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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 290 di venerdì 17 gennaio 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

FEDERICA DAGA , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 15 gennaio 2020.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Colucci, Grimoldi, Migliore e Tateo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione dell'Ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 16 gennaio 2020, il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, Davide Crippa, ha reso noto che l'assemblea del medesimo gruppo ha eletto vicepresidente la deputata Ilaria Fontana, in sostituzione del deputato Alberto Zolezzi.

Designazione dei componenti della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha confermato i deputati Fabio Berardini e Lisa Noja quali componenti della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, istituita, ai sensi dell' articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

La Presidente del Senato della Repubblica ha confermato quali componenti della stessa Commissione le senatrici Fiammetta Modena e Maria Saponara.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Chiarimenti e iniziative di competenza in merito alla riapertura della stazione Barberini della metropolitana di Roma, con particolare riferimento al rilascio del nulla osta da parte dell'Ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif) - n. 2-00612)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Spena e Gelmini n. 2-00612 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Maria Spena se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

MARIA SPENA (FI). Grazie Presidente, buongiorno sottosegretario, dunque oggi capita, o forse sono fortunata, ma non così i cittadini romani che vedono per il quarto giorno consecutivo il blocco delle auto diesel fino a Euro 6. Doveva scadere ieri e soltanto ieri, nel pomeriggio, in serata, è stato protratto questo divieto, questo blocco, quindi ancora una lesione al diritto alla mobilità dei cittadini romani e non solo.

Questa è la terza interpellanza che faccio riguardo al disservizio delle metropolitane di Roma. Ricordo la battaglia che abbiamo fatto a sostegno dell'apertura della stazione della metro A di piazza della Repubblica. Oggi siamo qui a parlare della riapertura di piazza Barberini, che vede chiusa la propria stazione ormai da un anno, insomma da 300 giorni. Quella, invece, di Piazza della Repubblica era di 246 giorni di blocco, quindi ATAC è riuscita a superare se stessa quanto a disservizi.

La motivazione di queste chiusure, evidentemente, riguarda la capacità di rimettere in funzione una scala mobile. Quindi, è chiaro che ciò che dovrebbe essere ordinario nel nostro Paese, nella nostra città, nella nostra capitale, ossia mettere in funzione una scala mobile, diventa straordinario. Credo che, se si trattasse di un centro commerciale, di un centro congressi o di una scala mobile dell'aeroporto di Fiumicino o di qualunque sito del nostro Paese, dopo poche settimane questa sicuramente entrerebbe in funzione.

A Roma, purtroppo, non è così e a pagarne le spese sono i cittadini romani. Dunque, con riferimento alla mia interpellanza, sottosegretario, spero che lei non mi risponda nel senso che il Governo non ha competenze, perché credo che, come ho detto prima, il diritto alla mobilità debba essere un diritto riconosciuto a livello centrale. Ho approfittato anche del nostro ufficio, l'ufficio USTIF del Ministero di cui lei è il sottosegretario, in quanto è l'ufficio competente a rilasciare il nullaosta per l'agibilità delle scale mobili.

Questo nullaosta è già la seconda volta che dovrebbe uscire dall'USTIF e, quindi, noi andiamo a chiedere la celerità affinché l'USTIF possa rilasciare nel più breve tempo possibile il nullaosta, quando ATAC riporterà nei vostri uffici tutta quanta la documentazione, in modo tale per cui, poi, noi possiamo fare le dovute verifiche sul fine lavori e, quindi, sulla mancanza dei lavori fatti a regola d'arte, perché sarebbe la seconda volta che l'USTIF dovrebbe intervenire.

Quindi noi saremo qui a vegliare che questo nullaosta venga rilasciato nel più breve tempo possibile, perché soltanto allora noi potremo riaprire una stazione fondamentale per la mobilità del comune di Roma, centrale perché ricordiamo che piazza Barberini è al centro della nostra città, soprattutto in quella parte, oltre che lavorativa e commerciale, anche storica e culturale della capitale d'Italia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Salvatore Margiotta, ha facoltà di rispondere.

SALVATORE MARGIOTTA, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. Dico in anticipo, prima di dare lettura della risposta più in dettaglio, che la collega ha evidentemente posto un tema molto serio e anche con grande competenza e precisione. Naturalmente, come emergerà dalla lettura della risposta, il problema non è, dal punto di vista del Ministero, velocizzare nullaosta, il problema è verificare che ci siano le condizioni per darlo, il nullaosta, perché la sicurezza viene prima di ogni altra considerazione, ma questo lei lo sa e si leggeva anche attraverso le sue parole.

Gli impianti di traslazione (scale mobili ed ascensori) di alcune stazioni della linea A della metropolitana di Roma sono attualmente interessati da interventi di manutenzione ed adeguamenti - detti di revisione generale ed effettuati con cadenza decennale - per il rilascio dei nullaosta di competenza dell'Ufficio speciale per i trasporti ad impianti fissi (USTIF) necessari per il proseguimento del pubblico esercizio.

Nel caso della stazione della metropolitana di Barberini, oltre alle lavorazioni di revisione generale completate per due impianti, si sono rese necessarie, a seguito dei noti fatti del 23 marzo 2019, delle verifiche straordinarie.

Quanto alle attività svolte dall'USTIF, è stato possibile rilasciare il nullaosta per il proseguimento dell'esercizio per una sola delle due scale mobili.

Su una di esse, infatti, si è riscontrata l'inefficienza del freno ausiliario e, pertanto, non sussistendo le necessarie condizioni di sicurezza, non è stato possibile rilasciare il nullaosta.

Considerato che, secondo le valutazioni dell'azienda esercente ATAC, il numero minimo di scale mobili necessario alla fruizione in sicurezza da parte dell'utenza della stazione di Barberini è pari a quattro, non è stato possibile riaprire la stazione.

