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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 4 aprile 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    non è più procrastinabile un efficace piano di interventi per contrastare il fenomeno dei cambiamenti climatici che, come denuncia da tempo la comunità scientifica, rappresenta un grave pericolo a livello mondiale: le temperature aumentano rispetto alle medie stagionali degli anni precedenti, i regimi delle precipitazioni atmosferiche si modificano, il conseguente scioglimento dei ghiacciai determina l'innalzamento del livello medio globale del mare;

    l'impatto e i fattori di vulnerabilità per la natura, per l'economia e per la salute variano a seconda delle regioni, dei territori e dei settori economici, ad ogni modo, le previsioni delineate sono decisamente critiche e preoccupanti;

    l'aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera, dovuto alle emissioni, antropogeniche, è la maggiore causa dell'intensificazione dei fenomeni legati al cambiamento climatico, che è già in atto e continuerà nei prossimi decenni, incidendo sull'ambiente e la vivibilità dei territori;

    per contrastare il fenomeno in questione, oltre all'adozione di provvedimenti da parte delle istituzioni, a livello globale, è necessario che ogni individuo assuma consapevolezza dei gravi effetti del cambiamento climatico, affinché anche lo stile di vita complessivo dei gruppi sociali incominci a tendere concretamente a scelte più sostenibili, da un punto di vista ambientale;

    il Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (Ipcc), organismo delle Nazioni Unite che fornisce una valutazione scientifica sul cambiamento climatico e i suoi potenziali impatti ambientali e socio-economici, ha pubblicato, ad ottobre 2018, un report che mostra ai decisori politici la necessità di un'azione urgente per il clima, allo scopo di mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 °C. Il documento sollecita un'azione che acceleri la transizione verso un'economia a zero carbonio in tutti i settori: quello energetico, dei trasporti e alimentare. Ad oggi, l'impegno dei Governi per ridurre le emissioni di anidride carbonica non è stato sufficiente e continuare a rimandare adeguate iniziative, determinerà enormi impatti per gli ecosistemi e soluzioni future sempre più costose;

    il rapporto dell'Ipcc è stato commissionato dai Governi con l'Accordo sul clima di Parigi, raggiunto il 12 dicembre 2015, nell'ambito della COP21, che, dopo lunghissimi negoziati durati oltre un decennio, ha impegnato i 195 Stati sottoscrittori ad intraprendere misure per contenere l'aumento della temperatura globale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli pre-industriali, con l'intento di mantenere una soglia entro l'1,5 °C. Mediante tale Accordo, inoltre, i Governi si sono impegnati ad individuare e attuare obiettivi di riduzione dei gas serra prodotti dalle attività umane: anidride carbonica in primo luogo, nonché metano e refrigeranti Hfc. Tuttavia, di fatto, l'Accordo di Parigi, è rimasto una dichiarazione di intenti, poiché il percorso di riduzione delle emissioni stenta a procedere, e, a distanza di più di tre anni, molti Stati si sono attivati con iniziative del tutto insufficienti;

    a dicembre 2018, si è tenuta a Katowice, in Polonia, la Conferenza delle Parti promossa dalle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP24). In tale sede sono state stabilite delle regole per mettere in pratica, entro il 2020, quanto deciso durante la conferenza sul clima di Parigi del 2015. Sul punto, è stato approvato il manuale operativo per l'attuazione dell'Accordo, il «rulebook», che ha stabilito, fra l'altro, l'utilizzo delle nuove linee guida con cui misurare le emissioni di anidride carbonica e valutare le misure per contrastare il cambiamento climatico dei singoli Stati;

    in attuazione del regolamento (UE) 2018/1999 dell'11 dicembre 2018 sulla governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima, l'Italia ha inviato alla Commissione europea, in data 8 gennaio 2019, la propria proposta di Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec), elaborato dal Ministero dello sviluppo economico, in concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello delle infrastrutture e dei trasporti;

    il documento contiene gli obiettivi per l'energia e il clima che l'Italia si impegna a raggiungere entro il 2030 e sarà oggetto di discussione in sede europea nei prossimi mesi, per arrivare a una versione definitiva entro la fine del 2019;

    si ritiene che il piano sia carente e inadeguato rispetto a più profili. Al riguardo, considerando che il primo obiettivo che ogni Stato dovrebbe proporsi per la lotta ai cambiamenti climatici è una rapida transizione energetica, il Piano non appare efficace per svolgere tale compito, poiché non prevede un'apprezzabile espansione delle energie rinnovabili. In generale, è assente un approccio organico al tema dell'energia, rispetto al quale devono essere pienamente coinvolti tutti i livelli di governo: centrale, regionale e locale. In particolare, risulta assente una specifica attenzione alla riqualificazione energetica degli edifici, che necessiterebbe di un aumento delle risorse e di un riconoscimento strutturale alle relative misure;

    anche nel settore dei trasporti le politiche dei Pniec sono deludenti, eppure, proprio in tale ambito si riscontra un urgente necessità di intervento, considerando che il parco autoveicoli in Italia è fra i più obsoleti d'Europa e, dunque, caratterizzato da una forte produzione di emissioni;

    ed ancora, si rileva, che il Pniec individua un elenco articolato di misure da adottare, che, anche laddove possano apparire meritevoli, non sono suscettibili di un'adeguata valutazione in relazione agli obiettivi che si prefigge il Piano, poiché gli impatti attesi sono presentati per lo più in maniera aggregata ed in mancanza di una quantificazione di tutte le misure e delle relative coperture economiche quando necessarie;

    alla luce dello scenario fin qui delineato, dunque, si evince l'esigenza di adottare ulteriori e importanti provvedimenti affinché l'Italia assuma un ruolo primario nell'attuazione delle strategie volte alla mitigazione del fenomeno dei cambiamenti climatici;

    in questo quadro appare opportuna la candidatura dell'Italia ad ospitare la Conferenza delle parti (COP) del 2020, ritenuta cruciale per la piena operatività dell'accordo di Parigi del 2015 verso la riduzione delle emissioni di CO2 e la decarbonizzazione, per contenere nei 2 gradi l'aumento medio della temperatura globale entro fine secolo rispetto all'era preindustriale,

impegna il Governo:

1) a proporre e sostenere la candidatura dell'Italia quale Nazione ospitante della Conferenza delle parti – COP 26 nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, prevista per il 2020;

2) ad assumere specifiche iniziative che favoriscano una fiscalità ambientale di vantaggio, al fine di incentivare la riconversione degli attuali sistemi energetici ed industriali verso modelli a basse emissioni;

3) a promuovere iniziative volte a ridurre gli incentivi, rispetto all'uso di combustibili fossili;

4) ad adottare iniziative che promuovano ogni forma di recupero dei rifiuti per produrre energia attraverso forme incentivanti, da riconoscere anche ai privati per favorire azioni virtuose di riciclo;

5) a promuovere investimenti per supportare la mobilità sostenibile, il trasporto pubblico, l'uso di biocombustibili di seconda e terza generazione, in modo da conseguire gli obiettivi di decarbonizzazione nel settore dei trasporti;

6) a promuovere politiche locali finalizzate alla riduzione di emissioni, tramite lo sviluppo del trasporto urbano a basso inquinamento, l'utilizzo di energie alternative e di una economia dei rifiuti e del riciclo;

7) ad assumere iniziative per stabilizzare lo sgravio fiscale riconosciuto per gli interventi di riqualificazione energetica;

8) a promuovere ogni utile iniziativa al fine di favorire la diffusione in agricoltura di attività che utilizzino le tecnologie più avanzate così da adattarla ai cambiamenti e agli eventi climatici estremi, migliorando le condizioni del suolo e delle acque, conservando la diversità biologica e utilizzando nuovi metodi produttivi più efficienti e meno inquinanti, proteggendo il suolo dal sovrasfruttamento e aumentando la capacità di stoccaggio di anidride carbonica dei terreni agricoli;

9) a porre in essere misure urgenti per ridurre drasticamente l'uso della plastica a favore di altri materiali caratterizzati da un minore impatto ambientale;

10) ad adottare iniziative di risanamento e tutela dell'ambiente marino attraverso il recupero di rifiuti solidi marini dispersi, anche avvalendosi degli imprenditori ittici, riconoscendo agli stessi degli incentivi, per conferire i rifiuti rinvenuti durante l'attività di pesca all'isola ecologica;

11) ad assumere iniziative per favorire ulteriormente la diffusione e l'utilizzo di fonti rinnovabili presso gli edifici pubblici e privati;

12) ad adottare iniziative per incentivare i sistemi di stoccaggio autonomo di energia;

13) ad assumere iniziative finalizzate a promuovere l'educazione ambientale nelle scuole di ogni ordine e grado, affinché gli studenti possano comprendere la complessità delle relazioni tra natura e attività umane e tra risorse ereditate da risparmiare e da trasmettere alle future generazioni, allo scopo di educare a stili di vita e comportamenti corretti verso l'ambiente.
(1-00164) «Lollobrigida, Meloni, Rizzetto, Foti, Butti, Trancassini, Acquaroli, Bellucci, Bucalo, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Fidanza, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rotelli, Silvestroni, Varchi, Zucconi».


   La Camera,

   premesso che:

    il comma 88 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, autorizza il Ministero dello sviluppo economico a prorogare di ulteriori sei mesi il regime convenzionale con il Centro di produzione s.p.a., titolare dell'emittente Radio Radicale, per la trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari e, a tal fine, autorizza la spesa di 5 milioni di euro per l'anno 2019;

    la convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e il Centro di produzione s.p.a. è stata stipulata ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 224 del 1998, allo scopo di garantire la continuità del servizio di trasmissione radiofonica delle sedute parlamentari, svolgendo, a tutti gli effetti, un compito di servizio pubblico;

    allo stesso tempo, tale disposizione confermando lo strumento della Convenzione da stipulare a seguito di gara pubblica, i cui criteri dovevano essere definiti nel quadro dell'approvazione della riforma generale del sistema delle comunicazioni, ha disposto, in via transitoria, il rinnovo per un triennio, con decorrenza 21 novembre 1997, della convenzione stipulata già ai sensi dell'articolo 9, comma 1 del decreto-legge n. 602 del 1994, successivamente decaduto, tra il Ministero delle comunicazioni e il Centro servizi spa, per la trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari, quantificando un onere annuo di 11,5 miliardi di lire;

    le successive proroghe sono state autorizzate e finanziate, prima per trienni di spesa, poi per bienni o per singole annualità, mantenendo in ogni caso costante dal 2007 l'autorizzazione di spesa annua di 10 milioni di euro;

    la decorrenza del rinnovo della Convenzione avviene a partire dal 21 novembre per ciascuna annualità e pertanto le disposizioni di cui al comma 88, articolo 1, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, garantiscono le risorse nel bilancio del Centro servizi spa per il periodo che va dal 21 novembre 2018 al 20 maggio 2019;

    le somme stanziate per l'anno 2019, come sopra riportato, sono sufficienti a coprire soltanto i primi sei mesi dell'anno, ovvero fino al 20 maggio 2019;

    tale servizio risulta di pubblica utilità, fondamentale a garanzia di una corretta informazione dell'opinione pubblica ed anche per la qualità della democrazia italiana, con la trasmissione, la registrazione, l'archiviazione sul web dei lavori di Camera e Senato e dei principali eventi di tutte le forze politiche nella loro integrità originale;

    suddetta emittente garantisce, da oltre 40 anni, ai cittadini il diritto ad un'informazione politica e parlamentare completa e trasparente, diretta, integralmente reperibile in un archivio storico di cui è fondamentale non interrompere la continuità, anche a tutela della memoria storica della nostra democrazia,

impegna il Governo

1) ad adottare iniziative per reperire le risorse necessarie per il rinnovo della convenzione per il periodo che va dal 21 maggio 2019 fino alla fine dell'anno, consentendo il completamento della programmazione editoriale della Radio, nonché per rinnovare, conseguentemente, la convenzione con il Governo italiano, assicurando che l'emittente possa continuare a garantire il servizio pubblico offerto in continuità da 43 anni e la salvaguardia del suo straordinario archivio, che costituisce un unicum nell'ambito del patrimonio storico e culturale della politica italiana.
(1-00165) «Delrio, Sensi, Anzaldi, Bruno Bossio, Cenni, De Filippo, Marco Di Maio, Fiano, Gribaudo, Migliore, Paita, Pezzopane, Rizzo Nervo, Andrea Romano, Rosato, Scalfarotto, Schirò, Serracchiani, Topo».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    a far data dall'inizio della crisi venezuelana, ogni giorno il dittatore Maduro riserva nuove sorprese alla comunità internazionale, alzando vieppiù l'asticella della tensione;

    questa settimana, oltre alla gravissima notizia del divieto di lasciare il Paese comminato a Mariela Magallanes, eletta deputato all'Assemblea nazionale venezuelana e cittadina italiana, con contestuale revoca del passaporto, è trapelato che il Tribunale supremo di giustizia (Tsj) ha chiesto all'Assemblea nazionale costituente (organismo di stretta ed illegittima emanazione di Maduro) di revocare l'immunità parlamentare al presidente autoproclamato;

    la richiesta è stata motivata, formalmente e strumentalmente, dal fatto che il presidente Guaidò non ha rispettato l'ordine di restare in Venezuela e di non viaggiare all'estero;

    la decisione apre la strada alla possibile detenzione di Guaidó;

    ovviamente quanto sopra inasprisce la tensione e vanifica ogni sforzo del gruppo di contatto internazionale volto alla pacificazione del Venezuela;

    l'eventuale detenzione di Guaidò farebbe precipitare la crisi venezuelana velocemente verso la guerra civile,

impegna il Governo

ad assumere la posizione di uscire formalmente dal gruppo di contatto per la denegata ipotesi che venga revocata l'immunità a Juan Guaidò, essendo un chiaro e manifesto segnale del fallimento di ogni trattativa e della impossibilità della serena prosecuzione di trattative che qualifichino come interlocutore il dittatore venezuelano.
(7-00229) «Delmastro Delle Vedove».


   La IV Commissione,

   premesso che:

    l'articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 255 ha stabilito la «verticalizzazione» delle indennità supplementari (previste dalla legge n. 78 del 1983) e che pertanto, con decorrenza del 1° gennaio 1999, tali indennità non sono state più definite in misura forfettaria, bensì secondo la percentuale di maggiorazione prevista dalla legge n. 78 del 1983, riferita all'operativa di base spettante in relazione al grado rivestito ed all'anzianità di servizio;

    è stato riconosciuto il «valore economico» di ciascuna indennità operativa di base, nelle misure stabilite per gli ufficiali e sottoufficiali, maggiorandola di una percentuale prefissata dalla legge (legge n. 78 del 1983 e successive modificazioni), in funzione delle varie tipologie di impiego ed, essendo le indennità supplementari di ordine sussidiario rispetto alle cosiddette fondamentali, la loro misura economica è decisamente inferiore a quella delle indennità fondamentali;

    i percettori dei suddetti emolumenti godono dell'applicazione in loro favore del meccanismo del cosiddetto trascinamento con il quale il legislatore ha riconosciuto le maggiorazioni, da calcolarsi sull'indennità di impiego operativo di base, in favore di quel personale che, a seguito di un cambio di impiego correlato alla percezione di una diversa indennità operativa, risulti destinatario di un decremento economico;

    il Consiglio di Stato ha previsto che «la maggiorazione, peraltro, essendo attribuita in relazione agli anni di servizio prestati in impieghi particolari (fino a 20 anni) può complessivamente, essere maggiore della nuova indennità speciale spettante. E di qui il secondo meccanismo perequativo, consistente nella possibilità di optare per il suo mantenimento» (Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 8236/2006) e che, tuttavia, l'indennità supplementare per subacquei, disciplinata dall'articolo 9 della legge n. 78 del 1983, è un'indennità che, a dispetto della sua veste giuridico-formale di cosiddetta indennità supplementare, in realtà delinea decisamente meglio di quelle fondamentali la funzione operativa specificata svolta dal personale incursore e subacqueo;

    l'indennità supplementare per gli incursori e gli operatori subacquei è infatti tutt'altro che episodica, ma fissa e continuativa visto che il legislatore ha riconosciuto che l'incursore e il palombaro/sommozzatore sono considerati, alla stregua del pilota, meritevoli di una specifica retribuzione indipendentemente dal singolo episodio (di volo o, nel caso di specie, l'immersione),

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per consentire, anche per le indennità di cui in premessa, il trascinamento, ovvero il riconoscimento, all'avente diritto, di alcune maggiorazioni da calcolarsi sull'indennità economica più elevata;

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative per prevedere che, a decorrere dal 1° gennaio 2020, la misura percentuale della indennità supplementare prevista all'articolo 9, comma 2, della legge n. 78 del 1983 e successive modificazioni, percepita dal personale militare dell'esercito, della marina e dell'aeronautica in possesso di brevetto militare di incursore o operatore subacqueo e in servizio presso reparti incursori e subacquei, nonché presso centri e nuclei aero-soccorritori, venga elevata del 220 per cento dell'indennità di impiego operativa di base;

   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere che il personale di cui all'impegno precedente, percettore dell'indennità per brevetto di incursore, subacqueo e aero soccorritore, quando cessa di percepire la predetta indennità supplementare, abbia diritto alla corresponsione della medesima indennità supplementare nella misura di un ventesimo dell'intero importo in godimento per ogni anno di servizio effettivamente prestato con percezione della relativa indennità e fino ad un massimo di venti anni.
(7-00228) «Iorio, Corda, Aresta, Chiazzese, Del Monaco, D'Uva, Ermellino, Frusone, Galantino, Iovino, Rizzo, Roberto Rossini, Giovanni Russo».


   La XII Commissione,

   premesso che:

    la resistenza antibiotica è oggi uno tra i più importanti problemi di salute pubblica sia in ambito umano che veterinario anche se gli antibiotici, dalla loro introduzione, circa settanta anni fa, hanno ridotto in maniera significativa il numero dei decessi causati dalle malattie infettive e migliorato lo stato di salute dei cittadini;

    l'eccessivo e inappropriato utilizzo degli antibiotici negli uomini e negli animali e le scarse pratiche di controllo delle infezioni hanno trasformato l'antibiotico-resistenza in una seria minaccia per la salute di tutti;

    secondo la Commissione europea, «Piano d'azione contro la resistenza antimicrobica», ogni anno, in Europa, oltre 4 milioni di persone vengono colpite da infezioni batteriche ospedaliere, con 25 mila morti stimate per infezioni provenienti da germi resistenti, mentre le infezioni correlate all'assistenza (Ica) colpiscono ogni anno circa 28 mila pazienti, causando circa 4.500-7.000 decessi;

    secondo i dati dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema) l'Italia è il primo Paese europeo per utilizzo di antibiotici in ambito umano e terzo per uso sugli animali negli allevamenti intensivi, mentre secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità, in Italia il livello di antibiotico-resistenza si colloca fra i più elevati in Europa con una percentuale annuale di pazienti infetti fra il 7 e il 10 per cento;

    l'Organizzazione mondiale della sanità e l'Unione europea hanno sottolineato più volte l'importanza di questa materia e hanno indicato una serie di provvedimenti specifici, volti a contenere il diffondersi della resistenza antimicrobica attraverso un uso prudente degli agenti antibiotici nell'uomo; in particolare, l'Unione europea ha inserito l'antibiotico-resistenza tra le priorità da affrontare, già dal 1999, con la risoluzione denominata «Una strategia contro la minaccia microbica» in cui si afferma che l'antibiotico-resistenza costituisce un grave problema di sanità pubblica e che un'efficace riduzione del fenomeno non può essere conseguita solo attraverso misure a livello nazionale, ma richiede una strategia comune e un'azione coordinata a livello internazionale. Nel 2001 ha deliberato le raccomandazioni per una strategia comune contro l'antibiotico-resistenza e l'uso prudente degli antibiotici in medicina umana. Recentemente, il Parlamento europeo, in un parere congiunto con tutte le agenzie europee che operano nel settore, ha lanciato il piano d'azione europeo sulla resistenza agli antibiotici 2011-2015 con una serie di importanti azioni strategiche per la mitigazione, la prevenzione ed il controllo, al fine di preservare l'efficacia degli antibiotici, ed assicurare che rimangano uno strumento efficace per combattere le malattie, sia nell'uomo che negli animali;

    in Italia è stato adottato nel 2017 il piano nazionale per il contrasto all'antibiotico-resistenza (Pncar) valido per il triennio 2017-2020, che rappresenta la risposta per fra fronte all'aumento dell'antibiotico-resistenza e alla diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici, prevedendo uno sforzo di coordinamento nazionale nonché obiettivi specifici e azioni programmate tra cui la riduzione dell'impiego degli antibiotici entro il 2020 superiore al 10 per cento in ambito territoriale e oltre il 5 per cento in ambito ospedaliero e un taglio superiore al 30 per cento nel settore veterinario;

   all'approvazione del Pncar è seguita l'istituzione con decreto nel novembre 2017 di un gruppo tecnico di coordinamento (Gtc) nazionale della strategia di contrasto dell'antimicrobico-resistenza, che riunisce le istituzioni centrali regionali e le maggiori società scientifiche coinvolte nella problematica che ha approvato le linee d'indirizzo;

   sempre in tale ottica, alle regioni e alle province autonome è stato chiesto di identificare i referenti regionali per le diverse aree del Pncar per portare avanti le attività previste nel piano tra cui: sorveglianza dell'antibiotico resistenza sia in ambito umano che veterinario; sorveglianza delle infezioni correlate all'assistenza (Ica) sia in ambito umano che veterinario; sorveglianza del consumo degli antibiotici sia in ambito umano che veterinario; sorveglianza sui residui di antibiotici in ambito veterinario; prevenzione delle infezioni correlate all'assistenza (Ica) in ambito umano; prevenzione delle malattie infettive e delle zoonosi in ambito veterinario; uso corretto e prudente degli antibiotici sia in ambito umano che veterinario, nonché infine comunicazione, formazione, ricerca e sviluppo in ambito umano e veterinario;

   il Pncar non è ancora pienamente compiuto ed è necessario continuare nelle politiche di prevenzione già avviate dai precedenti Governi,

impegna il Governo:

   a prevedere opportune iniziative, con tutti i soggetti istituzionali coinvolti, affinché gli obiettivi del Piano nazionale per il contrasto all'antibiotico-resistenza (Pncar) siano attuati e l'antibiotico-resistenza e le infezioni correlate all'assistenza rientrino nella scala delle priorità del Governo, anche attraverso una programmazione strategica che parta dal controllo e dalla vigilanza della prevalenza delle Infezioni correlate all'assistenza (Ica);

   a predisporre iniziative volte a rendere disponibili in tempi rapidi i dati epidemiologici anche attraverso report periodici sui ceppi batterici di un determinato ambiente e territorio, in modo da orientare la scelta prescrittiva ai fini dell'appropriatezza, evitando così il rischio che si assumano antibiotici inefficaci per lo specifico caso;

   ad avviare campagne informative, anche con il coinvolgimento degli Ordini dei medici, rivolte sia ai cittadini che al personale sanitario, per promuovere un uso corretto dei farmaci antibiotici nonché protocolli standard per limitare il diffondersi delle infezioni;

   ad adottare iniziative per predisporre gli opportuni investimenti economici per avviare programmi di ricerca volti a favorire la realizzazione di studi sperimentali finalizzati allo studio di nuove molecole ad attività antibatterica, al fine di contrastare il fenomeno delle resistenze batteriche agli antibiotici, nonché per individuare nuove valide alternative terapeutiche a detti medicinali;

   ad adottare iniziative per prevedere l'implementazione dei programmi di formazione dei veterinari e dei medici, con particolare riguardo ai medici di medicina generale, riguardo al miglioramento dell'appropriatezza prescrittiva di farmaci antibiotici e all'individuazione delle terapie più corrette e idonee;

   a porre in essere iniziative di monitoraggio al fine di garantire il benessere degli animali allevati riducendo anche l'utilizzo di antimicrobici e tutelando così in ultima istanza anche la salute umana.
(7-00227) «Carnevali, De Filippo, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Siani».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   l'Italia conta circa 6000 persone malate da sclerosi laterale amiotriofica (Sla): una malattia neurodegenerativa che porta a una degenerazione dei motoneuroni e causa una paralisi totale;

   negli Stati Uniti d'America sono in corso diversi studi clinici per la ricerca di una terapia efficace: il più avanzato (fase 3, verifica l'efficacia di un farmaco in un gruppo più ampio di pazienti e monitora gli effetti collaterali) è il trattamento di un'azienda israeliana a seguito dei risultati positivi di sicurezza e tollerabilità riscontrati nei «trial» di fase I e II. Allo stato attuale è in corso un «trial» di fase 3 su circa 200 pazienti in USA e, recentemente, anche in Canada;

   vengono utilizzate cellule staminali mesenchimali differenziate in cellule specializzate per il supporto neuronale in grado di produrre fattori neurotrofici. Lo studio in corso durerà 28 settimane dal primo trattamento. Si tratta di una terapia autologa con cellule staminali che prende le cellule staminali mesenchimali del paziente per promuovere i meccanismi (Msc) di supporto delle cellule nervose per il trapianto nel paziente;

   i insultati della fase 2 già conclusa, secondo i ricercatori, suggeriscono che le cellule mantengono «una continua attività secretoria» che è «associata ad effetti immunomodulatori e neuroprotettivi»;

   i risultati hanno mostrato che il metodo sembra essere sicuro e ben tollerato e che aumentano temporaneamente i livelli di fattori chiave per la sopravvivenza delle cellule nervose e le molecole anti-infiammatorie;

   tuttavia, poiché questi studi erano piccoli e non controllati con placebo, l'efficacia di questo approccio rimane non dimostrata, ma le conoscenze sulla dose e sulla sicurezza raccolte finora sono sufficienti per promuovere lo sviluppo di studi randomizzati di fase 3 controllati con placebo;

   i trial di fase 3 previsti avverranno negli Stati Uniti con un campione di 200 persone malate. Il cinquanta per cento dello studio controllato con placebo comprenderà sei siti di iscrizione; i malati interessati a questo studio hanno effettuato quattordici visite ambulatoriali al centro di iscrizione durante lo studio clinico. Nessuna assistenza finanziaria viene fornita dall'azienda per coprire i costi dei partecipanti associati ai viaggi ai siti di ricerca. A causa del numero di visite i ricercatori sono concentrati sull'iscrizione di persone che vivono entro 100 miglia da un sito di iscrizione;

   pertanto, non potrà essere ammesso nessun malato italiano neppure in Israele, altro Stato interessato alla fase 3 della sperimentazione;

   l'iscrizione sarà possibile per i pazienti che abbiano sperimentato i primi sintomi di Sla da non più di 24 mesi e dimostrino di avere una capacità vitale lenta (prova di respirazione) nella misura di almeno il 65 per cento del valore predeterminato per il loro sesso, altezza e età e di soddisfare altri criteri di inclusione, come non avere la Peg, la ventilazione assistita, e aver già avuto un trattamento di cellule staminali. I trattamenti e l'analisi dei risultati dei trial dureranno prevedibilmente 14 mesi. In Israele il campione sarà di 50 persone;

   le notizie sopra esposte hanno acceso la speranza di migliaia di persone malate di Sla insieme alle loro famiglie ed è nato un movimento di opinione amplissimo, animato dal più giovane italiano che vive sulla propria pelle la malattia, Paolo Palumbo, per chiedere che anche in Italia si avvii, con la massima urgenza, la sperimentazione di questa tecnica innovativa e che anche i nostri connazionali possano essere ammessi;

   tra il 2016 e il 2017 la battaglia condotta da tre malati, sostenuta da un'ampia raccolta di firme, centinaia di mail inviate fu accolta da Aisla, la più grande associazione italiana che riunisce malati, medici e volontari, ma in seguito tra i ricercatori aderenti a questa associazione emersero riserve e perplessità e il tentativo di portare la sperimentazione in Italia fallì, come un precedente avviato dal Centro Nemo, struttura di alta specializzazione per la Sla;

   da una settimana Paolo Palumbo ha iniziato lo sciopero della fame per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e soprattutto delle istituzioni su una questione che riguarda la vita di migliaia di persone;

   tale azione estrema richiama tutti a un'assunzione di responsabilità, a un'azione giusta e doverosa, da intraprendere con la massima urgenza affinché non vi sia nulla di intentato –:

   se il Governo sia a conoscenza della ricerca relativa a una terapia innovativa per la sclerosi laterale amiotrofica e delle motivazioni per cui in Italia la sperimentazione non sia andata avanti;

   se il Governo intenda porre in essere tutte le iniziative necessarie a sperimentare anche in Italia le cure innovative per combattere la sclerosi laterale amiotrofica;

   se il Governo ritenga necessario e urgente adottare iniziative che, in ogni caso, consentano ai pazienti italiani di accedere alla sperimentazione.
(2-00341) «Cappellacci».

