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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 5 marzo 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    nel 1975 l'allora consigliere della Cassa del Mezzogiorno Pasquale Saraceno andando in visita in Calabria fornì dei dati davvero preoccupanti: «dopo 25 anni dalla istituzione della Cassa» denunciò Saraceno purtroppo la differenza tra le Regioni del Mezzogiorno e quelle del Nord non aveva subito variazioni; in particolare gli indicatori chiave quelli legati al tasso di disoccupazione, al costo del denaro e al PIL pro capite erano praticamente rimasti uguali;

    questa triste constatazione avveniva dopo 25 anni; in questi giorni l'Istat ha fornito questi dati che si riportano sinteticamente relativi all'anno 2016:

     il reddito disponibile delle famiglie è: al Nord ovest di 21.500 euro; al Nord est di 21.000 euro; al Centro di 19.100 euro; al Mezzogiorno di 13.500 euro;

    ed ancor più preoccupante il prodotto interno lordo per abitante:

     il reddito disponibile delle famiglie al Nord ovest di 32.700 euro; al Nord est di 33.300 euro; al Centro di 29.900 euro; al Mezzogiorno di 18.200 euro;

    il dato della disoccupazione fa registrare al Nord un valore pari all'8,6 per cento (di cui quella giovanile raggiunge il 17 per cento) e al Sud pari al 20,7 per cento (di cui quella giovanile è pari al 36 per cento);

    forse è arrivato il momento di non ricadere nel sistematico errore del passato. Occorre prima comprendere meglio le attitudini produttive del Mezzogiorno, attitudini cresciute davvero quasi spontaneamente; ci si riferisce al comparto agro alimentare, a quello turistico, a quello della intelligenza manifatturiera, a quello del terziario avanzato e altro, e capire per quale motivo nella maggior parte dei casi il valore aggiunto di tali attività non rimane nel Mezzogiorno;

    ora si torna, addirittura, a sancire questi connotati ripristinando vere fisicità territoriali: la marca, la contea, la baronia. Non si ha il coraggio di annunciarlo in modo organico, cioè non si dice in modo trasparente che le regioni Piemonte, Valle d'Aosta, Alto Adige, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Toscana diventano un riferimento unico in termini di gestione delle risorse e i relativi bilanci possono anche ricorrere a forme di reciproca solidarietà finanziaria in modo da ottimizzare al massimo i cespiti derivanti dalla Iva prodotta all'interno delle singole realtà regionali. È vero che questa azione non produce alcuna aggiunta agli attuali versamenti dello Stato ma non produce, al tempo stesso, alcun ritorno allo Stato dei possibili ulteriori introiti. La cosa più grave, però, è che, siccome le regioni prima elencate partecipano per oltre il 70 per cento alla formazione del prodotto interno lordo del Paese, automaticamente si costruisce all'interno dello Stato un nuovo Stato. Sicuramente le regioni del Sud vorranno imitare l'itinerario delle regioni del Nord e in tal modo faciliteranno il processo di costruzione dei due blocchi e legittimeranno il Paese della crescita e il Paese della decrescita. Infatti, le regioni del Nord preferiranno proprio la contrapposizione tipologica tra due distinti organismi entrambe all'interno della stessa area geografica ma con due distinte aree geo-economiche. Per evitare un simile rischio sarebbe opportuno operare una rivisitazione dell'articolo 117 della Costituzione, cioè una sostanziale modifica degli spazi concorrenti tra Stato e regioni e, al tempo stesso, definire un chiaro equilibrio tra ambiti distinti del Paese, un equilibrio non misurato solo utilizzando i trasferimenti finanziari ma fissando in modo oggettivo gli standard prestazionali dei servizi, le soglie di costo del denaro, le modalità d'accesso al credito, e altro;

    non comprendere questa pericolosissima fase in cui versa il Sud del Paese significa svendere, come sta già avvenendo, il porto di Gioia Tauro a Msc e il porto di Taranto alla Società turca YilPort Holding A.S.; significa allontanarsi sempre più da quell'assetto integrato ed interagente con il quale proprio la Unione europea aveva cercato di caratterizzare, nella edizione del 2013, le reti Trans European Network (TEN-T); in tale nuova edizione è stato modificato il vecchio Corridoio Berlino-Palermo in Corridoio Helsinki-La Valletta con un nuovo prolungamento nel tratto Napoli-Bari-Taranto recuperando così in modo organico l'intero assetto meridionale del Paese;

    si ritiene che 5 sono gli interventi o mancati o gestiti male che, purtroppo, non si è stati capaci di trasformare in occasioni di crescita:

     il porto canale di Cagliari;

     il ponte sullo Stretto di Messina;

     una Banca dell'economia meridionale;

     una rete autostradale a pagamento i cui utili destinati alla infrastrutturazione nel Sud;

     una rivisitazione del centro siderurgico di Taranto;

    in merito al porto canale di Cagliari è opportuno ricordare che nel lontano 1974 questo impianto era nato come unico Hub logistico di transhipment dell'intero Mediterraneo ma, cosa tipicamente italiana, contravvenendo a ogni logica programmatica, contemporaneamente entrava in concorrenza il porto di Livorno. In tal modo, quello di Cagliari, che poteva diventare con un anticipo di 45 anni ciò che oggi è il Pireo nel Mediterraneo, è rimasto un porto con caratteristiche di transhipment molto limitate, togliendo così alla Sardegna una grande occasione di rilancio;

    in merito al ponte sullo Stretto di Messina si comincia solo ora a capire quanto sia stata assurda la scelta compiuta dieci anni fa di annullare un'opera volute non da due regioni, non da un Paese ma dall'intera Unione europea. Solo ora, dopo dieci anni, si sta capendo che in tal modo è stata annullata la possibilità per le merci siciliane di muoversi su ferrovia; dopo dieci anni si è capito quanto sia stato assurdo perdere il contributo del 20 per cento da parte della Unione per la realizzazione dell'opera; dopo dieci anni si è capito quanto sia limitata la funzionalità dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria priva della continuità territoriale con la Sicilia; dopo dieci anni si è forse capito che un intervento così incisivo in termini realizzativi ed occupazionali avrebbe davvero modificato l'assetto economico dell'intero Mezzogiorno;

    in merito alla Banca è utile ricordare che una delle differenze tra il Centro Nord ed il Sud è da ricercarsi proprio nel «costo del denaro» e quindi è stato un errore non reinventare il Banco di Napoli caratterizzandolo come Banca dell'economia meridionale con una precisa finalità: rendere vantaggioso il credito e gestire, in modo organico, i fondi comunitari;

    in merito al pagamento della rete autostradale penso sia utile fare prima una precisazione: se si ponesse il pedaggio nella costruzione e nella gestione della rete autostradale; i collegamenti come Olbia-Sassari, Salerno-Reggio Calabria, l'asse 106 Jonica, la Bari-Lecce, potrebbero essere intanto una condizione per coinvolgere capitali privati nella realizzazione, nell'adeguamento e nella manutenzione della rete autostradale del Mezzogiorno. Al tempo stesso, i proventi dal pedaggio potrebbero essere versati ad un fondo rotativo mirato proprio alla infrastrutturazione dell'intera realtà meridionale. La gratuita critica sulla incidenza del pedaggio sui residenti locali è ampiamente superabile con strumenti già utilizzati che prevedono costi più contenuti per i residenti;

    in merito alla rivisitazione del centro siderurgico di Taranto si ritiene si sia persa proprio ultimamente una grande occasione: trasformare questa vastissima area in un grande campus universitario per le popolazioni del Mediterraneo. Andava data una giusta risposta a due facili critiche: la perdita di circa dieci mila posti di lavoro e la perdita per il Paese di una produzione annua di 5 milioni di tonnellate di acciaio. Per i livelli occupazionali oltre il 50 per cento avrebbe trovato occupazione nella nuova attività, mentre per quanto concerne la quantità di acciaio, trattasi di una dimensione davvero minima nel contesto della produzione di acciaio nel mondo. I vantaggi invece sarebbero stati enormi: il recupero ambientale per la città di Taranto e di un vasto hinterland; una riqualificazione ambientale che avrebbe riguardato oltre 400 mila abitanti e, al tempo stesso, la realizzazione di un campus universitario che avrebbe fatto crescere la eccellenza scientifica dell'intero Mezzogiorno;

    si tratta di cinque occasioni perdute insieme a tante altre che sicuramente avrebbero contribuito alla crescita di una parte del Paese che, proprio per la serie di occasioni perse, è rimasta sempre lontano dai livelli macroeconomici del resto d'Italia;

    ci si sofferma su due dati:

     il ritorno di regioni del Mezzogiorno a soglie di crisi pregresse;

     la caratteristica di «irreversibilità della crisi» ormai posseduta da queste regioni;

    ci si sofferma su queste due emergenze perché stranamente, a livello mediatico e politico, raramente vengono riportate e soprattutto i soggetti istituzionali (Ministro per il sud e la coesione territoriale, Ministro dello sviluppo economico e Ministro delle infrastrutture e dei trasporti) sono più propensi a raccontare le azioni e gli impegni da intraprendere per produrre la crescita e lo sviluppo del Mezzogiorno e non si soffermano sulla gravità generata da un «ritorno al passato» di una economia che stava decollando. Ma la cosa più grave è questa prolungata stasi decisionale, questo comportamento sul blocco degli investimenti e la incapacità procedurale; infatti anche dove esistono le risorse le opere rimangono bloccate per colpa della assenza di strumenti efficienti ed efficaci. Oggi quindi si assiste ad una stasi che rischia di diventare irreversibile; ci si chiede infatti, a titolo di esempio, quando potranno disporre di una rete integrata di infrastrutture logistiche capaci di produrre convenienze, capaci di efficientare ciò che al nord del Paese e in Europa si chiama «griglia infrastrutturale logistica», regioni come la Sicilia priva di una offerta trasportistica ferroviaria, la Sardegna ancora priva di un asse autostradale efficiente che colleghi Cagliari con l'area settentrionale, la Calabria priva, nell'area orientale, di una offerta ferroviaria e stradale, la Puglia non collegata in modo adeguato con l'area tirrenica attraverso l'asse AV/AC Bari-Napoli, la Campania priva di collegamenti tra la portualità e la retro portualità, la Basilicata ancora non adeguatamente supportata da una rete ferroviaria e stradale, il Molise ancora non servito in modo adeguato dal sistema ferroviario e stradale;

    gli investimenti pubblici con risorse nazionali effettuati nelle regioni del Mezzogiorno sono più del 20 per cento in meno rispetto agli impegni assunti dall'Italia con la Unione europea;

    Marc Lemaitre, direttore generale della direzione delle politiche regionali della Unione, ha detto che, quando si faranno i conti alla chiusura dell'apposito Programma 2014-2020, si profilerà la possibilità di un taglio al volano di risorse assegnate, un volano pari a 44 miliardi di euro;

    Lemaitre lo ha annunciato a margine della conferenza stampa della settimana dedicata alle politiche di coesione. In particolare, Lemaitre ha precisato: «Spesso ci sentiamo dire che la politica di coesione non produce nulla di positivo per lo sviluppo del Mezzogiorno. Ma voglio richiamare l'attenzione sulla consistente riduzione degli investimenti nazionali al Sud fino al punto da neutralizzare e rendere vano lo sforzo europeo nelle politiche regionali nel Mezzogiorno»;

    sempre Lemaitre ha ricordato che tra il 2014 e il 2017 l'Italia si era impegnata a realizzare investimenti nel Sud per un importo pari allo 0,47 per cento del prodotto interno lordo delle regioni del Mezzogiorno, ma non è andata oltre lo 0,38 per cento (più del 30 per cento in meno). A fine programma la Commissione potrà decidere di operare una correzione, cioè un taglio dei fondi;

    è da rilevare il divario oggi esistente in materia di Pil pro capite. Infatti, il Pil pro capite del Mezzogiorno è di 18.000 euro e quello del Centro nord di 34.000 euro con punte di 40.000 euro;

    quello che ha denunciato Lemaitre preoccupa specialmente se si considera che gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno sono calati in maniera consistente e oggi, come detto prima, sono al livello più basso di sempre: meno dello 0,4 per cento del Pil del Mezzogiorno stesso; in Europa centrale si è vicini al 4 per cento, quindi dieci volte di più;

    forse sta finalmente emergendo la verità sulla latitanza dello Stato nei confronti del Mezzogiorno. Per capirlo si ritiene utile riportare alcuni contributi dei partecipanti alla Conferenza delle regioni periferiche d'Europa svoltasi pochi giorni fa a Palermo. In particolare, Marc Lemaitre, direttore generale per la politica regionale della Commissione europea (richiamato dal primo firmatario del presente atto di indirizzo in un blog di una settimana fa) ha tra l'altro precisato: «Siamo nella situazione ideale per valutare come possiamo compensare il minore intervento pubblico nei prossimi anni del Programma europeo. Tra FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) e FSE (Fondo Sociale Europeo) l'Italia ha 25 miliardi di fondi europei, di cui 18, cioè tre quarti è ancora da spendere questo può dare la differenza (...). Appena la nuova Commissione Europea sarà in funzione organizzeremo un incontro con la nuova Commissaria per la Coesione per lanciare un partenariato con l'Italia sulla politica di coesione per il Sud». In realtà Lemaitre denuncia ancora una volta che su 25 miliardi sono ancora da spendere 18 (è utile precisare che i restanti 7 miliardi sono stati impegnati, ma sono stati spesi concretamente appena 4 miliardi);

    ma occorre tornare al tema legato al Mezzogiorno e non soffermarsi sulla lettura dei soliti indicatori che da soli denunciano il ritorno ad un passato che si sperava di non dover vivere mai; ci si riferisce al tasso di disoccupazione ed al prodotto interno lordo pro capite, mentre occorrerebbe soffermarsi sulla perdita secca di interesse del mondo della produzione ad «investire» in tale vasta realtà territoriale. Se si analizzano le motivazioni di questo ormai obbligato disinteresse si scopre che la massima responsabilità vada addebitata alla mancata realizzazione di una serie di opere che rendono più conveniente ambiti territoriali ubicati in Montenegro, in Albania, in Grecia e in Croazia. In particolare, è assurda la possibilità di intervenire in:

     aree non servite come quelle della zona orientale della regione Calabria per la inesistenza di un asse stradale funzionale come quello della strada statale n. 106 Jonica (parte di tale asse è stato in parte approvato per oltre 1,8 miliardi di euro ma mai avviato a realizzazione);

     aree non servite come nella zona meridionale della Puglia, in particolare l'asse stradale Maglie-Santa Maria di Leuca (risorse disponibili per oltre 280 milioni di euro sin dal 2011);

     aree servite malissimo per l'assenza di un asse ferroviario nel collegamento Palermo-Catania (risorse disponibili sin dal 2013 e mai attivate concretamente);

     aree servite malissimo per l'assenza di un asse autostradale nella zona centrale della Campania come la «Telesina» (risorse già identificate in project financing per oltre 550 milioni di euro e rimaste ancora ferme);

     aree servite in modo inadeguato e relative al collegamento ferroviario Napoli-Bari (intervento parzialmente avviato sin dal 2013, però caratterizzato da un avanzamento lento; le opere del nodo di Bari non sono ancora state assegnate);

     aree completamente ancora emarginate e penalizzate da una rete ferroviaria non adeguatamente attrezzata e relative alle tratte Taranto-Brindisi e Lecce-Pescara (linea adriatica);

     aree ancora non servite né da una rete ferroviaria, né da una rete stradale come la Basilicata, dove la strada 106 Jonica non è mai stata avviata a realizzazione e la ferrovia (quella delle Appulo-lucane e quella della rete delle Ferrovie dello Stato italiane) non ha avuto nessun intervento mirato alla riqualificazione degli standard prestazionali;

    in realtà, non ci sono condizioni di convenienza in queste aree perché per anni, non si è fatto nulla e in tal modo si è riportato di nuovo tutte le regioni del Mezzogiorno all'interno dell'Obiettivo uno (cioè con un Pil pro capite inferiore al 75 per cento della media dell'Unione europea a 28 Stati);

    basterebbe porre attenzione sull'elenco delle opere inserite nel programma delle infrastrutture strategiche supportato dalla legge n. 443 del 2001 e approvato dal Cipe e quelle nel programma delle reti Ten-T sia nella edizione del 2004 che del 2013. Si apprenderebbe che tutte le opere capaci di infrastrutturare in modo organico il Mezzogiorno di Italia erano non solo inserite in tale programma ma, escluso il Ponte sullo Stretto, erano state tutte trasformate in elaborati progettuali definitivi (nel 2001 erano solo intuizioni progettuali) per oltre l'80 per cento, erano state approvate dal Cipe, erano state supportate da adeguate risorse, alcune erano in costruzione e altre già realizzate. Si fanno solo alcuni esempi elencando quelle che, per rilevanza e dimensione, possono considerarsi «opere chiavi» dell'intero impianto logistico del Sud del Paese:

     opere stradali: super strada Olbia-Sassari, autostrada Salerno-Reggio Calabria, strada statale 106 Jonica, autostrada Benevento-Caianello, autostrada Palermo-Messina, autostrada Catania-Siracusa, super strada Agrigento-Caltanissetta, superstrada Maglie-Santa Maria di Leuca;

     opere ferroviarie: asse ferroviario AV/AC Napoli-Bari, nodo ferroviario di Bari, Asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania, Nodo ferroviario di Palermo;

     sistemi metropolitani: metropolitana di Napoli, metropolitana di Palermo, metropolitana di Catania;

    manca in questo elenco il Ponte sullo Stretto di Messina, perché, pur se approvato progettualmente, pur se aggiudicato, nel 2011 con apposita legge è stato annullato;

    questo quadro progettuale è stato supportato da apposite risorse finanziarie; fino al 2001, benché un apposito strumento normativo imponesse una quota da destinare al Sud pari al 30 per cento delle risorse annualmente destinate alla infrastrutturazione del Paese, il valore globale non aveva mai superato la quota del 10-12 per cento. Solo dopo il 2002 le risorse assegnate al Sud, non solo hanno rispettato tale percentuale, ma, in alcuni anni, l'hanno anche superata. Dal 2002 ad oggi degli oltre 110 miliardi di euro, assegnati per opere previste dal Programma delle infrastrutture strategiche, sono stati assegnati al Sud circa 40 miliardi di euro. Se fosse rimasto il Ponte sullo Stretto di Messina, la percentuale addirittura avrebbe quasi raggiunto il 50 per cento;

