XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 247 di lunedì 28 ottobre 2019
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI
La seduta comincia alle 15,35.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 21 ottobre 2019.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Castelli, Cenni, Cirielli, Colletti, Colucci, D'Incà, D'Uva, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Di Stefano, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Parolo, Rosato, Ruocco, Scalfarotto, Carlo Sibilia, Francesco Silvestri, Sisto, Sodano, Spadafora, Speranza, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.
PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 26 ottobre 2019, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VI Commissione (Finanze):
"Conversione in legge del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili" (2220) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), III, IV, V, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.
Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 25 ottobre 2019, la deputata Giuseppina Occhionero, già iscritta al gruppo parlamentare Liberi e Uguali, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Italia Viva.
La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.
Modifica nella composizione della Giunta per le autorizzazioni.
PRESIDENTE. Comunico che, in data 25 ottobre 2019, il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Giunta per le autorizzazioni il deputato Francesco Paolo Sisto in sostituzione del deputato Enrico Costa, dimissionario.
Discussione della mozione Gelmini ed altri n. 1-00261 concernente iniziative per la riduzione del costo del lavoro e la revisione della spesa pubblica (ore 15,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Gelmini ed altri n. 1-00261 (Nuova formulazione) concernente iniziative per la riduzione del costo del lavoro e la revisione della spesa pubblica (vedi l'allegato A).
La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nell'allegato A al resoconto della seduta del 14 ottobre 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 14 ottobre 2019).
Avverto che è stata, altresì, presentata la mozione Grimaldi, Fragomeli, Ungaro, Pastorino ed altri n. 1-00272, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione (Vedi l'allegato A).
(Discussione sulle linee generali)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare il deputato Paolo Zangrillo, che illustrerà anche la mozione Gelmini ed altri n. 1-00261 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario.
PAOLO ZANGRILLO (FI). Grazie, Presidente. Lo scenario macroeconomico che descrive il tasso di crescita attuale e di proiezione dei Paesi dell'Unione europea assegna al nostro Paese, l'Italia, seconda potenza industriale del vecchio continente e settima al mondo, l'ultimo posto in classifica per l'anno in corso, con una previsione di crescita del PIL per il 2020 - lo 0,6 per cento - che ci condanna a rimanere fanalino di coda tra le economie europee. Il 2019, perciò, a dispetto delle affermazioni surreali del Premier Conte, non sarà un anno bellissimo. Ma ciò che più inquieta è il perdurare di una situazione di stagnazione, rispetto alla quale non si avvertono segnali di discontinuità.
La lettura della NADEF, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, ed il recente conseguente documento inviato a Bruxelles che descrive le linee guida della manovra di bilancio 2020, non fanno che accrescere le preoccupazioni. Ci saremmo aspettati un documento vivo, capace di descrivere e di sostenere uno scenario di crescita e di sviluppo, ispirato alla necessità di restituire speranza e fiducia ai veri protagonisti dell'economia del Paese: le imprese e i lavoratori. Ci saremmo aspettati un solido e credibile piano di rilancio del sistema infrastrutturale dell'Italia, capace di attrarre e favorire l'iniziativa imprenditoriale e l'innovazione, idoneo ad incontrare i fabbisogni dei cittadini.
Ma soprattutto, Presidente, ci saremmo aspettati senso della realtà e coraggio nell'aggredire il male profondo del nostro Paese, un sistema fiscale iniquo e ormai vissuto come predatorio, capace di deprimere anche i più ottimistici slanci imprenditoriali, un sistema fiscale che mortifica il potere d'acquisto di cittadini e famiglie, costringendoli a dedicare ormai la parte prevalente dei propri proventi da lavoro alle casse dello Stato, producendo in tal modo un effetto paradossale, tale per cui non è più lo Stato al servizio dei cittadini, ma sono questi ultimi a supporto delle istituzioni.
La manovra di bilancio “salvo intese”, inviata all'Unione europea in questi giorni, è invece il misero risultato di un compromesso al ribasso tra forze di maggioranza disomogenee, incapaci di condividere una visione comune del futuro del Paese, ma piuttosto interessate a mantenere una posizione di rendita acquisita con destrezza. È mancato il coraggio - ma non poteva essere altrimenti: il coraggio richiede comunanza di intenti, valori condivisi, autentico spirito di squadra - di affrontare la realtà e proporre ricette alle vere emergenze dei cittadini e del Paese.
Senza indugiare sui dettagli, questa manovra “salvo intese” raccoglie risorse prevalentemente in deficit, parliamo di 15,5 miliardi su 30 totali, gravando di nuovo sul debito pubblico e con una previsione, che con generosità potremmo definire fantasiosa, di raccolta dalla lotta all'evasione fiscale di 7 miliardi. A ciò si aggiungono una pioggia di micro tasse, dalla sugar tax, alla plastic tax, all'aumento della cedolare secca sugli affitti, tutte misure che puntualmente ricadranno sui bilanci familiari. Tutto ciò, per finanziare nel 2020 provvedimenti, come il reddito di cittadinanza, che, nei fatti, hanno evidenziato la loro totale inefficacia rispetto agli obiettivi dichiarati.
L'Italia, i nostri concittadini, i nostri imprenditori, hanno urgente bisogno di altro. Con un tasso di disoccupazione tra i più alti in Europa, soprattutto per la fascia dei giovani, che al sud rasenta il 50 per cento, è il lavoro la vera priorità, l'emergenza assoluta che dobbiamo affrontare. Occorre reinserire nel ciclo produttivo milioni di persone oggi senza lavoro, occorre restituire potere d'acquisto a salari sempre più compressi e tagliati dalla scure statale del fisco. È imperativo recuperare la fiducia di imprese, per farle tornare a credere nell'opportunità di investire e di svilupparsi nei nostri territori.
Il gruppo politico a cui appartengo, Forza Italia, ha da tempo presentato delle precise proposte al fine di ridurre il costo del lavoro, intervenendo in modo virtuoso sul cosiddetto cuneo fiscale. Con questo termine, entrato ormai nel gergo comune, si definisce la differenza tra il costo di un lavoratore per l'azienda che lo impiega e quanto effettivamente il lavoratore percepisce in busta paga come retribuzione netta. Sul fronte del cuneo fiscale, i numeri che descrivono il nostro Paese sono impietosi: oggi, in Italia, il costo del lavoro di un dipendente è quasi il doppio del suo salario netto. In altri termini, per far sì che un lavoratore percepisca 1.000 euro di stipendio netto, il suo datore di lavoro ne spende quasi 2.000. La differenza si compone dell'insieme di imposte e contributi. Ora, alzando lo sguardo su ciò che succede nel mondo, l'Italia, con il suo 47,9 per cento di peso di cuneo fiscale, nella classifica dei Paesi OCSE è al terzo posto, con un costo del lavoro di 12 punti percentuali sopra la media OCSE, che è del 36 per cento. Uno scenario decisamente grave, soprattutto se ricondotto ad una previsione di crescita economica, che, come detto, si stima estremamente modesta per l'anno 2020.
