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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 11 settembre 2019

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 10 maggio 2019, recante «Modalità di accesso alle prestazioni del Fondo indennizzo risparmiatori (FIR)», ha stabilito le modalità per accedere al ristoro del 30 per cento messo a disposizione dallo Stato per indennizzare i risparmiatori truffati dalle banche poste in liquidazione coatta amministrativa nel periodo dal 17 novembre 2015 al 31 dicembre 2017;

   con l'avvenuta pubblicazione il 21 agosto 2019 dell'ultimo decreto finalizzato all'attivazione del Fondo indennizzo risparmiatori, ha avuto inizio la procedura per il rimborso dei risparmiatori;

   da tale data ad oggi, per quanto risulta, si sono verificate numerose difficoltà che stanno rallentando, se non addirittura impedendo, l'inserimento delle pratiche;

   in particolare, Consap, tramite il sito «fondoindennizzorispamiatori.consap.it» aveva inizialmente comunicato che la «documentazione idonea a dimostrare l'acquisto degli strumenti finanziari ed i relativo prezzo pagato» sarebbe stata rappresentata dal cosiddetto «dossier titoli», un documento che raccoglie informazioni relative al codice Isin del Titolo, la quantità di azioni, il prezzo medio di carico, il prezzo delle azioni alla data della procedura di liquidazione coatta amministrativa e il valore delle azioni alla data di stampa del dossier stesso. Successivamente, in data 22 agosto 2019, il portale Consap ha richiesto, invece, altri documenti come l’«Attestazione sostitutiva di idonea documentazione ai sensi del decreto ministeriale 11 giugno 2019» che deve essere rilasciata dalla banca depositante. Conseguentemente, i risparmiatori devono recarsi in banca e richiedere un documento che molti istituti di credito hanno dichiarato comportare grosse difficoltà nella compilazione, soprattutto per chi negli anni ha comprato e venduto più volte;

   ad avviso dell'interpellante tale attestazione appare del tutto ultronea, dal momento che tutti i dati sono opportunamente già indicati e riassunti nel citato «dossier titoli». Peraltro, il modello di attestazione era stato prima inserito nel sito alla voce «Fac-simile allegati» e poi bruscamente eliminato, per cui oggi non appare chiaro se risulti ancora necessario o sarà modificato;

   inoltre, alcune banche, al fine del rilascio dell'attestazione richiedono la compilazione di un ulteriore inutile modulo per la trasmissione di documentazione da parte della sede centrale delle banche, con attese previste per mesi, quando potrebbe essere sufficiente il contenuto del «dossier titoli»;

   in secondo luogo, si evidenzia come molti risparmiatori di età avanzata che non sono in grado di usare internet (unico canale per la presentazione delle domande) siano costretti a delegare altre persone per evadere le loro pratiche. Sotto tale profilo si evidenzia che Consap aveva caricato sul proprio portale un fac-simile di procura in cui andava autenticata la firma del delegante e del delegato. Successivamente, sembrerebbe aver sostituito il modello obbligando, di fatto, i risparmiatori a fare nuove file presso gli uffici e oggi il modello prevede la sola firma del delegante; questi cambiamenti di documentazione richiesta ovviamente disorientano risparmiatori e professionisti, con l'ulteriore problema derivante dalla inspiegabile richiesta di autentica della sottoscrizione del delegante, senza che appaia chiaro a chi spetti formalmente il compito di autentica della sottoscrizione. Al riguardo, alcuni professionisti hanno chiesto lumi a Consap che, a sua volta, avrebbe risposto che il compito spetta a «Comuni, cancellerie, notai», escludendo quindi gli avvocati. Purtuttavia, molti comuni hanno opposto di non disporre del potere di autentica, in quanto, per come Consap avrebbe redatto la procura, non si tratterebbe di una vera e propria autocertificazione che è poi di fatto l'unico atto di cui i comuni possono autenticare la sottoscrizione;

   si è quindi creato un corto circuito che impedisce la presentazione delle domande da parte dei risparmiatori che non sono in grado di usare internet;

   infine, il 29 agosto 2019 Consap ha inserito un fac-simile di un modulo per indicare l'Iban del risparmiatore su cui accreditare le somme, certificato dalla banca, che ha costretto i risparmiatori ad ulteriori disagi presso uffici di professionisti ed associazioni consumatori per ricevere il modulo da portare in banca, generandosi ulteriore caos;

   mentre proseguono i blocchi delle procedure, decorrono i 180 giorni previsti per l'inoltro delle domande, anche se la presentazione delle domande medesime diventa per molti risparmiatori truffati impossibile –:

   se il Governo sia a conoscenza di fatti descritti in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere per risolvere tempestivamente le criticità suesposte, semplificando le procedure con riferimento alla opportunità di richiedere semplicemente:

    a) il «dossier titoli» aggiornato e nel caso vidimato dalle banche ad una certa data;

    b) la procura non autenticata, valutando in alternativa l'opportunità di estendere agli avvocati il potere di autentica con interpretazione estensiva dell'articolo 83 del codice di procedura civile;

    c) l'autocertificazione su l'Iban o comunque deposito di documentazione bancaria senza formalità ove sia indicato l'Iban stesso;

   se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa utile a prorogare i termini della procedura di rimborso dei risparmiatori per consentire il superamento delle problematiche evidenziate.
(2-00487) «Bond».

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal 2011 è in corso in Siria una gravissima guerra civile, con il coinvolgimento anche di diversi Paesi stranieri e gruppi terroristici che ha causato la morte di centinaia di migliaia di persone, civili e militari, inclusi minori;

   la guerra civile ha prodotto inoltre un numero impressionante di rifugiati siriani in altri Paesi, per oltre 4 milioni di individui, oltre a quasi 8 milioni di persone che sono sfollate all'interno dei confini siriani;

   secondo alcune stime, tra questi rifugiata vi sarebbero oltre un milione di rifugiati nel Libano, Paese confinante con la Siria;

   recentemente è stato presentato alla Camera da parte dell'associazione «Operazione Colomba» un dossier su Libano/Siria e la violazione del principio di non refoulement;

   secondo quanto esposto nel dossier, il Libano starebbe attuando una serie di politiche volte a far tornare, anche con metodi quantomeno discutibili, i rifugiati siriani all'interno dei propri confini nazionali, contando sul presupposto che adesso, secondo il Governo libanese, la Siria sarebbe un Paese sicuro;

   in particolare, si tratterebbe di «un aumento esponenziale delle deportazioni forzate, la distruzione di case e campi profughi informali siriani, sfratti di massa, l'inasprimento delle misure contro i lavoratori non autorizzati e le imprese di proprietà siriana, così come la limitazione della possibilità per i bambini siriani di ottenere un permesso di soggiorno legato alla residenza legale dei genitori tramite uno sponsor libanese» –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto espresso in premessa e di quali elementi disponga al riguardo;

   se intenda avviare un dialogo con il Governo libanese al fine di fornire aiuti umanitari, nonché assistenza legale e medica ai profughi siriani in Libano;

   se non ritenga necessario assumere iniziative per rafforzare la pratica dei corridoi umanitari tra Italia e Libano;

   se intenda rafforzare i propri sforzi al fine di trovare una soluzione pacifica alla guerra civile siriana.
(3-00958)

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi e più precisamente alla vigilia del voto sulla piattaforma Rousseau, con cui i militanti del movimento Cinquestelle sono stati chiamati ad esprimersi sul sostegno ad un esecutivo Pd-M5S, il Presidente del Consiglio incaricato, nel corso di una diretta facebook si è rivolto direttamente ai militanti in questione, invitandoli a sostenere, con il loro voto, la nascita del nuovo Governo, annunciata «come una grande opportunità da non perdere»;

   nel video è evidente che il Presidente del Consiglio parlasse dagli uffici di Palazzo Chigi;

   a parere dell'interrogante appare piuttosto inopportuno che il Premier incaricato abbia utilizzato una sede istituzionale per inviare un messaggio, volto a sponsorizzare la nascita del futuro esecutivo a sua guida –:

   per quale motivo il Presidente del Consiglio abbia scelto una sede istituzionale per rivolgere il suo accorato appello ai militanti del Movimento Cinquestelle, affinché si esprimessero favorevolmente alla nascita del nuovo Esecutivo, e se per la realizzazione del video in questione siano stati utilizzati fondi pubblici.
(4-03573)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   ZUCCONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Kme è una società tedesca controllata da Intek Group che opera con tre divisioni nei settori della produzione di rame, ottone e prodotti speciali;

   in Italia, la società, con la sede di Fornaci di Barga (Lucca), ricopre un ruolo strategico e di fondamentale importanza per l'intera Valle del Serchio e l'intera provincia di Lucca, generando indotto e reddito, impiegando circa 570 lavoratori e vantando una capacità produttiva di 90.000 tonnellate annue;

   da tempo lo stabilimento si trova al centro dell'attenzione mediatica nel tentativo di un rilancio industriale volto a garantire una continuità produttiva e occupazionale;

   l'azienda Kme ha deciso di trasformare l'impianto di Fornaci di Barga in un pirogassificatore;

   il progetto prevedrebbe un inceneritore di rifiuti a tutti gli effetti che, per quanto riguarda gli inquinanti emessi in atmosfera e i residui tossici solidi, sarebbe assolutamente equivalente agli inceneritori classici. Il combustibile sarebbe composto in primis da scarti di cartiera (scarto pulper, composto al 70 per cento da plastiche, fanghi e code) ma si prevedrebbe la possibilità di ricorso ad altre tipologie di rifiuti, dettagliatamente elencate nel SIA che accompagna il progetto: da quelli dell'alimentare a quelli del tessile e del conciario;

   il gassificatore emetterà una gamma di inquinanti che la fonderia attualmente non emette o che comunque non è autorizzata ad emettere, ovvero ammoniaca, acidi gassosi (acido cloridrico e fluoridrico), anidride solforosa, molti tipi di metalli pesanti variamente tossici (mercurio, tallio, arsenico, antimonio, manganese e altri) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA, come il benzopirene, un cancerogeno certo);

   con molta probabilità la dispersione degli inquinanti, nonché la dimensione degli inquinanti sarà più pericolosa in quanto gli inquinanti aventi natura particolata emessi dal gassificatore saranno per l'87 per cento polveri fini e ultrafini (PM 2.5 e inferiori) mentre tale percentuale è del 50 per cento per quelle di fonderia; è noto in letteratura come le polveri fini e ultrafini siano molto più tossiche in quanto in grado di penetrare le difese naturali dell'apparato respiratorio ed entrare a contatto con tutti gli organi del corpo. Questo impianto rappresenta una bomba ecologica e sanitaria, un modo di agire che va in senso opposto all'economia circolare presente tra le proposte inserite all'interno del nuovo «Patto per lo sviluppo» della regione Toscana siglato dal Presidente Enrico Rossi il 12 luglio 2019 con 19 soggetti rappresentativi delle categorie produttive;

   il tutto avverrebbe in un contesto di scarsa dispersione di inquinanti dovuta a fattori orografici e climatici (valle ristretta fra catene montuose, scarsa ventilazione e inversione termica come certificato dalla regione) e di eccessi di mortalità e ricovero certificati su malattie cardiache, respiratorie e renali dall'Ars (Agenzia regionale di sanità) nell'ultimo studio epidemiologico presentato il 3 ottobre 2019 con dati aggiornati al 2015;

   il comune di Barga è uno dei più virtuosi della Toscana quanto a raccolta differenziata, dato che col sistema porta a porta ha raggiunto l'85 per cento di tasso di raccolta differenziata. Ci si troverebbe ad avere, quindi, un comune assolutamente virtuoso nella gestione dei rifiuti e «premiato», con un inceneritore di queste dimensioni nel suo territorio;

   il settore cartario rappresenta un'eccellenza del territorio lucchese in quanto vanta diverse aziende operanti in questo mercato che però hanno l'annoso problema di dover smaltire gli scarti del pulper;

   secondo dati Comieco, il distretto cartario lucchese ricicla circa 1,6 milioni di tonnellate di macero annue, una quantità di scarto all'umido di 70.000 tonnellate –:

   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, nei confronti delle numerose aziende del distretto cartario lucchese per incentivare uno smaltimento del pulper che segua i dettami dell'economia circolare e allo stesso tempo per garantire il mantenimento dei relativi livelli occupazionali.
(3-00957)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZANICHELLI e SPADONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalle recenti notizie della stampa del ritrovamento di 1.500 balle di rifiuti pericolosi (per un peso stimato di 770 tonnellate) depositati in un capannone industriale di Codisotto di Luzzara, in provincia di Reggio Emilia;

   l'operazione è stata effettuata dai militari del nucleo investigativo del Gruppo carabinieri forestale di Reggio Emilia, con l'ausilio dei carabinieri di Luzzara, al culmine di una indagine sulla gestione illecita di rifiuti;

   all'interno del capannone sono stati trovati rifiuti pericolosi derivanti da autodemolitori, gestori di rifiuti plastici, gestori di rifiuti consistenti in cavi elettrici industriali dismessi e da industrie tessili; inoltre una parte consistente di imballaggi sono stati trovati sporchi e con vari rifiuti frammisti che non permettono l'immediato ciclo di smaltimento;

   non è stata fornita alcuna documentazione giustificativa sulla presenza dei rifiuti pericolosi e non pericolosi ammassati all'interno del capannone;

   a seguito del controllo, l'intero immobile industriale/artigianale, di circa 1.500 metri quadri, è stato sottoposto a sequestro preventivo;

   il sito in questione non era autorizzato alla gestione dei rifiuti; il capannone era un ex falegnameria chiusa per fallimento, finito, in seguito, all'asta e comprato da una società che poi lo ha dato in leasing a un'altra, che lo ha affittato regolarmente, nel mese di giugno 2019 a una ditta mantovana che avrebbe dovuto utilizzarlo per filati di cotone (come riportato nell'articolo della Gazzetta di Reggio del 26 luglio 2019, a pagina 36);

   grazie all'intervento dei carabinieri forestali si è evitato, almeno in questo caso, ciò che sta avvenendo sempre più frequentemente in varie regioni italiane, ovvero l'abbandono di capannoni contenenti tonnellate di rifiuti che, in seguito, vanno comunque smaltiti regolarmente con costi esorbitanti sostenuti dai proprietari o, in loro assenza dai comuni (e quindi dalla collettività) o, ancora peggio, vengono bruciati attraverso roghi di natura dolosa;

   il traffico dei rifiuti illegali è un problema sempre più presente e diffuso in tutto il territorio nazionale oltre che regionale; è un business che va preso in seria considerazione e merita una dovuta attenzione al fine di sradicarlo ed estirparlo onde evitare il suo propagarsi a macchia d'olio;

   anche l'Emilia Romagna è una delle regioni vittime di ecoreati; tali crimini stanno infatti sempre più aumentando a livello regionale; recentemente anche Novellara e Poviglio (in provincia di Reggio Emilia) sono stati coinvolti in indagini per la gestione illecita di rifiuti –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se ritenga opportuno e necessario assumere iniziative per stabilire più pesanti sanzioni per coloro che commettono tali reati al fine di arginare il più possibile questa forma di criminalità connessa alla gestione illegale dei rifiuti e per definire misure atte a rafforzare il monitoraggio e il controllo su tutto il nostro Paese.
(4-03563)


   BRAMBILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   su ricorso della Lav contro il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero della salute e il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, e con l'intervento ad opponendum di Zoomarine Italia s.p.a., il Tar del Lazio, sezione seconda bis, con la sentenza n. 05892/2019 depositata il 10 maggio 2019, ha annullato il decreto ministeriale 20 dicembre 2017 – «Attuazione della direttiva 1999/22/CE relativa alla custodia degli animali selvatici nei giardini zoologici» del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero della salute e il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 2 del 3 gennaio 2018, nella parte in cui autorizza il nuoto con delfini;

   Zoomarine Italia s.p.a. ha impugnato la sentenza al Consiglio di Stato, domandando di reintrodurre, con urgenza, il nuoto con delfini con una richiesta di decreto cautelare urgente;

   il Consiglio di Stato ha rigettato il 25 luglio 2019 tale richiesta;

   Zoomarine Italia s.p.a. si è avvalsa, per la sua azione legale, di una perizia tecnico-scientifica firmata in data 31 ottobre/2 novembre 2018 anche dalla dottoressa Annalisa Zaccaroni, ricercatrice a tempo indeterminato all'università di Bologna, dipartimento di scienze mediche veterinarie, settore scientifico disciplinare VET/07, farmacologia e tossicologia veterinaria;

   la stessa perizia è co-firmata dal medico veterinario Manuel Garcia Hartmann, già condannato il 13 marzo 2018 per esercizio abusivo di professione veterinaria, dal tribunale di Rimini, presso il delfinario di Rimini;

   sorprende che una ricercatrice in un ateneo tanto prestigioso, spenda la sua competenza per attività di consulenza private a imprese che sfruttano gli animali per profitto impiegandoli in attività e spettacoli dannosi e di nessun rilievo scientifico-culturale –:

   se il Governo intenda avviare le opportune verifiche presso il delfinario di cui in premessa per accertare il rispetto della disciplina posta a tutela del benessere degli animali e quali ulteriori iniziative intenda assumere per garantire controlli più stringenti presso le strutture in cui sono presenti esemplari appartenenti a specie a rischio di estinzione, evitando che delfini e pinnipedi siano impiegati come meri elementi di contorno e folklore per balli di gruppo e simili.
(4-03574)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI SARNO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Marigliano (Napoli), tra via Sentino e via Nuova del Bosco, durante i saggi archeologici, effettuati nel 2009 in concomitanza con i lavori di infrastrutturazione dell'area per gli insediamenti produttivi 2° stralcio, finanziati dall'Unione europea con l'accordo di programma quadro «sviluppo sociale» codice PI. CL02, si rinvenne una cospicua porzione della via ab Regio ad Capuam, nota anche come Via Popilia, importante strada romana costruita nel 132 a.C.;

   nel 2010, la campagna sistematica di scavo, condotta dall'archeologo Nicola Castaldo e dall'architetto Emilio Castaldo, su progetto di Giuseppe Vecchio funzionario della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, permise di constatare che il rettifilo dell'arteria romana, ben conservato, era orientato a N80°O in direzione dell'antica città di Suessula e presentava un'ampiezza di circa 5 metri;

   il basolato, invece, era costituito da pietrame calcareo di grande pezzatura messo in opera su uno strato di preparazione del terreno battuto di circa 21 centimetri;

   lungo il percorso della strada romana e nelle immediate vicinanze, inoltre, si riscontrò la presenza di numerosi reperti e diversi insediamenti non meglio precisati, d'incerta funzione e datazione, caratterizzati da edifici con strutture in grossi blocchi di tufo giallo;

   a distanza di 10 anni da quelle importantissime scoperte, nonostante le ripetute segnalazioni presentate dalle associazioni culturali del territorio, la competente Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Napoli, a quanto consta all'interrogante, non ha ancora avviato le opportune istruttorie per il vincolo archeologico diretto e indiretto sulle particelle interessate dal tracciato della strada romana e sulle aree contermini;

   di conseguenza, il tratto individuato della via romana non è ancora regolarmente registrato e graficizzato come bene tutelato anche da vincolo paesistico e/o per la regolamentazione urbanistico-edilizia: una gravissima mancanza che rischia di compromettere il sistema locale della tutela e della valorizzazione archeologica –:

   quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare e valorizzare il tratto della via ab Regio ad Capuam e i siti archeologici contermini al tracciato viario romano ritrovati nel comune di Marigliano (Napoli).
(4-03564)


   DI SARNO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel borgo di Casaferro, popolosa frazione compresa nel territorio del comune di Marigliano (Napoli), è ubicato il complesso rurale fortificato detto «Casa-forte o Torre colombara» (f. 22 part. 71), innalzata lungo una delle arterie d'ingresso all'antico insediamento medievale di Casaferrea, attestato fin dal 992 d. C. che ha dato origine all'attuale cittadina;

   costruita nel XIV-XV secolo con funzioni di avvistamento e difesa, la torre di oltre 12 m. di altezza si presenta a base quadrangolare e si compone di tre livelli (piano terra, primo e secondo piano) con un tetto a padiglione sostenuto da un'orditura lignea e ricoperto da un manto di coppi in terracotta;

   nell'ultimo stadio della torre corrispondente al secondo piano, si aprono – simmetricamente disposte ai lati delle finestre archivoltate – numerose feritoie ottenute mediante mattoni in laterizi ordinate su sei file, a cui corrispondono all'interno le cellette che ospitavano i volatili per il loro allevamento;

   un volume più basso con cellaro e scarpa nella corte, tangente alla facciata meridionale, consente attraverso un varco – che originariamente doveva essere chiuso – l'accesso a una scala in pietra a tre rampe con semipianerrotoli (una coperta in spessore di muro e due scoperte) che sale fino alla porta del primo livello e al ballatoio del corpo residenziale aderente alla facciata occidentale della torre;

   il ballatoio, invece, è raggiungibile anche da una seconda scala presente nella corte scoperta a due rampe con struttura in tufo e alzate in pietra. Tra la prima e la seconda rampa della scala è presente una garitta semicircolare poggiante su architravi di legno. In origine doveva essere di legno anche il ballatoio del corpo residenziale che conserva ancora i beccatelli modanati e aggettanti in piperno scolpito;

   purtroppo, i ritardi e i veti incrociati nell'approvazione del nuovo strumento urbanistico comunale di Marigliano e di norme più stringenti di conservazione per i centri storici comunali stanno determinando nella cittadina napoletana una vera e propria emergenza culturale, urbanistica e sociale: edifici di interesse artistico, casali e corti medievali, palazzi e villini storici (in via Sant'Antonio, Corso Vittorio Emanuele III, Corso Umberto I, via Vincenzo Caliendo, via Somma, via Nuova del Bosco) vengono demoliti per fare spazio alla costruzione di moderni e lussuosi condomini, secondo le disposizioni, fin troppo disinvolte, del piano casa della regione Campania, di cui alla legge regionale n. 1/2011 e successive modificazioni e integrazioni prevede notevoli premi di cubatura a prescindere dalla densità edilizia e dai carichi urbanistici;

   un progetto di demolizione e ricostruzione con un ampliamento delle volumetrie del 20 per cento minaccerebbe – secondo le preoccupate segnalazioni dei comitati e delle associazioni culturali del territorio – anche la storica «Casa-forte o Torre colombara» di Casaferro –:

   quali iniziative urgenti di tutela e salvaguardia il Ministro interrogato intenda avviare, per quanto di competenza, per evitare il danneggiamento, la distruzione o la perdita di un'importantissima testimonianza di civiltà;

   quali iniziative di tutela intenda predisporre, per quanto di competenza, per garantire la salvaguardia architettonica e paesaggistica del complesso rurale fortificato detto «Casa-forte o Torre colombara» di Casaferro e prevenire nuovi sfregi ai centri storici di Marigliano (Napoli) deturpati dalla speculazione edilizia e da distruttive lottizzazioni che ne stanno cancellando l'immagine, la storia e la memoria collettiva.
(4-03565)