    è fondamentale qui ricordare le negatività e le inerzie che dal 2002 ad oggi hanno caratterizzato l'intero processo attuativo della legge obiettivo: la non contestualità degli interventi e la elevata lungaggine dei processi realizzativi. In merito alla mancanza di una corretta contestualità si ritiene utile ricordare che in realtà la partenza disgiunta di opere o l'avanzamento per lotti di assi stradali o ferroviari ha reso spesso inefficace l'effetto determinante di alcuni interventi;

    è ancora più grave la lentezza realizzativa causata sia da strumenti burocratici inadeguati come i decreti legislativi n. 50 del 2016 e n. 56 del 2017 (codice degli appalti), sia da carenze finanziarie esplose, in modo particolare, nell'ultimo quinquennio. Invece, un discorso a parte, sempre per le azioni da attivare nel Mezzogiorno, va fatto per il prolungamento dell'alta velocità ferroviaria nel Mezzogiorno. Per la Puglia l'intervento in corso sulla Napoli-Bari e le opere previste sul nodo di Bari e gli adeguamenti sulla tratta Bari-Lecce e Bari-Taranto assicurano un valido collegamento veloce con la parte orientale del Mezzogiorno, invece il prolungamento dell'alta velocità ferroviaria da Salerno in poi impone un adeguato approfondimento. Si deve, in fondo, chiedersi se ha senso prolungare un servizio ad alta velocità con investimenti molto onerosi per fermarsi poi a Reggio Calabria senza una continuità funzionale fino a Catania e fino a Palermo. Il Commissario della Unione europea Karel Van Miert in occasione dell'inserimento del Ponte all'interno del programma delle reti Ten-T, rispondendo all'intervento polemico di un parlamentare europeo della regione Sicilia contrario all'inserimento dell'opera, disse: «abbiamo collegato, con un ponte lungo 21 Km, Malmö con Copenaghen. Cioè abbiamo collegato la Svezia con la Danimarca due Paesi di 4 e 6 milioni di abitanti e rimaniamo fermi e incapaci di fronte alla realizzazione di un collegamento stabile di soli 3 Km che unisce una realtà territoriale di 6 milioni di abitanti con una di 54 milioni». Senza il ponte la dorsale tirrenica dell'alta velocità in realtà diventa discutibile;

    quanto ai finanziamenti del programma operativo regionale (Por) e nazionali (Pon) coperti in buona parte dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e dal Fondo sociale europeo (Fse) per il periodo 2014-2020, grazie alla regola conosciuta come N + 3 che consente di utilizzare i fondi entro tre anni dall'impegno a bilancio, le spese potranno essere certificate alla Commissione europea entro la fine del 2023. Il quadro dei dati riportati ultimamente da Il Sole 24 Ore identifica due voci: «dotazione» e «certificato»; sotto la voce «dotazione» vi è il valore dello stanziamento definito nel 2014 dalla Unione europea di intesa con il nostro Paese pari a 53.239 milioni di euro, mentre sotto la voce «certificato» c'è un importo pari a 15.187,7 milioni di euro; questo ultimo importo è relativo agli «impegni contrattualmente definiti» e non come erroneamente viene spesso riportato «impegni erogati». Infatti, le risorse realmente spese, come detto in precedenza, non superano l'importo di 8 miliardi di euro. Si portano solo alcuni esempi che da soli testimoniano come, negli ultimi cinque anni, la macchina dello Stato, sia centrale che locale, sia praticamente rimasta bloccata:

     la regione Puglia (Fondi FESR e FSE) rispetto a una dotazione (in migliaia di euro) di 7.121 evidenzia un impegno certificato (in migliaia di euro) di 1.931; la regione Sicilia (Fondi FESR e FSE) rispetto a una dotazione (in migliaia di euro) di 5.093 evidenzia un impegno certificato (in migliaia di euro) di 1.406,5; la regione Calabria (Fondi FESR e FSE) rispetto a una dotazione (in migliaia di euro) di 2.379 evidenzia un impegno certificato (in migliaia di euro) di 698,1; la regione Campania (Fondi FESR e FSE) rispetto a una dotazione (in migliaia di euro) di 4.950,7 evidenzia un impegno certificato (in migliaia di euro) di 1.321,5; la regione Sardegna (Fondi FESR e FSE) rispetto a una dotazione (in migliaia di euro) di 1.375,8 evidenzia un impegno certificato (in migliaia di euro) di 364,1; i Piani operativi nazionali (PON) comparto infrastrutture, imprese e inclusione rispetto a una dotazione (in migliaia di euro) di 6.120,2 evidenziano un impegno certificato (in migliaia di euro) di 1.299,9; rispetto a una dotazione (in migliaia di euro) di 27.039,7 si evidenzia un impegno certificato (in migliaia di euro) di 7.021,1;

    prendendo solo alcuni esempi legati essenzialmente a realtà del Mezzogiorno, si evince in modo inequivocabile che nell'ultimo quinquennio non si è utilizzato ben 20 miliardi di euro e di quel valore contrattualmente impegnato forse si è riusciti a spendere 3 miliardi di euro;

    la situazione è monitorata con attenzione dalla direzione generale politiche regionali della Commissione europea che all'inizio di novembre 2019 in occasione della riunione annuale con le regioni e il Governo a Trieste aveva espresso le proprie preoccupazioni per la lentezza con cui l'Italia spende i fondi strutturali europei; una percentuale di spesa tra le più basse dell'intera Unione;

    in questi ultimi giorni alcuni esperti hanno confermato il divario della crescita del Pil negli ultimi 10 anni tra le zone dove è presente l'alta velocità ferroviaria e le zone distanti dalle stazioni di alta velocità: un divario di 7,5 punti percentuali;

    l'Istat ha fotografato nel rapporto degli indicatori demografici una diminuzione della popolazione residente nel nostro Paese. Il calo della popolazione si concentra prevalentemente al Sud ed in misura inferiore al Centro. Il calo delle nascite, l'invecchiamento della popolazione e la perdita di residenti in atto da molti anni ha portato ad un calo demografico di dimensioni tali da avere effetti sul sistema economico italiano. Pertanto, in assenza di importanti misure di superamento di questa tendenza si potrebbe verificare nel corso degli anni un grave gap che inciderebbe sui processi produttivi e sulla qualità del capitale umano. Infatti, è evidente l'importanza delle infrastrutture. Il connubio infrastrutture-sviluppo e l'aumento della popolazione residente al Sud rappresentano un elemento di fondamentale importanza per lo stesso Mezzogiorno;

    accanto alla crisi demografica si sta sviluppando un vero e proprio esodo dei giovani meridionali che emigrano al Nord o all'estero alla ricerca di un lavoro. Negli ultimi anni, infatti, molti residenti hanno abbandonato il Mezzogiorno (si tratta soprattutto di giovani laureati),

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per definire, in collaborazione con Ferrovie dello Stato italiane, progetti, risorse e tempi certi per la realizzazione dell'alta velocità Salerno-Reggio Calabria;

2) ad adottare le iniziative di competenza per realizzare il Ponte sullo Stretto di Messina aggiornando e modificando il progetto attuale, con particolare riferimento alla specifica destinazione ferroviaria e alla diminuzione dei costi di realizzazione;

3) ad adottare iniziative per accelerare la realizzazione dell'alta velocità Bari-Napoli e Palermo-Messina-Catania con l'aggiornamento dei tempi di realizzazione;

4) a presentare un cronoprogramma con risorse certe per la realizzazione dell'infrastrutturazione immateriale del Sud;

5) ad adottare iniziative normative in modo da rendere più veloci e snelle le procedure di appalto nel settore delle infrastrutture con la nomina di commissari, come già avvenuto per Genova, che possano derogare alle attuali procedure, in particolare per ciò che riguarda l'alta velocità al Sud, la manutenzione ordinaria e straordinaria di ponti e viadotti e la realizzazione dell'infrastrutturazione stradale al Sud e nelle Isole;

6) a rivedere integralmente la procedura seguita nella redazione del piano del Sud evitando di esporre «obiettivi programmatici» e prospettando invece «atti programmatici concreti» e capaci, davvero, di costruire assetti infrastrutturali condivisi;

7) sulla base del quadro conoscitivo sinteticamente richiamato in premessa e sulla base della vasta documentazione acquisita nell'arco degli anni in cui i Governi hanno cercato di impostare una politica mirata al rilancio dell'economia meridionale, ad istituire un osservatorio stabile mirato proprio alla reale coerenza tra atto programmatico, tra atto decisionale ed attuazione organica e concreta delle scelte effettuate;

8) ad adottare iniziative per definire nel prossimo documento di economia e finanza una precisa agenda sulle modalità operative necessarie a garantire entro il 31 dicembre del 2023 la spesa di circa 47 miliardi di euro relativi ai fondi comunitari inseriti nel programma 2014-2020, motivando i ritardi accumulati sia nell'impegno che nella spesa di tali fondi e identificando in modo analitico tutti i passaggi procedurali in quanto non sarà facile erogare circa 47 miliardi in tre anni, avendo erogato in circa sei anni solo 8 miliardi di euro;

9) a indicare sempre nel documento di economia e finanza, le proposte strategiche che intende inserire nel programma comunitario 2021-2027, tenendo conto che mentre nel programma 2014-2020 la quota comunitaria era pari al 50 per cento, nel Programma 2021-2027 la quota comunitaria scende al 25 per cento.
(1-00338) «Lupi, Schullian, Benigni, Colucci, Gagliardi, Pedrazzini, Sangregorio, Sgarbi, Silli, Sorte, Tondo».


   La Camera,

   premesso che:

    uno dei diritti fondamentali di ogni bambino è quello di crescere nell'ambito della propria famiglia e sviluppare relazioni affettive con entrambi i genitori;

    in un contesto di crescente mobilità e di tendenziale aumento dei procedimenti di scioglimento di matrimoni e unioni tra genitori di diverse nazionalità, l'esercizio di tale diritto si rivela talvolta problematico e la sottrazione internazionale dei minori rischia di diventare una delle peggiori piaghe sociali;

    sono, infatti, sempre più frequenti i casi nei quali un genitore trattiene indebitamente con sé un minore in uno Stato diverso da quello di residenza abituale, ovvero lo allontana da quest'ultimo per portarlo in un altro Stato, senza coordinarsi con l'altro genitore, se non contro la volontà di quest'ultimo;

    così come sempre più frequenti sono i casi nei quali gli strumenti giuridici a disposizione dei genitori italiani, vittime di sottrazione o indebitamente accusati di sottrazione, si rivelano insufficienti o inadatti a tutelare i minori italiani e binazionali;

    tale fenomeno, nonostante l'intensificarsi della cooperazione giudiziaria a livello internazionale, non sembra diminuire: nel mondo, ogni anno circa 100.000 bambini sono vittime di sottrazioni internazionali;

    secondo gli ultimi dati forniti dalla sezione statistica del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità sulla base dei dati acquisiti dagli archivi gestionali dell'ufficio delle autorità centrali, aggiornati a inizio 2019 e relativi all'anno 2018, le autorità italiane hanno «trattato» quasi 600 casi di sottrazione e 402 erano i casi ancora pendenti a fine 2018;

    il proliferare delle situazioni d'interazione tra Stati, la libera circolazione delle persone in Europa, la situazione di commercio globale e, anche, a livello di persone, hanno imposto che sotto il profilo normativo si tentasse di normare il fenomeno della sottrazione internazionale, prevedendo degli specifici accordi tra Stati, che favorissero, se non altro, la valutazione giudiziaria delle fattispecie di sottrazione;

    in particolare, negli ultimi trent'anni, sono stati adottati a livello internazionale e a livello europeo specifici strumenti normativi, nel tentativo di prevenire, contrastare e anche reagire al fenomeno delle sottrazioni internazionali;

    si tratta, da un lato, di strumenti volti ad affermare e proteggere il diritto della persona di minore età ad avere regolari contatti con i propri familiari e a prevedere in capo agli Stati specifici obblighi positivi di protezione di tale diritto; dall'altro, di strumenti volti a garantire, per il tramite della cooperazione giudiziaria e amministrativa tra Stato di residenza abituale del minore e Stato di rifugio (ossia lo Stato in cui il minore si trova a seguito della sottrazione), il rimpatrio del minore illecitamente sottratto;

    nella prima prospettiva, lo strumento di riferimento è la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989, in vigore sul piano internazionale dal 2 settembre 1990 e oggi ratificata da 196 Stati, tra cui l'Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176;

    la Convenzione dell'Onu considera la persona di minore età come soggetto autonomo di diritti e afferma il principio generale secondo il quale, in tutte le azioni che riguardano bambini e ragazzi, l'interesse superiore del minore deve ricevere una considerazione preminente (articolo 3);

    in merito al problema specifico delle sottrazioni internazionali, la Convenzione, nel prevedere una specifica tutela del diritto del bambino a sviluppare relazioni con entrambi i genitori, considerando la famiglia come ambiente naturale per la crescita e il benessere dei suoi membri e del minore in particolare, da un lato, afferma un obbligo positivo in capo agli Stati, che sono chiamati ad adottare provvedimenti per «combattere il trasferimento e il mancato ritorno illecito di persone di minore età all'estero» e, dall'altro, individua proprio nell'intensificazione della cooperazione internazionale, mediante la conclusione di accordi bilaterali o multilaterali, lo strumento per dare compiuta attuazione al predetto obbligo positivo (articolo 11);

    tra gli strumenti in materia di cooperazione giudiziaria, su scala globale, il più importante resta la Convenzione de L'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, che trova ispirazione proprio nell'esigenza di garantire protezione ai bambini e nel principio generale secondo il quale i bambini non devono essere in alcun modo considerati come proprietà dei genitori, ma come soggetti autonomi titolari di specifici diritti e bisogni;

    la Convenzione de L'Aja del 1980, che si applica nelle relazioni tra gli Stati che l'hanno firmata o vi hanno aderito, sempre che l'adesione sia stata accettata dagli altri Stati, è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 15 gennaio 1994, n. 64;

    la Convenzione si propone l'obiettivo di ripristinare quanto prima lo status quo ante la sottrazione mediante il rimpatrio immediato del minore nel suo luogo di residenza abituale, in modo che egli possa ristabilire il rapporto genitoriale e i legami familiari e sociali traumaticamente interrotti dalla sottrazione;

