Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 27 maggio 2020

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 27 maggio 2020.

  Amitrano, Ascani, Ascari, Azzolina, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cancelleri, Carbonaro, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Covolo, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fantuz, Fassino, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Mammì, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Parolo, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Tomasi, Trano, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Amitrano, Ascani, Ascari, Azzolina, Benvenuto, Boccia, Bonafede, Claudio Borghi, Boschi, Brescia, Buffagni, Businarolo, Cancelleri, Carbonaro, Carfagna, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Covolo, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Micheli, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fantuz, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgis, Grande, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Mammì, Mauri, Molinari, Morani, Morassut, Morelli, Orrico, Parolo, Pastorino, Rampelli, Rizzo, Rosato, Ruocco, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Spadoni, Speranza, Tasso, Tofalo, Tomasi, Trano, Traversi, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 26 maggio 2020 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   COSTA: «Modifica all'articolo 315 del codice di procedura penale, in materia di trasmissione del provvedimento che accoglie la domanda di riparazione per ingiusta detenzione, ai fini della valutazione disciplinare dei magistrati» (2514);
   RAFFA: «Modifica all'articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di deducibilità delle spese di formazione sostenute dai lavoratori marittimi» (2515).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 25 maggio 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di CONSIP Spa, per l'esercizio 2018, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 280).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione di delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica, in data 26 maggio 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le seguenti delibere CIPE, che sono trasmesse alle sottoindicate Commissioni:
   n. 5/2020 del 17 marzo 2020, concernente «Modifica del programma operativo complementare “Legalità” 2014-2020 (delibera CIPE n. 6 del 2017)» – alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio);
   n. 8/2020 del 17 marzo 2020, concernente «Fondo sviluppo e coesione 2014-2020. Piano operativo “Cultura e Turismo” – Riduzione di risorse» – alla V Commissione (Bilancio), alla VII Commissione (Cultura) e alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 26 maggio 2020, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2019/1838 per quanto riguarda determinate possibilità di pesca, per il 2020, nel Mar Baltico e il regolamento (UE) 2020/123 per quanto riguarda determinate possibilità di pesca, per il 2020, nelle acque dell'Unione e in acque non dell'Unione (COM(2020) 205 final), corredata dai relativi allegati (COM(2020) 205 final – Annexes 1 to 2), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 26 maggio 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con le predette comunicazioni, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione europea in seno al Forum mondiale per l'armonizzazione dei regolamenti sui veicoli della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite per quanto riguarda le proposte di modifica dei regolamenti UNECE n. 13, 14, 16, 22, 30, 41, 78, 79, 83, 94, 95, 101, 108, 109, 117, 129, 137, 138, 140 e 152, le proposte di modifica dei regolamenti tecnici mondiali n. 3, 6, 7, 16 e 19, la proposta di modifica della risoluzione consolidata R.E.3. e le proposte di cinque nuovi regolamenti UNECE concernenti la sicurezza, le emissioni e l'automazione nel settore dei veicoli a motore (COM(2020) 216 final);
   Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2020 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2020 dell'Italia (COM(2020) 512 final).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 8 APRILE 2020, N. 23, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA DI ACCESSO AL CREDITO E DI ADEMPIMENTI FISCALI PER LE IMPRESE, DI POTERI SPECIALI NEI SETTORI STRATEGICI, NONCHÉ INTERVENTI IN MATERIA DI SALUTE E LAVORO, DI PROROGA DI TERMINI AMMINISTRATIVI E PROCESSUALI (A.C. 2461-A/R)

A.C. 2461-A/R – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    i dati sconfessano, ad avviso dei firmatari del presente atto, l'iniezione di liquidità che il provvedimento in esame avrebbe dovuto dare al sistema economico-produttivo italiano;
    la troppa burocrazia e le complesse procedure per richiedere il finanziamento, la certezza di un nuovo indebitamento per gli imprenditori a fronte di una incerta ripresa economica, e quindi di fatturato, la certezza altresì di nuove e ingenti spese da sostenere nella fase 2 della riapertura a fronte di una immutata spesa dei costi di gestione, sono fattori che ad oggi hanno impedito a 3 imprese su 4 di accedere al finanziamento;
    il Consiglio nazionale del commercialisti ha invocato ulteriori riflessioni per quanto riguarda i versamenti e gli adempimenti tributari, con l'assoluta necessità di sospendere ulteriormente i termini di scadenza, perlomeno fino all'autunno prossimo, e che riguardi, oltre che le ritenute, anche i contributi previdenziali, i premi assicurativi e l'Iva da versare in autoliquidazione, prevedendo forme di pagamento rateali più lunghe;
    proprio con riguardo ai professionisti, fa specie la differenza compiuta dal Ministro dell'economia e delle finanze rispetto all'impresa, dichiarando che «i professionisti sono persone e beneficiano delle indennità di 600 euro, quindi non hanno diritto ai contributi a fondo perduto delle imprese»;
    già sono esclusi dall'accesso alla garanzia di cui all'articolo 1 del provvedimento gli studi associati e i liberi professionisti che esercitano l'attività in forma individuale, l'ulteriore esclusione di ben 2 milioni di liberi professionisti dai contributi a fondo perduto per le imprese previste nell'altro provvedimento economico sembra una irrazionale presa di posizione;
    gli studi professionali, si ricorda, rappresentano un settore che occupa 900 mila lavoratori tra dipendenti e collaboratori e muove un volume di affari di circa 210 miliardi di euro annui; rappresentano indubbiamente un motore del nostro tessuto economico che, per effetto delle misure restrittive per contenimento del contagio da COVID-19, hanno subito lo stesso arresto di attività e il medesimo calo di fatturato al pari di un imprenditore;
    la nozione di impresa, formulata nelle raccomandazioni della Commissione europea, si rammenta altresì, considera tale «ogni entità», a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un'attività economica,

impegna il Governo

a rivedere l'approccio nei riguardi dei liberi professionisti, riconoscendo loro l'importante contributo che apportano all'economia ed alla produttività del Paese e, di conseguenza, la medesima tipologia di intervento di sostegno previsto per le im- prese in termini di diritto ai contributi a fondo perduto.
9/2461-AR/1Cavandoli, Bitonci, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Ribolla.


   La Camera

impegna il Governo

a rivedere l'approccio nei riguardi dei liberi professionisti, riconoscendo loro l'importante contributo che apportano all'economia ed alla produttività del Paese e, di conseguenza, la medesima tipologia di intervento di sostegno previsto per le im- prese in termini di diritto ai contributi a fondo perduto.
9/2461-AR/1. (Testo modificato nel corso della seduta).  Cavandoli, Bitonci, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Ribolla.


   La Camera,
   premesso che:
    valutate la finalità che il provvedimento intende perseguire con le misure di accesso al credito, vale a dire quelle di dare una iniezione di liquidità alle nostre imprese, duramente colpite in termini economici dalle decisioni del lockdown per contenimento dell'epidemia da COVID-19;
    evidenziato che le pmi rappresentano circa l'80 per cento del tessuto produttivo italiano e che, a fronte di circa 4,3 milioni di imprese registrate dall'Istat, le richieste per operazioni di accesso al credito fino a 25.000 euro – ampliato a 30.00 euro nel corso dell'esame nelle Commissioni di merito – erano al 16 maggio scorso 184 mila euro;
    riconosciuto che le misure recate dal decreto in esame sono indubbiamente insufficienti a sostenere la ripresa economica-produttiva delle nostre imprese, in primis perché si tratta di indebitamento e non già di crediti a fondo perduto;
    ricordato che il Governo, con l'articolo 3 del decreto fiscale n. 129 del 2019, ha introdotto nuove norme contro le indebite compensazioni, prevedendo che la compensazione del credito d'imposta per importi superiori ai cinquemila euro sia possibile solo a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione;
    ritenuto che, in tale contesto di crisi del settore produttivo e di necessità per le imprese di liquidità reale a costo zero, la fruizione ritardata del credito d'imposta è oltremisura penalizzante,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sospendere, con successivi propri provvedimenti di natura economica, l'efficacia della disposizione di cui all'articolo 3 del decreto-legge fiscale n. 124 del 2019, richiamata in premessa, per tutto l'anno 2020.
9/2461-AR/2Gusmeroli, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 31, comma 2 del decreto-legge dell'8 aprile 2020, n. 23, si prevede il potenziamento delle strutture dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Agenzia), finanziando straordinariamente il fondo risorse decentrate;
    l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha attualmente un tasso di scopertura del fabbisogno di personale dirigenziale di seconda fascia pari a circa il 60 per cento e ciò richiede l'assegnazione ad interim, ad altri dirigenti, degli Uffici delle dogane e di quelli dei monopoli già impegnati nella conduzione dei propri uffici distanti a volte centinaia di chilometri fra loro;
    criticità sono quotidianamente rilevate nella gestione degli Uffici dell'Agenzia, aumentate a dismisura negli ultimi mesi a motivo degli aumentati controlli in capo all'Agenzia, derivanti sia dalle importazioni di materiale sanitario per il contrasto alla pandemia conseguente al COVID-19 sia per le incombenze derivanti dalla nomina dell'Agenzia di «soggetto attuatore» del Commissario Straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, ai sensi dell'ordinanza n. 1/2020, per evitare l'illecita esportazione o altra misura di illecita uscita dal territorio nazionale dei dispositivi di protezione individuali;
    appare evidente che l'attuazione di tutte queste complesse misure richiede la presenza, la potestà decisionale e l'assunzione delle relative responsabilità, in termini sia di coordinamento sia di gestione diretta, di un dirigente per ciascuno degli uffici doganali;
    l'Agenzia con nota n. 146312 del 16 dicembre 2011 ha bandito un concorso per dirigenti di seconda fascia a 69 posti, conclusosi nell'estate 2014 con una graduatoria di merito di 80 idonei resa dalla Commissione esaminatrice all'Agenzia. Dopo un complesso contenzioso amministrativo, il Consiglio di Stato ha disposto che l'Agenzia debba provvedere ad ultimare le procedure per la conclusione del concorso;
    dopo quasi un anno e mezzo dalla sentenza del Consiglio di Stato (febbraio 2019) l'Agenzia, nonostante le carenze e le criticità sopra evidenziate, non ha ancora concluso le citate procedure per l'assunzione dei dirigenti vincitori. Al contrario, l'attuale vertice dell'Agenzia paventerebbe immotivate ipotesi di annullamento in aperto contrasto col giudicato amministrativo, determinando, tra le altre cose, un incredibile spreco di risorse pubbliche, nonché gravi danni per i vincitori e per l'Amministrazione, la quale si vedrebbe privata di figure professionali di cui, invece, ha estrema necessità,

impegna il Governo:

   a disporre tutte le misure necessarie affinché l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli provveda con urgenza:
    alla conclusione delle procedure per la pubblicazione della graduatoria dei vincitori del concorso a 69 posti di dirigente bandito con nota n. 146312 del 16 dicembre 2011;
    alla successiva assunzione negli organici dell'Agenzia entro e non oltre il 30 ottobre 2020.
9/2461-AR/3Melilli, Ferri, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 31, comma 2 del decreto-legge dell'8 aprile 2020, n. 23, si prevede il potenziamento delle strutture dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (Agenzia), finanziando straordinariamente il fondo risorse decentrate;
    l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha attualmente un tasso di scopertura del fabbisogno di personale dirigenziale di seconda fascia pari a circa il 60 per cento e ciò richiede l'assegnazione ad interim, ad altri dirigenti, degli Uffici delle dogane e di quelli dei monopoli già impegnati nella conduzione dei propri uffici distanti a volte centinaia di chilometri fra loro;
    criticità sono quotidianamente rilevate nella gestione degli Uffici dell'Agenzia, aumentate a dismisura negli ultimi mesi a motivo degli aumentati controlli in capo all'Agenzia, derivanti sia dalle importazioni di materiale sanitario per il contrasto alla pandemia conseguente al COVID-19 sia per le incombenze derivanti dalla nomina dell'Agenzia di «soggetto attuatore» del Commissario Straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, ai sensi dell'ordinanza n. 1/2020, per evitare l'illecita esportazione o altra misura di illecita uscita dal territorio nazionale dei dispositivi di protezione individuali;
    appare evidente che l'attuazione di tutte queste complesse misure richiede la presenza, la potestà decisionale e l'assunzione delle relative responsabilità, in termini sia di coordinamento sia di gestione diretta, di un dirigente per ciascuno degli uffici doganali;
    l'Agenzia con nota n. 146312 del 16 dicembre 2011 ha bandito un concorso per dirigenti di seconda fascia a 69 posti, conclusosi nell'estate 2014 con una graduatoria di merito di 80 idonei resa dalla Commissione esaminatrice all'Agenzia. Dopo un complesso contenzioso amministrativo, il Consiglio di Stato ha disposto che l'Agenzia debba provvedere ad ultimare le procedure per la conclusione del concorso;
    dopo quasi un anno e mezzo dalla sentenza del Consiglio di Stato (febbraio 2019) l'Agenzia, nonostante le carenze e le criticità sopra evidenziate, non ha ancora concluso le citate procedure per l'assunzione dei dirigenti vincitori. Al contrario, l'attuale vertice dell'Agenzia paventerebbe immotivate ipotesi di annullamento in aperto contrasto col giudicato amministrativo, determinando, tra le altre cose, un incredibile spreco di risorse pubbliche, nonché gravi danni per i vincitori e per l'Amministrazione, la quale si vedrebbe privata di figure professionali di cui, invece, ha estrema necessità,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di disporre tutte le misure necessarie affinché l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli provveda con urgenza:
    alla conclusione delle procedure per la pubblicazione della graduatoria dei vincitori del concorso a 69 posti di dirigente bandito con nota n. 146312 del 16 dicembre 2011;
    alla successiva assunzione negli organici dell'Agenzia entro e non oltre il 30 ottobre 2020.
9/2461-AR/3. (Testo modificato nel corso della seduta)  Melilli, Ferri, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame interviene per far fronte alle crisi di liquidità delle imprese legate all'emergenza COVID-19 e prevede, contestualmente, la sospensione dei pagamenti di natura fiscale;
    in particolare, si tratta di misure operative a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti per favorire la ripartenza del sistema produttivo italiano, una volta superata l'emergenza sanitaria causata dal COVID-19;
    in tale particolare momento di difficoltà economica è necessario sostenere gli iscritti alla Casse di Previdenza che versino in particolari situazioni di difficoltà dettate dalla riduzione della capacità lavorativa per effetto dell'emergenza sanitaria;
    oltre le misure messe in campo dal Governo, al fine di agevolare la ripartenza, rivestono particolare importanza le politiche di rigenerazione urbana su tutto il territorio per le quali è fondamentale avere risorse e competenze adeguate;
    per portare capitali da investire sui territori, si ritiene che i principali investitori istituzionali debbano disporre delle risorse necessarie soprattutto laddove i progetti di investimento abbiano una prevalente finalità sociale (residenze per anziani e studentati), prevedano la riqualificazione del territorio o di incremento dell'offerta turistica nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire agli enti di previdenza obbligatoria di approvare misure di sostegno economico a favore di iscritti che versino in particolari situazioni di difficoltà dettate dalla riduzione della capacità lavorativa per effetto dell'emergenza sanitaria e di prevedere specifiche deroghe ai limiti di investimento dei medesimi enti e degli enti di previdenza complementare qualora gli stessi investano in strumenti finanziari per interventi immobiliari destinati a prevalente utilizzo sociale (residenze per anziani e studentati), di riqualificazione del territorio ed incrementativi dell'offerta turistica nazionale nonché per dare operatività, con una adeguata copertura finanziaria, a quanto previsto dalla normativa vigente per Fondazione Patrimonio comune – Anci al fine di alimentare l'azione di supporto agli enti locali per la rigenerazione immobiliare.
9/2461-AR/4Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame interviene per far fronte alle crisi di liquidità delle imprese legate all'emergenza COVID-19 e prevede, contestualmente, la sospensione dei pagamenti di natura fiscale;
    in particolare, si tratta di misure operative a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti per favorire la ripartenza del sistema produttivo italiano, una volta superata l'emergenza sanitaria causata dal COVID-19;
    in tale particolare momento di difficoltà economica è necessario sostenere gli iscritti alla Casse di Previdenza che versino in particolari situazioni di difficoltà dettate dalla riduzione della capacità lavorativa per effetto dell'emergenza sanitaria;
    oltre le misure messe in campo dal Governo, al fine di agevolare la ripartenza, rivestono particolare importanza le politiche di rigenerazione urbana su tutto il territorio per le quali è fondamentale avere risorse e competenze adeguate;
    per portare capitali da investire sui territori, si ritiene che i principali investitori istituzionali debbano disporre delle risorse necessarie soprattutto laddove i progetti di investimento abbiano una prevalente finalità sociale (residenze per anziani e studentati), prevedano la riqualificazione del territorio o di incremento dell'offerta turistica nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di consentire agli enti di previdenza obbligatoria di approvare misure di sostegno economico a favore di iscritti che versino in particolari situazioni di difficoltà dettate dalla riduzione della capacità lavorativa per effetto dell'emergenza sanitaria e di prevedere specifiche deroghe ai limiti di investimento dei medesimi enti e degli enti di previdenza complementare qualora gli stessi investano in strumenti finanziari per interventi immobiliari destinati a prevalente utilizzo sociale (residenze per anziani e studentati), di riqualificazione del territorio ed incrementativi dell'offerta turistica nazionale nonché per dare operatività, con una adeguata copertura finanziaria, a quanto previsto dalla normativa vigente per Fondazione Patrimonio comune – Anci al fine di alimentare l'azione di supporto agli enti locali per la rigenerazione immobiliare.
9/2461-AR/4. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bordo.


   La Camera,
   premesso che:
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE) riconosciute dallo Stato italiano sono 74, operanti in 53 Paesi del mondo;
    associano, su base volontaria, 20.000 imprese, sviluppando annualmente più di 300 mila contatti di affari;
    le CCIE sono connesse «a rete» in un sistema di promozione, radicato sui territori esteri, punto di riferimento per le comunità di affari italo-locali e un sostegno di servizio alle piccole e medie imprese italiane, particolarmente specializzate in attività di business scouting, di supporto a partnership produttive e imprenditoriali, di supporto capillare all'immagine del prodotto italiano nel mondo;
    per la loro struttura aggregativa bi-nazionale e la capillare presenza sui territori esteri le Camere sono dei punti di coagulo per le comunità imprenditoriali che vogliono sviluppare business con l'Italia e possono svolgere un ruolo essenziale, soprattutto nella situazione di particolare emergenza dovuta agli effetti della pandemia;
    nell'attuale fase, in cui è necessario mobilitare tutte le reti di promozione di cui dispone il nostro Paese, le Camere di commercio all'estero possono fornire un peculiare contributo nel sostenere l'azione delle imprese minori all'estero, l'affermazione delle nostre produzioni e la realizzazione di programmi per la diffusione dell'immagine del prodotto italiano nel mondo, integrate e complementari con quelle realizzate dagli altri soggetti di promozione, anche attraverso forme innovative di supporto digitale;
   considerato che lo Stato italiano contribuisce all'azione di servizio delle CCIE con uno stanziamento iscritto nel bilancio del Ministero dello sviluppo economico, per cofinanziare le iniziative promozionali rivolte alle imprese che, grazie alla capacità delle Camere di reperire ulteriori risorse sul mercato, hanno un impatto promozionale multiplo rispetto al valore dello stanziamento, aumentando significativamente l'ammontare dei servizi per l'estero;
    in sede di esame del disegno di legge recante: «Conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», il Governo ha accolto un ordine del giorno in cui lo si invita a valutare l'opportunità di iniziative normative volte ad inserire le Camere di commercio italiane all'estero (CCIE) tra i soggetti attuatori dei Programmi operativi degli interventi di cui all'articolo 72 primo comma lettere a) e b) del provvedimento in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in occasione dei prossimi provvedimenti normativi un significativo aumento delle risorse stanziate per il cofinanziamento dello stato per quest'anno e per il periodo di rilancio post COVID-19, così da incrementare sostanzialmente il supporto alla promozione delle imprese italiane attraverso l'azione di sviluppo, raccordo e collegamento con le business community svolta dalle Camere all'estero.
9/2461-AR/5La Marca, Schirò, Ungaro, Fitzgerald Nissoli, Carè, Longo, Sangregorio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, all'articolo 2 prevede un intervento normativo per potenziare il sostegno pubblico all'esportazione;
    il sistema fieristico nazionale, che ha da sempre ricoperto un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell'internazionalizzazione delle imprese italiane, si caratterizza per essere uno dei comparti con il più alto moltiplicatore di indotto diretto e indiretto nell'economia nazionale, a testimonianza del proprio ruolo fondamentale nella filiera produttiva;
    la crisi sanitaria determinata dal COVID-19, ha colpito soprattutto le tre regioni italiane leader nel settore fieristico nazionale, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, che rappresentano da sole il 65 per cento dell'attività fieristica in Italia e oltre il 75 per cento delle manifestazioni internazionali e che a partire dal febbraio scorso hanno visto la totale cancellazione degli eventi programmati nel 2020, con un danno stimato per le sole tre realtà regionali di oltre 700 milioni di euro e di oltre un miliardo se si considera anche l'indotto;
    rilevando l'importanza che tale sistema rivestirà nella fase di ripresa dell'economia nazionale, una volta superata l'emergenza epidemiologica da COVID-19, riteniamo opportuno che si intervenga con urgenza, in accordo con la disciplina comunitaria in materia di Aiuti Stato e con quanto definito dalla stessa Commissione Europea, nell'ambito del « Temporary Framework for State aid measures to support the economy the current 19 outbreak», a supporto degli operatori fieristici nazionali, al fine di garantirne la sopravvivenza e, attraverso di essi, il sostegno all'intero sistema economico nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche mediante l'istituzione di un apposito fondo nazionale, azioni per il sostegno al sistema fieristico quale piattaforma di internazionalizzazione del sistema produttivo italiano e misure urgenti per gli operatori del settore che a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 abbiano dovuto cancellare o riprogrammare i propri eventi fieristici, con rilevanti conseguenze in termini di mancati introiti ovvero di costi sostenuti e non recuperabili.
9/2461-AR/6Benamati, Rossi, Critelli, Soverini, Rizzo Nervo, Fassino, De Maria, Carla Cantone, Pini, Incerti.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure relative al contenimento e al contrasto del COVID-19 hanno comportato, tra le altre cose, la sospensione di tutte le attività delle associazioni non governative. Limitazioni che hanno richiesto e richiedono una riorganizzazione interna delle associazioni stesse al fine di garantire il prosegue della propria attività,

impegna il Governo

a prevedere, nel disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, l'estensione alle associazioni non riconosciute del credito di imposta per i canoni di locazione degli immobili ad uso non abitativo destinato allo svolgimento delle proprie attività.
9/2461-AR/7De Maria.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure relative al contenimento e al contrasto del COVID-19 hanno comportato, tra le altre cose, la sospensione di tutte le attività delle associazioni non governative. Limitazioni che hanno richiesto e richiedono una riorganizzazione interna delle associazioni stesse al fine di garantire il prosegue della propria attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, l'estensione alle associazioni non riconosciute del credito di imposta per i canoni di locazione degli immobili ad uso non abitativo destinato allo svolgimento delle proprie attività.
9/2461-AR/7. (Testo modificato nel corso della seduta)  De Maria.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento reca importanti misure per facilitare l'accesso al credito, il sostegno alla liquidità, all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti in imprese che abbiano la sede in Italia;
    in particolare le misure adottate prevedono garanzie da parte dello Stato per un totale circa di 400 miliardi di euro portando a più di 750 miliardi il credito mobilitato per far fronte alla profonda crisi economica legata all'emergenza epidemiologica da COVID-19; circa 200 miliardi di euro sono previsti per le garanzie da parte dello Stato concesse attraverso la società SACE Simest, del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, in favore di banche che effettuino finanziamenti alle imprese sotto qualsiasi forma; tali garanzie copriranno tra il 70 e il 90 per cento dell'importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell'impresa, e sono subordinate alla necessaria destinazione del finanziamento per sostenere spese ed attività produttive localizzate in Italia;
    sebbene i finanziamenti concessi alle imprese siano per legge destinati alle spese e alle attività produttive localizzate in Italia sarebbe tuttavia necessario acquisire ulteriori garanzie da parte delle società con sede legale al di fuori del territorio italiano che ne faranno richiesta sia sul piano occupazionale, sia su quello degli investimenti che saranno pianificati in Italia; si tratta in particolare di multinazionali con stabilimenti in Italia che tuttavia hanno stabilito la sede legale e fiscale in Paesi, anche all'interno dell'Unione europea, a tassazione agevolata;
    l'economista Carlo Cottarelli, ha ultimamente sottolineato come le «diverse pratiche fiscali nell'Ue» rappresentano un elemento su cui riflettere perché «l'allocazione degli investimenti delle imprese dovrebbe riflettere fondamentali economici e non distorsioni causate da piccoli Paesi che hanno vantaggi sproporzionati da tasse basse» e anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha sottolineato come sia «necessaria un'armonizzazione fiscale perché gli ordinamenti sono in concorrenza» e attivano pratiche di dumping a vantaggio di alcuni e a scapito di altri; in risposta ad un'interrogazione alla Camera dello scorso 6 maggio, la sottosegretaria di Stato per gli affari europei ha sottolineato come la creazione di un nuovo sistema fiscale europeo e internazionale, adeguato alla profondità dell'integrazione delle filiere produttive e commerciali, è una delle sfide di policy chiave del nostro tempo;
    la pandemia globale sta ponendo una minaccia simmetrica alle nostre economie e si intravedono segnali di risposta da parte dei partner europei che per la prima volta permettono di parlare di una maggiore integrazione nei sistemi fiscali europei che non è materia attualmente parte dei trattati, ma che è oramai elemento ineludibile di confronto politico;
    il disallineamento delle politiche fiscali dei singoli Stati procura un danno all'economia europea dovuto agli effetti distorsivi di una «concorrenza fiscale» che secondo un'analisi di «Tax Justice Network», una rete di esperti fiscali che ogni anno redige una classifica delle maggiori giurisdizioni segrete nel mondo, ammonterebbe a più di 27 miliardi di euro;
    la dimensione di queste aziende e la concorrenza portata alle imprese locali non trovano alcun riscontro sul piano di un adeguato contributo fiscale che esse forniscono e anzi, le società più profittevoli spesso sono quelle che pagano le imposte più basse;
    l'emergenza sanitaria e la conseguente crisi economica che ha travolto il continente europeo ci impongono di accelerare l'identificazione di possibili soluzioni anche sull'armonizzazione fiscale; proprio al fine di rendere più equo ed efficace il sistema tributario globale, la Commissione europea nel gennaio 2016 ha proposto una strategia esterna per un'imposizione effettiva, approvata dal Consiglio nel maggio 2016, che mira a promuovere i principi di buona governance fiscale a livello internazionale permettendo all'Unione europea di chiedere alle giurisdizioni dei paesi terzi di applicare gli stessi standard che gli Stati membri si sono già impegnati ad attuare in materia di trasparenza fiscale, concorrenza fiscale sleale e misure per affrontare l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili;
    oggi gli Stati membri hanno già confermato il proprio impegno a portare avanti in via prioritaria la lotta alla frode, all'evasione e all'elusione fiscali nonché al riciclaggio di denaro, che erodono le basi imponibili degli stessi Stati e recentemente la rinnovata attenzione internazionale al tema della pianificazione fiscale aggressiva ha prodotto, tra le altre cose, una lista europea delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali, che comprende ad oggi 12 Paesi, come da pubblicazione della Gazzetta Ufficiale UE del 27 febbraio 2020;
    il processo di screening delle giurisdizioni ha, sin dal principio, escluso i Paesi membri dell'Unione europea dalla valutazione sulla qualità della loro governance fiscale nazionale e questa scelta ha permesso ad almeno cinque giurisdizioni europee (Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi), sulle quali pendono importanti pronunciamenti comunitari, di evitare l'inclusione tra le giurisdizioni tisted;
    anche nei Rapporti Paese del 2018, la Commissione europea ha espresso rilievi critici sulle caratteristiche dei sistemi fiscali di tali Paesi in grado di favorire, secondo l'esecutivo europeo, un tax planning societario aggressivo, minando così l'integrità del mercato unico europeo;
    appena un anno fa il Parlamento europeo, in seduta plenaria, ha inoltre approvato una risoluzione che proponeva l'inclusione di sopracitati cinque Paesi UE tra i «paradisi fiscali» dell'Unione;
    il Governo sostiene da tempo le istituzioni europee affinché si giunga ad una soluzione entro la fine dell'anno e starebbe lavorando ad un accordo in sede Ocse;
    lo scorso febbraio il Ministro dell'economia e delle finanze Gualtieri, la Vicepresidente e Ministro spagnolo per economia e trasformazione digitale Nadia Calvino, il Ministro francese dell'economia e delle finanze Bruno Le Maire ed il Ministro tedesco delle finanze, Olaf Scholz abbiano sottoscritto una lettera di intenti alla Commissione per sollecitare l'Unione a dotarsi di un sistema fiscale armonizzato,

impegna il Governo

ad agire nelle opportune sedi comunitarie al fine di sollecitare l'Unione europea a dotarsi di un sistema fiscale armonizzato dando seguito a quanto sottoscritto a febbraio dai Ministri dell'economia dei Paesi europei.
9/2461-AR/8Boldrini, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento reca importanti misure per facilitare l'accesso al credito, il sostegno alla liquidità, all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti in imprese che abbiano la sede in Italia;
    in particolare le misure adottate prevedono garanzie da parte dello Stato per un totale circa di 400 miliardi di euro portando a più di 750 miliardi il credito mobilitato per far fronte alla profonda crisi economica legata all'emergenza epidemiologica da COVID-19; circa 200 miliardi di euro sono previsti per le garanzie da parte dello Stato concesse attraverso la società SACE Simest, del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, in favore di banche che effettuino finanziamenti alle imprese sotto qualsiasi forma; tali garanzie copriranno tra il 70 e il 90 per cento dell'importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell'impresa, e sono subordinate alla necessaria destinazione del finanziamento per sostenere spese ed attività produttive localizzate in Italia;
    sebbene i finanziamenti concessi alle imprese siano per legge destinati alle spese e alle attività produttive localizzate in Italia sarebbe tuttavia necessario acquisire ulteriori garanzie da parte delle società con sede legale al di fuori del territorio italiano che ne faranno richiesta sia sul piano occupazionale, sia su quello degli investimenti che saranno pianificati in Italia; si tratta in particolare di multinazionali con stabilimenti in Italia che tuttavia hanno stabilito la sede legale e fiscale in Paesi, anche all'interno dell'Unione europea, a tassazione agevolata;
    l'economista Carlo Cottarelli, ha ultimamente sottolineato come le «diverse pratiche fiscali nell'Ue» rappresentano un elemento su cui riflettere perché «l'allocazione degli investimenti delle imprese dovrebbe riflettere fondamentali economici e non distorsioni causate da piccoli Paesi che hanno vantaggi sproporzionati da tasse basse» e anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha sottolineato come sia «necessaria un'armonizzazione fiscale perché gli ordinamenti sono in concorrenza» e attivano pratiche di dumping a vantaggio di alcuni e a scapito di altri; in risposta ad un'interrogazione alla Camera dello scorso 6 maggio, la sottosegretaria di Stato per gli affari europei ha sottolineato come la creazione di un nuovo sistema fiscale europeo e internazionale, adeguato alla profondità dell'integrazione delle filiere produttive e commerciali, è una delle sfide di policy chiave del nostro tempo;
    la pandemia globale sta ponendo una minaccia simmetrica alle nostre economie e si intravedono segnali di risposta da parte dei partner europei che per la prima volta permettono di parlare di una maggiore integrazione nei sistemi fiscali europei che non è materia attualmente parte dei trattati, ma che è oramai elemento ineludibile di confronto politico;
    il disallineamento delle politiche fiscali dei singoli Stati procura un danno all'economia europea dovuto agli effetti distorsivi di una «concorrenza fiscale» che secondo un'analisi di «Tax Justice Network», una rete di esperti fiscali che ogni anno redige una classifica delle maggiori giurisdizioni segrete nel mondo, ammonterebbe a più di 27 miliardi di euro;
    la dimensione di queste aziende e la concorrenza portata alle imprese locali non trovano alcun riscontro sul piano di un adeguato contributo fiscale che esse forniscono e anzi, le società più profittevoli spesso sono quelle che pagano le imposte più basse;
    l'emergenza sanitaria e la conseguente crisi economica che ha travolto il continente europeo ci impongono di accelerare l'identificazione di possibili soluzioni anche sull'armonizzazione fiscale; proprio al fine di rendere più equo ed efficace il sistema tributario globale, la Commissione europea nel gennaio 2016 ha proposto una strategia esterna per un'imposizione effettiva, approvata dal Consiglio nel maggio 2016, che mira a promuovere i principi di buona governance fiscale a livello internazionale permettendo all'Unione europea di chiedere alle giurisdizioni dei paesi terzi di applicare gli stessi standard che gli Stati membri si sono già impegnati ad attuare in materia di trasparenza fiscale, concorrenza fiscale sleale e misure per affrontare l'erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili;
    oggi gli Stati membri hanno già confermato il proprio impegno a portare avanti in via prioritaria la lotta alla frode, all'evasione e all'elusione fiscali nonché al riciclaggio di denaro, che erodono le basi imponibili degli stessi Stati e recentemente la rinnovata attenzione internazionale al tema della pianificazione fiscale aggressiva ha prodotto, tra le altre cose, una lista europea delle giurisdizioni non cooperative ai fini fiscali, che comprende ad oggi 12 Paesi, come da pubblicazione della Gazzetta Ufficiale UE del 27 febbraio 2020;
    il processo di screening delle giurisdizioni ha, sin dal principio, escluso i Paesi membri dell'Unione europea dalla valutazione sulla qualità della loro governance fiscale nazionale e questa scelta ha permesso ad almeno cinque giurisdizioni europee (Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi), sulle quali pendono importanti pronunciamenti comunitari, di evitare l'inclusione tra le giurisdizioni listed;
    anche nei Rapporti Paese del 2018, la Commissione europea ha espresso rilievi critici sulle caratteristiche dei sistemi fiscali di tali Paesi in grado di favorire, secondo l'esecutivo europeo, un tax planning societario aggressivo, minando così l'integrità del mercato unico europeo;
    appena un anno fa il Parlamento europeo, in seduta plenaria, ha inoltre approvato una risoluzione che proponeva l'inclusione di sopracitati cinque Paesi UE tra i «paradisi fiscali» dell'Unione;
    il Governo sostiene da tempo le istituzioni europee affinché si giunga ad una soluzione entro la fine dell'anno e starebbe lavorando ad un accordo in sede Ocse;
    lo scorso febbraio il Ministro dell'economia e delle finanze Gualtieri, la Vicepresidente e Ministro spagnolo per economia e trasformazione digitale Nadia Calvino, il Ministro francese dell'economia e delle finanze Bruno Le Maire ed il Ministro tedesco delle finanze, Olaf Scholz abbiano sottoscritto una lettera di intenti alla Commissione per sollecitare l'Unione a dotarsi di un sistema fiscale armonizzato,

impegna il Governo

ad agire nelle opportune sedi europee al fine di sollecitare iniziative finalizzate a contrastare il dumping fiscale e la distorsione della concorrenza fiscale, in particolare assicurando un livello minimo di tassazione dei redditi di impresa, realizzando un'armonizzazione delle basi imponibili ai fini dell'imposta sulle società, accrescendo l'efficacia del codice di condotta sulla tassazione delle imprese nei confronti degli Stati membri dell'Unione europea.
9/2461-AR/8. (Testo modificato nel corso della seduta)  Boldrini, Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene in sostegno alle imprese in difficoltà a causa della grave crisi generata dall'emergenza epidemiologica «COVID-19», con misure specifiche per l'accesso al credito, il sostegno alla liquidità, all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti, la garanzia della continuità delle aziende, il rafforzamento dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e degli obblighi di trasparenza in materia finanziaria e le misure fiscali e contabili per il rinvio di adempimenti fiscali e tributari da parte di lavoratori e imprese;
    in particolare per quanto riguarda l'accesso al credito, le misure adottate prevedono garanzie fino al 31 dicembre 2020 da parte dello Stato per un totale circa di 200 miliardi di euro concesse attraverso la società SACE Simest, del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, in favore di banche che effettuino finanziamenti alle imprese sotto qualsiasi forma. La garanzia copre tra il 70 e il 90 per cento dell'importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell'impresa, ed è subordinata a una serie di condizioni tra le quali l'impossibilità di distribuzione dei dividendi da parte dell'impresa beneficiaria per i successivi dodici mesi e la necessaria destinazione del finanziamento per sostenere spese ad attività produttive localizzate in Italia;
    nel Mezzogiorno d'Italia, a causa della stratificazione di più crisi nel corso del tempo, l'emergenza sanitaria in corso acuisce un contesto di fragilità sociale pregressa;
    già prima dell'emergenza il Presidente della Repubblica nel discorso di dicembre ricordava la necessità di ridurre il divario che sta ulteriormente crescendo tra Nord e Sud d'Italia;
    come evidenziato anche nel «Piano Sud 2030, sviluppo e coesione per l'Italia» presentato lo scorso 12 febbraio, dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dai Ministri del Sud e della coesione territoriale Giuseppe Provenzano e dell'istruzione Lucia Azzolina, «ridurre i divari tra cittadini e tra territori è la vera opportunità capace di creare sviluppo, riprendere a investire attivando potenziali di crescita e innovazione inespressi e fornire opportunità di lavoro buono, in particolare per i giovani e le donne»;
    il Sud vive da troppi anni in condizioni di persistente emergenza sociale. Il progressivo disinvestimento nel Sud del Paese ha determinato un indebolimento del «motore interno» dello sviluppo, con conseguenze negative per tutto il Paese, che ha visto indietreggiare in Europa anche le regioni più sviluppate del Centro-Nord;
    il rischio di forte recessione economica ha evidenti implicazioni negative sull'occupazione soprattutto nel sud Italia, pertanto colmare i divari territoriali non è solo un atto di giustizia, è la leva essenziale per attivare il potenziale di sviluppo inespresso del nostro Paese;
    la liquidità prevista dal decreto in esame risulta essere necessaria e funzionale alla rapida ripresa economica del Paese in particolare per evitare l'aggravio del problema occupazionale e dello spopolamento nelle regioni del Mezzogiorno;
    per il riequilibrio economico e sociale, il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi al finanziamento ordinario (nonché a quello comunitario ed al contestuale cofinanziamento nazionale); la legge di bilancio per il 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160) è intervenuta con un intervento di rifinanziamento del Fondo FSC, per un importo complessivo di 5 miliardi, nella misura di 800 milioni per ciascuna annualità 2021 e 2022, di 1.000 milioni per ciascuna delle annualità 2023 e 2024 e di 1.400 milioni per il 2025,

impegna il Governo

al fine di migliorare il riequilibrio territoriale ed assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede nelle regioni del Mezzogiorno, per una rapida ripresa della produzione e dell'occupazione, a prevedere nel prossimo provvedimento utile l'estensione almeno di un anno, fino al 31 dicembre 2021, del periodo di concessione dei finanziamenti introdotti dal presente provvedimento, alle medesime modalità ivi previste, anche attraverso l'utilizzo delle risorse eventualmente non programmate nel Piano sviluppo e coesione.
9/2461-AR/9Topo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene in sostegno alle imprese in difficoltà a causa della grave crisi generata dall'emergenza epidemiologica «COVID-19», con misure specifiche per l'accesso al credito, il sostegno alla liquidità, all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti, la garanzia della continuità delle aziende, il rafforzamento dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e degli obblighi di trasparenza in materia finanziaria e le misure fiscali e contabili per il rinvio di adempimenti fiscali e tributari da parte di lavoratori e imprese;
    in particolare per quanto riguarda l'accesso al credito, le misure adottate prevedono garanzie fino al 31 dicembre 2020 da parte dello Stato per un totale circa di 200 miliardi di euro concesse attraverso la società SACE Simest, del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, in favore di banche che effettuino finanziamenti alle imprese sotto qualsiasi forma. La garanzia copre tra il 70 e il 90 per cento dell'importo finanziato, a seconda delle dimensioni dell'impresa, ed è subordinata a una serie di condizioni tra le quali l'impossibilità di distribuzione dei dividendi da parte dell'impresa beneficiaria per i successivi dodici mesi e la necessaria destinazione del finanziamento per sostenere spese ad attività produttive localizzate in Italia;
    nel Mezzogiorno d'Italia, a causa della stratificazione di più crisi nel corso del tempo, l'emergenza sanitaria in corso acuisce un contesto di fragilità sociale pregressa;
    già prima dell'emergenza il Presidente della Repubblica nel discorso di dicembre ricordava la necessità di ridurre il divario che sta ulteriormente crescendo tra Nord e Sud d'Italia;
    come evidenziato anche nel «Piano Sud 2030, sviluppo e coesione per l'Italia» presentato lo scorso 12 febbraio, dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dai Ministri del Sud e della coesione territoriale Giuseppe Provenzano e dell'istruzione Lucia Azzolina, «ridurre i divari tra cittadini e tra territori è la vera opportunità capace di creare sviluppo, riprendere a investire attivando potenziali di crescita e innovazione inespressi e fornire opportunità di lavoro buono, in particolare per i giovani e le donne»;
    il Sud vive da troppi anni in condizioni di persistente emergenza sociale. Il progressivo disinvestimento nel Sud del Paese ha determinato un indebolimento del «motore interno» dello sviluppo, con conseguenze negative per tutto il Paese, che ha visto indietreggiare in Europa anche le regioni più sviluppate del Centro-Nord;
    il rischio di forte recessione economica ha evidenti implicazioni negative sull'occupazione soprattutto nel sud Italia, pertanto colmare i divari territoriali non è solo un atto di giustizia, è la leva essenziale per attivare il potenziale di sviluppo inespresso del nostro Paese;
    la liquidità prevista dal decreto in esame risulta essere necessaria e funzionale alla rapida ripresa economica del Paese in particolare per evitare l'aggravio del problema occupazionale e dello spopolamento nelle regioni del Mezzogiorno;
    per il riequilibrio economico e sociale, il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria all'insieme degli interventi aggiuntivi al finanziamento ordinario (nonché a quello comunitario ed al contestuale cofinanziamento nazionale); la legge di bilancio per il 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160) è intervenuta con un intervento di rifinanziamento del Fondo FSC, per un importo complessivo di 5 miliardi, nella misura di 800 milioni per ciascuna annualità 2021 e 2022, di 1.000 milioni per ciascuna delle annualità 2023 e 2024 e di 1.400 milioni per il 2025,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, al fine di migliorare il riequilibrio territoriale ed assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede nelle regioni del Mezzogiorno, per una rapida ripresa della produzione e dell'occupazione, di prevedere nel prossimo provvedimento utile l'estensione almeno di un anno, fino al 31 dicembre 2021, del periodo di concessione dei finanziamenti introdotti dal presente provvedimento, alle medesime modalità ivi previste, anche attraverso l'utilizzo delle risorse eventualmente non programmate nel Piano sviluppo e coesione.
9/2461-AR/9. (Testo modificato nel corso della seduta)  Topo.


   La Camera,
   premesso che;
    uno dei settori dell'economia nazionale che sta risentendo della sospensione delle attività è quello turistico e in particolare il settore dei charter legato alla nautica che senza la ripresa degli spostamenti e dei viaggi, la riapertura dei marina e degli ormeggi rischia di trovarsi in seria difficoltà, di subire perdite a doppia cifra e di lasciare quote di mercato alla concorrenza di paesi stranieri che hanno avuto numeri relativi al contagio diversi dai nostri e non hanno mai fermato totalmente l'attività;
    per sostenere il settore, e intervenire con provvedimenti che possano favorire la liquidità delle imprese in un momento di grave crisi e di completa incertezza per il prossimo futuro, sarebbe opportuno estendere anche alle società di charter nautico la possibilità di esonero dal pagamento del 60 per cento del canone di locazione ovvero dei contratti di ormeggio dove è svolta l'attività di charter a fronte di un credito d'imposta di pari valore in favore del locatore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere, con il primo provvedimento disponibile, anche alle società di charter nautico titolari di partita IVA alla data del 23 febbraio 2020, la facoltà di non provvedere al pagamento del canone di locazione ovvero dei contratti di ormeggio dove è esercitata l'attività, nella misura del 60 per cento dell'ammontare mensile, relativo ai mesi di marzo aprile e maggio 2020, a fronte del riconoscimento di un credito d'imposta di pari importo in favore del locatore.
9/2461-AR/10Gavino Manca.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede disposizioni finalizzate a contrastare gli effetti negativi che la diffusione del virus COVID-19 ha iniziato a produrre sull'economia nazionale, in particolare per quello che riguarda la liquidità e l'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese;
    uno dei settori dell'economia nazionale che sta maggiormente risentendo della sospensione delle attività è quello turistico che, per quanto riguarda gli stabilimenti balneari, si avvia ad un ritardato inizio della stagione in condizioni sicuramente penalizzanti per le restrizioni previste;
    per sostenere il settore, e intervenire con provvedimenti che possano favorire la liquidità delle imprese in un momento di grave crisi e di completa incertezza per il prossimo futuro, sarebbe opportuno concedere ai concessionari di aree demaniali o ai gestori di stabilimenti balneari, l'esonero dall'obbligo di rimozione/smontaggio delle opere, manufatti, strutture amovibili o di difficile amovibilità, site nell'area e già autorizzate dagli enti competenti, considerato che gli interventi di rimozione dei manufatti possono richiedere diverse decine di migliaia di euro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, con il primo provvedimento disponibile, che gli operatori del settore, i titolari delle concessioni demaniali marittime ad uso turistico ricreativo e dei punti di approdo con finalità turistico ricreative, che utilizzino manufatti amovibili pertinenziali siti in aree private o manufatti amovibili, possano mantenere installati i predetti manufatti fino al 31 ottobre 2021.
9/2461-AR/11Lacarra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevede disposizioni finalizzate a rafforzare ulteriormente le misure di sostegno all'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese al fine di contrastare gli effetti negativi che la diffusione del virus COVID-19 ha iniziato a produrre sull'economia nazionale, a tal fine, si riprende l'impianto già delineato dall'articolo 49 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, estendendo e rafforzando le misure in esso previste, tutte incardinate sullo sperimentato ed efficace strumento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
    tra le possibilità previste dalla Comunicazione della Commissione Europea sul Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19 2020/C 91 I/01 nella quale al paragrafo 1.3, punto 15 si prevede testualmente, tra l'altro, che «sulla base dell'articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, gli Stati membri possono indennizzare anche le imprese di settori particolarmente colpiti dall'epidemia (ad esempio, il settore dei trasporti, del turismo, della cultura, dell'accoglienza e del commercio al dettaglio) o gli organizzatori di eventi annullati per i danni subiti e direttamente causati dall'epidemia. Gli Stati membri possono notificare tali misure di compensazione dei danni e la Commissione le valuterà direttamente ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE.»;
    le imprese culturali e creative sono state oggetto di sospensione delle attività dall'inizio della pandemia: per tali imprese, la reiterata sospensione è destinata ad acuire ed aggravare ulteriormente la grave tensione finanziaria cui sono da mesi sottoposte, e molte sono, per tradizione e loro stessa natura sottocapitalizzate (si pensi alle aziende del settore teatrale e degli spettacoli dal vivo in generale), impossibilitate, quindi, ad offrire una (anche solo ridotta) propria garanzia patrimoniale;
    per queste ragioni si rende necessario che le imprese culturali possano beneficiare di un accesso al credito agevolato per importi anche superiori a quelli generalmente previsti dalla norma emendata e, quindi, anche oltre il 25 per cento del fatturato 2019 o il doppio della spesa salariale annua;
    si ritiene che come parametro possa essere altresì adottato quello dei dieci dodicesimi del fatturato totale dell'anno precedente (corrispondenti al prevedibile periodo di chiusura dell'anno in corso), un parametro che può rivelarsi più adeguato e consono ad imprese che non possono contare su un recupero di liquidità dalla ripresa a breve dell'attività (richiamando l'esempio delle imprese del settore teatrale, ciò che si profila è appunto una chiusura fine a fine 2020) e per le quali, quindi, i predetti parametri ordinari possono risultare inadeguati, insufficienti ad esprimere il reale fabbisogno finanziario: l'accesso al credito bancario a medio termine, per importi adeguati, rappresenta condizione essenziale per la sopravvivenza di tali imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, per le imprese culturali, misure per consentirne l'accesso al credito agevolato, per importi anche superiori a quelli generalmente previsti dalla norma in esame, con parametri che consentano di individuare il reale fabbisogno finanziario specifico del settore.
9/2461-AR/12Bonomo.


   La Camera,
   premesso che:
    il concorso a 69 posti da dirigente di seconda fascia presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli è stato bandito con nota prot. 146312 del 16 dicembre 2011. La procedura concorsuale è stata orientata, in tutte e tre le sue fasi, all'accertamento del possesso da parte dei candidati di competenze ed attitudini specificamente indicati per lo svolgimento di mansioni dirigenziali all'interno dell'Agenzia;
    la Commissione esaminatrice, con nota prot. 241 del 23 luglio 2014, ha trasmesso alla Direzione centrale personale e organizzazione – Ufficio reclutamento dell'Agenzia delle dogane tutto il materiale necessario alla proclamazione dei vincitori, inclusa la graduatoria, per la sua formale approvazione, approvazione che tuttavia non è mai avvenuta: nelle more di tale proclamazione sono stati infatti proposti dei ricorsi al TAR del Lazio, che contestavano, in particolare, la legittimità della correzione delle prove scritte;
    superati tutti i gradi intermedi del processo amministrativo, il Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 1446 e 1447 del 13 aprile 2016 ha dichiarato la procedura viziata solo in parte, in relazione alla mancata collegialità della correzione per parte degli elaborati, e ha ordinato alla medesima Commissione esaminatrice di sanarla, attraverso la rilettura collegiale dei compiti valutati come gravemente insufficienti durante la fase di «scrematura» effettuata dai commissari individualmente. Il Consiglio di Stato ha poi chiaramente affermato che la correzione dei compiti che hanno riportato un punteggio uguale o superiore a 40/100 sia stata legittimamente condotta: «effettivamente non risulta contestato né contestabile che per un certo numero di candidati [...] vi sia stato il pieno rispetto del principio di collegialità, essendosi proceduto [...] alla lettura collegiale delle prove [...]»;
    il contenzioso amministrativo ha avuto anche un prosieguo in sede di Consiglio di Stato attraverso ricorsi di revocazione e opposizione di terzo avverso le sentenze del 2016. Contenzioso respinto e definitivamente conclusosi nel gennaio 2019 con la conferma del giudicato già pronunciato dal medesimo supremo organo di giustizia amministrativa, sentenze nn. 457 e 458 del 18 gennaio 2019;
    nel 2016 sono state inviate segnalazioni alla Procura della Repubblica in merito a presunti illeciti penali che sarebbero avvenuti prima e durante le prove scritte. Dopo oltre due anni di indagini, invece, il pubblico ministero ha archiviato la posizione dell'allora direttore dell'Agenzia, dott. Peleggi, e di uno dei membri della Commissione; ha chiesto il rinvio a giudizio per due membri della commissione e per 6 degli 80 tra vincitori ed idonei; non ha invece in alcun modo dato seguito alle altre denunce o avvalorato, neppure ipoteticamente, alcuna ipotesi di un coinvolgimento degli altri 74 vincitori ed idonei o degli altri membri della commissione, che sono quindi risultati inequivocabilmente estranei a qualsiasi dubbio sulla liceità delle proprie condotte in relazione al concorso;
    tuttavia, dopo oltre quattro anni dal termine della selezione, 11 luglio 2014, i vincitori non hanno beneficiato della pubblicazione della graduatoria e hanno dovuto difendere la propria posizione innanzi alla magistratura amministrativa. Dal canto suo, l'Agenzia non ha proceduto all'esecuzione delle due sentenze del 2016 ed i ricorrenti originari hanno contribuito al protrarsi dello stallo giurisdizionale impugnando anche il giudicato amministrativo del 2016, per quanto tale impugnazione fosse fin dall'inizio palesemente inammissibile, come poi inequivocabilmente sancito dal Consiglio di Stato;
    la definitiva conclusione del processo amministrativo e il passaggio in giudicato delle sentenze del 2016 rende assolutamente ingiustificabile il protrarsi di questo stallo. Non ci dovrebbero essere più ostacoli di sorta alla pronta sanatoria e conclusione della procedura, con conseguente e tempestiva immissione in servizio dei vincitori;
    la conclusione della procedura è urgente in particolar modo se la si guarda nell'ottica dell'organizzazione del pubblico servizio. Infatti, vi è da anni uno stato di continua emergenza per la mancanza di dirigenti nelle Agenzie fiscali, per l'Agenzia delle dogane sono attualmente in organico soltanto circa 130 dirigenti di ruolo, di cui molti prossimi alla pensione, su circa 11.000 dipendenti complessivi;
    l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha attualmente un tasso di scopertura del fabbisogno di personale dirigenziale di seconda fascia pari a circa il 60 per cento. Le conseguenze si riflettono soprattutto nella mancata immediatezza decisionale, in quanto la maggior parte degli Uffici delle dogane e di quelli dei monopoli viene retta ad interim da dirigenti gravati dalla conduzione di due o più Uffici distanti a volte centinaia di chilometri fra loro;
    a tal riguardo, preme ricordare che la sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015 ha dichiarato illegittimo il ricorso alle cosiddette «reggenze», assegnazione temporanea di incarichi dirigenziali. Il surrogato delle reggenze successivamente introdotto e costituito dalle Posizioni organizzative temporanee (P.O.T.) è stato a sua volta stigmatizzato come incostituzionale, ove venga meno la loro «temporaneità» e la legge di bilancio del 2018 ne ha disposto la cessazione definitiva entro, al massimo, il 30 aprile del 2019 ma a seguire sono state istituite le cosiddette Posizioni organizzative ad elevata responsabilità (P.O.E.R.), anch'esse oggi al vaglio della Consulta;
    l'emergenza sanitaria in corso, che vede l'Agenzia delle dogane e dei monopoli in prima linea, ha reso ancor più evidente una drammatica assenza di governance. Nell'attuale situazione emergenziale, causata dalla pandemia da Covid-19, perdura il descritto stato di carenza e le diverse direttive dettate in proposito dal direttore dell'Agenzia, atte a semplificare e facilitare lo sdoganamento delle merci destinate al presidio della crisi epidemiologica in atto, rischiano di essere vanificate. Analoghe criticità sono ipotizzabili in ordine all'attuazione, da parte degli Uffici delle dogane, delle disposizioni emanate dal Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, dal Capo del dipartimento della Protezione civile o dai prefetti territorialmente competenti, ai sensi dell'ordinanza n. 1/2020;
    detta ordinanza ha nominato (’Agenzia delle dogane e dei monopoli soggetto attuatore delle disposizioni del Commissario straordinario e degli altri organi competenti ad emettere decisioni restrittive. Conseguentemente, gli Uffici delle dogane devono attivare ogni strategia utile volta ad evitare l'illecita esportazione o ogni altra misura di illecita uscita dal territorio nazionale dei dispositivi di protezione individuali, individuati dalla circolare del Ministero della salute prot. n. 4373 del 12 febbraio 2020, e ad attuarne la requisizione in uso o in proprietà;
    l'attuazione di tutte queste complesse misure richiede la presenza, la potestà decisionale e l'assunzione delle relative responsabilità, in termini sia di coordinamento sia di gestione diretta, di un dirigente per ciascuno degli Uffici doganali,

impegna il Governo

ad assumere, in linea con le disposizioni emergenziali in materia di reclutamento del personale in diversi settori della pubblica amministrazione previste dai decreti legge n. 18 del 2020 e n. 23 del 2020, 80 unità di personale da immettere nei ruoli del personale dirigente dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli attingendo, con priorità e secondo l'ordine di merito, dalla graduatoria contenente i nominativi dei candidati risultati già idonei a tutte le prove di concorso nell'ambito della procedura concorsuale a 69 posti di dirigente di seconda fascia, indetta con bando della medesima Agenzia nota prot. n. 146312 del 16 dicembre 2011 citata in premessa, si tratta peraltro di assunzioni già finanziate, essendo stata completata la fase autorizzativa presso il Dipartimento della funzione pubblica. Tale personale neoassunto verrebbe immediatamente immesso in servizio e nelle funzioni dirigenziali, in deroga alle previsioni normative e del bando di concorso relative allo svolgimento dei corsi di formazione e del periodo di prova.
9/2461-AR/13Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    il concorso a 69 posti da dirigente di seconda fascia presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli è stato bandito con nota prot. 146312 del 16 dicembre 2011. La procedura concorsuale è stata orientata, in tutte e tre le sue fasi, all'accertamento del possesso da parte dei candidati di competenze ed attitudini specificamente indicati per lo svolgimento di mansioni dirigenziali all'interno dell'Agenzia;
    la Commissione esaminatrice, con nota prot. 241 del 23 luglio 2014, ha trasmesso alla Direzione centrale personale e organizzazione – Ufficio reclutamento dell'Agenzia delle dogane tutto il materiale necessario alla proclamazione dei vincitori, inclusa la graduatoria, per la sua formale approvazione, approvazione che tuttavia non è mai avvenuta: nelle more di tale proclamazione sono stati infatti proposti dei ricorsi al TAR del Lazio, che contestavano, in particolare, la legittimità della correzione delle prove scritte;
    superati tutti i gradi intermedi del processo amministrativo, il Consiglio di Stato, con le sentenze nn. 1446 e 1447 del 13 aprile 2016 ha dichiarato la procedura viziata solo in parte, in relazione alla mancata collegialità della correzione per parte degli elaborati, e ha ordinato alla medesima Commissione esaminatrice di sanarla, attraverso la rilettura collegiale dei compiti valutati come gravemente insufficienti durante la fase di «scrematura» effettuata dai commissari individualmente. Il Consiglio di Stato ha poi chiaramente affermato che la correzione dei compiti che hanno riportato un punteggio uguale o superiore a 40/100 sia stata legittimamente condotta: «effettivamente non risulta contestato né contestabile che per un certo numero di candidati [...] vi sia stato il pieno rispetto del principio di collegialità, essendosi proceduto [...] alla lettura collegiale delle prove [...]»;
    il contenzioso amministrativo ha avuto anche un prosieguo in sede di Consiglio di Stato attraverso ricorsi di revocazione e opposizione di terzo avverso le sentenze del 2016. Contenzioso respinto e definitivamente conclusosi nel gennaio 2019 con la conferma del giudicato già pronunciato dal medesimo supremo organo di giustizia amministrativa, sentenze nn. 457 e 458 del 18 gennaio 2019;
    nel 2016 sono state inviate segnalazioni alla Procura della Repubblica in merito a presunti illeciti penali che sarebbero avvenuti prima e durante le prove scritte. Dopo oltre due anni di indagini, invece, il pubblico ministero ha archiviato la posizione dell'allora direttore dell'Agenzia, dott. Peleggi, e di uno dei membri della Commissione; ha chiesto il rinvio a giudizio per due membri della commissione e per 6 degli 80 tra vincitori ed idonei; non ha invece in alcun modo dato seguito alle altre denunce o avvalorato, neppure ipoteticamente, alcuna ipotesi di un coinvolgimento degli altri 74 vincitori ed idonei o degli altri membri della commissione, che sono quindi risultati inequivocabilmente estranei a qualsiasi dubbio sulla liceità delle proprie condotte in relazione al concorso;
    tuttavia, dopo oltre quattro anni dal termine della selezione, 11 luglio 2014, i vincitori non hanno beneficiato della pubblicazione della graduatoria e hanno dovuto difendere la propria posizione innanzi alla magistratura amministrativa. Dal canto suo, l'Agenzia non ha proceduto all'esecuzione delle due sentenze del 2016 ed i ricorrenti originari hanno contribuito al protrarsi dello stallo giurisdizionale impugnando anche il giudicato amministrativo del 2016, per quanto tale impugnazione fosse fin dall'inizio palesemente inammissibile, come poi inequivocabilmente sancito dal Consiglio di Stato;
    la definitiva conclusione del processo amministrativo e il passaggio in giudicato delle sentenze del 2016 rende assolutamente ingiustificabile il protrarsi di questo stallo. Non ci dovrebbero essere più ostacoli di sorta alla pronta sanatoria e conclusione della procedura, con conseguente e tempestiva immissione in servizio dei vincitori;
    la conclusione della procedura è urgente in particolar modo se la si guarda nell'ottica dell'organizzazione del pubblico servizio. Infatti, vi è da anni uno stato di continua emergenza per la mancanza di dirigenti nelle Agenzie fiscali, per l'Agenzia delle dogane sono attualmente in organico soltanto circa 130 dirigenti di ruolo, di cui molti prossimi alla pensione, su circa 11.000 dipendenti complessivi;
    l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha attualmente un tasso di scopertura del fabbisogno di personale dirigenziale di seconda fascia pari a circa il 60 per cento. Le conseguenze si riflettono soprattutto nella mancata immediatezza decisionale, in quanto la maggior parte degli Uffici delle dogane e di quelli dei monopoli viene retta ad interim da dirigenti gravati dalla conduzione di due o più Uffici distanti a volte centinaia di chilometri fra loro;
    a tal riguardo, preme ricordare che la sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015 ha dichiarato illegittimo il ricorso alle cosiddette «reggenze», assegnazione temporanea di incarichi dirigenziali. Il surrogato delle reggenze successivamente introdotto e costituito dalle Posizioni organizzative temporanee (P.O.T.) è stato a sua volta stigmatizzato come incostituzionale, ove venga meno la loro «temporaneità» e la legge di bilancio del 2018 ne ha disposto la cessazione definitiva entro, al massimo, il 30 aprile del 2019 ma a seguire sono state istituite le cosiddette Posizioni organizzative ad elevata responsabilità (P.O.E.R.), anch'esse oggi al vaglio della Consulta;
    l'emergenza sanitaria in corso, che vede l'Agenzia delle dogane e dei monopoli in prima linea, ha reso ancor più evidente una drammatica assenza di governance. Nell'attuale situazione emergenziale, causata dalla pandemia da Covid-19, perdura il descritto stato di carenza e le diverse direttive dettate in proposito dal direttore dell'Agenzia, atte a semplificare e facilitare lo sdoganamento delle merci destinate al presidio della crisi epidemiologica in atto, rischiano di essere vanificate. Analoghe criticità sono ipotizzabili in ordine all'attuazione, da parte degli Uffici delle dogane, delle disposizioni emanate dal Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, dal Capo del dipartimento della Protezione civile o dai prefetti territorialmente competenti, ai sensi dell'ordinanza n. 1/2020;
    detta ordinanza ha nominato (’Agenzia delle dogane e dei monopoli soggetto attuatore delle disposizioni del Commissario straordinario e degli altri organi competenti ad emettere decisioni restrittive. Conseguentemente, gli Uffici delle dogane devono attivare ogni strategia utile volta ad evitare l'illecita esportazione o ogni altra misura di illecita uscita dal territorio nazionale dei dispositivi di protezione individuali, individuati dalla circolare del Ministero della salute prot. n. 4373 del 12 febbraio 2020, e ad attuarne la requisizione in uso o in proprietà;
    l'attuazione di tutte queste complesse misure richiede la presenza, la potestà decisionale e l'assunzione delle relative responsabilità, in termini sia di coordinamento sia di gestione diretta, di un dirigente per ciascuno degli Uffici doganali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere, in linea con le disposizioni emergenziali in materia di reclutamento del personale in diversi settori della pubblica amministrazione previste dai decreti legge n. 18 del 2020 e n. 23 del 2020, 80 unità di personale da immettere nei ruoli del personale dirigente dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli attingendo, con priorità e secondo l'ordine di merito, dalla graduatoria contenente i nominativi dei candidati risultati già idonei a tutte le prove di concorso nell'ambito della procedura concorsuale a 69 posti di dirigente di seconda fascia, indetta con bando della medesima Agenzia nota prot. n. 146312 del 16 dicembre 2011 citata in premessa, si tratta peraltro di assunzioni già finanziate, essendo stata completata la fase autorizzativa presso il Dipartimento della funzione pubblica. Tale personale neoassunto verrebbe immediatamente immesso in servizio e nelle funzioni dirigenziali, in deroga alle previsioni normative e del bando di concorso relative allo svolgimento dei corsi di formazione e del periodo di prova.
9/2461-AR/13. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pastorino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    tra le varie misure, il Fondo per il reddito di ultima istanza è volto a garantire un sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi i quali, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro;
    secondo quanto comunicato dalla sola Cassa Forense, 136.095 richieste, su circa 245.000 iscritti, è stato il bilancio nei primi giorni del mese di aprile, quando gli avvocati hanno inoltrato le domande per il bonus da 600 euro per attenuare gli effetti del blocco di tutte le attività e dal lockdown, che ha stravolto anche la quotidianità professionale forense,
    le risorse stanziate hanno consentito di definire le domande degli aventi diritto presentate fino al 2 aprile 2020, con la conseguenza che le restanti domande, circa 30.000, pervenute successivamente sono rimaste senza copertura;
    quello delle partite iva e dei liberi professionisti, in generale, è un settore determinante per il sistema economico nazionale che, esattamente come tutte le altre realtà del mondo del lavoro autonomo e dipendente, sta attraversando una fase di enorme difficoltà che necessita di un sostegno concreto da parte dello Stato: un settore, quello degli studi professionali, che occupa 900 mila lavoratori tra dipendenti e collaboratori e muove un volume d'affari di circa 210 miliardi di euro all'anno;
    nonostante ciò, si continua inspiegabilmente a registrare un atteggiamento di esclusione dei liberi professionisti e in particolare, degli iscritti alle casse previdenziali obbligatorie, dai contributi a fondo perduto c indennità riconosciuti, invece, agli altri lavoratori, come confermato dalla pubblicazione del decreto 19 maggio 2020, n. 34;
    oltre a ciò, il presidente dell'Adepp, associazione delle casse private, ha denunciato una situazione paradossale dettata dalla doppia imposizione del bonus autonomi: diversamente dai bonus erogati dall'INPS, infatti, i bonus erogati ai professionisti tramite le casse private verrebbero tassati prima alla fonte e poi una seconda volta, in sede di dichiarazione dei redditi e in base alle entrate denunciate dal contribuente,

impegna il Governo:

   a incrementare la dotazione del Fondo per il reddito di ultima istanza al fine di garantirne l'accesso a tutti gli aventi diritto e permettere il pagamento delle domande pendenti;
   a sanare la situazione della doppia tassazione dei bonus riconosciuti ai professionisti iscritti alle casse previdenziali private, garantendo parità di trattamento tra bonus statali e non.
9/2461-AR/14Varchi, Maschio, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera

impegna il Governo

a superare la situazione della doppia tassazione dei bonus riconosciuti ai professionisti iscritti alle casse previdenziali private, garantendo parità di trattamento tra bonus statali e non.
9/2461-AR/14. (Testo modificato nel corso della seduta)  Varchi, Maschio, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporlo di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intenta, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    un comparto particolarmente sofferente è quello del commercio ambulante già in difficoltà da anni, anche a causa della concorrenza della grande distribuzione organizzata, e che, adesso, con l'emergenza sanitaria da COVID-19, tra l'azzeramento degli incassi e i famosi 600 euro una tantum, che però tardano a concretizzarsi in «liquidità», rischia il tracollo definitivo;
    il settore delle attività di commercio su aree pubbliche, che conta 176 mila imprese con circa 400 mila tra titolari, dipendenti e collaboratori, è composto, infatti, da imprese non strutturate sul piano economico per sopravvivere in queste condizioni;
    in particolare, secondo l'allarme lanciato da Fiva-Confcommercio, federazione italiana dei venditori ambulanti, 60 mila imprese del settore ambulante rischiano la chiusura, con inevitabili ricadute sulle famiglie e sui consumatori che non avranno più un servizio utile e di prossimità che questa tipologia di vendita ha sempre assicurato in tutte le città,