Interrogazioni a risposta orale:


   SANDRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Memorandum italo-cinese sulla Via della seta è un documento di intesa per un valore complessivo di circa 7 miliardi di euro, che impegna Italia e Cina a lavorare su una serie di iniziative rafforzando le relazioni bilaterali tra i due Paesi sia di natura politica sia commerciale. I contenuti dell'intesa sono molteplici, andando dai trasporti allo sviluppo verde, dalle reti di connettività alle infrastrutture per il commercio, agli aspetti culturali. Come asse strategico fondamentale l'intesa prevede investimenti importanti del gruppo cinese China communication construction company (Cccc) nel porto di Trieste e nel porto di Genova;

   una parte rilevante dell'accordo riguarda lo sviluppo della connettività infrastrutturale, nei settori di reciproco interesse, quali strade, ponti, aviazione civile, porti, energia, inclusi le rinnovabili e il gas naturale e, ovviamente, le telecomunicazioni, coinvolgendo grandi aziende italiane, quali ad esempio Cassa depositi e prestiti (Cdp), Eni, Fincantieri, le quali collaboreranno con un rispettivo partner cinese sui diversi ambiti previsti dal Memorandum;

   il porto di Trieste appare destinato a diventare il terminale marittimo delle merci cinesi destinate al Centro Europa e sono state sollevate perplessità sulla partecipazione di investitori cinesi nel piano di ampliamento (sono previsti oltre 200 ettari di nuove banchine) contenuto nel Nuovo piano regolatore portuale elaborato dall'autorità di sistema portuale del Mar Adriatico Orientale, a cominciare dai lavori, prossimi all'avvio, del molo 7, destinato ad allungarsi di 100 metri, da utilizzare per il traffico container;

   se, da un lato, è necessario osservare che imprese cinesi detengono già il 40 per cento del porto di Vado ligure, oltre a partecipazioni in varie altre realtà portuali italiane e che la Francia nel 2013 ha siglato un accordo con per la cessione del 49 per cento della società che controlla il porto di Marsiglia alla società China merchant groupinternational, dall'altra si registrano tre timori:

    a) le modalità operative delle autorità portuali nazionali, che appaiono procedere in ordine sparso, ciascuna con una propria strategia, ma senza una direttiva di carattere nazionale. Ciascuna autorità cerca di chiudere accordi utili per sé, senza valutare l'utilità in termini generali. Viceversa, la controparte si muove in modo coordinato (Cccc è un'azienda dello Stato cinese), lasciandosi aperta la strada a più opzioni, non confliggenti tra loro;

    b) la mancanza nel Memorandum del riferimento alle regole di reciprocità: l’export italiano, persino quello agroalimentare, in Cina soffre spesso di barriere commerciali di tipo non tariffario, ma nel Memorandum non c'è nulla di chiaro con riferimento alle regole di reciprocità sulle barriere tecniche;

    c) la mancanza nel Memorandum di qualsiasi riferimento all'adozione dei protocolli antimafia, che sono previsti per la quasi totalità degli appalti pubblici, in particolare di opere, con riferimento alla partecipazione di società cinesi alla realizzazione di infrastrutture –:

   quali intendimenti abbia il Governo in merito alle criticità esposte in premessa.
(3-00672)


   PAITA, ANDREA ROMANO, FIANO, ENRICO BORGHI, PIZZETTI, BRUNO BOSSIO, NOBILI, GIACOMELLI e GARIGLIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   ha avuto vasta eco mediatica la notizia riportata dai media circa la possibilità che migliaia di italiani possano essere stati inconsapevolmente intercettati mediante l'installazione di una «app» sul proprio telefonino;

   secondo un'inchiesta, portata avanti dalla società no profit Security No Borders, e pubblicata dalla rivista Matherboard, il virus di intercettazione, Exodus, elaborato per intercettazioni di Stato, potrebbe aver interessato anche utenti «infettati» per errore;

   nel momento in cui il malcapitato utente avrebbe scaricato l’«app», questa avrebbe consentito ai gestori di controllare il cellulare dell'utente a distanza;

   non sarebbe la prima volta che in Italia si verifica una situazione del genere;

   sempre dagli organi di informazione si apprende che la procura di Napoli avrebbe chiesto e ottenuto il sequestro preventivo della società calabrese Esurv srl, produttrice del software Exodus di cui sopra;

   il fatto che suddetto software fosse utilizzato dai principali uffici giudiziari italiani rende ancora più urgente una verifica su come sia stato possibile che ignari cittadini fossero intercettati a loro insaputa;

   secondo molti esperti occorre rivedere le regole per avere misure di sicurezza più stringenti e comunque con un controllo sulle autorizzazioni –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative per quanto di competenza intenda assumere al fine di acquisire ulteriori elementi su quanto accaduto; se intenda adottare iniziative, anche normative, per tutelare adeguatamente i cittadini dal rischio che informazioni sensibili possano essere in balia della rete senza alcuna salvaguardia dei fondamentali diritti di privacy.
(3-00673)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   si sta acuendo sempre di più la criticità relativa alla mancata attivazione del tavolo di confronto per affrontare il tema degli indennizzi ai cittadini di Genova che sono e saranno inevitabilmente danneggiati dai cantieri di demolizione e ricostruzione del viadotto Morandi crollato il 14 agosto 2018 e che risiedono nella cosiddetta zona arancione;

   si assiste a un triste «scaricabarile» istituzionale tra regione e Governo nazionale come riportato anche dagli organi di informazione;

   il governo regionale sostiene di avere i fondi, la legge, e la volontà politica, mentre a mancare sarebbe un atto del Governo nazionale;

   dal Governo nazionale fino ad ora si registra quello che appare all'interrogante un imbarazzante silenzio;

   con l'ordine del giorno a firma dell'interrogante n. 9/1209-A/99 accolto dal Governo il 31 ottobre 2018 si impegnava il Governo medesimo attraverso il commissario nominato a prevedere adeguate misure di supporto, previo confronto con le istituzioni locali e con i comitati dei cittadini, in favore degli abitanti e degli operatori economici e commerciali della cosiddetta «zona arancione»;

   ancora una volta si evidenzia un drammatico ritardo nella presa in carico delle criticità legate al processo di ricostruzione del Ponte e dei problemi dei cittadini di Genova –:

   se e in quali tempi il Governo intenda affrontare, con la regione Liguria e tutti gli altri soggetti interessati, istituzionali e non, la questione dell'indennizzo ai cittadini residenti nella cosiddetta zona arancione, al fine di porre termine a questa inaccettabile fase di stallo.
(5-01858)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'intesa in sede di Conferenza unificata tra Governo e le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e le autonomie locali, relativa ai requisiti minimi dei centri antiviolenza e delle case rifugio del 27 novembre 2014, all'articolo 8, ha definito le case rifugio quali «strutture dedicate, a indirizzo segreto, che forniscono alloggio sicuro alle donne che subiscono violenza e ai loro bambini a titolo gratuito e indipendentemente dal luogo di residenza, con l'obiettivo di proteggere le donne e i loro figli e di salvaguardarne l'incolumità fisica e psichica»;

   queste case rifugio devono essere strutture idonee a «garantire dignitosamente i servizi di accoglienza [...] garantire l'anonimato e la riservatezza [...] assicurare alloggio e beni primari per la vita quotidiana alle donne che subiscono violenza e ai loro figli [...] assicurare l'ingresso nella mappatura tenuta dal Dipartimento Pari Opportunità nonché l'inscrizione negli appositi registri previsti dalla normativa regionale»;

   la casa rifugio, quali servizi minimi, «garantisce protezione e ospitalità alle donne e ai loro figli minorenni, a titolo gratuito, salvaguardandone l'incolumità fisica e psichica, per i tempi previsti dal percorso personalizzato [...] definisce e attua il progetto personalizzato volto alla fuoriuscita delle donne dalla violenza, provvedendo anche alla cura di eventuali minori a carico, nei tempi e con le modalità condivise con la donna accolta [...] opera in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle necessità fondamentali per la protezione delle persone che subiscono violenza [...] deve fornire adeguati servizi educativi e di sostegno scolastico nei confronti dei figli minori delle donne che subiscono violenza»;

   tutte queste attività, tuttavia, parrebbero messe a rischio dal fatto che la segretezza dell'indirizzo delle case rifugio verrebbe spesso violata, mettendo a repentaglio la vita delle donne e dei minori accolti, oltre a quelle del personale ivi impiegato;

   ciò, secondo quanto risulta all'interrogante, sarebbe causato da questioni burocratiche e amministrative, dovute, ad esempio, alla necessità di fornire indirizzi agli organi giudiziari, ovvero ai servizi sociali o alle strutture scolastiche;

   per quanto riguarda gli organi giudiziari, la violazione è estremamente pericolosa, in quanto gli avvocati di parte, una volta avuto accesso alla documentazione istruttoria, possono venire a conoscenza degli indirizzi delle vittime denuncianti che possono liberamente comunicare ai propri assistiti accusati delle violenze stesse; è evidente che in questo modo, le case rifugio potrebbero trasformarsi da luoghi sicuri a un chiaro bersaglio di vendette e violenza;

   in generale, si evidenzia che si rende necessaria l'adozione di un sistema che possa proteggere in maniera effettiva l'ubicazione delle case rifugio, ad esempio tramite l'adozione di codici alfa numerici quali identificativi delle case, in luogo degli indirizzi fisici, ovvero la possibilità di fornire, quale domiciliazione legale o comunque per il recapito della corrispondenza, gli indirizzi delle sedi centrali delle associazioni riconosciute impegnate nella lotta contro la violenza sulle donne;

   si rende necessario a questo proposito un proficuo dialogo su questo specifico tema con i soggetti che, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, dell'intesa sopra richiamata, gestiscono le case rifugio –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di rendere effettivamente sicura l'ubicazione delle case rifugio.
(4-02658)


   CONTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 marzo 2019, il Governo Conte ha firmato con il Presidente della Repubblica Cinese, Xi Jinping, 19 intese istituzionali e 10 accordi commerciali;

   la sottoscrizione degli accordi commerciali, pari a circa 2,5 miliardi di euro, non appare disgiunta da rapporti più ampi e impegnativi, come le transazioni commerciali per ben trenta miliardi di euro intervenute, nei giorni immediatamente successivi, tra la Francia e la Cina, che non sono state accompagnate da protocolli politico-istituzionali;

   il cosiddetto memorandum di collaborazione nell'ambito della «Via della seta economica» e dell'iniziativa per una «Via della seta marittima del 21° secolo», ha un valore geo-politico secolare vincolante, altrimenti non se ne spiegherebbe l'adozione in via preliminare rispetto agli accordi commerciali;

   gli ambiti di interesse delle intese commerciali riguardano, tra l'altro, il fisco e l’export italiano delle arance e della carne, la difesa del patrimonio culturale, la cooperazione in tema di scienza e tecnologia e aerospaziale;

   il Sud è fuori dalle rotte; infatti, al vertice erano assenti le autorità portuali del Mezzogiorno, mentre erano presenti quelle di Venezia e Chioggia, di Trieste e Monfalcone e di Genova, Savona e Vado Ligure;

   le intese hanno interessato solo tre aziende meridionali: la Cmd, player nella realizzazione di macchine per l'aeronautica, che ha il quartier generale nel Casertano, a San Nicola La Strada, e il cuore propulsivo ad Atella, nel Potentino; la Eemaxx, specializzata nel campo dell'efficientamento energetico, con sedi a Pontecagnano Faiano, Lamezia Terme, Spinoso e Messina; e la palermitana Owec, già presente in Cina per fornire servizi in campo ambientale;

   dell’export dell'Italia verso la Cina, pari a circa 13 miliardi di euro, solo il 10 per cento proviene dal Mezzogiorno e riguarda essenzialmente l'agroalimentare;

   a Napoli e Salerno arrivano dalla Cina un miliardo e mezzo di euro di merci, ma le imprese esportano verso quel Paese soltanto per 121 milioni di euro, perché frenate da barriere di natura tariffaria (come i dazi) e di natura distributiva o sanitaria;

   il presidente della Repubblica Cinese, Xi Jinping, dopo Roma è andato in visita a Palermo, per intese dirette con la Sicilia, e non con l'intero Mezzogiorno, che, ad avviso dell'interrogante, bypassano anche il potere dello Stato centrale –:

   se il memorandum sottintenda un’«apertura di sistema» alla Cina, in particolare per la Sicilia e se il Governo non intenda promuovere, coinvolgendo l'Europa, un supplemento aggiuntivo e correttivo alle intese che preveda un ruolo centrale per il Mediterraneo e il Mezzogiorno e rimuova tutti gli ostacoli che ne frenano l'esportazione.
(4-02659)


   ROSTAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   lo stadio Arturo Collana è un impianto sportivo polivalente di Napoli che ha ospitato partite di calcio, football americano e rugby a XV e nacque come stadio di calcio alla fine degli anni ’20;

   completamente ristrutturato negli anni ’70, è diventato un centro sportivo polifunzionale;

   la palestra più grande, dotata di spalti, fu il campo di casa della squadra di pallacanestro femminile di serie A1 di Napoli, fino alla chiusura per inagibilità e rischi di crollo;

   dopo la chiusura della palestra del Collana è stato eliminato il soffitto e la palestra è diventata campo di calcetto all'aperto (oggi anche questa struttura risulta chiusa al pubblico);

   per superare la condizione di stallo sopra descritta, in data 23 luglio 2014 veniva indetto dalla regione Campania un avviso pubblico per l'affidamento della concessione d'uso e gestione del complesso sportivo;

   la gara veniva bandita al fine di poter ristrutturare il complesso sportivo storico e restituirlo alla cittadinanza attraverso la fruizione delle associazioni sportive;

   all'avviso pubblico partecipavano tre gruppi, ma rimanevano in gara solo il Rti Cesport Italia e la Giano Srl;

   dopo un lungo contenzioso, lo stadio veniva assegnato alla Giano Srl; tuttavia, la regione Campania annullava la gara espletata nonché l'aggiudicazione nei confronti di Giano Srl e conferiva all'Agenzia regionale per le universiadi (Aru) l'incarico di ristrutturare lo stadio al fine di consentirne l'uso per le universiadi;

   il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4296/2017, annullava l'affidamento all'Aru e confermava l'aggiudicazione alla Giano;

   con successiva sentenza dell'8 marzo 2018, il Consiglio di Stato nominava il commissario ad acta nella persona del prefetto di Napoli al fine di disporre l'aggiudicazione della concessione alla Giano;

   in data 28 dicembre 2018 la regione Campania, con delibera di indirizzo n. 914, decideva di inserire nuovamente il Collana nel programma delle universiadi 2019;

   in data 11 gennaio 2019, la regione Campania e la Giano sottoscrivevano una convenzione avente un contenuto profondamente diverso dall'avviso pubblico e dalla convenzione sottoscritta in prima battuta il 23 luglio 2018;

   nelle more di tali accadimenti, i noti ex calciatori Fabio Cannavaro e Ciro Ferrara, soci e partner di spicco della Giano Srl, abbandonavano definitivamente il progetto della predetta società;

   nella convenzione verrebbero previsti, con oneri a carico dell'Aru, finanziamenti finalizzati alla ristrutturazione dell'impianto che, diversamente (come da avviso pubblico), avrebbe dovuto essere posta a carico interamente dell'aggiudicatario;

   i termini di decorrenza della convenzione, a quanto consta all'interrogante, verrebbero, tra l'altro, individuati con la data di ultimazione dei lavori e non già con quella di effettiva consegna della struttura;

   verrebbero oltre modo ristretti gli spazi e le modalità di gestione della struttura, a discapito delle discipline olimpiche storicamente praticate nello stadio;

   tale situazione ha generato una forte mobilitazione collettiva, che ha visto protagonisti associazioni, sportivi e cittadini del territorio, nonché la municipalità 5 Arenella-Vomero, promotrice di svariate iniziative (consigli municipali, petizioni, richieste di istituzione di tavoli di concertazione, sopralluoghi presso la struttura) rimaste prive di riscontro –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, per il tramite del commissario straordinario per le Universiadi e d'intesa con gli enti locali, per agevolare il recupero della struttura, nell'ambito dei progetti previsti per tale evento sportivo, a beneficio del territorio della città di Napoli, dove migliaia di sportivi, cittadini e tante associazioni sportive dilettantistiche sono privati dell'unica struttura in grado di rispondere ai bisogni della collettività.
(4-02660)


   VERINI e ASCANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la deliberazione del consiglio regionale umbro n. 351 del 2 settembre 2014 ha avviato il percorso per il riconoscimento dei territori ricompresi nel sistema locale del lavoro di Terni tra le aree industriali di crisi complessa, riconoscendo la necessità di un intervento organico, utile per riqualificare e innovare il sistema produttivo e manifatturiero dei territori di Terni e Narni, quale condizione fondamentale per riaprire una prospettiva espansiva all'apparato industriale dell'Umbria;

   il 7 ottobre 2016 il Ministro dello sviluppo economico pro tempore firmava il decreto di riconoscimento di area di crisi complessa per Terni Narni;

   il decreto ministeriale dell'8 febbraio 2017 ha disposto la nomina del gruppo di coordinamento e controllo (GdCC) composto da: un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico – Direzione generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie imprese con funzioni di Presidente; un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico – direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali; un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; un rappresentante della regione Umbria; un rappresentante dei comuni di Terni e Narni;

   il 30 marzo 2018 è stato sottoscritto l'accordo di Programma che definisce le risorse, disciplina gli interventi agevolativi, l'attività integrata e coordinata delle amministrazioni centrali, della regione, degli enti locali e dei soggetti pubblici e privati, le modalità di esecuzione degli interventi e adotta il progetto di riconversione e riqualificazione industriale e dà attuazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale;

   le risorse destinate complessivamente con l'accordo di programma sono oltre 58 milioni di euro, di cui 20 milioni di risorse nazionali a valere sulla legge n. 181 del 1989 e 38,25 milioni di euro di risorse regionali. A queste vanno aggiunte le risorse destinate agli investimenti di cui agli accordi di sviluppo, contratti di sviluppo e agli accordi di innovazione;

   l'accordo di programma sottoscritto ha lasciato aperte tre questioni relative alle università, alle vicende ambientali e alle infrastrutture, utili al rafforzamento dei fattori competitivi dell'area e sulle quali è necessario continuare l'interlocuzione con i Ministeri di riferimento, in sede di gruppo di coordinamento e controllo, per porre in essere le azioni già individuate dalla regione in sede di presentazione dell'istanza per il riconoscimento di area di crisi complessa;

   in particolare: con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti vanno definiti i possibili percorsi attuativi relativamente alle opere di miglioramento dei collegamenti della Bretella di variante Staino-Pentima-Via Breda-Innesto Terni-Rieti, al completamento della bretella di ex Terni-Rieti Strada dei Confini-Flaminia-Salaria e al collegamento ferroviario e stradale della Piastra Logistica Terni-Narni; con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i possibili percorsi attuativi degli interventi di risanamento ambientale sull'Area SIN Terni-Papigno; con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il potenziamento del centro formativo e di ricerca a Pentima, Terni, per incentivare la ricerca scientifica e il consolidamento della produzione industriale in settori quali la chimica verde, la metallurgia, l'energia e lo sviluppo sostenibile;

   il 18 dicembre 2017 si è tenuta l'ultima riunione del gruppo di coordinamento e controllo. In quella occasione i Ministeri di riferimento hanno evidenziato la necessità di approfondimenti di merito;

   ad ormai più di un anno di distanza non vi sono stati ulteriori incontri, nonostante le richieste inviate dalla regione Umbria il 3 dicembre 2018 e il 24 gennaio 2019 –:

   se il Governo non intenda convocare al più presto un nuovo incontro del Gruppo di coordinamento e controllo di cui in premessa, al fine di procedere speditamente all'avvio delle azioni già individuate e necessarie alla riqualificazione dell'area.
(4-02663)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 2 aprile 2019 il deputato venezuelano Mariela Magallanes è stato posto in stato di fermo all'aeroporto di Caracas con contestuale sequestro del passaporto;

   oltre al sequestro del passaporto al deputato è stato imposto il divieto di uscita dal Venezuela;

   il rispetto della libertà di movimento del deputato venezuelano e cittadino italiano è condizione essenziale per la garanzia dei diritti politici di un membro dell'Assemblea nazionale, legittimamente eletto;

   il deputato in questione ha anche cittadinanza italiana;

   la Farnesina ha immediatamente convocato l'ambasciatore venezuelano in Italia;

   ad oggi non sono noti sviluppi e i passi della diplomazia italiana –:

   quali siano le richieste della Farnesina e quali siano le iniziative che si intendono assumere, nei rapporti diplomatici con il Venezuela, per la denegata ipotesi che il deputato non venga immediatamente liberato e non gli venga contestualmente riconsegnato il passaporto con revoca del divieto di espatrio.
(5-01865)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   vi è grande preoccupazione per i pescatori di Grado (GO) per l'evolversi della situazione riguardante l'istituzione, di una Zona di protezione speciale (Zps), che interessa la fascia costiera compresa fra la foce dell'Isonzo e il banco della Mula di Muggia, proposta per tutelare alcune specie di uccelli acquatici;

   con la realizzazione della Zps verrebbe interdetta o drasticamente limitata la pesca in un'area di importanza strategica per i pescatori, con conseguenti danni socio-economici per il territorio interessato, considerando che l'80 per cento del pescato viene acquisito proprio in quell'area;

   è evidente l'importanza di tutelare e proteggere le acque e le specie animali, che rappresentano il patrimonio in cui operano i pescatori, ma, oltre alle esigenze di sostenibilità ambientale bisogna rispondere a quelle di natura sociale ed economica; pertanto, la realizzazione di un'area protetta non può avvenire a scapito dei pescatori, senza prevedere concrete iniziative che possano comunque escludere un danno economico per gli stessi;

   è urgente la necessità di intervenire per salvaguardare l'attività di pesca di Grado, considerando che, nel caso di specie, si determinerebbe un danno talmente grave che si può affermare che verrebbe, addirittura, meno l'utilità delle stesse licenze di pesca;

   con la premessa che le aree protette vanno istituite previa adeguata e approfondita valutazione sulla loro reale necessità, in tale sede non si entra nel merito di tali verifiche; si mette piuttosto in evidenza che l'istituzione di una Zps deve essere seguita da provvedimenti a tutela dei pescatori, poiché è ingiusto che gli stessi e il territorio connesso debbano subirne le conseguenze dannose, senza alcun sostegno da parte delle istituzioni –:

   quali siano gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziativa si intendano assumere a tutela dei pescatori di Grado.
(5-01860)


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'incidente avvenuto il 5 marzo 2019 sulla piattaforma metanifera Barbara F., posizionata a circa 60 chilometri da Ravenna, che ha portato alla morte di una persona e al ferimento di altre due, ha posto nuovamente l'attenzione sulla sicurezza sul lavoro e sulla sicurezza ambientale di queste strutture;

   quanto avvenuto avrebbe potuto anche portare a un rilevante incidente ambientale con conseguente danno all'ecosistema marino;

   si pone quindi, il problema di un maggiore controllo delle piattaforme petrolifere sotto tutti i punti di vista. Il dossier di Greenpeace di marzo 2016 aveva già posto all'attenzione dell'opinione pubblica l'impatto che queste strutture hanno sull'ambiente circostante, certificando il fatto che le trivelle sono impianti impattanti;

   per diverse di queste strutture infatti, erano state riscontrate forti criticità nei sedimenti intorno alle piattaforme per diversi metalli pesanti (mercurio, cadmio, piombo, arsenico, cromo, nichel, zinco, bario) oltre agli idrocarburi policiclici aromatici (Ipa) e agli oli minerali totali. Le stesse criticità erano state trovate anche nei mitili (Mytilus galloprovincialis) adesi ai piloni delle piattaforme;

   nel documento di Greenpeace si riporta che i monitoraggi sono realizzati da Ispra con la committenza di Eni, sulla base di una apposita convenzione Eni-Ispra. I monitoraggi prevedono analisi chimico-fisiche su campioni di acqua, sedimenti marini e mitili che crescono nei pressi delle piattaforme;

   inoltre, si pone l'attenzione anche su un altro aspetto poco conosciuto che riguarda sempre l'estrazione del gas e del petrolio in Adriatico. Le piattaforme metanifere/petrolifere che richiedono l'autorizzazione per lo scarico in mare e/o la reiniezione delle acque di strato e che quindi sono oggetto di monitoraggio ambientale sono circa una quarantina;

   le piattaforme offshore attive, però, sono molte di più, circa 130/140; di queste piattaforme circa 90 sono quelle che non scaricano e non reiniettano e per loro non è previsto, a norma di legge vigente, alcun monitoraggio. È del tutto evidente che per queste piattaforme dal punto di vista ambientale non si ha a disposizione alcun dato –:

   se il Governo non ritenga opportuno che l'Eni stipuli una convenzione direttamente con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che poi dia l'incarico all'Ispra di effettuare i monitoraggi;

   se non si intendano rendere pubblici i risultati e le valutazioni dei monitoraggi ambientali che annualmente le società petrolifere inviano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e se queste valutazioni abbiano confermato le criticità evidenziate nel dossier di Greenpeace;

   se, a fronte di questo, si sia proceduto a sospendere o a negare il rinnovo dell'autorizzazione allo scarico in mare e/o alla reiniezione delle acque di strato così come previsto dalla normativa vigente;

   se, sulla questione delle piattaforme metanifere/petrolifere presenti nell'Adriatico descritta in premessa, il Governo abbia intenzione di porre rimedio al vuoto normativo e se, nel frattempo, abbia comunque intenzione di promuovere un controllo ambientale preliminare per conoscere gli impatti di queste strutture non monitorate.
(5-01862)

Interrogazione a risposta scritta:


   TRAVERSI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 luglio 2018 l'interrogante ha presentato l'interrogazione n. 4-00634 e in data 27 febbraio 2019 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha risposto che «Sempre con riferimento al Porto Petroli, la Regione Liguria ha precisato che non risulta alcuna proposta di delocalizzazione dello stabilimento, considerato anche il fatto che, essendo uno stabilimento a rischio di incidente rilevante, il gestore, prima di avviare le operazioni di spostamento in altro sito, dovrebbe presentare un Rapporto di Sicurezza preliminare al vaglio del Comitato Tecnico Regionale»;

   relativamente all'affermazione sopracitata, si segnala quanto espresso nel PTC-IP-ACL, (Piano territoriale di coordinamento degli insediamenti produttivi della regione Liguria), in particolare con riferimento alle aree di intervento relative al distretto n. 4 Ponente-Sestri Ponente;

   negli allegati del documento distretto n. 4, Aggiornamento luglio 2018, si afferma quanto segue:

    «Struttura insediativa attuale»: «Dopo la crisi economica degli ultimi anni, che ha comportato una battuta d'arresto nell'attuazione delle previsioni, la prossima evoluzione si giocherà da oggi, – nell'ulteriore processo di trasformazione dell'area a mare di Cornigliano, conseguente alla prima riconversione dovuta all'AdP del 2005, verso funzioni industriali che diversifichino l'offerta con attività manifatturiere e portuali compatibili con il contesto, – nel rinnovamento della zona a monte dell'Area Fincantieri verso l'insediamento di funzioni urbane a completamento di una parte di città, – e, non ultimo, nella progressiva e definitiva rilocalizzazione del Porto Petroli»;

   nell'area 4 Litorale di Multedo viene ribadito che in relazione all'obiettivo della competitività dell'area metropolitana genovese, il Piano assegna all'area un ruolo strategico nella riqualificazione urbanistica del Ponente genovese, indicando l'obiettivo (conseguibile per fasi) della progressiva contrazione e della definitiva rilocalizzazione del porto Petroli e in prospettiva della sua progressiva sostituzione con funzioni urbane e portuali compatibili, nonché l'allontanamento delle funzioni produttive collocate nelle retrostanti aree a terra e incompatibili con il contesto urbano. Il processo di progressivo riassetto dell'Area deve rendere possibile in prospettiva il recupero di un significativo rapporto con il mare;

   nell'area indicazioni di piano Settore n. 1 si legge: «Il settore è destinato, in prospettiva, ad assolvere alla funzione caratterizzante SM2 in relazione alla definitiva rilocalizzazione del porto Petroli e ad essere restituito alla città e destinato conseguentemente a funzioni in grado di elevare i livelli dell'offerta di servizi e infrastrutture per lo sport e il tempo libero nonché per connettivo urbano e offerta ricettiva e residenziale. L'assetto definitivo dell'Area resa disponibile dalla cessazione delle attività petrolifere sarà definito con uno specifico Accordo di Programma»;

   nelle norme transitorie, settori nn. 1 e 2, fino all'approvazione dei relativi strumenti di attuazione sugli edifici esistenti, sono ammessi interventi fino alla ristrutturazione edilizia inclusa. Per le attrezzature e gli impianti connessi all'esercizio del porto Petroli, fatta comunque salva la possibilità di provvedere al loro smantellamento, sono consentiti tutti gli interventi volti a garantire e migliorare le condizioni di efficienza e sicurezza. Nel settore 1 sono peraltro consentiti anche eventuali interventi di riorganizzazione dei residui impianti petroliferi purché volti alla progressiva riduzione del numero di accosti e ad aumentare contestualmente il livello di sicurezza degli insediamenti urbani e, in ogni caso, da intendersi condizionati dall'obiettivo, sopra enunciato, della definitiva rilocalizzazione –:

   considerato che nella risposta sopra richiamata fornita dal Ministro interrogato l'interrogante rileva delle inesattezze, quali iniziative intenda assumere per acquisire ulteriori elementi al fine di chiarire quali progetti siano stati avviati in relazione al porto Petroli.
(4-02664)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALANTINO, IORIO, IOVINO, DEL MONACO e ROBERTO ROSSINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la Brigata Garibaldi dell'Esercito italiano il 19 ottobre 2018 ha dato il cambio alla Brigata Alpina Julia in Libano nelle operazioni della missione internazionale denominata Unifil;

   la Brigata Garibaldi assume per la terza volta la responsabilità del Sector West, a distanza di 8 anni dal suo ultimo impiego in terra libanese;

   il comandante generale, Abagnara, ha rimarcato che «la Brigata Garibaldi, nel solco della continuità con l'operato delle altre unità appartenenti al contingente italiano e internazionale presente, opererà al meglio per garantire l'equilibrio in un'area in cui la presenza dei caschi blu è sinonimo di imparzialità, trasparenza e unione d'intenti. Tutti insieme per un obiettivo comune: la stabilità e la sicurezza nel sud del Libano e, di riflesso, nell'intera regione medio-orientale»;

   il 18 ottobre 2018, con un articolo sul giornale «Il Fatto Quotidiano» a firma De Marchi venivano riportate alcune indiscrezioni secondo cui, ai soldati della Garibaldi sarebbe stato consegnato, su ordine del comandante, un documento che una volta firmato sarebbe diventato una dichiarazione di esonero da ogni responsabilità civile e penale dell'amministrazione militare in presenza di rischi ambientali e alimentari presenti in teatro estero;

   lo Stato Maggiore dell'Esercito ha assicurato che la liberatoria era una iniziativa «impropria» del comandante della Brigata e che tali disposizione non risultano essere autorizzate da nessun comando superiore, e comunque non sono mai state impartite dallo Stato maggiore dell'esercito;

   lo Stato maggiore dell'Esercito non risulta che abbia ancora adottato misure di alcun genere nei confronti del citato comandante, a giudizio dell'interrogante di fatto avallando e giustificando il suo operato;

   la violazione delle disposizioni di legge in materia ambientale costituisce un illecito penale e una dichiarazione «liberatoria», quale quella somministrata al proprio personale dal generale Abagnara, assomiglia, ad avviso dell'interrogante, alla pre-costituzione di una giustificazione in vista di possibili illeciti;

   la Forza armata ha anche annunciato l'avvio di immediati approfondimenti d'indagine interna, valutando l'adozione di necessari provvedimenti nei confronti del personale responsabile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e dei relativi e ulteriori sviluppi in merito alla notizia sopra riportata;

   quali siano le risultanze delle indagini interne avviate dallo Stato Maggiore dell'Esercito nei confronti del personale responsabile;

   quali iniziative o azioni siano state intraprese a conclusione delle citate indagini avviate dallo Stato Maggiore dell'Esercito nei confronti del personale responsabile;

   quali iniziative intenda adottare a scopo precauzionale e – per il caso specifico – affinché tali iniziative siano opportunamente sanzionate ed evitate per salvaguardare il personale militare;

   quali iniziative intendano promuovere gli Stati Maggiori per coloro che si rendano responsabili di simili iniziative.
(5-01864)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NARDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si apprende da fonti stampa che il 19 marzo 2019 il sindaco di Massa Francesco Persiani abbia chiesto pubblicamente le dimissioni dell'assessore alla cultura Eleonora Lama;

   in un primo tempo tale richiesta sarebbe stata giustificata da motivi personali e da generali divergenze relative alle politiche culturali dell'amministrazione comunale;

   successivamente, sempre da organi di informazione, sarebbe emerso che la rottura tra assessore e sindaco sia legata al diniego, da parte di Eleonora Lama, di stanziare quasi l'intero budget annuale a sua disposizione (circa 84.000 euro) per la realizzazione di un evento non specificato suggerito da un imprenditore che le era stato indicato proprio dal primo cittadino;

   l'articolo 28 della legge 27 dicembre 2012, n. 289, disponeva, al comma 1, che «allo scopo di assicurare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica il Ministero dell'economia e delle finanze provvede all'acquisizione di ogni utile informazione sul comportamento degli enti ed organismi pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, avvalendosi dei propri rappresentanti nei collegi sindacali o di revisione presso i suddetti enti ed organismi e dei servizi ispettivi di finanza pubblica»;