    se dall'ambito globale si passa poi a quello dell'Unione europea, la norma di riferimento è il regolamento n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (cosiddetto regolamento Bruxelles II-bis);

    tale strumento richiama le disposizioni della Convenzione de L'Aja del 1980, integrandole nel senso di un rafforzamento dei meccanismi di cooperazione giudiziaria, facendo leva sul principio di reciproca fiducia che ispira tutta l'attività dell'Unione europea nel settore;

    elemento, spesso, dirimente per la sussistenza della fattispecie di reato e, quindi, per la decisione di rimpatrio in sede «civile» è che il minore sia allontanato da quella che è la «residenza abituale» dello stesso, ovvero il luogo ove lo stesso aveva i propri affetti, il proprio ambiente familiare e di amicizie;

    l'articolo 8, paragrafo 1, del citato regolamento comunitario prevede, infatti, la competenza, per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, delle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente; mentre il successivo articolo 11 prevede il ritorno del minore, illecitamente trasferito o trattenuto all'estero, nel Paese in cui questi aveva la residenza abituale prima del trasferimento o mancato ritorno;

    la Corte di giustizia europea interpreta i citati articoli nel senso che la residenza abituale del minore corrisponde al luogo in cui si trova di fatto il centro della sua vita (Corte di giustizia dell'UE del 28 giugno 2018, n. 512), raccomandando anche di individuare la residenza abituale del minore nel singolo caso di specie, sulla base di elementi di fatto concordanti (Corte di giustizia dell'UE, del 2 aprile 2009, n. 523), tra cui la circostanza che il minore abbia vissuto con entrambi i genitori in un determinato luogo, mentre non sono determinanti le origini del genitore e l'eventuale sua intenzione di tornare al Paese di origine (Corte di giustizia dell'UE, 28 giugno 2018, n. 512);

    la sola presenza fisica del minore in uno Stato non è sufficiente a stabilirne ivi la residenza abituale, mentre hanno rilievo la cittadinanza del minore e l'intenzione di entrambi i genitori di stabilirsi con il minore in uno Stato, manifestata attraverso circostanze esterne come l'acquisto di un alloggio (Corte di giustizia dell'UE, del 2 aprile 2009, n. 523);

    numerose sono anche le decisioni di legittimità che si sono di recente soffermate sull'aspetto sostanziale della nozione di «residenza abituale», evocata, ma non definita, dalla Convenzione;

    la più recente delle pronunce colloca la residenza abituale nel luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza ha consolidato, consolida, ovvero, in caso di recente trasferimento, possa consolidare una rete di affetti e relazioni tali da assicurargli un armonico sviluppo psicofisico. Il concetto di «residenza abituale», pertanto, integra una situazione di fatto il cui accertamento è riservato all'apprezzamento del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se congruamente e logicamente motivato, luogo in cui il minore, in virtù di una durevole e stabile permanenza, anche di fatto, trova il centro dei propri legami affettivi, non solo, parentali, che derivano dalla quotidiana vita di relazione (Cass. Civ. Sez. I Ord., 14 dicembre 2017, n. 30123);

    già in precedenza la giurisprudenza italiana aveva definito il concetto di «residenza abituale del minori» ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione dell'Aja, precisando che tale nozione non può coincidere né con la nozione di «domicilio» di cui all'articolo 43, primo comma, c.c., né con quella (formale) di residenza scelta concordemente dai coniugi ex articolo 144 c.c. (Cassazione civile, sezione I, 19 dicembre 2003, n. 19544; cfr. inoltre Cassazione civile, sezione I, 16 luglio 2004, n. 13167, nonché Cassazione civile, sezione I, 15 febbraio 2008, n. 3798);

    nonostante tale consolidato orientamento giurisprudenziale, una recente sentenza emessa dalla Corte di giustizia europea nel caso di Emilio Vincioni rischia di sovvertire il principio finora condiviso, diventando un pericoloso precedente per la risoluzione dei casi di sottrazione internazionale di minori, di fatto, italiani ma nati all'estero per i più svariati motivi;

    nel caso di specie, in particolare, a pochi mesi dal parto, la moglie del signor Vincioni, una donna di nazionalità greca stabilmente residente in Italia con il marito, decide di partorire in Grecia per poter essere assistita dalla famiglia di origine con la promessa di tornare in Italia subito dopo, ma non rispetta quanto detto al marito e resta nella penisola ellenica, diventando subito un caso di trattenimento illecito di minore;

    il tribunale ordinario di Ancona, a cui il signor Vincioni si era rivolto per chiedere il ritorno della figlia in Italia e il suo affidamento esclusivo, ha ritenuto che non occorresse pronunciarsi sulla domanda relativa alla responsabilità genitoriale sul minore, in quanto lo stesso risiedeva sin dalla nascita in uno Stato membro diverso dall'Italia, sentenza confermata dalla corte d'appello;

    parallelamente al procedimento dinanzi ai giudici italiani, il signor Vincioni presentava domanda di ritorno della figlia in Italia anche dinanzi al Tribunale monocratico di Atene: i giudici greci hanno, dapprima, riconosciuto che la bambina fosse stata illecitamente trattenuta da sua madre in Grecia, senza che il padre avesse dato il suo consenso a che la residenza abituale del minore fosse ivi stabilita, e che, quindi, nel caso di specie, avrebbe dovuto applicarsi la procedura di ritorno prevista dalla convenzione de L'Aja del 1980 e dal regolamento n. 2201/2003, ma hanno deciso, poi di sospendere il procedimento e adire la Corte di giustizia europea con un ricorso pregiudiziale;

    la Corte di giustizia europea ha emesso una paradossale sentenza, secondo la quale: «A prescindere da tutto, se un bambino nasce in un Paese, si può ritenere che la sua “residenza abituale”, ossia il centro dei suoi interessi affettivi ed economici, sia nel Paese in cui è venuto al mondo e non dove i suoi genitori avevano stabilito la residenza del nucleo familiare vivendo e lavorando entrambi da oltre due anni»;

    gli Stati membri dell'Unione europea vengono informati quando un caso arriva davanti ai giudici europei, dal momento che le sentenze della Corte hanno ripercussioni su tutti i Paesi e, mentre la Grecia si è costituita subito per la moglie, l'Italia ha abbandonato definitivamente il suo cittadino, i cui diritti sono stati fatti valere dal rappresentante del Regno Unito;

    il padre della bambina, che oggi ha 4 anni, in tutto questo periodo non ha potuto adempiere ai suoi compiti di genitore e, presto, tra i due non ci sarà neppure una lingua comune;

    la discutibile sentenza emessa dai giudici europei rischia di condannare il signor Vincioni a rinunciare per sempre a vedere crescere la propria figlia, pur essendo un genitore che non si è mai macchiato di nessuna colpa;

    l'ulteriore paradosso di questa, già assurda, vicenda è che il signor Vincioni si è visto negare per oltre un anno il suo passaporto italiano, perché privo del consenso scritto della moglie straniera, richiesto per legge; condannato, quindi, ad una sorta di obbligo di dimora anche in mancanza di condanna giuridica e solo recentemente, dopo diversi ricorsi, a quanto consta ai firmatari del presente atto di indirizzo, ha ottenuto, con grave ed ingiustificato ritardo, il nulla osta da parte del giudice tutelare, dopo aver sopportato costi legali che, invece, la legge dichiara esplicitamente non devono essere affrontati;

    tutto questo non è previsto né dalla normativa europea, né da nessun altro Stato dell'Unione: è lo Stato italiano che ha deciso di percorrere questa strada;

    al riguardo, è stata presentata una petizione al Parlamento europeo (petizione n. 0610/2018), giudicata ricevibile, «sulla pratica discriminatoria dello Stato italiano relativa all'emissione e al rinnovo del passaporto del genitore italiano»;

    un'altra criticità riscontrata nei casi di sottrazione internazionale di minori riguarda, poi, la scelta operata dall'Italia della autorità centrale che, ai sensi della Convenzione dell'Aja del 1980, ha il compito di cooperare reciprocamente e promuovere la cooperazione tra le autorità competenti dei rispettivi Stati, al fine di assicurare l'immediato ritorno dei minori sottratti illecitamente;

    in particolare, le autorità centrali svolgono una funzione di raccordo tra il soggetto che richiede il ritorno del minore sottratto e le autorità dello Stato in cui il minore è stato portato, mettendo in atto tutto il possibile per localizzare il minore sottratto, assicurare la consegna volontaria del minore o agevolare la composizione amichevole della controversia, scambiarsi le informazioni relative alla situazione del minore, fornire informazioni generali sulla legislazione del proprio Stato in relazione all'applicazione della Convenzione, avviare o agevolare l'instaurazione della procedura giudiziaria o amministrativa per ottenere il ritorno del minore sottratto, concedere o agevolare l'ottenimento dell'assistenza legale e assicurarsi che siano adottate, a livello amministrativo, le misure necessarie per garantire, quando richiesto dalle circostanze, il ritorno del minore in condizioni di sicurezza;

    ciascuno Stato determina con proprie norme interne gli specifici strumenti con i quali la propria autorità centrale può realizzare i suoi compiti;

    autorità centrale italiana è il Ministero della giustizia, Ufficio per la giustizia minorile, che, a suo stesso dire, svolge un ruolo passivo, di semplice trasmissione delle richieste straniere al tribunale italiano, che appare in pieno contrasto con la Convenzione e la legge di ratifica;

    tali casi, peraltro, innescano frequentemente complessi ed articolati itinera giudiziari, di durata generalmente lunghissima e molto onerosi sul piano umano, affettivo ed economico;

    un'altra criticità legata a tali delicate questioni riguarda, infine, l'iscrizione nei pubblici registri dell'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (A.i.r.e.), che avverrebbe d'ufficio anche di fronte ad eventuali diffide da parte dell'altro genitore;

    Fratelli d'Italia con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-04385 ha già denunciato il caso di trascrizione all'A.i.r.e. del comune di Roma di due bambini ad opera di un funzionario del consolato di Copenaghen, nonostante il genitore opponente avesse inviato una diffida a non aderire alle richieste dell'altro genitore in quanto era stata presentata denuncia per sottrazione internazionale di minori e nonostante avesse manifestato la propria contrarietà alla decisione presa dall'altro genitore;

    l'ordinamento nazionale ed internazionale mette a disposizione degli istituti spesso efficaci, ma che sicuramente vanno migliorati, per dare maggiore supporto a quei genitori che si trovano a vivere il dramma della sottrazione del figlio da parte del proprio coniuge e, che si ritrovano travolti da procedure e domande internazionali, che, purtroppo, possono risentire anche degli stessi rapporti internazionali esistenti tra gli Stati; il problema della sottrazione internazionale dei figli minori è un problema grave e di difficile soluzione, oggi più che mai, più volte posto all'attenzione delle istituzioni, ma purtroppo rimasto senza risposte adeguate,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a predisporre, in relazione alla disciplina di cui alla legge 15 gennaio 1994, n. 64, di ratifica ed esecuzione della convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, aperta alla firma a L'Aja il 25 ottobre 1980, anche attraverso l'apertura di un tavolo politico-giuridico con la partecipazione delle organizzazioni di settore maggiormente rappresentative ed esperti della materia, misure che assicurino l'effettiva tutela dei cittadini e volte, in particolare, a:

  a) garantire che il bene giuridico tutelato sia il giusto bilanciamento tra il diritto del minore e il diritto del genitore esercente la responsabilità genitoriale;

  b) rafforzare le competenze dell'autorità centrale italiana e gli strumenti con i quali la stessa può realizzare i suoi compiti;

2) a farsi promotore, in sede europea ed internazionale, di modifiche alla Convenzione de L'Aja e al regolamento n. 2201/2003 tali da:

  a) adottare quanto prima una definizione univoca e uniforme di residenza abituale del minore, che non può mai coincidere automaticamente con il luogo di nascita, ma deve rispondere a precisi parametri di valutazione;

  b) eliminare ogni discriminazione tra i cittadini italiani, europei ed extra-Unione europea in materia di assenso del coniuge al rilascio del passaporto personale;

  c) garantire una risoluzione più rapida ed efficiente dei casi di sottrazione internazionale di minori, non solo nelle ipotesi di espatrio, ma anche di rimpatrio, anche attraverso l'adozione di norme rafforzate e più chiare e termini perentori, perché il fattore tempo è fondamentale e non è accettabile compromettere indebitamente la vita dei minori per problemi di cooperazione giudiziaria transfrontaliera;

  d) armonizzare le norme per il procedimento di esecuzione, anche in considerazione delle procedure attuate dagli altri Paesi, garantendo così maggiore certezza del diritto a genitori e minori;

3) ad adottare iniziative di competenza per prevedere l'inserimento nel Sis (sistema d'informazione Schengen) di minori a rischio di sottrazione, su segnalazione della autorità giudiziaria dello Stato membro competente ai sensi del regolamento 2201/2003 quando esiste un concreto ed evidente rischio di sottrazione illecita e imminente del minore, posto cui questo strumento protettivo sarebbe di particolare positivo impatto, perché verrebbe introdotto uno strumento per prevenire la sottrazione, mentre quelli attualmente vigenti operano ex post, cioè dopo che il minore è già stato sottratto;

4) ad adottare ogni opportuna iniziativa di competenza volta a evitare, nelle more di un procedimento giudiziario, la concessione di documenti validi per l'espatrio o l'iscrizione all'A.i.r.e. di bambini potenzialmente vittime di sottrazione e trattenimento di minore all'estero.
(1-00339) «Bellucci, Meloni, Lollobrigida, Rampelli, Delmastro Delle Vedove, Acquaroli, Baldini, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Luca De Carlo, Deidda, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni I e III,

   premesso che:

    il Venezuela, dal 2013, vive una crisi politica, economica e umanitaria senza precedenti;

    il governo di Nicolàs Maduro, ottenuto mediante elezioni fraudolente e mantenuto con la violenza perpetrata dalle gerarchie militari contro la popolazione civile, è ormai considerato largamente illegittimo dalla comunità internazionale;

    dal punto di vista economico, il Fondo monetario internazionale ha stimato un'inflazione pari a 1.000.000 per cento nello scorso 2019 e una perdita di 2/3 del Pil in soli sei anni di crisi economica;

    le condizioni critiche in cui versano sia la società, che l'economia venezuelana, hanno inevitabilmente delle forti e gravi ripercussioni sui cittadini italiani che vivono in Venezuela e su quelli che, dopo lunghe permanenze per studio o lavoro, decidono di far ritorno nel nostro Paese;

    data la grave difficoltà economica e sociale e l'ingente mole di lavoro, i consolati italiani presenti nel Paese incontrano notevoli difficoltà nel garantire adeguata assistenza ai nostri connazionali che si rivolgono ai servizi consolari per lasciare il Paese e ritornare in Italia;

    appare quindi necessaria l'istituzione di una «Unità di Crisi» straordinaria per il Venezuela presso la Farnesina, che consentirebbe di fornire una più adeguata assistenza ai nostri concittadini. Attraverso la creazione di uno «Sportello Amico», tale unità si dovrebbe occupare di fornire adeguate soluzioni alle seguenti problematiche: assistenza sociale per i connazionali emigrati che hanno fatto ritorno in Italia; omologazione e riconoscimento dei titoli di studio conseguiti in Venezuela; riconoscimento della patente auto venezuelana, mediante una traduzione giurata delle suddette patenti e il riconoscimento di queste da parte delle autorità giudiziarie italiane; ripristino del tasso di cambio Dicom (cambio parallelo) nel calcolo delle prestazioni di tipo assistenziale erogate dall'Inps a favore dei cittadini italiani residenti in Venezuela, come già favorevolmente ribadito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze-Ragioneria generale dello Stato, nel 2016; accelerazione e conclusione delle pratiche per il riconoscimento delle invalidità di tipo psico-fisiche, nonché quelle concernenti l'assistenza medica in caso di patologie rare e/o gravi; rafforzamento dell'assistenza da parte di mediatori italo-venezuelani al fine di velocizzare le pratiche concernenti permessi di soggiorno, richieste d'asilo, l'orientamento lavorativo, il sostegno psicologico e via dicendo, garantendo, in tal modo, il raggiungimento del benessere psico-fisico e l'inclusione sociale dei cittadini delle fasce più deboli e in maggiori difficoltà;

    alle precedenti, si aggiunga la necessità di effettuare anche una rendicontazione dei fondi sinora stanziati dall'Italia a sostegno dei connazionali in Venezuela, nonché di un esame della documentazione a riguardo al fine di valutare le modalità entro le quali tali fondi siano stati distribuiti,