   DI SARNO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   nel comune di Nola (Napoli) in via Boscofangone, sono ubicati gli ultimi splendidi esempi di complessi rurali medievali e masserie fortificate della piana nolana, sopravvissuti alle disastrose demolizioni per la realizzazione delle aree degli insediamenti produttivi e del distretto di distribuzione commerciale Cis, interporto e Centro servizi vulcano buono;

   tra le pregevoli fabbriche che riflettono la struttura agronomica-fondiaria dell'area degni di nota sono i complessi rurali seicenteschi Barone-De Luca, Candelaro e Tora che riutilizzano, tra i materiali impiegati per la costruzione, colonne ed elementi archeologici di spolio provenienti dalle diverse ville romane individuate nella piana di Boscofangone;

   di notevole importanza storica è anche l'imponente complesso fortificato «Taverna Nova», contraddistinto dall'aggregazione di numerosi corpi di fabbrica (la taverna, l'edificio padronale, i depositi, le stalle e la cappella gentilizia dedicata a Sant'Anna decorata da pitture a fresco ancora oggi visibili) e da uno spiccato carattere difensivo conferito dalla presenza di torrette e bastioni;

   al periodo tardo angioino risale, invece, la «Masseria Riso», ubicata a nord-est del centro manutenzione Alstom Ferroviaria, NTV-Nuovo Trasporto viaggiatori, appartenuta al nobile casato dei de Risi o de Riso attestato a Nola fin dal XV secolo, documentata nella Carta Topografica della Campagna Felice della Società di Storia Patria di Napoli redatta nel 1761 e nella cartografia di Giovanni Antonio Rizzi Zannoni del 1793;

   negli ultimi mesi questi complessi rurali risulterebbero fortemente minacciati da stravolgimenti e progetti invasivi che stanno suscitando notevoli preoccupazioni nell'opinione pubblica, tra la comunità intellettuale e le associazioni ambientaliste e culturali del territorio –:

   quali iniziative urgenti di tutela e salvaguardia il Ministro intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare la distruzione o la perdita di queste importantissime testimonianze di civiltà che rappresentano entità peculiari e ben definite nel panorama dell'architettura rurale campana di età medievale e moderna.
(4-03566)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAITA, MARCO DI MAIO, CARNEVALI e PINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sulla base di quanto è dato apprendere dagli organi di informazione l'Agenzia delle entrate avrebbe con proprio atto di indirizzo stabilito, anche a seguito di una sentenza del 14 marzo scorso della Corte di giustizia dell'Unione europea, che le lezioni di scuola guida non rientrerebbero nel novero degli insegnamenti scolastici o universitari che sono esenti dall'Iva;

   questa decisione avrebbe come conseguenza l'innalzamento al 22 per cento dell'imposta a carico dei consumatori;

   le organizzazioni di categoria a cui aderiscono le autoscuole di fronte a tale ipotesi di innalzamento dei costi si stanno mobilitando, in quanto preoccupate anche di una possibile retroattività della disposizione;

   l'applicazione alle autoscuole di un regime Iva del 22 per cento farebbe salire il costo della patente di guida;

   bisogna evitare che si renda, a causa dei costi, più problematico l'accesso per i giovani ai corsi di guida, poiché sono il primo tassello delle politiche di sicurezza stradale –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di scongiurare siffatto aumento e la possibile retroattività della misura richiamata in premessa, evitando conseguenze per i cittadini e per il comparto delle autoscuole.
(5-02708)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   con risoluzione 79/E del 2 settembre 2019 l'Agenzia delle entrate rispondendo all'interpello relativo all'articolo 11, comma 1, legge 27 luglio 2000, n. 212 – aliquota IVA prestazioni didattiche finalizzate al conseguimento delle patenti di guida ha recepito i princìpi espressi dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza del 14 marzo 2019 (C-449/2017), per i quali l'insegnamento della guida automobilistica non rientra nella nozione di insegnamento che, ai sensi delle lettere i) e j) dell'articolo 132, paragrafo 1, della direttiva (CE) del 28 novembre 2006, n. 112, è da ritenersi quale operazione esente da imposta di valore aggiunto (IVA);

   secondo la sentenza dei giudici unionali infatti «l'insegnamento della guida automobilistica in una scuola guida, [...], pur avendo ad oggetto varie conoscenze di ordine pratico e teorico, resta comunque un insegnamento specialistico che non equivale, di perse stesso, alla trasmissione di conoscenze e di competenze aventi ad oggetto un insieme ampio e diversificato di materie, nonché al loro approfondimento e al loro sviluppo, caratterizzanti l'insegnamento scolastico o universitario»;

   in tal modo quindi è stata rimarcata la differenza sul piano fiscale dell'insegnamento universitario e scolastico da quello automobilistico che subirà l'applicazione dell'imposta al 22 per cento con relativo rincaro per consumatori e utenti. Un incremento che secondo l'interpretazione dell'Agenzia delle entrate è da considerarsi retroattivo e che in tal caso andrebbe a gravare sulle scuoleguida;

   Paolo Colangelo, presidente di Confarca, Confederazione Autoscuole Riunite e Consulenti Automobilistici, ha annunciato una mobilitazione nazionale per sensibilizzare le istituzioni sulla retroattività del provvedimento che andrebbe a colpire ben 3,8 milioni di patenti conseguite tra il 2014 e il 2018. Nella sostanziale impossibilità di poter esigere ed effettivamente recuperare gli importi dagli ex allievi, le autoscuole dovranno provvedere con proprie risorse al versamento dell'IVA non dovuta inizialmente;

   sono parimenti critiche le associazioni dei consumatori che attraverso Codacons denunciano il rischio concreto di un incremento diretto del costo delle patenti di guida fino allo sforamento dell'importo di 1.200 euro –:

   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto illustrato in premessa e quali iniziative urgenti, anche di natura normativa, intendano assumere al fine di evitare l'avvio di una nuova fase vessatoria, in termini fiscali e amministrativi, che andrebbe a gravare ulteriormente sulle già deboli finanze di famiglie e imprese nel nostro Paese.
(2-00486) «Novelli, Baldelli, Bergamini, Germanà, Mulè, Pentangelo, Rosso, Sozzani, Zanella».

Interrogazione a risposta scritta:


   DAVIDE AIELLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Casteldaccia è collegato ai comuni limitrofi anche dalla strada provinciale 88;

   la suddetta arteria stradale rappresenta un importante collegamento viario per i cittadini Casteldaccesi, tra i quali molti lavoratori pendolari che devono raggiungere il loro posto di lavoro nei vari paesi del comprensorio Palermitano nonché nel capoluogo stesso;

   la strada in questione gode di un alto valore simbolico, poiché nominata «via della marcia Antimafia 26/02/1983», via che un tempo veniva scelta dai killer della criminalità organizzata e dai latitanti come strada di fuga;

   la viabilità nelle molteplici strade provinciali siciliane versa in condizioni estreme, creando non pochi disagi ai cittadini. È impensabile che nel 2019 in una terra come la Sicilia la viabilità soffra di tali deficit che in alcuni casi ne inibiscono il completo transito lungo le arterie principali. La questione riguarda centinaia di migliaia di persone, cittadini che pagano le tasse proprio come tutti gli altri del resto d'Italia, ma che si ritrovano a non poter usufruire dei servizi di viabilità essenziali;

   l'arteria stradale in esame risulta in precarie condizioni, poiché il manto stradale, in numerosi tratti, è del tutto ceduto;

   le frane più rilevanti che si sono verificate risalgono al 2015, da allora in poi mai nessun intervento è stato eseguito per ristabilire la normalità;

   dette circostanze causano restringimenti della carreggiata con notevole pericolo per tutti gli automobilisti che vi transitano, soprattutto in occasione di precipitazioni piovose;

   a causa di alcuni smottamenti verificatisi in occasione di copiose precipitazioni, il tratto stradale in esame ha subito spesso la chiusura al transito veicolare;

   la deputazione regionale del Movimento 5 Stelle ha più volte sollecitato il presidente della regione siciliana e gli assessori di competenza, senza riscontrare risultato alcuno –:

   se siano stati richiesti o se siano previsti finanziamenti statali per la messa in sicurezza della strada in questione, sì da garantire ai relativi residenti e automobilisti in generale una regolare percorrenza della fondamentale arteria.
(4-03570)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   DAVIDE AIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'attuale sede del commissariato di polizia di Stato di Niscemi, in viale Mario Gori, concessa in affitto da privati è attualmente posta sotto sfratto esecutivo e versa da diverso tempo in condizioni critiche; con delibera n. 68 del 27 novembre 2017 il consiglio comunale di Niscemi aveva approvato la «Mozione di indirizzo sul mantenimento del locale del Commissariato di P.S.», deliberando la destinazione dei locali dell'ufficio tecnico comunale a nuova sede del commissariato di polizia;

   come riportato da notizie di stampa del 22 marzo 2018 è stata «ammessa la richiesta di finanziamento di oltre 1 milione di euro che l'Amministrazione comunale di Niscemi aveva presentato nel mese di novembre, per l'adeguamento di locali dell'Ufficio tecnico del Comune a nuova sede del Commissariato di Polizia», da parte dell'assessorato regionale delle infrastrutture e della mobilità; inoltre «Le somme saranno reperite da parte della giunta di Governo regionale, con la rimodulazione della programmazione relativa alle risorse finanziarie provenienti dal Patto del Sud»;

   in data 27 febbraio 2019, la prefettura – Utg di Caltanissetta aveva già avviato un'indagine di mercato relativa alla ricerca di locali nel comune di Niscemi da prendere in locazione per la destinazione a nuova sede del commissariato di polizia di Stato, aventi una superficie complessiva di circa 1.200 metri quadrati distribuita tra uffici ed alloggi individuali, oltre 400 metri quadrati di area parcheggio;

   il termine per la presentazione delle domande da parte dei soggetti interessati a concedere un immobile in locazione è scaduto il 30 aprile 2019, sicché la procedura è chiusa;

   non si può lasciare che gli uomini delle forze dell'ordine lavorino in condizioni disagiate che inevitabilmente si ripercuotono sul loro operato nell'ambito del servizio della sicurezza pubblica –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare affinché gli uomini delle forze dell'ordine possano tornare a lavorare in locali idonei al servizio che sono chiamati a svolgere.
(4-03571)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   recentemente una testata giornalistica a tiratura nazionale, pubblicando l'articolo «Scuola, boom di certificati: dislessici 177 mila ragazzi», ha dato risonanza ai dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sul numero di alunni con Dsa (disturbo che può presentarsi sotto forma dislessia, di disortografia e di discalculia), che in Italia supera le 276 mila unità;

   il dato, rilevato nel biennio 2017-2018, sulla base dei documenti delle aziende sanitarie, rappresenta il 3,25 per cento della popolazione studentesca mentre altri studi rilevano che la media degli alunni dislessici è pari ad una unità per ogni classe;

   la legge n. 1700 del 2010 «Nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico» che ha riconosciuto la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come disturbi specifici dell'apprendimento, sancendo il diritto dello studente con diagnosi di Dsa di usufruire di «appositi provvedimenti dispensativi e compensativi di flessibilità didattica nel corso dei cicli di istruzione e formazione e negli studi universitari», ha individuato nella scuola l'ambito nel quale lo studente dislessico deve essere supportato nel recupero delle proprie abilità;

   dal 2010 ad oggi, il mondo scientifico ha messo a punto una più precisa e puntale definizione della Dsa definendola: «un diverso modo di organizzare le reti interneurali»;

   un programma radiofonico trasmesso sulle reti nazionali ha richiamato l'attenzione sulla tragica morte, avvenuta di recente, di un diciassettenne, studente del quarto anno dell'Istituto di istruzione superiore Via delle Sette Chiese di Roma, che presentava Dsa regolarmente certificata. Il ragazzo si sarebbe tolto la vita dopo aver subito una umiliazione da un insegnante;

   la stessa trasmissione ha pesantemente stigmatizzato il comportamento del docente, evidenziando che questi avrebbe ridicolizzato il ragazzo, addirittura esprimendo una valutazione in una nota, con la quale sostanzialmente si poneva in dubbio che le prestazioni del ragazzo fossero in linea con quelle di chiunque avesse almeno cinque anni di età;

   è del tutto evidente che il comportamento dell'insegnante in un caso come questo appare ancora più grave considerato il rapporto di natura asimmetrica con l'alunno e la funzione di guida e di orientamento del docente;

   la madre dello studente, per quanto consta all'interrogante, sollecitata anche dal figlio, avrebbe più volte richiamato l'attenzione degli organi direttivi dell'istituto sulla gravità dei fatti in questione, senza che tuttavia ne conseguisse alcuna reale attivazione;

   il gesto del ragazzo, per quanto consta all'interrogante, appare evidentemente collegato alle ripetute umiliazioni ricevute dal docente, anche dinnanzi alla classe, e all'assenza di interventi significativi da parte dei competenti organi direttivi;

   nei casi di Dsa la legge affida alla scuola specifiche responsabilità e funzioni, tanto che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca finanzia progetti di formazione dei docenti;

   il tragico avvenimento è ancora più grave se si considera che, sul sito dell'istituto in questione, si enfatizza l'attestato ricevuto «Dislessia amica», per avere i docenti frequentato i corsi di formazione organizzati dall'A.I.D. (Associazione italiana dislessia), ente accreditato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la formazione dei docenti, ai sensi della direttiva ministeriale n. 170 del 2016 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti e se e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche di carattere disciplinare, anche per evitare che simili atti possano ripetersi;

   se non intenda vigilare sul rilascio dei sopracitati attestati «Dislessia amica», che a giudizio dell'interrogante inducono in errore le famiglie, convinte di affidare i propri figli a docenti adeguatamente formati.
(3-00959)