   appare quindi urgente e necessaria una verifica, da parte degli organismi competenti, al fine di appurare se la vicenda in questione abbia potuto o possa interferire sulla corretta gestione delle risorse pubbliche del comune di Massa –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere al fine di avviare una verifica in ordine ai profili contabili e finanziari del comune di Massa relativamente alla gestione del budget annuale a disposizione dell'assessorato alla cultura, anche attivando i servizi ispettivi della ragioneria generale dello Stato, ai fini del perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.
(5-01859)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOMA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17 luglio 2017, nei confronti del comune di Piana degli Albanesi, è stata applicata la sanzione per mancato rispetto del «pareggio di bilancio» per l'esercizio 2016, mediante la riduzione delle risorse spettanti per l'anno 2017 a titolo di fondo di solidarietà comunale, per l'importo di euro 361.000;

   lo sforamento del pareggio di bilancio dell'anno 2016 da parte del comune è stato causato dall'utilizzo della somma di euro 953.661,49 di avanzo di amministrazione «vincolato» per investimenti relativo a progetti di opere pubbliche, il cui mancato impegno avrebbe comportato la revoca del relativo finanziamento;

   le sentenze della Corte costituzionale n. 247/2017 e n. 101/2018, hanno stabilito che «... le città metropolitane, le province e i comuni, possono utilizzare il risultato di amministrazione per investimenti, nel rispetto delle sole disposizioni previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Conseguentemente, ai fini della determinazione del saldo di finanza pubblica, gli enti possono considerare tra le entrate finali anche l'avanzo di amministrazione per investimenti applicato al bilancio di previsione del medesimo esercizio»;

   la Corte costituzionale aveva già dato un'interpretazione adeguatrice delle precedenti disposizioni della legge rinforzata in tema di avanzo di amministrazione e di Fondo pluriennale vincolato (Fpv), interpretazione che comportava un regime di disponibilità di queste risorse economiche per gli enti territoriali titolari. La norma sopravvenuta è entrata esplicitamente in contrasto con tale interpretazione, andando in tal modo a confliggere con gli articoli 81, 97 e 119 della Costituzione. La sentenza precisa che tale incostituzionalità non ha effetti negativi sugli equilibri della finanza pubblica allargata, poiché i cespiti inerenti al Fpv e all'avanzo di amministrazione, se legittimamente accertati, costituiscono fonti sicure di copertura di spese già programmate e avviate. Al contrario, la preclusione a utilizzare le quote di avanzo di amministrazione disponibili e i fondi già destinati a spese pluriennali muterebbe la «sostanza costituzionale» del cosiddetto pareggio, configurandolo come «attivo strutturale inertizzato», cioè inutilizzabile per le destinazioni già programmate e, in quanto tale, costituzionalmente non conforme agli articoli 81 e 97 della Costituzione;

   il comune di Piana degli Albanesi attualmente risulta essere in procedura di riequilibrio finanziario e, pertanto, la decurtazione della superiore somma di euro 361.000 pregiudica pesantemente la realizzazione del piano di risanamento finanziario deliberato dal consiglio comunale;

   la ragioneria generale dello Stato ha pubblicato la circolare del 3 ottobre 2018, n. 25, che contiene modifiche alla precedente circolare n. 5 del 2018, al fine di permettere agli enti locali l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione per investimenti per l'anno 2018, dando così attuazione alle sentenze della Corte costituzionale n. 247/2017 e n. 101/2018. Nella circolare in parola si rappresenta che le città metropolitane, le province e i comuni, nell'anno 2018, possono utilizzare il risultato di amministrazione per investimenti, nel rispetto delle sole disposizioni previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Conseguentemente, ai fini della determinazione del saldo di finanza pubblica per l'anno 2018, di cui al paragrafo B.l della circolare n. 5 del 20 febbraio 2018, gli enti considerano tra le entrate finali anche l'avanzo di amministrazione per investimenti applicato al bilancio di previsione del medesimo esercizio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se intenda adottare iniziative di carattere normativo per superare le criticità di cui in premessa.
(4-02666)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   con decreto ministeriale 26 gennaio 2018 «Modifiche ai requisiti di idoneità psicofisica» avente per oggetto il recepimento della direttiva (UE) 2016/1106 con cui sono state apportate modifiche in materia di requisiti di idoneità psicofisica per il conseguimento e la conferma di validità della patente di guida, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti emanava il suddetto decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 63 del 16 marzo 2018;

   in particolare, veniva novata la normativa in materia di rilascio/rinnovo di patenti alle persone affette da diabete e malattie cardiovascolari;

   in pratica, ci sono ora maggiori possibilità, per chi è affetto da malattie cardiovascolari e da diabete mellito (anche nei casi di ipoglicemia grave), di poter guidare;

   il decreto stabilisce, al punto B.2, che «per le seguenti patologie cardiovascolari, l'idoneità al rilascio o alla conferma di validità della patente di guida è attestata da uno dei sanitari di cui all'articolo 119, comma 2, o dalla commissione medica locale di cui all'articolo 119, comma 4, del codice della strada, sulla base di certificazione di un medico specializzato in cardiologia, appartenente ad una struttura pubblica»;

   nello specifico, non si comprende come taluni uffici delle unità sanitarie locali territorialmente competenti interpretino restrittivamente le disposizioni emanate, in particolare, per i portatori di pacemaker;

   infatti, coloro che, come da normativa previgente, hanno già sostenuto la conferma della validità della patente presso la locale commissione devono obbligatoriamente presentarsi a tali commissioni per la verifica psicofisica di rinnovo di validità, mentre le persone che per la prima volta dopo l'impianto del pacemaker detono sostenere la visita per la validità della patente possono rivolgersi a un medico previsto dall'articolo 119 del codice della strada –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro interpellato in merito alla questione rappresentata in premessa, anche al fine di allineare la prassi alle disposizioni europee.
(2-00339) «Pettarin».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FARO e MENGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la galleria «Passo del Lupo», sulla strada statale 17/VAR «Variante di Volturara», in provincia di Foggia, è stata interessata da interventi di ammodernamento dell'impianto antincendio, lavori che dapprima, dovevano eseguirsi durante la prima settimana del mese di settembre 2018; poi, a seguito di una riunione presso la prefettura di Foggia, è stato chiesto ad Anas di rinviare l'interdizione al traffico della galleria, pertanto la società è stata costretta a rimodulare il cronoprogramma con l'impresa esecutrice, rinviando l'inizio dei predetti interventi intorno alla metà di novembre 2018;

   con l'ordinanza n. 99 emanata dall'Anas s.p.a. in data 13 novembre 2018 si disponeva la chiusura della galleria «Passo del Lupo» dalle ore 8,00 del 19 novembre 2018 fino alle ore 18,00 del 1o febbraio 2019;

   nel dettaglio, per l'esecuzione delle attività è stato chiuso al traffico leggero il tratto compreso tra lo svincolo di San Bartolomeo in Galdo (chilometro 3,650) e lo svincolo per Volturino (chilometro 11,250);

   la circolazione leggera è stata deviata, con indicazioni in loco, lungo la strada provinciale 145 (ex strada statale 17);

   nella stessa ordinanza si leggeva inoltre: «durante l'esecuzione dei lavori, per i mezzi pesanti con massa superiore alle 7,5 tonnellate la SS17/Var (dal chilometro 0,000 al chilometro 14,250) interamente interdetta al transito; con indicazioni in loco, il traffico pesante in direzione di Termoli proveniente dalla provincia di Foggia verrà deviato sulla strada statale 16 oppure sull'Autostrada A14 “Adriatica”, mentre quello proveniente dalla provincia di Campobasso lungo la strada statale 647 “Fondo Valle del Biferno”»;

   tali interventi, così come descritti, rappresentano l'inizio di un calvario, fatto di limitazione della circolazione, cantieri e deviazioni, il tutto aggravato dalle scarse condizioni della rete stradale del Gargano, così come emerge da un report della provincia di Foggia e consegnato in prefettura come atto propedeutico ai vari incontri del contratto istituzionale di sviluppo, dove si evince che il 60 per cento delle strade il cui manto stradale è da rifare ha anche seri problemi di dissesto idrogeologico;

   successivamente ai numerosi interventi del sindaco di Volturino, volti a rimandare i lavori non urgenti, l'Anas provvedeva a riaprire la Galleria di Passo del Lupo, per poi richiuderla il 1o febbraio 2019 per la caduta di calcinacci che ha evidenziato una lesione della calotta in cemento;

   attualmente, la Galleria di Passo del Lupo è ancora chiusa e non vi è alcuna data certa circa la riapertura del tratto di strada in questione, nonostante siano in corso gli interventi necessari di messa in sicurezza anche con turni di lavoro notturni –:

   quali siano le tempistiche certe per la riapertura della Galleria di Passo del Lupo, nonché quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per garantire maggiore sicurezza delle strade statali garganiche al fine di evitare gli enormi disagi che le popolazioni dei comuni interessati sono costretti a vivere a causa dei lavori in esecuzione.
(5-01863)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:

   il 2 aprile 2019 il servizio Alarm Phone ha dato notizia di aver ricevuto la sera precedente una chiamata da un'imbarcazione vicino alle coste libiche con a bordo circa 50 persone tra cui donne e bambini e che la comunicazione si è interrotta dopo l'invio della posizione Gps; Alarm Phone ha affermato di aver più volte tentato di segnalare la posizione dell'imbarcazione alla guardia costiera libica senza riuscirci e di aver successivamente contattato il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) di Roma;

   il 2 aprile la Guardia costiera italiana avrebbe chiarito, come si apprende dalle agenzie di stampa, che «Watch the Med – Alarm Phone ha segnalato alla Centrale Operativa della Guardia Costiera italiana, la probabile partenza, nella serata di ieri, di un barcone dalla Libia con circa 50 persone a bordo. Veniva inoltre riferita la probabile posizione dell'unità, a nord di Zwara, ancora all'interno delle acque territoriali libiche» ed «essendo la posizione segnalata all'interno dell'area Sar di responsabilità libica, ha immediatamente inoltrato le informazioni ricevute alla Guardia Costiera libica, che ha assicurato l'avvenuta ricezione degli elementi forniti, per le successive azioni di competenza»; lo stesso giorno il portavoce della Marina libica, l'ammiraglio Ayob Amr Ghasem, ha dichiarato all'ANSA che la Guardia Costiera libica non è intervenuta alla ricerca del gommone, perché la segnalazione ricevuta risultava «incompleta» e di aver chiesto alle piattaforme petrolifere presenti nell'area di «seguire la situazione, inviare loro rimorchiatori e fare il necessario»;

   risulta evidente che in una situazione di emergenza in mare la richiesta di aiuto possa essere lanciata anche in modo incompleto e decidere di non intervenire comporta l'altissimo rischio di mettere seriamente a rischio la vita di chi ha chiesto aiuto;

   ad oggi non risulterebbe esservi traccia dell'imbarcazione dispersa, come dimostrano le ricerche compiute senza alcun risultato nella zona segnalata dalla nave Alan Kurdi della Ong Sea Eye;

   la Marina e la Guardia costiera libica, come si apprende da media locali, avrebbero intimato alle Ong di non entrare nelle loro acque territoriali e di non intervenire vicino alle loro coste;

   la missione Sophia è stata ridotta al solo pattugliamento aereo con il ritiro delle navi;

   pochi giorni fa, l'Oim – l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, presente in Libia per assistere i migranti – ha dichiarato che la Libia non può essere considerata un porto sicuro e che la stessa organizzazione non può garantire la protezione dei migranti che spesso vengono trasferiti in centri di detenzione nei quali le condizioni sono «inaccettabili e inumane» e «la detenzione di uomini, donne e bambini è arbitraria»;

   l'Onu ha pubblicato nel mese di dicembre 2018 un documento a cura dell'Unsmil e dell'Uhchr nel quale si denunciano gravi violazioni, atrocità e abusi commessi in Libia «dai funzionari pubblici, dai miliziani che fanno parte di gruppi armati e dai trafficanti»;

   si tratta di un rapporto nel quale si descrivono gli «orrori inimmaginabili» che migranti rifugiati patiscono in Libia, tra torture, detenzioni arbitrarie, stupri, schiavitù e lavori forzati; solamente pochi giorni fa, il segretario generale aggiunto dell'Onu per i diritti umani, Andrew Gilmour, ha ribadito ancora una volta che «i migranti vengono sottoposti a orrori inimmaginabili dal momento in cui entrano in Libia»;

   in una dichiarazione del 29 marzo 2019 la portavoce della Commissione europea responsabile per la migrazione, Natasha Bertaud, ha ribadito che «la Commissione ha sempre detto che al momento in Libia non ci sono le condizioni di sicurezza» e che «tutte le imbarcazioni che battono bandiera Ue non possono fare sbarchi in Libia». «Come definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare – ha affermato testualmente la portavoce – un luogo di sicurezza è un luogo in cui la sicurezza della vita delle persone soccorse non è più minacciata e dove i bisogni umani di base possono essere soddisfatti e possono essere presi accordi per il trasporto della destinazione successiva o finale delle persone soccorse. La Commissione ha sempre affermato di non ritenere che tali condizioni siano attualmente soddisfatte in Libia» –:

   se i Ministri interpellati, per quanto di competenza, abbiano avviato o intendano avviare iniziative per verificare cosa sia effettivamente accaduto all'imbarcazione dispersa nelle acque libiche e le ragioni che ne abbiano determinato il mancato soccorso, nonostante la richiesta di aiuto e se, alla luce delle documentate violazioni dei diritti umani in Libia, si intendano adottare iniziative per rivedere gli accordi vigenti con il Governo libico, al fine di assicurare che la collaborazione con il nostro Paese sia condizionata al rispetto dei diritti umani.
(2-00342) «Raciti, Orfini, Rizzo Nervo, Annibali, Mancini, Navarra, Frailis, Carla Cantone, Cardinale, Carnevali, Bazoli, Carè, Miceli, Schirò, Rotta, Gribaudo, Noja, Gadda, Zan, Morassut, De Filippo, Ubaldo Pagano, Anzaldi, Prestipino, Verini, Pellicani, Rossi, Marco Di Maio, Braga, Madia, Lepri, Gavino Manca».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   il Giornale di Vicenza, informa di una aggressione, da parte di una gang di stranieri, composta da 7 persone, in cui è rimasto vittima il giornalista Valentino Gonzato;

   la vittima, che intendeva documentare lo stato di spaccio e degrado, in cui versa la zona del «Mercato Nuovo», è stata prima circondata spinta a terra, quindi derubata del cellulare;

   non è la prima volta che l'interpellante richiama l'attenzione del Governo sulle cosiddette «Zone a libertà limitata», che si sono create anche in città, apparentemente floride e tranquille, come Vicenza;

   non si può infatti accettare, nelle nostre comunità, l'esistenza di aree off limits, in cui vengono commessi reati e sviluppati comportamenti antisociali, privi di adeguata prevenzione e sanzione –:

   quali iniziative il Ministro interpellato, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire, anche nelle zone periferiche di Vicenza, un'adeguata azione di contrasto alla microcriminalità.
(2-00340) «Zanettin».

Interrogazione a risposta scritta:


   MAGI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 31 maggio 2017, la sindaca Virginia Raggi aveva annunciato un piano Rom che a suo dire avrebbe consentito «di riportare Roma in Europa», sottolineando «abbiamo appreso le migliori prassi che hanno funzionato e le portiamo a Roma per superare i campi»;

   sembrava giunto finalmente il momento di gettare alle spalle anni bui di violazione di diritti umani, di costruzione di ghetti etnici, di sgomberi forzati, di approcci dall'impronta marcatamente securitaria; veniva affermata l'importanza di impegnare risorse umane ed economiche per l'inclusione sociale, comprendendo che solo pagando stipendi ad educatori, operatori pedagogici e formatori si sarebbe potuto avviare un processo che avrebbe posto la parola fine alla vergogna romana dei campi per soli rom;

   a Roma sono 16 gli insediamenti rom progettati, costruiti e in parte gestiti dall'amministrazione comunale. Il primo fu inaugurato in via Salviati nel 1994 per offrire una soluzione abitativa – considerata al quel tempo innovativa – a 14 famiglie rom; oggi la baraccopoli è una sorta di un girone infernale abitato da 300 persone, quasi tutte di origini bosniache e in teoria avrebbe dovuto essere il primo a chiudersi attraverso le azioni del «Piano rom»;

   il 27 febbraio 2019, durante un vertice in prefettura del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, si è deciso di impiegare 39 militari nel campo rom di via Salviati e poi nei campi di Salone e Castel Romano;

   il comune di Roma ha inoltre approvato un «Patto per l'attuazione della sicurezza urbana» e si è impegnato «a tradurre in progetti esecutivi gli studi di fattibilità già realizzati per l'installazione di sistemi di videosorveglianza su sei campi rom della Capitale»;

   i militari della brigata Sassari destinati alla sorveglianza dei campi hanno partecipato a missioni militari in Kosovo, Macedonia, Iraq e Afghanistan; ora saranno destinati, con le loro tute mimetiche e i kalashnikov, alle porte di aree dove scorrazzano bambini, dove vanno e vengono giovani madri con i loro piccoli;

   al posto degli attesi operatori sociali arriveranno, dunque l'esercito e la videosorveglianza e invece dei fondi per la fuoriuscita dall'insediamento, ben centomila euro saranno destinati alla pulizia dell'area –:

   a che punto sia l'attuazione della Strategia nazionale di inclusione di Rom, Sinti e Caminanti (Rsc), che entro il 2020 dovrebbe dovuto portare a una concreta attività di inclusione e a un superamento definitivo della fase emergenziale che ha caratterizzato l'azione dello Stato nelle grandi aree urbane;

   quali siano nello specifico le regole di ingaggio dei militari previste nell'ordinanza del questore di Roma con la quale è stato disposto un servizio di vigilanza e pattugliamento dinamico H24 per contrastare il fenomeno dei «roghi tossici» presso i campi rom del Comune di Roma.
(4-02665)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   DI MURO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Ventimiglia (Im) ha ottenuto l'assegnazione di circa 2,9 milioni di euro per la realizzazione di un nuovo edificio scolastico destinato a una sezione di scuola primaria e a una sezione di scuola secondaria di primo grado;

   inizialmente il progetto prevedeva l'edificazione in zona Capo, ma questa ubicazione ha ricevuto il parere negativo della Soprintendenza, per cui il sindaco e l'assessore ai lavori pubblici del comune di Ventimiglia hanno dichiarato che l'edificazione del plesso scolastico sarà realizzata in zona Funtanin;

   questa modifica comporterà certamente una dilatazione dei tempi inizialmente previsti per la realizzazione dell'opera, con conseguente incertezza circa il mantenimento dei fondi destinati grazie al bando del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

   l'attuale amministrazione si dice sicura di essere in grado di ultimare la fase progettuale per settembre 2019, ma la cosa appare difficilmente realizzabile viste le tempistiche necessarie per l’iter;

   il sindaco ha dichiarato che questa nuova localizzazione è dipesa dalla necessità di individuare una nuova area per ragioni di spazio, essendo insufficiente per la nuova struttura scolastica quello in zona Capo –:

   se, a causa della modifica del progetto e della variazione dell'area di costruzione della scuola, il comune possa perdere il finanziamento statale ottenuto.
(4-02657)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PAITA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del fermo autoimposto dai pescatori liguri che va dal 1o novembre al 31 marzo ha preso il via la pesca alle acciughe;

   quest'anno si registra una forte preoccupazione tra i pescatori liguri a causa della invasione delle acciughe provenienti da altri mari e delle forti oscillazioni di costi che penalizzano proprio la pesca di qualità;

   nonostante la richiesta del prodotto ai pescatori, vengono pagati mediamente 10-12 euro a cassa e il prezzo spesso può scendere anche ad otto euro con tutto ciò che ne consegue sulla insostenibilità dei costi;

   sono circa una quindicina le lampare liguri che pescano annualmente circa 2.500 tonnellate di acciughe;

   la concorrenza sleale rischia pertanto di penalizzare proprio il comparto ligure con il rischio di vedere collassare altri operatori –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di contrastare la concorrenza sleale e valorizzare adeguatamente il prodotto ligure, in considerazione della freschezza del prodotto stesso e del rispetto dei fermi biologici, a tutela anche dei consumatori e dell'ecosistema marino.
(5-01856)


   CARDINALE, GADDA, CENNI, PORTAS e CRITELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'azienda Acqua Azzurra s.p.a. ubicata in territorio di Pachino, svolge dal 1991 attività di itticoltura con una occupazione complessiva quasi 100 addetti;

   a causa di avverse condizioni del mare a fine marzo 2019 l'impianto ha subito ingentissimi danni con la perdita del 98 per cento della produzione di spigole e orate, nella maggior parte dei casi già in condizioni di essere immesse sul mercato;

   si fa presente che, per quanto riguarda il reparto di avannotteria, la produzione necessita di quasi due anni per essere commercializzabile;

   il danno subito ammonterebbe come denunciato dalle organizzazioni sindacali a circa 16 milioni di euro solo per la perdita della produzione a cui vanno aggiunti i costi dei danni infrastrutturali agli impianti;

   a fronte della impossibilità di far fronte a suddetti costi, l'azienda sta predisponendo la procedura di mobilità per i lavoratori e avviando le procedure fallimentari;

   le organizzazioni sindacali hanno chiesto un incontro con l'assessore regionale per affrontare le questioni inerenti gli ammortizzatori sociali chiedendo che la cassa integrazione guadagni ordinaria prevista per i lavoratori possa essere anticipata dall'Inps;

   è altresì importante che, a fronte dell'evento calamitoso, possa essere attivata la temporanea sospensione e rateizzazione dei tributi e dei contributi, valutando una opportuna rateizzazione dei debiti pendenti, previdenziali ed erariali, per evitare il collasso completo di questa realtà produttiva –:

   se in considerazione della straordinarietà della situazione, il Governo non ritenga di valutare l'opportunità di convocare tempestivamente un tavolo istituzionale di confronto con regione, enti locali, e organizzazioni sindacali per scongiurare il fallimento dell'azienda e assicurare ai lavoratori sostegno al reddito e un piano di rilancio dell'impianto produttivo, in relazione anche alla specificità della produzione.
(5-01857)


   GADDA, INCERTI e CENNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   dopo quasi un mese dall'avvio di una grave crisi istituzionale e organizzativa per il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea), in seguito alla adozione di misure cautelari nei confronti del presidente e del vertice di gestione, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo (Mipaaft), autorità vigilante a norma di legge, non ha ancora assunto alcuna decisione circa l'assetto organizzativo dell'ente;

   solo attraverso gli organi di stampa si è appreso che il Ministro avrebbe incontrato, in data 26 marzo 2019, la vice-presidente e i consiglieri di amministrazione, prefigurando il superamento dell'attuale crisi istituzionale in seguito alle dimissioni volontarie degli attuali consiglieri ed alla successiva nomina di un commissario straordinario;

   si tratta di una situazione di grave stallo, che costituisce di per sé un indebolimento della missione istituzionale del Crea, principale ente di ricerca del settore agro-alimentare, da cui derivano significativi effetti negativi sull'attività di gestione e persino sulle attività programmate, che al momento non è possibile prevedere nella loro entità;

   le organizzazioni sindacali già il 7 marzo 2019 avevano chiesto al Ministro «una convocazione urgente al fine di comprendere come dare immediatamente soluzione alla situazione istituzionale del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA)»;

   va tenuto in considerazione il ruolo strategico assunto dal Crea nell'ambito dei processi di supporto al comparto agroalimentare e forestale nazionale e delle numerose attività e progetti in corso che rischiano di subire rallentamenti se non addirittura interruzioni –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per tutelare gli interessi del personale di ruolo e precario, nonché garantire la piena funzionalità operativa del Crea.
(5-01861)

Interrogazione a risposta scritta:


   MARZANA, DEL SESTO, PARENTELA, PIGNATONE, L'ABBATE, CADEDDU, CILLIS e MAGLIONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'intero territorio nazionale è sempre più frequentemente investito da eccezionali ondate di maltempo a causa dei cambiamenti climatici in atto a livello globale ormai da diversi anni;

   nel settore della pesca e dell'acquacoltura sono stati previsti strumenti di gestione del rischio necessari a supportare le aziende nei casi di calamità naturali o altri eventi catastrofici;

   l'articolo 14 della nuova normativa-quadro sulla pesca e l'acquacoltura, di cui al decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154, istituisce il Fondo di solidarietà della pesca e dell'acquacoltura e prevede che il Fondo finanzi, oltre a interventi compensativi, anche interventi preventivi, mediante la partecipazione dello Stato alle spese per la stipula di polizze assicurative da parte degli imprenditori ittici e dell'acquacoltura o delle relative associazioni;

   l'articolo 14-bis del suddetto decreto prevede che il programma assicurativo venga definito annualmente dal Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali, e del turismo, sentito il tavolo «azzurro», d'intesa con la Conferenza Stato-regioni e una apposita commissione tecnica;

   il programma assicurativo annuale della pesca e dell'acquacoltura, a quanto risulta all'interrogante, non è mai stato attivato –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover predisporre con urgenza il programma assicurativo nazionale, considerata l'importante rilevanza economica che il settore della pesca e dell'acquacoltura riveste nel nostro Paese.
(4-02661)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FERRO, GEMMATO, BELLUCCI e MANTOVANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con il termine osteoporosi si intende un'alterazione degenerativa delle ossa, caratterizzata da una ridotta massa ossea e resistenza dovuta al deterioramento della microarchitettura del tessuto osseo costituente lo scheletro;

   l'osteoporosi è una malattia silente, poiché evolve senza sintomi, finché non compaiono fratture;

   le ossa affette da osteoporosi possono diventare talmente fragili da fratturarsi spontaneamente o a seguito di piccolissimi traumi o normali azioni, come chinarsi, alzare un peso o perfino tossire o starnutire;

   negli ultimi anni sono stati compiuti progressi significativi sia nel definire questo disturbo sia nella comprensione della sua complessa patogenesi;

   i dati epidemiologici dimostrano che l'osteoporosi è una patologia diffusa, ancorché, per alcuni aspetti, non ancora del tutto conosciuta;

   nello specifico, infatti, sta aumentando tra le neo-mamme la cosiddetta Pao (Pregnancy associated osteoporosis) o osteoporosi gravidica, sindrome poco conosciuta che interessa, in particolare, le donne durante l'ultimo trimestre della gravidanza o nei primi mesi dopo il parto e si manifesta con fratture vertebrali spontanee;

   in molti casi i dolori invalidanti causati dai cedimenti vertebrali vengono erroneamente interpretati come conseguenza dell'incremento del peso corporeo e delle modificazioni posturali che accompagnano la gravidanza;

   frequentemente viene fatta l'errata diagnosi di depressione post partum;

   in ragione della diagnosi a distanza di mesi o anche di anni dalla gravidanza, la reale incidenza della Pao non è nota e le fratture vengono accertate e trattate in ambito ortopedico e, quasi mai, a livello ginecologico e ostetrico;

   è fondamentale, a parere dell'interrogante, che le donne a rischio di Pao vengano identificate e trattate con opportune misure preventive, considerato anche il particolare momento di vita in cui si verifica tale patologia;

   la Pao costituisce un'importante sfida per i sistemi sanitari dei Paesi occidentali in termini di disabilità e di costi sociali ed economici, oltre che psicologici –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Ministro interrogato per monitorare l'osteoporosi gravidica e censire, attraverso uno specifico studio epidemiologico, i pazienti affetti;

   se esistano e quali siano i protocolli in essere per identificare le donne a rischio nel corso della gravidanza e quali siano le misure preventive applicate;

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per sensibilizzare i medici di base e i ginecologi sulla sindrome in questione;

   a quanto ammonti il costo sociale ed economico derivante dai pazienti affetti da osteoporosi gravidica.
(5-01855)

Interrogazione a risposta scritta:


   GAGNARLI e CILLIS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

     parte prevalente del territorio italiano (circa il sessanta per cento del territorio nazionale) è contraddistinta dalla presenza di piccoli Comuni, lontani dai servizi essenziali, quali scuola, sanità e mobilità, e la marginalizzazione di tali aree assume quindi rilevanza nazionale;

   per tale motivo dal mese di settembre 2012 è stata avviata, dall'allora Ministro per la coesione, la costruzione di una strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne con il supporto di un comitato tecnico aree allo scopo costituito ed è stato redatto il documento relativo alla strategia nazionale delle aree interne, confluito nell'accordo di partenariato;

   la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne ha dunque il duplice obiettivo di adeguare la quantità e qualità dei servizi di istruzione, salute, mobilità e di promuovere progetti di sviluppo che valorizzino il patrimonio naturale e culturale di queste aree, puntando anche su filiere produttive locali;

   dal punto di vista sanitario, le aree particolarmente disagiate dovrebbero essere tutelate attraverso il decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, che, all'allegato 1 punto 9.2.2, riferisce in merito alla rete dell'emergenza-urgenza ed, in particolare, dei presidi ospedalieri in zone particolarmente disagiate;

   il Cisadep – Coordinamento italiano sanità aree disagiate e periferiche, che raggruppa i comitati che si battono per il diritto alla salute in queste aree della penisola, ha sollevato delle perplessità sul punto 9.2.2 in questione, sostenendo che affronta in maniera lacunosa e generica la questione dei presidi ospedalieri, lasciando ampia possibilità di libera interpretazione alle singole regioni in merito agli standard qualitativi, strutturali e tecnologici degli ospedali in tali aree;

   la discrezionalità regionale ha creato macroscopiche diversità di organizzazione e di offerta dei servizi sanitari di emergenza urgenza, punti nascita, servizi territoriali, pronto soccorso, punti di primo intervento, servizi ospedalieri in aree periferiche e disagiate anche di stesse regioni, determinando di fatto disparità di trattamento che fanno venire meno l'uguaglianza sancita dall'articolo 32 della Costituzione –:

   se e quali siano le iniziative in atto nell'ambito della Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne, in merito al riequilibrio dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali nelle aree periferiche, ultra-periferiche, particolarmente disagiate ed insulari del Paese;

   se non ritenga opportuno promuovere un confronto in sede di Conferenza Stato-regioni allo scopo di correggere la situazione di disuguaglianza dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali in tali aree, anche attraverso una revisione del decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, che definisca puntualmente gli standard nazionali qualitativi, strutturali e tecnologici dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali in queste aree.
(4-02662)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Braga e altri n. 1-00152, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cenni, Carnevali.

  La mozione Ilaria Fontana e altri n. 1-00155, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1° aprile 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Parentela.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gariglio n. 5-01655, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rizzo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta orale De Maria n. 3-00659, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 152 del 29 marzo 2019.