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative per istituire una «Unità di Crisi» (Sportello amico del Venezuela) che svolga le funzioni indicate in premessa nell'ambito di un adeguato programma di sostengo sia ai cittadini italiani residenti in Venezuela, che ai connazionali che, dopo lunghe permanenze in Venezuela, fanno ritorno nel nostro Paese;

   a concedere, in via provvisoria, un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai cittadini venezuelani di origine italiana al fine di consentirne il rimpatrio e l'accesso al programma di sostegno.
(7-00428) «Donzelli, Delmastro Delle Vedove».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, per sapere – premesso che:

   il 31 dicembre 2019 la Commissione sanitaria municipale di Wuhan in Cina, ha segnalato all'Organizzazione mondiale della sanità una serie di casi di polmonite ad eziologia ignota nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei;

   il 9 gennaio 2020, le autorità cinesi hanno riferito che è stato identificato un nuovo coronavirus (Sars-CoV-2) come agente causale della malattia respiratoria in seguito denominata Covid-19;

   l'epidemia di Covid-19 o Coronavirus ben presto si è diffuso in tutto il mondo e ad oggi si contano circa 94.000 casi accertati e circa 3.200 decessi;

   in Italia i primi due casi di Coronavirus si sono registrati il 29 gennaio 2020, quando una coppia di turisti cinesi è stata trasportata presso l'istituto Spallanzani che, in seguito, ha confermato la loro positività al nuovo virus;

   il primo caso di trasmissione secondaria in Italia si è verificato a Codogno, comune della Lombardia in provincia di Lodi, il 18 febbraio 2020;

   l'Italia risulta una delle nazioni maggiormente colpite da questa nuova epidemia, soprattutto nelle regioni del nord, quali Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna;

   ad oggi nel nostro Paese purtroppo si contano all'incirca 2.300 casi positivi, in aumento in tutto il territorio nazionale e circa 80 vittime;

   questa è una delle più grandi crisi sanitarie che il nostro Paese ha dovuto affrontare, crisi che sta rischiando di mettere in ginocchio il nostro sistema sanitario e la nostra economia;

   la Presidenza del Consiglio dei ministri ha adottato diverse misure al fine di contrastare il diffondersi sul territorio nazionale del virus Covid-19 o Coronavirus;

   in data 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri ha deliberato lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili;

   in data del 23 febbraio 2020 è stato emanato il decreto-legge n. 6, con il quale sono state introdotte misure urgenti in materia di contenimento e gestione delle emergenze epidemiologiche a livello nazionale;

   in data 1° marzo è stato emanato un ulteriore decreto da parte del Presidente del Consiglio dei ministri recante ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6;

   il propagarsi dell'epidemia del virus Covid-19 su tutto il territorio nazionale sta avendo gravissime ripercussioni su tutto il sistema industriale ed economico del Paese, non solo nei territori focolai dell'epidemia, ma anche nel resto della penisola;

   uno dei settori che sta risentendo maggiormente, sia delle limitazioni imposte dal Governo per evitare il diffondersi dei contagi che degli effetti della nuova epidemia globale, è il settore del turismo; infatti, si contano a migliaia le disdette delle prenotazioni su tutto il territorio nazionale, venendo ciò a creare una vera è propria crisi per il settore e per gli operatori turistici;

   il diffondersi dell'epidemia sta penalizzando e paralizzando soprattutto le grandi città d'arte, quali Roma, Venezia, Firenze, Matera e Napoli;

   la crisi del settore turistico non coinvolge, quindi, solo le cosiddette zone rosse ma tutto il territorio nazionale; infatti, dai dati forniti da Confcommercio si apprende che nella sola città di Matera, capitale della cultura 2019, vi è stato un calo di circa l'80 per cento di prenotazioni rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con un gran numero di disdette dovute all'emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese e con gravissime ripercussioni sul fatturato delle imprese turistiche e ricettive;

   secondo le ultime stime fornite da Confturismo, l'Italia rischierebbe di perdere circa 7 miliardi di euro di introiti derivanti dal settore turistico, ovvero, il 6 per cento del prodotto interno lordo e il 13 per cento se si calcolano anche i benefici che questo settore offre ad altri settori;

   il 2 marzo 2020 è stato emanato il decreto-legge n. 9, riguardante alcune misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese, connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19 relativo ai soli comuni ricadenti nella così della zona rossa –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e della crisi che l'emergenza epidemiologica da Covid-19 sta provocando nel settore del turismo a livello nazionale;

   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di mettere a disposizioni anche per le imprese, le famiglie e i lavoratori dei territori non inclusi nella zona rossa, gli stessi ammortizzatori sociali in deroga alle normative vigenti e la sospensione degli oneri fiscali e contributivi per gli operatori turistici e alberghieri già previsti nel decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9;

   quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare l'economia delle città d'arte del nostro Paese, che si basa principalmente sul settore turistico e della recettività.
(2-00668) «Rospi».

Interrogazioni a risposta orale:


   MOLLICONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 54 del 2 marzo 1970 veniva pubblicato il decreto di nomina di Broz Tito Josip, Presidente della Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, all'onorificenza dell'Ordine al merito della Repubblica italiana – cavaliere di gran croce, decorato di gran cordone, titolo onorifico più elevato della Repubblica italiana;

   nella stessa Gazzetta Ufficiale erano altresì pubblicati l'elenco di 17 personalità jugoslave alle quali risultava conferita l'onorificenza di Cavalieri di gran croce e l'elenco di personalità jugoslave alle quali era stata conferita, rispettivamente, l'onorificenza di grandi ufficiali e di commendatori;

   l'istituzione dell'onorificenza dell'Ordine al merito della Repubblica italiana e il suo conferimento sono disciplinati dalla legge n. 178 del 3 marzo 1951 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 458 del 13 maggio 1952;

   l'articolo 5 della legge n. 178 del 1951 prevede che «Salve le disposizioni della legge penale, incorre nella perdita della onorificenza l'insignito che se ne renda indegno. La revoca è pronunciata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta motivata del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dell'Ordine»; le attuali disposizioni hanno impedito la revoca dell'onorificenza a Tito richiesta a più riprese da diverse parti politiche e dalle stesse associazioni degli esuli giuliano-dalmati;

   il conferimento dell'onorificenza a Broz Tito Josip deve essere valutato in ragione del momento storico in cui lo stesso ha avuto luogo, un momento in cui l'indagine storica non aveva ancora portato alla luce, in tutta la loro odierna indiscutibile gravità, i crimini di cui si era macchiato il decorato;

   l'Associazione nazionale partigiani d'Italia (Anpi) è un'associazione fondata dai partecipanti alla resistenza italiana nella seconda guerra mondiale;

   a differenza di altre associazioni reducistiche, possono iscriversi all'Anpi, oltre alle categorie illustrate nell'articolo 23 del suo statuto – «partigiani, patrioti, componenti delle Forze Armate che hanno combattuto contro i tedeschi dopo l'armistizio, incarcerati o deportati – durante la Guerra di Liberazione – per attività politiche o per motivi razziali, militari internati e che non abbiano aderito alla RSI» –, anche tutti i cittadini maggiorenni, senza alcuna distinzione di età, che dichiarino e sottoscrivano di essere «antifascisti», unitamente agli obiettivi dell'associazione;

   come indicato da un'inchiesta giornalistica di Repubblica, al 2010, la composizione degli iscritti all'Anpi è per il 10 per cento di iscritti di partigiani storici e di patrioti delle squadre di azione patriottica e dei gruppi di azione patriottica, un altro 10 per cento di giovani fra i 18 e i 30 anni, mentre la gran parte degli iscritti tra il 60 e il 65 per cento appartiene alla fascia d'età 35-65 anni;

   in qualità di associazione combattentistica, l'Anpi è fruitrice di fondi pubblici;

   come indicato da fonti di stampa, l'Anpi è spesso coinvolta in polemiche politiche o gravi atti di revisionismo storico relativamente a tragedie nazionali, come nel caso del Giorno del ricordo –:

   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano necessario, a fronte dei maggiori studi in ambito storico che ne hanno rivalutato la figura, adottare iniziative normative per consentire la revoca dell'onorificenza a Josip Broz Tito e, al fine di salvaguardare la memoria del Giorno del ricordo e della storia nazionale, prevedere la trasformazione dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia in istituto di memorialistica e archivio storico.
(3-01352)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   da quando si è insediato il Governo Conte II, i provvedimenti approvati dallo stesso hanno richiesto l'adozione di 263 decreti attuativi, il 47 per cento riconducibili alla legge di bilancio approvata a fine anno;

   i decreti attuativi sono le norme necessarie per la piena implementazione delle leggi approvate dal Parlamento;

   ad oggi, secondo alcuni studiosi indipendenti, ci sono 257 decreti attuativi non adottati dal Governo «Conte II», equivalente al 98 per cento del totale;

   solamente 6 dei decreti attuativi previsti sono stati adottati, ne mancano all'appello ancora 257. Su tutti, vivono quelli della legge di bilancio per il 2020, norma storicamente tra le più complesse da implementare. Sono infatti 123 i decreti della manovra ancora da adottare;

   per il cosiddetto decreto fiscale, invece, mancano 35 decreti sui 37 previsti, mentre per il cosiddetto decreto milleproroghe ne mancano 30 su 30;

   tale studio non tiene conto dei decreti attuativi ereditati dal Governo Conte I e dai Governi precedenti –:

   quali siano gli intendimenti del Governo per abbattere il numero di decreti ancora da adottare, quantificandone il numero esatto.
(3-01353)


   PERANTONI e SCANU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 6 della Carta costituzionale sancisce che «la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche»;

   tale tutela trova espresso riconoscimento, tra l'altro, nella legge n. 482 del 1999, in base alla quale lo Stato riconosce e tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo;

   in particolare, all'articolo 12 si prevede che nella convenzione tra il Ministero dello sviluppo economico e la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, e ne contratto di servizio, siano assicurate condizioni per la tutela delle minoranze linguistiche nelle zone di appartenenza;

   nel solco del dettato costituzionale, la legge n. 103 del 1975 in materia di diffusione radiofonica e televisiva, stabilisce che la Rai, oltre alla gestione dei servizi in concessione, è tenuta alla realizzazione di una serie di prestazioni aggiuntive rivolte anche alle minoranze linguistiche;

   da una parte, quindi, l'azienda deve garantire, l'erogazione su tutto il territorio nazionale dell'offerta radiofonica, televisiva e multimediale, in applicazione delle norme nazionali finalizzate alla tutela, nelle relative aree di appartenenza, delle lingue di cui alla legge 15 dicembre 1999, n. 482;

   dall'altra, il Dipartimento per l'informazione e l'editoria è tenuto alla stipula degli atti convenzionali con il concessionario del servizio pubblico radio-televisivo, finalizzati appunto alla tutela delle minoranze linguistiche;

   si tratta di una finalità particolarmente rilevante per rafforzare il senso stesso di coesione nazionale e per valorizzare le identità linguistico-culturali storiche delle comunità locali, come recentemente affermato dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega all'editoria, Andrea Martella, in sede di dichiarazioni programmatiche dell'attività di Governo rese in audizione presso la Commissione cultura della Camera il 29 ottobre 2019 e ribadito in Commissione Affari costituzionali al Senato della Repubblica il 27 novembre 2019;

   in tale sede, il Sottosegretario ha precisato altresì che il recente rinnovo dell'atto di concessione decennale alla Rai del servizio pubblico radiotelevisivo, disposto con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2017, e il nuovo contratto di servigio 2018-2022, stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai all'inizio del 2018, prevedono l'integrazione e la qualificazione dell'offerta di servizi rivolta alle minoranze linguistiche, attraverso la produzione e la distribuzione di trasmissioni radiofoniche e televisive, nonché di contenuti audiovisivi – tra l'altro – in lingua sarda per la regione autonoma Sardegna, da realizzare nell'ambito delle convenzioni da stipulare fra la Presidenza del Consiglio dei ministri e la Rai;

   in particolare, il contratto di servizio 2018-2022 stabilisce che la Rai deve «presentare al Ministero dello sviluppo economico, per le determinazioni di competenza, un progetto operativo ... per assicurare l'applicazione delle disposizioni finalizzate alla tutela delle lingue di cui alla legge 15 dicembre 1999, n. 482, tenendo conto, più in particolare, dei seguenti criteri:

    1) differenziazione delle esigenze in funzione delle rispettive aree di appartenenza;

    2) necessità di perseguire obiettivi di efficacia ed efficienza;

    3) caratteristiche delle diverse piattaforme di distribuzione con riguardo ai target da conseguire»;

   risulta che tale progetto è stato trasmesso al Ministero in data 7 marzo 2019;

   con precipuo riferimento alla Sardegna, la legge regionale n. 22 del 2018 sulla «Disciplina della politica linguistica regionale» prevede che la regione promuova ed incentivi la produzione e la diffusione di programmi radiofonici e televisivi in lingua sarda, in catalano di Alghero e in sassarese, gallurese e tabarchino, anche attraverso la specifica convenzione sottoscritta con la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, e per la quale sono stanziate periodicamente risorse finanziarie regionali;

   ad oggi, tuttavia, non risulta che si sia proceduto con la stipula degli atti aggiuntivi alle convenzioni esistenti ed, in ogni caso, ciò non risulta con riferimento alla regione Sardegna;

   va, dunque, considerata l'importanza del servizio pubblico radiotelevisivo anche per il perseguimento delle finalità di cui alla legge n. 482 del 1999 e la Rai, in quanto servizio pubblico, deve garantire lo stesso servizio a tutti i cittadini utenti –:

   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, in relazione agli atti convenzionali con la Rai in materia di minoranze linguistiche, affinché l'azienda adempia alla normativa vigente e si pervenga alla stipula, in particolare con la regione Sardegna, delle predette convenzioni;

   se e quali determinazioni di competenza abbia assunto il Ministro dello sviluppo economico in riferimento al progetto operativo trasmesso il 7 marzo 2020 dalla Rai per l'adeguamento del servizio pubblico alle istanze delle minoranze linguistiche.
(3-01354)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL e GIANNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è l'organismo di indirizzo e coordinamento in materia di salute all'interno delle Nazioni Unite. Tra le altre funzioni, è impegnata a fornire una guida sulle questioni sanitarie globali, indirizzare la ricerca sanitaria, stabilire norme e standard e formulare scelte di politica sanitaria basate sull'evidenza scientifica; ha un ruolo centrale nella pianificazione delle strategie vaccinali; garantisce assistenza tecnica agli Stati membri, monitora e valuta le tendenze in ambito sanitario, finanzia la ricerca medica e fornisce aiuti di emergenza in caso di calamità;

   da qualche anno, l'Oms vede tra i suoi maggiori finanziatori non gli Stati membri, bensì enti privati, i cui finanziamenti costituiscono i tre quarti del patrimonio dell'Oms. Tra essi, spiccano le principali case farmaceutiche produttrici di vaccini e organizzazioni private. Secondo quanto riportato dall'avvocato Mirella Manera, giurista dell'associazione Attuare la Costituzione, sentita in audizione al Senato: «tutti i programmi vaccinali dell'OMS sono finanziati per lo più con fondi privati, versati non solo da società farmaceutiche, ma anche dalla “Melinda” e “Bill Gates Foundation” e da “Gavi Alliance” (alleanza mondiale per la vaccinazione), sempre creata dalla “Melinda” e “Bill Gates Foundation”. I fondi sono vincolati a specifici progetti selezionati dai donatori, non stanziati sulla base della pianificazione, né sulle esigenze prioritarie dell'agenda internazionale della salute a cui va solo il 7 per cento dei finanziamenti» (al proposito si veda l'interrogazione n. 4-02613);

   sempre in tema di conflitto d'interessi, con la cosiddetta emergenza Coronavirus, in Italia, a parlare a nome dell'Oms, a livello mediatico e politico, vi è Walter Ricciardi designato, nel novembre 2017, dal Governo pro tempore Gentiloni a rappresentare l'Italia nell’Executive Board dell'Oms per il triennio 2017-2020. Come risulta da formale diffida del Codacons (luglio 2018), dal curriculum vitae pubblicato sul sito dell'Istituto superiore di sanità e nella dichiarazione di interessi, presentata alla Commissione europea (marzo 2013) dallo stesso, Ricciardi ha svolto incarichi in ambito scientifico, sanitario e universitario, in collaborazione con aziende farmaceutiche, trovandosi, a giudizio degli interroganti, in palese conflitto d'interesse (si veda al proposito l'interrogazione n. 4-01801);

   dei pandemic bonds sono stati emessi dalla Banca mondiale e dalla Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo nel 2017, con un tasso di ritorno dell'11 per cento in collaborazione con l'Oms, nell'ambito di un Pandemic Emergency Financial Facility. L'esborso massimo per le pandemie da coronavirus è stato determinato a 200 milioni di dollari e scatterebbe in caso che la pandemia duri per oltre 12 settimane, superi un certo numero di morti e sia presente in più di un Paese. I pandemic bonds sono stati modellati sullo scenario più plausibile di un coronavirus proveniente dalla Cina (Reuters, 19 febbraio 2020);

   gli interroganti ritengono che quello che appare loro come un evidente conflitto di interessi vada a minare la terzietà della stessa Oms e ne metta in discussione l'autorevolezza –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere per sollevare la questione in sede di Oms per superare quelli che appaiono agli interroganti elementi di conflitto d'interessi e garantire, nell'adozione delle necessarie decisioni, quel ruolo super partes che attualmente non risulterebbe garantito;

   se il Ministro della salute intenda compiere una valutazione sul valore scientifico delle raccomandazioni che provengono dall'Oms considerando i conflitti di interesse di cui sopra e le reali condizioni epidemiologiche del nostro Paese;

