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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 7 maggio 2020

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    nell'ambito dell'emergenza sanitaria derivante dal diffondersi del COVID-19 è stato riconosciuto alla stampa quotidiana e periodica e al servizio radiofonico il ruolo di servizio essenziale;

   le attività editoriale e radiotelevisiva sono tra quelle non sospese in periodo di emergenza epidemiologica dai provvedimenti del Governo e, in particolare, per le edicole si è evitata la chiusura delle attività commerciali;

   il settore editoriale giornalistico stava già attraversando una crisi prima dell'intervento della situazione emergenziale: nel 2007 in Italia la diffusione dei quotidiani si assestava intorno ai 5,5 milioni di copie giornaliere; oggi si vendono poco più di 2 milioni di copie. Non va meglio neppure alle copie digitali, che nell'ultimo anno sono calate del 3,4 per cento e complessivamente non raggiungono quota 200 mila;

   è dunque proprio il «prodotto giornale» a essere in crisi, che sia di carta o replicato su un tablet e, se si guarda alla pubblicità, la situazione pre-crisi del coronavirus era già molto compromessa: in un decennio il fatturato si è ridotto del 71,3 per cento;

   poche filiere possono resistere a un crollo del genere senza un radicale cambio di modello di business, dal momento che ogni anno da quotidiani e periodici sparisce circa il 10 per cento della raccolta pubblicitaria e le prospettive per il breve-medio termine si presentano funeste;

   una prima indagine condotta nell'ultimo mese da Bva Doxa tra le imprese italiane, segnala che il 76 per cento di esse ha già avuto impatti negativi immediati per il COVID-19: tra le prime azioni da compiere in risposta a questo disastro, il 49 per cento indica che ridurrà gli investimenti in pubblicità e media planning;

   un altro elemento di debolezza è rappresentato dal crollo del numero degli addetti ai lavori, non soltanto sul fronte giornalistico, ma anche su quello poligrafico: la carta, assai più del digitale, ha bisogno di un esercito silenzioso di mille professionalità (tipografi, grafici, stampatori e altri) per raggiungere ogni giorno le edicole;

   in questi giorni di emergenza sanitaria le redazioni dei giornali e il loro sistema di distribuzione stanno facendo un lavoro eroico per cercare di portare ogni giorno un prodotto di 30-60 pagine di carta nelle case dove gli italiani vivono blindati; ma poi, passata la fase dell'emergenza, tutte le debolezze del settore riemergeranno e si uniranno alla realtà di un'ingente riduzione degli investimenti pubblicitari che proseguirà almeno per tutto il 2020;

   in questi anni si è confuso il traffico con l'engagement, dal momfento che anche nell'era digitale occorre scommettere sul giornalismo di qualità e la grande scarsità della nostra epoca è l'attenzione delle persone che si cattura conoscendo bene il proprio pubblico e offrendo allo stesso contenuti di qualità;

   il Paid è un buon antidoto al fake: l'informazione completamente gratis non ha un futuro, dal momento che si è disposti a pagare un'esperienza, non una notizia prediligendo sempre la competenza;

   è necessario assolutamente tener conto dell'ibridizzazione dei mezzi che conduce alla transmedialità, tenendosi al passo con i mezzi all'avanguardia, studiandoli mediante i data analysis e i data Science che rappresentano i relevant data;

   è fondamentale fornire sostegno all'editoria e al settore radiotelevisivo, tenendo conto che si tratta di settori industriali già in crisi inseriti dentro una gigantesca crisi economica globale,

impegna il Governo:

   a predisporre tutte le iniziative necessarie per combattere la piaga della pirateria delle rassegne stampa e delle edizioni in formato elettronico della stampa quotidiana e periodica, veri e propri furti del diritto d'autore come denunciato dalla Fieg e rilevato di recente dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a proposito della diffusione illecita dei quotidiani attraverso canali come Telegram, questione all'esame anche della magistratura;

   ad adoperarsi, per quanto di competenza, affinché sia evitata nel mercato radiotelevisivo la pratica scorretta del dumping, che crea danni economici non soltanto alle imprese televisive concorrenti, ma all'intero comparto dell'editoria.
(7-00467) «Anzaldi, Toccafondi».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    la pandemia da COVID-19 sta mettendo e metterà a dura prova il nostro Paese, con pesanti riflessi, molti ancora da valutare nella loro entità e complessità, in campo economico e sociale;

    in particolare, il sistema pubblico della formazione superiore e della ricerca si è trovato ad affrontare situazioni imprevedibili fino a poche settimane fa, sia con la completa chiusura per cinque settimane di tutte le strutture e attività in presenza, sia, adesso, con la fase di ripartenza parziale e graduale delle attività con tutte le cautele richieste dalla necessità di evitare ogni ulteriore occasione di diffusione del virus sulla base di dettagliati protocolli di comportamento e di sanificare preventivamente e attentamente tutti gli ambienti di lavoro;

    questo sistema ha peraltro mostrato un'eccezionale capacità di impegno e di resilienza nell'affrontare l'emergenza, come dimostra l'immediato e non facile trasferimento di quasi tutte le attività didattiche (lezioni, esercitazioni, esami) di università, accademie di belle arti e conservatori di musica in modalità a distanza con l'uso di tecnologie informatiche, telematiche e della comunicazione, spesso messe a punto ad hoc da docenti e tecnici in brevissimo tempo, in modo da non far perdere agli studenti settimane e mesi di studio, vista l'impossibilità di frequentare di persona le strutture formative;

    naturalmente, non è possibile trasferire tutte le attività in modalità a distanza, nemmeno in fase emergenziale: basta pensare, solo a titolo di esempio, alle attività di laboratorio o di tirocinio e alla consultazione di documenti in biblioteche e archivi o, più in generale, a grandissima parte dell'attività di ricerca delle università, delle istituzioni Afam e degli enti di ricerca che richiede la disponibilità di strutture e strumenti specifici come appunto laboratori, biblioteche, archivi e altro, senza dimenticare il ruolo che in molte discipline è giocato dai gruppi di ricerca in cui molti ricercatori collaborano al medesimo progetto; non di rado, il confronto continuo e diretto tra loro è strumento fondamentale e insostituibile dell'avanzamento delle conoscenze;

    non dev'essere nemmeno dimenticato il ruolo eccezionale giocato nell'emergenza sanitaria anche dai medici universitari della sanità pubblica, dagli specializzandi ai docenti e ricercatori di discipline cliniche, biologiche e epidemiologiche, senza dimenticare i giovani laureati neo-abilitati, i quali tutti hanno dato un esempio di abnegazione, competenza, impegno diretto nelle attività sanitarie e ospedaliere in momenti e situazioni estremamente difficili;

    tutto ciò non solo ha avuto enormi costi, che attendono di essere quantificati con precisione, ma li avrà anche nel prossimo futuro per la prevedibile impossibilità di riprendere in poco tempo il normale svolgimento di tutte le attività di ogni istituzione;

    le nuove problematiche della sicurezza sanitaria e del distanziamento sociale, che sicuramente varranno ancora per mesi, avranno certamente un pesante impatto sulla ripresa sia delle attività didattiche nell'anno accademico 2020/2021, quantomeno nel primo semestre, sia delle attività di ricerca con i ritmi e metodi usuali;

    sono da valutare attentamente anche le conseguenze che l'emergenza sanitaria potrebbe indurre sulle immatricolazioni alle università, alle istituzioni Afam e alle altre istituzioni della formazione superiore, per il doppio effetto della purtroppo prevedibile profonda crisi economica che attende le famiglie italiane, come del resto quelle di tutti gli altri Paesi, e delle restrizioni alla mobilità imposte dai protocolli di sicurezza o anche scelte dai singoli per timore di un'eventuale recrudescenza dell'epidemia, effetti che diverrebbero ancora più lesivi per le famiglie a reddito medio-basso o che vivono in località lontane dalle città universitarie o dove hanno sede le istituzioni della formazione superiore;

    non sono nemmeno da dimenticare gli effetti negativi che i maggiori costi in capo alle istituzioni per il mantenimento di corretti livelli di sicurezza sanitaria finiranno col sottrarre ulteriori risorse alle attività istituzionali, tra cui in primo luogo le attività di ricerca, già adesso e da tempo molto sottofinanziate rispetto ai parametri internazionali;

    né vanno dimenticati gli effetti negativi che ricadranno in particolare sui ricercatori più giovani e precari, che si trovano e si troveranno a non poter mantenere i tempi previsti per il raggiungimento dei loro obiettivi formativi e di ricerca a fronte di norme di legge o di contratto che impongono lo stretto rispetto di termini temporali;

    d'altra parte, non sembra né superfluo né retorico ricordare che solo un rinnovato, anzi maggiorato, impegno nell'alta formazione e nella ricerca da parte dello Stato, delle istituzioni formative e di ricerca, delle pubbliche amministrazioni, delle imprese, delle famiglie, dei singoli e in particolare dei giovani, potrà garantire all'Italia la speranza di uscire solida dall'emergenza del COVID-19 e anzi di rafforzarsi, recuperando con intelligenza, creatività e preparazione culturale e tecnica le posizioni che erano state lentamente perdute negli ultimi lustri rispetto al contesto internazionale,

impegna il Governo:

   a predisporre, con urgenza, una valutazione accurata e documentata dei maggiori costi sostenuti e, soprattutto, da sostenere da parte delle istituzioni pubbliche della formazione superiore e della ricerca, a causa dell'emergenza sanitaria e dei protocolli di sicurezza che è stato doveroso approntare, in modo da poter quantificare con esattezza le risorse finanziarie aggiuntive, oltre a quelle molto limitate già stanziate negli ultimi provvedimenti governativi, da fornire loro nel prossimo futuro e nei prossimi anni attraverso un congruo aumento del fondo di finanziamento ordinario delle università (Ffo) e degli enti pubblici di ricerca (Foe), nonché delle dotazioni ordinarie delle istituzioni Afam, al fine strategico di rafforzare, rispetto al passato, il sistema della formazione superiore e della ricerca, quale investimento irrinunciabile nello sviluppo culturale e strumento fondamentale per un nuovo periodo e modello di sviluppo economico e sociale del nostro Paese;

   ad adottare prontamente, iniziative anche con strumenti adeguati di orientamento e comunicazione pubblica, per il sostegno alle immatricolazioni nelle istituzioni della formazione superiore degli studenti neo-maturi, in particolare ampliando l'area delle famiglie esentate dalle contribuzioni universitarie (no-tax area) – tenendo in particolare presente il problema di un calcolo corretto dell'Isee attuale – e incrementando, ancor più decisamente di quanto positivamente fatto con l'ultima legge di bilancio, il finanziamento del diritto allo studio universitario e dei suoi fondamentali strumenti di sostegno alla frequenza, alla mobilità, all'indipendenza e alla crescita culturale degli studenti universitari;

   ad adottare iniziative per dare agli atenei la possibilità di realizzare soluzioni alternative e innovative in merito alle carriere degli studenti che potrebbero risultare rallentate o bloccate dalle normative dell'emergenza sanitaria, aumentando in modo insopportabile i già lunghi tempi di laurea e i relativi costi per gli studenti e le loro famiglie;

   ad adottare iniziative per sostenere, con proroghe di retribuzione, differimento dei termini, congedi retribuiti e strumenti analoghi, le attività di ricerca di dottorandi di ricerca, assegnisti, ricercatori a tempo determinato e di tutti i ricercatori precari delle università e degli enti di ricerca, affinché l'inevitabile rallentamento o addirittura la sospensione per periodi non brevi dell'attività di ricerca non porti ad una loro ingiusta espulsione dal sistema nazionale della ricerca e quindi, in fondo, ad un danno strategico al futuro del Paese;

   ad adottare iniziative per incrementare decisamente, anche sulla scorta dell'esperienza fatta durante l'emergenza sanitaria, il numero dei posti disponibili per l'immatricolazione nei corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia e nei corsi di laurea delle professioni sanitarie, pur nei limiti delle risorse infrastrutturali disponibili presso le università, ed a decidere immediatamente con quali forme selettive regolarne l'accesso programmato per il prossimo anno accademico, in modo da garantire un afflusso futuro continuo e ben calibrato di giovani leve al sistema sanitario nazionale;

   ad adottare iniziative in merito alla questione perfettamente analoga e altrettanto, se non più, urgente che riguarda l'accesso ai corsi di specializzazione medica e alle regole di selezione dei candidati, tema che è ancora più caldo, urgente e decisivo dopo la recente esperienza dell'emergenza sanitaria e una cui rivisitazione, nel tempo anche normativa, potrebbe recare immediato sollievo al sistema sanitario nazionale, tenendo conto dell'enorme divario tra numero dei candidati e numero dei posti che si è venuto a creare anche per l'accumularsi di un ritardo, ora pari a oltre dodici mesi, tra anno di pertinenza del finanziamento e anno di inizio delle attività di specializzazione e che richiede un immediato investimento in almeno 5.000 borse in più per il prossimo anno accademico;

   ad assumere iniziative per estendere gradualmente la positiva scelta dell'esame di laurea abilitante, appena introdotta anche per la laurea magistrale in medicina e chirurgia e quindi ora presente in tutta l'area medica e sanitaria, anche ad altre aree disciplinari, al fine di favorire un più pronto ingresso nel mondo del lavoro dei neo-laureati, con particolare attenzione alle professioni intermedie che potrebbero rappresentare un interessante bacino di nuovi studenti universitari interessati ad una formazione superiore a rapida professionalizzazione;

   ad adottare iniziative in profondità e con coraggio sulla «Babele» burocratica che affligge il mondo universitario e della ricerca, eliminando la maggior parte possibile dell'attuale congerie di norme che finiscono col rendere meno competitiva a livello internazionale la ricerca italiana e con l'allontanare il personale docente e di ricerca dalle loro attività istituzionali di didattica e di ricerca per tempi troppo lunghi e carichi di lavoro eccessivi in rapporto ai benefici organizzativi, economici e di qualità dei risultati che ne dovrebbero conseguire ma che spesso rimangono solo attesi;

   in visione strategica, a ripensare profondamente gli attuali meccanismi che regolano l'assunzione del personale nel sistema della formazione superiore e della ricerca e che sostanzialmente impediscono, indebolendo l'intero sistema, un congruo recupero della forte diminuzione degli organici conseguente ai tagli operati dal 2008 al 2018, spesso con vistose disparità territoriali che squilibrano il sistema;

   ad adottare iniziative per ripensare in modo altrettanto profondo le attività di valutazione della qualità della didattica e della ricerca, proprio per salvarle e consolidarle per il futuro, evitando alcuni fenomeni di accelerazione e ripetitività quasi parossistica nei tempi e un eccesso di confidenza nei dati statistici che si adatta male all'attività di ricerca, che genera carichi compilativi spesso tanto pesanti quanto inutili e, soprattutto, che finisce con l'imporre linee di tendenza ai comportamenti che finiscono con il contrastare con la libertà e autonomia di ricerca di ciascun ricercatore, il che, in un momento di ripensamento del futuro, potrebbe rappresentare un errore strategico;

   ad adottare iniziative per ripensare, proprio a seguito del periodo di emergenza per la pandemia e delle problematiche emerse, il sistema dell'accesso aperto alle conoscenze scientifiche e umanistiche, aggiornando la legge esistente in consonanza con le migliori pratiche internazionali ma con occhio esperto attento alle complesse problematiche connesse con i costi;

   ad adottare iniziative per ripensare infine, sempre in visione strategica, al caso molto particolare del sistema pubblico dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, rimasto in uno strano guado a seguito della mancata emanazione di gran parte dei decreti attuativi previsti dalla riforma di ben vent'anni fa (legge n. 508 del 1999), col risultato che quella stessa legge di riforma appare oggi essere del tutto antiquata e fuori contesto internazionale in un'area che invece comprende settori in cui l'Italia vanta un'indiscussa leadership internazionale, che attira studenti stranieri dei più vari continenti in percentuali sconosciute alle altre istituzioni della formazione superiore e che potrebbe rappresentare un vero punto di forza del sistema Paese.
(7-00468) «Di Giorgi».


   La VIII Commissione,

   premesso che:

    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76, è entrato in vigore, in data 24 agosto 2018, il «Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico», volto a garantire la partecipazione dei cittadini nei processi decisionali relativi alle cosiddette «grandi opere» come previsto dall'articolo 22 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

    nei procedimenti di valutazione di impatto ambientale l'istituto dell'inchiesta pubblica è stato introdotto quattordici anni fa con il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ma è stato sostanzialmente disatteso, soprattutto a livello nazionale;

    il citato regolamento, prevedeva, all'articolo 4, l'istituzione, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso, della Commissione nazionale per il dibattito pubblico presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi del citato articolo 22, comma 2, del codice dei contratti pubblici;

    ad oggi, dopo un anno e mezzo, la Commissione non è stata ancora nominata, pregiudicando così l'attivazione delle procedure del dibattito pubblico previste nel Regolamento;

    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, inoltre, non ha mai attivato l'inchiesta pubblica per le procedure di valutazione di impatto ambientale prevista dall'articolo 24-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, nonostante si contino centinaia di procedimenti aperti e conclusi; neanche le ulteriori indicazioni contenute nel decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114», sembrano aver migliorato la situazione;

    l'articolo 7-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dispone che nelle procedure di valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano debbano assicurare che le stesse siano svolte in conformità agli articoli da 19 a 26 e da 27-bis a 29 del medesimo decreto, ivi compreso il citato articolo 24-bis sull'inchiesta pubblica;

    alcune regioni, seppur in numero limitato, hanno iniziato ad applicare da alcuni anni l'inchiesta pubblica per le opere sottoposte a valutazione di impatto ambientale regionale;

   sia il citato regolamento che il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, da un lato contemplano pochissimi casi a cui si applicano ex lege le norme di partecipazione e, dall'altro, presentano modalità molto farraginose e restrittive di promozione di tali strumenti partecipativi da parte dei cittadini,

impegna il Governo:

   ad emanare, nel più breve tempo possibile, il decreto di nomina della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, di cui all'articolo 4 del regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico;

   ad avviare un congruo numero di inchieste pubbliche per le procedure di valutazione di impatto ambientale nazionale e ad adottare adeguate iniziative affinché il diritto alla partecipazione dei portatori di interesse nel processo decisionale venga garantito anche nelle procedure di competenza regionale;

   ad adottare idonee iniziative normative volte a modificare il regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico e il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di ampliare il novero delle opere da sottoporre a dibattito pubblico e inchiesta pubblica per la semplificare la procedura della richiesta per l'ottenimento dello svolgimento dell'inchiesta pubblica da parte dei cittadini.
(7-00466) «Terzoni, Deiana, Spessotto, Daga, D'Ippolito, Federico, Ilaria Fontana, Licatini, Alberto Manca, Maraia, Micillo, Ricciardi, Varrica, Vianello, Vignaroli, Zolezzi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'Associazione italiana alberghi per la gioventù (Aig) è stata costituita con l'intervento, tra gli altri, dei rappresentanti del Ministero dell'interno, del commissario straordinario dell'Ente nazionale industrie turistiche, della direzione generale del turismo, del commissario nazionale gioventù italiana, con un apporto economico iniziale da parte dello Stato, come fondo di dotazione;

   l'associazione è ente morale a seguito del decreto del Presidente della Repubblica 1° giugno 1948, nonché riconosciuto quale ente assistenziale a carattere nazionale con decreto del Ministro dell'interno 6 novembre 1959, n. 10.18404/12000°40; infine, con il decreto-legge n. 97 del 1995, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1995, è stato riconosciuto definitivamente ente culturale;

   inoltre, è inclusa tra le «organizzazioni non governative» segnalate dall'Onu tra gli enti di sviluppo sociale;

   l'Italia è da sempre Paese membro qualificato della International Youth Hostel Federation, di cui fanno parte oltre 80 nazioni;

   l'Associazione si è sempre occupata di agevolare la promozione della cultura italiana, dei siti paesaggistici, culturali e del patrimonio dell'Unesco, anche attraverso la rete della International Youth Hostel Federation;

   dal 1° luglio 2019 l'Aig si trova in procedura fallimentare (n. 492/2019), avviata dal tribunale fallimentare di Roma;

   il 26 giugno 2019 il tribunale fallimentare di Roma ha respinto la domanda di un'omologa di concordato in continuità avviata con ricorso ai sensi dell'articolo 161 della legge fallimentare, di cui al regio decreto n. 267 del 1942, e depositata in data 30 giugno 2017, nonostante l'approvazione del piano dalla maggioranza dei creditori, pronunciatisi a favore di Aig e della sua solvibilità, oltre che a favore della concreta possibilità di un suo pronto rilancio e sviluppo;

   l'Agenzia delle entrate e l'Inps hanno espresso assenso all'omologazione del piano, anche in virtù dell'elevata patrimonializzazione dell'ente, delle sue funzioni e degli occupati coinvolti;

   l'ente, per quanto risulta all'interrogante, si è opposto alla procedura fallimentare, depositando il reclamo in corte d'appello, in pendenza già di un ricorso per regolamento di giurisdizione presso la Corte di cassazione e di un secondo ricorso presso la stessa corte d'appello e che è, ad oggi, in attesa di una risolutiva e definitiva via d'uscita;

   dopo quasi 75 anni di attività al servizio del turismo giovanile, scolastico e sociale, Aig rischia la definitiva chiusura;

   la procedura fallimentare sta determinando il licenziamento di oltre 200 persone con relative famiglie;

   vi sono ricadute per l'indotto dovute alla subitanea messa in vendita dell'ingente patrimonio immobiliare, nonché alla dismissione del suo importante «brand»;

   in fase di conversione del decreto-legge «Salva Imprese», fu approvata all'unanimità dalle Commissioni 10a e 11a del Senato, su conforme parere del Governo, una norma che introduceva misure urgenti a salvaguardia del valore e delle funzioni dell'ente e tale norma fu stralciata dal maxi-emendamento, con l'impegno del Governo a ripresentarla in un successivo provvedimento;

   con l'ordine del giorno n. 9/2305/99, la Camera ha impegnato il Governo ad adottare le misure necessarie a salvaguardia delle attività portate avanti dall'Aig;

   la situazione è stata aggravata dalla pandemia da COVID-19, che mette a rischio la salvaguardia del patrimonio di Aig;

   sarà necessario adottare misure di sostegno al turismo e, in particolare, delle categorie più svantaggiate, tra cui i giovani e le famiglie a basso reddito –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;

   se siano stati attivati gli ammortizzatori sociali per tutti i dipendenti non più in servizio;

   quali iniziative di competenza siano state adottate a tutela di marchio e servizi dell'Ente;

