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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Martedì 15 ottobre 2019

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 15 ottobre 2019.

  Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Bianchi, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, D'Incà, D'Uva, Dadone, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Formentini, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Marrocco, Marzana, Mauri, Migliore, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Orsini, Alessandro Pagano, Parolo, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Carlo Sibilia, Francesco Silvestri, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Vitiello, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Bianchi, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Maria, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Formentini, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Marrocco, Marzana, Mauri, Migliore, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Orsini, Alessandro Pagano, Parolo, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Francesco Silvestri, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Vitiello, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 14 ottobre 2019 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   D'ETTORE: «Proroga della durata dei titoli di abilitazione scientifica nazionale conseguiti ai sensi dell'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240» (2170);
   PERANTONI: «Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale e altre disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia, nonché istituzione dei centri antiviolenza per le vittime di omofobia e transfobia e della Giornata nazionale contro l'omotransfobia» (2171);
   NOVELLI: «Disposizioni in materia di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica» (2172);
   MORRONE ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, e altre disposizioni in materia di ordinamento e indennità della magistratura onoraria» (2173).

  Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   I Commissione (Affari costituzionali):

  PINI: «Disposizioni in materia di identificazione del personale delle Forze di polizia in servizio di ordine pubblico e di applicazione di microtelecamere alle uniformi» (1528) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV e V.

   II Commissione (Giustizia):
  COLLETTI ed altri: «Modifiche alla legge 24 marzo 1958, n. 195, in materia di composizione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura» (1919) Parere delle Commissioni I e V;
  CATALDI: «Modifica all'articolo 19-bis del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, in materia di deroghe all'impignorabilità delle somme di denaro delle rappresentanze diplomatiche in caso di crediti derivanti da crimini di guerra e contro l'umanità» (1922) Parere delle Commissioni I, III, V, VI e IX;
  MANDELLI ed altri: «Disposizioni in materia di equo compenso degli avvocati e degli altri esercenti libere professioni e attività di lavoro autonomo» (1979) Parere delle Commissioni I, V, X, XI e XIV.

   IV Commissione (Difesa):
  DEIDDA ed altri: «Disposizioni per la concessione di una promozione a titolo onorifico agli ufficiali e ai sottufficiali di complemento delle Forze armate e del Corpo della guardia di finanza collocati in congedo assoluto» (2001) Parere delle Commissioni I, V, VI e XI.

   X Commissione (Attività produttive):
  GARIGLIO ed altri: «Norme sull'utilizzazione commerciale di immagini ritoccate e divieto dell'impiego di modelle in stato di malnutrizione per sfilate e campagne pubblicitarie» (1545) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XI, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
  MINARDO: «Introduzione dell'obbligo di classificazione dei videogiochi e disposizioni concernenti la loro diffusione e vendita, per la tutela dell'integrità psico-fisica e morale dei minori» (1866) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, IX, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV.

   XI Commissione (Lavoro):
  PINI e UNGARO: «Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, concernenti l'introduzione del congedo di paternità obbligatorio e del congedo di genitorialità» (1646) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X e XII.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 24 settembre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità di sistema portuale del Mar Ligure Occidentale, per l'esercizio 2017, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 205).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 24 settembre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Messina, per l'esercizio 2018, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 206).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 24 settembre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Gioia Tauro, per l'esercizio 2018, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 207).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 3 ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti ONLUS, per gli esercizi dal 2015 al 2018, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 208).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 4 ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Stazione zoologica «Anton Dohrn» di Napoli, per l'esercizio 2017, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 209).
  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro della giustizia.

  Il Ministro della giustizia, con lettera in data 16 settembre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero della giustizia, riferita all'anno 2018 (Doc. CLXIV, n. 18).

  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali), alla II Commissione (Giustizia) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

  Il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, con lettera in data 30 settembre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 29 gennaio 1998, n. 19, la relazione sull'attività svolta dalla Fondazione La Biennale di Venezia nell'anno 2018 (Doc. CLXX, n. 2), corredata dal bilancio d'esercizio per il medesimo anno.
  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

  Il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, con lettera in data 7 ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 84, comma 2, del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, la relazione annuale sull'attuazione delle norme sulla circolazione internazionale dei beni culturali e sull'attuazione in Italia e all'estero degli atti europei riguardanti l'esportazione di beni culturali e la restituzione dei beni culturali usciti illegittimamente dal territorio di uno Stato membro dell'Unione europea, riferita all'anno 2018 (Doc. XXIX, n. 1).

  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

  Il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, con lettera in data 7 ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 30 aprile 1985, n. 163, la relazione sull'utilizzazione del Fondo unico per lo spettacolo e sull'andamento complessivo dello spettacolo, riferita all'anno 2018 (Doc. LVI, n. 2).
  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministro dello sviluppo economico.

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 9 ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, la relazione sull'attività svolta in favore della cooperazione, riferita al periodo 2014-2017 (Doc. CXXVII, n. 1).
  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive) e alla XI Commissione (Lavoro).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 11 e 14 ottobre 2019, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nel comitato misto CETA istituito a norma dell'accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l'Unione europea e i suoi Stati membri, dall'altra, per quanto riguarda l'adozione di una decisione per dare risposta alle questioni amministrative e organizzative riguardanti il funzionamento del tribunale d'appello (COM(2019) 457 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 457 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nel comitato misto CETA istituito a norma dell'accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l'Unione europea e i suoi Stati membri, dall'altra, per quanto riguarda l'adozione di una decisione relativa alla procedura per l'adozione di interpretazioni conformemente all'articolo 8.31, paragrafo 3, e all'articolo 8.44, paragrafo 3, lettera a), del CETA, come allegato del suo regolamento interno (COM(2019) 458 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 458 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nel comitato per i servizi e gli investimenti istituito a norma dell'accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l'Unione europea e i suoi Stati membri, dall'altra, per quanto riguarda l'adozione di un codice di condotta per i membri del tribunale, i membri del tribunale d'appello e i mediatori (COM(2019) 459 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 459 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nel comitato per i servizi e gli investimenti istituito a norma dell'accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l'Unione europea e i suoi Stati membri, dall'altra, per quanto riguarda l'adozione di norme in materia di mediazione ad uso delle parti della controversia nell'ambito delle controversie in materia di investimenti (COM(2019) 460 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 460 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea nei comitati pertinenti della commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite per quanto riguarda le proposte di modifica dei regolamenti UNECE nn. 0, 16, 17, 21, 29, 43, 44, 48, 53, 55, 58, 67, 74, 80, 83, 85, 86, 98, 107, 112, 113, 115, 116, 123, 129, 135, 148, 149 e 150, la proposta di modifica del regolamento tecnico mondiale (GTR) n. 2, la proposta di modifica della Mutual Resolution MR.1, le proposte di modifica delle risoluzioni consolidate R.E.3 e R.E.5 e le proposte di autorizzazione per l'elaborazione di una modifica del GTR n. 6 e per l'elaborazione di un nuovo GTR sulla determinazione della potenza dei veicoli elettrici (DEVP) (COM(2019) 480 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 480 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti);
   comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio – Quadro finanziario dell'Unione 2021-2027 – Il momento di decidere Contributo della Commissione europea alla riunione del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre 2019 (COM(2019) 456 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
   proposta di decisione del consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta, a nome dell'Unione europea, nel comitato misto e nel sottocomitato per il commercio e gli investimenti istituiti dall'accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Mongolia, dall'altra, in merito all'adozione di decisioni riguardanti il regolamento interno del comitato misto e del sottocomitato per il commercio e gli investimenti (COM(2019) 462 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 462 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sulla valutazione intermedia del programma per la competitività delle imprese e le piccole e medie imprese (COM(2019) 468 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, e all'applicazione provvisoria del protocollo di emendamento della convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (COM(2019) 470 final), corredata dal relativo allegato (COM(2019) 470 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   proposta di decisione di esecuzione del Consiglio relativa a un meccanismo per compensare lo Stato membro il cui membro nazionale è eletto presidente di Eurojust (COM(2019) 471 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
   proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione, a nome dell'Unione europea, del protocollo di emendamento della convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (COM(2019) 472 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 10 ottobre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 275, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di contratto di programma 2020-2024 tra il Ministero dello sviluppo economico e la società Poste italiane Spa (128).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 4 novembre 2019.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI NOJA, PENNA, CARNEVALI, MURONI ED ALTRI N. 1-00243, LOLLOBRIGIDA ED ALTRI N. 1-00262, VERSACE ED ALTRI N. 1-00263 E LOCATELLI ED ALTRI N. 1-00264 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA LOTTA ALLE DISCRIMINAZIONI NEI CONFRONTI DELLE DONNE CON DISABILITÀ

