Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 25 gennaio 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la legge 16 novembre 2018, n. 130, di «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, recante disposizioni urgenti per la Città di Genova», come è noto non prevede misure di sostegno in favore della cosiddetta «zona arancione» cioè l'area in prossimità della cosiddetta zona rossa individuata con le ordinanze del sindaco del comune di Genova n. 282 del 14 agosto 2018, n. 307 del 26 agosto 2018, n. 310 del 30 agosto 2018 e n. 314 del 7 settembre 2018 a seguito del crollo del «ponte Morandi»;

    l'11 gennaio 2019 i residenti di via Porro, via Capello, via Fillak e via Campi in Genova hanno protestato contro la mancata previsione di misure a tutela di queste famiglie;

    già fino ad oggi suddetti abitanti sono stati costretti a vivere condizioni di forte disagio, condizioni che peggioreranno nelle prossime settimane in relazione ai lavori di ricostruzione del manufatto crollato il 14 agosto 2018;

    la preoccupazione più rilevante è quella dovuta al rischio salute per l'esposizione alle polveri nell'attività di demolizione del Ponte;

    si teme che vi siano tonnellate di amianto che vedrebbero quest'area maggiormente esposta per la prossimità con le attività di demolizione;

    gli abitanti hanno rappresentato tali preoccupazioni in un incontro in prefettura;

    l'annuncio dell'installazione di una rete di rilevamento sui dati ambientali circa la qualità dell'aria per il rischio amianto non è sicuramente sufficiente;

    la mancata previsione di uno specifico fondo per il risarcimento dei danni subiti e subendi da parte dei cittadini residenti in queste aree non riconosciute dalle ordinanze sindacali nonostante le reiterate richieste da parte dei gruppi parlamentari di opposizione nell'ambito non solo del richiamato «decreto-Genova» ma anche nel dibattito sulla legge di bilancio per l'anno 2019 ha costituito e costituisce un grave vulnus per la città e per questi cittadini;

    si ritiene non sia più rinviabile la presa in carico delle istanze provenienti da questi cittadini,

impegna il Governo

1) ad adottare iniziative per prevedere, nel più rapido tempo possibile, il riconoscimento attraverso specifica ordinanza del commissario di Governo ai sensi del decreto-legge n. 109 del 2018 convertito dalla legge n. 130 del 2018 della cosiddetta «zona arancione» e promuovere conseguentemente tutte le misure, a partire dalla previsione e dall'istituzione nell'ambito di una delle prime iniziative normative utili di uno specifico fondo adeguatamente finanziato, finalizzate all'indennizzo in favore di cittadini e imprese di suddetta area, per i danni subiti e subendi nonché a tutela della salute in particolare con riferimento al rischio amianto.
(1-00107) «Paita, Martina, Gadda, Serracchiani, Mauri, Gavino Manca, Enrico Borghi, Gribaudo, Del Basso De Caro, Pellicani, Pizzetti, Andrea Romano, Boccia, Lotti, D'Alessandro, Fragomeli».


   La Camera,

   premesso che:

    le reti di trasporto trans-europee (in acronimo Ten-T, dall'inglese transeuropean networks-transport) sono un insieme di infrastrutture di trasporto integrate, previste per sostenere il mercato unico, garantire la libera circolazione delle merci e delle persone e rafforzare la crescita, l'occupazione e la competitività dell'Unione europea;

    la revisione della mappa Ten-T avviata nel 2009 ha condotto ad un nuovo quadro legislativo, entrato in vigore dal 1° gennaio 2014, che definisce lo sviluppo della politica dei trasporti fino al 2030/2050, costituito dagli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti di cui al regolamento (UE) n. 1315/2013 e il Connecting Europe facility (CEF) di cui al regolamento (UE) n. 1316/2013;

    i nuovi orientamenti dell'Unione europea per lo sviluppo della rete Ten-T prevedono la creazione di una rete articolata in due livelli: una rete globale (da realizzarsi entro il 2050), che mira a garantire la piena copertura del territorio dell'Unione europea e l'accessibilità a tutte le regioni, e una rete centrale a livello europeo (da realizzarsi entro il 2030) basata su un «approccio per corridoi», che dovranno includere almeno tre modalità differenti di trasporto; attraversare almeno tre Stati membri e prevedere l'accesso ai porti marittimi;

    la rete centrale è articolata in nove corridoi principali, quattro dei quali interessano l'Italia: il corridoio Mediterraneo che attraversa il Nord Italia da Ovest ad Est, congiungendo Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Bologna e Ravenna; il corridoio Reno-Alpi che passa per i valichi di Domodossola e Chiasso e giunge al porto di Genova; il corridoio Baltico Adriatico, che collega l'Austria e la Slovenia ai porti del Nord Adriatico di Trieste, Venezia e Ravenna, passando per Udine, Padova e Bologna; il corridoio Scandinavo-Mediterraneo, che parte dal valico del Brennero e collega Trento, Verona, Bologna, Firenze, Livorno e Roma, con i principali centri urbani del Sud come Napoli, Bari, Catanzaro, Messina e Palermo;

    tali corridoi comprendono: 9 nodi urbani (Roma, Bologna, Cagliari, Genova, Milano, Napoli, Torino, Venezia e Palermo); 11 aeroporti della rete centrale (Milano Linate, Milano Malpensa, Roma Fiumicino, Bergamo-Orio al Serio, Bologna-Borgo Panigale, Cagliari-Elmas, Genova-Sestri, Napoli-Capodichino, Palermo-Punta Raisi, Torino-Caselle e Venezia-Tessera); 14 porti marittimi della rete centrale (Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste e Venezia); 5 porti fluviali (Cremona, Mantova, Ravenna, Trieste e Venezia) e 15 interporti: Jesi (Ancona), Marcianise (Napoli), Nola, Bologna, Cervignano, Pomezia nodo di Roma, Vado (Genova), Milano smistamento, Novara, Orbassano (Torino), Bari, Prato (Firenze), Guasticce (Livorno), Padova, Verona;

    il completamento delle suddette infrastrutture di collegamento risulta essenziale per ridurre il deficit infrastrutturale italiano, sostenere la competitività delle imprese italiane e favorire una maggiore integrazione tra Nord e Sud del Paese, nonché per garantire l'integrazione dell'Italia nello sviluppo europeo;

    oggi la priorità a livello europeo è quella di assicurare la continuità dei corridoi, realizzando i collegamenti mancanti, assicurando connessioni tra le differenti modalità di trasporto ed eliminando i colli di bottiglia esistenti;

    il nuovo asse ferroviario ad alta velocità (Tav) tra Italia e Francia e, più nello specifico, tra Torino e Lione, rientra nel corridoio Mediterraneo;

    i principali obiettivi dei promotori della Tav sono sia di tipo economico, per rendere più competitivo il treno per il trasporto di persone e merci, sia di carattere ambientale, per ridurre il numero di tir dalle strade, sia di carattere sociale, per connettere meglio tra loro e valorizzare aree diverse;

    secondo un documento della Presidenza del Consiglio dei ministri del 2012, tra i principali vantaggi della Torino-Lione ci sarebbero «il dimezzamento dei tempi di percorrenza dei passeggeri, l'incremento della capacità nel trasporto merci e la riduzione del numero di camion – circa 600 mila in meno – su strada nel delicato ambiente alpino»;

    nel complesso, degli oltre 42 milioni di tonnellate di merci passate tra Francia e Italia nel 2016, appena il 7,7 per cento (circa 3,3 milioni di tonnellate) è stato trasportato sui treni e dove è in progetto la costruzione del tunnel di base – sotto il Moncenisio –, circa 10,5 milioni di tonnellate di merci sono circolate su strada (il 78,3 per cento), mentre poco meno di 3 milioni di tonnellate invece hanno attraverso il confine sui binari a bordo dei treni (il 21,7 per cento);

    i dati più recenti dicono che ogni anno, tra Italia e Francia, passano circa tre milioni di mezzi pesanti e se le previsioni dell'Osservatorio sull'impatto della nuova linea fossero rispettate, dopo otto anni dalla sua apertura, si assisterebbe a un trasferimento di venti milioni di tonnellate da strada a rotaia e di trentotto milioni dopo trent'anni;

    in quella data, se il flusso di merci tra Italia e Francia rimanesse stabile ai valori di oggi, vale a dire intorno ai quaranta milioni di tonnellate, potrebbe essere assorbito al 95 per cento dalla ferrovia, determinando una riduzione di circa tre milioni di camion che attraversano il confine;

    per la realizzazione della nuova linea Torino-Lione, il 30 gennaio 2012 l'Italia ha sottoscritto un accordo con la Francia, sottoposto a ratifica parlamentare da entrambi gli Stati (l'Italia con la legge 23 aprile 2014, n. 71);

    il 24 febbraio 2015 Francia e Italia hanno sottoscritto un ulteriore accordo per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea, ratificato con la legge del 5 gennaio 2017, n. 1;

    il progetto definitivo italiano è stato approvato con la delibera del Cipe del 20 febbraio 2015, n. 19; il successivo 2 giugno 2015, anche la Francia ha approvato il proprio progetto;

    la regione Piemonte, la società Tunnel Euralpin Lyon Turin (Telt, promotrice della sezione transfrontaliera) ed il commissario di Governo hanno proposto nel maggio 2017 un protocollo d'intesa per la gestione delle misure compensative connesse all'opera in favore della Val di Susa;

    lo Stato ha dovuto far fronte alla recrudescenza delle manifestazioni da parte di gruppi e movimenti «No Tav», via via sempre più connotatisi come espressioni dell'antagonismo di sinistra, con una crescente militarizzazione del cantiere della Maddalena di Chiomonte (Torino) ed ingente dispendio di risorse pubbliche per la sicurezza, che, tuttavia, non ha potuto impedire, negli anni, il ripetersi di episodi violenti ai danni delle forze dell'ordine e degli operai al lavoro nel cantiere;

    l'Unione europea ha deciso di cofinanziare tale opera nell'ambito del programma Connecting Europe facility (CEF), lo strumento finanziario dell'Unione europea diretto a migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni, con un finanziamento, fino all'anno 2019, pari al 40 per cento dell'ammontare delle opere;

    il costo del tunnel transfrontaliero, i cui lavori dovrebbero entrare a pieno regime a inizio 2019, è di 8,6 miliardi di euro (costo certificato da un ente terzo), di cui il 40 per cento, come detto, a carico dell'Unione europea, il 35 per cento a carico dell'Italia (circa 3 miliardi di euro), il 25 per cento della Francia; il costo totale della Torino-Lione a carico dell'Italia, quantificato dalla delibera del Cipe 28 febbraio 2018, è di circa 6 miliardi di euro, di cui circa 3 già disponibili;

    entro il 2019 è prevista l'assegnazione degli appalti per 81 bandi di gara (43 in Italia) per un totale di 5,5 miliardi di euro, ma questo procedimento è al momento bloccato in quanto la società Telt, che avrebbe dovuto pubblicare il bando di gara internazionale per 2,3 miliardi di euro entro l'estate 2018, ha deciso di non farlo, in attesa dell'analisi costi-benefici prevista dal Governo che avrebbe dovuto essere pronta già a novembre 2018, due mesi dopo la scadenza fissata nel cronoprogramma dei lavori concordato con l'Unione europea per la concessione dei finanziamenti, con rischio di perdita, in tutto o in parte, degli stessi;

    talune fonti stimano in 3,4 miliardi di euro il costo per lo Stato italiano del blocco definitivo della Tav, considerando gli oneri per la rescissione dei contratti, gli appalti già avviati, il ripristino degli scavi e le penali;

    la mancata realizzazione imporrebbe, infatti, la messa in sicurezza degli oltre 26 chilometri già scavati e l'adeguamento del tracciato del Fréjus;

    il «no» alla Tav obbligherebbe a gestire circa tre milioni e mezzo di tir che attraversano la pianura padana, con 44,1 milioni di tonnellate di merci che continuerebbero a essere trasportate verso la Francia su gomma;

    un blocco unilaterale dei lavori sulla Torino-Lione non esclude la possibilità di una messa in mora dell'Italia, che potrebbe vedersi privata per un periodo di cinque anni dei finanziamenti europei sulle altre opere transfrontaliere non ancora in fase avanzata;

