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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 20 novembre 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e III,

   premesso che:

    nella penisola della Crimea esiste una comunità di circa 500 italiani dimenticati dallo Stato e privi del dovuto riconoscimento;

    la maggior parte di loro si trova a KerÄ, una delle città più antiche di Russia, e si raccoglie attorno all'Associazione C.E.R.K.I.O (Comunità degli emigrati in regione di Crimea – italiani di origine), che ha per obiettivo quello di unire gli italiani, rinvigorire il senso di identità nazionale, organizzare eventi culturali e feste, promuovere la diffusione e la conoscenza della lingua italiana;

    i membri di questa comunità sono gli eredi dei pochi sopravvissuti alle purghe staliniane che, tra il 1935 e il 1938, decimarono la popolazione di origine italiana;

    nel 1920 gli italiani di Crimea erano il 2 per cento della popolazione. I problemi cominciarono con la Rivoluzione d'ottobre, quando vennero espropriati delle proprie terre e privati della possibilità di professare la propria fede. Molti ritornarono in patria, quelli che rimasero furono «russificati» a forza, impossibilitati a parlare italiano e costretti a cambiare i cognomi;

    con lo scoppio della seconda guerra mondiale, gli italiani di Crimea furono considerati automaticamente nemici e fascisti e deportati nei gulag. Molti vennero dapprima arrestati con l'accusa di spionaggio e di attività controrivoluzionarie poi, nel 1942, deportati con l'accusa di collaborazionismo al pari delle altre minoranze nazionali presenti sul territorio. Circa 5 mila concittadini vennero sequestrati e trasferiti in Siberia e Kazakistan. La comunità di KerÄ fu cancellata;

    dopo la fine del Grande terrore, con Krusciov, i prigionieri vennero liberati, ma moltissimi erano morti per le condizioni estreme dei lager, morti di fame e di freddo. I pochi superstiti, senza documenti pur parlando italiano, sono stati a lungo impossibilitati a dimostrare le proprie origini. In seguito al ritorno a KerÄ, molti degli italiani hanno celato la loro origine etnica, mantenendo la «russificazione» del nome;

    il 29 gennaio di ogni anno, nel giorno in cui iniziarono le deportazioni, la comunità italiana si ritrova sul pontile da cui salparono le navi cariche dei loro avi per gettare un garofano in mare e ricordare le vittime dell'odio comunista;

    nel 2015, dopo oltre 70 anni di oblio, la persecuzione per motivi etnici della minoranza italiana da parte dell'Unione Sovietica è stata formalmente riconosciuta. Il 21 aprile 2014, la presidenza russa ha emanato un decreto per il riconoscimento delle minoranze crimeane perseguitate dallo stalinismo, omettendo però di includere quella italiana. A questa mancanza è stato posto rimedio il 12 settembre 2015, a seguito dell'incontro a Yalta fra il presidente Putin e una delegazione dell'associazione Cerkio guidata dalla presidente Giulia Giacchetti Boico; a seguito di tale incontro il presidente russo ha emendato il decreto e ora gli italiani sono stati a tutti gli effetti riconosciuti come minoranza perseguitata e deportata;

    appare ora necessario ristabilire i corretti rapporti tra la Repubblica e gli eredi di quella comunità che, ai sensi della normativa vigente, hanno il diritto a richiedere la cittadinanza italiana. Secondo quanto denunciato dalla comunità italiana in Crimea, con i documenti distrutti e i cognomi cambiati, diventare cittadini italiani è estremamente difficile, come lo è persino ottenere un visto o un permesso di soggiorno nella nostra Nazione,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni iniziativa di competenza utile a certificare la vera discendenza genealogica dei membri della comunità italiana in Crimea al fine di consentire, ad eventuali richiedenti, di ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana;

   ad adottare ogni iniziativa di competenza, anche promuovendo specifici accordi con le autorità russe per tutelare e sostenere la comunità italiana in Crimea già provata dalle vicende storiche di cui in premessa.
(7-00378) «Delmastro Delle Vedove, Donzelli».


   Le Commissioni I e XI,

   premesso che:

    il personale dei vigili del fuoco lamenta da molti anni gravi disallineamenti a suo danno sul piano retributivo e pensionistico;

    secondo alcune stime fatte dalle organizzazioni sindacali del Corpo, i vigili del fuoco percepirebbero mediamente settemila euro in meno all'anno rispetto al personale delle forze di polizia;

    nel complesso, l'inferiorità retributiva sofferta dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sarebbe pari al 20 per cento rispetto al trattamento previsto per i pari grado operanti nella polizia di Stato;

    risultano altresì mancanti alcuni peculiari istituti previdenziali, previsti in favore di altri Corpi dello Stato a compensarne le specificità operative e gli associati profili di rischio professionale;

    i vigili del fuoco sono privi anche di altre forme di tutela specifica, come ad esempio la previsione di un ruolo tecnico cui destinare il personale vittima di incidenti gravi e per questo non più idoneo all'impiego operativo, circostanza che comporta a suo danno la perdita di preziose indennità in busta paga, oltre a quella della possibilità di andare in pensione al compimento del sessantesimo anno di età;

    risulta altresì assente il cosiddetto «anno di scivolo» ogni cinque di cui gode il personale delle forze dell'ordine, circostanza che permette a quest'ultimo di maturare i requisiti richiesti per la quiescenza con alcuni anni di anticipo;

    il personale dei vigili del fuoco non risulta neppure inquadrato nell'Inail, con la conseguenza di essere sottoposto ad un regime differenziato per l'accertamento degli infortuni, che contempla il passaggio attraverso le commissioni mediche ospedaliere militari, in cui operano medici la cui competenza è sensibilmente diversa rispetto a quella dei medici del lavoro, determinando incomprensioni, disparità di trattamento, accertamenti lunghissimi e pagamenti differiti a grande distanza di tempo;

    ai vigili del fuoco risulta inaccessibile persino la ricetta telematica attualmente in uso presso i medici di famiglia, circostanza che li costringe sistematicamente a servirsi di documentazione cartacea da portare a mano;

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative per equiparare il trattamento retributivo e pensionistico spettante al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a quello applicato agli appartenenti alle forze di polizia dei livelli corrispondenti;

   ad adottare iniziative per introdurre nell'ordinamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco istituti come il corpo tecnico al quale indirizzare il personale rimasto vittima di infortuni che ne hanno compromesso l'operatività, prevedendone altresì l'inquadramento nell'Inail;

   ad assumere le opportune iniziative idonee a potenziare l'organico dei vigili del fuoco, al fine di fronteggiare ogni genere di emergenza, anche istituendo un sistema di tracciamento dei trasferimenti che permetta di evitare il rischio di avere sedi periferiche sottorganico;

   ad adottare iniziative per stanziare le risorse necessarie all'acquisizione dei mezzi indispensabili al funzionamento ed all'efficacia del soccorso tecnico urgente.
(7-00377) «Murelli, Iezzi, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Bordonali, De Angelis, Invernizzi, Maturi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    secondo recenti studi, l'intera filiera cinematografica in Italia genera un giro d'affari di circa 4 miliardi di euro, con oltre 2 mila aziende coinvolte;

    in questo contesto merita di essere evidenziato il contributo dell'industria cinematografica italiana con più di 100 film all'anno che vanno ad aggiungersi ad un ricco patrimonio culturale da valorizzare;

    nonostante i diversi riconoscimenti ottenuti all'estero, anche in termini di premi, il cinema italiano sconta scarse performance in termini di esportazioni. Secondo uno studio dell'Osservatorio europeo dell'audiovisivo, infatti, nel 2017, l'Italia era al nono posto per biglietti venduti tra i Paesi europei (circa 875 mila con una quota pari all'1 per cento). Di questi solo il 18 per cento è andato fuori dall'Italia e solo il 4 per cento fuori dall'Europa;

    il Piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo (30 milioni di euro dal 2017 al 2019) ha avviato un importante processo di digitalizzazione delle opere cinematografiche. Il primo decreto di riparto, firmato in data 20 dicembre 2018, ha assegnato risorse a 19 richiedenti per un importo pari a circa 8,4 milioni di euro;

    tale piano, oltre a rappresentare una risposta all'evoluzione tecnologica che ha reso ormai superati alcuni formati, garantisce la conservazione di un patrimonio culturale costitutivo della storia artistica del nostro Paese;

    la diffusione di device di massa consente una fruizione delle opere cinematografiche di produzione italiana in maniera molto più capillare ed efficace che in passato, soprattutto su scala internazionale;

    è dunque necessario promuovere una piattaforma aperta per facilitare la fruizione delle opere cinematografiche italiane digitalizzate, con un'azione di massa a sistema delle tante realtà esistenti;

    tale piattaforma può rappresentare un progetto vetrina per il cinema italiano e la sua storia artistica, produttiva e distributiva. Il progetto potrebbe essere articolato per temi e filoni culturali, accessibile a tutti su ogni device e fruibile anche in lingua straniera;

    nel corso dell'esecuzione di tale progetto vanno valorizzati il ruolo della cineteca nazionale e i film italiani restaurati con contributi statali,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a realizzare una piattaforma digitale per il cinema italiano con l'obiettivo di aumentare la conoscenza del patrimonio cinematografico e della sua storia in Italia e all'estero.
(7-00376) «Lattanzio, Brescia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   la continuità territoriale tra la Sardegna e la penisola è regolata dalla proroga del regime di imposizione di oneri di servizio pubblico, di cui al decreto ministeriale n. 61 del 2013 per gli aeroporti di Cagliari e Alghero;

   per quanto riguarda l'aeroporto di Olbia la continuità è regolata dal decreto ministeriale n. 367 del 2018, in seguito all'accettazione degli oneri di servizio senza compensazione da parte di un vettore aereo;

   tali accorgimenti si sono resi necessari in seguito al mancato varo della nuova continuità territoriale alla scadenza di quella entrata in vigore nell'ottobre del 2013, in seguito a quelli che l'interpellante giudica i ritardi delle decisioni politiche nella precedente legislatura regionale, nonché da parte dei governi che si sono avvicendati negli stessi anni che non hanno assunto le decisioni politiche di competenza prima della cessazione degli effetti del decreto che ha dato luogo al regime attualmente in proroga;

   a tale quadro si è aggiunta la resistenza dell'Unione europea riguardo ad alcuni profili della nuova continuità territoriale;

   in precedenza, la trattativa con l'Unione europea si è incagliata sull'interpretazione dell'articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1008/2008 secondo il quale: «Tale onere è imposto esclusivamente nella misura necessaria a garantire che su tale rotta siano prestati servizi aerei di linea minimi rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, tariffazione o capacità minima, cui i vettori aerei non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale»;

   l'Unione europea interpreterebbe «servizi minimi» restrittivamente e in contrasto con l'orientamento della stessa Commissione rischiando di neutralizzare la «ratio» regolamentare, considerando che un regime di oneri di servizio «minimo» dovrebbe garantire il diritto alla mobilità dei cittadini residenti in Sardegna ed essere orientato allo sviluppo economico-sociale della regione;

   l'articolo 16, paragrafo 1, recita ancora: «Uno Stato membro può imporre oneri di servizio pubblico riguardo ai servizi aerei di linea effettuati tra un aeroporto comunitario e un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico e sociale della regione servita dall'aeroporto stesso»;

