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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 25 marzo 2019

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 25 marzo 2019.

  Amitrano, Battelli, Benvenuto, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Campana, Carbonaro, Carfagna, Castelli, Castiello, Cirielli, Colucci, Cominardi, D'Incà, D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Frusone, Fusacchia, Galli, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Invernizzi, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Parolo, Picchi, Rampelli, Rixi, Rosato, Ruocco, Saltamartini, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spessotto, Tofalo, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi.

Annunzio di disegni di legge.

  In data 22 marzo 2019 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai Ministri per la pubblica amministrazione e delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo:
  «Delega al Governo in materia di turismo» (1698).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):
  PAOLO NICOLÒ ROMANO ed altri: «Modifica dell'articolo 3 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, in materia di voli di Stato» (921) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V e IX;
  LOLLOBRIGIDA ed altri: «Disposizioni in materia di impiego delle guardie giurate all'estero» (1295) Parere delle Commissioni II, III, IV, V, X, XI e XIV.

   III Commissione (Affari esteri):
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Ciad sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma il 26 luglio 2017» (1623) Parere delle Commissioni I, II, IV, V e X;
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione militare e tecnica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Congo, fatto a Roma il 27 giugno 2017» (1624) Parere delle Commissioni I, II, IV, V e X;
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Ministero della difesa della Repubblica italiana e il Segretariato della difesa nazionale e il Segretariato della marina militare degli Stati uniti messicani in materia di cooperazione nel settore delle acquisizioni per la difesa, fatto a Città del Messico il 17 agosto 2018» (1626) Parere delle Commissioni I, IV, V e X;
  «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo rafforzato di partenariato e di cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica del Kazakhstan, dall'altra, con allegati, fatto ad Astana il 21 dicembre 2015» (1648) Parere delle Commissioni I, II, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   VI Commissione (Finanze):
  MELONI ed altri: «Introduzione degli articoli 24-ter e 24-quater del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di regime fiscale agevolato per i pensionati che trasferiscono la loro residenza in Italia» (1150) Parere delle Commissioni I, II, III, V, X, XI, XII e XIV;
  UNGARO ed altri: «Modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 238, in materia di incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia» (1282) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, X, XI e XIV.

   XII Commissione (Affari sociali):
  PANIZZUT ed altri: «Disposizioni e deleghe al Governo per la disciplina della figura del caregiver familiare e per la promozione e il sostegno dell'attività di assistenza e di cura da esso svolta» (1241) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 21 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di SOGESID Spa, per l'esercizio 2017, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 127).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 13 marzo 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione concernente la procedura d'infrazione n. 2018/2356, avviata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per violazione del diritto dell'Unione europea con riferimento all'articolo 17, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2008/56/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria nel campo della politica per l'ambiente marino.

  Questa comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 22 marzo 2019, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che deve essere adottata a nome dell'Unione europea in sede di comitato APE istituito dall'accordo di partenariato economico interinale tra la Costa d'Avorio, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, per quanto riguarda l'adozione del protocollo n. 1 relativo alla definizione della nozione di «prodotti originari» e ai metodi di cooperazione amministrativa (COM(2019) 148 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 148 final – Annex), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento alla III Commissione (Affari esteri), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

RELAZIONE DELLA XIV COMMISSIONE SULLA RELAZIONE PROGRAMMATICA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA NELL'ANNO 2019, SUL PROGRAMMA DI LAVORO DELLA COMMISSIONE PER IL 2019 E SUL PROGRAMMA DI DICIOTTO MESI DEL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA (DOC. LXXXVI, N. 2-A)