Interrogazione a risposta scritta:


   SILLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Istituto «Tullio Buzzi» di Prato ha oltre 130 anni di vita. Nato nel 1886 come Regia scuola per le industrie tessili e tintorie, dal 2010 ha assunto la denominazione di Istituto tecnico statale settore tecnologico;

   nel corso della sua lunga storia la scuola ha assolto alla funzione di formare i quadri tecnici dell'industria locale, contribuendo quindi in maniera significativa allo sviluppo e all'evoluzione dell'intero comprensorio di Prato. Oggi è una eccellenza nell'alternanza scuola-lavoro;

   il 2 settembre 2019 il nuovo direttore didattico, esercitando il proprio potere amministrativo, ha legittimamente sospeso per tre mesi, con determina dirigenziale le attività di laboratorio;

   stando a quanto appreso dagli organi di stampa e non solo, la componente del laboratorio conto terzi doveva, da diverso tempo, essere separata dalle specifiche attività didattiche;

   trattasi di un'attività che lavora anche per conto di grandi brand della moda e che fattura mediamente 7 milioni di euro annui e che versa alla scuola i proventi e gli utili che ne derivano. Si tratta di un ganglio vitale del distretto tessile pratese, capitale tessile mondiale per più di mezzo secolo e comunque ancora punto di riferimento delle eccellenze nel mondo del tessile di qualità;

   di sicuro con la sua chiusura l'istituto scolastico non goderebbe più degli utili impiegati a fini didattici e non solo;

   nel laboratorio momentaneamente chiuso, eccellenza di sicura portata europea, operano docenti luminari mondiali nei loro specifici settori di chimiche tessili applicate;

   la chiusura, seppur temporanea, apre di fatto a cause milionarie che i clienti — multinazionali della moda e grandi marchi — potrebbero intentare e che la scuola dovrebbe pagare. Infine, si perdono oltre 30 posti di lavoro, ed il know how immancabilmente se ne andrebbe in altri distretti tessili o addirittura all'estero –:

   quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare al fine di preservare una tale eccellenza didattica, riconosciuta nel settore del tessile di qualità, evitando di chiudere una realtà sana ed efficiente che, comunque, avrebbe effetti devastanti per il distretto produttivo pratese e danni difficilmente quantificabili sul breve e lungo periodo.
(4-03567)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   CALABRIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   a Roma il bando comunale sulla refezione scolastica è ancora in fase di aggiudicazione provvisoria a causa di alcune anomalie rilevate nelle offerte;

   alla luce delle anomalie riscontrate nelle offerte di partecipazione al suddetto bando il servizio è andato in proroga;

   è a rischio il mantenimento dei servizi di refezione in asili nido e scuole del comune di Roma;

   il servizio mensa nei nidi e nelle scuole è garantito solo fino al 28 settembre 2019;

   sono a rischio 170 asili nido comunali dove attualmente lavorano, nel servizio cucine, gli operatori della «Multiservizi» e 330 tra scuole dell'infanzia ed elementari;

   sono anni che i 170 lavoratori della Multiservizi protestano chiedendo delucidazioni al comune di Roma Capitale riguardo al loro eventuale assorbimento;

   è previsto uno sciopero dei lavoratori delle mense per il 16 e il 17 settembre 2019, giorno in cui riapriranno anche le scuole, con disagi per i bambini della scuola dell'infanzia e primaria;

   non si hanno notizie della richiesta di proroga a garanzia di tutto l'anno scolastico;

   il consiglio comunale di Roma Capitale non si è ancora espresso sulla questione –:

   se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, per tutelare i lavoratori della «Multiservizi» e allo stesso tempo assicurare il regolare avvio delle attività scolastiche.
(4-03562)


   UBALDO PAGANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il celebre attore e regista tarantino Cosimo Cinieri, dopo una lunga e complessa malattia (morbo di Alzheimer), che lo ha costretto alla degenza domestica per due anni, è deceduto il 19 agosto 2019;

   il signor Cinieri, in virtù della sua grave condizione di salute, ha presentato, in data 8 agosto 2016, alla competente unità sanitaria locale Roma F di Campagnano di Roma domanda di indennità di accompagnamento;

   in data 9 novembre 2016 il periziando si è sottoposto a visita medica presso la stessa struttura, la quale lo giudicava, ai sensi della normativa vigente, invalido ultrasessantacinquenne al 100 per cento con difficoltà persistenti gravi a svolgere i compiti e le funzioni proprie della propria età ma non bisognoso di accompagno;

   tramite i suoi rappresentanti legali, Cinieri ha fatto ricorso all'Inps. La seconda visita fiscale ha avuto dunque luogo il 9 dicembre 2017. Di seguito, il tribunale ordinario di Tivoli – sezione lavoro – ha affermato, con decreto ex articolo 445-bis, comma 5°, c.p.c. del 21 febbraio 2019, previa consulenza tecnica d'ufficio, il diritto all'indennità di accompagnamento, riconoscendo che da luglio 2017 sussistevano i requisiti sanitari di cui all'articolo 1 della legge n. 18 del 1980 e di conseguenza l'Istituto previdenziale sarà tenuto a corrispondere i ratei maturati e maturandi dell'indennità di accompagnamento, oltre agli interessi legali;

   il 10 giugno 2019 la sede Inps di Roma ha inviato al Caf di Campagnano una pec dove comunicava il respingimento della richiesta di indennità di accompagno in quanto «da verifiche del certificato medico introduttivo del 2016 e da disposizioni della Direzione INPS, lo stesso non risulta perfezionato a causa di una mancata indicazione (mediante flag) delle caratteristiche legate alla prestazione richiesta vale a dire “impossibilità a deambulare autonomamente” e/o “non in grado di compiere gli atti quotidiani senza assistenza”». Tale comunicazione non è mai stata inviata all'interessato;

   il cavillo a cui si appiglia l'Inps con circolari interne è stato considerato pretestuoso dalla sentenza della Corte di Cassazione il 27 maggio 2019: «la spuntatura mediante flag non sembra affatto costituire requisito imprescindibile della domanda amministrativa in base alla norma suddetta». «(...) la certificazione medica nella quale non sia barrata una delle suddette ipotesi non determina l'improcedibilità della domanda. [...] L'INPS (...) non può individuare nuove cause di improponibilità della domanda derivanti dal mancato, o non esatto o incompleto, rispetto alla modulistica all'uopo predisposta dallo stesso ente previdenziale. In conclusione, pertanto, deve affermarsi che l'INPS non può incidere, con la predisposizione di particolari moduli, sulla procedibilità della domanda o sulla sua proponibilità». Il giudice condanna l'Istituto a pagare anche le spese del giudizio –:

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, verificare in generale la correttezza del modus operandi dell'Inps nell'esame di tale genere di domande e, nello specifico, dell'operato dei responsabili Inps del procedimento in questione;

   se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza, adottare ogni iniziativa di competenza affinché l'Istituto nazionale di previdenza sociale ottemperi alle sentenze di cui in premessa.
(4-03572)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MUGNAI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la circolare del Ministero della salute del 26 febbraio 2013 avente oggetto sorveglianza e controllo delle infezioni da batteri produttori di carbapenemasi (CPE), segnala la presenza e diffusione in Italia di batteri Gram-negativi, appartenenti soprattutto alla famiglia degli Enterobatteri e alla specie Klebsiellapneumoniae, che risultano resistenti ai carbapenemi (esempio imipenem e meropenem), farmaci fondamentali per la cura delle infezioni gravi causate da batteri multi-resistenti;

   la circolare diramata dalla direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute in data 30 maggio 2019 all'indirizzo degli assessorati alla sanità delle regioni e delle province autonome, avente oggetto epidemia di enterobacteriaceae resistenti ai carbapenemi produttrici di metallo-beta-lattamasi New Delhi (New Delhi metallo-beta-lactamase – NDM), segnala, a partire dal mese di novembre 2018, la presenza di una epidemia da batterio New Delhi in Toscana, ma circoscritta agli ospedali della zona nord ovest della regione;

   nel pronunciamento dell'Istituto superiore di sanità diffuso in data 6 giugno 2019, si legge tra l'altro: «NDM ha un alto rischio di diffusione tra le strutture sanitarie europee e la presenza di un focolaio in una zona altamente turistica come la Toscana porta a un elevato rischio di trasmissione transfrontaliera. Infine, vista l'endemia di Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi in corso in Italia, il rischio di diffusione di NDM-producing CRE viene considerato alto»;

   con il decreto dirigenziale della regione Toscana n. 12772/2019, «Indicazioni regionali per il contrasto alla diffusione di Enterobacterales produttori di metallo-beta lattamasi di tipo New-Delhi», la regione ha costituito un nucleo di esperti per produrre un documento di indirizzo, allo scopo di contrastare la diffusione del patogeno a livello regionale;

   nel corso del 2018 a livello regionale si è rilevata una riduzione del 18 per cento dei batteri produttori di carbapenemasi rispetto all'anno precedente, ma, a fronte di questo dato favorevole, negli ultimi mesi del 2018 e nei primi mesi del 2019, in un'area geografica definita del territorio regionale (area vasta nord ovest) si è registrato un aumento di positività oltre l'atteso di batteri dell'ordine Enterobacterales produttori di metallo-beta lattamasi di tipo New Delhi (Cpe-Ndm) che li rende resistenti a gran parte degli antibiotici disponibili;

   la regione Toscana ha diffuso i dati disponibili sulla epidemia e ad oggi la situazione è la seguente: il batterio è stato rintracciato in 546 portatori sani, 64 sono i pazienti risultati positivi ai controlli con sepsi in corso e di questi 17 sarebbero deceduti a causa del batterio killer; delle 64 infezioni, la metà è localizzata nel nosocomio di Cisanello a Pisa;

   la trasmissione e diffusione del super batterio può avvenire tramite contatto diretto o indiretto con il paziente o materiali e dispositivi medici contaminati;

   i pazienti colonizzati da enterobatteri produttori di carbapenemasi che vengono dimessi dall'ospedale e trasferiti in strutture di cure intermedie, riabilitative o sociosanitarie possono diffondere l'infezione in questi ambienti, nella maggior parte dei casi inadeguati ad isolare pazienti infetti, ma l'allarme diffusione si estende anche ai familiari e ai caregiver dei malati;

   la minaccia di contaminazione e quindi di epidemia, si potrebbe ridurre, non solo attraverso un uso di farmaci appropriati in pazienti positivi, ma soprattutto attraverso una operazione di precauzione e prevenzione attraverso idonei indumenti di protezione e quindi la sorveglianza microbiologica rappresenta il primo filtro di contenimento delle infezioni –:

   quale sia la situazione e quale la diffusione dell'infezione da batterio Ndm in Italia ed, in particolare, del focolaio toscano;

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per sorvegliare e contenere il rischio infettivo, a partire dalla Toscana.
(5-02707)

Interrogazione a risposta scritta:


   MAGLIONE. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 15, comma 7-bis, del decreto legislativo 502 del 1992 dispone che il conferimento degli incarichi di direzione di struttura complessa avviene a seguito di apposita procedura selettiva, previo avviso pubblico, cui partecipano i dirigenti in possesso dei requisiti;

   l'articolo 18 del Ccn di lavoro dell'area della dirigenza medica e veterinaria del Servizio sanitario nazionale dell'8 giugno 2000, stabilisce una procedura di sostituzione nel caso di assenza del direttore di struttura complessa, per cui l'incarico di sostituzione è affidato dall'azienda, previo avviso, ad altro dirigente della struttura medesima, mediante una valutazione comparata del curriculum e tale sostituzione è consentita per il tempo strettamente necessario ad espletare le procedure concorsuali (sei mesi, prorogabili fino a dodici);

   dalla relazione conclusiva del 22 gennaio 2013 della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario, si evince che la stessa ha ritenuto di svolgere uno specifico approfondimento in merito all'utilizzo delle procedure suddette, da cui è risultato, in Campania, un utilizzo anomalo dell'istituto descritto in luogo delle procedure ordinarie di reclutamento. L'applicazione dell'istituto è del tutto distorta, e l'incarico è affidato in via «provvisoria» senza alcuna procedura selettiva. Questo comporta che la possibilità in deroga, troppo spesso si trasforma in una chiamata diretta di natura discrezionale;

   l'anomalo conferimento degli incarichi ex articolo 18 è stata disvelata da 2 inchieste delle Iene nel 2018 che hanno riguardato l'Asl NA 1 e l'Asl di Caserta;

   un caso emblematico è quello della Asl di Benevento, ove continuano ad essere presenti diversi incarichi anomali affidati in totale dispregio dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, per cui l'azione manageriale pare dunque degenerata forme di favoritismo e clientelismo, a quanto risulta agli interroganti;