   è oggettivo che per lo sviluppo economico e sociale della regione Sardegna, che è un'isola, le rotte in questione siano di vitale importanza. Nel nostro caso, si va oltre gli aspetti economici, perché la posta in gioco è garantire a tutti i sardi la possibilità di spostarsi per ragioni di studio, lavoro, salute: di essere liberi di circolare al pari degli altri connazionali italiani e concittadini europei;

   l'articolo 16, paragrafo 2, del citato regolamento prevede inoltre: «Qualora altre modalità di trasporto non possano garantire servizi ininterrotti con almeno due frequenze giornaliere, gli Stati membri interessati hanno la facoltà di prescrivere, nell'ambito degli oneri di servizio pubblico, che i vettori aerei comunitari che intendono operare sulla rotta garantiscano tale prestazione per un periodo da precisare, conformemente alle altre condizioni degli oneri di servizio pubblico»;

   tra gli elementi da valutare, il paragrafo 3, lettera b), indica altresì: «la possibilità di ricorrere ad altre modalità di trasporto e dell'idoneità di queste ultime a soddisfare il concreto fabbisogno di trasporto, in particolare nel caso in cui i servizi ferroviari esistenti servano la rotta prevista con un tempo di percorrenza inferiore a tre ore e con frequenze sufficienti, coincidenze e orari adeguati»;

   la regione autonoma della Sardegna ha già presentato alla Commissione paritetica un nuovo schema di decreto legislativo per poter attivare le trattative con l'Unione europea, necessarie ad avviare i bandi;

   occorre un intervento deciso del Governo a supporto della regione autonoma della Sardegna, perché in questa occasione è proprio l'Italia a dover invocare il rispetto delle norme e dei principi comunitari;

   le disposizioni vigenti, sia quelle relativa alla continuità per Cagliari e Alghero sia quelle riguardanti lo scalo di Olbia, scadranno il 16 aprile 2020 –:

   se il Governo intenda adottare con la dovuta urgenza le iniziative di competenza per accelerare le procedure riguardanti l'attivazione di un nuovo regime di continuità territoriale aerea da e per la Sardegna;

   quali iniziative il Governo intenda porre in essere, anche di natura normativa, al fine di prevedere un periodo transitorio intercorrente tra la scadenza dell'attuale proroga e l'entrata in vigore della nuova continuità territoriale.
(2-00568) «Cappellacci».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LABRIOLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   il dottor Raffaele Cantone ha abbandonato la carica di presidente dell'Anac dal 23 ottobre 2019;

   le dimissioni del presidente hanno prodotto una situazione che, alla luce della normativa vigente, rischia di paralizzare l'attività dell'Autorità, con gravi ripercussioni in ordine alla sua finalità istituzionale. Il ruolo dell'Anac è fondamentale per la prevenzione della corruzione sia nell'ambito delle commesse pubbliche di lavori, servizi e forniture sia in ogni altro settore della pubblica amministrazione e società partecipate e controllate;

   il mandato dei restanti 4 consiglieri scadrà l'11 luglio 2020, ma il Consiglio, in assenza della figura del presidente, è impossibilitato per legge a svolgere alcune rilevanti funzioni, quali, ad esempio quelle previste dall'articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014, che ha attribuito specifiche funzioni al solo presidente dell'Anac nella sua qualità di Organo monocratico. Si tratta di una serie di poteri inerenti a misure di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione non delegabili al consiglio dell'Anac o a taluno dei suoi componenti in assenza di espressa disposizione di legge;

   in tal senso, il regolamento interno sull'organizzazione e il funzionamento dell'Anac approvato dal Consiglio con delibera n. 919 del 16 ottobre 2019, ad avviso dell'interrogante si pone in contrasto con il decreto-legge n. 90 del 2014 nella parte in cui al comma 4 dell'articolo 3 attribuisce al consigliere più anziano le funzioni del Presidente in caso di dimissioni, assenza o impedimento di quest'ultimo;

   l'attuale indebolimento del consiglio dell'Anac, in assenza di un presidente in pienezza dei poteri, espone l'istituzione e la sua missione istituzionale ad una flessione negativa che non può ammettersi in materia di contrasto alla corruzione;

   le dette criticità sono aggravate dalla fase di transizione che attualmente sta vivendo il personale dell'Anac per il passaggio al nuovo ordinamento giuridico ed economico postulato dall'articolo 52-quater del decreto-legge n. 50 del 2017, come da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 298, della legge n. 205 del 2017 –:

   se il Governo intenda assumere iniziative normative volte a fugare ogni dubbio interpretativo circa gli effetti connessi alle dimissioni del presidente dell'Anac.
(5-03166)

Interrogazione a risposta scritta:


   GEMMATO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, pare che la Soprintendenza per l'archeologia, le belle arti e il paesaggio di Brindisi, Lecce e Taranto abbia imposto al comune di Otranto di smontare la struttura portuale di approdo costituita da pontili galleggianti soltanto nel corso dei 6 mesi invernali al fine di garantire «...la mitigazione dell'impatto paesaggistico ed il ripristino dell'integrità panoramica...»;

   nel mese di maggio 2019, il Consiglio di Stato avrebbe «...ribaltato la sentenza dello scorso gennaio con la quale il Tar di Lecce aveva legittimato a restare ancorati, anche in inverno, i pontili galleggianti del porto di Otranto. I giudici della sesta sezione di Palazzo Spada hanno accolto il ricorso della Soprintendenza, condannando il Comune idruntino al pagamento delle spese di lite in favore del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e alla Soprintendenza archeologica...»;

   secondo quanto disposto dai «... giudici, la struttura che il Comune vorrebbe mantenere stabilmente “non ha più i requisiti di reversibilità e stagionalità”, e quindi “il suo mantenimento in loco comporta l'alterazione permanente dell'integrità visiva e della cornice ambientale dei beni tutelati”. Sulla base della sentenza, il comune di Otranto, nella prossima stagione invernale dovrà smontare i pontili predisponendo un nuovo progetto per lo smontaggio e un nuovo iter di approvazione...»;

   riguardo ai disposti della Soprintendenza, e secondo quanto si evince da documenti dell'ufficio tecnico comunale di Otranto, si sarebbero espressi negativamente l'ufficio circondariale marittimo di Otranto, la provincia di Lecce, e la commissione locale intercomunale per il paesaggio, determinando di fatto un cortocircuito burocratico;

   al fine di ottemperare ai disposti della Soprintendenza il comune di Otranto avrebbe proposto un nuovo progetto che, escludendo ogni possibile interferenza visiva con i beni tutelati, tramite la riduzione di 1/3 dell'altezza di calpestio (da 60 cm a 40 cm) dei pontili rispetto al livello del mare, ne chiedeva il mantenimento per l'intero anno;

   su tale progetto, e secondo quanto si evince dai verbali della conferenza di servizi, avrebbero espresso parere favorevole in conferenza di servizi quasi tutti gli enti intervenuti;

   pare che la sola Soprintendenza abbia espresso parere negativo al nuovo progetto opponendosi alla decisione della conferenza di servizi. La Presidenza del Consiglio dei ministri avrebbe accolto tale parere con delibera dell'11 giugno 2019;

   le operazioni di smontaggio e rimontaggio dei pontili galleggianti e la conseguente assenza di un punto di approdo stabile per tutto l'anno comporterebbero problemi rilevanti per l'economia del turismo della città rappresentato da centinaia di imprese e da numerosi lavoratori;

   le predette operazioni pare siano in grado di determinare circa 800.000 euro di costi annui ai danni delle casse del comune;

   secondo quanto si evince da documenti dell'ufficio tecnico comunale di Otranto, le operazioni di smontaggio eseguite in mare durante la stagione invernale richiederebbero una presenza del cantiere non inferiore a cinque mesi all'anno determinando un paradossale effetto ovvero che i lavori periodici di rimontaggio dovrebbero essere avviati pressoché in coincidenza con l'ultimazione delle operazioni di smontaggio, quasi senza soluzione di continuità. Inoltre, l'area marittima interessata dai lavori sarebbe comunque ingombrata, anche nei sei mesi in cui non possono utilizzarsi i pontili, da ben più impattanti motonavi di cantiere –:

   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, in caso affermativo, se il Governo intenda valutare se sussistono i presupposti per rivedere la delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione dell'11 giugno 2019 con la quale è stata accolta l'opposizione presentata dalla Soprintendenza, al fine di consentire il mantenimento dei pontili galleggianti per l'intero anno anche oltre il termine del 31 dicembre 2020 già comunque stabilito dall'articolo 1, comma 246, della legge n. 145 del 2018.
(4-04130)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MUSELLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   Ibrahim Adan Omar, Abdulla Gababa Wario e Moses Luwali Chembe sono tre uomini sotto processo in Kenya, accusati di aver fatto parte del commando – composto da otto membri – che sequestrò la volontaria milanese Silvia Romano il 20 novembre 2018;

   è uno dei pochi punti fermi in una vicenda ancora avvolta nel mistero, tra piste perse nel nulla, falsi allarmi, indagini sull'asse Roma-Nairobi e l'ipotesi di una trattativa sottotraccia con l'obiettivo di riportare in Italia la ventiquattrenne;

   amici e attivisti di Amnesty International e di altre associazioni hanno organizzato, il 17 novembre, una delle tante manifestazioni nello spazio Hug Milano in via Venini, quartiere dove è cresciuta la Romano, per sensibilizzare l'opinione pubblica ma anche le varie istituzioni;

   c'è mobilitazioni in Italia e silenzio in Kenya, dove la volontaria si trovava con la onlus Africa Milele;

   secondo diverse notizie di stampa, le piste battute hanno indirizzato le forze dell'ordine a porre attenzione in Somalia, Paese confinante con il Kenia, dove è radicato il gruppo terroristico jihadista Al-Shabaab che si finanzia anche attraverso i sequestri di persona;

   notizie di stampa dell'ultima ora, al contrario, riportano l'attenzione degli inquirenti in Kenia. È, infatti, finita sotto la lente anche la rete di fiancheggiatori e terroristi islamici in Kenya. Finora le indagini hanno portato soltanto all'arresto di tre dei presunti esecutori materiali – Abdulla Gababa Wario, Moses Luwali Chembe e Ibrahim Adan Omar, quest'ultimo persino latitante nelle ultime ore – ora al centro di un processo a Malindi che sta subendo continui rinvii, con le prossime udienze fissate per il 14, il 15 e il 20 novembre 2019;

   ci si chiede dove si trovi Sivia Romano –:

   quale sia la situazione e come si stia procedendo per riportare la volontaria di cui in premessa nel nostro Paese.
(5-03168)

AFFARI EUROPEI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIV Commissione:


   GIGLIO VIGNA, BAZZARO, BIANCHI, COIN, ANDREA CRIPPA, LORENZO FONTANA e MAGGIONI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure recanti il quadro legislativo della Politica agraria comune (Pac) per il periodo 2021-2027. Per la nuova Pac 2021-2027, la Commissione europea ha proposto una dotazione finanziaria di circa 365 miliardi di euro (a prezzi correnti che tengono conto di un tasso di inflazione annuo del 2 per cento), così ripartiti: 286,1 miliardi di euro per le spese del primo pilastro, che finanzia i pagamenti diretti agli agricoltori (circa 267 miliardi) e le misure di mercato (circa 20 miliardi) attraverso il Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga), 78,8 miliardi di euro per le spese del secondo pilastro, che finanzia i programmi per lo sviluppo rurale attraverso il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) in regime di cofinanziamento;

   complessivamente, l'incidenza percentuale della dotazione Pac sul bilancio totale dell'Unione europea passerebbe dal 37,5 per cento dell'attuale programmazione (2014-2020) dell'Unione europea a 28, al 28,6 per cento della dotazione prevista con la nuova programmazione (2021-2027), dell'Unione europea a 27;

   la Commissione europea ha presentato il bilancio per la nuova Pac anche a prezzi costanti 2018, per un totale pari a 324,2 miliardi di euro, di cui 254,2 miliardi per il Feaga e 70 miliardi per il Feasr;

   l'Italia avrebbe una dotazione complessiva di circa 36,3 miliardi di euro a prezzi correnti (24,9 miliardi per pagamenti diretti, circa 2,5 miliardi per misure di mercato e circa 8,9 miliardi per lo sviluppo rurale) e di circa 32,3 miliardi di euro a prezzi costanti (oltre 22,1 miliardi per pagamenti diretti, circa 2,2 miliardi per misure di mercato e 7,9 miliardi per lo sviluppo rurale);

   a prezzi correnti, si tratta di una riduzione rispetto agli oltre 41 miliardi di euro della Pac 2014-2020, di cui 27 miliardi per i pagamenti diretti, 4 miliardi per le misure di mercato e 10,5 miliardi per lo sviluppo rurale;

   l'Italia sarebbe il quarto Paese beneficiario dei fondi Pac 2021-2027, dopo Francia (62,3 miliardi di euro a prezzi correnti; 55,3 miliardi a prezzi costanti), Spagna (43,7 miliardi; 38,9 miliardi) e Germania (40,9 miliardi; 36,4 miliardi) –:

   se il Ministro interrogato non intenda adottare ogni utile iniziativa di competenza, in sede di predisposizione del bilancio 2021-2027 dell'Unione europea, al fine di ripristinare la dotazione assegnata all'Italia, tutelando pienamente l'economia nazionale ed in particolare il comparto agricolo.
(5-03178)