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, per salvaguardare funzioni e posti di lavoro di un ente che lavora per offrire opportunità alle giovani generazioni.
(5-03937)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIABURRO, PRISCO, BUTTI, MANTOVANI, LUCA DE CARLO, GALANTINO e CARETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020 è prevista, già a decorrere dal 4 maggio 2020, la ripresa di determinate attività economiche, individuate nell'allegato 3 del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, mediante il sistema dei codici Ateco;

   tra le altre, e stata autorizzata la riapertura per le attività di ospitalità le attività alberghiere e simili, individuate con il relativo codice 55.1;

   tale codice 55.1, afferente al codice 55, implica il riconoscimento della facoltà di riapertura immediata delle attività di accoglienza; tuttavia, quanto disposto all'allegato 3 attuale, unicamente con il predetto codice Ateco 55.1, esclude di fatto tutte le attività di accoglienza effettuate da strutture che, seppure di natura extra-alberghiera e pur prestando attività analoghe e facenti entrambi parte della macro-categoria di riferimento relativa agli alloggi, sono nei fatti parificabili alle strutture alberghiere di cui al codice 55.1;

   tra queste strutture escluse figurano le strutture ricettive extra alberghiere di cui al codice Ateco 55.2, oltre che altre strutture ricettive extra alberghiere non imprenditoriali, tutte strutture le quali, per la loro stessa connotazione strutturale, sono in grado di garantire le adeguate misure di distanziamento sociale utili al contenimento della diffusione del COVID-19;

   nella pratica, si ritrovano così esclusi i Bed and breakfast, gli affittacamere, gli agriturismi, gli ostelli ed i campeggi, ma anche i rifugi di montagna;

   infatti, in Italia il Club alpino italiano (Cai) gestisce 373 rifugi in Italia, strutture che diventano 715 se si annoverano i bivacchi ed i punti tappa di escursioni a bassa quota, per un numero di oltre 18.000 posti letto totali, che superano i 35.000 se si considerano anche le strutture private;

   nel merito, la chiusura prolungata delle attività di accoglienza, anche oltre i termini del 4 maggio 2020 ed anche durante la stagione estiva, mette a repentaglio la sopravvivenza di oltre 5000 famiglie di gestori, soccorritori, e guide alpine, tutti operatori che, in sinergia coi predetti rifugi, sono veri e propri custodi delle terre alte italiane –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda predisporre per:

   a) disporre l'immediata riapertura delle attività di cui in premessa, in modo analogo a quanto disposto per le strutture alberghiere, fornendo linee guida uniformi e coerenti per la fase di riapertura;

   b) disporre l'immediata riapertura dei rifugi, bivacchi e punti tappa a bassa quota di cui in premessa con precise linee guida in modo da coordinare la ripresa delle predette attività.
(4-05539)


   CAVANDOLI, COVOLO e TARANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   da alcune indiscrezioni stampa si apprende che gli advisor finanziari di Ubi Banca, Goldman Sachs e Credit Suisse e quelli legali Bonelli Erede e Link Lakers, starebbero valutando l'ipotesi di una controfferta del gruppo francese Crédit Agricole rispetto all'offerta pubblica di scambio formulata da Intesa Sanpaolo che verrà sottoposta all'assemblea degli azionisti del prossimo 27 aprile 2020;

   nonostante la smentita da parte del gruppo Francese e la nota del Sole24ore che afferma che non ci sono riscontri ufficiali per tale indiscrezione, l'ipotesi appare tutt'altro che aleatoria, sebbene ad oggi priva di riscontri in comunicazioni ufficiali rese al mercato e agli investitori;

   tale comportamento appare all'interrogante molto grave, tenuto conto sia della trasparenza che aveva contraddistinto l'offerta già avanzata apertamente da altri player del settore, sia della congiuntura economica attuale, in cui il mercato è già sottoposto a quotidiane oscillazioni per la crisi economica legata all'epidemia COVID-19;

   la proposizione delle offerte di scambio o di acquisto richiede, infatti, che nel periodo di valutazione e fino alla conclusione della procedura le autorità preposte e, tenuto conto dell'importanza dell'operazione, anche il Governo, nell'ambito delle sue responsabilità e dei suoi poteri, garantiscano la veridicità e la chiarezza delle informazioni e l'assenza di ogni turbativa anche indiretta alla libera scelta degli azionisti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa, se sia in grado di confermare l'interesse del gruppo Crédit Agricole nei confronti della realtà bancaria italiana e quali siano le iniziative di competenza che intende intraprendere per tutelare le imprese nazionali del settore bancario e assicurativo da scalate straniere in un periodo di debolezza sui mercati internazionali, anche alla luce della nuova disciplina sull'esercizio del golden power, tenuto conto dell'importanza delle stesse nel panorama economico e finanziario del Paese.
(4-05543)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero della salute ha autorizzato l'uso in deroga del clorpirifos metile, un insetticida organofosfato commercializzato per la prima volta nel 1965 dalla Dow Chemicals (oggi Corteva dopo la fusione con DuPont), oggi formalmente bandito nell'Unione europea. La sostanza attiva è autorizzata per i prodotti Reldan, Sundek Cimice e Sundek Smart Cimice, per situazioni di emergenza fitosanitaria, per un periodo massimo di 120 giorni, ai sensi dell'articolo 53, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1107/2009, per il controllo della cimice asiatica (Halyomorpha halys) sulle colture di melo, pero, pesco e nettarino;

   a gennaio 2020 la Commissione europea ha adottato il regolamento per lo stop alla licenza (dopo due proroghe negli ultimi sei anni: nel 2013 e nel 2018) per il mercato europeo dei pesticidi clorpirifos e clorpirifos metile. I Paesi dell'Unione europea avevano dato «l'ok» a dicembre alla proposta della Commissione, a seguito della conferma, da parte dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), di danni sulla salute umana, in particolare genotossicità ed effetti neurotossici, oltre che un potenziale danno al Dna;

   lo «stop» alla licenza è un riconoscimento da parte delle istituzioni europee di prove scientifiche rigorose ed indipendenti sulla tossicità del clorpirifos-etile, specie per il neurosviluppo. L'esposizione comporta una riduzione del quoziente intellettivo, perdita di memoria di lavoro, aumentato rischio di autismo e altri disturbi dello sviluppo neurologico e comportamentale nei bambini, anche a bassissimi livelli di esposizione tanto che nessun livello può essere ritenuto scevro da rischi. Secondo le stime dei ricercatori, il clorpirifos è responsabile di una riduzione media del quoziente intellettivo di 2,5 punti in ogni bambino che vive in Europa ed è stato valutato che annualmente i costi in Europa per danni cognitivi da queste molecole ammontino a ben 194 miliardi di euro. Diversi studi indicano il clorpirifos come interferente endocrino, alterando in particolare l'attività della tiroide. Oltre alla neurotossicità, la sostanza è stata anche associata a disturbi metabolici quali diabete, obesità, tumori al seno, ai polmoni e infertilità maschile. Sebbene il clorpirifos-metile sia meno documentato, ha lo stesso meccanismo d'azione e una tossicità simile;

   secondo i dati ufficiali di monitoraggio dell'Unione europea, il clorpirifos-etile è ampiamente presente nei frutti venduti sul mercato dell'Unione europea, indipendentemente dallo status delle autorizzazioni nazionali e si ritrova anche nelle acque;

   la Commissione europea ha anche fissato un periodo di tolleranza fino al 29 febbraio 2020 durante il quale i rivenditori sono autorizzati a vendere gli stock rimanenti. Mentre fino al 16 aprile, gli agricoltori potranno impiegare le loro scorte;

   fonti autorevoli affermano che non sarà facile reperire il prodotto commerciale. Si tratta infatti di una nuova etichetta con autorizzazione del 17 aprile 2020, data in cui non è prevista la produzione in quantità massicce di prodotti contenenti queste sostanze –:

   se e come il Governo intenda tutelare la salute degli agricoltori, dei consumatori e dei residenti in aree agricole soggette alla diffusione di queste sostanze;

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo per mettere fine al sistema delle deroghe che permette di agire in antitesi con la normativa europea, il principio di precauzione e la tutela della salute pubblica;

   se il Governo non ritenga urgente adottare iniziative per prevedere il divieto totale di utilizzo di fitofarmaci o biocidi, che contengono sostanze chimiche di sintesi pericolose per la salute umana e per l'ambiente, soprattutto nelle aree frequentate da soggetti vulnerabili come bambini, donne in gravidanza e anziani;

   se il Governo intenda rispettare le direttive europee e tutelare gli agricoltori italiani che potrebbero vedersi rifiutare i prodotti dalla grande distribuzione organizzata del resto d'Europa.
(4-05544)


   CIABURRO, CARETTA e GALANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020 è prevista, a decorrere dal 4 maggio 2020, l'inizio della fase di riapertura, scaglionata, delle attività produttive, cosiddetta «fase 2»;

   da quanto si apprende in base alle dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Consiglio contestualmente all'annuncio del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, la data indicata per la riapertura delle attività di acconciatura ed estetica è stata determinata al 1° giugno 2020;

   tale scelta va duramente contro quanto richiesto a più riprese dalle associazioni di categoria, dando luogo di fatto ad una fortissima discriminazione tra gli operatori che sono impossibilitati a riaprire e quelli che si spostano di casa in casa per la prestazione della propria attività, in contrasto con tutte le normative igienico-sanitarie vigenti e, peraltro, alimentando l'economia sommersa ed il lavoro nero;

   il comparto annovera circa 130.000 imprese per un totale di 263.000 addetti ed è stato tra i primi a seguire pedissequamente le rigide disposizioni preventive in materia di chiusura e contenimento già disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020;

   in tal senso, date tutte le normative ed esigenze in materia di igienizzazione e sanificazione, è necessario fornire al comparto le tempistiche ed i margini di manovra necessari per poter predisporre i propri posti di lavoro;

   ogni giorno di ritardo nella riapertura di questi settori rappresenta maggiori costi ed incertezze per gli operatori del settore; non c'è infatti garanzia che, ad un'apertura nel mese di giugno 2020, in assenza di liquidità sia per i cittadini-consumatori che per i cittadini-operatori del settore, corrisponda poi un effettivo ritorno allo status quo ante l'emergenza pandemica;

   sui territori le associazioni di categoria, ed in particolar modo il presidente di Confartigianato Piemonte, Giorgio Felici ed il presidente provinciale di Confartigianato Cuneo, Luca Crosetto, hanno lavorato a stretto giro per coinvolgere i territori per stimolare una ripresa anticipata delle attività in questione;

   tale iniziativa ha avuto forte riscontro sul territorio, trovando primo tra tutti un forte sostenitore in Valerio Oderda, sindaco di Racconigi, seguita con grande apprezzamento anche dall'Associazione nazionale comuni italiani (Anci), dall'Associazione nazionale piccoli comuni italiani (Anpci), e dall'associazione dei comuni octavia (che raggruppa i comuni di Cardè, Cavallerleone, Faule, Manta, Murello, Ruffia, Scarnafigi, Torre San Giorgio, Villafalletto, Villanova Solaro e Vottignasco);

   come ribadito anche da Giuseppe Trossarello, rappresentante dei fiduciari comunali di Confartigianato Cuneo, sono proprio le amministrazioni comunali il primo baluardo dello Stato sui territori;

   in tal senso sono state numerose le proposte emendative in materia di riapertura, nonché di sostegno economico alle imprese presentate da Fratelli d'Italia –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda adottare per:

   a) disporre l'immediata riapertura delle attività di cui in premessa, definendo accurate linee guida per un ritorno alla normalità il più ordinato possibile, anche predisponendo tavoli di confronto con le associazioni di categoria ed i soggetti di cui in premessa;

   b) fornire sostegno economico maggiormente incisivo a tutti gli operatori che, in questi mesi di chiusura, hanno visto non solo un sostanziale calo in termini di entrate, ma si vedono in prospettiva incrementare il costo del proprio lavoro, a seguito delle sopravvenute necessità in materia di contenimento igienico-sanitario.
(4-05546)


   CAVANDOLI e MARCHETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dal 4 maggio è iniziata la cosiddetta «Fase due», che consentirà una maggior libertà di spostamento, all'interno della propria regione. Sarà possibile, infatti, uscire di casa anche per far visita ai «congiunti», oltre che per lavoro, salute e situazioni di necessità;

   tuttavia i confini tra diverse regioni restano ancora blindati. Si potrà, infatti, uscire dalla propria regione solamente per motivi di lavoro, di salute, di urgenza o per tornare alle proprie residenze. È impossibile invece varcare il confine per andare a trovare i familiari, fare sport e andare a fare la spesa, ma in Italia ci sono molte città poste sul confine con un'altra regione, con la quale a volte hanno molti più punti di contatto rispetto alla propria;

   risulta particolarmente esplicativo il caso di San Pellegrino in Alpe che si trova in Toscana ma è amministrato dal comune di Frassinoro in provincia di Modena e nel quale il locale «Pacetto» addirittura si trova esattamente a cavallo tra due regioni;

   i territori di confine regionale, infatti, sono caratterizzati da numerosi nuclei familiari residenti nei territori limitrofi, che fisiologicamente ricadono nei comuni immediatamente confinanti, ma situati in territori regionali diversi. Si consideri la peculiarità più in generale del territorio di riferimento, che si incunea tra la Toscana e l'Emilia-Romagna, intrattenendo da sempre importanti scambi sociali, economici e demografici con i territori confinanti; non avendo sul proprio territorio tutti i servizi essenziali, è stata intrecciata instaurata nel tempo una rete di attività e servizi comuni;

   in questa prima fase di emergenza legata al COVID-19, a causa della «chiusura» forzata delle regioni, i cittadini hanno visto moltiplicare le numerose difficoltà che quotidianamente sono costretti ad affrontare, proprio a causa dell'impossibilità di recarsi nelle zone di confine e continuare un rapporto di interscambio che da sempre garantisce la sopravvivenza dei territori;

   è del tutto evidente che non è il confine territoriale a garantire la sicurezza sanitaria. Per questo molti comuni avevano chiesto che si studiassero altre forme di blocco dei movimenti, con restrizioni che però consentissero lo spostamento tra regioni confinanti, introducendo magari un raggio chilometrico e non facendo riferimento a confini istituzionali che valgono solo sulla carta;

   diversamente, tali territori andranno incontro ad un isolamento morale, psicologico, commerciale e produttivo che, quali «terre di confine» si è sempre riusciti ad evitare grazie al rapporto di collaborazione ed interscambio che oggi rischia di essere spezzato da una situazione già sufficientemente drammatica;

   le misure contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020 creano per questi cittadini delle condizioni di disparità e disagio, che potrebbero essere superate, a parere dell'interrogante, con un riconoscimento di spostamento quantomeno nei territori dei comuni situati all'interno delle provincie confinanti, anche oltre il confine regionale. Tale riconoscimento, peraltro, anche se esteso a livello nazionale, riguarderebbe un numero di persone limitato, con un impatto contenuto anche in riferimento al contenimento del contagio;

   suddetta deroga potrebbe essere circoscritta su base chilometrica in quanto per comuni limitrofi si intendono i comuni confinanti nonché quelli posti su territori vicini seppur non contigui, comunque entro un raggio di 20 chilometri, rispetto al comune in cui attualmente ci si trova in attuazione delle disposizioni di contenimento del COVID-19 –:

   quali iniziative il Governo intenda porre in essere al fine di riconoscere la possibilità ai residenti nei comuni limitrofi di spostarsi oltre il limite amministrativo della propria regione, nell'ambito delle sole province confinanti.
(4-05549)


   D'ARRANDO, GRIPPA, LAPIA, NESCI, SARLI e SERRITELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le strutture per anziani del Piemonte sono 750, con più di 40 mila ospiti e circa 15 mila dipendenti;

   il terzo report dell'Istituto superiore di sanità sul contagio da COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie in Italia, aggiornato al 14 aprile 2020, segnala il Piemonte (172) tra le regioni con la percentuale maggiore di decessi;

   dati parziali se si consideri che solo un terzo delle strutture contattate a livello nazionale, 1082 su 3420, hanno fornito i dati richiesti dall'Istituto superiore di sanità;

   in Piemonte, infatti, i decessi, sono stati in numero drammaticamente superiore. Secondo quanto reso noto, il 24 aprile 2020, dalla regione, dai dati ricevuti dalle singole Rsa, al 15 aprile 2020, i morti sono stati 660 in più dell'analogo periodo del 2019: 397 sono risultati positivi al coronavirus. Attualmente, risultato positivo al COVID-19 il 35 per cento degli ospiti e il 23 per cento del personale (percentuale riferita ai tamponi effettuati alla data del 15 aprile 2020 e comunicati dall'80 per cento delle strutture);

   secondo gli Ordini dei medici provinciali del Piemonte i decessi nelle Rsa «potevano essere evitati con una strategia preventiva che non è mai stata attuata ed è in cima alla lista delle falle nella gestione dell'epidemia in Piemonte»;

   l'8 marzo il Presidente del Consiglio dei ministri ha varato ulteriori misure urgenti di contenimento e gestione dell'emergenza da COVID-19;

   con delibera di giunta n. 14-1150 del 20 marzo 2020, la regione Piemonte ha autorizzato il trasferimento di pazienti COVID-19 nelle Residenze sanitarie assistenziali;

   si tratta di una decisione osteggiata da Cgil, Cisl, Uil e Fisascat, secondo cui «a livello strutturale le Rsa non sono dotate di padiglioni isolati atti a garantire la separazione fisica degli spazi»;

   sui decessi nelle Rsa piemontesi la magistratura ha avviato numerose inchieste: la procura di Vercelli ha aperto un fascicolo su 41 morti avvenuti nella casa di riposo di via Mazzini e su altre nove strutture; quella di Cuneo per fare chiarezza sulle morti registrate nella casa di riposo di Villanova Mondovì. Altri otto fascicoli sono stati aperti dalla procura di Ivrea. A Torino la procura indaga sulle morti alla Rsa San Giuseppe di Grugliasco ma i carabinieri dei Nas hanno eseguito controlli in almeno 20 strutture tra capoluogo e provincia e la magistratura ha istituito un pool anti-Covid per accertare eventuali responsabilità amministrative. Ci sono ancora altre situazioni drammatiche, evidenziate in questi giorni, tra cui la Rsa «Il Castello» di Alpignano, dove su 100 tamponi eseguiti sugli anziani, oltre il 50 per cento è risultato positivo al COVID-19 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, alla luce dei gravi elementi che stanno emergendo sulla gestione delle Rsa piemontesi;

   se il Ministro interrogato intenda istituire un tavolo tecnico per avviare una revisione normativa della gestione dell'accredito e del controllo delle Rsa.
(4-05555)


   SANDRA SAVINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   come è noto, anche l'Italia si trova costretta a fare fronte all'emergenza sanitaria legata alla pandemia del COVID-19;

   sull'origine di tale coronavirus si è discusso molto, ma da tempo autorevoli esponenti della comunità scientifica propendono per il fatto che il COVID-19 non sia legato ad un salto di specie dall'animale all'uomo, ma ad un'origine artificiale, ovvero correlata all'attività del laboratorio di Wuhan che sorge nel pieno centro di questa città che conta oltre 11 milioni di abitanti;

   ad esempio il professore Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina nel 2008, ha affermato che la Sars-CoV-2 è un virus che è stato lavorato e rilasciata accidentalmente da un laboratorio di Wuhan, specializzato per la ricerca sul coronavirus, nell'ultimo trimestre del 2019; il Prof, Montagnier ha pubblicamente riferito che: «io e il mio collega, il bio-matematico Jean-Claude Prez, abbiamo analizzato attentamente la descrizione del genoma di questo virus Rna ... non siamo stati primi, un gruppo di ricercatori indiani ha cercato di pubblicare uno studio che mostra il genoma completo di questo virus che ha all'interno delle sequenza di un altro virus, che è quello dell'Aids. La sequenza dell'Aids è stata inserita nel genoma del coronavirus per tentare di fare il vaccino»;

   in data 3 maggio 2020 il Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha pubblicamente dichiarato che «ci sono numerose prove che il virus arrivi dal laboratorio di Wuhan. La Cina ha fatto di tutto per tenerlo nascosto. Classica operazione di disinformazione comunista. Ma ne risponderanno (...); abbiamo detto fin dall'inizio che questo virus ha avuto origine a Wuhan. Ci sono prove enormi»;

   tra l'altro, il Segretario di Stato americano ha ribadito come il Governo cinese ostacoli il flusso di informazioni sul virus rendendo tra l'altro più difficile il lavoro di ricerca soprattutto finalizzato al reperimento di un vaccino –:

   se il Governo stia adoperandosi, in coordinamento anche con il Governo degli Stati Uniti, affinché il Governo cinese garantisca la massima trasparenza su tutte le informazioni necessarie a studiare il Sars-Cov-2 o COVID-19 per finalità di ricerca legate anche alla necessaria applicazione di un vaccino per poter garantire il ritorno alla normalità, stante il grave pregiudizio economico che le misure antipandemiche stanno cagionando;

   se il Governo intenda proporre, laddove si dovesse avere definitivo riscontro scientifico in ordine all'effettiva origine del COVID-19, un'azione risarcitoria nei confronti del Governo della Repubblica popolare cinese, stante anche la condotta sin qui serbata nei confronti della comunità nazionale, europea e mondiale.
(4-05557)


   DEIDDA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020, è stata disposta la sospensione delle attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, comprese le università e le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica;

   con decreto del Rettore dell'Università di Cagliari n. 288/2020 successivamente modificato e integrato – è stata disposta, tra le altre cose, la sospensione di tutte le attività didattiche in presenza, nonché l'interdizione all'uso delle aule studio e delle biblioteche da parte dell'utenza, salvo che per esigenze inderogabili;

   con decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, il Governo, al fine di limitare gli effetti negativi sull'economia determinati dalle misure poste in essere per fronteggiare l'emergenza epidemiologica in atto, ha previsto l'erogazione, in favore dei lavoratori dipendenti delle aziende che fossero interessate dalla sospensione dell'attività lavorativa, l'accesso agli strumenti della cassa integrazione, ordinaria e in deroga, o alle altre misure di integrazione salariale;

   il servizio di portierato e di supporto alle strutture delle università degli studi di Cagliari è stato, a suo tempo, esternalizzato con l'affidamento alla Cooperativa Sfl e, conseguentemente, allo stato emergenziale in atto, la posizione dei lavoratori afferenti al servizio in questione – la cui attività risulta ridotta a decorrere dal 9 marzo 2020 – è stata fatta oggetto di apposito accordo sindacale, al fine di garantire ai medesimi l'anticipo ad opera della cooperativa di quanto dovuto dall'Inps a titolo di integrazione salariale: e ciò, almeno fino al 9 maggio, data dalla quale la cooperativa in questione ha comunicato di non essere in grado di anticipare ulteriormente le predette somme;

   recentemente, da notizie apparse sulla stampa, si è appreso che l'università di Cagliari avrebbe comunicato la volontà di chiudere ulteriormente al pubblico quasi tutti i plessi gestiti a mezzo del servizio in questione e che la cooperativa affidataria del servizio avrebbe, a sua volta, informato di ciò le sigle sindacali, paventando, altresì, gravi ripercussioni occupazionali per i 130 lavoratori impiegati nel servizio in questione: ripercussioni che, peraltro, non troverebbero giustificazione nella normativa emergenziale recentemente adottata, la quale esclude, categoricamente, la possibilità di porre in essere procedure di licenziamento collettivo;

   allo stato, l'università – nonostante la quasi totalità del personale in questione svolga un servizio essenziale nell'ambito della medesima istituzione – non avrebbe fornito alle citate sigle sindacali alcuna motivazione in ordine alle ragioni sottese alla decisione di procedere con un'ulteriore chiusura delle proprie strutture: e ciò, nonostante il particolare momento storico e le gravi ripercussioni, anche di carattere psicologico, che tale scelta potrebbe determinare nel personale in questione;

   la decisione suindicata appare, comunque, in contrasto con l'avvio della fase di riapertura graduale di tutte le attività sull'intero territorio nazionale –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare la posizione dei lavoratori in questione, se del caso, prevedendo la riapertura graduale delle istituzioni universitarie, anche al fine di scongiurare gravi ripercussioni di carattere occupazionale sui lavoratori del settore.
(4-05558)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 3 maggio 2020 sul quotidiano ilgiorno.it nella sezione delle notizie di Como, è stato pubblicato un articolo dal titolo: «Fase 2 a Como: con le nuove telecamere si punta sul riconoscimento facciale»;

   l'articolo di stampa illustra come i cittadini comaschi saranno osservati da una schiera di telecamere, molte delle quali dotate di un software in grado di riconoscere i loro volti;

   il regolamento (UE)2016/679 vieta, all'articolo 9, l'utilizzo dei dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona;

   al considerando 51, infatti, illustra come il trattamento di fotografie non dovrebbe costituire sistematicamente un trattamento di categorie particolari di dati personali, poiché esse rientrano nella definizione di dati biometrici soltanto quando siano trattate attraverso un dispositivo tecnico specifico che consente l'identificazione univoca o l'autenticazione di una persona fisica;

   a parere dell'interrogante provvedimenti come quelli intrapresi dal comune di Como minano le libertà personali fondamentali garantite dalla nostra Costituzione, portando il nostro Paese molto più vicino al modello dei regimi asiatici, piuttosto che in un regime democratico;

   l'interrogante ha già espresso dubbi in proposito alla violazione della privacy da parte delle app designate al controllo dei contagiati mediante l'interrogazione n° 4-05348 –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda mettere in atto per vietare l'uso di questa tecnologia ai fini del controllo sociale, in ogni caso e anche durante l'emergenza sanitaria nazionale.
(4-05559)