Risoluzioni

   La Camera,
   premesso che:
    la Relazione programmatica sulla partecipazione italiana all'Unione europea nel 2019 costituisce elemento decisivo non solo sul fronte della politica europea ma anche in termini di politica interna connesse alla prima;
    il nesso tra aspetti europei e dimensione interna è cruciale in questo momento, data l'imminenza delle elezioni del 26 maggio 2019, le quali, verosimilmente, modificheranno gli assetti delle istituzioni europee;
    il ruolo del nostro governo in Europa, al di là delle dichiarazioni formali, ha subito un progressivo isolamento: l'aspro confronto sulla legge di bilancio, lo scontro sul tema dei migranti portato avanti dal Ministro dell'interno Salvini, iniziato la scorsa estate, le posizioni espresse sul Venezuela, in dissenso con la maggioranza dei paesi europei, il duro contrasto con la Francia che ha portato il governo di Parigi a richiamare il proprio ambasciatore a causa delle dichiarazioni del ministro Di Maio in occasione dell'incontro con la rappresentanza dei Gilets gialli, sono solo alcuni degli esempi del graduale allontanamento del Governo in carica dal classico tracciato europeo del nostro Paese;
    anche l'accoglienza riservata al nostro Presidente del Consiglio in occasione del suo intervento nell'aula del Parlamento europeo di Strasburgo, il 12 febbraio scorso, con il duro intervento del Presidente del gruppo ALDE, il liberale Verhofstadt, al quale si sono uniti, in un coro di critiche, i presidenti dei gruppi S&D, Verdi e Popolari, la dice lunga sullo stato delle relazioni del nostro Governo a livello europeo;
    è ormai chiara la collocazione sempre più marcata dell'esecutivo giallo-verde a fianco dei paesi del cosiddetto gruppo di Visegrad, formato dai governi che si collocano – nell'Unione europea – all'estrema destra, come le continue e recenti visite del Ministro dell'interno Salvini, testimoniano;
    a peggiorare la situazione le recenti «dimissioni» del Ministro Savona, e l'interim assunto del Presidente del Consiglio, confermano l'assoluta assenza di prospettiva e di un'attenzione adeguata al futuro del ruolo del nostro Paese all'interno dell'Unione europea;
    la fase di recessione economica, confermata dalle principali istituzioni internazionali, è del tutto omessa nella Relazione, la quale – complessivamente – sembra redatta tenendo conto di un contesto che non ha nulla a che vedere con la realtà. Il nostro Paese si trova ad affrontare un clima di crescente instabilità, i cui riflessi sono evidenziati dall'andamento del PIL, diminuito dello 0,2 per cento nel terzo trimestre e dello 0,1 per cento nel quarto trimestre del 2018, dal peggioramento dei principali indicatori di finanza pubblica, a partire dal debito pubblico che è tornato a crescere superando nuovamente la soglia del 132 per cento, nonché dall'andamento dello spread, stabilmente al di sopra dei 250 punti base, e della spesa per interessi sui titoli del debito pubblico;
    forte preoccupazione destano, poi, i dati sulla produzione industriale e sul fatturato, che nel 2018 ha registrato un forte e inatteso decremento rispetto all'anno precedente. Ad aggravare il quadro, si aggiungono le forti tensioni che hanno caratterizzato in questi mesi i rapporti tra l'Esecutivo in carica e le istituzioni europee. Da molti osservatori, l'Italia è vista attualmente come l'anello debole dell'area Euro;
    riguardo al futuro dell'Europa e alle elezioni imminenti del prossimo maggio, il 6 marzo scorso a Bruxelles si è riunita la terza edizione di Weuco, Women's European Council, che ha registrato la partecipazione di deputate del Parlamento europeo, rappresentanti della presidenza del Consiglio europeo, parlamentari provenienti da diversi Parlamenti dell'Unione;
    in tale occasione sono stati esaminati i punti all'ordine del giorno del Consiglio europeo del 21 marzo scorso, e in generale, gli elementi rilevanti sul futuro degli assetti delle diverse istituzioni dell'Unione europea, e sono state formulate proposte, tenuto conto che le donne sono ancora sotto-rappresentate in ambito europeo, sia nelle istituzioni che nel mercato del lavoro. Le elezioni del prossimo maggio costituiscono un'opportunità per rilanciare il progetto europeo, per far sì che le cittadine ed i cittadini se ne riapproprino partecipandovi attivamente. In questo senso appare fondamentale che i partiti politici assicurino un'adeguata rappresentanza di genere nella formazione delle liste elettorali;
    nei prossimi mesi deve essere posta al centro delle politiche europee la necessità di una riforma del mercato del lavoro in grado di colmare il divario non solo in termini di occupazione delle donne, ma anche di divario salariale. L'investimento nel capitale umano è essenziale per migliorare la qualità e la quantità dell'occupazione femminile. A partire dalla scuola dell'obbligo e durante tutta la vita professionale, è necessario offrire un sistema di formazione volto a migliorare e aggiornare la qualificazione professionale delle donne e ad accompagnare la transizione in un mondo che cambia. L'alfabetizzazione finanziaria e la formazione nelle materie STEM è fondamentale a tale scopo;
    nella Relazione vengono sviluppati gli orientamenti e priorità del Governo per il 2019; la presente risoluzione si limiterà a trattare solo alcuni dei temi contenuti nel documento oggetto dell'esame delle Camere. Tra essi, nella Parte prima, sono definite le tematiche legate allo «Sviluppo del processo di integrazione europea e questioni istituzionali»; si prosegue poi con l'individuazione, nella Parte seconda, delle «Principali politiche orizzontali e settoriali», poi con la Parte terza riferita a «l'Italia e la dimensione esterna dell'Unione europea», con la «Comunicazione e formazione sull'attività dell'Unione europea» (Parte quarta), per finire, nella Parte quinta, con «Il coordinamento nazionale delle politiche europee»; alcune appendici documentali UE chiudono la Relazione;
    circa le «questioni istituzionali» e con specifico riguardo a:
     lo Stato dell'integrazione politica europea, partendo dalla affermazione che il Governo è pronto a «discutere possibili iniziative di riforma dell'Unione», è necessario che sia chiarito quale riforma il Governo intenda rappresentare nelle sedi europee competenti; e quale sia l'orientamento politico che ne deve essere alla base. Questo perché le affermazioni piuttosto vaghe contenute nella Relazione possono rappresentare scelte e direzioni diverse, e perché nonostante l'affermazione che «solo attraverso il rafforzamento di un solido consenso democratico attorno al progetto europeo sarà possibile costruire un'Europa più forte, più solidale e più vicina ai suoi cittadini» la concreta azione del Governo in questi mesi non sembra dare particolari rassicurazioni che si voglia sostenere un vero rilancio del progetto europeo che è invece essenziale per lo sviluppo economico e sociale del Continente e per la tenuta democratica dei Paesi europei; a tale riguardo, al momento, si evidenzia solo un crescente isolamento del nostro Paese;
     i rapporti con le Istituzioni dell'Unione europea: sembra importante leggere nella Relazione che il Governo «contribuirà ad ogni iniziativa che possa contribuire ad accrescere la fiducia dei cittadini nei confronti delle Istituzioni dell'Unione» ma sostanziare tali iniziative, come si fa nella Relazione, esclusivamente nell'impegno a semplificare l'istituto dell'iniziativa dei cittadini europei e nel negoziato sulla proposta della Commissione per un Accordo inter-istituzionale su un Registro di trasparenza obbligatorio, sembra quanto meno riduttivo. La Relazione riporta che il Governo «si impegnerà a rendere il mercato interno – principale strumento per garantire benessere e crescita in Europa – compiutamente realizzato nei suoi contenuti competitivi» (pagina 9). Appare difficile che questa posizione possa conciliarsi con le opinioni espresse dal Vice Ministro del Consiglio e Ministro degli Interni apertamente sovraniste e protezioniste;
    la Relazione afferma altresì che il Governo «è determinato a lavorare alla costruzione del più largo consenso possibile fra i partner europei a sostegno delle candidature che saranno avanzate dall'Italia» (pagina 23). Più controversa sembra l'affermazione che si fa poco più avanti, nel capoverso dedicato alla «Collaborazione con le future Presidenze di turno del Consiglio dell'Unione europea», che il Governo, considerando prioritario rendere più efficace la politica europea italiana, intenda realizzare tale obiettivo «investendo nella collaborazione bilaterale con i Paesi che assumeranno a breve la Presidenza di turno». Sarebbe forse invece più lungimirante pensare ad un'azione di rafforzamento del ruolo nel livello sovranazionale, più propriamente «europeo» appunto, nelle appropriate sedi dell'Unione. E ciò anche in considerazione della giusta considerazione, fatta più avanti nell'apposito sottoparagrafo, relativa al prossimo «Avvicendamento delle cariche istituzionali dell'Unione europea» che attualmente – come è noto – tre italiani occupano posizioni di assoluto rilievo nelle Istituzioni: Tajani alla Presidenza del Parlamento europeo, Federica Mogherini quale Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Mario Draghi quale Presidente della BCE e che il Governo intende «assicurare che la presenza italiana ai vertici istituzionali dell'Unione sia adeguata al peso politico e demografico del nostro Paese». Tale obiettivo sembra un poco meno agevole se il Governo dimentica che tale importante rappresentanza istituzionale è frutto dell'azione di Governi italiani che dell'Europa, dell'Unione europea e delle sue istituzioni facevano il fulcro di azioni positive, e che sapevano mettere in campo politiche di dialogo, di confronto costruttivo e di accordo che hanno dato i frutti sperati;
    in questo quadro sarebbe importante che il nostro Governo si facesse promotore alla proposta, da estendere agli altri Stati membri, di indicare un candidato donna e un candidato uomo per ogni posto da Commissario, affinché la composizione della futura Commissione europea assicuri l'equa rappresentanza delle donne, garantendo l'equilibrio di genere nel processo di rinnovo delle cariche istituzionali, e assicurando la rappresentanza delle donne ai vertici delle istituzioni dell'Unione europea;
    sarebbe anche auspicabile l'istituzione di un Consiglio dei Ministri per l'Eguaglianza di Genere la cui missione sia quella di garantire i diritti delle donne e le pari opportunità tra donne e uomini in Europa; nonché quella di assicurare l'applicazione dell'approccio gender mainstream a tutte le politiche dell'Unione europea, fornendo indicatori intersezionali e valutazioni d'impatto ex-ante ed ex-post;
    sembra importante l'affermazione di voler proseguire le attività di partecipazione e condivisione istituzionale con le istituzioni UE per garantire una «Migliore regolamentazione» ed una legislazione europea più efficace e meno onerosa per cittadini e imprese. A tali fini, occorre sottolineare in particolare, tra le altre cose, la rilevanza dell'azione nella «fase ascendente» di formazione del diritto europeo, e le affermazioni della Relazione relative alla necessità di migliore utilizzo dello strumento delle valutazioni d'impatto, per stimare in maniera più consapevole gli effetti dei progetti di atti europei. Sono in effetti importanti strumenti e sarà necessario appropriato stimolo a riguardo;
    nella parte relativa al Bilancio dell'Unione e nuovo Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027: non può che valutarsi positivamente il riconoscimento fatto nella Relazione circa la attiva e positiva azione dei Governi della scorsa Legislatura alla preparazione del negoziato sul QFP 2021-2027, nonché il fatto che appaia di tutta evidenza quanto il quadro europeo e il nuovo QFP che ne è frutto siano essenziali per la crescita del nostro Paese e il suo stesso sviluppo. L'azione del Governo, si afferma nella Relazione, sarà intesa a «rafforzare gli aspetti positivi» della proposta della Commissione, tra i quali rilevanti (seppure con necessari distinguo nel merito di alcune delle affermazioni fatte) sono: «l'ampliamento della flessibilità in linea con quanto richiesto» (sempre che ciò non voglia dire, come purtroppo è avvenuto durante la scorsa sessione di bilancio, uno scontro continuativo con la Commissione assolutamente privo di sbocchi e contrario agli stessi interessi del nostro Paese); l'introduzione di specifici strumenti dedicati al rafforzamento dell'Unione economica e monetaria, l'incremento delle risorse per ricerca ed innovazione, la fissazione di nuovi obiettivi in materia climatico-ambientale; meglio da chiarire le affermazioni relative alla gestione dei fenomeni migratori, che al contrario di quanto avvenuto in questi mesi, sotto questo Governo, dovrebbero tornare ad avere una dimensione pienamente europea, soluzioni condivise ed un approccio non esclusivamente muscolare – che ad oggi ha prodotto esclusivamente effetti perniciosi. Sarà poi cura del Parlamento valutare nel corso del 2019 come si svolgerà l'azione del Governo relativamente alle politiche tradizionali dell'Unione tra cui Politica di coesione e Politica agricola comune – considerando purtroppo la perdita del contributo britannico –, alla gestione dell'annunciato progetto di puntare ad una ripartizione delle risorse che privilegi i Paesi e le regioni maggiormente colpiti dalla crisi economico-finanziaria e a un focus sugli obiettivi di contrasto alla povertà e all'emarginazione sociale propri dell'Unione. Da approfondire ulteriormente, con strumenti più specifici ed appropriati, sarà ancora la posizione del Governo sulla questione «nuove entrate dell'Unione», entrando nel merito di quanto proposto esclusivamente per accenni nella Relazione;
    appare importante comunque sottolineare l'esigenza di implementare ulteriormente le risorse a favore della politica agricola comune con risorse finanziare almeno pari a quelle stanziate nel QFP in corso chiedendo, pertanto, di mantenere i livelli di finanziamento per PAC e politica di coesione per l'Unione europea a 27 «almeno al livello del bilancio 2014-2020 in termini reali»; di triplicare l'attuale dotazione del programma Erasmus+; di raddoppiare i finanziamenti destinati alle PMI; di incrementare almeno del 50 per cento l'attuale dotazione per la ricerca e l'innovazione, portandola a 120 miliardi di euro; di raddoppiare la dotazione del programma LIFE, incrementare in modo sostanziale gli investimenti attraverso il Meccanismo per collegare l'Europa e garantire finanziamenti supplementari per sicurezza, migrazione e relazioni esterne, portando il nuovo QFP all'1,3 per cento del RNL dell'Unione europea a 27;
    la parte sulla Brexit appare assolutamente insufficiente considerando che l'evoluzione attuale della situazione conferma un quadro confuso e problematico con cui anche il Governo italiano deve confrontarsi lucidamente, con proposte adeguate, nel cui merito il Parlamento dovrà potersi esprimere nei tempi necessariamente brevi legati al processo di recesso del Regno Unito. A pochi giorni dal 29 marzo, su richiesta della Premier Theresa May, il Consiglio europeo tenutosi il 21 marzo scorso, ha stabilito una proroga fino al 22 maggio, nel caso in cui la Camera dei Comuni ratifichi l'accordo concluso tra la Premier britannica e la Commissione europea, che si ricorda, è stato già respinto 2 volte dai deputati britannici. Nel caso in cui la Camera dei comuni non dovesse approvare tale Accordo l'estensione circa la data di inizio del processo di regresso della Gran Bretagna verrebbe anticipata al 12 aprile. Le Conclusioni del Consiglio del 21 marzo, confermano che i termini dell'accordo raggiunto tra le parti nel Novembre dello scorso anno non potranno essere oggetto di modifiche. Dunque al momento non sono ancora chiari gli sviluppi delle future relazioni tra l'Unione europea e la Gran Bretagna; vi si afferma, inoltre, – con espressione in realtà non chiarissima – che il Governo «garantirà adeguata protezione agli interessi e la piena reciprocità dei diritti dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea a tutela anche dell'ampia comunità italiana residente nelle diverse città britanniche» (pagina 8). Nessuna concreta iniziativa è delineata la difesa delle priorità dell'Italia nelle negoziazioni sulla «Brexit», stante il gran numero di cittadini italiani residenti nel Regno Unito, al fine di assicurare ai nostri connazionali garanzie sociali, lavorative, sanitarie e di libera circolazione già previste dal diritto comunitario;
    nella seconda parte, dal titolo Principali politiche orizzontali e settoriali, la sezione relativa alle Migrazioni omette i temi più importanti che mal si conciliano con le effettive politiche e prese di posizione del Governo degli ultimi mesi. In particolare, il decreto-legge Salvini n. 113 del 2018, intervenendo sulla legislazione di recepimento, viola una serie di norme che lo rendono direttamente in contrasto con i Trattati dell'Unione europea e con la Carta europea dei diritti, ed in particolare con le direttive 2013/32/UE «procedure», e la 2013/33/UE, «accoglienza» recepite dal decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, e la direttiva «direttiva rimpatri (2008/115/CE)», recepita con decreto-legge di attuazione n. 89/2011. Nulla viene detto riguardo alle conclusioni del Consiglio europeo del 28-29 giugno che non hanno assolutamente tenuto in considerazione le esigenze italiane. Al contrario, l'introduzione del concetto di volontarietà, accettato dal Presidente del Consiglio Conte e poi sostenuto irragionevolmente dal Ministro degli esteri Moavero Milanesi, rappresenta un vero e proprio passo indietro rispetto alle decisioni del 2015 che, su iniziativa del Governo italiano, obbligavano a redistribuire i migranti richiedenti asilo in maniera equa e solidale in tutti i Paesi dell'Unione europea in applicazione del principio di solidarietà esplicitamente riconosciuto dai Trattati in materia di asilo e immigrazione. Vari Stati hanno scarsamente collaborato ad una presa in carico dei migranti. In particolare i Governi del «gruppo di Visegrad» anche di fronte alla minaccia delle sanzioni, si sono rifiutati di adempiere ai loro obblighi e saranno oggi ancor meno indotti ad una reale collaborazione sulla base di adesione volontaria;
    la necessità di procedere a una revisione del Regolamento di Dublino – da cui deriva l'urgenza di un ricollocamento strutturale e solidale di tutti i migranti che giungono nei territori degli Stati membri – non solo non è stato approfondito in occasione del Consiglio Europeo del 28-29 giugno, ma è stato addirittura peggiorato, laddove si è stabilito che sarà necessaria l'unanimità per procedere ad una sua revisione, nonostante il diritto UE permetta di decidere a maggioranza qualificata; al riguardo, il 16 novembre 2017, dopo anni di negoziati, il Parlamento europeo – con il voto contrario del Movimento 5 Stelle e l'astensione della Lega – aveva approvato una proposta di revisione proprio del Regolamento di Dublino e delle politiche relative al diritto d'asilo – alla cui elaborazione aveva contribuito fortemente la delegazione italiana – che introduceva finalmente una responsabilità condivisa nella gestione degli arrivi e delle richieste di asilo, anche al fine di evitare per il futuro la situazione venutasi recentemente a creare con la Germania sulla questione del rimpatrio dei migranti di primo approdo in Italia;
    le conclusioni del Consiglio europeo di giugno costituiscono, invece, una vera e propria vittoria dei paesi del gruppo di Visegrad, ai quali paradossalmente sembra benevolmente guardare il Governo. Essi hanno raggiunto l'obiettivo di cancellare il sistema del ricollocamento obbligatorio voluto dall'Unione europea e far scomparire l'ipotesi delle sanzioni economiche nei confronti dei paesi che si rifiutano di accogliere la propria quota di migranti. È rimasto così intatto il principio che scarica il peso dei flussi sulle spalle dei Paesi maggiormente esposti alle rotte del Mediterraneo (Italia, Grecia, Spagna e Malta). Ragion per cui la posizione del Governo italiano vicina alle posizioni del gruppo di Visegrad è andata dunque contro gli stessi interessi del nostro Paese;
    la relazione al riguardo, dunque, appare non solo insufficiente, ma apertamente lacunosa e omissiva delle reali responsabilità del Governo che negli ultimi mesi non ha fatto altro che inasprire i rapporti con i partners europei, senza giungere a nessuna reale soluzione al problema dello sbarco dei migranti, il dovere di accoglienza, la necessità che tutti gli Stati europei siano realmente coinvolti nella redistribuzione ed accoglienza dei delle persone che arrivano in condizioni spesso disumane;
    strettamente collegata al tema delle migrazioni la parte relativa alla giustizia e gli affari interni, che la Relazione tratta a pagina 120 e successive. Vi si legge tra l'altro che «è intenzione del Governo richiamare l'attenzione, anche a livello europeo, sui traffici illeciti che originano o transitano nei Paesi limitrofi, con particolare riferimento a quelli di stupefacenti e di armi ed esplosivi»;
    appare evidente che queste intenzioni contrastano con il citato decreto-sicurezza che, nel costringere i migranti a vivere nell'ombra (espellendoli dai CARA e dal sistema SPRAR) li spingerà nella manovalanza dello spaccio; e con il provvedimento sulla legittima difesa, che è un regalo ai trafficanti di armi;
    la Relazione programmatica è, dunque, solo carta. La realtà – purtroppo – è ben altra. Questo è un Governo nemico dell'Europa, è un Governo che litiga con la Francia e abbaia alla luna a Bruxelles;
    da ultimo, la questione della TAV e il relativo balletto dell'analisi «costi-benefici», nella quale fra le voci di costo è riportata la riduzione del gettito delle accise sui carburanti e che la suddetta riduzione delle emissioni non può non passare anche attraverso lo spostamento del trasporto da gomma a rotaia. Anche in questa occasione, oltre alla confusione tutta interna alle posizioni di Governo, dove i ministri che si riferiscono al Movimento 5 Stelle sono contrari mentre quelli espressione della Lega sono, invece, favorevoli, ancora una volta si segnala il contrasto con l'esecutivo francese e la mancanza di chiarezza su un accordo che era stato sottoscritto e confermato dal nostro Paese;
    le dinamiche sull'opera innescatesi al seguito dell'insediamento del Governo attualmente in carica, infatti, hanno provocato gravi incertezze sul futuro dell'opera in questione, sollevando la preoccupazione di soggetti istituzionali, economici e sociali e in un ampio movimento di opinione favorevole alla realizzazione dell'opera, che ha visto due manifestazioni, di cui l'ultima sabato 12 gennaio 2019, partecipatissime dal punto di vista popolare;
    le confuse dichiarazioni relative all'analisi costi/benefici, la cui commissione appare già in partenza fortemente orientata in una direzione ostile all'avanzamento dell'opera, hanno ulteriormente accresciuto le richiamate preoccupazioni;
    la fase di stallo rischia di avere costi economici e sociali elevatissimi per l'Italia e per la mobilità di persone e merci per l'intero continente europeo, finendo per privilegiare irrazionalmente il trasporto su gomma,

impegna il Governo:

   1) a rafforzare la collaborazione europea in tutti i campi e con tutti gli Stati facenti parte dell'Unione al fine di rafforzare il processo democratico e scongiurare il rafforzamento di posizione di carattere protezionista e sovranista;
   2) a proseguire nel sostegno al rafforzamento del mercato unico e al completamento dell'Unione dei mercati dei capitali, orientando le discussioni e le decisioni all'equilibrio tra stabilità e crescita, tra rischi di mercato e rischi di credito e tra mutualizzazione e riduzione dei rischi nei mercati finanziari, in particolare per accelerare il contestuale completamento dell'Unione bancaria, condizione imprescindibile per il rafforzamento dell'UEM;
   3) al fine di tutelare il risparmio e la stabilità finanziaria, a rilanciare il negoziato per il sistema europeo di garanzia dei depositi, che può essere introdotto con la necessaria gradualità, ma che va incardinato e deve svilupparsi sia sul piano del sostegno alla liquidità sia su quello dell'assorbimento delle perdite e a migliorare la proposta della Commissione europea che introduce una funzione di stabilizzazione macroeconomica per l'area Euro;
   4) ad adoperarsi affinché si prosegua nel lavoro per la costruzione di un mercato unico europeo pienamente efficiente, anche in considerazione delle conseguenze del recesso del Regno unito dall'Unione europea, rafforzando la cooperazione tra gli Stati membri, procedendo sulla strada della costruzione di norme omogenee superando l'attuale frammentazione normativa nel mercato dei beni e servizi;
   5) a sostenere l'adozione di norme moderne ed efficaci capaci di considerare il mercato unico in tutte le sue forme, ricomprendendo anche quelle sviluppate sulle piattaforme digitali, ferma restando la difesa dei diritti dei lavoratori e dei consumatori;
   6) per quanto concerne il Bilancio dell'Unione e nuovo Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027:
    a) a richiedere con forza il mantenimento dei livelli di finanziamento per PAC e politica di coesione per l'UE a 27, garantendo risorse almeno a pari a quelle del bilancio 2014;
    b) a triplicare l'attuale dotazione del programma Erasmus+;
    c) a raddoppiare i finanziamenti destinati alle PMI;
    d) a incrementare almeno del 50 per cento l'attuale dotazione per la ricerca e l'innovazione, portandola a 120 miliardi di euro;
    e) a raddoppiare la dotazione del programma LIFE, incrementare in modo sostanziale gli investimenti attraverso il Meccanismo per collegare l'Europa e garantire finanziamenti supplementari per sicurezza, migrazione e relazioni esterne, portando il nuovo QFP all'1,3 per del RNL dell'Unione europea a 27;
   7) riguardo la Brexit:
    a) alla luce delle decisioni condivise nel Consiglio Europeo del 21 marzo, a difendere le priorità dell'Italia nelle negoziazioni sulla «Brexit», stante il gran numero di cittadini italiani residenti nel Regno Unito, al fine di assicurare ai nostri connazionali garanzie sociali, lavorative, sanitarie e di libera circolazione già previste dal diritto comunitario vigente, a mettere in atto misure di emergenza in caso di mancato accordo tra Unione europea e Regno Unito con il fine di proteggere i diritti dei cittadini italiani che rientreranno in Italia, salvaguardare i diritti dei cittadini britannici in Italia, assicurare la circolazione di merci e persone e soprattutto chiedere al governo britannico reciprocità delle misure quali la salvaguardia dei diritti acquisiti degli oltre 600 mila cittadini italiani residenti nel Regno Unito;
   8) per quanto riguarda le politiche migratorie:
    a) a sostenere in sede europea le modifiche alle norme del Regolamento di Dublino, sulla base della proposta approvata a larga maggioranza dal Parlamento europeo, la quale è fondata sulla redistribuzione permanente dei richiedenti asilo e introduce dunque il principio della responsabilità condivisa e solidale, prevedendo – nel rispetto di quanto sancito dall'articolo 80 TFUE – che l'onere di procedere all'esame delle domande di asilo non gravi solo ed esclusivamente sul Paese di primo ingresso, ma riguardi tutti gli Stati membri dell'Unione, sulla base di criteri oggettivi calcolati in relazione al PIL e alla popolazione, stabilendo altresì un meccanismo sanzionatorio fondato su limitazioni all'accesso ai fondi UE per i Paesi che rifiutino di rispettare tale programma;
    b) ad affiancare la Commissione nell'apertura di un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di Giustizia UE nei confronti degli Stati membri che non hanno rispettato le decisioni obbligatorie del 2015 sul ricollocamento dei richiedenti asilo;
    c) a sollecitare l'attuazione di un programma europeo di controllo efficace delle frontiere esterne, che implementi gli sforzi per combattere le reti criminali di trafficanti di uomini compiuti dal 2015 ad oggi, rafforzando i poteri e le competenze dell'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera e incentivando le azioni di dialogo e collaborazione messe in campo dall'Italia con le autorità dei Paesi di origine e di transito, che hanno consentito di ridurre nel 2018 gli sbarchi del 78 per cento rispetto all'anno precedente;
    d) a valutare nei consessi europei, bilaterali e multilaterali, l'importanza dell'adesione italiana al Global Compact, anche alla luce della numerosa adesione degli Stati che si è registrata in questi giorni, con ben 164 Paesi sottoscrittori, di cui 20 dell'Unione europea e della Risoluzione adottata, a larga maggioranza dal Parlamento europeo nell'aprile 2018;
   9) in quanto alla parità di genere:
    a) a indicare un candidato donna e un candidato uomo per ogni posto da Commissario, affinché la composizione della prossima Commissione europea assicuri l'equa rappresentanza di genere;
    b) a garantire l'equilibrio di genere nel processo di rinnovo delle cariche istituzionali, al fine di assicurare la rappresentanza delle donne ai vertici delle istituzioni dell'Unione europea;
    c) a contribuire alla istituzione di un Consiglio dei ministri per l'Eguaglianza di Genere la cui missione sia quella di garantire i diritti delle donne e le pari opportunità tra donne e uomini in Europa; nonché quella di assicurare l'applicazione dell'approccio gender mainstream a tutte le politiche dell'Unione europea, fornendo indicatori intersezionali e valutazioni d'impatto ex-ante ed ex-post.
(6-00066) «De Luca, Berlinghieri, Delrio, Giachetti, Mauri, Raciti, Rotta, Sensi».


   La Camera,
   premesso che:
    esaminata la relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2019, sul Programma di lavoro della Commissione europea per il 2019 e sul Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (1o gennaio 2019-30 giugno 2020);
    l'esame congiunto dei suddetti documenti rappresenta una vera e propria «sessione parlamentare europea di fase ascendente» dedicata alla valutazione e al confronto tra le priorità delle Istituzioni europee e di quelle del Governo, nonché di quelle individuate dalle Presidenze del Consiglio, per l'anno in corso;
    l'analisi e la discussione dei suddetti documenti devono dunque intendersi come uno dei principali strumenti per l'esercizio ex ante della funzione di indirizzo e di intervento del Parlamento nella definizione attiva, da parte dell'Italia, della politica europea, nonché come funzione di controllo sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea;
    l'esame dei tre atti programmatici offre quindi al Parlamento il quadro dei lavori in corso e programmati in sede di Unione europea: in questo senso, il coinvolgimento attivo e tempestivo del Parlamento sui temi oggetto della relazione programmatica risulta imprescindibile al fine di definire un piano comune e condiviso della politica europea italiana nel contesto europeo e risulta altresì funzionale ad uno sviluppo equilibrato dell'Unione;
    affinché il Parlamento rafforzi il suo ruolo nella definizione delle politiche europee, al fine di proseguire nel percorso di risanamento di quel deficit democratico che ancora affligge l'Unione, è necessario che il Governo continui ad adempiere sistematicamente, e con le tempistiche adeguate, agli obblighi informativi e di coinvolgimento del Parlamento previsti dalla legge n. 234 del 2012;
    in particolare, la Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, accompagnata dagli indirizzi parlamentari recati nei pareri espressi dalle Commissioni permanenti, definisce una cornice strategica coerente per la politica europea del nostro Paese e valorizza l'azione che il Governo ha compiuto, e che intende compiere, nell'ambito della partecipazione dell'Italia alla definizione delle politiche dell'Unione Europea;
    a livello normativo, la presentazione della Relazione programmatica è definita dal dettato dell'articolo 13, comma 1, della legge n. 234 del 2012, che prevede che il Governo presenti alle Camere, entro il 31 dicembre dell'anno precedente, una relazione che comprenda gli orientamenti e le priorità politiche attesi dall'Esecutivo in relazione allo sviluppo del processo di integrazione europea, ai profili istituzionali e alle principali politiche orizzontali e settoriali dell'Unione europea, nonché agli orientamenti che il Governo ha assunto o intende assumere in merito a specifici progetti di atti normativi o a documenti di consultazione dell'Unione europea; infine la Relazione dà conto delle strategie di comunicazione e di formazione del Governo in merito all'attività dell'Unione europea e alla partecipazione italiana all'Unione europea;
    merita in particolare apprezzamento l'impegno profuso dal Governo per affinare, sulla base dell'esperienza progressivamente acquisita, i contenuti della Relazione programmatica, preceduta, per semplicità di consultazione, da una sintesi delle principali materie trattate e che risulta più ricca di elementi informativi e di dati utili ad una valutazione sulle priorità da perseguire;
    l'analisi della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione Europea e le politiche che in quest'ambito si intendono promuovere non può non tenere in considerazione la peculiare fase storica e di rallentamento economico attualmente attraversata dall'Unione europea: la discussione, infatti, si colloca quest'anno in un contesto particolarmente delicato, anche in considerazione della coincidenza delle elezioni per il rinnovamento del Parlamento europeo e per l'incertezza dei negoziati, tutt'ora in corso, per un'uscita – che si auspica ordinata e senza strappi – del Regno Unito dall'Unione europea;
    l'esame congiunto dei documenti programmatici coincide quindi con una fase particolarmente critica della vita dell'Unione europea, chiamata ad affrontare sfide cruciali per l'Europa di oggi e per quella di domani: sfide che stanno mettendo a dura prova la capacità dell'Unione di fornire risposte adeguate e condivise, e che sta pregiudicando la fiducia dei cittadini nella stessa costruzione e tenuta dei progetto europeo;
    considerata la peculiarità dell'attuale fase di fine legislatura europea, si rende quanto mai necessaria una riflessione sulla natura e sul futuro del progetto europeo, sulla governance e sullo stesso assetto istituzionale dell'Unione europea, al fine di rafforzare quella dimensione sociale dell'Unione europea, fatta di valori comuni e condivisi prima che di obiettivi economici, al fine di creare sul terreno del progresso economico, della libertà di circolazione, del mercato unico, della salvaguardia dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali e della tutela della dignità delle persone, un'autentica Unione dei popoli fondata su principi solidaristici e unitari;
    per essere realmente forte e competitiva, l'Unione europea è chiamata infatti a definire in maniera unitaria – come attore di primo piano nella scena globale – le necessarie strategie in materia di crescita, lavoro, sviluppo industriale e innovazione e ad elaborare risposte adeguate all'esigenza di equilibrio fra la riduzione e la condivisione dei rischi fra gli Stati membri;
    per quanto riguarda il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2019, occorre rilevare che si tratta di un programma di fine mandato, in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo del prossimo maggio e del conseguente esaurimento del mandato della Commissione Junker;
    pertanto il suddetto Programma contiene un numero limitato di nuove iniziative, concentrandosi invece sulle proposte pendenti, ritenute essenziali per realizzare concretamente le dieci priorità che la Commissione attualmente in carica si era impegnata a realizzare nel momento della sua investitura;
    tra i temi prioritari del fine legislatura europea vi sono il prosieguo dei negoziati per il Quadro finanziario pluriennale volto ad allocare adeguate risorse finanziarie secondo le principali priorità dell'Unione per il periodo 2021-2027, la discussione sull'approfondimento sull'Unione economica e monetaria e sull'Unione bancaria e la definizione di una strategia europea strutturata su politiche comuni sull'immigrazione e per la riforma del Sistema comune europeo d'asilo;
    per quanto attiene infine il Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea (1o gennaio 2019-30 giugno 2020), esso indica, coerentemente con il sistema introdotto dal Trattato di Lisbona per dare una maggiore continuità e coerenza ai lavori del Consiglio dell'Unione europea, le priorità che le presidenze del Consiglio di Romania, Finlandia e Croazia, che si succederanno in tale ordine, hanno tra loro concordato, sulla base di tale programma,

impegna il Governo:

   1) a rafforzare e a promuovere gli strumenti di partecipazione attiva del Parlamento italiano alla definizione delle politiche dell'Unione europea, con particolare riguardo alla sessione europea di fase ascendente, che coinvolga tutte le istituzioni, al fine di poter rappresentare, in sede unionale, le reali necessità dei cittadini italiani, in un'ottica di dialogo rinforzato e di contributo al processo di democratizzazione dell'Unione europea;
   2) a dare un sistematico e tempestivo adempimento agli obblighi informativi e di coinvolgimento previsti dalla legge n. 234 del 2012 nei confronti del Parlamento, finalizzati ad un esame regolare e appropriato, da parte degli organi parlamentari competenti, dei progetti di atti e documenti dell'Ue di volta in volta in discussione in sede europea, per contribuire alla definizione delle politiche dell'Italia nelle sedi decisionali dell'Unione europea e migliorare altresì il processo di partecipazione democratica all'Unione;
   3) affinché, attraverso una partecipazione attiva al dibattito sulle prospettive di riforma della governance e del progetto europeo, nelle opportune sedi comunitarie, l'assetto istituzionale e le procedure decisionali unionali siano sottoposte a un necessario processo di revisione, con l'obiettivo condiviso di riavvicinare l'Unione europea agli interessi reali dei cittadini ed esercitare pienamente quel ruolo centrale che spetta all'Italia, membro fondatore dell'Unione europea;
   4) ad adoperarsi affinché a seguito dell'auspicabile raggiungimento di un accordo con il Regno Unito per un recesso ordinato dall'Unione europea, ma anche soprattutto in caso di « no deal», siano adottate tutte le misure necessarie per la piena tutela dei cittadini e le imprese italiane che lavorano e operano nel paese britannico;
   5) nell'ambito della politica di allargamento dell'Unione, a dare seguito alla richiesta di interruzione formale dei negoziati di adesione con la Turchia da parte della Commissione Esteri del Parlamento Europeo, fintanto che si continui a riscontrare una sostanziale assenza dei necessari presupposti di condizionalità per la sua adesione all'Unione europea, della perdurante e preoccupante situazione di deficit dello stato di diritto, delle violazioni allo stato di diritto, ai diritti umani e al rispetto della democrazia, evidenziando comunque la necessità di prestare attenzione al dialogo e alla centralità degli scambi culturali, accademici, commerciali e di investimento che tuttora l'Italia mantiene con la società civile in Turchia, che rimane uno Stato membro della Nato e un interlocutore dell'Unione europea, senza tuttavia sottacere la preoccupazione per il deterioramento della situazione dei diritti fondamentali all'interno dello Stato;
   6) nell'ambito del coordinamento nazionale delle politiche europee, a proseguire nell'impegno di Governo volto alla promozione di una efficace partecipazione dell'Italia alle attività dell'Unione europea, con l'obiettivo di dare un rinnovato e decisivo slancio politico alla tutela degli interessi nazionali nel panorama comunitario, anche attraverso gli strumenti a disposizione di coordinamento, indirizzo e impulso politico, con particolare riferimento al ruolo del Comitato interministeriale per gli affari europei (Ciae), al fine di garantire un più efficace coordinamento della posizione italiana nell'ambito dei negoziati europei e garantire altresì reali possibilità di tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini italiani in Europa;
   7) a rafforzare le procedure di raccordo e di cooperazione tra il Parlamento nazionale, il Governo e gli europarlamentari italiani, in particolare attraverso la Rappresentanza permanente presso l'Unione europea e avvalendosi degli strumenti di collegamento previsti dai Regolamenti di ciascuna Camera;
   8) in vista della presentazione della prossima Relazione programmatica 2020, ad adoperarsi, nelle opportune sedi istituzionali, affinché si delinei una strategia europea strutturata su politiche comuni di ampio respiro e che sia adeguata alle attuali sfide della crescita e all'esigenza di equilibrio fra la riduzione e la condivisione dei rischi da parte di tutti gli Stati membri;
   9) a incrementare gli sforzi per la definizione e la risoluzione delle procedure di infrazione attualmente a carico dell'Italia, ai sensi degli articoli 258 e 260 del Tfue, ponendo una particolare attenzione alla fase informativa e di coinvolgimento attivo delle Camere, in merito all'avvio o agli sviluppi delle procedure di infrazione e di pre-infrazione EU-Pilot, in coerenza con il dettato dell'articolo 15 della legge n. 234/2012, al fine di assicurare una sostanziale riduzione delle procedure di infrazione ed evitare effetti finanziari negativi a carico della finanza pubblica.
(6-00067) «Giglio Vigna, Scerra, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Di Muro, Iezzi, Maggioni, Molinari, Murelli, Battelli, Bruno, Sabrina De Carlo, De Giorgi, Di Lauro, Galizia, Giordano, Ianaro, Olgiati, Papiro, Penna, Spadoni, Torto, Villani, D'Uva, Siragusa, Suriano, Emiliozzi».