    l'interruzione dei lavori sulla Torino-Lione avrebbe, quindi, una ricaduta negativa sulla realizzazione di tutte le infrastrutture di cui l'Italia ha bisogno, impedendo lo sviluppo del territorio e peggiorando una situazione già critica che vede la nostra nazione arretrata rispetto ad altri Stati europei dove gli investimenti sono superiori;

    l'Italia sarebbe tagliata fuori dalle vie dello sviluppo europee, a vantaggio di vie di collegamento a nord delle Alpi, e, analogamente, i porti di Trieste e Genova sarebbero a rischio di veder deperire i loro traffici, perdendo l'occasione di un collegamento vitale con i mercati dell'Europa centro-settentrionale;

    il coordinatore della commissione ministeriale per l'analisi costi-benefici, professor Marco Ponti, ha consegnato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la relazione della commissione, evidenziando a stretto giro come il lavoro svolto debba considerarsi parziale ed incompleto;

    il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha dichiarato che l'analisi costi-benefici consegnata al Governo dal professor Ponti deve intendersi come una bozza che necessita di ulteriori approfondimenti;

    il commissario di Governo per la Tav Torino-Lione, architetto Paolo Foietta, in audizione alla Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati il 16 gennaio 2019, ha dichiarato di sentirsi «in una situazione surreale ed imbarazzante» perché per mesi dopo le elezioni del 4 marzo 2018 ha cercato di interloquire con il Governo senza alcun successo, aggiungendo di aver interloquito con il professor Ponti soltanto in occasione di dibattiti pubblici, ma mai in audizione presso la commissione per l'analisi costi-benefici;

    dall'audizione dell'architetto Foietta sono emersi ulteriori elementi tecnici a supporto della necessità di concludere l'opera nei tempi previsti, sbloccando definitivamente i cantieri e dando attuazione agli investimenti programmati e concordati;

    le incertezze governative sul destino dell'opera hanno portato alla nascita di un vasto movimento di opinione, composto dalle categorie economiche maggiormente rappresentative a livello piemontese e nazionale, nonché da numerosi amministratori locali, che hanno manifestato a più riprese il massimo sostegno alla realizzazione dell'opera;

    nei giorni scorsi fonti governative e di stampa hanno accreditato l'ipotesi di un'ulteriore revisione del progetto, che mantenga il tunnel di base e riveda in forma restrittiva gli interventi sul tracciato a valle Susa-Bussoleno, di competenza di Rete ferroviaria italiana;

    nelle ore immediatamente successive anche questa ipotesi di lavoro sembra aver subito uno «stop» da parte dei vertici del MoVimento 5 Stelle, riportando la posizione dello stesso su una più netta contrarietà alla Tav Torino-Lione;

    la Tav Torino-Lione rientra in un accordo internazionale tra Italia e Francia, ratificato dai rispettivi Parlamenti nazionali, e una rinuncia all'opera o una sua modifica sostanziale devono essere sottoposte a nuova approvazione parlamentare,

impegna il Governo:

1) a rendere pubblica integralmente l'analisi costi-benefici redatta dalla commissione ministeriale incaricata;

2) ad adottare le iniziative di competenza affinché possa tenersi, sussistendone i presupposti di legge, un referendum consultivo sulla realizzazione del progetto Tav Torino-Lione nella stessa data nelle regioni interessate dalla tratta nazionale del «corridoio Mediterraneo» (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia);

3) ad adottare tutte le iniziative che consentano alla società concessionaria Telt di procedere immediatamente con la pubblicazione dei bandi di gara per la realizzazione del tunnel di base.
(1-00108) «Lollobrigida, Meloni, Montaruli, Fidanza, Foti, Rotelli, Trancassini, Butti, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Crosetto, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Silvestroni, Varchi, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    secondo i dati Istat, sia per i fitofarmaci che per i fertilizzanti di sintesi chimica il trend dei quantitativi d'impiego dal 2006 ad oggi è in diminuzione, mentre in un meccanismo di compensazione è aumentato l'uso di fertilizzanti di origine organica;

    l'Italia, a differenza di altre agricolture europee, è caratterizzata dalla presenza di un'ampia varietà di produzioni ortofrutticole, per le quali la lotta ad avversità e malattie richiede un maggior ricorso all'uso di prodotti fitosanitari;

    l'Italia è la prima nazione in Europa per numero di produttori biologici e il secondo per superficie investita a biologico e conserva un primato in termini di biodiversità agricola ed ambientale;

    l'evoluzione del modello italiano di agricoltura va verso una sostenibilità ambientale sempre più spinta;

    le ragioni sono dovute, come evidenziato anche dai rapporti Istat sull'uso dei mezzi di produzione, dall'ampia adesione degli agricoltori alle misure agroambientali della politica agricola comune, all'introduzione di tecniche agronomiche innovative meno impattanti sull'ambiente, all'entrata in vigore del piano per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (di attuazione della direttiva 2009/128/CE) ed all'attuazione della direttiva nitrati per i fertilizzanti;

    l'adozione di buone pratiche agronomiche ha contribuito a ridurre l'impiego di tali prodotti, nel loro complesso;

    in ogni caso l'uso di tali mezzi di produzione in termini quantitativi è legato alle specifiche condizioni climatiche, anche stagionali, territoriali ed ambientali, e alla specificità delle colture rispetto alle quali viene esercitata l'attività agricola;

    l'Unione europea, ormai da anni, riserva al tema dell'utilizzo dei prodotti fitosanitari una grande attenzione, come evidenziato dall'adozione della direttiva 2009/128/CE del Parlamento e del Consiglio del 21 ottobre 2009, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi, applicata in Italia con il piano nazionale in corso di aggiornamento;

    proprio in questa settimana iniziano gli incontri del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo di consultazione con le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative del settore, per confrontarsi sulle modifiche che si rendono necessarie a distanza di qualche anno dalla sua applicazione;

    il 16 gennaio 2019 il Parlamento europeo ha votato una risoluzione sulla procedura di autorizzazione dei pesticidi, in cui si prevede che: siano resi pubblici gli studi utilizzati nella procedura di autorizzazione di un pesticida, compresi tutti i dati e le informazioni a sostegno delle domande di autorizzazione; i richiedenti siano tenuti a registrare tutti gli studi regolamentari eseguiti in un registro pubblico e che la procedura di autorizzazione consenta un «periodo per le osservazioni», per tenere conto di tutte le informazioni pertinenti prima che sia presa una decisione; sia rivalutata la cancerogenicità del glifosato, fissando livelli massimi di residui per i suoli e le acque superficiali; la Commissione europea svolga uno studio epidemiologico sull'impatto reale dei prodotti fitosanitari sulla salute umana; l'Unione europea stimoli l'innovazione e promuova la commercializzazione di pesticidi a basso rischio; la Commissione europea assegni la valutazione delle domande di rinnovo dell'autorizzazione di un pesticida ad uno Stato membro diverso da quello responsabile delle precedenti valutazioni;

    la risoluzione del Parlamento europeo evidenzia, inoltre, la necessità di garantire la responsabilità politica dell'adozione degli atti di esecuzione nell'ambito della cosiddetta «procedura di comitatologia» e la Commissione europea e gli Stati membri dovrebbero, quindi, fornire resoconti dettagliati e rendere pubblici i loro voti;

    già con il regolamento (CE) n. 1107/2009, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE, è stabilito che non possono più essere immessi in commercio prodotti fitosanitari che siano cancerogeni, mutageni, tossici per la riproduzione, privi di proprietà d'interferente endocrino, a meno che l'esposizione degli esseri umani a tale sostanza attiva, antidoto agronomico o sinergizzante presente in un prodotto fitosanitario, nelle condizioni realistiche d'uso proposte, sia trascurabile, vale a dire che il prodotto sia utilizzato in sistemi chiusi o in altre condizioni che escludono il contatto con esseri umani (ad esempio, per l'agricoltore tramite l'uso di dispositivi di protezione individuali indicati sull'etichetta del formulato) e in cui i residui della sostanza attiva, dell'antidoto agronomico o del sinergizzante in questione negli alimenti e nei mangimi non superino il valore di default stabilito dalla legislazione vigente;

    il cambiamento climatico in atto sta, però, portando nuovi parassiti ed una maggiore aggressività di alcune patologie delle piante, come si riscontra osservando la situazione nel nostro Paese con gli attacchi di Drosophila suzukii e della cimice asiatica, tanto per citare qualche esempio;

    nel contempo, non si possono escludere dal mercato sostanze attive senza individuare delle alternative percorribili per le imprese agricole, creando dei vuoti nella difesa fitosanitaria, e lasciare le colture esposte ad avversità e parassiti con danni economici rilevanti;

    l'obiettivo semmai è quello di sostituire progressivamente le sostanze attive di sintesi chimica, per quanto possibile, con sostanze attive di origine naturale (cosiddetti bio based products) che vadano ad arricchire la «cassetta degli attrezzi» della produzione integrata e dell'agricoltura biologica nel difendere le colture,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per finanziare un programma di ricerca di lungo periodo che consenta di avere i dati sperimentali necessari, perché le società produttrici di prodotti fitosanitari abbiano interesse a registrare nuove molecole a basso impatto ambientale e per la salute umana, anche di origine naturale;

2) a richiedere, in sede europea, una maggiore trasparenza nelle procedure di autorizzazione dei prodotti fitosanitari, anche mediante l'adozione di un registro pubblico che renda accessibili i dati degli studi sperimentali effettuati per la registrazione dei fitofarmaci;

3) a porre in essere iniziative volte a sostenere la promozione dei consistenti controlli di qualità a cui sono sottoposti i prodotti italiani, garanzia di qualità a paragone delle altre filiere agroalimentari europee, nel quadro di una promozione del settore agroalimentare italiano e del sistema del made in Italy che contempli efficaci controlli sull'uso dei prodotti fitosanitari;

4) ad assumere iniziative volte a rafforzare e potenziare i controlli nell'ottica di una maggiore tutela del consumatore finale;

5) ad assumere decisioni volte alla tutela del cittadino, nella piena considerazione delle più evolute conoscenze scientifiche disponibili, basandosi su pareri di autorità preposte e prendendo le distanze da possibili influenze ideologiche;

6) a rafforzare ulteriormente i controlli sui prodotti di importazione per tutelare la filiera produttiva e garantire alti standard di qualità.
(1-00109) «Lollobrigida, Luca De Carlo, Caretta, Ciaburro, Butti, Foti, Trancassini, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Cirielli, Crosetto, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Meloni, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Varchi, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,

   premesso che:

    Poste Italiane in data 28 febbraio 1998 veniva trasformata da ente pubblico economico a società per azioni. Ciò ha comportato che per la liquidazione del trattamento di quiescenza, comunemente nota come indennità di buonuscita, dei dipendenti di Poste Italiane il calcolo si sarebbe basato sui valori retributivi utili in vigore alla medesima data, ai sensi dell'articolo 53, comma 6, della legge del 27 dicembre 1997, n. 449 (stabilità 1998), ed escludendone quindi l'assoggettamento a rivalutazione;

    ai sensi della normativa vigente a tutti i dipendenti, siano essi del settore privato o pubblico, è riconosciuta la rivalutazione monetaria della cosiddetta indennità di buonuscita, ciononostante ancora oggi il trattamento di quiescenza dei lavoratori postali viene liquidato senza alcuna forma di rivalutazione;

    nel corso della XIV legislatura con l'approvazione della risoluzione conclusiva in Commissione n. 8/00153 del 24 gennaio 2006, il Governo Berlusconi si impegnava ad adoperarsi perché fosse trovata in tempi brevi una soluzione adeguata alla vicenda di cui in premessa, «attraverso iniziative normative volte a chiarire i termini di esatta interpretazione del citato comma 6 dell'articolo 53 della legge n. 449 del 1997 a garanzia dei lavoratori interessati ed allo scopo di risolvere il contenzioso in materia»;

    nel corso della XVI legislatura con l'approvazione della risoluzione conclusiva in Commissione n. 8-00208 del 6 novembre 2012, il Governo Monti si impegnava a valutare la possibilità di adottare entro il 31 gennaio 2013 «iniziative, anche di natura normativa, che consentano un costante aggiornamento dell'indennità di buonuscita», ciononostante questo impegno è rimasto disatteso;

    nel corso della XVII legislatura il Sottosegretario Biondelli rispondendo in data 18 maggio 2017 all'interrogazione n. 5-11009 presso la XI Commissione della Camera dei deputati ha illustrato i dati rilevati dalla gestione commissariale fondo buonuscita per i lavoratori di Poste italiane, rendendo noto che, a quella data, i lavoratori postali cessati dal servizio, a cui era già stata liquidata l'indennità di buonuscita dal 1998, erano 142.847; i lavoratori postali tuttora in servizio, in attesa di maturare il diritto all'indennità di buonuscita, alla predetta data, erano 76.754, per un totale complessivo di 219.601 lavoratori interessati dalla questione della mancata rivalutazione della prestazione. Per questi lavoratori, secondo i dati forniti dal rappresentante del Governo, l'ammontare complessivo della rivalutazione monetaria e degli interessi eventualmente riconoscibili a tutti i soggetti interessati, sia cessati che ancora in servizio, era pari a 907.261.000 euro e l'ammontare complessivo delle indennità di buonuscita che, alla data del 18 maggio 2017 avrebbero dovuto ancora essere liquidate nel corso degli anni successivi, in particolare per il periodo dal 2017 al 2040, sarebbe pari a 939.972.000 euro;

   nel corso della medesima legislatura membri dell'attuale maggioranza hanno sollecitato risposte all'indirizzo degli Esecutivi allora in carica mostrando una particolare sensibilità verso tale tematica (si veda l'interrogazione a risposta scritta n. 4-02174 Tripiedi e i successivi solleciti), pertanto a giudizio dei firmatari del presente atto, un impegno risolutivo concreto del Governo Conte dovrebbe considerarsi pressoché scontato;

    la disattenzione finora dimostrata rende ormai improcrastinabile un intervento risolutivo che ponga fine alla sostanziale ingiustizia cui sono sottoposti i lavoratori di Poste italiane s.p.a., i quali, secondo i calcoli a disposizione, hanno subìto, subiscono e rischiano di subire la sottrazione di fatto di una consistente parte del salario differito maturato;

    poco meno di trecento soggetti interessati dal maltorto hanno promosso un'azione legale richiedendo il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea affinché si esprima sulla questione;

    è evidente, altresì, che una misura risolutiva complessiva rappresenti un onere finanziario rilevante, il cui ammontare è dipeso sostanzialmente dal protrarsi, nel corso degli anni, del congelamento della rivalutazione della indennità di buonuscita. Continuare a rimandare tale risoluzione del problema non può che rappresentare contribuire all'aumento degli importi da riconoscere ai lavoratori –:

impegna il Governo

ad assumere iniziative urgenti e concrete volte al riconoscimento della rivalutazione del trattamento di quiescenza sia dei lavoratori cessati che di quelli ancora in servizio di Poste italiane s.p.a., valutando l'opportunità di istituire a tal fine un fondo apposito.
(7-00162) «Polverini, Gelmini, Zangrillo, Mulè, Rosso, Rotondi, Scoma».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   APREA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende dal relativo comunicato stampa n. 32, il Consiglio dei ministri ha approvato, in data 12 dicembre 2018, un disegno di legge di delega al Governo per le semplificazioni, i riassetti normativi e le codificazioni di settore;

   sulla base del citato comunicato stampa, ma soprattutto dello schema di ddl, inviato ai Capi degli uffici legislativi e al Ragioniere dello Stato, in data 3 dicembre 2018 si evince che tale ddl si prefigge di intervenire, tra l'altro, nelle materie istruzione, università, ricerca e alta formazione artistica musicale e coreutica al fine di predisporre testi unici sulle suddette materie di semplificazione e riordino;

   tale schema, all'articolo 5, prevede che, nell'esercizio della delega in materia di istruzione, università, alta formazione artistica musicale e coreutica (Afam) e ricerca, il Governo intervenga anche in materia di ridefinizione dei ruoli, competenze e responsabilità dei dirigenti scolastici nonché in materia di riallocazione di funzioni e compiti amministrativi in tema di cessazione dal servizio, progressioni e ricostruzioni di carriera, Tfr del personale, razionalizzazione degli ordinamenti didattici scolastici e revisione della disciplina degli organi collegiali;

   risulta all'interrogante però che sia stata istituita con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 21 novembre 2018, precedente quindi anche all'esame dello schema di ddl in pre-Consiglio dei ministri, una commissione di esperti con il compito non solo di coordinare le norme già vigenti, ma anche di introdurre innovazioni nei settori cruciali dell'istruzione e della formazione;

   di questa commissione, del decreto istitutivo, così come dei criteri utilizzati per individuare gli esperti chiamati a farne parte non è stata data alcuna pubblicità e quello che si riesce a sapere è affidato esclusivamente ad indiscrezioni e al «passa parola»;

   non è infatti possibile rintracciare sul sito del Miur il decreto istitutivo della commissione né, tanto meno, se ne fa cenno in qualche comunicato stampa;

   a parere dell'interrogante questa modalità di azione assunta dal Governo in generale e dal Ministro dell'istruzione in particolare, rischia di assumere la connotazione di una sorta di auto attribuzione di delega legislativa senza indicazione di principi e criteri direttivi cui attenersi e rischia di dar luogo a procedimenti ad avviso dell'interrogante non rispettosi del ruolo del Parlamento che potrebbe trovarsi nella sostanza a ratificare un atto sul quale, peraltro, non è stato avviato il confronto neanche con le parti coinvolte –:

   se corrisponda al vero che presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stia già lavorando una commissione istituita ad hoc per la revisione delle norme in materia di istruzione, università, alta formazione artistica musicale e coreutica (Afam) e ricerca;

   se il Governo non ritenga opportuno agire con maggiore trasparenza e prevedere il coinvolgimento degli stakeholder anche al fine di giungere a soluzioni il più possibile condivise e accettate dai soggetti destinatari delle norme in corso di revisione, in un'ottica di sana e costruttiva collaborazione tra istituzioni dello Stato, con particolare riferimento al rapporto con il Parlamento.
(5-01313)

Interrogazioni a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   come si evince dalle maggiori agenzie di stampa nazionali e dai siti internet europei, mentre a Westminster si dibatte ancora sulla «Brexit» e il plausibile mancato accordo con l'Unione europea, i circa 3,5 milioni di cittadini europei residenti nel Regno Unito – tra i quali oltre 700 mila italiani – dal 21 gennaio possono fare domanda per lo status di residenti che garantisce l'accesso a sanità pubblica e sicurezza sociale;

   chi fa richiesta deve aver vissuto nel Regno Unito per almeno cinque anni ed essere anche in possesso di un telefonino «smart», ovvero di recente fabbricazione, perché la procedura utilizza un’app. Il sistema è ancora in fase sperimentale e diventerà completamente operativo soltanto a partire dal 30 marzo 2019 quando il Regno Unito avrà lasciato l'Unione europea. La richiesta va fatta entro il giugno 2021 se si vuole evitare di dover lasciare l'isola;

   chi non ha ancora raggiunto i cinque anni di residenza potrà fare domanda per «presettled-status», una specie di condizione di pre-residenza, che diventerà definitiva una volta raggiunti i cinque anni in Gran Bretagna;

   secondo la Bbc e altri media britannici il sistema di registrazione potrebbe non essere in grado di reggere la pressione di così tante richieste e i cittadini europei potrebbero diventare un'altra «generazione Windrush». Come gli immigrati arrivati dai Caraibi negli anni Cinquanta e Sessanta, mai registrati e diventati tecnicamente immigrati illegali, anche gli europei potrebbero ritrovarsi senza diritti, pur avendo lavorato e pagato le tasse per anni;

   questa eventualità potrebbe interessare migliaia di cittadini italiani non in grado di ottemperare alle richieste del Governo Britannico. Ad oggi il Governo italiano non ha, ad avviso dell'interrogante, alcun piano serio per affrontare questa emergenza continentale –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda mettere in campo per evitare un accompagnamento coatto alla frontiera degli italiani residenti nel Regno Unito non in grado di completare la procedura di «settled-status» per l'ottenimento del permesso di residenza in Gran Bretagna.
(4-02086)


   FOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   i reiterati appelli alla prudenza e a prestare la massima attenzione nell'acquisto on line di polizze per la responsabilità civile auto non si rilevano sufficienti a evitare truffe e raggiri;

   anche di recente organi di informazione on line (http://www.snachannel.it) riferiscono di vicende poco commendevoli verificatesi proprio in ragione di un ricorso non attento all'acquisto di polizze on line, conclusosi con danno e beffa per l'acquirente;

   malgrado le segnalazioni dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) volte a mettere in guardia da siti internet che propongono inverosimili offerte tariffarie, malgrado l'impegno costante del Sindacato nazionale agenti di assicurazione (S.n.a.) nel segnalare i tanti, troppi casi di raggiri, vi è ancora chi si affida alla rete ad occhi chiusi, salvo poi dovere confrontarsi con un risveglio che, il più delle volte, ha le caratteristiche dell'incubo;

   come detto, proprio in questi giorni, un ulteriore caso di truffa on line ha coinvolto un incauto internauta di Reggio Emilia il quale, navigando nel web a caccia di soluzioni assicurative oltremodo convenienti, è finito nella bocca del «leone» di turno: un truffatore abile nell'allestire un accattivante sito internet. Ne è conseguito l'acquisto on line della polizza con tanto di copertura per l'assistenza stradale, il trascorrere del tempo senza il ricevimento dei documenti comprovanti la stipula della polizza, nonostante l'avvenuto bonifico dell'importo preteso; la verifica da parte dell'interessato della copertura assicurativa dell'auto e la sorpresa che la targa del suo veicolo non risultava fra quelle in regola –:

   se i fatti siano noti al Governo e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di meglio tutelare il consumatore da truffe on line che, come quella sopra descritta, non solo sono possibili ma che, oramai giornalmente, si verificano su tutto il territorio nazionale.
(4-02089)


   PAOLO RUSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   sul territorio del comune di Napoli ed, in particolare, lungo il viale Virgiliano, via Tito Lucrezio Caro, ed altre strade a ridosso del Parco Virgiliano, sono state abbattute almeno 350 specie di pino mediterraneo;

   l'abbattimento degli alberi sarebbe stato determinato dall'infestazione dei fusti da parte della «cocciniglia tartaruga», un parassita che ha effetti letali per le piante che attacca;

   la circostanza ha determinato il malcontento della popolazione, oltre ad aver messo in pericolo l'incolumità pubblica e ad aver contribuito a stravolgere il paesaggio;

   i pini marittimi rappresentano un elemento caratterizzante del contesto ambientale, storico e culturale della città di Napoli e la legge n. 10 del 2013 tutela gli alberi monumentali, tra i quali entrano a pieno titolo anche gli esemplari abbattuti nel capoluogo della Campania –:

   quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere, per quanto di competenza, sia rispetto alla cura del patrimonio arboreo citato, che rispetto agli obblighi derivanti dalla suddetta legge e per favorire rimedi e/o ripiantumazioni ambientalmente e paesaggisticamente sostenibili.
(4-02091)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTAN e MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   un nuovo rogo di rifiuti si è registrato nel territorio di Giugliano in Campania, provincia di Napoli, il 25 settembre;

   il rogo è divampato nei pressi del campo rom nella zona Asi; per molte ore si è sollevata una densa nube di fumo nero, visibile a parecchi chilometri di distanza, favorita dal vento, arrivando in poco tempo a rendere l'aria totalmente irrespirabile;

   secondo i rilievi compiuti sul posto sarebbero andati a fuoco alcuni cumuli di rifiuti depositati in zona da molto tempo: una vera e propria discarica abusiva ben nota alle forze dell'ordine;

   quello del 25 settembre è solo il più «visibile» dei roghi di rifiuti che avvengono quotidianamente in tutta l'area metropolitana tra Napoli e Caserta;

   alto è l'allarme sociale sul territorio: si tratta di una zona devastata dal punto di vista ambientale da discariche «fuorilegge», decine di impianti a norma ma spesso finiti all'attenzione della magistratura, e decine ancora di sversatoi «fuorilegge», di aree abusive di scarico che determinano sul territorio una continua allerta per la salute;

