmente impiegate per le finalità sopra evidenziate, queste confluiscono nella quota di finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard senza alcun particolare vincolo di destinazione;
    la legge di bilancio per il 2019 non prevede modifiche al riguardo, lasciando inalterata la consistenza e la finalità dei predetti fondi, e non prevedendo alcuna estensione dei fondi per gli anni successivi al 2019;
    nel 2019-2020 sono prossimi ad entrare nel mercato italiano nuove terapie fortemente innovative cosiddette «trasformative» (ossia capaci di trasformare la naturale storia patologica di un paziente) che offrono soluzioni « one-shot» paziente-specifiche o per nicchie di pazienti, ad alto costo. Ci si riferisce, in particolare, alle nuove «terapie geniche» appartenenti al novero delle Terapie Avanzate, che per loro intrinseche caratteristiche possono essere somministrate solo in centri di riferimento altamente specializzati,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare la possibilità di garantire una copertura finanziaria ai farmaci innovativi oncologici e non oncologici particolarmente costosi, come le nuove terapie geniche, attraverso modelli di finanziamento a medio-lungo periodo, con vincolo di destinazione;
   a valutare l'opportunità di disegnare uno specifico assetto normativo regolatorio delle Terapie Avanzate, nel quale vengano definiti anche gli standard che i centri di riferimento dovranno avere per il loro utilizzo.
9/1334-AR/185. (Testo modificato nel corso della seduta)  Boldi.


   La Camera,
   premesso che:
    la risonanza magnetica nucleare (RMN) è una tecnica di indagine sulla materia basata sulla misura della precessione dello spin di protoni o di altri nuclei dotati di momento magnetico quando sono sottoposti a un campo magnetico. La risonanza magnetica, intesa come tecnica di indagine, in campo medico è usata prevalentemente a scopi diagnostici nella tecnica dell’imaging a risonanza magnetica (detta anche tomografia a risonanza magnetica). Le indagini mediche che sfruttano la RMN danno informazioni diverse rispetto alle immagini radiologiche convenzionali: il segnale di densità in RMN è dato infatti dal nucleo atomico dell'elemento esaminato, mentre la densità radiografica è determinata dalle caratteristiche degli orbitali elettronici degli atomi colpiti dai raggi X. Le informazioni fornite dalle immagini di risonanza magnetica sono essenzialmente di natura diversa rispetto a quelle degli altri metodi di imaging. Infatti sono normalmente visibili esclusivamente i tessuti molli ed è inoltre possibile la discriminazione tra tipi di tessuti non apprezzabile con altre tecniche radiologiche;
    l'attuale quadro normativo prevede un iter autorizzativo differenziato per le apparecchiature a risonanza magnetica ad uso medico diagnostico che è funzione di due parametri fondamentali: il campo magnetico ≤ 2 tesla e > tesla;
    in particolare l'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, n. 542, stabilisce che tutte le apparecchiature Rm con campo magnetico statico inferiore a 0,5 tesla, dotate di elettromagneti e/o magneti permanenti o misti e dedicate esclusivamente all'utilizzo sugli arti (settoriale), non sono soggette ad autorizzazione all'installazione e all'uso;
    la circolare del ministero della Sanità 38 del 7 giugno 1995 esplicita che, per utilizzazione «settoriale» si definisce l'impiego «limitato allo studio di una definita regione corporea a causa dell'impossibilità tecnologica (dimensione del “bore”, modalità costruttiva, tipo di magnete, ecc.) ad eseguire esami Rm di altri tipi». Da ciò, si evince chiaramente la linea di demarcazione tra le apparecchiature a basso campo destinate ad uso settoriale e quelle cosiddette totale body;
    l'articolo 3, al comma 2, impropriamente limita agli arti la possibilità dell'utilizzo delle Rm settoriali, non considerando l'evoluzione delle moderne apparecchiature che consentono il trattamento altresì di spalle, anche, e segmenti del rachide vertebrale, con trattamenti di campo magnetico non superiori a 0, 5 tesla;
    l'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, n. 542, prevede che «Gli “standards” di sicurezza ed impiego per le apparecchiature R.M. sono fissati con decreto del Ministro della sanità, sentito il parere del Consiglio superiore di sanità, l'istituto superiore di sanità e l'istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e aggiornati, con la medesima procedura, in relazione all'evoluzione tecnologica, anche su domanda delle imprese produttrici»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire le risonanze magnetiche settoriali dedicate alle spalle, alle anche, e ai segmenti del rachide vertebrale, con valori di campo statico di induzione magnetica non superiori a 0,5 Tesla tra quelle non soggette a preventiva autorizzazione all'installazione e all'uso previste dal comma 2 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, n. 542.
9/1334-AR/186Tiramani, Leda Volpi, Nappi, Mammì, Lapia, Bologna, D'Arrando, Menga, Misiti.


   La Camera,
   premesso che:
    la risonanza magnetica nucleare (RMN) è una tecnica di indagine sulla materia basata sulla misura della precessione dello spin di protoni o di altri nuclei dotati di momento magnetico quando sono sottoposti a un campo magnetico. La risonanza magnetica, intesa come tecnica di indagine, in campo medico è usata prevalentemente a scopi diagnostici nella tecnica dell’imaging a risonanza magnetica (detta anche tomografia a risonanza magnetica). Le indagini mediche che sfruttano la RMN danno informazioni diverse rispetto alle immagini radiologiche convenzionali: il segnale di densità in RMN è dato infatti dal nucleo atomico dell'elemento esaminato, mentre la densità radiografica è determinata dalle caratteristiche degli orbitali elettronici degli atomi colpiti dai raggi X. Le informazioni fornite dalle immagini di risonanza magnetica sono essenzialmente di natura diversa rispetto a quelle degli altri metodi di imaging. Infatti sono normalmente visibili esclusivamente i tessuti molli ed è inoltre possibile la discriminazione tra tipi di tessuti non apprezzabile con altre tecniche radiologiche;
    l'attuale quadro normativo prevede un iter autorizzativo differenziato per le apparecchiature a risonanza magnetica ad uso medico diagnostico che è funzione di due parametri fondamentali: il campo magnetico ≤ 2 tesla e > 2 tesla;
    in particolare l'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, n. 542, stabilisce che tutte le apparecchiature Rm con campo magnetico statico inferiore a 0,5 tesla, dotate di elettromagneti e/o magneti permanenti o misti e dedicate esclusivamente all'utilizzo sugli arti (settoriale), non sono soggette ad autorizzazione all'installazione e all'uso;
    la circolare del ministero della Sanità 38 del 7 giugno 1995 esplicita che, per utilizzazione «settoriale» si definisce l'impiego «limitato allo studio di una definita regione corporea a causa dell'impossibilità tecnologica (dimensione del “bore”, modalità costruttiva, tipo di magnete, ecc.) ad eseguire esami Rm di altri tipi». Da ciò, si evince chiaramente la linea di demarcazione tra le apparecchiature a basso campo destinate ad uso settoriale e quelle cosiddette totale body;
    l'articolo 3, al comma 2, impropriamente limita agli arti la possibilità dell'utilizzo delle Rm settoriali, non considerando l'evoluzione delle moderne apparecchiature che consentono il trattamento altresì di spalle, anche, e segmenti del rachide vertebrale, con trattamenti di campo magnetico non superiori a 0, 5 tesla;
    l'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, n. 542, prevede che «Gli “standards” di sicurezza ed impiego per le apparecchiature R.M. sono fissati con decreto del Ministro della sanità, sentito il parere del Consiglio superiore di sanità, l'istituto superiore di sanità e l'istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e aggiornati, con la medesima procedura, in relazione all'evoluzione tecnologica, anche su domanda delle imprese produttrici»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di inserire le risonanze magnetiche settoriali dedicate alle spalle, alle anche, e ai segmenti del rachide vertebrale, con valori di campo statico di induzione magnetica non superiori a 0,5 Tesla tra quelle non soggette a preventiva autorizzazione all'installazione e all'uso previste dal comma 2 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, n. 542.
9/1334-AR/186. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tiramani, Leda Volpi, Nappi, Mammì, Lapia, Bologna, D'Arrando, Menga, Misiti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 95 del 2012, all'articolo 15, comma 14, (cosiddetto Spending Review), ha introdotto nell'ordinamento italiano la riduzione della spesa annuale per prestazioni specialistiche e ospedaliere fornite dai privati accreditati rispetto ai volumi di produzione del 2011, nella misura dello 0,5 per cento per il 2012, dell'1 per cento per il 2013 e del 2 per cento a partire dal 2014;
    la relazione tecnica che accompagnava il decreto-legge n. 95 del 2012 quantificava in 280 milioni di euro il risparmio conseguibile a partire dal 2014 in una condizione di «invarianza dei servizi forniti ai cittadini». Un obiettivo di risparmio che appare disatteso, giacché l'effettivo depotenziamento di una componente competitiva all'interno del Sistema Sanitario Nazionale riduce l'incentivo delle strutture pubbliche a portare la produzione a livelli più efficienti, con l'aggravio di domanda a rappresentare un ulteriore ostacolo agli sforzi di efficientamento;
    da non trascurare, inoltre, i profili di incostituzionalità che possono ravvedersi nella natura a tempo indeterminato del taglio di spesa e sulle conseguenze per l'autonomia gestionale delle Regioni. La sentenza 43/2016 della Corte Costituzionale stabilisce, infatti, che l'intervento statale sull'autonomia di spesa delle Regioni è consentito solo in forma di principio transitorio per il coordinamento della finanza pubblica e per l'assolvimento di esigenze di equilibrio finanziario. Ogni misura non circoscritta in un arco temporale rischia infatti di tramutarsi in una direttiva strutturale sull'allocazione delle risorse finanziarie, agendo discrezionalmente sull'erogazione dei servizi;
    il Sistema Sanitario Nazionale fronteggia oggi due esigenze: da un lato, quella di incrementare il finanziamento pubblico, dall'altro, quella di definire con sempre maggiore appropriatezza le proprie voci di spesa in ragione delle priorità sanitarie (aumento delle cronicità, invecchiamento demografico, peggioramento delle liste di attesa, investimenti in innovazione);
    per questa ragione appare sempre più necessario consentire una piena realizzazione della natura mista pubblico-privata del SSN, concedendo al sistema di ricorrere agli erogatori privati accreditati come una leva di stimolo competitivo e supporto all'erogazione dei servizi sanitari pubblici;
    per queste ragioni, si considera opportuno un'ulteriore modifica dell'articolo 15, comma 4 del decreto-legge n. 95 del 2012 nel senso di una definitiva rimozione dei vincoli sopra descritti, nell'obiettivo di consentire alle Regioni di tornare in possesso di una piena facoltà di programmazione della spesa sanitaria, con la facoltà di ricorrere a tutti gli erogatori accreditati con il SSN a parità di remunerazione delle prestazioni fornite;
    appare, infatti, ineludibile l'esigenza di aumentare l'offerta di servizi erogati per ridurre drasticamente e in tempi brevi le liste di attesa, aprendo al cittadino il ventaglio dei luoghi di cura a disposizione, e implementare l'erogazione dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza;
    fattori, questi, su cui potrebbe incidere positivamente la capacità – nuovamente concessa alle Regioni da una modifica del decreto-legge n. 95 del 2012 – di programmare la partecipazione al rinnovo dei contratti nazionali per il comparto sanitario pubblico e privato accreditato;
    da sottolineare, inoltre, come una simile modifica non richieda un automatico adeguamento del livello di finanziamento pubblico del Fondo Sanitario Nazionale ma conceda, all'interno della quota di spettanza di ciascuna Regione, la possibilità di programmare la spesa per acquisto di prestazioni, lasciando all'Amministrazione Regionale la possibilità di prevedere interventi di promozione dell'appropriatezza clinica atti a generare risparmi e garantire pertanto l'invarianza finanziaria di tale misura;
    in ragione di ciò, sembra opportuno recuperare la ratio della modifica intervenuta con la legge n. 208 del 2015, senza vincolare la deroga al tetto ad un obiettivo di spesa (come quello relativo all'erogazione dei nuovi LEA) di più complessa determinazione in assenza di un quadro normativo chiaro e aggiornato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire, attraverso le opportune iniziative normative, alle Regioni di tornare in possesso di una piena facoltà di programmazione della spesa sanitaria, con la possibilità di ricorrere a tutti gli erogatori accreditati con il Servizio Sanitario Nazionale a parità di remunerazione delle prestazioni fornite.
9/1334-AR/187Centemero, Boldi, Trizzino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 95 del 2012, all'articolo 15, comma 14, (cosiddetto Spending Review), ha introdotto nell'ordinamento italiano la riduzione della spesa annuale per prestazioni specialistiche e ospedaliere fornite dai privati accreditati rispetto ai volumi di produzione del 2011, nella misura dello 0,5 per cento per il 2012, dell'1 per cento per il 2013 e del 2 per cento a partire dal 2014;
    la relazione tecnica che accompagnava il decreto-legge n. 95 del 2012 quantificava in 280 milioni di euro il risparmio conseguibile a partire dal 2014 in una condizione di «invarianza dei servizi forniti ai cittadini». Un obiettivo di risparmio che appare disatteso, giacché l'effettivo depotenziamento di una componente competitiva all'interno del Sistema Sanitario Nazionale riduce l'incentivo delle strutture pubbliche a portare la produzione a livelli più efficienti, con l'aggravio di domanda a rappresentare un ulteriore ostacolo agli sforzi di efficientamento;
    da non trascurare, inoltre, i profili di incostituzionalità che possono ravvedersi nella natura a tempo indeterminato del taglio di spesa e sulle conseguenze per l'autonomia gestionale delle Regioni. La sentenza 43/2016 della Corte Costituzionale stabilisce, infatti, che l'intervento statale sull'autonomia di spesa delle Regioni è consentito solo in forma di principio transitorio per il coordinamento della finanza pubblica e per l'assolvimento di esigenze di equilibrio finanziario. Ogni misura non circoscritta in un arco temporale rischia infatti di tramutarsi in una direttiva strutturale sull'allocazione delle risorse finanziarie, agendo discrezionalmente sull'erogazione dei servizi;
    il Sistema Sanitario Nazionale fronteggia oggi due esigenze: da un lato, quella di incrementare il finanziamento pubblico, dall'altro, quella di definire con sempre maggiore appropriatezza le proprie voci di spesa in ragione delle priorità sanitarie (aumento delle cronicità, invecchiamento demografico, peggioramento delle liste di attesa, investimenti in innovazione);
    per questa ragione appare sempre più necessario consentire una piena realizzazione della natura mista pubblico-privata del SSN, concedendo al sistema di ricorrere agli erogatori privati accreditati come una leva di stimolo competitivo e supporto all'erogazione dei servizi sanitari pubblici;
    per queste ragioni, si considera opportuno un'ulteriore modifica dell'articolo 15, comma 4 del decreto-legge n. 95 del 2012 nel senso di una definitiva rimozione dei vincoli sopra descritti, nell'obiettivo di consentire alle Regioni di tornare in possesso di una piena facoltà di programmazione della spesa sanitaria, con la facoltà di ricorrere a tutti gli erogatori accreditati con il SSN a parità di remunerazione delle prestazioni fornite;
    appare, infatti, ineludibile l'esigenza di aumentare l'offerta di servizi erogati per ridurre drasticamente e in tempi brevi le liste di attesa, aprendo al cittadino il ventaglio dei luoghi di cura a disposizione, e implementare l'erogazione dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza;
    fattori, questi, su cui potrebbe incidere positivamente la capacità – nuovamente concessa alle Regioni da una modifica del decreto-legge n. 95 del 2012 – di programmare la partecipazione al rinnovo dei contratti nazionali per il comparto sanitario pubblico e privato accreditato;
    da sottolineare, inoltre, come una simile modifica non richieda un automatico adeguamento del livello di finanziamento pubblico del Fondo Sanitario Nazionale ma conceda, all'interno della quota di spettanza di ciascuna Regione, la possibilità di programmare la spesa per acquisto di prestazioni, lasciando all'Amministrazione Regionale la possibilità di prevedere interventi di promozione dell'appropriatezza clinica atti a generare risparmi e garantire pertanto l'invarianza finanziaria di tale misura;
    in ragione di ciò, sembra opportuno recuperare la ratio della modifica intervenuta con la legge n. 208 del 2015, senza vincolare la deroga al tetto ad un obiettivo di spesa (come quello relativo all'erogazione dei nuovi LEA) di più complessa determinazione in assenza di un quadro normativo chiaro e aggiornato,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di consentire, attraverso le opportune iniziative normative, alle Regioni di tornare in possesso di una piena facoltà di programmazione della spesa sanitaria, con la possibilità di ricorrere a tutti gli erogatori accreditati con il Servizio Sanitario Nazionale a parità di remunerazione delle prestazioni fornite.
9/1334-AR/187. (Testo modificato nel corso della seduta)  Centemero, Boldi, Trizzino.


   La Camera,
   premesso che:
    gran parte delle società che gestiscono strutture dedicate alla nautica da diporto occupano, in regime di concessione generalmente pluridecennale, aree demaniali marittime quasi sempre prive di infrastrutture (sia per terreni che per gli specchi acquei), sulle quali esse hanno realizzato, a loro totale carico, opere marittime destinate a costituire un porto turistico;
    per l'occupazione delle aree demaniali marittime le società concessionarie corrispondono un canone annuo e, al termine del periodo di concessione, le opere realizzate – tra cui anche i porti turistici – vengono acquisite al demanio marittimo statale senza diritto, per il concessionario, di indennizzi, rimborsi o attribuzioni di alcun genere;
    la nuova disciplina introdotta dall'articolo 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Legge Finanziaria 2007) ha previsto una rimodulazione dei criteri di quantificazione dei canoni concessori che hanno subito un pesantissimo aumento arrivando addirittura, in alcuni casi, al 400 per cento in più rispetto al precedente regime. Tale disposizione non ha, tuttavia, previsto una differenza tra nuove concessioni e rapporti concessori già in corso con la conseguente applicazione retroattiva delle tariffe rimodulate anche a questi ultimi;
    l'improvviso ed elevatissimo aumento del canone anche per le concessioni già in essere ha alterato il quadro economico su cui l'imprenditore aveva fatto affidamento al momento della predisposizione del piano industriale e ciò, in molti casi, ha reso non più sostenibile economicamente l'investimento creando peraltro molte incertezze in termini di legittimità normativa: i provvedimenti con i quali le Pubbliche amministrazioni concedenti hanno applicato ai rapporti concessori già in essere i canoni derivanti dalla nuova disciplina sono stati oggetto di ripetute impugnazioni innanzi alla Giustizia Amministrativa, e quest'ultima, con ripetute ordinanze, ha sollevato la questione della legittimità costituzionale della norma in oggetto per violazione degli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 41 (libertà di iniziativa economica) della Costituzione;
    la Corte costituzionale con la sentenza n. 29 del 27 gennaio 2017, ha evidenziato con chiarezza come l'articolo 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, presenti profili di irragionevolezza e, con riferimento alle concessioni già in essere, ha auspicato che la nuova normativa venga applicata tenendo ben distinti i casi in cui il privato stia realizzando a sue spese importanti infrastrutture portuali da quelli in cui tali infrastrutture esistano già e non comportino quindi ulteriori costi per il privato. In particolare la Corte, pur confermando la legittimità costituzionale della citata norma, ha tuttavia fornito indicazioni per una sua applicazione costituzionalmente orientata che impone di considerare la natura e le caratteristiche dei beni oggetto di concessione, quali erano all'avvio del rapporto concessorio, nonché delle modifiche successivamente intervenute a cura e spese dell'amministrazione concedente;
    l'applicazione della nuova normativa secondo le indicazioni date dalla Corte costituzionale, spetterà comunque sempre alle Pubbliche amministrazioni concedenti e si presterà, data la mancanza di riferimenti normativi, ad interpretazioni non sempre omogenee che ancora una volta potrebbero aprire il campo ad una situazione di sostanziale incertezza e, conseguentemente, a contenziosi giudiziari innanzi alla Magistratura amministrativa;
    confermando quanto stabilito dalla Corte costituzionale, la recente sentenza del TAR Sardegna, n. 789 del 2018, su ricorso proposto dalla Marina di Portisco, stabilisce che i nuovi canoni si devono applicare ai porti turistici realizzati prima del 2006 solo con riferimento alle tabelle delle nude superfici concesse. D'altronde, nelle concessioni che prevedono la realizzazione di infrastrutture da parte del concessionario, il pagamento del canone riguarda soltanto l'utilizzo del suolo e non anche i manufatti, sui quali medio tempore insiste la proprietà superficiaria dei concessionari e lo Stato non vanta alcun diritto di proprietà;
    in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 29 del 27 gennaio 2017, sarebbe opportuno precisare con apposita norma che i titolari di concessione o di autorizzazione all'anticipata occupazione di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, rilasciata antecedentemente alla data del 1o gennaio 2007, possono optare per la rideterminazione del canone a decorrere dal 1o gennaio 2007. A tal fine si dovrebbe chiarire che il canone concessorio, così come quantificato dal comma 202 della legge n. 296 del 2006, è determinato con esclusivo riferimento alla consistenza delle aree demaniali e degli spazi d'acqua quali erano al momento del rilascio della concessione o dell'autorizzazione, e sulla base delle sole voci tabellari relative a «aree scoperte» e «specchi acquei», e che ai rapporti concessori instaurati con atti aventi efficacia decorrente da data anteriore al 24 novembre 2003, si applicano le misure stabilite nell'atto originario di concessione con riferimento alla natura e alle caratteristiche dei beni oggetto di concessione quali erano all'avvio del rapporto concessorio. Da ultimo, sarebbe necessario far individuare all'Agenzia del Demanio, con proprio provvedimento, le modalità di rideterminazione e di pagamento dei canoni concessori dovuti prevedendo, nello specifico che: se il canone pagato è inferiore a quello rideterminato, le imprese della portualità turistica devono versare le somme non corrisposte relative agli anni pregressi in cinque rate annuali di pari importo di cui la prima entro 120 giorni dalla comunicazione della rideterminazione operata dall'Agenzia del Demanio; mentre se il canone corrisposto è superiore a quello rideterminato, le somme pagate in eccesso sono portate in compensazione a valere sui canoni futuri. In questo modo i giudizi aventi ad oggetto il pagamento dei canoni concessori ricalcolati con l'applicazione retroattiva dell'articolo 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si estinguerebbero automaticamente e le intimazioni di pagamento comunque notificate dall'amministrazione diventerebbero inefficaci;
    le imprese della portualità turistica che hanno realizzato proprie strutture prima del 2007 e che ad oggi hanno impugnato l'applicazione retroattiva della nuova normativa sui canoni demaniali sono 26 e gran parte di queste ha ottenuto una pronuncia di sospensiva del pagamento dei canoni di concessione;
    sarebbe opportuno un chiarimento normativo per risolvere il contenzioso in essere, anche perché tale soluzione consentirebbe allo Stato di realizzare un incremento medio di circa il 30 per cento del canone riportato negli atti originari di concessione stipulati dall'Amministrazione con i privati, incassando tali maggiori somme a partire dal 2007, per un'entrata complessiva di circa 10 milioni di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere con apposita norma la rideterminazione del canone di concessione o di autorizzazione all'anticipata occupazione di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale con le modalità illustrate in premessa, al fine di risolvere il contenzioso in essere e consentire allo Stato di recuperare i canoni non ancora corrisposti a causa delle sospensive giudiziarie, aumentati a partire dal 2007 di circa il 30 per cento dell'importo previsto negli atti originari di concessione stipulati dall'Amministrazione con i privati.
9/1334-AR/188Andreuzza, Viviani.


   La Camera,
   premesso che:
    gran parte delle società che gestiscono strutture dedicate alla nautica da diporto occupano, in regime di concessione generalmente pluridecennale, aree demaniali marittime quasi sempre prive di infrastrutture (sia per terreni che per gli specchi acquei), sulle quali esse hanno realizzato, a loro totale carico, opere marittime destinate a costituire un porto turistico;
    per l'occupazione delle aree demaniali marittime le società concessionarie corrispondono un canone annuo e, al termine del periodo di concessione, le opere realizzate – tra cui anche i porti turistici – vengono acquisite al demanio marittimo statale senza diritto, per il concessionario, di indennizzi, rimborsi o attribuzioni di alcun genere;
    la nuova disciplina introdotta dall'articolo 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Legge Finanziaria 2007) ha previsto una rimodulazione dei criteri di quantificazione dei canoni concessori che hanno subito un pesantissimo aumento arrivando addirittura, in alcuni casi, al 400 per cento in più rispetto al precedente regime. Tale disposizione non ha, tuttavia, previsto una differenza tra nuove concessioni e rapporti concessori già in corso con la conseguente applicazione retroattiva delle tariffe rimodulate anche a questi ultimi;
    l'improvviso ed elevatissimo aumento del canone anche per le concessioni già in essere ha alterato il quadro economico su cui l'imprenditore aveva fatto affidamento al momento della predisposizione del piano industriale e ciò, in molti casi, ha reso non più sostenibile economicamente l'investimento creando peraltro molte incertezze in termini di legittimità normativa: i provvedimenti con i quali le Pubbliche amministrazioni concedenti hanno applicato ai rapporti concessori già in essere i canoni derivanti dalla nuova disciplina sono stati oggetto di ripetute impugnazioni innanzi alla Giustizia Amministrativa, e quest'ultima, con ripetute ordinanze, ha sollevato la questione della legittimità costituzionale della norma in oggetto per violazione degli articoli 3 (principio di uguaglianza) e 41 (libertà di iniziativa economica) della Costituzione;
    la Corte costituzionale con la sentenza n. 29 del 27 gennaio 2017, ha evidenziato con chiarezza come l'articolo 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, presenti profili di irragionevolezza e, con riferimento alle concessioni già in essere, ha auspicato che la nuova normativa venga applicata tenendo ben distinti i casi in cui il privato stia realizzando a sue spese importanti infrastrutture portuali da quelli in cui tali infrastrutture esistano già e non comportino quindi ulteriori costi per il privato. In particolare la Corte, pur confermando la legittimità costituzionale della citata norma, ha tuttavia fornito indicazioni per una sua applicazione costituzionalmente orientata che impone di considerare la natura e le caratteristiche dei beni oggetto di concessione, quali erano all'avvio del rapporto concessorio, nonché delle modifiche successivamente intervenute a cura e spese dell'amministrazione concedente;
    l'applicazione della nuova normativa secondo le indicazioni date dalla Corte costituzionale, spetterà comunque sempre alle Pubbliche amministrazioni concedenti e si presterà, data la mancanza di riferimenti normativi, ad interpretazioni non sempre omogenee che ancora una volta potrebbero aprire il campo ad una situazione di sostanziale incertezza e, conseguentemente, a contenziosi giudiziari innanzi alla Magistratura amministrativa;
    confermando quanto stabilito dalla Corte costituzionale, la recente sentenza del TAR Sardegna, n. 789 del 2018, su ricorso proposto dalla Marina di Portisco, stabilisce che i nuovi canoni si devono applicare ai porti turistici realizzati prima del 2006 solo con riferimento alle tabelle delle nude superfici concesse. D'altronde, nelle concessioni che prevedono la realizzazione di infrastrutture da parte del concessionario, il pagamento del canone riguarda soltanto l'utilizzo del suolo e non anche i manufatti, sui quali medio tempore insiste la proprietà superficiaria dei concessionari e lo Stato non vanta alcun diritto di proprietà;
    in applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 29 del 27 gennaio 2017, sarebbe opportuno precisare con apposita norma che i titolari di concessione o di autorizzazione all'anticipata occupazione di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, rilasciata antecedentemente alla data del 1o gennaio 2007, possono optare per la rideterminazione del canone a decorrere dal 1o gennaio 2007. A tal fine si dovrebbe chiarire che il canone concessorio, così come quantificato dal comma 202 della legge n. 296 del 2006, è determinato con esclusivo riferimento alla consistenza delle aree demaniali e degli spazi d'acqua quali erano al momento del rilascio della concessione o dell'autorizzazione, e sulla base delle sole voci tabellari relative a «aree scoperte» e «specchi acquei», e che ai rapporti concessori instaurati con atti aventi efficacia decorrente da data anteriore al 24 novembre 2003, si applicano le misure stabilite nell'atto originario di concessione con riferimento alla natura e alle caratteristiche dei beni oggetto di concessione quali erano all'avvio del rapporto concessorio. Da ultimo, sarebbe necessario far individuare all'Agenzia del Demanio, con proprio provvedimento, le modalità di rideterminazione e di pagamento dei canoni concessori dovuti prevedendo, nello specifico che: se il canone pagato è inferiore a quello rideterminato, le imprese della portualità turistica devono versare le somme non corrisposte relative agli anni pregressi in cinque rate annuali di pari importo di cui la prima entro 120 giorni dalla comunicazione della rideterminazione operata dall'Agenzia del Demanio; mentre se il canone corrisposto è superiore a quello rideterminato, le somme pagate in eccesso sono portate in compensazione a valere sui canoni futuri. In questo modo i giudizi aventi ad oggetto il pagamento dei canoni concessori ricalcolati con l'applicazione retroattiva dell'articolo 1, comma 252, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si estinguerebbero automaticamente e le intimazioni di pagamento comunque notificate dall'amministrazione diventerebbero inefficaci;
    le imprese della portualità turistica che hanno realizzato proprie strutture prima del 2007 e che ad oggi hanno impugnato l'applicazione retroattiva della nuova normativa sui canoni demaniali sono 26 e gran parte di queste ha ottenuto una pronuncia di sospensiva del pagamento dei canoni di concessione;
    sarebbe opportuno un chiarimento normativo per risolvere il contenzioso in essere, anche perché tale soluzione consentirebbe allo Stato di realizzare un incremento medio di circa il 30 per cento del canone riportato negli atti originari di concessione stipulati dall'Amministrazione con i privati, incassando tali maggiori somme a partire dal 2007, per un'entrata complessiva di circa 10 milioni di euro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere con apposita norma la rideterminazione del canone di concessione o di autorizzazione all'anticipata occupazione di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale con le modalità illustrate in premessa, al fine di risolvere il contenzioso in essere e consentire allo Stato di recuperare i canoni non ancora corrisposti a causa delle sospensive giudiziarie, aumentati a partire dal 2007 di circa il 30 per cento dell'importo previsto negli atti originari di concessione stipulati dall'Amministrazione con i privati.
9/1334-AR/188. (Testo modificato nel corso della seduta)  Andreuzza, Viviani.


   La Camera,
    in sede di esame della proposta di legge recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
   premesso che:
    a seguito dei cambiamenti climatici e delle abitudini dei vacanzieri è sempre più diffusa la tendenza a destagionalizzare le attività legate al settore balneare o anche solo quelle finalizzate alla prestazione di servizi collaterali;
    siffatta tendenza merita di essere assecondata e incentivata consentendo ai gestori degli stabilimenti (spesso a conduzione familiare) di risparmiare decine di migliaia di euro e di incrementare i livelli occupazionali con la prosecuzione dell'attività anche nei restanti mesi dell'anno;
    in diversi casi le norme per il mantenimento oltre il periodo stagionale delle strutture ed attrezzature amovibili utilizzate dai titolari delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo – di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e.5), del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 – hanno ricevuto il parere contrario delle Sovrintendenze ai beni architettonici e paesaggistici e ciò ha innescato un diffuso contenzioso anche in ragione delle decisioni spesso contraddittorie assunte dalla Pubbliche Amministrazione;
    in alcune regioni – ad esempio in Puglia (si veda l'articolo 11, comma 4, della legge regionale 23 giugno 2006, n. 17) – la possibilità di mantenere le strutture e le attrezzature amovibili per tutto l'anno è già riconosciuta ma richiede un iter burocratico spesso farraginoso che ha portato a numerosi ricorsi giudiziari e ad un'applicazione non omogenea della norma. Negli ultimi anni, infatti, la giustizia amministrativa (si pensi da ultimo alla sentenza n. 02572/2018 del Consiglio di Stato) ha precisato che per il diniego di una domanda di mantenimento delle strutture funzionali alle attività balneari, già operanti in regime di concessione demaniale marittima, occorre dimostrare «gli effettivi profili di incompatibilità con il vincolo paesaggistico, opposti a quelli che hanno consentito la realizzazione ed il mantenimento delle medesime strutture per la stagione balneare; stagione che, per evidenti caratteristiche intrinseche, comporta una presenza ben più massiccia sul territorio e, conseguentemente, una maggiore rilevanza in termini di impatto paesaggistico, anche in relazione ai numerosi fruitori dello stesso bene tutelato»;
    sussiste, pertanto, nelle more del riordino del settore, l'interesse pubblico a sospendere l'obbligo di smontaggio delle strutture e attrezzature amovibili utilizzate dai titolari delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo, sia per eliminare inutili costi a carico delle imprese balneari e incentivare la destagionalizzazione delle loro attività, sia per evitare un inutile quanto costoso contenzioso con danno per l'Erario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di autorizzare i titolari delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo, che utilizzino manufatti amovibili di cui all'articolo 3, comma 1, lettera e.5), del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a mantenere installati i predetti manufatti fino al 31 dicembre 2020, nelle more del riordino della materia prevista dall'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009 n. 194 convertito, con modificazioni, con la legge 26 febbraio 2010, n. 2.
9/1334-AR/189Sasso.


   La Camera,
    in sede di esame della proposta di legge recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
   premesso che:
    l'applicazione dei canoni delle concessioni demaniali marittime disposti dall'articolo 03, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 (cosiddetti canoni OMI), sta determinando gravi conseguenze per diversi operatori del settore che, trovandosi nell'impossibilità di corrispondere somme ingenti, ricorrono a un esteso contenzioso;
    a ciò si aggiunge l'incertezza giurisprudenziale e amministrativa sui parametri (terziario o commerciale) che gli Enti concedenti utilizzano per determinare il canone in queste limitate fattispecie con esiti differenti fra i diversi Comuni;
    la complessa materia delle concessioni demaniali marittime necessita un suo riordino, nelle cui more sarebbe opportuno adottare misure idonee ad evitare conseguenze devastanti per le imprese del settore e a ridurre il più possibile il contenzioso pendente. Per far questo si dovrebbe individuare una procedura di definizione dei procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 ottobre 2018 e aventi ad oggetto il pagamento in favore dello Stato dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze. In particolare, il soggetto interessato o il destinatario della richiesta di pagamento potrebbe inoltrare giusta domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio con contestuale versamento, in un'unica soluzione, di un importo pari al 20 per cento delle somme richieste a titolo di canoni maturati, dedotte le somme eventualmente già versate dai concessionari a tale titolo; ovvero con un pagamento rateizzato, secondo un piano approvato dall'ente gestore, di un importo pari al 60 per cento delle somme (dovute) richieste a titolo di canoni maturati, dedotte le somme eventualmente già versate dai concessionari a tale titolo. Il calcolo della percentuale di detti pagamenti potrebbe essere effettuato sul totale del canone richiesto dall'amministrazione con il provvedimento impugnato oppure oggetto di accertamento davanti all'autorità giudiziaria. La liquidazione degli importi così calcolati avrebbe ad ogni effetto valore di rideterminazione dei canoni dovuti per le annualità considerate. La domanda di definizione dei procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 ottobre 2018 dovrebbe essere presentata entro il 28 febbraio 2019, precisando la modalità di pagamento scelta, e la procedura dovrebbe perfezionarsi con il versamento dell'intero importo dei canoni entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda di definizione; ovvero, in caso di versamento rateizzato, entro il predetto termine dovrebbe essere versata la prima rata, con la sospensione della procedura sino al completo versamento delle ulteriori rate. Il mancato pagamento di una di queste, entro sessanta giorni dalla scadenza, comporterebbe la decadenza dal beneficio. Da ultimo, qualora le amministrazioni competenti non emettessero un provvedimento di diniego espresso a fronte dell'istanza presentata entro il termine di 30 giorni dalla data di presentazione della domanda, la richiesta del concessionario si intenderebbe accolta per silenzio assenso. La presentazione della domanda di definizione sospenderebbe, pertanto, gli eventuali procedimenti giudiziari e amministrativi derivanti dal mancato versamento del canone, che andrebbero ad estinguersi definitivamente con il pagamento delle somme ricalcolate,

impegna il Governo

a valutare, nelle more del riordino della materia delle concessioni demaniali marittime, l'opportunità di adottare una procedura di definizione dei procedimenti giudiziari, aventi ad oggetto il pagamento in favore dello Stato dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze, con le modalità e i tempi illustrati in premessa.
9/1334-AR/190Raffaelli.


   La Camera,
    in sede di esame della proposta di legge recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
   premesso che:
    l'applicazione dei canoni delle concessioni demaniali marittime disposti dall'articolo 03, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 (cosiddetti canoni OMI), sta determinando gravi conseguenze per diversi operatori del settore che, trovandosi nell'impossibilità di corrispondere somme ingenti, ricorrono a un esteso contenzioso;
    a ciò si aggiunge l'incertezza giurisprudenziale e amministrativa sui parametri (terziario o commerciale) che gli Enti concedenti utilizzano per determinare il canone in queste limitate fattispecie con esiti differenti fra i diversi Comuni;
    la complessa materia delle concessioni demaniali marittime necessita un suo riordino, nelle cui more sarebbe opportuno adottare misure idonee ad evitare conseguenze devastanti per le imprese del settore e a ridurre il più possibile il contenzioso pendente. Per far questo si dovrebbe individuare una procedura di definizione dei procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 ottobre 2018 e aventi ad oggetto il pagamento in favore dello Stato dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze. In particolare, il soggetto interessato o il destinatario della richiesta di pagamento potrebbe inoltrare giusta domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio con contestuale versamento, in un'unica soluzione, di un importo pari al 20 per cento delle somme richieste a titolo di canoni maturati, dedotte le somme eventualmente già versate dai concessionari a tale titolo; ovvero con un pagamento rateizzato, secondo un piano approvato dall'ente gestore, di un importo pari al 60 per cento delle somme (dovute) richieste a titolo di canoni maturati, dedotte le somme eventualmente già versate dai concessionari a tale titolo. Il calcolo della percentuale di detti pagamenti potrebbe essere effettuato sul totale del canone richiesto dall'amministrazione con il provvedimento impugnato oppure oggetto di accertamento davanti all'autorità giudiziaria. La liquidazione degli importi così calcolati avrebbe ad ogni effetto valore di rideterminazione dei canoni dovuti per le annualità considerate. La domanda di definizione dei procedimenti giudiziari pendenti alla data del 30 ottobre 2018 dovrebbe essere presentata entro il 28 febbraio 2019, precisando la modalità di pagamento scelta, e la procedura dovrebbe perfezionarsi con il versamento dell'intero importo dei canoni entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda di definizione; ovvero, in caso di versamento rateizzato, entro il predetto termine dovrebbe essere versata la prima rata, con la sospensione della procedura sino al completo versamento delle ulteriori rate. Il mancato pagamento di una di queste, entro sessanta giorni dalla scadenza, comporterebbe la decadenza dal beneficio. Da ultimo, qualora le amministrazioni competenti non emettessero un provvedimento di diniego espresso a fronte dell'istanza presentata entro il termine di 30 giorni dalla data di presentazione della domanda, la richiesta del concessionario si intenderebbe accolta per silenzio assenso. La presentazione della domanda di definizione sospenderebbe, pertanto, gli eventuali procedimenti giudiziari e amministrativi derivanti dal mancato versamento del canone, che andrebbero ad estinguersi definitivamente con il pagamento delle somme ricalcolate,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare, nelle more del riordino della materia delle concessioni demaniali marittime, l'opportunità di adottare una procedura di definizione dei procedimenti giudiziari, aventi ad oggetto il pagamento in favore dello Stato dei canoni e degli indennizzi per l'utilizzo dei beni demaniali marittimi e delle relative pertinenze, con le modalità e i tempi illustrati in premessa.
9/1334-AR/190. (Testo modificato nel corso della seduta)  Raffaelli.


   La Camera,
   premesso che:
    Castel Trosino è un piccolo borgo di origini medioevali che racchiude in sé importanti «valenze» di ordine storico, architettonico, culturale e ambientale;
    l'area dove è situato il borgo risulta interessata da un esteso stato di dissesto idrogeologico dovuto alla presenza di masse rocciose notevolmente instabili, fratturate, talvolta in condizioni prossime al crollo;
    negli ultimi tempi, soprattutto dopo gli eventi sismici del 2016 e seguenti, tale dissesto risulta accentuato, provocando localizzati arretramenti del ciglio superiore delle scarpate calcaree, a ridosso dei fabbricati del Borgo, con un forte innalzamento del rischio crollo;
    consolidare la roccia di travertino è importantissimo per evitare che il borgo sia sottoposto a crolli e cedimenti di grosse masse di roccia che possono creare danno al sistema abitato ed allo stesso fiume Castellano;
    l'area archeologica della Necropoli creata diversi anni fa è meta di visite guidate, escursioni ed oggetto di studio, tuttavia, a seguito di scarsa manutenzione essa necessita oggi di un intervento importante di riqualificazione ed una manutenzione generale dei percorsi, del verde, della segnaletica, oltre che di una vasta opera di valorizzazione;
   considerato che:
    l'articolo 16 del provvedimento in esame Istituisce un fondo di investimenti per gli enti territoriali con risorse per l'edilizia pubblica la manutenzione della rete viaria, la prevenzione del dissesto idrogeologica, la valorizzazione dei beni culturali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare una parte del fondo al recupero e riqualificazione dell'area archeologica di Castel Trosino.
9/1334-AR/191Latini.


   La Camera,
   premesso che:
    Castel Trosino è un piccolo borgo di origini medioevali che racchiude in sé importanti «valenze» di ordine storico, architettonico, culturale e ambientale;
    l'area dove è situato il borgo risulta interessata da un esteso stato di dissesto idrogeologico dovuto alla presenza di masse rocciose notevolmente instabili, fratturate, talvolta in condizioni prossime al crollo;
    negli ultimi tempi, soprattutto dopo gli eventi sismici del 2016 e seguenti, tale dissesto risulta accentuato, provocando localizzati arretramenti del ciglio superiore delle scarpate calcaree, a ridosso dei fabbricati del Borgo, con un forte innalzamento del rischio crollo;
    consolidare la roccia di travertino è importantissimo per evitare che il borgo sia sottoposto a crolli e cedimenti di grosse masse di roccia che possono creare danno al sistema abitato ed allo stesso fiume Castellano;
    l'area archeologica della Necropoli creata diversi anni fa è meta di visite guidate, escursioni ed oggetto di studio, tuttavia, a seguito di scarsa manutenzione essa necessita oggi di un intervento importante di riqualificazione ed una manutenzione generale dei percorsi, del verde, della segnaletica, oltre che di una vasta opera di valorizzazione;
   considerato che:
    l'articolo 16 del provvedimento in esame Istituisce un fondo di investimenti per gli enti territoriali con risorse per l'edilizia pubblica la manutenzione della rete viaria, la prevenzione del dissesto idrogeologica, la valorizzazione dei beni culturali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare una parte del fondo al recupero e riqualificazione dell'area archeologica di Castel Trosino.
9/1334-AR/191. (Testo modificato nel corso della seduta)  Latini.


   La Camera,
   premesso che:
    gli itinerari spirituali e culturali rappresentano soprattutto uno strumento turistico di sviluppo e valorizzazione del territorio;
    i suddetti itinerari risultano fondamentali per la costruzione di un sistema integrato di offerta economico-turistica e culturale, che coinvolge diversi settori, quali quello dell'agro-alimentare, gastronomico, agricolo-naturalistico e dell'artigianato locale;
    la promozione degli itinerari culturali e religiosi rappresenta uno strumento atto a favorire lo sviluppo e la promozione delle cosiddette «aree interne» che, già a rischio di desertificazione, sono colpite da gravi calamità naturali;
    inoltre facilitano la ripresa e la diffusione delle tradizioni secolari che rappresentano l'identità delle popolazioni e favoriscono conseguentemente lo sviluppo di un turismo sostenibile e di qualità,

impegna il governo

a valutare l'opportunità di destinare una parte del Fondo per gli investimenti territoriali, di cui all'articolo 16 del disegno di legge di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, per promuovere l'itinerario del Cammino Micaelico, percorso storico-religioso che collega gli antichi percorsi di pellegrinaggio appenninici, situati nell'area del cratere del sisma del 2016, con il santuario di San Michele sul Gargano.
9/1334-AR/192Patelli, Latini.


   La Camera,
   premesso che:
    gli itinerari spirituali e culturali rappresentano soprattutto uno strumento turistico di sviluppo e valorizzazione del territorio;
    i suddetti itinerari risultano fondamentali per la costruzione di un sistema integrato di offerta economico-turistica e culturale, che coinvolge diversi settori, quali quello dell'agro-alimentare, gastronomico, agricolo-naturalistico e dell'artigianato locale;
    la promozione degli itinerari culturali e religiosi rappresenta uno strumento atto a favorire lo sviluppo e la promozione delle cosiddette «aree interne» che, già a rischio di desertificazione, sono colpite da gravi calamità naturali;
    inoltre facilitano la ripresa e la diffusione delle tradizioni secolari che rappresentano l'identità delle popolazioni e favoriscono conseguentemente lo sviluppo di un turismo sostenibile e di qualità,

impegna il governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare una parte del Fondo per gli investimenti territoriali, di cui all'articolo 16 del disegno di legge di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, per promuovere l'itinerario del Cammino Micaelico, percorso storico-religioso che collega gli antichi percorsi di pellegrinaggio appenninici, situati nell'area del cratere del sisma del 2016, con il santuario di San Michele sul Gargano.
9/1334-AR/192. (Testo modificato nel corso della seduta)  Patelli, Latini.


   La Camera,
   premesso che:
    gli educatori svolgono la propria attività in convitti ed educandati e sono figure fondamentali nella formazione degli alunni in età evolutiva, si parla di personale con particolari competenze di tipo psico-pedagogico, che completa ed arricchisce l'opera didattica e l'offerta formativa nelle scuole inserite nei convitti nazionali, collegi statali, storiche istituzioni educative;
    queste scuole ospitano alunni semiconvittori e alunni convittori, fornendo un grande servizio alle famiglie, spesso lontane. Si tratta di istituzioni ricche di storia, tradizione e cultura, espresse in oltre 150 anni di storia dei convitti nazionali, quali ad esempio il «Cicognini» di Prato, il «Cirillo» di Bari, il «Maria Luigia» di Parma, il «Bonghi» di Lucera, il «V. Emanuele» di Roma e tanti altri da nord a sud del Paese;
    la categoria degli educatori, inserita in GAE, è stata esclusa dal piano d'immissioni straordinario della legge 107/2015;
    ai fini della determinazione dell'organico da immettere nei ruoli, i posti vacanti e disponibili sono pari a circa 290 unità,

impegna il Governo

a trovare una soluzione che consenta finalmente di trasformare da determinato ad indeterminato il contratto dei 290 educatori precari, in modo tale da rendere giustizia ad una categoria professionale della scuola pubblica che aspetta da troppo tempo di uscire da una situazione di precariato.
9/1334-AR/193Furgiuele, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    gli educatori svolgono la propria attività in convitti ed educandati e sono figure fondamentali nella formazione degli alunni in età evolutiva, si parla di personale con particolari competenze di tipo psico-pedagogico, che completa ed arricchisce l'opera didattica e l'offerta formativa nelle scuole inserite nei convitti nazionali, collegi statali, storiche istituzioni educative;
    queste scuole ospitano alunni semiconvittori e alunni convittori, fornendo un grande servizio alle famiglie, spesso lontane. Si tratta di istituzioni ricche di storia, tradizione e cultura, espresse in oltre 150 anni di storia dei convitti nazionali, quali ad esempio il «Cicognini» di Prato, il «Cirillo» di Bari, il «Maria Luigia» di Parma, il «Bonghi» di Lucera, il «V. Emanuele» di Roma e tanti altri da nord a sud del Paese;
    la categoria degli educatori, inserita in GAE, è stata esclusa dal piano d'immissioni straordinario della legge 107/2015;
    ai fini della determinazione dell'organico da immettere nei ruoli, i posti vacanti e disponibili sono pari a circa 290 unità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a trovare una soluzione che consenta finalmente di trasformare da determinato ad indeterminato il contratto dei 290 educatori precari, in modo tale da rendere giustizia ad una categoria professionale della scuola pubblica che aspetta da troppo tempo di uscire da una situazione di precariato.
9/1334-AR/193. (Testo modificato nel corso della seduta)  Furgiuele, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'evoluzione delle abitudini e dei comportamenti del tessuto socio-economico e lo sviluppo esponenziale, anche sul piano tecnologico, delle forme e degli strumenti di comunicazione, ha influenzato profondamente il sistema delle relazioni interpersonali, commerciali e istituzionali e ha modificato irreversibilmente la struttura degli attuali modelli di informazione;
    le nuove forme di diffusione di contenuti a carattere informativo, che utilizzano strumenti e sono connotati da finalità diversi rispetto ai tradizionali media giornalistici, hanno assunto un ruolo sempre più incisivo nel contesto sociale;
    le nuove professionalità che si sono sviluppate nel mondo dell'informazione e della comunicazione sono principalmente sussumibili nella figura del «comunicatore professionale», inquadrabile giuridicamente nel contesto delle professioni non regolamentate in albi di cui alla legge 14 gennaio 2013 n. 4, al disegno legislativo n. 13 del 16 gennaio 2013 e alla norma UNI 11483 e la cui attività, in linea generale, presenta profili di affinità, pur differenziandosene per alcuni tratti essenziali, con l'attività di informazione giornalistica – soprattutto in relazione a quella che si svolge all'interno degli uffici stampa/relazioni con i media ovvero direttamente con la generalità dell'opinione pubblica, esercitata nell'ambito di imprese private o di pubbliche amministrazioni;
    in particolare, tale figura professionale si è progressivamente e parzialmente sovrapposta a quella del tradizionale giornalista «addetto stampa», assorbendone per alcuni versi le competenze e le funzioni e collocandosi molto spesso all'interno delle stesse strutture organizzative;
    l'esigenza dei soggetti, sia pubblici che privati, di trasmettere in primo luogo informazioni e comunicazioni vere e corrette, determina che la professionalità dei comunicatori, così come dei giornalisti, si configuri in primo luogo nella necessità di garantire affidabilità e senso di responsabilità nel trasmettere le notizie, costituendo tale attività, con sempre maggiore frequenza, la fonte primaria dell'informazione;
    nel settore della pubblica amministrazione tali esigenze di definizione delle nuove professionalità legate all'attività di comunicazione sono state già tracciate nel quadro del processo di riordino delle funzioni di informazione e comunicazione attuato con la legge n. 150/2001;
    le peculiarità che contraddistinguono queste nuove figure professionali, in funzione delle particolari esigenze sottese all'assolvimento del loro ruolo nell'attuale contesto socio-economico, sono meritevoli di un adeguato riconoscimento anche sul piano della tutela previdenziale e di welfare, che non trova oggi una specifica corrispondenza nell'ambito del sistema generale;
    tenuto conto delle affinità esistenti tre i due ambiti tematici – giornalismo e comunicazione – appare coerente con l'andamento evolutivo delle trasformazioni che investono le diverse figure professionali che operano nei predetti settori intervenire per uniformare, in loro favore, il sistema delle tutele previdenziali, di rango costituzionale, assicurate dall'ordinamento;
    l'INPGI – Istituto di Previdenza dei Giornalisti Italiani – che oggi assicura le forme di previdenza e assistenza in favore dei soli operatori iscritti nell'albo professionale dei giornalisti, costituisce il soggetto di riferimento primario nell'alveo del quale collocare la nuova figura professionale dei comunicatori e realizzare, pertanto, l'obiettivo di garantire la predetta uniformità di trattamento previdenziale e di welfare;
    l'ipotesi di iscrizione all'INPGI dei comunicatori non comporta alcuna conseguenza negativa per i lavoratori interessati, ai quali vengono mantenute intatte tutte le forme di tutela previdenziale ed assistenziale attualmente disposte in loro favore e costituisce, al contempo, un fattore di rafforzamento dei principi di sostenibilità della gestione previdenziale del predetto Istituto nel medio lungo periodo e risponde, pertanto, ad una logica di salvaguardia dell'interesse pubblico, rappresentato dalla garanzia della tenuta del sistema previdenziale nel suo complesso – nel rispetto della ripartizione strutturale e funzionale e dei diversi ruoli e ambiti di autonomia tra la previdenza pubblica e quella privata, definiti dai decreti legislativi n. 509/94 e 103/96 mediante trasferimento di una parte esigua di risorse dall'INPS all'INPGI, senza apprezzabili variazioni sul saldo complessivo della finanza pubblica e scongiurando, in chiave prospettica e strutturale, il rischio legato a situazioni di squilibrio finanziario che si ripercuoterebbero negativamente e in misura sensibile sulla fiscalità generale,

impegna il Governo

a valutare quanto esposto nelle premesse con riguardo all'opportunità di prevedere per coloro che svolgono l'attività di comunicatore professionale, sia nel settore privato che nell'ambito della pubblica amministrazione, l'iscrizione all'INPGI in via esclusiva e sostitutiva delle corrispondenti forme generali di previdenza e assistenza obbligatoria, con salvaguardia dei trattamenti previsti dalle predette forme assicurative ove più favorevoli.
9/1334-AR/194Murelli, Centemero, Pallini, Tripiedi, Ciprini, Amitrano, Davide Aiello, Costanzo, De Lorenzo, Giannone, Invidia, Perconti, Segneri, Tucci, Vizzini, Siragusa, Cubeddu, Bilotti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'evoluzione delle abitudini e dei comportamenti del tessuto socio-economico e lo sviluppo esponenziale, anche sul piano tecnologico, delle forme e degli strumenti di comunicazione, ha influenzato profondamente il sistema delle relazioni interpersonali, commerciali e istituzionali e ha modificato irreversibilmente la struttura degli attuali modelli di informazione;
    le nuove forme di diffusione di contenuti a carattere informativo, che utilizzano strumenti e sono connotati da finalità diversi rispetto ai tradizionali media giornalistici, hanno assunto un ruolo sempre più incisivo nel contesto sociale;
    le nuove professionalità che si sono sviluppate nel mondo dell'informazione e della comunicazione sono principalmente sussumibili nella figura del «comunicatore professionale», inquadrabile giuridicamente nel contesto delle professioni non regolamentate in albi di cui alla legge 14 gennaio 2013 n. 4, al disegno legislativo n. 13 del 16 gennaio 2013 e alla norma UNI 11483 e la cui attività, in linea generale, presenta profili di affinità, pur differenziandosene per alcuni tratti essenziali, con l'attività di informazione giornalistica – soprattutto in relazione a quella che si svolge all'interno degli uffici stampa/relazioni con i media ovvero direttamente con la generalità dell'opinione pubblica, esercitata nell'ambito di imprese private o di pubbliche amministrazioni;
    in particolare, tale figura professionale si è progressivamente e parzialmente sovrapposta a quella del tradizionale giornalista «addetto stampa», assorbendone per alcuni versi le competenze e le funzioni e collocandosi molto spesso all'interno delle stesse strutture organizzative;
    l'esigenza dei soggetti, sia pubblici che privati, di trasmettere in primo luogo informazioni e comunicazioni vere e corrette, determina che la professionalità dei comunicatori, così come dei giornalisti, si configuri in primo luogo nella necessità di garantire affidabilità e senso di responsabilità nel trasmettere le notizie, costituendo tale attività, con sempre maggiore frequenza, la fonte primaria dell'informazione;
    nel settore della pubblica amministrazione tali esigenze di definizione delle nuove professionalità legate all'attività di comunicazione sono state già tracciate nel quadro del processo di riordino delle funzioni di informazione e comunicazione attuato con la legge n. 150/2001;
    le peculiarità che contraddistinguono queste nuove figure professionali, in funzione delle particolari esigenze sottese all'assolvimento del loro ruolo nell'attuale contesto socio-economico, sono meritevoli di un adeguato riconoscimento anche sul piano della tutela previdenziale e di welfare, che non trova oggi una specifica corrispondenza nell'ambito del sistema generale;
    tenuto conto delle affinità esistenti tre i due ambiti tematici – giornalismo e comunicazione – appare coerente con l'andamento evolutivo delle trasformazioni che investono le diverse figure professionali che operano nei predetti settori intervenire per uniformare, in loro favore, il sistema delle tutele previdenziali, di rango costituzionale, assicurate dall'ordinamento;
    l'INPGI – Istituto di Previdenza dei Giornalisti Italiani – che oggi assicura le forme di previdenza e assistenza in favore dei soli operatori iscritti nell'albo professionale dei giornalisti, costituisce il soggetto di riferimento primario nell'alveo del quale collocare la nuova figura professionale dei comunicatori e realizzare, pertanto, l'obiettivo di garantire la predetta uniformità di trattamento previdenziale e di welfare;
    l'ipotesi di iscrizione all'INPGI dei comunicatori non comporta alcuna conseguenza negativa per i lavoratori interessati, ai quali vengono mantenute intatte tutte le forme di tutela previdenziale ed assistenziale attualmente disposte in loro favore e costituisce, al contempo, un fattore di rafforzamento dei principi di sostenibilità della gestione previdenziale del predetto Istituto nel medio lungo periodo e risponde, pertanto, ad una logica di salvaguardia dell'interesse pubblico, rappresentato dalla garanzia della tenuta del sistema previdenziale nel suo complesso – nel rispetto della ripartizione strutturale e funzionale e dei diversi ruoli e ambiti di autonomia tra la previdenza pubblica e quella privata, definiti dai decreti legislativi n. 509/94 e 103/96 mediante trasferimento di una parte esigua di risorse dall'INPS all'INPGI, senza apprezzabili variazioni sul saldo complessivo della finanza pubblica e scongiurando, in chiave prospettica e strutturale, il rischio legato a situazioni di squilibrio finanziario che si ripercuoterebbero negativamente e in misura sensibile sulla fiscalità generale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare quanto esposto nelle premesse con riguardo all'opportunità di prevedere per coloro che svolgono l'attività di comunicatore professionale, sia nel settore privato che nell'ambito della pubblica amministrazione, l'iscrizione all'INPGI in via esclusiva e sostitutiva delle corrispondenti forme generali di previdenza e assistenza obbligatoria, con salvaguardia dei trattamenti previsti dalle predette forme assicurative ove più favorevoli.
9/1334-AR/194. (Testo modificato nel corso della seduta)  Murelli, Centemero, Pallini, Tripiedi, Ciprini, Amitrano, Davide Aiello, Costanzo, De Lorenzo, Giannone, Invidia, Perconti, Segneri, Tucci, Vizzini, Siragusa, Cubeddu, Bilotti.


   La Camera,
   premesso che:
    il nuovo contratto collettivo nazionale relativo al personale del comparto enti locali, stipulato lo scorso 21 maggio 2018, triennio 2016-2018, prevede, all'articolo 56-quinquies, una novità per il personale della polizia locale: l'indennità di servizio esterno;
    tale indennità è riconosciuta al personale della polizia locale che, in via continuativa, esercita la sua prestazione lavorativa ordinaria giornaliera in servizi esterni di vigilanza;
    il medesimo CCNL prevede che l'indennità giornaliera debba essere determinata in sede di contrattazione decentrata a livello comunale entro i valori minimi e massimi giornalieri rispettivamente di euro 1,00 e 10,00;
    al comma 4 del citato articolo 56-quinquies viene normato che gli oneri per la corresponsione dell'indennità di cui allo stesso articolo sono a carico del fondo risorse decentrato di cui al successivo articolo 67,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito delle proprie competenze, di attingere per l'erogazione dell'indennità di cui in premessa ai proventi derivanti dal Codice della strada, al fine ridurre l'incisione sul predetto Fondo risorse decentrato.
9/1334-AR/195Cecchetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il nuovo contratto collettivo nazionale relativo al personale del comparto enti locali, stipulato lo scorso 21 maggio 2018, triennio 2016-2018, prevede, all'articolo 56-quinquies, una novità per il personale della polizia locale: l'indennità di servizio esterno;
    tale indennità è riconosciuta al personale della polizia locale che, in via continuativa, esercita la sua prestazione lavorativa ordinaria giornaliera in servizi esterni di vigilanza;
    il medesimo CCNL prevede che l'indennità giornaliera debba essere determinata in sede di contrattazione decentrata a livello comunale entro i valori minimi e massimi giornalieri rispettivamente di euro 1,00 e 10,00;
    al comma 4 del citato articolo 56-quinquies viene normato che gli oneri per la corresponsione dell'indennità di cui allo stesso articolo sono a carico del fondo risorse decentrato di cui al successivo articolo 67,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, nell'ambito delle proprie competenze, di attingere per l'erogazione dell'indennità di cui in premessa ai proventi derivanti dal Codice della strada, al fine ridurre l'incisione sul predetto Fondo risorse decentrato.
9/1334-AR/195. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cecchetti.