È in questo quadro che emerge in tutta la sua evidenza la miopia e l'inadeguatezza dell'attuale Esecutivo, inteso a proporre la via giudiziaria con l'inasprimento del carcere agli evasori come soluzione alle criticità del sistema fiscale del nostro Paese. Beninteso, la battaglia all'evasione fiscale è sacrosanta, ma presuppone preventivamente la percezione, da parte dei cittadini contribuenti, di un fisco giusto, capace di garantire un equilibrio riconoscibile tra prelievo e servizi sociali garantiti. Ecco perché, come il mio gruppo politico sostiene da tempo, l'abbattimento del cuneo fiscale rappresenta senza alcun dubbio il principale strumento di politica economica in grado di produrre effetti anticiclici per la crescita del Paese. È pur vero che il Governo, nella manovra di bilancio, salvo intese, ha previsto un intervento finalizzato alla riduzione del cuneo fiscale, ma l'entità delle risorse economiche che si intendono riservare a tale misura, nonché la modalità attuativa del provvedimento, ne pregiudicano sin d'ora l'efficacia: 3 miliardi di euro, con la previsione di disciplinare la materia non nell'ambito del disegno di legge di bilancio, ma con un apposito collegato, che entrerà in vigore non prima del secondo semestre del 2020, il che significa produrre un risultato di più o meno 40 euro in busta paga tra dieci mesi, i cui effetti saranno evidentemente ancora più tenui degli 80 euro del Governo Renzi. Di fronte a tali rilievi, si potrebbe obiettare che la manovra non è ha risorse infinite e ciò è corretto, è profondamente corretto, ma proprio per questo il dovere dell'Esecutivo, che è il Governo di tutti e non solo degli elettori amici, è di orientare le sue scelte su ciò che serve veramente al Paese, su ciò che è urgente per i cittadini e non su provvedimenti dedicati a sostenere e ad alimentare il consenso di parte. Con queste osservazioni - è evidente - mi riferisco ad un altro provvedimento, il reddito di cittadinanza, istituto per il quale è stato previsto un fondo monstre, per il quale sono ben 8,50 i miliardi per il suo rifinanziamento per l'esercizio 2020. Sul reddito di cittadinanza è d'obbligo un'operazione verità: misura simbolo del MoVimento 5 Stelle, è stato oggetto di una narrazione onirica, che purtroppo non si addice a fenomeni a cui è dedicata, come la lotta alla povertà e l'avviamento al lavoro. I numeri che descrivono il bilancio dei primi dieci mesi di vita di questa legge non lasciano spazio ad ulteriori fantasie. Si potrebbe dire che nel “bellissimo” 2019 del professor Conte ci sta dentro anche l'impresa dell'allora Ministro del Lavoro, Di Maio, che annunciava trionfante di aver sconfitto la povertà. La realtà, purtroppo, ci rimanda ad una lezione irrinunciabile: mai illudersi di risolvere problemi complessi con soluzioni semplificatorie. Dei 6 milioni di poveri che oggi Istat conta nel nostro Paese, solo uno - e apprendiamo oggi che altri 100 mila non ne avranno più diritto - è stato raggiunto dal reddito di cittadinanza, ma, ciò che è più grave, non uno, non uno soltanto dei beneficiari è stato avviato al lavoro, come invece era nei piani, negli obiettivi, nel racconto che ha accompagnato la legge. Un fallimento totale, a fronte del quale ci saremmo aspettati un comportamento responsabile del Governo, inteso a ripensare in senso critico un provvedimento scellerato. Ma tant'è, ha prevalso la volontà di difendere la bandiera, ha prevalso l'ostinazione a ribadire una misura identitaria a spese della collettività. Sono queste le ragioni che hanno indotto il mio gruppo politico a presentare la mozione in discussione oggi. La necessità di intervenire sul cuneo fiscale, riducendo il gap, la distanza tra retribuzione nominale e salario netto, non è più un'opzione, un capriccio di parte, ma ha assunto carattere di urgenza. La ormai insopportabile pressione fiscale sulle buste paga dei lavoratori pone le famiglie in una condizione di difficoltà e, come risulta evidente, comprime i consumi, determinando un freno allo sviluppo dell'economia, con le conseguenti ricadute sulle imprese e sul sistema produttivo.
Non c'è più spazio per la speculazione politica, occorre intervenire con risolutezza e con risorse adeguate. Per questo chiediamo un impegno del Governo ad intervenire senza indugio, in legge di bilancio e non, come previsto in manovra, con un collegato successivo, per ridurre in misura significativa il cuneo fiscale su lavoratori ed imprese. L'esiguità delle risorse economiche disponibili può essere facilmente superata chiedendo a chi ne ha la responsabilità di abbandonare un approccio demagogico e di parte alla composizione delle coperture per la manovra di bilancio: 8 miliardi di euro per rifinanziare il reddito di cittadinanza, alla luce della totale inefficacia di quel provvedimento, possono essere immediatamente dirottati a favore di un deciso taglio delle tasse dei lavoratori, a favore dell'occupazione giovanile, a favore della imprenditorialità. Il professor Conte, che ad inizio legislatura si presentò sulla scena politica come avvocato del popolo, prenda atto del totale fallimento dell'azione del suo Governo in tema di politiche sociali: il 2019 ha evidenziato un grave difetto di ascolto e di disponibilità al confronto dell'Esecutivo in carica verso le parti sociali, il mondo produttivo e associativo, le forze politiche di opposizione, su un tema cruciale per il Paese, come quello delle politiche del lavoro, che, al contrario, esige il massimo coinvolgimento. Il risultato di tanta autoreferenzialità governativa sono provvedimenti come il decreto “dignità” e il reddito di cittadinanza, idonei a supportare una narrazione ispirata alla raccolta di un consenso popolare effimero, ma completamente inadeguati a perseguire gli obiettivi dichiarati. I primi vagiti della manovra di bilancio senza intese del 2020 non promettono bene, con la caratterizzazione di nuove tasse e balzelli, destinati a gravare sempre sui soliti: cittadini e imprese. Il Premier Conte però ha una possibilità di riscatto: dimostri di saper resistere alla tentazione di compiacere agli azionisti di maggioranza della sua curiosa compagine governativa, si mostri - se ne è capace - solido uomo delle istituzioni, presentandosi in Parlamento per fare evolvere la manovra di bilancio in corso in una vera e propria sessione di sviluppo, capace di raccogliere il contributo di tutti verso una sintesi virtuosa e in sintonia con le vere esigenze del Paese. Questo, in fondo, è ciò che deve fare un avvocato del popolo.
PRESIDENTE. La ringrazio, deputato Zangrillo. È iscritto a parlare il deputato Riccardo Tucci, che illustrerà anche la mozione Grimaldi, Fragomeli, Ungaro, Pastorino ed altri n. 1-00272, sottoscritta in data odierna.
