XVIII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzioni in Commissione:
La IV Commissione,
premesso che:
nel corso della sua prima audizione alle Commissioni difesa dei due rami del Parlamento, il nuovo Capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, ha manifestato la preoccupazione propria e della sua Forza armata per l'evidente riacutizzarsi della minaccia sottomarina nel Mar Mediterraneo;
il ritorno della minaccia subacquea, stando a quanto ha sostenuto l'ammiraglio Cavo Dragone, sarebbe dovuto al rafforzamento nel Mediterraneo della presenza di forze subacquee appartenenti a varie Marine non Nato;
compito principale della Marina Militare del nostro Paese è la protezione delle rotte marittime che permettono all'Italia di esportare le proprie merci ed importare tutte le materie prime di cui necessita per prosperare e svilupparsi;
nel corso del secondo dopoguerra, la Marina militare ha fatto della lotta antisommergibile o «antisom» nella scorta al traffico una delle proprie nicchie di eccellenza, con una programmazione che ha portato le forze navali italiane a dotarsi di piattaforme molto innovative ed efficaci;
la lotta «antisom» è un compito complesso, al quale debbono essere dedicate piattaforme e sistemi d'arma di vario tipo, dai sottomarini alle navi portaeromobili dotate di capacità specifiche;
le preoccupazioni manifestate dal Capo di Stato Maggiore della Marina paiono meritevoli di grande attenzione,
impegna il Governo
a promuovere un'iniziativa che adegui le capacità «antisom» della Marina militare italiana, dando risposta a quanto emerso nel corso della prima audizione del nuovo Capo di Stato Maggiore della Marina davanti alle Commissioni difesa di Camera e Senato, in particolare alla preoccupazione espressa per la costante crescita nel Mare Mediterraneo della presenza di sottomarini stranieri appartenenti a Stati non appartenenti alla Nato e all'auspicio di acquisire nuove unità navali equipaggiate per la localizzazione e il contrasto di piattaforme subacquee.
(7-00353) «Ferrari, Fantuz, Zicchieri, Toccalini, Boniardi, Castiello, Piccolo, Pretto, Raffaele Volpi».
La VII Commissione,
premesso che:
il 31 luglio 2019, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato il decreto ministeriale n. 688, attraverso il quale stabilisce il contingente autorizzato per le assunzioni a tempo indeterminato del personale docente per la scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo grado;
il contingente previsto dal decreto ministeriale per l'anno scolastico 2019/20 consiste in 53.627 posti da redistribuire in contingenti regionali e provinciali da parte degli uffici scolastici regionali;
il suddetto decreto ministeriale assegna il 50 per cento dei posti alle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami attualmente vigenti e il restante 50 per cento alle graduatorie ad esaurimento, di cui all'articolo 1, comma 605, lettera c) della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
nella medesima data, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con nota protocollo n. 35174 ha informato gli uffici scolastici regionali delle procedure per le nomine in ruolo per l'anno scolastico 2019/20;
a partire dal mese di agosto 2019 gli uffici scolastici regionali hanno provveduto a nominare i docenti inclusi nelle graduatorie;
in molti casi il contingente previsto dal decreto ministeriale 31 luglio 2019, n. 688 non è stato completamente utilizzato o a causa dell'esaurimento delle graduatorie ad esaurimento e di quella di merito o a causa di ritardi nell'espletamento delle relative procedure di nomina da parte degli uffici scolastici regionali; questo ha determinato che, a fronte di 53.627 posti autorizzati, solo una parte di questi è stata rinominata, mentre sono residuati 32.391 posti in organico di diritto non coperti per mancanza di aspiranti presenti nelle graduatorie ad esaurimento (Gae) e graduatorie di merito (Gm), a cui si aggiungono i 5 mila disponibili ma sottratti al contingente dal Ministero dell'economia e delle finanze per un totale di 37.391 posti in organico di diritto (Od) a cui bisogna sommare ulteriori 48 mila posti in deroga su sostegno e altri 12 mila posti di organico di fatto (entrambi autorizzati in aggiunta al cosiddetto organico di diritto), che andranno a supplenza con incarichi al 30 giugno. Infine vi sono i 10 mila posti dei pensionamenti di «Quota-100», le cui pratiche sono state gestite tardivamente dall'Inps, per cui i posti non sono rientrati nel contingente delle immissioni in ruolo per un totale di 107.467 posti che andranno a supplenze al 31 agosto (47.389) e a supplenze al 30 giugno (60.078),
impegna il Governo
ad adottare iniziative per anticipare le operazioni di mobilità e di immissione in ruolo entro il 31 luglio dell'anno scolastico precedente a quello di riferimento in modo da garantire e correttamente pianificare l'inizio dell'anno scolastico con i docenti già in cattedra.
(7-00352) «Villani, Buompane, Grippa, Del Monaco, Manzo».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
lo stabilimento industriale per la produzione di alluminio di Portovesme (Sud Sardegna), dopo la cessione da parte dell'Alcoa, è attualmente oggetto di un piano di rilancio condiviso tra le istituzioni e il nuovo proprietario, la Sider Alloys;
per la completa realizzazione delle azioni previste è di vitale importanza lo scioglimento di uno dei nodi più rilevanti: quello relativo alla definizione del costo dell'energia;
l'ultimo decreto riguardante il prezzo dell'energia è stato emanato il 3 settembre 2019;
a distanza di quasi tre mesi ancora non è ancora stato definito il prezzo né è stato firmato alcun contratto né è stato fissato il valore della interrompibilità;
ancora risultano indefiniti altresì gli oneri di sistema;
in seguito a questi ritardi l'azienda subentrata all'Alcoa si trova dinanzi a un quadro di incertezza, che di fatto impedisce una programmazione degli investimenti in linea con i piani precedentemente approvati e che, se dovesse protrarsi ancora nel tempo, rischia di pregiudicare l'intera operazione di rilancio del polo industriale di Portovesme;
tale situazione di incertezza rischia di incidere anche sulla situazione lavorativa delle oltre 135 unità lavorative già presenti nello stesso stabilimento e mette a rischio l'obiettivo di arrivare a oltre 600 occupati;
peraltro, il 31 dicembre scade ultima tranche per le aree di crisi complessa sugli ammortizzatori sociali in deroga: in Sardegna oltre 750 lavoratori, contando anche l'area di Porto Torres, rischiano di trovarsi senza sostegno;
occorre un'azione rapida e corale di tutte le istituzioni coinvolte affinché gli operai, le loro famiglie e un intero territorio non passino dal sogno di una ripresa produttiva e lavorativa all'incubo di una nuova vertenza industriale;
è necessario e improcrastinabile un intervento del Governo, adeguato alla dimensione nazionale della questione: infatti, non si tratta solo di evitare una nuova catastrofe sociale in un territorio che più di altri ha patito gli effetti della crisi economica, ma di rilanciare un settore strategico per l'economia nazionale come l'alluminio; è sufficiente ricordare che l'Italia ogni hanno ha un fabbisogno di oltre un milione e mezzo di tonnellate –:
se il Governo intenda aprire immediatamente un tavolo di crisi, che veda la partecipazione della regione autonoma della Sardegna, dell'azienda, delle organizzazioni sindacali e di Invitalia, al fine di condividere le azioni necessarie a garantire l'avvio in tempi certi della produzione nello stabilimento di Portovesme;
se il Governo intenda porre in essere tutte le iniziative necessarie ad abbattere il costo dell'energia sia per risolvere il caso del polo industriale di Portovesme sia per consentire alla Sardegna di aprire una prospettiva per il settore industriale che permetta di investire nell'isola e di poterlo fare a pari condizioni con le altre regioni nazionali ed europee.
(2-00531) «Cappellacci».
Interrogazioni a risposta scritta:
FERRO, BUCALO, BUTTI, RAMPELLI, LUCASELLI, GALANTINO, DELMASTRO DELLE VEDOVE, LUCA DE CARLO, FOTI, VARCHI, MANTOVANI, FRASSINETTI, BELLUCCI, TRANCASSINI e SILVESTRONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
in tutta Italia, stando alla banca dati sugli enti in difficoltà finanziaria messa a punto dal Ministero dell'interno e dall'Università Ca’ Foscari Venezia, sono 592 le amministrazioni locali che hanno dichiarato il «dissesto finanziario», ovvero sono state definite «incapaci di assolvere alle funzioni e ai servizi indispensabili» o non sono riusciti a far fronte ai creditori «con il ripristino dell'equilibrio di bilancio»;
in particolare, circoscrivendo l'analisi al quinquennio 2014-2018, sono 97 gli enti che hanno approvato una delibera di dissesto «con una crescita molto preoccupante del ricorso alla procedura nell'ultimo biennio» e il 75 per cento di questi comuni è collocato in tre regioni: Campania, Calabria e Sicilia;
ancora una volta, il record negativo spetta alla Calabria dove, su un totale di 409 comuni ben 41 avevano dichiarato il dissesto (dati 2018), mentre altri 54 avevano richiesto la procedura di riequilibrio finanziario, per un totale quindi di 95 municipi coinvolti;
tale situazione è stata aggravata dalla recente sentenza n. 18/2019 della Corte costituzionale che ha «bocciato» la possibilità di spalmare su trent'anni i disavanzi generati dal riaccertamento straordinario dei residui, determinando lo «stop» al piano di riequilibrio messo a punto per Reggio Calabria: secondo la magistratura contabile l’extra deficit va ripianato in dieci anni, con il risultato che il capoluogo calabrese rischia il default;
molti altri capoluoghi di provincia calabresi, tra cui Vibo Valentia che dopo sei anni dalla dichiarazione del primo dissesto finanziario rischia un probabile secondo default, non sono in condizioni economiche floride;
le timide misure messe in atto dai Governi degli ultimi anni, come la possibilità di rinegoziazione dei mutui accesi con Cassa depositi e prestiti prima del 2003 e poi passati al Ministero dell'economia e delle finanze o la creazione di un tavolo tecnico-politico fra Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero dell'interno e amministratori locali con il compito di «formulare proposte per la ristrutturazione del debito locale», si sono dimostrate del tutto inadeguate: nel primo caso, il decreto attuativo, atteso entro il 28 febbraio, non è ancora arrivato; mentre nel secondo caso, l'istituzione del tavolo, che avrebbe dovuto vedere la luce «entro dieci giorni», ad oggi non sembra essere stato attivato –:
se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza degli stessi, quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche in occasione del prossimo disegno di legge di bilancio, al fine di evitare il collasso definitivo del primo avamposto dello Stato, ossia il comune.
(4-03890)
TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, è stata istituita l'Agenzia per i servizi sanitari regionali (Agenas) che ha compiti di supporto alle attività regionali di valutazione comparativa dei costi e dei rendimenti dei servizi resi ai cittadini, di segnalazione di disfunzioni e sprechi nella gestione delle risorse del personale, dei materiali e nelle forniture, di trasferimento dell'innovazione e delle sperimentazioni in materia sanitaria;
l'Agenas dal 2013, su mandato del Ministero della salute, ha sviluppato il programma nazionale esiti (Pne) a livello nazionale, al fine di fornire valutazioni comparative di efficacia, equità, sicurezza e appropriatezza delle cure prodotte nell'ambito dell'intero servizio sanitario italiano;
notizie di stampa relative alla regione Abruzzo hanno messo in evidenza, in diverse occasioni, presunti problemi interni all'unità operativa complessa di cardiochirurgia dell'ospedale «S.S. Annunziata» di Chieti;
a giudizio dell'interrogante i presunti problemi, se dovessero risultare veri, potrebbero pregiudicare l'attività ospedaliera con diverse conseguenze: 1) sul dato di mortalità, che si potrebbe attestare, quindi, a un valore superiore alla media nazionale per gli interventi di valvuloplastica o sostituzione di valvole cardiache; 2) sulla mobilità passiva della popolazione del territorio che dovrebbe risultare molto elevato verso mete fuori provincia o fuori regione;
i dati prodotti dall'Agenas possono rappresentare un ottimo punto di partenza per avere una fotografia della situazione al fine di rendere maggiormente trasparenti e comprensibili le condizioni dell'unità operativa complessa di cardiochirurgia di Chieti –:
anche sulla base del monitoraggio svolto dall'Agenas per conto del Ministero della salute, quali siano i dati sulla mortalità nell'unità operativa complessa di cardiochirurgia di Chieti per gli interventi di valvuloplastica o sostituzione di valvole cardiache per ogni singola annualità, a partire dal 2016 a tutto il 2018;
quali siano i dati sulla mobilità passiva dell'unità operativa complessa di cardiochirurgia di Chieti, relativa agli interventi di valvuloplastica o sostituzione di valvole cardiache per ogni singola annualità, dal 2016 e fino a tutto il 2018;
quali siano i dati, relativi agli interventi di valvuloplastica o sostituzione di valvole cardiache, sia sulla mobilità passiva sia sulla mortalità, dei reparti analoghi, ovvero della cardiochirurgia di Teramo, di Campobasso, di Ancona per ogni singola annualità, dal 2016 e fino a tutto il 2018;
quali siano i dati relativi alla media nazionale del pazienti sottoposti a valvuloplastica o sostituzione di valvole cardiache, che si rivolgono a strutture fuori provincia o fuori regione di provenienza, per ogni singola annualità, dal 2016 e fino a tutto il 2018.
(4-03898)
TORTO e GRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il complesso abbaziale di S. Giovanni in Venere, ricompreso all'interno del patrimonio del «Fondo edifici di culto» istituito con la legge 20 maggio 1985, n. 222, sorge a breve distanza dall'abitato di Fossacesia, su un promontorio sovrastante il mare Adriatico;
la tradizione riconduce il nucleo originario al VI secolo, quando, al di sopra di un tempio pagano dedicato a Venere Conciliatrice, fu eretto un piccolo oratorio intitolato a S. Giovanni Battista. La nascita dell'abbazia vera e propria avviene nel 1015 ed è attribuita a Trasmondo II, conte di Teate (Chieti), il cui corpo è seppellito nella cripta della chiesa abbaziale;
l'aspetto odierno è il risultato delle trasformazioni avvenute tra il XII e il XIII secolo ad opera dell'abate Oderisio II e dell'abate Rainaldo, che hanno reso il complesso uno dei primi esempi in Abruzzo dello stile architettonico cistercense, che da Citeaux si diffuse in tutta Europa;
nel 1954 vi si è stabilita una comunità di Padri Passionisti, che da allora provvedono agli interventi di manutenzione e dal dicembre 2014 il sito è in gestione al polo museale dell'Abruzzo;
l'edificio monumentale è inoltre utilizzato quotidianamente per celebrazioni religiose, essendo una delle chiese più panoramiche e rappresentative dell'intera costa abruzzese, nota come «Costa dei Trabocchi»;
il complesso abbaziale è stato già oggetto, nel corso dell'anno 2018, di vari interventi per il rimodernamento dell'intera struttura quali il belvedere dell'Abbazia, l'illuminazione artistica dell'intero monumento, l'installazione di un museo archeologico nei locali sottostanti il sagrato, l'eliminazione delle barriere architettoniche, l'ampliamento dell'area pedonale antistante, conferendo una nuova veste all'intero complesso monumentale, elemento di pregio e attrattore turistico di rilevanza strategica per il territorio locale;
come riportato dagli organi di stampa locali, il complesso denota alcune evidenti criticità strutturali, in particolare per quanto riguarda il tetto che presenta infiltrazioni di acqua piovana, causando macchie diffuse di umidità e calcinacci sul prato antistante –:
se il Governo sia a conoscenza della situazione in cui versa il complesso di San Giovanni in Venere, sito a Fossacesia, che affaccia sulla nota «Costa dei Trabocchi» in Abruzzo;
se, alla luce di quanto previsto dall'articolo 58 della legge 20 maggio 1985, n. 222, il Governo disponga di risorse per effettuare gli interventi necessari per assicurare la tutela, la valorizzazione, la conservazione e il restauro dell'abbazia;
quali iniziative il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere relativamente ai problemi strutturali rilevati, al fine di attivare le corrette procedure per la tutela e la conservazione del complesso abbaziale di S. Giovanni in Venere, che rappresenta uno dei più bei complessi monastici dell'intera costa abruzzese.
(4-03899)
TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
con la legge n. 996 dell'8 dicembre 1970, «Norme sul soccorso e l'assistenza alle popolazioni colpite da calamità – Protezione Civile», per la prima volta il nostro ordinamento recepisce il concetto di protezione civile e precisa la nozione di calamità naturale e catastrofe;
con la legge n. 938 del 1982 viene formalizzata la figura del Ministro per il coordinamento della protezione civile, una sorta di «commissario permanente», e si prevede la struttura del dipartimento della protezione civile, un organismo snello capace di coordinare tutte le forze di cui il Paese può disporre, pronto ad intervenire in caso di emergenza;
con la legge n. 225 del 1992 e la nascita del servizio nazionale della protezione civile, vengono meglio definite le attività di protezione civile che comprendono, oltre al soccorso e alle attività volte al superamento dell'emergenza, anche le attività di previsione e prevenzione, attraverso l'individuazione dei rischi presenti sul territorio, mettendo in campo tutte le azioni necessarie a evitare o ridurre al minimo la possibilità che le calamità naturali provochino danni;
è grave che ci siano ancora sindaci che non comprendano l'importanza della prevenzione per la sicurezza dei cittadini, soprattutto in Abruzzo, dopo che il terremoto de L'Aquila del 2009 e i successivi avvenuti pochi anni fa, per fortuna con conseguenze decisamente meno gravi, hanno evidenziato ulteriormente come le azioni preventive siano fondamentali per la salvaguardia dei beni e soprattutto delle vite umane;
l'articolo 12 del decreto legislativo n. 1 del 2 gennaio 2018, che disciplina il nuovo codice della protezione civile, specifica tutta una serie di attività che i comuni devono svolgere, affinché si possa davvero garantire un intervento funzionale e immediato in caso di calamità: non è possibile pensare alle emergenze solo quando esse si verificano, occorre che tutti cooperino e si impegnino fattivamente affinché si possano limitare i danni e soprattutto i morti in caso di calamità, attraverso azioni preventive;
le recenti notizie di stampa riportano, sulla base delle dichiarazioni fornite dal prefetto di Chieti, Giacomo Barbato, che solo 8 comuni dell'intera provincia di Chieti sono a norma del piano di protezione civile, poiché non hanno ancora effettuato l'aggiornamento in base alle indicazioni del nuovo codice della protezione civile –:
se sia vero quanto appreso e riportato sulla carta stampata, relativamente al mancato aggiornamento dei piani di protezione civile da parte di 96 comuni su 104 della provincia di Chieti;
quali siano le iniziative che intende mettere in campo il Governo per garantire su tutto il territorio nazionale l'aggiornamento dei piani di protezione civile.