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    in data 14 novembre 2018, sono state approvate, ad amplissima maggioranza, le mozioni parlamentari Annibali, Boldrini, Gebhard ed altri n. 1-00070, D'Arrando, Panizzut ed altri n. 1-00074 e Carfagna ed altri n. 1-00075, in forza delle quali sono stati assunti dal Governo pro tempore precisi impegni di contrasto alla violenza e alla discriminazione nei confronti delle donne;
    in data 13 dicembre 2006, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (di seguito, «Convenzione Onu»), con lo scopo di promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità e di favorire il rispetto per la loro intrinseca dignità, senza discriminazioni;
    in data 5 gennaio 2011, l'Unione europea ha ratificato la Convenzione Onu, così come già fatto dall'Italia con legge di autorizzazione 3 marzo 2009, n. 18;
    riconoscendo nel preambolo, lettera q), che «le donne e le minori con disabilità corrono spesso maggiori rischi, nell'ambiente domestico ed all'esterno, di violenze, lesioni e abusi, di abbandono o mancanza di cure, maltrattamento e sfruttamento», la Convenzione Onu indica tra i principi generali cui attenersi la parità tra uomini e donne (articolo 3, lettera g));
    inoltre, l'articolo 6 della Convenzione Onu affronta specificamente il tema delle discriminazioni multiple di cui sono spesso vittime le donne con disabilità in ragione dell'intersezione del fattore del «genere» e di quello della «disabilità», stabilendo:
     a) al comma 1, che gli Stati parti riconoscano come le donne e le minori con disabilità siano «soggette a discriminazioni multiple» e, a questo riguardo, adottino «misure per garantire il loro pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali»;
    b) al comma 2, che gli Stati parti adottino «ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l'esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati» nella Convenzione Onu;
    in data 29 novembre 2018, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla situazione delle donne con disabilità (di seguito, «risoluzione dell'Unione europea»);
    la risoluzione dell'Unione europea trae origine anche dal lavoro svolto dallo European disability forum che, con il Primo Manifesto delle donne con disabilità adottato il 22 febbraio 1997, ha evidenziato l'esigenza di prendere in considerazione i bisogni di queste ultime per promuoverne la parità e la non discriminazione nell'Unione europea e nei suoi Stati membri, e, con il Secondo Manifesto del 28-29 maggio 2011, ha aggiornato il primo documento alla luce della Convenzione Onu, della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 e del Patto per la parità di genere dell'Unione europea 2011-2020, ma soprattutto ha sottolineato la necessità urgente di elaborare politiche sulla disabilità e l'uguaglianza in una prospettiva di genere;
    la risoluzione dell'Unione europea evidenzia le numerose forme di discriminazione multipla trasversale cui sono esposte le minori e le donne con disabilità in tutti i settori contemplati dalla Convenzione di Istanbul, impedendo l'esercizio quotidiano da parte loro di diritti fondamentali e compromettendo la possibilità per le stesse di realizzarsi pienamente;
    in particolare, secondo quanto rilevato dalla risoluzione dell'Unione europea, negli Stati membri sono riscontrabili gravi carenze che ostacolano o addirittura impediscono alle donne europee con disabilità di accedere in condizioni di parità ai servizi nei settori dell'istruzione, dei trasporti, della pianificazione urbana e dell'edilizia abitativa, dell'inserimento lavorativo, delle tutele sul posto di lavoro, dei presidi a protezione delle vittime di violenza, sino alla sanità, ove spesso emerge la mancanza di servizi medici adeguati a rispondere alle specifiche esigenze delle donne con disabilità in campi quali la consulenza ginecologica, la salute sessuale e riproduttiva, la pianificazione familiare e il sostegno durante la gravidanza, fino ad arrivare in alcuni casi alla negazione del consenso informato sull'uso dei contraccettivi e addirittura al rischio di sterilizzazione forzata;
    a titolo esemplificativo, sulla base dei dati disponibili, la risoluzione dell'Unione europea segnala come nell'Unione europea:
     a) vivano circa 46 milioni di donne e ragazze con disabilità, pari a circa il 16 per cento della popolazione femminile europea totale e al 60 per cento della popolazione europea complessiva di persone con disabilità;
     b) le donne con disabilità abbiano una probabilità di essere vittime di violenza da due a cinque volte superiore rispetto alle donne non disabili, frequentemente nell'ambito delle relazioni domestiche, a causa della posizione di maggior fragilità e vulnerabilità sofferta;
     c) secondo l'indice sull'uguaglianza di genere dell'Eige (2017), in media, il 13 per cento delle donne con disabilità lamentino di non vedere soddisfatti i propri bisogni medici, mentre nel caso delle donne senza disabilità tale percentuale sia pari al 5 per cento;
     d) i tassi di tumore al seno per le donne disabili siano molto più elevati di quelli della popolazione femminile in generale, a causa della mancanza di strutture e apparecchiature di screening e diagnosi adeguate;
     e) il 45 per cento delle donne con disabilità in età lavorativa (20-64 anni) sia inattivo, mentre per gli uomini la percentuale equivalente sia del 35 per cento;
    f) pur essendo i salari delle persone con disabilità mediamente inferiori a quelli degli altri lavoratori, persista una realtà discriminatoria anche tra uomini e donne con disabilità, considerato come il trattamento salariale impiegato per i primi sia comunque generalmente superiore a quello applicato alle seconde;
    in considerazione del quadro emerso, la risoluzione dell'Unione europea invita, dunque, la Commissione e gli Stati membri «a integrare una prospettiva relativa alle donne e alle minori con disabilità nei loro programmi, strategie e politiche in materia di parità di genere, una prospettiva di genere nelle loro strategie in materia di disabilità e una prospettiva sia di genere che di disabilità in tutte le altre politiche»;
    con specifico riferimento all'Italia, la carenza di meccanismi volti a contrastare le discriminazioni multiple ai danni delle donne con disabilità è stata rilevata, altresì, dal primo rapporto sull'implementazione della Convenzione Onu in Italia, ove si richiama la necessità di emendare la legislazione in tal senso e di provvedere ad un'adeguata formazione di tutte le autorità pubbliche al fine di migliorare le procedure volte ad assicurare che le persone con disabilità particolarmente a rischio di discriminazione – specie le donne – siano poste nelle condizioni di ricevere ogni informazione per sporgere denuncia o presentare un ricorso;
    il rapporto sopra citato manifesta, inoltre, notevoli preoccupazioni con riferimento alla diffusione di stereotipi che vedono le donne e le ragazze con disabilità quali soggetti invisibili e asessuati, cui è legato il rischio concreto che in Italia non sia pienamente garantito l'esercizio da parte loro dei diritti sessuali e riproduttivi;
    analoghe criticità sono evidenziate nel rapporto sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, presentato a Roma il 26 febbraio 2019 dalle Associazioni di donne, ove si evince, da un lato, la necessità di incrementare l'implementazione degli specifici riferimenti alle esigenze delle donne con disabilità nelle misure e azioni adottate a favore dell'uguaglianza di genere e, dall'altro lato, l'esigenza di rafforzare ed integrare la prospettiva di genere nello sviluppo e nell'applicazione di norme, azioni e programmi relativi alla condizione di disabilità;
    le preoccupazioni sopra richiamate trovano piena conferma nei dati disponibili che, ancorché spesso frammentari e risalenti, restituiscono un quadro allarmante circa la condizione delle donne con disabilità nel nostro Paese; segnatamente:
     a) da un'indagine condotta dall'Istat nel 2014, risulta come abbia subito violenze fisiche o sessuali il 36,6 per cento delle donne con limitazioni gravi e come per queste il rischio di subire stupri o tentati stupri sia doppio (10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne senza tali problemi);
     b) secondo i dati disponibili più recenti (rapporto dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane del 2015), la percentuale di donne con limitazioni funzionali che hanno eseguito più di un Pap-test e più di una mammografia nella propria vita è di oltre 15 punti inferiore rispetto alle percentuali raggiunte dalla rimanente popolazione femminile (per esempio, per quanto riguarda il Pap-test, solo il 52,3 per cento delle donne con limitazioni funzionali in età compresa tra i 25 e i 64 anni, mentre con riferimento alla mammografia, di quelle che hanno tra i 50 e i 69 anni, solo il 58,5 per cento);
     c) l'ultima relazione sullo stato di attuazione della legge recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, presentata alla Presidenza della Camera dei deputati il 28 febbraio 2018, conferma un significativo differenziale tra uomini e donne con disabilità, testimoniato – ad esempio – dai dati sugli avviamenti degli iscritti nell'elenco del collocamento obbligatorio presso datori di lavoro privati e pubblici (pari al 56,8 per cento degli uomini contro il 43,2 per cento delle donne);
    i dati sopra riportati permettono certamente di comprendere meglio l'enorme portata del fenomeno della discriminazione multipla ai danni delle donne con disabilità nel nostro Paese ed evidenziano la necessità di predisporre strategie di intervento mirate che siano in grado di far fronte ai loro bisogni specifici;
    nell'ambito degli interventi già assunti, si richiama il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 novembre 2017 con cui sono state adottate le «Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza»;
    in più passaggi delle predette linee guida viene fatta presente la necessità di tener conto delle specifiche esigenze delle donne e delle ragazze con disabilità, nonché della necessaria instaurazione di un processo di sensibilizzazione sulle specifiche forme di violenza a danno delle donne con disabilità diverse e sugli specifici percorsi da attivare;
    analogamente, nell'ambito degli interventi già assunti, il «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne», adottato nel novembre 2017, richiama la necessità di individuare delle azioni mirate rivolte alle donne caratterizzate da vulnerabilità multiple, tra cui le donne con disabilità;
    tuttavia, occorre che i principi stabiliti nelle linee guida e nel piano strategico nazionale contro la violenza di genere trovino concreta e uniforme implementazione su tutto il territorio nazionale e che la loro applicazione sia estesa alla fase di prevenzione, per contribuire alla diffusione di una cultura inclusiva che abbracci tutti i campi della salute;
    inoltre, è necessario promuovere il pieno sviluppo della persona con disabilità anche sotto il profilo dell'espressione dell'autodeterminazione della propria sfera affettiva e sessuale: i diritti sessuali sono oggi considerati diritti umani, la cui violazione costituisce ostacolo all'uguaglianza, alla dignità e alla salute delle persone;
    occorre tenere in considerazione quanto sopra esposto, in ossequio non solo agli obblighi assunti dall'Italia con la ratifica della Convenzione Onu e all'invito rivolto agli Stati membri con la risoluzione dell'Unione europea, ma anche ai principi costituzionali, tra cui, in particolare, il principio di uguaglianza formale e sostanziale di cui all'articolo 3 della Costituzione, nonché i principi di non discriminazione e pari opportunità con riferimento al genere di cui agli articoli 31, 37 e 51 della Costituzione,

impegna il Governo:

1) a tenere sempre in considerazione la discriminazione multipla cui sono soggette le minori e le donne con disabilità e la gravità delle conseguenze che essa comporta per le loro vite e, conseguentemente, ad assicurare che siano sempre integrate, nella realizzazione delle politiche pubbliche, azioni e misure in tema di parità di genere nonché quelle inerenti alla disabilità;
2) in particolare, ad assumere iniziative volte a:
   a) tutelare la dignità e la libertà di scelta e di autodeterminazione delle donne e delle ragazze con disabilità, garantendo loro pieno accesso alle cure mediche, anche con riferimento all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva;
   b) a tutelare il diritto all'autodeterminazione delle donne con disabilità anche sotto il profilo dell'espressione della propria sfera affettiva e sessuale, avendo particolare attenzione alle esigenze delle donne con disabilità intellettive, cognitive e comportamentali, assicurando il supporto di personale professionalmente formato operante nelle diverse tipologie dei servizi sanitari, socio- sanitari e sociali;
   c) assicurare che siano esposte alle pazienti con disabilità tutte le necessarie informazioni, con le forme e le modalità adeguate secondo le diverse condizioni di disabilità, per permettere loro di assumere decisioni sulla propria salute e sul proprio corpo senza alcuna coercizione e promuovendo, a tal fine, iniziative di formazione specifica e aggiornamento del personale medico e dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali coinvolti;
   d) assicurare la piena accessibilità dei servizi e dei presidi sanitari, sociosanitari e sociali da parte delle ragazze e delle donne con disabilità, in conformità ai principi della progettazione universale sanciti dalla Convenzione Onu;
   e) garantire, in modo più efficace, che tutte le ragazze e le donne con disabilità siano sempre poste nelle condizioni di ricevere ogni informazione per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione, dando piena attuazione, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, a quanto previsto dalle «Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza» e continuando a promuovere, inoltre, monitorando le iniziative di formazione specifica e di aggiornamento del personale chiamato ad interagire, a vario titolo, con le vittime di discriminazione che hanno una disabilità;
   f) assicurare che, nell'ambito della attuazione del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne», siano costantemente individuate azioni idonee a rispondere alle peculiari problematiche che devono affrontare le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza non soltanto nella fase della denuncia, ma anche nel successivo percorso di assistenza, di cura e di individuazione di percorsi per l'uscita dalla violenza;
   g) promuovere l'inserimento lavorativo delle ragazze e delle donne con disabilità, favorendo il loro accesso a forme di flessibilità adeguate alle specifiche esigenze connesse alla specifica condizione di disabilità considerata caso per caso, in particolare con riferimento agli orari lavorativi e ai congedi di maternità;
   h) inserire riferimenti specifici alla discriminazione multipla ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità in tutte le campagne di sensibilizzazione relative al tema della parità di genere e della lotta alla discriminazione, diffuse sui media e sui vari mezzi di informazione, nonché, in attuazione di quanto stabilito dalle linee guida previste dall'articolo 1, comma 16, della legge n. 107 del 2015, nelle iniziative destinate alle scuole su queste tematiche;
   i) promuovere strumenti e procedure di rilevamento e valutazione della diffusione, della gravità e delle conseguenze del fenomeno della discriminazione multipla ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità, nonché dell'efficacia degli strumenti di prevenzione e di contrasto messi in campo dalle istituzioni.
(1-00243)
(Nuova formulazione) «Noja, Penna, Carnevali, Muroni, Boschi, Marattin, Annibali, Anzaldi, Carè, Colaninno, D'Alessandro, De Filippo, Del Barba, Marco Di Maio, Ferri, Fregolent, Gadda, Giachetti, Librandi, Migliore, Mor, Moretto, Nobili, Paita, Portas, Rosato, Toccafondi, Ungaro, Rizzo Nervo, Siani, Schirò, Boldrini, Rotta, Bologna, Massimo Enrico Baroni, D'Arrando, Ianaro, Lapia, Lorefice, Mammì, Menga, Nappi, Nesci, Provenza, Sapia, Sarli, Sportiello, Troiano, Pezzopane».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo dati recenti in Europa vivono oltre 80 milioni di persone con disabilità: un europeo su quattro ha un familiare disabile e vi sono circa 46 milioni di donne e ragazze con disabilità, pari a circa il 16 per cento della sua popolazione femminile totale e al 60 per cento della popolazione complessiva di persone con disabilità;
    è opportuno evidenziare che la popolazione con disabilità è un numero che varia in funzione della definizione che si dà a questa condizione. La parola «disabilità», infatti, sottintende un'ampia gamma di situazioni personali temporanee, a breve o a lungo termine, di tipo sensoriale, motorio, intellettivo e psichico, che richiedono risposte politiche su misura;
    si sottolinea che la categoria delle donne e ragazze con disabilità è una delle più vulnerabili ed emarginate nella società europea, poiché esse vivono il rischio di una doppia discriminazione dovuta contemporaneamente al genere e alla disabilità;
    le donne disabili sono spesso escluse da un'istruzione e una formazione inclusive e, nel contempo, presentano un basso tasso di occupazione: il 18,8 per cento, rispetto al 28,1 per cento degli uomini con disabilità che hanno un lavoro. Le donne con disabilità non assumono ruoli guida o dirigenziali e non prendono sufficientemente parte alla vita politica né alla vita pubblica. È evidente, pertanto, quanto questo rappresenti per le donne disabili un rischio maggiore di esclusione sociale, di povertà e di infelicità;
    circa la situazione in Italia, l'ultimo report Istat sull'inclusione sociale interpreta il termine disabilità in modo ampio, stimando a circa 13 milioni e 177 mila le persone con qualunque tipo di disabilità, definendole «limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi»;
    complessivamente, si tratta del 25,5 per cento della popolazione italiana e in questa popolazione prevalgono le donne (54,7 per cento);
    sempre in Italia, sono circa 4 milioni e 360 mila le persone che hanno una disabilità fisica o sensoriale, vale a dire il 7,2 per cento della popolazione;
    per le persone disabili si rileva anche un'alta incidenza del disagio fisico e psichico rispetto al resto della popolazione cui fa riscontro una situazione di difficoltà delle famiglie con persone con disabilità ad ottenere una visita medica o un trattamento terapeutico a causa di difficoltà economica. Il 14,0 per cento delle persone con disabilità è costretto a rinunciare all'assistenza sanitaria, percentuale che scende al 3,7 per cento se si considera il resto della popolazione;
    anche il territorio di residenza è un fattore discriminante, infatti nelle regioni del Mezzogiorno le persone costrette a rinunciare salgono al 30,0 per cento in Puglia o al 22,2 per cento in Calabria;
    una recente ricerca, evidenzia in proposito che una famiglia con almeno un componente con disabilità, per avere lo stesso livello di soddisfazione per la condizione economica di una famiglia senza persone con disabilità, ha bisogno di un reddito 1,76 volte superiore, tale parametro varia in relazione con la dimensione familiare;
    per quanto attiene alla differenza di genere, le donne disabili, già in età più giovane, sperimentano condizioni di salute peggiori rispetto ai giovani;
    inoltre, il 13 per cento delle donne con disabilità dichiarano di non vedere soddisfatti i propri bisogni medici, contro il 5 per cento della popolazione femminile generale, e i tassi di tumore al seno per le donne disabili sono più alti in modo significativo a causa della mancanza di strutture e apparecchiature di screening e diagnosi adeguate;
    la percentuale di donne con limitazioni funzionali che hanno eseguito più’ di un Pap-test e più di una mammografia nella propria vita è di oltre 15 punti inferiore rispetto alle percentuali raggiunte dalla popolazione femminile generale;
    relativamente alla doppia discriminazione delle donne disabili, l'ultima relazione sullo stato di attuazione della legge recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, presentata alla Presidenza della Camera dei deputati il 28 febbraio 2018, evidenzia un marcato differenziale tra uomini e donne con disabilità, testimoniato – ad esempio – dai dati sugli avviamenti degli iscritti nell'elenco del collocamento obbligatorio presso datori di lavoro privati e pubblici, pari al 56,8 per cento degli uomini contro il 43,2 per cento delle donne;
    a confermare la drammatica condizione di discriminazione delle donne disabili, vi è anche la violenza subita. L'Istat rileva come abbia subito violenze fisiche o sessuali il 36,6 per cento delle donne con limitazioni gravi e come per queste il rischio di subire stupri o tentati stupri sia doppio, ovvero il 10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne non disabili;
    a fronte della palese condizione discriminatoria, l'articolo 6 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, prevede che in ragione del riconoscimento del fatto che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple, gli Stati adottino «misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità» e adottino nel contempo «ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l'esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione»;
    malgrado tali premesse, la variabile di genere, associata alla condizione di disabilità rappresenta un elemento trascurato e posto ai margini dell'attenzione pubblica, che alimenta – in assenza di una specificità normativa – una persistente discriminazione multilivello che relega le donne e le minori disabili ad una sorta di limbo sociale e legislativo su cui l'attenzione politico-istituzionale appare vistosamente carente, con la conseguenza di un incremento del disagio e dell'alienazione correlata;
    a conferma di tale scenario deficitario che contraddistingue il nostro Paese, si evidenzia che nell'agosto 2016 il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha espresso un richiamo all'Italia in ragione della mancanza di specifiche misure a sostegno delle donne e delle ragazze con disabilità, esprimendo preoccupazione per l'esistenza di molteplici definizioni di disabilità e la conseguente «disparità di accesso al sostegno ed ai servizi»;
    il comitato ONU, tra le altre cose, nella sua pronuncia ha raccomandato l'integrazione della specifica prospettiva di genere nelle politiche a tutela e sostegno della disabilità al fine di legittimare il riconoscimento di un ambito operativo specifico – quale quello del sostegno di genere – nel più ampio scenario degli interventi a favore dei cittadini disabili;
    un contributo significativo alla riflessione in materia di discriminazione multipla è stato fornito dal Secondo Manifesto sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità nell'Unione Europea, adottato a Budapest il 28-29 maggio 2011 dall'Assemblea Generale del Forum Europeo sulla Disabilità (Edf) in seguito ad una proposta del Comitato delle Donne dell'Edf: un documento aggiornato rispetto a quanto definito nel Primo Manifesto del 1997 in ragione di quanto sancito dalla Convenzione Onu, della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 e del Patto per la parità di genere dell'Unione europea 2011-2020;
    il secondo Manifesto rappresenta un riferimento indiscusso sul versante dell'analisi multisettoriale della discriminazione di genere nella macro area della disabilità, ed ha avuto il merito di evidenziare l'urgenza di includere la prospettiva di genere all'interno dei programmi e delle politiche dell'Unione europea e dei Paesi membri a sostegno della disabilità e dell'inclusione, specificando ulteriormente come la discriminazione multipla di cui le donne disabili soffrono sia anche punto di approdo di ulteriori variabili quali l'età, la condizione sociale e l'etnia tra le altre cose: pertanto è stata offerta una prospettiva di analisi particolarmente dettagliata e valida su un fenomeno particolarmente complesso;
    l'11 luglio 2018 il Comitato economico e sociale europeo (Cese), l'organo che rappresenta la società civile organizzata dell'Unione europea, ha invitato le istituzioni europee e gli Stati membri ad adoperarsi maggiormente sul versante della protezione delle donne e delle minori con disabilità. Nel parere espresso il Cese osserva che l'Unione europea e i suoi Stati membri non dispongono di un quadro giuridico specifico in grado di tutelare e garantire i diritti umani di tutte le donne e le ragazze con disabilità;
    tra gli altri inviti, il Cese, con riferimento alla violenza di genere che vede le donne con disabilità colpite con una maggiore incidenza rispetto alle altre (da 3 a 5 volte più esposte), ha evidenziato l'importanza che l'Unione europea e gli Stati membri aderiscano alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica;
    in data 29 novembre 2018, il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sulla situazione delle donne con disabilità (2018/2685(RSP), che tratteggia un quadro di insieme increscioso dal quale scaturisce la consapevolezza che in Italia come in Europa sussistono molteplici fattispecie di discriminazione multipla trasversale, che comportano una violazione sistematica dei diritti umani fondamentali;
    uno degli aspetti su cui insiste la risoluzione è relativo alle gravi carenze anche normative che rappresentano un ostacolo per le donne con disabilità alla possibilità di accedere in condizioni di parità a servizi fondamentali come quello dell'istruzione, dei trasporti, dell'inserimento al lavoro e della sanità;
    solo attraverso un sistema inclusivo è possibile superare il deficit che l'Italia ha nelle politiche a favore delle donne «doppiamente discriminate», il cui dato oggettivamente elevato ha dettato le condizioni perché dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, emergesse la richiesta di un impegno concreto volto a contrastare ogni forma di sfruttamento, violenza e maltrattamenti nei confronti delle persone con disabilità tenendo conto dell'età, del genere e del tipo di disabilità,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa necessaria, soprattutto nei settori della sanità, dell'istruzione, dello sport, dei trasporti, della pianificazione urbana e dell'edilizia abitativa, in modo da assicurare la reale accessibilità per le donne disabili intese sia in senso fisico (motorio e sensoriale) che psichico, condizione imprescindibile per l'integrazione e la partecipazione delle persone con disabilità;

2) a promuovere ogni utile iniziativa finalizzata ad integrare le donne con disabilità all'interno dei sistemi di istruzione ordinari e soprattutto a porre in essere specifici percorsi di formazione professionale volti a far acquisire competenze, adeguate alla condizione psicofisica delle donne, che risultino realmente spendibili nel mercato del lavoro;

3) ad adottare iniziative per garantire il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto, anche attraverso l'introduzione di incentivi/sanzioni, contrastando quindi le discriminazioni salariali e garantendo la parità tra donne e uomini, in particolare per quanto riguarda le persone con disabilità;

4) ad assumere iniziative per garantire l'autodeterminazione delle donne con disabilità, assicurando l'offerta di informazioni, in modo specifico e adeguato alla tipologia di disabilità, per consentire e favorire la libera scelta circa la propria salute, con riguardo anche all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva, promuovendo, altresì, iniziative di formazione specifica e aggiornamento del personale medico e dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali;

5) ad assumere iniziative per assicurare che le donne disabili ricevano tutte le informazioni utili per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione e, nell'ambito della attuazione del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne», che siano individuate tutte le azioni atte a rispondere adeguatamente alle specificità ed esigenze delle donne con disabilità vittime di violenza sia nella fase della denuncia che nel successivo iter di presa in carico e dell'assistenza, della cura e del pieno recupero della persona;

6) ad assumere iniziative per utilizzare i fondi dell'Unione europea per aiutare gli Stati membri a promuovere l'accessibilità e la non discriminazione nei confronti delle donne e delle ragazze con disabilità;

7) a sostenere campagne di sensibilizzazione e informazione sul tema della parità di genere in riferimento alla discriminazione multipla delle donne disabili, in particolare nel contesto scolastico, anche tramite il servizio pubblico radiotelevisivo, mediante pubblicità sociali, la carta stampata e i social media.
(1-00262) «Lollobrigida, Meloni, Bellucci, Mantovani, Acquaroli, Baldini, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