   La Camera,
   premesso che:
    è stata introdotta una detrazione Irpef commisurata al 50 per cento dell'IVA dovuta sull'acquisto di abitazioni in classe energetica A o B, effettuato nel 2016, da ripartire in 10 quote annuali di pari importo, a decorrere dal periodo d'imposta nel quale l'acquisto è effettuato e nei 9 periodi successivi;
    l'incentivo, in particolare, spetta ai soggetti Irpef che nel biennio 2016-2017 hanno acquisto dalle imprese costruttrici abitazioni in classe A o B, a prescindere dall'uso a cui è destinato l'immobile stesso;
    la misura è stata concepita come strumento di incentivazione del mercato residenziale, per indirizzare la domanda verso l'acquisto di abitazioni di nuova generazione, con effetti positivi sulla riqualificazione del tessuto urbano e sulla qualità dell'abitare;
    l'incentivo, abbattendo della metà l'IVA applicata sull'acquisto di abitazioni nuove o riqualificate, elimina di fatto la disparità di trattamento fiscale che esiste tra chi compra l'usato dal privato, con registro al 2 per cento o al 9 per cento sul valore catastale dell'abitazione, e chi acquista invece il nuovo o riqualificato dall'impresa, pagando l'IVA al 4 per cento o al 10 per cento sull'intero corrispettivo di vendita;
    il mercato delle compravendite immobiliari continua ad essere caratterizzato da un trend positivo. Nel 2017, secondo i dati pubblicati dall'Agenzia delle Entrate, il numero di abitazioni scambiate ha registrato un ulteriore aumento del 4,9 per cento rispetto all'anno precedente;
    l'estensione dell'agevolazione per più annualità permetterebbe l'avvio di nuovi cantieri, così da innescare un concreto rinnovamento dello stock abitativo esistente, con alloggi ad alta performance energetica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere l'applicabilità della detrazione Irpef del 50 per cento dell'IVA per l'acquisto di immobili in classe A o B ad un arco temporale maggiore, pari almeno ad un ulteriore quadriennio (2018-2021), considerando che la limitazione agli acquisti effettuati solo nel biennio 2016-2017 ha ristretto fortemente il potenziale positivo.
9/1334-AR/196Cavandoli, Cattaneo.


   La Camera,
   premesso che:
    è stata introdotta una detrazione Irpef commisurata al 50 per cento dell'IVA dovuta sull'acquisto di abitazioni in classe energetica A o B, effettuato nel 2016, da ripartire in 10 quote annuali di pari importo, a decorrere dal periodo d'imposta nel quale l'acquisto è effettuato e nei 9 periodi successivi;
    l'incentivo, in particolare, spetta ai soggetti Irpef che nel biennio 2016-2017 hanno acquisto dalle imprese costruttrici abitazioni in classe A o B, a prescindere dall'uso a cui è destinato l'immobile stesso;
    la misura è stata concepita come strumento di incentivazione del mercato residenziale, per indirizzare la domanda verso l'acquisto di abitazioni di nuova generazione, con effetti positivi sulla riqualificazione del tessuto urbano e sulla qualità dell'abitare;
    l'incentivo, abbattendo della metà l'IVA applicata sull'acquisto di abitazioni nuove o riqualificate, elimina di fatto la disparità di trattamento fiscale che esiste tra chi compra l'usato dal privato, con registro al 2 per cento o al 9 per cento sul valore catastale dell'abitazione, e chi acquista invece il nuovo o riqualificato dall'impresa, pagando l'IVA al 4 per cento o al 10 per cento sull'intero corrispettivo di vendita;
    il mercato delle compravendite immobiliari continua ad essere caratterizzato da un trend positivo. Nel 2017, secondo i dati pubblicati dall'Agenzia delle Entrate, il numero di abitazioni scambiate ha registrato un ulteriore aumento del 4,9 per cento rispetto all'anno precedente;
    l'estensione dell'agevolazione per più annualità permetterebbe l'avvio di nuovi cantieri, così da innescare un concreto rinnovamento dello stock abitativo esistente, con alloggi ad alta performance energetica,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di estendere l'applicabilità della detrazione Irpef del 50 per cento dell'IVA per l'acquisto di immobili in classe A o B ad un arco temporale maggiore, pari almeno ad un ulteriore quadriennio (2018-2021), considerando che la limitazione agli acquisti effettuati solo nel biennio 2016-2017 ha ristretto fortemente il potenziale positivo.
9/1334-AR/196. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cavandoli, Cattaneo.


   La Camera,
   premesso che:
    è stata prorogata per 5 anni (2017-2021) la detrazione IRPEF/IRES delle spese sostenute, sino ad un massimo di 96.000 euro, per interventi di messa in sicurezza statica delle abitazioni e degli immobili a destinazione produttiva, situati nelle zone ad alta pericolosità sismica;
    inoltre, per lavori condominiali, è stata prevista la possibilità di cedere la detrazione alle imprese esecutrici o a soggetti privati, ma con esclusione degli istituti di credito e degli intermediari finanziari, con facoltà per il cessionario che riceve il credito di successiva rivendita dello stesso beneficio;
    è stata estesa l'agevolazione del così detto «sismabonus» agli acquisti di case antisismiche site nei comuni della zona a rischio sismico 1, cedute dalle imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e derivanti da interventi di demolizione e ricostruzione, anche con variazione volumetrica;
    per rendere un edificio effettivamente sicuro da un punto di vista sismico, è necessario un intervento talmente radicale, da propendere per la demolizione e ricostruzione dello stesso in luogo di una sua ristrutturazione;
    secondo i dati Istat censuari, il numero di edifici residenziali nelle zone 2 e 3 della mappa di pericolosità sismica di cui all'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3519 del 28 aprile 2006 risultano pari a circa 8,4 milioni. Di questi, quelli che si trovano in uno stato di conservazione pessimo sono, secondo l'Istat, l'1,8 per cento, ovvero circa 150 mila edifici residenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire l'estensione territoriale anche per le operazioni di acquisto di fabbricati localizzati nelle zone classificate a rischio sismico 2 e 3, oltre a quelli già agevolati siti nella zona sismica 1, così da incentivare gli interventi più complessi di riqualificazione in chiave antisismica degli edifici ubicati in tutte le zone del Paese considerate a più elevato rischio sismico.
9/1334-AR/197Gerardi, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    è stata prorogata per 5 anni (2017-2021) la detrazione IRPEF/IRES delle spese sostenute, sino ad un massimo di 96.000 euro, per interventi di messa in sicurezza statica delle abitazioni e degli immobili a destinazione produttiva, situati nelle zone ad alta pericolosità sismica;
    inoltre, per lavori condominiali, è stata prevista la possibilità di cedere la detrazione alle imprese esecutrici o a soggetti privati, ma con esclusione degli istituti di credito e degli intermediari finanziari, con facoltà per il cessionario che riceve il credito di successiva rivendita dello stesso beneficio;
    è stata estesa l'agevolazione del così detto «sismabonus» agli acquisti di case antisismiche site nei comuni della zona a rischio sismico 1, cedute dalle imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e derivanti da interventi di demolizione e ricostruzione, anche con variazione volumetrica;
    per rendere un edificio effettivamente sicuro da un punto di vista sismico, è necessario un intervento talmente radicale, da propendere per la demolizione e ricostruzione dello stesso in luogo di una sua ristrutturazione;
    secondo i dati Istat censuari, il numero di edifici residenziali nelle zone 2 e 3 della mappa di pericolosità sismica di cui all'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3519 del 28 aprile 2006 risultano pari a circa 8,4 milioni. Di questi, quelli che si trovano in uno stato di conservazione pessimo sono, secondo l'Istat, l'1,8 per cento, ovvero circa 150 mila edifici residenziali,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di favorire l'estensione territoriale anche per le operazioni di acquisto di fabbricati localizzati nelle zone classificate a rischio sismico 2 e 3, oltre a quelli già agevolati siti nella zona sismica 1, così da incentivare gli interventi più complessi di riqualificazione in chiave antisismica degli edifici ubicati in tutte le zone del Paese considerate a più elevato rischio sismico.
9/1334-AR/197. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gerardi, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    a più di due anni dagli straordinari eventi sismici che, a decorrere dal 24 agosto 2016, hanno colpito il centro Italia, la ricostruzione stenta a partire, anche per il verificarsi di una serie di problematiche, soprattutto procedurali, che il presente decreto-legge intende risolvere;
    il decreto-legge 29 maggio 2018 n. 55, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2018, n. 89, ha previsto una serie di disposizioni per la proroga di scadenze ed adempimenti fiscali che interessano i pagamenti relativi alla cosiddetta busta paga pesante e ai contributi previdenziali ed assistenziali per i soggetti diversi dai titolari di redditi di impresa e lavoro autonomo;
    l'articolo 48, comma 11, del decreto-legge n. 189 del 2016 convertito, con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016 n. 229, più volte modificato, aveva stabilito la possibilità per i lavoratori dipendenti di richiedere al datore di lavoro di non effettuare le ritenute IRPEF in busta paga, con restituzione in 9 rate mensili di pari importo, a decorrere dal 16 febbraio 2018, come modificato dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, con la modifica apportata dalla legge di bilancio 2018, articolo 1, comma 736, lettera a), si sono introdotte 24 rate mensili di pari importo con proroga dei ripresa dei pagamenti a decorrere dal 31 maggio 2018;
    il citato decreto-legge n. 55 del 2018 proroga ulteriormente la ripresa dei versamenti tributari per i privati al 16 gennaio 2019 mediante rateizzazione estesa da 24 a 60 rate mensili di pari importo;
    l'articolo 1, comma 1, lettera b) di tale decreto-legge modifica ulteriormente l'articolo 48, comma 13, del decreto-legge n. 189 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016 n. 229, prorogando al mese di gennaio 2019 il pagamento dei contributi e dei premi assicurativi non versati per effetto della sospensione, portando le rate, mensili e di pari importo, da 24 a 60;
    la stessa necessità è stata riconosciuta alle popolazioni colpite dal sisma del 6 aprile 2009, per le quali però la legge di stabilità 2012 (legge 12 novembre 2011, n. 183) ha previsto una proroga di un anno e mezzo per la restituzione della busta paga pesante (da giugno 2010 a gennaio 2012), restando in vigore per un totale di 2 anni e 8 mesi. Sono state inoltre previste 120 rate ed è stata introdotta la riduzione dell'ammontare al 40 per cento del non versato, che ovviamente alleggerisce di molto il peso della doppia tassazione in contemporanea, ossia quella corrente e quella arretrata;
    al contrario, per il terremoto del centro Italia, la proroga della busta paga pesante resterà complessivamente in vigore 2 mesi e 3 mesi (a partire dalla prima sospensione che ha interessato i Comuni della scossa del 24 agosto, ossia dell'allegato 1, perché per i Comuni degli allegati 2 e 2-bis sarà ovviamente minore) e la restituzione avverrà in metà tempo e senza alcuna riduzione. Inoltre, non si sono ancora stabilite le modalità di restituzione, ossia se mediante il sostituto d'imposta o autonomamente in F24;
    la proroga dello stato di emergenza, prevista dal Consiglio dei Ministri del 22 febbraio scorso, dimostra le difficoltà riscontrate nel periodo post-terremoto e, quindi la necessità che prorogare di qualche mese i termini previsti per gli adempimenti contributivi non sia sufficiente;
    tenuto conto del fatto che l'evento sismico che ha colpito il centro Italia nel 2016, sia per la gravità che per la difficoltà della ricostruzione e della ripresa economica dei territori, mostra lo stesso grado di emergenza di quello de L'Aquila del 2009,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, con un prossimo provvedimento di carattere legislativo, che la ripresa dei versamenti tributari prevista per i soggetti diversi dai titolari di impresa e di reddito autonomo di cui al comma 11 e dei contributi e premi assicurativi di cui al comma 13 dell'articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016, oggetto di ulteriore sospensione fino al 16 gennaio 2019 ai sensi del decreto-legge n. 55 del 2018, avvenga mediante rateizzazione fino ad un massimo di 120 rate mensili di pari importo e non 60, come previsto dal medesimo decreto-legge.
9/1334-AR/198Caparvi, Marchetti, Benvenuto, Lucchini, Badole, Binelli, Gobbato, Parolo, Maccanti, Basini, Patassini, De Angelis, Gerardi, Maturi, Saltamartini, Zicchieri, Latini, Paolini, Bellachioma, D'Eramo, Raffaelli, Valbusa, Morelli, Capitanio, Cecchetti, Donina, Fogliani, Giacometti, Tombolato, Zordan, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    a più di due anni dagli straordinari eventi sismici che, a decorrere dal 24 agosto 2016, hanno colpito il centro Italia, la ricostruzione stenta a partire, anche per il verificarsi di una serie di problematiche, soprattutto procedurali, che il presente decreto-legge intende risolvere;
    il decreto-legge 29 maggio 2018 n. 55, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2018, n. 89, ha previsto una serie di disposizioni per la proroga di scadenze ed adempimenti fiscali che interessano i pagamenti relativi alla cosiddetta busta paga pesante e ai contributi previdenziali ed assistenziali per i soggetti diversi dai titolari di redditi di impresa e lavoro autonomo;
    l'articolo 48, comma 11, del decreto-legge n. 189 del 2016 convertito, con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016 n. 229, più volte modificato, aveva stabilito la possibilità per i lavoratori dipendenti di richiedere al datore di lavoro di non effettuare le ritenute IRPEF in busta paga, con restituzione in 9 rate mensili di pari importo, a decorrere dal 16 febbraio 2018, come modificato dal decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, con la modifica apportata dalla legge di bilancio 2018, articolo 1, comma 736, lettera a), si sono introdotte 24 rate mensili di pari importo con proroga dei ripresa dei pagamenti a decorrere dal 31 maggio 2018;
    il citato decreto-legge n. 55 del 2018 proroga ulteriormente la ripresa dei versamenti tributari per i privati al 16 gennaio 2019 mediante rateizzazione estesa da 24 a 60 rate mensili di pari importo;
    l'articolo 1, comma 1, lettera b) di tale decreto-legge modifica ulteriormente l'articolo 48, comma 13, del decreto-legge n. 189 del 2016, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016 n. 229, prorogando al mese di gennaio 2019 il pagamento dei contributi e dei premi assicurativi non versati per effetto della sospensione, portando le rate, mensili e di pari importo, da 24 a 60;
    la stessa necessità è stata riconosciuta alle popolazioni colpite dal sisma del 6 aprile 2009, per le quali però la legge di stabilità 2012 (legge 12 novembre 2011, n. 183) ha previsto una proroga di un anno e mezzo per la restituzione della busta paga pesante (da giugno 2010 a gennaio 2012), restando in vigore per un totale di 2 anni e 8 mesi. Sono state inoltre previste 120 rate ed è stata introdotta la riduzione dell'ammontare al 40 per cento del non versato, che ovviamente alleggerisce di molto il peso della doppia tassazione in contemporanea, ossia quella corrente e quella arretrata;
    al contrario, per il terremoto del centro Italia, la proroga della busta paga pesante resterà complessivamente in vigore 2 mesi e 3 mesi (a partire dalla prima sospensione che ha interessato i Comuni della scossa del 24 agosto, ossia dell'allegato 1, perché per i Comuni degli allegati 2 e 2-bis sarà ovviamente minore) e la restituzione avverrà in metà tempo e senza alcuna riduzione. Inoltre, non si sono ancora stabilite le modalità di restituzione, ossia se mediante il sostituto d'imposta o autonomamente in F24;
    la proroga dello stato di emergenza, prevista dal Consiglio dei Ministri del 22 febbraio scorso, dimostra le difficoltà riscontrate nel periodo post-terremoto e, quindi la necessità che prorogare di qualche mese i termini previsti per gli adempimenti contributivi non sia sufficiente;
    tenuto conto del fatto che l'evento sismico che ha colpito il centro Italia nel 2016, sia per la gravità che per la difficoltà della ricostruzione e della ripresa economica dei territori, mostra lo stesso grado di emergenza di quello de L'Aquila del 2009,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, con un prossimo provvedimento di carattere legislativo, che la ripresa dei versamenti tributari prevista per i soggetti diversi dai titolari di impresa e di reddito autonomo di cui al comma 11 e dei contributi e premi assicurativi di cui al comma 13 dell'articolo 48 del decreto-legge n. 189 del 2016, oggetto di ulteriore sospensione fino al 16 gennaio 2019 ai sensi del decreto-legge n. 55 del 2018, avvenga mediante rateizzazione fino ad un massimo di 120 rate mensili di pari importo e non 60, come previsto dal medesimo decreto-legge.
9/1334-AR/198. (Testo modificato nel corso della seduta)  Caparvi, Marchetti, Benvenuto, Lucchini, Badole, Binelli, Gobbato, Parolo, Maccanti, Basini, Patassini, De Angelis, Gerardi, Maturi, Saltamartini, Zicchieri, Latini, Paolini, Bellachioma, D'Eramo, Raffaelli, Valbusa, Morelli, Capitanio, Cecchetti, Donina, Fogliani, Giacometti, Tombolato, Zordan, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 46 del decreto-legge n. 50/2017 ha previsto la Zona franca urbana Sisma Centro Italia;
    in base al succitato articolo, le imprese che hanno la sede principale o l'unità locale all'interno di questa zona hanno diritto ad una serie di esenzioni, quali: esenzione dalle imposte sui redditi dell'importo di 100.000 euro del reddito prodotto nella ZFU;
    esenzione dall'IRAP, nel limite di 300.000 euro per ogni periodo di imposta;
    esenzione dall'IMU per immobili siti nella ZFU posseduti e utilizzati per esercizio dell'attività economica;
    esenzione dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali (esclusi i premi di assicurazione) a carico del datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti;
    i limiti per accedere ai benefici della zona franca urbana, sono stabiliti nella riduzione del fatturato pari almeno al 25 per cento nel periodo dal 10 settembre 2016 al 31 dicembre 2016 rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2015, per le imprese che hanno sede principale o l'unità locale all'interno dei territori dei Comuni di cui agli allegati 1 e 2;
    per le imprese che hanno sede principale o l'unità locale all'interno dei territori dei Comuni dell'allegato 2-bis il periodo di riferimento è invece il 19 febbraio 2017-31 maggio 2017;
    è evidente come le agevolazioni previste dalla Zona franca urbana siano un motore propulsivo alla ripresa delle attività economiche delle zone colpite dagli eventi calamitosi in questione;
    nel caso specifico dei Comuni degli allegati 1 e 2, molte imprese non sono state ammesse ai benefici della ZFU a causa della mancata riduzione del fatturato che, ad opera della solidarietà esplosa proprio in virtù della vicinanza temporale dei drammatici eventi sismici con le festività natalizie, non ha registrato invece quel naturale abbattimento avutosi a partire da gennaio 2017,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di prevedere un maggior e/o diverso arco temporale su cui calcolare, la riduzione di fatturato per le imprese che hanno sede principale o l'unità locale all'interno dei territori dei Comuni di cui agli allegati 1 e 2, in ragione delle distorsioni del mercato esposte in premessa;
   a valutare la possibilità, di estendere, fino al 2021, le agevolazioni previste per la Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia, ammettendo ai benefici anche tutte le nuove imprese che si insedieranno nell'area entro la stessa data, anche allo scopo di allineare l'efficacia temporale dell'agevolazione a quella di cinque anni, prevista per il sisma del maggio 2012.
9/1334-AR/199Bellachioma, D'Eramo, Caparvi, Marchetti, Benvenuto, Lucchini, Badole, Binelli, Gobbato, Parolo, Zicchieri, Latini, Paolini, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Morelli, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Fogliani, Giacometti, Tombolato, Zordan, Basini, De Angelis, Gerardi, Maturi, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 46 del decreto-legge n. 50/2017 ha previsto la Zona franca urbana Sisma Centro Italia;
    in base al succitato articolo, le imprese che hanno la sede principale o l'unità locale all'interno di questa zona hanno diritto ad una serie di esenzioni, quali: esenzione dalle imposte sui redditi dell'importo di 100.000 euro del reddito prodotto nella ZFU;
    esenzione dall'IRAP, nel limite di 300.000 euro per ogni periodo di imposta;
    esenzione dall'IMU per immobili siti nella ZFU posseduti e utilizzati per esercizio dell'attività economica;
    esenzione dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali (esclusi i premi di assicurazione) a carico del datore di lavoro sulle retribuzioni dei dipendenti;
    i limiti per accedere ai benefici della zona franca urbana, sono stabiliti nella riduzione del fatturato pari almeno al 25 per cento nel periodo dal 10 settembre 2016 al 31 dicembre 2016 rispetto al corrispondente periodo dell'anno 2015, per le imprese che hanno sede principale o l'unità locale all'interno dei territori dei Comuni di cui agli allegati 1 e 2;
    per le imprese che hanno sede principale o l'unità locale all'interno dei territori dei Comuni dell'allegato 2-bis il periodo di riferimento è invece il 19 febbraio 2017-31 maggio 2017;
    è evidente come le agevolazioni previste dalla Zona franca urbana siano un motore propulsivo alla ripresa delle attività economiche delle zone colpite dagli eventi calamitosi in questione;
    nel caso specifico dei Comuni degli allegati 1 e 2, molte imprese non sono state ammesse ai benefici della ZFU a causa della mancata riduzione del fatturato che, ad opera della solidarietà esplosa proprio in virtù della vicinanza temporale dei drammatici eventi sismici con le festività natalizie, non ha registrato invece quel naturale abbattimento avutosi a partire da gennaio 2017,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare la possibilità di prevedere un maggior e/o diverso arco temporale su cui calcolare, la riduzione di fatturato per le imprese che hanno sede principale o l'unità locale all'interno dei territori dei Comuni di cui agli allegati 1 e 2, in ragione delle distorsioni del mercato esposte in premessa;
   a valutare la possibilità, di estendere, fino al 2021, le agevolazioni previste per la Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia, ammettendo ai benefici anche tutte le nuove imprese che si insedieranno nell'area entro la stessa data, anche allo scopo di allineare l'efficacia temporale dell'agevolazione a quella di cinque anni, prevista per il sisma del maggio 2012.
9/1334-AR/199. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bellachioma, D'Eramo, Caparvi, Marchetti, Benvenuto, Lucchini, Badole, Binelli, Gobbato, Parolo, Zicchieri, Latini, Paolini, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Morelli, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Fogliani, Giacometti, Tombolato, Zordan, Basini, De Angelis, Gerardi, Maturi, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 48, comma 16, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016 n. 229, prevede, per i fabbricati ubicati nelle zone del cratere, qualora distrutti o oggetto di ordinanze di sgombero in quanto parzialmente o totalmente inagibili, l'esenzione IMU e TASI fino al 31 dicembre 2020;
    inoltre, i redditi prodotti dagli stessi fabbricati non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), fino alla definitiva ricostruzione o agibilità, e comunque fino al 31 dicembre 2018;
    inoltre gli stessi concorrono alla consistenza patrimoniale dei cittadini ai fini ISEE, risultando così una sperequazione trattandosi di beni non utilizzabili ed ancor meno atti a produrre reddito;
    è noto come la ricostruzione stenta a ripartire, nonostante siano passati quasi due anni dal primo sisma del 24 agosto 2016, e la stragrande maggioranza dei fabbricati saranno ancora parzialmente o totalmente inagibili al 31 dicembre 2018;
    non sembra opportuno far concorrere, nel calcolo per la formazione del reddito imponibile, la rendita di un fabbricato parzialmente o totalmente inagibili, soprattutto se il fabbricato è non utilizzabile a causa di un evento sismico,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di escludere dal calcolo ISEE gli immobili distrutti o oggetto di ordinanze di sgombero in quanto parzialmente o totalmente inagibili;
   a valutare la possibilità di prorogare fino al 31 dicembre 2020, termine dello stato di emergenza l'esclusione, per i fabbricati ubicati nelle zone dei cratere, qualora distrutti o oggetto di ordinanze di sgombero in quanto parzialmente o totalmente inagibili, dalla formazione del reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.
9/1334-AR/200Patassini, De Angelis, Gerardi, Maturi, Saltamartini, Badole, Basini, Zicchieri, Latini, Paolini, Raffaelli, Valbusa, Morelli, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Fogliani, Giacometti, Tombolato, Zordan, Bellachioma, D'Eramo, Caparvi, Marchetti, Benvenuto, Lucchini, Binelli, Gobbato, Parolo, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 48, comma 16, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016 n. 229, prevede, per i fabbricati ubicati nelle zone del cratere, qualora distrutti o oggetto di ordinanze di sgombero in quanto parzialmente o totalmente inagibili, l'esenzione IMU e TASI fino al 31 dicembre 2020;
    inoltre, i redditi prodotti dagli stessi fabbricati non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), fino alla definitiva ricostruzione o agibilità, e comunque fino al 31 dicembre 2018;
    inoltre gli stessi concorrono alla consistenza patrimoniale dei cittadini ai fini ISEE, risultando così una sperequazione trattandosi di beni non utilizzabili ed ancor meno atti a produrre reddito;
    è noto come la ricostruzione stenta a ripartire, nonostante siano passati quasi due anni dal primo sisma del 24 agosto 2016, e la stragrande maggioranza dei fabbricati saranno ancora parzialmente o totalmente inagibili al 31 dicembre 2018;
    non sembra opportuno far concorrere, nel calcolo per la formazione del reddito imponibile, la rendita di un fabbricato parzialmente o totalmente inagibili, soprattutto se il fabbricato è non utilizzabile a causa di un evento sismico,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare la possibilità di escludere dal calcolo ISEE gli immobili distrutti o oggetto di ordinanze di sgombero in quanto parzialmente o totalmente inagibili;
   a valutare la possibilità di prorogare fino al 31 dicembre 2020, termine dello stato di emergenza l'esclusione, per i fabbricati ubicati nelle zone dei cratere, qualora distrutti o oggetto di ordinanze di sgombero in quanto parzialmente o totalmente inagibili, dalla formazione del reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.
9/1334-AR/200. (Testo modificato nel corso della seduta)  Patassini, De Angelis, Gerardi, Maturi, Saltamartini, Badole, Basini, Zicchieri, Latini, Paolini, Raffaelli, Valbusa, Morelli, Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Fogliani, Giacometti, Tombolato, Zordan, Bellachioma, D'Eramo, Caparvi, Marchetti, Benvenuto, Lucchini, Binelli, Gobbato, Parolo, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 prevede l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato, da ripartire sulla base di programmi settoriali presentati dalle varie amministrazioni per le materie di propria competenza;
    già dal 2010 si discute sulla necessità di intervenire sul collettore del Garda, in quanto la vetustà dell'intero sistema fognario rende insufficiente qualsiasi intervento di manutenzione straordinaria;
    le strutture, realizzate 40 anni fa, sono molto degradate perché giunte al termine della loro vita tecnica utile, con limitati spessori delle pareti e frequenti lesioni in corrispondenza dei giunti, soprattutto per quanto riguarda le tubazioni in vetroresina; infatti, già si è verificato un sollevamento per una tratta di circa 100 metri che fortunatamente non ne ha comportato la rottura evitando il disastro ambientale;
    tutto ciò rende evidente l'urgenza di intervenire con la realizzazione di un nuovo collettore che interessa il territorio dell'ATO veronese e dell'ATO bresciano, anche in considerazione del fatto che le acque del lago di Garda dovranno soddisfare oltre il 40 per cento del fabbisogno idrico del Paese;
    il 20 dicembre 2017 è stato sottoscritto un protocollo di intesa finalizzato alla realizzazione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione del Lago di Garda tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Veneto e la regione Lombardia che prevedeva, tra l'altro, di disciplinare la puntuale attuazione degli interventi, le procedure per il trasferimento delle risorse, le modalità di monitoraggio, controllo e rendicontazione;
    nella medesima data, è stata siglata la «Convenzione Operativa finalizzata alla realizzazione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione del Lago di Garda tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Lombardia, la regione Veneto, l'Ufficio d'Ambito di Brescia, il Consiglio di Bacino “Veronese” e l'Associazione Temporanea di scopo Garda Ambiente», con la quale le parti si sono impegnate a dare concreta attuazione al protocollo di Intesa finalizzato alla realizzazione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione del Lago di Garda. Con questo documento, le parti hanno convenuto oltre agli obiettivi, alle finalità le modalità di attuazione e gestione, che il costo complessivo delle opere di euro 220.000.000 fosse ripartito tra i vari sottoscrittori e più precisamente, euro 100.000.000 a carico del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, euro 300.000 a carico della Regione Veneto e l'importo rimanente di euro 119.700.000 a carico delle tariffe d'ambito dei due ATO, la cui capacità finanziaria di copertura è stata verificata dagli EGATO;
    il mancato finanziamento da parte del Governo dei restanti 119.700.000 euro, da una parte obbligherebbe le Aziende di gestione ad innalzare enormemente le tariffe a carico dei cittadini e, dall'altra, determinerebbe una dilatazione dei tempi di esecuzione con aumento esponenziale del rischio di rotture delle attuali infrastrutture e conseguente rischio di disastro ambientale ed economico per il PIL dell'intero paese in considerazione dell'importanza turistico-economica del Garda,

impegna il Governo

a valutare la necessità, in sede ripartizione del fondo di cui all'articolo 15, di destinare una quota delle relative risorse al finanziamento della progettazione e realizzazione degli interventi di collettamento e di riqualificazione del sistema di raccolta dei reflui del bacino del lago di Garda, allo scopo di garantire la tutela ambientale e preservare il valore turistico del lago, evitando costi aggiuntivi e aggravi sulle tariffe a carico dei cittadini dell'ATO veronese e dell'ATO bresciano.
9/1334-AR/201Valbusa, Comencini, Bordonali, Formentini, Eva Lorenzoni, Gobbato, Donina.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 prevede l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato, da ripartire sulla base di programmi settoriali presentati dalle varie amministrazioni per le materie di propria competenza;
    già dal 2010 si discute sulla necessità di intervenire sul collettore del Garda, in quanto la vetustà dell'intero sistema fognario rende insufficiente qualsiasi intervento di manutenzione straordinaria;
    le strutture, realizzate 40 anni fa, sono molto degradate perché giunte al termine della loro vita tecnica utile, con limitati spessori delle pareti e frequenti lesioni in corrispondenza dei giunti, soprattutto per quanto riguarda le tubazioni in vetroresina; infatti, già si è verificato un sollevamento per una tratta di circa 100 metri che fortunatamente non ne ha comportato la rottura evitando il disastro ambientale;
    tutto ciò rende evidente l'urgenza di intervenire con la realizzazione di un nuovo collettore che interessa il territorio dell'ATO veronese e dell'ATO bresciano, anche in considerazione del fatto che le acque del lago di Garda dovranno soddisfare oltre il 40 per cento del fabbisogno idrico del Paese;
    il 20 dicembre 2017 è stato sottoscritto un protocollo di intesa finalizzato alla realizzazione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione del Lago di Garda tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Veneto e la regione Lombardia che prevedeva, tra l'altro, di disciplinare la puntuale attuazione degli interventi, le procedure per il trasferimento delle risorse, le modalità di monitoraggio, controllo e rendicontazione;
    nella medesima data, è stata siglata la «Convenzione Operativa finalizzata alla realizzazione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione del Lago di Garda tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la regione Lombardia, la regione Veneto, l'Ufficio d'Ambito di Brescia, il Consiglio di Bacino “Veronese” e l'Associazione Temporanea di scopo Garda Ambiente», con la quale le parti si sono impegnate a dare concreta attuazione al protocollo di Intesa finalizzato alla realizzazione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione del Lago di Garda. Con questo documento, le parti hanno convenuto oltre agli obiettivi, alle finalità le modalità di attuazione e gestione, che il costo complessivo delle opere di euro 220.000.000 fosse ripartito tra i vari sottoscrittori e più precisamente, euro 100.000.000 a carico del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, euro 300.000 a carico della Regione Veneto e l'importo rimanente di euro 119.700.000 a carico delle tariffe d'ambito dei due ATO, la cui capacità finanziaria di copertura è stata verificata dagli EGATO;
    il mancato finanziamento da parte del Governo dei restanti 119.700.000 euro, da una parte obbligherebbe le Aziende di gestione ad innalzare enormemente le tariffe a carico dei cittadini e, dall'altra, determinerebbe una dilatazione dei tempi di esecuzione con aumento esponenziale del rischio di rotture delle attuali infrastrutture e conseguente rischio di disastro ambientale ed economico per il PIL dell'intero paese in considerazione dell'importanza turistico-economica del Garda,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la necessità, in sede ripartizione del fondo di cui all'articolo 15, di destinare una quota delle relative risorse al finanziamento della progettazione e realizzazione degli interventi di collettamento e di riqualificazione del sistema di raccolta dei reflui del bacino del lago di Garda, allo scopo di garantire la tutela ambientale e preservare il valore turistico del lago, evitando costi aggiuntivi e aggravi sulle tariffe a carico dei cittadini dell'ATO veronese e dell'ATO bresciano.
9/1334-AR/201. (Testo modificato nel corso della seduta)  Valbusa, Comencini, Bordonali, Formentini, Eva Lorenzoni, Gobbato, Donina.


   La Camera,
   premesso che:
    la variante della Tremezzina rappresenta un'opera fondamentale per la provincia di Como e per tutta la Lombardia, per poter risolvere annose difficoltà di transito dell'attuale tracciato della S.S. 340 «Regina» tra i Comuni di Colonno e Griante, caratterizzato da numerosi restringimenti e da problematiche di carattere idrogeologico, soprattutto nella tratta Lenno-Griante;
    l'opera è inserita nella Convenzione tra ANAS, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Regione Lombardia, Provincia di Como e Camera di Commercio di Como sottoscritta il 30 luglio 2007 e nel Contratto di Programma ANAS 2016-2020, e risulta finanziata per 210 milioni di euro a carico del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «Sblocca Italia»), convertito, con modificazioni dalla legge n. 164 del 2014, e per 120 milioni di euro a valere sulle risorse FSC 2014-2020 del Patto per la Lombardia;
    al fine di superare le questioni poste dalla soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Lombardia nell'ambito della Conferenza di servizi per la localizzazione dell'opera, sono stati predisposti da ANAS elaborati integrativi e modifiche che, introducendo migliorie all'inserimento paesaggistico del tracciato nei tratti ritenuti più critici, hanno consentito alla Soprintendenza – con nota del 22 settembre 2017 – di esprimersi favorevolmente sul progetto, demandando alla fase esecutiva ulteriori affinamenti puntuali;
    il 27 aprile 2018 si è chiusa positivamente Conferenza di Servizi per l'approvazione del progetto definitivo così come aggiornato ai sensi della procedura di Intesa Stato-Regione, e l'ANAS ha proceduto all'aggiornamento del progetto alle prescrizioni poste dalla stessa Conferenza di Servizi;
    il progetto dovrà essere sottoposto al parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici;
    con emendamento approvato al Senato al decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria, è stato prorogato di un anno il periodo in cui maturano le condizioni di appaltabilità e di cantierabilità dell'opera al fine di evitare la revoca dei finanziamenti;
    le modifiche progettuali imposte dalla Conferenza di servizi, prevalentemente ai fini dell'ottemperanza delle condizioni poste dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Lombardia con aumento dei tratti in galleria, comportano un aumento del costo dell'intervento tra i 30 e i 40 milioni di euro;
    le risorse aggiuntive potrebbero essere reperite, nel più breve tempo possibile, nell'ambito del prossimo aggiornamento del contratto di programma ANAS o a valere su risorse già disponibili nello stato previsionale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,

impegna il Governo

nell'ambito della ripartizione delle risorse per gli investimenti delle amministrazioni centrali e lo sviluppo del Paese, a valutare la possibilità di individuare le risorse occorrenti per completare il finanziamento della variante della Tremezzina alla S.S. 340 «Regina» tra i Comuni di Colonno e Griante.
9/1334-AR/202Parolo.


   La Camera,
   premesso che:
    la variante della Tremezzina rappresenta un'opera fondamentale per la provincia di Como e per tutta la Lombardia, per poter risolvere annose difficoltà di transito dell'attuale tracciato della S.S. 340 «Regina» tra i Comuni di Colonno e Griante, caratterizzato da numerosi restringimenti e da problematiche di carattere idrogeologico, soprattutto nella tratta Lenno-Griante;
    l'opera è inserita nella Convenzione tra ANAS, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Regione Lombardia, Provincia di Como e Camera di Commercio di Como sottoscritta il 30 luglio 2007 e nel Contratto di Programma ANAS 2016-2020, e risulta finanziata per 210 milioni di euro a carico del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto «Sblocca Italia»), convertito, con modificazioni dalla legge n. 164 del 2014, e per 120 milioni di euro a valere sulle risorse FSC 2014-2020 del Patto per la Lombardia;
    al fine di superare le questioni poste dalla soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Lombardia nell'ambito della Conferenza di servizi per la localizzazione dell'opera, sono stati predisposti da ANAS elaborati integrativi e modifiche che, introducendo migliorie all'inserimento paesaggistico del tracciato nei tratti ritenuti più critici, hanno consentito alla Soprintendenza – con nota del 22 settembre 2017 – di esprimersi favorevolmente sul progetto, demandando alla fase esecutiva ulteriori affinamenti puntuali;
    il 27 aprile 2018 si è chiusa positivamente Conferenza di Servizi per l'approvazione del progetto definitivo così come aggiornato ai sensi della procedura di Intesa Stato-Regione, e l'ANAS ha proceduto all'aggiornamento del progetto alle prescrizioni poste dalla stessa Conferenza di Servizi;
    il progetto dovrà essere sottoposto al parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici;
    con emendamento approvato al Senato al decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria, è stato prorogato di un anno il periodo in cui maturano le condizioni di appaltabilità e di cantierabilità dell'opera al fine di evitare la revoca dei finanziamenti;
    le modifiche progettuali imposte dalla Conferenza di servizi, prevalentemente ai fini dell'ottemperanza delle condizioni poste dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Lombardia con aumento dei tratti in galleria, comportano un aumento del costo dell'intervento tra i 30 e i 40 milioni di euro;
    le risorse aggiuntive potrebbero essere reperite, nel più breve tempo possibile, nell'ambito del prossimo aggiornamento del contratto di programma ANAS o a valere su risorse già disponibili nello stato previsionale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, nell'ambito della ripartizione delle risorse per gli investimenti delle amministrazioni centrali e lo sviluppo del Paese, a valutare la possibilità di individuare le risorse occorrenti per completare il finanziamento della variante della Tremezzina alla S.S. 340 «Regina» tra i Comuni di Colonno e Griante.
9/1334-AR/202. (Testo modificato nel corso della seduta)  Parolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 531 della legge n. 205 del 2017, legge di bilancio 2018, modificando il comma 27 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 recante Misure di razionalizzazione della finanza pubblica, prevede di destinare una quota parte del gettito proveniente dal tributo speciale per il deposito in discarica e in impianti di incenerimento senza recupero energetico, dovuto alle regioni, ai comuni ove sono ubicati le discariche o gli impianti di incenerimento senza recupero energetico e ai comuni limitrofi, effettivamente interessati dal disagio provocato dalla presenza dell'impianto, ai fini della realizzazione di interventi inerenti il miglioramento ambientale del territorio interessato dalla presenza dell'impianto, della tutela igienico sanitaria dei cittadini residenti nel territorio limitrofo all'impianto, dello sviluppo di sistemi di controllo e di monitoraggio ambientale e della gestione integrata dei rifiuti urbani;
    l'impiego delle risorse è disposto dalla regione, con propria deliberazione, nell'ambito delle destinazioni indicate dalla medesima norma;
    purtroppo non tutte le regioni hanno deliberato la destinazione di tale tributo speciale e ciò crea discriminazioni per i comuni nel cui territorio sono presenti le discariche e i comuni limitrofi, in quanto gli stessi non possono usufruire di un contributo indispensabile per la messa in sicurezza ambientale del proprio territorio. Un esempio eclatante è rappresentato dalla regione Piemonte che ancora non ha deliberato nulla sull'argomento,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nel prosieguo dell'iter del provvedimento, di prevedere la facoltà per i gestori di impianti di discarica e di impianti di incenerimento senza recupero energetico di poter devolvere un contributo di «sostenibilità» direttamente a favore del comune di ubicazione degli impianti e dei comuni limitrofi, in attesa dell'emanazione delle disposizioni regionali per la ripartizione del tributo speciale previsto dal comma 531 della legge n. 205 del 2017, legge di bilancio 2018.
9/1334-AR/203Gastaldi, Benvenuto, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 531 della legge n. 205 del 2017, legge di bilancio 2018, modificando il comma 27 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 recante Misure di razionalizzazione della finanza pubblica, prevede di destinare una quota parte del gettito proveniente dal tributo speciale per il deposito in discarica e in impianti di incenerimento senza recupero energetico, dovuto alle regioni, ai comuni ove sono ubicati le discariche o gli impianti di incenerimento senza recupero energetico e ai comuni limitrofi, effettivamente interessati dal disagio provocato dalla presenza dell'impianto, ai fini della realizzazione di interventi inerenti il miglioramento ambientale del territorio interessato dalla presenza dell'impianto, della tutela igienico sanitaria dei cittadini residenti nel territorio limitrofo all'impianto, dello sviluppo di sistemi di controllo e di monitoraggio ambientale e della gestione integrata dei rifiuti urbani;
    l'impiego delle risorse è disposto dalla regione, con propria deliberazione, nell'ambito delle destinazioni indicate dalla medesima norma;
    purtroppo non tutte le regioni hanno deliberato la destinazione di tale tributo speciale e ciò crea discriminazioni per i comuni nel cui territorio sono presenti le discariche e i comuni limitrofi, in quanto gli stessi non possono usufruire di un contributo indispensabile per la messa in sicurezza ambientale del proprio territorio. Un esempio eclatante è rappresentato dalla regione Piemonte che ancora non ha deliberato nulla sull'argomento,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità, nel prosieguo dell'iter del provvedimento, di prevedere la facoltà per i gestori di impianti di discarica e di impianti di incenerimento senza recupero energetico di poter devolvere un contributo di «sostenibilità» direttamente a favore del comune di ubicazione degli impianti e dei comuni limitrofi, in attesa dell'emanazione delle disposizioni regionali per la ripartizione del tributo speciale previsto dal comma 531 della legge n. 205 del 2017, legge di bilancio 2018.
9/1334-AR/203. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gastaldi, Benvenuto, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    lunedì 24 settembre scorso, intorno alle 22, e per 3 giorni consecutivi, un incendio devastante ha distrutto circa 150 ettari di bosco e oliveti sul Monte Serra in provincia di Pisa, anche incenerendo una decina di abitazioni e provocando decine di milioni di euro di danni;
    il fuoco ha lasciato una grave ferita sui pendii del monte ora maggiormente esposto a rischio frane e dissesti idrogeologici,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nell'ambito della ripartizione delle risorse previste per la prevenzione del dissesto idrogeologico, di assegnare una particolare attenzione ai pendii percorsi dal fuoco del Monte Serra, in provincia di Pisa.
9/1334-AR/204Ziello, Legnaioli, Lolini, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    lunedì 24 settembre scorso, intorno alle 22, e per 3 giorni consecutivi, un incendio devastante ha distrutto circa 150 ettari di bosco e oliveti sul Monte Serra in provincia di Pisa, anche incenerendo una decina di abitazioni e provocando decine di milioni di euro di danni;
    il fuoco ha lasciato una grave ferita sui pendii del monte ora maggiormente esposto a rischio frane e dissesti idrogeologici,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità, nell'ambito della ripartizione delle risorse previste per la prevenzione del dissesto idrogeologico, di assegnare una particolare attenzione ai pendii percorsi dal fuoco del Monte Serra, in provincia di Pisa.
9/1334-AR/204. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ziello, Legnaioli, Lolini, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'area del Piceno è soggetta ad una crisi economico-lavorativa che perdura da 10 anni e che ha portato a una cifra di oltre 30.000 disoccupati su una provincia di 208.000 residenti;
    inoltre, il sisma del 2016, che ha colpito le zone in oggetto, ha portato ad inevitabili conseguenze come la chiusura di attività commerciali e lo spopolamento di alcune zone, non solo dell'area montana ma anche delle aree interne, soprattutto da parte dei più giovani;
    simili considerazioni rendono, a tutti gli effetti, l'area geografica in questione un'area cosiddetta svantaggiata che necessita di interventi urgenti e di sistema;
    il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, cosiddetto «Resto al Sud», di cui l'articolo 45 del presente provvedimento, reca numerose misure di favore fiscale, tra cui: agevolazioni ai giovani dai 18 ai 35 anni per incoraggiare la costituzione di nuove imprese; l'avviamento di iniziative imprenditoriali nei settori dell'industria, dell'artigianato, della pesca, dell'agricoltura, della fornitura di servizi e del turismo; il finanziamento del 100 per cento delle spese ammissibili (35 per cento tramite contributo a fondo perduto e 65 per cento tramite finanziamento bancario assistito dal Fondo di Garanzia);
    gli stanziamenti previsti per le agevolazioni fiscali previste dal decreto-legge «Resto al Sud» non sono utilizzate per intero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, per le aree di crisi complessa delle Province confinanti con le regioni dell'Abruzzo e della Campania, che già in passato sono state ricomprese nella Cassa del Mezzogiorno, agevolazioni fiscali assimilabili a quelle previste nel citato decreto, al fine di stimolarne la crescita e la ripresa delle attività economiche.
9/1334-AR/205Zicchieri, Latini, Gerardi, Cataldi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'area del Piceno è soggetta ad una crisi economico-lavorativa che perdura da 10 anni e che ha portato a una cifra di oltre 30.000 disoccupati su una provincia di 208.000 residenti;
    inoltre, il sisma del 2016, che ha colpito le zone in oggetto, ha portato ad inevitabili conseguenze come la chiusura di attività commerciali e lo spopolamento di alcune zone, non solo dell'area montana ma anche delle aree interne, soprattutto da parte dei più giovani;
    simili considerazioni rendono, a tutti gli effetti, l'area geografica in questione un'area cosiddetta svantaggiata che necessita di interventi urgenti e di sistema;
    il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, cosiddetto «Resto al Sud», di cui l'articolo 45 del presente provvedimento, reca numerose misure di favore fiscale, tra cui: agevolazioni ai giovani dai 18 ai 35 anni per incoraggiare la costituzione di nuove imprese; l'avviamento di iniziative imprenditoriali nei settori dell'industria, dell'artigianato, della pesca, dell'agricoltura, della fornitura di servizi e del turismo; il finanziamento del 100 per cento delle spese ammissibili (35 per cento tramite contributo a fondo perduto e 65 per cento tramite finanziamento bancario assistito dal Fondo di Garanzia);
    gli stanziamenti previsti per le agevolazioni fiscali previste dal decreto-legge «Resto al Sud» non sono utilizzate per intero,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, per le aree di crisi complessa delle Province confinanti con le regioni dell'Abruzzo e della Campania, che già in passato sono state ricomprese nella Cassa del Mezzogiorno, agevolazioni fiscali assimilabili a quelle previste nel citato decreto, al fine di stimolarne la crescita e la ripresa delle attività economiche.
9/1334-AR/205. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zicchieri, Latini, Gerardi, Cataldi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia ha una tradizione musicale millenaria, ricca e diversificata in diverse tipologie: prestigiose scuole ed istituti provvedono a tramandare nel tempo e nella storia l'eccellenza culturale; nel corso degli anni tali strutture sono state fortemente penalizzate dalla diminuzione dei contributi erogati;
    in particolare l'Accademia Musicale Chigiana di Siena, all'Accademia Pianistica Internazionale di Imola ed alla Scuola di musica di Fiesole;
    l'Accademia Musicale Chigiana di Siena, è riconosciuta come una delle più prestigiose istituzioni musicali a livello internazionale per le sue particolari origini e per le particolari modalità di valorizzazione e promozione musicale; l'Accademia Pianistica Internazionale di Imola utilizzando nuove e più innovative modalità didattiche ha rivoluzionato il modus di insegnamento; la Scuola di musica di Fiesole ha valorizzato la musica di insieme nelle più svariate forme attraverso un metodo didattico differenziato;
    nel provvedimento in esame (A.C. 1134-A) è stato inserito nell'articolo 90 l'accantonamento finalizzato al finanziamento di Interventi diversi per il Ministero dei Beni e le Attività Culturali, all'interno dei quali potrebbero ricadere contributi per le scuole di Eccellenza nazionale di rilevante interesse culturale al fine di proseguire nelle loro attività,

impegna il Governo

a intervenire per l'attività didattica e concertistica per Scuole di Eccellenza Nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale utilizzando i fondi di cui all'articolo 90, del provvedimento in esame al fine di stanziare contributi per l'Accademia Musicale Chigiana di Siena, l'Accademia Pianistica Internazionale di Imola e la Scuola di musica di Fiesole.
9/1334-AR/206Tonelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia ha una tradizione musicale millenaria, ricca e diversificata in diverse tipologie: prestigiose scuole ed istituti provvedono a tramandare nel tempo e nella storia l'eccellenza culturale; nel corso degli anni tali strutture sono state fortemente penalizzate dalla diminuzione dei contributi erogati;
    in particolare l'Accademia Musicale Chigiana di Siena, all'Accademia Pianistica Internazionale di Imola ed alla Scuola di musica di Fiesole;
    l'Accademia Musicale Chigiana di Siena, è riconosciuta come una delle più prestigiose istituzioni musicali a livello internazionale per le sue particolari origini e per le particolari modalità di valorizzazione e promozione musicale; l'Accademia Pianistica Internazionale di Imola utilizzando nuove e più innovative modalità didattiche ha rivoluzionato il modus di insegnamento; la Scuola di musica di Fiesole ha valorizzato la musica di insieme nelle più svariate forme attraverso un metodo didattico differenziato;
    nel provvedimento in esame (A.C. 1134-A) è stato inserito nell'articolo 90 l'accantonamento finalizzato al finanziamento di Interventi diversi per il Ministero dei Beni e le Attività Culturali, all'interno dei quali potrebbero ricadere contributi per le scuole di Eccellenza nazionale di rilevante interesse culturale al fine di proseguire nelle loro attività,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a intervenire per l'attività didattica e concertistica per Scuole di Eccellenza Nazionale operanti nell'ambito dell'altissima formazione musicale utilizzando i fondi di cui all'articolo 90, del provvedimento in esame al fine di stanziare contributi per l'Accademia Musicale Chigiana di Siena, l'Accademia Pianistica Internazionale di Imola e la Scuola di musica di Fiesole.
9/1334-AR/206. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tonelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, in corso di approvazione prevede alcune novità importanti in termini di sostegno ai lavoratori e al Made in Italy;
    la pesca da sempre rappresenta una risorsa e un'opportunità per l'economia italiana, presentando un importante ruolo sociale e culturale nelle molte comunità di mare del nostro territorio;
    è necessario migliorare le condizioni di chi opera in un comparto, caratterizzato dalla presenza soprattutto di piccole e medie imprese, che è uno dei settori prioritari della nostra filiera alimentare;
    nel corso delle ultime manovre di bilancio sono stati inseriti interventi a sostegno dei questa categoria, sulla scia delle modifiche che si susseguono a partire dal 1997, quanto con il decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30 «Disposizioni urgenti per lo sviluppo del settore dei trasporti e l'incremento dell'occupazione», è stato disposto oltre un abbattimento del reddito di impresa pari al 64 per cento del reddito stesso, anche uno sgravio contributivo per i contributi INPS ed INAIL,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi dello sgravio contributivo già stanziato e corrisposto per le imprese armatoriali e per il loro personale dipendente imbarcato, al fine di valutare l'adozione di successivi provvedimenti normativi, volti ad aumentare la misura dello sgravio stesso.
9/1334-AR/207Acquaroli, Luca De Carlo, Silvestroni, Mollicone, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, in corso di approvazione prevede alcune novità importanti in termini di sostegno ai lavoratori e al Made in Italy;
    la pesca da sempre rappresenta una risorsa e un'opportunità per l'economia italiana, presentando un importante ruolo sociale e culturale nelle molte comunità di mare del nostro territorio;
    è necessario migliorare le condizioni di chi opera in un comparto, caratterizzato dalla presenza soprattutto di piccole e medie imprese, che è uno dei settori prioritari della nostra filiera alimentare;
    nel corso delle ultime manovre di bilancio sono stati inseriti interventi a sostegno dei questa categoria, sulla scia delle modifiche che si susseguono a partire dal 1997, quanto con il decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30 «Disposizioni urgenti per lo sviluppo del settore dei trasporti e l'incremento dell'occupazione», è stato disposto oltre un abbattimento del reddito di impresa pari al 64 per cento del reddito stesso, anche uno sgravio contributivo per i contributi INPS ed INAIL,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare gli effetti applicativi dello sgravio contributivo già stanziato e corrisposto per le imprese armatoriali e per il loro personale dipendente imbarcato, al fine di valutare l'adozione di successivi provvedimenti normativi, volti ad aumentare la misura dello sgravio stesso.
9/1334-AR/207. (Testo modificato nel corso della seduta)  Acquaroli, Luca De Carlo, Silvestroni, Mollicone, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede disposizioni in ambito sociale, dal rifinanziamento del fondo per le non autosufficienze a quello per le politiche sociali e per le politiche per la famiglia;
    nulla è stato disposto in merito alla promozione e coordinamento delle azioni atte a contrastare il diffondersi dell'uso di sostanze stupefacenti e delle tossicodipendenze;
    come affermato nella relazione al Parlamento 2017 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, relativa all'anno 2016, si stima che in Italia circa una persona su tre – il 33,5 per cento di età compresa tra i 15 e i 64 anni, ha utilizzato almeno una sostanza psicoattiva illegale nella vita e la percentuale aumenta, raggiungendo il 43 per cento, se si concentra l'analisi sulla popolazione giovane adulta, ovvero quella di età compresa tra i 15 e i 34 anni;
    sulla base di quanto sottolineato dall'Osservatorio europeo sulle droghe e tossicodipendenze, nella relazione europea sulla droga 2018, viene posto in evidenza che l'Italia è il secondo paese nell'Unione europea per consumo di cannabis e il quarto per uso di cocaina;
    la comparazione dei dati riferita alle annualità 2015 e 2016, vede un incremento delle persone deferite all'autorità giudiziaria del 17,3 per cento, così distribuite per tipologia di sostanze: marijuana +34,9 per cento, cocaina +17,8 per cento, hashish +16,1 per cento, eroina +11,3 per cento (fonte relazione annuale al Parlamento del dipartimento politiche antidroga);
    secondo i dati diffusi dagli organi di stampa, inoltre, si è imposta sul mercato della droga l'eroina gialla il cui spaccio è gestito in regime di monopolio dalla mafia nigeriana. Infatti, nel 2017 in Italia ci sono state 16 le vittime da eroina gialla e, nel 2018, sono stati 18 i morti per overdose da eroina gialla in Veneto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare maggiori risorse per il Fondo nazionale di lotta alla droga al fine di favorire adeguati interventi di contrasto alla diffusione delle droghe con particolare riguardo alle nuove organizzazioni, anche straniere, attive nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti e per far fronte alla situazione di emergenza sociale e sanitaria determinata dalla diffusione dei nuovi oppiacei sintetici e dal ritorno del consumo di eroina con la conseguente recrudescenza delle morti per overdose.
9/1334-AR/208Bellucci, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede disposizioni in ambito sociale, dal rifinanziamento del fondo per le non autosufficienze a quello per le politiche sociali e per le politiche per la famiglia;
    nulla è stato disposto in merito alla promozione e coordinamento delle azioni atte a contrastare il diffondersi dell'uso di sostanze stupefacenti e delle tossicodipendenze;
    come affermato nella relazione al Parlamento 2017 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, relativa all'anno 2016, si stima che in Italia circa una persona su tre – il 33,5 per cento di età compresa tra i 15 e i 64 anni, ha utilizzato almeno una sostanza psicoattiva illegale nella vita e la percentuale aumenta, raggiungendo il 43 per cento, se si concentra l'analisi sulla popolazione giovane adulta, ovvero quella di età compresa tra i 15 e i 34 anni;
    sulla base di quanto sottolineato dall'Osservatorio europeo sulle droghe e tossicodipendenze, nella relazione europea sulla droga 2018, viene posto in evidenza che l'Italia è il secondo paese nell'Unione europea per consumo di cannabis e il quarto per uso di cocaina;
    la comparazione dei dati riferita alle annualità 2015 e 2016, vede un incremento delle persone deferite all'autorità giudiziaria del 17,3 per cento, così distribuite per tipologia di sostanze: marijuana +34,9 per cento, cocaina +17,8 per cento, hashish +16,1 per cento, eroina +11,3 per cento (fonte relazione annuale al Parlamento del dipartimento politiche antidroga);
    secondo i dati diffusi dagli organi di stampa, inoltre, si è imposta sul mercato della droga l'eroina gialla il cui spaccio è gestito in regime di monopolio dalla mafia nigeriana. Infatti, nel 2017 in Italia ci sono state 16 le vittime da eroina gialla e, nel 2018, sono stati 18 i morti per overdose da eroina gialla in Veneto,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare maggiori risorse per il Fondo nazionale di lotta alla droga al fine di favorire adeguati interventi di contrasto alla diffusione delle droghe con particolare riguardo alle nuove organizzazioni, anche straniere, attive nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti e per far fronte alla situazione di emergenza sociale e sanitaria determinata dalla diffusione dei nuovi oppiacei sintetici e dal ritorno del consumo di eroina con la conseguente recrudescenza delle morti per overdose.
9/1334-AR/208. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bellucci, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame (C. 1334) recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, contiene misure per l'inclusione sociale, la previdenza e il risparmio e incentivi all'occupazione;
    a seguito di varie circolari e direttive da parte dell'INPS, circa il rilascio del DURC interno, strumento di verifica della regolarità contributiva delle imprese, indispensabile per accedere alle agevolazioni previdenziali, si sono verificate distorsioni interpretative;
    dette distorsioni hanno messo in difficoltà molti datori di lavoro che, per svariati motivi, non ultimo quello dell'insufficienza di liquidità per effetto dei mancati incassi dalla P.A., si sono trovati nelle condizioni di non poter essere in regola con i versamenti contributivi e previdenziali;
    tutto ciò a causa del fatto che, a seguito di verifica del DURC interno, solo alla fine del periodo dell'agevolazione, si è verificata la revoca delle agevolazioni, a decorrere dall'inizio delle agevolazioni stesse, nonostante le aziende, fossero in regola con tutti gli adempimenti fino a quel momento versati;
    fino ad oggi, l'INPS ha revocato, attraverso circolari, le agevolazioni anche per i periodi precedenti, con estremo disagio da parte dei datori di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in provvedimenti di prossima emanazione, che le eventuali penalizzazioni alle aziende, non regolari con il DURC, vadano effettuate solo a decorrere dall'accertamento dell'irregolarità e non, per il periodo antecedente ad esse.
9/1334-AR/209Bucalo, Mollicone, Silvestroni, Lucaselli, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Ciaburro, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame (C. 1334) recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, contiene misure per l'inclusione sociale, la previdenza e il risparmio e incentivi all'occupazione;
    a seguito di varie circolari e direttive da parte dell'INPS, circa il rilascio del DURC interno, strumento di verifica della regolarità contributiva delle imprese, indispensabile per accedere alle agevolazioni previdenziali, si sono verificate distorsioni interpretative;
    dette distorsioni hanno messo in difficoltà molti datori di lavoro che, per svariati motivi, non ultimo quello dell'insufficienza di liquidità per effetto dei mancati incassi dalla P.A., si sono trovati nelle condizioni di non poter essere in regola con i versamenti contributivi e previdenziali;
    tutto ciò a causa del fatto che, a seguito di verifica del DURC interno, solo alla fine del periodo dell'agevolazione, si è verificata la revoca delle agevolazioni, a decorrere dall'inizio delle agevolazioni stesse, nonostante le aziende, fossero in regola con tutti gli adempimenti fino a quel momento versati;
    fino ad oggi, l'INPS ha revocato, attraverso circolari, le agevolazioni anche per i periodi precedenti, con estremo disagio da parte dei datori di lavoro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere, in provvedimenti di prossima emanazione, che le eventuali penalizzazioni alle aziende, non regolari con il DURC, vadano effettuate solo a decorrere dall'accertamento dell'irregolarità e non, per il periodo antecedente ad esse.
9/1334-AR/209. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bucalo, Mollicone, Silvestroni, Lucaselli, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Ciaburro, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per stimolare la crescita economica dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    all'inizio di ottobre 2018 l'asta per le frequenze 5G si è conclusa con una spesa totale per gli operatori che si sono aggiudicate le porzioni di spettro di oltre 6.5 miliardi di euro;
    in particolare, il blocco frequenziale 3,6-3,8 GHz è stato aggiudicato ad un prezzo finale di oltre 11 volte la base d'asta prevista dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM);
    negli stessi mesi in cui venivano definite le condizioni e le regole dell'asta da parte dell'AGCOM e, successivamente, in cui si realizzava e concludeva l'asta, alcuni operatori presentavano istanza al Ministero dello Sviluppo economico (MiSE) per il rinnovo dei diritti d'uso delle frequenze comprese nell'intervallo 3,4-3,6 GHz, originariamente aggiudicate per lo sviluppo della tecnologia Wi-Max e considerate gemelle a quelle comprese nel blocco 3,6-3,8 GHz oggetto dell'asta conclusasi ad ottobre;
    l'AGCOM ha quindi indetto una consultazione pubblica al fine di esplorare l'esistenza delle condizioni per il rinnovo e, in seguito (aprile 2018), ha comunicato al MiSE il proprio assenso al rinnovo dei diritti d'uso di tali frequenze;
    tra luglio e novembre 2018 il MiSE ha confermato agli operatori richiedenti la possibilità di rinnovo dei loro diritti d'uso, fissando il prezzo con riferimento alla base d'asta per l'aggiudicazione delle frequenze 3,6-3,8 GHz, invece che al prezzo di aggiudicazione, che, com’è evidente, rappresenta il corrente valore di mercato, essendosi nel frattempo conclusa l'asta per le frequenze 5G;
    tale comportamento potrebbe arrecare un grave danno alla concorrenza, in quanto permette ad alcuni operatori di sviluppare il 5G con un investimento 11 volte inferiore rispetto a quello sostenuto dagli operatori che hanno partecipato all'asta per le frequenze 3,6-3,8 GHz;
    un prezzo così inferiore ai valori di mercato potrebbe, peraltro, essere considerato un aiuto di Stato e configurare l'ipotesi di danno erariale;
    la distorsione del mercato sarebbe inoltre aggravata dalla circostanza che vede gli operatori che hanno ottenuto il rinnovo in grado di scegliere di cedere l’asset frequenziale in luogo di utilizzarlo;
    nel novembre 2018, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha inviato al MiSE e all'AGCOM un proprio parere in cui condivide tali preoccupazioni in termini di possibile nocumento della concorrenza, con riferimento proprio alla determinazione di un prezzo di rinnovo delle frequenze non allineato al prezzo di mercato,

