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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 25 giugno 2019

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 25 giugno 2019.

  Amitrano, Battelli, Benvenuto, Bergamini, Berlinghieri, Berti, Billi, Bitonci, Boldrini, Bonafede, Borghese, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cabras, Caffaratto, Campana, Carfagna, Castelli, Castiello, Cattaneo, Cirielli, Colletti, Comaroli, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Sabrina De Carlo, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Ehm, Fantinati, Fassino, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Frusone, Galli, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Invernizzi, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Lupi, Maggioni, Maniero, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Occhionero, Parolo, Pastorino, Picchi, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Ribolla, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scerra, Schullian, Carlo Sibilia, Siragusa, Sisto, Spadafora, Spadoni, Spessotto, Suriano, Tofalo, Ungaro, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Vitiello, Raffaele Volpi, Zoffili.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Amitrano, Battelli, Benvenuto, Bergamini, Berlinghieri, Berti, Billi, Bitonci, Boldrini, Bonafede, Borghese, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cabras, Caffaratto, Campana, Carfagna, Castelli, Castiello, Cattaneo, Cirielli, Colletti, Cominardi, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Sabrina De Carlo, Del Re, Del Mastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Durigon, Ehm, Fantinati, Fassino, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Frusone, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giglio Vigna, Giorgetti, Grande, Grillo, Grimoldi, Guerini, Guidesi, Invernizzi, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Lupi, Maggioni, Maniero, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Occhionero, Parolo, Pastorino, Picchi, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Ribolla, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scerra, Schullian, Carlo Sibilia, Siragusa, Sisto, Spadafora, Spadoni, Spessotto, Suriano, Tofalo, Ungaro, Vacca, Valente, Vignaroli, Villarosa, Vitiello, Vito, Raffaele Volpi, Zennaro, Zoffili.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge MACINA ed altri: «Disposizioni in materia di conflitti di interessi nonché delega al Governo per l'adeguamento della disciplina relativa ai titolari delle cariche di governo locali e ai componenti delle autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione» (1461) è stata successivamente sottoscritta dalle deputate Baldino e Suriano.

  La proposta di legge IANARO ed altri: «Istituzione sperimentale dei centri operativi e gestionali del farmaco presso le strutture sanitarie pubbliche, per promuovere la sicurezza, l'efficacia e l'appropriatezza nell'uso dei farmaci» (1572) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Alaimo.

  La proposta di legge MELICCHIO ed altri: «Disposizioni in materia di armonizzazione dei contratti del personale ricercatore non permanente delle università e degli enti pubblici di ricerca» (1608) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Alaimo.

  La proposta di legge ROSPI ed altri: «Disciplina dello svolgimento dei corsi di formazione al salvataggio in acque marittime, acque interne e piscine e del rilascio delle abilitazioni all'esercizio della professione di assistente ai bagnanti» (1727) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Alaimo.

  La proposta di legge LEDA VOLPI: «Modifiche alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e alla legge 3 aprile 2001, n. 120, per la promozione della diffusione e dell'impiego dei defibrillatori semiautomatici e automatici» (1836) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Alaimo.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   VII Commissione (Cultura):
  BATTILOCCHIO ed altri: «Disposizioni per la promozione, il sostegno e la valorizzazione delle manifestazioni in abiti storici, dei giochi storici, in particolare con la partecipazione di cavalli o asini, e delle rievocazioni storiche, anche di carattere religioso» (1645) Parere delle Commissioni I, V, X, XII, XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   VIII Commissione (Ambiente):
  FASSINA ed altri: «Norme in materia di tutela dei centri storici, dei nuclei e dei complessi edilizi storici» (1452) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  ROSPI ed altri: «Norme generali per la rigenerazione urbana e il recupero ecosostenibile del patrimonio edilizio» (1872) Parere delle Commissioni I, V, VII, X, XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   XI Commissione (Lavoro):
  MOLINARI ed altri: «Introduzione dell'obbligo di presentazione annuale del certificato penale del casellario giudiziale e del certificato del casellario dei carichi pendenti da parte dei conducenti di mezzi adibiti al trasporto pubblico di persone» (1782) Parere delle Commissioni I, II, V, IX, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 20 giugno 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), per l'esercizio 2017, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 169).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 20 giugno 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione Museo nazionale della scienza e della tecnologia «Leonardo da Vinci», per gli esercizi 2016 e 2017, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 170).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 24 giugno 2019, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Quadro di valutazione UE della giustizia 2019 (COM(2019) 198 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
   Proposta di decisione del Consiglio sulla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di Consiglio internazionale dello zucchero con riguardo alla proroga dell'accordo internazionale sullo zucchero del 1992 (COM(2019) 286 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Relazione annuale sull'attuazione dell'iniziativa Volontari dell'Unione per l'aiuto umanitario nel 2018 (COM(2019) 289 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di risoluzioni e raccomandazioni dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

  L'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha trasmesso, in data 18 giugno 2019, il testo delle seguenti risoluzioni, adottate dall'Assemblea stessa nel corso della riunione della Commissione permanente, svoltasi a Parigi il 24 maggio 2019, che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 125, comma 1, del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni permanenti nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
   Risoluzione n. 2282 - Valutazione del partenariato per la democrazia riguardante il Parlamento del Marocco (Doc. XII-bis, n. 126) – alla III Commissione (Affari esteri);
   Risoluzione n. 2283 - Educazione e cultura: nuovi partenariati per riconoscere lo sviluppo personale e le competenze (Doc. XII-bis, n. 127) – alla VII Commissione (Cultura);
   Risoluzione n. 2284 - Rispondere ai bisogni sanitari degli adolescenti in Europa (Doc. XII-bis, n. 128) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   Risoluzione n. 2285 - Per uno sviluppo urbano sostenibile propizio all'inclusione sociale (Doc. XII-bis, n. 129) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e VIII Commissione (Ambiente);
   Risoluzione n. 2286 - Inquinamento atmosferico: una sfida per la salute pubblica in Europa (Doc. XII-bis, n. 130) – alla VIII Commissione (Ambiente).

Richiesta di parere parlamentare su proposta di nomina.

  Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 18 giugno 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del professor Silvio Brusaferro a presidente dell'Istituto superiore di sanità (ISS) (23).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XII Commissione (Affari sociali).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con lettera in data 18 giugno 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente regolamento recante la composizione, il funzionamento e le modalità di nomina e di elezione dei componenti il Consiglio nazionale per l'alta formazione artistica e musicale (89).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 15 luglio 2019. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 5 luglio 2019.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, con lettera in data 21 giugno 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 maggio 2012, n. 85, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di attuazione della direttiva 2012/39/UE che modifica la direttiva 2006/17/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche relative agli esami effettuati su tessuti e cellule umani (90).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XII Commissione (Affari sociali) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 25 luglio 2019. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 10 luglio 2019.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

RELAZIONE DELLE COMMISSIONI III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) E IV (DIFESA) SULLA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN MERITO ALLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA A ULTERIORI MISSIONI INTERNAZIONALI PER L'ANNO 2019, ADOTTATA IL 23 APRILE 2019 (DOC. XXV, N. 2) E SULLA RELAZIONE ANALITICA SULLE MISSIONI INTERNAZIONALI IN CORSO E SULLO STATO DEGLI INTERVENTI DI COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO A SOSTEGNO DEI PROCESSI DI PACE E STABILIZZAZIONE, RIFERITA AL PERIODO 1o OTTOBRE-31 DICEMBRE 2018, ANCHE AL FINE DELLA RELATIVA PROROGA PER IL PERIODO 1o GENNAIO-31 DICEMBRE 2019, DELIBERATA IL 23 APRILE 2019 (DOC. XXVI, N. 2). (DOC. XVI, N. 2)

Risoluzioni

   La Camera,
   udita la relazione la Relazione delle Commissioni III e IV (Doc. XVI, n. 2) sulla Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali da avviare per il periodo dal 1o marzo al 31 dicembre 2019, adottata il 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 2), nonché sulla Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1o gennaio-31 dicembre 2019, deliberata il 23 aprile 2019 (Doc. XXVI, n. 2),
   premesso che:
    la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali assicura centralità e prestigio all'Italia come attore di politica estera impegnato nel promuovere dialogo, pace e sicurezza a livello globale, soprattutto laddove terrorismo, traffico di esseri umani, proliferazione di armi di distruzione di massa, instabilità regionali impongano di coniugare l'esigenza di sicurezza con il rafforzamento delle istituzioni locali e la promozione dello sviluppo;
    a tali sfide la risposta italiana è nelle leve dei dialogo politico-diplomatico» dell'intervento militare sul campo e dell'aiuto allo sviluppo a sostegno delle popolazioni locali. Con i nostri militari, dispiegati lungo un arco di crisi che va dall'Africa Occidentale sino all'Afghanistan, attraverso l'intero Medio Oriente, l'Italia si distingue per capacità d'intervento e di prevenzione, per eccellenza addestrativa e per uno specifico approccio umanitario, teso innanzitutto a salvaguardare e proteggere le vite umane, a sostenere le popolazioni civili e, in particolare, gli individui più esposti alle conseguenze dei conflitti;
    nel permanere di uno scenario internazionale ad elevata instabilità e con un livello crescente di conflitti, le linee di impegno internazionale dell'Italia, si esplicano attraverso la proiezione esterna dello strumento militare e l'azione di aiuto allo sviluppo;
    in tale quadro la partecipazione italiana alla missione NATO in Afghanistan Resolute Support proseguirà anche per il 2019; il contributo italiano sarà progressivamente ridotto di 200 unità entro la fine del mese di luglio 2019, fermo restando il costante monitoraggio degli sviluppi della situazione interna nel Paese; nella prioritaria esigenza di tutela di condizioni di pace e sicurezza innanzitutto nella regione del Mediterraneo, l'azione dell'Italia è mirata alla pacificazione e alla stabilizzazione della Libia e del cosiddetto «Mediterraneo allargato»;
    considerato il ruolo chiave della Tunisia per la stabilità del Mediterraneo, anche ai fini della pacificazione in Libia, e l'interesse dell'Italia al consolidamento del percorso di transizione democratica in atto in tale Paese e tenuto conto che la Deliberazione in titolo inaugura un ulteriore terreno d'impegno nell'area mediterranea, rappresentato dall'avvio di una nuova missione bilaterale italo-tunisina, a conclusione della missione NATO, per la gestione delle attività di controllo del territorio, che risponde alle intese intercorse con Tunisi nell'ambito delle attività di cooperazione bilaterale per la sicurezza;
    considerato il legame esistente tra la sicurezza nel Mediterraneo e la sicurezza dei confini meridionali dell'Unione europea che porterà l'Italia a continuare la sua partecipazione alla missione UE EUNAVFOR MED operazione Sophia, rafforzando la sorveglianza aerea e proseguendo il sostegno alla Guardia costiera e alla Marina libica, alla luce delle più recenti decisioni assunte a livello europeo, ferma restando l'istanza che l'Italia ha avanzato in diverse occasioni e sedi sulla necessità di cambiare l'attuale meccanismo europeo, modificando la regola che individua il nostro Paese come unico porto di sbarco;
    in area mediorientale gli sviluppi recenti della tensione tra Libano e Israele confermano il valore strategico della missione UNIFIL, per la quarta volta a guida italiana, quale elemento cruciale per il mantenimento della pace in una regione crocevia di numerose tensioni;
    l'azione dell'Italia si caratterizza anche per il sostegno alle missioni promosse dalle organizzazioni internazionali e regionali (ONU, NATO, Unione europea) cui il nostro Paese partecipa, in particolare in aree geografiche di primario interesse come il Mediterraneo, la Libia, la Siria e il Sahel e le missioni nei Balcani occidentali sono di rinnovata attualità strategica soprattutto al fine di monitorare le criticità correlate ai flussi migratori che attraversano tale area, non ultima la minaccia terroristica; il ruolo centrale del nostro Paese in questa area è peraltro confermato dal comando, ininterrottamente a guida italiana dal 2013, della missione KFOR in Kosovo, volta ad assistere il processo di sviluppo delle istituzioni, al fine di conseguire la stabilità della regione;
    con riferimento agli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione – per i quali è previsto per il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale uno stanziamento complessivo per l'anno 2019 pari a 296 milioni di euro, con un incremento di 10 milioni rispetto all'anno precedente – gli interventi sono mirati a sostenere l'azione della cooperazione italiana in tre grandi aree geografiche: Africa, Medio Oriente e Asia con obiettivi prioritari come la ricostruzione civile in situazioni di conflitto o post-conflitto, il miglioramento delle opportunità lavorative in loco, la sicurezza alimentare, la prevenzione e il contrasto alla violenza sessuale sulle donne e le bambine, lo sminamento umanitario;
    gli articolati interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza saranno, in particolare, realizzati in Nord Africa, Medio Oriente, Afghanistan, Africa sub-sahariana, Corno d'Africa, America latina e caraibica e, coerentemente con il quadro di generale insicurezza e nella necessità di proteggere il Corpo diplomatico e il complessivo personale civile in servizio, sono previsti interventi che riguardano il rafforzamento delle misure di sicurezza attiva e passiva, anche informatica, delle sedi diplomatico-consolari, specie in quelle che operano in contesti di crisi, anche mediante l'impiego di militari dell'Arma dei Carabinieri,

autorizza la prosecuzione, per il periodo 1o gennaio-31 dicembre 2019 delle missioni internazionali in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione, di cui all'Allegato 1 della Deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2019 (Doc. XXVI n. 2), di seguito riportate:
  Europa:
   Joint Enterprise nei Balcani (scheda n. 1/2019);
   European Union Rule of Law Mission in Kosovo – EULEX Kosovo (schede n. 2/2019 e n. 3/2019);
   United Nations Mission in Kosovo – UNMIK (scheda n. 4/2019);
   EUFOR ALTHEA in Bosnia Erzegovina (scheda n. 5/2019);
   Missione bilaterale di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei Paesi dell'area balcanica (scheda n. 6/2019);
   United Nations Peacekeeping Force in Cyprus – UNFICYP (scheda n. 7/2019);
   NATO Sea Guardian nel Mar Mediterraneo (scheda n. 8/2019);
   EUNAVFOR MED operazione SOPHIA (scheda n. 9/2019);
  Asia:
   NATO Resolute Support Mission in Afghanistan (scheda n. 10/2019);
   United Nations Interim Force in Lebanon – UNIFIL (scheda n. 11/2019);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze armate libanesi (scheda n. 12/2019);
   Temporary International Presence in Hebron – TIPH2 (scheda n. 13/2019), limitatamente al periodo 1o gennaio-31 marzo 2019;
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda n. 14/2019);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah – EUBAM Rafah (scheda n. 15/2019);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories – EUPOL COPPS (scheda n. 16/2019);
   Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda n. 17/2019);
   NATO Mission in Iraq (scheda n. 18/2019);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan – UNMOGIP (scheda n. 19/2019);
   personale militare impiegato negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medio Oriente e Asia (scheda n. 20/2019);
  Africa:
   United Nations Support Mission in Lybia – UNSMIL (scheda n. 21/2019);
   Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (scheda n. 22/2019);
   Missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica (scheda n. 23/2019), impegnando il Governo, tenuto conto degli impegni dell'Italia nei confronti della Guardia costiera libica, a svolgere costanti azioni di monitoraggio, ove sussistano le condizioni, affinché sulle imbarcazioni fornite dall'Italia alla Libia, con particolare riguardo ai modelli delle guardacoste Corrubia sia installata solo la strumentazione utile al controllo e sicurezza nel contrasto all'immigrazione illegale e al traffico di esseri umani nonché alle attività di soccorso in mare in rispetto delle vigenti disposizioni internazionali ed europee in materia di embargo;
   European Union Border Assistance Mission in Libya – EUBAM LIBYA (scheda n. 24/2019);
   MINUSMA in Mali (scheda n. 25/2019);
   European Union Training Mission Mali – EUTM Mali (scheda n. 26/2019);
   EUCAP Sahel Mali (scheda n. 27/2019);
   EUCAP Sahel Niger (scheda n. 28/2019);
   Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (scheda n. 29/2019);
   United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara – MINURSO (scheda n. 30/2019);
   Multinational Force and Observers in Egitto – MFO (scheda n. 31/2019);
   European Union Training Mission Repubblica Centrafricana – EUTM RCA (scheda n. 32/2019);
   UE Atalanta (scheda n. 33/2019);
   European Union Training Mission Somalia – EUTM Somalia (scheda n. 34/2019);
   EUCAP Somalia (scheda n. 35/2019);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda n. 36/2019); Personale impiegato presso la base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti per le esigenze connesse con le missioni internazionali nell'area del Corno d'Africa e zone limitrofe (scheda n. 37/2019);
  Potenziamento di dispositivi nazionali e della Nato:
   «Mare Sicuro»: dispositivo aeronavale nazionale nel Mar Mediterraneo, nel cui ambito è inserita la missione bilaterale in supporto alla Guardia costiera libica (scheda n. 38/2019);
   NATO: dispositivo a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato, «NATO Support to Turkey» (scheda n. 39/2019);
   NATO: dispositivo per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda n. 40/2019);
   NATO: dispositivo per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda n. 41/2019);
   NATO: dispositivo per la presenza in Lettonia (Enhanced Forward Presence) (scheda n. 42/2019);
   NATO Air Policing per la sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza (scheda n. 43/2019);
   esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate (scheda n. 44/2019);
   supporto info-operativo a protezione del personale delle Forze armate (scheda n. 50/2019).
  Interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione:
   iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda n. 45);
   interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione rafforzamento della sicurezza (scheda n. 46);
   partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47);
   contributo a sostegno delle forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda n. 48); Interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49);
  è autorizzata, altresì, per il periodo 1o marzo-31 dicembre 2019 la partecipazione dell'Italia alla seguente missione, di cui alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 2), di seguito riportata:
   Missione bilaterale di cooperazione in Tunisia (scheda n. 37-bis/2019).
(6-00080) «Iovino, Formentini, Giovanni Russo, Ferrari, Cabras, Fantuz, Aresta, Furgiuele, Chiazzese, Marchetti, Corda, Paolini, Del Monaco, Pettazzi, Ermellino, Rixi, Frusone, Toccalini, Galantino, Zicchieri, Gubitosa, Iorio, Rizzo, Roberto Rossini, Traversi, Billi, Cappellani, Caffaratto, Carelli, Coin, Colletti, Comencini, Sabrina De Carlo, Di San Martino Lorenzato di Ivrea, Del Grosso, Grimoldi, Di Stasio, Ribolla, Ehm, Zoffili, Grande, Emiliozzi, Olgiati, Perconti, Romaniello, Siragusa, Suriano».


