XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 213 di martedì 23 luglio 2019
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA
La seduta comincia alle 9,30.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
SILVANA ANDREINA COMAROLI, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascari, Battelli, Bitonci, Borghese, Cancelleri, Covolo, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Grimoldi, Liuzzi, Lorenzin, Lupi, Paolo Russo, Schullian e Vitiello sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente novanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Enrico Borghi. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI (PD). Grazie, Presidente. Buongiorno, chiediamo di poter intervenire sull'ordine dei lavori alla luce di una dichiarazione resa nella giornata di ieri dal Presidente della Camera, con riferimento ad una richiesta, ad una reiterata richiesta, del gruppo del Partito Democratico, tendente a richiedere la presenza del Ministro dell'Interno in quest'Aula.
Prendiamo atto dalle agenzie - ho qui un'agenzia delle ore 16,42 - che il Presidente Fico ha dichiarato di non avere ancora risposte dal Viminale e ha aggiunto una sua chiosa, della quale lo intendiamo ringraziare, e cioè che non venire è una mancanza di rispetto, che, per la verità è, come dire, una dichiarazione quasi da minimo sindacale, cioè sotto questo profilo ci sembra quasi pleonastico questo tema.
Nella dichiarazione resa dal Presidente Fico, che noi chiediamo venga fatta in quest'Aula alla ripresa dei lavori, perché riteniamo che sia nella normalità dei rapporti tra il Presidente e l'Aula che, quando i gruppi forniscono delle richieste di informative e reiteratamente intervengono sull'ordine dei lavori, alla fine vi sia anche una risposta formale, noi prendiamo atto naturalmente di quelle che sono le prese di posizione attraverso i mezzi di comunicazione di massa, ma vi è anche un rispetto di una forma, che è sempre rispetto della sostanza, che deve essere salvaguardata.
Quindi, signora Presidente, chiedo, per il suo tramite, di poter avvisare il Presidente Fico che noi chiediamo che venga in Aula alla ripresa dei lavori pomeridiani e ci comunichi formalmente qual è lo stato dell'arte in ordine alla nostra richiesta. Anche perché, nella dichiarazione che ieri il Presidente ha reso, parlando a Napoli a margine di un'altra iniziativa a proposito dell'informativa del Ministro Salvini richiesta dall'opposizione sul cosiddetto Russia Gate, il Presidente ha dichiarato di non avere, o meglio di avere ricevuto solo una risposta ufficiale dal Ministro per i Rapporti con il Parlamento, che dice che non ha ancora ricevuto risposta dal Viminale.
Ora, siamo nella seguente situazione: all'interno del Governo della Repubblica, proteso a litigare su tutto, che utilizza qualsiasi tematica che arriva all'attenzione dell'opinione pubblica per lanciarsi frecciate, messaggi obliqui e attacchi, è di ieri questa vicenda incredibile del blocco dell'Italia dal punto di vista del tentato attentato o del minacciato attentato, lo vedremo, anarchico, che ha paralizzato il nostro Paese, e su questo i Ministri Salvini e Toninelli, anziché cercare di risolvere il problema, non hanno trovato nulla di meglio che litigare fra loro, a riprova, evidentemente, che è in atto una dialettica, chiamiamola così, tendente al rimpasto all'interno dell'Esecutivo.
Bene, questi signori, non perdono occasione per litigare fra loro, per mandarsi tweet, per scriversi attraverso agenzie, nel momento in cui questo Parlamento è chiamato a dover affrontare non una questione di carattere generico, no, un provvedimento presentato qui dal Ministro dell'Interno; Ministro dell'Interno sul quale grava il sospetto pesantissimo che possa essere condizionato da una potenza straniera che non appartiene al nostro sistema di difesa, che non appartiene al nostro sistema di alleanze.
È così scandaloso che questo Ministro, mentre noi stiamo affrontando un provvedimento che ha sullo sfondo questo tipo di dubbio, non debba venire qui e, addirittura, non risponda neppure ad un suo membro dell'Esecutivo. Crediamo che questo la dica lunga sulla situazione che vi è all'interno del Governo, ma questo lo riprenderemo in altra sede.
Concludo il mio intervento, signor Presidente, per formalizzare nuovamente questo tema, ovviamente per stigmatizzare la questione, perché, come ho già detto ieri, l'atteggiamento del Partito Democratico in ordine al prosieguo dei lavori del decreto sicurezza sarà direttamente proporzionale a quello che riteniamo uno sfregio alle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Prendo atto della sua richiesta, sarà mia cura naturalmente inoltrarla al Presidente della Camera.
Discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale: Bruno Bossio; Ceccanti; Brescia ed altri; Meloni ed altri: Modifica all'articolo 58 della Costituzione in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica (A.C. 1511-1647-1826-1873-A) (ore 9,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale nn. 1511-1647-1826-1873-A: Modifica all'articolo 58 della Costituzione in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione generale è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 19 luglio 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 19 luglio 2019).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 1511-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Ceccanti.
STEFANO CECCANTI , Relatore. Grazie, Presidente. Io faccio prima qualche osservazione di metodo. Per quanto sia difficile, in questo periodo e in questi giorni, separare l'attività legislativa ordinaria, che divide nettamente la maggioranza dall'opposizione, da un'attività costituzionale, dove invece questa frattura dovrebbe avere meno rilievo possibile, noi abbiamo il dovere politico e istituzionale di distinguere nettamente, così come all'Assemblea costituente erano nettamente distinte le sessioni in cui si dibatteva secondo l'asse maggioranza-opposizione il rapporto fiduciario rispetto al Governo, dai momenti in cui la stessa Assemblea votava sulla Costituzione.
Non è facile perché l'Aula è la stessa, noi siamo le stesse persone e, quindi, sdoppiarsi è obiettivamente un esercizio quasi ascetico, direi, che ciascuno di noi è chiamato a fare, però questo è nostro dovere e noi intendiamo farlo con rigore.
Questo - lo dico per coloro che ci seguono anche ai fini del dibattito di questi giorni - non significa affatto che, quando si cercano accordi sulla materia costituzionale, si facciano prove di intese per possibili diverse maggioranze di Governo. I terreni restano rigorosamente distinti e separati. Si possono benissimo trovare isolati accordi sulle questioni costituzionali, senza che questo tocchi minimamente gli aspetti della collocazione presente o futura rispetto agli equilibri di Governo. Questo è quanto penso dovesse essere affermato in partenza per evitare possibili equivoci.
Ora, per quanto concerne il criterio che ci ha guidato in questo “mini accordo” che è stato fatto in Commissione - “mini” perché si tratta di un'intesa puntuale e chirurgica, al momento, sull'allineamento dell'elettorato attivo a 18 anni al Senato rispetto alla Camera, ma noi vorremmo anche che questo accordo fosse esteso all'elettorato passivo e ci ritornerò a breve - questo tipo di accordo da che cosa nasce? Nasce da una lettura delle differenze Camera-Senato, che ci sono e che possono anche essere ampliate, ma devono giustificarsi sul fatto che la differenziazione aiuta la rappresentanza, cioè la differenziazione consente una rappresentanza più articolata. Quindi, se la differenziazione aiuta a differenziare e a rendere più ricca la rappresentanza, la differenziazione è giusta e ne va inserita ulteriore. Se, invece, la differenziazione comprime la rappresentanza e riduce i margini dei cittadini, questa differenziazione va eliminata.
In questo senso, si muove l'allineamento dell'elettorato attivo, che corrisponde a due esigenze: la prima esigenza è l'esigenza per la quale, in un Paese a democrazia avanzata, sette classi di età, 18-25 anni, di cittadini adulti maggiorenni non possono votare a tutt'oggi per una Camera che dà la fiducia al Governo, e quindi i diciotto-venticinquenni vedono il loro diritto politico fondamentale all'elettorato ristretto in maniera palesemente irragionevole, perché non ci sono motivazioni di alcun tipo che possano giustificare una restrizione della rappresentanza, in quanto questa è solo una differenziazione che va nel senso della restrizione della rappresentanza.
La seconda motivazione per la quale la riforma è utile è un ragionamento di razionalità di sistema: finché le due Camere danno tutte e due la fiducia al Governo, far sì che sette classi di età votino solo da una parte e non dall'altra aumenta in maniera sproporzionata le possibilità di maggioranze incoerenti tra una Camera e l'altra e, quindi, aumentano le difficoltà di formazione e di tenuta dei Governi, che sono comunque irragionevoli chiunque si trovi momentaneamente a beneficiare del voto dei diciotto-venticinquenni o chiunque si trovi al Governo. Queste sono le ragioni di fondo. Tali ragioni dovrebbero portare - invito gli altri gruppi a farlo - anche a fare un passo avanti sul tema dell'elettorato passivo, perché anche la differenziazione dell'elettorato passivo è una differenziazione che va nel senso della restrizione della rappresentanza: perché privarci al Senato della Repubblica della possibilità di eleggere persone di fasce di età analoghe a quelle che possono invece essere presenti alla Camera dei deputati? Un correttivo per così dire “aristocratico”, lo dico tra virgolette, è già dato dalla possibilità di nominare i senatori a vita e dai senatori di diritto; non c'è bisogno di comprimere ulteriormente dal punto di vista dell'elettorato passivo. Su questo invitiamo tutti a riflettere perché siamo convinti che, se riflettiamo insieme, forse potremmo trovare una soluzione più avanzata. In fondo a tutto e atto a spiegare tale ragionamento sta uno dei testi più importanti sul nostro bicameralismo che fu scritto nella Rivista trimestrale di diritto pubblico dall'attuale Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale spiega benissimo, ripercorrendo i lavori dell'Assemblea costituente in questo suo saggio, che le differenze tra Camera e Senato in buona parte furono dovute non a un disegno positivo ma alla bocciatura di disegni positivi, quali l'idea del monocameralismo, l'idea di un bicameralismo più nettamente differenziato. Per cui per così dire il bicameralismo che ne risultò con i suoi elementi differenziali fu più un disegno in negativo per la bocciatura di altri disegni che non per una costruzione in positivo. Dunque, ogni volta che ci avviciniamo al tema del bicameralismo, dobbiamo vedere se le differenze che ci sono e che vogliamo inserire aprono o chiudono: se aprono, le confermiamo e le aumentiamo; se chiudono, le riduciamo o le eliminiamo. Questa dovrebbe essere la traccia anche del dibattito sul punto che è rimasto aperto sull'elettorato passivo che affido a tutti i nostri colleghi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Corneli.
VALENTINA CORNELI, Relatrice. Grazie, Presidente. Allora innanzitutto voglio confermare il totale accordo con il relatore rispetto al presupposto metodologico che, tra l'altro, è quello che noi sin dall'inizio come maggioranza abbiamo spiegato in ogni sede. La Costituzione non ha nulla a che vedere o quasi nulla a che vedere con il rapporto maggioranza-opposizione perché la Costituzione non è di proprietà della maggioranza, ma la Costituzione è di tutti e quindi il mini-accordo che abbiamo raggiunto in Commissione con il Partito Democratico è sicuramente un esempio pratico di quello che, sin dall'inizio, la maggioranza ha voluto esplicitare e ha voluto anche con un certo orgoglio rivendicare.
Per quanto riguarda il merito della questione, invece, come ha spiegato il relatore, c'era un totale accordo sulla parte relativa all'elettorato attivo, mentre non c'era accordo sulla parte relativa all'elettorato passivo perché noi, come abbiamo anche spiegato in Commissione, riteniamo che vi sia un presupposto concettuale e anche tecnico-giuridico diverso. Una questione è eleggere, una questione è formare la volontà dello Stato, perciò l'elettorato passivo e attivo non possono essere messi completamente sullo stesso piano tant'è che i nostri padri costituenti hanno previsto età diverse per quanto riguarda appunto elettorato passivo ed elettorato attivo; differenza che noi vogliamo conservare proprio perché, ripercorrendo i lavori dell'Assemblea costituente, abbiamo visto come c'è stato sicuramente un lungo dibattito anche in negativo nel quale sono state rigettate molte proposte portate avanti da Mortati che voleva fortemente tale differenziazione. Ricordo, sia in seno alla Commissione Forti, presieduta da Ruini, sia successivamente poi nella seconda sottocommissione, l'equilibrio che è venuto fuori comporta comunque risvolti importantissimi che riguardano gli equilibri istituzionali - non neghiamolo - sia per quanto riguarda il rapporto tra Parlamento e Governo sia per quanto riguarda la funzione di “raffreddamento” in un certo senso, così come l'aveva definita proprio Mortati, della seconda Camera, che deve fungere in qualche modo anche da Camera di compensazione rispetto alla prima.
Quello che poi mise tutti d'accordo fu sostanzialmente questo. Le sinistre, che non volevano il bicameralismo e quindi spingevano per il monocameralismo, non accettavano il fatto che la seconda Camera potesse in qualche modo correggere la prima che, invece, era eletta a suffragio universale e diretto. Ma noi correggiamo tale distorsione a monte: adesso entrambe le Camere sono elette a suffragio universale e diretto. È importantissimo: voglio sottolinearlo. Adesso, in ossequio all'articolo 48, grazie al testo unificato in esame che speriamo di riuscire il prima possibile ad approvare, poniamo assolutamente sullo stesso piano le due Camere in ossequio all'articolo 48 della Costituzione, che definisce elettore chiunque abbia raggiunto la maggiore età. Quindi tutti i maggiorenni potranno votare entrambe le Camere ed entrambe le Camere saranno elette a suffragio universale e diretto: adesso è chiaro, è un risultato molto importante che elide una distorsione con cui tali istituzioni hanno dovuto avere a che fare per fin troppi anni con differenze di maggioranza tra una Camera e l'altra che hanno creato non pochi problemi e che non avevano a monte alcuna ragione né storica né giuridica ormai più sostenibile; a maggior ragione, dopo la legge 8 marzo 1975, n. 39 che ha ridotto la maggiore età che prima si raggiungeva a 21 anni e adesso si raggiunge a 18 anni. Davvero non aveva più alcun senso: è una distorsione che finalmente possiamo eliminare e dobbiamo eliminare. Sono molto felice che tale accordo sia stato raggiunto e abbiamo dimostrato che la Costituzione è di tutti e che si possono fare scelte che sono volte al bene delle nostre istituzioni che dobbiamo preservare, dobbiamo garantire, di cui dobbiamo implementare e migliorare il funzionamento senza in alcun modo però - voglio ripeterlo e sottolinearlo - senza in alcun modo andare a compromettere i delicati equilibri istituzionali e costituzionali che ci sono stati lasciati in eredità dai nostri padri costituenti.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
È iscritta a parlare l'onorevole Calabria. Ne ha facoltà.
ANNAGRAZIA CALABRIA (FI). Grazie, Presidente Carfagna. Onorevoli colleghi, l'assenza di ricambio generazionale in Italia resta uno dei dati più allarmanti degli ultimi decenni. La fotografia scattata dall'ultimo report dell'Istat sugli indicatori demografici che delineano le stime per l'anno 2018 evidenzia chiaramente un conflitto generazionale che si misura in stile e qualità della vita con i giovani e i giovanissimi inchiodati a un ascensore sociale che non accenna a decollare. I ragazzi escono sempre più tardi dalla famiglia di origine e del resto, se guardiamo gli indicatori della povertà assoluta che risultano più che raddoppiati negli ultimi dieci anni, l'indicatore tocca il massimo proprio tra i minorenni, tra i giovani tra i 18 e i 24 anni, per i quali si registra il maggiore incremento degli ultimi anni. Un Paese per vecchi insomma, secondo al mondo per longevità soltanto al Giappone con meno bambini, mamme più mature, cittadini più anziani: oltre 2 milioni hanno superato gli 85 anni. In questo scenario emerge chiaramente come la maggior parte dei giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni vive intrappolata in uno stato di ansia, di perenne preoccupazione. C'è disagio tra i giovani perché lo Stato non è più in grado di occuparsi di loro, perché lo Stato non è più in grado di garantire loro un futuro. Le giovani generazioni di oggi saranno le prime ad essere le più povere di quelle precedenti: è la grande sfida che noi tutti abbiamo davanti e, alla radice dell'allarme lanciato da migliaia di giovani che cercano lavoro e migliori condizioni per realizzarsi, vi è senza dubbio un'economia stagnante unita ad una situazione di incertezza individuale e collettiva. Le università italiane preparano generazioni di giovani che poi lasciano l'Italia andando altrove per realizzarsi tanto che, secondo uno studio recente dell'Istat, i laureati in termini percentuali emigrano più della media di coloro che non lo sono. Non c'è da stupirsi quindi se, alla luce di questo breve excursus, si sia diffuso anche tra le generazioni più giovani un sentimento di disaffezione nei confronti della politica che ha prodotto come primo effetto una drastica diminuzione della partecipazione al voto.
Non è un caso che nelle ultime elezioni nazionali, il 4 marzo 2018, il 40,9 per cento dei giovani ha dichiarato, secondo un sondaggio dell'Istituto Toniolo, di essersi recato alle urne senza una solida convinzione; il 22,2 per cento si è trovato a scegliere alla fine il “meno peggio”, tra virgolette, e il 18,7 per cento a votare soprattutto per non far prevalere altre forze politiche considerate dannose per il Paese.
Alla scarsa partecipazione al voto, che rappresenta ovviamente un gravissimo segnale da non sottovalutare, si deve aggiungere un altro aspetto di fondamentale importanza: la consapevolezza dei cittadini di non poter determinare le decisioni politiche pur esercitando il diritto di voto.
Ancora oggi, dopo 70 anni di Repubblica, i pieni diritti elettorali sono negati in Italia a 4 milioni e mezzo di cittadini, quelli che hanno tra i 18 e i 24 anni di età e che non possono - non possono - eleggere i senatori. Lo sbarramento del venticinquesimo anno nega i pieni diritti civili proprio a quei milioni di giovani che più di tutti gli altri subiscono le conseguenze di un sistema politico ed economico - lasciatemelo dire - in un certo modo dominato dagli anziani, e al contempo diminuisce la fiducia nella partecipazione politica.
Il dato che ci deve fare riflettere è che, a dispetto di tutto, in un'epoca di paure e di profonde incertezze, emerge che i giovani, stanti le difficoltà legate al mercato del lavoro e alla ricerca di una piena autonomia rispetto al nucleo familiare di origine, partecipano attivamente alla vita della comunità locale, ora impegnandosi direttamente a livello comunale, ora portando avanti esperienze del mondo del volontariato o anche dei comitati cittadini.
D'altro canto, i giovani sono consapevoli del fatto che è solo attraverso l'impegno politico nei partiti del comune di riferimento che è possibile cambiare lo status quo. Questo perché il comune rappresenta un po' il motore dello sviluppo del territorio, ma è anche l'istituzione più prossima al cittadino e in grado di rispondere in modo più efficace alle sue necessità. Gli enti locali, in particolar modo i comuni, incentivano la partecipazione politica e sociale dei giovani rispetto al Governo nazionale, che ancora oggi rappresenta per molti un luogo distante e difficile da conoscere.
A fronte di tutto questo, già con la riforma della Parte II della Costituzione, approvata durante il Governo Berlusconi ma non confermata dal referendum del 2006, si interveniva sui limiti dell'elettorato attivo e passivo. Il progetto si inseriva nell'ambito di una riforma complessa, in cui l'esigenza di accompagnare l'istituzione di organi rappresentativi delle istanze territoriali era bilanciata da un rafforzamento dell'organo di vertice esecutivo.
In tale contesto, il nuovo testo dell'articolo 57 della Costituzione istituiva il Senato federale, composto da 252 senatori eletti a suffragio universale diretto, quindi da tutti gli elettori che hanno superato la maggiore età. Già in quegli anni che avevamo maturato l'idea di come l'evoluzione culturale e sociale rendesse anacronistico il vigente assetto costituzionale, che delinea diversi limiti di età per l'elettorato attivo e l'elettorato passivo come elemento di differenziazione della Camera e del Senato in un bicameralismo perfetto, ci siamo resi conto che era necessario intervenire.
Tra l'altro, nei dibattiti della Costituente, già come ricordato dai miei colleghi, emerge chiaramente come tale differenziazione fu il frutto di un compromesso. Tale aspetto, insieme ad altri, era stato introdotto perché il Senato veniva concepito, pur nella novità dell'elezione diretta a suffragio universale, come una Camera di compensazione e di attenuazione dei possibili effetti distorsivi derivanti proprio dal suffragio universale. Si credeva che una Camera eletta da una base elettorale più anziana e composta da rappresentanti dunque più anziani avrebbe costituito un ulteriore elemento di equilibrio in un sistema istituzionale nel quale la paura del tiranno e delle dittature era ancora fortemente presente. Alcuni padri costituenti già all'epoca avevano denunciato gli elementi di tale assetto anche rispetto allo stesso articolo 48 della Costituzione, che con molta chiarezza, al primo comma, stabilisce che sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età, e nei commi successivi afferma che il voto è personale ed uguale, libero e segreto e che tale diritto-dovere civico non può trovare alcuna limitazione se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.
D'altro canto, gli stessi costituenti, legando il voto al compimento della maggiore età e non fissando la definizione di questa in Costituzione ma affidandola bensì alla libera determinazione del legislatore con legge ordinaria, volevano appunto implicitamente affermare il carattere evolutivo nella definizione di maggiore età intesa come capacità di agire.
Non a caso il legislatore è intervenuto, abbassando da 21 a 18 anni la maggiore età, con la legge n. 39 del 1975, ed è noto come la maggiore età e acquisizione del diritto di voto cambino da Paese a Paese.
A ciò si aggiunge che l'abbassamento dell'elettorato passivo a diciotto anni per il Senato permetterebbe di sciogliere una contraddizione tra l'attuale Carta costituzionale e il decreto legislativo n. 267 del 2000, che ha previsto l'abbassamento dell'età per l'elettorato passivo nelle amministrazioni locali. Esso, infatti, ha dato un'organica sistemazione alla disciplina dell'elettorato passivo negli organi dei comuni e delle province, prevedendo, all'articolo 55, la possibilità di eleggere sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale tutti coloro che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età. Paradossalmente, si può essere eletti a sindaco di un comune a 18 anni ma allo stesso tempo non si può esercitare il diritto di voto al Senato.
Allargando poi l'orizzonte alla prospettiva europea, la proposta di modifica costituzionale potrebbe essere collocata nell'alveo della strategia elaborata dall'Unione per sostenere i giovani nella maturazione di una coscienza civile sana e responsabile, e al contempo consentirebbe all'ordinamento italiano di allinearsi alle legislazioni degli altri Paesi europei. Infatti, la maggioranza degli Stati già prevede che si possa votare ed essere eletti al raggiungimento della maggiore età, senza fare alcuna distinzione non solo tra il diritto di voto attivo e passivo ma anche tra i diversi rami, laddove previsti, dell'organo legislativo.
Allo stesso tempo siamo convinti che dare i pieni diritti elettorali ai diciottenni non basti a curare la disaffezione nei confronti della politica. Le misure poste in essere da questo Governo, come reddito di cittadinanza e le esigue risorse stanziate per le politiche giovanili, non sono certo la strada giusta.
Per restituire un futuro ai nostri giovani serve la buona politica, quella con la “P” maiuscola, che non guardi all'interesse elettorale di corto respiro ma tracci una via di crescita, di sostegno alle buone idee dei nostri talenti, alla valorizzazione del merito.
Alla luce di quanto detto, fa riflettere come l'attuale Esecutivo sembri non percepire con la dovuta attenzione il pericolo che si cela dietro la disaffezione dei cittadini verso la cosa pubblica, le istituzioni e la politica.
L'obiettivo del Movimento 5 Stelle è quello di trasferire le competenze del Parlamento alle piattaforme informatiche, al famoso Rousseau. La volontà è quella di esautorare il Parlamento, di distruggere la democrazia rappresentativa per consegnarla allo strapotere del Governo e all'opaco consenso della rete. Dalla democrazia partecipata alla democrazia cliccata, mi verrebbe da dire, ovvero il più inquietante modello orwelliano: il totalitarismo di un Grande Fratello che manipola le coscienze, disarticola gli istituti della rappresentanza e dei corpi intermedi.
Noi riteniamo che sia necessario, invece, mettere al centro di una nuova stagione i giovani, che liberi - liberi! - da condizionamenti potranno restituire al nostro Paese una dignità civica attraverso una partecipazione attiva alla res publica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Berti. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BERTI (M5S). Presidente, prendo oggi la parola per commentare e per aprire il dibattito su quella che è la modifica dell'articolo 58 della Costituzione, sulle modalità di elettorato attivo del Senato.
Ci tengo a precisare che leggendo i lavori dell'Assemblea costituente emerge una prima cosa, cioè l'importanza della chiarezza della Costituzione, che deve servire da monito sia in questa sede che in tutte le sedi legislative. Infatti, nella presidenza De Vita emergeva che erano previsti molti requisiti per essere eletti a senatori, cosa che, invece, è stata cambiata, appunto prevedendo la formula dell'universalità del Senato, eletto in maniera universale e diretta; e ciò permette a noi oggi di essere qui e intervenire in maniera chirurgica - come è stato detto dai relatori - per trovare accordi su singoli punti della modifica costituzionale. Questo ce lo dobbiamo ricordare, come legislatori, in quanto ciò è possibile solo e soltanto perché nell'Assemblea costituente vi è stato un accordo su un testo chiarissimo, che permette poi un intervento chirurgico come questo.
Ovviamente il cuore di questa modifica è l'età, si parla appunto dell'età, e nonostante l'elettorato passivo e l'elettorato attivo sembrino due cose simili sono ovviamente due cose molto separate, perché quando si parla di formare e di eleggere i rappresentanti è cosa molto diversa dal far sì che poi quei rappresentanti siano eletti. Quindi, sono elementi collegati, ma sono due cose diverse.
Il punto è che, per quanto riguarda l'elettorato attivo, come è stato detto già prima di questo intervento, non c'è alcun motivo per il quale le due età devono essere diverse, se non il fatto, leggendo sempre i lavori della Costituente, che si trova molto materiale riguardo alla volontà della Costituente, alle intenzioni, anche alle sensazioni riguardo la capacità dei giovani di essere sia membri attivi sia anche di fare politica attiva. In un intervento si sottolinea come a 25 anni un uomo o una donna, appena usciti dall'università, non possono essere considerati pronti ad affrontare i problemi della vita politica nazionale; spesso non hanno nemmeno messo fuori il piede dalla loro provincia o dalla loro regione, e quindi non possiedono quel largo orizzonte di vedute è necessario al rappresentante del popolo dell'Assemblea nazionale. Oggi, 70 anni dopo, non dobbiamo dimenticare certamente queste considerazioni, ma il mondo è cambiato.
Sono caduti molti confini, per esempio, anche qui in Europa, grazie alla libertà di movimento, alla libertà di studio e anche grazie al programma Erasmus, e questo ha cambiato sostanzialmente la cultura di tantissimi giovani nel nostro Stato. Quindi, si ritiene eccessivamente alto il limite di età per eleggere i senatori a 25 anni, però non ci dobbiamo neanche dimenticare che, come è giusto che sia stato anche scritto nel dossier del nostro preziosissimo Servizio studi, dobbiamo anche guardare, però, non soltanto ai fattori dei diritti politici, cioè di elettorato attivo e passivo, ma dobbiamo anche guardare ai diritti economici. Se vogliamo far sì che in Italia ci siano i soliti diritti politici, come stiamo facendo adesso, dobbiamo anche guardare ai diritti economici, perché purtroppo in Europa noi abbiamo una situazione economica molto differente.