La data per la riapertura dipenderà, dunque, dalla programmazione degli interventi necessari al ripristino degli impianti di traslazione, che, come è noto, rientra nelle competenze dell'esercente ATAC.

Solo successivamente sarà possibile per l'USTIF effettuare le verifiche e le prove sugli impianti oggetto di interventi.

Concludo assicurando che i competenti uffici del Ministero sono in contatto con l'esercente, al fine di ridurre i tempi necessari per lo svolgimento delle prove sugli impianti pronti al collaudo.

PRESIDENTE. L'onorevole Spena ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

MARIA SPENA (FI). Presidente, io sono soddisfatta soltanto per quanto riguarda chiaramente una risposta molto parziale, viste le competenze parziali che, in questo caso, il Governo, attraverso l'USTIF, fa. Quindi, sicuramente la colpa sta nella gestione della mobilità del comune di Roma, nella gestione ATAC. Perché vede, io credo che, se chiudesse un reparto ad esempio oncologico di un ospedale, di un policlinico, se chiudesse una nostra scuola, questa sarebbe l'interruzione di un servizio fondamentale per il nostro Paese, come il diritto alla salute e il diritto all'istruzione. Quello che mi chiedo, sottosegretario, è: come può un Governo, come può la politica poter sopportare l'interruzione di un esercizio fondamentale, di un diritto fondamentale dei cittadini, quale il diritto alla mobilità, il diritto di potersi recare al lavoro, il diritto di poter tornare liberamente a casa, il diritto di poter tornare dalle proprie famiglie dopo una giornata di lavoro? E noi ci dovremmo soltanto, sottosegretario, vergognare che la nostra capitale abbia dovuto subire la chiusura per un anno delle varie stazioni delle metropolitane. Le ricordo che, oggi, è chiusa anche la stazione Cornelia del comune di Roma. Noi ci dovremmo vergognare, perché questa è la fotografia che la nostra capitale ha nel mondo; ma, a parte quando i turisti vengono, che sono una questione secondaria, io parlo di Roma, parlo della città di Roma che deve sopportare la visione di cassonetti per la strada che straripano di spazzatura e i miasmi che rendono l'aria irrespirabile, in più, ci sono problemi di sicurezza, le strade sono buie, perché non ci sono più le luci, stranamente i quartieri all'improvviso godono non più di luce, ma del buio e ciò crea insicurezza; oltre a tutto ciò, il blocco del traffico, quando quasi tutte le stazioni della metropolitana sono chiuse. Allora, vede, questa interpellanza è giunta veramente dopo dei momenti gravi, dei momenti di disagio in cui i cittadini, i commercianti e i professionisti non ne possono davvero più; non possiamo pensare che debbano scendere i cittadini sulle strade e chiudere le serrande dei propri negozi per avere attenzione da parte della politica. Questa politica, Presidente, sottosegretario, non ci rappresenta e non mi rappresenta e spero che questo Ministero - lei, insieme alla Ministra De Micheli - si prenda la responsabilità politica di quello che sta succedendo nella città di Roma rispetto al diritto alla mobilità, rispetto ai trasporti. Oggi, ho sentito sul telegiornale delle prime ore del mattino che, sulle strade del nostro Paese, ieri, è morto un disabile caduto in una buca con la carrozzina, perché non è riuscito a risalire da una buca della strada. Ecco, noi dobbiamo investire sulle infrastrutture, non soltanto sulle grandi opere, pur necessarie, ma sulla normalità, sull'ordinario, perché in questo Paese tutto ciò che è ordinario diventa straordinario e la gente, anzi, i cittadini - non voglio parlare di gente, perché noi siamo cittadini - tutto questo non lo possono più sopportare; vogliamo vivere nella normalità.

(Elementi e iniziative in ordine alla gestione dei rifiuti ospedalieri - n. 2-00611)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Zolezzi ed altri n. 2-00611 (Vedi l'allegato A). Chiedo al deputato Zolezzi se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Grazie, Presidente, grazie, sottosegretario Morassut. Il decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003 regolamenta la gestione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo e intende, appunto, portare a una eliminazione rapida del rischio infettivo, cosa che si può fare sostanzialmente in due modi: con la termodistruzione o con una sterilizzazione in situ degli stessi rifiuti. Per quanto riguarda la termodistruzione è notizia di fine novembre del 2019 il blocco dell'impianto Mengozzi, del gruppo Eco Eridania a Forlì, perché è stata riscontrata legionella nelle torri di raffreddamento in quantità molto importanti: 220 mila unità formanti colonie, con un limite di allarme di mille; quindi, oltre duecento volte il limite di allarme. La legionella è un germe che può essere responsabile di polmoniti. È salito alle cronache nel settembre 2018 con una gravissima epidemia, la più grave epidemia mondiale, con oltre mille casi ospedalizzati tra le province di Mantova e di Brescia. La legionella fu riscontrata, anche in quel caso, nelle torri di raffreddamento, però, in realtà, fu riscontrata anche nelle acque del fiume Chiese, con lo stesso sierotipo dei malati, mentre nelle torri di raffreddamento il sierotipo era diverso; ci sono ancora indagini in corso, perché è importante capire cosa successe, se furono inquinanti gettati nel fiume Chiese; in quella zona sono sparse ben 360 mila tonnellate di gessi di defecazione. I casi di legionella sono un dato allarmante in generale, perché nel 2008 erano notificati 500 casi all'anno, nel 2018 siamo arrivati a 2.964, con anche un record europeo.

In realtà, poi, c'è da dire che non è facile diagnosticarla; se ne individua circa un caso su tre, quindi, i casi sono notevolmente maggiori; può essere mortale, può danneggiare notevolmente i polmoni e lasciare delle cicatrici molto, molto pesanti.