   MONTARULI e MANTOVANI. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   come appreso dai principali quotidiani nazionali, il Governo sarebbe impegnato nella definizione di un nuovo accordo sul Meccanismo europeo di stabilità (Mes) che porterebbe l'Italia a finanziare con 14 miliardi di euro uno «strumento» che potrebbe poi essere usato contro l'Italia stessa;

   il Parlamento italiano non ha ricevuto notizia alcuna di questa volontà, né e stato interpellato in merito all'opportunità di apportare modifiche al «Fondo Salva Stati» in sede di Unione europea;

   l'ipotesi di una «Troika» rimodulata, e con maggiori poteri, è vista da più parti come l'ennesima cessione di sovranità nazionale a danno del popolo italiano, oltre, che un pericolo per milioni di risparmiatori italiani;

   gli interventi portati a termine da questo organismo hanno visto risultati «catastrofici» per i Paesi coinvolti. Come in Grecia, dove il Mes ha imposto un’austerity feroce ai cittadini ellenici in cambio di 200 miliardi di euro, dei quali però il 95 per cento sarebbe stato incassato da banche tedesche e francesi, e solo il 5 per cento sarebbe arrivato al popolo greco –:

   quale posizione intenda assumere il Governo, nelle competenti sedi europee, riguardo alla possibile riforma del meccanismo europeo di stabilità.
(5-03179)


   GIORDANO, SCERRA, BRUNO, DE GIORGI, GALIZIA, IANARO e TORTO. — Al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito delle discussioni sul futuro quadro finanziario pluriennale Qfp 2021-2027, è in corso una revisione dell'architettura e del funzionamento degli strumenti di finanziamento esterno dell'Unione europea: in particolare, con la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (COM/2018/460 final), la Commissione europea ha proposto di semplificare la struttura dell'azione esterna, attraverso un nuovo e più ampio strumento di vicinato, che riconduca ad unità le linee di finanziamento precedenti;

   una volta in vigore, il Neighborhood Development and International Cooperation Instrument (Ndici) – che andrà a integrare, in un'ottica di razionalizzazione e maggiore efficienza delle risorse, gran parte degli strumenti dell'Unione per l'azione esterna attualmente separati (tra i quali il Fondo europeo di sviluppo, lo Strumento europeo di vicinato e lo Strumento per la cooperazione allo sviluppo) – avrà tra i suoi obiettivi quello di affermare e promuovere i valori e gli interessi dell'Unione europea in tutto il mondo e di perseguire gli scopi e i princìpi dell'azione esterna dell'Unione europea, tra cui il consolidamento e la promozione della democrazia, dello stato di diritto e dei diritti umani, e di rispondere rapidamente a situazioni di crisi, di instabilità e di conflitto;

   il nuovo strumento unico, che si fonderà su tre pilastri (geografico, tematico e di reazione rapida) e per cui la Commissione ha proposto una dotazione finanziaria complessiva a valere sul bilancio europeo 2021-2027 di 89,2 miliardi di euro (a prezzi correnti), risponde complessivamente all'esigenza dell'Unione europea di dotarsi di una politica migratoria più strutturata e di risorse sufficienti a finanziarla nell'ambito del nuovo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 –:

   se il Ministro, nell'ambito dei negoziati attualmente in corso in sede europea per la definizione degli obiettivi di spesa del nuovo strumento Ndici, nel quadro del Qfp 2021-2027, ritenga la dotazione finanziaria proposta dalla Commissione europea sufficiente a garantire all'Unione europea di rispondere, in maniera repentina ed efficace, alla gestione multilivello del fenomeno migratorio e alle eventuali crisi dovute sia a conflitti, sia al mancato rispetto dei diritti umani, che soprattutto nell'area sub-sahariana rappresentano un problema di difficile soluzione.
(5-03180)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   RIPANI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   come tutti gli anni anche per il 2019 è partito — dal 16 settembre al 15 ottobre — il fermo biologico che riguarda l'alto Tirreno, da Civitavecchia a Imperia;

   i pescherecci dovranno rispettare, entro il 31 dicembre 2019, ulteriori giorni di blocco, che vanno da 7 a 17 giorni, a seconda dalla zona di pesca di iscrizione;

   sulla base dei dati Coldiretti Impresapesca la pratica del fermo biologico non ha risposto alle esigenze della sostenibilità delle principali specie «target» della pesca nazionale, considerato il peggioramento dello stato delle risorse dopo 35 anni di fermo pesca;

   l'istituto del fermo biologico, viceversa, ha determinato rilevanti ripercussioni sull'intero comparto ittico, sullo stato economico delle imprese e sui redditi dei lavoratori del settore, determinato dal crollo della produzione, con conseguente chiusura di molte imprese e ripercussioni su migliaia posti di lavoro; infatti, mentre i pescatori sono costretti a tenere in porto le loro imbarcazioni, il consumo del pesce non subisce riduzioni, ma si orienta verso prodotti di importazione e surgelati;

   forti ricadute si sono verificate ineluttabilmente sulle economie locali: come evidenziato in un recente articolo di un quotidiano locale della Maremma dal rappresentante regionale di Federpesca, Roberto Manai, l'esito del fermo pesca è stato disastroso per le imprese locali, che sempre più numerose hanno deciso di abbandonare l'attività, con una riduzione della flotta del 60 per cento circa in Toscana, nonché la chiusura sulla costa tirrenica di circa 4.000 aziende con riferimento alla sola pesca a strascico;

   lo «stop» imposto alle imprese operanti nella zona marittima antistante la fascia costiera di Grosseto non ha, infatti, impedito l'arrivo di grandi motopesca da altri compartimenti che hanno pescato durante tutto il periodo del fermo con mezzi molto più potenti rispetto a quelli della locale flotta, depauperando il patrimonio ittico della Toscana, costato scelte difficili ed onerose ai pescatori;

   la situazione attuale, già grave per l'intero settore della pesca italiano, è ulteriormente minacciata dalla prossima entrata in vigore (gennaio 2020) del regolamento (UE) 2019/1022 del Parlamento europeo e del Consiglio;

   il regolamento europeo dovrebbe prevedere l'estensione della durata del fermo pesca da 1 a 3 mesi, l'aumento della distanza che le imbarcazioni devono tenere dalla costa da 1 miglio e mezzo a prescindere dalla profondità alle 3 miglia se profondità inferiore a 50 metri, oppure a 6 miglia con 100 metri di profondità;

   gli indennizzi a favore dei pescatori previsti per il periodo in cui si effettua il fermo pesca non rispondono alle esigenze dei lavoratori, arrivano in ritardo e non appaiono adeguati –:

   se non ritenga di dover assumere, almeno dal 2020, iniziative di natura diversa dal fermo biologico che, senza pregiudicare il prioritario valore di sostenibilità ambientale, possano tutelare i legittimi e non meno significativi interessi economico sociali delle imprese e dei marittimi imbarcati;

   se non intenda adottare iniziative per procedere alla determinazione di un plafond di giornate di pesca annuali consentite, la cui gestione debba avvenire in base alla responsabile autodeterminazione aziendale;

   se non intenda adottare iniziative per individuare forme compensative, attraverso strumenti di sostegno integrativo al reddito o altre forme indennitarie, che sostengano adeguatamente l'ulteriore contenimento dello sforzo di pesca.
(4-04124)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   ZUCCONI e ACQUAROLI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il turismo balneare è sempre stato un settore fondamentale per un Paese che vanta circa 7.458 chilometri di costa;

   secondo il report 2019 della camera di commercio di Milano sulle statistiche delle imprese balneari del nostro Paese, sono presenti in Italia 8.002 attività che gestiscono stabilimenti sulle spiagge dei nostri mari, sulle rive dei laghi e sulle sponde dei fiumi (+2,4 per cento rispetto al 2018);

   rallentamento economico, maltempo e maggiore competitività nell'area del Mediterraneo hanno causato, per la prima volta da 5 anni, flessioni nelle presenze nell'estate passata;

   a ciò si aggiunga il regime di iva agevolata per le imprese turistiche vigente che comporta problemi interpretativi e applicativi tali per cui le aziende esercenti attività commerciali su concessioni demaniali ad uso turistico-ricreativo rientrano nel campo di applicazione dell'aliquota iva al 22 per cento, mentre le restanti imprese turistiche applicano l'aliquota agevolata al 10 per cento –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, per rilanciare il turismo balneare e il suo indotto.
(5-03169)


   BARELLI, POLIDORI e SQUERI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'invecchiamento della popolazione cambierà il profilo dei turisti e secondo numerosi studi gli anziani saranno i turisti dal futuro. Gli ultrasessantenni rappresenteranno il 32 per cento della popolazione dei Paesi sviluppati nel 2050, il 10 per cento in più rispetto ad oggi. In particolare, nel corso dei prossimi quattro decenni popolazione over 60 crescerà del 50 per cento nei Paesi sviluppati, dai 264 milioni di persone nel 2011 ai 418 milioni di 2050. In Italia sono circa 12,5 milioni i viaggiatori senior, in grado di generare un giro d'affari di 19,5 miliardi di euro, che se si considera l'indotto raggiunge i 35 miliardi;

   negli anni il profilo del viaggiatore senior è profondamente cambiato. Guarda con grande interesse a città d'arte e appuntamenti culturali, pone molta attenzione a servizi specifici e personalizzati, preferendo la formula del pacchetto turistico allinclusive. Si prevede inoltre un aumento del turismo della salute e medicale;

   la destagionalizzazione dei flussi turistici è uno degli obiettivi del piano strategico per il turismo approvato nel 2017. La delega al Governo in materia di turismo approvata nel luglio 2019 dalla Camera, nel confermare la validità degli obiettivi del citato piano, prevede la promozione di specifiche offerte per la destagionalizzazione dei flussi turistici;

   per attirare il turismo over 55 nel fuori stagione, la Spagna già dai primi anni 2000 ha lanciato l'iniziativa «Turismo Senior Europa»: dal 1° ottobre al 30 aprile rende disponibili centinaia di migliaia posti per i turisti dei Paesi europei che, a prezzi agevolati, possono scegliere tra Costa del Sol, Costa de la Luz, isole di Mallorca, Menorca e Ibiza e Baleari per un soggiorno che potrà essere da un minimo di una settimana ad un massimo di 28 notti;

   per quel che riguarda gli esiti del suddetto programma, esso non solo si auto-finanzia con il solo ritorno fiscale e contributivo, ma genera un volume di affari relativo ai movimenti turistici pari a 6 volte la somma impegnata, nonché generazione di reddito, nelle sole zone di destinazione, pari a più di quattro volte le somme impegnate –:

   se non ritenga opportuno adottare specifiche iniziative, anche economiche, per favorire il turismo della terza età, anche allo scopo di destagionalizzare i flussi turistici, tenendo conto, ai fini del suo sviluppo, della opportunità di una offerta turistica integrata e commisurata alle esigenze dei viaggiatori senior.
(5-03170)