(4-03900)
TORTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato, così come disposto dall'articolo 1 del codice della strada, decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
la normativa di riferimento per la sicurezza stradale opera attorno a quattro elementi fondanti che sono: l'uomo in quanto utente della strada, il veicolo in quanto strumento utilizzato dall'utente della strada, la strada come contesto in cui interagiscono sia l'uomo sia il veicolo, l'ambiente inteso come l'insieme di tutti gli elementi che fanno da contorno alla strada e ne costituiscono i limiti;
la sicurezza autostradale è costituita, quindi, da quegli elementi ambientali che possono influenzare e limitare l'esito tragico degli incidenti autostradali come le barriere di sicurezza, le reti di protezione anti-caduta, la pavimentazione drenante, la segnaletica preventiva degli svincoli e altro;
in data 14 ottobre 2019, come riportato dalla testata giornalistica de «Il Centro», il giudice per le indagini preliminari di Avellino ha disposto il sequestro delle barriere di sicurezza new-jersey, su richiesta della procura, di tre viadotti dell'asse autostradale A14;
da quanto si può evincere dall'articolo, sembrerebbe che l'inchiesta muova sulla stessa scia di quella aperta in seguito all'incidente avvenuto il 28 luglio 2013 che causò la morte di 40 persone, nota a tutti come strage di Acqualonga, in cui il consulente della procura contestò alla società concessionaria, Autostrade per l'Italia, di non avere rispettato quanto previsto dal regolamento per la progettazione, l'omologazione e l'impiego delle barriere stradali di sicurezza;
l'uso della rete autostradale è un servizio fondamentale sia per tutte quelle aziende che compiono trasporto di merci su gomma, da cui l'Italia e fortemente interessata, e che ogni giorno si adoperano per rispettare i tempi di consegna, sia per tutti coloro che utilizzano quotidianamente l'A14 per recarsi sul posto di lavoro o per esigenze di qualsiasi altra natura;
l'articolo precedentemente citato riferisce che nei tratti autostradali interessati è stata predisposta la riduzione delle carreggiate e la conseguente riduzione di velocità massima di 40 chilometri all'ora per i tir e di 60 chilometri all'ora per le auto, andando così a generare rallentamenti evidenti per tutti gli utenti che comunque si troveranno ad utilizzare un servizio, appunto limitato, ma allo stesso costo –:
se si intendano adottare iniziative per garantire agli utenti che usufruiscono dell'asse autostradale in questione una modalità di rimborso economico per l'eventuale disservizio causato dal concessionario;
quali iniziative il concedente possa adottare nei confronti del concessionario autostradale, Autostrade per l'Italia, nel caso il servizio offerto non rispetti quanto stabilito alla base della concessione, e con quali modalità;
quali ulteriori iniziative intenda mettere in campo il Governo nei confronti del concessionario autostradale alla luce di quanto evidenziato.
(4-03901)
FERRO e FRASSINETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
nel lontano 1846 nel territorio di San Sosti, in provincia di Cosenza, fu rinvenuta l'ascia votiva di Kyniskos, risalente probabilmente al VI sec. a. C.;
l'ascia, delle dimensioni di meno di 20 centimetri di bronzo lavorato, rappresenta un «frammento» delle origini di Sibari, fondata nell'VIII sec. da un gruppo di Achei del Peloponneso e distrutta nel VI dai Crotoniati;
nel maggio 1884, la collezione del mercante romano di reperti archeologici Alessandro Castellani, stranamente contenente anche l'ascia di Kyniskos, fu posta in vendita a un'asta di Parigi e venne acquistata da Sir Charles Thomas Newton, già responsabile del dipartimento delle antichità del British Museum della Real – Casa inglese;
alla data odierna la scure-martello di Kyniskos è conservata al British Museum di Londra –:
quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo per ottenere dal British Museum la restituzione dell'ascia votiva di Kyniskos stante l'assenza di titoli che ne giustifichino il possesso e la legittimità della acquisizione da parte del suddetto museo;
quali iniziative abbia adottato il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per ottenere il rientro dei beni archeologici della Magna Grecia illegittimamente posseduti da diversi musei stranieri.
(4-03902)
FERRO, MONTARULI, MANTOVANI, SILVESTRONI e VARCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
la ragioneria dello Stato ha pubblicato il rapporto di monitoraggio delle politiche di coesione, aggiornato al 30 giugno 2019, che fornisce un quadro generale delle politiche di coesione 2014-2020, nonché dello stato di attuazione in Italia degli interventi cofinanziati dai fondi strutturali e d'investimento europei (Sie) e dal fondo sviluppo e coesione (Fsc);
il sistema nazionale di monitoraggio (Snm), come previsto nell'accordo di partenariato 2014-2020, assicura a livello centrale sia il monitoraggio dei programmi cofinanziati dai Fondi (Sie) nonché dei programmi complementari previsti nell'ambito dell'accordo di partenariato 2014-2020 finanziati dal fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183 (articolo 1, comma 245, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 – legge di stabilità 2014) e sia degli interventi finanziati dal Fsc (articolo 1, comma 703, lettera l) della legge 23 dicembre 2014, n. 190 – legge di stabilità 2015) e rappresenta a livello nazionale la fonte ufficiale sullo stato di avanzamento dei programmi operativi nei confronti della Commissione europea;
dalla lettura di tale rapporto si evince che nel periodo 2014-2020 sono a disposizione delle regioni meridionali 54,7 miliardi di euro. Di questi, 17,1 sono stati assegnati a compiti specifici. Dei rimanenti 37,6 miliardi è stato impegnato l'11,6 e speso solo il 2,8 per cento;
è evidente la necessità di procedere a una immediata inversione di rotta stante quella che appare agli interroganti la palese ignoranza sulle modalità di utilizzo delle fonti di finanziamento da parte di regioni ed enti locali –:
quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare il Governo per rimediare alla situazione disastrosa esposta in premessa e accelerare la spesa dei suddetti fondi;
quali iniziative di competenza si intendano avviare per favorire un maggiore e più efficiente utilizzo delle risorse richiamate da parte degli enti territoriali.
(4-03904)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
sono ancora numerosi i Paesi nel mondo che criminalizzano l'omosessualità giungendo perfino a condannare al carcere o alla pena di morte i sospettati di aver avuto rapporti sessuali con persone del medesimo sesso;
in taluni Paesi, pur in assenza di leggi che criminalizzano direttamente l'omosessualità, provvedimenti di stampo ideologico e/o religioso che puniscono la «dissolutezza», le «immoralità» o la «corruzione dei minori» toccano direttamente le esistenze delle persone Lgbti, vittime di rastrellamenti delle forze dell'ordine o di sanzioni amministrative discriminatorie o ancora di sospensione delle fondamentali libertà;
l'articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, come modificato dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (cosiddetto decreto sicurezza) definisce «persona ammissibile alla protezione sussidiaria» un «cittadino di un Paese non appartenente all'Unione europea o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dall'articolo 14 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese»;
l'articolo 2-bis dello stesso decreto, inserito sempre dal decreto-legge n. 113 del 2018, traccia le linee guida nell'adozione degli elenchi periodici dei «Paesi sicuri» secondo i trattati internazionali e le valutazioni sul rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali nei Paesi di origine;
il testo del decreto ministeriale «Paesi sicuri» pubblicato il 4 ottobre 2019 a firma dei Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'interno, e della giustizia cita nelle premesse la nota n. 22723 del 3 aprile 2019 del Ministero dell'interno e l'appunto n. 167189 del 1° ottobre 2019 del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che forniscono gli elementi informativi sui Paesi inseriti nella lista, ma tali atti non sono pubblici;
è giunta agli interroganti la preoccupazione manifestata da Associazione Radicale Certi Diritti, Il Grande Colibrì, Renzo e Lucio e Comitato per i diritti civili delle prostitute, realtà interculturali Lgbti (lesbiche, gay, bisessuali, trans, intersex), in quanto nel decreto ministeriale citato vengono elencati 13 Paesi che l'Italia considera «paesi di origine sicuri», cioè rispettosi dei diritti umani (Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Senegal, Serbia, Tunisia e Ucraina) senza che tali scelte siano argomentate dagli estensori;
in questi Paesi, al contrario, è dimostrabile che esistono persecuzioni nei confronti delle donne, delle minoranze sessuali, etniche, religiose e politiche, nonché violenze legate al fenomeno della tratta; in Algeria, Ghana, Marocco, Senegal e Tunisia i rapporti omosessuali tra adulti consenzienti vengono puniti con il carcere, come dimostrano numerosi casi anche molto recenti; in altri Paesi, come Albania, Kosovo e Ucraina, l'omotransfobia sociale è molto forte e i casi di violenza frequenti, tanto da impedire alle persone Lgbti un'espressione piena e serena della propria identità;
per le persone richiedenti asilo che arrivano da questi Paesi si applicherà una procedura accelerata: il diniego alla loro domanda di protezione potrà limitarsi ad affermare che provengono da un Paese sicuro e che non hanno dimostrato l'eccezionalità della loro situazione individuale; a questo si aggiunge l'assenza dell'effetto sospensivo per l'eventuale ricorso, pertanto al primo diniego scatterà l'espulsione;
a parere degli interroganti, questa scelta del Governo mette a repentaglio il diritto di asilo proprio delle categorie più vulnerabili, in evidente violazione tanto della Costituzione (articoli 3 e 10) quanto della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati (articolo 3) e non esiste alcuna correlazione tra l'irrigidimento delle procedure per la protezione internazionale e l'obiettivo di facilitare i rimpatri nei Paesi di origine –:
quali siano le ragioni per cui i Paesi di cui in premessa siano stati inseriti nella lista di «Paesi sicuri» e se siano state considerate, anche nella nota del Ministero dell'interno e nell'appunto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sopra citati, le criticità esposte in premessa;
se si stiano valutando iniziative da mettere in campo per garantire alle minoranze sessuali che chiedono protezione nel nostro Paese l'aiuto da parte dello Stato italiano e per garantire alle donne vittime di violenze e alle vittime di tratta che chiedono protezione nel nostro Paese l'accoglienza da parte dello Stato italiano, sebbene provenienti da Paesi che lo Stato italiano potrebbe considerare «sicuri»;
quali iniziative stia intraprendendo il Governo in relazione all'inasprimento delle pene e delle sanzioni legate all'orientamento sessuale e all'identità di genere da parte di molti Paesi.
(2-00534) «Magi, Quartapelle Procopio, Boldrini, Migliore».
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
nell'ultimo anno si sono verificati una serie di incendi che hanno interessato i siti di stoccaggio dei rifiuti della provincia di Caserta;
il 17 ottobre 2019 si è verificato l'ennesimo incendio;
l'incendio ha coinvolto lo Stir di Santa Maria Capua Vetere;
lo Stir di Santa Maria Capua Vetere aveva già subìto un incendio nel dicembre 2018;
l'impianto tratta i rifiuti indifferenziati, separando l'umido da mandare in discarica dal secco da inviare al termovalorizzatore di Acerra;
il termovalorizzatore di Acerra ha ripreso da pochi giorni la sua attività dopo una pausa di più di un mese per manutenzione;
entrambi gli incendi hanno interessato rifiuti già separati e accumulati, in attesa di essere, portati al termovalorizzatore di Acerra;
i tecnici dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale del dipartimento di Caserta sono prontamente intervenuti presso il sito, dando inizio alle operazioni preliminari di sopralluogo e campionamento;
i tecnici hanno istallato all'interno dello Stir un campionatore ad alto volume per la determinazione di diossine e furani nell'aria, i cui esiti analitici saranno resi noti appena disponibili;
in attesa di conoscere i danni ambientali, si riscontrano numerosi problemi operativi, con decine di autocompattatori che erano in fila per scaricare i rifiuti di molti paesi del Casertano, costretti per ovvi motivi ad allontanarsi;
la lunga serie di incendi sembrerebbe essere l'ennesimo atto che attesta la presenza della criminalità organizzata in un settore delicato e importante;
il 30 settembre 2019, proprio accanto lo Stir di Santa Maria Capua Vetere, gli investigatori della compagnia della Guardia di finanza hanno sequestrato un impianto di compostaggio abbandonato, di proprietà del Consorzio unico di bacino delle province di Napoli e Caserta;
secondo la procura di Santa Maria Capua Vetere, sarebbero state scaricate illegalmente migliaia di tonnellate di rifiuti provenienti dalla Lea di Marcianise, l'impianto bruciato il 26 ottobre 2018, che compare anche nell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano, la quale ha colpito un'organizzazione collegata alla ’ndrangheta che smaltiva illegalmente rifiuti campani in Lombardia e Calabria;
questi rifiuti finivano in capannoni dove successivamente si verificavano incendi;
il 19 novembre 2018 il Governo pro tempore ha approvato un protocollo che mira a tutelare la salute delle popolazioni che vivono su questo territorio;
il piano d'azione coinvolge sette Ministeri e il presidente della regione Campania;
il fenomeno, in crescita negli ultimi mesi, sembra essere la prova di un'attività criminale dotata di notevoli capacità operative ed organizzative;
il 12 ottobre 2019, il Ministro interpellato ha dichiarato che «il patto d'azione Terra dei fuochi firmato a novembre 2018 oggettivamente non ha funzionato come doveva funzionare. Adesso si deve cambiare marcia, ho già parlato con la Ministra dell'interno» –:
se il Ministro interpellato, alla luce della gravissima situazione che interessa i suddetti ambiti territoriali, dopo mesi dalla firma del protocollo, non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative straordinarie al fine di rendere più sicuri la gestione e il controllo dei siti di stoccaggio dei rifiuti, promuovendo una revisione del protocollo medesimo.
(2-00532) «Buompane, Villani, Grimaldi, Iorio, Del Monaco, Manzo, Nesci, Sarli».
Interrogazione a risposta scritta:
PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
i cambiamenti climatici interagiscono con fattori sociali ed economici; è pertanto necessario adottare un approccio integrato maggiormente operativo a livello locale e regionale;
l'Accordo di Parigi (adottato il 12 dicembre 2015), agli articoli 7, paragrafo 2, e 11, paragrafo 2, riconosce il ruolo fondamentale di città, regioni ed enti locali nella lotta al cambiamento climatico, promuovendo una cooperazione multilivello;
al fine di attuare tale accordo è fondamentale che si agisca in materia di pianificazione urbana, mobilità, trasporto pubblico e infrastrutture, prestazioni energetiche degli edifici, campagne educative, città intelligenti, reti intelligenti e sovvenzioni regionali;
l'azione delle autorità locali appare, dunque, essenziale per consentire ai Governi di soddisfare i loro impegni nel quadro dell'azione globale per il clima. Gli stessi sindaci, direttamente responsabili delle loro decisioni, possono agire più efficacemente e rapidamente e spesso con risultati immediati che hanno un impatto fondamentale sul clima. I governi locali sono, infatti, responsabili dell'attuazione di oltre il 70 per cento delle misure di mitigazione dei cambiamenti climatici;
il noto «Green New Deal» propone un piano dirompente di riconversione ecologica e industriale con l'obiettivo di traghettare i sistemi produttivi verso un'economia verde garantendo piena occupazione e affrontando unitamente la doppia emergenza dell'ambiente e del lavoro;
in base alla Nadef 2019, la manovra per il triennio 2020-2022 punterà a preservare la sostenibilità della finanza pubblica e a creare, al contempo, spazi fiscali per rilanciare la crescita economica nel segno della sostenibilità ambientale e sociale. Un elemento cruciale delle future politiche sul clima e l'energia è rappresentato dal piano nazionale integrato per l'energia e il clima, che costituisce lo strumento attraverso il quale ogni Stato stabilisce i propri contributi agli obiettivi europei 2030, attuando gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra, incremento delle fonti rinnovabili ed efficienza energetica approvati per l'anno 2030, proprio ai fini del rispetto degli impegni assunti con la sottoscrizione dell'Accordo di Parigi –:
a quanto ammontino gli investimenti pubblici 2020 per l'ambiente, previsti nella prossima manovra di bilancio, strettamente dedicati ai territori (regioni ed enti locali) in attuazione di quanto citato in premessa ed espressamente dettato dall'Accordo di Parigi.