impegna il Governo:

   a stanziare le necessarie risorse economiche per sostenere il comparto delle attività di commercio su aree pubbliche, prevedendo, in particolare:
    a) la sospensione per un anno dei tributi, sia a livello locale che previdenziale;
    b) l'introduzione di una tassa unica progressiva, basata sul numero complessivo delle concessioni in uso ad ogni singola piccola impresa del settore;
    c) il rinnovo delle concessioni per il commercio su area pubblica in scadenza il prossimo 31 dicembre o, in subordine, una proroga per 24 mesi, in attesa di una riforma complessiva della normativa di settore;
    d) l'istituzione di un Fondo statale per i comuni per abbattere le tasse comunali come la Tosap-Cnsap-Tari;
   ad attivare un tavolo ministeriale tecnico-politico con la partecipazione di tutte le associazioni di categoria.
9/2461-AR/15Acquaroli, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporlo di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intenta, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    un comparto particolarmente sofferente è quello del commercio ambulante già in difficoltà da anni, anche a causa della concorrenza della grande distribuzione organizzata, e che, adesso, con l'emergenza sanitaria da COVID-19, tra l'azzeramento degli incassi e i famosi 600 euro una tantum, che però tardano a concretizzarsi in «liquidità», rischia il tracollo definitivo;
    il settore delle attività di commercio su aree pubbliche, che conta 176 mila imprese con circa 400 mila tra titolari, dipendenti e collaboratori, è composto, infatti, da imprese non strutturate sul piano economico per sopravvivere in queste condizioni;
    in particolare, secondo l'allarme lanciato da Fiva-Confcommercio, federazione italiana dei venditori ambulanti, 60 mila imprese del settore ambulante rischiano la chiusura, con inevitabili ricadute sulle famiglie e sui consumatori che non avranno più un servizio utile e di prossimità che questa tipologia di vendita ha sempre assicurato in tutte le città,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    a) stanziare le necessarie risorse economiche per sostenere il comparto delle attività di commercio su aree pubbliche;
    b) attivare un tavolo ministeriale tecnico-politico con la partecipazione di tutte le associazioni di categoria.
9/2461-AR/15. (Testo modificato nel corso della seduta)  Acquaroli, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    il procrastinarsi al 31 ottobre delle scadenze per effettuare l'ispezione obbligatoria di tutte le tipologie di veicoli sui mercato italiano ha, di fatto, annullato la richiesta del servizio da parte dei centri di controllo, nonostante le stesse imprese, sin dall'emergenza sanitaria e in deroga alle misure governative di contenimento del contagio, siano state autorizzate ad operare;
   considerato il numero dei centri italiani ed il conseguente massimo potenziale teorico di revisioni effettuabili in un mese, a norma di legge, non sarà possibile evadere, nel solo mese di ottobre, tutte le revisioni posticipate, oltre a quelle normalmente previste nel mese stesso; né appare percorribile la strada di un ulteriore posticipo delle scadenze dopo ottobre, perché accrescerebbe ulteriormente il numero di veicoli non revisionati circolanti, impattando drammaticamente sulla sicurezza stradale;
    il posticipo previsto, peraltro, mette a serio rischio di sopravvivenza finanziaria gran parte dei centri di revisione che, pur essendo aziende private, svolgono un servizio di pubblica necessità: il settore in Italia conta 9 mila aziende autorizzate, che occupano 30.000 addetti ed altri 20.000 d'indotto, per complessivi 15-16 milioni di controlli obbligatori all'anno;
    si stima che, tra marzo e luglio, saranno circa 6,7 milioni i veicoli che resteranno indietro con la revisione obbligatoria, cui si aggiunge un volume di circa 1,3 milioni dei veicoli in scadenza ad ottobre: il mercato italiano si troverà, quindi, nel mese di ottobre un volume totale di 8 milioni di veicoli con la revisione già scaduta e da sottoporre ad ispezione al più presto;
    tale situazione, se confermata, rischia di determinare un disallineamento nel meccanismo delle revisioni che potrebbe ripercuotersi anche negli anni successivi,

impegna il Governo

a prevedere una rimodulazione della proroga al 31 ottobre 2020 della scadenza delle revisioni, anticipandole e scadenzandole già a partire dal mese di giugno, al fine di agevolare l'attività degli oltre nove mila centri di revisione italiani e preservare, al contempo, la sicurezza su strada.
9/2461-AR/16Luca De Carlo, Acquaroli, Galantino, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame prevede che SACE S.p.a. conceda garanzie, in via temporanea fino al 31 dicembre, in favore della banche, delle istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito, per finanziamenti sotto qualsiasi forma erogati alle imprese italiane, nella misura massima di 200 miliardi di euro, trenta dei quali riservati alle piccole e medie imprese, inclusi lavoratori autonomi e liberi professionisti, che non rientrano tra quelle in difficoltà come definite dalla normativa europea;
    per tale operatività, SACE S.p.a. è assistita da una garanzia dello Stato, a prima richiesta (esplicita, incondizionata e irrevocabile) a copertura tanto del rimborso del capitale quanto del pagamento degli interessi;
    l'articolo 12 del decreto-legge, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, chiarisce che nell'ambito della nozione dei lavoratori autonomi che hanno accesso al Fondo di solidarietà mutui «prima casa» (cosiddetto «Fondo Gasparrini») rientrano anche le ditte individuali, gli artigiani, i soggetti indicati dall'articolo 2083 del codice civile. Si prevede, altresì, che i benefici del predetto Fondo siano concessi per un periodo di nove mesi dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, anche ai mutui in ammortamento da meno di un anno;
    l'articolo 13 del decreto-legge in esame, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, introduce — fino al 31 dicembre 2020 — un potenziamento e un'estensione dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e le imprese Mid-cap (fino a 499 dipendenti), in deroga alla disciplina ordinaria,

impegna il Governo

a volere riferire periodicamente alle competenti commissioni parlamentari in ordine ai risultati derivanti dall'applicazione delle norme di cui in premessa, con particolare riferimento al numero di domande presentate, accolte e — laddove previsto — dei fondi erogati per ciascuna di esse, con specifica distinzione per quanto riguarda l'articolo 1 a quelle relative alle piccole e medie imprese, rispetto alle restanti, oltre che specifica distinzione per quanto riguarda l'articolo 12 alle garanzie fino a 25.000 euro, rispetto a quelle superiori.
9/2461-AR/17Foti, Butti, Mantovani, Zucconi, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del provvedimento in esame prevede che SACE S.p.a. conceda garanzie, in via temporanea fino al 31 dicembre, in favore della banche, delle istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all'esercizio del credito, per finanziamenti sotto qualsiasi forma erogati alle imprese italiane, nella misura massima di 200 miliardi di euro, trenta dei quali riservati alle piccole e medie imprese, inclusi lavoratori autonomi e liberi professionisti, che non rientrano tra quelle in difficoltà come definite dalla normativa europea;
    per tale operatività, SACE S.p.a. è assistita da una garanzia dello Stato, a prima richiesta (esplicita, incondizionata e irrevocabile) a copertura tanto del rimborso del capitale quanto del pagamento degli interessi;
    l'articolo 12 del decreto-legge, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, chiarisce che nell'ambito della nozione dei lavoratori autonomi che hanno accesso al Fondo di solidarietà mutui «prima casa» (cosiddetto «Fondo Gasparrini») rientrano anche le ditte individuali, gli artigiani, i soggetti indicati dall'articolo 2083 del codice civile. Si prevede, altresì, che i benefici del predetto Fondo siano concessi per un periodo di nove mesi dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, anche ai mutui in ammortamento da meno di un anno;
    l'articolo 13 del decreto-legge in esame, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, introduce — fino al 31 dicembre 2020 — un potenziamento e un'estensione dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e le imprese Mid-cap (fino a 499 dipendenti), in deroga alla disciplina ordinaria,

impegna il Governo

a dare la disponibilità a riferire periodicamente alle competenti Commissioni parlamentari che ne facciano richiesta in ordine ai risultati derivanti dall'applicazione delle norme di cui in premessa, con particolare riferimento al numero di domande presentate, accolte e — laddove previsto — dei fondi erogati per ciascuna di esse, con specifica distinzione per quanto riguarda l'articolo 1 a quelle relative alle piccole e medie imprese, rispetto alle restanti, oltre che specifica distinzione per quanto riguarda l'articolo 12 alle garanzie fino a 25.000 euro, rispetto a quelle superiori.
9/2461-AR/17. (Testo modificato nel corso della seduta)  Foti, Butti, Mantovani, Zucconi, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto «decreto liquidità» ha disposto l'apertura di linee di finanziamento agevolate con garanzie statali nei confronti delle attività produttive che hanno subito sostanziali perdite di fatturato a seguito dell'applicazione delle misure di contenimento all'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    in dettaglio, l'atto in oggetto consente la concessione di credito da parte delle banche mediante l'apporto di garanzie statali dal 70 per cento al 100 per cento sulla base del volume di affari e del personale impiegato dalle aziende;
    sono state rilevate numerose criticità, anche di ordine tecnico, che non rendono la concessione di questi prestiti agevole ed immediata;
    gli operatori dei comparti legati a turismo, ristorazione, ricezione ed accoglienza sono tra i più colpiti dalla crisi economica da COVID-19, sia per i nuovi e sopravvenuti costi di messa in regola e predisposizione dei locali alla luce delle nuove normative di sicurezza, sia per il mancato fatturato e volume d'affari dovuto ad una tardiva partenza della stagione turistica (sia per quanto riguarda le aree di mare che di montagna);
    la misura, sostenendo prestiti del valore pari al 25 per cento del fatturato dell'anno 2019, non risponde alle esigenze delle attività turistico-ricettive legate a forte stagionalità, nelle quali i giri di affari più intensi si possono ricondurre a 2-3 mensilità specifiche;
    il turismo, in Italia, includendo l'indotto e relativo giro d'affari, incide complessivamente per circa il 13 per cento del PIL nazionale, pari ad un valore economico di oltre 220 miliardi, confermandosi come settore strategico e da tutelare con ogni mezzo,

impegna il Governo

a predisporre forme di prestito con garanzie statali indirizzate esclusivamente agli operatori del settore turistico, includendo quindi stabilimenti balneari, alberghi, agriturismi, bar, ristoranti, operatori culturali, parchi giochi ed affini, con un plafond corrispondente ai 3 migliori mesi dell'anno 2019 per volume d'affari, di durata equivalente ad almeno 10 anni, con garanzia statale pari ad almeno l'80 per cento, a salire sulla base delle dimensioni economico-aziendali dei richiedenti e con modalità di richiesta semplificate sulla base di quanto già fatto per i prestiti garantiti dallo Stato al 100 per cento.
9/2461-AR/18Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, cosiddetto «decreto liquidità» ha disposto l'apertura di linee di finanziamento agevolate con garanzie statali nei confronti delle attività produttive che hanno subito sostanziali perdite di fatturato a seguito dell'applicazione delle misure di contenimento all'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    in dettaglio, l'atto in oggetto consente la concessione di credito da parte delle banche mediante l'apporto di garanzie statali dal 70 per cento al 100 per cento sulla base del volume di affari e del personale impiegato dalle aziende;
    sono state rilevate numerose criticità, anche di ordine tecnico, che non rendono la concessione di questi prestiti agevole ed immediata;
    gli operatori dei comparti legati a turismo, ristorazione, ricezione ed accoglienza sono tra i più colpiti dalla crisi economica da COVID-19, sia per i nuovi e sopravvenuti costi di messa in regola e predisposizione dei locali alla luce delle nuove normative di sicurezza, sia per il mancato fatturato e volume d'affari dovuto ad una tardiva partenza della stagione turistica (sia per quanto riguarda le aree di mare che di montagna);
    la misura, sostenendo prestiti del valore pari al 25 per cento del fatturato dell'anno 2019, non risponde alle esigenze delle attività turistico-ricettive legate a forte stagionalità, nelle quali i giri di affari più intensi si possono ricondurre a 2-3 mensilità specifiche;
    il turismo, in Italia, includendo l'indotto e relativo giro d'affari, incide complessivamente per circa il 13 per cento del PIL nazionale, pari ad un valore economico di oltre 220 miliardi, confermandosi come settore strategico e da tutelare con ogni mezzo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre forme di prestito con garanzie statali indirizzate esclusivamente agli operatori del settore turistico, includendo quindi stabilimenti balneari, alberghi, agriturismi, bar, ristoranti, operatori culturali, parchi giochi ed affini.
9/2461-AR/18. (Testo modificato nel corso della seduta)  Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto «Cura Italia», all'articolo 42, secondo comma, prevede che i casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro debbano essere iscritti al registro dell'INAIL come infortunio sul lavoro;
    tale automatismo, che paragona l'infezione da COVID-19 all'infortunio sul lavoro, non offre chiarimenti sui criteri necessari per stabilire con chiarezza se il lavoratore è stato contagiato sul luogo di lavoro e non fuori, creando numerose incertezze nei confronti dei datori di lavoro;
    nel dettaglio, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, all'articolo 2, secondo comma, impone a tutte le imprese che non hanno sospeso la propria attività di osservare il «protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro» sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali ed aggiornato lo scorso 24 aprile 2020;
    con comunicato stampa in data 15 maggio 2020, l'INAIL ha specificato come l'infortunio sul lavoro per COVID-19 non sia collegato alla responsabilità penale e civile del datore di lavoro, il quale quindi risponde penalmente e civilmente delle infezioni di origine professionale solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa;
    tale comunicazione non è stata accompagnata da alcun intervento normativo, non rispondendo quindi alle necessità di garanzie e certezze richieste da numerosi datori di lavoro,

impegna il Governo

a riformare la normativa vigente sulla parificazione dell'infezione da COVID-19 all'infortunio sul lavoro, come in premessa, prevedendo il novero del COVID-19 all'interno del trattamento di malattia come da articolo 2110 del codice civile per tutte le professioni di natura non sanitaria.
9/2461-AR/19Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, cosiddetto «Cura Italia», all'articolo 42, secondo comma, prevede che i casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro debbano essere iscritti al registro dell'INAIL come infortunio sul lavoro;
    tale automatismo, che paragona l'infezione da COVID-19 all'infortunio sul lavoro, non offre chiarimenti sui criteri necessari per stabilire con chiarezza se il lavoratore è stato contagiato sul luogo di lavoro e non fuori, creando numerose incertezze nei confronti dei datori di lavoro;
    nel dettaglio, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 aprile 2020, all'articolo 2, secondo comma, impone a tutte le imprese che non hanno sospeso la propria attività di osservare il «protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro» sottoscritto dal Governo e dalle parti sociali ed aggiornato lo scorso 24 aprile 2020;
    con comunicato stampa in data 15 maggio 2020, l'INAIL ha specificato come l'infortunio sul lavoro per COVID-19 non sia collegato alla responsabilità penale e civile del datore di lavoro, il quale quindi risponde penalmente e civilmente delle infezioni di origine professionale solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa;
    tale comunicazione non è stata accompagnata da alcun intervento normativo, non rispondendo quindi alle necessità di garanzie e certezze richieste da numerosi datori di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riformare la normativa vigente sulla parificazione dell'infezione da COVID-19 all'infortunio sul lavoro, come in premessa, prevedendo il novero del COVID-19 all'interno del trattamento di malattia come da articolo 2110 del codice civile per tutte le professioni di natura non sanitaria.
9/2461-AR/19. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame intende trasformare il Fondo di Garanzia per le Pmi in uno strumento capace di garantire fino a 100 miliardi di euro di liquidità, potenziandone la dotazione finanziaria ed estendendone l'utilizzo anche alle imprese fino a 499 dipendenti;
    è prevista, altresì, la possibilità di concedere alle imprese più grandi garanzie statali sui prestiti bancari attraverso Sace;
    le modalità di applicazione del decreto «liquidità» non consentiranno una reale semplificazione burocratica degli iter, poiché, seppur venga prevista la garanzia dello Stato, le banche saranno tenute ugualmente a predisporre un'istruttoria prima di concedere il prestito. Per erogare le risorse bisognerà, infatti, rispettare tutte le normative, anche quelle previgenti, a cui decreto non ha realmente posto adeguata deroga;
    la gravità della crisi e l'incertezza sui tempi e sulla rapidità della ripresa dell'attività economica, la semplificazione e la sburocratizzazione degli oneri aziendali ricopre una necessità primaria;
    il capo del servizio struttura economica della Banca d'Italia, Fabrizio Balassone, in audizione alla Camera ha riconosciuto che «la concessione di garanzie pubbliche, soprattutto alle Pmi, è uno strumento adatto a incentivare le banche a fornire la liquidità necessaria a far fronte alla crisi» ma ha altresì ricordato che «la sua efficacia richiede che le norme che ne regolano l'utilizzo siano rese rapidamente operative, che le strutture che lo gestiscono abbiano le risorse finanziarie e tecniche necessarie, che le garanzie vengano effettivamente concesse alle imprese che ne hanno bisogno per superare l'emergenza e che il processo sia al riparo dai rischi di infiltrazione da parte di attività illegali. Si richiede, in altri termini, di condurre al meglio un difficile esercizio di conciliazione delle esigenze di rapidità d'azione con quelle di controllo di efficacia e di legalità»;
    il TUB prevede che l'erogante un prestito che poi non viene restituito per un default aziendale, possa essere imputato di concorso in bancarotta o di concessione di credito abusiva; tale previsione per i finanziamenti previsti dal decreto in esame necessita di una correzione al fine di non pregiudicare la tempistica delle procedure di accesso e l'erogazione ai crediti garantiti;
    per privilegiare al massimo la rapidità di erogazione – ha suggerito il Capo del Servizio Struttura economica della Banca d'Italia Fabrizio Balassone – è necessario stabilire esplicitamente che la valutazione del merito di credito è assolta con la sola verifica formale della sussistenza dei requisiti previsti dal decreto,

impegna il Governo

a sospendere per i finanziamenti di cui al presente decreto tutte le normative in vigore, relativamente alla valutazione del merito di credito, del reating bancario e della valutazione di affidabilità per le imprese nonché delle istruttorie da parte degli istituti di credito.
9/2461-AR/20Silvestroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    in particolare, l'articolo 1 dispone che SACE S.p.A., il fine assicurare la necessaria liquidità alle piccole e medie imprese colpite dall'accademia Covid-19, conceda fino al 31 dicembre 2020 garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio dei credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese che ne facciano richiesta;
    una specifica categoria di imprese che necessita di opportuna tutela in questo periodo di emergenza sanitaria è rappresentata dalle imprese destinatarie di provvedimenti ablativi disposti dall'autorità giudiziaria;
    a differenza delle imprese in bonis, infatti, le imprese in sequestro e/o confisca, la cui attività viene condotta da un amministratore giudiziario nominato dal tribunale, sono aziende per le quali l'accesso al credito bancario è precluso e non possono contare sull'intervento dei soci al fine di ottenerne liquidità, indispensabile per la fase di riavvio dell'attività produttiva;
    l'impossibilità di poter accedere alle misure di cui al citato articolo 1 determinerà l'impossibilità per tali imprese di riaprire o di dover cessare la propria attività nei mesi immediatamente successivi alla ripresa delle attività economiche;
    la legge di stabilità dei 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208), per il triennio 2016/2019, ha autorizzato una spesa pari ad euro 10 milioni annui da destinarsi al sostengo economico per tali tipologie di imprese e, ad oggi, i fondi disponibili ammontano ad euro 26.350.300,00, a cui se ne aggiungono per la regione Sicilia altri 15.400.000,00 euro; tali risorse, però, possono essere richieste esclusivamente per fabbisogno finanziario aggiuntivo, determinato da un insufficiente accesso al credito bancario o dalla sua contrazione o investimenti produttivi, per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, per ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, finalizzati alla tutela e incremento dei livelli occupazionali ed emersione del lavoro irregolare;
    è necessario estendere l'ambito applicativo di tali fondi, destinati a finanziare il fabbisogno circolante con procedure semplificare di accesso, senza ulteriore aggravio della spesa pubblica in quanto si tratta di fondi già stanziati ma non ancora utilizzati;
    il mancato riavvio di attività aziendali, sottratte al controllo della criminalità organizzata e oggi amministrate ai sensi del Codice Antimafia di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, renderebbe vane le finalità economiche, sociali e soprattutto di giustizia e contrasto alle mafie che hanno motivato l'adozione dei relativi procedimenti ablativi,

impegna il Governo

a garantire l'accesso a forme di finanziamento agevolato, con procedure semplificate, a valere sui fondi già stanziati, alle aziende sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, anche se destinatarie delle misure di sostegno economico e finanziario di cui all'articolo 1, comma 195, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e al Decreto interministeriale 4 novembre 2016, al fine di garantire la copertura delle temporanee carenze di liquidità generate direttamente o indirettamente dalla diffusione dell'epidemia da COVID-19.
9/2461-AR/21Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    in particolare, l'articolo 1 dispone che SACE S.p.A., il fine assicurare la necessaria liquidità alle piccole e medie imprese colpite dall'accademia Covid-19, conceda fino al 31 dicembre 2020 garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio dei credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle imprese che ne facciano richiesta;
    una specifica categoria di imprese che necessita di opportuna tutela in questo periodo di emergenza sanitaria è rappresentata dalle imprese destinatarie di provvedimenti ablativi disposti dall'autorità giudiziaria;
    a differenza delle imprese in bonis, infatti, le imprese in sequestro e/o confisca, la cui attività viene condotta da un amministratore giudiziario nominato dal tribunale, sono aziende per le quali l'accesso al credito bancario è precluso e non possono contare sull'intervento dei soci al fine di ottenerne liquidità, indispensabile per la fase di riavvio dell'attività produttiva;
    l'impossibilità di poter accedere alle misure di cui al citato articolo 1 determinerà l'impossibilità per tali imprese di riaprire o di dover cessare la propria attività nei mesi immediatamente successivi alla ripresa delle attività economiche;
    la legge di stabilità dei 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208), per il triennio 2016/2019, ha autorizzato una spesa pari ad euro 10 milioni annui da destinarsi al sostengo economico per tali tipologie di imprese e, ad oggi, i fondi disponibili ammontano ad euro 26.350.300,00, a cui se ne aggiungono per la regione Sicilia altri 15.400.000,00 euro; tali risorse, però, possono essere richieste esclusivamente per fabbisogno finanziario aggiuntivo, determinato da un insufficiente accesso al credito bancario o dalla sua contrazione o investimenti produttivi, per la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, per ristrutturazione e riorganizzazione aziendale, finalizzati alla tutela e incremento dei livelli occupazionali ed emersione del lavoro irregolare;
    è necessario estendere l'ambito applicativo di tali fondi, destinati a finanziare il fabbisogno circolante con procedure semplificare di accesso, senza ulteriore aggravio della spesa pubblica in quanto si tratta di fondi già stanziati ma non ancora utilizzati;
    il mancato riavvio di attività aziendali, sottratte al controllo della criminalità organizzata e oggi amministrate ai sensi del Codice Antimafia di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, renderebbe vane le finalità economiche, sociali e soprattutto di giustizia e contrasto alle mafie che hanno motivato l'adozione dei relativi procedimenti ablativi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire l'accesso a forme di finanziamento agevolato, con procedure semplificate, a valere sui fondi già stanziati, alle aziende sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, anche se destinatarie delle misure di sostegno economico e finanziario di cui all'articolo 1, comma 195, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e al Decreto interministeriale 4 novembre 2016, al fine di garantire la copertura delle temporanee carenze di liquidità generate direttamente o indirettamente dalla diffusione dell'epidemia da COVID-19.
9/2461-AR/21. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    in particolare, le organizzazioni del terzo Settore si trovano a fronteggiare una crisi enorme sotto il profilo economico e sociale, senza poter fruire della maggior parte dei benefici previsti dai decreti d'urgenza emanati in questi mesi. A dispetto del titolo utilizzato, ovvero «liquidità», per una buona parte del terzo settore, infatti, non sono previsti specifici interventi di natura finanziaria;
    la crisi nel terzo settore emerge anche dai dati resi noti a fine aprile dalla piattaforma Italia Non Profit su un campione di 600 organizzazioni del privato sociale: il 45 per cento degli enti è totalmente fermo, il 33 per cento ha dimezzato la propria attività, il 12 per cento l'ha ridotta in parte, il 4 per cento è attivo in minima parte;
    tutte le attività di raccolta fondi che permettevano a tali organizzazioni di mantenersi in vita sono state, peraltro, bruscamente interrotte a causa delle impellenti necessità di dirottare gli interventi economici, effettuati dagli enti caritatevoli erogatori, verso le pressanti necessità sanitarie focalizzate sull'epidemia da COVID-19;
    in ragione della loro utilità sociale, nonché dell'assenza di lucro e quindi di margine economico positivo necessario per assorbire le ingenti perdite d'esercizio che si determineranno, si rende necessaria una misura specifica che possa contribuire ad evitare il rischio di chiusura di tantissimi servizi di interesse generale,

impegna il Governo

a riconoscere agli Enti del Terzo Settore, comprese le Cooperative Sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, che svolgono attività in modalità residenziale e semi residenziale comprese tra quelle indicate alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, il beneficio della riduzione del 50 per cento dei contributi previdenziali a carico datoriale per tutti i lavoratori dipendenti.
9/2461-AR/22Bellucci, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    in particolare, le organizzazioni del terzo Settore si trovano a fronteggiare una crisi enorme sotto il profilo economico e sociale, senza poter fruire della maggior parte dei benefici previsti dai decreti d'urgenza emanati in questi mesi. A dispetto del titolo utilizzato, ovvero «liquidità», per una buona parte del terzo settore, infatti, non sono previsti specifici interventi di natura finanziaria;
    la crisi nel terzo settore emerge anche dai dati resi noti a fine aprile dalla piattaforma Italia Non Profit su un campione di 600 organizzazioni del privato sociale: il 45 per cento degli enti è totalmente fermo, il 33 per cento ha dimezzato la propria attività, il 12 per cento l'ha ridotta in parte, il 4 per cento è attivo in minima parte;
    tutte le attività di raccolta fondi che permettevano a tali organizzazioni di mantenersi in vita sono state, peraltro, bruscamente interrotte a causa delle impellenti necessità di dirottare gli interventi economici, effettuati dagli enti caritatevoli erogatori, verso le pressanti necessità sanitarie focalizzate sull'epidemia da COVID-19;
    in ragione della loro utilità sociale, nonché dell'assenza di lucro e quindi di margine economico positivo necessario per assorbire le ingenti perdite d'esercizio che si determineranno, si rende necessaria una misura specifica che possa contribuire ad evitare il rischio di chiusura di tantissimi servizi di interesse generale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconoscere agli Enti del Terzo Settore, comprese le Cooperative Sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, che svolgono attività in modalità residenziale e semi residenziale comprese tra quelle indicate alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell'articolo 5 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, i benefici anche in termini di fiscalizzazione parziale dei contributi previdenziali a carico datoriale per tutti i lavoratori dipendenti.
9/2461-AR/22. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bellucci, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    in particolare, l'articolo 13 introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un'estensione dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria e alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea);
    mentre per molti il percorso per ottenere i prestiti necessari a tenere in vita le attività schiacciate dall'emergenza sanitaria si sta rivelando più difficile del previsto, per altri l'accesso al credito è, di fatto, impossibile e, paradossalmente, si tratta proprio di quegli imprenditori che hanno un «conto aperto» con lo Stato;
    i correntisti delle Poste, infatti, sono esclusi dalle misure del decreto, poiché Poste Italiane non è tra gli intermediari finanziari attraverso cui è possibile ottenere i fondi previsti dal decreto: per poter fare richiesta del prestito fino a 25 mila euro garantito al 100 per cento è necessario avere un conto corrente esclusivamente presso una banca,

impegna il Governo

a includere Poste Italiane tra i soggetti abilitati all'erogazione del credito che, in base al decreto in esame, possono erogare i prestiti fino a 25 mila euro garantiti al 100 per cento dal Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese.
9/2461-AR/23Ferro, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    in particolare, l'articolo 13 introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un'estensione dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria e alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea);
    mentre per molti il percorso per ottenere i prestiti necessari a tenere in vita le attività schiacciate dall'emergenza sanitaria si sta rivelando più difficile del previsto, per altri l'accesso al credito è, di fatto, impossibile e, paradossalmente, si tratta proprio di quegli imprenditori che hanno un «conto aperto» con lo Stato;
    i correntisti delle Poste, infatti, sono esclusi dalle misure del decreto, poiché Poste Italiane non è tra gli intermediari finanziari attraverso cui è possibile ottenere i fondi previsti dal decreto: per poter fare richiesta del prestito fino a 25 mila euro garantito al 100 per cento è necessario avere un conto corrente esclusivamente presso una banca,

impegna il Governo

ad individuare le modalità affinché possa essere inclusa Poste Italiane tra i soggetti abilitati all'erogazione del credito che, in base al decreto in esame, possono erogare i prestiti fino a 25 mila euro garantiti al 100 per cento dal Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese.
9/2461-AR/23. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ferro, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    la pandemia avrà un grave impatto sul capitale economico con una drastica riduzione della capacità produttiva e crollo degli investimenti nonché sul capitale umano con un vertiginoso incremento della disoccupazione e della sottoccupazione;
    nel mese di marzo l'ASviS ha condotto una prima valutazione qualitativa della crisi sulla base dell'andamento prevedibile degli oltre 100 indicatori elementari utilizzati, con riferimento all'Italia, per elaborare gli indici compositi per i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile concentrandosi sugli effetti a breve termine della crisi cioè nel corso del 2020;
    la suddetta analisi ha utilizzato come parametro di riferimento gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) dell'Agenda ONU 2030 determinando – a causa della crisi in atto – un impatto largamente negativo per i Goal 1 (povertà), 3 (salute), 4 (istruzione), 8 (condizione economica e occupazionale), 9 (innovazione) e 10 (disuguaglianze);
    l'Agenda 2030 si occupa, per sua stessa impostazione, di un ampio spettro di profili legati alla sostenibilità ovvero le dimensioni sociali, economiche, ambientali e istituzionali;
    l'analisi Asvis «Politiche per fronteggiarla crisi da COVID-19 e realizzare l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile» pubblicata il 5 maggio 2020, evidenzia che la crisi economica non faccia bene allo sviluppo sostenibile, rischiando di pregiudicare i passi avanti sin qui fatti in sede nazionale ed internazionale;
    un sondaggio condotto dall'Ipsos e realizzato in 14 Paesi tra il 16 e il 19 aprile su un campione di circa 28 mila persone rivela che il 65 per cento degli intervistati ritiene che ci sia bisogno di una ripresa economica centrata sulle tematiche green per uscire dalla crisi provocata dagli effetti del COVID-19,

impegna il Governo

a disegnare delle politiche pubbliche orientate a rispondere alla crisi tenendo presente – in maniera sinergica e complementare – tutte le dimensioni della sostenibilità anche attraverso l'erogazione di contributi, bonus e incentivi che vadano a promuovere, laddove assenti, o a premiare, qualora vi sia una prassi consolidata all'interno dell'organizzazione, tutte quelle realtà aziendali che andranno ad attuare una strategia di crescita sostenibile e responsabilità sociale.
9/2461-AR/24Mantovani, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    la grave emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese a causa del COVID-19, ha condotto il Governo ad adottare urgenti misure per potenziare il Servizio Sanitario Nazionale e sostenere le imprese, i lavoratori in generale e le famiglie;
    si è intervenuti, in particolare, per incrementare il personale sanitario, coinvolto in prima linea nella lotta contro la rapida diffusione epidemiologica;
    le misure di contenimento che sono state previste per fronteggiare l'emergenza epidemiologica durante la cosiddetta «fase uno», continueranno, seppur con attenuazioni, durante la «fase due», richiedendo il massimo impegno non solo del personale sanitario ma altresì degli appartenenti ai comparti difesa, sicurezza e soccorso pubblico che rappresentano un presidio irrinunciabile a tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e punto di riferimento inalienabile per i cittadini;
    al fine di garantire maggiore supporto alle operazioni di controllo, necessarie per l'esecuzione delle misure adottate in materia di contenimento e gestione epidemiologica, occorre varare un piano di assunzioni straordinario per tali comparti che da anni soffrono una grave carenza di organico e di mezzi indispensabili per adempiere efficacemente alle funzioni di difesa, controllo e sicurezza del territorio cui sono preposti;
    in questa fase emergenziale, destinata a protrarsi ancora per lungo tempo, l'ampliamento di organico potrebbe avvenire attingendo dalle graduatorie dei concorsi pubblici, ancora valide, che consentirebbero celermente di reperire personale qualificato ed evitare l'attesa dell'espletamento dei nuovi concorsi pubblici che riprenderanno a seguito della sospensione disposta dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazione, in legge 24 aprile 2020, n. 27;
    tale azione di Governo rappresenterebbe un segnale importante per attribuire la dovuta e giusta dignità professionale oltre che personale ai tanti aspiranti candidati idonei che – dopo aver superato le prove scritte e quelle psicoattitudinali – legittimamente attendono, alcuni anche da diversi anni, di poter contribuire alla difesa della Nazione;
    in particolare, tra gli idonei non vincitori dei concorsi in attesa di scorrimento delle graduatorie, vi sono, tra l'altro, anche i volontari in ferma prefissata (VFP1 e VFP4) che, come noto, hanno già maturato durante il loro percorso lavorativo, oltre che di studio, le dovute conoscenze e competenze utili per il ruolo richiesto e soprattutto indispensabili in questo tragico momento storico;
    coloro che hanno partecipato ai concorsi e che attendono lo scorrimento delle graduatorie rappresentano, senza dubbio, una risorsa alla quale poter attingere non solo per ripianare le gravi carenze di organico ma anche per evitare ulteriori e maggiori oneri che deriverebbero nell'ipotesi in cui si preferisse arruolare personale mediante l'espletamento di nuovi concorsi pubblici;
    l'ampliamento di organico, inoltre, mediante l'avvio di nuovi concorsi, contrasterebbe con l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza amministrativa, in base al quale lo scorrimento delle graduatorie preesistenti e vigenti deve costituire la regola, mentre l'indizione di un nuovo concorso dovrebbe costituire l'eccezione e richiedere perciò una approfondita motivazione che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico (Cons. di Stato, sentenza dell'adunanza plenaria n. 14 del 28 luglio 2011),

impegna il Governo

a procedere allo scorrimento fino ad esaurimento delle graduatorie ancora vigenti dei concorsi pubblici espletati nei comparti difesa, sicurezza e soccorso pubblico, al fine di attingere rapidamente personale qualificato e poter adeguatamente fronteggiare la grave emergenza epidemiologica dovuta alla diffusione del COVID-19.
9/2461-AR/25Cirielli, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame dispone, a seguito della modifica in sede referente, la sospensione dei termini di scadenza, ricadenti o decorrenti nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 agosto 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito emessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto, e ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva a quella stessa data;
    la citata disposizione inoltre chiarisce il campo di applicazione della sospensione, con specifico riferimento agli assegni bancari e postali; si stabilisce infine che i protesti o le constatazioni equivalenti levati dal 9 marzo 2020 fino al 31 agosto non sono trasmessi dai pubblici ufficiali alle Camere di Commercio; ove già pubblicati le Camere di Commercio provvedono d'ufficio alla loro cancellazione; sono inoltre sospese le informative al Prefetto e le iscrizioni nell'archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari, che, ove già effettuate, sono cancellate;
    per effetto delle modifiche approvate in sede referente il termine del 30 aprile 2020 originariamente previsto dal decreto-legge in esame è stato posticipato al 31 agosto 2020, tuttavia nelle more della conversione in legge la modifica approvata non è efficace e non produce effetti; in conseguenza di questo sfasamento temporale molte aziende rischiano una imminente crisi di liquidità perché dal 1o maggio e fino alla data di conversione in legge del decreto il sistema bancario potrà chiedere la chiusura dei conti e delle linee di affidamento e negare finanziamenti qualora si attivasse la levata di protesto nei confronti dell'imprenditore;
    affinché sia esperibile l'azione di regresso, la normativa vigente prevede che sia necessario che il protesto venga effettuato prima che sia trascorso il termine di presentazione, e mai oltre il giorno feriale successivo all'ultimo giorno del termine stesso: per la cambiale il protesto deve essere levato entro i due giorni feriali seguenti al giorno in cui la cambiale è pagabile, mentre per l'assegno nel termine di presentazione per l'incasso;
    la necessità di attivare la levata di protesto a pena di decadenza da parte dei creditori, nonostante la contingente situazione emergenziale che non permette a molte imprese di far fronte alle obbligazioni assunte, rischia, nonostante i buoni propositi della modifica apportata all'articolo in sede referente, di mandare in crisi molti commercianti che, in conseguenza di ciò, si troveranno ad affrontare una stretta creditizia fino alla totale chiusura dei rapporti da parte di tutto il sistema bancario tale da costringerli, nella disperazione, a rivolgersi a forme di finanziamento illegali;
    considerato l'ampio consenso parlamentare con il quale è stato approvato l'emendamento 11.1 all'AC. 2461 e facendo propria l'intenzione sostanziale del Parlamento a conferma ed estensione di una misura assunta dal Governo con il decreto-legge Liquidità al comma 1 dell'articolo 11,

impegna il Governo:

   a intervenire con atto d'urgenza (Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, decreto-legge con unico articolo da assorbire-integrare poi in iter di conversione decreto-legge Rilancio) per evitare soluzioni di continuità tra la scadenza inizialmente fissata per il 30 aprile e il giorno dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge Liquidità;
   in subordine ad avviare accordi urgenti con le associazioni di categoria del settore bancario e finanziario supportati da specifiche garanzie statali integrali sui prestiti che tali soggetti richiederanno, da specifica manleva per l'azienda bancaria e finanziaria e da uniforme modulo di richiesta pre-validato dalla Banca d'Italia affinché vengano agevolmente attivate speciali linee di credito volte a sostenere gli imprenditori, e in particolar modo i commercianti, che hanno subito un protesto nel periodo successivo al 30 aprile e fino al giorno dell'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto in conseguenza dell'impossibilità di far fronte alle obbligazioni assunte.
9/2461-AR/26Buratti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame dispone, a seguito della modifica in sede referente, la sospensione dei termini di scadenza, ricadenti o decorrenti nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 agosto 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito emessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto, e ad ogni altro atto avente efficacia esecutiva a quella stessa data;
    la citata disposizione inoltre chiarisce il campo di applicazione della sospensione, con specifico riferimento agli assegni bancari e postali; si stabilisce infine che i protesti o le constatazioni equivalenti levati dal 9 marzo 2020 fino al 31 agosto non sono trasmessi dai pubblici ufficiali alle Camere di Commercio; ove già pubblicati le Camere di Commercio provvedono d'ufficio alla loro cancellazione; sono inoltre sospese le informative al Prefetto e le iscrizioni nell'archivio degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento irregolari, che, ove già effettuate, sono cancellate;
    per effetto delle modifiche approvate in sede referente il termine del 30 aprile 2020 originariamente previsto dal decreto-legge in esame è stato posticipato al 31 agosto 2020, tuttavia nelle more della conversione in legge la modifica approvata non è efficace e non produce effetti; in conseguenza di questo sfasamento temporale molte aziende rischiano una imminente crisi di liquidità perché dal 1o maggio e fino alla data di conversione in legge del decreto il sistema bancario potrà chiedere la chiusura dei conti e delle linee di affidamento e negare finanziamenti qualora si attivasse la levata di protesto nei confronti dell'imprenditore;
    affinché sia esperibile l'azione di regresso, la normativa vigente prevede che sia necessario che il protesto venga effettuato prima che sia trascorso il termine di presentazione, e mai oltre il giorno feriale successivo all'ultimo giorno del termine stesso: per la cambiale il protesto deve essere levato entro i due giorni feriali seguenti al giorno in cui la cambiale è pagabile, mentre per l'assegno nel termine di presentazione per l'incasso;
    la necessità di attivare la levata di protesto a pena di decadenza da parte dei creditori, nonostante la contingente situazione emergenziale che non permette a molte imprese di far fronte alle obbligazioni assunte, rischia, nonostante i buoni propositi della modifica apportata all'articolo in sede referente, di mandare in crisi molti commercianti che, in conseguenza di ciò, si troveranno ad affrontare una stretta creditizia fino alla totale chiusura dei rapporti da parte di tutto il sistema bancario tale da costringerli, nella disperazione, a rivolgersi a forme di finanziamento illegali;
    considerato l'ampio consenso parlamentare con il quale è stato approvato l'emendamento 11.1 all'AC. 2461 e facendo propria l'intenzione sostanziale del Parlamento a conferma ed estensione di una misura assunta dal Governo con il decreto-legge Liquidità al comma 1 dell'articolo 11,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di:
    intervenire con atto d'urgenza (Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, decreto-legge con unico articolo da assorbire-integrare poi in iter di conversione decreto-legge Rilancio) per evitare soluzioni di continuità tra la scadenza inizialmente fissata per il 30 aprile e il giorno dell'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge Liquidità;
    in subordine avviare accordi urgenti con le associazioni di categoria del settore bancario e finanziario supportati da specifiche garanzie statali integrali sui prestiti che tali soggetti richiederanno, da specifica manleva per l'azienda bancaria e finanziaria e da uniforme modulo di richiesta pre-validato dalla Banca d'Italia affinché vengano agevolmente attivate speciali linee di credito volte a sostenere gli imprenditori, e in particolar modo i commercianti, che hanno subito un protesto nel periodo successivo al 30 aprile e fino al giorno dell'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto in conseguenza dell'impossibilità di far fronte alle obbligazioni assunte.
9/2461-AR/26. (Testo modificato nel corso della seduta)  Buratti.


   La Camera,
   premesso che:
    lo strumento su cui sono incentrate le disposizioni del decreto-legge n. 23 del 2020 a sostegno della liquidità delle imprese è la garanzia pubblica sui finanziamenti. Rispetto alla sovvenzione diretta, la garanzia pubblica esercita un effetto leva, che consente di mobilitare maggiori risorse a sostegno delle imprese;
    l'impiego delle misure previste dal decreto determinerà tuttavia un incremento dell'indebitamento delle imprese italiane, in media già elevato rispetto agli standard europei. Ciò avviene in un contesto in cui i ricavi di gran parte delle imprese sono, per un periodo significativo, significativamente ridotti a causa dell'emergenza COVID-19;
    è quindi necessario prevedere già oggi interventi che rafforzino la sostenibilità finanziaria dei bilanci delle imprese italiane, prevenendo in ultima istanza, l'accumulo di crediti deteriorati nel bilancio delle banche. Senza queste misure vi è il rischio che le banche possano in futuro avere difficoltà a rinnovare i prestiti verso imprese;
    mentre per le imprese di minori dimensioni l'impatto negativo della crisi sui flussi di cassa sarà solo in parte compensato dagli aggiustamenti di breve termine sui costi operativi e dagli aiuti pubblici già disponibili o per tramite di sovvenzioni dirette da parte dello Stato, per le imprese medio-grandi, indicativamente con fatturato superiore a 25 milioni o più di 50 dipendenti, sotto i 5 miliardi di fatturato, potrebbe essere messo in campo uno strumento che offre alle imprese non finanziarie un mezzo di ricapitalizzazione: parte dei finanziamenti ottenuti attraverso le misure previste dal decreto liquidità potrebbero essere convertiti in capitale di rischio, creando conseguentemente un nuovo soggetto nella forma di un Fondo di investimento a capitale prevalentemente pubblico che aiuti il sistema ad assorbire l'eccesso di indebitamento favorendone così la ricapitalizzazione, creando al contempo per lo Stato la possibilità di beneficiare degli utili delle imprese in ripresa economica oppure di cedere le proprie quote al mercato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di creare un nuovo strumento di ricapitalizzazione ovvero un Fondo di investimento, sottoscritto da Cassa Depositi e Prestiti, con la funzione di assicurare alle imprese con buoni fondamentali, ma in fragili situazioni patrimoniali, nuove iniezioni di capitale attraverso diverse tipologie di interventi, compresa la possibilità di acquistare strumenti ibridi, obbligazioni convertibili e speciali strumenti partecipativi.
9/2461-AR/27Ungaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene misure relative agli adempimenti fiscali per le imprese; attualmente le compensazioni dei debiti che le Amministrazioni Pubbliche hanno verso le imprese avviene solo in base alle somme dovute agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflattivi del contenzioso tributario;
    l'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29/07/1973 n. 602 dispone che i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo; generalmente si verifica che i funzionari addetti alla riscossione non provvedano alla compensazione a causa di una interpretazione che prevede che la data presunta di pagamento debba essere successiva alla data d'iscrizione a ruolo del debito;
    tale interpretazione genera numerosi contenziosi che vedono spesso lo Stato soccombente, con un aggravio di spese che pesano sul suo bilancio;
    una limitata modifica dell'articolo 28-quinquies, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29/07/1973 n. 602 permetterebbe inoltre alle imprese che svolgono servizi di somministrazione, forniture ed appalti nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche di compensare tutti i tributi (imposte, tasse e contributi) che derivano sia dalle liquidazioni periodiche che da quelle annuali;
    in questo modo le imprese disporrebbero più facilmente di quella liquidità che finirebbe indirettamente anche ai subfornitori/subappaltatori e, di contro, lo Stato, abbassando di volta in volta l'esposizione di credito, ridurrebbe i tempi di esposizione, generando risparmi e riducendo le esposizioni debitorie di bilancio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire, nel primo provvedimento utile, modifiche normative che favoriscano un più efficiente meccanismo di compensazione tra i crediti maturati dalle aziende nei confronti delle amministrazioni pubbliche e le somme dovute dalle stesse a seguito di iscrizione a ruolo.
9/2461-AR/28Rachele Silvestri, De Toma.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene misure relative agli adempimenti fiscali per le imprese; attualmente le compensazioni dei debiti che le Amministrazioni Pubbliche hanno verso le imprese avviene solo in base alle somme dovute agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflattivi del contenzioso tributario;
    l'articolo 28-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29/07/1973 n. 602 dispone che i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo; generalmente si verifica che i funzionari addetti alla riscossione non provvedano alla compensazione a causa di una interpretazione che prevede che la data presunta di pagamento debba essere successiva alla data d'iscrizione a ruolo del debito;
    tale interpretazione genera numerosi contenziosi che vedono spesso lo Stato soccombente, con un aggravio di spese che pesano sul suo bilancio;
    una limitata modifica dell'articolo 28-quinquies, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29/07/1973 n. 602 permetterebbe inoltre alle imprese che svolgono servizi di somministrazione, forniture ed appalti nei confronti delle Amministrazioni Pubbliche di compensare tutti i tributi (imposte, tasse e contributi) che derivano sia dalle liquidazioni periodiche che da quelle annuali;
    in questo modo le imprese disporrebbero più facilmente di quella liquidità che finirebbe indirettamente anche ai subfornitori/subappaltatori e, di contro, lo Stato, abbassando di volta in volta l'esposizione di credito, ridurrebbe i tempi di esposizione, generando risparmi e riducendo le esposizioni debitorie di bilancio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, nel primo provvedimento utile, modifiche normative che favoriscano un più efficiente meccanismo di compensazione tra i crediti maturati dalle aziende nei confronti delle amministrazioni pubbliche e le somme dovute dalle stesse a seguito di iscrizione a ruolo.
9/2461-AR/28. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rachele Silvestri, De Toma.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame dell'Assemblea contiene disposizioni concernenti misure fiscali e contabili agevolative per le imprese ed altri operatori e relative al diffondersi del COVID-19;
    durante questo periodo di grave crisi epidemiologica sono risultate di tutta evidenza alcune falle del sistema Sanitario Nazionale;
    molte strutture ospedaliere sul territorio nazionale sono risultate sprovviste delle apparecchiature medico/sanitarie necessarie per affrontare la pandemia;
    abbiamo, quindi, assistito ad una gara di solidarietà di istituzioni, associazioni e privati cittadini, che hanno provveduto a raccogliere fondi per l'acquisto di attrezzature da mettere a disposizione del servizio pubblico;
   considerato che:
    sarebbe opportuno prevedere, una misura volta ad incentivare le donazioni di dette attrezzature,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che, per l'anno 2020, allo scopo di incentivare le donazioni di apparecchiature medico/sanitarie alle strutture ospedaliere, l'acquisto, da parte del donante, dei beni oggetto delle predette donazioni sia esente da IVA.
9/2461-AR/29Aprile.


   La Camera,
   premesso che:
    in ragione della fragile situazione attuale aggravata dall'emergenza sanitaria in seguito a COVID-19, assume evidenza la questione di rafforzare ulteriormente le misure di sostegno all'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese al fine di contrastare gli effetti negativi che la diffusione del virus COVID-19 ha iniziato a produrre sull'economia nazionale;
   tenuto conto che:
    secondo quanto disposto dall'articolo 13 del presente decreto, la norma riprende l'impianto già delineato dall'articolo 49 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, estendendo e rafforzando le misure in esso previste, tutte incardinate sullo sperimentato ed efficace strumento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
   considerato che:
    precedentemente all'esplosione della pandemia, l'intenso sfruttamento ambientale causato dal ritmo incontrollato della globalizzazione ha contribuito alla creazione delle condizioni favorevoli per la trasmissione e la resistenza del virus. Sebbene le misure preposte dal presente decreto siano finalizzate a garantire la continuità delle attività coinvolte al fine della ripresa e alla possibilità di mantenere l'indice di variazione della produzione all'interno di quei standard in grado di garantire la ripartenza, nella disposizione di tali misure non vi è alcuna previsione di condizionalità nel rispetto degli standard qualitativi ambientali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a vincolare la concessione delle garanzie previste per le imprese a garanzia della continuità delle loro attività nel rispetto dell'indice Bes (Benessere equo e sostenibile), in particolare per quanto riguarda gli indicatori delle emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti, tali da impedire che i livelli di inquinamento tornino ad essere quelli precedenti all'inizio della pandemia, fortemente nocivi per la salute dei cittadini nonché vettori di altre problematiche sia ambientali che sanitarie.
9/2461-AR/30Fioramonti.


   La Camera,
   premesso che:
    durante la pandemia globale del Coronavirus e soprattutto nei mesi di marzo ed aprile 2020 i mercati finanziari sono stati oggetto di generalizzate diminuzioni dei listini borsistici, che hanno coinvolto anche la Borsa Italiana con una conseguente diminuzione della capitalizzazione e dei valori delle principali aziende italiane quotate e che tale situazione potrebbe aumentare i rischi di scalate ostili nei confronti di primarie aziende nazionali;
    la Banca d'Italia attraverso l'Unità di informazione finanziaria (Uif) ha segnalato dei rischi «collaterali» derivanti dall'emergenza da COVID-19 sull'economia, che potrebbero esporre il sistema economico-finanziario domestico a rilevanti rischi di comportamenti illeciti, al pericolo di truffe, di fenomeni corruttivi e di possibili manovre speculative anche a carattere internazionale;
    l'indebolimento economico di famiglie e imprese, potrebbe comportare il conseguente rischio di usura e facilitare all'acquisizione diretta o indiretta delle aziende italiane, anche dal valore strategico nazionale, da parte delle organizzazioni criminali;
    di recente le stesse osservazioni sono state segnalate nella relazione sulla politica dell'informazione al Parlamento elaborata del Dipartimento per l'informazione e la Sicurezza inerente al capitolo «minacce all'economia nazionale ed al sistema Paese»;
    è stato anche esteso ed allargato lo strumento «Golden Power» a tutela dei settori di rilevanza strategica,

impegna il Governo

a istituire il Comitato per la sicurezza economica nazionale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri con compiti di coordinamento e monitoraggio della sicurezza nazionale e dei settori di rilevanza strategica in ambito economico attraverso anche la partecipazione dei rappresentati di Ministeri, le Agenzie di sicurezza, gli enti ed organismi di controllo e le principali istituzioni economico-finanziarie nazionali.
9/2461-AR/31Zennaro, Rospi, Nitti.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio di asilo nido è divenuto nel tempo un sostegno essenziale ai genitori per riuscire a conciliare la vita familiare con la propria attività professionale, a maggior ragione in questo periodo di emergenza in cui tutti i lavoratori devono riprendere necessariamente la propria occupazione per risollevarsi economicamente;
    il decreto-legge 19 maggio 2020 recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», all'articolo 105, fornisce un sostegno per la riapertura dei centri estivi diurni, servizi socioeducativi territoriali e centri con funzione educativa per bambini di età compresa tra 3 e 14 anni per il periodo da giugno a settembre 2020;
    dal decreto vengono tuttavia omessi provvedimenti per i servizi educativi dei bambini di età inferiore ai tre anni, per quanto questi, nella pratica, risultino di gestione ancora più complicata per i genitori proprio per il fatto che la loro minore età rende necessario un maggiore controllo ed una maggiore assistenza;
    è evidente che la mancata previsione della possibilità di riapertura per i centri che accolgono i bambini di età inferiore ai tre anni, come Asili Nido e Sez. Primavera, genera gravose ed inique conseguenze di tipo economico sia a carico dei genitori/lavoratori che non possono riprendere la propria attività professionale, sia a carico delle strutture che si occupavano esclusivamente dell'accoglienza dei minori in tale fascia di età, che sono ormai chiuse da diversi mesi;
    ciò impone, con gli accorgimenti necessari per la tutela della salute dei bambini nell'ambito della crisi sanitaria attuale, che venga autorizzata e regolata la riapertura dei centri anche per i bambini più piccoli e, ciò premesso,

impegna il Governo

ad adoperarsi immediatamente per disporre la riapertura dei centri estivi diurni, servizi socioeducativi territoriali e centri con funzione educativa, anche per i bambini di età inferiore a tre anni, predisponendo le linee guida ed ogni accorgimento utile a tutelare la salute dei minori in conformità con le attuali disposizioni di tutela e prevenzione collegate all'emergenza epidemiologica da COVID-19.
9/2461-AR/32Pedrazzini, Benigni, Gagliardi, Silli, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    il servizio di asilo nido è divenuto nel tempo un sostegno essenziale ai genitori per riuscire a conciliare la vita familiare con la propria attività professionale, a maggior ragione in questo periodo di emergenza in cui tutti i lavoratori devono riprendere necessariamente la propria occupazione per risollevarsi economicamente;
    il decreto-legge 19 maggio 2020 recante «Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», all'articolo 105, fornisce un sostegno per la riapertura dei centri estivi diurni, servizi socioeducativi territoriali e centri con funzione educativa per bambini di età compresa tra 3 e 14 anni per il periodo da giugno a settembre 2020;
    dal decreto vengono tuttavia omessi provvedimenti per i servizi educativi dei bambini di età inferiore ai tre anni, per quanto questi, nella pratica, risultino di gestione ancora più complicata per i genitori proprio per il fatto che la loro minore età rende necessario un maggiore controllo ed una maggiore assistenza;
    è evidente che la mancata previsione della possibilità di riapertura per i centri che accolgono i bambini di età inferiore ai tre anni, come Asili Nido e Sez. Primavera, genera gravose ed inique conseguenze di tipo economico sia a carico dei genitori/lavoratori che non possono riprendere la propria attività professionale, sia a carico delle strutture che si occupavano esclusivamente dell'accoglienza dei minori in tale fascia di età, che sono ormai chiuse da diversi mesi;
    ciò impone, con gli accorgimenti necessari per la tutela della salute dei bambini nell'ambito della crisi sanitaria attuale, che venga autorizzata e regolata la riapertura dei centri anche per i bambini più piccoli e, ciò premesso,

impegna il Governo

ad adoperarsi immediatamente, compatibilmente con l'esigenza di tutela della salute degli utenti e dei lavoratori, per disporre la riapertura dei centri estivi diurni, servizi socioeducativi territoriali e centri con funzione educativa, anche per i bambini di età inferiore a tre anni, predisponendo le linee guida ed ogni accorgimento utile a tutelare la salute dei minori in conformità con le attuali disposizioni di tutela e prevenzione collegate all'emergenza epidemiologica da COVID-19.
9/2461-AR/32. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pedrazzini, Benigni, Gagliardi, Silli, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    la pandemia di COVID-19 in corso sta avendo effetti deleteri sull'economia nazionale, con una riduzione del PIL stimata, secondo gli ultimi dati, attorno all'8 per cento;
    il territorio della provincia di Bergamo è tra i più colpiti dall'epidemia, con gravissime conseguenze sia dal punto di vista sociale che economico;
    la provincia di Bergamo rappresenta da sempre un motore per l'economia nazionale, contribuendo peraltro alla fiscalità generale con un residuo fiscale di oltre 3 miliardi di euro all'anno;
    le imprese della provincia di Bergamo e, in particolare, delle valli Seriana e Brembana, si trovano ad affrontare le molteplici difficoltà della ripresa, con la necessità di rispettare le misure di contenimento per la giusta salvaguardia della salute dei lavoratori;
    molte di queste imprese rischiano addirittura di non riaprire, con notevoli ed evidenti conseguenze sul piano occupazionale;
    appare dunque necessario definire misure straordinarie aggiuntive, specificamente dedicate al rilancio economico dei territori più colpiti;
    tra tali misure straordinarie, merita di essere presa in considerazione la definizione di regole speciali per la provincia di Bergamo, soprattutto sul piano fiscale, con istituzione di una Zona Economica Speciale;
    i provvedimenti per il rilancio economico possono essere inoltre l'occasione per predisporre un piano straordinario di investimenti sulle infrastrutture, che consenta l'implementazione di reti adeguate a sostenere la vivacità del contesto economico bergamasco e, dunque, una consistente e rapida ripresa;
    un adeguato piano di sviluppo, monitoraggio e ristrutturazione della rete infrastrutturale costituisce, infatti, evidente catalizzatore del rilancio economico, creando lavoro e consentendo di garantire alle imprese le condizioni migliori per l'esercizio ed il rilancio della loro attività,

impegna il Governo

al fine di creare i presupposti per un rapido e consistente rilancio economico dei territori più colpiti dalla pandemia di COVID-19, a valutare la predisposizione di un piano straordinario di risorse da destinare allo sviluppo, monitoraggio e ristrutturazione della rete infrastrutturale della provincia di Bergamo, nonché la definizione, nel medesimo territorio, di una Zona Economica Speciale, eventualmente anche limitatamente alla durata dell'emergenza sanitaria e all'anno successivo, con previsione di adeguate esenzioni e facilitazioni fiscali.
9/2461-AR/33Benigni, Sorte, Gagliardi, Pedrazzini, Silli.


   La Camera,
   premesso che:
    la pandemia di COVID-19 in corso sta avendo effetti deleteri sull'economia nazionale, con una riduzione del PIL stimata, secondo gli ultimi dati, attorno all'8 per cento;
    il territorio della provincia di Bergamo è tra i più colpiti dall'epidemia, con gravissime conseguenze sia dal punto di vista sociale che economico;
    la provincia di Bergamo rappresenta da sempre un motore per l'economia nazionale, contribuendo peraltro alla fiscalità generale con un residuo fiscale di oltre 3 miliardi di euro all'anno;
    le imprese della provincia di Bergamo e, in particolare, delle valli Seriana e Brembana, si trovano ad affrontare le molteplici difficoltà della ripresa, con la necessità di rispettare le misure di contenimento per la giusta salvaguardia della salute dei lavoratori;
    molte di queste imprese rischiano addirittura di non riaprire, con notevoli ed evidenti conseguenze sul piano occupazionale;
    appare dunque necessario definire misure straordinarie aggiuntive, specificamente dedicate al rilancio economico dei territori più colpiti;
    tra tali misure straordinarie, merita di essere presa in considerazione la definizione di regole speciali per la provincia di Bergamo e le altre province maggiormente colpite dall'emergenza COVID, soprattutto sul piano fiscale, con istituzione di una Zona Economica Speciale;
    i provvedimenti per il rilancio economico possono essere inoltre l'occasione per predisporre un piano straordinario di investimenti sulle infrastrutture, che consenta l'implementazione di reti adeguate a sostenere la vivacità del contesto economico bergamasco e delle altre province maggiormente colpite dall'emergenza COVID e, dunque, una consistente e rapida ripresa;
    un adeguato piano di sviluppo, monitoraggio e ristrutturazione della rete infrastrutturale costituisce, infatti, evidente catalizzatore del rilancio economico, creando lavoro e consentendo di garantire alle imprese le condizioni migliori per l'esercizio ed il rilancio della loro attività,

impegna il Governo

al fine di creare i presupposti per un rapido e consistente rilancio economico dei territori più colpiti dalla pandemia di COVID-19, a valutare la predisposizione di un piano straordinario di risorse da destinare allo sviluppo, monitoraggio e ristrutturazione della rete infrastrutturale della provincia di Bergamo e delle altre province maggiormente colpite dall'emergenza COVID, nonché la definizione, nel medesimo territorio, di una Zona Economica Speciale, eventualmente anche limitatamente alla durata dell'emergenza sanitaria e all'anno successivo, con previsione di adeguate esenzioni e facilitazioni fiscali.
9/2461-AR/33. (Testo modificato nel corso della seduta)  Benigni, Sorte, Gagliardi, Pedrazzini, Silli.


   La Camera,
   premesso che:
    da anni si palesa la necessità di «sburocratizzare» e semplificare le procedure amministrative, avviando una imponente opera di riordino e snellimento della macchina pubblica ed attuando una drastica semplificazione di tutte le complesse procedure amministrative legate a fisco, edilizia, autorizzazioni di inizio attività d'impresa e contratti pubblici;
    la pandemia di COVID-19 in corso, con le devastanti ricadute che ha avuto sull'economia nazionale, ha reso necessario accelerare questo percorso e predisporre nel più breve tempo possibile le condizioni utili a determinare una rapida e consistente ripresa che deve necessariamente passare da un repentino intervento legislativo volto a semplificare le procedure di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e la riapertura dei cantieri sospesi;
    la legge n. 55 del 2019, in conversione del cosiddetto decreto «Sblocca cantieri», operava un preliminare intervento in tale direzione ma ne rimandava, all'articolo 1, comma 20, lettera gg), una fondamentale parte attuativa al regolamento unico previsto dall'articolo 216 comma 27-octies decreto legislativo n. 50 del 2016, recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del codice dei contratti pubblici;
    il regolamento unico sarebbe dovuto essere predisposto entro il 16 ottobre 2019, non più tardi di 180 giorni dal decreto-legge n. 32 del 2019. Ad oggi, nonostante sia di importanza fondamentale, non risulta ancora promulgato ma semplicemente anticipato in bozze, la più recente delle quali porta la data del 13 maggio 2020;
    anche nel decreto-legge Rilancio il problema viene affrontato solo marginalmente. Le misure previste non sono idonee ad introdurre quelle semplificazioni in grado di accelerare gli interventi al fine di far fronte all'emergenza da COVID-19 e alla crisi economica che ne è derivata e di favorire una maggiore ed immediata liquidità per le imprese operanti nel settore;
    ad oggi, in Italia, sono bloccati per questioni meramente burocratiche lavori pubblici per un importo totale, già stanziato, pari a circa 70 miliardi di Euro. Questi cantieri devono partire il prima possibile per riavviare tutta l'economia del Paese,

impegna il Governo

ad avviare immediatamente una imponente opera di riordino e snellimento della macchina pubblica, attuando una drastica semplificazione di tutte le complesse procedure amministrative, in particolare legate a fisco, edilizia, autorizzazioni di inizio attività d'impresa, contratti pubblici, nonché in materia di lavoro e previdenza, che costringono imprese e cittadini a destinare tempo e risorse agli adempimenti legati alla burocrazia, sottraendole ad impieghi maggiormente produttivi.
9/2461-AR/34Silli, Benigni, Gagliardi, Pedrazzini, Sorte.


   La Camera

impegna il Governo

ad avviare immediatamente una imponente opera di semplificazione delle procedure amministrative.
9/2461-AR/34. (Testo modificato nel corso della seduta)  Silli, Benigni, Gagliardi, Pedrazzini, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    sulle Amministrazioni locali e sugli Enti territoriali di tutto il territorio italiano stanno ricadendo direttamente le conseguenze economiche della emergenza sanitaria. A fronte dei mancati introiti, tributari e non, tali Enti hanno dovuto mantenere, ed in molto casi anche potenziare, i servizi pubblici primari, sopportandone comunque i costi fissi di gestione;
    il lockdown ha generato, direttamente od indirettamente, un mancato incasso sulle casse comunali di ingenti proporzioni. Basti pensare, come danno diretto, che:
     la chiusura delle strutture ricettive ha fatto venire meno le imposte di soggiorno, generanti introiti quantificati in 450 milioni annui su scala nazionale;
     la chiusura di bar, ristoranti ed attività commerciali, ha generato il mancato incasso sia di canoni e concessioni di suolo pubblico, che portano 842 milioni annui alle casse comunali, sia delle tasse sulle insegne, che generano tributi da 423 milioni;
     la chiusura degli asili nido ha portato al mancato incasso delle rette, 219 milioni annui, e delle mense, 725 milioni annui di introiti su scala nazionale;
    a questi mancati incassi vanno poi aggiunti, in via più o meno diretta, quelli derivati dalla mancata fruizione da parte della collettività dei parcheggi pubblici, dal mancato accesso ai musei e dalla drastica riduzione delle sanzioni amministrative, oltre alla fisiologica riduzione dei pagamenti di Imu e Tari;
    il dato che emergerà dai conti comunali all'esito del periodo emergenziale sarà perciò drammatico. Gli aiuti agli enti territoriali previsti nel decreto-legge n. 34 del 2020 non paiono assolutamente esaustivi, non riuscendo a coprire i mancati incassi;
    i fondi creati per compensare le mancate entrate comunali, come specificati agli articoli 180 e seguenti del decreto-legge n. 34 del 2020, sono infatti notevolmente inferiori agli importi necessari, essendo limitati ad un fondo da 74,9 milioni di euro per compensare i Comuni del minor gettito legato all'Imu, un Fondo da 100 milioni per compensare le minori entrate legate alla mancata riscossione dell'imposta di soggiorno o del contributo di sbarco, un Fondo da 127 milioni per compensare i Comuni dalle minori entrate connesse all'esonero dal pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico da parte delle imprese di pubblico esercizio, dal 1o maggio al 31 ottobre 2020;
    le casse degli Enti territoriali, già nel periodo pre-emergenziale, erano prive di liquidità. L'ulteriore disavanzo economico creato da questa situazione di crisi, senza un preventivo aumento degli stanziamenti, porterà alla sospensione dei servizi pubblici essenziali,

impegna il Governo

a indicare le modalità con cui vorrà implementare i fondi da destinare agli Enti territoriali commisurandoli concretamente ai mancati introiti, tributari e non, che le casse delle Amministrazioni locali hanno subito, direttamente o indirettamente, a seguito della imposta chiusura delle attività in fase di lockdown.
9/2461-AR/35Sorte, Benigni, Gagliardi, Pedrazzini, Silli.


