Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 16 gennaio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    l'arresto del terrorista pluriomicida Cesare Battisti e la decisione del Brasile di concedere la sua estradizione hanno riportato all'attenzione gli anni di piombo e gli oltre cinquanta terroristi italiani che se ne stanno da decenni indisturbati all'estero, in particolare in Francia;

    i familiari delle vittime di questi terroristi stanno attendendo da fin dagli anni ’70 e ’80 di avere giustizia e lo Stato non può permettersi di vedere le proprie condanne, per lo più definitive, assolutamente disattese per la copertura politica offerta da autorità estere;

    tra i terroristi in latitanza in Francia figurano diversi condannati all'ergastolo come le ex brigatiste Simonetta Giorgieri e Carla Vendetti, entrambe condannate all'ergastolo nel processo Moro ter e chiamate in causa anche per i delitti D'Antona e Biagi, i Br Sergio Tornaghi e Marina Petrella, mentre in Nicaragua risulta latitante Alessio Casimirri, su cui gravano ben 6 ergastoli per il sequestro e l'omicidio di Aldo Moro;

    nell'elenco dei latitanti all'estero figurano anche il brigatista Paolo Ceriano Sebregondi, condannato all'ergastolo per omicidio ed Ermenegildo Marinelli (membro del Movimento comunista rivoluzionario) che da tempo vivrebbero anch'essi in Francia, mentre Maurizio Baldesseroni, di Prima Linea, pare essersi rifugiato in Perù;

    un altro terrorista latitante in Francia è Narciso Manenti, condannato, in via definitiva, all'ergastolo con l'accusa di essere l'esecutore materiale dell'omicidio dell'appuntato dei carabinieri Giuseppe Gurrieri, assassinato a Bergamo il 13 marzo 1979 con 5 colpi di pistola sparati a bruciapelo davanti agli occhi del figlio tredicenne;

    ad avviso dei firmatari del presente atto è umiliante per uno Stato, ed ancor più per i familiari delle vittime, che degli spietati assassini non solo restino impuniti, ma se ne stiano pacifici e beati in un Paese estero;

    la sensibilità verso queste ipocrite e ingiustificabili protezioni, in Francia e negli altri Paesi, con riferimento a terroristi responsabili di gravissimi reati e omicidi pare stia cambiando, come dimostra la presa di posizione del nuovo Governo brasiliano rispetto a Cesare Battisti,

impegna il Governo

1) a richiedere, al più presto e con determinazione, in base alla normativa vigente, l'estradizione di tutti i terroristi condannati in via definitiva e latitanti in Francia e in altri Stati.
(1-00105) «Belotti, Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Fantuz, Ferrari, Fogliani, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Gastaldi, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Lo Monte, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Marchetti, Maturi, Morelli, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Saltamartini, Sasso, Stefani, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    in Italia il settore delle uova ha assunto negli ultimi anni un ruolo rilevante nel comparto agroalimentare. Nel 2017 sono state prodotte 12 miliardi e 600 milioni di uova. Sul territorio italiano sono state consumate 13 miliardi e 34 milioni di uova per un consumo pro capite di 215 uova. L'industria pastaria assorbe circa 650 milioni di uova, l'industria dolciaria e dei gelati circa un miliardo, le altre preparazioni industriali circa 350 milioni. A tali cifre devono aggiungersi circa 2,2 miliardi di uova che vengono assorbite dalle piccole e piccolissime aziende artigiane;

    le disposizioni europee che disciplinano la commercializzazione delle uova sono contenute nell'allegato VII, parte VI, punto III.2, del Regolamento (UE) n. 1308/2013 e nell'articolo 8, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 589/2008;

    il decreto ministeriale 11 dicembre 2009 contiene le modalità per l'applicazione di disposizioni comunitarie in materia di commercializzazione delle uova;

    per assicurare a consumatori e produttori italiani la maggiore garanzia possibile in ordine alla qualità complessiva del prodotto è necessario garantire un efficace sistema di tracciabilità e rintracciabilità;

    negli ultimi anni si sono intensificati da parte delle autorità competenti mirati servizi di controllo della filiera delle uova al fine di verificare le condizioni della produzione nazionale, l'importazione dall'estero, la trasformazione e la commercializzazione secondo la normativa di settore. In particolare, nel biennio 2017-2018 le numerose attività ispettive e investigative sono risultate fondamentali per contrastare frodi in un comparto produttivo come quello delle uova fondamentale per la salute del consumatore e per la qualità delle produzioni agroalimentari. Le frodi più frequenti messe in luce dai controlli hanno riguardato: l'assenza o la carenza del sistema di tracciabilità obbligatorio; il mancato rispetto dei termini temporali stabiliti per la classificazione, la stampigliatura e l'imballaggio delle uova, l'introduzione da altri Paesi di uova non marchiate in difformità delle norme vigenti,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere eventuali iniziative per quanto di competenza, nelle opportune sedi dell'Unione europea, per la modifica di quanto previsto nell'allegato VII, parte VI, punto III.2 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 e nell'articolo 8, paragrafo 2, del Regolamento (CE) n. 589/2008 nel senso di prevedere l'eliminazione, della dicitura «o nel primo centro d'imballaggio nel quale le uova sono consegnate», così da rendere obbligatoria la stampigliatura delle uova esclusivamente nel luogo di produzione delle stesse;

   adottare iniziative per prevedere che le confezioni poste in vendita al consumatore finale rechino visibile l'indicazione del Paese di origine delle uova;

   ad adottare iniziative per prevedere che in ogni documento che accompagna la spedizione di uova all'industria alimentare venga dato conto del luogo di origine del bene e che di questo venga informato il consumatore attraverso sistemi di etichettatura volontaria;

   ad incentivare ogni forma di controllo necessario per evitare che uova provenienti da Paesi terzi siano commercializzate come uova italiane;

   a favorire ogni intervento finanziario e strutturale utile per incrementare la competitività della filiera avicola e il percorso di qualità già ampiamente intrapreso dalle aziende del settore.
(7-00153) «Incerti, Gadda, Cenni, Cardinale, Critelli, Dal Moro, D'Alessandro, Portas».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURONI e BOLDRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la legge di riforma della cooperazione allo sviluppo (legge n. 125 del 2014) – approvata in Parlamento dopo venti anni di dibattito e con un ampio coinvolgimento di rappresentanti della società civile, arricchito dalla partecipazione on line dei cittadini che hanno presentato proposte di emendamento poi tradotte in modifiche del disegno di legge nel corso del suo iter parlamentare – ha innovato in diversi settori della cooperazione, introducendo nuovi principi, allargando l'inclusività del sistema italiano di cooperazione, prevedendo un percorso di riallineamento del livello di contributi pubblici allo sviluppo, e dando vita a nuovi attori pubblici, prima fra tutte l'Agenzia italiana della cooperazione internazionale (Aics);

   la legge ha dato buona prova di sé, tanto con riferimento al rispetto percorso di riallineamento, previsto all'articolo 30, che ha portato oggi allo 0,29 la percentuale del prodotto interno lordo destinata a queste politiche, così come in materia di trasparenza, avendo l'Agenzia italiana scalato nel suo anno e mezzo di attività ben otto posizioni dell’International Aid Transparency Index e riportato la votazione di «Fair» rispetto al tradizionale «very poor» cui era relegata la cooperazione italiana fino al 2015;

   a seguito delle dimissioni dello scorso aprile della dottoressa Laura Frigenti che ha guidato l'Agenzia nei suoi primi anni di vita, nel rispetto delle previsioni normative, si è svolta una impegnativa procedura selettiva aperta per la selezione del nuovo direttore, attraverso colloqui di esame con una commissione nominata dal Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale, presieduta dal direttore generale per la mondializzazione, ambasciatore Gajani, composta da autorevoli esponenti di organizzazioni internazionali, accademici noti nel settore, rappresentanti della società civile e delle fondazioni filantropiche, magistrati;

   i lavori della commissione si sono conclusi con la selezione, sulla base dei risultati degli esami, di una terna di nomi, pubblicata in data 7 settembre 2018 sul sito istituzionale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale responsabile della procedura stessa, e comunicati al Ministro perché questi proponga il nome del candidato selezionato al Presidente del Consiglio cui spetta la nomina;

   da oramai quattro mesi la procedura si è arrestata per motivi non chiari e non resi pubblici, nonostante le sollecitazioni più volte pervenute dal mondo della cooperazione e dagli stessi sindacati;

   la stessa Viceministra Del Re ha più volte ribadito sulla stampa la necessità, a suo parere, di una celere scelta del nuovo direttore e la possibilità di addivenire a una rapida conclusione della procedura (Intervista Dire del 9 novembre 2018);

   a quanto pare anche gli approfondimenti dei profili amministrativi e di legittimità della procedura chiesti all'Avvocatura dello Stato non avrebbero trovato motivi ostativi per procedere alla scelta e persino una impugnativa cautelare proposta innanzi al Tar di Roma da uno dei concorrenti esclusi dalla terna proposta non è stata accolta;

   il tempo oramai trascorso dalle dimissioni della dottoressa Frigenti, oltre otto mesi, sta rallentando l'azione dell'Agenzia, diminuendone l'autorevolezza e la capacità di programmazione, creando diffuso disagio tra il personale che non vede certezza e chiarezza nelle prospettive dell'organizzazione, destando il sospetto presso la stessa opinione pubblica del settore che vi sia una volontà di ridurre il rilievo istituzionale e la rappresentatività esterna dell'Aics per tornare indietro rispetto al percorso di riforma positivo avviato, oltre che compromettendo l'immagine dell'Italia all'estero per la vacanza protratta di uno dei ruoli direttivi della cooperazione italiana –:

   se il Governo non reputi necessario procedere immediatamente alla nomina del nuovo direttore dell'Agenzia italiana per la cooperazione internazionale, scegliendo nel seno della terna individuata dalla commissione nominata con procedura di selezione aperta e trasparente.
(4-01995)


   SPERANZA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del Consiglio dei ministri del 28 dicembre 2018, è stato dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza dell'evento sismico che il 26 dicembre 2018 ha colpito nove comuni della provincia di Catania;

   in particolare i comuni più colpiti risultano Zafferana Etnea (frazione Fieri) e Acireale (frazione Pennisi) dove risultano il maggior numero di sfollati e case non periziate;

   a seguito della delibera del Consiglio dei ministri il capo del dipartimento della protezione civile ha firmato l'ordinanza di protezione civile n. 566/2018 per affrontare gli interventi urgenti;

   l'ordinanza della protezione civile dispone la nomina a commissario delegato il dirigente del dipartimento protezione civile della regione siciliana, Calogero Foti, cui spetta la predisposizione di un piano degli interventi, entro 60 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza nella Gazzetta Ufficiale;

   il piano di intervento si riferisce all'organizzazione e all'effettuazione degli interventi di soccorso e assistenza alla popolazione e agli interventi urgenti e necessari per la rimozione delle situazioni di pericolo per la pubblica e privata incolumità e al ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche, alle attività di gestione dei rifiuti, delle macerie, e alle misure per garantire la continuità amministrativa nei comuni interessati;

   l'ordinanza prevede un contributo massimo di 25.000 euro per la realizzazione degli interventi necessari a ripristinare le condizioni di agibilità degli immobili danneggiati non gravemente dei nuclei familiari la cui abitazione principale sia stata sgomberata, una misura alternativa al contributo di autonoma sistemazione che potrà essere erogata per il tempo necessario alla realizzazione degli interventi e comunque non oltre i 120 giorni;

   per gli immobili condominiali, sono previsti un contributo massimo di euro 25.000 per il ripristino delle parti comuni dei fabbricati e un contributo per il trasloco dei beni mobili ubicati nelle abitazioni danneggiate, nel limite massimo di euro 1.500, nonché la possibilità di reperire appositi depositi temporanei, ove custodire i beni, comunque non oltre la vigenza dello stato di emergenza;

   entro 60 giorni il commissario definisce le misure economiche di immediato sostegno al tessuto economico e sociale nei confronti delle attività economiche e produttive direttamente interessate dall'evento sismico e gli interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo nelle aree colpite;

   l'ordinanza prevede la possibilità di chiedere la sospensione delle rate dei mutui e l'assegnazione di un contributo per l'autonoma sistemazione ai nuclei familiari la cui abitazione principale sia stata distrutta, in tutto o in parte, o sia stata sgomberata;

   per l'espletamento di tali interventi d'urgenza sono stati stanziati 10 milioni di euro;

   ad oggi non sono ancora previste disposizioni relative ad altri importanti interventi quali, ad esempio, la sospensione del pagamento di imposte e contributi sia relativamente ai proprietari di immobili danneggiati, per esempio in relazione all'Imu, che per le attività produttive che hanno subito danni o presentano locali inagibili;

   il primo stanziamento disposto dall'ordinanza, pari a 10 milioni di euro, appare del tutto sotto dimensionato in quanto si parla di danni per complessivi 200 milioni di euro;

   appare urgente procedere con lo stanziamento di risorse adeguate per affrontare tutte le criticità evidenziatesi con il terremoto del 26 dicembre 2018, passando a interventi e sostegni che vadano oltre gli interventi urgenti –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per avviare interventi strutturali che seguano quelli urgenti e, in tale contesto, se non ritenga urgente e necessario adottare iniziative per prevedere anche la sospensione dei pagamenti di imposte e di contributi sia per le famiglie che per le attività produttive che hanno subìto danni dal terremoto del 26 dicembre 2018 nella provincia di Catania.
(4-01997)