(4-03903)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FREGOLENT. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la Cavallerizza Reale è un complesso monumentale, costruito tra Seicento e Ottocento, come sede dell'Accademia militare e ubicato in pieno centro storico a Torino. Il complesso è protetto da vincolo architettonico e fa parte del sistema delle residenze reali sabaude, dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco;
ceduto dal demanio al comune di Torino, il complesso architettonico è divenuto parte del Teatro Stabile e, nel 2011, si è aperto alla città come luogo di spettacolo, ottenendo un notevole successo; nel 2009 la Cavallerizza Reale è stata messa in vendita dal comune e, a partire dal maggio 2014, l'edificio è stato occupato illegalmente e tale occupazione permane tuttora;
oltre alle problematiche evidenziate, vi è anche una rilevante questione di sicurezza, in quanto la struttura è pericolante in molte sue parti e, nonostante ciò, al suo interno continuano a essere organizzate serate musicali, concerti, e feste abusive cui prendono parte centinaia di persone;
risulta inoltre agli interroganti che il complesso sia stato anche adibito a base logistica da parte di gruppi legati all'area anarchica e insurrezionalista, in particolare modo da persone ricollegabili al centro sociale «Askatasuna»;
il 21 ottobre 2019 circa 250 metri quadrati delle «Pagliere», nelle ex stalle reali, sono andati a fuoco causando gravi danni. I vigili del fuoco sono riusciti a evitare che le fiamme si propagassero nel vicino Auditorium Rai, sventando un ulteriore disastro;
questo incendio, su cui la Magistratura sta indagando, è il terzo registrato negli ultimi anni: nel mese di agosto 2014 e nel mese di giugno 2016 due roghi, di presunta origine dolosa, avevano infatti già danneggiato la struttura;
nell'edificio, dove vivono attualmente circa 60 persone, si registrano con frequenza episodi violenza e reati: le forze dell'ordine sono dovute infatti intervenire negli ultimi 3 mesi almeno 10 volte;
il questore di Torino ha dichiarato che ormai «quello della Cavallerizza è divenuto un problema di ordine pubblico da risolvere e che produce alta criminalità»;
appare quindi evidente che la mancanza di gestione e controllo di un edificio pubblico di straordinaria valenza artistica e culturale, da parte del comune di Torino, abbia danneggiato un immobile patrimonio dell'Unesco e alimentato illegalità e pericoli per la comunità;
ogni ulteriore stanziamento di risorse pubbliche per riqualificare la Cavallerizza deve essere preceduto dal ripristino della legalità nello stabile: la fruizione dei beni comuni passa anche necessariamente dall'accessibilità e dalla sicurezza degli stessi –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dello stato di pericoloso e continuo degrado in cui versa da anni la Cavallerizza Reale di Torino e quali iniziative urgenti di competenza intendano assumere, di concerto con l'amministrazione comunale responsabile dello stabile, al fine di sgomberare e recuperare il complesso della Cavallerizza Reale per riconsegnarlo a una vera e piena fruizione pubblica.
(5-02973)
PATELLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
verso le 7.45 del 21 ottobre 2019 è divampato un incendio sul tetto della Cavallerizza Reale, rogo che sarebbe iniziato nelle ex stalle dello stabile, chiamate «Le Pagliere», dove ci sono i magazzini, e dove viene accatastato materiale di risulta;
la Cavallerizza Reale o Cavallerizza Reale di Torino è un edificio situato a Torino, progettato nel 1740 in stile barocco dall'architetto Benedetto Alfieri ed è stato dichiarato nel 1997 patrimonio dell'Unesco;
il complesso ottocentesco appartiene per metà (il lato verso Teatro Regio) alla Cassa depositi e prestiti e per l'altra metà – tra cui la parte andata a fuoco – a un fondo della città di Torino dal 2010;
l'edificio, rimasto per molto tempo abbandonato in attesa di una destinazione d'uso certa, è stato già interessato da un incendio di origine dolosa nei 2014 (presso i magazzini del Circolo dei beni demaniali) e da un altro – più limitato – nel giugno del 2016;
dal 2014 la Cavallerizza Reale di Torino è occupata dai centri sociali; ad oggi risulta essere un luogo abbandonato a sé stesso, senza che la città di Torino – durante gli ultimi 10 anni almeno – abbia avuto idea di cosa farne;
il questore della città di Torino ha spiegato alla stampa che all'interno vivono almeno sessanta persone abusive, svelando che «lo scorso 18 ottobre, la società "Ireti", su disposizione della Procura, ha effettuato un intervento di bonifica all'interno dell'area con propri tecnici, supportati dai poliziotti del Commissariato Centro. In quell'occasione sono stati individuati collegamenti elettrici precari che si è provveduto a rimuovere»;
in particolare sembra che dal 2014 non sia stato eseguito alcun lavoro all'impianto elettrico, venendosi a creare una situazione di pericolo e di probabile furto di energia;
nel 2016, l'allora Ministro Dario Franceschini promise quindici milioni di euro per il recupero del complesso della Cavallerizza Reale e il completamento dei giardini del Palazzo Reale, all'interno dei finanziamenti del Cipe, il comitato per la programmazione economica, nell'ambito dei finanziamenti destinati alla cultura –:
quali siano i motivi per il quale i finanziamenti del Cipe non siano ancora stati stanziati per il recupero del complesso della Cavallerizza Reale, complesso che giace come testimoniato dagli eventi delle ultime ore, in stato di degrado e abbandono, con fenomeni di illegalità.
(5-02974)
Interrogazione a risposta scritta:
GAGNARLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:
nell'area a sud-est di Camucia, nel comune di Cortona, da più di trent'anni è nota l'esistenza di un'ampia area archeologica che va dall'epoca etrusca alla tarda romanità, area che negli anni passati è stata oggetto di danneggiamenti collegati a cantieri edili, come sottolineato nella interrogazione n. 4-11330 presentata dalla sottoscritta nella precedente legislatura;
nel corso degli ultimi decenni, in diverse occasioni, si è scelto di sigillare i ritrovamenti: nel 1988 emersero reperti e strutture che furono parzialmente scavate e poi tombate sotto un grosso stabile. Nei primi anni Novanta fu profondamente sconvolta un'area sacra di epoca etrusca con il trasporto in discarica di ben 5.500 metri cubi di materiali archeologici. Negli anni successivi sono stati effettuati scavi in via Capitini che hanno restituito tracce di santuari etruschi, poi riseppelliti sotto un parcheggio. Nel 2016, un finanziamento del Ministero dei beni e delle attività culturali ha reso possibile degli interessanti scavi stratigrafici che hanno restituito importanti reperti in conseguenza dei quali è stato abbandonato il progetto di realizzazione di un centro direzionale;
il Soprintendente Andrea Pessina, in un pubblico convegno di qualche anno fa a Cortona dichiarava che, considerati i rinvenimenti di strutture murarie e manufatti riferibili a un vasto e imponente complesso edilizio, Cortona avrebbe potuto a breve arricchirsi di una nuova ampia area archeologica;
attualmente la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Siena, Grosseto e Arezzo ha autorizzato la copertura degli scavi sia nell'ex campo sportivo «La Maialina», che nell'area del vivaio limitrofo, chiedendo di lasciare visibili solo un pozzo e una parte delle mura rinvenute;
il comune sta invece autorizzando la costruzione di un supermercato vicino all'ex campo di calcio, con l'unico accorgimento che «non vengano fatte fondazioni profonde»;
le poche aree di Camucia ancora libere da costruzioni sono le ultime sopravvissute a una speculazione edilizia selvaggia, iniziata ormai da qualche decennio, e sono, a giudizio dell'interrogante, meritevoli di un importante progetto di insieme –:
quali siano i propositi del Ministro interrogato in merito all'eventuale programmazione e progettazione di un parco archeologico nell'area in questione, al fine di permettere che le ultime aree archeologiche sopravvissute siano restituire alla civiltà.
(4-03895)
DIFESA
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:
MARIA TRIPODI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 25 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, all'articolo 8-bis, tratta dell'accesso degli Ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria della guardia costiera al centro elaborazione dati del Ministero dell'interno;
il comma 2 del suddetto articolo recita «con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dei trasporti sono individuati i dati e le informazioni di cui al comma 1 e sono stabilite le modalità per effettuare i collegamenti per il relativo accesso»;
durante l'audizione del Co.Ce.R. Marina presso la Commissione della difesa della Camera dello scorso 9 ottobre 2019 nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla condizione del personale impiegato nell'operazione «strade sicure» (articolo 7-bis), il delegato della guardia costiera ha evidenziato che il Corpo non ha ancora la possibilità di accedere al Centro di elaborazione dati del Ministero dell'interno;
tra l'altro si evidenzia come i militari della Guardia costiera, durante gli ordinari controlli in porto ed in mare, non potendo accedere ai dati, potrebbero lasciare andare ricercati o pregiudicati dopo aver controllato i documenti ad esempio di barca che potrebbero rivelarsi in ordine –:
se sia a conoscenza della situazione di disagio totale nella quale versa il Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera, costretto ad operare senza il previsto accesso al centro di elaborazione dati del Ministero dell'interno.
(5-02976)
FERRARI, FANTUZ, ZICCHIERI, TOCCALINI, BONIARDI, CASTIELLO, PICCOLO, PRETTO e RAFFAELE VOLPI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
nel documento programmatico pluriennale (Dpp) della Difesa del 2019 è previsto il finanziamento di tutta una serie di acquisizioni d'interesse delle Forze armate;
in particolare, secondo il Dpp, per l'acquisto di 630 VBM Freccia risultano allocati 1,5 miliardi di euro, distribuiti nel periodo 2019-2032, mentre altri 821,7 milioni di euro sono destinati all'acquisizione di 150 veicoli corazzati Centauro 2, spalmati lungo il periodo 2019-2030;
ciò nonostante, la linea produzione del VBM Freccia risulta ferma da mesi e non riprende a causa della mancata firma della convenzione «tripartita» tra Ministero della difesa, Ministero dell'economia e delle finanze e Ministero dello sviluppo economico, per lo sblocco di 41 veicoli;
non risulta essere stata firmata neanche la convenzione tripartita che concerne il blindato Centauro 2 –:
in quali tempi si conti di sbloccare i due programmi, in modo da assicurare la ripresa dei lavori alle linee di produzione di Iveco e il soddisfacimento rapido delle esigenze delle Forze armate.
(5-02977)
D'UVA, GIOVANNI RUSSO, ARESTA, CHIAZZESE, CORDA, DEL MONACO, ERMELLINO, GIARRIZZO, GUBITOSA, FRUSONE, IORIO, IOVINO, MISITI, RIZZO e ROBERTO ROSSINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la letteratura scientifica documenta come l'uso dell'amianto sia stato massiccio nell'ambito dei cantieri navali e nelle navi militari e diffuso in tutti gli ambienti;
l'esposizione ha interessato coibentatori, meccanici, carpentieri di bordo, saldatori, tubisti, elettricisti, impiantisti, i quali eseguivano le loro mansioni con continuità, trasferendosi da un'unità all'altra e da un cantiere all'altro, subendo perciò un'esposizione intensa e duratura;
tali elementi sono, allo stato, incontrovertibili, come dimostrano sia i dati scientifici acquisiti in merito alla nocività dell'amianto ed alla presenza dello stesso nei cantieri navali a partire dai primi anni del 1900, sia il conseguente, seppur lento, excursus storico seguito dalla normativa e dalla giurisprudenza;
nonostante il pericolo dell'amianto fosse noto da lunghissimo tempo, soltanto nel 1991, con il decreto legislativo n. 277 del 1991, lo Stato italiano dava attuazione, in ambito nazionale, alle direttive comunitarie adottate in materia protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante l'attività lavorativa;
la tardiva attuazione della normativa di protezione ha comportato lo sviluppo in molti lavoratori dell'asbestosi (una malattia, come noto, correlata all'esposizione di questo pericolosissimo materiale, molti dei quali hanno trovato la morte. Diverse sono le sentenze di risarcimento danni che gli interessati ed i congiunti hanno richiesto ed ottenuto contro il Ministero della difesa. Tra le più recenti, quella emessa dal Tribunale di Genova il 29 gennaio 2019, che ha condannato il Ministero della difesa a risarcire il danno non patrimoniale di oltre 700.000 euro, iure proprio, a favore dei congiunti di una vittima dell'amianto, deceduta a causa di mesotelioma pleurico, contratto nello svolgimento delle sue mansioni di carpentiere e addetto ai bacini di carenaggio presso l'Arsenale della marina militare di La Spezia –:
se il Ministro interrogato, sulla base dei dati a sua disposizione, stia promuovendo o stia valutando di promuovere iniziative di competenza dirette a rimuovere l'amianto dalle unità navali e dai siti militari in cui ancora sia riscontrabile la presenza di questo materiale dalla pericolosità accertata.
(5-02978)
DEIDDA, FERRO e GALANTINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
nel dicembre del 2012, in ragione dell'aggravarsi della tensione lungo il confine con la Siria, la Nato ha dato avvio al Nato Support To Turkey (NS2T), sulla base di una specifica richiesta avanzata dallo Stato turco, per la protezione del suo territorio da un'eventuale minaccia missilistica proveniente dai territori dello stato siriano;
tale richiesta ha trovato l'adesione, nel tempo, degli Stati Uniti, della Germania, dell'Olanda e della Spagna, con lo schieramento di alcune batterie missilistiche Patriot, mentre, successivamente al disimpegno di americani e tedeschi, l'Italia ha deciso di schierare, a partire dal giugno 2016, una batteria SAMP-T;
l'Italia, allo stato, partecipa alla citata missione con 130 unità di personale militare e 25 mezzi terrestri di stanza nella base militare «Gazi Kislaşi» di Kahramanmaraş, e il fabbisogno finanziario della missione, è pari ad euro 12.756.907;
l'operazione non ha un termine di scadenza predeterminato e, allo stato, la presenza italiana è stata prorogata fino al 31 dicembre 2019;
la recente aggressione militare della Turchia ai danni della Siria – in particolare nei territori del nord est, occupati dalla popolazione curda – sta provocando centinaia di morti, inclusi, purtroppo, molti civili, nonché migliaia di sfollati ed è di queste ore la notizia di una tregua dell'offensiva, contestuale, peraltro, all'avanzata delle forze siriane nella zona;
il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nella recente informativa, e, successivamente, il Presidente del Consiglio, hanno annunciato provvedimenti di sospensione di qualsiasi vendita di armamenti, nonché il monitoraggio delle operazioni esistenti per le valutazioni del caso –:
se sia a conoscenza dei fatti nonché dell'attuale condizione dei militari italiani impegnati nella missione in questione e quali iniziative intenda assumere al fine di consentire la valutazione del ritiro della presenza italiana nel territorio turco alla prevista scadenza del 31 dicembre 2019.
(5-02979)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
CENNI, PEZZOPANE, SENSI, SERRACCHIANI, DI GIORGI, PINI, ANDREA ROMANO, SCHIRÒ, SIANI, CARNEVALI, GRIBAUDO, BONOMO, CIAMPI e FRAILIS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
dal 2000 al 2014 in Italia la violenza domestica, giunta fino all'omicidio, ha prodotto oltre 1.600 orfani. Si tratta di numeri purtroppo in crescita e che necessitano di interventi e finanziamenti, non soltanto di prevenzione e repressione del fenomeno, ma per sostenere la crescita dei minori, il difficile e lungo percorso di recupero psicologico e spesso il loro reinserimento lavorativo è personale nella società;
con queste finalità la legge n. 4 del 2018 («Modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici») ha introdotto tutele per gli orfani di femminicidio prevedendo «che i figli delle vittime del reato di omicidio in ambito domestico abbiano diritto ad assistenza medico psicologica gratuita e siano esenti dalla partecipazione alla spesa per ogni tipo di prestazione sanitaria e farmaceutica»;
tale legge ha inoltre incrementato di 2 milioni di euro annui, a decorrere dal 2017, la dotazione del Fondo di rotazione per le vittime dei crimini intenzionali violenti, destinandolo anche agli orfani per crimini domestici. In particolare, tale incremento è destinato all'erogazione di borse di studio per gli orfani, al finanziamento del loro reinserimento lavorativo e alla copertura delle spese per l'assistenza psicologica e sanitaria;
il fondo di rotazione per le vittime dei crimini intenzionali violenti è stato successivamente incrementato, di 5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020;
la legge n. 4 del 2018 ha inoltre disposto (all'articolo 11, comma 2) che «con regolamento adottato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il Ministro dell'interno, con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro della salute, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge» vengano «stabiliti i criteri e le modalità per l'utilizzazione delle risorse»;
la legge è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 2018, ma ad oggi, dopo quasi 22 mesi, tale decreto interministeriale non è stato ancora emanato;
secondo l'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza sarebbero circa 2 mila i minori, spesso affidati ai familiari più vicini, che non possono fruire dei benefici e delle risorse previste a causa della mancata approvazione del suddetto decreto –:
per quali motivi non sia stato ancora emanato il decreto previsto dall'articolo 11, comma 2, della legge n. 4 del 2018 e quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo affinché vengano erogati i fondi per gli orfani di crimini domestici.
