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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 11 dicembre 2019

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'11 dicembre 2019.

  Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Bianchi, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Braga, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cancelleri, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Federico, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Formentini, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lotti, Lupi, Maggioni, Marrocco, Marzana, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Orsini, Parolo, Pedrazzini, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Francesco Silvestri, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tateo, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zoffili.

(alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Benvenuto, Berlinghieri, Bianchi, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Braga, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cancelleri, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, Comaroli, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Federico, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Formentini, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lotti, Lupi, Maggioni, Marrocco, Marzana, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Orsini, Parolo, Pedrazzini, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Paolo Russo, Saltamartini, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Francesco Silvestri, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tateo, Tofalo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 10 dicembre 2019 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   VARCHI e MASCHIO: «Modifica al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, concernente l'accesso anticipato al pensionamento per i conducenti di automezzi speciali del Ministero della giustizia» (2291);
   VARCHI ed altri: «Modifiche al testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, e altre disposizioni in favore dei coniugi superstiti e degli orfani dei grandi invalidi di guerra, nonché estensione dei benefìci ad altre categorie di grandi invalidi» (2292);
   ANGIOLA ed altri: «Modifiche all'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazione delle spese per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale dei conducenti e dei passeggeri di motocicli e ciclomotori» (2293);
   ANGIOLA: «Modifiche alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, in materia di stato giuridico e trattamento economico dei ricercatori universitari a tempo indeterminato» (2294);
   ANGIOLA: «Interpretazione autentica del comma 953 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145, concernente la disciplina contabile dei proventi economici liberamente pattuiti dagli operatori del settore elettrico con gli enti locali nel cui territorio insistono impianti alimentati da fonti rinnovabili» (2295);
   ANGIOLA: «Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonché ai decreti del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e 29 settembre 1973, n. 601, in materia di trattamento fiscale delle operazioni di finanza islamica» (2296).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge CASA ed altri: «Disposizioni per la prevenzione e la cura della nomofobia» (1840) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Perconti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   VII Commissione (Cultura):
  FRASSINETTI ed altri: «Istituzione del “Premio biennale Giuseppe Tatarella”» (2154) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
   VIII Commissione (Ambiente):
  MOSCHIONI ed altri: «Disposizioni concernenti l'accertamento della regolarità contributiva e del pagamento delle prestazioni del professionista nei procedimenti riguardanti la prestazione di servizi di architettura e di ingegneria» (2065) Parere delle Commissioni I, V, X, XI e XIV.
   XI Commissione (Lavoro):
  DE MARIA: «Modifiche all'articolo 29 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, in materia di responsabilità solidale del committente» (1885) Parere delle Commissioni I, II, V, VIII e X;
  RACITI: «Disposizioni concernenti il trattamento economico dei docenti della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado» (2193) Parere delle Commissioni I, V, VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 26, 28 novembre e 3 dicembre 2019, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio – Ventesima relazione sui progressi compiuti verso un'autentica ed efficace Unione della sicurezza (COM(2019) 552 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esperienza acquisita dagli Stati membri e dall'agenzia europea per i medicinali riguardo all'elenco dei medicinali per uso umano soggetti a monitoraggio addizionale (COM(2019) 591 final);
   Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 1387/2013 recante sospensione dei dazi autonomi della tariffa doganale comune per taluni prodotti agricoli e industriali (COM(2019) 599 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Relazione annuale 2019 sull'attuazione degli strumenti dell'Unione europea per il finanziamento delle azioni esterne nel 2018 (COM(2019) 604 final);
   Proposta di decisione del Consiglio sulla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea in sede di Comitato di associazione riunito nella formazione «Commercio» (COM(2019) 606 final);
   Raccomandazione di DECISIONE DEL CONSIGLIO che aggiorna le direttive di negoziato per i negoziati degli accordi di partenariato economico (APE) con i paesi e le regioni dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP) (COM(2019) 608 final);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul riesame del mercato del roaming (COM(2019) 616 final);
   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un piano di gestione pluriennale del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo, modifica i regolamenti (CE) n. 1936/2001, (UE) 2017/2107 e (UE) 2019/833 e abroga il regolamento (UE) 2016/1627 (COM(2019) 619 final).

Trasmissione dalla Provincia autonoma di Trento

  Il Presidente del Consiglio della Provincia autonoma di Trento, con lettera in data 26 novembre 2019, ha trasmesso un voto, approvato dal medesimo Consiglio il 22 ottobre 2019, volto a chiedere al Governo e alle Camere «azioni a favore del popolo curdo».

  Questo documento è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 5 dicembre 2019, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della proroga della nomina del dottor Francesco Curcio a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale della Sila.

  Questa comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A ai resoconti della seduta del 10 dicembre 2019, a pagina 6, prima colonna, dalla sesta alla tredicesima riga, le parole: «Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione e i risultati del programma Pericle 2020 per la protezione dell'euro contro la contraffazione monetaria nel 2017 (COM(2018) 581 final) – alla Commissione VI (Finanze) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea)» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce disposizioni transitorie relative al sostegno da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) nell'anno 2021 e che modifica i regolamenti (UE) n. 228/2013, (UE) n. 229/2013 e (UE) n. 1308/2013 per quanto riguarda le risorse e la loro distribuzione nell'anno 2021 e i regolamenti (UE) n. 1305/2013, (UE) n. 1306/2013 e (UE) n. 1307/2013 per quanto riguarda le loro risorse e la loro applicabilità nell'anno 2021 (COM(2019) 581 final) – alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea)».

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 12 E 13 DICEMBRE 2019

Risoluzioni

   La Camera,
   premesso che:
    nel prossimo Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2019, i Capi di Stato e di Governo degli Stati membri affronteranno importanti questioni, in particolare: la strategia a lungo termine dell'Unione europea in materia di cambiamenti climatici; il bilancio a lungo termine dell'Unione europea (Quadro finanziario pluriennale – QFP 2021-2027); l'Unione economica e monetaria. L'agenda dei lavori potrà inoltre affrontare questioni specifiche in materia di relazioni esterne alla luce degli sviluppi del panorama internazionale e prevedere, nella giornata del 13 dicembre, un punto formato articolo 50 relativo al recesso del Regno Unito dall'Unione europea, « Brexit»;
    il 27 novembre 2019 la nuova Commissione europea di Ursula von der Leyen è stata approvata dal Parlamento dell'Unione europea con 461 voti favorevoli, 157 contrari, 89 astensioni. Il collegio, è entrato in carica il 1o dicembre 2019. Anche il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel ha iniziato il suo mandato il 1o dicembre scorso;
    lo scenario economico nel quale si svolgerà il prossimo Consiglio europeo continua ad essere condizionato da incertezze e rischi, principalmente dovuti ai conflitti commerciali, alle crescenti tensioni geopolitiche, alla necessità di rafforzare il settore manifatturiero. Impatta su questo percorso anche il rischio di una « Brexit» disordinata;
    l'Italia assieme alle istituzioni europee e agli Stati membri ribadisce che occorre affrontare la situazione con iniziative che mettano al centro del dibattito la crescita e il conseguimento di più elevati livelli di protezione sociale dei cittadini;
    il Consiglio europeo di dicembre discuterà gli orientamenti sulla strategia di lungo termine in materia di cambiamenti climatici;
    durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici – COP25 (2-13 dicembre 2019, Madrid), gli Stati membri europei insieme alla Commissione europea hanno fermamente ribadito ai partner internazionali che l'azione climatica è una priorità;
    il Presidente della Commissione europea ha ribadito alla COP25 a Madrid che l'obiettivo europeo è quello di essere il primo Continente «climaticamente neutro» entro il 2050. Questa transizione ha bisogno di un cambiamento generazionale, che il « Green Deal» europeo sosterrà perché sarà una strategia per la crescita;
    in vista della COP25 di Madrid, inoltre, il Parlamento europeo ha adottato 2 risoluzioni il 28 novembre scorso, con le quali rispettivamente: 1. ha dichiarato l'emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo; 2. ha esortato l'Unione europea a presentare alla Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici una strategia per raggiungere la neutralità climatica al più tardi entro il 2050;
    l'Unione europea intende porsi alla guida della «transizione verde». In questo contesto, la Commissione europea propone un « Green Deal» europeo nel quale definire le politiche europee per una crescita sostenibile in vista del raggiungimento dell'obiettivo della neutralità climatica al 2050;
    l'Italia è da sempre in prima linea nella lotta al cambiamento climatico, conformemente all'Accordo di Parigi del dicembre 2015 e al quadro europeo attualmente in vigore. In questo senso va anche il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima con il quale il nostro Paese ha già raggiunto importanti obiettivi dell'Unione europea;
    si tratterà di proteggere l'ambiente naturale; garantire lo sviluppo sostenibile del tessuto territoriale e sociale italiano ed europeo; assicurare una transizione industriale equilibrata; favorire la ricerca e l'innovazione; favorire un ambiente economico per i nostri operatori competitivo nei confronti di quei paesi terzi che esportano nell'Unione europea senza pagare i costi dei processi di decarbonizzazione;
    l'Italia ribadisce che l'azione europea del « Green Deal» e della strategia di lungo termine in materia di cambiamenti climatici potrà costituire uno dei principali strumenti per rispondere alle sempre più pressanti esigenze di crescita. La futura «transizione verde» orienterà tutti gli aspetti del modello di sviluppo europeo: uso delle energie, modelli di consumo, scelte strategiche di interi settori produttivi. In questo senso, serviranno grandi investimenti europei e un'azione comune del nostro Paese assieme alle Istituzioni europee e agli altri Stati Membri;
    l'Italia sostiene l'intenzione della Commissione europea di disegnare un sistema finalizzato a proporre incentivi, misure fiscali e regolatorie per favorire la «transizione verde». Sotto la guida della Commissione europea, si prevede la messa a punto di un importante piano di investimenti pubblici e privati. Questo piano dovrebbe articolarsi su due principali progetti: il programma «InvestEu» dedicato all'innovazione e un Piano di investimenti per un'Europa sostenibile;
    complessivamente, a livello europeo l'obiettivo sarà quello di mobilitare importanti risorse attraverso: i fondi europei, l'azione della Banca Europea degli Investimenti, l'effetto leva sul settore privato;
    l'Italia sostiene questo obiettivo e la possibilità di scorporare gli investimenti pubblici nel settore « green» dal computo dei parametri utili al pareggio di bilancio e del rapporto deficit/pil, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;
    l'Italia sostiene che questo livello di ambizione dovrà svilupparsi di pari passo con le principali dimensioni del progetto europeo: quello della coesione territoriale e della stabilità sociale. La dimensione sociale dovrà essere elemento integrante della «transizione verde» affinché il tessuto sociale possa trarre il giusto beneficio dalle politiche di transizione verso l'obiettivo della neutralità climatica al 2050, in termini di: creazione di nuovi posti di lavoro; creazione di nuove abilità; giusta distribuzione dei benefici per la nostra società e la coesione territoriale; migliori condizioni in termini di «qualità di vita». Il Comitato interministeriale per gli Affari Europei del 15 novembre 2019 ha avuto una discussione sulle opportunità per l'Italia nel « Green Deal» europeo ed ha dato il compito al comitato tecnico di valutazione degli atti dell'Unione europea di assicurarne i seguiti operativi;
    i Capi di Stato e di Governo discuteranno il prossimo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 sulla base della «scatola negoziale» della Presidenza finlandese come richiesto dal Consiglio europeo di ottobre;
    la Commissione europea aveva pubblicato una Comunicazione con la quale esortava i Capi di Stato o di governo dell'Unione europea a imprimere nuovo slancio ai negoziati, così da permettere il raggiungimento entro la fine dell'anno di un accordo su un bilancio a lungo termine dell'Unione europea equo, equilibrato e moderno per il periodo 2021-2027;
    la Commissione aveva proposto un bilancio a lungo termine equivalente all'1,114 per cento del reddito nazionale lordo dell'Unione europea 27. Il Parlamento dell'Unione europea chiede un budget maggiore fino all'1,3 per cento. Attualmente, il bilancio a lungo termine dell'Unione europea per 28 Stati membri è equivalente all'1,03 per cento delle entrate lorde di tutti gli Stati membri dell'Unione europea, compreso il Fondo europeo di sviluppo. Tuttavia, secondo l'ultima Comunicazione della Commissione, rimuovendo dal bilancio il Regno Unito, il bilancio attuale arriva all'1,16 per cento del Reddito nazionale-lordo dell'Unione europea 27. Questo potrebbe essere il giusto punto di confronto;
    in particolare, a fronte nella proposta della Commissione era previsto un equilibrio di compromesso tra i livelli di finanziamento in settori considerati dalla Commissione prioritari e ad alto valore aggiunto europeo – quali la ricerca, l'innovazione e l'agenda digitale, giovani, migrazione e gestione delle frontiere, difesa e sicurezza interna, azione esterna, clima e ambiente – e quelli di politiche ugualmente importanti e con livelli di finanziamento tradizionalmente elevati, come la politica agricola comune e la politica di coesione;
    il Consiglio europeo di ottobre è tornato ad affrontare la discussione in merito alle varie rubriche del bilancio a lungo termine dell'Unione. Nel corso di tale Consiglio europeo, si è tenuta una prima discussione sul QFP 2021-2027, orientato da un documento appositamente predisposto dalla Presidenza finlandese. Il Consiglio europeo di ottobre ha quindi inviato la Presidenza finlandese a presentare una «scatola negoziale» in vista dell'incontro di dicembre;
    il 2 dicembre 2019, la Presidenza finlandese ha diffuso la sua proposta di compromesso, completa di cifre, aggiornando la precedente, versione della «scatola negoziale», che prevede un bilancio pari all'1,07 del RNL dell'Unione europea;
    nel complesso, pertanto, l'ipotesi di compromesso della presidenza finlandese prevede una riduzione della spesa dell'Unione europea rispetto alla proposta iniziale della Commissione. A tale riduzione concorrono tutte le rubriche di spesa, eccetto la politica agricola;
    lo sforzo della Presidenza finlandese è un tentativo di mediazione tra le sensibilità emerse da parte degli Stati Membri durante il negoziato sin qui sviluppatosi che tuttavia prevede una diminuzione del livello di ambizione di spesa rispetto alle proposte iniziali;
    la nuova «scatola negoziale» contiene alcuni elementi positivi ma resta ancora sbilanciato in relazione alle allocazioni destinate alle politiche di spesa, con il rischio di penalizzare l'obiettivo di modernizzazione del bilancio europeo. Alcuni settori cui l'Italia è particolarmente interessata come lo Spazio, la Difesa, il Digitale vengono indeboliti;
    in relazione alla Coesione e alla Politica agricola comune, l'obiettivo deve essere quello di una corretta distribuzione delle risorse per un concreto impatto sugli obiettivi e sulle sfide che ci attendono, in difesa degli interessi del nostro Paese;
    sul lato delle entrate, resta fondamentale la modernizzazione delle modalità in cui l'Unione europea finanzia il proprio bilancio, in primis attraverso l'introduzione di nuove risorse proprie. L'obiettivo è non solo allentare la dipendenza del quadro finanziario dai contributi degli Stati membri, ma contribuire a promuovere priorità politiche dell'Unione;
    il Consiglio europeo di dicembre sarà chiamato ad affrontare altre questioni specifiche tra le quali la previsione di una Conferenza sul Futuro dell'Europa. L'Italia assieme all'Unione europea e agli Stati membri saranno chiamati ad un impegno condiviso per definire i contenuti, l'obiettivo, la composizione ed il funzionamento della Conferenza;
    l'obiettivo resta quello di rilanciare una nuova centralità del progetto europeo. La Conferenza dovrà: essere realizzata anche attraverso il coinvolgimento dei cittadini europei; prevedere un equilibrio inter-istituzionale tra Consiglio, Parlamento e Commissione europea; garantire un processo inclusivo di tutti gli Stati Membri; assicurare una responsabilità condivisa tra le Istituzioni europee e gli Stati membri, a partire dal ruolo dei Parlamenti nazionali;
    il 2020 sarà un anno fondamentale per il futuro delle relazioni tra Unione europea ed Africa, con lo svolgimento della Ministeriale UE-UA a Kigali ad inizio marzo e il Vertice tra Capi di Stato e di Governo previsto a Bruxelles nel novembre 2020. In tale contesto, la Commissione ha annunciato che intende impegnarsi per un rafforzamento delle relazioni UE-Africa anticipando la presentazione a metà 2020 di una nuova Strategia dell'Unione europea per l'Africa, che dovrà tenere in considerazione anche i negoziati sul Protocollo regionale dedicato all'Africa nel quadro dei negoziati per il post-Cotonou;
    il rafforzamento del partenariato con l'Organizzazione panafricana e delle risorse destinate alla collaborazione con il continente africano sono una priorità italiana. Tramite contributi finanziari su singoli progetti presentati dall'Organizzazione, l'Italia ne sostiene l'ambizione ad essere più incisiva non soltanto negli ambiti della Pace e della Sicurezza, ma anche in quelli dell'economia, delle infrastrutture, dell'energia e della creazione di opportunità d'impiego per i giovani. L'implementazione degli accordi di libero scambio continentali, raggiunti nella cornice dell'UA, rappresenta un volano di crescita per l'intero Continente. Pertanto la futura strategia UE sull'Africa dovrà individuare nel rapporto con l'UA un suo elemento cardine;
    è interesse prioritario dell'Italia preservare il sistema commerciale multilaterale basato sulle regole, che ha nell'OMC il proprio perno, in particolare a fronte dell'intensificazione delle spinte protezionistiche. Ciò alla luce del forte grado di internazionalizzazione del nostro Paese, nono esportatore mondiale e ottavo Paese per avanzo nella bilancia commerciale;
    in questo contesto, la riforma dell'Organo d'Appello (OdA) del meccanismo di risoluzione delle controversie rappresenta il nodo più urgente dell'OMC, alla luce dell'attuale impasse legato al blocco delle nomine dei suoi componenti. A partire dal 12 dicembre il secondo livello di giudizio del sistema multilaterale di risoluzione delle controversie sarà infatti paralizzato. L'esigenza di preservare un sistema di risoluzione delle controversie commerciali fondato su due gradi di giudizio è stata tradizionalmente e decisamente sostenuta da parte dell'Unione europea;
    il Vertice Euro del 13 dicembre si occuperà senza deliberare del tema dell'Unione economica e monetaria (UEM), considerando in particolare i tre punti dello Strumento di bilancio per la convergenza e la competitività (BICC), della revisione del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) e dell'Unione bancaria;
    la revisione del trattato che istituisce il MES, i cui primi negoziati si sono svolti in occasione del Vertice dell'Eurogruppo del 12 marzo 2018, è una modifica che si inscrive nel progetto di completamento dell'Unione economica e monetaria in corso dal 2015 e che comprende anche il BICC e l'Unione bancaria con il pilastro dello Schema comune di assicurazione dei depositi (European Deposit Insurance Scheme, EDIS);
    a margine del Vertice euro del 14 dicembre 2018, i leader degli Stati membri hanno adottato una dichiarazione che individuava gli elementi principali della riforma del MES, in particolare il mandato per il sostegno comune al Fondo di risoluzione unico;
    lo scorso 21 giugno, l'Eurogruppo ha definito alcuni elementi di revisione del trattato sul meccanismo europeo di stabilità ed alcuni documenti ad esso allegati. Questi sono stati oggetto di discussione nella riunione dell'Eurogruppo del 4 dicembre;
    la legge 234/2012 prevede la partecipazione del Parlamento al processo decisionale dell'Unione europea e le procedure di informazione da parte del Governo alle Camere;
    il Consiglio europeo si riunirà in formato ex articolo 50 (Brexit) per ribadire l'impegno per una uscita ordinata del Regno Unito sulla base dell'Accordo di recesso di ottobre e per confermare l'impegno per relazioni future ambiziose con il Regno Unito sulla base della Dichiarazione politica di ottobre;
    la prospettiva di un « no deal» rischia di avere un impatto molto significativo sia per la comunità dei connazionali residente nel Regno Unito, calcolata in circa 700 mila persone, sia nel caso in cui l'intesa non dovesse tutelare l'integrità del Mercato interno, dal punto di vista commerciale;
    in linea con quanto indicato nelle Conclusioni adottate dal Consiglio Europeo ex articolo 50 il 17 ottobre scorso, le procedure interne dell'Unione europea di ratifica dell'Accordo di recesso stanno procedendo regolarmente;
    sui futuri rapporti tra l'Unione europea e il Regno Unito, la Dichiarazione politica emendata ad ottobre intende impostare il futuro partenariato economico sotto forma di un Accordo di libero scambio. La Commissione europea presenterà al Consiglio una proposta di mandato per le future relazioni con il Regno Unito. I negoziati dovranno essere svolti in modo tale da valorizzare al meglio il tempo a disposizione per finalizzare il negoziato sulle future relazioni,

impegna il Governo:

   1) a promuovere, nell'interesse dell'Italia e degli altri Stati membri, riforme concrete da realizzare nel quadro dell'azione europea per il clima che garantiscano una crescita economica sostenibile e socialmente inclusiva; a sostenere una strategia a lungo termine in materia di cambiamenti climatici in grado di: mantenere alta l'ambizione e l'efficacia dell'azione per conseguire gli obiettivi ambientali anche attraverso lo scorporo mirato dei relativi investimenti pubblici dalle regole del Patto di Stabilità e Crescita; tutelare il sistema produttivo italiano; gestire la transizione industriale rimuovendo le situazioni di dumping sociale e fiscale e promuovendo il « level playing field» del mercato interno con investimenti europei adeguati alla sfida; intervenire con incisive misure compensative compatibili con il quadro di regole OMC sulle importazioni da mercati extra-UE caratterizzati da minori standard sociali ed ambientali; accompagnare con misure adeguate le trasformazioni sociali;
   2) a lavorare affinché la discussione al Consiglio europeo di dicembre possa segnare un significativo passo avanti nel negoziato sul Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027, avvicinandoci al compromesso finale, per evitare ritardi che potrebbero avere gravi ricadute sulla programmazione e l'efficiente impiego delle risorse per la coesione sociale e territoriale, senza pregiudicare la qualità del risultato finale;
   3) a confermare la posizione negoziale sempre sostenuta dall'Italia fin dall'inizio della trattativa sui contenuti del QFP, ossia quella che punta ad ottenere un bilancio europeo che sia all'altezza delle priorità dell'Agenda Strategica europea, anche sulla base dell'introduzione di un complesso di nuove risorse proprie che possano contribuire a promuovere le priorità politiche dell'Unione;
   4) a continuare a lavorare per garantire: adeguati volumi di spesa per la Politica di Coesione e la Politica Agricola Comune; un sistema equilibrato di condizionalità; la definizione di un QFP dotato di risorse adeguate per affrontare le grandi sfide, ad iniziare da quella migratoria, ma anche un buon grado di flessibilità per fare fronte a sfide inattese;
   5) ad adottare iniziative per iscrivere le riforme dell'Unione economica e monetaria in una più generale revisione della governance economica europea e dei suoi obiettivi, che miri alla crescita sostenibile ed inclusiva dell'area euro e dell'Unione europea nel suo complesso e che sostenga l'economia, consentendo livelli adeguati di investimenti e di spesa sociale;
   6) a mantenere la logica di pacchetto (MES, BICC, Unione bancaria) alla quale accompagnare ogni tappa mirata ad assicurare l'equilibrio complessivo dei diversi elementi al centro del processo di riforma dell'unione economica e monetaria, approfondendo i punti critici; in particolare, a escludere interventi di carattere restrittivo sulla detenzione di titoli sovrani da parte di banche ed istituti finanziari e comunque la ponderazione dei rischi dei titoli di stato attraverso la revisione del loro trattamento prudenziale, ed escludendo le disposizioni che prevedono una contribuzione degli istituti finanziari all'EDIS in base al rischio di portafoglio dei titoli di Stato; inoltre, a proporre nelle prossime tappe del negoziato sull'Unione bancaria l'introduzione (a) dello schema di assicurazione comune dei depositi (EDIS), (b) di un titolo obbligazionario europeo sicuro (cosiddetto common safe asset – ad esempio eurobond) e (c) di una maggiore ponderazione di rischio delle attività di livello 2 e livello 3 (strumenti maggiormente illiquidi), che sia legata al loro grado di concentrazione sul totale degli attivi del singolo istituto di credito; a escludere qualsiasi meccanismo che implichi una ristrutturazione automatica del debito pubblico;
   7) assicurare la coerenza della posizione del Governo con gli indirizzi definiti dalle Camere e il pieno coinvolgimento del Parlamento in tutti i passaggi del negoziato sul futuro dell'unione economica e monetaria e sulla conclusione della riforma del MES;
   8) a prevedere il pieno coinvolgimento del Parlamento in una eventuale richiesta di attivazione del Meccanismo europeo di stabilità con una procedura chiara di coordinamento e di approvazione;
   9) a sostenere attivamente la realizzazione della Conferenza sul futuro dell'Europa, che sia aperta alla partecipazione di tutti i principali attori che vivono il progetto europeo; ad adottare iniziative per assicurare, in questo senso, che il ruolo dei Parlamenti nazionali sarà di primo piano;
   10) a favorire un costante dialogo strategico Unione europea-Africa alla luce della centralità del nostro rapporto con i Paesi africani e dell'esigenza di una convivenza reciprocamente improntata allo sviluppo e alla stabilità, nel contesto di un partenariato Unione europea-Africa che è centrale per contrastare la migrazione irregolare e le cause profonde della migrazione;
   11) a sostenere l'Unione europea nei suoi sforzi per preservare un ordine internazionale basato sulle regole chiare e trasparenti e per un'attenuazione delle tensioni commerciali internazionali, che hanno un impatto negativo sui cittadini europei e sull'economia mondiale;
   12) a sostenere in particolare l'impegno della Commissione per la riforma dell'OMC e in particolare per ripristinare la funzione d'appello del meccanismo di risoluzione delle controversie in seno all'organizzazione, preservandone l'attuale assetto fondato su due gradi di giudizio;
   13) a prendere ogni iniziativa di competenza utile per garantire una Brexit ordinata a tutela di cittadini e imprese e per garantire che i negoziati sul prossimo accordo tra l'Unione europea e il Regno Unito si svolgano in modo trasparente e inclusivo e che venga protetto il principio della parità di condizioni nel mercato interno per consentire un'intesa «zero tariffe, zero quote e zero dumping».
(6-00091) «Delrio, Francesco Silvestri, Boschi, Fornaro».


   La Camera,
   udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla riunione del Consiglio europeo dei prossimi 12 e 13 dicembre,
   premesso che:
    la riunione del 12 e 13 dicembre prossimi venturi del Consiglio europeo prevede di affrontare, all'ordine del giorno, – una serie di importanti questioni, tra cui una riunione del Vertice euro (formato inclusivo). I leader dell'Unione europea a 27 faranno il punto sui progressi compiuti nell'attuazione della dichiarazione del Vertice euro del giugno 2019, compresi: la revisione del trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità (MES), lo strumento di bilancio per la convergenza e la competitività (BICC), i lavori tecnici relativi al rafforzamento dell'unione bancaria;
    in particolare la riforma proposta del MES prevede che in caso di crisi finanziaria di uno Stato membro il MES potrebbe intervenire con propri prestiti secondo due modalità: la prima è accessibile agli Stati che presentino i seguenti requisiti: non essere in procedura d'infrazione; vantare un deficit inferiore al 3 per cento da almeno due anni; avere un rapporto debito/PIL sotto il 60 per cento (o, almeno, aver sperimentato una riduzione di quest'ultimo di almeno 1/20 negli ultimi due anni, insieme ad un'altra serie di paletti non facilmente giudicabili a livello oggettivo);

la seconda modalità invece prevede la possibilità di una procedura che contempli il cosiddetto « private sector involvement» ovvero una ristrutturazione del debito tramite svalutazione del valore nominale o annullamento della durata dei nostri titoli di Stato, eventualità che metterebbe a forte rischio la stabilità stessa del nostro sistema economico e finanziario con conseguenze gravissime per i risparmi degli italiani;
    tali condizioni comportano che all'Italia sarebbe consentita esclusivamente la seconda modalità;
    il 13 giugno 2019 si è svolto l'Eurogruppo, che come si legge nella dichiarazione conclusiva allegata a margine della riunione, «a seguito del mandato ricevuto dai leader dell'Unione europea durante il Vertice euro del 14 dicembre», ha «raggiunto un ampio accordo sulla revisione del testo del trattato MES in vista dell'attuazione dell'accordo politico raggiunto al Vertice euro del dicembre 2018. Tale accordo riguarda questioni quali il sostegno comune per la risoluzione delle banche, gli strumenti precauzionali nonché gli aspetti istituzionali e la questione della cooperazione tra il MES e la Commissione europea nell'ambito dei programmi e al loro esterno.»;
    il 19 giugno 2019 l'Assemblea di Montecitorio approvava la risoluzione di maggioranza che prevedeva, ai punti 10-11-12-13, i seguenti impegni: 10) in ordine all'approfondimento dell'unione economica e monetaria, a confermare l'impegno ad opporsi ad assetti normativi che finiscano per costringere alcuni Paesi verso percorsi di ristrutturazione predefiniti ed automatici, con sostanziale esautorazione del potere di elaborare in autonomia politiche economiche efficaci; 11) più specificamente, in ordine alla riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità, a non approvare modifiche che prevedano condizionalità che finiscano per penalizzare quegli Stati membri che più hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti, e che minino le prerogative della Commissione europea in materia di sorveglianza fiscale; 12) a promuovere, in sede europea, una valutazione congiunta dei tre elementi del pacchetto di approfondimento dell'unione economica e monetaria, riservandosi di esprimere la valutazione finale solo all'esito della dettagliata definizione di tutte le varie componenti del pacchetto, favorendo il cosiddetto « package approach», che possa consentire una condivisione politica di tutte le misure interessate, secondo una logica di equilibrio complessivo; 13) a render note alle Camere le proposte di modifica al trattato ESM, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato;
    nella predetta occasione, a garanzia che il premier Conte avesse bene inteso la posizione dell'allora maggioranza Lega-5S, i rispettivi capigruppo, onorevoli Molinari e D'Uva, fecero nei loro interventi passaggi inequivocabili contro l'approvazione del MES come presentato dopo l'Eurogruppo;
    all'interno dell'informativa urgente del Presidente dei Consiglio alla Camera e al Senato sulle modifiche al Trattato del MES, Conte ha affermato che: «la valutazione del Governo con riguardo alle riforme in discussione al prossimo Eurogruppo, fissato per il 4 dicembre, non può prescindere dalla consapevolezza che ci sia ancora molta strada da percorrere in questa direzione e che la logica del pacchetto sia la modalità migliore per procedere oltre, con riguardo al completamento del MES, allo strumento di bilancio per la competitività e la convergenza e alla definizione della roadmap sull'Unione bancaria.»;
    in merito al precedente passaggio, all'interno delle osservazioni rilasciate da Mario Centeno, presidente dell'Eurogruppo, a seguito della riunione dell'Eurogruppo del 4 dicembre 2019, si legge: «come richiesto dai leader a giugno, abbiamo avuto un ampio pacchetto di misure da discutere, a partire dalla riforma del Trattato MES. A giugno, abbiamo già raggiunto un ampio accordo sul testo del trattato. I leader ci hanno invitato a continuare a lavorare sulla documentazione legale con l'obiettivo di concludere l'intero pacchetto a dicembre, ieri abbiamo raggiunto un accordo di principio su tutti gli elementi relativi alla riforma del MES, fatta salva la conclusione delle procedure nazionali. [...] Allo stesso tempo, ci sono un paio di punti in sospeso di natura giuridica, dove abbiamo bisogno di alcuni chiarimenti prima di chiudere questo file. Confido che saremo in grado di farlo nel nostro incontro già a gennaio. A seguito di un accordo politico definitivo, il trattato sarà soggetto alle procedure nazionali e tradotto in tutte le lingue. Mi aspetto ancora che saremo in grado di firmare questa modifica del Trattato nel primo trimestre del prossimo anno, che era la nostra aspettativa iniziale. E nel corso del 2020, i paesi dovrebbero procedere con le ratifiche nazionali del trattato»;
    le dichiarazioni di Centeno a margine dell'Eurogruppo del 4 dicembre confermano la totalità dell'accordo sulla bozza di riforma raggiunta a giugno, e annunciano uno slittamento della firma da dicembre al primo trimestre del 2020 a causa di un «paio di punti di natura giuridica», confermando che il Presidente Conte non ha rispettato il mandato conferito dal Parlamento nella predetta data del 19 giugno;
    il dibattito parlamentare recente, in sede di informativa urgente del Presidente del Consiglio il 2 dicembre scorso, politico e tecnico rispetto al testo di riforma del MES ha evidenziato ancora numerose criticità potenzialmente dannose per l'Italia, quali: 1) mancanza di controllo democratico e scarsa trasparenza: la natura intergovernativa del MES esclude la presenza delle Istituzioni Ue (con la sola Commissione europea chiamata a dare parere tecnico). Mancano strumenti di controllo efficaci, democratici e trasparenti, mentre ci sono troppi poteri inappellabili concentrati nella figura del direttore generale; 2) possibilità tuttora esplicita di Ristrutturazione del debito: più è facile imporre ai creditori una ristrutturazione, più questi ultimi chiederanno interessi alti in cambio dei loro prestiti. E questo rileva soprattutto per Paesi con debiti pubblici particolarmente elevati, come l'Italia; 3) occorre definire con trasparenza le modalità di voto relative alle decisioni del Fondo al fine di evitare che possano essere avvantaggiati i Paesi più forti, Germania innanzitutto e che le risorse di uno Stato possano essere usate anche qualora lo stesso Stato voti contro. Insomma, che le risorse degli italiani possano essere usate anche contro la volontà dell'Italia per risolvere i problemi di altri Stati; 4) valutazione sulla sostenibilità del debito: MES e Commissione europea, tramite un nuovo Memorandum di cooperazione, valutano insieme la sostenibilità del debito pubblico e la capacità di rimborsare il prestito ricevuto; 5) il Trattato MES del 2011 ha introdotto le CACs (Clausole di azione collettiva) da attivare in caso di ristrutturazione di un debito sovrano, valide a partire dal primo gennaio 2013. Esistono due tipologie di CACs: le « single-limb» (a voto singolo, sul debito aggregato) e le « dual-limb» (a voto multiplo, su singole emissioni e sul debito aggregato). La riforma del MES prevede che dal gennaio 2022, le CACs saranno « single-limb». Con questo tipo di clausole si esclude il meccanismo di doppia votazione da parte dei creditori, quindi si semplifica la procedura di ristrutturazione del debito. Inoltre, si trasforma di fatto l'istituzione MES in un'agenzia di rating preventiva, che attribuisce in maniera arbitraria un valore al default. Per l'Italia non c’è nessun vantaggio derivante dall'introduzione delle « single-limb CACS» ma solo lo svantaggio di vedersi aumentare i rendimenti dei titoli di Stato. Le modifiche ancora in discussione non sembrano andare nella direzione auspicata dall'Italia né possono, tantomeno, limitarsi a questo argomento soltanto;
    ulteriori criticità si riscontrano nelle proposte di completamento dell'unione bancaria. In particolare, la proposta Schauble-Scholz sulla ponderazione dei titoli di Stato potrebbe comportare la vendita da parte delle banche italiane di massicce quantità di titoli di Stato presenti nei propri portafogli, con conseguente crollo del prezzo e aumento del rendimento, aprendo la strada alla speculazione finanziaria sulle nostre banche e sul nostro debito pubblico. Inoltre, il Fondo di assicurazione unico dei depositi che l'Italia otterrebbe in cambio potrebbe rivelarsi una concessione sostanzialmente inutile. Sono sempre i fondi nazionali, infatti, a garantire i conti correnti in caso di default, e il fondo europeo interviene soltanto in ultima istanza, quando il collasso è di fatto già avvenuto;
    a questo proposito, il Presidente dell'Associazione bancaria italiana (ABI), Antonio Patuelli, il 20 novembre 2019 a Bruxelles dichiarava: «Noi siamo liberi di comprare quel che vogliamo. Le banche hanno 400 miliardi di debito pubblico italiano. Il mio problema è capire cosa fa la Repubblica italiana per tutelarlo, questo debito pubblico. Se davvero le condizioni relative al debito pubblico si alterano, o per maggiori assorbimenti o per elementi che favoriscano sinistri, allora le banche italiane sottoscriveranno meno debito pubblico, non lo compreremo più;
    pertanto, al fine di tutelare il risparmio degli italiani,

impegna il Governo:

   1) a dare d'ora in avanti compiuta attuazione alla legge n. 234 del 2012 riferendo in modo chiaro ed esaustivo alle Camere e agli organi parlamentari competenti circa l'effettivo stato di avanzamento del negoziato sul MES e sugli altri elementi del pacchetto e quindi a preannunciare in sede del prossimo Consiglio Europeo e comunque ad apporre in ogni pertinente sede del Consiglio dell'Unione europea la formale riserva parlamentare di cui all'articolo 10 della legge n. 234 del 2012 e a riferire regolarmente e prontamente alle Camere su ogni sviluppo;
   2) in particolare, a promuovere, nell'ambito degli organismi competenti e d'intesa con i gruppi parlamentari, due ulteriori occasioni in cui il Parlamento nazionale potrà e dovrà essere coinvolto, per un'apposita riflessione che definisca gli indirizzi definitivi sulla materia, in vista dell'Eurogruppo di gennaio 2020 e del nuovo Consiglio europeo di febbraio 2020;
   3) con specifico riferimento alla riforma del Meccanismo europeo di stabilità (MES), a non procedere ad alcuna formale adesione prima che le numerose criticità elencate in premessa siano discusse e risolte;
   4) in particolare, a non sottoscrivere l'adesione dell'Italia al MES così come ora proposto e segnatamente a condizionare l'adozione di ogni decisione vincolante in merito alla sua revisione all'esclusione di ogni riferimento, esplicito o implicito, alla possibilità concreta di imporre la ristrutturazione del debito pubblico di uno Stato qualora ricorra all'assistenza del MES ovvero qualora vi ricorrano istituti di credito di quello Stato. A tal fine:
    a) va escluso che la valutazione tecnica svolta dal MES circa la sostenibilità e la connessa possibilità di ristrutturazione del debito pubblico debba precedere il programma di aiuto e condizionarlo;
    b) va escluso che da siffatte valutazioni possa discendere la possibilità di coinvolgimento del settore privato (private sector involvement) menzionato nel considerando 12 del testo riformato;
    c) va espunta la modifica delle clausole di azione collettiva con il meccanismo a maggioranza singola menzionata nel considerando 11 del testo riformato e introdotta dall'articolo 12(3) del testo riformato con decorrenza dal 1o gennaio 2022, questo anche allo scopo di garantire il principio costituzionale di tutela del risparmio sancito dall'articolo 47 della Costituzione;
   5) sempre con riferimento alla riforma del MES, a dichiarare in modo esplicito la propria contrarietà a ogni riferimento quantitativo derivante dai parametri del Fiscal compact come quelli menzionati nell'Allegato 3, e in particolare il limite del 60 per cento del rapporto debito/Pil e il criterio della riduzione di 1/20 all'anno di tale rapporto, onde permettere anche all'Italia di accedere alle linee di credito precauzionali;
   6) inoltre, ad assumere iniziative affinché un eventuale Memorandum of understanding tra Commissione e MES ribadisca l'assenza di possibili sovrapposizioni di competenze tra le due istituzioni, nonché riconsideri la concentrazione di poteri ad oggi prevista in capo al direttore generale del MES e coinvolga il Parlamento europeo, ad oggi unica istituzione dell'Unione europea direttamente eletta dai cittadini;
   7) ad adottare iniziative per rivedere la normativa relativa al Fiscal Compact, Six Pack e Two Pack, tutti provvedimenti nati negli anni della crisi, superando l'approccio rigido e parametrico da essi previsto e valorizzando maggiormente gli elementi legati alla crescita delle economie degli Stati membri. In questa prospettiva, sarebbe auspicabile un coinvolgimento dell'Italia, con un ruolo da protagonista, nella «Conferenza sul futuro dell'Unione europea» in corso di organizzazione per riflettere non solo del completamento degli strumenti attualmente a disposizione ma anche dell'opportunità di prevedere un apposito Fondo per lo sviluppo economico dell'Europa;
   8) ad opporsi in ogni sede a qualsivoglia progetto di garanzia europea dei depositi (EDIS) che preveda il limite all'acquisto dei titoli di Stato da parte delle banche di ogni singolo Stato e il venire meno della caratteristica di « risk free» per gli stessi titoli;
   9) ad intensificare l'attività negoziale affinché la definizione della metrica di contribuzione all'EDIS tra i diversi sistemi bancari nazionali non risulti eccessivamente penalizzante per quello italiano;
   10) sempre con riguardo a EDIS a chiarire agli organi parlamentari competenti i contenuti del negoziato in corso sull'EDIS, la composizione dell'HLWG e i criteri seguiti nella selezione dei negoziatori italiani, citando le fonti del loro mandato parlamentare ed eventualmente illustrando per quale motivo non sia stato sollecitato dal Governo un mandato su un tema di così cruciale importanza per la stabilità finanziaria del nostro Paese, che avrebbe dovuto attivare immediatamente la procedura informativa rafforzata ex articolo 5 della legge n. 234 del 2012;
   11) ancora con riguardo a EDIS, ad assumere iniziative per escludere ogni ipotesi, esplicita o implicita, di ponderazione del cosiddetto rischio dei titoli di Stato per il finanziamento del debito pubblico, come pure di vincoli di portafoglio o altri limiti massimi sulla detenzione di tali titoli da parte degli istituti di credito; considerato che va comprovata l'effettiva utilità, dal punto di vista dei risparmiatori italiani e degli istituti di credito, del sistema di cui alla proposta dell'Unione europea attualmente in discussione, ed è indispensabile valutare sistemi più semplici e coerenti con la direttiva DGS del 2014 e con i margini di manovra conferiti agli attuali fondi nazionali di garanzia sui depositi;
   12) ad assumere iniziative per invertire l'attuale ordine per cui il Fondo di garanzia unica europea sui depositi interviene solo dopo l'applicazione della completa procedura del bail-in;
   13) in ogni caso, ad adottare iniziative affinché, qualora si intenda mantenere l'impostazione di «logica di pacchetto» che ha dimostrato di non avere chiari confini, siano formalizzati, in modo inequivoco sia il metodo sia i contenuti del « package approach», subordinando l'eventuale adesione del nostro Paese al MES, con le necessarie modifiche che eliminino le criticità suesposte, alla precisa formalizzazione e contestuale approvazione delle altre riforme dell'Unione europea (BICC e EDIS);
   14) ad annunciare in modo visibile ed esplicito la necessità di cancellare l'immunità assoluta concessa al MES e a suoi dirigenti per renderlo sottoposto quanto meno alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
(6-00092) «Molinari, Gelmini, Lollobrigida, Lupi».