   La Camera,
   esaminati congiuntamente la Relazione Programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2019 (Doc. LXXXVI, n. 2), il Programma di lavoro della Commissione europea per il 2019 – « Mantenere le promesse e prepararsi al futuro» (CC)M(2018)800 final) e relativi allegati, il Programma dei 18 mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1o gennaio 2019 – 30 giugno 2020;
   preso atto dei documenti acquisiti nel corso dell'istruttoria svolta presso la XIV Commissione Politiche dell'Unione europea e dei pareri espressi dalle commissioni in sede consultiva;
   premesso che:
    il Programma di 18 mesi del Consiglio per il periodo 1o gennaio 2019-30 giugno 2020, copre un arco di tempo in cui la Presidenza del Consiglio dell'UE è esercitata a turno dal Trio delle presidenze rumena, finlandese e croata; il sistema del Trio delle Presidenze del Consiglio dell'Ue, introdotto dal Trattato di Lisbona nel 2009, ha l'obiettivo di dare maggiore continuità e coerenza ai lavori;
    il Programma della Presidenza del Consiglio dell'UE della Romania per il periodo 1o gennaio-30 giugno 2019, indica i seguenti quattro pilastri: l'Europa della Convergenza, per assicurare coesione, uno sviluppo sostenibile ed equo per tutti i cittadini e Stati membri; un'Europa più sicura, per affrontare le nuove sfide sulla sicurezza con strumenti comuni; l'Europa, quale attore globale più forte nel contesto internazionale; l'Europa dei valori comuni, per promuovere solidarietà e coesione, contro le discriminazioni, incoraggiare le pari opportunità e il coinvolgimento dei cittadini;
    il Programma di lavoro della Commissione europea, riferendosi a un periodo di fine mandato della presidenza Junker, in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, contiene un numero limitato di nuove iniziative, concentrandosi sulle poche proposte pendenti e su quelle di attuazione delle dieci priorità che il Presidente Junker si era impegnato a realizzare al momento della sua investitura. Tale programma rappresenta una tappa in vista del vertice di Sibiu sul futuro dell'Unione a 27, che avrà luogo il 9 maggio 2019, un'importante occasione per definire l'agenda strategica per l'UE per i cinque anni successivi;
    la Relazione programmatica del Governo sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2019, presentata il 24 dicembre 208, è prevista dall'articolo 13 della legge 234 del 2012, laddove dispone che il Governo presenti al Parlamento due relazioni annuali sulla partecipazione dell'Italia all'UE, una programmatica e una consuntiva;
    la relazione programmatica, oggetto di esame, è strutturata in cinque parti tematiche ed indica gli orientamenti e le priorità che il Governo intende perseguire nell'anno successivo con riguardo al processo di integrazione europea, ai profili istituzionali e a ciascuna politica dell'UE, in merito agli specifici progetti di atti inseriti nel programma di lavoro della Commissione europea, dando conto della strategia di formazione e comunicazione dell'esecutivo sulla partecipazione italiana alle attività dell'UE;
    l'esame congiunto dei suddetti documenti rappresenta un'importante occasione per valutare in modo sistematico l'adeguatezza e l'efficacia delle politiche dell'Unione, permettendo alle Camere di svolgere appieno le prerogative parlamentari, per quanto attiene alle funzioni di indirizzo in merito alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, con particolare riguardo ai negoziati prioritari per il paese;
    tali relazioni programmatiche si inseriscono in un contesto economico che presenta elementi di preoccupazione e criticità sia a livello europeo che a livello globale;
    la crescita in tutto il continente sta rallentando, con una contrazione dell'economia e dei commerci internazionali che produce scarsa domanda interna e un calo sul fronte degli investimenti, rendendo l'Europa meno competitiva rispetto ai grandi attori mondiali come Usa, Cina e Russia; alla congiuntura non favorevole contribuisce anche l'incertezza sul processo ancora incompiuto della Brexit, con la deriva euroscettica, i nascenti protezionismi, insieme agli effetti delle perduranti tensioni sui dazi tra Stati Uniti e Cina;
    secondo le previsioni economiche intermedie di inverno della Commissione europea, presentate il 7 febbraio, nel 2019 l'economia europea dovrebbe crescere, ma con un tasso inferiore rispetto a quelli degli ultimi anni; il PIL dell'UE e dell'eurozona, cresciuto dell'1,9 per cento nel 2018 (in calo rispetto al 2,4 per cento del 2017) dovrebbe crescere più moderatamente: 1,5 per cento nel 2019 e 1,7 per cento nel 2020 nell'UE e 1,3 per cento nel 2019 e 1,6 per cento nel 2020 nell'eurozona, mentre l'Italia conferma il tasso di crescita più basso tra gli Stati membri;
    il recente Country Report del 27 febbraio 2019 della Commissione europea conferma le valutazioni negative sulla situazione dell'Italia, quale osservato speciale a causa degli squilibri macroeconomici eccessivi, per l'alto debito pubblico, i conti pubblici deteriorati e i passi indietro sulle riforme strutturali; mentre la Commissione prevede per il 2020 una leggera ripresa per il continente europeo nel suo complesso, il nostro Paese non solo è quello che cresce meno, ma è quello che arretra verso la recessione, classificandosi agli ultimi posti dei paesi membri, con un misero 0,2 per cento del Pil per il 2019 e uno 0,8 per cento per il 2020 (contro l'1,2 per cento per il 2019 e l'1,3 per cento per il 2020 delle previsioni di ottobre 2018);
    previsioni pessimistiche arrivano anche dalla Banca d'Italia e dal FMI, secondo cui l'Eurozona può rappresentare un ulteriore fattore di freno alla crescita internazionale nel 2019; il World economic outlook si sofferma sui rischi derivanti principalmente da Germania e Italia: la Germania per il rallentamento della produzione industriale e dell'export per il settore auto, l'Italia per il potenziale rischio finanziario sistemico per gli effetti dell'aumento dei tassi sui titoli di Stato sul sistema bancario e sul debito pubblico;
    servono, dunque, interventi capaci di invertire il trend negativo e indurre a una maggiore crescita, mediante investimenti per sostenere l'aumento della produttività, ricerca e innovazione in tutta l'Unione, con strumenti mirati per aumentare, i livelli occupazionali, in particolare in favore dell'occupazione per i giovani;
    gli strumenti predisposti dalla Commissione UE in tema di investimenti, concentrati nel Piano Juncker, hanno rappresentato un primo passo, e tuttavia non sufficiente per affrontare le sfide globali; tale Piano, attraverso lo strumento finanziario del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (EFSI) in collaborazione con la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), mirava a mobilitare investimenti infrastrutturali per 315 miliardi di euro per il triennio 2015-2018; il programma è stato esteso al 2020, con l'obiettivo di mobilitare fino a 500 miliardi di euro; tuttavia, si è resa necessaria la previsione di un'ulteriore iniziativa, nell'ambito del bilancio pluriennale UE 2021-2027, il programma InvestEu che, con garanzie da bilancio UE per 49,5 miliardi, mira a mobilitare 650 miliardi di euro in investimenti;
    in tale contesto, per le ricadute sul versante della crescita e dello sviluppo, rileva il negoziato in corso sul prossimo Quadro Finanziario Pluriennale-QFP 2020-2027, le cui trattative sull'ammontare complessivo delle risorse e sui punti più rilevanti (c.d. negoziato «orizzontale») partono da una bozza articolata della precedente presidenza austriaca; l'attuale presidenza romena si propone di presentare, nel corso del suo semestre di presidenza, al Consiglio UE di giugno una bozza «semplificata», il cui intento non sta trovando, comprensibilmente, il favore di molti Stati membri;
    la proposta di regolamento sul QFP (CQM(2018)322) segue una procedura legislativa speciale, stabilita dall'articolo 312 TFUE: il Consiglio delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo che, deliberando a maggioranza assoluta, può approvare o respingere la posizione del Consiglio, ma non può emendarla. Tuttavia, il Consiglio europeo può adottare all'unanimità una decisione che consente al Consiglio di deliberare a maggioranza qualificata;
    la proposta di regolamento sul QFP 2020-2027, stabilisce l'ammontare complessivo di risorse pari a un volume complessivo di 1.279 miliardi di euro, ossia l'1,11 per cento del PIL dei 27; per quanto concerne le poste di bilancio più importanti, prevede significative decurtazioni per la PAC (da 276 a 235 miliardi), con tagli lineari e stabiliti in modo arbitrario dalla Commissione per quanto riguarda i pagamenti diretti allo sviluppo rurale. Per l'Italia la proposta assegna circa 32 miliardi (con una riduzione del 17 per cento) anche se la penalizzazione maggiore riguarda il sistema di calcolo, che avviene sulla base del processo di «convergenza esterna» (secondo una progressiva uniformazione dei contributi unitari per ettaro in tutti gli Stati membri);
    diversamente, per altri capitoli di spesa, il QFP individua positivamente «nuove priorità», per le quali si incrementano le risorse, in favore di beni pubblici europei, quali ricerca e innovazione, occupazione e mobilità giovanile, sicurezza, gestione migrazione, difesa, per un'Europa più intelligente e più verde;
    dal lato delle entrate, il nuovo QFP innova con l'introduzione di tre nuove risorse proprie, che dovrebbero coprire il 12 per cento delle entrate: con quota parte della futura imposta sui redditi delle imprese, con il 20 per cento dei ricavi della vendita all'asta delle quote di emissione ETS, con una tassa sugli scarti plastica non riciclata; a ciò si accompagnerebbe l'abolizione dei rebates di cui attualmente beneficiano Austria, Germania, Paesi Bassi e Svezia. Tuttavia, il negoziato in corso sulle nuove risorse Ue non ha trovato solide maggioranze da parte degli stati membri;
    la disciplina puntuale sulle modalità con cui Stati membri, imprese e cittadini possono accedere ai Fondi è contenuta, invece, in appositi regolamenti settoriali, presentati dalla Commissione europea tra il 29 maggio e il 12 giugno 2018 e che saranno negoziati contestualmente alle proposte relative al QFP;
    per quanto riguarda le politiche di coesione, il nuovo QFP, contempla una riduzione delle dotazioni da 370 a circa 330 miliardi. L'Italia riceverà 2,4 miliardi in più rispetto alla programmazione attuale (2014-2020), confermandosi come secondo maggiore beneficiario da 36,2 a 38,6 miliardi. Tuttavia, va osservato che alcuni fattori penalizzeranno comunque l'Italia, tra cui il metodo di ripartizione che assesta le risorse da destinare alle diverse regioni in base all'indicatore di prosperità relativa in base al Pil nazionale, la ridefinizione della categoria delle regioni «in transizione», che ne amplia il novero a quasi tutte le regioni francesi e della Germania orientale, insieme al rafforzamento della concentrazione tematica che impone agli Stati di incentrare i progetti sui soli due obiettivi strategici (Europa più intelligente e Europa più verde), mentre le nostre regioni, in particolare quelle del Sud, in convergenza, avrebbero necessità di intervenire maggiormente sul sociale e in materia di connettività, in attuazione di programmi quali quelli per «un'Europa più sociale» e per «un'Europa più connessa»;
    per quanto concerne i Fondi strutturali europei, non può essere taciuto il rischio di una loro sottoutilizzazione, anche a causa di scarse competenze tecniche; l'obiettivo della programmazione prevede che, secondo la «regola N+3», se entro tre anni dall'impegno di spesa non si riuscirà a utilizzare i fondi scatterà la tagliola del disimpegno automatico. Per quanto attiene alla programmazione 2014-2020, le risorse assegnate all'Italia ammontano a 42,7 miliardi, cui aggiungere i 30,9 miliardi di co-finanziamento nazionale, prefigurando 73,6 miliardi. Ma, ad oggi, il nostro Paese ha speso solo il 4 per cento di tali risorse;
    l'Italia è membro contributore netto, secondo gli ultimi dati della relazione della Corte dei conti, fra il 2011 e il 2017, ha accumulato 36,1 miliardi di saldi negativi; tra le cause dello sbilancio negativo, fra il dare e avere, in cui l'Italia figura quarta – dopo Germania, Regno Unito e Francia – la Corte dei Conti, nella relazione 2018 (depositata il 9 gennaio 2019), segnala che: «la dinamica degli accrediti dipende, oltre che dalla preassegnazione dei fondi a ciascun Paese nell'ambito della gestione concorrente, anche dalla capacità progettuale e gestionale degli operatori...».;
    sarebbe auspicabile anche un cambiamento delle regole europee, volto a una maggiore semplificazione e che ribalti la logica solo «punitiva», per far posto a un approccio costruttivo nell'utilizzo dei fondi strutturali; occorre superare il paradosso secondo cui più uno Stato è in difficoltà e più i meccanismi comunitari risultano penalizzanti; se uno Stato rimane indietro rispetto agli altri, anziché sanzionare meramente la mancata presentazione di progetti adeguati con la perdita di risorse, la Commissione dovrebbe prevedere anche meccanismi di affiancamento e supporto per aiutare i singoli Paese a varare progetti adeguati;
    rilevanti anche le risorse per gli investimenti, nell'ambito di applicazione del Regolamento per i fondi strutturali di investimento europei, i Fesr, riguardanti interventi sul territorio italiano dall'impatto significativo sulla vita dei cittadini (dalla banda larga alle strade); tra questi interventi il 10 per cento dei 13 miliardi di euro e che spettano al nostro Paese sono destinati alle grandi città e il 5 per cento a piccoli comuni ed aree interne; ai fini della valutazione della Strategia nazionale aree interne (Snai), andrebbero individuate le aree destinatarie dei fondi europei in base alle reali necessità, affinché anche la sussidiarietà rispetti le effettive condizioni economiche dei territori che accedono ai finanziamenti (come richiesto dal Gruppo di Forza Italia nell'ambito dell'audizione della delegazione italiana del comitato delle regioni europeo affinché anche il Parlamento si pronunci in tale direzione);
    per quanto riguarda l'azione esterna della Ue e il ruolo dell'Italia:
     in un contesto globale dove i rapporti tra gli Usa da un lato e la Russia e la Cina dall'altro stanno rapidamente evolvendo in un crescendo di conflittualità, è difficile immaginare che l'Italia, isolata nel contesto europeo, possa esercitare un ruolo determinante anche al fine di tutelare i nostri interessi strategici;
     la guerra dei dazi rischia di danneggiare l'Europa, la quale non può divenire anch'essa bersaglio della lotta alla sovraccapacità produttiva con dumping commerciale;
     l'Italia deve sostenere gli interessi strategici della Ue in ambito commerciale, economico e finanziario, sviluppando, al contempo, una più forte e coesa politica estera e di difesa in ambito Nato, lavorando affinché l'Alleanza atlantica rafforzi la sua attenzione operativa anche a sud e non solo a est del continente;
     il nostro Paese deve impegnarsi per divenire attore principale delle politiche europee nel Mediterraneo, su tutti i temi di interesse strategico, dal campo energetico, a quello infrastrutturale ed economico a quello del controllo dei flussi migratori, tessendo, a tal fine, alleanze con i Paesi del Sud Europa, affinché gli assetti futuri della Ue non siano improntati a un'ottica dei soli paesi del Nord Europa – spesso non coincidenti con quelli strategici del nostro Paese;
     è necessario che l'Italia torni a riconsiderare l'Unione come il più grande investimento culturale, politico ed economico possibile; un consesso sovranazionale che l'Italia ha contribuito a costruire, quale membro fondatore dell'UE, promuovendo e condividendo il processo di integrazione, trasformando l'Europa da continente di guerra a continente di pace, con la riconciliazione fra popoli divisi da secoli di conflitti, impegnati a sviluppare la democrazia e la difesa dei diritti fondamentali;
     occorre, dunque, con un lavoro costante e competente nelle sedi europee, riacquistare la tradizionale funzione dell'Italia quale paese-guida, soprattutto sui dossier determinanti per la sopravvivenza stessa dell'Unione;
     eppure, di fronte alle grandi sfide, il nostro Paese sta perdendo credibilità a livello europeo, rischiamo di non contare nulla nel contesto globale, anche per le reiterate assenze o per le posizioni talvolta maldestre o contraddittorie sulla politica estera; rischiamo di perdere la storica influenza sul Mediterraneo, dalla Libia, all'operazione navale Sophia, fino alle contraddittorie prese di posizione su importanti scelte di politica estera, come sul Venezuela di Maduro, o sui rapporti commerciali con la Cina, con la sottoscrizione di accordi impegnativi, nell'ambito del Memorandum sulla nuova via della Seta, laddove abbiamo rischiato di compromettere la tradizionale vocazione europea e transatlantica dell'Italia; per poi, in seguito anche per le preoccupazioni avanzate da parte di molti gruppi parlamentari, dover ridimensionare le intese per ricondurle, quantomeno, nell'ambito di una cornice Ue, nel rispetto di adeguati standard e di misure antidumping europee;
     da rilevare che non più di un anno fa 27 ambasciatori Ue a Pechino, compreso quello italiano, avevano avvertito sui rischi di un'apertura economica diseguale con il colosso cinese; coerentemente a tale approccio, volto a un maggiore controllo delle acquisizioni strategiche, il Parlamento europeo si è espresso a maggioranza in favore di un nuovo meccanismo per monitorare gli investimenti stranieri. In tale occasione, con palese contraddizione rispetto agli indirizzi già consolidati, i rappresentanti dell'attuale maggioranza che siedono al Parlamento europeo, lo scorso 14 febbraio 2019, si sono colpevolmente astenuti sullo schema di provvedimento (COM(2017) 487 final) in tema di screening degli investimenti diretti esteri (IDE) nell'Unione – una sorta di golden power comunitario, di cui peraltro l'Italia si era fatta promotrice assieme a Francia e Germania;
     purtroppo non è esente da conseguenze anche l'assenza di un Ministro italiano per le politiche europee, con l'attribuzione di adeguate deleghe, e ancora non sostituito; una presenza indispensabile ai tavoli negoziali in considerazione delle rilevanti trattative in corso, a partire da quello sul nuovo QFP 2021-2027, fino ai dossier aperti sul rilancio della politica industriale Ue, al fine di scongiurare il riaffermarsi dell'egemonia dell'asse franco-tedesco, con effetti dannosi per gli interessi del nostro Paese e per il futuro dell'intera Europa. Occorre, dunque, uscire da un isolamento in ambito europeo, che rischia di escludere l'Italia dalla partita sulle prossime nomine dei vertici comunitari;
     per riguadagnare un ruolo decisivo e coerente con il peso di paese fondatore occorre impegnarsi per costruire un'Europa del futuro capace di assicurare pace, prosperità e benessere per tutti i suoi popoli; impegnarsi per un'Europa che riaffermi il suo ruolo di attore globale, in quanto culla di democrazia, nei suoi principi fondanti, pensiero, arte e cultura, che tutela la libertà e la dignità della persona;
     occorre prefigurare un'Europa più democratica, più vicina ai propri cittadini, che sappia dare risposte alle grandi sfide, a partire da quelle dell'immigrazione, della disoccupazione, della sicurezza, della rivoluzione tecnologica e dei cambiamenti climatici; occorre rafforzare il modello di economia sociale di mercato, che protegga le fasce più deboli e vulnerabili colpite dalla globalizzazione, e che dia maggiori opportunità ai giovani, affinché possano continuare a guardare all'Europa come a uno spazio per progettare il futuro; occorre superare i deficit di democrazia e l'eccesso di burocrazia delle istituzioni europee, per avvicinarle maggiormente ai cittadini;