   La Camera,
   premesso che:
    secondo dati recenti in Europa vivono oltre 80 milioni di persone con disabilità: un europeo su quattro ha un familiare disabile e vi sono circa 46 milioni di donne e ragazze con disabilità, pari a circa il 16 per cento della sua popolazione femminile totale e al 60 per cento della popolazione complessiva di persone con disabilità;
    è opportuno evidenziare che la popolazione con disabilità è un numero che varia in funzione della definizione che si dà a questa condizione. La parola «disabilità», infatti, sottintende un'ampia gamma di situazioni personali temporanee, a breve o a lungo termine, di tipo sensoriale, motorio, intellettivo e psichico, che richiedono risposte politiche su misura;
    si sottolinea che la categoria delle donne e ragazze con disabilità è una delle più vulnerabili ed emarginate nella società europea, poiché esse vivono il rischio di una doppia discriminazione dovuta contemporaneamente al genere e alla disabilità;
    le donne disabili sono spesso escluse da un'istruzione e una formazione inclusive e, nel contempo, presentano un basso tasso di occupazione: il 18,8 per cento, rispetto al 28,1 per cento degli uomini con disabilità che hanno un lavoro. Le donne con disabilità non assumono ruoli guida o dirigenziali e non prendono sufficientemente parte alla vita politica né alla vita pubblica. È evidente, pertanto, quanto questo rappresenti per le donne disabili un rischio maggiore di esclusione sociale, di povertà e di infelicità;
    circa la situazione in Italia, l'ultimo report Istat sull'inclusione sociale interpreta il termine disabilità in modo ampio, stimando a circa 13 milioni e 177 mila le persone con qualunque tipo di disabilità, definendole «limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi»;
    complessivamente, si tratta del 25,5 per cento della popolazione italiana e in questa popolazione prevalgono le donne (54,7 per cento);
    sempre in Italia, sono circa 4 milioni e 360 mila le persone che hanno una disabilità fisica o sensoriale, vale a dire il 7,2 per cento della popolazione;
    per le persone disabili si rileva anche un'alta incidenza del disagio fisico e psichico rispetto al resto della popolazione cui fa riscontro una situazione di difficoltà delle famiglie con persone con disabilità ad ottenere una visita medica o un trattamento terapeutico a causa di difficoltà economica. Il 14,0 per cento delle persone con disabilità è costretto a rinunciare all'assistenza sanitaria, percentuale che scende al 3,7 per cento se si considera il resto della popolazione;
    anche il territorio di residenza è un fattore discriminante, infatti nelle regioni del Mezzogiorno le persone costrette a rinunciare salgono al 30,0 per cento in Puglia o al 22,2 per cento in Calabria;
    una recente ricerca, evidenzia in proposito che una famiglia con almeno un componente con disabilità, per avere lo stesso livello di soddisfazione per la condizione economica di una famiglia senza persone con disabilità, ha bisogno di un reddito 1,76 volte superiore, tale parametro varia in relazione con la dimensione familiare;
    per quanto attiene alla differenza di genere, le donne disabili, già in età più giovane, sperimentano condizioni di salute peggiori rispetto ai giovani;
    inoltre, il 13 per cento delle donne con disabilità dichiarano di non vedere soddisfatti i propri bisogni medici, contro il 5 per cento della popolazione femminile generale, e i tassi di tumore al seno per le donne disabili sono più alti in modo significativo a causa della mancanza di strutture e apparecchiature di screening e diagnosi adeguate;
    la percentuale di donne con limitazioni funzionali che hanno eseguito più’ di un Pap-test e più di una mammografia nella propria vita è di oltre 15 punti inferiore rispetto alle percentuali raggiunte dalla popolazione femminile generale;
    relativamente alla doppia discriminazione delle donne disabili, l'ultima relazione sullo stato di attuazione della legge recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, presentata alla Presidenza della Camera dei deputati il 28 febbraio 2018, evidenzia un marcato differenziale tra uomini e donne con disabilità, testimoniato – ad esempio – dai dati sugli avviamenti degli iscritti nell'elenco del collocamento obbligatorio presso datori di lavoro privati e pubblici, pari al 56,8 per cento degli uomini contro il 43,2 per cento delle donne;
    a confermare la drammatica condizione di discriminazione delle donne disabili, vi è anche la violenza subita. L'Istat rileva come abbia subito violenze fisiche o sessuali il 36,6 per cento delle donne con limitazioni gravi e come per queste il rischio di subire stupri o tentati stupri sia doppio, ovvero il 10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne non disabili;
    a fronte della palese condizione discriminatoria, l'articolo 6 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, con Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, prevede che in ragione del riconoscimento del fatto che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple, gli Stati adottino «misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità» e adottino nel contempo «ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l'esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione»;
    a conferma di tale scenario deficitario che contraddistingue il nostro Paese, si evidenzia che nell'agosto 2016 il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha espresso un richiamo all'Italia in ragione della mancanza di specifiche misure a sostegno delle donne e delle ragazze con disabilità, esprimendo preoccupazione per l'esistenza di molteplici definizioni di disabilità e la conseguente «disparità di accesso al sostegno ed ai servizi»;
    il comitato ONU, tra le altre cose, nella sua pronuncia ha raccomandato l'integrazione della specifica prospettiva di genere nelle politiche a tutela e sostegno della disabilità al fine di legittimare il riconoscimento di un ambito operativo specifico – quale quello del sostegno di genere – nel più ampio scenario degli interventi a favore dei cittadini disabili;
    un contributo significativo alla riflessione in materia di discriminazione multipla è stato fornito dal Secondo Manifesto sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità nell'Unione Europea, adottato a Budapest il 28-29 maggio 2011 dall'Assemblea Generale del Forum Europeo sulla Disabilità (Edf) in seguito ad una proposta del Comitato delle Donne dell'Edf: un documento aggiornato rispetto a quanto definito nel Primo Manifesto del 1997 in ragione di quanto sancito dalla Convenzione Onu, della Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 e del Patto per la parità di genere dell'Unione europea 2011-2020;
    il secondo Manifesto rappresenta un riferimento indiscusso sul versante dell'analisi multisettoriale della discriminazione di genere nella macro area della disabilità, ed ha avuto il merito di evidenziare l'urgenza di includere la prospettiva di genere all'interno dei programmi e delle politiche dell'Unione europea e dei Paesi membri a sostegno della disabilità e dell'inclusione, specificando ulteriormente come la discriminazione multipla di cui le donne disabili soffrono sia anche punto di approdo di ulteriori variabili quali l'età, la condizione sociale e l'etnia tra le altre cose: pertanto è stata offerta una prospettiva di analisi particolarmente dettagliata e valida su un fenomeno particolarmente complesso;
    l'11 luglio 2018 il Comitato economico e sociale europeo (Cese), l'organo che rappresenta la società civile organizzata dell'Unione europea, ha invitato le istituzioni europee e gli Stati membri ad adoperarsi maggiormente sul versante della protezione delle donne e delle minori con disabilità. Nel parere espresso il Cese osserva che l'Unione europea e i suoi Stati membri non dispongono di un quadro giuridico specifico in grado di tutelare e garantire i diritti umani di tutte le donne e le ragazze con disabilità;
    tra gli altri inviti, il Cese, con riferimento alla violenza di genere che vede le donne con disabilità colpite con una maggiore incidenza rispetto alle altre (da 3 a 5 volte più esposte), ha evidenziato l'importanza che l'Unione europea e gli Stati membri aderiscano alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica;
    in data 29 novembre 2018, il Parlamento europeo ha approvato la risoluzione sulla situazione delle donne con disabilità (2018/2685(RSP), che tratteggia un quadro di insieme increscioso dal quale scaturisce la consapevolezza che in Italia come in Europa sussistono molteplici fattispecie di discriminazione multipla trasversale, che comportano una violazione sistematica dei diritti umani fondamentali;
    uno degli aspetti su cui insiste la risoluzione è relativo alle gravi carenze anche normative che rappresentano un ostacolo per le donne con disabilità alla possibilità di accedere in condizioni di parità a servizi fondamentali come quello dell'istruzione, dei trasporti, dell'inserimento al lavoro e della sanità;
    solo attraverso un sistema inclusivo è possibile superare il deficit che l'Italia ha nelle politiche a favore delle donne «doppiamente discriminate», il cui dato oggettivamente elevato ha dettato le condizioni perché dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, emergesse la richiesta di un impegno concreto volto a contrastare ogni forma di sfruttamento, violenza e maltrattamenti nei confronti delle persone con disabilità tenendo conto dell'età, del genere e del tipo di disabilità,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa necessaria, soprattutto nei settori della sanità, dell'istruzione, dello sport, dei trasporti, della pianificazione urbana e dell'edilizia abitativa, in modo da assicurare la reale accessibilità per le donne disabili intese sia in senso fisico (motorio e sensoriale) che psichico, condizione imprescindibile per l'integrazione e la partecipazione delle persone con disabilità;

2) a promuovere ogni utile iniziativa finalizzata ad integrare le donne con disabilità all'interno dei sistemi di istruzione ordinari e soprattutto a porre in essere specifici percorsi di formazione professionale volti a far acquisire competenze, adeguate alla condizione psicofisica delle donne, che risultino realmente spendibili nel mercato del lavoro;

3) ad adottare iniziative per garantire il principio della parità di retribuzione a parità di lavoro svolto, anche attraverso l'introduzione di incentivi/sanzioni, contrastando quindi le discriminazioni salariali e garantendo la parità tra donne e uomini, in particolare per quanto riguarda le persone con disabilità;

4) ad assumere iniziative per garantire l'autodeterminazione delle donne con disabilità, assicurando l'offerta di informazioni, in modo specifico e adeguato alla tipologia di disabilità, per consentire e favorire la libera scelta circa la propria salute, con riguardo anche all'ambito ginecologico, della salute sessuale e riproduttiva, promuovendo, altresì, iniziative di formazione specifica e aggiornamento del personale medico e dei servizi sanitari, sociosanitari e sociali;

5) ad assumere iniziative per assicurare che le donne disabili ricevano tutte le informazioni utili per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione e, nell'ambito della attuazione del «Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne», che siano individuate tutte le azioni atte a rispondere adeguatamente alle specificità ed esigenze delle donne con disabilità vittime di violenza sia nella fase della denuncia che nel successivo iter di presa in carico e dell'assistenza, della cura e del pieno recupero della persona;

6) ad assumere iniziative per utilizzare i fondi dell'Unione europea per aiutare gli Stati membri a promuovere l'accessibilità e la non discriminazione nei confronti delle donne e delle ragazze con disabilità;