L'azienda Mengozzi ha un'autorizzazione per 32 mila tonnellate di rifiuti sanitari, ma ne sono state bruciate 35 mila nel 2017, di cui il 70 per cento proveniva da fuori regione. Di fatto, a quanto mi consta, Eco Eridania, tramite le aziende del suo gruppo, mantiene una sorta di monopolio nella gestione dei rifiuti sanitari a livello nazionale e ciò è particolare perché, in Emilia-Romagna, importa il 70 per cento dei rifiuti da fuori regione, ma ha anche una fortissima esportazione di rifiuti sanitari dall'Emilia in altre regioni, rifiuti che vanno, tra l'altro, in impianti dello stesso gruppo. Su questo punto mi riservo di fare ulteriori approfondimenti anche tramite l'Autorità Antitrust. I metodi citati nel DPR n. 254 di sterilizzazione in situ dei rifiuti potrebbero prevenire o almeno ridurre la formazione della legionella che poi si può trovare nelle torri di raffreddamento e da cui può andare a defluire per chilometri nel territorio. Oltretutto, la combustione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo - secondo gli studi dell'Ente di protezione ambientale americana del 2000 - provoca circa il 26 per cento delle diossine emesse in totale; si tratta di materiale organico con plastiche clorurate e, quindi, chiaramente, la formazione di diossina è ovvia. Ricordiamo che siamo in una situazione di qualità dell'aria davvero preoccupante. L'Emilia-Romagna, anche guardando le mappe di questi giorni, è in una situazione di aria inquinata da molti giorni. Nel 2019, l'Emilia-Romagna ha avuto 133 giorni di superamento del PM2.5 o dell'ozono, quindi, quasi un giorno su due in Emilia Romagna si respira un'aria inquinata e anche cancerogena. Questi sono dati piuttosto importanti, perché noi respiriamo 700 milioni di volte nella vita, ma bastano dieci minuti senza respirare per interrompere la nostra vita. La qualità dell'aria deve essere importante. Qui a Roma siamo fortunati, la media del PM2.5 è intorno a 14 all'anno, se si va a Mantova e tutta la Pianura Padana si sale oltre ai 21, dove davvero si arriva a rischi per la salute, solo per il diritto a respirare.

Chiedo, pertanto, ai Ministri dell'Ambiente e della Salute se risulti il riscontro di legionella o altri germi patogeni in altre torri di raffreddamento di inceneritori; se intendano promuovere una campagna di monitoraggio della legionella in tutte le torri di raffreddamento degli inceneritori; se intendano adottare iniziative per ridurre il monopolio della gestione dei rifiuti infettivi in Italia; se intendano, soprattutto, favorire la sterilizzazione in situ presso le strutture ospedaliere dei rifiuti infettivi, anche perché ci sono problemi legati ai trasporti - adesso, forse a Venezia si riuscirà ad avere la sterilizzazione in situ, proprio perché trasportare i rifiuti a Venezia, chiaramente, per motivi idrici, è molto complesso -; se intendano promuovere una campagna di dosaggio delle diossine presso questi impianti di combustione dei rifiuti a rischio infettivo e se intendano promuovere la valutazione della possibilità di riciclaggio dei rifiuti sanitari sterilizzati. Ci sono brevetti italiani, sia per la sterilizzazione in situ che per il riciclo del materiale ottenuto per ottenere una materia, per riciclare e per trattare adeguatamente anche i rifiuti liquidi infettivi; non si capisce perché debba esserci un monopolio per una serie di aziende che fanno tutt'altro, con metodi assolutamente ormai antiquati, mentre, per quanto riguarda i brevetti italiani, abbiamo 500 impianti all'estero con i brevetti italiani e uno solo in Italia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie, Presidente. Rispondo al merito specifico dell'interrogazione dell'onorevole Zolezzi sul livello di inquinamento per diossine o per legionella, in relazione, appunto, agli impianti di torri di raffreddamento, in particolare, riferito al tema dei rifiuti sanitari, con una premessa che riguarda il riferimento specifico fatto dall'onorevole Zolezzi al tema dei livelli di inquinamento in tutta la regione Emilia-Romagna.

Come lei sa bene, onorevole, il problema complessivo e generale della Pianura Padana nel suo complesso è un grande tema di carattere nazionale, come quello dei livelli di emissioni e di inquinamento in generale delle aree costiere e anche delle pianure nel nostro Paese, che chiama in causa una serie di misure e di interventi dal punto di vista della limitazione del contenimento delle emissioni e che quindi va ben oltre lo specifico dell'interpellanza.

Per venire invece però al punto specifico, rispondo che, per quanto concerne le attività di monitoraggio presso gli impianti di trattamento termico dei rifiuti sanitari pericolosi e a rischio infettivo finalizzata alla valutazione della presenza sia del virus della legionella sia delle diossine, occorre premettere che, come lei ha ricordato, il decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003 all'articolo 10 indica, quale modalità di smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, la termodistruzione in impianti autorizzati ai sensi del decreto legislativo del 3 aprile 2006, una delle due opzioni. Per tutti gli impianti di incenerimento e coincenerimento, e dunque anche per quelli che trattano termicamente rifiuti sanitari, il Codice dell'ambiente, al Titolo III-bis della parte IV, fornisce precise indicazioni in merito al monitoraggio delle emissioni in atmosfera e delle acque reflue. Tuttavia, il decreto legislativo n. 152 del 2006, Codice dell'ambiente, pur individuando, tra i possibili inquinanti da monitorare, la diossina, per la quale sono anche indicati i limiti e le modalità di campionamento, non prevede alcuna valutazione del virus citato dagli interpellanti, per il quale andrebbe prevista una specifica campagna di indagini. La competenza in ordine al controllo di tutte le attività di gestione dei rifiuti, ivi compreso l'accertamento delle violazioni di cui alla parte IV dello stesso decreto legislativo n. 152, spetta alle province, che laddove ne ravvisino gli estremi, potranno richiedere intervento degli organi di Polizia giudiziaria. L'autorità competente quindi sottopone ad adeguati controlli periodici gli stabilimenti che gestiscono rifiuti e, ai fini dell'esercizio di tale funzione, si avvale notoriamente di organismi pubblici con apposite esperienze e competenze, in primo luogo le ARPA regionali e complessivamente il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, così come riformato dalla legge n. 132 del 2016.