   La Camera,
   premesso che:
    sulle Amministrazioni locali e sugli Enti territoriali di tutto il territorio italiano stanno ricadendo direttamente le conseguenze economiche della emergenza sanitaria. A fronte dei mancati introiti, tributari e non, tali Enti hanno dovuto mantenere, ed in molto casi anche potenziare, i servizi pubblici primari, sopportandone comunque i costi fissi di gestione;
    il lockdown ha generato, direttamente od indirettamente, un mancato incasso sulle casse comunali di ingenti proporzioni. Basti pensare, come danno diretto, che:
     la chiusura delle strutture ricettive ha fatto venire meno le imposte di soggiorno, generanti introiti quantificati in 450 milioni annui su scala nazionale;
     la chiusura di bar, ristoranti ed attività commerciali, ha generato il mancato incasso sia di canoni e concessioni di suolo pubblico, che portano 842 milioni annui alle casse comunali, sia delle tasse sulle insegne, che generano tributi da 423 milioni;
     la chiusura degli asili nido ha portato al mancato incasso delle rette, 219 milioni annui, e delle mense, 725 milioni annui di introiti su scala nazionale;
    a questi mancati incassi vanno poi aggiunti, in via più o meno diretta, quelli derivati dalla mancata fruizione da parte della collettività dei parcheggi pubblici, dal mancato accesso ai musei e dalla drastica riduzione delle sanzioni amministrative, oltre alla fisiologica riduzione dei pagamenti di Imu e Tari;
    il dato che emergerà dai conti comunali all'esito del periodo emergenziale sarà perciò drammatico. Gli aiuti agli enti territoriali previsti nel decreto-legge n. 34 del 2020 non paiono assolutamente esaustivi, non riuscendo a coprire i mancati incassi;
    i fondi creati per compensare le mancate entrate comunali, come specificati agli articoli 180 e seguenti del decreto-legge n. 34 del 2020, sono infatti notevolmente inferiori agli importi necessari, essendo limitati ad un fondo da 74,9 milioni di euro per compensare i Comuni del minor gettito legato all'Imu, un Fondo da 100 milioni per compensare le minori entrate legate alla mancata riscossione dell'imposta di soggiorno o del contributo di sbarco, un Fondo da 127 milioni per compensare i Comuni dalle minori entrate connesse all'esonero dal pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico da parte delle imprese di pubblico esercizio, dal 1o maggio al 31 ottobre 2020;
    le casse degli Enti territoriali, già nel periodo pre-emergenziale, erano prive di liquidità. L'ulteriore disavanzo economico creato da questa situazione di crisi, senza un preventivo aumento degli stanziamenti, porterà alla sospensione dei servizi pubblici essenziali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di implementare i fondi da destinare agli Enti territoriali commisurandoli concretamente ai mancati introiti, tributari e non, che le casse delle Amministrazioni locali hanno subito, direttamente o indirettamente, a seguito della imposta chiusura delle attività in fase di lockdown.
9/2461-AR/35. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sorte, Benigni, Gagliardi, Pedrazzini, Silli.


   La Camera,
   premesso che:
    da un punto di vista economico le maggiori ricadute negative del periodo di lockdown le dovranno sopportare i soggetti, giuridici o fisici, titolari di partita IVA, che hanno dovuto necessariamente interrompere la propria attività lavorativa;
    al periodo di mancato guadagno, si aggiunge ora per autonomi, titolari di attività commerciali, professionisti la difficoltà di dovere riavviare le proprie imprese, sopportando costi fissi ed una contrazione di mercato che non ha precedenti;
    a favore dei titolari di partita IVA, sono stati previsti bonus o contributi a fondo perduto di importo esiguo ed inidoneo a garantire il sostentamento delle famiglie che li hanno ottenuti ed a sopperire i costi di gestione cui sono andati incontro nel periodo di lockdown;
    di estrema gravità poi la situazione che ricade direttamente sui professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria che, per quanto una nota del Ministero del lavoro gli assicuri l'erogazione del reddito da ultima istanza per il mese di aprile, da una analitica lettura del decreto ”Rilancio” ne rimarrebbero esclusi, in quanto il contrasto tra due articoli, il 78 e l'86, tecnicamente pare precludere il beneficio del reddito per i mesi di Aprile e Maggio a chi abbia già usufruito di quello di Marzo;
    il decreto ”Rilancio” ha poi portato da «30» a «60» giorni il periodo che i Ministeri di riferimento avranno a disposizione per adottare un nuovo decreto attuativo che dovrà definire criteri di priorità, modalità di attribuzione e la eventuale quota del limite di spesa da destinare, eventualmente, al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria. Questa dilazione dei termini porta alla possibilità che, in caso ne usufruiscano, i professionisti potrebbero ottenere tali importi solo tra diversi mesi;
    in aggiunta, i professionisti sono poi stati espressamente esclusi ex articolo 25, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020, dall'accesso al contributo a fondo perduto, garantito agli autonomi in base al calo di fatturato, tale strumento però deve essere complementare al bonus predetto, avendo natura completamente differente, in quanto il contributo è finalizzato a permettere il rilancio imprenditoriale della propria attività, mentre il reddito da ultima istanza ha mere finalità di sostentamento primario. Per questo motivi tutti i titolari di partita IVA devono essere ammessi ad entrambe le tipologie di sostegno;
    pare perciò evidente che tutto il settore dei lavoratori autonomi in generale, ed il comparto professionale nello specifico, sia stato lasciato senza il sostegno necessario per permettergli di riprendere lo svolgimento della propria attività come nel periodo pre-emergenziale,

impegna il Governo

a valutare di adoperarsi per aumentare il sostegno economico ai soggetti titolari di partita IVA al fine di permettergli un autosostentamento dignitoso ed una concreta ripresa delle proprie attività lavorative, nonché ad adoperarsi immediatamente per disporre che ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria sia corrisposto già nel mese di Giugno 2020 il reddito da ultima istanza per i mesi di Aprile e Maggio, permettendogli contestualmente, attraverso l'adozione delle opportune iniziative normative, di accedere ai contributi di cui all'articolo 25, comma 1 del decreto-legge n. 34 del 2020.
9/2461-AR/36Gagliardi, Benigni, Pedrazzini, Silli, Sorte.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare l'adeguatezza del sostegno economico riconosciuto ai lavoratori autonomi e professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria.
9/2461-AR/36. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gagliardi, Benigni, Pedrazzini, Silli, Sorte.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame dell'Assemblea (2461/A) contiene disposizioni in favore delle imprese al fine di superare le problematiche economiche derivanti dal diffondersi della pandemia COVID-19;
    è fondamentale garantire ai soggetti esercenti attività d'impresa nei settori tessile, abbigliamento, calzature, pelletterie accessori ed articoli sportivi, per l'anno 2020, un credito d'imposta nella misura del 60 per cento dell'ammontare degli acquisti di beni destinati alla rivendita annotati contabilmente dal 1o giugno 2019 al 12 marzo 2020;
    il suddetto credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini dell'imposta sui redditi e sul valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive. Il credito d'imposta è utilizzabile inoltre in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997 n. 241 e può essere ceduto ad istituti di credito ed a intermediari finanziari;
    in particolare la misura è volta ad aiutare concretamente le imprese dei settori tessile, abbigliamento, calzature, pelletterie, accessori ed articoli sportivi, riconoscendo loro un credito di imposta, pari al 60 per cento, del valore di acquisto delle merci invendute, data la crisi da COVID-19;
    tra l'altro prodotti della collezione primavera/estate 2020 sono stati generalmente consegnati tra febbraio e marzo, a fronte di ordini effettuati nel 2019, in un momento in cui era inimmaginabile uno scenario cui stiamo assistendo;
    le misure sopra accennate sono dunque fondamentali per il rilancio delle imprese nei settori indicati nel secondo punto di questa premessa al fine di superare la grave crisi economica derivante dal diffondersi della pandemia COVID-19. Tra l'altro si tratta di imprese importanti per l'economia del nostro Paese. Infatti molte di queste imprese esportano i loro prodotti all'estero con il marchio made in Italy riconosciuto a livello internazionale per la grande qualità,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative, un credito d'imposta, secondo le condizioni indicate in premessa, al fine di favorire le imprese che operano nei settori richiamati per superare la grave crisi economica derivante dal diffondersi del COVID-19.
9/2461-AR/37De Toma.


   La Camera,
   il decreto-legge all'esame dell'Assemblea prevede misure per sostenere economicamente le piccole e medie imprese. È fondamentale pertanto attivare stanziamenti economici anche per le imprese del settore turistico e per tutti gli operatori del medesimo settore soprattutto quelli che operano nelle città d'arte di Matera e Venezia;
   premesso che:
    all'interno del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, non è prevista alcuna misura relativa al rilancio del settore turistico delle cosiddetta città d'arte italiane, quali ad esempio Matera e Venezia;
    la città di Matera, capitale della cultura 2019, già prima dell'emergenza sanitaria era stata colpita, nel novembre del 2019, da eccezionali eventi atmosferici che hanno provocato ingenti danni alle strutture turistico ricettive, soprattutto nel rione sassi, per una stima di circa 8 milioni di euro e per i quali era stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1;
    anche la città di Venezia nel novembre dello scorso anno era stata colpita da forti eventi atmosferici che hanno provocato ingenti danni al suo patrimonio artistico culturale, soprattutto a causa dell'acqua alta che ha inondato la basilica di San Marco e tutte le principali attività turistiche della città;
    gli operatori turistici delle due città, prima ancora dell'emergenza sanitaria da COVID-19 si trovavano in grave difficoltà proprio a causa dei forti eventi atmosferici subiti nel novembre scorso, che hanno dato un duro colpo al settore turistico ricettivo;
    l'esclusione delle città d'arte italiane, quali Matera e Venezia, dai benefici previsti dal decreto risulta essere una grave discriminazione soprattutto nei confronti di quelle realtà che attraverso il turismo culturale basano la propria economia, come ad esempio Matera e Venezia;
    bisogna prevedere un fondo speciale per le città di Matera e Venezia al fine aiutare gli operatori del settore turistico ricettivo e per non disperdere a causa dell'emergenza sanitaria la crescita economica e turistica che queste due città stavano avendo nel corso degli ultimi anni, in particolare a Matera in seguito alla manifestazione «Matera 2019, Capitale europea della cultura»,

impegna il Governo

a prevedere la creazione di un fondo speciale per gli operatori del settore turistico ricettivo delle città di Matera e Venezia al fine di tutelare gli operatori del settore e per rilanciare l'economia delle due città.
9/2461-AR/38Rospi, Nitti, Zennaro.


   La Camera,
   il decreto-legge all'esame dell'Assemblea prevede misure per sostenere economicamente le piccole e medie imprese. È fondamentale pertanto attivare stanziamenti economici anche per le imprese del settore turistico e per tutti gli operatori del medesimo settore soprattutto quelli che operano nelle città d'arte di Matera e Venezia;
   premesso che:
    all'interno del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, non è prevista alcuna misura relativa al rilancio del settore turistico delle cosiddetta città d'arte italiane, quali ad esempio Matera e Venezia;
    la città di Matera, capitale della cultura 2019, già prima dell'emergenza sanitaria era stata colpita, nel novembre del 2019, da eccezionali eventi atmosferici che hanno provocato ingenti danni alle strutture turistico ricettive, soprattutto nel rione sassi, per una stima di circa 8 milioni di euro e per i quali era stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1;
    anche la città di Venezia nel novembre dello scorso anno era stata colpita da forti eventi atmosferici che hanno provocato ingenti danni al suo patrimonio artistico culturale, soprattutto a causa dell'acqua alta che ha inondato la basilica di San Marco e tutte le principali attività turistiche della città;
    gli operatori turistici delle due città, prima ancora dell'emergenza sanitaria da COVID-19 si trovavano in grave difficoltà proprio a causa dei forti eventi atmosferici subiti nel novembre scorso, che hanno dato un duro colpo al settore turistico ricettivo;
    l'esclusione delle città d'arte italiane, quali Matera e Venezia, dai benefici previsti dal decreto risulta essere una grave discriminazione soprattutto nei confronti di quelle realtà che attraverso il turismo culturale basano la propria economia, come ad esempio Matera e Venezia;
    bisogna prevedere un fondo speciale per le città di Matera e Venezia al fine aiutare gli operatori del settore turistico ricettivo e per non disperdere a causa dell'emergenza sanitaria la crescita economica e turistica che queste due città stavano avendo nel corso degli ultimi anni, in particolare a Matera in seguito alla manifestazione «Matera 2019, Capitale europea della cultura»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere la creazione di un fondo speciale per gli operatori del settore turistico ricettivo delle città di Matera e Venezia al fine di tutelare gli operatori del settore e per rilanciare l'economia delle due città.
9/2461-AR/38. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rospi, Nitti, Zennaro.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito delle misure adottate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri volte a contrastare il diffondersi sul territorio nazionale del COVID-19, a decorrere dallo scorso 4 marzo 2020 sono state sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, compresi quelli cinematografici e teatrali, svolti in luoghi pubblici e privati, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro, come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 marzo 2020;
    la sospensione di qualunque attività artistica e culturale dal vivo ha comportato un drastico calo di ricavi nel settore dell'industria culturale e potrebbe protrarsi per diversi altri mesi;
    i lavoratori di tutti i comparti dello spettacolo dal vivo convivono da settimane con l'assenza di entrate salariali e si trovano dunque in grave difficoltà economica a causa delle misure di contenimento per il contrasto al COVID-19;
    il mondo dei lavoratori dello spettacolo risulta quanto mai frammentato e composito dal punto di vista delle tipologie contrattuali, essendo in prevalenza composto di lavoratori intermittenti, con retribuzioni discontinue e calendari imprevedibili, lavoratori stagionali con contratti della durata di massimo nove mesi e da una minima percentuale di lavoratori con contratto a tempo indeterminato, destinatari di misure di sostegno quali la cassa integrazione;
    la sospensione forzata di ogni attività di spettacolo dal vivo comporta per ciascun artista l'impossibilità di fatturare alcunché, mentre parallelamente le scadenze fiscali risultano ancora in essere, con evidenti difficoltà ad essere adempiute;
    a fronte delle esigenze variegate e differenti delle diverse categorie di lavoratori, occorrono misure anche di natura fiscale in grado di offrire supporto economico a tutti gli operatori dello spettacolo, prescindendo dalla tipologia contrattuale con cui essi risultano inquadrati;
    il decreto in esame, all'articolo 18, prevede che i soggetti con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro beneficino della sospensione dei termini in scadenza nei mesi di aprile 2020 e maggio 2020 qualora si verifichi una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi almeno del 33 per cento nel mese di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del precedente periodo d'imposta e una diminuzione della medesima percentuale nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del precedente periodo d'imposta;
    il comma 2 dell'articolo 18 del decreto in esame prevede che i medesimi soggetti beneficino, altresì, per i mesi di aprile e maggio 2020, della sospensione dei termini di versamento relativi ai contributi previdenziali e assistenziali nonché ai premi per l'assicurazione obbligatoria, e al comma 3 estende tali sospensioni a determinate categorie di soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione;
    la risoluzione n. 8-00073, approvata all'unanimità dalla Commissione VII Cultura, scienza e istruzione della Camera dei deputati in data 5 maggio 2020, contiene tra gli impegni al Governo l'adozione di opportune iniziative per l'eventuale prolungamento dei termini di sospensione degli adempimenti tributari e contributivi anche in favore degli operatori del settore culturale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere il blocco degli adempimenti contributivi per tutte le categorie di lavoratori dello spettacolo o iscritti al fondo pensionistico dello spettacolo fino alla regolare riapertura al pubblico dei luoghi c degli spazi in cui vengono fruite le attività culturali e di spettacolo.
9/2461-AR/39Nitti, Rospi, Zennaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1, modificato nel corso dell'esame in sede referente, dispone che SACE S.p.A., al fine di assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia COVID-19, conceda – fino al 31 dicembre 2020 – garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese;
    l'intervento previsto dall'articolo 1, si basa sugli attuali orientamenti assunti dall'Unione Europea, che, in considerazione degli effetti dell'emergenza in corso, consentono un più ampio intervento da parte degli Stati membri al fine di salvaguardare le imprese da una potenziale e grave crisi di liquidità;
    in particolare, il 19 marzo 2020 la Commissione europea ha adottato la Comunicazione COM (2020) 1863 final « Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak» (cosiddetto Temporary Framework): un quadro temporaneo per consentire agli Stati membri di adottare misure di aiuto all'economia nel contesto della pandemia di COVID-19, in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato;
    come disposto, possono beneficiare delle garanzie della SACE le imprese di qualsiasi dimensione;
    l'associazionismo sportivo, rappresentato per lo più da piccole società, oltre a svolgere una funzione sociale, permettendo ai giovani di dedicarsi ad un'attività sportiva e di maturare quelle attitudini, non solo fisiche ma anche umane, educative e di aggregazione, svolge un importante ruolo imprenditoriale con alto tasso occupazionale, reddito e gettito fiscale per lo Stato;
    alle associazioni e alle società di base, vere e proprie imprese operanti nel settore sportivo, andrebbero estese le misure per il sostegno alla liquidità;
    il Governo sia con gli interventi già messi in atto, che in fase di approvazione del provvedimento in discussione, ha mostrato massima disponibilità ad avviare, anche in fase di stesura dei prossimi provvedimenti, misure di sostegno al settore,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere – nel primo provvedimento utile – all'associazionismo sportivo, settore al quale è riconosciuto un fondamentale ruolo imprenditoriale, con alto tasso occupazionale, reddito e gettito fiscale per lo Stato, le misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese nella misura di 100 milioni di euro, al fine di salvaguardare il settore sportivo da una potenziale e grave crisi di liquidità.
9/2461-AR/40Rossi, Lotti, Prestipino, Piccoli Nardelli, Di Giorgi, Ciampi, Orfini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure urgenti in vari settori, tra cui quello sanitario e farmaceutico volte a fronteggiare la situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 che ha investito non solo l'Italia ma tutti i Paesi;
    proprio in ragione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 che sta investendo il nostro Paese è necessario predisporre un coordinamento e uno sviluppo dei servizi di prevenzione e, in particolare, dei laboratori di microbiologia in grado di effettuare diagnosi di infezione da SARS-COV-2 certe e a costi contenuti al fine di garantire gli stessi cittadini;
    dall'inizio della pandemia, diversi laboratori di analisi hanno iniziato a offrire tamponi e test sierologici per il COVID-19 rischiando così di avere un'offerta incontrollata e non totalmente sicura,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre, per quanto di sua competenza e sentita la conferenza Stato Regioni, tutte le misure necessarie affinché le stesse regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, costituiscano delle reti dei laboratori di microbiologia per la diagnosi di infezione da SARS-COV-2, tra i laboratori dotati dei requisiti infrastrutturali e di adeguate competenze specialistiche del personale addetto, a copertura dei fabbisogni prestazionali generati dall'emergenza infettivologica.
9/2461-AR/41Rizzo Nervo, Carnevali, Siani, Pini, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure urgenti in vari settori, tra cui quello sanitario e farmaceutico volte a fronteggiare la situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 che ha investito non solo l'Italia ma tutti i Paesi;
    in questa fase, pur rispettando tutte le dovute cautele e procedure, è necessario accelerare la fase di sperimentazione dei principi attivi dei farmaci al fine di trovare una cura specifica contro il COVID-19;
    per sperimentazione clinica si intende qualsiasi studio sull'uomo finalizzato a scoprire o verificare gli effetti di un nuovo farmaco o di un farmaco già esistente testato per nuove modalità di impiego terapeutico, con l'obiettivo di accertarne la sicurezza o l'efficacia. La sperimentazione si articola in diverse fasi e viene effettuata prima in laboratorio e in modelli animali (sperimentazione preclinica) e poi sull'uomo (sperimentazione clinica);
    con lo studio di Fase 1 ha inizio la sperimentazione del principio attivo sull'uomo che ha lo scopo di fornire una prima valutazione della sicurezza c tollerabilità del medicinale;
    nello studio di fase II inizia a essere indagata l'attività terapeutica del potenziale farmaco, cioè la sua capacità di produrre sull'organismo umano gli effetti curativi desiderati. Questa fase serve inoltre a comprendere quale sarà la dose migliore da sperimentare nelle fasi successive e a determinare l'effetto del farmaco in relazione ad alcuni parametri considerati indicatori della salute del paziente;
    lo studio di fase III serve a determinare quanto è efficace il farmaco, se ha qualche beneficio in più rispetto a farmaci simili già in commercio e qual è il rapporto tra rischio e beneficio e infine, la fase IV che include gli studi condotti dopo l'approvazione del farmaco nell'ambito delle indicazioni approvate e in piena osservanza di quanto contenuto nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP);
    l'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (cosiddetto decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, in legge l'8 novembre 2012, n. 189), ha introdotto, al comma 4-bis dell'articolo 54, del decreto legislativo n. 219 del 2006, una semplificazione procedurale relativa alla produzione di sostanze attive destinate ai medicinali sperimentali da utilizzare in sperimentazioni cliniche di fase I. La disposizione citata, infatti, prevede che quando la produzione di una specifica materia prima farmacologicamente attiva destinata ai medicinali sperimentali avvenga nel rispetto delle norme di buona fabbricazione e in un'officina/linea produttiva autorizzata da AIFA alla produzione di sostanze attive, è sufficiente la sola notifica da parte del titolare dell'officina stessa senza attendere, quindi, un'autorizzazione espressa da parte di AIFA;
    nel marzo del 2015 l'AIFA pubblicò sul proprio sito la tale Relazione nella quale, oltre a evidenziare l'efficacia della semplificazione – introdotta peraltro senza alcun rischio per la salute pubblica – esprimeva un giudizio positivo circa l'estendibilità della stessa disciplina anche alle sostanze attive utilizzate per i medicinali sperimentali impiegati nelle sperimentazioni cliniche di Fase II;
    l'attuale pandemia orienta in modo massivo la ricerca internazionale su possibili soluzioni terapeutiche e di prevenzione delle patologie derivanti da COVID-19, che ovviamente richiedono di essere sperimentate in Fase I e in Fase II;
    in tale contesto le imprese che operano in Italia si trovano fortemente svantaggiate rispetto a quelle degli altri Paesi europei, che da tempo hanno introdotto le semplificazioni auspicate dall'AIFA per la Fase II, e non ancora introdotte nel nostro Paese per motivi del tutto inspiegabili, considerato il pieno assenso ufficializzato dall'Agenzia ormai nel lontano 2015;
    tale procedura per la Fase I andrebbe estesa anche alla Fase II affinché anche in questa Fase si possa procedere, quando vi sia il rispetto delle disposizioni previste dal comma 4-bis dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 219 del 2006,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire nel primo provvedimento utile la normativa prevista dal comma 4-bis dell'articolo 54, del decreto legislativo n. 219 del 2006 per la Fase I anche per la Fase II e, quindi, prevedere che anche in questa Fase si possa procedere alla produzione di una specifica materia prima farmacologicamente attiva destinata ai medicinali sperimentali senza l'autorizzazione dell'AIFA ma con la sola notifica da parte del titolare dell'officina stessa, se tale produzione avviene nel rispetto delle norme di buona fabbricazione.
9/2461-AR/42Carnevali, Siani, Rizzo Nervo, Pini, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure urgenti in vari settori, tra cui quello sanitario e farmaceutico volte a fronteggiare la situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19 che ha investito non solo l'Italia ma tutti i Paesi;
    in questa fase, pur rispettando tutte le dovute cautele e procedure, è necessario accelerare la fase di sperimentazione dei principi attivi dei farmaci al fine di trovare una cura specifica contro il COVID-19;
    per sperimentazione clinica si intende qualsiasi studio sull'uomo finalizzato a scoprire o verificare gli effetti di un nuovo farmaco o di un farmaco già esistente testato per nuove modalità di impiego terapeutico, con l'obiettivo di accertarne la sicurezza o l'efficacia. La sperimentazione si articola in diverse fasi e viene effettuata prima in laboratorio e in modelli animali (sperimentazione preclinica) e poi sull'uomo (sperimentazione clinica);
    con lo studio di Fase 1 ha inizio la sperimentazione del principio attivo sull'uomo che ha lo scopo di fornire una prima valutazione della sicurezza c tollerabilità del medicinale;
    nello studio di fase II inizia a essere indagata l'attività terapeutica del potenziale farmaco, cioè la sua capacità di produrre sull'organismo umano gli effetti curativi desiderati. Questa fase serve inoltre a comprendere quale sarà la dose migliore da sperimentare nelle fasi successive e a determinare l'effetto del farmaco in relazione ad alcuni parametri considerati indicatori della salute del paziente;
    lo studio di fase III serve a determinare quanto è efficace il farmaco, se ha qualche beneficio in più rispetto a farmaci simili già in commercio e qual è il rapporto tra rischio e beneficio e infine, la fase IV che include gli studi condotti dopo l'approvazione del farmaco nell'ambito delle indicazioni approvate e in piena osservanza di quanto contenuto nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP);
    l'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 (cosiddetto decreto Balduzzi), convertito, con modificazioni, in legge l'8 novembre 2012, n. 189), ha introdotto, al comma 4-bis dell'articolo 54, del decreto legislativo n. 219 del 2006, una semplificazione procedurale relativa alla produzione di sostanze attive destinate ai medicinali sperimentali da utilizzare in sperimentazioni cliniche di fase I. La disposizione citata, infatti, prevede che quando la produzione di una specifica materia prima farmacologicamente attiva destinata ai medicinali sperimentali avvenga nel rispetto delle norme di buona fabbricazione e in un'officina/linea produttiva autorizzata da AIFA alla produzione di sostanze attive, è sufficiente la sola notifica da parte del titolare dell'officina stessa senza attendere, quindi, un'autorizzazione espressa da parte di AIFA;
    nel marzo del 2015 l'AIFA pubblicò sul proprio sito la tale Relazione nella quale, oltre a evidenziare l'efficacia della semplificazione – introdotta peraltro senza alcun rischio per la salute pubblica – esprimeva un giudizio positivo circa l'estendibilità della stessa disciplina anche alle sostanze attive utilizzate per i medicinali sperimentali impiegati nelle sperimentazioni cliniche di Fase II;
    l'attuale pandemia orienta in modo massivo la ricerca internazionale su possibili soluzioni terapeutiche e di prevenzione delle patologie derivanti da COVID-19, che ovviamente richiedono di essere sperimentate in Fase I e in Fase II;
    in tale contesto le imprese che operano in Italia si trovano fortemente svantaggiate rispetto a quelle degli altri Paesi europei, che da tempo hanno introdotto le semplificazioni auspicate dall'AIFA per la Fase II, e non ancora introdotte nel nostro Paese per motivi del tutto inspiegabili, considerato il pieno assenso ufficializzato dall'Agenzia ormai nel lontano 2015;
    tale procedura per la Fase I andrebbe estesa anche alla Fase II affinché anche in questa Fase si possa procedere, quando vi sia il rispetto delle disposizioni previste dal comma 4-bis dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 219 del 2006,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire nel primo provvedimento utile la normativa prevista dal comma 4-bis dell'articolo 54, del decreto legislativo n. 219 del 2006 per la Fase I anche per la Fase II e, quindi, prevedere che anche in questa Fase, subordinatamente al parere favorevole del Ministero della salute, si possa procedere alla produzione di una specifica materia prima farmacologicamente attiva destinata ai medicinali sperimentali senza l'autorizzazione dell'AIFA ma con la sola notifica da parte del titolare dell'officina stessa, se tale produzione avviene nel rispetto delle norme di buona fabbricazione.
9/2461-AR/42. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carnevali, Siani, Rizzo Nervo, Pini, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di Bilancio per il 2020 ha riformulato tutta la normativa relativa alle imposte immobiliari ed ha eliminato la norma che prevedeva l'esenzione dall'Imu e la riduzione di due terzi della Tari per i pensionati italiani residenti all'estero e proprietari di abitazione in Italia;
    a partire quindi dal 2020 i nostri connazionali, anche se pensionati, dovranno pagare Imu (la Tasi è stata abolita) e Tari. Tale gravosa decisione è stata presa dal Governo italiano al fine di evitare il deferimento alla Corte di Giustizia europea da parte della Commissione europea che aveva inviato all'Italia una lettera di costituzione in mora;
    l'Italia infatti era stata accusata dalla Commissione di aver violato il diritto europeo in materia di non discriminazione per aver introdotto e mantenuto condizioni più favorevoli per gli iscritti all'Aire in materia di imposte immobiliari, escludendo dalle norme fiscali agevolative i cittadini europei di altra nazionalità e proprietari di casa in Italia;
    l'eliminazione della norma agevolati va ha ovviamente colpito di riflesso anche i pensionati italiani residenti in Paesi extracomunitari e proprietari di casa in Italia;
    si ritiene quindi incongruo che i nostri connazionali pensionati residenti all'estero, molti dei quali vivono in affitto soprattutto in Europa, i quali per 5 anni non hanno pagato le imposte immobiliari (in virtù di una legge introdotta nel 2014) sulla loro casa in Italia debbano ora improvvisamente pagare Imu e Tari;
    l'eliminazione delle esenzioni, oltre che ad essere ingiusta, rischia di spezzare un legame importante con i nostri connazionali che proprio attraverso la casa hanno sempre mantenuto e consolidato i loro rapporti affettivi ed economici con la terra di origine, creando anche un circuito produttivo di risorse finanziarie, oggi tanto più necessario per rispondere alle esigenze di rilancio di intere aree del paese, soprattutto del Meridione, che rischiano pesanti conseguenze a causa dell'emergenza COVID-19;
    si chiede al Governo di percepire l'importanza umana e politica dell'esenzione e di trovare al più presto una soluzione adeguata per venire incontro alle pressanti e giuste richieste delle nostre collettività all'estero che ritengono che lo Stato italiano sia ora venuto meno ad un impegno di riconoscenza e solidarietà nei loro confronti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, di introdurre l'esenzione dall'IMU e la riduzione della TARI a favore del lavoratori e dei pensionati italiani residenti all'estero e proprietari di immobili in Italia, prevedendo una nuova normativa che sia strutturata e definita in modo tale che non debba comportare una violazione delle norme del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.
9/2461-AR/43Schirò, La Marca.


   La Camera,
   premesso che
    le misure per dare liquidità alle imprese e in generale al sistema economico non consentono la piena riattivazione di tutte le filiere produttive e quindi il rilancio da subito dell'offerta di lavoro e committenza, in particolare in alcuni settori come quello culturale;
    i traduttori e le traduttrici editoriali che operano in regime di diritto d'autore non hanno né partita Iva né sono organizzati in imprese, e stanno pertanto rimanendo esclusi da ogni misura di sostegno prevista dal Governo con i vari decreti legge adottati per far fronte alle gravi conseguenze della pandemia da COVID-19;
    la Commissione VII Cultura, Scienza e Istruzione ha approvato lo scorso 5 maggio una Risoluzione unitaria (8-00073) che chiede al Governo di impegnarsi a integrare e rafforzare le misure di sostegno per tutti coloro che contribuiscono alla ripartenza delle filiere produttive più strettamente e direttamente legate alla cultura;
    i traduttori e le traduttrici editoriali in Italia non beneficiano di ammortizzatori sociali e di garanzie previdenziali come invece accade in altri Paesi europei, e questo ostacola la possibilità di accesso a finanziamenti e prestiti;
    all'articolo 183 del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. «decreto Rilancio») si prevede l'istituzione di un fondo che sostenga l'intera filiera editoriale, incluso quella libraria,

impegna il Governo

a tutelare in un quadro di emergenza i lavoratori e le lavoratrici – come i traduttori e le traduttrici editoriali – che operano in regime di diritto d'autore, attraverso forme di sostegno diretto e indiretto in fase di attuazione del presente decreto (c.d. «decreto Liquidità») così come degli altri decreti di più recente emanazione da parte del Governo che prevedano la costituzione di nuovi fondi.
9/2461-AR/44Fusacchia, Piccoli Nardelli, Vacca, Toccafondi, Fratoianni, Lattanzio, Muroni, Palazzotto, Quartapelle Procopio.


   La Camera,
   premesso che
    le misure per dare liquidità alle imprese e in generale al sistema economico non consentono la piena riattivazione di tutte le filiere produttive e quindi il rilancio da subito dell'offerta di lavoro e committenza, in particolare in alcuni settori come quello culturale;
    i traduttori e le traduttrici editoriali che operano in regime di diritto d'autore non hanno né partita Iva né sono organizzati in imprese, e stanno pertanto rimanendo esclusi da ogni misura di sostegno prevista dal Governo con i vari decreti legge adottati per far fronte alle gravi conseguenze della pandemia da COVID-19;
    la Commissione VII Cultura, Scienza e Istruzione ha approvato lo scorso 5 maggio una Risoluzione unitaria (8-00073) che chiede al Governo di impegnarsi a integrare e rafforzare le misure di sostegno per tutti coloro che contribuiscono alla ripartenza delle filiere produttive più strettamente e direttamente legate alla cultura;
    i traduttori e le traduttrici editoriali in Italia non beneficiano di ammortizzatori sociali e di garanzie previdenziali come invece accade in altri Paesi europei, e questo ostacola la possibilità di accesso a finanziamenti e prestiti;
    all'articolo 183 del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. «decreto Rilancio») si prevede l'istituzione di un fondo che sostenga l'intera filiera editoriale, incluso quella libraria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tutelare in un quadro di emergenza i lavoratori e le lavoratrici – come i traduttori e le traduttrici editoriali – che operano in regime di diritto d'autore, attraverso forme di sostegno diretto e indiretto in fase di attuazione del presente decreto (c.d. «decreto Liquidità») così come degli altri decreti di più recente emanazione da parte del Governo che prevedano la costituzione di nuovi fondi.
9/2461-AR/44. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fusacchia, Piccoli Nardelli, Vacca, Toccafondi, Fratoianni, Lattanzio, Muroni, Palazzotto, Quartapelle Procopio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del presente decreto-legge riguarda il Fondo centrale di garanzia PMI,

impegna il Governo

al fine di assicurare la compensazione finanziaria, nel limite massimo di dotazione del fondo di cui al presente articolo, di quanto eventualmente corrisposto da imprese nazionali in conseguenza dell'applicazione di eventuali penali connesse a ritardati o omessi adempimenti nei confronti di committenti esteri, determinati dal rispetto delle misure di contenimento degli effetti dell'emergenza epidemiologica COVID-19, ad istituire presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale un fondo con una dotazione di 0,5 milioni di euro per l'anno 2020. Con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di attuazione del presente articolo.
9/2461-AR/45Tondo, Lupi, Colucci, Sangregorio.


   La Camera,
   premesso che all'articolo 18 del presente decreto-legge è prevista la sospensione di versamenti contributivi e tributari di alcuni soggetti di impresa,

impegna il Governo

a prevedere una riduzione straordinaria del 40 per cento dell'aliquota contributiva IVS a carico dell'azienda su tutto il personale in servizio, in favore delle imprese che a far data dal mese di aprile 2020 e fino al 31 dicembre 2021 mantengano l'80 per cento dei livelli occupazionali in forza alla data del 1o febbraio 2020, esclusi gli apprendisti; restando immutata l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
9/2461-AR/46Lupi, Colucci, Sangregorio, Tondo.


   La Camera,
   premesso che all'articolo 18 del presente decreto-legge è prevista la sospensione di versamenti contributivi e tributari di alcuni soggetti di impresa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una riduzione straordinaria dell'aliquota contributiva IVS a carico dell'azienda su tutto il personale in servizio, in favore delle imprese che a far data dal mese di aprile 2020 e fino al 31 dicembre 2021 mantengano i livelli occupazionali in forza alla data del 1o febbraio 2020; restando immutata l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
9/2461-AR/46. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lupi, Colucci, Sangregorio, Tondo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame contiene disposizioni agevolative per molti settori produttivi;
    l'emergenza epidemiologica ha causato il blocco del settore del wedding, articoli da regalo, bomboniere e confetti, che conta oltre 30.000 esercenti;
    per la stretta stagionalità di questo settore, la produzione e la vendita per l'anno 2020 è da considerarsi irrimediabilmente compromessa,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    dichiarare lo stato di crisi per tutto il settore wedding, bomboniere, regali e confetti sia commercio che produzione;
    prevedere contributi a fondo perduto per il 2020 pari al 25 per cento del fatturato 2019, desumibile dalla fatturazione elettronica. Tali contributi sono necessari ad espletare il funzionamento aziendale fino al 2021, prevedendo per il corrente anno ricavi pari a zero;
    prolungare la cassa integrazione fino al 31 dicembre 2020 in quanto tale settore, sia di produzione che di commercio, alla riapertura, comunque, subirà le restrizioni alle sale ricevimenti, ristoranti e chiese per il divieto di assembramento;
    riduzione cuneo fiscale almeno del 50 per cento;
    prevedere un credito d'imposta del 100 per cento per gli affitti per il periodo del lockdown e 50 per cento per il restante periodo dell'anno e fino al 31 dicembre 2020;
    prevedere un credito d'imposta 100 per cento per spese adozione nuovi protocolli sanitari;
    prevedere un credito d'imposta del 100 per cento oneri fissi per bollette acqua, energia elettrica, gas e telefonia.
9/2461-AR/47Tasso.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame contiene disposizioni agevolative per molti settori produttivi;
    l'emergenza epidemiologica ha causato il blocco del settore del wedding, articoli da regalo, bomboniere e confetti, che conta oltre 30.000 esercenti;
    per la stretta stagionalità di questo settore, la produzione e la vendita per l'anno 2020 è da considerarsi irrimediabilmente compromessa,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    prevedere adeguate misure di sostegno per tutto il settore wedding, bomboniere, regali e confetti sia commercio che produzione;
    prevedere contributi a fondo perduto per il 2020 pari al 25 per cento del fatturato 2019, desumibile dalla fatturazione elettronica. Tali contributi sono necessari ad espletare il funzionamento aziendale fino al 2021, prevedendo per il corrente anno ricavi pari a zero;
    prolungare la cassa integrazione fino al 31 dicembre 2020 in quanto tale settore, sia di produzione che di commercio, alla riapertura, comunque, subirà le restrizioni alle sale ricevimenti, ristoranti e chiese per il divieto di assembramento;
    riduzione cuneo fiscale almeno del 50 per cento;
    prevedere un credito d'imposta del 100 per cento per gli affitti per il periodo del lockdown e 50 per cento per il restante periodo dell'anno e fino al 31 dicembre 2020;
    prevedere un credito d'imposta 100 per cento per spese adozione nuovi protocolli sanitari;
    prevedere un credito d'imposta del 100 per cento oneri fissi per bollette acqua, energia elettrica, gas e telefonia.
9/2461-AR/47. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tasso.


   La Camera,
   premesso che:
    il capo IV del decreto-legge all'esame reca misure in materia fiscale e contabile;
    secondo il dettato dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e dell'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 695 del 1996, le società, gli imprenditori commerciali e gli enti equiparati sono obbligati a tenere le scritture ausiliarie di magazzino a partire dal secondo periodo d'imposta successivo a quello in cui per la seconda volta consecutiva l'ammontare dei ricavi e l'ammontare complessivo delle rimanenze siano superiori, rispettivamente, a lire 10 miliardi e a due miliardi di lire;
    i valori di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 695 sono ancora espressi in lire e fino ad oggi non sono mai stati adeguati all'inflazione verificatasi medio tempore;
    tale circostanza fa sì che il numero delle imprese oggi soggette a questa disciplina è proporzionalmente superiore rispetto all'epoca dell'entrata in vigore della norma, con tutte le conseguenze in termini di maggiori costi e oneri gestionali;
    in un'ottica di semplificazione appare auspicabile che i valori indicati nella norma vengano ridefiniti, tenendo presente che il tessuto imprenditoriale può superare facilmente i limiti previsti attualmente, senza esista necessariamente un'organizzazione interna tale da riuscire ad ottemperare alle disposizioni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, con uno dei prossimi provvedimenti utili, di aggiornare all'euro gli importi sopra citati ed elevare gli stessi tenendo in considerazione gli effetti dell'inflazione.
9/2461-AR/48Schullian, Gebhard, Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    durante l'esame in Commissioni congiunte in sede referente è stato approvato un emendamento che aggiunge l'articolo 1-bis, il quale prevede che le richieste di nuovi finanziamenti garantiti da SACE, di cui all'articolo 1 del decreto-legge in esame, siano integrate da una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 (comma 1);
    il contenuto di tale autodichiarazione viene dettagliato anche con riferimento a requisiti richiesti dalla legislazione antimafia e dalla normativa in materia di repressione dell'evasione fiscale (comma 2);
    ai dichiarati fini della prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali, si fa rinvio alla stipula di un protocollo d'intesa sottoscritto tra il Ministero dell'interno, il Ministero dell'economia e delle finanze e SACE S.p.A. (comma 4);
    gli intermediari finanziari, fermi restando i soli obblighi di segnalazione previsti dalla normativa antiriciclaggio, per la verifica degli elementi attestati dalla dichiarazione sostitutiva non sono tenuti a svolgere accertamenti ulteriori rispetto alla verifica formale di quanto dichiarato;
    tali disposizioni si applicano anche alle dichiarazioni sostitutive allegate alle richieste di finanziamento garantite dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese ai sensi dell'articolo 13 (comma 5) ed anche ai soggetti che svolgono, anche in forma associata, un'attività professionale autonoma (comma 6);
    si introduce, quindi, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà per l'impresa, coperta da sanzione penale, esonerando gli istituti di credito da qualsiasi controllo, segnalazione e comunicazione, con una generale manleva da responsabilità;
    è senz'altro condivisibile l'intento di accelerare le procedure di finanziamento, onde ridurre gli adempimenti che possano ostacolare o ritardare l'acceso al credito in un momento di così urgente necessità di liquidità per le aziende;
    tuttavia, prevedere l'autodichiarazione sulla circostanza che l'attività d'impresa sia stata limitata o interrotta dal COVID è ultronea perché cosa già prevista nel corpo del decreto;
    disporre che l'autocertificazione debba anche attestare che i dati aziendali forniti, su richiesta dell'intermediario finanziario, siano veritieri e completi può essere fuorviante, non specificando cosa si intenda per «completi» o cosa debba richiedere l'istituto di credito;
    la norma in questione chiede al soggetto istante di dichiarare che il finanziamento sarà destinato a costi del personale, investimenti o capitale circolante in insediamenti o attività localizzati in Italia, con scarsa efficacia persuadente nelle sanzioni previste per le dichiarazioni sostitutive, in quanto è una «promessa» di un evento futuro, che non può formare oggetto di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, che riguarda fatti già accaduti;
    tra l'altro, in altro punto, il testo del provvedimento legislativo prescrive, al contrario, la necessità di documentazione e attestazione da parte del rappresentante legale dell'impresa beneficiaria;
    l'esigenza di semplificare e snellire la procedura non deve andare a discapito di controlli e sanzioni in caso di deviazione rispetto alle ragioni del prestito;
    la previsione dello specifico c/c dedicato andrebbe posta come condizione essenziale per accedere al finanziamento garantito;
    la dichiarazione che il titolare e legale rappresentante e altri non si trovano nelle condizioni ostative di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011, senza ulteriori verifiche o segnalazioni da parte dell'intermediario finanziario, è previsione che costituisce solo una misura di semplificazione ed uno scudo/manleva per l'intermediario stesso;
    insufficiente appare la prescrizione di un protocollo d'intesa Sace-Mef-Mininterno, non vincolante;
    occorre aiutare le imprese e far ripartire l'economia nei tempi più rapidi, ma altresì impedire alla criminalità organizzata di appropriarsi di risorse economiche pubbliche;
    è invece fondato e sostenibile disporre, limitatamente ai finanziamenti di importo superiore a trentamila euro, di porre a carico della banca l'obbligo di acquisire dall'impresa i dati identificativi dei principali soggetti che operano per la stessa, tra cui il rappresentante legale, soci titolari di partecipazioni qualificate e componenti degli organi sociali, nonché gli altri soggetti previsti nella normativa sulla interdittiva antimafia;
    è opportuno obbligare l'istituto di credito alla comunicazione di questi dati alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, per l'analisi e la trasmissione del flusso di informazioni al Prefetto competente valutabili ai fini dell'informazione antimafia;
    è necessario prevedere la dichiarazione sostitutiva circa ii titolare effettivo del finanziamento se diverso dal richiedente, in modo da individuare chi realmente è beneficiario della somma di denaro, nonché introdurre un obbligo di dichiarare l'eventuale esistenza di rapporti di controllo o collegamento societari;
    è auspicabile che tutti i movimenti finanziari relativi alla gestione dei finanziamenti in questione transitino su conti correnti dedicati e siano effettuati esclusivamente tramite strumenti tracciati;
    è d'obbligo colmare le attuali lacune del sistema delle incriminazioni, posto che le fattispecie di reato vigenti mal si adattano nella parte precettiva alle condotte abusive di maggior rilievo rispetto ai finanziamenti garantiti dal decreto-legge in conversione;
    è indispensabile prevedere efficaci strumenti repressivi per i casi di gravi abusi per le lacune nell'attuale sistema delle incriminazioni e comunque le fattispecie di reato attuali sono prive di capacità deterrente attesa l'insufficienza dei limiti edittali oggi previsti,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa, anche d'urgenza e decretizia di competenza, che prescriva tra i contenuti della dichiarazione sostitutiva l'indicazione delle informazioni essenziali per la profilatura del beneficiato e che aumenti le pene edittali dei reati di cui agli articoli 640-bis codice penale, 316-bis codice penale, 316-ter codice penale e ne ampli il perimetro applicativo per ricomprendervi contributi, sovvenzioni, finanziamenti garantiti o con specifica destinazione, ottenuti anche da soggetti controllati dallo Stato, da altro ente pubblico o dalle Comunità europee.
9/2461-AR/49Trano.


   La Camera,
   premesso che:
    con i decreti-legge 17 marzo 2020 n. 18 e 8 aprile 2020 n. 23, il Governo è intervenuto al fine di sostenere l'economia del Paese nel tentativo di fornire alle imprese strumenti per fronteggiare le conseguenze sul piano finanziario dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    nonostante l'intento del Governo sia stato chiaramente dichiarato, è necessario domandarsi se effettivamente le misure disposte possano ritenersi sufficienti ad affrontare una situazione senza precedenti;
    gli interventi contenuti nel decreto «Cura Italia» e nel «Decreto Liquidità», infatti, hanno suscitato alla prima lettura perplessità ed incertezze, soprattutto tra le associazioni di imprenditori, non solo per la sovrapposizione tra alcune previsioni contenute nei due provvedimenti, ma anche – e soprattutto – per la complessità delle misure;
    tra le numerose disposizioni recentemente varate, quella che appare di più agevole applicazione è l'articolo 56 del decreto-legge 18 del 17 marzo 2020, con la quale il Governo è intervenuto introducendo una misura di sostegno finanziario alle PMI consistente in una moratoria straordinaria;
    la misura si rivolge alle micro, piccole e medie imprese, ma anche ai professionisti ed alle ditte individuali operanti sul territorio italiano ed appartenenti ad ogni settore a favore dei quali è stata prevista una moratoria che consente la sospensione di talune scadenze nel rapporto con l'istituto di credito;
    la moratoria in esame non riguarda ovviamente tutte le scadenze debitorie contratte dalle PMI, ma soltanto le obbligazioni assunte nei confronti del sistema creditizio in genere, ovvero banche, intermediari finanziari e altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia;
    la misura si muove fondamentalmente su tre punti:
     1. Mantenimento delle linee a breve termine a revoca, fino al 30.09.2020;
     2. Proroga contrattuale al 30.09.2020 delle linee a breve scadenza (in questa rientrano ad esempio i finanziamenti di breve termine con rimborsi bullet);
     3. Sospensione del pagamento sia per la quota capitale che per la quota interessi di tutte le rate, tra le quali quelle dei mutui, in scadenza fino al 30.09.2020. In via automatica, di conseguenza, ci sarà una traslazione nel tempo del piano di ammortamento delle rate comprese in questo periodo secondo modalità che assicurino «l'assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti». Non è chiaro tuttavia a tal proposito come sia possibile raggiungere l'obiettivo della norma di escludere l'applicazione di maggiori oneri per «entrambe» le parti. Se dal versante del debitore, infatti, si può ipotizzare che il pagamento delle rate possa avvenire con dilazione semestrale senza applicazione di nuovi interessi, ciò comporterà inevitabilmente, di conseguenza, un maggior onere per l'istituto di credito che vedrà posticipata a tasso zero la restituzione della somma oggetto di finanziamento;
    la scadenza temporale individuata per la moratoria è attualmente quella del 30 settembre 2020;
    i benefici di cui alle misure sopra descritte non possono essere applicati a favore delle imprese che, all'entrata in vigore del decreto, presentino esposizioni classificate a «sofferenza o inadempienza probabile» (esposizioni c.d. deteriorate);
    le classificazioni dovrebbero corrispondere a quelle di cui alla Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 di Banca d'Italia, che identifica come «deteriorate» le esposizioni rientranti nelle tre sottoclassi di crediti:
     le sofferenze che sono esposizioni verso soggetti in stato di insolvenza o in situazioni sostanzialmente equiparabili;
     le inadempienze probabili che sono invece esposizioni per le quali la banca valuta improbabile che il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni contrattuali;
     le esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate che sono infine esposizioni (diverse da quelle classificate tra le sofferenze o le inadempienze probabili) scadute o eccedenti i limiti di affidamento da oltre 90 giorni e oltre una predefinita soglia di rilevanza;
    venendo ora all’iter procedimentale necessario per beneficiare della moratoria straordinaria, il Legislatore ha previsto che l'avvio abbia luogo attraverso una richiesta che indichi in maniera specifica le linee di credito e tramite la quale vengano dichiarati i presupposti seguenti:
     1. di aver subito in via temporanea carenze di liquidità a causa dell'emergenza COVID-19;
     2. di possedere la qualifica di PMI;
     3. di essere consapevole delle conseguenze civili e penali delle autodichiarazioni di cui ai punti a) e b);
    una volta ricevuta l'istanza, la Banca effettuerà una verifica in merito alla sussistenza dei requisiti, senza verificarne tuttavia la veridicità;
    nondimeno il meccanismo di concessione della moratoria non avviene in modo automatico. Come anticipato, infatti, la moratoria non spetta in caso di inadempienza probabile. Le linee guida dell'Autorità bancaria europea (EBA) emanate il 2 aprile 2020, tracciano in modo chiaro il confine che le banche italiane devono rispettare nella gestione della concessione della moratoria. Esse devono proseguire ad identificare le situazioni nelle quali le sfide di breve periodo possano trasformarsi in difficoltà finanziarie a lungo periodo e quindi in insolvenza, e conseguentemente devono mantenere presidio sulla capacità di rimborso di medio-lungo termine;
    spetta dunque alla singola banca verificare in primis se, senza la moratoria, vi sarebbe il rischio di dover attivare le eventuali garanzie del prestito: se definito forborne, la classificazione a UTP (inadempienze probabili) sarebbe possibile;
    le garanzie che accompagnano la misura di sostegno prevista dall'articolo 56 sono quelle previste dal Fondo di garanzia per le PMI. In questo caso però, a differenza di quanto avviene normalmente quando si accede al Fondo, non è prevista una preliminare valutazione del merito creditizio, salvo quanto detto sopra;
    la garanzia non è totale, ma pari al 33 per cento:
     dei soli maggiori utilizzi delle aperture di credito rispetto a quanto già utilizzato alla data del 17 marzo 2020 (comma 2 lettera a);
     dei prestiti e finanziamenti con scadenza fino al 30 settembre 2020 (comma 2 lettera b);
     dei canoni/ratei con scadenza tra il 17 marzo e il 30 settembre 2020 (comma 2 lettera c);
    di conseguenza, se per le operazioni di cui alla lettera b), la garanzia riguarda un terzo dell'intero prestito, per le aperture di credito la percentuale riguarderà esclusivamente la maggior esposizione dell'impresa rispetto alla data del 17 marzo 2020,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concedere alle numerosissime PMI che presentano esposizioni classificate a «sofferenza o inadempienza probabile» (esposizioni cosiddette deteriorate), un allentamento degli stringenti vincoli esistenti per la concessione della moratoria straordinaria di cui all'articolo 56 del decreto-legge 18 del 17 marzo 2020 oppure di concedere forme di sostegno alternative o complementari, anche a fondo perduto, onde evitare che il quadro finanziario già deteriorato, sfoci in una crisi aziendale irreversibile.
9/2461-AR/50Angiola.


   La Camera,
   premesso che:
    l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e le conseguenti misure restrittive di contenimento adottate dal Governo hanno limitato la libertà di circolazione personale, incidendo anche sul funzionamento degli Uffici Giudiziari;
    a tutela della salute pubblica, i Capi degli Uffici Giudiziari hanno assunto provvedimenti finalizzati ad evitare assembramenti nelle aule di udienza, nonché negli spazi ad esse antistanti e negli altri locali destinati al transito ed alla sosta degli avvocati, delle parti, del personale amministrativo e di ogni altro soggetto del processo;
    l'esigenza di contrastare la propagazione del contagio all'interno degli ambienti giudiziari ha incentivato l'adozione di misure precauzionali, tra cui lo svolgimento delle udienze e degli adempimenti con modalità da remoto;
    uno degli ambiti interessati dalla nuova misura organizzativa è quello delle vendite giudiziarie immobiliari, tra cui quello del Tribunale Civile di Bergamo, ove è stato previsto l'utilizzo della piattaforma telematica per le aste immobiliari con modalità pura asincrona, revocando così la possibilità di formulare offerte cartacee;
    la vendita asincrona telematica consente lo svolgimento della gara, di cui all'articolo 573 del codice di procedura civile, esclusivamente in via telematica, senza la simultanea connessione del giudice o del referente della procedura. La partecipazione dei soggetti all'asta avviene mediante l'invio dell'offerta firmata digitalmente attraverso posta elettronica certificata, allegando semplicemente una fotocopia del documento di identità dell'offerente;
    l'identificazione dei soggetti partecipanti alle aste avviene, ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Ministro della giustizia 26 febbraio 2015, n. 32, mediante produzione di una semplice «copia informatica per immagine, anche non sottoscritta con firma elettronica, di un documento analogico di identità dei richiedente»;
    tali fattori non tutelano la sicurezza delle aste, perché non è possibile controllare l'identità dei soggetti che partecipano alla gara, né l'appartenenza all'offerente della casella di posta elettronica certificata usata per formulare l'offerta: di conseguenza, non si riesce a garantire la corrispondenza fra l'offerente e il presentatore;
    la casella di posta elettronica certificata non costituisce strumento di identificazione del suo possessore, dal momento che non consente di controllare che il titolare della casella di posta elettronica certificata corrisponda al titolare della firma digitale. Tale controllo non viene effettuato nemmeno dal software ministeriale;
    in tale contesto, Io strumento che può sostituire la casella di posta elettronica certificata per la vendita telematica è il Sistema Pubblico di Identità Digitale – SPID, che garantisce l'identificazione del titolare e delle sue credenziali;
    attualmente la normativa vigente in materia non consente di effettuare offerte telematiche tramite SPID,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di includere, nell'ambito delle semplificazioni previste dal decreto, tra le modalità di trasmissione dell'offerta di cui al citato articolo 13 del decreto del Ministro della giustizia 26 febbraio 2015, n. 32, il Sistema Pubblico di Identità Digitale – SPID, in modo da garantire la sicurezza della partecipazione da remoto alle vendite giudiziarie telematiche, evitando il rischio di abusi legati all'impossibilità di identificare i soggetti offerenti.
9/2461-AR/51Dori.


   La Camera,
   premesso che:
    in questi ultimi anni sono stati fatti grandi passi in avanti per tutelare le donne dagli abusi e contrastare la violenza di genere;
    la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul, approvata nel maggio 2011 e ratificata nel giugno 2013 dal nostro Paese, ha lo scopo di proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica, nelle sue diverse accezioni: fisica, psicologica ed economica;
    due mesi dopo la ratifica di tale Convenzione, è stato firmato il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti, tra l'altro, anche in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere;
    inoltre, di estrema importanza è stata la legge 11 gennaio 2018, n. 4, recante modifiche al codice civile, al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in favore degli orfani per crimini domestici, che ha modificato il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti, allargandone lo spettro di azione anche agli orfani per crimini domestici;
    da ultimo, merita uno specifico richiamo la legge 19 luglio 2019, n. 69, cosiddetto «Codice Rosso», contenente numerose norme in materia di contrasto e prevenzione alla violenza di genere;
    tuttavia, ancora molto rimane da fare: questo periodo di necessarie restrizioni ai movimenti e alle relazioni sociali ha costretto milioni di famiglie in casa, esasperando situazioni di abusi e violenze tra le mura domestiche;
    il servizio di emergenza telefonica 1522 e chat web, attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in questo periodo ha registrato un calo di utenza nelle prime due settimane di marzo rispetto allo stesso periodo del 2019, del 55,1 per cento, passando da 1.104 a 496;
    i centri antiviolenza e le case rifugio, che sono rimasti aperti durante la suddetta fase emergenziale, devono tuttavia fare i conti con le nuove regole imposte per evitare il diffondersi del virus che, tra l'altro, prevedono un minimo di distanza interpersonale e, di conseguenza, riducono la capienza massima delle strutture;
    le statistiche e l'evidenza empirica ci mostrano chiaramente che le vittime sono molto meno propense a denunciare quando sono costrette a vivere in una situazione di fragilità e dipendenza economica dal soggetto maltrattante;
    in questo caso, oltre ai rischi connessi a ritorsioni e violenze per il solo fatto di aver sporto denuncia, nonché a quelli connessi alla necessità di tutelare i minori, ove presenti, le vittime si devono confrontare con un importante fattore deterrente, di tipo economico;
    infatti, alla denuncia spesso consegue l'immediata indisponibilità di risorse finanziarie che sovente fanno interamente capo al soggetto maltrattante: stiamo parlando della cosiddetta «violenza economica» o «dipendenza economica» dal soggetto maltrattante;
    la rete delle case rifugio, punti di ascolto e associazioni impegnate nella tutela delle donne e delle vittime di abusi, forniscono un importante, fondamentale ed insostituibile servizio per garantire accoglienza, vitto e alloggio alle vittime; tuttavia, esso non può essere sufficiente di per sé ad assicurare l'indipendenza economica delle vittime e dei nuclei familiari nei medio e nel lungo periodo, neutralizzando tale dipendenza economica;
    attualmente, esiste un Fondo a cui le vittime di alcuni reati, inclusi quelli c.d. «di genere», possono accedere: si tratta del «Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive dell'usura e dei reati intenzionali violenti», così rinominato nel 2016 dalla legge 7 luglio 2016, n. 122, con l'aggiunta dei reati intenzionali violenti, che ha lo scopo di erogare indennizzi, rimborsi e prestiti alle vittime;
    tale fondo, tuttavia, prevede la possibilità di accedere a determinati benefici economico-finanziario, ma solo in presenza di una sentenza di condanna (definitiva) che, come è noto, comporta un'attesa processuale che può tardare anche diversi anni: un'attesa insostenibile, soprattutto in alcuni contesti nei quali anche alcune ore o minuti possono mettere a repentaglio la sopravvivenza delle vittime;
    si registra, dunque, l'assenza di uno strumento normativo che possa fornire alle vittime il supporto necessario per un periodo sufficiente a neutralizzare la dipendenza economica dal maltrattante e a riorganizzazione la propria vita e quella dei propri (eventuali) figli;
    non prevedendo l'intervento di una sentenza di condanna definitiva, anche al fine di limitare il già marginale fenomeno delle denunce strumentali, si potrebbe stabilire, quale condizionalità per accedere ai benefici, una misura di prevenzione personale o misure cautelari personali in capo al soggetto maltrattante; tali misure vengono infatti adottate a seguito di una prima valutazione da parte del magistrato sulla fondatezza del contenuto della denuncia o comunque della pericolosità del soggetto maltrattante;
    inoltre, in mancanza di una articolata e approfondita valutazione in sede processuale, sarebbe opportuno prevede l'obbligo della restituzione delle somme, sia in caso di ritiro della denuncia, sia in caso di pronuncia di sentenza sfavorevole alla (presunta) vittima;
    al fine di evitare sprechi di denaro pubblico, andrebbe modulato l'accesso al Fondo, sia in base alla situazione economico-patrimoniale dell'istante, sia alla rete di accoglienza delle vittime;
    si potrebbe inoltre aggiungere all'elenco delle informazioni che devono essere rese alla persona offesa (ex articolo 90-bis codice procedura penale), anche le possibilità fornite da questo nuovo strumento;
    risulta prioritario, anche al fine di riorganizzare la vita futura delle denuncianti, la destinazione di risorse alla loro formazione professionale ovvero all'accesso a strumenti per l'autoimprenditorialità, come descritto in merito alle azioni governative raccolte su imprenditricioggi.governo.it;
    ovviamente, un siffatto strumento normativo, così articolato, non può prescindere dalla collaborazione con la già richiamata rete di associazioni, enti, comitati che si occupano, su tutto il territorio, di tutelare le vittime di violenza di genere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte quelle iniziative, anche di tipo normativo, volte ad istituire, per la durata dell'emergenza sanitaria in atto, un Fondo per contrastare la violenza economica o dipendenza economica dal soggetto maltrattante, da destinare direttamente alle vittime di violenza di genere, avente lo scopo di fornire supporto economico e finanziario, nonché formazione professionale e sostegno all'autoimprenditorialità, così come descritto in premessa.
9/2461-AR/52Ascari, Sarli, Boldrini.