   SPERANZA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 24 settembre 2018, le quote del pacchetto di maggioranza della Edisud spa, società editrice de La Gazzetta del Mezzogiorno, sono state sottoposte a sequestro nell'ambito di un provvedimento recante misure di prevenzione del tribunale di Catania nei confronti dell'editore Mario Ciancio Sanfilippo;

   il tribunale ha nominato due amministratori giudiziari, il commercialista Luciano Modica e il professore Angelo Bonomo;

   nonostante le previsioni di legge e l'autorizzazione del tribunale, i commissari hanno inteso affidare la gestione in loco al direttore generale, dottor Franco Capparelli, persona di fiducia dell'editore;

   dopo gli stipendi di settembre e ottobre 2018, pagati rispettivamente a metà mese di ottobre e novembre, sinora è stata corrisposta ai lavoratori solo una quota pari al 40 per cento delle retribuzioni di novembre;

   nonostante le sollecitazioni dei giornalisti e del personale poligrafico, attraverso le loro organizzazioni sindacali, gli amministratori giudiziari non hanno fornito alcuna risposta su un piano di rilancio e/o salvataggio della testata limitandosi a riferire un taglio del 50 per cento dei costi del lavoro al fine di «garantire la sopravvivenza» senza prospettive a medio termine;

   tali affermazioni sembrano stridere con l'impossibilità – o la rinuncia – del pagamento delle spettanze dovute, tenuto conto che non si comprende come si possa richiedere una riduzione del costo del lavoro in assenza di pagamento delle spettanze del presente;

   i giornalisti, attraverso una lettera aperta ai più alti livelli istituzionali, nonché comunicati sindacali pubblicati in occasione di diverse giornate di sciopero, hanno lamentato la totale assenza di risposte da parte dei commissari alle istanze formulate ai tavoli istituzionali (vedasi incontro in regione Puglia il 28 dicembre) e nel corso di formali comunicazioni a mezzo mail e/o pec;

   tale comportamento, da parte di chi rappresenta lo Stato, sembra stridere con le finalità di cui agli articoli 35 e seguenti del codice antimafia laddove si prescrive una serie di adempimenti, sancendone le tempistiche, agli amministratori giudiziari cui tocca l'onere di redigere una relazione sulla continuità aziendale da sottoporre al tribunale;

   tale comportamento appare del tutto paradossale rispetto alle dichiarazioni rese il 25 settembre 2018 in occasione della conferenza stampa alla procura di Catania da parte del sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia: «A differenza degli imprenditori noi abbiamo dei fini sociali, l'occupazione e il valore sociale dell'impresa per noi sono importanti nelle misure di prevenzione»;

   e ancora: «Partiamo da una situazione pessima, pensiamo che non sia stata più grave di come sia adesso (...). Pur tuttavia cercheremo di fare l'impossibile anche in ordine al livello occupazionale e speriamo di avere la possibilità, la professionalità, le capacità di rilanciare addirittura il gruppo imprenditoriale, nell'ambito della piena libertà di editoria e di pensiero»;

   l'attività degli amministratori giudiziari è sottoposta al vaglio del giudice delegato e del tribunale cui tocca l'onere di assumere le decisioni opportune;

   tale situazione caratterizzata da quello che appare all'interrogante un «assordante silenzio» sta arrecando un ingiusto danno ai lavoratori cui non è fornita alcuna risposta sul loro futuro occupazionale e sulle sorti della Testata che da oltre 130 anni rappresenta una voce autorevole di Puglia e Basilicata;

   ad aggravare l'angoscia dei lavoratori ci sono le ripetute notizie di una proposta formulata da un imprenditore interessato a rilevare la testata;

   i giornalisti della Gazzetta hanno proclamato altri tre giorni di sciopero dal 15 al 17 gennaio 2019 denunciando l'immobilismo dei commissari giudiziari –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla vicenda di cui in premessa, con particolare riguardo alle informazioni sulle spettanze del personale e sul suo futuro lavorativo, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere a tutela della continuità aziendale, dei livelli occupazionali e dei diritti dei lavoratori.
(4-02003)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come riportato dalla stampa nazionale e spagnola nelle scorse settimane il nostro connazionale Antonio Donato, quarantenne di Petrosino (TP) sarebbe morto in solitudine a Madrid il 18 gennaio 2017 presso l'ospedale universitario Fondazione Jimenez Diaz;

   per le autorità spagnole, sollecitate anche dall'ambasciata d'Italia in Spagna, Antonio Donato sarebbe deceduto per cause naturali. Tuttavia, alla comunicazione non è mai stato allegato alcun certificato medico, né è stata indicata la localizzazione della salma sepolta a carico del comune di Madrid. Inizialmente la data del decesso indicata ai congiunti è stata quella del 18 gennaio 2018, solo successivamente retrodatata di un anno. Questa circostanza assieme al fatto che, secondo fonti investigative, l'ospedale dove Antonino è stato portato avrebbe registrato per sbaglio un cognome errato, avrebbero ritardato l'identificazione della famiglia d'origine;

   il consolato italiano ha in più occasioni sollecitato l'intero fascicolo medico-legale relativo al connazionale: la cartella clinica, il referto dell'esame autoptico compiuto dal medico legale e il luogo di sepoltura della salma –:

   se il Ministro interrogato intenda attivarsi quanto prima, di concerto con la missione diplomatica italiana a Madrid, presso il Governo di Spagna per conoscere quanto accaduto ad Antonio Donato da anni residente nel Paese iberico.
(4-02001)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 10 e l'11 dicembre 2018 è andato a fuoco rimpianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) di proprietà dell'Ama, di via Salaria 981, da anni al centro di proteste dei residenti a causa dei miasmi e delle esalazioni prodotti. Si tratta di esalazioni che invadono, tra gli altri, i quartieri di Villa Spada, Fidene, Colle Salario, Nuovo Salario, Settebagni, Castel Giubileo. Un incendio che ha sviluppato un'enorme nube nera che ha invaso la città di Roma, la Capitale d'Italia;

   l'odore pestilenziale che si produceva si diffondeva causando forti disagi, per chi vive a ridosso dell'impianto che si trova a soli 50 metri dalla prima casa e a 150 metri dall'asilo;

   il dipartimento pressioni sull'ambiente – Servizio supporto tecnico ai processi autorizzatori dell'ARPA Lazio, con nota, protocollo n. 70357 del 16 ottobre 2018, inviata alla direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti della regione Lazio, di fatto «boccia» il Tmb Salario;

   la nota del 16 ottobre 2018, protocollo n. 70537, è una vera e propria denuncia inappellabile sull'impianto: a) l'impianto non tratta i rifiuti ma li accumula e li sposta, quindi è una discarica di fatto; b) non avrebbe i requisiti per essere autorizzato; c) etichetta rifiuti in modo scorretto; d) produce più scarto che rifiuto lavorato; e) fa trasferenza di rifiuti in modi fuori norma; f) i rifiuti che escono andrebbero ritrattati, tanto funziona male l'impianto; g) i rifiuti stazionano nell'impianto oltre qualunque tempo consentito; h) non riesce a riciclare nulla, nemmeno i metalli (0,4 per cento contro i 5-7 per cento che dovrebbe essere lo standard); i) non è stata fornita nessuna documentazione sull'impatto degli odori e questo è un prerequisito per l'autorizzazione; l) non può essere fatta manutenzione a causa della permanenza di quantità enormi di rifiuti;

   le ultime righe della nota sono la condanna dell'impianto Tmb Salario «...la valutazione della documentazione allo stato attuale agli atti non può che determinare un parere negativo di Arpa Lazio...»;

   le parole scritte da Arpa sono ancora più preoccupanti alla luce dell'incendio avvenuto nella notte tra il 10 e l'11 dicembre 2018 –:

   quali iniziative concrete e immediate, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, a tutela del territorio e dei cittadini residenti nelle zone limitrofe all'impianto Tmb Salario, e per riparare al danno ambientale nell'area in questione.
(5-01230)


   TRANCASSINI, SILVESTRONI, FOTI e BUTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il gravissimo incendio dell'11 dicembre 2018 che ha interessato l'impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) di proprietà dell'Ama, di via Salaria 981, ha già provocato inevitabili e gravissime conseguenze ambientali per la città di Roma e dei comuni della città metropolitana di Roma Capitale, in modo particolare nei quartieri di Fidene, Settebagni, Villa Spada, Serpentara, Casale Nei, Porta di Roma e Colle Salario;

   più volte, e anche a seguito dell'ultimo incendio, è stata annunciata dall'amministrazione comunale di Roma, guidata dalla sindaca Virginia Raggi, la chiusura del Tmb Salario e la riconversione dello stesso;

   dall'ultima relazione dell'Arpa Lazio, protocollo n. 70357 del 16 ottobre 2018, inviata alla direzione regionale risorse idriche, difesa del suolo e rifiuti area ciclo integrato dei rifiuti della regione Lazio, si evince – di fatto – che l'impianto che qui interessa: non trattava i rifiuti, ma piuttosto li stoccava e li spostava (quindi veniva utilizzato da discarica); non avrebbe avuto i requisiti per essere autorizzato; non solo, ma risulterebbe inoltre che: venivano etichettati i rifiuti in modo non conforme alle procedure previste al riguardo; veniva prodotto più scarto che rifiuto lavorato; venivano trasferiti i rifiuti secondo modalità censurabili sotto più profili;

   appare perciò indispensabile che vengano intraprese iniziative concrete e immediate con opportune verifiche che coinvolgano anche il Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente –:

   quali concrete e urgenti iniziative di competenza siano state assunte dal Ministro interrogato per una puntuale verifica dei danni ambientali causati dall'incendio dell'impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb), di via Salaria 981, oltre che per contrastarne efficacemente gli effetti e, quindi, promuovere la riqualificazione ambientale, non più ulteriormente rinviabile, soprattutto a seguito dell'evento drammatico dell'11 dicembre 2018, dei quartieri e delle aree limitrofe all'impianto.
(5-01231)


   MAZZETTI e CORTELAZZO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in Toscana, a fine anni ’60 è stato realizzato, con uno sbarramento del fiume Setta, un piccolo lago artificiale, il lago Fiorenzo, completato da spazi pubblici sulle sponde. Attualmente, è uno dei luoghi centrali dell'attrattività turistica dell'alta Valle di Bisenzio e Bacino del Reno, sul crinale appenninico che costituisce la linea di confine fra la Toscana e l'Emilia Romagna;

   va ricordato che, oltre che per la sua valenza turistica, il lago Fiorenzo ha un importante effetto di «cassa di laminazione» a monte dell'abitato del paese, per difendere le aree a valle da possibili esondazioni, peraltro frequenti prima della sua realizzazione;

   peraltro, l'importanza dell'invaso si conferma anche per il fatto che, negli anni, ha svolto ripetutamente una funzione di riserva idrica in caso di incendi boschivi, consentendo rapidi ed efficaci interventi a tutela dei boschi circostanti le frazioni dell'alta valle;

   nel dicembre 2017, in conseguenza di un'ondata di maltempo che ha investito la Toscana, nonché l'alta Val Bisenzio e la frazione di Montepiano, si è prodotto il cedimento di una sponda del lago Fiorenzo. L'acqua uscita dal bacino si è riversata nel torrente Setta con un rapido abbassamento e svuotamento dell'invaso;

   da anni era stata denunciata la necessità di un intervento di manutenzione, con svuotatura e pulitura dello stesso, nonché di sistemazione delle sponde laterali della diga ormai vetuste e non più a norma;

   per recuperare il lago alle sue originarie funzioni, deve essere ricostruita la diga in conformità alla disciplina antisismica intervenuta nel frattempo e deve essere svuotato l'invaso dai materiali trasportati dal fiume che ne hanno quasi saturato la capienza;

   vi è quindi la necessità di avviare quanto prima la progettazione e portare a termine il ripristino dell'invaso acquifero, e quindi del lago con relativa diga –:

   se, nell'ambito delle proprie competenze e considerata la valenza ambientale e turistica del lago di cui in premessa, non si ritenga necessario avviare le opportune iniziative, di concerto con gli enti territoriali interessati, volte a consentire il recupero dell'invaso, anche attraverso la destinazione di risorse finanziarie quale contributo statale per il necessario intervento di ripristino risolutivo dell'invaso medesimo.
(5-01232)


   ILARIA FONTANA, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'impianto di depurazione delle acque reflue situato ad Anagni (FR), concesso dalla regione Lazio con delibera della giunta n. 93 del 2017 al Consorzio per lo sviluppo industriale di Frosinone (ASI) e gestito da AeA srl, è stato recentemente oggetto di finanziamenti erogati al fine di garantire il completamento dei lavori, ma risulta ancora non essere a servizio del relativo agglomerato urbano;

   l'agglomerato di Anagni, con carico generato pari a 20.267 abitanti equivalenti, è interessato dalla procedura di infrazione dell'Unione europea di cui al parere motivato 2014/2059, emessa a marzo 2015. Ai fini dell'aggiornamento sullo stato di attuazione degli interventi relativi agli agglomerati oggetto di contenzioso che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare periodicamente invia alla Commissione europea, la regione Lazio, con una nota del 9 agosto 2016, ha comunicato che è prevista la realizzazione di fognature e collettamento di tutto l'agglomerato presso il depuratore, realizzato con fondi regionali ma inattivo;

   nel mese di marzo 2018, regione Lazio e il Consorzio Asi di Frosinone risultavano essere in procinto di operare il collaudo operativo e la messa in funzione del depuratore di Anagni, con termini previsti entro la fine del 2018;

   l'accordo di programma quadro per la tutela delle acque e la gestione integrata delle risorse idriche (APQ8), del 23 dicembre 2002, prevede l'attuazione coordinata di un sistema integrato di interventi funzionalmente collegati per la tutela ambientale e per l'attivazione, implementazione ed adeguamento dei depuratori;

   successivamente, nell'ambito del II atto integrativo del citato accordo sottoscritto il 2 maggio 2006, è stato finanziato l'intervento che prevede il completamento della rete fognaria e dei collettori nella vasta maglia comunale del centro storico di Anagni e delle frazioni limitrofe. Tale intervento ha un costo complessivo di 8,2 milioni di euro di cui circa 5,7 milioni a carico dei fondi ministeriali (articolo 144, comma 17, della legge n. 388 del 2000) e 2,5 milioni a carico della tariffa del servizio idrico integrato;

   a norma del decreto legislativo n. 300 del 1999 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono attribuite la tutela delle risorse idriche e la relativa gestione, sorveglianza, monitoraggio e recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e all'impatto sull'ambiente, con particolare riferimento alla prevenzione e alla repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente –:

   quale sia l'attuale stato di avanzamento lavori nel rispetto del cronoprogramma fornito.
(5-01233)


   LUCCHINI e MARCHETTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Color Glass Spa, operante nel settore della produzione di coloranti per le industrie ceramiche, è proprietaria di uno stabilimento a Città di Castello (in località Trestina), che ricava biossido di titanio dai fanghi provenienti dalla produzione industriale di catalizzatori in ceramica di un'impresa di Ferrara, utilizzando un forno rotativo con il quale il fango viene essiccato;

   la regione Umbria nel 2016 ha escluso l'assoggettabilità a Via dell'impianto, mentre l'Arpa Umbria ha rilevato il superamento della soglia di emissione per il monossido di carbonio rispetto alle autorizzazioni consentite;

   il comune di Città di Castello ha ordinato alla ditta Color Glass di non riprendere l'attività del forno dell'unità produttiva fino a quando l'azienda non avesse ridefinito e riconfigurato nel dettaglio il ciclo di lavorazione, a partire dalle caratteristiche del rifiuto in ingresso fino al prodotto finito;

   l'opificio è posto in stretta prossimità di una zona residenziale e pertanto per le attività ivi esercitate il regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, Testo Unico delle leggi sanitarie, all'articolo 216, e il decreto ministeriale 5 settembre 1994 prevedono, ove ne ricorrano le condizioni, la valutazione di conformità ambientale alle norme che disciplinano le industrie insalubri oltre che alle norme di carattere generale in materia ambientale;

   l'azienda succitata, che svolge un'attività che prevede emissioni inquinanti come acido cloridrico, ossidi di zolfo, ossidi di azoto, cadmio e suoi composti, è da classificarsi industria insalubre di prima classe ai sensi del decreto ministeriale 5 settembre 1994;

   in relazione all'entità dell'attività svolta ed alle situazioni ambientali e territoriali manifestate dai cittadini della zona, l'impianto deve essere necessariamente assoggettato a valutazione d'impatto ambientale in quanto trattasi di impianti che possono avere notevoli ripercussioni negative sull'ambiente, ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 152 del 2006;

   risulta agli interroganti che la regione Umbria intende procedere al rinnovo dell'autorizzazione unica senza aver prima dimostrato l'avvenuta introduzione di nuovi metodi o speciali cautele nell'esercizio dell'impianto, tale da non arrecare nocumento alla salute del vicinato, e senza sottoporre l'impianto a Via –:

   se il Ministro interrogato non intenda verificare, per quanto di competenza, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, l'effettivo stato di inquinamento dell'area di cui in premessa, considerato che in un tale contesto territoriale, è stata autorizzata, in prossimità del centro abitato, un'industria insalubre come Color Glass di prima classe ai sensi dell'allegato A, n. 112 al decreto ministeriale 5 settembre 1994.
(5-01234)