impegna il Governo

a definire le condizioni economiche per l'assegnazione o il rinnovo dei diritti d'uso delle frequenze nella banda 3,4-3,6 GHz, in coerenza con le condizioni di aggiudicazione dell'asta per la banda 3,6-3,8 GHz, per evitare gravi effetti distorsivi sul settore, già fortemente stressato dalle condizioni del mercato e dai risultati dell'asta per le frequenze 5G e, eventualmente, concedere il rinnovo solo una volta definite condizioni economiche in linea con i valori di mercato.
9/1334-AR/210Butti, Rotelli, Foti, Fidanza, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Ciaburro, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per stimolare la crescita economica dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    all'inizio di ottobre 2018 l'asta per le frequenze 5G si è conclusa con una spesa totale per gli operatori che si sono aggiudicate le porzioni di spettro di oltre 6.5 miliardi di euro;
    in particolare, il blocco frequenziale 3,6-3,8 GHz è stato aggiudicato ad un prezzo finale di oltre 11 volte la base d'asta prevista dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM);
    negli stessi mesi in cui venivano definite le condizioni e le regole dell'asta da parte dell'AGCOM e, successivamente, in cui si realizzava e concludeva l'asta, alcuni operatori presentavano istanza al Ministero dello Sviluppo economico (MiSE) per il rinnovo dei diritti d'uso delle frequenze comprese nell'intervallo 3,4-3,6 GHz, originariamente aggiudicate per lo sviluppo della tecnologia Wi-Max e considerate gemelle a quelle comprese nel blocco 3,6-3,8 GHz oggetto dell'asta conclusasi ad ottobre;
    l'AGCOM ha quindi indetto una consultazione pubblica al fine di esplorare l'esistenza delle condizioni per il rinnovo e, in seguito (aprile 2018), ha comunicato al MiSE il proprio assenso al rinnovo dei diritti d'uso di tali frequenze;
    tra luglio e novembre 2018 il MiSE ha confermato agli operatori richiedenti la possibilità di rinnovo dei loro diritti d'uso, fissando il prezzo con riferimento alla base d'asta per l'aggiudicazione delle frequenze 3,6-3,8 GHz, invece che al prezzo di aggiudicazione, che, com’è evidente, rappresenta il corrente valore di mercato, essendosi nel frattempo conclusa l'asta per le frequenze 5G;
    tale comportamento potrebbe arrecare un grave danno alla concorrenza, in quanto permette ad alcuni operatori di sviluppare il 5G con un investimento 11 volte inferiore rispetto a quello sostenuto dagli operatori che hanno partecipato all'asta per le frequenze 3,6-3,8 GHz;
    un prezzo così inferiore ai valori di mercato potrebbe, peraltro, essere considerato un aiuto di Stato e configurare l'ipotesi di danno erariale;
    la distorsione del mercato sarebbe inoltre aggravata dalla circostanza che vede gli operatori che hanno ottenuto il rinnovo in grado di scegliere di cedere l’asset frequenziale in luogo di utilizzarlo;
    nel novembre 2018, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha inviato al MiSE e all'AGCOM un proprio parere in cui condivide tali preoccupazioni in termini di possibile nocumento della concorrenza, con riferimento proprio alla determinazione di un prezzo di rinnovo delle frequenze non allineato al prezzo di mercato,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a definire le condizioni economiche per l'assegnazione o il rinnovo dei diritti d'uso delle frequenze nella banda 3,4-3,6 GHz, in coerenza con le condizioni di aggiudicazione dell'asta per la banda 3,6-3,8 GHz, per evitare gravi effetti distorsivi sul settore, già fortemente stressato dalle condizioni del mercato e dai risultati dell'asta per le frequenze 5G e, eventualmente, concedere il rinnovo solo una volta definite condizioni economiche in linea con i valori di mercato.
9/1334-AR/210. (Testo modificato nel corso della seduta)  Butti, Rotelli, Foti, Fidanza, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Ciaburro, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    l'evasione e l'elusione fiscale sono fenomeni fortemente destabilizzanti per l'economia e per la giustizia sociale del Paese, che costringono, sempre più, le istituzioni preposte a recuperare le mancate entrate nelle casse dello Stato, aumentando la pressione fiscale, che finisce per punire i cittadini e i professionisti onesti, che pagano regolarmente le tasse. La pressione fiscale in Italia ha infatti raggiunto percentuali superiori al 40 per cento, a partire dal 2010, collocando il Paese al sesto posto tra quelli aderenti all'OCSE;
    l'evasione fiscale è un fenomeno preoccupante anche per i settori della libera professione, e in particolar modo nell'edilizia, in quanto genera fenomeni di concorrenza sleale particolarmente gravi in un periodo così complesso del mercato della professione;
    negli anni passati, con l'introduzione degli sgravi fiscali IRPEF per le ristrutturazioni, che riguardano anche i compensi dei professionisti, il fenomeno era stato parzialmente arginato. Queste misure, fortemente volute dalle professioni tecniche, oltre a rilanciare il mercato delle ristrutturazioni, hanno infatti ridotto l'evasione fiscale limitatamente all'ambito degli interventi sulle costruzioni esistenti;
    la regione Calabria ha approvato la legge n. 25 del 2018, subordinando il rilascio dell'atto autorizzativo da parte delle Amministrazioni regionali, provinciali e comunali alla previa verifica dell'avvenuto pagamento, da parte del committente, del professionista sottoscrittore dell'atto progettuale;
    tale legge regionale ha disposto che la presentazione dell'istanza autorizzativa o di istanza ad intervento all'Amministrazione competente deve essere necessariamente corredata dalla lettera di affidamento dell'incarico sottoscritta dal committente, prevedendo inoltre l'obbligo dell'Amministrazione di ottenere l'auto certificazione del professionista che dichiari l'avvenuto pagamento degli onorari stabiliti da parte del committente;
    la mancata esibizione della documentazione in questione può inficiare la procedura amministrativa posta in essere, impedendo il completamento dell’iter amministrativo fino all'avvenuta integrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune soluzioni, anche di carattere normativo, che prevedano l'obbligo di presentare un documento attestante il pagamento delle spettanze da parte del committente ai fini del rilascio sia dei provvedimenti autorizzativi o similari, sia del rilascio dell'agibilità, a tutela delle prestazioni professionali, del lavoro svolto dai professionisti e per fronteggiare l'odioso fenomeno dell'evasione fiscale.
9/1334-AR/211Ciaburro, Caretta, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    l'evasione e l'elusione fiscale sono fenomeni fortemente destabilizzanti per l'economia e per la giustizia sociale del Paese, che costringono, sempre più, le istituzioni preposte a recuperare le mancate entrate nelle casse dello Stato, aumentando la pressione fiscale, che finisce per punire i cittadini e i professionisti onesti, che pagano regolarmente le tasse. La pressione fiscale in Italia ha infatti raggiunto percentuali superiori al 40 per cento, a partire dal 2010, collocando il Paese al sesto posto tra quelli aderenti all'OCSE;
    l'evasione fiscale è un fenomeno preoccupante anche per i settori della libera professione, e in particolar modo nell'edilizia, in quanto genera fenomeni di concorrenza sleale particolarmente gravi in un periodo così complesso del mercato della professione;
    negli anni passati, con l'introduzione degli sgravi fiscali IRPEF per le ristrutturazioni, che riguardano anche i compensi dei professionisti, il fenomeno era stato parzialmente arginato. Queste misure, fortemente volute dalle professioni tecniche, oltre a rilanciare il mercato delle ristrutturazioni, hanno infatti ridotto l'evasione fiscale limitatamente all'ambito degli interventi sulle costruzioni esistenti;
    la regione Calabria ha approvato la legge n. 25 del 2018, subordinando il rilascio dell'atto autorizzativo da parte delle Amministrazioni regionali, provinciali e comunali alla previa verifica dell'avvenuto pagamento, da parte del committente, del professionista sottoscrittore dell'atto progettuale;
    tale legge regionale ha disposto che la presentazione dell'istanza autorizzativa o di istanza ad intervento all'Amministrazione competente deve essere necessariamente corredata dalla lettera di affidamento dell'incarico sottoscritta dal committente, prevedendo inoltre l'obbligo dell'Amministrazione di ottenere l'auto certificazione del professionista che dichiari l'avvenuto pagamento degli onorari stabiliti da parte del committente;
    la mancata esibizione della documentazione in questione può inficiare la procedura amministrativa posta in essere, impedendo il completamento dell’iter amministrativo fino all'avvenuta integrazione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare opportune soluzioni, anche di carattere normativo, che prevedano l'obbligo di presentare un documento attestante il pagamento delle spettanze da parte del committente ai fini del rilascio sia dei provvedimenti autorizzativi o similari, sia del rilascio dell'agibilità, a tutela delle prestazioni professionali, del lavoro svolto dai professionisti e per fronteggiare l'odioso fenomeno dell'evasione fiscale.
9/1334-AR/211. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ciaburro, Caretta, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca numerose disposizioni in materia di cultura;
    il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014, ha introdotto il cosiddetto Art bonus, che rappresenta un sistema di sostegno privato ai beni culturali pubblici e alle fondazioni culturali, consentendo ai donatori, siano essi imprese, cittadini o istituzioni private, di ottenere un credito di imposta pari al 65 per cento;
    Art bonus ha generato un significativo flusso economico a favore del recupero di beni culturali pubblici, e si è rivelato uno strumento efficace di intervento, che ha messo in moto numeri significativi;
    un recente rapporto della Federazione delle Aziende e degli Enti di gestione di cultura, turismo, sport e tempo libero, ha, infatti, quantificato in 188 milioni di euro complessivi le donazioni che hanno concorso al sostegno di 1.540 interventi;
    nel 2016 Art bonus è stato esteso nelle zone terremotate dell'Umbria, del Lazio, delle Marche e dell'Abruzzo anche ai beni appartenenti alla Chiesa Cattolica o ad altre confessioni religiose;
    il mercato rappresentato dai beni ecclesiastici costituisce un segmento di mercato di primaria importanza per le imprese del restauro laddove, di contro, il segmento dei beni di proprietà pubblica risulta accessibile con maggiore difficoltà, a causa anche delle complesse procedure connesse alla normativa sugli appalti pubblici;
    l'estensione ai beni ecclesiastici su scala nazionale dell’Art bonus può quindi generare una significativa ricaduta in termini di nuove opportunità per le imprese del settore restauro, ma anche per le imprese del settore edile, dell'impiantistica, del legno e dell'arredo, dell'artigianato artistico in generale, ovvero dei settori che attualmente, meno di altri, stanno beneficiando della ripresa economica,

impegna il Governo

a valutare l'adozione delle necessarie iniziative, per quanto di competenza, volte ad estendere il meccanismo dell’Art bonus anche ai beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 24 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.
9/1334-AR/212Caretta, Luca De Carlo, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Maschio, Zucconi, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca numerose disposizioni in materia di cultura;
    il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014, ha introdotto il cosiddetto Art bonus, che rappresenta un sistema di sostegno privato ai beni culturali pubblici e alle fondazioni culturali, consentendo ai donatori, siano essi imprese, cittadini o istituzioni private, di ottenere un credito di imposta pari al 65 per cento;
    Art bonus ha generato un significativo flusso economico a favore del recupero di beni culturali pubblici, e si è rivelato uno strumento efficace di intervento, che ha messo in moto numeri significativi;
    un recente rapporto della Federazione delle Aziende e degli Enti di gestione di cultura, turismo, sport e tempo libero, ha, infatti, quantificato in 188 milioni di euro complessivi le donazioni che hanno concorso al sostegno di 1.540 interventi;
    nel 2016 Art bonus è stato esteso nelle zone terremotate dell'Umbria, del Lazio, delle Marche e dell'Abruzzo anche ai beni appartenenti alla Chiesa Cattolica o ad altre confessioni religiose;
    il mercato rappresentato dai beni ecclesiastici costituisce un segmento di mercato di primaria importanza per le imprese del restauro laddove, di contro, il segmento dei beni di proprietà pubblica risulta accessibile con maggiore difficoltà, a causa anche delle complesse procedure connesse alla normativa sugli appalti pubblici;
    l'estensione ai beni ecclesiastici su scala nazionale dell’Art bonus può quindi generare una significativa ricaduta in termini di nuove opportunità per le imprese del settore restauro, ma anche per le imprese del settore edile, dell'impiantistica, del legno e dell'arredo, dell'artigianato artistico in generale, ovvero dei settori che attualmente, meno di altri, stanno beneficiando della ripresa economica,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'adozione delle necessarie iniziative, per quanto di competenza, volte ad estendere il meccanismo dell’Art bonus anche ai beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 24 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni.
9/1334-AR/212. (Testo modificato nel corso della seduta)  Caretta, Luca De Carlo, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Maschio, Zucconi, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame destina specifiche risorse per favorire ed incrementare l'occupazione presso le amministrazioni dello Stato, inclusi i Corpi di Polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    nulla è stato previsto, invece, per favorire la stabilizzazione del personale precario delle Forze Armate, del Comparto Sicurezza e Soccorso pubblico che vivono a tutt'oggi in condizioni di precariato lavorativo ed economico;
    secondo i dati consultabili sul sito ufficiale Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria dello Stato – Conto Annuale, nella sezione dedicata al personale delle Forze Armate e Corpi di Polizia si registrano circa 39.000 dipendenti precari ai quali si aggiungono quelli presenti nel comparto Soccorso pubblico;
    nonostante le molteplici dichiarazioni pubbliche e gli impegni presi dai vari Governi in carica in merito alla necessità di garantire maggiore stabilità nei comparti richiamati, anche al fine di preservare la sicurezza del territorio, i provvedimenti adottati nel tempo si sono mostrati indifferenti rispetto agli innumerevoli solleciti;
    il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito, con modificazione, in legge 13 luglio 2018, n. 161 è intervenuto in modo radicale sulle regole del lavoro precario del settore privato fortemente penalizzato dalla riforma cosiddetto Jobs Act, voluta dal Governo Renzi;
    in particolare l'articolo 1 rubricato «modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato» prevede espressamente che il contratto di lavoro subordinato non può avere una durata superiore ai dodici mesi e tale durata può essere estesa a ventiquattro mesi solo al ricorrere di determinate condizioni previste dalla legge;
    l'articolo 3 della citata legge, tuttavia, prevede l'inapplicabilità della riforma de qua ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle pubbliche amministrazione con evidente disparità di trattamento e ricadute, tra l'altro, anche nei confronti del personale precario del Comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico;
    l'estensione al personale precario in questione della legge 13 luglio 2018, n. 161, nella parte in cui, superati certi limiti temporali, è sancita la trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, consentirebbe di dare dignità professionale e la giusta valorizzazione degli operatori del settore che ogni giorno svolgono la principale funzione di difesa in favore dello Stato e della comunità, connotata da un alto marginale di rischio per la propria incolumità,

impegna il Governo

ad avviare ogni iniziativa di propria competenza affinché, nel corso dell'esame del provvedimento, mediante la previsione di risorse finanziarie ad hoc, venga risolta la problematica del personale precario delle Forze Armate, del Comparto sicurezza e soccorso pubblico che legittimamente auspica una definitiva stabilizzazione del rapporto di lavoro nel corpo di appartenenza, analogamente a quanto già previsto nel settore privato con il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito, con modificazione, in legge 13 luglio 2018, n. 161.
9/1334-AR/213Cirielli, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame destina specifiche risorse per favorire ed incrementare l'occupazione presso le amministrazioni dello Stato, inclusi i Corpi di Polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    nulla è stato previsto, invece, per favorire la stabilizzazione del personale precario delle Forze Armate, del Comparto Sicurezza e Soccorso pubblico che vivono a tutt'oggi in condizioni di precariato lavorativo ed economico;
    secondo i dati consultabili sul sito ufficiale Ministero dell'economia e delle finanze – Ragioneria dello Stato – Conto Annuale, nella sezione dedicata al personale delle Forze Armate e Corpi di Polizia si registrano circa 39.000 dipendenti precari ai quali si aggiungono quelli presenti nel comparto Soccorso pubblico;
    nonostante le molteplici dichiarazioni pubbliche e gli impegni presi dai vari Governi in carica in merito alla necessità di garantire maggiore stabilità nei comparti richiamati, anche al fine di preservare la sicurezza del territorio, i provvedimenti adottati nel tempo si sono mostrati indifferenti rispetto agli innumerevoli solleciti;
    il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito, con modificazione, in legge 13 luglio 2018, n. 161 è intervenuto in modo radicale sulle regole del lavoro precario del settore privato fortemente penalizzato dalla riforma cosiddetto Jobs Act, voluta dal Governo Renzi;
    in particolare l'articolo 1 rubricato «modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato» prevede espressamente che il contratto di lavoro subordinato non può avere una durata superiore ai dodici mesi e tale durata può essere estesa a ventiquattro mesi solo al ricorrere di determinate condizioni previste dalla legge;
    l'articolo 3 della citata legge, tuttavia, prevede l'inapplicabilità della riforma de qua ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati dalle pubbliche amministrazione con evidente disparità di trattamento e ricadute, tra l'altro, anche nei confronti del personale precario del Comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico;
    l'estensione al personale precario in questione della legge 13 luglio 2018, n. 161, nella parte in cui, superati certi limiti temporali, è sancita la trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, consentirebbe di dare dignità professionale e la giusta valorizzazione degli operatori del settore che ogni giorno svolgono la principale funzione di difesa in favore dello Stato e della comunità, connotata da un alto marginale di rischio per la propria incolumità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad avviare ogni iniziativa di propria competenza affinché, nel corso dell'esame del provvedimento, mediante la previsione di risorse finanziarie ad hoc, venga risolta la problematica del personale precario delle Forze Armate, del Comparto sicurezza e soccorso pubblico che legittimamente auspica una definitiva stabilizzazione del rapporto di lavoro nel corpo di appartenenza, analogamente a quanto già previsto nel settore privato con il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 convertito, con modificazione, in legge 13 luglio 2018, n. 161.
9/1334-AR/213. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cirielli, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame è volto a rifinanziare gli impegni di spesa derivanti da norme vigenti;
    la legge 11 luglio 1998, n. 224, recante norme in materia di «Trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari e agevolazioni per l'editoria», all'articolo 1, comma 1, ha disposto il rinnovo della convenzione tra l'allora Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione S.p.a.;
    sino ad oggi, «allo scopo di garantire la continuità del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari» la citata convenzione è stata annualmente rinnovata e rifinanziata attraverso un'apposita previsione contenuta nella legge di bilancio;
    è necessario considerare a la necessità di consentire la prosecuzione dell'attività della Centro di produzione Spa volta a garantire la trasmissione radiofonica delle sedute dei lavori parlamentari da parte dell'emittente Radio Radicale;
   considerato che il precedente anno di convenzione che regola il servizio è scaduto lo scorso mese di novembre,

impegna il Governo:

   nell'ambito dell'esame del provvedimento, ad autorizzare il Ministero dello sviluppo economico a prorogare il regime convenzionale con il Centro di produzione S.p.a. ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, autorizzando, a tal fine, la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2019;
   ad assumere le opportune iniziative volte a prorogare la misura del credito d'imposta di cui in premessa, stanziando le risorse necessarie.
9/1334-AR/214Crosetto, Rampelli, Lucaselli, Luca De Carlo, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Maschio, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame è volto a rifinanziare gli impegni di spesa derivanti da norme vigenti;
    la legge 11 luglio 1998, n. 224, recante norme in materia di «Trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari e agevolazioni per l'editoria», all'articolo 1, comma 1, ha disposto il rinnovo della convenzione tra l'allora Ministero delle comunicazioni e il Centro di produzione S.p.a.;
    sino ad oggi, «allo scopo di garantire la continuità del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari» la citata convenzione è stata annualmente rinnovata e rifinanziata attraverso un'apposita previsione contenuta nella legge di bilancio;
    è necessario considerare a la necessità di consentire la prosecuzione dell'attività della Centro di produzione Spa volta a garantire la trasmissione radiofonica delle sedute dei lavori parlamentari da parte dell'emittente Radio Radicale;
   considerato che il precedente anno di convenzione che regola il servizio è scaduto lo scorso mese di novembre,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   nell'ambito dell'esame del provvedimento, ad autorizzare il Ministero dello sviluppo economico a prorogare il regime convenzionale con il Centro di produzione S.p.a. ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224, autorizzando, a tal fine, la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2019;
   ad assumere le opportune iniziative volte a prorogare la misura del credito d'imposta di cui in premessa, stanziando le risorse necessarie.
9/1334-AR/214. (Testo modificato nel corso della seduta)  Crosetto, Rampelli, Lucaselli, Luca De Carlo, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Maschio, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni per il rilancio dei territori montani destinando un contributo al Fondo per la montagna di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 91;
    i comuni montani sono interessati da preoccupanti fenomeni di spopolamento e di desertificazione industriale e produttiva;
    in questo quadro appare, in particolare, urgente rilanciare lo sviluppo economico e sociale del territorio dell'Unione Montana del Comelico e Sappada, rimasto ai margini dello sviluppo turistico della ricca Pusteria, e che negli ultimi decenni ha sofferto per la delocalizzazione dell'industria dell'occhiale;
    l'area Comelico – Sappada è situata in una posizione di confine tra il Veneto, la provincia di Udine, la provincia di Bolzano e l'Austria, ed è costituita da 6 comuni, tutti classificati come aree interne, che stanno subendo un processo di spopolamento di lungo corso: dal 1971 ad oggi la popolazione è diminuita del 22 per cento; dal 2001 ad oggi i dati dimostrano una perdita del 6,4 per cento con una significativa diminuzione del –18,3 per cento della popolazione giovane (14-20 anni), come si evince dal Rapporto del Comitato nazionale aree interne;
    al fine di rilanciare tale territorio è necessario prevedere l'istituzione di una zona franca che consenta la ripresa dell'attività produttiva e contrasti lo spopolamento,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative necessarie al fine di istituire una zona franca nel territorio dell'Unione Montana del Comelico e Sappada.
9/1334-AR/215Luca De Carlo, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Maschio, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni per il rilancio dei territori montani destinando un contributo al Fondo per la montagna di cui alla legge 31 gennaio 1994, n. 91;
    i comuni montani sono interessati da preoccupanti fenomeni di spopolamento e di desertificazione industriale e produttiva;
    in questo quadro appare, in particolare, urgente rilanciare lo sviluppo economico e sociale del territorio dell'Unione Montana del Comelico e Sappada, rimasto ai margini dello sviluppo turistico della ricca Pusteria, e che negli ultimi decenni ha sofferto per la delocalizzazione dell'industria dell'occhiale;
    l'area Comelico – Sappada è situata in una posizione di confine tra il Veneto, la provincia di Udine, la provincia di Bolzano e l'Austria, ed è costituita da 6 comuni, tutti classificati come aree interne, che stanno subendo un processo di spopolamento di lungo corso: dal 1971 ad oggi la popolazione è diminuita del 22 per cento; dal 2001 ad oggi i dati dimostrano una perdita del 6,4 per cento con una significativa diminuzione del –18,3 per cento della popolazione giovane (14-20 anni), come si evince dal Rapporto del Comitato nazionale aree interne;
    al fine di rilanciare tale territorio è necessario prevedere l'istituzione di una zona franca che consenta la ripresa dell'attività produttiva e contrasti lo spopolamento,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad assumere le iniziative necessarie al fine di istituire una zona franca nel territorio dell'Unione Montana del Comelico e Sappada.
9/1334-AR/215. (Testo modificato nel corso della seduta)  Luca De Carlo, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Maschio, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di regioni ed enti locali;
    con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 31 gennaio 2013, in attuazione dell'articolo 27, comma 8, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante «misure urgenti per la crescita del Paese», sono stati dettati i criteri per l'individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa;
    ai sensi della predetta norma, con successivi decreti ministeriali, rispettivamente del 13 settembre 2016 e del 7 ottobre 2016, sono state accertate le condizioni per il riconoscimento di crisi industriale complessa, con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, per i poli di Portovesme e Porto Torres;
    per i lavoratori dei due poli industriali è stata autorizzata, con diversi provvedimenti normativi, sia la misura della mobilità che quella della cassa integrazione in deroga, aventi efficacia temporale circoscritta;
    pur ritenendosi assolutamente necessarie le disposizioni adottate volte a garantire la proroga degli ammortizzatori concessi in favore del personale dipendente delle aziende operanti nelle citate aree industriali in crisi, appare comunque doveroso ricorrere a riforme strutturati che consentano il superamento della crisi economica con conseguente sviluppo occupazionale delle aree interessate;
    esclusivamente con l'approvazione di misure di riduzione degli oneri fiscali e del costo dell'energia potrebbero attrarsi investimenti in grado di far superare alle citate aree la crisi industriale in atto, consentendo lo sviluppo delle medesime, oltre che una crescita economica strutturale, tale da rendere assolutamente superflua l'adozione di ulteriori misure di assistenza;
    l'articolo 1 del decreto legislativo n. 75 del 1998 ha previsto che «1. In attuazione dell'articolo 12 dello statuto speciale per la regione Sardegna approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, e successive modificazioni, sono istituite nella regione zone franche, secondo le disposizioni di cui ai regolamenti CEE n. 2913/1992 (Consiglio) e n. 2454/1993 (Commissione), nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed in altri porti ed aree industriali ad essi funzionalmente collegate o collegabili;
    2. La delimitazione territoriale delle zone franche e la determinazione di ogni altra disposizione necessaria per la loro operatività viene effettuata, su proposta della regione, con separati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri [...]»;
    l'articolo 174 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea ha stabilito che «Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa sviluppa e prosegue la propria atone intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale;
    in particolare l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite;
    tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna,»;
    la regione Sardegna possiede più di un requisito tra quelli indicati dall'Unione europea al fine di individuare le regioni svantaggiate e, quindi, l'istituzione della zona franca, anche integrale, consentirebbe di ridurre, se non annullare, lo svantaggio determinato dall'insularità della stessa regione, contribuendo, altresì, a limitare il fenomeno dello spopolamento;
    la particolare conformazione geografica, lo stato di isolamento, l'insularità e la scarsa densità demografica della Sardegna, giustificano l'individuazione quale zona franca di tutto l'intero territorio regionale, tenuto anche conto che le esigenze di delimitazione previste per il riconoscimento della zona franca sono agevolmente garantite dal confine marittimo dell'Isola;
    già nel 2001, la Direzione Regionale dell'Agenzia delle Dogane ha dichiarato che, ai sensi del decreto legislativo n. 75 del 1998, l'intero territorio dell'Isola deve essere individuato come zona franca extraterritoriale, anche in ragione dell'identico riconoscimento ottenuto da altre località italiane ed europee, recanti analoga condizione geografica;
    con le Deliberazioni n. 8/2 del 7 febbraio 2013 e n. 9/7 del 12 febbraio 2013 la Giunta Regionale della Sardegna ha dato mandato «al Presidente per il formale inoltro ai competenti uffici della Commissione europea e alle Autorità doganali coinvolte della comunicazione riguardante la attivazione del regime doganale di zona franca della Sardegna esteso a tutto il territorio regionale con perimetrazione coincidente con i confini naturali dell'Isola di Sardegna e delle sue isole, affinché gli stessi uffici procedano ai conseguenti adempimenti legali di competenza e alla pubblicazione nella GUCE, anche e specificamente, ai fini della modifica dell'articolo 3 del Regolamento CE n. 450/2008»;
    il definitivo avvio della zona franca in Sardegna costituirebbe per l'intero territorio regionale un'importante occasione di sviluppo economico e sociale che garantirebbe anche il superamento dello svantaggio determinato dall'insularità della stessa regione e lo sviluppo delle aree industriali in crisi, rendendo altresì possibile il consolidamento dell'Italia nel ruolo di leader negli scambi commerciali nel Mar Mediterraneo;
    in data 14 giugno 2018, il Governo ha accolto come raccomandazione un precedente Ordine del Giorno con il quale si impegnava a porre in essere ogni necessario adempimento, al fine di garantire l'avvio della zona franca nell'intero territorio regionale della Sardegna, introducendo, anche tra i propri obiettivi economici del prossimo triennio, la piena attuazione del decreto legislativo n. 75 del 1998 e della relativa normativa comunitaria,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte a individuare e destinare le risorse economiche necessarie per l'attivazione della zona franca nell'intero territorio regionale della Sardegna, allo stato quantificabili in 1 miliardo di Euro, e a dare, altresì, tempestiva comunicazione alla Commissione Europea dell'avvenuta istituzione della citata zona franca, ai sensi dell'articolo 243 del Codice Doganale Europeo.
9/1334-AR/216Deidda, Meloni, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Varchi, Zoffili, De Martini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di regioni ed enti locali;
    con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 31 gennaio 2013, in attuazione dell'articolo 27, comma 8, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, recante «misure urgenti per la crescita del Paese», sono stati dettati i criteri per l'individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa;
    ai sensi della predetta norma, con successivi decreti ministeriali, rispettivamente del 13 settembre 2016 e del 7 ottobre 2016, sono state accertate le condizioni per il riconoscimento di crisi industriale complessa, con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, per i poli di Portovesme e Porto Torres;
    per i lavoratori dei due poli industriali è stata autorizzata, con diversi provvedimenti normativi, sia la misura della mobilità che quella della cassa integrazione in deroga, aventi efficacia temporale circoscritta;
    pur ritenendosi assolutamente necessarie le disposizioni adottate volte a garantire la proroga degli ammortizzatori concessi in favore del personale dipendente delle aziende operanti nelle citate aree industriali in crisi, appare comunque doveroso ricorrere a riforme strutturati che consentano il superamento della crisi economica con conseguente sviluppo occupazionale delle aree interessate;
    esclusivamente con l'approvazione di misure di riduzione degli oneri fiscali e del costo dell'energia potrebbero attrarsi investimenti in grado di far superare alle citate aree la crisi industriale in atto, consentendo lo sviluppo delle medesime, oltre che una crescita economica strutturale, tale da rendere assolutamente superflua l'adozione di ulteriori misure di assistenza;
    l'articolo 1 del decreto legislativo n. 75 del 1998 ha previsto che «1. In attuazione dell'articolo 12 dello statuto speciale per la regione Sardegna approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, e successive modificazioni, sono istituite nella regione zone franche, secondo le disposizioni di cui ai regolamenti CEE n. 2913/1992 (Consiglio) e n. 2454/1993 (Commissione), nei porti di Cagliari, Olbia, Oristano, Porto Torres, Portovesme, Arbatax ed in altri porti ed aree industriali ad essi funzionalmente collegate o collegabili;
    2. La delimitazione territoriale delle zone franche e la determinazione di ogni altra disposizione necessaria per la loro operatività viene effettuata, su proposta della regione, con separati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri [...]»;
    l'articolo 174 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea ha stabilito che «Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa sviluppa e prosegue la propria atone intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale;
    in particolare l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite;
    tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna,»;
    la regione Sardegna possiede più di un requisito tra quelli indicati dall'Unione europea al fine di individuare le regioni svantaggiate e, quindi, l'istituzione della zona franca, anche integrale, consentirebbe di ridurre, se non annullare, lo svantaggio determinato dall'insularità della stessa regione, contribuendo, altresì, a limitare il fenomeno dello spopolamento;
    la particolare conformazione geografica, lo stato di isolamento, l'insularità e la scarsa densità demografica della Sardegna, giustificano l'individuazione quale zona franca di tutto l'intero territorio regionale, tenuto anche conto che le esigenze di delimitazione previste per il riconoscimento della zona franca sono agevolmente garantite dal confine marittimo dell'Isola;
    già nel 2001, la Direzione Regionale dell'Agenzia delle Dogane ha dichiarato che, ai sensi del decreto legislativo n. 75 del 1998, l'intero territorio dell'Isola deve essere individuato come zona franca extraterritoriale, anche in ragione dell'identico riconoscimento ottenuto da altre località italiane ed europee, recanti analoga condizione geografica;
    con le Deliberazioni n. 8/2 del 7 febbraio 2013 e n. 9/7 del 12 febbraio 2013 la Giunta Regionale della Sardegna ha dato mandato «al Presidente per il formale inoltro ai competenti uffici della Commissione europea e alle Autorità doganali coinvolte della comunicazione riguardante la attivazione del regime doganale di zona franca della Sardegna esteso a tutto il territorio regionale con perimetrazione coincidente con i confini naturali dell'Isola di Sardegna e delle sue isole, affinché gli stessi uffici procedano ai conseguenti adempimenti legali di competenza e alla pubblicazione nella GUCE, anche e specificamente, ai fini della modifica dell'articolo 3 del Regolamento CE n. 450/2008»;
    il definitivo avvio della zona franca in Sardegna costituirebbe per l'intero territorio regionale un'importante occasione di sviluppo economico e sociale che garantirebbe anche il superamento dello svantaggio determinato dall'insularità della stessa regione e lo sviluppo delle aree industriali in crisi, rendendo altresì possibile il consolidamento dell'Italia nel ruolo di leader negli scambi commerciali nel Mar Mediterraneo;
    in data 14 giugno 2018, il Governo ha accolto come raccomandazione un precedente Ordine del Giorno con il quale si impegnava a porre in essere ogni necessario adempimento, al fine di garantire l'avvio della zona franca nell'intero territorio regionale della Sardegna, introducendo, anche tra i propri obiettivi economici del prossimo triennio, la piena attuazione del decreto legislativo n. 75 del 1998 e della relativa normativa comunitaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare opportune iniziative volte a individuare e destinare le risorse economiche necessarie per l'attivazione della zona franca nell'intero territorio regionale della Sardegna, allo stato quantificabili in 1 miliardo di Euro, e a dare, altresì, tempestiva comunicazione alla Commissione Europea dell'avvenuta istituzione della citata zona franca, ai sensi dell'articolo 243 del Codice Doganale Europeo.
9/1334-AR/216. (Testo modificato nel corso della seduta)  Deidda, Meloni, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Varchi, Zoffili, De Martini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per stimolare la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    la normativa in materia di riscossione provvisoria negli ultimi decenni ha subito un'evoluzione che l'ha resa sempre meno favorevole al contribuente, se non sempre più penalizzante, in ragione di una accresciuta necessità di «fare cassa» da parte delle amministrazioni;
    pur a fronte di tali mutate esigenze non è tollerabile aggravare i contribuenti con il pagamento di un'imposta, o parte di essa, finché non sia accertato, e non solo meramente presunto, che il pagamento sia dovuto;
    tale atteggiamento dello Stato è palesemente in contrasto con i princìpi cardine che presiedono all'esercizio del potere giudiziario nel nostro ordinamento e l'iniquità della riscossione provvisoria è tanto più palese ove essa espone il contribuente ad un'anticipazione finanziaria prima ancora che la controversia sia decisa, violando sia il principio di effettività del diritto di difesa, sia il principio della tutela giurisdizionale piena e incondizionata, sanciti, rispettivamente, dagli articoli 24 e 113 della Costituzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte a disciplinare la materia in un senso più equo nei confronti del contribuente, al fine di garantire che il contribuente possa attendere una pronuncia della magistratura tributaria che confermi l'attendibilità delle richieste avanzate dall'agente della riscossione prima di corrispondere alcun importo.
9/1334-AR/217Delmastro Delle Vedove, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per stimolare la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    la normativa in materia di riscossione provvisoria negli ultimi decenni ha subito un'evoluzione che l'ha resa sempre meno favorevole al contribuente, se non sempre più penalizzante, in ragione di una accresciuta necessità di «fare cassa» da parte delle amministrazioni;
    pur a fronte di tali mutate esigenze non è tollerabile aggravare i contribuenti con il pagamento di un'imposta, o parte di essa, finché non sia accertato, e non solo meramente presunto, che il pagamento sia dovuto;
    tale atteggiamento dello Stato è palesemente in contrasto con i princìpi cardine che presiedono all'esercizio del potere giudiziario nel nostro ordinamento e l'iniquità della riscossione provvisoria è tanto più palese ove essa espone il contribuente ad un'anticipazione finanziaria prima ancora che la controversia sia decisa, violando sia il principio di effettività del diritto di difesa, sia il principio della tutela giurisdizionale piena e incondizionata, sanciti, rispettivamente, dagli articoli 24 e 113 della Costituzione,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di individuare opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte a disciplinare la materia in un senso più equo nei confronti del contribuente, al fine di garantire che il contribuente possa attendere una pronuncia della magistratura tributaria che confermi l'attendibilità delle richieste avanzate dall'agente della riscossione prima di corrispondere alcun importo.
9/1334-AR/217. (Testo modificato nel corso della seduta)  Delmastro Delle Vedove, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 57, comma 15, riduce il contributo italiano alle spese dell'Organizzazione delle Nazioni Unite di 35 milioni di euro nel 2019 e 32 milioni di euro nel 2020;
    il medesimo comma, inoltre, prevede che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale provveda «agli adempimenti necessari, anche sul piano internazionale, per rinegoziare i termini dell'accordo internazionale concernente la determinazione dei contributi alle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte»;
    recentemente la Procura di Firenze ha indagato Alessandro, Luca ed Andrea Conticini, quest'ultimo sposato con Matilde Renzi, sorella dell’ex Presidente del Consiglio e Segretario del Partito democratico Matteo Renzi;
    secondo i magistrati i fondi di alcune organizzazioni destinati ai bambini africani grazie alla società « Play Therapy Africa Ltd», circa 6,6 milioni di dollari, sarebbero invece serviti per l'acquisto di quote di alcune società della famiglia Renzi o di persone ad essa vicine;
    Andrea Conticini risulterebbe indagato per riciclaggio per gli acquisti, a nome del fratello Alessandro, di quote di tre società: la «Eventi 6» della famiglia Renzi, la « Quality Press Italia» e la « Dot Media» di Patrizio Donnini e di sua moglie Lilian Mammoliti, legati ai Renzi, operazioni che risalirebbero al 2011;
    fra le organizzazioni che avrebbero destinato fondi alla « Play Therapy Africa», insieme alla Fondazione Pulitzer, che attraverso la organizzazione no profit « Operation Usa» ha versato 5,5 milioni di dollari, ed altre organizzazioni umanitarie australiane, americane ed europee, che complessivamente hanno versato quasi 900 mila dollari, c’è anche l'UNICEF, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, che ha donato 3,8 milioni di dollari;
    recentemente è stata estesa la procedibilità a querela di parte per reati contro il patrimonio privato, sancita dal decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, con il quale è stata data attuazione alla legge 23 giugno 2017 n. 103, reato contestato ad uno dei fratelli Conticini, ma finora nessuno dei donatori ha presentato denuncia;
    l'UNICEF in un comunicato pubblicato sul proprio sito web il 27 settembre 2018 ha confermato esplicitamente di non voler procedere con la querela;
    l'Italia risulta nella « top ten» mondiale degli Stati che versano contributi alle Nazioni Unite e, secondo quanto dichiarato recentemente dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, ogni anno l'Italia versa all'ONU circa settecento milioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, nelle sedi competenti, affinché siano poste in essere tutte le azioni opportune per assicurare la correttezza nella destinazione dei fondi in questione nonché i chiarimenti e gli adempimenti necessari sulla richiamata vicenda, e a rivalutare la quota volontaria delle consistenti contribuzioni versate dall'Italia all'ONU, per la parte destinata all'UNICEF.
9/1334-AR/218Donzelli, Luca De Carlo, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 57, comma 15, riduce il contributo italiano alle spese dell'Organizzazione delle Nazioni Unite di 35 milioni di euro nel 2019 e 32 milioni di euro nel 2020;
    il medesimo comma, inoltre, prevede che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale provveda «agli adempimenti necessari, anche sul piano internazionale, per rinegoziare i termini dell'accordo internazionale concernente la determinazione dei contributi alle organizzazioni internazionali di cui l'Italia è parte»;
    recentemente la Procura di Firenze ha indagato Alessandro, Luca ed Andrea Conticini, quest'ultimo sposato con Matilde Renzi, sorella dell’ex Presidente del Consiglio e Segretario del Partito democratico Matteo Renzi;
    secondo i magistrati i fondi di alcune organizzazioni destinati ai bambini africani grazie alla società « Play Therapy Africa Ltd», circa 6,6 milioni di dollari, sarebbero invece serviti per l'acquisto di quote di alcune società della famiglia Renzi o di persone ad essa vicine;
    Andrea Conticini risulterebbe indagato per riciclaggio per gli acquisti, a nome del fratello Alessandro, di quote di tre società: la «Eventi 6» della famiglia Renzi, la « Quality Press Italia» e la « Dot Media» di Patrizio Donnini e di sua moglie Lilian Mammoliti, legati ai Renzi, operazioni che risalirebbero al 2011;
    fra le organizzazioni che avrebbero destinato fondi alla « Play Therapy Africa», insieme alla Fondazione Pulitzer, che attraverso la organizzazione no profit « Operation Usa» ha versato 5,5 milioni di dollari, ed altre organizzazioni umanitarie australiane, americane ed europee, che complessivamente hanno versato quasi 900 mila dollari, c’è anche l'UNICEF, il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, che ha donato 3,8 milioni di dollari;
    recentemente è stata estesa la procedibilità a querela di parte per reati contro il patrimonio privato, sancita dal decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, con il quale è stata data attuazione alla legge 23 giugno 2017 n. 103, reato contestato ad uno dei fratelli Conticini, ma finora nessuno dei donatori ha presentato denuncia;
    l'UNICEF in un comunicato pubblicato sul proprio sito web il 27 settembre 2018 ha confermato esplicitamente di non voler procedere con la querela;
    l'Italia risulta nella « top ten» mondiale degli Stati che versano contributi alle Nazioni Unite e, secondo quanto dichiarato recentemente dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, ogni anno l'Italia versa all'ONU circa settecento milioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare ogni iniziativa utile, nelle sedi competenti, affinché siano poste in essere tutte le azioni opportune per assicurare la correttezza nella destinazione dei fondi in questione nonché i chiarimenti e gli adempimenti necessari sulla richiamata vicenda, e a rivalutare la quota volontaria delle consistenti contribuzioni versate dall'Italia all'ONU, per la parte destinata all'UNICEF.
9/1334-AR/218. (Testo modificato nel corso della seduta)  Donzelli, Luca De Carlo, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame (C. 1334) recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, contiene misure per il lavoro, il contrasto alla povertà, l'accesso alla pensione, nello specifico istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo denominato «Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l'introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l'assunzione di lavoratori giovani»;
    l'Ape social è caratterizzata da un sussidio di accompagnamento alla pensione, entro un tetto di 1.500 euro lordi (circa 1.200 euro netti), erogato per 12 mensilità e non rivalutabile in base dall'inflazione. Il sussidio è interamente a carico dallo Stato: si tratta quindi di un aiuto economico elargito unicamente a soggetti in particolare stato di bisogno;
    detto sussidio spetta in particolare ai lavoratori iscritti all'Assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nonché alla Gestione separata (esclusi invece i liberi professionisti iscritti alle relative Casse di appartenenza), che si trovino in determinate condizioni;
    sono individuate in uno specifico elenco le attività professionali che possono godere di sopraddetto sussidio;
    il comparto sicurezza è rimasto fuori dal provvedimento «Ape social» poiché la maggioranza del personale raggiunge la pensione di vecchiaia prima dei 63 anni previsti come prerequisito. Nessun problema invece per l'anzianità contributiva prevista, in considerazione che gli arruolamenti avvengono normalmente a ridosso dei 18/20 anni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere iniziative volte ad estendere anche ai lavoratori del Comparto Sicurezza la possibilità di usufruire dello strumento dell'Ape sociale.
9/1334-AR/219Ferro, Deidda, Montaruli, Prisco, Luca De Carlo, Mollicone, Silvestroni, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame (C. 1334) recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, contiene misure per il lavoro, il contrasto alla povertà, l'accesso alla pensione, nello specifico istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo denominato «Fondo per la revisione del sistema pensionistico attraverso l'introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l'assunzione di lavoratori giovani»;
    l'Ape social è caratterizzata da un sussidio di accompagnamento alla pensione, entro un tetto di 1.500 euro lordi (circa 1.200 euro netti), erogato per 12 mensilità e non rivalutabile in base dall'inflazione. Il sussidio è interamente a carico dallo Stato: si tratta quindi di un aiuto economico elargito unicamente a soggetti in particolare stato di bisogno;
    detto sussidio spetta in particolare ai lavoratori iscritti all'Assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nonché alla Gestione separata (esclusi invece i liberi professionisti iscritti alle relative Casse di appartenenza), che si trovino in determinate condizioni;
    sono individuate in uno specifico elenco le attività professionali che possono godere di sopraddetto sussidio;
    il comparto sicurezza è rimasto fuori dal provvedimento «Ape social» poiché la maggioranza del personale raggiunge la pensione di vecchiaia prima dei 63 anni previsti come prerequisito. Nessun problema invece per l'anzianità contributiva prevista, in considerazione che gli arruolamenti avvengono normalmente a ridosso dei 18/20 anni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere iniziative volte ad estendere anche ai lavoratori del Comparto Sicurezza la possibilità di usufruire dello strumento dell'Ape sociale.
9/1334-AR/219. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ferro, Deidda, Montaruli, Prisco, Luca De Carlo, Mollicone, Silvestroni, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    nel 2010, con il decreto legislativo n. 59, l'Italia ha recepito la direttiva 2006/123/CE, meglio conosciuta come direttiva «Bolkestein», volta alla creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;
    secondo un'interpretazione estensiva dell'articolo 2 della suddetta direttiva, che ha aperto una disputa giuridica tutt'ora aperta, però, l'applicazione della stessa è prevista in Italia anche nei confronti delle numerose imprese turistico balneari e delle relative concessioni demaniali;
    in particolare, la direttiva stabilisce che lo Stato è obbligato a mettere al bando le concessioni in scadenza di spazi pubblici e beni demaniali e nel settore si è tradotto nell'abrogazione del rinnovo automatico delle concessioni agli imprenditori balneari, come invece previsto dall'articolo 10 della legge n. 88 del 2001;
    la legge 30 dicembre 2009, n. 194 ha disposto una proroga quinquennale delle concessioni attualmente in essere, che scadrà il 31 dicembre 2020;
    la proroga prevista non risolve affatto le criticità derivanti dall'applicazione delle norme del decreto legislativo n. 59 del 2010 alle concessioni demaniali marittime, che rischia di mettere in ginocchio un settore di spicco della nostra economia nazionale quale è quello turistico;
    in diverse occasioni, i Governi che si sono succeduti e, da ultimo, ma solo in ordine di tempo, l'attuale compagine governativa, si sono sempre dimostrati disponibili a risolvere questo annoso problema che coinvolge ben 30 mila concessionari, prevalentemente piccole e medie imprese, e 100 mila addetti ai lavori;
    oltre a questo settore strategico, l'attuazione della «direttiva Bolkestein» sta recando grave nocumento anche alle categorie del commercio ambulante su aree pubbliche e delle guide turistiche;
    l'Italia è l'unico Stato membro dell'Unione europea ad aver applicato la direttiva Bolkestein al commercio ambulante, oltre alla Spagna, che ha tuttavia istituito un regime transitorio a tutela delle imprese già presenti della durata di settantacinque anni;
    anche in questo settore, la proroga delle concessioni in essere per commercio su aree pubbliche al 31 dicembre 2020 disposta con la legge di bilancio per l'anno 2018, è insufficiente per ovviare alle criticità derivanti dall'applicazione delle norme del decreto legislativo n. 59 del 2010, posto che vanno ad incidere su fattori economici, sociali e culturali, e riguardano la tutela dei mercati rionali – che rappresentano un elemento tipico e identitario dei nostri paesi – dal rischio di concorrenza sleale;
    analogamente, la categoria delle guide turistiche è stata erroneamente inserita nella direttiva servizi invece che in quella relativa alle professioni, con la conseguenza che in Italia potranno operare anche le guide dell'Unione europea, o meglio, le persone qualificate come guide turistiche ai sensi della legislazione di altro Stato membro dell'Unione, purché operino in prestazione temporanea;
    tale grave situazione nasce dal problema di fondo che in Italia la figura della guida turistica è nettamente separata da quella di accompagnatore, mentre in molti altri Stati membri dell'Unione la figura di guida turistica e quella di accompagnatore coincidono, e i percorsi di abilitazione alla professione sono sensibilmente meno complessi e più brevi;
    le conseguenze di tale superficiale normazione, se non di vero e proprio vuoto legislativo, non potranno che essere estremamente negative sia per le guide che per i turisti, fruitori finali del servizio: abbassamento della qualità, diminuzione del lavoro per le guide abilitate, aumento dell'abusivismo, perché se è vero che le guide di altri Stati dell'Unione europea potrebbero esercitare in Italia solo in regime di prestazione occasionale, i controlli sono talmente scarsi che centinaia di guide straniere esercitano in violazione delle norme, con anche una conseguente diminuzione del gettito fiscale per lo Stato, posto che le guide straniere pagheranno le tasse nello Stato di appartenenza,

impegna il Governo

ad individuare opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte ad escludere il settore delle imprese turistico balneari, il commercio su aree pubbliche e la categoria delle guide turistiche dall'applicazione della direttiva Bolkestein o, quantomeno, a disporre un adeguato regime transitorio, tutelando le imprese del settore e le nostre specificità nazionali.
9/1334-AR/220Fidanza, Zucconi, Rampelli, Ferro, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Maschio, Caretta, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'edilizia scolastica rappresenta su tutto il territorio nazionale una vera e propria emergenza ed è un tema di importanza fondamentale non solo in termini infrastrutturali, ma anche perché attiene alla sicurezza dei nostri giovani;
    dai dati del MIUR emerge che solo il 5 per cento delle scuole italiane sono state adeguate dal punto di vista sismico, e il 58 per cento degli istituti non è ancora a norma neanche per quanto riguarda la normativa antincendio. Anche per le scuole situate in zona sismica (oltre la metà), la situazione non è incoraggiante in quanto solo un quarto ha l'agibilità statica e poco meno della metà il collaudo;
    la qualità degli edifici è precaria e le criticità riguardano soprattutto la tenuta dei soffitti e dei solai delle scuole come dimostrano i crolli avvenuti negli ultimi 18 mesi e all'uopo sarebbe necessario erogare risorse mirate agli studi di fattibilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incrementare le risorse finanziarie necessarie dando ogni utile supporto agli enti locali competenti affinché provvedano alla messa in sicurezza degli edifici scolastici.
9/1334-AR/221Frassinetti, Mollicone, Bucalo, Luca De Carlo, Silvestroni, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'edilizia scolastica rappresenta su tutto il territorio nazionale una vera e propria emergenza ed è un tema di importanza fondamentale non solo in termini infrastrutturali, ma anche perché attiene alla sicurezza dei nostri giovani;
    dai dati del MIUR emerge che solo il 5 per cento delle scuole italiane sono state adeguate dal punto di vista sismico, e il 58 per cento degli istituti non è ancora a norma neanche per quanto riguarda la normativa antincendio. Anche per le scuole situate in zona sismica (oltre la metà), la situazione non è incoraggiante in quanto solo un quarto ha l'agibilità statica e poco meno della metà il collaudo;
    la qualità degli edifici è precaria e le criticità riguardano soprattutto la tenuta dei soffitti e dei solai delle scuole come dimostrano i crolli avvenuti negli ultimi 18 mesi e all'uopo sarebbe necessario erogare risorse mirate agli studi di fattibilità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di incrementare le risorse finanziarie necessarie dando ogni utile supporto agli enti locali competenti affinché provvedano alla messa in sicurezza degli edifici scolastici.
9/1334-AR/221. (Testo modificato nel corso della seduta)  Frassinetti, Mollicone, Bucalo, Luca De Carlo, Silvestroni, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» prevede misure in materia sanitaria e di incremento di fondi diversi;
    nel corso dell'esame del predetto disegno di legge in V Commissione, è stato considerato ammissibile, e successivamente esaminato, un emendamento che disponeva misure volte all'incremento del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico;
    la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite n. A/RES/67/82 del 12 dicembre 2012 sui bisogni delle persone con autismo, evidenzia che gli individui con disabilità dovrebbero godere di una vita piena e dignitosa, in condizioni che garantiscano loro non solo la dignità, l'autosufficienza e la partecipazione attiva alla comunità ma anche il pieno godimento di tutti i diritti al pari delle altre persone. L'atto riconosce la necessità di garantire i diritti umani di tutte le persone con disabilità, compresi tutti gli individui con disturbi dello spettro autistico, assicurando loro pari opportunità e condizioni sufficienti che possano consentire lo sviluppo ottimale e la piena partecipazione alla società;
    alla predetta risoluzione si ispira la legge 18 agosto 2015, n. 134, che dispone misure in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie e prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico;
    in particolare, la legge 18 agosto 2015, n. 134 prevede, tra le varie disposizioni, l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con l'inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili. Il testo dispone, inoltre, che il Ministero della salute promuova lo sviluppo di progetti di ricerca riguardanti la conoscenza del disturbo dello spettro autistico e le buone pratiche terapeutiche ed educative;
    la legge 18 agosto 2015, n. 134, all'articolo 2, dispone che l'istituto superiore di sanità aggiorni le Linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali ed internazionali;
    da quanto si evince dalle raccomandazioni e dalle Linee Guida 21 dell'istituto superiore di sanità sul «Trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti», sono diversi i programmi intensivi di trattamento dello spettro autistico che andrebbero maggiormente studiati e che dovrebbero far parte di piani di ricerca continui e ben organizzati al fine di migliorarne l'efficacia e al fine di garantire la tutela della salute dei soggetti affetti da tale disturbo;
    in particolare, l'istituto superiore di sanità afferma nelle sue raccomandazioni che «...tra i programmi intensivi comportamentali il modello più studiato è l'analisi comportamentale applicata (Applied behaviour Analysis, ABA): gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità intellettive (QI), il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le prove a disposizione, anche se non definitive, consentono di consigliare l'utilizzo del modello ABA nel trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico. Dai pochi studi finora disponibili emerge comunque un trend di efficacia a favore anche di altri programmi intensivi altrettanto strutturati, che la ricerca dovrebbe approfondire con studi randomizzati controllati (RCT) finalizzati ad accertare, attraverso un confronto diretto con il modello ABA, quale tra i vari programmi sia il più efficace...»;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017, ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, all'articolo 60, dispone che il servizio sanitario nazionale garantisca alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche;
    appare evidente, dunque, che i disposti della normativa vigente in materia evidenzino in particolar modo il fondamentale ruolo della ricerca e della sperimentazione di settore che nel caso della cura di questo disturbo ancora poco conosciuto rappresentano i principali elementi di speranza di tutte le famiglie che quotidianamente si trovano ad affrontare questo problema;
    in Italia il disturbo coinvolgerebbe circa 500.000 famiglie. La stima è degli esperti dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma;
    le risorse disponibili per la cura, la ricerca e la sperimentazione, in particolar modo quelle afferenti al Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, appaiono decisamente non sufficienti a perseguire completamente tutti gli obiettivi della legge 18 agosto 2015, n. 134 e del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare le risorse necessarie per il miglioramento delle condizioni di vita e per l'inserimento scolastico, sociale e lavorativo delle persone con disturbi dello spettro autistico, nonché per la ricerca di settore e per la sperimentazione presso strutture territoriali di adeguate terapie che possano favorire l'adozione di tutti gli interventi psicopedagogici basati sulla analisi del comportamento applicata (Applied behaviour Analysis, ABA) espressamente raccomandata dall'istituto superiore di sanità nelle sue Linee Guida, in particolar modo incrementando il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, istituito nello stato di previsione del Ministero della salute.
9/1334-AR/222Gemmato, Bellucci, Butti, Luca De Carlo, Deidda, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021» prevede misure in materia sanitaria e di incremento di fondi diversi;
    nel corso dell'esame del predetto disegno di legge in V Commissione, è stato considerato ammissibile, e successivamente esaminato, un emendamento che disponeva misure volte all'incremento del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico;
    la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite n. A/RES/67/82 del 12 dicembre 2012 sui bisogni delle persone con autismo, evidenzia che gli individui con disabilità dovrebbero godere di una vita piena e dignitosa, in condizioni che garantiscano loro non solo la dignità, l'autosufficienza e la partecipazione attiva alla comunità ma anche il pieno godimento di tutti i diritti al pari delle altre persone. L'atto riconosce la necessità di garantire i diritti umani di tutte le persone con disabilità, compresi tutti gli individui con disturbi dello spettro autistico, assicurando loro pari opportunità e condizioni sufficienti che possano consentire lo sviluppo ottimale e la piena partecipazione alla società;
    alla predetta risoluzione si ispira la legge 18 agosto 2015, n. 134, che dispone misure in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie e prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico;
    in particolare, la legge 18 agosto 2015, n. 134 prevede, tra le varie disposizioni, l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con l'inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili. Il testo dispone, inoltre, che il Ministero della salute promuova lo sviluppo di progetti di ricerca riguardanti la conoscenza del disturbo dello spettro autistico e le buone pratiche terapeutiche ed educative;
    la legge 18 agosto 2015, n. 134, all'articolo 2, dispone che l'istituto superiore di sanità aggiorni le Linee guida sul trattamento dei disturbi dello spettro autistico in tutte le età della vita sulla base dell'evoluzione delle conoscenze fisiopatologiche e terapeutiche derivanti dalla letteratura scientifica e dalle buone pratiche nazionali ed internazionali;
    da quanto si evince dalle raccomandazioni e dalle Linee Guida 21 dell'istituto superiore di sanità sul «Trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti», sono diversi i programmi intensivi di trattamento dello spettro autistico che andrebbero maggiormente studiati e che dovrebbero far parte di piani di ricerca continui e ben organizzati al fine di migliorarne l'efficacia e al fine di garantire la tutela della salute dei soggetti affetti da tale disturbo;
    in particolare, l'istituto superiore di sanità afferma nelle sue raccomandazioni che «...tra i programmi intensivi comportamentali il modello più studiato è l'analisi comportamentale applicata (Applied behaviour Analysis, ABA): gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità intellettive (QI), il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le prove a disposizione, anche se non definitive, consentono di consigliare l'utilizzo del modello ABA nel trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico. Dai pochi studi finora disponibili emerge comunque un trend di efficacia a favore anche di altri programmi intensivi altrettanto strutturati, che la ricerca dovrebbe approfondire con studi randomizzati controllati (RCT) finalizzati ad accertare, attraverso un confronto diretto con il modello ABA, quale tra i vari programmi sia il più efficace...»;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017, ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, all'articolo 60, dispone che il servizio sanitario nazionale garantisca alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche;
    appare evidente, dunque, che i disposti della normativa vigente in materia evidenzino in particolar modo il fondamentale ruolo della ricerca e della sperimentazione di settore che nel caso della cura di questo disturbo ancora poco conosciuto rappresentano i principali elementi di speranza di tutte le famiglie che quotidianamente si trovano ad affrontare questo problema;
    in Italia il disturbo coinvolgerebbe circa 500.000 famiglie. La stima è degli esperti dell'Ospedale Bambino Gesù di Roma;
    le risorse disponibili per la cura, la ricerca e la sperimentazione, in particolar modo quelle afferenti al Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, appaiono decisamente non sufficienti a perseguire completamente tutti gli obiettivi della legge 18 agosto 2015, n. 134 e del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio 2017,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di stanziare le risorse necessarie per il miglioramento delle condizioni di vita e per l'inserimento scolastico, sociale e lavorativo delle persone con disturbi dello spettro autistico, nonché per la ricerca di settore e per la sperimentazione presso strutture territoriali di adeguate terapie che possano favorire l'adozione di tutti gli interventi psicopedagogici basati sulla analisi del comportamento applicata (Applied behaviour Analysis, ABA) espressamente raccomandata dall'istituto superiore di sanità nelle sue Linee Guida, in particolar modo incrementando il Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, istituito nello stato di previsione del Ministero della salute.
9/1334-AR/222. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gemmato, Bellucci, Butti, Luca De Carlo, Deidda, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni per la crescita dell'Italia e interviene anche in materia di politiche sociali e per la famiglia;
    la crisi demografica è una realtà sempre più grave e l'Italia si trova ai primi posti tra le economie mondiali per la debolezza dei tassi di natalità;
    recenti rilevazioni indicano, infatti, che tra il 2014 e il 2017 l'Italia ha perso 310.000 abitanti, e nel prossimo ventennio questo calo raggiungerà quasi i tre milioni;
    la contingenza di una crisi economica ormai consolidata che colpisce, prime fra tutte, le famiglie italiane, impone la necessità di individuare nuovi strumenti di agevolazione per le famiglie, anche al fine di incentivare la natalità;
    le iniziative previste dal provvedimento in esame non appaiono idonee a risolvere le gravi problematiche affrontate oggi dalle nostre famiglie, e le risorse stanziate sono ancora largamente insufficienti;
    nessuno può sottrarsi all'acquisto di beni per l'infanzia che assumono una primaria necessità come latte in polvere e liquido per neonati, pannolini, prodotti alimentari per l'infanzia così come sono centinaia di migliaia in Italia le famiglie che necessitano di asili nido non solo in orario antimeridiano;
    inoltre, è necessario che le misure a tutela delle famiglie e a contrasto della crisi demografica abbiano carattere strutturale e non siano relegate a iniziative spot che non consentono una vera e propria programmazione;
    in questo quadro, occorre rilevare l'importanza di intervenire anche sul sistema di tassazione che grava sui nuclei familiari,