   La Camera,
   premesso che:
    la pandemia da virus Covid-19 ha creato un'emergenza internazionale prima da un punto di vista sanitario, ma che si ripercuote su tutti i settori e soprattutto sull'intero sistema economico;
    la diffusione dell'epidemia da coronavirus ha innescato in Italia una crisi senza precedenti che sta esponendo il nostro Paese ad una prova durissima e ha reso necessaria, nel nostro Paese, l'adozione di provvedimenti economici che prevedono imponenti misure economiche di sostegno;
    al cessare dell'epidemia, le ripercussioni economiche e finanziarie di tale evento eccezionale non verranno meno a breve termine, ma verosimilmente si protrarranno per un periodo temporale piuttosto ampio;
    molti creditori della Pubblica Amministrazione lamentano gravi ritardi nei pagamenti, nonché la complessità della procedura di compensazione di siffatti crediti con quanto da essi dovuto per imposte e tasse e per contributi previdenziali;
    in tale categoria rientrano anche gli Avvocati che vantano crediti per onorari diritti e spese per attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, nei cui confronti sia già stato emesso espresso provvedimento giudiziale di liquidazione del compenso;
    in particolare, per quanto riguarda tali professionisti, l'articolo 1, comma 778, legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) ha stabilito i criteri utili affinché, a decorrere dall'anno 2016, gli avvocati che vantano crediti per onorari diritti e spese per attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli. 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, siano ammessi alla compensazione con quanto da essi dovuto per imposte e tasse nonché per contributi previdenziali eventualmente dovuti per propri dipendenti, entro il limite massimo pari all'ammontare dei crediti stessi;
    il decreto ministeriale 15 luglio 2016 (decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato di concerto con il Ministro della Giustizia) ha individuato i criteri e le modalità che disciplinano le procedure di compensazione dei crediti vantati dagli avvocati, sorti ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, ed in particolare, ha stabilito che la selezione dei crediti degli avvocati ammessi a tale procedura debba avvenire tramite la Piattaforma dei Crediti Commerciali (sistema PCC) ovvero come definita nel decreto ministeriale citato, all'articolo 2, comma 1 lettera d), «la piattaforma elettronica di certificazione per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, ai sensi del decreto ministeriale del 22 maggio 2012 e del decreto ministeriale del 25 giugno 2012»;
    ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 15 luglio 2016, i crediti che è possibile compensare con i debiti fiscali devono essere liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento a norma dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115. I crediti non devono risultare pagati, neanche parzialmente, e avverso il relativo decreto di pagamento non deve essere stata proposta opposizione ai sensi dell'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. In relazione a tali crediti, deve essere stata emessa la fattura elettronica ai sensi dell'articolo 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ovvero fattura cartacea registrata sulla piattaforma elettronica di certificazione;
    attraverso la piattaforma elettronica di certificazione, con riferimento a ciascuna fattura elettronica ovvero cartacea registrata, il creditore deve esercitare l'opzione di utilizzare il credito in compensazione e dichiarare la sussistenza dei requisiti; per l'anno 2016, l'opzione può essere esercitata dal 17 ottobre al 30 novembre, a decorrere dall'anno 2017, la medesima opzione può essere esercitata dal 1o marzo al 30 aprile di ciascun anno;
    ai sensi dell'articolo 4 del decreto ministeriale 15 luglio 2016, la piattaforma elettronica di certificazione seleziona le fatture elettroniche ovvero cartacee registrate per le quali è stata esercitata l'opzione per l'ammissione alla procedura di compensazione. La selezione avviene fino a concorrenza delle risorse annualmente stanziate dall'articolo 1, comma 779, della legge, attribuendo priorità alle fatture emesse in data più remota e nel caso di fatture emesse lo stesso giorno, secondo l'ordine cronologico;
    per ciascuna fattura i creditori ricevono la comunicazione di ammissione alla procedura di compensazione attraverso la piattaforma elettronica di certificazione. Entro cinque giorni dalla scadenza del termine per l'esercizio dell'opzione, la piattaforma elettronica di certificazione trasmette all'Agenzia delle entrate, con modalità telematiche, l'elenco dei crediti ammessi alla procedura di compensazione, con il codice fiscale del relativo creditore e l'importo utilizzabile in compensazione;
    l'articolo 5 del decreto ministeriale 15 luglio 2016 stabilisce che i crediti selezionati sono utilizzabili in compensazione a partire dal quinto giorno successivo alla trasmissione dei dati all'Agenzia delle entrate, esclusivamente attraverso il modello F24 telematico;
    i crediti possono essere utilizzati in compensazione esclusivamente per il pagamento dei debiti fiscali del creditore e dei contributi previdenziali per i dipendenti, compresi nel sistema del versamento unificato di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;
    la procedura, dal punto vista pratico, prevede una serie di complesse operazioni, descritte in dettaglio nella «Guida per gli avvocati ammessi al patrocinio a spese dello Stato» (la cui ultima versione è stata predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 5 febbraio 2018);
    innanzitutto, occorre procedere alla registrazione nel sistema PCC attraverso i seguenti numerosi passaggi:
     1) la preregistrazione «de visu»: per potersi registrare nel sistema PCC con il ruolo di libero professionista, il creditore deve in primo luogo recarsi presso la P.A. debitrice (o la Ragioneria Territoriale dello Stato della provincia di appartenenza) al fine di effettuare un riconoscimento de visu; il funzionario della P.A. effettua una pre-registrazione inserendo nel sistema alcuni dati riferiti al creditore; a seguito della pre-registrazione, il sistema PCC invia una email alla PEC del creditore con l'indicazione dei successivi passaggi utili al completamento della registrazione;
     2) inserimento dati dopo PEC con invio link di perfezionamento della registrazione, che consente al creditore di completare (’inserimento delle informazioni personali nelle successive schermate;
     3) scelta firma digitale in cui il sistema chiede di inserire la firma digitale da utilizzare;
     4) inserimento documenti, in cui si prevede l'inserimento della dichiarazione di responsabilità (da scaricare, compilare, firmare digitalmente e ricaricare) e della copia di documento di identità;
     5) riepilogo e invio in cui il sistema mostra il riepilogo delle informazioni e consente l'invio delle stesse;
     6) invio comunicazioni da PCC in cui si prevede l'invio di una mail con link per completamento della procedura; l'invio alla PEC del professionista di una ulteriore mail contenente le credenziali di accesso (utenza e password) e l'invio di un SMS contenente il codice di attivazione;
     7) completamento della procedura di registrazione, in cui si prevede l'attivazione dell'account collegandosi al link ricevuto via email, l'inserimento nella maschera proposta delle credenziali ricevute via PEC, l'effettuazione del cambio password come richiesto, l'autenticazione con la nuova password prescelta, l'indicazione dei dati obbligatori nella maschera di dettaglio del profilo personale, l'indicazione del codice di attivazione ricevuto via SMS e la valorizzazione dei dati obbligatori nella maschera di attivazione;
    successivamente alla conclusione della fase della Registrazione, occorre procedere alla fase della registrazione delle fatture nel sistema PCC: in particolare, l'opzione di compensazione del credito può essere esercitata esclusivamente sulle fatture presenti nel sistema PCC che si trovino negli stati «inviata», «ricevuta» e «in lavorazione». Nel caso delle fatture elettroniche, trasmesse telematicamente attraverso il sistema di interscambio (SDI) ai sensi del decreto ministeriale n. 55 del 2013, i dati contenuti nelle fatture e le informazioni riferite alle fasi di invio e ricezione sono acquisite automaticamente a sistema e per tali fatture è sufficiente verificare che esse siano presenti nel sistema PCC e che risultino in uno dei seguenti stati: Ricevuta o In Lavorazione;
    successivamente, la procedura prevede la fase dell'esercizio dell'opzione di compensazione del credito: l'opzione di compensazione del credito per spese, diritti e onorari di avvocato per l'attività svolta nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato può essere esercitata mediante una funzione di autocertificazione in cui il sistema PCC crea automaticamente un'autocertificazione in cui si possono inserire le fatture presenti nel sistema PCC. Le fatture che non soddisfino i requisiti prescritti dalla norma, pur essendo ugualmente visualizzate, non sono selezionabili ed il sistema indica le motivazioni dell'esclusione;
    completato l'inserimento delle fatture, il sistema propone un riepilogo delle fatture associate all'autocertificazione. Occorre, quindi, sottoscrivere digitalmente l'autocertificazione e presentare la richiesta di ammissione alla procedura di compensazione seguendo la procedura indicata dal sistema;
    successivamente il sistema prevede la fase della elaborazione dell'elenco delle fatture ammesse in compensazione, articolata come segue: per ciascun anno, conclusosi il periodo utile per sottoscrivere e presentare l'autocertificazione (30 aprile di ciascun anno), il sistema PCC: elabora l'elenco delle fatture ammesse alla procedura di compensazione secondo i criteri stabiliti dall'articolo 4 del decreto ministeriale, modifica automaticamente lo stato di tali fatture in Pagato, modifica automaticamente lo stato dell'autocertificazione in Elaborata, invia le opportune comunicazioni informative agli utenti coinvolti; invia ai creditori l'elenco delle fatture ammesse alla compensazione; invia all'Agenzia delle entrate, entro i termini di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto ministeriale, l'elenco dei crediti ammessi alla procedura di compensazione;
    la procedura sopraindicata di compensazione dei crediti degli avvocati per onorari diritti e spese per attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, con quanto dagli avvocati dovuto per imposte e tasse, nonché per contributi previdenziali eventualmente dovuti per propri dipendenti, risulta lunga e farraginosa;
    considerata l'importanza dell'attività professionale svolta dagli avvocati essenziale per la tutela dei diritti dei cittadini e per il funzionamento della macchina giudiziaria, e ritenuta la necessità di salvaguardare il prestigio ed il decoro del ruolo e della funzione svolti dagli stessi nell'interesse di un servizio efficiente e di qualità nei confronti dei cittadini;
    alla luce di ciò, pare necessario un intervento urgente al fine quantomeno di contenere e mitigare gli effetti negativi di carattere economico derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 che gli operatori del settore, in ambito giudiziario, sono costretti oggi e saranno costretti a sopportare nei prossimi mesi. Diversamente la ratio dello stesso provvedimento all'esame dell'Assemblea – diretta a potenziare le misure di sostegno economico ed assicurare maggiore liquidità per le imprese, tra cui risultano anche gli avvocati quali operatori del diritto — risulterebbe frustrata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tempestive e concrete iniziative tali da velocizzare l'effettivo pagamento dei debiti da parte della P.A. in favore dei propri creditori, anche adottando tutte le misure organizzative e normative idonee a procedere ad una generalizzata semplificazione e velocizzazione delle procedure di compensazione dei crediti di cui trattasi, nonché per quanto attiene, in particolare, ai crediti vantati dagli Avvocati per onorari diritti e spese inerenti attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115 – nei cui confronti sia già stato emesso espresso provvedimento giudiziale di liquidazione del compenso — a valutare l'opportunità di procedere all'eliminazione dai sistema PCC della Piattaforma dei Crediti Commerciali di fasi farraginose e superflue, e di prevedere l'attivazione di una specifica procedura telematica semplificata all'interno della Piattaforma dei Crediti Commerciali PCC dedicata, alla luce della concreta circostanza che il credito vantato dagli Avvocati per onorari diritti e spese inerenti attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, si presenta già attestato in un provvedimento espresso del giudice competente e non necessita di particolari verifiche.
9/2461-AR/53Giuliano, Piera Aiello, Ascari, Barbuto, Cataldi, Di Sarno, Dori, D'Orso, Palmisano, Perantoni, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    la pandemia da virus Covid-19 ha creato un'emergenza internazionale prima da un punto di vista sanitario, ma che si ripercuote su tutti i settori e soprattutto sull'intero sistema economico;
    la diffusione dell'epidemia da coronavirus ha innescato in Italia una crisi senza precedenti che sta esponendo il nostro Paese ad una prova durissima e ha reso necessaria, nel nostro Paese, l'adozione di provvedimenti economici che prevedono imponenti misure economiche di sostegno;
    al cessare dell'epidemia, le ripercussioni economiche e finanziarie di tale evento eccezionale non verranno meno a breve termine, ma verosimilmente si protrarranno per un periodo temporale piuttosto ampio;
    molti creditori della Pubblica Amministrazione lamentano gravi ritardi nei pagamenti, nonché la complessità della procedura di compensazione di siffatti crediti con quanto da essi dovuto per imposte e tasse e per contributi previdenziali;
    in tale categoria rientrano anche gli Avvocati che vantano crediti per onorari diritti e spese per attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, nei cui confronti sia già stato emesso espresso provvedimento giudiziale di liquidazione del compenso;
    in particolare, per quanto riguarda tali professionisti, l'articolo 1, comma 778, legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) ha stabilito i criteri utili affinché, a decorrere dall'anno 2016, gli avvocati che vantano crediti per onorari diritti e spese per attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli. 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, siano ammessi alla compensazione con quanto da essi dovuto per imposte e tasse nonché per contributi previdenziali eventualmente dovuti per propri dipendenti, entro il limite massimo pari all'ammontare dei crediti stessi;
    il decreto ministeriale 15 luglio 2016 (decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato di concerto con il Ministro della Giustizia) ha individuato i criteri e le modalità che disciplinano le procedure di compensazione dei crediti vantati dagli avvocati, sorti ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, ed in particolare, ha stabilito che la selezione dei crediti degli avvocati ammessi a tale procedura debba avvenire tramite la Piattaforma dei Crediti Commerciali (sistema PCC) ovvero come definita nel decreto ministeriale citato, all'articolo 2, comma 1 lettera d), «la piattaforma elettronica di certificazione per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, ai sensi del decreto ministeriale del 22 maggio 2012 e del decreto ministeriale del 25 giugno 2012»;
    ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 15 luglio 2016, i crediti che è possibile compensare con i debiti fiscali devono essere liquidati dall'autorità giudiziaria con decreto di pagamento a norma dell'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115. I crediti non devono risultare pagati, neanche parzialmente, e avverso il relativo decreto di pagamento non deve essere stata proposta opposizione ai sensi dell'articolo 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. In relazione a tali crediti, deve essere stata emessa la fattura elettronica ai sensi dell'articolo 1, commi da 209 a 214, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ovvero fattura cartacea registrata sulla piattaforma elettronica di certificazione;
    attraverso la piattaforma elettronica di certificazione, con riferimento a ciascuna fattura elettronica ovvero cartacea registrata, il creditore deve esercitare l'opzione di utilizzare il credito in compensazione e dichiarare la sussistenza dei requisiti; per l'anno 2016, l'opzione può essere esercitata dal 17 ottobre al 30 novembre, a decorrere dall'anno 2017, la medesima opzione può essere esercitata dal 1o marzo al 30 aprile di ciascun anno;
    ai sensi dell'articolo 4 del decreto ministeriale 15 luglio 2016, la piattaforma elettronica di certificazione seleziona le fatture elettroniche ovvero cartacee registrate per le quali è stata esercitata l'opzione per l'ammissione alla procedura di compensazione. La selezione avviene fino a concorrenza delle risorse annualmente stanziate dall'articolo 1, comma 779, della legge, attribuendo priorità alle fatture emesse in data più remota e nel caso di fatture emesse lo stesso giorno, secondo l'ordine cronologico;
    per ciascuna fattura i creditori ricevono la comunicazione di ammissione alla procedura di compensazione attraverso la piattaforma elettronica di certificazione. Entro cinque giorni dalla scadenza del termine per l'esercizio dell'opzione, la piattaforma elettronica di certificazione trasmette all'Agenzia delle entrate, con modalità telematiche, l'elenco dei crediti ammessi alla procedura di compensazione, con il codice fiscale del relativo creditore e l'importo utilizzabile in compensazione;
    l'articolo 5 del decreto ministeriale 15 luglio 2016 stabilisce che i crediti selezionati sono utilizzabili in compensazione a partire dal quinto giorno successivo alla trasmissione dei dati all'Agenzia delle entrate, esclusivamente attraverso il modello F24 telematico;
    i crediti possono essere utilizzati in compensazione esclusivamente per il pagamento dei debiti fiscali del creditore e dei contributi previdenziali per i dipendenti, compresi nel sistema del versamento unificato di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;
    la procedura, dal punto vista pratico, prevede una serie di complesse operazioni, descritte in dettaglio nella «Guida per gli avvocati ammessi al patrocinio a spese dello Stato» (la cui ultima versione è stata predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze in data 5 febbraio 2018);
    innanzitutto, occorre procedere alla registrazione nel sistema PCC attraverso i seguenti numerosi passaggi:
     1) la preregistrazione «de visu»: per potersi registrare nel sistema PCC con il ruolo di libero professionista, il creditore deve in primo luogo recarsi presso la P.A. debitrice (o la Ragioneria Territoriale dello Stato della provincia di appartenenza) al fine di effettuare un riconoscimento de visu; il funzionario della P.A. effettua una pre-registrazione inserendo nel sistema alcuni dati riferiti al creditore; a seguito della pre-registrazione, il sistema PCC invia una email alla PEC del creditore con l'indicazione dei successivi passaggi utili al completamento della registrazione;
     2) inserimento dati dopo PEC con invio link di perfezionamento della registrazione, che consente al creditore di completare (’inserimento delle informazioni personali nelle successive schermate;
     3) scelta firma digitale in cui il sistema chiede di inserire la firma digitale da utilizzare;
     4) inserimento documenti, in cui si prevede l'inserimento della dichiarazione di responsabilità (da scaricare, compilare, firmare digitalmente e ricaricare) e della copia di documento di identità;
     5) riepilogo e invio in cui il sistema mostra il riepilogo delle informazioni e consente l'invio delle stesse;
     6) invio comunicazioni da PCC in cui si prevede l'invio di una mail con link per completamento della procedura; l'invio alla PEC del professionista di una ulteriore mail contenente le credenziali di accesso (utenza e password) e l'invio di un SMS contenente il codice di attivazione;
     7) completamento della procedura di registrazione, in cui si prevede l'attivazione dell'account collegandosi al link ricevuto via email, l'inserimento nella maschera proposta delle credenziali ricevute via PEC, l'effettuazione del cambio password come richiesto, l'autenticazione con la nuova password prescelta, l'indicazione dei dati obbligatori nella maschera di dettaglio del profilo personale, l'indicazione del codice di attivazione ricevuto via SMS e la valorizzazione dei dati obbligatori nella maschera di attivazione;
    successivamente alla conclusione della fase della Registrazione, occorre procedere alla fase della registrazione delle fatture nel sistema PCC: in particolare, l'opzione di compensazione del credito può essere esercitata esclusivamente sulle fatture presenti nel sistema PCC che si trovino negli stati «inviata», «ricevuta» e «in lavorazione». Nel caso delle fatture elettroniche, trasmesse telematicamente attraverso il sistema di interscambio (SDI) ai sensi del decreto ministeriale n. 55 del 2013, i dati contenuti nelle fatture e le informazioni riferite alle fasi di invio e ricezione sono acquisite automaticamente a sistema e per tali fatture è sufficiente verificare che esse siano presenti nel sistema PCC e che risultino in uno dei seguenti stati: Ricevuta o In Lavorazione;
    successivamente, la procedura prevede la fase dell'esercizio dell'opzione di compensazione del credito: l'opzione di compensazione del credito per spese, diritti e onorari di avvocato per l'attività svolta nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato può essere esercitata mediante una funzione di autocertificazione in cui il sistema PCC crea automaticamente un'autocertificazione in cui si possono inserire le fatture presenti nel sistema PCC. Le fatture che non soddisfino i requisiti prescritti dalla norma, pur essendo ugualmente visualizzate, non sono selezionabili ed il sistema indica le motivazioni dell'esclusione;
    completato l'inserimento delle fatture, il sistema propone un riepilogo delle fatture associate all'autocertificazione. Occorre, quindi, sottoscrivere digitalmente l'autocertificazione e presentare la richiesta di ammissione alla procedura di compensazione seguendo la procedura indicata dal sistema;
    successivamente il sistema prevede la fase della elaborazione dell'elenco delle fatture ammesse in compensazione, articolata come segue: per ciascun anno, conclusosi il periodo utile per sottoscrivere e presentare l'autocertificazione (30 aprile di ciascun anno), il sistema PCC: elabora l'elenco delle fatture ammesse alla procedura di compensazione secondo i criteri stabiliti dall'articolo 4 del decreto ministeriale, modifica automaticamente lo stato di tali fatture in Pagato, modifica automaticamente lo stato dell'autocertificazione in Elaborata, invia le opportune comunicazioni informative agli utenti coinvolti; invia ai creditori l'elenco delle fatture ammesse alla compensazione; invia all'Agenzia delle entrate, entro i termini di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto ministeriale, l'elenco dei crediti ammessi alla procedura di compensazione;
    la procedura sopraindicata di compensazione dei crediti degli avvocati per onorari diritti e spese per attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, con quanto dagli avvocati dovuto per imposte e tasse, nonché per contributi previdenziali eventualmente dovuti per propri dipendenti, risulta lunga e farraginosa;
    considerata l'importanza dell'attività professionale svolta dagli avvocati essenziale per la tutela dei diritti dei cittadini e per il funzionamento della macchina giudiziaria, e ritenuta la necessità di salvaguardare il prestigio ed il decoro del ruolo e della funzione svolti dagli stessi nell'interesse di un servizio efficiente e di qualità nei confronti dei cittadini;
    alla luce di ciò, pare necessario un intervento urgente al fine quantomeno di contenere e mitigare gli effetti negativi di carattere economico derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 che gli operatori del settore, in ambito giudiziario, sono costretti oggi e saranno costretti a sopportare nei prossimi mesi. Diversamente la ratio dello stesso provvedimento all'esame dell'Assemblea – diretta a potenziare le misure di sostegno economico ed assicurare maggiore liquidità per le imprese, tra cui risultano anche gli avvocati quali operatori del diritto — risulterebbe frustrata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tempestive e concrete iniziative tali da velocizzare l'effettivo pagamento dei debiti da parte della P.A. in favore dei propri creditori, anche adottando tutte le misure organizzative e normative idonee a procedere ad una generalizzata semplificazione e velocizzazione delle procedure di compensazione dei crediti di cui trattasi, nonché per quanto attiene, in particolare, ai crediti vantati dagli Avvocati per onorari diritti e spese inerenti attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115 – nei cui confronti sia già stato emesso espresso provvedimento giudiziale di liquidazione del compenso — a valutare l'opportunità di prevedere l'attivazione di una specifica procedura telematica semplificata all'interno della Piattaforma dei Crediti Commerciali PCC dedicata, alla luce della concreta circostanza che il credito vantato dagli Avvocati per onorari diritti e spese inerenti attività svolte nell'ambito del patrocinio a spese dello Stato, ai sensi degli articoli 82 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, si presenta già attestato in un provvedimento espresso del giudice competente e non necessita di particolari verifiche.
9/2461-AR/53. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giuliano, Piera Aiello, Ascari, Barbuto, Cataldi, Di Sarno, Dori, D'Orso, Palmisano, Perantoni, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'impatto dell'emergenza epidemiologica dovuta al diffondersi del Coronavirus sul tessuto produttivo rischia di avere effetti drammatici e permanenti: ciò in quanto all'emergenza sanitaria si è fin da subito affiancata quella economica, a causa del calo della domanda che ha investito le attività produttive in generale e i lavoratori in esse impiegati; per tale motivo è necessario intervenire per evitare che le ricadute negative sulle imprese diventino strutturali;
    il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 in esame, reca – in continuità con il «Cura Italia» – misure per fronteggiare la crisi economica legata all'emergenza COVID-19, concentrando gli interventi in favore delle imprese sulle garanzie per assicurare ad esse la liquidità necessaria alla ripartenza delle loro attività e sulla tutela dei settori strategici; la politica del Governo mira a preservare la sostenibilità della finanza pubblica, avviando un percorso di crescita duratura, compatibile con le esigenze di sostenibilità ambientale e crescita sociale e culturale;
    in quest'ottica, già con la norma Fraccaro – ad esempio – sono state destinate risorse finanziarie ai Comuni per consentire investimenti per l'efficientamento energetico e quindi, indirettamente, possibilità di lavoro;
    un tentativo per far ripartire il ciclo economico in una direzione sostenibile non può che passare per investimenti diretti anche alla realizzazione di progetti per la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio archeologico e culturale, troppo spesso trascurato a scapito dei grandi poli museali e dei siti archeologici più noti;
    e ciò, nonostante lo stesso rappresenti in potenza una costante e produttiva fonte di lavoro (e quindi di reddito), sviluppo e crescita economico-culturale per i) Paese e per i singoli territori;
    investire su tale patrimonio, significa creare un rapporto virtuoso tra cultura ed economia: si attiverebbe senza dubbio un meccanismo di crescita economica a vantaggio delle comunità locali, a partire dalla filiera turistica, declinata in tutte le sue manifestazioni;
    al fine di contrastare le difficoltà economiche, nello stesso spirito anche del cd. «Ecobonus» previsto dal decreto-legge Rilancio, si ritiene pertanto indispensabile l'istituzione nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo di un Fondo con una importante dotazione finanziaria al quale possano accedere i Comuni, al fine di realizzare progetti per la tutela, salvaguardia, valorizzazione, promozione archeologico nazionale preistorico e preclassico e l'eventuale acquisizione al patrimonio pubblico di beni culturali; ciò comporterebbe indubbiamente una spinta per l'economia reale ed il coinvolgimento di tutte le tipologie imprenditoriali;
    in tal modo, verrebbero rilanciate le economie locali, in un'ottica di sostenibilità, senza ulteriore consumo di suolo, in quanto i beni culturali rappresentano un elemento di caratterizzazione territoriale e partecipano alla capacità dei territori di attirare visitatori, contrastare il grave fenomeno dello spopolamento, generando esternalità sul comparto turistico e sulle varie filiere connesse (enogastronomia e produzioni tipiche, produzioni artigiane ed edilizia di riqualificazione), comprese le cooperative sociali e gli enti del terzo settore operanti nell'ambito dei beni e delle attività culturali che gestiscono siti archeologici ovvero organizzano visite guidate in siti di interesse culturale;
    la Camera ha approvato in data 23 dicembre 2019 l'ordine del giorno 9/2305/205 con il quale impegnava il Governo, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di destinare stanziamenti alle finalità di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, con specifico riguardo al patrimonio culturale sardo e, in particolare, a quello nuragico e pre-nuragico, in tal modo incentivando la realizzazione di progetti di tutela, salvaguardia, valorizzazione, promozione e acquisizione dello stesso, prevedendo altresì che a tali risorse economiche possano accedere i Comuni che presentino progetti per le finalità richiamate, ovvero volti alla miglior fruizione dei siti archeologici stessi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo un Fondo destinato al finanziamento di progetti Comunali finalizzati alla tutela, salvaguardia, valorizzazione, promozione del patrimonio culturale archeologico nazionale preistorico e preclassico, e specificamente del patrimonio nuragico e pre-nuragico, ovvero interventi volti alla miglior fruizione dei siti archeologici stessi o all'acquisizione di beni culturali al patrimonio comune.
9/2461-AR/54Perantoni, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto cosiddetto «Liquidità» rappresenta il secondo pilastro economico adottato dal Governo per fronteggiare l'emergenza sanitaria da COVID-19;
    il provvedimento si rivolge direttamente alle imprese e a tutti i settori strategici dell'economia, fornendo immediata liquidità per far fronte a tutti i costi fissi esistenti, anche a seguito della riduzione del fatturato o della sospensione temporanea dell'attività;
    in particolare, il Capo II del decreto in esame introduce «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19»,
   considerato che:
    l'emergenza sanitaria, determinata dalla diffusione del virus COVID-19, ha impattato pesantemente sulla situazione socio-economica dell'intero Paese e rischia di trasformarsi in una vera e propria crisi produttiva ed occupazionale;
    per contenere la rapida diffusione del virus si è reso necessario limitare la libertà di circolazione delle persone, costringendo le principali attività economiche alla sospensione della produzione;
    gli effetti del lockdown, tuttavia, si riscontreranno nel lungo periodo e interesseranno, principalmente, le piccole e medie imprese che nel nostro Paese sono all'incirca il 99,4 per cento del totale;
    nonostante la fine del lockdown e la progressiva riapertura delle attività economiche, si stima un calo del fatturato conseguente alla progressiva riduzione della capacità di spesa delle famiglie;
    la contrazione del PIL, pur interessando in quota superiore le aziende del Nord-ltalia, tradizionalmente area più produttiva del nostro Paese, oltre che maggiormente colpito dall'epidemia, rischia, peraltro, di compromettere pesantemente l'assetto economico e sociale del Mezzogiorno;
    l'economia meridionale, infatti, già da tempo in fase di stagnazione, si alimenta soprattutto della spesa delle famiglie, in mancanza di un sostanziale numero di investimenti del comparto industriale;
    è noto che la decrescita strutturale della domanda interna non avrà lo stesso impatto su tutte le imprese, ma interesserà in misura più ampia le microimprese;
    d'altro canto, si ipotizza un fallimento delle imprese del Meridione avente portata quattro volte superiore a quello delle imprese del centro-nord e si auspica un intervento capillare sull'intero territorio nazionale, diretto a salvaguardare la coesione sociale e il tasso di occupazione per le aree più deboli del Paese e per le imprese con dimensioni e capacità produttiva maggiormente a rischio default;
    il programma «Resto al Sud», di cui all'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, è uno strumento agevolativo concernente una serie di incentivi fiscali, destinati ai giovani tra i 18 e i 45 anni, che nasce per supportare l'iniziativa imprenditoriale nelle regioni meridionali, nelle isole maggiori e nelle aree del cratere sismico del Centro Italia, aree già economicamente svantaggiate e disagiate. L'incentivo consente di coltivare le realtà imprenditoriali evitando l'esodo di capitali e di forza lavoro, creando occupazione;
    ad oggi, tale incentivo ha finanziato più di 5.200 iniziative imprenditoriali (con investimenti attivati per 352 milioni di euro, a fronte di agevolazioni pari a 166 milioni di euro), in larga parte operanti proprio nei settori economici più interessati dagli effetti della crisi (52 per cento attività turistico/culturali; 19 per cento servizi alla persona).
    per evitare che le iniziative finanziate dal programma «Resto al Sud», allo stato attuale in fase start-up, possano essere compromesse dalla crisi di liquidità dovuta alla sospensione dell'attività durante il lockdown e, per l'effetto, scomparire dal mercato,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di incrementare gli incentivi a fondo perduto diretti a salvaguardare la continuità aziendale ed i livelli occupazionali delle piccole e medie imprese e, in particolare, quelle avviate grazie al programma «Resto al Sud», al fine di evitare di vanificare, in misura pressoché significativa, l'investimento pubblico già effettuato;
   a valutare l'opportunità di incrementare la dotazione del fondo agevolativo «Resto al Sud», di cui all'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, al fine di incentivare nuove iniziative imprenditoriali nel Sud-Italia che contrastino il fenomeno dei flussi migratori verso altre aree del Paese e garantiscano lo sviluppo socio-economico del Meridione.
9/2461-AR/55Sodano, Manzo, Davide Aiello, Raduzzi, Faro, Ficara, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto cosiddetto «Liquidità» rappresenta il secondo pilastro economico adottato dal Governo per fronteggiare l'emergenza sanitaria da COVID-19;
    il provvedimento si rivolge direttamente alle imprese e a tutti i settori strategici dell'economia, fornendo immediata liquidità per far fronte a tutti i costi fissi esistenti, anche a seguito della riduzione del fatturato o della sospensione temporanea dell'attività;
    in particolare, il Capo II del decreto in esame introduce «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19»,
   considerato che:
    l'emergenza sanitaria, determinata dalla diffusione del virus COVID-19, ha impattato pesantemente sulla situazione socio-economica dell'intero Paese e rischia di trasformarsi in una vera e propria crisi produttiva ed occupazionale;
    per contenere la rapida diffusione del virus si è reso necessario limitare la libertà di circolazione delle persone, costringendo le principali attività economiche alla sospensione della produzione;
    gli effetti del lockdown, tuttavia, si riscontreranno nel lungo periodo e interesseranno, principalmente, le piccole e medie imprese che nel nostro Paese sono all'incirca il 99,4 per cento del totale;
    nonostante la fine del lockdown e la progressiva riapertura delle attività economiche, si stima un calo del fatturato conseguente alla progressiva riduzione della capacità di spesa delle famiglie;
    la contrazione del PIL, pur interessando in quota superiore le aziende del Nord-ltalia, tradizionalmente area più produttiva del nostro Paese, oltre che maggiormente colpito dall'epidemia, rischia, peraltro, di compromettere pesantemente l'assetto economico e sociale del Mezzogiorno;
    l'economia meridionale, infatti, già da tempo in fase di stagnazione, si alimenta soprattutto della spesa delle famiglie, in mancanza di un sostanziale numero di investimenti del comparto industriale;
    è noto che la decrescita strutturale della domanda interna non avrà lo stesso impatto su tutte le imprese, ma interesserà in misura più ampia le microimprese;
    d'altro canto, si ipotizza un fallimento delle imprese del Meridione avente portata quattro volte superiore a quello delle imprese del centro-nord e si auspica un intervento capillare sull'intero territorio nazionale, diretto a salvaguardare la coesione sociale e il tasso di occupazione per le aree più deboli del Paese e per le imprese con dimensioni e capacità produttiva maggiormente a rischio default;
    il programma «Resto al Sud», di cui all'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, è uno strumento agevolativo concernente una serie di incentivi fiscali, destinati ai giovani tra i 18 e i 45 anni, che nasce per supportare l'iniziativa imprenditoriale nelle regioni meridionali, nelle isole maggiori e nelle aree del cratere sismico del Centro Italia, aree già economicamente svantaggiate e disagiate. L'incentivo consente di coltivare le realtà imprenditoriali evitando l'esodo di capitali e di forza lavoro, creando occupazione;
    ad oggi, tale incentivo ha finanziato più di 5.200 iniziative imprenditoriali (con investimenti attivati per 352 milioni di euro, a fronte di agevolazioni pari a 166 milioni di euro), in larga parte operanti proprio nei settori economici più interessati dagli effetti della crisi (52 per cento attività turistico/culturali; 19 per cento servizi alla persona).
    per evitare che le iniziative finanziate dal programma «Resto al Sud», allo stato attuale in fase start-up, possano essere compromesse dalla crisi di liquidità dovuta alla sospensione dell'attività durante il lockdown e, per l'effetto, scomparire dal mercato,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di incrementare gli incentivi a fondo perduto diretti a salvaguardare la continuità aziendale ed i livelli occupazionali delle piccole e medie imprese e, in particolare, quelle avviate grazie al programma «Resto al Sud»;
   a valutare l'opportunità di incrementare la dotazione del fondo agevolativo «Resto al Sud», di cui all'articolo 1 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, al fine di incentivare nuove iniziative imprenditoriali nel Sud-Italia che contrastino il fenomeno dei flussi migratori verso altre aree del Paese e garantiscano lo sviluppo socio-economico del Meridione.
9/2461-AR/55. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sodano, Manzo, Davide Aiello, Raduzzi, Faro, Ficara, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23, al Capo I «Misure di accesso al credito per le imprese», prevede espressamente la possibilità per le imprese con sede in Italia colpite dall'epidemia da COVID-19 di accedere a misure temporanee di garanzia per finanziamenti sotto qualsiasi forma, al fine di assicurare la necessaria liquidità alle suddette imprese;
    ad oggi, i soggetti interessati ad accedere alle sopracitate misure per il sostegno alla liquidità delle imprese per richieste al di sotto di euro 25.000, incontrano delle difficoltà soprattutto legate alla complessità della procedura;
    ai fini dell'accoglimento della domanda, gli istituti bancari richiedono, oltre alla compilazione dell'apposito modello (Mod. 4-bis) secondo le prescrizioni di legge, anche tutta la documentazione aziendale relativa alla situazione contabile del 2020 e del 2019 nonché le relative trasmissioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, in breve tempo, tutte le soluzioni idonee alla semplificazione della procedura al fine di garantire, in questo momento di grave crisi sanitaria ed economica, a tutti gli imprenditori che ne facciano istanza l'accesso alle misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese.
9/2461-AR/56Lombardo.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23, al Capo I «Misure di accesso al credito per le imprese», prevede espressamente la possibilità per le imprese con sede in Italia colpite dall'epidemia da COVID-19 di accedere a misure temporanee di garanzia per finanziamenti sotto qualsiasi forma, al fine di assicurare la necessaria liquidità alle suddette imprese;
    ad oggi, i soggetti interessati ad accedere alle sopracitate misure per il sostegno alla liquidità delle imprese per richieste al di sotto di euro 25.000, incontrano delle difficoltà soprattutto legate alla complessità della procedura;
    ai fini dell'accoglimento della domanda, gli istituti bancari richiedono, oltre alla compilazione dell'apposito modello (Mod. 4-bis) secondo le prescrizioni di legge, anche tutta la documentazione aziendale relativa alla situazione contabile del 2020 e del 2019 nonché le relative trasmissioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, in breve tempo, tutte le soluzioni idonee ad una ulteriore semplificazione della procedura al fine di garantire, in questo momento di grave crisi sanitaria ed economica, a tutti gli imprenditori che ne facciano istanza l'accesso alle misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese.
9/2461-AR/56. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lombardo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del presente decreto, oggetto di conversione, stabilisce la sospensione di versamenti tributari e contributivi per alcuni operatori economici particolarmente colpiti dall'emergenza epidemiologica in atto;
    in tale contesto, il settore italiano delle bevande alcoliche figura tra le attività economiche maggiormente esposte, considerate le ingenti perdite registrate in questo periodo;
    la particolare esposizione per l'emergenza economica da COVID-19, si è aggiunta ad una serie di eventi pregressi che già avevano contribuito ad un indebolimento del settore;
    soprattutto per le piccole e medie imprese come i microbirrifici si riscontrano pesanti difficoltà visto che il mercato di riferimento è rappresentato in modo assolutamente qualificante dalla somministrazione diretta: locali, pub, ristoranti, che per le misure di contenimento hanno subito una chiusura totale,

impegna il Governo

ad adottare misure volte alla sospensione dei versamenti tributari relativi alle bevande alcoliche, nonché la possibilità di rateizzare, per la seconda metà dell'anno in corso, il debito d'imposta relativo alle immissioni in consumo, al fine di garantire alle aziende produttrici la liquidità necessaria a superare le difficoltà conseguenti all'emergenza sanitaria da COVID-19.
9/2461-AR/57Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del presente decreto, oggetto di conversione, stabilisce la sospensione di versamenti tributari e contributivi per alcuni operatori economici particolarmente colpiti dall'emergenza epidemiologica in atto;
    in tale contesto, il settore italiano delle bevande alcoliche figura tra le attività economiche maggiormente esposte, considerate le ingenti perdite registrate in questo periodo;
    la particolare esposizione per l'emergenza economica da COVID-19, si è aggiunta ad una serie di eventi pregressi che già avevano contribuito ad un indebolimento del settore;
    soprattutto per le piccole e medie imprese come i microbirrifici si riscontrano pesanti difficoltà visto che il mercato di riferimento è rappresentato in modo assolutamente qualificante dalla somministrazione diretta: locali, pub, ristoranti, che per le misure di contenimento hanno subito una chiusura totale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure volte alla sospensione dei versamenti tributari relativi alle bevande alcoliche, nonché la possibilità di rateizzare, per la seconda metà dell'anno in corso, il debito d'imposta relativo alle immissioni in consumo, al fine di garantire alle aziende produttrici la liquidità necessaria a superare le difficoltà conseguenti all'emergenza sanitaria da COVID-19.
9/2461-AR/57. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in esame, consta di una serie di misure volte a garantire flussi di liquidità, proroghe di versamenti erariali e contributivi, prevedendo inoltre, ulteriori misure straordinarie di garanzie per fronteggiare la capacità di resilienza dei tessuto produttivo che a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, necessita di uno sforzo economico-finanziario;
    gli imprenditori, gli artigiani, i titolari di esercizi commerciali hanno chiuso la propria attività e al fine di favorire la ripartenza e per non compromettere la sopravvivenza delle imprese stesse, il Governo ha messo in campo misure volte a favorire l'accesso al credito per salvaguardare le imprese da una potenziale crisi di liquidità;
   considerato che:
    già l'articolo 46 della legge n. 27 del 2020 cosiddetta «Cura Italia» vieta di fatto alle aziende di intimare i licenziamenti fino al 17 maggio 2020, salvo ulteriori proroghe che il Governo dovrà predisporre affinché nessuno resti senza lavoro, misure importanti messe in campo poiché gli ammortizzatori sociali sono previsti per un tempo limitato e hanno comunque un costo per le aziende invece il problema dei licenziamenti ha una prospettiva strutturale per le stesse imprese, che generalmente vi ricorrono come extrema ratio quando i contratti di solidarietà, smart working, part-time e altre forme alternative non sono più possibili;
    per offrire al Paese una prospettiva più ampia e strutturale, il Governo ha predisposto misure economiche e finanziarie a favore delle imprese al fine di assicurare la necessaria liquidità, attraverso la garanzia dello Stato, per far fronte ai significativi impatti economici causati dall'emergenza sanitaria;
    la norma contenuta alla lettera l), secondo comma, dell'articolo 1 del decreto-legge in esame, dispone che le imprese di qualunque dimensione, e quindi quale che sia il numero di occupati, che accedano ai prestiti agevolati garantiti dallo Stato debbano assumere «l'impegno a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali» ma non è chiaro se tale «impegno» che deve assumere l'impresa sia cogente e debba essere formalizzato già nel momento in cui la stessa chiede o riceve il prestito garantito, considerando altresì che la norma non definisce la durata di tale «impegno» se esso permanga o meno fino al momento della restituzione del prestito;
    ritenuto che, le misure del decreto-legge in esame sono volte a garantire la ripresa economica e produttiva del nostro Paese, atte a contenere gli effetti del COVID-19 al fine di far fronte all'assenza di liquidità finanziaria che coinvolge le imprese e le famiglie ma è altrettanto importante che accanto ad una giusta azione di sostegno alle imprese sia necessario garantire un rafforzamento del sistema occupazionale finalizzato alla ripresa del lavoro in sicurezza attraverso un impegno cogente da parte del «sistema impresa» per tutelare l'occupazione attraverso il mantenimento degli attuali posti di lavoro, pur ricorrendo temporaneamente agli ammortizzatori disponibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta al controllo e al monitoraggio verso le imprese beneficiarie dei prestiti assistiti da garanzia dello Stato al fine di salvaguardare e tutelare i posti di lavoro a tutti quei lavoratori impiegati prima dell'emergenza epidemiologica sanitaria, affinché si possa comprimere, quanto più possibile eventuali licenziamenti che potrebbero verificarsi nei periodi successivi, soprattutto nei periodi dei termini di proroghe delle varie tipologie di cassa integrazione e ammortizzatori sociali per COVID-19.
9/2461-AR/58Amitrano, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2011 sono stati 4.000 i cicli di ovodonazione eterologa eseguiti all'estero da coppie italiane con circa il 50 per cento di successi, cioè con la nascita di oltre duemila bambini e, in generale in tutta l'Unione europea, sono stati circa 25-30 mila nel 2014;
    l'attuale emergenza da nuovo Coronavirus sta bloccando di fatto il ricorso a questa procedura in tutta l'Unione europea e rischiando di impedire la nascita di migliaia di bambini nel nostro Paese e non solo;
    nei Paesi dove avvengono cicli di ovodonazione eterologa è prevista, regolamentata e non sanzionata, una indennità finanziaria per le donatrici. Il tema dell'infertilità è ingravescente in Italia e in tutto il mondo occidentale e si stima che nel 2030 saliranno all'80 per cento le procreazioni medicalmente assistite sul totale delle procreazioni per cui è importante normare il prima possibile tutto il settore a partire dallo studio e dalla diagnostica delle cause di infertilità ma in emergenza risulterebbe opinabile stoppare la pratica dell'ovodonazione con un impatto demografico peggiore probabilmente di quello della stessa epidemia;
    le nascite nel nostro paese stanno subendo una grave contrazione precedente alla pandemia, nel 2019 sono state 435.000 con 647.000 decessi; la popolazione totale sta rischiando di scendere sotto a 60 milioni (stimata in 60.317.000 a fine 2019). Nel 2015 le nascite erano state 485.000 e dal 2015 si assiste a un progressivo calo demografico. Il calo delle nascite dal 2018 al 2019 è stato del 4 per cento, il più grave da 102 anni;
    anche la procreazione medicalmente assistita praticata a livello nazionale sta subendo un rallentamento dovuto all'emergenza e il ginecologo Antonino Guglielmino, presidente della Società italiana della riproduzione umana, ha stimato in 4.500 le nascite in meno con 3 mesi di stop dei cicli nazionali. Articoli di stampa in merito a neonati «parcheggiati» in strutture alberghiere ucraine hanno tolto il velo alla pratica dell’«utero in affitto»;
    questi dati suggeriscono un importante effetto demografico per il nostro Paese che potrebbe essere aggravato dall'effetto «Chernobyl», cioè dal timore del futuro legato a questa pandemia;
    la crisi demografica potrebbe aggravare quella economica quando con minimi aggiustamenti normativi si potrebbe migliorare tutta questa filiera e garantire risparmi e occupazione qualificata sul nostro territorio, così auspicabili in questo difficile periodo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare gli adeguati interventi, anche di natura normativa, volti a favorire la procreazione e la procreazione medicalmente assistita sul territorio nazionale anche in relazione allo studio e alla diagnosi delle cause di infertilità e alle modifiche dell'articolo 12 comma 6 della legge n. 40 del 2004 in modo da favorire la donazione dei gameti eventualmente consentendo e regolamentando il riconoscimento di indennità per le donatrici di gameti.
9/2461-AR/59Zolezzi, Mammì.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede misure in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
   considerato che:
    il settore dell'attività subacquea è una realtà importante per l'economia italiana in quanto, oltre a svolgere una fondamentale funzione di supporto nel settore scientifico, anche la semplice attività a scopo ricreativo, rappresenta un valore economico considerevole;
    si rileva che nel 2019, in Italia, il numero di praticanti l'attività subacquea abbia raggiunto i cinquecentomila partecipanti per un valore complessivo di trecento milioni di euro, senza considerare l'indotto generato dal turismo; numeri importanti che danno al settore una dimensione significativa e di grande rilievo messa in grave crisi dalla emergenza COVID-19;
    le linee guida redatte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per affrontare la cosiddetta «fase 2» prevedono che i centri diving debbano custodire l'attrezzatura in spazi dedicati e distinti prevedendo che essa debba essere opportunamente «segregata» in involucri chiusi, una volta sanificata. Le citate linee guida prevedono inoltre che a bordo di barche e gommoni da immersione debba essere osservata la distanza sociale di almeno un metro tra le persone;
    il trasporto sul gommone dalla battigia fino al punto di immersione prevede permanenze brevi e in spazi completamente aperti e che numerosi studi dimostrano che la sopravvivenza del virus sia compromessa in ambienti ostili ad esso come l'acqua salata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, alla luce delle considerazioni in premessa, di adottare gli adeguati provvedimenti volti a prevedere, in applicazione del principio di proporzionalità, misure di sicurezza differenziate che consentano lo svolgimento dell'attività subacquea tenendo conto dell'effettivo contesto in cui essa viene svolta anche valutando la possibilità di apportare le necessarie modifiche alle linee guida del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
9/2461-AR/60Deiana.


   La Camera,
   premesso che:
    l'impatto della crisi legata alla pandemia sul Pil italiano 2020 risulta severo a causa di una obbligata interruzione delle attività in tutti i settori dell'economia;
    al fine di scongiurare gli effetti di una recessione che potrebbe essere pari, se non addirittura peggiore, di quella a cui abbiamo assistito nel 2009, il Governo ha messo in campo tutti gli strumenti possibili per sostenere il nostro tessuto produttivo, di cui le Pmi risultano il cuore pulsante;
    in questo decreto si dispone la possibilità di concedere alle imprese garanzie statali sui prestiti bancari attraverso Sace, nonché misure tese a potenziare gli strumenti per sostenere l'esportazione del made in Italy, l'internazionalizzazione e gli investimenti delle aziende. In particolare, è stato deciso di trasformare il Fondo di Garanzia per le Pmi in uno strumento capace di garantire fino a 100 miliardi di euro di liquidità, potenziandone la dotazione finanziaria ed estendendone l'utilizzo anche alle imprese fino a 499 dipendenti;
    l'efficacia di questi strumenti è condizionata alla reale applicazione dell'articolo 4 del presente decreto che dispone, opportunamente, un forte snellimento delle procedure per accedere alle garanzie concesse dal citato Fondo e, di conseguenza, all'erogazione stessa del finanziamento da parte degli Istituti di credito a cui l'interessato si rivolge;
    molte sono le segnalazioni di consumatori pervenute in questi mesi di emergenza sanitaria circa la richiesta da parte di alcuni istituti di credito di ulteriori adempimenti rispetto a quelli disposti nel precedente decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto «cura Italia» per accedere ad alcune misure di sostegno. Tra queste, ci riferiamo ad esempio, a quella che impedisce alle banche di revocare alle Pmi, i finanziamenti accordati a fronte di anticipi su crediti e le linee di credito accordate «sino a revoca», fino al 30 settembre 2020. Tale beneficio sarebbe stato aggravato da maggiori oneri rispetto alla sola presentazione di un'autocertificazione, prevista dalla legge, con la quale il richiedente attesti di aver subito una riduzione parziale o totale dell'attività quale conseguenza diretta dell'epidemia da COVID-19,

impegna il Governo

ad adottare sistemi di vigilanza e controllo, anche mediante la Banca d'Italia, al fine di verificare l'osservanza da parte degli Istituti creditizi delle disposizioni relative alle modalità attuative e operative di erogazione del finanziamento contenute in particolare agli articoli 1 e 4 del decreto in conversione.
9/2461-AR/61D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    l'impatto della crisi legata alla pandemia sul Pil italiano 2020 risulta severo a causa di una obbligata interruzione delle attività in tutti i settori dell'economia;
    al fine di scongiurare gli effetti di una recessione che potrebbe essere pari, se non addirittura peggiore, di quella a cui abbiamo assistito nel 2009, il Governo ha messo in campo tutti gli strumenti possibili per sostenere il nostro tessuto produttivo, di cui le Pmi risultano il cuore pulsante;
    in questo decreto si dispone la possibilità di concedere alle imprese garanzie statali sui prestiti bancari attraverso Sace, nonché misure tese a potenziare gli strumenti per sostenere l'esportazione del made in Italy, l'internazionalizzazione e gli investimenti delle aziende. In particolare, è stato deciso di trasformare il Fondo di Garanzia per le Pmi in uno strumento capace di garantire fino a 100 miliardi di euro di liquidità, potenziandone la dotazione finanziaria ed estendendone l'utilizzo anche alle imprese fino a 499 dipendenti;
    l'efficacia di questi strumenti è condizionata alla reale applicazione dell'articolo 4 del presente decreto che dispone, opportunamente, un forte snellimento delle procedure per accedere alle garanzie concesse dal citato Fondo e, di conseguenza, all'erogazione stessa del finanziamento da parte degli Istituti di credito a cui l'interessato si rivolge;
    molte sono le segnalazioni di consumatori pervenute in questi mesi di emergenza sanitaria circa la richiesta da parte di alcuni istituti di credito di ulteriori adempimenti rispetto a quelli disposti nel precedente decreto-legge n. 18 del 2020, cosiddetto «cura Italia» per accedere ad alcune misure di sostegno. Tra queste, ci riferiamo ad esempio, a quella che impedisce alle banche di revocare alle Pmi, i finanziamenti accordati a fronte di anticipi su crediti e le linee di credito accordate «sino a revoca», fino al 30 settembre 2020. Tale beneficio sarebbe stato aggravato da maggiori oneri rispetto alla sola presentazione di un'autocertificazione, prevista dalla legge, con la quale il richiedente attesti di aver subito una riduzione parziale o totale dell'attività quale conseguenza diretta dell'epidemia da COVID-19,

impegna il Governo

a monitorare l'osservanza da parte degli Istituti creditizi delle disposizioni relative alle modalità attuative e operative di erogazione del finanziamento contenute in particolare agli articoli 1 e 4 del decreto in conversione.
9/2461-AR/61. (Testo modificato nel corso della seduta)  D'Uva.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 40 del provvedimento all'esame, in particolare, interviene in materia di sperimentazione dei medicinali per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 per semplificare l'articolo 17 del decreto-legge n. 18 del 2020, definendo l'ambito di applicazione della norma, con specifico ed esclusivo riferimento al settore dei medicinali, di diretta competenza dell'AIFA;
    il comma 6 del suddetto articolo prevede, vista l'eccezionalità della situazione emergenziale e la necessità di semplificare le procedure relative all'avvio della sperimentazione, che le sperimentazioni senza fine di lucro rientrino nelle coperture delle polizze assicurative già in essere nelle strutture sanitarie coinvolte nella sperimentazione, ritenendo questa procedura in linea con il regolamento UE n. 536 del 16 aprile 2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano che, al considerando 81, prevede che gli Stati membri adottino «apposite misure per incentivare le sperimentazioni cliniche condotte da promotori non commerciali»;
    a questo proposito è opportuno riportare anche quanto prevede lo stesso regolamento al Capo XII «Risarcimento danni», Articolo 76, comma 1, che stabilisce che gli Stati membri debbano garantire «l'esistenza di sistemi di risarcimento dei danni subiti da un soggetto a causa della partecipazione a una sperimentazione clinica condotta nel loro territorio sotto forma di assicurazione, garanzia o di meccanismi analoghi che siano equivalenti, quanto a finalità, e commisurati alla natura e portata del rischio»;
    si ricorda che seppur il decreto 14 luglio 2009 abbia fissato i requisiti minimi per le polizze assicurative a tutela dei soggetti partecipanti alle sperimentazioni cliniche dei medicinali, spesso le strutture sanitarie presso le quali vengono condotte, stipulano assicurazioni con clausole non idonee per la sperimentazione o che la escludono in modo esplicito. Altre volte, invece, le strutture sanitarie non considerano conveniente stipulare polizze assicurative per la pratica clinica e scelgono di risarcire o indennizzare i pazienti in proprio, quando il diritto dei pazienti stessi sia stato definitivamente dimostrato;
    nei fatti, quindi il promotore di una sperimentazione senza scopo di lucro che dispone in genere di risorse limitate, in questi casi, deve assicurare i propri studi e, qualora questo non sia possibile rinunciare a realizzarli, con un danno certo per la conoscenza scientifica e potenzialmente per i pazienti che avrebbero potuto trarne beneficio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare, anche con successivi provvedimenti normativi, modalità di intervento, come previsto dal Regolamento CE n. 536 del 16 aprile 2014, per superare le criticità della copertura assicurativa sulle sperimentazioni senza fine di lucro, affinché non rappresentino un ostacolo allo sviluppo di studi sperimentali potenzialmente risolutivi e un limite per la conoscenza scientifica.
9/2461-AR/62Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 40 del provvedimento all'esame, in particolare, interviene in materia di sperimentazione dei medicinali per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 per semplificare l'articolo 17 del decreto-legge n. 18 del 2020, definendo l'ambito di applicazione della norma, con specifico ed esclusivo riferimento al settore dei medicinali, di diretta competenza dell'AIFA;
    il comma 6 del suddetto articolo prevede, vista l'eccezionalità della situazione emergenziale e la necessità di semplificare le procedure relative all'avvio della sperimentazione, che le sperimentazioni senza fine di lucro rientrino nelle coperture delle polizze assicurative già in essere nelle strutture sanitarie coinvolte nella sperimentazione, ritenendo questa procedura in linea con il regolamento UE n. 536 del 16 aprile 2014 sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano che, al considerando 81, prevede che gli Stati membri adottino «apposite misure per incentivare le sperimentazioni cliniche condotte da promotori non commerciali»;
    a questo proposito è opportuno riportare anche quanto prevede lo stesso regolamento al Capo XII «Risarcimento danni», Articolo 76, comma 1, che stabilisce che gli Stati membri debbano garantire «l'esistenza di sistemi di risarcimento dei danni subiti da un soggetto a causa della partecipazione a una sperimentazione clinica condotta nel loro territorio sotto forma di assicurazione, garanzia o di meccanismi analoghi che siano equivalenti, quanto a finalità, e commisurati alla natura e portata del rischio»;
    si ricorda che seppur il decreto 14 luglio 2009 abbia fissato i requisiti minimi per le polizze assicurative a tutela dei soggetti partecipanti alle sperimentazioni cliniche dei medicinali, spesso le strutture sanitarie presso le quali vengono condotte, stipulano assicurazioni con clausole non idonee per la sperimentazione o che la escludono in modo esplicito. Altre volte, invece, le strutture sanitarie non considerano conveniente stipulare polizze assicurative per la pratica clinica e scelgono di risarcire o indennizzare i pazienti in proprio, quando il diritto dei pazienti stessi sia stato definitivamente dimostrato;
    nei fatti, quindi il promotore di una sperimentazione senza scopo di lucro che dispone in genere di risorse limitate, in questi casi, deve assicurare i propri studi e, qualora questo non sia possibile rinunciare a realizzarli, con un danno certo per la conoscenza scientifica e potenzialmente per i pazienti che avrebbero potuto trarne beneficio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare, anche con successivi provvedimenti normativi, modalità di intervento coerenti con il Regolamento CE n. 536 del 16 aprile 2014 che favoriscano la sperimentazione clinica condotta da promotori non commerciali.
9/2461-AR/62. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il provvedimento in esame recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    in particolare, l'articolo 30 ha esteso il credito d'imposta di cui all'articolo 64 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, previsto per le spese di sanificazione degli ambienti di lavoro, anche alle spese sostenute nell'anno 2020 per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall'esposizione accidentale ad agenti biologici e a garantire la distanza di sicurezza interpersonale;
    durante l'emergenza sanitaria da COVID-19, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) hanno svolto un ruolo decisivo nella gestione della crisi fornendo quotidianamente un aiuto concreto alla collettività; si pensi, ad esempio, alla consegna a domicilio di generi alimentari e farmaci alle persone che presentano gravi difficoltà di deambulazione e alle persone in carrozzina o all'assistenza domiciliare agli anziani;
    sarebbe auspicabile la previsione di un rimborso delle spese sostenute dalle suddette ONLUS sia per la sanificazione degli ambienti di lavoro che per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un contributo in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che hanno regolarmente svolto la propria attività statutaria durante l'emergenza sanitaria da COVID-19, per le spese sostenute sia per la sanificazione degli ambienti di lavoro che per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale atti a proteggere i volontari e gli operatori sociali.
9/2461-AR/63Alaimo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'atto oggi in esame riporta la conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    in particolare il provvedimento, con l'intenzione di semplificare l'accesso al credito, prevede garanzie da parte dello Stato per un totale circa di 200 miliardi di euro concesse attraverso la società SACE Simest, del gruppo Cassa Depositi e Prestiti, in favore delle banche che effettuino finanziamenti alle imprese sotto qualsiasi forma;
    è risaputo che le banche, nella concessione di finanziamenti, richiedano adeguate garanzie alle imprese nel quadro delle possibilità di ripagare il debito contratto. Tale elemento rappresenta un fattore di esclusione dalla possibilità di poter ricevere finanziamenti per moltissime imprese attive nel mondo dell'editoria, come cooperative o editori locali, in relazione alla futura applicazione del taglio dei contributi diretti all'editoria;
    fino al dicembre 2020, le imprese editoriali potranno ancora contare sulle risorse derivanti dal riparto del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dalla legge n. 198 del 2016;
    il comma 810 dell'articolo 1 della Legge di Bilancio 2019 ha però previsto il graduale taglio – fino al completo azzeramento – dei finanziamenti diretti all'editoria. Sebbene siano stati previsti diversi rinvii nella sua applicazione – da ultimo quello inserito nel Milleproroghe 2020 – allo stato attuale è prevista, a decorrere dall'annualità di contributo 2021, la progressiva riduzione, fino alla totale abolizione dall'annualità 2024, dei contributi concessi alle imprese editrici di quotidiani e periodici, tra cui rientrano – in particolare – le cooperative giornalistiche, enti senza fini di lucro e imprese il cui capitale sia detenuto interamente o in misura maggioritaria da enti senza fini di lucro;
    l'azzeramento dei contributi al 2024 pone un evidente problema temporale per la concessione di finanziamenti da parte delle banche, per cui assume particolare peso l'assenza di una entrata di liquidità «certa» per le summenzionate imprese a partire dal 2024,

impegna il Governo

a valutare di porre in essere, nel quadro delle garanzie e dei finanziamenti stabiliti nel provvedimento in esame, tutte le misure possibili a garantirne l'accesso alle imprese editoriali, con particolare riferimento alle cooperative giornalistiche senza scopo di lucro.
9/2461-AR/64Lattanzio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, prevede, in osservanza del nuovo quadro normativo europeo in materia di aiuti di Stato introdotto dalla Commissione con la comunicazione C (2020) 1863 del 19 marzo 2020, l'adozione di misure temporanee finalizzate ad assicurare la necessaria liquidità alle imprese aventi sede in Italia e colpite dall'emergenza dovuta al diffondersi dell'endemia da COVID-19;
    il sostegno alla liquidità delle imprese viene assicurato mediante la concessione di garanzie sul rischio creditizio da parte di Sace S.p.A., fino al 31 dicembre 2020 e per un importo complessivo massimo pari a 200 miliardi di euro, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali, internazionali e di altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, aventi lo scopo di erogare finanziamenti sotto qualsiasi alle imprese italiane;
    il comma 2 del sopracitato articolo 1 (lettere a-n) introduce importanti condizionalità in merito al rilascio della garanzia da parte di Sace S.p.A., in osservanza della menzionata comunicazione della Commissione europea, tra queste risultano particolarmente importanti: l'impegno per l'impresa beneficiaria a non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni (cosiddetto buyback azionario) nel corso del 2020, al fine di assicurare che l'impiego delle risorse sia destinato principalmente ad investimenti produttivi; ed altresì la necessaria destinazione del finanziamento coperto da garanzia a sostegno di costi relativi a personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia;
    tuttavia tra le condizionalità ivi previste non ve ne è alcuna che faccia esplicito riferimento alla valutazione del profilo di responsabilità fiscale delle imprese italiane facenti parte di gruppi multinazionali che potenzialmente potrebbero fare richiesta per l'ottenimento di garanzie pubbliche sul rischio creditizio;
    la valutazione del profilo di responsabilità fiscale delle imprese italiane facenti parte di gruppi multinazionali, potenzialmente beneficiarie della garanzia pubblica concessa da Sace S.p.A., potrebbe introdursi mediante l'inserimento di una nuova condizionalità che vincoli l'ottenimento della garanzia all'assunzione dell'impegno di rendere pubbliche le proprie rendicontazioni paese per paese (cosiddette country-by-country reports o CBCR) relative al periodo d'imposta 2018 e 2019;
    tale condizionalità dovrebbe applicarsi a quelle imprese residenti facenti parte di gruppi multinazionali i cui ricavi complessivi risultanti dal bilancio consolidato del gruppo siano superiori a 750 milioni di euro, in relazione ai periodi d'imposta 2018 o 2019; tale condizionalità potrebbe applicarsi a quelle imprese facenti parte della categoria prevista dal comma 4, articolo 1, del decreto legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) del 23 febbraio 2017;
    il decreto legislativo del MEF n. 23 del 2017 ha introdotto, nell'ordinamento italiano, l'obbligo per i grandi gruppi multinazionali operanti entro i confini nazionali di presentazione dei CBCR all'Agenzia dell'Entrate in attuazione dell'articolo 1, commi 145 e 146 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e della direttiva 2016/881/UE del Consiglio del 25 marzo 2016;
    la pubblicazione dei CBCR risulta particolarmente utile al fine di condurre una verifica del principio di responsabilità fiscale d'impresa rispetto al grado di pianificazione fiscale societaria globale, permettendo una valutazione rispetto a potenziali disallineamenti esistenti tra l'attività economica condotta da grandi multinazionali in ciascuna giurisdizione in cui operano tramite entità di gruppo e il livello di utili ivi registrati (fenomeno del cosiddetto profit-shifting);
    il fenomeno dell’«arbitraggio fiscale», il trasferimento dei profitti verso paesi a bassa imposizione fiscale, non riguarda solo i paesi extra UE. Secondo recenti stime conservative realizzate dagli economisti Tørsløv, Wier e Zucman, il fenomeno del profit-shifting ha un costo per l'Italia (in termini di mancata riscossione di gettito IRES) quantificabile fino a 6,35 miliardi di dollari annui con oltre l'87 per cento degli utili trasferiti in sei giurisdizioni appartenenti all'Unione Europea (Belgio, Cipro, Irlanda, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi);
    la previsione di questa ulteriore condizionalità non determinerebbe dunque l'esclusione dell'impresa italiana facente parte di un grande gruppo multinazionale dalla misura per il rilascio della garanzia creditizia da parte di Sace S.p.A. ma ne condizionerebbe l'ottenimento all'assunzione di un maggior livello di trasparenza societaria che possa infine garantire un effettivo scrutinio pubblico rispetto al livello di responsabilità fiscale delle imprese beneficiarie di garanzie statali finanziate con risorse pubbliche,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di inserire una nuova condizionalità che vincoli l'ottenimento della garanzia creditizia da parte di Sace S.p.A., per quelle imprese residenti facenti parte di gruppi multinazionali i cui ricavi complessivi risultanti dal bilancio consolidato del gruppo siano superiori a 750 milioni di euro in relazione al periodo d'imposta 2018 o 2019, all'impegno da parte dell'impresa stessa di rendere pubbliche le proprie rendicontazioni paese per paese (cosiddetti country-by-country reports o CBCR) relative al periodo d'imposta 2018 e 2019;
   a valutare la possibilità di rendere conforme il contenuto di tali rendicontazioni alle categorie di reporting elencate al comma 1, articolo 4, del decreto legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze del 23 febbraio 2017.
9/2461-AR/65Berti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 92 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 – convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020 n. 27 – recante disposizioni in materia di trasporto marittimo di merci e persone, tutela, oggi, soltanto i concessionari di aree demaniali marittime ubicate all'interno delle circoscrizioni delle autorità di sistema portuale;
    il suddetto articolo al comma 2, al fine di fronteggiare l'improvvisa riduzione dei traffici marittimi afferenti al trasporto di merci e di persone, prevede la sospensione dei canoni di cui agli articoli 16, 17 e 18 della legge 28 gennaio 1994 n. 84 nonché il relativo pagamento da effettuarsi entro e non oltre il 31 dicembre 2020;
    tuttavia il trasporto marittimo di merci e persone interessa, con tutta evidenza, anche aree demaniali marittime ubicate al di fuori delle circoscrizioni delle autorità di sistema portuale caratterizzati da importanti traffici marittimi di persone e/o di merci. Si pensi, ad esempio, ai numerosi porti di interesse regionale presenti lungo le coste (Cetara; Maiori; Minori; Amalfi; Positano; Ischia; Precida; Capri; Ventotene; Ponza; Anzio; Vulcano; Panarea; Lipari; Alicudi; Filicudi; Stromboli; Palau; La Maddalena; Manfredonia; Vieste; Peschici; etc.),

impegna il Governo:

   a intervenire, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, affinché per il solo anno 2020, il canone annuo riguardante le concessioni di beni del demanio marittimo ubicati al di fuori delle circoscrizioni delle autorità di sistema portuale possa essere corrisposto entro il 31 dicembre 2020, senza applicazione di interessi, e che tale canone sia quantificato dalla autorità concedente, senza formalità di istruttoria, applicando una riduzione del settanta per cento;
   a estendere la misura della riduzione con le medesime modalità indicate nel periodo precedente, anche alle concessioni di beni del demanio marittimo rilasciate dalle autorità di sistema portuale ai sensi dell'articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e ai sensi dell'articolo 36 del codice della navigazione.
9/2461-AR/66Termini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 92 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 – convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020 n. 27 – recante disposizioni in materia di trasporto marittimo di merci e persone, tutela, oggi, soltanto i concessionari di aree demaniali marittime ubicate all'interno delle circoscrizioni delle autorità di sistema portuale;
    il suddetto articolo al comma 2, al fine di fronteggiare l'improvvisa riduzione dei traffici marittimi afferenti al trasporto di merci e di persone, prevede la sospensione dei canoni di cui agli articoli 16, 17 e 18 della legge 28 gennaio 1994 n. 84 nonché il relativo pagamento da effettuarsi entro e non oltre il 31 dicembre 2020;
    tuttavia il trasporto marittimo di merci e persone interessa, con tutta evidenza, anche aree demaniali marittime ubicate al di fuori delle circoscrizioni delle autorità di sistema portuale caratterizzati da importanti traffici marittimi di persone e/o di merci. Si pensi, ad esempio, ai numerosi porti di interesse regionale presenti lungo le coste (Cetara; Maiori; Minori; Amalfi; Positano; Ischia; Precida; Capri; Ventotene; Ponza; Anzio; Vulcano; Panarea; Lipari; Alicudi; Filicudi; Stromboli; Palau; La Maddalena; Manfredonia; Vieste; Peschici; etc.),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure a favore delle concessioni di beni del demanio marittimo ubicate al di fuori delle circoscrizioni delle autorità di sistema portuale nonché alle concessioni di beni del demanio marittimo rilasciate dalle autorità di sistema portuale ai sensi dell'articolo 18 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e ai sensi dell'articolo 36 del codice della navigazione.
9/2461-AR/66. (Testo modificato nel corso della seduta)  Termini.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali (A.C. 2461-A),
   premesso che:
    l'emittenza radiotelevisiva locale informativa sta vivendo un periodo di forte crisi di mancanza di liquidità dovuta alle restrizioni della pandemia che hanno comportato l'azzeramento degli investimenti pubblicitari;
    posto che il Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'Informazione comporta l'assegnazione delle risorse per il 95 per cento alle 100 emittenti locali e per il residuo 5 per cento alle restanti 37 emittenti che di fatto risultano escluse dagli aiuti, pur occupando il 25 per cento dei dipendenti del settore;
   considerato che è necessario consentire a tutte le 137 emittenti radiotelevisive locali informative di continuare a svolgere servizio di pubblico interesse sui territori attraverso la quotidiana produzione e trasmissione di approfondita informazione locale a beneficio dei cittadini;
    atteso, pertanto, che sarebbe necessario far confluire le risorse per tale esigenze in un nuovo Fondo che possa erogare a tutte le emittenti presenti nelle graduatorie per l'anno 2019, approvate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, assegnandole con il criterio della proporzionalità esclusivamente in base al punteggio «Area A» inerente a dipendenti e giornalisti da ciascuna conseguito nella graduatoria,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di finanziare il Fondo emergenze emittenti locali, con uno stanziamento idoneo a ristorare le 137 emittenti radiotelevisive locali presenti nelle graduatorie per l'anno 2019, approvate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2017, n. 146, ed erogare tali risorse utilizzando criteri diversi rispetto a quelli attualmente vigenti tenendo in considerazione quanto espressamente segnalato dal Garante della concorrenza e del mercato il 6 maggio 2020.
9/2461-AR/67Scagliusi.


   La Camera,
   premesso che,
    il datore di lavoro risponde della mancata osservanza delle norme a tutela dell'integrità fisica dei prestatori di lavoro in quanto titolare di una posizione di garanzia che discende in primo luogo dall'articolo 2087 c.c.;
    la normativa nazionale di riferimento è il decreto legislativo n. 81 del 2008 (Testo Unico Salute e Sicurezza sul lavoro) il quale coordina, all'interno di un unico testo, tutte le norme in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro e stabilisce una serie di interventi da osservare per il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori;
    anche l'infezione da coronavirus deve essere fatta rientrare nell'alveo delle malattie infettive e parassitarie e, come tale, è senza dubbio meritevole di copertura Inail per gli assicurati che la contraggono «in occasione di lavoro». Lo stabilisce il decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020 cosiddetto «Decreto Cura Italia» all'articolo 42 comma 2 nonché la circolare Inail n. 13 del 3 aprile 2020,

impegna il Governo

a prevedere che in casi accertati di infezione da corona virus (SARS-COV-2) in occasione di lavoro, con prognosi di più di 40 giorni di malattia, questi non possano costituire illecito penale per il datore di lavoro che dimostra di aver adottato sul luogo di lavoro tutte le possibili procedure di prevenzione del contagio.
9/2461-AR/68Colucci, Lupi, Sangregorio, Tondo.