   DE MARIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 1° marzo 2019 si è svolta davanti a Montecitorio una manifestazione nazionale promossa dal Comitato permanente dei cittadini sordi che si occupa dei diritti umani e civili sull'accessibilità in tutti i contesti e nel caso dell'offerta complessiva di servizio pubblico della Rai;

   durante la manifestazione, i cittadini presenti hanno sottolineato che sono utenti sordi paganti per intero il canone Rai e non vogliono sconti ma piena accessibilità al servizio televisivo pubblico;

   l'articolo 3 della Costituzione e la Convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, recepita dal Governo italiano con legge del 3 marzo 2009, impegnano le nostre istituzioni a promuovere la piena uguaglianza e opportunità per tutti i cittadini, a maggior ragione per i portatori di disabilità nell'accesso ai servizi;

   il contratto di servizio Rai, per il quadriennio 2018/2022, sottoscritto dal Ministero dello sviluppo economico e dalla Rai, all'articolo 2, comma 3) lettere b, d, e, i, m, contempla che, nell'adempimento della sua mission, la Rai è tenuta a promuovere la crescita della qualità della propria offerta complessiva;

   all'articolo 10 del medesimo contratto di servizio, la Rai è tenuta ad assicurare l'adozione di idonee misure di tutela delle persone portatrici di disabilità sensoriali in attuazione dell'articolo 32, comma 6, del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar) e dell'articolo 30, comma 1, lettera b), della convenzione-Onu sui diritti delle persone con disabilità ratificata dal Governo italiano con legge 3 marzo 2009, n. 18;

   il Comitato permanente dei cittadini sordi denuncia da tempo la scarsa qualità dei sottotitoli e l'insufficiente utilizzo degli stessi nei programmi televisivi in tutte le reti generaliste e nei canali digitali ivi compresi i telegiornali e i programmi per i bambini e ragazzi, nonché l'informazione politica culturale e didattica e gli insufficienti servizi in lingua dei segni italiana –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere per favorire e migliorare l'accessibilità delle persone sorde ai programmi televisivi, in considerazione del vigente contratto di servizio con la Rai, relativamente al servizio pubblico.
(3-00659)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ALAIMO, MACINA, VARRICA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è composto dai vigili del fuoco permanenti e volontari;

   i vigili volontari sono quei cittadini italiani che, in possesso dei requisiti richiesti per legge, fanno espressa richiesta di iscrizione nei quadri del personale volontario del comando provinciale dei vigili del fuoco di residenza, i quali svolgono la propria attività ogni qualvolta se ne manifesti il bisogno;

   con riferimento all'isola di Ustica, il servizio antincendio dal 2005 è stato garantito attraverso un distaccamento di vigili del fuoco volontari e nel periodo estivo dagli stessi vigili del fuoco chiamati in servizio come discontinui;

   con il decreto-legge n. 97 del 2017 è stata operata la separazione delle liste dei vigili volontari dai discontinui con la conseguenza che tutti involontari, operanti sul territorio, hanno scelto di fare parte della lista dei discontinui;

   tale situazione ha creato un disservizio alla comunità dell'isola di Ustica, la quale non ha più un distaccamento di vigili del fuoco volontari che garantiva il servizio tecnico urgente;

   la legge n. 87 del 2004, all'articolo 3, comma 1, prevede che «Per far fronte alle peculiari esigenze del servizio antincendio e di soccorso tecnico nelle isole minori della Sicilia, il Ministero dell'interno, nei bandi di concorso per il profilo di vigile del fuoco, può individuare particolari requisiti per l'accesso ai posti disponibili nelle relative sedi di servizio presenti in ciascuna di tali isole, che tengano conto della prioritaria esigenza di garantire la continuità del servizio in relazione alle difficoltà connesse alla situazione geografica e morfologica dei territori»;

   il comma 2 specifica che «il Ministero dell'interno procede al reclutamento del personale nel profilo professionale di vigile del fuoco, da destinare ai distaccamenti presso le sedi di cui al comma 1, mediante concorso per colloquio e prova tecnico-attitudinale, riservato ai vigili iscritti negli elenchi del personale volontario in servizio presso le sedi di cui al comma 1»;

   sarebbe auspicabile una variazione del distaccamento volontario di vigili del fuoco di Ustica in distaccamento permanente al fine di assumere direttamente i residenti che hanno aderito alla graduatoria dei vigili discontinui;

   attualmente il servizio antincendio presso l'isola viene garantito da Palermo attraverso il trasferimento via mare di una squadra di servizio –:

   se e quali iniziative intenda adottare affinché il distaccamento di Ustica sia garantito in permanenza e dotato di personale e attrezzature idonei al territorio e alle sue esigenze.
(4-02055)


   ALAIMO, SCERRA, PERCONTI, D'ORSO, LOMBARDO, FICARA, PARENTELA, CANCELLERI, ANGIOLA, ERMELLINO, CHIAZZESE, DAVIDE AIELLO e ELISA TRIPODI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è composto dai vigili del fuoco permanenti e volontari;

   i vigili volontari sono quei cittadini italiani che, in possesso dei requisiti richiesti per legge, fanno espressa richiesta di iscrizione nei quadri del personale volontario del comando provinciale dei vigili del fuoco di residenza i quali svolgono la propria attività ogni qualvolta se ne manifesti il bisogno;

   con riferimento all'isola di Ustica, il servizio antincendio dal 2005 è stato garantito attraverso un distaccamento di vigili del fuoco volontari e, nel periodo estivo, dagli stessi vigili del fuoco chiamati in servizio come discontinui;

   con il decreto-legge n. 97 del 2017, è stata operata la separazione delle liste dei vigili volontari da quelle dei discontinui con la conseguenza che tutti volontari, operanti sul territorio, hanno scelto di fare parte della lista dei discontinui nella speranza di una successiva stabilizzazione;

   tale situazione ha creato un disservizio alla comunità dell'isola di Ustica, la quale non ha più il distaccamento di vigili del fuoco volontari che garantiva il servizio tecnico urgente;

   la legge n. 87 del 2004, all'articolo 3, comma 1, prevede che «Per far fronte alle peculiari esigenze del servizio antincendio e di soccorso tecnico nelle isole minori della Sicilia, il Ministero dell'interno, nei bandi di concorso per il profilo di vigile del fuoco, può individuare particolari requisiti per l'accesso ai posti disponibili nelle relative sedi di servizio presenti in ciascuna di tali isole, che tengano conto della prioritaria esigenza di garantire la continuità del servizio in relazione alle difficoltà connesse alla situazione geografica e morfologica dei territori»;

   il comma 2 specifica che «il Ministero dell'interno procede al reclutamento del personale nel profilo professionale di vigile del fuoco, da destinare ai distaccamenti presso le sedi di cui al comma 1, mediante concorso per colloquio e prova tecnico-attitudinale, riservato ai vigili iscritti negli elenchi del personale volontario in servizio presso le sedi di cui al comma 1»;

   sarebbe auspicabile una variazione del distaccamento volontario di vigili del fuoco di Ustica in distaccamento permanente, al fine di assumere direttamente i residenti che hanno aderito alla graduatoria dei vigili discontinui;

   attualmente il servizio antincendio presso l'isola viene garantito da Palermo attraverso il trasferimento via mare di una squadra di servizio –:

   se e quali iniziative intenda adottare affinché il distaccamento di Ustica sia garantito in permanenza e dotato di personale e attrezzature idonei al territorio e alle sue esigenze.
(4-02110)

  Risposta. — Si premette che il distaccamento volontario dei vigili del fuoco di Ustica è stato attivato il 27 luglio 2005 con un organico di n. 17 unità di vigili del fuoco volontari, tutti residenti nell'isola.
  Il servizio a chiamata, cosiddetto «a campana», fornito dal distaccamento ha consentito di garantire il soccorso tecnico urgente alla popolazione dell'isola, in particolare nel periodo estivo, in cui i soggiornanti, grazie alla notevole presenza turistica, aumentano in modo rilevante.
  Con riferimento ai dati relativi all'ultimo triennio, peraltro, gli interventi effettuati dai volontari del distaccamento sono stati 41 nel 2016, 42 nel 2017 e 29 nel 2018. Va inoltre evidenziato che, da alcuni anni, a maggiore garanzia della popolazione, nel periodo estivo il distaccamento è stato strutturato come distaccamento stagionale, con la presenza in sede, quindi, delle unità volontarie residenti nell'isola in turni di servizio ad orario 8-20.
  L'entrata in vigore del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 97, che ha istituito due elenchi di personale volontario, uno per le necessità dei distaccamenti volontari del corpo nazionale ed uno per le necessità delle strutture centrali e periferiche del corpo nazionale, disponendo che solo il personale iscritto in tale ultimo elenco avrebbe potuto essere oggetto di eventuali assunzioni in deroga nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ha di fatto comportato l'iscrizione nel secondo dei suddetti elenchi della totalità delle unità volontarie residenti nell'isola di Ustica.
  Gli effetti determinatisi in prima applicazione della riforma sono stati oggetto di costante monitoraggio da parte dell'amministrazione che, per ovviare criticità, ha previsto che il personale iscritto nell'elenco istituito per le necessità delle strutture centrali e periferiche possa, in caso di concrete necessità, essere impiegato anche per le eventuali e contingenti esigenze di soccorso pubblico dei distaccamenti volontari.
  Il comando dei vigili del fuoco di Palermo, ha comunque adottato le opportune misure per garantire l'espletamento del servizio di soccorso tecnico nell'isola, sia con l'invio di personale permanente dalla terraferma, non prima comunque di avere effettuato una ricognizione del personale volontario presente sull'isola, sia con l'attivazione, durante la stagione estiva, del distaccamento con le modalità del distaccamento stagionale, utilizzando, nei limiti delle risorse a disposizione, lo strumento dei richiami in servizio di volontari discontinui.
  Lo scorso dicembre, il predetto comando ha, inoltre, invitato i sindaci dei comuni interessati dalla presenza di distaccamenti volontari, tra cui Ustica, a promuovere un'attività di sensibilizzazione tra i rispettivi residenti al fine di reclutare nuove unità in grado di ricostituire la forza organica necessaria al funzionamento dei presidi.
  Da ultimo, per quanto attiene la richiesta di trasformazione del distaccamento volontario di Ustica in distaccamento permanente, si rappresenta che la questione è all'attenzione dell'amministrazione, che ne valuterà la fattibilità sulla base dei futuri potenziamenti di organico, tenuto conto delle necessità analoghe presenti su tutto il territorio nazionale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la Medaglia Mauriziana al merito di dieci lustri di carriera militare è concessa agli ufficiali e ai sottufficiali delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza ed è essenzialmente subordinata al possesso, da parte dei richiedenti, di dieci lustri di servizio, calcolati con il metodo previsto dalla direttiva «norme applicative per la concessione della Medaglia Mauriziana al merito di dieci lustri di carriera militare» edita dal segretariato generale della Difesa;

   con modalità del tutto analoghe, per il personale del Corpo forestale dello Stato, oggi come noto assorbito dall'Arma dei carabinieri, era prevista fino al predetto assorbimento, la concessione della cosiddetta Medaglia Gualbertiana al merito;

   risulta all'interrogante che al personale dell'Arma dei carabinieri, precedentemente facente parte del disciolto Corpo forestale dello Stato e in possesso dei requisiti necessari per entrambe le citate onorificenze, in caso di richiesta di conferimento al momento è possibile essere insigniti della sola Croce di anzianità, ma non della Medaglia Mauriziana né di quella Gualbertiana e che le richieste potranno essere valutate solo previa modifica delle norme di riferimento –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per modificare l'obsoleta normativa relativa ai conferimenti delle ridette onorificenze, ovviando alla irragionevole disparità di trattamento creatasi in seguito allo scioglimento del Corpo forestale dello Stato.
(4-02015)

  Risposta. — In merito alla normativa per il conferimento della medaglia mauriziana al merito di dieci lustri di carriera militare – riconoscimento in toto assimilabile alla medaglia gualbertiana già prevista dall'articolo 4, comma 1, del decreto ministeriale 21 novembre 2013 per il personale appartenente al disciolto corpo forestale dello Stato – il comando generale dell'arma dei carabinieri, nella recente proposta di aggiornamento biennale degli incarichi validi per la concessione dell'onorificenza in questione, ha chiesto l'inserimento dei profili di «comandante, direttore, responsabile, coordinatore, capo di unità organizzative comunque costituite», anche con riferimento a periodi di supplenza documentabili, ricoperti dal personale dei ruoli forestali in data antecedente al 1° gennaio 2017.
  Tale proposta sarà sottoposta alla valutazione dei competenti organi tecnico-amministrativi e tecnico-operativi per le rispettive determinazioni.

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   BELOTTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Bergamo, con determinazioni dirigenziali n. 1757 e n. 1758 del 16 settembre 2016, ha rilasciato a Seriana Power srl la concessione trentennale di derivazione di acque superficiali dal fiume Serio nel comune di Valbondione, per due impianti idroelettrici:

   a) impianto «Mola-Fiumenero», portata massima di 6000 l/s e media di 1847,80 l/s e potenza nominale media di 409,78 kW;

   b) impianto «Gavazzo-Fiumenero», portata massima di 3050 l/s e media di 1135 l/s e potenza nominale media di 499,85 kW;

   la stessa provincia di Bergamo, con determinazione dirigenziale n. 870 del 5 maggio 2016, ha espresso giudizio positivo in ordine alla compatibilità ambientale dei progetti di realizzazione degli impianti idroelettrici sul fiume Serio a Valbondione nelle località Dossi e Gavazzo con un'unica centrale in località Fiumenero;

   le relative conferenze di servizi si sono chiuse il 5 febbraio 2018 con la provincia di Bergamo che ha ritenuto «di potere risolvere la "ponderazione" di propria competenza in senso favorevole all'approvazione del progetto, fatto salvo il recepimento delle prescrizioni degli Enti/Servizi intervenuti nel procedimento»;

   i cittadini e l'amministrazione comunale di Valbondione hanno promosso sui media una forte opposizione alle due derivazioni d'acqua, preoccupati dell'eccessivo sfruttamento delle acque del fiume Serio;

   la produzione di energia attraverso lo sfruttamento dell'acqua è stata consigliata anche dall'Unione europea, ed è sicuramente preferibile all'utilizzo di combustibili fossili; tuttavia, le stesse direttive dell'Unione europea danno anche indicazioni che riguardano l'impatto ambientale derivante dall'eccessivo sfruttamento delle acque;

   il consiglio regionale della Lombardia nel luglio 2016 ha approvato all'unanimità la richiesta di una moratoria per le concessioni idroelettriche sul fiume Serio per tutte le nuove concessioni di derivazione sul bacino del fiume, almeno fino a quando non saranno elaborati il bilancio idrologico regionale da parte di Arpa e il programma di tutela e uso delle acque; infatti, nel 2015, complice la siccità, è stato messo gravemente a rischio l'intero ecosistema fluviale del Serio;

   il fiume Serio è già pesantemente interessato da concessioni di derivazione d'acqua sia ad uso irriguo sia ad uso idroelettrico; il numero degli impianti idroelettrici è in continuo aumento. Ciò aggrava o, comunque, non contribuisce a migliorare, lo stato ecologico del fiume che nel piano territoriale della regione Lombardia, approvato nel 2017, risulta classificato «sufficiente» e, quindi, tale da non tollerare un impatto ambientale rilevante senza il rischio «alto» di un «degrado tale da comportare la modifica della classe di qualità del corpo idrico»;

   nel solo territorio comunale di Valbondione esistono già 3 centrali idroelettriche e, a parere dell'interrogante, i due nuovi impianti approvati dalla provincia di Bergamo in località Fiumenero, anche se di ridotte dimensioni, rischiano di incidere sul deflusso minimo vitale del fiume Serio e compromettere l'ecosistema fluviale;

   per gli impianti in località Fiumenero, è stata la stessa Seriana Power srl, nella documentazione relativa allo studio di impatto ambientale, a classificare «rilevante» il rischio ambientale legato alla sua realizzazione, tenuto conto anche degli «impatti cumulativi» con gli altri impianti –:

   se siano state assunte o si intendano assumere iniziative, anche per il tramite della competente autorità di bacino, in merito al corretto sfruttamento delle acque del fiume Serio, a garanzia del mantenimento dell'equilibrio naturale della risorsa idrica e della conservazione della qualità dell'ecosistema fluviale, che l'approvazione dei due nuovi impianti idroelettrici della Seriana Power Srl, in località Fiumenero nel comune di Valbondione, potrebbe compromettere.
(4-00100)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre in primo luogo evidenziare che, come riferito dalla regione Lombardia, i due procedimenti di concessione di piccole derivazioni d'acqua oggetto dell'interrogazione rientrano nell'ambito di competenza dell'amministrazione provinciale.
  A tal proposito, la provincia di Bergamo, dopo aver espresso giudizio positivo sulla compatibilità ambientale dei due progetti idroelettrici, «Impianto di Mola-Fiumenero» e «Impianto Gavazzo-Fiumenero», (determinazione dirigenziale n. 870/2016) ha successivamente rilasciato alla società Seriana Power S.r.l., rispettivamente con determinazione dirigenziale n. 1758/2016 e n. 1757/2016, le concessioni di derivazione di acque superficiali dal fiume Serio nel comune di Valbondione (BG), di durata trentennale, subordinatamente alle condizioni e agli obblighi contenuti nei rispettivi disciplinari di concessione, che peraltro recepiscono le prescrizioni poste negli atti di valutazione di impatto ambientale.
  La regione ha fatto presente, inoltre, che, dal citato provvedimento provinciale di compatibilità n. 870/2016 si evince che, nel corso dell’
iter procedimentale di Via, la provincia ha esaminato i diversi aspetti di impatto ambientale sul tratto del corpo idrico fiume Serio, interessato dal progetto e, sulla base di quanto previsto dal regolamento regionale n. 2 del 26 marzo 2006 (secondo cui gli enti possono richiedere in sede istruttoria modifiche al progetto), nell'ambito della pronuncia di compatibilità ambientale dei due progetti in parola sono state accolte le seguenti soluzioni migliorative del proponente:

   il prolungamento della condotta dell'impianto di monte fino alla centrale di valle di Fiumenero, con lo scopo di unificare il locale centrale con l'impianto di valle;

   il riordino del deflusso minimo vitale rilasciato in aumento rispetto alla soglia del 10 per cento della componente idrologica da entrambe le opere di derivazione, corrispondente al 25 per cento a monte e al 20 per cento a valle, impegnandosi a modulare lo stesso per incrementare gli indicatori di qualità ambientale, laddove non fossero in linea con quanto stabilito dal piano di gestione del distretto idrografico del Po.

  L'autorità di bacino distrettuale del fiume Po, per quanto di competenza, ha riferito di aver espresso il proprio parere sulla scorta degli strumenti di pianificazione da essa adottati e che l'istruttoria è stata predisposta nel 2014 facendo riferimento principalmente al piano di tutela e utilizzo delle acque della regione Lombardia, all'epoca vigente.
  La suddetta autorità di bacino ha, inoltre, evidenziato di aver adottato, a partire dal 12 gennaio 2016, a tutela del fiume Serio e, più in generale, di tutti i corpi idrici del bacino del Po, una direttiva che valuta il rischio ambientale connesso agli impatti delle nuove derivazioni sui corpi idrici superficiali e sotterranei.
  La direttiva derivazioni è stata approvata con delibera del comitato istituzionale n. 8 del 17 dicembre 2015 e successivamente modificata, integrata ed estesa all'intero distretto idrografico, anche in recepimento delle linee guida del Ministero dell'ambiente poste con decreto n. 29 del 13 febbraio 2017. Tale direttiva consente al soggetto istruttore di svolgere una valutazione di compatibilità rispetto al piano di gestione.
  A ciò si aggiunga che, nella seduta del 14 dicembre 2017, la Conferenza istituzionale permanente dell'autorità distrettuale del fiume Po ha approvato, con delibera n. 4, la direttiva deflussi ecologici, che recepisce la linea guida n. 30 del Ministero dell'ambiente.
  Le predette direttive tengono conto degli aspetti legati alla «rilevanza» dell'impatto generato dalla derivazione ed al «cumulo» degli impatti, qualora ci sia la presenza di più impianti sul medesimo corpo idrico.
  A tal proposito, la regione Lombardia ha fatto presente, altresì, che è stata prevista la realizzazione di un piano di monitoraggio ambientale chimico-fisico
post operam, la valutazione di impatto acustico, la realizzazione di aree umide per la proliferazione di rettili e anfibi e di un percorso naturalistico-didattico, l'individuazione di indicatori dello stato di conservazione dei biotopi analizzati, la sistemazione dell'area coinvolta volta a valorizzare il sito ed aumentarne la fruibilità e la sicurezza, la realizzazione di scale per la risalita dell'ittiofauna.
  In esito al monitoraggio ed in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dalla pianificazione, la provincia potrà valutare ulteriori mitigazioni e prescrizioni all'esercizio della concessione al fine di consentire il raggiungimento di tali obiettivi.
  Sempre secondo quanto riferito dalla regione, alla società Seriana Power S.r.l. è stata rilasciata l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio dei due impianti idroelettrici
ex articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continuerà a tenersi informato ed a svolgere la propria attività di monitoraggio, senza ridurre in alcun modo il livello di attenzione sulla questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da tempo, anche a mezzo stampa, si è acceso il dibattito in merito alla fusione tra le camere di commercio di Ravenna e di Ferrara non senza polemiche da parte delle imprese;

   tali fusioni hanno suscitato polemiche in tutta Italia: sarebbero infatti almeno sei le istanze presentate dalle camere di commercio al Tar del Lazio e che hanno provocato, per il momento, la sospensione del processo di accorpamento di circa 12 enti camerali;

   tra i ricorsi che hanno avuto esito sfavorevole alla fusione vi è quello della camera di commercio di Rieti. Il ricorso è stato accolto, infatti, dal Consiglio di Stato: il giudizio di merito spetterà invece al tribunale amministrativo del Lazio che dovrebbe pronunciarsi a gennaio. Dal punto di vista giuridico, sono stati sollevati dubbi di costituzionalità e dubbi in relazione alla garanzia della rappresentatività nei nuovi enti;

   tale riforma deriva dalla precedente legislatura: nel caso di Ravenna e Ferrara, gli stessi presidenti di provincia, appartenenti al Pd, hanno contestato l'accorpamento. La critica, a parere dell'interrogante, è senz'altro tardiva. Tuttavia non ci si può esimere dal considerare i risvolti critici di tale fusione che sembra non tenere conto delle esigenze e delle specificità territoriali;

   la riforma, infatti, non sembra mettere al centro le identità territoriali e la necessità di fornire a cittadini e imprese servizi efficienti –:

   se si abbia conoscenza dei fatti esposti;

   se intendano assumere le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per sospendere, anche in attesa dei pronunciamenti in merito ai ricorsi di cui in premessa, l'accorpamento delle camere di commercio, con particolare riguardo al procedimento di fusione tra quella di Ravenna e di Ferrara;

   se intenda, in via generale, adottare le iniziative di competenza per ripensare l'attuale impianto normativo in merito all'accorpamento delle camere di commercio, impianto che, così come strutturato, non sembra garantire il rispetto delle identità e delle peculiarità territoriali.
(4-01657)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame riscontrando per quel che segue.
  Preliminarmente si vuole evidenziare che sono agli atti del Ministero dello sviluppo economico – poiché acquisiti durante la fase istruttoria del piano di razionalizzazione presentato da Unioncamere ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, ed infine approvato da questa con decreto 16 febbraio 2018 – le delibere con cui le Camere di commercio di Ferrara e di Ravenna (rispettivamente, delibere n. 3 e n. 4, entrambe del 17 gennaio 2017), proponevano, con voto unanime dei propri Consigli, l'accorpamento dei due enti camerali, evidenziando, tra l'altro, che «il successo di un sistema produttivo locale dipende sempre più dalla capacità degli attori territorio (il cosiddetto capitale territoriale) possano tradursi in un vantaggio competitivo per le imprese che vi operano».
  In sede di predisposizione e di approvazione del Piano di razionalizzazione del sistema camerale, il Ministero dello sviluppo economico ha dunque tenuto conto, nel quadro dei criteri direttivi posti dalla legge 7 agosto 2015, n. 124, e dal già citato decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 219, delle deliberazioni assunte dagli organi delle Camere di commercio coinvolte, stabilendo, per quanto qui d'interesse, l'accorpamento delle Camere di Ferrara e Ravenna, anche alla luce della condivisa considerazione, dalle stesse espressa, che «le due province presentano un elevato grado di affinità sotto il profilo economico che rende più efficace l'impostazione di politiche a sostegno delle imprese e del sistema produttivo».
  Con riferimento ai contenziosi avviati dalle Camere, citati dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si informa che il Consiglio di Stato ha concesso, accogliendo le istanze delle Camere attrici, la sospensione cautelare degli accorpamenti di Crotone-Vibo Valentia-Catanzaro, di Rieti-Viterbo, di Brindisi-Taranto, di Pavia-Mantova-Cremona, di Terni-Perugia.
  Gli accoglimenti in parola, determinati in sede cautelare per l'apprezzamento dato dai giudici amministrativi al profilo del
periculum in mora incidente sulle circostanze fattuali sottese ai diversi giudizi, lasciano evidentemente ad oggi impregiudicato il merito delle vicende in causa, che è stato oggetto di trattazione da parte del TAR Lazio nel corso dell'udienza dello scorso 30 gennaio 2019.
  Si informa per completezza di indicazioni che con deliberazione n. 2293 del 27 dicembre 2018 la giunta regionale dell'Emilia Romagna ha sospeso le procedure avviate per la determinazione del grado di rappresentatività delle organizzazioni imprenditoriali, delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle associazioni dei consumatori, ai fini della nomina del Consiglio camerale della Camera di commercio di Ferrara e Ravenna e del Consiglio della Camera di commercio dell'Emilia, in attesa di conoscere gli esiti della citata udienza dinanzi al Tar Lazio.
  Per quanto, infine, attiene alla richiesta, avanzata dall'interrogante, di conoscere se intenda assumere le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per sospendere, in attesa dei pronunciamenti di merito dei suddetti ricorsi, l'accorpamento delle Camere di commercio, ivi comprese quelle di Ravenna e Ferrara, si deve evidenziare che i contenziosi in corso ed il generale stato di avanzamento delle procedure di accorpamento non consentono di formulare precise proposte tecniche sulla tematica in parola.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Dario Galli.


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dal primo studio sui rifiuti nei laghi e nelle acque interne, presentato da Legambiente nell'ambito dell'iniziativa «Goletta dei laghi», risulta che il lago di Como è al primo posto tra i bacini italiani per presenza di microplastiche, ossia le particelle di plastica con dimensione inferiore ai 5 millimetri: nelle sue acque, infatti, la densità media delle particelle è di 157 mila ogni chilometro quadrato, con un picco di 500 mila, una delle densità più elevate al mondo, nel restringimento tra Dervio, in provincia di Lecco, e Santa Maria Rezzonico, sulla sponda comasca;

   anche per quanto riguarda gli inquinanti biologici, i dati del rapporto appaiono sconfortanti: su 17 campioni raccolti in tutto il lago, 8 sono risultati oltre i limiti di legge, e 2 sulla sponda comasca, a Dongo e Argegno, con valori di enterococchi ed Escherichia coli, i tipici batteri fecali, superiori al doppio di quanto previsto dalla legge;

   le acque del lago di Como sono utilizzate per uso potabile;

   le microplastiche, i cui effetti nell'ambiente lacustre non sono ancora abbastanza studiati, possono accumularsi nei tessuti dei pesci e di lì passare ad altri organismi lungo la catena alimentare fino all'uomo;

   a quanto pare, c'è una forte correlazione tra i depuratori e il rilascio di microplastiche. I depuratori, in effetti, ricevono tutto ciò che proviene dalle abitazioni, comprese le microplastiche primarie contenute nei cosmetici e gli scarichi delle lavatrici, responsabili, secondo alcuni studi, del rilascio di circa 700 mila fibre ad ogni lavaggio;

   in base al decreto legislativo n. 152 del 2006, nelle acque superficiali sono monitorati una serie di parametri chimico-fisici, (pH, solidi sospesi, temperatura, trasparenza, conducibilità, durezza, azoto ammoniacale, azoto nitrico, ossigeno disciolto, BOD5, COD, azoto totale, orto fosfato, cloruri, solfati, fosforo totale, Escherichia Coli, altri inquinanti chimici costituiti in prevalenza da metalli, pesticidi, solventi e IPA ed elementi di qualità biologica che riguardano macroinvertebrati, macrofite, diatomee, fitoplancton e fauna ittica) –:

   se non ritenga opportuno promuovere, per quanto di competenza, anche un monitoraggio costante e sistematico della presenza di microplastiche nelle acque superficiali interne;

   quali iniziative di competenza intenda assumere, con particolare riferimento al Lario, per contrastare questo tipo di inquinamento, molto insidioso.
(4-00972)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  La questione delle microplastiche (plastiche di dimensioni<5mm secondo l'attuale definizione normativa), viene affrontato nell'ambito del tema rifiuti e, in tale contesto, è anche considerata nel quadro dell'economia circolare. Infatti, il piano di azione sull'economia circolare individua come prioritaria la problematica dei rifiuti di materie plastiche e impegna la commissione a preparare una strategia per affrontare la sfida della lotta alle plastiche considerando l'intero ciclo di vita dei prodotti, con l'obiettivo di assicurare che il 100% di imballaggi siano riciclabili entro il 2030.
  A tal proposito, a fine maggio 2018 è stata pubblicata la proposta di direttiva che prevede il divieto di commercializzazione di alcuni prodotti di plastica monouso (bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande e aste per palloncini, contenitori per bevande in plastica monouso). Le microplastiche sono, inoltre, uno degli indicatori della direttiva strategia marina (direttiva quadro 2008/56/CE) che concorrono a definire il buono stato ambientale: nell'ambito del descrittore 10 è stato identificato l'indicatore 10.1.3 «Tendenze nella quantità, nella distribuzione e, se possibile, nella composizione di microparticelle (in particolare microplastiche)».
  Si tratta dunque di un problema macroscopico e a livello comunitario si opera sul versante dei rifiuti e della prevenzione, con l'obiettivo di ridurre l'immissione di prodotti che a fine ciclo determinano il rilascio di microplastiche.
  In relazione alla problematica delle nano-particelle plastiche (es. contenute nei cosmetici, dentifrici e farmaceutici, residui di tessuti da lavaggio etc.) che si ritrovano nelle acque reflue e che, qualora non rimosse dagli impianti di depurazione, vengono scaricate in fiumi e laghi e, da ultimo, nelle acque marino-costiere, la tematica è particolarmente complessa.
  Nella fase attuale, anche in relazione alla carenza di una definizione appropriata delle stesse nel quadro normativo vigente, appare opportuno puntare sulle azioni per la prevenzione delle emissioni e sulle azioni nel settore della produzione delle merci, nonché sul conseguimento delle prestazioni richieste agli impianti di depurazione per assicurarne la rimozione.
  Si evidenzia, altresì, che la vigente normativa europea e nazionale di recepimento in materia di acque (direttiva 2000/60/CE e decreto legislativo 152/2006), non prevede obblighi specifici di monitoraggio e controllo dell'inquinamento da microplastiche. L'effetto dell'inquinamento da tali «inquinanti emergenti» viene ad oggi valutato, pertanto, indirettamente, laddove eventualmente influenzi i parametri e gli indicatori che concorrono a definire lo stato (ecologico e chimico) dei corpi idrici. La predetta normativa (punto 1.3.3 dell'allegato V della direttiva 2000/60/CE) prevede, inoltre, nel caso in cui non vengano conseguiti gli obiettivi ambientali definiti per il corpo idrico e non vi siano adeguate conoscenze sulle cause che determinano tale condizione, che le autorità competenti (nel quadro normativo italiano: le regioni) effettuino un monitoraggio di indagine.
  A ciò si aggiunga che, per quanto attiene nello specifico l'inquinamento delle acque interne da microplastiche, e in particolare delle acque dei laghi, si fa presente che, nell'ambito dei lavori della Commissione internazionale per la protezione delle acque italo-svizzere (CIPAIS), costituita al fine di promuovere iniziative per la prevenzione dell'inquinamento delle acque transfrontaliere, è in fase di definizione il programma di attività di studio e ricerca per il periodo 2019-2021, nell'ambito del quale si sta valutando la proposta di intraprendere uno studio sulla presenza e gli effetti delle microplastiche, attraverso un'attività di monitoraggio da parte di qualificati Istituti di ricerca, nelle acque interessate dalla convenzione (in particolare Lago di Lugano e Lago Maggiore). Tale studio ha l'obiettivo, tra l'altro, di definire e affinare la metodologia di indagine, quale attività preliminare e necessaria per l'eventuale estensione del monitoraggio ad altre acque superficiali, al fine di valutare la rilevanza del problema e delle misure specifiche da applicare.
  Più nello specifico, in merito alla presenza di microplastiche nel Lago di Como, l'Agenzia regionale protezione ambiente ha precisato che il Lago fa parte della rete di monitoraggio regionale delle acque superficiali, individuata dal programma di tutela e uso delle acque (PTUA), approvato con delibera della Giunta Regionale n. 6990 del 31 luglio 2017.
  In particolare, per il monitoraggio dei parametri fisico-chimici, chimici e del fitoplancton sono state individuate n. 4 stazioni di campionamento: Argegno, Como, Abbadia Lariana e Dervio. In quest'ultima stazione sono anche raccolti i dati che contribuiscono alla rete LTER-Italia (Rete Italiana per la Ricerca Ecologica di Lungo Termine).
  Infine, nella fase parlamentare di esame e approvazione del disegno di legge finalizzato a promuovere il recupero dei rifiuti in mare, di prossima presentazione da parte del Governo, potrebbero essere presentati emendamenti volti ad estendere, anche in ambito lacuale, le misure di prevenzione e riduzione sull'impatto della plastica previste dalla suddetta proposta legislativa.
  Alla luce delle informazioni esposte si evidenzia, dunque, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare segue con costante attenzione il tema in questione e continuerà a svolgere la propria attività di monitoraggio anche al fine di valutare le possibili revisioni della normativa di settore.
  