Non so se queste cose sono anche collegate, perché in Italia abbiamo il Senato e tuttora resterà così, dove c'è il requisito di elettorato passivo di 40 anni. Il requisito di elettorato passivo alla Camera è di 25 anni e questo sensibilmente allontana i giovani dalla politica, e ci dobbiamo chiedere se esista un impatto fra l'età dell'elettorato attivo e passivo nelle due Camere e anche poi la capacità delle Camere e dei Parlamenti di rappresentare e portare avanti gli interessi di una determinata fascia di età. Però è da segnalare che, per quanto noi giustamente cerchiamo di abbassare i limiti, con questo lo abbiamo fatto, ma era timido, però lo abbiamo fatto insieme, c'è ancora molto da fare, perché, nelle scorse legislature, siamo passati, nella XVI legislatura, da 92 deputati nella fascia di età 25-39 anni a ben 244 nella XVIII legislatura. Per i senatori uguale, sono raddoppiati i senatori nella fascia di età 40-49 anni, che è la fascia più bassa.
Quindi, questo vuol dire non solo le leggi, ma vuol dire anche i partiti che hanno un ruolo fondamentale nel selezionare e nel mandare avanti una classe politica - nel MoVimento 5 Stelle, lo ricordo, è a tempo determinato - però, ripeto, non si può completamente scollegare e pensare che, mettendo un requisito minimo, noi automaticamente faremo entrare giovani e li renderemo attivi nella vita politica, come voleva anche un progetto di riforma costituzionale della XVI legislatura, ma serve che i partiti e i movimenti in prima persona, che sono responsabili della selezione della classe parlamentare, si rendano conto della possibilità e dei difetti, ma anche dei pregi, di una generazione, che è quella dai 25 ai 40 anni, che noi vogliamo rendere sempre più attiva e noi, come MoVimento 5 Stelle, possiamo dire di esserne orgogliosamente la testimonianza.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bruno Bossio. Ne ha facoltà.
VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 ha visto - io dico purtroppo - la prevalenza dei “no” alla riforma costituzionale, ma questo è il dato che ha dato il Paese; aveva come obiettivo, però, quel referendum, il superamento del bicameralismo paritario. Oggi diventano inevitabili nuove discussioni, in parte ci sono state anche nuove decisioni, sul tema delle riforme costituzionali. Però questa discussione induce a un'attenta riflessione, per quanto si è già arrivato a un primo punto d'incontro, come ha detto il collega Ceccanti.
Com'è noto, l'Italia è uno dei pochissimi Paesi a conservare un sistema parlamentare bicamerale perfetto, con due Camere, la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica, che svolgono identiche funzioni legislative. In altri Paesi, infatti, le Camere svolgono funzioni differenziate oppure è prevista un'organizzazione istituzionale monocamerale. Il Senato italiano si ispira ai modelli delle cosiddette camere alte, presenti nei primi sistemi istituzionali liberaldemocratici, nati per lo più nell'Ottocento dalla crisi delle monarchie assolute dell'Ancien Régime. Le costituzioni o gli statuti concessi dai sovrani introducevano il principio dell'elettività della rappresentanza nazionale con le elezioni dei Parlamenti, ma mantenevano agli stessi sovrani alcune prerogative, tra le quali, appunto, la facoltà di nominare i membri delle camere alte. Questo breve excursus storico serve poi a giustificare il perché bisogna modificare profondamente, invece, sia l'elettorato attivo che quello passivo.
Il modello a cui ci si ispirava era quello inglese della Camera dei Lord, residuo dell'antica assemblea medievale, dove sedevano i rappresentanti della nobiltà e del clero. Anche il Regno d'Italia ispirava il proprio modello istituzionale a quello inglese. La camera alta assunse, pertanto, il nome di Senato, come quello dell'antica Roma, volendo indicare un organo rappresentativo dei saggi e degli anziani della nazione, dal latino senex, cioè anziano, e dal suffisso atus, che indica un ufficio o una dignità onorifica.
I componenti del Senato del Regno erano, infatti, nominati dal re e mantenevano la carica a vita. Era evidente, dunque, che questa Assemblea era stata pensata allo scopo di condizionare il potere e di limitare il peso della Camera eletta. Tuttavia, si deve osservare che, come era avvenuto per la Camera dei Lord in Gran Bretagna, anche il Senato italiano aveva subito un profondo e radicale ridimensionamento per il progressivo prevalere della Camera eletta nel processo legislativo, fino alla prassi, divenuta poi obbligo per il sovrano, di limitarsi a ratificare la proposta dei nuovi senatori. Appare pertanto assai comprensibile, e qui arriviamo all'Assemblea Costituente, e si ricordi il dibattito della Commissione dei settantacinque circa l'effettiva necessità di mantenere il Senato o, comunque, un bicameralismo paritario dopo la caduta del fascismo e della monarchia in Italia. La soluzione trovata, frutto anche del cambiamento del clima politica internazionale, coincidente con l'inizio della cosiddetta guerra fredda, fu il frutto di un compromesso.
Il Senato divenne una Camera eletta a suffragio universale diretto, ma che si differenziava dalla Camera dei deputati per alcuni elementi, tra i quali la diversa disciplina dell'elettorato attivo, fissato a 25 anni di età - alla Camera è prevista la maggiore età - e dell'elettorato passivo. Possono essere senatori i cittadini che hanno compiuto il quarantesimo anno di età, mentre alla Camera sono sufficienti 25 anni. Questo aspetto, insieme ad altri, era stato introdotto perché il Senato veniva comunque concepito, pur nella novità dell'elezione diretta a suffragio universale, come una camera di compensazione e di attenuazione dei possibili effetti distorsivi derivanti proprio dal suffragio universale. Si credeva che una Camera eletta da una base elettorale più anziana e composta da rappresentanti più anziani avrebbe costituito un ulteriore elemento di equilibrio in un sistema istituzionale nel quale la paura del tiranno e delle dittature era ancora fortemente presente.
L'evoluzione culturale e sociale italiana ha reso da tempo obsoleta questa norma - per questo la proposta del referendum costituzionale e il superamento del Senato così come è oggi -, e del resto molti padri costituenti ne avevano già denunciato gli elementi contraddittori anche rispetto allo stesso articolo 48 della Costituzione, che, con molta chiarezza, nel primo comma dichiara: sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. E nei commi successivi afferma che il voto è personale, eguale, libero e segreto e che tale diritto-dovere civico non può trovare alcuna limitazione, se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. D'altro canto, gli stessi costituenti, legando il voto al compimento della maggiore età e non fissando la definizione di questa in Costituzione, ma affidandola alla libera determinazione del legislatore, volevano implicitamente affermare il carattere evolutivo della definizione di maggiore età, intesa come capacità di agire.
Infatti, il legislatore è intervenuto nel 1975, con la legge n. 39, abbassando da 21 a 18 anni la maggiore età.
Per i primi ventisette anni di esperienza repubblicana la differenza di classi di età per l'ottenimento del requisito di elettorato attivo nell'elezione dei due rami del Parlamento era di quattro anni: dal 10 marzo la forbice anagrafica si è allargata di ben sette anni. Per questo è importante l'incontro che c'è stato sulla modifica della disciplina dell'elettorato attivo; tuttavia, mi pare altrettanto importante la modifica dell'elettorato passivo, così come previsto nelle proposte di legge di cui una a mia prima firma e l'altra dell'onorevole Ceccanti, anche per rispondere a un'indicazione politica, appunto, che l'elettorato italiano ha inteso fornire proprio con il referendum del 4 dicembre 2016.
Oggi, dunque, discutiamo la modifica dell'articolo 58 della Costituzione soltanto per modificare, però, l'elettorato attivo del Senato della Repubblica. La disciplina dell'elettorato attivo per l'elezione dei due rami del Parlamento produce, però, degli effetti, in particolare sulla differenza di platea elettorale, che sono in contrasto con il principio costituzionalmente garantito, come ho già detto, dell'eguaglianza del voto, espresso dall'articolo 48 della Costituzione. Abbassare, quindi, la soglia per l'elettorato attivo è sembrato a tutti noi un atto dovuto, una questione che deriva dal concetto stesso di democrazia parlamentare rappresentativa. Se i senatori legiferano anche per la fascia dai 18 ai 24 anni, ovvero, appunto, per quattro milioni di persone, perché questi ultimi non possono votare chi deciderà per loro? Ma la domanda è, ancora, perché non possono anche legiferare per loro. In altre democrazie europee, del resto, anche il voto degli under 18 è già una realtà. In Scozia ma anche in Austria, così come in Germania, il voto ai sedicenni e ai diciassettenni è garantito nelle elezioni dei Parlamenti di alcuni Länder. Non capiamo, allora, a questo punto, davvero, perché non si voglia procedere anche con la modifica dell'elettorato passivo. Noi abbiamo già presentato un emendamento in Commissione Affari costituzionali - e lo riproporremo in Aula - che non solo riconosce il voto ai diciottenni ma anche la possibilità di essere eletti a 25 anni al Senato, invece degli attuali 40, difendendo in questo modo - e non mi pare che gli argomenti portati anche in questa discussione dai colleghi del MoVimento 5 Stelle ne abbiano spiegato il motivo - una concezione antiquata e superata della composizione del Senato come Camera alta, non più attuale, secondo la quale è solo l'età a fare l'esperienza. Sarebbe davvero incomprensibile mantenere differenze per le elezioni della Camera dei deputati e di tutti gli altri livelli istituzionali del Paese - anche i comuni e le regioni - tali da determinare nei fatti un'evidente contraddizione con l'altro principio che ho già più volte citato, ossia quello dell'uguaglianza del voto.
Ecco, mi rivolgo soprattutto ancora una volta al MoVimento 5 Stelle: perché alla prova dei fatti non dimostrate mai tutto il coraggio che serve per fare delle scelte veramente di cambiamento? Noi vi sfidiamo ad accogliere la modifica dell'elettorato passivo e a dare a milioni di giovani, oggi coinvolti a metà, i pieni diritti politici. In gran parte delle democrazie ciò avviene già, mentre sono rari i casi in cui l'elettorato passivo è tenuto ferma a quarant'anni (insieme all'Italia solo la Repubblica Ceca e la Romania a 33 anni). Avete già sprecato l'occasione quando è stato bocciato il nostro emendamento e non vi rendete conto quanto sia importante questa occasione, non solo per rendere più omogenee le Camere e, di conseguenza, più stabili i Governi, ma anche per riconoscere non solo a parole ma con i fatti la centralità di una generazione di giovani italiani e italiane che ha le idee chiare e che è persino più informata della media dei propri coetanei europei, ed è molto più propensa al voto, stando ai sondaggi effettuati nelle ultime elezioni europee del 2019. Sono giovani che fanno già politica nel senso più alto, cioè quello dell'ideale, elettori che meritano maggiore considerazione, maggiore spazio e un'adeguata rappresentanza istituzionale.
Vi riempite la bocca di ricambio generazionale dei partiti ma, di fatto, state impedendo ai ragazzi e alle ragazze di essere il ricambio generazionale. Forse a voi sembrerà normale, ma l'Italia è uno dei pochi Paesi al mondo nel quale non tutti gli adulti, ma solo quelli dai 25 anni in su, eleggono metà del Parlamento e quindi determinano il Governo, che non può essere in carica senza la fiducia del Parlamento, e partecipano soprattutto alla capacità di legiferare. Decidete di negare, dunque, la possibilità di avere una propria voce all'interno di un'istituzione fondamentale della Repubblica a un'intera generazione e non si sa per quanto tempo ancora.
Non trovate ingiusto escludere parte dei giovani dal processo partecipativo e democratico in un'Italia che invecchia inesorabilmente e dove la metà degli elettori ha più di cinquant'anni ed esercita, quindi, un peso sempre maggiore nelle decisioni per le generazioni future? Dove i sindacati e i partiti dei pensionati difendono, giustamente ed efficacemente, gli interessi degli anziani mentre i giovani non hanno alcuna rappresentanza del genere, in un Paese che avrebbe bisogno di energie vitali e spinta al cambiamento?
È una rivoluzione generazionale che ci chiedono nel Paese europeo tra i più in basso nell'indice di giustizia tra generazioni. L'indice è composto da quattro indicatori: debito pubblico per ogni minorenne, povertà giovanile, spesa sociale pro capite per gli anziani divisa per il resto della spesa sociale e impronta ecologica pro capite. Secondo gli autori di questo indice, i Paesi dell'OSCE prosperano in buona parte a spese dei loro giovani e delle generazioni future. Mentre la disoccupazione giovanile continua ad attestarsi al 32 per cento e nel Sud al 50 per cento, è paradossale che proprio i più colpiti non siano autorizzati a essere eletti in metà del Parlamento e, quindi, a contribuire a determinare il Governo. Allora, la scelta davvero coraggiosa è una sola: coinvolgere nella governance questa generazione esclusa, dandole modo di influenzare i processi decisionali in prima persona.
Concludo. In una fase in cui la politica sembra prevalere negli insulti reciproci, nel fango sparso a piene mani sull'avversario e il populismo sublima le pulsioni peggiori dei cittadini elettori, ci sono i giovani che vogliono perseguire un ideale e hanno il sogno di cambiare questa società con la forza dei valori. Questo è un bene prezioso che non va disperso nell'interesse di tutti, perché soltanto i giovani, con l'energia delle loro convinzioni e con la pratica coerente della loro visione della società, possono dare il colore giusto al cambiamento necessario di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Forciniti. Ne ha facoltà.
FRANCESCO FORCINITI (M5S). Grazie, signora Presidente. Iniziamo, dunque, oggi l'esame in Aula, dopo il lavoro proficuo svolto in Commissione, di questa proposta di legge con cui vogliamo garantire e riconoscere il diritto all'elettorato attivo anche per il rinnovo del Senato della Repubblica a quei giovani di età compresa fra i 18 e i 24 anni che ad oggi possono contribuire, appunto, al rinnovo della Camera dei deputati ma non a quello del Senato della Repubblica, ciò a causa dell'attuale formulazione dell'articolo 58 della Costituzione, che fissa, appunto, in 25 anni il limite di età da raggiungere per poter acquisire anche il diritto all'elettorato attivo per il Senato della Repubblica.
Lo vogliamo fare con un intervento mirato e chirurgico che tocca solo l'articolo 58 della Costituzione, appunto, proseguendo, quindi, quella stagione di discontinuità con la vecchia stagione delle riforme costituzionali, che secondo noi deve prevedere un approccio diverso alla Costituzione, un approccio più rispettoso, più sobrio e anche più trasparente e più chiaro nei confronti dei cittadini, fatto di interventi mirati, di puntelli minimali che non mirano a scardinare e a cambiare totalmente l'assetto istituzionale tracciato dai nostri padri costituenti, ma mirano in maniera molto più sobria e anche molto più chiara, secondo me, a fare ciò con trasparenza e a introdurre dei puntelli e dei tasselli, anche marginali se vogliamo, senza stravolgere l'impianto principale. Lo facciamo così come l'abbiamo fatto in precedenza quando abbiamo introdotto il referendum propositivo, quindi toccando solo gli articoli 71 e 75; oggi tocchiamo solo l'articolo 58 e quando cambiamo il numero dei parlamentari tocchiamo solo gli articoli 56 e 57, quindi archiviamo anche quella stagione un po' pasticciata e confusionaria fatta di riforme e di mega pacchetti in cui si mettevano dentro 50, 60 o 70 articoli, cambiati tutti contemporaneamente, senza neanche permettere probabilmente al cittadino di capire bene cosa si stava cambiando e come si voleva cambiare. Quindi, una discontinuità nel metodo, con un approccio più maturo, secondo me, e più consapevole rispetto alla Costituzione che in questa legislatura si sta verificando, ma che non si esaurisce qui perché non è solo un cambio metodologico bensì anche un cambio di merito, di idea e di visione della democrazia. Voglio ricordare che nella scorsa legislatura il tema non era quello di estendere il diritto di voto anche al Senato per i giovani ma, addirittura, quello di togliere a tutti il diritto di voto per il Senato.
Il tema all'ordine del giorno infatti era quello, diciamo, di rendere e di trasformare il Senato in una Camera composta da consiglieri regionali che si eleggevano fra di loro e il cittadino veniva anche estromesso da quel processo diciamo di formazione democratica della Camera.
C'è quindi anche un cambiamento fortemente ideale di valori nel merito che stiamo portando avanti in questa legislatura, che, secondo me, è indice di una classe politica più matura, più consapevole, che non ha paura di allargare gli spazi di partecipazione, di rendere gli strumenti ai cittadini, soprattutto ai giovani, quegli strumenti per incidere direttamente nella politica in maniera più concreta. Parliamo in questo caso di 4 milioni e mezzo di giovani, che ad oggi possono contribuire a rinnovare la Camera dei deputati ma non il Senato, e che ricevono quindi una sola scheda quando si presentano alle urne, spesso e volentieri per la prima volta nella loro vita. Quattro milioni e mezzo di giovani che, spesso e volentieri, sono stati quelli che hanno subito più di tutti anche determinate politiche di privazione dei diritti: penso alla flessibilità esasperata nel mondo del lavoro, penso alla precarizzazione, penso anche al dover accettare dei lavori saltuari, precari, con paga magari anche da fame; lavori che poi non permettono di guardare al futuro con ottimismo, e quindi da qui anche il fallimento di una società nella quale non si fanno più figli, nella quale l'età media è sempre più alta. Questi giovani schiacciati anche numericamente, perché proprio quantitativamente sono sempre di meno, e gli over 50, gli over 60 sono sempre di più.
Questo è allora oggi un segnale anche di principio, anche simbolico che noi diamo a questi giovani, perché cominciamo a restituire loro qualche diritto, dopo che tanti gliene sono stati tolti negli anni passati. Noi a questi giovani diciamo che vogliamo che partecipino di più, vogliamo che il loro diritto politico, civile del voto, dell'elettorato attivo sia concreto, sia pieno, sia totale, che quindi gli permetta anche di eleggere i senatori, come è giusto che sia, perché non c'è motivo di mantenere questa stortura. Tra l'altro correggiamo anche una stortura istituzionale, perché, avendo due elettorati di riferimento diversi Camera e Senato, spesso ciò ha contribuito anche alla formazione di due maggioranze diverse, e ciò ha generato anche instabilità, se vogliamo, da un certo punto di vista in tutto il meccanismo istituzionale di questo Paese.
Noi diciamo dunque a questi giovani che vogliamo che partecipino di più, vogliamo anche metaforicamente che scendano da quel divano: questa riforma è un tassello, piccolo o grande non spetta a noi dirlo; però va vista nell'insieme di tutte le riforme costituzionali precise, puntuali, chirurgiche e mirate che stiamo portando avanti. Penso per esempio alla riforma dell'articolo 71, che darà la possibilità a tanti cittadini di presentare delle firme, portare delle proposte di legge in Parlamento, e il Parlamento sarà obbligato entro 18 mesi a giungere ad una votazione su quelle proposte di legge, e in taluni casi si potrà giungere anche al referendum. Penso anche a tante cose che stiamo provando a fare per rendere questo diritto di voto non solo formale, sulla carta, ma anche sostanziale, libero: penso alla riforma sul voto di scambio politico-mafioso che stiamo portando avanti, che abbiamo approvato pochi mesi or sono, che rende il voto più libero, se vogliamo, e rende il controllo anche delle istituzioni e della giustizia più incisivo rispetto ad alcune situazioni che purtroppo ad oggi rendono in concreto il voto meno libero.
Penso anche a quei fattori sociali, come dicevo poc'anzi, che spesso rendono difficile potersi esprimere liberamente, e rendono quindi anche maggiormente succubi a quelle logiche di ricatto occupazionale. Da questo punto di vista, quindi, il reddito di cittadinanza ha affrancato tante persone dal bisogno, se vogliamo, quindi dando anche un incentivo forse a partecipare ai processi decisionali democratici in maniera più libera.
Ovviamente questo è quello che abbiamo fatto, ma c'è tantissimo altro da fare, perché il lavoro del legislatore non si deve esaurire qui. Penso per esempio al fatto che tanti di quei giovani a cui oggi noi attribuiamo, riconosciamo anche il diritto di voto per il Senato, magari concretamente, materialmente non riescono ad esprimerlo quel voto, perché sono fuori sede, perché studiano fuori o perché lavorano fuori, e quindi non riescono materialmente a ritornare a casa per votare. Da questo punto di vista colgo l'occasione di questa discussione per spronare l'Esecutivo, il Governo a spingere sulla riforma del voto elettronico, quindi a completare questa anagrafe digitale, che deve essere poi il passaggio preliminare per proseguire con una sorta di sperimentazione del voto elettronico, che permetterà a tanti giovani di votare anche senza essere costretti magari a farsi 10-12 ore di treno o di autobus per poter tornare a casa propria e quindi esprimere un voto.
Ci sono quindi tante cose da fare, tante le abbiamo fatte, tante le stiamo facendo. Il filo conduttore di tutto questo è che in questa legislatura chi rappresenta le istituzioni pro tempore non ha paura di confrontarsi con i cittadini, non ha paura di garantire, riconoscere maggiori strumenti di partecipazione ai cittadini, e vuole che il ruolo del cittadino non si esaurisca solo e soltanto nel mettere una croce su un simbolo per poi rimanersene a casa cinque anni, ma che ci sia il ripudio anche di quella logica della delega in bianco che purtroppo per tanti anni è stata il leitmotiv con cui una certa politica ha tenuto, se vogliamo, anche sotto scacco intere fasce di popolazione.
Noi quindi proseguiremo sempre nella direzione di rafforzare i diritti dei cittadini, di restituire i diritti dei cittadini; a maggior ragione se si tratta di giovani, perché i giovani sono il nostro futuro, e se noi diamo ai giovani gli strumenti per potersi creare, costruire un futuro in questo Paese, automaticamente è tutto il sistema Paese che ne beneficia ed è tutto il sistema Paese che avrà quindi un futuro più prospero e più roseo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 1511-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Ceccanti.
STEFANO CECCANTI, Relatore. Io dico questo: come sempre succede, ciascuno di noi ha delle convinzioni relative al passato, che sono fatalmente diverse perché ognuno ha le sue coerenze. Allora, il collega Forciniti rispiegava le posizioni sul referendum costituzionale; io potrei anche dire che noi volevamo inserire questa riforma già in quella della riduzione del numero dei parlamentari. Ma tutto questo appartiene al passato, a dibattiti che si possono tenere in altra sede; ora il nostro obiettivo è compiere un lavoro rivolto al futuro.
Io sono contento che abbiamo raggiunto un'intesa di massima su questo aspetto chirurgico, per far votare il diciottenne anche al Senato; però inviterei tutti i gruppi - sia quelli che ci sono, che hanno un atteggiamento ancora rigido sull'elettorato passivo, sia quelli che non hanno parlato, che sono molto importanti perché purtroppo il numero dei gruppi che è intervenuto è stato ristretto stamani - a riflettere laicamente sull'elettorato passivo, perché, nel momento in cui facciamo votare i diciottenni per l'elettorato attivo, avere uno scarto così ampio in cui l'elettorato attivo al Senato sia a 18 anni e il passivo a 40 (invito semplicemente a ragionare, poi magari ognuno risulterà confermato nella posizione di partenza che ha) a me sembra un po' sproporzionato. Invito quindi tutti ad un supplemento di riflessione, e nel dibattito in Aula sul merito ci potremmo concentrare su questo.
PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, onorevole Corneli, ed il rappresentante del Governo si riservano di intervenire nel prosieguo del dibattito.
Il seguito del dibattito è quindi rinviato ad altra seduta.
Discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2018 (Doc. VIII, n. 3); Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2019 (Doc. VIII, n. 4) (ore 10,33).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2018 e Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2019.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
(Discussione congiunta – Doc. VIII, nn. 3 e 4)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta.
Ha facoltà di intervenire il questore, onorevole Fontana.
GREGORIO FONTANA, Questore. Signora Presidente, onorevoli colleghi, a nome dell'Ufficio di Presidenza, il Collegio dei questori sottopone all'Assemblea il conto consuntivo 2018 e il bilancio di previsione per il 2019, con l'unito bilancio triennale 2019-2021.
Il quadro finanziario che emerge dai documenti di bilancio evidenzia aspetti particolarmente positivi per la nostra istituzione; ne ripercorro per brevità i principali. Nel 2019 la Camera dei deputati restituirà al bilancio dello Stato la somma di 100 milioni di euro: si tratta della restituzione più elevata di sempre. L'importo complessivo delle restituzioni effettuate dal 2013 al 2019 ammonterà in tal modo a 385 milioni di euro. Di anno in anno, dunque, la spesa sostenuta dal bilancio dello Stato per la Camera dei deputati in termini di cassa si è ridotta in termini sempre più cospicui: si tratta di un risultato conseguente alla politica di contenimento e di razionalizzazione della spesa intrapresa da tempo dalla nostra istituzione, che ha permesso di diminuire nel tempo il divario tra spesa complessiva della Camera e la dotazione finanziaria trasferita dal bilancio dello Stato. In tal modo, quote sempre più rilevanti dell'avanzo di amministrazione accertato al termine di ciascun esercizio sono state destinate ad altre finalità di pubblico interesse.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO (ore 10,35)
GREGORIO FONTANA, Questore. Altro aspetto positivo è rappresentato dalla riduzione della spesa complessiva prevista per il 2019 rispetto all'anno precedente, al netto delle restituzioni al bilancio dello Stato.
Dai 969,2 milioni di euro previsti per il 2018 si è, infatti, passati ai 959,5 milioni di euro stimati per il 2019. È, così, ripreso un trend discendente della spesa, avviato a partire dal 2012 e mantenutosi costante con la sola fisiologica eccezione del 2018, anno di avvicendamento delle legislature.
Ugualmente rilevanti sono i dati relativi alle principali categorie di spesa. Grazie alle misure di contenimento in materia di indennità parlamentare e di rimborsi ai deputati adottate nel 2011, e poi costantemente prorogate sino al 31 dicembre 2021, la spesa per i deputati rimane sostanzialmente invariata anche nel triennio 2019-2021. Rispetto all'andamento tendenziale della spesa, tali misure consentono un effetto netto di risparmio annuo pari a 41 milioni di euro.
Nel 2019 diminuisce, altresì, la spesa per il personale dipendente che evidenzia una riduzione di 4,7 milioni di euro, rispetto alle previsioni definitive per il 2018, il 2,21 per cento in meno. In proposito, è opportuno sottolineare come le previsioni per il triennio 2019-2021 già ricomprendono le risorse necessarie per far fronte alle procedure di reclutamento, ciò sia per quanto attiene alle spese connesse allo svolgimento materiale delle prove di concorso, sia per quanto riguarda gli oneri derivanti dalle prime assunzioni in servizio.
Stabile è l'andamento della spesa per l'acquisto di beni e servizi che, peraltro, segna, rispetto al dato riferito al 2016, primo anno della scorsa legislatura, una riduzione di ben 52,3 milioni di euro, quasi il 40 per cento in meno.