impegna il Governo

a stanziare le risorse necessarie per un Piano per le famiglie che contempli misure quali l'introduzione delle agevolazioni adeguate sull'acquisto dei prodotti per la prima infanzia, la gratuità degli asili nido e il prolungamento degli orari di funzionamento degli stessi, la stabilizzazione e l'aumento dell'assegno di natalità per le famiglie meno abbienti, l'introduzione di un meccanismo di tassazione basato sul modello del cosiddetto quoziente familiare.
9/1334-AR/223Varchi, Meloni, Lollobrigida, Lucaselli, Luca De Carlo, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni per la crescita dell'Italia e interviene anche in materia di politiche sociali e per la famiglia;
    la crisi demografica è una realtà sempre più grave e l'Italia si trova ai primi posti tra le economie mondiali per la debolezza dei tassi di natalità;
    recenti rilevazioni indicano, infatti, che tra il 2014 e il 2017 l'Italia ha perso 310.000 abitanti, e nel prossimo ventennio questo calo raggiungerà quasi i tre milioni;
    la contingenza di una crisi economica ormai consolidata che colpisce, prime fra tutte, le famiglie italiane, impone la necessità di individuare nuovi strumenti di agevolazione per le famiglie, anche al fine di incentivare la natalità;
    le iniziative previste dal provvedimento in esame non appaiono idonee a risolvere le gravi problematiche affrontate oggi dalle nostre famiglie, e le risorse stanziate sono ancora largamente insufficienti;
    nessuno può sottrarsi all'acquisto di beni per l'infanzia che assumono una primaria necessità come latte in polvere e liquido per neonati, pannolini, prodotti alimentari per l'infanzia così come sono centinaia di migliaia in Italia le famiglie che necessitano di asili nido non solo in orario antimeridiano;
    inoltre, è necessario che le misure a tutela delle famiglie e a contrasto della crisi demografica abbiano carattere strutturale e non siano relegate a iniziative spot che non consentono una vera e propria programmazione;
    in questo quadro, occorre rilevare l'importanza di intervenire anche sul sistema di tassazione che grava sui nuclei familiari,

impegna il Governo

  nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a stanziare le risorse necessarie per un Piano per le famiglie che contempli misure quali l'introduzione delle agevolazioni adeguate sull'acquisto dei prodotti per la prima infanzia, la gratuità degli asili nido e il prolungamento degli orari di funzionamento degli stessi, la stabilizzazione e l'aumento dell'assegno di natalità per le famiglie meno abbienti, l'introduzione di un meccanismo di tassazione basato sul modello del cosiddetto quoziente familiare.
9/1334-AR/223. (Testo modificato nel corso della seduta)  Varchi, Meloni, Lollobrigida, Lucaselli, Luca De Carlo, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il «Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare», cosiddetto Global compact, viene presentata come la più ampia iniziativa strategica di revisione dei flussi migratori e della loro gestione, nata sulla spinta della Dichiarazione di New York, sottoscritta in sede ONU il 5 agosto 2016, e ne traccia gli obiettivi fondamentali;
    il Global compact è finanziato da contributi volontari dei governi al fondo delle Nazioni unite denominato UN Trust Fund, i cui donatori attualmente sono Brasile, Cile, Cina, Colombia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Norvegia, Olanda, Regno Unito, Repubblica di Corea, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia;
    il Global compact è un'iniziativa volontaria di adesione a un insieme di princìpi giuridici e nasce dalla volontà di promuovere flussi continui, utilizzando motivazioni sia economiche sia demografiche, e crea, inoltre, obblighi crescenti verso gli Stati in ordine ai servizi da fornire agli immigrati, anche a prescindere dal loro status di rifugiato, impedendo di perseguire penalmente chi fornisce assistenza indebita all'immigrazione;
    appare evidente, quindi, come il Global compact non sia altro che l'ennesimo tassello di un progetto volto ad annientare confini, culture ed in particolare le sovranità nazionali in tema di immigrazione;
    l'inaccettabile compromissione della sovranità nazionale in tema di immigrazione è evidente laddove viene sottratta agli Stati nazionali la gestione delle politiche migratorie e contro questo approccio immigrazionista già numerosi Stati si sono schierati a favore della sovranità nazionale;
    in ogni caso la sottoscrizione del complesso reticolato di impegni del Global compact, anche laddove genericamente formulati, è tale da comportare un'inaccettabile cessione di sovranità sul tema migratorio;
    è inaccettabile che le migrazioni siano gestite da organismi sovranazionali senza alcun controllo democratico dei cittadini dei singoli Stati, e neanche può essere condivisa l'impostazione prettamente ideologica del Global compact che sancisce di fatto una sorta di «diritto a migrare»;
    l'Italia patirebbe il prezzo più caro di questa impostazione ideologica sul tema delle migrazioni per la sua posizione al centro del Mediterraneo che la configura fatalmente come gigantesco «molo naturale» per le rotte che provengono dall'Africa,

impegna il Governo

a non finanziare alcuna attività connessa alla sottoscrizione del Global compact e alle attività connesse all'attuazione dello stesso, e a non partecipare al trust fund di cui in premessa, volto a finanziare il Global compact.
9/1334-AR/224Lollobrigida, Meloni, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Luca De Carlo, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene in materia di equilibrio di bilancio degli enti territoriali;
    in base al meccanismo del Fondo di Solidarietà Comunale lo Stato preleva dal gettito IMU dei comuni costieri circa il 22 per cento di quanto gli stessi incassano, o meglio dovrebbero incassare, dai cittadini ad aliquota ordinaria;
    si tratta di cifre importanti, che le amministrazioni virtuose potrebbero utilizzare per migliorare i servizi offerti, frutto di meccanismi di calcolo che interessano il gettito complessivo IMU, oltre alla perequazione matematica di altri fattori, che vanno a penalizzare quei Comuni dove maggiore è la presenza delle cosiddette seconde case, generando un cosiddetto saldo negativo, anche dopo lo scorporo;
    di conseguenza tale disposizione normativa crea una disparità di trattamento tra enti locali che penalizza i comuni costieri, che, anche se di piccole dimensioni, durante la stagione estiva si trovano a gestire un flusso turistico di dimensioni importanti e a dover offrire i meritati servizi;
    inoltre, il citato prelievo da parte dello Stato incide ancora più negativamente su quei comuni che si trovano in una condizione di difficoltà di bilancio,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative necessarie volte a rivedere l'entità del contributo dovuto dai comuni costieri adeguandolo alle dimensioni effettive dei Comuni.
9/1334-AR/225Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Maschio, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene in materia di equilibrio di bilancio degli enti territoriali;
    in base al meccanismo del Fondo di Solidarietà Comunale lo Stato preleva dal gettito IMU dei comuni costieri circa il 22 per cento di quanto gli stessi incassano, o meglio dovrebbero incassare, dai cittadini ad aliquota ordinaria;
    si tratta di cifre importanti, che le amministrazioni virtuose potrebbero utilizzare per migliorare i servizi offerti, frutto di meccanismi di calcolo che interessano il gettito complessivo IMU, oltre alla perequazione matematica di altri fattori, che vanno a penalizzare quei Comuni dove maggiore è la presenza delle cosiddette seconde case, generando un cosiddetto saldo negativo, anche dopo lo scorporo;
    di conseguenza tale disposizione normativa crea una disparità di trattamento tra enti locali che penalizza i comuni costieri, che, anche se di piccole dimensioni, durante la stagione estiva si trovano a gestire un flusso turistico di dimensioni importanti e a dover offrire i meritati servizi;
    inoltre, il citato prelievo da parte dello Stato incide ancora più negativamente su quei comuni che si trovano in una condizione di difficoltà di bilancio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad assumere le iniziative necessarie volte a rivedere l'entità del contributo dovuto dai comuni costieri adeguandolo alle dimensioni effettive dei Comuni.
9/1334-AR/225. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Zucconi, Maschio, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di assunzioni presso il Ministero della Giustizia;
    in particolare, si prevede l'autorizzazione ad assumere 3.000 unità di personale non dirigenziale nel Ministero della giustizia, limitando tuttavia le assunzioni ai soli ruoli dell'amministrazione giudiziaria nulla prevedendo per la riforma della magistratura onoraria;
    con decreto ministeriale del 21 settembre 2018, il Ministro della Giustizia ha istituito un tavolo tecnico sulla riforma della magistratura onoraria per un confronto sul tema, al fine di redigere un progetto di legge di modifica della riforma introdotta con il decreto legislativo n. 116 del 2016 nonché della disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, prevista dalla legge n. 57 del 2016;
    ad oggi non vi sono prospettive di riforma a breve scadenza, nonostante sia unanimemente riconosciuto il gravoso carico che i magistrati onorari sopportano nell'esercizio delle loro funzioni, con le quali sostengono quotidianamente il sistema giustizia nel suo complesso garantendone la regolare amministrazione;
    a livello europeo la Commissione Parlamentare UE ed il Parlamento – che ha approvato una risoluzione sull'utilizzo dei contratti a tempo determinato – hanno stigmatizzato la situazione italiana definita «allarmante» e «critica», della «disparità di trattamento sul piano giuridico, economico e sociale fra Magistrati togati e onorari»,

impegna il Governo

a valutare la necessità di stanziare le risorse necessarie per le figure dei magistrati onorari in servizio come giudici onorari di tribunale, vice procuratori onorari e giudici di pace, al fine di garantire agli stessi adeguato trattamento giuridico, economico, previdenziale ed assistenziale prevedendo per i magistrati onorari e giudici di pace in servizio la possibilità di permanere nelle funzioni onorarie fino al raggiungimento del limite di età.
9/1334-AR/226Maschio, Varchi, Meloni, Lollobrigida, Delmastro Delle Vedove, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di assunzioni presso il Ministero della Giustizia;
    in particolare, si prevede l'autorizzazione ad assumere 3.000 unità di personale non dirigenziale nel Ministero della giustizia, limitando tuttavia le assunzioni ai soli ruoli dell'amministrazione giudiziaria nulla prevedendo per la riforma della magistratura onoraria;
    con decreto ministeriale del 21 settembre 2018, il Ministro della Giustizia ha istituito un tavolo tecnico sulla riforma della magistratura onoraria per un confronto sul tema, al fine di redigere un progetto di legge di modifica della riforma introdotta con il decreto legislativo n. 116 del 2016 nonché della disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, prevista dalla legge n. 57 del 2016;
    ad oggi non vi sono prospettive di riforma a breve scadenza, nonostante sia unanimemente riconosciuto il gravoso carico che i magistrati onorari sopportano nell'esercizio delle loro funzioni, con le quali sostengono quotidianamente il sistema giustizia nel suo complesso garantendone la regolare amministrazione;
    a livello europeo la Commissione Parlamentare UE ed il Parlamento – che ha approvato una risoluzione sull'utilizzo dei contratti a tempo determinato – hanno stigmatizzato la situazione italiana definita «allarmante» e «critica», della «disparità di trattamento sul piano giuridico, economico e sociale fra Magistrati togati e onorari»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la necessità di stanziare le risorse necessarie per le figure dei magistrati onorari in servizio come giudici onorari di tribunale, vice procuratori onorari e giudici di pace, al fine di garantire agli stessi adeguato trattamento giuridico, economico, previdenziale ed assistenziale prevedendo per i magistrati onorari e giudici di pace in servizio la possibilità di permanere nelle funzioni onorarie fino al raggiungimento del limite di età.
9/1334-AR/226. (Testo modificato nel corso della seduta)  Maschio, Varchi, Meloni, Lollobrigida, Delmastro Delle Vedove, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 69, interviene in merito alla Gestione commissariale per il debito pregresso di Roma Capitale;
    Roma è la capitale della Repubblica, come sancito dall'articolo 114 della Costituzione, e con deliberazione del 7 marzo 2013, n. 8, l'Assemblea capitolina ha approvato lo Statuto di Roma Capitale, che costituisce l'atto fondamentale di esercizio dell'autonomia normativa e organizzativa dell'Ente;
    il decreto legislativo e prevede che dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo l'Assemblea capitolina disciplini l'esercizio delle predette funzioni con propri regolamenti «in conformità al principio di funzionalità rispetto alle attribuzioni di Roma Capitale»;
    l'approvazione dello Statuto ha rappresentato un contributo determinante nell'opera di completamento dell'assetto istituzionale di Roma Capitale, avviata con il decreto legislativo 17 settembre 2010, n. 156, recante le «Disposizioni recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, in materia di ordinamento transitorio di Roma Capitale», e destinata a proseguire con ulteriori interventi, in particolare sotto il profilo regolamentare, per l'armonizzazione del proprio ordinamento;
    appare necessario portare avanti l'opera di perfezionamento dello status di Roma Capitale, al fine di garantire il miglior assetto delle funzioni che la città, in qualità di Capitale della Repubblica, è chiamata a svolgere;
    Roma, al pari delle altre metropoli e capitali europee, deve essere in grado di garantire ai cittadini servizi sempre più efficienti e, inoltre, di gestire i considerevoli flussi turistici che la interessano in ogni periodo dell'anno;
    la città di Roma, pertanto dovrebbe sempre essere dotata di risorse finanziarie sufficienti a far fronte prontamente alle particolari situazioni e agli eventi eccezionali che, in qualità di Capitale, è spesso chiamata ad affrontare,

impegna il Governo

a riconoscere la centralità della Capitale attraverso la previsione e lo stanziamento di fondi e risorse speciali, nonché ad assumere le iniziative necessarie a rafforzare le prerogative e i poteri di Roma in un quadro di maggiore attenzione alle problematiche di rilievo nazionale che inevitabilmente ricadono sulla città.
9/1334-AR/227Meloni, Lollobrigida, Mollicone, Rampelli, Silvestroni, Luca De Carlo, Lucaselli, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame (C. 1334) recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, dispone misure al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti a facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi;
    da recenti rilevazioni risulta che il budget che un terzo degli italiani destina ai consumi culturali, è meno di 50 euro all'anno, mentre solo il 10 per cento della popolazione spende più di 200 euro, e solo il 3 per cento oltre 500 euro. Cinema, teatri, concerti, mostre, musei sono frequentati abitualmente solo da una minoranza della popolazione, e da fasce di età spesso completamente opposte;
    gli italiani si dichiarano disposti ad investire di più in cultura in cambio di uno sconto sui biglietti di ingresso, il 43 per cento si aspetta almeno un ingresso gratuito una volta al mese, mentre il 28 per cento vorrebbe abbinare al biglietto per un museo o una mostra anche uno sconto sul prezzo di treni e aerei;
    occorrono interventi efficaci in grado di favorire la crescita, e tutto ciò è possibile investendo in cultura e nei giovani, attraverso misure in grado di ridurre i costi per l'acquisto di libri, per l'accesso a musei, teatri, cinema e concerti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere interventi volti alla salvaguardia della cultura, attraverso misure che dispongano che le spese culturali individuali, quali acquisto di biglietti di ingresso e abbonamenti a musei, cinema, concerti, spettacoli teatrali e dal vivo e spese sostenute per l'acquisto di libri e di materiale audiovisivo protetti da diritti d'autore, possano essere detratte fiscalmente alla stregua delle spese mediche.
9/1334-AR/228Mollicone, Frassinetti, Luca De Carlo, Silvestroni, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame (C. 1334) recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, dispone misure al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti a facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi;
    da recenti rilevazioni risulta che il budget che un terzo degli italiani destina ai consumi culturali, è meno di 50 euro all'anno, mentre solo il 10 per cento della popolazione spende più di 200 euro, e solo il 3 per cento oltre 500 euro. Cinema, teatri, concerti, mostre, musei sono frequentati abitualmente solo da una minoranza della popolazione, e da fasce di età spesso completamente opposte;
    gli italiani si dichiarano disposti ad investire di più in cultura in cambio di uno sconto sui biglietti di ingresso, il 43 per cento si aspetta almeno un ingresso gratuito una volta al mese, mentre il 28 per cento vorrebbe abbinare al biglietto per un museo o una mostra anche uno sconto sul prezzo di treni e aerei;
    occorrono interventi efficaci in grado di favorire la crescita, e tutto ciò è possibile investendo in cultura e nei giovani, attraverso misure in grado di ridurre i costi per l'acquisto di libri, per l'accesso a musei, teatri, cinema e concerti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere interventi volti alla salvaguardia della cultura, attraverso misure che dispongano che le spese culturali individuali, quali acquisto di biglietti di ingresso e abbonamenti a musei, cinema, concerti, spettacoli teatrali e dal vivo e spese sostenute per l'acquisto di libri e di materiale audiovisivo protetti da diritti d'autore, possano essere detratte fiscalmente alla stregua delle spese mediche.
9/1334-AR/228. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mollicone, Frassinetti, Luca De Carlo, Silvestroni, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, in corso di approvazione prevede alcune novità importanti in termini di risorse stanziate per le Forze Armate, di Polizia e i Vigili del Fuoco;
    sono disposte nel dettaglio, misure inerenti assunzioni straordinarie per le Forze di Polizia e i Vigili del Fuoco, il rinnovo contrattuale 2019-2021 e il riordino dei ruoli e delle camere;
    obiettivo primario è quello di incrementare gli organici delle Forze dell'Ordine e nel contempo di valorizzare economicamente il personale in servizio procedendo con il rinnovo contrattuale;
    tuttavia le risorse stanziate non sono sufficienti per garantire un aumento di stipendio cospicuo al personale in servizio, e i mezzi sufficienti per poter operare per la sicurezza e a vantaggio di tutti i cittadini;
    è il caso del lavoro svolto dalla polizia penitenziaria, lavoro oggi sempre più gravato dalla preoccupante situazione di strutturale carenza di personale all'interno degli istituti penitenziari italiani, oltre che dall'allarmante contesto di grave sovraffollamento delle carceri;
    dalle rilevazioni risalenti al marzo 2018, risultano presenti nelle carceri italiane 58.223 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 50.613 unità. Si tratta dunque di 7.610 detenuti in eccedenza rispetto ai posti previsti (+15 per cento), da cui si evince, tra le altre, la necessità di un incremento di dotazioni e di risorse a sostegno della polizia penitenziaria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un incremento di risorse per la polizia penitenziaria, tale da garantire all'interno delle strutture penitenziarie il corretto svolgimento dell'attività svolta da questi professionisti altamente qualificati.
9/1334-AR/229Montaruli, Maschio, Ferro, Deidda, Luca De Carlo, Mollicone, Silvestroni, Lucaselli, Zucconi, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, in corso di approvazione prevede alcune novità importanti in termini di risorse stanziate per le Forze Armate, di Polizia e i Vigili del Fuoco;
    sono disposte nel dettaglio, misure inerenti assunzioni straordinarie per le Forze di Polizia e i Vigili del Fuoco, il rinnovo contrattuale 2019-2021 e il riordino dei ruoli e delle camere;
    obiettivo primario è quello di incrementare gli organici delle Forze dell'Ordine e nel contempo di valorizzare economicamente il personale in servizio procedendo con il rinnovo contrattuale;
    tuttavia le risorse stanziate non sono sufficienti per garantire un aumento di stipendio cospicuo al personale in servizio, e i mezzi sufficienti per poter operare per la sicurezza e a vantaggio di tutti i cittadini;
    è il caso del lavoro svolto dalla polizia penitenziaria, lavoro oggi sempre più gravato dalla preoccupante situazione di strutturale carenza di personale all'interno degli istituti penitenziari italiani, oltre che dall'allarmante contesto di grave sovraffollamento delle carceri;
    dalle rilevazioni risalenti al marzo 2018, risultano presenti nelle carceri italiane 58.223 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 50.613 unità. Si tratta dunque di 7.610 detenuti in eccedenza rispetto ai posti previsti (+15 per cento), da cui si evince, tra le altre, la necessità di un incremento di dotazioni e di risorse a sostegno della polizia penitenziaria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere un incremento di risorse per la polizia penitenziaria, tale da garantire all'interno delle strutture penitenziarie il corretto svolgimento dell'attività svolta da questi professionisti altamente qualificati.
9/1334-AR/229. (Testo modificato nel corso della seduta)  Montaruli, Maschio, Ferro, Deidda, Luca De Carlo, Mollicone, Silvestroni, Lucaselli, Zucconi, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per stimolare la crescita economica dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    in senso diametralmente opposto si pone la scelta prevista dalla legge di bilancio in esame di una parziale sterilizzazione dell'aumento delle accise per l'anno 2019 e, in misura minore, per gli anni successivi;
    il «prezzo Italia» della benzina, rilevato dal Ministero dello sviluppo economico il 10 settembre, è pari a 1,643 euro/litro, mentre quello del diesel è pari a 1,524 euro/litro, la cui componente fiscale pesa rispettivamente per il 62 per cento e per il 59 per cento;
    l'elevato costo del carburante, oltre ad erodere il potere d'acquisto dei salari e stipendi dei contribuenti, preoccupa perché è causa principale dell'aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, per la lievitazione dei costi di distribuzione,

impegna il Governo

a valutare la necessità di adottare opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a ridurre l'ammontare del valore complessivo delle accise sui carburanti o, comunque, ad assicurare che il suo valore non possa superare la somma del valore del costo della materia prima e del margine lordo come individuati dalla normativa vigente.
9/1334-AR/230Osnato, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi, Foti.


   La Camera,
   premesso che:
    il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, in corso di approvazione prevede alcune novità importanti per i Comparti Difesa e Sicurezza, inoltre si prevedono assunzioni, rinnovi di contratto e riordini delle carriere;
    obiettivo primario è quello di incrementare gli organici delle Forze dell'Ordine e nel contempo di valorizzare economicamente il personale in servizio;
    venendo incontro alle esigenze del comparto sicurezza, già il decreto-legge n. 185 del 29 novembre 2008, convertito con modifiche dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009, all'articolo 4 comma 3, accordava al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, sul trattamento economico accessorio dei fondi della produttività, una riduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari ad un importo massimo di 60 milioni di euro;
    gli operatori del soccorso si trovano, soprattutto nella prima fase delle emergenze a spostarsi con immediatezza (e senza preavviso alcuno) dalla propria sede di lavoro e svolgere in condizioni di assoluta precarietà il proprio lavoro anche per alcuni giorni;
    i lavoratori che svolgono lavori straordinari per esigenze legate allo stato di emergenza, sono soggetti ad una tipologia di lavoro non paragonabile a quella ordinaria, spingendosi oltre i normali turni di lavoro e in condizioni di gran lunga più disagiate;
    tale lavoro, svolto in condizioni di assoluta precarietà e pericolosità, dovrebbe godere di misure agevolative della tassazione utili ad indennizzare tale condizioni di pericolo e disagio in cui gli operatori del soccorso, si trovano ad intervenire ed operare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere iniziative volte a garantire la detassazione degli straordinari del comparto sicurezza, difesa, soccorso pubblico e dei vigili del fuoco, durante le fasi emergenziali.
9/1334-AR/231Prisco, Luca De Carlo, Silvestroni, Mollicone, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, in corso di approvazione prevede alcune novità importanti per i Comparti Difesa e Sicurezza, inoltre si prevedono assunzioni, rinnovi di contratto e riordini delle carriere;
    obiettivo primario è quello di incrementare gli organici delle Forze dell'Ordine e nel contempo di valorizzare economicamente il personale in servizio;
    venendo incontro alle esigenze del comparto sicurezza, già il decreto-legge n. 185 del 29 novembre 2008, convertito con modifiche dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009, all'articolo 4 comma 3, accordava al personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, sul trattamento economico accessorio dei fondi della produttività, una riduzione dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari ad un importo massimo di 60 milioni di euro;
    gli operatori del soccorso si trovano, soprattutto nella prima fase delle emergenze a spostarsi con immediatezza (e senza preavviso alcuno) dalla propria sede di lavoro e svolgere in condizioni di assoluta precarietà il proprio lavoro anche per alcuni giorni;
    i lavoratori che svolgono lavori straordinari per esigenze legate allo stato di emergenza, sono soggetti ad una tipologia di lavoro non paragonabile a quella ordinaria, spingendosi oltre i normali turni di lavoro e in condizioni di gran lunga più disagiate;
    tale lavoro, svolto in condizioni di assoluta precarietà e pericolosità, dovrebbe godere di misure agevolative della tassazione utili ad indennizzare tale condizioni di pericolo e disagio in cui gli operatori del soccorso, si trovano ad intervenire ed operare,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere iniziative volte a garantire la detassazione degli straordinari del comparto sicurezza, difesa, soccorso pubblico e dei vigili del fuoco, durante le fasi emergenziali.
9/1334-AR/231. (Testo modificato nel corso della seduta)  Prisco, Luca De Carlo, Silvestroni, Mollicone, Lucaselli, Maschio, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone assunzioni di personale nel comparto sicurezza e difesa;
    nel territorio delle città italiane di maggiori dimensioni, come Roma, Napoli, Torino e Milano, insistono numerosi campi ed insediamenti abusivi di nomadi, all'interno dei quali si verificano con allarmante frequenza roghi che, data la natura dei materiali bruciati, esalano fumi tossici anche a poca distanza dai centri abitati, e rispetto ai quali le forze di polizia non intervengono nonostante l'individuazione dei fuochi sia del tutto agevole e spesso siano segnalati direttamente dai cittadini delle zone circostanti;
    il decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, ha introdotto nel Codice dell'ambiente il reato di combustione illecita di rifiuti, in base al quale «chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica»;
    il medesimo decreto-legge, correlato all'emergenza ambientale della così detta terra dei fuochi, ha consentito ai Prefetti delle province della regione Campania, nell'ambito delle operazioni di sicurezza e di controllo del territorio finalizzate alla prevenzione dei delitti di criminalità organizzata e ambientale, di avvalersi di un contingente di personale militare delle Forze armate, posto a loro disposizione dalle competenti autorità militari;
    negli ultimi anni, anche a causa dell'impunità con cui questi avvengono, il fenomeno dei roghi ha assunto una dimensione preoccupante, e intorno ai campi sono create delle vere e proprie «terre dei fuochi», siti ad alto inquinamento ambientale che contaminano i terreni e le acque e nelle zone di campagna, mettendo a rischio la produzione di generi alimentari e inquinando l'aria,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative necessarie per estendere la possibilità dell'impiego delle forze armate in operazioni di sicurezza e di controllo per la prevenzione dei delitti di criminalità ambientale anche ai prefetti delle città colpite dai fenomeni di cui in premessa, al fine di tutelare le popolazioni residenti e l'integrità ambientale.
9/1334-AR/232Rampelli, Mollicone, Silvestroni, Luca De Carlo, Lucaselli, Zucconi, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per stimolare la crescita economica dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    in particolare, si prevede lo stanziamento di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (complessivi 3,750 miliardi) per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole;
    nel mese di dicembre 2017, il Consiglio dei ministri ha approvato il provvedimento di compatibilità ambientale del progetto per il completamento della trasversale Orte-Civitavecchia, nel tratto compreso tra Monteromano e la Via Aurelia;
    il progetto prevede la realizzazione di diciotto chilometri di strada, nove viadotti, una galleria e due svincoli, per un costo complessivo di 472 milioni di euro;
    il completamento dell'opera, già nel 2001 inserita nell'elenco delle infrastrutture strategiche, di cui alla delibera CIPE n. 121 del 2001, e individuata anche nella rete TEN-T europea, è di fondamentale importanza per lo sviluppo infrastrutturale e dei trasporti dell'Italia;
    Civitavecchia è diventato uno dei principali hub commerciali del Mediterraneo ed è anche il primo scalo crocieristico d'Europa, mentre Orte rappresenta lo snodo per collegarsi alla rete autostradale, ma anche a quella ferroviaria dell'alta velocità;
    bloccare il completamento della trasversale significherebbe condannare il territorio del viterbese al definitivo isolamento, considerato che negli ultimi decenni non sono stati realizzati né il raddoppio della Cassia-nord, né il raddoppio della ferrovia Roma-Viterbo,

impegna il Governo

a valutare la necessità di portare a completamento la realizzazione della trasversale, imprimendo una immediata e decisa accelerazione al completamento della stessa e scongiurando la perdita del finanziamento di 472 milioni.
9/1334-AR/233Rotelli, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per stimolare la crescita economica dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    in particolare, si prevede lo stanziamento di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (complessivi 3,750 miliardi) per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole;
    nel mese di dicembre 2017, il Consiglio dei ministri ha approvato il provvedimento di compatibilità ambientale del progetto per il completamento della trasversale Orte-Civitavecchia, nel tratto compreso tra Monteromano e la Via Aurelia;
    il progetto prevede la realizzazione di diciotto chilometri di strada, nove viadotti, una galleria e due svincoli, per un costo complessivo di 472 milioni di euro;
    il completamento dell'opera, già nel 2001 inserita nell'elenco delle infrastrutture strategiche, di cui alla delibera CIPE n. 121 del 2001, e individuata anche nella rete TEN-T europea, è di fondamentale importanza per lo sviluppo infrastrutturale e dei trasporti dell'Italia;
    Civitavecchia è diventato uno dei principali hub commerciali del Mediterraneo ed è anche il primo scalo crocieristico d'Europa, mentre Orte rappresenta lo snodo per collegarsi alla rete autostradale, ma anche a quella ferroviaria dell'alta velocità;
    bloccare il completamento della trasversale significherebbe condannare il territorio del viterbese al definitivo isolamento, considerato che negli ultimi decenni non sono stati realizzati né il raddoppio della Cassia-nord, né il raddoppio della ferrovia Roma-Viterbo,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la necessità di portare a completamento la realizzazione della trasversale, imprimendo una immediata e decisa accelerazione al completamento della stessa e scongiurando la perdita del finanziamento di 472 milioni.
9/1334-AR/233. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rotelli, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame alla Missione 14, programma 14.10, voce Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti LF n. 296 del 2006 articolo 1, comma 921 p. B «Piano Generale della Mobilità» (Cap-pg: 1096/1) prevede che tale Piano sia finanziato con 117.959 milioni di euro per il 2019,116.478 milioni di euro per il 2020, e con 114.976 milioni di euro per il 2021;
    a norma della Costituzione (articolo 117, comma secondo, lettera m) il trasporto pubblico locale si configura come prestazione sociale «essenziale», la Città metropolitana di Roma Capitale ha il tasso di motorizzazione più alto rispetto alle altre capitali europee (Berlino, Copenaghen, Londra, Madrid, Parigi, Vienna) con 670 autovetture ogni mille abitanti e la percentuale più elevata di spostamenti con mezzi privati;
    a Roma i chilometri di rete metropolitana ogni centomila abitanti non arrivano a due, contro i quasi nove chilometri di Madrid, i cinque di Londra e i 3,97 di Parigi;
    per quel che riguarda l'offerta di trasporto pubblico mediante metro per abitante, Roma registra circa quattordici vetture-chilometro per abitante contro le quasi sessanta di Madrid e le circa cinquanta di Parigi e Londra;
    le aree urbane sono riconosciute da tutti gli organismi internazionali come responsabili di circa il 23 per cento di tutte le emissioni di CO2, peraltro in gran parte prodotte dal settore dei trasporti;
    l'Europa, nel libro bianco «tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile», ha indicato come obiettivo per il 2050 la riduzione del sessanta per cento delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti;
    la Città metropolitana di Roma Capitale necessita di una mobilità capace di assorbire con moderne ed efficaci linee metropolitane sia il flusso turistico che quello pendolare, e di convertire le attuali linee ferroviarie regionali in metropolitane leggere, in modo particolare quelle a sud della Capitale denominate FL 4, che servono un bacino di utenza di mezzo milione di abitanti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire all'interno della Missione 14, al Programma 14.10, voce «Piano Generale della Mobilità» tra le priorità il finanziamento della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva per la realizzazione della «Metropolitana leggera dei Castelli Romani», nel presupposto che vengano rinvenute le necessarie risorse finanziarie a copertura degli oneri.
9/1334-AR/234Silvestroni, Mollicone, Lucaselli, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame alla Missione 14, programma 14.10, voce Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti LF n. 296 del 2006 articolo 1, comma 921 p. B «Piano Generale della Mobilità» (Cap-pg: 1096/1) prevede che tale Piano sia finanziato con 117.959 milioni di euro per il 2019,116.478 milioni di euro per il 2020, e con 114.976 milioni di euro per il 2021;
    a norma della Costituzione (articolo 117, comma secondo, lettera m) il trasporto pubblico locale si configura come prestazione sociale «essenziale», la Città metropolitana di Roma Capitale ha il tasso di motorizzazione più alto rispetto alle altre capitali europee (Berlino, Copenaghen, Londra, Madrid, Parigi, Vienna) con 670 autovetture ogni mille abitanti e la percentuale più elevata di spostamenti con mezzi privati;
    a Roma i chilometri di rete metropolitana ogni centomila abitanti non arrivano a due, contro i quasi nove chilometri di Madrid, i cinque di Londra e i 3,97 di Parigi;
    per quel che riguarda l'offerta di trasporto pubblico mediante metro per abitante, Roma registra circa quattordici vetture-chilometro per abitante contro le quasi sessanta di Madrid e le circa cinquanta di Parigi e Londra;
    le aree urbane sono riconosciute da tutti gli organismi internazionali come responsabili di circa il 23 per cento di tutte le emissioni di CO2, peraltro in gran parte prodotte dal settore dei trasporti;
    l'Europa, nel libro bianco «tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile», ha indicato come obiettivo per il 2050 la riduzione del sessanta per cento delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti;
    la Città metropolitana di Roma Capitale necessita di una mobilità capace di assorbire con moderne ed efficaci linee metropolitane sia il flusso turistico che quello pendolare, e di convertire le attuali linee ferroviarie regionali in metropolitane leggere, in modo particolare quelle a sud della Capitale denominate FL 4, che servono un bacino di utenza di mezzo milione di abitanti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di inserire all'interno della Missione 14, al Programma 14.10, voce «Piano Generale della Mobilità» tra le priorità il finanziamento della progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva per la realizzazione della «Metropolitana leggera dei Castelli Romani», nel presupposto che vengano rinvenute le necessarie risorse finanziarie a copertura degli oneri.
9/1334-AR/234. (Testo modificato nel corso della seduta)  Silvestroni, Mollicone, Lucaselli, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    in particolare, si prevede lo stanziamento di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (complessivi 3,750 miliardi) per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole;
    la strada statale 4 via Salaria che va da Roma ad Ascoli Piceno è interessata da un intenso traffico dovuto a 64 mila pendolari che dal reatino si spostano verso Roma, esclusivamente per mezzo di trasporti su gomma;
    la strada statale 4 via Salaria, è una strada obsoleta e danneggiata dal sisma, e su di essa, nonostante sia a una sola corsia, transitano mezzi pesanti diretti sulla costa adriatica, comportando un aggravio in termini di rallentamenti e di intensità di traffico e di pericolosità, dimostrata, purtroppo, da una lunga sequenza di incidenti anche mortali;
    in particolare, al sessantesimo chilometro della via Salaria si verificano con una frequenza impressionante incidenti stradali, spesso con esiti mortali;
    il 17 ottobre 2017, nel corso di una conferenza stampa presso la sala del consiglio della provincia di Rieti alla presenza dell'allora Ministro delle infrastrutture e trasporti Graziano Del Rio, del presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, del presidente di Anas Gianni Vittorio Armani e dell'amministratore delegato e direttore generale di Rete ferroviaria italiana, Maurizio Gentile, tali aziende, di concerto con il Governo, avevano presentato un piano di ripristino e potenziamento della viabilità delle zone colpite dal sisma;
    nello specifico, il piano prevedeva sulla strada statale 4 «via Salaria» interventi per 650 milioni di euro, così suddivisi: 171 milioni per lavori di manutenzione straordinaria; 354 milioni per opere di potenziamento; 97 milioni per interventi di ripristino dei danni subiti a causa del sisma e 24 milioni per l'introduzione di infrastrutture tecnologiche (smart road),

impegna il Governo

a valutare la necessità di destinare le risorse necessarie per la messa in sicurezza della strada statale Salaria; nonché per la riqualificazione, il potenziamento e l'ammodernamento delle vie di comunicazione del reatino, in particolar modo della via Salaria, realizzando quanto stabilito dal precedente accordo con Anas e Rete ferroviaria italiana.
9/1334-AR/235Trancassini, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni per la crescita dell'Italia, dalla riduzione della pressione fiscale a misure per lo sviluppo e gli investimenti;
    in particolare, si prevede lo stanziamento di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (complessivi 3,750 miliardi) per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole;
    la strada statale 4 via Salaria che va da Roma ad Ascoli Piceno è interessata da un intenso traffico dovuto a 64 mila pendolari che dal reatino si spostano verso Roma, esclusivamente per mezzo di trasporti su gomma;
    la strada statale 4 via Salaria, è una strada obsoleta e danneggiata dal sisma, e su di essa, nonostante sia a una sola corsia, transitano mezzi pesanti diretti sulla costa adriatica, comportando un aggravio in termini di rallentamenti e di intensità di traffico e di pericolosità, dimostrata, purtroppo, da una lunga sequenza di incidenti anche mortali;
    in particolare, al sessantesimo chilometro della via Salaria si verificano con una frequenza impressionante incidenti stradali, spesso con esiti mortali;
    il 17 ottobre 2017, nel corso di una conferenza stampa presso la sala del consiglio della provincia di Rieti alla presenza dell'allora Ministro delle infrastrutture e trasporti Graziano Del Rio, del presidente della regione Lazio Nicola Zingaretti, del presidente di Anas Gianni Vittorio Armani e dell'amministratore delegato e direttore generale di Rete ferroviaria italiana, Maurizio Gentile, tali aziende, di concerto con il Governo, avevano presentato un piano di ripristino e potenziamento della viabilità delle zone colpite dal sisma;
    nello specifico, il piano prevedeva sulla strada statale 4 «via Salaria» interventi per 650 milioni di euro, così suddivisi: 171 milioni per lavori di manutenzione straordinaria; 354 milioni per opere di potenziamento; 97 milioni per interventi di ripristino dei danni subiti a causa del sisma e 24 milioni per l'introduzione di infrastrutture tecnologiche (smart road),

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la necessità di destinare le risorse necessarie per la messa in sicurezza della strada statale Salaria; nonché per la riqualificazione, il potenziamento e l'ammodernamento delle vie di comunicazione del reatino, in particolar modo della via Salaria, realizzando quanto stabilito dal precedente accordo con Anas e Rete ferroviaria italiana.
9/1334-AR/235. (Testo modificato nel corso della seduta)  Trancassini, Mollicone, Lucaselli, Silvestroni, Luca De Carlo, Zucconi, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede numerosi interventi a sostegno delle imprese;
    il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 ha disposto il riconoscimento di un credito d'imposta in favore delle strutture ricettive che effettuano interventi di riqualificazione;
    tale istituto, da ultimo prorogato con la legge di bilancio per l'anno 2017, ha suscitato un notevole interesse da parte delle imprese e ha stimolato la realizzazione di importanti investimenti di riqualificazione;
    tuttavia, le risorse disponibili si sono rivelate insufficienti a soddisfare le richieste presentate: in occasione dei primi quattro bandi (2015, 2016, 2017 e 2018), a fronte di 240 milioni di euro complessivamente disponibili, sono state presentate richieste per circa 495 milioni di euro;
    va, inoltre, ricordato che, in assenza di interventi, lo scarto tra domande presentate e risorse disponibili è destinato ad ampliarsi, per effetto dell'entrata a regime dell'estensione agli agriturismi, disposta dalla legge di bilancio 2017, e alle imprese termali, disposta dalla legge di bilancio 2018,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative volte a prorogare la misura del credito d'imposta di cui in premessa, stanziando le risorse necessarie.
9/1334-AR/236Zucconi, Luca De Carlo, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede numerosi interventi a sostegno delle imprese;
    il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 ha disposto il riconoscimento di un credito d'imposta in favore delle strutture ricettive che effettuano interventi di riqualificazione;
    tale istituto, da ultimo prorogato con la legge di bilancio per l'anno 2017, ha suscitato un notevole interesse da parte delle imprese e ha stimolato la realizzazione di importanti investimenti di riqualificazione;
    tuttavia, le risorse disponibili si sono rivelate insufficienti a soddisfare le richieste presentate: in occasione dei primi quattro bandi (2015, 2016, 2017 e 2018), a fronte di 240 milioni di euro complessivamente disponibili, sono state presentate richieste per circa 495 milioni di euro;
    va, inoltre, ricordato che, in assenza di interventi, lo scarto tra domande presentate e risorse disponibili è destinato ad ampliarsi, per effetto dell'entrata a regime dell'estensione agli agriturismi, disposta dalla legge di bilancio 2017, e alle imprese termali, disposta dalla legge di bilancio 2018,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad assumere le opportune iniziative volte a prorogare la misura del credito d'imposta di cui in premessa, stanziando le risorse necessarie.
9/1334-AR/236. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zucconi, Luca De Carlo, Lucaselli, Mollicone, Silvestroni, Caretta, Ciaburro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione di accompagnamento al presente disegno di legge, il Governo dichiara di puntare sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita anche al fine di conseguire nel medio termine la riduzione del rapporto debito/PIL;
    il Governo ha altresì manifestato la volontà di contrastare il disagio sociale ed economico in cui versa una fascia non esigua della popolazione italiana;
    tra i lavoratori che vivono in condizione di precarietà, derivante anche dalla preoccupazione legata all'incertezza relativo al proprio futuro trattamento pensionistico, vi sono quelli impegnati in prestazioni lavorative rese mediante rapporti di lavoro a tempo parziale verticale;
    nei predetti casi, infatti, l'INPS continua a calcolare l'anzianità contributiva con riferimento al solo periodo di realizzazione della prestazione lavorativa senza tener conto dell'effettiva durata del rapporto di lavoro, causando un pregiudizio ai lavoratori in oggetto e provocando una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai soggetti che svolgono la propria attività tramite un contratto di lavoro a tempo parziale orizzontale;
    tale interpretazione restrittiva da parte dell'istituto nazionale di previdenza sociale, non è mutata neanche a seguito di alcune sentenze della Corte di Cassazione, pronunciate in conformità alla normativa comunitaria, come interpretata, dalla Corte di Giustizia Europea, Sezione II, 10 giugno 2010 n. 395/08 e n. 396/08;
    allo scopo di non persistere nell'applicazione di una disposizione fortemente discriminatoria, appare ormai necessario operare una modifica legislativa che, ai fini del calcolo dell'anzianità contributiva, equipari i lavoratori con contratto di lavoro a tempo parziale verticale ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo parziale orizzontale,

impegna il Governo

ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento utile, al fine di adeguare la disciplina legislativa in materia di computo delle prestazioni lavorative svolte con contratto di lavoro parziale verticale in modo da consentire a tali lavoratori di ottenere il riconoscimento della copertura contributiva per l'intero anno solare e, conseguentemente, di non essere penalizzati in materia di maturazione dell'anzianità contributiva utile per l'accesso al trattamento pensionistico.
9/1334-AR/237Berlinghieri, Bazoli, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    nella relazione di accompagnamento al presente disegno di legge, il Governo dichiara di puntare sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita anche al fine di conseguire nel medio termine la riduzione del rapporto debito/PIL;
    il Governo ha altresì manifestato la volontà di contrastare il disagio sociale ed economico in cui versa una fascia non esigua della popolazione italiana;
    tra i lavoratori che vivono in condizione di precarietà, derivante anche dalla preoccupazione legata all'incertezza relativo al proprio futuro trattamento pensionistico, vi sono quelli impegnati in prestazioni lavorative rese mediante rapporti di lavoro a tempo parziale verticale;
    nei predetti casi, infatti, l'INPS continua a calcolare l'anzianità contributiva con riferimento al solo periodo di realizzazione della prestazione lavorativa senza tener conto dell'effettiva durata del rapporto di lavoro, causando un pregiudizio ai lavoratori in oggetto e provocando una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai soggetti che svolgono la propria attività tramite un contratto di lavoro a tempo parziale orizzontale;
    tale interpretazione restrittiva da parte dell'istituto nazionale di previdenza sociale, non è mutata neanche a seguito di alcune sentenze della Corte di Cassazione, pronunciate in conformità alla normativa comunitaria, come interpretata, dalla Corte di Giustizia Europea, Sezione II, 10 giugno 2010 n. 395/08 e n. 396/08;
    allo scopo di non persistere nell'applicazione di una disposizione fortemente discriminatoria, appare ormai necessario operare una modifica legislativa che, ai fini del calcolo dell'anzianità contributiva, equipari i lavoratori con contratto di lavoro a tempo parziale verticale ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo parziale orizzontale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adoperarsi, sin dal primo provvedimento utile, al fine di adeguare la disciplina legislativa in materia di computo delle prestazioni lavorative svolte con contratto di lavoro parziale verticale in modo da consentire a tali lavoratori di ottenere il riconoscimento della copertura contributiva per l'intero anno solare e, conseguentemente, di non essere penalizzati in materia di maturazione dell'anzianità contributiva utile per l'accesso al trattamento pensionistico.
9/1334-AR/237. (Testo modificato nel corso della seduta)  Berlinghieri, Bazoli, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame non ha provveduto a confermare per un ulteriore triennio gli stanziamenti per l'attuazione delle leggi n. 72 del 2001 e n. 73 del 2001 relative alle leggi recanti rispettivamente «Interventi a tutela del patrimonio storico e culturale delle comunità degli esuli italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia» e «Interventi a favore della minoranza italiana in Slovenia, in Montenegro e in Croazia»;
    tali finanziamenti sono necessari, in quanto rivestono un forte rilievo per le associazioni degli esuli dell'ex Jugoslavia (circa un milione di persone con i discendenti) e per la minoranza autoctona italiana in Slovenia, Croazia e Montenegro,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa volta al rifinanziamento degli interventi di cui alla legge 16 marzo 2001, n. 72 e alla legge 21 marzo 2001, n. 73.
9/1334-AR/238Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame non ha provveduto a confermare per un ulteriore triennio gli stanziamenti per l'attuazione delle leggi n. 72 del 2001 e n. 73 del 2001 relative alle leggi recanti rispettivamente «Interventi a tutela del patrimonio storico e culturale delle comunità degli esuli italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia» e «Interventi a favore della minoranza italiana in Slovenia, in Montenegro e in Croazia»;
    tali finanziamenti sono necessari, in quanto rivestono un forte rilievo per le associazioni degli esuli dell'ex Jugoslavia (circa un milione di persone con i discendenti) e per la minoranza autoctona italiana in Slovenia, Croazia e Montenegro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare ogni opportuna iniziativa volta al rifinanziamento degli interventi di cui alla legge 16 marzo 2001, n. 72 e alla legge 21 marzo 2001, n. 73.
9/1334-AR/238. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2018, articolo 1, comma 882, ha attribuito ai comuni un contributo nel 2018 nell'importo di 300 milioni complessivi, a ristoro del minor gettito ad essi derivante in conseguenza della sostituzione dell'IMU sull'abitazione principale con la TASI su tutti gli immobili; la suddetta disposizione è finalizzata a confermare, così come già avvenuto negli anni precedenti, il contributo finalizzato a ristorare i comuni interessati dalla perdita di gettito conseguente all'introduzione della TASI. Infatti, la sostituzione dell'IMU con la TASI presupponeva l'invarianza di gettito, in connessione con la possibilità per ciascuno dei comuni interessati di poter applicare un'aliquota TASI all'1 per mille su tutte le fattispecie imponibili; tra il 2014 e il 2018 è stato riconosciuto ai Comuni un importo a titolo di ristoro dei minori gettiti derivanti dall'introduzione della TASI nel 2014 e principalmente dai criteri restrittivi di determinazione delle aliquote. Tale importo è stato inizialmente fissato in 625 milioni di euro e poi progressivamente ridotto fino ai 300 milioni di euro per il 2017 e per il 2018,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative ad un incremento, al fine di portarlo all'importo inizialmente previsto di 625 milioni, per il reintegro completo della perdita di gettito dovuta all'introduzione della TASI.
9/1334-AR/239Bagnasco, Gagliardi, Mulè, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di bilancio 2018, articolo 1, comma 882, ha attribuito ai comuni un contributo nel 2018 nell'importo di 300 milioni complessivi, a ristoro del minor gettito ad essi derivante in conseguenza della sostituzione dell'IMU sull'abitazione principale con la TASI su tutti gli immobili; la suddetta disposizione è finalizzata a confermare, così come già avvenuto negli anni precedenti, il contributo finalizzato a ristorare i comuni interessati dalla perdita di gettito conseguente all'introduzione della TASI. Infatti, la sostituzione dell'IMU con la TASI presupponeva l'invarianza di gettito, in connessione con la possibilità per ciascuno dei comuni interessati di poter applicare un'aliquota TASI all'1 per mille su tutte le fattispecie imponibili; tra il 2014 e il 2018 è stato riconosciuto ai Comuni un importo a titolo di ristoro dei minori gettiti derivanti dall'introduzione della TASI nel 2014 e principalmente dai criteri restrittivi di determinazione delle aliquote. Tale importo è stato inizialmente fissato in 625 milioni di euro e poi progressivamente ridotto fino ai 300 milioni di euro per il 2017 e per il 2018,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere, attraverso ulteriori iniziative normative ad un incremento, al fine di portarlo all'importo inizialmente previsto di 625 milioni, per il reintegro completo della perdita di gettito dovuta all'introduzione della TASI.
9/1334-AR/239. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bagnasco, Gagliardi, Mulè, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 58 a 63 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca l'istituzione del Fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali; l'articolo 16 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 64 a 85 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca l'istituzione del Fondo per gli investimenti degli enti territoriali; la velocità della ripresa economica e la competitività del nostro Paese dipende in buona misura anche dalla realizzazione di importanti investimenti pubblici e privati. Sulle grandi opere infrastrutturali si misura la capacità del Governo di guardare al futuro e di dotare il Paese di un sistema connesso, integrato con il resto dell'Europa e capace di creare crescita;
    nel Paese si è ormai diffusa una grave preoccupazione, come dimostrano le conclusioni della manifestazione degli industriali nella città di Torino dello scorso 3 dicembre: numerose opere di importanza strategica per il Paese, già pianificate, risultano al momento ancora non avviate per un immobilismo che non può essere tollerato;
    nella provincia di Bergamo è indispensabile che il Governo sia a fianco della Regione per un piano straordinario di interventi infrastrutturali di consolidamento e rifacimento. C’è in gioco il cruciale rafforzamento dell'interconnessione con l'Europa: il completamento della Pedemontana lombarda permetterà di raggiungere più agevolmente la Germania, che costituisce il primo mercato di riferimento dell'esportazione bergamasca. È, inoltre, necessario che il Governo sia presente anche per la concretizzazione della Gronda ferroviaria est, da Seregno a Levante, snodo fondamentale per gli interscambi commerciali da e verso la Lombardia;
    è indispensabile inoltre che il Governo non lasci da sola la provincia bergamasca nel fondamentale rafforzamento della viabilità interna, sia su strada che su ferro: la variante di Cisano Bergamasco; la variante di Trescore Balneario; la dorsale dell'isola; il raddoppio ferroviario tra Ponte San Pietro e Montello; il collegamento tra Calusco d'Adda e Terno d'isola: sono tutte opere che evidenziano l'importanza strategica della connessione ramificata all'interno del territorio;
    inoltre, tra le opere infrastrutturali oggetto di pianificazione del Ministero delle infrastrutture nella scorsa Legislatura, era annoverata la fondamentale opera di rinforzo sia viario che su ferro dei collegamenti con l'aeroporto di Orio al Serio. Il programma cargo aereo per Bergamo Orio al Serio, che nel Collegato 2018 del MIT veniva incluso tra gli interventi volti a sostenere le attività del trasporto aereo di merci con una pianificazione finanziaria programmata fino al 2030, non è annoverato nel provvedimento oggi in discussione. Eppure si tratta di un cargo city strategico per il supporto alle attività di export di rilevanza internazionale e un volano fondamentale per l'economia dell'intera regione Lombardia,

impegna il Governo

a stanziare, fin dal prossimo Collegato alla manovra 2019, adeguati finanziamenti volti allo sviluppo delle infrastrutture della provincia di Bergamo, e a dare concreta e celere attuazione alla fase esecutiva della progettazione disposta dal Collegato alla Manovra 2018 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il rafforzamento sia viario che su ferro per i collegamenti con l'aeroporto per Bergamo Orio al Serio, al fine di dotare il territorio bergamasco di un sistema infrastrutturale connesso, integrato con il resto dell'Europa e capace di creare crescita, sia in termini di forza lavoro che in termini di scambi commerciali.
9/1334-AR/240Gregorio Fontana, Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 102 a 136 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca misure per l'intelligenza artificiale, blockchain e internet of things quali elementi fondamentali della digital transformation di cui gli operatori di servizi elettronici, digitali, telematici, quali ad esempio le società di Facebook, Google, Apple, Microsoft, sono attori centrali dai rilevanti profitti a livello globale;
    la recente chiusura della contestazione fiscale nei confronti di Facebook Italy S.r.l. ha determinato per la società del gruppo un versamento complessivo di 100,4 milioni di euro per gli anni dal 2010 al 2016;
    secondo lo studio « Software & web companies» realizzato nel 2017 da Mediobanca, tra il 2012 e il 2016 grandi operatori della cosiddetta Internet economy avrebbero versato circa 46 miliardi di euro di tasse in meno grazie al ricorso alla tassazione in paradisi fiscali e ai vari sistemi di elusione fiscale. Un risparmio di 11,5 miliardi nel solo 2016. Vale la pena richiamare che secondo lo stesso report nel 2016 Microsoft avrebbe risparmiato 3,6 miliardi di euro (4,5 per cento del fatturato), Alphabet 2,5 miliardi (2,9 per cento) e Facebook di 1,5 miliardi;
    il legislatore italiano, già a partire dal 2014, è intervenuto in materia di tassazione in Italia dei redditi riconducibili alle multinazionali della digital economy. In sede di conversione del decreto-legge n. 50 del 2017 è stato introdotto un istituto, di comunicazione e cooperazione rafforzata, rivolto alle imprese non residenti che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 50 miliardi di euro e che svolgono in Italia attività economiche suscettibili di configurare, nel loro complesso, una stabile organizzazione sul territorio dello Stato;
    con legge n. 205 del 2017, articolo 1 dal comma 1011 al comma 1019 (bilancio 2018), è stata introdotta una imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici e rese nei confronti di soggetti residenti, qualificabili sostituti di imposta, nonché di stabili organizzazioni di soggetti non residenti situate nel territorio dello Stato;
    ai fini della tassazione, tali prestazioni di servizi sono soggette a prelievo fiscale pari al 3 per cento del corrispettivo dovuto per ciascuna prestazione, al netto dell'imposta sul valore aggiunto; importo che deve essere prelevato dai soggetti committenti dei servizi, con obbligo di rivalsa sui prestatori, all'atto del pagamento del corrispettivo, e successivamente versata all'erario. Le richiamate fattispecie imponibili, ai sensi del comma 1012 della predetta legge istitutiva, avrebbero dovuto essere individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 30 aprile 2018; allo stato attuale, l'adozione del decreto attuativo risulterebbe ancora in fase di istruttoria,