   MASI, SUT, SCANU, BERARDINI e RIZZONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il fallimento del colosso britannico dei viaggi «Thomas Cook», uno dei principali tour operator europei, ha travolto moltissime piccole imprese turistiche italiane che dovranno affrontare una situazione di grave difficoltà, determinata dal mancato pagamento dei servizi resi nel corso dell'estate 2019 e dalla cancellazione degli ordini relativi ai prossimi mesi, per far fronte ai quali erano stati assunti rilevanti impegni economici;

   secondo le stime delle maggiori associazioni di categoria del settore alberghiero, sarebbero attualmente oltre 4.000 gli hotel territorio nazionale che subirebbero un danno che oscilla tra i 400 e i 600 milioni di euro, con evidenti ripercussioni negative in termini economici anche sull'indotto legato a tali strutture ricettive;

   a queste vanno infatti aggiunte tutte le aziende del comparto turistico che hanno erogato servizi al tour operator britannico e vantano crediti nei suoi confronti, e a cascata i loro fornitori con inevitabili conseguenze sui lavoratori che prestano servizio in tali aziende;

   al tavolo convocato dal Governo il 1° ottobre 2019 le associazioni imprenditoriali hanno rappresentato la gravità della situazione, ricevendo l'assicurazione che sarebbero stati attivati tutti gli strumenti a disposizione per la soluzione della crisi;

   nel corso dell'incontro presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo sono state vagliate alcune misure di intervento proposte dalle associazioni, a sostegno delle imprese e di tutela dei lavoratori coinvolti, ed è stata aperta la strada alla valutazione di una serie di misure che potrebbero contenere quanto meno nell'immediato l'impatto sul settore alberghiero e dell'intero comparto turistico coinvolto che, per alcune aziende ed alcuni territori, rischia di essere anche molto pesante;

   con la risoluzione n. 2019/2854 del Parlamento europeo del 24 ottobre 2019 l'Unione europea ha preso atto dell'impatto negativo del fallimento di Thomas Cook, indicando al Consiglio, e dunque agli Stati membri, due linee guida, fra le altre: meccanismi obbligatori di protezione dei passeggeri per garantire una protezione in caso di insolvenza o fallimento, aiuto finanziario diretto da parte dell'Unione europea alle imprese del turismo, in particolare le piccole e medie imprese, mediante l'introduzione di una dotazione specifica per il turismo nel bilancio pluriennale dell'Unione europea per il periodo 2021-2027 –:

   quali siano le iniziative di competenza che si intendono adottare tempestivamente per attenuare l'impatto diretto causato dal fallimento di Thomas Cook sulle imprese turistiche e per scongiurare il rischio di un effetto domino su fornitori e lavoratori.
(5-03171)


   NARDI, MANCINI, BENAMATI, BONOMO, LACARRA, GAVINO MANCA e ZARDINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 34 del 2019, convertito dalla legge n. 58 del 2019 ossia il cosiddetto «decreto crescita» ha previsto l'istituzione presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari forestali e del turismo, di un'apposita banca dati delle strutture ricettive e degli immobili destinati alle locazioni brevi con la finalità di combattere evasione fiscale e concorrenza sleale nel settore;

   le singole strutture ricettive o gli immobili destinati alle locazioni brevi, dovranno essere identificati mediante un codice alfanumerico, denominato «codice identificativo», da utilizzare in ogni comunicazione inerente all'offerta e alla promozione dei servizi all'utenza;

   i soggetti titolari delle strutture ricettive, i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare e i soggetti che gestiscono portali telematici, pertanto, saranno tenuti a pubblicare il codice identificativo in tutte le comunicazioni inerenti all'offerta e alla promozione di tali servizi;

   è prevista l'emanazione di un decreto attuativo che disponga le norme per la realizzazione e la gestione della banca dati, compresi i dispositivi per la sicurezza e la riservatezza dei dati, le modalità di accesso alle informazioni contenute nella banca, dati, le modalità con cui le informazioni contenute nella banca dati sono messe a disposizione degli utenti e delle autorità preposte ai controlli e quelle per la conseguente pubblicazione nel sito internet istituzionale del Ministero e, i criteri che determinano la composizione del codice identificativo, sulla base della tipologia e delle caratteristiche della struttura ricettiva nonché della sua ubicazione nel territorio comunale;

   è forte l'attesa degli operatori del settore per l'emanazione del decreto –:

   tenuto conto del passaggio di competenze in materia di turismo al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, se sia già stato incardinato un tavolo di discussione al fine di definire le tempistiche di emanazione del decreto citato in premessa.
(5-03172)


   ANDREUZZA, BINELLI, COLLA, DARA, GALLI, PATASSINI, PETTAZZI e PIASTRA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 13-quater del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 — il cosiddetto decreto crescita — prevede l'istituzione presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e del turismo, di una banca dati delle strutture ricettive, nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi presenti sul territorio nazionale, rispondendo ad una esigenza di trasparenza e di miglioramento di qualità da tempo manifestata da parte di tutti gli operatori del settore;

   tale banca dati consente di identificare le strutture ricettive attraverso l'assegnazione di un codice alfanumerico, cosiddetto codice identificativo, da utilizzare necessariamente in ogni comunicazione inerente all'offerta e alla promozione dei servizi turistici all'utenza;

   i titolari delle strutture ricettive, ovvero i soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, nonché i soggetti che gestiscono portali telematici, sono tenuti a pubblicare nelle comunicazioni inerenti all'offerta e alla promozione di unità immobiliari tale codici identificativi;

   l'adozione di tale strumento permette di migliorare la qualità dell'offerta turistica e contrastare forme irregolari di ospitalità, a beneficio dei turisti stessi e dell'immagine del nostro Paese;

   appare urgente dare quanto prima attuazione alla norma anche alla luce delle prossime festività natalizie che vedranno una maggiore affluenza turistica nelle principali città d'arte, dove fra l'altro si registra un aumento di alloggi destinati ad affitti brevi –:

   se il Governo intenda adottare entro i primi giorni di dicembre 2019 le iniziative di competenza necessarie a dare attuazione alla norma di cui in premessa.
(5-03173)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   DEIDDA, FERRO e GALANTINO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 330, commi 2 e 3, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 recante il «Codice dell'ordinamento militare», dispone che lo Stato corrisponda un contributo annuale alle regioni nelle quali le esigenze militari, compresi i particolari tipi di insediamento, incidono maggiormente sull'uso del territorio e sui programmi di sviluppo economico e sociale: risorse che gli enti locali devono destinare alla realizzazione di opere pubbliche e servizi sociali;

   le regioni che beneficiano di tale contributo sono individuate ogni quinquennio con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro della difesa. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 agosto 2017 sono state individuate le regioni maggiormente interessate dai vincoli e dalle attività militari e sono stati disposti da ultimo i criteri e le modalità di ripartizione del citato contributo fra le singole regioni;

   la percentuale di riparto tra le regioni è stata determinata con riferimento all'incidenza dei vincoli nei rispettivi ambiti territoriali, così come definiti nel decreto interministeriale in data 4 maggio 2017, con il quale il Ministro della difesa e il Ministro dell'economia e delle finanze hanno confermato, anche per il quinquennio in esame, i parametri già precedentemente adottati;

   i suindicati atti sono intervenuti con notevole ritardo, ad oltre tre anni dalla conclusione del quinquennio 2010-2014 e, ad oggi, con riferimento ai trasferimenti disposti dal Governo alla regione Sardegna a quanto consta agli interroganti risulterebbero accertati, per il quinquennio 2015/2020, con riferimento alle annualità 2015, 2016, 2017 e 2018, circa 4,88 milioni di euro;

   avuto riguardo alle risorse relative al periodo 2010-2014, determinate in circa 7,18 milioni di euro, le stesse sono in fase di reiscrizione nel bilancio in quanto risultate, nel frattempo, perente e, da informazioni ricevute dal competente Ministero, le stesse dovrebbero essere trasferite alla regione Sardegna in tempi brevi –:

   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di pervenire tempestivamente, alla reiscrizione in bilancio delle somme relative alle citate annualità risultate in perenzione, con conseguente, celere trasferimento alla regione Sardegna degli importi dovuti a saldo per le medesime annualità.
(5-03174)


   TONDO e CUNIAL. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l’iter per i lavori di restauro conservativo del Sacrario di Cima Grappa e per la demolizione della ex base Nato è iniziato nel 2013 a seguito della sottoscrizione di un protocollo d'intesa tra Presidenza del Consiglio dei ministri e Ministero della difesa, per la riqualificazione e valorizzazione di alcuni tra i più importanti e significativi siti e musei militari, tra cui è stato compreso il restauro conservativo del Sacrario Militare di Cima Grappa, nonché il ripristino del decoro di parti adiacenti al medesimo Sacrario;

   nel maggio del 2014, con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, fu approvato il programma degli interventi. Si sono poi succeduti tutta una serie di atti e iniziative di vario tipo senza che il progetto si sia mai concretizzato;

   nel dicembre 2016 con la conferenza di servizi è stata condivisa l'ipotesi di procedere alla demolizione della ex base Nato, con il concorso del Ministero della difesa, allo scopo di dare un segnale forte al territorio;

   nel frattempo la struttura di missione è stata rinominata, con competenze ampliate anche sugli eventi sportivi nazionali ed internazionali. Per tale aspetto i tempi previsti sono stati prorogati dal 2018 al 2019. Ma proprio ora che il restauro conservativo del Sacrario militare e la demolizione degli oltre 6 mila metri cubi della ex base Nato sembravano decollati si rischia l'ennesimo arresto dei lavori;

   la causa dei vari rallentamenti che si sono susseguiti negli anni risiede nel fatto che, ad ogni nuovo Governo, si debba obbligatoriamente riapprovare la struttura di missione. Ciò determina un'inattività nei lavori di circa 6 mesi. Dal 2014 ad oggi è accaduto per ben quattro volte;

   questo progetto non è semplicemente un riconoscimento di un simbolo nazionale tra i più suggestivi d'Italia, legato alla storia italiana e alla memoria dei caduti, ma riguarda la valorizzazione di un intero territorio da numerosi punti di vista (paesaggistico, turistico, agricolo, sociale e culturale). Un passo importante anche nell'ottica della candidatura ufficiale del Massiccio del Grappa a riserva di biosfera dell'Unesco –:

   quali siano il programma e la tempistica dei lavori per la messa in opera del progetto, con particolare riferimento alla demolizione della base Nato (sito fatiscente e peraltro pericoloso), anche nell'ottica di una riqualificazione e valorizzazione dei territori.
(5-03175)