Una segnalazione meritano, altresì, gli effetti determinati dalle decisioni dell'Ufficio di Presidenza nell'ambito della spesa previdenziale. Il ricalcolo secondo il metodo contributivo dei trattamenti previdenziali erogati ai deputati cessati dal mandato ha determinato una cospicua riduzione delle prestazioni corrisposte agli aventi diritto. Una significativa riduzione hanno, inoltre, registrato i trattamenti pensionistici di maggiore importo erogati ai dipendenti della Camera in quiescenza, ciò a seguito del puntuale recepimento nell'ordinamento interno delle misure introdotte nella legge di bilancio del 2019.
Rinviando ai documenti in distribuzione per l'illustrazione nel dettaglio delle ulteriori poste di entrata e di spesa, il Collegio dei questori rileva con soddisfazione come anche il bilancio di previsione 2019 e il bilancio triennale 2019-2021, oggi sottoposti all'esame dell'Assemblea, possano senz'altro dirsi in equilibrio.
Fermo restando il livello della dotazione fissato sino al 2021 e al netto delle restituzioni al bilancio dello Stato per ciascuno degli anni di riferimento, il totale delle entrate copre infatti interamente il totale delle spese.
Ad avviso del Collegio sussistono i presupposti affinché tale condizione possa essere preservata e resa strutturale, proseguendo e affinando ulteriormente la politica di contenimento e di revisione della spesa, consolidatasi nel corso, ormai, di un decennio.
In proposito credo, signora Presidente, che sia giusto sottolineare in conclusione come ai risultati così significativi, ottenuti attraverso la sobrietà, il rigore e l'impiego delle risorse pubbliche, hanno contribuito in maniera decisiva, con la loro dedizione all'istituzione e la loro professionalità di eccellenza, i dipendenti della Camera. A nome del Collegio e, penso, di tutti i parlamentari, per questo vorrei ringraziare sinceramente tutti loro attraverso la persona della Segretaria generale, dottoressa Pagano.
Signor Presidente, dovrei ora dare conto dell'attività svolta dal Collegio dei questori per l'attuazione degli ordini del giorno accolti o approvati nel corso dell'assemblea di bilancio 6di previsione per il 2018, tuttavia, per ragioni di brevità, chiedo alla Presidente l'autorizzazione a pubblicare questa parte dell'intervento in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
PRESIDENTE. Certo, perfetto.
È iscritto a parlare il deputato Andrea De Maria. Ne ha facoltà.
ANDREA DE MARIA (PD). Presidente, colleghi, la relazione del Collegio dei questori al bilancio di previsione 2019 è stata predisposta tenendo conto dei risultati positivi raggiunti nel 2018 in termini di contenimento della spesa. I dati che sono stati sottoposti alla nostra attenzione, relativi alle singole categorie di spesa, e l'allegato programma dell'attività amministrativa per il triennio 2019-2021 dimostrano che siamo in presenza di un'opera di contenimento dei costi della Camera dei deputati importante e strutturale e questa penso che sia la migliore risposta che si può dare a chi in questi anni ha attaccato duramente il Parlamento, spesso con argomentazioni strumentali e propagandistiche.
La spesa totale della Camera diminuisce costantemente, i risparmi sono imponenti; come è stato ricordato nella relazione, dal 2013, ammontano a 385 milioni di euro. Risultati raggiunti grazie a un percorso fatto di rigore e sobrietà che può ritenersi acquisito e consolidato all'interno di questa istituzione e avviato con grande determinazione già nella scorsa legislatura.
Isolare il solo dato relativo al ricalcolo degli assegni vitalizi, che noi peraltro abbiamo condiviso e sostenuto, significherebbe ignorare il lavoro più complessivo svolto in questi anni su diversi versanti: personale dipendente, beni e servizi, personale non dipendente, indennità di carica dei parlamentari. Questo per dire che, se si vuole assicurare al cittadino un'informazione corretta, occorre che la stessa sia completa, evitando semplificazioni, nella consapevolezza che abbiamo lavorato insieme per promuovere sobrietà e rigore nell'utilizzo delle risorse pubbliche.
Detto questo, non ritengo sia superfluo soffermarci su alcune criticità che si sono manifestate in questi anni, in particolare, in questi ultimi tempi, anche in conseguenza di alcune scelte adottate. La Camera dei deputati da molti anni esternalizza alcuni servizi accessori di carattere non amministrativo e di varia natura, con conseguente risparmio di spesa; sarebbe auspicabile affrontare con maggiore attenzione le ricadute che tali risparmi hanno avuto su centinaia di lavoratori impegnati in servizi che vanno dalla pulizia degli uffici al supporto nella gestione operativa nella sede di vicolo Valdina.
Non penso sia poi più rinviabile un approfondimento, anche attraverso un'interlocuzione con il personale delle aziende interessate, in merito agli orari e alle retribuzioni applicate; come pensiamo non sia più rinviabile una riflessione approfondita sulle ricadute che ha avuto la delibera dell'Ufficio di Presidenza sul personale storico dei gruppi, centinaia di persone che hanno maturato specifiche professionalità ed esperienze nell'ambito delle attività istituzionali dei gruppi che chiedono di vedere tutelate le loro posizioni giuridiche soggettive e le aspettative maturate.
Su questi temi, come su altri aspetti di carattere operativo e organizzativo, ho presentato, in accordo col gruppo del Partito Democratico, alcuni ordini del giorno per quanto riguarda la discussione che dovremo affrontare quest'anno, con spirito propositivo e costruttivo, per contribuire al nostro lavoro sul bilancio 2019.
Mi sia, però, consentita una riflessione più generale sullo stato di salute di questa istituzione, del Parlamento e, quindi, della nostra democrazia che non è, credo, un inutile esercizio di retorica per abbellire di citazioni l'esame di un bilancio. Credo, invece, che tutti in quest'Aula, i colleghi di maggioranza e quelli di opposizione, condividano con me un'opinione: il dibattito sulle risorse finanziarie, sulle entrate e le uscite della Camera dei deputati, non è un tema circoscritto soltanto agli addetti ai lavori, ma ha un grande valore generale, perché ha a che fare direttamente con il buon funzionamento della nostra democrazia parlamentare. Discutere del Parlamento vuol dire discutere della crisi che da troppo tempo, purtroppo, attraversa e dei tanti tentativi di riforma portati avanti per uscirne fuori. Certamente, la questione non riguarda solo il nostro Paese, ma, di fatto, tutte le democrazie moderne e di crisi dei Parlamenti i costituzionalisti scrivono e dibattono dai primi del Novecento.
Oggi, dobbiamo misurarci con una rivoluzione tecnologica che ha impresso un'accelerazione ai cambiamenti della nostra società, un'accelerazione fino a pochi anni fa neppure immaginabile. Da sempre il tema è stato quello di tenere le istituzioni al passo con le trasformazioni della società, trasformazioni economiche e culturali: pensiamo al peso che hanno avuto sui Parlamenti la rivoluzione industriale, poi, l'ingresso sulla scena dei partiti di massa con l'avvento del suffragio universale.
La globalizzazione e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa hanno inciso in maniera decisiva sui Parlamenti, sulla loro capacità di rappresentare la società, sul loro ruolo, che via via è venuto appannandosi mentre cresceva intanto il peso degli Esecutivi.
In Italia questa trasformazione l'abbiamo avvertita forse più tardi rispetto ad altre democrazie, ma ormai sono decenni che discutiamo della perdita di centralità delle Camere rispetto al Governo e anche ad altre istituzioni europee e sovranazionali.
Non voglio ricordare qui il lungo dibattito sulle riforme istituzionali e costituzionali. Certamente, però, va sottolineato come nella scorsa legislatura fosse stata messa in campo una riforma complessiva degli assetti istituzionali, che affrontava i due nodi di fondo: il superamento del bicameralismo perfetto e il rapporto tra Stato e regioni. Tale riforma non ha superato il vaglio del referendum confermativo, con un esito che di certo va rispettato, ma che, a mio avviso, dimostra tutta la sua attualità a fronte del dibattito in corso anche in questi giorni.
L'indebolimento del Parlamento e della sua funzione sono elementi sempre più presenti in questa XVIII legislatura. Devo dire che Lega e Cinquestelle, che dai banchi dell'opposizione per anni hanno contestato con asprezza il crescente ruolo del Governo a scapito del Parlamento, oggi tacciono e anzi promuovono quanto sta accadendo.
“Invito tutti noi a riflettere sulla necessità che il Parlamento ritrovi la centralità che gli è garantita dalla Costituzione. Obiettivo determinante per affrontare non solo le sfide interne, ma anche per dare nuovo valore all'idea stessa di Europa e affrontare le grandi sfide globali della nostra epoca”: queste le parole, che avevamo molto apprezzato, pronunciate il 24 marzo 2018 in quest'Aula, nel suo discorso di insediamento, dal Presidente della Camera dei deputati. Mi spiace dirlo, ma siamo delusi e preoccupati per la deriva sempre più evidente presa dalla maggioranza nel suo rapporto con il Parlamento; una deriva che non è stata arrestata da iniziative, pur lodevoli, messe in atto in alcune occasioni dallo stesso Presidente della Camera; ce lo dice anche la recente indisponibilità del Ministro dell'Interno a riferire in Aula su temi di grande rilevanza, malgrado l'azione assunta in merito dalla stessa Presidenza della nostra Assemblea.
A parlare sono i numeri: il confronto tra i dati dell'attuale legislatura e quelli della passata, raccolti nell'ultimo Rapporto sulla legislazione e nelle statistiche pubblicate sul sito Internet della Camera è purtroppo impietoso. Nel confronto con la XVII legislatura occorre certamente tenere conto che nel 2013 il primo Governo della legislatura, il Governo Letta, entrò in carica il 28 aprile 2013, a quarantaquattro giorni dall'inizio della legislatura, le Commissioni permanenti furono costituite il 7 maggio, a 53 giorni dall'inizio della legislatura; nel 2018, invece, il Governo Conte è entrato in carica il 1° giugno, a 68 giorni dall'inizio della legislatura e le Commissioni permanenti si sono costituite il 21 giugno, quindi 88 giorni dopo l'inizio della legislatura. Conseguentemente, l'ordinaria attività legislativa ha avuto avvio nella XVIII legislatura con un ritardo maggiore rispetto a quanto avvenuto nella precedente: sostanzialmente un mese di differenza, che non giustifica però la mole di lavoro in meno svolta dall'attuale Camera rispetto alla precedente.
Nel 2013, nel primo anno della XVIII legislatura, le sedute dell'Assemblea sono state 146, per un totale di 790 ore e 49 minuti; nel 2018, primo anno di questa legislatura, abbiamo avuto 106 sedute, per 536 ore e 12 minuti. Ancora più evidente è il confronto con i lavori delle Commissioni permanenti: nel 2018 le sedute sono state 1.934, per un totale di 1.266 ore e 35 minuti; nella scorsa legislatura, nel primo anno, le Commissioni si sono riunite 2.908 volte, per un totale di 1.898 ore e 35 minuti. Conseguentemente, si lavora meno e si produce meno: i progetti di legge deliberati nel 2018, inclusi i decreti-legge, sono stati 33, nel 2013 erano stati 41.
I risultati di questo anno di legislatura rischiano di essere ancora più deludenti, difficilmente la produttività sarà paragonabile a quella della passata legislatura: nel 2014, infatti, furono 89 i progetti di legge deliberati dall'Assemblea, mentre quest'anno siamo fermi a 50, proposte d'iniziativa parlamentare, ratifiche e decreti-legge inclusi. Alla ripresa, poi, saremo impegnati con la legge di bilancio, quindi sarà - credo - difficile ripetere i risultati della legislatura precedente. Certo, il Parlamento non si occupa solo dell'attività legislativa, ha altre competenze. Purtroppo, però, pure gli altri dati non sono positivi: nel 2018 le informative urgenti del Governo sono state 4, nel 2013 erano state 23 (ripeto, 23 solo nel primo anno). Sicuramente, forse, allora c'era una maggiore disponibilità del Governo a venire in Parlamento. Le indagini conoscitive deliberate nel primo anno della scorsa legislatura sono state 27, in questa 17; quelle concluse 10, contro le 3 del 2018.
Nel 2018 l'Aula ha concluso, quindi discusso e votato, 101 fra mozioni e risoluzioni, mentre nel 2013, 199. Temiamo davvero, quindi, che anche l'attività di controllo e di indirizzo del Parlamento siano state messe in discussione.
A gennaio, il Presidente della Camera ha scritto, in una lettera al quotidiano Il Sole 24 Ore: “In questi mesi, inoltre, il Parlamento ha agito efficacemente come trasformatore e integratore dei provvedimenti di origine governativa”. Temo, purtroppo - e lo dico senza polemica ma per contribuire a un dibattito che possiamo fare insieme -, che i dati che ho citato e l'esperienza concreta di questa prima parte della legislatura ci dicono davvero altro; ci dicono di un Parlamento che viene tenuto il più possibile inerte, convocato sostanzialmente per convertire i decreti-legge del Governo (peraltro, lo stesso Presidente della Camera su questo ha scritto una recente lettera al Presidente del Consiglio).
Voglio ricordare anche, in questo caso, una iniziativa assunta dal Presidente della Camera rispetto alla compressione dei tempi di esame della legge di bilancio e anche, se vogliamo, alle modalità, ad esempio, con i quali si è svolto il dibattito sull'ultimo decreto sicurezza.
Temo, quindi, purtroppo, che ci troviamo su una strada pericolosa. Lo abbiamo denunciato anche quando in quest'Aula abbiamo discusso le modifiche costituzionali, che riguardavano l'introduzione del referendum propositivo e la riduzione del numero dei parlamentari, sganciata da qualunque riflessione di sistema sulle funzioni della Camera (dicevo prima, ad esempio, del bicameralismo perfetto), con un combinato disposto tale da determinare una grave tensione rispetto all'equilibrio della Carta costituzionale e rispetto ai suoi principi fondamentali.
Viene da chiedersi se siamo di fronte a un complessivo progetto di superamento e ridimensionamento della democrazia di natura rappresentativa. “Il superamento della democrazia rappresentativa è, quindi, inevitabile”: cito, sempre tra virgolette, come sostiene Casaleggio. Stiamo assistendo a questo? Noi ci battiamo per l'obiettivo opposto: per noi la sfida è riformare la democrazia rappresentativa per ridarle forza e capacità d'azione. È questo modello di democrazia, messo peraltro in discussione da alcuni degli interlocutori internazionali privilegiati di una delle forze di maggioranza, che solo garantisce l'effettiva sovranità popolare e un forte ancoraggio ai principi e ai valori della Costituzione.
Il 20 giugno 1979, quarant'anni fa, Nilde Iotti fu eletta Presidente della Camera: un evento che ha segnato un passaggio importante per questa istituzione, essendo la prima donna che ha assunto questa importante responsabilità. Qualche anno dopo la sua elezione, nel 1982, in occasione di una conferenza dei presidenti di tutte le Assemblee parlamentari europee, la Presidente Iotti tenne un bellissimo intervento, che onorò l'istituzione parlamentare. Disse, fra l'altro: “Le prerogative parlamentari, considerate nel loro complesso sistematico e cioè l'autonomia regolamentare, il potere di auto-organizzarsi, il principio dell'interna corporis, l'autonomia finanziaria e contabile, il sistema di immunità personali e di sede, la verifica dei poteri (…) sono tutti istituti che fanno corpo unico, per assicurare, con disposizioni quasi sempre di rango costituzionale, lo spazio necessario alla libera esplicazione delle funzioni parlamentari. Questa straordinaria combinazione di misure - che comportano deroghe rilevanti al regime ordinario - trova fondamento da un lato nella necessità che il processo di decisione parlamentare si svolga in condizioni di assoluta e reale indipendenza, dall'altro nel ruolo centrale che il Parlamento assume rispetto agli altri poteri dello Stato (…). Il privilegio parlamentare (…)” - conclude Nilde Iotti - “rappresenta la somma dei diritti di cui dispongono collettivamente ciascuna Camera e individualmente ciascun parlamentare per essere in condizione di esercitare le loro funzioni.”
Allora, a tutti noi dico che il bilancio di questo primo anno di legislatura dovrebbe per prima cosa spingersi ad un impegno comune, al di là di ogni logica di schieramento, per ridare centralità al Parlamento con le necessarie riforme, ma anche nelle nostre scelte quotidiane, politiche ed istituzionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lovecchio. Ne ha facoltà.
GIORGIO LOVECCHIO (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, intervenendo a nome del gruppo del MoVimento 5 Stelle, non posso che ringraziare il Presidente della Camera, Roberto Fico, l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei Questori per l'ottimo lavoro svolto in questi mesi, un lavoro sviluppatosi in perfetta continuità con quanto fatto nel precedente anno ma con risultati ancora più lusinghieri. Diciamolo a chiare lettere: quest'anno la Camera restituirà 100 milioni di euro al bilancio dello Stato, è la più grande restituzione di sempre. Nel considerare i numeri che sono stati snocciolati nella relazione introduttiva è di tutta evidenza l'imprinting che il nostro Questore e gli altri membri dell'Ufficio di Presidenza hanno voluto dare ancora una volta al bilancio della Camera dei deputati. Ci sono stati alcuni risultati importantissimi già realizzati e di cui, come MoVimento 5 Stelle, possiamo essere orgogliosi che vanno nell'ottica del risparmio e dell'efficienza grazie a una particolare attenzione e a un'incessante attività di monitoraggio possibile anche attraverso il prezioso contributo degli uffici dell'amministrazione. Tra questi la delibera per il ricalcolo di tutti i vitalizi con il sistema contributivo che produrrà un risparmio pari a 45,6 milioni di euro che, proiettati nell'arco di un'intera legislatura, porterà oltre 200 milioni di euro di risparmio. Una scelta ed una decisione legittima confermata dalla Corte di cassazione solo pochi giorni fa respingendo il ricorso di un ex-parlamentare che non voleva il ricalco del proprio vitalizio. Sempre in tema di pensioni abbiamo deciso di tagliare anche le pensioni d'oro degli ex-dipendenti della Camera con un risparmio di ulteriori 20 milioni di euro l'anno che ritorneranno ai cittadini.
Un altro passaggio di notevole importanza riguarda il blocco delle indicizzazioni delle indennità e l'adeguamento dei rimborsi dei deputati fino al 2021 con un risparmio di 41 milioni l'anno ma il capitolo dei risparmi non si esaurisce qui. Molte delle riduzioni di spesa si sono concentrate principalmente in quella che è la spesa di funzionamento dovuta in particolare alla riduzione dei costi per acquisti di beni e servizi, come per esempio quella per le spese telefoniche fisse e mobili. Sono stati infatti firmate nuove convenzioni che permetteranno di risparmiare per la telefonia fissa 80 mila euro l'anno, quasi il 60 per cento in meno, e per quella mobile ulteriori 30 mila euro l'anno, con un risparmio stimato di almeno il 20 per cento. Le attività messe in atto, le molte gare che continuiamo a fare monitorando attentamente il mercato e le sue evoluzioni, generano meccanismi virtuosi che comportano una tendenziale riduzione anche nei prossimi anni. A tale prova il bilancio del 2018 ha avuto risparmi per 52,3 milioni di euro determinati da cancellazione di residui passivi, maggiori entrate e principalmente minori spese.
Altro grande passo avanti per le nostre istituzioni saranno, dopo quindici anni, le nuove assunzioni alla Camera: ci saranno nuovi concorsi che finalmente sbloccheranno il turnover e miglioreranno il lavoro al servizio della collettività. Alle nuove generazioni sarà data l'opportunità di inserirsi nell'amministrazione della Camera per un'istituzione ancora più efficiente e per un Paese più giovane. Se parliamo di giovani non possiamo non ricordare le tante iniziative avviate alla Camera: dalle “Lezioni di Costituzione”, ovvero un progetto didattico ed educativo che coinvolge gli istituti a livello nazionale e regionale, alle “Giornate di formazione a Montecitorio” in cui si può assistere ad una seduta dell'Assemblea e incontrare i membri di una Commissione parlamentare, fino a un'iniziativa di fondamentale importanza che riguarda i percorsi di cittadinanza ovvero un protocollo che ha l'obiettivo di diffondere, tramite un ciclo di incontri delle scuole negli istituti penitenziari minorili, i valori e i principi della democrazia rappresentativa. Ciò avviene tramite un confronto tra i giovani e le istituzioni della Camera tra cui il Presidente, i suoi vice e altri deputati. Senza dimenticare la pubblicazione on line del nuovo portale chiamato giovani.camera.it che illustra l'offerta formativa rivolta alle scuole e più in generale al mondo dei giovani.
Per rendere la Camera più trasparente e un luogo di maggiore partecipazione specie per i più giovani segnalo l'impegno in prima persona del Questore D'Incà. Per continuare la digitalizzazione del processo legislativo l'obiettivo è informatizzare maggiormente e razionalizzare la presentazione di emendamenti. Avremo testi normativi strutturati in un linguaggio universalmente comprensibile, immediatamente collaborativi, che si possono caricare e modificare anche in modalità on line con rapidità e certezza ma soprattutto di più semplice consultazione per i cittadini.
In tale prospettiva, lo scorso 16 luglio, è stato presentato il portale budg.camera.it, uno strumento che mette a confronto i dati del bilancio dell'anno in corso con quelli dell'anno precedente e ne registra le variazioni, aggregando la spesa per categoria, dai deputati al personale dipendente, all'acquisto di beni e servizi. Per una migliore rappresentazione sono stati utilizzati colori e dimensioni differenti, sotto la rappresentazione di bolle, ciascuna delle quali si riferisce ad una voce di spesa per la quale è riportato l'importo e la variazione in termini percentuali rispetto all'anno precedente. Oltre alla selezione della singola voce si possono raggruppare più voci di spesa insieme, a scelta dell'utente. Inoltre l'applicazione consente di vedere simultaneamente il contenuto di tutte le categorie o di tutti i capitoli, ricorrendo al menù posto in alto a sinistra del pannello della homepage. È un portale che va nell'ottica dell'immediatezza e della trasparenza, tema particolarmente caro al MoVimento 5 Stelle. Il nostro obiettivo è avvicinare i cittadini all'istituzione e passa per una continua innovazione digitale all'interno della principale istituzione del Paese, il Parlamento. Ma su questo fronte credo che altre iniziative verranno prese nell'ottica di rendere concreto il concetto di trasparenza, di casa di vetro, che è unanimemente considerato il mezzo più idoneo per avvicinare i cittadini alle istituzioni per troppo tempo considerate luoghi inaccessibili.
La Camera non poteva poi non avere occhio di riguardo in tema di accessibilità e di fruibilità dei Palazzi da parte dei diversamente abili: un obiettivo costantemente perseguito dall'amministrazione sia tramite l'abbattimento delle barriere architettoniche sia attraverso interventi di adeguamento nei locali e degli impianti, tenendo conto dei vincoli architettonici e strutturali. Un altro aspetto che volevamo realizzare e siamo riusciti a concretizzare riguarda il plastic free ovvero l'eliminazione della plastica. La Camera negli scorsi mesi ha analizzato e sperimentato una serie di misure, sia tecniche sia amministrative, mirate ad eliminare l'impiego della plastica monouso ed incentivare l'utilizzo dell'acqua proveniente dalla rete idrica pubblica. Possiamo annunciare con soddisfazione che, dallo scorso 19 luglio 2019, la Camera è diventata finalmente plastic free. Infatti presso tutte le strutture di ristorazione, inclusi bar e la buvette e per le forniture di acqua connesse a richieste di varia provenienza ivi comprese quelle destinate alle riunioni degli organi collegiali, non sarà più posta in vendita acqua in bottiglie di plastica. Gli utenti potranno scegliere acqua confezionata in bottiglie di vetro o proveniente dalla rete pubblica. La Camera ha inoltre aderito alla campagna plastic free promossa e lanciata dal Ministero dell'Ambiente. Siamo presenti nell'elenco del Ministero insieme a numerose realtà del nostro Paese, istituzionali e non, seguendo le linee guida indicate per poter aderire e per eliminare tale materiale.
Un'altra iniziativa di rilievo derivante da impegni presi lo scorso anno è quella relativa alla promozione delle pari opportunità e della conciliazione dei tempi della vita privata con l'attività parlamentare. È stata infatti stipulata una convenzione con il Ministero dell'Economia e delle finanze avente ad oggetto la fruizione da parte dei figli dei deputati in carica del servizio di asilo nido denominato Super Mini MEF sito a Roma, in via 20 Settembre n. 87, senza dimenticare che nei dintorni delle sedi della Camera risultano attive, oltre le strutture comunali e convenzionate, anche talune strutture private. E, se pensiamo alla salute, l'Ufficio di Presidenza, non senza polemiche e difficoltà, ha di fatto applicato finalmente la legge Sirchia diminuendo il numero delle aree fumatori interne a Montecitorio e nel Palazzo dei gruppi parlamentari ed estendendo il divieto di fumo anche alle sigarette elettroniche. A prima vista sembrerebbe una cosa di poco conto ma siamo fermamente convinti che il buon esempio contro privilegi e cattive abitudini debba partire proprio dalle istituzioni.
Onorevoli colleghi, come MoVimento 5 Stelle non possiamo che essere felici della gestione attenta e virtuosa volta al contenimento dei costi. Si tratta di risultati importanti conseguiti in appena due anni e che hanno portato alla restituzione di 185 milioni di euro: 100 milioni quest'anno e 85 nel 2018 poi destinati alle popolazioni colpite dal terremoto. Il MoVimento 5 Stelle si è battuto da sempre contro i privilegi e i costi della politica.
Abbiamo lavorato per contenere i costi e per continuare a risparmiare e di questo voglio nuovamente ringraziare per l'impegno messo in campo il questore Federico D'Incà e i membri del MoVimento 5 Stelle dell'Ufficio di Presidenza, Alessandro Amitrano, Azzurra Cancelleri, Federica Daga, Mirella Liuzzi, Maria Edera Spadoni, sotto la guida del Presidente Roberto Fico.
Questa è una prima risposta seria e concreta, ma non ci fermiamo qui: con la chiusura dell'iter legislativo della riforma costituzionale per il taglio del numero dei parlamentari, che passeranno alla Camera da 630 a 400, avremo, solo per la Camera, un risparmio di circa 52 milioni di euro all'anno e di circa 260 milioni di euro per ogni legislatura. Soldi che potranno essere investiti, a titolo di esempio, per le politiche a favore della famiglia o per le scuole, senza pregiudicare la qualità della democrazia per la nostra Repubblica.
In conclusione, onorevoli colleghi, possiamo affermare che, attraverso questa politica di rigorosa attenzione, avremo un Parlamento migliore, efficiente e soprattutto senza sprechi. La Camera diventa un organo razionale, in cui non avviene una riduzione dei servizi - sia chiaro - ma degli sprechi, che consente di migliorarne l'efficienza. La Camera dei deputati, come ha sottolineato il Presidente Roberto Fico nei giorni scorsi, è un'eccellenza per funzionamento, per personale e per trend di spesa. Dobbiamo continuare su questa strada. Abbiamo bisogno di etica nelle istituzioni e di una decisa lotta ai costi della politica per il bene dei cittadini e del nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pastorino. Ne ha facoltà.