(5-02956)
GIUSTIZIA
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
sono 6.476 i detenuti che potrebbero essere ospitati nelle carceri siciliane, a fronte di una popolazione carceraria di ben 6.496 persone, di cui 1.124 sono stranieri e 214 donne, con un organico di polizia penitenziaria in servizio di 3.726 unità;
tali dati sono stati resi noti dalla Uil polizia penitenziaria durante una conferenza stampa, a Palermo, in cui il sindacato ha denunciato, ancora una volta, il sovraffollamento degli istituti penitenziari e la carenza di personale;
in particolare, su 23 istituti penitenziari dell'isola, in 13 il numero della popolazione detenuta supera quello previsto. Le situazioni peggiori si registrano al Pagliarelli di Palermo dove, a fronte di una popolazione detenuta «regolare» di 1.182 persone, ci sono 1.353 detenuti (171 in più), di cui 233 stranieri; a Caltanissetta i detenuti sono 233, a fronte di una condizione di normalità che prevederebbe 178 detenuti. Sulla stessa linea anche il carcere di Augusta (Siracusa) la cui popolazione detenuta è di 104 unità in più rispetto al regolare (476 contro 372) e non va meglio a Siracusa dove ci sono 91 detenuti in più rispetto alle capacità del carcere (630 contro 539);
la polizia penitenziaria nei primi sei mesi del 2019, ha gestito oltre 2.100 eventi critici tra cui atti di autolesionismo, manifestazioni di protesta collettive e singole, colluttazioni, tentati suicidi, tentativi di evasioni, ferimenti ed altro: solo nelle carceri siciliane sono stati registrati: 466 manifestazioni di protesta collettiva, 460 episodi di colluttazioni tra detenuti, 276 episodi di danneggiamento, 296 atti di autolesionismo e 61 tentati suicidi, solo per citare i principali eventi;
secondo la denuncia di Gioacchino Veneziano, segretario Uilpa polizia penitenziaria Sicilia, ad oggi, le istituzioni locali e nazionali non starebbero facendo nulla per evitare il peggio, insistendo sul fatto che «è necessario accelerare con un piano di assunzioni di personale straordinario, perché quello sbandierato contiene solo i numeri per il turnover, quindi oggi in Sicilia operano sulla carta 3.700 poliziotti che con ovvia sottrazione di quello impiegato in compiti sussidiari alla sicurezza, a quelli per le traduzioni e per le scorte, e quelli assenti per la fruizione dei diritti, rimangono al netto appena che 1.200 poliziotti penitenziari che nell'arco delle 24 ore si occupano di vigilare sugli oltre 6.500 detenuti rinchiusi nelle 23 carceri siciliane; in pratica 460 unità per singolo turno!»;
la classifica degli eventi critici conferma che in certe strutture penitenziarie, tra cui Barcellona Pozzo di Gotto, seguita da Palermo Pagliarelli, Trapani, Siracusa e Agrigento, vi è necessità di interventi massicci: è davvero obbligatorio accendere i riflettori sulla sanità all'interno delle carceri in quanto, negli ultimi anni, si è registrato un sensibile incremento di detenuti affetti da malattie mentali/e/o psicofisiche che rendono difficoltosa, per non dire impossibile, la loro permanenza in strutture carcerarie, aumentando i rischi di incolumità anche per i poliziotti; così come si rilevano i numerosi trasferimenti dei detenuti nelle strutture ospedaliere, con conseguente grave rischio per la sicurezza pubblica in caso di eventi critici;
secondo la denuncia del segretario generale della Uilpa «nessun parametro dell'articolo 27 della Costituzione in questo momento viene rispettato e solo il grande sacrificio della Polizia Penitenziaria evita che il sistema crolli ovunque» –:
quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interpellato intenda adottare al fine di potenziare l'apparato della polizia penitenziari a presso le carceri italiane, e siciliane in particolare, provvedendo all'aumento degli organici di polizia, anche attraverso lo scorrimento delle graduatorie ad oggi vigenti, a un incremento degli stanziamenti per l'ammodernamento delle strutture, nonché assumendo iniziative di carattere normativo per garantire una risposta forte dello Stato di frontale continue aggressioni ai danni della polizia penitenziaria.
(2-00533) «Varchi, Maschio, Bucalo».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MASCHIO e VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 24 della Costituzione garantisce l'accesso alla giustizia ai meno abbienti e questo principiò è la proiezione nel campo del processo di un altro principio basilare ovvero, quello dell'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge, enunciato ed esplicato nell'articolo 3 della Carta fondamentale;
in Italia la difesa dei meno abbienti è stata affidata al cosiddetto «patrocinio gratuito», di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115;
nell'applicazione pratica delle disposizioni di legge, però, la procedura dei pagamenti del patrocinio a spese dello Stato è affetta da gravi criticità;
secondo gli addetti ai lavori, i problemi principali riguarderebbero, nello specifico, la complessità della procedura burocratico-amministrativa, la carenza di personale negli uffici giudiziari e i cronici ritardi delle liquidazioni agli avvocati da parte delle corti d'appello;
a tre anni dall'entrata in vigore della riforma della compensazione e dal relativo decreto attuativo sembrerebbe essere mancato il conseguimento dell'obiettivo prefissato, ovvero una liquidazione celere;
la farraginosità della procedura prevista dalla circolare ministeriale del 3 ottobre 2016 emerge ictu oculi dai passaggi imposti dal percorso normativo delineato dalla circolare, che grava in toto sull'avvocato;
dall'emissione del decreto di liquidazione del giudice al pagamento da parte della corte d'appello decorrerebbero, in media, due anni e mezzo: il legale è obbligato, intanto, ad emettere fattura elettronica, anticipando il pagamento delle tasse, ancor prima di ricevere il pagamento del compenso liquidato;
oggi più che mai, è impellente la necessità di una semplificazione, o tramite affidamento diretto della procedura al giudice attraverso la piattaforma ministeriale Siamm, o, in alternativa, tramite delega della liquidazione all'ufficio spese di giustizia presso l'autorità giudiziaria procedente: le corti d'appello, in questo modo, saranno sollevate dalla gestione delle migliaia di fatture elettroniche provenienti dall'intero distretto di competenza;
appare, altresì, necessario snellire la procedura burocratica interna al Ministero, agevolando il finanziamento delle corti d'appello e velocizzando l'assegnazione dei fondi;
i tempi di accredito dei compensi liquidati da parte delle corti d'appello sono, infatti, costantemente soggetti a rinvii, aumentando il già preoccupante arretrato esistente;
la situazione è sempre più drammatica, sia per gli avvocati che svolgono la loro professione, sia per i cittadini, vittime della riduzione del numero degli avvocati disponibili, di fatto, ad autofinanziare, per anni, il costo di un servizio erogato dagli avvocati medesimi alla società civile: il tutto si traduce, ad avviso degli interroganti, in una denegata giustizia, in aperta violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali siano i dati disponibili sui tempi medi di pagamento dei decreti di liquidazione;
quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per porre fine alle criticità esposte in premessa.
(5-02957)
VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
una circolare ministeriale del 12 maggio 2015 prevedeva la possibilità per le amministrazioni comunali di richiedere il ripristino degli uffici del giudice di pace soppressi ai sensi del decreto legislativo n. 156 del 2012;
nella seduta n. 47 del 25 giugno 2019, il consiglio comunale di Bagheria approvava la mozione n. 3, recante «Procedure necessarie per ritorno Giudice di Pace nel 6 territorio di Bagheria»;
come si legge nel testo della mozione, la chiusura degli uffici del giudice di pace ha arrecato un grave danno al territorio, in quanto contava un indotto di più di duemila persone al mese, che, ovviamente, contribuivano all'economia della città;
tale decisione ha gravato, in particolare, sui cittadini, costretti a spostarsi a Termini Imerese per recarsi in udienza e vedere garantiti i propri diritti;
all'indomani della chiusura, lo stesso giudice di pace, Luigi Fortunato, che dal 2002 presiedeva l'ufficio, aveva manifestato tutta la sua amarezza per la decisione presa: «È una perdita importante per il cittadino, perché a parte le questioni tecniche, che possono essere svolte tramite gli avvocati, tutte le utenze, le informazioni che venivano date ai cittadini verranno a mancare, questa è la più grave perdita reale dell'Ufficio»;
gli uffici del giudice di pace devono essere considerati un baluardo a presidio della legalità –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e sposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare conformemente a quanto espresso nella mozione citata, ripristinando l'ufficio del giudice di pace nel comune di Bagheria.
(5-02959)
Interrogazioni a risposta scritta:
PANIZZUT. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nei primi giorni del mese di ottobre 2019 è stato pubblicato un bando di assunzione di 616 operatori giudiziari area II fascia economica F1, mediante avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego, con un punteggio aggiuntivo per coloro che hanno prestato servizio in qualità di tirocinanti;
si tratta di una selezione, come detto mediante avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego, finalizzata all'assunzione di 616 operatori giudiziari, con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, per la copertura di posti vacanti in uffici giudiziari aventi sede nelle regioni Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto. Nello specifico le sedi interessate sono (tabella A dell'avviso in Gazzetta Ufficiale): l'amministrazione centrale di Roma (29 posti), distretto di Ancona (24 posti), Bari (26), Bologna (35), Brescia (36), Catanzaro (17), Firenze (11), Genova (16), Milano (126), Napoli (86), Reggio Calabria (35), Roma (98), Salerno (24), Torino (26), Venezia (27);
il Ministero della giustizia aveva garantito, che nell'anno 2019 avrebbe assunto a tempo indeterminato, tramite delle selezioni presso i centri per l'impiego (articolo 16 della legge n. 56 del 1987) o almeno avrebbe assunto prima tutti i tirocinanti per l'ufficio per il processo (retribuiti dal Ministero della giustizia) e poi gli altri tirocinanti «semplici» retribuiti, invece, da alcune regioni italiane (per esempio Calabria, Toscana, Abruzzo e altre);
nel bando per 616 operatori giudiziari risultano escluse alcune regioni, fra cui il Friuli Venezia Giulia, nella quale regione ci sono circa 14-15 tirocinanti per l'ufficio per il processo, 2 presso il tribunale di Trieste, 2 a Gorizia e i rimanenti a Pordenone, numero comunque insufficiente rispetto al fabbisogno di personale che c'è in tribunale;
il presidente della corte d'appello di Trieste Olivieri Drigani, alla vigilia dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2018 ha affermato «L'organico della magistratura è praticamente completato. Abbiamo la fortuna di avere i dirigenti degli uffici giudiziari e siamo messi nella condizione di fare una navigazione sicura, il problema è che mancano i marinai, mancano gli organici e la situazione è pesante come l'anno scorso». Negli uffici giudicanti del Friuli Venezia Giulia ci sono scoperture pari al 42 per cento tra i funzionari, al 33 per cento tra i dirigenti amministrativi, al 23 per cento tra i cancellieri e gli assistenti. «Nota positiva – ha osservato Drigani – è che siamo stati inseriti, per quanto riguarda gli assistenti giudiziari, nella pianta delle scoperture che dovranno essere coperte» –:
quale sia la motivazione per cui non si intendano colmare i vuoti di organico degli operatori giudiziari nella regione Friuli Venezia Giulia con i tirocinanti per l'ufficio per il processo che in questa regione sono presenti;
se il Ministro non intenda adottare iniziative concrete che soddisfino le legittime aspettative dei lavoratori che, sicuramente, non vanno in rotta di collisione con le esigenze dell'amministrazione.
(4-03893)
FIORINI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
come tristemente noto, l'indagine giudiziaria «Angeli e demoni» che il 27 giugno 2019 ha fatto emergere uno scenario orribile sulla rete dei servizi sociali della Val d'Enza nel reggiano, ha portato a misure cautelari per molte persone (politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti e altri), accusati, tra l'altro, di redigere false relazioni per allontanare bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito presso amici o conoscenti;
al centro dell'inchiesta c'è anche il sindaco di Bibbiano, accusato di abuso di ufficio e falso per aver, in sostanza, dato copertura alla commissione dei reati;
si tratta della seconda indagine del 2019 che mette sotto i riflettori persone e procedure dell'amministrazione comunale di Reggio Emilia, dopo gli avvisi di garanzia emessi nel febbraio 2019, che riguardavano 18 dirigenti indagati relativamente a fatti che risalivano al 2013, quando ancora sindaco era l'ex Ministro Graziano Delrio. Anche in quel caso i reati ipotizzati erano di falso ideologico e abuso d'ufficio, circa presunte irregolarità nelle procedure di affidamento dei lavori o dei servizi afferenti la nomina del direttore dell'azienda pubblica di servizi alla persona, nell'affidamento dei servizi legali ed assicurativi del comune e altro;
con riguardo alla suddetta indagine «Angeli e demoni», il sito di Repubblica cronaca di Bologna, del 13 ottobre 2019, riporta che una funzionaria del settore politiche familiari del comune di Reggio Emilia, è indagata per depistaggio. Dipendenti dell'Asl avrebbero raccontato che la funzionaria era presente all'apertura delle buste di un appalto che avrebbe suggerito di assegnare alla Onlus Hansel e Gretel di Claudio Foti;
mentre proseguono i lavori della commissione d'inchiesta regionale costituita ad hoc, nei giorni scorsi sono venute alla luce alcune conseguenze dell'inchiesta. Una di queste è la crescente difficoltà, segnalata da più parti, nel reperire famiglie affidatarie e l'aumento, tra gli operatori, delle richieste di trasferimento o di cambi di mansione, con assistenti sociali che preferirebbero occuparsi di anziani, piuttosto che di minorenni;
da ultimo, si registrano le notizie riportate dall'agenzia «Dire» del 16 ottobre 2019, secondo le quali un consigliere comunale della Lega di Pianoro (Bologna) avrebbe scoperto nei faldoni trovati in una stanza messa a disposizione dei gruppi politici al comune di Pianoro anche informazioni su sé stesso bambino, nonché su centinaia di bambini «schedati» con informazioni sensibili su situazione familiare, disagi, osservazioni sulla loro psicologia e sul comportamento. Informazioni raccolte sui minori per anni e stipate in armadi senza chiave, potenzialmente accessibili a chiunque;
come riportato dal sito «reggioreport.it» del 22 ottobre 2019, nei comuni della Val d'Enza, al centro dell'inchiesta «Angeli e Demoni» tra il 2015 e il 2016, i bambini tolti alle famiglie e inseriti in struttura erano passati da 18 a 33: quasi il doppio rispetto all'anno precedente. E se nel 2015 nessun bambino era in affidamento, sempre in Val d'Enza, nel 2016 sono diventati di colpo 104 –:
se il Governo intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per implementare il monitoraggio sul sistema degli affidi dei minori e garantirne il funzionamento secondo principi di legittimità e trasparenza.
(4-03907)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta in Commissione:
TOCCAFONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'Anas è confluita nel gruppo Ferrovie dello Stato italiane (Fsi) il 29 dicembre 2017, passando da una amministrazione puramente burocratica statale ad una più dinamica e attenta al territorio di tipo privatistico in modo da essere più efficiente e puntuale sia sugli investimenti che nella rapidità degli interventi di manutenzione e realizzazione di nuove strade, aprendo così una nuova stagione di sviluppo ed investimenti;
l'Anas, quindi, da due anni fa parte a tutti gli effetti del gruppo Fsi, sia per quanto riguarda le politiche generali, che per gli investimenti che sono un punto centrale della politica del gruppo anche per rilanciare l'occupazione;
nel mese di dicembre 2018 è stato realizzato il rinnovo delle seguenti cariche: quella dell'amministratore delegato e quella del consiglio di amministrazione; tale rinnovo è finalizzato sia a rilanciare l'efficienza e la velocità di intervento dell'Anas, sia a riprendere in mano il contenzioso che ammonta a circa 10 miliardi di euro, parte dei quali scaturiscono dal meccanismo delle varianti in corso d'opera che, se non risolto rapidamente, potrebbero mettere un freno al rilancio dell'azienda e mettere a rischio i bilanci del gruppo Fsi;
in questi primi mesi del 2019 non sembra però ci sia stato nessun passo avanti nell'approccio per la soluzione dei problemi e tantomeno nell'individuazione di strategie ottimali per mettere in sicurezza sia le strade che i ponti e viadotti di competenza dell'Anas;
nel 2017, nel quadro di un accordo nazionale, la regione Toscana ha ceduto 550 chilometri di strade all'Anas, nell'ottica di una migliore gestione dell'esercizio/viabilità per i cittadini. L'area compartimentale della Toscana si è trovata a gestire quasi un terzo in più dei chilometri, con il numero degli addetti rimasto invariato;
la società attualmente gestisce circa 1700 chilometri di strade e superstrade, circa 1000 fra ponti e cavalcavia, con soli 65 addetti operativi che sorvegliano l'integrità del sistema stradale e altri 28 responsabili che seguono la gestione e l'organizzazione, per un territorio vasto e variegato. La normativa vigente (decreto del Presidente della Repubblica n. 1126 del 1981) prevede che ogni squadra sia composta da un sorvegliante e 5 operatori per sovraintendere a 40-60 chilometri di strade con la responsabilità della gestione e le conseguenti responsabilità penali e civili. In Toscana, siamo ampiamente al di fuori di questi parametri, perché tutto il personale di esercizio supera di poco le 90 unità, tra cantonieri, sorveglianti, capi nucleo e capi centro e manutenzione programmata, con una incidenza diretta sulla regolarità dell'esercizio e sulla sicurezza delle strade;
una situazione allarmante tanto che il 17 aprile 2019 i sindacati della Toscana e l'Anas Toscana, davanti al prefetto di Firenze, hanno sottoscritto un accordo nel quale sono state certificate, in base alla legge vigente (decreto del Presidente della Repubblica n. 1126 del 1981), le mancanze di personale a fronte di 88 cantonieri, 56 operatori, 5 sorveglianti per un totale di 149 agenti su una forza attuale di circa 200 persone;
diversi mesi sono trascorsi, ma nulla è accaduto; al contrario, l'Anas secondo l'interrogante si comporta come se non fosse stato sottoscritto alcun accordo –:
quali iniziative intenda adottare il Governo al fine di rendere operativo l'accordo sottoscritto, sia per quanto concerne il personale, che per quanto riguarda la manutenzione e la realizzazione di nuove strade il cui finanziamento è già stato previsto;
se non ritenga di dover assumere iniziative di competenza al fine di risolvere la situazione che genera preoccupazione nei lavoratori e nei sindacati della Toscana, per sostenere un cambio radicale delle politiche fino ad oggi assunte da Anas nel rispetto degli accordi, anche promuovendo un piano di assunzioni ormai indispensabile per il miglioramento della viabilità e della sicurezza dei cittadini toscani.
(5-02961)
Interrogazioni a risposta scritta:
MINARDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la situazione delle infrastrutture del Mezzogiorno e, in particolare, della Sicilia presenta elementi di grande arretratezza e rappresenta uno dei principali freni allo sviluppo economico; lo Stato e le società da esso controllate hanno la grave responsabilità di aver destinato al Sud solo un'esigua parte delle risorse disponibili, privilegiando per gli investimenti infrastrutturali le regioni del Centro-nord; tale politica ha, negli anni, prodotto un circolo vizioso al Sud, dove a poche infrastrutture è corrisposto un limitato sviluppo economico, e un circolo virtuoso nelle regioni del Nord, dove la crescita economica è stata fortemente favorita dagli investimenti infrastrutturali; il grande divario della rete ferroviaria italiana tra Centro-nord e Sud è il risultato più evidente di una politica che in termini di infrastrutture ha penalizzato il Sud. È sempre più palese il fatto che le Ferrovie dello Stato italiane hanno destinato alle regioni centro-settentrionali tutta la loro attenzione. La tendenza di Ferrovie dello Stato italiane a non investire nella rete del Mezzogiorno sembra pienamente confermata dai piani industriali della società degli ultimi 15 anni dove si evince che le scelte strategiche aziendali vanno sempre nella direzione di favorire ulteriormente la rete del Centro-nord; la politica di disimpegno nel Sud portata avanti dalle Ferrovie dello Stato italiane ha prodotto di recente, con la soppressione di numerosi treni a lunga percorrenza, un ulteriore danno alle regioni meridionali e, in particolare alla Sicilia, che, come è noto, non è dotata di collegamento terrestre con il resto d'Italia; in questo desolante quadro si è perfino paventata la soppressione del servizio di traghettamento dei treni da e per la Sicilia, che, se realizzata, determinerebbe il definitivo isolamento dell'isola –:
in quali termini e in che tempi il Governo intende attuare una politica di investimenti infrastrutturali nelle regioni meridionali atta a compensare il forte dualismo tra Centro-nord e Sud, generato, ad avviso dell'interrogante, anche dalle scelte aziendali del gruppo Ferrovie dello Stato italiane.