   MARIA TRIPODI e NOVELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   dal 2001 è iniziata la cessione delle caserme dismesse da parte del Demanio militare alle amministrazioni locali;

   in particolare, ciò è avvenuto in Friuli Venezia Giulia con il decreto legislativo n. 237 del 2001, con il decreto legislativo n. 35 del 2007 e successivamente nel 2012 e 2013;

   in Friuli Venezia Giulia la presenza di beni militari dismessi, anche di vaste dimensioni, assume proporzioni molto più importanti rispetto al resto del Paese, poiché la presenza dello storico confine orientale, ultimo baluardo prima del cosiddetto «blocco» dei Paesi aderenti al Patto, di Varsavia e confine storico del «mondo occidentale» fino alla Guerra del Kosovo 1999, l'ha portata a essere il territorio più militarizzato d'Italia;

   nello specifico, nel 2016, gli alpini dell'VIII Reggimento hanno lasciato in via definitiva la città di Cividale del Friuli ed in particolare la caserma Francescatto, l'ultima rimasta in funzione tra le cinque presenti sul territorio;

   a tale azione, purtroppo, a quanto consta agli interroganti non è seguito il trasferimento dell'immobile appena citato dal Demanio al comune di Cividale per avviare il processo di conversione d'uso che, invece, sarebbe dovuto avvenire entro congrue tempistiche;

   allo stato attuale, il comune di Cividale non può ancora disporre della caserma in questione, nonostante il sindaco della città appena citata abbia sollecitato più volte il Demanio per un rapido passaggio di consegne al fine di garantire un servizio di guardiania alla caserma per scongiurare il ripetersi di situazioni verificatesi nei restanti siti militari dismessi;

   la situazione appena riscontrata, ad avviso degli interroganti, desta evidenti preoccupazioni sia in riferimento allo stato dell'immobile, che rischia un evidente deterioramento, e sia in riferimento alle evidenti ombre sullo stato di avanzamento di un progetto che, in realtà, sembra essere bloccato –:

   se intenda fornire gli opportuni chiarimenti in merito all’iter di trasferimento della caserma la Francescatto, dal Demanio al comune di Cividale del Friuli, al fine di evitare il deterioramento dell'immobile.
(5-03176)


   IOVINO, GIOVANNI RUSSO, ARESTA, CHIAZZESE, CORDA, D'UVA, DEL MONACO, ERMELLINO, FRUSONE, GIARRIZZO, GUBITOSA, IORIO, MISITI, RIZZO e ROBERTO ROSSINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il 2° comando delle forze di difesa (2° Comfod) dell'Esercito Italiano, con sede nella città di San Giorgio a Cremano è stato sciolto il 5 luglio 2016;

   a seguito dello scioglimento è stato costituito il 1° ottobre 2016 il comando forze operative sud (Comfopsud), nato dalla fusione del 2° comando Forze di difesa con il comando forze di difesa Interregionale Sud (Comfodis), con sede principale a Palazzo Salerno, in piazza del Plebiscito già sede del Comando logistico sud;

   alla luce del trasferimento del 2° comando delle forze di difesa, rimane presso la caserma «Antonio Cavalieri» di San Giorgio a Cremano il reparto comando e supporti tattici «Acqui»;

   date le sue dimensioni, caserma «Antonio Cavalieri» potrebbe essere in parte dismessa e annessa al patrimonio comunale, riprogettandone l'uso a fini civici per la cittadinanza;

   in un'ottica di programmazione, il sindaco della città di San Giorgio a Cremano ha espresso l'importanza di un'annessione dei locali inutilizzati della caserma al patrimonio comunale, la quale porterebbe nuovi spazi vivibili per i cittadini, riqualificando la zona sud della città e creando interessanti progetti di sviluppo, occupazione lavorativa –:

   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per assicurare la piena funzionalità della caserma «Antonio Cavalieri», evitando la sua parziale dismissione e annessione al patrimonio del comune di cui in premessa, considerata la sua importanza come presidio di legalità per il territorio.
(5-03177)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la normativa attualmente in vigore prevede l'applicazione di alcuni titoli di preferenza ai partecipanti di concorsi pubblici;

   l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994 e successive modificazioni individua le categorie riservatarie e quelle beneficiarie di un titolo di preferenza;

   alle prime vengono riservati un numero determinato di posti nelle assunzioni finali; alle seconde, invece, viene accordata una preferenza rispetto ad altri a parità di merito;

   tra le categorie di cittadini che nei pubblici concorsi hanno preferenza a parità di merito sono elencati anche i militari volontari delle Forze armate congedati senza demerito al termine della ferma o rafferma;

   l'interrogante ha ricevuto numerose doglianze da parte di ex allievi delle Scuole militari, fiori all'occhiello delle Forze armate italiane, sullo status assunto al termine del corso di studi;

   gli allievi delle scuole militari sono uomini e donne che, volontariamente e a seguito di una procedura di reclutamento, assumono lo status di militare al sedicesimo anno di età;

   al termine del ciclo di studi, non tutti decidono di proseguire con la vita militare. Molto spesso decidono di partecipare a concorsi pubblici e ci si chiede se si possa applicare o meno del titolo di preferenza accordato ai militari congedati senza demerito;

   appare evidente che, per lo Stato, gli ex allievi delle scuole militari che non proseguono con la carriera nelle Forze armate rappresentano un valore aggiunto da poter inserire nelle varie articolazioni della pubblica amministrazione, una riserva di uomini e donne che hanno giurato fedeltà alla Repubblica e che hanno donato alla patria gli anni migliori della loro adolescenza; inoltre, appare evidente come dall'aver ricoperto il ruolo militare emergano anche risvolti pensionistici –:

   se gli ex allievi delle Scuole militari possano beneficiare del titolo di preferenza previsto per i militari volontari delle Forze armate congedati senza demerito al termine della ferma o rafferma;

   se gli ex allievi delle Scuole militari abbiano diritto all'accredito di contribuzione figurativa e, in caso di risposta affermativa, in che misura.
(4-04126)


   MICELI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   la caserma «Cascino» di Palermo, una delle più antiche di Sicilia e sede del reggimento «Lancieri di Aosta» (6°), è tra le maggiori del capoluogo per dimensioni ed è situata in una posizione strategica per la città, a metà tra il centro residenziale e la costa;

   nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 117 dell'8 ottobre 2018 è stato pubblicato un bando di gara per l’«Affidamento della realizzazione di una palazzina da 96 posti letto per alloggi volontari dell'esercito e di una palazzina polifunzionale previa demolizione fabbricati A1 - A2 e F2» (CE 134509), con scadenza il successivo 28 novembre, per un importo complessivo di euro 10.756.774,20 di cui 458.001,14 rientranti negli oneri per l'attuazione del piano di sicurezza, non soggetti a ribasso, esclusa Iva (10 per cento);

   dopo le sedute di commissione tecnica del 29 e del 30 novembre 2018, nel marzo 2019, all'esito provvisorio della gara d'appalto, su 18 offerte valide, è risultata prima aggiudicataria l'associazione temporanea di impresa (A.T.I.) Consorzio Stabile Sikelia Società Consortile A.r.l. – Palermo con T&C International s.r.l. – Monteprandone (Ap), sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, avendo praticato un ribasso del 36 per cento ed avendo superato positivamente la verifica di congruità;

   nell'aprile 2019, dopo averne deliberato l'approvazione, la società mandataria Sikelia Costruzioni S.p.A. – che è passata da 75 dipendenti, per lo più operai, nel primo trimestre 2019 a 39 nel secondo – ha depositato presso la sezione fallimentare del tribunale di Catania domanda di concordato preventivo in bianco secondo quanto previsto dall'articolo 161, comma 6, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, con continuità aziendale, in attesa di omologazione, risultando attualmente in carica un commissario giudiziale e avendo proceduto alla cessione di un ramo d'azienda includente l'aggiudicazione e la procedura d'appalto dei lavori presso la caserma «Cascino»;

   il 21 ottobre 2019, con verbale n. 3153, la commissione tecnica ha dichiarato l'esito positivo della verifica di congruità dell'offerta che sarebbe diventata definitiva successivamente all'approvazione dell'organo competente, ai sensi dell'articolo 33, comma 1, del decreto legislativo n. 50 del 2016;

   nel corso del 2019, la società Sikelia si è resa gravemente inadempiente nei confronti del comune di Matera – che ha rescisso unilateralmente il contratto per la costruzione di una scuola, avendo constatato «l'abbandono del cantiere considerata l'assenza di personale operativo e di vigilanza; il grave ritardo nella esecuzione dei lavori che ha irrimediabilmente compromesso l'esecuzione degli stessi nei tempi contrattuali; il mancato pagamento delle maestranze impegnate nonché di diversi sub-affidatari, nonostante la stazione appaltante abbia liquidato le somme maturate dall'appaltatore a tutto il 14/12/2018» – e ha, di fatto, interrotto i lavori nei cantieri di san Giuseppe Jato (Palermo) per la costruzione di un palazzetto dello sport e di Palermo circa la rete fognaria e l'ospedale Policlinico, contribuendo all'accumulazione di oltre cinquemila giorni di ritardo sulla realizzazione delle opere pubbliche nel capoluogo siciliano;

   le vicende societarie suesposte ed antecedenti all'inizio dei lavori dovrebbero condurre, ad avviso dell'interrogante, a una ragionevole riflessione circa l'opportunità di affidare un così importante appalto a una società che si è mostrata come avvenuto, inadempiente per un'opera di rilevanza strategica per Palermo e la Sicilia;

   a parere dell'interrogante, le stazioni appaltanti pubbliche dovrebbero procedere preventivamente a una verifica del curriculum e dello «stato di salute» della società aggiudicataria per scongiurare ritardi ed inadempimenti, anche prevedibili –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per salvaguardare il prevalente interesse pubblico al buon andamento e alla realizzazione dei lavori presso la caserma «Cascino», evitando che le vicende societarie esposte in premessa possano comprometterne l'effettiva e tempestiva esecuzione.
(4-04127)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   fonti stampa riferiscono che nei prossimi mesi l'Agenzia delle entrate avvierà una serie di controlli nei confronti di professionisti che hanno dichiarato compensi elevati e dedotto una serie di costi di importo rilevante, con l'obiettivo di scovare i cosiddetti «furbetti»;

   i nominativi dei professionisti da controllare potrebbero essere selezionati sulla base dello spesometro;

   per effettuare tali controlli l'Agenzia delle entrate partirebbe da indizi comuni per tutti i professionisti. Tra questi, il confronto tra fatture attive e informazioni tributarie sui redditi derivanti dal lavoro autonomo, la verifica nei «costi residuali» di «spese non correlate all'attività esercitata o non documentate», i canoni di affitto degli studi e il fitto figurativo, fino ad arrivare allo schedario dei clienti, fascicoli, agende con gli appuntamenti e appunti, analisi dei prelievi e perfino le mail;

   gli articoli di stampa rendono conto dei controlli anche sulla base delle categorie. Per commercialisti, ragionieri e consulenti fiscali l'Agenzia delle entrate indagherà sui ricorsi tributari, sulle operazioni straordinaria e perfino sulla quantità di carta usata, considerata una spia del numero di dichiarazioni di redditi compilate;

   per gli avvocati, l'Agenzia delle entrate potrebbe utilizzare anche le fonti stampa e, nel caso dei penalisti, anche il controllo del registro dei colloqui con i detenuti, oppure il controllo del questionario per i clienti degli avvocati matrimonialisti e l'analisi dei costi sostenuti «per disbrigo di pratiche effettuato da terzi»;

   per i notai il fisco controllerà i registri obbligatori, fra cui repertori e schedario clienti, singoli atti repertoriati e dati comunicati alla cassa per il notariato;

   per architetti, geometri e ingegneri peserà sul controllo anche il numero di presenze su riviste di settore. Oltre alla «fama» del professionista, si indagherà sull'analisi del costo dei software di studio e su documenti presentati mediante la piattaforma Sister;