LUCA PASTORINO (LEU). Signor Presidente, ringrazio il Collegio dei questori tutto, per il lavoro che è stato fatto, e ringrazio l'Ufficio di Presidenza, di cui io faccio parte e all'interno del quale c'è stata una discussione opportunamente buona nel commentare appunto i dati di bilancio. Lo dico al collega Lovecchio, che ha parlato prima, perché si è dimenticato di dire che i numeri che oggi ci confortano in termini di risparmio, come ha detto il questore Fontana, non vengono da due anni a questa parte, ma vengono dal 2012-2013 in avanti; quindi, non c'è stata nessuna inversione di tendenza ma, evidentemente, soltanto il consolidarsi di una prassi che, già nella precedente legislatura, sotto la guida della Presidente Boldrini, la Camera aveva adottato.
Abbiamo visto oggi i numeri delle spese per beni e servizi diminuiti del 40 per cento dal 2013 al 2019. La restituzione di quest'anno è molto importante, sono 100 milioni, però il collega Lovecchio, del MoVimento 5 Stelle, si è dimenticato di dire che gran parte di questa restituzione viene da esercizi della precedente legislatura.
Insomma, nel rallegrarci di questi buoni risultati, bisogna usare anche un minimo di obiettività, e l'obiettività si misura con il buon lavoro, con l'approfondimento e, ripeto, ringraziando chi ha lavorato, gli uffici, ovviamente, e ringraziando il Collegio dei questori per aver continuato in questa direzione, che a nostro avviso è assolutamente opportuna.
Chiaramente noi voteremo a favore del bilancio, e presenteremo degli ordini del giorno che vanno a ricalcare un po' i temi che abbiamo affrontato nella discussione all'interno dell'Ufficio di Presidenza.
Quello che non ha detto il collega Lovecchio, che secondo noi è una cosa molto importante, è che l'attenzione della Camera deve essere dedicata a tutti i lavoratori che interagiscono con la Camera, quindi il personale dipendente e il personale esterno. Questo è un tema che riguarda la qualità della spesa oltre l'opportunità di ridurre i costi, e per qualità della spesa ci deve essere attenzione massima verso la qualità della vita di chi lavora per la Camera.
Facendo questa osservazione, che è condivisa all'interno dell'Ufficio di Presidenza - lo dico perché rimanga agli atti -, abbiamo chiesto, io e altri colleghi, appunto di poter avere uno screening di tutti i contratti in essere relativi alle esternalizzazioni di servizi, per poter verificare eventuali anomalie negli emolumenti percepiti dai lavoratori. Sappiamo comunque, abbiamo avuto notizia, infatti, di casi di salari evidentemente troppo bassi oppure di forme di part time involontario, che mal si conciliano con l'esempio che la Camera deve dare all'esterno, che non è solo di virtuosità, appunto, ma deve essere anche di certezza delle retribuzioni, di garanzia di un tenore di vita per chi lavora per la Camera.
Questa è un po' l'osservazione che è stata fatta, ma che, ripeto, è condivisa da tutti all'interno dell'Ufficio di Presidenza e che mi sentivo di fare anche a beneficio del collega del MoVimento 5 Stelle, che non l'ha fatta.
Gli ordini del giorno riguarderanno anche dei temi che abbiamo già affrontato più volte, ovvero saranno quesiti finalizzati a trovare una soluzione - in Ufficio di Presidenza abbiamo usato tanti termini - a quelle storture che negli anni si sono create per lavoratori che da troppi anni vivono in condizioni di precariato all'interno della Camera. Mi riferisco non solo agli allegati ma anche ad altri, come i lavoratori che abbiamo incontrato di Cedat 85.
Insomma, sono ordini del giorno che vogliono stimolare e approfondire una discussione che in Ufficio di Presidenza c'è già stata, affinché si possa trovare una soluzione a delle situazioni che evidentemente hanno una matrice inspiegabile, per certi aspetti, ma che oggi hanno generato aspettative nei lavoratori, e queste aspettative, a mio modo di vedere, a nostro modo di vedere, vanno comunque attenzionate e salvaguardate, esattamente come sono state attenzionate altre situazioni.
Come ho detto in Ufficio di Presidenza, questa amministrazione avrà il merito di aver finalmente provveduto ad effettuare i concorsi - il primo bando verrà pubblicato a breve, immagino -, magari avrà anche il merito di porre fine a delle discussioni che ci portiamo avanti da anni - c'erano anche nella scorsa legislatura - relative a queste figure professionali che molto spesso, in molti casi, affiancano il lavoro del personale dipendente ma che, evidentemente, nel tempo non sono riuscite a trovare una giusta collocazione dal punto di vista della stabilità.
Questo è l'obiettivo che i nostri ordini del giorno e altri che verranno presentati si pongono, proprio nei termini di continuare una discussione che c'è e di cercare di verificare le vie migliori affinché situazioni di incertezza, di scarsa retribuzione e di verifica sui rapporti di lavoro del personale in carico alle ditte esterne possano essere ovviate ed evitate, a beneficio della Camera e a beneficio della trasparenza, perché questo è un tema fondamentale al quale il nostro gruppo tiene molto. Quindi, tutte le iniziative volte in quella direzione saranno da noi sempre applaudite, in uno spirito di collaborazione e con l'obiettivo, appunto condiviso con l'Ufficio di Presidenza, di poter votare un bilancio sano, che funzioni e dove la qualità della spesa sia certificata.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione della proposta di legge: Meloni ed altri: Norme per l'attribuzione a soggetti pubblici della proprietà della Banca d'Italia (A.C. 313-A) (ore 11,13).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 313-A: Norme per l'attribuzione a soggetti pubblici della proprietà della Banca d'Italia.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 12 luglio 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 12 luglio 2019).
Ricordo che la Commissione propone la reiezione della proposta di legge.
(Discussione sulle linee generali – A.C. 313-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Francesca Anna Ruggiero.
FRANCESCA ANNA RUGGIERO, Relatrice. Gentile Presidente, onorevoli colleghi, la proposta di legge in esame propone di trasferire, con decorrenza 1° marzo 2019, le quote di capitale della Banca d'Italia detenute da soggetti privati al Ministero dell'Economia e delle finanze, ponendo il vincolo che tali quote possano circolare esclusivamente presso soggetti pubblici.
Si propone, inoltre, che la cessione al Ministero dell'Economia e delle finanze sia effettuata al valore nominale delle quote, come stabilito dall'articolo 20 del regio decreto-legge n. 375 del 1936, ovvero in misura pari a 154.937 euro, ossia 300 milioni di lire.
Da notare che l'articolo 20 è stato abrogato dall'articolo 6 del decreto-legge n. 133 del 2013, il quale, oltre ad estendere il novero dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia, ha disposto la rivalutazione del capitale, che ora ammonta a 7,5 miliardi di euro, suddiviso in quote di 25 mila euro ciascuna.
Dalla comunicazione del Governatore della Banca d'Italia inviata al Presidente della Camera dei deputati in data 4 gennaio 2019, emerge la segnalazione esplicita circa la compagine dei partecipanti al capitale della Banca, con evidenza di nuovi soggetti aggiunti, tra cui tre enti di previdenza e assistenza e un fondo pensione. Queste acquisizioni sono state operate al valore nominale rivalutato.
Con l'abrogazione esplicita delle norme del decreto-legge n. 133 del 2013 si prevede di modificare radicalmente l'attuale assetto proprietario della Banca d'Italia. Alla luce delle premesse suesposte, nel corso dell'esame in Commissione finanze, nella seduta del 9 luglio, la VI Commissione ha votato la soppressione degli articoli 1 e 2. La reiezione di entrambi gli articoli della proposta di legge, precludendo le restanti proposte emendative, implica la contrarietà della Commissione al testo della proposta nel suo insieme. La proposta in esame dispone il trasferimento delle quote ex lege ad un valore nominale sensibilmente inferiore all'attuale. Sembra plausibile ritenere, in conformità ai principi costituzionali, che dalla riduzione forzosa del valore delle quote discenda l'obbligo di indennizzare gli attuali partecipanti secondo i principi generali dell'ordinamento, in quanto tali soggetti privati sono titolari di posizioni giuridiche tutelate ex lege.
In proposito, come già evidenziato in premessa, si fa presente che, successivamente alla riforma del 2013, sono state negoziate quote di partecipazione in misura pari al 33 per cento circa del capitale della Banca, nella generalità dei casi al valore fissato ex lege di 25 mila euro, per un controvalore complessivo delle operazioni pari a 2,5 miliardi di euro. In particolare, tra i cessionari figurano nuovi enti previdenziali, espressione di categorie professionali come, ad esempio, Cassa forense, Enpam e Inarcassa, rappresentative rispettivamente di avvocati, medici e odontoiatri, ingegneri e architetti, che hanno acquistato nel complesso 47.960 quote, pari al 15,99 per cento del capitale, per un controvalore di poco meno di 1,2 miliardi di euro, nonché sette fondi pensione che hanno acquistato il 3,29 per cento del capitale, investendo circa 247 milioni di euro.
A queste si aggiunga la partecipazione consolidata degli istituti di interesse pubblico come l'INPS e l'INAIL, ai quali la corresponsione di un indennizzo non equo si ripercuoterebbe sulla stessa finanza pubblica. Considerando che ogni quota di partecipazione della Banca d'Italia oggi in mano a soggetti privati sarebbe acquisita dal Ministero dell'economia e delle finanze al valore nominale di mille lire, pari a 51,64 centesimi di euro, anziché al valore nominale di 25 mila euro, previsto nello statuto della Banca d'Italia, sui bilanci di INPS, INAIL, Cassa forense, Enpam e Inarcassa, che posseggono quote di partecipazione della Banca d'Italia le quali ad oggi sono iscritte a bilancio per un importo pari al valore nominale attualmente indicato nello statuto della Banca d'Italia, si determinerebbe un impatto negativo che incide sulla capitalizzazione dell'intero sistema previdenziale del nostro Paese, a danno dei pensionati e dei lavoratori che oggi versano i loro contributi. Pertanto, si è reso necessario valutare l'opportunità di verificare eventuali oneri a carico del bilancio dello Stato derivanti dalla nazionalizzazione degli assetti proprietari della Banca d'Italia prevista dalla norma in esame, che, come evidenziato dalla Ragioneria generale dello Stato, recherebbe nuovi, ulteriori o maggiori oneri per la finanza pubblica derivanti dal presumibile obbligo di ristoro in capo allo Stato nei confronti dei soggetti privati pari a 7,5 miliardi di euro, cui si aggiungerebbero ulteriori effetti negativi sempre per la finanza pubblica in termini di minor gettito non quantificati, né tantomeno individuati come copertura nella norma proposta.
Oltre il danno, la beffa: la prima firmataria della proposta di legge in esame, nonché leader di Fratelli d'Italia, non solo non si stracciò le vesti per l'approvazione della riforma Fornero, votando a favore, ma ancora oggi continua a voler mettere le mani in tasca ai pensionati, impoverendo i bilanci dell'INPS e delle casse previdenziali. E non ci si è neppure preoccupati di coprire tali risorse in altro modo. Non vi è dubbio che l'attuale assetto proprietario e della governance di Banca d'Italia sia un'anomalia nel contesto europeo delle banche centrali, ma resto fermamente convinta che non possa essere messa in atto a discapito di enti e casse previdenziali e che obblighi i contribuenti a sborsare somme ingenti per gli indennizzi che ne conseguirebbero a tutti i partecipanti al capitale della Banca d'Italia che hanno acquistato a loro spese le quote a valore nominale rivalutato.
La proposta di legge abroga disposizioni legislative vigenti sulla titolarità e sulla governance della Banca d'Italia; abroga, altresì, una serie di disposizioni normative di natura tecnica necessarie alla coerenza del quadro normativo che disciplina la Banca d'Italia e a individuare un periodo di tempo adeguato per modificare lo statuto della Banca d'Italia alle nuove disposizioni normative. Si rivelano anche questioni critiche emerse nel corso dell'esame in Commissione: nel progetto di legge in esame l'acquisizione del capitale della Banca d'Italia ora in mano a privati da parte del Ministero dell'economia viene realizzata anche riproponendo disposizioni di legge precedentemente in vigore, mai attuate e successivamente abrogate.
La proposta di legge abrogherebbe, inoltre, il comma 2 dell'articolo 5 del citato decreto n. 133 del 2013, che dispone in merito alla governance dell'istituto, alla composizione, alla nomina e ai requisiti dei vertici previsti anche nello statuto della Banca d'Italia. Il provvedimento in esame propone, inoltre, di abrogare una disposizione in forza della quale il Ministero dell'economia e delle finanze non ha il potere di sospendere e annullare le deliberazioni del Consiglio superiore ove il Ministro le ritenga contrarie alle leggi, ai regolamenti e agli statuti. Abrogherebbe, altresì, l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2013, in virtù del quale la Banca d'Italia è indipendente nella gestione delle sue finanze. Inoltre, attraverso l'abrogazione dell'articolo 6, comma 5, lettera a), del decreto-legge n. 133 del 2013, sopprime una norma fondamentale che prescrive che lo statuto preveda adeguati presidi patrimoniali alla rischiosità. Infine, in tema di governance di Banca d'Italia la proposta in esame non prevede norme per garantire ai fini di certezza giuridica che lo statuto della Banca d'Italia sia adeguato alle nuove disposizioni in tempi definiti, creando così un vuoto normativo e incertezza in merito alle regole e ai criteri da applicare nella governance della Banca centrale.
Mi appresto a concludere: questa proposta di legge, scevra da ogni disposizione normativa che vada a delineare i nuovi assetti e i nuovi confini nella governance e da coperture finanziarie che non ledano i diritti dei cittadini, si è prefigurata come una mera propaganda elettorale. Sono soddisfatta di avere garantito la democrazia in Commissione e in quest'Aula, per aver accettato il compito di relatrice di un provvedimento in quota opposizione, per aver mantenuto il provvedimento in Commissione il tempo utile per recepire emendamenti migliorativi, ma così non è stato.
PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire.
È iscritto a parlare il deputato Ungaro. Ne ha facoltà.
MASSIMO UNGARO (PD). Grazie e buongiorno, Presidente.
PRESIDENTE. Buongiorno.
MASSIMO UNGARO (PD). Sì, assolutamente. Noi siamo all'esame di questa proposta di legge avanzata da Fratelli d'Italia e dalla collega Meloni che vuole nazionalizzare o comunque riportare a soggetti pubblici le quote di proprietà della Banca d'Italia. Noi voteremo contro perché per noi è una proposta populista, inutile e pericolosa. È inutile perché la Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico, è la nostra banca centrale, che opera già nella Repubblica italiana per gli italiani ed è autonoma, come prevedono il suo statuto, le norme nazionali ed europee; quindi, non si vede veramente il bisogno di questa proposta di legge. Ma, più che populista, è una proposta estremamente costosa, lo diceva poco fa la collega Ruggiero nella sua relazione, perché, ovviamente, si ordina con questa proposta di legge la nazionalizzazione delle quote al valore nominale, cioè al valore di emissione delle quote nel 1936, quando il valore del capitale della Banca d'Italia era di 300 milioni di lire, ovvero 150 mila euro.
Ora, per quanto io sia molto cosciente che quello era un periodo storico a cui i nostri amici e colleghi di Fratelli d'Italia guardano con favore, negli ultimi 83 anni c'è stata una certa divergenza tra valore nominale e valore di mercato, e quindi voi sapete che oggi il capitale della Banca d'Italia è valutato 7,5 miliardi di euro, il che provocherebbe un enorme problema per gli enti che hanno acquistato quelle quote, perché molti degli enti che avevano le quote di proprietà si sono visti le proprie quote essere rivalutate dal valore di 50 centesimi a quota a 25 mila euro a quota, ma un terzo del capitale, quindi quasi 2,5 miliardi di euro di valore di quote sono state rinegoziate e negoziate comunque. Quindi, noi abbiamo una serie di enti e banche che hanno acquistato queste quote a seguito della riforma nel 2013, dove si è vista una rivalutazione del capitale di Banca d'Italia, e quindi, se questa proposta di legge diventasse legge dello Stato, si creerebbe un enorme buco nei patrimoni di questi enti che hanno acquistato le quote negli ultimi sei anni.
Vorrei ricordare che gli enti che detengono le quote di Banca d'Italia - sono 123 a giugno 2019 - non sono fondi speculativi stranieri e neanche banche. Ci sono moltissimi fondi pensione e fondi o enti nazionali di previdenza, casse di risparmio, fondazioni, oltre a tante banche di credito cooperativo e istituti assicurativi. Quindi, si andrebbe a creare con questa legge un ammanco enorme; ricordiamoci anche che l'operazione di rivalutazione delle quote di Banca d'Italia nel 2013 aveva aiutato i bilanci di questi azionisti, che non solo beneficiano di un rendimento sicuro del 6 per cento in un momento che è critico per il nostro sistema bancario. Quindi la domanda che io farei, il principale argomento per votare no a questa proposta non è perché ce lo dice l'Europa o il parere negativo della Banca centrale europea, che ha molto ben esposto e ricordato la collega Ruggiero poc'anzi, ma perché, appunto, qui si va a creare un enorme danno ai patrimoni delle nostre banche, dei nostri fondi pensioni, dei nostri fondi di previdenza. Quindi, se l'esproprio deve avvenire, deve ovviamente essere corrisposto il giusto valore.
Quindi, se questa proposta deve vedere la luce, chiedo che il valore vero sia 2,5 miliardi e non 150 mila euro, perlomeno se vogliamo preservare la qualità patrimoniale delle nostre banche, o comunque degli enti che hanno acquisito le quote. Ricordiamoci anche che le quote di Banca d'Italia oggi sono incluse nel patrimonio di vigilanza e quindi hanno contribuito a rinforzare la patrimonializzazione degli azionisti, che ovviamente è utile, quindi, ai fini dell'asset quality review o almeno lo studio che la Banca centrale conduce periodicamente sui patrimoni dei nostri enti assicurativi e bancari, e comunque dei nostri fondi pensione.
Infine, è una proposta pericolosa perché se questa proposta di legge venisse approvata, verrebbero aboliti organi come il consiglio superiore e l'assemblea degli azionisti e ciò creerebbe tutta una serie d'incertezze giuridiche che non vado qui a ricordare - lo ha già fatto la collega Ruggiero poc'anzi - ma che comporterebbe un serio rischio di inoperabilità della Banca d'Italia. Ovviamente, la proposta di legge abrogherebbe tutta una serie di disposizioni che, in realtà, rimangono comunque nello statuto della banca e quindi potrebbero accadere enormi contraddizioni che impedirebbero alla Banca d'Italia di operare. È, quindi, una proposta di legge populista, estremamente costosa e pericolosa.
Ricordiamo anche che molti azionisti - sì - sono privati; è vero. Molti degli azionisti della Banca d'Italia sono privati, ma esistono delle salvaguardie che garantiscono l'autonomia operativa alla Banca d'Italia ed è giusto ricordarle, perché la Banca d'Italia è assolutamente assicurata rispetto all'indipendenza dei privati. Infatti, l'assemblea dei partecipanti al capitale e il consiglio superiore, dove appunto sono rappresentati questi azionisti privati, non hanno in alcun modo il potere di nominare né il governatore, né il direttorio e, ovviamente, nemmeno i dirigenti dell'amministrazione della Banca d'Italia.
Ricordiamo anche che esiste un limite massimo di possesso del capitale, un limite fissato al 3 per cento oltre il quale non si hanno più voti in assemblea e non si ricevono dividendi, il che, appunto, limita la capacità di influenza di ogni soggetto privato sulle sfere in cui i soggetti privati possono intervenire (quindi, è estremamente ridotto). Infine, ricordiamoci bene che l'assemblea dei partecipanti al capitale, sia nella sua forma ordinaria, sia in quella straordinaria, delibera sulle modifiche statutarie e sulle altre materie ad essa assegnate. In nessun modo - in nessun modo, in nessun modo - l'assemblea dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia ha ingerenza sulle materie relative all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite dal trattato dello statuto del Sistema europeo delle banche centrali e della Banca centrale europea rispetto alle funzioni, appunto, della Banca centrale, sia in politica di vigilanza, sia in politica monetaria. Quindi, in nessun modo le funzioni pubbliche e di pubblica utilità che la nostra Banca centrale esercita per il popolo italiano vengono influenzate o comunque possono essere modificate dal consiglio superiore e dell'assemblea dei partecipanti al capitale: questo è giusto ricordarlo.
Fa molto piacere qui prendere atto del cambio di idea del MoVimento 5 Stelle e siamo, come Partito Democratico, molto felici di questo cambio a 180 gradi del MoVimento 5 Stelle. Noi sappiamo molto bene che qualche anno fa, esattamente il 16 aprile 2016, veniva depositata in questo ramo del Parlamento una proposta di legge a firma Villarosa, Alberti, Pesco, Pisano, Ruocco e Sibilia - e, se non sbaglio, due di questi sono diventati sottosegretari, mentre Carla Ruocco è la presidente della Commissione finanze - che appunto prevedeva, così come in questa proposta di legge di oggi, la nazionalizzazione delle quote di Banca d'Italia al valore nominale, precisamente nell'articolo 3. Invece, fa molto piacere vedere che anche oggi siamo uniti nel votare contro su questa proposta populista, a prova del fatto che una cosa è la propaganda, la demagogia e il populismo, un'altra è invece governare e pensare al bene del Paese.
Quello di Fratelli d'Italia pensiamo che sia un populismo che si scioglie al sole. Ci sono altri problemi molto più importanti nel Paese e sicuramente non quello di trovare 2,5 miliardi per nazionalizzare le quote di Banca d'Italia. Abbiamo un problema di enorme evasione fiscale, di disoccupazione giovanile, di numero dei laureati insufficiente, di sofferenze che soffocano il nostro sistema bancario, quindi questo provvedimento provoca solo confusione e sicuramente non è una priorità per il nostro Paese.
Ovviamente, trovare non soltanto i 23 miliardi per l'IVA nella legge di bilancio di quest'anno ma anche gli oltre 11 miliardi per la manovra correttiva per far quadrare i conti e anche 2,5 miliardi per poter finanziare questa proposta di legge, credo che sarebbe solo un modo per impiccarsi da soli e con voi il Paese.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Covolo. Ne ha facoltà.
SILVIA COVOLO (LEGA). Presidente, la proposta di legge della collega Meloni mira a incidere sull'assetto proprietario della Banca d'Italia, prevedendo, dal 1° marzo 2019, il trasferimento al MEF delle quote di capitale detenute da soggetti privati, facendo sì che esse circolino solo tra soggetti pubblici al valore nominale delle quote. Il senso della proposta si comprende soltanto attraverso un'attenta analisi della storia della Banca d'Italia, costituita nel 1893 come istituto finanziario privato, per poi assumere, dal 1926, il monopolio nell'emissione della moneta.
Definita come istituto di diritto pubblico con legge del 1936, i suoi azionisti privati furono espropriati e le quote del capitale furono redistribuite tra le banche ormai nazionalizzate. Al contempo, l'istituto fu costretto ad abbandonare le normali operazioni commerciali con clienti non bancari per essere soggetto a una vigilanza più stringente. Dagli anni Novanta, con il processo di trasformazione delle banche pubbliche in SpA, la titolarità delle quote di partecipazione della Banca d'Italia è mutata, tanto che con la legge n. 153 del 1999 è stata disciplinata la partecipazione al capitale della Banca d'Italia da parte di fondazioni bancarie, enti di diritto privato che avevano effettuato il conferimento delle aziende bancarie alle società nate dal processo di trasformazione delle banche pubbliche.
Al contempo, con il passare degli anni la Banca d'Italia, oltre ad assicurare il servizio di tesoreria dello Stato, ha assunto nuove e numerose funzioni di natura pubblicistica, sia per quanto attiene alla regolamentazione del sistema bancario e finanziario, in cui concorre con la Consob, sia per via del processo eurocomunitario che l'ha resa compartecipe ed esecutrice a livello nazionale delle decisioni di politica monetaria assunte dalla BCE nell'ambito del Sistema europeo delle banche centrali.
Il decreto legislativo n. 385 del 1993, reintroducendo il modello di banca universale, ha segnato l'adesione a sistemi di vigilanza uniformi a livello europeo. Il decreto-legge n. 133 del 2013 ha modificato notevolmente l'assetto della Banca d'Italia con nuove norme riguardanti il capitale, per cui nessun partecipante può possedere una quota superiore al 3 per cento e per garantire tale limite la Banca d'Italia potrà acquistare temporaneamente la quota in possesso di altri soggetti. Tale decreto-legge ha allargato il novero dei soggetti italiani che potranno acquistare quote di capitale, estendendolo a fondi pensione, fondazioni, assicurazioni, enti e istituti di previdenza, oltre alle a tutte le banche, mentre precedentemente era prevista la partecipazione delle sole banche succedute nelle posizioni giuridiche di aziende creditizie già considerate dal regio decreto-legge del 1936, quindi casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale.
La proposta di legge Meloni, condivisibile nella sua ratio, mira a risolvere una delle criticità di questo nuovo assetto, perché la Banca d'Italia potrebbe divenire in futuro a maggioranza di azionisti esteri, dato che le banche e le assicurazioni sono private e la loro nazionalità non è più difendibile a priori. La privatizzazione solleva perplessità anche sulla salvaguardia delle riserve auree, che appartengono allo Stato italiano e che costituiscono un bene pubblico di destinazione quasi demaniale, anche se tale funzione è messa a rischio per il fatto che la funzione monetaria della Banca d'Italia è confluita in quella ormai affidata alla Banca centrale europea.
Proprio perché la ricchezza accumulata dalla Banca d'Italia deve ritornare in possesso pubblico è stata presentata anche la proposta di legge n. 1064, a prima firma dell'onorevole Claudio Borghi, la quale, mediante interpretazione autentica della vigente normativa valutaria, intende specificare che la Banca d'Italia gestisce e detiene a esclusivo titolo di deposito le riserve auree, su cui resta fermo il diritto di proprietà dello Stato italiano.
Il motivo per cui esprimeremo voto contrario sulla proposta di legge Meloni, relativamente alla quale la Commissione finanze ha suggerito di sopprimere gli articoli 1 e 2, risiede nel parere contrario espresso il 24 giugno scorso dalla Banca centrale europea, che gli Stati membri hanno l'obbligo di consultare su disposizioni legislative che rientrano nell'ambito delle sue competenze per valutare la compatibilità con l'assetto comunitario. Ebbene, nonostante il Trattato nulla dica circa la struttura proprietaria delle Banche centrali, rimessa all'autonoma determinazione degli Stati membri, occorre comunque salvaguardare il principio di indipendenza della Banca centrale nazionale, per evitare indebite ingerenze di soggetti proprietari sui processi decisionali in relazione ai compiti derivanti dalla partecipazione al Sistema europeo delle Banche centrali. In particolare, occorre garantire che i Governi, ai sensi dell'articolo 130 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, si impegnino a non influenzare i membri degli organi decisionali delle Banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti. La BCE ha rilevato che la proposta in esame è volta ad abrogare alcuni articoli del decreto-legge n. 133 del 2013, ritenuti fondamentali per tutelare l'indipendenza dell'istituto. Non può inoltre essere abrogata la disposizione che inibisce al Ministro dell'Economia e delle finanze di sospendere o annullare deliberazioni del consiglio superiore dell'ente, ove il Ministro le ritenga contrarie a leggi, regolamenti e statuti. In aggiunta, alcune disposizioni della proposta di legge Meloni mirano ad abrogare disposizioni di legge che trovano corrispondenza nello statuto della Banca d'Italia, il quale, in assenza di un adeguamento normativo, continuerebbe quindi a trovare applicazione.