7) a sostenere campagne di sensibilizzazione e informazione sul tema della parità di genere in riferimento alla discriminazione multipla delle donne disabili, in particolare nel contesto scolastico, anche tramite il servizio pubblico radiotelevisivo, mediante pubblicità sociali, la carta stampata e i social media.
(1-00262)
(Testo modificato nel corso della seduta).  «Lollobrigida, Meloni, Bellucci, Mantovani, Acquaroli, Baldini, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi dati Istat – pubblicati ad agosto 2019 – rilevano come quasi 7 milioni di donne italiane dai 16 ai 70 anni abbiano subito almeno una volta nella vita una forma di violenza (20,2 per cento violenza fisica, 21 per cento violenza sessuale). Su un totale di 3 milioni di donne, la violenza è stata perpetrata nel 5,2 per cento dei casi dall'attuale partner e nel 18,9 per cento da un ex partner. Oltre a partner ed ex partner, si rilevano violenze da parte dei colleghi di lavoro nel 2,5 per cento dei casi, da parenti nel 2,6 per cento, da amici nel 3 per cento e da conoscenti nel 6,3 per cento dei casi;
    violenze, abusi, molestie sono fenomeni assai diffusi fra le donne con disabilità, e comunque più frequenti rispetto a violenze e abusi subiti da donne che non hanno disabilità;
    se consideriamo i dati riferiti al 2014, sempre l'Istat riporta come i tentativi di stupro sono al 10 per cento sulle donne con disabilità contro il 4 di quelle senza limitazioni; la violenza psicologica al 31 per cento contro il 25 delle normodotate; lo stalking al 21 per cento per le disabili contro il 14 del resto della popolazione femminile;
    l'indagine Istat del 2015 ha rilevato che ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36 per cento di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6 per cento di chi ha limitazioni gravi, a fronte dell'11,3 per cento della popolazione femminile generale. Il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio (10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne senza problemi). Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti, amici o conoscenti;
    il 14 novembre 2018, la Camera ha approvato con ampia maggioranza le mozioni parlamentari Carfagna ed altri n. 1-00075, Annibali, Boldrini, Gebhard ed altri n. 1-00070, D'Arrando ed altri n. 1-00074, che impegnavano il Governo al contrasto alla violenza nei confronti delle donne;
    è facile immaginare che per una donna disabile possa essere ancora più difficile denunciare i fatti subiti, anche per la possibile dipendenza dal proprio aggressore;
    le strutture di sostegno inoltre non posseggono le competenze per gestire questi specifici casi;
    l'associazione Differenza Donna ha istituito il primo Osservatorio Nazionale sulla violenza contro le donne con disabilità;
    i dati, già evidenziati dall'Istat, sono stati oggetto di una ulteriore indagine di approfondimento lanciata dalla Federazione italiana per il superamento dell'handicap (Fish) e da Differenza Donna, con l'indagine presentata nel dicembre 2018, denominata «VERA» (acronimo di Violence Emergence, Recognition and Awareness), sulla base di questionari compilati da altrettante donne con differenti disabilità, provenienze geografiche, occupazione, età e titoli di studio, ha mostrato come hanno subito una qualche forma di violenza oltre il 32 per cento del totale. Ma è solo un dato apparente. Infatti se si considerano le domande inerenti le singole forme di violenza, quali l'isolamento, la segregazione, la violenza fisica e psicologica, le molestie sessuali, lo stupro, la privazione del denaro, si nota che a rispondere affermativamente, quindi a dichiarare di averle subito, sono state il 66 per cento del totale. Quindi il doppio rispetto a quanto rilevato usando la definizione generica di «una qualche forma di violenza», ad indicare che molto spesso le stesse donne fanno fatica a riconoscere e definire come «violenza» un atto che le danneggia ma che non sia di natura prettamente fisica o sessuale;
    ancora oggi le donne con disabilità rimangono troppo spesso ai margini. Non solo la loro condizione è peggiore rispetto a quella delle donne non disabili, ma lo è anche rispetto a quella degli uomini con disabilità;
    secondo i dati del progetto Creating leaders for the future portato avanti da 5 organizzazioni europee, la situazione italiana in merito all'inclusione lavorativa dei disabili è allarmante. Cinque milioni e mezzo di italiani hanno una disabilità, circa il 9 per cento dei residenti. Di questi disabili, l'80,3 per cento è disoccupato, mentre il tasso di disoccupazione globale è pari all'11,5 per cento. In pratica nel nostro Paese le persone con disabilità di età compresa tra i 15 e i 64 anni occupate professionalmente sono solo il 19,7 per cento, meno di una persona su cinque;
    appare necessario dare finalmente attuazione alla Convenzione Onu del 2006 sui diritti delle persone disabili per quanto attiene l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, al fine di garantire i diritti di uguaglianza e di inclusione sociale di tutti i cittadini con disabilità;
    la differenza di sesso nella disabilità condiziona anche la prospettiva di accesso alla formazione e di conseguenza anche al lavoro. Le bambine e le ragazze con difficoltà, dopo l'obbligo scolastico, spesso non vengono avviate a cicli di istruzione che potrebbero anche garantire delle posizioni lavorative più elevate;
    le donne con disabilità sono spesso escluse da un'istruzione e una formazione inclusive, e presentano un basso tasso di occupazione: 18,8 per cento, rispetto al 28,1 per cento degli uomini con disabilità che hanno un lavoro;
    l'Italia ha ratificato ormai da dieci anni la citata Convenzione Onu. Con la ratifica della Convenzione, l'Italia si è impegnata a promuovere il «riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle attitudini delle persone con disabilità, ed il loro contributo nei luoghi di lavoro e nel mercato lavorativo» ed a riconoscere «il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri»;
    sempre secondo la Convenzione «gli Stati Parti devono garantire e favorire l'esercizio del diritto al lavoro»;
    è inoltre necessario, affinché l'inclusione sociale sia reale, sviluppare progetti che favoriscano la partecipazione dei disabili ad attività di carattere sportivo;
    sempre la Convenzione dell'Onu del 2006, all'articolo 30, rubricato «Partecipazione alla vita culturale, alla ricreazione, al tempo libero e allo sport», al paragrafo 5, dispone la necessità che gli Stati Parti prendano misure appropriate per permettere alle persone con disabilità di partecipare su base di eguaglianza con gli altri alle attività ricreative, del tempo libero e sportive;
    per chi convive con una disabilità, la pratica sportiva equivale a una rinascita, aumenta l'autostima, conferisce un'opportunità di nuova vita, assicura una migliore e più spedita integrazione sociale, abbatte le barriere mentali;
    a norma dell'articolo 6 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, gli Stati Parti della Convenzione riconoscono che «le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità. Gli Stati Parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l'esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione»;
    in particolare il tema delle donne con disabilità, nella Convenzione Onu, è trattato negli articoli 3, 8, 16 e 28, nei quali si fa riferimento alla salute, ai diritti legati alla sfera riproduttiva e alla prevenzione, e si prevedono forme adeguate di assistenza alle persone con disabilità e si ribadisce l'attenzione proprio sul genere;
    l'Italia è stata richiamata dal Comitato sui diritti delle persone con disabilità (l'organo incaricato di verificare l'applicazione della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità) per l'assenza di politiche rivolte alle donne con disabilità, ed in specifico per inadempienze rispetto al fenomeno della violenza nei loro confronti;
    anche nel Rapporto delle associazioni di donne sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia ciò che emerge è il vuoto di normative e politiche governative relativamente alla condizione delle donne con disabilità;
    l'11 luglio 2018 il Comitato economico e sociale europeo (Cese), l'organo consultivo dell'Unione europea che comprende rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e di altri gruppi d'interesse, ha invitato le istituzioni europee e gli Stati membri a fare molto di più per proteggere le donne con disabilità, le quali devono costantemente far fronte ad una discriminazione dalle molteplici forme, dovuta sia al loro genere che alla loro disabilità, e che spesso ha come conseguenza l'esclusione sociale;
    sempre il Cese ha ricordato che nell'Unione europea ci sono 40 milioni di donne con disabilità (il 16 per cento dell'intera popolazione femminile). È uno dei gruppi sociali più vulnerabili, emarginati ed esclusi dal mercato del lavoro, e anche uno dei più esposti alla violenza domestica;
    viene inoltre sottolineato come la Unione europea e i suoi Stati membri non dispongano di un quadro giuridico solido atto a tutelare e garantire i diritti umani di tutte le donne con disabilità. Non solo: da un lato, le loro politiche di genere non tengono conto della questione della disabilità, e specularmente, dall'altro, essi non hanno integrato una prospettiva di genere nelle loro strategie in materia di disabilità, il che contravviene alla legislazione in vigore in questo campo;
    pur rappresentando il 16 per cento della popolazione femminile totale in Europa, vale a dire 40 milioni di donne, la categoria delle donne con disabilità, in Italia come in Europa, è una delle più vulnerabili ed emarginate;
    nell'ambito delle misure volte a contrastare la discriminazione che colpisce le persone con disabilità, o quella nei confronti delle donne, viene trascurata la discriminazione multipla che colpisce le donne con disabilità, ossia un tipo di discriminazione più grave e penalizzante di quella «semplice»,

impegna il Governo:

1) ad avviare tutte le iniziative utili volte a promuovere realmente e concretamente la non discriminazione nei confronti delle donne con disabilità, anche attraverso l'utilizzo delle risorse e dei fondi dell'Unione europea;

2) a considerare la variabile del genere nell'approccio e nelle tematiche legate alla disabilità;

3) ad avviare una efficace campagna di sensibilizzazione sui diritti delle persone con disabilità, sulla lotta alle discriminazioni e per dare maggiore visibilità alla condizione delle donne con disabilità, contribuendo a combattere la discriminazione multipla e i pregiudizi a cui sono soggette, nonché a favorire la conoscenza delle normative vigenti in materia;

4) ad adottare le iniziative necessarie per migliorare la fruibilità dei servizi di assistenza sanitaria per le donne con disabilità, laddove gli stessi problemi di accessibilità fisica per le medesime donne, finiscono per escluderle troppo spesso da misure di medicina preventiva;

5) ad assumere iniziative per promuovere e favorire l'inclusione sociale delle donne con disabilità attraverso un effettivo inserimento nel mercato del lavoro, anche con riguardo ai congedi maternità e alla flessibilità degli orari, rafforzando la normativa vigente in materia o, se necessario, tramite l'elaborazione di nuove iniziative normative;

6) a sviluppare progetti che favoriscano la partecipazione delle donne con disabilità ad attività di carattere sportivo;

7) ad assumere iniziative per prevedere specifici contributi, anche con l'istituzione di un fondo dedicato, al fine di facilitare l'inserimento lavorativo delle atlete paralimpiche che si siano distinte per meriti sportivi di livello nazionale ed internazionale;

8) ad istituire all'interno dell'Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza sessuale e di genere, un'apposita sezione dedicata all'approfondimento del fenomeno della violenza sulle donne con disabilità;

9) ad assumere iniziative concrete volte a:
   a) agevolare la denuncia dei maltrattamenti subiti dalle donne con disabilità;
   b) sostenere economicamente e psicologicamente le donne con disabilità vittime di violenza, istituendo percorsi gratuiti di assistenza e supporto e pubblicizzandone l'esistenza;
   c) istituire corsi di formazione specifica sul trattamento di casi di violenza subiti da donne con disabilità.
(1-00263) «Versace, Gelmini, Carfagna, Prestigiacomo, Bagnasco, Marrocco, Dall'Osso, Spena, Novelli, Bond, Mugnai, Brambilla, Occhiuto, Porchietto, Ripani, Zanella, Mazzetti, D'Attis, Bergamini, Tartaglione, Aprea, Pettarin, Giacometto, Cannizzaro, Siracusano, Maria Tripodi, Cristina, Saccani Jotti, Biancofiore, Cannatelli, Sozzani, Polidori, Elvira Savino, Nevi, Fiorini, Ruffino, Cassinelli, Perego Di Cremnago, Orsini, Marin, Zangrillo, Pella, Casciello, Paolo Russo, Squeri, Mulè, Cattaneo, Ravetto, Casino, Baratto, Rosso, Pittalis, Vietina, Brunetta, Ruggieri, Battilocchio, Calabria, Carrara, Santelli, Baldelli».