   Le Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) della Camera dei deputati,
   esaminata la Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2019, adottata il 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 2), e la Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1o gennaio-31 dicembre 2019, deliberata il 23 aprile 2019 (Doc. XXVI, n. 2), adottate ai sensi, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 della legge 21 luglio 2016, n. 145;
   premesso che:
    con l'entrata in vigore della legge 21 luglio 2016, n. 145, recante disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, l'Italia si è dotata di uno strumento normativo che ha innovato il procedimento di deliberazione delle missioni internazionali, pur restando nelle funzioni del Parlamento il fondamentale potere di «autorizzare» nuove missioni internazionali o la loro proroga (articolo 2, comma 2); la legge ha trasferito al Governo, nella fase di programmazione e istruttoria, la scelta delle missioni internazionali da avviare o da prorogare, ma la fase decisionale è rimasta nella disponibilità esclusiva delle Camere che possono negare l'autorizzazione o definire gli impegni in senso difforme da quanto programmato dal Governo (articolo 2, comma 2);
    l'impegno internazionale che l'Italia profonde ricorrendo alla leva delle missioni militari e degli interventi di natura civile negli scenari di crisi costituisce la necessaria risposta a persistenti minacce di carattere transnazionale ed asimmetrico – il terrorismo, la radicalizzazione, l'insicurezza cibernetica, i traffici illeciti – e a fenomeni di instabilità potenzialmente pericolosi per la pace e la sicurezza della regione euromediterranea. Tale impegno si fonda su un approccio onnicomprensivo alle crisi, proprio dell'Unione europea e pienamente condiviso dall'Italia, che correla l'intervento di carattere militare ad iniziative civili tese alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, all'investimento nell'istruzione e nella cultura, alla protezione e attenzione alle donne, ai giovani e alle minoranze; l'impianto della legge n. 145 del 2016 rispecchia in profondo questa impostazione. Tale strumento normativo innovativo di riordino e di razionalizzazione ha fin qui assicurato all'interazione tra Governo e Parlamento, finalizzata alla decisione sulle missioni internazionali, un inedito grado di trasparenza e di profondità, permettendo di contemperare il doveroso carattere democratico della dinamica decisionale su una materia tanto delicata anche sul piano dell'impatto finanziario, alla necessaria celerità del relativo processo decisionale, nel superiore interesse alla tutela della pace, nonché della vita e dell'integrità degli uomini e delle donne impegnati sul terreno nei numerosi teatri operativi;
    la vocazione transatlantica ed europeista della nostra politica estera, ideale nel quale crediamo fortemente, è stata più volte messa in discussione dall'azione del nuovo Governo con attacchi nei confronti e all'interno delle istituzioni europee, dal legame poco trasparente della Lega con la Russia e da episodi gravi e inumani come ad esempio la scellerata chiusura dei porti alle navi delle Ong e alle navi della nostra Marina Militare;
    proprio nella convinzione del legame esistente tra la sicurezza nel Mediterraneo e la sicurezza dei confini meridionali dell'Unione europea nella regione del Mediterraneo, desta preoccupazione, la revisione della missione UE EUNAVFOR MED operazione Sophia, che proseguirà con le sole operazioni di pattugliamento aereo e di addestramento e supporto alla guardia costiera libica. Il comando della Missione, continuerà ad essere affidato all'Italia che, ritirerà, dunque, le navi attualmente in mare;
    sorge il dubbio che, di pari passo al ridimensionamento dell'operazione europea Sophia – voluto dal nostro Esecutivo in sede europea, in attesa di sviluppi sui negoziati delle regole di Dublino, riguardo l'individuazione dei porti europei che possono essere considerati sicuri – vada letto il potenziamento alla missione Mare sicuro, che comporta un aggravio di spesa a livello nazionale, a scapito del depotenziamento di una missione europea e collegiale;
    va ricordato che EUNAVFOR MED ha salvato dal 2015 circa 45 mila vite umane dai pericoli del mare e dei trafficanti di uomini e che l'impegno per la stabilità del Mediterraneo hanno confermato la vocazione multilaterale della politica estera e di difesa dell'Italia, il convinto sostegno al processo di integrazione europea e al legame transatlantico, l'impegno per la difesa dei diritti umani, nei segno di una cifra identitaria mediterranea che guida l'azione internazionale del nostro Paese;
    desta preoccupazione, riguardo la missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica, di cui alla scheda n. 23/2019, il riadattamento all'uso militare, evocato da taluni organi di stampa, delle motovedette cedute dal nostro Paese alle autorità libiche; qualora, difatti, tali notizie fossero fondate e si riferissero in particolare alle due guardacoste Corrubia (navigli dual use), si tratterebbe di un'istanza che comporterebbe evidente violazione della legge n. 185 del 1990 e dell'embargo di armi nei riguardi della Libia;
    ravvisata, dunque, la necessità di in una clausola che permetta il controllo stringenti sul l'utilizzo dei suddetti mezzi da parte della Libia; accogliamo con favore lo sforzo unanime di approvare la Risoluzione del 6 giugno scorso, da parte delle Commissioni Affari Esteri e Difesa della Camera dei deputati, a conclusione dell'esame sulla Deliberazione del Cdm in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2019, laddove, impegna il Governo «in relazione alla missione bilaterale di assistenza alla guardia costiera libica (scheda n. 23/2019), tenuto conto degli impegni dell'Italia nei confronti della guardia costiera libica, a svolgere costanti azioni di monitoraggio, ove sussistano le condizioni, affinché sulle imbarcazioni fornite dall'Italia alla Libia, con particolare riguardo ai modelli delle guardacoste Corrubia, sia installata solo la strumentazione utile al controllo e sicurezza nel contrasto all'immigrazione illegale e al traffico di esseri umani, nonché alle attività di soccorso in mare, in rispetto delle vigenti disposizioni internazionali ed europee in materia di embargo»;
    inoltre, in merito alla Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia, non vi è alcun rimando nel testo al supporto dello sviluppo di istituzioni democratiche o di uno stato di diritto, argomenti, invece, qualora il conflitto interno non degeneri ulteriormente, necessari se si vuole davvero far sì che la Libia esca dalla crisi e recuperi la propria capacità di controllo del territorio. L'assistenza e il supporto alla Libia, in questa fase storica, non possono prescindere anche da attività di capacity building, utili a incrementare la sicurezza e la stabilità internazionali. L'Italia ha assunto un ruolo di primo piano nella gestione della crisi, sviluppando con Tripoli una partnership multisettoriale, proprio perché un altro settore chiave dell'impegno italiano in Libia è quello relativo alla «cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario»;
    proprio in materia di aiuto allo sviluppo, si segnala, la contrarietà alle riduzioni di spesa, rispetto all'anno precedente, di alcune delle azioni in materia di cooperazione allo sviluppo; l'utilizzo improprio dello strumento delle iniziative di cooperazione e stabilizzazione previsto dalla deliberazione sulle missioni per finanziare interventi di cooperazione fuori dalle disposizioni previste dalla legge n. 125 del 2014 in paesi stranieri finora non coinvolti di missioni internazionali a cui partecipa l'Italia; e, ancora una volta il rammarico, per il non rifinanziamento del cosiddetto Fondo Africa – con l'obiettivo di promuovere il controllo del territorio ed il contrasto dei traffici illeciti, a partire da quello di esseri umani –. L'attuale Governo non ha provveduto neanche sinora ad incrementare le risorse per l'Aiuto Pubblico allo Sviluppo, nonostante nei 5 anni della scorsa legislatura, almeno una delle componenti della attuale compagine governativa, abbia sempre sostenuto la necessità dell'impegno per l'Italia a favore della pace anche e soprattutto attraverso la cooperazione allo sviluppo;
   considerando che,
    la partecipazione italiana alla missione NATO in Afghanistan Resolute Support proseguirà anche per il 2019, ma il contributo italiano sarà progressivamente ridotto di 200 unità entro la fine del mese di luglio 2019; si ritiene opportuno precisare se la riduzione del contingente italiano che partecipa alla missione Resolute Support in Afghanistan sia stata concordata o meno in ambito NATO;
    inoltre, va ricordato che in Afghanistan, gli sforzi congiunti del Governo italiano e della Comunità internazionale da un lato e del governo afghano e delle organizzazioni locali della società civile dall'altro hanno portato, in particolare nella provincia di Herat, a progressi sostanziali per le donne e le ragazze afghane con percentuali decisamente più alte rispetto alle altre province del paese, in termini di istruzione, partecipazione politica e ruolo nell'economia; e, negli ultimi anni, l’empowerment delle donne sia ritornato ad essere una questione cruciale per l'Afghanistan, dopo anni di oblio legati ad emergenze politiche, economiche e di sicurezza, e il raggiungimento della parità dei diritti delle donne è stato riconosciuto quale elemento cruciale per la stabilizzazione e lo sviluppo del paese;
    si auspica che il ridimensionamento del contingente italiano non faccia sì che vadano perduti questi importanti risultati, tra gli altri, che l'impegno profuso dall'Italia ha contribuito a realizzare;
    in materia di difesa europea, l'autorizzazione e proroga delle missioni internazionali 2018/2019, prevede la partecipazione del nostro Paese a 6 missioni militari e 10 civili dell'Unione europea;
   considerando che,
    l'articolo 41 del Trattato sull'Unione europea prevede che le spese in ambito PESC, sia amministrative che operative, siano a carico del Bilancio dell'Unione europea ad eccezione di quelle derivanti da operazioni nel settore militare o della difesa – a meno che il Consiglio non decida altrimenti all'unanimità – che sono invece a carico degli Stati membri, secondo un criterio di ripartizione basato sul prodotto nazionale lordo;
    in base a questi criteri le spese operative per le missioni civili rientrano, di diritto, tra quelle a carico del bilancio dell'Unione europea;
    per le missioni dell'Unione europea nel settore militare o della difesa si applica invece la regola per cui i costi sono sostenuti direttamente dagli Stati membri. Per alcuni dei costi relativi ad operazioni militari è stato predisposto fin dal 2004 un meccanismo denominato «meccanismo Athena», concepito per amministrare, sulla base di contributi degli Stati membri in proporzione dei rispettivi PIL nazionali; il finanziamento di una serie di spese definite come comuni;
    di fatto solo una parte molto limitata, delle spese relative alle operazioni militari, stimata tra il 10 ed il 20 per cento a seconda della natura dell'operazione, viene condivisa da parte dell'Unione Europea. Al meccanismo Athena partecipano tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca, che ha un opt-out sulla PSDC. L'Italia contribuisce al meccanismo Athena, secondo un criterio di ripartizione basato sui prodotto nazionale lordo, per il 12,10 per cento;
    attualmente, sono in corso presso il Consiglio dell'UE i lavori per la revisione del meccanismo Athena volta ad ampliare la lista delle spese comuni, per comprendervi, in particolare, il dispiegamento dei Battlegronps dell'UE e sono state depositate proposte per istituire – al di fuori del bilancio dell'Unione europea – un fondo (European Peace Facility) in grado di dotare TUE di mezzi e strumenti adeguati nell'ambito della difesa e della sicurezza. Lo strumento europeo per la pace – finanziato attraverso i contributi degli Stati membri dell'Unione europea, sulla base di un criterio di ripartizione fondato sul reddito nazionale lordo – estenderebbe la portata dei costi comuni per le missioni e operazioni a carattere militare ispirate alla politica di sicurezza e di difesa comune, sostituendo l'attuale meccanismo Athena per i costi comuni delle missioni PSDC. Lo Strumento europeo per la pace dovrebbe disporre di risorse per 10,5 miliardi di euro per il periodo relativo al prossimo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027. La proposta è attualmente all'esame del Consiglio dell'Unione europea;
    si ravvisa la necessità di assumere nelle sedi competenti, ogni iniziativa utile ad ottenere la revisione dei meccanismi del Fondo Athena al fine di prevedere a carico di fondi europei i costi diretti e indiretti delle missioni militari contestualmente e contemporaneamente alla decisione relativa alla missione da intraprendere;
   premesso che,
    la Deliberazione del Consiglio dei ministri è stata trasmessa al Parlamento con un notevole ritardo rispetto ai tempi previsti nella legge quadro sulle missioni internazionali, privando i nostri militari impegnati nei teatri operativi dell'indispensabile copertura politica e finanziaria. E facendo anche venire meno il ruolo del Parlamento che deve autorizzare l'avvio di nuove missioni o la prosecuzione di quelle in corso e non, semplicemente, ratificare decisioni che hanno quasi esaurito i propri effetti. In questa deliberazione, il Parlamento si trova nella situazione grottesca di autorizzare la proroga fino al 31 marzo 2019 della missione a Hebron (scheda 13) a più di due mesi dalla cessazione della stessa missione;
    in area mediorientale gli sviluppi recenti della tensione tra Libano e Israele confermano il valore strategico della missione UNIFIL, per la quarta volta a guida italiana, ma destano enormi preoccupazioni le dichiarazioni rese dal vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini su Hezbollah, destinate ad avere ripercussioni politiche significative per i nostri militari impegnati nella missione UNIFIL, e più in generale, le frequenti esternazioni di componenti dell'Esecutivo si sulle questioni di politica estera di difesa e sicurezza stanno creando non pochi disagi ai nostri militari impegnati nelle missioni e tensioni nella dimensione multilaterale in cui l'Italia è inserita;
    anche alla luce delle numerose dichiarazioni dei membri dell'esecutivo in materia di politica estera e di difesa, erano attese significative novità sulle operazioni di missioni internazionali per il 2019. Suscita, dunque, stupore vedere riproposta la continuazione del dialogo politico nelle organizzazioni internazionali alle quali il nostro Paese aderisce e delle missioni internazionali così come approntate dal precedente Governo e aspramente criticate dal Movimento 5 stelle che votò contro tale provvedimento e la Lega che si astenne; nel merito infatti di alcune di queste missioni in particolare, il giudizio del Movimento 5 stelle fu critico non solo negli interventi dei suoi esponenti in Aula e in Commissione, ma anche nella risoluzione alternativa che gli stessi depositarono;
    propongono all'Assemblea di autorizzare, per il periodo 1o gennaio-31 dicembre 2019, la prosecuzione delle missioni internazionali in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno ai processi di pace e di stabilizzazione, di cui al punto 5 della Relazione analitica Doc, XXVI n. 2, di seguito riportate:

  Europa:
   Joint Enterprise nei Balcani (scheda n. 1/2019);
   European Union Ride of Law Mission in Kosovo – EULEX Kosovo (schede n. 2/2019 e n. 3/2019);
   United Nations Mission in Kosovo – UNMIK (scheda n. 4/2019);
   EUFOR ALTHEA in Bosnia Erzegovina (scheda n. 5/2019);
   Missione bilaterale di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei Paesi dell'area balcanica (scheda n. 6/2019);
   United Nations Peacekeeping Force in Cyprus – UNFICYP (scheda n. 7/2019);
   NATO Sea Guardian nel Mar Mediterraneo (scheda n. 8/2019);
   EUNAVFOR MED operazione SOPHIA (scheda n. 9/2018);

  Asia:
   NATO Resolute Support Mission in Afghanistan (scheda n. 10/2019);
   United Nations Interim Force in Lebanon – UNIFIL (scheda n. 11/2019);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze armate libanesi (scheda n. 12/2019);
   Temporary International Presence in Hebron – TIPH2 (scheda n. 13/2019), limitatamente al periodo 1o gennaio-31 marzo 2019;
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda n. 14/2019);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah – EUBAM Rafah (scheda n. 15/2019);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories – EUPOL COPPS (scheda n. 16/2019);
   Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda n. 17/2019);
   NATO Mission in Iraq (scheda n. 18/2019);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan UNMOGIP (scheda n. 19/2019);
   personale militare impiegato negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medio Oriente e Asia (scheda n. 20/2019);

  Africa:
   United Nations Support Mission in Lybia – UNSMIL (scheda n. 21/2019);
   Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (scheda n. 22/2019);
   Missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica (scheda n. 23/2019);
   European Union Border Assistance Mission in Libya – EUBAM LIBYA (scheda n. 24/2019);
   MINUSMA in Mali (scheda n. 25/2019);
   European Union Training Mission Mali – EUTM Mali (scheda n. 26/2019);
   EUCAP Sahel Mali (scheda n. 27/2019);
   EUCAP Sahel Niger (scheda n. 28/2019);
   Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (scheda n. 29/2019);
   United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara — MINURSO (scheda n. 30/2019);
   Multinational Force and Observers in Egitto – MFO (scheda n. 31/2019);
   European Union Training Mission Repubblica Centrafricana – EUTM RCA (scheda n. 32/2019);
   UE Atalanta (scheda n. 33/2019);
   European Union Training Mission Somalia – EUTM Somalia (scheda n. 34/2019);
   EUCAP Somalia (scheda n. 35/2019);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda n. 36/2019);
   Personale impiegato presso la base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti per le esigenze connesse con le missioni internazionali nell'area del Corno d'Africa e zone limitrofe (scheda n. 37/2019);

  Potenziamento di dispositivi nazionali e della NATO:
   «Mare Sicuro»: dispositivo aeronavale nazionale nel Mar Mediterraneo, nel cui ambito è inserita la missione bilaterale in supporto alla Guardia costiera libica (scheda n. 38/2019);
   NATO: dispositivo a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato, «NATO Support to Turkey» (scheda n. 39/2019);
   NATO: dispositivo per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sudorientale dell'Alleanza (scheda n. 40/2019);
   NATO: dispositivo per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda n. 41/2019);
   NATO: dispositivo per la presenza in Lettonia (Enhanced Forward Presence) (scheda n. 42/2019);
   NATO Air Policing per la sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza (scheda n. 43/2019).
   Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate (scheda n. 44/2019);
   Supporto info-operativo a protezione del personale delle Forze armate (scheda n. 50/2019).

  Interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione
   Iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda n. 45);
   Interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione rafforzamento della sicurezza (scheda n. 46);
   Partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47);
   Contributo a sostegno delle forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda n. 48);
   Interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49);

  propongono, altresì, all'Assemblea di autorizzare per il periodo 1o marzo-31 dicembre 2019 la partecipazione dell'Italia alla seguente missione, di cui alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 1), di seguito riportata:
   Missione bilaterale di cooperazione in Tunisia (scheda n. 37-bis/2019).
(6-00081) «Quartapelle Procopio, Pagani, De Maria, Scalfarotto, Fassino, Minniti, La Marca, De Menech, Losacco, Enrico Borghi, Rosato, Lotti, Carè, Frailis».