   è evidente che la prorogatio implicita dell'incarico temporaneo per un arco temporale così prolungato (anche oltre i 10 anni), oltre a non essere conforme alla normativa vigente, sottrae il dirigente alle procedure di valutazione legate all'incarico. A ciò si aggiunga il danno da perdita di chance per i dirigenti ingiustamente esclusi dalle selezioni;

   risulta agli interroganti che i casi più eclatanti riguarderebbero le nomine dei direttori di struttura complessa, sia medici che veterinari, nonché del direttore del dipartimento di prevenzione incaricato (delibere del direttore generale n. 183 del 2010 e 392 del 2011), sulla base di una nomina di pochi mesi prima a direttore titolare di struttura complessa, conferita senza l'espletamento di una procedura concorsuale. Quest'ultimo risulta ancora in carica de facto, essendo la sua nomina decaduta e ciò anche in spregio alla normativa regionale che, prevede una durata massima nell'incarico di tre anni, rinnovabili una sola volta (decreto del Comm. ad Acta n. 18 del 2013, p.16.6), nonché alle direttive dell'Anac in materia di rotazione (delibera n. 831 del 2016);

   è parere degli interroganti che il conferimento di incarichi dirigenziali al di fuori della procedura selettiva prevista per legge determini, oltre ad evidenti danni erariali, anche una ricaduta sull'efficienza e l'efficacia delle prestazioni sanitarie, peraltro più volte registrata dai competenti Uffici della regione Campania –:

   se il Governo sia a conoscenza del perdurare di quella che appare all'interrogante come un'anomalia nell'affidamento degli incarichi dirigenziali ex articolo 18 del contratto collettivo nazionale di lavoro richiamato in premessa nelle Asl campane;

   quali iniziative di competenza, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari nella regione Campania, intenda assumere in relazione agli incarichi eventualmente irregolarmente conferiti;

   quali iniziative di competenza si intendano assumere affinché vengano chiarite le ragioni che impediscono lo svolgersi di regolari procedure concorsuali con il protrarsi nel tempo di incarichi «provvisori» nella Asl di Benevento e affinché sia applicata la normativa vigente in materia di affidamento di incarichi dirigenziali nelle aziende sanitarie locali.
(4-03569)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   LEGNAIOLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   organi di stampa nazionale di questi ultimi giorni (Il Fatto quotidiano) riportano la notizia secondo la quale la regione Toscana, in modo sorprendente, avrebbe rinunciato a chiedere risarcimenti alla cooperativa il Forteto, giacché, da quanto si apprende, un'azione di questo tipo esporrebbe la stessa a pesanti difficoltà operative;

   la scelta della regione ha destato estrema incredulità tra gli amministratori locali del posto, la comunità e le altre realtà sociali, associazioni e cooperative, che svolgono il loro lavoro nel rispetto di tutte le norme;

   com'è noto, la gestione della cooperativa è da diversi mesi affidata ad un commissario governativo –:

   di quali elementi disponga il Governo, in particolare con riguardo ad interlocuzioni tra il commissario governativo e gli organi di governo della regione in ordine alla questione dei risarcimenti, anche al fine di chiarire pienamente le ragioni della decisione richiamata in premessa.
(4-03568)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ILARIA FONTANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la discarica situata in Frosinone località Mola dei Muli – Le Lame, avente capacità stimata pari a circa 650 mila metri cubi, è stata gestita fino al 1997 dal comune di Frosinone per il conferimento dei rifiuti solidi urbani raccolti nella città. Dal 2001 al 2002 in virtù dell'emergenza rifiuti, la discarica venne riaperta per il conferimento dei sovvalli prodotti dall'impianto di trattamento rifiuti della Reclas s.p.a. (ora denominata SAF – Società Ambiente Frosinone s.p.a.);

   dal 2002, a causa di questo sovraccarico, la discarica è stato inserita nel piano regionale bonifiche con altissima priorità di intervento, per poi essere inclusa nel sito di interesse nazionale (Sin) della provincia di Frosinone;

   la discarica è uno dei siti interessati dalla procedura di infrazione n. 2077/2003 aperta dalla Corte di giustizia europea nei confronti dell'Italia;

   la procura della Repubblica ha ottenuto dal Gip del tribunale di Frosinone il sequestro preventivo della ex discarica, con decreto del 23 dicembre 2014, per il reato di cui agli articoli 113, 439 e 452 del codice penale, contestato ai vertici della società Ambiente Frosinone Spa, incaricata della gestione ordinaria della discarica. Secondo l'accusa a partire dall'anno 2006 gli indagati consentivano e, comunque, non impedivano che il percolato della discarica raggiungesse la falda acquifera sottostante, inquinandola con l'apporto di metalli pesanti;

   l'impianto, essendo posizionato a circa 75 metri dall'alveo del fiume Sacco all'interno della fascia di rispetto dello stesso, è esposto al rischio di esondazione, in quanto sprovvisto delle necessarie misure di mitigazione atte a scongiurarne il contatto;

   con l'accordo quadro tra Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dell'economia e delle finanze e regione Lazio relativo alla bonifica dei siti inquinanti e gestione dei rifiuti (APQ8) sono stati stanziati circa 8,6 milioni di euro complessivi per la bonifica della discarica in questione;

   in data 23 maggio 2017, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare scriveva che erano in corso verifiche dello stato ambientale di acque sotterranee e suolo;

   è stato costituito, in data 23 gennaio 2017, un tavolo permanente di lavoro a titolo gratuito presso la stessa regione Lazio, con la partecipazione di Asl, Arpa e dipartimento epidemiologico;

   il comune di Frosinone, con nota prot. n. 22780 dell'8 maggio 2017, comunicava a regione Lazio e Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che volontà dell'amministrazione comunale era quella di pervenire a un intervento di landfill mining con costi stimati in circa 115 milioni di euro;

   la discarica in questione è stata inserita all'interno del perimetro del Sin bacino del fiume Sacco con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 21 novembre 2016, e costituisce grande pericolo ecologico a fronte di una situazione altamente instabile e di uno sfruttamento di gran lunga superiore a quello inizialmente previsto;

   con nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 19538/STA del 19 settembre 2017, l'Ispra ha trasmesso le proprie valutazioni in merito alla necessità di procedere a integrazioni relativamente agli studi condotti per la determinazione dei valori di fondo nonché una valutazione preliminare in merito all'individuazione degli intervenni urgenti da porre in essere in via prioritaria, tra i quali risulta esserci anche l'ex discarica di Frosinone in oggetto –:

   quali risultati abbia prodotto la campagna di indagini ambientali a cura degli enti di controllo competenti sulle matrici delle acque sotterranee e dei suoli;

   quale valutazione sia stata fatta sulla proposta avanzata dal comune di Frosinone, anche in relazione al quadro generale della pianificazione futura di bonifica del sito di interesse nazionale sia in termini di tempi che di costi;

   quali siano le iniziative previste, nonché il relativo cronoprogramma, al fine di procedere alla messa in sicurezza e alla bonifica dei terreni circostanti.
(4-00997)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si fa presente che l'area di discarica, ubicata nel comune di Frosinone in località «Le Lame», rientrava nel perimetro dell'ex sito di interesse nazionale di Frosinone (decreto ministeriale n. 468 del 18 settembre 2001) fino al 2013 quando con decreto ministeriale n. 7 dell'11 gennaio 2013 è divenuto sito d'interesse regionale.
  Dall'entrata in vigore del suddetto decreto ministeriale, il comune di Frosinone è divenuto titolare del procedimento e degli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dell'area, nonché ente appaltante delle opere e gestore dei finanziamenti.
  Successivamente l'area è stata inserita nel perimetro del sito d'interesse nazionale (Sin) del «Bacino del fiume Sacco» con decreto ministeriale del 21 novembre del 2016.
  Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha quindi effettuato una ricognizione circa lo stato delle attività di messa in sicurezza e bonifica attuate nell'area e ha chiesto alla regione e all'Ispra di effettuare una valutazione sugli interventi urgenti sotto il profilo ambientale da finanziare con le risorse pubbliche stanziate dalla legge n. 208 del 2015.
  A seguito delle risultanze dell'attività valutativa, la regione Lazio, nell'agosto 2017, ha comunicato l'elenco degli interventi ritenuti prioritari, tra i quali figura anche l'intervento «Manutenzione dei sistemi di messa in sicurezza e attuazione delle fasi mancanti a completamento della caratterizzazione del sito dell'ex discarica Le Lame».
  La suddetta proposta è stata condivisa dall'Ispra per il carattere prioritario dell'intervento.
  Gli interventi relativi alle attività di bonifica dell'area sono attualmente disciplinati dall'accordo di programma «Per la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza e bonifica del Sito di interesse nazionale Bacino del Fiume Sacco» sottoscritto in data 7 marzo 2019 tra questo dicastero e la regione Lazio.
  All'interno di detto accordo sono stati inseriti entrambi gli interventi proposti dal comune di Frosinone, ovvero gli «Interventi di manutenzione dei sistemi di Messa in sicurezza e attuazione delle fasi mancanti a completamento della caratterizzazione del sito dell'ex Discarica Le Lame» e «Fascia di terreno potenzialmente contaminato interposta tra la discarica Le Lame e il fiume Sacco — Caratterizzazione – Comune di Frosinone», finanziati rispettivamente per un importo pari a 1.016.365,00 euro e 1.500.000,00 euro.
  Per i citati interventi la regione Lazio è stata individuata quale soggetto attuatore.
  In relazione al cronoprogramma delle attività il medesimo accordo prevede di procedere entro i primi 6 mesi con l'affidamento della redazione dei piani di caratterizzazione delle aree oggetto degli interventi, le cui attività dovranno essere concluse entro 15 mesi dalla stipula dell'accordo.
  A seguito della conclusione della fase di caratterizzazione le parti procederanno alla definizione di un cronoprogramma di dettaglio a completamento delle fasi procedurali previste dall'articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006. L'obiettivo è di completare gli interventi entro la data del 31 dicembre 2023, fatto salvo un ulteriore periodo di mesi 24 legato a singole specificità afferenti alla fase di bonifica.
  Per ciò che attiene ai risultati prodotti dalla campagna di indagine ambientale effettuata dagli enti di controllo sulle matrici delle acque sotterranee e dei suoli, il comune di Frosinone nel marzo 2018 ha chiesto alla provincia l'avvio degli accertamenti, ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo n. 152 del 2006, finalizzati all'individuazione del responsabile della contaminazione ed ha richiesto agli organi giudiziari il permesso ad accedere alle aree poste a sequestro, al fine di avviare le indagini utili a definire lo stato delle matrici ambientali da parte degli enti di controllo.
  Per quanto concerne la verifica qualitativa dell'attuale stato delle acque sotterranee nella «fascia di terreno interposta tra l'ex discarica Le Lame e il Fiume Sacco» e «Ex Discarica di Loc. Le Lame», si evidenzia che l'Arpa Lazio al fine di offrire un quadro ambientale rappresentativo, della matrice acque sotterranee, nell'aprile 2018 si è resa disponibile a svolgere i campionamenti richiesti, rimanendo in attesa dell'ultimazione da parte del comune di Frosinone delle azioni di pulizia delle aree, del reperimento di un generatore da 220 V e dell'individuazione dei punti di monitoraggio.
  Si rassicura, infine, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continuerà a tenere alta la soglia di attenzione sulla questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   ALBERTO MANCA e DEIANA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Presidente della Repubblica 3 ottobre 2002 veniva istituito il parco nazionale dell'Asinara, nonché il relativo Ente parco (articolo 1), perimetrandone il territorio. Col medesimo atto si affidavano, rispettivamente:

    a) al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare l'esercizio della vigilanza sulla gestione del parco (articolo 10, comma 1, allegato A);

    b) al Corpo forestale e di vigilanza ambientale della regione autonoma Sardegna la sorveglianza del territorio di pertinenza del parco (articolo 10, comma 1, allegato A);

   con propria determinazione n. 131 dell'11 marzo 2008 (prot. N. 19626) il comandante pro tempore del Corpo forestale e di vigilanza ambientale disponeva che il servizio di istituto presso la stazione forestale dell'Asinara fosse articolato settimanalmente su 4 turni di nove ore giornaliere senza interruzioni, garantendo in tal modo (tra orario di servizio e permanenza sull'isola in regime di reperibilità) una sorveglianza h24 da parte degli agenti del Corpo forestale e di vigilanza ambientale su tutto il territorio del parco;

   con delibera di giunta regionale n. 16/13 del 14 aprile 2015 veniva ridefinita la circoscrizione della stazione forestale dell'Asinara, attribuendo alla stessa anche la giurisdizione di tutto il territorio dei comuni di Porto Torres e Stintino e parte del territorio del comune di Sassari;

   con propria determinazione n. 69130 del 24 ottobre 2017 (prot. n. 3416), il comandante pro tempore del Corpo forestale e di vigilanza ambientale disponeva una diversa programmazione dell'articolazione oraria del servizio del personale della stazione del Corpo forestale e di vigilanza ambientale dell'Asinara, facendo venir meno il presidio fisso che in precedenza aveva caratterizzato l'attività di sorveglianza del parco;

   tale riassetto dei turni, unito al citato ampliamento territoriale della giurisdizione in capo alla stazione di cui sopra, ha determinato una drastica riduzione delle ore effettive di sorveglianza esercitata all'interno dell'area protetta, giacché la maggior estensione del territorio da sorvegliare ad opera del personale in servizio presso l'Asinara ha aumentato il numero di spostamenti delle pattuglie dentro e fuori dal parco, con conseguente erosione del tempo dedicato e da dedicare al controllo del medesimo;

   la siffatta organizzazione dell'attività di sorveglianza è in grado di compromettere l'efficacia e l'efficienza della stessa;

   il mantenimento di tale stato dei luoghi può determinare altresì il non ottimale espletamento della funzione di prevenzione e repressione degli incendi boschivi esercitata dal Corpo forestale e di vigilanza ambientale, il cui buon andamento si basa, come noto, sulla capacità di pronto intervento degli operatori. A ciò si aggiunga che tale capacità, nel caso in questione risulta già compromessa a causa dell'inidoneità allo svolgimento di mansioni di operatore «AIB» medicalmente accertata in gran parte del personale in organico alla suddetta stazione –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione descritta in premessa e se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, attivare un canale di diretta interlocuzione con la regione autonoma Sardegna, affinché possano essere adottate le iniziative necessarie a superare le criticità evidenziate, mediante il ripristino di condizioni idonee a garantire una sorveglianza fissa e continua sul territorio dell'isola parco.
(4-00498)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Nel Parco nazionale dell'Asinara nel 2016 è stato istituito il Coordinamento territoriale ambiente (Cta) del Corpo forestale di vigilanza ambientale finalizzato a svolgere attività di sorveglianza a terra, a mare e antincendio, con assegnazione di un contingente complessivo di dodici unità, tra sottufficiali e guardie forestali.
  In particolare il Cta, oltre allo svolgimento delle predette funzioni, provvede ad assicurare il rispetto del regolamento e del piano del parco, nonché delle ordinanze specifiche dell'ente, oltre che agli adempimenti connessi alla osservanza delle misure di salvaguardia.
  A partire dal dicembre 2017, il Cta, a causa di criticità logistiche lamentate dagli stessi operatori, non ha un presidio fisso sull'isola.
  Pertanto, al fine di garantire comunque la vigilanza si eseguono saltuarie azioni di sorveglianza con l'ausilio di motovedetta nelle ore pomeridiane.
  Per quanto specificamente concerne l'attività antincendio, a partire dal mese di luglio 2018 viene assicurata una pattuglia giornaliera fissa antincendio, oltre ad un pattugliamento a mare giornaliero con la motovedetta della base operativa navale di Porto Torres.
  La situazione si può considerare temporaneamente sostenibile, tenendo conto che l'afflusso sull'isola è strettamente regolamentato e, in caso di incendio, la sala operativa di Sassari del Cvfa è pronta ad assicurare l'immediato intervento di velivoli antincendio, noleggiati dalla Regione autonoma della Sardegna, oltre alla possibilità di richiedere l'intervento dei mezzi della Protezione civile nazionale.
  Sarà cura del Ministero tenere elevato il livello di attenzione sulla questione ed in caso, sollecitare la regione ad avviare iniziative utili al superamento delle criticità emerse e finalizzate ad efficientare l'attività di sorveglianza all'interno del parco, garantendone in maniera efficace la potenziale fruibilità.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo del 10 ottobre 2018 firmato da Ilaria Calabrò è apparso sulla testata online strettoweb.com, riporta un commento di Luigi Incarnato, commissario liquidatore di Sorical, gestore del servizio idrico calabrese, in seguito all'attestazione all'idoneità al consumo umano dell'acqua dello schema Menta da parte dell'Asp di Reggio Calabria;

   «Sorical ha completato una delle più grandi opere idropotabili della Calabria», ha detto Incarnato, che in proposito ha ringraziato il governatore regionale Mario Oliverio, i lavoratori della Sorical e le imprese appaltatrici; l'impianto in questione, provvisto di una diga realizzata sul corso del torrente Menta, si trova all'interno del Parco nazionale dell'Aspromonte ed è stato oggetto di lavori di completamento che hanno avuto un lungo e travagliato corso;

   in ordine alla valutazione sulla compatibilità ambientale delle opere, l'interrogante ha potuto reperire soltanto il parere della commissione speciale di valutazione di impatto ambientale del 10 maggio 2005, in cui a pagina 9 si legge che i «siti pSIC e ZPS per cui si è riscontrata l'interferenza con opere oggetto del presente parere sono: ZPS “Parco Nazionale della Calabria”; SIC “Torrente Menta”, “Contrada Scala”, “Monte Basilico-Torrente Listi”, “Montalto”, “Contrada Gornelle” e “Collina di Pentimele”»;

   in ordine agli intesi lavori non risulterebbe all'interrogante presentata richiesta di valutazione di incidenza;

   a pagina 19 del riferito parere vengono riprese le opere di progetto e specificate nel dettaglio le aree rete Natura 2000 interessate dagli interventi;

   le interferenze con aree Natura 2000 imporrebbero di sottoporre il progetto ed eventuali modifiche alla valutazione di incidenza;

   con l'entrata in vigore del correttivo di cui al decreto legislativo n. 104 del 2017, che modifica il decreto legislativo n. 152 del 2006, nella parte dedicata al recepimento della nuova direttiva «VIA», si ritrovano le «dighe ed altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici, di altezza superiore a 10 metri e/o di capacità superiore a 100.000 metri cubi con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati»; tra i progetti compresi all'ALLEGATO III alla parte II, lettera t) vi sono «Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano» –:

   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare le aree di pregio ambientale e paesaggistico ricadenti nella rete Natura 2000, che costituiscono siti di interesse comunitario e zone di protezione speciali.
(4-01497)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in oggetto, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  L'intervento Completamento dello schema idrico sulla diga del torrente Menta: «Opere a valle della centrale idroelettrica» e «Condotta forzata e centrale idroelettrica» è incluso nell'allegato 3 della delibera Cipe n. 121 del 21 dicembre 2001, «Legge obiettivo: 1 Programma delle infrastrutture strategiche», di approvazione, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 443 del 2001, del primo Programma delle infrastrutture strategiche.
  Il Progetto preliminare dell'intervento è stato oggetto del parere di compatibilità ambientale della commissione speciale di valutazione dell'impatto ambientale del 10 maggio 2005, espresso ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 190 del 2002, di esito positivo con prescrizioni e raccomandazioni.
  Nel merito è necessario precisare che le interferenze delle opere di progetto con i siti appartenenti alla Rete Natura 2000 sono state tenute in debita e approfondita considerazione nel corso dell'intero
iter istruttorio dell'opera.
  Per quanto riguarda la questione della valutazione di incidenza ambientale, l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997 «Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/Cee relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche» stabilisce che per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e del decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996, che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dallo stesso regolamento, la valutazione di incidenza è ricompresa nell'ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati.
  Alla luce del quadro normativo illustrato si evidenzia che la valutazione di incidenza ambientale, ricompresa nella procedura di VIA, considera anche gli effetti diretti e indiretti dei progetti sugli
habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati senza necessità di una separata valutazione di incidenza.
  La delibera Cipe n. 154 del 2 dicembre 2005 ha approvato, con prescrizioni e raccomandazioni, il progetto preliminare dell'intervento, anche ai fini del riconoscimento della compatibilità ambientale dell'opera e dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio per i beni ricadenti nelle aree interessate, con il perfezionamento, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, dell'Intesa Stato-Regione sulla localizzazione dell'opera stessa.
  La prescrizione di cui al punto 4 della delibera Cipe n. 154/2005 prevede che dovranno essere approfondite le Valutazioni d'incidenza per i siti di importanza comunitaria già individuati nello studio, incorporando gli esiti di questi ulteriori approfondimenti nella predisposizione del Programma organico, nella progettazione degli interventi di mitigazione, per le opere già realizzate, e nella progettazione definitiva delle opere da realizzarsi.
  In particolare, dovranno approfondirsi gli aspetti relativi alle unità ecosistemiche, alle specie protette, alla frammentazione della continuità ecologica ed alle modificazioni del microclima conseguenti alla formazione dell'invaso. La verifica di ottemperanza sarà svolta a cura del Ministero dell'ambiente.
  La verifica di ottemperanza del progetto definitivo dell'opera in argomento, ai sensi dell'articolo 185, comma 4, lettera
b) del decreto legislativo n. 163 del 2006, si è conclusa con il provvedimento Direttoriale dell'8 settembre 2006, reso sulla base del parere della commissione tecnica per la verifica dell'impatto ambientale Via e Vas del 1° agosto 2006.
  Il citato provvedimento direttoriale dell'8 settembre 2006, riprendendo quanto riportato nel parere della commissione tecnica Via/Vas del 1° agosto 2006, ritiene non ottemperata la prescrizione n. 4 della delibera Cipe n. 154, non essendo stati consegnati dal proponente «[...] il “piano organico di interventi” ed i relativi progetti definitivi delle opere di mitigazione [...] ed il “progetto generale di monitoraggio” oggetto delle prescrizioni CIPE da n. 1 a n. 8 secondo cui avrebbero dovuto essere presentati in uno con i progetti definitivi delle nuove opere [...]», demandando alle successive fasi di progettazione esecutiva l'ottemperanza della citata prescrizione.
  Sul progetto esecutivo trasmesso dalla società proponente So.Ri.Cal. S.p.a., è stata avviata la procedura di verifica di attuazione,
ex articolo 185, commi 6 e 7, decreto legislativo n. 163 del 2006, conclusasi con il provvedimento direttoriale del 13 marzo 2019, reso sulla base del parere della Commissione Tecnica Via/Vas n. 2945 del 15 febbraio 2019, che ha determinato la positiva conclusione della periodica fase di attività di verifica e controllo, valutando altresì ottemperata la prescrizione n. 4 della predetta delibera Cipe n. 154 del 2005, nel rispetto di ulteriori condizioni ambientali indicate nel citato parere n. 2945, da verificarsi nelle successive fasi di attuazione dell'opera.
  Attualmente, sono in corso le attività di verifica e controllo del monitoraggio ambientale e della corretta esecuzione delle opere,
ex articolo 185, commi 6 e 7 del decreto legislativo n. 163 del 2006, che si svolgono attraverso successive periodiche fasi di valutazione dell'attuazione degli interventi.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   PASTORINO e MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 27 maggio 2003, il Ministro dell'ambiente, il Ministro delle attività produttive, il presidente di Telecom Italia, e la società Stella s.p.a., hanno sottoscritto un accordo previo parere favorevole della Conferenza Stato-regioni – ai sensi dell'articolo 2 comma 4, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, repertorio atti n. 1663 del 13 marzo 2003, accordo che, salvo proroghe tacite (si veda articolo 10 dell'accordo), sarebbe scaduto il 27 maggio 2010;