Per quanto riguarda eventuali iniziative finalizzate a ridurre la movimentazione dei rifiuti sanitari e a favorire la loro sterilizzazione presso i luoghi di produzione prima dell'invio agli impianti di trattamento termico, si osserva che ai rifiuti sanitari, in quanto classificati come rifiuti speciali, non si applica il divieto di smaltimento fuori regione. I suddetti rifiuti devono essere trattati nel rispetto della normativa vigente, privilegiando la migliore opzione ambientale che individua lo smaltimento come forma di gestione residuale rispetto al riciclaggio ed al recupero. Inoltre i rifiuti devono essere gestiti in conformità agli articoli 178 e 182-bis del decreto legislativo n. 152, secondo principi di precauzione, efficienza, economicità, ricorrendo ad impianti adeguati, tenendo conto anche del rapporto costi-benefici al fine di consentire lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti presso gli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione.

All'interno della cornice normativa generale le valutazioni da compiere tengono in debito conto anche del contesto geografico e della necessità di disporre di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti. Specifiche prescrizioni normative sulla sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo sono contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003, il quale indica l'operazione di sterilizzazione come opzione e non già come obbligo. Questa opzione, esercitabile dal produttore dei rifiuti sanitari pericolosi a solo rischio infettivo, permette di semplificare le successive fasi di gestione precedenti lo smaltimento, consentendo in tal modo di ridurre i rischi per gli operatori e per l'ambiente durante le fasi di trasporto, stoccaggio e manipolazione, incidendo anche sui relativi costi di gestione. La sterilizzazione quindi può già avvenire in prossimità dei luoghi dove tali rifiuti sono prodotti, facilitando le fasi di gestione successive, in attesa di procedere allo smaltimento, che deve essere comunque effettuato negli impianti di termodistruzione più vicini al luogo di produzione e di raccolta, riducendo la movimentazione dei rifiuti.

La normativa vigente prevede attualmente che solo alcune specifiche tipologie di rifiuti sanitari, che sono identificate nel decreto del Presidente della Repubblica prima citato, il n. 254 del 2003, sono suscettibili di operazioni di recupero di materia. Per quanto riguarda i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, è previsto dall'articolo 11 dello stesso decreto, dopo l'esecuzione del trattamento di sterilizzazione, l'avvio dei rifiuti ad impianti per la produzione di combustibile solido secondario, oppure l'utilizzo diretto per la produzione di energia. La regione Emilia-Romagna, nello specifico, ha rappresentato con delibera di Giunta n. 828 del 12 giugno 2017 che sono state definite le modalità di controllo del rischio legionellosi, con particolare attenzione alle strutture a maggior rischio (ospedali, strutture socio-assistenziali e ricettive), fornendo specifiche indicazioni per le torri evaporative. In applicazione di questa delibera, sono in corso di adozione da parte di tutti i comuni della regione ordinanze specifiche e puntuali rivolte ai gestori di tali impianti, al fine di definire una mappatura delle torri evaporative. La mappatura è utilizzata dai servizi di prevenzione per programmare le attività di vigilanza e di informazione, e a questo proposito si rileva che il comune di Forlì ha adottato un'ordinanza proprio nel mese di luglio 2019.

Per quanto concerne l'episodio richiamato nell'interpellanza, si precisa che nel novembre 2019 il personale tecnico del servizio AUSL competente ha effettuato controlli e campionamenti presso l'impianto di trattamento termico dei rifiuti della ditta Mengozzi, nel quale sono presenti quattro torri di raffreddamento. A seguito del riscontro di concentrazioni elevate di legionella, è stata inoltrata al sindaco del comune di Forlì una proposta di ordinanza volta a disporre il fermo impianto per due torri di raffreddamento, in cui sono stati riscontrati valori di 220 mila unità formanti colonia per litro, e la disinfezione con biocida appropriato per tutte le torri presenti. La ditta Mengozzi si è quindi attenuta alla disposizione dell'ordinanza, e al momento non è stata ancora ripristinata l'attività per le due torri per le quali era stato chiesto il fermo impianto.

Riguardo agli episodi di legionellosi citati, che hanno interessato due ospiti di una RSA, la regione fa presente che gli stessi, sulla base degli approfondimenti epidemiologici ed analitici effettuati dalla AUSL, non risultano collegabili alla positività per legionella riscontrate nelle torri di raffreddamento dell'impianto sopra citato, che peraltro dista ben 13 chilometri dalla struttura per anziani. Ancora la regione rileva che la propagazione della legionella nelle acque delle torri di raffreddamento non è da ricondurre all'utilizzo nell'impianto di rifiuti sanitari a rischio infettivo, in quanto tale sezione di impianto non è in contatto con i rifiuti.

Con riferimento alla richiesta di monitoraggio delle torri di raffreddamento e delle diossine in caso di combustione rifiuti a rischio infettivo, la regione precisa che sul suo territorio le torri di raffreddamento degli inceneritori, così come tutte le torri di raffreddamento di qualsiasi diverso impianto industriale, vengono già monitorate dalle strutture sanitarie delle AUSL competenti in ottemperanza a quanto previsto dalla delibera citata, la n. 828 del 2017. I campioni raccolti dalle AUSL sono analizzati dai laboratori dell'ARPA regionale.

Infine, la regione sottolinea che le diossine sono normalmente monitorate in tutti gli impianti di incenerimento, compresi quelli che bruciano rifiuti a rischio infettivo, in ottemperanza alla normativa vigente e alle BAT in materia di rifiuti.