RICCARDO TUCCI (M5S). Grazie Presidente, onorevoli colleghi, oggi affrontiamo un tema di fondamentale importanza per gli italiani: la riduzione del costo del lavoro attraverso un intervento sul cuneo fiscale. Detta in altre parole, vogliamo alleviare il peso delle tasse che grava sui lavoratori. I lavoratori dipendenti rappresentano la categoria che più di altri ha subìto e subisce l'aumento del carico fiscale degli ultimi decenni. Il tema non è nuovo: da diversi anni si discute del costo del lavoro in merito ai problemi di competitività del sistema produttivo italiano. È un tema di cui sentiamo spesso parlare, ogniqualvolta un'impresa, italiana o straniera, decide di delocalizzare la produzione verso Paesi con un costo del lavoro più vantaggioso. Diversi Governi, negli anni, hanno parlato del problema senza però realizzare alcun intervento sostanziale o per mancanza di coperture finanziarie o più semplicemente perché mancava una vera volontà politica di affrontarlo. Con la Nadef e il documento programmatico di bilancio, che è stato inviato alla Commissione europea, abbiamo delineato il percorso da seguire, che consiste in un intervento deciso per ridurre la differenza che esiste oggi tra il lordo e il netto in busta paga. Come ha detto il Ministro Di Maio: quando un lavoratore guarda la busta paga gli sembra bellissimo, quando guarda il lordo; quando poi guarda il netto la situazione si fa tragica. Oggi noi vogliamo impegnare il Governo ad affrontare la questione in maniera strutturale, facendo in modo che si arrivi a una riduzione della fiscalità sul lavoro già a partire dall'anno prossimo. L'abbattimento del cuneo fiscale è stato da più parti sollecitato, a cominciare dai lavoratori, dalle imprese, passando dalle associazioni di categoria e dei sindacati.
Rappresenta un obiettivo non più rimandabile, un obiettivo riconosciuto espressamente anche dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che, in occasione delle sue dichiarazioni programmatiche, ha ricordato quanto la riduzione delle tasse sul lavoro sia un tema prioritario.
Anche i dati che sono stati pubblicati recentemente dall'OCSE confermano come il nostro sia uno dei Paesi con il più alto cuneo fiscale. Parliamo di una tassazione che arriva al 47,9 per cento per un lavoratore single: decisamente troppo alta. È utile ricordare gli effetti positivi sull'economia che si avrebbero da un serio intervento sul cuneo fiscale. Una riduzione delle tasse sui redditi medio-bassi, come quella a cui si sta lavorando, significa una maggiore capacità di spesa per milioni di persone e quindi un effetto moltiplicatore sui consumi e sulla domanda interna, a beneficio dell'economia italiana nella sua interezza. D'altronde, come diceva Winston Churchill, una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico. La fiscalità fa parte del sistema di un Paese, fondamentale, però, è gestire le tasse tutelando in primis il cittadino e la sua salute. Questo si può e si deve fare, stabilendo un sistema che punti a disincentivare un certo tipo di abitudini e consumi, stimolando consumi virtuosi che rispondano a quella che è la nostra idea di futuro: rispetto dell'ambiente, alimentazione corretta e anche innovazione fiscale. Per ridurre il cuneo fiscale sui lavoratori, sia nella Nadef che nel Documento programmatico di bilancio 2020 sono state individuate le risorse per l'istituzione di un fondo apposito per l'avvio di un percorso strutturale. Parliamo di circa 12 miliardi e mezzo di euro suddivisi nel triennio 2020-2022: circa 3 miliardi nel 2020, 4,8 miliardi nel 2021 e 4,7 miliardi nel 2022. Un fondo, questo, che andrà a beneficio di circa 12-13 milioni di lavoratori, che comporterà, secondo le stime, un incremento medio del reddito disponibile di circa mille euro all'anno per tutti i lavoratori con un reddito inferiore ai 35 mila euro lordi. A finanziare parte del fondo saranno le risorse che recupereremo grazie a una vera e seria lotta all'evasione fiscale. Ci tengo a ribadire che il nostro obiettivo è quello di combattere soprattutto i grandi evasori, quelli cioè che evadono per più di 100 mila euro. Chi evade per più di 100 mila euro per singola imposta, Presidente, non è colui che si trova in difficoltà, ma è qualcuno che vuole frodare il fisco, soggetti che in molti casi spostano somme ingenti nei paradisi fiscali gonfiando le loro tasche e danneggiando l'intera collettività, a cui di conseguenza sottraggono risorse. Combattere l'evasione per abbassare le tasse per chi lavora e produce in Italia, questo è il percorso che vogliamo seguire e che oggi chiediamo al Governo con questa mozione. La riduzione del carico fiscale sul lavoro, per una realtà che vede 3,5 milioni di lavoratori con un salario ancora troppo basso, non può inoltre che rappresentare una provvidenziale boccata d'ossigeno.
Quello sin qui delineato non può che essere solamente l'inizio di un lungo percorso. Sono decenni, infatti, che i salari ristagnano, e non solamente per circostanze che hanno a che vedere con la realtà italiana. La stagnazione salariale è un problema che ha investito l'intero Occidente a partire dall'inizio degli anni Ottanta, e in questo senso un intervento come quello che stiamo realizzando oggi, pur rappresentando un risultato importante, non può che essere solamente il primo passo che inaugurerà una nuova stagione che richiede cambiamenti strutturali che vadano al di là dei meri confini nazionali. Il taglio del cuneo fiscale rappresenta dunque la naturale prosecuzione di un progetto politico che come MoVimento 5 Stelle abbiamo portato avanti sin dall'inizio. Abbiamo già lottato e ottenuto importanti risultati per i lavoratori, come il “decreto dignità” e il reddito di cittadinanza. Con il “decreto dignità”, fortemente voluto dal Ministro Di Maio, siamo riusciti a scardinare una tendenza terribile degli ultimi anni. Mi riferisco ovviamente all'aumento sproporzionato dei contratti precari. Da diversi mesi ormai, l'INPS rilascia dati confortanti circa i risultati estremamente positivi che il “decreto dignità” sta avendo sulla stabilità dei contratti di lavoro: nei primi nove mesi del 2019 abbiamo avuto una crescita significativa delle trasformazioni dei contratti da tempo determinato a tempo indeterminato, pari al 162 per cento; una cifra importante, che testimonia quanto il mondo del lavoro avesse bisogno di una norma che tutelasse i lavoratori e il loro diritto alla stabilità. Molti giovani, che oggi, grazie al “decreto dignità”, hanno un contratto stabile, possono progettare il loro futuro con una certezza in più, e magari non essere costretti a lasciare il Paese, portando all'estero enormi competenze di cui il nostro Paese avrebbe veramente bisogno.
Dall'altro lato, il reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza ci ha permesso di dare a oltre 2 milioni di persone, che ricevono oggi un prezioso sostegno economico, la possibilità di reinserirsi nel mondo del lavoro grazie al programma di orientamento messo in piedi con i centri per l'impiego e i navigator.
Questi sono solo alcuni esempi di un progetto politico che intendiamo portare avanti oggi con questa mozione. È una strada segnata sulla quale intravediamo altri importanti obiettivi, a partire dal salario minimo, che ci permetterà di combattere con forza le paghe da fame del nostro Paese, nonché la lotta al caporalato, per evitare lo sfruttamento, e le iniziative che abbiamo messo e metteremo in campo per migliorare, inoltre, la sicurezza dei lavoratori.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Lepri. Ne ha facoltà.