   PELLICANI e BRAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   sui circa 750 milioni di euro stanziati nel corso degli anni per la bonifica di Porto Marghera ben 650 milioni sono stati destinati alle opere di marginamento delle macroisole;

   nel patto per la città di Venezia, siglato nel novembre 2016, tra il comune di Venezia e il Governo era previsto un apposito capitolo finalizzato alle opere di completamento della rete di marginamento delle macroisole del sito Sin di Porto Marghera per un importo complessivo di 250 milioni di cui 72 già individuati a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e altri 178 sulle successive annualità;

   le risorse già disponibili erano state individuate per i marginamenti delle macrosisole di «Nuovo petrolchimico» e «Fusina», ma ancora nulla è stato ancora fatto;

   si sono svolti anche una serie di incontri della cabina di regia, istituita proprio in ragione del richiamato patto per Venezia, nelle quali si è proceduto alla ricognizione dell'effettivo fabbisogno finanziario per realizzare gli interventi per le opere di marginamento ancora restanti;

   l'obiettivo è quello di impedire che le sostanze inquinanti legate alle produzioni del passato possano continuare a fare male a questo territorio;

   sono stati realizzati ad oggi circa 39 chilometri di marginamento e ne mancano circa 3,5, anche se sono i più complessi da realizzare;

   il processo di realizzazione dei marginamenti è essenziale per il processo di bonifica del sito, anche per il suo rilancio economico e produttivo finalizzato ad attrarre nuovi investimenti;

   suddetti interventi risultano ancora più urgenti in relazione ai progetti relativi all'area di crisi complessa per 26,5 milioni di euro che puntano a diventare un moltiplicatore di investimenti per il rilancio produttivo del sito e la creazione di nuovi posti di lavoro –:

   quali siano le iniziative che il Governo intende assumere per superare questa grave fase di stallo e per completare l'indispensabile opera dei marginamenti delle macroisole per la bonifica del sito di Porto Marghera, quale sia il cronoprogramma per l'anno in corso e per le successive annualità e quali siano le risorse effettivamente disponibili messe in campo dal Governo.
(5-01235)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   tra le 309 prescrizioni poste dal Cipe relativamente al progetto esecutivo della tratta Tav Brescia-Verona, la numero 179, nello specifico, richiede che: «In relazione al SIC/ZPS IT3210003 “Laghetto del Frassino” attuare il monitoraggio degli habitat, habitat di specie tutelate dalle direttive comunitarie 92/43/Cee e 091147/Ce, al fine di misurarne la variazione del grado di conservazione secondo i sottocriteri definiti con Decisione 2011/484/Ue, verificando che:

    sia in accordo ai requisiti fissati nell'allegato A dal decreto Giunta regionale n. 2299/2014 (par. 2.1.3.);

    sia esteso a tutte le aree interessate dagli interventi in argomento (individuando opportunamente le unità ambientali omogenee per ciascun habitat e specie entro cui provvedere alla stima dei parametri corrispondenti alla condizione non soggetta alle interferenze - c.d. “bianco”);

   interessi tutti i gruppi faunistici ed in particolare oltre ad uccelli e mammiferi anche a organismi acquatici o che dipendono in parte, per il loro ciclo vitale, dall'acqua»;

   il paragrafo 2.1.3. della delibera regionale 2299/2014 prevede che:

    «In caso di informazioni non sufficienti rispetto agli habitat e alle specie di interesse comunitario, il proponente può ricorrere ad un programma di monitoraggio per integrare il proprio studio per la valutazione di incidenza con nuove evidenze scientifiche. Il programma di monitoraggio, redatto secondo le indicazioni di seguito riportate, e sottoposto all'autorità regionale per la valutazione di incidenza che provvede a esprimere il proprio parere obbligatorio e vincolante. Parimenti, nel caso in cui le informazioni fornite con gli studi siano ritenute incerte dall'autorità competente o qualora si ricorra a metodi soggettivi di previsione, quali ad esempio il cosiddetto “giudizio esperto”, la valutazione e la conseguente approvazione conterrà sempre l'obbligo allo svolgimento di un monitoraggio in accordo con un programma di monitoraggio redatto secondo le indicazioni di seguito riportate. In tali casi l'autorità competente invia il programma di monitoraggio all'autorità regionale per la valutazione di incidenza che provvede a esprimere il proprio parere obbligatorio e vincolante, prima che il piano, progetto o intervento possa manifestare i propri effetti. Nei casi in cui si ricorra a metodi soggettivi di previsione, quali ad esempio il cosiddetto “giudizio esperto”, il proponente può presentare all'autorità competente, contestualmente allo studio per la valutazione di incidenza, anche il programma di monitoraggio» –:

   di quali elementi disponga il Governo, in relazione a quanto esposto in premessa, e se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza affinché l'autorità regionale entri in possesso di tutte le informazioni previste dal paragrafo 2.1.3. del decreto regionale n. 2299/2014, come stabilito nelle prescrizioni del Cipe;

   se la regione abbia espresso il proprio parere come previsto e dove sia stato pubblicato il piano di monitoraggio previsto dalla prescrizione n. 179;

   se, considerata l'elevata valenza ambientale del laghetto del Frassino, non ritenga che la mancanza di quanto richiesto nella prescrizione del Cipe possa comportare l'eventuale blocco del progetto.
(5-01220)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con decreto dirigenziale del dipartimento ambiente prot. 4180 del 29 marzo 2010, la regione Calabria ha rilasciato autorizzazione, alla società privata Bieco s.r.l., alla realizzazione di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi in località «Case Pipino» del comune di Scala Coeli con capacità di abbanco di metri cubi 93.000;

   la discarica è stata realizzata in un territorio a vocazioni agricola dove si adotta il metodo della coltivazione biologica con produzioni agroalimentari certificate e dove resistono ancora gli ultimi allevamenti estensivi di razza podolica, il tutto a pochi passi da torrenti affluenti del fiume Nicà che tracciando il confine tra le provincie di Cosenza e Crotone va a sfociare nel cristallino mare Ionio fra i comuni di Cariati e Crucoli Torretta;

   i centri abitati più vicini sono Crucoli, Umbriatico, Terravecchia e Cariati. Con prot. 385898/2016, la ditta Bieco srl chiede l'ampliamento della discarica per rifiuti speciali non pericolosi per una ulteriore superficie di ettari 6,80 e per un volume di abbanco di 1.172.000 metri cubi;

   il commissario ad acta, presidente della conferenza dei servizi, al termine della conferenza che si è tenuta il 18 dicembre 2018, ha stabilito di rinviare qualsiasi decisione alla terza ed ultima conferenza di servizi, che si terrà il 24 gennaio 2019. Tale decisione dovrebbe dar modo alla Bieco srl di presentare, entro il 4 gennaio 2019, un nuovo progetto rimodulato secondo la proposta avanzata dal rappresentante dell'ATO CS1 e di superare le criticità evidenziate dalla struttura tecnica di valutazione nel parere negativo espresso l'8 giugno 2018 e confermate il 21 novembre 2018. In pratica si è stabilito che la metà della discarica per rifiuti speciali, circa 600 mila metri cubi, dovrà essere destinata allo smaltimento derivante dal circuito pubblico dei rifiuti;

   è del tutto evidente che, alla luce di queste nuove posizioni, il «via libera» all'ampliamento della discarica di Scala Coeli è oramai fatto, nonostante le varie osservazioni presentate da associazioni agricole, privati agricoltori, allevatori, Legambiente e la contrarietà di un intero territorio manifestata con le delibere dei comuni di Crucoli, Cariati, Terravecchia, Campana, Mandatoriccio;

   il settore 6 dipartimento agricoltura regione Calabria, dopo aver accertato l'esistenza di un terreno coltivato con il metodo biologico con produzioni agroalimentari certificate in contiguità con i terreni oggetto di ampliamento, esprime il proprio dissenso il 27 giugno 2018 e vieta la realizzazione della discarica in argomento. Successivamente, accogliendo le controdeduzioni della ditta e con salvezza della LUR esprime parere positivo rimandando al Dipartimento 11 ambiente e territorio le valutazioni del caso. Ad oggi, tale valutazione non è stata fatta;

   il settore 3 dipartimento urbanistica con prot. 428244/2018 esprime parere negativo, in quanto il progetto è in variante allo strumento urbanistico vigente del comune di Scala Coeli e il progetto non è imprescindibile dalla fase di valutazione sulla compatibilità urbanistica dell'intervento, da svolgersi proprio in occasione della conferenza di servizi. Ad oggi, tale valutazione non è stata fatta;

   le evidenti criticità della viabilità di accesso alla discarica, costituita esclusivamente dalla SP6, strada provinciale di Crotone, e dalla strada comunale Capoferro/Cordarella, la prima chiusa al transito con ordinanza n. 5/2015 e la seconda costituita da una pista sterrata che attraversa l'alveo del torrente «Patia» –:

   quali iniziative concrete e immediate, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, in relazione allo stato di inquinamento dei luoghi e alle criticità ambientali connesse all'ampliamento della discarica di Scala Coeli per rifiuti speciali non pericolosi.
(5-01221)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la discarica «le Crete» di Orvieto, è un cratere artificiale di 84 mila metri quadrati, aperto nei calanchi di argilla che chiudono la riva sinistra del fiume Paglia;

   la discarica «le Crete» è la grande pattumiera dell'Umbria e ha una storia opaca che nessuno sembra abbia voglia di raccontare;

   la società che controlla «le Crete» si chiama «Sao» e ha cambiato proprietario nel maggio 2006. La acquisisce la Acea nell'operazione con cui rileva la indebitata «Tea» (gruppo «Erg») per circa 150 milioni di euro. La discarica è un ottimo affare. Geologicamente le argille plioceniche hanno un altissimo coefficiente di impermeabilità al percolato: un metro di penetrazione ogni 10 mila anni;

   però la procura della Repubblica di Orvieto tra il ’97 e il ’98, una prima indagine ha accertato che in quei calanchi si va tecnicamente a vista, affidandosi all’expertise di un geometra comunale e che in coincidenza di robusti «eventi meteorologici», i liquami liberati dai rifiuti arrivano direttamente nel Paglia. Per non parlare dell'impianto di compostaggio dei rifiuti. Una selezione scadente produce un «compost» di pessima qualità, che non ha mercato e finisce in discarica. A fine anni ’90, il sito viene chiuso, e si decide di aprire una nuova ferita nei calanchi, lungo lo stesso crinale («La Repubblica» del 20 gennaio 2008);

   nel 2001, con la seconda discarica a regime, la Sao e il comune di Orvieto, stringono contratti con la regione Campania. L'operazione è sostenuta dalla regione Umbria, dalla regione Campania, dall'allora sindaco di Orvieto; la Campania è in ginocchio di fronte ai rifiuti e le nuove «Crete» hanno spazio da vendere, basta pagare;

   i primi trasporti dal napoletano in Umbria vengono realizzati dalla «Ecolog», società per lo smaltimento dei rifiuti del gruppo Fs e allora general contractor del consorzio campano, che avrebbe comprato delle volumetrie delle «Crete» per rifiuti extraregionali e fa un prezzo, che la Sao conferma. Iniziano i trasporti, ma presto è chiaro che c'è qualcosa di poco trasparente;

   nel 2003, si verifica una nuova «emergenza». Orvieto e Napoli si tendono ancora una volta la mano per un accordo di programma. La prima esperienza lo sconsiglierebbe per molte ragioni (non ultimo il fatto che il trasporto dei rifiuti non è stato saldato);

   facendo un salto in avanti di 10 anni, la situazione non è cambiata, anzi si può dire che sta peggiorando. Oggi c'è il via libera all'ampliamento del secondo calanco della discarica Le Crete. Tale decisione è stata presa dalla regione Umbria dopo il parere positivo sull'ampliamento espresso dal Comitato di coordinamento che si fonda sui pareri tecnico-giuridici degli organismi preposti;

   la cubatura prevista dal nuovo progetto è di circa 390 mila metri cubi, sempre una mostruosità, vista anche l'importante vocazione agricola, ma soprattutto viticola dell'area interessata;

   con la sentenza pubblicata il 14 dicembre 2018 il Tar Umbria ha respinto il ricorso presentato dal comune di Orvieto avverso la determinazione dirigenziale n. 283 del 18 gennaio 2017 assunta dalla regione Umbria di non sottoporre al procedimento di valutazione ambientale il progetto dell'ampliamento della discarica –:

   quali iniziative concrete e immediate, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, in relazione allo stato di inquinamento dei luoghi e alle criticità evidenziate con riguardo all'ampliamento della discarica di cui in premessa, a tutela della salute dei cittadini e dell'importante economia viticola che con questo progetto, se realizzato, vedrebbe messa a rischio la sua stessa sopravvivenza.
(5-01222)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


   DE GIORGI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la città di Taranto non convive solo con industrie capaci di garantire, attraverso la loro attività produttiva, soprattutto esternalità negative, ma è anche titolare di inestimabili testimonianze storiche custodite nel «MarTa», indiscutibilmente riconosciuto come uno dei più importanti musei a livello nazionale;

   istituito nel 1887, ospitato nel settecentesco convento degli Alcantarini, inaugurato ufficialmente nel 1905, successivamente ingrandito e adeguato alle esigenze di un territorio sempre più consapevole di dover valorizzare il suo sconfinato patrimonio archeologico, il museo di Taranto è diventato con il passare degli anni una delle maggiori attrattive culturali del Paese;

   da tempo il «MarTa» offre a visitatori provenienti da tutto il mondo la visione di reperti di formidabile valenza ed in grado di ricostruire con mirabile precisione la storia di Taranto, da quando era antica capitale della Magna Grecia, sino all'Alto Medioevo;

   a fronte dei brillanti risultati raggiunti a livello di presenze, al museo di Taranto si lamenta una preoccupante carenza di personale che, come non ha mancato di sottolineare a più riprese la direttrice della stessa struttura (la dottoressa Eva Degl'Innocenti), rischia di penalizzare la sua regolare fruizione;

   stando a quanto sostenuto dalla direttrice del «MarTa» in una intervista rilasciata alla stampa locale in data 9 gennaio 2019, anche durante le festività natalizie per fronteggiare la mancanza di organico l'orario di accesso al Museo ha subito limitazioni;

   tale provvedimento si è reso necessario, poiché fra assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza del museo si contano 26 unità, un numero che viene ritenuto insufficiente dalla direttrice, la quale ha dichiarato che per assicurare servizi più efficienti sarebbero necessari almeno 15 dipendenti in più;

   attualmente per garantire la sicurezza delle 17 sale poste al primo piano operano solo 2-3 addetti, costretti ad affrontare turni di lavoro tutt'altro che agevoli e a sopportare responsabilità che definire gravose potrebbe risultare sin troppo riduttivo;

   quello della carenza di personale al Museo «MarTa» di Taranto non è purtroppo un fenomeno recente, tenuto conto che la questione fu già sollevata, sempre dalla direzione, nel settembre del 2016;

   qualora le limitazioni imposte agli orari di visita dovessero diventare l'unica risposta alla già citata carenza di organico gli effetti derivanti da tale «soluzione» non solo andrebbero a penalizzare tutti coloro che giungono a Taranto allo scopo di ammirare i tesori esposti al «MarTa», ma creerebbero anche un indubbio danno economico, eventualità da scongiurare assolutamente soprattutto in vista di periodi ad alta densità turistica, come quello pasquale –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per dotare il museo «MarTa» di Taranto del personale necessario per garantire ai suoi fruitori un adeguato servizio di assistenza, accoglienza e vigilanza.
(3-00436)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il cimitero tedesco di Costermano ha compiuto 50 anni; per questo il 5 agosto 2017, si è svolta una cerimonia in ricordo degli oltre 22 mila caduti germanici della seconda guerra mondiale, organizzato dalla Volksbund Deutsche Kriegsgräberfürsorge (VDK) con il comune di Costermano sul Garda. L'amministrazione comunale ha anche presentato il progetto dei sei parchi che intende realizzare nelle tre frazioni di Marciaga, Castion e Albarè e nel capoluogo di Costermano. Tra questi c'è anche il parco dell'amicizia dei popoli o della memoria, che circonda il cimitero tedesco;