   il Parlamento il 5 febbraio 2014 ha convertito in legge del decreto-legge n. 136 del 2013, con cui prevedeva l'introduzione del reato di combustione dei rifiuti, più una serie di interventi di bonifica dei suoli inquinati nella «Terra dei fuochi» e l'uso dell'esercito per il controllo del territorio;

   nonostante l'intervento normativo, com'è del tutto evidente, i roghi continuano e sembrano avere una potenza sempre maggiore, minacciando la vita delle persone, abbassando drammaticamente la qualità della vita, mettendo a rischio la salute dei cittadini, dal momento che da numerosi studi epidemiologici emerge un preoccupante innalzamento delle patologie, in particolare quelle oncologiche, diagnosticate nella zona –:

   quali iniziative di competenza intendano attivare per un'azione di contrasto ai roghi di rifiuti in Campania e, in particolare, nell'area del Giuglianese, per aumentare la vigilanza sul territorio, per intensificare il controllo e il presidio e per evitare gli sversamenti abusivi di rifiuti e i conseguenti roghi tossici.
(5-01312)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FICARA, LICATINI, DEL SESTO, ANGIOLA, DEL MONACO e ERMELLINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il 10 gennaio 2019 si è verificato l'ennesimo incidente negli impianti della zona industriale del polo petrolchimico siracusano, precisamente un incendio, con conseguente sviluppo di una grossa nube di fumi di combustione, determinatosi in uno dei forni dell'impianto di etilene dell'Eni Versalis di Priolo Gargallo;

   dalle prime ricostruzioni e dal comunicato della Versalis si apprende che l'evento ha riguardato l'impianto cracking ed è stato spento in circa 30 minuti senza danni a persone;

   la magistratura ha già attivato tutte le indagini necessarie al fine di capire le cause dell'incendio de quo;

   non è la prima volta (basti pensare allo scoppio di un compressore presso lo stabilimento Isab Sud nel 2014, all'incendio di un serbatoio di oli pesanti presso lo stabilimento Isab Impianti Nord nel 2011, all'incendio di una vasca di deflazione presso l'impianto Tas della Erg nord) che un incidente del genere si verifica in un'area che rientra tra quelle ad «elevato rischio di crisi ambientale» per via dei livelli di inquinamento e della rilevante incidenza di patologie collegate, così come individuata dalla regione siciliana e che abbraccia territori ricadenti nei comuni di Siracusa, Augusta, Priolo, Melilli, Floridia, Solarino;

   l'area in cui ricade l'impianto dell'Eni Versalis si trova all'interno del sito da bonificare di interesse nazionale (Sin) di Priolo, come stabilito dalla legge n. 426 del 1998 e si sviluppa su una superficie di circa 5.815 ettari a terra (estendendosi nel territorio dei comuni di Augusta, Melilli, Priolo, Siracusa) e 10.068 ettari a mare (comprensivo delle aree portuali di Augusta e Siracusa);

   in particolare, all'interno del perimetro del Sin di Priolo sono inclusi: il polo industriale (costituito da grandi insediamenti produttivi, prevalentemente raffinerie, stabilimenti petrolchimici, centrali di produzione di energia elettrica, cementerie), l'area marina antistante, comprensiva delle aree portuali di Siracusa e Augusta, numerose discariche di rifiuti pericolosi, lo stabilimento ex Eternit di Siracusa, le aree umide delle saline di Priolo ed Augusta;

   l'articolo 301 del decreto legislativo n. 152 del 2006 prevede un obbligo di informazione immediata da parte dell'operatore coinvolto, in caso di pericoli per la salute umana e per l'ambiente, nei confronti di comune, provincia, regione nel cui territorio si prospetta l'evento lesivo, senza tuttavia prevedere tempestive comunicazioni specifiche per i comuni limitrofi a quello nel cui territorio si è verificato l'evento;

   la peculiarità del territorio in cui sono dislocati gli insediamenti del polo industriale siracusano fa sì che, in casi come l'incendio del 10 gennaio 2019, vi sia il rischio che comuni limitrofi a quello nel cui territorio si è verificato l'evento potenzialmente pericoloso per la salute umana e per l'ambiente non siano avvisati tempestivamente;

   la pianta organica dell'Arpa Sicilia si trova da tempo in uno stato deficitario, pertanto è alta la preoccupazione che tale situazione si possa ripercuotere sull'efficacia con cui Arpa Sicilia dovrà assicurare l'azione di controllo pubblico della qualità dell'ambiente –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare la salute dei cittadini residenti in quest'area, tenuto conto della localizzazione degli impianti industriali del petrolchimico di Siracusa in una zona ad alta densità abitativa che tocca il territorio di svariati comuni;

   se, nello specifico, non sia ormai improcrastinabile adottare iniziative per una revisione dell'articolo 301 del decreto legislativo n. 152 del 2006, nell'ottica di una piena applicazione del principio di precauzione di cui all'articolo 174, paragrafo 2 del Trattato CE, in modo da consentire una comunicazione tempestiva dei rischi a tutti i comuni che potrebbero essere toccati da eventi potenzialmente pericolosi per la salute umana e per l'ambiente e non solo a quelli nel cui territorio l'evento si è verificato.
(4-02088)


   MELICCHIO, ORRICO, MISITI, D'IPPOLITO e PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la Legnochimica srl ha operato sul territorio del comune di Rende dal 1969, in un'area estesa su 7 ettari, ed era specializzata nella lavorazione del legno per l'estrazione del tannino e per la produzione di pannelli in fibra di legno. I residui di lavorazione (black liquor) venivano sversati sul terreno, all'interno di bacini artificiali privi delle più elementari norme di isolamento;

   nell'anno 2003 cessano tutte le attività della Legnochimica e, nell'anno 2006, l'assemblea dei soci decide di porre la società in liquidazione. Nell'agosto 2016 la società viene dichiarata fallita;

   nel luglio 2011 la procura della Repubblica dispone la redazione di una consulenza tecnica che, come confermato dai successivi rilievi effettuati dall'Arpacal, evidenzia che la falda acquifera sotto ed in prossimità dei bacini artificiali, risulta gravemente contaminata, anche in profondità e che detta contaminazione si è estesa ai pozzi esistenti in zona;

   diverse indagini degli organi inquirenti hanno portato a due sequestri dell'area, nel 2010 e nel 2015, ed è tuttora in corso un procedimento giudiziario per omessa bonifica e danno ambientale;

   in diverse occasioni nel corso degli anni si sono sviluppati incendi, con fenomeni di autocombustione delle acque dei bacini;

   in Calabria la competenza in materia di bonifica è stata delegata ai comuni territorialmente competenti, ai sensi dell'articolo 86 della legge regionale n. 34 del 2002 e con deliberazione della giunta regionale n. 107 del 9 marzo 2009. Il comune di Rende, a partire dal 2009, ha avviato le procedure previste all'articolo 242 decreto legislativo n. 152 del 2006, con continui solleciti alla società Legnochimica. Nella conferenza dei servizi del 24 maggio 2012 è stato approvato il piano di caratterizzazione ma non si è mai arrivati a un piano di bonifica. Nell'aprile 2016, stante l'inerzia della società, il comune di Rende ha richiesto alla regione Calabria l'intervento in sostituzione ai sensi dell'articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006;

   la direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (articolo 11, comma 1) prevede che «gli Stati membri designano l'autorità competente o le autorità competenti ai fini dell'esecuzione dei compiti previsti» dalla direttiva stessa. Con interrogazione E-004797/2015 si chiedeva l'individuazione dell'autorità competente ai sensi della stessa direttiva. In merito, la Commissione europea chiariva che «in Italia l'autorità competente è il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio»;

   ad agosto del 2016 il Ministro dell'ambiente pro tempore Galletti annunciava lo stanziamento di 6 milioni di euro per la bonifica della Legnochimica con fondi Cipe relativi alla programmazione 2014-2020 dei fondi di sviluppo e coesione destinati all'ambiente –:

   se siano stati effettivamente stanziati fondi pubblici per la bonifica della Legnochimica, tramite il Cipe, nell'ambito della programmazione 2014-2020 dei fondi di sviluppo e coesione destinati all'ambiente;

   se il Ministro interrogato intenda esercitare le competenze ministeriali previste nell'articolo 299 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e nella direttiva 2004/35/CE, considerato che la società Legnochimica srl, ormai fallita, non ha mai provveduto agli adempimenti previsti dal decreto legislativo n. 152 e visto che sia il comune di Rende sia la regione Calabria, che non ha provveduto ad inserire il sito nel piano regionale delle bonifiche, non si sono sostituiti al soggetto responsabile inadempiente, come previsto dall'articolo 250 dello stesso decreto;

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per effettuare le opportune verifiche, anche in considerazione della normativa europea, al fine del controllo sui livelli di inquinamento delle aree interessate dalle vicende riportate in premessa e per assicurare interventi di riparazione, nella misura possibile, di eventuali danni ambientali, e, più in generale, quali iniziative di competenza intenda promuovere per tutelare in maniera adeguata la sicurezza e la salute dei cittadini calabresi residenti nelle zone interessate dalla presenza di rifiuti tossici.
(4-02092)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dal mese di luglio del 2018 il parco nazionale delle foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna è privo del presidente, così come altri 10 parchi nazionali;

   attualmente l'ente è retto dal vice presidente facente funzioni che può dirigere il consiglio direttivo fino alla scadenza del suo mandato che è prevista a fine 2019;

   si ha notizia che, nei mesi scorsi, i due assessori all'ambiente della regione Toscana e della regione Emilia-Romagna hanno inviato al Ministero la richiesta di riconfermare il precedente presidente;

   il Ministro interrogato, intervenendo il 23 ottobre 2018 al congresso della Federazione italiana dei parchi ha affermato di volere procedere quanto prima a tali nomine, in accordo con le diverse regioni interessate (http://www.ansa.it);

   in questa occasione ha dichiarato che non è interessato alla loro appartenenza politica ma solamente alla qualità delle persone e ai loro curriculum con l'obiettivo di volere alzare l'asticella a differenza di quanto è invece, avvenuto in passato per tali nomine (https://www.italiaambiente.it);

   dal curriculum della persona proposta dalle due regioni interessate, per la presidenza del parco nazionale delle foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, parrebbero emergere elementi potenzialmente riconducibili a una sorta di «carriera politica», svolta attraverso la copertura di incarichi amministrativi, prima come sindaco del comune di Stia (AR), e poi come consigliere e presidente della comunità montana del Casentino;

   sul piano professionale la persona proposta non parrebbe annoverare competenze specifiche in materie ambientali in quanto esercita il mestiere di assicuratore;

   per quanto riguarda la formazione scolastica lo stesso ha conseguito il solo diploma di scuola media superiore;

   si consideri che la mancata nomina del presidente del parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna non ha la stessa urgenza di altri enti, privi al momento anche del consiglio in carica;

   si fa inoltre notare che, negli ultimi 10 anni, la presidenza dell'ente parco è stata affidata a personalità del territorio toscano. A parere dell'interrogante, andrebbe dunque garantita anche un'alternanza territoriale in considerazione del fatto che il territorio del parco è equamente distribuito tra Toscana ed Emilia-Romagna e che, nel versante toscano del parco, è ubicata la sua sede legale e amministrativa oltre alla sede dell'ufficio per la tutela della biodiversità dei carabinieri forestali che sovraintende alla gestione delle riserve biogenetiche dello Stato, le quali, per circa due terzi, insistono territorialmente in Emilia-Romagna così come la riserva integrale di Sasso Fratino –:

   se, alla luce di quanto esposto, non ritenga opportuno di adottare le iniziative di competenza pervenire alla nomina di una figura nuova per la presidenza dell'ente parco maggiormente rispondente agli obiettivi che il Ministro interrogato ha detto di voler conseguire;