STEFANO LEPRI (PD). Presidente, questa manovra di bilancio inaugura una nuova stagione, è la stagione di una rinnovata attenzione al lavoro dipendente. Già i miei colleghi hanno ricordato gli elementi più significativi della manovra che stiamo per discutere qui in Parlamento, in particolare i 3 miliardi che sono stanziati per il 2020, i 4,8 miliardi per il 2021 e i 4,7 miliardi per il 2022, che danno il segno di una - ripeto - rinnovata e forte attenzione nei confronti del lavoro dipendente. Se a questo aggiungiamo il rinnovo del contratto del pubblico impiego, che vedrà completare il suo finanziamento nel corso di quest'anno, e quindi consentirà di applicare il nuovo contratto a partire dal 2021 in modo completo, beh, ci rendiamo conto che in effetti vi è una nuova sensibilità opportuna a favore del lavoro dipendente, dei milioni di lavoratori italiani che oggi sono indubitabilmente la spina dorsale della nostra economia. Peraltro, sono stati confermati anche provvedimenti che negli scorsi anni hanno contribuito ad alleviare le difficoltà del lavoro dipendente e anche a integrare le retribuzioni, magari contribuendo a recuperare l'erosione del potere d'acquisto che l'inflazione pur modesta in questi anni ha determinato. Pensiamo alla conferma degli 80 euro, che anche con questa manovra vede appunto una riproposizione e una piena conferma. Vorrei dire, tuttavia, e peraltro, che non da oggi vi è questa attenzione da parte del Partito Democratico, delle forze di centrosinistra, nei confronti e a favore del lavoro dipendente. Mentre - vorrei dirlo senza alcuna polemica - il centrodestra, quando ha governato in questi ultimi vent'anni, ha sempre alla fine fatto più deficit senza particolare attenzione al lavoro dipendente nei fatti, vi sono molti fatti che il centrosinistra, in quest'ultimo ventennio, nella Seconda e l'inizio della Terza Repubblica, così definita, in qualche modo può vantare. Voglio segnalare e in particolare ricordare quello che fu nel 2007 il primo grande taglio del cuneo fiscale: ben cinque punti, in un'unica manovra, che appunto segnarono un punto di svolta dopo tanti anni di appesantimento e di oneri che venivano attribuiti via via al lavoro dipendente e anche agli imprenditori che tanti lavoratori dipendenti impiegavano.
Da quell'epoca vi fu un segnale in discontinuità, in controtendenza, confermato, come ho detto, prima dagli 80 euro dei Governi di centrosinistra 2014-2018, confermato dalla deducibilità dall'imponibile IRAP del costo del lavoro dipendente, confermato da sgravi importanti, pur durati solo alcuni anni inevitabilmente, anche perché particolarmente onerosi, che hanno contribuito a favorire l'assunzione di nuovi giovani a tempo indeterminato a seguito dell'approvazione del cosiddetto Jobs Act.
Nel 2007 vi fu, appunto come vi dicevo, questo taglio importante di cinque punti del cuneo fiscale, di cui tre a favore delle imprese e due a favore dei lavoratori. Oggi si registra un'importante convergenza tra datori di lavoro, rappresentanti dei lavoratori, sindacati e Governo affinché il taglio del cuneo fiscale avvenga, in particolare o esclusivamente, a favore dei lavoratori che più di ogni altro hanno patito, appunto, l'erosione del potere d'acquisto in questi anni.
Devo dire che questa volontà in qualche modo deve comunque - e questo è particolarmente importante e sta a cuore al Partito Democratico - essere vista all'interno anche della nostra maggioranza, che ha siglato un patto di Governo che su questo punto è molto convergente, e occorre che questa attenzione al lavoro dipendente sia complementare e integrata rispetto alla volontà di realizzare una grande riforma del sostegno ai carichi familiari, in particolare, attraverso l'introduzione dell'assegno unico e della dote unica per servizi.
Questa misura evidentemente dovrà essere collocata, pur non rivolgendosi esclusivamente al lavoro dipendente, dentro a una più complessiva rivisitazione e a un ripensamento delle forme attraverso cui alleggerire il costo del lavoro dipendente, perché è evidente che non è identica la condizione dei lavoratori dipendenti con un figlio a carico o con più figli a carico. Dunque, nella rimodulazione, che troverà spazio in modo particolare nella riforma complessiva, annunciata dal Governo con il collegato fiscale, relativa al sistema dell'imposizione sulle persone fisiche, questa questione è evidentemente centrale dentro a un equilibrio più complessivo. È chiaro, inoltre, che questa attenzione, a sua volta, dev'essere tenuta presente anche all'interno di una speciale e comunque importante attenzione nei confronti dei datori di lavoro e del lavoro autonomo.
Quindi, vogliamo dire, con molta determinazione, che questa manovra è capace e sarà capace, perché sarà sicuramente approvata, di confermare - anzi potenziare - quelle misure che già nel 2018 erano state approvate e che nel 2017, in particolare con l'ultimo Governo di centrosinistra, erano riconducibili alla proposta e al pacchetto Industria 4.0.
Tutte queste misure sono oggi confermate così che possiamo sicuramente dire che vi è anche un'attenzione particolare nei confronti degli imprenditori e dei datori di lavoro nello specifico impegnati in campo industriale.
Così come non vogliamo certamente lasciare indietro e trascurare il lavoro autonomo che vede in questa legge di bilancio confermare l'aliquota del 15 per cento per il lavoro autonomo e le libere professioni fino a 65 mila euro di entrate e anche la conferma del regime forfettario così importante per semplificare il loro lavoro.
È importante dentro a ciò che ho prima detto, cioè una discussione che si avvierà molto presto sulla più generale ridefinizione delle imposte e delle tasse nel nostro Paese, tener conto del fatto che le aliquote sul lavoro dipendente talvolta - anzi frequentemente nella misura in cui siamo di fronte a lavoratori dipendenti con buoni redditi o alti redditi - superano le aliquote in questo caso applicate, cioè le imposte che vengono applicate, invece, sui redditi di capitale oppure le imposte che si applicano sui profitti d'impresa e le aliquote anche sul lavoro autonomo prima citato. Quindi, bisogna dire onestamente che, nonostante gli interventi che stiamo per mettere in campo e quelli che ho già ricordato, il lavoro dipendente è indubitabilmente il granaio del fisco e certamente i lavoratori dipendenti ben lo sanno quando purtroppo leggono la loro busta paga e si rendono conto di quanto pesante sia, appunto, il cuneo fiscale.
C'è un'altra questione che durante questa discussione sulla legge di bilancio abbiamo considerato e, cioè, il rischio che gli incentivi sul lavoro autonomo possano portare gli imprenditori a spostare le loro scelte a favore del lavoro autonomo rispetto al lavoro dipendente. Quindi, occorre davvero, soprattutto in riferimento al regime dei cumuli tra redditi di lavoro autonomo e dipendente e tra redditi da lavoro e da pensione e lavoro dipendente e autonomo, evitare, appunto, che vi sia un favor per preferire il lavoro autonomo quando, invece, più opportunamente e correttamente dovrebbe essere utilizzato il lavoro dipendente.