   D'ETTORE e MUGNAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la regione Toscana, con l'ordinanza n. 46 del 29 aprile 2020 ha previsto delle misure per il contrasto ed il contenimento sul territorio regionale della diffusione del virus COVID-19 in materia di attività motoria;

   nella premessa all'ordinanza emerge la consapevolezza che, pur nel rispetto delle esigenze di garantire la sicurezza sanitaria, le passeggiate all'aria aperta e l'utilizzo della bicicletta rispondano ad esigenze di tutela della salute individuale e collettiva e del benessere psico-fisico dei minori;

   conseguentemente, la citata ordinanza regionale consente lo svolgimento di passeggiate all'aria aperta e l'utilizzo della bicicletta, con partenza e rientro alla propria abitazione, nell'ambito del proprio comune di residenza;

   nei giorni scorsi i presidenti delle aree protette toscane (parchi nazionali e parchi regionali) hanno scritto al presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, per attivarsi al fine di consentire, nel rispetto delle misure di sicurezza, le attività di trekking, passeggiate, e altro anche con le guide parco, all'interno delle aree protette;

   gli Enti parco sono in grado di garantire distanziamento e contingentamento delle presenze e sono in grado di effettuare i controlli attraverso i corpi di vigilanza operanti nei parchi, affinché le norme di sicurezza vengano rispettate all'intero delle aree protette;

   la ripresa della possibilità di tornare a fruire dei parchi, consentirebbe, tra l'altro, la ripartenza della filiera turistica;

   risulta peraltro che altre regioni, per esempio l'Emilia-Romagna, con propri provvedimenti, abbiano già consentito l'ingresso in sicurezza nelle loro aree protette di piccoli gruppi e anche individualmente –:

   se il Governo non ritenga di adottare le opportune iniziative, per quanto di competenza, al fine di consentire, nel rispetto delle misure di sicurezza, le attività di trekking, passeggiate, escursioni bike, e altro, anche con le guide parco, all'interno delle aree protette;

   se il Governo non ritenga di adottare e con urgenza iniziative, per quanto di competenza, per definire provvedimenti quadro nel rispetto delle autonomie regionali e degli enti di gestione dei parchi.
(4-05566)


   COIN, BISA, ZORDAN, PRETTO, BITONCI, GIACOMETTI, FOGLIANI, COLMELLERE, ANDREUZZA, TURRI, FANTUZ, COVOLO, RACCHELLA, LAZZARINI, BADOLE, VALLOTTO, VALBUSA, COMENCINI, BAZZARO, MANZATO e PATERNOSTER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   dal 1991, per effetto di quanto disposto dall'articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 250, il Dipartimento dell'informazione e dell'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri corrisponde un contributo annuo pari al 40 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, alle imprese radiofoniche che, oltre che attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi di partiti politici che abbiano il proprio gruppo parlamentare in una delle Camere o due rappresentanti nel Parlamento europeo, eletti nelle liste di movimento;

   per effetto di quanto disposto dall'articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 230, contributi analoghi a quelli di cui al citato articolo 4 della legge n. 250 del 1990 sono corrisposti, in forma diretta dal Dipartimento dell'informazione e dell'editoria, alle imprese radiofoniche che abbiano svolto «attività di interesse generale», secondo le condizioni fissate dalla stessa disposizione rispetto a tale tipo di attività;

   fino all'anno 2011, come risultante dal sito internet del Dipartimento dell'informazione e dell'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, i contributi erogati sono stati tutti indistintamente classificati e pubblicizzati come «contributi alle imprese radiofoniche organo di partito o movimento politico», ricomprendendovi tanto le provvidenze erogate alle emittenti «organi di partito politici» (articolo 4 della legge n. 250 del 1990), tanto alle emittenti «di interesse generale» (articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 230); a partire dal 2012, i contributi erogati vengono classificati e pubblicizzati distintamente secondo le due tipologie;

   l'articolo 1, comma 1247, della legge 27 dicembre 2006, n. 2006, nello stabilire il diritto al contributo alle due tipologie di emittenti, ha altresì collegato (giustamente) «l'attività di interesse generale» alla legge 7 agosto 1990, n. 250; analogamente, l'articolo 44, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha operato il medesimo collegamento, laddove ha disposto che — «anche in presenza di riparto percentuale tra gli altri aventi diritto» — le imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di interesse generale ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 250 mantengono il diritto all'intero contributo;

   nel nostro ordinamento, secondo la Corte costituzionale, esiste un «interesse generale» alla informazione «indirettamente protetto dall'articolo 21» della Costituzione che implica «pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee» (sentenza n. 105 del 1972); e «i grandi mezzi di diffusione del pensiero (nella più lata accezione, comprensiva delle notizie) sono a buon diritto suscettibili di essere considerati nel nostro ordinamento, come in genere nelle democrazie contemporanee, quali servizi oggettivamente pubblici o comunque di pubblico interesse» (sentenza n. 94 del 1977); inoltre, l'informazione esprime «non tanto una materia, quanto una condizione preliminare» per l'attuazione dei princìpi propri dello Stato democratico (sentenza n. 29 del 1996);

   si ritiene incomprensibile la scelta di qualificare in concreto soltanto una emittente radiofonica, in Italia, come titolata ad ottenere i contributi per aver svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della sola legge n. 230 del 1990, quando in Italia le norme che fanno riferimento ad un interesse generale sono altre, tra cui quelle di cui alla legge n. 250 del 1990 –:

   quali ragioni giuridiche e pratiche siano sottese all'attribuzione dei contributi alle imprese radiofoniche e quali all'attribuzione alle medesime imprese della qualifica di «informazione di interesse generale».
(4-05571)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza coronavirus ha riacceso, in modo anche drammatico, il dibattito sul finanziamento al servizio sanitario nazionale. Le terribili difficoltà di questo momento sono state imputate anche al taglio di risorse degli ultimi anni, in particolare ai primi del decennio scorso in cui sono state attuate politiche di austerità;

   dal 2000 la Lega ,è in maggioranza in regione Veneto. Dal 2005 ha l'assessorato regionale alla sanità e dal 2010 anche il presidente della regione Veneto. Il primo assessore leghista fu Flavio Tosi che, con Pallora vice-presidente Luca Zaia, fu protagonista dell'approvazione di una specifica delibera di giunta regionale veneta. Con questo atto e relative proroghe, dal 2007 al 2011, per le cliniche private del Veneto, in totale furono previsti, oltre 200 milioni di euro in più sostanzialmente in cambio di meno ricoveri ospedalieri;

   questo periodo, in tema di sanità, è stato caratterizzato da pesantissimi tagli a scapito degli ospedali pubblici mentre per gli ospedali privati il numero dei posti letto, anche se non per tutte le aree, è aumentato. Non si è assistito solo ad una diminuzione del 20 per cento dei posti letto negli ospedali pubblici, ma anche ad un aumento del 16 per cento di posti letto negli ospedali privati. E in particolare, negli ospedali pubblici sono stati tagliati 365 posti letto in area di terapia intensiva;

   i posti letto nel 1999 erano 23.802 di cui 20.382 pubblici (85,7 per cento) e 3.415 privati (14,3 per cento). Con le ultime schede ospedaliere, licenziate nel 2019, i posti letto risultano 17.955 con un calo di 5.847 unità, pari al -24,5 per cento. Questo saldo negativo è il gravissimo risultato di una operazione che addirittura ha previsto il taglio di ben 6.137 (-30,1 per cento) posti letto pubblici a fronte invece di un aumento dei posti letto nelle cliniche private (+ 290 posti letto pari al + 8,5 per cento). Dati forniti dallo stesso dottor Domenico Mantoan, direttore generale area sanità e sociale e fautore della riforma azienda zero in regione Veneto, attuale presidente dell'Aifa;

   dal 2002 al 2019 sono stati tagliati 365 posti letto ospedalieri pubblici (da 1.114 a 749) in area intensiva, pari al -32,7 per cento quasi un posto letto ogni 3 tagliato in questo settore. Il servizio di terapia intensiva è indispensabile in un ospedale per acuti, per garantire sia interventi tempestivi in caso di immediato pericolo di vita, sia monitoraggio e alta intensità di cure in quadri di forte criticità, in ambito chirurgico e medico;

   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto, delle criticità relative ai bilanci e al rispetto dei livelli essenziali di assistenza nei servizi della sanità veneta e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in campo.
(4-05574)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   QUARTAPELLE PROCOPIO, BOLDRINI, ANDREA ROMANO, FASSINO, SCHIRÒ e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, con una dichiarazione televisiva, il generale Khalifa Haftar si è autoproclamato capo della Libia, dichiarando «di accettare il mandato del popolo libico per occuparsi del Paese» e sconfessando ancora una volta l'accordo di Skhirat che nel 2015 stabilì la creazione di un Governo di accordo nazionale con sede a Tripoli e guidato da Fayez al-Serraj;

   all'interno del Paese, al momento non è chiaro se il Parlamento di Tobruk, uno dei firmatari dell'accordo di Skhirat, abbia avallato l'annuncio di Haftar, e quale sarà a questo punto il suo ruolo, tenuto conto che i rapporti tra il generale e il presidente della Camera dei rappresentanti di Tobruk, Aquila Saleh, hanno segnato negli ultimi tempi sempre più frequenti punti di distanza e che quest'ultimo ha presentato nei giorni scorsi un proprio piano per un nuovo Consiglio presidenziale;

   in risposta all'autoproclamazione, secondo il consigliere del Governo di accordo nazionale Mohammed Ali Abdallah, il generale Haftar «Ancora una volta mostra le sue intenzioni autoritarie. Non cerca più di nascondere il suo disprezzo per una soluzione politica e per la democrazia in Libia. Il suo discorso di questa sera è quello di un uomo disperato e sconfitto»;

   sul fronte militare, con l'Operazione tempesta di pace – avviata con il fondamentale sostegno di militari e armi dalla Turchia – Sarraj ha sferrato una serie di attacchi molto pesanti in Tripolitania contro le milizie del generale Haftar, avviandosi così alla ripresa del controllo dell'intera costa occidentale della Libia fino alla Tunisia. In particolare, il 18 aprile 2020 è stata attaccata la città di Tarhuna, che dal 2019 rappresenta una delle basi principali dell'Esercito Nazionale Libico (ELN) per l'offensiva contro Tripoli;

   a livello internazionale si registrano tutte posizioni di condanna dell'ultima mossa del generale Haftar. Il portavoce dell'Alto rappresentante dell'Ue Josep Borrell ha dichiarato che: «le ultime dichiarazioni del generale Khalifa Haftar e ogni tentativo a spingere verso soluzioni unilaterali, anche con la forza, non porteranno mai a una soluzione sostenibile per il Paese e non possono essere accettati», ma anche il Ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov ha affermato: «Non abbiamo approvato la recente dichiarazione di Sarraj, che si è rifiutato di parlare col maresciallo Haftar, e non approviamo la dichiarazione che ora il maresciallo Haftar deciderà da solo come deve vivere il popolo libico»;

   unanimi parole di condanna sono state pronunciate dagli Stati Uniti, dalla Francia, dall'Unione europea dal nostro Governo;

   precedentemente, Italia, Francia e Germania con l'Unione europea avevano fatto appello a Haftar e Al-Serraj per una tregua umanitaria durante il Ramadan;

   le già drammatiche condizioni in cui versa la Libia dopo anni di guerra civile, rischiano di acuirsi ancora di più sotto la minaccia della diffusione dell'epidemia da COVID-19 e del conseguente crollo delle quotazioni del petrolio sui mercati internazionali;

   secondo molti commentatori, uno degli scenari più probabili sarebbe una spartizione del Paese tra Tripolitania, guidata dal Governo di Al Sarraj, e la Cirenaica, con Haftar al comando. Una soluzione che vedrebbe non disinteressati nemmeno i principali sponsor internazionali dei contendenti libici, in cambio del controllo delle rotte energetiche –:

   quali informazioni abbia il Governo in merito alla situazione in Libia e come intenda, sia nei rapporti bilaterali che nelle sedi internazionali, favorire un ripristino del dialogo tra le forze in campo per osservare un periodo di tregua umanitaria durante il ramadan;

   se ritenga fondate le notizie circa una possibile prospettiva di frammentazione dello Stato libico, alimentate da alcuni dei partner delle parti in conflitto.
(5-03932)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, BOLDRINI, ANDREA ROMANO, FASSINO, SCHIRÒ e LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 20 aprile 2020, i due leader israeliani Benjamin Netanyahu e Benny Gantz hanno sottoscritto un accordo per la formazione di un Governo di emergenza prima e poi di una coalizione che in tre anni vedrà i due alternarsi al vertice del Governo;

   una delle clausole dell'accordo riguarderebbe l'annessione da parte di Israele di alcuni territori della Cisgiordania a partire dal 1° luglio 2020 sulla base di un'intesa già raggiunta con gli Stati Uniti da sottoporre al Parlamento israeliano e al Comitato per gli affari esteri e la difesa;

   il calendario degli adempimenti parrebbe alquanto spedito anche per approfittare del sostegno del Presidente americano Trump in carica almeno fino all'elezione di novembre 2020 e che già ha sostenuto Israele con il riconoscimento dell'annessione del Golan siriano e, soprattutto, il discusso trasferimento della sede dell'ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme;

   le reazioni internazionali sono state molteplici, a partire dal coordinatore speciale dell'Onu per il processo di pace in Medio Oriente, Nickolay Mladenov, che ha definito l'ipotesi di annessione «una grave violazione del diritto internazionale e un colpo devastante per la soluzione dei due Stati», perché «chiuderebbe la porta a nuovi negoziati e minaccerebbe gli sforzi per far avanzare la pace nella regione»;

   perplessità sono arrivate anche dall'Alto rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell, che ha ribadito la linea dell'Unione europea nel seguire le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 1967 e del 1973 e di non riconoscere la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata. Di fatto, parrebbe già che gli ambasciatori di 11 Paesi europei, tra cui l'Italia, hanno presentato la loro opposizione formale al piano, giudicando la prevista annessione della Cisgiordania occupata, una «chiara violazione del diritto internazionale»;

   la Lega araba ha dichiarato «crimine di guerra» e «flagrante violazione» del diritto internazionale i piani israeliani di annessione della Cisgiordania. In una risoluzione emessa al Cairo al termine di una riunione in videoconferenza dei ministri degli Esteri dell'organizzazione, la Lega araba ha annunciato che «sosterrà le decisioni dello Stato palestinese attraverso tutti i mezzi politici, diplomatici, giuridici e finanziari di fronte ai piani israeliani di perpetrare questo crimine di annessione»;

   misure prese in maniera unilaterale, inevitabilmente, danneggeranno gli sforzi per rinnovare il processo di pace e il raggiungimento della soluzione a due Stati e potranno avere gravi conseguenze per la stabilità di tutta la regione del Medio oriente, nonché, per la posizione di Israele sulla scena internazionale, fornendo fattivi pretesti a organizzazioni e forze politiche che continuano a non riconoscere Israele e il suo pieno diritto alla sicurezza –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, sia in sede bilaterale che internazionale, al fine di prevenire un'annessione formale della Cisgiordania, o parti di essa, e di garantire il pieno rispetto del diritto internazionale generale nonché delle specifiche risoluzioni del Consiglio di sicurezza e il ripristino di un vero dialogo di pace.
(5-03933)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRAILIS. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la nave da crociera «Oasis of the Seas» della Royal Caribbean International, battente bandiera delle Bahamas, a metà marzo 2020 ha interrotto le crociere in corso e ha fatto sbarcare i passeggeri che erano a bordo;

   il personale è rimasto a bordo, e, a seguito di un focolaio di COVID-19 che si è sviluppato sulla nave, alcuni malati sono stati sbarcati in Florida. Da notizie pubblicate sulla stampa internazionale, ci sarebbero due, ma secondo alcune testate addirittura tre, deceduti per COVID-19;

   nel frattempo, il personale rimasto, tra cui alcuni italiani, è stato licenziato ma comunque trattenuto a bordo senza alcuna copertura assicurativa. Inoltre, gli sarebbe stato razionato il cibo e addirittura l'acqua sarebbe fornita solo a pagamento;

   non essendo la nave un luogo predisposto per gestire queste situazioni, a parte l'isolamento all'interno delle cabine, non c'è, di fatto, nessuna precauzione per contenere il diffondersi del virus;

   più volte, al personale rimasto a bordo, è stato annunciato lo sbarco, ma puntualmente questo annuncio è stato disatteso;

   la nave risulta al momento ancorata al largo di Miami in Florida –:

   se il Ministro interrogato ritenga necessario adoperarsi per accertare la reale situazione sulla nave «Oasis of the Seas» e quella delle persone trattenute a bordo, assumendo nel contempo tutte le iniziative di competenza necessarie per assicurare loro ogni possibilità di cura e di movimento garantite dal diritto internazionale.
(4-05532)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   di recente è apparsa un'intervista sul Sole 24 Ore dal titolo «Concorso Farnesina: rinviate le preselezioni ma è già una realtà la formazione a distanza», dove si pubblicizzava un corso on line offerto da una Ong denominata «eastwest European Institute», gestito da un ex appartenente alla carriera diplomatica destinato alla preparazione dei candidati al prossimo concorso per diplomatici;

   nel corso dell'intervista si vantava con fervore l'esistente collaborazione con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con l'associazione «I Diplomatici», tanto da sottolineare che, quanto ai rapporti con la Farnesina, c'è un'interazione costante;

   «Il Segretario Generale, Elisabetta Belloni – ricorda Scognamiglio – avrebbe dovuto chiudere il corso dal vivo, a Campus X, qualche giorno fa. La pandemia ci ha costretti a trasformare la sua lezione in uno speech in Webinar, che si terrà a fine aprile. Come ci disse l'ex ministro Alfano stiamo dando corpo a un grande progetto di diplomazia democratica»;

   si rileva che nel consiglio direttivo della stessa figurano personalità provenienti dai partiti di maggioranza del Governo, come Partito Democratico e Più Europa, e che vi figurano diversi ex ministri, tra quelli degli affari esteri, come Emma Bonino e Angelino Alfano;

   dal sito dell'associazione «i Diplomatici» si rileva che le attività del 2019 sono patrocinate dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

   sul tema della preparazione ai concorsi per la carriera diplomatica vi sono una pluralità di enti ed istituzioni che operano in regime di concorrenza;

   è necessario garantire i massimi livelli di trasparenza e imparzialità nella selezione del personale diplomatico del futuro, che sarà chiamato a gestire relazioni sensibili e vitali per gli interessi nazionali –:

   quali siano i rapporti tra il segretario Generale Belloni e le associazioni «Eastwest» e «I Diplomatici»;

   se il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale abbia proceduto, nell'ambito dell'ultimo quinquennio, o intenda procedere al finanziamento diretto o indiretto, nell'ambito dell'ultimo quinquennio, a favore delle due associazioni indicate in premessa.
(4-05565)