   in considerazione del fatto che la presidenza del parco è stata per 10 anni espressione del territorio toscano, se non si ritenga anche, nella interlocuzione con le due regioni, di dover tenere conto di una necessaria alternanza territoriale, nel rispetto dell'equilibrio di rappresentanza delle comunità locali.
(4-02096)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCHULLIAN, GEBHARD, PLANGGER e EMANUELA ROSSINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la legge di bilancio per il 2019, all'articolo 1, comma 662, della legge n. 145 del 30 dicembre 2018, ha previsto l'aumento delle percentuali di compensazione applicabili alle cessioni del legno e della legna da ardere nel limite di spesa di 1 milione di euro annui, a decorrere dal 2019;

   prima del recente intervento normativo le percentuali di compensazione per il legno erano ancora stabilite al 2 per cento ai sensi del decreto ministeriale 12 maggio 1992;

   tale intervento normativo trae origine dalla volontà di aiutare direttamente i proprietari di bosco duramente colpiti dal maltempo che ha caratterizzato l'Italia durante la fine di ottobre dello scorso anno;

   nelle ultime leggi di bilancio erano stati adottati analoghi interventi relativi ad altri prodotti; ad esempio le leggi di bilancio per il 2017 e per il 2018 avevano visto l'approvazione di disposizioni tese ad aumentare le percentuali di compensazione applicabili agli animali vivi delle specie bovina e suina;

   nel dettaglio, la norma approvata nella legge di bilancio 2019 prevede che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, da adottare entro il 31 gennaio di ciascun anno, ai sensi dell'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le percentuali di compensazione applicabili al legno e alla legna da ardere siano innalzate, a decorrere dal 2019, con un limite in termini di minori entrate di 1 milione di euro annui;

   il citato articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, prevede un regime speciale Iva per l'agricoltura, che, in presenza dei requisiti richiesti, rappresenta il regime naturale, salvo facoltà di optare per l'applicazione dell'imposta secondo le regole ordinarie;

   questo regime speciale, oltre ad essere caratterizzato dalla semplificazione di molti adempimenti, stabilisce regole particolari per la detrazione dell'Iva;

   infatti, i produttori agricoli in questione che rientrano in tale regime all'atto della vendita dei prodotti agricoli espressamente indicati nella Tabella A, Parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, applicano le aliquote previste per le cessioni di tali prodotti agricoli e ittici e all'atto della determinazione dell'imposta dovuta, in sede di liquidazione periodica e di dichiarazione annuale, detraggono un importo corrispondente alle «percentuali di compensazione» calcolate sulle vendite degli stessi prodotti agricoli venduti;

   in sostanza più alta è la percentuale di compensazione stabilita dal decreto ministeriale, più conveniente essa è per il produttore agricolo –:

   se i Ministri interrogati non ritengano di adottare, al più presto, le iniziative di competenza per l'emanazione a beneficio dei produttori agricoli in forte difficoltà, del decreto ministeriale previsto dal comma 662 dell'articolo 1 della legge n. 145 del 2018, entro il 31 gennaio, come previsto dalla normativa vigente.
(5-01310)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUCALO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   sono sempre più preoccupanti gli episodi che mettono in luce le difficili condizioni di lavoro in cui sono costretti a lavorare le donne e gli uomini del Corpo di polizia penitenziaria all'interno degli istituti penitenziari italiani; da ultimo, un'aggressione da parte di un detenuto nei confronti di un agente nel carcere palermitano Ucciardone;

   da anni, il Si.P.Pe (Sindacato polizia penitenziaria) denuncia la carenza negli organici, la poca salubrità nei luoghi di lavoro, le scarse e carenti strumentazioni per l'esecuzione dei compiti istituzionali; denunce alle quali non sono seguiti interventi strutturali ma solo misure temporanee;

   alla carenza negli organici si aggiunge anche una scorretta gestione degli stessi, contraria ai princìpi di buon andamento dell'azione amministrativa. Infatti, risulta all'interrogante che presso il penitenziario di Santa Maria Capua Vetere un poliziotto penitenziario sarebbe impiegato in mansioni di «addetto al servizio di manutenzione giardinaggio/agricola», conducendo mezzi agricoli e svolgendo personalmente attività agricole e giardinaggio che dovrebbero essere svolte dai detenuti cosiddetti «lavoranti»;

   in relazione ai compiti istituzionali, presso il predetto penitenziario il personale in servizio al reparto colloqui svolgerebbe mansioni di «facchinaggio», mettendo in atto vere e proprie operazioni di carico e scarico di pacchi pesanti; si tratta di attività che dovrebbe compiere il detenuto cosiddetto «articolo 21». Mansione quindi non propria dell'appartenente al Corpo e in contrasto con le elementari norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro;

   sopraddette mansioni risulterebbero contrarie a quanto previsto dall'articolo 5 della legge n. 395 del 1990 che cristallizza i compiti istituzionali degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria; si tratta di una surreale situazione che è stata segnalata più volte dalle organizzazioni sindacali, in particolare dal Sindacato polizia penitenziaria (Si.P.Pe.);

   appare, in primo luogo, necessaria l'assunzione di interventi urgenti volti ad aumentare l'organico del personale di polizia penitenziaria e anche a scongiurare una gestione dello stesso palesemente non conforme alla norma. La carenza di personale, la scorretta gestione dello stesso, le continue aggressioni dei detenuti nei confronti degli agenti, la scarsa salubrità dei posti di servizio e il sovraffollamento delle carceri, costituiscono un grave problema per l'ordine e la sicurezza delle carceri, costringendo il personale penitenziario a lavorare in condizioni disumane –:

   se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative intenda adottare soprattutto in riferimento alle mansioni, non confacenti al suo ruolo, svolte dall'agente penitenziario, e a quelle svolte dal personale in servizio al reparto colloqui del penitenziario di Santa Maria Capua Vetere;

   quali iniziative abbia adottato, o ritenga di adottare, al fine di garantire negli istituti penitenziari italiani un'adeguata dotazione di poliziotti penitenziari e una corretta gestione del personale stesso;

   in che modo intenda intervenire per fronteggiare nell'immediato il problema legato alle aggressioni dei detenuti nei confronti del personale penitenziario e se ritenga necessario, vista l’escalation delle aggressioni, dotare il corpo di polizia penitenziaria del Taser già in uso alle altre forze di polizia.
(5-01311)

Interrogazione a risposta scritta:


   GEMMATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del 22 ottobre 2018 e 17 dicembre 2018, il Ministero della giustizia – dipartimento dell'amministrazione penitenziaria approvava e pubblicava le graduatorie relative al concorso a 197 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale – concorsi ed esami 13 ottobre 2017, n. 78) e relative ai 3 concorsi pubblici per il conferimento di complessivi 1220 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – 4a serie speciale – per concorsi ed esami 27 febbraio 2018, n. 17);

   le rispettive graduatorie contemplano i vincitori e gli idonei non vincitori dei concorsi;

   i candidati risultati idonei non vincitori e, quindi, «idonei ammessi alla fase successiva» (ovvero coloro che sono stati sottoposti alle visite mediche) inerenti al concorso 197 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria maschile e femminile risultano: 439 uomini fino al punteggio 9,250 decimi, 156 donne fino al punteggio 9,55 decimi;

   i candidati «idonei ammessi alla fase successiva» (ovvero coloro che sono stati sottoposti alle visite mediche) inerenti ai 3 concorsi per il conferimento di complessivi 1220 posti di allievo agente del Corpo di polizia penitenziaria risultano: 431 uomini civili fino al punteggio 9,275, 638 uomini in servizio fino al punteggio 8,150, 342 uomini congedati fino al punteggio 9,125, 273 donne civili fino al punteggio 9,150, 145 donne congedate fino al punteggio 7,50;

   una parte dei candidati risultati idonei a tutti i concorsi citati ma «non ammessi alla fase successiva» lamenterebbero la mancata inclusione nelle graduatorie pubblicate nei decreti, evidenziando che molti di loro avrebbero conseguito punteggi comunque rilevanti e meritevoli di considerazione. Una parte considerevole di questi candidati, infatti, avrebbe conseguito punteggi compresi tra il 9 e l'8 –:

   se non si ritenga opportuno considerare e valutare anche gli idonei non «ammessi alla fase successiva» dei concorsi citati in premessa ai fini di eventuali e future assunzioni nei ruoli dell'amministrazione penitenziaria, evitando di bandire nuovi concorsi e così perseguendo l'obiettivo del risparmio di risorse.
(4-02085)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   si evidenzia come nel sistema di navigazione in Laguna di Venezia vi sia la necessità di assicurare un indispensabile e improcrastinabile miglioramento delle condizioni di sicurezza, in particolare per segnaletica e illuminazione per una corretta identificazione dei tragitti navigabili e dell'eventuale presenza di ostacoli o pericoli;

   lungo i canali lagunari, le infrastrutture di supporto alla navigazione, sia in termini di segnaletica che di illuminazione, risultano essere in un grave ed evidente stato di degrado, particolarmente accentuato lungo le vie di collegamento tra Venezia (F. te Nove) – Murano – Burano – Treporti;

   tali criticità sono rese ancora più evidenti in caso di navigazione notturna e in occasione di condizioni climatiche avverse e di nebbia;

   ad oggi, non è stato completato il sistema di illuminazione del canale S. Felice, fra Burano e Treporti;

   la mancata manutenzione delle infrastrutture a supporto della navigazione lagunare ha comportato come conseguenza che:

    1) molti dei pali che compongono le briccole di segnalazione dei canali si sono spezzati e galleggiano con conseguente causa di pericolo alla deriva in laguna;

    2) il sistema di illuminazione dei canali, fondamentale per la navigazione notturna ed in presenza di nebbia, presenta moltissimi guasti che non sono stati ripristinati, nemmeno in presenza dei supporti ancora in buono stato;

   le briccole spezzate, se non sostituite, rappresentano un evidente grave rischio per le imbarcazioni in transito, poiché i monconi dei pali che restano attaccati alla briccola sono molto taglienti e spesso nascosti sotto il pelo dell'acqua, visibili solo durante i picchi di bassa marea;

   i canali Ondello e Bisatto, ossia fra Murano e San Giacomo in Paludo, sono ormai quasi completamente privi d'illuminazione;

   per effetto della mancanza di manutenzione sopra evidenziata, durante la normale navigazione notturna (anche diportistica), oltre che in particolari condizioni climatiche avverse, in particolare con la nebbia, il trasporto acqueo di cose e persone avviene in condizioni assolutamente rischiose;

   purtroppo, si registrano una serie di incidenti anche rilevanti che pongono come urgente la questione sicurezza della navigazione all'interno della laguna;

   si assiste, ad avviso dell'interrogante, a una sostanziale inerzia della città metropolitana;

   anche in ragione di un farraginoso e complesso sistema di competenze, anche i meccanismi di controllo della sicurezza lagunare registrano evidenti lacune;