   l'accordo era finalizzato a garantire una corretta ed efficace gestione dei pali per le linee telefoniche, ivi compresi soprattutto quelli impregnati con sostanze preservanti contenenti rame, cromo e arsenico;

   ai fini di una sua efficace attuazione, il testo prevedeva, all'articolo 11, la costituzione di un comitato di vigilanza e controllo, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti firmatarie, nonché da un rappresentante dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (ora Ispra) e dell'istituto superiore di sanità, con il compito, avente almeno cadenza annuale, di verificare il funzionamento del sistema gestionale;

   inoltre, Telecom si impegnava alla sostituzione progressiva dei pali impregnati con creosoto o con sali di Cca con pali impregnati con sostanze in concentrazioni tali da non far classificare il rifiuto come pericoloso (150.000 il primo anno e successivamente 200.000 l'anno);

   in risposta a una interrogazione a risposta immediata in Commissione, n. 3-009265, presentata dal senatore Baldini e discussa il 6 ottobre 2009, il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare protempore, delegato a rispondere, ammetteva che il comitato di vigilanza non si era mai più riunito dall'aprile 2005 al 6 ottobre del 2009, interrompendo quindi le attività di vigilanza sullo stato di attuazione dell'accordo e comunicava che, alla data del 30 giugno 2009, sarebbero stati disinstallati da Telecom circa 1.108.000 pali in legno e che la società Stella s.p.a. aveva provveduto allo stoccaggio, in sicurezza, dei pali trattati chimicamente, e Telecom garantiva la completa informatizzazione nella registrazione dei rifiuti, tale da permetterne il costante e puntuale tracciamento –:

   se l'accordo descritto in premessa sia stato prorogato e fino a quando;

   se il comitato di vigilanza abbia poi svolto regolarmente le sue funzioni e quali documentazioni abbia prodotto;

   se la Telecom abbia effettivamente provveduto alla sostituzione completa dei pali impregnati con sostanze preservanti contenenti rame, cromo e arsenico e quale sia l'attuale consistenza e il luogo di stoccaggio dei pali trattati chimicamente ovvero dove e in che modo siano stati trattati per renderli innocui.
(4-02590)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  L'accordo di programma, è stato stipulato in data 27 maggio 2003 tra il Ministero dell'ambiente l'allora Ministero delle attività produttive, Telecom Italia oggi Tim e Stella spa per la gestione dei pali telefonici in legno disinstallati, ivi compresi quelli impregnati con sostanze preservanti anche contenenti creosoto o sali di Cca (rame cromo arsenico), provenienti dalla manutenzione delle linee aeree di telecomunicazione.
  Tale accordo è finalizzato a favorire una corretta manutenzione delle palificazioni e a garantire una maggiore tutela ambientale, anche mediante la riduzione della pericolosità e della quantità dei rifiuti e, ove possibile, il riutilizzo, riciclaggio e recupero di materia e di energia, in conformità ai principi della legislazione comunitaria e nazionale vigente.
  Fino al 2006 le quantità di pali disinstallati sono state comunicate direttamente dai rappresentanti delle società in occasione delle riunioni periodiche del Comitato di vigilanza e controllo e a partire dal 2007, attraverso apposite comunicazioni, in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 4 lettera
d) dall'accordo di programma.
  L'accordo prevede che l'attività di manutenzione di Tim al fine di garantire la corretta funzionalità delle proprie palificazioni si esplica nel rispetto delle norme e istruzioni tecniche allo scopo emanate, attraverso le operazioni di revisione ciclica in esercizio, verifica prima di interventi tecnici e sostituzione dei pali disinstallati.
  A partire dall'anno 2012, Tim ha innovato la procedura di revisione ciclica dei pali, introducendo un nuovo metodo di misura ed un nuovo sistema informatico allo scopo di censire puntualmente gli esiti delle misure. La pianificazione delle attività periodiche viene inoltre garantita da una specifica applicazione tramite uno strumento di misura per i pali in legno che costituiscono la rete di distribuzione in grado di compiere un'analisi strutturale non distruttiva della condizione del palo che, a seguito di sollecitazioni meccaniche, mediante un accelerometro rileva le frequenze di oscillazione e le elabora fornendo la valutazione sull'integrità del palo.
  La sostituzione dei pali riscontrati non più idonei, a seguito revisione ciclica e/o verifica puntuale, viene appaltata a specifiche imprese.
  A Tim è attribuita la responsabilità dei periodici controlli sull'operato di tali imprese, della verifica del processo di disinstallazione dei pali, degli aspetti documentali, delle modalità di stoccaggio ed, in generale, degli aspetti relativi al rispetto della normativa ambientale.
  Durante la fase preliminare Tim ha dichiarato di aver incaricato una rete di imprese alla disinstallazione e al ritiro dei pali di legno, prevedendo, già in fase di trasporto, la suddivisione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi.
  I pali disinstallati sono trasportati verso lo stabilimento della società Stella Spa di Cuneo, tramite imprese terze, autorizzate al trasporto di rifiuti pericolosi e non pericolosi. I pali disinstallati dalle linee di telecomunicazione, sono classificati sia come rifiuti pericolosi classificati con Eer 03.01.04* per pali impregnati con soluzioni Cca (rame-cromo-arsenico) o creosoto, sia come rifiuti non pericolosi classificati con Eer 03.01.05 relativi a pali impregnati con soluzione tipo CX-S/CX-8 (sali organici a base di rame) o in castagno.
  La società Stella Spa, in base all'autorizzazione integrata ambientale, rilasciata in data 26 marzo 2015, può sottoporre a messa in riserva (R13) e recupero di materia (R3) i suddetti pali in legno disinstallati rispettando la distinzione e separazione tra rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.
  L'Aia prevede, in conformità a quanto richiesto dall'accordo, che tutte le fasi del processo di recupero di materia siano condotte su aree pavimentate in asfalto o in calcestruzzo. Nel caso dei rifiuti pericolosi, deve essere assicurata la loro copertura, secondo le previsioni dell'accordo di programma e le prescrizioni dell'autorizzazione.
  I rifiuti prodotti dalle operazioni di recupero, compresi i pali impregnati non commercializzati, devono essere gestiti secondo i criteri e le priorità previste dall'accordo e dalla normativa nazionale e comunitaria vigente, favorendo in particolare il recupero di materia, anche in processi diversi dalla produzione di pali in legno.
  I rifiuti di pali disinstallati possono essere destinati a riutilizzo, riciclaggio, a recupero di materia o di energia o smaltimento, in base alla tipologia di impregnante e allo stato del legno.
  Su tutti i pali non impregnati e su quelli impregnati con sali inorganici e organici, conferiti al recuperatore, che non presentano evidenti e visibili danni, deve essere eseguita la prescritta verifica strutturale. Quelli risultati idonei alla predetta verifica possono essere riutilizzati in forma originale da Tim, previo collaudo sulla base delle norme CE sui prodotti da costruzione.
  I prodotti ottenuti dal processo di recupero possono essere avviati alla commercializzazione con le destinazioni nei settori industriale ed agricolo previste nell'accordo di programma.
  Quanto alla specifica attività, si rileva che a partire dal 2003 a tutto il 2018 la società Tim ha disinstallato n. 2.533.639 pali.
  In ordine alla vigenza dell'accordo medesimo si rileva che nello stesso l'articolo 10 stabilisce la durata in sette anni, tacitamente rinnovabile per analogo periodo. Alla scadenza del secondo periodo di validità, il 27 maggio 2017, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ritenuto di acconsentire ad un ulteriore e tacito rinnovo di sette anni.
  Ispra è parte del Comitato di vigilanza e controllo per la verifica del funzionamento del sistema gestionale individuato nell'accordo. L'ultima riunione del comitato si è tenuta presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel mese di ottobre 2018.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   TRAVERSI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel bacino imbrifero dell'Entella, il secondo più grande della Liguria, nella sua parte terminale, alla sinistra orografica sita nel comune di Lavagna si trova tutt'oggi una piana golenale dove dovrebbe insistere la così chiamata «Diga Perfigli» intervento denominato dal decreto ministeriale DEC/DT/2002/0282 del 4 dicembre 2002 «Interventi di mitigazione del noto di criticità idraulica del tratto terminale del Fiume Entella»;

   con delibera n. 123 del 18 novembre 2013 il commissario della provincia di Genova ha dato via alle procedure di esproprio dei terreni interessati, primo atto di un progetto che dispone di uno stanziamento di 10.100.000 euro per la messa in sicurezza;

   il presupposto della messa in sicurezza si basa sulla costruzione di muraglioni lungo la piana agricola dell'Entella ed attuale zona golenale. Muraglioni che hanno un impatto ambientale devastante, larghezza alla base 12-15 metri, altezza massimo 4,30 metri;

   l'obiettivo dichiarato sarebbe la messa in sicurezza di Lavagna, anche se all'interrogante sembra ridicolo parlare di messa in sicurezza di un'area golonela che, per sua natura, è un'area di sfogo delle piene del fiume;

   attualmente lungo il corso dell'Entella – fiume più corto d'Italia, appena 6 chilometri – esistono difese arginali solo nell'ultimo chilometro, dal ponte della Maddalena alla foce. In sponda sinistra – nel comune di Lavagna – vi è un argine in terra costruito nel 1790-1800, distante tra i 70 e i 110 metri dall'alveo attivo; in sponda destra – nel comune di Chiavari – l'argine in terra costruito nel 1820-1830 a simile distanza dell'alveo attivo, è stato sostituito in tempi più recenti dai rilevati stradali di viale Kasman e viale Marconi, posti pochi metri più vicino all'alveo attivo;

   su tutto il resto del tracciato del fiume, dal ponte della Maddalena in su, non vi sono difese arginali;

   l'opera progettata prevede di realizzare muraglioni in cemento armato alla foce del fiume Entella sull'ultimo chilometro del fiume;

   l'alluvione del 2014 non ha visto danni da esondazione alla foce, ma ha invece visto esondare l'Entella a Monte del ponte della Maddalena e proseguire la sua opera aggirando alle spalle il rilevato stradale di Viale Kasman fino ad allagare Chiavari;

   la stessa protezione civile nella pubblicazione del novembre 2007 «le buone pratiche per gestire e ridurre il rischio idrogeologico» fornisce pareri opposti sugli interventi necessari per la riduzione del rischio idrogeologico rispetto a quanto progettato;

   il Comitato «Giù le mani dall'Entella» nel 2015 ha presentato ricorso al tribunale superiore delle acque pubbliche coinvolgendo oltre 300 cittadini nella firma dello stesso ed è ancora in attesa di risposta;

   il progetto esecutivo è già stato approvato e tre anni fa sono state avviate le procedure d'esproprio dei terreni, con un provvedimento d'occupazione che però, oltre ad essere attualmente impugnato presso il Tribunale superiore delle acque pubbliche, era valido fino al 28 giugno 2018, e non si hanno notizie che sia stato prorogato;

   la regione Liguria ha attualmente trasferito le competenze alla città metropolitana di Genova, ma, come dichiarato dall'assessore all'ambiente Giampedrone nel consiglio regionale del 4 dicembre 2018, il progetto essendo ormai passati anni dalla sua prima approvazione andrà rivisto prima dell'affidamento in gara e la stessa regione Liguria ha stanziato ulteriori 720.000 euro per la sua rivisitazione;

   per la realizzazione della «Diga Perfigli» è previsto un finanziamento statale –:

   se siano a conoscenza della problematica sopra esposta;

   se la cementificazione alla foce dell'Entella prevista dal progetto, senza altri interventi a monte, risulti compatibile con la riduzione del rischio idrogeologico;