   PETTARIN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   valichi secondari Italia-Slovenia sono stati chiusi, per decisione del Governo sloveno, l'11 marzo 2020 e, da allora, sono rimasti tali, nonostante ripetuti inviti che istituzioni locali più vicine all'ex confine hanno rivolto a Roma e Lubiana;

   motivazioni che avrebbero indotto il Governo sloveno ad assumere tale decisione riconducibili all'obiettivo di limitare gli spostamenti transfrontalieri di cittadini italiani diretti in Slovenia durante la fase più critica dell'epidemia da COVID-19;

   il blocco dei confini imposto da Lubiana, in prima fase, ha provocato un ingestibile intasamento di mezzi pesanti ai valichi principali, creando un pericolosissimo assembramento, anche sanitario, di autotrasportatori da tutta Europa che hanno saturato i parcheggi al confine della Slovenia con chilometri di code lungo la rete autostradale italiana;

   l'unica eccezione alle limitazioni per spostamento transfrontaliero dei cittadini imposte da Lubiana è rappresentata dai valichi maggiori, esclusivamente per motivi urgenti di lavoro;

   tra i comuni di Gorizia e Nova Gorica (Slovenia) è rimasto aperto solamente il valico autostradale di Sant'Andrea;

   nonostante ciò, pur permanendo la criticità sanitaria, in data 6 maggio 2020, alcune attività commerciali di ristorazione di Nova Gorica (Slovenia) hanno pubblicizzato una particolare modalità di vendita a domicilio: la merce viene recapitata in un piazzale letteralmente tagliato in due dall'ex confine tra Italia e Slovenia, facendo passare buste di cibo attraverso una rete che attualmente, per decisione di Lubiana, separa i due Paesi;

   ribadendo che Lubiana ha attivato la chiusura dei valichi per motivi sanitari e tuttora la mantiene per le medesime ragioni, l'interrogante ritiene personalmente che il comportamento di queste attività vada esattamente nella direzione opposta rispetto al tentativo di contenimento contagio;

   il medesimo comportamento, peraltro, di cui vi è evidenza fotografica, è stato tenuto da almeno una attività commerciale italiana, ditta fornitrice di un ristorante sloveno, che ha effettuato lo scambio di merce non attraverso il confine autorizzato di Sant'Andrea ma attraverso uno dei valichi chiusi;

   l'interrogante esprime grandissima preoccupazione legata ai rischi sanitari che questi episodi possono provocare, anche per le diverse disposizioni anti-contagio adottate dai due territori;

   in Slovenia mascherine e altri dispositivi di protezione individuale non sono obbligatori; la circolazione dei cittadini non ha subito le stesse restrizioni che vigono in Italia; il numero di tamponi effettuati è più basso;

   da lunedì, inoltre, in Slovenia sono riaperte attività di ristorazione e bar con spazi all'aperto, quindi già da tre giorni i cittadini sloveni sono ritornati a frequentare esercizi pubblici con consumazioni sul posto;

   le autorità sanitarie italiane non possono esercitare alcun controllo sui cibi prodotti in Slovenia per i quali si promuove la consegna transfrontaliera, né sulle modalità di preparazione degli stessi, né sulla assenza di agenti contaminanti, né sulle condizioni di salute del personale in servizio nei locali sloveni o, sul servizio di consegna –:

   quale sia la posizione del Ministro interrogato in merito all'attività di consegna transfrontaliera promossa da alcune attività di ristorazione slovene;

   se tali iniziative possano pregiudicare l'efficacia delle misure anti-contagio applicate in Italia;

   se ritenga che tali iniziative acutizzino la crisi di attività commerciali italiane che purtroppo, in presenza di una diversità normativa, risultano ancora chiuse e, nel territorio della città di Gorizia, già penalizzate anche per fiscalità di svantaggio verso la Slovenia ed eliminazione forzata della zona franca, che in quell'area aveva e avrebbe tuttora senso per tutelare un territorio devastato da decisioni del secondo dopoguerra;

   se il passaggio merci dal territorio sloveno a quello italiano secondo le modalità espresse in premessa possa essere consentito dalle autorità di polizia e sanitarie italiane;

   se la vendita o l'acquisto per domicilio/asporto possa avvenire in luoghi diversi dalla sede dell'attività di ristorazione o dal domicilio del cliente;

   se si intenda approfondire se gli attuali rapporti commerciali tra Italia e Slovenia si stiano svolgendo nel pieno rispetto della convenzione di Schengen e se la chiusura dei valichi confinari ne comprometta i punti di accordo.
(4-05570)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   nel fiume Sarno sono tornati gli sversamenti. Era tornata limpida l'acqua in questi mesi di lockdown, dove tutte le aziende erano chiuse. Il fiume Sarno era tornato a vivere, c'erano persino i pesci;

   dal 4 maggio 2020 però è ricominciata la Fase 2 e con la riapertura delle aziende è tornato a sporcarsi anche il Sarno. Sversamenti e rifiuti sono stati versati nelle acque del fiume. Il Sarno purtroppo – insieme ai torrenti Cavaiola e Solofrana (suoi tributari tramite il torrente Alveo Comune Nocerino) – è il fiume più inquinato d'Europa;

   il periodo di lockdown ha dimostrato a tutti le capacità straordinarie di rigenerazione della natura, tuttavia non si registra la volontà delle aziende di investire in sistemi efficienti di trattamento delle acque reflue e dell'amministrazione pubblica nell'implementare i necessari lavori di completamento dell'infrastruttura fognaria;

   secondo quando dichiarato da Green Italia, sono necessari controlli pianificati e indagini accurate per risalire ai responsabili del disastro del fiume, ed in questo periodo è ancora più semplice individuare i collettori che piano piano inizieranno a sversare (visibilissimi da chiunque si affaccia lungo le sponde del fiume) che potrebbero essere facilmente individuati e le aziende che scaricano facilmente determinate e sanzionate;

   anche il Ministro interrogato è intervenuto scrivendo sui social: «Anche grazie alle vostre segnalazioni subito ho attivato i Carabinieri del Noe per controlli e indagini in zona, indagini prontamente partite. Confermo quindi che tutti gli enti preposti sono sul posto per controllare e per individuare il colpevole. Come vi ho raccontato, in questo periodo di quarantena abbiamo monitorato, anche grazie all'attività dei Carabinieri e della Guardia Costiera lo stato delle acque e non possiamo tollerare che gente senza scrupoli riporti inquinamento e devastazione laddove la Natura stava riprendendo i suoi spazi. Dobbiamo lavorare ventre a terra per far sì che il Post-Covid sia diverso»;

   a tal proposito, legge sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che il Noe di Salerno, nel corso delle attività finalizzate al contrasto dei reati ambientali legati agli illeciti sversamenti nel fiume Sarno, hai effettuato numerosi controlli presso aziende che operano a ridosso del corso d'acqua. Attività commerciali, opifici, strutture private, sono stati oggetto di controlli serrati, all'interno dei quali sono stati riscontrati numerosi illeciti ambientali. Al termine dell'operazione sono state 12 le persone denunciate;

   stessa situazione simile sta accadendo anche alla foce del fiume Agnena, a confine tra Castel Volturno e Mondragone, che a 48 ore dalla fine del lockdown ha sversato in marea nera dovuto probabilmente a liquami di origine animale sversati illegalmente nel fiume da un allevamento bufalino –:

   se non intenda immediatamente adottare le iniziative di competenza per costituire, in collaborazione con altri Ministeri e la regione Campania, una task force coordinata dal nucleo operativo dei carabinieri e composta da tutte le altre forze dell'ordine con competenza in materia di delitti ambientali affiancate anche da tecnici dell'Ispra e dell'Istituto superiore di sanità e da dipartimenti universitari in modo da analizzare rapidamente la natura dell'inquinamento riscontrato in modo non solo da risalire ai colpevoli dell'inquinamento ma anche da realizzare un monitoraggio delle acque, anche di quelle sotterranee, e dei terreni per verificare se insistano eventuali pericoli per la salute dei cittadini e l'ambiente;

   vista l'urgenza ambientale e sanitaria, se intenda adottare le iniziative di competenza in modo da avviare rapidamente interventi di risanamento ambientale del fiume Sacco e del fiume Agnena.
(5-03936)

Interrogazione a risposta scritta:


   CASINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la regione Basilicata è interessata dalla procedura di infrazione comunitaria n. 2011/2215 ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che riguarda gli obblighi imposti dall'articolo 14 della direttiva 1999/31/CE in base ai quali esclusivamente le discariche «esistenti» al 16 luglio 2001, dovevano essere rese conformi entro il 16 luglio 2009;

   la procedura di infrazione vede interessata anche la piattaforma integrata dei rifiuti non pericolosi sita in località «La Martella» del comune di Matera;

   con le risorse rese disponibili nel Contratto istituzionale di sviluppo, pari a 3 milioni di euro ha indetto una procedura aperta per l'affidamento dei servizi tecnici di architettura e ingegneria per la redazione del progetto definitivo, progetto esecutivo, direzione lavori e il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione relativi agli interventi ambientali urgenti per la discarica sita in località La Martella (Matera);

   la giunta regionale di Basilicata ha approvato la scheda «Interventi di chiusura e messa in sicurezza dei settori di discarica della piattaforma gestione rifiuti di località La Martella del comune di Matera» per ulteriori 3 milioni a valere sul patto per lo sviluppo della regione Basilicata - Fsc 2014-2020;

   la giunta regionale, nell'ambito della procedura negoziale di cui alla D.G.R. n. 628/2017 (e successive modificazioni e integrazioni) ha ritenuto di individuare le ulteriori risorse economiche necessarie per la realizzazione di tutti quegli interventi per il superamento della richiamata procedura di infrazione, pari a 4,55 milioni di euro a valere sulle risorse del PO FESR Basilicata 2014-2020 e dell'FSC 2014-2020;

   la giunta regionale ha nominato un commissario ad acta per il comune di Matera al fine di attuare gli interventi necessari alla soluzione della procedura di infrazione, oltre che alla conclusione del procedimento autorizzatorio VIA-AIA della piattaforma gestione rifiuti di La Martella;

   in data 24 aprile 2020 il commissario ha chiesto al sindaco di Matera, di procedere all'approvazione della variazione al piano triennale dei Lavori Pubblici con gli interventi di bonifica finanziati, i cui progetti sono già stati definiti. Approvazione necessaria per il prosieguo delle attività propedeutiche all'appalto dei relativi lavori, con ogni ragionevole urgenza;

   attualmente Matera non ha ancora approvato la variazione al piano triennale con gli interventi di bonifica non consentendo, quindi, di procedere alla realizzazione dei lavori finalizzati a risolvere una questione annosa, e che farebbe uscire la regione dalla procedura di infrazione per le discariche –:

   quali iniziative si intendano adottare, nell'ambito delle proprie competenze, per dare soluzione alle forti criticità riportare in premessa e per contribuire a far venir meno la procedura di infrazione per le discariche relative alla Basilicata.
(4-05536)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta orale:


   CENTEMERO, BITONCI, CAVANDOLI, COVOLO, GERARDI, GUSMEROLI, ALESSANDRO PAGANO, PATERNOSTER e TARANTINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in occasione dello svolgimento del question-time della LegaSP n. 3-01317, in merito a chiarimenti in ordine a indirizzi e criteri relativi alla ricerca e alla selezione dei dirigenti delle società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, in Aula il 19 febbraio 2020, il Ministro interrogato rispondeva che «(...) La selezione dei componenti degli organi di amministrazione e controllo nelle società direttamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze è improntata a criteri che hanno l'obiettivo di individuare le professionalità migliori e le competenze manageriali necessarie per gestire società che operano in ambiti industriali, finanziari e di servizi caratterizzati da elevata complessità. La direttiva del 16 marzo 2017, adottata dall'allora Ministro Padoan, è coerente con il rispetto di tali criteri qualitativi e attitudinali e con le necessarie regole di trasparenza. (...)». Confermando, pertanto, la validità delle le indicazioni contenute nella direttiva del 16 marzo 2017, che prevedeva l'utilizzo dei cosiddetti head hunters al fine di individuare i componenti degli organi societari delle società direttamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze;

   nella medesima risposta il Ministro, proseguiva, quindi, informando che «a seguito della procedura avviata il 7 febbraio 2019 dal Dipartimento del tesoro per la selezione di società specializzate nell'executive search con il compito di identificare e valutare i componenti degli organi societari delle società direttamente controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, in data 8 marzo 2019 sono stati conferiti quattro incarichi alle società Eric Salmon & Partners, Key2People Executive Search, Russel Reynolds Associates e Spencer Stuart Italia» e precisando, altresì, la scadenza dei suddetti incarichi il 31 dicembre 2020;

   tuttavia, con la direttiva emanata il 14 aprile 2020, il Ministro avrebbe deciso di sovvertire i criteri preesistenti e di adottarne dei nuovi, eliminando il ricorso a selezionatori esterni al Ministero, e di fatto rimettendo alla propria assoluta discrezionalità la scelta dei soggetti da nominare;

   a conferma, per gli interroganti, dell'assoluta necessità di rimettere ad un soggetto terzo ed imparziale la valutazione dei curricula, proprio in questi giorni è emerso il caso riferito al dottor Carmine America, amico di lunga data del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e (sembra) privo dei necessari requisiti di imparzialità ed adeguatezza professionale per ricoprire incarico cui è stato designato –:

   quali siano, nell'ottica di una maggiore trasparenza, le ragioni che hanno indotto il Ministro a cambiare così repentinamente indirizzo, abbandonando criteri di selezione improntati a garanzie di obiettività ed adeguatezza, in favore di un criterio personalistico sganciato dai più elementari principi di trasparenza.
(3-01523)


   MULÈ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   un articolo del Sole 24 ore del 5 maggio 2020 dal titolo «Nomine, autocertificazioni per i conflitti di interessi» dà notizia dell'approvazione di una nuova direttiva da parte del Ministro dell'economia e delle finanze relativa alle procedure di nomina degli amministratori delle società a partecipazione pubblica;

   la direttiva del 14 aprile 2020 va a modificare la previgente direttiva emanata dall'allora ministro Pier Carlo Padoan il 16 marzo 2017. La principale modifica apportata dalla nuova direttiva riguarda la previsione di un'autocertificazione da parte dei designati a ricoprire le cariche nella quale si attesti l'assenza di ogni conflitto di interessi con la carica che debbono assumere, in luogo di una relazione redatta da parte degli uffici del Ministero dell'economia e delle finanze nella quale si dava conto al Ministro anche della sussistenza di eventuali requisiti di eleggibilità;

   un'ulteriore novità introdotta dalla direttiva del 14 aprile 2020 riguarda l'eventuale ruolo di impulso o di intesa di altri Ministeri, tenuto conto della natura della società con organi in scadenza, nonché delle prerogative della Presidenza del Consiglio;

   nel medesimo articolo si dà notizia di un episodio che evidenzia una criticità nella nuova procedura introdotta dalla direttiva 14 aprile 2020. Nel dar conto della nomina di Carmine America, già consigliere del Ministro Di Maio prima al Ministero dello sviluppo economico e poi al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; a componente del consiglio di amministrazione di Leonardo, si riporta che il suocero di Carmine America, Angelo Fornaro, è proprietario di un'azienda meccanica, la Ar. Ter. Srl che è fornitrice del gruppo Leonardo. A quanto riferisce sempre l'articolo nell'autocertificazione compilata da Carmine America si dichiara «L'inesistenza di cause di ineleggibilità, decadenza e incompatibilità» e si «attesta l'assenza di conflitti di interesse» –:

   se quanto riportato nell'articolo del Sole 24 ore in merito alla vicenda riguardante Carmine America e la mancata segnalazione della sua parentela con il proprietario di una ditta fornitrice del gruppo Leonardo corrisponda al vero e quali iniziative di competenza intenda assumere in merito il Ministro interrogato;

   se ritenga di rivedere la direttiva del 14 aprile 2020 in ordine alla richiesta di autocertificazione da parte dei candidati all'assunzione di incarichi in società a partecipazione pubblica.
(3-01524)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   POTENTI, TURRI, BISA, TATEO, MORRONE, CANTALAMESSA, PAOLINI, MARCHETTI e DI MURO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   tra il 7 e il 9 marzo 2020, mentre l'epidemia COVID-19 cominciava a diffondersi nel Paese, in 22 penitenziari italiani sono esplose contemporaneamente violente ribellioni. Sono conseguiti ingenti danni causati alle strutture; sono stati decine i feriti tra gli agenti della polizia penitenziaria e dodici i detenuti morti, tutti per overdose dopo aver ingerito quantità esagerate di farmaci e metadone rubate nelle farmacie carcerarie;

   sugli episodi in questione sono in corso di svolgimento attività di indagine da parte di più procure che starebbero seguendo, secondo le indiscrezioni giornalistiche ed alcune dichiarazioni rilasciate dalla polizia giudiziaria, la pista di una regia esterna, riconducibile alla criminalità organizzata;

   alcune norme della legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario, fra tutte gli articoli 14-bis e 41-bis, permettono di assumere particolari misure, rispettivamente, di sorveglianza particolare verso detenuti che compromettono la sicurezza ovvero turbano l'ordine negli istituti e di sospensione nell'istituto interessato o in parte di esso, dell'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati in casi di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza; tali provvedimenti sono atti dell'amministrazione penitenziaria e del Ministero della giustizia ed esulano quindi dalla serie di valutazioni tipiche della discrezione giudiziaria –:

   se, quanti e quali provvedimenti tra quelli citati di cui agli articoli 14-bis e 41-bis dell'ordinamento penitenziario siano stati assunti nelle carceri teatro delle rivolte del marzo 2020 e se e quali ulteriori iniziative si intendano assumere per prevenire il ripetersi di altri eventi come quello di cui trattasi.
(4-05548)


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il 30 aprile 2020 i difensori di Nicolino Grande Aracri (detenuto nel carcere milanese di Opera in regime di 41-bis), hanno presentato istanza di scarcerazione alla Corte d'assise di Reggio Emilia con la motivazione legata al rischio, per il detenuto, di contrarre il COVID-19 all'interno dell'istituto penitenziario. Medesima richiesta sarebbe stata avanzata anche da Romolo Villirillo, già esponente dei Grande Aracri in Emilia-Romagna e attualmente sottoposto al 41-bis al carcere di Rebibbia;

   negli ultimi giorni sono state accolte diverse richieste di scarcerazione che hanno sollevato numerose proteste, come quelle di Pasquale «Bin Laden» Zagaria, di Francesco Bonura, di Vincenzino Iannazzo, e da ultimo quella di Pietro Pollichino di Corleone. In sospeso, c'è anche la richiesta di domiciliari fatta da Raffaele Cutolo. L'elenco dei detenuti condannati per mafia e passati ai domiciliari a seguito dell'emergenza COVID-19 conterrebbe i nominativi di persone considerate ai vertici delle più pericolose organizzazioni criminali del Paese;

   il decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, «Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta COVID-19», non sembra porre del tutto rimedio a tale criticità lasciando ancora aperti spiragli per la scarcerazione di boss mafiosi, sebbene nella decisione vengano coinvolti i procuratori distrettuali e anche la procura nazionale antimafia;

   è assolutamente necessario che lo Stato eviti la scarcerazione di detenuti in regime di 41-bis con il pretesto del coronavirus, per evidentissimi motivi di sicurezza nazionale. Peraltro, chi sconta la pena in regime di 41-bis non corre maggiori rischi di contagio rispetto ad altri detenuti –:

   quali iniziative urgenti di carattere normativo si intendano adottare al fine di impedire la scarcerazione di detenuti in regime di 41-bis, molti dei quali sono effettivamente vertici delle più pericolose organizzazioni criminali del Paese.
(4-05568)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GUIDESI, BELOTTI, BIANCHI, BONIARDI, BORDONALI, CAPITANIO, CECCHETTI, CENTEMERO, COLLA, COMAROLI, ANDREA CRIPPA, DARA, DONINA, FERRARI, FORMENTINI, FRASSINI, GALLI, GARAVAGLIA, GIORGETTI, GRIMOLDI, IEZZI, INVERNIZZI, LOCATELLI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MAGGIONI, MOLTENI, MORELLI, PAROLO, RIBOLLA, TARANTINO, TOCCALINI, RAFFAELE VOLPI e ZOFFILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto n. 194 del 5 maggio 2020 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero della salute, riguardante aggiornamenti sull'operatività del trasporto aereo in configurazione minima, ha disposto la riapertura dell'aeroporto di Milano-Linate;

   al momento, non risulta attivo alcun collegamento aereo da e per Milano-Linate;

   stante l'emergenza sanitaria tuttora in corso, l'immediata riattivazione dei collegamenti aerei da e per Milano-Linate, da parte delle compagnie, risulta di fondamentale importanza per soddisfare le diverse esigenze di trasporto – conformi alle restrizioni vigenti – da e per Milano-Linate dell'ampia utenza di riferimento dell'aeroporto medesimo;

   i collegamenti ferroviari da e per Milano, alternativi a quelli a mezzo aereo, sono altrettanto ridotti ed, in ogni caso, rispondenti a esigenze di trasporto diverse da quelle del trasporto aereo –:

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché siano riattivati con sollecitudine i collegamenti aerei da e per l'aeroporto di Milano-Linate, anche in costanza dell'emergenza sanitaria.
(5-03928)


   MACCANTI, BENVENUTO, CAFFARATTO, GIACCONE, GIGLIO VIGNA, LIUNI, GASTALDI, PETTAZZI, BOLDI, PATELLI e GUSMEROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi del decreto n. 194 del 5 maggio 2020 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero della salute, riguardante aggiornamenti sull'operatività del trasporto aereo in configurazione minima, l'aeroporto di Torino-Caselle rientra tra quelli aperti e operativi;

   al momento, vi sono soltanto due collegamenti giornalieri attivi, operati da Alitalia, da e per Roma-Fiumicino, rispettivamente alle ore 13,10 e 15,15;

   stante l'emergenza sanitaria tuttora in corso, il numero di collegamenti presenti è assai esiguo ed evidentemente inidoneo a soddisfare le esigenze di trasporto – conformi alle restrizioni vigenti – da e per Roma dell'ampia utenza di riferimento dell'aeroporto di Torino-Caselle, come dimostrato dalle difficoltà riscontrate dagli utenti nella ricerca di un posto libero sull'unico collegamento disponibile;

   gli operativi previsti non consentono agli utenti di compiere un viaggia di andata e ritorno in giornata, costringendoli al nightstop, peraltro in condizioni di oggettive difficoltà visto il perdurare dell'emergenza sanitaria e della chiusura delle strutture ricettive;

   i collegamenti ferroviari tra Torino e Roma, alternativi a quelli a mezzo aereo, sono altrettanto ridotti (soltanto due al giorno per direzione) ed, in ogni caso, rispondenti a esigenze di trasporto diverse da quelle del trasporto aereo –:

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché sia quanto prima aumentato il numero di collegamenti aerei tra Roma e Torino, anche in costanza dell'emergenza sanitaria.
(5-03929)


   GAVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   tra la cittadina friulana di Casarsa della Delizia (Pordenone) e quella di Portogruaro (Venezia) esiste una tratta ferroviaria di antica data ma di enormi potenzialità per lo sviluppo dei traffici commerciali e turistici;

   da almeno venti anni si parla di un intervento volto alla sua elettrificazione;

   l'operazione ridurrebbe le emissioni inquinanti provocate dalle motrici diesel attualmente impiegate e permetterebbe, al contempo, di adeguare la tratta alle più recenti normative;

   un piano di investimenti di questa portata richiede uno sforzo congiunto di tutte le parti interessate, Governo compreso, in quanto le prospettive di ricaduta sul tessuto economico e sociale della Destra Tagliamento e del Veneto orientale che presenta appaiono innegabili –:

   se intenda attivarsi, in raccordo con le regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto, gli enti locali e i gestori della tratta ferroviaria Casarsa-Portogruaro, per elaborare un progetto di compartecipazione che porti alla rapida elettrificazione dell'infrastruttura stessa, coinvolgendo, se del caso, i privati nell'ottica di un generale project financing.
(5-03935)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRISCO, GALANTINO, LUCA DE CARLO, CARETTA, MANTOVANI, CIABURRO, VARCHI e BUTTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in considerazione della situazione di emergenza sanitaria da COVID-19 e dell'urgenza di rilancio dell'economia, e con il quadro normativo vigente in materia di appalti pubblici, permane un grave e concreto rischio di stasi per opere, forniture e servizi pubblici, nonché di sostanziale blocco della corrispondente spesa pubblica con il suo effetto di moltiplicatore economico, essenziale per la ripresa;

   il codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50), lungi dall'aver proceduto a una reale semplificazione normativa ed amministrativa del settore, nell'intento di voler tutto prevedere, tutto controllare e tutto prevenire, si è rivelato essere un corpus normativo obeso e oltremodo complicato: se è indubbio che si sia abbassata l'efficienza del sistema con riferimento alla concretizzazione di opere, forniture e servizi pubblici, con corrispondente immissione nel mercato di risorse, reddito e servizi, è altrettanto indubbio che si sia raggiunta un'effettiva semplificazione e moralizzazione del settore;

   ad aggravare il suddetto quadro, la mancata adozione del regolamento unico attuativo del codice (articolo 216, comma 27-octies) previsto dal decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (il cosiddetto sblocca cantieri) convertita dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, e che aveva come obiettivo quello di eliminare il complesso, indefinito e contestato sistema di cosiddetta soft law che demandava alle linee guida dell'Anac e a vari decreti ministeriali di integrare la disciplina del codice. In particolare, il regolamento avrebbe dovuto recare disposizioni in materia di: a) nomina, ruolo e compiti del responsabile del procedimento; b) progettazione di lavori, servizi e forniture, e verifica del progetto; c) sistema di qualificazione e requisiti degli esecutori di lavori e dei contraenti generali; d) procedure di affidamento e realizzazione dei contratti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie comunitarie; e) direzione dei lavori e dell'esecuzione; f) esecuzione dei contratti di lavori, servizi e forniture, contabilità, sospensioni e penali; g) collaudo e verifica di conformità; h) affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria e relativi requisiti degli operatori economici; i) lavori riguardanti i beni culturali;

   ad oggi, il testo del regolamento, che avrebbe dovuto essere adottato entro il 18 dicembre 2019, pur licenziato dalla commissione ministeriale incaricata di redigerlo, sarebbe ancora fermo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e in attesa del vaglio della Presidenza del Consiglio, del parere della Conferenza Stato-regioni, del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari;