   occorre un potenziamento anche dell'attività di controllo –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di assicurare un intervento straordinario nel campo della segnaletica e della illuminazione in laguna per una corretta identificazione dei tragitti navigabili e dell'eventuale presenza di ostacoli e pericoli, anche in relazione alle condizioni climatiche, con l'obiettivo di migliorare gli standard di sicurezza per operatori e cittadini.
(2-00242) «Pellicani, Moretto».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il Consorzio per le autostrade siciliane, C.a.s., è ritenuto essere un ente pubblico regionale non economico, forma societaria che non consente una efficiente attività gestionale ed unicum tra i concessionari autostradali, costituito nel 1997 dalla unificazione (articolo 16, lettera B, della legge n. 531 del 1982) di tre diversi consorzi concessionari Anas operanti in Sicilia; il Consorzio per le autostrade siciliane è attualmente concessionario, con convenzione stipulata il 27 novembre 2000 con scadenza il 31 dicembre 2030, dell'autostrada A20, Messina-Palermo, e della A18, Catania-Messina e Siracusa-Gela, ancora in costruzione, facente parte dell'asse viario europeo E45; nel 2010 su proposta dell'Anas, all'epoca dei fatti ancora titolare delle attività di vigilanza sulle concessioni autostradali, è stata dichiarata la decadenza di tale concessione con decreto interministeriale n. 457 del 5 luglio 2010; al provvedimento è seguito un contenzioso conclusosi con sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana, favorevole al Consorzio per le autostrade siciliane, in cui veniva nulla la decadenza della concessione; la nullità della decadenza della concessione era solo dovuta a vizi formali e procedurali, infatti il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana conferma, ma con diversa motivazione, la sentenza del Tar che dichiara tale nullità a causa della omessa comunicazione dell'avvio del procedimento e della evidente carenza istruttoria e motivazionale che affligge il provvedimento, da cui «non si evincono le specifiche ragioni in base alle quali le iniziative assunte dal C.a.s. – e prima ancora dalla regione – sono state ritenute radicalmente inadeguate al concreto avvio della rimozione degli inadempimenti originariamente contestati dall'A.n.a.s.»; a carico del Consorzio per le autostrade siciliane nell'ultima relazione sulle attività 2016 della direzione generale vigilanza concessionarie autostradali, sono state riscontrate 244 non conformità, di queste ne sono state sanate solo 29; nel 2015 erano 115 e ne sono state sanate solo 7; alla data della diffida inviata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il 4 dicembre 2014, ammontavano a quasi un migliaio le prescrizioni contestate a cui il C.a.s. non aveva ancora adempiuto; ad oggi risultano essere diverse indagini e procedimenti aperti dalla procura della Repubblica italiana a carico del Consorzio, a causa di presunti sprechi di denaro pubblico, nonché per la mancanza di adeguati sistemi di sicurezza e di manutenzione nei tratti autostradali da esso direttamente gestiti; il 31 ottobre 2018 durante un incontro tenutosi a Messina, presieduto dal prefetto, Maria Carmela Librizzi, presente il presidente della Commissione permanente per le gallerie presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, è emerso che almeno trenta gallerie sulle autostrade A18 e A20 «presentano una situazione deficitaria rispetto ai requisiti di sicurezza previsti dalla vigente normativa in materia, problematiche dovute anche a un diffuso stato di carenza nella manutenzione»;

   il 12 luglio 2018 il direttore generale del Consorzio autostrade siciliane, ingegner Leonardo Santoro, si è dimesso dopo neanche 3 mesi dalla sua nomina e il 31 agosto anche la presidente del consiglio di amministrazione dottoressa Alessia Trombino, ha rassegnato le sue dimissioni, senza essere a tutt'oggi sostituita, ma continuando il C.a.s. ad operare con un consiglio di amministrazione dimissionario; il presidente della regione siciliana, Sebastiano Musumeci, ha, nel corso dell'ultimo anno, e financo di recente, annunciato più volte anche a mezzo stampa l'intenzione di chiudere l'ente; il C.a.s. non ha, a tutt'oggi, neanche provveduto a inquadrare il proprio personale secondo il contratto di lavoro del settore autostradale; attualmente risultano diversi i sinistri direttamente ovvero indirettamente imputabili a inadempienze nella sicurezza e nella manutenzione delle autostrade A18 ed A20, teatro negli ultimi anni, di numerosi incidenti stradali mortali, fino all'ultimo del 15 gennaio 2019 in cui hanno perso la vita tragicamente tre persone tra cui un agente in servizio della polizia stradale, intervenuto a seguito di un altro incidente; il 19 giugno durante un incontro tenutosi al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tra i responsabili ministeriali, l'assessore regionale ed i vertici del C.a.s., che vedeva sul tavolo la messa in mora e la revoca della concessione, è stato stabilito un cronoprogramma di 6 mesi per effettuare gli adeguamenti richiesti dal Ministero; tale termine è scaduto e le autostrade siciliane continuano a vergare in uno stato penoso, non corrispondente agli adeguati criteri qualitativi previsti dalla normativa –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non intenda valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per dichiarare la decadenza delle concessioni attribuite al Consorzio per le autostrade siciliane.
(2-00244) «Raffa, Martinciglio, Suriano, Saitta, Termini, Alaimo, Scerra, De Lorenzis, Perconti, Cimino».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GADDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 3 gennaio 2019 si è verificato un incidente lungo l'autostrada A1 in corrispondenza del tratto Lodi-Casalpusterlengo, causato dall'attraversamento di un branco di cinghiali che ha determinato una vittima e numerosi feriti;

   si tratta purtroppo solo dell'ultimo episodio registrato, ma l'incidenza del proliferare incontrollato di animali selvatici come i mammiferi ungulati in aree urbane ed extraurbane, sta assumendo gravi profili di rischio sanitario e in materia di sicurezza stradale;

   come rilevato dall'Osservatorio Asaps (Associazione degli amici della polizia stradale), nel primo semestre 2017 si sono verificati in Italia 75 episodi rilevanti, per un totale di 10 vittime e 91 feriti gravi; di questi, 70 si sono verificati lungo la rete ordinaria, 5 su quella autostradale; 57 hanno coinvolto autovetture, 3 autocarri e bus, 22 motoveicoli, 8 biciclette. La maggior parte dei sinistri ha coinvolto animali selvatici, ma si registrano casi anche in riferimento ad altri mammiferi, animali domestici, anfibi e rettili;

   una ricerca promossa da Lipu evidenzia come la mortalità stradale sia tra le prime cause di perdita di biodiversità riconducibile ad attività antropiche. La distribuzione dei sinistri durante l'anno mostrerebbe due picchi stagionali, in primavera e in autunno; per quanto riguarda gli orari, si evidenzierebbe una incidenza più elevata al tramonto e all'alba, in concomitanza tra maggiore attività degli animali e ingente flusso di traffico;

   i sinistri hanno incidenza sulla spesa sanitaria e i costi medi rilevati per i danni materiali causati agli autoveicoli, ad esempio, da incidenti con ungulati ammontano a circa 2000-3000 euro a sinistro;

   secondo una stima di Coldiretti, nella sola Lombardia, dal 2013 ad oggi, sarebbero circa 400 gli incidenti stradali provocati da animali selvatici con un andamento in crescita negli ultimi mesi –:

   quali siano le iniziative che il Governo intende assumere, per quanto di competenza, nei confronti dei concessionari autostradali, di Anas, nonché di altri soggetti istituzionali titolari di competenze sulla viabilità, al fine di rafforzare le misure di sicurezza per ridurre l'incidenza di tali episodi e incentivare i più moderni strumenti di progettazione integrata, in grado di coniugare prevenzione, mitigazione e compensazione ecologica.
(5-01307)

Interrogazione a risposta scritta:


   SIRACUSANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la sottoscritta ha già presentato una interrogazione n. 4-01189 pubblicata il 25 settembre nella quale si chiedeva, a fronte dell'interruzione del servizio di collegamento con mezzi veloci per la tratta Messina-Reggio Calabria, se non ritenesse opportuno, alla luce della mancata indizione di un nuovo bando, intervenire affinché venisse concessa la proroga alla Liberty Lines spa per scongiurare disagi per gli utenti e il licenziamento dei lavoratori;

   ad oggi quella interrogazione (un analogo atto di sindacato ispettivo è stato presentato al Senato dal senatore Gasparri) non ha ricevuto alcuna risposta;

   nulla è stato fatto per risolvere i disagi per gli utenti dovuti al mancato servizio e per trovare una soluzione per i circa 72 dipendenti della Liberty Lines e alle loro famiglie che ad oggi non hanno alcuna certezza lavorativa per il proprio futuro –:

   se non ritenga opportuno intervenire, per quanto di competenza, per risolvere una vicenda che si trascina ormai da circa quattro mesi e per la quale, ad avviso dell'interrogante, non è stata assunta alcuna iniziativa concreta da parte del Governo.
(4-02095)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   MADIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sono in corso dall'alba del 22 gennaio 2019 le operazioni di sgombero del Cara di Castelnuovo di Porto, una struttura situata tra la Tiberina e la Salaria a nord di Roma, che sembrerebbe ospitare attualmente circa 800 persone tra donne, uomini e bambini;

   tale notizia ha destato grave allarme sociale per la mancanza di un adeguato preavviso e per le modalità con cui è stata condotta, nonché per l'assoluta incertezza in merito alla destinazione di soggetti comunque vulnerabili, tra cui numerosi bambini che, secondo quanto appreso direttamente dall'interrogante, frequentavano la scuola ed erano integrati nel tessuto sociale;

   incerta è la destinazione dei soggetti ospitati anche in relazione allo status giuridico dei diversi ospiti del centro: accanto ai richiedenti protezione internazionale vi sarebbero stati, infatti, diversi titolari di permesso di soggiorno umanitario – una tipologia di permesso di soggiorno abrogata come è noto, a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (cosiddetto decreto sicurezza) – che si troverebbero ora con il rischio concreto di finire per strada, essendo stati privati della possibilità di rinnovarlo, e non potendo accedere ad altre forme di protezione internazionale;

   la vicenda di Castelnuovo di Porto ha nuovamente portato alla ribalta come disumanità e ideologia – lungi dal contribuire alla gestione e alla risoluzione dei problemi che affliggono chi fugge da guerre e torture, fame o povertà – rischiano solo di mortificare ulteriormente e gettare nella disperazione persone già profondamente ferite e che stavano finalmente cercando di ricostruirsi una vita come, nel caso di Mouna, la giovane Somala ospitata provvisoriamente dal sindaco di Castel Nuovo di Porto, che dopo la licenza di scuola media, la perfetta integrazione nel tessuto sociale, e l'iscrizione alle scuole superiori serali, rischia ora di restare priva di ogni forma di protezione e alloggio;

   sussiste una assoluta incertezza riguardo a numeri, status e destinazione –:

   quanti esattamente fossero gli ospiti del Centro al momento dell'inizio delle operazioni di sgombero;

   quale sia l'esatta destinazione di ciascuno;

   quale sia lo status giuridico riconosciuto a ciascuno di loro;

   quanti siano coloro che non potranno rinnovare il permesso di soggiorno per motivi umanitari in applicazione della nuova normativa e, per questi ultimi, nell'immediato, quale sia la loro esatta destinazione.
(4-02093)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   VILLANI, COSTANZO, PARENTELA, DAVIDE AIELLO, NESCI e NAPPI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la Princes Ltd è una multinazionale inglese controllata al 100 per cento dalla società Mitsubishi;

   ad oggi la Princes Ltd ha un fatturato di circa 2 miliardi di euro e dà lavoro a circa 7.000 dipendenti in tutta Europa; inoltre, gestisce circa 14 stabilimenti sparsi su tutto il territorio europeo e con i suoi marchi, tra cui Napolina è leader del mercato alimentare in Inghilterra;

   nel 2012 l'azienda inglese decide di acquisire la Ar industrie alimentari srl di Foggia e il personale della governance di Angri per fonderlo con il personale della società Napolina, già facente parte del gruppo Princes e presente sul territorio angrese;

   a causa di una scelta di delocalizzazione effettuata dall'azienda Prince, in data 27 novembre 2018 i sindacati e il personale della società sono stati informati dell'imminente chiusura degli uffici di Angri e dello spostamento di tutto il personale presso la sede di Foggia entro il 1° marzo 2019;

   qualora la delocalizzazione decisa dalla società Princes non dovesse essere accettata dai 55 lavoratori che compongono il personale ad oggi presente sul territorio angrese, comporterebbe quasi sicuramente il licenziamento per quest'ultimi, a giudizio degli interroganti trasformando il trasferimento in un licenziamento «mascherato»;

   qualora i dipendenti, invece, dovessero accettare il trasferimento significherebbe in primis trasferire delle professionalità dal territorio di Angri a un altro territorio con annessa perdita di qualità ed eccellenza per l'intera città e comunità di Angri, inoltre significherebbe smembrare intere famiglia a causa di questo trasferimento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, per la salvaguardia dei livelli occupazionali in un territorio particolarmente deprivato quale quello dell'agro- sarnese-nocerino e per trovare una soluzione finalizzata a scongiurare il trasferimento «forzato» di tutti i dipendenti dalla sede di Angri a quella di Foggia.
(4-02084)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per sapere – premesso che:

   gli agrumicoltori della piana di Rosarno-Gioia Tauro non riescono a vendere il loro prodotto pregiato, le clementine, a causa di una gravissima crisi che si è abbattuta sul comparto e che ha portato sul lastrico migliaia di famiglie: i prezzi delle clementine sulla pianta oscillano tra i 12-18 centesimi al chilogrammo, cifre quest'ultime, che, oltre a non consentire alcuna remunerazione ai produttori, non sono nemmeno sufficienti a compensare le spese annuali di coltivazione;