   se il Governo, anche alla luce del finanziamento statale, non ritenga di adottare ogni iniziativa di competenza per evitare che si proceda a una revisione del progetto prima di conoscere gli esiti del ricorso presentato dal Comitato «Giù le mani dell'Entella» al Tribunale superiore delle acque pubbliche.
(4-01882)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti si rappresenta quanto segue.
  Con il D.M. DEC/DT/2002/0282 del 04.12.2002 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva finanziato l'intervento denominato «interventi di mitigazione del nodo di criticità idraulica del tratto terminale del fiume Entella secondo le indicazioni progettuali derivanti dallo studio di approfondimento al già adottato piano di bacino (1° lotto)», in comuni di Chiavari (GE) e Lavagna (GE), per un importo pari a euro 8.000.000,00 di cui era beneficiaria la provincia di Genova.
  Su tale intervento, stante il ritardo di attuazione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in attuazione a quanto disposto dall'articolo 7, comma 3, del decreto-legge 12 settembre 2014 n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 («Sblocca Italia»), nell'ottobre 2014 aveva avviato il procedimento di revoca del finanziamento degli interventi di difesa del suolo in ritardo di attuazione.
  Tale norma prescrive che per la revocabilità dell'intervento sia acquisito il parere favorevole dell'autorità di bacino distrettuale, territorialmente competente. Essendo stato rilasciato parere contrario alla revoca, il procedimento di revoca era da intendersi concluso e, pertanto, l'intervento in oggetto ancora da realizzarsi.
  In seguito il ministero ha ricevuto dal comune di Lavagna (GE) una mozione, approvata dal consiglio comunale il 18 dicembre 2015, avente ad oggetto «proposta di adesione del consiglio comunale a mozione contraria alla costruzione delle difese spondali di cui alla delibera della ex provincia di Genova n. 123 del 18.12.2013».
  Successivamente, è pervenuta alla stessa amministrazione, copia dell'istanza del comitato «giù le mani dal fiume Entella», avverso le opere relative all'intervento «mitigazione del rischio idraulico del bacino del fiume Entella relativamente al tratto terminale 1° lotto dalla foce al ponte della Maddalena — 1° stralcio funzionale».
  Il ministero, tenendo in considerazione quanto evidenziato dalla mozione ricevuta dal comune di Lavagna, nell'aprile 2016, ha richiesto ulteriori informazioni relative alla problematica del fiume Entella sia alla regione Liguria e sia alla città metropolitana di Genova, ricevendone riscontro dalla regione Liguria nel gennaio 2017, dalla città metropolitana di Genova nell'agosto 2018.
  In particolare nell'occasione è emerso che nella seduta del 28.02.2013, la regione Liguria ha rilasciato parere favorevole al progetto «interventi di mitigazione del rischio idraulico del bacino del fiume Entella relativamente al tratto terminale 1° lotto dalla foce al ponte della Maddalena 1° stralcio funzionale».
  Sempre in merito allo progetto in esame la stessa regione ha espresso con decreto n. 1517 del 28 maggio 2014 parere positivo di valutazione di incidenza e con Decreto Giunta Regionale n. 155 del 20/02/2015 pronuncia positiva di compatibilità ambientale.
  Con determinazione dirigenziale del 30.06.2015 la città metropolitana di Genova ha approvato il progetto esecutivo in esame e la relativa copertura finanziaria.
  A seguito dell'emanazione della legge regionale n. 15 del 10 aprile 2015 il progetto è passato di competenza alla regione Liguria che, non avendo ricevuto il finanziamento entro il 31 dicembre 2017, ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale n. 29/2017, ha ritrasferito la competenza alla città metropolitana di Genova.
  In data 23 maggio 2018 si è svolta l'udienza presso il tribunale superiore delle acque pubbliche in merito ai ricorsi presentati sul procedimento di approvazione del progetto di mitigazione del rischio idraulico del fiume Entella. Ad oggi il tribunale non ha ancora emesso la sentenza.
  In data 28 maggio 2018 è stata convocata la conferenza dei servizi, a cui hanno partecipato gli stessi enti coinvolti nella Conferenza di servizi del 2013 per verificare se permanessero, allo stato, le condizioni di validità e quindi la conferma degli atti rilasciati dagli enti stessi.
  La città metropolitana di Genova con determina dirigenziale n. 1296/2018 secondo i termini di legge (2 anni) ha provveduto a prorogare le procedure di esproprio relative alle aree interessate, già attivate nel 2013 con lo stesso provvedimento finale di conclusione della conferenza dei servizi e di approvazione del progetto.
  Tutto ciò premesso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto nel maggio scorso ulteriori informazioni relative alla problematica del fiume Entella sia alla regione Liguria che alla città metropolitana di Genova.
  La regione Liguria lo scorso giugno ha confermato che l'intervento ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale 29/2017 rimane in capo alla città metropolitana di Genova e che il contributo regionale di euro 720.000 era già ricompreso nel quadro economico del progetto iniziale.
  Si evidenzia infine che, relativamente alle opere previste nel progetto ed alla loro compatibilità con la riduzione del rischio idrogeologico, spetta all'autorità di bacino distrettuale dell'Appennino settentrionale, territorialmente competente per il suddetto fiume, il compito di esprimersi sulla coerenza degli interventi con gli obiettivi della pianificazione di bacino.
  Tanto premesso il Ministero assicura che continuerà a tenere alta l'attenzione sugli esiti della questione.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.


   VARRICA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con delibera del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2018 è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla situazione di criticità in atto nel territorio della regione siciliana nel settore dei rifiuti urbani;

   con conseguente ordinanza del Capo della protezione civile n. 00513 dell'8 marzo 2018 la «realizzazione della VII vasca discarica di Bellolampo» è stata inserita tra gli interventi urgenti, indifferibili e di pubblica utilità nell'ambito dello stato di emergenza di cui sopra;

   nella deliberazione della giunta regionale n. 158 del 5 aprile 2018, con la quale è stato adottato il cronoprogramma previsto dall'articolo 2, comma 1, dell'ordinanza del Capo della protezione civile n. 00513 dell'8 marzo 2018, viene chiarito che «l'esigenza di realizzare la VII vasca scaturisce dalla necessità di far fronte all'esaurimento della volumetria disponibile della VI vasca e quindi per garantire, senza soluzione di continuità, lo smaltimento/recupero dei rifiuti trattati (biostabilizzato e sopravaglio) in uscita dall'impianto di trattamento meccanico biologico, oltre allo smaltimento degli scarti e sovvalli provenienti dagli impianti di selezione convenzionati con la RAP s.p.a.»;

   il cronoprogramma indicato nella scheda progettuale per l'intervento «Realizzazione della VII vasca discarica di Bellolampo» trasmesso da RAP s.p.a. il 29 marzo 2018 a seguito di richiesta del dirigente struttura supporto di cui all'ordinanza del Capo della protezione civile n. 513 del 2018 in data 28 marzo 2018, prevede il termine del progettazione esecutiva il 30 maggio 2018, l'avvio della gara d'appalto in data 1° luglio 2018, l'avvio dei lavori in data 1° settembre 2018, la consegna anticipata del primo lotto della discarica il 31 dicembre 2018 e la consegna dell'intera opera un anno dopo;

   ad oggi non risulta ancora avviata la progettazione esecutiva e, sulla base del cronoprogramma ufficiale, ottimisticamente la consegna del primo lotto della VII vasca non potrà avvenire prima di aprile 2019;

   contestualmente risultano ancora non completati i procedimenti autorizzativi presso i competenti dipartimenti regionali per gli interventi relativi alla VI vasca della discarica di Bellolampo – quella in via di esaurimento – al fine di garantire il prolungamento della vita della stessa di circa 6/7 mesi e di garantire una continuità di conferimento per la città di Palermo e altri comuni siciliani –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare sulla base di quanto previsto dall'articolo 2, comma 3, della delibera del Consiglio dei ministri dell'8 febbraio 2018 con la quale è stato dichiarato lo stato di emergenza in relazione alla situazione di criticità in atto nel territorio della regione siciliana nel settore dei rifiuti urbani.
(4-00901)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Nel mese di gennaio 2018, non essendo ancora state superate le criticità nel settore dei rifiuti legate alla mancanza di impianti di smaltimento nel territorio regionale, il presidente della regione Sicilia ha chiesto lo stato di emergenza alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Considerato il perdurare della situazione di criticità, ed emergenza del territorio nella gestione dei rifiuti, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha, pertanto, deliberato l'8 febbraio 2018 lo stato d'emergenza, nominando, quale commissario delegato, il presidente della regione. Successivamente, con l'ordinanza del capo della protezione civile 513/2018 dell'8 marzo 2018 sono stati individuati gli interventi e le risorse necessarie per il superamento dell'emergenza.
  Gli interventi, in particolare, riguardano la realizzazione di nuove vasche di discarica, di impianti di compostaggio e l'invio dei rifiuti fuori regione, attività che, per essere compiute in tempi utili, richiedono poteri straordinari del commissario.
  Nell'ambito dell'ordinanza del capo della protezione civile 513/2018 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è individuato come soggetto deputato al monitoraggio dell'avanzamento degli interventi e del rispetto del crono programma.
  Nel parere reso sulla citata ordinanza, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel dare il proprio sostegno all'iniziativa ha evidenziato però la necessità che la regione intervenisse nell'immediato per garantire l'innalzamento dei livelli di raccolta differenziata, sebbene tale azione non fosse tra quelle previste negli interventi infrastrutturali posti in capo al Commissario delegato.
  Pertanto, accanto agli interventi del commissario vi sono le attività ordinarie che la Regione deve realizzare per la chiusura del ciclo integrato dei rifiuti con particolare riferimento alla realizzazione delle piattaforme integrate di gestione dei rifiuti e all'implementazione della raccolta differenziata.
  Ai sensi dell'articolo 26, comma 1 del decreto legislativo n. 2/2018 il capo della protezione civile allo scadere dell'Ordinanza precedente, ha adottato l'ordinanza n. 582/2019 del 29 marzo 2019, pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale n. 84 del 9 aprile 2019, con la quale ha stabilito le modalità per il rientro in regime ordinario delle attività relative alla realizzazione degli interventi prorogando i poteri concessi al commissario.
  La realizzazione della VII vasca della discarica di Bellolampo rientra tra gli interventi infrastrutturali di riduzione del rischio residuo di cui all'Allegato A dell'ordinanza n. 513/2018 posti in capo al commissario straordinario. Dall'ultima relazione trasmessa dal commissario, in data 24 maggio 2019, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è possibile evincere quanto segue:

   il progetto esecutivo è stato completato da parte della RAP Spa ed è stato acquisto dalla struttura commissariale in data 21 dicembre 2018 mancante del piano di caratterizzazione delle terre e rocce da scavo;

   il piano di caratterizzazione è stato consegnato, ad integrazione del progetto esecutivo, in data 15 aprile 2019;

   in data 7 febbraio 2019 lo stesso piano di caratterizzazione è stato inviato a tutti gli operatori economici regolarmente registrati alla piattaforma telematica secondo le indicazioni della lettera di preavviso e il 22 febbraio 2019 è scaduto il termine per la presentazione delle offerte;

   con la disposizione n. 2 del 5 aprile 2019 si è proceduto alla composizione della commissione di gara e all'espletamento della relativa procedura;

   con la disposizione n. 10 del 14 maggio 2016 si è proceduto all'aggiudicazione definitiva sotto condizione risolutiva e con ordine di servizio n. 1 del 16 maggio 2019 si è proceduto a dare avvio all'esecuzione del contratto in via d'urgenza;

   è in fase di avvio la verifica di ottemperanza alle prescrizioni impartite con il progetto definitivo approvato dettate dal parere Via regionale, ex articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006 espresso dall'Arta con DA n. 340/GAB del 27 ottobre 2017 e all'autorizzazione Aia Ddg n. 814 del 24 luglio 2018;

   con la delibera di giunta regionale n. 156 del 2 maggio 2019 si è garantita anche la copertura finanziaria globale dell'intervento.

  Il Ministero comunque proseguirà nell'attività di vigilanza sulla gestione dei rifiuti ai sensi dell'articolo 206-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 monitorando le azioni e i risultati degli organi competenti, fungendo da stimolo per il raggiungimento degli obiettivi ambientali in termini di raccolta differenziata e riciclo.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare: Sergio Costa.