Da questo punto di vista, non posso entrare nel merito ma certamente questa manovra vuole evitare il rischio di questi comportamenti opportunistici e, quindi, interverremo - e lo chiariremo nel corso della discussione sul disegno di legge di bilancio - proprio per evitare questo rischio.
Ci sono ancora alcuni argomenti che voglio portare all'attenzione e, in particolare, partendo dall'osservazione, già fatta e ricordata dai colleghi dovunque e in ogni occasione, relativa al differenziale tra quanto i lavoratori dipendenti ottengono come netto in busta paga e quanto costa effettivamente quel lavoro ai datori di lavoro.
Ebbene, noi sappiamo che oggi in Italia c'è un cuneo fiscale del 47,9 per cento, praticamente quasi del 50 per cento, e quindi dobbiamo ancora, nonostante ciò che ho detto, lavorare non poco. Siamo, in verità, poco sopra la media europea. Infatti, se ci confrontiamo, per esempio, con la Germania, che è la prima locomotiva d'Europa, abbiamo un cuneo fiscale inferiore e, quindi, questo in qualche modo ci porta a dire che sicuramente può essere un elemento di freno per la nostra competitività il cuneo fiscale eccessivo ma non è evidentemente l'unico elemento che può favorire o non favorire un'economia.
Di sicuro noi dobbiamo anche, però altrettanto convintamente, affermare l'importanza delle imposte e soprattutto dei contributi previdenziali, dei contributi assicurativi contro gli infortuni sul lavoro, di quelli a tutela della maternità e di quell'insieme di misure così importanti che sono riconducibili al sistema della protezione sociale e del welfare italiano.
Quindi, nonostante ci sia ancora molto da fare - e adesso mi soffermerò, negli ultimi minuti, su ciò che c'è da fare e su ciò che abbiamo messo in campo in questa manovra - è evidente che non piace a noi quel ricorrente tentativo o tentazione, spesso plebiscitaria e spesso sicuramente determinata e ispirata dal calcolo politico anche in questi giorni, che punta a dire che vi dev'essere una quota massima non superabile - naturalmente viene proposta in misura molto bassa - di imposte sui redditi o, comunque, di costo complessivo del cuneo fiscale rispetto al costo pieno del lavoro, perché questo inevitabilmente, al di là dei recuperi di efficienza che si possono e si devono fare, significa fare dei tagli su quel sistema di protezione di cui, invece, noi del Partito Democratico siamo convintamente orgogliosi e che vogliamo difendere a ogni costo.
E tuttavia - ripeto - affermato il principio secondo cui i fondamenti importanti del welfare devono ancora essere completati - e pensiamo, per esempio, alle misure che sono state annunciate per garantire anche i congedi di paternità e non solo quelli di maternità e, in generale, maggiori congedi di maternità e di paternità, che sono uno dei tasselli che ancora mancano per completare un sistema di incentivi per la famiglia e per la natalità -, ebbene queste misure e tante altre sicuramente potranno essere aiutate attraverso tre o quattro grandi azioni che naturalmente non abbiamo inventato ma che ben sappiamo devono continuare a essere perseguite, perché è dal lavoro costante, certosino e di lima che si può e si deve fare su questi assi di intervento che potremo recuperare quelle risorse che servono anche per il taglio del cuneo fiscale. Mi riferisco al recupero di efficienza nella pubblica amministrazione. Ci sono molte idee, e non da oggi, e anche l'azione dello scorso Governo di centrosinistra ha contribuito non poco.
Pensiamo solo all'introduzione della fatturazione elettronica, ma anche agli acquisti collettivi per efficientare la macchina della pubblica amministrazione e dello Stato in particolare; pensiamo alla spending review, che naturalmente non finisce mai di essere esercitata e ha bisogno di un lavoro costante, certosino e di fino per intervenire sulle inefficienze. C'è, più in generale, un'esigenza, già annunciata e ricordata nel mio intervento, di ripensare tutto il sistema delle imposte, ma soprattutto il sistema delle detrazioni e deduzioni, che oggi vede un meccanismo particolarmente poco equo o addirittura iniquo, perché noi sappiamo come detrazioni e deduzioni siano beneficiate in modo particolare da redditi medi, medio-alti e alti, cosicché la progressività che viene applicata con le aliquote progressive dell'Irpef finisce per essere mortificata e, addirittura, in alcuni casi completamente limitata, se non cancellata, proprio per il combinato disposto detrazioni-deduzioni e applicazione delle aliquote. Non a caso, in questa manovra abbiamo introdotto un criterio di selettività maggiore per detrazioni e deduzioni, che verrà applicato sopra i 120 mila euro fino ad arrivare alla completa abolizione solo per alcune detrazioni e deduzioni nella misura in cui il dichiarante raggiunge i 240 mila euro di imponibile. E poi c'è la grande - concludo - sfida del contrasto all'evasione fiscale e contributiva, quindi occorre dire con molta determinazione, senza nessun trucco, che non ci sono se non alcune imposte di scopo opportune e che non c'è alcun aumento delle imposte e delle tasse in questa manovra; c'è invece una forte volontà di contrastare l'evasione fiscale e di farlo con forme che tutto il Parlamento e anche il popolo italiano conosce, in particolare l'utilizzo dei pagamenti elettronici, che sono una modalità civile e avanzata di applicazione dei pagamenti che consente anche una tracciabilità e quindi l'emersione dell'eventuale sommerso.
Torno alla manovra e concludo per evidenziare anche un tratto importante. Torno da dove ho cominciato…
PRESIDENTE. Dovrebbe chiudere perché ha oltrepassato di gran lunga il tempo a sua disposizione.
STEFANO LEPRI (PD). Certo, ho finito. Negli ultimi trenta secondi voglio ricordare che la misura che ho citato, quella che riguarda il lavoro dipendente, con le nuove dotazioni che ho ricordato all'inizio, è particolarmente importante perché riesce a intervenire su due fasce di lavoro dipendente che con altre misure - mi riferisco agli 80 euro - erano state trascurate: gli incapienti da un lato, che, se lavoratori dipendenti, beneficeranno anch'essi del cuneo fiscale e quindi delle decine di euro al mese (si tratterà di capire quanti sono, posto che al momento non erano per loro previsti); dall'altro anche i lavoratori dipendenti sopra i 26.600 euro e fino a 35 mila, i quali potranno beneficiare di almeno una parte del cuneo fiscale di cui ho parlato. Quindi, siamo di fronte a una manovra che, in conclusione, guarda con attenzione e con rinnovata riconoscenza anche al lavoro dipendente in Italia e lo fa mettendo risorse importanti, con una nuova attenzione che ci impegniamo a mantenere per tutto il corso della legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Fregolent. Ne ha facoltà.