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da organi di stampa si apprende che sul territorio della Municipalità a Napoli, nell'area a ridosso dei quartieri di Pianura e Soccavo, sono stati trovati campi rom illegali, ubicati su degli spazi comunali incolti, vicino ai centri abitati;

   grazie alle segnalazioni ricevute, la polizia locale con il nucleo ambientale e antiabusivismo, insieme ai rappresentanti della municipalità, ha riscontrato la realizzazione di manufatti abusivi, nonché furto di energia elettrica e acqua dagli impianti pubblici, la presenza di scarichi fognari direttamente nei terreni e il deposito di tricicli e furgoni sprovvisti di assicurazione, il cui uso sarebbe molto probabilmente finalizzato al traffico e deposito di rifiuti speciali;

   le zone di Pianura e Soccavo si erano già interfacciate con queste problematiche. Infatti, soltanto pochi anni fa, il campo rom di Pianura era stato posto sotto sequestro e con le ruspe era stato abbattuto e fatto sgomberare. Nel quartiere di Soccavo un edificio (l’ex scuola Grazia Deledda) è stato già sacrificato per destinarlo ai cittadini di etnia rom, ma, nonostante ciò, da organi di stampa si apprende che si dubita delle condizioni igienico-sanitarie in cui versa e sono state richieste delle verifiche in merito;

   a parere dell'interrogante, controlli periodici da parte della polizia locale e, in generale, da parte del comune di Napoli, sarebbero stati utili per scongiurare il pericolo di nuovi insediamenti;

   la situazione risulta essere molto pericolosa, poiché crea un grave danno per l'ambiente, è contraria al pubblico decoro e mette in pericolo la sicurezza dei cittadini;

   sembrerebbe che l'azione del comune sia tutt'oggi insufficiente: nonostante, come già specificato, il sindaco De Magistris abbia messo a disposizione dei cittadini di etnia rom un intero plesso scolastico, non si riuscirebbe a risolvere in modo definitivo il problema –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, ritenga opportuno adottare per fronteggiare il pericolo igienico-sanitario e i rischi per la sicurezza pubblica nei territori di Pianura e Soccavo.
(4-00927)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi informativi forniti dalla prefettura di Napoli, si rappresenta quanto segue.
  Nell'anno 2015, l'autorità giudiziaria ha posto sotto sequestro un'area di circa 2000 metri quadrati nel quartiere di Pianura, occupata abusivamente da persone di etnia Rom, per violazione degli articoli 633/635 del codice penale e dell'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 1981. A conclusione del procedimento, è stata emessa un'ordinanza di sgombero.
  La mediazione dei competenti servizi sociali del Comune di Napoli ha consentito che gli stessi, reperite situazioni alternative, abbandonassero spontaneamente l'area.
  Successivamente, si è proceduto alla demolizione degli alloggi ed alla contestuale rimozione dei rifiuti.
  Tale sito, restituito dall'autorità giudiziaria al comune di Napoli, è oggetto di continuo monitoraggio, al fine di evitare ulteriori occupazioni. Recentemente, la polizia municipale ha allontanato un nucleo di persone di etnia Rom che aveva tentato di occupare tale zona e attualmente il posto è libero da persone e baracche.
  Una ulteriore piccola area nel quartiere Soccavo, tra via Cinthia e via Montagna Spaccata al momento è occupata da due nuclei familiari di origine rumena, per un totale di 8 persone che vivono in baracche costruite con materiali vari ed in precarie condizioni igienico-sanitarie. Gli uffici comunali del servizio contrasto nuove povertà ed emergenze sociali hanno attivato la presa in carico dei nuclei per verificare percorsi di sostegno ed accompagnamento. Da notizie agli atti della prefettura, non sono stati rilevati furti di acqua o energia elettrica o altri elementi che possano far pensare a traffici illeciti.
  Per quanto concerne l'ex complesso scolastico «G. Deledda», sempre secondo quanto riferito dalla prefettura di Napoli, nel 2003 l'allora amministrazione comunale, a fronte di un'emergenza che vide il medesimo capoluogo meta di numerosi Rom provenienti dalla Romania, destinò la struttura a centro di accoglienza.
  Allo scopo di renderla pienamente operativa, il comune di Napoli, tra il 2011 e il 2013 e successivamente tra il 2014 e il 2015, ha realizzato due distinti interventi di ristrutturazione dell'edificio, a valere sui fondi del Programma operativo nazionale (PON) FESR – sicurezza per lo sviluppo – obiettivo convergenza 2007-2013, finalizzati sia ad alloggi destinati alla prima sistemazione abitativa sia allo svolgimento delle attività di aggregazione sociale. Questo centro – all'esito della riqualificazione dell'immobile destinato all'accoglienza e gestito dall'associazione di volontariato protezione civile e sociale «Centro Lima», che allo stato ospita 80 persone – può essere considerato una struttura pilota sul territorio.
  Al riguardo, sono state attivate due progettualità:

   1. «E.Co» - Esperienza condominiale, che consiste nel fornire il supporto sociale alla comunità ospite, attraverso la promozione e l'attivazione di esperienze di condominio sociale al fine di mantenere la fruibilità della struttura, le condizioni di benessere e sicurezza degli ospiti e idonee condizioni igienico sanitarie;

   2. «Integrazione ed inclusione scolastica minori rom, sinti e caminanti» finalizzata alla promozione delle potenzialità inclusive dei contesti formativi, a sostenere direttamente la frequenza scolastica e l'alfabetizzazione, a contrastare il fenomeno della dispersione e dell'abbandono. Le attività coinvolgono l'istituto comprensivo Marotta nel quartiere di Soccavo.

  La Prefettura ha evidenziato, altresì, che, secondo quanto comunicato dalla questura di Napoli, all'esito di un sopralluogo effettuato presso le aree comuni dei predetti luoghi da parte del commissariato di pubblica sicurezza competente per giurisdizione, non sono state rilevate preoccupanti o inidonee condizioni igienico-sanitarie.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rassicura comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, continuerà a tenersi informato, mantenendo alto il livello di attenzione sulla questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   CUNIAL. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di giustizia dell'Unione europea ha emesso la sentenza sulla natura giuridica dei nuovi Ogm: «gli organismi ottenuti mediante mutagenesi sono Ogm ai sensi della direttiva sugli Ogm, nei limiti in cui le tecniche e i metodi di mutagenesi modificano il materiale genetico di un organismo secondo modalità che non si realizzano naturalmente. Ne consegue che tali organismi rientrano, in linea di principio, nell'ambito di applicazione della direttiva sugli Ogm e sono soggetti agli obblighi previsti da quest'ultima»;

   gli organismi prodotti con le nuove tecniche di mutagenesi non possono dunque essere esclusi dal rispetto della legislazione Ogm vigente in Europa;

   secondo la Corte «dalla direttiva sugli Ogm emerge che quest'ultima non si applica agli organismi ottenuti per mezzo di determinate tecniche di mutagenesi, ossia quelle che sono state utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza». Detto ciò la Corte precisa che «gli Stati membri sono liberi di assoggettare siffatti organismi, nel rispetto del diritto, agli obblighi di cui alla direttiva sugli Ogm o ad altri obblighi. Infatti, la circostanza che tali organismi siano esclusi dall'ambito di applicazione della direttiva non significa che le persone interessate possano liberamente disseminarli nell'ambiente in modo deliberato o immetterli sul mercato nell'Unione. Gli Stati membri hanno così la facoltà di legiferare in tale settore nel rispetto del diritto dell'Unione, in particolare delle norme relative alla libera circolazione delle merci»;

   in relazione alle tecniche di mutagenesi apparse successivamente alla sua adozione, la Corte ritiene che «i rischi legati all'impiego di tali nuove tecniche di mutagenesi potrebbero risultare simili a quelli derivanti dalla produzione e dalla diffusione di Ogm tramite transgenesi (...). Ne consegue che la direttiva sugli Ogm si applica anche agli organismi ottenuti mediante tecniche di mutagenesi emerse successivamente alla sua adozione»;

   il parere della Corte conferma gli avvertimenti di diversi scienziati: il gene editing può causare danni involontari al Dna con conseguenze imprevedibili. Un recente articolo su Nature ha dimostrato che il Crispr/Cas può causare modifiche genetiche indesiderate molto più vaste di quanto ipotizzassero gli esperti;

   la transgenesi o altre tecniche come il genoma editing provocano un numero rilevante di modificazioni genetiche impreviste (off target);

   la Corte inoltre ritiene che la nozione di «varietà geneticamente modificata» debba essere intesa nel senso che essa fa riferimento alla nozione di «Ogm» contenuta nella direttiva sugli Ogm, cosicché le varietà ottenute mediante mutagenesi che rientrano in tale direttiva possono essere commercializzate solo se sono state adottate tutte le misure appropriate per evitare i rischi per la salute umana e l'ambiente –:

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare a livello nazionale affinché gli New breeding techniques (Nbt) siano disciplinati dalla stessa normativa di riferimento degli Ogm;

   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di adeguare le misure di sicurezza per contrastare il rilascio di questi nuovi Ogm nell'ambiente;

   se e come si intenda far rispettare il principio di precauzione, fondamentale sia in Italia che in Europa;

   se il Governo abbia intenzione di adottare iniziative per aggiornare la normativa sulle sementi in modo da adeguarla alla attuale decisione della Corte;

   se il Governo abbia ha intenzione di modificare il decreto ministeriale recante l'approvazione del piano di ricerca straordinario per lo sviluppo delle biotecnologie e della bioinformatica predisposto dal Crea;

   se e come il Governo intenda adeguare l'indirizzo in materia di investimenti pubblici per la ricerca agricola, oltre che le modalità di sperimentazione e le misure di biosicurezza, in modo da aderire alle valutazioni della Corte di giustizia europea.
(4-01807)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Come noto, la direttiva 2001/18/CE regola, nel rispetto del principio di precauzione, l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, a scopo sperimentale e a scopo commerciale, che sono autorizzati a seguito di una procedura di valutazione del rischio ambientale condotta caso per caso. Essi sono soggetti anche a obblighi di tracciabilità, di etichettatura e di monitoraggio successivamente alla loro immissione in commercio.
  L'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva definisce come organismo geneticamente modificato «un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l'accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale
».
  La direttiva stabilisce, inoltre, che la modificazione genetica deve essere ottenuta almeno mediante l'impiego delle tecniche elencate nell'allegato I A, parte 1, (elenco non esaustivo per il progresso scientifico) e deve introdurre nell'organismo oggetto della modificazione una nuova combinazione di materiale genetico ereditabile dalla progenie.
  Le tecniche dell'allegato I A, parte 2, non producono invece modificazioni genetiche, a condizione che non comportino l'impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di organismi geneticamente modificati prodotti con tecniche o metodi diversi da quelli esclusi dall'allegato I B della direttiva stessa. Nell'allegato I B sono elencate le tecniche o i metodi di modificazione genetica che implicano l'esclusione degli organismi prodotti dal campo di applicazione della direttiva 2001/18/CE.
  Con la sentenza del 25 luglio 2018, la Corte di giustizia europea ha stabilito, innanzitutto, che gli organismi ottenuti mediante mutagenesi sono organismi geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della predetta direttiva 2001/18/CE, dal momento che le tecniche e i metodi di mutagenesi modificano il materiale genetico di un organismo secondo modalità che non si realizzano naturalmente: tali organismi perciò rientrano, in linea di principio, nell'ambito di applicazione della direttiva sugli OGM e sono soggetti agli obblighi previsti da quest'ultima.
  La Corte ha constatato, inoltre, che la direttiva in questione non si applica agli organismi ottenuti per mezzo di determinate tecniche di mutagenesi che sono state utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza (la mutagenesi tradizionale ottenuta tramite mutageni chimici o radiazioni). A tal proposito, la Corte ha precisato che gli Stati membri sono comunque liberi di assoggettare tali organismi, nel rispetto del diritto dell'Unione (in particolare delle norme relative alla libera circolazione delle merci) agli obblighi della direttiva sugli OGM o ad altri obblighi.
  Allo scopo di non pregiudicare l'obiettivo di massima tutela della salute umana e dell'ambiente, nel rispetto del principio di precauzione, la Corte ha ritenuto, altresì, che non sia possibile escludere dall'ambito di applicazione della direttiva gli organismi ottenuti mediante le nuove tecniche di mutagenesi (mutagenesi sito-diretta) in quanto i rischi legati all'impiego di tali nuove tecniche potrebbero risultare simili a quelli risultanti dagli OGM ottenuti tramite transgenesi: perciò le disposizioni della direttiva sugli OGM devono essere applicate anche agli organismi ottenuti mediante tecniche di mutagenesi sviluppate successivamente alla sua adozione.
  Attualmente, per selezionare o introdurre caratteristiche di interesse nelle piante utilizzate a scopo agrario, ornamentale e forestale, possono essere utilizzate le tecniche convenzionali di miglioramento genetico (ritenute sicure sulle base della consuetudine del loro utilizzo), le tecniche consolidate di modificazione genetica (cui si applicano le disposizioni della direttiva 2001/18/CE) e le cosiddette nuove tecniche di miglioramento genetico (tecniche di
genome editing, mutagenesi diretta da oligonucleotidi e nucleasi sito specifiche quali ZFN, TALEN e CRISPR/Cas).
  Si ritiene comunque opportuno segnalare che, ogni volta che si introduce intenzionalmente una modificazione genetica in una pianta si possono indurre nel suo genoma anche modifiche non previste che variano a seconda del tipo di tecnica impiegata. Le modifiche non previste introdotte possono dare origine ad effetti non intenzionali (effetti sul livello di espressione genica e effetti sulle reti regolative).
  Nel corso degli ultimi anni sono stati costituiti a livello europeo alcuni gruppi di lavoro (da ultimo il SAM
High level group che ha prodotto il documento «New techniques in agricultural biotechnology» pubblicato dalla Commissione europea) incaricati di:

   predisporre una panoramica aggiornata sulle nuove tecniche di miglioramento genetico applicate all'agricoltura, illustrando le caratteristiche di ciascuna tecnica, con riferimento al meccanismo molecolare e ai prodotti ottenuti, e il loro potenziale utilizzo in agricoltura e più in generale nel campo della biologia di sintesi;

   spiegare le differenze e le similitudini di queste nuove tecniche con le tecniche convenzionali di miglioramento genetico e con le tecniche consolidate di modificazione genetica, in termini di sicurezza per la salute e per l'ambiente, di possibilità di rilevamento e identificazione dei prodotti ottenuti, di rapidità di raggiungimento dei risultati e di costi di applicazione.

  Successivamente alla sentenza della Corte di giustizia europea, l'attività dei Comitati istituiti ai sensi della direttiva 2001/18/CE e del regolamento (CE) 1829/2003 si è concentrata, con il supporto dell'EFSA, del Joint Research Centre e della Rete europea dei laboratori sugli OGM, sulla questione della rilevazione e dell'identificazione dei prodotti ottenuti con queste nuove tecniche. Essi possono, infatti, presentare caratteristiche genotipiche simili o identiche a quelle degli organismi ottenuti con le tecniche di incrocio classiche o degli organismi frutto di mutazioni spontanee: ciò rende particolarmente complessa la rilevazione, e in alcuni casi impossibile, l'identificazione di questi organismi geneticamente modificati.
  Attualmente, negli Stati membri la sperimentazione delle nuove tecniche di miglioramento genetico viene condotta ai sensi della parte B della direttiva 2001/18/CE, ma in Italia non sono state realizzate, né sono in corso, sperimentazioni. Per quanto riguarda l'immissione sul mercato di OGM, molti Stati membri hanno confermato che a livello nazionale nessuna varietà prodotta con le nuove tecniche di mutagenesi è stata registrata. Nei prossimi incontri dei Comitati regolamentari sugli OGM precedentemente citati, sarà effettuato un approfondimento in merito alle conseguenze della sentenza della Corte di giustizia europea sull'implementazione a livello nazionale della direttiva citata. Anche a tale scopo, la Commissione ha invitato gli Stati membri a presentare la propria posizione al riguardo. A tal proposito, il Ministero dell'ambiente sta effettuando una valutazione delle nuove tecniche, alla luce della predetta sentenza, per concordare con le altre amministrazioni competenti (in particolare con il Ministero delle politiche agricole e con il Ministero della salute) la posizione da tenere sia in ambito europeo che nazionale.
  Al momento, in assenza di una legge che regolamenti in maniera diversa i prodotti di
new breeding techniques dagli OGM ed in funzione della sentenza della Corte europea, la regolamentazione sarà la stessa per tutti i prodotti ottenuti con biotecnologie sia moderne che tradizionali.
  Si segnala, peraltro, che, per quanto concerne le attività di competenza del Ministero della salute, lo stesso ha sempre ritenuto fondamentale l'approfondimento ed il rafforzamento della valutazione del rischio dei prodotti geneticamente modificati, ribadendo la massima fiducia nell'operato dell'EFSA. In più occasioni, infatti, lo stesso Ministero ha rappresentato l'importanza di incentivare ogni iniziativa volta ad una valutazione sistematica degli effetti sulla salute umana ed animale legati al consumo di OGM. Fermo restando quanto sopra esposto, il Ministero della salute ha evidenziato, infine, che gli alimenti e i mangimi contenenti, costituiti e derivati da OGM, qualora ottenuti con nuove tecniche di mutagenesi, saranno soggetti ai controlli ufficiali previsti dai Piani nazionali così come avvenuto finora per tutti i prodotti GM immessi sul mercato.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rassicura, comunque, che il Ministero dell'ambiente monitora costantemente l'impatto regolatorio delle normative di settore, anche al fine di superare le criticità operative che dovessero emergere e valutare possibili revisioni della disciplina.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   DEIDDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la legge 18 agosto 1978, n. 497, ha: a) autorizzato il Ministero della difesa alla spesa per la costruzione di alloggi di servizio per il personale militare; b) disciplinato la gestione e la riorganizzazione del relativo patrimonio abitativo; c) disposto l'emanazione di un regolamento recante la classificazione e la ripartizione degli alloggi, le modalità e i criteri di assegnazione degli alloggi, il calcolo del canone e degli altri oneri conseguenti all'assegnazione; tale regolamento è stato approvato dapprima con decreto ministeriale 16 gennaio 1997, n. 253, e successivamente con decreto ministeriale 23 gennaio 2004, n. 8;

   pur essendo l'alloggio di servizio un diritto del dipendente delle forze armate (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri), la carenza di strutture e l'inagibilità di parte di quelle esistenti non consentono di soddisfare appieno il relativo fabbisogno, di modo che gli aventi diritto si vedono costretti a dover ricercare soluzioni abitative differenti, con aggravio di costi a loro carico;

   per quanto è dato sapere, in diverse regioni del nord e in particolare nella regione del Trentino Alto-Adige, attualmente, diversi alloggi di servizio disponibili risultano inagibili e/o comunque inutilizzabili, con grave pregiudizio per il personale militare impiegato in quelle aree, il quale, dunque, oltre a vedersi costretto a corrispondere canoni di locazione finanche pari a 800,00 euro mensili, deve anche far fronte alle ulteriori, ingenti spese conseguenti alla lontananza dal luogo di residenza della propria famiglia e, in caso di separazione, al versamento di un assegno per il mantenimento del coniuge e dei figli;

   appare urgente intervenire per il recupero degli alloggi esistenti, al fine di migliorare le condizioni di vita del personale militare, garantendo così un'adeguata soluzione abitativa e, conseguentemente, un'idonea remunerazione, comunque sufficiente a far fronte alle normali esigenze della vita quotidiana –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda adottare al fine di definire un piano straordinario di recupero del patrimonio abitativo di tutte le Forze armate, garantendo così, al personale in possesso dei relativi requisiti, l'assegnazione di un alloggio nella sede di lavoro.
(4-01627)

  Risposta. – Desidero anzitutto sottolineare come gli alloggi di servizio rappresentino uno strumento finalizzato ad assicurare la piena ed efficace operatività delle Forze armate e siano funzionali al soddisfacimento delle esigenze abitative del personale. Tali esigenze, peraltro, sono:

   decisamente superiori alle effettive disponibilità;

   territorialmente squilibrate, per effetto delle mutate situazioni operative legate al processo di riorganizzazione della Difesa;

   negativamente influenzate dalle minori capacità finanziarie per la realizzazione di nuovi complessi abitativi o per i necessari interventi di opere manutentive.

  Relativamente a quest'ultimo punto, infatti, l'iniziale previsione della riassegnazione alla Difesa dei proventi derivanti delle alienazioni, ha subìto un sensibile decremento per effetto della legge di stabilità 2015-2017.
  Le Forze armate hanno, conseguentemente, dovuto attuare piani di recupero ordinari e straordinari, nei limiti imposti dalle citate ristrettezze finanziarie.
  Tuttavia, a decorrere dal 2018, il cumulo tra le risorse provenienti dalla dismissione del patrimonio immobiliare – che possono nuovamente essere riassegnate totalmente alla Difesa – e i proventi relativi ai canoni di locazione offrono maggiori disponibilità di risorse da destinare agli opportuni interventi definiti in base alle priorità riconosciute da ciascuna Forza armata.
  La gestione degli alloggi di servizio resta, comunque, argomento cui il Dicastero dedica grande attenzione per la soluzione delle relative problematiche.
  In ragione di ciò, per il quinquennio 2019-2023 è attualmente previsto uno stanziamento di 70 milioni di euro, destinati all'esecuzione di interventi infrastrutturali a tutela del personale e per il potenziamento delle capacità alloggiative.
  Nel merito del quesito posto, con particolare riferimento alla situazione: relativa al patrimonio immobiliare presente nella regione Trentino Alto Adige, lo Stato Maggiore dell'Esercito, nel quadro di un avviato piano di recupero a livello nazionale, ha rappresentato che:

   risultano censiti 800 alloggi, di cui 287 in attesa di lavori di manutenzione;

   72 alloggi sono già stati ripristinati e riassegnati;

   è in fase di attuazione un protocollo d'intesa con la Provincia autonoma di Bolzano che prevede la realizzazione di 390 nuovi alloggi (di cui 180 saranno resi disponibili nei primi sei mesi del 2019) e la ristrutturazione di altri 53 (di cui 35 già ristrutturati e già disponibili per l'assegnazione).
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il 10 gennaio 2018 nel comune di Bagnara Calabra (RC), località Pellegrina, zona Santa Barbara, una frana causava il cedimento di un muro di contenimento, della rete idrica sottostante e di parte della carreggiata;

   la strada coinvolta dalla frana risulta ancora chiusa a causa dell'incapacità di identificare una chiara competenza sulla ricostruzione del muro di contenimento, a seguito del confronto che ha coinvolto l'amministrazione del comune calabrese e Anas (Ente nazionale per le strade);

   la chiusura della strada sta creando un forte disagio alla cittadinanza e alle locali attività economiche, che rischiano di avere serie conseguenze, con ricadute anche sul piano occupazionale;

   a quanto risulta dalla stampa, peraltro, veniva effettuata una richiesta di accesso agli atti nei confronti di Anas da parte di un operatore locale, il signor Antonino Gioffrè, alla quale non sarebbe stato dato seguito –:

   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare le iniziative di competenza affinché venga garantito il diritto alla mobilità ai cittadini e agli operatori economici della località zona Santa Barbara nel comune di Bagnara Calabra (RC);

   per quale motivo l'Anas abbia ritenuto di non dare seguito alle disposizioni previste nel decreto legislativo n. 33 del 2013 riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.
(4-00202)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione indicata in esame si offrono i seguenti elementi di risposta.
  Il 10 gennaio 2018, a seguito di piogge di particolare intensità, è crollato il muro di sostegno della strada comunale per Santa Barbara, nella frazione Pellegrina di Bagnara Calabra, soprastante la strada statale 18 Tirrena inferiore (strada statale 18).
  Il cedimento, dovuto presumibilmente alla cattiva regimentazione idraulica delle acque di piattaforma della predetta strada comunale, ha causato l'interruzione della strada statale 18, al chilometro 499+400, della strada per Santa Barbara e la rottura della condotta fognaria comunale.
  Nell'immediatezza dell'evento è stato predisposto da parte dell'ente comunale un blocco di accesso verso la strada comunale di Santa Barbara e lungo la strada statale 18, deviando i mezzi verso la strada provinciale per Solano e garantendo l'ingresso alla frazione Pellegrina ed alla località Santa Barbara da un'altra via comunale, la via Carbone.
  Il comune ha provveduto, inoltre, a ridurre lo sversamento fognario operando una riparazione provvisoria e una deviazione, a monte del crollo, del flusso della condotta fognaria.
  La società ANAS, nel contempo, si è adoperata per rimuovere il materiale presente sulla carreggiata stradale per la messa in sicurezza della strada statale 18, al fine di consentire la riapertura al traffico.
  Da segnalare altresì che, nella stessa serata dell'evento franoso, la prefettura di Reggio Calabria ha convocato una riunione tesa a definire gli interventi da realizzarsi, a cura dell'amministrazione comunale, per rimuovere le rilevate criticità ed in particolare:

   verifica e ripristino del sistema di regimentazione delle acque superficiali, indicato come possibile causa del crollo;

   protezione della scarpata tramite cordolo;

   ripristino della condotta fognaria.