   è necessario che il testo sia adottato con urgenza e che vi siano integrati i contenuti di tutte le oltre cinquanta fonti sub-primarie a suo tempo previste dal codice, come i decreti ministeriali con valenza regolamentare, con contestuale loro abrogazione per assorbimento, mentre attualmente, invece, solo circa una decina di quelle fonti risulterebbero trasfuse nel testo del regolamento –:

   se non intenda adottare le iniziative di competenza per concludere con urgenza l'iter di approvazione del regolamento in oggetto per scongiurare il collasso del tessuto economico cui il Paese andrà incontro se non sarà in grado di ripartire velocemente e con un quadro giuridico di riferimento con regole certe e di facile attuazione, nonché procedure trasparenti e celeri.
(4-05533)


   TOMBOLATO, MORELLI, MACCANTI, GIACOMETTI, DONINA, ZORDAN e CECCHETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella puntata di «Striscia la notizia» del 2 maggio 2020 è andato in onda un servizio nel quale è denunciata la vendita sulla piattaforma di e-commerce online «Wish» di caschi di marchi celebri contraffatti, a prezzi nettamente più bassi di quelli reali di mercato;

   i citati caschi per moto contraffatti sono sprovvisti della (recente) omologazione ECE 22-06 e, pertanto, sono particolarmente pericolosi per i cittadini che li acquistano, credendoli originali e prodotti dalle aziende il cui marchio è riportato su di essi;

   sussiste l'imprescindibile necessità di garantire la sicurezza degli utenti, dei cittadini e dei motociclisti e di evitare che questi ultimi acquistino caschi e altri dispositivi protettivi non regolari, né omologati e soprattutto assai pericolosi –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare con riguardo alle criticità esposte in premessa al fine di garantire che online, non siano venduti caschi per moto contraffatti e non omologati.
(4-05534)


   CIABURRO, PRISCO, MANTOVANI, LUCA DE CARLO e GALANTINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, definite con interventi normativi mediante decreto-legge e decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sono state disposte le chiusure di numerose attività produttive su tutto il territorio, tra le quali le scuole guida, con la sospensione dei relativi esami di guida per tutta la durata dell'emergenza da coronavirus;

   in Italia sono circa 7.000 le scuole guida, le quali danno lavoro a 30.000 persone;

   paradossalmente, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, consente dal 4 maggio 2020 la riapertura delle autoscuole sul territorio nazionale; tuttavia, lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri continua a mantenere la sospensione delle attività didattiche «in presenza», quindi non a distanza, fino al 17 maggio 2020;

   di conseguenza, da un lato è consentita l'apertura delle scuole guida, ma, dall'altro, ne è reso impossibile il regolare svolgimento delle lezioni; peraltro, è il regolamento del settore, di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 17 maggio 1995, n. 317, e successive modifiche ed integrazioni, a vietare lo svolgimento di corsi a distanza;

   in tal senso, tutti gli operatori del settore stanno attendendo un intervento da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tale che deroghi alla predetta norma e consenta lo svolgimento di attività didattiche a distanza, come peraltro sta avvenendo regolarmente in tutto il territorio nazionale per tutte le scuole di ogni ordine e grado –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per garantire alle autoscuole sul territorio nazionale la facoltà di avvalersi di modalità di insegnamento a distanza, in modo da assicurare la continuità didattica nel rispetto dei costi sostenuti dall'intero comparto.
(4-05540)


   CESTARI, CAVANDOLI e TOMASI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'autostrada regionale Cispadana è la nuova infrastruttura che dovrebbe collegare la rete viaria dalla barriera di Ferrara sud sull'A13 al casello Reggiolo-Rolo dell'A22. Il progetto, ipotizzato per rispondere alla richiesta di mobilità dell'area nord orientale della regione, dovrebbe diventare un'alternativa al corridoio della via Emilia (A1-A14) e intercettare le direttrici A1-A15 (Autocisa) dell'A22 e dell'A13, portando benefìci ai viaggiatori in termini di percorrenza, costi e viabilità;

   l'opera, di valenza strategica per il territorio, attraverserebbe le province di Ferrara, Modena e Reggio Emilia e andrebbe ad alleggerire il traffico sulla via Emilia e sull'Autostrada del Sole, quotidianamente congestionate oltre l'accettabile, asciugando una parte del traffico per il quale non è necessario passare da Bologna;

   i comuni interessati direttamente dall'asse autostradale sarebbero 13: Reggiolo (Reggio Emilia), Rolo (Reggio Emilia), Novi (Modena), Concordia (Modena), San Possidonio (Modena), Mirandola (Modena), Medolla (Modena), San Felice sul Panaro (Modena), Finale Emilia (Modena), Ferrara, Cento (Ferrara), Sant'Agostino (Ferrara) e Poggio Renatico (Ferrara); invece, 7 sarebbero quelli coinvolti dalla viabilità complementare: Parma, Torrile (Parma), Sorbolo (Parma), Mezzani (Parma), Luzzara (Reggio Emilia), Brescello (Reggio Emilia) e Bondeno (Ferrara);

   l'infrastruttura, lunga 67 chilometri, dovrebbe avere due corsie per senso di marcia più una di emergenza per tutta la lunghezza, con inizio nel comune di Reggiolo e termine in quello di Ferrara e comprenderebbe 4 autostazioni e 2 aree di servizio;

   l'uso del condizionale è d'obbligo considerando che il progetto è stato pianificato dalla regione nel lontano 1986, ma si vuol solamente ricordare che nel 2010 si concluse l'iter di gara con l'aggiudicazione della concessione al promotore. La procedura stabilì, da quello che risulta all'interrogante, la concessione per 49 anni, una partecipazione finanziaria pubblica della regione di 179.700.000 euro e l'esecuzione dei lavori in 44 mesi per un ammontare complessivo di investimento di 1.158.720.000 euro; inoltre, venne costituita la società di progetto Autostrada regionale cispadana spa che subentrò all'associazione temporanea di imprese che si era aggiudicata la gara;

   oggi la Cispadana dovrebbe essere una realtà se gli annunci, gli impegni e le promesse fossero stati onorati nell'arco di questi anni, considerando che la società ha un consiglio di amministrazione in carica;

   la regione Emilia-Romagna ha da tempo sottoposto all'attenzione del Ministero una serie di priorità infrastrutturali, tra cui l'Autostrada cispadana, che in questo momento emergenziale diventano fondamentali per garantire un concreto rilancio all'attività industriale ed economica della regione e del Paese –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto;

   se il Ministro non intenda adottare le iniziative di competenza al fine di chiarire, nel più breve tempo, quale sia l'iter dei lavori dell'infrastruttura e/o l'ostacolo che blocca il prosieguo dell'opera.
(4-05542)


   MAGGIONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni mesi sulla linea Pavia-Alessandria continuano a verificarsi episodi di mancata chiusura delle sbarre sui passaggi a livello, soprattutto all'altezza del tratto di ferrovia che interseca la strada che collega i comuni di Mede e Torre Beretti e Castellaro, in provincia di Pavia;

   la mancata chiusura delle sbarre nel tratto predetto è dovuta al non adeguato funzionamento del sistema che dovrebbe azionarle, già ampiamente segnalato dal sindaco di Mede alla Prefettura e Rfi spa senza che a quanto consta all'interrogante, alcun tipo di manutenzione sia stata conseguentemente effettuata;

   l'ultimo episodio in ordine di tempo, stando alle fonti di stampa, si è verificato il 28 aprile 2020 intorno alle 11:30, in occasione del transito di un treno merci utilizzato per il trasporto di materiale infiammabile gas o liquido;

   la linea ferroviaria Pavia-Alessandria è largamente utilizzata da treni con cisterne contenenti materiale altamente infiammabile perlopiù proveniente dalla raffineria Eni di Sannazzaro de Burgundi, e ciò spiega l'elevata pericolosità di quanto descritto;

   la zona in parola è spesso avvolta da fitti banchi di nebbia che riducono la visibilità, così aumentando il potenziale rischio per gli utenti della strada legato al malfunzionamento delle sbarre sui passaggi a livello –:

   se e quali iniziative intenda attivare, anche presso Rfi spa, affinché i sistemi di protezione nei passaggi a livello sulla linea Pavia-Alessandria, ed in particolare quello nel comune di Mede (Pavia), siano sottoposti ad immediata manutenzione per evitare il verificarsi di nuovi episodi come quelli descritti.
(4-05551)


   VARRICA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 4 agosto 2017, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, individua le linee guida per i piani urbani di mobilità sostenibile (Pums). L'articolo 3 del citato decreto ministeriale, rubricato «Adozione dei PUMS», statuisce che «Le città metropolitane, gli enti di area vasta, i comuni e le associazioni di comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, predispongono e adottano nuovi PUMS, secondo le linee guida di cui all'articolo 1, entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore del presente decreto». L'allegato 1 di tale decreto indica che: «Per i territori ricadenti nelle Città metropolitane il PUMS è elaborato dalla Città metropolitana ed approvato dal Consiglio metropolitano»;

   la giunta municipale di Palermo, in data 3 luglio 2019, ha adottato la deliberazione n. 121 avente a oggetto «Adozione del Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) della città di Palermo di cui al decreto ministeriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 4 agosto 2017», a giudizio dell'interrogante in apparente violazione di quanto indicato dal decreto ministeriale citato che attribuisce la competenza alla città metropolitana di Palermo, al fine di prendere in considerazione anche le esigenze di mobilità dei comuni facenti parte del territorio metropolitano;

   nonostante il Pums preveda anche interventi in variante agli strumenti urbanistici attualmente presenti, lo stesso non risulta esser stato sottoposto preventivamente a valutazione ambientale strategica (VAS), ad avviso dell'interrogante in apparente violazione della relativa normativa ambientale europea e nazionale; il più volte ricordato decreto del Ministero prevede, in linea con la direttiva europea Vas e con la normativa nazionale, che uno dei passi procedurali previsti nell'allegato I, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera a), sia proprio quella della valutazione ambientale strategica, preordinato rispetto all'adozione da parte della giunta. Nel caso specifico il comune di Palermo ha avviato la procedura di valutazione ambientale strategica del Pums con istanza protocollata dall'assessorato regionale in data 3 luglio 2019, contestualmente all'adozione dello stesso, con deliberazione della giunta municipale n. 121;

   le sopracitate potenziali violazioni normative sono richiamate in un ricorso straordinario presentato nel novembre 2019 da Confcommercio Palermo al presidente della regione siciliana, contro il comune di Palermo, in cui viene richiesto l'annullamento della sopra citata delibera di adozione del Pums di luglio 2019;

   il medesimo ricorso, che si intende integralmente richiamato, attraverso una puntuale ricostruzione dei passaggi effettuati, evoca la formale e sostanziale disapplicazione da parte del comune di Palermo delle procedure previste dal decreto ministeriale per l'elaborazione del Pums, in particolare omettendo «gli obbligatori adempimenti in ordine alla partecipazione procedimentale nella elaborazione e formazione del PUMS» e non garantendo «il diritto all'informazione ed alla partecipazione all'elaborazione dei suoi contenuti» –:

   se le modalità adottate dal comune di Palermo nella redazione e nell'adozione del Pums siano da ritenersi conformi alle norme attualmente vigenti, in particolare circa la necessità di una pianificazione a livello di città metropolitana, che prevedono la sottoposizione dello strumento pianificatorio a Vas precedentemente alla sua adozione e la piena partecipazione pubblica al processo decisionale, ai sensi di quanto previsto dal decreto ministeriale del 4 agosto 2017.
(4-05564)

INNOVAZIONE TECNOLOGICA E DIGITALIZZAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIABURRO, BUTTI, LUCA DE CARLO, GALANTINO e CARETTA. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in Italia sono oltre 1200 i comuni nei quali si registrano difficoltà nella ricezione del segnale di rete, e dove con almeno uno o più operatori non è possibile effettuare telefonate, inviare messaggi di testo o connettersi ad internet mediante uno smartphone;

   sono 5 milioni i cittadini italiani che non riescono ad accedere ai canali di servizio televisivo pubblico, nonostante il canone Rai sia stato implementato con il pagamento delle utenze, di fatto facendo pagare a quei cittadini un servizio di cui non possono usufruire;

   sono altresì numerosi i comuni dove la velocità di connessione alla rete internet è totalmente inadeguata per far fronte alle sopravvenute necessità di connettività e di lavoro da remoto, o di banale accesso a moderni servizi per privati o della pubblica amministrazione;

   nel 2015 il Governo presieduto da Matteo Renzi ha predisposto il piano banda ultra larga (Bul) per colmare il divario digitale che divide le aree periferiche da quelle centrali in tutta Italia, ma ad oggi, nel 2020, la situazione di divario digitale di cui sopra persiste, colpendo in modo determinante più di 1000 comuni italiani;

   il territorio europeo è classificato in aree nere, grigie e bianche sulla base del numero di operatori ed infrastrutture di rete a banda larga previste sul territorio, definizione recepita dal piano Bul, salvo poi prevedere la rimozione dall'elenco delle aree nere, grigie o bianche di tutti quei comuni nei quali operatori privati hanno espresso un proprio impegno a costruire infrastrutture di rete, senza tuttavia prevedere dei termini imperativi per i lavori di costruzione, così come non sono stati previsti relativamente agli interventi legati al piano Bul –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, e in quali tempistiche, se del caso, intendano predisporre per:

   a) completare la realizzazione dei punti di consegna neutri (Pcn) in tempi rapidi;

   b) utilizzare il piano Bul per raggiungere tutte le abitazioni sul territorio nazionale, inclusi i rifugi alpini, attraverso segnali su fibra o wireless;

   c) definire una vera e propria strategia nazionale digitale per la montagna che consenta un vero ed adeguato superamento del divario digitale nelle aree rurali e montane, dando seguito alla legge 158/2017 ed alle mozioni in materia di tutela di montanità approvate dalla Camera il 28 gennaio 2020;

   d) promuovere la realizzazione del piano Bul e la costruzione di infrastrutture di rette a banda larga anche mediante l'utilizzo di voucher;

   e) avviare un piano di attuazione dell'agenda digitale per le zone montane, rurali e interne del Paese in accordo con Uncem le associazioni degli enti locali, quelle datoriali e le organizzazioni di rappresentanza delle imprese;

   f) includere nel piano Bul e nella coda di produzione e costruzione delle infrastrutture di rete anche tutti quei comuni in cui operatori privati hanno avanzato offerte relative alla costruzione di infrastrutture senza poi darvi seguito in tempi utili o comunque congrui con la media europea;

   g) fornire tutti i dettagli relativi alle tempistiche di attuazione del piano Bul e della costruzione delle infrastrutture di rete a banda larga e, in generale, garantire una piena attuazione del piano entro il 2023, con misure sanzionatorie verso gli operatori inadempienti.
(5-03930)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   ASCARI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a causa dell'emergenza epidemiologica dovuta al diffondersi a livello globale del COVID-19, anche nel nostro Paese sono state adottate importanti misure restrittive e di contenimento che hanno avuto ripercussioni economiche e sociali;

   le fasce della popolazione più fragili dal punto di vista sociale, economico e psicologico, sono quelle che stanno risentendo maggiormente degli effetti di queste necessarie misure;

   vi è dunque un concreto rischio di peggioramento delle condizioni di vita delle persone costrette in stato di indigenza, come testimonia l'incessante e fondamentale lavoro caritatevole di numerose associazioni impegnate nel sociale che garantiscono un aiuto concreto, oltre a quello fornito grazie alle misure di sostegno governativo, a queste persone;

   ciononostante, si rileva che nel comune di Sassuolo, in provincia di Modena, guidato da una giunta di centro destra, il consiglio comunale ha approvato a maggioranza una modifica al regolamento comunale di polizia urbana, in particolare all'articolo 61, che introduce il «divieto a chiunque di offrire, denaro, generi alimentari, vestiario o simili utilità» e la sanzione amministrativa, in caso di violazione del suddetto divieto, da euro 28,00 a euro 168,00 con pagamento in misura ridotta pari a euro 56,00;

   il codice penale, all'articolo 669-bis, punisce già «chiunque esercita l'accattonaggio con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà [...] con la pena dell'arresto da tre a sei mesi e con l'ammenda da euro 3.000 a euro 6.000»;

   opportuno ricordare che chiedere l'elemosina non è reato, così come non è reato l'accattonaggio o, addirittura, vivere per strada. Proprio a quest'ultimo riguardo, una importante sentenza della Cassazione del 2017 stabiliva che vivere per strada è lecito, così come è lecito e non costituisce reato dormire per strada;

   l'articolo 54 del T.u.e.l., come modificato dal decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, al comma 4-bis prevede la possibilità per il sindaco di adottare provvedimenti «concernenti la sicurezza urbana [...] diretti a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali [...] l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti»;

   tuttavia, quanto approvato dal consiglio comunale di Sassuolo sembrerebbe andare ben oltre la legge: infatti, nel nostro ordinamento giuridico, chiedere l'elemosina in sé non costituisce fatto illecito, se non esercitato in maniera molesta o violenta o tramite l'impiego di minori o disabili; secondo l'interrogante, dunque, nel comune di Sassuolo, si sarebbe deciso di sanzionare in via amministrativa un comportamento lecito, contrariamente ai principi del nostro ordinamento giuridico;

   secondo quanto riportato da Sassuolonotizie.it «a Sassuolo la Lega di Salvini istituirà un registro informale per segnalare chi fa la carità», cioè «segnalazioni informali da inserire in un raccoglitore per stimolare la carità consapevole»;

   se ciò fosse confermato, secondo l'interrogante, si sarebbe in presenza di chiarissime violazioni di libertà costituzionalmente garantite –:

   se non intenda intervenire, per quanto di competenza, anche per il tramite della prefettura-Ufficio territoriale del Governo di Modena, al fine di verificare quanto esposto in premessa, anche valutando la possibilità di ricorrere ai poteri di cui all'articolo 138 del Tuel.
(3-01525)

Interrogazioni a risposta scritta:


   IEZZI, MORELLI e GIGLIO VIGNA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 6 maggio 2020 i gestori di bar, ristoranti e locali di Milano (più di settemila attività in città) hanno disposto in segno di protesta davanti all'Arco della Pace centinaia di sedie vuote in fila, a simboleggiare i loro locali che ancora non possono accogliere persone;

   gli esercenti hanno voluto così manifestare contro il Governo per la gravissima crisi economica che li ha colpiti durante l'emergenza sanitaria in corso a causa della mancanza di prospettive e per chiedere sostengo e regole chiare per la riapertura del comparto;

   difatti, come denunciato ai microfoni della trasmissione «Mattino Cinque» e riportato dalla stampa, gli imprenditori locali, rimasti chiusi già da due mesi, non potranno riaprire secondo le condizioni dettate dal Governo, essendo le spese da sostenere (anche tasse, affitti e bollette) troppo elevate rispetto al fatturato, che sarà inevitabilmente più basso rispetto a quanto avveniva prima dell'emergenza sanitaria;

   pur manifestando pacificamente per delle legittime ragioni e nel rispetto di tutte le regole sanitarie imposte dall'emergenza COVID-19, secondo quanto riportato dalla stampa gli stessi esercenti sarebbero stati sanzionati dagli agenti del commissariato Sempione con multe da 400 euro ciascuna per ogni manifestante;

   se quanto sopra fosse confermato e se i manifestanti fossero stati effettivamente multati, a parere dell'interrogante si tratterebbe di una lesione gravissima ai diritti e alle libertà costituzionali e di una decisione perciò ingiusta;

   sempre a parere dell'interrogante andrebbe invece espressa piena solidarietà ai manifestanti ed anche agli agenti della polizia di Stato obbligati dal Governo a dover procedere con queste assurde sanzioni nei confronti di onesti cittadini e lavoratori in piena crisi economica;

   difatti, nonostante l'emergenza sanitaria, deve essere comunque garantito e tutelato l'esercizio del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero come assicurato anche dall'articolo 21 della Costituzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, in particolare se corrisponda al vero che gli esercenti che hanno partecipato alla manifestazione davanti all'Arco della Pace a Milano siano stati multati e quali ne siano state le ragioni;

   qualora tale circostanza venisse confermata, se e quali iniziative di competenza si intendano assumere, anche in autotutela, per disporre l'annullamento delle sanzioni irrogate.
(4-05547)


   EHM. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Centro di permanenza per rimpatrio (Cpr) a Macomer in Sardegna, ex casa circondariale e chiusa dal 2014 per mancato rispetto dei parametri minimi stabiliti dalla legge, ha subìto dei lavori di adeguamento per poter riaprire come Cpr ed è operativo dal 20 gennaio 2020 con circa 100 posti disponibili;

   il 30 aprile 2020 un 28enne del Benin, rinchiuso dal 3 febbraio 2020, si è buttato dal muro di cinta per protesta. Il ragazzo è stato trasportato dall'elisoccorso dopo la caduta ed è stato successivamente riportato nel Cpr a Macomer;

   il ragazzo è arrivato in Italia nel 2015, attraverso la Libia e per quattro anni è stato richiedente asilo, accolto nel Centro di accoglienza straordinaria (Cas) di Cargeghe e Porto Pozzo-Santa Teresa. Fonti giornalistiche riportano che l'estremo gesto è stato compiuto dopo che il giudice di pace ha respinto per la terza volta la domanda di rilascio, imponendo al ragazzo a restare nel Cpr per un altro mese ancora;

   il Cpr di Macomer è stato acclamato dai politici sardi proprio per fungere da deterrente per gli sbarchi degli harraga, i giovani che dall'Algeria giungono con i barchini nelle coste della Sardegna sud-occidentale. Gli stessi infermieri che operano all'interno del centro hanno denunciato le difficili condizioni di vivibilità nel Cpr: lesioni, aggressioni, episodi di autolesionismo, almeno un tentativo di suicidio. Gli abitanti di Macomer sentono frequentemente gli interventi delle ambulanze del 118 che si dirigono verso il Centro, spesso nelle ore notturne;

   la gestione del Cpr è affidata alla Ors Italia s.r.l., già al centro di polemiche sulla negativa accoglienza di un centro in Austria, tenuto in condizioni disumane, secondo una denuncia di Amnesty International, e anche oggetto di un'inchiesta giornalistica –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per salvaguardare le condizioni di salute del giovane migrante e degli altri detenuti presenti nella struttura;

   se ritenga necessario un intervento ministeriale per verificare le condizioni di vivibilità sociosanitarie ed il rispetto dei diritti dei «trattenuti».
(4-05552)