   La Camera,
   premesso che:
    il Meccanismo europeo di stabilità (MES) istituito nel 2012 è un'organizzazione intergovernativa il cui Trattato istitutivo è in fase conclusiva di revisione,

impegna il Governo

a sostenere, successivamente alla approvazione della revisione del Trattato, una trasformazione del Mes da meccanismo intergovernativo a strumento comunitario integrato nell'ordinamento giuridico dell'Unione europea e che attinga a un bilancio dell'Unione finanziato con capacità impositiva propria.
(6-00093) «Magi, Tabacci, Fusacchia».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per lo scorrimento della graduatoria degli idonei del concorso per assistente giudiziario bandito nel novembre 2016 – 3-01188

   SCUTELLÀ, DORI, PIERA AIELLO, ASCARI, BARBUTO, CATALDI, DI SARNO, DI STASIO, D'ORSO, GIULIANO, PALMISANO, PERANTONI, SAITTA, SALAFIA e SARTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'indizione del concorso ad 800 posti per il profilo di assistente giudiziario, nel novembre 2016, ha rappresentato un fondamentale cambio di rotta rispetto ad una situazione precedente critica per la giustizia italiana, a causa di anni di spending review e conseguente mancanza di investimenti sul personale qualificato;
   dalla procedura concorsuale è scaturita una graduatoria composta da 4.915 persone, 3.386 delle quali già entrate in servizio tra gennaio 2018 e luglio 2019;
   il comitato idonei assistenti giudiziari si è costituito il 21 ottobre 2017 con l'obiettivo dello scorrimento totale della graduatoria, in considerazione dell'importanza di tale profilo professionale;
   la figura di assistente giudiziario, infatti, è assolutamente necessaria, dal momento che provvede a compiti di assistenza in udienza e di assistenza amministrativa burocratica, nonché a mansioni che implicano l'utilizzo delle moderne tecnologie;
   ad oggi, in graduatoria restano soltanto circa 1.300 idonei, al netto di rinunce e dimissioni;
   l'esaurimento della graduatoria risulta già finanziato e autorizzato dal piano triennale del fabbisogno del personale, sottoscritto dal Ministro interrogato il 13 giugno 2019;
   un percorso questo già segnato dall'articolo 1, comma 307, della legge di bilancio per l'anno 2019, che ha disposto l'assunzione di 903 unità;
   nello specifico, la disposizione citata autorizza, per il triennio 2019-2021, il Ministero della giustizia all'assunzione a tempo indeterminato, in aggiunta alle vigenti facoltà assunzionali e nell'ambito dell'attuale dotazione organica, fino a 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale (nello specifico, 903 unità di area II per l'anno 2019, 1.000 unità di area III per l'anno 2020 e 1.000 unità di area II per l'anno 2021) da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria;
   l'ultimo scorrimento risale a fine luglio 2019 quando, delle 903 unità suddette, 503, divenute poi 414 a seguito di rinunce e dimissioni, hanno preso servizio; resta dunque un secondo blocco da 400 unità che ancora attende indicazioni sulla tempistica;
   il Ministro interrogato si è sempre espresso in favore di una giustizia efficiente e tesa a garantire i diritti di tutti i cittadini, ribadendo più volte che il sistema giudiziario rappresenta uno dei pilastri più importanti per un ordinamento giuridico che ambisca a definirsi democratico –:
   se non ritenga di procedere allo scorrimento della suddetta graduatoria in tempi rapidi e certi, al fine di attuare quel ricambio generazionale del quale si avverte sempre più l'urgenza. (3-01188)


Elementi in ordine all'attività svolta dalla cosiddetta «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori» in merito al sistema di affidamento dei minori – 3-01189

   MOLINARI, CAVANDOLI, CESTARI, GOLINELLI, MORRONE, MURELLI, PIASTRA, RAFFAELLI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, VINCI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CECCHETTI, CENTEMERO, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MOSCHIONI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il caso Bibbiano ha acceso i riflettori sulla vulnerabilità della rete dei servizi sociali e sulle numerose criticità che affliggono il sistema di affidamento dei minori; cittadini e associazioni hanno manifestato a tutela dei diritti delle famiglie e dei più vulnerabili, invocando la massima trasparenza e chiedendo una presa di posizione forte da parte delle istituzioni;
   a fronte della gravità degli accadimenti, nel mese di luglio 2019, è stata annunciata l'istituzione della «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori», che avrebbe dovuto vigilare sul percorso dei bambini affidati e, successivamente, comunicare l'esito delle verifiche ai Ministeri competenti;
   secondo le dichiarazioni del Ministro interrogato, riprese da numerosi articoli di stampa, la «Squadra speciale» avrebbe dovuto garantire il monitoraggio «costante e serratissimo» di tutti gli allontanamenti, tenuto conto del caos registratosi negli affidamenti e dei potenziali conflitti di interesse;
   a quanto risulta, la «Squadra speciale» è stata inviata presso il tribunale di Bologna nel mese di novembre 2019 e l'attività da questa posta in essere, annunciata con toni molto determinati, sembra, a quanto consta agli interroganti, essersi trasformata da un controllo straordinario in una mera verifica di routine;
   la task force, per come annunciata, avrebbe dovuto analizzare a fondo l'operato dei vari attori coinvolti e gettare le basi per una solida riforma del sistema; al momento, invece, sono stati raccolti unicamente i numeri relativi agli allontanamenti, peraltro in maniera che appare agli interroganti fredda, acritica e senza alcuna valutazione di accompagnamento sul piano qualitativo;
   non si hanno inoltre aggiornamenti sul trasferimento in sede legislativa della proposta di legge sull'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività connesse alle comunità di tipo familiare, già approvata dal Senato della Repubblica in data 1o agosto 2019;
   è indispensabile monitorare il percorso degli affidamenti, nell'interesse dei minori e delle famiglie coinvolte, anche al fine di elaborare riforme efficaci in grado di risolvere le criticità riscontrate ed evitare che i fatti di Bibbiano possano ripetersi in futuro –:
   quali anomalie siano state riscontrate dalla «Squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori», quanto tempo sarà ancora necessario attendere per avere un quadro chiaro sulla vicenda e se il Ministro interrogato non ritenga opportuna una relazione alle Camere in merito agli esiti delle verifiche condotte. (3-01189)


Iniziative volte a prevedere la violenza intra-familiare come causa di esclusione dall'affidamento condiviso e come causa di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale – 3-01190

   EMANUELA ROSSINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il primo comma dell'articolo 337-ter del codice civile stabilisce che il figlio minorenne ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, ma, al contempo, stabilisce anche che il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole nell'interesse esclusivo del minore;
   il codice civile non prevede, però, che il giudice, il presidente del tribunale o il collegio giudicante possano prescrivere una sospensione dei contatti dei genitori molesti con i figli nell'eventualità di maltrattamenti contro familiari per i quali esistono denunce pendenti nei confronti dei genitori;
   qualora vi fosse una denuncia pendente in capo a uno dei due genitori per maltrattamenti contro familiari o conviventi, ex articolo 572 del codice penale, il giudice dovrebbe invece avere la possibilità di sospendere, anche in maniera temporanea, i contatti con il genitore molesto, per il fine ultimo della salvaguardia del benessere e dell'incolumità del minore;
   con la legge 19 luglio 2019, n. 69, conosciuta come «codice rosso», è stato introdotto un articolo importante, il 14, in cui si prevede la trasmissione obbligatoria di provvedimenti al giudice civile, che deve decidere dei procedimenti di separazione personale dei coniugi e delle cause relative ai figli minori o all'esercizio della potestà genitoriale, nonché di copia delle ordinanze emesse nei confronti di una delle parti nei casi di reati di maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori. È stato un punto molto discusso in Commissione, un passo importante, proprio per dare ai giudici tutti gli elementi per decidere nell'interesse esclusivo del minore;
   si ritiene necessario un ulteriore passo in questa direzione che miri a menzionare espressamente nel codice civile la violenza intra-familiare come causa di esclusione dall'affidamento condiviso e come causa di decadenza o limitazione della responsabilità genitoriale;
   l'assenza di tali disposizioni viene sottolineata negativamente anche nel Rapporto ombra delle Associazioni di donne per il Grevio, il gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d'Europa, incaricato di monitorare l'attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia, presentato a febbraio 2019 –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario prevedere un'iniziativa normativa, in considerazione della rilevanza della questione esposta in premessa, relativamente all'adozione di provvedimenti nell'interesse esclusivo dei minori. (3-01190)


Orientamenti del Governo in ordine all'entrata in vigore della riforma della prescrizione, nonché in relazione all'ipotesi di rinvio dell'entrata in vigore della riforma delle intercettazioni – 3-01191

   COSTA, GELMINI, BARTOLOZZI, CASSINELLI, CRISTINA, FERRAIOLI, PITTALIS, SARRO e ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 1o gennaio 2020 entrerà in vigore la riforma, introdotta dalla legge n. 3 del 2019, che sospende il corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado;
   l'entrata in vigore «differita» della riforma trovava la propria ratio nella necessità di elaborare una più complessiva riforma della giustizia in grado di affrontare in maniera strutturale il problema dell'irragionevole durata dei processi; dall'approvazione della riforma della prescrizione ad oggi, non è stata però portata all'esame delle Camere alcuna proposta normativa in tal senso, nonostante, come il Ministro interrogato ha avuto modo di affermare durante lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata in Assemblea del 20 novembre 2019, ci sia una bozza di riforma «pronta da un mese», «su cui la maggioranza si sta ovviamente confrontando»: nessuna nuova disposizione in materia di riforma del processo potrà, quindi, certamente essere operativa prima del 1o gennaio 2020, termine dal quale dispiegherà la sua efficacia la soppressione – di fatto – della prescrizione;
   anche buona parte dei gruppi di maggioranza che formano l'attuale Esecutivo sostengono la necessità dell'approvazione di misure incisive a tutela della ragionevole durata del processo prima dell'entrata in vigore della riforma della prescrizione;
   allo stesso tempo, il Governo ha manifestato l'intenzione di rinviare l'entrata in vigore della riforma delle intercettazioni, promossa nel 2017 dall'allora Ministro della giustizia Orlando. Secondo fonti di stampa, si parla di proroga «effettuata in via meramente cautelativa, considerate le difficoltà tecniche che avrebbe comportato per le procure un'entrata in vigore dal 1o gennaio»; al di là delle motivazioni di facciata, emerge, però ad avviso degli interroganti un'ulteriore divisione nel Governo ed una trattativa sottotraccia non ancora conclusa tra Partito democratico e MoVimento 5 Stelle, che, oltre alla prescrizione, interessa anche le intercettazioni;
   anche sul tema delle intercettazioni sono in gioco principi costituzionali e l'esigenza di contemperare le necessità investigative con il diritto dei cittadini a vedere tutelata la loro riservatezza, soprattutto quando estranei al procedimento; è urgente avere una disciplina che eviti la pubblicazione delle intercettazioni irrilevanti, che sia comunque a tutela delle garanzie della difesa –:
   se il Governo sia compatto nel confermare l'entrata in vigore della riforma della prescrizione al 1o gennaio 2020, senza subordinare l'applicazione delle nuove disposizioni all'approvazione di una riforma organica del codice di procedura penale che assicuri la ragionevole durata dei processi, e se intenda confermare l'intenzione di adottare iniziative volte a disporre un ulteriore rinvio della riforma delle intercettazioni di cui al decreto legislativo n. 216 del 2017. (3-01191)


Iniziative volte ad assicurare piena operatività alla riforma del terzo settore – 3-01193

   LEPRI, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, MURA, SOVERINI, VISCOMI, CARNEVALI, CAMPANA, PINI, RIZZO NERVO, SCHIRÒ, SIANI, FIANO e ENRICO BORGHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la riforma del terzo settore approvata con legge n. 106 del 2016 e i successivi decreti applicativi rappresentano uno dei punti di maggior rilievo nell'azione di riforma della XVII legislatura;
   tali norme richiedono però, come è noto, successivi atti applicativi per essere completamente operative, in particolare:
    a) il codice del terzo settore (decreto legislativo n. 117 del 2017) richiede ben 24 ulteriori decreti, ma solo 9 risultano essere stati effettivamente adottati e si ha notizia di 4 in fase di elaborazione;
    b) circa l'impresa sociale (decreto legislativo n. 112 del 2017), dei 12 atti applicativi attesi ne sono stati effettivamente adottati solo 3 ed uno risulta in fase di elaborazione;
    c) mancano ancora, inoltre, alcuni decreti applicativi sul 5 per mille e sul servizio civile nazionale;
   in tutto risultano ancora da approvare una trentina di atti applicativi dei 43 previsti e solo 7 risultano in fase di elaborazione;
   alcune di queste mancanze sono di particolare rilievo: prima tra tutte la mancata istituzione del registro unico del terzo settore, indispensabile per tracciare in modo coerente con la riforma il perimetro degli enti di terzo settore, con la conseguente attribuzione di misure di sostegno e di corrispondenti obblighi. Inoltre, molti aspetti relativi alla disciplina dei controlli e delle funzioni di vigilanza e monitoraggio restano da ancora da definire;
   non risulta che il Governo italiano abbia ancora intrapreso, ad oltre due anni dall'approvazione delle norme qui richiamate, le procedure nei confronti della Commissione europea necessarie per attestare la compatibilità delle previsioni fiscali con le normative comunitarie; questo significa, nella pratica, che tutti gli incentivi fiscali previsti non sono oggi applicabili, così depotenziando in modo decisivo i meccanismi di sostegno che la riforma aveva previsto;
   il consiglio del terzo settore – organo chiamato ad esprimersi su atti che riguardino il terzo settore – non è mai stato convocato durante tutto il primo anno di vigenza e nei 21 mesi che vanno dal marzo 2018 ad oggi si è riunito solo 2 volte;
   a tre mesi dall'istituzione dell'attuale Governo, non è ancora stata attribuita a un Sottosegretario la delega sul terzo settore, cosa che rende più faticosa l'interlocuzione su questi temi –:
   in quali tempi il Governo intenda procedere alla piena implementazione della riforma del terzo settore, dando attuazione ai punti indicati in premessa.
(3-01193)


Iniziative urgenti volte a salvaguardare i livelli occupazionali del gruppo Unicredit – 3-01194

   EPIFANI e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 3 dicembre 2019 il gruppo UniCredit, che in Italia conta 38 mila lavoratori su 85 mila totali, ha presentato il piano strategico, denominato « Team 23». Il piano prevede per gli investitori 16 miliardi di euro da qui al 2023. Nel dettaglio, 6 miliardi di euro di dividendi in contanti e 2 miliardi di euro sotto forma di riacquisto di azioni proprie. Mentre gli altri 8 miliardi di euro saranno impiegati nell'aumento del capitale netto tangibile. Gli utili saliranno dai 3 miliardi di euro del 2018 a 4,7 miliardi di euro nel 2019, si assesteranno a 4,3 miliardi di euro nel 2020 e toccheranno quota 5 miliardi di euro a fine piano;
   un ambizioso progetto che per ora porta a smentire ogni possibile operazione di fusione e acquisizione e che tende a rafforzare la solidità del gruppo, che completa una complessa operazione di derisking sulle posizioni difficilmente esigibili derivate da precedenti acquisizioni;
   tra i punti qualificanti del piano c’è, però, una forte riduzione del personale: l'amministratore delegato Jean Pierre Mustier ha annunciato, infatti, tagli per 8 mila lavoratori, tra Germania, Austria e Italia. Oltre alla chiusura di 500 filiali;
   quindi, ad un aumento dei profitti si risponde con la riduzione del personale. Questa automaticità è inaccettabile e pericolosa. Il nostro Paese, inoltre, sembra sia quello destinato a sostenere la parte più consistente degli esuberi: degli 1,4 miliardi di euro di costi di integrazione stimati per la loro gestione, infatti, 1,1 miliardi riguarderanno l'Italia (pari al 78 per cento del totale) e solo 0,3 miliardi l'Austria e la Germania. Secondo fonti sindacali, questo significa che i tagli da gestire in Italia saranno 5.500/6000, mentre le filiali chiuse 450. A fine piano nel 2023 i costi totali ammonteranno a 10,2 miliardi di euro, con un calo aggregato del –0,2 per cento dal 2018 al 2023;
   gli ottomila esuberi prospettati si andrebbero ad aggiungere alle 26.650 posizioni tagliate a partire dal 2007, mentre i 450 sportelli si sommerebbero ai 1.381 chiusi a partire dallo stesso anno. Negli ultimi anni, insomma, l'organico della seconda banca italiana per capitalizzazione (e quinto gruppo di credito europeo) si è ridotto notevolissimamente;
   Mustier ha assicurato che i tagli saranno gestiti in modo «socialmente responsabile», ma è indubbio che, qualora i preannunciati numeri trovassero riscontro effettivo, si profilerebbe, a parere degli interroganti, uno stato di emergenza occupazionale da cui deriva grande preoccupazione –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere per salvaguardare i livelli occupazionali del gruppo UniCredit. (3-01194)


Iniziative di competenza con riguardo agli effetti del piano Unicredit relativi alla riduzione del personale e dei servizi – 3-01195

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, BIGNAMI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è degli ultimi giorni l'annuncio di un vero e proprio «piano choc» di tagli di personale e di filiali da parte di UniCredit;
   tale piano industriale, relativo al periodo 2020-2023, prevedrebbe infatti il taglio di ben ottomila dipendenti tra Germania, Austria e Italia, oltre alla chiusura di 500 filiali;
   il nostro Paese, tra l'altro, sembra destinato a sostenere la parte più importante di questi esuberi: si stima, infatti, che degli 1,4 miliardi di euro per la gestione degli stessi, 1,1 riguarderanno l'Italia (il 78 per cento del totale) e solo 0,3 miliardi riguarderanno l'Austria e la Germania;
   in Italia si tratterebbe, dunque, di ridurre il personale per 5.500/6.000 unità e le filiali chiuse saranno 450;
   gli ottomila esuberi si andrebbero così a sommare ai 26.650 posti di lavoro tagliati a partire dal 2007, esattamente come per gli sportelli: dal 2007 ne sono stati chiusi ben 1.381;
   non è difficile supporre, inoltre, che la chiusura delle filiali riguarderà verosimilmente piccoli territori, frazioni o aree marginali, dove verrà a mancare un servizio spesso importantissimo per le popolazioni locali;
   UniCredit, tuttavia, ha chiuso i primi nove mesi del 2019 con un utile di 4,3 miliardi di euro: non si è, dunque, di fronte a un'azienda in crisi, ma a scelte che, a parere degli interroganti, appaiono illogiche, non giustificate e irrispettose del lavoro, con ripercussioni che sarebbero evidentissime –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere a tutela dei posti di lavoro e per scongiurare la chiusura delle filiali che, probabilmente, avverrà in aree svantaggiate e marginali, privando le stesse di ulteriori servizi. (3-01195)


Elementi in merito allo stato di attuazione delle zone economiche speciali e iniziative volte a promuovere tale strumento a fini di crescita e attrazione degli investimenti – 3-01192

   D'ALESSANDRO, MORETTO e FREGOLENT. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
   le zone economiche speciali rappresentano una straordinaria ed irripetibile occasione di crescita e di attrazione degli investimenti, pubblici e privati, per lo sviluppo del Mezzogiorno e del Paese;
   lo stato di attuazione delle zone economiche speciali, così come rappresentato dalla stampa specializzata, appare ancora lento, nonostante le risorse stanziate e la possibilità di accedere al credito di imposta per gli investimenti, ai vantaggi doganali ed a procedure di semplificazione e velocizzazione amministrativa;
   fino al 13 novembre 2019 sono state accolte ventisei comunicazioni, presso l'Agenzia delle entrate, per una domanda di circa 40 milioni di euro di investimenti, a riprova di un'ancora limitata attuazione rispetto alle potenzialità offerte;
   le zone economiche speciali possono rappresentare la piattaforma normativa, finanziaria, fiscale e burocratica ottimale per stimolare l'incontro tra domanda di investimenti, locali e stranieri, con la finanza pubblica e privata, di origine anche bancaria (ad oggi si registra una disponibilità dichiarata di 2,6 miliardi di euro per sostenere progetti di insediamento nelle zone economiche speciali), per lo sviluppo di infrastrutture e di piani di insediamento industriale, anche in ragione della collocazione strategica del Mezzogiorno rispetto ai nuovi flussi e interessi commerciali provenienti dalla direttrice est-ovest;
   è emersa da più parti la richiesta ad estendere l'istituzione di zone economiche speciali ulteriori, fuori dal perimetro delle regioni meno sviluppate o in transizione;
   attualmente le zone economiche speciali comprendono almeno un'aerea portuale con le caratteristiche del regolamento dell'Unione europea n. 1315 dell'11 dicembre 2013, collegata alla rete Trans-europea dei trasporti (Ten-T) –:
   quali siano le zone economiche speciali che possono considerarsi operative, quali invece le zone ancora non attivate e per quali ragioni, in tale contesto se si intenda adottare iniziative volte a istituire ulteriori zone economiche speciali fuori dal perimetro delle regioni meno sviluppate ed in transizione e se per area portuale collegata alla rete Ten-T, di cui al regolamento europeo citato in premessa, si intendano compresi i porti classificabili come « core» o anche come « comprehensive». (3-01192)


PROPOSTA DI LEGGE: CIPRINI ED ALTRI: MODIFICHE AL TITOLO VI DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 5 GENNAIO 1967, N. 18, IN MATERIA DI PERSONALE ASSUNTO A CONTRATTO DALLE RAPPRESENTANZE DIPLOMATICHE, DAGLI UFFICI CONSOLARI E DAGLI ISTITUTI ITALIANI DI CULTURA (A.C. 1027-A/R)

A.C. 1027-A/R – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo.

A.C. 1027-A/R – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento in oggetto:

PARERE FAVOREVOLE

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

NULLA OSTA

A.C. 1027-A/R – Articolo unico

ARTICOLO UNICO DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1.

  1. Al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 152, primo comma, le parole: «e gli istituti italiani di cultura» sono sostituite dalle seguenti: «, gli istituti italiani di cultura e le delegazioni diplomatiche speciali»;
   b) all'articolo 153, primo comma, le parole: «e gli istituti italiani di cultura» sono sostituite dalle seguenti: «, gli istituti italiani di cultura e le delegazioni diplomatiche speciali» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I contratti di detti impiegati temporanei sono suscettibili, in caso di perdurante assenza del dipendente, di un solo rinnovo per un periodo non superiore a sei mesi»;
   c) all’articolo 154, secondo comma, le parole: «classe accertano, sentite anche» sono sostituite dalle seguenti: «categoria o le delegazioni diplomatiche speciali accertano annualmente, sentite»;
   d) all'articolo 155, terzo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le graduatorie risultanti dalle prove d'esame di cui al presente comma hanno validità per diciotto mesi dalla data della loro approvazione»;
   e) i commi primo, secondo e terzo dell'articolo 157 sono sostituiti dai seguenti:
   «La retribuzione annua base è fissata dal contratto individuale sulla base del costo della vita, delle retribuzioni, comprensive di tutti i benefìci aggiuntivi, corrisposte nella stessa sede da organizzazioni internazionali, rappresentanze diplomatiche, uffici consolari e istituzioni culturali di altri Paesi, in primo luogo dell'Unione europea, nonché delle condizioni del mercato del lavoro locale, pubblico e privato, per mansioni lavorative assimilabili a quelle svolte dagli impiegati di cui al presente titolo. Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale a tale fine si avvale, ove possibile, di agenzie specializzate a livello internazionale. Si tiene altresì conto delle indicazioni fornite annualmente dalle organizzazioni sindacali, anche sulla scorta delle risultanze fornite dalle agenzie specializzate. La retribuzione deve comunque essere congrua e adeguata a garantire l'assunzione degli elementi più qualificati.
   La retribuzione annua base è suscettibile di revisione in relazione alle variazioni dei termini di riferimento di cui al primo comma.
   La retribuzione annua base è determinata in modo uniforme per Paese e per mansioni omogenee. Può essere consentita in via eccezionale, nello stesso Paese, una retribuzione diversa per le sedi che presentino un divario particolarmente sensibile nel costo della vita»;
   f) l’articolo 157-sexies è sostituito dal seguente:
   «Art. 157-sexies. – (Assenze dal servizio) – 1. L'astensione obbligatoria e facoltativa per gravidanza e puerperio è regolata dalla legge italiana, salva l'applicazione della normativa locale se più favorevole alla lavoratrice.
   2. Per i contratti a tempo indeterminato, in caso di malattia, all'impiegato assente spetta l'intera retribuzione per i primi novanta giorni e, nei successivi trenta giorni, la retribuzione ridotta di un quinto. Superato tale periodo, possono essere concessi ulteriori centottanta giorni senza retribuzione. Trascorso tale periodo massimo di trecento giorni, durante il quale l'impiegato ha diritto alla conservazione del posto, si può procedere alla risoluzione del rapporto di impiego. Ai fini del computo dei termini di cui al presente comma, si sommano tutte le assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti l'episodio di malattia in corso.
   3. Superato il periodo di prova, per gravi motivi personali o di famiglia all'impiegato può essere autorizzata un'assenza dal servizio non retribuita per non più di novanta giorni in un triennio»;
   g) l'articolo 159 è sostituito dal seguente:
   «Art. 159. – (Viaggi di servizio) – 1. In aggiunta alle spese di trasporto, all'impiegato a contratto che effettua un viaggio di servizio sono rimborsate le spese di vitto e di alloggio sostenute, nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti per i viaggi di servizio del personale di ruolo.
   2. Previa esplicita richiesta dell'impiegato a contratto che effettua un viaggio di servizio, in luogo del rimborso delle spese di vitto e di alloggio di cui al comma 1 e in aggiunta alle spese di trasporto, è corrisposta un'indennità giornaliera pari a un trentesimo della retribuzione base lorda in godimento»;
   h) all’articolo 164, il quarto comma è sostituito dai seguenti:
   «Il responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente provvede alla contestazione scritta dell'addebito, con immediatezza e comunque non oltre trenta giorni dal momento in cui abbia avuto piena conoscenza dei fatti ritenuti di rilevanza disciplinare.
   L'impiegato a contratto può fornire giustificazioni scritte entro venti giorni dalla contestazione. In caso di grave e oggettivo impedimento, il termine per la presentazione delle giustificazioni può, a richiesta dell'impiegato, essere prorogato per una sola volta. Il termine per la conclusione del procedimento è aumentato di un numero di giorni pari a quelli della proroga concessa.
   Il responsabile della struttura conclude il procedimento, con l'atto di archiviazione o con l'irrogazione della sanzione, entro centoventi giorni dalla contestazione dell'addebito.
   Il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento»;
   i) all'articolo 166, terzo comma, dopo la lettera e) è aggiunta la seguente:
    « e-bis) violazione colposa o dolosa dei doveri di cui all'articolo 142, di gravità tale da non consentire, anche per ragioni di sicurezza, la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto di lavoro».