(4-03889)
MAGI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
è noto il legame di partenariato e collaborazione tra Italia e Libia in materia di contrasto all'immigrazione clandestina e di controllo delle frontiere terrestri libiche;
con decreto-legge del 10 luglio 2018, n. 84, recante Disposizioni urgenti per la cessione di unità navali italiane a supporto della Guardia costiera del Ministero delle difesa e degli organi per la sicurezza costiera del Ministero dell'interno libici, convertito dalla legge 9 agosto 2019, n. 98, viene autorizzata la cessione di «fino a un massimo di n. 10 “unità navali CP”, classe 500, in dotazione al Corpo delle capitanerie di porto – Guardia costiera»;
in relazione alle unità navali CP, all'articolo 1, comma 2, lettera a), si precisa che si autorizza la spesa di euro 695.000 per l'anno 2018 in favore del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
un'ulteriore spesa di euro 800.000 da imputarsi al Ministero dei trasporti e delle infrastrutture e di euro 570.000 (articolo 2) da imputarsi al Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2018 viene autorizzata per la manutenzione delle unità di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a) e b), e per lo svolgimento di attività di addestramento e formazione del personale affini di «potenziarne la capacità operativa nel contrasto all'immigrazione illegale e alla tratta degli esseri umani»;
in risposta all'interrogazione n. 5-01280 il sottosegretario per l'interno pro tempore, il 23 gennaio 2019, ha affermato che «per le restanti 10 unità navali, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha predisposto la cessione alle Autorità libiche, che avverrà a mezzo di idoneo vettore navale sulla base di un apposito Memorandum d'intesa, in corso di perfezionamento»;
ad oggi non sono state rese pubbliche ulteriori informazioni, in relazione ai decreti di spesa, a eventuali intese stipulate tra i Ministeri, a decreti di affidamento delle unità navali –:
quali siano gli estremi e il contenuto dettagliato di tutti gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione del decreto-legge n. 84 del 2018 relativi all'utilizzo delle risorse economiche, alla disposizione, all'affidamento, e alla cessione delle 10 «unità navali CP», quali attività siano state finanziate e come siano stati utilizzati uomini e mezzi delle forze italiane, tra i quali le unità navali eventualmente già cedute.
(4-03906)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
BONIARDI e CECCHETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
ancora il 24 settembre 2019 i carabinieri del comando provinciale di Milano hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Milano nei confronti di ben 16 persone con l'accusa di traffico di stupefacenti nei pressi dell'area del Parco delle Groane;
la zona del Parco delle Groane, che comprende diversi comuni a nord di Milano, tra cui Garbagnate, Bollate e Cesate, è una delle piazze di spaccio del Milanese, purtroppo, più nota alle cronache, tanto che sono all'ordine del giorno inseguimenti all'interno del parco stesso e arresti di spacciatori da parte delle forze dell'ordine;
secondo quanto si è appreso dalla stampa, già nel dicembre del 2015 vennero avviate dai militari della compagnia di Rho delle tempestive indagini a seguito delle ripetute segnalazioni dei residenti che avevano notato un intensificarsi della presenza di auto e di persone, già note come tossicodipendenti, nei pressi del Parco delle Groane, noto centro di spaccio di eroina, cocaina e hashish, venduta sia in piccole quantità che all'ingrosso;
grazie al tempestivo intervento delle forze dell'ordine e a una intensa attività di osservazione e intercettazione telefonica, allora i carabinieri avevano arrestato in flagranza 22 persone coinvolte a vario livellò nell'attività di spaccio;
tuttavia le indagini, nell'ambito dell'operazione «Fisarmonica» che ha visto il coinvolgimento di oltre 70 carabinieri, erano poi proseguite e avevano permesso ai carabinieri di ricostruire la struttura di questa organizzazione dedita allo spaccio, con l'arresto di 13 persone nelle province di Milano, Varese e Verbania;
tra gli indagati risulterebbero anche tre persone di nazionalità marocchina, al momento latitanti, che, secondo le ipotesi degli inquirenti, potrebbero aver già, lasciato il territorio nazionale;
la presenza di spacciatori e tossicodipendenti nella zona del Parco delle Groane, dove probabilmente si stanno trasferendo dal boschetto di Rogoredo, si è recentemente intensificata in modo preoccupante, come attesta l'aumento vertiginoso degli arresti riportati ormai quotidianamente dalla stampa;
ancora pochi giorni fa a Garbagnate, i carabinieri della compagnia di Rho hanno arrestato un uomo con l'accusa di spaccio di stupefacenti, in possesso addirittura di una pistola lanciarazzi, con matricola cancellata, oltre a mezzo chilogrammo di marijuana in essiccazione, un cofanetto con semi di piante di marijuana e attrezzatura varia per coltivazione, essiccazione e confezionamento della droga;
la situazione è ormai drammatica e i cittadini sono esasperati, nonostante l'impegno delle forze dell'ordine che tuttavia, data l'estensione della zona e l'intensificarsi della presenza di spacciatori e tossicodipendenti, non possono garantire con le dotazioni in organico il controllo di tutto il territorio –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere tempestivamente per il ripristino della legalità nella zona del Parco delle Groane nonché per incrementare i presidi delle forze dell'ordine nella medesima zona.
(4-03892)
LORENZO FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
sabato 19 ottobre 2019, in occasione della partita Napoli-Hellas Verona, è accaduto che i tifosi dell'Hellas Verona sono riusciti ad entrare allo stadio San Paolo per vedere la partita soltanto al secondo tempo di gioco;
si è trattato di circa seicento persone che hanno affrontato la lunga trasferta fino a Napoli per sostenere la propria squadra, acquistando regolarmente il biglietto d'ingresso, pagato anche a caro prezzo, e che, per ragioni ad avviso dell'interrogante ancora poco chiare, non hanno potuto accedere allo stadio dall'inizio della partita;
l'interrogante è ben consapevole dell'importanza del rispetto e della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, soprattutto durante lo svolgimento delle manifestazioni sportive, tanto che la Lega, con il decreto-legge n. 53 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, ha provveduto proprio ad inasprire i controlli e i motivi del divieto di accesso alle competizioni sportive per i casi di recidiva, il cosiddetto Daspo sportivo;
ciononostante la vicenda appare secondo l'interrogante alquanto dubbia; essa lascia alquanto perplessi ed indigna dinanzi alla mancanza di rispetto per chi pacificamente intende sostenere la propria squadra del cuore –:
se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per chiarire i punti oscuri della vicenda e per accertare eventuali responsabilità del prefetto di Napoli per l'accaduto.
(4-03894)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VII Commissione:
FRASSINETTI, MOLLICONE e BUCALO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
malgrado l'anno scolastico 2019/2020 sia cominciato da poche settimane, in tutte le province d'Italia si sta presentando il problema della mancata assegnazione degli insegnanti di sostegno agli alunni disabili;
è purtroppo cronaca quotidiana quella che riporta bambini o ragazzi costretti a rimanere a casa perché le scuole non possono garantire la presenza del docente di sostegno;
tale carenza non può essere affrontata all'inizio di ogni anno scolastico con logiche che si limitano ad arginare l'emergenza, senza mai risolvere il problema definitivamente;
le procedure di specializzazione avviate negli scorsi anni non hanno formato personale a sufficienza. Inoltre, con l'ultimo tirocinio formativo attivo (Tfa) sono stati banditi solo 14.000 posti a fronte di quasi 80.000 liberi;
per le attività di sostegno si continua a convocare docenti non specializzati, attingendo dalle graduatorie d'istituto o di circolo, anche attraverso le domande di messa a disposizione. Così facendo vengono chiamati docenti privi di titolo di specializzazione;
la mancanza di un concorso non selettivo aperto a tutti gli specializzati e specializzandi determina di fatto l'impossibilità di garantire la continuità didattica, essenziale per gli alunni disabili, provocando così perdita di sicurezza e le competenze già acquisite;
tutto ciò non solo costituisce un ostacolo alla realizzazione di una scuola inclusiva, ma contrasta con il dettato della Costituzione e con la convenzione dell'Onu per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dal Parlamento italiano con la legge 3 marzo 2009, n. 18, in quanto lede i diritti all'istruzione e alla corretta formazione degli alunni disabili –:
quali iniziative intenda adottare per superare le gravi criticità presenti nelle scuole e garantire a tutti gli alunni disabili condizioni di parità, rendendo davvero concreta l'inclusione scolastica.
(5-02962)
TOCCAFONDI e ANZALDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
grazie al piano straordinario di monitoraggio e contrasto dei cosiddetti «diplomifici», previsto dalla legge n. 107 del 2015, la cosiddetta «Buona Scuola», tra il 2016 e 2018, più di 600 istituti paritari sono stati oggetto di accertamenti ispettivi;
nei primi 6 mesi del 2016 per esempio sono state 288 le istituzioni scolastiche visitate, con particolare attenzione a quelle scuole secondarie di II grado, dove si rilevava una sostanziale differenza fra il numero di iscritti al primo anno e quello di iscritti all'esame di Stato. Attraverso il piano è stato verificato il rispetto dei requisiti necessari per il mantenimento della parità scolastica. Per realizzare il piano è stato istituito un gruppo di coordinamento in raccordo con gli uffici scolastici regionali. Grazie alla legge «Buona Scuola», nel 2016, il corpo degli ispettori è quasi raddoppiato, passando da 56 a 104 unità;
la mission era contenuta al comma 152 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015, che prevedeva «un piano straordinario di verifica della permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità scolastica»;
a seguito delle ispezioni e dei verbali degli ispettori degli uffici scolastici regionali sono state revocate alcune autorizzazioni di parità scolastica, in pressoché tutte la regioni e, in alcuni casi, i ricorsi presentati dai gestori hanno portato all'annullamento della revoca;
da quanto riportato da organi di stampa, per esempio, si apprende che, dopo accertamenti e verbali degli ispettori del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che avevano portato alla revoca dell'autorizzazione, vi erano anche i casi di quattro istituti della Lombardia, ed in particolare, dell'Istituto paritario Leonardo da Vinci di via Cadorna, di quello di via Cagnola a Milano, di quello di via Franchi Maggi di Pavia e dell'Istituto di via Canova a Como. I provvedimenti di revoca del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – ufficio scolastico per la Lombardia, recanti la revoca della parità scolastica, a seguito dell'impugnazione della Leonardo Da Vinci S.r.l., sarebbero stati annullati dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con sentenze confermate dal Consiglio di Stato –:
quali siano i dati definitivi relativi al piano straordinario di verifica della permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità scolastica nel triennio 2016-2018 e se le ispezioni di cui in premessa siano proseguite e con quali esiti, anche in relazione ai ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato rispetto alla revoca delle autorizzazioni.
(5-02963)
PICCOLI NARDELLI, CARNEVALI, DI GIORGI, SIANI, CIAMPI, RIZZO NERVO, PRESTIPINO, ROSSI, ORFINI, PINI e SCHIRÒ. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il 2 luglio 2019 si sono tenute le prove scritte per l'accesso alle scuole di specializzazione per 18.773 candidati mentre le borse messe a concorso erano 8.905;
dopo la laurea in medicina e chirurgia, la quasi totalità dei neolaureati ha necessità di intraprendere un percorso di formazione post-lauream, i posti programmati per la formazione sono insufficienti rispetto al numero di laureati annuali, il che crea così quello che viene definito «imbuto formativo» ovvero uno sbilanciamento tra domanda e offerta formativa specialistica;
secondo l'ultimo studio elaborato dall'Anaao, da qui al 2025 mancheranno almeno 16.500 medici specialisti;
i medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale oggi vanno in quiescenza con una anzianità media intorno ai 65 anni di età: ne consegue che nel triennio 2019- 2021 siano previste uscite tra 6.000 e 7.000 medici l'anno, per un totale di circa 20.000 unità;
con «Quota 100», sempre nel triennio 2019-2021, si acquisisce il diritto ad un pensionamento anticipato a 62 anni di età, con la conseguenza che in tale periodo altri 17.000/18.000 medici possano lasciare la professione, per un totale di pensionamenti possibili di 38.000 unità;
tra le possibili soluzioni per ovviare alla carenza di personale medico nei prossimi anni, oltre all'aumento delle borse di studio specialistiche, il cosiddetto «Decreto Calabria» (decreto-legge n. 35 del 2019) ha introdotto, all'articolo 12, comma 2, l'ammissione alle procedure concorsuali per l'accesso alla dirigenza del ruolo sanitario dei medici in formazione specialistica, nonché dei medici veterinari iscritti all'ultimo anno e, qualora abbia durata quinquennale, al penultimo anno del relativo corso, anche se la successiva assunzione a tempo indeterminato è subordinata al conseguimento del titolo di specializzazione;
per l'applicazione di tale normativa, sempre l'articolo 12 prevede la sottoscrizione «di specifici accordi tra le regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e le università interessate per la definizione della formazione specialistica»;
tale ultima soluzione ha sollevato non poche questioni in particolar modo sul ruolo e sulle competenze che tali figure professionali devono assumere –:
di quali elementi disponga circa le regioni e le università che hanno raggiunto l'accordo come previsto dall'articolo 12 del cosiddetto «decreto Calabria» relativo alla possibilità di procedere alla contemporanea formazione teorica presso le università e pratica presso le aziende sanitarie degli specializzandi dell'ultimo anno.
(5-02964)
APREA, RUFFINO, CASCIELLO, MARIN, MINARDO, PALMIERI e SACCANI JOTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
si apprende, dal comunicato stampa del 10 ottobre 2019 che è stato approvato dal Consiglio dei ministri un decreto-legge in materia di reclutamento e di abilitazione dei docenti, finalizzato ad assicurare la stabilità dell'insegnamento nelle scuole, a rispondere alla carenza di personale di ruolo e a risolvere il problema del precariato riducendo il ricorso ai contratti a tempo determinato;
dal comunicato, così come da notizie e dalle bozze del provvedimento apparse sulla stampa, si apprende che il decreto dovrebbe prevedere l'avvio entro il 2019 di una procedura concorsuale straordinaria per titoli ed esami per docenti della scuola secondaria, nonché per l'insegnamento del sostegno, per complessivi 24 mila posti, riservata ai precari con almeno 36 mesi di servizio, anche non consecutivi;
il requisito del servizio sarebbe però valutato esclusivamente se svolto nelle istituzioni scolastiche statali escludendo, in tal modo, i docenti che insegnano nelle scuole paritarie nonostante queste costituiscano il sistema nazionale di istruzione e formazione ai sensi della legge n. 62 del 2000;
appare evidente che l'esclusione del riconoscimento del servizio svolto nelle scuole paritarie costituirebbe una discriminazione nei confronti di una categoria di lavoratrici e lavoratori che possiedono la stessa formazione dei colleghi che svolgono la loro attività nelle scuole statali e che contribuiscono quotidianamente al funzionamento del sistema educativo;
la disparità di trattamento sussisterebbe tanto più se si considera che tale concorso dovrebbe prevedere l'abilitazione per i vincitori che non ne sono in possesso, in presenza di specifiche condizioni chiaramente indicate nel decreto;
ciò nonostante, non sfugge a una attenta analisi che una azione rivolta esclusivamente a includere tra i destinatari del concorso straordinario anche i soggetti che hanno svolto il servizio nelle scuole paritarie potrebbe mettere in difficoltà proprio queste ultime, ponendole nelle condizioni di non poter assicurare un servizio scolastico regolare e di qualità –:
quali iniziative intenda adottare per affrontare il problema del precariato storico anche dei docenti delle scuole paritarie, prevedendo l'accesso dei soggetti con servizio svolto nelle scuole paritarie o misto al concorso straordinario di cui in premessa, anche ai fini dell'immissione in ruolo o, in subordine, ai fini di conseguire l'abilitazione, definendo contestualmente l'attivazione immediata di un percorso abilitante ad hoc che permetta di conseguire l'abilitazione a coloro che insegnano nelle scuole paritarie senza prevedere l'obbligo di svolgimento di periodi di servizio presso le scuole statali.