   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;

   quali iniziative, anche di carattere normativo, si intendano assumere per impedire tali invasivi controlli da parte dell'Agenzia delle entrate a carico delle suddette categorie professionali già penalizzate da eccessivi adempimenti fiscali e burocratici.
(4-04131)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   gli «oneri di sistema» presenti tra le voci delle bollette elettriche e del gas pagate dagli utenti finali comprendono i corrispettivi destinati alla copertura dei costi relativi ad attività di interesse generale sia per il sistema elettrico che per il sistema gas;

   di tali oneri si era ampiamente parlato in occasione della delibera n. 50 dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente del 1° febbraio 2018 con la quale si stabilì che l'ammontare delle morosità andava «spalmato» sui contribuenti adempienti. La decisione, assunta dopo una serie di sentenze, scatenò molte polemiche in particolare da parte del Codacons che aveva preparato un ricorso al Tar della Lombardia. Nella stessa occasione si puntò l'attenzione anche sulla vaghezza del concetto di «oneri di sistema»;

   il Tar della Lombardia aveva successivamente respinto il ricorso confermando, pertanto, che la socializzazione degli oneri di sistema non versati era legittima;

   l'Enel (della quale il Ministero dell'economia e delle finanze rimane il principale azionista) e l'Eni (i cui principali azionisti sono Cassa depositi e prestiti e Ministero dell'economia e delle finanze) sono due società per azioni; pertanto i cosiddetti oneri dovrebbero essere deducibili dal bilancio. In tal modo, si creerebbe una «partita di giro» singolare e tale per cui, da un lato, le società incasserebbero gli oneri dagli utenti e, dall'altro, deducendo tali oneri, verserebbero importi verosimilmente molto più ridotti allo Stato in termini di tassazione –:

   se il Governo intenda adottare le iniziative di competenza per verificare che gli oneri di cui in premessa siano effettivamente deducibili dai bilanci delle due società per azioni;

   se si intendano adottare iniziative per apportare correttivi normativi volti a superare le criticità descritte in premessa in relazione ai tributi che le due società per azioni sopra richiamate versano alle casse erariali.
(4-04132)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   come noto, la legge n. 3 del 2019, recante «Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici», ha modificato gli articoli 158,159 e 160 del codice penale;

   in via di estrema sintesi, la riforma introdotta – inserita in fase emendativa nel corso dell'esame in sede referente alla Camera dei deputati, con un'operazione di «ampliamento del perimetro del provvedimento» del tutto discutibile e rocambolesca - individua nel giorno di cessazione della continuazione il termine di decorrenza della prescrizione in caso di reato continuato (si tratta di un ritorno alla disciplina anteriore alla cosiddetta «legge ex Cirielli» n. 251 del 2005) e sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna che di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del citato decreto;

   la legge n. 3 del 2019, all'articolo 1, comma 2, fissa l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1° gennaio 2020. Lo stesso Governo pro tempore aveva infatti preannunciato in maniera chiara la volontà di realizzare entro tale termine un intervento riformatore del codice di procedura penale volto alla drastica riduzione dell'irragionevole durata dei processi in Italia, intendendo così marginalizzare l'impatto concreto dell'eliminazione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In buona sostanza, ad avviso dell'interrogante le forze di Governo dell'epoca, consapevoli che l'intervento così operato era «una bomba nucleare sul processo» (per usare le parole dell'allora Ministro per la pubblica amministrazione Giulia Bongiorno), da un lato hanno collocato l'ordigno, dall'altro hanno spostato il tempo dell'esplosione;

   lo stesso Ministro della giustizia, Bonafede, aveva parlato di un «accordo politico» che «prevede che approfittiamo di questo anno anche per scrivere la riforma del processo penale. Il Governo avrà la delega dal Parlamento con scadenza 2019»;

   ebbene: dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però esaminata dalle Camere alcuna proposta normativa concreta in tal senso. Solo a fine luglio 2019 è stato approvato dal Consiglio dei ministri «salvo intese» un disegno di legge delega che avrebbe dovuto stabilire i princìpi e criteri direttivi per riformare il processo civile, il processo penale, l'ordinamento giudiziario, la disciplina sull'eleggibilità e il ricollocamento in ruolo dei magistrati, il funzionamento e l'elezione del Consiglio superiore della magistratura e la flessibilità dell'organico dei magistrati. L'avvicendamento di maggioranza, il cambio di Governo, l'evoluzione in atto del quadro politico, lasciano facilmente immaginare che non si riuscirà ad approvare alcun testo prima della fine dell'anno. Senza dunque entrare nel dettaglio della riforma del processo penale è evidente che questa non potrà certamente essere operativa prima del 1° gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;

   ad ogni evidenza, ciò travolge e fa venire meno il presupposto – a giudizio dell'interrogante debolissimo e risibile – che aveva in qualche modo giustificato la sostanziale soppressione della prescrizione, altrimenti del tutto inaccettabile sia dal punto di vista politico che, prima ancora, giuridico. Inaccettabilità che, preme segnalare, è stata rilevata dagli operatori del diritto ad ogni livello – avvocati, magistrati, esponenti del mondo universitario – con una lunga serie di interventi, manifestazioni e scioperi;

   il 20 novembre 2019 si è svolta un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sul tema (n. 3-01129), in relazione alla quale il Governo ha dato una risposta, ad avviso dell'interrogante non soddisfacente;

   mancano ormai 41 giorni: un intervento è ormai indifferibile e urgente –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative normative vigenti per evitare l'ormai imminente entrata in vigore della riforma, o meglio dell'abolizione de facto, della prescrizione.
(3-01137)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MASCHIO e VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo n. 95 del 2017 ha portato alla revisione dei ruoli del personale delle quattro Forze di polizia (polizia di Stato; Arma dei carabinieri; Corpo della Guardia di finanza; Corpo di polizia penitenziaria), in correlazione con il riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate attuato dal decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94;

   nel suo complesso, la riforma realizza una sostanziale equiordinazione del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, basata sulle seguenti finalità: l'adeguamento delle dotazioni organiche di ciascun corpo, la semplificazione dell'ordinamento, anche attraverso la rimodulazione e la valorizzazione del percorso formativo e la riduzione dei tempi per la conclusione delle procedure di selezione; l'ampliamento delle opportunità di progressione in carriera; l'elevazione del titolo di studio per l'accesso alla qualifica iniziale dei ruoli di base; l'ampliamento delle funzioni; l'adeguamento, in particolare, delle carriere degli ispettori e dei funzionari e ufficiali, attraverso la loro qualificazione professionale, rispettivamente, direttiva e dirigenziale, conseguente al potenziamento delle funzioni; l'adeguamento della disciplina della dirigenza e dei relativi trattamenti economici;

   i lunghi e complessi lavori riordinamentali, giunti al termine dopo oltre un ventennio, non sembrano aver soddisfatto le aspettative del personale del Corpo di polizia penitenziaria, che ha subìto «per trascinamento» delle previsioni che poco si attagliano alle peculiari esigenze del sistema penitenziario;

   l'opportunità data, a livello normativo, di apportare dei correttivi dovrebbe costituire un momento di ampia riflessione affinché si superino a livello legislativo disequità preesistenti, aggravate dalle procedure del riordino;

   emblematica rispetto a tali considerazioni è la posizione di due corsi per vice-ispettori, quello per 448 allievi vice ispettore (350 uomini e 98 donne) bandito il 31 gennaio 1997 e quello per 526 allievi vice ispettore bandito il 17 settembre 2002;

   come denunciato dai sindacati di categoria, le citate unità, in ragione della data di immissione in ruolo e dunque della decorrenza del grado, risalente rispettivamente al 2000 per il bando del 1997 e al 2006 per il bando 2002, si vedono esclusi dall'applicabilità, per carenza dei requisiti previsti, sia dalle norme di favore del riordino, sia dal riallineamento rispetto agli omologhi della polizia di Stato;

   la loro posizione risulterebbe, dunque, diversa (in peius) rispetto agli altri appartenenti al medesimo ruolo, vincitori dei concorsi antecedenti e successivi a quelli di cui si discute;

   qualora, infatti, dovesse concretizzarsi l'ipotesi di ricostruzione di carriera o ipotesi di riconoscimento di decorrenza giuridica anticipata per i concorsi banditi nel 2003 e nel 2008, questi ispettori avanzerebbero di grado più velocemente rispetto a quelli dei concorsi banditi negli anni 1997 e 2002 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la fondatezza degli stessi, se e quali iniziative di competenza intenda adottare per eliminare gli effetti pregiudizievoli a danno dei vincitori dei concorsi per vice-ispettori banditi nel 1997 e nel 2002, anche attraverso una retrodatazione della decorrenza giuridica della qualifica di vice ispettore della polizia penitenziaria alla data di indizione del concorso con conseguente ricostruzione di carriera per gli aventi diritto.
(5-03167)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in un articolo a firma Rita Bernardini, pubblicato dal quotidiano Il Dubbio il 29 ottobre 2019 a pagina 12, si dà notizia della vicenda di un malato terminale per un tumore ai polmoni, detenuto in custodia cautelare in regime di «41-bis» presso il carcere di Opera;

   nell'articolo, si spiega che:

    la vicenda riguarda Antonio Tomaselli, per le cronache giudiziarie reggente della famiglia Santapaola-Ercolano, invischiato in diverse inchieste e già in passato condannato per associazione mafiosa;

    Tomaselli non è imputato, né mai lo è stato in passato, per fatti di sangue; la condanna massima che potrebbe ricevere per i fatti oggetto dell'attuale vicenda giudiziaria non potrà superare i dieci anni di detenzione;

    nel luglio del 2017 a Tomaselli viene diagnosticato un tumore inoperabile al IV stadio al polmone destro, al polmone sinistro e al surrene con una speranza di vita di tre anni, oggi ridotta per il trascorrere inesorabile del tempo;

    all'epoca della diagnosi Tomaselli era ancora in libertà e aveva iniziato le indispensabili terapie presso l'ospedale «Garibaldi» di Catania; terapie basate su farmaci palliativi, chemioterapici naturali quali il Crizotinib, farmaci che richiedono somministrazioni giornaliere continuative e controlli diagnostici serratissimi al fine di valutare l'efficacia degli stessi in quanto devono essere immediatamente interrotti e sostituiti in caso di mutamento del quadro clinico;

    a distanza di tre mesi dalla diagnosi, nel novembre 2017 Tomaselli viene arrestato e condotto nel carcere di Catania-Bicocca in quanto di lì a tre giorni era prevista una Tac presso l'ospedale della città. Fatta la Tac, che confermava l'avanzamento inesorabile della malattia, Tomaselli viene tradotto a 1.500 chilometri di distanza, nel carcere di Tolmezzo, dove i sanitari stabiliscono di non poterlo curare;

   successivamente, dal carcere di Tolmezzo, Tomaselli viene tradotto nel carcere di Torino e anche lì i sanitari si dichiarano impossibilitati a seguire un malato in quelle condizioni. Nel frattempo, i periti del tribunale di Catania comunicano che il Tomaselli doveva essere trasferito a Messina, in quanto malato oncologico terminale residente e in cura presso l'ospedale di Catania. Invece, accade che il detenuto viene tradotto nel carcere di Milano-Opera perché il Governo aveva intanto firmato il decreto che gli infliggeva il «41-bis»;

   nell'articolo si legge ancora che:

    sia i familiari che i difensori documentano come i controlli, i monitoraggi e le cure per il loro congiunto e assistito, in qualsiasi carcere sia stato, non siano stati e non siano effettuati secondo i protocolli e che per una persona in quelle condizioni né il carcere né tanto meno il regime speciale del «41-bis» possono consentirgli un'assistenza adeguata;

    sia il tribunale del riesame, sia la Corte di cassazione decidono però che «le condizioni di salute in cui versa il Tomaselli non risultano modificate in peggio malgrado la gravissima malattia da cui l'indagato è affetto», e che, quindi, le sue condizioni di salute sono compatibili con la detenzione al carcere duro –:

   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se corrisponda al vero;

   se, anche alla luce di quanto previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 230 del 1999, le cure e le terapie ricevute dal detenuto nel carcere di Milano-Opera corrispondano ai protocolli sanitari previsti per un malato oncologico con una speranza di vita ormai ridottissima.
(4-04136)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   CASSINELLI e BAGNASCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, recante «Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada», all'articolo 373, dispone che al pagamento del pedaggio sono esentati – tra gli altri – i veicoli delle associazioni di volontariato e degli organismi similari non aventi scopo di lucro, adibiti al soccorso nell'espletamento del relativo specifico servizio;

   proprio con riferimento al suddetto articolo del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, una recente sentenza della Corte di cassazione, la n. 28019 del 31 ottobre 2019, ha finalmente messo termine a un lungo contenzioso tra la Croce Bianca di Rapallo e la Società Autostrade, legato a una circolare ministeriale in virtù della quale alla pubblica assistenza non veniva riconosciuta l'esenzione del pagamento del pedaggio autostradale durante i servizi alla cittadinanza;

   in particolare, la Corte ha chiarito che il citato articolo 373 del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, non contiene uno specifico riferimento alla situazione di emergenza e che la restrizione della nozione di «soccorso» solo a quello di carattere urgente contrasta, innanzitutto, con il significato comune di detto termine, con il quale si deve intendere «aiuto, assistenza prestata a che ne ha bisogno o a chi è in pericolo», e che prescinde, quindi dall'urgenza o emergenza;

   non solo, la pronuncia della Corte di cassazione ha, altresì recepito il fatto che il mero rimborso delle spese sostenute dalla pubblica assistenza che svolge il servizio di trasporto sanitario non determina alcuna percezione di utile;

   la Croce Bianca ha, quindi, accolto con favore la decisione dei giudici che hanno precisato come il termine soccorso dovesse intendersi nel suo comune significato e che prescinde quindi dall'urgenza o emergenza, come Autostrade ha interpretato arrivando a ingiungere alla pubblica assistenza tigullina oltre 200 mila euro –:

   se non si ritenga di adottare quanto prima le iniziative di competenza affinché la società Autostrade dia immediata applicazione ai princìpi statuiti nella sentenza della Corte di cassazione, anche prevedendo la modifica della convenzione con l'eliminazione del riferimento all'urgenza/emergenza dei servizi, provvedendo al rimborso delle spese laddove si parla di gratuità del servizio e annullando in via di autotutela le ingiunzioni di pagamento alla Croce Bianca Rapallese in quanto fondate su erronei presupposti di fatto e diritto.
(4-04128)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   DE MARIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   negli scorsi giorni in diverse realtà italiane, a partire da Bologna, si sono svolte manifestazioni del cosiddetto movimento delle «sardine»;

   i promotori di questo movimento sono vittima di episodi di diffamazione e di vere e proprie minacce, a partire dai social network;

   la libertà di espressione e di partecipazione democratica sono elementi fondamentali dell'assetto istituzionale, garantiti dalla stessa Carta costituzionale –:

   se sia informato di quanto evidenziato in premessa e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, in relazione a tali fenomeni diffusi di intolleranza e diffamazione, in particolare sui social media, che destano grande preoccupazione.
(3-01134)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il Conapo, sindacato autonomo dei vigili del fuoco, ha indetto una manifestazione davanti a Montecitorio volta a richiedere che sia riservato al personale del Corpo un trattamento economico e pensionistico identico agli altri Corpi dello Stato dipendenti dal Ministero dell'interno;

   per il Conapo, come anche certificato dai dati dell'Istat, i vigili del fuoco percepiscono mediamente circa 7000,00 euro in meno all'anno rispetto agli appartenenti alla polizia di Stato, corrispondente indicativamente al 20 per cento in meno;

   detto divario si riverbera, inevitabilmente, anche sui trattamenti pensionistici;

   l'interrogante ha già denunciato, in precedenti atti ispettivi, le criticità che interessano i vigili del fuoco di Piacenza, con particolare riferimento alle necessità di incrementare l'organico;

   il lavoro dei vigili del fuoco, che quotidianamente mettono a repentaglio la propria incolumità a salvaguardia dei cittadini e al servizio dello Stato, merita pari dignità, anche e soprattutto in riferimento al trattamento economico, rispetto a quanto previsto per gli altri Corpi –:

   se il Governo intenda adottare iniziative, come più volte promesso, per l'istituzione di un fondo economico dedicato alla eliminazione del divario di trattamento rappresentato in premessa e, in caso affermativo, con quale dotazione finanziaria.
(4-04125)


   DE MARTINI e ZOFFILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   a Tortolì, in provincia di Nuoro, nella notte tra sabato 16 e domenica 17 novembre 2019 ignoti hanno appiccato il fuoco all'auto del comandante della stazione locale dei carabinieri, Marcello Cangelosi, mentre era parcheggiata di fronte all'ingresso della caserma nell'area riservata al personale militare;

   poco dopo un'altra auto, di proprietà di un noto imprenditore locale, è stata data alle fiamme, con le stesse modalità e sempre ad opera di ignoti;

   difatti, secondo quanto riportato dalla stampa, dopo aver domato le fiamme, in entrambi i casi i vigili del fuoco avrebbero rinvenuto sul posto delle bottiglie di plastica contenente del liquido infiammabile, il che confermerebbe, quindi, la matrice dolosa dei due incendi;

   sebbene siano ancora in corso le indagini dei carabinieri di Tortolì e dei colleghi della compagnia di Lanusei, coordinati dal capitano Giuseppe De Lisa, per accertare il movente dei due gravissimi attentati incendiari e per individuarne gli autori, secondo la stampa il movente potrebbe essere riconducibile alla attività professionale del maresciallo, mentre resta ancora da capire quello che ha portato ad appiccare il fuoco all'auto dell'imprenditore;

   il maresciallo Cangelosi, infatti, è assai noto e stimato dalla comunità locale essendo alla guida della stazione dei carabinieri di Tortolì già dal 2007, con una carriera di servizio di ben ventiquattro anni e inserito lo scorso anno nella rosa dei primi cinque marescialli maggiori d'Italia;

   quanto accaduto a Tortolì è un fatto allarmante che ha scosso tutta la cittadinanza e immediate sono state le reazioni e i messaggi di vicinanza anche da parte delle istituzioni, a cominciare dal presidente della regione Solinas, che hanno fermamente condannato gli atti di chiara matrice dolosa ed espresso piena solidarietà alle vittime;

   il gravissimo episodio ha avuto, altresì, ampia risonanza anche a livello nazionale, in particolare perché rivolto nei confronti di un rappresentante dello Stato e un noto esponente delle forze dell'ordine, in servizio da tanti anni nella sua comunità e quindi finalizzato chiaramente a colpire le istituzioni che garantiscono la legalità e la sicurezza dei cittadini;

   pertanto, è di tutta evidenza la necessità di una immediata e ferma risposta da parte dello Stato, anche per arginare e prevenire simili episodi, gravissimi perché manifestamente diretti a destabilizzare la sicurezza dei cittadini della Sardegna –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e riportati dalla stampa e quali iniziative di competenza intenda quanto prima assumere in merito anche al fine di tutelare i rappresentanti delle forze dell'ordine.
(4-04129)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ARRANDO e NAPPI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421», modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, stabilisce che «Il Ministro della sanità individua con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili. Il relativo ordinamento didattico è definito, ai sensi dell'articolo 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica emanato di concerto con il Ministro della sanità. Per tali finalità le regioni e le università attivano appositi protocolli di intesa per l'espletamento dei corsi di cui all'articolo 2 della legge 19 novembre 1990, n. 341»;

   l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'assistente sanitario è avvenuta con il decreto del Ministro della salute 17 gennaio 1997, n. 69 «Regolamento concernente l'individuazione della figura e relativo profilo professionale dell'assistente sanitario», il cui articolo 1, comma 1, definisce l'assistente sanitario come «l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale, è addetto alla prevenzione, alla promozione ed alla educazione per la salute» e il successivo comma 2 specifica che «l'attività dell'assistente sanitario è rivolta alla persona, alla famiglia e alla collettività; individua i bisogni di salute e le priorità di intervento»;

   il comma 3 del medesimo articolo stabilisce che «l'assistente sanitario: a) identifica i bisogni di salute sulla base dei dati epidemiologici e socio-culturali, individua i fattori biologici e sociali di rischio ed è responsabile dell'attuazione e della soluzione e degli interventi che rientrano nell'ambito delle proprie competenze; b) progetta, programma, attua e valuta gli interventi di educazione alla salute in tutte le fasi della vita della persona; c) collabora alla definizione delle metodologie di comunicazione, ai programmi ed a campagne per la promozione e l'educazione sanitaria; d) concorre alla formazione e all'aggiornamento degli operatori sanitari e scolastici per quanto concerne la metodologia dell'educazione sanitaria; e) interviene nei programmi di pianificazione familiare e di educazione sanitaria, sessuale e socio-affettiva; f) attua interventi specifici di sostegno alla famiglia, attiva risorse di rete anche in collaborazione con i medici di medicina generale ed altri operatori sul territorio e partecipa ai programmi di terapia per la famiglia; g) sorveglia, per quanto di sua competenza, le condizioni igienico-sanitarie nelle famiglie, nelle scuole e nelle comunità assistite e controlla l'igiene dell'ambiente e del rischio infettivo; h) relaziona e verbalizza alle autorità competenti e propone soluzioni operative»;

   la figura di assistente sanitario si caratterizza, dunque, per l'alta professionalità degli addetti e per la tipicità della professione che non trova riscontro negli altri profili sanitari esistenti. Inoltre, tale figura presenta un percorso formativo specifico per la prevenzione e la promozione della salute sia in ospedale che nel territorio e viene anche ritenuta figura elettiva inerente alle vaccinazioni, specie per quanto attiene alla metodologia comunicativa;

   tuttavia, allo stato attuale in Piemonte non risulta essere stato avviato alcun corso di laurea triennale in assistente sanitario nonostante siano trascorsi oltre 20 anni dall'emanazione del decreto ministeriale e dunque gli studenti piemontesi, propensi ad intraprendere questa professione che ancora presenta sbocchi lavorativi ampi e molte richieste sul mercato del lavoro, sono costretti a trasferirsi fuori regione per poter conseguire la laurea –:

   se e quali iniziative, per quanto di competenza, i Ministeri interrogati intendano assumere al fine di promuovere l'attivazione di corsi di laurea triennale in assistente sanitario su tutto il territorio nazionale per corrispondere alle esigenze professionali di tutte le aree del Paese, ivi incluse quelle piemontesi.
(4-04133)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   CECCHETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Gruppo Raben è nato nei Paesi Bassi nel 1931 grazie all'iniziativa di J.W. Raben e da allora è rimasto sotto il controllo della famiglia. Dall'inizio degli anni Novanta ha iniziato un processo di espansione in Europa, anche con acquisizioni, le più recenti delle quali sono quelle delle tedesche HRL Eurocargo, Balter Group and Spedition Weìsshaupt, Scheffler Spedition, Peter Spedition e Busse Logistik;

   Sittam è nata nel 1960 a Bolzano dall'iniziativa di Albano Zanella e Siegfried Kompatscher per svolgere trasporto internazionale con Austria e Germania. Nel 1964 ha aperto una filiale a Milano, dedicata soprattutto al groupage e nel decennio successivo la sede è stata trasferita nel capoluogo lombardo. In questi anni, la società si è consolidata nel groupage italiano e internazionale con una rete di corrispondenti in tutta Europa, in Russia e in Medio Oriente ed oggi conta 169 dipendenti;

   nel 2017, il gruppo olandese ha acquistato il 20 per cento di Sittam e a maggio 2019 ha comunicato di avere il controllo del 51 per cento del pacchetto azionario, prendendo così il controllo dell'azienda, mentre la famiglia Bertola ha mantenuto il restante 49 per cento. La nuova proprietà ha anche annunciato un aumento di capitale condiviso dai soci che ha «lo scopo di fronteggiare le sfide del mondo moderno da una posizione più forte». La conglomerata in tale occasione ha comunque voluto rassicurare la clientela rispetto alla continuità con la gestione precedente. Dopo l'avvicendamento ai vertici nel mese di aprile 2019, con il ruolo di amministratore delegato assunto da Wojciech Brzuska, la società aveva assicurato che Sittam non avrebbe subito «cambiamenti drastici» e che avrebbe continuato a lavorare con i «partner» sulla base degli accordi già esistenti;

   del tutto inaspettatamente, in data 23 settembre 2019 la società Raben Sittam ha invece, annunciato la procedura di licenziamento collettivo per riduzione di personale per la risoluzione di 20 rapporti di lavoro in essere presso l'ufficio amministrativo. La motivazione di tale procedura è stata l'esternalizzazione di alcune attività amministrative e contabili che verranno d'ora innanzi gestite direttamente presso Raben Group Shared Services Centre in Polonia;

   la prima fase della trattativa si è chiusa il 5 novembre 2019 con un mancato accordo e l'azienda ha individuato soluzioni alternative solo per una decina di lavoratori tra quelli dichiarati in esubero –:

   se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare per scongiurare l'ennesima crisi in un territorio già fortemente colpito dal fenomeno della delocalizzazione e del dumping salariale, che rappresentano i principali fattori di crisi economico-industriale, nonché per salvaguardare i livelli occupazionali.
(3-01135)