Infine ancora, quanto ad una auspicabile strada di maggior recupero di materia dei rifiuti sanitari, come lei ben sa, onorevole Zolezzi, essa potrà essere ancor meglio valutata nell'ambito della delega al Governo per il recepimento delle direttive europee in materia di economia circolare, che è prevista dalla legge 4 ottobre 2019, n. 117, e che sono oggetto dell'attività del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Entro il mese di luglio dovremo discuterne e approvarle in Parlamento, e quindi il Parlamento sarà chiamato ad esprimere i propri pareri, valutazioni ed anche a sottoporle all'approvazione.

PRESIDENTE. Il deputato Alberto Zolezzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ALBERTO ZOLEZZI (M5S). Sì, sono soddisfatto, ringrazio il sottosegretario, ringrazio l'istruttoria eseguita, che è molto importante. Teniamo però presente, come ho detto prima, che da 500 casi di questa infezione di legionella, siamo passati a quasi 3 mila in 10 anni nel 2018, che, come ho detto, pressappoco corrispondono a 12 mila casi veri in tutta Italia, quindi c'è da capire come mai ci sia stato questo incremento così importante. Mi farò carico di segnalare in tutte le sedi competenti provinciali la necessità di ricercare la legionella, anche quando non esista una delibera di giunta regionale come nel caso dell'Emilia-Romagna.

In Italia vengono prodotti ogni anno circa 170 mila tonnellate di rifiuti sanitari a rischio infettivo, con un costo importante, oltre 2 mila euro a tonnellata; la gestione mediante sterilizzazione in sito - mi fa piacere la concordanza di interpretazione - è comunque un'opzione e può far risparmiare dal punto di vista finanziario il 50 per cento e dal punto di vista dei volumi poi da smaltire il 60 per cento, quindi sono volumi importanti. Ci sono sperimentazioni per il recupero di materia a freddo di questi rifiuti sterilizzati e di recupero anche dei rifiuti liquidi. Tra l'altro è interessante che proprio questo avviene a pochi chilometri da Forlì, avviene a Rimini. Purtroppo esiste ancora un solo impianto su scala industriale in Italia, quelli all'estero sono oltre 500, con un'eccellenza italiana di sterilizzazione in sito; poi in realtà all'estero viene effettuato – giustamente, non sarebbe ancora legale - il recupero di materia, perché una volta che il rifiuto è sterilizzato è tutto più semplice.

Con una mia proposta di legge, la n. 57, che, oltre al recepimento, proporrò anche nei lavori del collegato ambientale alla legge di bilancio, chiedo di uniformare le autorizzazioni per gli eventuali impianti di sterilizzazione in situ presso le strutture ospedaliere, garantire la corretta contabilizzazione degli stessi rifiuti e migliorare la possibilità di tracciamento. Chiedo la possibilità di inviare a riciclaggio i rifiuti sanitari sterilizzati, definendo i criteri in base ai quali i rifiuti cessano di essere qualificati tali e tornano ad essere considerati beni, cercando di ridurre il ricorso, appunto, al recupero energetico, che in questo momento, sicuramente, riguarda il vasto problema delle emissioni e dei superamenti, però i rifiuti prevedono una percentuale importante.

La sterilizzazione in situ consente sicuramente di stoccare i rifiuti. Quello che succede - io sono medico - in tutti gli ospedali è che, ogni giorno, arriva un camion che porta via i rifiuti sanitari degli ospedali. Questo ogni giorno, ma non è detto che il camion, magari che ha un carico da 30 tonnellate vada via con 30 tonnellate, spesso va via con quello che c'è. Ci sono camion che viaggiano semivuoti, con dei costi per il carburante, per gli operatori e costi per le strutture sanitarie pubbliche e private importanti. Sterilizzando in situ, quando ci sono 30 tonnellate - o 20, in base al tipo di carico - vengono portati via, risparmiando viaggi e risparmiando emissioni assolutamente inutili.

In Italia, la filiera dei rifiuti c'entra con le emissioni: secondo ISPRA, per i rifiuti considerati bruciati, considerando anche i trasporti, sono circa il 5 per cento le emissioni in atmosfera correlate alla combustione dei rifiuti. Se si sommassero anche i 3,3 milioni di tonnellate di rifiuti bruciati nelle attività produttive, si arriverebbe, più o meno, al 7-8 per cento, che non è poco, anche perché sono quasi tutti evitabili con la raccolta porta a porta e con il riciclo.

L'Emilia-Romagna è il più grande produttore di rifiuti pro capite in Italia - oltre 600 chilogrammi -, anche se, in parte, per una assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, ciò è un pochino opinabile; produce 8,5 milioni di tonnellate di rifiuti, ma ne importa oltre 3,4 milioni nel 2014, e poi ne esporta 2,2 milioni. Sì, è vero che i rifiuti speciali hanno, giustamente, la libertà di mercato, però c'è anche una libertà di inquinamento che, forse, andrebbe un attimino limitata e questo peggiora la qualità dell'aria.

Gli impianti di sterilizzazione in situ devono, a mio parere, essere incentivati e deve essere disincentivata la combustione, anche perché parliamo non solo del presente, un presente che ci troviamo in eredità da decenni, ma abbiamo dei progetti di autostrade e di trivelle in Emilia-Romagna. Forse, bisognerebbe orientare meglio - e questo Governo lo sta facendo - l'azione verso l'efficientamento energetico degli edifici, i fondi per la mobilità sostenibile e a fare un Ti-Bre ferroviario (una Parma-La Spezia ferroviaria potenziata).

(Iniziative di competenza ai fini della corretta applicazione del principio dell'affido condiviso a tutela del minore, con particolare riferimento all'esclusione della rilevanza della cosiddetta “alienazione parentale” - n. 2-00610)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giannone ed altri n. 2-00610 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Giannone se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

VERONICA GIANNONE (MISTO). Grazie, Presidente. In Italia, la legge n. 54 del 2006, che ha istituito l'affido condiviso, afferma, a ragione, il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori.