(5-02965)
PATELLI e BELOTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge sul concorso straordinario per la scuola secondaria, approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri prevede che la partecipazione alla procedura del concorso straordinario sia riservata ai docenti che, tra l'anno scolastico 2011-2012 e quello 2018-2019, abbiano svolto, su posto comune o di sostegno almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive;
le annualità sopra descritte sono valide se il servizio svolto è di almeno 180 giorni oppure interessa un servizio continuativo dal 1° febbraio fino al termine delle lezioni con svolgimento degli scrutini finali; inoltre, tali annualità devono essere state svolte esclusivamente in scuole statali;
la parte finale delle premesse del testo del decreto-legge, per gli interroganti rappresenta un'intollerabile discriminazione, oltre che verso una tipologia di scuola riconosciuta dall'ordinamento statale – quella paritaria –, anche e soprattutto verso il personale che lì insegna e che la sostiene quotidianamente;
molti docenti che si trovano in questa situazione hanno scelto di rifiutare le tante convocazioni presso scuole statali al fine di produrre una continuità didattica ed educativa, a garanzia dei propri studenti, garantendo loro un percorso ben delineato, uniforme e privo di «altalenanti» condizioni che spesso hanno un effetto deleterio sulla loro formazione;
le scuole paritarie, oltre ad essere equiparate a quelle pubbliche, sono oggi insostituibili per garantire e gestire l'educazione scolastica del Paese, svolgono un servizio pubblico e sono inserite nel sistema nazionale di istruzione: per gli alunni, la regolare frequenza della scuola paritaria costituisce assolvimento dell'obbligo di istruzione;
nelle scuole paritarie il tasso di precariato è molto alto in quanto la scuola paritaria, in mancanza di docenti abilitati, è costretta ad assumere docenti laureati solo a tempo determinato, dovendo rispettare la norma per la quale l'assunzione a tempo indeterminato sia possibile solo per docenti forniti di abilitazione –:
quali siano le motivazioni per le quali il concorso straordinario di cui in premessa verrebbe reso inaccessibile ai docenti delle scuole paritarie che abbiano maturato, come i colleghi statali, almeno 3 anni di servizio e i 24 crediti formativi universitari.
(5-02966)
FUSACCHIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nel corso dell'esame della legge di bilancio n.145 del 30 dicembre 2018, è stato approvato un emendamento che ha previsto l'internalizzazione dei servizi di pulizia delle scuole;
l'internalizzazione deve essere completata entro il 31 dicembre 2019, per consentire l'assunzione a tutti gli effetti dal 1° gennaio 2020;
i lavoratori interessati da mesi, vivono una condizione di incertezza rispetto al loro status, e questo ha ripercussioni sulla funzionalità delle scuole interessate e in generale sul benessere delle comunità educative in cui sono inseriti;
la norma inserita nella legge di bilancio prevedeva la possibilità di contratti pubblici part-time che, mantenendo il livello di remunerazione assicurata oggi dalle imprese private affidatarie dei servizi presso le quali questi lavoratori svolgono le loro prestazioni, consentirebbe di non procedere a licenziamenti rispetto alla platea identificata, che corrisponde a tutti i lavoratori con 10 anni di anzianità;
ad oggi non risultano adottati da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca relativi decreti attuativi –:
quali siano i tempi e le modalità definitive per l'attuazione della richiamata norma e per garantire che tutti i lavorati appartenenti alla platea identificata siano interessati dal processo di internalizzazione, sulla base delle finalità previste dalla norma stessa, a tutela dei diretti interessati e della scuola italiana.
(5-02967)
Interrogazione a risposta scritta:
PAOLO RUSSO e POLVERINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
appare ancora irrisolta la questione del riconoscimento dell'abilitazione all'insegnamento conseguita in Romania già sollevata nell'atto di sindacato ispettivo n. 4-00002 dell'interrogante, ancora oggi senza risposta;
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca con avviso n. 5636/2019, ha ritenuto che i titoli denominati «Nivel I e Nivel II» conseguiti dai cittadini italiani in Romania non soddisfano i requisiti giuridici per il riconoscimento della qualifica professionale di docente ai sensi della Direttiva 2005/36/CE e successive modifiche, rigettando di conseguenza tutte le istanze presentate sulla base di tali titoli dagli abilitati in Romani, nonostante fossero in possesso della qualifica professionale, dell'attestato di competenza previsto dalla direttiva n. 55 del 2013 e delle necessarie certificazioni;
per la professione docente il riconoscimento del titolo conseguito all'estero si basa sulla valutazione comparata dei percorsi formativi previsti negli Stati coinvolti; è lo Stato in cui viene richiesto il riconoscimento che svolge tale confronto e decide in merito, dovendo tenere conto della validità di tale titolo ai fini dell'insegnamento nel Paese che lo ha rilasciato;
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca fonda la sua posizione sulla base di una nota del Ministero dell'educazione nazionale romeno secondo la quale «il possesso del certificato di conseguimento della formazione psicopedagogica costituisce condizione necessaria ma non sufficiente al fine di ottenere la qualifica professionale di docente in Romania (...)», in quanto sarebbe necessario anche il possesso congiunto di titoli di studio pre-universitari e universitari conseguiti in Romania;
in tal senso si è espresso anche il Tar Lazio, sezione III-bis;
con nota n. 30912/2019 il Ministero dell'educazione nazionale romeno chiarisce che le certificazioni rilasciate consentono l'accesso alla professione docente in Romania, a prescindere dal Paese in cui lo studente abbia conseguito gli studi pre-universitari e universitari;
con nota 11 settembre 2019 il Ministero dell'educazione nazionale conferma quanto precedentemente sostenuto e chiarisce che, ai sensi delle leggi attualmente vigenti in Romania, i cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che abbiano conseguito in Romania il percorso psicopedagogico, hanno diritto a partecipare ai concorsi di immissione in ruolo docente e a essere assunti sulla base delle relative graduatorie;
tale certificazione è pienamente conforme alla normativa rumena e alla direttiva europea n. 36 del 2005, nonché all'articolo 17 del decreto legislativo n. 206 del 2007, per l'esercizio in Italia della professione di docente;
risulta che dall'estate del 2015 fino al 2017 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca abbia riconosciuto ad alcuni docenti il titolo conseguito in Romani, negato agli altri pur in possesso degli stessi titoli;
tale comportamento, ad avviso dell'interrogante, viola i diritti la normativa sancita dai trattati istitutivi dell'Unione europea in riferimento alla libera circolazione dei cittadini e delle professioni;
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha ritenuto anche di non ammettere gli abilitati in Romania alle procedure del concorso riservato di cui al D.D.G. n. 85 del 2018, al percorso «FIT» (Formazione iniziale e tirocinio) di cui al decreto legislativo n. 59 del 2017, depennando dalle graduatorie di merito i candidati vincitori di concorso che vi erano stati inseriti con riserva;
la normativa europea prevede, in caso di differenza tra la formazione professionale richiesta in Italia e quella conseguita all'estero, l'attivazione di misure compensative funzionali alla convalida di detto percorso abilitante –:
quali urgenti iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di individuare una soluzione definitiva alla vicenda, volta ad accogliere le istanze di coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento in Romania, prevedendo anche che possano partecipare al terzo anno del cosiddetto percorso «FIT» (Formazione iniziale e tirocinio) di cui al decreto legislativo n. 59 del 2017 e attivando, se necessario, lo strumento delle misure compensative in ottemperanza all'articolo 22 del decreto legislativo n. 206 del 2007.
(4-03896)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta orale:
BARZOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il settore della vigilanza privata, che in Italia consta di circa 1.600 imprese e 65 mila dipendenti, è stato oggetto negli ultimi anni di un forte cambiamento che ha di fatto mutato le prospettive e l'operatività degli istituti di vigilanza privata, così come il ruolo delle guardie particolari giurate (d'ora in poi «G.P.G.») e degli operatori dei servizi fiduciari. Tali cambiamenti ovviamente non possono lasciare indifferenti, vista l'importanza del ruolo ricoperto dalla vigilanza privata quale attività ausiliaria di prevenzione e sicurezza per la tutela del patrimonio pubblico e privato;
particolare rilevanza in questo ambito assume la figura della G.P.G. che, come disciplinata dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto n. 773 del 1931 nonché al decreto n. 269 del 2010;
a dispetto dell'importanza e della delicatezza del ruolo svolto, il loro comparto lamenta numerose ed importanti problematiche;
inoltre, il contratto collettivo di settore è ormai scaduto dal 31 dicembre 2015 e non ancora rinnovato;
alla luce dei numerosi episodi di cronaca che vedono coinvolti sia i dipendenti dei servizi fiduciari che le G.P.G. diviene necessario ed urgente rivedere la qualificazione giuridica ed economica di tali operatori nonché la portata del diritto alla formazione e all'aggiornamento professionale. Le guardie giurate contestano, infatti, di non essere supportate in modo adeguato nella preparazione del rischioso e complesso lavoro che devono svolgere;
un esempio su tutti è rappresentato dall'ultimo episodio del 26 settembre 2019, presso la stazione di Roma Tiburtina. Nello specifico, un uomo sfilava l'arma ad una guardia giurata direttamente dalla fondina e, subito dopo, accoltellava la G.P.G. disarmata e si suicidava a mezzo dell'arma sottratta –:
se siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
se intendano valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per risolvere i vari aspetti problematici del settore, ad esempio fissando un minimo salariale da riconoscere a tali lavoratori, nonché predisponendo opportuni programmi di addestramento del personale, differenziati in termini di durata e contenuti, a seconda delle mansioni alle quali il personale sarà adibito.
(3-01060)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
BARZOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
dalla stampa locale e dalle segnalazioni delle rappresentanze sindacali territoriali si è recentemente appreso che la società BW Papersystems, durante un confronto sindacale, ha comunicato la decisione di licenziare 60 dipendenti, su un organico di 81 addetti, dello stabilimento di Galgagnano (Lo) noto nel lodigiano anche come ex Curioni;
le ex officine Curioni, fondate nel 1925 da Emilio Curioni, sono oggi impegnate nella fabbricazione di macchine per l'industria della carta e del cartone incluse parti accessorie. Nel 2011 sono state rilevate dalla sopracitata BW Papersystems, che fa parte della compagnia americana Barry-Wehmiller con sede a St. Louis negli Stati Uniti e che nel mondo conta circa 12 mila dipendenti e oltre 500 impianti;
i dipendenti dichiarati in esubero sono per la maggior parte residenti a Lodi, quasi tutti over 50, altamente specializzati;
le sigle sindacali interessate, che hanno già dato il via alla mobilitazione, dichiarano a mezzo stampa che la scelta unilaterale risulta essere inaccettabile sotto ogni profilo sia di merito che di metodo, sottolineando inoltre il rischio immotivato di chiusura dell'unità produttiva. L'ex Curioni, infatti, risulta essere una realtà che si colloca con una posizione di prestigio in un mercato settoriale che non appare in recessione;
tuttavia, la società sembrerebbe decisa a chiudere lo stabilimento come si rileva dal rifiuto di attivazione del contratto di solidarietà, proposto dai sindacati, che avrebbe potuto rinviare almeno di un anno la chiusura;
appare evidente che il lodigiano non può permettersi di perdere una realtà produttiva come quella di cui trattasi e che qualsiasi ulteriore riduzione dell'occupazione sarebbe un duro colpo per i dipendenti, per le loro famiglie, nonché per l'attrattività e la competitività di questo territorio –:
se siano a conoscenza di quanto sta accadendo nello stabilimento di Galgagnano della BW Papersystems e se non ritengano prioritario convocare un tavolo di confronto in sede ministeriale, volto sia alla tutela e alla salvaguardia dei posti di lavoro a rischio nel caso di specie, che al rilancio delle imprese in crisi.
(5-02955)
NOJA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 3, della legge 11 febbraio 1980, n. 18, istitutiva dell'indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili prevede che siano esclusi da tale indennità coloro che siano «ricoverati gratuitamente in istituto»;
con messaggio n. 18291 del 26 settembre 2011, l'Inps ha indicato che, ai sensi di tale disposizione, l'erogazione dell'indennità di accompagnamento sia sospesa in caso di ricoveri superiori a 30 giorni anche presso strutture ospedaliere, chiarendo al contempo che il ricovero «si pone come elemento ostativo non del riconoscimento del diritto, bensì dell'erogazione dell'indennità per il tempo in cui l'inabile sia ricoverato a carico dell'erario e non abbisogni dell'accompagnatore»;
la sospensione dell'indennità è, dunque, giustificata solo dal ricovero in una struttura in cui, oltre alle cure mediche, venga garantita al paziente un'assistenza completa, anche di carattere personale, per tutti gli atti quotidiani della vita cui l'indennità in parola è destinata;
del resto la Corte di cassazione ha già da tempo rilevato che «il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce "sic et simpliciter" l'equivalente del "ricovero in istituto"» ai sensi della legge n. 18 del 1980, articolo 1, comma 3, e che, pertanto, «l'indennità di accompagnamento può spettare all'invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall'ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana» (Cass. civ. n. 2270 del 2 febbraio 2007);
inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, «il diritto al beneficio va riconosciuto in relazione a tutte le malattie che, per il grado di gravità espresso, comportano, per il malato, una consistente limitazione delle facoltà cognitive e, quindi, richiedono una giornaliera assistenza al fine di evitargli pericoli per sé e per gli altri» (Cass. civ. n. 28705 del 23 dicembre 2011);
da una richiesta di accesso effettuata dall'associazione «La casa di sabbia» emerge che, nel 2017, l'Inps ha comunicato a 758 famiglie con bambini titolari di indennità di accompagnamento ricoverati presso strutture ospedaliere l'applicazione della trattenuta dell'indennità ai sensi del succitato articolo 1, comma 3, della legge n. 18 del 1980;
risulta come si tratterebbe spesso di ricoveri di minori con disabilità gravissima, non di rado effettuati nei pochi centri ospedalieri ad altissima specializzazione situati lontani dal luogo di abituale residenza delle famiglie che devono, quindi, affrontare un impegno economico ulteriore rispetto alle già gravose esigenze quotidiane di assistenza del loro bambino;
risulta altresì che, anche laddove sia stato proposto dagli interessati ricorso in via di autotutela avverso tali provvedimenti, certificando come lo stesso ospedale abbia richiesto la presenza assistenziale dei congiunti o di terzi esterni alla struttura ospedaliera, la risposta dell'Inps sarebbe stata negativa e spesso, a quanto consta all'interrogante, avrebbe obbligato le famiglie ad avviare costosi contenziosi giudiziari vinti in molti casi –:
se sia al corrente di tale situazione e quali iniziative di competenza intenda adottare per prevenire sospensioni dell'indennità di accompagnamento pur in assenza delle condizioni normativamente previste.
(5-02980)
Interrogazione a risposta scritta:
ALBERTO MANCA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'accreditamento istituzionale delle strutture private che intendano operare in convenzione con la sanità pubblica è subordinato alla sussistenza di particolari requisiti di qualificazione, stabiliti dalle singole regioni nel rispetto dei criteri sanciti dal decreto legislativo n. 502 del 1992;
la legislazione statale in materia di Onlus non prevede l'obbligo in capo alle stesse di depositare i relativi bilanci presso alcun ufficio o registro pubblico, anche laddove esse operino in convenzione con il sistema sanitario nazionale e gestiscano importanti quantità di risorse pubbliche;
l'Associazione italiana assistenza spastici (Aias) di Cagliari rappresenta da oltre 50 anni il punto di riferimento dell'assistenza socio-sanitaria regionale sarda, dal 1997 in condivisione con la Fondazione Stefania Randazzo. La Carta dei servizi della Fondazione sancisce che i due enti agiscono e debbano considerarsi alla stregua di un'unica organizzazione locale. I relativi manager, espressione della medesima famiglia, gestiscono un impero costituito da 3 residenze sanitarie assistenziali (Fondazione) e 43 centri (Aias) distribuiti in tutta l'isola, capace di erogare oltre 400 mila prestazioni all'anno, la cui media giornaliera è superiore al migliaio;
il prezzo delle prestazioni viene rimborsato dalla regione, dall'azienda per la tutela della salute (Ats), dai comuni e in parte dai privati;
malgrado ciò, da anni, i pagamenti degli stipendi maturati dal personale non vengono corrisposti, se non in modo parziale e con considerevole ritardo: ad oggi i dipendenti Aias hanno maturato un arretrato di undici mensilità. Il personale continua a recarsi a lavoro, in alcuni casi anticipando persino le spese per gli spostamenti necessari ad effettuare gli interventi domiciliari, prestando la propria attività con la massima professionalità;
in passato, esponenti della sopraccitata famiglia Randazzo, hanno dichiarato che la regione avesse maturato un debito di circa 40 milioni di euro nei confronti delle Onlus da essi gestite, sostenendo che tale presunta inadempienza fosse la sola ragione a cui dover addebitare le citate criticità. La Commissione d'inchiesta sul perdurare dello stato di insolvenza economica dell'Aias, istituita dal consiglio regionale della Sardegna per fare luce sui complessi rapporti finanziari tra Aias e regione, ha tuttavia constatato come «l'AIAS, negli ultimi 5 anni abbia ricevuto dalla regione pagamenti pari a euro 107.486.000, a fronte di un credito residuo accertato di euro 1.697.000, che evidentemente non può giustificare l'attuale situazione caratterizzata dal ritardo nel pagamento di circa 11 mensilità nei confronti dei dipendenti»;
la situazione è ormai insostenibile per gli oltre 1200 dipendenti e le rispettive famiglie. Una serie di fattori rischia di pregiudicare regolarità ed efficienza del servizio offerto agli ospiti delle strutture: lo stato di stress e frustrazione vissuto dai lavoratori può comprometterne la capacità lavorativa ed ha già spinto alcuni di essi a rassegnare le dimissioni, evidenziando una precedente condizione di carenza di personale, peraltro alimentata da alcuni discutibili licenziamenti conseguiti alle rivendicazioni sindacali;
lo stato di incertezza e precarietà è aggravato dai numerosi contenziosi attivati negli anni in sede civile (anche per il reintegro dei dipendenti licenziati) e amministrativa. Tra i giudizi pendenti vi sono quello sulla validità della revoca, disposta da Ats, della concessione tra quest'ultima ed Aias, nonché quello relativo all'istanza di fallimento dell'associazione, cui è seguita una controproposta di concordato preventivo in bianco. Si ha inoltre notizia dell'esistenza di un'inchiesta per peculato e inadempimento in pubbliche forniture;
in data 30 settembre 2019 le organizzazioni sindacali Cigl, Cisl, Uil hanno richiesto al Governo la costituzione di un tavolo interistituzionale a carattere nazionale su Aias, finalizzato a risolvere la relativa crisi nella regione Sardegna;
problematiche analoghe a quelle descritte sono riscontrabili presso alcune sezioni Aias di altre regioni: un'inchiesta sulla presunta distrazione illecita di fondi pubblici ha portato al rinvio a giudizio alcuni dei manager dell'Aias di Avellino. Altri casi di perdurante inadempienza nella corresponsione degli stipendi al personale riguardano la medesima sezione di Avellino e quella di Potenza –:
se, i Ministri interrogati per quanto di rispettiva competenza, intendano promuovere iniziative:
a) volte a migliorare il contesto normativo citato, al fine di evitare il verificarsi di modelli non trasparenti di gestione delle Onlus;
b) volte a precludere, ai soggetti di diritto privato gravemente inadempienti rispetto agli obblighi sulla retribuzione del personale, la possibilità di continuare ad erogare servizi pubblici essenziali, in particolare in ambito socio-sanitario;
c) volte a sostenere l'attività della regione autonoma della Sardegna, anche attraverso la costituzione del citato tavolo nazionale, al fine di risolvere la vertenza Aias garantendo il mantenimento dei livelli occupazionali, la piena e regolare retribuzione dei dipendenti e i livelli essenziali di assistenza, valutando altresì se sussistono i presupposti per adottare iniziative finalizzate al commissariamento della Fondazione Stefania Randazzo.