   il comune, infatti, ha acquistato 80 mila metri quadrati di terreni e ha partecipato a un bando pubblico per il finanziamento di opere volte alla valorizzazione dell'area. Ebbene, sugli oltre 7 milioni previsti per l'intera operazione del parco della memoria, 4,5 milioni saranno finanziati dall'Inail, l'istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro, che lo ha inserito nel suo piano investimenti 2018-2020, per la costruzione di un ostello con piscina affacciato sul cimitero;

   il progetto, però, ha sollevato le proteste delle opposizione «Cittadini Consapevoli per Costermano»: i quattro consiglieri Barbara Gelmetti, Delia Scala, Tiziana Calabrese e Adriano Boni hanno scritto al prefetto, al presidente della provincia, al console tedesco di Milano e all'associazione VDK che gestisce i cimiteri dei caduti tedeschi; nella missiva spiegavano: «7 milioni per un parco è già di per sé una cifra esorbitante, ma quel che è peggio, è che il progetto iniziale che prevedeva un museo, un ostello, zone accoglienza per i visitatori e altro, si è trasformato in un hotel di 20-30 camere con piscina a 50 metri dal Cimitero tedesco, riducendo la fascia di rispetto cimiteriale dei 200 metri che impone la legge regionale 4 del 2015. L'obiettivo di riqualificare l'area si è trasformato così in una speculazione edilizia, che toglierà la quiete e il silenzio che fino ad oggi caratterizzava il cimitero tedesco»;

   quanto denunciato si realizza purtroppo con l'approvazione del progetto definitivo, delibera n. 193 del 12 ottobre 2017, che prevede la costruzione di una struttura ricettiva di 30 camere, a 50 metri dal cimitero militare tedesco, di cui soltanto 4 saranno riservate ad ostello; le altre 26 stanze saranno normali camere d'albergo. La destinazione primaria dell'edificio non è dunque, ad evidenza, quella di una struttura di pubblica utilità (requisito del bando Inail) quali appunto possono essere «strutture sanitarie e assistenziali, scolastiche, uffici pubblici, residenze universitarie», a servizio della collettività o delle giovani generazioni, bensì di un vero e proprio albergo con piscina, mascherato da ostello, fruibile soltanto a una ristretta fascia di clientela;

   di fronte a questa decisione il presidente dell'associazione VDK, così come il console, hanno espresso in forma scritta la loro preoccupazione per la costruzione di una struttura alberghiera di tale tipologia e dimensioni. Il motivo è semplice, il progetto che a loro era stato sottoposto prevedeva soltanto un semplice ostello, di modesta entità e senza piscina o punto ristoro, destinato a gruppi di giovani, e finalizzato alla sensibilizzazione sul tema della fraternità tra i popoli;

   di fatto la struttura ricettiva non possiede più le caratteristiche dell'interesse pubblico e nuoce incontestabilmente all'esigenza di tutela della tranquillità dei luoghi prevista dalla normativa citata –:

   se non intendano avviare, per quanto di competenza, in merito alle autorizzazioni rilasciate per il suddetto progetto in materia di vincoli paesaggistici, monumentali, ambientali e architettonici a tutela di tale bene storico-culturale qual è il cimitero tedesco di Costermano.
(4-01999)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRANDE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   da informazioni apparse sulla stampa, nei primi giorni di ottobre 2018, un uomo che praticava kitesurf sarebbe stato risucchiato e poi sbattuto a terra da un elicottero militare impegnato in un'esercitazione nello spazio aereo antistante una spiaggia di Ladispoli;

   a seguito dell'evento, l'interessato ha riportato diversi traumi e pare non essere in pericolo di vita;

   risulta che anche un'altra persona presente sulla spiaggia, così come riportato dai mezzi di informazione, sia rimasta ferita;

   la presenza dell'elicottero militare sembra connessa ad esercitazioni militari congiunte che si sarebbero svolte anche nei giorni precedenti quello dell'evento –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire spiegazioni sulla dinamica dell'evento e se siano state rispettate le precauzioni di sicurezza nei riguardi della popolazione della zona.
(5-01224)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   secondo quanto denunciato dalla moglie, il detenuto Giuseppe De Felice, 31enne ristretto nel carcere di Viterbo, sarebbe stato picchiato selvaggiamente dagli agenti penitenziari;

   De Felice, precedentemente recluso a Rebibbia, è nel carcere di Viterbo da circa un mese. Si trovava nel quarto piano D1 quando, come riferito dalla moglie e riportato da un articolo de Il Dubbio dell'8 dicembre 2018, «gli hanno perquisito la cella, messo a soqquadro tutto e hanno calpestato la foto che ritraeva noi due; mio marito ha reagito urlandogli contro, prendendoli a parolacce». A quel punto un agente penitenziario lo avrebbe portato sulla rampa delle scale e una decina di agenti penitenziari, senza farsi vedere in volto, lo avrebbero massacrato di botte. De Felice ha raccontato alla moglie che gli agenti avrebbero indossato dei guanti neri e una mazza bianca per picchiarlo. Poi lo avrebbero portato in infermeria, ma senza visitarlo, dopodiché lo avrebbero messo in isolamento per un'ora;

   il capogruppo di +Europa Radicali al consiglio regionale del Lazio Alessandro Capriccioli si è recato in visita ispettiva presso la casa circondariale di Viterbo e ha incontrato il detenuto in questione, che ha ribadito la versione dei fatti riportata dalla moglie;

   la moglie di De Felice ha poi contattato Rita Bernardini del Partito Radicale, che ha inviato la segnalazione urgente agli organismi preposti, dal garante nazionale Mauro Palma a quello regionale Stefano Anastasia, oltre che al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e al direttore del carcere di Viterbo pregandolo di verificare quanto denunciato dalla signora e di far visitare urgentemente il detenuto in modo da mettere agli atti della sua cartella clinica il relativo referto, come previsto dall'articolo 1 comma 7 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 123;

   si tratterebbe, se confermato, di un episodio gravissimo, tra l'altro in un carcere che ha fama di essere un istituto «punitivo», e in cui negli ultimi mesi si sono verificati due suicidi;

   nel giugno 2018, il Garante regionale per i diritti delle persone private della libertà Stefano Anastasia ha presentato un esposto alla procura di Viterbo, nel quale si legge che diversi detenuti da lui incontrati in quel carcere «hanno riferito di essere stati vittime di violenze per mano di agenti di polizia penitenziaria»; una parte di essi mostrava «segni evidenti di contusioni e lacerazioni sul corpo». Si riportavano, poi, le testimonianze di detenuti (tutti stranieri) che descrivevano modalità e dettagli tali da rendere credibili i racconti; le vittime sostenevano inoltre «di non essere state visitate da medici se non dopo diversi giorni o, in altri casi, dopo diversi mesi»;

   sono inoltre in corso le indagini per il suicidio di un detenuto italiano avvenuto quest'estate. A quanto si apprende dall'articolo de Il Dubbio citato, i vicini di cella avrebbero chiesto agli agenti di intervenire dopo che il detenuto, in stato di forte agitazione, aveva urlato che si sarebbe suicidato, ma gli agenti avrebbero sottovalutato il problema e sarebbero ritornati dopo due ore, quando oramai il ragazzo era morto con il cappio ricavato dal lenzuolo;

   sempre a Viterbo, il 23 luglio 2018, si è suicidato Hassan Sharaf, un egiziano di 21 anni che avrebbe finito di scontare la pena il 9 settembre, ma è stato trovato impiccato nella cella di isolamento dove era stato trasferito da appena due ore. Il ragazzo, durante la visita di una delegazione del garante regionale dei detenuti, mostrò all'avvocata Simona Filippi alcuni segni rossi su entrambe le gambe e dei tagli sul petto che, secondo il suo racconto, gli sarebbero stati provocati da alcuni agenti di polizia che lo avrebbero picchiato il giorno prima. Il Garante Anastasia ha fatto un esposto sulla vicenda di Hassan, che aveva riferito al garante di avere «molta paura di morire». Ad oggi non è noto se la procura competente abbia avviato o meno le indagini per verificare l'accaduto; secondo quanto riportato da un articolo de Il Dubbio dell'11 dicembre, la moglie di De Felice ha ricevuto una sua lettera nella quale il marito ha scritto di essere stato visitato e che gli è stata diagnosticandogli la perdita di udito in un orecchio;

   sulla vicenda riportata non vi è stata alcuna dichiarazione da parte del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria né da parte del Ministro interpellato;

   è necessario che le autorità competenti facciano rapidamente luce sull'accaduto, perché avere certezza sulle reali condizioni e sul rispetto dei diritti degli istituti penitenziari, è una priorità che non riguarda solo i detenuti ma tutti i cittadini –:

   se i fatti riportati in premessa rispondano al vero e se il Ministro interpellato non ritenga di dover promuovere con urgenza un'ispezione presso il carcere di Viterbo per verificare il rispetto della legge e dei diritti dei detenuti garantiti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali, al fine di evitare in futuro il ripetersi dei fatti riportati in premessa.
(2-00225) «Magi».

Interrogazione a risposta orale:


   MAGI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sulla pagina facebook del Ministro Bonafede il 4 gennaio 2019 è stato pubblicato un video di quasi 4 minuti – montato professionalmente e con colonna sonora – in cui si ripercorreva il rientro in Italia di Cesare Battisti circondato e scortato da agenti della polizia penitenziaria – fisicamente tenuto per le braccia da due di loro – in alternanza con immagini e dichiarazioni dello stesso Ministro, dal titolo «Il racconto di una giornata che difficilmente dimenticheremo!»;

   l'articolo 42-bis dell'ordinamento penitenziario impone l'adozione di «opportune cautele per proteggere» gli arrestati «dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità»;

   l'articolo 114 del codice di procedura penale vieta «la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica» –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di aver violato a fini propagandistici la legge e in particolare le norme dell'ordinamento penitenziario che regolano il rispetto della dignità delle persone in custodia dello Stato.
(3-00438)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROTELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il carcere di Mammagialla di Viterbo versa in una situazione di estrema criticità, segnalata a più riprese dagli agenti di polizia penitenziaria ivi impiegati, che sono scesi in piazza anche il 14 gennaio 2019 denunciando che il carcere «e di conseguenza tutto il territorio viterbese, è veramente in pericolo»;

   la struttura, con una popolazione carceraria di 750 detenuti, tra i quali anche cento detenuti psichiatrici, venti dei quali definiti «acuti», è estremamente sovraffollata e carente di personale, soprattutto con riferimento alle professionalità specialistiche necessarie per assistere i detenuti psichiatrici, la cui gestione risulta pressoché impossibile in ambiente penitenziario;

   a fronte di tale già gravissima situazione, alla quale si è aggiunta per tutto il periodo estivo l'assenza di un direttore titolare, continuano ad essere assegnati al carcere detenuti in spregio di ogni norma di sicurezza, come nel caso di un soggetto colpevole di aver ucciso il fratello di un altro soggetto incarcerato sempre nel Mammagialla, o nel caso di un detenuto con gravi patologie psichiatriche che dopo aver tentato di uccidersi è stato dimesso dall'ospedale, perché considerato «ingestibile in un reparto di medicina protetta» per essere anch'esso destinato al carcere viterbese;

   criticità si registrano anche rispetto ai detenuti di alta sicurezza, di fatto boss mafiosi di secondo livello, che sono 175 a fronte di una capienza di 150, fatto che determina commistioni tra detenuti comuni e quelli ad alta sicurezza «tali da compromettere l'intera sicurezza del territorio»;

   le segnalazioni sin qui effettuate dalle forze di polizia penitenziaria non hanno sortito alcun esito e la situazione all'interno della struttura viterbese rimane critica e pericolosa per detenuti e agenti in servizio –:

   se sia informato dei fatti di cui in premessa e quali iniziative urgenti intenda assumere rispetto al carcere Mammagialla al fine di garantire la sicurezza degli agenti ivi impiegati e quella di tutto il territorio viterbese.
(5-01218)

Interrogazione a risposta scritta:


   FORNARO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dopo 37 anni di latitanza e con grande clamore mediatico da parte del Governo italiano è stato arrestato in Bolivia Cesare Battisti, ex terrorista dei Pac (Proletari Armati per il Comunismo), con al suo attivo in Italia quattro condanne all'ergastolo per altrettanti omicidi, compiuti tra il 1978 e il 1979;

   il Ministro Salvini, dopo l'arrivo di Battisti all'aeroporto di Ciampino, ha dichiarato ai cronisti che l'arresto dell'ex terrorista «non è un punto di arrivo ma un punto di partenza. Sono sicuro che le forze dell'ordine, con i servizi d'intelligence, potranno riassicurare alle galere altre decine di delinquenti, vigliacchi e assassini che sono in giro per il mondo a godersi la vita»;

   sono circa cinquanta le persone condannate in via definitiva per banda armata, associazione sovversiva, insurrezione contro i poteri dello Stato, omicidi, ferimenti, furti, rapine, reati più o meno gravi che hanno trovato rifugio all'estero;

   tra gli altri, Alessio Casimirri e Livio Baistrocchi. Il primo è stato condannato per il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro e vive da anni in Nicaragua dove gestisce un ristorante. Il secondo ha fatto parte, fin dalla sua costituzione nel 1976, della colonna genovese delle Brigate Rosse, partecipando con un ruolo diretto a molti dei più sanguinosi attentati della formazione terroristica; condannato all'ergastolo, ha fatto perdere ogni sua traccia fin dai primi anni Ottanta –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, per quanto di competenza, per assicurare l'estradizione in Italia di Alessio Casimirri e per individuare dove viva Livio Baistrocchi e assicurarlo alla giustizia italiana.
(4-02002)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   PIZZETTI, PAITA, BRUNO BOSSIO, CANTINI, GARIGLIO, GIACOMELLI, NOBILI e ANDREA ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019) all'articolo 1, comma 103, prevede una modifica dell'articolo 7 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, con l'inserimento di un comma aggiuntivo;

   suddetto comma stabilisce testualmente che: «Nel delimitare le zone di cui al comma 9, i comuni consentono, in ogni caso, l'accesso libero a tali zone ai veicoli a propulsione elettrica o ibrida»;

   la richiamata previsione sta suscitando perplessità e preoccupazioni soprattutto da parte delle amministrazioni locali;

   i sindaci, tramite l'Anci, con una lettera indirizzata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, hanno manifestato la loro preoccupazione in merito a tale decisione;

   i comuni in questi anni si sono mossi sulla base della necessità di ridurre le emissioni inquinanti e rafforzare la mobilità pubblica e ciclopedonale rispetto a quella automobilistica;

   negli anni scorsi sono stati compiuti enormi sforzi anche finanziari per la sostituzione dei mezzi pubblici inquinanti, per investimenti in nuove infrastrutture di trasporto pubblico veloce, nonché per l'incentivazione della mobilità dolce;

   la regolamentazione del traffico nei centri abitati è una prerogativa indiscussa dei comuni, che con proprie deliberazioni provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato;