Il concetto di bigenitorialità è stato elaborato e promosso successivamente da giuristi, associazioni, nei media, nei tribunali ed infine nel Parlamento. La Corte costituzionale, in diverse sentenze, ha individuato come prioritaria, da parte del giudice, l'opzione dell'affido condiviso, dovendosi motivare la sua contrarietà all'interesse dei minori nel caso di una diversa scelta. La bigenitorialità, infatti, è innanzitutto l'oggetto di un diritto dei figli minori e non è stata negata neppure dalla normativa previgente.

Si rammenta quanto disposto dall'articolo 6, comma 1, della legge n. 898 del 1970, laddove è riaffermata la permanenza dei doveri genitoriali, persino nel caso di passaggio a nuove nozze, di uno o di entrambi i genitori. L'articolo 155 del codice civile, novellato, ribadisce e rafforza tale diritto dei minori, estendendolo anche alle relazioni con altri familiari, essendo prevista la conservazione dei rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Dunque, mentre genitori e parenti appaiono titolari di un interesse rafforzato e tutelato, il suo esercizio non può essere considerato come la soddisfazione di un mero intento egoistico, bensì quale concreta attuazione del corrispondente diritto del minore.

Fondamentalmente, per chi deve decidere è una seria analisi delle dinamiche familiari antecedenti il momento della separazione e del divorzio, avvalendosi, ove necessario, di consulenze tecniche, nelle quali però è sempre più frequente il riferimento alla sindrome di alienazione parentale.

L'alienazione parentale, chiamata AP, in origine PAS, è oggetto di dibattito in ambito scientifico e giuridico fin dal momento della sua proposizione, nel 1985. Essa non è riconosciuta come disturbo mentale dalla maggioranza della comunità scientifica. L'Istituto superiore di sanità e la comunità scientifica internazionale non ritengono che l'alienazione parentale abbia rilevanza clinica tale da poter essere considerata una patologia inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici.

Anche i centri antiviolenza si sono espressi criticamente in merito. L'Associazione nazionale delle donne in rete contro la violenza ha affermato che, nelle situazioni di maltrattamento, la diagnosi di alienazione parentale comporterebbe il rischio di ulteriori vittimizzazioni e maltrattamenti di donne e bambini. Inoltre, viene affermato che, nelle più rilevanti classificazioni internazionali, prima di tutto quella contenuta nel DSM, l'alienazione parentale manca di un riconoscimento formale.

Sull'argomento, la Corte di cassazione, sostanzialmente, ha ritenuto l'alienazione parentale priva di fondamento scientifico e, nel 2019, la stessa Corte ha escluso la rilevanza processuale di tale sindrome, nel senso della sua idoneità a giustificare l'allontanamento del minore senza ulteriore verifiche.

Purtroppo, però, nei tribunali si registrano, da anni, vicende legate a questo fenomeno, che coinvolge i genitori del minore, ma incide sulla salute e sulla vita dei minori stessi. Come riportato in diversi articoli di stampa, nel napoletano, una donna separata e mamma di tre figli, di professione commercialista, viene allontanata improvvisamente dai bambini piccoli. Un'ordinanza del giudice del tribunale di Torre Annunziata ha, infatti, disposto il cambio di domicilio per i tre bambini, collocandoli presso l'abitazione del padre, in un altro comune e con gravi conseguenze anche per le abitudini quotidiane dei piccoli.

La causa di questo sconvolgimento è il pieno accoglimento, da parte del giudice stesso, di una consulenza tecnica di ufficio - la famosa CTU - del marzo 2018, chiesta dopo la separazione della donna dal padre dei suoi figli, che riferisce di una “triangolazione dei figli nel conflitto tra i genitori che può indurre” - in futuro - “un rischio di alienazione parentale”. Cioè, qui non si parla più neanche di alienazione parentale, ma di un rischio futuro che possa accadere. Aggiungendo che “l'alienazione parentale, sindrome che coinvolge il sistema familiare, si costruisce con il tempo ed è caratterizzata dal cattivo funzionamento di un genitore”. Quindi, viene anche definita “sindrome” all'interno di una CTU, quindi di una relazione del tecnico d'ufficio, seppure abbiamo prima detto che non è riconosciuta come sindrome.

Questa ordinanza rompe i precari equilibri dei due ex coniugi, così come confermato anche dai servizi sociali coinvolti nella vicenda. Nella consulenza tecnica di ufficio si legge anche che “non si intende dire che la signora non sia una buona madre”, tuttavia è stato reputato urgente e necessario “un allontanamento immediato dei bambini”, che sono stati, infatti, domiciliati presso il padre, il quale li ha portati a vivere in un'altra casa, con una nuova compagna e con i figli di lei. L'ordinanza ha stabilito, altresì, che i minori potessero vedere la mamma “solo dopo un mese di allontanamento totale e per una volta a settimana fintanto che i rapporti tra i genitori non fossero maturati”, disponendo, tra l'altro, per la donna “l'obbligo di corrispondere all'ex marito l'importo di 200 euro per ogni figlio”.

Questa mamma oggi si ritrova nella singolare situazione di avere intatta la responsabilità genitoriale, ma di non poter stare con i suoi figli, di poterli vedere una volta a settimana, una sola ora e senza libertà, in incontri protetti.

Ci si chiede in che modo sia stato vagliato e tutelato l'interesse primario dei minori a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, come previsto dalla legge italiana. La risposta a questi interrogativi appartiene all'imprescindibile dovere del giudice, chiamato ad adottare provvedimenti svincolati dalla comoda applicazione di astratti principi, il più possibile ancorati al mondo reale ed alla complessità degli interessi in gioco.