   i commercianti locali non vogliono la merce neanche gratis, perché non sono in grado di venderla, per cui gli agrumicoltori sono costretti a far marcire il prodotto sulle piante. La causa principale di questo stato di cose è da addebitare alla sleale concorrenza di alcuni Paesi dell'Africa settentrionale principali competitor della filiera agrumicola, e della Spagna, che immette sul mercato clementine provenienti dai Paesi del Maghreb a costi stracciati e di bassa qualità;

   a causa dei bassi costi di produzione, per gli agrumi coltivati in Africa spuntano prezzi di mercato notevolmente più bassi rispetto a quelli calabresi e, più in generale, a quelli italiani;

   ciò è possibile in forza dell'uso indiscriminato di pesticidi illegali in tutta l'Unione europea e del costo di manodopera che è assolutamente inferiore a quello sostenuto dagli agricoltori italiani. Per fare un esempio, un operaio dedito alla raccolta degli agrumi in Italia costa circa 50 euro al giorno, in Marocco è di soli 8 euro al giorno;

   il territorio della Piana è già afflitto da problemi rilevantissimi quali: presenza asfissiante della criminalità; crisi totale del commercio e dell'artigianato per evidente crollo di moneta in circolazione; rilevante numero di migranti in atto disoccupati per assenza di lavoro; mancati investimenti industriali nelle 3 zone del Porto di Gioia Tauro; ambiente compromesso da impianti energetici e di depurazione, nonché da sversamenti non controllati;

   il sindaco della città di Rosarno e presidente dell'assemblea dei sindaci «Città degli Ulivi», avvocato Giuseppe Idà, ha indirizzato al Ministro interpellato, nei giorni scorsi, un accorato appello affinché si intervenga a sostegno del reddito degli agrumicoltori, appello che risulta essere rimasto inascoltato;

   la crisi del comparto agrumicolo investe tutte le regioni meridionali vocate a queste produzioni: nel settembre 2018, rispondendo all'interrogazione n. 5-00451 presentata dal deputato Nevi il sottosegretario di Stato alle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo aveva dichiarato che «...dal luglio 2018, con un'attività articolata e congiunta di vari organi ispettivi si sta operando nei punti di entrata nel territorio, quali porti, aeroporti, valichi di frontiera, sino ai silos e ai magazzini di insilamento di risi e granaglie provenienti da Paesi Terzi... al fine di tutelare il comparto produttivo nazionale, evitando l'ingresso di prodotti di scarsa qualità o contenenti residui di sostanze pericolose per la salute umana...»;

   già ad ottobre 2018 era stato segnalato al Ministero dalle associazioni agricole la preoccupazione derivante dalla richiesta sui mercati agricoli di grandi quantità di arance bionde spagnole effettuata da parte di commercianti italiani. In passato, le stesse associazioni avevano più volte segnalato il fenomeno della vendita fraudolenta di agrumi esteri spacciati per italiani –:

   se il Ministro interpellato non ritenga opportuno convocare, con urgenza, un tavolo di confronto presso il Ministero, aperto alle delegazioni dei sindaci, dei sindacati, degli operatori di settore, per discutere della questione e assumere tutte le iniziative a difesa del comparto agrumicolo, attivando e incrementando le risorse del fondo agrumicolo previsto dalla legge di bilancio 2018;

   quali ulteriori iniziative di competenza intenda adottare, con particolare riferimento all'attività dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf), per incrementare controlli e verifiche capillari volte ad evitare frodi e false denominazioni di provenienza, nonché per testare l'aderenza degli agrumi in ingresso sul territorio nazionale ai criteri di qualità richiesti dall'Unione europea;

   se trovi conferma l'informazione giunta all'interrogante che nel porto di Gioia Tauro, che è uno dei più importanti del Mediterraneo, il personale addetto a questo tipo di controlli è costituito da pochissime unità e, forse, da una sola unità;

   se non ritenga opportuno, secondo le modalità già sperimentate nel gennaio 2018 dal precedente Governo, avviare una campagna di ritiro e distribuzione nelle mense scolastiche o agli indigenti delle eccedenze di produzione e degli agrumi rimasti invenduti a causa delle avverse condizioni di mercato, promuovendo anche azioni coordinate con la grande distribuzione organizzata per superare la crisi del settore agrumicolo italiano.
(2-00243) «Cannizzaro».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUCA DE CARLO, CARETTA, CIABURRO e SILVESTRONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la specie lupo (Canis lupus) è specie protetta a livello comunitario ai sensi della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, e della flora e della fauna selvatiche, la cosiddetta direttiva habitat, e particolarmente protetta, anche sotto il profilo sanzionatorio, a livello nazionale ai sensi dell'articolo 2 della legge statale n. 15 del 1992;

   in Italia il lupo è stato considerato specie protetta a partire dagli anni settanta, e il regime di protezione ha permesso alla specie una rapida espansione, favorita anche dall'assenza di nemici naturali e di grande disponibilità di animali selvatici, rappresentata soprattutto dal patrimonio di ungulati, frutto di una oculata gestione da parte del mondo venatorio e dalla presenza degli animali da allevamento nei periodi di alpeggio;

   nonostante il lupo sia specie protetta, la direttiva 92/43/CEE, all'articolo 16, prevede per gli Stati membri la possibilità di richiedere una deroga per intervenire sulle popolazioni di animali selvatici in determinati casi, a determinate condizioni e con specifiche modalità;

   in applicazione di tale articolo, alcuni Stati membri dell'unione europea, come ad esempio la Spagna, la Francia e la Svezia hanno implementato dei piani di monitoraggio e gestione del lupo, arrivando anche agli abbattimenti nei casi in cui la consistenza delle popolazioni di selvatici andava oltre la capacità portante del territorio, oppure creava ingenti danni alle attività antropiche come l'allevamento;

   gli agricoltori, gli allevatori e chi a vario titolo vive ed esercita le sue attività nelle nostre montagne percepisce una sconfortante sensazione di abbandono da parte delle istituzioni;

   se il Governo non attiverà tempestivamente misure efficaci per rendere compatibile la presenza del lupo con le attività umane esercitate in ambienti fortemente antropizzati, come ad esempio la Lessinia, l'Altopiano dei sette Comuni, alcune zone del bellunese, del Piemonte e dell'Appennino laziale, in breve tempo si potrà assistere ad un incremento esponenziale di deplorevoli episodi di bracconaggio o di azioni di «difesa fai da» da parte di cittadini esasperati, vittime di ripetute predazioni da parte dei lupi e vittime delle istituzioni che sembrano averli abbandonati al loro destino –:

   se il Governo non ritenga di assumere iniziative per adottare con urgenza un piano di gestione del lupo, così come previsto dalle direttive comunitarie, che preveda il monitoraggio delle popolazioni, il censimento su basi scientifiche e il contenimento, anche tramite gli abbattimenti, dei soggetti in esubero tramite personale specializzato ed esplicitamente autorizzato dalle autorità competenti.
(5-01308)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAOLO RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. - Per sapere - premesso che:

   è stata riscontrata la presenza, in due aree circoscritte della Campania, del parassita «Mosca orientale della frutta» (Oriental fruit fly), il cui nome scientifico è bactrocera dorsalis. Si tratta della prima segnalazione per l'Italia e l'Europa di questo parassita che non ha effetti sulla salute dell'uomo ma danneggia gravemente le colture ortofrutticole;

   la Bactrocera dorsalis ha la capacità di diffondersi velocemente in tutta la penisola grazie al suo elevato potenziale biotico (elevata riproduttività, breve ciclo vitale, numero elevato di generazioni per anno, rapida capacità di dispersione) e alla possibilità di sfruttare un'ampia gamma di ospiti. Potrebbe adattarsi ai nostri ambienti caratterizzati da clima tipicamente mediterraneo, anche se le temperature invernali potrebbero essere un fattore limitante alla sua diffusione;

   questo nuovo parassita è altamente invasivo perché in grado di attaccare un gran numero di colture da alto reddito di tipo frutticolo ed orticolo ed il suo ritrovamento potrebbe rischiare di compromettere le esportazioni di frutta italiana nei mercati internazionali;

   secondo l'ufficio centrale fitosanitario della regione, il parassita potrebbe essere giunto in Campania in seguito all'ingresso di frutti «non regolamentati» infestati provenienti dai Paesi terzi, dove la specie è presente, oppure attraverso frutti per consumo familiare nei bagagli a mano dei passeggeri;

   la scoperta è merito dell'attività di monitoraggio preventivo coordinata dall'ufficio centrale fitosanitario della regione Campania nell'ambito dell'unità regionale di coordinamento fitosanitario, che coinvolge il dipartimento di agraria dell'università Federico II, l'Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Ipsp) del Cnr con la sezione di Portici ed il Crea. In particolare, sono stati rinvenuti sette individui maschi adulti su due trappole installate presso aziende frutticole miste a Palma Campania (NA) e Nocera Inferiore (SA) a fronte delle dieci trappole collocate sul territorio regionale;

   la regione Campania ha illustrato il ritrovamento del parassita nel corso della seduta del Comitato fitosanitario del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo svoltasi il 10 dicembre 2018. La regione, inoltre, ha ottemperato agli obblighi di legge, notificando immediatamente il caso alla Commissione europea e agli altri Stati membri attraverso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo;

   dalla riunione è emersa la necessità di approntare in tempi rapidissimi un piano d'azione che preveda una delimitazione delle aree interessate dai due ritrovamenti, il moltiplicarsi in modo esponenziale dei monitoraggi con trappole, la pianificazione di controlli di campo e magazzino e l'introduzione del divieto della movimentazione di frutti infestati da Bactrocera dorsalis;

   al fine di fronteggiare ed arginare la diffusione del parassita, la regione Campania, dopo aver organizzato una riunione con i principali attori del comparto frutticolo ed orticolo (organizzazioni di categoria e produttori, ordini professionali, e altro), intende intensificare l'attività di controllo sull'intero territorio regionale ed avviare una capillare campagna di informazione presso gli operatori del settore –:

   quali iniziative a livello nazionale intenda adottare il Ministro interrogato, coinvolgendo i centri di ricerca pubblici nazionali, anche al fine di coordinare le attività di contrasto alla diffusione del parassita di cui in premessa che dovranno essere poste in essere dalla regione Campania e dalle altre regioni.
(4-02087)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORETTO e PELLICANI. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la prossima entrata in vigore delle disposizioni per il pensionamento anticipato, attraverso la cosiddetta «quota 100», deliberate dal Consiglio dei ministri del 17 gennaio 2019, come da più parti segnalato, in primis da tutte le organizzazioni sindacali del settore, rischia di produrre notevoli problemi organizzativi nella gestione della sanità pubblica;

   nella sola regione Veneto è stato stimato che nella Usl 3 Serenissima e nella Usl 4 del Veneto orientale, ben 246 medici e 571 infermieri e personale non dirigenziale potranno beneficiarne, lasciando anticipatamente il servizio; dati che non possono non preoccupare, anche in considerazione del fatto che le amministrazioni sanitarie non hanno ancora potuto avviare le procedure concorsuali necessarie per l'assunzione del nuovo personale. Profilo ancor più problematico per quei territori, come il Veneto, nei quali si è adottata la selezione centralizzata delle procedure selettive;

   se le suddette disposizioni dovessero entrare in vigore senza la dovuta gradualità che consenta di attivare il corrispondente turn over, la sanità in interi territori rischierebbe di entrare in crisi, pregiudicando il diritto di rango costituzionale della tutela della salute che potrebbe risultarne compromesso –:

   se siano stati valutati gli effetti sull'organizzazione del servizio sanitario derivanti dall'entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di età pensionabile, anche sulla base di un'analisi puntuale dello stato organizzativo nei diversi territori del Paese, come nel caso della regione Veneto;