   La Camera,
   discussa la relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) all'assemblea sulla Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2019, adottata il 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 2), e la Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1o gennaio-31 dicembre 2019, deliberata il 23 aprile 2019 (Doc. XXVI, n. 2), adottate ai sensi, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 della legge 21 luglio 2016, n. 145;
   richiamati gli approfondimenti istruttori svolti e le comunicazioni del Governo sull'andamento delle missioni internazionali autorizzate per il 2018 e sulla loro proroga per l'anno in corso, nonché sulle missioni da avviare nel 2019, svolte il 31 maggio 2019 nell'ambito dell'esame dei sopra citati provvedimenti davanti alle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica,
   premesso che:
    la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali deve collocarsi pienamente entro il dettato costituzionale, in particolare dell'articolo 11 (L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo), favorisce la centralità e il prestigio dell'Italia come attore di politica estera impegnato nel promuovere dialogo, pace e sicurezza a livello globale, soprattutto laddove terrorismo, traffico di esseri umani, proliferazione di armi di distruzione di massa, instabilità regionali e sostegno allo sviluppo nelle aree di crisi umanitaria, impongano di coniugare l'esigenza di sicurezza con il rafforzamento delle istituzioni locali e la promozione dello sviluppo;
    l'iniziativa italiana si dispiega nell'ambito delle organizzazioni internazionali e si fonda sul ruolo primario del dialogo politico-diplomatico, dell'aiuto allo sviluppo a sostegno delle popolazioni locali e, quando necessario, dell'intervento militare. I nostri militari, dispiegati nelle aree di crisi si distinguono per le capacità d'intervento e di prevenzione, per l'eccellenza addestrativa e per uno specifico approccio umanitario, teso innanzitutto a salvaguardare e proteggere le vite umane, a sostenere le popolazioni civili e, in particolare, gli individui più esposti alle conseguenze dei conflitti;
    nel permanere di uno scenario internazionale ad elevata instabilità e con un livello crescente di conflitti, frutto anche dell'approccio di diversi governi che non riconoscono pienamente il ruolo delle organizzazioni internazionali e perseguono una politica contraria alla risoluzione diplomatica e multipolare delle crisi, le linee di impegno internazionale dell'Italia si esplicano attraverso l'azione di aiuto allo sviluppo e gli interventi di carattere militare che siano coerenti con essa;
    finanziariamente si riscontra un ulteriore e negativo taglio degli interventi per lo sviluppo rispetto a quelli in ambito militare;
    nel complesso l'intervento del Governo si concentra nell'area africana, in Libia e in Niger, nell'azione di controllo delle frontiere. Le attività in Libia si focalizzano nel «rafforzamento delle attività di controllo e contrasto dell'immigrazione illegale» nell'obbiettivo di potenziare la Guardia Costiera libica affinché proceda ad operazione di intercettazione che riportino i migranti in quello che è stato definito un «inferno» da molti osservatori istituzionali e internazionali. Finanziare e supportare il sistema d'intercettazione e di controllo della Guardia Costiera libica rende il nostro Governo compartecipe e corresponsabile delle sistematiche violazioni dei diritti, delle violenze e delle torture subite dai migranti nei centri di detenzione in cui vengono portati una volta a terra. Risulta altrettanto pericolosa la formazione di personale della Guardia Costiera libica che, come emerso nel rapporto del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, vede un alto rischio di infiltrazione e di legami con milizie che gestiscono spesso anche il traffico di esseri umani. Ancora più grave che l'Italia contribuisca a rafforzare il contrasto alla cosiddetta immigrazione illegale di migranti in transito che provengono da Paesi retti da regimi autocratici o dittatoriali e che sono intrappolate per mesi e a volte anni in un Paese, la Libia, che non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati e dove non sono garantiti i diritti umani. Il Governo italiano è passato dal finanziare, con il suo budget destinato alle forze militari, operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, come Mare Nostrum, ad attività di contrasto e di indiretto respingimento verso la Libia;
    la Missione in Niger risulta militarmente e politicamente pericolosa. Il contributo militare dell'Italia si inserisce in modo subordinato in un più ampio intervento che vede il coordinamento della Francia a sostegno delle forze del G5 Sahel con finalità che vedono mischiarsi pericolosamente gli obbiettivi di lotta al terrorismo, di traffico di essere umani e di stabilizzazione della regione;
    in Afghanistan le Forze armate italiane sono oramai presenti nel Paese da più di 17 anni e rappresentano il secondo contingente dopo gli Stati Uniti d'America. Qui la missione Resolute support che avrebbe dovuto avere l'obiettivo di svolgere attività di consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afghane e delle istituzioni governative è tornata ad essere, dopo quattro anni dalla fine della missione combat ISAF-NATO, in prima linea al fronte. L'avanzata dei talebani ha di fatto costretto le truppe straniere a tornare ad assistere le truppe afghane che combattono al fronte insieme alle truppe statunitensi;
    l'Afghanistan è classificato al penultimo posto nel Global Peace Index 2017: in condizioni peggiori a livello mondiale c’è soltanto la Siria, avendo «scavalcato» rispetto all'anno precedente Sud Sudan e Iraq; l'Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che il Paese è secondo solo all'Iraq (su 163 Paesi monitorati), sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del paese (Global Terrorism Index 2017);
    dopo la disfatta in Siria e Iraq, molti analisti ritengono che i militanti dell'Isis si siano spostati in altri Paesi, Afghanistan in testa;
    al di là della situazione drammatica in cui continua ad essere l'Afghanistan (come documentato in un rapporto dell'EASO nel 2015, dopo più di un decennio di guerra si sono registrate la cifra record di 11 mila civili vittime di violenza), sembra cambiata radicalmente anche la strategia statunitense, il progressivo disimpegno in favore del supporto alla ricostruzione della nazione è stato infatti sostituito con un nuovo interventismo militare nello stato, in disprezzo anche del fragile Governo afghano, che seppur non troppo inviso alla maggioranza degli afghani, continua ad essere facile preda per la propaganda dei nazionalisti e dei talebani, poiché privo di legittimità e dipendente dai militari e da soldi stranieri. I colloqui avviati tra gli Stati Uniti e i Talebani, che stanno escludendo il governo afghano e gli altri soggetti internazionali, non stanno portando a nessun risultato ma complicano il processo di pace, in questo quadro l'Italia dovrebbe farsi promotrice di una conferenza internazionale di pace che coinvolga tutti i soggetti interni ed esterni per cercare un percorso condiviso di pace;
    le decisioni della NATO, prese al vertice tenuto a Varsavia nell'estate del 2016, hanno comportato l'adozione di una serie di misure politiche e militari preventive nei confronti della Russia, le più importanti dalla fine della Guerra Fredda. Come previsto dalla Deliberazione l'Italia ha poi dislocato mezzi e uomini in diversi dispositivi di protezione e sorveglianza dell'Alleanza;
    con la presenza della NATO in Lettonia, Estonia, Lituania e Polonia con mezzi e uomini pronti a rispondere a minacce esterne lungo il confine orientale dell'Alleanza, addirittura si è superato l'accordo stipulato con la Russia nel 1997, in cui si stabiliva che l'alleanza atlantica non può mantenere le proprie truppe da combattimento in modo permanente nei Paesi a est della Germania, a meno che le condizioni di sicurezza degli Stati alleati non siano in pericolo;
    evidentemente, i rappresentanti dei Paesi dell'Alleanza atlantica considerano cambiate queste condizioni, e nei fatti programmano delle azioni militari lungo quello che viene chiamato «fronte orientale» e a cui il nostro Paese risponde con una rinnovata presenza in Lettonia;
    la presenza nel territorio della Turchia che, da paese membro della Nato, ha favorito negli scorsi anni il passaggio di migliaia di foreign fighter europei, mentre al tempo stesso conduceva una «guerra sporca» contro le organizzazioni curde in Siria e in Iraq, che hanno contribuito in maniera determinante alla liberazione di Raqqa e di Mosul dalla presenza di Daesh, continuando ad attaccare i cantoni liberati nella Federazione della Siria del Nord dove si è dato vita ad un'esperienza di convivenza pacifica e democratica tra curdi, arabi, assiri, caldei, aramaici, turcomanni, armeni e ceceni e altre minoranze, un'esperienza che dovrebbe essere tutelata dalla comunità internazionale come patrimonio per la ricostruzione dell'intero Paese;
    con riferimento alle proroghe relative agli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, va sottolineato che occorrono maggiori risorse e va modificata la qualità della spesa. Le risorse per la cooperazione devono essere utilizzate unicamente per colpire le cause profonde delle migrazioni (lotta ai governi corrotti, alle carestie, allo sfruttamento delle risorse da parte dei Paesi occidentali che poco o nulla lasciano alle popolazioni dei territori etc.);
  alla luce delle considerazioni che precedono:
   si ritiene che sia necessario un cambiamento profondo, che porti a una discontinuità nella partecipazione alle missioni internazionali, ribadendo il ruolo dell'Italia come attore internazionale nella cooperazione, lo sviluppo e la stabilizzazione della democrazia e della sicurezza, pertanto si autorizzano le seguenti missioni:

  Europa:
   Joint Enterprise nei Balcani (scheda n. 1/2019);
   European Union Rule of Law Mission in Kosovo – EULEX Kosovo (schede n. 2/2019 e n. 3/2019);
   United Nations Mission in Kosovo – UNMIK (scheda n. 4/2019);
   EUFOR ALTHEA in Bosnia Erzegovina (scheda n. 5/2019);
   Missione bilaterale di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei Paesi dell'area balcanica (scheda n. 6/2019);
   United Nations Peacekeeping Force in Cyprus – UNFICYP (scheda n. 7/2019);

  Asia:
   United Nations Interim Force in Lebanon — UNIFIL (scheda n. 11/2019);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze armate libanesi (scheda n. 12/2019); Temporary International Presence in Hebron — TIPH2 (scheda n. 13/2019), limitatamente al periodo 1o gennaio-31 marzo 2019;
   Missione bilaterale di addestramento delle Forze di sicurezza palestinesi (scheda n. 14/2019);
   European Union Border Assistance Mission in Rafah – EUBAM Rafah (scheda n. 15/2019);
   European Union Police Mission for the Palestinian Territories – EUPOL COPPS (scheda n. 16/2019);
   Coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh (scheda n. 17/2019);
   NATO Mission in Iraq (scheda n. 18/2019);
   United Nations Military Observer Group in India and Pakistan – UNMOGIP (scheda n. 19/2019);
   personale militare impiegato negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrain, in Qatar e a Tampa per le esigenze connesse con le missioni internazionali in Medio Oriente e Asia (scheda n. 20/2019);

  Africa:
   United Nations Support Mission in Lybia — UNSMIL (scheda n. 21/2019);
   MINUSMA in Mali (scheda n. 25/2019);
   European Union Training Mission Mali – EUTM Mali (scheda n. 26/2019);
   United Nations Mission for the Referendum in Western Sahara – MINURSO (scheda n. 30/2019);
   Multinational Force and Observers in Egitto – MFO (scheda n. 31/2019);
   European Union Training Mission Repubblica Centrafricana – EUTM RCA (scheda n. 32/2019);
   UE Atalanta (scheda n. 33/2019);
   European Union Training Mission Somalia — EUTM Somalia (scheda n. 34/2019);
   EUCAP Somalia (scheda n. 35/2019);
   Missione bilaterale di addestramento delle forze di polizia somale e gibutiane (scheda n. 36/2019);
   Personale impiegato presso la base militare nazionale nella Repubblica di Gibuti per le esigenze connesse con le missioni internazionali nell'area del Corno d'Africa e zone limitrofe (scheda n. 37/2019);

  Potenziamento di dispositivi nazionali e della Nato:
   NATO Air Policing per la sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza (scheda n. 43/2019);
   Esigenze comuni a più teatri operativi delle Forze armate (scheda n. 44/2019);
   Supporto info-operativo a protezione del personale delle Forze armate (scheda n. 50/2019).

  Interventi di cooperazione allo sviluppo per il sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione:
   Iniziative di cooperazione allo sviluppo e di sminamento umanitario (scheda n. 45);
   Interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione rafforzamento della sicurezza (scheda n. 46);
   Partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per la pace e la sicurezza (scheda n. 47);
   Contributo a sostegno delle forze di sicurezza afghane, comprese le forze di polizia (scheda n. 48);
   Interventi operativi di emergenza e di sicurezza (scheda n. 49);

  non autorizza le missioni di cui alle schede:

  Europa:
   NATO Sea Guardian nel Mar Mediterraneo (scheda n. 8/2019);
   EUNAVFOR MED operazione SOPHIA (scheda il 9/2018);

  Asia:
   NATO Resolute Support Mission in Afghanistan (scheda n. 10/2019);

  Africa:
   Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia (scheda n. 22/2019);
   Missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica (scheda n. 23/2019);
   European Union Border Assistance Mission in Libya – EUBAM LIBYA (scheda n. 24/2019);
   EUCAP Sahel Mali (scheda n. 27/2019);
   EUCAP Sahel Niger (scheda n. 28/2019);
   Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (scheda n. 29/2019);

  Potenziamento di dispositivi nazionali e della Nato:
   «Mare Sicuro»: dispositivo aeronavale nazionale nel Mar Mediterraneo, nei cui ambito è inserita la missione bilaterale in supporto alla Guardia costiera libica (scheda n. 38/2019);
   NATO: dispositivo a difesa dei confini sud-orientali dell'Alleanza denominato, «NATO Support to Turkey» (scheda n. 39/2019);
   NATO: dispositivo per la sorveglianza dello spazio aereo dell'area sud-orientale dell'Alleanza (scheda n. 40/2019);
   NATO: dispositivo per la sorveglianza navale nell'area sud dell'Alleanza (scheda n. 41/2019);
   NATO: dispositivo per la presenza in Lettonia (Enhanced Forward Presence) (scheda n. 42/2019);

  propongono, altresì, all'Assemblea di autorizzare per il periodo 1o marzo-31 dicembre 2019 la partecipazione dell'Italia alla seguente missione, di cui alla Deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 1), di seguito riportata:
   Missione bilaterale di cooperazione in Tunisia (scheda n. 37-bis/2019).
(6-00082) «Fornaro».