(4-03905)
SALUTE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:
CECCONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la Cuprymina è un precursore radiofarmaceutico contenente cloruro di rame (Cu64) attualmente prodotto dalla Acom, una piccola azienda farmaceutica marchigiana che, sin dalla sua comparsa, si è inserita nel panorama della medicina nucleare come primo centro di produzione industriale di radiofarmaci per l'Italia centrale e come primo centro di ricerca privata in Europa;
la Cuprymina, in qualità di radioisotopo radioattivo, è utilizzata per la marcatura tumorale e a seguito dell'autorizzazione all'immissione in commercio da parte dell'Aifa viene attualmente utilizzata in alcuni studi clinici per la diagnostica per immagini delle recidive del tumore della prostata;
a seguito degli studi diagnostici effettuati con l'utilizzo del farmaco si è riscontrato che la Cuprymina potrebbe avere un effetto terapeutico efficace nelle recidive del glioblastoma cerebrale, tumore per il quale, a causa della sua particolare aggressività, non si ha attualmente una efficace soluzione terapeutica;
numerosi centri clinici italiani hanno avanzato richiesta all'Aifa per chiedere l'autorizzazione all'avvio di trial atti a valutare l'effettiva efficacia del farmaco in termini terapeutici;
nonostante l'effetto terapeutico appena descritto sia facilmente rinvenibile in letteratura e, accertato che l'autorizzazione all'immissione in commercio ottenuta garantisce per la sicurezza del prodotto, le lungaggini burocratiche non stanno permettendo l'avvio di tali trial;
nel contempo studi clinici sul tema si stanno avviando all'estero sia in Paesi dell'Unione europea che extra Unione europea; ciò comporta che una eccellenza tutta italiana sia costretta a chiedere «asilo» ad altri Paesi, perché il proprio non permette ad essa di svilupparsi e al contempo cittadini che potrebbero beneficiare di un nuovo farmaco vengono esclusi o sono costretti ad emigrare;
il problema appena descritto è evidentemente sovrapponibile ad altre situazioni simili che, a prescindere dai principi di tutela della salute e della sicurezza che in ogni caso devono essere sempre garantiti, soffrono di un sistema di autorizzazione lento e farraginoso che ha come esito la perdita di ricercatori, eccellenze e ricchezza –:
quali iniziative intenda adottare nel caso evidenziato in premessa, anche per colmare il gap temporale che attualmente esiste tra il nostro Paese e gli altri Paesi per il rilascio dell'autorizzazione di nuovi trial clinici, al fine di garantire uno sviluppo efficiente ed efficace di una eccellenza tutta italiana quale è la ricerca farmaceutica.
(5-02968)
SPORTIELLO, SARLI, BOLOGNA, SAPIA, TROIANO, MASSIMO ENRICO BARONI, D'ARRANDO, IANARO, LAPIA, LOREFICE, MAMMÌ, MENGA, NAPPI, NESCI e PROVENZA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dal 1° ottobre 2019 il Progynova, farmaco per terapia ormonale sostitutiva (Tos) è passato dalla fascia «A» alla fascia «C»;
la terapia ormonale sostitutiva è una terapia necessaria a garantire un livello sostitutivo di estrogeni/androgeni necessario per vari aspetti metabolici. In soggetti giovani l'assenza di una sostituzione terapeutica incide profondamente nella salute;
il Progynova è fondamentale per la salute delle persone transessuali, che molto spesso devono assumerlo per tutta la vita;
il Progynova è prodotto dalla BAYER Spa con l'Aic (autorizzazione al commercio) n. 021226;
la classe «A» comprende i farmaci essenziali il cui costo è a carico dello Stato. I medicinali che rientrano in questa fascia sono dunque gratuiti anche se, a seconda delle normative regionali, può essere previsto un ticket di compartecipazione alla spesa a carico del cittadino;
la classe «C» comprende tutti gli altri farmaci non appartenenti alla fascia «A». La spesa per i farmaci di fascia «C» è a totale carico del cittadino;
come riportato dal giornale Il Fatto Quotidiano in un suo articolo del 9 ottobre 2019, lo spostamento del Progynova dalla fascia «A» alla fascia «C» ha comportato la triplicazione del costo del medicinale che da 3 euro è arrivato a 10 euro;
la confezione dei farmaci Progynova contiene 20 compresse; molte persone, in base ai regimi della terapia assumono anche 2 compresse al giorno. La cancellazione dell'esenzione costringe tutti a pagare, anche le persone in condizioni di disagio economico;
un folto gruppo di associazioni e di personalità ha richiesto, con un appello pubblico, un incontro urgente su questi temi al Ministro interrogato –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere per assicurare alle persone transessuali il diritto alla salute e alla continuità delle cure, con particolare riferimento all'accesso alla terapia ormonale sostitutiva.
(5-02969)
PINI, CARNEVALI, SIANI, RIZZO NERVO e SCHIRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in Italia sono circa 30.000 le persone che fanno uso terapeutico della cannabis medica e, principalmente si tratta di persone affette da patologie di dolore cronico o in cura per malattie oncologiche o fortemente debilitanti;
nel nostro Paese l'uso della cannabis medica è stato regolamentato dalla legge n. 148 del 2017, all'articolo 18-quater, che, al comma 2, prevede, qualora la produzione dello stabilimento chimico farmaceutico militare (Scfm) di Firenze non sia sufficiente, che: «l'Organismo statale per la cannabis di cui al decreto del Ministro della salute 9 novembre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2015, può autorizzare l'importazione di quote di cannabis da conferire allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, ai fini della trasformazione e della distribuzione presso le farmacie»;
un lotto vinto dall'industria Aurora Pedanios nel bando emessi dal Ministero della difesa a giugno 2019 è stato annullato a causa dell'alto contenuto di Cbd e si rischia pertanto di vedere scoperta la fornitura necessaria per il 2019;
si calcola che nel nostro Paese ci sia un fabbisogno di 1 tonnellata l'anno, mentre le previsioni per il 2022 e 2025 parlano di un fabbisogno di 3 e 4 tonnellate, e ad oggi la domanda viene soddisfatta in minima parte dalle coltivazioni dello Stabilimento chimico farmaceutico militare (Scfm) di Firenze del Ministero della difesa, visto che questo nel 2018 ha prodotto 150 chilogrammi di cannabis e nel 2019 ne produrrà 350 chilogrammi;
al comma 3 dell'articolo 18-quater del decreto n. 148 del 2017 si legge: «Qualora risulti necessaria la coltivazione di ulteriori quote di cannabis oltre quelle coltivate dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, possono essere individuati, con decreto del Ministro della salute, uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione nonché alla trasformazione, con l'obbligo di operare secondo le Good agricultural and collecting practices (GACP) in base alle procedure indicate dallo stesso Stabilimento» –:
quali siano i tempi per l'emanazione del suddetto decreto che consente la coltivazione nonché la trasformazione della cannabis medica anche ad altri enti o imprese, in modo tale da garantire l'accesso alle cure a tutti i malati che ne abbiano fatto richiesta, considerato che al momento attuale purtroppo questo non è garantito.
(5-02970)
SUTTO, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, TIRAMANI e ZIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'Organizzazione mondiale della sanità ha ufficialmente riconosciuto la dipendenza dai videogiochi, anche nota come gaming disorder, tra le nuove forme di dipendenza che caratterizzano il mondo contemporaneo;
la decisione è stata formalizzata negli scorsi mesi, in occasione della settantaduesima edizione della World Health Assembly, e ha portato all'inserimento di tale disturbo all'interno della classificazione denominata International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems (ICD-11);
il gaming disorder non va confuso con il normale e controllato utilizzo dei videogiochi, di per sé assolutamente innocuo e privo di pericoli per la salute. Esso si manifesta solamente in casi particolari, quando si presentano una serie di comportamenti persistenti o ricorrenti legati al gioco, sia in modalità online che offline, il soggetto che sviluppa la dipendenza tende ad isolarsi dalla realtà e a dedicare al videogioco una priorità sempre maggiore nell'arco della propria giornata, a costo di sacrificare le relazioni familiari, sociali e occupazionali. Possono insorgere numerose complicanze tra cui apatia, eccessi d'ira, disturbi del sonno, mal di testa, disturbi alla vista, deficit di attenzione, depressione infantile e ritardi nello sviluppo;
com'è noto, il fenomeno di cui si discute colpisce in particolar modo i giovani. I dati dell'Osservatorio nazionale adolescenza onlus, infatti, confermano che, nella fascia di età i 14 e i 19 anni, l'11 per cento dei ragazzi gioca dalle 3 alle 6 ore quotidiane. L'abuso di tali dispositivi è stato registrato anche nei più piccoli (11-13 anni): il 15 per cento utilizza i videogiochi dalle 3 alle 6 ore e il 4 per cento addirittura per più di 7 ore al giorno;
nelle scorse settimane, si è verificato un caso di cronaca che si ritiene possa essere particolarmente indicativo della gravità del fenomeno e delle sue eventuali conseguenze. Un bambino di soli dieci anni è stato ricoverato d'urgenza per una grave crisi epilettica, accusata in tarda serata dopo una giornata intera passata ininterrottamente davanti allo schermo –:
se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in relazione alla tematica esposta in premessa, nell'ottica di dare la giusta rilevanza al fenomeno in esame e tutelare in maniera particolare il benessere, le condizioni di salute e il processo di crescita dei bambini e dei giovani ragazzi che statisticamente sono maggiormente esposti al rischio di sviluppare questa particolare forma di dipendenza.
(5-02971)
NOVELLI, BAGNASCO, BOND, BRAMBILLA, MUGNAI e VERSACE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), è intervenuta, tra l'altro, sull'attività di ricerca sanitaria, svolta presso gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali, secondo i principi della Carta europea dei ricercatori, prevedendo la possibilità di contrattualizzazione del rapporto di lavoro di detto personale;
in data 11 luglio 2019, in attuazione dell'articolo 1, comma 423, della citata legge, si è provveduto alla stipula del contratto collettivo nazionale del lavoro relativo al personale del comparto sanità, sezione del personale del ruolo della ricerca sanitaria e alle attività di supporto alla ricerca;
per poter dare seguito alla contrattualizzazione del personale interessato, mancano ancora i decreti previsti dai commi 425 e 427 del medesimo articolo 1, e nello specifico un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, che avrebbe dovuto essere emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, relativo alle procedure concorsuali e alle modalità di reclutamento del personale, nonché un decreto del Ministro della salute sulle modalità, sulle condizioni e sui criteri per la valutazione annuale e la valutazione di idoneità per l'eventuale rinnovo a conclusione dei primi cinque anni di servizio –:
quali siano i motivi di un così grave ritardo nell'emanazione dei suddetti decreti attuativi e se, nell'interesse dei ricercatori degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli Istituti zooprofilattici sperimentali non si ritenga di provvedere quanto prima all'emanazione di detti decreti.
(5-02972)
Interrogazioni a risposta scritta:
INVERNIZZI, PANIZZUT, BOLDI, DE MARTINI, FOSCOLO, LAZZARINI, LOCATELLI, SUTTO, TIRAMANI, ZIELLO e ALESSANDRO PAGANO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
sono migliaia i medici laureati che, ogni anno, rimangono esclusi dal sistema della formazione specialistica post lauream;
la costante sproporzione tra il numero di aspiranti specializzandi e il numero, sottostimato e insufficiente, di contratti di formazione specialistica ha creato un «imbuto formativo» di enormi dimensioni che coinvolge circa diecimila giovani medici. Molti di questi, 1.500 ogni anno, emigrano e si specializzano all'estero, dove ottengono retribuzioni più elevate e non fanno più ritorno nel nostro Paese;
a immutata programmazione, la forbice è destinata ad allargarsi nei prossimi anni. Nel 2020 e 2021, infatti, arriveranno alla laurea gli studenti ammessi in sovrannumero in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali (in totale 10.800 studenti in aggiunta agli ordinari stabiliti per gli anni accademici 2013/2014 e 2014/2015) e l'imbuto formativo passerà conseguentemente a 18.900 medici nel 2020 e a 19.500 nel 2021 (studio Anaao, 2018);
bloccare i medici laureati significa congelare centinaia di milioni di euro di fondi pubblici investiti negli anni della loro formazione universitaria;
è paradossale che ciò accada nonostante la situazione di gravissima carenza di medici che sta attraversando il servizio sanitario nazionale (Ssn). Servono medici e incomprensibilmente se ne blocca la formazione nel momento decisivo e più delicato della loro carriera;
i dati Eurostat fotografano alla perfezione l'emergenza: nel 2016, operavano circa 213 medici ogni 100 mila abitanti. In assenza di contromisure, con l'ondata di pensionamenti, nel 2025 l'Italia rischia di passare a 181 medici ogni 100 mila abitanti, una quota assolutamente insufficiente se si vogliono garantire prestazioni sanitarie in quantità e qualità accettabili;
è, quindi, evidente la necessità di incrementare il numero dei contratti di formazione specialistica per tutelare la posizione dei giovani medici laureati, per evitare lo spreco delle risorse pubbliche investite negli anni della loro formazione universitaria e per sopperire altresì alla grave carenza di specialisti che si registra presso le strutture del Ssn, con gravi ripercussioni sulla funzionalità dei relativi reparti –:
se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare al fine di sbloccare rapidamente l'imbuto formativo e garantire l'accesso alla formazione specialistica a tutti i giovani medici laureati.
(4-03891)
FERRO e BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
è di pochi giorni la notizia che Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, ha valutato la ginecologia dell'ospedale pugliese di Catanzaro come il primo e principale centro calabrese per la diagnosi e la cura dei tumori della sfera riproduttiva femminile. Un risultato importantissimo, che conferma come centinaia di donne e di famiglie calabresi possono confidare nelle migliori cure dentro casa, senza la necessità di fare le valigie in un momento così delicato della vita;
solo pochi mesi fa è giunta la tanto attesa notizia dell'avvio delle attività del centro di procreazione assistita dell'azienda Pugliese, primo e unico centro di III livello pubblico presente sull'intera regione e l'avvio della parto-analgesia, fortemente sollecitata dall'attuale struttura commissariale, quale indicatore di civiltà;
arrivano da tutta la regione, e sono più di 2.200, le donne che ogni anno scelgono il Pugliese per mettere al mondo i loro bambini. Un numero destinato a crescere, considerata la chiusura di diversi punti nascita sul territorio, l'ultimo poche settimane fa a Soverato;
nonostante ciò, proprio la ginecologia del Pugliese sembra uno dei reparti più a rischio in caso di riorganizzazione aziendale, qualora i 150 precari in seno all'ospedale dovessero vedere confermato il licenziamento promesso;
forte è la preoccupazione, e soprattutto l'incredulità tra il personale medico, infermieristico, ostetrico e tra i responsabili delle unità operative, sia della struttura aziendale che di quella universitaria: un reparto modello di integrazione, lo sanno tutti, in cui l'illuminata direzione degli ultimi anni ha fatto sì che turni di guardia, sale operatorie, reparti di degenza (appena ristrutturati tra l'altro), tutto sia perfettamente integrato;
si sta parlando di un reparto con una integrazione azienda-università vera; sale operatorie attive senza sosta, grazie al lavoro incessante di decine di infermieri e operatori sanitari che adesso si trovano con le lettere di licenziamento in tasca. E nonostante ciò continuano a svolgere il loro lavoro con la massima professionalità. Solo all'azienda Pugliese, la ginecologia universitaria ha portato centinaia di migliaia di euro in finanziamenti ministeriali, su progetti vinti dai professori che vi lavorano, tra il 2016 e il 2019;
non si riesce a credere che una gestione politica, a giudizio degli interroganti così scellerata, possa minare il lavoro degli ultimi 30 anni –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei gravi fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, per scongiurare il paventato taglio del personale dell'ospedale Pugliese di Catanzaro.