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di scongiurare che l'entrata in vigore del nuovo regime previdenziale possa mettere in discussione il diritto alla salute dei cittadini di alcuni territori del nostro Paese.
(5-01309)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOVECCHIO, FARO, PARENTELA, ANGIOLA e DEL MONACO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale n. 70 del 2015, regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, prevede la riconversione dei PPI (punti di primo intervento) in postazioni medicalizzate del 118 «implementando l'attività territoriale al fine di trasferire al sistema dell'assistenza primaria le patologie a bassa gravità e che non richiedono trattamento ospedaliero secondo protocolli di appropriatezza condivisi tra 118, DEA, hub o spoke di riferimento e Distretto, mantenendo rigorosamente separata la funzione di urgenza da quella dell'assistenza primaria»;

   con deliberazione n. 1933 del 30 novembre 2016 la regione Puglia ha disposto la riconversione del punto di primo intervento di Vico del Gargano in postazione medicalizzata del 118 che doveva essere effettuata entro il 30 settembre 2017;

   la delibera n. 583 del 10 aprile 2018, «rete di emergenza – urgenza territoriale. Modifica ad integrazione della Dgr. n. 1933/2016», nell'allegato A dispone la riconversione dei punti di primo intervento territoriali con numero di accessi superiore a 6.000 in postazioni medicalizzate fisse gestite da personale del 118 e prevede poi che sotto la soglia dei 6.000 accessi il punto di primo intervento venga convertito in postazione medicalizzata mobile del 118 (automobile medicalizzata Mike o automedica), allocata presso il presidio territoriale di assistenza se esistente nel territorio del comune interessato. In tal modo i punti di primo intervento di Monte Sant'Angelo e San Marco in Lamis verranno riconvertiti in postazione Mike da allocarsi presso il presidio territoriale di assistenza, mentre quelli di Torremaggiore, Vico del Gargano e Vieste in postazioni medicalizzate fisse del 118 + postazione Mike;

   l'allegato 1, del decreto ministeriale n. 70 del 2015, al punto 9.2.2, specifica che «Le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere presìdi ospedalieri di base per zone particolarmente disagiate, distanti più di 90 minuti dai centri hub o spoke di riferimento (o 60 minuti dai presìdi di pronto soccorso), superando i tempi previsti per un servizio di emergenza efficace. I tempi devono essere definiti sulla base di oggettive tecniche di misurazione o di formale documentazione tecnica disponibile. Per centri hub and spoke si intendono anche quelli di regioni confinanti sulla base di accordi interregionali da sottoscriversi secondo le indicazioni contenute nel nuovo patto per la salute 2014-2016. Tali situazioni esistono in molte regioni italiane per presidi situati in aree considerate geograficamente e meteorologicamente ostili o disagiate, tipicamente in ambiente montano o premontano con collegamenti di rete viaria complessi e conseguente dilatazione dei tempi, oppure in ambiente insulare. Nella definizione di tali aree deve essere tenuto conto della presenza o meno di elisoccorso e di elisuperfici dedicate; in tali presìdi ospedalieri occorre garantire una attività di pronto soccorso con la conseguente disponibilità dei necessari servizi di supporto, attività di medicina interna e di chirurgia generale ridotta»;

   i comuni di Vico del Gargano, Monte Sant'Angelo, e Vieste inoltre, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, della direttiva europea n. 75/268/CEE, fanno parte delle zone di montagna cosiddette svantaggiate, in quanto «caratterizzate da una notevole limitazione della possibilità di utilizzazione delle terre e un notevole aumento dei costi di lavoro» e inoltre, gli ospedali più vicini si trovano a San Giovanni Rotondo, San Severo e Foggia, a una distanza quindi considerevole che conseguentemente potrebbe mettere seriamente a rischio la salute dei cittadini;

   nel territorio del Gargano, inoltre, vi sono gravissimi problemi di viabilità che incidono negativamente sulle possibilità di spostamento, pregiudicando il diritto alla salute, garantito dall'articolo 32 della Costituzione, per tutti i cittadini –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per tutelare i livelli essenziali di assistenza e garantire un'assistenza sanitaria adeguata viste le problematiche presenti nel territorio di cui in premessa che si caratterizza per la presenza di zone svantaggiate e per rilevanti criticità sul piano della viabilità.
(4-02094)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   TRAVERSI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da notizie apprese a mezzo stampa sembra che la Snam stia progettando un nuovo metanodotto che da Casarza Ligure (Ge) raggiungerò Recco (Ge);

   secondo quanto si legge dalla stampa locale il progetto riguarderà una nuova condotta della lunghezza di circa 50 chilometri. Il tracciato dovrà attraversare i torrenti Graveglia, Sturla e Lavagna ponendo la necessità di verificare le aree esondabili e quelle ad alta suscettibilità di dissesti; andrà, inoltre, ad attraversare zone interessate da affioramenti di pietre verdi (rocce che possono contenere amianto); inoltre, fra le località Cardini e Montedomenico è presente la miniera/discarica di Libiola che è interessata da numerose frane attive;

   sembra che il metanodotto verrà progettato oggi per poi realizzarsi a partire dal 2022, ma le informazioni in merito giunte sul territorio non forniscono nessuna indicazione precisa sulla necessità di quest'opera e su che tipo di incarichi abbiano ricevuto i tecnici della Snam che in questi giorni stanno accedendo a terreni privati per fare i rilievi utili alla progettazione –:

   se il Governo sia a conoscenza di questo progetto e se sia vero che la Snam abbia avuto l'incarico della sua progettazione;

   quali siano le verifiche che il Governo intende effettuare in merito ai problemi ambientali che potranno verificarsi;

   quali siano le informazioni che intende fornire al territorio e agli enti locali in merito alla progettazione del metanodotto;

   se il Governo intenda fornire elementi in merito all'esigenza da cui nasce la progettazione di un nuovo metanodotto e se sia già stata effettuata un'analisi costi/benefici.
(4-02090)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Rizzetto e altri n. 7-00156, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 gennaio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Polverini, Mulè.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza Magi n. 2-00195, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 94 del 5 dicembre 2018.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   il 3 marzo 2014, a Firenze, Riccardo Magherini muore, mentre era in stato di fermo e di contenimento ad opera di due pattuglie dei carabinieri. Secondo il racconto dei testimoni, Magherini sarebbe stato oggetto di calci e di manovre di compressione esercitate dai militari che si sono avventati su di lui e lo hanno ammanettato, mentre uno dei carabinieri gli premeva un ginocchio sul collo. In tale frangente un carabiniere lo colpiva con calci all'altezza dell'addome. Quando Magherini è con il viso sull'asfalto e con i polsi ammanettati, giungono sul posto i volontari della Croce Rossa. I militari, però, vietano loro di intervenire. Il referto medico riporta: «Il paziente è stato trovato prono per terra, ammanettato e immobilizzato dai carabinieri, in arresto cardiorespiratorio». Raggiunto l'ospedale, Magherini viene dichiarato morto;

   un testimone filma parte della scena con il telefonino e, sentito come teste, consegna i filmati alla questura di Firenze che le invia alla procura della Repubblica. Il video riversato nel fascicolo di indagini inizia con il frame di Riccardo già immobilizzato a terra. Al minuto 1 e 18 secondi una voce maschile asserisce: «Vedi se ti riprendi così!» per interrompersi con: «Vuoi un altro poi di ca...». In un altro video si sente Magherini urlare con voce flebile «Aiuto, sto morendo». Se inizialmente la stampa descrive Magherini come un violento intento a girar nudo per la città sotto l'effetto di stupefacenti, diverso è il racconto dei testimoni, che denunceranno poi le intimidazioni ricevute dagli agenti;

   il 12 settembre 2014 i medici legali incaricati, concordemente con i consulenti dei familiari di Magherini e con i consulenti dei carabinieri indagati, rintracciano la causa della morte di Magherini in un triplice meccanismo di tipo «asfittico», «disfunzionale cardiaco» e «tossico». L'asfissia «poteva essere evitata se l'uomo fosse stato alzato o, comunque, in una posizione diversa da quella prona in cui era costretto dai militari che non avrebbero rispettato le indicazioni internazionali»;

   il 13 luglio 2016 il tribunale di Firenze condanna per concorso in omicidio colposo due carabinieri a sette mesi di reclusione e il carabiniere che ha sferrato i calci a otto mesi di reclusione, concedendo a tutti la sospensione condizionale della pena. Assolve, per non aver commesso il fatto, un quarto militare e due volontari della Croce Rossa. I militari vengono condannati per aver concorso alla morte di Magherini tenendolo per oltre 15 minuti prono a terra con le mani ammanettate dietro la schiena, riducendone così la «dinamica respiratoria». Il capo di imputazione formulato dalla procura di Firenze aveva contestato la contrarietà della condotta degli agenti alle specifiche direttive emanate dal comando generale dell'Arma dei carabinieri con la circolare di appena un mese prima, la n. 1168/483-1-1993 del 30 gennaio 2014; tale circolare era stata tuttavia abrogata in corso di processo dalla successiva circolare prot. n. 1168/483-18-1993 del 19 gennaio 2016.

   il 19 ottobre 2017 la corte di appello di Firenze conferma la condanna a 8 mesi per uno dei tre carabinieri e l'assoluzione per i due volontari; condanna a 7 mesi di reclusione gli altri due militari. La Corte condanna inoltre i tre carabinieri al pagamento di 230 mila euro a favore della famiglia di Magherini e a un parziale rimborso delle spese processuali;

   il 15 novembre 2018 la quarta sezione penale della Corte di Cassazione dispone l'annullamento senza rinvio della sentenza d'appello perché «il fatto non costituisce reato», in applicazione dell'articolo 620 del codice di procedura penale. Viene respinta la richiesta della parte civile di annullare la sentenza di condanna per omicidio colposo per rifare un processo con l'accusa di omicidio preterintezionale e viene annullata la condanna al risarcimento ai familiari;

   inizio udienza, secondo quanto riferito al primo firmatario del presente atto, è stato affermato dal presidente del collegio che il dottor Vincenzo Pezzella era stato assegnato come relatore per la decisione di tale processo di particolare delicatezza;

   la pronuncia sembrerebbe agli interroganti anomala in quanto permetterebbe di ritenere, come è stato anche sostenuto dall'avvocato Anselmo, che «non sussisterebbe l'elemento psicologico a carico dei Carabinieri imputati perché o non potevano accorgersi di quanto stava accadendo a Riccardo – e cioè che stava morendo asfissiato sotto di loro – oppure (peggio) perché hanno semplicemente fatto il loro dovere, non avendo in quel momento alcuna posizione di garanzia sulla salute e sulla vita di quel “soggetto” arrestato»;

   tale pronuncia motiva l'assoluzione dei carabinieri affermando che, secondo le competenze specifiche in materia all'epoca dei fatti, gli agenti non avrebbero avuto la possibilità di prevedere le conseguenze dannose per la vita di Magherini e che, a riprova di tale specifica impreparazione, vi fu la «necessità avvertita in quegli stessi mesi del 2014 dai vertici dei Carabinieri di intervenire, attraverso una nuova circolare, a fornire loro più puntuali disposizioni operative per fronteggiare proprio casi come quello che ci occupa»;

   la pronuncia afferma inoltre che «se, come inizialmente ipotizzato in imputazione, i carabinieri avessero violato una specifica procedura (quale era la circolare del 2014) volta a prevenire la possibilità che l'intervento su strada per fronteggiare soggetti in preda a crisi provocate, tra l'altro, dall'alcool o dagli stupefacenti potessero arrecare danni a sé o agli altri, gli odierni ricorrenti non avrebbero potuto invocare un'imprevedibilità in concreto, ex ante, di quanto sarebbe poi accaduto. La valutazione di prevedibilità, infatti, l'aveva fatta chi aveva scritto la circolare, con le norme cautelari rigide ivi contenute, cui loro dovevano semplicemente attenersi» –:

   alla luce delle criticità che emergono dalla vicenda in cui in premessa, ivi compresa l'abrogazione della circolare del 2014 che forniva specifiche disposizioni operative per fronteggiare casi analoghi e forniva chiara prevedibilità dei danni fisici a seguito di errate condotte di contenimento, se il Governo non intenda assumere iniziative normative finalizzate a disciplinare in maniera più stringente i limiti cui si devono attenere le forze dell'ordine in casi come quello descritto e le garanzie nei confronti delle persone in stato di fermo, così evitando che possano ripetersi in futuro situazioni analoghe.
(2-00195) «Magi, Verini».

Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Rostan e Muroni n. 4-01360 del 12 ottobre 2018 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01312.