Infine, prevedendo l'acquisto di quote da parte del Ministero dell'Economia e delle finanze al valore nominale di 1.000 lire, pari ad euro 0,5164, come previsto dal regio decreto-legge n. 175 del 1936, anziché al valore nominale attualmente vigente di 25.000 euro, per effetto della rivalutazione operata con decreto-legge n. 133 del 2013, che ha stabilito il valore del capitale in 7,5 miliardi di euro suddivisi in 300 quote in luogo dei 300 milioni di lire originarie, questo comporterebbe un impatto negativo sugli enti creditizi che posseggono quote del capitale della Banca d'Italia iscritte a bilancio a valori corrispondenti a quelli attuali.
Proprio perché siamo convinti che l'esigenza di garantire l'indipendenza dall'Esecutivo della Banca d'Italia, in linea con la normativa euro-comunitaria, non possa comunque esulare dal sistema di bilanciamento e controlli dei poteri tipico delle democrazie liberali, la maggioranza giallo-verde ha depositato al Senato il progetto di legge n. 1332, d'iniziativa dei senatori Romeo e Patuanelli, che mira a riconoscere un ruolo attivo del Parlamento italiano nella designazione dei vertici dell'Istituto, così come avviene per altre autorità amministrative indipendenti in cui la nomina dei vertici prevede un passaggio parlamentare o un intervento governativo. Anche nell'Eurosistema, in 8 delle 19 Banche centrali che ad esso partecipano il Parlamento è coinvolto in modo più o meno penetrante nella nomina del direttorio; ciò avviene anche nel caso della Bundesbank tedesca. Il disegno di legge n. 1332, considerando le implicazioni della normativa europea e la necessità di salvaguardare l'autonomia funzionale dell'Istituto, mira a far sì che le modifiche dello statuto della Banca d'Italia vengano apportate solo con legge, nel rispetto di norme di rango primario e secondario, e che il procedimento di nomina delle varie cariche venga ripartito tra Parlamento e Governo. Continueremo quindi ad impegnarci per fare sì che la Banca d'Italia rimanga azienda pubblica per eccellenza, nel rispetto della normativa europea, ma con un occhio di riguardo alla tutela degli asset proprietari e del patrimonio che appartiene a tutti gli italiani, per cui la gestione non può che prevedere il coinvolgimento delle istituzioni democratiche nazionali.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Osnato. Ne ha facoltà.
MARCO OSNATO (FDI). Presidente, vede, se uno volesse individuare un caso di scuola sul tema della coerenza in politica, probabilmente potrebbe prendere questo provvedimento, i lavori della Commissione e i lavori che oggi stiamo svolgendo per descrivere proprio questo tema della coerenza, della coerenza in politica, della coerenza e le sue distorsioni in politica, della mancata applicazione degli intenti di coerenza quando si fa politica e quando si viene qui a rappresentare quelle persone che ti hanno votato in base ad un programma elettorale che prevede alcune cose che hai annunciato, e che non riesci o non vuoi o non sei in grado di mantenere in quest'Aula. Si può e si deve, se si è convinti, contestare tutto su quello che riguarda un provvedimento in quest'Aula: ci sono gli strumenti in Commissione e in Aula per definire la propria idea, il proprio giudizio, i propri valori rispetto ad un provvedimento; però, fa un po' specie, dicevo, che questi giudizi siano totalmente contrari a molti altri giudizi che sono stati dati non decenni fa, ma magari poche settimane fa. Bisogna vedere anche come nasce questo provvedimento, come nasce anche la necessità di introdurre un provvedimento di questo genere. Il fatto che Bankitalia - qualcuno vagamente l'ha provato a raccontare - oggi non sia di proprietà pubblica non è che nasce in base ad un grande discorso democratico nel Paese e nell'Aula, nasce perché ad un certo punto scenari internazionali peraltro mai chiariti, ma comunque a quanto pare legittimi, decidono che bisogna privatizzare una serie di banche che erano pubbliche, e che detenevano le quote di Bankitalia. Per cui Bankitalia, che storicamente, come è stato raccontato molto bene da alcuni colleghi, diventa una banca le cui azioni vengono detenute sostanzialmente da banche private.
Noi non stiamo allora parlando di un ammennicolo rispetto all'organizzazione dello Stato: stiamo parlando della Banca centrale della nostra nazione, di una banca che determina delle scelte essenziali per il nostro Paese, e direi anche per l'Europa; di una banca che, in teoria, dovrebbe anche controllare quello che succede nel sistema del credito in questa nazione. Mi dispiace non vedere molti colleghi oggi qui; però credo che quello che è successo nel sistema del credito di questo Paese avrebbe bisogno di un'attenzione un po' più intensa, probabilmente, di questa che vediamo oggi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Noi stiamo parlando, sì, di una realtà che ha nel 2019, ci dice il Governatore, un utile netto di 6,24 miliardi, non poco; che ha un utile lordo di 8,9 miliardi, rispetto all'utile del 2017 un aumento di praticamente 2 miliardi e mezzo, quindi anche una situazione che, grazie al quantitative easing e ad altre situazioni magari anche esogene, sta aumentando; che l'anno scorso ha diviso tra questi azionisti 340 milioni di euro. Stiamo parlando non di un ente pubblico, ma di un istituto di diritto pubblico, che è cosa ben diversa. E allora io mi chiedo: ma perché se noi abbiamo la necessità, come ha fatto anche il collega Ungaro, di rivendicare la pubblicità, la necessità di una pubblicità di un istituto di questo genere, dobbiamo farlo passare per una proprietà privata, creando mille situazioni cuscinetto, un direttorio dove c'è un Governatore, un direttore, tre vicedirettori, un consiglio superiore, un collegio sindacale, un'assemblea, e chi più ne ha più ne metta? Se abbiamo bisogno di evidenziare la necessità pubblica di Bankitalia, rendiamola pubblica, cari amici: non c'è tanta alternativa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Altrimenti uno pensa che non ci sia nella mente di qualcuno la necessità che ci sia una funzione pubblica di Bankitalia. Non mi soffermo molto, e ahimè, vedo che anche altri che avrebbero dovuto soffermarsi molto non ne hanno parlato, sull'oro che anche Bankitalia detiene, e sulle motivazioni che sottendono alla detenzione di Bankitalia dell'oro, e su chi ha diritto di proprietà su quest'oro; che ricordo, sono 2.452 tonnellate, valutate 88,4 miliardi a quest'anno, 3 miliardi in più dell'anno scorso.
Non ricordo neanche, ma credo che sia ben chiaro a tutti, che la tanto vituperata Italia, anche tramite la sua banca centrale, è un bastione a salvaguardia dell'euro, grazie alle sue riserve e grazie a quest'oro. Ricordiamocelo, perché poi sembra sempre che noi siamo la Cenerentola di questa Europa, ma noi, anche grazie alla Banca centrale della nostra Italia, siamo una delle colonne che mantengono il tanto vituperato euro.
Allora, noi abbiamo parlato a lungo adesso - in Commissione no, purtroppo, e poi lo spiegherò - del perché e del percome bisogna ristorare gli eventuali danneggiati da questa privatizzazione e, allora, ne parlo dopo; ma, sulle casse previdenziali e sui timori della relatrice, che non ho sentito molto durante la fase della Commissione, comunque, ricordo che noi non abbiamo mai avuto una posizione che volesse pregiudicare le casse previdenziali; noi siamo per restituire integralmente quanto le casse previdenziali hanno sborsato, non c'è nessun problema e spiegherò dopo come.
Per quanto riguarda il valore che viene attribuito alle azioni detenute invece dalle banche, qualcuno ci deve spiegare qual è il valore delle azioni detenute dalle banche, perché, vede, io so che, con un decreto del 2013, qualcuno le ha rivalutate; il Governo Letta di allora rivalutò con un decreto il valore di queste azioni, però, poi, vedo che Carige, per esempio - Carige, non so se vi ricorda qualcosa - rivaluta le sue azioni da 41 euro a 73.764 euro cadauna, il 180 mila per cento in più; lo ripeto, il 180 mila per cento in più. Non lo fa per esempio UniCredit, che le rivaluta, ma non in questo modo, non lo fanno altre realtà.
Quindi, anche su questo, 5 milioni di euro dice qualcuno? Può essere. Ce l'ha spiegato qualcuno? No, sono valutazioni di vari organismi che non hanno però una capacità decisionale su questo tema. Ma noi sappiamo soltanto che, comunque, il valore nominale delle azioni era quello che è stato ampiamente descritto anche dai colleghi che ci hanno preceduto; qualcuno ha fatto anche delle simpatiche valutazioni su un periodo della nostra storia nel quale, però, almeno, le leggi erano chiare; si può fare molta ironia, ma si sapeva quanto valeva un'azione della nostra banca nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché se si fanno le ironie, noi allora facciamo ironia su certi Governi che sulle banche sono stati, come minimo, un po' distratti, come minimo un po' complici, dei Governi che, come minimo, sulle banche, hanno avuto una atteggiamento un po' troppo “zerbinato”, oserei dire, visto che si fanno delle ironie.
Allora, io so che fino al 2013, per esempio, il dividendo era circa il 4 per cento annuo, era un millesimo del capitale sociale; il capitale sociale era appunto di questa cifra e molti di questi dividendi andavano invece nelle riserve della stessa banca che servivano appunto a dare una stabilità monetaria al nostro continente. Oggi, sappiamo che i dividendi arrivano fino al 6 per cento, quindi, siamo su una cifra che va dai 280 milioni ai 500 milioni di euro.
Allora, io dico che noi siamo in grado di restituire chiaramente tutte le cifre che si vogliono individuare, che siano i 5 milioni, sui quali noi, lo dichiaro apertamente, non siamo d'accordo, perché - e spiegherò perché - sono state ipervalutate, sia quelle al titolo nominale che ricordavamo prima dei 150 mila euro ad azione.
Lo dico perché, con questi dividendi, con questi tassi di dividendi, con questa capacità di distribuzione di dividendi della Banca d'Italia, noi possiamo emettere tranquillamente dei titoli di Stato a trent'anni, rimborsati, appunto, annualmente, che portano sicuramente queste banche a non subire nessunissimo danno, né patrimoniale, né economico, né di bilancio, né in nessun modo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
Lo dico perché, vedete, gran parte di questi dividendi deriva dal famoso reddito di signoraggio, cioè dall'emettere moneta, un tema che non credo sia estraneo a nessuno ed è stato molto presente nel dibattito politico ed economico di questo Paese, anche da parte di alcune forze che, oggi, siedono, anche, plasticamente sui banchi del Governo.
E io ho capito che molti servono a finanziare il reddito di cittadinanza, per l'amor del cielo, sono scelte politiche, c'è chi preferisce il reddito di cittadinanza e c'è chi preferisce restituire la banca e l'oro agli italiani, sono scelte; magari, prima, eravamo più d'accordo, poi, qualcuno, di questa seconda parte se ne è dimenticata, magari per logiche politiche clientelari, va bene. Quindi, io dico però una cosa che è evidente a tutti, e non lo dice Marco Osnato che può essere ovviamente smentito in un secondo, ma lo dice - e mi dispiace che non ci sia più in Aula il collega Ungaro - un economista che non fa parte sicuramente del pantheon economico e finanziario di Fratelli d'Italia, si chiama Tito Boeri; lo diceva - e, ripeto, mi dispiace che non sia presente l'onorevole Ungaro che è frequentatore, come è noto, di Londra, essendo eletto all'estero - insieme a Davide Serra; vi ricordate Davide Serra, economista dell'era renziana, citato come grande esperto e grande ideatore di soluzioni di prospettiva per il nostro Paese? Diceva che nel 2013 vi è stato un regalo di 4 miliardi alle banche, cioè questo Paese, con il Governo del 2013 presieduto da Enrico Letta, ha regalato, secondo Boeri, non secondo Marco Osnato, 4 miliardi alle banche, ha distribuito, come dicevo, la rendita di signoraggio alle banche invece che alle riserve che erano degli italiani. E, quindi, noi abbiamo regalato e continuiamo a regalare la rendita di signoraggio alle banche e non la usiamo per il bene degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
Sempre Tito Boeri, non Marco Osnato, ritiene che, dal 2013, qui citerò il caso del 2013, ma, poi, per altre motivazioni, questo regalo sia stato necessario per utilizzare le tassazioni delle rivalutazioni, che sono tra il 16 e il 20 per cento, cioè il capital gain, che fornisce dal miliardo di euro in su, per le politiche finanziarie clientelari di questo Paese. Per esempio, nel 2013 Letta le ha usate per pagare la seconda tranche della cancellazione della rata IMU. Quindi, evidentemente, qualcuno aveva promesso delle cose che non sapeva come finanziare e ha deciso di fare - e lo dico virgolettato, in modo che nessuno poi si offenda, perché qui c'è gente che si offende - come disse Boeri, questa “vera e propria associazione a delinquere”; così la definisce uno dei più noti economisti italiani che, peraltro, era a capo anche di un importante organismo previdenziale del nostro Paese; definisce questo accordo tra le banche e il Governo del 2013 una specie di associazione a delinquere.
E nell'associazione a delinquere, sapete cosa c'è? C'è anche il fatto che questo regalo da 4 miliardi di euro alle banche è servito alle banche per superare i famosi stress test. Cosa sono gli stress test? Sono i controlli che prevedeva Basilea II rispetto alla tenuta patrimoniale delle banche. Allora, nel 2014, molte banche, tante - poi, magari, il collega che parlerà dopo di me, citerà anche quali sono, tutti istituti di credito che partecipano a Bankitalia e, magari, sarà simpatico fare l'accostamento con le cronache giudiziarie dei risparmiatori truffati negli ultimi anni - hanno potuto superare gli stress test, utilizzando proprio questa partita, perché, non avendo più capitale liquido, hanno ottenuto di computare le quote di Banca Italia per rispettare proprio i requisiti di Basilea II. Questo è il regalo che abbiamo fatto - non noi di certo - alle banche, che continuiamo a fare e che anche questo Governo vuole continuare a fare (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
Allora, forse, erano evitabili alcuni di questi scandali bancari e lo dico anche perché, poi, qualcuno ironizza sulla italianità delle banche, va bene, io capisco che il concetto di patria, di nazione, di Italia non sia dello stesso grado in ognuno di noi, è chiaro e forse sarà più evidente a tutti che noi ce l'abbiamo, ce l'abbiamo sempre, ce l'abbiamo comunque e lo evidenziamo anche fuori dai social e anche nelle aule elettive e assembleari nelle quali siamo eletti, però, non è che il fatto che lo statuto dica che la Banca d'Italia deve essere italiana garantisca che rimanga italiana.
Se, infatti, una delle banche o molte delle banche che sono attualmente detentrici delle azioni vengono acquisite da soggetti stranieri, diventa straniera anche la Banca d'Italia, non c'è niente da fare, non c'è niente da fare su questo, diventa straniera anche la Banca d'Italia, e non credo che noi possiamo tollerare questo!
E anche questo non lo dice Marco Osnato, ma lo dice Matteo Salvini, ma non lo dice nel 1994, da giovane militante padano, lo dice il 29 marzo 2019. Io sono contento che la collega della Lega dica che i principi sono condivisibili, poi noi vorremmo che li condividessero anche nei fatti, perché Matteo dice: Il dubbio da cittadino italiano e risparmiatore ce l'ho nei confronti di chi doveva vigilare e non ha vigilato, mentre le banche saltavano una via l'altra. Un conto è l'autonomia di Bankitalia che nessuno mette in discussione, un altro è la mancanza di responsabilità. Anche perché andate ad approfondire sostanzialmente tutte le banche simili a Bankitalia: sono sotto il controllo pubblico in tutta Europa e in tutto il mondo; Bankitalia è un unicum a totale controllo privato. Matteo Salvini, non Marco Osnato, eh, Matteo Salvini. Quindi: condivisibili? Condividiamoli, onorevole.
PRESIDENTE. Concluda.
MARCO OSNATO (FDI). Per carità di patria, non commento la proposta di legge che presentò l'attuale sottosegretario Villarosa. Noto una grande assonanza - e questo fa cronaca attuale - tra la relatrice del MoVimento 5 Stelle e l'intervento del collega Ungaro del Partito Democratico, siamo contenti che si stia palesando questa alleanza non solo sui giornali, ma anche in quest'Aula. Io ricordo alla relatrice che lei disse, il 20 febbraio del 2019: faremo audizioni perché vogliamo riportare l'istituto in mani pubbliche, approfondiremo il dibattito, questo è il nostro obiettivo. Poi, cosa abbiamo ottenuto? Soltanto una letterina dalla Banca centrale europea. E lì, mani in alto, ci siamo fermati tutti perché la Banca centrale europea non ha neanche detto di “no”, ha detto: è un po' complicato. E allora il MoVimento 5 Stelle fa una relazione contraria, la collega della Lega dice che ci siamo fermati perché la Banca centrale europea dice di “no” e allora il sovranismo è finito lì, rimane sui social network, il sovranismo. No! Noi lo vogliamo qui dentro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), il sovranismo, caro Presidente, perché si può fare tutta l'ironia del mondo sulla Meloni, sulla Fornero e altre cose, si può fare tutta l'ironia del mondo sulla democrazia più o meno violata o più o meno praticata. Però, vede, noi sicuramente tutto quello che facciamo, lo facciamo…
PRESIDENTE. Deve concludere.
MARCO OSNATO (FDI). Sì, concludo. Casomai prendo due minuti dal collega.
PRESIDENTE. No, deve concludere.
MARCO OSNATO (FDI). Si può fare tutta l'ironia che si vuole su questo, però poi la coerenza che citavo all'inizio va praticata. Va praticata soprattutto per rispetto agli italiani. E allora noi abbiamo cominciato la nostra carriera politica, noi che stiamo seduti da questa parte, cantando una canzone che citava: “il popolo vinca dell'oro il signor”. Bene, noi rimaniamo sempre quelli: il nostro oro dev'essere degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cattaneo. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CATTANEO (FI). Grazie, Presidente. Come gruppo di Forza Italia, interveniamo nel dibattito sulla nazionalizzazione di Banca d'Italia, facendo seguito alla nostra posizione in Commissione che ci vede fortemente contrari a questa proposta, perché la troviamo estremamente anacronistica, fuori contesto, sbagliata nel metodo e anche portatrice di una visione di Paese lontana da quella di cui Forza Italia è sempre stata portatrice, ovvero un ritorno al passato, un ritorno verso una visione statalista del Paese. E credo anche che ci siano alcuni errori di impostazione metodologica all'interno di questa proposta, perché si mescolano un po' di ingredienti in maniera disordinata: il sovranismo, l'interesse pubblico, il nazionalismo e lo statalismo. Concetti in ordine sparso, raffazzonati in maniera troppo disordinata, che ci trovano contrari a questa proposta, e spiegherò il motivo.
Non sto a ritornare nel dettaglio, che già i colleghi in discussione generale hanno affrontato prima. Per sommi capi ricordo solo che arriviamo a questa discussione dopo varie date che hanno rappresentato la Banca d'Italia che abbiamo oggi nel nostro Paese. Si fa riferimento, ovviamente, alla legge bancaria del 1936 - e addirittura questa legge vuole riportare un po' le lancette dell'orologio ad allora - che aveva stabilito che la Banca d'Italia fosse un istituto di diritto pubblico e che il suo capitale, pari a 300 milioni, fosse rappresentato da 300 mila quote nominative da 1.000 lire ciascuna; e oggi vorremmo portare indietro le lancette dell'orologio fino ad allora.
Poi - è stato ricordato - c'è la riforma degli anni Novanta, in cui Banca d'Italia ha mutato il suo ordinamento in conseguenza del completamento del processo di trasformazione delle banche pubbliche in società per azioni. Erano allora i tempi della “legge Amato-Carli” e da lì anche l'ingresso in Banca d'Italia delle fondazioni bancarie.
E poi arriviamo ai giorni nostri e, soprattutto, non possiamo oggi prescindere da quanto è accaduto nel novembre del 2013, con il decreto-legge n. 113, convertito poi, con modifiche, dalla legge n. 5 del 2014. Allora, Banca d'Italia ha visto aumentato il proprio capitale a 7,5 miliardi di euro e ha aperto anche, nella partecipazione al capitale, a vari soggetti. Quali soggetti? Banche con sede legale e amministrazione centrale in Italia, imprese di assicurazione e riassicurazione con sede in Italia, fondazioni bancarie, di cui all'articolo 27 del decreto legislativo n. 153 del 1999 che ricordavo prima, enti ed istituti di previdenza ed assicurazione aventi sede legale in Italia e, infine, fondi pensione, tutti con sede in Italia. Allora, mi sembra che, come dire, il sovranismo, se qualcuno lo vuole evocare rispetto al tema della permanenza in Italia delle sedi legali, dovrebbe essere garantito già da questa impostazione, ma, come dicevo in premessa, vedo che si fa molta confusione tra sovranismo e statalismo.
Abbiamo oggi detto - ricordato da vari colleghi - che Banca d'Italia era ed è un istituto di diritto pubblico che svolge funzioni di interesse generale. Ricordiamo anche che il Governatore della Banca d'Italia viene nominato dal Presidente della Repubblica, su indicazione del Governo, e che le sue finalità sono finalità che garantiscono il pubblico interesse, il bene comune diremmo in quest'Aula. E il fatto che ci sia all'interno una compartecipazione di soggetti privati per alcuni diventa la pietra dello scandalo, diventa il motivo per cui bisogna riformare e nazionalizzare. Ecco, io credo che confondere la garanzia che svolge Banca d'Italia, l'interesse pubblico, con la necessità di nazionalizzare Banca d'Italia sia un una contraddizione sbagliata e portatrice di una visione di Paese diversa da quella che ha sempre portato Forza Italia. Mi spiego meglio: guai a confondere l'interesse pubblico con la necessità che questo stesso sia perseguito solo da soggetti 100 per cento statalizzati. Questo è un errore. Questo è un errore che ci ha visto governare, tra l'altro, enti locali, territori, regioni, istituti, insieme anche ai colleghi di Fratelli d'Italia, ma portatori di una visione completamente diversa. Se l'interesse pubblico è perseguito magari meglio da un privato che non dal pubblico controllo, ben venga. Anche perché, se qualcuno vuole tornare indietro come in questa legge il gruppo di Fratelli d'Italia propone, bisogna rispondere ad alcune domande semplici: 1) chi paga i 7 miliardi e mezzo di euro necessari?
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA ROSARIA CARFAGNA (ore 12,05)
ALESSANDRO CATTANEO (FI). A questa domanda ci avete risposto che bisogna far riferimento al costo del 1936. Perfetto! Peccato che a questo punto bisogna andarlo a spiegare a tutti gli istituti di credito che hanno in pancia queste azioni, che vedrebbero quindi una svalutazione di 7 miliardi e mezzo di euro e che vedrebbero quindi anche minata la solidità dei propri bilanci. Vogliamo mettere in crisi un sistema bancario che già oggi è estremamente fragile, che è estremamente soggetto a difficoltà? Oltre al fatto che ci dimentichiamo che di questi 7 miliardi e mezzo già lo Stato ha beneficiato, sono stati pagati degli interessi, abbiamo già introitato le tasse rispetto a questi denari. E quindi cosa facciamo? È evidente che, messa in questi termini, vuole solo essere una provocazione, vuole solo essere una bandiera per dimostrare chi è più sovranista dei sovranisti, mentre invece servirebbe altro.
Perché, se c'è un tema che ci deve vedere uniti e non divisi, è il fatto che, in qualche caso, anche recente, il problema che il Parlamento ha affrontato è stato il seguente: Banca d'Italia ha esercitato la funzione di controllo in maniera efficace e terza? Ha prevenuto situazioni di crisi bancarie che poi hanno portato enormi danni ai cittadini italiani? Probabilmente, la risposta che abbiamo già dato in quest'Aula è “no”. Banca d'Italia poteva e doveva meglio sorvegliare.
Quindi, sull'analisi e sulla diagnosi siamo vicini, cioè aiutare Banca d'Italia a svolgere la sua funzione di controllo come soggetto terzo in maniera migliore. Chi chiede la nazionalizzazione evidentemente immagina che ci siano conflitti di interesse potenziali per la presenza di soggetti privati in pancia a Banca d'l'Italia stessa. Su questo iniziamo a dividerci nella visione che abbiamo di come è impostata la nostra banca centrale perché, se esiste un problema, allora nella sua cura io non posso violare i miei valori fondanti e non sono neanche convinto che una banca al 100 per cento pubblica sia garanzia di soggetto terzo migliore; anzi, mi spiace ma io mi fiderò sempre di più dell'iniziativa privata del libero mercato che non invece di un controllo statale al 100 per cento. Mi spiace, ma questo è per me un principio sacrosanto e inviolabile, perché una banca a totale controllo nazionale paradossalmente - ce lo ha detto anche la BCE nel suo parere - vedrebbe minata in maniera più forte la sua indipendenza e probabilmente la longa manus della politica di turno, dei Governi di turno, avrebbe gioco-forza migliore, più efficace rispetto al passato, sì, di dare vita a conflitti di interesse a seconda della politica di turno che governa la Banca.
Quindi, attenzione anche a immaginare che un ritorno al passato curi il problema rispetto al quale ci troviamo anche vicini. Questo è un principio, secondo noi, sacrosanto che quindi non nega le difficoltà che ci sono state e che ci sono, ma vede la soluzione proposta da Fratelli d'Italia come sbagliata nel metodo e nel merito, perché non risolverebbe il problema di essere un miglior soggetto terzo di controllo e, inoltre, porterebbe indietro le lancette dell'orologio quasi a un secolo fa in maniera del tutto anacronistica.
Credo davvero che siamo di fronte a una proposta di legge che andava proposta in maniera differente, in maniera più articolata e, in questo senso, come è già stato ricordato, è illuminante il parere che abbiamo ricevuto da parte del Governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, che di fatto ne ha stroncato completamente l'impianto. Non credo, come veniva detto prima, che lasci aperto qualche spiraglio: di fatto ne ha stroncato completamente l'impianto e lo abbiamo letto.
Dal punto di vista politico, sono d'accordo con i colleghi di Fratelli d'Italia quando puntano il dito verso chi ha avuto un riscontro elettorale forte per una narrazione antieuropea contro i poteri forti della Banca centrale e poi, quando arriva un parere, si piega e si inginocchia al parere stesso della Banca centrale o di quegli istituti che proprio venivano additati come i nemici dello Stato italiano e della sovranità nazionale. Tale contraddizione esiste, è vera, è macroscopica e la vediamo sia nei colleghi della Lega ma, in maniera ancora più eclatante, nei colleghi del MoVimento 5 Stelle che avevano presentato nella passata legislatura - voglio ricordarlo anch'io - una proposta che sostanzialmente era uguale a quella che oggi propone Fratelli d'Italia.