Si chiede, quindi, al Ministro se intenda adottare iniziative normative affinché sia escluso, finalmente, il riconoscimento dell'alienazione parentale che, come spiegato in premessa, è priva di validità ed affidabilità scientifica, è oggetto di critica sia dal punto di vista legale che clinico e compromette la salute psichica ed emotiva del minore e la sua crescita; se intenda adottare iniziative per garantire l'applicazione corretta del principio dell'affido condiviso, sancito dalla legge n. 54 del 2006 come l'oggetto di un diritto del figlio minore, volto a “mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore”, sempre nel rispetto del volere del minore; se intenda adottare le iniziative di competenza per la corretta applicazione della Convenzione di Istanbul, della Convenzione di New York e della Convenzione di Strasburgo.

Se, nel caso esposto in premessa, non ritenga opportuno promuovere un'iniziativa ispettiva in relazione al procedimento che ha comportato l'allontanamento improvviso dei minori dalla madre e dal contesto familiare a giudizio degli interpellanti senza la sussistenza di motivazioni previste dalla legge.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Roberto Morassut, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MORASSUT, Sottosegretario di Stato per l'Ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente, grazie onorevole Giannone. I procedimenti concernenti i minori sono ormai, dopo le riforme operate con la legge del 21 marzo del 2001, n. 149, e con il decreto legislativo del 28 dicembre 2013, n. 154, fortemente giurisdizionalizzati. In esso sono, infatti, previsti sia l'assistenza legale dei genitori che l'ascolto del minore (ormai generalizzato), oltre che la rappresentanza legale del minore nel processo (tramite la figura del curatore speciale). Bisogna ricordare che l'articolo 336, ultimo comma, del codice civile già prevede l'assistenza legale del minore nei procedimenti relativi alla responsabilità genitoriale.

In ogni caso, si conferma l'apertura del Ministero a valutare nuove soluzioni normative in tema di affidamento di minori, così come la disponibilità a confrontarsi con il Parlamento su proposte di legge già depositate.

Si evidenzia, inoltre, che la normativa inerente la tutela dei minori nei procedimenti di separazione, divorzio, regolamentazione, limitazione e ablazione della responsabilità genitoriale è stata oggetto di recenti riforme (decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, prima ricordato). La giurisdizionalizzazione dei procedimenti suddetti comporta che i diritti dei minori ad avere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori in caso di crisi familiari sono fortemente garantiti e non rimessi, unicamente, alle valutazioni di consulenza tecnica di ufficio, vieppiù alla luce del fatto che la consulenza tecnica rappresenta, nel nostro ordinamento, uno dei mezzi di prova che, in un processo, possono ben essere superati dalle altre risultanze probatorie emerse nel corso dell'istruttoria. Tant'è che il giudice, nella sua qualità di peritus peritorum, può, dunque, superare i risultati delle conclusioni del perito o del consulente tecnico, qualora esse non siano idonee ad essere poste a base del suo convincimento.

Inoltre, sotto altro profilo, va ricordato che il sistema delle incompatibilità del consulente tecnico e del perito è stabilito, rispettivamente, dal codice di procedura civile e dal codice di procedura penale ed è valevole per tutte le ipotesi di supporto tecnico, ivi comprese le perizie e le consulenze tecniche psicologiche e psichiatriche.

Va ribadito, come peraltro evidenziato nel testo dell'interpellanza, che la giurisprudenza è pressoché unanime nel non riconoscere validità scientifica alla sindrome da alienazione parentale.

Con riferimento, invece, alle iniziative finalizzate alla “corretta applicazione” delle Convenzioni internazionali di Istanbul, di New York e di Strasburgo, si deve osservare che l'ordinamento italiano ha regolato il diritto di ascolto del minore nei procedimenti che lo riguardano (si fa riferimento, per questo, agli articoli 315-bis, 336-bis e 337-octies del codice civile, introdotti dalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, e dal decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, precedentemente ricordato).

Quanto, infine, alla citata Convenzione di Istanbul, si fa riferimento alla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.

In tale contesto, le misure che in qualche modo vedono coinvolti i figli minori sono quelle relative ai procedimenti di separazione e divorzio e ai procedimenti in genere aventi ad oggetto le convivenze di fatto, nell'ambito delle quali la persona vittima di violenza può chiedere l'applicazione dell'istituto dell'ordine di protezione, di cui agli articoli 342-bis del codice civile e 736-bis del codice procedura civile oppure degli ulteriori rimedi di cui agli articoli 330 e 333 del codice civile (decadenza/limitazione della responsabilità genitoriale), laddove siano coinvolti, per l'appunto, i figli minori.

Con riferimento alle invocate iniziative ispettive occorre evidenziare che la mancata indicazione di specifici riferimenti al caso concreto, che rendano possibile la verifica in ordine alla presentazione di esposti e/o denunce afferenti lo specifico caso illustrato, non permette allo stato né di esprimere una valutazione circa l'attivazione di poteri ispettivi né di verificare se detti poteri siano, del caso, già stati attivati.

Si tratta, peraltro, come riportato dall'interpellanza, di critiche che attengono al merito delle valutazioni discrezionali dell'organo giudicante, pacificamente riguardanti l'esercizio della funzione giurisdizionale e come tali intangibili da interferenze extraprocessuali, potendo al più costituire oggetto di gravame attraverso l'utilizzo degli strumenti impugnatori previsti dall'ordinamento.

PRESIDENTE. La deputata Giannone ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

VERONICA GIANNONE (MISTO). Grazie, Presidente. Assolutamente insoddisfatta. Non me la prendo con il sottosegretario, che anzi ringrazio per essersi reso oggi disponibile a leggere la risposta che non compete il suo Ministero bensì il Ministero della Giustizia.

Mi piacerebbe sapere chi ha scritto la risposta, se devo essere sincera, perché probabilmente non conosce i dati o non conosce quanto accade realmente nei tribunali. Infatti, mentre lei rispondeva, parlava della rappresentanza del minore a processo dal curatore speciale ben disposta dalla legge italiana - è vero sì - ma chi ha scritto quella risposta, se entrasse nei tribunali, si renderebbe conto che questo non avviene mai; non c'è una difesa del minore, purtroppo, altrimenti non sarei qui a fare un'interpellanza urgente, se tutto funzionasse nel modo corretto e se i minori venissero tutelati.