impegna il Governo:

   a) per quanto riguarda il futuro dell'Unione, il funzionamento e l'architettura istituzionale della Ue, a sostenere le riforme atte a rendere l'Europa più solidale e più attenta alle esigenze dei singoli stati membri, anche nell'ambito di una revisione dei Trattati, tra cui rileva quella volta ad attribuire la piena potestà di iniziativa legislativa al Parlamento europeo, in quanto unica istituzione Ue eletta direttamente eletta dai cittadini, affinché abbia gli stessi poteri delle altre Assemblee elettive, diventando autorità di bilancio su un reale piano di parità con il Consiglio, con pieni poteri non solo sulle scelte di spesa ma anche su quelle di entrata; una riforma necessaria proposta dal gruppo Forza Italia e accolta in sede di parere in XIV, sulla comunicazione della Commissione europea del 23 ottobre 2018 sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità: rafforzare il ruolo nel processo di definizione delle politiche dell'UE (C()M(2018)703);
   b) a porre al centro dell'Agenda europea la materia della fiscalità, dell'unione doganale e dell'approfondimento dell'Unione economica e monetaria, al fine di salvaguardare la stabilità dell'euro, e in favore di una riforma della BCE sul modello della Federal Reserve americana, che indirizzi le sue capacità di intervento non solo per far fronte ai fenomeni inflazionistici ma anche a quelli relativi alla crescita e alla disoccupazione; a promuovere il completamento dell'Unione Bancaria, in favore della condivisione e riduzione dei rischi, per una maggiore credibilità di fronte ai mercati finanziari, comprendente sia il sistema europeo di assicurazione dei depositi, sia la creazione di un meccanismo di garanzia comune per il Fondo di risoluzione unico delle crisi bancarie; infine, a completare il mercato unico con una maggiore armonizzazione fiscale, in favore di regole eque ed efficaci per contrastare le evasioni ed elusioni fiscali, e a mettere fine ai privilegi di cui godono taluni paradisi fiscali, anche all'interno della stessa Ue, o di benefici nei livelli di tassazione, come quelli di cui godono alcuni giganti del web;
   c) ad appoggiare le azioni europee volte allo sviluppo sostenibile, con particolare riguardo all'attuazione del pacchetto normativo europeo sull'economia circolare, per una piena operatività dell'accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e in favore delle energie pulite, per il completamento del Pacchetto «energia pulita per tutti gli europei», per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra;
   d) a incoraggiare le azioni a livello europeo indirizzate agli investimenti in infrastrutture, in tecnologia, in formazione, ricerca e innovazione, in favore delle industrie creative, per il digitale, per la crescita, maggiori risorse per gli investimenti e il rilancio di una strategia industriale europea; a sostenere la proposta di regolamento che istituisce «Orizzonte Europa», che finanzia importanti stanziamenti per la ricerca e l'innovazione nell'ambito del nuovo QFP 2021-2027;
   e) per quanto riguarda le misure in materia di occupazione, lavoro e welfare, a rafforzare gli interventi per l'occupazione giovanile e in favore delle fasce più deboli, che hanno sofferto maggiormente per gli effetti di delocalizzazioni produttive non regolamentate a livello europeo; a proseguire i negoziati per dare attuazione alla direttiva in materia di equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza (abrogando la direttiva 2010/18/Ue), potenziando le misure di conciliazione tra vita professionale e vita privata, anche mediante il ricorso a modalità di lavoro agile e più attenta alle esigenze delle donne, che sopperiscono ai maggiori carichi familiari, in assenza di servizi a livello sociale e aziendale;
   f) ad appoggiare le proposte europee del Pacchetto mobilità I in materia di trasporto stradale e in settori connessi, nonché a sviluppare in tema di Reti Trans-europee e tutti i progetti in grado di interconnettere i nostri territori con altri paesi membri, alleggerendo il trasporto su gomma inquinante, beneficiando delle sovvenzioni europee per la pianificazione di una rinnovata mobilità, anche nell'ottica di rilanciare la crescita, gli investimenti e l'occupazione;
   g) a proseguire con determinazione la battaglia per tutelare, anche in ambito Ue, l'eccellenza della produzione italiana sui mercati internazionali, difendendo il made-in, le nostre eccellenze, il nostro know-how, i prodotti italiani contro la contraffazione e le pratiche commerciali sleali, i marchi, una corretta etichettatura a tutela dei consumatori; a sostenere un'agricoltura sostenibile e di qualità, scongiurando le penalizzazioni per la PAC, nell'ambito del prossimo QFP 2020-2021, affinché il comparto agricolo e della pesca siano adeguatamente remunerati;
   h) per quanto riguarda i Fondi strutturali europei, ad attivarsi affinché le regole attuali per accedervi siano finalmente semplificate e superando l'eccesso di normazione e di burocrazia dei meccanismi previsti; a dare priorità all'informazione sui fondi Ue disponibili, sulle procedure per attivarli e sulla loro rendicontazione, per rispondere alle richieste legittime di amministratori locali, imprese e cittadini; a rilanciare la proposta del presidente del Parlamento europeo, Tajani, che mira a non disperdere i fondi strutturali Ue, affinché quelli ancora non impegnati, sommati ad altri finanziamenti derivanti dalla Cassa Depositi e Prestiti, dalla Banca Europea degli investimenti e dalle banche private, possano rilanciare una nuova stagione di infrastrutture per il Mezzogiorno e mobilitare nuova occupazione, attivando, altresì allo scopo, progetti di carattere interregionale, per i quali si richiede una quota di co-finanziamento minore rispetto ad altri programmi;
   i) per quanto attiene alle politiche di coesione e i criteri per l'assegnamento dei fondi, nell'ambito del nuovo QFP, a promuovere un approccio meno stringente rispetto a quanto previsto, affinché: 1) si prevedano diversi obiettivi di concentrazione tematica per le diverse categorie di regioni, tenendo conto che quelle in ritardo, meno sviluppate e «in convergenza» hanno esigenze diverse da quelle più sviluppate, necessitando di maggiori interventi coerenti a un'Europa più sociale e a un'Europa più connessa (non contemplati negli OS previsti); 2) siano lasciati margini di maggiore flessibilità agli Stati membri per consentire di impiegare le risorse negli ambiti ove queste risultino maggiormente urgenti e necessarie; sostenere la proposta di introdurre un sotto-massimale per la politica di coesione, atta a garantire che le relative risorse non subiscano tagli nel corso della programmazione e in favore del mantenimento di una Riserva (Union Reserve) da finanziare tramite i margini non allocati negli anni precedenti, contrastando le proposte avanzate durante il negoziato volte all'eliminazione della revisione di medio termine, centrale per garantire che il prossimo QFP possa essere adeguatamente «aggiustato» alla luce dell'evolversi delle circostanze; a rivalutare, altresì, le aree interne, all'interno della relativa strategia nazionale (Snai) per la destinazione dei fondi strutturali di investimento europei (FESR);
   j) per quanto riguarda la gestione delle politiche migratorie, a sostenere il Programma di diciotto mesi che ritiene prioritario il rafforzamento delle frontiere esterne Ue; ad attivarsi, in sinergia con altri paesi membri, per il superamento del Regolamento di Dublino, a partire dalla Riforma votata dal Parlamento europeo nel novembre 2017, volta a superare il principio ormai anacronistico dell'accoglienza del paese di primo approdo, in favore di un sistema comune di asilo europeo, solidale e condiviso, di una strategia europea per contrastare la tratta di esseri umani, bloccare l'immigrazione irregolare fin dai paesi di origine; a intervenire all'origine dei flussi migratori nei paesi di origine, mediante accordi di riammissione e rimpatrio per coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale; a rafforzare le partnership Ue con i paesi terzi nelle politiche di cooperazione, sostegno e di sviluppo, con conseguenti opportunità anche per le nostre imprese, con risorse europee adeguate, atte a mobilitare un Piano Marshall per l'Africa, un continente che vedrà una crescita esponenziale nei prossimi anni, a fronte di una decrescita di quello europeo; ad appoggiare la richiesta di fondi adeguati in favore di Frontex e della nuova Guardia costiera e di frontiera Ue, per disporre di più uomini e mezzi per difendere le frontiere esterne dell'Unione;
   k) nell'ambito dei temi della difesa e sicurezza, lotta al terrorismo internazionale, cyber-sicurezza, a potenziare il sistema di scambio di informazioni tra intelligence, per la costruzione di una vera e propria FBI europea; a proseguire nel processo di creazione di una difesa comune europea e nel consolidamento della PESCO (cooperazione strutturata permanente), in complementarietà con la NATO; sviluppando e rafforzando l'industria e un mercato Ue della difesa, indirizzando e rafforzando i progetti per un'industria europea all'interno dei programmi PESCO e non al di fuori di essi, tali da non pregiudicare gli interessi strategici dell'Italia; per gli stessi obiettivi, a favorire l'impiego dei finanziamenti del Fondo europeo per la difesa corrispondenti alle aspettative di sviluppo di una base industriale solida, affinché le capacità della difesa italiana possano trovare spazio per rilanciare e preservare l'autonomia tecnologica e produttiva dell'intera filiera delle imprese italiane nel settore militare;
   l) per quanto riguarda le relazioni estere dell'Unione e la difesa comune, ad appoggiare gli impegni delle tre presidenze sulla politica estera dell'Unione, nell'ambito del programma «l'Unione come attore forte sulla scena mondiale», e promuovere il c.d. «approccio integrato» che combina l'azione nel settore della sicurezza con l'attività di prevenzione dei conflitti, restando ferme e privilegiate le relazioni strategiche con gli Usa per mantenere la nostra tradizionale collocazione europea e transatlantica nello scacchiere internazionale; a proseguire l'impegno in favore dell'allargamento Ue per i Balcani occidentali e l'azione europea nel suo vicinato, a che il rispetto dei parametri e degli standard concordati, improntati sui valori fondanti della democrazia, siano connessi al raggiungimento degli impegni in materia di controllo dell'immigrazione clandestina, al contrasto della criminalità organizzata e del terrorismo internazionale, alimentati dalla presenza dei foreign fighters; a rafforzare gli investimenti, l'aiuto e la cooperazione allo sviluppo con i paesi terzi, in particolare con l'Africa, al fine di contenere le migrazioni verso l'Europa a partire dai paesi di maggiore flusso e transito; a sostenere la strategia europea per relazioni con la Cina, aggiornata il 12 marzo, con documento congiunto della Commissione e dell'Alto rappresentante, che indica le 10 azioni fondamentali per determinare la cooperazione con la Cina, sia in termini di sfide che di opportunità e per salvaguardare un approccio comune europeo; con particolare riguardo all'evoluzione delle reti di nuova generazione del servizio radiomobile terrestre, 5G, a sostenere l'azione europea volta a garantire un'efficace salvaguardia contro le implicazioni in termini di sicurezza delle infrastrutture digitali critiche, definendo in materia un approccio comune europeo, anche impegnandosi a identificare, entro la fine del 2019, i gap nella normativa europea per affrontare con efficacia gli effetti distorsivi sul mercato interno della proprietà statale e dei finanziamenti statali, alle imprese straniere.
(6-00068) «Rossello, Battilocchio, Marrocco, Pettarin, Ruggieri, Elvira Savino, Cosimo Sibilia, Vietina».