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi dati Istat – pubblicati ad agosto 2019 – rilevano come quasi 7 milioni di donne italiane dai 16 ai 70 anni abbiano subito almeno una volta nella vita una forma di violenza (20,2 per cento violenza fisica, 21 per cento violenza sessuale). Su un totale di 3 milioni di donne, la violenza è stata perpetrata nel 5,2 per cento dei casi dall'attuale partner e nel 18,9 per cento da un ex partner. Oltre a partner ed ex partner, si rilevano violenze da parte dei colleghi di lavoro nel 2,5 per cento dei casi, da parenti nel 2,6 per cento, da amici nel 3 per cento e da conoscenti nel 6,3 per cento dei casi;
    violenze, abusi, molestie sono fenomeni assai diffusi fra le donne con disabilità, e comunque più frequenti rispetto a violenze e abusi subiti da donne che non hanno disabilità;
    se consideriamo i dati riferiti al 2014, sempre l'Istat riporta come i tentativi di stupro sono al 10 per cento sulle donne con disabilità contro il 4 di quelle senza limitazioni; la violenza psicologica al 31 per cento contro il 25 delle normodotate; lo stalking al 21 per cento per le disabili contro il 14 del resto della popolazione femminile;
    l'indagine Istat del 2015 ha rilevato che ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36 per cento di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6 per cento di chi ha limitazioni gravi, a fronte dell'11,3 per cento della popolazione femminile generale. Il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio (10 per cento contro il 4,7 per cento delle donne senza problemi). Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti, amici o conoscenti;
    il 14 novembre 2018, la Camera ha approvato con ampia maggioranza le mozioni parlamentari Carfagna ed altri n. 1-00075, Annibali, Boldrini, Gebhard ed altri n. 1-00070, D'Arrando ed altri n. 1-00074, che impegnavano il Governo al contrasto alla violenza nei confronti delle donne;
    è facile immaginare che per una donna disabile possa essere ancora più difficile denunciare i fatti subiti, anche per la possibile dipendenza dal proprio aggressore;
    le strutture di sostegno inoltre non posseggono le competenze per gestire questi specifici casi;
    l'associazione Differenza Donna ha istituito il primo Osservatorio Nazionale sulla violenza contro le donne con disabilità;
    i dati, già evidenziati dall'Istat, sono stati oggetto di una ulteriore indagine di approfondimento lanciata dalla Federazione italiana per il superamento dell'handicap (Fish) e da Differenza Donna, con l'indagine presentata nel dicembre 2018, denominata «VERA» (acronimo di Violence Emergence, Recognition and Awareness), sulla base di questionari compilati da altrettante donne con differenti disabilità, provenienze geografiche, occupazione, età e titoli di studio, ha mostrato come hanno subito una qualche forma di violenza oltre il 32 per cento del totale. Ma è solo un dato apparente. Infatti se si considerano le domande inerenti le singole forme di violenza, quali l'isolamento, la segregazione, la violenza fisica e psicologica, le molestie sessuali, lo stupro, la privazione del denaro, si nota che a rispondere affermativamente, quindi a dichiarare di averle subito, sono state il 66 per cento del totale. Quindi il doppio rispetto a quanto rilevato usando la definizione generica di «una qualche forma di violenza», ad indicare che molto spesso le stesse donne fanno fatica a riconoscere e definire come «violenza» un atto che le danneggia ma che non sia di natura prettamente fisica o sessuale;
    ancora oggi le donne con disabilità rimangono troppo spesso ai margini. Non solo la loro condizione è peggiore rispetto a quella delle donne non disabili, ma lo è anche rispetto a quella degli uomini con disabilità;
    secondo i dati del progetto Creating leaders for the future portato avanti da 5 organizzazioni europee, la situazione italiana in merito all'inclusione lavorativa dei disabili è allarmante. Cinque milioni e mezzo di italiani hanno una disabilità, circa il 9 per cento dei residenti. Di questi disabili, l'80,3 per cento è disoccupato, mentre il tasso di disoccupazione globale è pari all'11,5 per cento. In pratica nel nostro Paese le persone con disabilità di età compresa tra i 15 e i 64 anni occupate professionalmente sono solo il 19,7 per cento, meno di una persona su cinque;
    appare necessario dare finalmente attuazione alla Convenzione Onu del 2006 sui diritti delle persone disabili per quanto attiene l'inclusione lavorativa delle persone con disabilità, al fine di garantire i diritti di uguaglianza e di inclusione sociale di tutti i cittadini con disabilità;
    la differenza di sesso nella disabilità condiziona anche la prospettiva di accesso alla formazione e di conseguenza anche al lavoro. Le bambine e le ragazze con difficoltà, dopo l'obbligo scolastico, spesso non vengono avviate a cicli di istruzione che potrebbero anche garantire delle posizioni lavorative più elevate;
    le donne con disabilità sono spesso escluse da un'istruzione e una formazione inclusive, e presentano un basso tasso di occupazione: 18,8 per cento, rispetto al 28,1 per cento degli uomini con disabilità che hanno un lavoro;
    l'Italia ha ratificato ormai da dieci anni la citata Convenzione Onu. Con la ratifica della Convenzione, l'Italia si è impegnata a promuovere il «riconoscimento delle capacità, dei meriti e delle attitudini delle persone con disabilità, ed il loro contributo nei luoghi di lavoro e nel mercato lavorativo» ed a riconoscere «il diritto delle persone con disabilità al lavoro, su base di parità con gli altri»;
    sempre secondo la Convenzione «gli Stati Parti devono garantire e favorire l'esercizio del diritto al lavoro»;
    è inoltre necessario, affinché l'inclusione sociale sia reale, sviluppare progetti che favoriscano la partecipazione dei disabili ad attività di carattere sportivo;
    sempre la Convenzione dell'Onu del 2006, all'articolo 30, rubricato «Partecipazione alla vita culturale, alla ricreazione, al tempo libero e allo sport», al paragrafo 5, dispone la necessità che gli Stati Parti prendano misure appropriate per permettere alle persone con disabilità di partecipare su base di eguaglianza con gli altri alle attività ricreative, del tempo libero e sportive;
    per chi convive con una disabilità, la pratica sportiva equivale a una rinascita, aumenta l'autostima, conferisce un'opportunità di nuova vita, assicura una migliore e più spedita integrazione sociale, abbatte le barriere mentali;
    a norma dell'articolo 6 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, gli Stati Parti della Convenzione riconoscono che «le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità. Gli Stati Parti adottano ogni misura idonea ad assicurare il pieno sviluppo, progresso ed emancipazione delle donne, allo scopo di garantire loro l'esercizio ed il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali enunciati nella presente Convenzione»;
    in particolare il tema delle donne con disabilità, nella Convenzione Onu, è trattato negli articoli 3, 8, 16 e 28, nei quali si fa riferimento alla salute, ai diritti legati alla sfera riproduttiva e alla prevenzione, e si prevedono forme adeguate di assistenza alle persone con disabilità e si ribadisce l'attenzione proprio sul genere;
    l'Italia è stata richiamata dal Comitato sui diritti delle persone con disabilità (l'organo incaricato di verificare l'applicazione della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità) per l'assenza di politiche rivolte alle donne con disabilità, ed in specifico per inadempienze rispetto al fenomeno della violenza nei loro confronti;
    anche nel Rapporto delle associazioni di donne sull'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia ciò che emerge è il vuoto di normative e politiche governative relativamente alla condizione delle donne con disabilità;
    l'11 luglio 2018 il Comitato economico e sociale europeo (Cese), l'organo consultivo dell'Unione europea che comprende rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e di altri gruppi d'interesse, ha invitato le istituzioni europee e gli Stati membri a fare molto di più per proteggere le donne con disabilità, le quali devono costantemente far fronte ad una discriminazione dalle molteplici forme, dovuta sia al loro genere che alla loro disabilità, e che spesso ha come conseguenza l'esclusione sociale;
    sempre il Cese ha ricordato che nell'Unione europea ci sono 40 milioni di donne con disabilità (il 16 per cento dell'intera popolazione femminile). È uno dei gruppi sociali più vulnerabili, emarginati ed esclusi dal mercato del lavoro, e anche uno dei più esposti alla violenza domestica;
    viene inoltre sottolineato come la Unione europea e i suoi Stati membri non dispongano di un quadro giuridico solido atto a tutelare e garantire i diritti umani di tutte le donne con disabilità. Non solo: da un lato, le loro politiche di genere non tengono conto della questione della disabilità, e specularmente, dall'altro, essi non hanno integrato una prospettiva di genere nelle loro strategie in materia di disabilità, il che contravviene alla legislazione in vigore in questo campo;
    pur rappresentando il 16 per cento della popolazione femminile totale in Europa, vale a dire 40 milioni di donne, la categoria delle donne con disabilità, in Italia come in Europa, è una delle più vulnerabili ed emarginate;
    nell'ambito delle misure volte a contrastare la discriminazione che colpisce le persone con disabilità, o quella nei confronti delle donne, viene trascurata la discriminazione multipla che colpisce le donne con disabilità, ossia un tipo di discriminazione più grave e penalizzante di quella «semplice»,

impegna il Governo:

1) ad avviare tutte le iniziative utili volte a promuovere realmente e concretamente la non discriminazione nei confronti delle donne con disabilità, anche attraverso l'utilizzo delle risorse e dei fondi dell'Unione europea;

2) a considerare la variabile del genere nell'approccio e nelle tematiche legate alla disabilità;

3) ad avviare una efficace campagna di sensibilizzazione sui diritti delle persone con disabilità, sulla lotta alle discriminazioni e per dare maggiore visibilità alla condizione delle donne con disabilità, contribuendo a combattere la discriminazione multipla e i pregiudizi a cui sono soggette, nonché a favorire la conoscenza delle normative vigenti in materia;

4) ad adottare le iniziative necessarie per migliorare la fruibilità dei servizi di assistenza sanitaria per le donne con disabilità, laddove gli stessi problemi di accessibilità fisica per le medesime donne, finiscono per escluderle troppo spesso da misure di medicina preventiva;

5) ad assumere iniziative per promuovere e favorire l'inclusione sociale delle donne con disabilità attraverso un effettivo inserimento nel mercato del lavoro, anche con riguardo ai congedi maternità e alla flessibilità degli orari, rafforzando la normativa vigente in materia o, se necessario, tramite l'elaborazione di nuove iniziative normative;

6) a sviluppare progetti che favoriscano la partecipazione delle donne con disabilità ad attività di carattere sportivo;

7) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere specifici contributi, al fine di facilitare l'inserimento lavorativo delle atlete paralimpiche che si siano distinte per meriti sportivi di livello nazionale ed internazionale;

8) ad istituire all'interno dell'Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza sessuale e di genere, un'apposita sezione dedicata all'approfondimento del fenomeno della violenza sulle donne con disabilità;

9) a valutare l'opportunità di assumere iniziative concrete volte a:
   a) agevolare la denuncia dei maltrattamenti subiti dalle donne con disabilità;
   b) sostenere economicamente e psicologicamente le donne con disabilità vittime di violenza, istituendo percorsi gratuiti di assistenza e supporto e pubblicizzandone l'esistenza;
   c) istituire corsi di formazione specifica sul trattamento di casi di violenza subiti da donne con disabilità.
(1-00263)
(Testo modificato nel corso della seduta).  «Versace, Gelmini, Carfagna, Prestigiacomo, Bagnasco, Marrocco, Dall'Osso, Spena, Novelli, Bond, Mugnai, Brambilla, Occhiuto, Porchietto, Ripani, Zanella, Mazzetti, D'Attis, Bergamini, Tartaglione, Aprea, Pettarin, Giacometto, Cannizzaro, Siracusano, Maria Tripodi, Cristina, Saccani Jotti, Biancofiore, Cannatelli, Sozzani, Polidori, Elvira Savino, Nevi, Fiorini, Ruffino, Cassinelli, Perego Di Cremnago, Orsini, Marin, Zangrillo, Pella, Casciello, Paolo Russo, Squeri, Mulè, Cattaneo, Ravetto, Casino, Baratto, Rosso, Pittalis, Vietina, Brunetta, Ruggieri, Battilocchio, Calabria, Carrara, Santelli, Baldelli».