  Al riguardo, si comunica che i primi due interventi sono stati effettuati il giorno dopo la caduta della frana, l'11 gennaio 2018, mentre l'ultimo, più impegnativo, è stato completato nei giorni successivi.
  Sempre nei giorni successivi ANAS ha eseguito lavori di rafforzamento corticale della scarpata sovrastante la strada statale 18, oggetto dello smottamento, con l'installazione di sistemi di protezione passiva mediante la posa di reti in aderenza e chiodature.
  Per quanto attiene, poi, alla ricostruzione del muro di sostegno crollato, si riferisce che i tecnici di ANAS, della regione Calabria e gli amministratori comunali di Bagnara Calabra hanno eseguito sopralluoghi congiunti ed, ad esito delle riunioni tenutesi presso il medesimo comune, l'intervento è stato inserito nella programmazione delle opere che realizzerà ANAS.
  Al riguardo, la società ANAS ha confermato che la programmazione e l'esecuzione degli interventi di ricostruzione dell'opera potranno essere realizzati a valle dell'approvazione, da parte di questo Ministero, di un'apposita convenzione.
  Ad oggi risulta che la suddetta proposta di convenzione sia in fase di predisposizione.
  Infine, con riguardo al quesito afferente la richiesta di accesso civico inoltrata ad ANAS dall'operatore locale signor Antonino Gioffrè, quest'ultima ha reso noto di avere ottemperato alla stessa con nota del responsabile per il coordinamento territoriale Calabria datata 1° febbraio 2018 inviata, a mezzo PEC, all'indirizzo del legale.
  In proposito, anche il comune di Bagnara Calabra ha rappresentato che l'attività posta in essere dagli enti coinvolti per una celere risoluzione della problematica in atto è stata portata a conoscenza della popolazione locale (e del predetto operatore locale) ad esclusione della possibile data di inizio dei lavori per la realizzazione del muro di sostegno.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   FARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del consiglio comunale n. 1 del 14 gennaio 2016 il comune di Castellaneta (Taranto) ha avviato la procedura di riequilibrio finanziario ex articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 e con delibera del consiglio comunale n. 20 del 2016 ha approvato il piano di riequilibrio finanziario;

   il 9 maggio 2016 alcuni consiglieri comunali hanno inviato alla Corte dei conti di Bari e al Ministero dell'interno osservazioni critiche al piano di riequilibrio;

   il 19 maggio 2016 il Ministero ha trasmesso al comune richieste di chiarimenti sul contenuto del piano che l'ente, il 18 giugno 2016, ha controdedotto;

   con delibera del consiglio comunale n. 38 del 2016 il comune ha rimodulato il piano di riequilibrio, in quanto erano stati acquisiti i seguenti finanziamenti:

    1) 2.000.000 euro dal fondo di rotazione regionale istituito con legge regionale n. 15 del 2016;

    2) 4.550.000 euro a fondo perduto dal Governo (legge n. 160 del 2016);

   nel mese di luglio e il 25 ottobre 2016 i consiglieri comunali hanno inviato alla Corte dei conti e al Ministero ulteriori osservazioni, evidenziando:

    a) la violazione dei princìpi di rappresentazione veritiera dei dati contabili di partenza, di quantificazione attendibile della situazione debitoria e dell'equilibrio del bilancio;

    b) l'obliterazione reiterata dei debiti fuori bilancio, la situazione deficitaria strutturale e l'elusione del patto di stabilità;

    c) l'incapacità di riscossione delle entrate riscontrata dai mancati versamenti al comune del riscosso dalla ditta concessionaria;

   con variazione di bilancio le somme previste per l'ultima rata del risarcimento delle 34 vittime del palazzo crollato nel 1985 sono state utilizzate per la ripavimentazione di strade cittadine e la costruzione di una tensostruttura per alcuni milioni di euro;

   nel rendiconto di gestione 2016, approvato con delibera del consiglio comunale n. 27 del 2017, appare all'interrogante non correttamente ricostruita l'esposizione debitoria del comune;

   inoltre, l'istituzione di fondo di rotazione regionale per 2 milioni di euro, di cui alla legge regionale n. 15 del 2016, utilizzato per pagare un debito fuori bilancio non riconosciuto dal consiglio, è stato censurato dalla Corte dei conti definito «anticipazione di liquidità»; esso non può rappresentare una risorsa aggiuntiva per copertura di spese o disavanzi, bensì è un istituto di natura finanziaria per fornire liquidità per onorare debiti pregressi, già regolarmente iscritti in bilancio ed impegnati o comunque vincolati (Corte costituzionale, sentenza n. 181 del 2015);

   il piano di riequilibrio appare altresì inattendibile, in quanto, ad avviso dell'interrogante, sovradimensiona ipotetiche entrate che risulterebbero di difficile realizzazione –:

   se la Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali abbia effettuato la prescritta istruttoria e compiuto una valutazione del piano presentato dal comune di Castellaneta e, in caso contrario, quali ne siano le ragioni;

   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza per una rapida conclusione dei lavori della citata Commissione, con la redazione della relazione di cui all'articolo 243-quater del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, sì da evitare che il comune permanga nell'attuale situazione di incertezza contabile.
(4-01143)

  Risposta. — Con l'interrogazione si chiedono chiarimenti in merito alla situazione finanziaria del comune di Castellaneta, in provincia di Bari, interessato dalla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, prevista dall'articolo 243-bis del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
  Preliminarmente occorre ricordare come il comune di Castellaneta, il 7 febbraio 1985, sia stato interessato dal crollo di un palazzo che ha causato la morte di 34 persone e numerosi altri feriti.
  In conseguenza di tale evento il comune ha dovuto far fronte a considerevoli risarcimenti a favore dei familiari superstiti, infatti, a seguito di accordo transattivo intervenuto nell'anno 2015 per l'importo complessivo di 12.041.953,29 euro, tale somma è stata iscritta tra i cosiddetti debiti fuori bilancio, determinando un grave squilibrio di bilancio.
  Successivamente, il 14 gennaio 2016 è stato approvato il ricorso alla cennata procedura di riequilibrio finanziario pluriennale e, con successiva deliberazione consiliare del 12 aprile 2016, è stato approvato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale.
  Tale deliberazione è stata trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Puglia e al Ministero dell'interno, che il 19 maggio 2016 ha avviato l'istruttoria da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, richiedendo chiarimenti all'ente sul piano di riequilibrio adottato. I chiarimenti sono stati forniti dal citato comune il successivo 8 giugno.
  Successivamente, il comune di Castellaneta, al fine di finanziare in parte il piano di riequilibrio, ha ottenuto un finanziamento di 2 milioni di euro per l'anno 2016, grazie ai fondi previsti dalla legge regionale Puglia n. 15 del 2014 con la quale è stato istituito un Fondo di rotazione, denominato Fondo di solidarietà, a sostegno degli enti locali, per prevenire il dissesto finanziario e assicurare la stabilità finanziaria.
  Il 26 settembre 2016 è stata sottoscritta una apposita convenzione fra il comune di Castellaneta e la regione Puglia per la restituzione del predetto contributo in dieci anni, con rate costanti a partire dall'anno successivo all'erogazione, così come previsto dalla richiamata specifica normativa regionale.
  Inoltre, il 5 luglio 2016 il comune di Castellaneta ha presentato richiesta di accesso al Fondo per i contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità naturali o cedimenti, o ad accordi transattivi ad esse collegate, istituito presso il Ministero dell'interno con decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 160 del 2016.
  Di conseguenza, il 6 luglio 2016 il comune ha richiesto la sospensione dell'istruttoria del piano di riequilibrio finanziario pluriennale in attesa della quantificazione del contributo erariale.
  Il successivo 30 settembre 2016, in considerazione del diverso quadro di riferimento derivante dai predetti interventi legislativi sia nazionali che regionali, il comune ha rimodulato il piano di riequilibrio finanziario pluriennale, avvalendosi della facoltà prevista dall'articolo 15 del decreto-legge n. 113 del 2016.
  Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 4 novembre 2016 e 8 agosto 2017, a favore del comune di Castellaneta sono stati attribuiti due contributi pari rispettivamente a 4.550.056,23 euro ed a 2.688.293,51 euro a valere sulle risorse 2016 e 2017 del predetto Fondo per i contenziosi connessi a sentenze esecutive. Con decreto del Consiglio dei ministri del 10 ottobre 2018 è stato assegnato un ulteriore contributo pari a 2.519.444,75 euro, a valere sulle risorse 2018 dello stesso fondo.
  Nel corso del triennio, pertanto, al comune di Castellaneta sono stati attribuiti complessivamente 9.757.764,49 euro, pari al 75,40 per cento dell'importo di contributo richiesto, che per legge può essere attribuito, anche in più esercizi finanziari, ma in misura percentuale non superiore al 90 per cento.
  Si informa che il piano di riequilibrio rimodulato risulta, al momento, in fase di istruttoria. Al termine della stessa sarà sottoposto all'esame da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali e successivamente trasmesso alla competente sezione regionale della Corte dei conti di Bari.
  Quanto alle altre questioni evidenziate nell'interrogazione, il comune di Castellaneta, interessato a tale proposito dal prefetto di Taranto ha comunicato che: relativamente alla mancata riscossione delle entrate incassate dal concessionario, il responsabile dell'area finanziaria ha avviato tutte le procedure per il recupero coattivo delle somme dovute; in merito, invece, all'osservazione relativa alla variazione di bilancio per la ripavimentazione delle strade cittadine e la costruzione di una tensostruttura, è stato riferito che la variazione non ha avuto come base l'utilizzo dell'ultima rata del risarcimento e che nel rendiconto di gestione 2016 l'esposizione debitoria è stata ricostruita con la massima puntualità e veridicità; in ultimo, relativamente alle osservazioni avanzate dalla Corte dei conti sul fondo di rotazione regionale, le stesse non hanno interessato il comune di Castellaneta.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   FIORINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Vignola (Modena) ha una popolazione che supera i 25 mila abitanti, senza considerare almeno un migliaio di persone che per ragioni lavorative legate alle numerose aziende della zona transitano quotidianamente nel territorio;

   Vignola, infatti, è situata allo sbocco della valle del fiume Panaro in una zona popolosa ed è il centro economico e sociale di tutta l'Unione di comuni Terre di Castelli che comprende 86.970 abitanti e un territorio di 313,56 chilometri quadrati, che va dalle montagne confinanti con il comune di Castel d'Aiano (Bologna) alle pianure di Modena. I comuni che gravitano su Vignola e che fanno parte della menzionata Unione sono: Marano sul Panaro, Zocca, Guiglia, Castelnuovo Rangone, Castelvetro, Spilamberto e Savignano sul Panaro;

   il comprensorio vignolese è, inoltre, soggetto a un intensissimo traffico, frutto proprio dei movimenti commerciali che interessano la zona e a tutto ciò va aggiunta l'apertura recente del nuovo casello autostradale Valsamoggia e dell'interconnessa pedemontana che a breve sarà ultimata e che, passando in territorio vignolese, unirà Bologna con Sassuolo, senza dimenticare anche la prossima apertura della filiale di Amazon a Spilamberto;

   in tutta l'area gravitante su Vignola, negli ultimi anni si è verificata una recrudescenza di reati da quelli più comuni, come i furti, sino a quelli connessi con le infiltrazioni del crimine organizzato, oltre agli episodi di criminalità e degrado urbano, educativo e sociale;

   a conferma di come il crimine organizzato stia conducendo i propri loschi affari nel territorio vignolese e nelle zone limitrofe si segnala il convegno tenuto nel mese di aprile 2018, proprio a Vignola, dal procuratore antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri;

   a Vignola è presente una tenenza dei Carabinieri – che versa in uno stato di carenza di organico, solo 16 operatori contro i 40 di qualche anno fa – e che dipende funzionalmente dalla compagnia di Sassuolo, distante 25,5 chilometri che per l'intenso traffico si percorrono in non meno di 40 minuti;

   nel mese di luglio 2018, le amministrazioni di Vignola e degli altri comuni dell'Unione hanno annunciato la costruzione di un nuovo polo della sicurezza che comprenderà, insieme all'Arma, il Corpo di polizia municipale, ugualmente in carenza di organico, e la Protezione civile;

   la tenenza dei Carabinieri di Vignola risulta, però, essere un edificio di ristrettissime misure, idoneo a costituire la sede di una semplice stazione e non di una struttura più numerosa e complessa quale sarà il nuovo polo della sicurezza –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere per supportare la costruzione a Vignola di una nuova sede per l'Arma dei carabinieri sul territorio dell'Unione di Terre di Castelli con l'istituzione, all'interno di questa nuova struttura, di una apposita compagnia carabinieri, affrancando i servizi di Vignola e del territorio circostante da quella di Sassuolo, distante e non più idonea a sopperire alle esigenze della Valle del Panaro;

   quali iniziative si intendano mettere in campo per prevenire la criminalità, anche alla luce di quanto illustrato, e se il Governo non ritenga di incrementare, nel più breve tempo possibile, l'organico dell'Arma dei carabinieri e di dotarlo di nuovi e più idonei strumenti, tra cui, un nucleo radiomobile per fronteggiare situazioni di potenziale disagio nell'ottica della sicurezza integrata per come è stata definita nella legge della regione Emilia-Romagna n. 24 del 2003.
(4-01055)

  Risposta. – Nell'ambito degli otto comuni che costituiscono l'Unione Terre di Castelli, di cui Vignola è il fulcro sul piano economico e sociale, l'Arma dei Carabinieri assicura il servizio di controllo del territorio attraverso le articolazioni investigative e di pronto intervento di tre compagnie, di una tenenza a Vignola e di sette stazioni, ognuna competente su un comune dell'Unione, dipendenti dalle Compagnie Carabinieri di Modena e di Sassuolo.
  Riguardo alla consistenza organica, il Comando generale dell'Arma dei Carabinieri ha comunicato che l'attuale dispositivo territoriale appare adeguato alle esigenze di controllo e di vigilanza dell'area.
  Pur tuttavia, al fine di corrispondere più efficacemente alle avvertite esigenze di una maggior percezione di sicurezza da parte della popolazione, è stato interessato il Comando legione competente per valutare, compatibilmente con l'attuale quadro organico, un ripianamento delle posizioni vacanti attraverso manovre d'impiego in ambito locale e, contestualmente, intensificando la visibilità delle attività di prevenzione.
  In tale ottica, infatti, dal 12 novembre 2018 sono stati assegnati al territorio dell'Unione Terre dei Castelli cinque Carabinieri, di cui quattro al Comando tenenza di Vignola e uno al Comando stazione di Zocca.
  La validità del dispositivo territoriale trova conferma anche nei dati sulla criminalità, dalla cui analisi emerge, relativamente al biennio 2016-2017, una complessiva contrazione dei reati commessi (soprattutto dei furti), con indici di delittuosità inferiore rispetto a quelli della provincia di Modena, della regione e del territorio nazionale.
  La tendenza alla diminuzione del numero dei reati è confermata anche nel 2018 per la criminalità predatoria, salvo un aumento rispetto al 2017 delle rapine che rimangono, però, sempre in numero inferiore al 2016.
  In generale, nei primi nove mesi del 2018, la diminuzione del numero complessivo dei reati nella intera provincia modenese risulta del 9,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2017 e dell'11 per cento nel comprensorio dell'Unione Terre dei Castelli, mentre a Vignola la statistica si assesta sui parametri del 2017, ma in calo rispetto al 2016.
  Con riferimento, invece, ai reati connessi con infiltrazioni del crimine organizzato e/o mafioso – che l'interrogante ritiene siano stati commessi nel territorio di Vignola – il competente Ministero dell'interno ha comunicato che non vi sono risultanze investigative in tal senso.
  Per quanto concerne la Tenenza Carabinieri di Vignola – istituita nel settembre del 2001 e che dal 2015 dispone di locali concessi dal comune in comodato d'uso gratuito e adibiti ad alloggi per il personale – il Comando generale dell'Arma dei carabinieri ha riferito che:

   è attualmente accasermata in un edificio del demanio realizzato negli anni ’70 che, per condizioni e spazi, versa in uno stato di mediocre efficienza;

   nel 2008, il comune di Vignola ha avanzato una proposta di cessione al demanio di un terreno su cui realizzare (con fondi del Provveditorato alle opere pubbliche) una nuova sede per ospitare il citato reparto, chiedendo in permuta l'attuale struttura. La proposta è però decaduta per mancanza di fondi;

   nel luglio 2018, lo stesso comune ha diramato un comunicato stampa relativo alla costruzione di un polo della sicurezza che prevede la realizzazione di spazi per la Polizia municipale e per la Protezione civile dell'Unione dei comuni, senza tuttavia prevedere locali per la tenenza dei carabinieri.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   FOTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   con l'entrata in vigore del regolamento dell'Ivass n. 40/2018, alcune imprese di assicurazione stanno impartendo alle agenzie istruzioni relative all'attività di «acquisizione dal contraente delle informazioni utili e pertinenti in relazione alla tipologia del contratto offerto», invocando al riguardo l'articolo 58 del regolamento in questione. L'acquisizione di dette informazioni da parte dell'agente sarebbe finalizzata alla valutazione della coerenza della copertura assicurativa alle richieste ed esigenze manifestate dal contraente. Si tratta di un'attività sostanzialmente corrispondente a quella che nel Regolamento n. 5/2006 era finalizzata all'osservanza degli obblighi relativi alla «adeguatezza dei contratti offerti», tant'è che il detto concetto di adeguatezza è tuttora previsto tra gli obblighi a carico dell'agente (articolo 119/ter del codice delle assicurazioni);

   si evidenzia che il ruolo di consulenza del distributore è valorizzato dalla direttiva europea sulla distribuzione assicurativa e la stessa Ivass ha precisato, nel documento di risposta alla pubblica consultazione, che l'impresa ha una funzione «di supporto a un'attività in cui il distributore assume un ruolo fondamentale e di cui è pienamente responsabile»;

   vi sono casi in cui le istruzioni impartite dalle compagnie sono orientate alla raccolta di informazioni che esulano da quelle strettamente «utili e pertinenti in relazione alla tipologia di contratto offerto» (articolo 58 del codice delle assicurazioni). È il caso di alcuni formulari relativi alle polizze auto in cui sono richieste informazioni sulle proprietà immobiliari, sull'esistenza di mutui, sul reddito familiare, sull'attitudine ad effettuare acquisto di beni e servizi online, sul possesso di tablet e di smartphone e su altre materie estranee all'oggetto della copertura assicurativa. In taluni casi l'acquisizione di dette informazioni è addirittura vincolante per l'emissione della polizza;

   è evidente la strumentale interpretazione che si fa della norma allo scopo di acquisire informazioni utili alla segmentazione dei clienti a fini di marketing. Per contro, è necessario che ciascun distributore valuti con attenzione la rispondenza dei formulari al richiamato principio della utilità e pertinenza delle informazioni da richiedere al cliente. Del resto proprio Ivass sostiene che: «il distributore valuterà caso per caso quali informazioni richiedere, in quanto pertinenti rispetto al tipo di rischio assicurato e alle caratteristiche del contraente» (riferimento: esiti pubblica consultazione — risposte Ivass — articolo 58 - regolamento n. 40/2018) –:

   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per quanto di competenza, affinché sia chiarito che il ruolo di supporto delle imprese assicuratrici all'attività professionale di consulenza del cliente svolta dall'agente si limiti a fornire indicazioni agli intermediari, senza che quest'ultime risultino vincolanti per gli intermediari stessi.
(4-01340)

  Risposta. — Si risponde all'interrogazione in esame, anche sulla base delle valutazioni acquisite dall'istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, rappresentando quanto segue.
  L'interrogante segnala casi di imprese di assicurazione che orienterebbero la rete distributiva ad assumere dai clienti informazioni che esulano da quelle «
utili e pertinenti in relazione alla tipologia di contratto offerto», giungendo a rendere vincolanti dette informazioni ai fini dell'emissione della polizza.
  L'Istituto di vigilanza, a riguardo, preliminarmente precisa che sino ad ora non risultano pervenute segnalazioni o reclami sulla tematica oggetto del sindacato ispettivo in parola.
  L'Autorità rappresenta, inoltre, che l'articolo 58 del Regolamento 2 agosto 2018 n. 40 (Valutazione delle richieste ed esigenze del contraente) – coerentemente con l'intero impianto normativa introdotto dalla Direttiva sulla distribuzione assicurativa (Idd) – valorizza il ruolo consulenziale del distributore, chiamato a proporre un prodotto adatto e coerente con le esigenze assicurative e previdenziali del contraente. Nel corso della fase precontrattuale, il distributore è infatti chiamato a verificare le necessità e le richieste del contraente al fine di individuare il prodotto più coerente con i bisogni da questo manifestati e a fornirgli tutte le informazioni sul prodotto stesso, utili a consentirgli di prendere una decisione informata.
  A tal fine le imprese sono chiamate, in continuità con quanto già previsto dall'articolo 52 del precedente Regolamento 16 ottobre 2006 n. 5, a impartire istruzioni di supporto finalizzate ad agevolare la propria rete distributiva nell'acquisizione dei dati utili e pertinenti in relazione alla tipologia di contratto offerto, confermando in capo al distributore un ruolo fondamentale di cui è pienamente responsabile, così come è emerso in esito alla pubblica consultazione sul Regolamento n. 40, in ordine al contenuto dell'appena citato comma 3 dell'articolo 58.
  Il supporto dell'impresa, quale soggetto che conosce il prodotto per averlo realizzato, può indirizzare infatti la rete distributiva affinché siano acquisite, presso il contraente, le informazioni chiave per valutare l'adeguatezza del contratto offerto. In ogni caso, il distributore è libero di acquisire tutte le ulteriori informazioni che, nella circostanza concreta, appaiono necessarie per le valutazioni da effettuare.
  Contestualmente, l'articolo 68 del citato Regolamento 40 richiede ai distributori di adottare modalità di gestione della documentazione idonee ad evitare che venga richiesta, in fase di assunzione di nuovi contratti o gestione dei sinistri, documentazione non necessaria o di cui già dispongano.
  Sembra evidente che l'emissione della polizza non può essere condizionata all'acquisizione dal contraente di informazioni non necessarie e ulteriori rispetto a quanto richiesto per una corretta valutazione
demands&needs, tanto più nel caso di coperture obbligatorie per legge e in considerazione del fatto che il contraente potrebbe rifiutarsi di fornire alcune notizie giacché attinenti alla propria sfera di riservatezza.
  In tale caso, prosegue l'istituto, il distributore non potrebbe nemmeno validamente invocare il disposto dell'articolo 58, comma 5 (ossia di aver dato avvertenza al contraente che il rifiuto di fornire alcune informazioni potrebbe pregiudicare la capacità di individuare il contratto coerente con le sue richieste ed esigenze), trattandosi di indicazioni che non rientrano tra quelle elencate dal comma 2 dello stesso articolo ai fini della corretta valutazione
demands&needs.
  L'Ivass conclude segnalando, altresì, che un comportamento dell'impresa teso a vincolare la rete di vendita all'acquisizione presso il contraente di informazioni palesemente ultronee ed esorbitanti rispetto alla tipologia del prodotto rispondente alle richieste del cliente – vincolando peraltro a tali informazioni l'emissione di una copertura assicurativa obbligatoria per legge – risulterebbe non conforme al dettato regolamentare e, pertanto, stigmatizzabile.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Dario Galli.


   FOTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il consiglio comunale di San Pietro in Cerro, in provincia di Piacenza, con deliberazione n. 27 del 4 ottobre 2018, ha approvato il procedimento di fusione per incorporazione del comune di San Pietro in Cerro nel limitrofo comune di Monticelli d'Ongina e l'effettuazione del referendum consultivo comunale, ai sensi dell'articolo 8-bis, comma 1, della legge della regione Emilia-Romagna n. 24 del 1996 e successive modificazioni ed integrazioni;

   detta deliberazione è stata preceduta da altra, assunta sempre lo stesso giorno, con la quale il consiglio comunale di San Pietro in Cerro ha condiviso lo studio di fattibilità sul «Procedimento di fusione per incorporazione del Comune di San Pietro in Cerro nel Comune di Monticelli d'Ongina»;

   la deliberazione n. 27 del 2018 risulta dagli atti essere stata dichiarata immediatamente eseguibile, ai sensi dell'articolo 134, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni ed integrazioni;

   invero, in sede di pubblicazione della deliberazione summenzionata, risultano essere stati commessi grossolani errori, rilevabili per tabulas, che dovrebbero suggerire quanto meno l'adozione di idoneo provvedimento in sede di autotutela;

   nei fatti, leggendo la relazione di pubblicazione-certificato di esecutività della deliberazione n. 27 del 2018 risulta che la stessa sia divenuta esecutiva il 15 ottobre 2018, ai sensi dell'articolo 134, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000 e successive modificazioni ed integrazioni, la qual cosa contraddice quanto risulta dal testo della predetta deliberazione che riporta la votazione del consiglio comunale favorevole alla immediata eseguibilità della stessa, ai sensi dell'articolo 134, comma 4, del citato decreto legislativo: il fatto, oltre che illogico, a giudizio dell'interrogante è grave poiché rende incerto il termine temporale di un'eventuale impugnativa dell'atto in questione da parte di terzi aventi un interesse legittimo al riguardo;

   a fronte della pubblicazione all'albo pretorio comunale per 15 giorni consecutivi (testualmente si legge: «dal 5 ottobre 2018 al 20 ottobre 2018») della deliberazione in esame, si evidenzia che detta pubblicazione è stata esente da reclami, ma inspiegabilmente ciò viene attestato il 15 ottobre 2018, e cioè cinque giorni prima della scadenza del termine ex lege di 15 giorni. A tacere del fatto che prevale in giurisprudenza la considerazione che, ai fini della pubblicazione per 15 giorni sull'albo dell'ente, «il dies a quo del periodo di affissione non può che comprendere il giorno iniziale (conoscenza legale per la generalità dei cittadini)» (Cassazione Civile, Sezione I, 8 giugno 2004, n. 12240) –:

   se e quali iniziative di competenza intenda assumere la prefettura di Piacenza, alla quale la delibera in questione è stata inoltrata per i successivi adempimenti, in relazione a quanto esposto in premessa;

   attesi i predetti profili di dubbia regolarità procedurale che riguardano un'importante operazione di fusione di comuni per incorporazione, se il Governo ritenga di dovere tempestivamente promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica presso il comune di San Pietro in Cerro, alla luce delle ripercussioni che tale operazione potrebbe avere sulla situazione gestionale, amministrativa e finanziaria dell'ente.
(4-01498)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, si fa presente che il sindaco del comune di San Pietro in Cerro, interessato dalla Prefettura di Piacenza, ha riferito che la delibera n. 27 del 4 ottobre 2018, con la quale il consiglio comunale ha deliberato la fusione con il comune di Monticelli d'Ongina e l'effettuazione del relativo referendum consultivo, è stata dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'articolo 134, ultimo comma del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per cui la predetta delibera ha conseguito l'esecutività alla data della sua adozione.
  Lo stesso sindaco ha fatto, altresì, presente che successivamente è stato rilevato che il programma informatico utilizzato per l'emissione degli atti amministrativi del comune ha un'anomalia che non recepisce il «
flag» di immediata eseguibilità delle delibere, e, pertanto, è stato richiesto alla ditta fornitrice di apportare le necessarie modifiche, al fine di eliminare l'inconveniente segnalato nell'interrogazione parlamentare.
  Per quanto concerne il progetto di fusione, risulta che il comune di San Pietro in Cerro, nel corso del consiglio comunale del 13 novembre 2018, preso atto dell'impossibilità di un sereno confronto con la cittadinanza, ha deliberato di revocare l'effettuazione del
referendum comunale consultivo preordinato alla fusione dei due comuni e di rimettere al sindaco pro tempore l'adozione del decreto di revoca, nonché di comunicare contestualmente l'avvenuta deliberazione alla prefettura di Piacenza.
  La stessa prefettura ha informato che il comune di Monticelli D'Ongina, con proprio decreto del 15 novembre 2018, ha revocato l'indizione del proprio referendum comunale preordinato alla fusione per incorporazione del comune di San Pietro in Cerro nel proprio territorio.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   giusta la denuncia della Confedilizia e dalla proprietà fondiaria di Piacenza, la determinazione del costo di costruzione ancorata ai valori dell'Osservatorio del mercato immobiliare che intende imporre la regione Emilia-Romagna si pone in aperto contrasto con la normativa nazionale vigente;

   rispondendo all'interrogazione n. 6973/2018, l'assessore regionale alla programmazione territoriale dell'Emilia-Romagna, ha testualmente sostenuto che «...l'attuale articolo 16, comma 9, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che riprende l'impianto della legge n. 10 del 1977, prevede che il costo di costruzione per i nuovi edifici sia determinato dalla Regione "con riferimento" ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata determinati, sempre dalla Regione, ai sensi dall'articolo 4 della legge n. 457 del 1978 e che il contributo dovuto sia fissato dalla regione stessa in una percentuale dal 5 al 20 per cento di tale costo. È evidente l'inattualità di detto parametro e la sua assoluta inidoneità a rispondere alle finalità del contributo di costruzione appena ricordata, appartenendo ad un sistema di programmazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica abbandonato oramai da numerosi anni...»;

   nel corso dell'udienza conoscitiva (1° ottobre 2018) avviata al riguardo dalla commissione consiliare III della regione Emilia-Romagna, il direttore della direzione generale cura del territorio e dell'ambiente, testualmente affermava «cercherò.....di percorrere gli aspetti più innovativi di questa delibera, dopo vent'anni che in Emilia Romagna non vengono aggiornati i contributi sia degli oneri di urbanizzazione che dei costi di costruzione a livello regionale...» ed ancora: «Questo adeguamento è stato molto sollecitato anche dalla Corte dei conti regionale che più volte ci aveva richiamato dal punto di vista operativo nella richiesta proprio di aggiornare gli adeguamenti inflattivi le delibere precedenti del ’98...». In vero, come emerge dagli atti (risposta dello stesso dirigente alla richiesta 513/2018/2018), non risultano «comunicazioni ricevute dalla Regione Emilia-Romagna da parte della Corte dei conti in ordine all'adeguamento della disciplina del contributo di costruzione»;

   rispondendo all'interrogazione n. 4-00859, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dopo avere precisato che «...Le modalità di determinazione dei costi sia dell'edilizia agevolata sia dell'edilizia sovvenzionata sono stati fissati dal decreto ministeriale 5 agosto 1994...» aggiungeva «In particolare, ai sensi dell'articolo 9 del suddetto decreto, l'aggiornamento dei costi definiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, può essere effettuato annualmente sulla base della variazione percentuale registrata dall'indice ISTAT generale, nazionale del costo di costruzione di un fabbricato residenziale fra il mese di giugno 1994 e il mese di giugno di ciascun anno successivo» La risposta così concludeva: «Pertanto, ai sensi del decreto ministeriale citato questo Ministero, acquisita la variazione percentuale comunicata dall'ISTAT, informa dell'intervenuta variazione annuale gli assessori regionali per l'edilizia residenziale pubblica delle regioni e delle province autonome» –:

   alla luce di quanto sopra esposto — essendo evidente all'interrogante sia la palese smentita da parte del Governo delle tesi sostenute dalla regione Emilia-Romagna, sia l'inopportuno richiamo da parte di quest'ultima a quello che appare all'interrogante un inesistente intervento sulla materia da parte della Corte dei conti regionale — se non ritengano doveroso adottare le iniziative di competenza per ribadire, se del caso anche attraverso apposita circolare, la piena efficacia del decreto ministeriale 5 agosto 1994 e la conseguente necessità di rispettarne i contenuti che non possono di certo essere disattesi, tenuto conto che, in materia edilizia, compreso l'ambito che qui interessa, alle regioni compete la disciplina di dettaglio che, tuttavia, deve uniformarsi ai princìpi fondamentali di competenza statale.
(4-01832)

  Risposta. – Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Il decreto ministeriale 5 agosto 1994 recante
Determinazione dei limiti massimi di costo per gli interventi di edilizia residenziale sovvenzionata e di edilizia residenziale agevolata, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 194 del 20 agosto 1994, come già evidenziato nella citata nota di riscontro relativa alla precedente interrogazione n. 4-00859, afferisce alla sola edilizia residenziale sovvenzionata e/o agevolata, ovvero a quella tipologia di edilizia attuata con un contributo totale o parziale di fondi pubblici.
  Per contro, il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia – di cui è cenno nel testo dell'atto parlamentare in esame – disciplina l'attività edilizia prevalentemente privata, ossia quella tipologia di edilizia sottoposta ad autorizzazione (previo rilascio di idoneo titolo abilitativo) a fronte del pagamento di un contributo (onere concessorio) ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, Norme per la edificabilità dei suoli.
  Con riguardo a quest'ultima, è bene precisare che i principi generali attinenti alle modalità di calcolo del costo di costruzione e degli oneri di urbanizzazione sono stabiliti dalle regioni con propri provvedimenti normativi, sulla scorta dei quali, conseguentemente, gli enti locali adottano le rispettive determinazioni.
  In tal senso, alcuna iniziativa di competenza si ritiene di dover attuare.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   GRIBAUDO, GARIGLIO e PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 21 della Maddalena, che collega il sud del Piemonte con il sud francese, attraverso il Colle della Maddalena e collega in particolare la città di Cuneo con il comune di Gap (Hautes-Alpes, PACA), è un'importante via di comunicazione dell'area alpina occidentale ed è percorsa ogni giorno da oltre mille mezzi pesanti (autorimorchi o autoarticolati) in parte per il trasporto merci tra Italia e Francia e in parte per il trasporto di acque minerali prodotte in lata valle; la sua gestione è affidata ad Anas S.p.a.;

   il manto stradale della strada statale 21 appare in condizioni critiche, con asfalto molto risalente negli anni e lavori di manutenzione ordinaria che hanno costellato il percorso di toppe e aggiustamenti vari;

   le condizioni del manto stradale sono rese tali anche a causa degli agenti atmosferici che, ad alta quota, influiscono pesantemente con il suo mantenimento; occorre considerare inoltre che ormai, ogni inverno, la strada rimane chiusa per giorni o settimane a causa delle valanghe che ostruiscono il passaggio e mettono a rischio l'incolumità di automobilisti e camionisti, causando oltretutto il blocco delle vie di comunicazione del Piemonte sud-occidentale con la Francia;

   per risolvere il problema, negli ultimi anni, è stato adottato da Anas e dalle istituzioni locali il Pidav, Piano di intervento per il distacco artificiale delle valanghe, allo scopo di monitorare e manipolare le masse nevose per una regolazione e messa in sicurezza della circolazione. Tale soluzione non ha però impedito nuove chiusure della strada;

   all'interno della convenzione Pidav era stato inserito l'impegno di Anas a realizzare uno studio di fattibilità per la progettazione e realizzazione delle strutture paravalanghe, considerate la migliore soluzione per garantire una normale circolazione e il miglior mantenimento della strada statale 21;

   tale progettazione è prerequisito affinché Anas possa inserire l'intervento nei futuri contratti di programma;

   recentemente, i collegamenti stradali con la Francia sono stati resi maggiormente difficoltosi a causa delle necessarie misure cautelative e di rinforzo rispetto ai lavori eseguiti nei pressi del tunnel del Tenda, il cui cantiere è attualmente fermo, nonché dal crollo del Ponte Morandi di Genova;

   alle prime esigue nevicate del 2018, la strada statale 21 è rimasta chiusa per ben 4 giorni, dal 1° novembre 2018 alla mattina del 5 novembre, causando notevoli danni, oltre che per gli autotrasportatori, per il turismo della Valle Stura –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per il miglioramento dei collegamenti transalpini nella provincia di Cuneo, con particolare attenzione per la strada statale 21;

   quale sia lo stato della progettazione dei paravalanghe per la strada statale 21 del Colle della Maddalena da parte di Anas s.p.a.;

   quali iniziative intenda adottare per la manutenzione ordinaria e straordinaria della strada statale 21 del Colle della Maddalena, vista anche la sua permanente centralità nei collegamenti transalpini causata dalla chiusura dei cantieri per il raddoppio del tunnel del Tenda e dal crollo del Ponte Morandi a Genova.
(4-01574)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle informazioni acquisite dalla società ANAS, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Per quanto concerne il quesito attinente agli interventi finalizzati ad un auspicato miglioramento dei collegamenti transalpini nella provincia di Cuneo, risulta attualmente in corso di esecuzione un intervento sulla strada statale n. 20 del Colle Di Tenda e Di Valle Roja, il quale consentirà la costruzione di un nuovo tunnel del Colle di Tenda, per un importo complessivo pari a 176 milioni di euro.
  In particolare, a seguito della risoluzione del contratto siglato con il precedente appaltatore, allo scopo di dare corso al completamento dei lavori, ANAS ha proceduto allo scorrimento della graduatoria stilata in seno alla correlata gara d'appalto.
  In tal senso, è in atto la formalizzazione dell'affidamento delle opere alla EDILMACO s.r.l.
  Restando in tema di miglioramento della viabilità nella provincia di Cuneo, inoltre, si segnala che il contratto di programma 2016-2020 tra questo Ministero e la società ANAS prevede lavori sulla:

   strada statale n. 21 della Maddalena – Variante di Demonte e Vinadio (Aisone): importo 55,94 milioni di euro finanziato dal Contratto di programma 2014 (0,35 milioni di euro per la progettazione), dal Fondo unico Anas (49,76 milioni di euro e con proposta di finanziamento per 5,83 milioni di euro a valere sul Fondo infrastrutture. Gara d'appalto stimata entro il 2019);

   strada statale n. 28 del Colle di Nava – Tratto Ceva-Ormea: sistemazione e consolidamento tra i chilometri 68+000 e 70+550. Importo 10,7 milioni di euro e gara d'appalto stimata entro il 2020;

   strada statale n. 28 del Colle di Nava – Tratto Ceva-Ormea: misure urgenti di sistemazione ed adeguamento del corpo stradale tra chilometri 83+100 e 85+290. Importo 9,5 milioni di euro e gara d'appalto stimata entro il 2019;

   strada statale n. 28 del Colle di Nava – Tratto Ceva-Ormea: sistemazione e consolidamento tra i chilometri 57+923 (località Mombrignone) e 59+906 (località Nucetto). Importo 20,5 milioni di euro e gara d'appalto stimata entro il 2020.