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza per estromettere Ricciardi dalle liste per la formazione delle Commissioni nazionali per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia;

   se, alla luce delle criticità sopra evidenziate, non si ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per rivedere la designazione di Ricciardi come membro del Consiglio esecutivo dell'Organizzazione mondiale della sanità.
(4-04902)


   D'ATTIS e ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane è stato presentato il Piano di investimenti del Green Deal europeo, che consentirà di mobilitare fino a mille miliardi di euro, attraverso il budget dell'Unione europea e strumenti associati, per il contrasto ai cambiamenti climatici;

   il Piano comprende gli investimenti sostenibili che dovranno supportare la transizione verde dell'Unione europea;

   tra gli obiettivi del Piano vi è anche quello aumentare i finanziamenti dedicati alla decarbonizzazione europea, e contestualmente sostenere i lavoratori e le popolazioni delle regioni che maggiormente patiscono il processo di decarbonizzazione e trasformazione. Per tali finalità, il citato piano europeo prevede appositamente un «Fondo per una transizione equa», proprio per sostenere giustamente quelle aree e quei settori produttivi che, più di altri, avranno effetti negativi e costi economici conseguenti a questo cambio di paradigma di sviluppo;

   del nuovo Fondo da 7,5 miliardi di euro, risulta che saranno destinati all'Italia circa 364 milioni di euro, da usare nei prossimi sette anni;

   le suddette risorse del Fondo dell'Unione europea, nel nostro Paese andranno a beneficio dell'area di Taranto e dell'area mineraria del Sulcis-Iglesiente. La decisione è stata comunicata il 26 febbraio 2020 all'interno della relazione economica sull'Italia in occasione della pubblicazione dei report su tutti i Paesi dell'Unione europea;

   per il calcolo della quota assegnata a ogni Paese di finanziamenti del Fondo per l'equa transizione, sono state prese in considerazione le emissioni pro capite e altri indicatori calcolati su base nazionale, mentre, per l'assegnazione delle aree beneficiarie del fondo, si sarebbe tenuto conto della situazione economica delle aree coinvolte dall'intervento e dal potenziale impatto derivante dalla riconversione industriale;

   il 26 febbraio 2020, il commissario europeo agli affari economici, Paolo Gentiloni, ricordava che alla Commissione europea «lavorano con gli Stati per identificare quali sono impianti industriali o regioni che meglio si adattano al Fondo per la transizione giusta: le autorità dovranno presentare piani di transizione ambientale in base ai quali si ottiene un finanziamento» –:

   quale sia stata l'interlocuzione tra il Governo italiano e la Commissione dell'Unione europea riguardo all'individuazione delle aree del nostro Paese destinatarie delle risorse del fondo di cui in premessa, e se non si ritenga di rendere pubblica la documentazione relativa alla medesima interlocuzione.
(4-04903)


   D'ATTIS e ELVIRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari europei, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nelle scorse settimane è stato presentato il piano di investimenti del Green Deal europeo, che consentirà di mobilitare fino a mille miliardi di euro attraverso il budget dell'Unione europea e strumenti associati, per il contrasto ai cambiamenti climatici;

   il piano comprende quella parte di investimenti sostenibili che dovranno supportare la transizione verde comunitaria. Tra gli obiettivi principali, vi è anche quello aumentare i finanziamenti dedicati alla decarbonizzazione europea. Parte del nuovo piano di investimenti sarà infatti dedicato al sostegno dei lavoratori e i cittadini delle regioni più colpite dal processo di decarbonizzazione e trasformazione, attraverso il meccanismo dell'equa transizione, strumento che catalizza almeno 100 miliardi di euro nel periodo tra il 2021 e il 2027;

   il citato piano europeo prevede un «Fondo per una transizione equa» proprio per andare incontro a quelle aree e a quei settori produttivi che più di altri avranno effetti negativi e costi economici conseguenti a questo cambio di paradigma di sviluppo;

   bisognerà ora vedere chi ne beneficerà e i margini di azione di ogni Stato membro nell'utilizzo delle risorse di questo Fondo. Nel nostro Paese, si è prospettato un loro possibile utilizzo per la conversione «verde» dell'area di Taranto interessata dagli stabilimenti dell'ex Ilva, e dell'area mineraria del Sulcis-Iglesiente;

   il 26 febbraio 2020, il commissario europeo agli affari economici, Paolo Gentiloni, ricordava che alla Commissione europea «lavorano con gli Stati per identificare quali sono impianti industriali o regioni che meglio si adattano al Fondo per la transizione giusta: le autorità dovranno presentare piani di transizione ambientale in base ai quali si ottiene un finanziamento»;

   nella zona industriale di Brindisi è situata la centrale a carbone Federico II di Cerano. Uno degli impianti a carbone più grandi e inquinanti d'Europa;

   nel 2017, uno studio epidemiologico sull'area di Brindisi, ha ulteriormente documentato un aumento significativo di tumori e malattie cardiovascolari e respiratorie nell'area;

   secondo la strategia energetica nazionale, la centrale a carbone dovrà chiudere i battenti al 2025 così come tutti gli impianti a carbone italiani, così da ridurre le emissioni climalteranti del Paese. Un progetto prevede la sua riconversione a gas entro quella data –:

   se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché anche alla luce delle criticità esposte in premessa, la centrale di Brindisi sia ricompresa tra le aree e gli impianti industriali beneficiari delle risorse assegnate al nostro Paese nell'ambito del citato fondo europeo per una transizione equa.
(4-04904)


   ZANGRILLO e CANNATELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la rete televisiva francese Canal Plus, controllata da Vivendi, ha trasmesso un video gravemente infamante nei confronti dell'Italia. In questo video, infatti, facendo esplicito riferimento all'epidemia da Covid-19 presente nel nostro, come in altri Paesi del mondo e dell'Europa, si vede un pizzaiolo italiano che, per usare un eufemismo, «infetta» volontariamente una pizza che sta preparando e che sarà successivamente servita ai clienti del ristorante;

   oltre che vergognosamente infamante nei confronti dell'Italia, il video è di una volgarità e di una crudeltà estrema perché specula in maniera abietta, a giudizio degli interroganti, su un'epidemia fortemente aggressiva che il nostro Paese sta fronteggiando e che sta causando numerosi malati e, seppur in numero limitato, anche delle vittime;

   preso atto che, a livello diplomatico, lo Stato francese, nella persona del suo ambasciatore in Italia, ha preso opportunamente le distanze dalla vicenda e che la stessa Canal Plus ha inviato scuse ufficiali, a giudizio degli interroganti, potrebbe essere riduttivo e semplicistico derubricare la trasmissione del video nella categoria della banale caduta di stile e della gaffe;

   è palese, ed è un tema al centro del dibattito politico italiano, che l'epidemia da Covid-19 possa avere un forte impatto sul sistema economico italiano e che le nostre imprese possano subire importanti ripercussioni sia sul fatturato, che sulle posizioni di mercato acquisite in campo internazionale;

   in tale situazione di difficoltà non si può escludere che vi possano essere soggetti, in particolare quelli che detengono un grande potere economico-finanziario a livello internazionale e che già sono presenti in Italia in settori strategici sia per l'economia che per la sicurezza nazionale, quali il credito e le telecomunicazioni, che possano porre in essere iniziative che, sfruttando ovvero tentando di aumentare le condizioni di difficoltà e debolezza del sistema economico italiano, puntino a rafforzare le proprie posizioni economiche, finanziarie e, a vario titolo, di potere in Italia a danno di altri operatori italiani e non;

   il mercato e la concorrenza rispondono certamente a regole economiche sulle quali i Governi nazionali non possono e non debbono esercitare alcuna iniziativa, allo stesso tempo, però, sono regolati da leggi statali che debbono essere rispettate e fatte rispettare; inoltre l'iniziativa economica in determinati settori strategici, che afferiscono alla sicurezza nazionale, può essere limitata dall'intervento pubblico a norma dell'ordinamento vigente –:

   se il Governo non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, con le modalità e nelle sedi che riterrà più opportune, anche alla luce della composizione azionaria di Canal Plus, finalizzate ad ottenere chiarimenti sulla vicenda della trasmissione del video di cui in premessa, e quali iniziative intenda assumere per tutelare le imprese e gli operatori economici italiani, in particolare nei settori strategici e attinenti la sicurezza nazionale, anche in relazione al perdurare della situazione di emergenza da Covid-19.
(4-04908)


   CAPITANIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   la legge regionale 10 dicembre 2019, n. 21, la seconda legge di semplificazione 2019 è stata pubblicata sul Bollettino ufficiale della regione Lombardia (BURL) n. 50, supplemento del 13 dicembre 2019, ed entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione, interviene con disposizioni di semplificazione in materia di disciplina regionale dei servizi abitativi, dei trasporti, di promozione e sviluppo delle attività motorie e sportive, di opere o costruzioni, e relativa vigilanza, in zone sismiche;

   l'articolo 127, primo comma, della Costituzione prevede che «Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione»;

   il Consiglio dei ministri n. 28 del 6 febbraio 2020 ha deliberato di impugnare la legge regionale della Lombardia con riguardo al funzionamento dell'Agenzia per il trasporto pubblico locale, perché invade ambiti ricompresi tra le «funzioni fondamentali dei Comuni, Province e Città Metropolitane» di competenza legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, secondo comma, lettera p), e terzo comma, della Costituzione), ritenendo, inoltre, che ci fosse anche un contrasto con i principi di proporzionalità, ragionevolezza, leale collaborazione e sussidiarietà, di cui agli articoli 118, primo comma, 3 e 97 della Costituzione;

   il Governo ha formalizzato alla regione Lombardia le proposte di revisione del testo normativo conteso solo due ore prima che si tenesse il Consiglio dei ministri di venerdì 6 febbraio 2020, agendo per l'interrogante in contrasto con il principio di leale collaborazione e sussidiarietà dettato dall'articolo 118 della Costituzione, invocato proprio dallo stesso Governo nei motivi dell'impugnativa;

   peraltro, non si comprende la ragione che ha portato il Consiglio dei ministri a deliberare l'impugnativa dal momento che i due Ministeri interessati, interno e lavoro e politiche sociali, non hanno sollevato eccezioni di costituzionalità sulla norma regionale impugnata, come risulta da quanto pubblicato sul sito internet del Dipartimento affari regionali;

   la ricostruzione dei fatti fa supporre all'interrogante che la reale motivazione che ha portato il Governo all'impugnativa sia dettata da logiche di natura politica, dettate dalla necessità di tutelare le prerogative del sindaco di Milano in materia di trasporto pubblico locale, piuttosto che da ragioni di vera e propria costituzionalità;

   il capitolo controverso sul trasporto pubblico locale della legge regionale dispone una revisione della governance delle agenzie del trasporto pubblico locale al fine di migliorare la rappresentatività di tutti i territori e, in merito, maggioranza e opposizione sono riuscite a raggiungere una mediazione in consiglio regionale, convergendo su una modifica che stabilisce che le quote di partecipazione dei singoli enti partecipanti all'Agenzia per il trasporto pubblico locale di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia siano determinate con deliberazione della giunta regionale da assumere entro il 31 marzo 2020, applicando una serie di criteri fra i quali quello che al comune di Milano è riservato almeno il 40 per cento delle quote e che la somma delle quote degli enti insistenti nella medesima provincia o città metropolitana non può essere superiore al 50 per cento delle quote;

   è stato approvato, peraltro, anche un ordine del giorno dell'opposizione che sostanzialmente impegna il presidente della regione e l'assessore delegato ad un confronto, da concludere entro 90 giorni, su tutte le criticità della legge n. 6 del 2012 che disciplina il settore dei trasporti;

   secondo l'interrogante occorre salvaguardare la competenza regionale in materia di trasporto pubblico locale, come risulta ai sensi dell'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, e da varie sentenze della Corte costituzionale (vedi 222/2005, 142/2008, 273/2013 e 211/2016), nonché ripristinare il rapporto di leale collaborazione e sussidiarietà, richiesto dalla stessa Costituzione, tra lo Stato e la regione Lombardia –:

   se non si intenda chiarire in maniera puntuale quali siano i rilievi di costituzionalità avanzati, se non si intenda riconsiderare la posizione assunta sulla materia e in ogni caso quali iniziative di competenza si intendano adottare per salvaguardare il rispetto dei principi di leale collaborazione e sussidiarietà che devono presiedere ai rapporti tra lo Stato e le regioni, come richiesto dalla stessa Costituzione.
(4-04909)


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   con decreto n. 42 del 2020 il presidente vicario della corte di appello di Bologna ha assunto determinazioni relative all'attuazione del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di mantenimento, di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-2019;

   con decreto n. 45 del 2020 il presidente vicario ha impartito ulteriori disposizioni in ragione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020;

   in tale decreto figura che «le aule di udienza delle sezioni civili ordinarie, così come le aree antistanti le aule, saranno interamente lasciate a disposizione degli avvocati per la preparazione dei verbali e le eventuali altre attività preparatorie. Le cause saranno chiamate una alla volta e le udienze saranno tenute nelle camere di consiglio adiacenti le aule di udienza»;

   nella giornata del 3 marzo 2020, pertanto, si sono svolte alcune udienze in corte d'appello, a quanto consta all'interrogante riscontrandosi un notevole affollamento nelle aule dedicate agli avvocati presenti in attesa di discutere le proprie udienze;

   tale disposizioni non appaiono garantire in alcun modo il rispetto delle disposizioni impartite dal decreto-legge n. 6 del 2020, e quelle del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020, il rispetto delle cui disposizioni risulta garantito per quanto invece riguarda il momento di discussione delle udienze a cui partecipano i magistrati –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare per il pieno rispetto delle disposizioni di cui al decreto-legge n. 6 del 2020 anche nei confronti dei professionisti impegnati nell'attività di udienza.
(4-04911)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   MOLLICONE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   risultano concluse le indagini sulla contabilità della Comunità italiana di Valle (Istria) con la notifica di un addebito di quasi 70 mila euro;

   l'amministrazione finanziaria croata ha minacciato di ipotecare la sede della comunità italiana di Valle, il medievale Castel Bembo, acquistati restaurato e ristrutturato unicamente con fondi dello Stato italiano, ma di proprietà dell'Unione italiana di Fiume;

   l'Assemblea dell'Unione italiana nella seduta tenutasi a Fiume il 18 dicembre 2019 ha deciso di pagare di fatto l'intera somma richiesta dall'Amministrazione finanziaria croata;