  2. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

PROPOSTE EMENDATIVE

ART. 1.

  Al comma 1, lettera e), capoverso Art. 157, comma 1, primo periodo, sopprimere le parole:, comprensive di tutti i benefìci aggiuntivi,.
1. 2. Zangrillo, Cannatelli.

  Al comma 1, lettera e), capoverso Art. 157, comma 1, sopprimere il secondo periodo.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, medesimo comma, terzo periodo, sopprimere le parole da:, anche sulla scorta fino alla fine del periodo.
1. 4. Zangrillo, Cannatelli.

  Al comma 1, lettera e), capoverso Art. 157, comma 1, secondo periodo, dopo le parole: ove possibile, aggiungere le seguenti: nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente e previa selezione tramite gara a evidenza pubblica,
1. 5. Zangrillo, Cannatelli.

  Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.
(Modifica dell'articolo 42 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165)

  1. Al comma 3-bis dell'articolo 42 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Per detto personale si tiene conto, ai fini del computo della rappresentatività sindacale, ai sensi dell'articolo 43, sia del dato elettorale sia delle deleghe valide per il calcolo del dato associativo conferite alle Organizzazioni sindacali mediante il versamento mensile della relativa quota».
1. 01. Polverini.

A.C. 1027-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca modifiche al titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica 18 del 1967 recante disposizioni riguardanti il personale assunto a contratto dalle sedi diplomatico consolari italiane all'estero, volte a garantire, tra le altre cose una maggiore adeguatezza del trattamento retributivo e chiare garanzie contrattuali al citato personale;
    gli impiegati a contratto sotto il profilo contrattuale- retributivo risultano essere penalizzati in ragione di un immobilismo legislativo protrattosi per quasi 20 anni e di una scarsa capacità di adeguamento della disciplina alle istanze del personale sul territorio e alle correlate evoluzioni sociali, politiche ed economiche;
    la novella legislativa apportata dal provvedimento in oggetto all'articolo 157-sexies aumenta i giorni complessivi di assenza dovuti a malattia per il dipendente a contratto ma, non prevede permessi speciali per malattia in caso di gravi patologie richiedenti terapie salvavita, nello scomputo dal calcolo totale dei giorni di assenza per malattia, delle assenze dovute allo svolgimento di terapie salvavita o a seguito delle conseguenze prodotte da queste terapie, pertanto anche su questo aspetto gli impiegati a contratto a legge locale, risultano fortemente discriminati, sebbene i principi fondamentali di tutela alla salute non possono essere fonte di discriminazione nel trattamento concreto;
    la mancata autorizzazione all'accesso alle terapie salvavita da parte dell'Amministrazione, con la mancata concessione dei relativi permessi, in ragione della configurazione contrattuale dell'impiegato a contratto subordinato alla normativa locale, rappresenta una violazione concreta del diritto alla salute;
    i suddetti permessi sono riconosciuti dal CCNL (articolo 38 del CCNL Funzioni Centrali) ma non risultano applicabili al personale a contratto a legge locale, sebbene il summenzionato articolo faccia riferimento ad un principio inalienabile che non dovrebbe essere vincolato a specifici parametri e distinguo meramente contrattuali;
    sebbene gli impiegati a contratto a legge locale non siano destinatari del CCNL, in ragione della delicatezza della materia, dovrebbero essere destinatari sotto il profilo procedurale – per analogia – a quanto contemplato dal suddetto articolo 38;
    sarebbe improcrastinabile introdurre nell'ambito della modifica del Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 in oggetto una specifica disposizione recante il diritto alla fruizione di permessi per terapia salvavita;
    nelle more di una più completa trattazione della materia, sarebbe ipotizzabile estendere i permessi di cui alla legge 104/92 anche al personale a contratto all'estero sia a legge italiana che a legge locale, purché destinatario della disciplina italiana in ambito di permessi, di cui al decreto ministeriale n. 2198 del 10 luglio 2000 in attuazione dell'articolo 157-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 1967;
    la fruizione dei permessi straordinari, di cui all'articolo n. 33 della citata legge n. 104 del 1992 è stata una procedura vigente fino al 2009, quando sono state introdotte le nuove norme in materia di accertamento dell'invalidità civile all'Inps: nello status quo ante sussisteva una convenzione sottoscritta tra il MAECI, la ASL del MAECI e il Min. Salute che legittimava una «via breve» attraverso il MAECI per il disbrigo della procedura di accertamento dell'invalidità, qualora il dipendente per varie ragioni fosse impossibilitato a svolgere in prima persona la visita collegiale,

impegna il Governo

a prevedere, per quanto di competenza, l'individuazione di ogni più opportuna ed adeguata iniziativa volta a riconoscere la fruizione del diritto ai permessi per terapia salvavita anche agli impiegati con contratto disciplinato dalla normativa locale nonché a valutare l'opportunità di prevedere lo scomputo dal numero totale di giorni di assenza per malattia di cui all'articolo 157-sexies del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 dei giorni di assenza dovuti alle conseguenze prodotte dall'effettuazione di terapie salvavita.
9/1027-A/R/1Fitzgerald Nissoli, Zangrillo, Cannatelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca modifiche al titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica 18 del 1967 recante disposizioni riguardanti il personale assunto a contratto dalle sedi diplomatico consolari italiane all'estero, volte a garantire, tra le altre cose una maggiore adeguatezza del trattamento retributivo e chiare garanzie contrattuali al citato personale;
    gli impiegati a contratto sotto il profilo contrattuale- retributivo risultano essere penalizzati in ragione di un immobilismo legislativo protrattosi per quasi 20 anni e di una scarsa capacità di adeguamento della disciplina alle istanze del personale sul territorio e alle correlate evoluzioni sociali, politiche ed economiche;
    la novella legislativa apportata dal provvedimento in oggetto all'articolo 157-sexies aumenta i giorni complessivi di assenza dovuti a malattia per il dipendente a contratto ma, non prevede permessi speciali per malattia in caso di gravi patologie richiedenti terapie salvavita, nello scomputo dal calcolo totale dei giorni di assenza per malattia, delle assenze dovute allo svolgimento di terapie salvavita o a seguito delle conseguenze prodotte da queste terapie, pertanto anche su questo aspetto gli impiegati a contratto a legge locale, risultano fortemente discriminati, sebbene i principi fondamentali di tutela alla salute non possono essere fonte di discriminazione nel trattamento concreto;
    la mancata autorizzazione all'accesso alle terapie salvavita da parte dell'Amministrazione, con la mancata concessione dei relativi permessi, in ragione della configurazione contrattuale dell'impiegato a contratto subordinato alla normativa locale, rappresenta una violazione concreta del diritto alla salute;
    i suddetti permessi sono riconosciuti dal CCNL (articolo 38 del CCNL Funzioni Centrali) ma non risultano applicabili al personale a contratto a legge locale, sebbene il summenzionato articolo faccia riferimento ad un principio inalienabile che non dovrebbe essere vincolato a specifici parametri e distinguo meramente contrattuali;
    sebbene gli impiegati a contratto a legge locale non siano destinatari del CCNL, in ragione della delicatezza della materia, dovrebbero essere destinatari sotto il profilo procedurale – per analogia – a quanto contemplato dal suddetto articolo 38;
    sarebbe improcrastinabile introdurre nell'ambito della modifica del Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 in oggetto una specifica disposizione recante il diritto alla fruizione di permessi per terapia salvavita;
    nelle more di una più completa trattazione della materia, sarebbe ipotizzabile estendere i permessi di cui alla legge 104/92 anche al personale a contratto all'estero sia a legge italiana che a legge locale, purché destinatario della disciplina italiana in ambito di permessi, di cui al decreto ministeriale n. 2198 del 10 luglio 2000 in attuazione dell'articolo 157-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 1967;
    la fruizione dei permessi straordinari, di cui all'articolo n. 33 della citata legge n. 104 del 1992 è stata una procedura vigente fino al 2009, quando sono state introdotte le nuove norme in materia di accertamento dell'invalidità civile all'Inps: nello status quo ante sussisteva una convenzione sottoscritta tra il MAECI, la ASL del MAECI e il Min. Salute che legittimava una «via breve» attraverso il MAECI per il disbrigo della procedura di accertamento dell'invalidità, qualora il dipendente per varie ragioni fosse impossibilitato a svolgere in prima persona la visita collegiale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, per quanto di competenza, l'individuazione di ogni più opportuna ed adeguata iniziativa volta a riconoscere la fruizione del diritto ai permessi per terapia salvavita anche agli impiegati con contratto disciplinato dalla normativa locale nonché a valutare l'opportunità di prevedere lo scomputo dal numero totale di giorni di assenza per malattia di cui all'articolo 157-sexies del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 dei giorni di assenza dovuti alle conseguenze prodotte dall'effettuazione di terapie salvavita.
9/1027-A/R/1.  (Testo modificato nel corso della seduta) Fitzgerald Nissoli, Zangrillo, Cannatelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, novellando il decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 mira a garantire una maggiore adeguatezza del trattamento retributivo e contrattuale del personale con contratto disciplinato dalla legge locale del MAECI;
    la legge 22 marzo 2012, n. 38 recante modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di diritti e prerogative sindacali di particolari categorie di personale del Ministero degli affari esteri, novellando l'articolo n. 42 del citato decreto legislativo introducendo il comma 3-bis ha riconosciuto, dopo una lunga battaglia ed un complesso confronto in sede parlamentare, la partecipazione anche agli impiegati a contratto alle elezioni per costituire le RSU;
    il personale, destinatario della novella, sarebbe dovuto essere destinatario delle prerogative di cui all'articolo n. 50 in ragione dell'articolo 2 della citata legge che ha introdotto l'articolo 50-bis, ai sensi del quale vengono estese alla suddetta categoria di lavoratori le disposizioni in materia di aspettative e permessi sindacali;
    ai sensi del citato articolo 43 comma 1 l'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale e che il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato e il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato;
    in merito al calcolo della rappresentanza sindacale della categoria di personale in oggetto, l'ARAN ha provveduto ad attuare una interpretazione frammentata della norma. Infatti il personale a legge locale allo stato attuale risulta essere destinatario parzialmente delle prerogative sindacali essendo conteggiati esclusivamente i voti espressi dagli stessi nelle RSU, poiché per l'ARAN non sono valide le deleghe per il calcolo associativo ai sindacati, in ragione del fatto che detta categoria non è destinataria della contrattazione collettiva.
    ne risulta una compromissione palese del diritto cogente alla rappresentanza sindacale, in ragione di una interpretazione lacunosa della disciplina e di un approccio limitato dell'ARAN;
    sarebbe auspicabile l'armonizzazione della normativa vigente in materia di rappresentanza sindacale degli impiegati a contratto, a quanto già introdotto con la legge 38 del 2012, introducendo una norma di interpretazione autentica del combinato disposto dell'articolo 42 comma 3-bis e dell'articolo 43, al fine di tener conto sia del dato elettorale sia delle deleghe valide per il calcolo associativo conferite alle organizzazioni sindacali mediante il versamento mensile della relativa quota, ai fini del computo della rappresentatività sindacale,

impegna il Governo

    a valutare l'opportunità di prevedere, anche attraverso uno specifico intervento normativo, la rettifica dell'interpretazione attualmente vigente in materia di rappresentatività sindacale degli impiegati a contratto a legge locale al fine di consentire una legittima e completa fruizione delle prerogative sindacali della suddetta categoria previste dall'articolo 43 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
9/1027-A/R/2Polverini.


MOZIONI MURONI, ORLANDO, ILARIA FONTANA, FREGOLENT ED ALTRI N. 1-00181, MOLINARI ED ALTRI N. 1-00298, MELONI ED ALTRI N. 1-00299 E LABRIOLA ED ALTRI N. 1-00300 CONCERNENTI INIZIATIVE IN RELAZIONE ALL'EMERGENZA CLIMATICA E AMBIENTALE

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    eventi climatici estremi – alluvioni, siccità, ondate di calore, livello del mare e l'aumento del cuneo salino – si susseguono con sempre maggiore frequenza in diverse parti del mondo, determinando danni economici a persone, ad animali e a interi sistemi produttivi;
    numerosi studi accademici hanno confermato come il cambiamento climatico in atto sia direttamente influenzato e dipendente dalle attività umane, siano esse industriali o meno;
    l'urgenza di un intervento netto e deciso per invertire tale processo non è più in alcun modo rinviabile, come ampiamente dimostrato dal sempre crescente numero di allarmi che giungono dall'intera comunità scientifica;
    secondo l'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico si hanno soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale; l'organismo scientifico dell'Onu ha invitato tutti i legislatori e i Governi ad assumere misure senza precedenti nella storia recente;
    nel 2018 si sono contati 850 disastri naturali, soprattutto alluvioni, inondazioni, frane (46 per cento) e uragani e tempeste (42 per cento). L'Italia dal 1998 al 2018 ha speso, secondo dati Ispra, circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all'anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico, a fronte di circa 20 miliardi di euro spesi per «riparare» i danni del dissesto secondo dati del Cnr e della Protezione civile (un miliardo di euro all'anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro);
    gli effetti dei cambiamenti climatici non generano solo conseguenze ambientali, ma anche conseguenze sociali derivanti dagli effetti dei cambiamenti climatici. Con la pubblicazione, il 19 marzo 2018, del rapporto, la Banca mondiale ha lanciato un nuovo allarme sulle conseguenze sociali dei cambiamenti climatici. Entro il 2050, infatti, potrebbe arrivare a quota 143 milioni il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case per colpa dei fenomeni meteorologici estremi o delle condizioni ambientali diventate invivibili;
    in Europa i disastri naturali del 2018 sono stati simili a quelli registrati negli anni 2014, 2015, 2016 e 2017, con un totale di 113 eventi con perdite per 16 miliardi di euro. Le perdite maggiori sono state causate dalla siccità, che è costata circa 4 miliardi di dollari;
    uno studio internazionale pubblicato dalla rivista scientifica Climate ha precisato che i danni per le inondazioni in Europa potrebbero arrivare a costare 17 miliardi di euro all'anno, qualora le temperature medie dovessero salire di 3 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto alla media pre-industriale. Mentre il numero di cittadini che subiranno le conseguenze delle piene potrebbe raggiungere le 780 mila unità, in crescita del 123 per cento rispetto ad oggi. Il problema, dunque, non riguarderebbe solo il sud del mondo;
    in Italia la situazione non è migliore, anzi. Il 2018 è stato l'anno più caldo per il nostro Paese dal 1800 e si assiste al susseguirsi di record che non possono lasciare indifferenti. Nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate, fenomeni meteorologici sempre più intensi ed estremi, dovuti in primis ai cambiamenti climatici, stanno causando danni ai territori e alle città, indietro nelle politiche di adattamento al clima, e alla salute dei cittadini;
    soltanto nel 2018 sono state 32 le vittime in 148 eventi estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola; 66 sono i casi di allagamenti da piogge intense; 41 casi, invece, di danni da trombe d'aria, 23 di danni alle infrastrutture e 20 esondazioni fluviali;
    da ultimo si veda quanto è avvenuto a Venezia, ove si è verificata una sequenza di maree eccezionali, mai verificatesi in precedenza, con l'acqua alta che ha raggiunto quota 187 centimetri, la seconda marea più elevata di sempre dopo l'alluvione del 1966; l'alta marea ha, come noto, colpito anche le isole del Lido e di Pellestrina e Chioggia. Contestualmente e ancora in queste ore si sono verificati eventi meteorologici eccezionali in aree localizzate lungo l'intero territorio italiano: dal Piemonte – in particolare nell'alessandrino – alla Liguria – con il crollo di un viadotto autostradale sull'A6 – dalla Calabria, con Reggio Calabria, alla Basilicata, con Matera e il Metapontino;
    nonostante la portata storica dell'Accordo di Parigi siglato nel 2015, la strada per la sua attuazione procede con lentezza e fatica per le resistenze degli Stati ad assumere decisioni coraggiose e capaci di superare un modello di sviluppo ormai insostenibile, sotto il profilo ambientale, ma anche sociale ed economico;
    nella recente Cop24 (Conferenza delle parti della Convenzione internazionale sui cambiamenti climatici) tenutasi a Katowice, in Polonia, è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento degli impegni assunti dai membri della comunità internazionale; elemento positivo è stato aver dotato l'Accordo del 2015 di linee guida (rulebook) per la sua attuazione dal 2020, mentre non sono stati concordati impegni sull'adozione di un quadro normativo vincolante e condiviso;
    l'esempio dell'adolescente svedese Greta Thunberg ha dato vita ad una manifestazione transnazionale che il 15 marzo 2019 ha riempito di giovani e studenti le piazze di tutto il mondo, comprese quelle italiane, chiedendo l'impegno concreto dei Governi nazionali nel contrasto dei cambiamenti climatici e per salvare il pianeta, non pregiudicandone oltre il futuro;
    secondo gli scienziati dell'Onu dell'Ipcc si ha tempo fino al 2030 per contenere l'aumento della temperatura globale entro 1,5o gradi centrigradi e molti parlamenti di Paesi europei hanno dichiarato lo stato di emergenza climatica;
    per dare una risposta a queste istanze bisogna investire in innovazione e ricerca, green economy, riduzione delle diseguaglianze, investimenti in infrastrutture e manutenzione;
    in questo drammatico contesto l'Italia ha la possibilità di assumere un ruolo da protagonista sui temi del cambiamento climatico, della tutela del paesaggio e del suolo, della transizione verso forme di energia sostenibili ed ecologiche, coniugandole con il sostegno alle nuove tecnologie e alle azioni delle comunità locali, della società civile, delle istituzioni universitarie in modo da uscire dalla crisi climatica, economica e sociale;
    è positivo che nel programma il Governo, al punto 7 dei 29 punti programmatici, sia stata espressamente prevista la realizzazione di un Green new deal, che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti a inserire la protezione dell'ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali del sistema costituzionale italiano. Viene stabilito, altresì, che tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell'ambiente, il progressivo e sempre più diffuso ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto ai cambiamenti climatici. Viene, inoltre, stabilità la necessità di adottare misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese e perseguano la piena attuazione della eco-innovazione. Vengono, infine, espressamente richiamati lo sviluppo tecnologico e le ricerche più innovative, in modo da rendere quanto più efficace la «transizione ecologica» e indirizzare l'intero sistema produttivo verso un'economia circolare, che favorisca la cultura del riciclo e del riuso e dismetta definitivamente la cultura del rifiuto;
    come noto, Green new deal è il perno della strategia di sviluppo del Governo e si inserisce nel disegno di bilancio per il 2020 con la finalità di promuovere il benessere equo e sostenibile, la cui programmazione è stata introdotta in Italia in anticipo sugli altri Paesi europei e che il Governo intende rafforzare in tutte le sue dimensioni;
    è fondamentale rimarcare che un Green new deal non deve essere solo un'agenda di impegni, seppur in chiave verde e sostenibile, ma deve essere un programma organico, sociale ed economico, che ha tra i principali obiettivi la decarbonizzazione dell'economia, l'economia circolare, la rigenerazione urbana, il turismo sostenibile, l'adattamento e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico, ma anche un programma, che comporti un fisco green che sostenga la transizione ecologica e sostenga le attività di prevenzione del rischio di danno ambientale, e una legislazione che attui pienamente il principio del «chi inquina paga» e della responsabilità estesa del produttore che realizza prodotti e sistemi produttivi impattanti; il Governo, attraverso l'articolo 1 del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111, ha già istituito un programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e per il miglioramento della qualità dell'aria, in cui sono individuate le misure di competenza nazionale da porre in essere al fine di assicurare la corretta e piena attuazione della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2008 e contrastare i cambiamenti climatici. È auspicabile che tale politica strategica nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici si coordini con il Piano nazionale integrato per l'energia e il clima e con la pianificazione di bacino per il dissesto idrogeologico e che venga approvato e attuato con urgenza il Pnacc (Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici); è stata, altresì, riconosciuta la necessità della trasformazione del Cipe in Cipess (Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile), come strumento di indirizzo strategico di tutti gli investimenti pubblici per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile stabiliti dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite;
    vanno considerate, altresì, come un passo nella giusta direzione le recenti misure poste in essere dal Governo in ordine alla riforestazione, comprensive di misure per la dimora di alberi, di reimpianto e di silvicoltura, e per la creazione di foreste urbane e periurbane nelle città metropolitane, con l'obiettivo di garantire la salvaguardia ambientale, la lotta e l'adattamento al cambiamento climatico così come previsto dal decreto legislativo 3 aprile 2018, n. 34;
    il disegno di legge di bilancio per il 2020 ha previsto, altresì, misure importanti per la transizione ambientale, tra cui il fondo investimento delle amministrazioni centrali, finalizzato al rilancio degli investimenti sull'economia circolare, alla decarbonizzazione dell'economia, a misure di sostegno e per l'innovazione nel compatto agricolo, tra i settori maggiormente colpiti dagli effetti dei cambiamenti climatici, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, l'estensione degli incentivi di Industria 4.0 per le imprese che realizzano progetti ambientali nell'ambito dell'economia circolare, così come il piano «Rinascita urbana» finalizzato a migliorare la qualità dell'abitare e che punta, inter alia, sulla riqualificazione urbana e delle periferie;
    è necessario affrontare in modo integrato i rischi del cambiamento climatico con altri rischi naturali rappresentati dal rischio sismico, idrogeologico e vulcanico, così come riportato, unitamente alla valorizzazione del patrimonio abitativo, nella mission del programma «Casa Italia», ora dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, anche normative, per:
   a) riconoscere lo stato di emergenza ambientale e climatica nel nostro Paese e operare, in raccordo con il Parlamento, per consentire in tempi rapidi e certi, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia;
   b) accelerare la realizzazione degli interventi di mitigazione ed adattamento al cambiamento climatico, in particolare sul fronte della prevenzione del dissesto idrogeologico;
   c) promuovere l'inserimento del principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione;
   d) rafforzare le misure contenute nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima per dare piena attuazione agli impegni adottati nell'ambito dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici;
   e) procedere alla ricognizione degli incentivi esistenti per l'efficientamento energetico, la valorizzazione delle aree verdi e per il sostegno all'utilizzo di tecniche e materiali di edilizia ecocompatibile, adottando le iniziative necessarie per la loro razionalizzazione e stabilizzazione;
   f) accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti, nel rispetto della gerarchia europea, alla riduzione, al riuso e al recupero di materia ed energia, rispettando i tempi per il recepimento nell'ordinamento giuridico nazionale delle direttive europee del «pacchetto economia circolare» in materia di rifiuti, imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile;
   g) pervenire alla progressiva riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui alla legge 28 dicembre 2015, n. 221, attraverso un percorso di transizione che contempli ipotesi alternative e compensative con carattere di sostenibilità, anche con l'eventualità di introdurre l'obbligo di valutazione ambientale preventiva dei sussidi, con l'obiettivo di salvaguardare, innovare e rafforzare le attività produttive collegate, a cominciare dall'agricoltura;
   h) elaborare politiche di trasporto, edilizia, modelli produttivi che rispondano in maniera coerente alla necessità di adattamento ai cambiamenti climatici e che coinvolgano regioni e comuni;
   i) favorire la transizione verso un sistema di trasporto pubblico sostenibile e verso la mobilità elettrica, con l'obiettivo della completa decarbonizzazione – emissioni zero – del settore;
   l) intervenire in materia di politica industriale e di riqualificazione del settore manifatturiero, sostenendo e favorendo la transizione verso un modello economico-produttivo ecologicamente sostenibile;
   m) realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;
   n) realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati, politiche di rigenerazione urbana delle città, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi, di contrasto al nuovo consumo di suolo e all'abusivismo edilizio;
   o) sostenere a livello europeo la proposta di arrivare alla « carbon neutrality» entro il 2050;
   p) rendere possibili finanziamenti agevolati, da parte degli istituti bancari e creditizi, per sostenere l'economia circolare e quella eco-compatibile;
   q) promuovere lo sviluppo della filiera agricola convenzionale e biologica e delle buone pratiche agronomiche, in modo da ridurre l'impatto della chimica nel suolo e tutelare le risorse sotto il profilo qualitativo e quantitativo, aumentare e mantenere la qualità del territorio, la fertilità organica del suolo ed il sequestro di carbonio;
   r) favorire l'occupazione giovanile attraverso l'introduzione di incentivi e agevolazioni fiscali per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani per svolgere attività finalizzate alla salvaguardia delle risorse naturali, con particolare riferimento alla protezione del territorio e alla gestione delle emergenze, nonché all'implementazione delle fonti di energia rinnovabili e allo sviluppo dell'economia circolare;
   s) attuare la strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile, rendendo pienamente operativa la cabina di regia «Benessere Italia», istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 giugno 2019, attraverso il potenziamento della struttura in termini di adeguate risorse umane e finanziarie necessarie al perseguimento delle finalità e all'assolvimento dei compiti istitutivi.
(1-00181)
(Ulteriore nuova formulazione) «Muroni, Orlando, Ilaria Fontana, Fregolent, Federico, Braga, Gadda, Fornaro, Fusacchia».