   GAVA e FOGLIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, alla data del 6 maggio 2020 l'arrivo di immigrati clandestini in Italia attraverso la rotta del Mediterraneo è passato da 842 arrivi nel 2019 a 4.069, con un aumento di circa il 400 per cento, tutto ciò nonostante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 in corso;

   ancora più grave appare la situazione relativamente alla cosiddetta rotta Balcanica e, sebbene ancora non siano certi i numeri, pare che negli ultimi 10 giorni tramite tale rotta si sono registrati 250 arrivi in Italia, e quasi 200 nel mese di aprile 2020;

   l'Italia è il primo Paese confinante con nazioni non appartenenti all'area Schengen e, nonostante la responsabilità della Slovenia di effettuare tutti i controlli relativamente ai flussi migratori illegali, ancora oggi, tuttavia, la gestione di tali flussi risulta in capo esclusivamente all'Italia;

   il confine italo-sloveno è da considerarsi a tutti gli effetti una zona a rischio ingressi illegali e quindi zona rossa che fabbisogna urgentemente di risposte concrete da parte del Governo;

   la polizia slovena ha, di fatto, blindato i confini con l'Italia, erigendo veri e propri muri fisici e barricate sulle strade, mentre le medesime misure non sono state adottate dal Governo relativamente alla gestione della rotta migratoria di origine balcanica e, pertanto, quotidianamente, ancora si assiste a ingressi illegali nel territorio italiano, con ciò mettendo in difficoltà il sistema di sicurezza, creando problematiche di molteplice tipo e minando la sicurezza sanitaria nel nostro Paese;

   allo stato attuale, cioè senza un'adeguata struttura munita di più postazioni di fotosegnalamento, si va a creare un disservizio alla frontiera di Fernetti, alla Polmare di Trieste e in questura, dove, soprattutto, il personale del gabinetto di polizia scientifica ha sempre gli stessi operatori impegnati, non solo per l'emergenza migratoria, ma anche nella normale routine delle operazioni di ordine pubblico e dei normali interventi di sopralluogo in relazione ai reati che ne prevedono l'utilizzo;

   alla luce di quanto sopra e ancora in attesa di una decisa posizione del Governo con la Slovenia anche sul versante diplomatico, risulta pertanto necessario istituire un hotspot permanente nel territorio di confine con tale Stato, al fine di identificare rapidamente, registrare, fotosegnalare e raccogliere le impronte digitali dei migranti, in modo da poterne identificare la persona e la provenienza;

   tale struttura consentirebbe di concentrare tutti i rintracci in un luogo solo, con il beneficio di ridurre le potenziali contaminazioni sanitarie e dando la possibilità di garantire una sicurezza che ovviamente è difficile da mantenere allo stato attuale;

   con il miglioramento delle condizioni meteorologiche e nonostante l'emergenza epidemiologica in corso, aumenteranno gli arrivi migratori e, dunque, l'hotspot pare la soluzione migliore per la concreta sicurezza sia degli operatori delle forze dell'ordine a cui sono demandati tali compiti sia degli stessi migranti, quale posto unico di sosta per l'identificazione, per prestare loro le prime cure, garantendo la salute di tutti;

   attualmente le forze dell'ordine si trovano a dover fronteggiare quotidianamente e con lodevole impegno tale emergenza sempre con gli stessi uomini e contestualmente a dover far fonte anche all'attività ordinaria ad esse demandata, come ad esempio sopralluoghi e servizi di ordine pubblico –:

   quali iniziative il Ministro intenda assumere relativamente all'istituzione di un hotspot a Trieste, per fermare i flussi migratori illegali dalla Slovenia, anche con l'utilizzo di parte della dotazione già a disposizione della polizia di Venezia che ha competenza in tutto il Triveneto, nonché per potenziare, anche con personale aggregato, l'ufficio immigrazione della questura e il gabinetto provinciale di polizia scientifica di Trieste.
(4-05556)


   CUNIAL. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 1° maggio 2020 come riferiscono fonti di stampa, in occasione del «Drive In per il lavoro e la libertà», si è svolta una manifestazione pubblica, a giudizio dell'interrogante nel completo rispetto delle precauzioni richieste dalla «legge», organizzata e tenuta dal sindaco di Santa Lucia di Piave, il dottor Riccardo Szumski;

   sul fatto sta indagando la Digos;

   in Italia i trattamenti psichiatrici sono di norma volontari e l'unica eccezione è data dal trattamento sanitario obbligatorio (Tso), ovvero il ricovero coatto e forzato del paziente che presenta problemi psichiatrici che lo rendono potenzialmente pericoloso per sé stesso e per la comunità, secondo la legge n. 833 del 23 dicembre 1978, articoli da 33 a 35;

   il Tso è disposto dal sindaco del comune di residenza del malato o del comune ove egli si trovi, mediante ordinanza;

   in data 2 maggio 2020, nel comune di Ravanusa (Agrigento) un uomo di 40 anni ha manifestato la sua opinione, nei limiti costituzionali, senza arrecare pregiudizio alcuno alla sicurezza;

   il sindaco Carmelo D'Angelo, che a febbraio 2020 è stato rinviato a giudizio per abuso d'ufficio, ha autorizzato sull'uomo un trattamento sanitario obbligatorio (Tso);

   nell'albo pretorio del comune di Ravenusa risulta pubblicata una ordinanza, in data 5 maggio 2020 relativa ad un Tso del 2 maggio 2020, i cui contenuti sono non accessibili;

   il trattamento sanitario obbligatorio, in ogni caso, va disposto sempre secondo l'articolo 32 della Costituzione, nel rispetto della dignità della persona e dei suoi diritti civili e politici;

   l'interrogante ritiene che atteggiamenti di questa natura siano altamente lesivi delle libertà personali e costituzionali e che occorra un intervento urgente da parte del Governo per porre fine sul nascere ad atteggiamenti di tale natura da parte dei sindaci;

   l'interrogante ha già denunciato l'attività del Governo contraria ai diritti garantiti dall'articolo 21 della Costituzione con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-05350;

   a parere dell'interrogante il combinato disposto delle disposizioni del Governo in merito all'istituzione di task-force contro le fake-news e dall'istituzione delle app di tracciamento per i contagiati insieme a quelli che appaiono abusi da parte del sindaco di Ravenusa e della Digos nei confronti del sindaco di Santa Lucia di Piave, rappresenta un serio pericolo per la tenuta costituzionale dei diritti dei cittadini italiani –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogante intenda mettere in atto, per quanto di competenza, per tutelare il diritto a manifestare il proprio pensiero e per tutelare le persone, ad avviso dell'interrogante offese, di cui in premessa.
(4-05567)

ISTRUZIONE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria da COVID-19 ha imposto la sospensione nelle istituzioni scolastiche dell'attività didattica in presenza e ha reso necessaria l'adozione di provvedimenti finalizzati ad attivare la didattica a distanza;

   le misure di distanziamento fisico e sociale stanno determinando ripercussioni sui bambini e sui ragazzi che più di tutti patiscono il divieto di socialità – sia dentro che fuori le istituzioni scolastiche – e la mancanza di relazioni;

   tale problema acquista dimensioni ben più rilevanti se si considera la specifica situazione degli studenti con disabilità, che costituiscono i soggetti più vulnerabili e fragili, tanto più se devono seguire specifiche terapie;

   in Italia ci sono 284 mila studenti disabili per i quali la mera adozione della didattica a distanza non è risultata sufficiente; nel caso di alunni con disabilità è infatti necessario, per la didattica a distanza, individuare la modalità da attivare avuto riguardo alle specifiche esigenze del singolo alunno e tenere ben presente che l'aspetto didattico-disciplinare si interseca fortemente con le terapie e con gli interventi connessi alle problematiche comportamentali e alle attività volte a realizzare l'autonomia personale e la gestione delle emozioni;

   il rapporto tra alunno disabile e la classe, i docenti e il docente di sostegno si costruisce con il tempo, è frutto di una collaborazione stretta e quotidiana tra famiglia e scuola;

   nonostante formalmente gli atti del Governo e del Ministro interpellato prevedano la considerazione della specificità degli alunni disabili, in realtà è cronaca quotidiana la richiesta, da parte delle famiglie, delle loro associazioni e anche dei docenti di sostegno, di non essere lasciati soli a confrontarsi con le difficoltà che l'emergenza sanitaria ha determinato e continua a determinare, anche in relazione alla sospensione delle terapie, in alcuni casi, derivante dalla mancanza di garanzie e di sicurezza;

   il fatto che il Governo abbia valutato non necessario introdurre referenti specifici per la disabilità nel comitato di lavoro cui è affidata la definizione delle strategie da adottare per l'avvio del prossimo anno scolastico conferma la scarsa considerazione della specificità delle esigenze proprie degli alunni disabili;

   qualunque saranno le misure che il Governo deciderà di adottare, le scuole dovranno dedicare particolare attenzione agli alunni disabili per alcuni dei quali sarà anche complicato accettare le limitazioni e le regole comportamentali che l'emergenza sanitaria richiederanno;

   è necessario tener conto del fatto che le esigenze degli alunni con disabilità richiedono interventi personalizzati e che molto è stato affidato alla buona volontà e al senso di responsabilità dei docenti che, impreparati e non suffragati da adeguati strumenti e strutture tecniche, hanno messo in campo tutte le loro competenze per cercare di lavorare sull'aspetto didattico-disciplinare senza trascurare la relazione, per quanto a distanza, nel tentativo di mantenere un ponte tra docente, alunno e famiglia;

   nonostante il Paese si stia avviando progressivamente verso la ripresa di tutte le attività, la scuola sembra quella destinata a restare in fase 1 fino a settembre 2020, il che, dal punto di vista degli alunni con disabilità, rischia di far fare passi indietro rispetto a posizioni faticosamente conquistate nel corso di anni;

   in una fase come quella attuale in cui sono potenzialmente molte le difficoltà con cui le famiglie dovranno confrontarsi – non ultime quelle di natura economica – appare evidente la necessità di intervenire con più attenzione e puntualità nei confronti degli alunni con disabilità, al fine di costruire un sistema realmente inclusivo e di non abbandonare le famiglie alla solitudine totale –:

   quali urgenti e concrete iniziative intenda adottare, anche alla luce delle modifiche organizzative e didattiche che verranno introdotte per il prossimo anno scolastico, per contrastare la diffusione del contagio del COVID-19, al fine di realizzare e garantire pienamente l'inclusività del sistema scolastico che tenga conto delle esigenze prioritarie degli allievi con disabilità, con particolare attenzione alle situazioni di gravità, anche potenziando la possibilità, per gli alunni con disabilità non in grado di frequentare la scuola, di usufruire di percorsi di istruzione presso il proprio domicilio mediante la realizzazione di una rete di servizi che coinvolga istituzioni e soggetti diversi.
(2-00780) «Gelmini, Aprea, Versace, Casciello, Marin, Palmieri, Saccani Jotti, Vietina».

Interrogazione a risposta scritta:


   BELOTTI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   regnano ancora grande incertezza e confusione con riguardo alle prove di maturità;

   il Governo ha ipotizzato un rientro a scuola dopo il 18 maggio con l'eliminazione delle prove scritte e la sostituzione di un unico colloquio;

   per i candidati esterni si ipotizza lo svolgimento in presenza degli esami preliminari al termine dell'emergenza epidemiologica e l'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo nel corso della sessione straordinaria, che si svolge normalmente a settembre;

   tale ipotesi sembrano tramontate alla luce dei recenti annunci del Ministro interrogato, che ha affermato che l'esame di Stato prenderà il via il 17 giugno prossimo, in presenza, partendo da un argomento concordato e non da una tesina, e con l'inversione del punteggio crediti: varrà più il percorso di studi (60 crediti) rispetto alla prova orale conclusiva (40 crediti);

   è assurdo che, a poco più di un mese dall'inizio della prova, non ci siano ancora, per i ragazzi maturandi, regole chiare e ben definite;

   per i privatisti, ad esempio l'ipotesi di spostare gli esami nella sessione straordinaria produrrà, inevitabilmente, delle ripercussioni anche sulle iscrizioni all'Università, considerato che i test di ammissione agli Atenei sono di norma fissati molto prima, in alcuni casi anche ad agosto;

   nel 2019, ad esempio, la sessione straordinaria aveva avuto inizio il 18 settembre; quindi, se non ci dovessero essere contestuali proroghe da parte delle Università, questi studenti rischiano di perdere l'ammissione alle facoltà;

   se il Ministro interrogato, in linea con le sue dichiarazioni circa il fatto che «nessuno verrà lasciato indietro», non ritenga opportuno valutare di far svolgere agli studenti privatisti l'esame di maturità in contemporanea e con le stesse modalità degli altri maturandi, consentendo quindi sia l'accesso alla sessione estiva e sia ove ci fosse un ripensamento generale sullo svolgimento in presenza, la modalità telematica.
(4-05573)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   Il consiglio di amministrazione della Fondazione Enasarco ha disposto, a maggioranza, il rinvio del periodo delle elezioni per il rinnovo dei componenti dell'assemblea dei delegati previsto dal 17 al 30 aprile 2020;

   con delibera n. 74 del 25 giugno 2019 del consiglio di amministrazione della Fondazione Enasarco erano state indette le elezioni per il rinnovo dei componenti dell'assemblea dei delegati fissandole appunto per i giorni 17-30 aprile 2020;

   l'Enasarco, istituito nel 1938 quale Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio, per dare copertura di welfare alla categoria, ha assunto un ruolo di previdenza integrativa alla previdenza statale Inps con legge n. 613 del 1966 ed è stato privatizzato dal decreto legislativo n. 509 del 1994, assumendo l'attuale forma giuridica di fondazione;

   pur essendo un soggetto di diritto privato, Enasarco persegue finalità di pubblico interesse, mediante la gestione di un fondo pensionistico integrativo obbligatorio a favore degli agenti e rappresentanti di commercio, nonché dei promotori finanziari;

   l'articolo 33, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, prevede una proroga dei termini di durata degli organi amministrativi per tutti gli enti e organismi pubblici inclusi nell'elenco oggetto del comunicato dell'istituto nazionale di statistica (Istat) che, nel periodo dello stato di emergenza, sono tenuti al rinnovo degli organi ordinari e straordinari di amministrazione e controllo. La medesima norma dispone, inoltre, che fino al termine dello stato di emergenza, gli enti e organismi pubblici a base associativa i quali, in tale periodo, sono tenuti al rinnovo degli organi di amministrazione e controllo, possano sospendere le procedure di rinnovo elettorali, anche in corso, con contestuale proroga degli organi;

   la decisione è stata quindi legittimamente assunta per assicurare ad un bacino di oltre 300 mila elettori una partecipazione al voto piena e consapevole. Partecipazione che avrebbe potuto essere compromessa dallo stato di emergenza dichiarato per sei mesi già il 31 gennaio 2020, con delibera del Consiglio dei ministri, a causa dell'epidemia da COVID-19;

   i provvedimenti assunti da Governo e regioni a partire dal mese di febbraio 2020, per far fronte all'emergenza sanitaria hanno di fatto impedito le attività essenziali di informazione, incontro e confronto tra elettori ed eleggibili, attività che sono il presupposto imprescindibile di qualsiasi libera competizione elettorale e del diritto di esprimere un voto consapevole ed informato;

   in tutto il Paese gli aventi diritto al voto, tra agenti e imprese preponenti, sarebbero stati quasi 300 mila; una considerevole parte non aveva ancora fornito la propria PEC, determinando l'obbligo per la Fondazione Enasarco di far pervenire circa 75.000 certificati elettorali a mezzo raccomandata e presso la sede di lavoro con le implicazioni che è facile immaginare (rallentamento del servizio postale, sedi di lavoro chiuse). Oltre a ciò, la quasi totalità delle imprese preponenti, cui spetta l'elezione di un terzo dell'assemblea, si sarebbero trovate impossibilitate a esprimere il voto fintanto che non fosse terminata l'attuale situazione di lockdown;

   il mancato svolgimento della campagna elettorale avrebbe, inoltre, certamente rappresentato una lesione del diritto tanto dei partecipanti alla competizione elettorale di svolgere in modo pieno e libero le attività tipiche di qualsiasi competizione elettorale, tanto degli elettori di poter formare le proprie scelte di voto in modo pienamente informato e consapevole;

   i 6 principali sindacati nazionali degli agenti di commercio — Fnaarc, Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs, Ugl-Terziario e Usarci hanno condiviso la scelta della Fondazione di differire le elezioni sostenendo la doverosità di tale decisione;

   al riguardo, è opportuno rappresentare che la vigilanza statale relativamente agli enti privati di previdenza obbligatoria si espleta sia sotto il profilo giuridico-amministrativo, attraverso l'esame e l'eventuale approvazione delle delibere in materia di contributi e prestazioni, di modifica degli statuti e dei regolamenti di organizzazione e dei regolamenti elettorali, sia sotto il profilo amministrativo contabile, funzionale al controllo degli assetti dell'ente strumentale, che è sottoposto al referto della Corte dei conti;

   il capo di gabinetto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con rilievi condivisi anche dal capo di gabinetto del Ministero dell'economia e delle finanze, ha dichiarato l'illegittimità della delibera di rinvio della competizione elettorale, imponendo alla Fondazione l'adozione di ogni utile iniziativa volta allo svolgimento delle elezioni nel periodo 20 maggio-3 giugno 2020, in nessun modo considerando norme di legge, statutarie e regolamentari applicabili al caso di specie –:

   se gli atti di indirizzo delle amministrazioni citate siano compatibili con la legislazione emergenziale emanata dallo stesso Governo;

   se gli atti posti in essere dalle amministrazioni procedenti non ledano l'autonomia delle Casse previdenziali come riconosciuta dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509;

   se tale decisione comunque non confligga con i più basilari principi democratici per l'esercizio del diritto di voto da parte degli iscritti alla Fondazione Enasarco.
(2-00779) «Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Bubisutti, Alessandro Pagano, Ziello».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, cosiddetto «Cura Italia», convertito dalla legge n. 27 del 2020, all'articolo 42, comma 2, assimila i casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro all'infortunio sul lavoro. Sicché «la causa virulenta è equiparata a quella violenta», come conferma la circolare emessa dall'Inail n. 13 del 3 aprile 2020;

   il precitato articolo prevede, dunque, che il medico certificatore rediga il certificato di infortunio e lo invii telematicamente all'Inail che assicura la relativa tutela dell'infortunato;

   all'equiparazione all'infortunio sul lavoro, consegue che il datore di lavoro sia potenzialmente esposto a responsabilità, in sede civile e penale, qualora non abbia adottato le misure necessarie a prevenire il rischio di contagio, cagionando così la malattia o nei casi più gravi la morte del lavoratore;

   molte imprese, in particolare quelle che erogano servizi di pulizie e sanificazione presso gli ospedali, hanno manifestato forte apprensione per la responsabilità oggettiva, penalmente rilevante, che grava sui datori di lavoro. Si teme l'impossibilità di un pieno controllo sui rischi di contagio, pur con il rispetto dei precetti relativi alle misure di sicurezza per tutelare la salute dei dipendenti;

   inoltre, considerando la diffusione epidemiologica del COVID-19, si ritiene, di fatto, a dir poco difficoltoso stabilire con certezza se il morbo sia stato contratto sul lavoro o in altro ambiente di vita;

   va da sé, che, alle difficoltà che le aziende stanno affrontando a causa dell'emergenza sanitaria, si aggiunge la preoccupazione di essere chiamate a rispondere di eventuali contagi, pur non avendo alcuna responsabilità diretta rispetto all'evento e avendo assunto tutte le misure di protezione per i propri dipendenti –:

   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa e se e quali iniziative intenda adottare per modificare le disposizioni in questione, affinché sia garantita la tutela della salute dei lavoratori, escludendo il rischio per i datori di lavoro di imputazioni ingiuste rispetto ad eventuali contagi da COVID-19.
(5-03934)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TRANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   uno dei principali obiettivi del Cura Italia è stato quello di dare aiuti immediati a lavoratori e famiglie in crisi a causa dell'emergenza coronavirus;

   la tempestività nell'erogazione dei bonus e della cassa integrazione è determinante per evitare il dilagare di forme di profondo disagio sociale;

   in data 26 marzo 2020 l'agenzia Agi pubblicava il seguente lancio: «Entro trenta giorni riusciamo a pagare le prestazioni della cassa integrazione e dei bonus»: lo afferma il presidente dell'Inps Pasquale Tridico ospite a Sky TG24. «È importante dare sicurezza a tutti: questa settimana abbiamo messo online la domanda per la cassa ordinaria, dalla prossima settimana anche la domanda per la cassa in deroga. Abbiamo abbreviato al massimo il numero di giorni»;

   le comprensibili difficoltà dell'Inps nel far fronte alle molteplici richieste, come emerso nella fase iniziale quando il sito internet dell'istituto è andato in tilt, dovrebbero essere ormai superate;

   l'assessore alla formazione e al lavoro della regione Lazio, Claudio Di Berardino, lamenta che sono circa 60 mila le domande di cassa integrazione in deroga che la regione Lazio ha decretato e inviato all'Inps per la liquidazione, ma che nella tabella dell'istituto pubblicata sul sito istituzionale alla voce Lazio viene riportato il numero di sole 35.903 domande;

   l'assessore Di Berardino sollecita l'aggiornamento del sistema informatico dell'Inps, affinché l'istituto possa leggere e prendere in carico tutte le altre migliaia di domande decretate che il Lazio ha inviato da tempo;

   sempre l'assessore Di Berardino chiede all'Inps di velocizzare il pagamento delle mensilità ai lavoratori;

   risulta personalmente all'interrogante avendo ricevuto un alto numero di segnalazioni al riguardo, che tra gli uffici in cui si registrano maggiori ritardi vi sia quello di Latina;

   in data 23 marzo 2019 l'interrogante ha segnalato a mezzo posta elettronica al presidente nazionale dell'Inps la difficoltà a cui sarebbe andata incontro la sede di Latina, nella tempistica di evasione delle pratiche Inps per gli ammortizzatori sociali, con particolare riferimento al decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18;

   parimenti, stante la chiusura della sede Inps di Latina a causa del contagio e considerato l'elevato numero di pratiche da lavorare, si paventavano «colli di bottiglia», con il rischio di lasciare senza reddito lavoratori ed aziende costrette alla chiusura –:

   se non ritenga opportuno fare luce sulle ragioni dei ritardi nella presa in carico delle domande di cassa integrazione e nei pagamenti delle diverse mensilità lamentati dalla regione Lazio;

   quale sia la situazione per le diverse regioni italiane e quali iniziative di competenza intenda portare a termine per superare tale stallo e dare certezze ai lavoratori e alle loro famiglie in particolare per l'ufficio di Latina.
(4-05535)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende la dirigenza del gruppo Coca-Cola HBC Italia avrebbe imposto ai propri dipendenti in cassa integrazione COVID-19 di rinunciare alla maturazione di una parte dei ratei degli istituti contrattuali, senza per altro integrare l'importo dell'ammortizzatore sociale così da arrivare alla piena retribuzione;

   nonostante il gruppo Coca Cola stia già usufruendo degli ammortizzatori sociali previsti, come il ricorso alla cassa integrazione, ha comunque paventato che l'eventuale accoglimento delle istanze dei lavoratori porterebbe addirittura ad un rilevante ridimensionamento della forza lavoro;

   l'azienda ha giustificato la propria posizione adducendo una diminuzione delle vendite a seguito dell'emergenza sanitaria, con chiusure di stabilimenti e riduzione del personale, come peraltro già avvenuto più volte negli ultimi anni;

   nel frattempo ai manager verrebbero comunque garantiti, dalla stessa azienda, premi economici e avanzamenti di carriera;

   a parere dell'interrogante, specialmente in questa fase di grave emergenza sanitaria, i lavoratori andrebbero premiati e non mortificati, per il grande impegno e il senso di responsabilità con il quale continuano ad assicurare il proprio lavoro e quindi il profitto alle aziende, anche mettendo a rischio la propria salute;

   i lavoratori che operano nella filiera dell'agro-alimentare hanno continuato a lavorare pure in pieno lockdown assumendosi tutti i rischi conseguenti per la loro salute e sicurezza e quella delle loro famiglie;

   appare sorprendente e inaccettabile che nel momento in cui tutte le altre multinazionali del settore agro alimentare, d'accordo con le organizzazioni di rappresentanza, hanno messo in campo soluzioni per tutelare e premiare i lavoratori e il loro coraggio, la Coca-Cola non solo decida di non adeguarsi alle scelte concertate ma paventi ulteriori tagli al personale;

   nell'area Nord ovest i lavoratori e le lavoratrici Coca-Cola in cassa integrazione sono oltre 200 e 70 solo a Milano, lo stabilimento di Nogara ne conta quasi 300. Anche a Marcianise il gruppo Coca-Cola HBC Italia ha attivato la cassa integrazione per gran parte dei dipendenti del sito. Il provvedimento interessa circa 140 lavoratori oltre ai dipendenti del settore commerciale;

   le richieste delle organizzazioni sindacali come, ad esempio, un'integrazione all'indennità di cassa o la maturazione dei ratei di retribuzione differita sono state rifiutate dall'azienda che invece ha preferito procedere con un corposo piano di avanzamenti professionali e retributivi che riguarda soltanto le posizioni apicali e il management –:

   quali iniziative di competenza si intendano assumere affinché anche da parte del gruppo Coca-Cola HBC Italia siano riconosciute ai lavoratori forme di premialità e la continuità retributiva, nonché tutte le ulteriori garanzie che risultano aver stabilito tutte le aziende del settore alimentare grazie ad un proficuo confronto con le organizzazioni sindacali e, soprattutto, affinché siano garantiti anche in futuro gli attuali livelli occupazionali.
(4-05562)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   LOSS, MANZATO, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, PATASSINI e VIVIANI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sono tante le attività che, in questo momento di emergenza sanitaria causata dal Coronavirus, sono chiuse e in attesa di riaprire;

   le fattorie didattiche sono aziende agricole autorizzate a fare formazione sul campo alle nuove generazioni, puntando sull'educazione ambientale attraverso la conoscenza della campagna con i suoi ritmi, l'alternanza delle stagioni e la possibilità di produrre in modo sostenibile; le fattorie didattiche sono per lo più gestite da donne e si declinano sul territorio in base alle specificità locali; l'obiettivo è quello di formare dei consumatori consapevoli sui princìpi della sana alimentazione e della stagionalità dei prodotti per valorizzare i fondamenti della dieta mediterranea e ricostruire il legame che unisce i prodotti dell'agricoltura con il cibo che si porta in tavola ogni giorno;