   è in corso un'analoga indagine finanzaria presso la Comunità italiana di Zara ed è prevista a breve un'altra assemblea dell'unione italiana con all'ordine del giorno l'esborso della somma che verrà richiesta per sanare la pretesa che scaturirà dal verbale finanziario;

   l'amministrazione finanziaria croata si appresta a rivedere la contabilità di un'altra cinquantina di comunità italiane e di altre organizzazioni culturali e scolastiche, dipendenti dell'Unione italiana;

   gli immobili pagati dallo Stato italiano, iscritti in proprietà dell'Unione italiana, corrono il pericolo di essere pignorati e, in caso di inadempienza, di essere venduti all'asta –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere per trasferire in proprietà dello Stato italiano gli immobili acquistati esclusivamente con fondi dello Stato italiano e per assicurare che essi vengano correttamente iscritti in proprietà della rete italiana delle ambasciate e dei consolari, come avviene nel resto del mondo.
(3-01356)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIBOLLA, ZOFFILI, FORMENTINI, GRIMOLDI, PICCHI, COMENCINI, BILLI e DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in alcuni Paesi europei ed extra europei, e in particolare in alcuni Paesi appartenenti all'area orientale dell'unione europea, vengono poste in essere dalle autorità locali misure finalizzate alla prevenzione della diffusione del coronavirus che colpiscono in modo indiscriminato i cittadini italiani ivi residenti e i viaggiatori provenienti dall'Italia, prescindendo dalla specifica area geografica di provenienza e dall'eventuale presenza di qualsiasi sintomatologia;

   tali misure, oltre che arrecare un danno reale agli interessi e all'immagine dell'Italia all'estero, colpiscono in modo incisivo le comunità di connazionali ivi residenti, discriminandole in modo ingiustificato;

   in diverse occasioni, infine, tali misure trovano un'applicazione ancora più stringente da parte delle aziende, delle scuole e delle università che, nell'ambito della loro autonomia organizzativa e di gestione, impongono al personale di rientro dall'Italia periodi di isolamento domiciliare non giustificati;

   la rete diplomatico-consolare è attiva nell'informare le controparti sulla situazione italiana e sugli sforzi che il nostro Paese sta compiendo per il contenimento e il contrasto al propagarsi dell'infezione –:

   quali iniziative il Governo abbia intrapreso per rafforzare l'impegno sulla scena internazionale, al fine di tutelare le comunità di connazionali all'estero dall'applicazione di misure discriminatorie e ingiustificate.
(4-04894)


   BATTILOCCHIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 27 febbraio 2020 cinque ragazzi italiani, a giudizio dell'interrogante, sono stati vessati dalla compagnia di crociere Msc e dal personale a bordo della Msc Preziosa, che li ha invitati ad abbandonare la nave, in quel momento ferma a Barbuda, nonostante fossero asintomatici e non si avesse alcuna certezza di aver contratto il virus Covid-19, ma la sola «colpa» di avere il passaporto italiano;

   ai malcapitati era arrivata la voce che fosse stata la Farnesina ad obbligarli a ritornare in Italia forzatamente interrompendo la crociera;

   solo l'intervento provvidenziale del console italiano a bordo ha evitato problemi di ordine pubblico tra i turisti di altre nazionalità e i ragazzi italiani che erano stati nel frattempo ingiustificatamente ghettizzati a bordo della nave;

   i ragazzi sono dovuti rientrare in Italia con destinazioni differenti da quelle previste, dopo che, a quanto consta all'interrogante, sarebbero stati assaliti in aeroporto da alcuni residenti dell'isola caraibica, insospettiti dalle misure restrittive e coercitive nelle quali erano stati costretti –:

   quali chiarimenti intenda fornire il Ministro interrogato, in ordine alla vicenda con particolare riguardo all'interlocuzione intercorsa, con Msc Crociere e le autorità locali, e quali iniziative siano state adottate, nel caso di specie, per evitare di mettere ingiustificatamente a repentaglio l'incolumità e la reputazione dei cittadini italiani all'estero.
(4-04897)


   BIGNAMI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dal 30 gennaio 2020, ventidue persone di diverse nazionalità, tra cui cinque italiani, componenti l'equipaggio di una nave cargo, la «Grande Nigeria», sono bloccate al porto di Dakar poiché sono stati ritirati loro i passaporti, a seguito del ritrovamento di una cospicua quantità di droga a bordo dell'imbarcazione. L'equipaggio non ha nulla a che vedere con tale faccenda: parte della droga è stata ritrovata addirittura dopo il loro arrivo in Senegal e con la nave già sotto sequestro;

   allo stato attuale, però, nessuno dell'equipaggio può lasciare la nave, sebbene non vi sia alcuna accusa formale a loro carico. In questa situazione i componenti dell'equipaggio si sono ritrovati infatti, dopo il 25 gennaio, a seguito di un ritrovo operato da essi stessi, durante le operazioni di manutenzione, quattro borsoni contenenti 120 chili di cocaina, nascosti nella bocca di aerazione di poppa. La nave, tuttavia, risultava sotto sequestro dal giugno 2019, poiché, già allora, le autorità ritrovarono a bordo 798 chili di cocaina. Il successivo ritrovamento, denunciato peraltro dagli stessi membri dell'equipaggio, ha fatto però scattare il ritiro del passaporto anche per il nuovo equipaggio, cinque italiani (quattro ufficiali e un giovane allievo ufficiale di 19 anni), un rumeno, un bulgaro e quindici filippini;

   va precisato che le 22 persone fanno parte – appunto – di un «nuovo» equipaggio, avvicendatosi a quello precedente e arrivato a Dakar in aereo, quando la nave era già ormeggiata nel porto e già posta sotto sequestro: appare, pertanto, ancor più illogico che queste persone non possano disporre dei propri passaporti e fare rientro a casa: a loro, tra l'altro, non è nemmeno consentito scendere a terra –:

   quali siano le informazioni più recenti in possesso del Governo in merito alla vicenda esposta in premessa;

   quali iniziative il Governo abbia assunto o intenda assumere, per quanto di competenza, per consentire il rientro in Italia dei connazionali.
(4-04905)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ILARIA FONTANA e ALBERTO MANCA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), con delibera del 21 dicembre 2001 adottata ai sensi della legge n. 443 del 2001, cosiddetta «legge obiettivo», approvava il «1° Programma delle infrastrutture strategiche», pubbliche e private, tra cui, nel relativo «allegato 2», era compreso il «completamento trasversale Nord Orte-Civitavecchia (tratta Viterbo-Civitavecchia)»;

   con delibera del 1° dicembre 2017 del Consiglio dei ministri è stato adottato il provvedimento di compatibilità ambientale di tale «tracciato verde», fondando la decisione sul richiamo a ragioni di «rilevante interesse pubblico», che rendevano necessario il completamento degli itinerari strategici di collegamento e raccordo tra le diverse direttrici stradali, rientranti nella rete transeuropea «TEN-T», prevedendo che il soggetto proponente completasse, in sede di redazione del progetto definitivo, lo studio di incidenza ambientale del tracciato in questione, sviluppando la cosiddetta «valutazione appropriata» sulla cui base sarebbe stata svolta la successiva verifica da parte dell'autorità competente, ai fini della valutazione d'incidenza ambientale del progetto e nel rispetto delle prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale nel corso della conferenza di servizi indetta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

   la delibera del Consiglio dei ministri del 1° dicembre 2017, inoltre, ha specificato che la regione Lazio: «Ai sensi di quanto disposto dall'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, provvede a verificare lo studio di incidenza ambientale allegato al progetto definitivo dell'opera stradale in argomento, anche al fine di individuare le eventuali ulteriori misure di mitigazione e compensazione necessarie per la tutela e la salvaguardia delle componenti ambientali e paesaggistiche del territorio interessato»;

   la medesima delibera lascia alla commissione Via-Vas del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi e per gli effetti previsti dall'articolo 185, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 163 del 2006, il solo potere di esprimere a posteriori il proprio parere sulla ottemperanza del progetto definitivo dell'opera stradale in argomento alle prescrizioni di carattere paesaggistico e ambientale, previa acquisizione della valutazione di incidenza ambientale elaborata dalla regione Lazio;

   sempre la delibera della Presidenza del Consiglio dei ministri del 1° dicembre 2017 prevedeva che Anas, proponente dell'opera, recepisse le prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale dettate nel corso della conferenza di servizi svolta con riferimento al progetto preliminare. Il progetto definitivo basato su tale recepimento, per quanto consta agli interroganti, sembra non sia stato ancora trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare –:

   se il progetto definitivo dell'opera in questione sia stato trasmesso da Anas al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare in relazione al procedimento di valutazione di incidenza, alla luce della disposizione che pone la verifica di tale studio in carico alla regione Lazio in luogo della commissione Via-Vas del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
(4-04898)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   nella Gazzetta Ufficiale V serie speciale – contratti pubblici n. 24 del 28 febbraio 2020 è stato pubblicato l'avviso pubblico relativo alla selezione di interventi finalizzati alla riqualificazione e valorizzazione turistico-culturale dei comuni ricompresi nelle regioni: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia;

   il citato bando è finalizzato al finanziamento di interventi per la promozione dei borghi e dei centri storici di piccola e media dimensione, attraverso il restauro e il recupero di spazi urbani, edifici storici o culturali, nonché elementi distintivi di carattere identitario;

   l'intervento mira, altresì, a sostenere progetti innovativi di sviluppo turistico, favorendo processi di crescita socio-economica dei territori interessati, anche al fine di promuovere processi imprenditoriali che accrescano l'occupazione e il richiamo turistico per i medesimi;

   i contributi, a fondo perduto fino all'importo di un milione di euro, risultano così ripartiti: venti milioni destinati ai comuni fino a 5.000 abitanti; altri dieci milioni per quelli con popolazione fino ai 10.000, purché abbiano individuato il centro storico quale zona territoriale omogenea (Zto);

   l'intervento in questione appare assolutamente necessario per il recupero dell'inestimabile patrimonio storico e architettonico del Paese, oltre che un'opportuna misura utile a combattere il fenomeno dello spopolamento dei comuni interessati;

   nell'elenco delle regioni non è stata inclusa la Sardegna, nonostante, ad oggi, alla stessa sia stato negato lo status di regione insulare;

   tale esclusione appare incomprensibile, anche alla luce del fatto che la sua collocazione geografica corrisponde a quelle incluse nell'avviso e che, nell'ambito territoriale sardo, esistono numerosi borghi antichi, anche dalla storia millenaria, come attestato anche dai diversi premi e riconoscimenti internazionali attribuiti ai medesimi –:

   se sia a conoscenza di quanto sopraesposto e quali iniziative intenda assumere al fine di includere la regione Sardegna tra quelle indicate nell'elenco o, se del caso, per provvedere uno specifico bando per i comuni inclusi nel predetto ambito territoriale.
(4-04900)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   dal 2 marzo 2020 è stata disposta la soppressione dell'ufficio territoriale dell'Agenzia delle entrate di Cento, in provincia di Ferrara;

   alla base della scelta, secondo la direzione dell'Agenzia delle entrate, vi è la necessità di contenere i costi relativi ai canoni di locazione e garantire l'efficientamento delle pubbliche amministrazioni. Viene ribadito, inoltre, che la chiusura dell'ufficio non arrecherà particolari disagi all'utenza in quanto il continuo sviluppo dei servizi telematici rende sempre meno necessario ai cittadini accedere fisicamente in ufficio;

   tale motivazione, a parere dell'interrogante, non appare affatto sufficiente per chiudere un ufficio territoriale. Per i cittadini centesi, infatti, tale scelta si tradurrà inevitabilmente nella perdita di un servizio importante, in particolare per la popolazione anziana non sempre avvezza ad utilizzare i servizi telematici. La posizione strategica della sede, inoltre, consentiva di avere un bacino di utenti interprovinciale e un numero di accessi notevole. Altra questione riguarda il «destino» dei dipendenti che dovranno optare tra le sedi di Ferrara e Bologna –:

   se, alla luce delle criticità di cui in premessa, si intendano adottare iniziative affinché l'Agenzia delle entrate riveda la decisione di chiudere l'ufficio di Cento, al fine di continuare a garantire il servizio sul territorio alla popolazione interessata.
(4-04899)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   BILOTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si apprende da organi di stampa, il 20 febbraio 2020 ad Olevano sul Tusciano, in provincia di Salerno, Massimo Salvatore, di 38 anni, ha tentato di uccidere la moglie colpendola con una roncola affilata tra il collo e la gola;

   l'uomo, datosi alla fuga, dopo poche ore è stato trovato senza vita in un rudere di campagna;

   la 34enne è stata trasportata all'ospedale di Battipaglia e poi al Ruggi d'Aragona di Salerno in gravissime condizioni;

   secondo le dichiarazioni rese dai familiari alla stampa, nei mesi precedenti alla violenza la donna aveva più volte denunciato la pericolosità del marito alle autorità preposte, senza ottenere tutela: in particolare il primo rapporto dei carabinieri sui maltrattamenti del marito risalirebbe allo scorso agosto; nel mese di ottobre 2019 ci sarebbero state nuove denunce;

   la legge 19 luglio 2019, n. 69, il cosiddetto «Codice Rosso», reca «Disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere»;

   nello specifico, l'articolo 1 integra l'articolo 347 del codice di procedura penale, vertente sull'obbligo della polizia giudiziaria di riferire al pubblico ministero le notizie di reato acquisite. Con la norma citata l'articolo 347 viene modificato al fine di estendere ai delitti di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza il regime speciale attualmente previsto per i gravi delitti indicati dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del codice di procedura penale: in tal modo, la polizia giudiziaria sarà sempre tenuta a comunicare immediatamente al pubblico ministero le notizie di reato, anche in forma orale;

   l'articolo 3 integra l'articolo 370 del codice di procedura penale, imponendo alla polizia giudiziaria l'adozione di un percorso preferenziale nella trattazione delle indagini delegate dal pubblico ministero che riguardino i reati di maltrattamenti, violenza sessuale, atti persecutori e lesioni aggravate commessi in contesti familiari o nell'ambito di relazioni di convivenza. Con pari tempestività dovranno essere documentati e messi a disposizione dell'autorità giudiziaria i risultati degli accertamenti compiuti;

   a più di sei mesi dall'entrata in vigore della nuova normativa, come confermato anche dallo stesso Ministero della giustizia, si è registrato un numero crescente di denunce e arresti –:

   quali elementi intenda fornire in relazione ai fatti narrati in premessa e se reputi opportuno avviare un monitoraggio, per quanto di competenza, al fine di verificare la corretta applicazione della legge suddetta, con particolare riferimento all'articolo 3.
(4-04910)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARBUTO, GRIPPA e VILLANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   in Calabria sussiste una differente situazione viaria tra i due versanti, quello Jonico e quello Tirrenico, a causa del differente trattamento che è stato riservato dai precedenti Governi che si sono succeduti nel corso dei decenni;

   mentre il versante Tirrenico è servito dalla autostrada A2, recentemente ammodernata e da una linea ferroviaria elettrificata e a due binari, il versante Jonico continua a essere servito da una vetusta strada statale, la SS106, conosciuta come «la strada della morte», a causa della sua pericolosità e dell'elevatissimo tasso di incidentalità e da una linea ferroviaria non elettrificata e con un unico binario;

   per quanto attiene al tratto calabrese della SS106 stanno per partire i lavori di realizzazione del tratto da Roseto Capo Spulico a Sibari (ex megalotto 3), che verrà realizzata come strada di categoria B, ovvero due carreggiate con due corsie per ogni senso di marcia, mentre per l'ex megalotto 6 da Crotone a Simeri solo recentemente è stato annunciato con la delibera Cipe pubblicata il 25 gennaio 2020. Lo stanziamento per la sua progettazione, che si auspica venga realizzata anch'essa prevedendo una strada di categoria B, per assicurare alla popolazione una infrastruttura degna di questo nome;

   il rifacimento della Strada statale 106, come inizialmente progettata, all'epoca della suddivisione in megalotti, in strada di categoria B nella sua interezza e fino a Reggio Calabria è una priorità assoluta per il rilancio dell'economia di tutta la fascia Jonica e proprio per questo dovrebbe rientrare a pieno titolo fra i lavori ricompresi nel piano strategico per il Sud annunciato nei giorni scorsi a Gioia Tauro dal Presidente del Consiglio e dal Ministro per il sud e la coesione territoriale, con una previsione di investimenti di oltre 100 miliardi di euro, mediante l'utilizzo dei fondi strutturali e dei fondi di sviluppo e coesione;