  Con riferimento alla richiesta di conoscere lo stato di progettazione delle protezioni paravalanghe da installare nel tratto terminale della strada statale 21, ANAS ha riferito di aver concluso la predisposizione dei preliminari rilievi topografici e di aver dato corso alla redazione dello studio geomorfologico ed alla progettazione, entrambe attività propedeutiche alla definizione del progetto finale.
  In ultimo, relativamente al quesito che promuove l'adozione di iniziative per la manutenzione ordinaria e straordinaria della strada statale 21 del Colle della Maddalena, si comunica che l'anzidetta società ha fatto presente quanto segue:

   sul piano della manutenzione ordinaria, sono assicurate, con regolarità e periodicità, le operazioni di sfalcio erba, ripristino segnaletica sbiadita, sgombero neve e pronto soccorso;

   sotto il profilo della manutenzione straordinaria, o stato completato il rifacimento della pavimentazione nei tratti programmati, per un investimento di circa 2,24 milioni di euro, e si prevede di realizzare, nell'anno corrente, ulteriori lavori di pavimentazione su altrettanti tratti della medesima strada, per un importo aggiuntivo di 1 milione di euro.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.


   LOMBARDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con decreto direttoriale del 6 marzo 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana – 4a serie speciale – n. 24 del 27 marzo 1998, veniva indetto un concorso pubblico per l'assegnazione di n. 184 posti mediante assunzione a tempo indeterminato nel ruolo di vigile del fuoco nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

   la graduatoria finale veniva approvata con decreto ministeriale n. 2355/500 del 5 maggio 2000: i partecipanti al concorso classificati come idonei non risultano, ad oggi, assunti dall'amministrazione;

   come si evince dalle note del Ministero dell'interno prot. n. 2920 del 30 ottobre 2009 e prot. n. 2479 del 5 novembre 2009, l'amministrazione procedeva per l'anno 2009 all'assunzione di vigili del fuoco non già attingendo alla sopracitata graduatoria — a quel tempo ancora valida in quanto prorogata, in virtù di quanto previsto dall'articolo 5 del decreto-legge n. 207 del 2008, al 31 dicembre 2009 — ma provvedendo allo scorrimento di graduatorie derivanti dai quei concorsi, per titoli ed esami, riservati ai vigili volontari ausiliari congedati negli anni 2004-2005; con decreto n. 454/2013, l'amministrazione disponeva l'assunzione di nuove unità mediante lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi indetti negli anni 2007-2008;

   ai sensi del comma 100 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, «i termini di validità delle graduatorie per le assunzioni di personale presso le amministrazioni che per gli anni 2005, 2006 e 2007 sono soggette a limitazioni delle assunzioni sono prorogate di un triennio»; al comma 546 del medesimo articolo si prevede che la dotazione organica del Corpo nazionale dei vigili del fuoco venga incrementata fino ad un massimo di 500 unità. Con decreto del Ministro dell'interno, si provvede alla distribuzione delle unità portate in aumento per qualifiche dirigenziali e per profili professionali e successivamente per sedi di servizio: alla copertura dei posti derivanti dall'incremento di organico si provvede nella misura del 50 per cento mediante l'assunzione degli idonei alla graduatoria del concorso pubblico a 184 posti di vigile del fuoco indetto con decreto direttoriale il 6 marzo 1998 e per il restante 50 per cento con l'assunzione degli idonei della graduatoria del concorso per titoli a 173 posti di vigile del fuoco indetto con decreto direttoriale il 5 novembre 2001; entrambe le graduatorie sarebbero rimaste valide fino al 31 dicembre 2006, termine prorogato con decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, fino al 31 dicembre 2017 e differito con decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 di ulteriori dodici mesi –:

   quali siano stati i motivi ostativi che hanno impedito lo scorrimento della graduatoria relativa al concorso indetto nel 1998, non consentendo l'assunzione a tempo indeterminato dei partecipanti risultati idonei al concorso pubblico per l'assegnazione di n. 184 posti nel ruolo di vigile del fuoco.
(4-01847)

  Risposta. – L'interrogante, con l'interrogazione in esame, chiede chiarimenti in merito ai motivi che hanno impedito lo scorrimento della graduatoria relativa al concorso pubblico a 184 posti per l'accesso nel profilo professionale di vigile del fuoco.
  Il concorso pubblico in esame è stato indetto oltre venti anni fa con decreto ministeriale del 6 marzo 1998, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 27 marzo 1998, e la graduatoria finale è stata approvata con decreto ministeriale del 9 maggio 2000 con una validità triennale, ai sensi del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 512.
  La validità di tale graduatoria, nel corso degli anni, è stata prorogata più volte ed esattamente dall'articolo 34, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dall'articolo 1, comma 546, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, ed, infine, dall'articolo 24-
bis della legge 28 febbraio 2008, n. 31, che ha prorogato la validità della stessa graduatoria fino al 31 dicembre 2008.
  Successivamente, è intervenuta un'altra disposizione di proroga che tuttavia non ha riguardato la graduatoria in questione. In particolare, l'articolo 5 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito – con modificazione – con legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha previsto la proroga al 31 dicembre 2010 della validità delle graduatorie di concorso approvate successivamente al 1° gennaio 1999, per le amministrazioni soggette a limitazione delle assunzioni.
  Tuttavia il citato articolo 5 non poteva trovare applicazione al concorso a 184 posti in quanto la validità speciale della relativa graduatoria era scaduta proprio nella stessa data di pubblicazione (31 dicembre 2008) del citato decreto-legge e la formulazione originaria dell'articolo 5 (prima della modifica ad opera della legge di conversione) si riferiva testualmente a graduatorie approvate «dopo il 1° gennaio 2001», mentre la graduatoria del concorso in questione è stata approvata il 9 maggio 2000.
  Del resto lo stesso articolo 1, comma 2, della legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14, espressamente ha fatto salvi «gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base del comma 1, dell'articolo 5 dei citato decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207.».
  Va altresì considerato che il legislatore nei successivi interventi normativi sulla validità di graduatorie concorsuali non ha più richiamato la graduatoria in questione ai fini di un'eventuale proroga (confronta articolo 23, comma 4, decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78 – articolo 4-
ter del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79).
  Pertanto, alla luce della ricostruzione del quadro normativo di riferimento, può evincersi la conferma che la graduatoria del concorso pubblico a 184 posti per l'accesso nel profilo professionale di Vigile del fuoco è scaduta in data 31 dicembre 2008.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Stefano Candiani.


   MOLLICONE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la rete consolare italiana all'estero registra da tempo gravi carenze di organico dovute principalmente alle misure di contenimento della spesa pubblica e al blocco del turn over, al punto che nel corso degli anni sono state soppresse numerose sedi periferiche;

   in questo contesto, è infatti possibile rilevare una consistente diminuzione di personale, che ha determinato nell'arco di dieci anni, segnatamente dal 2006 al 2016, il passaggio da 3.996 unità a 2.711, con una incidenza percentuale superiore al 30 per cento; carenze che sono inoltre destinate ad aggravarsi ulteriormente, in ragione del pensionamento al 2020 di circa 400 unità;

   in occasione dell'assemblea plenaria del Consiglio generale degli italiani all'estero, tenutasi a Roma dal 4 al 6 luglio 2018, cui ha partecipato il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, senatore Ricardo Antonio Merlo, il direttore generale per gli italiani all'estero, dottor Luigi Maria Vignali, ha comunicato l'avvenuta predisposizione di una bozza di convenzione tra il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e i patronati;

   la predetta convenzione avrebbe la finalità di porre rimedio alle criticità connesse all'erogazione dei servizi in favore degli italiani residenti all'estero mediante il ricorso a patronati, ovvero enti gestori privati, sebbene i servizi in questione rispondano a specifiche finalità pubbliche, tali da richiedere personale preposto in forza di un rapporto di impiego con lo Stato italiano;

   l'eventuale ricorso ai patronati per la gestione dei servizi in ambito consolare rischia, inoltre, di pregiudicare la riservatezza e la segretezza delle informazioni trattate, se non addirittura di attribuire a soggetti privati l'espletamento di prerogative tipicamente pubbliche, con l'effetto di compromettere le finalità istituzionali cui i consolati sono preordinati;

   alcune organizzazioni sindacali hanno avuto modo di manifestare la loro ferma contrarietà alla stipula di tale convenzione in quanto lesiva delle funzioni pubbliche proprie del servizio in questione, sollecitando l'adozione di misure volte a potenziare il personale preposto ai consolati;

   a fronte della complessiva situazione emergente, la scelta di ricorrere a enti gestori privati si pone ad avviso dell'interrogante in palese contrasto con il ruolo, le funzioni e gli obiettivi cui la rete consolare è preposta e rischia di pregiudicarne i compiti assegnati in ambito internazionale –:

   se e quando il Governo abbia maturato la volontà di addivenire alla stipula di una convenzione con i patronati per la gestione e l'erogazione di servizi nell'ambito della rete consolare italiana e quali valutazioni siano state svolte con particolare riferimento alla legittimità di detta convenzione rispetto alle funzioni che i consolati sono istituzionalmente chiamati a soddisfare;

   se non ravvisi l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per sospendere ogni forma di convenzione con tali enti gestori, avviando conseguentemente adeguate procedure selettive volte al potenziamento del personale in servizio presso i consolati, al fine di coprire il fabbisogno e assicurare la corretta erogazione dei servizi;

   se non intenda fornire un quadro complessivo della dotazione di personale anche in relazione alle attuali carenze, nonché chiarire quali programmi siano stati predisposti al fine di assicurare il corretto svolgimento delle funzioni pubbliche e la loro continuità, nel rispetto delle funzioni cui i consolati sono istituzionalmente preposti.
(4-01725)

  Risposta. – Sulla questione della dotazione complessiva di risorse umane del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, si conferma preliminarmente quanto rilevato dall'interrogante sulla drastica riduzione, pari a circa il 30 per cento del personale di ruolo della Farnesina, causata dal blocco del turnover negli anni recenti. Anche a causa del conseguente innalzamento dell'età media del personale a 56 anni, tale circostanza ha comportato una crescente difficoltà ad assicurare un livello di servizi adeguato alle esigenze dei cittadini e delle imprese all'estero (ad esempio cittadinanza, visti, passaporti, sicurezza).
  Al contempo la Farnesina, oltre ad assicurare la riattivazione dell'Ambasciata a Tripoli (e, prossimamente, del Consolato generale a Bengasi), negli ultimi anni è stata chiamata a realizzare un limitato (ma pur sempre impegnativo, date le scarse risorse a disposizione) piano di aperture di nuovi uffici in Paesi emergenti o di forte interesse strategico per l'Italia (Niamey, Conakry, Ulaanbaatar, Erbil, Chongqing, Ho-Chi-Minh City e Ouagadougou) cui si è fatto fronte con un'ulteriore redistribuzione delle risorse.
  La carenza di personale indispensabile per il corretto funzionamento delle nostre strutture all'estero, sia sotto il profilo consolare che amministrativo-contabile, presenta quindi degli aspetti che non mancano di destare preoccupazione. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha reagito a queste sfide in maniera dinamica, agendo su più fronti per preservare la rete all'estero e la sua operatività.
  Nell'immediato, per attenuare gli effetti dell'emorragia di personale, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha deciso di puntare sulla qualità delle proprie risorse umane. Dopo l'introduzione del sistema di valutazione del personale delle aree funzionali, che incentiva il merito e premia il raggiungimento del risultato, nel corso del biennio appena trascorso sono state realizzate tre significative riforme strettamente interconnesse, concepite per creare degli strumenti necessari ad inviare sulla rete personale di livello adeguato, in grado di sopperire con la qualità alla sostanziale contrazione numerica: l'adozione del profilo unico (che consente di impiegare il personale di ruolo in servizio all'estero con maggiore flessibilità a parità di area funzionale di appartenenza), una nuova circolare sui trasferimenti e le iniziative di formazione e riqualificazione «permanente» del personale, anche con corsi
on line. Queste misure rendono più flessibile l'impiego di personale qualificato negli uffici all'estero e, anche nelle decisioni relative alle assegnazioni delle risorse umane sulla rete, premiano il rendimento e la professionalità.
  Il rafforzamento della rete estera (e a maggior ragione l'istituzione di nuovi uffici) sarà possibile solo a fronte della disponibilità di nuove risorse umane e finanziarie. Dopo un iniziale miglioramento – con l'avvio nel 2018 delle procedure per l'assunzione di 177 funzionari amministrativi, contabili e consolari nonché di 44 funzionari dell'area della promozione culturale – è però solo con la legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145) che si registra una prima inversione di tendenza: il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è stato infatti autorizzato ad assumere ulteriori 100 funzionari da inquadrare nella III Area e fino a 200 unità da inserire nei ruoli di II Area, oltre a 50 unità di personale a contratto. Quest'ultimo, benché per la natura delle mansioni svolte non possa essere considerato alternativo al personale di ruolo, contribuirà ad intervenire con rapidità sulle situazioni più critiche in essere nella rete diplomatico-consolare, tra cui sicuramente quella degli uffici consolari.
  Il personale che entrerà a far parte dei ruoli del Ministero degli affari esteri con le procedure selettive in corso e con quelle che saranno bandite nei prossimi mesi sarà tuttavia appena sufficiente per sostituire quello che cesserà nel prossimo biennio per raggiunti limiti di età. Pertanto, nonostante il risultato ottenuto con l'ultima legge di bilancio sia un primo importante contributo alla funzionalità della rete diplomatico-consolare in tutti i settori di attività, è solo attraverso un costante rafforzamento degli organici, fortemente impoveriti nell'ultimo decennio, che sarà possibile fornire un servizio all'altezza delle aspettative dei connazionali all'estero e delle nostre imprese attive nel mondo.
  In questo momento dunque la priorità assoluta per la Farnesina, a seguito delle citate autorizzazioni al reclutamento di nuove unità di ruolo, è quella di poter assumere personale giovane, motivato, aggiornato in campo informatico e disposto a servire in tutte le aree del globo. Anche tenuto conto del numero atteso di pensionamenti che si registreranno nei prossimi anni (oltre 600 nel prossimo quinquennio), il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ritiene indispensabile assumere, nel periodo 2019-2021, ulteriori 500 unità di personale delle aree funzionali e auspica l'inserimento delle ulteriori necessarie autorizzazioni nelle prossime leggi di bilancio.
  Per quanto riguarda l'osservazione dell'interrogante in materia di rapporti tra il ministero e i patronati, si ricorda innanzitutto che il ruolo da questi ultimi svolto per le nostre collettività all'estero – in termini di informazione, assistenza e tutela nel settore delle prestazioni in materia di sicurezza sociale ed emigrazione – è espressamente stabilito dalla vigente normativa (vedasi in particolare la legge 30 marzo 2001, n. 152).
  Le linee di nuovi possibili sviluppi della collaborazione sono attualmente solo in corso di esame, sulla base di un progetto sottoposto dai patronati stessi ormai oltre un anno fa: nessuna convenzione è stata dunque conclusa nel frattempo. Si desidera infine precisare che la Farnesina ha ben a mente gli obiettivi della necessaria salvaguardia delle funzioni istituzionali proprie degli uffici consolari (si veda in particolare il decreto legislativo n. 71 del 2011), del rispetto degli strumenti convenzionali internazionali, nonché dei principi sulla protezione di dati e informazioni.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Ricardo Antonio Merlo.


   OCCHIUTO e CAPPELLACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 2, comma 1, lettera g), del decreto ministeriale n. 173 del 2016 che reca modalità e criteri tecnici per l'autorizzazione all'immersione in mare dei materiali di escavo di fondali marini, definisce e qualifica le operazioni di ripristino degli arenili;

   l'allegato tecnico al decreto, quanto alle operazioni di ripristino degli arenili, qualifica come «piccoli interventi» quelli che comportano un apporto complessivo di sabbia inferiore a 5.000 metri cubi, e che ai fini della compatibilità ambientale è sufficiente seguire per esse un criterio «non peggiorativo» rispetto alla qualità dell'ambiente recettore, escludendo l'applicazione della procedura di assoggettabilità a verifica di impatto ambientale prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006;

   il parere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (prot. 0017516/P del 27 giugno 2018) ha affermato che per la manutenzione ordinaria degli arenili non sia richiesta l'autorizzazione paesaggistica, in quanto interventi manutentivi che mirano alla conservazione dello stato dei luoghi nel tempo;

   in linea con il predetto parere molte regioni (Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Basilicata e altre) e numerosi enti locali non richiedono alcuna autorizzazione paesaggistica, escludendo qualsiasi procedura di verifica di assoggettabilità per gli interventi a carattere manutentivo, per la ricostruzione della spiaggia dopo eventi meteomarini intensi, e qualsivoglia riconducibilità degli interventi di ripristino degli arenili alla procedura di valutazione di impatto ambientale;

   la regione Sardegna, oltre a richiedere l'autorizzazione paesaggistica, sottopone alle procedure di valutazione di impatto ambientale anche i piccoli interventi di cui al decreto ministeriale n. 173 del 2016, ascrivendoli alla «categoria opere costiere destinate a combattere l'erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare», da cui deriva l'applicazione del sistema sanzionatorio di cui al comma 4 dell'articolo 18 del decreto-legge n. 104 del 2017;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rispondendo al quesito del comune di Capoterra (Cagliari) circa l'interpretazione della normativa ha dapprima ricondotto tale materia al campo di applicazione della disciplina di valutazione di impatto ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 (DVA registro ufficiale 0009416/23-04-2018); successivamente ha optato per una sua esclusione, affermando che «la norma nazionale definisce chiaramente la potestà delle funzioni amministrative e normative delle Regioni, nel rispetto della legislazione europea e nazionale, chiarendo che non si possano introdurre nuove soglie dimensionali e/o esclusioni tipologiche laddove attualmente non previste dal diritto europeo e nazionale (DVA registro ufficiale 0011142/14-05/2018)»;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare parrebbe condividere quanto affermato dal servizio valutazioni ambientali della regione Sardegna (nota prot. 009360/24-04-2018); tuttavia, la risposta fornita al quesito del comune di Capoterra, contrasta con quanto operato da altre regioni, le quali hanno concordato proprio con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circolari e direttive escludenti dalla procedura di valutazione di impatto ambientale i piccoli interventi di cui al decreto ministeriale n. 173 del 2016;

   la disomogenea applicazione delle disposizioni comunitarie e nazionali produce una distorsione del mercato e un diverso trattamento degli operatori economici del settore a discapito degli operatori sardi –:

   se non intenda assumere iniziative per chiarire se i piccoli interventi di carattere manutentivo/stagionale di ripascimento degli arenili, come definiti all'articolo 2, lettera g), del decreto ministeriale n. 173 del 2016, siano ascrivibili alla categoria di «progetti di infrastrutture», e più precisamente di «opere costiere destinate a combattere l'erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare», e se quindi tali interventi siano sottoposti alla procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale;

   quali iniziative si intendano assumere per garantire la legalità e se sia stato attivato o si intenda attivare, per quanto di competenza, il sistema sanzionatorio di cui al decreto-legge n. 104 del 2017;

   se, in caso contrario, ci sia stata un'interlocuzione con la regione Sardegna sulla corretta applicazione della norma.
(4-01057)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre, in primo luogo, evidenziare, che, in base alle competenze in materia di Valutazione di impatto ambientale (Via) e di verifica di assoggettabilità a Via attribuite alle regioni, ai sensi dell'articolo 7-
bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, l'autorità regionale competente è tenuta a svolgere compiti di tutela, protezione e valorizzazione ambientale, secondo le disposizioni delle leggi regionali, e a «... disciplinare con proprie leggi o regolamenti l'organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di Via, nonché l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali. La potestà normativa [...] è esercitata in conformità alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonché per la destinazione alle finalità di cui all'articolo 29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis. [...]».
  A ciò si aggiunga che la procedura di verifica di assoggettabilità a Via (cosiddetto
screening) è disciplinata dall'articolo 4 della direttiva europea 2014/52/UE, che riconosce agli Stati membri la discrezionalità, basata sul principio di sussidiarietà, di scegliere le modalità più opportune per esaminare i progetti dell'allegato II, decidendo «caso per caso», ovvero fissando soglie o criteri oppure ancora utilizzando contemporaneamente entrambe le metodologie; in gran parte degli Stati membri, inclusa l'Italia, è utilizzato sia il metodo «caso per caso» che quello basato su «criteri e soglie».
  Tuttavia, per molti dei progetti ricadenti nell'allegato IV, alla parte seconda, del decreto legislativo n. 152 del 2006, la normativa nazionale non prevede specifici «criteri o soglie» e pertanto la procedura di
screening è effettuata «caso per caso», sulla base dei pertinenti criteri dell'allegato III alla direttiva 2014/52/UE e dell'equivalente allegato V, alla parte seconda, del richiamato decreto legislativo n. 152 del 2006.
  L'assenza di specifici indirizzi comunitari sull'interpretazione delle definizioni di alcune categorie progettuali elencate negli allegati I e II della direttiva Via 2014/52/UE (tra cui quella relativa alle «opere costiere destinate a combattere l'erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di difesa del mare») e l'assenza di soglie e/o specifici criteri di selezione, il campo di applicazione delle procedure di valutazione ambientale di competenza regionale è spesso regolamentato in maniera diversificata dalle singole regioni e province autonome, determinando approcci non omogenei sul territorio nazionale.
  In tale contesto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare svolge le proprie funzioni di «concertazione tecnica con le Regioni ai fini dell'armonizzazione delle norme e delle procedure in materia di valutazione di impatto ambientale e valutazione ambientale strategica». Nell'esercizio di tale competenza tecnica specifica, che va applicata in termini di
governance generale, il ministero ha avviato una interlocuzione con il Comune di Capoterra, da ultimo con nota del maggio 2018, specificando quanto già esposto poc'anzi in merito all'applicazione della normativa di settore e manifestando piena disponibilità ad effettuare ulteriori e specifici approfondimenti tecnici con la Regione Sardegna.
  Alla luce delle informazioni esposte e della vigente normativa richiamata, il Ministero dell'ambiente rassicura, comunque, che continuerà a svolgere la propria attività finalizzata a garantire l'armonizzazione dell'applicazione della disciplina di Via sul territorio nazionale. A tal fine, l'iniziativa non può, peraltro, essere limitata alla singola regione ma dovrà necessariamente prevedere un confronto, in sede tecnica, con tutte le regioni interessate dalla medesima tematica, ferme restando le competenze che il vigente assetto costituzionale attribuisce alle amministrazioni regionali medesime quali autorità autonome.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   PALAZZOTTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da un paio di mesi, dalla notte dell'11 novembre 2018, i miliziani di Hamas hanno irrobustito i posti di blocco dispiegati lungo la Striscia di Gaza. Fermano le auto e perquisiscono i passeggeri, temendo che dietro a un passaporto europeo possano nascondersi militari delle forze speciali israeliane;

   il 15 gennaio 2019 si è appreso che i miliziani di Hamas hanno inseguito una macchina che non si è fermata allo stop. Pare che gli uomini di Hamas fossero armati e durante l'inseguimento abbiano sparato dei colpi; a bordo di quell'auto si trovavano tre carabinieri italiani che hanno cercato rifugio in una palazzina delle Nazioni Unite, sede dell'Unrwa nel centro della città di Gaza. A quel punto le forze di Hamas hanno circondato la zona; i funzionari dell'Onu hanno confermato che si trattava di «personale della sicurezza italiana, entrato a Gaza per una missione ufficiale»;

   per ore Hamas ha chiesto che «gli stranieri fossero consegnati per poter svolgere un'inchiesta». Secondo altre fonti palestinesi, l'assedio sarebbe andato avanti da lunedì sera, mentre i diplomatici italiani trattavano perché i tre potessero lasciare la Striscia. Nella notte i capi di Hamas hanno riconosciuto l'identità degli uomini e tolto l'accerchiamento;

   da quanto si apprende i carabinieri stavano verificando le condizioni di sicurezza (fanno parte del nucleo scorte del consolato a Gerusalemme) per una visita ufficiale al monastero di Sant'Ilarione, l'eremo di epoca bizantina attorno a cui cerca di resistere la sempre più ridotta comunità cristiana;

   il rafforzamento dei posti di blocco di Hamas lungo la striscia di Gaza è avvenuto dopo che l'11 novembre 2018 un commando israeliano si è infiltrato al di là della barriera ed è stato intercettato da una pattuglia palestinese. La missione, definita «di routine» dai portavoce israeliani, si è trasformata in un disastro: un colonnello è morto nel combattimento, un capitano ferito, a quel punto gli ufficiali hanno ordinato un massiccio bombardamento con l'artiglieria per permettere l'evacuazione dei soldati; sette miliziani sono stati ammazzati, tra loro un comandante militare di Hamas. Da allora Hamas ha deciso di dare la caccia agli informatori arabi che avrebbero aiutato «il nemico» a preparare l'incursione, diffondendo anche le foto di quelli che — secondo la loro ricostruzione — avrebbero fatto parte della squadra israeliana e che portavano documenti falsi;

   l'operazione così profonda nel loro territorio aveva scatenato la rappresaglia ordinata dai leader di Hamas: quasi 500 tra razzi e proiettili di mortaio scagliati contro le città israeliane in meno di ventiquattro ore. Neppure durante i 59 giorni di guerra nel 2014 erano stati così tanti in così poco tempo e un'altra guerra sembrava dovesse scoppiare –:

   se corrisponda al vero la notizia descritta in premessa e riportata dagli organi di stampa e se il Governo non intenda chiarire le circostanze per cui le autorità palestinesi non fossero adeguatamente informate della presenza di operatori del nucleo scorte del consolato italiano a Gerusalemme in missione per verificare le condizioni di sicurezza per una visita ufficiale al monastero di Sant'Ilarione.
(4-02060)

  Risposta. — In merito all'episodio che, il 14 gennaio scorso, ha coinvolto tre militari dell'arma del nucleo scorte del Console generale d'Italia a Gerusalemme, confermo che la missione dei Carabinieri – un sopralluogo preparatorio a una visita ufficiale del diplomatico presso il Monastero di S. Ilarione in Gaza – era stata preventivamente e regolarmente notificata, come da prassi consolidata, alle autorità locali da parte del Consolato Generale italiano tramite gli uffici delle Nazioni unite.
  Per quanto attiene alla permanenza del personale militare italiano presso il Compound Onu a Gaza City, essa si è protratta il tempo necessario ad effettuarne l'identificazione e ad ottenere i necessari permessi da parte delle autorità locali a lasciare il territorio della Striscia.
  Le autorità palestinesi di Hamas, intervenute sul posto a seguito della segnalazione da parte di alcuni residenti, hanno diramato, ad episodio risolto, un comunicato stampa con il quale hanno reso nota la conclusione dell’
iter investigativo con il riconoscimento dell'identità dei tre militari italiani.
La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   TORTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   i militari dichiarati inidonei per motivi di salute possono transitare a domanda nei ruoli civili ed essere inquadrati in soprannumero in base alla tabella ex decreto ministeriale del 18 aprile del 2002;

   l'inadeguatezza della tabella del 2002 fu chiara sin da subito e fu fortemente contestata sin dalla sua adozione perché iniqua e mai aggiornata;

   con il decreto legislativo del 29 maggio 2017, n. 95, circa il riordino della carriera delle forze di polizia, è stata introdotta una nuova tabella di corrispondenza dei ruoli militari a quelli civili a decorrere dal 1° gennaio 2018;

   questa nuova tabella ha di fatto sostituito la precedente ed è quella che la direzione generale per il personale civile (Persociv) oggi applica nell'inquadramento nei ruoli civili del personale riconosciuto non idoneo al servizio militare;

   gli effetti dell'applicazione della nuova tabella si possono desumere dall'esame di alcuni contratti di lavoro: ad esempio maresciallo capo transitato nel 2003 assumeva la qualifica funzionale ex B3, ora area II, F3 (fasce da F3 a F6), che oggi si colloca dopo due passaggi, oltre 15 anni, nell'area II a F5;

   il maresciallo capo che transiterà dal 1° gennaio 2018 assumerà da subito la qualifica funzionale apicale nell'area II di F6;

   si viene a determinare, in tal modo, una grave incongruenza e diseguaglianza tra pari grado transitati in epoche diverse, con evidenti effetti di ordine economico e non solo –:

   come i Ministri interrogati intendano porre rimedio alla problematica sopra descritta.
(4-02137)

  Risposta. — Il quesito dell'interrogante mi fornisce l'opportunità di chiarire come a decorrere dal 1° gennaio 2018, il personale giudicato inidoneo al servizio militare che transita nei ruoli civili della difesa viene inquadrato nelle corrispondenti aree funzionali e fasce retributive sulla base della tabella di cui all'articolo 930, comma 1-quinquies, del decreto legislativo n. 66 del 2010, secondo le disposizioni del decreto legislativo n. 94 del 2017, riferimento che ha pertanto completamente sostituito la precedente tabella di cui al decreto ministeriale 18 aprile 2002.
  Ai sensi del nuovo tale articolo «Il personale non dirigente delle forze armate che transita nei ruoli del personale civile della difesa, per effetto del comma 1, o di amministrazioni pubbliche nei casi previsti dalla legislazione vigente è inquadrato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2209
-quinquies, secondo tabelle di corrispondenza, ispirate a criteri di equiordinazione con le Forze di polizia a ordinamento civile e militare, approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia delle finanze, informati il Consiglio centrale di rappresentanza militare e le organizzazioni sindacali. Nelle more dell'adozione del decreto, a decorrere dal 1° gennaio 2018, al personale delle forze armate, per le finalità indicate nel presente comma, si applica la tabella di corrispondenza prevista a legislazione vigente per il personale dei corpi di polizia ad ordinamento militare».
  Pertanto, si evidenzia che l'applicazione della nuova tabella, pur comportando l'inquadramento in fasce retributive più alte, non implica alcun pregiudizio economico nei confronti di coloro che transitarono in epoche pregresse.
  Ciò in quanto la normativa prevede che il personale che transita nei ruoli civili mantenga lo stesso trattamento economico goduto da militare.
  Il riferimento va ascritto proprio all'articolo 2 del succitato decreto ministeriale 18 aprile 2002, ai sensi del quale «Il personale trasferito è inquadrato... conservando l'anzianità assoluta riferita al predetto grado, l'anzianità complessivamente maturata e la posizione economica acquisita... Nel caso in cui il nuovo trattamento economico spettante a titolo di assegni fissi e continuativi risulti inferiore a quello in godimento allo stesso titolo all'atto del transito, l'eccedenza è attribuita sotto forma di assegno
ad personam, pari alla differenza fra il trattamento economico goduto ed il nuovo, fino al riassorbimento con i successivi aumenti di trattamento economico a titolo di assegni fissi e continuativi».
  Sulla base di tale disamina normativa e per una migliore comprensione del fenomeno è stata condotta dalla direzione generale competente una simulazione relativa alle retribuzioni che avrebbe percepito nel tempo – considerando anche eventuali progressioni economiche – un maresciallo capo transitato nell'anno 2003, sia nel caso che fosse stato inquadrato nella minore fascia retributiva prevista dalla vecchia tabella di corrispondenza, sia nella maggiore fascia retributiva prevista dalla nuova tabella (il dettaglio di tale calcolo è disponibile presso il Servizio Assemblea).
  Ciò al fine di evidenziare che, a tutt'oggi (a distanza di 15 anni), l'interessato avrebbe continuato a percepire lo stesso trattamento economico goduto da militare.
  