   La Camera,
   discussa la relazione delle Commissioni III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa) all'assemblea sulla Deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2019, adottata il 23 aprile 2019 (Doc. XXV, n. 2), e la Relazione analitica sulle missioni internazionali in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, riferita al periodo 1o ottobre-31 dicembre 2018, anche al fine della relativa proroga per il periodo 1o gennaio-31 dicembre 2019, deliberata il 23 aprile 2019 (Doc. XXVI, n. 2), adottate ai sensi, rispettivamente, degli articoli 2 e 3 della legge 21 luglio 2016, n. 145;
   richiamati gli approfondimenti istruttori svolti e le comunicazioni del Governo sull'andamento delle missioni internazionali autorizzate per il 2018 e sulla loro proroga per l'anno in corso, nonché sulle missioni da avviare nel 2019, svolte il 31 maggio 2019 nell'ambito dell'esame dei sopra citati provvedimenti davanti alle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica,
   premesso che:
    in Libia dal 2011 si protrae una condizione di instabilità generata dal conflitto contro Gheddafi e dalla incapacità della comunità internazionale ed in particolare dei Paesi europei di gestire una transizione del paese verso una condizione di pace e stabilità;
    in questi anni la Libia è stata un «non Stato» caratterizzato da una forte conflittualità tra le diverse milizie che continuano ad avere ancora oggi un ruolo determinante nel contesto generale;
    attualmente la situazione è definitivamente degenerata in un vero e proprio conflitto tra diverse fazioni che rende la Libia a tutti gli effetti un Paese in guerra civile;
    le milizie rispondono più che ad un governo o ad un altro a dinamiche tribali e di gestione di potere legati al controllo di porzioni di territorio e di infrastrutture strategiche;
    i recenti scontri tra l'esercito del Presidente Fayez al-Serraj e le milizie del maresciallo Khalifa Haftar hanno peggiorato la situazione di insicurezza del Paese, politicamente frammentato e dilaniato da anni di conflitto civile azzerando ogni possibilità di considerare Libia uno Stato unitario a prescindere dal governo che la comunità internazionale decide di riconoscere;
    le milizie che si stanno affrontando, non riescono a imporsi le une sulle altre ed i combattimenti a Tripoli hanno già provocato centinaia di morti e migliaia di sfollati, tanto che analisti ed esperti parlano apertamente di «nuova guerra civile» e non sembra prospettarsi all'orizzonte una soluzione a breve termine che possa far cessare le violenze;
    secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nei primi mesi della battaglia per il controllo di Tripoli sono state uccise più di 500 persone e 75 mila sono state costrette a lasciare le proprie case. I feriti sono circa 2.500;
    negli ultimi giorni in Libia sono stati bombardati un ospedale e un aeroporto;
    oggi, in Libia, gli sfollati interni che non possono tornare alle proprie case sono circa 193.600, circa 57.600 sono i rifugiati e richiedenti asilo attualmente registrati presso l'Unhcr in Libia;
    a Tripoli sono quasi 94.000 gli sfollati a causa del conflitto in corso dallo scorso 4 aprile mentre l'Organizzazione mondiale della Sanità ha precisato che i combattimenti hanno causato finora 653 morti, tra cui 41 civili e 3.547 feriti, tra cui 126 civili. L'Unhcr stima che oltre il 48 per cento degli sfollati sia composto da bambini con meno di 18 anni;
    l'attuale condizione libica ha contribuito ad aggravare la situazione migratoria in particolare per quanto riguarda le condizioni di permanenza dei migranti e dei rifugiati nei centri di detenzione sommando alla ferocia del trattamento dei migranti ampiamente documentata i rischi oggettivi di uno stato di guerra;
    il 5 giugno 2019 Sam Turner, capo missione di MSF in Libia ha dichiarato: «A differenza della popolazione libica, che può lasciare le case circondate dai combattimenti e trasferirsi nei rifugi collettivi, i migranti rinchiusi nei centri di detenzione non hanno vie di fuga, e nel frattempo le condizioni già precarie in cui vivono peggiorano a causa del conflitto»;
    a questa situazione va ad aggiungersi un peggioramento delle condizioni di sicurezza nel Mediterraneo;
    i dati dell'UNHCR infatti mostrano una situazione attuale non molto diversa rispetto agli anni scorsi, soprattutto rispetto al 2015. Nel solo mese di ottobre di quell'anno sbarcarono sulle coste europee del Mediterraneo più di 220 mila migranti, una cifra di fatto pari agli sbarchi annuali del 2014 e superiore al dato su dodici mesi sia del 2017 sia del 2018. Ma è bene ricordare che quei 220 mila arrivarono praticamente tutti in Grecia, che contò 211 mila sbarchi, mentre in Italia ne arrivarono meno di 9 mila;
    la maggioranza dei migranti si sposta via mare, ma non mancano le persone che superano i confini dell'Europa mediterranea via terra. Anzi, negli ultimi mesi sono aumentati i passaggi dei confini terrestri di Spagna e Grecia;
    Italia, Spagna, Grecia, Malta e Cipro sono i Paesi europei del Mediterraneo primariamente interessati dagli sbarchi e, nel caso di Grecia e Spagna, dai passaggi dei confini terrestri. I dati aggiornati al 29 maggio 2019 parlano di 26.537 migranti totali transitati via mare (20 mila) e via terra (6.500) nel bacino del Mediterraneo dal 1o gennaio 2019. La Grecia è il paese nel quale ne sono arrivati di più (13 mila, di cui 9.200 via mare), seguita dalla Spagna (10 mila, 8.200 via mare) e dall'Italia (1.500 circa);
    il portavoce dell'Unhcr per l'Africa e il Mediterraneo Charlie Yaxley ha però denunciato nei giorni scorsi che nel 2019, una persona ogni tre ha perso la vita nel tentativo di arrivare in Europa lungo la rotta della Libia;
    l'ultimo rapporto dell'Unhcr mostra che, mentre il numero di persone che arrivano in Europa dal Mediterraneo è diminuito, il tasso di mortalità è aumentato bruscamente, in particolare per coloro che tentano la traversata dalla Libia;
    dalle testimonianze raccolte dalle persone che sono transitate attraverso la Libia emerge un quadro drammatico delle condizioni di vita in quel Paese per i migranti e i rifugiati. In particolare destano preoccupazione le condizioni di vita nei centri di detenzione governativi e non, in cui i migranti vengono sottoposti a violenze, torture ed abusi inenarrabili. L'UNHCR ha riferito che in alcune strutture i detenuti hanno un accesso limitato al cibo, ed è stata denunciata anche un'epidemia di tubercolosi. Nel corso dell'anno si sono inoltre registrati diversi decessi nei centri di detenzione ufficiali;
    inoltre, i rifugiati e i migranti intervistati da UNHCR hanno riferito di abusi subiti dai trafficanti durante il passaggio dalla Libia, passaggio che spesso si è tramutato in detenzione a scopo di estorsione attraverso violenze, sfruttamento, torture e lavori forzati, durati anche diversi mesi. Eritrea, Sudan e Nigeria sono i paesi di provenienza più frequenti per chi passa attraverso la Libia per approdare sulle coste europee;
    nei primi mesi del 2018, le autorità libiche hanno intercettato più di 13.600 persone in mare. Anche a causa dell'aumento dell'attività della guardia costiera i centri di detenzione sono sempre più sovraffollati, con un peggioramento diretto nelle condizioni dei rifugiati e dei migranti;
    dall'inizio del 2019, secondo i dati dell'agenzia Onu per i rifugiati sarebbero 2.887 i migranti intercettati in mare e riportati in Libia mentre 2.144 sarebbero le persone arrivate in Italia da inizio anno secondo i dati del Viminale;
    secondo i dati dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati i migranti in detenzione in Libia sarebbero ben 5.500, di cui oltre 3.860 in centri situati nei pressi del conflitto in corso a Tripoli da inizio aprile;
    chi riesce a fuggire non ha altra alternativa che tentare la fuga attraverso il mare verso le coste europee affidandosi alle stesse reti di trafficanti che spesso gestiscono i centri e che li liberano in cambio del pagamento di ingenti somme di denaro;
    secondo l'ultimo rapporto «Viaggi Disperati», pubblicato oggi dall'UNHCR, l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, in media sei persone hanno perso la vita nel Mediterraneo ogni giorno;
    si stima che 2.275 persone sarebbero morte o disperse durante la traversata del Mediterraneo nel 2018, nonostante un calo considerevole del numero di quanti hanno raggiunto le coste europee. In totale, sono arrivati 139.300 rifugiati e migranti in Europa, il numero più basso degli ultimi cinque anni;
    in particolare lungo la rotta dalla Libia all'Europa, la più pericolosa al mondo, una persona ogni 14 arrivate in Europa ha perso la vita in mare, un'impennata vertiginosa rispetto ai livelli del 2017. Secondo l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati ciò è dovuto alla «significativa riduzione della complessiva capacità di ricerca e soccorso». Altre migliaia di persone sono state ricondotte in Libia, dove hanno dovuto affrontare condizioni terribili nei centri di detenzione;
    la Libia ha dichiarato una propria zona di competenza SAR senza che sussistano i requisiti fondamentali previsti dalle convenzioni internazionali a partire dall'esistenza di un POS dove sbarcare le persone soccorse in mare;
    in seguito a questi avvenimenti i Governi europei e in particolare quello italiano hanno di fatto ritirato tutti gli assetti governativi di salvataggio in mare rifiutandosi in più occasioni di intervenire in casi di distress in contrasto con le convenzioni internazionali SOLAS e SAR;
    contestualmente è iniziata da parte dei governi europei e in particolare da parte di quello italiano una politica di cosiddetta «chiusura dei porti» volta ad impedire alle navi delle ONG, che avevano fin qui operato sotto il coordinamento e in supporto agli addetti governativi, di operare nel Mediterraneo Centrale, contribuendo in questo modo a svuotare di assetti navali un tratto di mare dove ogni anno muoiono migliaia di persone per assenza di soccorsi;
    l'Onu, la Commissione Europea, il consiglio d'Europa hanno più volte dichiarato che la Libia non può in nessun caso essere considerato un porto sicuro;
    in una delle 35 raccomandazioni che il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Dunja Mijatovic ha fatto agli Stati membri dell'organizzazione e in particolare a quelli che sono anche membri della Unione europea affinché rispettino il giusto equilibrio tra il diritto di controllare i confini e il dovere di proteggere le vite e i diritti delle persone soccorse nel Mediterraneo, è stata quella di chiedere agli Stati membri dell'Unione europea di sospendere ogni collaborazione con la Libia finché non sarà provato che non siano violati i diritti umani delle persone sbarcate sulle sue coste;
    il 5 aprile 2019 il direttore generale dello OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni), Antonio Vitorino ha dichiarato: «I migranti, compresi uomini, donne e bambini che sono detenuti in condizioni spesso subumane in un rapido deterioramento della situazione di sicurezza sono particolarmente vulnerabili», ha continuato, osservando che «la Libia non è un posto sicuro per rimpatriare i migranti che hanno tentato e fallito per raggiungere l'Europa»;
    la portavoce della Commissione Europea per la migrazione Natasha Bertaud, il 17 luglio 2018 ha affermato: «Nessuna operazione europea e nessuna nave europea effettua sbarchi in Libia, perché non lo consideriamo un Paese sicuro»;
    lo stesso Ministro degli esteri Moavero ha pubblicamente dichiarato che in senso stretto e giuridico la Libia non può essere considerata porto sicuro poiché tale nozione è legata a convenzioni internazionali, che attualmente non sono state tutte sottoscritte dalla Libia;
    pertanto qualsiasi azione volta a riportare le persone salvate in mare in Libia si configura come respingimento verso un luogo non sicuro in violazione delle convenzioni e del diritto internazionale. Va ricordato infatti che l'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione), prevede che «Le espulsioni collettive sono vietate» e «Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti»;
    lo stesso principio di non respingimento è sancito dall'articolo 33 della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, integrato dall'articolo 3 della Convenzione ONU contro la tortura, quindi richiamato dai Regolamenti europei n. 656/2014 e 1624/2016, che impedisce di respingere una persona verso uno Stato dove la sua vita sarebbe in pericolo o dove essa rischi di essere sottoposta a tortura o altro trattamento inumano o degradante. Questo divieto è stato interpretato dalla Corte europea dei diritti umani come applicabile anche ai casi di respingimento in alto mare. È quindi evidente come respingere una nave con persone soccorse verso un territorio dove queste persone potrebbero subire una violazione di diritti fondamentali costituisce un atto illecito;
    il Regolamento di Frontex n. 656/2014 definisce il place of safety come il «... luogo in cui si ritiene che le operazioni di soccorso debbano concludersi e in cui la sicurezza per la vita dei sopravvissuti non è minacciata, dove possono essere soddisfatte le necessità umane di base e possono essere definite le modalità di trasporto dei sopravvissuti verso la destinazione successiva o finale tenendo conto della protezione dei loro diritti fondamentali nel rispetto del principio di non respingimento...»;
    quando le autorità italiane sollecitano la responsabilità SAR «libica», con riferimento alle persone che, trovandosi a bordo di gommoni in acque internazionali, sono state segnalate per prima alle autorità italiane, e dunque ricadono già sotto la giurisdizione italiana, indipendentemente dallo stato di bandiera dei mezzi civili o militari che vengono soccorsi nel soccorso, realizzano tutti gli estremi di una consegna (rendition) di quelle stesse persone alle autorità di un Paese che non garantisce un luogo di sbarco sicuro, che non aderisce alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati, nel quale sono note le collusioni tra autorità statali e trafficanti, e che, non da ultimo si trova in una fase di conflitto armato e di gravi violazione dei diritti umani anche ai danni della popolazione libica;
    la collaborazione con il centro di coordinamento libico (JRCC) contraddice quindi le norme internazionali in materia di diritti umani e diritto dei rifugiati, innanzitutto perché i migranti corrono il pericolo di essere sottoposti a tortura e trattamenti inumani e degradanti in Libia e in secondo luogo, perché le stesse autorità libiche potrebbero respingere i migranti stessi verso i loro Stati di origine, dove potrebbero nuovamente essere sottoposti a tortura, trattamenti inumani e degradanti e persecuzioni, in violazione alle norme sulla tutela dei diritti umani e dei diritti dei rifugiati;
    ricordiamo come nel caso «Hirsi Jamaa» la Corte di Strasburgo abbia affermato che «l'Italia non può liberarsi della sua responsabilità invocando gli obblighi derivanti dagli accordi bilaterali con la Libia. Infatti, anche ammesso che tali accordi prevedessero espressamente il respingimento in Libia dei migranti intercettati in alto mare, gli Stati membri rimangono responsabili anche quando, successivamente all'entrata in vigore della Convenzione e dei suoi Protocolli nei loro confronti, essi abbiano assunto impegni derivanti da Trattati»;
    il nostro Governo, supportando e finanziando il sistema d'intercettazione e di controllo della Guardia Costiera Libica si renderebbe pertanto corresponsabile delle violenze, delle torture e delle sistematiche violazioni dei diritti che i migranti subiscono durante la loro permanenza nei centri di detenzione, in cui vengono rimandati una volta intercettati e ricondotti in Libia;
    come emerso nel rapporto del Consiglio di Sicurezza dell'ONU vi è inoltre un alto rischio di infiltrazione e di legami tra il personale della Guardia Costiera Libica e le milizie che spesso gestiscono anche il traffico di esseri umani;
    l'Italia non può quindi contribuire a contrastare la cosiddetta immigrazione illegale di migranti in transito contribuendo a respingerli verso Paesi in stato di guerra come la Libia, che non ha mai neanche ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati;
    oltre al citato rapporto delle Nazioni Unite, diversi report di organizzazioni non governative e molte inchieste giornalistiche dimostrano come siano spesso le stesse milizie ed in particolare quelle delle città costiere a gestire sia i traffici di esseri umani che le attività della Guardia Costiera;
    in una recente inchiesta giornalistica il giornale Avvenire da ultimo racconta del ruolo di Abdurahman al-Milad, detto al-Bija capo delle milizie di Zawya e allo stesso tempo della guardia Costiera della stessa città che è uno dei principali punti di partenza per le coste europee;
    in uno stralcio di uno dei documenti a disposizione della Procura presso la corte penale internazionale in Olanda riportato da Avvenire.it si legge che: «Le sue forze erano state destinatarie di una delle navi che l'Italia ha fornito alla Lybian Coast Guard», alcuni uomini della sua milizia «avrebbero beneficiato del Programma UE di addestramento»;
    pertanto la cooperazione italiana con il governo libico e in particolare attraverso la Missione di supporto alla Guardia Costiera libica per quanto riguarda l'addestramento e il coordinamento delle operazioni di salvataggio da parte di quella autorità rappresenterebbe una partecipazione diretta dell'Italia ad azioni di respingimento in violazione di tutte le convezioni internazionali a tutela dei diritti umani;
    alla luce di quanto fin qui esposto appare evidente l'urgenza di sospendere tutti gli accordi con la Libia in materia di controllo dei flussi migratori;
    il Governo ha invece nella recente deliberazione del Consiglio dei ministri deciso non solo di mantenere il proprio sostegno, ma di prorogare la Missione di supporto alla Guardia Costiera Libica incrementando il finanziamento da 1.605.544 euro a 6.923.570 euro;
    alla luce delle considerazioni che precedono, non autorizza la seguente missione:
     Missione bilaterale di assistenza alla Guardia costiera libica (scheda n. 23/2019).
(6-00083) «Palazzotto, Boldrini, Orfini, Magi, Benedetti, Bruno Bossio, Fratoianni, Migliore, Muroni, Pastorino, Pini, Raciti, Rizzo Nervo, Speranza».


DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 14 GIUGNO 2019, N. 53, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI ORDINE E SICUREZZA PUBBLICA (A.C. 1913)

A.C. 1913 – Questione pregiudiziale

QUESTIONE PREGIUDIZIALE

  La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame si inserisce nell'alveo dei provvedimenti adottati dall'attuale Governo che declinano la materia «ordine e sicurezza pubblica» principalmente nel contrasto e repressione dell'immigrazione irregolare;
    i proclamati requisiti di necessità e urgenza, alla base dei quali viene giustificata l'emanazione del decreto-legge, riguarderebbero – si legge nella relazione – «il rischio che si possano riaccendere ipotesi di nuove ondate migratorie in considerazione degli scenari geopolitici internazionali» e «dell'approssimarsi della stagione estiva che, da sempre, ha fatto registrare il picco massimo di partenze di imbarcazioni cariche di migranti (in cui, peraltro, con maggiore facilità, possono celarsi anche cellule terroristiche)»;
    è quindi la relazione stessa del decreto che ammette, implicitamente, che non esiste alcuna emergenza «sbarchi» che giustifichi la necessità dell'adozione dell'atto normativo di urgenza; l'emergenza era finita già nei primi cinque mesi del 2018 con una diminuzione degli sbarchi del 78 per cento per cento rispetto a quelli del 2017 e con un più accentuato calo degli arrivi dalla Libia: -84 per cento rispetto al 2017. Questo era ed è il bilancio dell'attività sul fronte dell'immigrazione del Governo Gentiloni: risultati raggiunti, senza la chiusura dei porti, salvando vite umane attraverso la collaborazione del Governo con le organizzazioni non governative;
    a fronte del drastico calo degli sbarchi nel Mediterraneo sono invece in forte aumento gli ingressi nel nostro territorio dei cosiddetti «Dublinanti», cioè coloro che vengono espulsi dai paesi europei dove vivono verso gli Stati attraverso i quali sono entrati nell'Unione per effetto del Regolamento di Dublino che individua nello Stato di primo ingresso il responsabile dell'esame della domanda di protezione internazionale;
    parrebbe addirittura che vi sia stato il sorpasso del numero dei migranti richiedenti protezione internazionale provenienti da Paesi dell'Unione europea su quelli provenienti via mare;
    ed è su questa emergenza sbarchi «in ipotesi» che si basano i primi due articoli del decreto: il primo conferisce al Ministro dell'Interno il potere di vietare o limitare l'ingresso, il transito o la permanenza nelle acque territoriali di navi (escluse quelle militari o in servizio governativo non commerciale), laddove ricorrano due ordini di presupposti alternativi: i) «motivi di ordine e sicurezza pubblica»; ii) concretizzazione delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 2, lettera g) della Convenzione di Montego Bay, norma che a sua volta individua, quale ipotesi di passaggio non inoffensivo (o «pregiudizievole») di nave straniera nelle acque territoriali, il caso in cui tale nave effettui «il carico o lo scarico di [...] persone in violazione delle leggi di immigrazione»; il secondo articolo prevede una serie di pesanti sanzioni amministrative a carico del comandante ed eventualmente l'armatore ed il proprietario della nave che violi limiti e divieti imposti dal Ministro dell'Interno;
    si assiste quindi ad uno «strappo» formale di competenze che, dal Ministero delle Infrastrutture e trasporti, passa al Ministro dell'Interno considerato che vengono messi «a norma» i contenuti delle controverse e criticate direttive recentemente emanate dal Ministro dell'Interno nell'ambito della c.d. politica dei «porti chiusi»;
    tale politica, se così si può chiamare, è stata infatti oggetto di severe critiche da parte dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani che ha evidenziato la sua radicale incompatibilità con gli obblighi derivanti dalle Convenzioni sul diritto internazionale del mare (UNCLOS, SOLAS e SAR), nonché con il principio del non-refoulement. La progressiva inibizione delle attività di soccorso prestate dalle ONG e da altre navi private nel Mediterraneo centrale, infatti, comporta gravissimi rischi per i diritti fondamentali dei migranti, destinati in misura statisticamente sempre maggiore a perdere la vita in un naufragio;
    è evidente, però, che gli stessi profili di illegittimità ravvisati nelle citate direttive potranno viziare i provvedimenti adottati del Ministro dell'Interno ai sensi del novellato articolo 11-ter del Testo unico sull'immigrazione e che l'esistenza di una cornice giuridica di rango primario non cambia, evidentemente, il sistema delle fonti sovranazionali (ratificate dall'Italia) all'interno del quale tali provvedimenti si inseriscono. Anzi, paradossalmente, la presenza nell'articolo 1 del decreto di un espresso riferimento al necessario «rispetto degli obblighi internazionali», nell'adozione dei provvedimenti da parte del Ministro dell'Interno, renderà più agevole il sindacato per violazione di legge, con eventuale annullamento o disapplicazione in sede giurisdizionale;
    vale la pena ricordare quali siano queste norme di diritto internazionale cui l'Italia ha aderito: la Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare del 1974, cosiddetta Convenzione SOLAS, che obbliga il comandante di una nave che si trovi nella posizione di essere in grado di prestare assistenza, avendo ricevuto informazione da qualsiasi fonte circa la presenza di persone in pericolo in mare, a procedere con tutta rapidità alla loro assistenza, se è possibile informando gli interessati o il servizio di ricerca e soccorso del fatto che la nave sta effettuando tale operazione;
    la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 (Montego Bay) o UNCLOS, dispone che ogni Stato esiga che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l'equipaggio e i passeggeri, presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita e proceda quanto più velocemente possibile al soccorso delle persone in pericolo qualora sia a conoscenza del loro bisogno di assistenza;
    le stesse Convenzioni SOLAS e SAR (Search and Rescue) – come modificate dagli emendamenti adottati dall'Organizzazione marittima mondiale (IMO – International Maritime Organization) nel maggio 2004 ed entrati in vigore il 1o luglio 2006 – impongono agli Stati competenti per la regione SAR di cooperare nelle operazioni di soccorso e di prendersi in carico i naufraghi individuando e fornendo al più presto, la disponibilità di un luogo di sicurezza (Place of Safety – POS) inteso come luogo in cui le operazioni di soccorso si intendono concluse e la sicurezza dei sopravvissuti garantita;
    le Linee-guida sul trattamento delle persone soccorse in mare, adottate nel 2004 dal Comitato marittimo per la sicurezza dell'IMO ai fini della corretta attuazione agli emendamenti in questione precisano, tra le altre cose, che lo Stato cui appartiene il centro di coordinamento del soccorso marittimo (MRCC-Maritime Rescue Coordination Centre) che per primo abbia ricevuto la notizia dell'evento o che comunque abbia assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso, ha l'obbligo di individuare sul proprio territorio un luogo sicuro ove sbarcare le persone soccorse, qualora non vi sia la possibilità di raggiungere un accordo con uno Stato il cui territorio fosse eventualmente più prossimo alla zona dell'evento. Ciò indipendentemente da qualsiasi considerazione in merito al loro status;
    ciò significa che le tutte le questioni che non riguardino le operazioni di Search and Rescue in senso stretto, quali quelle relative allo status giuridico delle persone soccorse, alla presenza o meno dei prescritti requisiti per il loro ingresso legittimo nel territorio dello Stato costiero interessato o per acquisire il diritto alla protezione internazionale, devono essere affrontate e risolte solo a seguito dello sbarco nel luogo sicuro di sbarco (POS) e non devono comunque causare indebiti ritardi allo sbarco delle persone soccorse od alla liberazione della nave soccorritrice dall'onere assunto;
    a corredo dei poteri che il Ministro dell'Interno si è autoattribuito – e che a parere dei sottoscrittori- violano le norme di diritto internazionale – l'articolo 2 del decreto sicurezza-bis inasprisce la lotta contro chi risponde all'obbligo di soccorso, salvando vite umane, con pesanti sanzioni amministrative per comportamenti coerenti con l'ordinamento giuridico e con i principi costituzionali, ma che agli occhi del Ministro mettono in pericolo l'ordine pubblico;
    si rileva che questa stretta contro coloro che salvano vite umane in mare segue il ridimensionamento – voluto dall'attuale Esecutivo in sede europea – della missione europea EUNAVFOR MED operazione Sophia, che mantiene il solo pattugliamento aereo del Mediterraneo, eliminando la presenza di navi in mare;
    si ricorda che EUNAVFOR MED ha salvato dal 2015 circa 45 mila vite umane dai pericoli del mare e dei trafficanti di uomini;
    il problema del porto di approdo deriva dal cosiddetto Regolamento di Dublino che individua nello Stato di primo ingresso il responsabile dell'esame della domanda di protezione internazionale. Queste regole, che costituiscono il vero nodo politico della questione, furono sottoscritte dal Governo Berlusconi e dall'allora Ministro dell'Interno leghista Roberto Maroni;
    la novità più importante sul tema è stato il voto da parte del Parlamento europeo di una proposta di modifica del regolamento di Dublino che per la prima volta mette in discussione la regola del Paese di primo ingresso, sostituendola con un meccanismo permanente e automatico di ricollocazione;
    su un testo così importante, che rappresenta un primo passaggio verso la modifica del sistema di asilo europeo e introduce forti cambiamenti per l'Italia, la Lega si è astenuta e tutti i deputati del Movimento 5 Stelle hanno votato, in maniera compatta, contro il testo;
    inoltre, il comportamento del Ministro dell'interno attuale, assente alla maggior parte delle riunioni dei ministri dell'Interno dell'Unione europea a Bruxelles per discutere, tra l'altro, di sicurezza e migranti, implica un isolamento del nostro Paese a livello europeo su questi temi;
    il risultato di questa politica di propaganda dei «porti-chiusi» e della «tolleranza zero» verso le ONG rischia seriamente di provocare l'aumento del tasso di mortalità nel Mediterraneo quale diretta conseguenza dell'assenza di un dispositivo strutturato di ricerca e salvataggio,

delibera

di non procedere all'esame del disegno di legge n. 1913.