   La Camera,
   premesso che:
    l'istituzione e l'attuazione del cosiddetto Green new deal dovrebbe semplicemente ripercorrere e mettere in pratica il concetto di «sviluppo sostenibile», in maniera cosciente e attenta e con una programmazione sul medio/lungo periodo, considerandone ogni impatto e relazione tra i vari tessuti produttivi e ambiti sociali, occupazionali ed economici;
    secondo la definizione proposta nel rapporto « Our common future», pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l'ambiente e lo sviluppo (Commissione Bruntland) del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente, per «sviluppo sostenibile» si intende uno sviluppo in grado di assicurare «il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri». Il concetto di sostenibilità, in questa accezione, viene collegato alla compatibilità tra sviluppo delle attività economiche e salvaguardia dell'ambiente. La possibilità di assicurare la soddisfazione dei bisogni essenziali comporta, dunque, la realizzazione di uno sviluppo economico che abbia come finalità principale il rispetto dell'ambiente, ma che allo stesso tempo veda anche i Paesi più ricchi adottare processi produttivi e stili di vita compatibili con la capacità della biosfera di assorbire gli effetti delle attività umane e i Paesi in via di sviluppo crescere in termini demografici ed economici a ritmi compatibili con l'ecosistema;
    la Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo (UNCED, United Nations conference on environment and development), tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, ha consolidato il principio dello sviluppo sostenibile attraverso la sua formalizzazione negli atti adottati a conclusione del vertice: la Dichiarazione di Rio su ambiente e sviluppo, l'Agenda 21 e la Dichiarazione sulla gestione, la conservazione e lo sviluppo sostenibile delle foreste. Gli atti di Rio e le successive conferenze mondiali promosse dalle Nazioni Unite, in specie la Conferenza di Johannesburg del 2002, confermano una configurazione del principio dello sviluppo sostenibile fondata su tre fattori interdipendenti: tutela dell'ambiente, crescita economica e sviluppo sociale;
    anche secondo quanto riportato dal Wwf, per ottenere uno sviluppo delle società umane che sia sostenibile è necessario che:
     a) l'intervento umano sia limitato entro le capacità di carico dei sistemi naturali, conservandone la loro vitalità e la loro resilienza;
     b) il progresso tecnologico per la produzione di beni e servizi venga indirizzato all'incremento dell'efficienza, piuttosto che all'incremento del flusso di energia e materie prime;
     c) i livelli di prelievo delle risorse non rinnovabili non eccedano le loro capacità rigenerative;
     d) l'emissione di scarti e rifiuti (solidi, liquidi e gassosi) dovuti al metabolismo dei sistemi sociali non ecceda la capacità di assimilazione dei sistemi naturali;
    inoltre, gli obiettivi e valori dell'Unione europea sono sanciti dal Trattato di Lisbona e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Nello specifico il Trattato di Lisbona, firmato il 3 dicembre 2007, definisce chiaramente: le competenze dell'Unione europea, le competenze dei Paesi membri, le competenze condivise. Al titolo XX (Ambiente), articolo 191 (ex articolo 174 del Trattato che istituisce la Comunità europea), sono presenti i seguenti chiarimenti:
    «1. La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi:
    salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente;
    protezione della salute umana;
    utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
    promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici;
    2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”. In tale contesto, le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell'ambiente comportano, nei casi opportuni, una clausola di salvaguardia che autorizza gli Stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell'Unione;
    3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale l'Unione tiene conto:
    dei dati scientifici e tecnici disponibili;
    delle condizioni dell'ambiente nelle varie regioni dell'Unione;
    dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall'azione o dall'assenza di azione;
    dello sviluppo socioeconomico dell'Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle sue singole regioni;
    4. Nell'ambito delle rispettive competenze, l'Unione e gli Stati membri collaborano con i Paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione dell'Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi interessati. Il comma precedente non pregiudica la competenza degli Stati membri a negoziare nelle sedi internazionali e a concludere accordi internazionali»;
    dal 1850 ad oggi, la temperatura del pianeta è aumentata di circa 0,8–1 grado centigrado. La comunità scientifica è divisa tra chi attribuisce tale aumento a cause prevalentemente naturali e chi invece ritiene che l'aumento sia causato principalmente dalle attività dell'uomo. Alcuni autorevoli studiosi, docenti universitari di chimica, fisica, geologia, economia delle fonti di energia, storia dell'agricoltura, geomorfologia, fisica dell'atmosfera, hanno fornito elementi scientifici, con il libro «Clima, basta catastrofismi», utili alla comprensione del tema, confermando che nel passato sono avvenuti numerosi cambiamenti climatici, la cui comprensione è l'unica premessa certa e attendibile prima di avanzare ipotesi catastrofiche sul futuro clima del pianeta e mettere in atto costose politiche climatiche volte a limitare la crescita dell'economia;
    il pianeta, nella sua vita millenaria, ha attraversato un'alternanza, tra periodi di siccità, con aumento della temperatura, e periodi di glaciazione. Infatti, non esistono prove incontrovertibili che le temperature che oggi si misurano siano le più alte in assoluto. Nel mese di dicembre 2018 su « Quaternary science reviews» è stato pubblicato un articolo a firma di Liang Chen, dal titolo molto eloquente: «Short term climate variability during “Roman classical period” in the Eastern Mediterranean». In tale articolo vengono pubblicati i risultati di uno studio effettuato nel Mar Adriatico, con il quale gli autori hanno ricostruito le condizioni climatiche ed ambientali dell'area nel periodo romano classico, in particolare tra il 60 avanti Cristo ed il 200 dopo Cristo;
    lo studio riguarda l'associazione tra diversi organismi resistenti alla degradazione aerobica, come rinvenuti nei reperti stratigrafici, sulla base dei quali gli studiosi sono riusciti a calcolare con buona precisione le temperature che caratterizzavano la regione nel periodo studiato, riscontrando che la temperatura dell'aria e quella della superficie marina dell'Italia meridionale non erano molto diverse da quelle attuali; anzi, secondo i risultati ottenuti dal gruppo di ricerca, tra il 60 avanti Cristo ed il 90 dopo Cristo le temperature erano più alte di quelle di oggi. Dopo il 90 dopo Cristo le temperature cominciarono a scendere, raggiungendo, intorno al 200 dopo Cristo, valori simili a quelli del 1800. Inoltre, nella successione stratigrafica sono stati anche individuati gli andamenti ciclici delle temperature, legati ai cicli solari e anche alle eruzioni dei vulcani;
    secondo tali scienziati, non è assolutamente vero che le temperature attuali sono «senza precedenti» e, comunque, il «periodo caldo romano», tra il 60 avanti Cristo ed il 200 dopo Cristo, ha fatto registrare temperature se non superiori almeno pari a quelle attuali e, inoltre, il riscaldamento, come anche il successivo raffreddamento, sono stati determinati da cause del tutto naturali;
    in ogni modo, indipendentemente dalle cause, si nota, nel breve periodo degli ultimi anni, l'alternarsi di periodi caldi e freddi e di periodi di piogge torrenziali con periodi di siccità, con alterazioni climatiche e squilibri che si susseguono con sempre maggiore frequenza in diverse parti del mondo e incidono sull'innalzamento della temperatura del pianeta terra, con una serie di conseguenze, come lo scioglimento dei ghiacciai, la crescita del livello dei mari, gli eventi atmosferici sempre più estremi, gli impatti sulla fauna e sull'agricoltura, che richiamano la necessità dell'intervento dell'uomo, della tecnologia e della ricerca scientifica;
    le attività umane, siano esse industriali o meno, incidono senz'altro sul cambiamento climatico in atto sia direttamente che indirettamente. È noto che, secondo l'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, ci sarebbero a disposizione soltanto 11 anni a disposizione per evitare la catastrofe ambientale;
    per far fronte a queste emergenze, è necessario prima di tutto analizzare le questioni in modo cosciente e analitico, per poter prendere delle decisioni, e solamente alla fine avanzare possibili soluzioni;
    come suggerisce Meadows (2008), ragionevolmente si può ascrivere al pensiero sistemico, dato che le soluzioni di economia circolare richiedono appunto di osservare gli asset esistenti e vedere in essi nuove opportunità (Meadows D. H., 2008, Thinking in systems, Sustainability Institute). Ragionare per sistemi significa, infatti, considerare i diversi elementi di un insieme come interconnessi e partire dalle influenze individuate per imprimere una nuova direzione all'insieme stesso:
     a) fase 1, affinare le nostre capacità di capire le parti;
     b) fase 2, vedere le interconnessioni;
     c) fase 3, porci domande del tipo «cosa succede se...» riguardo a possibili comportamenti futuri;
     d) fase 4, essere intraprendenti e creativi nella ri-progettazione di un sistema;
    chiaramente, ciò non è facile: come ha argomentato Simon (1972), «siamo esseri umani e prendiamo le nostre decisioni in base alle informazioni disponibili (non sempre perfette) e a capacità cognitive non assolute, in tempi comunque ristretti» (Simon H. A., 1972, Theories of bounded rationality);
    tuttavia in questi tempi le informazioni che circolano in rete o per mezzo dei mass media costituiscono un'arma a doppio taglio: si trovano notizie molto più facilmente dal punto di vista quantitativo, ma esse presentano spesso un livello qualitativo decisamente basso; circolano molte fake news e spesso si fa fatica a distinguere il vero dal falso. Dunque, per realizzare un livello di chiarezza e di organizzazione ragionevolmente possibile, invece di lasciarsi sorprendere ci si può allenare ad aspettarsi e utilizzare la complessità a proprio vantaggio, stimolando la coscienza critica e le capacità di analisi e di lettura della realtà che ci circonda;
    in un contesto come quello attuale e in un'ottica di cosciente e razionale attuazione di un programma di Green new deal, si fa riferimento a Cartesio e ai discorsi sul metodo, citando e argomentando i «quattro precetti logici» presentati dal filosofo, i quali possono essere usati come vere e proprie linee guida per la risoluzione dei problemi e metodo di lavoro: «Il primo era di non accogliere mai nulla per vero, che non conoscessi in modo evidente esser tale, cioè di evitare accuratamente la precipitazione e la prevenzione; e di non comprendere mai nei miei giudizi se non quello che si presentasse così chiaramente e distintamente alla mia mente, da non lasciarmi possibilità di dubbio. Il secondo di dividere ciascuna delle difficoltà da esaminare in tutte le parti in cui fosse possibile e di cui ci fosse bisogno per meglio risolverle. Il terzo di condurre con ordine i miei pensieri, cominciando dagli oggetti più semplici e più facili a conoscere, per salire a poco a poco, come per gradi, sino alla conoscenza dei più composti e supponendo che ci sia pure un ordine tra quelli che non si precedono naturalmente l'un l'altro. E l'ultimo, di far dovunque delle enumerazioni così complete e delle rassegne così generali da non omettere nulla (...)»;
    per andare sul concreto le aziende impiantistiche fanno ampio uso del principio di modularità cartesiano suddividendo i progetti in parti via via più piccole e quindi più facilmente gestibili: fasi (ingegneria, approvvigionamenti, costruzione e altro); sistemi (struttura, potenza, fluidi, comunicazioni, antincendio e altro); pacchetti di lavoro; discipline (elettrica, civile, meccanica, strumentale e altro); attività elementari. Un pacchetto di lavoro, o anche un intero progetto, può essere misurato, pianificato e controllato mediante una serie di grandezze che lo caratterizzano (quantità di lavoro da svolgere, risorse necessarie, durate temporali, avanzamento fisico, costi). Questo è un metodo efficace ed organizzato: se applicato nel contesto istituzionale permetterebbe di lavorare in modo programmato preventivando qualsiasi rischio;
    le cose cambiano semplicemente iniziando a cambiare il modo in cui le si vedono: i problemi possono divenire opportunità e le rimanenze possono essere il punto di partenza per altro. È questa una delle basi dell'economia circolare, che si può ricollegare a titolo esemplificativo alla gestione dei rifiuti e alla loro re-immissione nel circuito per mezzo del riciclo. Per tutte le società moderne, che generano grandi quantità di rifiuti, riciclare quanto più possibile i prodotti giunti al termine della loro vita utile ha acquisito un'importanza fondamentale. In primo luogo, aprendo nuove possibilità di utilizzo a materiali che tradizionalmente erano destinati allo smaltimento, il riciclo permette di ridurre i costi finanziari e ambientali della gestione dei rifiuti; il riciclo può, inoltre, contribuire ad un uso più efficiente delle risorse naturali;
    una rinnovata attenzione verso un Green new deal, che, se ben attuato, potrebbe contribuire a spingere gli investimenti in settori chiave del nostro Paese, come quelli dell'economia circolare, dell'efficienza energetica e delle rinnovabili, in cui le piccole e medie imprese e l'impresa diffusa di territorio sono da tempo presenti come soggetti attivi e qualificati, semplicemente ripercorrendo il concetto di «sviluppo sostenibile»;
    tutti i principali settori dell'economia sono direttamente o indirettamente interessati a tali temi: dalla distribuzione all'artigianato, dai trasporti al turismo, dalle professioni ai servizi. La tutela ambientale, che ha rappresentato in passato e per lungo tempo un vincolo, se non addirittura un ostacolo alla crescita economica, potrebbe diventare un'occasione di sviluppo e un ambito strategico su cui investire;
    pertanto, si ritiene utile e anzi indispensabile una particolare attenzione del Governo sul tema del clima e sulla necessità della promozione di uno sviluppo tecnologico e di ricerche più innovative possibili, in modo da rendere quanto più efficace ed economicamente sostenibile la transazione ecologica,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative che mettano al primo posto la persona nella sua accezione più ampia, tutelando in primis le generazioni future, nel contesto di uno sviluppo sostenibile che individui le opportunità economiche in termini di nuova occupazione e competitività, sostenendo anche finanziariamente le aziende che manifestano l'intenzione di effettuare una transizione green e garantendo alle imprese tempi realistici e sostenibili, programmi elastici con obiettivi stabili a lungo termine e obiettivi intermedi non vincolanti, nonché soglie minime che consentano la sopravvivenza delle aziende più piccole che contribuiscono in misura non significativa in termini di emissioni climalteranti;

2) a promuovere a livello mondiale, per quanto di competenza, gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, che comunque sottopongono le imprese nazionali a significativi sforzi economici ed esposizione a distorsioni della concorrenza a livello internazionale da parte delle imprese dei Paesi non sottoscrittori dell'Accordo di Parigi, promuovendo soluzioni realistiche e tempi congrui per la riconversione green;

3) a progettare e realizzare un piano pluriennale denominato Green new deal che coinvolga tutte le forze ambientaliste, sociali, imprenditoriali ed economiche disposte a lavorare insieme per vincere le sfide ambientali, economiche, occupazionali e sociali e dar vita a una serie di programmi nazionali, assumendo iniziative:
   a) per realizzare la transizione energetica e per ridurre le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori produttivi, attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, l'utilizzo di fonti rinnovabili, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e il progressivo superamento della dipendenza dai combustibili fossili, facendo sì che si giunga ad un cambio di direzione in tutti i settori dell'economia tale da consentire in tempi certi e congrui, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia;
   b) per realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;
   c) per realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati, politiche di rigenerazione urbana delle città, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi;
   d) per accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti al recupero di materia ed energia;

4) ad assumere iniziative per adottare e finanziare un piano di sensibilizzazione su larga scala volto a creare una coscienza ecologica consapevole, anche attraverso l'incentivazione di azioni green;

5) a promuovere la riscoperta, nelle generazioni odierne e future, del senso civico e ambientale che si è andato a perdere negli ultimi decenni, provvedendo all'immediata attuazione della legge n. 92 del 2019, che, all'articolo 3, incarica il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di definire linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica, che individuino, ove non già previsti, specifici traguardi per lo sviluppo delle competenze e degli obiettivi specifici di apprendimento, assumendo a riferimento una serie di tematiche, tra cui «Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015» ed «educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale»;

6) ad adottare le opportune iniziative per stimolare la coscienza critica dei cittadini e, soprattutto, dei giovani e le capacità di analisi e di lettura della realtà che ci circonda, tra le informazioni che circolano in rete o per mezzo dei mass media, sulla base del principio che «chi crea l'inquinamento abbandonando i rifiuti è l'uomo e non i rifiuti o il materiale in sé», tutto ciò attraverso un'attenta ed intelligente attività di prevenzione, che non porti però a scelte affrettate e non ragionate come «rapide soluzioni»;

7) ad adottare iniziative per allineare la normativa italiana alle direttive europee del «pacchetto economia circolare», tenendo presente che in fase di recepimento vanno obbligatoriamente supportate in modo concreto le aziende che garantiscono il fine vita del rifiuto e pertanto la «chiusura del cerchio», all'interno di un contesto di economia circolare che, sotto molti punti di vista, rimane ancora e solamente sulla carta;

8) ad assumere opportune iniziative per riorganizzare l'ordine delle priorità e mantenere un approccio di valutazione a 360 gradi, considerando ogni relazione e impatto tra i vari ambiti e sezioni della società e dell'industria, ad esempio evitando di penalizzare un settore o un particolare materiale nel tentativo di risolvere una problematica in maniera miope e incompleta, fatto questo che sul lungo periodo finirà con l'inasprire ancor di più le presenti criticità;

9) a sostenere, per quanto di competenza, l'inserimento del principio dello sviluppo sostenibile e della tutela ambientale nella Costituzione.
(1-00298) «Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gava, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative che mettano al primo posto la persona nella sua accezione più ampia, tutelando in primis le generazioni future, nel contesto di uno sviluppo sostenibile che individui le opportunità economiche in termini di nuova occupazione e competitività, sostenendo anche finanziariamente le aziende che manifestano l'intenzione di effettuare una transizione green e garantendo alle imprese tempi realistici e sostenibili, programmi elastici con obiettivi stabili a lungo termine e obiettivi intermedi non vincolanti, nonché soglie minime che consentano la sopravvivenza delle aziende più piccole che contribuiscono in misura non significativa in termini di emissioni climalteranti;

2) a promuovere a livello mondiale, per quanto di competenza, gli obiettivi dell'Accordo di Parigi, che comunque sottopongono le imprese nazionali a significativi sforzi economici ed esposizione a distorsioni della concorrenza a livello internazionale da parte delle imprese dei Paesi non sottoscrittori dell'Accordo di Parigi, promuovendo soluzioni realistiche e tempi congrui per la riconversione green;

3) a valutare l'opportunità di progettare e realizzare un piano pluriennale denominato Green new deal che coinvolga tutte le forze ambientaliste, sociali, imprenditoriali ed economiche disposte a lavorare insieme per vincere le sfide ambientali, economiche, occupazionali e sociali e dar vita a una serie di programmi nazionali, assumendo iniziative:
   a) per realizzare la transizione energetica e per ridurre le emissioni di anidride carbonica in tutti i settori produttivi, attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica, l'utilizzo di fonti rinnovabili, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e il progressivo superamento della dipendenza dai combustibili fossili, facendo sì che si giunga ad un cambio di direzione in tutti i settori dell'economia tale da consentire in tempi certi e congrui, nel rispetto delle indicazioni scientifiche e degli accordi internazionali, la riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e la progressiva decarbonizzazione dell'economia;
   b) per realizzare un piano strutturale di messa in sicurezza del territorio, con politiche di prevenzione e mitigazione del rischio e di adattamento ai cambiamenti climatici;
   c) per realizzare un grande programma di investimenti pubblici orientati ai principi della sostenibilità ambientale, con azioni di riqualificazione energetica e messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati, politiche di rigenerazione urbana delle città, di tutela dei beni culturali, paesaggistici e degli ecosistemi;
   d) per accompagnare la transizione verso un modello di economia circolare basato su un uso efficiente delle risorse naturali, su una corretta gestione dell'acqua e su un virtuoso ciclo dei rifiuti che punti al recupero di materia ed energia;

4) ad assumere iniziative per adottare e finanziare un piano di sensibilizzazione su larga scala volto a creare una coscienza ecologica consapevole, anche attraverso l'incentivazione di azioni green;

5) a promuovere la riscoperta, nelle generazioni odierne e future, del senso civico e ambientale che si è andato a perdere negli ultimi decenni, provvedendo all'attuazione della legge n. 92 del 2019, che, all'articolo 3, incarica il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di definire linee guida per l'insegnamento dell'educazione civica, che individuino, ove non già previsti, specifici traguardi per lo sviluppo delle competenze e degli obiettivi specifici di apprendimento, assumendo a riferimento una serie di tematiche, tra cui «Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015» ed «educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale»;

6) ad adottare le opportune iniziative per stimolare la coscienza critica dei cittadini e, soprattutto, dei giovani e le capacità di analisi e di lettura della realtà che ci circonda, tra le informazioni che circolano in rete o per mezzo dei mass media, sulla base del principio che «chi crea l'inquinamento abbandonando i rifiuti è l'uomo e non i rifiuti o il materiale in sé», tutto ciò attraverso un'attenta ed intelligente attività di prevenzione, che non porti però a scelte affrettate e non ragionate come «rapide soluzioni»;

7) ad adottare iniziative per allineare la normativa italiana alle direttive europee del «pacchetto economia circolare», tenendo presente che in fase di recepimento vanno supportate in modo concreto le aziende che garantiscono il fine vita del rifiuto e pertanto la «chiusura del cerchio», all'interno di un contesto di economia circolare che, sotto molti punti di vista, rimane ancora e solamente sulla carta;

8) a sostenere, per quanto di competenza, l'inserimento del principio dello sviluppo sostenibile e della tutela ambientale nella Costituzione.
(1-00298)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Garavaglia, Gastaldi, Gava, Gerardi, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Giorgetti, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Guidesi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Latini, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Locatelli, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Maturi, Molteni, Morelli, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Sasso, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Vinci, Viviani, Raffaele Volpi, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».