   La Camera,
   premesso che
    l'emergenza sanitaria del COVID-19 ha acuito la crisi del settore dei lavori pubblici con inevitabili conseguenze in termini di occupazione e di sopravvivenza delle aziende e tra i principali interventi, peraltro da sempre, richiesti dagli operatori per arginare tale situazione, ha rivestito, e riveste a maggior ragione in questo momento storico, priorità assoluta la richiesta di pagamento dei crediti delle imprese da parte delle Pubbliche Amministrazioni;
    tra le varie voci di credito, il cui pagamento viene reclamato a gran voce dalle organizzazioni imprenditoriali, vi sono anche quelli derivanti dalla definizione di contenziosi che scontano i tempi molto lunghi delle procedure giudiziarie;
    tra le stazioni appaltanti più importanti ed esposte vi è certamente l'ANAS S.p.A. contro cui sono pendenti contenziosi, che hanno raggiunto cifre considerevoli (si parla di oltre 12 miliardi di euro);
    il Governo è, di recente, intervenuto per confermare la prosecuzione di un virtuoso percorso deflativo, per mezzo della conversione in legge del decreto Mille proroghe, decreto-legge 30/12/2019 n. 162 il quale, coordinato con la legge di conversione 28/02/2020 n. 8, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29/02/2020, prevede espressamente la possibilità di intervenire sul contenzioso con i contraenti generali per mezzo di accordi bonari e transazioni anche nel biennio 2020-2022, mentre con le imprese diverse dai contraenti generali il decreto legislativo n. 50 del 2016, prevedeva già il ricorso alle procedure di accordo bonario ed a quelle di transazione rispettivamente previste agli articoli 205 e 208 del codice degli appalti ex decreto legislativo n. 50 del 2016;
    ciò nonostante, le procedure di accordo bonario e di transazione continuano a registrare, laddove attivate, tempi eccessivamente dilatati poiché i termini previsti di 90 giorni per il completamento delle procedure di accordo bonario vengono abbondantemente superati mentre le proposte di transazione o vengono istruite in tempi estremamente lunghi o si concludono negativamente senza adeguata motivazione;
    la conseguenza è spesso quella di condanne ascrivibili al profilo del danno erariale alle quali non segue una puntuale applicazione dell'articolo 28 della Costituzione ed il conseguente avvio detrazione di rivalsa stante che, oltre al danno, spesso irreparabile, derivato all'Impresa dalla lunghezza delle procedure, la pubblica amministrazione riporta un danno consistente in un rilevante decremento patrimoniale;
    è evidente che la ratio delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 e la legge 28.02.2020 n. 8 resta pertanto frustrata atteso lo svuotamento di significato e di efficacia concreta della incentivazione della definizione delle controversie soprattutto in un momento di grave crisi economica quale quella attuale,

impegna il Governo

a intervenire con futuri provvedimenti normativi atti a garantire l'apertura e la definizione delle procedure di accordo bonario da parte di ANAS nel rispetto del termine di 90 giorni previsto dalla normativa vigente, prevedendo altresì che l'Istruttoria delle proposte di transazione si svolga in tempi celeri con adeguata motivazione conclusiva anche al fine di scongiurare ipotesi di danno erariale.
9/2461-AR/69Barbuto, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che
    l'emergenza sanitaria del COVID-19 ha acuito la crisi del settore dei lavori pubblici con inevitabili conseguenze in termini di occupazione e di sopravvivenza delle aziende e tra i principali interventi, peraltro da sempre, richiesti dagli operatori per arginare tale situazione, ha rivestito, e riveste a maggior ragione in questo momento storico, priorità assoluta la richiesta di pagamento dei crediti delle imprese da parte delle Pubbliche Amministrazioni;
    tra le varie voci di credito, il cui pagamento viene reclamato a gran voce dalle organizzazioni imprenditoriali, vi sono anche quelli derivanti dalla definizione di contenziosi che scontano i tempi molto lunghi delle procedure giudiziarie;
    tra le stazioni appaltanti più importanti ed esposte vi è certamente l'ANAS S.p.A. contro cui sono pendenti contenziosi, che hanno raggiunto cifre considerevoli (si parla di oltre 12 miliardi di euro);
    il Governo è, di recente, intervenuto per confermare la prosecuzione di un virtuoso percorso deflativo, per mezzo della conversione in legge del decreto Mille proroghe, decreto-legge 30/12/2019 n. 162 il quale, coordinato con la legge di conversione 28/02/2020 n. 8, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29/02/2020, prevede espressamente la possibilità di intervenire sul contenzioso con i contraenti generali per mezzo di accordi bonari e transazioni anche nel biennio 2020-2022, mentre con le imprese diverse dai contraenti generali il decreto legislativo n. 50 del 2016, prevedeva già il ricorso alle procedure di accordo bonario ed a quelle di transazione rispettivamente previste agli articoli 205 e 208 del codice degli appalti ex decreto legislativo n. 50 del 2016;
    ciò nonostante, le procedure di accordo bonario e di transazione continuano a registrare, laddove attivate, tempi eccessivamente dilatati poiché i termini previsti di 90 giorni per il completamento delle procedure di accordo bonario vengono abbondantemente superati mentre le proposte di transazione o vengono istruite in tempi estremamente lunghi o si concludono negativamente senza adeguata motivazione;
    la conseguenza è spesso quella di condanne ascrivibili al profilo del danno erariale alle quali non segue una puntuale applicazione dell'articolo 28 della Costituzione ed il conseguente avvio detrazione di rivalsa stante che, oltre al danno, spesso irreparabile, derivato all'Impresa dalla lunghezza delle procedure, la pubblica amministrazione riporta un danno consistente in un rilevante decremento patrimoniale;
    è evidente che la ratio delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 e la legge 28.02.2020 n. 8 resta pertanto frustrata atteso lo svuotamento di significato e di efficacia concreta della incentivazione della definizione delle controversie soprattutto in un momento di grave crisi economica quale quella attuale,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché l'Istruttoria delle proposte di transazione che riguardano l'ANAS si svolga in tempi celeri con adeguata motivazione conclusiva anche al fine di scongiurare ipotesi di danno erariale.
9/2461-AR/69. (Testo modificato nel corso della seduta)  Barbuto, Villani, Nappi.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali»;
   premesso che:
    il Paese sta vivendo una delle più grandi crisi degli ultimi anni a causa delle drammatiche conseguenze della pandemia determinata dal COVID-19;
    il comparto vitivinicolo, strategico per l'Italia, ha subito una forte battuta d'arresto. La chiusura dei ristoranti e degli alberghi infatti, ha comportato il blocco del più grande canale di mercato per le aziende. La riapertura di questi è un tema complicato. La necessità di rispettare le misure di sicurezza elaborate dal Governo al fine di prevenire eventuali nuovi contagi stanno già creando diverse difficoltà per tutte le piccole realtà che forse non riusciranno a ripartire a causa dei costi elevati dei locali a fronte di ricavi dimezzati;
    le aziende vitivinicole hanno continuato a gestire le vigne e le cantine, sostenendo in questo modo tutti i costi di produzione. La grande distribuzione e il commercio online tuttavia, non sono riuscite a garantire entrate per far fronte a tutte le spese;
    gli strumenti messi a disposizioni dal Governo per far fronte alla crisi sono stati certamente utili e positivi. Purtroppo però, non tutte le piccole e medie imprese sono riuscite ad usufruirne nell'immediato. Gli ostacoli burocratici e le difficoltà di accesso ai crediti delle banche rimane un annoso problema che è necessario tenere in considerazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre iniziative, anche normative, volte a sostenere il settore vitivinicolo, comparto che ricopre una posizione di rilevante importanza e che rappresenta un'eccellenza del nostro Paese, al fine di aiutare le piccole e medie imprese del settore la cui sopravvivenza è a rischio.
9/2461-AR/70Lovecchio, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    la diffusione dell'epidemia da COVID-19 ha determinato un'emergenza globale senza precedenti, in primo luogo da un punto di vista sanitario, ma che ha inevitabili ripercussioni su tutti i settori e comparti, in particolare, sull'intero sistema economico;
    tale emergenza epidemiologica e le conseguenti misure restrittive di contenimento adottate dai Governo hanno inciso anche sul sistema delle amministrazioni pubbliche e, in particolare, sul funzionamento del sistema degli uffici giudiziari;
    in relazione all'edilizia giudiziaria, il Governo in carica ha perseguito un dialogo costante e una stretta collaborazione con l'Agenzia del Demanio, il Ministero delle infrastrutture e trasporti e gli Enti locali, volto ad una ottimizzazione della gestione immobiliare che favorisca un puntuale monitoraggio delle strutture e la tempestività degli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, in linea con le reali esigenze degli uffici giudiziari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le adeguate iniziative, anche normative, di competenza, volte a prevedere la possibilità per gli enti locali che abbiano interamente assolto i relativi obblighi derivanti dal finanziamento, di destinare, per finalità diverse, previo parere favorevole del Ministero della giustizia, gli immobili già adibiti a edilizia giudiziaria, nel caso in cui i mutui concessi alle amministrazioni interessate siano in ammortamento e sia ,cessata la destinazione dell'immobile a finalità di edilizia giudiziaria.
9/2461-AR/71Galizia, Piera Aiello, Ascari, Barbuto, Cataldi, Di Sarno, Di Stasio, Dori, D'Orso, Giuliano, Palmisano, Perantoni, Saitta, Salafia, Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede disposizioni urgenti, tra l'altro, anche in materia di salute, oltre a predisporre una serie di importanti e necessari interventi in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, in materia di lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    l'emergenza epidemiologica che stiano affrontando ha raggiunto dimensioni drammatiche e inedite nella storia della nostra Repubblica, alla quale è necessario rispondere con strumenti altrettanto inediti e all'altezza della sfida;
    in tale quadro, e soprattutto con riguardo alle prossime fasi dell'emergenza che preludono al ritorno ad una quotidiana «normalità», è urgente e perentoria la necessità di approntare una serie di idonei strumenti volti a prevenire e trattare il disagio psicosociale ingenerato dalle restrizioni di questi mesi, in tutte le sue dimensioni;
    tra i soggetti più esposti ai rischi di natura psicologica, ci sono senza alcun dubbio coloro che sono impegnati «in prima linea» nel prestare la propria opera contro l'emergenza epidemiologica nelle strutture sanitarie, in una condizione di disagio psicologico causato, tra l'altro, da pesanti ritmi di lavoro, da un accresciuto rischio di mortalità, da un rapporto ancor più crudo e, spesso, impotente con la morte, dall'incertezza determinatasi soprattutto nelle fasi iniziali della pandemia, con importanti ripercussioni sul sistema emotivo e relazionale pari solo agli effetti prodotti da un evento bellico di grandi dimensioni;
    non possono non essere menzionati certamente anche quelle categorie di lavoratori che non hanno mai smesso di lavorare, in particolar modo coloro che per ragioni di servizio si trovano costantemente a gestire un rapporto diretto con utenti e persone, tra i quali le forze dell'ordine, il personale che si occupa di pulizia degli edifici e il personale di supermercati o negozi di beni di prima necessità;
    l'intera popolazione è comunque sottoposta a inedite pressioni psicologiche, che vanno ad aggravare preesistenti stati psicologici di fragilità oltre al rischio di causarne lo sviluppo di nuovi;
    tra le categorie più a rischio vi sono sicuramente gli anziani, i quali, oltre ad essere più soggetti a rischio di contagio da COVID-19, stanno soffrendo maggiormente il distanziamento sociale che li ha privati di quei contatti familiari che riempivano le proprie giornate;
    anche i minori sono stati segnati psicologicamente: il blocco delle attività scolastiche ha privato le famiglie di un'importante forma di sostegno mentre è ancora tutto da calcolare il grave danno che la mancanza di socialità e di insegnamento causerà nello sviluppo di queste giovani generazioni;
    per far fronte a questa situazione, una prima preziosa e significativa risposta è stata fornita dalla collaborazione tra Ministero della Salute e Protezione civile, con il sostegno tecnologico offerto gratuitamente da TIM, che, a partire dal 27 aprile 2020, hanno attivato il numero verde di supporto psicologico 800.833.833;
    si tratta di un servizio, gratuito e professionale, fornito sia telefonicamente che online, strutturato su due livelli, al quale partecipano oltre 2.000 professionisti specializzati tra psicologi, psicoterapeuti e psicoanalisti:
     un primo livello, al quale contribuiscono oltre 500 psicologi dell'emergenza delle Associazioni del Volontariato della Protezione Civile, che si estrinseca tramite un primo supporto telefonico;
     a questo può far seguito un secondo livello con lo scopo di rispondere all'esigenza di fornire un ascolto più approfondito e prolungato nel tempo, con 4 colloqui di sostegno, in cui vengono impiegati, oltre ai servizi sanitari e sociosanitari del servizio sanitario nazionale, più di 1.500 psicologi e psicoterapeuti volontari delle società scientifiche iscritte nell'elenco del Ministero della Salute e che fanno parte della Consulta CNOP;
    con questa iniziativa, il Governo ha voluto garantire ai cittadini uno strumento, gestito da professionisti accreditati e dotati di una specifica e consolidata formazione teorica e pratica, per offrire un ascolto empatico del dolore e dell'angoscia connessa a queste drammatiche fasi emergenziali, favorendo così l'attivazione di un processo di elaborazione dell'evento traumatico;
    dopo i primi 7 giorni di attività, il numero verde ha registrato ben 30.000 richieste di intervento: un numero impressionante che può ben dare la misura di quanto iniziative come queste fossero necessarie e richieste dalla popolazione;
    questo importante servizio si affianca e completa l'assistenza psicologica che gli oltre 6.000 Psicologi dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale già offrono alla popolazione, inseriti nei Dipartimenti di Salute Mentale, in particolare i CSM, nelle strutture ospedaliere e in tutte le ulteriori articolazioni delle Aziende Sanitarie;
    un ruolo non secondario potrebbe essere svolto dal Tavolo di lavoro tecnico sulla salute mentale è stato istituito con decreto direttoriale 17 giugno 2019 presso la Direzione Generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute;
    tale tavolo, a cui partecipano illustri e riconosciuti professionisti che si occupano della salute mentale in tutte le sue sfaccettature, potrebbe fornire indicazioni, raccomandazioni, suggerimenti, linee guida, oltre che proposte più propriamente normative, per superare le criticità che alcune attività stanno soffrendo;
    tra questi, vi sono, ad esempio, l'attività domiciliare, sia come trattamento delle patologie sia come strumento per la persona nella sua globalità e nel suo contesto socio-familiare; il supporto alle famiglie, anche a seguito del maggior carico che hanno dovuto gestire durante le restrizioni; l'attività all'interno delle carceri e delle casi di riposo, particolarmente esposte in questi mesi al rischio di contagio; le attività abilitative e di formazione al lavoro, oltre ad attività più proprie dell'inserimento o del reinserimento lavorativo; nuovi modelli di coordinamento e di cogestione con i servizi sociali e socio-sanitari; e altro;
    gli scarsi investimenti che da sempre caratterizzano le politiche di prevenzione e di cura del benessere mentale hanno prodotto questa situazione in cui il nostro sistema fatica a dare le risposte che la popolazione sta insistentemente chiedendo con riguardo al proprio benessere psicologico;
    questi dati ci mostrano chiaramente quanto sia insufficiente l'offerta: i 6.000 psicologi del nostro Sistema Sanitario Nazionale non riuscivano, prima del Coronavirus, a rispondere a più di un quarto delle istanze;
    queste criticità diverranno ancor più lampante nei prossimi mesi, quando si riverserà sul nostro Sistema Sanitario Nazionale un'ampia e imprevedibile domanda di servizi di supporto psicologico e psichiatrico;
    non agire immediatamente per far fronte all'attuale e alla futura emergenza produrrà notevoli danni ai singoli e alla nostra collettività che potremmo anche non essere più in grado di recuperare ovvero potremmo recuperare con interventi tardivi e costi economici e umani insostenibili;
    si rende dunque necessaria un'urgente opera di investimenti umani e strumentali, sulla scia di quanto previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza, tramite una miriade di servizi rivolti ad incidere sul benessere mentale, che includono, ma non si limitano certamente, i Centri di Salute Mentale,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di proseguire e rafforzare l'attivazione delle componenti di psicologia dell'emergenza di tutte le Associazioni iscritte nell'Elenco Nazionale e degli Elenchi Territoriali del Volontariato della Protezione Civile ai sensi del Codice della Protezione Civile di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, allo scopo di fornire un supporto psicologico individuale e organizzativo, anche con modalità a distanza, oltre che attività di comunicazione del rischio e promozione del benessere rivolte alla popolazione ed al personale sanitario;
   a valutare l'opportunità di predisporre iniziative, anche coinvolgendo le Regioni, volte a tutelare il benessere fisico e psicofisico e assicurare le attività di prevenzione nella popolazione del disturbo acuto da stress e/o e post traumatico da stress, con particolare attenzione ai minori, attraverso servizi di consulenza di personale specializzato;
   a valutare l'opportunità di farsi promotore presso le Regioni di iniziative volte a garantire un supporto psicologico di tipo terapeutico a tutti i medici, operatori, nonché esercenti le professioni sanitarie impegnati direttamente nel contrastare la diffusione dei virus COVID-19, al fine di evitare, o comunque attenuare, lo svilupparsi della sindrome di esaurimento psicofisico e di distacco emotivo, nonché il rischio di incorrere in un disturbo acuto da stress e post traumatico da stress;
   a valutare l'opportunità di promuovere la creazione di un sito web e un'applicazione per dispositivi mobili, integrata con le attuali disposizioni vigenti in merito alla telemedicina nonché integrata con il numero verde di supporto psicologico 800.833.833, per la prevenzione e il contrasto del disagio mentale stress correlato da COVID-19, che preveda modalità di Interazione da remoto e che preveda l'esplicita pubblicità:
    a) di una sezione che contenga l'elenco dei professionisti della salute mentale iscritti ai rispettivi albi OMCEO e degli Ordini regionali degli Psicologi che effettuino modalità di sostegno psicologico da remoto;
    b) delle componenti di psicologia dell'emergenza di tutte le Associazioni iscritte nell'Elenco Nazionale e degli Elenchi Territoriali del Volontariato della Protezione Civile di cui alla direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri del 13 giugno 2006 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2006, n. 200;
   a valutare la possibilità di procedere, di concerto con le Regioni, per le parti di propria competenza, ad una più efficiente allocazione delle risorse finanziarie, umane e strumentali volte a prevenire e contrastare fenomeni individuali e collettivi di disagio mentale, dando attuazione ed implementando ulteriormente quanto già previsto dai Livelli Essenziali Assistenziali;
   a valutare l'opportunità di predisporre le misure necessarie per procedere all'assunzione di psicologi ai sensi delle vigenti norme, incluse quelle riguardanti le ulteriori facoltà assunzionali per il periodo emergenziale, per fornire le necessarie prestazioni al personale sanitario, ai pazienti e alla popolazione in generale;
   a valutare l'opportunità di riattivare il Tavolo di lavoro tecnico sulla salute mentale istituito con decreto direttoriale 17 giugno 2019 presso la Direzione Generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, al fine di fornire supporto al Ministero della salute e al Governo nel suo complesso nella definizione delle politiche emergenziali e post emergenziali nell'ambito della salute mentale.
9/2461-AR/72Di Lauro, Sarli, D'Arrando, Massimo Enrico Baroni, Giordano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13, relativo al Fondo centrale di garanzia per le PMI, persegue l'importante obiettivo di potenziare ed estendere, in deroga alla disciplina ordinaria, le misure di sostegno all'accesso al credito delle piccole e medie imprese al fine di contrastare gli effetti causati dalla diffusione del virus COVID-19 sull'economia nazionale;
    in particolare la norma prevede l'intervento in garanzia del Fondo a titolo gratuito, l'elevazione a 5 milioni di euro dell'importo massimo garantito per singola impresa, il prolungamento automatico della garanzia nell'ipotesi di sospensione del pagamento delle rate di ammortamento o della sola quota capitale correlata all'emergenza, la possibilità di cumulare la garanzia del Fondo con altre forme di garanzia, l'elevazione al 50% della quota della tranche junior garantita dal Fondo a fronte di finanziamenti destinati a imprese appartenenti a settori/filiere colpiti dall'epidemia, l'accesso gratuito e automatico al Fondo per i nuovi finanziamenti di importo limitato concessi in favore di PMI e persone fisiche la cui attività di impresa è stata danneggiata dal COVID-19 con una copertura dei 100 per cento sia in garanzia diretta che in riassicurazione. L'importo di tali finanziamenti è fino a 25 mila euro;
    nel 2013 il Governo ha avviato un'attività di promozione dell'imprenditoria femminile e dei lavoro autonomo delle donne attraverso strumenti innovativi che incidono sulla difficoltà di accesso al credito. Nel 2017 è stato creato, inoltre un sito internet ad hoc, www.imprenditricioggi.governo.it, unitamente a una campagna di comunicazione istituzionale. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno sottoscritto la Convenzione per la costituzione della Sezione speciale per la concessione di agevolazioni nella forma di garanzia diretta, cogaranzia e di controgaranzia a favore delle imprese femminili e delle professioniste, offrendo modalità semplificate di accesso alla garanzia dello Stato, fino all'80 per cento del finanziamento richiesto, per un importo massimo garantito pari a 2,5 milioni di euro, a copertura di operazioni finanziarie finalizzate all'attività di impresa o alla libera professione,

impegna il Governo

in un momento in cui l'informazione e l'accesso agli strumenti di sostegno dell'economia devono essere quanto più chiari e fruibili ai cittadini, a valutare l'opportunità di mettere in atto ogni iniziativa e attività comunicativa per pubblicizzare e informare dell'esistenza della sezione del Fondo delle PMI dedicata al sostegno e allo sviluppo economico dell'imprenditoria femminile.
9/2461-AR/73Spadoni, Galizia, Papiro, Ehm, Sarti, Villani, Casa, Ascari, Elisa Tripodi, Scutellà, Iovino, Lattanzio, Nesci, De Lorenzo, D'Arrando, Giordano, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'A.C. 2461-A di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    l'emergenza epidemiologica dovuta ai diffondersi del COVID-19 ha causato ingenti danni economici ad alcuni settori economici, tra cui, pesantemente colpito risulta essere il comparto turistico;
    il nostro Paese, grazie alle sue innumerevole e uniche bellezze invidiate da tutto il mondo di tipo artistico, culturale e naturale, nel 2019, risultava essere il quarto più visitato al mondo, vantando ben 94 milioni di visitatori stranieri;
    secondo stime della Banca d'Italia riferiti all'anno 2018, il comparto turistico ha generato, direttamente oltre il 5 per cento del PIL italiano ed ha rappresentato oltre il 6 per cento degli occupati, mentre, se si conta anche l'indotto, ha generato fino al 13 per cento del PIL;
    dagli studi emerge chiaramente che il settore turistico dipende in maniera rilevante dai flussi turistici in entrata dall'estero: a partire dal 2017 gli stranieri rappresentano più del 50 per cento delle presenze totali mentre, tra le presenze di turisti stranieri, quasi l'80 per cento, proviene dall'Europa, a partire dalla Germania;
    l'emergenza epidemiologica avrà pesantissime ripercussioni per la stagione turistica estiva appena iniziata, che risentirà, tra l'alto, delle incertezze legate alla sicurezza sanitaria, della generate crisi economica e dai limiti posti alla mobilità delle persone, incluse quelle proveniente dall'estero;
    all'interno del settore, una componente particolarmente importante è costituita dalle strutture ricettive extra-alberghiere, che includono Case per ferie, Ostelli per la gioventù, Rifugi alpini e/o escursionistici, Affittacamere, Case vacanze, Appartamenti ammobiliati per uso turistico, Bed and Breakfast, Residenze d'epoca, Case religiose di ospitalità, Country house, Agriturismi, Lodge e Chalet;
    questo tipo di strutture ricopriranno un ruolo di primaria importanza nelle settimane e nei mesi a venire, al fine di intercettare la domanda turistica;
    queste strutture garantiscono una presenza estremamente capillare nel nostro territorio, anche nei luoghi in cui, molto spesso, le strutture alberghiere, principalmente concentrate nelle grandi città, non sono presenti, come, ad esempio, borghi distanti dalle metropoli, prossimità di parchi naturali, luoghi montuosi, aree soggette a forti sbalzi stagionali, e altro;
    questa rete di strutture extra alberghiere, consentirebbe la promozione e lo sviluppo di forme di turismo sostenibile e di turismo di prossimità;
    come noto, le strutture ricettive extra alberghiere operano sia in forma imprenditoriale, sotto il codice ATECO 55.2, sia in forma non imprenditoriale;
    in una recente lettera inviata da svariate decine di associazioni e aggregazioni di B&B al Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini, e al Ministro dell'economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, oltre ad evidenziare che le strutture ricettive extra-alberghiere, per la loro stessa connotazione strutturale (si pensi alle case per vacanze), possano essere in grado di garantire le necessarie misure di distanziamento sociali, è stata denunciata la mancanza di forme di sostegno anche per chi gestisce le strutture ricettive extra alberghiera in forma non imprenditoriale;
    vale la pena ricordare che in assenza di certezza e continuità economica, vi è il concreto rischio che alcune strutture ricettive siano costrette ad abbandonare la propria attività e le relative strutture che potrebbero poi essere riconvertite dai proprietari in altre attività, generando una perdita permanente per il settore turistico, oltre a gravissime perdite occupazionali nel medio e lungo termine;
    inoltre, la parte rilevante, se non la maggior parte, delle strutture ricettive sfrutta la piattaforma OTA per intercettare flussi turistici, principalmente legata a colossi stranieri che non pagano tasse in Italia o le pagano in maniera del tutto irrisoria, e questa crisi potrebbe essere sfruttata per favorire la nascita e la diffusione di piattaforme online di prenotazione turistiche italiane, affiancate da garanzia per i clienti dal crescente abusivismo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte quelle iniziative, anche di tipo normativo, volte a tutelare chi esercita attività turistica-ricettiva extra alberghiera, anche se esercitata in forma non imprenditoriale, e rilanciare il settore.
9/2461-AR/74Giordano, Di Lauro, Faro, Iovino, Scanu, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'impatto dell'epidemia di COVID-19 sul tessuto delle attività produttive rischia di essere drammatico e permanente; per tale motivo è necessario evitare che le ricadute negative sulle nostre imprese, da temporanee e legate alla contingente situazione emergenziale, si trasformino in strutturali;
    a tal fine, il provvedimento in esame, reca – in continuità con il «Cura Italia» – misure per fronteggiare la crisi economica legata all'emergenza COVID-19, concentrando gli interventi in favore delle imprese sulle garanzie per assicurare ad esse la liquidità necessaria alla ripartenza delle loro attività e sulla tutela dei settori strategici;
    tra i settori colpiti dall'emergenza legata alla pandemia c’è anche quello agricolo e agroalimentare italiano, che, nonostante non abbia subito un blocco totale dell'attività come accaduto in altri settori, ha comunque riportato inevitabili ed ingenti conseguenze produttive ed economiche;
    in particolare, le esportazioni agroalimentari italiane hanno pesantemente risentito dell'embargo avviato dalla Russia nel 2014, più volte prorogato e tuttora vigente, sulle importazioni dall'Italia e dai Paesi dell'Unione europea di prodotti agricoli e dell'industria alimentare, con ricadute negative sul piano economico, occupazionale e ambientale;
    da uno approfondimento condotto, ad inizio anno, dal Centro Studi Confagricoltura, emerge che le conseguenze economiche per l'Italia sono state molto pesanti – considerato che, nel periodo 2009-2013, il valore delle esportazioni di prodotti agricoli e alimentari verso la Russia era in rapida ascesa (+111 per cento) – passando dai 333 milioni di euro del 2009 (pari al 1,4 per cento dell’export nazionale complessivo di settore) a 705 milioni di euro del 2013 (pari al 2,1 per cento);
    dall'entrata in vigore del divieto di importazione di molti prodotti agricoli e dell'industria alimentare dai Paesi dell'Unione europea, il valore annuo dell'esportazioni italiane di settore (confronto 2018 su 2013) risulta ridotto di 153 milioni di euro, dopo aver raggiunto nel 2015 la punta di 324 milioni di euro;
    ritenuto infine che una distensione delle tensioni commerciali internazionali contribuirebbe in maniera determinante al contrasto della crisi economica e alla frenata delle esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy, aggravata dalla pandemia da COVID-19,

impegna il Governo

alla luce dell'impatto dell'epidemia di COVID-19 sul tessuto delle attività produttive e in particolare sul settore agroalimentare italiano, a valutare l'opportunità di promuovere, nell'interesse del Made in Italy, ogni azione diretta a difendere dagli effetti dei dazi le produzioni agroalimentari italiane, anche attraverso la prosecuzione del dialogo e del confronto, al tavolo dei negoziati con i partner europei, al fine di favorire una distensione delle tensioni commerciali internazionali che hanno un impatto negativo sui cittadini europei e sull'economia mondiale.
9/2461-AR/75Cillis, Cadeddu, Cassese, Cimino, Del Sesto, Gagnarli, Galizia, Gallinella, Lombardo, Lovecchio, Maglione, Alberto Manca, Parentela, Pignatone.


   La Camera,
   premesso che
    il provvedimento in esame reca fra le altre, disposizioni urgenti finalizzate al supporto delle imprese, degli artigiani, degli autonomi e dei professionisti la cui attività sia stata pesantemente pregiudicata dalla pandemia da COVID-19 e ad assicurare loro la necessaria liquidità finanziaria per la fase della ripartenza economica;
    con particolare riferimento al comparto del turismo si prevede l'inserimento del settore tra i settori strategici per l'internazionalizzazione;
    il turismo a causa della pandemia da COVID-19 risulta essere uno dei settori maggiormente colpiti in Italia, con in più la problematica di essere un settore che ha bisogno di programmazione per poter riprendere a funzionare appieno;
    uno shock per un settore che nel nostro Paese negli ultimi anni – per cause complessive ma anche specifiche del settore – ha dato un contributo totale all'economia pari al 13 per cento del PIL;
    l'attuale situazione legata alla pandemia del COVID-19 fa presupporre che ci sono ampi margini di sviluppo per tutte quelle forme di turismo che si richiamano al turismo sostenibile;
    il Piano Strategico del Turismo richiama la sostenibilità come uno degli aspetti fondamentali di cui tener conto, in riferimento al nostro patrimonio materiale e immateriale, e viene sottolineato come «è nostro dovere preservarlo e valorizzarlo il più possibile con forme di turismo sostenibile che rispettino il territorio e ne favoriscano la crescita sociale, civile ed economica»;
    l'UNWTO ha definito il turismo sostenibile quel turismo capace di soddisfare le esigenze dei turisti di oggi e delle regioni ospitanti prevedendo e accrescendo le opportunità per il futuro, ribadendo che tutte le risorse dovrebbero essere gestite in modo tale che le esigenze economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte mantenendo l'integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica, i sistemi di vita dell'area in questione;
    il rapporto Tourism for development dell'UNWTO sottolinea come il turismo può funzionare da volano per lo sviluppo sostenibile, la crescita economica, la cura dell'ambiente e la cura del patrimonio culturale;
    le direttive dell'Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile consigliano di non preoccuparsi solo del marketing ma anche della pianificazione sostenibile e responsabile di una destinazione turistica;
    il 13 maggio 2020 la Commissione ha presentato un pacchetto di orientamenti e raccomandazioni per aiutare gli Stati membri a eliminare gradualmente le restrizioni di viaggio e consentire la riapertura delle imprese turistiche nel rispetto delle necessarie precauzioni sanitarie. Il pacchetto mira inoltre ad aiutare la ripresa del settore turistico dell'UE dalla pandemia;
    nel contesto della comunicazione sopra citata, viene enunciata come «ambizione condivisa quella di mantenere l'Europa come la principale destinazione turistica al mondo in termini di valore, qualità, sostenibilità e innovazione»;
    al centro di questa ambizione c’è la sostenibilità, come contributo sia agli obiettivi del Green Deal europeo sia a rafforzare le comunità, la transizione digitale che fornisce nuove modalità di gestione dei flussi turistici e di viaggio, nuove opportunità e una scelta più ampia, oltre a un uso più efficiente delle risorse soggette a scarsità;
    in questa transizione le PMI avranno bisogno di un'attenzione particolare, focalizzando razione verso la promozione della sostenibilità e della digitaliz- zazione e aiutare le imprese turistiche locali a diventare più resilienti e competitive,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, alla luce delle difficoltà che sta vivendo il settore derivante dalla emergenza sanitaria in atto, di costituire un fondo di natura temporanea, per il turismo sostenibile, finalizzato alla promozione e al sostegno di iniziative imprenditoriali e associative legate al turismo responsabile e sostenibile.
9/2461-AR/76Masi, Villani, Nappi, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    con decreto ministeriale n. 82 del 14 maggio 2020, emanato dal Miur, è stata introdotta all'articolo 1 una modifica dell'allegato A, punto b), del decreto ministeriale 7 gennaio 2019 (protocollo n. 6), che prevede la diminuzione, per gli anni accademici 2020-2021 e 2021-2022, del numero minimo dei docenti di riferimento necessari ai fini dell'accreditamento di nuovi corsi di laurea in infermieristica, da cinque a tre unità e, riguardo ai docenti a tempo indeterminato, una riduzione del numero minimo da tre a una unità;
    all'articolo 2 il succitato decreto ministeriale introduce altresì una modifica del corpo docente dei corsi di laurea in infermieristica, prevedendo che, allo scopo di compensare la riduzione di docenti universitari di riferimento di cui al comma 1, gli atenei individuino almeno due medici ospedalieri da indicare come personale medico di riferimento;
    nel particolare e delicato contesto di emergenza sanitaria di epidemia da Sars-CoV-2 (COVID-19) che stiamo vivendo, un provvedimento del genere aggraverebbe ulteriormente la già drammatica carenza di infermieri e andrebbe a ledere la specificità della professione infermieristica che, con i suoi duecento anni di storia, di cui si celebra l'anniversario nel corrente anno, ha sempre teso all'affermazione di quella autonomia e professionalità che nella lunga evoluzione normativa ha trovato un fondamentale riconoscimento nella legge 10 agosto 2000 n. 251;
    pertanto, le modifiche introdotte dal decreto ministeriale n. 82 del 2020, sviliscono e danneggiano la dignità della professione infermieristica, già riconosciuta nel nostro ordinamento, come una eccellenza del Servizio Sanitario Nazionale e un indispensabile punto di riferimento del paziente nel percorso assistenziale. Ne offre ulteriore e recente testimonianza l'impagabile impegno e spirito di sacrificio mostrato dai professionisti sanitari nel corso dell'epidemia di Sars-CoV-2 (COVID-19);
    pur riconoscendo che una buona pratica collaborativa tra le figure del medico e dell'infermiere porti ad offrire la migliore assistenza possibile al paziente e che, in merito ai percorsi didattici di formazione universitaria degli infermieri, i medici costituiscano un importante supporto in determinate aree, specialmente cliniche, per chiari motivi di completezza formativa, tuttavia la stessa formazione non può essere interamente delegata ai medici o dipenderne per garantire l'attivazione del corso di laurea;
    gli stessi recenti decreti-legge n. 18 del 2020 (Decreto Cura Italia) e n. 34 del 2020 (Decreto Rilancio), hanno introdotto significative misure tese a valorizzare la figura e le competenze infermieristiche che mal si conciliano con le disposizioni del decreto ministeriale n. 82 del 2020;
    la laurea magistrale in Scienze Infermieristiche, oltre ad offrire la possibilità di accedere ai concorsi per ricoprire ruoli da dirigente infermieristico, permette anche di potersi candidare all'insegnamento universitario di materie infermieristiche; pertanto la riduzione del numero di docenti universitari di riferimento di cui al comma 1, potrebbe essere compensata consentendo agli atenei di individuare almeno due docenti infermieri del Servizio Sanitario Nazionale, muniti di diploma di laurea magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche, da indicare come personale infermieristico di riferimento coinvolto per ogni corso di laurea in infermieristica,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intervenire attuando delle modifiche al testo del decreto ministeriale n. 82 del 2020, atte a garantire la salvaguardia del corpo docenti costituito da qualificati infermieri del Servizio Sanitario Nazionale, muniti di ogni strumento teorico-pratico per svolgere l'attività professionale e didattica, prevedendo l'inserimento di due infermieri tra i docenti di riferimento nei corsi di laurea in infermieristica, in sostituzione di due medici ospedalieri;
   a valutare l'opportunità di intervenire affinché sia aperto un tavolo tecnico per la ridefinizione della regolamentazione degli incarichi di docenza all'interno dei corsi di laurea in infermieristica.
9/2461-AR/77Mammì, Villani, Nappi, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    con decreto ministeriale n. 82 del 14 maggio 2020, emanato dal Miur, è stata introdotta all'articolo 1 una modifica dell'allegato A, punto b), del decreto ministeriale 7 gennaio 2019 (protocollo n. 6), che prevede la diminuzione, per gli anni accademici 2020-2021 e 2021-2022, del numero minimo dei docenti di riferimento necessari ai fini dell'accreditamento di nuovi corsi di laurea in infermieristica, da cinque a tre unità e, riguardo ai docenti a tempo indeterminato, una riduzione del numero minimo da tre a una unità;
    all'articolo 2 il succitato decreto ministeriale introduce altresì una modifica del corpo docente dei corsi di laurea in infermieristica, prevedendo che, allo scopo di compensare la riduzione di docenti universitari di riferimento di cui al comma 1, gli atenei individuino almeno due medici ospedalieri da indicare come personale medico di riferimento;
    nel particolare e delicato contesto di emergenza sanitaria di epidemia da Sars-CoV-2 (COVID-19) che stiamo vivendo, un provvedimento del genere aggraverebbe ulteriormente la già drammatica carenza di infermieri e andrebbe a ledere la specificità della professione infermieristica che, con i suoi duecento anni di storia, di cui si celebra l'anniversario nel corrente anno, ha sempre teso all'affermazione di quella autonomia e professionalità che nella lunga evoluzione normativa ha trovato un fondamentale riconoscimento nella legge 10 agosto 2000 n. 251;
    pertanto, le modifiche introdotte dal decreto ministeriale n. 82 del 2020, sviliscono e danneggiano la dignità della professione infermieristica, già riconosciuta nel nostro ordinamento, come una eccellenza del Servizio Sanitario Nazionale e un indispensabile punto di riferimento del paziente nel percorso assistenziale. Ne offre ulteriore e recente testimonianza l'impagabile impegno e spirito di sacrificio mostrato dai professionisti sanitari nel corso dell'epidemia di Sars-CoV-2 (COVID-19);
    pur riconoscendo che una buona pratica collaborativa tra le figure del medico e dell'infermiere porti ad offrire la migliore assistenza possibile al paziente e che, in merito ai percorsi didattici di formazione universitaria degli infermieri, i medici costituiscano un importante supporto in determinate aree, specialmente cliniche, per chiari motivi di completezza formativa, tuttavia la stessa formazione non può essere interamente delegata ai medici o dipenderne per garantire l'attivazione del corso di laurea;
    gli stessi recenti decreti-legge n. 18 del 2020 (Decreto Cura Italia) e n. 34 del 2020 (Decreto Rilancio), hanno introdotto significative misure tese a valorizzare la figura e le competenze infermieristiche che mal si conciliano con le disposizioni del decreto ministeriale n. 82 del 2020;
    la laurea magistrale in Scienze Infermieristiche, oltre ad offrire la possibilità di accedere ai concorsi per ricoprire ruoli da dirigente infermieristico, permette anche di potersi candidare all'insegnamento universitario di materie infermieristiche; pertanto la riduzione del numero di docenti universitari di riferimento di cui al comma 1, potrebbe essere compensata consentendo agli atenei di individuare almeno due docenti infermieri del Servizio Sanitario Nazionale, muniti di diploma di laurea magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche, da indicare come personale infermieristico di riferimento coinvolto per ogni corso di laurea in infermieristica,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di intervenire attuando delle modifiche al testo del decreto ministeriale n. 82 del 2020, atte a garantire la salvaguardia del corpo docenti costituito da qualificati infermieri del Servizio Sanitario Nazionale, muniti di ogni strumento teorico-pratico per svolgere l'attività professionale e didattica;
   a valutare l'opportunità di intervenire affinché sia aperto un tavolo tecnico per la ridefinizione della regolamentazione degli incarichi di docenza all'interno dei corsi di laurea in infermieristica.
9/2461-AR/77. (Testo modificato nel corso della seduta)  Mammì, Villani, Nappi, Sarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, fra le altre, disposizioni urgenti finalizzate al supporto delle imprese, degli artigiani, degli autonomi e dei professionisti la cui attività sia stata pesantemente pregiudicata dalla pandemia da COVID-19 e ad assicurare loro la necessaria liquidità finanziaria per la fase della ripartenza economica;
    l'articolo 13 introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un'estensione dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria: in particolare, l'articolo citato, al comma 1, lettera m) dispone l'accesso gratuito e automatico al Fondo per i nuovi finanziamenti di importo limitato concessi in favore di piccole e medie imprese e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni – nonché, secondo quanto introdotto in sede referente – associazioni professionali e società tra professionisti, di agenti e subagenti di assicurazione e broker iscritti alla rispettiva sezione del Registro unico degli intermediari finanziari e assicurativi – la cui attività d'impresa è stata danneggiata dall'emergenza COVID-19. Per tali soggetti, l'intervento del Fondo è potenziato: la copertura è del 100 per cento sia in garanzia diretta che in riassicurazione. L'importo di tali finanziamenti è fino a 30 mila euro, e non più 25 mila, come previsto dal testo originario, prima dell'esame in sede referente;
    tuttavia continuano ad essere esclusi della possibilità di avvalersi dell'intervento del Fondo di garanzia Pmi i soggetti che svolgono attività di perito e liquidatore indipendente delle assicurazioni, ovvero quelle il cui codice Ateco è K 66.21.00 e broker delle società finanziarie (codice Ateco K 66.22.0);
    nel corso del lockdown le attività contraddistinte dal Codice Ateco «K» erano state inserite fra quelle di pubblica utilità ritenute essenziali obbligando gli operatori a svolgere la loro attività per continuare ad offrire ai propri clienti il servizio di carattere sociale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di intraprendere tempestive iniziative, anche di carattere normativo, al fine di estendere l'operatività del Fondo di garanzia Pmi anche i soggetti che esercitano l'attività di perito e liquidatore indipendente delle assicurazioni e di broker delle società finanziarie.
9/2461-AR/78Alemanno.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi quattro anni la crescita delle merci trasportate su rotaia è stata di oltre il 40 per cento;
    l'emergenza sanitaria provocata dal COVID-19 ha prodotto un duro colpo a tutto il settore del cargo ferroviario;
    nonostante in questi mesi le imprese abbiano continuato a lavorare, garantendo la continuità di tutti i servizi dell'intero comparto, il calo del traffico ferroviario merci complessivo, registrato nei mesi di Marzo e Aprile è stato di circa il 35 per cento;
    la perdita di fatturato per l'intero comparto, nel periodo dal 1 marzo 2020 al 30 giugno 2020 è stimata in circa 150 milioni di euro;
    il cargo ferroviario è un settore strategico per l'economia nazionale;
    il trasporto intermodale è il futuro per la competitività delle nostre industrie e per la tutela dell'ambiente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, con un prossimo provvedimento di carattere normativo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ad anticipare l'erogazione delle risorse destinate alla compensazione degli oneri per il traghettamento ferroviario delle merci, dei servizi ad esso connessi e del canone di utilizzo delle infrastrutture.
9/2461-AR/79Serritella.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame delle misure a sostegno delle imprese e nell'intento di garantire un giusto indennizzo agli operatori di rete locale interessati al rilascio delle frequenze, di cui detengono il diritto d'uso, in anticipo rispetto alle scadenze di cui alla tabella 4 del decreto ministeriale 19 giugno 2019, (articolo 4, comma 9 del decreto ministeriale), il 30 aprile 2020 sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze è stato pubblicato il relativo Avviso pubblico;
    l'avviso specifica che, ai sensi dell'articolo 4, comma 9 del decreto ministeriale 19 giugno 2019, la facoltà di rilasciare le frequenze potrà essere esercitata esclusivamente nella fase temporale compresa tra il 4 e il 30 maggio 2020, in base a quanto disposto dal citato articolo 4, comma 9 del decreto ministeriale 19 giugno 2019 e dall'articolo 1, comma 3 della Determina direttoriale del 28 novembre 2019;
    per il rilascio obbligatorio delle frequenze dei canali 51 e 53 UHF utilizzati dalle tv locali in Liguria, Toscana e Lazio e per l'eventuale rilascio volontario sull'intero territorio nazionale delle frequenze delle tv locali, non sono stati ancora definiti gli importi degli indennizzi spettanti per le dismissioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di definire i criteri di misurazione degli indennizzi e la tempistica di attribuzione degli stessi o, eventualmente, confermare l'applicazione dei criteri già adottati con il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 23 gennaio 2012 e con il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 aprile 2015.
9/2461-AR/80Marino.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 in conversione disciplina principalmente le misure temporanee per il sostegno alla liquidità delle imprese attraverso lo snellimento burocratico e la concessione di garanzie per facilitare l'accesso al credito alle imprese e per garantire loro la continuità fortemente compromessa dal periodo emergenziale;
    le restrizioni che hanno colpito le imprese hanno fatto sì che i decreti emanati, tra cui lo stesso in conversione, avessero un occhio di riguardo nei confronti di alcune categorie come quella del turismo, e del suo indotto, nonché di alcuni settori strategici discriminati anche per aree geografiche;
    tuttavia vi sono alcune attività che non sono state ritenute meritevoli della stessa attenzione in quanto i danni economici e patrimoniali a loro derivanti dal periodo emergenziale non sono qualificabili e quantificabili nel breve periodo;
    si pensi ad esempio alle attività che orbitano attorno ad eventi che non siano necessariamente legati alle vacanze e ai soggiorni ma anche ad aspetti strettamente antropici come il matrimonio o le comunioni. Ci si riferisce quindi oltre che alle sale ricevimenti, che spesso vengono inglobate tra i soggetti beneficiari delle indennità nel settore turismo, anche ad attività di fotografi, di fiorai, di commercio di oggettistica per bomboniere ecc. per le quali le mensilità a venire sono solitamente quelle con maggior commesse e redditività;
    tale redditività dunque allo stato attuale è totalmente compromessa dall'annullamento di tali eventi nonché dal mantenimento, ancora ad oggi esistente, del divieto di spostamento tra regioni il quale inibisce altresì all'imprenditore la possibilità di procacciarsi personalmente le commesse nelle zone di suo interesse lavorativo;
    considerando che tale situazione potrebbe protrarsi nel tempo oltre ogni ragionevole previsione e che ciò comprometterebbe l'obiettivo di continuità che la norma si propone di salvaguardare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, anche con successivi provvedimenti normativi, di attuare, nei settori le cui attività sono a forte rischio di ripresa, degli interventi ad hoc al fine di sostenere la loro attività economica sul mercato.
9/2461-AR/81Iorio, Ruggiero, Grimaldi, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34 del decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23 in conversione ha precisato che ai fini del riconoscimento dell'indennità’ di cui all'articolo 44 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, – cosiddetto reddito di ultima istanza –, i professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria devono intendersi non titolari di trattamento pensionistico e iscritti in via esclusiva;
    la stessa nomenclatura adottata appare confondere la ratio del provvedimento essendo questo seppur di ultima istanza non un reddito ma un indennizzo che tende a ristorare i danni da restrizioni di legge;
    la discriminazione adottata a correzione di un provvedimento pregresso, senza peraltro indicare «ratio» ed iter logico-giuridico seguito, dimostra che il legislatore abbia ritenuto «obtorto collo» di dover contravvenire ai principi di solidarietà ed uguaglianza, nella previsione che i lavoratori non iscritti in via esclusiva alla Cassa fossero «immuni» dalla pandemia, nonostante le cogenti restrizioni cui gli stessi siano stati sottoposti;
    occorre evidenziare anche che a sostegno della predetta tesi appaiono contrariamente disciplinati gli indennizzi offerti nei provvedimenti a favore di tutti gli esercenti attività artigianale e di commercio iscritti alle AGO indipendentemente dalle restrizioni dei DPCM emanati. È avvenuto infatti che contribuenti con volumi d'affari, anche elevati e con un'impennata dei profitti (si pensi alle attività degli alimentari) abbiano ricevuto il ristoro per ben due mensilità slegato dalla consistenza dei redditi e dai volumi d'affari;
    per quanto sopra, e in riferimento ai professionisti non iscritti in via esclusiva ad una sola cassa, appare evidente crearsi una fattispecie che vede all'interno di una stessa categoria di contribuenti una discriminazione per status previdenziale anziché per altri principi costituzionali come la progressività del reddito. Si determina così il diritto di percezione del beneficio a chi ha un reddito più alto, ma con una sola copertura previdenziale, e un diniego del beneficio ad un contribuente con reddito inferiore ma iscritto a due casse di previdenza;
    a causa di tale fattispecie è facile presumere la possibilità dell'incardinarsi di giudizi, non esclusa in ogni caso la rimessione alla Corte Costituzionale per le questioni incidentali di costituzionalità dell'indicato articolo 34 del decreto-legge 34 dell'8 aprile 2020 n. 23 non rispettoso dei principi di uguaglianza e solidarietà nonché dei principi di proporzionalità ed adeguatezza della Pubblica Amministrazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di rimuovere la discriminante data dall'iscrizione in via esclusiva alla Cassa privata e, se necessario, di ancorarla a principi di progressività del reddito.
9/2461-AR/82Raffa, Ruggiero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34 del decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23 in conversione ha precisato che ai fini del riconoscimento dell'indennità’ di cui all'articolo 44 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, – cosiddetto reddito di ultima istanza –, i professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria devono intendersi non titolari di trattamento pensionistico e iscritti in via esclusiva,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni citate in premessa al fine di rimuovere la discriminante data dall'iscrizione in via esclusiva alla Cassa privata.
9/2461-AR/82. (Testo modificato nel corso della seduta)  Raffa, Ruggiero.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 44 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 comma 1 al fine di garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi in conseguenza dell'emergenza epidemiologica istituisce un «Fondo per il reddito di ultima istanza» volto a garantire il riconoscimento ai medesimi soggetti di una indennità;
    il comma 2 medesimo articolo definisce i criteri di priorità e le modalità di attribuzione dell'indennità e la eventuale quota del limite di spesa di cui al da destinare al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria;
    con l'articolo 34 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 in conversione si è stabilito che ai fini del riconoscimento dell'indennità in parola per «professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103» devono intendersi i soggetti non titolari di trattamento pensionistico e iscritti in via esclusiva, ponendo di fatto una prima limitazione alla platea dei soggetti beneficiari;
    con successivo decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 nell'articolo 78 è stato previsto che il fondo di ultima istanza sia rifinanziato nonché nell'articolo 84 del medesimo decreto si prevede che le indennità per le mensilità di aprile e maggio siano nuovamente erogate seppur con ulteriori restrizioni legate ai volumi delle perdite di redditività;
    tuttavia l'articolo 86 del predetto medesimo decreto stabilisce un divieto di cumulo tra le indennità previste dall'articolo 44 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e quelli dell'articolo 84 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 lasciando apparentemente aperta un'interpretazione contrastante tra il mero riferimento alla tipologia dell'indennità e il quantum della stessa;
    considerando che rincalzarsi progressivo delle restrizioni ha disorientato e influenzato l'interprete della norma si annota che di tale inesatta interpretazione si è fatto portavoce il presidente delle casse di previdenza private Alberto Oliveti come riportato anche su https://www.ragusanews.com/2020/05/23/economia/bonus-da-600-euro-professionisti-che-lo-hanno-oreso-in-marzo-ora-esclusi/108898 in un articolo del 23 maggio 2020,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire la norma equivoca anche attraverso un provvedimento normativo con una interpretazione autentica.
9/2461-AR/83Grimaldi, Ruggiero, Iorio, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 44 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 comma 1 al fine di garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi in conseguenza dell'emergenza epidemiologica istituisce un «Fondo per il reddito di ultima istanza» volto a garantire il riconoscimento ai medesimi soggetti di una indennità;
    il comma 2 medesimo articolo definisce i criteri di priorità e le modalità di attribuzione dell'indennità e la eventuale quota del limite di spesa di cui al da destinare al sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria;
    con l'articolo 34 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 in conversione si è stabilito che ai fini del riconoscimento dell'indennità in parola per «professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103» devono intendersi i soggetti non titolari di trattamento pensionistico e iscritti in via esclusiva, ponendo di fatto una prima limitazione alla platea dei soggetti beneficiari;
    con successivo decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 nell'articolo 78 è stato previsto che il fondo di ultima istanza sia rifinanziato nonché nell'articolo 84 del medesimo decreto si prevede che le indennità per le mensilità di aprile e maggio siano nuovamente erogate seppur con ulteriori restrizioni legate ai volumi delle perdite di redditività;
    tuttavia l'articolo 86 del predetto medesimo decreto stabilisce un divieto di cumulo tra le indennità previste dall'articolo 44 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e quelli dell'articolo 84 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 lasciando apparentemente aperta un'interpretazione contrastante tra il mero riferimento alla tipologia dell'indennità e il quantum della stessa;
    considerando che rincalzarsi progressivo delle restrizioni ha disorientato e influenzato l'interprete della norma si annota che di tale inesatta interpretazione si è fatto portavoce il presidente delle casse di previdenza private Alberto Oliveti come riportato anche su https://www.ragusanews.com/2020/05/23/economia/bonus-da-600-euro-professionisti-che-lo-hanno-oreso-in-marzo-ora-esclusi/108898 in un articolo del 23 maggio 2020,

impegna il Governo

a valutare se vi sia la necessità di chiarire ulteriormente la norma in premessa.
9/2461-AR/83. (Testo modificato nel corso della seduta)  Grimaldi, Ruggiero, Iorio, Villani, Nappi.


   La Camera,
   premesso che:
    lo schema del decreto-legge n. 23 del 08 aprile 2020 in conversione si articola in tre temi fondamentali raffigurabili in stanziamenti, snellimento della burocrazia e aumento delle garanzie per i prestiti alle imprese;
    quest'ultimo appare quello maggiormente disciplinato in quanto sono state adottate una serie di misure finalizzate ad assicurare la continuità delle imprese attraverso meccanismi di facilitazione di accesso al credito bancario nonché di sterilizzazione, nel periodo emergenziale, di istituti coattivi come il fallimento ed altre procedure concorsuali;
    il principale provvedimento di facilitazione di accesso al credito riguarda la garanzia che lo Stato concede agli istituti bancari esonerando per gradi e per tipologie le imprese dagli obblighi di presentazione di proprie garanzie essendo queste tutelate e sostituite dall'accesso al fondo di garanzia delle pmi;
    tuttavia la norma non esenta gli istituti bancari dall'effettuare verifiche di merito creditizio al fine di misurare la bancabilità dei soggetti richiedenti in quanto è disposto che il soggetto finanziatore deve verificare i criteri di eleggibilità attraverso un'istruttoria creditizia che, solo in caso di esito positivo del processo di delibera, può essere controgarantita dallo Stato;
    ciò comporta che la norma auspica di dare continuità alle imprese con particolare riguardo a quelle che prima della crisi erano in equilibrio e presentavano una regolare prospettiva di continuità aziendale trascurando quelle che, per vari motivi anche esterni alle dinamiche commerciali, sono in crisi da sovra-indebitamento;
    una delle conseguenze di questo atteggiamento produce l'aggravarsi di richiesta di accesso al credito da parte di imprenditori ad altre forme alternative e subalterne a quelle ufficiali come lo stesso Papa Francesco in un appello del 24 aprile scorso durante la messa ha segnalato esserci tra gli effetti di questa pandemia, denunciando che tante famiglie che hanno bisogno, fanno la fame, sono costrette a rivolgersi a gruppi di usurai;
    anche il procuratore nazionale antimafia De Raho suggerisce di «Tracciare flussi, rischio dei prestiti a usura per aziende in difficoltà» come gli stessi Giovanni Melillo, procuratore capo di Milano, e Francesco Greco, che guida gli uffici giudiziari di Milano, in audizione alla Camera nelle Commissioni riunite Finanze e Attività produttive hanno offerto le loro riflessioni per impedire che gli aiuti alle imprese e alle aziende possano finire nella mani della criminalità organizzata e non solo. Tante le proposte dei due magistrati come un codice rosso per le segnalazioni di operazioni sospette;
    considerando che con un comunicato stampa del 18 novembre 2019, il Ministero dell'economia e delle finanze informava di aver messo a disposizione ulteriori 24,2 milioni di euro in garanzie statali per facilitare l'accesso al credito di imprese e famiglie a «rischio usura» nel fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concedere il diritto di accesso al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso con garanzia dello Stato al 100 per cento dell'ammontare di ciascuna operazione finanziaria, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, ai soggetti che fino al 31 dicembre 2020 siano stati esclusi dalla concessione delle garanzie previste dal Fondo Centrale di Garanzia PMI a causa della mancanza dei requisiti di merito creditizio in seguito a istruttoria bancaria, e che contestualmente alla data del 23 febbraio 2020 abbiano guadagnato l'omologazione dell'accordo previsto dall'articolo 12 della legge 27 gennaio 2012 n. 3, valutando altresì, fra i presupposti di ammissibilità previsti dalla predetta legge, l'opportunità di concedere nel procedimento la fissazione dell'udienza anche ai soggetti di cui all'articolo 66 del decreto legislativo 12 gennaio 2019 n. 14, nelle modalità ivi previste, come identificati dall'articolo 230-bis del codice civile.
9/2461-AR/84Ruggiero, Grimaldi, Iorio.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'attuale situazione di emergenza sanitaria e di crisi economica dettata dalla pandemia da COVID-19, che si ripercuote pesantemente anche sulle disponibilità finanziarie delle imprese, sarebbe necessario rinvenire e quindi segnalare strumenti bancari tipici per il sostegno di liquidità alle imprese già inseriti dalle norme del nostro ordinamento;
    tra questi, quale strumento idoneo a rispondere all'esigenza di rapida liquidità ed essenziale per le imprese secondo lo spirito della norma in esame e, quindi, come strumento per rilanciare l'economia del Paese e a consentire a basso costo sociale il sostegno alla gestione corrente nonché nuovi investimenti con previsione di un pagamento dilazionato, potrebbe essere rappresentato dal contratto di sale and lease back (ovvero locazione finanziaria di ritorno);
    peraltro, il settore bancario è fortemente impegnato, in questo periodo, nell'elargire finanziamenti ad imprese ed autonomi sulla base di principi ben più complessi, non perfettamente in linea con le procedure richieste dalla normativa bancaria circa il merito creditizio, nonché di grande peso pubblico per le garanzie che devono essere rilasciate a favore del settore creditizio stesso;
    il sale and lease back trova storicamente le sue origini negli Stati Uniti e solo successivamente si è diffuso nel nostro ordinamento raggiungendo lo status di contratto socialmente tipico; contratto sviluppatosi nella pratica commerciale prendendo come punto di riferimento, per modalità e caratteristiche, il contratto di leasing;
    in merito al contratto di sale and lease back nel corso degli anni è nata un'accesa disputa dottrinaria orientata alla tipicizzazione o meno di tale contratto. Un'impostazione minoritaria ha teso a tipizzare il Lease Back e a ricondurlo nell'ambito dell'articolo 2425-bis del codice civile, mentre l'orientamento maggioritario si è espresso per la collocazione di tale tipologia contrattuale nella categoria dei contratti atipici, ex articolo 1322 del codice civile;
    in ogni caso, all'atto pratico, con la definizione di sale and lease back si fa riferimento ad una operazione in cui un'impresa commerciale o industriale vende un bene di sua proprietà ad un imprenditore finanziario che ne paga il corrispettivo – diventandone proprietario – e contestualmente lo cede in leasing alla stessa società alienante, che versa periodicamente dei canoni (di leasing) per una durata temporale determinata, con facoltà di riacquistare la proprietà del bene venduto corrispondendo alla scadenza dei contratto il prezzo stabilito per il riscatto;
    un impegno dei Governo per far riavviare le valutazioni alle società abilitate, delle operazioni di sale and lease back consentirebbe di:
     a) immettere liquidità nel sistema delle imprese, anche per il tramite dei gruppi di imprese facenti capo ad uno stesso imprenditore anche giuridico, sulla base di contratti già consolidatisi nell'ambito del sistema normativo italiano ed oggi soltanto non utilizzati;
     b) riavviare il sistema del mercato immobiliare particolarmente in crisi a causa dell'emergenza attuale;
     c) affidare al sistema bancario l'istruttoria legata alla operazione di sale and lease back, sulla base di principi civilistici ormai puntuali, inderogabili e che non consentono, come avvenuto in un remoto passato, di applicare l'istituto in maniera distorta scongiurando responsabilità specifiche per il soggetto erogatore. Tali operazioni, pertanto, andrebbero svolte sulla base di principi già prestabiliti, rafforzati, peraltro e indirettamente, dall'introduzione con la legge 30 giugno 2001 nel T.U.B., dell'articolo 48 che recita in merito «Finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato». Si tratta, sostanzialmente della codifica del cosiddetto patto Marciano. Il tutto pertanto, quali operazioni di compravendita al valore di mercato del bene in un contesto di solvibilità del venditore-locatario;
     d) non richiedere particolari garanzie a carico dello Stato; in tale ambito, inoltre, si rinvia alla consultazione della Banca D'Italia da parte dell'A.B.I. in data 15 maggio 2018; in tale ambito si richiama l'Accordo tra quest'ultima e Confindustria del 12 maggio 2018, che invita le banche e gli enti finanziari a immettere liquidità nel sistema delle imprese per il tramite di operazioni garantite dal trasferimento degli immobili senza arricchimento del «contraente forte». In tale ambito, peraltro, si invitava la Banca d'Italia a chiarire l'impatto contabile e i requisiti patrimoniali in considerazione della circostanza che si tratta, di norma, di una forma di garanzia aggiuntiva (rispetto alla garanzia ipotecaria) a tutela delle ragioni di credito della banca. Peraltro già in tale circostanza si dava atto che la Banca d'Italia aveva delineato il limite generale di investimenti delle banche in immobili a garanzia evidentemente superato se gli immobili venivano, appunto, acquisti a tutela delle ragioni di credito dell'istituto. Si chiedeva, soltanto, maggiore chiarezza e conferma del suddetto superamento ricomprendendo anche i casi in cui il bene immobili subentri nel patrimonio della banca in forza di norme speciali o comunque ai fini del soddisfacimento del proprio credito. Si chiedeva, altresì, una semplice e maggiore chiarezza in merito agli interventi di vigilanza della Banca Centrale italiana in quei casi in cui quest'ultima ritenesse eccessivamente elevato il valore degli immobili nel bilancio dell'Istituto di Credito ovvero i piani di rientro non fossero congruamente supportati da criteri di economicità e ragionevolezza. Anche in tali casi A.B.I. chiedeva maggiore chiarezza. Da ultimo si chiedeva maggiore chiarezza specificando, come dal tenore letterale del nuovo orientamento di vigilanza, che venivano esclusi dagli immobili di proprietà dell'Istituto ai fini del calcolo del patrimonio di vigilanza dello stesso, tutti gli immobili ceduto in locazione finanziaria seppur di proprietà anche con operazioni di sale and lease back. Nell'ambito di tali controlli assumevano rilevo le circolari di Banca d'Italia numeri 288/2015 e 285/2013 riconducibili sia alle banche che agli intermediari finanziari in breve;
    in merito, peraltro, alle successive indicazioni vincolanti di vigilanza in forza del 18o aggiornamento in data 17 settembre 2019 della Circolare Banca d'Italia del 5 agosto 1996 n. 271 per il manuale delle attività di vigilanza, al paragrafo 10 « leasing finanziario» non viene rilevata alcuna distinzione di contabilizzazione tra il leasing finanziario e quello di «ritorno» (S.L.B.). Inoltre nella sottosezione I della medesima circolare « Leasing», vengono analiticamente dettagliate le modalità di contabilizzazione, indicazione e segnalazione all'Autorità di Vigilanza di tutte le operazioni di leasing tra cui quelle di S.L.B. per le quali non viene distinta alcuna differenza rispetto alle altre forme nonché specificata l'esigenza richiesta da A.B.I. in merito alla distinzione tra immobili oggetto di locazione finanziaria in corso e quelli per i quali è intercorsa la risoluzione ovvero non è stato esercitato il riscatto che, quindi, entrano a fare parte del patrimonio immobiliare dell'Ente a differenza degli altri;
     e) vi sono, pertanto, tutte le condizioni per valorizzare l'istituto del sale and lease back quale strumento per immettere liquidità nel sistema nell'ambito del supporto alle imprese ex articolo 1 di indirizzo del decreto-legge in conversione quale atto doverosamente attivabile sia nell'interesse del sistema creditizio che nell'ambito dei principi del «patto Marciano» può rafforzare e implementare le garanzie del credito che del sistema imprese che potranno disporre di nuova e sostanziale liquidità oltre che del sistema immobiliare, che soffrendo di presumibile e ampia stagnazione potrà avere nuovo e decisivo impulso alla ripresa. Malgrado la piena liceità ed il totale inserimento del contratto di Sale and lease back nell'ordinamento giuridico italiano, ormai da anni, il maggior numero delle società od enti creditizi specializzati in operazioni di leasing anche immobiliare, hanno interrotto questo tipo di operazioni che, nella situazione di crisi che stiamo vivendo, potrebbe invece consentire un rilancio dell'economia, con particolare vantaggio per le imprese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere azioni, adottare iniziative congiuntamente all'A.B.I. al fine di invitare gli istituti, nell'ambito dei principi di correttezza più sopra ricordati nonché dei criteri di vigilanza già adottati dalla Banca d'Italia, a praticare a tassi concorrenziali e di mercato, politiche di leasing finanziari e di sale and lease back al fine del rilancio dell'economia del Paese e, quindi, delle imprese e lavoratori autonomi aventi diritto ai finanziamenti secondo il merito creditizio.
9/2461-AR/85Currò, Mammì.