N. 1. Bazoli, Migliore, Annibali, Bordo, Ceccanti, Marco Di Maio, Fiano, Ferri, Giorgis, Martina, Miceli, Morani, Orfini, Pollastrini, Vazio, Verini.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO RAFFORZATO DI PARTENARIATO E DI COOPERAZIONE TRA L'UNIONE EUROPEA E I SUOI STATI MEMBRI, DA UNA PARTE, E LA REPUBBLICA DEL KAZAKHSTAN, DALL'ALTRA, CON ALLEGATI, FATTO AD ASTANA IL 21 DICEMBRE 2015, E PROTOCOLLO SULL'ASSISTENZA AMMINISTRATIVA RECIPROCA NEL SETTORE DOGANALE (A.C. 1648-A)

A.C. 1648-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

A.C. 1648-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo rafforzato di partenariato e di cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica del Kazakhstan, dall'altra, con allegati, fatto ad Astana il 21 dicembre 2015, e Protocollo sull'assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale.

A.C. 1648-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione)

  1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 281 dell'Accordo stesso.

A.C. 1648-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Copertura finanziaria)

  1. All'onere derivante dall'articolo 7, paragrafi 3 e 4, e dall'articolo 11 del Protocollo allegato all'Accordo di cui all'articolo 1 della presente legge, valutato in euro 15.280 annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2019-2021, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2019, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 1648-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 4.
(Entrata in vigore)

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DEL PROTOCOLLO AL TRATTATO DEL NORD ATLANTICO SULL'ADESIONE DELLA REPUBBLICA DI MACEDONIA DEL NORD, FATTO A BRUXELLES IL 6 FEBBRAIO 2019 (A.C. 1660)

A.C. 1660 – Articolo 1
ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica)

  1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione della Repubblica di Macedonia del Nord, fatto a Bruxelles il 6 febbraio 2019.

A.C. 1660 – Articolo 2
ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione)

  1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo II del Protocollo stesso.

A.C. 1660 – Articolo 3
ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Entrata in vigore)

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

PROPOSTA DI LEGGE: GOLINELLI ED ALTRI: ISTITUZIONE DELLA GIORNATA NAZIONALE DELLA MEMORIA E DEL SACRIFICIO ALPINO (A.C. 622-A)

A.C. 622-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.

A.C. 622-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

  Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

A.C. 622-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI

Art. 1.

  1. La Repubblica riconosce il giorno 26 gennaio di ciascun anno quale Giornata nazionale della memoria e del sacrificio alpino, al fine di conservare la memoria dell'eroismo dimostrato dal Corpo d'armata alpino nella battaglia di Nikolajewka durante la seconda guerra mondiale, nonché di promuovere i valori che incarnano gli alpini nella difesa della sovranità e dell'interesse nazionale e nell'etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 1.

  Al comma 1, sostituire le parole: 26 gennaio di ciascun anno con le seguenti: 15 ottobre, data di istituzione del corpo nel 1872,

  Conseguentemente, al medesimo comma, sostituire le parole da: dell'eroismo fino a:, nonché con la seguente: e.
1. 10. Palazzotto.

  Al comma 1, sostituire la parola: alpino con le seguenti: degli Alpini.

  Conseguentemente:
   dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. Le iniziative di cui all'articolo 2 per la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini si svolgono, di norma, l'ultima domenica del mese di gennaio.
   al titolo, sostituire la parola: alpino con le seguenti: degli Alpini.
1. 100. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 622-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 2.

  1. Per celebrare la Giornata di cui all'articolo 1, in ciascuna provincia o ente territoriale di livello equivalente, secondo quanto previsto dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, o dagli specifici ordinamenti degli enti locali delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, gli organi competenti possono promuovere e organizzare cerimonie, eventi, incontri, conferenze storiche e mostre fotografiche, nonché testimonianze sull'importanza della difesa della sovranità nazionale, delle identità culturali e storiche, della tradizione e dei valori etici di solidarietà e di partecipazione civile che incarna il Corpo degli alpini.
  2. Gli organi competenti di cui al comma 1 prevedono, ove possibile, il coinvolgimento dell'Associazione nazionale alpini nella promozione delle iniziative indicate al medesimo comma.

A.C. 622-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI

Art. 3.

  1. La Giornata di cui all'articolo 1 della presente legge non è considerata solennità civile ai sensi dell'articolo 3 della legge 27 maggio 1949, n. 260.

A.C. 622-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 4.

  1. In considerazione dell'alto valore educativo, sociale e culturale della Giornata di cui all'articolo 1, gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, nell'ambito della loro autonomia, possono promuovere iniziative per la celebrazione della Giornata medesima.

A.C. 622-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEI PROPONENTI

Art. 5.

  1. All'attuazione delle disposizioni della presente legge le amministrazioni interessate provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

MOZIONI SPENA ED ALTRI N. 1-00191, ASCARI, BISA ED ALTRI N. 1-00196, SIANI ED ALTRI N. 1-00197, EMANUELA ROSSINI ED ALTRI N. 1-00205, ROSTAN E FORNARO N. 1-00207 E BELLUCCI ED ALTRI N. 1-00208 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A PREVENIRE E CONTRASTARE LA VIOLENZA SUI MINORI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    la violenza nei confronti dei minori, in tutte le sue forme, rappresenta una chiara violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione che sanciscono il riconoscimento dei diritti inviolabili dell'uomo e dell'uguaglianza, nonché parità di dignità sociale di tutti i cittadini innanzi alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizione personale e sociale;
    la violenza sui minori è, infatti, costituita da tutte quelle forme di maltrattamento fisico, psicologico, sessuale nonché di abbandono e solitudine che ha come conseguenza un danno reale o potenziale per la salute stessa dei bambini, fino ad arrivare a gravi attentati all'integrità fisica;
    come si evince dai recenti episodi di cronaca, la violenza nei confronti dei minori di età, all'interno delle mura domestiche, sta assumendo sempre di più i tratti di una grave ed inarrestabile emergenza;
    la famiglia, che dovrebbe garantire la tutela e la crescita personale del minore, in diversi casi diviene il luogo in cui si consumano gravi episodi di violenza fisica e psicologica, che vengono messi in atto dalle persone che dovrebbero salvaguardare il minore, ovvero dai familiari e, in numerosi casi, dagli stessi genitori;
    quanto accaduto negli ultimi mesi mostra tutta la gravità della situazione: il 22 giugno 2019, nel salernitano, una bambina di otto mesi è arrivata in ospedale priva di vita riportando sul corpo lividi, ecchimosi ed escoriazioni; a Novara un bambino di appena 20 mesi è stato massacrato di botte e ucciso a causa delle violente percosse; a Piacenza, un bimbo di due anni ha perso la vita dopo che suo padre lo ha dimenticato in auto per otto ore sotto il sole, mentre era al lavoro; a Taranto, una bambina di 6 anni è stata lanciata dal balcone dal padre; in provincia di Roma (Genzano) una bimba di 22 mesi è stata picchiata dal suo patrigno, perché piangeva; a Padova un bimbo di 5 anni è stato narcotizzato dalla mamma per ucciderlo; in provincia di Frosinone una donna ha strangolato il figlio perché faceva i capricci; a Milano un piccolo di 2 anni è stato ucciso dal padre dopo avergli bruciato le piante dei piedi; in provincia di Napoli (Cardito), il piccolo Giuseppe di soli sette anni è stato trovato morto adagiato sul divano mentre la sorellina di otto anni è stata trasportata all'ospedale in gravissime condizioni, in quanto entrambi erano stati picchiati dal compagno della madre;
    in particolare, quest'ultimo caso dimostra l'inefficienza delle normative attualmente vigenti, poiché dalle intercettazioni risulta che le maestre erano pienamente a conoscenza della drammatica condizione dei due piccoli che più volte si erano presentati a scuola con tumefazioni e lividi. Le maestre, data la loro particolare qualifica, avevano un obbligo di segnalare l'accaduto, se non l'hanno fatto risponderanno di questo, subendo le sanzioni previste dalle normative vigenti;
    molto spesso, intorno ai minori vittime di violenza, si creano delle vere e proprie barriere di omertà in cui i parenti, i vicini, i compagni di classe, pur essendo a conoscenza degli episodi di violenza, maltrattamenti e abusi, decidono di non denunciare l'accaduto alle autorità competenti;
    sul punto, è da evidenziare, come in Italia, non esista un obbligo di denuncia, che risulterebbe invece fondamentale nel verificarsi di fatti di una gravità elevata come quelli summentovati;
    purtroppo, i fatti di cronaca, come quelli appena riportati, sono da considerarsi quale punta di un iceberg di un fenomeno molto più ampio, in gran parte sommerso e purtroppo sottovalutato sotto il profilo psicologico, sociologico e anche statistico, soprattutto perché la violenza domestica sui bambini è un'emergenza da troppo tempo trascurata nel nostro Paese;
    se in Italia il tema della violenza sui minori è ancora oggi poco presente nel dibattito pubblico, trattandosi di un fenomeno che viene spesso socialmente occultato, nel resto d'Europa e soprattutto nei Paesi nordeuropei è stato già affrontato da tempo attraverso l'istituzione di strumenti di protezione adeguati;
    ed in effetti, la realtà nazionale pone dinnanzi alla mancanza di un sistema nazionale di monitoraggio e raccolta di dati sulla violenza ai danni di minori, come espressamente richiesto dalle raccomandazioni del Comitato dell'Onu (Raccomandazione Onu nello studio sulla violenza contro i bambini A/61/299; CRC/C/ITA/CO/3-4/punto 44). La priorità è di fornire una fotografia aggiornata del fenomeno per poterlo comprendere e analizzare in modo da predisporre delle risposte ad hoc;
    i dati, seppur parziali, si possono ricavare dall'ultima indagine condotta nel 2015 dall'Autorità garante per l'infanzia, dal Cismai e da Terre des Hommes che fotografano una situazione allarmante. Quattro bambini e adolescenti su 1000 sono in carico ai servizi sociali, per un totale di 457.453 bambini. L'indagine rileva che oltre la metà dei bambini maltrattati subisce una grave forma di trascuratezza e la violenza assistita costituisce la seconda forma di violenza più diffusa: circa un bambino su 5 tra quelli maltrattati è testimone di violenza domestica intrafamiliare;
    purtroppo, ancora oggi, molti episodi di violenza non vengono denunciati, poiché le giovani vittime, soprattutto adolescenti, provano sentimenti di vergogna e paura che spesso determinano l'attivazione di stigma e stereotipi negativi nei loro confronti, con conseguenze difficili da controllare e i bambini, specialmente neonati, in considerazione della tenera età non possono chiedere aiuto con la loro voce;
    a ciò si aggiunge che molto spesso le giovani vittime trovano difficoltà di interlocuzione con il personale impiegato nelle scuole e nelle strutture di pubblica sicurezza, non sempre specificatamente formato per affrontare fattispecie così complesse dove è necessaria una formazione specifica, sia prima del verificarsi della fenomenologia violenta, sia dopo, a violenza avvenuta, quando è fondamentale l'intervento di personale altamente qualificato;
    il fenomeno complesso della violenza sui minori comprende anche la cosiddetta violenza assistita intrafamiliare da considerarsi, a tutti gli effetti, una forma di maltrattamento, poiché obbliga il minore, suo malgrado, ad assistere ad atti di aggressività, abuso e violenza (fisica, verbale, psicologica, sessuale e/o economica) rivolti ad altri membri della famiglia, adulti o minori, segnando la propria esistenza in modo indelebile con effetti a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale;
    in passato sono state poste in essere diverse iniziative positive e meritorie nella direzione del rafforzamento delle misure di tutela contro le violenze perpetrate a danno dei minori; non ci si può esimere a tal riguardo dal dare atto che durante il Governo Berlusconi IV, con la legge 4 maggio 2009, n. 41, la Repubblica italiana ha riconosciuto il 5 maggio come Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia, quale momento di riflessione per la lotta contro gli abusi sui minori;
    in questa occasione possono essere organizzate iniziative volte a richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla lotta contro la violenza sui minori, per abbattere il muro di silenzio che troppo spesso si forma intorno a questo fenomeno di assoluta gravità, con l'obiettivo di sensibilizzare, far conoscere nonché educare;
    per assicurare a livello nazionale la piena attuazione e la tutela dei diritti dei bambini e degli adolescenti della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, la legge 12 luglio 2011, n. 112, ha istituito l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza a cui è affidato il compito di garantire la piena applicazione della normativa europea e nazionale vigente in materia di promozione della tutela dell'infanzia e dell'adolescenza;
    dall'avvio della XVIII legislatura, i lavori condotti dall'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dall'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dall'Osservatorio nazionale sulla famiglia non sono stati ancora riattivati, generando, in questo modo, un evidente vulnus in merito ad attività di fondamentale importanza per la programmazione e il monitoraggio degli interventi necessari a contrastare la violenza nei confronti delle persone minori di età, nonché azioni cardine per la creazione di risposte tarate, quanto più, su bisogni ed esigenze specifiche;
    la legge n. 328 del 2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali indica i principi fondamentali della materia, le funzioni rimesse allo Stato, alle regioni e agli enti locali, le fonti di finanziamento del sistema e, all'articolo 18, istituisce il piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali quale strumento di programmazione per individuare i principi e gli obiettivi della politica sociale;
    nei casi in cui vi sia un sospetto di violenza, abuso o maltrattamento sui minori, i servizi sociali svolgono un'attività preziosa, soprattutto al fine di raccogliere informazioni e/o elementi di valutazione utili per prevenire, in particolar modo nelle famiglie già prese in carico, situazioni critiche che possano sfociare in eventi drammatici e irreparabili;
    la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza svolge un ruolo fondamentale per la concreta attuazione dei diritti di bambini e adolescenti e, in particolar modo nella XVIII legislatura, sta promuovendo attività concrete nonché opportune sinergie, al fine di poter proporre al legislatore misure idonee per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza;
    i numerosi fatti di cronaca che vedono protagonisti neonati, bambini e adolescenti vittime di maltrattamento, abusi sessuali e violenze, talvolta sino alla morte, da parte di persone in ambito familiare ed extra-familiare, dimostrano come allo stato attuale il sistema di protezione non è in grado né di proteggere chi non ha i mezzi per potersi difendere, né di abbattere il muro di silenzio che talvolta circonda le situazioni di violenza e che coinvolge perlopiù i vicini di casa e il personale scolastico e sociosanitario;
    è opportuno che il legislatore prenda in seria considerazione il fatto che l'abuso sui minori esiste nella misura in cui la società in cui si perpetra lo rende possibile, dimostrandosi incapace di riconoscere in un atto tanto meschino e spregevole un segnale evidente di profonda violenza,

impegna il Governo:

1) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione a livello nazionale in merito alla violenza sui minori e campagne specifiche tra il personale scolastico e socio-sanitario finalizzate a promuovere la cultura della prevenzione contro ogni forma di violenza, maltrattamento e abuso nei confronti dei minori;

2) a ridefinire le priorità dell'agenda programmatica, affinché venga adottata ogni misura ritenuta opportuna e necessaria al fine di prevenire e contrastare il dilagante fenomeno della violenza entro le mura domestiche, predisponendo concrete iniziative normative ed amministrative che possano, da subito, far fronte ad ogni forma di violenza intramurale che si concreti nella violenza sessuale, in abusi fisici e psicologici, nel maltrattamento e nello sfruttamento, sino alla morte;

3) ad adottare iniziative per istituire un sistema nazionale di monitoraggio e raccolta di dati sulla violenza ai danni delle persone di minore età, come espressamente richiesto dalle raccomandazioni del Comitato Onu sui diritti dell'infanzia, al fine di fornire una descrizione particolareggiata e costantemente aggiornata del fenomeno, necessaria per la programmazione di azioni preventive e di contrasto;

4) ad assumere le opportune iniziative di competenza volte a prevedere lo stanziamento di risorse adeguate per regioni ed enti locali al fine di potenziare la rete territoriale dei servizi sociali, in modo da favorire una maggiore protezione dei bambini maltrattati e di prevenzione in tale ambito;

5) a potenziare gli strumenti investigativi in dotazione alle forze dell'ordine, al fine di contrastare il crescente fenomeno della violenza e dell'abuso sessuale nei confronti dei minori;

6) ad assumere le opportune iniziative volte ad istituire un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto della violenza sui minori, con la finalità di analizzare le reali dimensioni e cause del fenomeno, di accertare il livello di attenzione e la capacità di intervento delle autorità e dei soggetti competenti a svolgere attività di prevenzione e assistenza, nonché di promuovere la ricerca nel settore delle metodologie di intervento;

7) ad adottare iniziative per rivedere le attuali normative poste a tutela del minore, intervenendo concretamente per colmare le gravi lacune evidenziate dagli ultimi, drammatici, fatti di cronaca, che dimostrano la necessità di adeguare l'attuale sistema normativo di natura penale, civile e di assistenza sociale al dilagante fenomeno della violenza;