impegna il Governo

ad adottare in tempi brevi e senza ulteriori ritardi, anche considerata la necessità di individuare le dovute fattispecie di servizi internet da sottoporre a tassazione anche al fine di meglio contrastare l'elusione e l'evasione fiscale da parte dei grandi operatori che offrono tali servizi, il decreto ministeriale di cui in premessa.
9/1334-AR/241Bergamini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 102 a 136 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca misure per l'intelligenza artificiale, blockchain e internet of things quali elementi fondamentali della digital transformation di cui gli operatori di servizi elettronici, digitali, telematici, quali ad esempio le società di Facebook, Google, Apple, Microsoft, sono attori centrali dai rilevanti profitti a livello globale;
    la recente chiusura della contestazione fiscale nei confronti di Facebook Italy S.r.l. ha determinato per la società del gruppo un versamento complessivo di 100,4 milioni di euro per gli anni dal 2010 al 2016;
    secondo lo studio « Software & web companies» realizzato nel 2017 da Mediobanca, tra il 2012 e il 2016 grandi operatori della cosiddetta Internet economy avrebbero versato circa 46 miliardi di euro di tasse in meno grazie al ricorso alla tassazione in paradisi fiscali e ai vari sistemi di elusione fiscale. Un risparmio di 11,5 miliardi nel solo 2016. Vale la pena richiamare che secondo lo stesso report nel 2016 Microsoft avrebbe risparmiato 3,6 miliardi di euro (4,5 per cento del fatturato), Alphabet 2,5 miliardi (2,9 per cento) e Facebook di 1,5 miliardi;
    il legislatore italiano, già a partire dal 2014, è intervenuto in materia di tassazione in Italia dei redditi riconducibili alle multinazionali della digital economy. In sede di conversione del decreto-legge n. 50 del 2017 è stato introdotto un istituto, di comunicazione e cooperazione rafforzata, rivolto alle imprese non residenti che appartengono a gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a 50 miliardi di euro e che svolgono in Italia attività economiche suscettibili di configurare, nel loro complesso, una stabile organizzazione sul territorio dello Stato;
    con legge n. 205 del 2017, articolo 1 dal comma 1011 al comma 1019 (bilancio 2018), è stata introdotta una imposta sulle transazioni digitali relative a prestazioni di servizi effettuate tramite mezzi elettronici e rese nei confronti di soggetti residenti, qualificabili sostituti di imposta, nonché di stabili organizzazioni di soggetti non residenti situate nel territorio dello Stato;
    ai fini della tassazione, tali prestazioni di servizi sono soggette a prelievo fiscale pari al 3 per cento del corrispettivo dovuto per ciascuna prestazione, al netto dell'imposta sul valore aggiunto; importo che deve essere prelevato dai soggetti committenti dei servizi, con obbligo di rivalsa sui prestatori, all'atto del pagamento del corrispettivo, e successivamente versata all'erario. Le richiamate fattispecie imponibili, ai sensi del comma 1012 della predetta legge istitutiva, avrebbero dovuto essere individuate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro il 30 aprile 2018; allo stato attuale, l'adozione del decreto attuativo risulterebbe ancora in fase di istruttoria,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare in tempi brevi e senza ulteriori ritardi, anche considerata la necessità di individuare le dovute fattispecie di servizi internet da sottoporre a tassazione anche al fine di meglio contrastare l'elusione e l'evasione fiscale da parte dei grandi operatori che offrono tali servizi, il decreto ministeriale di cui in premessa.
9/1334-AR/241. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bergamini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 138 a 146 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca l'istituzione dei fondi per i cosiddetti reddito e pensione di cittadinanza, nonché per la revisione del sistema pensionistico;
    nelle medesime disposizioni, in particolare al comma 139 dell'articolo 1, la riforma del sistema pensionistico è rinviata a futuri e non ben definiti interventi normativi in merito ai quali non è stato possibile recuperare alcuna informazione dettagliata nel corso delle audizioni e dell'esame del provvedimento;
    la necessità di intervenire al fine di permettere il pieno accesso al diritto alla pensione è da tempo ormai evidente e improcrastinabile. Ulteriori ritardi nell'attuazione delle norme di modifica all'attuale sistema pensionistico significherebbe prolungare la macelleria sociale inaugurata nel 2012; il punto di equilibrio da individuare è quello tra il contenimento della spesa pubblica e quello del riconoscimento del diritto di scegliere quando andare in pensione. In tal senso sarebbe opportuno individuare un meccanismo non oneroso per le casse pubbliche ma che permetta a chi raggiunge una certa età anagrafica di poter accedere ad un trattamento pensionistico in linea con quanto versato e con il valore corrispettivo di tale capitale parimenti a quanto accade per il calcolo delle rendite vitalizie applicato nel caso di assicurazioni private, e le cosiddette pensioni integrative o complementari,

impegna il Governo

a prevedere, nelle more dell'applicazione delle disposizioni richiamate al comma 139 dell'articolo 1 (ex articolo 21, comma 2), un intervento legislativo volto a permettere l'accesso al trattamento pensionistico, in via facoltativa, al compimento dell'età di 60 anni in modo tale da calcolare l'importo mensile di pensione applicando le tabelle attuariali di conversione in rendita vitalizia già in uso per le assicurazioni private, e per le cosiddette pensioni integrative o complementari, definendo una rata di importo mensile a scalare a copertura del periodo intercorrente tra la data di anticipo pensionistico e quella di effettivo pensionamento come previsto dalla normativa vigente, al fine di non recare ulteriori oneri sulla finanza pubblica.
9/1334-AR/242Fatuzzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 138 a 146 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca l'istituzione dei fondi per i cosiddetti reddito e pensione di cittadinanza, nonché per la revisione del sistema pensionistico;
    nelle medesime disposizioni, in particolare al comma 141 dell'articolo 1, recante le modifiche introdotte nel corso dell'esame in V Commissione, si dispone l'autorizzazione per le regioni di assumere, per l'anno 2019, fino a 4.000 unità complessive da destinare ai centri per l'impiego; il disegno di legge in esame reca altresì, come introdotto per mezzo di un emendamento dei Relatori, al comma 184 e seguenti la stabilizzazione dei lavoratori precari dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA);
    l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) istituita con decreto legislativo n. 150 del 2015 a decorrere dal 2017 è socio unico di ANPAL Servizi S.p.A.;
    ANPAL Servizi S.p.A. opera sotto il controllo di ANPAL che ne determina indirizzi e obiettivi per la promozione dell'occupazione in Italia e all'estero e supporta la medesima Agenzia nella realizzazione delle politiche attive del lavoro a favore di persone in cerca di occupazione; nel rafforzamento dei servizi per l'impiego a favore delle fasce particolarmente svantaggiate (migranti, vittime di tratta e sfruttamento lavorativo, persone svantaggiate ai sensi della legge n. 381 del 1991 e del decreto legislativo n. 276 del 2003 e beneficiari del reddito di inclusione) e nella ricollocazione dei disoccupati in NASPI, in DIS-COLL per collaboratori e precari;
    attualmente in ANPAL Servizi S.p.A. sono impiegati oltre 650 lavoratrici e lavoratori che svolgono prevalentemente attività di assistenza tecnica presso i centri per l'impiego su tutto il territorio nazionale;
    questo personale è assunto in parte con contratti di lavoro a tempo determinato e in gran parte con contratti di collaborazione descrivendo un evidente paradosso considerato che proprio chi opera nei centri per l'impiego a supporto dei servizi per il lavoro e per i disoccupati e i precari si trova ad essere egli stesso un precario dall'incerto futuro,

impegna il Governo

a prevedere che per l'assunzione delle 4.000 unità di personale di cui in premessa le regioni debbano reclutare in via prioritaria e con riserva di posti il personale in servizio presso ANPAL Servizi S.p.A. già impiegato per lo svolgimento delle attività presso i centri per l'impiego nei vari territori regionali.
9/1334-AR/243Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 138 a 146 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca l'istituzione dei fondi per i cosiddetti reddito e pensione di cittadinanza, nonché per la revisione del sistema pensionistico;
    nelle medesime disposizioni, in particolare al comma 141 dell'articolo 1, recante le modifiche introdotte nel corso dell'esame in V Commissione, si dispone l'autorizzazione per le regioni di assumere, per l'anno 2019, fino a 4.000 unità complessive da destinare ai centri per l'impiego; il disegno di legge in esame reca altresì, come introdotto per mezzo di un emendamento dei Relatori, al comma 184 e seguenti la stabilizzazione dei lavoratori precari dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA);
    l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) istituita con decreto legislativo n. 150 del 2015 a decorrere dal 2017 è socio unico di ANPAL Servizi S.p.A.;
    ANPAL Servizi S.p.A. opera sotto il controllo di ANPAL che ne determina indirizzi e obiettivi per la promozione dell'occupazione in Italia e all'estero e supporta la medesima Agenzia nella realizzazione delle politiche attive del lavoro a favore di persone in cerca di occupazione; nel rafforzamento dei servizi per l'impiego a favore delle fasce particolarmente svantaggiate (migranti, vittime di tratta e sfruttamento lavorativo, persone svantaggiate ai sensi della legge n. 381 del 1991 e del decreto legislativo n. 276 del 2003 e beneficiari del reddito di inclusione) e nella ricollocazione dei disoccupati in NASPI, in DIS-COLL per collaboratori e precari;
    attualmente in ANPAL Servizi S.p.A. sono impiegati oltre 650 lavoratrici e lavoratori che svolgono prevalentemente attività di assistenza tecnica presso i centri per l'impiego su tutto il territorio nazionale;
    questo personale è assunto in parte con contratti di lavoro a tempo determinato e in gran parte con contratti di collaborazione descrivendo un evidente paradosso considerato che proprio chi opera nei centri per l'impiego a supporto dei servizi per il lavoro e per i disoccupati e i precari si trova ad essere egli stesso un precario dall'incerto futuro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere che per l'assunzione delle 4.000 unità di personale di cui in premessa le regioni debbano reclutare in via prioritaria e con riserva di posti il personale in servizio presso ANPAL Servizi S.p.A. già impiegato per lo svolgimento delle attività presso i centri per l'impiego nei vari territori regionali.
9/1334-AR/243. (Testo modificato nel corso della seduta)  Polverini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 138 a 146 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca l'istituzione dei fondi per i cosiddetti reddito e pensione di cittadinanza, nonché per la revisione del sistema pensionistico;
    nelle idee del Governo e in particolar modo nella maggiore delle due formazioni politiche che lo sostengono c’è la convinzione che adottare una misura assistenzialistica volta a garantire un mero strumento di sostegno finanziario alle persone possa rappresentare un valido modo per promuovere l'occupazione;
    la storia delle politiche passive del lavoro, come quella di numerosi casi di ammortizzatori sociali del passato, ha dimostrato come queste misure non abbiano mai avuto una ricaduta positiva sul mercato del lavoro e anzi hanno prodotto gravi sacche di inoccupazione e di quelli che oggi sono definiti NEET: persone che non sono occupate, non sono in formazione e non cercano lavoro;
    svariati interventi, di brevissima durata, sono stati adottati dai vari governi nel corso della XVII legislatura e confermati in minima parte nel corso dell'anno 2018, per ridurre il costo del lavoro prevedendo sgravi contributivi in favore dei datori di lavoro. Si è trattato di interventi che non hanno avuto l'impatto sperato e che comunque hanno fatto registrate miglioramenti solo per il breve periodo della loro applicazione;
    al tempo stesso la previsione di un bonus di poche decine di euro mensili per i redditi più bassi ha parimenti mancato l'obiettivo di incrementare i consumi privati, rappresentando per il solo primo anno di applicazione un incremento artificioso della fiducia delle persone crollato subito dopo;
    l'Italia, tra i paesi sviluppati, si attesta tra quelli che presentano elevati costi del lavoro e altrettanto elevata pressione fiscale. A detta di numerosi esperti questo pericoloso combinato disposto sarebbe alla base dello scarso tasso di occupazione nonché causa della riduzione dei consumi e della produzione nostrana, particolarmente decresciuti dal 2008, nonostante la ripresa a livello internazionale che si registra dal 2017,

impegna il Governo

a prevedere, con urgenza, interventi normativi volti a ridurre concretamente il cosiddetto cuneo fiscale e quello contributivo prevedendo sconti contributivi sia in favore del datore e del lavoratore assunto di durata almeno quinquennale a partire dalla data di assunzione, e al tempo stesso in combinazione con la predetta misura, la previsione di interventi di riduzione sull'Irpef finalizzati a aumentare l'importo delle buste paga in favore dei lavoratori, con l'obiettivo complessivo di incentivare l'occupazione e i consumi.
9/1334-AR/244Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 21 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 138 a 146 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca l'istituzione dei fondi per i cosiddetti reddito e pensione di cittadinanza, nonché per la revisione del sistema pensionistico;
    nelle idee del Governo e in particolar modo nella maggiore delle due formazioni politiche che lo sostengono c’è la convinzione che adottare una misura assistenzialistica volta a garantire un mero strumento di sostegno finanziario alle persone possa rappresentare un valido modo per promuovere l'occupazione;
    la storia delle politiche passive del lavoro, come quella di numerosi casi di ammortizzatori sociali del passato, ha dimostrato come queste misure non abbiano mai avuto una ricaduta positiva sul mercato del lavoro e anzi hanno prodotto gravi sacche di inoccupazione e di quelli che oggi sono definiti NEET: persone che non sono occupate, non sono in formazione e non cercano lavoro;
    svariati interventi, di brevissima durata, sono stati adottati dai vari governi nel corso della XVII legislatura e confermati in minima parte nel corso dell'anno 2018, per ridurre il costo del lavoro prevedendo sgravi contributivi in favore dei datori di lavoro. Si è trattato di interventi che non hanno avuto l'impatto sperato e che comunque hanno fatto registrate miglioramenti solo per il breve periodo della loro applicazione;
    al tempo stesso la previsione di un bonus di poche decine di euro mensili per i redditi più bassi ha parimenti mancato l'obiettivo di incrementare i consumi privati, rappresentando per il solo primo anno di applicazione un incremento artificioso della fiducia delle persone crollato subito dopo;
    l'Italia, tra i paesi sviluppati, si attesta tra quelli che presentano elevati costi del lavoro e altrettanto elevata pressione fiscale. A detta di numerosi esperti questo pericoloso combinato disposto sarebbe alla base dello scarso tasso di occupazione nonché causa della riduzione dei consumi e della produzione nostrana, particolarmente decresciuti dal 2008, nonostante la ripresa a livello internazionale che si registra dal 2017,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere, con urgenza, interventi normativi volti a ridurre concretamente il cosiddetto cuneo fiscale e quello contributivo prevedendo sconti contributivi sia in favore del datore e del lavoratore assunto di durata almeno quinquennale a partire dalla data di assunzione, e al tempo stesso in combinazione con la predetta misura, la previsione di interventi di riduzione sull'Irpef finalizzati a aumentare l'importo delle buste paga in favore dei lavoratori, con l'obiettivo complessivo di incentivare l'occupazione e i consumi.
9/1334-AR/244. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zangrillo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 79 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 594 a 625 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca esigenze emergenziali;
    la Liguria dopo il drammatico incidente del crollo del Ponte Morandi ha subito gli effetti dei gravi eventi meteorologici che hanno recato ingenti danni lungo tutta la costa costituendo di fatto una condizione emergenziale continuativa dall'agosto 2018;
    il danneggiamento e il crollo del Molo Lungo di Oneglia della città di Imperia duramente colpito dalle mareggiate rappresenta l'immagine simbolo dei danni subiti da un territorio già martoriato; con Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile 15 novembre 2018, n. 558 sono stati assegnati 53,5 milioni di euro per gli interventi di ben dieci regioni (Calabria, Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Sardegna, Siciliana, Veneto) e delle Province autonome di Trento e Bolzano, colpite dagli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal mese di ottobre 2018;
    il 22 novembre 2018 il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, annunciava che per le medesime finalità sarebbero stati stanziati ulteriori 200 milioni di euro;
    per la Regione Liguria l'importo necessario per affrontare tutte le priorità di protezione civile legate agli eventi sopra richiamati ammonterebbe ad almeno 22 milioni di euro, in considerazione peraltro dell'importo iniziale di almeno 7,5 milioni di euro per gli interventi di messa in sicurezza e ricostruzione del Molo Lungo di Oneglia di Imperia, come tra l'altro stimato dagli uffici tecnici dello stesso Comune,

impegna il Governo

a provvedere tempestivamente al riconoscimento di almeno 22 milioni di euro per la Regione Liguria al fine di permettere la realizzazione del piano di interventi predisposto dal commissario delegato e in particolar modo le operazioni di messa in sicurezza e ricostruzione del Molo Lungo di Oneglia della città di Imperia.
9/1334-AR/245Mulè.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 79 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi da 594 a 625 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca esigenze emergenziali;
    la Liguria dopo il drammatico incidente del crollo del Ponte Morandi ha subito gli effetti dei gravi eventi meteorologici che hanno recato ingenti danni lungo tutta la costa costituendo di fatto una condizione emergenziale continuativa dall'agosto 2018;
    il danneggiamento e il crollo del Molo Lungo di Oneglia della città di Imperia duramente colpito dalle mareggiate rappresenta l'immagine simbolo dei danni subiti da un territorio già martoriato; con Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile 15 novembre 2018, n. 558 sono stati assegnati 53,5 milioni di euro per gli interventi di ben dieci regioni (Calabria, Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Sardegna, Siciliana, Veneto) e delle Province autonome di Trento e Bolzano, colpite dagli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal mese di ottobre 2018;
    il 22 novembre 2018 il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, annunciava che per le medesime finalità sarebbero stati stanziati ulteriori 200 milioni di euro;
    per la Regione Liguria l'importo necessario per affrontare tutte le priorità di protezione civile legate agli eventi sopra richiamati ammonterebbe ad almeno 22 milioni di euro, in considerazione peraltro dell'importo iniziale di almeno 7,5 milioni di euro per gli interventi di messa in sicurezza e ricostruzione del Molo Lungo di Oneglia di Imperia, come tra l'altro stimato dagli uffici tecnici dello stesso Comune,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a provvedere tempestivamente al riconoscimento di almeno 22 milioni di euro per la Regione Liguria al fine di permettere la realizzazione del piano di interventi predisposto dal commissario delegato e in particolar modo le operazioni di messa in sicurezza e ricostruzione del Molo Lungo di Oneglia della città di Imperia.
9/1334-AR/245. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mulè.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi 56 e 57 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca disposizioni relative al canone RAI per uso privato nonché alle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione rispetto alle somme già iscritte a tale titolo nel bilancio di previsione per il 2016, cosiddetto extra gettito, derivante dalle nuove modalità di riscossione del canone, con l'addebito dello stesso nella bolletta elettrica;
    le eventuali maggiore entrate, di cui all'articolo 1, comma 160 della legge n. 208 del 2015 (Stabilità 2016), secondo le modifiche recate dal disegno di legge, saranno riversate per una quota pari al 50 per cento alla stessa RAI e per quota analoga all'Erario a decorrere dal 2017 e non più come previsto a normativa vigente solo per gli anni 2017 e 2018;
    tale importo è destinato a tre tipologie di interventi: a) ampliamento della soglia reddituale prevista ai fini della esenzione del canone RAI per persone di età pari o superiore ai 75 anni; b) finanziare il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione a sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiotelevisiva locale, fino a 125 milioni di euro; c) finanziare il Fondo per la riduzione della pressione fiscale,

impegna il Governo:

   ad adottare misure volte ad escludere dal versamento del canone RAI nelle realtà territoriali per i quali non è garantita la copertura del segnale radio-televisivo;
   ad assumere iniziative volte a riservare, per un periodo di tre anni, una quota delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone RAI, non inferiore all'1 per cento dell'ammontare complessivo, al fine di promuovere l'istituzione nella sede RAI della città di Torino di un Polo internazionale specializzato nella formazione di figure professionali del settore radio-televisivo digitale.
9/1334-AR/246Rosso, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi 56 e 57 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca disposizioni relative al canone RAI per uso privato nonché alle eventuali maggiori entrate versate a titolo di canone di abbonamento alla televisione rispetto alle somme già iscritte a tale titolo nel bilancio di previsione per il 2016, cosiddetto extra gettito, derivante dalle nuove modalità di riscossione del canone, con l'addebito dello stesso nella bolletta elettrica;
    le eventuali maggiore entrate, di cui all'articolo 1, comma 160 della legge n. 208 del 2015 (Stabilità 2016), secondo le modifiche recate dal disegno di legge, saranno riversate per una quota pari al 50 per cento alla stessa RAI e per quota analoga all'Erario a decorrere dal 2017 e non più come previsto a normativa vigente solo per gli anni 2017 e 2018;
    tale importo è destinato a tre tipologie di interventi: a) ampliamento della soglia reddituale prevista ai fini della esenzione del canone RAI per persone di età pari o superiore ai 75 anni; b) finanziare il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione a sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiotelevisiva locale, fino a 125 milioni di euro; c) finanziare il Fondo per la riduzione della pressione fiscale,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   ad adottare misure volte ad escludere dal versamento del canone RAI nelle realtà territoriali per i quali non è garantita la copertura del segnale radio-televisivo;
   ad assumere iniziative volte a riservare, per un periodo di tre anni, una quota delle eventuali maggiori entrate derivanti dal canone RAI, non inferiore all'1 per cento dell'ammontare complessivo, al fine di promuovere l'istituzione nella sede RAI della città di Torino di un Polo internazionale specializzato nella formazione di figure professionali del settore radio-televisivo digitale.
9/1334-AR/246. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rosso, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge di bilancio 2019 mancano misure destinate a sostenere lo spettacolo dal vivo;
    ad oggi, il decreto 1o luglio 2014 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – «Nuovi criteri per l'erogazione e modalità per la liquidazione e l'anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163» si limita, nei propri obiettivi strategici del sostegno allo spettacolo dal vivo, definiti al Capo I articolo 2, ad essere applicato nei confronti delle attività di spettacolo dal vivo a carattere professionale relative alla produzione, programmazione e promozione;
    questo risulta insufficiente se si considera che tale limitazione esclude dalle possibilità di finanziamento del Fondo unico per lo spettacolo, ogni tipo di realtà associativa, ivi comprese quelle di certificata valenza culturale e sociale, come nel caso delle Bande Musicali;
    si ritiene pertanto necessario ampliare la disposizione comprendendo le Bande Musicali legalmente costituite e regolarmente iscritte e riconosciute dal Mibact tramite gli albi regionali istituiti presso ogni Regione o Provincia Autonoma, già di fatto rispondenti alle caratteristiche enunciate dagli articoli successivi del decreto medesimo, ma escluse nella forma dal comma 1 dell'articolo 2;
    in particolare, le Bande Musicali rispondono con perfetta armonia a quanto richiesto in particolare al comma 2, lettera c) dell'articolo 2, essendo primi formatori nella filiera della Musica, affermazione che trova dimostrazione nei professori d'Orchestra di strumenti a fiato, nella quasi totalità provenienti dalle scuole delle Bande Musicali, e al comma 5. B) lettere 4) 6) 7) dell'articolo 3, che definiscono gli ambiti «complessi strumentali e complessi strumentali giovanili», «programmazione di attività concertistiche e corali» e «festival» come ammissibili per le domande di finanziamento di progetto triennale e dei programmi annuali;
    sempre in relazione alle Bande musicali, va rilevato che il decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117 «Codice del Terzo settore» non consente alle Bande Musicali attive in Italia, anche quelle riconosciute dal Ministero per i beni e le attività culturali, di accedere ai fondi del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), nonostante il Codice dello Spettacolo approvato a novembre 2017 specifichi, all'articolo 1, che «La Repubblica riconosce altresì: a) il valore delle pratiche artistiche a carattere amatoriale, ivi inclusi i complessi bandistici e le formazioni teatrali e di danza, quali fattori di crescita socio-culturale», creando un punto di contrasto con il decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117;
    pertanto, è opportuno che, senza alterare l'equilibrio né gli obiettivi della Riforma del Terzo Settore e senza implicare alcun aumento di spese da parte dello Stato, si consenta alle Bande Musicali italiane riconosciute dal Mibact di continuare a beneficiare della legge n. 398 e dell'articolo 67 comma m) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, essendo queste realtà di prima formazione nella filiera della Musica (ottemperando così all'obiettivo di un ricambio generazionale degli artisti) e operando su tutto il territorio nazionale e internazionale (tramite gemellaggi) con circa 180.000 strumentisti (30 elementi ciascuno per una presenza stimata di 6.000 Bande Musicali attive in Italia) e circa 120.000 allievi, che contribuiscono a solennizzare ogni appuntamento importante nella vita delle nostre comunità, anche e in particolare quelle più piccole, per un conteggio stimato tra le 48.000 e i 54.000 manifestazioni all'anno e 22.000 concerti. Numeri tali da giustificare la parificazione delle Bande Musicali, pur se di natura associazionistica, alle realtà professionistiche del mondo dello Spettacolo e l'accesso ai relativi contributi,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di adottare ogni opportuna iniziativa volta a sostenere lo spettacolo dal vivo, anche ampliando le possibilità di finanziamento del Fondo unico per lo spettacolo, estendendolo alle Bande Musicali legalmente costituite e regolarmente iscritte e riconosciute dal Mibact;
   a valutare la possibilità di adottare ogni opportuna iniziativa volta ad applicare alle Bande Musicali la medesima disciplina fiscale prevista per le associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte al registro Coni.
9/1334-AR/247Vietina, Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge di bilancio 2019 mancano misure destinate a sostenere lo spettacolo dal vivo;
    ad oggi, il decreto 1o luglio 2014 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – «Nuovi criteri per l'erogazione e modalità per la liquidazione e l'anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163» si limita, nei propri obiettivi strategici del sostegno allo spettacolo dal vivo, definiti al Capo I articolo 2, ad essere applicato nei confronti delle attività di spettacolo dal vivo a carattere professionale relative alla produzione, programmazione e promozione;
    questo risulta insufficiente se si considera che tale limitazione esclude dalle possibilità di finanziamento del Fondo unico per lo spettacolo, ogni tipo di realtà associativa, ivi comprese quelle di certificata valenza culturale e sociale, come nel caso delle Bande Musicali;
    si ritiene pertanto necessario ampliare la disposizione comprendendo le Bande Musicali legalmente costituite e regolarmente iscritte e riconosciute dal Mibact tramite gli albi regionali istituiti presso ogni Regione o Provincia Autonoma, già di fatto rispondenti alle caratteristiche enunciate dagli articoli successivi del decreto medesimo, ma escluse nella forma dal comma 1 dell'articolo 2;
    in particolare, le Bande Musicali rispondono con perfetta armonia a quanto richiesto in particolare al comma 2, lettera c) dell'articolo 2, essendo primi formatori nella filiera della Musica, affermazione che trova dimostrazione nei professori d'Orchestra di strumenti a fiato, nella quasi totalità provenienti dalle scuole delle Bande Musicali, e al comma 5. B) lettere 4) 6) 7) dell'articolo 3, che definiscono gli ambiti «complessi strumentali e complessi strumentali giovanili», «programmazione di attività concertistiche e corali» e «festival» come ammissibili per le domande di finanziamento di progetto triennale e dei programmi annuali;
    sempre in relazione alle Bande musicali, va rilevato che il decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117 «Codice del Terzo settore» non consente alle Bande Musicali attive in Italia, anche quelle riconosciute dal Ministero per i beni e le attività culturali, di accedere ai fondi del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo), nonostante il Codice dello Spettacolo approvato a novembre 2017 specifichi, all'articolo 1, che «La Repubblica riconosce altresì: a) il valore delle pratiche artistiche a carattere amatoriale, ivi inclusi i complessi bandistici e le formazioni teatrali e di danza, quali fattori di crescita socio-culturale», creando un punto di contrasto con il decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117;
    pertanto, è opportuno che, senza alterare l'equilibrio né gli obiettivi della Riforma del Terzo Settore e senza implicare alcun aumento di spese da parte dello Stato, si consenta alle Bande Musicali italiane riconosciute dal Mibact di continuare a beneficiare della legge n. 398 e dell'articolo 67 comma m) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, essendo queste realtà di prima formazione nella filiera della Musica (ottemperando così all'obiettivo di un ricambio generazionale degli artisti) e operando su tutto il territorio nazionale e internazionale (tramite gemellaggi) con circa 180.000 strumentisti (30 elementi ciascuno per una presenza stimata di 6.000 Bande Musicali attive in Italia) e circa 120.000 allievi, che contribuiscono a solennizzare ogni appuntamento importante nella vita delle nostre comunità, anche e in particolare quelle più piccole, per un conteggio stimato tra le 48.000 e i 54.000 manifestazioni all'anno e 22.000 concerti. Numeri tali da giustificare la parificazione delle Bande Musicali, pur se di natura associazionistica, alle realtà professionistiche del mondo dello Spettacolo e l'accesso ai relativi contributi,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare la possibilità di adottare ogni opportuna iniziativa volta a sostenere lo spettacolo dal vivo, anche ampliando le possibilità di finanziamento del Fondo unico per lo spettacolo, estendendolo alle Bande Musicali legalmente costituite e regolarmente iscritte e riconosciute dal Mibact;
   a valutare la possibilità di adottare ogni opportuna iniziativa volta ad applicare alle Bande Musicali la medesima disciplina fiscale prevista per le associazioni e società sportive dilettantistiche iscritte al registro Coni.
9/1334-AR/247. (Testo modificato nel corso della seduta)  Vietina, Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge di bilancio 2019 mancano misure destinate ad incrementare l'occupazione femminile; l'Italia in Europa è tra i paesi con i tassi di occupazione femminile tra i 20 e i 64 anni più bassi, registrando un tasso pari a circa il 50 per cento. Peggio del nostro Paese, nell'Unione europea, è solo la Grecia. Nel Mezzogiorno, peraltro, la situazione risulta ancora più preoccupante: le regioni meridionali sono collocate in posizioni gravemente svantaggiate rispetto alle altre europee, con Puglia, Calabria, Campania e Sicilia nelle ultime quattro posizioni, con valori del tasso di occupazione intorno al 30 per cento, di circa 35 punti inferiori alla media europea e sensibilmente distanti da quelle del Centro-Nord;
    negli ultimi dieci anni, la presenza femminile sul mercato del lavoro è, infatti, aumentata, ma non a sufficienza per segnare una vera inversione di marcia rispetto al passato. Peraltro, nonostante meno della metà delle italiane non abbia un lavoro, il tasso di fecondità è inferiore a quello della media dei paesi sviluppati – 1,4 contro 1,6 – a dimostrazione che l'occupazione femminile non incide in senso negativo sulla natalità, semmai la favorisce;
    più donne occupate significa, in sostanza, più crescita. Se il tasso di occupazione femminile italiano salisse al 60 per cento, ovvero alla media europea, la ricchezza per abitante aumenterebbe di circa un punto percentuale l'anno un contributo importante per un'economia come la nostra con una crescita metà della media europea;
    già nello scorso mese di agosto, sempre con un ordine del giorno accolto dal Governo, si era inteso impegnare l'esecutivo a valutare l'opportunità di adottare sul punto apposite iniziative di carattere normativo sin dall'approvazione del disegno di legge di bilancio 2019,

impegna il Governo

ad adottare quanto prima apposite iniziative di carattere normativo volte all'introduzione di misure di sostegno e agevolazione fiscale nei confronti delle imprese operanti nelle regioni italiane in cui è più basso il tasso di occupazione femminile, come annualmente riportato dall'ISTAT, che incrementino il numero complessivo delle assunzioni di personale.
9/1334-AR/248Carfagna, Boldrini.


   La Camera,
   premesso che:
    il Fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario è stato istituito con articolo 1, comma 301 della legge n. 228 del 2012;
    fino all'entrata in vigore delle disposizioni contenute dall'articolo 27, comma da 1 a 8 del decreto-legge n. 50 del 2017, il meccanismo di quantificazione del Fondo che era ancorato al gettito delle accise su benzina e gasolio, mentre a decorrere dal 2018 il Fondo TPL è stato fissato inizialmente in 4.932,6 milioni di euro per poi essere ridotte per gli anni 2019 e 2020;
    la ratio del nuovo meccanismo di finanziamento del Fondo con quota fissa per quanto ben accolta può rappresentare un limite dal punto di vista finanziario in considerazione del fatto che attualmente tali importi non risultano adeguati all'indice ISTAT e pertanto le somme rischiano di perdere il loro valore effettivo nel corso del tempo, nonostante i soggetti beneficiari invece debbano sottostare all'andamento dei prezzi e alle fluttuazioni del mercato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative di propria competenza volte a indicizzare la quota fissa del Fondo TPL, di cui in premessa, ai prezzi al consumo rilevati da ISTAT.
9/1334-AR/249Siracusano.


   La Camera,
   premesso che:
    il Fondo per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario è stato istituito con articolo 1, comma 301 della legge n. 228 del 2012;
    fino all'entrata in vigore delle disposizioni contenute dall'articolo 27, comma da 1 a 8 del decreto-legge n. 50 del 2017, il meccanismo di quantificazione del Fondo che era ancorato al gettito delle accise su benzina e gasolio, mentre a decorrere dal 2018 il Fondo TPL è stato fissato inizialmente in 4.932,6 milioni di euro per poi essere ridotte per gli anni 2019 e 2020;
    la ratio del nuovo meccanismo di finanziamento del Fondo con quota fissa per quanto ben accolta può rappresentare un limite dal punto di vista finanziario in considerazione del fatto che attualmente tali importi non risultano adeguati all'indice ISTAT e pertanto le somme rischiano di perdere il loro valore effettivo nel corso del tempo, nonostante i soggetti beneficiari invece debbano sottostare all'andamento dei prezzi e alle fluttuazioni del mercato,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di assumere iniziative di propria competenza volte a indicizzare la quota fissa del Fondo TPL, di cui in premessa, ai prezzi al consumo rilevati da ISTAT.
9/1334-AR/249. (Testo modificato nel corso della seduta)  Siracusano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 51 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi 407 e 408 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca modifiche al testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175;
    in particolare l'articolo 4 del decreto legislativo reca finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche;
    è ormai manifesta la necessità di ricercare e sperimentare in campo nuovi prodotti ecosostenibili oltre ad implementare l'attività di ricerca nei trattamenti fitosanitari sulle o lungo le linee ferroviarie e sulle o lungo le strade e autostrade di interesse nazionale, nonché l'importanza di incentivare la ricerca di settore senza costi a carico dello Stato;
    appare fondamentale, anche in linea dei recenti sviluppi in ambito ambientale ed ecologico, ampliare la tutela ambientale del territorio circostante le reti infrastrutturali e la tutela delle aree caratterizzate da vulnerabilità specifica, nonché la tutela delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, compresi i siti della Rete Natura 2000,

impegna il Governo

ad assumere le necessarie iniziative, anche di natura normativa, per consentire ai soggetti pubblici ed alle società concessionarie a partecipazione pubblica che gestiscono reti infrastrutturali di costituire nuove società miste a maggioranza pubblica.
9/1334-AR/250Sozzani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 51 del disegno di legge presentato alla Camera, ora riferito ai commi 407 e 408 dell'articolo 1 nel testo in esame, reca modifiche al testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175;
    in particolare l'articolo 4 del decreto legislativo reca finalità perseguibili mediante l'acquisizione e la gestione di partecipazioni pubbliche;
    è ormai manifesta la necessità di ricercare e sperimentare in campo nuovi prodotti ecosostenibili oltre ad implementare l'attività di ricerca nei trattamenti fitosanitari sulle o lungo le linee ferroviarie e sulle o lungo le strade e autostrade di interesse nazionale, nonché l'importanza di incentivare la ricerca di settore senza costi a carico dello Stato;
    appare fondamentale, anche in linea dei recenti sviluppi in ambito ambientale ed ecologico, ampliare la tutela ambientale del territorio circostante le reti infrastrutturali e la tutela delle aree caratterizzate da vulnerabilità specifica, nonché la tutela delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, compresi i siti della Rete Natura 2000,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad assumere le necessarie iniziative, anche di natura normativa, per consentire ai soggetti pubblici ed alle società concessionarie a partecipazione pubblica che gestiscono reti infrastrutturali di costituire nuove società miste a maggioranza pubblica.
9/1334-AR/250. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sozzani.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema dei trasporti marittimi rappresenta una condizione fondamentale per una piena effettività del diritto alla mobilità, sancito dall'articolo 16 della Costituzione e tale condizione vale, a maggior ragione, per le isole dello Stato italiano;
    per quanto concerne la Sardegna, la condizione di insularità rappresenta uno svantaggio anche economico, in quanto limita il mercato al quale le imprese possono offrire beni e servizi e comprime le ampie potenzialità in settori di primaria importanza, come quello turistico;
    stante la normativa vigente, l'assetto dei trasporti marittimi è definito attraverso a una convenzione tra lo Stato e la compagnia di navigazione Tirrenia che scadrà nel 2020 e che, nonostante l'ingente spesa di fondi pubblici (oltre 72 milioni di euro), non ha mai garantito il diritto alla mobilità ed ha rappresentato un insopportabile limite allo sviluppo dei flussi turistici;
    questo assetto ha più volte offerto la possibilità a condotte anti-concorrenziali e a palesi violazioni delle regole del libero mercato, ricadendo in primo luogo, sulle tasche dei cittadini che hanno visto ridursi la capacità di accesso al servizio e, in secondo luogo, sul riconoscimento della specificità della Sardegna in ragione della condizione insulare;
    con sentenza 230 del 2013 la Corte Costituzionale ha riconosciuto che, in presenza di una sovrapposizione di competenze, il legislatore statale avrebbe dovuto attribuire adeguato rilievo al principio di leale collaborazione, «le cui potenzialità precettive si manifestano compiutamente negli ambiti di intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze di diversa matrice» (sentenza n. 33 del 2011). L'applicazione di questo canone – sempre secondo la Corte – impone alla legge statale di predisporre adeguate modalità di coinvolgimento delle regioni a salvaguardia delle loro competenze; come sottolinea la sentenza, inoltre, «la determinazione delle modalità e delle condizioni di svolgimento del servizio di collegamento marittimo avente ad oggetto in particolare la Regione autonoma Sardegna è espressione di un potere, sì, statale, in quanto pertinente alla concorrenza, ma che tocca direttamente un interesse differenziato della Regione e che interferisce in misura rilevante sulle scelte rientranti nelle competenze della medesima, quali il turismo e l'industria alberghiera»;
    tali modalità sono individuate dall'articolo 53 dello statuto speciale, secondo il quale «La Regione è rappresentata nella elaborazione delle tariffe ferroviarie e della regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri, marittimi ed aerei che possano direttamente interessarla» richiedendo pertanto una reale e significativa partecipazione della regione all'elaborazione delle tariffe e alla regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione con l'isola;
    una partecipazione che non appare sufficientemente garantita dalla formula «sentite le regioni interessate» della norma censurata, che si limita ad imporre la mera acquisizione del parere, risultando, invece, necessario un procedimento che assicuri un efficace coinvolgimento della regione e che evoca, quindi, la figura dell'intesa fra i due enti, tanto che la medesima Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 19, secondo periodo, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, nella parte in cui non contiene, dopo le parole «sentite le regioni interessate», le parole «e d'intesa con la Regione Sardegna»;
    ciononostante, attualmente la questione rimane irrisolta e lo strumento dell'intesa appare insufficiente a tutelare l'interesse e soddisfare le esigenze dei cittadini ad avere tariffe, frequenze e rotte adeguate a tutelare i diritti dei cittadini, a garantire un adeguato trasporto delle merci e a rappresentare un «ponte» verso la Penisola, non più un «muro» che divide la Sardegna dal resto del territorio nazionale; appare pertanto necessario e non più procrastinabile attuare anche per il trasporto marittimo il trasferimento delle finizioni come già avvenuto per quello aereo con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 e, parimenti a quel caso, le funzioni relative ai trasporti marittimi sarebbero esercitate nel pieno rispetto dei princìpi e delle norme dell'Unione europea,

impegna il Governo

ad assumere, con adeguata tempestività, misure di propria competenza per trasferire le funzioni relative alla continuità marittima alla Regione Sardegna.
9/1334-AR/251Cappellacci.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema dei trasporti marittimi rappresenta una condizione fondamentale per una piena effettività del diritto alla mobilità, sancito dall'articolo 16 della Costituzione e tale condizione vale, a maggior ragione, per le isole dello Stato italiano;
    per quanto concerne la Sardegna, la condizione di insularità rappresenta uno svantaggio anche economico, in quanto limita il mercato al quale le imprese possono offrire beni e servizi e comprime le ampie potenzialità in settori di primaria importanza, come quello turistico;
    stante la normativa vigente, l'assetto dei trasporti marittimi è definito attraverso a una convenzione tra lo Stato e la compagnia di navigazione Tirrenia che scadrà nel 2020 e che, nonostante l'ingente spesa di fondi pubblici (oltre 72 milioni di euro), non ha mai garantito il diritto alla mobilità ed ha rappresentato un insopportabile limite allo sviluppo dei flussi turistici;
    questo assetto ha più volte offerto la possibilità a condotte anti-concorrenziali e a palesi violazioni delle regole del libero mercato, ricadendo in primo luogo, sulle tasche dei cittadini che hanno visto ridursi la capacità di accesso al servizio e, in secondo luogo, sul riconoscimento della specificità della Sardegna in ragione della condizione insulare;
    con sentenza 230 del 2013 la Corte Costituzionale ha riconosciuto che, in presenza di una sovrapposizione di competenze, il legislatore statale avrebbe dovuto attribuire adeguato rilievo al principio di leale collaborazione, «le cui potenzialità precettive si manifestano compiutamente negli ambiti di intervento nei quali s'intrecciano interessi ed esigenze di diversa matrice» (sentenza n. 33 del 2011). L'applicazione di questo canone – sempre secondo la Corte – impone alla legge statale di predisporre adeguate modalità di coinvolgimento delle regioni a salvaguardia delle loro competenze; come sottolinea la sentenza, inoltre, «la determinazione delle modalità e delle condizioni di svolgimento del servizio di collegamento marittimo avente ad oggetto in particolare la Regione autonoma Sardegna è espressione di un potere, sì, statale, in quanto pertinente alla concorrenza, ma che tocca direttamente un interesse differenziato della Regione e che interferisce in misura rilevante sulle scelte rientranti nelle competenze della medesima, quali il turismo e l'industria alberghiera»;
    tali modalità sono individuate dall'articolo 53 dello statuto speciale, secondo il quale «La Regione è rappresentata nella elaborazione delle tariffe ferroviarie e della regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri, marittimi ed aerei che possano direttamente interessarla» richiedendo pertanto una reale e significativa partecipazione della regione all'elaborazione delle tariffe e alla regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione con l'isola;
    una partecipazione che non appare sufficientemente garantita dalla formula «sentite le regioni interessate» della norma censurata, che si limita ad imporre la mera acquisizione del parere, risultando, invece, necessario un procedimento che assicuri un efficace coinvolgimento della regione e che evoca, quindi, la figura dell'intesa fra i due enti, tanto che la medesima Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 19, secondo periodo, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, nella parte in cui non contiene, dopo le parole «sentite le regioni interessate», le parole «e d'intesa con la Regione Sardegna»;
    ciononostante, attualmente la questione rimane irrisolta e lo strumento dell'intesa appare insufficiente a tutelare l'interesse e soddisfare le esigenze dei cittadini ad avere tariffe, frequenze e rotte adeguate a tutelare i diritti dei cittadini, a garantire un adeguato trasporto delle merci e a rappresentare un «ponte» verso la Penisola, non più un «muro» che divide la Sardegna dal resto del territorio nazionale; appare pertanto necessario e non più procrastinabile attuare anche per il trasporto marittimo il trasferimento delle finizioni come già avvenuto per quello aereo con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 e, parimenti a quel caso, le funzioni relative ai trasporti marittimi sarebbero esercitate nel pieno rispetto dei princìpi e delle norme dell'Unione europea,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad assumere, con adeguata tempestività, misure di propria competenza per trasferire le funzioni relative alla continuità marittima alla Regione Sardegna.
9/1334-AR/251. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cappellacci.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 1, comma 251, ridisciplina il Fondo per le politiche della famiglia (di cui all'articolo 1, commi da 1250 a 1252 della legge finanziaria 2007), e introduce, ai commi da 2 a 5, ulteriori misure in tema di conciliazione vita-lavoro e sostegno alle famiglie;
    nell'ambito delle misure introdotte, mancano però specifiche disposizioni o un richiamo al tempo pieno e alla ristorazione scolastica, da considerarsi uno dei maggiori servizi alle famiglie, che riveste un ruolo fondamentale ai fini del contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica che vede protagoniste, purtroppo, molte aree d'Italia;
    la ristorazione scolastica si inserisce, nei fatti, all'interno del più ampio percorso educativo scolastico. L'esperienza della mensa, infatti, ha un profondo valore educativo, in quanto fornisce la possibilità di educare gli studenti al rispetto per il cibo, alla buona e sana alimentazione, alla convivialità, al rispetto della diversità, alle regole della convivenza civile. Altresì permette loro di avere costantemente un pasto nutrizionalmente valido e bilanciato, essendo i menù elaborati da esperti nutrizionisti in base alle linee guida del Ministero della salute, e validati dalle ASL di competenza;
    purtroppo la metà degli alunni (il 49 per cento) delle scuole primarie e secondarie di primo grado non ha accesso alla mensa scolastica e le modalità di accesso o di esenzione spesso contribuiscono a aumentare le disuguaglianze, a scapito delle famiglie più svantaggiate;
    in 9 regioni italiane oltre il 50 per cento degli alunni, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa; tra queste, cinque regioni registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno;
    il quadro nazionale si presenta molto disomogeneo e la forbice tra Nord e Sud si distanzia sempre più: sono infatti sette le regioni insulari e del Meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (81,05 per cento), Molise (80,29 per cento), Puglia (74,11 per cento), Campania (66,64 per cento), Calabria (63,78 per cento), Abruzzo (60,81 per cento) e Sardegna (51,96 per cento);
    ad oggi la mensa è ancora considerata un servizio a domanda individuale, legato alle esigenze di bilancio dei singoli comuni, e non è riconosciuta come un servizio pubblico essenziale;
    solo alcuni comuni prevedono l'esenzione totale legata a qualche tipo di svantaggio sociale, e non tutti riconoscono un'esenzione parziale alle famiglie in situazione di povertà, sotto una certa soglia ISEE, differente da comune a comune;
    sarebbe quindi opportuno dedicare specifiche risorse al tema, attraverso l'istituzione di un fondo per la gratuità delle mense scolastiche, che ha dunque l'obiettivo di consentire a ciascun bambino la possibilità di accedere al servizio,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ogni opportuna iniziativa volta ad istituire uno specifico fondo, adeguatamente finanziato, destinato a garantire ai bambini e agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado l'accesso al servizio di ristorazione collettiva scolastica, da ritenersi parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche, destinando le risorse in via principale a consentire l'accesso in mensa ai bambini e agli studenti le cui famiglie presentano un valore ISEE rientrante nelle fasce di esenzione previste dai comuni.
9/1334-AR/252Elvira Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 1, comma 251, ridisciplina il Fondo per le politiche della famiglia (di cui all'articolo 1, commi da 1250 a 1252 della legge finanziaria 2007), e introduce, ai commi da 2 a 5, ulteriori misure in tema di conciliazione vita-lavoro e sostegno alle famiglie;
    nell'ambito delle misure introdotte, mancano però specifiche disposizioni o un richiamo al tempo pieno e alla ristorazione scolastica, da considerarsi uno dei maggiori servizi alle famiglie, che riveste un ruolo fondamentale ai fini del contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica che vede protagoniste, purtroppo, molte aree d'Italia;
    la ristorazione scolastica si inserisce, nei fatti, all'interno del più ampio percorso educativo scolastico. L'esperienza della mensa, infatti, ha un profondo valore educativo, in quanto fornisce la possibilità di educare gli studenti al rispetto per il cibo, alla buona e sana alimentazione, alla convivialità, al rispetto della diversità, alle regole della convivenza civile. Altresì permette loro di avere costantemente un pasto nutrizionalmente valido e bilanciato, essendo i menù elaborati da esperti nutrizionisti in base alle linee guida del Ministero della salute, e validati dalle ASL di competenza;
    purtroppo la metà degli alunni (il 49 per cento) delle scuole primarie e secondarie di primo grado non ha accesso alla mensa scolastica e le modalità di accesso o di esenzione spesso contribuiscono a aumentare le disuguaglianze, a scapito delle famiglie più svantaggiate;
    in 9 regioni italiane oltre il 50 per cento degli alunni, non ha la possibilità di accedere al servizio mensa; tra queste, cinque regioni registrano anche la percentuale più elevata di classi senza tempo pieno;
    il quadro nazionale si presenta molto disomogeneo e la forbice tra Nord e Sud si distanzia sempre più: sono infatti sette le regioni insulari e del Meridione che registrano il numero più alto di alunni che non usufruiscono della refezione scolastica: Sicilia (81,05 per cento), Molise (80,29 per cento), Puglia (74,11 per cento), Campania (66,64 per cento), Calabria (63,78 per cento), Abruzzo (60,81 per cento) e Sardegna (51,96 per cento);
    ad oggi la mensa è ancora considerata un servizio a domanda individuale, legato alle esigenze di bilancio dei singoli comuni, e non è riconosciuta come un servizio pubblico essenziale;
    solo alcuni comuni prevedono l'esenzione totale legata a qualche tipo di svantaggio sociale, e non tutti riconoscono un'esenzione parziale alle famiglie in situazione di povertà, sotto una certa soglia ISEE, differente da comune a comune;
    sarebbe quindi opportuno dedicare specifiche risorse al tema, attraverso l'istituzione di un fondo per la gratuità delle mense scolastiche, che ha dunque l'obiettivo di consentire a ciascun bambino la possibilità di accedere al servizio,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di adottare ogni opportuna iniziativa volta ad istituire uno specifico fondo, adeguatamente finanziato, destinato a garantire ai bambini e agli studenti delle scuole di ogni ordine e grado l'accesso al servizio di ristorazione collettiva scolastica, da ritenersi parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche, destinando le risorse in via principale a consentire l'accesso in mensa ai bambini e agli studenti le cui famiglie presentano un valore ISEE rientrante nelle fasce di esenzione previste dai comuni.
9/1334-AR/252. (Testo modificato nel corso della seduta)  Elvira Savino.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge n. 1334, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
   premesso che:
    il provvedimento è in primo luogo riconducibile alle materie «sistema tributario e contabile dello Stato e tutela della concorrenza», rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;
    il disegno di legge investe altresì, in via prevalente, le materie «armonizzazione dei bilanci pubblici», anch'essa spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost., come modificato dalla legge costituzionale n. 1/2012, che ha introdotto in Costituzione il principio del pareggio di bilancio) e «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni;
    la prima sezione (Misure quantitative per la realizzazione degli obiettivi programmatici) – disciplinata dai nuovi commi da 1-bis a 1-quinquies dell'articolo 21 della legge n. 196 del 2009 – contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative destinate a realizzare gli obiettivi programmatici, con effetti finanziari aventi decorrenza nel triennio considerato dal bilancio;
    il Ministero dell'Ambiente ha dato parere favorevole allo spostamento dell'approdo delle navi che trasportano i tir, e quindi tutto il trasporto gommato, da Villa San Giovanni a Reggio Calabria;
    si tratta di un parere incomprensibile poiché oltre alla forte opposizione espressa dai cittadini vi è quella dell'amministrazione comunale di Reggio Calabria e del consiglio comunale di Villa San Giovanni che indica come sede, la più idonea possibile, la spiaggia di Bolano situata immediatamente a sud di Villa San Giovanni e libera da qualunque tipo di impedimento;
    se i due comuni interessati sono totalmente contrari alla decisione citata ed indicano una soluzione, appunto quella di Bolano, che è assolutamente praticabile, non si comprende perché si debba insistere su Reggio sfidando apertamente la volontà dei cittadini;
    a ciò si aggiunge la nota pericolosità del ponte che collega l'autostrada al porto di Reggio e che è stato già oggetto di forti polemiche,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative al fine di scongiurare lo spostamento dell'approdo delle navi che trasportano i tir, e quindi l'intero trasporto gommato, da Villa San Giovanni a Reggio Calabria considerando come sede più idonea, la spiaggia di Bolano, situata immediatamente a sud di Villa San Giovanni e libera da qualunque tipo di impedimento, salvaguardando in questo modo i cittadini e l'assetto urbanistico della città di Reggio Calabria in cui si riscontrano evidenti criticità soprattutto nell'area antistante al porto e in riferimento al ponte che collega l'autostrada al porto di Reggio.
9/1334-AR/253Cannizzaro, Sozzani, Mulè, Occhiuto, D'Ettore.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge n. 1334, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
   premesso che:
    il provvedimento è in primo luogo riconducibile alle materie «sistema tributario e contabile dello Stato e tutela della concorrenza», rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;
    il disegno di legge investe altresì, in via prevalente, le materie «armonizzazione dei bilanci pubblici», anch'essa spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost., come modificato dalla legge costituzionale n. 1/2012, che ha introdotto in Costituzione il principio del pareggio di bilancio) e «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni;
    la prima sezione (Misure quantitative per la realizzazione degli obiettivi programmatici) – disciplinata dai nuovi commi da 1-bis a 1-quinquies dell'articolo 21 della legge n. 196 del 2009 – contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative destinate a realizzare gli obiettivi programmatici, con effetti finanziari aventi decorrenza nel triennio considerato dal bilancio;
    il Ministero dell'Ambiente ha dato parere favorevole allo spostamento dell'approdo delle navi che trasportano i tir, e quindi tutto il trasporto gommato, da Villa San Giovanni a Reggio Calabria;
    si tratta di un parere incomprensibile poiché oltre alla forte opposizione espressa dai cittadini vi è quella dell'amministrazione comunale di Reggio Calabria e del consiglio comunale di Villa San Giovanni che indica come sede, la più idonea possibile, la spiaggia di Bolano situata immediatamente a sud di Villa San Giovanni e libera da qualunque tipo di impedimento;
    se i due comuni interessati sono totalmente contrari alla decisione citata ed indicano una soluzione, appunto quella di Bolano, che è assolutamente praticabile, non si comprende perché si debba insistere su Reggio sfidando apertamente la volontà dei cittadini;
    a ciò si aggiunge la nota pericolosità del ponte che collega l'autostrada al porto di Reggio e che è stato già oggetto di forti polemiche,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare le opportune iniziative al fine di scongiurare lo spostamento dell'approdo delle navi che trasportano i tir, e quindi l'intero trasporto gommato, da Villa San Giovanni a Reggio Calabria considerando come sede più idonea, la spiaggia di Bolano, situata immediatamente a sud di Villa San Giovanni e libera da qualunque tipo di impedimento, salvaguardando in questo modo i cittadini e l'assetto urbanistico della città di Reggio Calabria in cui si riscontrano evidenti criticità soprattutto nell'area antistante al porto e in riferimento al ponte che collega l'autostrada al porto di Reggio.
9/1334-AR/253. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cannizzaro, Sozzani, Mulè, Occhiuto, D'Ettore.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge n. 1334, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
   premesso che:
    il provvedimento è in primo luogo riconducibile alle materie «sistema tributario e contabile dello Stato e tutela della concorrenza», rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;
    il disegno di legge investe altresì, in via prevalente, le materie «armonizzazione dei bilanci pubblici», anch'essa spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost., come modificato dalla legge costituzionale n. 1/2012, che ha introdotto in Costituzione il principio del pareggio di bilancio) e «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni;
    la prima sezione (Misure quantitative per la realizzazione degli obiettivi programmatici) – disciplinata dai nuovi commi da 1-bis a 1-quinquies dell'articolo 21 della legge n. 196/2009 – contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative destinate a realizzare gli obiettivi programmatici, con effetti finanziari aventi decorrenza nel triennio considerato dal bilancio;
    all'articolo 1, commi 223-225, della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017), come introdotti durante l'esame parlamentare alla Camera dei deputati, al fine del superamento del precariato dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità è stata disposta la proroga dei termini entro i quali le amministrazioni locali possono ricorrere alle prestazioni lavorative socialmente utili fino al 31 dicembre 2018;
    con decreto ministeriale 7 agosto 2018, n. 234, venivano ripartite le risorse tra le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia per complessivi 298.501.111,12 euro, per le annualità 2010 e 2012-2017, finalizzati a incentivare l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità;
    il 31 dicembre 2018, termine prorogato dalla legge di bilancio per il 2018, scadranno i contratti a tempo determinato delle 4.500 unità lavorative di ex lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità che operano all'interno delle amministrazioni locali della Calabria;
    in considerazione della richiamata imminente scadenza, nell'impossibilità materiale di portare a termine entro la medesima data le previste stabilizzazioni, gli enti locali calabresi rischiano di dover interrompere improvvisamente i servizi di utilità pubblica e sociale con gravi ripercussioni su quanti sul proprio territorio ne beneficiano e, non di meno, i precari rischiano di non veder rinnovati i contratti di lavoro per il 2019 – nonché non permessi a norma di lesse – e di veder pregiudicata anche la stabilizzazione futura;
    il proponente del presente atto di indirizzo ha presentato al provvedimento in esame una proposta emendativa attraverso la quale si prevedeva la proroga delle convenzioni per i lavoratori socialmente utili e previsti 50 milioni di euro annui in più per la stabilizzazione lavoratori ancora fuori dalla convenzione stipulata tra Ministero e Regione nel corso del 2018 (che prevede 2316 assunzioni a fronte dei 4.500 presenti);
    durante l'esame dell'emendamento citato in commissione bilancio, la sottosegretaria Laura Castelli ha sostenuto che «il Governo si impegnerà ad assicurare ai lavoratori socialmente utili le condizioni per permettere loro di continuare a lavorare»,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative al fine di procedere al completamento dei percorsi già avviati di stabilizzazione e contrattualizzazione del personale socialmente utile e di pubblica utilità operante a livello locale, nonché di garantire alle amministrazioni locali calabresi condizioni adeguate per il mantenimento dei livelli occupazionali e delle prestazioni sociali svolte dai lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità, nelle more del pieno ed effettivo completamento dei percorsi di stabilizzazione previsti dalla normativa vigente.
9/1334-AR/254Santelli, Cannizzaro, Occhiuto, Maria Tripodi, D'Ettore, Bartolozzi, Ferro.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge n. 1334, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
   premesso che:
    il provvedimento è in primo luogo riconducibile alle materie «sistema tributario e contabile dello Stato e tutela della concorrenza», rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;
    il disegno di legge investe altresì, in via prevalente, le materie «armonizzazione dei bilanci pubblici», anch'essa spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost., come modificato dalla legge costituzionale n. 1/2012, che ha introdotto in Costituzione il principio del pareggio di bilancio) e «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni;
    la prima sezione (Misure quantitative per la realizzazione degli obiettivi programmatici) – disciplinata dai nuovi commi da 1-bis a 1-quinquies dell'articolo 21 della legge n. 196/2009 – contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative destinate a realizzare gli obiettivi programmatici, con effetti finanziari aventi decorrenza nel triennio considerato dal bilancio;
    all'articolo 1, commi 223-225, della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017), come introdotti durante l'esame parlamentare alla Camera dei deputati, al fine del superamento del precariato dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità è stata disposta la proroga dei termini entro i quali le amministrazioni locali possono ricorrere alle prestazioni lavorative socialmente utili fino al 31 dicembre 2018;
    con decreto ministeriale 7 agosto 2018, n. 234, venivano ripartite le risorse tra le regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia per complessivi 298.501.111,12 euro, per le annualità 2010 e 2012-2017, finalizzati a incentivare l'assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità;
    il 31 dicembre 2018, termine prorogato dalla legge di bilancio per il 2018, scadranno i contratti a tempo determinato delle 4.500 unità lavorative di ex lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità che operano all'interno delle amministrazioni locali della Calabria;
    in considerazione della richiamata imminente scadenza, nell'impossibilità materiale di portare a termine entro la medesima data le previste stabilizzazioni, gli enti locali calabresi rischiano di dover interrompere improvvisamente i servizi di utilità pubblica e sociale con gravi ripercussioni su quanti sul proprio territorio ne beneficiano e, non di meno, i precari rischiano di non veder rinnovati i contratti di lavoro per il 2019 – nonché non permessi a norma di lesse – e di veder pregiudicata anche la stabilizzazione futura;
    il proponente del presente atto di indirizzo ha presentato al provvedimento in esame una proposta emendativa attraverso la quale si prevedeva la proroga delle convenzioni per i lavoratori socialmente utili e previsti 50 milioni di euro annui in più per la stabilizzazione lavoratori ancora fuori dalla convenzione stipulata tra Ministero e Regione nel corso del 2018 (che prevede 2316 assunzioni a fronte dei 4.500 presenti);
    durante l'esame dell'emendamento citato in commissione bilancio, la sottosegretaria Laura Castelli ha sostenuto che «il Governo si impegnerà ad assicurare ai lavoratori socialmente utili le condizioni per permettere loro di continuare a lavorare»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare le opportune iniziative al fine di procedere al completamento dei percorsi già avviati di stabilizzazione e contrattualizzazione del personale socialmente utile e di pubblica utilità operante a livello locale, nonché di garantire alle amministrazioni locali calabresi condizioni adeguate per il mantenimento dei livelli occupazionali e delle prestazioni sociali svolte dai lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità, nelle more del pieno ed effettivo completamento dei percorsi di stabilizzazione previsti dalla normativa vigente.
9/1334-AR/254. (Testo modificato nel corso della seduta)  Santelli, Cannizzaro, Occhiuto, Maria Tripodi, D'Ettore, Bartolozzi, Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 882 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018), introduce una maggiore gradualità nella misura dell'accantonamento al bilancio di previsione del Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE);
    in particolare, si prevede che la misura dell'accantonamento al FCDE è pari ad almeno il 75 per cento nell'anno 2018, ad almeno l'85 per cento nell'anno 2019, ad almeno il 95 per cento nell'anno 2020 e al 100 per cento a decorrere dall'anno 2021;
    il Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE), è finalizzato ad evitare che le entrate di dubbia esigibilità, previste ed accertate nel corso dell'esercizio, possano essere utilizzate per finanziare delle spese esigibili nel corso del medesimo esercizio;
    per tali crediti risulta obbligatorio effettuare un accantonamento al FCDE nel bilancio di previsione, vincolando una quota dell'avanzo di amministrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rendere definitiva al 75 per cento la percentuale della quota del fondo crediti di dubbia esigibilità, anche in considerazione del fatto che la stabilizzazione dell'aliquota al 75 per cento consente comunque il sufficiente accantonamento a fronte di entrate non riscosse.
9/1334-AR/255Gagliardi, Bagnasco, Mulè, Cassinelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture. Il comma 64 dell'articolo 1 prevede in particolare un fondo finalizzato, tra l'altro, alla manutenzione della rete viaria del Paese;
    tra le infrastrutture viarie di valenza nazionale, si segnala il Ponte Buriano. Realizzato nel 1277, ubicato nei pressi della frazione omonima del Comune di Arezzo, il ponte è composto da sette archi (più uno interrato), congiunge le sponde dell'Amo, ed è famoso anche per essere parte del paesaggio alle spalle della Gioconda nel quadro di Leonardo da Vinci;
    il ponte, nonostante abbia una storia secolare e una sua valenza artistica e architettonica, continua ad essere attraversato, a senso unico alternato, da ciclisti e da veicoli (anche pesanti);
    il ponte è stato negli anni più volte oggetto di manutenzioni straordinarie, di restauro e consolidamento, sotto il controllo della Soprintendenza;
    attualmente è chiuso al traffico in quanto necessita di importanti interventi di messa in sicurezza e di risanamento conservativo. Gli oneri minimi stimati per il restauro e per il ponte provvisorio in grado di garantire la viabilità, è di 4 milioni di euro,