Interrogazione a risposta scritta:


   BILOTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   i recenti dati dell'Inail sull'andamento sugli infortuni in ambito agricolo mostrano come questo settore economico-produttivo sia uno di quelli più a rischio;

   nel primo semestre 2019 si registra una crescita dei morti nel lavoro agricolo di circa il 40 per cento rispetto al primo semestre 2018 e nel medesimo arco temporale, i settori dell'industria e dei servizi fanno registrare trend decrescenti, seppure con valori assoluti maggiori;

   i citati dati quantificano in 102 i morti e in 42.825 gli infortuni provocati dagli incidenti sul lavoro in agricoltura nell'ultimo anno;

   le attività agricole hanno fatto registrare nell'ultimo anno un incremento di oltre il 5 per cento di giornate lavorate;

   il settore agricolo è uno dei settori produttivi a rischio di caporalato, come anche evidenziato dall'ultimo rapporto dell'Inl (Ispettorato nazionale del lavoro) sulle attività di vigilanza del primo semestre 2019, secondo cui nonostante una diminuzione di circa il 10 per cento del numero delle ispezioni effettuate, si è registrato un incremento del tasso di irregolarità nelle imprese controllate (dal 69 per cento al 72 per cento dei casi) con un aumento dei lavoratori «in nero» da 20.398 a 23.300 unità;

   presumibilmente, i suindicati numeri possono essere integrati dalla platea di lavoratori che non sono coperti da garanzie assicurative, in quanto non comprendono i titolari di partita iva, gli agricoltori non professionali (come i pensionati) e i lavoratori «in nero»;

   secondo l'Osservatorio indipendente di Bologna, il 42 per cento delle morti sul lavoro nel nostro Paese avviene in agricoltura;

   a fronte di un utile di circa 1.804 milioni di euro del bilancio consuntivo 2018 dell'Inail, appare di fondamentale importanza garantire una serie di investimenti per migliorare la prevenzione degli incidenti sul lavoro in agricoltura, sia attraverso un rafforzamento delle attività ispettive, sia tramite un potenziamento delle attività di formazione specifica per i lavoratori agricoli sui rischi e sui metodi per evitare incidenti sul lavoro;

   tra le cause dell'alta percentuale di incidenti nel settore agricolo e forestale c'è l'utilizzo di macchinari e attrezzature non idonee, insicure e obsolete, nonostante la vigenza di obblighi normativi riguardanti la revisione obbligatoria delle macchine agricole in circolazione, le quali – secondo dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – sarebbero per oltre il 50 per cento dei casi sprovviste di sistemi di protezione e di sicurezza per i conducenti;

   appare di fondamentale importanza l'ammodernamento e la messa in sicurezza del parco macchine, l'adeguamento strutturale dei capannoni agricoli, ma anche l'adozione di tutte le prescrizioni normative obbligatorie sia nel campo della sicurezza sul lavoro agricolo sia in quello della formazione professionale dei lavoratori agricoli e, in particolar modo, dei conducenti delle macchine agricole;

   si deve tener conto anche degli ultimi casi, avvenuti a distanza di meno di 20 giorni l'uno dall'altro nella provincia di Salerno: un uomo di 50 anni morto a seguito di una caduta da un'impalcatura in un'azienda agricola e un ragazzo investito da una mandria di bufali –:

   quali iniziative i Ministri interrogati intendano porre in essere per affrontare in modo specifico la tematica della sicurezza sul lavoro in ambito agricolo, tematica che appare tristemente di attualità per la presenza di dati che dimostrano un trend fortemente negativo del settore agricolo con riferimento alla tutela del lavoratore e alla prevenzione delle morti e degli infortuni sul lavoro nei campi.
(4-04123)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   FOTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 13 settembre 2019 il consiglio comunale di Fiorenzuola d'Arda ha approvato all'unanimità un ordine del giorno nel quale si chiedeva che «il percorso di stabilizzazione del personale del CREA prosegua e venga portato a termine, e che la stabilizzazione riguardi anche il personale del GPG (...) che il Sindaco e la Giunta attivino tutte le iniziative istituzionali possibili, in primo luogo presso il Governo nazionale, al fine di contribuire a conseguire tale risultato più generale e tutelare i lavoratori precari del GPG di Fiorenzuola»;

   il Crea (Centro di ricerca genomica e bioinformatica) rappresenta una eccellenza nella comunità scientifica italiana, è infatti il principale ente di ricerca dedicato alle filiere agroalimentari, con competenze scientifiche che spaziano dal settore agricolo, zootecnico, ittico, forestale, agroindustriale, nutrizionale e financo all'ambito socioeconomico;

   nella legge di bilancio 2018 sono stati stanziati 10 milioni di euro da destinare alla stabilizzazione del personale precario del Crea;

   la precarietà rappresenta, nel mondo della ricerca, una vera e propria piaga che mortifica le grandi professionalità che vi operano, nonostante tutto, con successo e riconoscimento internazionale;

   a Fiorenzuola d'Arda, in provincia di Piacenza, ha sede il Crea/Gpg (Centro di ricerca per la genomica e postgenomica animale e vegetale) in cui risulta impiegato personale precario ed in attesa di stabilizzazione –:

   se l’iter di stabilizzazione dei lavoratori precari del Crea stabilito con la legge di bilancio 2018, proceda e, in caso di risposta affermativa, quali iniziative intenda assumere il Governo per portarlo a compimento nei tempi più brevi possibili.
(4-04134)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con circolare n. 4/2015 il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione forniva chiarimenti in merito alla «Interpretazione e applicazione dell'articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dall'articolo 17, comma 3, della legge 7 agosto 2015, n. 124. Integrazione della circolare del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione n. 6 del 2014»;

   la circolare riguardava il conferimento di incarichi a lavoratori collocati in quiescenza, chiarendo quale deve essere la durata dell'incarico, quali sono i soggetti interessati e quali sono gli incarichi vietati e quelli consentiti;

   a seguito, infatti, della modifica normativa introdotta dall'articolo 17, comma 3, della legge 7 agosto 2015, n. 124, all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, l'ambito di applicazione del limite annuale di durata e del divieto di proroga o rinnovo è stato ristretto agli incarichi dirigenziali e direttivi. Per gli incarichi di studio o consulenza, nonché per le cariche in organi di governo delle amministrazioni e degli enti da esse controllate, detto limite non è più operante, ferma restando la gratuità;

   in particolare, al punto «4. Incarichi vietati» della circolare si legge: «Per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali, è escluso che essi possano essere conferiti a soggetti collocati in quiescenza che hanno compiuto i 65 anni, cioè che hanno raggiunto il limite di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici. [...] Il divieto riguarda anche le collaborazioni e gli incarichi attribuiti ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dell'articolo 90 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Come già osservato nella circolare n. 6 del 2014, infatti, in assenza di esclusioni al riguardo, devono ritenersi soggetti al divieto anche gli incarichi dirigenziali, direttivi, di studio o di consulenza assegnati nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione di organi politici.»;

   con contratto del 5 luglio 2019, la società Sport e salute s.p.a., assegnava un incarico di collaborazione semestrale al signor Giuseppe Sammartino per «Assistenza e Supporto al Presidente e Amministratore Delegato nello sviluppo delle attività di Comunicazione e Affari Generali della Società»;

   secondo i chiarimenti forniti con la circolare n. 4/2015 suddetto incarico, non avrebbe potuto essere assegnato in quanto gli incarichi di collaborazione possono essere conferiti anche a soggetti in quiescenza solo a titolo gratuito, ma sono comunque vietati se assegnati a soggetti in quiescenza nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione di organi politici, come nel caso di specie;

   Sport e salute s.p.a. è, infatti, un'azienda pubblica italiana, che si occupa dello sviluppo dello sport in Italia, producendo e fornendo servizi di carattere generale. Il suo azionista unico è il Ministero dell'economia e delle finanze, del quale è una società in-house e, pertanto, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, ove trovino riscontro, quali urgenti iniziative di competenza intendano adottare per garantire il rispetto delle disposizioni di legge in materia di conferimento degli incarichi da parte della società Sport e Salute s.p.a. e rimuovere eventuali situazioni di non conformità alla legge riscontrate.
(4-04135)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   MURA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Società italiana di epidemiologia psichiatrica ha elaborato e pubblicato la ricerca «Salute mentale in Italia. La mappa delle disuguaglianze» che racconta le differenze sussistenti fra i sistemi regionali di cura e assistenza delle persone affette da patologie psichiatriche;

   la ricerca rappresenta chiaramente le profonde e inaccettabili diseguaglianze fra i cittadini con patologie psichiatriche a seconda del sistema regionale di salute mentale che li prende in carico. Il sistema sanitario della regione Sardegna spende per la salute mentale un quantitativo di risorse di molto inferiore rispetto alla media nazionale, sia in termini di spesa pro capite (-21,4 per cento) che di spesa sul Fsr (-19,6 per cento) pur presentando una dotazione di organico dei servizi perfino superiore alla media nazionale, con una dotazione di personale di 57,8 ogni 100 mila abitanti;

   la rete di assistenza territoriale si presenta piuttosto debole sia a livello strutturale che funzionale: 1,1 strutture territoriali, 6,5 posti letto ospedalieri, 38 posti residenziali, 16 semiresidenziali ogni 100 mila abitanti: rispettivamente -57,7 per cento, -31,6 per cento, -26,9 per cento e -42,9 per cento rispetto ai corrispondenti valori nazionali;

   in Sardegna il costo della salute mentale è di euro 59,4 pro capite (-21,4 per cento rispetto al dato nazionale) e incide per il 28 per cento sul Fsr (-19,6 per cento rispetto a dato nazionale);

   le prevalenze trattate sono 176 e le incidenze 126 ogni 100 mila abitanti (-89,1 per cento; -81,7 per cento rispetto a dato nazionale); le prevalenze e le incidenze di schizofrenia 34 e 15 ogni 100 mila abitanti (-89,3 e -78,9 rispetto a dato nazionale);

   le prestazioni per utente sono 8,5 (-44,8 per cento su dato nazionale) e i Trattamenti sanitari obbligatori 23 ogni 100 mila abitanti;

   i soggetti trattati con antidepressivi sono 130,5, con antipsicotici 37 e con litio 3,4 ogni 1000 abitanti. Tutti dati superiori alla media nazionale;

   emergono carenze in termini di strutture di assistenza, soprattutto territoriali, e difficoltà di accesso a quelle presenti –:

   se sia a conoscenza della situazione descritta;

   se non ritenga di promuovere le iniziative di competenza, in collaborazione con la regione Sardegna, affinché siano garantiti a tutti i cittadini livelli essenziali di assistenza ai sensi delle leggi n. 180 del 1978 e n. 833 del 1978.
(3-01136)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Baldino e altri n. 2-00564, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Nesci, Ascari, Piera Aiello.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Gadda e altri n. 3-01131, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Nobili.