   La Camera,
   premesso che:
    la consapevolezza dell'emergenza climatica in atto e degli effetti ad essa connessi e riscontrabili nell'attualità e sul medio-lungo periodo è oggetto di molteplici ed autorevoli studi scientifici orientati non solo verso l'individuazione della correlazione tra cambiamento climatico e azione antropica, ma anche e soprattutto verso l'individuazione di prospettive di intervento tese al contenimento degli effetti deleteri sull'ecosistema, che devono essere riferimento imprescindibile per le politiche in materia;
    i dati del quinto rapporto di valutazione, pubblicato nel 2013 e 2014 dall'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, evidenziano come l'aumento delle concentrazioni di gas serra in atmosfera sia da individuare come la causa alla base dei più complessi e deleteri cambiamenti climatici in atto: in particolare, si evidenzia come la temperatura del pianeta sia aumentata, dal 1860 ad oggi, di quasi 1 grado centrigrado nella sola Europa e che le previsioni scientifiche attestano un incremento della temperatura tra 1,4 e 5,8 gradi entro la fine del secolo. Nello specifico è stato registrato, nel corso dell'ultimo trentennio, un incremento del 70 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica, con il conseguente superamento del 20 per cento della soglia limite di concentrazioni delle 400 parti per milione;
    si sottolinea che, stando ai dati del rapporto « Trajectories of the earth system in the anthropocene», pubblicato dalla National Academy of sciences degli Usa del 2018, il solo incremento della temperatura di 2 gradi potrebbe configurarsi come conditio per un «effetto domino incontenibile», in ragione della conseguenzialità sussistente tra incremento della temperatura ed evoluzioni climatiche correlate ad eventi estremi ed i loro riverberi sul versante degli equilibri eco-sistemici, della sicurezza dei territori rivierasche e dell'accessibilità ai rifornimenti idrici;
    con l'Accordo di Parigi siglato nel dicembre 2015 tra gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), sottoscritto da 192 Paesi, tra cui l'Italia, è stato siglato il primo accordo universale sul clima mondiale, nel quale è definito un piano d'azione globale, finalizzato al contenimento dei cambiamenti climatici attraverso la riduzione dell'incremento del riscaldamento globale;
    sul versante dell'Unione europea sono state intraprese molteplici iniziative orientate all'individuazione di un'azione di politica climatica concreta e lungimirante finalizzata alla definizione di adeguate misure di adattamento per ridurre e gestire i rischi connessi ai cambiamenti climatici. Nel 2009 con il libro bianco «Adattarsi ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo», la Commissione europea ha richiesto agli Stati membri di elaborare le rispettive strategie di adattamento nazionale. Nel 2013 con l'adozione della «Strategia europea per i cambiamenti climatici» e con le successive conclusioni del Consiglio europeo del 13 giugno 2013 «Una strategia europea di adattamento al cambiamento climatico» è stato richiesto agli Stati membri di avviare una revisione del concetto di vulnerabilità, di rivedere le soglie critiche di rischio a livello nazionale e di misurare le proprie capacità di resilienza agli effetti dei cambiamenti climatici attraverso politiche basate su un approccio locale e un determinante coinvolgimento di tutti gli interlocutori socio-economici;
    in questa prospettiva è stata adottata nel 2015 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Snac), il cui obiettivo principale è quello di elaborare una visione nazionale sui percorsi comuni da intraprendere per far fronte ai cambiamenti climatici, contrastando e attenuando i loro impatti, attraverso l'individuazione di azioni e di percorsi finalizzati alla riduzione dei rischi correlati ai cambiamenti climatici; nel 2016 è stata avviata la definizione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) al fine di sostenere l'attuazione della Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Snac);
    l'obiettivo della carbon neutrality da raggiungere entro il 2050 rappresenta una priorità: sebbene questa prospettiva rientri tra gli obiettivi proposti dalla Commissione europea, la mancata approvazione del Consiglio europeo può rappresentare un limite nella direzione della 25esima Conferenza delle parti dell’United Nations framework Convention on climate change (COP25 Unfccc) del dicembre 2019;
    si evidenzia come la Commissione ambiente del Parlamento europeo abbia sollecitato l'Unione europea a veicolare in sede di COP25 Unfccc «La sua strategia a lungo termine per raggiungere la neutralità climatica al più tardi nel 2050», al fine di consentire il mantenimento in capo all'Unione europea della « leadership mondiale in materia di lotta contro il cambiamento climatico»;
    si sottolinea ulteriormente come uno degli effetti più evidenti del cambiamento climatico si rintracci nella progressiva riduzione della disponibilità idrica a cui corrisponde, di contro, un incremento della variabilità estrema delle dinamiche dei volumi di acqua dei bacini fluviali e lacuali: le conseguenze correlate a questa variabilità sono da rintracciarsi nella compromissione della sicurezza del territorio unitamente ad un'alterazione dei ritmi di produzioni, soprattutto di alcune specie ittiche, e di effetti deleteri sulla produzione agricola in ragione della difficoltà di accesso agli approvvigionamenti, con inevitabili danni agli ecosistemi e progressiva perdita di biodiversità;
    si evidenzia, inoltre, che l'incremento delle temperature determina l'aumento del rischio di desertificazione, di cui attualmente è interessato un quarto della superficie terrestre, e che l'inaridimento caratterizzato da carenza di piogge e da alte temperature riguarda circa il 47 per cento delle terre emerse;
    tra le conseguenze dei cambiamenti climatici si annoverano la crescita del livello del mare, aumentato nell'ultimo secolo di 10-25 centimetri e che sembra possa aumentare di altri 88 centimetri entro il 2100, la perdita di biodiversità perché molte specie animali non saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti del clima con la rapidità necessaria, una maggiore diffusione di malattie e problemi nella produzione alimentare;
    molteplici sono i rischi anche per la produzione agricola, che subisce gli effetti delle variazioni climatiche estreme con il conseguenziale susseguirsi di carestie: la Fao ha rilevato che entro il 2080 ci sarà una perdita di oltre 10 per cento della superficie coltivabile nei Paesi in via di sviluppo, con riduzione della produzione di cereali e il conseguente aumento della fame nel mondo;
    a tal riguardo, si rileva come lo stallo climatico ed il continuo avvicendarsi di fenomeni atmosferici estremi stia mettendo in evidenza in tutta la sua drammaticità il crescente rischio idrogeologico strettamente connesso alla configurazione territoriale ed infrastrutturale italiana: il susseguirsi di eventi di attualità mettono in luce, ancora di più rispetto al passato, le gravissime carenze strutturali presenti nel nostro Paese per quanto riguarda il dissesto idrogeologico del territorio;
    quanto verificatosi in data 24 novembre 2019 con il crollo di una porzione di 30 metri del viadotto Torino-Savona, a causa di una frana distaccatasi dal monte che fiancheggia il viadotto, rappresenta la conferma, allarmante e drammatica, dell'emergenza idrogeologica che condiziona il nostro Paese, il cui patrimonio infrastrutturale è palesemente incapace di fronteggiare gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici in corso; dinanzi a questo scenario e ai continui rischi a cui è esposto il Paese appaiono non più rinviabili la pianificazione di un monitoraggio ed una mappatura completa delle zone a rischio, attraverso il coinvolgimento di istituzioni competenti, enti locali ed esperti, al fine di rivolgere ai siti interessati, opportunamente studiati ed analizzati, specifici interventi strutturali – risolutivi e sistemici – che non si risolvano in misure tampone che rischiano di limitarsi alla gestione dell'emergenza in atto, lasciando inevase tutte le altre situazioni a rischio del Paese;
    sono evidenti, infatti, i danni provocati da frane, inondazioni e alluvioni, che deturpano una vasta percentuale del territorio nazionale: risultano più di 29.000 i chilometri quadrati di territorio nazionale che presentano elevati aspetti di criticità sotto il profilo idrogeologico e più di 10 milioni i cittadini che vivono in insediamenti abitati in aree a rischio. Inoltre, negli ultimi decenni l'intero patrimonio territoriale nazionale ha subito una progressiva riduzione delle aree naturali a vantaggio di un incremento degli insediamenti urbani e industriali, con incrementi vicini anche al 500 per cento rispetto ai primi anni del dopoguerra;
    si sottolinea, pertanto, che la capacità di consentire la gestione degli effetti dei cambiamenti climatici, già in atto e attesi a partire dal prossimo decennio, con le esigenze sociali, le istanze economiche e tecnologiche costituisca una sfida importante per la gestione delle risorse del nostro territorio, segnatamente in quelle aree dove la tenuta e la stabilità del suolo sono maggiormente in crisi;
    la maggiore sensibilità per le tematiche ambientali e l'aspettativa di trasparenza e partecipazione da parte della società, da un lato, il rilevante peso degli usi produttivi delle risorse, dall'altro, uniti alla crescente e abbondante disponibilità d'informazioni prodotte da tecnologie di monitoraggio innovative e di modelli di previsione sempre più affidabili, sono elementi da considerare in modo coordinato, per indirizzare la governance del territorio, valorizzare in modo armonico le risorse locali e rendere più resilienti le comunità locali;
    la complessità dello scenario richiede di affrontare le questioni evidenziate in premessa con una visione sistemica del territorio, che non si limiti ad affrontare la singola emergenza, ma che consenta una visione integrata, orientata ad una completa «gestione delle risorse» attraverso il coinvolgimento di tutti i soggetti direttamente coinvolti. Infatti, lo scenario in evoluzione impone l'individuazione di soluzioni ambiziose con il coinvolgimento di tutte le parti in un processo di pianificazione che consideri tutti gli interessi dei soggetti coinvolti, grazie anche al supporto di strumenti operativi e innovativi in grado di fornire informazioni quantitative, facilitando l'esplorazione delle possibili sinergie tra i vari la varie parti interessate e delle azioni da compiere anche quotidianamente. In questa prospettiva, risultano esemplificativi i progetti So-Watch del Politecnico di Milano, che si propone di studiare le strategie di adattamento per la gestione delle risorse idriche in condizioni di cambiamento climatico e socio-economico, ed il progetto Adapt cofinanziato dal Programma Interreg Italia-Francia marittimo 2014-2020, che ha l'obiettivo di individuare strategie di adattamento delle città italiane e francesi dell'Alto Tirreno alle conseguenze dei cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle alluvioni causate dalle cosiddette «bombe d'acqua»;
    in tal senso, non si può trascurare la necessità di evitare il consumo di nuovo suolo privilegiando modalità di intervento che ottimizzino l'impiego dei fattori «territorio e ambiente» in una prospettiva di sostenibilità e che siano, pertanto, anche volte al recupero e alla riconversione di siti industriali esistenti, cresciuti in numero e diffusione territoriale, in funzione delle successive fasi di industrializzazione del secolo scorso e che oggi, invece, in ragione dei fenomeni di deindustrializzazione, presentano elevati livelli di contaminazione ambientale e di rischio per la salute dei cittadini;
    appare non trascurabile l'analisi dell'impatto sulla salute degli eventi correlati ai cambiamenti climatici: secondo il rapporto « The Lancet countdown 2019: tracking progress on health and climate change», redatto da 120 esperti di 35 istituzioni accademiche internazionali e agenzie delle Nazioni Unite, con l'obiettivo di fornire elementi e strumenti più adeguati ai Governi affinché adottino politiche adeguate alle criticità connesse ai cambiamenti climatici, tra le altre cose, evidenzia la correlazione tra utilizzo di fonti fossili per la produzione di energia e peggioramento della qualità dell'aria, oltre che la correlazione tra l'incremento delle temperatura e la diffusione di malattie infettive: con riferimento all'Italia, soltanto nel 2016 sono stati registrati 45.600 decessi prematuri a seguito dell'esposizione a Pm 2.5, un dato tra i più alti in Europa;
    inoltre, è evidente la correlazione tra dinamiche di mercato e rispetto della sostenibilità ambientale sul versante economico-produttivo; infatti, il carattere elevato dei volumi di prodotti importati da paesi extra Unione europea che non rispettano gli standard europei di tutela ambientale, oltre che gli standard di salute e sicurezza sul lavoro, e la conseguente alterazione della concorrenza con effetto distorsivo sul mercato sollevano molteplici quesiti circa la compatibilità di tali immissioni di prodotti nel mercato europeo con le misure di sostenibilità ambientale ed economico-sociale perseguite nella cornice europea. Su questo versante l'ipotesi di prevedere delle misure di contrasto all'importazione di prodotti da Paesi extra Unione europea che non rispettano gli standard ambientali, salariali e di sicurezza vigenti in ambito europeo risulterebbe in linea con gli interventi strutturali di sostenibilità economico-sociale perseguiti, configurandosi anche come una misura di deterrenza verso quei Paesi che ancora sono sostenitori di ragioni ostative agli impegni a tutela ambientale contratti in sede internazionale;
    l'assenza di una cultura ambientale nel nostro Paese che parta dalle scuole e che porti ad una sensibilizzazione crescente verso la tutela dell'ambiente ed il suo rispetto e verso la cultura del risparmio energetico, l'eliminazione degli sprechi, la mobilità sostenibile rappresenta un fattore ostativo all'evoluzione in chiave sostenibile della società: l'Italia è fanalino di coda in Europa, segnatamente per quanto riguarda la presenza di tali tematiche tra le materie oggetto di approfondimento e di insegnamento nelle scuole; infatti, i programmi scolastici non affrontano in maniera adeguata e univoca questi temi fondamentali per le future generazioni, spesso affidati alla discrezionalità e sensibilità dei singoli insegnanti;
    in data 19 novembre 2019 la Camera dei deputati ha approvato una mozione unitaria sulle iniziative a favore della città di Venezia alla luce dell'emergenza che ha interessato la città in queste ultime settimana, che hanno contribuito a renderla metafora per eccellenza del rischio correlato ai mutamenti climatici e degli effetti devastanti di questo sugli insediamenti urbani: nella suddetta mozione, tra le altre cose, il Governo si è impegnato ad istituire nella città di Venezia un Centro internazionale sui cambiamenti climatici, per valorizzare il patrimonio di conoscenze maturate da soggetti pubblici e privati, al fine di renderlo riferimento per l'approfondimento e lo studio internazionale sui fenomeni legati ai cambiamenti climatici,

impegna il Governo:

1) a superare i generici impegni programmatici e cronologici in materia di lotta ai cambiamenti climatici e ad adottare iniziative per definire quelle attività antropiche che contribuiscono, direttamente o indirettamente, all'incremento delle temperature con chiari indirizzi per una loro graduale diminuzione: centrali elettriche a carbone o a olio combustibile, incenerimento dei rifiuti anche legati alla produzione di energia, trasporto su gomma, riscaldamenti con combustibili fossili, deforestazione, consumo del territorio in particolare attraverso l'espansione delle città;

2) ad adottare, anche con il coinvolgimento del Parlamento, iniziative volte all'attuazione degli impegni di cui agli accordi siglati in sede internazionale finalizzati alla riduzione delle emissioni di gas serra e all'attuazione della progressiva transizione energetica verso la decarbonizzazione;

3) a promuovere l'impegno dell'Unione europea per l'attuazione della carbon neutrality entro il 2050;

4) ad incentivare la ricerca scientifica in materia di adattamento climatico urbano, attraverso la sperimentazione di nuovi materiali e nuove tecnologie sul versante dell'edilizia nella prospettiva di ridurre i consumi energetici, dando priorità alla manutenzione costante del territorio e delle infrastrutture;

5) ad avviare un monitoraggio ed una mappatura completa delle zone e delle infrastrutture a rischio idrogeologico, attraverso il coinvolgimento di istituzioni competenti, enti locali ed esperti, al fine di rivolgere ai siti interessati specifici interventi strutturali – risolutivi e sistemici – che non si risolvano in misure di gestione dell'emergenza, che rischiano di limitarsi alle criticità in atto, lasciando inevase tutte le altre situazioni a rischio del Paese;

6) ad adottare tutte le iniziative necessarie per stanziare adeguate risorse per favorire la prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico e gli interventi a difesa del suolo, ivi inclusi quelli destinati alla lotta all'erosione costiera, promuovendo il rafforzamento e lo sviluppo delle attività di complesso monitoraggio del territorio nazionale;

7) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere un corpo specialistico di polizia ambientale a ordinamento civile con funzioni di tutela ambientale, delle foreste, del paesaggio e della biodiversità, come strumento attivo di tutela del patrimonio ambientale, nonché di prevenzione e di contrasto del rischio idrogeologico;

8) a promuovere, partendo dalle scuole di ogni ordine e grado, una maggiore sensibilizzazione dei cittadini verso gli effetti dei cambiamenti climatici, promuovendo best practice tese alla tutela dell'ambiente;

9) a promuovere l'introduzione di dazi, inquadrabili come dazi di civiltà, su quei prodotti di importazione provenienti da Paesi extra Unione europea che non rispecchiano gli standard di tutela ambientale, unitamente a quelli salariali e di salute e sicurezza sul lavoro, vigenti in ambito europeo, al fine di evitare un pericoloso dumping sociale e contrastare fenomeni di concorrenza sleale;

10) a valutare l'opportunità di promuovere progetti di ricerca orientati all'individuazione di strategie di adattamento per la gestione delle risorse naturali in condizioni di cambiamento climatico e socio-economico;

11) a predisporre un tavolo tecnico multilivello teso all'individuazione, al monitoraggio e all'approfondimento dei rischi per la salute dovuti al deterioramento eco-sistemico e all'interrelazione di questo con il cambiamento climatico, nella prospettiva di pianificare azioni volte al contenimento e alla sensibilizzazione della popolazione circa i rischi sulla salute umana;

12) a farsi portavoce, nelle competenti sedi internazionali, dell'individuazione di regole e parametri condivisi a livello globale finalizzati alla concreta e fattiva attuazione degli accordi siglati in sede internazionale.
(1-00299) «Meloni, Lollobrigida, Butti, Luca De Carlo, Foti, Trancassini, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Varchi, Zucconi».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per definire quelle attività antropiche che contribuiscono, direttamente o indirettamente, all'incremento delle temperature con chiari indirizzi per una loro graduale diminuzione: centrali elettriche a carbone o a olio combustibile, incenerimento dei rifiuti anche legati alla produzione di energia, trasporto su gomma, riscaldamenti con combustibili fossili, deforestazione, consumo del territorio in particolare attraverso l'espansione delle città;

2) ad adottare, anche con il coinvolgimento del Parlamento, iniziative volte all'attuazione degli impegni di cui agli accordi siglati in sede internazionale finalizzati alla riduzione delle emissioni di gas serra e all'attuazione della progressiva transizione energetica verso la decarbonizzazione;

3) a promuovere l'impegno dell'Unione europea per l'attuazione della carbon neutrality entro il 2050;

4) ad incentivare la ricerca scientifica in materia di adattamento climatico urbano, attraverso la sperimentazione di nuovi materiali e nuove tecnologie sul versante dell'edilizia nella prospettiva di ridurre i consumi energetici, dando priorità alla manutenzione costante del territorio e delle infrastrutture;

5) ad avviare un monitoraggio ed una mappatura completa delle zone e delle infrastrutture a rischio idrogeologico, attraverso il coinvolgimento di istituzioni competenti, enti locali ed esperti, al fine di rivolgere ai siti interessati specifici interventi strutturali – risolutivi e sistemici – che non si risolvano in misure di gestione dell'emergenza, che rischiano di limitarsi alle criticità in atto, lasciando inevase tutte le altre situazioni a rischio del Paese;

6) ad adottare tutte le iniziative necessarie per stanziare adeguate risorse per favorire la prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico e gli interventi a difesa del suolo, ivi inclusi quelli destinati alla lotta all'erosione costiera, promuovendo il rafforzamento e lo sviluppo delle attività di complesso monitoraggio del territorio nazionale;

7) a promuovere, partendo dalle scuole di ogni ordine e grado, una maggiore sensibilizzazione dei cittadini verso gli effetti dei cambiamenti climatici, promuovendo best practice tese alla tutela dell'ambiente;

8) a valutare l'opportunità di promuovere progetti di ricerca orientati all'individuazione di strategie di adattamento per la gestione delle risorse naturali in condizioni di cambiamento climatico e socio-economico;

9) a valutare l'opportunità di predisporre un tavolo tecnico multilivello teso all'individuazione, al monitoraggio e all'approfondimento dei rischi per la salute dovuti al deterioramento eco-sistemico e all'interrelazione di questo con il cambiamento climatico, nella prospettiva di pianificare azioni volte al contenimento e alla sensibilizzazione della popolazione circa i rischi sulla salute umana;

10) a farsi portavoce, nelle competenti sedi internazionali, dell'individuazione di regole e parametri condivisi a livello globale finalizzati alla concreta e fattiva attuazione degli accordi siglati in sede internazionale.
(1-00299)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Meloni, Lollobrigida, Butti, Luca De Carlo, Foti, Trancassini, Acquaroli, Baldini, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Varchi, Zucconi».