Quindi, cos'è cambiato? È cambiata una cosa semplice: un conto è protestare e fare proposte naïf urlando nelle piazze e un conto è avere responsabilità di Governo. Però, rispetto a quello che stiamo vedendo in queste ore, mi sembra anche ben poca cosa rispetto ai giri di volta che i colleghi 5 Stelle hanno dovuto fare in questa legislatura: siamo nelle ore in cui si parla insomma del mandato zero, un po' come la coca zero, figuriamoci se è un problema rimangiarsi l'idea e l'impostazione avuta su Banca d'Italia e sulla sua nazionalizzazione.
Tuttavia, leggendo meglio il parere di Mario Draghi, vengono sottolineate tutte le difficoltà, tutte le fragilità, tutti gli errori di tale impostazione di legge: ci sono incertezze giuridiche, abrogazioni involontarie di parti di più leggi già in vigore, disposizioni che confliggono non solo con i trattati europei - quindi c'è un problema anche con i trattati europei - ma anche con lo statuto stesso della Banca d'Italia, che quindi entrerebbe in conflitto con la proposta di legge in esame. E potenzialmente - questo già lo dicono diversi costituzionalisti - è una proposta di legge che confligge con la Costituzione stessa del nostro Paese, oltre che - qua c'è il paradosso - si limitano il potere e l'indipendenza della Banca d'Italia.
Uno dei problema originari per cui è stata presentata la proposta è avere una maggiore indipendenza, una maggiore terzietà: ecco, Mario Draghi ci dice che il problema con questa riforma non solo non verrebbe risolto ma addirittura si renderebbe più grave, e io sono d'accordo anche da un punto vista politico, aspetto che ovviamente non è contenuto nel parere dato da Mario Draghi, perché, lo ribadisco, un controllo statale mi lascia meno tranquillo che una compartecipazione pubblica-privata, peraltro con una governance che garantisce l'istituzione che rimane ente pubblico nell'anima.
Quindi, certo capisco che per chi ha additato Mario Draghi alla Banca centrale europea come il nemico supremo sia oggi un po' imbarazzante citarlo a suffragio del voto contrario. Non è così per noi di Forza Italia perché noi - ricordiamocelo - siamo quelli che hanno sostenuto Mario Draghi quando lo proponemmo con il Governo Berlusconi come Governatore della Banca centrale europea, anni che sembrano lontani e in cui l'autorevolezza dell'Italia riusciva a convincere i partner europei a prendere un italiano alla guida del più importante istituto di finanza europea. Sembra passato un secolo, visto che oggi, invece, maldestramente dobbiamo rincorrere le istituzioni europee per farci entrare dalla porta secondaria e non essere più minimamente protagonisti della politica europea.
Noi siamo orgogliosi di avere allora ottenuto un risultato politico importante di un Presidente della Banca centrale europea, un italiano, Mario Draghi, proposto dal Presidente Berlusconi e, quindi, abbiamo fiducia in lui e il giudizio che diamo al suo operato di questi anni è un giudizio complessivamente altamente positivo; e, quindi, oggi leggiamo il parere che ci arriva dalla Banca europea rispetto alla proposta di legge con fiducia e vi ritroviamo un riscontro rispetto a tutto ciò che una banca centrale deve fare non come nemica del sovranismo in una narrazione ormai fuori controllo ma come garante dei trattati europei e anche della politica monetaria europea.
Il parere della Banca europea prosegue e addirittura arriva a definire l'idea strampalata di riportare indietro le lancette di quasi un secolo, trasformando il valore di 7,5 miliardi di euro in 150 mila euro, come una confisca in piena norma. Ora non riesco a capire perché la confisca proletaria fa parte di altre culture politiche, non della nostra di centrodestra, anche se in questo senso mi viene anche in soccorso l'intervento del collega Zanettin, nel mese di maggio, durante il quale ricordò quali sono le banche centrali in giro per il mondo che sono state a pieno controllo statale. Ebbene, il caso più eclatante è quello dell'Unione Sovietica, l'URSS (Commenti del deputato Osnato). Non so se questo è un riferimento politico e culturale che convince qualcuno…
PRESIDENTE. Colleghi, avete avuto la possibilità di intervenire e l'avrete anche dopo, quindi lasciamo intervenire l'onorevole Cattaneo, grazie.
ALESSANDRO CATTANEO (FI). Non so se questo convince qualcuno, non certamente noi. L'altro giorno leggevo che anche la Banca centrale dell'Iran ha un'impostazione simile a quella avanzata nella proposta di legge e, per finire, la Banca centrale era sottomessa alla politica anche nel Governo dell'Argentina di Perón: forse questo può trovare un maggior consenso in qualcuno, non in noi che rimaniamo profondamente liberali.
I lavori in Commissione hanno visto presentare da parte di Forza Italia complessivamente 57 emendamenti, di carattere anche ostruzionistico, non lo neghiamo, avendo una posizione fortemente contraria ai contenuti del provvedimento.
Abbiamo evidenziato le contraddizioni anche del MoVimento 5 Stelle. Ho ascoltato in apertura la relazione fatta dalla relatrice del MoVimento 5 Stelle, ed effettivamente, stranamente, in questa occasione ci troviamo vicini alle riflessioni che la relatrice ha condiviso, ma certo sottolineiamo la distanza rispetto alle prese di posizioni su questo tema nella passata legislatura del MoVimento 5 Stelle e, invece, la posizione che hanno preso su questo provvedimento.
Vado, quindi, a chiudere, Presidente. Forza Italia non cambia idea, non cambia posizione, non cambia la sua visione di Paese. Se un problema c'è, c'è stato e vogliamo fare di più e meglio affinché Banca d'Italia sia quel soggetto terzo di controllo rispetto al buon funzionamento del sistema bancario, non neghiamo, anzi siamo i primi a sollecitare una maggior attenzione, una riforma interna, strumenti differenti da quelli che hanno portato anche in anni recenti a disastri, però crediamo che la soluzione proposta faccia fare non solo passi avanti ma faccia fare passi indietro e sia paradossalmente più di danno che di beneficio.
E poi, di nuovo, torno su un principio chiave, che vede da sempre Forza Italia portatrice di una visione che è il contrario dello statalismo, una visione in cui esiste la partnership pubblico-privato e, se qualcosa non funziona, allora la si modifica, si modificano gli strumenti di controllo, di operatività, si vanno a vedere gli statuti, si sorveglia sulla governance, ma non si torna indietro, su una visione in cui lo statalismo non ha mai portato e mai porterà un beneficio al Paese. Noi su questo non solo non arretriamo, nonostante oggi ci sentiamo più soli rispetto al passato, in questo Parlamento, ad urlare i nostri valori, ma lo continueremo a fare, perché siamo coerenti, anche noi, soprattutto noi, su battaglie come queste, perché non è con una visione che mette al centro lo Stato che il nostro Paese farà progressi. Noi continuiamo a immaginare che sia il cittadino che deve essere messo al centro, nelle sue accezioni, nella libera iniziativa, nell'essere portatore di interesse. La libertà dell'individuo per noi è sacra, lo è anche, quindi, come concetto, come visione di Paese all'interno di una discussione come questa. Per questo motivo il gruppo di Forza Italia voterà contro questo provvedimento, pur essendo disponibili poi, lo ripeto, su tutto il resto, sui problemi del sistema bancario, ad affrontarli, ad approfondirli, a migliorarli, ma senza derogare ai valori di cui siamo da sempre portatori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Acquaroli. Ne ha facoltà.
FRANCESCO ACQUAROLI (FDI). Presidente, inizio questo intervento facendo un richiamo ai lavori che si sono svolti, forse un po' male, in Commissione; credo che il vulnus che si è creato in Commissione non approfondendo questa proposta di legge, o facendolo in maniera molto superficiale, probabilmente ha creato un'opinione, un'idea che poi, si scopre oggi, in questa discussione in Aula, essere assolutamente fuorviante, anche e soprattutto per noi che eravamo coloro che hanno presentato questa proposta di legge.
Al di là di quello che c'è scritto in questa proposta di legge, basta guardare la storia recente, anche attuale, delle proposte di legge che sono state presentate al Senato dal Governo giallo-verde, o nella scorsa legislatura, quando i colleghi del MoVimento 5 Stelle avevano fatto una proposta sullo stesso tema, e addirittura - parlo dopo il collega di Forza Italia – ricordo il Ministro Tremonti il quale nel 2005 aveva fatto approvare in Consiglio dei ministri la statalizzazione di Banca d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Credo che questi elementi che ho appena citato siano inconfutabili per tutti. Parliamo di un tema molto importante, che riguarda la vita della nostra patria, della nostra nazione, della nostra Italia, che riguarda anche e soprattutto il futuro di quello che potrà essere la nostra economia, perché le politiche monetarie fanno parte a pieno titolo delle politiche economiche. La Banca d'Italia, la struttura della Banca d'Italia, è essenziale per la tenuta della struttura della Banca centrale europea, ed è essenziale per il futuro della nostra economia e della capacità dell'Europa di risollevarsi, dell'Italia di risollevarsi dal momento che stiamo vivendo. Dicevo di polemiche che addirittura parlavano, con preoccupazione, di tenuta della democrazia o di salvare i bilanci che sarebbero stati messi a rischio. Credo che l'unico vero pericolo per l'Italia sia stato quello della mancanza della vigilanza e del controllo sulle banche che sono fallite, che sono costate miliardi di euro ed hanno prodotto molti danni in tutto il nostro territorio nazionale. Quello è l'unico pericolo che veramente ha toccato questo tema e ha sconvolto la vita di tante aziende, di tanti imprenditori, compromettendo anche lo sviluppo futuro del nostro Paese.
La proposta di legge presentata dal presidente Meloni sulla nazionalizzazione della Banca d'Italia ha l'elemento essenziale di riportare non solo la natura giuridica dell'istituto, che deve rimanere chiaramente pubblica, ma anche la proprietà, insieme alla salvaguardia delle riserve auree. È un tema trattato tante volte in passato, un tema per cui, in maniera bizzarra, secondo noi, questa Camera dei deputati ha dovuto chiedere addirittura un parere alla Banca centrale europea. Su un tema così importante, noi praticamente chiediamo un parere alla Banca centrale europea, che comunque - smentisco anche chi ha raccontato in quest'Aula di questo parere una versione che non è assolutamente vera - non è assolutamente contrario, ma dice che queste operazioni debbono avvenire in base a quello che è lo schema delle norme che vigono attualmente in Europa rispetto a questo tema (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
Credo che questo sia un elemento talmente scontato che non era assolutamente necessario, per attenersi alla legislazione vigente, italiana e europea, chiedere un parere alla Banca centrale europea. Prima chiediamo il parere, poi diamo a questo parere un'interpretazione che è fuorviante rispetto alla realtà. Questi elementi sono necessari a far capire quanto questo tema, così importante e nevralgico per le famiglie, per la nostra economia, per le nostre banche e per il nostro futuro, sia stato trattato in maniera approfondita in Commissione e in quest'Aula: è sconvolgente scoprire che praticamente è stato, in maniera ipocrita, non trattato per niente, è stato, in qualche maniera, strumentalizzato solo per fare, questa sì, bassa propaganda politica. Allora, siccome noi crediamo che di opportunità perse in quest'Aula ce ne siano state veramente tante, vogliamo far sì che almeno questi pochi minuti possano far comprendere l'iniziativa, che voleva veramente dare un contributo importante. Riteniamo che sia importante innanzitutto un'operazione di chiarezza. Tutti qua dentro hanno difeso la natura pubblica delle funzioni della Banca d'Italia, allora non comprendiamo per quale motivo, se deve essere pubblica la natura della funzione di Banca d'Italia, bisogna che ci sia per forza questo contrasto ove la proprietà è gestita dai privati. E il pericolo - lo diceva anche prima una nostra collega della Lega - è che, è chiaro che queste banche private oggi hanno un controllo di capitale nazionale, ma domani potrebbero avere un capitale estero, ed essere però i titolari della nostra Banca d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Sembra assurdo, sembrerebbe quasi inimmaginabile una fine del genere, eppure è un rischio che Banca d'Italia corre. Fratelli d'Italia vorrebbe impedire in maniera concreta, insieme a tutte le altre forze politiche presenti in questo Parlamento, questo pericolo, questo rischio, invece, nell'indifferenza del Parlamento, siamo tacciati come attentatori della democrazia.
Una chiarezza forte dovrebbe essere fatta sulla distribuzione dei dividendi, che le azioni di Banca d'Italia ogni anno comunque fruttano, come chiarezza deve essere fatta sulla trasparenza con cui viene gestita Banca d'Italia, soprattutto, l'ho detto prima, la vigilanza e il controllo. Vengo da una regione, la regione Marche, che aveva un istituto di credito importante per la nostra regione, che rappresentava la storia, i sacrifici e gli sforzi dei nostri nonni, dei nostri padri, e che rappresentava veramente un punto di riferimento per le imprese, per le industrie, per l'economia locale. Una struttura bancaria che aveva saputo sostenere l'economia della nostra regione nella crescita, aveva saputo scommettere insieme alla nostra regione perché conosceva il nostro territorio, perché conosceva la storia del nostro territorio, le peculiarità, e conosceva i soggetti che sono i protagonisti del nostro territorio, che erano i protagonisti del nostro territorio.
E dico “erano” perché Banca Marche è uno di quegli istituti che purtroppo non ci sono più, con un danno importantissimo non solo dal punto di vista finanziario, ma dal punto di vista economico e imprenditoriale per il futuro della nostra terra. Ecco, Banca Marche è uno dei tantissimi istituti di credito che purtroppo hanno fatto questa fine. Allora possiamo difendere tutto, ma non possiamo difendere questa governance, che è mancata totalmente nel controllo e nella vigilanza, che ha prodotto danni per miliardi di euro e che compromette la possibilità di sviluppo del nostro territorio, la tenuta in questo momento particolare del nostro territorio. E allora parlare di un tema così importante e parlarne scevri dalle appartenenze ideologiche e scevri anche dal ruolo che bisogna avere per forza in quest'Aula per rispondere non so a quale logica o a quale interesse, che non sia, però, riconducibile a quello di chi ci vota per stare qui dentro, porta purtroppo alla fine a una bocciatura della nostra legge.
Una bocciatura che poteva essere pure compresa dopo un dialogo, dopo una discussione, dopo un approfondimento, dopo una concertazione vera, che è mancata totalmente. Un'opportunità che purtroppo pagheranno, come tante altre, i nostri concittadini, pagheranno i nostri imprenditori; però almeno la speranza è che la discussione di questa mattina, per i pochissimi presenti in Aula su un tema così importante, possa essere almeno di incentivo a far restare sempre vigile questo Parlamento su di un tema che troppo spesso è lasciato ai margini della politica nazionale, perché nessuno vuole toccare l'indipendenza della Banca d'Italia, non viene neanche lontanamente in testa di toccare l'indipendenza, ma l'opportunità di riportare centrale nella discussione le proprietà della Banca d'Italia con il capitale nazionale è fondamentale, perché è una garanzia per gli italiani, sia per le azioni che per le riserve auree, senza inventarsi le favole di mettere a rischio l'INPS, le pensioni o chissà cos'altro.
Parliamo di cose concrete e parliamo di proposte concrete. Non credo che questo atteggiamento di sminuire con questi toni la proposta a prima firma Meloni sia l'atteggiamento giusto per affrontare veramente i cosiddetti poteri forti, i cosiddetti scenari difficili, i cosiddetti scenari anche che devono vedere per forza protagonista il nostro Paese, perché senza una Banca d'Italia che possa essere di garanzia, trasparente e infallibile sul controllo, sulla vigilanza e sulla governance noi non avremo un compito facile sul futuro delle nostre generazioni e sulla ripresa economica, che ci è tanto cara a parole, ma, nei fatti, sembra assolutamente rimanere una propaganda da fare nelle piazze, ma che non si traduce mai in azioni concrete e vere in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 313-A)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, onorevole Ruggiero.
FRANCESCA ANNA RUGGIERO , Relatrice. Grazie, Presidente. Innanzitutto volevo ringraziare il sottosegretario Alessio Villarosa per avere seguito il provvedimento in Commissione e gli uffici per avermi coadiuvato in questo percorso, e resto fermamente convinta, ribadendo il parere contrario a questo provvedimento, che esso vada a depauperare i bilanci degli enti e delle casse previdenziali, mettendo le mani in tasca ai pensionati e a coloro che versano i loro contributi lavorando una vita intera. Non vi è dubbio che l'attuale assetto proprietario della governance di Banca d'Italia sia un'anomalia nel contesto europeo delle banche centrali; non vi è dubbio della ravvisata necessità di adeguare il nostro ordinamento a quello dei Paesi europei più virtuosi. Non ci sono soprattutto da parte nostra, da parte del MoVimento 5 Stelle, incertezze o perplessità nel rivedere il senso generale e il sistema di regole che riguardi in un'ottica innovativa il sistema di nomine del management della Banca d'Italia, dello statuto, del capitale sociale e delle riserve auree della Banca, anche e soprattutto alla luce delle evidenti responsabilità che essa ha avuto nel corso degli ultimi anni nel non avere assolto ai propri compiti ispettivi e di vigilanza.
Il MoVimento 5 Stelle sin dalla scorsa legislatura ha sempre denunciato la scarsa trasparenza e i gravissimi comportamenti dimostrati dai responsabili dell'Istituto di via Nazionale che si sono susseguiti negli anni sugli insufficienti o addirittura mancati controlli o sull'omessa vigilanza su operazioni finanziarie come i crediti deteriorati di tanti istituti di credito che hanno portato purtroppo ai molteplici scandali a livello nazionale, mandando in rovina tanti risparmiatori italiani. In tale contesto, l'esigenza di far luce sulle responsabilità dei manager delle banche e sull'inerzia dell'autorità di vigilanza da parte della Consob e, come detto, della Banca d'Italia risulta un tema di stretta attualità, che nell'agenda del Governo e del Parlamento siamo certi troverà in tempi rapidi spazi e soluzioni. Quanto detto, anche a causa delle carenze dimostrate da parte dei Governi che ci hanno preceduto, alimenta l'esigenza di misure legislative rigorose e adeguate volte a sanzionare i reati finanziari e i comportamenti fraudolenti degli amministratori e delle banche ai danni di tanti azionisti e risparmiatori.
Per queste ragioni, questa mattina ho depositato una proposta di legge, a mia prima firma, per ampliare il ventaglio dei soggetti partecipanti al capitale della Banca d'Italia, aprendolo anche ai soggetti pubblici, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, perché è necessario riformare Banca d'Italia, ma non deve essere fatto a spese dei cittadini, non creando debito e non mettendo le mani, ancora una volta, nelle tasche dei cittadini italiani, gli unici che noi rappresentiamo in queste istituzioni e che tuteleremo sempre.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, sottosegretario Villarosa.
ALESSIO MATTIA VILLAROSA, Sottosegretario di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. Ci tengo a rispondere ad alcune dichiarazioni che sono state fatte in quest'Aula, ma anche a dichiarare ufficialmente la mia posizione su questa proposta di legge. Il tema, come dichiarato da alcuni, non è stupido, non è folle; è un tema assolutamente importante, che va approfondito. Però sicuramente qualcuno di voi ha detto che il tema proposto oggi è anacronistico, e questo è ovvio ed è chiaro. Ma non è anacronistico di chissà quanti anni, è una questione di tempo: bastava un attimino fare attenzione a quello che accadeva nel mercato delle quote di Banca d'Italia per capire che una proposta di questo tipo, fatta ora, in questo momento, avrebbe semplicemente arrecato dei danni a chi in questi anni ha acquistato quelle quote; e principalmente, purtroppo, si trattava di fondi pensione.
Infatti, nell'analisi anche nel dossier della Camera dei deputati si legge chiaramente che, nel caso in cui avessimo messo in piedi una proposta di questo tipo, avremmo dovuto o azzerare un valore pari a circa 2 miliardi di euro acquisito all'interno dei bilanci delle banche e dei fondi pensione che avevano acquistato le quote di Banca d'Italia oppure tirar fuori con fondi pubblici 2,7 miliardi di euro circa. La proposta di legge non conteneva nessun tipo di coperture, e quindi non è un problema di contenuti, ma un problema proprio di momento storico nel quale ci troviamo. Voglio replicare a chi in alcuni momenti ha detto nella discussione di poco fa che la garanzia di indipendenza la dà sola il privato.
Una garanzia di indipendenza di una banca centrale non la dà solo il privato.
Si può discutere se il pubblico sia in grado di garantirla nel migliore dei modi, però è ovvio ed è chiaro ed è visibile a tutti che, su circa 160 banche centrali, più dell'80 per cento sono in mano a soggetti pubblici, sicuramente con più del 50 per cento, e, con riferimento al caso dell'Italia, nel 2004, quando gli italiani hanno scoperto che le partecipazioni non erano più in mano pubblica, ma in mano privata - e ora vi dico anche come -, in quel momento si è capito che era veramente un caso particolare. Cosa accadde? Accade semplicemente che nei primi anni Novanta, quando fu introdotto il testo unico bancario e, quindi, furono privatizzate la maggior parte delle banche ovvero per ottenere la licenza bancaria dovevi essere o una Spa o una Scpa, cioè società cooperativa per azioni, allora in quel momento chi aveva in mano le quote di Banca d'Italia si trovò, in un periodo di trasformazione, dal passare dal pubblico al privato e allora si arrivò a questa situazione.
Stranamente nel 2004 ci fu una un giornale che non si occupa di economia che pubblicò i nomi di questi azionisti, che fu Famiglia Cristiana se non ricordo male, con lo studioso Coltorti, che lavorava in Mediobanca, che analizzando i bilanci delle banche tirò fuori, appunto, i dati e si scoprì che Intesa Sanpaolo e UniCredit - oggi Intesa Sanpaolo e UniCredit - ai tempi avevano circa il 50 per cento, se non oltre, di quote. E, infatti, nel 2005 questo Parlamento si impegnò e questo per far capire che l'attenzione c'è già stata in questo Parlamento, non è una follia, non stiamo parlando di un secolo fa; stiamo parlando del 2005, stiamo parlando della legge n. 262 del 2005, se non sbaglio, il famoso provvedimento di Tremonti che chiedeva, appunto, di portare di nuovo in mano pubblica, dopo che nel 2004 l'opinione pubblica era impazzita nel vedere le quote in mano privata, le quote di Banca d'Italia.
Nel 2005 fu fatta la legge che fu approvata da questo Parlamento, però, come spesso accade, i decreti attuativi - e mi viene da ridere, ma c'è poco da ridere perché tutti quanti si aspettavano le quote in mano pubblica - che dovevano stabilire entro tre anni le modalità non furono mai messi in piedi e, quindi, anche se il Parlamento aveva votato per riportare in mano pubblica le quote di Banca d'Italia - e non come si è detto poco fa, “un secolo fa”, ma nel 2005 - poi i decreti attuativi non furono messi in piedi e, quindi, non si arrivò a questo punto.
Poi, un altro dato importante. Noi la proposta di legge l'abbiamo fatta nel 2014, è stata messa in piedi nel 2014, nel momento in cui era appena stato emanato il decreto-legge n. 133 del 2013. Il decreto-legge n. 133 del 2013 è il decreto-legge - e noi abbiamo fatto una battaglia enorme, siamo saliti sui banchi del Governo, c'è stata una “ghigliottina” in quest'Aula parlamentare, cioè è stata bloccata la possibilità di intervenire - che volevamo bloccare, perché sapevamo del passaggio delle quote di partecipazione - e attenzione, perché non sono azioni: sono quote di partecipazione - da un valore di 136 mila euro a 7 miliardi e mezzo, quando mai nessuno ci aveva pensato dal 1936 a oggi e dal 1936 a oggi quel valore è rimasto tale, anche perché non è un'azienda che opera commercialmente, ma è una banca centrale e non c'era un motivo valido secondo noi - e continuiamo a dirlo - per portare le quote a 7 miliardi e mezzo. Tra l'altro, non so se vi ricordate ma era stata scelta una forbice per un valore che poteva essere di 5 miliardi fino a 7 miliardi e mezzo e guarda caso quel Governo, il Governo precedente, decise di valutarle 7 miliardi e mezzo, quindi l'asticella più alta.
Noi, in quel momento, avevamo la paura - e l'abbiamo detto più volte - che con quel tipo di proposta, anche se garantiva una maggiore indipendenza rispetto a prima perché tutti i privati non potevano detenere più del 3 per cento di quote, ma dando i 7,5 miliardi di euro di sicuro lo Stato e il pubblico non sarebbero più potuti entrare nel capitale se non versando, appunto, 7,5 miliardi di euro, che già sono scomparsi dalle riserve statutarie della Banca d'Italia con quell'operazione, perché se andate a verificare le riserve statutarie di Banca d'Italia prima del decreto-legge n. 133 del 2013 e subito dopo troverete 7,5 miliardi in meno, che sono, appunto, i soldi che Banca d'Italia ha utilizzato per aumentare il valore delle quote delle banche private. Quindi, subito dopo, nel 2014, visto che c'era un periodo transitorio e queste quote ancora rimanevano in mano ai titolari principali, abbiamo deciso di mettere in piedi questa proposta.
Oggi questo tipo di proposta non si può fare se non tirando fuori 7,5 miliardi di euro. Il MoVimento 5 Stelle ragiona su questo tipo di intervento, ma ne capisce le difficoltà. La collega Ruggiero ha comunicato di aver depositato una proposta di legge che darà agli enti pubblici finalmente la possibilità di partecipare, dopo il decreto-legge n. 133 del 2013 che non lo prevedeva, all'azionariato della Banca d'Italia e, anzi, poter acquistare le quote di partecipazione di Banca d'Italia. In più, stiamo mettendo in piedi tante proposte che riguardano la vigilanza, perché quello di cui ha parlato la maggior parte di voi è la tutela del risparmio e del credito, quindi di Banca d'Italia vista come entità di vigilanza. È lì che oggi dobbiamo operare e concentrarci per far sì che i nostri risparmiatori vengano tutelati, così come dice il nostro articolo principe in tema, ovvero l'articolo 47 della Costituzione.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è quindi rinviato ad altra seduta.
Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 15,30 per il seguito dell'esame del decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO
La seduta, sospesa alle 12,40, è ripresa alle 15,30.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Gregorio Fontana è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente novantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO (PD). Presidente, la ringrazio. La V Commissione è ancora riunita, non sono ancora scesi i nostri colleghi, quindi le chiedo di attendere la conclusione di quei lavori. Chiederemo, Presidente, proprio sull'esito della V Commissione un intervento sull'ordine dei lavori per il collega Marattin.
PRESIDENTE. E' in corso la riunione della V Commissione - gli uffici l'hanno verificato - quindi sospendiamo la seduta. Tra cinque minuti la riprenderemo.
La seduta è sospesa e riprenderà alle ore 15,35.
La seduta, sospesa alle 15,32, è ripresa alle 15,37.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Marattin. Ne ha facoltà. Cortesemente, se i colleghi fanno silenzio. Prego, onorevole.