impegna il Governo

a consentire, attraverso lo stanziamento di opportune risorse, anche a valere sui Fondi europei per la cultura, e a integrazione di quelle degli enti territoriali interessati, gli indispensabili interventi di risanamento conservativo e di manutenzione straordinaria del ponte di cui in premessa, stante la sua valenza storica e architettonica, anche valutando la necessità di realizzare un ponte che garantisca, in luogo del ponte Buriano, la viabilità locale.
9/1334-AR/256Mugnai, D'Ettore, Mazzetti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture. Il comma 64 dell'articolo 1 prevede in particolare un fondo finalizzato, tra l'altro, alla manutenzione della rete viaria del Paese;
    tra le infrastrutture viarie di valenza nazionale, si segnala il Ponte Buriano. Realizzato nel 1277, ubicato nei pressi della frazione omonima del Comune di Arezzo, il ponte è composto da sette archi (più uno interrato), congiunge le sponde dell'Amo, ed è famoso anche per essere parte del paesaggio alle spalle della Gioconda nel quadro di Leonardo da Vinci;
    il ponte, nonostante abbia una storia secolare e una sua valenza artistica e architettonica, continua ad essere attraversato, a senso unico alternato, da ciclisti e da veicoli (anche pesanti);
    il ponte è stato negli anni più volte oggetto di manutenzioni straordinarie, di restauro e consolidamento, sotto il controllo della Soprintendenza;
    attualmente è chiuso al traffico in quanto necessita di importanti interventi di messa in sicurezza e di risanamento conservativo. Gli oneri minimi stimati per il restauro e per il ponte provvisorio in grado di garantire la viabilità, è di 4 milioni di euro,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a consentire, attraverso lo stanziamento di opportune risorse, anche a valere sui Fondi europei per la cultura, e a integrazione di quelle degli enti territoriali interessati, gli indispensabili interventi di risanamento conservativo e di manutenzione straordinaria del ponte di cui in premessa, stante la sua valenza storica e architettonica, anche valutando la necessità di realizzare un ponte che garantisca, in luogo del ponte Buriano, la viabilità locale.
9/1334-AR/256. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mugnai, D'Ettore, Mazzetti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture e la rete viaria del Paese;
    in questo ambito la strada di grande comunicazione Grosseto-Fano, la via dei due mari, rappresenta un importante asse trasversale di collegamento tra i due versanti litoranei dell'Italia, ed è stata inserita tra gli itinerari internazionali con la sigla E78, ed è ricompresa tra le priorità della intera rete italiana, al pari della variante di valico della Autostrada A1 o della A3 Salerno-Reggio Calabria; nonostante questo, si rischia di dover attendere ancora molto per vedere compiuti i lavori;
    così come il necessario completamento del sistema viario collegato alla medesima strada E/8, con particolare riguardo alla realizzazione del cosiddetto «Nodo di Olmo», 1o tratto della variante alla SR71 S. Zeno-S. Giuliano,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le iniziative e le risorse necessarie al fine di consentire la conclusione dei lavori di adeguamento della strada di grande comunicazione Grosseto-Fano (E78), ricompresa tra le priorità della intera rete italiana, nonché l'adeguamento del sistema viario collegato alla medesima strada E78.
9/1334-AR/257D'Ettore, Mugnai, Fiorini, Ripani, Sozzani.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture e la rete viaria del Paese;
    in questo ambito la strada di grande comunicazione Grosseto-Fano, la via dei due mari, rappresenta un importante asse trasversale di collegamento tra i due versanti litoranei dell'Italia, ed è stata inserita tra gli itinerari internazionali con la sigla E78, ed è ricompresa tra le priorità della intera rete italiana, al pari della variante di valico della Autostrada A1 o della A3 Salerno-Reggio Calabria; nonostante questo, si rischia di dover attendere ancora molto per vedere compiuti i lavori;
    così come il necessario completamento del sistema viario collegato alla medesima strada E/8, con particolare riguardo alla realizzazione del cosiddetto «Nodo di Olmo», 1o tratto della variante alla SR71 S. Zeno-S. Giuliano,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a mettere in atto tutte le iniziative e le risorse necessarie al fine di consentire la conclusione dei lavori di adeguamento della strada di grande comunicazione Grosseto-Fano (E78), ricompresa tra le priorità della intera rete italiana, nonché l'adeguamento del sistema viario collegato alla medesima strada E78.
9/1334-AR/257. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Ettore, Mugnai, Fiorini, Ripani, Sozzani.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame prevede misure di welfare. In questo ambito, si prevede, tra l'altro, l'istituzione di un Fondo con una dotazione di 9 miliardi l'anno, destinato a finanziare il «reddito di cittadinanza», previsto nel contratto di Governo sottoscritto dalle forze che sostengono e compongono l'attuale Esecutivo, che dovrebbe garantire un reddito di 780 euro mensili per chi non ha reddito e comunque per tutti coloro che attualmente beneficiano di un reddito, pensione, assegno, inferiori a detta soglia;
    in tutti questi anni, non si sono mai volute o potute trovare specifiche risorse per aumentare le tutele all'invalidità. Come se la categoria di persone che ne ha diritto, non fosse in una condizione di bisogno più urgente rispetto ad altre fasce sociali;
    attualmente le pensioni di inabilità e gli assegni di invalidità sono inferiori a 280 euro mensili; peraltro la previsione di un sostegno agli invalidi deriva da una precisa disposizione costituzionale. La nostra Carta, infatti, all'articolo 38, primo comma, prevede che «Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale». E dunque gli assegni di invalidità, nelle loro varie forme devono rispondere a questa esigenza,

impegna il Governo

a prevedere un consistente aumento degli importi delle pensioni di inabilità e degli assegni di invalidità, attualmente assolutamente insufficienti, e comunque a garantire che detti assegni e pensioni siano comunque uniformate al previsto reddito di cittadinanza, qualora più elevato nell'importo.
9/1334-AR/258Versace, Pedrazzini, Gelmini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, all'articolo 1, comma 252, come introdotto durante l'esame del provvedimento in Commissione Bilancio, dà la facoltà alle lavoratrici in stato di gravidanza, di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l'evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro; in pratica la durata del congedo di maternità resta confermata a cinque mesi, ma la lavoratrice è libera di utilizzare questi mesi, restando al lavoro fino al termine del nono mese, e facendo dunque iniziare il periodo di astensione obbligatoria successivamente al parto; se da un lato, detta disposizione, amplia le facoltà della donna lavoratrice di decidere quando utilizzare il congedo di maternità, dall'altro rischia fortemente di rendere più vulnerabili le lavoratrici laddove è maggiore il lavoro precario e comunque laddove sono meno tutelate,

impegna il Governo

a valutare bene gli effetti applicativi della norma di cui in premessa, anche al fine di verificare se le modalità di utilizzo dei cinque mesi di congedo di maternità non indeboliscano le tutele delle lavoratrici, soprattutto di quelle più precarie.
9/1334-AR/259Rossello, Maria Tripodi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture e la rete viaria del Paese;
    il ponte di San Francesco di Paola, a Taranto, conosciuto come «Ponte Girevole», è una bellissima opera realizzata alla fine dell'800, e collega l'isola della Città Vecchia con la penisola del Borgo Nuovo, unendo il Mar Grande al Mar Piccolo;
    unico in Europa, non è soltanto uno dei simboli della città, ma rappresenta una essenziale arteria per il traffico cittadino;
    in questi anni, nonostante diversi interventi manutentivi, la struttura simbolo della città di Taranto sta sempre più mostrando segni di usura sulle strutture metalliche e sui congegni di movimentazione che regolano l'apertura e chiusura del Ponte e più in generale sulle sue componenti;
    di competenza statale, un intervento manutentivo e di riqualificazione sarebbe di fondamentale importanza, in considerazione soprattutto della sua rilevanza per la viabilità tarantina,

impegna il Governo

a prevedere lo stanziamento delle risorse necessarie a consentire le verifiche di stabilità dell'infrastruttura, e avviare una manutenzione strutturale del Ponte girevole, uno dei simboli storici della città di Taranto.
9/1334-AR/260Mazzetti, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture e la rete viaria del Paese;
    il ponte di San Francesco di Paola, a Taranto, conosciuto come «Ponte Girevole», è una bellissima opera realizzata alla fine dell'800, e collega l'isola della Città Vecchia con la penisola del Borgo Nuovo, unendo il Mar Grande al Mar Piccolo;
    unico in Europa, non è soltanto uno dei simboli della città, ma rappresenta una essenziale arteria per il traffico cittadino;
    in questi anni, nonostante diversi interventi manutentivi, la struttura simbolo della città di Taranto sta sempre più mostrando segni di usura sulle strutture metalliche e sui congegni di movimentazione che regolano l'apertura e chiusura del Ponte e più in generale sulle sue componenti;
    di competenza statale, un intervento manutentivo e di riqualificazione sarebbe di fondamentale importanza, in considerazione soprattutto della sua rilevanza per la viabilità tarantina,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere lo stanziamento delle risorse necessarie a consentire le verifiche di stabilità dell'infrastruttura, e avviare una manutenzione strutturale del Ponte girevole, uno dei simboli storici della città di Taranto.
9/1334-AR/260. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mazzetti, Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture e per favorire la mobilità nel Paese;
    il prolungamento della metropolitana M5 da Milano sino a nord di Monza, è una infrastruttura determinante per il territorio lombardo, nonché la prima metropolitana in Italia a collegare due città. Un progetto che prevede un tracciato, quasi completamente interrato, di quasi tredici chilometri e dodici nuove stazioni; che incrocia la linea 1 milanese a Bettola, zona cruciale di interscambio locale, con un parcheggio da oltre mille posti e vicino alle strade Rho-Monza e Statale 36; peraltro l'infrastruttura insisterebbe su un'area che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico; nella stessa Nota di aggiornamento al DEF, il Documento di economia e finanza 2018, il Governo ha posto tra i suoi obiettivi principali lo sviluppo del trasporto pubblico e del trasporto ferroviario locale, nonché la promozione dell'interscambio;
    l'importanza dell'infrastruttura si evidenzia tra l'altro, ricordando che: a) Monza e Brianza sono, insieme a Napoli, le aree in Italia con la maggiore densità di abitanti per chilometro quadrato, e rappresentano il primo asse industriale italiano; b) nel rapporto sull'ecosistema urbano di Legambiente, Monza e Brianza sono agli ultimi posti per i parametri di qualità ambientale tra i quali l'inquinamento e il trasporto pubblico; c) sono tra le aree del Paese a maggiore densità di traffico. A ciò si aggiunga che la perdurante crisi economica ha fatto aumentare sensibilmente la domanda di trasporto pubblico; l'opera, considerata irrinunciabile per il territorio, e in grado di portare lavoro e mobilità sostenibile, costa 1.250 milioni di euro e, secondo gli accordi di massima, 900 di questi dovrebbero essere stanziati dal Governo, mentre i restanti 350 sarebbero da suddividere tra tutti gli enti locali interessati;
    le giunte comunali stanno via via approvando il progetto di fattibilità tecnica e il relativo protocollo di intesa. Poi si dovrebbe passare alla fase operativa, per poter immaginare l'avvio dei cantieri nel 2021, e la consegna della linea nel 2026. Il Governo però, nonostante le promesse non ha previsto lo stanziamento dei necessari fondi per rispettare il cronoprogramma dell'opera;
    il 29 novembre scorso, presso la Villa Reale di Monza, si è tenuto un consiglio comunale «speciale» composto dai consigli comunali di Milano e Monza e le delegazioni dei Comuni attraversati dal tracciato dell'infrastruttura, per sollecitare il Governo a dare seguito agli impegni, e individuare le iniziative per consentire la realizzazione del prolungamento della metropolitana M5;
    a tal fine è indispensabile che il Governo faccia la sua parte. Lo stesso sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha dichiarato: «non voglio raccontare bugie ai miei cittadini: se il governo non finanzia il 60-70 per cento, una metropolitana non si può fare. Bisogna essere sinceri»,

impegna il Governo

a provvedere quanto prima allo stanziamento delle risorse necessarie a consentire, nei tempi programmati, la realizzazione della metropolitana M5 da Milano a Monza, quale infrastruttura importantissima per un territorio che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico.
9/1334-AR/261Gelmini, Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture e per favorire la mobilità nel Paese;
    il prolungamento della metropolitana M5 da Milano sino a nord di Monza, è una infrastruttura determinante per il territorio lombardo, nonché la prima metropolitana in Italia a collegare due città. Un progetto che prevede un tracciato, quasi completamente interrato, di quasi tredici chilometri e dodici nuove stazioni; che incrocia la linea 1 milanese a Bettola, zona cruciale di interscambio locale, con un parcheggio da oltre mille posti e vicino alle strade Rho-Monza e Statale 36; peraltro l'infrastruttura insisterebbe su un'area che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico; nella stessa Nota di aggiornamento al DEF, il Documento di economia e finanza 2018, il Governo ha posto tra i suoi obiettivi principali lo sviluppo del trasporto pubblico e del trasporto ferroviario locale, nonché la promozione dell'interscambio;
    l'importanza dell'infrastruttura si evidenzia tra l'altro, ricordando che: a) Monza e Brianza sono, insieme a Napoli, le aree in Italia con la maggiore densità di abitanti per chilometro quadrato, e rappresentano il primo asse industriale italiano; b) nel rapporto sull'ecosistema urbano di Legambiente, Monza e Brianza sono agli ultimi posti per i parametri di qualità ambientale tra i quali l'inquinamento e il trasporto pubblico; c) sono tra le aree del Paese a maggiore densità di traffico. A ciò si aggiunga che la perdurante crisi economica ha fatto aumentare sensibilmente la domanda di trasporto pubblico; l'opera, considerata irrinunciabile per il territorio, e in grado di portare lavoro e mobilità sostenibile, costa 1.250 milioni di euro e, secondo gli accordi di massima, 900 di questi dovrebbero essere stanziati dal Governo, mentre i restanti 350 sarebbero da suddividere tra tutti gli enti locali interessati;
    le giunte comunali stanno via via approvando il progetto di fattibilità tecnica e il relativo protocollo di intesa. Poi si dovrebbe passare alla fase operativa, per poter immaginare l'avvio dei cantieri nel 2021, e la consegna della linea nel 2026. Il Governo però, nonostante le promesse non ha previsto lo stanziamento dei necessari fondi per rispettare il cronoprogramma dell'opera;
    il 29 novembre scorso, presso la Villa Reale di Monza, si è tenuto un consiglio comunale «speciale» composto dai consigli comunali di Milano e Monza e le delegazioni dei Comuni attraversati dal tracciato dell'infrastruttura, per sollecitare il Governo a dare seguito agli impegni, e individuare le iniziative per consentire la realizzazione del prolungamento della metropolitana M5;
    a tal fine è indispensabile che il Governo faccia la sua parte. Lo stesso sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha dichiarato: «non voglio raccontare bugie ai miei cittadini: se il governo non finanzia il 60-70 per cento, una metropolitana non si può fare. Bisogna essere sinceri»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a provvedere quanto prima allo stanziamento delle risorse necessarie a consentire, nei tempi programmati, la realizzazione della metropolitana M5 da Milano a Monza, quale infrastruttura importantissima per un territorio che ha un forte bisogno di mobilità e di trasporto pubblico, nonché di alleggerire il traffico privato e abbassare l'inquinamento atmosferico.
9/1334-AR/261. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gelmini, Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, all'articolo 52-quater, comma 1, interviene sull'organizzazione dell'Autorità nazionale anticorruzione, prevedendo che l'ANAC definisca, con propri regolamenti, la propria organizzazione, il proprio funzionamento e l'ordinamento giuridico ed economico del proprio personale,

impegna il Governo

a prevedere che, riguardo al regolamento sull'ordinamento giuridico ed economico del personale dell'Autorità nazionale anticorruzione, non trovi applicazione la riduzione non inferiore al venti per cento del trattamento economico accessorio del personale dipendente, inclusi i dirigenti, disposta dal decreto-legge 90 del 2014.
9/1334-AR/262Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, all'articolo 52-quater, comma 1, interviene sull'organizzazione dell'Autorità nazionale anticorruzione, prevedendo che l'ANAC definisca, con propri regolamenti, la propria organizzazione, il proprio funzionamento e l'ordinamento giuridico ed economico del proprio personale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere che, riguardo al regolamento sull'ordinamento giuridico ed economico del personale dell'Autorità nazionale anticorruzione, non trovi applicazione la riduzione non inferiore al venti per cento del trattamento economico accessorio del personale dipendente, inclusi i dirigenti, disposta dal decreto-legge 90 del 2014.
9/1334-AR/262. (Testo modificato nel corso della seduta)  Labriola.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture e la rete viaria del Paese;
    la Toscana, è purtroppo la seconda regione con maggior valore di grandi opere incompiute;
    tra le infrastrutture in questione spicca il Corridoio Tirrenico, al centro di un dibattito senza fine che si protrae dagli anni sessanta, con particolare riferimento alla tratta Grosseto – Capalbio;
    il territorio maremmano necessita di interventi urgenti per l'ammodernamento di una infrastruttura che presenta gravi criticità in ordine alla sicurezza stradale. Frequenti incidenti, anche mortali;
    rendono la realizzazione dell'opera non più procrastinabile;
    lo sviluppo economico, la crescita e l'occupazione della Maremma passano anche attraverso infrastrutture moderne e sicure, la cui assenza comprometterebbe il futuro della provincia di Grosseto, dell'asse costiero e dell'intera regione, oltre che del Paese;
    risale al dicembre 2017, a Conferenza dei Servizi aperta, la presentazione al CIPE di una proposta avente oggetto l'adeguamento della SS1 Aurelia con la previsione di due carreggiate distinte, l'eliminazione degli incroci a raso e la realizzazione delle complanari. Ma tale proposta è rimasta ferma al punto di partenza;
    il Presidente del gruppo consiliare del Movimento cinque stelle in Regione Toscana, Giacomo Giannarelli, dando seguito a contatti intercorsi con i vertici del Ministero delle Infrastrutture, si è recentemente espresso nel modo seguente: «Per la Tirrenica partirà un piano di riqualificazione straordinaria della strada statale Aurelia nel tratto tra Grosseto e Capalbio; questa arteria inoltre rimarrà senza pedaggio. SAT sarà dunque esclusa dal procedimento e tutto sarà in capo ad ANAS»,

impegna il Governo

a prevedere tutte le iniziative e le risorse necessarie per realizzare, a partire dall'anno 2019, la messa in sicurezza e l'adeguamento della SS1 Aurelia con particolare riguardo alla tratta Grosseto – Capalbio.
9/1334-AR/263Ripani, Mugnai.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge all'esame dell'Aula, sono contenute numerose disposizioni riguardanti le infrastrutture e la rete viaria del Paese;
    la Toscana, è purtroppo la seconda regione con maggior valore di grandi opere incompiute;
    tra le infrastrutture in questione spicca il Corridoio Tirrenico, al centro di un dibattito senza fine che si protrae dagli anni sessanta, con particolare riferimento alla tratta Grosseto – Capalbio;
    il territorio maremmano necessita di interventi urgenti per l'ammodernamento di una infrastruttura che presenta gravi criticità in ordine alla sicurezza stradale. Frequenti incidenti, anche mortali;
    rendono la realizzazione dell'opera non più procrastinabile;
    lo sviluppo economico, la crescita e l'occupazione della Maremma passano anche attraverso infrastrutture moderne e sicure, la cui assenza comprometterebbe il futuro della provincia di Grosseto, dell'asse costiero e dell'intera regione, oltre che del Paese;
    risale al dicembre 2017, a Conferenza dei Servizi aperta, la presentazione al CIPE di una proposta avente oggetto l'adeguamento della SS1 Aurelia con la previsione di due carreggiate distinte, l'eliminazione degli incroci a raso e la realizzazione delle complanari. Ma tale proposta è rimasta ferma al punto di partenza;
    il Presidente del gruppo consiliare del Movimento cinque stelle in Regione Toscana, Giacomo Giannarelli, dando seguito a contatti intercorsi con i vertici del Ministero delle Infrastrutture, si è recentemente espresso nel modo seguente: «Per la Tirrenica partirà un piano di riqualificazione straordinaria della strada statale Aurelia nel tratto tra Grosseto e Capalbio; questa arteria inoltre rimarrà senza pedaggio. SAT sarà dunque esclusa dal procedimento e tutto sarà in capo ad ANAS»,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere tutte le iniziative e le risorse necessarie per realizzare, a partire dall'anno 2019, la messa in sicurezza e l'adeguamento della SS1 Aurelia con particolare riguardo alla tratta Grosseto – Capalbio.
9/1334-AR/263. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ripani, Mugnai.


   La Camera,
   premesso che:
    gli enti del Terzo settore esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
    l'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante il Codice del Terzo Settore, nel definire le attività di interesse generale che possono essere svolte dagli enti di volontariato, esclude l'attività esercitata abitualmente di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;
    sono entrate in vigore il 4 luglio 2018 e gli Stati membri dovranno recepirle entro il 5 luglio 2020, le quattro direttive del «pacchetto economia circolare», pubblicate sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 14 giugno 2018;
    l'Unione Europea mette al centro dell'agenda per l'efficienza delle risorse, stabilita nell'ambito della strategia Europa 2020, l'economia circolare;
    appare necessario coinvolgere attivamente la popolazione nella raccolta dei rifiuti, andando a sensibilizzare ed educare i cittadini ad una logica del riciclo e riuso;
    la possibilità per le associazioni di volontariato di svolgere l'attività di raccolta e riciclaggio dei rifiuti, nel pieno rispetto della normativa ambientale vigente in materia, contribuirebbe al raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata e recupero dei rifiuti stabiliti a livello europeo e nazionale, determinando, al contempo, importanti benefici in termini economici per le amministrazioni pubbliche e per gli stessi cittadini,

impegna il Governo

a prevedere nell'ambito delle attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore anche l'attività di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani e speciali, non pericolosi, svolta nel rispetto della normativa dettata in materia dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
9/1334-AR/264Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    gli enti del Terzo settore esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
    l'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante il Codice del Terzo Settore, nel definire le attività di interesse generale che possono essere svolte dagli enti di volontariato, esclude l'attività esercitata abitualmente di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;
    sono entrate in vigore il 4 luglio 2018 e gli Stati membri dovranno recepirle entro il 5 luglio 2020, le quattro direttive del «pacchetto economia circolare», pubblicate sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 14 giugno 2018;
    l'Unione Europea mette al centro dell'agenda per l'efficienza delle risorse, stabilita nell'ambito della strategia Europa 2020, l'economia circolare;
    appare necessario coinvolgere attivamente la popolazione nella raccolta dei rifiuti, andando a sensibilizzare ed educare i cittadini ad una logica del riciclo e riuso;
    la possibilità per le associazioni di volontariato di svolgere l'attività di raccolta e riciclaggio dei rifiuti, nel pieno rispetto della normativa ambientale vigente in materia, contribuirebbe al raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata e recupero dei rifiuti stabiliti a livello europeo e nazionale, determinando, al contempo, importanti benefici in termini economici per le amministrazioni pubbliche e per gli stessi cittadini,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere nell'ambito delle attività di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore anche l'attività di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani e speciali, non pericolosi, svolta nel rispetto della normativa dettata in materia dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
9/1334-AR/264. (Testo modificato nel corso della seduta)  Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    le eccezionali avversità atmosferiche del 29 ottobre sul territorio/delle Prealpi orientali e delle zone dolomitiche interne hanno provocato ingenti danni al patrimonio forestale pubblico e privato coinvolgendo ampie aree di elevato interesse naturale, ambientale e paesaggistico. Sono state colpite duramente anche colture pregiate come quella degli abeti rossi, nelle foreste della Val Visdende e di Paneveggio, conosciute come le foreste dei violini;
    l'area coi danni maggiori è la provincia di Belluno. In tale area il settore forestale rappresenta fino al 10 per cento del PIL e interessa direttamente o indirettamente il 20 per cento delle famiglie;
    è quindi necessario intervenire con urgenza per definire insieme alle Autorità locali un quadro preciso e puntuale della distribuzione e dell'entità delle aree danneggiate e un inventario dei danni ambientali ed economici, distinguendo le diverse forme di proprietà;
    in sede di risposta ad interrogazioni il Governo ha chiarito che intende in deroga alle autorizzazioni previste dalla normativa vigente in merito agli interventi selvicolturali e per il ripristino operativo della viabilità forestale già esistente;
    è necessario valorizzare il lavoro ed il sacrificio di coloro che operano nelle aree montane; bisogna intervenire sul reddito delle popolazioni montane colpite, al fine di evitare l'impoverimento e lo spopolamento di quelle aree. Occorre riconoscere il valore di presidio idrogeologico agli operatori agricolo-forestali delle aree montane;
    le ordinanze di protezione civile riconoscono a tali popolazioni la sola sospensione dei mutui bancari,

impegna il Governo:

   ad adottare nuove iniziative normative in aiuto ai territori colpiti dall'emergenza in parola, con particolare riferimento alla provincia di Belluno;
   ad accelerare le procedure per attivare, ove ve ne ricorrano le condizioni, il Fondo di solidarietà europeo, previsto dal Regolamento CE n. 2012/2002;
   a valutare la possibilità di procedere alla sospensione delle imposte nelle aree montane maggiormente colpite.
9/1334-AR/265Bond.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 121 dell'articolo 1 provvedimento in esame, istituisce nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un Fondo per favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things. I commi 33 e successivi dell'articolo 1 del provvedimento in esame prevedono la proroga dei processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0»;
    con la crescente diffusione delle tecnologie abilitanti l'industria 4.0, in particolare dell'Internet of Things e della enorme mole di dati condivisa tra gli apparecchi connessi, aumenta la necessità di preservare la riservatezza e la sicurezza degli individui;
    su questo piano, l'aumento degli attacchi informatici fa sì che l'innalzamento dei livelli di sicurezza dei sistemi e delle reti rappresenti un tema fondamentale per i prossimi decisori pubblici, anche alla luce dell'attuazione della recente Direttiva NIS – Network and Information Systems (Direttiva 2016/1148, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, attuata con decreto al consiglio dei ministri il 16 maggio 2018, ed entrato in vigore dal 26 giugno 2018);
    secondo il Rapporto Clusit 2018, nel 2017 si è registrato un crescente aumento di attacchi informatici:
    gli attacchi che mirano a sottrarre informazioni e/o denaro sono la prima causa di attacchi a livello mondiale (76 per cento degli attacchi complessivi, +14 per cento rispetto al 2016)
    lo spionaggio a fini geopolitici o di tipo industriale (furto proprietà intellettuale) è in aumento del 46 per cento rispetto al 2016;
    attualmente (come confermato dai diversi chiarimenti) in relazione ai beni immateriali riguardanti la Cyber Security, di cui all'allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232 usufruiscono dell'agevolazione soli soggetti che beneficiano dell'agevolazione fiscale iper-ammortamento sull'acquisto di beni materiali riportati nell'allegato A della medesima legge;
    appare opportuno favorire l'investimento in cybersecurity indipendentemente da investimenti di cui all'allegato e quindi si propone di inserire tra le voci di allegato A a cui è direttamente applicabile il super-ammortamento,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di inserire nell'allegato annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, sezione «Sistemi per l'assicurazione della qualità e della sostenibilità» una voce relativa i sistemi per la cyber sicurezza dei macchinari e delle infrastrutture, ed in particolare i beni materiali ,
   (parte hardware) dedicati alla cyber security (ad esempio i firewall industriali/Intrusion detection System, Network Intrusion Detection System).
9/1334-AR/266Della Frera, Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 121 dell'articolo 1 provvedimento in esame, istituisce nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un Fondo per favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things. I commi 33 e successivi dell'articolo 1 del provvedimento in esame prevedono la proroga dei processi di trasformazione tecnologica e digitale secondo il modello «Industria 4.0»;
    con la crescente diffusione delle tecnologie abilitanti l'industria 4.0, in particolare dell'Internet of Things e della enorme mole di dati condivisa tra gli apparecchi connessi, aumenta la necessità di preservare la riservatezza e la sicurezza degli individui;
    su questo piano, l'aumento degli attacchi informatici fa sì che l'innalzamento dei livelli di sicurezza dei sistemi e delle reti rappresenti un tema fondamentale per i prossimi decisori pubblici, anche alla luce dell'attuazione della recente Direttiva NIS – Network and Information Systems (Direttiva 2016/1148, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, attuata con decreto al consiglio dei ministri il 16 maggio 2018, ed entrato in vigore dal 26 giugno 2018);
    secondo il Rapporto Clusit 2018, nel 2017 si è registrato un crescente aumento di attacchi informatici:
    gli attacchi che mirano a sottrarre informazioni e/o denaro sono la prima causa di attacchi a livello mondiale (76 per cento degli attacchi complessivi, +14 per cento rispetto al 2016)
    lo spionaggio a fini geopolitici o di tipo industriale (furto proprietà intellettuale) è in aumento del 46 per cento rispetto al 2016;
    attualmente (come confermato dai diversi chiarimenti) in relazione ai beni immateriali riguardanti la Cyber Security, di cui all'allegato B annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232 usufruiscono dell'agevolazione soli soggetti che beneficiano dell'agevolazione fiscale iper-ammortamento sull'acquisto di beni materiali riportati nell'allegato A della medesima legge;
    appare opportuno favorire l'investimento in cybersecurity indipendentemente da investimenti di cui all'allegato e quindi si propone di inserire tra le voci di allegato A a cui è direttamente applicabile il super-ammortamento,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di inserire nell'allegato annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, sezione «Sistemi per l'assicurazione della qualità e della sostenibilità» una voce relativa i sistemi per la cyber sicurezza dei macchinari e delle infrastrutture, ed in particolare i beni materiali ,
   (parte hardware) dedicati alla cyber security (ad esempio i firewall industriali/Intrusion detection System, Network Intrusion Detection System).
9/1334-AR/266. (Testo modificato nel corso della seduta)  Della Frera, Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la linea Padova-Bologna è una vecchia tratta modificata per permettere un maggior passaggio di treni e di treni più veloci, con la finalità di sostenere l'aumento di traffico ferroviario dovuto all'apertura della linea Torino-Salerno;
    tali ristrutturazioni appaiono insufficienti a garantire un'adeguato collegamento tra due dei maggiori centri economici dell'area padana,
    nel dicembre 2017 è stato aperto al traffico commerciale il raccordo tra Bivio Venezia (linea AV Bologna—Milano) e Bivio Navile (linea tradizionale Bologna—Padova) che permette ai treni AV tra Venezia/Trieste/Udine e Roma/Napoli/Salerno di entrare ed uscire dalla rete AV per e da Firenze senza passare per la stazione di superficie di Bologna Centrale;
    le nuove tratte permettono solo di recuperare qualche minuto sulla percorrenza ma al momento non risultano variazioni di orario sulle percorrenze;
    sia per il tratto Padova- Bologna che per il successivo Venezia-Trieste, 160 chilometri in tutto, oggi sono necessarie due ore di tempo, il quadruplicamento è stato realizzato ed è in esercizio solo sui 20 chilometri tra Venezia e Padova,

impegna il Governo

a individuare le risorse necessarie per il sollecito completamento dell'alta velocità Padova — Bologna, ivi comprese le opere accessorie.
9/1334-AR/267Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    la linea Padova-Bologna è una vecchia tratta modificata per permettere un maggior passaggio di treni e di treni più veloci, con la finalità di sostenere l'aumento di traffico ferroviario dovuto all'apertura della linea Torino-Salerno;
    tali ristrutturazioni appaiono insufficienti a garantire un'adeguato collegamento tra due dei maggiori centri economici dell'area padana,
    nel dicembre 2017 è stato aperto al traffico commerciale il raccordo tra Bivio Venezia (linea AV Bologna—Milano) e Bivio Navile (linea tradizionale Bologna—Padova) che permette ai treni AV tra Venezia/Trieste/Udine e Roma/Napoli/Salerno di entrare ed uscire dalla rete AV per e da Firenze senza passare per la stazione di superficie di Bologna Centrale;
    le nuove tratte permettono solo di recuperare qualche minuto sulla percorrenza ma al momento non risultano variazioni di orario sulle percorrenze;
    sia per il tratto Padova- Bologna che per il successivo Venezia-Trieste, 160 chilometri in tutto, oggi sono necessarie due ore di tempo, il quadruplicamento è stato realizzato ed è in esercizio solo sui 20 chilometri tra Venezia e Padova,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a individuare le risorse necessarie per il sollecito completamento dell'alta velocità Padova — Bologna, ivi comprese le opere accessorie.
9/1334-AR/267. (Testo modificato nel corso della seduta)  Caon.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene norme in materia di pubblico impiego e di rafforzamento delle forze di polizia;
    il Trattamento di fine servizio (TFS) — maturato dal lavoratore a seguito dell'accantonamento disposto ex lege nell'arco della vita lavorativa era immediatamente liquidato in unica soluzione ex articolo 26 del decreto del presidente della Repubblica n. 1032/73;
    la riduzione della spesa pubblica, determinata dalla crisi finanziaria, ha portato alla promulgazione di atti normativi, che di fatto diluiscono nel tempo il diritto del dipendente pubblico al percepire il TFS;
    in tale ambito la liquidazione del TFS per i dipendenti del comparto Difesa e Sicurezza è effettuata a far data dal 2014, da parte dell'Inps, utilizzando tre diverse modalità:
    un termine breve di 105 giorni in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso del dipendente;
    un termine di 12 mesi in caso di raggiungimento dei limiti di età, estinzione del rapporto di lavoro a tempo determinato per raggiungimento del termine finale fissato nel contratto stesso, pensionamento conseguito con l'anzianità contributiva massima;
    un termine di 24 mesi in caso di dimissioni volontarie, recesso da parte del datore di lavoro – licenziamento o destituzione;
    per legge, l'incasso finale del TFS può essere ulteriormente ritardato di tre mesi. La legge di stabilità 2014 ha, inoltre, apportato cambiamenti relativi alla rateizzazione del TFS che a partire dal 1o gennaio 2014, se supera i 50.000 euro, viene erogato a rate;
    la Corte Costituzionale ha stabilito che le disposizioni restrittive in materia di trattamento economico e normativo del pubblico impiego devono essere temporanee e avere lo scopo di fare fronte alla crisi della finanza pubblica (sentenza numero 178/2015)
    il TFS fa parte a pieno titolo del trattamento economico e normativo del pubblico impiego. Non possono comunque considerarsi strutturali misure che limitano i diritti soggettivi dei dipendenti pubblici ed in particolare degli appartenenti al comparto Difesa e sicurezza, che mettono quotidianamente a rischio la vita per la tutela della pubblica incolumità,

impegna il Governo

a prevedere disposizioni normative e regolamentari che riducano i tempi di fruizione del TFS da parte dei dipendenti del pubblico impiego ed in particolare per i dipendenti del comparto Difesa e Sicurezza.
9/1334-AR/268Napoli, Ruffino, Deidda.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene norme in materia di pubblico impiego e di rafforzamento delle forze di polizia;
    il Trattamento di fine servizio (TFS) — maturato dal lavoratore a seguito dell'accantonamento disposto ex lege nell'arco della vita lavorativa era immediatamente liquidato in unica soluzione ex articolo 26 del decreto del presidente della Repubblica n. 1032/73;
    la riduzione della spesa pubblica, determinata dalla crisi finanziaria, ha portato alla promulgazione di atti normativi, che di fatto diluiscono nel tempo il diritto del dipendente pubblico al percepire il TFS;
    in tale ambito la liquidazione del TFS per i dipendenti del comparto Difesa e Sicurezza è effettuata a far data dal 2014, da parte dell'Inps, utilizzando tre diverse modalità:
    un termine breve di 105 giorni in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso del dipendente;
    un termine di 12 mesi in caso di raggiungimento dei limiti di età, estinzione del rapporto di lavoro a tempo determinato per raggiungimento del termine finale fissato nel contratto stesso, pensionamento conseguito con l'anzianità contributiva massima;
    un termine di 24 mesi in caso di dimissioni volontarie, recesso da parte del datore di lavoro – licenziamento o destituzione;
    per legge, l'incasso finale del TFS può essere ulteriormente ritardato di tre mesi. La legge di stabilità 2014 ha, inoltre, apportato cambiamenti relativi alla rateizzazione del TFS che a partire dal 1o gennaio 2014, se supera i 50.000 euro, viene erogato a rate;
    la Corte Costituzionale ha stabilito che le disposizioni restrittive in materia di trattamento economico e normativo del pubblico impiego devono essere temporanee e avere lo scopo di fare fronte alla crisi della finanza pubblica (sentenza numero 178/2015)
    il TFS fa parte a pieno titolo del trattamento economico e normativo del pubblico impiego. Non possono comunque considerarsi strutturali misure che limitano i diritti soggettivi dei dipendenti pubblici ed in particolare degli appartenenti al comparto Difesa e sicurezza, che mettono quotidianamente a rischio la vita per la tutela della pubblica incolumità,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere disposizioni normative e regolamentari che riducano i tempi di fruizione del TFS da parte dei dipendenti del pubblico impiego ed in particolare per i dipendenti del comparto Difesa e Sicurezza.
9/1334-AR/268. (Testo modificato nel corso della seduta)  Napoli, Ruffino, Deidda.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 1, commi 287 e 289, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è stata prevista l'assunzione straordinaria, nell'arco di un quinquennio a decorrere dal 2018, di un contingente di personale del ruolo iniziale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché l'incremento di 300 unità della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco;
    il comma 295, della legge n. 205 del 2017, riserva, nel limite massimo del trenta per cento, le predette assunzioni al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, anche in deroga al limite di età previsto per l'assunzione del medesimo personale volontario, a condizione che risulti iscritto nell'apposito elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo medesimo da almeno tre anni e che abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio;
    con decreto ministeriale n. 238 del 14 novembre 2018 il Capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e delle difesa civile ha avviato la speciale procedura di reclutamento riservata al personale volontario. Nel bando si prevede che la domanda per accedere alla procedura è riservata «..al personale volontario che, alla data del 1o gennaio 2018, risulti iscritto nell'apposito elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo medesimo..»;
    dalla lettura del bando sembrerebbe che possono partecipare alla procedura i Vigili volontari gli iscritti ai comandi e gli iscritti alle strutture periferiche, ma non possano parteciparvi gli iscritti ai distaccamenti volontari;
    nelle stabilizzazioni precedenti potevano partecipare tutti i volontari, c'era un solo elenco di possibili candidati e non c'era distinzione tra distaccamenti di assegnazione;,

impegna il Governo

ad emanare una disposizione esplicativa che chiarisca che possono partecipare alla procedura di reclutamento emanate ai sensi del comma 295, della legge n. 205 del 2017, anche i vigili volontari iscritti ai distaccamenti volontari, fermi restando gli altri requisiti previsti dalla legge 205/2017.
9/1334-AR/269Ruffino, Napoli.


   La Camera,
   premesso che:
    con l'articolo 1, commi 287 e 289, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è stata prevista l'assunzione straordinaria, nell'arco di un quinquennio a decorrere dal 2018, di un contingente di personale del ruolo iniziale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché l'incremento di 300 unità della dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco;
    il comma 295, della legge n. 205 del 2017, riserva, nel limite massimo del trenta per cento, le predette assunzioni al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, anche in deroga al limite di età previsto per l'assunzione del medesimo personale volontario, a condizione che risulti iscritto nell'apposito elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo medesimo da almeno tre anni e che abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio;
    con decreto ministeriale n. 238 del 14 novembre 2018 il Capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e delle difesa civile ha avviato la speciale procedura di reclutamento riservata al personale volontario. Nel bando si prevede che la domanda per accedere alla procedura è riservata «..al personale volontario che, alla data del 1o gennaio 2018, risulti iscritto nell'apposito elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche del Corpo medesimo..»;
    dalla lettura del bando sembrerebbe che possono partecipare alla procedura i Vigili volontari gli iscritti ai comandi e gli iscritti alle strutture periferiche, ma non possano parteciparvi gli iscritti ai distaccamenti volontari;
    nelle stabilizzazioni precedenti potevano partecipare tutti i volontari, c'era un solo elenco di possibili candidati e non c'era distinzione tra distaccamenti di assegnazione;,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad emanare una disposizione esplicativa che chiarisca che possono partecipare alla procedura di reclutamento emanate ai sensi del comma 295, della legge n. 205 del 2017, anche i vigili volontari iscritti ai distaccamenti volontari, fermi restando gli altri requisiti previsti dalla legge 205/2017.
9/1334-AR/269. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ruffino, Napoli.


   La Camera,
   premesso che:
    le ricorrenti crisi idriche impongono la riduzione dei consumi di acqua e una accorta gestione della preziosa risorsa; la missione 18.12 del Ministero dell'ambiente assegna 418 milioni di euro anche alla gestione della risorsa idrica;
    un aumento dell'efficienza idrica e una conseguente riduzione dei consumi energetici indiretti può essere conseguita agendo sulle caratteristiche fisiche delle attrezzature sanitarie installate negli edifici;
    il provvedimento in esame proroga i bonus per il risparmio energetico. Si ritiene necessario estendere il sistema d'incentivazione cosiddetto «Ecobonus» al rinnovo del parco installato di rubinetterie e sanitari, prevedendo l'installazione di apparecchiature a ridotto consumo d'acqua o che utilizzando la tecnologia tramite le quali si arricchisce l'acqua con aria;
    tali tecnologie assicurano un incremento strutturale dell'efficienza idrica degli edifici, nonché una contestuale riduzione degli ingenti consumi energetici indirettamente legati a quelli idrici che si registrano nelle varie fasi di captazione, trattamento, adduzione, sollevamenti, allentamento e depurazione;
    qualora tale bonus fosse introdotto mercato attivabile, sulla base della esperienza bonus elettrodomestici è pari a circa 1,7 miliardi nel solo 2019, per la gran parte relativi a prodotti italiani, che nello specifico settore, sono di eccellenza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di introdurre in un prossimo provvedimento l'ecobonus risparmio idrico, secondo le modalità descritte in premessa.
9/1334-AR/270Porchietto.


   La Camera,
   premesso che:
    le ricorrenti crisi idriche impongono la riduzione dei consumi di acqua e una accorta gestione della preziosa risorsa; la missione 18.12 del Ministero dell'ambiente assegna 418 milioni di euro anche alla gestione della risorsa idrica;
    un aumento dell'efficienza idrica e una conseguente riduzione dei consumi energetici indiretti può essere conseguita agendo sulle caratteristiche fisiche delle attrezzature sanitarie installate negli edifici;
    il provvedimento in esame proroga i bonus per il risparmio energetico. Si ritiene necessario estendere il sistema d'incentivazione cosiddetto «Ecobonus» al rinnovo del parco installato di rubinetterie e sanitari, prevedendo l'installazione di apparecchiature a ridotto consumo d'acqua o che utilizzando la tecnologia tramite le quali si arricchisce l'acqua con aria;
    tali tecnologie assicurano un incremento strutturale dell'efficienza idrica degli edifici, nonché una contestuale riduzione degli ingenti consumi energetici indirettamente legati a quelli idrici che si registrano nelle varie fasi di captazione, trattamento, adduzione, sollevamenti, allentamento e depurazione;
    qualora tale bonus fosse introdotto mercato attivabile, sulla base della esperienza bonus elettrodomestici è pari a circa 1,7 miliardi nel solo 2019, per la gran parte relativi a prodotti italiani, che nello specifico settore, sono di eccellenza,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di introdurre in un prossimo provvedimento l'ecobonus risparmio idrico, secondo le modalità descritte in premessa.
9/1334-AR/270. (Testo modificato nel corso della seduta)  Porchietto.


   La Camera,
   premesso che:
    la Manovra economica contiene misure per il risparmio energetico e l'incentivazione delle energie alternative;
    la disciplina incentivante per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in corso di revisione, ha previsto una differenziazione delle tariffe, oltre che in funzione della tipologia di alimentazione (prodotti, sottoprodotti e rifiuti), anche per taglia di impianto;
    in tale contesto, una dimensione adeguata – sotto il profilo ambientale, gestionale ed economico – degli impianti di biogas e di quelli alimentati a biomasse agricole che dovrebbero beneficiare di misure di sostegno con procedure agevolate sembra ragionevolmente quella dei 300 ICW, in quanto rappresenta la soglia utile di riferimento sia nel caso di singole aziende, che nell'ipotesi di piccole cooperative o consorzi di agricoltori associati per una gestione più efficiente e sostenibile dell'impianto;
    è necessario favorire la produzione di energia elettrica garantendo una maggiore sostenibilità ambientale, nonché impianti localizzati nelle aree vulnerabili ai nitrati, qualora siano sono alimentati con sottoprodotti provenienti da attività di allevamento,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di:
   emanare disposizioni che consentano ai biogas fino a 300 KW di continuare ad accedere agli incentivi previsti dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sulla base delle modalità e delle procedure definite dal decreto 23 giugno 2016 del Ministro dello sviluppo economico adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel limite di un costo medio annuo pari a 5,8 miliardi di euro calcolato secondo le modalità di cui all'articolo 27, comma 2, del citato decreto interministeriale;
   prevedere che abbiano priorità di accesso agli incentivi gli impianti localizzati nelle aree vulnerabili da nitrati e che sono alimentati con sottoprodotti provenienti da attività di allevamento, con una soglia massima del 20 per cento di prodotti derivanti da colture dedicate.
9/1334-AR/271Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    la Manovra economica contiene misure per il risparmio energetico e l'incentivazione delle energie alternative;
    la disciplina incentivante per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, in corso di revisione, ha previsto una differenziazione delle tariffe, oltre che in funzione della tipologia di alimentazione (prodotti, sottoprodotti e rifiuti), anche per taglia di impianto;
    in tale contesto, una dimensione adeguata – sotto il profilo ambientale, gestionale ed economico – degli impianti di biogas e di quelli alimentati a biomasse agricole che dovrebbero beneficiare di misure di sostegno con procedure agevolate sembra ragionevolmente quella dei 300 ICW, in quanto rappresenta la soglia utile di riferimento sia nel caso di singole aziende, che nell'ipotesi di piccole cooperative o consorzi di agricoltori associati per una gestione più efficiente e sostenibile dell'impianto;
    è necessario favorire la produzione di energia elettrica garantendo una maggiore sostenibilità ambientale, nonché impianti localizzati nelle aree vulnerabili ai nitrati, qualora siano sono alimentati con sottoprodotti provenienti da attività di allevamento,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di:
   emanare disposizioni che consentano ai biogas fino a 300 KW di continuare ad accedere agli incentivi previsti dal decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sulla base delle modalità e delle procedure definite dal decreto 23 giugno 2016 del Ministro dello sviluppo economico adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel limite di un costo medio annuo pari a 5,8 miliardi di euro calcolato secondo le modalità di cui all'articolo 27, comma 2, del citato decreto interministeriale;
   prevedere che abbiano priorità di accesso agli incentivi gli impianti localizzati nelle aree vulnerabili da nitrati e che sono alimentati con sottoprodotti provenienti da attività di allevamento, con una soglia massima del 20 per cento di prodotti derivanti da colture dedicate.
9/1334-AR/271. (Testo modificato nel corso della seduta)  Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    la Manovra economica contiene misure volte a favorire la diffusione dello sport, con particolare riguardo allo sport giovanile;
    in tale ambito le società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciute dal CONI svolgono una meritoria opera di diffusione dello sport tra i giovani;
    i dati forniti dal CONI e dall'ISTAT sullo sport indicano con chiarezza il ruolo eccezionale del no profit nello sport: oltre 80.000 mila sono le associazioni, con una crescita annua continua e oltre un milione i volontari impegnati al quotidianamente al servizio dei cittadini;
    il Contratto di Governo ritiene necessario introdurre ulteriori agevolazioni fiscali e contributive per le associazioni sportive dilettantistiche;
    numerose tra queste associazioni gestiscono, aree demaniali in regime concessorio, sulle quali gravano i relativi oneri, senza che dalla suddetta concessione, diversamente dagli altri concessionari, ricevano alcun ricavo economico;
    ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, i concessionari sono soggetti passivi dell'imposta ICI poi IMU, in relazione alle aree da esse direttamente gestite,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di escludere le società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciute dal CONI, dal novero dei soggetti passivi dell'IMU ai sensi del primo periodo del comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in relazione alle aree demaniali da esse direttamente gestite.
9/1334-AR/272Barelli, Pella, Marin.


   La Camera,
   premesso che:
    la Manovra economica contiene misure volte a favorire la diffusione dello sport, con particolare riguardo allo sport giovanile;
    in tale ambito le società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciute dal CONI svolgono una meritoria opera di diffusione dello sport tra i giovani;
    i dati forniti dal CONI e dall'ISTAT sullo sport indicano con chiarezza il ruolo eccezionale del no profit nello sport: oltre 80.000 mila sono le associazioni, con una crescita annua continua e oltre un milione i volontari impegnati al quotidianamente al servizio dei cittadini;
    il Contratto di Governo ritiene necessario introdurre ulteriori agevolazioni fiscali e contributive per le associazioni sportive dilettantistiche;
    numerose tra queste associazioni gestiscono, aree demaniali in regime concessorio, sulle quali gravano i relativi oneri, senza che dalla suddetta concessione, diversamente dagli altri concessionari, ricevano alcun ricavo economico;
    ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, i concessionari sono soggetti passivi dell'imposta ICI poi IMU, in relazione alle aree da esse direttamente gestite,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di escludere le società sportive dilettantistiche senza fine di lucro riconosciute dal CONI, dal novero dei soggetti passivi dell'IMU ai sensi del primo periodo del comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in relazione alle aree demaniali da esse direttamente gestite.
9/1334-AR/272. (Testo modificato nel corso della seduta)  Barelli, Pella, Marin.


   La Camera,
   premesso che:
    per sostenere la filiera del grano duro il Governo ha stanziato) a favore degli agricoltori che sottoscrivono contratti di filiera del grano duro;
    l'aiuto del «fondo grano duro» si applica esclusivamente alla produzione di grano duro per la trasformazione industriale e non alla produzione di grano per altri usi;
    l'annata 2018 particolarmente piovosa ha comportato il rischio che le imprese di trasformazione decidessero di non corrispondere agli impegni presi nei tavoli di filiera del grano duro coi produttori, in forza della scarsa qualità della produzione;
    è di tutta evidenza che la metodologia applicativa del meritorio impegno del Governo al sostegno della filiera, sta producendo delle storture di sistema, in danno dei produttori, con il conseguente incremento dell'importazione di grano dall'estero, non sempre rispondente ai parametri di sicurezza imposti agli agricoltori italiani,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di modificare in senso più favorevole ai produttori le norme sulla filiera del grano duro, ampliandone la portata ed eventualmente prevedendo l'introduzione dell'accesso semplificato al credito, ivi compreso il credito di esercizio, nel rispetto delle norme dell'Unione europea in materia di aiuti «de minimis».
9/1334-AR/273Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    per sostenere la filiera del grano duro il Governo ha stanziato) a favore degli agricoltori che sottoscrivono contratti di filiera del grano duro;
    l'aiuto del «fondo grano duro» si applica esclusivamente alla produzione di grano duro per la trasformazione industriale e non alla produzione di grano per altri usi;
    l'annata 2018 particolarmente piovosa ha comportato il rischio che le imprese di trasformazione decidessero di non corrispondere agli impegni presi nei tavoli di filiera del grano duro coi produttori, in forza della scarsa qualità della produzione;
    è di tutta evidenza che la metodologia applicativa del meritorio impegno del Governo al sostegno della filiera, sta producendo delle storture di sistema, in danno dei produttori, con il conseguente incremento dell'importazione di grano dall'estero, non sempre rispondente ai parametri di sicurezza imposti agli agricoltori italiani,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di modificare in senso più favorevole ai produttori le norme sulla filiera del grano duro, ampliandone la portata ed eventualmente prevedendo l'introduzione dell'accesso semplificato al credito, ivi compreso il credito di esercizio, nel rispetto delle norme dell'Unione europea in materia di aiuti «de minimis».
9/1334-AR/273. (Testo modificato nel corso della seduta)  Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    il Patent Box introduce un regime opzionale di tassazione per i redditi derivanti dall'utilizzo di brevetti industriali, formule acquisite nel campo industriale, giuridicamente tutelabili. Consente di beneficiare dell'esclusione dalla base imponibile dell'Ires e dell'Irap di una quota progressiva (30 per cento nel 2015, 40 per cento nel 2016 e 50 per cento nel 2017) del reddito derivante dall'utilizzo, dalla vendita o dalla cessione in licenza di alcune tipologie di beni immateriali;
    il regime Patent Box ha l'obiettivo di rendere il mercato italiano maggiormente attrattivo per gli investimenti nazionali riportando in Italia gli esteri tutelando quindi, anche la base imponibile italiana. Si stava verificando la tendenza di delocalizzare la proprietà intellettuale, con una perdita di entrate per l'erario ma soprattutto per il paese in termini di conoscenza e competenza;
    gli accordi concimi sono oltre mille. Alle 788 società di capitali, di persone e ditte individuali che hanno beneficiato della detassazione di marchi e brevetti nelle dichiarazioni 2016 (redditi 2015) si aggiungono altri 435 soggetti che hanno ottenuto il via libera del Fisco per utilizzare la detassazione del 50 per cento nel 2017;
    tuttavia il Patent box non risulta essere stato attuato per alcuna azienda del settore farmaceutico. Le aziende di tale settore segnalano che le istanze sono state correttamente inoltrate e non sono state rigettate entro i previsti 60 gg. Tuttavia nessuna azienda è stata chiamata a siglare l'accordo con l'Agenzia delle Entrate. A nulla sono servite molteplici richieste sia al MISE sia all'Agenzia delle Entrate;
    il patent box è particolarmente importante in un settore come la farmaceutica dove gli investimenti in ricerca e innovazione sono elevati e i ritorni sono a lungo termine. Nel farmaceutico l'investimento medio rispetto al fatturato è del 15 per cento,

impegna il Governo

a intervenire con propri provvedimenti, al fine di dare certezza all'esito delle domande presentate ai sensi dei commi da 37 a 43 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 relativi al regime del patent box nel settore delle ricerca, prevedendo che, in caso di positiva istruttoria dell'istanza, l'Accordo tra impresa e Agenzia delle entrate debba essere siglato entro i successivi trenta giorni e che tale procedura si applichi anche alle istanze già positivamente esitate, per le quali non è ancora pervenuto l'Accordo.
9/1334-AR/274Fiorini.


   La Camera,
   premesso che:
    tra fine ottobre e inizio novembre 2018, una eccezionale ondata di maltempo, accompagnata da venti che hanno raggiunto i 190 km orari, ha fatto strage di alberi nelle regioni Trentino Alto Adige Friuli, e Veneto. Sono state colpite duramente anche colture pregiate come quella degli abeti rossi, nelle foresta di Paneveggio, conosciuta come la foresta dei violini;
    secondo alcune valutazioni sono stati abbattuti 15 milioni di metri cubi di legname pari a circa 7 milioni di alberi, materia prima per i prossimi 5-10 anni. In alcune aree o province di queste regioni il settore forestale rappresenta fino al 10 per cento del PIL e interessa direttamente o indirettamente il 20 per cento delle famiglie;
    la Coldiretti l'11 novembre ha lanciato un allarme, secondo il quale il prezzo del legno è sceso del 30 per cento. Il mercato del legno lungo l'arco alpino in Italia è sotto pressione con prezzi al ribasso, in alcuni casi dimezzati con il rischio di un tracollo del valore per tutte le tipologie di legname, da costruzione, da ardere, da biomassa, da carta e da mobilio, a causa della presenza di un fiume di milioni di metri cubi di tronchi rasi al suolo o finiti nei corsi d'acqua;
    per fermare un effetto valanga sull'intera produzione nazionale, Coldiretti e Federeste hanno consigliato, anche per chi non si trova nelle aree colpite, di non svendere a chi vuole avere il legno italiano a prezzi di saldo. È stata chiesta la creazione di una Banca del legno per sostenerne il prezzo;
    le autorità locali hanno chiesto interventi per provvedere alla ricostruzione boschiva nelle aree devastate, alla manutenzione del territorio montano e delle valli alpine. È stata chiesta la redazione di un piano di riforestazione sul modello di quello adottato dalla Svizzera dopo la tempesta Lothar del 1999 e il riconoscimento del valore di presidio idrogeologico agli operatori agricolo-forestali delle aree montane;
    è necessario valorizzare il lavoro ed il sacrificio di coloro che vi operano; bisogna intervenire sul reddito delle popolazioni montane colpite, al fine di evitare l'impoverimento e lo spopolamento di quelle aree,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di modificare, limitatamente alle aree individuate in premessa, le norme relative alle prestazioni di lavoro occasionale in agricoltura di cui all'articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, come modificato dall'articolo 2-bis del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ampliandone le possibilità applicative.
9/1334-AR/275Biancofiore.