   La Camera,
   esaminata la relazione Programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2019 e il Programma di lavoro della Commissione europea per l'anno 2019 e relativi allegati, nonché il Programma di diciotto mesi del Consiglio dell'Unione europea per il periodo 1o gennaio 2019-30 giugno 2020;
   premesso che:
    la Relazione Programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno 2019 (Doc. LXXXVI n. 2) indica quali siano le linee programmatiche del Governo Italiano,

impegna il Governo:

   1) per quanto riguarda la politica macroeconomica, ad allineare le politiche fiscali escludendo la pratica del « dumping fiscale» fra Stati aderenti ed in ogni caso per contrastare i programmi fiscali aggressivi (aggressive tax planning);
   2) per quanto riguarda le politiche della migrazione, a coinvolgere l'intera Unione alla realizzazione della interdizione delle partenze dalle coste africane, in ogni caso al passaggio alla fase tre di Eunavfor Med Sophia che prevede testualmente di «neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche usate dai contrabbandieri e trafficanti sia in mare che a terra e quindi contribuire agli sforzi internazionali per scoraggiare gli stessi contrabbandieri nell'impegnarsi in ulteriori attività criminali», attraverso la formale richiesta di Risoluzione dell'ONU e del consenso e della cooperazione da parte del corrispondente Stato costiero;
   3) sempre in ordine alle politiche migratorie, a coinvolgere l'Unione europea nella linea di creare hot spot negli Stati costieri per la selezione dei rifugiati e la distribuzione pro-quota a tutti gli Stati aderenti ed in ogni caso alla costituzione di un fondo europeo per i rimpatri dei migranti economici che non hanno titolo per permanere negli Stati europei di approdo;
   4) per quanto concerne le politiche per il mercato interno dell'Unione e segnatamente il tema della cybersicurezza e il capitolo «ricerca, sviluppo tecnologico e spazio», in una ottica precauzionale, a sollecitare l'approvazione di una direttiva sugli apparati per le telecomunicazioni, con vincoli molto più stringenti per i produttori in ordine alla tutela dei dati, anche alla luce della tecnologia 5G e della scarsa affidabilità di Huawei in tema di protezione dei dati industriali, politici e personali;
   5) per quanto concerne la fiscalità europea, a sollecitare in sede europea la creazione di un percorso volto alla tassazione delle imprese e dei grandi gruppi multinazionali che operano nell'economia digitale che preveda l'imposizione nel luogo ove effettivamente viene generato il reddito;
   6) per quanto concerne il capitolo «impresa, concorrenza e consumatori», a proporre l'introduzione della normativa a tutela del «made in» senza più alcuna dilazione legata al negoziato del « goods package»;
   7) per quanto concerne il capitolo «trasporti» e segnatamente l'assetto delle Reti TEN-T, a impegnarsi per il rilancio della realizzazione dei corridoi multimodali, scongiurando ogni ipotesi di revisione dei tracciati che ritardi l'apertura e l'ultimazione dei cantieri;
   8) per quanto concerne il capitolo «agricoltura e pesca», a sollecitare l'esclusione dalla politica di cooperazione internazionale qualsivoglia finanziamento per coltivazioni di prodotti che rientrino nel mercato europeo e a pretendere il medesimo livello di profilassi igienica, sanitaria e fitosanitaria dei prodotti extraeuropei in entrata rispetto quelli del mercato interno ed in ogni caso a scongiurare qualsivoglia ipotesi interferenza nella legislazione nazionale relativa al divieto del latte in polvere nella produzione casearia a protezione della qualità della nostra industria casearia e dei suoi prodotti;
   9) per quanto concerne il capitolo «affari sociali», a richiedere all'Unione una politica della natalità dell'Europa che preveda un piano Marshall della natalità con sostegno diretto e indiretto alla stessa e segnatamente introducendo il «reddito di infanzia», potenziando la rete dei servizi a sostegno delle famiglie con specifico riferimento agli asili ed infine allineando la tassazione sul valore aggiunto dei prodotti per l'infanzia nella misura del 5 per cento;
   10) per quanto concerne il capitolo della «tutela della salute», atteso che, secondo indagini svolte a livello nazionale, le sostanze tossiche presenti sui tessuti, sulla pelletteria e sulle calzature sono la causa dell'8 per cento delle patologie dermatologiche rilevate presso le strutture sanitarie e riconducibili, nella totalità dei casi, a capi di importazione, a impegnarsi per la profilassi igienica e sanitaria dei tessuti, della pelletteria e delle calzature in entrata ed in ogni caso ad introdurre una etichettatura obbligatoria sulle sostanze usate e sul fatto che ogni lavorazione sia stata eseguita garantendo condizioni di sicurezza per i lavoratori e gli utilizzatori finali;
   11) per quanto concerne il capitolo «cultura», a impegnarsi nuovamente per l'affermazione delle radici cristiane dell'Europa e per la restituzione immediata dei beni culturali trafugati da uno Stato membro;
   12) per quanto concerne il capitolo giustizia, a richiedere la delineazione a livello europeo di un modello di reato di integralismo islamico, per la istituzione di una Commissione apposita per lo studio del fenomeno della mafia nigeriana e delle politiche di criminalità per rispondere alle sfide da essa poste allenterò continente ed infine per la realizzazione di trattati bilaterali con tutti i paesi extraeuropei per l'esecuzione della pena nello Stato di provenienza anche per prevenire il fenomeno stigmatizzato della radicalizzazione islamica nelle nostre case circondariali;
   13) per quanto concerne il capitolo «politica estera e di sicurezza comune» a sollecitare l'Europa sul tema della libertà religiosa da introdurre in ogni trattato bilaterale che coinvolga l'Europa con paesi del Medio Oriente o organizzazioni internazionali di essi e alla politica di «ricollocamento» dei cristiani che ne facciano richiesta nelle terre da cui sono fuggiti per motivi di persecuzione religiosa, richiedendo l'istituzione di un apposito fondo europeo, nel convincimento intimo che una pacificazione duratura del medio oriente è possibile solo con la presenza e la convivenza pacifica con le primigenie comunità cristiane;
   14) sulla questione Russa, a sollecitare l'Europa a facilitare il dialogo con l'Ucraina, immaginando percorsi di monitoraggio e di mediazione e chiedendo contestualmente la revoca delle sanzioni;
   15) sull'area dei Balcani Occidentali nella facilitazione del Dialogo Belgrado-Pristina, a porre il tema dell'area dei monasteri serbi, quale area potenzialmente capace di alimentare senza fine il conflitto;
   16) sulla questione Venezuelana, alla luce della ormai imminente guerra civile, a richiedere il riconoscimento di Guaidò quale Presidente ad interim affinché indica libere elezioni;
   17) per quanto concerne il capitolo «allargamento dell'Unione», contrariamente a quanto indicato nella Relazione Programmatica, a escludere qualsivoglia ipotesi si allargamento alla Turchia per scongiurare l'islamizzazione dell'Europa.
(6-00069) «Lollobrigida, Meloni, Delmastro Delle Vedove, Montaruli, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