LUIGI MARATTIN (PD). Grazie, Presidente. La riunione, testé conclusa, della Commissione bilancio era dedicata ad esprimere, fra le altre cose, il parere sul decreto in oggetto. Ora, io, oltre a precisare che i chiarimenti che la Commissione aveva chiesto sono giunti alle 15,14 minuti, quindi quindici minuti fa, e ci è stato subito chiesto di esprimere un parere, quindi le condizioni non erano ideali, ciò nonostante, vi è una vicenda che, a nostro modo di vedere, non è stata chiarita bene nel poco tempo disponibile.
Mi riferisco all'articolo 2: detta in parole povere, la forza comunicativa di questo decreto è che si prendono le navi, si confiscano e si fanno le multe; la forza politica associata a questo provvedimento sta quasi tutta qui, c'è stato e ci sarà modo di discuterne, ma, dal punto di vista contabile, c'è un problema che è rimasto a nostro avviso sottovalutato, e non solo a nostro avviso, evidentemente.
In pratica, si dice che, se io faccio delle multe a delle navi, quei soldi devono essere spesi in capitoli di bilancio dedicati alla gestione delle navi confiscate in attesa di sequestro, eccetera. Però, c'è poi un punto in cui si dice: “Se le somme non vengono impegnate entro quell'esercizio finanziario, vengono automaticamente riassegnate all'esercizio successivo”. Ora, gli affezionati di contabilità pubblica sanno che non funziona esattamente così: vale a dire, negli enti locali questo passaggio avviene tramite l'avanzo di amministrazione, nell'amministrazione centrale dello Stato questo passaggio, secondo la legge di contabilità nazionale, la n. 196 del 2009, non avviene in questo modo, le somme non impegnate a fine anno possono essere riassegnate soltanto entro termini prestabiliti.
Qui invece si dice che, quando arriva una nave e Salvini la sequestra e gli faccio una multa, quei soldi stanno lì e vengono automaticamente passati all'esercizio successivo. Allora, il Servizio bilancio della Camera dice: “Occhio, non funziona così. Come la mettiamo”? Il Ministero dell'Interno, in una relazione di venti pagine consegnata alle 15,14, dice che in effetti questo è un problema. Cosa ha da dire la Ragioneria dello Stato al riguardo? Perché questo determina a regime degli effetti sui flussi di cassa potenzialmente non irrilevanti.
Ora, la Ragioneria generale dello Stato, chiamata in causa esplicitamente dal Ministero dell'Interno su questo punto non si è espressa, noi non abbiamo agli atti nessun parere della Ragioneria generale su questo. Ci risponde il presidente Borghi che, siccome la Ragioneria generale dello Stato si è espressa su tutto il complesso degli emendamenti e non ha ritenuto opportuno tornare su questo punto, silenzio assenso, si vede che va tutto bene; ma non mi pare anche questo un modo esattamente corretto di affrontare il tema.
Qui siamo in presenza di una domanda puntuale, fatta non solo dal Servizio bilancio e dal relatore stesso al Governo, ma dal Ministero dell'Interno stesso che chiede sul punto un'espressione specifica della Ragioneria generale dello Stato, che, non essendo pervenuta, per quanto ci riguarda, costituisce un impedimento abbastanza rilevante all'inizio della trattazione del tema in Aula e sul quale chiediamo un'espressione puntuale della Ragioneria generale dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Marattin.
Onorevole Fornaro, mi sembra che lei sia su un altro punto e c'è l'intendimento del presidente Borghi di rispondere al collega Marattin. Le do la parola, presidente Borghi.
CLAUDIO BORGHI (LEGA). Sì, onorevole Presidente, grazie. Quello che in Commissione bilancio è stato fatto non differisce dalle normali procedure che normalmente si hanno per la verifica e l'espressione dei pareri, vale a dire: è vero che su quel punto è stato chiesto un chiarimento, così come su altri punti. Preso atto che, in ogni caso, si trattava di una questione per cui ci sono numerosi precedenti (per cui non è che stiamo parlando di cose inaudite), che sono risorse addizionali, quindi non è che sottraiamo saldi al bilancio dello Stato perché eventualmente sono delle risorse in più che arrivano, sullo specifico però la nota della Ragioneria è arrivata; vale a dire, la nota della Ragioneria include l'approvazione per tutti i punti per cui essa era stata interpellata e non ha trovato nulla da eccepire.
Pertanto, per carità, io posso capire che si può sempre andare in un livello di dettaglio superiore o “può essere ribadito che”, però, essendo che la nota della Ragioneria, sui punti da noi richiesti, non trovava punti di contrasto con le regole contabili e che il relatore trovava la questione sufficientemente spiegata, è stato espresso parere favorevole, tutto qua.
Non mi sembra ci sia stato alcunché di strano.
PRESIDENTE. La ringrazio, presidente Borghi, anche per il suo chiarimento.
EMANUELE FIANO (PD). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Fiano, siamo sempre su questo? Mi sembra che la risposta sia arrivata, però ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO (PD). Grazie, Presidente. La risposta è arrivata, ma io le chiedo formalmente di far tornare il provvedimento in Commissione bilancio, perché noi, in assenza di una relazione tecnica scritta della Ragioneria su questo punto, non possiamo continuare.
Non è pensabile che su un punto su cui è stato chiesto… non fosse stato chiesto, ma una relazione tecnica della Ragioneria su questo punto non esiste. Dunque, se noi adesso continuassimo, su questo aspetto di bilancio del decreto in esame, noi o chi se la prende si prenderebbe la responsabilità di portare avanti il decreto senza un parere, una relazione tecnica specifica su quel punto, cosa che qui in quest'Aula non succede normalmente.
Quindi, io le chiedo formalmente di far tornare il provvedimento in Commissione.
PRESIDENTE. Onorevole Fiano, dal punto di vista formale le procedure sono state esperite.
Se lei richiede il ritorno del provvedimento in Commissione, ma in Commissione competente, questa è un'altra questione.
Non si può richiedere un parere alla Commissione bilancio, perché il parere è stato testé espresso.
Quindi, se la richiesta è di rinvio in Commissione procederemo in tal senso, se c'è un intervento a favore e un intervento contro.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,45).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
PRESIDENTE. Sulla richiesta di rinvio in Commissione concedo la parola ad un deputato a favore e ad uno contro.
LUIGI MARATTIN (PD). Chiedo di intervenire a favore.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI MARATTIN (PD). Per rispondere al presidente Borghi, ma per ripetermi da questo punto di vista. Noi non possiamo accettare il principio che, ogni volta che la Ragioneria è interrogata su un punto specifico - ripeto, da un'altra o anche da un'altra amministrazione centrale dello Stato e, in questo caso, il Ministero dell'Interno - tale richiesta sia, come dire, evasa dalla non menzione della cosa nel parere sul complesso degli emendamenti, cioè mi pare veramente un modo singolare di procedere. Qualora ci sia una domanda specifica che o la Commissione o il Ministero dell'Interno, in questo caso entrambi, chiedono… e, ripeto, la questione non è banale, perché è l'effetto sui flussi di cassa da un anno all'altro. Nelle intenzioni di questa maggioranza, con questo provvedimento si bloccheranno flotte di navi, quindi potenzialmente stiamo parlando di un quantitativo di denaro non irrilevante, nelle vostre intenzioni, ripeto, magari anche parecchio rilevante e, quindi, è nostro dovere assicurarci che questi flussi finanziari siano correttamente contabilizzati nel bilancio dello Stato.
E non si può certamente dire che, siccome non mi sono espresso su questo punto specifico, vuol dire che non era importante, perché ripeto, vi è stata una domanda puntuale alla quale esigiamo una risposta scritta puntuale.
CLAUDIO BORGHI (LEGA). Chiedo di intervenire contro.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CLAUDIO BORGHI (LEGA). Allora, come ricordato, non penso che ci siano i termini o i presupposti per poter per poter tornare in Commissione, perché, ripeto, stiamo parlando di cifre esigue - che magari sono tantissime, ma se l'effetto dissuasivo del decreto funziona potrebbero anche essere zero, perché nel momento in cui uno sa che la nave viene confiscata, di solito non se la fa confiscare - e stiamo parlando di una questione che ha avuto degli ampi precedenti, quindi non particolarmente meritevole di attenzione, di cifre aggiuntive sui saldi e di una spiegazione che non è che viene gestita con silenzio-assenso, ma è abbastanza normale che al seguito di tanti punti su cui si richiede il parere, il parere sia complessivo e non si rilevi nulla.
Il nulla da rilevare include ovviamente tutti i punti che son stati sollecitati per il confronto, per cui io penso che non sia necessario tornare in Commissione.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Claudio Borghi, sospendiamo per due minuti la seduta per votare quando il preavviso sarà scaduto.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,50.
La seduta, sospesa alle 15,48, è ripresa alle 15,50.
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta. Colleghi, sono in Aula, vi prego di accomodarvi. Cominciamo la votazione.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio in Commissione.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge per 250 voti di differenza.
Sull'ordine dei lavori.
FEDERICO FORNARO (LEU). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Su che cosa?
FEDERICO FORNARO (LEU). Signor Presidente, per il suo tramite, ovviamente al Presidente Fico; colgo l'occasione anche della presenza del Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta. Sono ormai giorni e giorni che in ogni luogo, sulla TV, nei talk show, sui quotidiani, in molte realtà si discute del tema dell'autonomia differenziata; si discute dappertutto, meno che in Parlamento. Io credo questa sia una questione che non è più sopportabile, quindi le chiedo formalmente che si faccia tramite con il Presidente della Camera affinché in tempi rapidi si individui un iter parlamentare, che consenta al Parlamento non solo di discutere, ma di intervenire ed eventualmente emendare i testi degli accordi. Non è più accettabile che siano tutti protagonisti meno il Parlamento; e credo che, da questo punto di vista, debba esserci anche, se mi è consentito, uno scatto d'orgoglio, perché da questo punto di vista…
PRESIDENTE. Grazie.
FEDERICO FORNARO (LEU). …alla fine la sovranità appartiene al popolo e noi la esercitiamo. Vorrei evitare che siano altri ad esercitare e a delegare potestà legislativa alle regioni (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Fornaro, peraltro mi giunge notizia - anche la presenza del Ministro Fraccaro qui è un piccolo indizio - che potrebbe esserci la fiducia, e quindi ci sarà una Conferenza dei presidenti di gruppo in cui senz'altro il tema potrà essere posto.
GRAZIANO DELRIO (PD). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRAZIANO DELRIO (PD). Presidente, intervengo per sottolineare che non solo aspettiamo un dibattito sull'autonomia, ma da più di una settimana aspettiamo che il Ministro Salvini dia una cortese risposta al Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta; immagino che si siano riusciti a vedere, presto o tardi (Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier – Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Io ringrazio il Ministro Fraccaro perché so che ha sollecitato le risposte del Ministro Salvini, che ha la lingua molto lunga su tutti gli argomenti (la gran parte non ne conosce), parla di tutto (gran parte degli argomenti non li conosce), meno che della cosa su cui lo sta interrogando il Parlamento. E, allora, noi pensiamo che il Ministro Salvini stia diventando uno specialista della fuga (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): scappa non solo dal processo della Diciotti, per stabilire se aveva o no violato la legge, scappa dai processi, ma scappa anche dal Parlamento.
Io ritengo che questo non sia un problema, sinceramente, del Partito Democratico, degli amici di LeU e degli amici del gruppo Misto che hanno presentato questa richiesta: io credo che questo sia un problema di tutti i colleghi. È un problema di tutti quando un Ministro non risponde agli inviti delle istituzioni a presentarsi e a fare il suo dovere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Abbiamo già detto che questo non è un piacere, ma è un dovere istituzionale del Governo, rimanere e rispettare l'istituzione repubblicana.
Allora, il Ministro Salvini continua a non rispondere, Presidente. Noi le chiediamo, ancora una volta, di sollecitare, perché siamo in presenza di un fatto surreale: non solo non partecipa… perché se almeno fosse impegnato a partecipare ai suoi impegni di Governo, ma non è andato nemmeno alla riunione dei Ministri dell'Interno dove si discuteva di ricollocamento di migranti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), argomento di cui dovrebbe essere esperto, argomento di cui… Quindi, brilla per la sua assenza.
Allora, noi vogliamo allora sapere che cos'ha da nascondere, cosa c'è di così terribile da non poter venire in Parlamento a rispondere a delle semplici domande. Abbiamo già detto che noi, a differenza di altri, non vogliamo fare i processi nelle Aule: noi vogliamo semplicemente acquisire degli elementi, degli elementi di verità rispetto a un signore che è stato registrato mentre diceva che voleva fare transazioni per acquisire fondi neri da dedicare alle campagne elettorali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Questo signore è un amico da venticinque anni del Ministro Salvini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): vorremmo sapere questo signore, che partecipa, ha partecipato a incontri riservati dei ministri dell'interno, che ha partecipato a numerose missioni internazionali, quali rapporti abbia con il Ministro Salvini e se il Ministro Salvini era a conoscenza delle iniziative di questo signore.
PRESIDENTE. Grazie.
GRAZIANO DELRIO (PD). Ci pare una cosa legittima, Presidente. La prego, per favore, di dire al Ministro Salvini che se proprio non ha paura, trovi cinque minuti per tornare da noi: siamo il Parlamento della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Onorevole Delrio, anche questo è un dibattito che si è tenuto più volte in quest'Aula. È presente anche il Ministro Fraccaro, che ha partecipato peraltro al dibattito anche in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo. Io credo che noi adesso dobbiamo procedere con i nostri lavori, se non ci sono altri punti. C'è anche la presidente Gelmini, a cui darò la parola, c'è la presidente Boldrini, però chiederei….Onorevole Fatuzzo, c'è il suo presidente di gruppo che chiede di intervenire, mi sembra. Chiederei di stare sul merito dell'ordine dei lavori.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Gelmini. Ne ha facoltà.
MARIASTELLA GELMINI (FI). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e torno sul tema del federalismo differenziato e dell'autonomia, per significare che sono passati molti mesi da quella scadenza che il Governo si era dato, a febbraio, per fare in modo che il Parlamento fosse messo nelle condizioni di discutere e di confrontarsi su questo tema. Prendiamo atto che sono passati inutilmente molti mesi, tantissime settimane e del tema del federalismo differenziato e dell'autonomia non vi è traccia in Parlamento.
Così come osserviamo una forte distanza del Vicepremier Di Maio rispetto a quell'informativa che noi chiedemmo qualche settimana fa sui tavoli aziendali. Sappiamo che si vuole in qualche modo abbandonare la democrazia rappresentativa, ma riteniamo che 158 tavoli di crisi aziendali meritino l'attenzione del Ministro e del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Vi è stato un ritardo inspiegabile anche in Commissione attività produttive. Ricordiamo al Ministro Di Maio che occorre un suo intervento chiaro e un rispetto del ruolo del Parlamento rispetto a queste crisi aziendali, che riguardano più di 200 mila lavoratori. Capiamo che è molto impegnato a fare propaganda, il Ministro, ma se qualche volta si dovesse ricordare delle sue deleghe e magari ne parlasse in Parlamento, farebbe cosa gradita al Parlamento e al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Io ritengo di non dare più la parola sull'ordine dei lavori. Per il gruppo di LeU ha parlato l'onorevole Fornaro; abbiamo inserito numerosi temi all'attenzione dell'Aula; adesso procediamo con il resto. Se ci sono altre questioni avremo tempo dopo l'inizio di questo provvedimento per discuterne e senz'altro darò la parola anche ad altri.
Presidente Boldrini, cerco di stare nelle regole, con l'elasticità che conviene e che bisogna applicare da parte della Presidenza.
Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica (A.C. 1913-A) (ore 16).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1913-A: Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica.
Ricordo che nella seduta del 22 luglio si è conclusa la discussione generale e la relatrice per la Commissione affari costituzionali ed il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 1913-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni e delle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).
La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.
(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1913-A)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, deputato Riccardo Fraccaro. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Colleghi, il Ministro Fraccaro ne ha facoltà. Prego, Ministro.
RICCARDO FRACCARO, Ministro per i Rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta. Presidente, colleghi deputati, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 1913, di conversione in legge del decreto 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica, nel testo licenziato dalle Commissioni (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega-Salvini Premier - Proteste dei deputati del gruppo Partito Democratico – Dai banchi dei deputati del gruppo Partito Democratico si grida: Vergogna! Vergogna!).
PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 16,15 presso la Biblioteca del Presidente, al fine di stabilire il prosieguo dell'esame del provvedimento.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Boldrini. Ne ha facoltà.
LAURA BOLDRINI (LEU). Signor Presidente, io volevo solo aggiungere la mia voce, quella del mio gruppo, alla richiesta avanzata da parte del Partito Democratico della presenza del Ministro Salvini. Oggi noi siamo qui per discutere un provvedimento, cosiddetto “sicurezza bis”, che dovrebbe essere di interesse del Ministro Salvini; lo ha tanto voluto, eppure il Ministro non è in Aula. Abbiamo il Ministro Fraccaro, per carità, va benissimo così, ma non le sembra, Ministro Fraccaro, che insieme a lei ci doveva essere anche il Ministro che ha dato la prima firma a questo provvedimento? Il Presidente della Camera Fico ha scritto al Ministro Salvini, gli ha scritto una lettera, una lettera istituzionale, chiedendo di venire a riferire. Il Ministro Salvini non ha neanche risposto.
Signor Presidente, parlo da ex Presidente della Camera. Le posso dire che nei cinque anni che io ho presieduto questa Assemblea non è mai accaduto che un Ministro non rispondesse alle istanze dell'opposizione e a una chiamata formale (Applausi dei deputati dei gruppi Liberi e Uguali e Partito Democratico). Io non ho mai dovuto scrivere lettere, signor Presidente, perché se un Ministro non poteva venire chiamava e diceva perché non poteva venire, e fissava un'altra data e veniva; nessun Ministro si è mai sottratto a questo che è un obbligo. Quindi, ci tenevo a dirlo, perché, vedete, colleghi e colleghe del MoVimento 5 Stelle, non va bene che il Presidente della Camera venga lasciato al suo destino, anche dal punto di vista del ruolo che svolge: è la terza carica dello Stato e non si leva una voce dai vostri banchi a sua difesa. Quindi, ci tenevo a far sentire la mia voce a difesa del Presidente Fico. La ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
ENRICO BORGHI (PD). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ENRICO BORGHI (PD). Signor Presidente, noi assistiamo a quella che, a tutti gli effetti, potremmo definire la fiducia del paradosso e non solo perché con questa fiducia abbiamo, nella classifica, per la prima volta, nel corso degli ultimi cinque anni, il superamento delle leggi di conversione dei decreti rispetto alle leggi ordinarie. Questa non è più una Repubblica parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), questa è una Repubblica in cui l'Esecutivo ritiene che il Parlamento sia la buca delle lettere del Governo e ci mette dentro quello che ritiene, quasi come se fosse la Duma russa, che evidentemente è il riferimento della maggioranza di Governo.
Su questi aspetti potremmo anche discutere a lungo, confrontare questo atteggiamento, Ministro Fraccaro, con le cose che lei e i suoi colleghi di Governo e i suoi colleghi di partito dicevate nella precedente legislatura, ma il paradosso rasenta livelli mai visti se solo riandiamo indietro di qualche giorno con la cronaca. Il 19 luglio, 4 giorni fa, il Vicepremier Salvini dichiarava testualmente “la fiducia nei confronti di Di Maio è finita, è finita”; e Di Maio replicava “dici questo per coprire il caso Savoini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non è che era una questione di passaggio: si stavano dando dei clamorosi colpi sotto la cintura. Lo scontro interno alla maggioranza è quindi continuato su tutti gli argomenti che sono stati inseriti all'interno dell'agenda.
Che dire dell'eterno problema, mai risolto, della TAV, che ogni giorno è motivo di richiesta da parte della Lega al Ministro Toninelli di fare le valigie e andarsene a casa? Ma che dire sul tema dell'autonomia? Signori del Governo, non il collega Marattin, che avrebbe fatto bene a depositarlo all'ufficio brevetti quel termine, ma il presidente Fontana, sull'autonomia vi ha chiamati “cialtroni”, a voi altri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! E sull'autonomia noi assistiamo ad un atteggiamento della Lega che va in una direzione e a un atteggiamento del MoVimento 5 Stelle che va nella direzione esattamente opposta. Continuiamo sull'argomento che avremmo voluto discutere nei nostri emendamenti e che ci avete impedito: qual è stata - ve la ricordate - la posizione del Ministro Trenta sulle navi militari in rapporto al blocco dei porti?
È stato diametralmente opposto a quello del Ministro Salvini. Per non arrivare alla giornata di ieri nel corso della quale, su un inquietante attentato, per il quale abbiamo già chiesto e lo ribadiamo al Governo un'informativa al Parlamento e al Paese, anche su quell'attentato, siete riusciti a dividervi e ad insultarvi.
Ebbene, tutto questo è avvenuto all'interno di questa cornice, ma non possiamo tacere in quest'Aula quello che è accaduto in Commissione e che è stato propedeutico a questa ennesima strozzatura del dibattito. Perché, vede, signor Presidente, un sottosegretario qui presente, forse in gramaglie per l'anniversario dello sbarco dell'uomo sulla Luna che lo ha reso finalmente in condizione di comprendere che cosa è accaduto il 20 luglio del 1969, intervenendo in Commissione nei confronti di un esponente della minoranza ha detto letteralmente: io non sono qui per ascoltarvi. Lei sottosegretario Sibilia si deve vergognare, perché lei è qui per ascoltare tutto il Parlamento e soprattutto i rappresentanti delle minoranze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Avete escluso dalle audizioni i soggetti interessati, avete impedito alla minoranza di potere esprimere i propri emendamenti, avete compresso i tempi ed ora, come degna conclusione, e mi avvio alla conclusione, signor Presidente…
PRESIDENTE. Devo comprimere anche i suoi tempi, onorevole Borghi, purtroppo, perché sono scaduti…
ENRICO BORGHI (PD). Vedo che il suo sguardo è eloquente… ora, ponete questa fiducia, mentre domani, darete probabilmente corpo al solito, ennesimo show (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e Liberi e Uguali).
SIMONE BALDELLI (FI). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI (FI). Grazie, Presidente. Due brevi riflessioni a valle della posizione della questione di fiducia da parte del Ministro Fraccaro; la prima è relativa all'applauso liberatorio dei colleghi della Lega, che dimostra plasticamente come, nel merito di questo provvedimento, ci sia più consonanza e più convergenza nel centrodestra che non tra i due partiti che compongono l'attuale maggioranza di Governo; la seconda riflessione è sul fatto, Ministro Fraccaro, Ministro della democrazia diretta, che ancora una volta avete oltrepassato la democrazia rappresentativa, non solo da sotto, con la proposta di legge costituzionale sul referendum propositivo, ma anche da sopra, con la posizione della questione di fiducia. A noi risulta che questa sia la quattordicesima questione di fiducia posta in Parlamento in questa legislatura, ma ci aspettiamo di tutto, perché ci aspettiamo anche di vedere, di qui a breve, un video in cui spiegate che la prima fiducia che avete messo sul “mille proroghe” l'anno scorso era la fiducia zero e, quindi, anziché la fiducia 14, questa è la fiducia 13, dopodomani la 12 e, alla fine, verrà fuori un video in cui ci spiegate che è l'opposizione che mette la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Partito Democratico). Ecco, giusto per mettere i puntini sulle “i”, questa è la quattordicesima questione di fiducia che viene messa da quelli che nella scorsa legislatura rovesciavano i banchi, urlavano e insultavano i Ministri dei rapporti col Parlamento quando mettevano la fiducia a nome del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). La ringrazio, Presidente. Voglio dirlo in maniera molto sintetica, ma molto chiara, in particolare al Ministro Fraccaro. Questo provvedimento, l'esame di questo provvedimento per gli strappi e per gli schiaffi che ha portato con sé al Parlamento - abbiamo visto audizioni cancellate su richiesta del Governo, abbiamo visto un Ministro dell'interno fare un ricatto politico al Presidente della Camera, affinché fossero riammessi degli emendamenti già giudicati inammissibili -, voglio dirlo a lei, Ministro Fraccaro, rappresenta, e non poteva che terminare con la richiesta di un voto di fiducia, in maniera più chiara possibile quale sia il reale movente che vi spinge a tagliare il numero dei parlamentari. Questo è il reale movente, altro che riduzione dei costi, altro che snellimento dei lavori, uno svuotamento totale e probabilmente definitivo, che volete perseguire nei confronti della funzione del Parlamento come luogo di dibattito nel quale sarebbero potute emergere le assurdità di cui è pieno questo decreto, fino a livelli parossistici. Questo è un decreto incostituzionale, è un decreto che contrasta con il diritto internazionale in molteplici punti e voi volete che non traspaia da un dibattito parlamentare, non volete che resti traccia di un dibattito che sarebbe potuto e sarebbe dovuto durare giorni all'interno di questa Aula. È, purtroppo, dobbiamo ribadirlo come abbiamo già fatto ieri in discussione generale, l'ennesima pagina triste e buia per il nostro Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-+Europa-Centro Democratico e Partito Democratico).
CARLO FATUZZO (FI). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà, onorevole… onorevole Fatuzzo. Come ho fatto a non ricordare subito il suo nome!
CARLO FATUZZO (FI). Sapesse, Presidente, quanti nomi dimentico io, deve farne di strada ancora, lei, per arrivare al mio…
PRESIDENTE. Succede a noi anziani! Prego, onorevole.
CARLO FATUZZO (FI). Io intervengo, Presidente, sull'ordine dei lavori, chiedendo che venga in Aula il Ministro per lo Sviluppo economico, Di Maio, a riferire su un argomento per me molto grave, che riguarda il comportamento dell'Istituto nazionale di previdenza sociale, il quale continua a far pagare un ticket per il ricovero ospedaliero degli inabili con accompagnamento che si ricoverano per farsi curare: vengono chiesti dall'Inps 520 euro al mese di pagamento…
PRESIDENTE. Onorevole Fatuzzo, però non siamo in fase di interventi di fine seduta…
CARLO FATUZZO (FI). Credo che sia un fatto per me grave, più grave della Russia, più…
PRESIDENTE. Io la capisco e la sua osservazione è assolutamente legittima, solo che purtroppo dobbiamo stare nei termini del Regolamento. Purtroppo, o per fortuna, dobbiamo stare nei termini del Regolamento e questo esula, in questo caso. Comunque, abbiamo raccolto la sua istanza e senz'altro verrà trasmessa al Governo. Grazie onorevole Fatuzzo, c'è un ultimo intervento, dopo sospendiamo la seduta che c'è la Conferenza dei presidenti di gruppo.
ALESSIA MORANI (PD). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALESSIA MORANI (PD). Grazie, Presidente. Vorrei far presente a quest'Aula cosa è accaduto qualche giorno fa, perché credo che sia un episodio gravissimo, che merita la condanna da parte della Presidenza, ma anche dagli altri gruppi parlamentari. Qualche giorno fa, il Ministro dell'Interno Salvini, dalla sua pagina Facebook, ha provocato insulti e minacce di ogni tipo ai danni di una nostra collega, l'onorevole Maria Elena Boschi. Erano proprio i giorni in cui, in questo Parlamento, si approvava il Codice Rosso, Presidente, mettendo al centro dell'agenda politica la violenza nei confronti delle donne. Proprio in quei giorni, però, una delle massime autorità dello Stato, che è preposta alla tutela e alla protezione delle vittime di violenza, si faceva promotore, invece, nei confronti di una deputata della Repubblica che aveva semplicemente esercitato il proprio diritto di critica nei confronti dell'azione del Governo, di insulti e minacce di ogni tipo.