La Ministra della difesa: Elisabetta Trenta.


   TRAVERSI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel quartiere di Multedo (Genova) sono ubicati: tre depositi costieri di prodotti chimici, petrolchimici e petroliferi (Superba, Carmagnani e ENI) e il porto petroli, su demanio portuale;

   i siti sopracitati sono classificati a rischio incidente rilevante (Rir) e situati a poche decine di metri l'uno dall'altro, dalle case e dagli edifici scolastici;

   nell'incidente avvenuto il 16 maggio 1987, nello stabilimento della Carmagnani, persero la vita 4 persone oltre ad un ferito grave e 11 persone intossicate;

   la presenza dei numerosi impianti a rischio di incidente rilevante pone problemi di effetto domino ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 105 del 2015, il quale definisce compiti e funzioni dei soggetti coinvolti, tra cui il comitato tecnico regionale a cui è affidato il compito di individuare gli stabilimenti o i gruppi di stabilimenti di soglia inferiore e di soglia superiore e di accertare che avvenga lo scambio, fra i gestori, delle informazioni e che vi sia cooperazione nella diffusione e trasmissione delle informazioni stesse;

   a quanto risulta all'interrogante gli obblighi in materia di effetto domino sono scaduti il 31 maggio 2016;

   una corretta applicazione della normativa sull'effetto domino rende necessaria un'attenta valutazione dell'attuale collocazione dei depositi e del porto petroli;

   in seguito all'incidente del 1987, fu siglato un protocollo d'intesa tra provincia, comune e regione finalizzato a dismettere le attività relative ai depositi costieri da quelle aree entro il 1991;

   il Puc (piano urbanistico comunale) individua le zone nelle quali oggi operano Carmagnani, Superba e Fondega sud, come «distretti di trasformazione» con «l'obiettivo primario di eliminazione delle incompatibilità ambientali e urbanistiche, per ricostituire una continuità di funzioni produttive ed urbane ambientalmente compatibili»;

   la situazione ambientale e sanitaria nei quartieri di Multedo, Pegli e Sestri appare decisamente insostenibile e gli abitanti hanno presentato numerosi esposti per chiedere la soluzione del problema;

   l'articolo 269 e l'articolo 272-bis del Testo unico ambientale – rispettivamente sull'obbligo di adozione misure di contenimento delle emissioni e sulle misure di prevenzione e limitazioni delle emissioni odorigene – risultano sostanzialmente inapplicati relativamente ai depositi in questione;

   il transito dei convogli nel binario dello stabilimento della Carmagnani – che attraversa il quartiere di Pegli a pochissimi metri dalle abitazioni – rappresenta un problema irrisolto sia sul piano della sicurezza per i condomini circostanti, sia sul piano dell'inquinamento acustico visto che le chiassose manovre avvengono durante le ore notturne;

   il Consiglio superiore dei lavori pubblici nell'adunanza del 1° ottobre 1999 relativa al Piano regolatore portuale di Genova ha espresso orientamento favorevole all'allontanamento del Porto petroli dal centro abitato;

   appare necessaria e urgente la rilocalizzazione del porto petroli, come affermato anche dal comitato tecnico regionale per il territorio della regione Liguria in data 17 settembre 2015;

   in passato era stata ipotizzata l'installazione di una boa offshore al fine di tenere le petroliere e le attività di movimentazione del greggio distanti dal centro abitato, ma l'idea non ha avuto seguito;

   ad aprile 2018 il porto petroli ha ottenuto la proroga della concessione per ulteriori 10 anni nel sito di Multedo –:

   se il Ministro interrogato intenda avvalersi del ruolo di indirizzo e coordinamento affidatogli dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 105 del 2015 al fine di mettere in sicurezza le aree di cui in premessa e di migliorarne la qualità ambientale e sanitaria, valutando l'ipotesi della delocalizzazione del porto petroli;

   quali procedure di monitoraggio delle bonifiche in corso il Governo intenda attivare, per quanto di competenza, e se, essendo l'area interessata classificata «a rischio di incidente rilevante», non intenda compiere una verifica su tutte le aree «Rir» assicurando, ove necessario, l'aggiornamento del relativo piano di sicurezza.
(4-00634)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Nell'area di Genova Multedo sono presenti 4 stabilimenti, Superba S.r.l. (NC017), Attilio Carmagnani «AC» S.p.A. (NC031), ENI S.p.A.
Refining & Marketing and Chemicals (NC012), e Porto Petroli di Genova S.p.A. (NC018), tutti soggetti all'applicazione del decreto legislativo 105/2015 recante l'attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose.
  Questi stabilimenti sono classificati di «soglia superiore», ai sensi della suddetta disciplina, per la presenza di maggiori quantitativi di sostanze pericolose. I primi tre svolgono attività di deposito di prodotti chimici e petroliferi, mentre nel Porto Petroli di Genova S.p.A. sono effettuate attività di sbarco e imbarco dei suddetti prodotti chimici e petroliferi.
  La disciplina, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 105 del 2015, prevede che i controlli sugli stabilimenti di «soglia superiore» siano effettuati dal Ministero dell'interno tramite il Comitato Tecnico Regionale (Ctr), istituito nell'ambito di ciascuna Regione. Il Ctr, in particolare, effettua, per tale categoria di stabilimenti, le istruttorie sui rapporti di sicurezza e le ispezioni sui sistemi di gestione della sicurezza e ne adotta i provvedimenti conclusivi. Inoltre il Ctr, nei siti ove sono presenti attività a rischio di incidente rilevante, fornisce ai comuni un parere tecnico di compatibilità territoriale ed urbanistica, e fornisce alle autorità competenti per la pianificazione territoriale e urbanistica i pareri tecnici per l'elaborazione dei relativi strumenti di pianificazione. Al Ctr è demandata, altresì, l'individuazione, in accordo con la regione, degli stabilimenti o dei gruppi di stabilimenti soggetti all'effetto domino e di provvedere ai relativi adempimenti.
  In merito all'assetto del territorio e il controllo dell'urbanizzazione, l'articolo 22 del decreto legislativo n. 105 del 2015, commi 6 e 7, dispone che gli strumenti urbanistici da adottarsi a livello comunale comprendano un elaborato tecnico «rischio di incidenti rilevanti», definito ERIR, relativo al controllo dell'urbanizzazione nelle aree in cui sono presenti stabilimenti e che gli enti territoriali di area vasta (Città Metropolitana e Provincie) individuino nell'ambito dei propri strumenti di pianificazione territoriale, con il concorso dei comuni interessati, le aree sulle quali ricadono gli effetti prodotti dagli stabilimenti, acquisendo, ove disponibili, le informazioni contenute nell'elaborato ERIR.
  Per quanto riguarda lo stato degli adempimenti e dei controlli relativi agli stabilimenti in argomento, come comunicato dalla Regione Liguria, per tutti e tre gli stabilimenti è stato redatto dal gestore il rapporto di sicurezza, trasmesso al Ctr nei tempi previsti dalla norma.
  La regione Liguria ha fatto presente, inoltre, che gli stabilimenti Superba e Carmagnani sono stati sottoposti dal Ctr ad ispezione ordinaria rispettivamente nel 2016 e 2017 e che per gli stessi sono state concluse, rispettivamente in aprile 2017 e in giugno 2018, le attività istruttorie dalle quali è emersa l'ottemperanza al disposto dell'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo n. 105 del 2015, e la risultanza in classe I, sulla base del decreto ministeriale 20 ottobre 1998 che ne stabilisce la compatibilità territoriale con l'ambiente circostante. Per i predetti stabilimenti la Prefettura di Genova ha predisposto il piano di emergenza esterna, approvato il 10 luglio 2012.
  Per quanto concerne, inoltre, l'incidente avvenuto presso la Attilio Carmagnani «AC» nel 1987, la Regione ha rappresentato che l'assetto impiantistico attuale del deposito è diverso da quello del 1987. Le condizioni attuali dello stabilimento inducono ad escludere la possibilità di un avvenimento analogo, sia per le sostanze presenti, sia per gli adeguamenti impiantistici nell'ambito della sicurezza. L'ultimo rapporto di sicurezza dello stabilimento Attilio Carmagnani «AC» è stato approvato dal comitato tecnico regionale nel 2016, e la verifica del Sistema di Gestione della Sicurezza si è chiusa nel 2017. Inoltre, sempre secondo quanto comunicato dalla regione, gli effetti degli scenari incidentali credibili risultano contenuti entro i confini dello stabilimento.
  In merito alla rumorosità provocata dal transito di convogli nel binario dello stabilimento Carmagnani, il controllo e la verifica del rispetto dei limiti di legge in materia di inquinamento acustico è competenza del Comune di Genova. Quest'ultimo ha evidenziato che la ditta ha ottenuto dalla Città Metropolitana l'Autorizzazione Unica Ambientale (AUA) e che, nell'ambito della relativa istruttoria, sono state effettuate specifiche misure fonometriche relative a manovre che hanno rilevato il rispetto di limiti di rumorosità imposte dalle normative vigenti. Più in particolare, il comune ha precisato che la movimentazione dei carri ferroviari avviene due volte la settimana in arrivo e due volte la settimana in uscita, tra le ore 21,00 e le ore 24,00 e che i tempi di manovra della motrice e dei carri, mediamente, non superano i 30 minuti.
  Sempre secondo quanto riferito dall'amministrazione comunale, sono stati presentati degli esposti dai cittadini interessati dalla predetta rumorosità ed in seguito agli stessi sono stati chiesti accertamenti all'Agenzia regionale protezione ambiente ligure che, pur non avendo rilevato superamenti dei limiti di soglia fissati dalla normativa sull'inquinamento acustico, ha suggerito una prescrizione che è stata recepita nel provvedimento autorizzativo Aua, in base alla quale «le manovre ferroviarie dovranno essere contenute nella fascia oraria compresa tra le ore 21.00 e le ore 23.00, fatte salve eccezioni dovute a ritardi sulla linea o comunque da fatti esterni alla volontà dell'Azienda».
  Per quanto concerne, invece, lo stabilimento ENI S.p.A.
Refining & Marketing and Chemicals, lo stesso è stato sottoposto alla procedura di notifica prevista dal decreto legislativo n. 105 del 2015, da ultimo in data 24 gennaio 2018. Il Ctr Liguria ha avviato, nel mese di novembre 2018, l'ispezione ordinaria. La Prefettura di Genova ha predisposto il piano di emergenza esterna, approvato il 27 febbraio 2018. Inoltre, secondo quanto riferito dalla regione, è in corso l'istruttoria del rapporto di sicurezza e nelle more può essere fatto riferimento al precedente rapporto (il gestore ha obbligo di presentare tale rapporto ogni cinque anni) approvato ai sensi della previgente normativa, decreto legislativo n. 334 del 1999, dal quale risulta l'inserimento in classe I (decreto ministeriale 20 ottobre del 1998) e la conseguente compatibilità territoriale con l'ambiente circostante.
  In merito, infine, allo stabilimento Porto Petroli di Genova S.p.A., si fa presente che lo stesso è risultato sottoposto alla procedura prevista dal decreto legislativo n. 105 del 2015, da ultimo in data 24 ottobre 2017; il Ctr Liguria, a seguito di segnalazione del Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Genova, ha eseguito un'ispezione straordinaria nel 2016 ai sensi dell'articolo 27, comma 7, del predetto decreto ed ha avviato la valutazione del rapporto di sicurezza nel 2017. Il piano di emergenza esterno è ancora in fase di elaborazione da parte della Prefettura di Genova.
  Sempre con riferimento al Porto Petroli, la Regione Liguria ha precisato che non risulta alcuna proposta di delocalizzazione dello stabilimento, considerato anche il fatto che, essendo uno stabilimento a rischio di incidente rilevante, il gestore, prima di avviare le operazioni di spostamento in altro sito, dovrebbe presentare un rapporto di sicurezza preliminare al vaglio del comitato tecnico regionale.
  La stessa Regione ha fatto presente ancora che, allo stato attuale, non ci sono effetti domino dichiarati per quanto attiene gli stabilimenti presenti sul territorio regionale e ricadenti nel campo di applicazione del decreto legislativo n. 105 del 2015.
  Alla luce delle informazioni esposte, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, rassicura comunque che monitora costantemente l'area in questione e le relative problematiche ambientali, e continuerà a mantenere alto il livello di attenzione sul tema, affinché siano avviate le necessarie azioni per la messa in sicurezza, tenendosi informato anche attraverso l'interlocuzione con gli enti territoriali competenti e con la locale prefettura.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   VILLANI, VIGNAROLI, LATTANZIO, DE LORENZO, AMITRANO, FRATE, ACUNZO, NITTI, TESTAMENTO, BELLA, GALLO e AZZOLINA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il fiume Sarno, insieme ai suoi affluenti i torrenti Cavaiola e Solofrana e i canali Alveo Comune Nocerino e Angri - San Tommaso, risulta essere il corso d'acqua più inquinato d'Europa;

   il tragitto del fiume e dei suoi affluenti interessa tre province e 13 comuni della Campania tra i quali Angri, Scafati, Castellammare di Stabia, Nocera Inferiore, e Sarno;

   a causa degli sversamenti delle fogne dei comuni non depurati come Angri e Scafati, delle concerie delle industrie conserviere presenti lungo il corso del fiume, degli sversamenti abusivi lungo tutto il tratto del fiume, ad oggi non esiste più alcuna forma di vita nelle acque del fiume Sarno e l'acqua non può essere utilizzata in alcun modo in quanto troppo pericolosa per la salute;

   durante la stagione estiva le esalazioni provenienti dal fiume e dai suoi affluenti sono tali da rendere l'aria irrespirabile creando così enormi disagi alla popolazione residente;

   le criticità e l'inquinamento del fiume Sarno negli anni passati sono state oggetto di indagini da parte della Commissione parlamentare «Ecomafie» e da parte della magistratura;

   la popolazione sconta l'enorme ritardo accumulato negli anni per l'ultimazione delle opere, quali le fogne interne, la rete di collettori e gli impianti di depurazione necessari per il superamento dell'emergenza ambientale legate al bacino del fiume Sarno e dei suoi affluenti;

   negli anni passati sono stati diversi i finanziamenti previsti per risolvere la situazione come ad esempio il «Grande progetto del fiume Sarno», finanziato attraverso il fondo europeo di sviluppo regionale con una cifra pari a 150 milioni di euro nel 2012 e attraverso la delibera della giunta regionale n. 119 del 20 marzo 2012, con la quale è stato approvato un protocollo di intesa tra regione Campania, Arcadis (Agenzia regionale campana difesa suolo) e l'Autorità di bacino regionale del fiume Sarno per l'avvio delle procedure attuative del «Grande progetto del fiume Sarno»;

   nonostante diversi piani di bonifica ad oggi le reti fognarie interne e di collegamento dei comuni di Angri e Scafati, fondamentali per risolvere in modo definitivo la problematica, in capo all'Agenzia regionale Arcadis non sono ancora stati completati –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di acquisire un quadro aggiornato dei lavori di realizzazione della rete di fogne interne e collettori nei comuni di Angri e Scafati; quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire un sistema di salvaguardia ambientale per tutelare i cittadini dell'Agro Sarnese Nocerino e della provincia di Salerno interessati dal passaggio del fiume Sarno.
(4-00995)

  Risposta. – Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Per quanto concerne, in primo luogo, lo stato di qualità del fiume Sarno e dei suoi affluenti, dall'analisi della relazione di piano di distretto dell'Appennino Meridionale 2015-2021 è emerso che:

   il Sarno ed i suoi affluenti risultano designati come HMWB (High Modified Water Body – corpo idrico fortemente modificato o artificiale);

   nessuno dei soprarichiamati corpi idrici raggiunge l'obiettivo di stato (potenziale) ecologico di cui all'articolo 4 del Dipartimento qualità agroalimentare (per maggior dettaglio: solo uno in stato sufficiente; la maggior parte in stato scarso; due in stato cattivo);

   tutti, tranne il Solofrana, in buono stato chimico;

   le principali problematiche dello stato ambientale sono riferibili allo stato ecologico;

   benché lo stato chimico risulti per la maggior parte dei casi «buono», dal piano risulta che le criticità inerenti le acque superficiali del Sarno siano riconducibili fondamentalmente a inquinamento da pesticidi, fitofarmaci, concimi chimici e inquinanti di origine industriale;

   le principali pressioni significative (articolo 5 del Dipartimento qualità agroalimentare) risultano essere: aree inondabili, depuratori e scarichi, uso agricolo, siti contaminati e siti industriali.

  In ragione di quanto sopra, si evince che tutti i corpi idrici in questione sono in deroga per l'obiettivo non raggiunto.
  Per quanto attiene le iniziative per la salvaguardia ambientale si rappresenta che, tra gli interventi «significativi» previsti nel suddetto piano, alcuni riguardano la realizzazione di nuove opere nel contesto del sistema depurativo campano, alcune localizzate proprio nell'area del bacino del Sarno.
  A tal proposito, si evidenzia che, sulla base di quanto emerge anche dalla relazione 368/2018/I/IDR del 28 giugno 2018 di ARERA, i comuni in argomento ricadono nell'ambito distrettuale del Sarnese Vesuviano, il cui servizio idrico integrato (SII) è stato affidato alla società mista GORI S.p.a., a decorrere dal 2002 per 30 anni. In particolare, i tre segmenti del Sii sono gestiti interamente da GORI S.p.a. solo nel Comune di Scafati, mentre nei Comuni di Angri, Castellammare di Stabia, Nocera Inferiore e Sarno, la GORI eroga i soli servizi di acquedotto e fognatura, mentre il servizio di depurazione è gestito dalla Regione Campania. Più precisamente, la regione gestisce il servizio di depurazione in ben 32 dei 76 comuni ricadenti nell'ambito distrettuale del Sarnese Vesuviano.
  Si evidenzia, inoltre, che i Comuni di Angri, Nocera Inferiore e Sarno ricadono nell'agglomerato di Nocera Inferiore e sono interessati dalla procedura di infrazione n. 2014/2059 per violazione degli articoli 3 e 4 della direttiva 91/271/CEE; il Comune di Scafati ricade nell'agglomerato di Scafati, interessato dalla procedura di infrazione n. 2014/2059 per violazione degli articoli 3 e 4 della predetta direttiva; il Comune di Castellammare di Stabia ricade nell'agglomerato di Torre del Greco, in procedura di infrazione n. 2014/2059 per violazione dell'articolo 4.
  A tal proposito, si riportano di seguito le informazioni inerenti gli interventi relativi ai 3 agglomerati in parola, che la Regione Campania ha provveduto a comunicare con nota del 6 luglio 2018 nell'ambito dell'aggiornamento che le Autorità italiane trasmettono alla Comunità Europea sullo stato di avanzamento degli interventi volti al superamento delle criticità contestate con il parere motivato complementare del 17 maggio 2017.
  In merito all'agglomerato di Nocera Inferiore, con l'Accordo di Programma Quadro «Tutela delle acque e gestione delle risorse idriche» (2003) ed il relativo atto integrativo (2007) sono stati finanziati e/o programmati i seguenti interventi: 1) opere di completamento della rete fognaria del comune di Angri. Lavori in esecuzione; 2) opere di completamento della rete fognaria del comune di Nocera Inferiore. Lavori in esecuzione; 3) completamento della rete fognaria comunale di Ottaviano. Lavori in esecuzione. Opere di completamento della rete fognaria del comune di Ottaviano. Programmato; 4) lavori di completamento della rete fognaria del comune di Pagani. Collaudato 2010; 5) completamento rete fognaria interna del comune di Poggiomarino. Programmato. Completamento della rete fognaria comunale di Poggiomarino. Lavori in esecuzione; 6) completamento rete fognaria del comune di S. Giuseppe Vesuviano. Ultimato 2010; 7) rifunzionalizzazione ed adeguamento del canale San Mauro e del controfosso destro dell'alveo di Nocera in tenimento del comune di San Marzano. Sospeso. Due opere di completamento della rete fognaria del comune di San Marzano sul Sarno. Ultimato 2009; 8) opere di completamento della rete fognaria del comune di San Valentino Torio. Lavori in esecuzione; 9) opera di completamento della rete fognaria del comune di Striano. Programmato. Completamento della rete fognaria comunale di Striano. Lavori in esecuzione; 10) completamento della rete fognaria di Terzigno. Lavori in esecuzione.
  Inoltre, con Accordo Programma Quadro «Programma strategico per le compensazioni ambientali nella regione Campania» (2008) ed il relativo atto integrativo (2009) sono stati finanziati i seguenti interventi: 1) opere di completamento rete fognaria del comune di Sarno. Lavori in esecuzione 2) completamento della rete fognaria comunale. Ampliamento rete fognaria alla periferia Boccia a Mauro. Canaletta di gronda lungo la via Pedemontana Zabatta in località Campitelli nel comune di Terzigno, in esecuzione.
  È stato, infine, proposto l'intervento «Completamento rete fognaria comunale» per un importo di euro 14.750.000,00 a valere sulle risorse
Forest Stewardship Council ambiente 2014-2020 risorse idriche di programmazione del Ministero dell'ambiente, in corso di definizione.
  La Regione Campania ha contestualmente comunicato che la data per il raggiungimento della conformità dell'agglomerato di Nocera Inferiore è prevista per la fine del 2022.
  Per quanto concerne l'agglomerato di Scafati, la Regione ha comunicato che, con Delibera Giunta regionale 732/2016 - Comitato Interministeriale Programmazione Economica n. 26 del 10 agosto 2016, nell'ambito degli interventi a valere sul patto per la Campania, sono stati programmati gli interventi denominati: «Opere di completamento della rete fognaria del comune di Boscoreale – intervento di tipo A-B1 (emissario di Boscoreale)» per euro 6.800.000,00 e «RI.GR.101 - Area Nord - Astensione della rete fognaria del comune di Boscoreale in zona Passanti» per euro 7.170.000,00.
  A ciò si aggiunga che è stato proposto, a valere sui fondi
Forest Stewardship Council ambiente della programmazione per le risorse idriche del Ministero, l'intervento denominato «Opere di completamento della rete fognaria del comune di Boscoreale - Intervento di tipo A-B1 2° stralcio funzionale» per un importo di euro 9.000.000,00.
  La regione Campania ha contestualmente comunicato che la data per il raggiungimento della conformità dell'agglomerato di Scafati è prevista per la fine del 2020.
  In merito all'agglomerato di Torre del Greco, la regione Campania ha comunicato la raggiunta conformità, allegando i referti analitici relativi all'impianto di depurazione di Castellammare di Stabia.
  Alla luce delle informazioni esposte, si rappresenta comunque che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per quanto di competenza, continuerà a svolgere la propria attività di monitoraggio e a tenersi informato, senza ridurre in alcun modo il livello di attenzione sui temi trattati.
  

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   ZANICHELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 148 del 16 ottobre 2017, all'articolo 15-quater, ha autorizzato la spesa fino a 35 milioni di euro per l'anno 2017 per la realizzazione di interventi di emergenza per la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali e provinciali di connessione insistenti sul fiume Po;

   la Conferenza unificata del 24 gennaio 2018 ha sancito, con l'atto n. 3 del 24 gennaio 2018, l'intesa in merito al riparto di cui al decreto-legge n. 148 del 16 ottobre 2017, convertito dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, sullo schema di decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti concernente gli interventi di emergenza per infrastrutture stradali che interessano diversi ponti sul Po;

   il successivo decreto ministeriale del 1° febbraio 2018 ha poi provveduto ad assegnare in maniera dettagliata, in conto competenza 2017, le risorse predisposte che ammontano a un totale di 35 milioni di euro; di questi fondi, 6 milioni, sono destinati al finanziamento del fabbisogno stimato dell'intervento per il Ponte Verdi (in favore della provincia di Parma), poiché si tratta di infrastruttura versante in una condizione emergenziale;

   il Ponte Verdi, a senso unico alternato, è attualmente oberato da un traffico aggiuntivo, poiché non solo sopperisce alla chiusura del vicino ponte che collega Colorno con Casalmaggiore, ma consente il passaggio di supporti eccezionali e di camion collegati ad attività industriali, agricole e altro; le sue condizioni «precarie» in termini soprattutto di manutenzione arrecano un gravissimo disagio per i cittadini, i lavoratori della zona e per tutto l'indotto, mettendo a rischio l'economia di tutta la zona; i finanziamenti previsti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (6 milioni di euro) per il Ponte Verdi si sommano a quelli stanziati, per altro intervento attualmente in corso, dalla provincia di Parma e dalla regione Emilia-Romagna che ammontano a circa 2,1 milioni di euro;

   dopo aver bandito una gara pubblica per l'assegnazione dei fondi provinciali/regionali in merito all'attuazione dei lavori relativi al Ponte Verdi sul Po e aver assegnato tali lavori alla ditta Engeco srl di Milano, risale al 19 ottobre 2018 la notizia che la provincia di Parma «stia attivando le procedure per l'intervento che vede utilizzare i 6 milioni di euro stanziati a gennaio dallo Stato per completare i lavori e consolidare l'intero ponte»; allo stato attuale, nonostante le diverse sollecitazioni, non è giunta notizia all'interrogante che la provincia di Parma abbia predisposto alcun bando di gara per l'utilizzo dei 6 milioni di euro ministeriali, con il rischio che tali fondi possano andare persi, se non appositamente utilizzati nel breve periodo, senza completare la ristrutturazione del Ponte Verdi;

   quanto affermato trova riscontro sulla base dell'articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale 1° febbraio 2018, pubblicato il 28 aprile 2018, in cui viene chiarito che i soggetti attuatori «sono tenuti ad approvare le progettazioni esecutive degli interventi e ad effettuare l'aggiudicazione degli stessi entro e non oltre dodici mesi dalla data di registrazione del presente decreto da parte degli organi di controllo», quindi, entro aprile 2019 –:

   se sia a conoscenza dei fatti;

   se risulti, ovvero il Ministro intenda verificare, che la provincia di Parma si sia attivata (in autonomia o con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) per la redazione e la pubblicazione del bando di gara per utilizzare effettivamente i 6 milioni di euro ministeriali che, stando a quanto disposto nel decreto ministeriale 1° febbraio 2018, sono prossimi alla scadenza.
(4-02100)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di informazione.
  In risposta alle notizie richieste dalla Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali per la verifica delle procedure poste in essere dagli enti beneficiari dei finanziamenti finalizzati alla realizzazione di interventi di emergenza per la messa in sicurezza delle infrastrutture stradali provinciali di connessione insistenti sul fiume Po – di cui al decreto ministeriale n. 27 del 2018 – la provincia di Parma, con nota n. 2548 del 29 gennaio 2019, ha comunicato che la fase progettuale del ponte Verdi si è conclusa e il progetto è stato validato dal responsabile unico del procedimento in data 14 gennaio 2019; sono in corso di redazione i documenti per la gara d'appalto.
  La stessa provincia di Parma, con nota n. 33944 in data 18 dicembre 2018, aveva richiesto una proroga del termine per l'aggiudicazione lavori, cioè il 14 marzo 2019, di cui all'articolo 2, comma 1, del predetto decreto ministeriale.
  In proposito occorre evidenziare che il decreto non prevede la possibilità di concessione di proroghe, tuttavia il comma 2 dell'articolo 2 stabilisce che il termine di cui al comma 1 è sospeso in caso di ricorso in sede di gara o per cause di forza maggiore.
  Di ciò la provincia di Parma è stata resa edotta dai competenti uffici di questo dicastero con nota in data 18 febbraio 2019, restando in attesa di comunicazioni circa la sussistenza di eventuali cause ostative al rispetto del termine per l'aggiudicazione dei lavori.
  Con successiva nota del 27 febbraio scorso la provincia di Parma ha comunicato le cause ostative alla conclusione dell’
iter tecnico-amministrativo nei tempi previsti; la citata Direzione generale, anche nella considerazione che deve essere acquisita l'autorizzazione paesaggistica ai sensi della legge n. 42 del 2004, ha ritenuto che quanto rappresentato dalla Provincia costituisce causa di forza maggiore e pertanto non darà corso alla revoca del finanziamento prevista dall'articolo 4 del suindicato decreto ministeriale.
  

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Danilo Toninelli.