SILVIA FREGOLENT (IV). Gentile Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi tutti, come tutti noi sappiamo il costo del lavoro è l'ammontare delle spese sostenute da un'azienda per remunerare la forza lavoro. Tali spese comprendono retribuzioni al netto delle imposte corrisposte al lavoratore, contributi sociali a carico dei lavoratori e contributi sociali a carico dell'azienda. Con un cuneo fiscale che in percentuale nel costo del lavoro è al 47,7 per cento, l'Italia, dopo Belgio (53,7 per cento) e Germania (49,6 per cento), è il Paese dove il peso delle tasse e dei contributi sulla retribuzione lorda dei lavoratori dipendenti è il più elevato tra le nazioni OCSE. Secondo recenti studi della CGIA Mestre, si è appreso che se viene diviso il peso complessivo del cuneo nelle quote in capo agli imprenditori e ai lavoratori dipendenti, emerge che i contributi sociali versati dai titolari di azienda ammontano al 25 per cento del costo del lavoro, al quarto in graduatoria dopo Francia, Repubblica Ceca ed Estonia, mentre le imposte e i contributi corrisposti dai dipendenti incidono per il 23,7 per cento, quattordicesima posizione a livello OCSE. Nell'ultimo decennio, come alcuni colleghi hanno ricordato, sono numerosi gli interventi normativi volti a ridurre il costo del lavoro e aumentare il potere di acquisto dei lavoratori. Risultano tra questi alcuni provvedimenti ricordati in precedenza: la riduzione di cinque punti del cuneo fiscale, la misura degli 80 euro del Governo Renzi, la deducibilità dall'imponibile IRAP del costo del lavoro del personale dipendente con contratto a tempo indeterminato, sgravi mirati alle imprese che hanno creato buona occupazione con contratti a tempo indeterminato, i crediti di imposta alle imprese che hanno effettuato investimenti in ricerca e sviluppo.
Nonostante queste importanti misure, il costo del lavoro rimane alto ed è indubbio che per una reale crescita della domanda interna, ossia dei consumi interni, occorra provvedere ad una busta paga più pesante. Per questo, coerentemente con l'impegno di ridurre il cuneo fiscale, che è uno dei punti cardine dell'accordo che ha portato alla costituzione di questo Governo, sia nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2019, sia nel successivo Documento programmatico di bilancio 2020 sono state individuate le risorse, pari a 3 miliardi nel 2020, 4,8 miliardi nel 2021 e 4,7 miliardi nel 2022, per l'istituzione di un fondo per l'avvio di un percorso strutturale di riduzione del cuneo fiscale sui lavoratori. È vero che sono risorse che non sono sufficienti, e neanche la maggioranza crede che lo siano, ma sono un primo segnale dato ai lavoratori e alle imprese che la promessa di ridurre il costo del lavoro verrà effettivamente mantenuta, anche perché nella legge di bilancio di quest'anno gran parte delle risorse sono state utilizzate per sterilizzare l'aumento dell'IVA, che sarebbe stata una tassa ingiusta, pagata da tutti i cittadini.
La strada tracciata è netta, ma per percorrerla occorre perseguire - secondo quanto conviene e il convincimento del mio partito, Italia Viva - una riduzione seria della spesa pubblica per provvedere ad una generale riduzione delle tasse, unita ad una politica di lotta all'evasione fiscale che possa liberare risorse aggiuntive, da restituire successivamente ai contribuenti mediante la riduzione di aliquote. Ha ben detto il rappresentante di Forza Italia che non si possono prevedere soltanto le manette agli evasori. Ricordiamo che questa norma c'è già nel nostro provvedimento e neanche quando loro erano al Governo l'hanno modificata. Ricordo anche quando vengono fatti i condoni, viene dato un segnale negativo per il pagamento delle tasse. Sono molto felice che in questa legge di stabilità non ce ne sia alcuno, a differenza di quanto avvenuto nel passato. Quindi, quando si chiede da parte di rappresentanti delle forze politiche come Forza Italia, che hanno lungamente governato questo Paese, una seria battaglia contro l'evasione fiscale, mi piacerebbe ricordare tutte le volte che loro hanno provveduto con condoni a far sì che questa battaglia non fosse seria.
Ovviamente, la riduzione del cuneo fiscale produrrebbe maggiore efficienza ed efficacia nell'impegno dei lavoratori e dei singoli individui. Le scelte che gli individui fanno per entrare nel mercato del lavoro sono inevitabilmente influenzate dal peso delle imposte sui redditi da lavoro e quindi dal quantitativo ore da lavorare e dalla tipologia del contratto da stipulare. Con la presente mozione si vuole impegnare il Governo ad attuare impegni concreti. Tra questi, ad assumere ogni iniziativa utile a diminuire una generica pressione fiscale, in particolare quella sul lavoro, al fine di promuovere l'aumento dei salari netti attraverso lo stanziamento necessario per ridurre il cuneo fiscale; a destinare a tale finalità tutte le risorse provenienti da una strategia di razionalizzazione della spesa pubblica, unita ad una rafforzata lotta all'evasione fiscale retributiva; a promuovere efficaci politiche per aumentare l'offerta di lavoro e ridurre la disoccupazione, a partire da quella giovanile e femminile.
Soltanto con una rinnovata importanza delle politiche del lavoro, a differenza di quanto fatto nei 15 mesi precedenti, penso che il nostro Paese incomincerà di nuovo a crescere e a dare speranza a quelle persone che non vogliono andar via, soprattutto giovani, che non vogliono andar via dal nostro Paese, ma che vorrebbero rimanere qui a lavorare in maniera dignitosa. Credo che questa mozione a firma dei componenti della maggioranza serva, innanzitutto, a dare un segnale di verità su cosa è stato fatto in passato e quali politiche hanno determinato una, seppur non sufficiente, riduzione del costo del lavoro e, in secondo luogo, a restituire la centralità a quell'importanza, come dicevo, delle politiche del lavoro per far sì che la crescita avvenga in maniera costante. In fondo, quando abbiamo finito di governare, come centrosinistra, abbiamo lasciato un Paese che cresceva; oggi ci troviamo un Paese in stallo: sarà compito delle forze di maggioranza farlo partire convintamente. Chiediamo che le forze di opposizione riconoscano che, nel passato, ci sono stati degli errori da parte di chi governava, con una non chiara diminuzione del costo del lavoro, con una non chiara visione di riduzione dello spreco pubblico e con una non chiara visione del pagamento delle tasse tutte. Se le si vogliono ridurre, le tasse, bisogna farle pagare a tutti. Farle pagare a tutti, per pagare meno: uno slogan della sinistra che è ancora attuale e a noi caro (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
Il Governo intende intervenire o si riserva di farlo successivamente? Si riserva di farlo.
Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.
Organizzazione dei tempi di discussione dei progetti di legge di ratifica (ore 16,30).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei progetti di legge di ratifica nn. 2118 e 1909.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei progetti di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 24 ottobre 2019 (Vedi l'allegato A della seduta del 24 ottobre 2019).