   La Camera,
   premesso che:
    la sospensione di molte attività produttive ad opera dei decreti che si sono susseguiti in questi mesi per fronteggiare l'emergenza sanitaria COVID-19 ha reso necessario per gli imprenditori recarsi nelle aziende sospese per compiere alcune attività necessarie e urgenti tra cui, a titolo esemplificativo, attività di vigilanza, manutenzione, gestione dei pagamenti, pulizia, sanificazione, etc.;
    il DPCM del 10 aprile, regolamentando questa particolare situazione, ha previsto che lo svolgimento delle suddette attività è subordinato all'invio preventivo, in genere tramite posta elettronica certificata (PEC), da parte dell'imprenditore di una comunicazione alla Prefettura competente;
   considerato che:
    questa prescrizione rappresenta un ulteriore appesantimento burocratico per le imprese già schiacciate dalla pesante situazione di emergenza che sarebbe opportuno semplificare consentendo che lo svolgimento di tali attività, espressamente consentite dalla norma e non soggette ad una specifica valutazione discrezionale dei Prefetto, possa avvenire utilizzando una semplice autocertificazione per motivi di lavoro da esibire in caso di controllo, sistema già in uso per giustificare gli spostamenti all'interno del territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di semplificazione le procedure di accesso ai locali aziendali delle attività produttive sospese, del personale dipendente o terzi delegati per lo svolgimento di attività di vigilanza, attività conservative e di manutenzione, gestione dei pagamenti nonché attività di pulizia e sanificazione, di cui all'articolo 2, comma 12 del DPCM 10 aprile 2020, consentendone l'accesso sotto la propria responsabilità mediante l'esibizione di autocertificazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
9/2461-AR/86Martinciglio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 143, recante disposizioni in materia di commercio estero, all'articolo 24 comma 3 prevede la costituzione e la diffusione territoriale di sportelli per le imprese e per gli operatori ai fini della fruizione dei servizi e delle agevolazioni previste in materia su iniziativa della Commissione permanente per il coordinamento e l'indirizzo strategico della politica commerciale con l'estero costituita presso il CIPE di cui al comma 1 dell'articolo suddetto;
    con delibera 4 agosto 2000, n. 91, il CIPE ha fissato la collocazione a livello regionale degli Sportelli regionali per l'internazionalizzazione delle imprese (SPRINT) finalizzati all'assistenza sulle modalità promozionali, finanziarie e assicurative, all'assistenza legale, fiscale e amministrativa e al supporto nella selezione dei mercati esteri e nei partner in progetti di investimento;
    in questa fase emergenziale è essenziale puntare al rilancio nel breve periodo del nostro export e al contempo offrire alle aziende sul territorio l'opportunità di un rilancio economico anche attraverso un'apertura al mercato estero;
    l'ICE, Simest Spa, Sace Spa e le camere di commercio garantiscono ad oggi la presenza di questi sportelli permanenti principalmente nei capoluoghi di regione con alcune realtà provinciali presso le camere di commercio;
    tali SPRINT sono uno strumento purtroppo tuttora non diffuso capillarmente sul territorio e sono tantissime le piccole e medie aziende che dichiarano di non essere a conoscenza di tali sportelli o che hanno difficoltà a interfacciarsi,

impegna il Governo

a potenziare e pubblicizzare maggiormente gli sportelli ICE, con la presenza di proprio personale, in Italia nelle Regioni obiettivo per il reclutamento delle micro e PMI al fine di sostenerle nell'ingresso al mondo dell'export o reclutarle per progetti di interscambio commerciale derivanti.
9/2461-AR/87Suriano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 143, recante disposizioni in materia di commercio estero, all'articolo 24 comma 3 prevede la costituzione e la diffusione territoriale di sportelli per le imprese e per gli operatori ai fini della fruizione dei servizi e delle agevolazioni previste in materia su iniziativa della Commissione permanente per il coordinamento e l'indirizzo strategico della politica commerciale con l'estero costituita presso il CIPE di cui al comma 1 dell'articolo suddetto;
    con delibera 4 agosto 2000, n. 91, il CIPE ha fissato la collocazione a livello regionale degli Sportelli regionali per l'internazionalizzazione delle imprese (SPRINT) finalizzati all'assistenza sulle modalità promozionali, finanziarie e assicurative, all'assistenza legale, fiscale e amministrativa e al supporto nella selezione dei mercati esteri e nei partner in progetti di investimento;
    in questa fase emergenziale è essenziale puntare al rilancio nel breve periodo del nostro export e al contempo offrire alle aziende sul territorio l'opportunità di un rilancio economico anche attraverso un'apertura al mercato estero;
    l'ICE, Simest Spa, Sace Spa e le camere di commercio garantiscono ad oggi la presenza di questi sportelli permanenti principalmente nei capoluoghi di regione con alcune realtà provinciali presso le camere di commercio;
    tali SPRINT sono uno strumento purtroppo tuttora non diffuso capillarmente sul territorio e sono tantissime le piccole e medie aziende che dichiarano di non essere a conoscenza di tali sportelli o che hanno difficoltà a interfacciarsi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di potenziare e pubblicizzare maggiormente gli sportelli ICE, con la presenza di proprio personale, in Italia nelle Regioni obiettivo per il reclutamento delle micro e PMI al fine di sostenerle nell'ingresso al mondo dell'export o reclutarle per progetti di interscambio commerciale derivanti.
9/2461-AR/87. (Testo modificato nel corso della seduta)  Suriano.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge si configura come un «provvedimento governativo ab origine a contenuto plurimo», categoria elaborata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale con sentenza n. 244 del 2016, per descrivere quei provvedimenti nei quali «le molteplici disposizioni che li compongono, ancorché eterogenee dal punto di vista materiale, presentano una sostanziale omogeneità di scopo», dove nel caso in esame il contrasto dell'epidemia da Covid-19 e delle sue negative conseguenze economiche e sociali;
    la situazione emergenziale sta causando un serio tracollo di molti ambiti produttivi e in primo luogo di quelli che derivano i ricavi dalla frequenza di pubblico e dalla socialità come le attività culturali;
    il sistema produttivo culturale e creativo italiano è composto da 416.080 imprese, distribuite in 2 grandi ambiti di attività, fra cui il Core (291.025 imprese) che comprende attività legate alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico; performing arts e arti visive (teatri, concerti, etc.); industrie culturali (cinema, radio-tv, videogame, editoria etc.); industrie creative che offrono servizi (comunicazione, architettura, design); e l'ambito Creative driven (125.054 imprese) che riguarda attività che non fanno parte della filiera culturale intesa in senso stretto, ma che impiegano contenuti e competenze culturali per accrescere il valore dei propri prodotti;
    entrambi gli ambiti mostrano numeri e performance rilevanti: 96 miliardi di euro (circa) come valore aggiunto; 6,1 per cento del prodotto lordo complessivo; 1,55 milioni di occupati. L'intera filiera culturale produce 265,4 miliardi di euro, il 16,9 per cento del valore aggiunto nazionale, col turismo come primo beneficiario di questo effetto volano;
    il Consiglio di Stato ha ormai da tempo valorizzato la funzione della sussidiarietà orizzontale, così come introdotta dall'articolo 118 della Costituzione, riconoscendole una forza propulsiva che consente lo sviluppo del rapporto tra pubblico e privato anche nella realizzazione di finalità di carattere generale, legittimando l'intervento di coloro che liberamente interpretano i bisogni collettivi emergenti dal «sociale»;
    il patrimonio culturale, in conformità a norme di principio dettate dalla Costituzione dall'articolo 118 e alla disciplina specifica di settore così come da decreto legislativo 2004, n. 42, può assumere un ruolo di leva strategica per lo sviluppo dei territori mediante il ricorso a forme tipiche di valorizzazione,

impegna il Governo:

   a) a valutare l'opportunità per le imprese culturali e creative, ricomprese nelle categorie individuate dall'articolo 61, comma 2 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 lettera d) ed f), che hanno subito un periodo di sospensione di attività a causa delle misure straordinarie di cui al decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, ovvero di quelle previste da altri provvedimenti normativi o amministrativi di urgenza, anche regionali o locali, aventi ad oggetto il contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, nel contesto di contratti pubblici come definiti dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, a riconoscere un'indennità pari agli oneri gravanti nel periodo di sospensione in misura non inferiore all'80 per cento del corrispettivo contrattualmente previsto quanto agli appalti e in misura non inferiore all'80 per cento degli incassi medi degli analoghi periodi temporali delle annualità 2018 e 2019 quanto alle concessioni;
   b) a valutare l'opportunità del riconoscimento su richiesta dell'appaltatore o concessionario che dovrà pervenire alla stazione appaltante entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione – un prolungamento del periodo di durata del contratto pubblico di servizi sino al 31 dicembre 2023 per le imprese culturali e creative, ricomprese nelle categorie individuate dall'articolo 61, comma 2 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 lettera d) ed f), che hanno in essere contratti pubblici di servizi come definiti dal decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;
   c) al coinvolgimento, nell'ottica della sussidiarietà, degli attori privati, sia economici che finanziari, nell'ambito della tutela e delle valorizzazione della cultura.

9/2461-AR/88(Versione corretta)Mollicone, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge si configura come un «provvedimento governativo ab origine a contenuto plurimo», categoria elaborata dalla giurisprudenza della Corte costituzionale con sentenza n. 244 del 2016, per descrivere quei provvedimenti nei quali «le molteplici disposizioni che li compongono, ancorché eterogenee dal punto di vista materiale, presentano una sostanziale omogeneità di scopo», dove nel caso in esame il contrasto dell'epidemia da Covid-19 e delle sue negative conseguenze economiche e sociali;
    la situazione emergenziale sta causando un serio tracollo di molti ambiti produttivi e in primo luogo di quelli che derivano i ricavi dalla frequenza di pubblico e dalla socialità come le attività culturali;
    il sistema produttivo culturale e creativo italiano è composto da 416.080 imprese, distribuite in 2 grandi ambiti di attività, fra cui il Core (291.025 imprese) che comprende attività legate alla valorizzazione del patrimonio storico-artistico; performing arts e arti visive (teatri, concerti, etc.); industrie culturali (cinema, radio-tv, videogame, editoria etc.); industrie creative che offrono servizi (comunicazione, architettura, design); e l'ambito Creative driven (125.054 imprese) che riguarda attività che non fanno parte della filiera culturale intesa in senso stretto, ma che impiegano contenuti e competenze culturali per accrescere il valore dei propri prodotti;
    entrambi gli ambiti mostrano numeri e performance rilevanti: 96 miliardi di euro (circa) come valore aggiunto; 6,1 per cento del prodotto lordo complessivo; 1,55 milioni di occupati. L'intera filiera culturale produce 265,4 miliardi di euro, il 16,9 per cento del valore aggiunto nazionale, col turismo come primo beneficiario di questo effetto volano;
    il Consiglio di Stato ha ormai da tempo valorizzato la funzione della sussidiarietà orizzontale, così come introdotta dall'articolo 118 della Costituzione, riconoscendole una forza propulsiva che consente lo sviluppo del rapporto tra pubblico e privato anche nella realizzazione di finalità di carattere generale, legittimando l'intervento di coloro che liberamente interpretano i bisogni collettivi emergenti dal «sociale»;
    il patrimonio culturale, in conformità a norme di principio dettate dalla Costituzione dall'articolo 118 e alla disciplina specifica di settore così come da decreto legislativo 2004, n. 42, può assumere un ruolo di leva strategica per lo sviluppo dei territori mediante il ricorso a forme tipiche di valorizzazione,

impegna il Governo:

   a) a valutare l'opportunità di prevedere interventi a favore delle imprese culturali e creative, ricomprese nelle categorie individuate dall'articolo 61, comma 2 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 lettera d) ed f), che hanno subito un periodo di sospensione di attività a causa delle misure straordinarie di cui al decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, ovvero di quelle previste da altri provvedimenti normativi o amministrativi di urgenza, anche regionali o locali, aventi ad oggetto il contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;
   b) a coinvolgere, nell'ottica della sussidiarietà, gli attori privati, sia economici che finanziari, nell'ambito della tutela e delle valorizzazione della cultura.

9/2461-AR/88(Versione corretta – Testo modificato nel corso della seduta)Mollicone, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intento del decreto di sostenere massivamente la liquidità delle imprese ad oggi non ha prodotto ancora gli effetti sperati;
    parimenti sarebbe stato auspicabile interventi di sostegno di realtà e settori che pur non configurandosi nel senso stretto di impresa, senza adeguate e specifiche misure di sostegno rischiano di fallire con conseguenze disastrose sul piano economico-occupazionale;
    tra queste si evidenzia la problematica connessa alle scuole paritarie, che in Italia, secondo gli ultimi dati del Miur, sono 12.564 (contro le 40 mila statali) e accolgono 866.805 studenti (a fronte dei 7,5 milioni iscritti al pubblico): la fetta principale, 524.031, sono nel segmento della scuola dell'infanzia (compresi asili e materne). Il settore impiega circa 160 mila unità di personale alle dipendenze, tra docenti (90 mila) e tecnici-amministrativi (70 mila);
    già prima dell'emergenza coronavirus il sistema era in affanno: negli ultimi tempi, tra chiusure e nuove aperture, si sono perse circa 200 paritarie l'anno, soprattutto superiori. In questo scenario è arrivata la crisi legata al COVID-19. Anche le scuole non statali sono state chiuse in tutta Italia dal 5 marzo e si sono dovute «riconvertire» alla didattica a distanza. Ma gli interventi statali di sostegno scarseggiano;
    pare infatti che negli scorsi mesi ha pagato il 30 per cento delle famiglie e nessuna ha versato la retta nel mese corrente. Il rischio è di ritrovarsi a settembre non solo con gli asili chiusi, ma anche con quelli che apriranno costretti ad aumentare le rette;
    la chiusura delle paritarie costerebbe anche allo Stato tra i 5 e i 6 miliardi di euro,

impegna il Governo

a prevedere, al fine di far fronte alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza in atto, la possibilità di destinare una quota pari al 10 per 1000 dell'imposta sul reddito delle persone fisiche al sostegno delle scuole paritarie, limitatamente alla durata della suddetta emergenza e all'anno successivo.
9/2461-AR/89Colmellere, Belotti, Ilaria Fontana, Fogliani, Furgiuele, Lucchini, Patelli, Ribolla, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intento del decreto di sostenere massivamente la liquidità delle imprese ad oggi non ha prodotto ancora gli effetti sperati;
    parimenti sarebbe stato auspicabile interventi di sostegno di realtà e settori che pur non configurandosi nel senso stretto di impresa, senza adeguate e specifiche misure di sostegno rischiano di fallire con conseguenze disastrose sul piano economico-occupazionale;
    tra queste si evidenzia la problematica connessa alle scuole paritarie, che in Italia, secondo gli ultimi dati del Miur, sono 12.564 (contro le 40 mila statali) e accolgono 866.805 studenti (a fronte dei 7,5 milioni iscritti al pubblico): la fetta principale, 524.031, sono nel segmento della scuola dell'infanzia (compresi asili e materne). Il settore impiega circa 160 mila unità di personale alle dipendenze, tra docenti (90 mila) e tecnici-amministrativi (70 mila);
    già prima dell'emergenza coronavirus il sistema era in affanno: negli ultimi tempi, tra chiusure e nuove aperture, si sono perse circa 200 paritarie l'anno, soprattutto superiori. In questo scenario è arrivata la crisi legata al COVID-19. Anche le scuole non statali sono state chiuse in tutta Italia dal 5 marzo e si sono dovute «riconvertire» alla didattica a distanza. Ma gli interventi statali di sostegno scarseggiano;
    pare infatti che negli scorsi mesi ha pagato il 30 per cento delle famiglie e nessuna ha versato la retta nel mese corrente. Il rischio è di ritrovarsi a settembre non solo con gli asili chiusi, ma anche con quelli che apriranno costretti ad aumentare le rette;
    la chiusura delle paritarie costerebbe anche allo Stato tra i 5 e i 6 miliardi di euro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, a fronte delle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza in atto, di individuare specifiche misure di sostegno delle scuole paritarie, limitatamente alla durata della suddetta emergenza e all'anno successivo.
9/2461-AR/89. (Testo modificato nel corso della seduta)  Colmellere, Belotti, Ilaria Fontana, Fogliani, Furgiuele, Lucchini, Patelli, Ribolla, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    la devastante contrazione di mercato che l'emergenza epidemiologica ha comportato e comporterà per il settore turismo, determina non solo la necessità di ricorrere agli ammortizzatori sodali per i lavoratori in forza, ma anche la necessità di individuare uno strumento che incentivi le imprese a procedere alla riassunzione del personale, in specie quello stagionale;
    sarebbe utile prevede per i datori di lavoro del comparto turistico il riconoscimento di uno sgravio contributivo la cui entità massima è commisurata all'indennità di 600 euro già riconosciuta nel decreto ”Cura Italia” per incentivare la riassunzione di quei lavoratori che altrimenti resterebbero senza lavoro;
    in questo modo si offrirebbe un significativo sostegno ai datori di lavoro che intendono effettuare nuove assunzioni, realizzando un'importante «leva economica», in quanto allo sgravio contributivo stanziato dallo Stato corrisponde l'immissione nel sistema di risorse private di entità pari ad almeno tre volte il contributo statale (cioè la retribuzione dei lavoratori che altrimenti non sarebbero riassunti), che a loro volta genereranno un ulteriore effetto moltiplicatore,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a permettere, per le esigenze e con le modalità illustrate in premessa, una decontribuzione del costo del lavoro per personale assunto con contratto stagionale nel settore turistico per l'intero 2020, allo scopo di consentire alle imprese ci investire in nuova forza lavoro nonostante le incertezze della stagione estiva con oneri previdenziali a carico dello Stato.
9/2461-AR/90Giaccone, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Murelli, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    la devastante contrazione di mercato che l'emergenza epidemiologica ha comportato e comporterà per il settore turismo, determina non solo la necessità di ricorrere agli ammortizzatori sodali per i lavoratori in forza, ma anche la necessità di individuare uno strumento che incentivi le imprese a procedere alla riassunzione del personale, in specie quello stagionale;
    sarebbe utile prevede per i datori di lavoro del comparto turistico il riconoscimento di uno sgravio contributivo la cui entità massima è commisurata all'indennità di 600 euro già riconosciuta nel decreto ”Cura Italia” per incentivare la riassunzione di quei lavoratori che altrimenti resterebbero senza lavoro;
    in questo modo si offrirebbe un significativo sostegno ai datori di lavoro che intendono effettuare nuove assunzioni, realizzando un'importante «leva economica», in quanto allo sgravio contributivo stanziato dallo Stato corrisponde l'immissione nel sistema di risorse private di entità pari ad almeno tre volte il contributo statale (cioè la retribuzione dei lavoratori che altrimenti non sarebbero riassunti), che a loro volta genereranno un ulteriore effetto moltiplicatore,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, ulteriori iniziative normative volte a permettere, per le esigenze e con le modalità illustrate in premessa, una decontribuzione del costo del lavoro per personale assunto con contratto stagionale nel settore turistico per l'intero 2020, allo scopo di consentire alle imprese ci investire in nuova forza lavoro nonostante le incertezze della stagione estiva con oneri previdenziali a carico dello Stato.
9/2461-AR/90. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giaccone, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Murelli, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    la crisi che si è abbattuta inevitabilmente sul settore produttivo italiano ha colpito soprattutto il comparto turistico e del retail e oggi più che mai richiede interventi straordinari che attraggano buyers stranieri nelle nostre più belle mete turistiche;
    al riguardo una delle proposte avanzate dagli operatori del settore è quella di ridurre a 70 euro, con decorrenza 1o gennaio 2020, la soglia di spesa minima per il rimborso dell'IVA sugli acquisti effettuati in Italia da soggetti non residenti e non domiciliati nell'Unione europea, così come prevista all'articolo 38-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da 300 mila Lire (oggi 154,94 Euro). Tale disposizione comporterebbe, nel breve periodo, un onere per la finanza pubblica derivante da un minor gettito IVA che verrebbe rimborsato al turista internazionale ma, in un'ottica di lungo periodo, prendendo in considerazione gli effetti economici espansivi derivati dall'implementazione della norma, il mancato introito verrebbe interamente compensato dai maggiori acquisti effettuati. Inoltre dall'abbassamento della soglia dell'imposta sul valore aggiunto deriverebbero evidenti vantaggi non solo per i turisti, ma anche per esercenti/PMI che potrebbero offrire prodotti Made in Italy a prezzi più contenuti rispetto ai grandi nomi dei brand del lusso-moda, e che vedrebbero quindi nuove opportunità di crescita nel mercato del tax free shopping,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a permettere, per le esigenze e con le modalità illustrate in premessa, una riduzione a 70 euro, con decorrenza 1o gennaio 2020, della soglia di spesa minima per il rimborso dell'IVA sugli acquisti effettuati in Italia da soggetti non residenti e non domiciliati nell'Unione europea, così come prevista all'articolo 38-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
9/2461-AR/91Coin, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    la crisi che si è abbattuta inevitabilmente sul settore produttivo italiano ha colpito soprattutto il comparto turistico e del retail e oggi più che mai richiede interventi straordinari che attraggano buyers stranieri nelle nostre più belle mete turistiche;
    al riguardo una delle proposte avanzate dagli operatori del settore è quella di ridurre a 70 euro, con decorrenza 1o gennaio 2020, la soglia di spesa minima per il rimborso dell'IVA sugli acquisti effettuati in Italia da soggetti non residenti e non domiciliati nell'Unione europea, così come prevista all'articolo 38-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da 300 mila Lire (oggi 154,94 Euro). Tale disposizione comporterebbe, nel breve periodo, un onere per la finanza pubblica derivante da un minor gettito IVA che verrebbe rimborsato al turista internazionale ma, in un'ottica di lungo periodo, prendendo in considerazione gli effetti economici espansivi derivati dall'implementazione della norma, il mancato introito verrebbe interamente compensato dai maggiori acquisti effettuati. Inoltre dall'abbassamento della soglia dell'imposta sul valore aggiunto deriverebbero evidenti vantaggi non solo per i turisti, ma anche per esercenti/PMI che potrebbero offrire prodotti Made in Italy a prezzi più contenuti rispetto ai grandi nomi dei brand del lusso-moda, e che vedrebbero quindi nuove opportunità di crescita nel mercato del tax free shopping,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di esaminare la possibilità di adottare, tenuto conto della necessità di salvaguardare il buon funzionamento dell'attività di controllo, ulteriori iniziative normative volte a permettere, per le esigenze e con le modalità illustrate in premessa, una riduzione a 70 euro, con decorrenza 1o gennaio 2020, della soglia di spesa minima per il rimborso dell'IVA sugli acquisti effettuati in Italia da soggetti non residenti e non domiciliati nell'Unione europea, così come prevista all'articolo 38-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
9/2461-AR/91. (Testo modificato nel corso della seduta)  Coin, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    la celiachia o malattia celiaca è un'enteropatia immuni-mediata provocata dall'assunzione di cereali contenenti glutine da parte di soggetti geneticamente predisposti, nei quali la predetta assunzione scatena una reazione autoimmune che, con il tempo, determina l'atrofia dei villi dell'intestino tenue, strutture anatomiche fondamentali per l'assorbimento dei nutrienti alimentari;
    la manifestazione di tale patologia – la quale, peraltro, può presentare una sintomatologia assai differente da soggetto a soggetto – obbliga gli interessati ad escludere il glutine dai propri pasti, con conseguente eliminazione di tutti gli alimenti più comuni della dieta mediterranea;
    in ragione delle serie e gravi conseguenze provocate da tale patologia e dalla sua diffusione, la stessa è stata riconosciuta, a tutti gli effetti, quale malattia sociale e che, attualmente, la materia è regolata dalla legge 4 luglio 2005, n. 123;
    in particolare, la citata normativa ha introdotto del nostro ordinamento una disciplina volta, da un lato, a promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce e, dall'altro lato, ad individuare alcune misure di sostegno e supporto economico in favore dei soggetti affetti datale patologia;
    l'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, ha introdotto la tessera sanitaria anche per ottimizzare la fruizione e l'erogazione dei servizi sanitari ai cittadini;
    recentissimamente, anche al fine di limitare gli spostamenti della cittadinanza, a seguito dell'emergenza epidemiologica in atto, è stato necessario dar seguito al programma di dematerializzazione delle ricette mediche, con il caricamento delle stesse nella citata tessera sanitaria;
    appare necessario un adeguamento della legge 4 luglio 2005, n. 123, superando alcune problematiche riscontrate dall'attuazione della medesima, con la previsione, in particolare: a) di procedure più snelle per l'accreditamento degli esercizi commerciali autorizzati alla vendita dei prodotti specifici; b) dell'emissione di buoni elettronici, da erogare direttamente sulla tessera sanitaria; c) dell'utilizzo dei predetti buoni su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a porre in essere, anche al fine di far fronte alla crisi del settore derivante dall'emergenza sanitaria in atto, ogni opportuna iniziativa al fine di adeguare la normativa attualmente in vigore, prevedendo procedure più snelle per l'accreditamento degli attuali esercizi commerciali autorizzati alla vendita dei prodotti specifici per celiaci, nonché l'emissione di buoni elettronici, da erogare direttamente sulla tessera sanitaria, così da consentirne l'utilizzo su tutto il territorio nazionale.
9/2461-AR/92Deidda, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    la celiachia o malattia celiaca è un'enteropatia immuni-mediata provocata dall'assunzione di cereali contenenti glutine da parte di soggetti geneticamente predisposti, nei quali la predetta assunzione scatena una reazione autoimmune che, con il tempo, determina l'atrofia dei villi dell'intestino tenue, strutture anatomiche fondamentali per l'assorbimento dei nutrienti alimentari;
    la manifestazione di tale patologia – la quale, peraltro, può presentare una sintomatologia assai differente da soggetto a soggetto – obbliga gli interessati ad escludere il glutine dai propri pasti, con conseguente eliminazione di tutti gli alimenti più comuni della dieta mediterranea;
    in ragione delle serie e gravi conseguenze provocate da tale patologia e dalla sua diffusione, la stessa è stata riconosciuta, a tutti gli effetti, quale malattia sociale e che, attualmente, la materia è regolata dalla legge 4 luglio 2005, n. 123;
    in particolare, la citata normativa ha introdotto del nostro ordinamento una disciplina volta, da un lato, a promuovere la prevenzione e la diagnosi precoce e, dall'altro lato, ad individuare alcune misure di sostegno e supporto economico in favore dei soggetti affetti datale patologia;
    l'articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, ha introdotto la tessera sanitaria anche per ottimizzare la fruizione e l'erogazione dei servizi sanitari ai cittadini;
    recentissimamente, anche al fine di limitare gli spostamenti della cittadinanza, a seguito dell'emergenza epidemiologica in atto, è stato necessario dar seguito al programma di dematerializzazione delle ricette mediche, con il caricamento delle stesse nella citata tessera sanitaria;
    appare necessario un adeguamento della legge 4 luglio 2005, n. 123, superando alcune problematiche riscontrate dall'attuazione della medesima, con la previsione, in particolare: a) di procedure più snelle per l'accreditamento degli esercizi commerciali autorizzati alla vendita dei prodotti specifici; b) dell'emissione di buoni elettronici, da erogare direttamente sulla tessera sanitaria; c) dell'utilizzo dei predetti buoni su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere, anche al fine di far fronte alla crisi del settore derivante dall'emergenza sanitaria in atto, ogni opportuna iniziativa al fine di adeguare la normativa attualmente in vigore, prevedendo procedure più snelle per l'accreditamento degli attuali esercizi commerciali autorizzati alla vendita dei prodotti specifici per celiaci, nonché l'emissione di buoni elettronici, da erogare direttamente sulla tessera sanitaria, così da consentirne l'utilizzo su tutto il territorio nazionale.
9/2461-AR/92. (Testo modificato nel corso della seduta)  Deidda, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame è volto ad assicurare alle imprese la liquidità necessaria per affrontare il periodo di crisi che stanno vivendo e scongiurarne la chiusura;
    con l'avvio della cosiddetta fase due hanno potuto riaprire al pubblico la propria attività bar, ristoranti e gli altri esercizi commerciali per la somministrazione di cibo, trovandosi tuttavia spesso costretti, a causa delle norme per la sicurezza anti Covid a limitarsi alla vendita per asporto;
    la fase di lockdown ha danneggiato in maniera particolarmente grave il comparto della ristorazione e tutti gli altri esercizi commerciali che somministrano cibo, e ora è opportuno e urgente approntare ogni iniziativa utile a consentirne la ripresa economica,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte alla parificazione del regime Iva tra l'attività di somministrazione e quella di vendita per asporto.
9/2461-AR/93Osnato, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame è volto ad assicurare alle imprese la liquidità necessaria per affrontare il periodo di crisi che stanno vivendo e scongiurarne la chiusura;
    con l'avvio della cosiddetta fase due hanno potuto riaprire al pubblico la propria attività bar, ristoranti e gli altri esercizi commerciali per la somministrazione di cibo, trovandosi tuttavia spesso costretti, a causa delle norme per la sicurezza anti Covid a limitarsi alla vendita per asporto;
    la fase di lockdown ha danneggiato in maniera particolarmente grave il comparto della ristorazione e tutti gli altri esercizi commerciali che somministrano cibo, e ora è opportuno e urgente approntare ogni iniziativa utile a consentirne la ripresa economica,

impegna il Governo

a valutare, anche alla luce della normativa comunitaria e anche in via temporanea, iniziative volte alla parificazione del regime Iva tra l'attività di somministrazione e quella di vendita per asporto.
9/2461-AR/93. (Testo modificato nel corso della seduta)  Osnato, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica dovuta all'emergenza coronavirus colpisce diversi settori: il turismo è uno dei comparti certamente più toccati. Di particolare rilevanza è la questione dei lavoratori stagionali del settore. Nel decreto Cura Italia sono stati inclusi tra i beneficiari del bonus di 600 euro i lavoratori stagionali di alberghi e bed & breakfast, ma nessun riferimento è stato fatto per i lavoratori dei parchi a tema, parchi divertimenti, parchi acquatici, e altro... che dovranno restare ancora chiusi fino al via libera del Governo. Nessuna linea guida stilata per il settore, quindi, e privazione di qualsiasi tipo di sostegno in quanto il codice Ateco che lo riguarda (93.21.00) è assente da tutti i decreti, compreso l'ultimo decreto-legge Rilancio;
    i lavoratori stagionali del settore parchi in Italia sono circa 23.000 ogni anno e il settore non può non essere considerato turistico, come alcuni esponenti di Governo pare abbiano risposto alle associazioni di categoria;
    anche l'Inps si è espressa in tal senso ritenendo un lavoratore stagionale di un parco acquatico non inerente al settore produttivo turistico,

impegna il Governo

affinché ponga in essere correttivi che arginino questa discriminazione, favorendo l'accesso ai bonus e ad altri eventuali benefici per i lavoratori stagionali di ogni settore produttivo.
9/2461-AR/94Caiata, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica dovuta all'emergenza coronavirus colpisce diversi settori: il turismo è uno dei comparti certamente più toccati. Di particolare rilevanza è la questione dei lavoratori stagionali del settore. Nel decreto Cura Italia sono stati inclusi tra i beneficiari del bonus di 600 euro i lavoratori stagionali di alberghi e bed & breakfast, ma nessun riferimento è stato fatto per i lavoratori dei parchi a tema, parchi divertimenti, parchi acquatici, e altro... che dovranno restare ancora chiusi fino al via libera del Governo. Nessuna linea guida stilata per il settore, quindi, e privazione di qualsiasi tipo di sostegno in quanto il codice Ateco che lo riguarda (93.21.00) è assente da tutti i decreti, compreso l'ultimo decreto-legge Rilancio;
    i lavoratori stagionali del settore parchi in Italia sono circa 23.000 ogni anno e il settore non può non essere considerato turistico, come alcuni esponenti di Governo pare abbiano risposto alle associazioni di categoria;
    anche l'Inps si è espressa in tal senso ritenendo un lavoratore stagionale di un parco acquatico non inerente al settore produttivo turistico,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere iniziative volte a favorire l'accesso ai bonus e ad altri eventuali benefici per i lavoratori stagionali di ogni settore produttivo.
9/2461-AR/94. (Testo modificato nel corso della seduta)  Caiata, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'emergenza da COVID-19 ha avuto notevole impatto anche sulla normale gestione del condominio;
    in Italia vi sono otto milioni di immobili che compongono un milione di edifici condominiali, in cui vivono 11 milioni di famiglie pari al 60 per cento della popolazione;
    la crisi economica alle porte determinerà un aumento elevato della già alta morosità con la conseguenza che verranno disattivati servizi comuni essenziali come energia elettrica, gas, acqua;
    è necessario mettere gli amministratori di condominio in grado di pagare le utenze comuni, ma anche i singoli utenti per i servizi individuali;
    l'amministrazione di un condominio è attività essenziale in questa fase di emergenza sanitaria: le restrizioni necessarie al contenimento del contagio da COVID-19, hanno impegnato gli amministratori a garantire alcuni servizi fondamentali per l'esercizio del diritto all'abitazione e a un'esistenza dignitosa;
    in questa fase di grande difficoltà per tutti, vi è un'esigenza che il Governo e il parlamento dovrebbero considerare con la dovuta attenzione: quella di salvaguardare le imprese e le famiglie che svolgono la funzione economica e sociale dell'affitto. Una funzione importantissima, sia nel settore abitativo sia in quello degli immobili ad uso diverso (commerciale, terziario, produttivo e altro);
    è ulteriormente necessario sostenere le attività economiche preservando i rapporti di locazione sui quali si fondano;
    va assicurato il sostegno economico ai conduttori in difficoltà attraverso l'estensione e la semplificazione delle procedure di accesso al fondo per la morosità incolpevole e al fondo di sostegno per l'accesso all'abitazione;
    si rende necessaria una coraggiosa revisione della normativa condominiale, ampliando la portata della prededuzione nei procedimenti di espropriazione immobiliare, riformando le modalità di convocazione delle assemblee e i quorum deliberativi, normando le assemblee telematiche,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le misure necessarie al fine di tutelare gli abitanti dei condomini prevedendo anche le necessarie forme di semplificazione normativa.
9/2461-AR/95Bordonali.


   La Camera,
   premesso che:
    l'emergenza da COVID-19 ha avuto notevole impatto anche sulla normale gestione del condominio;
    in Italia vi sono otto milioni di immobili che compongono un milione di edifici condominiali, in cui vivono 11 milioni di famiglie pari al 60 per cento della popolazione;
    la crisi economica alle porte determinerà un aumento elevato della già alta morosità con la conseguenza che verranno disattivati servizi comuni essenziali come energia elettrica, gas, acqua;
    è necessario mettere gli amministratori di condominio in grado di pagare le utenze comuni, ma anche i singoli utenti per i servizi individuali;
    l'amministrazione di un condominio è attività essenziale in questa fase di emergenza sanitaria: le restrizioni necessarie al contenimento del contagio da COVID-19, hanno impegnato gli amministratori a garantire alcuni servizi fondamentali per l'esercizio del diritto all'abitazione e a un'esistenza dignitosa;
    in questa fase di grande difficoltà per tutti, vi è un'esigenza che il Governo e il parlamento dovrebbero considerare con la dovuta attenzione: quella di salvaguardare le imprese e le famiglie che svolgono la funzione economica e sociale dell'affitto. Una funzione importantissima, sia nel settore abitativo sia in quello degli immobili ad uso diverso (commerciale, terziario, produttivo e altro);
    è ulteriormente necessario sostenere le attività economiche preservando i rapporti di locazione sui quali si fondano;
    va assicurato il sostegno economico ai conduttori in difficoltà attraverso l'estensione e la semplificazione delle procedure di accesso al fondo per la morosità incolpevole e al fondo di sostegno per l'accesso all'abitazione;
    si rende necessaria una coraggiosa revisione della normativa condominiale riformando le modalità di convocazione delle assemblee e i quorum deliberativi, normando le assemblee telematiche,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di ampliare le misure a tutela degli abitanti dei condomini prevedendo anche le necessarie forme di semplificazione normativa.
9/2461-AR/95. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bordonali.


   La Camera,
   premesso che:
    Open Fiber intenderebbe completare la rete nelle aree bianche nel 2022, ad eccezione di Lombardia, Piemonte e Veneto che saranno coperte nel 2023;
    in Italia si calcola che il digital divide coinvolga circa 7-8 milioni di persone, che non possono accedere alla rete né utilizzando i network fissi, né quelli mobili. Una porzione di popolazione residente soprattutto (ma non solo) nelle aree montane;
    secondo una ricerca dell'Università di Padova, il 42,3 per cento degli italiani sarebbe disposto a lasciare il proprio Paese per cercare nuove opportunità lavorative, per avere servizi per il tempo libero e i consumi allineati con il livello europeo e per disporre di una migliore connettività e accessibilità a internet. In particolare nelle aree non raggiunte dai collegamenti internet «ultra veloci» ci sono imprese più piccole, un maggior numero di disoccupati e un tasso di mortalità delle aziende superiore alla media nazionale;
    la pandemia di COVID-19 ha reso necessario un cambiamento globale nel modo in cui le persone vivono, lavorano e socializzano; con l'aumento della disoccupazione e le misure di isolamento, un livello base di inclusione digitale è diventato quasi universalmente essenziale;
    nelle aree montane, il telelavoro è pressoché impossibile – come lo sono lo scontrino elettronico, l’home banking e altre soluzioni digitali – senza una buona connessione. Oggi in oltre metà dell'Italia lavorare da casa è impedito dalla presenza di reti obsolete, in rame, in attesa dell'arrivo di una fibra che di certo può rivoluzionare spazi e distanze. Così i cittadini sono costretti a rinunciare alle opportunità offerte dal futuro tecnologico se le reti per il trasferimento dati non verranno al più presto modernizzate;
    il Ministro per rinnovazione tecnologica e la digitalizzazione ha affermato che «i principali rallentamenti sono dovuti alla complessità e ai tempi della procedura di rilascio dei permessi, nonché di quella delle fasi di verifica e di collaudo dell'infrastruttura, necessaria per garantire il rispetto degli standard qualitativi previsti nel relativo contratto»,

impegna il Governo

ad accelerare i lavori del Piano Banda Ultralarga nelle aree bianche, autorizzando il concessionario ad avviare immediatamente il servizio nei comuni completati, anche nelle more del collaudo, sfruttando anche il sistema FWA (wireless) per le forniture capillari.
9/2461-AR/96Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    Open Fiber intenderebbe completare la rete nelle aree bianche nel 2022, ad eccezione di Lombardia, Piemonte e Veneto che saranno coperte nel 2023;
    in Italia si calcola che il digital divide coinvolga circa 7-8 milioni di persone, che non possono accedere alla rete né utilizzando i network fissi, né quelli mobili. Una porzione di popolazione residente soprattutto (ma non solo) nelle aree montane;
    secondo una ricerca dell'Università di Padova, il 42,3 per cento degli italiani sarebbe disposto a lasciare il proprio Paese per cercare nuove opportunità lavorative, per avere servizi per il tempo libero e i consumi allineati con il livello europeo e per disporre di una migliore connettività e accessibilità a internet. In particolare nelle aree non raggiunte dai collegamenti internet «ultra veloci» ci sono imprese più piccole, un maggior numero di disoccupati e un tasso di mortalità delle aziende superiore alla media nazionale;
    la pandemia di COVID-19 ha reso necessario un cambiamento globale nel modo in cui le persone vivono, lavorano e socializzano; con l'aumento della disoccupazione e le misure di isolamento, un livello base di inclusione digitale è diventato quasi universalmente essenziale;
    nelle aree montane, il telelavoro è pressoché impossibile – come lo sono lo scontrino elettronico, l’home banking e altre soluzioni digitali – senza una buona connessione. Oggi in oltre metà dell'Italia lavorare da casa è impedito dalla presenza di reti obsolete, in rame, in attesa dell'arrivo di una fibra che di certo può rivoluzionare spazi e distanze. Così i cittadini sono costretti a rinunciare alle opportunità offerte dal futuro tecnologico se le reti per il trasferimento dati non verranno al più presto modernizzate;
    il Ministro per rinnovazione tecnologica e la digitalizzazione ha affermato che «i principali rallentamenti sono dovuti alla complessità e ai tempi della procedura di rilascio dei permessi, nonché di quella delle fasi di verifica e di collaudo dell'infrastruttura, necessaria per garantire il rispetto degli standard qualitativi previsti nel relativo contratto»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di accelerare i lavori del Piano Banda Ultralarga nelle aree bianche, sfruttando anche il sistema FWA (wireless) per le forniture capillari.
9/2461-AR/96. (Testo modificato nel corso della seduta)  Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'informazione giornalistica, soprattutto in piena emergenza sanitaria, rappresenta un servizio e un valore di civiltà;
    in questa fase di emergenza globale, l'intera filiera produttiva della stampa è impegnata a garantire la continuità di un bene primario, quale quello dell'informazione, che, mai come in questo momento, è chiamato ad assolvere la sua più alta funzione di diritto costituzionalmente garantito;
    raffrontando il periodo 2013-2019, il crollo delle vendite delle testate nazionali si attestava in media sul 50 per cento. Da marzo 2020 si assiste a un crollo senza precedenti: nel primo semestre del 2020 si stima una perdita di circa 403 milioni di euro per il calo degli investimenti pubblicitari e dei ricavi da vendita e risulta urgente e indifferibile la costituzione di un fondo straordinario per evitare la chiusura di molte imprese editoriali, la perdita di posti di lavoro e il rischio concreto di una desertificazione del panorama dell'informazione e del pluralismo;
    tale impegno ha comportato significativi oneri a carico di un settore già duramente colpito da una crisi strutturale: nuove modalità di organizzazione del lavoro; nuovi investimenti per la sicurezza dei dipendenti, dei luoghi di lavoro, delle reti di comunicazione; nuovi servizi resi ai lettori e agli abbonati per garantire la consegna dei giornali;
    contestualmente, la quasi totalità dei quotidiani e dei periodici italiani ha ampliato la propria offerta editoriale, soprattutto a livello digitale, favorendo la diffusione capillare delle notizie, e ha promosso offerte commerciali su taluni specifici prodotti premium a prezzi simbolici, dovendo allo stesso tempo contrastare aggressive forme di pirateria;
    lo stato di lockdown ha spinto la popolazione a privilegiare sempre di più l'utilizzo di formati digitali; inoltre, la delicatezza e la complessità della situazione confermano il bisogno degli utenti italiani di accedere a una informazione corretta, affidabile e verificata, avvertita come unico presidio contro le fake news,

impegna il Governo

a istituire un Fondo per l'anno 2020, volto alla concessione di un contributo a fondo perduto a beneficio di imprese editrici di quotidiani e di periodici anche on line iscritte al registro degli operatori di comunicazione.
9/2461-AR/97Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Tateo, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'informazione giornalistica, soprattutto in piena emergenza sanitaria, rappresenta un servizio e un valore di civiltà;
    in questa fase di emergenza globale, l'intera filiera produttiva della stampa è impegnata a garantire la continuità di un bene primario, quale quello dell'informazione, che, mai come in questo momento, è chiamato ad assolvere la sua più alta funzione di diritto costituzionalmente garantito;
    raffrontando il periodo 2013-2019, il crollo delle vendite delle testate nazionali si attestava in media sul 50 per cento. Da marzo 2020 si assiste a un crollo senza precedenti: nel primo semestre del 2020 si stima una perdita di circa 403 milioni di euro per il calo degli investimenti pubblicitari e dei ricavi da vendita e risulta urgente e indifferibile la costituzione di un fondo straordinario per evitare la chiusura di molte imprese editoriali, la perdita di posti di lavoro e il rischio concreto di una desertificazione del panorama dell'informazione e del pluralismo;
    tale impegno ha comportato significativi oneri a carico di un settore già duramente colpito da una crisi strutturale: nuove modalità di organizzazione del lavoro; nuovi investimenti per la sicurezza dei dipendenti, dei luoghi di lavoro, delle reti di comunicazione; nuovi servizi resi ai lettori e agli abbonati per garantire la consegna dei giornali;
    contestualmente, la quasi totalità dei quotidiani e dei periodici italiani ha ampliato la propria offerta editoriale, soprattutto a livello digitale, favorendo la diffusione capillare delle notizie, e ha promosso offerte commerciali su taluni specifici prodotti premium a prezzi simbolici, dovendo allo stesso tempo contrastare aggressive forme di pirateria;
    lo stato di lockdown ha spinto la popolazione a privilegiare sempre di più l'utilizzo di formati digitali; inoltre, la delicatezza e la complessità della situazione confermano il bisogno degli utenti italiani di accedere a una informazione corretta, affidabile e verificata, avvertita come unico presidio contro le fake news,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riconoscere un contributo a fondo perduto a beneficio di imprese editrici di quotidiani e di periodici anche on line iscritte al registro degli operatori di comunicazione.
9/2461-AR/97. (Testo modificato nel corso della seduta)  Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Tateo, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    in un momento in cui si aggrava la crisi dell'editoria e in un periodo storico in cui il giornalismo di qualità e il pluralismo si rivelano quanto mai importanti, l'informazione locale apre nuovi possibili panorami, in cui intrecciare una professione sempre più complessa e articolata con i nuovi strumenti della comunicazione, come il Citizen journalism e i social media;
    il giornalismo locale svolge un servizio pubblico fondamentale, ha una funzione vitale non solo come fonte di informazione su quanto accade nei nostri territori ma anche come mezzo che permette alle comunità di collegarsi e agire;
    la stampa locale è una risorsa vitale per tenere in contatto le persone e le comunità. Se questo è vero anche nei periodi migliori, oggi la sua funzione è ancora più importante, poiché fornisce notizie sulle limitazioni degli spostamenti, sulla chiusura delle scuole e dei parchi e su come COVID-19 stia influenzando la nostra vita quotidiana. Ma mai come ora questo ruolo è messo a rischio, a causa dei tagli di posti di lavoro e delle riduzioni a cui è stato sottoposto il mondo dell'informazione come conseguenza della crisi economica innescata da COVID-19;
    i giornali d'informazione locale compresi i giornali online locali e nazionali continuano a svolgere il loro servizio pubblico tra tantissime difficoltà, a partire dalla mancanza di liquidità determinata dal venir meno degli investimenti pubblicitari;
    il Presidente del Consiglio dei ministri nella lettera inviata al Direttore della testata «La Provincia di Cremona» ha affermato che «le testate locali – quelle che meglio conoscono il tessuto sociale del proprio territorio – si stanno affermando come ancore a cui il Paese si affida in questi momenti di smarrimento»;
    i giornali locali costituiscono spesso Tunica scuola di formazione professionale e la prima porta di accesso al lavoro giornalistico;
    i sussidi statali dovrebbero tenere conto di criteri economici, dimensionali e giuslavoristici delle imprese editoriali,

impegna il Governo

a istituire un Fondo per l'anno 2020, volto alla concessione di un contributo a fondo perduto a beneficio di imprese editrici di quotidiani e di periodici locali che già non beneficino di altri contributi statali e a prescindere dalla forma giuridica o dall'appartenenza a gruppi.
9/2461-AR/98Cecchetti, Capitanio, Donina, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Tateo, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    in un momento in cui si aggrava la crisi dell'editoria e in un periodo storico in cui il giornalismo di qualità e il pluralismo si rivelano quanto mai importanti, l'informazione locale apre nuovi possibili panorami, in cui intrecciare una professione sempre più complessa e articolata con i nuovi strumenti della comunicazione, come il Citizen journalism e i social media;
    il giornalismo locale svolge un servizio pubblico fondamentale, ha una funzione vitale non solo come fonte di informazione su quanto accade nei nostri territori ma anche come mezzo che permette alle comunità di collegarsi e agire;
    la stampa locale è una risorsa vitale per tenere in contatto le persone e le comunità. Se questo è vero anche nei periodi migliori, oggi la sua funzione è ancora più importante, poiché fornisce notizie sulle limitazioni degli spostamenti, sulla chiusura delle scuole e dei parchi e su come COVID-19 stia influenzando la nostra vita quotidiana. Ma mai come ora questo ruolo è messo a rischio, a causa dei tagli di posti di lavoro e delle riduzioni a cui è stato sottoposto il mondo dell'informazione come conseguenza della crisi economica innescata da COVID-19;
    i giornali d'informazione locale compresi i giornali online locali e nazionali continuano a svolgere il loro servizio pubblico tra tantissime difficoltà, a partire dalla mancanza di liquidità determinata dal venir meno degli investimenti pubblicitari;
    il Presidente del Consiglio dei ministri nella lettera inviata al Direttore della testata «La Provincia di Cremona» ha affermato che «le testate locali – quelle che meglio conoscono il tessuto sociale del proprio territorio – si stanno affermando come ancore a cui il Paese si affida in questi momenti di smarrimento»;
    i giornali locali costituiscono spesso Tunica scuola di formazione professionale e la prima porta di accesso al lavoro giornalistico;
    i sussidi statali dovrebbero tenere conto di criteri economici, dimensionali e giuslavoristici delle imprese editoriali,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riconoscere un contributo a fondo perduto a beneficio di imprese editrici di quotidiani e di periodici locali che già non beneficino di altri contributi statali e a prescindere dalla forma giuridica o dall'appartenenza a gruppi.
9/2461-AR/98. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cecchetti, Capitanio, Donina, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Tateo, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'anno 2019 sono state assegnate agli operatori di telecomunicazioni sull'intero territorio nazionale le frequenze che saranno impiegate per offrire su base commerciale al pubblico i servizi di telecomunicazioni digitali in tecnologia 5G ed il costo di assegnazione di tali frequenze per i gestori delle reti di telecomunicazioni è stato di 6,6 miliardi di euro;
    gli operatori di telecomunicazioni hanno avviato i servizi 5G in alcune grandi città già parzialmente coperte dalle nuove reti, ad esempio a Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli;
    la progettazione del 5G nasce dalla necessità di preparare le reti all'aumento esponenziale della domanda di traffico nei prossimi anni, dovuta alla fruizione sempre maggiore dei contenuti video. Il consumo dei video sarà sempre più dominante: si passerà dal 60 per cento del 2018 al 74 per cento del 2024;
    le politiche sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici (EMF) sono suggerite da linee guida internazionali (ICNIRP2, WH03). In questo quadro l'Italia ha imposto requisiti EMF più severi: l'Italia fissa il limite per le frequenze a 6 Volt/m in aree ad alta densità, 10 volte inferiore rispetto alle raccomandazioni comunitarie. I limiti di esposizione vigenti in Italia sono 100 volte inferiori a quelli internazionali stabiliti da ICNIRP e tale valore è stato fissato in applicazione del principio di precauzione rispetto ai limiti internazionali, pur improntati ad un principio di cautela;
    non risultano attualmente motivi per trattare gli effetti dei campi elettromagnetici prodotti dalle reti 5G in modo diverso da quelli delle altre reti di telefonia mobile in uso da oltre 25 anni (2G, 3G, 4G), trattandosi in tutti questi casi di campi elettromagnetici generati mediante l'impiego di frequenze chiamate non-ionizzanti che non modificano la struttura molecolare e quindi innocue entro le soglie di esposizione prescritte dalla scienza e dalla legge, tra l'altro le frequenze che verranno messe a disposizione per il 5G erano già in uso dalle emittenti Tv,

impegna il Governo

alla rimozione degli ostacoli ingiustificati allo sviluppo delle reti 5G, in particolare adottando iniziative, di semplificazione normativa e ad adottare, di conseguenza, le opportune iniziative di monitoraggio dei livelli di esposizione, predisponendo indagini sanitarie anche per le nuove frequenze che verranno utilizzate nella seconda fase di diffusione della rete in modo da verificare l'assenza di eventuali rischi, per la salute pubblica.
9/2461-AR/99Morelli, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'anno 2019 sono state assegnate agli operatori di telecomunicazioni sull'intero territorio nazionale le frequenze che saranno impiegate per offrire su base commerciale al pubblico i servizi di telecomunicazioni digitali in tecnologia 5G ed il costo di assegnazione di tali frequenze per i gestori delle reti di telecomunicazioni è stato di 6,6 miliardi di euro;
    gli operatori di telecomunicazioni hanno avviato i servizi 5G in alcune grandi città già parzialmente coperte dalle nuove reti, ad esempio a Milano, Torino, Bologna, Roma e Napoli;
    la progettazione del 5G nasce dalla necessità di preparare le reti all'aumento esponenziale della domanda di traffico nei prossimi anni, dovuta alla fruizione sempre maggiore dei contenuti video. Il consumo dei video sarà sempre più dominante: si passerà dal 60 per cento del 2018 al 74 per cento del 2024;
    le politiche sui limiti di esposizione ai campi elettromagnetici (EMF) sono suggerite da linee guida internazionali (ICNIRP2, WH03). In questo quadro l'Italia ha imposto requisiti EMF più severi: l'Italia fissa il limite per le frequenze a 6 Volt/m in aree ad alta densità, 10 volte inferiore rispetto alle raccomandazioni comunitarie. I limiti di esposizione vigenti in Italia sono 100 volte inferiori a quelli internazionali stabiliti da ICNIRP e tale valore è stato fissato in applicazione del principio di precauzione rispetto ai limiti internazionali, pur improntati ad un principio di cautela;
    non risultano attualmente motivi per trattare gli effetti dei campi elettromagnetici prodotti dalle reti 5G in modo diverso da quelli delle altre reti di telefonia mobile in uso da oltre 25 anni (2G, 3G, 4G), trattandosi in tutti questi casi di campi elettromagnetici generati mediante l'impiego di frequenze chiamate non-ionizzanti che non modificano la struttura molecolare e quindi innocue entro le soglie di esposizione prescritte dalla scienza e dalla legge, tra l'altro le frequenze che verranno messe a disposizione per il 5G erano già in uso dalle emittenti Tv,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di sviluppare le reti 5G, in particolare adottando iniziative, di semplificazione normativa e ad adottare, di conseguenza, le opportune iniziative di monitoraggio dei livelli di esposizione, predisponendo indagini sanitarie anche per le nuove frequenze che verranno utilizzate nella seconda fase di diffusione della rete in modo da verificare l'assenza di eventuali rischi, per la salute pubblica.
9/2461-AR/99. (Testo modificato nel corso della seduta)  Morelli, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    le emittenti radiotelevisive locali, a seguito dell'emergenza corona virus, stanno registrando un tracollo degli investimenti pubblicitari, che sono sempre le prime voci di spesa soggette a taglio, da parte delle aziende durante le situazioni di crisi. Tali disdette risultano ancora più motivate da fatto che gli esercizi commerciali e la quasi totalità delle piccole aziende sono chiuse;
    l'utilità di tale servizio, mai come in questo momento è riconosciuta dagli stessi cittadini nonché dalle autorità locali, come comprovato dalla sorprendente impennata degli indici di ascolto del comparto, anche dovuta all'eccezionale incremento del livello produttivo dei programmi informativi territoriali;
    il Regolamento del decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 disciplina i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse finanziarie del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione assegnate al Ministero per la concessione dei contributi di sostegno alle emittenti televisive e radiofoniche locali;
    i contributi sono destinati alle emittenti locali e vengono concessi sulla base di criteri che tengono conto del sostegno all'occupazione, dell'innovazione tecnologia e della qualità dei programmi e dell'informazione anche sulla base dei dati di ascolto;
    con segnalazione prot. n. 0040015 del 20 maggio 2020 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha rilevato che «i criteri di valutazione delle domande che determinano la distribuzione delle risorse tra le emittenti siano orientati al principio della tutela della concorrenza e del pluralismo dell'informazione. In questa prospettiva presenta criticità sotto il profilo concorrenziale la previsione secondo cui il 95 per cento delle risorse disponibili è assegnato alle prime cento emittenti televisive in graduatoria, mentre il restante 5 per cento è ripartito tra quelle che si collocano dal centunesimo posto in poi»,

impegna il Governo

a prevedere un contributo straordinario destinato a tutte le 137 TV locali, come da graduatoria 2019 senza lo sbarramento a 100.
9/2461-AR/100Giacometti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Di Muro, Tateo.


   La Camera,
   premesso che:
    le emittenti radiotelevisive locali, a seguito dell'emergenza corona virus, stanno registrando un tracollo degli investimenti pubblicitari, che sono sempre le prime voci di spesa soggette a taglio, da parte delle aziende durante le situazioni di crisi. Tali disdette risultano ancora più motivate da fatto che gli esercizi commerciali e la quasi totalità delle piccole aziende sono chiuse;
    l'utilità di tale servizio, mai come in questo momento è riconosciuta dagli stessi cittadini nonché dalle autorità locali, come comprovato dalla sorprendente impennata degli indici di ascolto del comparto, anche dovuta all'eccezionale incremento del livello produttivo dei programmi informativi territoriali;
    il Regolamento del decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 disciplina i criteri di riparto e le procedure di erogazione delle risorse finanziarie del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione assegnate al Ministero per la concessione dei contributi di sostegno alle emittenti televisive e radiofoniche locali;
    i contributi sono destinati alle emittenti locali e vengono concessi sulla base di criteri che tengono conto del sostegno all'occupazione, dell'innovazione tecnologia e della qualità dei programmi e dell'informazione anche sulla base dei dati di ascolto;
    con segnalazione prot. n. 0040015 del 20 maggio 2020 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha rilevato che «i criteri di valutazione delle domande che determinano la distribuzione delle risorse tra le emittenti siano orientati al principio della tutela della concorrenza e del pluralismo dell'informazione. In questa prospettiva presenta criticità sotto il profilo concorrenziale la previsione secondo cui il 95 per cento delle risorse disponibili è assegnato alle prime cento emittenti televisive in graduatoria, mentre il restante 5 per cento è ripartito tra quelle che si collocano dal centunesimo posto in poi»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un contributo straordinario destinato a tutte le 137 TV locali, come da graduatoria 2019 senza lo sbarramento a 100.
9/2461-AR/100. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giacometti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan, Di Muro, Tateo.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento in esame dispone in materia di liquidità delle imprese, anche al fine di consentire la prosecuzione delle attività di impresa e delle società operanti nei vari settori economici;
    in relazione all'emergenza COVID-19 fino al 30 aprile 2021, quando l'interesse della società lo giustifica e al fine di generare liquidità,

impegna il Governo:

   a valutare l'introduzione di disposizioni nelle quali si preveda, in via straordinaria e limitatamente alla durata dell'emergenza sanitaria in atto:
    che il consiglio di amministrazione possa deliberare un aumento diretto di capitale nel limite massimo di un terzo del capitale sociale preesistente a condizione che lo statuto lo preveda, definendone condizioni modalità e limiti;
    che nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati, ove lo statuto non dispone diversamente anche se lo statuto non lo prevede, il consiglio di amministrazione possa deliberare il suddetto aumento diretto nei limiti del venti per cento del capitale sociale preesistente, a condizione che il prezzo di emissione sia determinato con riferimento al valore di mercato delle azioni e ciò sia confermato in una apposita relazione da un revisore legale o da una società di revisione legale.
9/2461-AR/101Barelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il sostegno alle esportazioni italiane, di per sé strategico in tempi ordinari, è divenuto una componente essenziale del processo di rilancio dell'economia del nostro Paese, alle prese con uno shock complesso di origine esogena, che si è abbattuto tanto sulla domanda quanto sull'offerta aggregata;
    in questo contesto, il provvedimento al vaglio del Parlamento assegna alla SACE una delicatissima funzione, dilatandone fortemente la facoltà di offrire garanzie alle aziende che fanno credito agli esportatori, con alle spalle la copertura dello Stato;
    a fronte della maggiore ampiezza finanziaria del montante massimo dei crediti all'esportazione assicurati da SACE con la copertura dello Stato, non è chiaro in che modo e con quali risorse l'erario provvederebbe all'eventuale ripiano delle perdite subite dalle aziende che erogheranno il credito agli esportatori;
    è conseguentemente della massima importanza che il Parlamento venga aggiornato sull'esito dell'applicazione di queste misure di sostegno, al fine di poterne valutare tempestivamente l'eventuale adeguamento qualora si rivelino insufficienti, inefficaci o finanziariamente insostenibili,

impegna il Governo

a inviare alle Camere con cadenza bimestrale il rendiconto contabile completo delle operazioni di assicurazione dei crediti all'esportazione effettuate sulla base delle disposizioni del provvedimento in esame.
9/2461-AR/102Boniardi, Castiello, Piccolo, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento si propone di potenziare il sostegno all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti delle imprese, attraverso un sistema di regole e di procedure volte a garantire maggiore incisività e tempestività dell'intervento statale. A tal proposito, l'articolo 2, riformando il sistema della garanzia dello Stato sugli impegni assicurativi assunti dalla SACE e intervenendo sui compiti della stessa Società, che vengono estesi e potenziati, reca diverse disposizioni di interesse per il comparto della Difesa. Infatti, si attribuisce alla SACE S.p.A. – fermo restandone il ruolo di agenzia italiana per il credito all'esportazione – la funzione di concedere garanzie, assistite dalla controgaranzia dello Stato, sui finanziamenti alle imprese italiane, diverse da quelle sui rischi definiti di mercato, relative al settore dell'esportazione, privilegiando gli impegni nei settori strategici per l'economia italiana, nonché gli impegni per operazioni destinate a Paesi strategici per l'Italia;
    in particolare, con riferimento al settore della Difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze, è autorizzato per l'anno 2020 a rilasciare la garanzia dello Stato in favore di SACE S.p.A., su nuove operazioni deliberate nel corso del 2020, esclusivamente con controparte sovrana, nei limiti di cinque miliardi di euro in termini di flusso;
    al riguardo, si rammenta che il decreto-legge n. 69 del 2013 ha inserito, nel Codice dell'ordinamento militare, l'articolo 537-ter, rubricato «Cooperazione con altri Stati per i materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale», in cui per la prima volta è stata introdotta nell'ordinamento italiano la previsione di una forma di attività Government to Government svolta dallo Stato italiano nei confronti di altri Stati in materia di fornitura di materiali d'armamento. L'attuale formulazione dell'articolo 537-ter, come recentemente modificata dal decreto-legge n. 124 del 2019, consente al Ministero della difesa, nel rispetto della legge n. 185 del 1990, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'economia e delle finanze, di svolgere, per conto di altri Stati esteri con i quali sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare e tramite proprie articolazioni, attività contrattuale e di supporto tecnico-amministrativo per l'acquisizione di materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale e per le correlate esigenze di sostegno logistico e assistenza tecnica, richiesti dai citati Stati;
    le imprese italiane coinvolte nella produzione e nella fornitura a Paesi esteri sono a loro volta assistite sia dall'assicurazione, fornita dalla SACE, dei crediti che esse maturano nei confronti dello Stato estero acquirente, sia da prestiti per gli investimenti produttivi che devono sostenere (tali risorse sono avanzate dalla Cassa depositi e prestiti),

impegna il Governo

ad adoperarsi per garantire la tempistica di realizzazione degli investimenti, programmati nel corso del 2020, necessari per il mantenimento dell'efficienza dello strumento militare e la prosecuzione degli impegni internazionali assunti dalla Difesa, al fine di tutelare nella produzione e nella fornitura a Paesi esteri, le imprese italiane coinvolte, che rappresentano un volano per la crescita del Paese.
9/2461-AR/103Ferrari, Fantuz, Toccalini, Boniardi, Piccolo, Pretto, Zicchieri, Castiello, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento si propone di potenziare il sostegno all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti delle imprese, attraverso un sistema di regole e di procedure volte a garantire maggiore incisività e tempestività dell'intervento statale. A tal proposito, l'articolo 2, riformando il sistema della garanzia dello Stato sugli impegni assicurativi assunti dalla SACE e intervenendo sui compiti della stessa Società, che vengono estesi e potenziati, reca diverse disposizioni di interesse per il comparto della Difesa. Infatti, si attribuisce alla SACE S.p.A. – fermo restandone il ruolo di agenzia italiana per il credito all'esportazione – la funzione di concedere garanzie, assistite dalla controgaranzia dello Stato, sui finanziamenti alle imprese italiane, diverse da quelle sui rischi definiti di mercato, relative al settore dell'esportazione, privilegiando gli impegni nei settori strategici per l'economia italiana, nonché gli impegni per operazioni destinate a Paesi strategici per l'Italia;
    in particolare, con riferimento al settore della Difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze, è autorizzato per l'anno 2020 a rilasciare la garanzia dello Stato in favore di SACE S.p.A., su nuove operazioni deliberate nel corso del 2020, esclusivamente con controparte sovrana, nei limiti di cinque miliardi di euro in termini di flusso;
    al riguardo, si rammenta che il decreto-legge n. 69 del 2013 ha inserito, nel Codice dell'ordinamento militare, l'articolo 537-ter, rubricato «Cooperazione con altri Stati per i materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale», in cui per la prima volta è stata introdotta nell'ordinamento italiano la previsione di una forma di attività Government to Government svolta dallo Stato italiano nei confronti di altri Stati in materia di fornitura di materiali d'armamento. L'attuale formulazione dell'articolo 537-ter, come recentemente modificata dal decreto-legge n. 124 del 2019, consente al Ministero della difesa, nel rispetto della legge n. 185 del 1990, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e il Ministero dell'economia e delle finanze, di svolgere, per conto di altri Stati esteri con i quali sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare e tramite proprie articolazioni, attività contrattuale e di supporto tecnico-amministrativo per l'acquisizione di materiali di armamento prodotti dall'industria nazionale e per le correlate esigenze di sostegno logistico e assistenza tecnica, richiesti dai citati Stati;
    le imprese italiane coinvolte nella produzione e nella fornitura a Paesi esteri sono a loro volta assistite sia dall'assicurazione, fornita dalla SACE, dei crediti che esse maturano nei confronti dello Stato estero acquirente, sia da prestiti per gli investimenti produttivi che devono sostenere (tali risorse sono avanzate dalla Cassa depositi e prestiti),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adoperarsi per garantire la tempistica di realizzazione degli investimenti, programmati nel corso del 2020, necessari per il mantenimento dell'efficienza dello strumento militare e la prosecuzione degli impegni internazionali assunti dalla Difesa, al fine di tutelare nella produzione e nella fornitura a Paesi esteri, le imprese italiane coinvolte, che rappresentano un volano per la crescita del Paese.
9/2461-AR/103. (Testo modificato nel corso della seduta)  Ferrari, Fantuz, Toccalini, Boniardi, Piccolo, Pretto, Zicchieri, Castiello, Cavandoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    il provvedimento dovrebbe recare disposizioni in materia di salute e di sostegno alle imprese colpite dall'emergenza da COVID-19, sebbene nei fatti non siano state previste adeguate misure a consentire l'effettivo rilancio dell'economia e molte imprese sono a rischio di chiusura definitiva e di fallimento;
    nonostante la crisi epidemiologica, negli ultimi mesi gli sbarchi nel nostro Paese sono quadruplicati rispetto allo scorso anno ed infatti, secondo i dati ufficiali del Ministero dell'interno pubblicati sul sito istituzionale del medesimo, dal 1o gennaio al 22 maggio 2020 gli ingressi irregolari via mare sono stati 4.445, rispetto ai 1.361 dello stesso periodo del 2019;
    nonostante i dichiarati risultati raggiunti con altri Paesi a livello comunitario e internazionale di disponibilità e collaborazione sul tema immigratorio, tra cui l'Accordo sottoscritto a Malta nel settembre 2019, e sebbene il decreto interministeriale del 7 aprile scorso, c.d. Porti Chiusi, abbia definito i porti italiani non Place of Safety («luogo sicuro»), tuttavia gli arrivi illegali nel nostro Paese sono continuati senza sosta, intensificandosi soprattutto negli ultimi mesi, come hanno evidenziato diverse inchieste giornalistiche e alcuni Sindaci siciliani maggiormente interessati dagli sbarchi che hanno lamentato gravissime problematiche di carattere sanitario e di sicurezza sul loro territorio in conseguenza di tali ingressi;
    le medesime problematiche dovute al numero crescente degli immigrati irregolari che entrano illegalmente nel nostro Paese sono state evidenziate altresì in altre Regioni di confine, interessate più da flussi di ingresso dalle frontiere terrestri;
    quanto sopra comporta evidentemente gravissime conseguenze per le zone interessate non solo dal punto di vista sanitario e di sicurezza ma anche economico e ciò soprattutto in vista della prossima stagione turistica già fortemente penalizzata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    indubbiamente misure di sostegno alle imprese e di rilancio dell'economia e della produzione non possono prescindere da politiche coordinate di gestione dei flussi migratori,