Guardo anche a quello che riguarda l'alienazione parentale: nella risposta diceva che la giurisprudenza non riconosce già l'alienazione parentale, eppure le assicuro che ci sono migliaia di casi, decine di migliaia di casi a livello nazionale. Io soltanto, da sola, per quello che sto cercando di portare avanti, anche soltanto parlando in Aula, ricevo costantemente ogni giorno almeno cinque-sei segnalazioni di casi di alienazione parentale, dove queste persone che mi scrivono - mi hanno scritto anche dei minori tramite le pagine Facebook perché loro sono molto più bravi di noi anche ad essere all'interno dei social - mi hanno richiesto aiuto. E, andando a richiedere loro l'autorizzazione di poter vedere, leggere e studiare insieme a dei collaboratori che ho dovuto assumere per farmi aiutare, tutte queste CTU, queste relazioni tecniche di ufficio riportano sempre e comunque definizioni di alienazioni parentali o, addirittura, come in questo caso specifico relativo a questa donna, di un rischio possibile, futuro di alienazione.

E se lei, come le hanno scritto, ritiene che la giurisprudenza non la riconosce, non capisco come ci possano essere così tanti casi, invece, dove viene attuata costantemente.

Dobbiamo cioè renderci conto di ciò e la prego di riportare quanto le sto dicendo (comunque rimarrà un video e rimarrà per iscritto) al Ministero della Giustizia, la prego veramente. Qui si parla di non aiutare i minori. I minori saranno la società del futuro. Noi non abbiamo idea di quanto stiamo combinando in questo senso, perché quei minori un giorno diventeranno adulti e non saranno riusciti a comprendere il motivo dell'allontanamento da un genitore, oltre l'80 per cento delle volte dalla madre. Non riusciranno a comprendere o a superare il senso dell'abbandono; cresceranno incattiviti, arrabbiati, delusi e non soltanto da chi hanno intorno, ma dallo Stato intero che non si è preso cura di loro. Questa sarà la società del futuro.

Quindi, non mi si può rispondere che non possono vedere, non possono leggere quanto accaduto all'interno di questo caso specifico, perché basta andare a richiederlo e il Ministro della Giustizia può richiedere i documenti, così come ho potuto richiederli io, con un'autorizzazione semplice scritta dall'avvocato, che mi permetteva, da parte dell'avvocato della signora in questione ma di tutte le altre, di avere la documentazione del tribunale per poter studiare effettivamente la situazione.

Non mi posso permettere di giudicare l'operato del magistrato, del giudice, degli avvocati ma l'ispettore che può essere inviato dal Ministero della Giustizia al tribunale può permettersi quantomeno di vedere se effettivamente la tutela del minore è stata mantenuta oppure no. Perché quello è l'interesse primario, non il litigio tra madre e padre. Qui non si sta difendendo la donna o l'uomo nello specifico: si difende il minore ed è un nostro dovere oltre che loro diritto.

Quindi, oltre a modificare le leggi che è una cosa che sicuramente bisogna fare per dettagliare meglio la situazione e dare direttive più specifiche, è necessario anche controllare effettivamente se quelle linee vengono rispettate ed attuate all'interno dei tribunali.

Ci tengo soltanto a dire le ultime cose, riprendendo la sentenza di corte d'appello di Roma recentissima, del 3 gennaio 2020 sul caso legato alla signora Laura Massaro, che comunque sta diventando conosciuto perché ha battagliato tanto, sempre per una questione simile. All'interno della sentenza vi è una frase importantissima dove lo stesso giudice scrive: la bigenitorialità non è un principio astratto normativo ma è un valore posto nell'interesse del minore che deve essere adeguato ai tempi e al benessere del minore stesso. Quindi, la bigenitorialità non è comunque obbligata, non è una tutela e un diritto per i genitori. Deve essere comunque sempre subordinata all'interesse primario del minore.

Un'altra parte dice: appare velleitario ritenere che sia possibile ricostruire un legame parentale recidendo l'altro, e questo rimane vero, anche ove si condividesse la convinzione della CTU. Motivo per il quale, non è vero che i magistrati non prendono in considerazione quanto descritto dalla CTU. È il contrario: si riprende quasi integralmente quello che scrivono sulle relazioni i tecnici d'ufficio e si riporta in sentenza. Ultimo passaggio. Qualsiasi provvedimento impartito deve essere preventivamente verificato, in termini di fattibilità e sostenibilità. Ove tale verifica manchi, il provvedimento perde di efficacia. E questo lo riporto perché in una parte dell'interpellanza c'è un punto in cui, nella descrizione del caso specifico della signora campana, il tribunale di Torre Annunziata scrive che è disposto un cambio di domicilio per i tre bambini, collocati presso l'abitazione del padre, in un altro comune, con gravi conseguenze anche per le abitudini quotidiane dei piccoli. Bene, io credo che questa sentenza di Corte d'appello possa fare un po' di scuola in questo caso. Quindi, magari, se può dire anche al Ministro della Giustizia di leggersela, perché probabilmente potrebbe prendere spunto anche da lì per migliorare la situazione.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Avverto che, d'intesa con la Presidente del Senato, le votazioni per l'elezione di due componenti il Garante per la protezione dei dati personali e di due componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni avranno luogo martedì 18 febbraio, in un orario che sarà successivamente definito.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 20 gennaio 2020 - Ore 14:

1. Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 16 dicembre 2019, n. 142, recante misure urgenti per il sostegno al sistema creditizio del Mezzogiorno e per la realizzazione di una banca di investimento. (C. 2302-A)

Relatore: MANCINI.

La seduta termina alle 10,25.