   il Sud non può più aspettare tempi biblici. A tal proposito, si rileva, ad esempio, che, già nel 2004 il Consiglio di amministrazione dell'Anas aveva approvato il progetto preliminare, corredato dallo studio di impatto ambientale, della nuova Strada statale 106 Jonica (ex megalotto 5), ovvero di un nuovo tratto di circa 21 chilometri di categoria B che andava dal raccordo di Reggio Calabria presso la località di San Gregorio al chilometro 7,700, fino allo svincolo di Melito di Porto Salvo, all'altezza del chilometro 30,4, che prevedeva tra le opere d'arte principali 5 svincoli sfalsati, 1 bretella di collegamento alla Strada statale 106 esistente, 14 gallerie 21 viadotti;

   l'opera, per come annunciato all'epoca, avrebbe dovuto seguire le procedure accelerate previste dalla legge obiettivo ed era stata inserita nell'accordo quadro Stato-regione Calabria;

   l'importo complessivo dell'opera ammontava ad euro 1.136.842.609,25 e l'affidamento era previsto attraverso il contraente generale;

   il cronoprogramma prevedeva, inoltre, 180 giorni per la redazione del progetto definitivo, 150 giorni per la redazione del progetto esecutivo e il tempo stabilito per l'esecuzione delle opere era stato stimato in 1.700 giorni –:

   se, per quanto di competenza, il Governo sia a conoscenza del suddetto progetto approvato dal Consiglio di amministrazione dell'Anas nel 2004 relativo all'ex megalotto 5, per il quale era stata stabilita la procedura accelerata di cui alla «legge obiettivo» e che era stato inserito nell'accordo quadro fra lo stato e la regione Calabria e come siano state utilizzate le somme stanziate per tale progetto;

   se non si ritenga opportuno, dal momento che lo stesso è stato già redatto e corredato dallo studio di impatto ambientale, adottare iniziative per inserirlo nel piano strategico per il Sud, mediante l'utilizzo dei fondi strutturali e dei fondi di sviluppo e coesione;

   se non si ritenga opportuno che la stessa procedura accelerata, adoperata all'epoca ai sensi della legge obiettivo, sia utilizzata per l'ammodernamento in strada di categoria B in relazione a tutti gli ex megalotti della Strada statale 106 ancora mancanti.
(5-03751)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DEIDDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   nel 2017 è stato costituito il Comitato Trenitalia Nuorese, dando avvio a una petizione popolare finalizzata all'istituzione del servizio ferroviario veloce per Nuoro e provincia;

   in pochi giorni, l'iniziativa ha registrato oltre 5.000 adesioni, destinate a crescere ancora, e, in data 6 giugno 2017, il testo della petizione, congiuntamente alla richiesta di distribuzione delle risorse che spettano alla provincia di Nuoro, è stato inviato, a mezzo Pec, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, oltre che al competente assessorato regionale, e Trenitalia spa e all'Arst;

   il comitato ha messo in evidenza la necessità di incentivare l'uso dei mezzi pubblici, al fine di raggiungere una maggiore sostenibilità ambientale, limitando il traffico privato;

   Nuoro è uno dei pochi, se non l'unico, comune capoluogo di provincia, sprovvisto di un qualsiasi servizio ferroviario, benché, soprattutto in ragione della morfologia del territorio provinciale e delle condizioni precarie delle strade extraurbane, necessiti di questa infrastruttura;

   il servizio ferroviario permetterebbe di porre fine all'isolamento con il resto della regione, garantendo ai cittadini, agli imprenditori e ai lavoratori, nonché ai turisti, un adeguato collegamento della città con i porti e gli aeroporti;

   la Sardegna, già in passato, ha subito pesanti tagli agli investimenti sul trasporto ferroviario e, in particolare, non esiste nessuna linea ferroviaria che colleghi il territorio di Abbasanta con quello di Olbia, tagliando fuori i territori del Nuorese e dell'Ogliastra dai collegamenti in questione per persone e merci;

   la mancanza di tale infrastruttura rappresenta una delle concause dello spopolamento delle zone interne, nonché del grave ritardo di sviluppo economico di quei territori;

   l'articolo 16 della Costituzione sancisce il diritto di ogni cittadino alla mobilità e alla libertà di movimento;

   il 13 febbraio 2019, l'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Toninelli annunciò, in occasione di una visita in Sardegna, l'avvio di uno studio di fattibilità nell'ambito del contratto con Rfi, per la realizzazione della tratta ferroviaria Nuoro-Olbia –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e, in particolare, dello stato dell'arte in ordine allo studio di fattibilità della tratta Nuoro-Olbia e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di consentire il superamento dell'isolamento ferroviario del territorio in questione.
(4-04895)


   FORMENTINI, DONINA, EVA LORENZONI e BORDONALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la strada statale 45bis «Gardesana Occidentale», che costeggia la sponda occidentale del Lago di Garda, è una delle più importanti vie di comunicazione tra le province di Brescia e Trento e costituisce uno dei più importanti itinerari della regione Lombardia, costellato di località turistiche di rilievo internazionale;

   il consiglio di amministrazione di Anas ha approvato il progetto definitivo e lo studio di prefattibilità ambientale dei lavori di costruzione della variante in galleria della strada statale 45bis «Gardesana Occidentale», dal chilometro 86,567 al chilometro 88,800, nel comune di Gargnano, in provincia di Brescia;

   il progetto dell'intervento, con un importo complessivo dell'investimento di oltre 89 milioni di euro, è stato concepito per aumentare il grado di sicurezza e di percorribilità del tratto di strada;

   il progetto mira a ridurre i tempi di percorrenza ed eliminare le congestioni di traffico causate dalle ridotte sezioni delle gallerie attualmente esistenti e dal costante aumento di mezzi, anche pesanti e da turismo, che transitano lungo il tratto di strada;

   per superare queste criticità, il progetto prevede la nuova realizzazione di una strada extraurbana secondaria a carreggiata unica con singola corsia per senso di marcia che bypassi, con un'unica galleria che si estende per 1.800 metri, le tre gallerie esistenti «D'Acli», «Eutemia» e «Dei Ciclopi»;

   data la conformazione del territorio e l'alto valore del contesto paesaggistico, la nuova infrastruttura potrà essere realizzata solo a monte dell'attuale sede stradale;

   nella fase progettuale sono state studiate quattro ipotesi di variante, tutte caratterizzate dalla realizzazione di una galleria naturale in rocce calcaree ma con differenze significative nei punti di inizio e fine intervento;

   l'alternativa migliore sotto il profilo tecnico-costruttivo, ambientale, paesaggistico ed economico è caratterizzata da un attacco diretto sulla statale 45bis lato Gargnano e una rotatoria alla fine, in corrispondenza dell'intersezione con la strada provinciale 38 per Tignale. I tempi previsti per la realizzazione dei lavori sono stimati in 786 giorni;

   l'obiettivo primario è quello di risolvere una situazione che negli anni è diventata inaccettabile per le ripercussioni che sta avendo sulla qualità di vita dei residenti e sul turismo sia in termini di reputazione, che di danneggiamento dell'attività economica degli operatori –:

   quale sia lo stato del procedimento amministrativo di approvazione del progetto e se verranno rispettati i tempi previsti dall'Anas per la realizzazione dei lavori.
(4-04901)


   SERRITELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   con la legge 17 febbraio 1992, n. 179, all'articolo 2, comma 2, sono stati finanziati i programmi di riqualificazione urbana (P.Ri.U.). Successivamente, è intervenuto il decreto ministeriale del 21 dicembre 1994 recante «Programmi di Riqualificazione Urbana a valere sui finanziamenti di cui all'articolo 2, comma 2 della legge 17 febbraio 1992, n. 179»;

   nell'arco del 1998 sono stati siglati gli accordi di programma, aventi una durata variabile da 3 anni a 10 anni;

   l'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali», ha stabilito le norme di attuazione dei P.Ri.U. In seguito, mediante il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 1585/A del 22 maggio 2007, sono stati prorogati tutti i termini dei P.Ri.U. fino al 31 dicembre 2011;

   successivamente, è intervenuta la legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, comma 100, che ha esteso i termini per l'anno finanziario 2019 e del bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021;

   il comune di Torino ha attivato, oltre ai finanziamenti per il festeggiamento del 150° anniversario dell'unità d'Italia, diversi P.Ri.U.;

   nel 1999 sono state aperte due contabilità speciale. A quanto consta all'interrogante la prima è la n. 2788, nella quale sono confluiti i finanziamenti dei P.Ri.U. Piazza Madama Cristina, Spina 3, Spina 4, Spina 1, Cascina la Grangia, Isolato S. Croce, E27-E29, Mercato dell'abbigliamento III, Elli Zerboni, Casino Barolo, finanziamenti per i festeggiamenti del 150° anniversario dell'Unità d'Italia. La seconda, la n. 1478, nella quale sono confluiti i finanziamenti del P.Ri.U. Superga;

   queste due contabilità ammontano, sempre a quanto consta all'interrogante, un totale di euro 56.587.723,93, di cui a oggi sono stati spesi euro 50.003.100,59;

   il comune di Torino, mediante P.Ri.U., ha previsto interventi a piazza Madama Cristina per un ammontare di euro 82.276,79, a Cascina la Grangia di euro 7.709,94, per la E27-E29 di euro 69.974,27, per il Mercato dell'abbigliamento III di euro 559,02, a Elli Zerboni di euro 106.012,03, a Casino Barolo di euro 113.385,28, per i finanziamenti per i festeggiamenti del 150° anniversario dell'Unità d'Italia di euro 760,40 e per Superga di euro 5.082.03. Questi sono stati ultimati e le economie accertate sono state restituite allo Stato;

   sempre il comune di Torino, ha un programma di riqualificazione urbana Isolato S. Croce, che è in corso di modifica;

   in altri P.Ri.U., Spina 1, Spina 3 e Spina 4, sono in corso di ultimazione le opere previste nel piano finanziario approvato con l'accordo di programma;

   per questi ultimi P.Ri.U. i termini di ultimazione sono stati prorogati in sede dei collegi di vigilanza –:

   per Spina 1 fino al 31 dicembre 2021, con risorse disponibili pari ad euro 1.024.487,32, tra cui risultano economie già accertate per euro 801.574,59;

   per Spina 3 fino al 31 dicembre 2021, con risorse disponibili pari a euro 334.992,64;

   per Spina 4 fino al 31 dicembre 2021, con risorse disponibili pari ad euro 1.789.176,84, tra cui risultano economie già accertate per euro 996.750,00 –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per prorogare i termini di ultimazione dei programmi di riqualificazione urbana Spina 1, Spina 3 e Spina 4, al fine di completare l'ultimazione delle opere previste nel piano finanziario approvato con l'accordo di programma.
(4-04906)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   DI STASIO e CASO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella mattina del 4 marzo 2020, in Corso Italia ad Afragola, cintura Nord di Napoli dilaniata di recente da bombe del racket di camorra, è comparso un manifesto dal contenuto alquanto insolito;

   autore dello stesso, come si evince dal testo, è Antonio Moccia, noto pregiudicato;

   il manifesto, rivolto ai commercianti, reca il seguente contenuto: «Mi rivolgo ai commercianti, agli imprenditori ed a tutti i cittadini di Afragola e dei paesi vicini che vengono massacrati ogni giorno da estorsori che minacciano i nostri affari e che rovinano con la droga i nostri figli. Ho anche scoperto che più volte spendono il nome mio e quello della mia famiglia vi invito a denunziare tutti i colpevoli»;

   la conclusione è alquanto inquietante: «Vi invito a denunziare tutti i colpevoli e se vengono falsamente a nome della mia famiglia ancor più immediatamente»;

   il manifesto reca il timbro del comune di Afragola –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per prevenire queste azioni che agli interroganti paiono avere carattere intimidatorio.
(4-04892)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   ALESSANDRO PAGANO e BUBISUTTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   l'Enasarco, istituito nel 1938 quale Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio, per dare copertura di welfare alla categoria, ha assunto un ruolo di previdenza integrativa alla previdenza statale dell'Inps con legge n. 613 del 1966 ed è stato privatizzato con il decreto legislativo n. 509 del 1994, assumendo l'attuale forma giuridica di Fondazione;

   pur essendo un soggetto di diritto privato, l'Enasarco persegue finalità di pubblico interesse, mediante la gestione di un fondo pensionistico integrativo obbligatorio a favore degli agenti e dei rappresentanti di commercio nonché dei promotori finanziari;

   ne consegue l'anomalia per cui Enasarco è un ente di previdenza complementare obbligatorio, che vincola gli iscritti a un duplice versamento contributivo, all'Inps e all'Enasarco stesso, senza però avere garanzie di ritorno da parte di quest'ultimo; la contribuzione integrativa versata ad Enasarco, infatti, non viene automaticamente riconosciuta al momento in cui il soggetto acquisisce il diritto al pensionamento in Inps o in altro ente similare, come previsto dagli articoli 20-21 della legge n. 613 del 22 luglio 1966;

   gli iscritti ad Enasarco risultano essere a tutt'oggi circa 975.000, di cui 230.000 attivi, 120.000 pensionati e 650.000 divenuti silenti, in seguito a regolamenti approvati da Enasarco e di interpretazioni della Fondazione e dei Ministeri vigilanti;

   si rammenta, all'uopo, che gli ex agenti divenuti silenti, al 31 dicembre 2014, a quanto consta agli interroganti, hanno versato nelle casse di Enasarco euro 7.250.000.000, somma pari all'intero patrimonio Enasarco, risorse sottratte da ciascun agente al proprio reddito familiare in prospettiva di una vecchiaia serena ma che, invero, hanno contribuito solo al sostentamento dell'Ente;

   l'altra anomalia consiste nel fatto che gli agenti pagano il più alto contributo previdenziale, rispetto a qualsiasi altro lavoratore del commercio, senza condizioni equiparate di welfare;

   i contributi previdenziali obbligatori, da versare all'Enasarco, infatti, sono calcolati tramite un'aliquota del 17 per cento (l'aliquota contributiva dovuta per il 2020 è pari al 17,00 per cento, di cui l'8,50 per cento a carico dell'agente e l'8,50 per cento a carico della casa mandante) in base al totale delle somme percepite dall'agente, che versa circa il 48 per cento di contribuzione previdenziale, rispetto al 37 per cento del lavoratore dipendente del commercio;

   l'Enasarco, inoltre, è l'unico ente privato di pensione integrativa a non aver recepito la normativa in materia di totalizzazione o di cumulo dei periodi contributivi, pur riconosciuti dagli articoli 20-21 della legge n. 613 del 1966;

   a parere degli iscritti, altra grave irregolarità riguarda l'obbligo della «quota 92» per ottenere il diritto alla pensione integrativa. L'Enasarco riconosce il 55 per cento di tutto il monte versato, vale a dire che trattiene su ogni contributo per ogni lavoratore il 45 per cento all'anno per 20 anni –:

   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, i Ministri interrogati intendano adottare a tutela degli iscritti Enasarco e del loro diritto a una previdenza integrativa a fronte dei versamenti obbligatori effettuati durante l'arco temporale dell'attività lavorativa;

   se non ritengano di adottare iniziative affinché i versamenti effettuati dagli agenti di commercio vengano riconosciuti a prescindere dagli anni di versamento, stante l'anomala natura integrativa-obbligatoria dei versamenti medesimi;

   se intendano adottare le opportune iniziative di carattere normativo per consentire, in mancanza del requisito minimo in ciascuna cassa, il ricongiungimento dei contributi versati all'Enasarco con quelli versati all'Inps o ad altro ente di previdenza obbligatoria, considerata anche l'alta percentuale di contribuzione versata.
(3-01355)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURA, SERRACCHIANI, GRIBAUDO, CARLA CANTONE, LEPRI e VISCOMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e successivi, del decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126, il Ministero dell'istruzione è impegnato nella internalizzazione dei servizi di pulizia e custodia presso le scuole pubbliche italiane, gestito sino a ora attraverso affidamento dello stesso a cooperative sociali e aziende private;

   come noto, tuttavia, a fronte degli oltre 11 mila lavoratori che verranno stabilizzati e assunti con contratto statale, su tutto il territorio nazionale quasi 4 mila rischiano di restare esclusi da tale processo di internalizzazione (50 in Sardegna, 1024 nel Lazio e altri);

   laddove non si intervenisse con opportune soluzioni, per questo numeroso gruppo di lavoratori la prospettiva che si apre è quella della perdita definitiva di quel lavoro che per anni ha consentito, seppure tra mille difficoltà, di poter svolgere una vita dignitosa. Peraltro, viste le attuali condizioni, molti di loro non potrebbero usufruire di nessuno strumento integrativo ovvero sostitutivo del reddito;

   la gran parte di tali lavoratori è costituita da donne over 45, monoreddito e con figli a carico, la cui ricollocazione nel mercato del lavoro risulta particolarmente complicata;

   da settimane le organizzazioni che rappresentano le imprese che sin qui hanno svolto tali servizi e i sindacati di settore chiedono una soluzione per i lavoratori rimasti fuori dal procedimento di internalizzazione;

   a rendere ancor più drammaticamente stridente tale situazione sono la concomitanza con l'emergenza sanitaria determinata dall'epidemia da Covid-19 e le ricadute igienico-sanitarie che si sono determinate sul sistema scolastico –:

   se si intenda riaprire il tavolo di confronto con le rappresentanze sindacali per individuare soluzioni che portino alla continuità occupazionale del personale attualmente escluso dal processo di stabilizzazione dei lavoratori occupati nei servizi di pulizia scolastica;

   se non si ritenga, per fronteggiare eventuali esuberi, di adottare iniziative per prevedere e attivare specifici strumenti di sostegno e integrativi del reddito.
(5-03752)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il regolamento di esecuzione (UE) 2018/775 reca le modalità di applicazione dell'articolo 26 del regolamento (UE) 1169/2011 in tema di indicazione del Paese di origine o del luogo di provenienza degli alimenti, valide per l'intero territorio dell'Unione europea;

   tale regolamento sarà applicabile a decorrere dal 1° aprile 2020: molti operatori del settore stanno già faticosamente adeguandosi alle nuove norme che non sono esenti da problematiche di carattere interpretativo e applicativo;

   l'articolo 26, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011 contempla, infatti, i casi in cui l'indicazione del Paese d'origine o del luogo di provenienza è fornita su base obbligatoria conformemente all'articolo 26, paragrafo 2, lettera a), del regolamento o su base volontaria attraverso qualsiasi indicazione quali diciture, termini, illustrazioni o simboli;

   vi sono prodotti, ad esempio, che già nel nome forniscono una indicazione geografica del prodotto come «salame Milano», «salame Napoli», «pandoro di Verona», «panettone Milano», ma non è detto che al nome corrisponda l'effettiva provenienza geografica del prodotto. Vi sono poi aziende, non italiane, che fanno uso, nel loro marchio, del Tricolore italiano;

   a questo punto, potrebbero verificarsi alcune gravi storture nell'applicazione di tale regolamento. Per i piccoli e medi produttori italiani potrebbe essere particolarmente gravoso soddisfare tutti i requisiti che consentono loro di indicare la dicitura «prodotto in Italia» se, per esempio, anche solo parte dei prodotti usati in lavorazione non dovesse essere di origine italiana. Per contro, grandi colossi dell'industria alimentare, si ritroverebbero ad utilizzare il Tricolore nel loro marchio o denominazioni geografiche «usuali» senza troppi problemi, con il rischio di rendere complicate, sotto il profilo della comprensione, le scelte del consumatore;

   in tale contesto appare indispensabile che la questione vada affrontata in sede europea ma anche all'interno di ogni singolo Stato membro. Pertanto, a parere dell'interrogante, dovrebbe competere anche e soprattutto alle autorità nazionali la decisione su quali nomi di alimenti possano essere considerati come indicatori di origine e quale utilizzo possa farsi o meno del Tricolore all'interno di un marchio aziendale, specie se l'azienda non è italiana –:

   se il Governo intenda avviare un confronto in sede di Unione europea per superare le criticità di cui in premessa;

   se il Governo intenda adottare iniziative di carattere normativo per tutelare le eccellenze del «made in Italy» nonché i produttori italiani, impedendo l'utilizzo indiscriminato del Tricolore o di nomi evocativi dell'origine geografica, posto che tali pratiche potrebbero fuorviare le scelte del consumatore.
(4-04907)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   per assicurare la trasparenza sull'utilizzo degli animali a fini scientifici, la normativa europea prevede la possibilità che gli utilizzatori forniscano all'autorità competente sintesi non tecniche e anonime dei progetti, ossia documenti che contengono informazioni sugli obiettivi del progetto, sul livello di sofferenza e sui benefici previsti, sul numero e sulle specie animali impiegate. Inoltre, tali sintesi attestano la conformità del progetto ai requisiti di sostituzione, riduzione e perfezionamento;

   il Ministero della salute deve pubblicare sul sito istituzionale le sintesi non tecniche dei progetti e le eventuali relative revisioni entro tre mesi dal rilascio dell'autorizzazione;

   il 5 febbraio 2020 la Commissione europea ha pubblicato il rapporto COM (2020) 15 final sull'implementazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici negli Stati membri;

   ebbene, da tale rapporto si evince che l'Italia è uno dei sei Paesi che non ha pubblicato l'elenco aggiornato delle sintesi, non tecniche, dei progetti approvati e, difatti, sul sito del Ministero non appaiono gli anni 2016, 2017 e 2019, nonché per il 2018 viene indicato solo il «Lotto 1»;

   l'articolo 34 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 26, di attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, stabilisce al comma 2: «Il Ministero pubblica le sintesi non tecniche dei progetti e le eventuali relative revisioni entro tre mesi dal rilascio dell'autorizzazione»;

   ed ancora, secondo il predetto rapporto, nel 2017, in Italia a fronte della presentazione di 1264 richieste di autorizzazione a esperimenti su animali, ne sono state rifiutate 259 –:

   quali siano gli orientamenti del Ministro sui fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative intenda intraprendere per assicurare il rispetto dell'articolo 34 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 26;

   quali siano le motivazioni del rifiuto di autorizzazione dei 259 progetti sperimentali, quale sia il titolo degli stessi e quanti di tali progetti, con eventuali modifiche, siano stati successivamente autorizzati dal Ministero della salute.
(5-03753)

SUD E COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO, VILLANI e NAPPI. — Al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il rapporto «Pendolaria» redatto da Legambiente, evidenzia ogni anno l'evoluzione, in termini di quantità e qualità, dei treni in circolazione su tutto il territorio nazionale e, di conseguenza, gli effetti sulla vita quotidiana di tutti i pendolari;

   dall'annuale rapporto si evidenzia che i disagi sono più rilevanti per i cittadini del Sud rispetto a quelli del Nord, in troppe aree del Mezzogiorno i treni si riducono e i tempi di percorrenza si allungano, con la conseguenza che sempre più persone abbandonano questa modalità di trasporto a causa di convogli sempre più affollati, vecchi e con continue cancellazioni e con il risultato che molti cittadini che si spostano per lavoro e studio, sono costretti a muoversi in auto con evidenti ripercussioni anche sull'inquinamento delle città;

   è necessario incrementare il numero di passeggeri che viaggiano in metro e in treno, se davvero si vuole migliorare la qualità dell'aria e ridurre le emissioni di CO2 come previsto dall'Accordo di Parigi ed è di prioritaria importanza un'accelerazione degli investimenti pubblici – specie al Sud e nelle aree urbane – che potrebbero migliorare i territori e la vita dei pendolari;

   in alcune regioni del Centro-nord, il numero di persone che prende il treno è quasi raddoppiato in questi anni, basti citare la crescita dal 2011 in Emilia-Romagna (passata da 114.000 a 215.000), in Trentino (da 13.000 a quasi 27.000), in Alto Adige (da 24.200 a circa 30.000), in Lombardia (da 650.000 ad 802.000);

   nelle regioni del Mezzogiorno, risulta in calo il numero dei passeggeri in Campania; i dati dicono che si è passati da 467.000 nel 2011 a 262.000, nonostante negli ultimi anni il trend fosse in lieve miglioramento; risultano in negativo anche i dati in Molise, Umbria, Calabria e Basilicata;

   inoltre, si evince che i servizi di qualità nelle regioni del Sud, risultano più degradati e ciò è rappresentato soprattutto dalla situazione drammatica che vivono quei 93.000 cittadini campani che quotidianamente sono costretti a prendere le ex linee circumvesuviane; sulle tre storiche linee suburbane di Napoli, gestite da Eav, si è passati da 520 corse giornaliere nel 2010 a 367 corse nel 2016, con un calo dell'offerta di treni del 30 per cento, solo in minima parte recuperato negli ultimi anni, considerando che a differenza di altre regioni del Centro-nord, i treni circolanti in Campania sono più vecchi, con un'età media dei convogli nettamente più alta con 19,7 anni (rispetto ai 12,5 anni del Nord) e che, nonostante l'immissione in servizio di alcuni nuovi treni, continua a pesare l'invecchiamento della flotta storica con treni che sono troppo vecchi per circolare;

   nonostante gli investimenti in corso, in Campania, l'età media dei treni rimane quella più alta a causa dell'anzianità del parco rotabile di Eav (ex Circumvesuviana, MetroCampania Nord-Est e Sepsa); dai dati emergono profonde differenze con il resto del Paese, al Sud il trasporto su ferro è meno utilizzato e i treni in circolazione sono diminuiti, sono più vecchi e circolano su linee in gran parte a binario unico e non elettrificate –:

   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, per superare le condizioni di grave disagio che quotidianamente si riversano pendolari del Mezzogiorno, soprattutto in Campania, che ad oggi risulta avere la «maglia nera» tra le regioni nella qualità e nell'offerta del servizio di trasporto pubblico su ferro, che necessiterebbe di ulteriori investimenti mirati a un rinnovamento e a un ampliamento del parco rotabile, al fine di garantire il diritto alla mobilità così come nel resto del Paese.
(4-04896)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   BADOLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'edizione online del «corriere delle Alpi» – edizione on line – del 3 marzo 2020, ha riportato la notizia che 15 testate periodiche della provincia bellunese e trevigiana hanno inviato una lettera di protesta al Ministro interrogato a seguito del grave disservizio derivante dai gravissimi ritardi accumulati da Poste italiane che, in oltre un anno, ha fatto registrare ritardi nella distribuzione di oltre 100 mila riviste a cadenza settimanale, mensile e trimestrale. Ritardi che, a seconda della zona, sono arrivati addirittura a un mese, mentre in alcuni casi la consegna non è mai stata effettuata;

   la frequenza e la persistenza con cui si verifica il malfunzionamento del servizio postale, servizio che a norma di legge dovrebbe essere garantito «permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale» stanno causando quindi difficoltà e disagi agli abitanti e agli utenti. La legittima richiesta, da parte degli abbonati, degli arretrati non consegnati, comporta, inoltre, ulteriori costi di spedizione per le testate;

   i contenuti del servizio postale universale sono definiti a livello europeo dalla direttiva 97/67/UE del 15 dicembre 1997 (cosiddetta «prima direttiva postale»), come successivamente modificata dalle direttive 2002/39/UE del 10 giugno 2002 (cosiddetta «seconda direttiva postale») e 2008/6/UE del 20 febbraio 2008 (cosiddetta «terza direttiva postale»). La direttiva stabilisce che il servizio universale corrisponde a un'offerta di servizi postali di qualità determinata forniti permanentemente in tutti i punti del territorio a prezzi accessibili a tutti gli utenti. Il servizio postale universale deve essere assicurato per almeno cinque giorni a settimana e garantire almeno una raccolta e una distribuzione al domicilio degli utenti degli invii postali;

   il decreto legislativo n. 261 del 1999 rappresenta a tutt'oggi il testo di riferimento per la disciplina generale del servizio postale, con specifico riferimento alla fornitura del servizio universale. Tale decreto ha recepito i contenuti della direttiva 97/67/CE ed è stato successivamente modificato dal decreto legislativo n. 384 del 2003, che ha recepito la «seconda direttiva postale», 2002/39/CE, e dal decreto legislativo n. 58 del 2011, che ha recepito la «terza direttiva postale», la direttiva 2008/6/UE del 20 febbraio 2008. Fornitore del servizio universale è riconosciuta ex lege la società Poste italiane spa per un periodo di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 58 del 2011 (e quindi fino al 30 aprile 2026);

   il servizio postale universale è affidato a Poste Italiane s.p.a. fino al 30 aprile 2026, sulla base del contratto di programma 2020-2024 che «regola i rapporti tra lo Stato e la società per la fornitura del servizio postale universale. Poste Italiane S.p.A., nel perseguimento di obiettivi di coesione sociale ed economica, che prevedono la fornitura di servizi utili al cittadino, alle imprese e alle pubbliche amministrazioni mediante l'utilizzo della rete postale della Società»;

   a fronte del contributo che la società riceve per l'onere pubblico, pari a 262,4 milioni di euro all'anno, non sembra corrispondere un servizio di qualità, nonostante sulla «Carta dei servizi postali», pubblicata il 10 ottobre 2017, si legga che «grazie alla presenza capillare su tutto il territorio nazionale, ai forti investimenti in ambito tecnologico e al patrimonio di conoscenze rappresentato dai suoi oltre 140 mila dipendenti. Poste Italiane ha assunto un ruolo centrale nel processo di crescita e modernizzazione del Paese» –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare affinché cessino i frequenti disservizi nella consegna e nella distribuzione della corrispondenza, in modo da garantire anche agli utenti del Veneto un corretto esercizio del servizio postale.
(4-04893)

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cattaneo e Porchietto n. 5-03740, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 marzo 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carrara, Squeri, Polidori, Barelli, Fiorini.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Ferri n. 5-03663, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 310 del 24 febbraio 2020.

   FERRI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   le tematiche concernenti tutela ambientale e sostegno a iniziative di economia circolare risultano di fondamentale importanza e attualità;

   le esigenze legate alla tutela delle attività produttive impongono un necessario bilanciamento tra sviluppo economico e salvaguardia dell'ambiente;

   nel nostro Paese sono numerose le imprese che si occupano di raccolta, trattamento, smaltimento dei rifiuti e recupero dei materiali, svolgendo una necessaria funzione per la comunità;

   in particolare, in provincia di Massa Carrara, opera l'impresa Costa Mauro s.r.l., con sede operativa nel comune di Aulla località Albiano Magra, costituita nel 1999;

   la Costa Mauro s.r.l. esercita attività di trattamento, stoccaggio e intermediazione di rifiuti urbani e speciali, finalizzata al recupero e alla valorizzazione del rifiuto, per ottenerne materie prime seconde (Mps);

   con determinazione n. 2112 dell'8 novembre 2017 la provincia di Massa Carrara ha espresso pronuncia favorevole di valutazione di impatto ambientale prescrivendo per la Costa Mauro, tra gli altri adempimenti, la presentazione alla regione Toscana di apposita istanza per l'ottenimento dell'autorizzazione integrata ambientale, ai sensi della parte II, titolo III-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006; Costa Mauro s.r.l. nel marzo 2018 ha presentato istanza per il rilascio ex articolo 29-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 dell'autorizzazione integrata ambientale, al settore bonifiche e autorizzazione rifiuti della regione Toscana;

   la regione Toscana, direzione ambiente ed energia, settore bonifiche e autorizzazione rifiuti, con decreto dirigenziale R.T. n. 12.433 del 24 luglio 2019 ha rilasciato alla Costa Mauro s.r.l. l'autorizzazione integrata ambientale (A.i.a.);

   in passato, l'azienda aveva la possibilità di lavorare un quantitativo di rifiuti che non poteva superare le 90.000 tonnellate annue;

   la quantità di rifiuti precedentemente lavorata era un limite che permetteva di garantire un giusto bilanciamento tra tutela dell'attività produttiva e tutela dell'ambiente circostante;

   a seguito dell'ottenimento dell'Aia è stata concessa all'azienda la possibilità di lavorare sino a 142.000 tonnellate annue totali di rifiuti;

   negli anni, all'interno degli stabilimenti dell'azienda si sono generati alcuni incendi, in particolare in due occasioni questi hanno rischiato di ripercuotersi sulla comunità;

   nella fase istruttoria svolta attraverso la conferenza di servizi si è stabilito che la Costa Mauro s.r.l. si deve attenere a un piano triennale di condizioni e prescrizioni per esercitare l'attività;

   è necessario che la regione Toscana sia coinvolta nei controlli riguardo al rispetto delle prescrizioni da parte di Costa Mauro s.r.l., mediante verifiche a ogni scadenza;

   occorre trovare un punto di equilibrio tra tutela dell'attività produttiva e protezione dell'ambiente –:

   se il Ministro interrogato intenda valutare l'opportunità di promuovere, per quanto di competenza, un monitoraggio e una verifica da parte del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in ordine allo stato dei luoghi.
(5-03663)