impegna il Governo

ad adottare nell'immediato le misure più opportune per impedire gli ingressi illegali di immigrati nel nostro Paese sia dalle rotte terrestri che marittime, in particolare per garantire adeguate condizioni di sicurezza dal punto di vista sanitario e di rilancio economico alle Regioni di confine ed anche per contrastare l'immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani, ad esso notoriamente e strettamente connesso.
9/2461-AR/104Iezzi, Bordonali, De Angelis, Invernizzi, Maturi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che
    il decreto-legge all'esame, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, nonché di proroga di termini amministrativi e processuali;
    in particolare, gli articoli 36 e 37 del provvedimento all'esame recano misure di sospensione dei termini processuali e dei termini dei procedimenti amministrativi e disciplinari, rispettivamente all'11 ed al 15 maggio;
    tuttavia, nella comunicazione della Commissione Ue del 17 aprile 2020 indirizzata alle autorità nazionali per garantire la continuità e la sicurezza delle procedure di rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi nei paesi di origine e transito nel contesto dell'attuale pandemia di Covid-19, viene in ogni caso specificato che le procedure di rimpatrio debbano continuare nella misura dei possibile;
    ancora la medesima comunicazione precisa che «occorre proseguire i lavori per il rimpatrio», «mantenere un'attiva cooperazione e stretti contatti con i paesi terzi in relazione all'identificazione, al rilascio di nuovi documenti e al rimpatrio dei loro cittadini» e che «i Paesi terzi continuano ad avere l'obbligo, a norma del diritto internazionale, di riammettere i propri cittadini»;
    tuttavia, «o causa delle misure restrittive; si è ridotta anche la disponibilità del personale consolare di molti paesi terzi per le procedure di identificazione e di rilascio di nuovi documenti»;
    l'articolo 15 della Direttiva 2008/115/CE del 16 dicembre 2008 stabilisce che il trattenimento è disposto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento e debba essere mantenuto per il tempo necessario all'espletamento delle modalità di rimpatrio;
    ai sensi del paragrafo 5 del suddetto articolo il trattenimento deve essere mantenuto per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia perseguito e non oltre i sei mesi, salvo, ai sensi del successivo paragrafo 6, che l'operazione di allontanamento rischi di durare di più a lungo a causa dei ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi, nel qual caso il trattenimento può essere prolungato di ulteriori 12 mesi;
    l'articolo 14, comma 5 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 recante Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero fissa il termine massimo di trattenimento dello straniero all'interno del centro di permanenza per i rimpatri in 180 giorni, così come modificato dall'articolo 2 del decreto-legge 113/2018, convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2018 n. 132;
    nonostante la crisi epidemiologica, negli ultimi mesi gli sbarchi nel nostro Paese sono quadruplicati rispetto allo scorso anno ed infatti, secondo i dati ufficiali del Ministero dell'interno pubblicati sul sito istituzionale del medesimo, dal 1 gennaio al 22 maggio 2020 gli ingressi irregolari via mare sono stati 4.445, rispetto ai 1.361 dello stesso periodo del 2019;
    invece, secondo un recente rapporto del Garante delle persone private della libertà personale nei sette Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) continua a diminuire il numero delle presenze, che nell'ultima settimana;
    sarebbero 195 contro le 204 della scorsa. Una tendenza che si conferma, «dovuta sia al minor numero di ingressi, sia alle mancate proroghe del trattenimento»,

impegna il Governo

ad adottare ogni provvedimento ritenga più opportuno per prorogare i termini del trattenimento dei cittadini di paesi terzi irregolari presenti nel nostro Paese nei CPR ai fini dell'effettivo allontanamento onde assicurare l'espletamento delle procedure di identificazione e di rilascio di nuovi documenti per il rimpatrio ed una più efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione dello straniero.
9/2461-AR/105Maturi, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    tuttavia il provvedimento in esame non contempla effettive ed adeguate misure volte al rilancio dell'economia del Paese, in particolare relativamente al ricollocamento lavorativo dei soggetti che hanno già perso la propria occupazione negli ultimi mesi durante l'emergenza da COVID-19 o comunque a rischio di perdita del proprio posto di lavoro;
    ormai drammatica è la situazione in cui versano da mesi migliaia di cittadini, le loro famiglie, moltissime imprese ed altrettanti esercenti che hanno già chiuso la propria attività o sono prossimi alla chiusura definitiva e al fallimento per mancanza di adeguate misure di sostegno economico, ossia di quella «liquidità» con cui il provvedimento in esame è stato solo rinominato;
    nonostante l'attuale gravissima situazione economica in Italia e il tasso di disoccupazione in preoccupante crescita, il Governo ha invece deciso di concedere a migliaia di immigrati irregolari in Italia un permesso di soggiorno temporaneo per cercare una occupazione lavorativa nel nostro Paese, anziché prevedere misure di ricollocamento lavorativo per quei cittadini che hanno perso la propria attività in questi ultimi mesi o sono a rischio di perdita del proprio posto di lavoro,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa, anche di carattere normativo, vista la grave situazione occupazionale del nostro Paese, per garantire prioritariamente il ricollocamento lavorativo dei cittadini che hanno perso la propria attività in questi ultimi mesi o sono a rischio di perdita del proprio posto di lavoro rispetto ad interventi di sanatorie a favore di immigrati irregolari presenti sul nostro territorio.
9/2461-AR/106De Angelis, Bordonali, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge all'esame, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    il provvedimento dovrebbe recare disposizioni in materia di salute e di sostegno alle imprese colpite dall'emergenza da COVID-19, sebbene nei fatti non siano state previste adeguate misure a consentire l'effettivo rilancio dell'economia del Paese, che tuttora versa in una gravissima crisi, aggravata, sia dal punto di vista sanitario che della sicurezza, anche dalla crescita esponenziale e senza controllo degli ingressi illegali attraverso i nostri confini terrestri e marittimi;
    difatti, nonostante la crisi epidemiologica, negli ultimi mesi gli sbarchi nel nostro Paese sono quadruplicati rispetto allo scorso anno ed infatti, secondo i dati ufficiali del Ministero dell'interno pubblicati sul sito istituzionale del medesimo, dal 1o gennaio al 22 maggio 2020 gli ingressi irregolari via mare sono stati 4.445, rispetto ai 1.361 dello stesso periodo del 2019;
    invece, secondo un recente rapporto del Garante delle persone private della libertà personale nei sette Centri di permanenza per i rimpatri (Cpr) continua a diminuire il numero delle presenze, che nell'ultima settimana sarebbero 195 contro le 204 della scorsa;
    sono di tutta evidenza le gravissime conseguenze per le zone interessate da tali ingressi sia marittimi che terrestri ma in generale per tutto il Paese, non solo dal punto di vista sanitario e di sicurezza ma anche economico e ciò soprattutto per la sua promozione turistica in vista della prossima stagione estiva, già fortemente penalizzata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19,

impegna il Governo

ad adottare politiche di coordinamento tra il sostegno ed il supporto alla ripresa economica del Paese e le criticità derivanti da un aumento esponenziale degli sbarchi, anche implementando la disponibilità e il numero dei Centri di permanenza per i rimpatri per garantire il trattenimento nelle medesime strutture dei cittadini extracomunitari il cui soggiorno o ingresso siano irregolari.
9/2461-AR/107Vinci, Bordonali, De Angelis, Iezzi, Invernizzi, Maturi, Molteni, Stefani, Tonelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri e firmato dal Presidente Conte il 17 maggio 2020, delinea il quadro normativo nazionale nell'ambito del quale, fino al 31 luglio 2020, potranno essere disciplinati gli spostamenti delle persone fisiche e le modalità di svolgimento delle attività economiche, produttive e sociali;
    resteranno vietati comunque fino al 3 giugno i trasferimenti e gli spostamenti, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in una regione diversa rispetto a quella in cui attualmente ci si trova, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute;
    un problema particolarmente sentito dai cittadini si verifica nei nostri comuni di confine dove l'organizzazione dei servizi o semplicemente la visita ai propri familiari e congiunti comporta ordinariamente sconfinamenti che nessuno avrebbe mai pensato potessero rappresentare un problema;
    nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri inoltre non vengono chiarite le modalità per gli spostamenti interregionali verso le seconde case fuori dalla regione di residenza;
    le misure contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri hanno creato per gli abitanti dei comuni a confine tra due regioni delle condizioni di disparità e disagio, che potrebbero essere risolte, con una possibilità di spostamento quantomeno nei territori dei comuni situati all'interno delle provincie confinanti, anche oltre il confine regionale, come già ad esempio le regioni come Toscana ed Emilia-Romagna stanno facendo con proprie ordinanze;
    tale possibilità, peraltro, anche se esteso a livello nazionale riguarderebbe un numero di persone limitato, con un impatto contenuto anche in riferimento al contenimento del contagio;
    impedendo gli spostamenti tra regioni, i comuni di piccola dimensione che si trovano al confine con altre regioni risultano i più penalizzati sia in termini sociali che economici,

impegna il Governo:

   ad adottare idonee iniziative per superare le criticità esposte in premessa al fine di poter ammettere, prima del 3 giugno gli spostamenti tra regioni nei limiti dei comuni confinanti;
   a predisporre misure ad hoc a sostegno di tutte le attività localizzate nei comuni meno estesi al confine tra due regioni e come tali in condizioni maggiormente sfavorevoli.
9/2461-AR/108Marchetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge approvato dal Consiglio dei ministri e firmato dal Presidente Conte il 17 maggio 2020, delinea il quadro normativo nazionale nell'ambito del quale, fino al 31 luglio 2020, potranno essere disciplinati gli spostamenti delle persone fisiche e le modalità di svolgimento delle attività economiche, produttive e sociali;
    resteranno vietati comunque fino al 3 giugno i trasferimenti e gli spostamenti, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in una regione diversa rispetto a quella in cui attualmente ci si trova, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute;
    un problema particolarmente sentito dai cittadini si verifica nei nostri comuni di confine dove l'organizzazione dei servizi o semplicemente la visita ai propri familiari e congiunti comporta ordinariamente sconfinamenti che nessuno avrebbe mai pensato potessero rappresentare un problema;
    nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri inoltre non vengono chiarite le modalità per gli spostamenti interregionali verso le seconde case fuori dalla regione di residenza;
    le misure contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri hanno creato per gli abitanti dei comuni a confine tra due regioni delle condizioni di disparità e disagio, che potrebbero essere risolte, con una possibilità di spostamento quantomeno nei territori dei comuni situati all'interno delle provincie confinanti, anche oltre il confine regionale, come già ad esempio le regioni come Toscana ed Emilia-Romagna stanno facendo con proprie ordinanze;
    tale possibilità, peraltro, anche se esteso a livello nazionale riguarderebbe un numero di persone limitato, con un impatto contenuto anche in riferimento al contenimento del contagio;
    impedendo gli spostamenti tra regioni, i comuni di piccola dimensione che si trovano al confine con altre regioni risultano i più penalizzati sia in termini sociali che economici,

impegna il Governo:

   previa valutazione delle compatibilità sotto il profilo della tutela della salute della popolazione, ad adottare idonee iniziative per superare le criticità esposte in premessa al fine di poter ammettere, prima del 3 giugno gli spostamenti tra regioni nei limiti dei comuni confinanti;
   a predisporre misure ad hoc a sostegno di tutte le attività localizzate nei comuni meno estesi al confine tra due regioni e come tali in condizioni maggiormente sfavorevoli.
9/2461-AR/108. (Testo modificato nel corso della seduta)  Marchetti.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame referente dei provvedimento è stata ampliata la portata finanziaria del sostegno che Sace è incaricata di fornire agli esportatori italiani, sia pure con la copertura dello Stato;
    il trasferimento al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale delle competenze in materia di internazionalizzazione dell'economia italiana e sostegno alle esportazioni prima spettanti al Ministero dello sviluppo economico ha comportato la definizione di nuovi equilibri tra le diverse amministrazioni dello Stato coinvolte;
    se costituisce un vantaggio l'integrazione tra la rete diplomatico-consolare e i servizi di sostegno agli esportatori italiani garantita dalla nuova ripartizione delle funzioni, dall'altro deve essere ancora verificata la capacità del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di pianificare politiche di sostegno che soddisfino i criteri di compatibilità finanziaria;
    una delle cause nel ritardo della emanazione del decreto Liquidità all'esame è stato, secondo quanto riportato a mezzo stampa, un braccio di ferro tra Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Ministero dell'economia e delle finanze, conclusosi col compromesso di lasciar gestire a Sace, che resta in Cdp ma passa sotto l'indirizzo ed il coordinamento del Tesoro, l'operazione prestiti, in cambio di un rafforzamento di Sace nel campo dell’export e del sostegno alla internazionalizzazione delle imprese;
    tale equilibrio stava per saltare durante la conclusione dei lavori in sede referente, con un emendamento che intendeva spostare dal Ministero dell'economia e delle finanze al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale una quota degli apporti in titoli che costituiscono i 44 miliardi del patrimonio destinato di Cdp;
    gli equilibri interni alla maggioranza non possono e non devono pregiudicare l'obiettivo principale del provvedimento, vale a dire far ottenere in tempi celeri liquidità alle imprese,

impegna il Governo

a garantire il rapido accesso al credito per le imprese richiedenti senza rischiare una compromissione nella valutazione del credito medesimo a causa di accavallamento di funzioni e competenze tra diversi Ministeri, soprattutto alla luce della fase storica e congiunturale tanto delicata sia per il Paese che per le finanze dello Stato come quella attuale.
9/2461-AR/109Tarantino, Cavandoli, Gusmeroli, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster.


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica connessa alle misure restrittive adottate dal Governo per contrastare e contenere la diffusione del COVID-19 ha colpito sostanzialmente tutti i settori economici e produttivi del nostro Paese, e le professioni ordinistiche non ne fanno eccezione;
    il comparto degli studi professionali coinvolge più di due milioni di professionisti, impiega circa 900.000 lavoratori, tra collaboratori e dipendenti, e produce un volume d'affari di circa 210 miliardi di euro. Molti hanno visto in questi giorni incrementare drasticamente il loro carico di lavoro, soprattutto nel settore di assistenza fiscale ai contribuenti, al fine di orientarli al meglio nei confronti delle numerose misure adottate dal Governo come prima risposta alle conseguenze economiche dell'emergenza sanitaria;
    già con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, si è assistito, nella predisposizione degli strumenti di sostegno economico e fiscale, ad una differenza di trattamento, seppur in alcuni casi coerente, delle categorie in questione;
    nello stesso decreto oggetto di conversione, l’iter parlamentare ha consentito di rimuovere alcune incongruenze legate all'accesso dei professionisti, anche in forma associata, alle ulteriori misure adottate;
   considerato che:
    l'articolo 25, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, esclude espressamente i «professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria» dall'accesso al contributo a fondo perduto riconosciuto a soggetti esercenti attività di impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA e che nel mese di aprile abbiano registrato un calo del fatturato di oltre un terzo rispetto a quello di aprile 2019;
    le rimostranze nei confronti di quest'ultima esclusione si sono sollevate da tutti gli organi di rappresentanza degli ordini professionali, al punto che i rappresentanti dei Consigli nazionali dei commercialisti e dei consulenti del lavoro hanno disertato, per dimostrare il loro dissenso, l'importante riunione indetta dal Direttore dell'Agenzia delle Entrate avente ad oggetto proprio le modalità di attuazione della disposizione sui contributi a fondo perduto,

impegna il Governo

a provvedere tempestivamente, nell’iter di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ad estendere anche alle professioni ordinistiche le tutele approntate per gli esercenti attività di impresa e lavoratori autonomi, sì da non incorrere in discriminazioni ingiustificate che possano originare tensioni sociali assolutamente da scongiurare.
9/2461-AR/110Comaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    la massiccia iniezione di liquidità tanto declamata ad oggi ancora non sembra aver prodotto i suoi effetti;
    interventi di minor entità ma comunque significativi avrebbero potuto essere previsti nel provvedimento in esame, come ad esempio la sospensione temporanea della ritenuta d'acconto dell'8 per cento;
    si ricorda in proposito, che l'articolo 25 Dl 78/2010 convertito con legge 122 del 30 luglio imponeva la ritenuta d'acconto del 10 per cento ai beneficiari dei bonifici effettuati dai contribuenti per ottenere le detrazioni d'imposta per il risparmio energetico o per gli interventi di ristrutturazione edilizia. Tale aliquota è stata prima ridotta al 4 per cento grazie alla Manovra 2011, per essere poi rialzata – portandola all'8 per cento – con la Legge di Stabilità 2015. Quindi, a partire dal 1o gennaio 2015, la ritenuta d'acconto è pari all'8 per cento;
    il «sostituto di imposta», cioè il soggetto che opera la ritenuta e la versa all'erario non è però il committente dei lavori, ma le banche o le Poste alle quali arrivano i bonifici in accredito. Saranno dunque questi soggetti a dover rilasciare, a chiusura dell'anno fiscale, la certificazione della ritenuta effettuata;
    in forza di tale normativa, nel momento in cui vengono accreditate le somme nelle banche o alle Poste italiane S.p.A. viene trattenuto un ammontare pari all'8 per cento a titolo di acconto dell'imposta sui reddito dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa. L'introduzione vincolante ed erga omnes della fatturazione elettronica fa venire meno una delle principali motivazioni della ritenuta, rimanendo solo quella di anticipo di cassa a favore dello Stato sui futuri ricavi delle imprese. In definitiva, il permanere di meccanismi quali la ritenuta d'acconto sull'8 per cento in presenza della fatturazione elettronica configurerebbe la mera ed unica volontà da parte dello Stato di incamerare anticipazioni sulle legittime e costituzionalmente protette attività aziendali, disinteressandosi di ogni altra conseguenza, essendo venuta appunto meno la ragione principale alla base delle misure in parola; è opportuno, pertanto, al fine di contenere gli effetti economici negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, mettere in campo tutte le misure utili e attuabili nel breve periodo,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso l'adozione di ulteriori iniziative normative, la sospensione per gli anni 2020 e 2021 della ritenuta a titolo di acconto dell'imposta sul reddito dovuta dai beneficiari di cui all'articolo 25 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
9/2461-AR/111Alessandro Pagano, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    la massiccia iniezione di liquidità che il provvedimento in oggetto avrebbe dovuto immettere nel nostro sistema imprenditoriale sembra non sia effettivamente avvenuta;
    secondo i dati, le spese della cosiddetta fase 2 sono troppo alte, i costi fissi di gestione sono rimasti invariati e, di conseguenza, l'80 per cento delle pmi italiane preferisce mantenere l'attività chiusa o comunque potrebbe essere costretta a farlo nell'arco di poche settimane;
    da un sondaggio condotto dal centro studi di Unimpresa emerge che tra acquisti per i dispositivi di sicurezza anti Covid, norme per la sanificazione dei locali, regole per la gestione dei fornitori, messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, oneri burocratici e adempimenti continui – specie per le imprese a contatto con il pubblico – il costo della ripartenza si sta trasformando in un ostacolo insormontabile che allontana la prospettiva di tornare con i conti in utile;
    le evidenze scientifiche documentano l'efficacia delle misure di distanziamento sociale per ridurre l'impatto delle epidemie influenzali, in particolare quando combinate tra loro, ma i costi per il rispetto del distanziamento sociale all'Interno delle attività commerciali sono gravati esclusivamente sugli esercizi già duramente provati dai mesi di necessaria chiusura;
    i costi degli interventi di sanificazione, in particolare, possono variare dai 200 ai 400 euro a intervento, a seconda della superficie da trattare. La periodicità dell'intervento deve essere frequente e questo comporta indubbiamente una nuova spesa per le già vessate attività commerciali; il credito di imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro è ancora in attesa del decreto attuativo e, comunque, presuppone una spesa nell'immediato a carico degli esercenti e delle imprese, a fronte di una indubbia riduzione del proprio fatturato dovuto alla diminuzione del numero giornaliero di clienti per il rispetto delle regole sul distanziamento sociale;
    polemiche sono sorte in merito alla voce, nello scontrino emesso da alcuni esercizi di parrucchieri, estetisti o bar, di un contributo per spese di messa in sicurezza, quella ribattezzata dal Codacons «tassa Covid», e pubblicata in foto sul sito del quotidiano Il sole 24 Ore;
    la scelta di imprese, esercenti, gestori, etc di dover ritoccare al rialzo i prezzi, per sopravvivenza dell'attività medesima, colpendo l'utenza, rischia di innescare una spirale discendente che porterà inevitabilmente ad una restrizione dei consumi, spingerà i clienti a scegliere altri fornitori e, da ultimo, minori investimenti nel servizio,

impegna il Governo

a ripensare il sostegno ad oggi previsto per imprese e attività commerciali, inclusi i servizi di cura alla persona, contemplando oltre che il rimborso della metà delle spese sostenute per la sanificazione, e messa in sicurezza delle attività medesime, peraltro accelerandone l’iter, nuova ed ulteriore liquidità ad hoc.
9/2461-AR/112Stefani, Locatelli, Andreuzza, Bazzaro, Binelli, Colla, Dara, Furgiuele, Galli, Guidesi, Murelli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Saltamartini, Ribolla, Di Muro, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare la possibilità di ampliare il sostegno ad oggi previsto per imprese e attività commerciali, inclusi i servizi di cura alla persona, contemplando oltre che il rimborso della metà delle spese sostenute per la sanificazione, e messa in sicurezza delle attività medesime, peraltro accelerandone l’iter, nuova ed ulteriore liquidità ad hoc.
9/2461-AR/112. (Testo modificato nel corso della seduta)  Stefani, Locatelli, Andreuzza, Bazzaro, Binelli, Colla, Dara, Furgiuele, Galli, Guidesi, Murelli, Patassini, Pettazzi, Piastra, Saltamartini, Ribolla, Di Muro, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge interviene a sostegno delle imprese in difficoltà a seguito dell'emergenza Coronavirus, con misure specifiche su quattro principali ambiti: accesso al credito, sostegno alla liquidità, all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti; misure finalizzate ad assicurare la continuità delle imprese; rafforzamento dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e degli obblighi di trasparenza in materia finanziaria; norme urgenti per il rinvio di adempimenti fiscali e tributari da parte di lavoratori e imprese;
    il protesto, in diritto italiano, è un atto pubblico con il quale si attesta l'avvenuta presentazione di una cambiale o di un assegno al debitore (protestato) e il rifiuto da parte dello stesso di pagare o accettare il titolo. 11 protesto fa decorrere gli effetti civili tipici dell'inadempimento; interessi di mora, possibilità di procedere al pignoramento previo precetto ecc., ed è titolo esecutivo che il creditore può usare per procedere nei confronti del debitore;
    il protesto è oggetto di pubblicità allo scopo di tutelare chiunque abbia rapporti economici con il protestato; di fatto tale pubblicità finisce anche per avere un incisivo effetto sanzionatorio, giacché rende pressoché impossibile per il protestato l'accesso al credito. Dal 1995, gli ufficiali levatori trasmettono alla camera di commercio competente per territorio, entro il primo giorno di ogni mese, l'elenco dei soggetti protestati nel corso del mese precedente. La camera di commercio cura l'inserimento dei protestati in apposito registro, ora detto registro informatico dei protesti, tenuto con modalità informatiche. Il protestato resta iscritto in tale registro per cinque anni, ma può esserne cancellato prima, se gli è stata concessa la riabilitazione;
    l'azione legislativa emergenziale di cui al Decreto Liquidità per il prolungamento della sospensione dei termini del protesto, muove dalla esigenza di prevenire un massivo ricorso all'istituto, a fronte di situazioni chiaramente incagliate dall'emergenza pandemia e legate all'impossibilità di far fronte al pagamento di titoli emessi, in specie nei rapporti di prestazioni continuative per la fornitura di merci;
    la Lega ha richiesto in tutte le sedi opportune un rinvio, condividendo la battaglia che la commerciante di Sarzana Popolare Monia Petreni ha portato avanti con grande determinazione attraverso appelli su tutti i canali di informazione e lettere inviate al Presidente del Consiglio. La proroga è prevista da un emendamento al decreto-legge liquidità approvato dalle Commissioni Attività produttive e Finanze della Camera e sottoscritto da tutti i gruppi;
    anche il termine prorogato al 31 agosto pare insufficiente a garantire una copertura rispetto alle numerose situazioni di difficoltà economiche ancora in corso e, quindi, al pagamento dei titoli già emessi,

impegna il Governo

a individuare ulteriori iniziative utili a prevenire una massiva ripresa delle iscrizioni a protesto dei titoli impagati dopo il 31 agosto, anche ricorrendo ad ulteriori iniziative legislative.
9/2461-AR/113Potenti, Bisa, Tateo, Paolini, Furgiuele, Foscolo, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge interviene a sostegno delle imprese in difficoltà a seguito dell'emergenza Coronavirus, con misure specifiche su quattro principali ambiti: accesso al credito, sostegno alla liquidità, all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti; misure finalizzate ad assicurare la continuità delle imprese; rafforzamento dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e degli obblighi di trasparenza in materia finanziaria; norme urgenti per il rinvio di adempimenti fiscali e tributari da parte di lavoratori e imprese;
    il protesto, in diritto italiano, è un atto pubblico con il quale si attesta l'avvenuta presentazione di una cambiale o di un assegno al debitore (protestato) e il rifiuto da parte dello stesso di pagare o accettare il titolo. 11 protesto fa decorrere gli effetti civili tipici dell'inadempimento; interessi di mora, possibilità di procedere al pignoramento previo precetto ecc., ed è titolo esecutivo che il creditore può usare per procedere nei confronti del debitore;
    il protesto è oggetto di pubblicità allo scopo di tutelare chiunque abbia rapporti economici con il protestato; di fatto tale pubblicità finisce anche per avere un incisivo effetto sanzionatorio, giacché rende pressoché impossibile per il protestato l'accesso al credito. Dal 1995, gli ufficiali levatori trasmettono alla camera di commercio competente per territorio, entro il primo giorno di ogni mese, l'elenco dei soggetti protestati nel corso del mese precedente. La camera di commercio cura l'inserimento dei protestati in apposito registro, ora detto registro informatico dei protesti, tenuto con modalità informatiche. Il protestato resta iscritto in tale registro per cinque anni, ma può esserne cancellato prima, se gli è stata concessa la riabilitazione;
    l'azione legislativa emergenziale di cui al Decreto Liquidità per il prolungamento della sospensione dei termini del protesto, muove dalla esigenza di prevenire un massivo ricorso all'istituto, a fronte di situazioni chiaramente incagliate dall'emergenza pandemia e legate all'impossibilità di far fronte al pagamento di titoli emessi, in specie nei rapporti di prestazioni continuative per la fornitura di merci;
    la Lega ha richiesto in tutte le sedi opportune un rinvio, condividendo la battaglia che la commerciante di Sarzana Popolare Monia Petreni ha portato avanti con grande determinazione attraverso appelli su tutti i canali di informazione e lettere inviate al Presidente del Consiglio. La proroga è prevista da un emendamento al decreto-legge liquidità approvato dalle Commissioni Attività produttive e Finanze della Camera e sottoscritto da tutti i gruppi;
    anche il termine prorogato al 31 agosto pare insufficiente a garantire una copertura rispetto alle numerose situazioni di difficoltà economiche ancora in corso e, quindi, al pagamento dei titoli già emessi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare ulteriori iniziative utili a prevenire una massiva ripresa delle iscrizioni a protesto dei titoli impagati dopo il 31 agosto, anche ricorrendo ad ulteriori iniziative legislative.
9/2461-AR/113. (Testo modificato nel corso della seduta)  Potenti, Bisa, Tateo, Paolini, Furgiuele, Foscolo, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge interviene a sostegno delle imprese in difficoltà a seguito dell'emergenza Coronavirus, con misure specifiche su quattro principali ambiti: accesso al credito, sostegno alla liquidità, all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti; misure finalizzate ad assicurare la continuità delle imprese; rafforzamento dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e degli obblighi di trasparenza in materia finanziaria; norme urgenti per il rinvio di adempimenti fiscali e tributari da parte di lavoratori e imprese;
   premesso che nella fase più acuta dell'epidemia di coronavirus e all'apice della tempesta sui mercati finanziari le famiglie del nostro Paese hanno infatti depositato ben 16,8 miliardi di euro sui propri conti: una cifra più che triplicata (+254 per cento) rispetto ai 6,6 miliardi che avevano preso la stessa direzione nel marzo del 2019 e oltre quattro volte (+346 per cento) la media mensile registrata l'anno precedente;
    il 21 maggio, ultimo scorso è stato segnato un record per il Btp Italia: 22,3 miliardi di collocazioni. L'asta più grande di sempre, anche per quota acquistata dal retail (72 per cento) e per richiesta degli istituzionali (19,6 miliardi). Agli occhi dei risparmiatori parrebbe esistere un rischio-Italia post Covid-19 ed i piccoli investitori italiani hanno sottoscritto 383.966 firme ai contratti di acquisto, raccogliendo nel proprio conto titoli 13,998 miliardi di euro;
    vi è però un'altra Italia, a cui è indispensabile garantire un salvagente per evitare che la situazione precipiti. Per chi ha infatti la necessità di avvalersi anche della più contenuta delle opportunità offerte dal sistema delle erogazioni dei finanziamenti, l'intenzione della maggioranza pare quella di velocizzare le procedure per i richiedenti in difficoltà attraverso l'autocertificazione, arrivando ad un importo massimo di 30.000 euro, con durata che passerà dagli attuali 6 anni massimo a 10 anni massimo;
    per le posizioni che al 29 febbraio 2020 erano qualificate come esposizioni deteriorate tuttavia, i limiti all'accesso al finanziamento appaiono condizionati dalla qualunque pregressa segnalazione di rischio di cui alle banche dati dei sistemi creditizi Cerved, Crif, CAI. Considerato che gli effetti della crisi saranno lunghi e che per i finanziamenti in oggetto le garanzie offerte dallo Stato coprono il 100 per cento dell'importo erogato, parrebbe opportuno prevedere che per un certo periodo di tempo i finanziamenti concessi nell'ambito del c.d. «Decreto Liquidità» fossero «trattati» con eccezione rispetto agli indicatori di insolvenza, in modo tale da sterilizzare, fino alla scadenza della linea di credito concessa, le relative posizioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre ogni idonea soluzione che permetta di sensibilizzare il sistema bancario a garantire l'immediata erogazione di finanziamenti previsti dal Decreto Liquidità anche in presenza di alcuni dei parametri ritenuti inidonei, eventualmente utilizzando le banche dati disponibili tramite Cerved.
9/2461-AR/114Paolini, Potenti, Bisa, Tateo, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in conversione interviene a sostegno delle imprese in difficoltà a seguito dell'emergenza Coronavirus, con misure specifiche su quattro principali ambiti: accesso al credito, sostegno alla liquidità, all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti; misure finalizzate ad assicurare la continuità delle imprese; rafforzamento dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e degli obblighi di trasparenza in materia finanziaria; norme urgenti per il rinvio di adempimenti fiscali e tributari da parte di lavoratori e imprese;
    l'articolo 10 introduce una norma di carattere transitorio volta a sospendere la procedibilità delle istanze finalizzate all'apertura del fallimento e delle procedure fondate sullo stato di insolvenza, presentate nel periodo dal 9 marzo al 30 giugno 2020;
    per rendere più celeri i processi di erogazione di nuova liquidità previsti dal DL 23/2020 occorrerebbe prevedere espressamente alcune attenuazioni della responsabilità penale per le operazioni di finanziamento previste dai DL in oggetto. La Legge fallimentare, all'articolo 217-bis «Esenzioni dai reati di bancarotta», già conosce l'esenzione dai reati di bancarotta, volta a garantire il buon esito delle soluzioni negoziali della crisi di impresa attraverso il ricorso alla c.d. nuova finanza infondendo certezza negli operatori economici circa la liceità penale dei comportamenti tenuti nelle soluzioni concordate della crisi prima del verificarsi del fallimento. La medesima soluzione potrebbe quindi essere estesa anche alle operazioni di finanziamento previste dal decreto-legge Liquidità, per conferire certezza alle banche circa la liceità della loro condotta, soprattutto nel caso in cui fosse condivisa l'opportunità di restringere gli spazi di valutazione della banca nella concessione del finanziamento attraverso un sistema basato su «griglie» di indici, da applicare in via preventiva;
    occorrono misure finalizzate ad evitare il rischio, per gli imprenditori richiedenti, di incorrere nella «tagliola» della bancarotta semplice, preferenziale e/o di accesso abusivo al credito, quando non di auto-riciclaggio;
    servono scriminanti penali rispetto alle due fattispecie normative previste dagli articoli 216 e 217 della legge fallimentare, per ovviare alla grave situazione economica derivante dalla pandemia COVID-19 e prevenire le inevitabili contestazioni ex post riferibili al periodo di emergenza nazionale nel corso del quale l'imprenditore potrebbe aver eseguito pagamenti in violazione della par condiciocreditorum ed in ragione di necessità non altrimenti evitabili,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme di cui agli articoli 10 e 13 al fine di stabilire, nel primo provvedimento utile, che le disposizioni di cui all'articolo 216, terzo comma e 217 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 non si applicano in riferimento ai pagamenti ed operazioni compiute per tutto il periodo compreso tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020.
9/2461-AR/115Bisa, Paolini, Tateo, Turri, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività termale è provata in modo durissimo dall'emergenza pandemia da COVID-19;
    è a rischio la sopravvivenza dell'intero sistema termale del nostro Paese composto da 330 stabilimenti, distribuiti in 20 regioni e 170 comuni, che danno lavoro ad oltre 60.000 addetti, tra diretti ed indiretti;
    le terme, non solo rappresentano uno strumento di fondamentale importanza per la sanità pubblica, ma costituiscono anche una componente di assoluto rilievo dell'offerta turistica nazionale, oltre a realizzare, nella stragrande maggioranza dei territori sui quali insistono, l'unica risorsa economica ed occupazionale;
    la legge 24 ottobre 2000, n. 323, sul riordino del settore termale, all'articolo 4, comma 4, al fine di garantire l'unitarietà del sistema termale nazionale nell'erogazione delle cure termali, prevede la stipula di appositi accordi, con la partecipazione del Ministero della sanità, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle aziende termali, che divengono efficaci con il recepimento da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
    in sede di tali accordi si potrebbero autorizzare le aziende sanitarie locali ad erogare immediatamente anticipazioni, sulla base del fatturato 2019, per prestazioni termali rese in regime di accreditamento, da recuperare negli esercizi successivi con modalità da definire negli stessi accordi; tale soluzione semplice garantirebbe alle aziende termali una «provvista» di immediata liquidità, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica,

impegna il Governo

ad adottare, nei prossimi provvedimenti di carattere legislativo, le opportune misure per garantire la liquidità delle imprese termali, anche valutando la possibilità di prevedere immediate anticipazioni da parte delle aziende sanitarie locali, sulla base del fatturato 2019, per prestazioni termali rese in regime di accreditamento, da recuperare negli esercizi successivi con modalità da definire negli accordi di cui all'articolo 4, comma 4, della legge 24 ottobre 2000, numero 323.
9/2461-AR/116Lucchini, Belotti, Lazzarini, Andreuzza, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Patassini, Guidesi, Minardo, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività termale è provata in modo durissimo dall'emergenza pandemia da COVID-19;
    è a rischio la sopravvivenza dell'intero sistema termale del nostro Paese composto da 330 stabilimenti, distribuiti in 20 regioni e 170 comuni, che danno lavoro ad oltre 60.000 addetti, tra diretti ed indiretti;
    le terme, non solo rappresentano uno strumento di fondamentale importanza per la sanità pubblica, ma costituiscono anche una componente di assoluto rilievo dell'offerta turistica nazionale, oltre a realizzare, nella stragrande maggioranza dei territori sui quali insistono, l'unica risorsa economica ed occupazionale;
    la legge 24 ottobre 2000, n. 323, sul riordino del settore termale, all'articolo 4, comma 4, al fine di garantire l'unitarietà del sistema termale nazionale nell'erogazione delle cure termali, prevede la stipula di appositi accordi, con la partecipazione del Ministero della sanità, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle aziende termali, che divengono efficaci con il recepimento da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
    in sede di tali accordi si potrebbero autorizzare le aziende sanitarie locali ad erogare immediatamente anticipazioni, sulla base del fatturato 2019, per prestazioni termali rese in regime di accreditamento, da recuperare negli esercizi successivi con modalità da definire negli stessi accordi; tale soluzione semplice garantirebbe alle aziende termali una «provvista» di immediata liquidità, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, nei prossimi provvedimenti di carattere legislativo, le opportune misure per garantire la liquidità delle imprese termali, anche valutando la possibilità di prevedere immediate anticipazioni da parte delle aziende sanitarie locali, sulla base del fatturato 2019, per prestazioni termali rese in regime di accreditamento, da recuperare negli esercizi successivi con modalità da definire negli accordi di cui all'articolo 4, comma 4, della legge 24 ottobre 2000, numero 323.
9/2461-AR/116. (Testo modificato nel corso della seduta)  Lucchini, Belotti, Lazzarini, Andreuzza, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Patassini, Guidesi, Minardo, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività termale è provata in modo durissimo dall'emergenza pandemia da COVID-19;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio scorso prevede la riapertura dei servizi alla persona, secondo protocolli emanati da INAIL di concerto con l'Istituto Superiore di Sanità, ma sospende ulteriormente le attività di centri benessere, centri termali, ad eccezione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza; ciò nonostante non esistano differenze, dal punto di vista autorizzativo, tra l'attività di estetista e quella di «centro benessere», entrambe autorizzate sulla base alla legge n. 1 del 1990;
    le terme, non solo rappresentano uno strumento di fondamentale importanza per la sanità pubblica, ma costituiscono anche una componente di assoluto rilievo dell'offerta turistica nazionale, oltre a realizzare, nella stragrande maggioranza dei territori sui quali insistono, l'unica risorsa economica ed occupazionale;
    il settore del wellness in Italia vale un miliardo e duecento milioni di euro; il prorogarsi della chiusura mette a rischio la sopravvivenza dell'intero sistema termale del nostro Paese composto da 330 stabilimenti, distribuiti in 20 regioni e 170 comuni, che danno lavoro ad oltre 60.000 addetti, tra diretti ed indiretti;
    le terme di San Pellegrino, ad esempio, occupano novanta dipendenti e con le 200.000 presenze annue garantiscono un indotto fondamentale per tutta la Valle Brembana;
    la Bergamasca ha pagato duramente il dramma dell'epidemia con un incremento del 568 per cento dei decessi, ma ora rischia di riportare ferite altrettanto profonde in quanto, già con la Fase 2, tremila lavoratori hanno perso il posto;
    inoltre, la riapertura delle piscine ad acqua comune è fissata per il 25 giugno (1o giugno in Lombardia); invece, per la riapertura dei centri benessere e terme non esiste ancora una data, nonostante i dati sul contagio continuino a registrare un calo costante e nonostante l'associazione di categoria abbia varato un rigido protocollo di tutela e prevenzione denominato «Terme Sicure» nel quale sono previste misure ad hoc per le piscine termali,

impegna il Governo:

   anche in considerazione della crisi del settore dovuta all'emergenza sanitaria in atto a prevedere la riapertura e il sostegno finanziario anche ai centri benessere termali, limitatamente per l'attività estetica, sulla base dei protocolli già in essere, come peraltro già previsto per l'apertura delle SPA negli Alberghi;
   ad autorizzare la riapertura e ad adottare provvedimenti di sostegno finanziario delle piscine termali, sulla base dei sistemi di sanificazione in essere che garantiscono agli utenti gli stessi standard di sicurezza delle piscine alimentate ad acqua comune.
9/2461-AR/117Eva Lorenzoni, Belotti, Lucchini, Lazzarini, Andreuzza, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Patassini, Guidesi, Minardo, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività termale è provata in modo durissimo dall'emergenza pandemia da COVID-19;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio scorso prevede la riapertura dei servizi alla persona, secondo protocolli emanati da INAIL di concerto con l'Istituto Superiore di Sanità, ma sospende ulteriormente le attività di centri benessere, centri termali, ad eccezione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza; ciò nonostante non esistano differenze, dal punto di vista autorizzativo, tra l'attività di estetista e quella di «centro benessere», entrambe autorizzate sulla base alla legge n. 1 del 1990;
    le terme, non solo rappresentano uno strumento di fondamentale importanza per la sanità pubblica, ma costituiscono anche una componente di assoluto rilievo dell'offerta turistica nazionale, oltre a realizzare, nella stragrande maggioranza dei territori sui quali insistono, l'unica risorsa economica ed occupazionale;
    il settore del wellness in Italia vale un miliardo e duecento milioni di euro; il prorogarsi della chiusura mette a rischio la sopravvivenza dell'intero sistema termale del nostro Paese composto da 330 stabilimenti, distribuiti in 20 regioni e 170 comuni, che danno lavoro ad oltre 60.000 addetti, tra diretti ed indiretti;
    le terme di San Pellegrino, ad esempio, occupano novanta dipendenti e con le 200.000 presenze annue garantiscono un indotto fondamentale per tutta la Valle Brembana;
    la Bergamasca ha pagato duramente il dramma dell'epidemia con un incremento del 568 per cento dei decessi, ma ora rischia di riportare ferite altrettanto profonde in quanto, già con la Fase 2, tremila lavoratori hanno perso il posto;
    inoltre, la riapertura delle piscine ad acqua comune è fissata per il 25 giugno (1o giugno in Lombardia); invece, per la riapertura dei centri benessere e terme non esiste ancora una data, nonostante i dati sul contagio continuino a registrare un calo costante e nonostante l'associazione di categoria abbia varato un rigido protocollo di tutela e prevenzione denominato «Terme Sicure» nel quale sono previste misure ad hoc per le piscine termali,

impegna il Governo:

   anche in considerazione della crisi del settore dovuta all'emergenza sanitaria in atto a valutare la possibilità di prevedere la riapertura e il sostegno finanziario anche ai centri benessere termali, limitatamente per l'attività estetica, sulla base dei protocolli già in essere, come peraltro già previsto per l'apertura delle SPA negli Alberghi;
   a valutare la possibilità di autorizzare la riapertura e di adottare provvedimenti di sostegno finanziario delle piscine termali, sulla base dei sistemi di sanificazione in essere che garantiscono agli utenti gli stessi standard di sicurezza delle piscine alimentate ad acqua comune.
9/2461-AR/117. (Testo modificato nel corso della seduta)  Eva Lorenzoni, Belotti, Lucchini, Lazzarini, Andreuzza, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Patassini, Guidesi, Minardo, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale fase emergenziale ancora di più ha fatto emergere la necessità di giungere a forme di semplificazione dell'azione amministrativa, a maggior ragione quando le stesse sono volte a garantire lo sviluppo di settori che presentano importanti e positivi effetti in termini di sostenibilità ambientale;
    in tale contesto, risulta importante e urgente agevolare l'utilizzo di GPL incluso nel novero dei carburanti alternativi ai sensi della direttiva 2014/94/UE del 22 ottobre 2014, recepita con decreto legislativo 257/16, cosiddetta direttiva DAFI, raggiungendo, in particolare i seguenti obiettivi:
     snellimento delle procedure del Codice della Strada per la sostituzione decennale dei serbatoi auto, con possibilità di utilizzo di officine, appositamente formate ed adeguatamente equipaggiate, per risolvere l'arretrato presente presso gli uffici periferici della Motorizzazione civile, già prima dell'emergenza COVID-19; senza l'adozione di misure di semplificazione la situazione non potrà che aggravarsi, in vista della prevista scadenza delle proroghe della circolazione dei veicoli al 31.10.2020 e la necessità di sottoporli a preventive attività di visita e prova;
     possibilità di utilizzo della tecnica di controllo tramite le emissioni acustiche per i serbatoi di GPL di capacità superiore a 13 me e revisione delle tempistiche di presentazione ad INAIL degli elenchi delle attrezzature da sottoporre a verifica; occorre garantire la possibilità di utilizzo di sistemi tecnologicamente avanzati e rispettosi dell'ambiente e contemporaneamente agevolare la fase di ripresa dei controlli e delle verifiche post emergenza sanitaria;
    in entrambi i casi sopra richiamati si rilevano profili ambientali positivi, in quanto le due misure proposte hanno ad oggetto un carburante alternativo, come il GPL, in grado di contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 rispetto ai prodotti tradizionali,

impegna il Governo:

   al fine di far fronte alle esigenze straordinarie derivanti dalla diffusione del Covid 19 e nel quadro delle semplificazioni previste dal decreto ad adottare gli opportuni provvedimenti di agevolazione dell'utilizzo del GPL volti in particolare:
    a evitare che, in vista della scadenza del 31 ottobre 2020, vi sia un sovraccarico degli uffici periferici della Motorizzazione civile per le verifiche e prove preventive, con particolare riferimento a quelle aventi ad oggetto la sostituzione decennale dei serbatoi delle auto alimentate a GPL, attraverso la possibilità di utilizzo di officine appositamente formate ed adeguatamente equipaggiate, che possano permettere una semplificazione del sistema ai fini dell'utilizzo dell'alimentazione a gas da parte dei proprietari dei veicoli;
    a garantire una pronta ripresa delle attività connesse alla verifica di integrità dei serbatoi di GPL appena conclusa l'attuale fase di emergenza sanitaria, con tempistiche coerenti e con la possibilità di utilizzare la tecnica di controllo non invasiva delle emissioni acustiche anche per le verifiche e prove dei serbatoi di GPL di capacità superiore ai 13 mc.
9/2461-AR/118Badole, Patassini, Lucchini, Benvenuto, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Gava, Andreuzza, Guidesi, Minardo, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale fase emergenziale ancora di più ha fatto emergere la necessità di giungere a forme di semplificazione dell'azione amministrativa, a maggior ragione quando le stesse sono volte a garantire lo sviluppo di settori che presentano importanti e positivi effetti in termini di sostenibilità ambientale;
    in tale contesto, risulta importante e urgente agevolare l'utilizzo di GPL incluso nel novero dei carburanti alternativi ai sensi della direttiva 2014/94/UE del 22 ottobre 2014, recepita con decreto legislativo 257/16, cosiddetta direttiva DAFI, raggiungendo, in particolare i seguenti obiettivi:
     snellimento delle procedure del Codice della Strada per la sostituzione decennale dei serbatoi auto, con possibilità di utilizzo di officine, appositamente formate ed adeguatamente equipaggiate, per risolvere l'arretrato presente presso gli uffici periferici della Motorizzazione civile, già prima dell'emergenza COVID-19; senza l'adozione di misure di semplificazione la situazione non potrà che aggravarsi, in vista della prevista scadenza delle proroghe della circolazione dei veicoli al 31.10.2020 e la necessità di sottoporli a preventive attività di visita e prova;
     possibilità di utilizzo della tecnica di controllo tramite le emissioni acustiche per i serbatoi di GPL di capacità superiore a 13 me e revisione delle tempistiche di presentazione ad INAIL degli elenchi delle attrezzature da sottoporre a verifica; occorre garantire la possibilità di utilizzo di sistemi tecnologicamente avanzati e rispettosi dell'ambiente e contemporaneamente agevolare la fase di ripresa dei controlli e delle verifiche post emergenza sanitaria;
    in entrambi i casi sopra richiamati si rilevano profili ambientali positivi, in quanto le due misure proposte hanno ad oggetto un carburante alternativo, come il GPL, in grado di contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2 rispetto ai prodotti tradizionali,

impegna il Governo

al fine di far fronte alle esigenze straordinarie derivanti dalla diffusione del Covid 19 e nel quadro delle semplificazioni previste dal decreto a valutare la possibilità di adottare gli opportuni provvedimenti di agevolazione dell'utilizzo del GPL.
9/2461-AR/118. (Testo modificato nel corso della seduta)  Badole, Patassini, Lucchini, Benvenuto, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Gava, Andreuzza, Guidesi, Minardo, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    è stato approvato dalle Commissione riunite VI e X l'emendamento 30.038, nuova formulazione, che, fino a trenta giorni dopo la dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria (si presume da COVID-19), sottopone ex lege al regime giuridico dei rifiuti urbani, i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo, assoggettati a procedimento di sterilizzazione presso le strutture sanitarie pubbliche e private in cui vengono prodotti;
    il processo di sterilizzazione deve essere effettuato secondo le norme UNI 10384/94, parte prima, mediante procedimento che comprenda anche la triturazione e l'essiccamento ai fini della non riconoscibilità e maggiore efficacia del trattamento, nonché della diminuzione di volume e di peso dei rifiuti stessi;
    ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254, citato nella norma, gli impianti di sterilizzazione situati presso le strutture sanitarie non devono ottenere le apposite autorizzazioni da parte della regione competente; l'efficacia dell'impianto e del processo di sterilizzazione è verificata con appositi controlli del responsabile sanitario;
    l'articolo 11, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003, già prevede la possibilità per i rifiuti sterilizzati di essere sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani e alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi, con apposita autorizzazione del Presidente della regione, che resta valida fino alla realizzazione nella regione di produzione del rifiuto di impianti di produzione di CDR, o impianti di termo valorizzazione in numero adeguato al fabbisogno regionale;
    pertanto, la novità introdotta dall'emendamento come riformulato, in seguito all'eliminazione del fondo incentivante previsto dal testo dell'emendamento originario, è quella di superare l'autorizzazione della Regione e stabilire per legge che i rifiuti sterilizzati all'interno delle strutture sanitarie sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani, limitatamente fino a trenta giorni dopo la dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria;
    la tecnologia utilizzata ai fini della sterilizzazione preso la struttura sanitaria, si conosce da varie presentazioni via internet effettuate dalla società Newster System Srl, dalle quali si apprende, inoltre, che le relative macchine hanno un costo dai 50.000 a 180.000 euro; un simile investimento da parte di una struttura ospedaliera non potrebbe pertanto essere indirizzato ad un periodo temporale di soli 2 o tre mesi ma dovrebbe essere ammortizzato in più anni,

impegna il Governo

a garantire i principi di concorrenza tra le imprese ai fini dello smaltimento dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo, nonché gli opportuni controlli sull'efficacia dei metodi utilizzati ai fini della sterilizzazione.
9/2461-AR/119Valbusa, Lucchini, Guidesi, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Vallotto, Gava, Patassini, Minardo, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    è stato approvato dalle Commissione riunite VI e X l'emendamento 30.038, nuova formulazione, che, fino a trenta giorni dopo la dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria (si presume da COVID-19), sottopone ex lege al regime giuridico dei rifiuti urbani, i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo, assoggettati a procedimento di sterilizzazione presso le strutture sanitarie pubbliche e private in cui vengono prodotti;
    il processo di sterilizzazione deve essere effettuato secondo le norme UNI 10384/94, parte prima, mediante procedimento che comprenda anche la triturazione e l'essiccamento ai fini della non riconoscibilità e maggiore efficacia del trattamento, nonché della diminuzione di volume e di peso dei rifiuti stessi;
    ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 2003, n. 254, citato nella norma, gli impianti di sterilizzazione situati presso le strutture sanitarie non devono ottenere le apposite autorizzazioni da parte della regione competente; l'efficacia dell'impianto e del processo di sterilizzazione è verificata con appositi controlli del responsabile sanitario;
    l'articolo 11, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 2003, già prevede la possibilità per i rifiuti sterilizzati di essere sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani e alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi, con apposita autorizzazione del Presidente della regione, che resta valida fino alla realizzazione nella regione di produzione del rifiuto di impianti di produzione di CDR, o impianti di termo valorizzazione in numero adeguato al fabbisogno regionale;
    pertanto, la novità introdotta dall'emendamento come riformulato, in seguito all'eliminazione del fondo incentivante previsto dal testo dell'emendamento originario, è quella di superare l'autorizzazione della Regione e stabilire per legge che i rifiuti sterilizzati all'interno delle strutture sanitarie sono sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani, limitatamente fino a trenta giorni dopo la dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza sanitaria;
    la tecnologia utilizzata ai fini della sterilizzazione preso la struttura sanitaria, si conosce da varie presentazioni via internet effettuate dalla società Newster System Srl, dalle quali si apprende, inoltre, che le relative macchine hanno un costo dai 50.000 a 180.000 euro; un simile investimento da parte di una struttura ospedaliera non potrebbe pertanto essere indirizzato ad un periodo temporale di soli 2 o tre mesi ma dovrebbe essere ammortizzato in più anni,

impegna il Governo

a monitorare il rispetto dei principi di concorrenza tra le imprese ai fini dello smaltimento dei rifiuti sanitari a solo rischio infettivo, nonché gli opportuni controlli sull'efficacia dei metodi utilizzati ai fini della sterilizzazione.
9/2461-AR/119. (Testo modificato nel corso della seduta)  Valbusa, Lucchini, Guidesi, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Vallotto, Gava, Patassini, Minardo, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   esaminato il decreto-legge n. 23 del 2020, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
   premesso che:
    Venezia è patrimonio dell'umanità ed è stata da sempre legata al suo porto; il porto di Venezia, infatti, occupa, fra diretto e indotto, oltre 92.000 persone di cui 21.000 dirette in porto, genera un fatturato di 21 miliardi di euro ed è il porto strategico di uno dei più importanti poli produttivi e industriali d'Europa, quello veneto e in parte quello lombardo, che assegna a Venezia un ruolo strategico determinante;
    tuttavia, a causa della mancata approvazione del protocollo fanghi, il mancato dragaggio manutentivo dei canali della città e della laguna, rischia di bloccare le attività portuali e industriali, mettendo a rischio il futuro dei lavoratori;
    nei primi giorni di febbraio scorso, il Governo annunciava che, dopo un lungo percorso durato più di tre anni, il protocollo fanghi era pronto, che l'istituto superiore della Sanità aveva dato l'ultimo parere e che mancava solo il decreto interministeriale con le firme dei Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    a tre mesi dall'annuncio non è stato ancora firmato il decreto interministeriale per poter avviare il piano di scavo per i fanghi presenti sui fondali di Venezia; il danno economico per Venezia per la mancata possibilità di attracco delle navi porta-contenitori ammonta a circa 50 milioni di euro annui;
    le categorie sindacali dei lavoratori sono pronte a indire uno sciopero;
    necessitano immediatamente le autorizzazioni per i dragaggi e per l'individuazione dei siti di conferimento dei sedimenti dragati; occorre intervenire tempestivamente per la manutenzione del canale dei Petroli e per lo scavo e ampliamento del canale Vittorio Emanuele III; tutto resta bloccato dalla mancata approvazione del protocollo fanghi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    in questo momento di stasi di tutte le attività legate con il turismo, a causa della pandemia da COVID-19, il porto di Venezia e le attività delle imprese portuali rappresentano una risorsa indispensabile per la sopravvivenza della città di Venezia,

impegna il Governo

ad adottare immediatamente le iniziative di competenza per completare l’iter di approvazione del protocollo fanghi e risolvere la questione dei dragaggi del porto di Venezia, e del conferimento dei sedimenti da dragare in idonei siti di recapito.
9/2461-AR/120Fogliani, Andreuzza, Bazzaro, Vallotto, Valbusa, Badole, Lucchini, Benvenuto, D'Eramo, Gobbato, Parolo, Raffaelli, Patassini.


   La Camera,
   preso atto che, purtroppo, non tutte le attività potranno avere accesso al credito previsto dal provvedimento in esame; talune, peraltro, non hanno potuto ancora entrare nel pieno della cosiddetta fase 2 della riapertura, essendo ancora per esse vietata la ripresa delle attività;
   evidenziato che, tra queste, rientra il settore dei parchi divertimento, per i quali si teme un vero e proprio rischio default; la chiusura forzata dei parchi tematici e la tardiva riapertura sta mettendo a rischio 15 mila posti di lavoro stagionali, cui devono aggiungersi i 10 mila occupati diretti e 60 mila posizioni legate all'indotto;
   ricordato che tali parchi, pur con la sospensione dell'attività, continuano ad affrontare costi importantissimi, di ordinaria amministrazione (come ad esempio la cura e nutrizione degli animali), ma che comunque, senza i flussi di cassa garantiti dalle prenotazioni e dagli ingressi, rischiano di mandare in recessione l'intero settore;
   rammentato, altresì, che, in sede di approvazione del decreto-legge n. 19 del 2020 il Governo ha accolto, sia pure come raccomandazione, l'odg n. 9/2447-A/28,

impegna il Governo

a dare seguito a quanto già accolto in precedenza con l'odg citato in premessa, nonché a prevedere misure di sostegno ad hoc per il settore dei parchi divertimento, contemplando una iniezione di liquidità specifica, al fine di garantire sia la ripresa economica-produttiva del settore medesimo che la salvaguardia dei livelli occupazionali.
9/2461-AR/121Gerardi, Morrone, Zicchieri.


   La Camera,
   preso atto che, purtroppo, non tutte le attività potranno avere accesso al credito previsto dal provvedimento in esame; talune, peraltro, non hanno potuto ancora entrare nel pieno della cosiddetta fase 2 della riapertura, essendo ancora per esse vietata la ripresa delle attività;
   evidenziato che, tra queste, rientra il settore dei parchi divertimento, per i quali si teme un vero e proprio rischio default; la chiusura forzata dei parchi tematici e la tardiva riapertura sta mettendo a rischio 15 mila posti di lavoro stagionali, cui devono aggiungersi i 10 mila occupati diretti e 60 mila posizioni legate all'indotto;
   ricordato che tali parchi, pur con la sospensione dell'attività, continuano ad affrontare costi importantissimi, di ordinaria amministrazione (come ad esempio la cura e nutrizione degli animali), ma che comunque, senza i flussi di cassa garantiti dalle prenotazioni e dagli ingressi, rischiano di mandare in recessione l'intero settore;
   rammentato, altresì, che, in sede di approvazione del decreto-legge n. 19 del 2020 il Governo ha accolto, sia pure come raccomandazione, l'odg n. 9/2447-A/28,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di dare seguito a quanto già accolto in precedenza con l'odg citato in premessa, nonché di prevedere misure di sostegno ad hoc per il settore dei parchi divertimento, contemplando una iniezione di liquidità specifica, al fine di garantire sia la ripresa economica-produttiva del settore medesimo che la salvaguardia dei livelli occupazionali.
9/2461-AR/121. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gerardi, Morrone, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nei fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo I del Decreto reca «Misure di accesso al credito per le imprese», al fine di garantire a queste ultime una immediata liquidità, e il Capo 11 contiene «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19»;
    alle ore 21 di martedì 28 aprile 2020, ristoranti, agri ristoro, bar e pasticcerie hanno alzato le serrande in segno di protesta per la mancanza di misure del Governo a sostegno della ristorazione, settore completamente «bloccato» dall'emergenza Coronavirus per la quale queste attività sono state obbligate alla chiusura;
    nell'ultimo studio di Bain & Company è stata calcolata per il periodo tra marzo e metà maggio 2020 una perdita di fatturato pari a 14 miliardi di euro (che corrisponde a circa 1,6 miliardi in minori entrate fiscali) per la chiusura di bar e ristoranti: la ricerca, condotta su 40 mila punti vendita, ha evidenziato che con le misure restrittive sulla riapertura, l'impatto sull'intero 2020 arriverebbe a oltre 30 miliardi e, considerando gli effetti duraturi del lockdown e includendo le aziende che potrebbero non sopravvivere alla crisi, sarebbe una perdita del 40-50 per cento di fatturato per il comparto di bar e ristorazione, ovvero circa 2 punti di Pil persi con circa 250-300 mila posti di lavoro a rischio, ovvero con quasi 100 mila bar o ristoranti in pericolo. Questo si tradurrebbe anche in minori entrate fiscali fino a 5,0 miliardi di euro, l'equivalente di circa il 15 per cento della manovra di bilancio 2020;
    dietro a quelle saracinesche c’è un universo di altre centinaia di imprese e migliaia di addetti ai lavori che stanno attraversando una crisi devastante al pari dei dettaglianti: si tratta dell'universo dei grossisti dell'Ho.re.ca. (ovvero hotel, ristoranti e catering), che vantano un giro d'affari nel settore food di oltre 2 miliardi di euro, e di tutte le oltre 1.800 imprese italiane operanti nel settore delle forniture a ristoranti, bar e hotel, con un giro d'affari di 11 miliardi e un'occupazione che, con l'indotto, supera i 100 mila addetti;
    con la chiusura pressoché totale per quasi tre mesi degli operatori della filiera del turismo come alberghi, ristoranti e pubblici esercizi i grossisti del settore Ho.re.ca. e i fornitori di prodotti di ristorazione, con Un business concentrato sui canali del consumo «fuori casa» hanno registrato un crollo del 90 per cento dei fatturati e oggi temono l'ingresso sul mercato interno dei grandi big stranieri della distribuzione. La preoccupazione è in particolare che, qualora in questo difficile frangente importanti players stranieri dovessero sbarcare sul mercato italiano delle forniture alimentari a ristoranti e hotel, sarebbe a rischio almeno parte dei circa 7 miliardi di prodotti realizzati da aziende agricole e alimentari made in Italy con i quali i grossisti italiani riforniscono la filiera della ristorazione e del turismo, oltre alla semplice sopravvivenza delle aziende italiane del settore Ho.re.ca;
    occorre pertanto garantire maggiore liquidità non solo agli esercizi di ristorazione o alle attività turistico-ricettive ma all'intera filiera del food e del turismo contribuendo alla ripresa di tutte le attività legate anche alla distribuzione e alle forniture di prodotti a ristoranti, bar e hotel,

impegna il Governo

a individuare misure, anche di carattere normativo, volte a conservare l'occupazione, sostenere la liquidità e dare sollievo finanziario alle imprese del settore Ho.re.ca., eventualmente attraverso l'istituzione di un apposito fondo, e, al contempo, a predisporre interventi idonei a scongiurare l'ingresso sul mercato interno dei grandi big stranieri della distribuzione «fuori casa».
9/2461-AR/122Minardo, Andreuzza, Bazzaro, Colla, Dara, Pettazzi, Piastra, Patassini.