(4-03897)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
PALLINI, SIRAGUSA, DAVIDE AIELLO, CIPRINI, INVIDIA, VILLANI, CUBEDDU, DE LORENZO, TRIPIEDI, TUCCI, COSTANZO, COMINARDI, AMITRANO e BARZOTTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 31 maggio 2019 la Whirlpool, multinazionale statunitense produttrice di elettrodomestici, ha comunicato la chiusura dello stabilimento di Napoli con conseguente licenziamento di circa 420 lavoratori, nonostante gli accordi sottoscritti al Ministero dello sviluppo economico il 25 ottobre 2018 sul piano industriale 2019-2021 e dopo aver ricevuto – a partire dal 2014 – 27 milioni di euro di fondi pubblici;
il 4 giugno 2019, la vertenza è approdata al tavolo del Ministero dello sviluppo economico dove l'allora Ministro Di Maio ha ricordato che potrebbe essere chiesta la restituzione fino a un massimo di 16 milioni di euro ottenuti come incentivi;
il 17 settembre 2019 la società ha annunciato l'avvio della procedura di cessione dello stabilimento campano alla società Passive Refrigeration Solutions (Prs). Il 20 settembre 2019, al Ministero dello sviluppo economico il Ministro ha interrotto il tavolo con Whirlpool, chiedendo all'azienda di ritirare la procedura di cessione;
il 4 ottobre 2019 si è tenuto il secondo sciopero generale (dopo quello del 25 settembre) dei lavoratori degli stabilimenti Whirlpool italiani, indetto da Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil;
il 9 ottobre 2019, nel corso dell'incontro con i sindacati, il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha ritenuto «non soddisfacenti e non risolutivi i contenuti della lettera» inviata dalla dirigenza Whirlpool nella quale l'azienda ha comunicato di voler sospendere la cessione dei rami d'azienda di Napoli fino al 31 ottobre 2019;
la dismissione/cessione della Whirlpool di Napoli creerebbe un destino incerto per alcune aziende del cosiddetto «indotto» della provincia di Avellino che contano circa 150 posti di lavoro. In particolare, si tratta della «Cellu Block» di Montoro che – con circa 40 addetti – canalizza il 70 per cento della produzione a Whirlpool, della «Pasell» con due siti produttivi di gomma plastica a Montoro e a Forino, per un totale di 49 addetti e il 60 per cento della produzione destinata a Whirlpool, e della «Scarne Med» dell'area industriale Porrara di Sant'Angelo dei Lombardi, che – insieme allo stabilimento di San Giovanni a Teduccio – conta 51 dipendenti –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda valutare di porre in essere, per quanto di competenza, a tutela anche delle aziende dell'indotto Whirlpool della provincia di Avellino per garantire il mantenimento dei loro livelli produttivi e se sia possibile estendere ad esse l'invito a partecipare al tavolo delle trattative in corso.
(5-02958)
BUTTI, SILVESTRONI e ROTELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il Ministro interrogato non ha angora assegnato le deleghe ai sottosegretari, soprattutto per quanto riguarda le telecomunicazioni, settore in crisi che necessita, da ormai due mesi di tale adempimento;
appare del tutto evidente la disputa scoppiata tra alleati di Governo in ordine all'individuazione della figura da proporre per la presidenza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e, quindi, sull'assegnazione delle stesse deleghe per le telecomunicazioni al sottosegretario competente;
il momento è delicatissimo per quanto riguarda lo sviluppo del 5G se si considera che ulteriori incertezze e ritardi annulleranno i vantaggi temporali acquisiti all'epoca dell'asta delle frequenze che molti comuni italiani stanno creando problemi per quanto concerne il rilascio di autorizzazioni e permessi;
la conferenza delle regioni e delle province autonome ha chiesto ufficialmente al Governo lumi per quanto concerne i voucher per la banda larga nelle cosiddette zone grigie e i tempi di intervento sulle cosiddette zone bianche;
tutto lascia supporre che i tempi scanditi dal piano banda ultralarga del Governo Renzi registreranno ulteriori dilatazioni con nocumento ovvio per cittadini, comuni e imprese e non si hanno notizie neanche sul lavoro del tavolo «4.0.»;
tra pochi giorni si terrà in Egitto la conferenza Onu avente per oggetto le politiche globali per l'uso dello spettro radiose il Governo pare non abbia maturato ancora una linea politica da sostenere in quella sede in difesa degli interessi nazionali e del 5G –:
quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in ordine ai temi citati in premessa;
in quale tempi intenda provvedere all'assegnazione delle deleghe ai sottosegretari competenti;
quali risposte intenda offrire agli operatori delle telecomunicazioni che sono seriamente preoccupati per la mancanza di indirizzi da parte del Governo.
(5-02960)
GAGLIARDI, BENIGNI, PEDRAZZINI, SILLI e SORTE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
i cittadini di La Spezia dagli anni ’60, a causa della presenza della centrale Enel a carbone – industria classificata come insalubre – soffrono di gravi patologie causate dall'inquinamento;
il progetto della nuova centrale a gas è da alcuni mesi sul sito del Ministero;
la planimetria del nuovo impianto depositata addirittura dalla fine del 2018, significa solo una cosa: il comune e gli spezzini non sono stati messi a conoscenza della sorpresa, alla quale invece presumibilmente si stava lavorando da almeno un paio di anni. Gli spezzini erano rimasti fermi alle promesse del 2015, quando l'Enel aveva annunciato la chiusura della centrale e la restituzione delle aree, per il 2021;
si scopre soltanto ora che non sarà così, che non ci sarà la restituzione delle aree e che il profilo della città – per chi arriva – rimarrà sempre lo stesso;
il rendering del futuro aspetto della Montale, a lavori fatti, è più o meno quello di oggi, ciminiera compresa. L'operazione prevede due fasi costruttive: prima si inserirà l'unità turbogas, con funzionamento a ciclo aperto, poi il completamento a ciclo chiuso, con l'aggiunta della caldaia a recupero e della turbina a vapore. Si parla di 54 mesi in tutto, senza nemmeno chiarire quando sarà dismesso l'uso del carbone. Non più nel 2021, probabilmente, visto che Enel ha datato la riconversione ad un periodo «da qui al 2025»;
il progetto insiste sul fatto che il gas inquinerà meno del carbone. Gli spezzini sanno bene che il gas inquina meno; infatti avevano votato negli anni ’90, al famoso referendum, proprio nel senso di prevedere il gas al posto del carbone, ma di fatto erano poi stati «traditi»;
questo ritorno al passato è una beffa: i cittadini sulla carta avevano ottenuto nel 1997 lavori di adeguamento ambientale, con la chiusura di una delle quattro unità e la trasformazione di due gruppi dal carbone al ciclo combinato, alimentati a gas. Era stata però solo una illusione;
le nuove unità erano entrate in servizio fra il 1999 e il 2000, ma erano state usate pochissimo e smantellate dopo anni, nel 2016. L'unica che ha continuato a produrre senza tregua è stata la sezione 3, a carbone, ancora in esercizio, con potenza termica pari a 1540 megawatt termici, pari a 600 megawatt elettrici;
appena eletto sindaco Pierluigi Peracchini, il consiglio comunale aveva approvato un atto di indirizzo per la riconversione della centrale: ora il progetto depositato prevede un lungo cantiere, con una modesta parte di demolizioni, movimentazione di terre pari a 18.900 metri cubi e una profondità di scavo di 5 metri. I lavori interesseranno 25 mila metri quadrati. Si prevede l'allestimento di aree logistiche necessarie per lo stoccaggio dei materiali, fuori dal perimetro di centrale;
il criterio guida del progetto è quello di «preservare il più possibile la struttura impiantistica ed utilizzare gli impianti ausiliari, migliorando le prestazioni e incrementando l'efficienza energetica». Il nuovo ciclo combinato avrà un rendimento elettrico netto superiore al 60 per cento e consentirà di ridurre la potenza termica attuale da circa 1.540 megawatt a 1.350 megawatt, aumentando quella elettrica di produzione da 600 a 840 megawatt;
Enel si è affidata a tecnici importanti, per sostenere che non sarà peggio di oggi e che l'impatto sullo stato di salute della città sarà «trascurabile»;
si sperava di più; il fatto che non sarà peggio non basta a chi confidava in una svolta e in un futuro legato allo sviluppo delle energie rinnovabili –:
se i Ministri interrogati, anche alla luce della ipotetica svolta ecologica prospettata dal Governo in carica, non ritengano di rassicurare gli spezzini sia sulla tempistica di riconversione sia sull'utilizzo delle energie rinnovabili.
(5-02975)
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritta Covolo e altri n. 4-03860, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 ottobre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pretto.
Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della mozione Meloni n. 1-00266, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 240 del 16 ottobre 2019.
La Camera,
premesso che:
il mondo delle libere professioni rappresenta un fondamentale valore aggiunto per l'economia della nostra Nazione, sia in termini di prodotto interno lordo che più in generale, come modello che, per la necessità di conseguire un titolo abilitativo per lo svolgimento della professione, ed in caso di professioni ordinistiche per l'obbligo di iscrizione all'Albo, garantisce anche una qualità elevata e per un certo aspetto «certificata» delle prestazioni fornite;
i numeri parlano chiaro. Con 2,3 milioni di unità si concentra infatti in Italia la maggiore percentuale dei professionisti censiti nei 28 Paesi dell'Unione, una platea pari al 26 per cento del lavoro indipendente, capace a sua volta di occupare circa 900 mila persone;
secondo il rapporto 2018 di Confprofessioni, i liberi professionisti hanno retto più di altri alla crisi economica ed alla seguente stagnazione, tuttavia il contributo al prodotto interno lordo dal 2011 al 2016 è calato dal 12,8 per cento al 12,4 per cento;
al di là del mero aspetto numerico, non può sfuggire come la specificità del mondo delle libere professioni in Italia, sia anche a garanzia di un modello sociale ed economico che condividiamo, lontano da logiche assistenzialiste, ma anche da quegli aspetti iper mondialisti e liberisti legati ad una finanza senza volto e senz'anima, che nell'immaginario collettivo si legano al meccanismo delle «companies» americane, dove anche il più stimato professionista è un semplice granello intercambiabile, destinato ad essere spazzato via durante una delle crisi cicliche del turbo capitalismo che tanto spesso si sono viste in questi anni;
difendere le libere professioni significa quindi difendere un modello sociale nel quale crediamo, come sempre nelle nostre battaglie con l'unica stella polare della tutela degli interessi nazionali;
i liberi professionisti necessitano di risposte urgenti ed indifferibili da parte del Governo, in termini innanzitutto di difesa della propria specificità ed identità, di riduzione della pressione fiscale, di semplificazione delle incombenze burocratiche, di tutela della meritocrazia anche a difesa di un modello che funziona e che è tipicamente italiano;
Fratelli d'Italia ha incontrato in questi mesi rappresentanze ai massimi livelli di tutte le professioni ordinistiche, rappresentate nei tre grandi filoni giuridico, sanitario e tecnico, raccogliendo le principali istanze sulle quali i firmatari del presente atto di indirizzo intendono fin da subito sollecitare per quanto di competenza impegni seri e circostanziati da parte del Governo,
impegna il Governo:
1) ad intraprendere ogni opportuna iniziativa di carattere normativo atta a garantire la diffusa applicazione del principio dell'equo compenso per le prestazioni svolte da professionisti a favore delle pubbliche amministrazioni, grandi imprese, banche e assicurazioni, principio già contemplato all'articolo 13-bis della legge professionale forense, recepito nella legge di bilancio 2018 ed esteso anche alle prestazioni, per quanto compatibili, degli altri Ordini professionali di cui all'articolo 1 della legge 22 maggio 2017, n. 81, e a tutti i liberi professionisti, indipendentemente dalla iscrizione o meno ad un ordinamento professionale, commisurato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto;
2) a promuovere tutte le iniziative necessarie atte a definire una riforma organica del diritto di successione anche in termini di riduzione della tassazione e di rinunciabilità della quota di legittima, ed una corrispondente revisione del codice civile, per risolvere l'annoso problema della circolazione dei beni immobili di provenienza donativa, fenomeno che ha riguardato circa 135.000 immobili nel 2017, ed oltre 139.00 immobili nel 2018, con rilevanti problemi per le famiglie di accesso al credito e per la erogazione di mutui da parte delle banche;
3) ad adottare iniziative per garantire la previsione di un sistema sanzionatorio differenziato e più lieve per i notai, commercialisti, consulenti del lavoro e professionisti obbligati alle segnalazioni, relativamente alla omessa o parziale segnalazione in tema di antiriciclaggio, sanzioni ad oggi equiparate a quelle previste per il sistema bancario;
4) a predisporre iniziative efficaci atte a potenziare la volontaria giurisdizione, anche a favore dei soggetti incapaci, per abbreviare i tempi lunghissimi per i provvedimenti provenienti dai giudici tutelari, tema sul quale Fratelli d'Italia ha presentato da tempo una proposta di legge per la soppressione dei tribunali dei minori e l'istituzione di apposite sezioni specializzate nell'ambito dei tribunali ordinari;
5) a prevedere specifiche iniziative finalizzate alla revisione dei compensi per i consulenti tecnici di ufficio ausiliari della giustizia, la cui tariffazione è ancora regolata dal Testo unico sulla giustizia che richiama la legge n. 319 del 1980, obsoleta sia nel testo che nei contenuti, tenendo conto che attualmente gli onorari sono commisurati al tempo impiegato dai professionisti a svolgere l'incarico e valutati poco più di quattro euro l'ora e che, alla luce delle nuove incombenze determinate dal decreto-legge n. 83 del 2015 che introduce nuove misure in materia fallimentare e di procedure di esecuzione forzata immobiliare, il compenso previsto per le attività del professionista appare assolutamente anti storico e non adeguato;
6) ad adottare iniziative per predisporre un Testo unico sull'abbattimento delle barriere architettoniche e sull'accessibilità, anche d'intesa con la rete delle professioni tecniche e con le rappresentanze interessate del terzo settore, perché oggi esistono una serie di norme tra di loro non coordinate, come il decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996 che riguarda tutto ciò che è attinente agli edifici pubblici, il decreto ministeriale n. 236 del 1989 che riguarda gli edifici privati, la legge sui piani di eliminazione delle barriere architettoniche di fatto mai attuati, la legge n. 104 del 1992 che cura determinati aspetti, ma manca di una visione organica e sistematica di insieme;
7) a promuovere tutte le iniziative di competenza atte a garantire un più facile accesso al credito per i liberi professionisti, anche attraverso lo strumento dei Confidi per professionisti ai sensi del decreto-legge n. 70 del 2011, convertito dalla legge n. 106 del 2011, ed il coinvolgimento del Mediocredito centrale per un accesso più agevole al fondo di garanzia;
8) ad adottare ogni opportuna iniziativa finalizzata alla disapplicazione degli Isa (indicatori sintetici di affidabilità) 2018, o almeno alla loro applicazione facoltativa, evitando di caricare di ulteriori incombenze i dottori commercialisti e i consulenti del lavoro, impegnandosi ad un confronto costante con le categorie interessate ed al rispetto dello statuto del contribuente;
9) ad attuare le iniziative necessarie per esentare dall'Isa tutte le attività professionali, commerciali ed artigiane con fatturato pari od inferiore a 250.000 euro annui;
10) a promuovere il protocollo siglato nel 2014 tra il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla asseverazione contrattuale (ASSE.CO) come marchio di legalità per le imprese e garanzia della regolarità contrattuale nella gestione dei rapporti di lavoro;
11) ad adottare iniziative per prevedere la detassazione degli investimenti operati dalle Casse dei professionisti in economia reale, ovvero la riduzione della tassazione dal 27 al 12,5 per cento come previsto per i titoli di Stato;
12) a valutare, nell'ambito delle prossime iniziative normative, la possibilità di abrogare l'obbligo di invio delle liquidazioni periodiche dell'Iva per i soggetti che utilizzino la fatturazione elettronica, per evitare inutili duplicazioni onerose sia per gli utenti che per i professionisti del settore;
13) ad adottare iniziative per abolire l'Iva sulle prestazioni veterinarie, rimodulando ed implementando le risorse dedicate a questo settore;
14) a prevedere un'iniziativa normativa volta a conferire lo status di pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni per tutto il personale della sanità, con la procedibilità di ufficio nei confronti dell'aggressore, per contrastare il fenomeno delle aggressioni ai «camici bianchi», sempre più frequente in questi ultimi mesi;
15) con la stessa finalità, a tutelare i giornalisti, nell'esercizio della loro professione, dai sempre più frequenti episodi di intimidazione ed aggressione, per salvaguardare la libertà di informazione così come garantita dalla Carta costituzionale;
16) ad adottare iniziative per rivedere la legge n. 124 del 2017, che ha consentito l'ingresso del capitale privato nel mondo della farmacia, anche in via esclusiva, di fatto aprendo alle multinazionali e permettendo alle grandi catene di «invadere» il mercato, a scapito della figura del farmacista e di oltre tremila farmacie private oggi in crisi, e per stanziare le necessarie risorse per la piena realizzazione della farmacia dei servizi alla persona, normata dai decreti del 18 novembre 2010, 16 dicembre 2010 e 8 luglio 2011 ed ancora scarsamente attuata;
17) ad adottare iniziative per applicare una «flat tax» al 15 per cento sugli incrementi di fatturato prodotti dai liberi professionisti e dalle piccole e medie imprese con fatturato pari o inferiore a 50 milioni di euro e con un numero di dipendenti pari od inferiore a 250, realizzati rispetto all'ultimo esercizio di bilancio e reinvestiti in economia reale;
18) ad adottare iniziative per sospendere l'obbligo di emissione della fattura elettronica per tutti i soggetti privati non esenti fino al 1° gennaio 2022;
19) ad adottare iniziative per innalzare la soglia della «no tax area» esentando dal pagamento dell'Irpef tutti i contribuenti, lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e pensionati con un reddito non superiore a 15 mila euro lordi annui;
20) ad assumere iniziative per istituire un osservatorio sul mercato del lavoro delle professioni sulla base dei dati delle Casse di previdenza al fine di verificare le misure da adottare a sostegno delle libere professioni e di monitorare e misurare i costi amministrativi e fiscali sempre più elevati che limitano oggi l'accesso alla professione;
21) ad adottare iniziative di tipo normativo volte ad aumentare il numero delle borse di studio disponibili per i laureati specializzandi in medicina al fine di sopperire alla mancanza di specialisti di settore nelle strutture sanitarie pubbliche;
22) ad adottare iniziative per consentire, attraverso la revisione della legge n. 340 del 2000, che il deposito dei bilanci e degli altri documenti di cui all'articolo 2435 del codice civile possa essere effettuato, tramite trasmissione telematica o su supporto informatico degli stessi, anche dai consulenti del lavoro, muniti della firma digitale e allo scopo incaricati dai legali rappresentanti delle società.
(1-00266) (Ulteriore nuova formulazione) «Meloni, Lollobrigida, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Pini n. 5-02925 del 16 ottobre 2019;
interrogazione a risposta in Commissione Deidda n. 5-02942 del 21 ottobre 2019.