8) ad adottare iniziative per rendere effettiva la comunicazione tra tutti gli organismi che si trovano quotidianamente a trattare con l'educazione e la formazione dei minori, in particolare tra le scuole di ogni ordine e grado, i servizi sociali e le forze dell'ordine, al fine di captare i primi segnali di abusi e violenze e attivare immediatamente le idonee misure di protezione;

9) a promuovere politiche educative e di sensibilizzazione indirizzate all'opinione pubblica ed a tutti coloro i quali si trovano, per lavoro o per altre ragioni, regolarmente a contatto con i minori, al fine di formare in loro una piena coscienza e conoscenza dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, incrementando negli stessi la capacità di riconoscere gli indizi di abuso al fine di poter intervenire immediatamente;

10) a promuovere politiche educative indirizzate a tutte le persone di minore età, in particolar modo alle vittime di abusi e maltrattamento, al fine di formare in loro una piena coscienza e conoscenza del fenomeno, facendo sì che si sviluppi negli stessi la capacità di azione e riconoscimento degli atti di violenza;

11) ad adottare iniziative per riavviare tempestivamente i lavori dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia;

12) a predisporre apposite linee guida, basate su classificazioni della violenza ai danni delle persone di minore età, da divulgare tramite tutti i mezzi di informazione, anche i social network, per sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al fine di creare una coscienza collettiva che possa immediatamente reagire di fronte alla conoscenza diretta o indiretta di abusi;

13) ad adottare i protocolli e le tecnologie più efficaci ed avanzate per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza entro le mura domestiche attraverso corsi di prevenzione per tutti i soggetti che mostrano indizi di violenza nei confronti dei minori;

14) a programmare iniziative volte ad approfondire e prevenire il fenomeno criminogenetico della violenza intramuraria.
(1-00191)
(Nuova formulazione) «Spena, Gelmini, Marrocco, Versace, Calabria, Aprea, Bagnasco, Bartolozzi, Battilocchio, Bergamini, Biancofiore, Casciello, Cassinelli, Fatuzzo, Ferraioli, Fitzgerald Nissoli, Gagliardi, Giacometto, Labriola, Marin, Milanato, Mulè, Musella, Napoli, Novelli, Orsini, Palmieri, Pella, Pettarin, Pittalis, Polidori, Rosso, Rotondi, Ruffino, Saccani Jotti, Sarro, Sandra Savino, Scoma, Sozzani, Tartaglione, Siracusano, Maria Tripodi».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, «per abuso all'infanzia e maltrattamento debbono intendersi tutte le forme di maltrattamento fisico e/o emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportino un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità nell'ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia o potere»;
    la normativa a tutela dei minori è ampia e comprende un'esaustiva descrizione dei loro diritti che sono enunciati in documenti nazionali, con una solida base nella Costituzione, nelle leggi ordinarie e nei codici;
    a livello internazionale, la Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (Convention on the Rights of the Child), approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con la legge n. 176 del 1991, è il primo testo internazionale vincolante in materia e costituisce un enorme traguardo per la tutela e la promozione dei diritti delle persone minori di età, che fino al secolo precedente non trovavano alcuna protezione giuridica. Rappresenta il primo testo nel quale i bambini e gli adolescenti vengono riconosciuti esplicitamente quali titolari attivi dei propri diritti. I principi che guidano la Convenzione sono l'interesse superiore del minore e la non discriminazione di bambini e adolescenti che pongono le basi per garantire poi tutti gli altri diritti di cui sono titolari. Essa prevede anche un meccanismo di controllo sull'operato degli Stati, che devono presentare a un Comitato indipendente un rapporto periodico sull'attuazione dei diritti dei bambini sul proprio territorio;
    il testo suddetto riconosce ad ogni bambino e adolescente il diritto alla protezione da ogni tipo di abuso, sfruttamento e violenza;
    nello specifico, l'articolo 19 prevede che «Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all'uno o all'altro, o a entrambi, i genitori, al suo tutore legale (o tutori legali), oppure a ogni altra persona che abbia il suo affidamento. Le suddette misure di protezione comporteranno, in caso di necessità, procedure efficaci per la creazione di programmi sociali finalizzati a fornire l'appoggio necessario al fanciullo e a coloro ai quali egli è affidato, nonché per altre forme di prevenzione, e ai fini dell'individuazione, del rapporto, dell'arbitrato, dell'inchiesta, della trattazione e dei seguiti da dare ai casi di maltrattamento del fanciullo di cui sopra; esse dovranno altresì includere, se necessario, procedure di intervento giudiziario»;
    l'articolo 34 stabilisce che «Gli Stati parti si impegnano a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale. A tal fine, gli Stati adottano in particolare ogni adeguata misura a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire: a) che dei fanciulli siano incitati o costretti a dedicarsi a una attività sessuale illegale; b) che dei fanciulli siano sfruttati a fini di prostituzione o di altre pratiche sessuali illegali; c) che dei fanciulli siano sfruttati ai fini della produzione di spettacoli o di materiale a carattere pornografico»;
    la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, in Italia nota come anche Carta di Nizza, solennemente proclamata una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza, prevede per i bambini il «diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere»;
    il Trattato di Lisbona ha inserito la promozione e la tutela dei diritti dei minori tra gli obiettivi dell'Unione europea, che sono, peraltro, sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la quale invita le autorità pubbliche e le istituzioni private a rendere il rispetto dell'interesse superiore del minore un elemento fondamentale per la definizione e l'attuazione di misure ad hoc;
    nella XVII legislatura è stato emanato il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39, con il quale è stata data attuazione nell'ordinamento alla direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. Essa si pone l'obiettivo di ravvicinare ulteriormente le legislazioni penali degli Stati membri in materia di abuso e sfruttamento sessuale dei minori, pornografia minorile e adescamento di minori per scopi sessuali;
    già nella XVI legislatura, il Parlamento aveva approvato la legge n. 172 del 2012, di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa del 2007 per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote);
    anche se, a seguito di questi due recenti interventi, la legislazione italiana di contrasto della pedofilia e dello sfruttamento sessuale dei minori ha raggiunto un livello avanzato di tutela, non può non rilevarsi purtroppo che un impressionante numero di bambini – a cominciare da neonati di pochi mesi – subiscono esperienze di violenza, spesso causate proprio da chi dovrebbe prendersi cura di loro;
    a trent'anni dalla citata Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, il problema del maltrattamento e dell'abuso sui minori è un dramma che continua ad affliggere non solo i Paesi del «Sud del mondo», ma anche quelli con un elevato sviluppo socio-economico come l'Italia: lo ricordano dati statistici raccolti da realtà nazionali e internazionali e le cronache quotidiane che negli ultimi mesi sono state fitte di notizie;
    una bambina di sei anni il 7 ottobre 2018 è stata lanciata dal balcone di un palazzo di Taranto dal padre ed è rimasta in coma per un mese e mezzo; a gennaio 2019, a Cardito, in provincia di Napoli, un bambino di 7 anni è stato picchiato fino alla morte dal compagno della madre, mentre la sorella di 8 anni è stata ricoverata urgentemente in gravissime condizioni in ospedale per le percosse ricevute; una bambina di 22 mesi a febbraio 2019 è stata picchiata selvaggiamente, quasi a morte, dal compagno della madre a Genzano di Roma, perché piangeva troppo; a Frosinone ad aprile 2019 un bambino di due anni e mezzo è stato assassinato dalla madre, in quanto mentre stavano facendo una passeggiata vicino casa il piccolo si lamentava troppo; a Padova un bimbo di 5 anni a maggio 2019 è stato narcotizzato con dosi importanti di benzodiazepine dalla mamma per ucciderlo e intercettata dai carabinieri mentre era in auto con lui e bloccata prima di ucciderlo; a Novara sempre a maggio 2019 un bambino di 20 mesi è stato ucciso da «una violenza inaudita, non degna di un essere umano», come l'ha definita il procuratore di Novara Marilinda Mineccia, che ha disposto il fermo della madre e del compagno di lei; a maggio 2019 a Milano un bambino di 2 anni è stato picchiato fino ad essere ucciso dal padre;
    il caso di Cardito è emblematico della necessità di intensificare il sistema di prevenzione: dalle intercettazioni sembrerebbe che le maestre erano pienamente a conoscenza della drammatica situazione familiare, dato che i due bambini più volte si erano presentati a scuola con i segni di violenze;
    la violenza ai danni dei minori costituisce un fenomeno, purtroppo, in larga parte ancora sommerso, soprattutto quando si parla di maltrattamenti in ambito familiare, ed è stato per troppo tempo sottovalutato nel nostro Paese. L'emersione del fenomeno è possibile solo favorendo strategie volte a spingere bambini e adolescenti a denunciare gli abusi;
    Telefono Azzurro ha reso noti i dati ricavati dalle richieste di aiuto di bambini ed adolescenti pervenute all'associazione nell'ultimo anno: la relazione rileva quasi 2.800 casi (oltre un quinto sono relativi ad abusi e violenze) gestiti dal servizio di ascolto e consulenza 1.96.96 per via telefonica e chat dedicata, con una media di quattro episodi di violenza al giorno;
    emerge, in particolare, che bambini e adolescenti sono stati coinvolti in situazioni di abuso fisico per il 32,8 per cento dei casi, di abuso psicologico (23 per cento), abuso sessuale (8,7 per cento), patologia della cura (3,8 per cento), testimonianza di violenza domestica (5,5 per cento) e fuori casa (0,6 per cento), dating violence (0,6 per cento);
    a livello globale – secondo il rapporto 2017 del Fondo mondiale per l'infanzia delle Nazioni Unite – tre quarti dei bambini tra i 2 e i 4 anni – circa 300 milioni in tutto – subiscono in casa aggressioni psicologiche e/o fisiche da coloro che se ne dovrebbero prendere cura; circa il 60 per cento dei bambini di un anno di età, nei 30 Stati per i quali sono disponibili tali statistiche, sono regolarmente vittime di un'educazione violenta: 1 su 10 viene schiaffeggiato o colpito sul volto, alla testa o sulle orecchie. Il 25 per cento dei bambini sotto i 5 anni – 176 milioni in tutto – vivono insieme a una madre vittima di un partner violento. Circa 15 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni sono state costrette a rapporti sessuali o altri tipi di violenza di natura sessuale nel corso della loro vita e solo l'1 per cento delle adolescenti che hanno subito violenza sessuale ha dichiarato di aver chiesto l'aiuto di uno specialista; nei 28 Stati in cui questi dati sono disponibili, mediamente il 90 per cento delle adolescenti che hanno subito violenza sessuale ha dichiarato che a perpetrare il primo abuso era stata una persona che la vittima già conosceva; ogni 7 minuti un adolescente viene ucciso a seguito di un atto di violenza;
    la scuola riveste sicuramente un ambito importantissimo per prevenire i maltrattamenti verso i minori e per trattare le successive fasi di convalescenza e recupero: infatti, le vittime rischiano di non riuscire a trovare interlocutori preparati ed affidabili all'interno delle aule scolastiche, sia prima del verificarsi della fenomenologia violenta, sia dopo, a violenza avvenuta, dove è fondamentale l'intervento di personale altamente qualificato;
    in particolare, sarebbe opportuno prevedere centri di ascolto scolastico e forme di aiuto e assistenza psicologica da parte di specialisti e una formazione adeguata di tutto il personale scolastico, ritenuto che è ancora oggi insufficiente la propensione di dirigenti scolastici e personale docente a segnalare alle autorità preposte fatti o comportamenti che possano essere riconducibili ad episodi di violenza consumata in ambito intrafamiliare;
    occorre porre definitivamente fine alle violenze sui minori, supportando gli sforzi dei Governi per sviluppare politiche volte a prevenire la violenza, attraverso programmi concreti quali i corsi sulla genitorialità e le iniziative idonee a far emergere la violenza domestica;
    occorre il monitoraggio del fenomeno a livello nazionale, nonché la conoscenza dello stesso nelle sue multiformi tipologie, perché è fondamentale per l'analisi del fenomeno e la conseguente adozione di politiche di prevenzione e protezione adeguate; l'Onu ha ribadito questa necessità tramite raccomandazione del Comitato Onu (raccomandazione Onu nello studio sulla violenza contro i bambini A/61/299; CRC/C/ITA/CO/3-4, punto 44); tutti questi dati evidenziano quanto sia necessario realizzare una mappatura organica sul maltrattamento degli stessi, fondamentale anche per individuare le misure più idonee, sia a livello politico che culturale, per contrastarlo;
    inoltre, secondo le informazioni raccolte dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza nel 2015, la violenza assistita costituisce la seconda forma di violenza più diffusa: circa un bambino su 5 tra quelli maltrattati è testimone di violenza domestica intrafamiliare; sulla violenza assistita c’è ancora molto da fare perché è particolarmente sottovalutata, nonostante obblighi il minore ad assistere ad atti di aggressività, abuso e violenza di vario tipo rivolti ad altri membri della famiglia, adulti o minori, segnando il resto della propria vita con gravissime ripercussioni a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale;
    oltre al rafforzamento dell'attività repressiva è altrettanto fondamentale prevenire il fenomeno e dotare i soggetti che hanno regolari contatti con bambini e ragazzi (nei settori dell'istruzione, della sanità, della protezione sociale, della giustizia, della sicurezza e della cultura) di un'adeguata conoscenza dell'abuso sessuale in danno ai minori, nonché dei mezzi per individuarlo e segnalarlo, come previsto all'articolo 5 della Convenzione di Lanzarote;
    appare ugualmente fondamentale provvedere affinché i condannati per reati sessuali in danno a minori, o per adescamento, siano interdetti dallo svolgimento di qualunque tipo di attività tale da comportare contatti diretti e regolari con bambini e ragazzi, come previsto dall'articolo 10 della citata direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile;
    l'indagine conoscitiva sulle forme di violenza fra i minori e ai danni di bambini e adolescenti, in corso presso la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, sta affrontando la questione connessa alla diffusione della violenza fra i minori. Il fine è proprio quello di analizzare il contesto di violenza nel quale vivono i minori, e del quale, anche se non formalmente, finiscono per essere vittima. Le forme di violenza possono essere le più varie, fra queste una prima tipologia è rappresentata dalla violenza di carattere sessuale. Sotto questo aspetto viene in rilievo, in primo luogo, il fenomeno della pornografia minorile. La pornografia è una realtà che interessa i minori sotto un duplice profilo: da un lato, come vittime dirette, e quindi come pedopornografia ovvero come diffusione e circolazione di materiale erotico con bambini come oggetto; dall'altro come fruitori di materiale pornografico, in quest'ultimo caso i minori, trasgredendo divieti previsti dalla legislazione vigente, accedono a materiali vietati, con evidenti effetti negativi sul loro sviluppo psicoemotivo. A ciò deve aggiungersi che la diffusione della rete e degli strumenti ad essa collegati fra i più giovani (dai social network alle varie piattaforme tipo youtube/youporn) ha modificato e amplificato tali fenomeni, aumentandone anche la pericolosità. La pornografia e la pedopornografia virtuale costituiscono, insieme al cyberbullismo (fenomeno in relazione al quale la Commissione si propone di svolgere un'ulteriore apposita indagine conoscitiva), i cybercrimes più diffusi a danno dei minori, con ripercussioni preoccupanti sulla formazione e sullo sviluppo degli stessi;
    la legge di conversione del decreto-legge «sblocca-cantieri» ha istituito un fondo con una dotazione complessiva fino al 2024 di 80 milioni di euro finalizzato all'erogazione a favore di ciascun comune delle risorse finanziarie occorrenti per l'installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia a tutela dei minori, nonché per l'acquisto delle apparecchiature finalizzate alla conservazione delle immagini per un periodo temporale adeguato. I sistemi di videosorveglianza, infatti, possono rappresentare un deterrente nel momento in cui i bimbi piccoli non possono difendersi e non possono riferire quanto accaduto,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte a introdurre ulteriori misure tese al rafforzamento della prevenzione e del contrasto della violenza contro i bambini, prevedendo un approccio preventivo sistemico e interdisciplinare che sviluppi azioni a più livelli, dando seguito ai progetti di cooperazione internazionale e agli impegni sottoscritti in sede di adesione all'Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, alla Convenzione di Istanbul (provvedendo una copertura finanziaria adeguata per le attività di prevenzione della violenza) e alla Convenzione dei diritti dei bambini;

2) ad assumere iniziative per adottare piani nazionali, intese, protocolli, coordinati ad hoc, che coinvolgano i settori della giustizia, dell'istruzione, dell'assistenza sociale e sanitaria;

3) a stabilire iniziative finalizzate ad educare i bambini, i genitori, gli insegnanti e i membri delle comunità a riconoscere la violenza in tutte le sue forme e dare loro maggiori strumenti al fine di riuscire a denunciare la violenza in modo sicuro;

4) ad assumere iniziative immediate, normative o di altra natura, affinché vengano attuati i principi sanciti nella Convenzione del Consiglio d'Europa, sottoscritta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, al fine di contrastare il crescente fenomeno della violenza e dell'abuso sessuale nei confronti dei minori;

5) a potenziare gli strumenti investigativi in dotazione alle forze dell'ordine per il contrasto all'abuso sessuale in danno a minorenni, con particolare riguardo alle condotte di adescamento dei minori tramite la rete internet ed i social network;

6) ad assumere ogni iniziativa, per quanto di competenza, per potenziare le attività dei servizi sociali, anche d'intesa con i comuni, investendo nella formazione degli operatori sociali e garantendo servizi di sostegno e terapeutici per i bambini che hanno subito violenza, in modo da favorire una maggiore protezione e prevenzione dei bambini maltrattati e agevolando l'accesso a tali servizi ai minori stranieri non accompagnati attraverso i mediatori culturali;

7) ad istituire un sistema nazionale di raccolta dati e monitoraggio del fenomeno dei maltrattamenti e delle violenze sui minori, dell'abuso sessuale e dell'adescamento, anche tramite la rete internet, come richiesto anche dal Comitato Onu, in eventuale sinergia con i comuni ed altre realtà associative che già operano in tale settore, che possa fornire informazioni aggiornate e dettagliate sul fenomeno, anche al fine di fornire elementi utili per predisporre politiche adeguate di prevenzione e contrasto;

8) a valutare la possibilità di istituire in ambito scolastico, anche a livello delle singole istituzioni scolastiche, centri per l'ascolto degli studenti e per l'assistenza psicologica, anche tramite l'impiego di personale altamente specializzato;

9) a promuovere iniziative volte alla sensibilizzazione e formazione specialistica dei dirigenti scolastici, del personale docente e scolastico in generale al fine di agevolare, nel contesto scolastico, l'emersione degli episodi di maltrattamento e violenza domestica, anche assistita, in danno dei minori e la conseguente segnalazione sia alle forze dell'ordine che all'autorità giudiziaria e l'immediata presa in carico delle vittime da parte dei servizi socio-sanitari;

10) a monitorare l'attività dei servizi di assistenza sociale al fine di analizzare i casi di malfunzionamento del sistema;

11) ad assumere iniziative normative al fine di prevedere che i condannati per reati sessuali e maltrattamento in danno di minori, o per adescamento, siano interdetti dallo svolgimento di qualunque tipo di attività tale da comportare contatti diretti e regolari con bambini e ragazzi;

12) ad attivare una campagna informativa per sensibilizzare l'opinione pubblica e incentivare l'emersione di un fenomeno di violenza domestica e di abusi non denunciati che, nel nostro Paese, rimangono ancora in gran parte sommersi;

13) a provvedere ad un coordinamento delle competenze istituzionali sull'infanzia e sull'adolescenza, attualmente eccessivamente frammentate, al fine di consentire un'azione realmente efficace delle politiche sulla materia;

14) ad assumere iniziative per prevedere programmi di trattamento realmente efficaci per gli autori di reati sessuali, come potrebbero essere i centri per l'ascolto cui rivolgersi per manifestare i propri disturbi legati alla pedofilia, come già avviene in altri Paesi europei;

15) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, anche d'intesa con le regioni, affinché siano adottate idonee misure per l'istituzione e la pubblicizzazione di percorsi di assistenza sociale, psicologica e psichiatrica, volti al recupero, alla riabilitazione e al reinserimento nella società di persone maltrattanti o con interesse sessuale verso soggetti minorenni o comunque condannati per reati di abuso o maltrattamento di minori, che intendano volontariamente sottoporvisi, anche utilizzando gli strumenti economici che l'Unione europea mette a disposizione, nonché coinvolgendo associazioni ed enti comunque denominati attivi nella tutela dei diritti dei minori, nel contrasto a forme di abuso e maltrattamento dei minori e nel recupero di soggetti condannati per abusi comunque denominati contro i minori.
(1-00196) «Ascari, Bisa, D'Orso, Boniardi, Palmisano, Cantalamessa, Dori, Di Muro, Piera Aiello, Marchetti, Barbuto, Paolini, Businarolo, Potenti, Cataldi, Tateo, Di Sarno, Turri, Di Stasio, Giuliano, Perantoni, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Bologna, Boldi, Casa, Cavandoli, Giannone, Fogliani, Grippa, Gobbato, Macina, Leda Volpi, D'Arrando, Sportiello».