   è una pedagogia attiva dell'imparare facendolo attraverso attività pratiche ed esperienze dirette come seminare, raccogliere, trasformare, manipolare a contatto con la natura attraverso l'incontro con animali e piante, nelle stalle, negli orti e in cucina;

   ciascuna azienda agricola rappresenta un universo che testimonia la ricchezza e la diversità dell'agricoltura dei suoi prodotti, dei suoi paesaggi; ma fa conoscere anche il ruolo dell'agricoltore, i saperi della cultura rurale, la passione dei contadini per questo lavoro e l'amore per la propria terra; purtroppo, la cancellazione, dovuta all'emergenza sanitaria, di visite didattiche, gite, stage e attività formative che si concentrano di solito nei mesi da marzo a maggio, ha comportato perdite per milioni di euro;

   gli operatori del settore hanno reagito con inventiva e passione, e hanno usato i social e le tecnologie per rimanere in contatto con alunni e studenti, ma sono pronti a rimodulare la propria offerta consapevoli di poter svolgere un ruolo chiave per la ripresa economica e sociale;

   negli ultimi anni sono stati milioni i bambini che hanno frequentato le fattorie didattiche, prevalentemente di età compresa tra i 4 e gli 11 anni, dalla scuola materna alla primaria, ma anche studenti più grandi delle medie e superiori;

   con l'inizio della Fase 2 dell'emergenza Coronavirus e con il ritorno di 4,4 milioni di italiani al lavoro con i figli a casa per la chiusura della scuole e con i nonni che potrebbero essere messi a rischio dai nipoti, sarebbe molto utile riattivare il prima possibile l'attività delle fattorie didattiche;

   le aziende agricole hanno quel surplus in più che può aiutare il mondo dei bambini a ripartire da loro, dalle loro esigenze e dai loro ritmi;

   sono oltre tremila le fattorie didattiche, presenti nelle campagne italiane, che sono il luogo ideale per accogliere in sicurezza piccoli gruppi di bambini, visti gli ampi spazi a disposizione, e quindi possono assicurare il rispetto delle norme di sicurezza, distanza e igiene e svolgere attività educative a contatto con la natura nei grandi spazi all'aria aperta e ricreare rapporto con la natura e con i cicli naturali –:

   se intendano, per quanto di competenza, adottare iniziative per ripristinare quanto prima le attività delle fattorie didattiche, adottando adeguati protocolli di sicurezza sanitaria, in quanto le visite in fattoria sono preziose occasioni di apprendimento e crescita, quindi da valorizzarla da parte del mondo agricolo che della scuola, e possono offrire, durante i mesi estivi, sostegno alle famiglie, ai genitori che sono tornati al lavoro e ai bambini che purtroppo hanno vissuto mesi di reclusione tra le mura domestiche e hanno bisogno di vivere la Fase 2 all'aria aperta e in libertà.
(4-05550)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute – per sapere – premesso che:

   l'emergenza sanitaria che si sta vivendo non ha precedenti nella storia della Repubblica;

   le strutture sanitarie, il personale medico e sanitario, nonché i volontari a qualsiasi titolo coinvolti, stanno dando — tutti — ampia prova del loro eccezionale valore, pagando il loro quotidiano impegno, a volte, anche con la vita;

   il tributo in termini di vite umane del personale sanitario impegnato in prima linea, è altissimo. Solo tra i medici ad oggi si contano oltre 150 morti;

   questa pandemia evidenzia l'importanza assoluta e imprescindibile di avere un servizio sanitario efficiente;

   negli ultimi anni i tagli alla sanità hanno ridotto l'efficienza del servizio sanitario pubblico. Uno degli ambiti con maggiori criticità e carenze è quello delle «cure palliative»;

   la legge n. 38 del 2010, volta a garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore, ha sancito il diritto di tutti i cittadini ad accedere alle cure palliative, intervenendo a tutela della dignità del malato e a garanzia della qualità della vita sino al suo termine;

   uno degli obiettivi primari della legge è quello di ridurre i decessi in sede ospedaliera, ma a distanza di dieci anni dall'entrata in vigore della legge n. 38 i risultati in termini di posti a disposizione per le cure palliative negli ospedali per acuti sono sempre carenti;

   ad oggi il divario tra le regioni è ancora consistente. Le regioni del Sud chiedono da tempo risposte immediate per poter offrire un miglior servizio negli hospice e con l'assistenza domiciliare;

   il rapporto percentuale tra il numero di assistiti ricoverati in hospice durante l'anno 2018 ed i deceduti per tutte le cause nel triennio 2015-2017, mostra un valore in lieve aumento rispetto al 2014, passando dal 6 per cento al 7,15 per cento; alcune regioni si assestano intorno al valore nazionale anche doppiandolo (Valle d'Aosta, Lombardia), altre ne risultano gravemente al di sotto (Calabria, Campania). Similmente, è in crescita il valore del rapporto percentuale tra il numero di ricoverati in hospice con assistenza conclusa per decesso a causa di tumore ed il numero totale di deceduti a causa di tumore: il dato passa dal 10 per cento del 2014 al 13,15 per cento del 2017;

   preme sottolineare la discrasia evidente tra regione e regione. Dal valore minimo pari al 1,62 per cento della Calabria al valore massimo pari al 28,7 dell'Emilia-Romagna, indice di un marcato divario che separa le regioni del sud da quelle del nord;

   per raggiungere l'obiettivo prefissato dalla legge n. 38 del 2010 di ridurre i decessi in sede ospedaliera per tutelare la dignità della vita umana del malato terminale e assisterlo anche presso la propria abitazione, è necessario implementare le risorse economiche a disposizione degli hospice, spesso costretti a ricorrere ad elargizioni di privati o al mero spirito di sacrificio di quanti in esse prestano la loro opera, per potere tentare di compiere la loro mission;

   aumentare i posti a disposizione dell'utenza, vuol dire ridurre i tempi di attesa. Migliorare i servizi di assistenza domiciliare che gli stessi hospice offrono, vuol dire garantire la piena applicazione della legge –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di garantire la piena attuazione della legge n. 38 del 2010, in buona parte non ancora applicata dopo dieci anni dalla sua approvazione per ridurre gli evidenti squilibri territoriali relativamente ai posti negli hospice e all'assistenza domiciliare.
(2-00778) «Giannetta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LAPIA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il decreto cosiddetto «Cura Italia», n. 18 del 2020 convertito dalla legge n. 27 del 24 aprile del 2020, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 29 aprile 2020, all'articolo 2-bis, in merito alle misure straordinarie per l'assunzione degli specializzandi e per il conferimento di incarichi di lavoro autonomo a personale sanitario, dovute all'emergenza coronavirus, dispone quanto segue: «le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, fino al perdurare dello stato di emergenza [...] possono: a) procedere al reclutamento del personale delle professioni sanitarie [...] nonché di medici specializzandi, iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso delle scuole di specializzazione [...] conferendo incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, di durata non superiore ai sei mesi, prorogabili in ragione del perdurare dello stato di emergenza sino al 31 dicembre 2020»;

   al fine di assicurare l'assolvimento degli obblighi derivanti dalla scuola di specializzazione frequentata dal medico specializzando che decide di assumere l'incarico presso l'azienda o l'ente del servizio sanitario, e per non pregiudicare né il normale percorso formativo dello stesso né la possibilità di prestare servizio di lavoro in virtù dell'emergenza in atto, viene altresì disposto al medesimo articolo che «i medici specializzandi restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria e [...] il periodo di attività svolto esclusivamente durante lo stato di emergenza è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione [...] le università assicurano il recupero delle attività formative»;

   tuttavia, nella succitata norma, si aggiunge che «le assunzioni di cui alla presente lettera devono avvenire nell'ambito delle strutture accreditate della rete formativa e la relativa attività deve essere coerente con il progetto formativo deliberato dal consiglio della scuola di specializzazione»;

   è opportuno rammentare che le strutture sanitarie non accreditate alle reti formative, oltre a rappresentare sovente la maggior parte delle strutture sanitarie dislocate sull'intero territorio nazionale (in particolare nei piccoli centri, distanti dai principali poli formativi in ambito di specializzazione medica, dove viene garantito il principio di continuità assistenziale), svolgono un ruolo di fondamentale importanza anche nella gestione dell'emergenza sanitaria in atto;

   invero, molte strutture non accreditate alle reti formative, in queste settimane stanno offrendo supporto, ad esempio, per l'assistenza ai pazienti non-COVID provenienti da quelle strutture sanitarie dove si è avuta la riconversione di molti reparti in aree dedicate alla gestione dell'emergenza coronavirus;

   seppur l'interrogante sia consapevole che le premesse disposizioni operino in un quadro di assoluta emergenza, le regioni hanno più volte sottolineato la necessità di estendere il quadro normativo delle assunzioni dei medici specializzandi anche dalle aziende sanitarie le cui strutture operative non siano accreditate alle reti formative –:

   se non si ritenga opportuno, in ragione della pandemia da coronavirus in atto, dell'emergenza sanitaria deliberata il 31 gennaio 2020 dal Consiglio dei ministri e del carattere temporaneo della norma citata in premessa, adottare iniziative per estendere l'applicazione della stessa anche agli enti e alle strutture sanitarie non accreditate alla rete formativa, al fine di garantire un maggior supporto a quei presidi che sostengono la continuità assistenziale su tutto il territorio nazionale ed un ruolo di primaria importanza in questa delicata fase sanitaria.
(4-05537)


   SCHULLIAN. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020 è iniziata la seconda fase dell'emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da COVID-19 che prevede la graduale ripresa di molte attività produttive, accanto a quelle consentite già nella prima fase;

   dato il perdurante rischio di contagio, la continuazione o la ripresa delle attività lavorative determina, infatti, nuovi interrogativi legati all'applicazione della disciplina sulla sicurezza sul lavoro (decreto legislativo n. 81 del 2008), con particolare riferimento all'obbligo del datore di lavoro di effettuare la valutazione di tutti i rischi e di riportare l'esito nel documento di valutazione dei rischi (Dvr);

   si è evidenziata una diversità di opinioni e di indicazioni in merito all'eventuale obbligo in capo al datore di lavoro, in presenza di una possibile esposizione di lavoratori al contagio durante lo svolgimento dell'attività lavorativa, di aggiornare il Dvr oltre che di adottare appropriate misure di prevenzione;

   mentre si ritiene unanimemente che sia necessario procedere all'aggiornamento del Dvr nel settore dei servizi sanitari e negli altri settori elencati nell'allegato XLIV, dal momento che in essi si svolgono ordinariamente attività lavorative che «possono comportare la presenza di agenti biologici» (cosiddetto rischio biologico specifico), per quanto riguarda tutti gli altri settori le opinioni si dividono;

   si è inoltre posto il problema di come classificare il nuovo agente patogeno, che non sembra riconducibile con certezza alle specie di coronavirus (gruppo 2) già contemplate nell'elenco degli agenti patogeni classificati, riportato nell'allegato XLVI –:

   se i Ministri interrogati non ritengano urgente ed ineludibile adottare le iniziative di competenza per provvedere, mediante istruzioni per l'esercizio delle funzioni di vigilanza adottate dal comitato di cui all'articolo 5. a dare univoche risposte ai seguenti quesiti:

   a) se i datori di lavoro esercenti attività diverse da quelle elencate nell'allegato XLIV o a queste ultime assimilabili, oltre ad aver l'obbligo di adottare tutte le idonee misure preventive e protettive prescritte o comunque necessarie, siano anche obbligati ad aggiornare il Dvr con riferimento al rischio di contagio da COVID-19 durante l'attività lavorativa;

   b) se, qualora si ritenga doveroso procedere in tutti i casi all'aggiornamento della valutazione dei rischi, sia corretto assolvere all'obbligo mediante la redazione di specifici documenti di valutazione del rischio (come disposto, ad esempio, dal decreto del Presidente della regione Emilia-Romagna 24 marzo 2020, n. 48), in considerazione della presumibile transitorietà di tale rischio e considerando anche l'impatto che la valutazione di questo particolare rischio potrebbe avere sulla generale valutazione già effettuata;

   c) se, nei casi in cui le attività lavorative, pur non essendo riconducibili all'allegato XLIV, comportino l'incontro fisico continuo o frequente del lavoratore con numerose persone estranee all'organizzazione aziendale e non predeterminate, l'attività lavorativa si debba assimilare, per una fase transitoria fino al pieno ritorno alla normalità, alle attività menzionate all'articolo 271, comma 4, del decreto legislativo n. 81 del 2008 che espongono il lavoratore al rischio «da contagio accidentale aggravato», con conseguente applicazione del regime di prevenzione e protezione parzialmente più cautelativo ivi previsto, inclusa la possibilità di sorveglianza sanitaria;

   d) quale classificazione sia da applicare all'agente biologico COVID-19 in tutti i casi in cui l'aggiornamento del Dvr o la redazione di uno specifico documento di valutazione del rischio risultino obbligatori;

   e) se, indipendentemente dalla classificazione, considerata la potenziale gravità delle conseguenze del contagio da COVID-19, sia da applicare in via analogica, anche nei settori non industriali, la previsione dell'articolo 276, comma 2, del citato decreto legislativo n. 81 del 2008 ossia l'adozione di misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di contenimento;

   f) se il regime ivi previsto sia da applicare in tutti i settori o solo in quelli di cui al quesito riportato alla lettera c).
(4-05541)


   MARROCCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   gli ospedali Carlo Poma di Mantova e San Matteo di Pavia sono stati tra i primi centri autorizzati a portare avanti la sperimentazione con il plasma dei pazienti guariti per curare quelli ancora affetti dal COVID-19;

   tra Mantova e Pavia sono stati trattati circa 80 pazienti col plasma di guariti da COVID-19. La mortalità di questo protocollo finora è stata pari a zero;

   il primario del reparto Pneumologia dell'ospedale Carlo Poma di Mantova, il prof. Giuseppe De Donno, ha dichiarato: «a Mantova abbiamo creato una banca del plasma. Creando banche plasma in giro per l'Italia riusciremmo ad arginare un'eventuale seconda ondata»;

   sono sempre di più le regioni italiane che hanno avviato questa sperimentazione, per valutare l'efficacia e la sicurezza del trattamento con plasma iperimmune, raccolto da donatori residenti nella medesima area geografica dei pazienti affetti da coronavirus. Un'indagine epidemiologica per la ricerca di anticorpi anti-SARS-CoV-2 sui donatori sani del primo focolaio epidemico;

   come ha spiegato il presidente di Avis Nazionale, Gianpietro Briola, «il fatto che molte strutture si stiano attivando per avviare questa sperimentazione rappresenta un passo importante verso nuovi scenari di gestione della pandemia. Un qualcosa che è reso possibile grazie all'impegno e alla generosità di tutti i donatori italiani»;

   l'immunoterapia passiva, effettuata con l'impiego del plasma di pazienti guariti da COVID-19, potrebbe rappresentare un'opzione terapeutica promettente nel trattamento delle infezioni –:

   se non ritenga di adottare le iniziative di competenza per estendere a tutte le regioni la sperimentazione con il plasma dei pazienti guariti per curare quelli ancora affetti dal COVID-19, già avviata in diversi ospedali del nostro Paese.
(4-05553)


   GRILLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   se si considera l'anzianità epidemica, l'Italia è uno dei Paesi che ha meno tamponi al giorno per abitante e l'analisi dei dati fornisce una forte evidenza a favore dell'ipotesi di un nesso inverso fra propensione a ricorrere ai tamponi e tasso di mortalità;

   la Protezione civile ha distribuito 3,637 milioni di tamponi alle regioni a fronte di un numero di eseguiti pari a 2,246 milioni (dato al 05 maggio 2020);

   in un recente appello Andrea Crisanti, Luca Ricolfi, Giuseppe Valditara, affermano che procedere con una campagna di tamponi di massa è l'unico modo per tutelare la salute dei cittadini;

   l'appello redatto in 11 punti riporta che:

    «Gli studi epidemiologici collegano ormai una efficace strategia di contenimento del virus ad una campagna di tamponi di massa (...)»;

    «Macchinari di ultima generazione arrivano a processare 10.000 tamponi al giorno»;

    «Senza una politica di tamponi di massa si avranno più morti, più danni alla salute, maggiori rischi di nuovi lockdown con conseguenze catastrofiche per la nostra economia»;

   il rapporto sull'Italia pubblicato il 5 maggio 2020 «Report 20: Uso della mobilità per stimare l'intensità di trasmissione di COVID-19 in Italia: analisi a livello regionale e scenari futuri» – redatto da Imperial College London, University of Oxford ed altri – suggerisce che: «sia la trasmissione di SARS-CoV-2, che la mobilità devono essere monitorate attentamente nelle settimane e nei mesi a venire. Per compensare l'aumento di mobilità che si verificherà con il rilassamento degli interventi non-farmaceutici attualmente in vigore, l'adesione alle misure di distanziamento sociale raccomandate insieme ad una sorveglianza intensificata della trasmissione nella comunità con tamponi, il tracciamento dei contatti e l'isolamento tempestivo degli infetti sono di fondamentale importanza per ridurre il rischio di ripresa della trasmissione», valorizzando il modello testing-tracing-treatment;

   nella nota ministeriale del 29 aprile 2020 avente ad oggetto «Indicazioni operative relative alle attività del medico competente nel contesto delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del virus SAR-CoV-2 negli ambienti di lavoro e nella collettività», si legge: «i test sierologici, secondo le indicazioni dell'OMS, non possono sostituire il test diagnostico molecolare su tampone, tuttavia possono fornire dati epidemiologici riguardo la circolazione virale nella popolazione anche lavorativa. Circa l'utilizzo dei test sierologici nell'ambito della sorveglianza sanitaria per l'espressione del giudizio di idoneità, allo stato attuale, quelli disponibili non sono caratterizzati da una sufficiente validità per tale finalità. In ragione di ciò, allo stato, non emergono indicazioni al loro utilizzo per finalità sia diagnostiche che prognostiche nei contesti occupazionali, né tantomeno per determinare l'idoneità del singolo lavoratore» –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare le iniziative di competenza per implementare nel più breve tempo possibile una campagna di screening mediante l'uso di tamponi di massa aumentando il numero dei tamponi effettuati dalle singole regioni, per identificare i soggetti positivi e permettete l'immediato tracciamento dei contatti ed il pronto isolamento dei potenziali contagiati e adottando come necessario, una pronta risposta sistemica;

   se non intenda farlo, quali siano i motivi e le evidenze scientifiche a sostegno di tale decisione;

   se esistano test sierologici validati e riconosciuti dal Ministero della salute, quali siano le basi scientifiche e pratiche secondo cui la sierologia, allo stato attuale delle conoscenze, possa essere ritenuta strategia sostitutiva;

   se, rispetto alla nota ministeriale del 29 aprile 2020 siano stati validati e riconosciuti test sierologici dal Ministero della salute ed, in tal caso, dove sia possibile consultare la lista dei test sierologici validati;

   se sia prevista una campagna di screening per coloro che prossimamente varcheranno le frontiere italiane.
(4-05554)