   è stato formalmente chiesto un incontro al Ministro interrogato per approfondire la problematica –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, per quanto di competenza, con la massima urgenza al fine di garantire l'autonomia regolamentare delle amministrazioni locali in tema di aree pedonali e zone a traffico limitato, ribadendo il divieto di accesso nelle aree pedonali ai veicoli a motore non operanti per ragioni di servizio.
(5-01236)


   STUMPO e MURONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il comma 103 della legge di bilancio 2019, legge n. 145 del 30 dicembre 2018, obbliga i comuni a consentire «in ogni caso» a tutte le auto elettriche e ibride la circolazione nelle aree pedonali e nelle ZTL;

   per le associazioni ambientaliste quanto previsto dall'articolo 1, comma 103, della legge n. 145 del 30 dicembre 2018 è «una mostruosità che riporta indietro il Paese di 50 anni». È questo il monito lanciato da diverse associazioni ambientaliste che si occupano di mobilità sostenibile; infatti il documento è firmato da: FIAB – Federazione Italiana Amici della Bicicletta, Legambiente/Legambici, Alleanza Mobilità Dolce, Kyoto Club, Associazione Salvaiciclisti Bologna, Associazione Salvaiciclisti Roma, Fiab Torino Bike Pride, Bikeitalia.it, Genitori Antismog, Greenpeace, Napoli Bike Festival, Cittadini per l'aria, Milano Bike Coalition, Associazione Motoperpetuo Roma, Associazione Ciclonauti, Comitato Torino Respira, Fondazione Michele Scarponi, Comitato per la Bellezza, Italia Nostra;

   questo intervento di fatto cancella, in poche righe, tutti i risultati raggiunti in decenni su mobilità sostenibile e tutela di piazze e strade delle città italiane, a danno di abitanti, commercianti, turisti e monumenti nonché con buona pace della sicurezza delle persone;

   dal 1° gennaio 2019 piazza del Popolo a Roma o piazza del Plebiscito a Napoli, o piazza del Duomo a Milano, o via Maqueda a Palermo, potranno essere percorse incessantemente da autovetture; ma non basta anche i centri storici medioevali di Bologna o Firenze, protetti da ZTL già a maglie troppo larghe, potranno essere invasi dal traffico e parcheggio selvaggio di altre migliaia di macchine in più;

   l'articolo 1, comma 103, della legge n. 145 del 30 dicembre 2018 rappresenta, quindi, un ritorno al passato della motorizzazione che occupa ogni spazio urbano;

   a seguito della denuncia delle associazioni ambientaliste il sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti Dall'Orco ha dichiarato che la norma deve essere cancellata. Inoltre, si ricordano le reazioni negative degli assessori dei comuni di Milano, Bologna, Torino, Roma e di molte altre città –:

   se intenda con urgenza assumere la decisione concreta e netta di sopprimere, nella prima iniziativa normativa utile la disposizione recata dall'articolo 1, comma 103, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, come affermato dal sottosegretario Dall'Orco, in modo da evitare ogni possibile equivoco interpretativo ed evitare di riempire le città con migliaia di macchine in più nelle aree pedonali e nelle ZTL.
(5-01237)


   SOZZANI e MULÈ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio 2019 (n. 145 del 2018), reca numerose disposizioni di riduzione e di riprogrammazione della spesa. Nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ad esempio, vi sono riduzioni, tra gli altri: delle risorse destinate alla società Ferrovie dello Stato italiane per la realizzazione dei progetti già previsti; delle disponibilità di cassa del Fondo per lo sviluppo e la coesione territoriale destinate all'erogazione di risorse finanziarie per le misure volte al superamento degli squilibri socioeconomici territoriali, riprogrammazione di risorse pari a 800 milioni di euro nel 2019; nonché, infine, della quota nazionale per il finanziamento delle politiche comunitarie;

   rimodulazioni in senso negativo si sono registrate anche in occasione dell'approvazione del contratto di programma 2017-2021 – parte investimenti tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana spa. Il combinato disposto ha prodotto in tal modo la riduzione di spesa, per complessivi 1.640 milioni di euro in meno, del programma 13.8 del Ministero dell'economia e delle finanze, nel quale la quasi totalità della spesa è rappresentata dall'erogazione di somme a favore di Ferrovie dello Stato italiane spa. Più specificatamente tali misure sono intervenute riducendo di 600 milioni di euro per l'anno 2019 l'assegnazione di risorse a carico del fondo infrastrutture, riducendo di 540 milioni di euro e definanziando di 600 milioni di euro per l'anno 2019 il contributo in conto impianti a Ferrovie dello Stato italiane spa;

   tali interventi hanno ridotto l'apporto finanziario alle opere infrastrutturali, nonché al sistema dei trasporti ferroviari, molte delle quali già previste e in corso d'opera o di progettazione, sospese da ormai diversi mesi in attesa del vaglio ministeriale con effetti dannosi per i livelli occupazionali, per le imprese e per lo sviluppo economico nel suo complesso –:

   quali siano le infrastrutture i cui progetti e lavori, a causa delle riduzioni e delle riprogrammazioni di spesa di cui in premessa, non saranno proseguiti nel corso dell'anno 2019.
(5-01238)


   SCAGLIUSI, BARBUTO, BARZOTTI, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE GIROLAMO, DE LORENZIS, FICARA, GRIPPA, LIUZZI, MARINO, MENGA, RAFFA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SERRITELLA, SPESSOTTO, TERMINI e TROIANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   i conducenti di motocicli e ciclomotori sono da considerarsi utenti deboli della strada, soggetti che in caso di collisione, risultano estremamente vulnerabili e come tali è dovere delle istituzioni prevedere per essi forme di tutela;

   in Italia, l'ultimo rapporto Aci-lstat sugli incidenti stradali nel 2017, evidenzia una crescita preoccupante dei morti in moto: nel 2017 sono stati 735 con un incremento dell'11,9 per cento rispetto al 2016, confermando i motociclisti la categoria più a rischio;

   le ragioni principali di vulnerabilità per i conducenti di motocicli e ciclomotori sono tre: l'arredo urbano e le infrastrutture stradali; la tecnologia e la tipologia del mezzo, intrinsecamente meno stabile, meno visibile e meno adatto a proteggere l'incolumità dell'utente; la segnaletica non rispettata dagli automobilisti;

   elemento di particolare pericolosità è costituito dai guardrail (sistema di ritenuta stradale formato da sbarre in lamiera ondulata, nervata e scatolata ai bordi, sorretta da sostegni elastici) posti lungo i bordi delle carreggiate per impedire l'uscita di autoveicoli in seguito a sbandamento;

   questi elementi non sono stati né prodotti né testati prendendo in esame le drammatiche conseguenze a seguito di forti impatti o di gravi sinistri su moto e motociclisti. I pali di sostegno e le lamiere degli attuali guardrail rappresentano, infatti, degli implacabili killer in caso di urto frontale o laterale;

   da qualche anno il tema della pericolosità dei guardrail interessa l'opinione pubblica; si sono mobilitate numerose associazioni di motociclisti e sono state proposte petizioni per richiedere l'adeguamento dei guardrail esistenti;

   il 25 giugno 2013, è stata approvata una risoluzione in Commissione IX n. 8/00004 che impegnava il Governo pro tempore: a dare tempestiva attuazione alla legge n. 120 del 2010, assumendo iniziative per la sostituzione delle barriere obsolete o danneggiate attraverso l'installazione di guardrail di nuova generazione più sicuri per i motociclisti; a prevedere che i decreti attuativi garantissero che una quota parte dei fondi fosse destinata all'adeguamento di guardrail a prova di motocicli almeno nei tratti stradali più a rischio; a dare attuazione all'articolo 47, relativo agli obblighi degli enti proprietari e concessionari delle strade e delle autostrade, utilizzando criteri di individuazione delle tratte maggiormente a rischio così come specificato in apposito provvedimento ministeriale –:

   quali iniziative il Governo intenda porre in essere per contrastare il fenomeno dei cosiddetti «guardrail killer» e se sia prevista l'emanazione di decreti attuativi in merito alla questione esposta in premessa.
(5-01239)


   MACCANTI, CAPITANIO, DONINA, CECCHETTI, FOGLIANI, GIACOMETTI, TOMBOLATO e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   venerdì 4 gennaio 2019 una bambina di 8 anni – Emily Formisano – è morta a causa di un impatto accidentale, verificatosi mentre scendeva con lo slittino (in compagnia della madre), contro un albero sito fuori pista nel comprensorio sciistico del Corno del Renon, sulle Alpi serentine in Alto Adige;

   la pista in cui è si è verificato l'incidente è classificata come «nera» pervia della sua pericolosità, e in essa è pertanto vietato l'uso dello slittino, come segnalato da un cartello;

   il predetto cartello di divieto è tuttavia scritto soltanto in tedesco, mentre – stando alle prime risultanze d'indagine – l'avviso esplicativo verticale con il simbolo di divieto alle slitte è posto più in basso, a circa cento metri, a discesa già iniziata;

   la procura di Bolzano ha aperto un'inchiesta per stabilire se l'accaduto sia da imputarsi alla mancata indicazione in lingua italiana del divieto e quindi del pericolo, della quale sarebbero eventualmente responsabili i gestori del comprensorio sciistico, oppure sé si sia trattato di una mera disgrazia –:

   se il Ministro interrogato si sia adoperato al fine di compiere le verifiche di competenza circa la conformità alla normativa delle indicazioni riportate sulla pista di cui in premessa.
(5-01240)


   FIDANZA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Parlamento ha approvato la legge n. 651 del 2018 recante «Introduzione dell'obbligo di installazione di dispositivi acustici e luminosi per prevenire l'abbandono di bambini nei veicoli chiusi»;

   la suddetta legge prevede che:

    a) entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore (1° ottobre 2018), il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti emani un decreto recante le specifiche tecniche;

    b) con successivo provvedimento vengano individuate forme di incentivo all'acquisto di dispositivi «salvabebè», al fine di non gravare economicamente sulle famiglie;

   la data per l'emanazione del suddetto decreto è scaduta e di tale provvedimento non vi è traccia;

   nella legge di bilancio è stato approvato uno stanziamento pari a 1 milione di euro per finanziare gli incentivi di cui sopra, una somma del tutto insufficiente a finanziare tale intervento –:

   a che punto sia l’iter di adozione del decreto ministeriale sulle specifiche tecniche e con quali risorse e secondo quali modalità e tempistiche si intendano finanziare gli incentivi fiscali previsti adottando iniziative volte a integrare le risorse stanziate in legge di bilancio.
(5-01241)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SOZZANI, BAGNASCO, FIORINI, GAGLIARDI, GIACOMETTO, PITTALIS, PORCHIETTO, ROSSO, SQUERI e ZANGRILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con cadenza quasi quotidiana negli ultimi mesi vengono rilevati e rilanciati dai mezzi di informazione sempre più numerosi casi di ritardi su svariate linee ferroviarie, in particolar modo di treni Alta velocità/Alta capacità e di treni del servizio di trasporto regionale svolto da Trenitalia;

   tali ritardi sono per lo più dovuti a disservizi creati in termini di sicurezza, segnalamento, armamento, trazione elettrica e manutenzione delle opere ferroviarie;

   tali problematicità sono indice di mancata manutenzione ordinaria, probabilmente dovuta a una cattiva organizzazione della stessa. Secondo quanto emerso in occasione di un incontro tenutosi con alcuni dei quindici capi compartimento di Rete ferroviaria italiana, soggetto cui la programmazione della manutenzione è delegata, giungerebbero alla stessa società continue richieste di aprire al transito dei convogli passeggeri e merci le linee ferroviarie negli orari in cui, invece, sarebbe prevista l'interruzione di circolazione per svolgere le attività di manutenzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto che Ferrovie dello Stato italiane impegnerebbero le linee ferroviarie durante l'orario di manutenzione con nuova circolazione di mezzi di trasporto passeggeri e merci;

   quali iniziative urgenti intenda assumere per garantire che, accanto all'attività di manutenzione ordinaria delle linee ferroviarie, sia programmata una dettagliata manutenzione straordinaria volta a prevenire incidenti drammatici come, ad esempio, quello più noto di Pioltello.
(5-01219)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   D'INCÀ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il recente piano di rafforzamento degli organici per la provincia di Belluno prevede l'assegnazione di otto agenti che sono però stati destinati solo alla questura e al commissariato e non anche agli uffici delle specialità;

   tale personale è appena sufficiente a coprire le vacanze createsi per gli esodi pensionistici avvenuti nel medesimo arco temporale coperto dal piano di rinforzo;

   il posto Polfer di Calalzo di Cadore, pur essendo aperto, è completamente privo di organici;

   è ancor più drammatica la situazione della polizia stradale, in quanto priva di competenza autostradale che, ad oggi, pare essere il presupposto per l'assegnazione di uomini in virtù di accordi siglati tra dipartimento di PS e la società Autostrade;

   la drammatica esperienza delle recenti calamità naturali che hanno colpito la provincia di Belluno, l'avvicinarsi dei mondiali di Cortina e l'organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2026 dovrebbero indurre l'amministrazione centrale a considerare una diversa pianificazione nell'assegnazione del personale, ridotto oggi ai minimi termini;

   lo stesso dipartimento di PS ha indicato in 168 poliziotti per la questura e 47 per il commissariato l'organico minimo per il mantenimento dei servizi resi alla cittadinanza; in realtà, a dicembre la questura ne conta 121 e il commissariato 26, numero destinato a calare ulteriormente per costanti cessazioni di servizio;

   tale situazione è stata evidenziata anche al presidente della regione Veneto rimarcando la preoccupazione per il normale svolgimento dei servizi di sicurezza e soccorso in montagna. Basti pensare che gli organici del commissariato di PS di Cortina d'Ampezzo e della questura contribuiscono con propri uomini al citato servizio di soccorso a scapito delle normali e fondamentali funzioni di servizio rese alla cittadinanza per denunce, licenze, patenti, passaporti o rilascio di permessi di soggiorno –:

   alla luce dei programmati, e in parte già pubblicati, bandi di concorso per la formazione di allievi agenti, nonché delle numerose istanze di trasferimento verso la provincia di Belluno di personale già in ruolo, quali iniziative intenda adottare per garantire un'adeguata presenza di personale negli uffici della questura e del commissariato, oltre che negli uffici delle specialità nella provincia di Belluno, che già sconta una sua criticità derivante dalla collocazione geografica ma che esige la presenza sul territorio degli stessi servizi garantiti alle altre realtà provinciali del Veneto.
(3-00437)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FIANO e MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che nel pomeriggio del 7 gennaio 2019, il giornalista dell’Espresso Federico Marconi e il fotografo Paolo Marchetti sono stati violentemente aggrediti con calci e pugni da alcuni aderenti a Forza Nuova e Avanguardia nazionale durante una commemorazione delle vittime della strage di Acca Larentia, in corso presso il cimitero del Verano;

   come riportato da notizie a mezzo stampa, a partire dal 2016 aderenti ad Avanguardia Nazionale hanno ricominciato a tenere raduni neo-fascisti e commemorazioni, nonché ad essere attivi su internet, sancendo di fatto la ripresa dell'attività politica e la ricostituzione della formazione un tempo capeggiata da Stefano Delle Chiaie, e sciolta negli anni Settanta perché ritenuta eversiva;

   come è noto, infatti, nel giugno del 1976 il tribunale di Roma condannò gran parte dei dirigenti e degli attivisti di Avanguardia Nazionale per ricostituzione del disciolto partito fascista e pochi giorni dopo il Ministero dell'interno pose fuori legge il movimento, in quanto ritenuto pericoloso per l'ordinamento democratico della Repubblica italiana;

   trascorsi quarant'anni, in mancanza di nuove disposizioni da parte del Ministero dell'interno, non si comprende neppure se i raduni e le commemorazioni organizzate dalla medesima sigla posta all'epoca fuori legge siano da ritenersi giuridicamente legittime;

   già nel 2016 l'Osservatorio democratico sulle nuove destre aveva diffuso un documento del memoriale che Guido Paglia, ex presidente di Avanguardia, consegnò nel 1972 al Sid, il servizio segreto italiano dal 1966 al 1977, nel quale l'organizzazione interna del movimento viene descritta come un'organizzazione che «annovera nelle sue fila anche “commandos terroristici”»;

   quanto premesso desta grande preoccupazione e allarme sociale, alla luce non solo dei numerosi e spesso oscuri episodi sanguinosi attribuiti storicamente ad esponenti di Avanguardia Nazionale, ma anche di alcune dichiarazioni apparse negli ultimi anni sulla stampa che manifesterebbero la volontà degli organizzatori di dar vita ad un vero e proprio movimento politico –:

   quale sia l'orientamento del Governo sui fatti riportati in premessa, con particolare riguardo alla legittimità sul piano dell'ordinamento giuridico di un raduno organizzato da un movimento che si avvale di una sigla già posta fuori legge per ricostituzione del disciolto partito fascista, nonché quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di scongiurare la ricostituzione di organizzazioni fasciste, che vedono la partecipazione di persone già note e spesso coinvolte in indagini sull’«eversione nera» e sulla strage di piazza Fontana.
(5-01223)