   La Camera,
   premesso che:
    i cambiamenti climatici, anche quale causa e moltiplicatore di altri rischi ambientali, rappresentano una sfida decisiva e ineludibile per tutti i Paesi e per l'umanità;
    nel dicembre 2015, alla Conferenza sul Clima di Parigi (COP21), 195 Paesi hanno adottato un importante accordo universale e vincolante sul clima mondiale. Si tratta di un sensibile passo avanti di un percorso ancora lungo e non facile volto a contrastare il surriscaldamento globale. L'accordo ha definito un piano d'azione globale, inteso a rimettere il mondo sulla buona strada per limitare il riscaldamento globale. I Governi hanno concordato di mantenere l'aumento medio della temperatura mondiale a 1,5 gradi centigradi, e comunque ben al di sotto di 2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine, e di fornire ai Paesi in via di sviluppo un sostegno internazionale continuo e più consistente all'adattamento;
    sono obiettivi impegnativi che devono inevitabilmente tradursi in nuove opportunità di crescita economica e di occupazione, anche attraverso lo sviluppo di tecnologie pulite e dell'innovazione;
    nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, l'Accordo ha compreso elementi per una riduzione progressiva delle emissioni globali di gas serra e si è basato, per la prima volta, su principi comuni validi per tutti i Paesi. Uno degli obiettivi principali è stato quello di orientare i flussi finanziari privati e statali verso uno sviluppo a basse emissioni di gas serra e di migliorare la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici;
    per mettere a punto quanto stabilito con l'Accordo di Parigi del 2015 (COP21) e proseguire sulle iniziative comuni volte al contrasto del riscaldamento globale, si sono svolte: la Conferenza di Marrakech nel 2016 (COP22), la Conferenza di Bonn nel 2017 (COP 23), la Conferenza sul clima di Katowice (COP24) nel dicembre 2018. Il prossimo summit globale sul clima dell'Onu si terrà a Madrid nel dicembre 2019;
    il rapido processo verso un'economia a basse emissioni di carbonio, come chiedono gli accordi di Parigi 2015, perché sia efficace, dovrebbe vedere pienamente coinvolti Usa, Cina e i maggiori Paesi in via di sviluppo e purtroppo non può essere sufficiente il ruolo dell'Europa, che peraltro si conferma essere la più virtuosa sotto questo aspetto;
    la sfida climatica da vincolo si deve trasformare in opportunità economica e si deve affrontare con più innovazione, con nuove tecnologie in grado di creare posti di lavoro;
    in quest'ottica, bisogna avere la consapevolezza che, senza modificare fortemente l'attuale sistema produttivo, non sarà possibile fermare il riscaldamento globale. E va da sé che il sistema produttivo lo si modifica solo con interventi a monte, in primo luogo con una nuova politica energetica che favorisca l'utilizzazione di tecnologie e fonti energetiche a basse emissioni di carbonio e definisca una vera e propria road map verso l'inevitabile decarbonizzazione che riguardi tutti i settori, attraverso investimenti pubblici, incentivi fiscali e semplificazione;
    l'ambiente è tema trasversale: impone soluzioni coordinate sia sul piano industriale sia per gli usi civili e richiede modelli di sviluppo nuovi, in grado di affrontare realtà profondamente diverse e armonizzarle in direzione di un comune obiettivo di crescita socio-economica;
    la trasformazione è inevitabile, chi partirà prima più sarà avvantaggiato in futuro;
    oggi ha poco senso discutere sul «se». Occorre piuttosto metter in atto le molteplici sfide che l'ambiente pone alla classe politica e alla società civile. Peraltro, ogni risposta possibile, in questa prospettiva, deve necessariamente partire, per quanto riguarda il nostro Paese, dal livello più alto dell'ordinamento: la Costituzione. È infatti il momento di adeguare la «lettera» della Carta, nella convinzione che la Costituzione sia anche, e prima di tutto, la tavola dei valori della comunità, in cui ciascuno deve riconoscersi. L'ambiente è ormai parte integrante della cultura e dell'ordinamento italiani e, dunque, non può non trovare riconoscimento formale nella Carta;
    di tutto ciò la gran parte della comunità internazionale ne è consapevole e si sta muovendo in questa direzione. Ma se la direzione è giusta, va accelerato il passo e quindi vanno accelerate le decisioni di politica economica e industriale di contrasto al global warming;
    la Germania di Angela Merkel ha deciso di stanziare 100 miliardi di euro entro il 2030 (54 entro il 2023) per riconvertire l'economia nel segno della sostenibilità, con l'obiettivo di diminuire le emissioni di gas serra del 55 per cento entro il 2030 e diventare «neutrali» dal punto di vista climatico entro il 2050;
    il Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha fin da subito posto la centralità dell'ambiente nell'azione del suo Esecutivo, dando nuovo impulso all'impegno, avanzato dalla Commissione nel 2018, di azzerare le emissioni entro il 2050. E ha proposto di alzare l'asticella fissata per il 2030, portando il taglio dal 40 al 50 per cento rispetto ai livelli del 1990. Secondo l'Agenzia europea per l'ambiente, nel 2020 si raggiungerà una riduzione del 26 per cento;
    le nuove politiche ambientali dell'Unione europea puntano su un forte rilancio degli investimenti in energia e infrastrutture, in una fase di stagnazione economica. La transizione a un'economia a zero emissioni, secondo la Commissione europea, dovrebbe portare a un 2 per cento in più di prodotto interno lordo entro il 2050;
    nel bilancio 2014-2020, l'Unione europea ha destinato il 20 per cento della sua spesa (206 miliardi di euro) in programmi legati al climate change;
    nella proposta di budget 2021-2027, da finalizzare entro fine 2019, si sale al 25 per cento (320 miliardi di euro). Attraverso la partecipazione dei privati, von der Leyen vuole arrivare a mobilitare 1.000 miliardi di euro in investimenti «verdi». Un obiettivo è quello di sbloccare più capitali privati da destinare alle energie rinnovabili e, più in generale, alle tecnologie «pulite»;
    la Banca europea per gli investimenti, uno dei maggiori finanziatori di progetti finalizzati a sostenere obiettivi climatici e ambientali nell'Unione europea, ha fornito negli ultimi cinque anni più di 65 miliardi di euro a favore delle energie rinnovabili, dell'efficienza energetica e della distribuzione di energia;
    sempre la Banca europea per gli investimenti ha annunciato che, nel prossimo decennio, mobiliterà 1.000 miliardi di euro di investimenti sostenibili su ambiente e clima. La quota di finanziamenti dedicati agli obiettivi climatici e ambientali raggiungerà il 50 per cento delle operazioni entro il 2025, mantenendo gli impegni negli anni successivi;
    per quanto riguarda l'Italia, in controtendenza rispetto a un'economia nazionale completamente ferma da troppo tempo, il rapporto GreenItaly, presentato nell'ottobre 2019 da Unioncamere e Fondazione Symbola, dice che oltre 432 mila imprese italiane negli ultimi 5 anni hanno investito in prodotti e tecnologie green per ridurre l'impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di anidride carbonica (o prevedono di farlo entro il 2019). In Italia le persone che lavorano in questo settore sono 3,1 milioni, il 13,4 per cento degli occupati. Complessivamente il 21,5 per cento delle imprese investe su prodotti e tecnologie green. E nei prossimi 5 anni, l'economia circolare e sostenibile offrirà un'opportunità di lavoro su 5 sia nel settore privato, sia in quello pubblico;
    il potenziale di crescita e di nuove opportunità per l'economia e le imprese legate allo sviluppo dell'economia verde è enorme;
    la transizione climatica deve avvenire nei tempi decisi a livello internazionale, ma si devono tenere in considerazione anche le implicazioni che un rapido cambiamento del modello di sviluppo, come conosciuto fino ad oggi, ha inevitabilmente su una parte del mondo produttivo e dei lavoratori, maggiormente coinvolti nella «obbligata» ma necessaria riconversione;
    sotto questo aspetto, affinché la transizione sia realmente efficace, è indispensabile che gli aggiustamenti per la lotta al cambiamento climatico e la salvaguardia dell'ambiente siano anche equi e giusti;
    se la transizione ecologica significa nuove opportunità per ampi settori produttivi, essa porta con sé anche svantaggi per quei settori produttivi e quei lavoratori che hanno meno alternative e quindi maggiori difficoltà ad adeguarsi al cambio di paradigma, in quanto operano in settori dove è più difficile riconvertirsi se non a costi assai elevati. È questo un aspetto assai importante, ma a volte sottovalutato;
    la sostenibilità ambientale è ormai un'esigenza ineludibile che impone una nuova visione di sviluppo, ma la sostenibilità ambientale deve essere perseguita parallelamente con la sostenibilità economica;
    il nuovo paradigma deve essere perseguito tenendo in considerazione che per molte imprese adattarsi al nuovo corso green richiede tempo, tante risorse e fatica imprenditoriale e che può mettere in difficoltà la stessa tenuta occupazionale, e di questo non si può non tenerne conto;
    un settore decisivo per il controllo del global warming è certamente quello dell'economia circolare e dello sviluppo delle filiere del recupero, attraverso l'uso di materiali e beni riciclati;
    i mutamenti climatici sono infatti collegati anche all'utilizzo di materie prime. Il 62 per cento delle emissioni di gas a effetto serra avviene durante il processo di estrazione e lavorazione delle materie prime. Ogni anno l'economia mondiale consuma quasi 93 miliardi di tonnellate di materie prime, ma solamente il 9 per cento di queste vengono riutilizzate;
    favorire il trattamento dei rifiuti ai fini del loro recupero e riutilizzo nel sistema produttivo non solo fa bene all'ambiente, ma permette a moltissime aziende della filiera che investono nel nostro Paese di essere competitive anche rispetto alla concorrenza estera;
    come ha recentemente ricordato il presidente di Assolombarda all'assemblea generale dell'associazione, «il problema numero uno nell'ambito non energetico è chiudere integralmente il ciclo del trattamento dei rifiuti, industriali e urbani. Rifiuti che continuiamo a esportare nel mondo pagando miliardi, quando non sono poi gestiti dalle ecomafie»;
    gran parte del nostro Paese fatica enormemente a gestire efficacemente la gestione dei rifiuti, con la conseguenza di convivere con una grave e perdurante emergenza. Uno dei problemi principali, se non il principale, è infatti l'estrema carenza degli impianti necessari per trattare in sicurezza i rifiuti e chiudere integralmente il ciclo del loro trattamento. Si tratta di impianti indispensabili per poter rispettare gli obiettivi europei di riciclo. Senza questi impianti i costi crescono, le aziende dell'ambiente si fermano e si impedisce di fatto anche lo sviluppo dell'economia circolare. Laddove esiste un ciclo integrato dei rifiuti grazie ad un parco impiantistico sviluppato, viene ridotto significativamente l'utilizzo della discarica;
    una cattiva gestione del ciclo dei rifiuti si ripercuote inevitabilmente su un'altra emergenza collegata: ossia la presenza ingente di rifiuti plastici nell'ambiente e in particolare in quello marino, dove ha ormai assunto le dimensioni di una sfida complessa e globale. Su 150 tartarughe morte spiaggiate, i ricercatori dicono che i tre quarti hanno plastica nel corpo. Recentemente è stato reso pubblico il rapporto Ispra, che ricorda come complessivamente ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare, di cui il 7 per cento nel Mediterraneo;
    nonostante i buoni proclami di questo come degli ultimi passati Governi, il nostro Paese risulta essere ancora carente sul fronte delle misure per la lotta allo smog;
    i preoccupanti recenti dati pubblicati dall'Agenzia europea per l'ambiente (Aea), nel rapporto annuale sulla qualità dell'aria, indicano l'Italia come primo Paese dell'Unione europea per morti premature da biossido di azoto e nel gruppo di quelli che sforano sistematicamente i limiti di legge per i principali inquinanti atmosferici. Come riportato nei report dell'Agenzia europea per l'ambiente, nel nostro Paese le morti premature attribuibili all'inquinamento atmosferico sono oltre 60 mila l'anno, senza contare i costi collegati alla salute derivanti dall'inquinamento. I troppi superamenti dei limiti previsti di biossido di azoto riguardano molte delle città italiane;
    il fatto è che, al di là dell'impegno dei singoli sindaci e amministratori locali, il Governo centrale deve dare il suo contributo anche in termini di risorse finanziarie;
    devono essere messe in campo ben altre cifre per favorire e investire sulla mobilità pubblica nelle aree urbane, con particolare riguardo a quella elettrica e su rotaia e sul trasporto pubblico regionale, fino ad arrivare alla necessaria riqualificazione degli edifici pubblici per quanto riguarda l'efficientamento energetico;
    il nostro Paese continua a non avere un efficace programma di contrasto all'inquinamento atmosferico e un'integrata strategia antismog;
    a ciò si aggiunga che il 10 per cento dei cittadini è a rischio sanitario, perché vive in aree contaminate che avrebbero urgente bisogno di bonifiche ambientali;
    a fronte di tante criticità, il nostro Paese, per ora, propone timide iniziative e scarsissime risorse dedicate. Il Governo si presenta con misure e interventi assolutamente non all'altezza della situazione: nel disegno di legge di bilancio per il 2020, così come nel «decreto clima», entrambi all'esame del Parlamento, ci sono alcune misure, ma del tutto insufficienti e inadeguate, così come si vede poco in termini di risorse finanziarie stanziate. E la stessa sottovalutazione delle forti criticità ambientali è riscontrabile nelle misure del Governo previste nel disegno di legge «Salvamare», volte a contrastare la presenza di rifiuti nelle acque marine e interne,

impegna il Governo:

1) ad accelerare l'attuazione delle misure di contrasto ai cambiamenti climatici e a implementare tutte le iniziative necessarie a consentire il raggiungimento, nei tempi previsti, degli ambiziosi obiettivi ambientali e di sostenibilità previsti dagli accordi internazionali e firmati dal nostro Paese;

2) a mettere in atto tutte quelle iniziative volte a sostenere, nel rapido processo di adattamento produttivo legato alla transizione ecologica in atto, quella parte importante delle attività produttive, del mondo industriale e dei lavoratori maggiormente coinvolti e che hanno maggiori difficoltà ad adeguarsi al cambio di paradigma, in quanto operanti in settori dove è più difficile riconvertirsi se non a costi molto elevati e con conseguenze negative anche per la tenuta occupazionale;

3) ad avviare un tavolo permanente di confronto con i suddetti soggetti coinvolti, al fine di individuare le iniziative e gli strumenti più adeguati a sostenerli per adattarsi al meglio alle nuove sfide;

4) a favorire maggiormente le startup e le aziende che innovano sui prodotti esistenti e sulla loro modalità di produzione e a incrementare iniziative e risorse a favore dell'efficienza energetica dell'edilizia, dell'industria e dei trasporti e dello sviluppo di tecnologie elettro-efficienti in ambito residenziale;

5) ad adottare iniziative per prevedere, d'intesa con regioni ed enti locali, le necessarie risorse volte a finanziare credibili ed efficaci misure di contrasto all'inquinamento atmosferico, che, secondo i report dell'Agenzia ambientale europea (Eea), provoca nel nostro Paese 60 mila morti premature l'anno e vede l'Italia come primo Paese dell'Unione europea per morti premature da biossido di azoto;

6) ad adottare iniziative per varare un reale ed efficace piano per la mobilità urbana ecosostenibile, attraverso l'introduzione di incentivi fiscali per cittadini e imprese, misure di semplificazione, nonché una capillare diffusione delle infrastrutture necessarie per la mobilità elettrica;

7) a implementare tutte le iniziative volte a incentivare l'economia circolare e a favorire lo sviluppo delle filiere legate al recupero e all'uso dei materiali e dei beni riciclati;

8) ad adottare le necessarie iniziative improcrastinabili, volte a favorire la chiusura integrale del ciclo del trattamento dei rifiuti, anche attraverso la realizzazione degli impianti indispensabili per rispettare gli obiettivi europei di riciclo e necessari per recuperare e trattare in sicurezza i rifiuti e chiudere il ciclo del loro trattamento;

9) ad adottare le iniziative di competenza per garantire un'autonomia finanziaria degli enti locali che impegnano le risorse derivanti dalla tassazione alle imprese in investimenti nel settore energetico-ambientale per la riduzione delle emissioni di gas serra e per il miglioramento della gestione del ciclo dei rifiuti.
(1-00300) «Labriola, Prestigiacomo, Gelmini, Cortelazzo, Casino, Giacometto, Mazzetti, Ruffino».


   La Camera

impegna il Governo:

1) ad accelerare l'attuazione delle misure di contrasto ai cambiamenti climatici e a implementare tutte le iniziative necessarie a consentire il raggiungimento, nei tempi previsti, degli ambiziosi obiettivi ambientali e di sostenibilità previsti dagli accordi internazionali e firmati dal nostro Paese;

2) a mettere in atto tutte quelle iniziative volte a sostenere, nel rapido processo di adattamento produttivo legato alla transizione ecologica in atto, quella parte importante delle attività produttive, del mondo industriale e dei lavoratori maggiormente coinvolti e che hanno maggiori difficoltà ad adeguarsi al cambio di paradigma, in quanto operanti in settori dove è più difficile riconvertirsi se non a costi molto elevati e con conseguenze negative anche per la tenuta occupazionale;

3) a valutare l'opportunità di avviare un tavolo permanente di confronto con i suddetti soggetti coinvolti, al fine di individuare le iniziative e gli strumenti più adeguati a sostenerli per adattarsi al meglio alle nuove sfide;

4) a supportare le startup e le aziende che innovano sui prodotti esistenti e sulla loro modalità di produzione e a incrementare iniziative e risorse a favore dell'efficienza energetica dell'edilizia, dell'industria e dei trasporti e dello sviluppo di tecnologie elettro-efficienti in ambito residenziale;

5) ad adottare iniziative per prevedere, d'intesa con regioni ed enti locali, le necessarie risorse volte a finanziare credibili ed efficaci misure di contrasto all'inquinamento atmosferico, che, secondo i report dell'Agenzia ambientale europea (Eea), provoca nel nostro Paese 60 mila morti premature l'anno e vede l'Italia come primo Paese dell'Unione europea per morti premature da biossido di azoto;

6) ad adottare iniziative per varare un reale ed efficace piano per la mobilità urbana ecosostenibile, attraverso l'introduzione di incentivi fiscali per cittadini e imprese, misure di semplificazione, nonché una capillare diffusione delle infrastrutture necessarie per la mobilità elettrica;

7) a implementare tutte le iniziative volte a incentivare l'economia circolare e a favorire lo sviluppo delle filiere legate al recupero e all'uso dei materiali e dei beni riciclati;

8) ad adottare le necessarie iniziative improcrastinabili, volte a favorire la chiusura integrale del ciclo del trattamento dei rifiuti, anche attraverso la realizzazione degli impianti indispensabili per rispettare gli obiettivi europei di riciclo e necessari per recuperare e trattare in sicurezza i rifiuti e chiudere il ciclo del loro trattamento;

9) a valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per garantire un'autonomia finanziaria degli enti locali che impegnano le risorse derivanti dalla tassazione alle imprese in investimenti nel settore energetico-ambientale per la riduzione delle emissioni di gas serra e per il miglioramento della gestione del ciclo dei rifiuti.
(1-00300)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Labriola, Prestigiacomo, Gelmini, Cortelazzo, Casino, Giacometto, Mazzetti, Ruffino».