MOZIONI MARATTIN ED ALTRI N. 1-00141, MANDELLI ED ALTRI N. 1-00148 E LOLLOBRIGIDA ED ALTRI N. 1-00149 CONCERNENTI INIZIATIVE DI POLITICA ECONOMICA, ALLA LUCE DEI RECENTI DATI ECONOMICI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    sulla base dei dati comunicati dall'Istat il 5 marzo 2019, nel terzo e quarto trimestre 2018 – dopo 14 trimestri di crescita ininterrotta – la variazione congiunturale del Prodotto interno lordo (Pil) è risultata negativa e, nel quarto trimestre, si è azzerata anche la variazione tendenziale rispetto al quarto trimestre dell'anno precedente;
    secondo quanto diffuso dall'Istituto di statistica il 27 febbraio 2019, la fiducia delle imprese è in costante diminuzione dal giugno 2018, passando da un valore indice di 105,2 al 98,3 del febbraio 2019, che rappresenta il punto più basso degli ultimi anni; secondo gli stessi dati, si assiste ad un medesimo fenomeno di inversione del clima di fiducia dei consumatori, passato dal valore indice di 116,2 del luglio 2018 al 112,4 di febbraio 2019;
    il rapido deteriorarsi della crescita del reddito e del clima di fiducia degli agenti economici nazionali sta dando luogo a ripercussioni negative nel mercato del lavoro: i dati diffusi dall'Istat il 1o marzo 2019 evidenziano che, dall'insediamento del Governo Conte (1o giugno 2018) al 31 gennaio 2019, si sono persi 91 mila occupati e, in particolare, 53 mila unità di lavoro dipendente a tempo indeterminato, mentre si osserva un aumento di 32 mila unità di lavoro a tempo determinato;
    da maggio 2018 a dicembre 2018 si è inoltre verificato un deflusso di investimenti di portafoglio esteri dal nostro Paese pari cumulativamente a 109,4 miliardi di euro (di cui 88,1 miliardi relativi a strumenti di debito della pubblica amministrazione), come si osserva nei dati diffusi da Banca d'Italia il 19 gennaio;
    il deciso peggioramento della congiuntura economica – dovuto al peggioramento della domanda interna e non alla componente estera – rende con assoluta evidenza del tutto irrealistico il quadro macroeconomico aggiornato dal Governo il 30 dicembre 2018, e basato su una crescita annua del prodotto interno lordo pari all'1 per cento – da ultimo criticata dall'Ocse, che stima un tasso addirittura negativo, pari a –0,2 per cento – e ad un indebitamento netto nominale pari al 2 per cento del reddito nazionale;
    nonostante gli annunci ripetutamente effettuati dal Governo fin dall'estate 2018, risultano ancora sostanzialmente fermi gli investimenti pubblici, previsti addirittura in calo di più di un miliardo di euro sull'esercizio 2019;
    questi andamenti confermano, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'incapacità di programmazione dimostrata dal Governo, aggravata da un'inversione di tendenza nella trasparenza che le diverse fasi del ciclo di bilancio imporrebbero, ai sensi della normativa nazionale ed europea, al processo di condivisione degli obiettivi di finanza pubblica;
    la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018, che ha costituito il primo documento di programmazione presentato dal Governo in carica, oltre a proporre uno scenario programmatico inattendibile, come già previsto dai più autorevoli osservatori nazionali e internazionali, risultava altresì, per la prima volta, priva di alcuni elementi fondamentali, quali l'analisi di sensitività della dinamica del rapporto debito/prodotto interno lordo alle variabili macroeconomiche che ne determinano l'evoluzione e, nell'annesso relativo alla relazione al Parlamento, il piano di rientro di cui all'articolo 6, comma 3, della legge n. 243 del 2012;
    i documenti programmatici di finanza pubblica svolgono una delicata e importante funzione informativa a livello nazionale, comunitario e internazionale, in grado di rendere pienamente visibili le scelte di policy; previsioni tendenziose e inattendibili possono compromettere notevolmente l'efficacia della programmazione finanziaria,

impegna il Governo:

1) al fine di assicurare la trasparenza e l'affidabilità dei conti pubblici, al servizio del Parlamento e dei cittadini, a delineare al più presto, nell'ambito del prossimo Documento di economia e finanza – comunque da presentare alle Camere entro il 10 aprile 2019 – l'effetto sui conti pubblici del deciso peggioramento della congiuntura macroeconomica;

2) a chiarire come intenda rispettare gli impegni di finanza pubblica concordati con la Commissione europea ed esposti nell'aggiornamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica del 30 dicembre 2018, al fine di scongiurare una costosa procedura di infrazione;

3) a specificare come intenda evitare il peggioramento del rapporto debito/prodotto interno lordo – inevitabile, dato l'andamento della congiuntura, in assenza di interventi correttivi – che avrebbe pesanti ripercussioni sul costo di finanziamento delle passività dello Stato, innescando un pericoloso circolo vizioso già sperimentato in anni recenti in alcuni Stati membri dell'Unione europea;

4) ad esporre chiaramente quali nuove iniziative di politica economica intenda adottare nel corso del 2019 per contrastare la recessione, sostenere il reddito dei lavoratori e migliorare le condizioni strutturali di competitività e produttività del sistema delle imprese.
(1-00141) «Marattin, Boccia, Boschi, De Micheli, Madia, Melilli, Navarra, Padoan, Enrico Borghi, Fiano».


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di contabilità nazionale (legge n. 196 del 2009), come modificata dalla legge n. 163 del 2016, fissa al 10 aprile la data di presentazione alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, del principale strumento di programmazione economica e finanziaria nazionale, ovverosia il documento di economia e finanza, al cui interno è contenuto il programma di stabilità e il programma nazionale di riforma;
    la presentazione del documento di economia e finanza nella prima metà del mese di aprile è volta a consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici in tempo utile per l'invio, entro il 30 aprile, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea del programma di stabilità e del programma nazionale di riforma, che potrà, in questo modo, tener conto delle indicazioni fornite nell'analisi annuale della crescita, predisposta all'inizio di ciascun anno dalla Commissione europea;
    in particolare, nell'ambito del documento di economia e finanza per il 2020, il Governo Conte, alla luce dei contenuti della legge di bilancio per il 2019 (legge 31 dicembre 2018, n. 145), sarà tenuto a fornire delle indicazioni puntuali su come il nostro Paese intenda rispettare gli impegni relativi ai conti pubblici per il 2020 e, in particolare, a spiegare se e come intende disinnescare circa 23,1 miliardi di euro di clausole di salvaguardia previsti nel corso del 2020 e 28,8 miliardi di euro nel 2021, che corrispondono a più di 50 miliardi di euro di aumenti Iva nel biennio, capaci di pregiudicare in modo irreversibile le condizioni economiche già precarie in cui versa il nostro Paese;
    sino ad oggi ancora non si comprende se il Governo eviterà detti aumenti con misure tese ad un innalzamento del livello di tassazione ovvero ad un pesante taglio della spesa pubblica, ovvero ancora con la modifica o abrogazione di alcune norme onerose della legge di bilancio per il 2019, ovvero ancora con non meglio definiti interventi sulla crescita di cui oggi si leggono solo gli annunci, finanziati in deficit o con il taglio delle agevolazioni fiscali (tax expenditures), di cui sono dubbi gli effetti di crescita sull'economia del Paese, senza contare che detti effetti, nella migliore delle ipotesi, potrebbero prodursi solo a partire dall'autunno 2019;
    ma ciò che appare ancor più preoccupante è che, secondo voci circolanti nell'ambiente, il Governo sarebbe intenzionato a presentare ad aprile 2019 un documento di economia e finanza contenente solo un quadro delle stime che rinvia all'autunno 2019, con la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2020, ogni decisione cruciale di natura programmatica che, secondo quanto previsto dalla legge di contabilità nazionale, dovrebbe essere invece contenuta nel documento di economia e finanza. Rispetto al documento di economia e finanza 2020, infatti, il Governo Conte è obbligato a presentare sia il quadro programmatico sia quello tendenziale relativo alla finanza pubblica;
    occorre, poi, considerare che, oltre ai citati interventi relativi alle clausole di salvaguardia previste dalla legge di bilancio per il 2019, il nostro Paese è a rischio di altri due interventi significativi dal punto di vista finanziario, due manovre economiche per essere precisi. La prima, da 2 miliardi di euro, sarà varata nel mese di luglio 2019, quando il Governo sarà costretto a far scattare la clausola «salva deficit» inserita nella legge di bilancio per il 2019, come voluto dalla Commissione europea nel caso in cui il rapporto deficit/prodotto interno lordo aumenti sopra l'obiettivo annuale del 2,04 per cento concordato nel dicembre 2018: un taglio secco di 2 miliardi di euro che colpirà inesorabilmente le dotazioni dei ministeri, 300 milioni di euro di tagli ai trasporti locali, oltre 100 milioni di euro di tagli per imprese e università e altri alla difesa e alla famiglia. La seconda è, infine, un'ulteriore manovra correttiva, stimata, per quanto risulta, in circa 10 miliardi di euro, volta a compensare l'eccesso di deficit che si viene a generare per effetto del crollo del prodotto interno lordo e dell'entrata dell'economia italiana in recessione;
    non a caso, recentissimamente il Vice Presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha invitato l'Italia a prendere nuove iniziative per ridurre il deficit e il debito pubblico che nel gennaio 2019 ha registrato un nuovo picco (dal Bollettino statistico mensile elaborato da Banca d'Italia si apprende, infatti, che a gennaio 2019 il debito pubblico si è attestato a di 2.358 miliardi di euro, rispetto ai quasi 2.317 miliardi di fine 2018. L'incremento mensile è stato pari a oltre 41 miliardi di euro. Il precedente massimo del debito pubblico italiano risaliva a novembre 2018: oltre 2.345 miliardi di euro). Di fronte a tale richiesta il Governo non potrà permettersi di presentare un documento di economia e finanza composto dal solo quadro tendenziale senza riportare quadro macroeconomico, perché ciò potrebbe innescare uno scontro con l'Unione europea, con conseguenze inimmaginabili sui mercati finanziari e il rischio che le agenzie di rating continuino ad abbassare se non a declassare il rating dell'Italia. A poco varrà ricorrere pure allo stratagemma di presentare un documento di economia e finanza con un quadro programmatico del tutto simile, se non identico al quadro tendenziale per mostrare la poca importanza attribuita al quadro programmatico che potrebbe essere modificato con la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza nell'autunno 2019, facendo leva sul fatto che in passato l'aumento dell'Iva è sempre stato evitato con altre misure che alla fine si sono tradotte nel solito ricorso al maggior deficit e alla maggior flessibilità concessa da parte dell'Unione europea, oltre che da ultimo con la reiterazione delle clausole di salvaguardia con importo maggiorato; alla luce di quanto accaduto durante la discussione del disegno di legge di bilancio per il 2019, questi escamotage non potranno essere più accettati dall'Unione europea che ha già chiarito nel dicembre 2018 che non sarà più possibile concedere ulteriore flessibilità all'Italia;
    va considerato, inoltre, che tutte le previsioni fatte sino ad oggi rilevano che la crescita italiana sarà ben al di sotto dell'1 per cento stimato dal fino ad ora dal Governo;
    l'Ocse ha annunciato che l'anno 2019 si chiuderà in recessione per l'Italia;
    il 20 marzo 2019 Fitch ha tagliato le stime di crescita dell'Italia. In particolare, nel 2019, secondo il «Global economic outlook», il prodotto interno lordo del nostro Paese crescerà solo dello 0,1 per cento, rispetto alla previsione dell'1,1 per cento del dicembre 2018, mentre nel 2020 la crescita attesa si riduce dall'1,2 allo 0,5 per cento;
    l'Italia, dopo la Turchia, è stato il Paese che ha subito la revisione più pesante del prodotto interno lordo 2019, pari a un punto percentuale nel giro di un trimestre;
    già nel mese di febbraio 2019 Fitch aveva tagliato le previsioni di crescita dell'Italia allo 0,3 per cento;
    alla luce di quanto precede, la scelta politica dell'attuale Governo di innalzare la pressione fiscale per le imprese, disincentivando il lavoro e avallando politiche meramente assistenzialistiche, come quelle relative all'introduzione del reddito di cittadinanza, è idonea a produrre, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, effetti catastrofici per la tenuta dei conti pubblici e la situazione economica del Paese;
    un recente rapporto dello studio internazionale Dla Piper ha calcolato che, per effetto della legge di bilancio per il 2019, il peso del fisco sulle imprese è già risalito sopra la soglia del 50 per cento: una percentuale tra le più alte al mondo. Inoltre, la pressione fiscale rischia di aumentare ancora notevolmente nei prossimi mesi;
    l'abolizione o la riduzione di misure agevolative pro-crescita come l'aiuto alla crescita economica, l'iper e super ammortamento e il patent box, infatti, creeranno un nuovo aggravio fiscale proprio sulle imprese, che sono tra le componenti della società che dovranno sopportare maggiormente i costi necessari per finanziare il reddito di cittadinanza e «quota 100». Le misure agevolative abolite avevano sicuramente creato un forte incentivo per le imprese ad investire in beni strumentali (iper e super ammortamento), nella proprietà intellettuale (patent box) e a finanziarsi attraverso il canale dell’equity anziché del debito, risolvendo un atavico problema della finanza d'impresa italiana, quello dell'eccessiva dipendenza dal finanziamento bancario. Senza di queste, le imprese saranno così costrette a ridurre di nuovo questi investimenti, i più importanti, tra le altre cose, per rimanere al passo con le imprese delle altre nazioni;
    il contesto generale appare, dunque, certamente negativo e anche se a gennaio 2019, nel fatturato e negli ordinativi delle aziende, si è assistito ad un'inversione di tendenza, con il +3,1 per cento dei fatturati ed il +1,8 per cento negli ordinativi, permangono settori fortemente colpiti dalla recessione, come quello automobilistico che ha chiuso nel mese di gennaio 2019 con il –21,5 per cento e si trova oggi a fare i conti anche con l'introduzione dell'ecotassa. Tale situazione si evolverà anche in base al modo in cui si concluderà la battaglia sui dazi tra Europa e Stati Uniti. Se, infatti, il Presidente Trump dovesse imporre una tariffa sulle importazioni di automobili europee, il colpo di grazia all'industria tedesca trascinerebbe anche le imprese italiane, che sono fra i maggiori sub-fornitori di quella industria;
    ulteriori effetti recessivi potrebbero prodursi qualora non si intervenga in modo chiaro e deciso sui fattori domestici che sono all'origine del rallentamento economico del Paese, imprimendo un forte rilancio degli investimenti pubblici che, nonostante gli annunci e le rassicurazioni fornite durante la discussione della legge di bilancio per il 2019 e già prima durante la discussione dei provvedimenti hanno affrontato il tema del cosiddetto «bando periferie» e altro, non sono stati avviati, chiarendo in modo definitivo che si intende procedere con la realizzazione del Tav, sgomberando il campo da qualsiasi rischio di adozione di provvedimenti anticoncorrenziali come la chiusura domenicale obbligatoria dei negozi e, ancora, modificando alcune norme del cosiddetto «decreto dignità» (decreto-legge n. 87 del 2018), che rendono, di fatto, impossibile rinnovare i contratti a tempo determinato;
    i dati diffusi dall'Istat il 1o marzo 2019 sul mercato del lavoro evidenziano del resto che, dall'insediamento del Governo Conte al 31 gennaio 2019, si sono persi 91.000 occupati;
    nella giornata del 21 marzo 2019 l'Osservatorio Inps sulla cassa integrazione ha evidenziato come, nel mese di gennaio 2019, siano arrivate 201.267 richieste di sussidio disoccupazione (tra le quali 198.294 domande di Naspi), con una crescita del 13,4 per cento su gennaio 2018: si tratta del dato più alto registrato a gennaio negli ultimi quattro anni. A dicembre 2018 le richieste di disoccupazione erano state 127.162;
    nell'ambito di questo contesto appare chiaro che lo spread sui titoli pubblici che da maggio 2018 frena l'economia non scenderà in modo significativo, fino a quando gli investitori non capiscono come il Governo intende impostare i conti pubblici del 2020, anche alla luce del peggioramento della congiuntura macroeconomica. Permangono, infatti, forti dubbi su cosa sarà previsto nella legge di bilancio per il 2020, che a oggi prevede, come si è detto, un equilibrio di bilancio precario, basato su un'ottimistica crescita 2020-2021 all'1 per cento e soprattutto sull'entrata in vigore di aumenti di imposte indirette per svariate decine di miliardi di euro, che nessuno nella politica e nell'economia italiana vuole, almeno nell'entità immaginata nei documenti ufficiali;
    sotto tale profilo un'attenta definizione del quadro macroeconomico del documento di economia e finanza per il 2020 non può che rappresentare una tappa cruciale in questo particolare momento storico per il nostro Paese, perché il documento di economia e finanza rappresenta «il programma di Governo» su cui puntano gli occhi non solo l'Europa, ma anche i mercati e gli investitori europei e dai cui dipendono le decisioni di investimento e di disinvestimento industriali a tutti i livelli nazionale, europeo e internazionale;
    il nostro Paese sconta un gap di credibilità rispetto ad altri Paesi europei che deve essere assolutamente recuperato,

impegna il Governo:

1) a porre in essere ogni iniziativa di competenza volta ad anticipare la definizione del quadro macroeconomico del documento di economia e finanza per il 2020, che dovrà essere, comunque, presentato alle Camere entro la data del 10 aprile 2019, corredato sia del quadro tendenziale che di quello programmatico della finanza pubblica;

2) a specificare, nell'ambito del documento di economia e finanza per il 2020, come il Governo intenda:
   a) disinnescare i 23,1 miliardi di euro di clausole di salvaguardia previsti nel corso del 2020 e i 28,8 miliardi di euro nel 2021;
   b) scongiurare il rischio di un'ulteriore manovra da circa 10 miliardi di euro, senza incorrere in procedura di infrazione per eccessivo scostamento del deficit;
   c) dare seguito alla revisione del sistema fiscale, in particolare attraverso l'assunzione di iniziative per l'introduzione di una flat tax di cui circolano svariate versioni provenienti da più fonti e con indefinita indicazione della relativa compensazione finanziaria, come rilevato dalle indiscrezioni apparse sulla stampa nazionale;

3) a chiarire quali iniziative intenda assumere per conciliare con il profilo della tenuta della sostenibilità economico-finanziaria l'annunciata adozione di un nuovo decreto-legge d'urgenza cosiddetto «decreto crescita», nell'ambito del quale si intende riattivare l'operatività di misure cancellate o fortemente depotenziate con la legge di bilancio per il 2019;

4) a esporre nel documento di economia e finanza per il 2020 quali saranno le misure di contrasto alla recessione del Paese e per recuperare credibilità nel contesto europeo e internazionale.
(1-00148) «Mandelli, Brunetta, D'Ettore, Occhiuto, Prestigiacomo, Cannizzaro, D'Attis, Pella, Paolo Russo, Martino, Giacomoni, Baratto, Benigni, Bignami, Cattaneo, Angelucci, Battilocchio».


   La Camera,
   premesso che:
    i dati diffusi dall'Istat sull'andamento dell'economia nazionale nel quarto trimestre 2018 hanno certificato una contrazione del prodotto interno lordo pari allo 0,2 per cento, per il secondo trimestre consecutivo di calo dopo il –0,1 per cento del periodo luglio-settembre 2018: è l'ingresso ufficiale dell'Italia in recessione;
    le conseguenze dell'andamento negativo degli ultimi due trimestri del 2018 avrà effetti per almeno tutto il primo semestre del 2019 e, in assenza di una robusta inversione di marcia nella seconda metà del 2019, renderanno inevitabile una manovra correttiva in estate e, comunque, già nel mese di aprile 2019 il Governo dovrà indicare nel documento di economia e finanza come far fronte ai 23 miliardi di euro necessari per bloccare l'aumento delle aliquote Iva previsto dal 1o gennaio 2020;
    l'ultimo bollettino della Banca d'Italia prevede per il 2019 una crescita massima dello 0,6 per cento, smentendo clamorosamente il dato dell'1 per cento fissato dal Governo nella legge di bilancio per il 2019; dato, peraltro, già rivisto al ribasso rispetto all'1,5 per cento stimato a settembre 2018;
    l'impatto negativo della frenata del prodotto interno lordo sui conti pubblici determinerà in automatico l'incremento del deficit nominale e del debito e, se non sarà compensato da massicci investimenti, rischia di avere effetti devastanti;
    mentre, sugli investimenti pubblici si rileva la paralisi dei cantieri che si sta venendo a creare a causa delle numerose fratture interne della maggioranza e che rischia ora di bloccare anche il Tav, spingendo l'Unione europea ad annunciare che si potrebbe chiedere all'Italia di restituire anche i fondi già percepiti, rispetto agli investimenti privati pesano i dati diffusi da Confindustria a gennaio 2019, dai quali risulta che la fiducia delle imprese continua a calare e che peggiorano le valutazioni delle imprese sulle condizioni per investire;
    la Banca d'Italia ha rilevato che gli investimenti delle imprese in beni strumentali, cresciuti del 5,2 per cento nel 2018, caleranno drasticamente nel 2019 e nel 2020, un peggioramento dovuto soprattutto alla legge di bilancio per il 2019, che ha cancellato il super-ammortamento e rimodulato gli incentivi dell'iper-ammortamento in beni tecnologici;
    le imprese italiane continuano a essere vessate da una tassazione abnorme e dal peso di un'eccessiva burocrazia; la fatturazione elettronica si sta rivelando un disastro, mentre diminuiscono le infrastrutture e gli investimenti;
    nell’«Analisi annuale della crescita 2019», elaborata dalla Commissione europea nel novembre 2018, nel confermare che l'economia europea è entrata nel sesto anno di crescita ininterrotta, si ribadisce che «in diversi Stati membri il flebile impulso delle riforme, la bassa crescita della produttività e gli elevati livelli di debito gravano sul potenziale di crescita dell'economia», che vi sono notevoli differenze di produttività tra imprese, settori e regioni dell'Unione europea e che proprio le ampie disparità regionali e territoriali «rimangono un'importante fonte di preoccupazione»;
    nell'analisi si afferma, inoltre, che, nonostante i progressi compiuti, «le sfide e i rischi esterni sono in aumento», tra i quali in primo luogo figurano l'ascesa economica della Cina e il crescente protezionismo commerciale praticato dagli Stati Uniti;
    in particolare, il documento cita, tra le «vulnerabilità persistenti», la bassa crescita della produttività, le persistenti disuguaglianze di reddito e la lenta diminuzione della povertà, le disparità regionali e territoriali, l'elevato debito pubblico e privato e altri squilibri macroeconomici persistenti all'interno della zona euro;
    tra le «sfide a breve termine» figurano, tra le altre, l'aumento del protezionismo e tensioni geopolitiche che incidono sulle relazioni commerciali, l'instabilità sui mercati emergenti e il graduale ritiro dello stimolo della Banca centrale europea, mentre tra le «sfide a medio/lungo termine» sono annoverati anche l'impatto dei cambiamenti demografici e il ruolo delle migrazioni;
    l'azione protezionistica avviata dagli Stati Uniti, con l'introduzione dei dazi su siderurgia e acciaio come reazione al surplus commerciale tedesco, rischia di scatenare una guerra commerciale dagli esiti drammatici per le aziende italiane, oltre ad acuire la crisi di alcune economie emergenti che rappresentano per l'Italia importanti partner commerciali e mercati per le esportazioni;
    le imprese italiane sono già gravemente penalizzate a causa delle sanzioni commerciali imposte alla Russia e che, negli anni in cui sono state in vigore, hanno inflitto perdite al mercato delle esportazioni italiane per tre miliardi di euro ogni anno, colpendo in particolar modo le imprese agroalimentari e il mercato delle tecnologie;
    l'Italia rivela dati nettamente inferiori a quelli della media degli Stati della zona euro anche per quanto riguarda la percentuale di occupati e il tasso fissato come obiettivo nell'ambito della strategia «Europa 2020», che consiste nell'elevamento almeno al 67 per cento per i soggetti della fascia d'età compresa tra i 20 ed i 64 anni, appare lontano dall'essere raggiunto;
    sull'occupazione stabile continua a pesare in modo drammatico il costo del lavoro, che in Italia è del 10 per cento superiore a quello che si registra mediamente nel resto d'Europa, prelevando il 49 per cento «a titolo di contributi e di imposte»;
    ancora peggiore, se possibile, è la situazione delle piccole e medie imprese: il total tax rate stimato per una media impresa equivale a un carico fiscale complessivo superiore di quasi venticinque punti rispetto a quello pagato dalla media delle imprese in Europa, sfiorando il 65 per cento;
    questi due oramai cronici fattori di crisi per l'Italia, cui si aggiunge il basso reddito pro capite, non sembrano aver trovato soluzione nelle politiche economiche e fiscali varate sin qui da questo Governo, che più che puntare al rilancio della produttività si concentra sul versante assistenzialistico;
    anche la ripresa degli investimenti pubblici, alla quale l'ultimo documento di economia e finanza aveva riconosciuto un ruolo chiave per sostenere imprese e occupazione, non sembra ancora trovare attuazione e, anzi, si sta assistendo all'abbandono di progetti deliberati da tempo, quali la realizzazione del Tav, con enormi danni a imprese e lavoratori coinvolti;
    la doverosa riduzione del debito pubblico non può essere realizzata con le cieche politiche di austerità che derivano dall'applicazione di tali regole, che hanno prodotto effetti devastanti sulla mancata ripresa economica, sull'impoverimento dei cittadini, sull'acuirsi delle disuguaglianze sociali, e hanno agito nel senso di una sistematica disintegrazione del sistema di protezione sociale;
    l'obbligo di fatturazione elettronica per tutte le operazioni tra partite Iva e con i consumatori in vigore dal 1o gennaio 2019 sta determinando gravi problematiche nella sua applicazione, con gravi inefficienze del sistema, quali i pesanti ritardi nella gestione telematica della fatturazione elettronica con il rischio che la fattura possa non arrivare in tempi brevi al destinatario, comportando inevitabilmente ritardi nell'esecuzione del dovuto pagamento;
    d'altro lato, conseguenza ancora peggiore dell'obbligo di fatturazione elettronica è il fatto che sta determinando un boom di chiusure tra le attività commerciali di piccole dimensioni, dove in molti casi i gestori, spaventati dalla rivoluzione digitale e in mancanza di ricambio generazionale, hanno «accelerato» il pensionamento per non dover affrontare lo scoglio della nuova fatturazione,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per varare con urgenza la cosiddetta flat tax incrementale, volta a realizzare una detassazione sul reddito incrementale per i lavoratori autonomi e per le imprese;

2) a promuovere una riforma del sistema tributario con l'introduzione di un'unica aliquota fiscale (flat tax) per famiglie e imprese con previsione di no tax area e deduzioni;

3) ad adottare iniziative volte a ridurre e semplificare gli adempimenti burocratici a carico delle imprese;

4) a sostenere in sede europea la necessità di scorporare dal calcolo del deficit le spese per investimenti, per la prevenzione dei rischi idrogeologici e sismici e quelle per la sicurezza e ad assumere iniziative volte a introdurre una maggiore flessibilità nell'individuazione delle circostanze eccezionali di cui all'articolo 81 della Costituzione;

5) ad assumere iniziative volte a disporre la sospensione dell'obbligo della fatturazione elettronica a carico delle imprese che occupano fino a duecento dipendenti;

6) ad assumere iniziative per avviare la progressiva riduzione delle accise sulla benzina;

7) ad assumere iniziative per escludere dallo split payment le piccole e medie imprese;

8) a promuovere l'adozione di un piano nazionale di interventi, anche di natura fiscale, finalizzato a contrastare la crisi demografica in atto e incentivare la natalità, con provvedimenti strutturali e permanenti, quali, in primo luogo, la gratuità degli asili nido e gli assegni per i figli;

9) ad assumere iniziative urgenti, anche di carattere normativo, volte a contrastare la concorrenza fiscale sleale tra Stati membri e il fenomeno delle delocalizzazioni intracomunitarie;

10) a realizzare una politica economica basata sulla difesa del lavoro, dell'industria e dell'agricoltura italiani da concorrenza sleale e, tenuto conto che sussistono normative europee che possono penalizzare l'Italia, volta a sostenere la produzione industriale e agricola riconoscibile come marchio Italia e la graduale riconversione della produzione esposta alla concorrenza indiscriminata;

11) ad adottare politiche industriali efficienti volte a fronteggiare la minaccia all'economia e alla sicurezza del Paese attraverso la tutela delle aziende italiane di rilevanza strategica o ad elevato contenuto tecnologico, spesso permeabili a manovre esterne indirizzate ad assumerne il controllo;

12) ad adottare iniziative volte a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni insulari;

13) ad avviare negoziati in ambito europeo per rivedere l'impostazione del complesso dei vincoli derivanti dal Fiscal compact, al fine di avviare una politica di crescita sostenibile e di ripresa economica e produttiva, con l'impegno da parte italiana a utilizzare la maggiore flessibilità unicamente in investimenti pubblici e sicurezza.
(1-00149) «Lollobrigida, Meloni, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Butti, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».