Discussione della proposta di legge: S. 964 - D'iniziativa dei senatori: Airola ed altri: Ratifica ed esecuzione dello Scambio di lettere tra Repubblica italiana e ICCROM aggiuntivo all'Accordo di Parigi del 27 aprile 1957 e allo Scambio di note del 7 gennaio 1963 sull'istituzione e lo status giuridico del Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali, fatto a Roma il 17 marzo 2017 (Approvata dal Senato) (A.C. 2118).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 2118: Ratifica ed esecuzione dello Scambio di lettere tra Repubblica italiana e ICCROM aggiuntivo all'Accordo di Parigi del 27 aprile 1957 e allo Scambio di note del 7 gennaio 1963 sull'istituzione e lo status giuridico del Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali, fatto a Roma il 17 marzo 2017.
(Discussione sulle linee generali – A.C. 2118)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Mirella Emiliozzi.
MIRELLA EMILIOZZI, Relatrice. Grazie, Presidente. Entrambe le ratifiche le ho io, quindi prima la n. 2118, giusto?
PRESIDENTE. Sì, affermativo.
MIRELLA EMILIOZZI, Relatrice. L'ICCROM (International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property), è un'organizzazione intergovernativa - cui attualmente aderiscono 136 Paesi - che promuove a livello internazionale la conservazione, la tutela e il restauro del patrimonio culturale.
Dal 1959, l'Organizzazione ha stabilito la propria sede a Roma presso il complesso monumentale di San Michele a Ripa, dove può vantare, fra l'altro, una delle biblioteche specializzate in conservazione di beni culturali più importanti al mondo. L'ICCROM figura tra le prime Agenzie delle Nazioni Unite ad essere state insediate in Italia, grazie all'indiscusso prestigio e primato di cui il nostro Paese gode nel campo del restauro e della conservazione del patrimonio culturale. Sotto il profilo economico, la presenza dell'ICCROM in Italia garantisce anche un ritorno collegato sia alle forniture di beni e servizi acquistati da imprese nazionali sia per l'indotto connesso al personale internazionale dell'Organizzazione residente in Italia. Il mantenimento della sede dell'ICCROM in Italia rappresenta, pertanto, per il nostro Paese un interesse di particolare rilevanza. I programmi del Centro coinvolgono, a livello internazionale, restauratori, storici dell'arte, conservatori, architetti, bibliotecari, archeologi e tanti altri professionisti che dedicano il loro lavoro alla salvaguardia del patrimonio culturale e artistico. Lo scambio di lettere oggetto della presente proposta di legge di ratifica, già approvata dal Senato, ha l'obiettivo di aggiornare l'Accordo di sede tra Italia e Unesco del 1957, modificando, in particolare, la disciplina relativa alle esenzioni fiscali concesse ai dipendenti dell'Organizzazione, estendendo anche a quelli di nazionalità italiana i benefici fiscali previsti per il personale di altra nazionalità, conformemente con quanto previsto dalla Convenzione del 1947 sui privilegi e le immunità degli istituti specializzati delle Nazioni Unite.
Attualmente, infatti, l'Organizzazione rimborsa ogni anno ai funzionari italiani le tasse da loro versate allo Stato italiano in relazione al salario percepito dall'ICCROM; tuttavia, dal 2013 l'onere del rimborso è risultato per l'ICCROM più elevato del contributo italiano all'Organizzazione e tale differenza può essere riassorbita solo attingendo al bilancio dell'Organizzazione, cui contribuiscono tutti gli Stati membri.
Pertanto, una mancata soluzione negoziata della questione del trattamento fiscale dei funzionari italiani dell'Organizzazione potrebbe riflettersi negativamente sul mantenimento della sede dell'ICCROM a Roma. Qualora non si pervenisse ad un aggiornamento dell'attuale quadro istituzionale dell'Accordo di sede con l'Italia, l'Organizzazione potrebbe, infatti, interpellare la comunità degli Stati membri per raccogliere altre manifestazioni di interesse ad ospitare la sede dell'Organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle attualmente offerte dall'Italia.
Merita segnalare che anche l'Agenzia delle entrate, il 17 settembre 2013, rispondendo ad un interpello proposto dall'ICCROM, ha chiarito che l'estensione dell'esenzione fiscale ai funzionari italiani è possibile solo attraverso un emendamento all'articolo 11 dell'Accordo di sede.
La richiesta dell'ICCROM di estendere ai funzionari italiani i benefici fiscali appare, peraltro, coerente con quanto già previsto negli accordi di sede delle altre Agenzie specializzate delle Nazioni Unite presenti sul territorio italiano. L'esenzione fiscale sugli emolumenti percepiti per tutti i dipendenti, senza discriminazioni basate sulla nazionalità, è assicurata, infatti, ai funzionari della FAO, dell'IFAD, del Centro internazionale di formazione dell'OIL, della base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi, dello Staff College di Torino, dell'Ufficio regionale per l'Europa dell'Organizzazione mondiale della sanità e del World Water Assessment Programme di Perugia. Sul piano degli oneri finanziari derivanti dal provvedimento, occorre rilevare che vengono quantificati dall'articolo 3, comma 1, della proposta di legge di ratifica in euro un milione e 300 mila per il 2019 e in euro 300 mila annui a decorrere dal 2020. La medesima disposizione, nell'ambito di tale importo complessivo, indica che euro 300 mila hanno natura di oneri valutati, riferiti alla perdita di gettito conseguente all'esenzione fiscale, ed euro un milione di oneri autorizzati, riferiti al versamento in un'unica soluzione da parte del Governo, come somme dovute per la manutenzione della sede dell'ICCROM. Auspico una rapida conclusione dell'iter di esame del provvedimento, ricordando che esso è già stato approvato dal Senato il 6 agosto scorso e che questo ramo del Parlamento aveva già approvato nel 2017 un disegno di legge di analogo contenuto, che non poté andare incontro ad approvazione definitiva in ragione del concludersi della scorsa legislatura.
PRESIDENTE. Prendo atto che la rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: S. 1088 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kenya relativo al Centro spaziale Luigi Broglio - Malindi, Kenya, con Allegato e Protocolli attuativi, fatto a Trento il 24 ottobre 2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 1909) (ore 16,35).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1909: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kenya relativo al Centro spaziale Luigi Broglio - Malindi, Kenya, con Allegato e Protocolli attuativi, fatto a Trento il 24 ottobre 2016.
(Discussione sulle linee generali – A.C. 1909)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Mirella Emiliozzi.
MIRELLA EMILIOZZI, Relatrice. Grazie di nuovo. Il provvedimento in esame risponde all'esigenza di fornire una cornice normativa aggiornata per disciplinare le relazioni tra l'Italia e il Kenya in materia di cooperazione spaziale, in considerazione della storica presenza italiana presso la base di Malindi, unico centro spaziale italiano situato in territorio estero.