   MIGLIORE, FIANO, DE LUCA, SIANI e TOPO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 2019 è esplosa una bomba contro i locali della famosa pizzeria Sorbillo, nel cuore del centro storico di Napoli, causando danni per migliaia di euro e gettando i residenti nello sconcerto, spaventati e sotto shock a seguito dell'attentato compiuto verso la sede storica di un marchio famoso in tutto il mondo, e cui fanno capo una serie di locali aperti in diverse città in Italia e all'estero;

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che in assenza di segnali o richieste al proprietario dello storico locale nei giorni antecedenti all'attentato, una delle ipotesi sulle quali gli inquirenti starebbero indagando riguarderebbe l'eventualità di una guerra in corso per l'affermazione di nuovi equilibri tra clan, e l'intenzione di colpire quello che è ritenuto un simbolo di legalità e rinascita, in quanto già oggetto di aggressioni mafiose 5 anni fa;

   quello citato è solo l'ultimo di una serie di gravi attentati compiuti negli ultimi mesi nella provincia di Napoli, dei quali ben 8 contro attività commerciali nella sola città di Afragola, uno dei maggiori centri dell'entroterra napoletano, e che testimoniano l’escalation in atto di violenza contro imprenditori e cittadini, e la necessità di un intervento forte e urgente dello Stato per difendere e sostenere con convinzione e mezzi adeguati gli imprenditori onesti e tutti quei cittadini che quotidianamente si oppongono con il loro lavoro alla mafia e ai traffici illeciti in questi territori –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di garantire un numero di mezzi e di uomini adeguato e atto a ripristinare quanto prima la legalità e il pieno controllo del territorio a Napoli e nella relativa provincia, e, per quanto di competenza, quali iniziative intenda adottare al fine di sostenere, anche economicamente, le vittime di questi attentati a Napoli e nelle province circostanti.
(5-01227)

Interrogazione a risposta scritta:


   FIORINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   alcuni organi di stampa nei giorni scorsi hanno riportato che a San Felice sul Panaro, in provincia di Modena, circa duecento bambini dai 6 ai 14 anni appartenenti a famiglie nordafricane e arabe, da domenica 13 gennaio 2019, avrebbero fatto lezioni di lingua araba e di religione islamica nei locali della scuola elementare;

   l'associazione «La Pace», costituita da immigrati del Nordafrica, aveva ottenuto l'autorizzazione dal consiglio d'istituto della scuola per tenere questi corsi aperti anche a bambini non islamici;

   sempre da quanto riportato da ritagli stampa successivi, le lezioni sono state sospese a causa di una serie di polemiche e malumori che hanno diviso la comunità, non solo locale;

   inoltre, nella notte del 12 gennaio 2019, pare che ci sia stato un blitz degli attivisti di Forza Nuova che hanno attaccato nella scuola uno striscione che riportava «Europa cristiana, mai musulmana» e il commissariato di polizia di Mirandola ha avviato una indagine conoscitiva sulla vicenda;

   senza entrare nel merito dei poteri del consiglio di istituto, delle spese legate all'apertura domenicale della scuola, di eventuali coperture assicurative e di chi deve tenere queste lezioni, a parere dell'interrogante è sbagliato e contro ogni principio di integrazione degli extra comunitari nel nostro Paese l'utilizzo degli istituti pubblici per l'insegnamento di lingue e religioni che non appartengono alla cultura italiana che sarebbero, invece, del tutto lecite in luoghi non pubblici;

   agli studenti provenienti da culture e religioni diverse, il compito della scuola pubblica deve essere l'insegnamento della lingua italiana, dei princìpi della Costituzione laica e repubblicana, degli elementi di religione disciplinati dal concordato fra lo Stato e la Santa Sede, oltre ai valori universali di democrazia, di libertà, di parità di diritti e doveri fra uomini e donne –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative il Governo abbia assunto e intenda assumere per garantire che la sospensione di questi corsi, che, ad avviso dell'interrogante, non promuovono l'integrazione ma hanno effetto contrario, diventi definitiva e che si proceda alla cancellazione dell'iniziativa, affinché la scuola resti un luogo di integrazione, di educazione civica e di studio della cultura italiana che si fonda sulle radici giudaico-cristiane;

   se si ritenga, alla luce di quanto illustrato, di adottare ogni iniziativa di competenza per evitare che - sia a San Felice sul Panaro che in tutta Italia - questo episodio diventi un precedente che possa aprire non solo gli istituti scolastici ma pure altri luoghi pubblici (biblioteche, teatri, e altro) a svariate richieste, con qualsiasi motivazione culturale non legata alle tradizioni italiane, con il rischio di dare adito anche a incursioni dimostrative, come quella sopracitata, che possano degenerare in episodi violenti.
(4-02000)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ASCANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di questi giorni che il Post, «Perugia officina scienza e tecnologia», museo della scienza di Perugia, versa in uno stato di crisi a causa del ritardo dell'erogazione dei fondi da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   il Post è una delle istituzioni culturali più importanti della città umbra che, attraverso numerose attività – dalle mostre alla didattica, dagli incontri alle manifestazioni, fino ai corsi – si occupa di divulgare e approfondire temi scientifici e tecnologici. Si tratta di una realtà grazie alla quale negli ultimi anni, in città, hanno tenuto delle lectio magistralis anche alcuni premi Nobel;

   il professor Luca Gammaitoni, docente di fisica sperimentale all'università di Perugia e presidente del consiglio di amministrazione dell'istituzione culturale, il 10 gennaio 2019 ha rilasciato un'intervista ad Umbria24 sul presente e futuro del museo, che sta vivendo un momento molto difficile sul fronte economico: conti in sofferenza e lavoratori da due mesi senza stipendio;

   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, allo scopo di diffondere la cultura scientifica, eroga i fondi attraverso una tabella triennale il cui ultimo ciclo si è concluso nel 2017. I lavori per il nuovo anno sono partiti, ma, con il cambio di Governo, il procedimento si è arrestato. Il Post ha partecipato al bando che coprirà il periodo 2018-2020, ma attualmente non si conoscono ancora i risultati –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere le iniziative di competenza per risolvere quanto esposto ed evitare il rischio della perdita di una eccellenza nazionale.
(5-01217)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   sul territorio pratese, da anni, migliaia di imprese, per la quasi totalità a conduzione cinese, operando al di fuori di regole e normative, costituiscono un sistema di illegalità e di sfruttamento lavorativo che, nel solo settore dell'abbigliamento, ha causato la morte di 9 persone, in due roghi, negli ultimi 5 anni;

   il Progetto lavoro sicuro della regione Toscana, ha migliorato i livelli di sicurezza e impedito il pernottamento nei capannoni, ma non ha cambiato il modello produttivo del sistema illegale: aziende di pronto moda committenti di lavoro a laboratori di confezione che sfruttano il personale assunto con falsi part time, o completamente in nero, persone che lavorano fino a 14 ore al giorno, 7 giorni settimanali, per 800-1000 euro mensili (2-3 euro/ora lavorata);

   dopo anni di pubbliche denunce senza esiti, i locali sindacati di settore Filotem-CGIL, Femca-CISL e Uiltec-Uil, insieme a Cna, Confartigianato e Confindustria, hanno costituito un tavolo, a tutela dei lavoratori sfruttati e delle imprese corrette, dove hanno condiviso analisi e proposte e, il 1° marzo 2017, hanno sottoscritto il protocollo «Per il lavoro dignitoso e il ripristino della legalità nel sistema produttivo illegale pratese del tessile abbigliamento»;

   il protocollo identifica e denuncia un vero e proprio «sistema» produttivo illegale. Propone come, quando e dove controllare con la maggiore efficacia, visto che sono poche decine, le aziende di tintoria e stamperia che alimentano col tessuto le migliaia di confezioni. Il protocollo richiede la sistematica applicazione della responsabilità solidale per i contributi non versati (decreto legislativo n. 276 del 2003, articolo 29) da parte della locale sede Inps nei confronti dei committenti che si servono delle aziende sfruttatrici. Si tratta di norma fortemente deterrente ma mai applicata dall'Inps nel tessile-abbigliamento pratese, malgrado le circolari applicative, le ripetute richieste delle parti sociali e una chiara sentenza del tribunale di Prato. La norma è stata applicata invece con successo da altre sedi Inps, come nel distretto calzaturiero del Fermano-Maceratese, dove ha prodotto i risultati auspicati nel Protocollo e un cospicuo, ed effettivo, recupero contributivo;

   nel frattempo, il nuovo articolo 603-bis del codice penale ha inasprito le pene e allargato il reato di sfruttamento, previsto per il caporalato, anche all'utilizzatore di lavoratori sfruttati, declinando gli indici di sfruttamento: gli stessi subiti giornalmente a Prato da migliaia di lavoratori;

   dopo la firma del protocollo, la prefetta ha istituito un tavolo di confronto, nel quale vari soggetti controllori si sono resi disponibili a condividere i loro dati nella stessa piattaforma informatica, facendo emergere, dall'analisi preventiva, i soggetti da controllare. Nel mese di aprile 2018, alla presenza dei firmatari del protocollo, viene firmato il piano di intesa tra prefettura, tutti i comuni della provincia, Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Guardia di finanza, Inail e Ispettorato del lavoro. Tutti tranne l'Inps che sembrerebbe avesse fatto mancare la firma;

   ora i controlli sono più efficaci, individuano addirittura «ditte fantasma», o con altissime percentuali di lavoratori in nero, e portano all'immediata sospensione dell'attività produttiva, che però, in base alle vigenti norme, può tranquillamente ripartire il giorno dopo, con le stesse modalità;

   ne è esempio, tra settembre e ottobre 2018, una stireria che, già chiusa per lavoro nero e sfruttamento della manodopera clandestina – e subito riattivata grazie a una prestanome – viene richiusa dopo pochi giorni con l'arresto sia della ex titolare che della prestanome, le quali, processate e liberate il giorno dopo, hanno riaperto l'attività per la terza volta;

   se invece l'Inps avesse contestato la responsabilità solidale al committente (cioè al proprietario effettivo delle maglie da stirare trovate in azienda), l'azienda sfruttatrice non avrebbe più ricevuto le commesse per riprendere l'attività dopo la chiusura. E se alla titolare fosse stato contestato lo sfruttamento lavorativo (date le pene previste) difficilmente avrebbe trovato una prestanome pronta a subentrarle e produrre illegalmente;

   è evidente che queste contestazioni, se sistematiche, metterebbero in crisi il sistema illegale, che sempre più spesso utilizza lavoratori richiedenti asilo i quali, regolari sul territorio, possono essere sfruttati in nero rischiando una semplice sanzione amministrativa che, onorata in parte, consente la immediata riattivazione dell'attività eventualmente sospesa;

   in sintesi, le leggi ci sono, ma a Prato non si applicano;

   a novembre 2018; le locali Filctem, Femca e Uiltec, Cna e Confartigianato, hanno scritto al Ministro del lavoro e delle politiche sociali esponendo la situazione e chiedendo il suo intervento, disponibili a fornire tutta la collaborazione e candidando Prato a laboratorio di sperimentazione per applicare le leggi con procedure più efficaci di contrasto allo sfruttamento e all'illegalità. Questo a tutela dei lavoratori e delle aziende del settore che operano correttamente e sono messe a rischio dal sistema illegale e dalla concorrenza sleale –:

   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza perché a Prato trovino finalmente effettiva applicazione la normativa sullo sfruttamento lavorativo e, da parte dell'Inps di Prato, quella sulla responsabilità solidale.
(2-00224) «Silli».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NOJA e MORETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Spazio Aperto è una cooperativa sociale di tipo B di Milano, che si occupa dal 1984 di inserimento lavorativo di persone svantaggiate, in particolare con disabilità, nel settore dei servizi per le aziende e le amministrazioni pubbliche, e lavora da anni con le principali società di car sharing nella gestione del parco auto a Milano e in tutte le principali città italiane dove tale servizio è presente;

   nell'agosto del 2017, Spazio Aperto è stata contattata dalla multinazionale di origine cinese – facente parte del gruppo Alibaba – OFO UK Limited, tramite la controllata OFO Italia s.r.l., operante nel settore del bike sharing, che si era aggiudicata l'autorizzazione da parte del Comune di Milano per lo svolgimento di tale servizio sul territorio comunale per tre anni, compresa la gestione del relativo servizio logistico e di manutenzione delle biciclette;

   a seguito di accordo commerciale con OFO siglato nell'ottobre del 2017, Spazio Aperto ha pertanto iniziato a svolgere il servizio affidatole, che ha richiesto alla cooperativa notevoli investimenti sotto due profili: sia per il personale, con nuove assunzioni – tra cui numerosi appartenenti a categorie protette, come da missione sociale – per garantire con maggiori turni di lavoro un servizio efficiente alla cittadinanza nell'arco di tutta la giornata, sia in termini di nuovi mezzi e strumenti, con l'acquisto, oltre che dei dispositivi per i lavoratori, di una serie di veicoli nuovi, adatti al trasporto delle biciclette OFO;

   nel luglio 2018 OFO ha comunicato, improvvisamente e senza apparente motivo, la decisione di risolvere il rapporto con Spazio Aperto e, nonostante il servizio di noleggio delle biciclette fosse ancora operativo sul territorio con il logo OFO continuando a produrre profitto, ha interrotto i pagamenti delle fatture nei confronti della cooperativa, lasciando un debito di oltre 340.000 euro, cifra che rischia di compromettere l'equilibrio economico e finanziario della cooperativa stessa;

   nonostante un iniziale, ma poi disatteso, impegno da parte di OFO ad assumere almeno 10 persone, l'interruzione del rapporto con Spazio Aperto ha lasciato 40 persone senza lavoro, con l'onere del loro ricollocamento alla cooperativa, che con molta fatica e a proprio carico è riuscita a riposizionarle;