   La Camera,
   premesso che:
    in data 13 dicembre 2006, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (di seguito, «Convenzione Onu»), dando vita a un documento fondamentale per la costituzione, a livello internazionale, di una società inclusiva delle persone con disabilità;
    il principio ispiratore della Convenzione Onu, ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, non punta al riconoscimento di «nuovi» diritti in favore delle persone con disabilità. L'obiettivo, piuttosto, è quello di assicurare che tali individui possano godere delle medesime prerogative degli altri consociati, in applicazione del generale principio di pari opportunità;
    in tale prospettiva, la Convenzione Onu riflette l'evoluzione della definizione di disabilità che si è registrata negli ultimi anni. Non più una visione statica, bensì multiprospettica che interpreti le situazioni di disabilità come risultato di una complessa interazione tra l'individuo, i fattori personali e i fattori ambientali;
    le azioni da mettere in campo per realizzare gli ambiziosi obiettivi della Convenzione Onu sono molteplici. Le persone con disabilità, in effetti, sono tuttora vittime di gravi vessazioni e prevaricazioni, anche nell'esercizio delle proprie libertà individuali;
    tra queste, assumono primaria rilevanza gli episodi di violenza, maltrattamento e abusi, anche di natura sessuale, che ancora oggi vengono subiti in gran numero dalle persone con disabilità, all'interno e all'esterno del proprio domicilio;
    l'ultimo caso di cronaca, recentissimo, ha interessato un ragazzo di ventiquattro anni, affetto da una grave patologia caratterizzata da deficit intellettivi. Accompagnato in ospedale, i medici hanno confermato i sospetti, mettendo a referto la violenza sessuale sulla quale sono attualmente in corso le indagini delle forze dell'ordine;
    particolarmente delicata, in questo quadro, è la situazione delle donne con disabilità, vittime di «discriminazioni multiple» che proprio i fattori sociali, culturali e la scarsa sicurezza hanno contribuito ad ingenerare e a consolidare nel tempo;
    la Convenzione Onu ha dedicato un apposito articolo al tema in questione riconoscendo che le donne e i minori con disabilità sono soggetti a «discriminazioni multiple» e che per tale motivo è necessario adottare «misure per garantire il loro pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali»;
    nel preambolo della medesima Convenzione Onu, inoltre, si sottolinea che le donne e le ragazze con disabilità, in ragione dell'intersezione del fattore del «genere» e di quello della «disabilità», corrono un rischio più elevato di subire violenze, maltrattamenti e abusi fisici e sessuali;
    queste tendenze, assolutamente da sradicare, hanno trovato conferma, purtroppo, nelle principali indagini statistiche che sono state condotte in relazione al fenomeno. Nell'ambito delle rilevazioni della Fish – Federazione italiana per il superamento dell'handicap, infatti, circa il 10 per cento delle donne con disabilità interpellate ha dichiarato di essere stata vittima di stupro nella propria vita;
    allo stesso modo, i dati Istat, aggiornati al 2014, certificano che il rischio di subire violenze fisiche o sessuali è molto più alto per le donne con limitazioni (circa il 36,6 per cento) rispetto al resto della popolazione femminile. Problematiche maggiori nelle donne con disabilità si riscontrano anche con riferimento agli episodi di stupri, stalking e violenza psicologica;
    all'interno di queste rilevazioni, inoltre, potrebbero non rientrare i tantissimi casi di violenza «invisibile» che non sono seguiti da una denuncia da parte delle relative vittime. Secondo l'Istat, infatti, le vittime di violenza sessuale non sporgono denuncia addirittura nel 92,5 per cento dei casi e non vi è ragione di ritenere che un dato analogo, se non addirittura superiore, non si riscontri con riguardo alle donne con disabilità, a causa delle difficoltà ancora maggiori che le stesse possono incontrare nel chiedere aiuto e nell'essere ascoltate e comprese;
    il fenomeno, data la sua complessità e gravità, ha spinto il Parlamento europeo ad approvare in data 29 novembre 2018 una specifica risoluzione sulla situazione delle donne con disabilità («di seguito Risoluzione europea»), riprendendo alcuni temi già trattati, più in generale, nella Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, anche nota come Convenzione di Istanbul;
    i dati evidenziati dal Parlamento europeo sono allarmanti. Si conferma, innanzitutto, il rischio accentuato delle donne con disabilità di subire violenze fisiche o sessuali nel corso della propria vita. Inoltre, si sottolinea come la violenza contro le donne con disabilità non sia solamente di natura sessuale, ma generale, ricomprendendo altresì le situazioni di abbandono, i problemi di comunicazione, fino ad arrivare alla negazione nei ruoli e dei momenti essenziali della vita, assumendo in questo modo una connotazione che deve correttamente essere interpretata e definita «trasversale», oltre che multipla;
    in particolare, secondo quanto rilevato nella Risoluzione europea, negli Stati membri sono presenti gravi criticità che rendono difficoltoso l'accesso delle donne con disabilità alle strutture di protezione delle vittime di violenza, ma anche ai servizi erogati nei differenti settori dell'istruzione, dei trasporti, del lavoro e della sanità;
    più nel dettaglio, la Risoluzione europea specifica che:
     a) sul piano lavorativo, circa il 45 per cento delle donne con disabilità in età lavorativa (20-64 anni) sono prive di un'occupazione;
     b) sul piano economico, le persone con disabilità e, in particolare, le donne hanno redditi più bassi e sono a più alto rischio di povertà ed esclusione sociale;
     c) sul piano sanitario, secondo l'indice sull'uguaglianza di genere dell'Eige (2017), in media il 13 per cento delle donne con disabilità lamenta di non vedere soddisfatti i propri bisogni medici, mentre per la rimanente parte della popolazione femminile tale percentuale si attesta intorno al 5 per cento;
    per garantire una risposta alle citate criticità, il Parlamento europeo ha diramato una lunga serie di raccomandazioni agli Stati membri, invitando i rispettivi Esecutivi a rispettare «gli impegni assunti in merito alla ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità» e a integrare «una prospettiva relativa alle donne e alle minori con disabilità nei programmi, strategie e politiche in materia di parità di genere»;
    nel nostro Paese, il percorso di superamento degli ostacoli e dei fattori ambientali che danno luogo alle citate discriminazioni, ivi incluse quelle multiple, è ancora incompleto. Le persone con disabilità e, tra queste, in particolar modo le donne sono tuttora vittime di violenza, come attestano i dati sopra riportati, e rimangono troppo spesso invisibili ed escluse dai principali servizi erogati a beneficio della collettività;
    pochi sono altresì i riferimenti a livello normativo. Manca una disciplina mirata che tenga conto delle discriminazioni multiple e del loro impatto nella vita delle persone e, in particolare, delle donne con disabilità;
    nel quadro degli interventi già approvati possiamo citare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2017, recante «Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza», nell'ambito del quale vengono previsti appositi moduli volti alla sensibilizzazione sulle forme di violenza in danno delle donne con disabilità e sui percorsi da attivare in questi casi;
    nella stessa prospettiva, il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne sottolinea l'esigenza di promuovere azioni mirate per contrastare le violenze sui gruppi più vulnerabili, tra i quali le donne con disabilità;
    gli interventi in questione, tuttavia, non possono bastare a contrastare le predette forme di discriminazione. Di qui la necessità che il Governo si attivi e attui misure idonee a salvaguardare le esigenze di tali categorie di persone, dando così attuazione agli obblighi assunti dall'Italia attraverso la ratifica della sopracitata Convenzione Onu e cogliendo altresì l'invito rivolto agli Stati membri dal Parlamento europeo tramite l'anzidetta Risoluzione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per contrastare efficacemente la violenza, i maltrattamenti e gli abusi perpetrati in danno delle persone con disabilità, dedicando particolare attenzione alle donne, quali vittime di discriminazione multipla, e intervenendo secondo le quattro linee di intervento principali della prevenzione, della protezione, del sostegno e della repressione dei reati;

2) ad adottare le iniziative di competenza per garantire che le ragazze e le donne con disabilità si trovino sempre nelle condizioni di poter sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria contro le violenze subite, assicurando piena attuazione a quanto previsto sul punto dalle «Linee Guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza»;

3) ad introdurre, nell'ambito del «Piano nazionale sulla violenza maschile contro le donne», azioni di sostegno nei confronti delle donne con disabilità vittime di violenza, garantendo un'assistenza continua a partire dalla fase della denuncia sino al successivo percorso di riabilitazione, di cura e di definizione di percorsi per l'uscita dalla violenza;

4) ad adottare iniziative per avviare percorsi di formazione specifica degli operatori sanitari e sociosanitari tenuti a rapportarsi, a qualsiasi titolo, con la persona con disabilità vittima di violenza;

5) a prevedere indicatori per la valutazione dell'impatto delle iniziative adottate e delle relative risorse stanziate, da effettuarsi con cadenza annuale o comunque per ogni ciclo di finanziamento, in modo da orientare le future strategie di intervento, garantendo in ogni caso la partecipazione attiva delle associazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità e dei centri antiviolenza;

6) ad adottare iniziative per riconoscere adeguata tutela alle donne con disabilità, quale categoria soggetta a discriminazioni multiple e trasversali, predisponendo azioni finalizzate a rimuovere gli ostacoli e i limiti esterni che tuttora si frappongono ad una loro piena inclusione nel tessuto sociale;

7) ad integrare in maniera biunivoca le politiche pubbliche in tema di parità di genere con quelle relative alla protezione e l'inclusione sociale delle persone con disabilità;

8) ad adottare iniziative volte a garantire, sul piano sanitario, pieno accesso alle prestazioni e ai trattamenti da parte delle donne con disabilità, in condizioni di uguaglianza con gli altri cittadini e in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;

9) ad adottare iniziative finalizzate a tutelare la piena libertà di scelta delle donne con disabilità, anche in ambito sanitario, sradicando ogni forma di coercizione e prevedendo, all'interno delle strutture, personale preposto a garantire la loro autodeterminazione, in grado di fornire le necessarie informazioni con le forme e le modalità adeguate in base alle diverse tipologie di disabilità;

10) in tale contesto, ad assumere iniziative per assicurare che gli ambulatori, gli ospedali e la rete dei presidi sanitari e sociosanitari siano sempre strutturalmente accessibili per persone con disabilità motorie, in accordo a quanto stabilito dalla Convenzione dell'Onu;

11) ad adottare iniziative volte a rendere pienamente accessibile il sistema dell'istruzione e del lavoro alle donne con disabilità, anche attraverso la previsione di forme di flessibilità adeguate e la promozione del lavoro agile ai sensi della legge 22 maggio 2017, n. 81, in maniera tale da garantire la loro piena realizzazione;

12) ad integrare i temi delle discriminazioni multiple alle quali sono soggette, in particolare, le donne con disabilità nell'ambito delle campagne di sensibilizzazione concernenti la parità di genere, prevedendo un coinvolgimento attivo anche del mondo scolastico, in accordo a quanto stabilito dalle Linee guida di cui all'articolo 1, comma 16, della legge n. 107 del 2015;

13) a promuovere sistemi di rilevamento e valutazione della diffusione, della gravità e delle conseguenze del fenomeno della discriminazione multipla ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità.
(1-00264) «Locatelli, Molinari, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Sutto, Tiramani, Ziello».