Luigi Broglio - docente della Scuola di ingegneria aerospaziale dell'Università degli studi “La Sapienza” di Roma e creatore del progetto San Marco, ovvero del programma di collaborazione italo-statunitense di ricerca scientifica e sperimentazione spaziale - ha dato il nome a questo centro spaziale che, istituito nel 1964 e gestito dal 2004 dall'Agenzia spaziale italiana, è un'importante stazione per il controllo da terra delle missioni spaziali e rappresenta un polo di eccellenza della tecnologia italiana al di fuori del territorio nazionale, nonché uno strumento qualificante della nostra collaborazione scientifica con il Kenya e con l'intero continente africano. Stante la sua strategica localizzazione geografica, la stazione rappresenta un sito ideale per il lancio di satelliti e per correlate attività di ricerca scientifica e raccolta di dati.
Della struttura si è avvalsa anche l'Agenzia spaziale europea nel quadro di un protocollo trilaterale Italia-Kenya-Agenzia spaziale europea che attende di essere rinnovato all'esito della conclusione dell'Accordo tra Italia e Kenya. L'attuale funzionamento della base è disciplinato da un Accordo intergovernativo firmato dai due Paesi nel 1995 e rinnovato da ultimo fino al 31 ottobre 2016. La nuova intesa, composta dall'Accordo bilaterale vero e proprio, da un Annesso e da cinque Protocolli tecnici attuativi, riprende i contenuti del precedente Accordo e definisce i termini e le condizioni relative all'utilizzo della base da parte dell'Agenzia spaziale italiana. Più in dettaglio l'Accordo, composto da diciotto articoli, fornisce le specifiche della base in merito alle sue pertinenze ed alla sua destinazione d'uso, individuando quali settori di attività, per soli scopi pacifici, i seguenti ambiti: scienza e tecnologia dello spazio; osservazione della terra; supporto ai servizi di sorveglianza; comunicazioni spaziali; telemedicina; acquisizione dei dati satellitari; attività di ricerca di fisica dell'atmosfera; lancio e controllo di satelliti. L'Accordo, inoltre, disciplina l'istituzione e le competenze degli organismi congiunti di indirizzo politico e di gestione ovvero il Consiglio ministeriale, il Comitato direttivo e l'Organo di gestione. In particolare la gestione della base è affidata ad un direttore nominato dal Governo italiano tramite l'Agenzia spaziale italiana, coadiuvato da un vicedirettore di nazionalità keniana. Ulteriori norme definiscono le prerogative e gli obblighi del Governo italiano tenuto, tra l'altro, ad avviare programmi di formazione a favore dei cittadini keniani e a promuovere progetti di sviluppo nell'area; a sostenere i costi operativi di funzionamento quotidiano della struttura; a contribuire ai costi di istituzione e funzionamento del Centro regionale per l'osservazione della terra e a versare al Kenya la metà dei profitti derivanti da contratti con terzi per gli stessi servizi commerciali forniti dalla base. Al Governo di Nairobi l'Accordo affida il compito di assicurare sotto il profilo della sicurezza un efficace funzionamento della base inclusa la protezione di beni e delle persone; fornire le autorizzazioni di lancio di satelliti e piattaforme suborbitali; individuare progetti di sviluppo da realizzare nell'area di Malindi; facilitare il rilascio delle autorizzazioni per l'installazione e l'utilizzo delle attrezzature necessarie. Vengono, inoltre, definite le modalità per l'uso della base da parte di terzi; per il risarcimento di eventuali danni arrecati a persone o cose all'interno o all'esterno della base stessa e per garantire la riservatezza delle informazioni scambiate nell'ambito dell'applicazione dell'Accordo. Il testo stabilisce, infine, i criteri per la risoluzione di eventuali controversie interpretative o applicative e dispone il conferimento al Kenya della proprietà di tutti i diritti e dei beni presso la base alla scadenza dell'intesa bilaterale.
L'Annesso 1 all'Accordo descrive le principali risorse del centro con particolare riferimento alla strumentazione; mentre i cinque Protocolli attuativi tecnici disciplinano rispettivamente l'istituzione di un centro regionale per l'osservazione della terra; il supporto all'Agenzia nazionale spaziale keniana; la telemedicina; l'accesso ai dati di osservazione della terra e ai dati scientifici; l'attività di istruzione e formazione.
Il disegno di legge di ratifica dell'Accordo, già approvato dal Senato, si compone di quattro articoli. L'articolo 3, in particolare, nel porre la clausola di invarianza finanziaria, dispone che agli oneri derivanti dal provvedimento, che la relazione tecnica quantifica in poco più di 800 mila euro annui, si provveda con le risorse già disponibili a legislazione vigente nel bilancio ordinario dell'Agenzia spaziale italiana, senza che da ciò debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Auspico una celere approvazione del provvedimento che mira a fare della base di Malindi e, più in generale, del Kenya il fulcro di una cooperazione spaziale allargata ai Paesi del Corno d'Africa con importanti ricadute strategiche a carattere scientifico, tecnologico e programmatico. In questo quadro segnalo altresì ai colleghi che la cooperazione nel settore spaziale rientra a pieno titolo tra le priorità dell'Agenda 2063 dell'Unione africana, un ambizioso programma di sviluppo per la trasformazione socio-economica a lungo termine del continente.
PRESIDENTE. Prendo atto che la rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate, a norma articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, le questioni pregiudiziali Murelli ed altri n. 1 e Lollobrigida ed altri n. 2, riferite al disegno di legge n. 2203, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali, il cui esame e votazione avrà luogo nella seduta di domani, martedì 29 ottobre, prima dello svolgimento della discussione sulle linee generali del provvedimento.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Martedì 29 ottobre 2019 - Ore 10:
1. Seguito della discussione delle mozioni Meloni ed altri n. 1-00266, Molinari ed altri n. 1-00268, Mandelli ed altri n. 1-00269, Gagliardi ed altri n. 1-00271 e Gribaudo, Dori, Fregolent, Pastorino ed altri n. 1-00273 concernenti iniziative a sostegno delle libere professioni e delle imprese .
2. Discussione del disegno di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali presentate):
S. 1476 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101, recante disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali (Approvato dal Senato).
(C. 2203)
Relatrice: BARZOTTI.
3. Seguito della discussione delle mozioni Gelmini ed altri n. 1-00261 e Grimaldi, Fragomeli, Ungaro, Pastorino ed altri n. 1-00272 concernenti iniziative per la riduzione del costo del lavoro e la revisione della spesa pubblica .
4. Seguito della discussione dei progetti di legge:
S. 964 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: AIROLA ED ALTRI: Ratifica ed esecuzione dello Scambio di lettere tra Repubblica italiana e ICCROM aggiuntivo all'Accordo di Parigi del 27 aprile 1957 e allo Scambio di note del 7 gennaio 1963 sull'istituzione e lo status giuridico del Centro internazionale di studi per la conservazione ed il restauro dei beni culturali, fatto a Roma il 17 marzo 2017 (Approvata dal Senato). (C. 2118)
Relatrice: EMILIOZZI.
S. 1088 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Kenya relativo al Centro spaziale Luigi Broglio - Malindi, Kenya, con Allegato e Protocolli attuativi, fatto a Trento il 24 ottobre 2016 (Approvato dal Senato). (C. 1909)
Relatrice: EMILIOZZI.
La seduta termina alle 16,40.