Io vorrei che da quest'Aula e dalla Presidenza si alzasse un grido, perché è ora di finirla con questi insulti, perché quello che accade, quando soprattutto partono dalle massime cariche dello Stato, è una cosa gravissima. La politica è chiamata a dare il buon esempio. Quando il Ministro dell'Interno, invece, è colui che provoca queste cose, io credo che siamo molto lontani dai buoni esempi, anzi, siamo in presenza di cattivi esempi. Per cui io chiedo che, non solo la Presidenza, ma anche gli altri gruppi parlamentari esprimano solidarietà come abbiamo fatto tutti noi nei confronti dell'onorevole Maria Elena Boschi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Morani. Siamo in una fase particolare, avendo già posto la fiducia, però richiamo tutti i colleghi, anche trattando temi di grande valenza e di grande interesse come gli ultimi che sono stati posti, al rispetto dell'ordine dei lavori.
Sospendo la seduta, che riprenderà al termine della Conferenza dei Presidenti di gruppo.
La seduta, sospesa alle 16,15, è ripresa alle 16,50.
Sui lavori dell'Assemblea e modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Comunico che nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, convocata a seguito della posizione della questione di fiducia da parte del Governo sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 1913 - Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica (da inviare al Senato – scadenza: 13 agosto 2019), nel testo delle Commissioni, è stata convenuta la seguente organizzazione dei lavori.
La votazione per appello nominale avrà inizio domani, mercoledì 24 luglio, a partire dalle ore 17.15, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 16.
Nella giornata di domani avrà comunque luogo, alle ore 15, lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata, con la partecipazione del Presidente del Consiglio dei ministri (Premier question time).
Dopo l'appello nominale, si passerà all'esame degli ordini del giorno e, successivamente, alle dichiarazioni di voto e alla votazione finale, con prosecuzione dei lavori nelle giornate successive.
La seduta di giovedì 25 luglio avrà inizio alle ore 9 e verrà sospesa dalle ore 11 alle ore 13,30.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 9,30 di domani, mercoledì 24 luglio.
Comunico inoltre che è stata convenuta la seguente rimodulazione dei lavori per la settimana 29 luglio-2 agosto:
Lunedì 29 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)
Discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2000 - Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2019, n. 61, recante misure urgenti in materia di miglioramento dei saldi di finanza pubblica (approvato dal Senato - scadenza: 31 agosto 2019)
Discussione sulle linee generali della mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00230 concernente iniziative, in ambito internazionale ed europeo, per il perseguimento dei crimini di guerra e contro l'umanità commessi dal cosiddetto Daesh, con particolare riferimento alle minoranze religiose in Iraq e Siria
Martedì 30 luglio (ore 11)
Svolgimento di interpellanze e interrogazioni
Martedì 30 (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna), mercoledì 31 luglio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)
Seguito dell'esame del disegno di legge n. 2000 - Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2019, n. 61, recante misure urgenti in materia di miglioramento dei saldi di finanza pubblica (approvato dal Senato - scadenza: 31 agosto 2019)
Seguito dell'esame delle proposte di legge n. 181, 1188 e abbinate – Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero
Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1603-ter - Disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive (collegato alla manovra di finanza pubblica)
Seguito dell'esame delle proposte di legge costituzionale nn. 1511, 1826 e abbinate recante modifica all'articolo 58 della Costituzione in materia di elettorato per l'elezione del Senato della Repubblica
Seguito dell'esame della mozione Quartapelle Procopio ed altri n. 1-00230 concernente iniziative, in ambito internazionale ed europeo, per il perseguimento dei crimini di guerra e contro l'umanità commessi dal cosiddetto Daesh, con particolare riferimento alle minoranze religiose in Iraq e Siria
Mercoledì 31 luglio (ore 15)
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata
Mercoledì 31 luglio (al termine delle votazioni)
Discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione S. 1374 - Conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2019, n. 59, recante misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico sinfoniche, di sostegno del settore del cinema e audiovisivo e finanziamento delle attività del Ministero per i beni e le attività culturali e per lo svolgimento della manifestazione UEFA Euro 2020 (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 28 agosto 2019)
Giovedì 1° e venerdì 2 agosto (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nelle giornate successive)
Seguito della discussione congiunta del conto consuntivo della Camera per l'anno finanziario 2018 e del progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2019
Seguito dell'esame del disegno di legge di conversione S. 1374 - Conversione in legge del decreto-legge 28 giugno 2019, n. 59, recante misure urgenti in materia di personale delle fondazioni lirico sinfoniche, di sostegno del settore del cinema e audiovisivo e finanziamento delle attività del Ministero per i beni e le attività culturali e per lo svolgimento della manifestazione UEFA Euro 2020 (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 28 agosto 2019)
Eventuale seguito degli argomenti previsti per la settimana e non conclusi
Il programma si intende conseguentemente aggiornato.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zan. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO ZAN (PD). Grazie, Presidente. “Ammazzateli tutti ‘ste lesbiche, gay e pedofili”: questa è la frase che Giuseppe Cannata, medico eletto vicepresidente del consiglio comunale di Vercelli con Fratelli d'Italia, ha pubblicato pochi giorni fa sui social condividendo un post del senatore Pillon. È di oggi la notizia che la procura della Repubblica sta giustamente indagando Cannata per istigazione a delinquere. Questa persona è un criminale che diffonde la forma d'odio più pericolosa, ossia quella dai banchi delle istituzioni. Sulle spalle dei vertici di Lega e Fratelli d'Italia pesa una responsabilità politica enorme rispetto al clima d'odio verso la comunità LGBT che ha generato un'escalation inaudita di violenze che noi continuiamo e continueremo a denunciare. Continuare a negare e ad attaccare da ruoli istituzionali i diritti e poi tentare di prendere le distanze dalla violenza nella società, come ha fatto poco fa l'onorevole Meloni, è ipocrita e imperdonabile esattamente come lo è la campagna mediatica con cui Salvini, Fontana, Pillon, Meloni ma anche tutto il Governo stanno speculando sui fatti gravissimi di Bibbiano con il solo fine di screditare il Partito Democratico. Il denominatore comune tra l'attacco alla comunità LGBT e l'indegna campagna politica su Bibbiano è lo sfruttamento dell'odio da parte di questa destra illiberale sulla pelle di chi è più in difficoltà: da una parte persone oggetto di continui attacchi e dall'altra solo dei bambini, in una parola sulla pelle degli innocenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Azzolina. Ne ha facoltà.
LUCIA AZZOLINA (M5S). Grazie, Presidente. Con questo intervento voglio esprimere il disappunto mio e di tutto il gruppo MoVimento Cinque Stelle della provincia di Vercelli per il vergognoso post pubblicato dal vicepresidente del consiglio comunale di Vercelli, in quota Fratelli d'Italia, Giuseppe Cannata.
Parole irripetibili per il rispetto che nutro verso l'Aula ma che devo citare per dovere e senso di responsabilità affinché episodi del genere non si ripetano più: “Ammazzateli tutti 'ste lesbiche, gay e pedofili”. Nutro un profondo disgusto per queste parole così violente e discriminatorie, parole in netta antitesi rispetto all'articolo 3 della nostra Carta costituzionale. Ad aggravare il fatto, di per sé già così ignobile, vi è poi il particolare che l'autore è anche un rappresentante dei cittadini nelle istituzioni. La responsabilità di chi nella politica si pone al servizio della cittadinanza ha oneri e onori ed esternazioni del genere comportano inequivocabilmente ricadute anche per la società. In questo caso si è scelto da una posizione privilegiata di alimentare odio e omofobia. Non stupiamoci se si verificano fatti orribili come quello accaduto a Max Della Torre nel Comasco che ha ricevuto un pugno in faccia solo per il fatto di essere omosessuale. Ribadiamo quindi la distanza siderale tra noi del MoVimento 5 Stelle e il pensiero, se così si lo può definire, del vicepresidente Cannata di Fratelli d'Italia. Concludo, quindi, con una frase scritta proprio da Max Della Torre: “Io sono figlio, fratello, cugino e - chi lo sa - anche padre un giorno. Io sono Massimiliano, no la mia identità sessuale. Sono spensierato, felice, nostalgico, pigro, sorridente, pensieroso e, sì, sono anche gay ma questo è solo un dettaglio della mia vita” (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Penna. Ne ha facoltà.
LEONARDO SALVATORE PENNA (M5S). Signor Presidente, pochi giorni fa abbiamo commemorato l'anniversario della strage mafiosa di via D'Amelio, a Palermo, in cui vennero uccisi il giudice Paolo Borsellino e i componenti della sua scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina e Claudio Traina. A ventisette anni di distanza da quel tragico giorno, sappiamo ben poco sui mandanti e sugli esecutori della strage. Sappiamo dei depistaggi che per anni hanno spinto lontano da un percorso di verità gli investigatori. Sappiamo che la mafia temeva che Borsellino fosse investito di maggiori poteri come, ad esempio, la Procura nazionale antimafia. Sappiamo che tutta la vasta area mafiosa per decenni, protetta e impunita, aveva paura delle intuizioni e delle conoscenze di Borsellino e sappiamo che l'area grigia della società siciliana temeva che i suoi legami inconfessabili potessero essere svelati e, dunque, anche per loro quel magistrato scomodo andava fermato a tutti i costi. Soltanto dopo la strage di Capaci, del resto, lo Stato e i suoi rappresentanti avevano deciso di reagire con fermezza ed efficacia prevedendo la confisca dei patrimoni mafiosi e il carcere duro per i condannati per mafia, ma soltanto dopo la strage di via D'Amelio quel decreto antimafia fu convertito in legge e lo Stato rispose all'arroganza sanguinaria di Cosa Nostra con tutta la sua forza. Oggi le nuove e antiche mafie possono essere arginate e battute utilizzando gli strumenti ideati da Falcone e Borsellino, magistrati e servitori della Repubblica verso i quali tutti noi, cittadini e rappresentanti delle istituzioni, abbiamo un debito di riconoscenza e un dovere morale di ricerca della verità che gli anni avvenire non potranno mai cancellare e, a maggior ragione, per quanto mi riguarda da siciliano e palermitano, voglio esprimere, signor Presidente, la mia gratitudine verso il mio concittadino Paolo Borsellino, il cui esempio ha guidato e guiderà sempre il mio impegno civile e politico. Anche per questo, grazie Paolo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Penna, per il ricordo a cui tutta l'Aula si associa (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Giorgi. Ne ha facoltà.
ROSALBA DE GIORGI (M5S). Grazie, Presidente. Una produzione drasticamente diminuita negli ultimi anni fino al 60 per cento, difficoltà sempre più crescenti per quanto riguarda l'approvvigionamento della materia prima, decine e decine di lavoratori che in attesa di seguire corsi di formazione hanno come unica certezza la scadenza della cassa integrazione a dicembre: è la sintesi di quanto sta accadendo nello stabilimento Cemitaly ex Cementir di Taranto, azienda produttrice di cementi d'altoforno. È la sintesi dell'ennesima crisi che colpisce la città dei due mari e che sta mettendo in pericolo il futuro di 60 dipendenti e delle loro famiglie.
L'ultima riunione, tenuta nella sede della presidenza della giunta della regione Puglia tra rappresentanti sindacali aziendali, non ha fatto registrare grosse novità tanto che le parti hanno ritenuto di aggiornarsi a settembre nella speranza che, nel frattempo, siano intervenute circostanze capaci di spazzare le incertezze e le contraddizioni che purtroppo stanno caratterizzando questa delicata vertenza. Incertezze e contraddizioni, sì, perché, da un lato, l'azienda sostiene di avere l'intenzione di proseguire l'attività produttiva su Taranto - del resto ha ottenuto il rinnovo della concessione portuale presso il molo polisettoriale del capoluogo ionico con l'impegno di effettuare i lavori per i prossimi tre anni -, dall'altro, però, rimarca i problemi legati all'acquisto della loppa, materiale di scarto dell'attiguo altoforno siderurgico dell'ex Ilva ed essenziale per la produzione del cemento, poiché non sono ancora chiari i programmi futuri di ArcelorMittal, tenuto conto che ha anche paventato la possibilità di abbandonare Taranto.
Lasciando a voi la valutazione di quanto appena illustrato, concludo dicendo che è davvero triste dover constatare, per chi lavora nello stabilimento tarantino di Cemitaly non ci siano garanzie per il futuro occupazionale. Per loro, al momento, c'è una sola ancora di salvezza: la prosecuzione della cassa integrazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Del Monaco. Ne ha facoltà.
ANTONIO DEL MONACO (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, è di ieri la notizia su tutti i giornali della protesta dei vincitori del concorso per navigator davanti alla sede della regione Campania. Il governatore della Campania si rifiuta di firmare la convenzione con l'ANPAL, bloccando così l'assunzione di 471 laureati. Dunque, De Luca torna sui suoi passi e decide di ritirare la firma dell'accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-regioni, eppure quell'accordo ha avuto l'unanimità, altrimenti non sarebbero mai partiti i concorsi. In una regione come la Campania, in cui c'è un numero senza dubbio elevato di percettori del reddito cittadinanza, un tale rifiuto non fa altro che peggiorare il precariato. I beneficiari del reddito di cittadinanza a Napoli e provincia hanno superato le 100 mila unità, bloccare la possibilità di fare incontrare chi cerca lavoro con chi lo offre è una scelta poco saggia. Il MoVimento 5 Stelle non lo permetterà. De Luca ribadisce che non firmerà la convenzione con l'ANPAL in quanto la Campania ha già 3.700 precari LSU, e si andrebbe a creare un altro serbatoio di disoccupati, ma il suo è un puro ostruzionismo per fare in modo che il reddito di cittadinanza si blocchi. Il suo obiettivo vero è disturbare il MoVimento 5 Stelle. Come portavoce del territorio ho offerto solidarietà ai vincitori del concorso in oggetto, e mi rivolgo al Ministro per gli Affari regionali, affinché intervenga al più presto sul braccio di ferro inammissibile del governatore della Campania (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alessandro. Ne ha facoltà.
CAMILLO D'ALESSANDRO (PD). Presidente, è notizia di qualche ora fa che il consiglio regionale d'Abruzzo sta andando verso una decisione drammatica per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, e nell'ipotesi in cui dovessero andare avanti si tratta di un taglio di circa un milione di chilometri. Chi conosce la regione Abruzzo sa che la stragrande maggioranza dei servizi del trasporto pubblico locale servono per garantire soprattutto le aree interne, e un milione di chilometri, per chi ha avuto la delega a questo settore come me, in passato, sa che non sono proponibili, altrimenti si spacca la regione, si spacca l'Abruzzo, ci saranno territori interi isolati. Io mi auguro - e per questo intervengo - che il Ministro Toninelli apra una lente di ingrandimento su queste decisioni, per verificare anche la legittimità della decisione legislativa, in quanto si va a tagliare ciò che non si può tagliare, cioè i servizi minimi che devono essere garantiti al territorio regionale. Io mi auguro che il Governo apra una riflessione con la regione Abruzzo per scongiurare questa eventualità.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Mercoledì 24 luglio 2019 - Ore 15:
1. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata
(ore 16)
2. Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica. (C. 1913-A)
Relatori: BORDONALI, per la I Commissione; TURRI, per la II Commissione.
La seduta termina alle 17,05.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GREGORIO FONTANA (DOC. VIII, NN. 3 E 4)
GREGORIO FONTANA, Questore. (Intervento in discussione congiunta sulle linee generali - Doc. VIII, nn. 3 e 4). Si dà conto di seguito dell'attività svolta dal Collegio dei Questori per l'attuazione degli ordini del giorno accolti nel corso dell'esame in Assemblea del bilancio interno per il 2018.
Si ricorda preliminarmente che, sulla base del consolidato indirizzo interpretativo della Presidenza della Camera, il dispositivo degli ordini del giorno al bilancio interno è formulato nei termini di un invito all'Ufficio di Presidenza e al Collegio dei Questori a valutare l'opportunità di assumere le misure ivi prospettate. È questo il presupposto da cui il Collegio dei Questori muove nel dare attuazione agli ordini del giorno.
La maggior parte degli ordini del giorno accolti o approvati in occasione dell'esame in Assemblea del bilancio di previsione per il 2018 sono stati attuati o si trovano comunque in corso di avanzata attuazione. In particolare:
- è attuato l'ordine del giorno Baldelli n. 1, in materia di riduzione dell'uso di bottiglie di plastica nelle sedi della Camera, anche con riferimento all'impegno, assunto dal Collegio dei Questori, a promuovere parallelamente un sempre più diffuso ricorso all'acqua distribuita dalla rete pubblica. Il Collegio dei Questori ha infatti deliberato che, a decorrere dal 19 luglio 2019, presso tutte le strutture di ristorazione della Camera, inclusi i bar e la buvette, non sarà più posta in vendita acqua in bottiglie di plastica. Gli utenti potranno scegliere acqua confezionata in bottiglie di vetro o proveniente dalla rete pubblica. Analogamente, per le forniture di acqua connesse a richieste di varia provenienza, ivi comprese quelle destinate alle riunioni degli organi collegiali, non sarà più disponibile acqua confezionata in bottiglie di plastica e si provvederà ricorrendo ad acqua confezionata in bottiglie di vetro o proveniente dalla rete pubblica. Sono inoltre stati installati due impianti di spillatura che erogano acqua proveniente dalla rete pubblica, uno presso Palazzo Montecitorio e uno presso Palazzo del Seminario, e due ulteriori ne saranno installati durante la pausa estiva dei lavori parlamentari al piano ammezzato semicircolare dell'Aula;
- è stato altresì attuato l'ordine del giorno Baldelli n. 2, in merito alla realizzazione di un programma di incontri nelle scuole con l'obiettivo di avvicinare i giovani alle tematiche costituzionali e politiche e ad accrescete la loro conoscenza del funzionamento dell'istituzione parlamentare. In data 25 settembre 2018 è stato infatti siglato con il MIUR e il Ministero della giustizia un protocollo d'Intesa volto a “Diffondere i valori e i principi della democrazia rappresentativa e della Costituzione attraverso un piano di incontri delle scuole negli istituti penitenziari minorili ". In attuazione del protocollo, si è svolta, dapprima, una visita presso l'istituto penitenziario minorile “Bicocca” di Catania, cui hanno preso parte il Presidente della Camera, il Ministro della Giustizia e il Ministro dell'Istruzione. E' stata successivamente effettuata una visita presso l'istituto penitenziario minorile “Ferrante Aporti” di Torino, con la partecipazione della Presidente della Commissione Giustizia della Camera e di un Sottosegretario alla giustizia. Ad entrambe gli incontri hanno partecipato istituti scolastici del territorio selezionati del MIUR;
- con riferimento all'ordine del giorno Baldelli n. 3, concernente l'opportunità di promuovere il finanziamento di premi per le migliori tesi di dottorato riguardanti il Parlamento o per i frequentatori particolarmente meritevoli di corsi di alta formazione organizzati da istituti di studi e ricerche parlamentari, saranno avviate le attività istruttorie necessarie per individuare modalità e criteri di selezione dei lavori. In materia, sono per altro proseguiti regolarmente i tradizionali rapporti con il Seminario di studi parlamentari “Silvano Tosi” di Firenze. Pure in assenza di un trasferimento di risorse finanziarie in favore del Seminario medesimo, consiglieri della Camera dei deputati si sono recati a titolo gratuito presso la sede dell'istituto per svolgere lezioni nell'ambito del programma formativo annuale e, al termine di quest'ultimo, i partecipanti hanno svolto presso la Camera uno stage le cui spese, nei limiti fissati dall'apposita deliberazione del Collegio dei Questori dell'11 giugno 2014, sono state rimborsate al Seminario a carico del bilancio della Camera;
- è in corso di attuazione l'ordine del giorno Baldelli n. 4, riferito alle modalità di presentazione sul sito Camera delle informazioni relative alle misure di contenimento della spesa per i deputati. Sarà infatti pubblicata sul sito della Camera entro il mese di luglio una nuova versione della scheda informativa relativa alle competenze dei deputati in carica nella quale saranno evidenziati, unitamente agli interventi normativi che hanno limitato nel corso del tempo la misura dell'indennità parlamentare e dei rimborsi, taluni raffronti tra l'andamento delle competenze dei deputati in carica e quello di alcuni indicatori economici;
- attuato è l'ordine del giorno Baldelli n. 5, relativo alla predisposizione di pubblicazioni e materiali didattici, anche in formato digitale, a supporto delle iniziative di formazione destinate agli studenti. Nel mese di aprile 2019 è stato infatti pubblicato il nuovo portale “La Camera per i giovani”, nel quale sono esposti tutti progetti rivolti al mondo della scuola e caratterizzato da contenuti multimediali e interattivi volti a dare maggiore visibilità alle iniziative di formazione. In merito alle pubblicazioni, a partire dal nuovo anno scolastico saranno disponibili in un nuovo formato grafico le pubblicazioni, rivolte a tutte le fasce d'età, che illustrano l'attività parlamentare nonché i luoghi di Palazzo Montecitorio;
- parimenti attuato l'ordine del giorno Baldelli n. 6, concernente la sperimentazione di una piattaforma di aggregazione dei contenuti pubblicati sui principali canali social dalla Camera e dai singoli deputati; la piattaforma sarà infatti resa disponibile sul sito istituzionale della Camera a partire dal prossimo 15 luglio;
- sono stati altresì attuati gli ordini del giorno, di analogo contenuto, Baldelli n. 7 e Di Maria n. 16, riferiti alla riattivazione delle procedure reclutamento. Com'è noto, lo scorso 11 aprile l'Ufficio di Presidenza ha deliberato di sospendere temporaneamente l'applicazione delle disposizioni in tema di reclutamento comune del personale e di inquadramento dei nuovi assunti contenute nelle disposizioni istitutive del ruolo unico e dello statuto unico dei dipendenti del Parlamento e di svolgere i concorsi per il reclutamento di personale della Camera sulla base del Regolamento dei concorsi previgente. Lo scorso 5 giugno l'Ufficio di Presidenza ha altresì approvato il cronoprogramma delle procedure concorsuali riferite alle diverse qualifiche professionali, da avviare entro il 2020;
- è stato anche attuato, relativamente all'ambito di competenza del Collegio dei Questori, l'ordine del giorno Pastorino n. 12, accolto nel testo riformulato, relativo ai presupposti e alle condizioni per ulteriori misure volte a facilitare l'accudimento dei neonati da parte dei deputati genitori durante l'esercizio delle funzioni connesse al mandato parlamentare. A seguito di un'ampia e approfondita attività istruttoria, che ha avuto ad oggetto tutte le strutture presenti nelle vicinanze delle sedi della Camera (ivi comprese quelle convenzionate con istituzioni pubbliche), nel marzo scorso la Camera ha stipulato una convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze, avente ad oggetto la fruizione, da parte dei figli dei deputati in carica, del servizio di asilo nido denominato “Super*Mini*Mef”, sito a Roma in via XX Settembre. La convenzione prevede la costituzione, a favore dei deputati in carica, di una riserva di tre posti (uno per ciascuna delle fasce di età da 3 a 12 mesi, da 12 a 24 mesi e da 24 a 36 mesi), ferma restando la possibilità di accogliere ulteriori richieste nei limiti delle disponibilità residue dell'asilo nido e di modificare i posti destinati alla Camera con cadenza annuale, in relazione all'andamento delle richieste e compatibilmente con le disponibilità dell'asilo stesso. Gli oneri per la frequenza sono a carico dei deputati interessati. Sempre nel marzo scorso è stato inoltre segnalato a tutti i deputati che nei dintorni delle sedi della Camera – oltre alle strutture comunali e convenzionate, alle quali è possibile accedere secondo le disposizioni del regolamento degli asili nido del comune di Roma – risultavano disponibili posti bimbo o liste di attesa aperte presso talune strutture private, delle quali è stato fornito l'elenco. Va segnalato che è comunque attivo, al piano terra di Palazzo Theodoli, uno “Spazio bimbi”, costituito di due locali, l'uno dedicato principalmente al gioco, l'altro principalmente al riposo. Per le deputate che necessitano di allattare i propri figli è a disposizione uno spazio, dotato di fasciatoio, presso il piano basamentale di Palazzo Montecitorio, accanto all'ingresso di via della Missione 8. E' opportuno al riguardo ricordare che nelle sedi della Camera non vi sono, invece, spazi dotati dei requisiti prescritti dalla normativa regionale e comunale per l'istituzione di un asilo nido interno;
- l'ordine del giorno Di Maria n. 14, in materia di aumento degli accrediti permanenti per l'accesso al Transatlantico e agli uffici della Camera per i Gruppi parlamentari, è stato anch'esso attuato. Nelle more della costituzione del Comitato per la sicurezza per la XVIII legislatura, nella riunione del 2 agosto 2018, il Collegio dei Questori ha approvato una modifica alla disciplina del rilascio dei permessi di accesso ai dipendenti e collaboratori dei Gruppi parlamentari, di cui è stata data successivamente comunicazione al Comitato per la sicurezza neoistituito nella sua prima riunione. La nuova disciplina prevede il rilascio di una dotazione minima di base di autorizzazioni di accesso per tutti i Gruppi e una dotazione aggiuntiva proporzionale alla consistenza numerica per i Gruppi. Alle componenti politiche del Gruppo misto spetta esclusivamente la quota fissa;
- è stato altresì attuato l'ordine del giorno Di Maria n. 15, che segnalava l''opportunità di estendere le funzioni delle applicazioni “geoCamera” ai Gruppi parlamentari. Le applicazioni in questione sono state disponibili alla fruizione dei Gruppi a partire dal mese di ottobre 2018.
- circa gli ordini del giorno De Maria n. 17 e Rizzetto n. 18, accolti previa riformulazione, relativi al tema dell'assetto del rapporto di lavoro fra deputati e collaboratori dei medesimi, sono in corso i necessari approfondimenti istruttori, anche attraverso l'interlocuzione con l'associazione rappresentativa dei collaboratori parlamentari;
- quanto infine all'ordine del giorno Meloni n. 19, concernente l'opportunità di realizzare uno studio volto all'individuazione di parametri macroeconomici ai fini della rideterminazione dell'indennità e del rimborso spese corrisposto ai deputati, il medesimo può considerarsi attuato. Si fa rinvio in proposito a quanto evidenziato in merito all'ordine del giorno Baldelli n. 4, che dà conto di come - sulla base degli indicatori ivi richiamati - l'Ufficio di Presidenza abbia costantemente tenuto in considerazione, nell'assumere le deliberazioni di propria competenza, l'andamento complessivo del sistema economico nazionale, specificamente nella direzione del contenimento della spesa per i deputati in carica.
ERRATA CORRIGE
Nel resoconto stenografico della seduta del 27 maggio 2019:
- a pagina 2, prima colonna, decima e undicesima riga, le parole: "siano notificati esclusivamente tramite i messi comunali" si intendono sostituite dalle seguenti: "siano notificati tramite i messi comunali senza il preventivo ricorso al servizio postale o alle altre forme di notificazione previste dalla legge".