   La Camera,
   premesso che:
    ogni bambino ha diritto alla salute e ad una vita priva di violenza, anche se ogni anno milioni di minori nel mondo sono vittime e testimoni di violenza fisica, sessuale ed emotiva;
    il maltrattamento sui minori è un problema internazionale ingente con un impatto notevole sulla salute fisica e mentale delle vittime, sul loro benessere e sviluppo e per estensione sulla società in generale;
    il maltrattamento si riferisce a tutta una serie di situazioni, quali il maltrattamento fisico ed emozionale, l'abuso sessuale, l'abbandono, l'atteggiamento negligente, l'esposizione alla violenza domestica, lo sfruttamento commerciale o di altro tipo, anche attraverso le nuove tecnologie. Il rapporto su violenza e salute e la consultazione dell'Organizzazione mondiale della sanità sulla prevenzione dell'abuso sui minori distingue quattro tipi di maltrattamento sui minori: abuso fisico; abuso sessuale; abuso affettivo e psicologico; incuria;
    gli autori del maltrattamento a danno del minore possono essere molteplici, come i genitori o altri membri della famiglia; altre persone che si prendono cura di lui, amici; conoscenti; estranei; persone con una posizione di autorità, come insegnanti, poliziotti, soldati, ecclesiastici, operatori dei servizi socio sanitari; (abuso istituzionale) oppure altri minori anche se i dati della letteratura sottolineano come nel 70 per cento dei casi l'abuso si verifica nella privacy della vita domestica, nell'ambito intra-familiare;
    il maltrattamento sui minori è un problema complesso e le sue dinamiche ed i fattori che lo caratterizzano, così come le strategie di prevenzione efficaci, differiscono in modo marcato a seconda dell'età della vittima, del contesto nel quale il maltrattamento avviene e della relazione tra la vittima e l'autore della violenza;
    gli studi hanno evidenziato come l'esposizione al maltrattamento e ad altre forme di violenza durante l'infanzia sia associata significativamente a depressione, disturbi d'ansia, disturbi alimentari, disfunzioni sessuali, disturbi dissociativi, disturbi della personalità, disturbi post traumatici e abuso di sostanze stupefacenti; a comportamenti a rischio in età più avanzata, quali la vittimizzazione violenta, la perpetuazione della violenza, il fumo, l'obesità, i comportamenti sessuali ad alto rischio, le gravidanze involontarie, l'uso di droga e alcool che a loro volta possono diventare i principali fattori di rischio e le principali cause di morte, malattia e disabilità, come malattie cardiache, malattie a trasmissione sessuale, diabete, cancro e suicidio;
    il maltrattamento sui minori comporta, perciò, una molteplicità di effetti fisici e mentali negativi, costosi nel corso della vita della vittima, sia per il minore che per la società;
    inoltre, dalle numerose ricerche effettuate negli ultimi anni, è emerso lo stretto collegamento tra gli effetti del maltrattamento sullo sviluppo cerebrale durante la prima infanzia e l'infanzia stessa. Da questo tipo di ricerca è stato chiaramente evidenziato che lo sviluppo cerebrale può essere fisiologicamente alterato da uno stress prolungato, grave o inaspettato, compreso il maltrattamento, durante i primi anni di vita del bambino e che, a sua volta, una tale alterazione può incidere negativamente sulla crescita fisica, cognitiva, emotiva e sociale del bambino;
    nonostante la portata del problema e una crescente consapevolezza dei suoi alti costi sociali, la prevenzione del maltrattamento sui bambini non sembra essere ancora una priorità per la politica;
    fino ad oggi, non sembra si siano compresi fino in fondo i gravi impatti a lungo termine sulla salute, né il peso sull'intera società dei maltrattamenti sui bambini e le loro implicazioni sui costi dei servizi sanitari e socio-sanitari. Non è stato compreso fino a che punto importanti strategie volte a prevenire le malattie e promuovere la salute pubblica possano prevenire il maltrattamento, nonostante esista già una consistente evidenza scientifica che dimostri quanto queste strategie siano efficaci, anche in relazione ai costi sostenuti per realizzarle;
    ricerche scientifiche hanno identificato alcuni interventi di prevenzione efficaci come la formazione alla genitorialità, i programmi di « home visiting» (le visite domiciliari), l'accesso crescente ai servizi prenatali e materno infantili, un minor uso di alcolici, mentre, al contrario, molto poco si conosce circa l'efficacia dei servizi rivolti alle vittime e ai colpevoli. In particolare, sono disponibili poche informazioni sull'impatto di alcuni interventi largamente utilizzati, come i servizi di tutela minori, i processi a misura di bambino, la denuncia obbligatoria e l'obbligo per i colpevoli di sottoporsi a terapia;
    quindi, c’è una crescente presa di coscienza da parte del mondo scientifico sul problema del maltrattamento sui minori e un'aumentata pressione sui Governi affinché adottino misure di prevenzione;
    oltre ai costi sociali e sanitari il maltrattamento sui minori ha un forte impatto economico che comprende costi sanitari diretti, i mancati guadagni, la mancata entrata fiscale conseguente alla morte prematura, i servizi educativi speciali, i servizi sociali e psicologici, i servizi di protezione e affido, i servizi di prevenzione, i costi della criminalità e l'arresto di adulti, conseguente a un maltrattamento subito;
    ad esempio, uno studio svolto negli Stati Uniti ha calcolato il costo annuale diretto ed indiretto dovuto al maltrattamento sui minori, quantificandolo in un totale di 94 miliardi di dollari, ossia l'1 per cento del proprio prodotto interno lordo: 3 miliardi di dollari per ricoveri ospedalieri, 425 milioni di dollari per costi relativi a terapie di salute mentale e quasi 14,4 miliardi di dollari per servizi sociosanitari dedicati ai minori, mentre la voce di spesa maggiore è risultata essere quella relativa alla criminalità in età adulta come conseguenza del maltrattamento subito, che è stata stimata pari a 55,4 miliardi di dollari;
    da ciò si comprende come la necessità di un piano nazionale di prevenzione del maltrattamento sia ormai un atto doveroso;
    è ormai noto che un maggiore rischio di maltrattamento sui bambini è associato alla presenza di alcuni fattori di rischio nei genitori o in altri membri della famiglia che si prendono cura dei minori stessi e che possono avere difficoltà a costruire il legame affettivo e di attaccamento con il neonato conseguentemente, per esempio, ad una gravidanza difficile, a complicazioni alla nascita o a un senso di delusione nei confronti del bambino o alla propria infanzia infelice; oppure non dimostrano qualità responsive ed educative verso il bambino o a loro volta sono stati maltrattati da bambini; o ancora mostrano una mancanza di consapevolezza dello sviluppo del bambino o hanno aspettative irrealistiche che impediscono la comprensione dei bisogni e dei comportamenti del bambino; oppure rispondono a un comportamento ritenuto scorretto con punizioni o azioni inappropriate, eccessive o violente; oppure approvano punizioni corporali, quali mezzi di disciplina, e usano la punizione corporale per insegnare ai figli la disciplina e altro;
    vi è, poi, una condizione di violenza maschile sulla madre che espone il figlio ad assistere all'annullamento fisico e psicologico della sua figura di riferimento e a vivere in una condizione di allarme per sé e per la madre (violenza assistita). Anche bambini molto piccoli, persino i feti ancora nel grembo materno, sono in grado di percepire quanto avvenga nell'ambiente in cui si sviluppano e, dunque, di comprendere e di assorbire gli avvenimenti violenti che ivi si svolgano, in particolare le violenze subite dalla madre, con ferite psicologiche indelebili ed inevitabili riverberi negativi per lo sviluppo della loro personalità;
    infine, esistono fattori di rischio del bambino ovvero bambini che, per una qualsiasi ragione sia essa caratteriale o fisica, è più difficile accudire e fattori di rischio della comunità come: tollerabilità della violenza; disuguaglianze di genere e sociali nella comunità; mancanza di un alloggio o alloggio inadeguato; mancanza di servizi che supportino la famiglia e le istituzioni e che rispondano a bisogni particolari; alti livelli di disoccupazione; povertà; alcool e droga;
    dall'altra parte, sulla base dell'attuale conoscenza relativa allo sviluppo del bambino nella prima infanzia, ai fattori di rischio per il maltrattamento sui minori e all'evidenza relativa all'efficacia di certe strategie di prevenzione, è chiaro che far vivere il bambino in un contesto segnato da relazioni continuative, affidabili e responsive può essere una potente fonte di protezione;
    la letteratura scientifica è unanime nell'affermare che le conseguenze a lungo termine, soprattutto del neglect, emergono spesso anche in età molto avanzata e che dall'abuso non si guarisce; diagnosi e intervento precoce ne riducono il danno, non lo annullano e quindi la sola arma disponibile è la prevenzione, quale strumento per evitare la sofferenza anche a chi non subirebbe nessun danno permanente e, affinché sia efficace, è necessario intervenire presto, nella fase del rischio, prima che questo degeneri in danno;
    le strategie di prevenzione con maggiore evidenza di efficacia sono rappresentate dal supporto per la famiglia attraverso l’home visiting (programma di visite domiciliari) rispetto al quale il Cismai nel 2017 ha pubblicato le linee guida sull’home visiting «Come strumento nella prevenzione del maltrattamento familiare all'infanzia» e programmi di formazione per i genitori come la «Guida pratica sulla genitorialità positiva» di Save the Children 2012,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per l'adozione di linee guida nazionali, attraverso un'intesa sancita in sede di Conferenza Stato-regioni, per la realizzazione, anche con i fondi europei, di un numero adeguato di servizi specialistici di secondo livello per i minorenni maltrattati o abusati e per le loro famiglie, valorizzando l'esperienza di quelli attualmente già in funzione, per l'integrazione comunque necessaria, in queste situazioni, delle attività sociali e sanitarie;

2) ad assumere iniziative per istituire un comitato nazionale di coordinamento, con rappresentanti provenienti da tutti i settori competenti, che sia in grado di facilitare l'implementazione di una risposta sistematica, che coordini la formazione, individui gli interventi più efficaci e che sia in grado di:
   a) adottare iniziative per rendere effettiva la comunicazione tra tutti gli organismi che si trovano quotidianamente a trattare con l'educazione e la formazione dei minori e, in particolare, tra le scuole di ogni ordine e grado, i servizi sanitari, educativi e sociali e le forze dell'ordine, al fine di captare i primi segnali di abusi e violenze e attivare immediatamente le idonee misure di protezione;
   b) predisporre apposite linee guida, basate su classificazioni della violenza ai danni delle persone di minore età, da divulgare tramite tutti i mezzi di informazione, anche i social network, per sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al fine di creare una coscienza collettiva che possa immediatamente reagire di fronte alla conoscenza diretta o indiretta di abusi, a tal fine coinvolgendo i giornalisti;

3) ad adottare iniziative per istituire un osservatorio epidemiologico per abusi e maltrattamenti che metta in campo un sistema di sorveglianza epidemiologica caratterizzato dalla semplicità nella produzione dei dati necessari, dalla flessibilità, dall'accettabilità da parte delle persone tenute a fornire le informazioni, dall'affidabilità, dall'utilità, dalla sostenibilità e dalla puntualità del sistema stesso;

4) in sede di Conferenza unificata a predisporre le iniziative necessarie volte ad istituire, presso le strutture di ciascuno degli ambiti territoriali, come determinati ai sensi della lettera a) del terzo comma dell'articolo 8 della legge 8 novembre 2000, n. 328, lo sportello unico per le famiglie, come principale punto d'accesso per le famiglie in relazione alle esigenze e alle difficoltà tipiche del nucleo familiare, con funzioni di informazione, orientamento e consulenza relativamente alla rete integrata degli interventi e dei servizi sociali, socio-assistenziali e socio-sanitari previsti dalla legislazione vigente ed erogati dai comuni, anche riuniti in ambiti territoriali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, dallo Stato e dagli enti pubblici anche con compiti di programmazione home visiting secondo metodologie già validate in Italia e nel mondo per prevenire il maltrattamento attraverso il sostegno precoce alla genitorialità nelle sua multidimensionalità, nonché a prevedere il suo inserimento nei livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;

5) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione a livello nazionale sui temi del maltrattamento e dell'abuso sui minorenni in cui si dia conto della necessità di arrivare ad una prevenzione primaria e ad una rilevazione il più possibile precoce e di provvedere ad una cura puntuale ed efficace delle conseguenze, anche psicologiche, del trauma, nonché campagne specifiche tra il personale scolastico e socio-sanitario finalizzate a promuovere la cultura della prevenzione contro ogni forma di violenza, maltrattamento e abuso nei confronti dei minori;

6) ad adottare iniziative per migliorare le competenze di chi lavora con e per i bambini promuovendo una formazione specifica nel curriculum di studi della facoltà di medicina, nelle scuole di specializzazione di pediatria, radiologia, ortopedia, dermatologia, neurochirurgia, ginecologia, per gli operatori sanitari, gli operatori dei servizi sociali e del servizio per le dipendenze, gli operatori della scuola e gli operatori delle forze dell'ordine, per riconoscere i segni e i sintomi che fanno sospettare l'abuso, in modo da effettuare interventi di prevenzione che siano efficaci all'interno di una relazione competente con i bambini e con i genitori;

7) ad adottare le iniziative di competenza per predisporre in tutti i servizi educativi pubblici, privati e convenzionati rivolti ai bambini 0-6 anni, un sistema di prevenzione e tutela in grado di proteggere i bambini e le bambine da abusi, maltrattamenti e ogni condotta inappropriata, in particolare prevenendo tra le misure preventive l'adozione di un codice di condotta specifico e vincolante per ogni adulto a contatto con i minori e l'organizzazione degli ambienti educativi, all'interno o all'esterno delle strutture, tale da impedire situazioni di isolamento;

8) a predisporre le iniziative di competenza necessarie volte a dare la piena attuazione, a livello di tutte le strutture giudiziarie, socio-sanitarie ed amministrative che si occupano tutte di tutela di minorenni delle indicazioni contenute nella Convenzione di Lanzarote ratificata in Italia con la legge n. 172 del 2012;

9) a predisporre tutte le iniziative normative per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul, ratificata dalla legge n. 77 del 2013, sia per quanto riguarda la prevenzione, sia per quel che concerne la previsione di autonome figure di reato, o la rivisitazione di quelle attualmente già previste, sia per quanto riguarda gli interventi di recupero e quelli riabilitativi successivi;

10) a ridefinire le priorità dell'agenda programmatica, affinché venga adottata ogni iniziativa ritenuta opportuna e necessaria al fine di prevenire e contrastare il dilagante fenomeno della violenza entro le mura domestiche rilevando i fattori di rischio (depressione materna, abuso di sostanze, comportamento impulsivo, genitori giovani o abusati da piccoli e altro) e attivando interventi precoci di sostegno alla genitorialità (formando i pediatri di libera scelta per un intervento capillare sul territorio o attivando un sistema di home visiting e altro);

11) a predisporre concrete iniziative normative ed amministrative volte, fin da subito, a far fronte ad ogni forma di violenza intramurale, che comporti violenza sessuale, abusi fisici e psicologici, maltrattamento, sfruttamento sino, in alcuni casi, alla morte;

12) ad adottare iniziative per riavviare tempestivamente i lavori dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia;

13) ad effettuare una valutazione approfondita per la predisposizione di un'eventuale iniziativa normativa sul tema della violenza assistita e circa la possibilità di considerare fra le misure alternative o complementari alla pena, nel caso di violenza familiare, il percorso terapeutico del genitore maltrattante;

14) ad adoperarsi affinché si arrivi in Conferenza unificata a un accordo sugli standard minimi per il corretto funzionamento delle strutture che ospitano minorenni allontanati dai nuclei famigliari d'origine;

15) ad adottare iniziative per una rivisitazione della normativa e delle prassi operative su affido ed adozioni in un'attenta prospettiva puerocentrica.
(1-00197) «Siani, De Filippo, Campana, Carnevali, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Annibali, Mura, Di Giorgi, Gribaudo, Lorenzin».