   La Camera,
   premesso che:
    tra fine ottobre e inizio novembre 2018, una eccezionale ondata di maltempo, accompagnata da venti che hanno raggiunto i 190 km orari, ha fatto strage di alberi nelle regioni Trentino Alto Adige Friuli, e Veneto. Sono state colpite duramente anche colture pregiate come quella degli abeti rossi, nelle foresta di Paneveggio, conosciuta come la foresta dei violini;
    secondo alcune valutazioni sono stati abbattuti 15 milioni di metri cubi di legname pari a circa 7 milioni di alberi, materia prima per i prossimi 5-10 anni. In alcune aree o province di queste regioni il settore forestale rappresenta fino al 10 per cento del PIL e interessa direttamente o indirettamente il 20 per cento delle famiglie;
    la Coldiretti l'11 novembre ha lanciato un allarme, secondo il quale il prezzo del legno è sceso del 30 per cento. Il mercato del legno lungo l'arco alpino in Italia è sotto pressione con prezzi al ribasso, in alcuni casi dimezzati con il rischio di un tracollo del valore per tutte le tipologie di legname, da costruzione, da ardere, da biomassa, da carta e da mobilio, a causa della presenza di un fiume di milioni di metri cubi di tronchi rasi al suolo o finiti nei corsi d'acqua;
    per fermare un effetto valanga sull'intera produzione nazionale, Coldiretti e Federeste hanno consigliato, anche per chi non si trova nelle aree colpite, di non svendere a chi vuole avere il legno italiano a prezzi di saldo. È stata chiesta la creazione di una Banca del legno per sostenerne il prezzo;
    le autorità locali hanno chiesto interventi per provvedere alla ricostruzione boschiva nelle aree devastate, alla manutenzione del territorio montano e delle valli alpine. È stata chiesta la redazione di un piano di riforestazione sul modello di quello adottato dalla Svizzera dopo la tempesta Lothar del 1999 e il riconoscimento del valore di presidio idrogeologico agli operatori agricolo-forestali delle aree montane;
    è necessario valorizzare il lavoro ed il sacrificio di coloro che vi operano; bisogna intervenire sul reddito delle popolazioni montane colpite, al fine di evitare l'impoverimento e lo spopolamento di quelle aree,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di modificare, limitatamente alle aree individuate in premessa, le norme relative alle prestazioni di lavoro occasionale in agricoltura di cui all'articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, come modificato dall'articolo 2-bis del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n. 96, ampliandone le possibilità applicative.
9/1334-AR/275. (Testo modificato nel corso della seduta)  Biancofiore.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 123 e successivi dell'articolo 1 del provvedimento in esame prevedono contributi a fondo perduto sotto forma di voucher per l'acquisizione di prestazioni consulenziali di natura specialistica finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale previsti dal «Piano Nazionale Impresa 4.0» e di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi dell'impresa. La norma è stata riscritta in commissione in senso più favorevole alle micro e piccole imprese, prevedendo che il contributo nella forma di voucher è riconosciuto – in relazione a ciascun periodo di imposta – in misura pari al 50 per cento dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 40 mila euro;
    i contributi voucher manager vengono concessi subordinatamente alla sottoscrizione di un apposito contratto di servizio di consulenza tra i soggetti e le società o manager qualificati iscritti in un apposito elenco e che con decreto ministeriale sono fissati i requisiti soggettivi per l'iscrizione a tale elenco, nonché i criteri e le modalità per l'erogazione dei contributi;
    i liberi professionisti e i lavoratori autonomi debbono considerarsi a pieno titolo micro imprese. Tale impostazione è stata più volte riconosciuta dalla legge: a titolo di esempio l'accesso al fondo di garanzia per le PMI o ai Fondi europei, quali il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) è stato riconosciuto anche ai professionisti,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di modificare la normativa sui distretti produttivi e sulle reti di imprese di cui all'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, prevedendo che questa possa estendersi anche ai lavoratori autonomi e ai soggetti esercenti attività libero-professionali previo deposito, per questi ultimi, del contratto di rete tra professionisti, presso i rispettivi Ordini professionali;
   in tale ambito a valutare la possibilità di estendere il voucher previsto ai commi 123 e successivi dell'articolo 1, anche ai liberi professionisti organizzati in forma di rete d'impresa.
9/1334-AR/276Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    i commi 123 e successivi dell'articolo 1 del provvedimento in esame prevedono contributi a fondo perduto sotto forma di voucher per l'acquisizione di prestazioni consulenziali di natura specialistica finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale previsti dal «Piano Nazionale Impresa 4.0» e di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi dell'impresa. La norma è stata riscritta in commissione in senso più favorevole alle micro e piccole imprese, prevedendo che il contributo nella forma di voucher è riconosciuto – in relazione a ciascun periodo di imposta – in misura pari al 50 per cento dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 40 mila euro;
    i contributi voucher manager vengono concessi subordinatamente alla sottoscrizione di un apposito contratto di servizio di consulenza tra i soggetti e le società o manager qualificati iscritti in un apposito elenco e che con decreto ministeriale sono fissati i requisiti soggettivi per l'iscrizione a tale elenco, nonché i criteri e le modalità per l'erogazione dei contributi;
    i liberi professionisti e i lavoratori autonomi debbono considerarsi a pieno titolo micro imprese. Tale impostazione è stata più volte riconosciuta dalla legge: a titolo di esempio l'accesso al fondo di garanzia per le PMI o ai Fondi europei, quali il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) è stato riconosciuto anche ai professionisti,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare la possibilità di modificare la normativa sui distretti produttivi e sulle reti di imprese di cui all'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, prevedendo che questa possa estendersi anche ai lavoratori autonomi e ai soggetti esercenti attività libero-professionali previo deposito, per questi ultimi, del contratto di rete tra professionisti, presso i rispettivi Ordini professionali;
   in tale ambito a valutare la possibilità di estendere il voucher previsto ai commi 123 e successivi dell'articolo 1, anche ai liberi professionisti organizzati in forma di rete d'impresa.
9/1334-AR/276. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1334 – disegno di legge recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, approvato dalla commissione Bilancio introduce numerose norme in materia di corretto funzionamento delle istituzioni scolastiche e prevede, in tal senso, misure di superamento di situazioni di precariato e di vuoto normativo che non hanno permesso, ad oggi, di garantire l'efficienza del sistema;
    una delle criticità che si ripete da molti anni scolastici e che inficia il buon andamento organizzativo delle istituzioni scolastiche è quella caratterizzata dal ricorso alle reggenze per far fronte alla carenza di dirigenti scolastici – si contano circa 2000 sedi vacanti gestite da dirigenti scolastici costretti a dividersi tra più scuole anche molto distanti fra loro;
    sulla vicenda dei contenziosi in materia di concorsi per l'accesso al ruolo di dirigente scolastico è intervenuta la legge n. 107 del 2015 che, ai commi da 87 a 90, ha previsto la possibilità per alcune categorie di concorrenti delle procedure concorsuali 2004, 2006 e 2011 di partecipare a una procedura riservata da cui, operando una grave disparità di trattamento, sono stati esclusi i soggetti che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio alla data di entrata in vigore della legge n. 107 del 2015, ovvero abbiano ancora in corso il contenzioso avverso il D.D. 499/2015 per il reclutamento dei dirigenti scolastici dove la legge non consente loro la partecipazione alla procedura di immissione nei ruoli dei dirigenti scolastici riservata che è invece prevista per i soggetti che si trovano nella medesima situazione rispetto alle procedure concorsuali 2004 e 2006;
    l'eventuale immissione delle categorie sopracitate non comporterebbe ulteriori oneri per lo Stato, ma al contrario, rispetterebbe i criteri di economicità ed efficienza delle risorse nel settore pubblico e permetterebbe di limitare che notevoli costi derivanti dai contenziosi ancora aperti gravino sul Bilancio dello Stato,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative finalizzate ad avviare una nuova sessione speciale del corso intensivo di formazione per il ruolo di dirigente scolastico, di durata di 80 ore complessive con prova scritta finale, di cui al comma 87 e seguenti, dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015 n. 107, per gli aspiranti dirigenti che hanno in corso un contenzioso avverso il decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011, ovvero il decreto direttoriale n. 499 del 20 luglio 2015 al fine di garantire il regolare e più efficiente funzionamento delle istituzioni scolastiche, diminuendo significativamente il numero delle reggenze.
9/1334-AR/277D'Attis.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 1334 – disegno di legge recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021, approvato dalla commissione Bilancio introduce numerose norme in materia di corretto funzionamento delle istituzioni scolastiche e prevede, in tal senso, misure di superamento di situazioni di precariato e di vuoto normativo che non hanno permesso, ad oggi, di garantire l'efficienza del sistema;
    una delle criticità che si ripete da molti anni scolastici e che inficia il buon andamento organizzativo delle istituzioni scolastiche è quella caratterizzata dal ricorso alle reggenze per far fronte alla carenza di dirigenti scolastici – si contano circa 2000 sedi vacanti gestite da dirigenti scolastici costretti a dividersi tra più scuole anche molto distanti fra loro;
    sulla vicenda dei contenziosi in materia di concorsi per l'accesso al ruolo di dirigente scolastico è intervenuta la legge n. 107 del 2015 che, ai commi da 87 a 90, ha previsto la possibilità per alcune categorie di concorrenti delle procedure concorsuali 2004, 2006 e 2011 di partecipare a una procedura riservata da cui, operando una grave disparità di trattamento, sono stati esclusi i soggetti che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio alla data di entrata in vigore della legge n. 107 del 2015, ovvero abbiano ancora in corso il contenzioso avverso il D.D. 499/2015 per il reclutamento dei dirigenti scolastici dove la legge non consente loro la partecipazione alla procedura di immissione nei ruoli dei dirigenti scolastici riservata che è invece prevista per i soggetti che si trovano nella medesima situazione rispetto alle procedure concorsuali 2004 e 2006;
    l'eventuale immissione delle categorie sopracitate non comporterebbe ulteriori oneri per lo Stato, ma al contrario, rispetterebbe i criteri di economicità ed efficienza delle risorse nel settore pubblico e permetterebbe di limitare che notevoli costi derivanti dai contenziosi ancora aperti gravino sul Bilancio dello Stato,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare opportune iniziative finalizzate ad avviare una nuova sessione speciale del corso intensivo di formazione per il ruolo di dirigente scolastico, di durata di 80 ore complessive con prova scritta finale, di cui al comma 87 e seguenti, dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015 n. 107, per gli aspiranti dirigenti che hanno in corso un contenzioso avverso il decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4 serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011, ovvero il decreto direttoriale n. 499 del 20 luglio 2015 al fine di garantire il regolare e più efficiente funzionamento delle istituzioni scolastiche, diminuendo significativamente il numero delle reggenze.
9/1334-AR/277. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Attis.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di lavoro e sostegno al reddito;
    appare auspicabile consentire agli enti previdenziali privatizzati, di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, fermo restando il rispetto degli equilibri finanziari delle rispettive gestioni, nell'ambito delle prestazioni a favore degli iscritti, di attuare forme di tutela a sostegno del reddito, assistenza e welfare, e in particolare favorire l'ingresso di giovani professionisti nel mercato del lavoro delle professioni, consentendo agli enti di operare a tutela dell'attività libero-professionale con una serie di misure di sostegno;
    allo scopo di monitorare e assicurare l'equilibrio finanziario e la tutela previdenziale a lungo termine di ogni singola gestione, appare altresì necessario che i predetti enti istituiscano appositi organismi di monitoraggio e controllo dell'andamento delle retribuzioni, delle prestazioni e delle contribuzioni, nonché delle dinamiche del mercato del lavoro, anche in ambito comunitario, delle professioni ordinistiche,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa sin dal prossimo provvedimento utile, finalizzata a dare seguito a quanto esposto in premessa, consentendo agli enti previdenziali privatizzati richiamati di attuare forme di natura socio-assistenziale, di promozione e sostegno del reddito e dell'esercizio della libera professione, in particolare per favorire l'ingresso di giovani professionisti nel mercato del lavoro, nonché di welfare;
   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa sin dal prossimo provvedimento utile, finalizzata all'istituzione di appositi organismi di monitoraggio succitati.
9/1334-AR/278Sarro, Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di lavoro e sostegno al reddito;
    appare auspicabile consentire agli enti previdenziali privatizzati, di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, fermo restando il rispetto degli equilibri finanziari delle rispettive gestioni, nell'ambito delle prestazioni a favore degli iscritti, di attuare forme di tutela a sostegno del reddito, assistenza e welfare, e in particolare favorire l'ingresso di giovani professionisti nel mercato del lavoro delle professioni, consentendo agli enti di operare a tutela dell'attività libero-professionale con una serie di misure di sostegno;
    allo scopo di monitorare e assicurare l'equilibrio finanziario e la tutela previdenziale a lungo termine di ogni singola gestione, appare altresì necessario che i predetti enti istituiscano appositi organismi di monitoraggio e controllo dell'andamento delle retribuzioni, delle prestazioni e delle contribuzioni, nonché delle dinamiche del mercato del lavoro, anche in ambito comunitario, delle professioni ordinistiche,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa sin dal prossimo provvedimento utile, finalizzata a dare seguito a quanto esposto in premessa, consentendo agli enti previdenziali privatizzati richiamati di attuare forme di natura socio-assistenziale, di promozione e sostegno del reddito e dell'esercizio della libera professione, in particolare per favorire l'ingresso di giovani professionisti nel mercato del lavoro, nonché di welfare;
   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa sin dal prossimo provvedimento utile, finalizzata all'istituzione di appositi organismi di monitoraggio succitati.
9/1334-AR/278. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sarro, Paolo Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio contiene norme che incidono sul sistema dei contributi a sostegno dell'editoria;
    l'editoria costituisce un settore fondamentale per le istituzioni democratiche del Paese sia dal punto di vista della circolazione delle idee e delle informazioni che da quello imprenditoriale e occupazionale e in tale contesto, risulta ancora più importante difendere le voci minori; il settore appare già fortemente in difficoltà e attiene alle istituzioni democratiche sostenerlo e garantire che non perisca sotto il peso di una crisi economica derivante anche dalla necessità di adeguare il sistema alle nuove radicali trasformazioni che le innovazioni tecnologiche richiedono;
    sul sistema delle regole a favore dell'editoria sono intervenute modifiche solo nel 2016 e sarebbe necessario che, soprattutto dal punto di vista economico e degli investimenti imprenditoriali, si possa contare su un quadro di regole certe che permettano interventi di medio e lungo periodo;
    interventi indiscriminati sul sistema del sostegno all'editoria determineranno chiusure immediate soprattutto delle piccole imprese editoriali che non avranno la possibilità di affrontare con gradualità la situazione e di adottare un qualsivoglia piano industriale anche in difesa dell'occupazione dei propri dipendenti;
    favorire l'equilibrio economico delle aziende editoriali costituisce un assunto indiscutibile in un Paese democratico in quanto in tal modo, attraverso la garanzia di indipendenza economica delle imprese, si assicura ai cittadini pluralismo, obiettività, correttezza e completezza dell'informazione;
    la crisi dell'editoria si trascina dietro anche altri settori quale quello della rete di distribuzione e di vendita della carta stampata che vede la moria e la chiusura di imprese di distribuzione e di punti vendita dell'editoria su carta;
    il sostegno all'editoria è stato già fortemente ridimensionato con recenti interventi legislativi così che si è consistentemente ristretto il numero dei destinatari di interventi di sostegno finanziario,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa al fine di intervenire con misure di sostegno volte a impedire la chiusura di altre aziende editoriali, a contrastare, per un effetto domino che si propagherà anche all'indotto, la chiusura di aziende la cui attività è strettamente connessa con quella delle imprese editoriali, a contrastare l'impoverimento di tutto il settore, a garantire con atti concreti il pluralismo dell'informazione nonché a evitare il licenziamento di migliaia di lavoratori.
9/1334-AR/279Casciello.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio contiene norme che incidono sul sistema dei contributi a sostegno dell'editoria;
    l'editoria costituisce un settore fondamentale per le istituzioni democratiche del Paese sia dal punto di vista della circolazione delle idee e delle informazioni che da quello imprenditoriale e occupazionale e in tale contesto, risulta ancora più importante difendere le voci minori; il settore appare già fortemente in difficoltà e attiene alle istituzioni democratiche sostenerlo e garantire che non perisca sotto il peso di una crisi economica derivante anche dalla necessità di adeguare il sistema alle nuove radicali trasformazioni che le innovazioni tecnologiche richiedono;
    sul sistema delle regole a favore dell'editoria sono intervenute modifiche solo nel 2016 e sarebbe necessario che, soprattutto dal punto di vista economico e degli investimenti imprenditoriali, si possa contare su un quadro di regole certe che permettano interventi di medio e lungo periodo;
    interventi indiscriminati sul sistema del sostegno all'editoria determineranno chiusure immediate soprattutto delle piccole imprese editoriali che non avranno la possibilità di affrontare con gradualità la situazione e di adottare un qualsivoglia piano industriale anche in difesa dell'occupazione dei propri dipendenti;
    favorire l'equilibrio economico delle aziende editoriali costituisce un assunto indiscutibile in un Paese democratico in quanto in tal modo, attraverso la garanzia di indipendenza economica delle imprese, si assicura ai cittadini pluralismo, obiettività, correttezza e completezza dell'informazione;
    la crisi dell'editoria si trascina dietro anche altri settori quale quello della rete di distribuzione e di vendita della carta stampata che vede la moria e la chiusura di imprese di distribuzione e di punti vendita dell'editoria su carta;
    il sostegno all'editoria è stato già fortemente ridimensionato con recenti interventi legislativi così che si è consistentemente ristretto il numero dei destinatari di interventi di sostegno finanziario,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare gli effetti applicativi delle norme citate in premessa al fine di intervenire con misure di sostegno volte a impedire la chiusura di altre aziende editoriali, a contrastare, per un effetto domino che si propagherà anche all'indotto, la chiusura di aziende la cui attività è strettamente connessa con quella delle imprese editoriali, a contrastare l'impoverimento di tutto il settore, a garantire con atti concreti il pluralismo dell'informazione nonché a evitare il licenziamento di migliaia di lavoratori.
9/1334-AR/279. (Testo modificato nel corso della seduta)  Casciello.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso della seduta straordinaria della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali del 29 novembre 2018, presieduta dal Sottosegretario di Stato al Ministero dell'interno Stefano Candiani, su incarico del Ministro Matteo Salvini, ANCI ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante «Aggiornamento a metodologia invariata dei fabbisogni standard dei Comuni per il 2019» e ha sancito accordo sul «Fondo di Solidarietà Comunale per l'anno 2019»;
   considerato che:
    nella stessa seduta il Governo ha assunto il chiaro impegno, in accordo al principio di leale collaborazione fra enti di diverso livello istituzionale, a: mantenere la percentuale di accantonamento al Fondo Crediti Dubbia Esigibilità (FCDE) al 75 per cento; ridurre da 5 a 3 anni il periodo di calcolo dell'andamento della riscossione; mantenere la quota di applicazione dei fabbisogni standard al 45 per cento; assicurare la possibilità di avvalersi di un'anticipazione di tesoreria pari a 6 dodicesimi con un ruolo svolto da Cassa Depositi e Prestiti; definire congiuntamente, nel caso sia stabilizzato, il valore della posta di compensazione IMU-Tasi,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative necessarie affinché sia dato seguito, all'interno della legge di bilancio 2019, alle previsioni dell'Accordo richiamate in premessa.
9/1334-AR/280Pella.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso della seduta straordinaria della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali del 29 novembre 2018, presieduta dal Sottosegretario di Stato al Ministero dell'interno Stefano Candiani, su incarico del Ministro Matteo Salvini, ANCI ha espresso parere favorevole sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante «Aggiornamento a metodologia invariata dei fabbisogni standard dei Comuni per il 2019» e ha sancito accordo sul «Fondo di Solidarietà Comunale per l'anno 2019»;
   considerato che:
    nella stessa seduta il Governo ha assunto il chiaro impegno, in accordo al principio di leale collaborazione fra enti di diverso livello istituzionale, a: mantenere la percentuale di accantonamento al Fondo Crediti Dubbia Esigibilità (FCDE) al 75 per cento; ridurre da 5 a 3 anni il periodo di calcolo dell'andamento della riscossione; mantenere la quota di applicazione dei fabbisogni standard al 45 per cento; assicurare la possibilità di avvalersi di un'anticipazione di tesoreria pari a 6 dodicesimi con un ruolo svolto da Cassa Depositi e Prestiti; definire congiuntamente, nel caso sia stabilizzato, il valore della posta di compensazione IMU-Tasi,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare le opportune iniziative necessarie affinché sia dato seguito, all'interno della legge di bilancio 2019, alle previsioni dell'Accordo richiamate in premessa.
9/1334-AR/280. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pella.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione Bilancio ha approvato sull'articolo 87 un emendamento (87.2), che introduce nell'ordinamento una norma di portata retroattiva, essendo applicabile anche alla deduzione delle quote di ammortamento dell'avviamento relative all'esercizio in corso;
   considerato che:
    tale circostanza comporta, per definizione, conseguenze deteriori, dal momento che le politiche di bilancio (ivi inclusa l'eventuale distribuzione di dividendi) sono state assunte nel presupposto della deducibilità della quota relativa al 2018,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ripristinare una situazione di corretta gestione dei bilanci, prevedendo che la rimodulazione della deduzione delle quote di ammortamento dell'avviamento operi a partire da quella che sarebbe stata deducibile nell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (vale a dire nel 2019, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare).
9/1334-AR/281Polidori, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione Bilancio ha approvato sull'articolo 87 un emendamento (87.2), che introduce nell'ordinamento una norma di portata retroattiva, essendo applicabile anche alla deduzione delle quote di ammortamento dell'avviamento relative all'esercizio in corso;
   considerato che:
    tale circostanza comporta, per definizione, conseguenze deteriori, dal momento che le politiche di bilancio (ivi inclusa l'eventuale distribuzione di dividendi) sono state assunte nel presupposto della deducibilità della quota relativa al 2018,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di ripristinare una situazione di corretta gestione dei bilanci, prevedendo che la rimodulazione della deduzione delle quote di ammortamento dell'avviamento operi a partire da quella che sarebbe stata deducibile nell'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018 (vale a dire nel 2019, per i soggetti con esercizio coincidente con l'anno solare).
9/1334-AR/281. (Testo modificato nel corso della seduta)  Polidori, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede disposizioni in materia di fondo per il ristoro dei risparmiatori;
    in particolare, nella sua formulazione originaria l'articolo 38 del provvedimento in esame prevedeva all'articolo l'istituzione di un Fondo per il ristoro dei risparmiatori che hanno subito un danno ingiusto in relazione all'investimento in azioni di banche poste in liquidazione coatta amministrativa nell'ultimo biennio, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da società controllata. Tale Fondo sostituisce quello istituito dalla legge di bilancio 2018, avente analoghe finalità. Il ristoro è pari al 30 per cento dell'importo onnicomprensivo riconosciuto o liquidato nelle sentenze o pronunce dell'autorità giudiziaria o dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie – ACF, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore;
    durante l'esame del provvedimento in sede referente sono state approvate delle modifiche in forza delle quali si prevede che per i soggetti che accedono al pagamento corrisposto dal Fondo per il ristoro dei risparmiatori resta impregiudicato il diritto di agire in giudizio per il risarcimento della parte di danno eccedente il ristoro erogato dal Fondo mentre nella sua formulazione originaria la lettera f) del comma 3 prevedeva che l'accettazione del pagamento a carico del Fondo equivale a rinuncia all'esercizio di qualsiasi diritto e pretesa connessa alle stesse azioni, salvo quanto previsto con riferimento alla possibilità che venga aumentata la percentuale di rimborso della sentenza o della pronuncia. Infine, è stata approvata una disposizione con la quale si autorizza la spesa di 1,5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019, al fine di potenziare, nell'ambito delle misure a tutela dei risparmiatori, la funzione di vigilanza della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) anche in conseguenza dell'attuazione dei compiti derivanti dal recepimento della direttiva (UE) 2016/2341 sulla vigilanza degli enti pensionistici aziendali o professionali;
    durante il dibattito in sede referente è stato discusso l'emendamento n. 38.13 con cui si chiede di prevedere la nullità dei patti di quota lite che abbiano per oggetto somme erogate dal Fondo per il ristoro dei risparmiatori,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa finalizzata a dare seguito ai contenuti dell'emendamento richiamato in premessa, al fine di prevedere che siano nulli i patti di quota lite che abbiano per oggetto somme erogate dal Fondo per il ristoro dei risparmiatori.
9/1334-AR/282Zanettin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede un innalzamento del tetto massimo (dal 5 per cento all'8 per cento dell'attivo patrimoniale) degli investimenti effettuati dalle cosiddette Casse previdenziali, agevolabili ai sensi del comma 88 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 che possono essere destinati agli investimenti qualificati nonché ai piani di risparmio di lungo termine (PIR);
   considerato che:
    il risparmio privato degli italiani ammonta a circa 4.400 miliardi di euro. Un italiano su due ha i propri risparmi liquidi. Sono infatti 2200 i miliardi investiti a breve termine, di cui oltre 1.400 miliardi sono liquidi nei conti correnti. Tenere il proprio risparmio in liquidità, non investirlo, vuol dire rinunciare ad un potenziale guadagno e soprattutto significa non sostenere la nostra economia e non supportare le nostre imprese;
    la crisi e l'incertezza in questi anni se da un lato hanno fatto crescere la propensione al risparmio, dall'altro hanno frenato i consumi delle famiglie e bloccato gli investimenti delle imprese;
    i piani di risparmio a lungo termine possono sortire effetti positivi: a) per le famiglie italiane che sono le più risparmiatrici al mondo, perché detassando gli utili di natura finanziaria aumentano i rendimenti dei loro risparmi; b) per le imprese perché possono disporre di risorse senza dover passare per il sistema bancario, che sappiamo sta attraversando una profonda crisi; per le banche che vedranno alleggerirsi la loro esposizione verso le imprese e quindi anche il rischio dei crediti deteriorati; per le libere professioni perché i PIR spingeranno migliaia di piccole e medie imprese a quotarsi in borsa e per farlo avranno bisogno della consulenza di commercialisti, avvocati, notai;
    nel corso della discussione in sede referente del provvedimento esame sono stati depositati alcuni emendamenti finalizzati ad elevare dal 5 per cento fino al 10 per cento il tetto stabilito per gli investimenti effettuati da casse previdenziali o fondi pensione, limitatamente alla sottoscrizione dei PIR, nonché di ampliare i limiti individuali di 30.000 euro annui e di 150.000 euro complessivi previsti per le persone fisiche, portando il primo limite a 100.000 euro e il secondo a 500.000 euro. Inoltre, è stato proposto che venisse modificato il comma 89 della legge di bilancio 2017 al fine di: 1) prevedere che le somme indicate dal precedente comma 88 della legge di bilancio 2017 (ovverosia le somme destinate dalle casse previdenziali, ovvero gli enti di previdenza obbligatoria, ai PIR) debbano essere investite in azioni o quote di imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio medesimo ovvero in obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie emesse da tali predette imprese (lettera a)); 2) includere tra gli investimenti agevolati di cui al comma 89 le quote o azioni di OICR di credito, di OICR immobiliari, di OICR infrastrutturali, nonché in prestiti erogati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali – piattaforme di Peer to Peer Lending – gestite da società iscritte all'albo degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, o da istituti di pagamento rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 114 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, autorizzati dalla Banca d'Italia, nonché i titoli di Stato italiani e titoli emessi dagli Stati inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale 4 settembre 1996. Infine è stato proposto di semplificare le regole per l'emissione, a da parte delle PMI italiane, di azioni o obbligazioni oggetto dei meccanismi agevolativi e di introdurre una agevolazione tributaria nella forma di una riduzione dell'aliquota di imposta dal 26 per cento al 12,5 per cento per le obbligazioni il cui emittente non sia rappresentato da consorzi di piccole e medie imprese costituiti al solo scopo di tali emissioni;
    si evidenzia, inoltre, che l'avvio dei cosiddetti PIR, da Gennaio 2017, ha contribuito in maniera determinante a portare capitale di rischio a favore delle PMI italiane: in particolare ne hanno beneficiato le PMI che si sono quotate all'AIM Italia, mercato borsistico creato da Borsa Italiana e che oggi vede i seguenti dati (fine agosto 2018): 114 società quotate; 27 PMI che si sono quotate nel 2018; oltre 800 milioni di euro raccolti per capitalizzare le imprese quotate nel solo 2018; oltre 3 miliardi di denaro raccolto dalla creazione dell'AIM (2008) ad agosto 2018;
    infine si evidenzia che i problemi normativi e operativi sono emersi sulla disciplina dei PIR applicati alle Casse di Previdenza e sono riconducibili al fatto di: l) non aver ricompreso gli OICR PIR Compliant negli investimenti qualificati di cui all'articolo 1, comma 89 della legge n. 232 dell'11 dicembre 2016 (legge di bilancio 2017); 2) non aver escluso le Casse di Previdenza dall'applicazione del principio di unicità dei PIR previsto per le persone fisiche di cui all'articolo 1, comma 112 della legge 232 dell'11 dicembre 2016 (legge di bilancio 2017),

impegna il Governo:

   a valutare con particolare attenzione la possibilità di adottare ogni iniziativa di carattere normativo finalizzata a dare seguito ai contenuti delle proposte emendative evidenziate in premessa, aumentando le risorse che i risparmiatori privati ed istituzionali possono investire nei piani di risparmio a lungo termine, semplificando e riducendo i costi per consentire alle PMI di quotarsi e di emettere obbligazioni; e infine, consentendo ai PIR la possibilità di sottoscrivere anche quote o azioni di OICR di credito, di OICR immobiliari, di OICR infrastrutturali e, infine, titoli di Stato;
   a valutare con particolare attenzione l'opportunità di adottare ogni iniziativa di carattere normativo volta a risolvere i problemi normativi e operativi che sono emersi sulla disciplina dei PIR applicati alle Casse di Previdenza esposti in premessa.
9/1334-AR/283Giacomoni, Bignami, Baratto, Martino, Benigni, Cattaneo, Angelucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede un innalzamento del tetto massimo (dal 5 per cento all'8 per cento dell'attivo patrimoniale) degli investimenti effettuati dalle cosiddette Casse previdenziali, agevolabili ai sensi del comma 88 dell'articolo 1 della legge n. 232 del 2016 che possono essere destinati agli investimenti qualificati nonché ai piani di risparmio di lungo termine (PIR);
   considerato che:
    il risparmio privato degli italiani ammonta a circa 4.400 miliardi di euro. Un italiano su due ha i propri risparmi liquidi. Sono infatti 2200 i miliardi investiti a breve termine, di cui oltre 1.400 miliardi sono liquidi nei conti correnti. Tenere il proprio risparmio in liquidità, non investirlo, vuol dire rinunciare ad un potenziale guadagno e soprattutto significa non sostenere la nostra economia e non supportare le nostre imprese;
    la crisi e l'incertezza in questi anni se da un lato hanno fatto crescere la propensione al risparmio, dall'altro hanno frenato i consumi delle famiglie e bloccato gli investimenti delle imprese;
    i piani di risparmio a lungo termine possono sortire effetti positivi: a) per le famiglie italiane che sono le più risparmiatrici al mondo, perché detassando gli utili di natura finanziaria aumentano i rendimenti dei loro risparmi; b) per le imprese perché possono disporre di risorse senza dover passare per il sistema bancario, che sappiamo sta attraversando una profonda crisi; per le banche che vedranno alleggerirsi la loro esposizione verso le imprese e quindi anche il rischio dei crediti deteriorati; per le libere professioni perché i PIR spingeranno migliaia di piccole e medie imprese a quotarsi in borsa e per farlo avranno bisogno della consulenza di commercialisti, avvocati, notai;
    nel corso della discussione in sede referente del provvedimento esame sono stati depositati alcuni emendamenti finalizzati ad elevare dal 5 per cento fino al 10 per cento il tetto stabilito per gli investimenti effettuati da casse previdenziali o fondi pensione, limitatamente alla sottoscrizione dei PIR, nonché di ampliare i limiti individuali di 30.000 euro annui e di 150.000 euro complessivi previsti per le persone fisiche, portando il primo limite a 100.000 euro e il secondo a 500.000 euro. Inoltre, è stato proposto che venisse modificato il comma 89 della legge di bilancio 2017 al fine di: 1) prevedere che le somme indicate dal precedente comma 88 della legge di bilancio 2017 (ovverosia le somme destinate dalle casse previdenziali, ovvero gli enti di previdenza obbligatoria, ai PIR) debbano essere investite in azioni o quote di imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio medesimo ovvero in obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie emesse da tali predette imprese (lettera a)); 2) includere tra gli investimenti agevolati di cui al comma 89 le quote o azioni di OICR di credito, di OICR immobiliari, di OICR infrastrutturali, nonché in prestiti erogati per il tramite di piattaforme di prestiti per soggetti finanziatori non professionali – piattaforme di Peer to Peer Lending – gestite da società iscritte all'albo degli intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, o da istituti di pagamento rientranti nell'ambito di applicazione dell'articolo 114 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, autorizzati dalla Banca d'Italia, nonché i titoli di Stato italiani e titoli emessi dagli Stati inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale 4 settembre 1996. Infine è stato proposto di semplificare le regole per l'emissione, a da parte delle PMI italiane, di azioni o obbligazioni oggetto dei meccanismi agevolativi e di introdurre una agevolazione tributaria nella forma di una riduzione dell'aliquota di imposta dal 26 per cento al 12,5 per cento per le obbligazioni il cui emittente non sia rappresentato da consorzi di piccole e medie imprese costituiti al solo scopo di tali emissioni;
    si evidenzia, inoltre, che l'avvio dei cosiddetti PIR, da Gennaio 2017, ha contribuito in maniera determinante a portare capitale di rischio a favore delle PMI italiane: in particolare ne hanno beneficiato le PMI che si sono quotate all'AIM Italia, mercato borsistico creato da Borsa Italiana e che oggi vede i seguenti dati (fine agosto 2018): 114 società quotate; 27 PMI che si sono quotate nel 2018; oltre 800 milioni di euro raccolti per capitalizzare le imprese quotate nel solo 2018; oltre 3 miliardi di denaro raccolto dalla creazione dell'AIM (2008) ad agosto 2018;
    infine si evidenzia che i problemi normativi e operativi sono emersi sulla disciplina dei PIR applicati alle Casse di Previdenza e sono riconducibili al fatto di: l) non aver ricompreso gli OICR PIR Compliant negli investimenti qualificati di cui all'articolo 1, comma 89 della legge n. 232 dell'11 dicembre 2016 (legge di bilancio 2017); 2) non aver escluso le Casse di Previdenza dall'applicazione del principio di unicità dei PIR previsto per le persone fisiche di cui all'articolo 1, comma 112 della legge 232 dell'11 dicembre 2016 (legge di bilancio 2017),

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare con particolare attenzione la possibilità di adottare ogni iniziativa di carattere normativo finalizzata a dare seguito ai contenuti delle proposte emendative evidenziate in premessa, aumentando le risorse che i risparmiatori privati ed istituzionali possono investire nei piani di risparmio a lungo termine, semplificando e riducendo i costi per consentire alle PMI di quotarsi e di emettere obbligazioni; e infine, consentendo ai PIR la possibilità di sottoscrivere anche quote o azioni di OICR di credito, di OICR immobiliari, di OICR infrastrutturali e, infine, titoli di Stato;
   a valutare con particolare attenzione l'opportunità di adottare ogni iniziativa di carattere normativo volta a risolvere i problemi normativi e operativi che sono emersi sulla disciplina dei PIR applicati alle Casse di Previdenza esposti in premessa.
9/1334-AR/283. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giacomoni, Bignami, Baratto, Martino, Benigni, Cattaneo, Angelucci.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge n. 1334, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
   premesso che:
    il provvedimento è in primo luogo riconducibile alle materie «sistema tributario e contabile dello Stato e tutela della concorrenza», rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;
    il disegno di legge investe altresì, in via prevalente, le materie «armonizzazione dei bilanci pubblici», anch'essa spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera e), Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, che ha introdotto in Costituzione il principio del pareggio di bilancio) e «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni;
    la prima sezione (Misure quantitative per la realizzazione degli obiettivi programmatici) – disciplinata dai nuovi commi da 1-bis a 1-quinquies dell'articolo 21 della legge n. 196 del 2009 – contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative destinate a realizzare gli obiettivi programmatici, con effetti finanziari aventi decorrenza nel triennio considerato dal bilancio;
    le misure introdotte nel presente provvedimento non sono in grado di tutelare a sufficienza il comparto sicurezza, lasciando dunque un settore strategico per il Paese soltanto a mere logiche di propaganda;
    con l'entrata in vigore del nuovo trattamento economico dirigenziale (introdotto dall'articolo 45, comma 4, del decreto legislativo n. 95 del 2017 di «riordino dei ruoli») i funzionari e gli ufficiali delle Forze di polizia con la qualifica di Vice Questore Aggiunto/Vice Questore e gradi corrispondenti sono stati esclusi, a decorrere dal 1o gennaio 2018, dalla possibilità di percepire il compenso per l'efficienza dei servizi istituzionali (cosiddetti «ESI»), in quanto istituto economico riservato al personale cosiddetto «contrattualizzato»;
    tale detrimento economico è stato solo in minima parte mitigato dall'istituzione (sempre in sede di «riordino dei ruoli») di un apposito fondo che, infatti, è espressamente devoluto al suddetto personale per «fronteggiare specifiche esigenze di carattere operativo ovvero valorizzare l'attuazione di specifici programmi o raggiungimento di qualificati obiettivi»;
    in assenza di un'adeguata misura compensativa, tuttavia, gli interessati – che, peraltro, nelle rispettive Amministrazioni, assolvono importanti funzioni operative e di responsabilità – oltre a percepire un trattamento economico complessivo inferiore a quello «ante-riordino», risulterebbero danneggiati rispetto al personale cosiddetto «contrattualizzato» impiegato in incarichi analoghi che, invece, come detto, continua a percepire i compensi per l'ESI;
    si rende, pertanto, necessario un urgente intervento finalizzato a incrementare le disponibilità del predetto fondo (articolo 45, comma 11, del decreto legislativo n. 95 del 2017) in misura sufficiente a compensare la mancata remunerazione agli interessati dell'efficienza dei servizi istituzionali, consentendo, già nel 2019, l'adozione dei decreti ministeriali previsti dalla norma per la definizione dei criteri di attribuzione delle risorse al personale e delle relative misure degli emolumenti,

impegna il Governo

a valutare le opportune iniziative al fine di prevedere un adeguato incremento del fondo di cui all'articolo 45, comma 11, del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, per garantire una maggiore tutela dei vice questori aggiunti e vice questori e qualifiche e gradi corrispondenti promuovendo, in questo modo, il raggiungimento di qualificati obiettivi.
9/1334-AR/284Maria Tripodi.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge n. 1334, recante Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;
   premesso che:
    il provvedimento è in primo luogo riconducibile alle materie «sistema tributario e contabile dello Stato e tutela della concorrenza», rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;
    il disegno di legge investe altresì, in via prevalente, le materie «armonizzazione dei bilanci pubblici», anch'essa spettante alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera e), Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, che ha introdotto in Costituzione il principio del pareggio di bilancio) e «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», di competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni;
    la prima sezione (Misure quantitative per la realizzazione degli obiettivi programmatici) – disciplinata dai nuovi commi da 1-bis a 1-quinquies dell'articolo 21 della legge n. 196 del 2009 – contiene le disposizioni in materia di entrata e di spesa aventi ad oggetto misure quantitative destinate a realizzare gli obiettivi programmatici, con effetti finanziari aventi decorrenza nel triennio considerato dal bilancio;
    le misure introdotte nel presente provvedimento non sono in grado di tutelare a sufficienza il comparto sicurezza, lasciando dunque un settore strategico per il Paese soltanto a mere logiche di propaganda;
    con l'entrata in vigore del nuovo trattamento economico dirigenziale (introdotto dall'articolo 45, comma 4, del decreto legislativo n. 95 del 2017 di «riordino dei ruoli») i funzionari e gli ufficiali delle Forze di polizia con la qualifica di Vice Questore Aggiunto/Vice Questore e gradi corrispondenti sono stati esclusi, a decorrere dal 1o gennaio 2018, dalla possibilità di percepire il compenso per l'efficienza dei servizi istituzionali (cosiddetti «ESI»), in quanto istituto economico riservato al personale cosiddetto «contrattualizzato»;
    tale detrimento economico è stato solo in minima parte mitigato dall'istituzione (sempre in sede di «riordino dei ruoli») di un apposito fondo che, infatti, è espressamente devoluto al suddetto personale per «fronteggiare specifiche esigenze di carattere operativo ovvero valorizzare l'attuazione di specifici programmi o raggiungimento di qualificati obiettivi»;
    in assenza di un'adeguata misura compensativa, tuttavia, gli interessati – che, peraltro, nelle rispettive Amministrazioni, assolvono importanti funzioni operative e di responsabilità – oltre a percepire un trattamento economico complessivo inferiore a quello «ante-riordino», risulterebbero danneggiati rispetto al personale cosiddetto «contrattualizzato» impiegato in incarichi analoghi che, invece, come detto, continua a percepire i compensi per l'ESI;
    si rende, pertanto, necessario un urgente intervento finalizzato a incrementare le disponibilità del predetto fondo (articolo 45, comma 11, del decreto legislativo n. 95 del 2017) in misura sufficiente a compensare la mancata remunerazione agli interessati dell'efficienza dei servizi istituzionali, consentendo, già nel 2019, l'adozione dei decreti ministeriali previsti dalla norma per la definizione dei criteri di attribuzione delle risorse al personale e delle relative misure degli emolumenti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare le opportune iniziative al fine di prevedere un adeguato incremento del fondo di cui all'articolo 45, comma 11, del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, per garantire una maggiore tutela dei vice questori aggiunti e vice questori e qualifiche e gradi corrispondenti promuovendo, in questo modo, il raggiungimento di qualificati obiettivi.
9/1334-AR/284. (Testo modificato nel corso della seduta)  Maria Tripodi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del disegno di legge di bilancio nella V Commissione è stato approvato l'emendamento 57.15 Gelmini, Aprea e altri volto ad aumentare da 180 a 210 il numero di ore complessivo da destinare obbligatoriamente ai percorsi per le competenze trasversali, precedentemente denominati di alternanza scuola-lavoro, nelle 3 classi terminali dei corsi di studio degli istituti professionali;
    nell'ottica dell'attuazione di politiche di qualificazione dei percorsi per le competenze trasversali negli istituti professionali appare imprescindibile il rafforzamento dell'identità dell'istruzione professionale, nonché la sovrapposizione dei percorsi dell'istruzione professionale con quelli di IeFP di competenza delle Regioni;
    le disposizioni legislative in materia di istituti professionali prevedono che, a conclusione del primo ciclo di istruzione gli studenti possano scegliere tra:
    i percorsi di istruzione professionale, di durata quinquennale, finalizzati al conseguimento del relativo diploma, realizzati da scuole statali e da scuole paritarie riconosciute;
    i percorsi IeFP, di durata triennale per il conseguimento di qualifiche e di durata quadriennale per il conseguimento di diplomi professionali, realizzati dalle istituzioni formative accreditate dalle Regioni,

impegna il Governo

a prevedere che le ore destinate ai percorsi per le competenze trasversali siano destinate anche agli ultimi due anni del triennio iniziale dei percorsi di istruzione e formazione professionale per il conseguimento di qualifiche triennali e di diplomi professionali quadriennali, realizzati dalle istituzioni formative accreditate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 61 del 2017.
9/1334-AR/285Aprea.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del disegno di legge di bilancio nella V Commissione è stato approvato l'emendamento 57.15 Gelmini, Aprea e altri volto ad aumentare da 180 a 210 il numero di ore complessivo da destinare obbligatoriamente ai percorsi per le competenze trasversali, precedentemente denominati di alternanza scuola-lavoro, nelle 3 classi terminali dei corsi di studio degli istituti professionali;
    nell'ottica dell'attuazione di politiche di qualificazione dei percorsi per le competenze trasversali negli istituti professionali appare imprescindibile il rafforzamento dell'identità dell'istruzione professionale, nonché la sovrapposizione dei percorsi dell'istruzione professionale con quelli di IeFP di competenza delle Regioni;
    le disposizioni legislative in materia di istituti professionali prevedono che, a conclusione del primo ciclo di istruzione gli studenti possano scegliere tra:
    i percorsi di istruzione professionale, di durata quinquennale, finalizzati al conseguimento del relativo diploma, realizzati da scuole statali e da scuole paritarie riconosciute;
    i percorsi IeFP, di durata triennale per il conseguimento di qualifiche e di durata quadriennale per il conseguimento di diplomi professionali, realizzati dalle istituzioni formative accreditate dalle Regioni,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a prevedere che le ore destinate ai percorsi per le competenze trasversali siano destinate anche agli ultimi due anni del triennio iniziale dei percorsi di istruzione e formazione professionale per il conseguimento di qualifiche triennali e di diplomi professionali quadriennali, realizzati dalle istituzioni formative accreditate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 61 del 2017.
9/1334-AR/285. (Testo modificato nel corso della seduta)  Aprea.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio in esame non contiene misure in grado di rilanciare gli investimenti e promuovere la rinascita industriale e occupazionale, in particolare nelle Regioni ricomprese nell'Obiettivo Europeo «Convergenza» (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia);
    per raggiungere questi obiettivi, sarebbe stato necessario inserire il riconoscimento nei confronti delle imprese ivi operanti della possibilità di fruire dell'integrale esenzione dell'imposta sul reddito delle società (IRES): un vero e proprio shock fiscale teso a centrare gli obiettivi dell'aumento e del miglioramento della qualità degli investimenti delle imprese;
    per finanziare tale misura (che ha un onere di circa 2 miliardi di euro), potrebbero essere utilizzate le risorse dei fondi strutturali e di investimento europei,

impegna il Governo

ad attivarsi in sede europea per ottenere la possibilità dell'utilizzo dei fondi strutturali per finanziare l'esenzione integrale dell'imposta sul reddito delle società (IRES) per le nuove imprese che avviano un'attività economica nelle Regioni ricomprese nell'Obiettivo Europeo «Convergenza».
9/1334-AR/286Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio in esame non contiene misure in grado di rilanciare gli investimenti e promuovere la rinascita industriale e occupazionale, in particolare nelle Regioni ricomprese nell'Obiettivo Europeo «Convergenza» (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia);
    per raggiungere questi obiettivi, sarebbe stato necessario inserire il riconoscimento nei confronti delle imprese ivi operanti della possibilità di fruire dell'integrale esenzione dell'imposta sul reddito delle società (IRES): un vero e proprio shock fiscale teso a centrare gli obiettivi dell'aumento e del miglioramento della qualità degli investimenti delle imprese;
    per finanziare tale misura (che ha un onere di circa 2 miliardi di euro), potrebbero essere utilizzate le risorse dei fondi strutturali e di investimento europei,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad attivarsi in sede europea per ottenere la possibilità dell'utilizzo dei fondi strutturali per finanziare l'esenzione integrale dell'imposta sul reddito delle società (IRES) per le nuove imprese che avviano un'attività economica nelle Regioni ricomprese nell'Obiettivo Europeo «Convergenza».
9/1334-AR/286. (Testo modificato nel corso della seduta)  Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio, all'articolo 1, comma 151, istituisce nello stato di previsione del MAECI un Fondo con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per il 2019 e per il 2020 e di 4 milioni di euro a decorrere dal 2021 per interventi di sostegno diretto alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane perseguitate nelle aree di crisi, posti in essere dalle organizzazioni della società civile e dagli altri soggetti senza finalità di lucro di cui all'articolo 26, comma 2, della legge n. 125 del 2014 (Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo). Sulla realizzazione delle iniziative di sostegno che beneficiano del finanziamento il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale presenta una relazione annuale;
    la storia dimostra che non solo la libertà religiosa è il pilastro portante di tutte le libertà, ma che l'intolleranza religiosa porta inevitabilmente alla violazione di diritti umani fondamentali e, molto spesso, a conflitti cruenti e devastanti;
    purtroppo, come documentano troppi eventi, la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono i cristiani in molti Paesi provoca ancora vittime innocenti, perpetrando una vera e propria persecuzione, che rappresenta un'offensiva condotta con violenza sistematica e indiscriminata contro la presenza cristiana in vaste aree del mondo. Si tratta di una tragedia umanitaria di proporzioni drammatiche che si consuma ogni giorno: casi di cristiani perseguitati solo a causa della loro fede, trucidati in nome del fanatismo e radicalismo religioso;
    in questo clima, ciò che più colpisce è il silenzio delle istituzioni, nonché la mancanza di un'iniziativa forte e decisa a carico della diplomazia internazionale;
    l'integrazione europea, per essere autentica, deve fondarsi sul rispetto delle identità dei popoli dell'Europa, che vedono tra le sorgenti della propria civiltà il Cristianesimo, che è all'origine dell'idea di persona e della sua centralità;
    lo stesso principio di laicità dello Stato, che rappresenta una delle conquiste più importanti delle democrazie liberali e pluraliste, non implica indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato stesso per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale;
    la libertà religiosa assume, quindi, un ruolo fondamentale anche a garanzia del principio supremo di laicità dello Stato, sul quale si struttura il concetto di democrazia;
    di fronte a ciò che sta accadendo, anche a tutela dei principi che fondano le democrazie che la compongono, l'Europa, in particolare, ha il dovere di rivendicare con orgoglio i propri valori e la propria identità, senza rinunciare ad affermare le sue radici giudaico-cristiane, con piena consapevolezza delle origini culturali delle proprie idee e istituzioni democratiche,

impegna il Governo:

   a sostenere, anche nel quadro delle iniziative promosse dall'Unione europea e a livello internazionale, ogni azione volta a riconoscere la persecuzione nei confronti dei cristiani come priorità assoluta, affinché sia condannata e contrastata con ogni mezzo;
   a porre in essere, in coordinamento con i partner dell'Unione europea e internazionali, ogni iniziativa volta a rafforzare la capacità dei Paesi alleati e dei Paesi che sostiene con gli strumenti della cooperazione internazionale, per fornire adeguata protezione alle minoranze religiose e garantire il diritto di tutti ad esercitare e professare la propria fede in sicurezza e libertà;
   ad adottare, anche avvalendosi del fondo istituito dall'articolo 1, comma 151, del disegno di legge in esame, ogni iniziativa utile a garantire la tutela degli appartenenti alle minoranze cristiane anche attraverso azioni di assistenza umanitaria, o con il coinvolgimento delle rappresentanze diplomatiche italiane e consolari, anche nell'ambito di iniziative europee ed internazionali, fermo restando l'impegno dell'Italia a rispettare i principi guida dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità;
   a favorire, in coordinamento con i partner dell'Unione europea, un effettivo impegno degli Stati per la tolleranza e la libertà religiosa, in particolare dei cristiani e delle altre minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa;
   a promuovere nelle competenti sedi internazionali, di concerto con i partner dell'Unione europea, iniziative atte a rafforzare il rispetto del principio di libertà religiosa, la tutela delle minoranze religiose, la lotta contro la cristianofobia e il monitoraggio delle violazioni, dando concreta attuazione agli strumenti internazionali esistenti.
9/1334-AR/287Orsini, Gelmini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di bilancio, all'articolo 1, comma 151, istituisce nello stato di previsione del MAECI un Fondo con una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per il 2019 e per il 2020 e di 4 milioni di euro a decorrere dal 2021 per interventi di sostegno diretto alle popolazioni appartenenti a minoranze cristiane perseguitate nelle aree di crisi, posti in essere dalle organizzazioni della società civile e dagli altri soggetti senza finalità di lucro di cui all'articolo 26, comma 2, della legge n. 125 del 2014 (Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo). Sulla realizzazione delle iniziative di sostegno che beneficiano del finanziamento il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale presenta una relazione annuale;
    la storia dimostra che non solo la libertà religiosa è il pilastro portante di tutte le libertà, ma che l'intolleranza religiosa porta inevitabilmente alla violazione di diritti umani fondamentali e, molto spesso, a conflitti cruenti e devastanti;
    purtroppo, come documentano troppi eventi, la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono i cristiani in molti Paesi provoca ancora vittime innocenti, perpetrando una vera e propria persecuzione, che rappresenta un'offensiva condotta con violenza sistematica e indiscriminata contro la presenza cristiana in vaste aree del mondo. Si tratta di una tragedia umanitaria di proporzioni drammatiche che si consuma ogni giorno: casi di cristiani perseguitati solo a causa della loro fede, trucidati in nome del fanatismo e radicalismo religioso;
    in questo clima, ciò che più colpisce è il silenzio delle istituzioni, nonché la mancanza di un'iniziativa forte e decisa a carico della diplomazia internazionale;
    l'integrazione europea, per essere autentica, deve fondarsi sul rispetto delle identità dei popoli dell'Europa, che vedono tra le sorgenti della propria civiltà il Cristianesimo, che è all'origine dell'idea di persona e della sua centralità;
    lo stesso principio di laicità dello Stato, che rappresenta una delle conquiste più importanti delle democrazie liberali e pluraliste, non implica indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, ma garanzia dello Stato stesso per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale;
    la libertà religiosa assume, quindi, un ruolo fondamentale anche a garanzia del principio supremo di laicità dello Stato, sul quale si struttura il concetto di democrazia;
    di fronte a ciò che sta accadendo, anche a tutela dei principi che fondano le democrazie che la compongono, l'Europa, in particolare, ha il dovere di rivendicare con orgoglio i propri valori e la propria identità, senza rinunciare ad affermare le sue radici giudaico-cristiane, con piena consapevolezza delle origini culturali delle proprie idee e istituzioni democratiche,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a sostenere, anche nel quadro delle iniziative promosse dall'Unione europea e a livello internazionale, ogni azione volta a riconoscere la persecuzione nei confronti dei cristiani come priorità assoluta, affinché sia condannata e contrastata con ogni mezzo;
   a porre in essere, in coordinamento con i partner dell'Unione europea e internazionali, ogni iniziativa volta a rafforzare la capacità dei Paesi alleati e dei Paesi che sostiene con gli strumenti della cooperazione internazionale, per fornire adeguata protezione alle minoranze religiose e garantire il diritto di tutti ad esercitare e professare la propria fede in sicurezza e libertà;
   ad adottare, anche avvalendosi del fondo istituito dall'articolo 1, comma 151, del disegno di legge in esame, ogni iniziativa utile a garantire la tutela degli appartenenti alle minoranze cristiane anche attraverso azioni di assistenza umanitaria, o con il coinvolgimento delle rappresentanze diplomatiche italiane e consolari, anche nell'ambito di iniziative europee ed internazionali, fermo restando l'impegno dell'Italia a rispettare i principi guida dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità;
   a favorire, in coordinamento con i partner dell'Unione europea, un effettivo impegno degli Stati per la tolleranza e la libertà religiosa, in particolare dei cristiani e delle altre minoranze perseguitate, laddove risulti minacciata o compressa;
   a promuovere nelle competenti sedi internazionali, di concerto con i partner dell'Unione europea, iniziative atte a rafforzare il rispetto del principio di libertà religiosa, la tutela delle minoranze religiose, la lotta contro la cristianofobia e il monitoraggio delle violazioni, dando concreta attuazione agli strumenti internazionali esistenti.
9/1334-AR/287. (Testo modificato nel corso della seduta)  Orsini, Gelmini.


   La Camera,
   premesso che:
    in materia di agevolazioni Iva ai disabili che intendano acquistare un autoveicolo per i propri bisogni e necessità di spostamento, la normativa vigente prevede che l'Iva applicata sia agevolata, ovvero pari al 4 per cento invece che al 22 per cento, a condizione che si tratti di acquisti di autovetture con motorizzazioni tradizionali, ovvero benzina con cilindrata fino a 2000 c.c. e diesel con cilindrata fino a 2800 c.c., anche se prodotte in serie;
    la lettera della legge esclude le agevolazioni per le automobili di più recente tecnologia, meno inquinanti, ovvero a basso impatto ambientale, perché non utilizzano come combustibile il gas metano, il GPL, e sono escluse anche le vetture ibride. In realtà ciò non accade poiché l'Agenzia delle entrate ha esteso, con una propria circolare interpretativa, la concessione del beneficio dell'Iva agevolata alle persone affette da disabilità che acquistano veicoli con motore a combustione di GPL, metano e ibridi. Queste tipologie di autovetture rientrano nell'ambito di applicazione degli automezzi incentivati per via interpretativa poiché è stato considerato decisivo il fato che hanno una alimentazione a motore termico interno. Questo è il motivo per il quale l'Agenzia delle Entrate acconsente, come detto, con interpretazione estensiva delle norme di legge, alla equiparazione con i mezzi con motore diesel o benzina;
    si tratta di una via irrituale per raggiungere un obiettivo condivisibile, poiché i veicoli a basso impatto ambientale dovrebbero rientrare nell'agevolazione per esplicita statuizione legislativa, e sarebbe quindi opportuno modificare la normativa di riferimento vigente prevedendo l'agevolazione in modo chiaro, esplicito;
    per quanto riguarda gli automezzi elettrici, invece, quelli del futuro, non sono ammessi in alcun modo a far parte dell'agevolazione, neanche in via interpretativa;
    a nostro avviso, innanzi a tale situazione, si rende assolutamente necessario un intervento legislativo. Una misura che riteniamo quanto mai opportuna adottare, in un'ottica di incentivazione di una tipologia di mezzi a impatto ambientale pari a zero;
    di fronte al grande vantaggio dell'estensione dell'Iva agevolata per veicoli a impatto zero sull'ambiente, si consideri che i costi dovrebbero essere nulli per lo Stato, poiché un disabile che oggi acquista una auto inquinante con Iva agevolata, potrebbe trasformare il suo acquisto in un'auto ecologica. E se ciò non avvenisse, in alcuni casi la causa si potrebbe rinvenire proprio nella mancata previsione dell'incentivo, acquistando non auto ecologiche bensì auto inquinanti ma premiate dal minor costo da sostenere per l'acquisto in ragione della previsione dell'Iva agevolata al 4 per cento. Insomma, per le casse dello Stato, se si estendesse il beneficio, saremmo, innanzi a un gioco a somma zero, zero come l'impatto ambientale prodotto dalle auto ecologiche;
    ammettiamo però qui per ipotesi un costo, ancorché minimo, per lo Stato. Nello scorso anno sono stati immatricolati in totale circa 2.000 veicoli elettrici. Anche volendo stimare per il 2019 un raddoppio di vendite di questa categoria di autoveicoli, la quantificazione finanziaria a carico dello Stato sarà miserrima, poiché i disabili possono acquistare, come detto, una sola autovettura con IVA agevolata sino a quando non alienano la precedente, e naturalmente l'acquisto di una vettura ecologica è alternativa ad una con motore a combustione inquinante;
    più precisamente la normativa vigente riconosce le agevolazioni solo se i veicoli sono utilizzati, in via esclusiva o prevalente, a beneficio delle persone disabili, ed è stato precisato che l'Iva agevolata per l'acquisto di veicoli spetta una sola volta, cioè per un solo veicolo, nel corso di un quadriennio decorrente dalla data di acquisto. Inoltre è possibile riottenere il beneficio, per acquisti entro il quadriennio, solo se il primo veicolo beneficiato è stato cancellato dal PRA, perché destinato alla demolizione. Il beneficio non spetta, invece, se il veicolo è stato cancellato dal PRA perché esportato all'estero, come rinvenibile nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 19/E del 2012;
    quindi, ai fini Iva, è possibile fruire nuovamente dell'agevolazione per il riacquisto entro il quadriennio solo se il primo veicolo acquistato con le agevolazioni fiscali è stato rubato e non ritrovato. In questo caso, il disabile deve esibire al concessionario la denuncia di furto del veicolo e la registrazione della «perdita di possesso» effettuata dal PRA, come rinvenibile nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 11/E del 21 maggio 2014;
    riteniamo che, come per ogni altra fonte di spesa, sia necessario effettuare una comparazione dei costi benefici che il provvedimento apporta nel complesso, e che ciò debba essere fatto in modo non limitato ai soli termini monetari ed immediati, bensì adottando una valutazione olistica, che comprenda un giudizio complessivo sui livelli delle prestazioni energetiche descritte, considerando un arco temporale non limitato all'anno, comprendendo numerosi parametri come la qualità dell'aria, la tutela dell'ambiente, la salute dell'uomo, e il benefico effetto imitativo che potrebbe discendere dalla proposta qui avanzata;
    detto ciò, la stima massima, e a nostro avviso non verosimile della quantificazione degli oneri finanziari in conseguenza dell'estensione dell'iva agevolata ai veicoli acquistati da persone disabili ai mezzi elettrici è la seguente:
     si premette che le persone disabili sono pari al 7 per cento della popolazione totale. Se si stimano in 4.000 le nuove immatricolazioni nel 2019 di auto elettriche, e se si ipotizza che il 7 per cento di queste sia acquistato da persone disabili, allora le vetture sottoposte a un regime di Iva agevola sono circa 280 al massimo;
     proseguendo nel fare calcoli spiccioli, se il costo medio di un autoveicolo è stimato in una somma pari a circa 30 mila euro, IVA esclusa, la differenza fatta dalle due aliquote, ordinaria e agevolata è la seguente: nel caso di vendita ad un disabile di auto elettrica al costo di 30000 euro, dobbiamo a legislazione vigente aggiungere il 22 per cento di Iva, facendo lievitare il costo di 6.600 euro. Se invece ai 30.000 euro di costo si applicasse Iva agevolata al 4 per cento, il costo lieviterebbe di soli 1.200 euro;
    il costo ipotetico stimato per il bilancio dello Stato, per l'anno 2019, è dato quindi dalla differenza tra i 6.600 euro e 1.200 euro, ovvero 5.400 euro i quali, moltiplicati per il numero delle automobili che si stima possano essere al massimo acquistate, 280, porterebbe ad un minor gettito Iva pari a 1.512.000 euro. Se questi sono i costi teorici massimi, si devono però comparare con i vantaggi concreti ottenibili, primo tra tutti, l'enorme vantaggio sociale che la misura produrrebbe. Infatti i veicoli elettrici sono quelli che presentano le maggiori potenzialità in termini di sostenibilità ambientale;
    ecco perché si propone di novellare la normativa di riferimento, colmando un vuoto che nega la possibilità alle persone disabili, e alle loro famiglie, di godere del diritto di acquistare un veicolo elettrico con l'aliquota IVA ridotta al 4 per cento, diritto concesso in caso di acquisto di qualsiasi altra tipologia di autovettura;
    si tratta di un atto che ci appare necessario, giusto, ecologico e nel medio periodo anche conveniente economicamente, poiché sono troppi i danni che, ormai anche in Italia, devono essere imputati alle modificazioni climatiche in atto, i cui costi sono purtroppo ben più elevati del un milione di euro circa derivante dall'adozione della proposta fatta, semmai tale sarà effettivamente il «costo da pagare». Purtroppo ben più alti e dolorosi sono i costi che stiamo già pagando, non in termini monetari, poiché quello più elevato è quello rappresentato dalla perdita della vita di persone sorprese dall'irruenza della natura e dalla distruzione di un territorio meraviglioso come il nostro;
    sappiamo che l'insieme dei gas di scarico delle automobili comprendenti il gruppo degli ossidi di azoto, il monossido di carbonio, il piombo, gli idrocarburi incombusti, il vapore acqueo, il biossido di carbonio e le aldeidi sono responsabili di inquinamento ambientale. Il problema delle emissioni dei gas di scarico delle automobili è stato aggravato dalla tendenza verso la produzione di motori a benzina, particolarmente sollecitati ad alta compressione. Gli additivi della benzina, come gli additivi antidetonanti, necessari per un efficiente funzionamento del motore a benzina sono molto pericolosi quando sono liberati nell'ambiente. La maggior parte dei paesi ad alta intensità produttiva, con alta industrializzazione hanno adottato misure idonee per ridurre i livelli delle emissioni inquinanti degli autoveicoli, anche incentivando l'acquisto di automobili ecologiche;
    si tratta quindi non di un maggior onere, bensì di un primo virtuoso e giusto adeguamento alle mutate circostanze della vita moderna, nonché un investimento ambientale e tecnologico, in grado di dare piena attuazione anche all'articolo 3 della Costituzione, vista la platea a cui è riferita l'agevolazione;
    si ribadisce, che la nuova normativa qui proposta per le auto elettriche, dovrebbe comprendere esplicitamente non solo le automobili elettriche, del tutto escluse, ma anche i veicoli che oggi, solo in via interpretativa, possono essere assoggettati al regime di Iva agevolata,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative normative descritte in premessa, eventualmente con i primi interventi ritenuti utili allo scopo, anche in considerazione della comparazione dei costi benefici, comparazione che risulta produrre maggiori vantaggi che costi, e per dare piena attuazione dell'articolo 3 della Costituzione anche in tema di acquisto di automezzi da parte delle persone afflitte da disabilità.
9/1334-AR/288Pentangelo, Versace, Germanà.