Risoluzione

   La Camera,
   premesso che:
    il cambiamento climatico è una realtà che impatta con la nostra stessa vita, sconvolgendo gli ecosistemi e la biodiversità e causando ingiustizia sociale;
    l'attuale sistema economico e commerciale, basato sul paradigma della crescita, il consumo illimitato di risorse ed i falsi indicatori economici quali il prodotto interno lordo accelerano il cambiamento climatico, spingendo i Paesi e le comunità verso condizioni di vulnerabilità e instabilità sempre più gravi. Le regole commerciali e i sistemi economici dovrebbero supportare il principio di sussidiarietà, a vantaggio delle economie e dei sistemi alimentari locali, riducendo così le nostre emissioni di carbonio e al contempo aumentando la partecipazione democratica e migliorando la qualità della vita;
    con il rapporto speciale 1,5o dell'Ipcc (Intergovernmental panel on climate change), la comunità scientifica si dice che si deve accelerare fortemente l'azione per il clima se si vuole limitare il riscaldamento globale, confermando quanto annunciato già alla Prima Conferenza mondiale sul clima (nel 1979 a Ginevra), Vertice di Rio nel 1992, il Protocollo di Kyoto nel 1997 e l'Accordo di Parigi nel 2015. Tuttavia, le emissioni di gas serra (GHG) continuano ad aumentare rapidamente, con effetti sempre più dannosi per il clima;
    nonostante questi negoziati, l'umanità continua a svolgere le proprie attività accelerando la crisi climatica come confermato dai rapporti IPCC 2018 e 2019. Questo andamento causa reazioni climatiche a catena che potrebbe condurre a una « Hothouse Earth» fuori dal controllo dell'umanità (Steffen et al. 2018);
    nel 2017 le concentrazioni di gas serra hanno raggiunto nuovi record nel 2017, con la CO2 a 405.5 ppm (+146 per cento rispetto ai livelli preindustriali). Rispetto al 1990, la capacità dei gas serra di alterare il bilancio energetico terrestre (forzante radiativo) è aumentata del 41 per cento (WMO Greenhouse Gas Bulletin – No. 14). La causa sono le attività umane, e in primo luogo l'utilizzo di combustibili fossili. Nel 2010, il 35 per cento delle emissioni globali provenivano dal settore dell'approvvigionamento energetico, il 24 per cento dal settore dell'agricoltura, silvicoltura e altri usi della terra, il 21 per cento dall'industria, il 14 per cento dai trasporti e il 6,4 per cento dagli edifici (Ipcc Fifth Assessment Report). Il 71 per cento di tutte le emissioni industriali dal 1970 a oggi sono state causate da appena 100 industrie produttrici di combustibili fossili (CDP Carbon Majors Report 2017);
    i segnali preoccupanti vengono da aumento sostenuto della popolazione e degli animali da allevamento, della produzione pro-capite di carne, dell'erosione della biodiversità vegetale, la perdita globale di copertura arborea, dal consumo di combustibili fossili, dal numero di passeggeri dei voli aerei, dalle emissioni di anidride carbonica (CO2), e delle emissioni pro-capite di CO2 a partire dall'anno 2000. La deforestazione a livello globale aumenta anche a causa dei vasti incendi (Brasile, Australia, Africa, Russia, ed Americhe). Per incentivare il consumo di energia solare ed eolica è necessaria una tassa sul carbonio molto più elevata (come riporta il Ipcc 2018, sezione 2.5.2.1);
    particolarmente preoccupanti sono i concomitanti andamenti dei «segni vitali» degli impatti climatici. Tre abbondanti gas serra (CO2, metano e protossido di azoto) aumentano tuttora in atmosfera così come la temperatura superficiale globale. Evidente è la riduzione dell'estensione minima di ghiaccio estivo nell'oceano artico, della calotta glaciale in Groenlandia e in Antartide, e dello spessore dei ghiacciai in tutto il mondo. La conseguente riduzione di permafros libera immani masse di CO2 e metano. Si registra un notevole impatto sulla vita marina, d'acqua dolce e terrestre: dal contenuto di calore degli oceani, all'acidità, al livello del mare dal plancton ai coralli, fino ai pesci e alle foreste (IPCC 2018, 2019);
    l'agricoltura industrializzata, basata su chimica e monocolture, combustibili fossili, sistemi alimentari globalizzati, trasporti ad alta intensità energetica e a lunga distanza, sistemi di distribuzione centralizzati è dipendente da alti apporti di energia e acqua, favorendo l'insicurezza alimentare;
    la pesca e le attività marittime già risentono direttamente dei mutamenti climatici e tendenzialmente subiranno ulteriori condizionamenti ai quali dovranno adattarsi. Dalla riduzione degli stock ittici, su cui incide ovviamente già di per sé la pressione di prelievo, ai mutamenti degli equilibri ecologici connessi per esempio a invasioni aliene, incluse nuove patologie, favorite dalle mutate condizioni, al peggioramento delle condizioni meteo ostacolo all'attività di pesca in sicurezza per gli operatori (allo stato attuale dei mezzi nautici impiegati), solo per citarne alcuni. L'innalzamento termico dei corpi idrici, primaria causa di modifiche complessive, riceve, inoltre, contributi da tali attività e dagli scambi termici antropici in genere. Non ultimi si rilevano apporti antropici di nutrienti e sostanze organiche, causa di incremento dei fenomeni degenerativi;
    i prodotti agricoli, gli alimenti, le fibre e i combustibili Ogm ed Nbt (equiparati come da sentenza Corte giustizia europea nella causa C-528/16) aggravano tutti i difetti delle monocolture industriali: più uniformità genetica e quindi meno resilienza agli stress biotici e abiotici, maggiore fabbisogno di acqua e pesticidi. Portano, inoltre, a brevetti monopolistici che non solo ledono i diritti degli agricoltori, ma impediscono anche alla ricerca sulla biodiversità di concentrarsi sull'adattamento al cambiamento climatico come per il miglioramento genetico partecipativo in campo con specie e varietà autoctone;
    per restare entro 1.5oC (2oC) nel 2030 le emissioni dovrebbero essere del 45 per cento (25 per cento) più basse rispetto al 2010 ed essere pari a zero già nel 2050 (2070). Se si continuasse su questa strada, già nel 2030 si potrebbe raggiungere un riscaldamento globale di +1.5o C, e a fine secolo si potrebbe arrivare a oltre 4oC in più (IPCC Special Report: Global Warming of 1.5o C). A livello globale, un riscaldamento di anche solo di 1.5o C significa interi ecosistemi distrutti ed estinzione di massa della biodiversità, aumento inondazioni, 350 milioni di persone esposte a rischio idrico e siccità, 46 milioni colpite dall'innalzamento del livello dei mari, il 9 per cento della popolazione mondiale esposta a ondate di calore. Tutto questo porterà al collasso dei sistemi di produzione del cibo, incrementando i conflitti sociali e le migrazioni di massa;
    l'accordo di Parigi a oggi è stato ratificato da 185 Stati più l'Unione europea, che insieme rappresentano oltre l'87 per cento delle emissioni globali. Anche Cina, India e Stati Uniti, che insieme sono responsabili del 42 per cento delle emissioni, lo hanno ratificato, nonostante Trump abbia annunciato di volerne uscire. Con l'Accordo, gli Stati si sono impegnati a mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto della soglia di +2o C rispetto al periodo preindustriale, e di sforzarsi di non superare la soglia di +1.5o C. Ogni Stato ha dichiarato il proprio contributo nazionale verso questo obiettivo (Nationally Determined Contribution – NDC), che potrà poi essere successivamente rivisto al rialzo o al ribasso. Sono stati individuati numerosi limiti dell'Accordo, ma il più grande è che, seppure tutti i NDC venissero pedissequamente implementati, porterebbero nel 2100 a un innalzamento della temperatura globale di oltre 3o C, mancando quindi del tutto l'obiettivo. Per mantenersi entro la soglia di +2o C, gli sforzi attualmente previsti dai Paesi per il 2030 andrebbero triplicati, e quintuplicati se si vuole perseguire l'obiettivo di 1.5o C (UNEP Emissions Gap Report 2018);
    al 2017 le emissioni italiane si sono ridotte di appena il 17,4 per cento (Ispra) rispetto al 1990, mentre già nel 2007 l'IPCC chiedeva che i Paesi sviluppati riducessero le emissioni del 25-40 per cento entro il 2020 (IPCC Fourth Assessment Report). I target italiani di riduzione per il futuro sono del tutto insufficienti rispetto a quanto la scienza chiede per sperare di mantenere il riscaldamento globale sotto la soglia degli 1.5o C; anche la proposta di piano nazionale energia e clima presentata a fine 2018 è stata giudicata troppo poco ambiziosa (European Climate Foundation);
    la geografia e la topografia del nostro territorio, compreso tra area mediterranea e zona alpina, ne evidenziano l'estrema fragilità rispetto ai cambiamenti climatici. Le temperature medie italiane sono già circa un grado e mezzo più alte rispetto al periodo preindustriale, con tutte le conseguenze in termini di disponibilità d'acqua, siccità, ondate di calore, ma anche fenomeni estremi come piogge, grandinate e nevicate forti e improvvise, inondazioni, trombe d'aria. L'innalzamento del livello dei mari globale porterà alla scomparsa di molte aree costiere come ad esempio Venezia, Liguria e gran parte della Pianura Padana;
    la giustizia climatica è inseparabile dalla giustizia sociale e ambientale. I cambiamenti climatici non sono solamente un problema ambientale, che riguarda la natura, ma soprattutto una questione politica ed etica, in quanto mettono a repentaglio il godimento di una serie di diritti, in primis quello alla vita, alla salute e al lavoro, e colpiscono tutti ma non tutti allo stesso modo. I Paesi maggiormente coinvolti corrispondono a quelli meno sviluppati, meno responsabili e più impreparati a farvi fronte. Chi non è in nessun modo responsabile della distruzione del clima e dell'ambiente sono le generazioni future, alle quali tuttavia si sta lasciando un pianeta fortemente in crisi;
    oggi sono aumentate esponenzialmente le azioni della società civile che mettono sotto processo i propri Governi per rivendicare il diritto al clima; la prima importante vittoria è nel 2015 della Fondazione Urgenda contro lo Stato olandese, obbligato dalla Corte distrettuale di L'Aja a rivedere i propri target (Climate case – Urgenda), seguita dalla Francia (l'affaire du siècle), all'Irlanda (Climate case Ireland), dal Belgio (Klimaatzaak), alla Svizzera (KlimaSeniorinnen), fino agli Stati Uniti (Juliana v. United States),

impegna il Governo:

1) a riconoscere la gravità dei cambiamenti climatici che già investono l'Italia e ad agire di conseguenza cercando di mitigare, con politiche economiche attive, anche di carattere economico, le migrazioni climatiche e le violazioni dei diritti umani causate anche nei Paesi fragili;
2) ad adottare target e politiche attive di riduzione delle emissioni, in linea con quanto chiede la scienza per mantenere il riscaldamento globale entro la soglia prudenziale di 1,5o C rispetto al periodo preindustriale;
3) ad adottare iniziative per considerare gli alberi patrimonio dell'umanità in virtù del loro indiscutibile valore biologico, di produzione di ossigeno, purificazione dell'aria e riduzione del surriscaldamento globale, oltreché per la loro indispensabile funzione naturalistica, paesaggistica e di sostegno ecologico ed alla salute, alla produzione agricola, all'alimentazione e alla vita stessa dell'ecosistema, dell'umanità e dell'intero pianeta, nonché per la loro importanza infrastrutturale nelle aree urbane;
4) a favorire politiche di risparmio della risorsa idrica e di efficientamento della sua produzione e della rete di distribuzione, di raccolta e gestione di risorse meteoriche e di recupero a fini di riuso e ambientali nei sistemi domestici e collettivi; a incentivare il ripristino della capacità assorbente del suolo agricolo (apporto di compost organico e buone pratiche) e il ripristino di sistemi di muri a secco, prevedendo l'obbligo di riutilizzo di tutti i volumi raccolti e dei reflui depurati; a investire in sistemi innovativi di raccolta dell'umidità atmosferica e di dissalazione;
5) ad assumere iniziative volte a censire e recuperare le aree abbandonate, alla cura di aree verdi condominiali e aree intercluse (orti e foreste urbani), alla concessione per l'agricoltura sociale sostenibile delle aree non curate e a favorire la gestione comunitaria condivisa dei beni abbandonati (pubblici e privati), nell'ottica di una redistribuzione equa delle risorse;
6) ad assumere iniziative per considerare il suolo come patrimonio dell'umanità, in quanto matrice vivente indispensabile ed in virtù della sua capacità di assorbire anidride carbonica, applicando il «bilancio 0» nel consumo di suolo attraverso; a) una moratoria a impianti solari a terra in aree recuperabili ed il recupero delle aree contaminate (decontaminazione, produzioni non alimentari, rinaturalizzazione); b) il sostegno a progetti di forestazione periurbana; c) il ripristino della fertilità e della componente organica (acque di vegetazione, fanghi biologici, sostanza organica da forsu, compost da residui vegetali e animali agricoli, altre biomasse compatibili); d) la promozione del ripristino della biodiversità nella copertura vegetale; e) la prevenzione e il contrasto degli incendi;
7) ad assumere iniziative per supportare il superamento delle monocolture estensive, degli allevamenti intensivi e delle pratiche agricole idroesigenti, nonché per mantenere il controllo ed il divieto di utilizzo nelle varie fasi di produzione di Ogm ed Nbt (equiparati come da sentenza Corte giustizia europea nella causa C-528/16) a favore della massima biodiversità integrata e della resistenza a maggiori contrasti termici, a carenza idrica e a nuove patologie aliene favorite da un clima in tendenziale tropicalizzazione; in tal senso, a favorire metodi di miglioramento genetico partecipativo in campo di specie autoctone che possa garantire un adattamento costante ed efficace anche ai cambiamenti climatici; a supportare lo sviluppo di allevamenti da pascolo basati sulla capacità portante dei pascoli stessi, associati alla garanzia di rifugio dagli eventi estremi e a minori capacità di riserva idroalimentare;
8) a promuovere un nuovo paradigma agricolo ed economico, attraverso una cultura del cibo per la salute in cui la responsabilità ecologica e la giustizia economica abbiano la precedenza sugli odierni sistemi di produzione estrattivi basati su consumo e profitto, incentivando la partecipazione di agricoltori e consumatori nella costruzione di economie virtuose – sostenibili, solidali e locali, riducendo i passaggi logistici (confezionamento, refrigerazione, immagazzinamento e trasformazione);
9) a sostenere e promuovere la coltivazione e la filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e della perdita di biodiversità, nonché come coltura da rotazione i cui prodotti si possono utilizzare come sostituto di plastiche;
10) a programmare un ripensamento dell'intero settore ittico, con l'obiettivo di sostenere l'adeguamento e l'aggiornamento della pesca professionale sia per quanto riguarda l'ammodernamento della flotta, sia per una maggiore sicurezza in mare e una migliore selettività di cattura, anche promuovendo progetti di ricerca/pesca per la resilienza degli stock ittici, favorendo al tempo stesso la riconversione del patrimonio operativo della cattura professionale verso forme di pescaturismo e ludico-sportive in genere potenziando l'acquacoltura sostenibile e multitrofica;
11) ad assumere iniziative per ampliare le aree costiere di tutela e ripopolamento, promuovendo nuove aree marine protette, definendo strategie di protezione delle falde dall'intrusione marina nonché di recupero e tutela dell’habitat dunale;
12) ad assumere come obiettivi fondamentali e caratterizzanti delle politiche di governo Settoriali (nel rispetto dei principi dell'Unione europea e dell'Accordo di Parigi (C0P21) del 2015): la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra o climalteranti responsabili del riscaldamento globale (azioni di mitigazione) e la diminuzione della vulnerabilità dei sistemi naturali, territoriali e socio-economici ai rischi legati ai cambiamenti climatici (azioni di adattamento); lo sviluppo di politiche carbon free, l'implementazione di modelli di sviluppo e stili di vita sostenibili, l'individuazione delle aree territoriali e dei sistemi economici locali maggiormente esposti ai rischi, al fine di definire un quadro di conoscenze scientifiche propedeutico alla pianificazione delle più opportune misure di adattamento;
13) a promuovere l'istituzione di comunità energetiche, quali enti senza finalità di lucro, costituiti al fine di superare l'utilizzo del petrolio e dei suoi derivati, e di agevolare la produzione e lo scambio di energie generate principalmente da fonti rinnovabili, nonché forme di efficientamento e di riduzione dei consumi energetici, investendo nella diversificazione, nella distribuzione delocalizzata e nella compensabilità delle fonti energetiche;
14) ad adottare iniziative per introdurre la «valutazione di resilienza» nelle procedure Via e Vas e Vis, ai fini della stima della resistenza agli eventi estremi e ai cambiamenti sistematici nonché della responsabilità ed impatto sugli stessi di piani, programmi e opere (comprese le autorizzazioni alla produzione e messa in commercio di agenti fisici e chimici e relativi prodotti);
15) ad assumere come principio cardine delle politiche di sviluppo economico del Governo le misure di mitigazione per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, incentivando politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio, anche mediante azioni congiunte con gli enti locali e con le imprese, stimolando la crescita dei settori produttivi industriali e dei rifiuti a bassa intensità energetica e le tecnologie che fanno ricorso a fonti di energia rinnovabile ad alto fattore di resilienza rispetto agli eventi più estremi registrati o prevedibili;
16) a promuovere politiche settoriali di sviluppo dell'economia circolare così come lo scambio di beni e servizi tra aziende e tra privati nell'ottica di una condivisione di risorse e del riutilizzo dei beni e per evitare il sovradimensionamento, una tra le cause della sovrapproduzione di beni e uso eccessivo di fonti energetiche;
17) a favorire la promozione e l'incentivazione di forme e tecnologie di mobilità sostenibile, in particolare trasporti pubblici a bassa emissione, autoveicoli a emissioni zero o zero-nearly, sistemi di car sharing e carpooling;
18) a individuare i settori naturali e socio-economici maggiormente esposti ai rischi del cambiamento climatico; ad analizzare l'impatto economico dei cambiamenti climatici in corso e previsti sui diversi settori naturali e socio-economici, individuando anche strumenti innovativi finanziari ed assicurativi da utilizzare per le azioni di adattamento/mitigazione climatica; a promuovere comportamenti virtuosi di prevenzione del rischio tramite attività di sensibilizzazione e formazione;
19) ad adottare iniziative di sensibilizzazione dei cittadini sul tema del cambiamento climatico coinvolgendo gli enti locali nel percorso verso la sostenibilità energetica ed ambientale, promuovendo una rete di pratiche virtuose a livello nazionale e locale cui le amministrazioni possano attingere, favorendo il massimo coinvolgimento del livello delle comunità locali anche attraverso l'utilizzo di sistemi di democrazia diretta come referendum e consultazioni territoriali, al fine di valorizzare le azioni, i piani e i programmi locali in tema di mitigazioni e adattamento ai cambiamenti climatici.
(6-00094) «Cunial, Benedetti, Giannone».


   La Camera

impegna il Governo:

1) a riconoscere la gravità dei cambiamenti climatici che già investono l'Italia e ad agire di conseguenza cercando di mitigare, con politiche economiche attive, anche di carattere economico, le migrazioni climatiche e le violazioni dei diritti umani causate anche nei Paesi fragili;
2) ad adottare target e politiche attive di riduzione delle emissioni, in linea con quanto chiede la scienza per mantenere il riscaldamento globale entro la soglia prudenziale di 1,5o C rispetto al periodo preindustriale;
3) ad adottare iniziative per considerare, nel rispetto della normativa vigente in materia, gli alberi patrimonio dell'umanità in virtù del loro indiscutibile valore biologico, di produzione di ossigeno, purificazione dell'aria e riduzione del surriscaldamento globale, oltreché per la loro indispensabile funzione naturalistica, paesaggistica e di sostegno ecologico ed alla salute, alla produzione agricola, all'alimentazione e alla vita stessa dell'ecosistema, dell'umanità e dell'intero pianeta, nonché per la loro importanza infrastrutturale nelle aree urbane;
4) a favorire politiche di risparmio della risorsa idrica e di efficientamento della sua produzione e della rete di distribuzione, di raccolta e gestione di risorse meteoriche e di recupero a fini di riuso e ambientali nei sistemi domestici e collettivi; a incentivare il ripristino della capacità assorbente del suolo agricolo (apporto di compost organico e buone pratiche) e il ripristino di sistemi di muri a secco; a promuovere sistemi innovativi di raccolta dell'umidità atmosferica e di dissalazione;
5) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a censire e recuperare le aree abbandonate, alla cura di aree verdi condominiali e aree intercluse (orti e foreste urbani), alla concessione per l'agricoltura sociale sostenibile delle aree non curate e a favorire la gestione comunitaria condivisa dei beni abbandonati (pubblici e privati), nell'ottica di una redistribuzione equa delle risorse;
6) ad assumere iniziative per considerare, nel rispetto della normativa vigente in materia, il suolo come patrimonio dell'umanità, in quanto matrice vivente indispensabile ed in virtù della sua capacità di assorbire anidride carbonica, applicando il «bilancio 0» nel consumo di suolo attraverso; a) una moratoria a impianti solari a terra in aree recuperabili ed il recupero delle aree contaminate (decontaminazione, produzioni non alimentari, rinaturalizzazione); b) il sostegno a progetti di forestazione periurbana; c) la promozione del ripristino della biodiversità nella copertura vegetale; d) la prevenzione e il contrasto degli incendi;
7) a promuovere un nuovo paradigma agricolo ed economico, attraverso una cultura del cibo per la salute in cui la responsabilità ecologica e la giustizia economica abbiano la precedenza sugli odierni sistemi di produzione estrattivi basati su consumo e profitto, incentivando la partecipazione di agricoltori e consumatori nella costruzione di economie virtuose – sostenibili, solidali e locali, riducendo i passaggi logistici (confezionamento, refrigerazione, immagazzinamento e trasformazione);
8) a valutare l'opportunità di studiare le iniziative più adatte in relazione alla filiera della canapa (Cannabis sativa L.), quale coltura in grado di contribuire alla riduzione dell'impatto ambientale in agricoltura, alla riduzione del consumo dei suoli e della desertificazione e della perdita di biodiversità, nonché come coltura da rotazione i cui prodotti si possono utilizzare come sostituto di plastiche;
9) a valutare l'opportunità di programmare un ripensamento dell'intero settore ittico, con l'obiettivo di sostenere l'adeguamento e l'aggiornamento della pesca professionale sia per quanto riguarda l'ammodernamento della flotta, sia per una maggiore sicurezza in mare e una migliore selettività di cattura, anche promuovendo progetti di ricerca/pesca per la resilienza degli stock ittici, favorendo al tempo stesso la riconversione del patrimonio operativo della cattura professionale verso forme di pescaturismo e ludico-sportive in genere potenziando l'acquacoltura sostenibile e multitrofica;
10) ad assumere iniziative per ampliare, nel rispetto della normativa vigente in materia, le aree costiere di tutela e ripopolamento, promuovendo nuove aree marine protette, definendo strategie di protezione delle falde dall'intrusione marina nonché di recupero e tutela dell’habitat dunale;
11) ad assumere come obiettivi fondamentali e caratterizzanti delle politiche di governo Settoriali (nel rispetto dei principi dell'Unione europea e dell'Accordo di Parigi (C0P21) del 2015): la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra o climalteranti responsabili del riscaldamento globale (azioni di mitigazione) e la diminuzione della vulnerabilità dei sistemi naturali, territoriali e socio-economici ai rischi legati ai cambiamenti climatici (azioni di adattamento); lo sviluppo di politiche carbon free, l'implementazione di modelli di sviluppo e stili di vita sostenibili, l'individuazione delle aree territoriali e dei sistemi economici locali maggiormente esposti ai rischi, al fine di definire un quadro di conoscenze scientifiche propedeutico alla pianificazione delle più opportune misure di adattamento;
12) ad assumere come uno dei principi fondamentali delle politiche di sviluppo economico del Governo le misure di mitigazione per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, incentivando politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio, anche mediante azioni congiunte con gli enti locali e con le imprese, stimolando la crescita dei settori produttivi industriali e dei rifiuti a bassa intensità energetica e le tecnologie che fanno ricorso a fonti di energia rinnovabile ad alto fattore di resilienza rispetto agli eventi più estremi registrati o prevedibili;
13) a valutare l'opportunità di promuovere politiche settoriali di sviluppo dell'economia circolare così come lo scambio di beni e servizi tra aziende e tra privati nell'ottica di una condivisione di risorse e del riutilizzo dei beni e per evitare il sovradimensionamento, una tra le cause della sovrapproduzione di beni e uso eccessivo di fonti energetiche;
14) a favorire la promozione e l'incentivazione di forme e tecnologie di mobilità sostenibile, in particolare trasporti pubblici a bassa emissione, autoveicoli a emissioni zero o zero-nearly, sistemi di car sharing e carpooling;
15) a individuare i settori naturali e socio-economici maggiormente esposti ai rischi del cambiamento climatico; ad analizzare l'impatto economico dei cambiamenti climatici in corso e previsti sui diversi settori naturali e socio-economici; a promuovere comportamenti virtuosi di prevenzione del rischio tramite attività di sensibilizzazione e formazione;
16) ad adottare iniziative di sensibilizzazione dei cittadini sul tema del cambiamento climatico coinvolgendo gli enti locali nel percorso verso la sostenibiiità energetica ed ambientale, promuovendo una rete di pratiche virtuose a livello nazionale e locale cui le amministrazioni possano attingere, favorendo il massimo coinvolgimento del livello delle comunità locali anche attraverso l'utilizzo di sistemi di democrazia diretta come referendum e consultazioni territoriali, al fine di valorizzare le azioni, i piani e i programmi locali in tema di mitigazioni e adattamento ai cambiamenti climatici.
(6-00094)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Cunial, Benedetti, Giannone».