   LAPIA, D'ARRANDO e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 17 marzo 2020, nell'ospedale «San Francesco» di Nuoro è stato istituito il primo reparto d'emergenza COVID-19 della regione Sardegna, dotato di 42 posti letto;

   nelle settimane successive, con l'evolversi della pandemia da Coronavirus, all'interno del suddetto reparto COVID-19 è stata altresì creata un'ulteriore area (formalmente mai istituita dalla direzione dell'Assl di Nuoro, come ad esempio avvenuto per l'Azienda ospedaliera universitaria di Sassari) dedicata ai pazienti «sospetti-Covid»;

   all'interno del presidio ospedaliero «San Francesco» di Nuoro è presente, tra gli altri reparti, anche quello di oncologia dove – durante l'emergenza sanitaria in atto – sono state eseguite visite di follow-up ai pazienti oncologici (in seguito, tra l'altro, sospese) e vengono erogate fino a 50 terapie anti-blastiche al giorno per i casi ritenuti urgenti e non differibili;

   in più di un'occasione, la direzione sanitaria aveva assicurato ai pazienti in cura presso il suddetto reparto di oncologia che il reparto COVID-19 sarebbe stato blindato dal resto dell'ospedale, sia in termini di spazi dedicati (con ingressi ed uscite separati dalle altre aree della struttura), sia in termini di turnazione dei medici specialisti nei diversi reparti;

   ciò avrebbe dunque offerto la massima tutela per i pazienti oncologici i quali, com'è noto, a causa delle terapie cui si sottopongono, spesso si ritrovano in uno stato patologico di immunodepressione, risultando dunque maggiormente esposti ad eventuali infezioni virali rispetto ad altre tipologie di pazienti;

   nonostante ciò, il 23 aprile 2020 con ordine di servizio n. 18360, la direzione dell'Assl di Nuoro – a causa della carenza di organico presso la struttura – ha disposto la turnazione degli specialisti del reparto di oncologia, ematologia, medicina, neurologia e cardiologia, con i colleghi in servizio presso l'area sospetti-Covid;

   l'improvvisa ed inaspettata decisione dell'Assl di Nuoro sta generando almeno tre gravissime conseguenze:

    la prima è che presso il reparto di oncologia, dove risulta già difficile garantire (in situazioni ordinarie) la copertura dei turni di servizio a causa della carenza di organico, si rischierebbe un drastico rallentamento delle erogazioni delle terapie anti-blastiche;

    la seconda conseguenza è che gli specialisti oncologi (che a turno opereranno anche nel reparto sospetti-Covid) potrebbero divenire veicolo di contagio del virus, mettendo a serio rischio la salute dei pazienti in cura presso il reparto di oncologia;

    la terza conseguenza, non meno grave, è lo stato di forte preoccupazione dei pazienti oncologici (e delle associazioni nate a loro tutela), i quali minacciano in queste ore di non recarsi più presso il reparto e di rinunciare alle vitali cure anti-tumorali;

   è il caso di evidenziare che la scelta della direzione sanitaria dell'Assl di Nuoro risulta essere una decisione, a giudizio dell'interrogante, avventata, del tutto inopportuna durante una grave pandemia, e che tiene in considerazione solamente l'aspetto organizzativo dell'ospedale nuorese, tralasciando di fatto la tutela della salute dei pazienti e del personale sanitario;

   va rammentato che il rapporto tra i pazienti oncologici ed i loro medici non è fatto solo di interventi chirurgici e terapie, ma di un serio e costante supporto al malato: il tutto, in questo complicato momento, si aggrava già di per sé a causa di una serie di protocolli specifici come il pre-triage, il distanziamento sociale obbligatorio ed il rinvio di molte sedute di terapia, che hanno fortemente dilatato i tempi di attesa da parte dei pazienti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;

   se le decisioni di cui in premessa, assunte dall'Assl di Nuoro, risultino coerenti con le raccomandazioni emanate dal Ministero in data 10 marzo e relative alla gestione dei pazienti oncologici ed onco-ematologici durante l'emergenza sanitaria da diffusione di COVID-19;

   se il Ministro interrogato non intenda valutare, in raccordo con le regioni, l'adozione di indirizzi idonei ad assicurare l'assistenza e le cure più complete ai pazienti oncologici, pur nell'attuale contesto.
(4-05560)


   SERRACCHIANI. — Al Ministro della salute, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   in data 19 aprile 2020, la regione Autonoma Friuli Venezia Giulia ha annunciato la volontà di allestire nel porto di Trieste una nave-ospedale in cui trasferire gli anziani delle case di riposo cittadine positivi al COVID-19. Nella città di Trieste un positivo su tre proviene proprio dalle case di riposo e complessivamente sono 24 le strutture colpite su 94 e 180 operatori contagiati (ulteriori 150 della sanità pubblica). Come confermato dall'assessore regionale alla Salute nel Consiglio regionale del 29 aprile 2020, sono 320 gli ospiti contagiati (56 deceduti) su 3.821 ospiti;

   la nave GNV Allegra (Gruppo MSC) e attualmente a Napoli, secondo cronoprogramma ASUGI, avrebbe dovuto attraccare oggi (4 maggio 2020), procedere con trasferimento di una cinquantina di pazienti ed entrare a pieno regime dal 3 giugno 2020 con 166 posti letto, ma sembrerebbe non esservi ancora l'autorizzazione a raggiungere Trieste;

   il costo mensile per allestimento, gestione e affitto della nave ammonterebbe a 1,2 milioni di euro (700.000 euro noleggio, 500.000 euro per gestione sanitaria) che la regione FVG chiede sia sostenuto dal Dipartimento nazionale della Protezione civile;

   ad aggiudicarsi la gara d'appalto per la gestione dei primi 6 mesi (prorogabili di ulteriori 6) è stata la cooperativa sociosanitaria «Arkesis» – con comunicazione di data 28 aprile 2020 come dichiarato a mezzo stampa dal Presidente della Cooperativa – che già fornisce servizio di trasporto e soccorso all'ASUFC. Saranno impiegati circa 140 operatori: una quarantina di infermieri e un centinaio di operatori sociosanitari (nel numero totale sarebbero compresi anche i fisioterapisti);

   già in data 17 aprile 2020 – prima della notizia dell'arrivo della nave e comunque molto prima della comunicazione di aggiudicazione dell'appalto – la Cooperativa Arkesis avrebbe pubblicato sul proprio sito (e sulla pagina FB il 20.04.2020) l'annuncio di reclutamento urgente di personale infermieristico o personale OSS da impiegare a Trieste per due mesi. Inoltre, da un articolo apparso su un blog locale, sembrerebbe che la menzionata Cooperativa sociosanitaria sarebbe stata oggetto di indagini (tra 2008 e 2011) da parte dei NAS di Treviso su possibili danni erariali nei confronti di 6 aziende sanitarie del Veneto;

   a Trieste la situazione nelle case riposo risulta quanto mai grave e, a parere dell'interrogante dall'inizio della pandemia si sarebbe dovuto intervenire in modo più appropriato per contenere il dilagare dei contagi, secondo le indicazioni ministeriali risalenti già al 23 marzo 2020, laddove la regione Friuli Venezia Giulia avrebbe ritardato l'applicazione delle misure appropriate di contenimento, sottovalutando la fragilità intrinseca di queste strutture e ignorando gli appelli dei soggetti che la segnalavano e rappresentavano la necessità di effettuare immediati tamponi;

   le navi sono state i principali focolai all'esordio della pandemia da COVID-19 e sorgono dubbi sul fatto che la nave sia l'unica soluzione praticabile per ottenere il risultato della separazione dei contagiati dai sani, a meno che in effetti il ritardo nell'adozione di altre e più tempestive misure non ponga la regione nella condizione di essersi privata di alternative, quali convenzioni con alberghi o ristrutturazione di spazi preesistenti, come avvenuto in altre regioni non bagnate dal mare –:

   se i Ministri interrogati abbiano ricevuto dalla regione FVG tutte le informazioni utili ad approfondire e valutare la congruità tecnica, economica e ovviamente sanitaria del progetto «nave-lazzaretto» e in caso positivo se non si intendano rendere noti tutti gli aspetti tecnici ed economici forniti, inclusi i soggetti tecnico-scientifici estensori;

   se i Ministri interrogati, alla luce degli eventuali approfondimenti già condotti dai propri uffici, ritengano coerente e giustificata rispetto al quadro di misure e di indirizzi adottati dal Governo la scelta di allestire una nave per contagiati, in particolare in relazione al DPCM del 9 marzo che ha bloccato spostamenti e assembramenti.
(4-05561)


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con sempre maggior frequenza appaiono notizie che riferiscono come da parte di Stati stranieri si stanno acquisendo elementi che comproverebbero come la diffusione del virus COVID-19 sia correlata ad esperimenti condotti in un laboratorio di Wuhan sfuggiti al controllo;

   anche illustri scienziati avevano denunciato come il COVID-19 potesse essere il risultato di una manipolazione avvenuta in laboratorio;

   tale ipotesi era stata bollata come una fake news da parte di una pluralità di soggetti che si erano prontamente schierati contro i movimenti politici come Fratelli d'Italia che avevano chiesto semplicemente approfondimenti rispetto a questa ipotesi;

   un Governo realmente interessato alla difesa degli interessi degli italiani dovrebbe verificare l'effettiva fondatezza di questa ipotesi, al fine di eventualmente procedere, nelle sedi competenti e nelle dovute forme, a richiedere i danni causati da responsabilità direttamente ricollegabili alla condotta tenute da soggetti terzi, nella fattispecie dalla Repubblica Popolare Cinese –:

   se il Governo stia conducendo, per quanto di competenza, autonome verifiche sull'ipotesi di responsabilità dirette da parte della Repubblica Popolare Cinese sulla diffusione del virus a seguito di esperimenti di laboratorio non adeguatamente controllati;

   se il Governo intenda procedere, nel caso tali ipotesi trovassero conferma, a richiedere il risarcimento dei danni alla Repubblica popolare cinese.
(4-05569)


   PEZZOPANE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nonostante le parole profuse, fino ad oggi le organizzazioni sindacali di categorie dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta non sono state coinvolte dagli organi della regione Abruzzo nella gestione dell'epidemia da COVID-19;

   infatti, le organizzazioni sindacali dei medici del territorio non sono state coinvolte, se non per la presentazione di un documento nei processi decisionali che hanno portato alla redazione dell'ordinanza n. 53 del 3 maggio 2020, ma non hanno partecipato a nessun confronto diretto sul tema; i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta hanno sempre richiesto un provvedimento che facesse chiarezza sulle competenze di ciascun operatore sanitario, sulle modalità e sulle tempistiche della richiesta di un tampone, sulle modalità e sulle tempistiche del prelievo di un campione nonché sulle tempistiche della comunicazione del risultato del tampone;

   tali auspici sono caduti nel vuoto e l'ordinanza n. 53 non accoglie il parere favorevole della medicina convenzionata, visto che non disciplina nessuna richiesta avanzata da tale categoria, ma lascia la regolamentazione della materia a ciascuna Asl o meglio alle singole Ucat, con il risultato di ottenere un procedimento diverso per ogni singolo distretto;

   inoltre, i medici lamentano che, con l'ordinanza n. 53, si elencano una serie di compiti senza specificare chi debba essere il soggetto attuatore e non si disciplina la sicurezza dei medici convenzionati e del personale dei loro studi; infatti, niente si dice sulla fornitura di Dpi o sui tamponi, non si specifica quale terapia farmacologica i medici sono tenuti a prescrivere facendo riferimento solo a non ben precisate «disposizioni nazionali e regionali», salvo poi lasciare intuire che la regione Abruzzo non intenda riconoscere a tali medici la possibilità di prescrivere farmaci anti-Covid;

   infine, si chiede ai medici convenzionati di emettere certificati di guarigione ad avviso dell'interrogante in violazione alla normativa che regolamenta i certificati di malattia né essi possono essere chiamati a svolgere compiti di Siesp per il semplice fatto che per legge i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta non svolgono il ruolo di autorità sanitaria pubblica;

   come è risultato evidente fino ad ora, l'epidemia non può essere gestita solo a livello ospedaliero, ma necessita un coinvolgimento diretto della sanità territoriale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'ordinanza della regione Abruzzo n. 53 del 3 maggio 2020 e non ritenga doveroso, per quanto di sua competenza, adottare iniziative affinché sia dato un ruolo centrale anche alla medicina territoriale nella gestione dell'emergenza, specialmente ora che si è avviata la Fase II e che si necessita di un modello integrato di assistenza sanitaria tra ospedale e territorio con l'obiettivo di poter così intervenire rapidamente non solo nel caso di nuovi focolai ma anche per una rapida presa in carico del paziente.
(4-05572)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANGIOLA, VIZZINI e NITTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dello sviluppo economico ha confermato la finestra temporale compresa tra il 4 e il 30 maggio 2020 per effettuare il rilascio anticipato obbligatorio dei canali 50-53 Uhf (tra i quali sono compresi i canali 51 e 53 Uhf utilizzati dalle tv locali), nella cosiddetta «area ristretta A» comprendente, per quanto riguarda le tv locali, le regioni Liguria, Toscana e Lazio;

   il Ministero dello sviluppo economico ha inoltre confermato, con un avviso pubblico del 30 aprile 2020, la suddetta finestra temporale per effettuare l'eventuale rilascio volontario anticipato delle frequenze televisive locali sull'intero territorio nazionale;

   il rilascio obbligatorio, sia il rilascio volontario sono prodromici alla dismissione della banda 700 per le trasmissioni televisive, prevista a partire dal settembre 2021, e per il passaggio alla nuova tecnologia trasmissiva Dvbt-2, prevista per il luglio 2022;

   ad oggi, tuttavia, non è stato ancora emanato il decreto per stabilire la misura degli indennizzi per tali rilasci, previsto dalla legge di bilancio 2018 come modificata dalla legge di bilancio 2019;

   moltissime sono le proteste al riguardo, in quanto le imprese televisive locali considerano inaccettabile l'ipotesi di rilasciare frequenze senza preventivamente sapere: quali siano le esatte procedure di dismissione; quale sia l'importo degli indennizzi; quale sia l'iter per il pagamento degli indennizzi e quali siano i relativi tempi di pagamento;

   al riguardo si fa notare come un'eventuale dismissione delle frequenze prima del settembre 2021 possa essere realizzata solo laddove le imprese televisive locali interessate abbiano completa preventiva conoscenza delle regole del procedimento di dismissione;

   è questo il motivo per cui da più parti si auspica che il Ministero riesamini al più presto la problematica ed emani al più presto il «decreto indennizzi» differendo ai 60 giorni successivi all'emanazione di tale decreto la finestra temporale per la dismissione (sia obbligatoria che volontaria) delle frequenze;

   inoltre, anche qualora il decreto indennizzi venisse emanato prima del 30 maggio 2020 sarebbe comunque necessario il suddetto differimento, al fine di permettere agli operatori di organizzare al meglio l'eventuale dismissione e di trasferire la propria programmazione su altre reti trasmissive comunicando tempestivamente all'utenza l'esigenza di risintonizzare gli apparecchi televisivi per proseguire nella ricezione del segnale sulle nuove frequenze che verranno utilizzate –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di adottare le iniziative di competenza per procedere, prima del rilascio delle frequenze, alla chiara specificazione delle regole del procedimento di dismissione, per non aggravare ulteriormente le difficoltà che il settore sta attraversando.
(4-05538)


   MORELLI, CAPITANIO, CECCHETTI, DONINA, GIACOMETTI, MACCANTI, RIXI, TOMBOLATO, ZORDAN e BIANCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data 30 aprile 2020, il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato un avviso pubblico relativo alla facoltà da parte dei soggetti che detengono una frequenza per la trasmissione radiotelevisiva in ambito locale di rilasciare anticipatamente la propria frequenza, rispetto al calendario stabilito dal decreto ministeriale 19 giugno 2019. Il rilascio anticipato, come previsto dall'articolo 1, comma 1039, della legge n. 205 del 2017, prevede il riconoscimento di un indennizzo;

   il Ministro dello sviluppo economico ha confermato la finestra temporale compresa tra il 4 e il 30 maggio 2020, per effettuare il rilascio anticipato obbligatorio dei canali 50-53 Uhf (tra i quali sono compresi i canali 51 e 53 Uhf utilizzati dalle tv locali), nella cosiddetta «area ristretta A» comprendente, per quanto riguarda le tv locali, le regioni Liguria, Toscana e Lazio;

   tale facoltà potrà essere esercitata esclusivamente nella fase temporale compresa tra il 4 e il 30 maggio 2020, in base a quanto disposto dall'articolo 4, comma 9 del decreto ministeriale 19 giugno 2019 e dall'articolo 1, comma 3 della determina direttoriale del 28 novembre 2019;

   sia il rilascio obbligatorio, sia il rilascio volontario sono prodromici alla dismissione della banda 700 per le trasmissioni televisive, prevista a partire dal settembre 2021, e per il passaggio alla nuova tecnologia trasmissiva Dvbt-2, prevista per il luglio 2022. Ad oggi, tuttavia, non è stato ancora emanato il decreto per stabilire la misura degli indennizzi per tali rilasci, previsto dalla legge di bilancio 2018, come modificata dalla legge di bilancio 2019;

   a tutti i soggetti che rilasceranno anticipatamente le frequenze è riconosciuto un indennizzo ai sensi dell'articolo 1, comma 1039, lettera b) della legge n. 205 del 2017, da erogarsi nel più breve tempo possibile successivamente all'emanazione del decreto interministeriale di cui all'articolo 1, comma 1040, della stessa legge, che definirà le modalità operative e le procedure per l'erogazione degli indennizzi;

   a parere degli interroganti risulta incomprensibile il motivo di tale ritardo, infatti il fondo è stato stanziato oltre due anni e mezzo fa e la procedura è consolidata dalle precedenti «rottamazioni» per il rilascio della banda a 800 MHz;

   è del tutto evidente che per le imprese televisive locali è del tutto inaccettabile rilasciare frequenze di trasmissione senza preventivamente sapere quali siano le esatte procedure di dismissione; quale sia l'importo degli indennizzi; quale sia l'iter per il pagamento degli indennizzi e quali siano i relativi tempi per tale pagamento –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di riesaminare al più presto la problematica ed emanare al più presto il decreto indennizzi, differendo ai sessanta giorni successivi all'emanazione di tale decreto la finestra temporale per la dismissione (sia obbligatoria che volontaria) delle frequenze.
(4-05545)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SURIANO e NESCI. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   a luglio 2019 l'Ateneo di Catania è stato protagonista dell'inchiesta «Università Bandita» ed in seguito agli scandali sono seguite le dimissioni del rettore Francesco Basile;

   il 26 agosto 2019 sono avvenute le nuove elezioni per eleggere il nuovo rettore dell'università di Catania per il sessennio 2019-25 e a settembre è stato nominato nuovo rettore il professor Francesco Priolo;

   in data 20 dicembre 2019 il consiglio di amministrazione dell'università di Catania ha nominato il professore Giovanni La Via quale direttore generale, la cui nomina sembra in contrasto con l'articolo 53, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001 e con l'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge n. 240 del 30 dicembre 2010, tanto che la prima firmataria del presente atto ha presentato un'interrogazione;

   in data 31 luglio 2018 l'Università di Catania aveva pubblicato un bando ad oggetto «Decreto n. 2488 del 27 giugno 2018 – Procedura di selezione per la chiamata di n. 1 (uno) posto di professore di I fascia, ai sensi dell'articolo 18, comma 4, della legge n. 240 del 2010»; i dipartimenti interessati erano il «Dipartimento di economia e impresa» e il «Dipartimento di scienze umanistiche» per un posto di ordinario di diritto romano per il corso di laurea magistrale in filologia classica, che non prevedono un qualsiasi riferimento al diritto romano e al settore scientifico-disciplinare IUS/18-diritto romano e diritti dell'antichità; in ogni caso semmai avessero voluto sperimentare, avrebbero potuto avvalersi della collaborazione di ben otto docenti di diritto romano già di ruolo presso l'ateneo catanese, caso che fu attenzionato dalla prima firmataria del presente atto, vista la palese anomalia;

   in data 24 aprile 2020 si apprende dalla testata online Sudpress che nella stessa giornata si sarebbe svolta una riunione di consiglio del dipartimento di giurisprudenza, in modalità telematica, per l'assunzione di due docenti di natura economico-finanziaria; in particolare, per il settore «economia aziendale 13/B1» si è deciso di chiamare dall'esterno un professore ordinario, nonostante ce ne siano già sette e per il settore «scienza delle finanze 13/A3» ce ne siano già sei, di cui quattro ordinari;

   non si è a conoscenza se sia stato fatto un atto di interpello, né se i docenti già pagati abbiano esaurito il monte ore. Si sa però che l'Ateneo catanese è in forte sofferenza ed è stato già agli onori della cronaca per l'inchiesta «Università bandita» e per la «strana» assunzione del professore Licandro nel 2018 –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere anche tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica e l'Ispettorato per la funzione pubblica, in relazione alle due assunzioni a chiamata, che, tra l'altro, gravano sulle già sofferenti casse dell'Ateneo.
(5-03931)

Interrogazione a risposta scritta:


   TUZI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   l'Università degli Studi Roma «Tor Vergata» con decreto rettorale n. 1273 del 24 maggio 2019 Gazzetta Ufficiale n. 46 dell'11 giugno 2019 (scadenza 11 luglio 2019) bandiva la selezione pubblica per un posto da ricercatore lettera b) settore concorsuale 11/C2, settore scientifico M-FIL/02 (Rif. 1467);

   in data 25 ottobre 2019 la medesima università provvedeva a pubblicare l'elenco dei sei candidati ammessi alla discussione orale, che fissava in data 15 novembre 2019;

   il giorno 12 novembre 2019 era comunicata la sospensione medio tempore dei lavori della commissione a causa delle dimissioni di un componente;

   in seguito alla proroga ministeriale, il 2 dicembre 2019 era pubblicato il decreto rettorale per la nomina di un nuovo componente della commissione, in sostituzione di quello dimissionario;

   l'11 febbraio 2020 era pubblicato un nuovo decreto rettorale che prevedeva una ulteriore proroga della commissione al 15 giugno 2020;

   in data 20 febbraio 2020 era comunicata la data della prova orale, nello specifico 12 marzo 2020;

   in data 6 marzo 2020 era preannunciato lo slittamento della discussione (causa emergenza COVID-19);

   in data 11 marzo 2020 si procedeva alla comunicazione del rinvio della stessa al 26 marzo 2020 (data resa pubblica solo il 19 marzo 2020), con palese violazione del termine stabilito dall'articolo 6, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994;

   il colloquio dei candidati si è svolto in data 26 marzo tramite la piattaforma Skype, in modo solo parzialmente pubblico, alla presenza dei soli candidati;

   il 30 aprile 2020 scadevano i termini di proroga ministeriale per la presa di servizio del ricercatore e ad oggi, a quanto risulta all'interrogante, non sono ancora stati pubblicati i risultati;

   il concorso, a partire da ottobre 2019, è finito nell'occhio del ciclone dell'Osservatorio indipendente dei concorsi universitari (Oicu) che ha reso pubbliche, tramite i suoi canali web e, successivamente, tramite una intervista rilasciata a dicembre 2019 al giornale Repubblica, le anomalie del bando profilato –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e se intenda avviare, per quanto di competenza, le opportune verifiche in merito alla regolarità della procedura di selezione pubblica in argomento, vigilando sul rispetto dei principi di trasparenza obiettività e imparzialità, senza escludere l'opportunità di declinare la concessione di ulteriori proroghe per l'espletamento della procedura medesima, revocando altresì il finanziamento concesso nel «piano straordinario 2019» per il reclutamento dei ricercatori di tipo b) di cui al decreto ministeriale n. 204 dell'8 marzo 2019.
(4-05563)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Frassineti e Mollicone n. 7-00462, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Bucalo.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta orale Dara e altri n. 3-01509, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Latini, Giglio Vigna.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Butti e Osnato n. 5-03890, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Delmastro Delle Vedove.

  L'interrogazione a risposta scritta Sabrina De Carlo n. 4-05527, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 maggio 2020, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Sarli.