   La Camera,
   premesso che:
    in materia di agevolazioni Iva ai disabili che intendano acquistare un autoveicolo per i propri bisogni e necessità di spostamento, la normativa vigente prevede che l'Iva applicata sia agevolata, ovvero pari al 4 per cento invece che al 22 per cento, a condizione che si tratti di acquisti di autovetture con motorizzazioni tradizionali, ovvero benzina con cilindrata fino a 2000 c.c. e diesel con cilindrata fino a 2800 c.c., anche se prodotte in serie;
    la lettera della legge esclude le agevolazioni per le automobili di più recente tecnologia, meno inquinanti, ovvero a basso impatto ambientale, perché non utilizzano come combustibile il gas metano, il GPL, e sono escluse anche le vetture ibride. In realtà ciò non accade poiché l'Agenzia delle entrate ha esteso, con una propria circolare interpretativa, la concessione del beneficio dell'Iva agevolata alle persone affette da disabilità che acquistano veicoli con motore a combustione di GPL, metano e ibridi. Queste tipologie di autovetture rientrano nell'ambito di applicazione degli automezzi incentivati per via interpretativa poiché è stato considerato decisivo il fato che hanno una alimentazione a motore termico interno. Questo è il motivo per il quale l'Agenzia delle Entrate acconsente, come detto, con interpretazione estensiva delle norme di legge, alla equiparazione con i mezzi con motore diesel o benzina;
    si tratta di una via irrituale per raggiungere un obiettivo condivisibile, poiché i veicoli a basso impatto ambientale dovrebbero rientrare nell'agevolazione per esplicita statuizione legislativa, e sarebbe quindi opportuno modificare la normativa di riferimento vigente prevedendo l'agevolazione in modo chiaro, esplicito;
    per quanto riguarda gli automezzi elettrici, invece, quelli del futuro, non sono ammessi in alcun modo a far parte dell'agevolazione, neanche in via interpretativa;
    a nostro avviso, innanzi a tale situazione, si rende assolutamente necessario un intervento legislativo. Una misura che riteniamo quanto mai opportuna adottare, in un'ottica di incentivazione di una tipologia di mezzi a impatto ambientale pari a zero;
    di fronte al grande vantaggio dell'estensione dell'Iva agevolata per veicoli a impatto zero sull'ambiente, si consideri che i costi dovrebbero essere nulli per lo Stato, poiché un disabile che oggi acquista una auto inquinante con Iva agevolata, potrebbe trasformare il suo acquisto in un'auto ecologica. E se ciò non avvenisse, in alcuni casi la causa si potrebbe rinvenire proprio nella mancata previsione dell'incentivo, acquistando non auto ecologiche bensì auto inquinanti ma premiate dal minor costo da sostenere per l'acquisto in ragione della previsione dell'Iva agevolata al 4 per cento. Insomma, per le casse dello Stato, se si estendesse il beneficio, saremmo, innanzi a un gioco a somma zero, zero come l'impatto ambientale prodotto dalle auto ecologiche;
    ammettiamo però qui per ipotesi un costo, ancorché minimo, per lo Stato. Nello scorso anno sono stati immatricolati in totale circa 2.000 veicoli elettrici. Anche volendo stimare per il 2019 un raddoppio di vendite di questa categoria di autoveicoli, la quantificazione finanziaria a carico dello Stato sarà miserrima, poiché i disabili possono acquistare, come detto, una sola autovettura con IVA agevolata sino a quando non alienano la precedente, e naturalmente l'acquisto di una vettura ecologica è alternativa ad una con motore a combustione inquinante;
    più precisamente la normativa vigente riconosce le agevolazioni solo se i veicoli sono utilizzati, in via esclusiva o prevalente, a beneficio delle persone disabili, ed è stato precisato che l'Iva agevolata per l'acquisto di veicoli spetta una sola volta, cioè per un solo veicolo, nel corso di un quadriennio decorrente dalla data di acquisto. Inoltre è possibile riottenere il beneficio, per acquisti entro il quadriennio, solo se il primo veicolo beneficiato è stato cancellato dal PRA, perché destinato alla demolizione. Il beneficio non spetta, invece, se il veicolo è stato cancellato dal PRA perché esportato all'estero, come rinvenibile nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 19/E del 2012;
    quindi, ai fini Iva, è possibile fruire nuovamente dell'agevolazione per il riacquisto entro il quadriennio solo se il primo veicolo acquistato con le agevolazioni fiscali è stato rubato e non ritrovato. In questo caso, il disabile deve esibire al concessionario la denuncia di furto del veicolo e la registrazione della «perdita di possesso» effettuata dal PRA, come rinvenibile nella circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 11/E del 21 maggio 2014;
    riteniamo che, come per ogni altra fonte di spesa, sia necessario effettuare una comparazione dei costi benefici che il provvedimento apporta nel complesso, e che ciò debba essere fatto in modo non limitato ai soli termini monetari ed immediati, bensì adottando una valutazione olistica, che comprenda un giudizio complessivo sui livelli delle prestazioni energetiche descritte, considerando un arco temporale non limitato all'anno, comprendendo numerosi parametri come la qualità dell'aria, la tutela dell'ambiente, la salute dell'uomo, e il benefico effetto imitativo che potrebbe discendere dalla proposta qui avanzata;
    detto ciò, la stima massima, e a nostro avviso non verosimile della quantificazione degli oneri finanziari in conseguenza dell'estensione dell'iva agevolata ai veicoli acquistati da persone disabili ai mezzi elettrici è la seguente:
     si premette che le persone disabili sono pari al 7 per cento della popolazione totale. Se si stimano in 4.000 le nuove immatricolazioni nel 2019 di auto elettriche, e se si ipotizza che il 7 per cento di queste sia acquistato da persone disabili, allora le vetture sottoposte a un regime di Iva agevola sono circa 280 al massimo;
     proseguendo nel fare calcoli spiccioli, se il costo medio di un autoveicolo è stimato in una somma pari a circa 30 mila euro, IVA esclusa, la differenza fatta dalle due aliquote, ordinaria e agevolata è la seguente: nel caso di vendita ad un disabile di auto elettrica al costo di 30000 euro, dobbiamo a legislazione vigente aggiungere il 22 per cento di Iva, facendo lievitare il costo di 6.600 euro. Se invece ai 30.000 euro di costo si applicasse Iva agevolata al 4 per cento, il costo lieviterebbe di soli 1.200 euro;
    il costo ipotetico stimato per il bilancio dello Stato, per l'anno 2019, è dato quindi dalla differenza tra i 6.600 euro e 1.200 euro, ovvero 5.400 euro i quali, moltiplicati per il numero delle automobili che si stima possano essere al massimo acquistate, 280, porterebbe ad un minor gettito Iva pari a 1.512.000 euro. Se questi sono i costi teorici massimi, si devono però comparare con i vantaggi concreti ottenibili, primo tra tutti, l'enorme vantaggio sociale che la misura produrrebbe. Infatti i veicoli elettrici sono quelli che presentano le maggiori potenzialità in termini di sostenibilità ambientale;
    ecco perché si propone di novellare la normativa di riferimento, colmando un vuoto che nega la possibilità alle persone disabili, e alle loro famiglie, di godere del diritto di acquistare un veicolo elettrico con l'aliquota IVA ridotta al 4 per cento, diritto concesso in caso di acquisto di qualsiasi altra tipologia di autovettura;
    si tratta di un atto che ci appare necessario, giusto, ecologico e nel medio periodo anche conveniente economicamente, poiché sono troppi i danni che, ormai anche in Italia, devono essere imputati alle modificazioni climatiche in atto, i cui costi sono purtroppo ben più elevati del un milione di euro circa derivante dall'adozione della proposta fatta, semmai tale sarà effettivamente il «costo da pagare». Purtroppo ben più alti e dolorosi sono i costi che stiamo già pagando, non in termini monetari, poiché quello più elevato è quello rappresentato dalla perdita della vita di persone sorprese dall'irruenza della natura e dalla distruzione di un territorio meraviglioso come il nostro;
    sappiamo che l'insieme dei gas di scarico delle automobili comprendenti il gruppo degli ossidi di azoto, il monossido di carbonio, il piombo, gli idrocarburi incombusti, il vapore acqueo, il biossido di carbonio e le aldeidi sono responsabili di inquinamento ambientale. Il problema delle emissioni dei gas di scarico delle automobili è stato aggravato dalla tendenza verso la produzione di motori a benzina, particolarmente sollecitati ad alta compressione. Gli additivi della benzina, come gli additivi antidetonanti, necessari per un efficiente funzionamento del motore a benzina sono molto pericolosi quando sono liberati nell'ambiente. La maggior parte dei paesi ad alta intensità produttiva, con alta industrializzazione hanno adottato misure idonee per ridurre i livelli delle emissioni inquinanti degli autoveicoli, anche incentivando l'acquisto di automobili ecologiche;
    si tratta quindi non di un maggior onere, bensì di un primo virtuoso e giusto adeguamento alle mutate circostanze della vita moderna, nonché un investimento ambientale e tecnologico, in grado di dare piena attuazione anche all'articolo 3 della Costituzione, vista la platea a cui è riferita l'agevolazione;
    si ribadisce, che la nuova normativa qui proposta per le auto elettriche, dovrebbe comprendere esplicitamente non solo le automobili elettriche, del tutto escluse, ma anche i veicoli che oggi, solo in via interpretativa, possono essere assoggettati al regime di Iva agevolata,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative normative descritte in premessa, eventualmente con i primi interventi ritenuti utili allo scopo, anche in considerazione della comparazione dei costi benefici, comparazione che risulta produrre maggiori vantaggi che costi, e per dare piena attuazione dell'articolo 3 della Costituzione anche in tema di acquisto di automezzi da parte delle persone afflitte da disabilità.
9/1334-AR/288. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pentangelo, Versace, Germanà.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia economico-finanziaria;
    la tecnica impositiva in uso negli Stati Membri dell'Unione prevede che, a seguito di una transazione commerciale o comunque dell'esecuzione di una prestazione e della conseguente emissione di una fattura, l'impresa versi allo stato l'imposta sul valore aggiunto dovuta, anche qualora non abbia ancora incassato dal debitore fiscale (il destinatario della prestazione) quanto dovuto;
    al verificarsi di precise condizioni, inoltre, la legge riconosce all'impresa il diritto a portare in detrazione l'Iva versata ma non incassata, attraverso l'emissione di una nota di variazione della propria base imponibile;
    a livello Comunitario l'emissione delle note di variazione è disciplinata dalla Direttiva 2006/112/CE – articolo 90, mentre sul piano nazionale la fattispecie è regolata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 – articolo 26;
    fino ad oggi l'Amministrazione Finanziaria ed il Ministero dell'economia con susseguenti interventi (Circolare del Ministero delle finanze n. 77/E/2000, Agenzia delle entrate risoluzioni nn. 155/E/2001, 161/E/2001, 89/E/2002 e 195/E/2008), nel caso di mancato pagamento, hanno inteso interpretare le suestese norme prevedendo che la condizione dell'infruttuosità della procedura concorsuale cui è assoggettato il debitore costituisce il presupposto per l'emissione, da parte del creditore, della nota di variazione in diminuzione;
    il risultato di una tale interpretazione ha finora portato sostanzialmente al risultato per cui le imprese anticipano allo Stato l'Iva dovuta fino al suo pagamento o comunque alla sua definitiva infruttuosa irrecuperabilità e poiché il tempo medio di una procedura concorsuale in Italia supera il decennio, le imprese accordando di fatto in tal modo allo stato un prestito senza interessi. Tale situazione ha indubbiamente determinato una perdita secca di risorse a carico di migliaia di imprese italiane altrimenti destinate ad investimenti e alla creazione di posti di lavoro;
    in data 23 novembre 2017 la Corte di giustizia dell'Unione europea, sul caso C-246/16 Enzo di Maura c. Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale di Siracusa ha chiarito come uno stato non possa subordinare la riduzione della base imponibile dell'imposta sul valore aggiunto all'infruttuosità di una procedura concorsuale qualora una tale procedura possa durare più di dieci anni. Tale interpretazione, gerarchicamente sovraordinata, contraddice quanto finora sostenuto dall'Agenzia delle entrate e, impone, un conseguente allineamento dei criteri interpretativi adottati da quest'ultima nonché, un definitivo chiarimento normativo, attraverso l'opportuna e coerente modifica dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa che consenta l'adeguamento alla normativa europea e lo stanziamento delle risorse necessarie a una più rapida emissione delle note di variazione Iva.
9/1334-AR/289Baratto.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019;
    considerata la necessità di consentire la prosecuzione dell'attività della Centro di produzione Spa volta a garantire la trasmissione radiofonica delle sedute dei lavori parlamentari da parte dell'emittente Radio Radicale;
   considerato che il precedente anno di convenzione che regola il servizio è scaduto lo scorso mese di novembre,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione approvata in sede di rinvio in Commissione, al fine di adottare le opportune iniziative normative volte ad autorizzare il Ministero dello sviluppo economico a prorogare il regime convenzionale con il Centro di produzione S.p.a. ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224 autorizzando, a tal fine, la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2019.
9/1334-AR/290Brunetta.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del disegno di Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019;
    considerata la necessità di consentire la prosecuzione dell'attività della Centro di produzione Spa volta a garantire la trasmissione radiofonica delle sedute dei lavori parlamentari da parte dell'emittente Radio Radicale;
   considerato che il precedente anno di convenzione che regola il servizio è scaduto lo scorso mese di novembre,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare gli effetti applicativi della disposizione approvata in sede di rinvio in Commissione, al fine di adottare le opportune iniziative normative volte ad autorizzare il Ministero dello sviluppo economico a prorogare il regime convenzionale con il Centro di produzione S.p.a. ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge 11 luglio 1998, n. 224 autorizzando, a tal fine, la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2019.
9/1334-AR/290. (Testo modificato nel corso della seduta)  Brunetta.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia economico-finanziaria;
    occorre rispondere alla crescente esigenza, più volte manifestata, sia dal sistema bancario sia da quello imprenditoriale, di un potenziamento dell'operatività del Fondo centrale di garanzia, attraverso il sensibile incremento dell'importo massimo garantibile per ogni singola impresa da in alcune particolari ipotesi;
    appare auspicabile innalzare l'importo massimo garantito dal fondo per singola impresa dagli attuali 2,5 milioni di euro a 3,5 milioni di euro nell'ambito delle garanzie concesse per portafogli di finanziamenti alle PMI e alle Small Mid Cap;
    appare auspicabile istituzione di una sezione speciale dedicata alla concessione di garanzie in favore di piccole e medie imprese che effettuano operazioni finanziarie che determinano il superamento del limite dei 2,5 milioni di euro (fino ad un massimo di 3,5 milioni di euro) a condizione che almeno il 60 per cento del finanziamento garantito concerna investimenti in beni materiali, in modo tale che l'intervento risponda ad una logica anticiclica di incentivazione e sostegno degli investimenti;
    occorre fornire alle piccole e medie imprese un ulteriore strumento di garanzia per importi superiori all'attuale soglia massima di 2,5 milioni di euro con una modalità in grado di coniugare il risparmio del patrimonio di vigilanza delle banche con la tutela delle risorse erariali. Tale ulteriore garanzia, di natura incrementale rispetto all'agevolazione già oggi concedibile dal Fondo alle PMI, si applica al solo importo eccedente i 2,5 milioni di euro e viene concessa secondo criteri di mercato, ossia a fronte di una commissione che copra il costo del rischio (ovvero la perdita attesa) e i costi di struttura;
    occorre superare ogni limitazione che possa rappresentare un ostacolo alla cedibilità e alla circolazione dei mini bond costituendo un freno alle potenziali operazioni da parte delle imprese,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa volta a dare seguito a quanto evidenziato in premessa, nonché a prevedere modifiche volte al potenziamento dello strumento dei mini-bond favorendo quelle imprese che intendono approvvigionarsi sul mercato, in modo autonomo ed incentivando le emissioni di maggiori dimensioni;
   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa volta ad estendere la garanzia del Fondo centrale di garanzia alle operazioni di sottoscrizione di obbligazioni emesse da Small Mid Cap, prevedendo inoltre che in caso di cessione di mini bond o portafogli di mini bond, la garanzia possa essere attivata non solo dal richiedente ma anche dal cessionario, nella considerazione che attualmente la garanzia può essere attivata esclusivamente dal soggetto richiedente che ha sottoscritto l'emissione dei mini bond e nei cui confronti è stata rilasciata la garanzia del Fondo.
9/1334-AR/291Carrara, Fiorini, D'Ettore.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia economico-finanziaria;
    occorre rispondere alla crescente esigenza, più volte manifestata, sia dal sistema bancario sia da quello imprenditoriale, di un potenziamento dell'operatività del Fondo centrale di garanzia, attraverso il sensibile incremento dell'importo massimo garantibile per ogni singola impresa da in alcune particolari ipotesi;
    appare auspicabile innalzare l'importo massimo garantito dal fondo per singola impresa dagli attuali 2,5 milioni di euro a 3,5 milioni di euro nell'ambito delle garanzie concesse per portafogli di finanziamenti alle PMI e alle Small Mid Cap;
    appare auspicabile istituzione di una sezione speciale dedicata alla concessione di garanzie in favore di piccole e medie imprese che effettuano operazioni finanziarie che determinano il superamento del limite dei 2,5 milioni di euro (fino ad un massimo di 3,5 milioni di euro) a condizione che almeno il 60 per cento del finanziamento garantito concerna investimenti in beni materiali, in modo tale che l'intervento risponda ad una logica anticiclica di incentivazione e sostegno degli investimenti;
    occorre fornire alle piccole e medie imprese un ulteriore strumento di garanzia per importi superiori all'attuale soglia massima di 2,5 milioni di euro con una modalità in grado di coniugare il risparmio del patrimonio di vigilanza delle banche con la tutela delle risorse erariali. Tale ulteriore garanzia, di natura incrementale rispetto all'agevolazione già oggi concedibile dal Fondo alle PMI, si applica al solo importo eccedente i 2,5 milioni di euro e viene concessa secondo criteri di mercato, ossia a fronte di una commissione che copra il costo del rischio (ovvero la perdita attesa) e i costi di struttura;
    occorre superare ogni limitazione che possa rappresentare un ostacolo alla cedibilità e alla circolazione dei mini bond costituendo un freno alle potenziali operazioni da parte delle imprese,

impegna il Governo:

   nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica:
   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa volta a dare seguito a quanto evidenziato in premessa, nonché a prevedere modifiche volte al potenziamento dello strumento dei mini-bond favorendo quelle imprese che intendono approvvigionarsi sul mercato, in modo autonomo ed incentivando le emissioni di maggiori dimensioni;
   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa volta ad estendere la garanzia del Fondo centrale di garanzia alle operazioni di sottoscrizione di obbligazioni emesse da Small Mid Cap, prevedendo inoltre che in caso di cessione di mini bond o portafogli di mini bond, la garanzia possa essere attivata non solo dal richiedente ma anche dal cessionario, nella considerazione che attualmente la garanzia può essere attivata esclusivamente dal soggetto richiedente che ha sottoscritto l'emissione dei mini bond e nei cui confronti è stata rilasciata la garanzia del Fondo.
9/1334-AR/291. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carrara, Fiorini, D'Ettore.


   La Camera,
   premesso che:
    sotto tale profilo si evidenzia che la questione relativa all'esenzione da IMU e da TASI rappresenta una fattispecie che è oggetto attualmente di un vivace dibattito, alla luce della definizione che ha dato il legislatore in merito;
    alla luce delle istruzioni al modello di dichiarazione IMU degli enti non commerciali del 2014, si riteneva che accreditamenti e contratti con lo Stato o gli enti territoriali avrebbero fatto rientrare la sanità fra le attività «non commerciali», e quindi esenti da IMU e TASI, rendendole «complementari o integrative rispetto al servizio pubblico», fermo restando che accreditamento e convenzioni si sarebbero dovute misurare in base alla singola attività, e non all'intera struttura;
    al riguardo è recentemente intervenuta una sentenza della CTP di Udine, datata 31 agosto 2018, in merito alla pretesa tributaria avanzata dall'Amministrazione comunale di Cividale del Friuli nei confronti di una struttura assistenziale per pazienti anziani (autosufficienti e non) titolare di apposita convenzione con il Servizio Sanitario Regionale. In particolare, il Comune convenuto non ha riconosciuto al contribuente per gli immobili, detenuti in proprietà e utilizzati nel corso del 2012 per accogliere, accudire ed assistere anziani autosufficienti e non autosufficienti, in attuazione di una apposita convenzione con il Servizio Sanitario Regionale, il diritto all'esenzione, in quanto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera p) e dell'articolo 4, comma 2, lettera a) del decreto ministeriale n. 200 del 2012, l'Azienda Pubblica non avrebbe sufficientemente dimostrato di svolgere l'attività istituzionale con modalità non commerciali;
    sul punto deve essere tuttavia rammentato che l'articolo 5 del decreto legislativo n. 207 del 2001 prevede innanzitutto che per le istituzioni che svolgono direttamente attività di erogazione di servizi assistenziali, la trasformazione in aziende pubbliche di servizi e soprattutto «alle istituzioni riordinate in aziende di servizi si applicano le disposizioni fiscali di cui all'articolo 88, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica, 22 dicembre 1986, n. 917 e delle disposizioni, anche amministrative, di attuazione». L'articolo 88 del TUIR, prevede che l'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le unità sanitarie locali, non costituiscono esercizio di attività commerciali;
    alla luce di quanto precede appare necessario un intervento di carattere normativo volto a chiarire definitamente l'annosa questione suesposta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa finalizzata a chiarire in modo preciso i criteri in forza dei quali le Aziende pubbliche per i servizi alla persona, quando esercitano un'attività prevalentemente a carattere previdenziale, assistenziale e sanitaria, possano essere esentate dal pagamento dell'IMU.
9/1334-AR/292Novelli.


   La Camera,
   premesso che:
    sotto tale profilo si evidenzia che la questione relativa all'esenzione da IMU e da TASI rappresenta una fattispecie che è oggetto attualmente di un vivace dibattito, alla luce della definizione che ha dato il legislatore in merito;
    alla luce delle istruzioni al modello di dichiarazione IMU degli enti non commerciali del 2014, si riteneva che accreditamenti e contratti con lo Stato o gli enti territoriali avrebbero fatto rientrare la sanità fra le attività «non commerciali», e quindi esenti da IMU e TASI, rendendole «complementari o integrative rispetto al servizio pubblico», fermo restando che accreditamento e convenzioni si sarebbero dovute misurare in base alla singola attività, e non all'intera struttura;
    al riguardo è recentemente intervenuta una sentenza della CTP di Udine, datata 31 agosto 2018, in merito alla pretesa tributaria avanzata dall'Amministrazione comunale di Cividale del Friuli nei confronti di una struttura assistenziale per pazienti anziani (autosufficienti e non) titolare di apposita convenzione con il Servizio Sanitario Regionale. In particolare, il Comune convenuto non ha riconosciuto al contribuente per gli immobili, detenuti in proprietà e utilizzati nel corso del 2012 per accogliere, accudire ed assistere anziani autosufficienti e non autosufficienti, in attuazione di una apposita convenzione con il Servizio Sanitario Regionale, il diritto all'esenzione, in quanto ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera p) e dell'articolo 4, comma 2, lettera a) del decreto ministeriale n. 200 del 2012, l'Azienda Pubblica non avrebbe sufficientemente dimostrato di svolgere l'attività istituzionale con modalità non commerciali;
    sul punto deve essere tuttavia rammentato che l'articolo 5 del decreto legislativo n. 207 del 2001 prevede innanzitutto che per le istituzioni che svolgono direttamente attività di erogazione di servizi assistenziali, la trasformazione in aziende pubbliche di servizi e soprattutto «alle istituzioni riordinate in aziende di servizi si applicano le disposizioni fiscali di cui all'articolo 88, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica, 22 dicembre 1986, n. 917 e delle disposizioni, anche amministrative, di attuazione». L'articolo 88 del TUIR, prevede che l'esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le unità sanitarie locali, non costituiscono esercizio di attività commerciali;
    alla luce di quanto precede appare necessario un intervento di carattere normativo volto a chiarire definitamente l'annosa questione suesposta,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa finalizzata a chiarire in modo preciso i criteri in forza dei quali le Aziende pubbliche per i servizi alla persona, quando esercitano un'attività prevalentemente a carattere previdenziale, assistenziale e sanitaria, possano essere esentate dal pagamento dell'IMU.
9/1334-AR/292. (Testo modificato nel corso della seduta)  Novelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ordinamento giuridico necessita dell'emanazione di norme di coordinamento e di modificazione del quadro legislativo vigente in materia di notificazioni a mezzo posta poiché, con la novella apportata alla legge 20 novembre 1982, n. 89, dalla scorsa legge di bilancio, la legge 27 dicembre 2017, n. 205 la quale, con l'articolo 1, comma 461, che a sua volta ha modificato la legge di stabilità del 2015, la legge 23 dicembre 2014, n. 190, aggiungendo ulteriori commi dopo il comma 97 della stessa, ha modificato la materia delle notificazioni generando però della aporie;
    in particolare appare necessario novellare l'articolo 4 della legge n. 890 del 1982, apportando alcune correzioni formali per coordinare meglio le norme succedutesi nel tempo tra loro;
    appare poi necessario modificare il termine di tre giorni, previsti dall'articolo 6 della legge n. 890 di 1982, relativo alla trasmissione con modalità telematica della copia dell'avviso di ricevimento al mittente, prevedendo un nuovo termine che si propone qui di fissare in cinque giorni;
    una ulteriore novella appare necessaria prevedere per apportare modifiche all'articolo 7 della legge n. 890 del 1982, relativo alla Comunicazione di avvenuta notifica (cosiddetta CAN) che è stata soppressa dalle norme della legge di bilancio 2018 sopra ricordate. Con tale eliminazione, come rilevato anche dall'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, si è determinato un disallineamento con le disposizioni di carattere generale in materia di notifica, in particolare con gli articoli 139 e 660 del codice di procedura civile e 157 del codice di procedura penale, andando a determinare una riduzione della garanzia di conoscibilità effettiva degli atti inviati a cittadini chiamati in causa. La soppressione del CAN ha comportato un affievolimento delle tutele a favore del destinatario dell'atto, tanto che la migliore dottrina sul tema sostiene che potrebbe sollevarsi una questione di legittimità costituzionale della norma, semmai durante la trattazione di un caso concreto innanzi a un giudice a quo fosse ritenuto dalla parte come incostituzionale, e se il giudice ritenga la questione non manifestamente infondata inviasse al giudice ad quem la questione perché il giudice delle leggi possa dare soluzione alla problematica descritta indicando i modi, implicitamente o esplicitamente, per porvi rimedio;
    a questo riguardo si ricorda, tra le altre, la sentenza della Corte costituzionale n. 346, del 22 settembre 1998 con la quale, dichiarando l'illegittimità di alcun parti dell'articolo 8 della legge n. 890 del 1982, relativo alla comunicazione di avvenuto deposito, la Corte stessa ha evidenziato, tra l'altro, che: «non sembra in ogni caso potersi dubitare che la discrezionalità del legislatore incontri un limite nel fondamentale diritto del destinatario della notificazione ad essere posto in condizione di conoscere, con l'ordinaria diligenza e senza necessità di effettuare ricerche di particolare complessità, il contenuto dell'atto e l'oggetto della procedura instaurata nei suoi confronti, non potendo ridursi il diritto di difesa del destinatario medesimo ad una garanzia di conoscibilità puramente teorica dell'atto notificatogli» e ancora «il legislatore, nella sua discrezionalità, sarà quindi libero di adeguare la disciplina delle notificazioni a mezzo posta (per il caso di assenza del destinatario) a quella dettata dall'articolo 140 del codice di procedura civile (che non prevede affatto la restituzione dell'atto al mittente) ovvero di stabilire regole diverse: il limite della discrezionalità sarà rappresentato esclusivamente dal diritto di difesa del destinatario». In considerazione di quanto sopra citato, appare evidente che la Corte costituzionale ritenga fondamentale giungere all'emanazione di norme in grado di assicurare la piena e completa garanzia del diritto di difesa del destinatario dell'atto. Garanzia che, a normativa vigente, appare ingiustificatamente affievolito;
    nella medesima sentenza, la Corte costituzionale ha ulteriormente affermato che «La funzione propria della notificazione è quella di portare Fatto a conoscenza del destinatario, al fine di consentire l'instaurazione del contraddittorio e l'effettivo esercizio del diritto di difesa.»;
    ci appare quindi opportuno e necessario novellare l'articolo 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, prevedendo che il piego sia depositato non il medesimo giorno, bensì entro i due giorni lavorativi successivi il giorno del tentativo di notifica presso il punto di deposito più vicino al destinatario. La necessità di prevedere un termine di due giorni per il deposito del piego appare strettamente correlata con la facoltà, per gli operatori postali, prevista sempre dalla legge 20 novembre 1982, n. 890, come novellata dalla legge di Bilancio 2018, di reiterare il tentavo di recapito del piego nella medesima giornata. La possibilità di un tentativo plurimo di notifica nella stessa giornata, anche se previsto per produrre un vantaggio agli utenti, nei fatti si è invece dimostrato dannoso, poiché si è dimostrato quasi sempre inefficace. La previsione di procedere al deposito dell'atto inesitato nella medesima giornata presso le strutture dell'operatore deputate a gestire il servizio inesitate, nella speranza che il secondo tentativo andasse a buon fine, sono state smentite dai fatti;
    l'esperienza concreta dimostra appunto che i processi logistici degli operatori postali, a maggior ragione nel caso di reiterazione del tentativo di recapito, sono risultati inefficaci per realizzare effettivamente il deposito del piego nella medesima giornata in cui è stato effettuato il primo tentativo di recapito;
    vi è poi la necessità di prorogare il termine di cui all'articolo 1, comma 97-quinquies, secondo periodo, della legge n. 140 del 2014, introdotto dall'articolo 1, comma 461, della legge di Bilancio 2018, relativo alla decorrenza di applicazione delle disposizioni di cui al novellato articolo 6 della legge n. 890 del 1982, relativo all'avviso di ricevimento digitale del piego raccomandato nell'ambito delle notificazioni a mezzo posta. Tale proroga si rende a nostro avviso necessaria poiché il legislatore, operando le modifiche citate, nel fissare il termine non ha tenuto conto, per l'attuazione della norma, della necessità di emanazione di una disciplina regolatoria da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e della conclusione dei tempi di realizzazione posti dalla stessa Autorità a carico degli operatori postali. Si precisa in questa sede che dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel Regolamento di cui alla delibera n. 77/18/CONS, ha posto a carico dei titolari di licenza individuale speciale, ossia quella rilasciata per le notificazioni a mezzo posta di atti giudiziari e di violazioni del codice della strada, un periodo di tre anni per realizzare il piano per la gestione digitale del procedimento di notificazione;
    si precisa che, le proposte sopra analiticamente indicate, non comportano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative normative descritte in premessa, eventualmente con i primi interventi ritenuti utili allo scopo, in considerazione della giurisprudenza costituzionale sopra richiamata e delle aporie dell'ordinamento giuridico evidenziate.
9/1334-AR/293Germanà.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di trasporti;
    la Sicilia è sempre più isolata per l'esoso costo dei biglietti aerei soprattutto nei periodi festivi e durante la stagione estiva;
    i collegamenti aerei sono indispensabili e indifferibili per chi vive nelle isole non solo dal punto di vista turistico ed economico, ma anche per la qualità di vita degli abitanti della Regione Siciliana;
    la Sicilia, tra l'altro, è particolarmente svantaggiata rispetto al resto del Paese per un divario notevole in termini di infrastrutture e di servizi con un notevole aggravio per la mobilità dei suoi cittadini;
    occorre, pertanto, che il principio della continuità territoriale della Sicilia con gli scali nazionali sia reso effettivo come già avvenuto per la Regione Sardegna, dove la stessa continuità territoriale consente ai propri cittadini di godere di tariffe scontate rispetto al normale costo del biglietto nelle rotte da e per l'isola;
    è auspicabile che si assicuri la continuità territoriale per non emarginare la Regione Sicilia, non solo rispetto ai centri fondamentali del nostro Paese, ma anche rispetto all'Europa;
    le tariffe agevolate per i residenti della Regione Sicilia rappresentano un diritto per i cittadini siciliani che vivono in un territorio in cui la qualità e l'efficienza dei servizi di trasporto risultano carenti,

impegna il Governo

in osservanza alle vigenti disposizioni europee e nazionali in materia di oneri di servizio pubblico nei collegamenti aerei infracomunitari, a valutare l'opportunità, al fine di garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia, che consenta la riduzione dei disagi derivanti dalla condizione di insularità e assicuri la continuità del diritto alla mobilità anche ai passeggeri non residenti, di adottare ogni iniziativa di competenza volta ad incrementare la spesa di 20 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 in favore della Regione Sicilia.
9/1334-AR/294Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di trasporti;
    la Sicilia è sempre più isolata per l'esoso costo dei biglietti aerei soprattutto nei periodi festivi e durante la stagione estiva;
    i collegamenti aerei sono indispensabili e indifferibili per chi vive nelle isole non solo dal punto di vista turistico ed economico, ma anche per la qualità di vita degli abitanti della Regione Siciliana;
    la Sicilia, tra l'altro, è particolarmente svantaggiata rispetto al resto del Paese per un divario notevole in termini di infrastrutture e di servizi con un notevole aggravio per la mobilità dei suoi cittadini;
    occorre, pertanto, che il principio della continuità territoriale della Sicilia con gli scali nazionali sia reso effettivo come già avvenuto per la Regione Sardegna, dove la stessa continuità territoriale consente ai propri cittadini di godere di tariffe scontate rispetto al normale costo del biglietto nelle rotte da e per l'isola;
    è auspicabile che si assicuri la continuità territoriale per non emarginare la Regione Sicilia, non solo rispetto ai centri fondamentali del nostro Paese, ma anche rispetto all'Europa;
    le tariffe agevolate per i residenti della Regione Sicilia rappresentano un diritto per i cittadini siciliani che vivono in un territorio in cui la qualità e l'efficienza dei servizi di trasporto risultano carenti,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e in osservanza alle vigenti disposizioni europee e nazionali in materia di oneri di servizio pubblico nei collegamenti aerei infracomunitari, a valutare l'opportunità, al fine di garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia, che consenta la riduzione dei disagi derivanti dalla condizione di insularità e assicuri la continuità del diritto alla mobilità anche ai passeggeri non residenti, di adottare ogni iniziativa di competenza volta ad incrementare la spesa di 20 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 in favore della Regione Sicilia.
9/1334-AR/294. (Testo modificato nel corso della seduta)  Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'anno 1998, per effetto dell'ordinanza ministeriale del Ministero della pubblica istruzione 6 maggio 1998 n. 217, di definizione dei criteri di procedura di mobilità intercompartimentale, 799 docenti transitarono dal Ministero della pubblica istruzione nei ruoli dell'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
    in merito al trattamento economico l'ordinanza stessa prevedeva, al comma 2 dell'articolo 6, che «il docente è collocato nei ruoli INPS alla VII qualifica funzionale, conservando l'anzianità maturata e il trattamento economico in godimento, all'atto del trasferimento, se più favorevole oltre ai trattamenti accessori previsti per il personale dello stesso INPS»;
    al momento del passaggio, l'INPS acquisiva dai Provveditorati agli studi i decreti di ricostruzione di carriera. Veniva inoltre attribuito un assegno ad personam il cui ammontare veniva determinato dalla differenza tra il trattamento economico fondamentale fruito presso la scuola e il trattamento economico fondamentale spettante sulla base dell'inquadramento presso l'INPS;
    successivamente l'INPS provvedeva al riassorbimento dell'assegno, con l'applicazione di trattenute sugli stipendi del personale. A seguito di ciò si apriva un contenzioso con il personale stesso il quale eccepiva l'illegittimo riassorbimento dell'assegno ad personam nonché il mancato riconoscimento del valore economico dell'anzianità di servizio maturata presso il comparto di provenienza;
    negli anni si sono susseguiti diversi giudizi di merito con i quali si riconosceva ai docenti il diritto a mantenere presso l'INPS l'anzianità di servizio maturata presso il Ministero della pubblica istruzione. L'INPS veniva quindi condannato al ricalcolo dell'assegno riassorbibile con obbligo di restituzione delle somme;
    successivamente, però, la Corte di cassazione accoglieva le tesi dell'INPS (a seguito di impugnazione da parte dell'istituto), sostenendo che il principio del mantenimento del trattamento economico opera nell'ambito e nei limiti della regola del riassorbimento, in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico. Ciò anche in ragione del fatto, precisava la Corte, che la citata ordinanza nulla disponeva a proposito della riassorbibilità dell'assegno ad personam;
    l'ulteriore questione eccepita dal personale riguarda il mancato riconoscimento del valore economico dell'anzianità maturata presso l'ente di provenienza (RIA);
    l'INPS rilevava che, alla data del passaggio in Istituto del personale ex docente lo stipendio tabellare, ai sensi dell'articolo 63, comma 1 CCNL 1994/1997 (Allegato 4) – comparto scuola – era «...comprensivo della retribuzione individuale di anzianità e dell'indennità di funzione ...» e che non era stato possibile, per l'istituto, scomputare dal trattamento fondamentale le singole voci retributive e in particolare l'importo della RIA. Pertanto l'assegno ad personam corrisposto al momento del trasferimento all'INPS, risultava comprensivo anche del valore economico dell'anzianità maturata;
    la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza del 6 settembre 2011, n. 108/10, ha considerato tale riassorbimento un inammissibile «peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell'anzianità da loro maturata presso il cedente»;
    in una nota del 24 febbraio 2012 indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, l'INPS stesso definisce tale situazione «un'ingiusta discriminazione tra il personale ex docente ed il restante personale ugualmente transitato in INPS da altri comparti, la cui dinamica contrattuale ha reso evidente, quale RIA non riassorbibile, il valore per classi e scatti, scorporandolo dallo stipendio tabellare»;
    per porre fine a una vicenda che si trascina ormai da troppi anni, con evidente disparità di trattamento per quei docenti che scelsero di transitare all'INPS nel 1998, è necessario un intervento normativo volto a fornire una interpretazione autentica della disciplina, precisando che il riferimento all'articolo 6 comma 4 della legge 554 del 29 dicembre 1988, deve intendersi nel senso che la differenza tra lo stipendio tabellare attribuito dal CCNL SCUOLA 1994/1997, in godimento presso il comparto scuola, comprensivo sia dello stipendio base che dello stipendio classe, e lo stipendio tabellare attribuito dal CCNL – EPNE 1994/1997 proprio della corrispondente qualifica presso l'INPS, è riconosciuta con decorrenza 1o settembre 1998 al personale in servizio o cessato dal servizio a titolo di retribuzione individuale di anzianità e non è oggetto di riassorbimento;
    del resto, un progetto di legge in tal senso aveva avuto già un iter positivo al Senato nella scorsa legislatura,

impegna il governo

a intervenire con urgenza, sotto il profilo normativo, per sanare le criticità descritte e per evitare ulteriori disparità di trattamento economico per i 799 docenti che, nel 1998, transitarono all'INPS nell'ambito delle procedure di mobilità intercompartimentale, stanziando, in appositi capitoli di spesa, le risorse necessarie a provvedere agli oneri derivanti da tale intervento normativo.
9/1334-AR/295Bignami.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'anno 1998, per effetto dell'ordinanza ministeriale del Ministero della pubblica istruzione 6 maggio 1998 n. 217, di definizione dei criteri di procedura di mobilità intercompartimentale, 799 docenti transitarono dal Ministero della pubblica istruzione nei ruoli dell'istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
    in merito al trattamento economico l'ordinanza stessa prevedeva, al comma 2 dell'articolo 6, che «il docente è collocato nei ruoli INPS alla VII qualifica funzionale, conservando l'anzianità maturata e il trattamento economico in godimento, all'atto del trasferimento, se più favorevole oltre ai trattamenti accessori previsti per il personale dello stesso INPS»;
    al momento del passaggio, l'INPS acquisiva dai Provveditorati agli studi i decreti di ricostruzione di carriera. Veniva inoltre attribuito un assegno ad personam il cui ammontare veniva determinato dalla differenza tra il trattamento economico fondamentale fruito presso la scuola e il trattamento economico fondamentale spettante sulla base dell'inquadramento presso l'INPS;
    successivamente l'INPS provvedeva al riassorbimento dell'assegno, con l'applicazione di trattenute sugli stipendi del personale. A seguito di ciò si apriva un contenzioso con il personale stesso il quale eccepiva l'illegittimo riassorbimento dell'assegno ad personam nonché il mancato riconoscimento del valore economico dell'anzianità di servizio maturata presso il comparto di provenienza;
    negli anni si sono susseguiti diversi giudizi di merito con i quali si riconosceva ai docenti il diritto a mantenere presso l'INPS l'anzianità di servizio maturata presso il Ministero della pubblica istruzione. L'INPS veniva quindi condannato al ricalcolo dell'assegno riassorbibile con obbligo di restituzione delle somme;
    successivamente, però, la Corte di cassazione accoglieva le tesi dell'INPS (a seguito di impugnazione da parte dell'istituto), sostenendo che il principio del mantenimento del trattamento economico opera nell'ambito e nei limiti della regola del riassorbimento, in occasione dei miglioramenti di inquadramento e di trattamento economico. Ciò anche in ragione del fatto, precisava la Corte, che la citata ordinanza nulla disponeva a proposito della riassorbibilità dell'assegno ad personam;
    l'ulteriore questione eccepita dal personale riguarda il mancato riconoscimento del valore economico dell'anzianità maturata presso l'ente di provenienza (RIA);
    l'INPS rilevava che, alla data del passaggio in Istituto del personale ex docente lo stipendio tabellare, ai sensi dell'articolo 63, comma 1 CCNL 1994/1997 (Allegato 4) – comparto scuola – era «...comprensivo della retribuzione individuale di anzianità e dell'indennità di funzione ...» e che non era stato possibile, per l'istituto, scomputare dal trattamento fondamentale le singole voci retributive e in particolare l'importo della RIA. Pertanto l'assegno ad personam corrisposto al momento del trasferimento all'INPS, risultava comprensivo anche del valore economico dell'anzianità maturata;
    la Corte di giustizia dell'Unione europea, con sentenza del 6 settembre 2011, n. 108/10, ha considerato tale riassorbimento un inammissibile «peggioramento retributivo sostanziale per il mancato riconoscimento dell'anzianità da loro maturata presso il cedente»;
    in una nota del 24 febbraio 2012 indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei ministri, l'INPS stesso definisce tale situazione «un'ingiusta discriminazione tra il personale ex docente ed il restante personale ugualmente transitato in INPS da altri comparti, la cui dinamica contrattuale ha reso evidente, quale RIA non riassorbibile, il valore per classi e scatti, scorporandolo dallo stipendio tabellare»;
    per porre fine a una vicenda che si trascina ormai da troppi anni, con evidente disparità di trattamento per quei docenti che scelsero di transitare all'INPS nel 1998, è necessario un intervento normativo volto a fornire una interpretazione autentica della disciplina, precisando che il riferimento all'articolo 6 comma 4 della legge 554 del 29 dicembre 1988, deve intendersi nel senso che la differenza tra lo stipendio tabellare attribuito dal CCNL SCUOLA 1994/1997, in godimento presso il comparto scuola, comprensivo sia dello stipendio base che dello stipendio classe, e lo stipendio tabellare attribuito dal CCNL – EPNE 1994/1997 proprio della corrispondente qualifica presso l'INPS, è riconosciuta con decorrenza 1o settembre 1998 al personale in servizio o cessato dal servizio a titolo di retribuzione individuale di anzianità e non è oggetto di riassorbimento;
    del resto, un progetto di legge in tal senso aveva avuto già un iter positivo al Senato nella scorsa legislatura,

impegna il governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a intervenire con urgenza, sotto il profilo normativo, per sanare le criticità descritte e per evitare ulteriori disparità di trattamento economico per i 799 docenti che, nel 1998, transitarono all'INPS nell'ambito delle procedure di mobilità intercompartimentale, stanziando, in appositi capitoli di spesa, le risorse necessarie a provvedere agli oneri derivanti da tale intervento normativo.
9/1334-AR/295. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bignami.


   La Camera,
   premesso che:
    i Fondi pensione italiani investono una quota molto contenuta dei loro asset nel sistema produttivo domestico. A fine 2017, infatti, gli investimenti in Italia delle forme pensionistiche complementari (fondi negoziali, fondi aperti, fondi preesistenti, PIP) risultano pari al 26 per cento del totale, ma la gran parte di tali investimenti è concentrata in titoli di Stato;
    gli investimenti in titoli di debito e di capitale delle imprese italiane ammontano al 3 per cento (dati Covip). Inoltre, quando investono nelle imprese, i fondi pensione dedicano una porzione trascurabile delle loro risorse ad asset cosiddetti alternativi illiquidi, quali private equity, venture capital, private debt, nelle loro diverse forme e specializzazioni. È dunque del tutto marginale il supporto dei fondi alla crescita delle PMI e allo sviluppo infrastrutturale. All'estero la propensione a investire nel selettore privato domestico e in asset alternativi è ben più elevata. Negli Usa – dove i fondi pensione gestiscono oltre 22 mila miliardi di dollari – gli investimenti in titoli di capitale domestici sono superiori al 70 per cento del totale degli investimenti in equity;
    per i bond questa percentuale è intorno al 90 per cento. In Canada, i cui fondi gestiscono oltre 1.500 miliardi di dollari, tali quote sono intorno al 40 per cento e al 100. I fondi europei investono, in media, il 10 per cento del patrimonio in capitale di imprese domestiche e il 13 per cento in asset alternativi, incluse infrastrutture (Mercer European Asset Allocation Survey). Dall'ultima indagine OCSE realizzata su un campione di grandi fondi internazionali, emerge inoltre che a fine 2014 circa il 3,5 per cento degli asset era investito in infrastrutture. Situazione migliore per le Casse di previdenza italiane, i cui investimenti domestici ammontano al 41 per cento del totale delle attività. Tuttavia, anche in questo caso risulta contenuta la quota di investimenti in titoli di debito e di capitale di imprese italiane, pari al 5 per cento circa delle attività totali (ultimi dati Covip del 2018, riferiti al 2016);
    inoltre, anche per le Casse, risulta contenuta la quota investita in titoli non quotati. Occorre pertanto agire per colmare il gap tra l'Italia e i principali Paesi industrializzati, stimolando un maggior investimento domestico di fondi e casse nell'interesse della crescita dell'economia del Paese. In Italia, il patrimonio dei fondi pensione ammonta a circa 128 miliardi di euro (dati Covip); quello delle Casse previdenziali a 80 miliardi. In totale si tratta di oltre 200 miliardi. Se, nei prossimi 5 anni, solo un 5 per cento aggiuntivo di tale ammontare venisse investito in PMI in varie forme e in infrastrutture, all'economia produttiva affluirebbero risorse per circa 10 miliardi di euro. In merito alle azioni per stimolare tali investimenti, va innanzitutto sottolineato come gli stessi siano oggi favoriti sia dall'attuale scenario dei mercati, sia dall'attuale quadro normativo. In proposito, con riferimento ai fondi pensione, si segnala innanzitutto che il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 166 del 2014 (recante norme sui criteri e limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione) aderendo a principi di buon senso, impone ai fondi stessi di ottimizzare il rapporto rischio-rendimento complessivo dei portafogli gestiti in coerenza con gli obiettivi previdenziali degli aderenti. Tale impegno rende necessario prendere in seria considerazione tutti gli strumenti finanziari che la normativa consente di utilizzare;
    in proposito, al fine di massimizzare la diversificazione del rischio gestionale – e ottimizzare i costi necessari per adeguare la struttura organizzativa e le competenze dei singoli fondi pensione nella gestione attiva di investimenti in strumenti alternativi e illiquidi – appare utile favorire forme di collaborazione tra gli enti previdenziali e necessario prevedere la creazione di un organismo promosso dal settore pubblico (« Service»), che svolga un'attività di servizio volta a promuovere forme di aggregazione delle risorse finanziarie dei fondi pensione e casse di previdenza per consentire un efficace investimento in asset. In nessun caso al Service verrebbero demandate scelte che, ai sensi della normativa vigente, sono di competenza dei fondi e delle casse. In particolare, resterebbe di esclusiva competenza di tali soggetti definire, sulla base delle caratteristiche demografiche e di propensione al rischio degli iscritti: la ripartizione strategica del loro portafoglio, individuare l'ammontare da destinare ad asset illiquidi, individuare gli asset nei quali investire, definire l'orizzonte temporale e la ripartizione geografica degli investimenti. Ciò consentirebbe di unire efficacemente le masse dei diversi fondi e casse consentendo a ciascuno di beneficiare – pro quota – dei benefìci derivanti da un investimento di ammontare consistente;
    durante la discussione in sede referente queste questioni sono state affrontate da proposte emendative su cui sarebbe necessario intervenire,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ogni iniziativa, anche normativa per dare seguito a quanto esposto in premessa.
9/1334-AR/296Sisto.


   La Camera,
   premesso che:
    i Fondi pensione italiani investono una quota molto contenuta dei loro asset nel sistema produttivo domestico. A fine 2017, infatti, gli investimenti in Italia delle forme pensionistiche complementari (fondi negoziali, fondi aperti, fondi preesistenti, PIP) risultano pari al 26 per cento del totale, ma la gran parte di tali investimenti è concentrata in titoli di Stato;
    gli investimenti in titoli di debito e di capitale delle imprese italiane ammontano al 3 per cento (dati Covip). Inoltre, quando investono nelle imprese, i fondi pensione dedicano una porzione trascurabile delle loro risorse ad asset cosiddetti alternativi illiquidi, quali private equity, venture capital, private debt, nelle loro diverse forme e specializzazioni. È dunque del tutto marginale il supporto dei fondi alla crescita delle PMI e allo sviluppo infrastrutturale. All'estero la propensione a investire nel selettore privato domestico e in asset alternativi è ben più elevata. Negli Usa – dove i fondi pensione gestiscono oltre 22 mila miliardi di dollari – gli investimenti in titoli di capitale domestici sono superiori al 70 per cento del totale degli investimenti in equity;
    per i bond questa percentuale è intorno al 90 per cento. In Canada, i cui fondi gestiscono oltre 1.500 miliardi di dollari, tali quote sono intorno al 40 per cento e al 100. I fondi europei investono, in media, il 10 per cento del patrimonio in capitale di imprese domestiche e il 13 per cento in asset alternativi, incluse infrastrutture (Mercer European Asset Allocation Survey). Dall'ultima indagine OCSE realizzata su un campione di grandi fondi internazionali, emerge inoltre che a fine 2014 circa il 3,5 per cento degli asset era investito in infrastrutture. Situazione migliore per le Casse di previdenza italiane, i cui investimenti domestici ammontano al 41 per cento del totale delle attività. Tuttavia, anche in questo caso risulta contenuta la quota di investimenti in titoli di debito e di capitale di imprese italiane, pari al 5 per cento circa delle attività totali (ultimi dati Covip del 2018, riferiti al 2016);
    inoltre, anche per le Casse, risulta contenuta la quota investita in titoli non quotati. Occorre pertanto agire per colmare il gap tra l'Italia e i principali Paesi industrializzati, stimolando un maggior investimento domestico di fondi e casse nell'interesse della crescita dell'economia del Paese. In Italia, il patrimonio dei fondi pensione ammonta a circa 128 miliardi di euro (dati Covip); quello delle Casse previdenziali a 80 miliardi. In totale si tratta di oltre 200 miliardi. Se, nei prossimi 5 anni, solo un 5 per cento aggiuntivo di tale ammontare venisse investito in PMI in varie forme e in infrastrutture, all'economia produttiva affluirebbero risorse per circa 10 miliardi di euro. In merito alle azioni per stimolare tali investimenti, va innanzitutto sottolineato come gli stessi siano oggi favoriti sia dall'attuale scenario dei mercati, sia dall'attuale quadro normativo. In proposito, con riferimento ai fondi pensione, si segnala innanzitutto che il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze n. 166 del 2014 (recante norme sui criteri e limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione) aderendo a principi di buon senso, impone ai fondi stessi di ottimizzare il rapporto rischio-rendimento complessivo dei portafogli gestiti in coerenza con gli obiettivi previdenziali degli aderenti. Tale impegno rende necessario prendere in seria considerazione tutti gli strumenti finanziari che la normativa consente di utilizzare;
    in proposito, al fine di massimizzare la diversificazione del rischio gestionale – e ottimizzare i costi necessari per adeguare la struttura organizzativa e le competenze dei singoli fondi pensione nella gestione attiva di investimenti in strumenti alternativi e illiquidi – appare utile favorire forme di collaborazione tra gli enti previdenziali e necessario prevedere la creazione di un organismo promosso dal settore pubblico (« Service»), che svolga un'attività di servizio volta a promuovere forme di aggregazione delle risorse finanziarie dei fondi pensione e casse di previdenza per consentire un efficace investimento in asset. In nessun caso al Service verrebbero demandate scelte che, ai sensi della normativa vigente, sono di competenza dei fondi e delle casse. In particolare, resterebbe di esclusiva competenza di tali soggetti definire, sulla base delle caratteristiche demografiche e di propensione al rischio degli iscritti: la ripartizione strategica del loro portafoglio, individuare l'ammontare da destinare ad asset illiquidi, individuare gli asset nei quali investire, definire l'orizzonte temporale e la ripartizione geografica degli investimenti. Ciò consentirebbe di unire efficacemente le masse dei diversi fondi e casse consentendo a ciascuno di beneficiare – pro quota – dei benefìci derivanti da un investimento di ammontare consistente;
    durante la discussione in sede referente queste questioni sono state affrontate da proposte emendative su cui sarebbe necessario intervenire,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare la possibilità di adottare ogni iniziativa, anche normativa per dare seguito a quanto esposto in premessa.
9/1334-AR/296. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sisto.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del disegno di legge di bilancio nella V Commissione è stato inserito l'articolo 32-quater volto a prevedere, al fine di rafforzare la partecipazione dell'Italia al progresso delle conoscenze e alla formazione post-laurea, l'apertura in via sperimentale di una sede della Scuola normale superiore di Pisa negli spazi messi a disposizione dall'università degli studi di Napoli Federico II, che assumerà la denominazione di Scuola normale superiore meridionale,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie a rendere operativa tale sperimentazione al fine di contribuire al progresso del Paese e di sviluppare maggiormente gli studi di alta qualità e di portare le eccellenze nazionali nel Sud.
9/1334-AR/297Fascina, Gelmini.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame del disegno di legge di bilancio nella V Commissione è stato inserito l'articolo 32-quater volto a prevedere, al fine di rafforzare la partecipazione dell'Italia al progresso delle conoscenze e alla formazione post-laurea, l'apertura in via sperimentale di una sede della Scuola normale superiore di Pisa negli spazi messi a disposizione dall'università degli studi di Napoli Federico II, che assumerà la denominazione di Scuola normale superiore meridionale,

impegna il Governo

nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, ad adottare tutte le misure necessarie a rendere operativa tale sperimentazione al fine di contribuire al progresso del Paese e di sviluppare maggiormente gli studi di alta qualità e di portare le eccellenze nazionali nel Sud.
9/1334-AR/297. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fascina, Gelmini.


NOTA DI VARIAZIONI AL BILANCIO DI PREVISIONE DELLO STATO PER L'ANNO FINANZIARIO 2019 E BILANCIO PLURIENNALE PER IL TRIENNIO 2019-2021 (A.C. 1334/I)

A.C. 1334/I – Nota di variazioni

  La presente Nota aggiorna i valori contabili dell'articolo 16 «(Totale generale della spesa)» del disegno di legge di bilancio e comporta modifiche ai quadri generali riassuntivi per il triennio 2019-2021 in termini di competenza e di cassa, allo stato di previsione dell'entrata (Tabella n. 1) e a tutti gli stati di previsione della spesa dei Ministeri (Tabelle da 2 a 14) e, conseguentemente, ai relativi allegati tecnici per capitoli.

  Per le suddette modifiche si veda lo stampato A.C. 1334/I.