   La Camera,
   premesso che:
    il maltrattamento dei bambini costituisce un serio problema sociale e di salute pubblica nel nostro Paese, con conseguenze di lungo termine per la salute mentale, riproduttiva e fisica dei bambini e per lo sviluppo della società intera;
    le dimensioni del problema nel nostro Paese sono ora chiare, anche se ancora non si ha in Italia un registro nazionale per cui i dati disponibili derivano da studi di popolazione condotte ad hoc. Il più recente, condotto nel 2013 (ricerca Terre des Hommes/Cismai, su 251 comuni, per un bacino di 2,4 milioni di residenti minori in Italia, pari al 25 per cento dei minori residenti) stima che circa lo 0,9 per cento dei minori residenti sono vittime di abuso, il 4 per cento di questi vittime di abuso sessuale. Si tratta di dati sottostimati, come dimostrano studi di popolazione condotti in Italia con il metodo del self report (Pellai 2004, Sos Infanzia Onlus 2004), che conferma una sottorilevazione di 75 volte per il maltrattamento fisico e di 30 volte per l'abuso sessuale;
    l'analisi dei dati riportati mostra che il reato con il maggior numero di vittime rimane il maltrattamento in famiglia, 1.723 bambini in un solo anno (+6 per cento rispetto al 2016), e che l'abuso è la patologia più frequente, cronica e ad elevato rischio di ricorrenza: dati che indicano quanto sia necessario e urgente il lavoro da fare in termini di supporto alla genitorialità, di intercettazione precoce di situazioni familiari instabili e di protezione del minore;
    la violenza nei confronti dei bambini e dei minori è prova che il sistema di prevenzione e di protezione nel nostro Paese non sta funzionando. Sono troppi infatti i casi registrati anche negli ultimi mesi di bambini maltratti e uccisi da chi li avrebbe dovuti proteggere. È indispensabile promuovere una cultura di responsabilità collettiva verso l'infanzia e i minori nel nostro Paese, affinché come adulti ci si senta tutti sentinelle della loro sicurezza e del loro benessere;
    è necessario mettere in campo un'azione multisettoriale più incisiva e capillare, sia di tipo preventivo che protettivo, attraverso interventi preventivi basati sull'evidenza, rafforzando la risposta dei servizi sanitari in ambito preventivo, attraverso il miglioramento delle competenze professionali di operatori dell'infanzia, la raccolta delle informazioni e il monitoraggio continuo;
    a tal fine, il coordinamento tra tutti i soggetti istituzionali preposti alla cura e al sostegno delle famiglie e dei minori a livello regionale e nazionale diventa strumento indispensabile;
    tale strumento, per legge, è l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, che si occupa di monitoraggio, raccolta e coordinamento tra tutte le realtà regionali, e che, va ricordato, non grava sulle finanze pubbliche visto che la partecipazione dei soggetti è a carico degli stessi;
    dall'avvio della presente legislatura, i lavori condotti dall'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza non sono stati ancora riattivati creando, in tal modo, non solo un vuoto di quasi un anno su quell'attività fondamentale per la programmazione e il monitoraggio su tutto il territorio nazionale da cui derivano gli interventi necessari a contrastare la violenza nei confronti dei minori, ma la ancora mancata attivazione dell'osservatorio sta privando il nostro Paese dei risultati del monitoraggio svoltosi nei due anni 2015-2017, da cui emerge quali siano le urgenze che sta vivendo il nostro Paese in merito anche alle situazioni di violenza e maltrattamenti sui minori;
    l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, istituito insieme alla Commissione parlamentare per l'infanzia con la legge 23 dicembre 1997, n. 451, e regolato dal decreto del Presidente della Repubblica 14 maggio 2007, n. 103, costituisce la base istituzionale e sociale in grado di garantire un contributo competente, articolato e partecipato alla definizione dell'azione del Governo nel campo delle politiche per l'infanzia. Tra i suoi obiettivi c’è quello di garantire forme di collaborazione, sinergie e supporto tra l'Osservatorio e l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, di predisporre ogni due anni il piano nazionale di azione e d'interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, di conferire priorità ai programmi rivolti alle persone di minore età e rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell'infanzia nel mondo;
    ogni due anni, l'Osservatorio predispone la relazione sulla condizione dell'infanzia in Italia e sull'attuazione dei relativi diritti (rapporto alle Nazioni Unite) e ogni 5 anni deve redigere lo schema del rapporto del Governo all'Onu, sull'applicazione della Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo del 1989;
    l'ultimo Osservatorio ha prodotto il V e VI rapporto sullo stato di attuazione della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, che illustra le politiche e i programmi a favore delle persone di minore età realizzati dal Governo italiano nel periodo 2008-2016. Tale rapporto è frutto della stretta collaborazione tra la Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento per le politiche della famiglia, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali, il Comitato interministeriale per i diritti umani, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – direzione generale per gli affari politici e di sicurezza, il Ministero della difesa, l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e il Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza;
    con il decreto interministeriale del 24 marzo 2017 sono stati designati i nuovi membri dell'Osservatorio, di cui fanno parte rappresentanti di pubbliche amministrazioni nazionali e locali, di enti e associazioni, di organizzazioni del volontariato e del terzo settore ed esperti in materia di infanzia e adolescenza, che hanno un incarico biennale;
    le attività dell'Osservatorio sono, dunque, a oggi ferme, essendosi concluso il mandato dei membri dell'Osservatorio nel mese di marzo 2019;
    per rispondere all'urgenza del problema legato alla violenza sui minori è compito di un Governo serio e lungimirante, attento ai diritti dei più giovani dei cittadini, quello di utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per agire tempestivamente sulla base di dati realistici e oggettivi, validati da ricerche e monitoraggi fatti sul territorio ed in coordinamento con tutta la rete delle istituzioni preposte al mondo dell'infanzia e adolescenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza per provvedere in tempi brevi alla nomina dei nuovi membri dell'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, dato che le relative attività sono bloccate da un anno, formato da tutte le istituzioni che si occupano di infanzia e adolescenza, associazioni del terzo settore e membri esperti, il cui costo non è previsto sia a carico della finanza pubblica;

2) ad adottare iniziative per convocare in tempi rapidi l'Osservatorio nominato, cosicché possa approvare il monitoraggio del IV piano infanzia, ultimato nel mese di luglio 2018, ma il cui iter non si è ancora definitivamente concluso, da cui emergono le aree oggi di intervento più urgenti e impellenti per il Paese;

3) ad adottare iniziative per prevedere strumenti di prevenzione per il sostegno alle genitorialità a rischio e visite a domicilio, soprattutto nella fascia 0-3 anni, nella quale troppi bambini possono restare fuori dal «radar» dei servizi pubblici obbligatori, al fine di intercettare situazioni di fragilità e intervenire prontamente nei casi di rischio e forte disagio per i minori;

4) ad adottare iniziative per prevedere che la prevenzione del maltrattamento venga pienamente incorporata nei curricula degli operatori sanitari e, in generale, degli operatori dell'infanzia.
(1-00205) «Emanuela Rossini, Gebhard, Schullian, Plangger».


   La Camera,
   premesso che:
    i minori in Italia vivono sempre più ambiti di violenza che esprimono sotto varie forme e con varie modalità, tutte forme di violenza che incidono pesantemente sullo sviluppo e sulla crescita dei minori dal punto di vista fisico, sociale e psicologico, che hanno oltretutto pesanti ricadute sulla loro vita futura;
    le cronache quasi quotidianamente registrano casi di violenze sui minori negli asili e nelle scuole, mentre appaiono più nascosti e insidiosi la violenza nelle mura domestiche o l'assistere da parte di minori a violenze nell'ambito della famiglia, che spesso portano a eventi più drammatici;
    sia nelle giornate dedicate ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza che in tutti gli studi accreditati sono lanciati allarmi sul fenomeno dei maltrattamenti e degli abusi sui minori;
    i dati che sono stati resi noti in Italia sono inquietanti e fotografano una realtà complessa all'interno di un contesto che vede un aumento drammatico delle violenze denunciate;
    in Italia, ogni giorno più di 2 bambini sono vittime di violenza sessuale: si tratta di oltre 950 minori all'anno che hanno subìto questo orribile abuso; i dati delle violenze sessuali dicono che le vittime, per oltre l'80 per cento sono bambine e adolescenti con un aumento nel 2017 del 18 per cento rispetto al 2016;
    nel solo 2017, 5.788 minori sono stati infatti vittime di violenze, con un più 8 per cento rispetto al 2016 e un più 43 per cento rispetto a 10 anni fa, quando erano stati 4.061. Si parla di abusi e violenze che colpiscono, anche in questo caso, soprattutto bambine e ragazze che risultano essere il 60 per cento delle vittime;
    sono in forte crescita i minori vittime di reati legati alla pedopornografia, la cui produzione coinvolge in larghissima parte bambine e ragazze;
    il reato con maggior numero di vittime rimane il maltrattamento in famiglia che ha visto, solo nel 2017, colpire 1.723 bambini con un aumento del 6 per cento;
    è in crescita del 23 per cento il numero di vittime di abuso di mezzi di correzione o disciplina, ovvero di percosse fino al punto del ricovero in ospedale e a seguire la denuncia;
    in Italia, sono circa 427.000 i bambini e i ragazzi che avrebbero assistito a episodi di violenza tra le mura domestiche, ma non ci sono ricerche in materia; infatti, non si è in grado di stabilire per quanti minorenni ogni giorno la propria casa si trasforma da ambiente di protezione a luogo di violenze, fino alla violenza più grave, quella vera e propria, in cui a rischio è non solo la loro crescita ma in alcuni casi la sopravvivenza;
    gli omicidi di minori sono cresciuti del 5 per cento, 22 contro i 21 del 2016, è positivo il calo registrato del numero delle vittime di prostituzione minorile con un meno 35 per cento equivalente a 71 casi contro i 109 registrati nel 2017, che coinvolgono per oltre il 73 per cento femmine;
    appare con tutta evidenza che si deve urgentemente procedere verso una ridefinizione delle misure finalizzate alla protezione e alla prevenzione delle violenze e degli abusi sui minori, così come va affrontato e contrastato con maggiore efficacia il contesto di povertà e di abbandono scolastico che ancora risulta essere una piaga;
    le forme di violenza sui minori a volte sfuggono totalmente dalle rilevazioni statistiche e dalle misure; in particolare, si assiste ad un totale disinteresse nei confronti dei minori le cui famiglie sono oggetto di sfratto esecutivo; in tali casi il minore, oltre al rischio di abbandono scolastico, viene gettato forzosamente in un ambito di emarginazione e di esclusione sociale nel quale non si assiste ad alcun intervento di sostegno pubblico;
    così come ancora oggi si assiste alla assenza in molte regioni della figura del Garante dell'infanzia e in altre, per esempio in Sicilia, alle denunce del Garante regionale che afferma di non avere neanche un ufficio dove operare e di essere lasciato solo senza potere in alcun modo esercitare il proprio ruolo; 
    in Italia in materia di prevenzione, cura e presa in carico del maltrattamento e dell'abuso sui minorenni in rapporto alla organizzazione dei servizi che devono svolgere tali attività e funzioni si riscontra una discontinuità, anche territoriale, che deve essere affrontata;
    non mancano di certo sia leggi adeguate che buone pratiche per la tutela e l'assistenza dei minorenni, anzi si rileva a volte un difetto nel garantire l'attuazione delle normative vigenti;
    è necessario assicurare ai minorenni oggetto di violenze o che assistono ad atti di violenza nell'ambito famigliare o nelle scuole o nei quartieri dove vivono l'assistenza terapeutica e il sostegno ad ampio raggio, fondamentale per curare le conseguenze sia psicologiche che patologiche delle violenze ai quali hanno assistito o sono stati soggetti;
    si assiste in Italia, a fronte di episodi di violenza sui minori sui quali la pubblica opinione pone sempre più attenzione, alla insufficiente presenza di un sistema adeguato di protezione e tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, strettamente collegata al tema della carenza di risorse necessarie a rendere effettive, uniformemente sull'intero territorio, le attività previste da provvedimenti legislativi;
    il codice penale non prevede una sezione appositamente dedicata in modo specifico alla tutela dei minori; infatti, le fattispecie di reato che li riguardano sono previste in più articoli spesso riferibili anche agli adulti in modo indifferenziato; appare quindi evidente che la protezione del minore vittima del reato, in sede penale, non è organica, quando la tutela del minore dovrebbe imporre una disciplina specifica e omogenea,

impegna il Governo:

1) a sostenere, per quanto di competenza, la nomina di Garanti per l'infanzia e l'adolescenza in tutte regioni che abbiano la piena possibilità di svolgere le proprie funzioni con dotazione di personale, sedi, mezzi e strumenti adeguati e necessari per l'espletamento delle loro funzioni;

2) a promuovere ulteriori attività, programmi e finanziamenti finalizzati al contrasto della povertà in ambito famigliare e urbano che spesso rappresentano il contesto di atti di violenza sui minori;

3)  ad adottare iniziative per garantire, di concerto con le regioni e l'Anci, l'attivazione uniforme su tutto il territorio nazionale, adeguatamente finanziata, di una rete di servizi di prossimità all'infanzia coinvolgendo le istituzioni scolastiche, i servizi sociali e sanitari e l'associazionismo, al fine di garantire la conoscenza immediata di situazioni di abuso e maltrattamento dei minori;

4) ad adottare iniziative per prevedere, di intesa con la Conferenza delle regioni e l'Anci, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale servizi con equipe specializzate per il trattamento dei minori vittime di violenze o maltrattamenti, prevedendo altresì che tali servizi siano inseriti all'interno dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) da garantire a bambini ed adolescenti su tutto il territorio nazionale;

5) ad assumere iniziative, d'intesa con la Conferenza delle regioni e con l'Anci per l'attivazione di programmi di formazione permanente anche con il coinvolgimento dei Garanti regionali per l'infanzia;

6) a valorizzare le buone pratiche a livello territoriale attraverso il sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, accessibile a tutti e aggiornato periodicamente;

7) a sviluppare, di concerto con i Garanti regionali dell'infanzia, una periodica, ampia e capillare azione informativa sui diritti dei minori e degli adolescenti che si riferisca e tutti gli ambiti di vita dei minori, a partire dagli ambiti famigliari e quelli scolastici, anche in riferimento agli strumenti giuridici e alla rete territoriale attivabile in caso di necessità a tutela dei minorenni vittime di violenza; 

8) ad adottare iniziative per la modifica del Codice penale al fine di introdurre i reati di maltrattamento contro i minorenni compresa la violenza assistita che si verifichi nei confronti di figure di attaccamento significative per il minorenne, elemento sostanzialmente già segnalato in pronunce della Corte di Cassazione;

9) ad adottare iniziative per riavviare in tempi brevi l'attività dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, nonché l'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e l'Osservatorio nazionale sulla famiglia.
(1-00207) «Rostan, Fornaro».


   La Camera,
   premesso che:
    la violenza sui minori è un tipo di violenza particolarmente esecrabile perché commessa a danno dei soggetti più deboli e indifesi – sia sotto il profilo fisico che sotto quello psicologico – della nostra società;
    i dati dimostrano come la violenza sui minori sia drammaticamente in aumento e spesso, fattore ancora più inquietante, i responsabili di queste violenze sono i genitori;
    il dossier di Terre des hommes, edito in occasione della Giornata mondiale delle bambine celebrata lo scorso 11 ottobre, ha evidenziato come nel sessanta per cento dei casi siano loro le vittime di abusi e violenze, e come, complessivamente, siano più di 1.700 ragazzini maltratti in famiglia;
    stando al dossier in Italia nel 2017 sono stati vittime di violenze, 5.788 minori con un aumento dell'8 per cento rispetto al 2016 e del 43 per cento rispetto a dieci anni fa, quando erano 4.061;
    il dossier ha certificato anche l'aumento delle violenze sessuali, le cui vittime, per l'84 per cento femmine, sono aumentate del 18 per cento rispetto al 2016; in forte crescita sono anche i minori vittime di reati legati alla pedopornografia, la cui produzione coinvolge per l'84 per cento bambine e ragazze;
    il reato con maggior numero di vittime, tuttavia, rimane il maltrattamento in famiglia: 1.723 bambini in un solo anno (+6 per cento);
    pochi giorni fa nella stessa giornata sono morte una bimba di otto mesi e una bimba di due anni, entrambe per mano dei propri genitori;
    in occasione della recente presentazione a Montecitorio, alla presenza anche del Presidente della Repubblica, della relazione annuale dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, è stato stigmatizzato come a fronte di un deciso aumento dei fenomeni di violenza sui minori il sistema non riesce a garantire adeguati strumenti di protezione;
    la Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, ratificata dall'Italia il 27 maggio 1991 con la legge n. 176, ha trasformato bambini e ragazzi da oggetto di protezione, quindi con un ruolo passivo, a soggetti titolati di diritto, legittimandoli, quindi, come soggetti attivi titolati di diritti e capaci di essere ascoltati;
    ciononostante, come evidenziato dalla relazione del Garante, sono ancora troppi i casi di bambini maltrattati e uccisi da chi li avrebbe dovuti proteggere, ed è dunque indispensabile approntare gli strumenti volti a intercettare prima le situazioni di fragilità, soprattutto nei contesti familiari;
    inoltre, il Garante ha messo in luce l'esigenza di una raccolta di dati costante e aggiornata sul fenomeno dei maltrattamenti e delle violenze, e la necessità che a fronte della frammentazione di competenze e di livelli territoriali di gestione sia adottata, invece, una strategia generale, che preveda anche attività di formazione di chi opera a contatto con l'infanzia per intercettare i segnali di violenza e segnalarli, nonché la garanzia di cure specialistiche, sostegno e protezione adeguati per i minori che abbiano subito violenze;
    nel gennaio del 2018 è stata approvata la legge n. 4 del 2018 sugli orfani dei crimini domestici, definiti quale «categoria dei figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti che siano rimasti orfani di un genitore a seguito di un omicidio commesso dal coniuge di questi, anche legalmente separato o divorziato, o dall'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione civile è cessata, o dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza»;
    la legge ha previsto alcuni benefici economici a valere sulle risorse del fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici, demandando ad un regolamento ministeriale che avrebbe dovuto essere emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di «stabilire i criteri e le modalità per l'utilizzazione delle risorse»;
    tale regolamento non è ancora stato adottato,

impegna il Governo:

1) a promuovere campagne nazionali di informazione, prevenzione e sensibilizzazione in materia di violenza e abuso psicologo e fisico nei confronti di minori, anche con particolare riguardo ai contesti scolastici ed educativi, alle strutture socio-sanitarie e, altresì, presso i pediatri e i medici di base;
2) ad attuare le opportune iniziative per riavviare tempestivamente l'attività dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pedopornografia minorile, dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e sull'adolescenza e dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia;
3) a favorire la definizione di linee guida, in funzione della classificazione della violenza nei confronti di minori, così da promuoverne la divulgazione attraverso tutti i mezzi di informazione e comunicazione, anche mediante le nuove tecnologie, al fine di accrescere la consapevolezza generale e sostenere l'azione di protezione ed intervento sociale;
4) a promuovere il potenziamento della rete territoriale dei servizi sociali, attraverso la dotazione di personale specializzato, di psicologi e assistenti sociali, mediante lo stanziamento di risorse economiche adeguate;
5) ad assumere iniziative per potenziare le attività e gli strumenti investigativi in dotazione alle forze dell'ordine al fine di garantire il contrasto dell'abuso e del maltrattamento a danno dei minori, con particolare riguardo alle condotte di adescamento tramite la rete internet ed i social network;
6) in relazione a quanto segnalato in premessa, a favorire la piena attuazione della Convenzione di Istanbul, ratificata nel 2013 dalla legge n. 77, in merito alla prevenzione, alla protezione della vittima e alla certezza della pena, oltre che agli interventi di cura e riabilitazione della persona minore vittima di abuso e maltrattamento;
7) ad assumere iniziative per dare piena attuazione alle indicazioni contenute nella Convenzione di Lanzarote ratificata nel 2012 con la legge n. 172, con particolare riguardo alle strutture giudiziarie, socio-sanitarie ed amministrative;
8) ad adottare con urgenza il regolamento di attuazione della legge n. 4 del 2018 al fine di consentire alle vittime l'effettivo accesso ai benefici economici riconosciuti dalla normativa introdotta.
(1-00208) «Bellucci, Lollobrigida, Meloni, Deidda, Ferro, Acquaroli, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Fidanza, Foti, Frassinetti, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».