   La Camera,
   premesso che:
    in data 13 dicembre 2006, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità (di seguito, «Convenzione Onu»), dando vita a un documento fondamentale per la costituzione, a livello internazionale, di una società inclusiva delle persone con disabilità;
    il principio ispiratore della Convenzione Onu, ratificata dall'Italia con legge 3 marzo 2009, n. 18, non punta al riconoscimento di «nuovi» diritti in favore delle persone con disabilità. L'obiettivo, piuttosto, è quello di assicurare che tali individui possano godere delle medesime prerogative degli altri consociati, in applicazione del generale principio di pari opportunità;
    in tale prospettiva, la Convenzione Onu riflette l'evoluzione della definizione di disabilità che si è registrata negli ultimi anni. Non più una visione statica, bensì multiprospettica che interpreti le situazioni di disabilità come risultato di una complessa interazione tra l'individuo, i fattori personali e i fattori ambientali;
    le azioni da mettere in campo per realizzare gli ambiziosi obiettivi della Convenzione Onu sono molteplici. Le persone con disabilità, in effetti, sono tuttora vittime di gravi vessazioni e prevaricazioni, anche nell'esercizio delle proprie libertà individuali;
    tra queste, assumono primaria rilevanza gli episodi di violenza, maltrattamento e abusi, anche di natura sessuale, che ancora oggi vengono subiti in gran numero dalle persone con disabilità, all'interno e all'esterno del proprio domicilio;
    l'ultimo caso di cronaca, recentissimo, ha interessato un ragazzo di ventiquattro anni, affetto da una grave patologia caratterizzata da deficit intellettivi. Accompagnato in ospedale, i medici hanno confermato i sospetti, mettendo a referto la violenza sessuale sulla quale sono attualmente in corso le indagini delle forze dell'ordine;
    particolarmente delicata, in questo quadro, è la situazione delle donne con disabilità, vittime di «discriminazioni multiple» che proprio i fattori sociali, culturali e la scarsa sicurezza hanno contribuito ad ingenerare e a consolidare nel tempo;
    la Convenzione Onu ha dedicato un apposito articolo al tema in questione riconoscendo che le donne e i minori con disabilità sono soggetti a «discriminazioni multiple» e che per tale motivo è necessario adottare «misure per garantire il loro pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali»;
    nel preambolo della medesima Convenzione Onu, inoltre, si sottolinea che le donne e le ragazze con disabilità, in ragione dell'intersezione del fattore del «genere» e di quello della «disabilità», corrono un rischio più elevato di subire violenze, maltrattamenti e abusi fisici e sessuali;
    queste tendenze, assolutamente da sradicare, hanno trovato conferma, purtroppo, nelle principali indagini statistiche che sono state condotte in relazione al fenomeno. Nell'ambito delle rilevazioni della Fish – Federazione italiana per il superamento dell'handicap, infatti, circa il 10 per cento delle donne con disabilità interpellate ha dichiarato di essere stata vittima di stupro nella propria vita;
    allo stesso modo, i dati Istat, aggiornati al 2014, certificano che il rischio di subire violenze fisiche o sessuali è molto più alto per le donne con limitazioni (circa il 36,6 per cento) rispetto al resto della popolazione femminile. Problematiche maggiori nelle donne con disabilità si riscontrano anche con riferimento agli episodi di stupri, stalking e violenza psicologica;
    all'interno di queste rilevazioni, inoltre, potrebbero non rientrare i tantissimi casi di violenza «invisibile» che non sono seguiti da una denuncia da parte delle relative vittime. Secondo l'Istat, infatti, le vittime di violenza sessuale non sporgono denuncia addirittura nel 92,5 per cento dei casi e non vi è ragione di ritenere che un dato analogo, se non addirittura superiore, non si riscontri con riguardo alle donne con disabilità, a causa delle difficoltà ancora maggiori che le stesse possono incontrare nel chiedere aiuto e nell'essere ascoltate e comprese;
    il fenomeno, data la sua complessità e gravità, ha spinto il Parlamento europeo ad approvare in data 29 novembre 2018 una specifica risoluzione sulla situazione delle donne con disabilità («di seguito Risoluzione europea»), riprendendo alcuni temi già trattati, più in generale, nella Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, anche nota come Convenzione di Istanbul;
    i dati evidenziati dal Parlamento europeo sono allarmanti. Si conferma, innanzitutto, il rischio accentuato delle donne con disabilità di subire violenze fisiche o sessuali nel corso della propria vita. Inoltre, si sottolinea come la violenza contro le donne con disabilità non sia solamente di natura sessuale, ma generale, ricomprendendo altresì le situazioni di abbandono, i problemi di comunicazione, fino ad arrivare alla negazione nei ruoli e dei momenti essenziali della vita, assumendo in questo modo una connotazione che deve correttamente essere interpretata e definita «trasversale», oltre che multipla;
    in particolare, secondo quanto rilevato nella Risoluzione europea, negli Stati membri sono presenti gravi criticità che rendono difficoltoso l'accesso delle donne con disabilità alle strutture di protezione delle vittime di violenza, ma anche ai servizi erogati nei differenti settori dell'istruzione, dei trasporti, del lavoro e della sanità;
    più nel dettaglio, la Risoluzione europea specifica che:
     a) sul piano lavorativo, circa il 45 per cento delle donne con disabilità in età lavorativa (20-64 anni) sono prive di un'occupazione;
     b) sul piano economico, le persone con disabilità e, in particolare, le donne hanno redditi più bassi e sono a più alto rischio di povertà ed esclusione sociale;
     c) sul piano sanitario, secondo l'indice sull'uguaglianza di genere dell'Eige (2017), in media il 13 per cento delle donne con disabilità lamenta di non vedere soddisfatti i propri bisogni medici, mentre per la rimanente parte della popolazione femminile tale percentuale si attesta intorno al 5 per cento;
    per garantire una risposta alle citate criticità, il Parlamento europeo ha diramato una lunga serie di raccomandazioni agli Stati membri, invitando i rispettivi Esecutivi a rispettare «gli impegni assunti in merito alla ratifica della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità» e a integrare «una prospettiva relativa alle donne e alle minori con disabilità nei programmi, strategie e politiche in materia di parità di genere»;
    nel nostro Paese, il percorso di superamento degli ostacoli e dei fattori ambientali che danno luogo alle citate discriminazioni, ivi incluse quelle multiple, è ancora incompleto. Le persone con disabilità e, tra queste, in particolar modo le donne sono tuttora vittime di violenza, come attestano i dati sopra riportati, e rimangono troppo spesso invisibili ed escluse dai principali servizi erogati a beneficio della collettività;
    pochi sono altresì i riferimenti a livello normativo. Manca una disciplina mirata che tenga conto delle discriminazioni multiple e del loro impatto nella vita delle persone e, in particolare, delle donne con disabilità;
    nel quadro degli interventi già approvati possiamo citare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 novembre 2017, recante «Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza», nell'ambito del quale vengono previsti appositi moduli volti alla sensibilizzazione sulle forme di violenza in danno delle donne con disabilità e sui percorsi da attivare in questi casi;
    nella stessa prospettiva, il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne sottolinea l'esigenza di promuovere azioni mirate per contrastare le violenze sui gruppi più vulnerabili, tra i quali le donne con disabilità;
    gli interventi in questione, tuttavia, non possono bastare a contrastare le predette forme di discriminazione. Di qui la necessità che il Governo si attivi e attui misure idonee a salvaguardare le esigenze di tali categorie di persone, dando così attuazione agli obblighi assunti dall'Italia attraverso la ratifica della sopracitata Convenzione Onu e cogliendo altresì l'invito rivolto agli Stati membri dal Parlamento europeo tramite l'anzidetta Risoluzione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per contrastare efficacemente la violenza, i maltrattamenti e gli abusi perpetrati in danno delle persone con disabilità, dedicando particolare attenzione alle donne, quali vittime di discriminazione multipla, e intervenendo secondo le quattro linee di intervento principali della prevenzione, della protezione, del sostegno e della repressione dei reati;

2) ad adottare le iniziative di competenza per garantire che le ragazze e le donne con disabilità si trovino sempre nelle condizioni di poter sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria contro le violenze subite, assicurando piena attuazione a quanto previsto sul punto dalle «Linee Guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza»;

3) ad introdurre, nell'ambito del «Piano nazionale sulla violenza maschile contro le donne», azioni di sostegno nei confronti delle donne con disabilità vittime di violenza, garantendo un'assistenza continua a partire dalla fase della denuncia sino al successivo percorso di riabilitazione, di cura e di definizione di percorsi per l'uscita dalla violenza;

4) ad adottare iniziative per avviare percorsi di formazione specifica degli operatori sanitari e sociosanitari tenuti a rapportarsi, a qualsiasi titolo, con la persona con disabilità vittima di violenza;

5) a valutare l'opportunità di prevedere indicatori per la valutazione dell'impatto delle iniziative adottate e delle relative risorse stanziate in modo da orientare le future strategie di intervento;

6) ad adottare iniziative per riconoscere adeguata tutela alle donne con disabilità, quale categoria soggetta a discriminazioni multiple e trasversali, predisponendo azioni finalizzate a rimuovere gli ostacoli e i limiti esterni che tuttora si frappongono ad una loro piena inclusione nel tessuto sociale;

7) ad integrare in maniera biunivoca le politiche pubbliche in tema di parità di genere con quelle relative alla protezione e l'inclusione sociale delle persone con disabilità;

8) ad adottare iniziative volte a garantire, sul piano sanitario, pieno accesso alle prestazioni e ai trattamenti da parte delle donne con disabilità, in condizioni di uguaglianza con gli altri cittadini e in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;

9) a valutare l'opportunità di adottare iniziative finalizzate a tutelare la piena libertà di scelta delle donne con disabilità, anche in ambito sanitario, sradicando ogni forma di coercizione e prevedendo, all'interno delle strutture, personale preposto a garantire la loro autodeterminazione, in grado di fornire le necessarie informazioni con le forme e le modalità adeguate in base alle diverse tipologie di disabilità;

10) in tale contesto, ad assumere iniziative per assicurare che gli ambulatori, gli ospedali e la rete dei presidi sanitari e sociosanitari siano sempre strutturalmente accessibili per persone con disabilità motorie, in accordo a quanto stabilito dalla Convenzione dell'Onu;

11) ad adottare iniziative volte a rendere pienamente accessibile il sistema dell'istruzione e del lavoro alle donne con disabilità, anche attraverso la previsione di forme di flessibilità adeguate e la promozione del lavoro agile ai sensi della legge 22 maggio 2017, n. 81, in maniera tale da garantire la loro piena realizzazione;

12) ad integrare i temi delle discriminazioni multiple alle quali sono soggette, in particolare, le donne con disabilità nell'ambito delle campagne di sensibilizzazione concernenti la parità di genere, prevedendo un coinvolgimento attivo anche del mondo scolastico, in accordo a quanto stabilito dalle Linee guida di cui all'articolo 1, comma 16, della legge n. 107 del 2015;

13) a promuovere sistemi di rilevamento e valutazione della diffusione, della gravità e delle conseguenze del fenomeno della discriminazione multipla ai danni delle ragazze e delle donne con disabilità.
(1-00264)
(Testo modificato nel corso della seduta).  «Locatelli, Molinari, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Sutto, Tiramani, Ziello».