   Spazio Aperto ha contattato la camera di commercio di Milano per sensibilizzarla sulla propria posizione e ha ottenuto da parte del tribunale di Milano un decreto ingiuntivo nei confronti di OFO Italia s.r.l. per il pagamento delle somme dovute (decreto n. 26425/2018 del 5 dicembre 2018) –:

   se il Governo sia a conoscenza della grave situazione esposta in premessa e quali iniziative intenda porre in essere, per quanto di competenza e anche dell'ambito del confronto con il gruppo Alibaba, a tutela della cooperativa Spazio Aperto e dei lavoratori che ne oggi offre opportunità lavorative a 840 persone di cui 180 con disabilità fisica e intellettiva.
(5-01228)


   NARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la Desenzano azienda speciale servizi (Dass) è un'azienda costituita ai sensi dell'articolo 114 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali interamente partecipata dal comune di Desenzano del Garda (in provincia di Brescia) per la gestione delle farmacie comunali;

   la costituzione dell'azienda, lo statuto e il contratto di servizio sono stati approvati con deliberazione del consiglio comunale n. 103 del 28 novembre 2012;

   dal 27 giugno 2018 il comune di Desenzano del Garda è amministrato da una coalizione politica di centrodestra;

   l'azienda Dass è amministrata da un consiglio di amministrazione (Cda), composto da tre rappresentanti del comune di Desenzano, che sono stati nominati dal sindaco con provvedimento n. 43 del 29 dicembre 2017 e con durata dell'incarico di anni tre;

   in data 24 marzo 2018 il consiglio di amministrazione di Dass ha inviato una lettera di licenziamento al responsabile amministrativo Luigi Lacquaniti; Luigi Lacquaniti era in aspettativa rispetto a questo incarico fino al 22 marzo 2018 essendo stato eletto, nel corso della XVII legislatura, alla Camera dei deputati. In tale periodo Luigi Lacquaniti ha fatto parte dei gruppi parlamentari di partiti del centrosinistra (Sel, Pd e Leu);

   le motivazioni di tale licenziamento sono le seguenti: «giustificato motivo oggettivo sulla base delle seguenti ragioni: a seguito della riorganizzazione aziendale, visto e considerato che l'inquadramento e la mansione svolta, non sono più conferenti con le necessità aziendali»;

   successivamente, Luigi Lacquaniti ha subito impugnato la procedura di licenziamento per poi accettare l'accordo conciliativo con Dass che ha contestualmente estinto tale impugnazione;

   da quanto emerge dal verbale del consiglio di amministrazione di Dass del 24 ottobre 2018 è presente la «Richiesta autorizzazione al Comune per bando per assunzione impiegato amministrativo» in cui viene verbalizzato erroneamente che Luigi Lacquaniti abbia «consensualmente risolto il rapporto di lavoro con l'Azienda in data 24 marzo 2018» (mentre lo stesso Luigi Lacquaniti, come già riportato, è stato licenziato in data 24 marzo 2018);

   successivamente la Dass ha indetto un concorso pubblico per l'assunzione di un amministrativo/contabile. Tale bando è stato poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4° Serie Speciale – Concorsi ed Esami (Gazzetta Ufficiale n. 102 del 28 dicembre 2018);

   nello stesso verbale del consiglio di amministrazione di Dass del 24 ottobre 2018 viene inoltre riportato che Luigi Lacquaniti è stato sostituito da un altro professionista fino al 6 maggio 2018;

   appare quindi evidente come Dass abbia licenziato Luigi Lacquaniti con motivazioni a dir poco discutibili dal momento che per il ruolo che ricopriva che ricopriva (che il consiglio di amministrazione di Dass aveva dichiarato non necessario a seguito della ristrutturazione aziendale e motivo del suo allontanamento) sono state in seguito utilizzate altre persone ed è stato indetto un apposito bando di concorso;

   sembra all'interrogante che il consiglio di amministrazione di Dass non abbia voluto far emergere, nei verbali ufficiali, le reali motivazioni relative alla interruzione del contratto di lavoro con Luigi Lacquaniti e che, secondo l'interrogante, potrebbero essere ricondotte a una forma di discriminazione di natura politica;

   la legislazione nazionale e la Costituzione vietano ogni tipologia di discriminazione sul luogo di lavoro: in particolare, l'articolo 15 della legge 20 maggio 1970, n. 300, «Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e nell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento» –:

   se il Governo sia a conoscenza della vicenda citata in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, anche sul piano normativo, per evitare ogni forma di discriminazione sul luogo di lavoro, con particolare riguardo al personale alle dipendenze di enti pubblici e di aziende e società da questi costituite o vigilate.
(5-01229)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   INCERTI, ROSSI, MARCO DI MAIO e PAGANI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   durante lo scorso inverno la regione Emilia-Romagna è stata colpita da eventi climatici straordinari, tanto da causare un'ondata di gelo, tra la fine di febbraio e l'inizio di marzo, che provocò nelle campagne da Piacenza a Rimini circa 100 milioni di perdite secondo le stime effettuate dalle organizzazioni di categoria;

   le gelate avevano colpito pesantemente i frutteti, in particolare albicocchi e peschi, e gli ortaggi, dai carciofi ai cavoli, dai pomodori ai broccoli;

   dagli organi di stampa si apprende che la regione Emilia-Romagna non rientrerebbe nel decreto firmato dal Ministro interrogato per ripartire, tra le regioni interessate, le disponibilità del fondo di solidarietà nazionale per l'anno 2018 alle aziende colpite da eventi calamitosi;

   la regione Emilia-Romagna potrebbe attuare le procedure di delimitazione del territorio e di accertamento dei danni conseguenti, deliberando la proposta di declaratoria della eccezionalità dell'evento, solo derogando a quanto stabilito dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102;

   per consentire, quindi, alle aziende di accedere agli interventi previsti per favorire la ripresa dell'attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 dello stesso decreto legislativo n. 102 del 2004 sarebbe necessaria una deroga all'articolo 1, comma 3, lettera b), del decreto, perché le aziende non avevano potuto sottoscrivere le polizze assicurative agevolate a copertura del rischio di gelo e brina, in quanto la campagna assicurativa non era ancora stata avviata –:

   se il Ministro interrogato intenda provvedere a porre in essere iniziative urgenti a tutela di queste aziende colpite duramente dalle calamità naturali dello scorso inverno e a sostegno del settore agroalimentare della regione Emilia-Romagna.
(5-01225)


   INCERTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 5 maggio 2018 è entrato in vigore il decreto legislativo, 3 aprile 2018 n. 34, dal titolo Testo unico in materia di foreste e filiere forestali (Tuff), pubblicato in Gazzetta Ufficiale – serie generale n. 92 del 20 aprile 2018;

   il decreto legislativo n. 34 del 2018 (Tuff), definendo gli indirizzi normativi unitari e il coordinamento di settore per le regioni e i Ministeri competenti, rappresenta la nuova legge quadro nazionale in materia di selvicoltura e filiere forestali;

   ad oggi, i decreti che devono definire i criteri minimi nazionali sui temi prioritari e che devono essere concertati tra i Ministeri competenti e le regioni per rendere concreta, innovativa e unitaria la politica forestale, non sono stati ancora pubblicati;

   in particolare, non è ancora stata definita la nuova strategia forestale nazionale secondo quanto previsto dall'articolo 6, comma 1;

   mancano i decreti relativi all'individuazione e definizione dei contenuti minimi per la formazione degli operatori forestali (articolo 10, comma 8, lettera b)), quelli per i piani forestali di indirizzo territoriale (articolo 6, comma 7) e per i parametri di accesso agli albi regionali delle imprese forestali (articolo 10, comma 8, lettera a));

   non è stato predisposto il decreto per il riconoscimento dello stato di abbandono delle superfici ex agricole meritevoli di tutela (articolo 7, comma 11) e quello che definisce le linee guida di gestione forestale per le aree ritenute meritevoli di tutela ai sensi dell'articolo 136 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (articolo 7, comma 12); dei criteri minimi nazionali inerenti gli scopi, tipologie e caratteristiche della viabilità forestale (articolo 9, comma 2); dei criteri minimi nazionali per l'esonero dagli interventi compensativi previsti in caso di trasformazione del bosco (articolo 8, comma 8) –:

   quali siano i motivi del prolungarsi dei tempi di adozione dei decreti attuativi previsti dal Tuff, necessari per dare una nuova base regolamentare di riferimento e indirizzo al settore forestale; se il Governo intenda procedere con urgenza all'adozione dei suddetti decreti, promuovendo un'azione efficace e congiunta tra le istituzioni competenti per la tutela, la gestione e la valorizzazione del patrimonio forestale nazionale e delle sue filiere produttive che svolgono un ruolo strategico per lo sviluppo socio-economico delle aree interne, nell'interesse generale del Paese.
(5-01226)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   ALBERTO MANCA, CADEDDU e LAPIA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la febbre catarrale degli ovini (blue tongue), è una malattia infettiva non contagiosa dei ruminanti, trasmessa da insetti vettori ematofagi (culicoidi). L'agente eziologico è un virus della famiglia Reoviridae, genere Orbivirus, del quale si conoscono 24 diversi sierotipi, alcuni dei quali attualmente presenti in Italia e responsabili di diverse epidemie a partire dal 2000, anno in cui il Ministero della salute ha predisposto un piano nazionale di sorveglianza e controllo della blue tongue;

   la vaccinazione di tutti gli animali recettivi ha lo scopo di diminuire le perdite legate alla mortalità per il virus della blue tongue (Btv) e di abbassare la probabilità di diffusione dell'infezione dalle aree infette agli altri territori, attraverso la costituzione di una fascia di popolazione resistente all'infezione;

   in Sardegna la malattia è ormai considerata endemica. A seconda delle annate, può presentarsi con ondate epidemiche particolarmente severe, che raggiungono il picco tra la fine dell'estate e l'autunno, per poi decrescere con il freddo invernale;

   oltre ai fattori climatici, a influire sull'andamento epidemico, concorrono fattori gestionali strettamente legati a interventi dell'uomo, quali azioni di profilassi sulle strutture aziendali e vaccinazione;

   le due fasi del programma di profilassi vaccinale approntato dalla regione Sardegna nel 2017, basato (per il Btv4) sulla immunizzazione dei soli capi appartenenti agli allevamenti posti all'interno di un buffer di (rispettivamente) 20 chilometri e 40 chilometri attorno alle aziende sede di positività, non ha impedito la diffusione della malattia su tutto il territorio regionale, protraendosi fino ai primi mesi del 2018. La disciplina comunitaria (Regolamento 1266/2007/CE e successive modificazioni e integrazioni) impone il blocco delle movimentazioni degli animali sensibili dalle aree di restrizione, con conseguente grave danno per l'economia dei relativi allevamenti e con deroghe previste a caro costo: a fronte del mancato alleggerimento di tali costi e nonostante i gravi e irreparabili danni subiti, è stato riconosciuto ai titolari degli allevamenti colpiti dall'annata epidemica del 2017 un indennizzo del tutto insufficiente;

   nel mese di settembre 2017 è stata individuata dai laboratori dell'Izsam (Centro di referenza dell'Organizzazione mondiale della sanità animale (Oie) per la Btv), in un allevamento in provincia di Trapani la presenza del Virus-sierotipo 3 della Blue tongue. Il rischio che la patologia arrivasse per l'ennesima volta in Sardegna si è concretizzato nel mese di ottobre 2018, quando l'istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna ha reso noto che la presenza del Btv3 nel territorio isolano è stata confermata dal centro di referenza nazionale di Teramo su campioni di organi prelevati su una pecora;

   è nota l'indisponibilità sul mercato di un vaccino per il Btv3. Tale situazione ha in seno gravi rischi che, qualora si concretizzassero, metterebbero in ginocchio il settore agro-pastorale sardo, già attraversato da una profonda crisi. La sentenza della Corte costituzionale n. 12 del 2004 ha chiaramente sancito che le iniziative previste per il contenimento della Blue tongue, in relazione ad allevamenti situati in territori individuati da decisioni comunitarie, sono riconducibili alla materia di legislazione esclusiva statale «profilassi internazionale» (articolo 117, secondo comma, lettera q) –:

   quali iniziative i Ministri interrogati abbiano intrapreso o intendano intraprendere per fronteggiare le criticità relative all'assenza sul mercato di un vaccino per il Btv3 e prevenire l'eventuale diffusione di un'ondata epidemica della patologia da esso derivante;

   se, visti i citati e non confortanti esiti delle recenti campagne vaccinali, non ritengano necessario promuovere, per quanto di competenza, misure volte al superamento del blocco delle movimentazioni degli animali sensibili dalle aree di relativa restrizione individuate in Sardegna, senza alcun pregiudizio economico per gli allevatori, anche attraverso la sottoposizione a vaccinazione obbligatoria di tutti i capi appartenenti alle specie sensibili contro i sierotipi circolanti, atteso che l'immunizzazione degli animali ridurrebbe la circolazione virale.
(4-01994)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Corden Pharma Latina è uno stabilimento chimico farmaceutico costruito negli anni Sessanta da Bristol. Si trova nel comune di Sermoneta (LT) e si sviluppa su un'area di 42 ettari, nei quali insistono: alcuni reparti di produzione chimica e farmaceutica di antibiotici ed antitumorali, una distilleria per il recupero di solventi, un termodistruttore con una capacità di incenerire fino a 13800 tonnellate/anno per il trattamento di effluenti liquidi e gassosi, un impianto biologico per il trattamento delle acque, una centrale Enel a gas a trigenerazione da 7 megawatt. La Corden Pharma è soggetta alla «legge Seveso»;

   la Bristol è rimasta proprietaria dello stabilimento fino al 2010 quando è stata ceduta, con circa 800 dipendenti a Corden Pharma, un contoterzista tedesco che in Italia possiede altri stabilimenti: Corden Pharma Bergamo, Corden Pharma Caponago, Corden Pharma Latina, Miteni, l'industria che è sotto accusa per inquinamento ed è fallita a novembre 2018;

   nel periodo più produttivo la Bristol ha occupato circa 1500 dipendenti. Col passaggio a Corden Pharma i dipendenti, tramite cassa integrazione e buona uscita, sono passati da 800 a 500;

   dal 2010 al 2018 si sono susseguiti 6 amministratori delegati. È importante sottolineare che fino a 18 mesi fa l'azienda non dava segnali di sofferenza, anche se si procedeva con qualche difficoltà. Ad inizio 2018 sorprendentemente è stata avviata una nuova cassa integrazione guadagni ordinaria;

   a maggio 2018 l'amministratore delegato dottoressa Coppi, come era avvenuto con gli altri amministratori delegati, è stata sostituita dall'attuale amministratore delegato Alessandro Zucconi che, non ha mai presentato un piano industriale ma, fatto gravissimo, il 25 ottobre ha comunicato che la società non avrebbe rinnovato la cassa integrazione guadagni ordinaria ed il 26 ottobre ha annunciato ai dipendenti che non avrebbero ricevuto lo stipendio del mese di ottobre se non una parte, pari a euro 500;

   su richiesta dei sindacati il 9 novembre 2018 l'azienda è stata convocata dal prefetto di Latina dove l'attuale amministratore delegato ha annunciato la procedura di licenziamento collettivo di 192 persone, mentre il 12 novembre ha depositato la procedura di concordato fallimentare in continuità produttiva al tribunale di Latina;

   il 15 novembre al Ministero del lavoro e delle politiche sociali si sono incontrati i comuni del territorio, il sottosegretario Durigon, l'assessore regionale Di Bernardino, l'azienda e i sindacati. In questa sede istituzionale l'amministratore delegato di Corden Pharma Latina, non ha aggiunto nulla di più di quanto sostenuto in prefettura a Latina ed è stato invitato dal Ministero a presentare nei giorni successivi un piano industriale chiaro in modo da scongiurare il licenziamento collettivo e la chiusura del sito che per la sua estensione e complessità genererebbe problemi sociali e ambientali elevatissimi;

   negli incontri ad Unindustria, l'azienda ha accolto la possibilità di attivare un tavolo di sviluppo industriale con la regione Lazio, confermando gli esuberi, e la cassa integrazione guadagni ordinaria in cambio della disdetta degli accordi di secondo livello (27 per cento dello stipendio) e della quattordicesima;

   si tratta di condizioni ritenute inaccettabili dalle organizzazioni sindacali. La trattativa si sposterà in regione, in tale fase è, quindi, prioritario che proseguano le trattative tra le parti sociali e le istituzioni, affinché l'accordo sul piano industriale e ambientale sia credibile e dia garanzia che non siano previsti esuberi, con l'obiettivo, dunque, di salvaguardare l'attività produttiva del sito sul territorio, senza disperdere le relative professionalità attualmente in forza –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché il piano industriale della Corden Pharma assicuri la salvaguardia degli attuali posti di lavoro e il risanamento ambientale dell'area a tutela dei lavoratori.
(4-01993)


   MURONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da oltre trent'anni, con il primo referendum antinucleare del 1987, gli italiani hanno espresso volontà contraria al nucleare, scelta peraltro ribadita a larga maggioranza anche nel 2011;

   la Sogin è la società dello Stato responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani nonché della gestione dei rifiuti radioattivi;

   i rifiuti radioattivi in Italia derivano principalmente dal programma nucleare pregresso e sono stoccati nei depositi temporanei delle centrali nucleari di Trino, Latina e Garigliano e Caorso, negli impianti ex Enea Eurex di Saluggia, Itrec della Trisaia, Opec di Casaccia, nel deposito Avogadro di Saluggia e nelle installazioni del Centro comune di ricerca di Ispra di Varese della Commissione europea. Tutti in carico alla Sogin;

   le attività di decommissioning sono finanziate tramite costi aggiuntivi scaricati sulla bolletta elettrica, comportando, dunque, un aggravio economico in capo agli utenti;

   a fine novembre 2018, la Sogin ha inviato all'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente, (Arera) e al Ministero vigilante, il Mise; il programma quadriennale 2019-2022, che nuovamente riduce in modo significativo le attività previste dalla precedente programmazione presentata da Sogin a novembre 2017;

   il nuovo programma non solo non incrementa in alcun modo le attività di decommissioning di Sogin, ma di fatto ne riduce ulteriormente i volumi in tutti i siti, rispetto a quanto previsto dal piano del novembre 2017, prevedendo di conseguenza ulteriori ritardi nella conclusione dei lavori dei numerosi raggruppamenti di attività omogenee in ciascun sito (task);

   il volume di decommissioning previsto per il quadriennio 2018-2021 in alcuni siti potrebbe raggiungere una diminuzione di circa il 30 per cento;

   dai report inviati, a novembre 2018, dalla Sogin ad Arera e al Mise si riscontra che: su 91 task attive – per ciascuna task Sogin compila una scheda con un set di informazioni richieste da Arera, che viene aggiornata di anno in anno sino alla conclusione dei lavori della task – ben 36 hanno accumulato un ulteriore ritardo rispetto al piano del 2017; per 23 task l'ulteriore ritardo è maggiore o uguale a 1 anno; per 7 task l'ulteriore ritardo è maggiore o uguale a 2 anni. Tali ritardi si aggiungono a quelli già riscontrati dall'Autorità nei precedenti piani elaborati da Sogin;

   inoltre, tutto questo potrebbe comportare ulteriori slittamenti della data di fine attività prevista per importanti progetti: sino a 7 anni a Caorso e Trisaia, 8 anni a Trino, 8,5 anni a Saluggia, mentre non sono ancora valutabili i ritardi complessivi del progetto Cemex a Saluggia e del progetto ICPF a Trisaia;

   infine, come già avvenuto nel 2017, nel 2016 e nel 2018, il consuntivo di fine anno, pari a circa 75 milioni; è molto inferiore al budget programmato a inizio anno, 95 milioni, e meno della metà del valore previsto all'inizio del mandato dell'A.d. Desiata, previsto in 163 milioni;

   è del tutto evidente che la continua riduzione dei volumi delle attività indica una grave e irrisolta crisi gestionale, confermata dall'analisi dei vari consuntivi di fine anno, dai quali emerge una serie di tante piccole attività, spesso affidate in house a Nucleco, e di anticipi di forniture, che al momento dell'effettivo utilizzo, anche diversi anni dopo, spesso risultano obsolete o non più conformi alla normativa vigente. Inoltre, il tutto è concentrato nell'ultima parte di ciascun anno, in sostituzione di attività di più ampio spettro, programmate in quanto prioritarie ed urgenti, ma continuamente rinviate o interrotte, come per esempio il progetto Cemex;

   si ricorda che su un argomento analogo la l'interrogante ha già presentato l'interrogazione n. 4-00421 –:

   se non ritengano, tenuto conto di quanto esposto in premessa, di valutare l'assunzione delle iniziative di competenza per l'avvio delle procedure atte al commissariamento della Sogin.
(4-01996)


   ROSTAN. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   in data 10 gennaio 2019, l'azienda Ottimax ha inviato una lettera ai suoi dipendenti del punto vendita di Afragola, provincia di Napoli, comunicando che l'attività ubicata all'interno del centro «Le porte di Napoli» cesserà a far data dal 28 febbraio 2019, mentre entro il 30 aprile l'azienda dovrà lasciare l'immobile;

   nella missiva, l'azienda faceva presente che fino al 30 aprile il personale sarebbe stato impegnato in attività di disallestimento, mentre alla data del 30 aprile, con la chiusura del punto vendita, «verranno meno tutte le posizioni lavorative in essere»;

   l'azienda comunicava al tempo stesso ai lavoratori che, ai fini della salvaguardia occupazionale, si sarebbe impegnata a ricollocare la totalità degli addetti presso altri punti vendita presenti sul territorio nazionale;

   questo ha comportato per i lavoratori residenti in Campania il trasferimento ad horas presso altre realtà, anche molto lontane territorialmente, come, ad esempio, il punto vendita di Catania e altri;

   la comunicazione si conclude con l'invito a comunicare se si abbia l'intenzione di trasferire la propria residenza e quindi di accettare il trasferimento;

   com'è immaginabile la notizia ha gettato nello sconcerto i circa cento lavoratori, molti dei quali hanno famiglia e vita organizzata sul territorio e non sono certo nelle condizioni — anche economiche, visti i bassi livelli retributivi — di spostarsi, da un giorno all'altro, a centinaia di chilometri di distanza;

   l'area metropolitana di Napoli assiste ormai da anni a una vera e propria desertificazione industriale e produttiva, a cui si aggiunge negli ultimi tempi anche la crisi del ramo commerciale, con la perdita di migliaia di posti di lavoro e conseguenze sociali preoccupanti –:

   se il Governo intenda attivarsi, nell'ambito delle sue competenze, al fine di convocare un tavolo di confronto con le parti sociali, l'azienda Ottimax e i rappresentanti istituzionali del territorio per trovare soluzioni e impedire l'ennesimo smantellamento di un'attività economica in provincia di Napoli, con la conseguente perdita di posti di lavoro.
(4-01998)

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Vizzini n. 7-00103, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 79 dell'8 novembre 2018.

   La XI Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, coordinato con la legge di conversione 9 agosto 2018, n. 96, recante «Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese», interviene sulla vertenza dei diplomati magistrale ante 2001/2002, destinatari della sentenza dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 20 dicembre 2018, ai quali è stato definitivamente negato l'accesso e/o la permanenza nelle graduatorie ad esaurimento (gae), dalle quali si attinge per il ruolo. Pertanto, al fine di garantire il corretto avvio dell'anno scolastico, la legge stabilisce una sospensione dell'applicazione della sentenza di 120 giorni dalla notifica;

    tale scelta è apparsa doverosa rispetto all'iniziale differimento di 120 giorni nell'esecuzione delle sentenze che avrebbe gettato la scuola nel caos;

    l'articolo 4, comma 1-bis, della medesima legge, dispone che «Al fine di salvaguardare la continuità didattica nell'interesse degli alunni per tutta la durata dell'anno scolastico 2018/2019, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede, nell'ambito e nei limiti dei posti vacanti e disponibili, a dare esecuzione alle decisioni giurisdizionali di cui al comma 1», ossia:

     a) trasformando i contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati con i docenti di cui al comma 1 in contratti di lavoro a tempo determinato con termine finale fissato al 30 giugno 2019;

     b) stipulando con i docenti di cui al comma 1, in luogo della supplenza annuale in precedenza conferita, un contratto a tempo determinato con termine finale non posteriore al 30 giugno 2019;

    il medesimo articolo 4, ai commi 1-quater e 1-quinquies, prevede inoltre che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca bandisca per i ruoli dell'infanzia e della primaria due concorsi, uno ordinario e uno straordinario:

     a) concorso straordinario sarà riservato ai diplomati magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 ed ai laureati in scienze della formazione primaria (Sfp) che abbiano svolto almeno due anni (180 giorni anche non consecutivi) di servizio presso le scuole statali nell'ultimo ottennio (le due annualità possono anche non essere consecutive);

     b) il concorso ordinario (bandito, ai sensi dell'articolo 400 del decreto legislativo n. 297 del 1994 e successive modificazioni e dell'articolo 1, comma 109, lettera b), e 110, della legge n. 107 del 2015, con cadenza biennale), per titoli ed esami, sarà invece rivolto a tutti gli abilitati, quindi ai diplomati magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 ed ai laureati in scienze della formazione primaria, senza il requisito delle due annualità;

    asse portante della nuova disciplina è dunque il collegamento tra la necessità di dare seguito alla sentenza del Consiglio di Stato e quella di dare risposta ai diplomati magistrali e ai laureati in scienze della formazione primaria attraverso il bando di nuovi concorsi;

    la disposizione prevista dall'articolo 4, comma 1-bis, lettera a), del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, è esecutiva anche nei confronti di docenti diplomati magistrale appartenenti alle categorie protette, individuati ed assunti a tempo indeterminato in ottemperanza al computo delle riserve, previsto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, recante «Norme per il diritto al lavoro dei disabili»;

    l'articolo 7, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68, nell'individuare le modalità di attuazione delle assunzioni obbligatorie, statuisce che per le assunzioni di cui all'articolo 36, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 29 del 1993 (sostituito dall'articolo 35, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 165 del 2001) gli appartenenti alle categorie protette «iscritti nell'elenco di cui all'articolo 8, comma 2 della predetta legge in cui possono essere inseriti esclusivamente quelli che risultano disoccupati» hanno diritto alla riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso;

    riguardo al requisito della iscrizione nel precitato elenco l'articolo 8, comma 1, della legge n. 68 del 1999 (su cui si sono espressi il Consiglio di Stato, III sezione, del 30 maggio 2017, con sentenza n. 2562, e il T.A.R. Campania, V sezione del 3 agosto 2016, n. 4004, che a sua volta richiama la sentenza del Consiglio di Stato, VI sezione, del 14 dicembre 2016, n. 7395) «stabilisce per tabulas» che soltanto i soggetti iscritti nell'elenco di cui al comma 2 del medesimo articolo, in quanto disoccupati, hanno titolo alla riserva dei posti (iscrizione, e dunque possesso dello stato di disoccupazione come condicio sine qua non, legittimante l'operatività di una norma speciale recante deroga ai principi generali);

    la citata sentenza del Consiglio di Stato n. 7395/2016, ribadisce infatti che «i lavoratori disabili devono essere iscritti negli elenchi menzionati all'articolo 8, comma 2, per poter beneficiare della “riserva dei posti nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso”, sicché appare evidente che “lo status di disoccupato debba essere posseduto necessariamente, se non altro ai fini di poter beneficiare dell'aliquota di posti a concorso”». Tale condizione deve permanere sino al momento dell'assunzione, secondo l'opzione scrutinata dal Tar Campania;

    l'articolo 25, comma 9-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge n. 114 del 2014, ha modificato il secondo comma dell'articolo 16 della legge n. 68 del 1999 (che al comma 2 prevedeva che i disabili risultati idonei nei concorsi pubblici potessero essere assunti, ai fini dell'adempimento dell'obbligo, anche se non «versavano in stato di disoccupazione» e oltre il limite dei posti ad essi riservati nel concorso) abolendo l'inciso relativo alla disoccupazione;

    il decreto legislativo n. 150 del 2015, emanato in attuazione della legge n. 183 del 2014 («Jobs Act»), prevede che, per le persone con disabilità già iscritte alle liste del collocamento mirato, l'istituto della conservazione continua ad operare (legge n. 68 del 1999) e che tali persone potranno mantenere l'iscrizione se svolgono un'attività lavorativa che comporta, nel corso dell'anno solare, un reddito lordo non superiore a 8.000 euro per lavoro dipendente (anche a chiamata o intermittente o a progetto) e non superiore a 4.800 euro lordi per lavoro autonomo od occasionale;

    alla luce di quanto esposto, resta la consapevolezza che la ratio dell'articolo 8 della legge n. 68 del 1999 è quella di favorire l'inserimento lavorativo del soggetto svantaggiato che versi nello stato di disoccupazione; il quadro normativo, così come ridefinito dall'articolo 25, comma 9-bis, della legge 114 del 2014, determina a carico dei docenti diplomati magistrali appartenenti alle categorie protette una evidente situazione di svantaggio derivante dall'impossibilità, per gli stessi, di poter presentare specifica domanda di partecipazione al concorso straordinario in quanto non iscritti negli elenchi del collocamento mirato;

    l'articolo 4, comma 6, lettera q), del bando di concorso emanato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, così come formulato, evita il generarsi delle situazioni di pregiudizio testé citate per coloro che hanno diritto alla riserva di posti in applicazione della legge n. 68 del 1999 e che non possono produrre il certificato di disoccupazione – poiché occupati con contratto a tempo determinato alla data di scadenza del bando –, indicando la data e la procedura in cui hanno presentato in precedenza la certificazione richiesta,

impegna il Governo:

a vigilare affinché, in applicazione delle disposizioni da ultimo citate, venga rispettato il diritto alla riserva dei posti previsto dalla vigente normativa di cui alla legge n. 68 del 1999, con particolare riferimento ai diplomati magistrale ante 2001/2002 affetti da disabilità che, in quanto occupati con contratto a tempo determinato alla data di scadenza del bando del concorso straordinario, non possono produrre l'apposito certificato di disoccupazione, riconoscendo loro la possibilità di indicare la data e la procedura in cui hanno presentato in precedenza la certificazione richiesta.
(7-00103) «Vizzini, Carbonaro, Amitrano, Villani, Giannone, Pallini, Tucci, Cubeddu, Segneri, Tripiedi, Perconti, Davide Aiello, Costanzo».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

   interrogazione a risposta scritta Mazzetti n. 4-00781 del 24 luglio 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Scagliusi n. 5-01027 del 29 novembre 2018;

   interrogazione a risposta in Commissione Pizzetti n. 5-01191 del 9 gennaio 2019;

   interrogazione a risposta immediata in Commissione Trano n. 5-01213 del 15 gennaio 2019;

   interrogazione a risposta scritta Capitanio n. 4-01974 del 15 gennaio 2019.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Grande n. 4-01461 del 24 ottobre 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01224.