   La Camera

impegna il Governo

a individuare misure, anche di carattere normativo, volte a conservare l'occupazione, sostenere la liquidità e dare sollievo finanziario alle imprese del settore Ho.re.ca., eventualmente attraverso l'istituzione di un apposito fondo.
9/2461-AR/122. (Testo modificato nel corso della seduta)  Minardo, Andreuzza, Bazzaro, Colla, Dara, Pettazzi, Piastra, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 41 del provvedimento reca disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale, estendendo la possibilità di riconoscimento di CIGO e CIGD, nonché di assegno ordinario, concessi in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, ai lavoratori assunti prima dell'entrata in vigore del cosiddetto decreto Cura Italia, ovvero nel periodo dal 24 febbraio al 17 marzo 2020;
    ad oggi oltre 2 milioni di lavoratori devono ancora percepire il trattamento di integrazione salariale ed è allarme sul rischio che le risorse stanziate dal Governo per la cassa integrazione siano insufficienti a coprire le reali necessità, con molte imprese che potrebbero esaurirla a breve dovendo attendere a settembre per riattivarla;
    una soluzione potrebbe essere quella di ripensare alla modalità di utilizzo delle settimane autorizzate, prevedendo che le settimane di tutela richieste dal datore di lavoro da utilizzare in un determinato periodo di tempo, pur se attribuite a ciascuna unità produttiva, in sede di consuntivazione devono essere attribuite a ciascun lavoratore;
    in tal modo, laddove al termine del periodo non dovessero essere fruite le settimane autorizzate per tutti i lavoratori, si consente al datore di lavoro il diritto a richiedere una proroga per consentire la fruizione dell'intero sostegno al reddito per tutti i lavoratori, significa anche fugare ogni dubbio di iniquità tra lavoratori, atteso che, anche in applicazione delle disposizioni governative (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri), la sospensione o la riduzione oraria dei lavoratori è avvenuta con tempi diversi in ragione dei reparti o settori aziendali ovvero in relazione all'utilizzo di altri strumenti individuali di origine contrattuale come le ferie o permessi;
    peraltro, l'interpretazione che la tutela debba riguardare il singolo lavoratore è nella stessa ratio della disposizione che, a differenza di motivi di crisi economica o di riorganizzazione aziendale derivante da fattori produttivi o finanziari dell'impresa, introduce nella fase dell'emergenza sanitaria uno strumento specifico di sostegno al reddito dei lavoratori per i quali, per effetto del lockdown, si configura l'impossibilità sopravvenuta a ricevere la prestazione con conseguente sospensione delle reciproche obbligazioni inerenti il rapporto di lavoro,
   considerato che:
    tale interpretazione non genera ulteriori spese per la finanza pubblica, giacché l'intero periodo Indicato in relazione alle domande presentate è già finanziato e si tratterebbe di ridistribuire tutele già riconosciute ai lavoratori all'interno di uno stanziamento già previsto,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa per l'attuazione di quanto esposto in premessa.
9/2461-AR/123Durigon, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto in conversione reca misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19;
   considerato che:
    l'articolo 1, comma 630, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha disposto l'esclusione dall'accisa agevolata sul gasolio commerciale – prevista per alcune attività di trasporto merci e passeggeri – dei veicoli appartenenti alla categoria euro 3 e inferiore, a decorrere dal 1o ottobre 2020, e dei veicoli appartenenti alla categoria euro 4 o inferiore, a decorrere dal 1o gennaio 2021;
    la citata esclusione dal beneficio dovrebbe indurre le imprese esercenti attività di trasporto merci e passeggeri a provvedere al ricambio del parco mezzi entro i termini prescritti;
    l'emergenza sanitaria, tuttora in corso, suggerisce di differire il dies a quo di tale esclusione di almeno diciotto mesi per ciascun termine, vista anche l'assenza di qualunque misura di incentivo per il ricambio del parco mezzi pesanti in capo alle imprese esercenti attività di trasporto, e visti gli importanti sforzi profusi da quest'ultime durante l'emergenza per garantire la distribuzione e l'approvvigionamento di beni di ogni genere, malgrado le condizioni di oggettive difficoltà in cui si siano trovate ad operare,

impegna il Governo

ad adottare, nel primo provvedimento utile, interventi volti al differimento di efficacia dell'esclusione dall'accisa agevolata sul gasolio commerciale prevista dall'articolo 1, comma 630, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
9/2461-AR/124Paternoster, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino, Furgiuele, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto in conversione reca misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19;
   considerato che:
    l'articolo 1, comma 630, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, ha disposto l'esclusione dall'accisa agevolata sul gasolio commerciale – prevista per alcune attività di trasporto merci e passeggeri – dei veicoli appartenenti alla categoria euro 3 e inferiore, a decorrere dal 1o ottobre 2020, e dei veicoli appartenenti alla categoria euro 4 o inferiore, a decorrere dal 1o gennaio 2021;
    la citata esclusione dal beneficio dovrebbe indurre le imprese esercenti attività di trasporto merci e passeggeri a provvedere al ricambio del parco mezzi entro i termini prescritti;
    l'emergenza sanitaria, tuttora in corso, suggerisce di differire il dies a quo di tale esclusione di almeno diciotto mesi per ciascun termine, vista anche l'assenza di qualunque misura di incentivo per il ricambio del parco mezzi pesanti in capo alle imprese esercenti attività di trasporto, e visti gli importanti sforzi profusi da quest'ultime durante l'emergenza per garantire la distribuzione e l'approvvigionamento di beni di ogni genere, malgrado le condizioni di oggettive difficoltà in cui si siano trovate ad operare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, nel primo provvedimento utile, interventi volti al differimento di efficacia dell'esclusione dall'accisa agevolata sul gasolio commerciale prevista dall'articolo 1, comma 630, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
9/2461-AR/124. (Testo modificato nel corso della seduta)  Paternoster, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino, Furgiuele, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto in conversione reca misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19;
   considerato che:
    il mercato automobilistico è tra quelli maggiormente interessati dalla crisi economica conseguente all'emergenza sanitaria: secondo l'associazione europea dei produttori, ad aprile 2020 le immatricolazioni nell'area europea (Ue+Efta+ Regno Unito) sono calate del 78,3 per cento annuo, 292.182 unità rispetto a 1.345.181 unità nel 2019. In Italia il calo ad aprile è stato il peggiore in Europa: – 97,6 per cento con sole 4.279 unità vendute, con una discesa del 50,7 per cento nei primi 4 mesi dell'anno 2020;
    il settore dell’automotive incide sul sistema economico italiano in modo assai rilevante, nei termini di circa 10-11 punti percentuali del PIL, con 1.200.000 occupati in tutta la filiera;
    tra gli interventi fin qui adottati dal Governo per fronteggiare la crisi economica conseguente all'emergenza sanitaria non figurano misure per le imprese del settore dell’automotive,

impegna il Governo

ad adottare, nel primo provvedimento utile, misure specifiche a sostegno delle imprese dell’automotive al fine di far fronte alle difficoltà derivanti dall'emergenza sanitaria in atto, magari sotto forma di incentivi all'acquisto di veicoli nuovi delle categorie L, M e N, con contestuale rottamazione di veicoli obsoleti, indipendentemente dalla cilindrata o dai parametri di inquinamento.
9/2461-AR/125Tombolato.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto in conversione reca misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19;
   considerato che:
    il mercato automobilistico è tra quelli maggiormente interessati dalla crisi economica conseguente all'emergenza sanitaria: secondo l'associazione europea dei produttori, ad aprile 2020 le immatricolazioni nell'area europea (Ue+Efta+ Regno Unito) sono calate del 78,3 per cento annuo, 292.182 unità rispetto a 1.345.181 unità nel 2019. In Italia il calo ad aprile è stato il peggiore in Europa: – 97,6 per cento con sole 4.279 unità vendute, con una discesa del 50,7 per cento nei primi 4 mesi dell'anno 2020;
    il settore dell’automotive incide sul sistema economico italiano in modo assai rilevante, nei termini di circa 10-11 punti percentuali del PIL, con 1.200.000 occupati in tutta la filiera;
    tra gli interventi fin qui adottati dal Governo per fronteggiare la crisi economica conseguente all'emergenza sanitaria non figurano misure per le imprese del settore dell’automotive,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare, nel primo provvedimento utile, misure specifiche a sostegno delle imprese dell’automotive al fine di far fronte alle difficoltà derivanti dall'emergenza sanitaria in atto, magari sotto forma di incentivi all'acquisto di veicoli nuovi delle categorie L, M e N, con contestuale rottamazione di veicoli obsoleti, indipendentemente dalla cilindrata o dai parametri di inquinamento.
9/2461-AR/125. (Testo modificato nel corso della seduta)  Tombolato.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto in conversione reca misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19;
   considerato che:
    l'articolo 56 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha disposto – per micro, piccole e medie imprese colpite dall'epidemia di COVID-19 – una serie di misure di sostegno finanziario in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche e di altri intermediari finanziari;
    il comma 2 del citato articolo 56 del decreto-legge n. 18 del 2020 prevede in particolare: l'applicazione del divieto di revoca, in tutto o in parte e fino al 30 settembre 2020, delle aperture di credito a revoca e dei prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti; la proroga, fino al 30 settembre 2020, dei prestiti non rateali aventi originaria scadenza contrattuale in data anteriore al 30 settembre 2020; con riferimento ai contratti di mutuo e agli altri finanziamenti a rimborso rateale, la sospensione fino al 30 settembre 2020 del pagamento delle rate (ovvero dei canoni di leasing) in scadenza prima del 30 settembre 2020 (ovvero del riscadenzamento dei predetti pagamenti sulla base degli accordi tra le parti);
    le predette misure di sostegno finanziario non si applicano agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) il cui patrimonio sia investito, direttamente o indirettamente, in immobili adibiti all'esercizio di attività commerciali oggetto delle misure di contenimento tempo per tempo adottate al fine di contrastare l'emergenza epidemiologica; tale esclusione appare evidentemente ingiustificata, e pertanto meritevole di rimozione;
    l'estensione della moratoria sui mutui ipotecari ai fondi immobiliari il cui patrimonio è investito in immobili che ospitano le attività più impattate dal lockdown costituisce un valido ristoro al settore immobiliare, verso il quale il Governo non è ancora intervenuto con misure ad hoc, ed eviterebbe il propagarsi di un potenziale rischio sistemico di peggioramento del costo del rischio per gli istituti bancari, qualora i fondi immobiliari non fossero più in grado di corrispondere le rate dei mutui: i mutui ipotecari pesano infatti complessivamente per circa un terzo degli impieghi bancari;
    l'industria immobiliare rappresenta poco meno del 20 per cento del PIL e può ricoprire un ruolo strategico per il rilancio dell'economia del Paese in una fase congiunturale come quella attuale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere ai fondi immobiliari le misure di sostegno finanziario di cui all'articolo 56, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.
9/2461-AR/126Rixi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo II del decreto in conversione reca misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19;
   considerato che:
    l'articolo 56 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha disposto – per micro, piccole e medie imprese colpite dall'epidemia di COVID-19 – una serie di misure di sostegno finanziario in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche e di altri intermediari finanziari;
    il comma 2 del citato articolo 56 del decreto-legge n. 18 del 2020 prevede in particolare: l'applicazione del divieto di revoca, in tutto o in parte e fino al 30 settembre 2020, delle aperture di credito a revoca e dei prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti; la proroga, fino al 30 settembre 2020, dei prestiti non rateali aventi originaria scadenza contrattuale in data anteriore al 30 settembre 2020; con riferimento ai contratti di mutuo e agli altri finanziamenti a rimborso rateale, la sospensione fino al 30 settembre 2020 del pagamento delle rate (ovvero dei canoni di leasing) in scadenza prima del 30 settembre 2020 (ovvero del riscadenzamento dei predetti pagamenti sulla base degli accordi tra le parti);
    le predette misure di sostegno finanziario non si applicano agli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) il cui patrimonio sia investito, direttamente o indirettamente, in immobili adibiti all'esercizio di attività commerciali oggetto delle misure di contenimento tempo per tempo adottate al fine di contrastare l'emergenza epidemiologica; tale esclusione appare evidentemente ingiustificata, e pertanto meritevole di rimozione;
    l'estensione della moratoria sui mutui ipotecari ai fondi immobiliari il cui patrimonio è investito in immobili che ospitano le attività più impattate dal lockdown costituisce un valido ristoro al settore immobiliare, verso il quale il Governo non è ancora intervenuto con misure ad hoc, ed eviterebbe il propagarsi di un potenziale rischio sistemico di peggioramento del costo del rischio per gli istituti bancari, qualora i fondi immobiliari non fossero più in grado di corrispondere le rate dei mutui: i mutui ipotecari pesano infatti complessivamente per circa un terzo degli impieghi bancari;
    l'industria immobiliare rappresenta poco meno del 20 per cento del PIL e può ricoprire un ruolo strategico per il rilancio dell'economia del Paese in una fase congiunturale come quella attuale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere ai fondi immobiliari le misure di sostegno finanziario di cui all'articolo 56, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.
9/2461-AR/126. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rixi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 1 dispone che SACE S.p.A. conceda, al fine assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia COVID-19, garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese, mentre l'articolo 2, contiene misure per il sostegno all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti delle imprese, anche agricole;
    il settore ortofrutticolo, al pari degli altri settori agricoli, ha sofferto e sta soffrendo la crisi prodotta dal COVID-19 che purtroppo continuerà nei prossimi mesi a causa del rallentamento dell'economia;
    nonostante il settore abbia garantito l'approvvigionamento ai consumatori questo ha subito, comunque, ripercussioni economiche ed aumenti dei costi di produzione e di lavorazione e, soprattutto ha visto un aumento dei prodotti invenduti a causa della chiusura del canale Ho.re.ca;
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura;
    in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    sarebbero utili per il settore ortofrutticolo interventi straordinari finalizzati al rafforzamento societario delle Organizzazioni dei produttori ortofrutticoli (OP) da realizzare con risorse economiche adeguate utilizzando i meccanismi di erogazione già rodati dell'aiuto finanziario nazionale (AFN) – articolo 35 del Reg.1308/2013 – che ci consentirebbero tempi di erogazione certi e veloci;
    l'articolo 35 del Regolamento UE 1308/2013 prevede che nelle regioni degli Stati membri in cui il livello di organizzazione dei produttori nel settore ortofrutticolo è particolarmente scarso la Commissione può adottare atti di esecuzione che autorizzino gli Stati membri che presentino una richiesta debitamente giustificata a concedere alle organizzazioni di produttori un aiuto finanziario nazionale non superiore all'80 per cento dei contributi finanziari e, che nelle regioni degli Stati membri in cui le organizzazioni di produttori, le associazioni di organizzazioni di produttori e le associazioni e organizzazioni di produttori commercializzano meno del 15 per cento del valore della produzione ortofrutticola delle stesse regioni e qualora detta produzione rappresenti almeno il 15 per cento della produzione agricola totale delle medesime regioni, l'aiuto finanziario nazionale (AFN) può essere rimborsato dall'Unione su richiesta dello Stato membro interessato,

impegna il Governo

a chiedere nelle opportuni sedi europee, l'attivazione per l'anno 2020, dell'articolo 35 del Regolamento UE 1308/2013 che consentirebbe di utilizzare i meccanismi di erogazione dell'AFN nonché reperire risorse da destinare alla capitalizzazione delle OP affinché si realizzi un intervento concreto e con tempi certi, cose di cui il settore ha bisogno e a seguito delle conseguenze derivanti dall'emergenza sanitaria in atto.
9/2461-AR/127Gastaldi, Viviani, Bubisutti, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    in conseguenza delle misure emergenziali che è stato necessario adottare per il contenimento ed il contrasto del diffondersi del virus COVID-19, le imprese dei vari settori produttivi accusano eccezionali difficoltà finanziarie, in primo luogo di liquidità;
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    per supportare le imprese del territorio sarebbe opportuno realizzare una specifica modalità di adeguamento ai principi contabili dell'armonizzazione dei bilanci pubblici limitatamente alla concessione di anticipazioni agli strumenti finanziari regionali costituiti attraverso gestioni fuori bilancio, visto che questi ultimi rappresentano una modalità molto efficace con cui le Regioni possono intervenire a supporto del sistema economico nell'attuale situazione di difficoltà conseguente all'emergenza COVID-19.
    l'eccezionalità dell'emergenza richiede, infatti, soluzioni conformi e coerenti per tipologia e dimensioni e giustifica l'adeguamento dei principi contabili per consentire alle Regioni di utilizzare in maniera proficua la propria liquidità;
    si dovrebbe consentire la messa a disposizione degli strumenti finanziari di anticipazioni per le quali è prevista la restituzione al bilancio regionale, prevedendo che l'accertamento della restituzione delle anticipazioni avvenga nell'esercizio stesso in cui le stesse sono state concesse e derogando, quindi, alla necessità di individuare una copertura «per competenza» all'operazione; in tal modo sarebbe possibile incrementare le dotazioni finanziarie degli strumenti finanziari in misura più adeguata alle tipologie di richieste di intervento che arrivano dal sistema produttivo e che riguardano principalmente le esigenze di liquidità del sistema stesso;
    a normativa vigente il bilancio regionale è già nelle condizioni di «anticipare» somme agli strumenti finanziari (Fondo di rotazione in agricoltura, FRIE...) in modo che le stesse siano immesse velocemente nella liquidità delle imprese. L'operazione è realizzata all'origine «in pareggio di bilancio», senza aspettare cioè l'effettiva restituzione dell'anticipazione, a condizione tuttavia sia previsto che gli strumenti restituiscano l'anticipazione al bilancio entro l'anno,

impegna il Governo

a prevedere, limitatamente alle gestioni fuori bilancio, in via straordinaria e temporanea e al fine di far fronte alle conseguenze dell'emergenza sanitaria in corso, la sopramenzionata deroga ai principi contabili di armonizzazione dei bilanci pubblici, in materia di accertamenti ed impegni che, allo stato attuale, inibiscono l'impiego delle liquidità delle Regioni, per realizzare in tal modo anticipazioni finanziarie a favore degli strumenti finanziari con salvaguardia del pareggio di bilancio, pur prevedendo che il rientro delle anticipazioni avvenga in esercizi successivi. Questo permetterebbe di «liberare» l'impiego liquidità di cassa delle Regioni altrimenti ingessate e di alimentare conseguentemente strumenti per il sostegno delle necessità di liquidità delle aziende, anche del settore agricolo, supportando efficacemente il sistema produttivo nell'attuale emergenza epidemiologica.
9/2461-AR/128Bubisutti, Viviani, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini, Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    in conseguenza delle misure emergenziali che è stato necessario adottare per il contenimento ed il contrasto del diffondersi del virus COVID-19, le imprese dei vari settori produttivi accusano eccezionali difficoltà finanziarie, in primo luogo di liquidità;
    per supportare le imprese del territorio sarebbe opportuno realizzare una specifica modalità di adeguamento ai principi contabili dell'armonizzazione dei bilanci pubblici limitatamente alla concessione di anticipazioni agli strumenti finanziari regionali costituiti attraverso gestioni fuori bilancio, visto che questi ultimi rappresentano una modalità molto efficace con cui le Regioni possono intervenire a supporto del sistema economico nell'attuale situazione di difficoltà conseguente all'emergenza COVID-19.
    l'eccezionalità dell'emergenza richiede, infatti, soluzioni conformi e coerenti per tipologia e dimensioni e giustifica l'adeguamento dei principi contabili per consentire alle Regioni di utilizzare in maniera proficua la propria liquidità;
    si dovrebbe consentire la messa a disposizione degli strumenti finanziari di anticipazioni per le quali è prevista la restituzione al bilancio regionale, prevedendo che l'accertamento della restituzione delle anticipazioni avvenga nell'esercizio stesso in cui le stesse sono state concesse e derogando, quindi, alla necessità di individuare una copertura «per competenza» all'operazione; in tal modo sarebbe possibile incrementare le dotazioni finanziarie degli strumenti finanziari in misura più adeguata alle tipologie di richieste di intervento che arrivano dal sistema produttivo e che riguardano principalmente le esigenze di liquidità del sistema stesso;
    a normativa vigente il bilancio regionale è già nelle condizioni di «anticipare» somme agli strumenti finanziari (Fondo di rotazione in agricoltura, FRIE...) in modo che le stesse siano immesse velocemente nella liquidità delle imprese. L'operazione è realizzata all'origine «in pareggio di bilancio», senza aspettare cioè l'effettiva restituzione dell'anticipazione, a condizione tuttavia sia previsto che gli strumenti restituiscano l'anticipazione al bilancio entro l'anno,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, limitatamente alle gestioni fuori bilancio, in via straordinaria e temporanea e al fine di far fronte alle conseguenze dell'emergenza sanitaria in corso, la sopramenzionata deroga ai principi contabili di armonizzazione dei bilanci pubblici, in materia di accertamenti ed impegni che, allo stato attuale, inibiscono l'impiego delle liquidità delle Regioni, per realizzare in tal modo anticipazioni finanziarie a favore degli strumenti finanziari con salvaguardia del pareggio di bilancio, pur prevedendo che il rientro delle anticipazioni avvenga in esercizi successivi. Questo permetterebbe di «liberare» l'impiego liquidità di cassa delle Regioni altrimenti ingessate e di alimentare conseguentemente strumenti per il sostegno delle necessità di liquidità delle aziende, anche del settore agricolo, supportando efficacemente il sistema produttivo nell'attuale emergenza epidemiologica.
9/2461-AR/128. (Testo modificato nel corso della seduta)  Bubisutti, Viviani, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini, Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    l'agroalimentare italiano simbolo di eccellenza del made in Italy, già prima dell'emergenza COVID-19, soffriva per diverse motivazioni di una considerevole perdita di fatturato dovuta all'introduzione dei dazi americani, passando per la Brexit; adesso subisce il blocco delle esportazioni legato all'emergenza, che sta causando un ulteriore aggravio della situazione;
    uno dei settori oggi in maggior sofferenza è certamente quello lattiero caseario che sta subendo una perdita di fatturato anche per il manifestarsi di fenomeni speculativi che stanno spingendo al consumo di prodotti provenienti da Paesi appartenenti all'Unione europea nonostante una parte non minoritaria del latte italiano rimanga inutilizzato;
    l'esportazione alimentare made in Italy è inoltre vittima di una grave campagna di disinformazione, attacchi strumentali e concorrenza sleale da parte di alcuni Paesi;
    è necessario incoraggiare tutti gli operatori della filiera agroalimentare italiana ad adottare comportamenti volti a supportare le grandi eccellenze agroalimentari del nostro territorio, espressione di elevata qualità e sicurezza;
    durante la discussione del decreto-legge «Cura Italia» al Senato è stato accolto dal Governo un ordine del giorno (G/1766/111/5) con il quale si chiedeva la convocazione di un tavolo della filiera; a questo ordine del giorno non è stato ancora dato seguito,

impegna il Governo

a convocare urgentemente un tavolo della filiera agroalimentare che coinvolga il mondo agricolo, della trasformazione e della distribuzione, con la finalità di adottare tutte le iniziative utili a supportare le grandi eccellenze del made in Italy di alto valore qualitativo, nonché stimolare la sottoscrizione di accordi di filiera fra gli operatori per tutelare e promuovere i prodotti agroalimentari sul mercato interno favorendone il più largo consumo, al fine di porre rimedio ai gravi turbamenti dell'economia indotti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19.
9/2461-AR/129Loss, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    l'agroalimentare italiano simbolo di eccellenza del made in Italy, già prima dell'emergenza COVID-19, soffriva per diverse motivazioni di una considerevole perdita di fatturato dovuta all'introduzione dei dazi americani, passando per la Brexit; adesso subisce il blocco delle esportazioni legato all'emergenza, che sta causando un ulteriore aggravio della situazione;
    uno dei settori oggi in maggior sofferenza è certamente quello lattiero caseario che sta subendo una perdita di fatturato anche per il manifestarsi di fenomeni speculativi che stanno spingendo al consumo di prodotti provenienti da Paesi appartenenti all'Unione europea nonostante una parte non minoritaria del latte italiano rimanga inutilizzato;
    l'esportazione alimentare made in Italy è inoltre vittima di una grave campagna di disinformazione, attacchi strumentali e concorrenza sleale da parte di alcuni Paesi;
    è necessario incoraggiare tutti gli operatori della filiera agroalimentare italiana ad adottare comportamenti volti a supportare le grandi eccellenze agroalimentari del nostro territorio, espressione di elevata qualità e sicurezza;
    durante la discussione del decreto-legge «Cura Italia» al Senato è stato accolto dal Governo un ordine del giorno (G/1766/111/5) con il quale si chiedeva la convocazione di un tavolo della filiera; a questo ordine del giorno non è stato ancora dato seguito,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di convocare urgentemente un tavolo della filiera agroalimentare che coinvolga il mondo agricolo, della trasformazione e della distribuzione, con la finalità di adottare tutte le iniziative utili a supportare le grandi eccellenze del made in Italy di alto valore qualitativo, nonché stimolare la sottoscrizione di accordi di filiera fra gli operatori per tutelare e promuovere i prodotti agroalimentari sul mercato interno favorendone il più largo consumo, al fine di porre rimedio ai gravi turbamenti dell'economia indotti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19.
9/2461-AR/129. (Testo modificato nel corso della seduta)  Loss, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    l'articolo 1-ter reca norme per la semplificazione delle procedure di liquidazione degli aiuti alla pesca. La disposizione ha 1 obbiettivo di velocizzare al massimo le procedure di liquidazione degli aiuti per l'arresto temporaneo obbligatorio riferiti agli anni 2017, 2018 e 2019. Per fare questo l'articolo introduce la possibilità per il beneficiario di ricevere direttamente da un istituto di credito la liquidazione della somma spettante;
    le imprese della pesca, in questo momento hanno sospeso o hanno ridotto significativamente le loro attività a causa dell'emergenza dovuta al COVID-19 ma anche per i prezzi bassi al mercato, per la forte riduzione della domanda nei canali della distribuzione tradizionale (mercati rionali, pescherie), e per il quasi totale invenduta, dovuto al crollo della domanda;
    il decreto-legge n. 457 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 1998, agli articoli 4 e 6 prevede una serie di benefici fiscali e previdenziali per le imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari sotto forma di crediti di imposta e di abbattimento del reddito derivante dall'esercizio della pesca, ai fini delle imposte sui redditi, nonché come sgravio dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali;
    per poter dare un ulteriore e importante sostegno al comparto della pesca, che nella fattispecie ricomprenderebbe anche coloro che effettuano la pesca nelle acque interne e lagunari, sarebbe, quindi, quanto mai necessario e urgente intervenire anche sotto il punto di vista fiscale e previdenziale prevedendo un aumento delle agevolazioni di cui al decreto-legge n. 30 del 1997,

impegna il Governo

a riconoscere, almeno per tutta la durata del periodo di emergenza dovuto dal COVID-19, un alleggerimento dell'attuale pressione fiscale e contributiva per le imprese della pesca professionale, in acque marittime, interne e lagunari per assicurare la salvaguardia dell'occupazione della gente di mare, e per poter dare ossigeno e la necessaria liquidità dovuta ad uno dei settori più colpiti dalla crisi epidemiologica da COVID-19.
9/2461-AR/130Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    l'articolo 1-ter reca norme per la semplificazione delle procedure di liquidazione degli aiuti alla pesca. La disposizione ha 1 obbiettivo di velocizzare al massimo le procedure di liquidazione degli aiuti per l'arresto temporaneo obbligatorio riferiti agli anni 2017, 2018 e 2019. Per fare questo l'articolo introduce la possibilità per il beneficiario di ricevere direttamente da un istituto di credito la liquidazione della somma spettante;
    le imprese della pesca, in questo momento hanno sospeso o hanno ridotto significativamente le loro attività a causa dell'emergenza dovuta al COVID-19 ma anche per i prezzi bassi al mercato, per la forte riduzione della domanda nei canali della distribuzione tradizionale (mercati rionali, pescherie), e per il quasi totale invenduta, dovuto al crollo della domanda;
    il decreto-legge n. 457 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 1998, agli articoli 4 e 6 prevede una serie di benefici fiscali e previdenziali per le imprese che esercitano la pesca costiera e la pesca nelle acque interne e lagunari sotto forma di crediti di imposta e di abbattimento del reddito derivante dall'esercizio della pesca, ai fini delle imposte sui redditi, nonché come sgravio dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali;
    per poter dare un ulteriore e importante sostegno al comparto della pesca, che nella fattispecie ricomprenderebbe anche coloro che effettuano la pesca nelle acque interne e lagunari, sarebbe, quindi, quanto mai necessario e urgente intervenire anche sotto il punto di vista fiscale e previdenziale prevedendo un aumento delle agevolazioni di cui al decreto-legge n. 30 del 1997,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconoscere, almeno per tutta la durata del periodo di emergenza dovuto dal COVID-19, un alleggerimento dell'attuale pressione fiscale e contributiva per le imprese della pesca professionale, in acque marittime, interne e lagunari per assicurare la salvaguardia dell'occupazione della gente di mare, e per poter dare ossigeno e la necessaria liquidità dovuta ad uno dei settori più colpiti dalla crisi epidemiologica da COVID-19.
9/2461-AR/130. (Testo modificato nel corso della seduta)  Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    la legge di Bilancio 2020 disciplina l'istituzione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 gennaio 2020, di una Commissione di studio per la redazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD); queste proposte dovranno essere trasfuse entro ottobre 2020 nella legge di bilancio 2021 ridefinendo le esenzioni a partire dall'anno 2021 in materia di trasporto merci, di agricoltura e di pesca;
    il gasolio è l'unico carburante utilizzabile al momento in agricoltura e pesca e tassarlo non porterebbe alcun beneficio immediato in termini di utilizzo di energie alternative a favore delle quali dovrebbe invece essere sviluppato un programma di ricerca e di sperimentazione; attualmente gli sgravi sul gasolio agricolo valgono quasi 1 miliardo;
    pensare in tempi di pandemia alla ridefinizione del sistema delle esenzioni, a partire dall'anno 2021, in materia di trasporto merci, navale e aereo, di agricoltura e usi civili, al fine di ridurre la spesa pubblica, può apparire in questo momento inopportuno, tenuto conto delle stime del FMI secondo le quali il PIL italiano subirà nel corso del 2020 una riduzione di oltre il 9 per cento;
    in questo periodo di emergenza dovuta al COVID-19 è necessario non aggravare ulteriormente gli agricoltori, allevatori e pescatori che sarebbero costretti a chiudere la propria attività con un devastante impatto economico e ambientale soprattutto nelle aree interne più difficili. Il risultato sarebbe solo la delocalizzazione delle fonti di approvvigionamento alimentare con un enorme costo in termini di perdita di competitività del sistema italiano rispetto ai concorrenti degli altri Paesi Europei;
    appare necessario rivedere le disposizioni adottate nella recente legge di bilancio 2020 dalla cui realizzazione potrebbe derivare un ulteriore effetto recessivo sull'economia di importanti settori produttivi, a cominciare da quello primario, rinviando ad un futuro migliore la programmazione di azioni di sostegno alle innovazioni ed agli investimenti in ricerca, innovazione tecnologica, sviluppo e infrastrutture per la riconversione ecologica,

impegna il Governo

a prevedere una revisione, anche solo di natura temporanea per l'emergenza in atto, delle disposizioni contenute nella legge di bilancio 2020 in materia di sussidi ambientalmente dannosi al fine di avere maggior tempo a disposizione per poter trovare, in tempi più appropriati e opportuni, soluzioni alternative e compensative con carattere di sostenibilità per poter effettuare una transizione che non arrechi danno ai settori più sensibili da salvaguardare come quelli dell'agricoltura e della pesca.
9/2461-AR/131Manzato, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    la legge di Bilancio 2020 disciplina l'istituzione presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 gennaio 2020, di una Commissione di studio per la redazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD); queste proposte dovranno essere trasfuse entro ottobre 2020 nella legge di bilancio 2021 ridefinendo le esenzioni a partire dall'anno 2021 in materia di trasporto merci, di agricoltura e di pesca;
    il gasolio è l'unico carburante utilizzabile al momento in agricoltura e pesca e tassarlo non porterebbe alcun beneficio immediato in termini di utilizzo di energie alternative a favore delle quali dovrebbe invece essere sviluppato un programma di ricerca e di sperimentazione; attualmente gli sgravi sul gasolio agricolo valgono quasi 1 miliardo;
    pensare in tempi di pandemia alla ridefinizione del sistema delle esenzioni, a partire dall'anno 2021, in materia di trasporto merci, navale e aereo, di agricoltura e usi civili, al fine di ridurre la spesa pubblica, può apparire in questo momento inopportuno, tenuto conto delle stime del FMI secondo le quali il PIL italiano subirà nel corso del 2020 una riduzione di oltre il 9 per cento;
    in questo periodo di emergenza dovuta al COVID-19 è necessario non aggravare ulteriormente gli agricoltori, allevatori e pescatori che sarebbero costretti a chiudere la propria attività con un devastante impatto economico e ambientale soprattutto nelle aree interne più difficili. Il risultato sarebbe solo la delocalizzazione delle fonti di approvvigionamento alimentare con un enorme costo in termini di perdita di competitività del sistema italiano rispetto ai concorrenti degli altri Paesi Europei;
    appare necessario rivedere le disposizioni adottate nella recente legge di bilancio 2020 dalla cui realizzazione potrebbe derivare un ulteriore effetto recessivo sull'economia di importanti settori produttivi, a cominciare da quello primario, rinviando ad un futuro migliore la programmazione di azioni di sostegno alle innovazioni ed agli investimenti in ricerca, innovazione tecnologica, sviluppo e infrastrutture per la riconversione ecologica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una revisione, anche solo di natura temporanea per l'emergenza in atto, delle disposizioni contenute nella legge di bilancio 2020 in materia di sussidi ambientalmente dannosi al fine di avere maggior tempo a disposizione per poter trovare, in tempi più appropriati e opportuni, soluzioni alternative e compensative con carattere di sostenibilità per poter effettuare una transizione che non arrechi danno ai settori più sensibili da salvaguardare come quelli dell'agricoltura e della pesca.
9/2461-AR/131. (Testo modificato nel corso della seduta) Manzato, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    a seguito della pandemia determinata dalla diffusione del virus Sars-Cov-2, tra i tanti settori produttivi danneggiati vi è certamente quello del florovivaismo; si tratta di un comparto di assoluta rilevanza, che rappresenta il 5 per cento della produzione agricola totale in Italia e si estende su una superficie di quasi 30 mila ettari, conta 23 mila aziende e 100 mila addetti, il 15 per cento della produzione europea; si tratta di un settore vitale dell'economia italiana che oggi subisce più di altri le tragiche ripercussioni dovute all'emergenza COVID-19;
    il protrarsi dell'attuale stato di emergenza ha causato un generale calo della domanda dei diversi prodotti da florovivaismo e un conseguente e differente calo dei fatturati delle imprese del settore determinato dal blocco dei mercati, degli eventi, delle cerimonie nonché dalla diversa tipologia di prodotto venduto;
    nonostante siano riprese le attività del settore, i danni causati dal lockdown non sono stati, in nessuno dei decreti finora emanati dal Governo, ristorati ed inoltre, non è stato dato seguito agli ordini del giorno accolti dal Governo al decreto Cura Italia che prevedevano di «istituire presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un fondo con congrua dotazione per l'anno 2020 per risarcire le imprese del settore florovivaistico dei danni subìti a causa dell'emergenza»;
    nell'ambito delle misure contenute nel «Decreto Rilancio», non è stato previsto alcun fondo ad hoc per il florovivaismo come assicurato; impegno ulteriormente confermato anche durante la discussione di un'interrogazione a risposta in commissione svoltasi la settimana scorsa in commissione agricoltura al Senato nella quale il sottosegretario annunciava nel Decreto Rilancio l'istituzione di un Fondo per il florovivaismo e per le filiere in difficoltà; ma nel decreto troviamo solamente un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario e l'istituzione di un apposito Fondo per le filiere in difficoltà, con una dotazione totale di solamente 500 milioni di euro per l'anno 2020, finalizzato all'attuazione di interventi di ristoro per i danni subiti da tutto il settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura in conseguenza della crisi dovuta al COVID-19;
    vogliamo ricordare che per il solo settore del florovivaismo si stima una perdita di almeno il 70 per cento del fatturato su di un valore complessivo di 2,5 miliardi di euro;
    unica misura finora prevista nei decreti emanati, dedicata esclusivamente al settore del florovivaismo, risulta quella del decreto Cura Italia dove è stata prevista l'estensione alle aziende del settore della sospensione dei termini per i versamenti e gli adempimenti relativi alle ritenute alla fonte per lavoro dipendente ed assimilati,

impegna il Governo

ad adottare iniziative urgenti, al fine di sostenere le attività delle imprese del settore del florovivaismo prevedendo l'istituzione di un Fondo ad hoc volto a garantire il riconoscimento alle imprese e ai soggetti operanti nel settore di una congrua indennità, al fine di assicurare la continuità aziendale e per dare loro immediata liquidità favorendo la ripresa del settore florovivaistico.
9/2461-AR/132Liuni, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    a seguito della pandemia determinata dalla diffusione del virus Sars-Cov-2, tra i tanti settori produttivi danneggiati vi è certamente quello del florovivaismo; si tratta di un comparto di assoluta rilevanza, che rappresenta il 5 per cento della produzione agricola totale in Italia e si estende su una superficie di quasi 30 mila ettari, conta 23 mila aziende e 100 mila addetti, il 15 per cento della produzione europea; si tratta di un settore vitale dell'economia italiana che oggi subisce più di altri le tragiche ripercussioni dovute all'emergenza COVID-19;
    il protrarsi dell'attuale stato di emergenza ha causato un generale calo della domanda dei diversi prodotti da florovivaismo e un conseguente e differente calo dei fatturati delle imprese del settore determinato dal blocco dei mercati, degli eventi, delle cerimonie nonché dalla diversa tipologia di prodotto venduto;
    nonostante siano riprese le attività del settore, i danni causati dal lockdown non sono stati, in nessuno dei decreti finora emanati dal Governo, ristorati ed inoltre, non è stato dato seguito agli ordini del giorno accolti dal Governo al decreto Cura Italia che prevedevano di «istituire presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un fondo con congrua dotazione per l'anno 2020 per risarcire le imprese del settore florovivaistico dei danni subìti a causa dell'emergenza»;
    nell'ambito delle misure contenute nel «Decreto Rilancio», non è stato previsto alcun fondo ad hoc per il florovivaismo come assicurato; impegno ulteriormente confermato anche durante la discussione di un'interrogazione a risposta in commissione svoltasi la settimana scorsa in commissione agricoltura al Senato nella quale il sottosegretario annunciava nel Decreto Rilancio l'istituzione di un Fondo per il florovivaismo e per le filiere in difficoltà; ma nel decreto troviamo solamente un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa, di lavoro autonomo e di reddito agrario e l'istituzione di un apposito Fondo per le filiere in difficoltà, con una dotazione totale di solamente 500 milioni di euro per l'anno 2020, finalizzato all'attuazione di interventi di ristoro per i danni subiti da tutto il settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura in conseguenza della crisi dovuta al COVID-19;
    vogliamo ricordare che per il solo settore del florovivaismo si stima una perdita di almeno il 70 per cento del fatturato su di un valore complessivo di 2,5 miliardi di euro;
    unica misura finora prevista nei decreti emanati, dedicata esclusivamente al settore del florovivaismo, risulta quella del decreto Cura Italia dove è stata prevista l'estensione alle aziende del settore della sospensione dei termini per i versamenti e gli adempimenti relativi alle ritenute alla fonte per lavoro dipendente ed assimilati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative urgenti, al fine di sostenere le attività delle imprese del settore del florovivaismo prevedendo l'istituzione di un Fondo ad hoc volto a garantire il riconoscimento alle imprese e ai soggetti operanti nel settore di una congrua indennità, al fine di assicurare la continuità aziendale e per dare loro immediata liquidità favorendo la ripresa del settore florovivaistico.
9/2461-AR/132. (Testo modificato nel corso della seduta) Liuni, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    il settore italiano delle bevande alcoliche si è ritrovato ad affrontare l'emergenza economica da COVID-19 già indebolito da una serie di eventi, tra cui i ripetuti aumenti di accisa – che in soli 18 mesi, fra ottobre 2013 e gennaio 2015 hanno incrementato l'aliquota di quasi il 30 per cento – e il deterioramento delle relazioni commerciali tra Unione europea e Stati Uniti degli ultimi due anni;
    inoltre, in questi mesi di fatturato mancante, dovuto dalla chiusura delle attività, hanno prodotto sui bilanci delle aziende un danno che è decisamente maggiore rispetto ai corrispondenti dodicesimi dei ricavi, essendo questi i mesi dei maggiori consumi di prodotti alcolici, legati ai flussi turistici nelle stazioni per gli sport invernali, insieme con i flussi legati alle vacanze di Pasqua che aprono la stagione per la migliore ristorazione e hotellerie del Paese;
    una prima stima prudenziale condotta sul mercato domestico testimonia un calo delle vendite pari al 60 per cento persi dalle aziende del settore in poco più di un mese;
    nel contempo, negli stabilimenti le attività di produzione delle bevande sono continuate seppur a ritmi ridotti per rispondere alla richiesta minima della grande distribuzione; ma con grande difficoltà per l'impennata che il costo dell'alcol ha avuto, a causa della importante richiesta dello stesso per la produzione di sanitizzanti e gel igienizzanti;
    i problemi innescati dall'emergenza COVID-19 hanno fatto sì che ci sia stato il blocco dell'HoReCa e siano stati posti, giustamente, dei vincoli allo spostamento delle persone. Ovunque, si è bloccata l'attività sociale ed il consumo dei prodotti alcolici; anche il blocco dei flussi turistici ha portato, negli aeroporti e nei duty free, anche questo un canale importante per le vendite dei prodotti, un calo notevole dei consumi e delle vendite collegate,

impegna il Governo

ad adottare misure urgenti che prevedano la sospensione dell'accisa, fino al termine del periodo emergenziale, al fine di poter cercare di arginare la perdita secca di liquidità che le aziende del settore delle bevande alcoliche hanno subito.
9/2461-AR/133Lolini, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde all'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    il settore italiano delle bevande alcoliche si è ritrovato ad affrontare l'emergenza economica da COVID-19 già indebolito da una serie di eventi, tra cui i ripetuti aumenti di accisa – che in soli 18 mesi, fra ottobre 2013 e gennaio 2015 hanno incrementato l'aliquota di quasi il 30 per cento – e il deterioramento delle relazioni commerciali tra Unione europea e Stati Uniti degli ultimi due anni;
    inoltre, in questi mesi di fatturato mancante, dovuto dalla chiusura delle attività, hanno prodotto sui bilanci delle aziende un danno che è decisamente maggiore rispetto ai corrispondenti dodicesimi dei ricavi, essendo questi i mesi dei maggiori consumi di prodotti alcolici, legati ai flussi turistici nelle stazioni per gli sport invernali, insieme con i flussi legati alle vacanze di Pasqua che aprono la stagione per la migliore ristorazione e hotellerie del Paese;
    una prima stima prudenziale condotta sul mercato domestico testimonia un calo delle vendite pari al 60 per cento persi dalle aziende del settore in poco più di un mese;
    nel contempo, negli stabilimenti le attività di produzione delle bevande sono continuate seppur a ritmi ridotti per rispondere alla richiesta minima della grande distribuzione; ma con grande difficoltà per l'impennata che il costo dell'alcol ha avuto, a causa della importante richiesta dello stesso per la produzione di sanitizzanti e gel igienizzanti;
    i problemi innescati dall'emergenza COVID-19 hanno fatto sì che ci sia stato il blocco dell'HoReCa e siano stati posti, giustamente, dei vincoli allo spostamento delle persone. Ovunque, si è bloccata l'attività sociale ed il consumo dei prodotti alcolici; anche il blocco dei flussi turistici ha portato, negli aeroporti e nei duty free, anche questo un canale importante per le vendite dei prodotti, un calo notevole dei consumi e delle vendite collegate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure urgenti che prevedano la sospensione dell'accisa, fino al termine del periodo emergenziale, al fine di poter cercare di arginare la perdita secca di liquidità che le aziende del settore delle bevande alcoliche hanno subito.
9/2461-AR/133. (Testo modificato nel corso della seduta) Lolini, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde al l'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    il sistema agrituristico italiano è custode di un importante patrimonio di valori e tradizioni tra i più rappresentativi del nostro Paese, grazie a operatori che fanno impresa puntando sulla tutela e la promozione dell'agricoltura e dell'agroalimentare Made in Italy.
    in Italia ci sono circa 24 mila agriturismi che ospitano annualmente 160 mila turisti, e che nella situazione attuale di emergenza da COVID-19, sono in grado di fornire loro i pasti, nel rigoroso rispetto delle misure dettate per contrastare la diffusione del virus. Si tratta di strutture collocate perlopiù in località di campagna o montagna e sono perfettamente in grado di evitare la formazione di pericolosi assembramenti;
    il calo della domanda interna e il crollo del turismo internazionale, con gli stranieri che rappresentano il 59 per cento dei pernottamenti complessivi, senza dimenticare le cancellazioni forzate delle cerimonie religiose (cresime, battesimi, comunioni, matrimoni), che si svolgono tradizionalmente in questo periodo dell'anno, hanno comportato gravi difficoltà al settore;
    con l'arrivo della bella stagione sostenere il turismo in campagna significa evitare il pericoloso rischio di affollamenti in città e al mare e anche per questo le strutture agrituristiche devono poter ripartire in piena sicurezza aprendo i cancelli della cascine, i percorsi naturalistici, le visite agli animali con la pet therapy e anche gli spazi a tavola dove assaggiare le specialità della tradizione contadina dell'enogastronomia Made in Italy;
    le norme fin qui adottate sono del tutto insoddisfacenti per il rilancio degli agriturismi; il decreto all'esame nonché il decreto Rilancio non prevedono quelle disposizioni ad hoc che ci si sarebbe aspettati per il ristoro dei danni subiti dagli agriturismi in questi due mesi di fermo obbligatorio per l'emergenza sanitaria da COVID-19, mesi che sono concisi con il pieno della stagione primaverile e delle festività pasquali, che registrano tradizionalmente il picco delle prenotazioni;
    visto il grande contributo che gli agriturismi danno alla promozione del turismo, è giusto che ricevano attenzione nella definizione delle strategie economiche per la ripresa delle attività produttive,

impegna il Governo

a intervenire urgentemente in favore delle strutture agrituristiche con risorse economiche adeguate di sostegno e misure straordinarie di intervento che garantiscano il ristoro dei danni causati dall'emergenza COVID-19 con l'obiettivo di supportare le aziende nelle spese di riavvio dell'attività, visto che l'agriturismo è una tra le attività agricole più duramente colpite.
9/2461-AR/134Golinelli, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante la denominazione «Decreto Liquidità» questa non corrisponde al l'effettivo contenuto del provvedimento, che infatti non reca contributi e sostegni diretti alle varie attività imprenditoriali in crisi, soprattutto per quanto riguarda l'agricoltura; in questo provvedimento non abbiamo visto interventi volti a rafforzare il nostro sistema produttivo per renderlo più resiliente ed efficiente nell'affrontare ulteriori crisi;
    il sistema agrituristico italiano è custode di un importante patrimonio di valori e tradizioni tra i più rappresentativi del nostro Paese, grazie a operatori che fanno impresa puntando sulla tutela e la promozione dell'agricoltura e dell'agroalimentare Made in Italy.
    in Italia ci sono circa 24 mila agriturismi che ospitano annualmente 160 mila turisti, e che nella situazione attuale di emergenza da COVID-19, sono in grado di fornire loro i pasti, nel rigoroso rispetto delle misure dettate per contrastare la diffusione del virus. Si tratta di strutture collocate perlopiù in località di campagna o montagna e sono perfettamente in grado di evitare la formazione di pericolosi assembramenti;
    il calo della domanda interna e il crollo del turismo internazionale, con gli stranieri che rappresentano il 59 per cento dei pernottamenti complessivi, senza dimenticare le cancellazioni forzate delle cerimonie religiose (cresime, battesimi, comunioni, matrimoni), che si svolgono tradizionalmente in questo periodo dell'anno, hanno comportato gravi difficoltà al settore;
    con l'arrivo della bella stagione sostenere il turismo in campagna significa evitare il pericoloso rischio di affollamenti in città e al mare e anche per questo le strutture agrituristiche devono poter ripartire in piena sicurezza aprendo i cancelli della cascine, i percorsi naturalistici, le visite agli animali con la pet therapy e anche gli spazi a tavola dove assaggiare le specialità della tradizione contadina dell'enogastronomia Made in Italy;
    le norme fin qui adottate sono del tutto insoddisfacenti per il rilancio degli agriturismi; il decreto all'esame nonché il decreto Rilancio non prevedono quelle disposizioni ad hoc che ci si sarebbe aspettati per il ristoro dei danni subiti dagli agriturismi in questi due mesi di fermo obbligatorio per l'emergenza sanitaria da COVID-19, mesi che sono concisi con il pieno della stagione primaverile e delle festività pasquali, che registrano tradizionalmente il picco delle prenotazioni;
    visto il grande contributo che gli agriturismi danno alla promozione del turismo, è giusto che ricevano attenzione nella definizione delle strategie economiche per la ripresa delle attività produttive,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire urgentemente in favore delle strutture agrituristiche con risorse economiche adeguate di sostegno e misure straordinarie di intervento che garantiscano il ristoro dei danni causati dall'emergenza COVID-19 con l'obiettivo di supportare le aziende nelle spese di riavvio dell'attività, visto che l'agriturismo è una tra le attività agricole più duramente colpite.
9/2461-AR/134. (Testo modificato nel corso della seduta) Golinelli, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Patassini.


   La Camera,
    preso atto che il citato articolo, estendendo la possibilità di riconoscimento di CIGO e CIGD, nonché di assegno ordinario, concessi in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, ai lavoratori assunti nel periodo dal 24 febbraio al 17 marzo 2020, intende quindi tutelare anche le assunzioni effettuate prima dell'entrata in vigore del cosiddetto Decreto Cura Italia;
    ricordato che l'articolo 46 del decreto-legge 18/2020 – cosiddetto Decreto Cura Italia – aveva introdotto una norma a termine di tutela occupazionale generale al fine di salvaguardare i posti di lavoro nel periodo di sospensione attività a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e, specificatamente, la disposizione aveva previsto il divieto di licenziamento dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, ovvero il 17 marzo scorso, per 60 giorni, quindi valido fino alla mezzanotte del 16 maggio scorso;
    constatato che il ritardo nella pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del provvedimento di proroga di tale periodo da sessanta giorni a cinque mesi ha creato, di fatto, un vuoto normativo per i giorni 17 e 18 maggio 2020, vulnus che, se non crea problemi per i licenziamenti collettivi, stante le procedure temporali più lunghe, certamente può rappresentare criticità per i licenziamenti individuali, oramai ritenuti validi dalla giurisprudenza anche qualora intimati via whatsapp con la doppia spunta blu,

impegna il Governo

a verificare se e quanti licenziamenti siano avvenuti nei giorni di vacatio legis e, di conseguenza ad adottare conseguenti misure di salvaguardia, anche prevedendo per tale lasso temporale la possibilità per il datore di lavoro di revocare il recesso contrattuale a fronte della contestuale domanda del trattamento di integrazione salariale.
9/2461-AR/135Caparvi, Murelli, Durigon, Caffaratto, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo il questionario condotto dalla Commissione d'inchiesta parlamentare sul sistema creditizio non hanno avuto alcun esito la metà dei finanziamenti alle imprese fino a 25 mila euro (ora elevati a 30 mila dopo l'esame in sede referente) ed il 75 per cento di quelli fino a 800 mila;
    se dunque il decreto in esame sembra aver fallito il suo principale obiettivo, si teme ancor di più per tutte quelle realtà e quei settori che ancora non sono stati contemplati nella iniezione di liquidità e che, per i costi di gestione da sostenere e le misure di contenimento, rischiano il collasso;
    tra questi, si evidenzia il caso dell'Arena di Verona, teatro all'aperto dalla capienza di 13.500 persone, limitato, per effetto dell'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio scorso, ad accogliere il numero massimo di 1.000 spettatori;
    il teatro si era già attivato per assicurare, con protocolli sanitari e misure di distanziamento sociale, una capienza di 3 mila persone, il limite posto dall'ultimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri rischia di trasformarsi per l'Arena – che si ricorda rappresenta per il territorio una fetta sostanziosa della propria economia con quasi 500 milioni di euro di indotto annuale – in un vero e proprio default,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa anche di carattere finanziario al fine di superare le criticità esposte in premessa.
9/2461-AR/136Comencini, Turri, Valbusa, Paternoster, Lorenzo Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato positivamente la modifica introdotta, in sede referente, anche col recepimento dell'emendamento presentato dalla Lega, per aiutare le aziende ad ottenere maggiore liquidità facilitando, anche con la garanzia dello stato, la cessione dei crediti a società di factoring;
    preso atto dunque del comma 1-bis dell'articolo 1, che prevede che le garanzie disciplinate dal medesimo articolo possano applicarsi, in quanto compatibili, anche alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente effettuate, dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, dalle imprese a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo di cui all'articolo 106 del TUB;
    ricordato che il factoring ha da sempre svolto una funzione di sostegno alla liquidità delle imprese e rappresenta un valido strumento per la gestione e il finanziamento del capitale circolante e la pianificazione temporale dei flussi di cassa in entrata e uscita anche e soprattutto nei momenti di crisi economica;
    tenuto conto che il citato comma 1-bis demanda le modalità attuative e operative della misura ad un decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'economia e delle finanze,

impegna il Governo

a emanare il decreto ministeriale attuativo della disposizione di cui al comma 1-bis citato in premessa contestualmente alla pubblicazione in gazzetta ufficiale della legge di conversione del decreto-legge n. 23 del 2020 o comunque entro un termine di 20 giorni dalla data di pubblicazione medesima.
9/2461-AR/137Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    valutato positivamente la modifica introdotta, in sede referente, anche col recepimento dell'emendamento presentato dalla Lega, per aiutare le aziende ad ottenere maggiore liquidità facilitando, anche con la garanzia dello stato, la cessione dei crediti a società di factoring;
    preso atto dunque del comma 1-bis dell'articolo 1, che prevede che le garanzie disciplinate dal medesimo articolo possano applicarsi, in quanto compatibili, anche alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente effettuate, dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, dalle imprese a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo di cui all'articolo 106 del TUB;
    ricordato che il factoring ha da sempre svolto una funzione di sostegno alla liquidità delle imprese e rappresenta un valido strumento per la gestione e il finanziamento del capitale circolante e la pianificazione temporale dei flussi di cassa in entrata e uscita anche e soprattutto nei momenti di crisi economica;
    tenuto conto che il citato comma 1-bis demanda le modalità attuative e operative della misura ad un decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'economia e delle finanze,

impegna il Governo

a emanare in tempi brevi il decreto ministeriale attuativo della disposizione di cui al comma 1-bis citato in premessa.
9/2461-AR/137. (Testo modificato nel corso della seduta) Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    gli interventi recati dal provvedimento in esame dovrebbero rappresentare parti di un puzzle ben più ampio di sostegno al tessuto economico-produttivo del Paese, in forte crisi ed a rischio recessione per le conseguenze dovute all'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    secondo stime di Confesercenti, gli effetti del lockdown sull'economia italiana comporterebbero per il 2020 un calo di 16,5 miliardi per trasporti e acquisto veicoli; per Icao, l'agenzia Onu dell'aviazione civile, nei primi nove mesi di quest'anno potrebbero venire a mancare fino a 1,12 miliardi di viaggiatori rispetto allo stesso periodo del 2019, con un calo del 67 per cento;
    le restrizioni ai movimenti, con il prolungamento di chiusure e blocchi degli spostamenti oltre confine per contenere la diffusione del Coronavirus, hanno portato il trasporto aereo a ritrovarsi senza più passeggeri e voli;
    la situazione di grave incertezza che attanaglia il settore del trasporto aereo ha inevitabilmente colpito anche Malpensa, risorsa fondamentale per il territorio lombardo, con un impatto socio-economico diretto di 548 attività produttive ed un'occupazione che supera le 20,5 migliaia di unità lavorative ed un indotto di oltre 12,6 mila posizioni di lavoro a fronte di 1,8 miliardi di euro di valore della produzione generata (dati 2018),

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente ogni utile iniziativa di propria competenza a supporto del sistema aeroportuale lombardo, ed in particolare delle imprese all'interno del sedime aeroportuale di Malpensa.
9/2461-AR/138Bianchi, Cecchetti, Galli, Tarantino.


   La Camera

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente ogni utile iniziativa di propria competenza a supporto del sistema aeroportuale.
9/2461-AR/138. (Testo modificato nel corso della seduta) Bianchi, Cecchetti, Galli, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 4 marzo 2020, sono sospesi i viaggi d'istruzione, le iniziative di scambio o gemellaggio, le visite guidate e le uscite didattiche comunque denominate, comprese le fasi distrettuali, provinciali o regionali dei campionati studenteschi programmate dalle istituzioni scolastiche. Le spese sostenute per i viaggi di istruzione annullati possono essere rimborsate ai sensi dell'articolo 41, comma 4, del Codice del turismo che prevede il recesso senza penale prima dell'inizio del pacchetto di viaggio;
    il turismo scolastico è un business da 316 milioni di euro. Un settore che negli ultimi anni aveva già risentito di un forte ridimensionamento: nel 2009 partivano 6 classi su 10, oggi soltanto 4. A rinunciare sono soprattutto le scuole medie, anche perché è spesso difficile trovare professori-accompagnatori. Si tratta di viaggi che in media prevedono dai 2-4 pernottamenti fuori casa e, nel caso delle scuole superiori, per metà sono gite all'estero;
    le attività del settore turistico sono, ad oggi, quelle più colpite dall'emergenza COVID-19: non hanno alcuna garanzia di immediata ripresa e soffrono le grosse perdite generate da cancellazione di viaggi e mancate prenotazioni. Sarebbe pertanto utile non invalidare le procedure di affidamento e di aggiudicazione perlomeno dei viaggi scolastici in Italia già programmati nei mesi di lockdown, che hanno comunque creato un legittimo affidamento nei gestori di imprese turistiche e di trasporto, i quali hanno già sostenuto delle spese per poter assicurare l'adempimento degli obblighi assunti, permettendo in ogni caso agli istituti scolastici di poter riorganizzare i viaggi modificandone date e destinazioni entro il 31 dicembre 2020,

impegna il Governo

a individuare modalità e procedure che consentano di fare salvi gli effetti delle aggiudicazioni e degli affidamenti intervenuti alla data del 24 febbraio 2020 con riguardo ai viaggi di istruzione, iniziative di scambi o gemellaggio, visite guidate e le uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, con possibilità per gli Istituti Scolastici committenti di riprogrammarli.
9/2461-AR/139Basini, Belotti, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Racchella, Sasso, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    la chiusura dei negozi e dei mercati, la sospensione di tutte le cerimonie civili e religiose, e un atteggiamento ostile degli importatori esteri hanno in questi mesi messo in ginocchio il settore florovivaistico, composto da 24 mila aziende con fatturato annuo di 2,5 miliardi, pari al 5 per cento dell'intera produzione agricola nazionale. La crisi registrata in piena stagione primaverile potrebbe comportare la perdita del 60 per cento circa dei ricavi annuali dell'Intero sistema florovivaistico, con perdite che potrebbero arrivare addirittura al 100 per cento per i produttori che si dedicano a produzioni esclusivamente primaverili;
    con il decreto Milleproroghe è stato confermato anche per il 2020 il cosiddetto «bonus verde» (introdotto dall'articolo 1, comma 12 della legge 27 dicembre 2017, n. 205) che prevede una detrazione IRPEF del 36 per cento per le spese documentate sostenute per la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, comprese le pertinenze, le recinzioni, gli impianti di irrigazione, la realizzazione di pozzi, le coperture a verde e i giardini pensili. Danno diritto allo sconto anche gli interventi straordinari, cioè le opere che si inseriscono in un intervento relativo all'intero giardino o area interessata, e che portano alla sistemazione a verde ex novo o al rinnovamento dell'esistente;
    tale misura ha consentito negli scorsi anni un'azione diffusa e capillare che combina la valorizzazione di professionalità, il contrasto al lavoro nero e allo stesso tempo la promozione di una cultura del verde tra i cittadini. Inoltre tali agevolazioni fino all'inizio della pandemia hanno dato slancio al comparto florovivaistico perseguendo una nuova sostenibilità ambientale con incentivi alle buone pratiche e alla valorizzazione del patrimonio verde;
    sarebbe pertanto utile rafforzare la misura del cosiddetto «Bonus verde» aumentando per il solo anno 2020 la percentuale di credito d'imposta fino al 50 per cento per le spese di sistemazione a verde, allo scopo di sostenere un settore, quello florovivaistico, duramente colpito dalla crisi connessa all'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione epidemiologica da COVID-19 e per favorire l'emersione del sommerso nel comparto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, per le esigenze illustrate in premessa, l'aumento al 50 per cento, per il solo anno 2020, delle detrazioni per sistemazione a verde, già previste al 36 per cento dall'articolo 1, comma 12 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/2461-AR/140D'Eramo, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    la chiusura dei negozi e dei mercati, la sospensione di tutte le cerimonie civili e religiose, e un atteggiamento ostile degli importatori esteri hanno in questi mesi messo in ginocchio il settore florovivaistico, composto da 24 mila aziende con fatturato annuo di 2,5 miliardi, pari al 5 per cento dell'intera produzione agricola nazionale. La crisi registrata in piena stagione primaverile potrebbe comportare la perdita del 60 per cento circa dei ricavi annuali dell'Intero sistema florovivaistico, con perdite che potrebbero arrivare addirittura al 100 per cento per i produttori che si dedicano a produzioni esclusivamente primaverili;
    con il decreto Milleproroghe è stato confermato anche per il 2020 il cosiddetto «bonus verde» (introdotto dall'articolo 1, comma 12 della legge 27 dicembre 2017, n. 205) che prevede una detrazione IRPEF del 36 per cento per le spese documentate sostenute per la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, comprese le pertinenze, le recinzioni, gli impianti di irrigazione, la realizzazione di pozzi, le coperture a verde e i giardini pensili. Danno diritto allo sconto anche gli interventi straordinari, cioè le opere che si inseriscono in un intervento relativo all'intero giardino o area interessata, e che portano alla sistemazione a verde ex novo o al rinnovamento dell'esistente;
    tale misura ha consentito negli scorsi anni un'azione diffusa e capillare che combina la valorizzazione di professionalità, il contrasto al lavoro nero e allo stesso tempo la promozione di una cultura del verde tra i cittadini. Inoltre tali agevolazioni fino all'inizio della pandemia hanno dato slancio al comparto florovivaistico perseguendo una nuova sostenibilità ambientale con incentivi alle buone pratiche e alla valorizzazione del patrimonio verde;
    sarebbe pertanto utile rafforzare la misura del cosiddetto «Bonus verde» aumentando per il solo anno 2020 la percentuale di credito d'imposta fino al 50 per cento per le spese di sistemazione a verde, allo scopo di sostenere un settore, quello florovivaistico, duramente colpito dalla crisi connessa all'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione epidemiologica da COVID-19 e per favorire l'emersione del sommerso nel comparto,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di valutare di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, per le esigenze illustrate in premessa, l'aumento al 50 per cento, per il solo anno 2020, delle detrazioni per sistemazione a verde, già previste al 36 per cento dall'articolo 1, comma 12 della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/2461-AR/140. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Eramo, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    destano non poche preoccupazioni i dati emersi con riguardo all'efficacia delle misure recate dal provvedimento in esame;
    da un'indagine condotta dalla Commissione di inchiesta parlamentare sul settore creditizio è emerso un diniego delle banche di 3 prestiti su 4 con la garanzia statale;
    un'indagine effettuata dalla CNA indica il giudizio negativo delle imprese sui provvedimenti finora varati dal Governo a favore dell'economia ed in particolare sul tema del credito e della liquidità oltre il 70 per cento esprime un giudizio molto negativo;
    circa il 95 per cento delle imprese che hanno presentato domanda per il credito è ancora in attesa di una risposta e solo il 50 per cento delle imprese che hanno presentato domanda per la moratoria sui finanziamenti ha ricevuto risposta positiva,

impegna il Governo

a snellire ed accelerare qualunque procedura burocratica di impedimento nell'accesso al credito ed alle misure di sospensione e di moratoria messe in atto, al fine di garantire concretamente la promessa iniezione di liquidità.
9/2461-AR/141Toccalini, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Patassini, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    da un'indagine della Fipe – Federazione Italiana dei Pubblici esercizi, condotta lo scorso 27 aprile su 780 imprese, è emerso il dramma della liquidità dei pubblici esercizi, evidenziando il rischio per il settore di perdere nel 2020 ben 34 miliardi di euro e la chiusura di oltre 50 mila aziende;
    secondo un sondaggio condotto da Swg per Confesercenti, dopo la prima settimana di «fine lockdown» il 72 per cento degli esercizi ha riaperto, ma il 68 per cento ha ammesso di aver lavorato in perdita e secondo un approfondimento di Confesercenti sui propri associati, tra le imprese che hanno fatto richiesta per le forme di credito agevolato messe a disposizione dal Decreto in esame, il 51 per cento riferisce di aver ricevuto risposta negativa;
    indubbiamente il combinato del mancato accesso al credito per talune imprese, insieme alla scelta di non riaprire l'attività per altre, si ripercuote negativamente oltre che sul settore economico produttivo del Paese anche, sotto il profilo occupazionale, in questo periodo dell'anno con la stagione estiva alle porte, su una specifica tipologia di lavoratori, i cosiddetti stagionali;
    la contrazione del settore turistico-ricettivo e aeroportuale causata dall'emergenza sanitaria da Covid-19, ove sono maggiormente impiegati i lavoratori stagionali per far fronte ai periodi di alta stagione, rischia di rappresentare per costoro une vero e proprio dramma occupazionale, attesa l'oggettiva impossibilità per molte aziende di pianificare assunzioni stagionali;
    le misure finora previste a sostegno di tale categoria sono risultate insufficienti se non addirittura illusorie: centinaia e centinaia di lavoratori stagionali non hanno ancora percepito alcunché per un cavillo burocratico che ha portato l'Inps a respingere la loro domanda (l'indennità è riconosciuta solo per i cosiddetti «codici S» ma non anche per i «codici D»),

impegna il Governo

a intervenire tempestivamente per la soluzione della criticità esposta in premessa in merito al respingimento delle domande di indennità da parte dell'Inps e, più in generale, a prevedere ulteriori misure di sostegno delle imprese e dei settori che occupano lavoratori stagionali.
9/2461-AR/142De Martini, Paternoster, Murelli, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Foscolo, Furgiuele, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge interviene a sostegno delle imprese in difficoltà a seguito dell'emergenza Coronavirus, con misure specifiche su quattro principali ambiti: accesso al credito, sostegno alla liquidità, all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti; misure finalizzate ad assicurare la continuità delle imprese; rafforzamento dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e degli obblighi di trasparenza in materia finanziaria; norme urgenti per il rinvio di adempimenti fiscali e tributari da parte di lavoratori e imprese;
    la situazione emergenziale vissuta in questo periodo ha messo in luce l'anacronistica inadeguatezza dell'attuale quadro normativo in tema di deposito degli atti difensivi penali;
    infatti per gli atti che non vengono depositati in udienza (impugnazioni, richieste di riesame, appelli cautelari, liste testi, costituzioni di parte civile antecedenti al processo, opposizioni a decreto penale, opposizioni all'archiviazione, domande di oblazione, incidenti di esecuzione e, in generale, memorie e istanze) la regola è il deposito in originale presso la cancelleria del giudice procedente o la segreteria del pubblico ministero assegnatario del fascicolo ovvero, per le impugnazioni (anche cautelari) presso la cancelleria di qualsiasi Tribunale dello stato;
    l'unica alternativa prevista è l'invio a mezzo raccomandata;
    la necessità di contemperare le esigenze del distanziamento sociale, con quelle legate alla necessità di concludere procedimenti penali in corso sta inducendo ad introdurre forme di deposito a mezzo PEC di scritti difensivi, come attestato dal comma 12-ter dell'articolo 83 del decreto-legge n. 18 del 2020;
    la previsione in via ordinaria di tale forma di deposito eviterebbe anche per le impugnazioni, l'inutile dispendio di tempo e risorse per la trasmissione dal tribunale ricevente all'ufficio destinatario (Corte d'Appello, Corte di Cassazione, Tribunale del riesame),

impegna il Governo

a valutare, nel primo provvedimento utile, la possibilità di apposita norma che consenta l'integrazione della disciplina in materia di deposito di tutti gli atti penali prevedendo e regolamentando la facoltà per i difensori di depositare anche tramite posta elettronica certificata (pec) gli atti penali che non vengono depositati in udienza.
9/2461-AR/143Molinari, Cantalamessa, Cavandoli, Potenti, Bisa, Tateo, Paolini, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il capo VI del decreto-legge di cui si discute la conversione reca disposizioni in materia di salute e lavoro;
    in tali materie, si segnala la mancata considerazione nel decreto-legge di una problematica di estremo rilievo, concernente l'esclusione dei liberi professionisti e dei relativi studi e associazioni professionali dalle agevolazioni che prevedono il rimborso delle spese sostenute per l'acquisto di dispositivi e altri strumenti di protezione individuale;
    allo scopo di rendere sostenibile l'implementazione dei protocolli varati dal Governo per la ripresa in sicurezza delle attività, infatti, l'articolo 43 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto decreto «Cura Italia»), ha disposto il trasferimento di 50 milioni di euro dall'Inail a Invitalia, ai fini della loro erogazione alle imprese attraverso il bando denominato «impresa sicura»;
    nel disciplinare detto bando, tuttavia, Invitalia ha dato una interpretazione estremamente stringente della disposizione sopra richiamata, riservando l'accesso all'agevolazione alle sole «imprese» e tagliando ingiustamente fuori dalla platea dei potenziali beneficiari la generalità dei liberi professionisti, anche quelli della salute, nonostante tali categorie siano quelle sottoposte alle linee guida più stringenti, il cui rispetto comporta ingenti spese per l'acquisto di DPI (camici, guanti, visiere di protezione, mascherine e altro);
    a quanto consta, inoltre, i fondi stanziati dal Governo per l'operazione «impresa sicura» si sono rivelati totalmente insufficienti, esaurendosi appena 1,046 secondi dopo l'apertura del click day, suscitando la protesta delle migliaia di aziende escluse;
    il Gruppo Lega ha già segnalato l'esigenza di un intervento correttivo dell'operazione «impresa sicura», mediante l'ordine del giorno 9/02447-A/095;
    nel frattempo, i liberi professionisti hanno continuato a denunciare il carattere discriminatorio della propria esclusione dalle agevolazioni, inviando una moltitudine di segnalazioni, a fronte delle quali si ritiene opportuna da parte del Governo una revisione della posizione assunta in sede di discussione dell'ordine del giorno sopra indicato,

impegna il Governo

a rieditare il sistema di rimborso previsto in attuazione dell'articolo 43 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, adeguandone gli stanziamenti e includendo questa volta nell'ambito di esso anche i liberi professionisti e i relativi studi e associazioni professionali, in particolare quelli sanitari, tenuto conto degli elevati costi che questi sostengono, ai pari delle imprese, per l'acquisto di DPI e tenuto conto altresì della loro equiparazione alle PMI stesse ai sensi della normativa vigente a livello nazionale e comunitario.
9/2461-AR/144Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il capo VI del decreto-legge di cui si discute la conversione reca disposizioni in materia di salute e lavoro;
    in tali materie, si segnala la mancata considerazione nel decreto-legge di una problematica di estremo rilievo, concernente l'esclusione dei liberi professionisti e dei relativi studi e associazioni professionali dalle agevolazioni che prevedono il rimborso delle spese sostenute per l'acquisto di dispositivi e altri strumenti di protezione individuale;
    allo scopo di rendere sostenibile l'implementazione dei protocolli varati dal Governo per la ripresa in sicurezza delle attività, infatti, l'articolo 43 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto decreto «Cura Italia»), ha disposto il trasferimento di 50 milioni di euro dall'Inail a Invitalia, ai fini della loro erogazione alle imprese attraverso il bando denominato «impresa sicura»;
    nel disciplinare detto bando, tuttavia, Invitalia ha dato una interpretazione estremamente stringente della disposizione sopra richiamata, riservando l'accesso all'agevolazione alle sole «imprese» e tagliando ingiustamente fuori dalla platea dei potenziali beneficiari la generalità dei liberi professionisti, anche quelli della salute, nonostante tali categorie siano quelle sottoposte alle linee guida più stringenti, il cui rispetto comporta ingenti spese per l'acquisto di DPI (camici, guanti, visiere di protezione, mascherine e altro);
    a quanto consta, inoltre, i fondi stanziati dal Governo per l'operazione «impresa sicura» si sono rivelati totalmente insufficienti, esaurendosi appena 1,046 secondi dopo l'apertura del click day, suscitando la protesta delle migliaia di aziende escluse;
    il Gruppo Lega ha già segnalato l'esigenza di un intervento correttivo dell'operazione «impresa sicura», mediante l'ordine del giorno 9/02447-A/095;
    nel frattempo, i liberi professionisti hanno continuato a denunciare il carattere discriminatorio della propria esclusione dalle agevolazioni, inviando una moltitudine di segnalazioni, a fronte delle quali si ritiene opportuna da parte del Governo una revisione della posizione assunta in sede di discussione dell'ordine del giorno sopra indicato,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rieditare il sistema di rimborso previsto in attuazione dell'articolo 43 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, adeguandone gli stanziamenti e includendo questa volta nell'ambito di esso anche i liberi professionisti e i relativi studi e associazioni professionali, in particolare quelli sanitari, tenuto conto degli elevati costi che questi sostengono, ai pari delle imprese, per l'acquisto di DPI e tenuto conto altresì della loro equiparazione alle PMI stesse ai sensi della normativa vigente a livello nazionale e comunitario.
9/2461-AR/144. (Testo modificato nel corso della seduta) Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure previste dal decreto-legge in titolo sono finalizzate ad assicurare la necessaria liquidità ai soggetti più duramente colpiti dalla crisi pandemica;
    le persone con disabilità, pur rientrando a pieno titolo tra i soggetti in questione, sono state completamente ignorate dal provvedimento in esame;
    non sono stati tenuti in alcun conto gli appelli delle associazioni di categoria che hanno richiesto interventi solidi e strutturali, a partire dall'aumento degli importi della pensione/assegno di inabilità civile, il cui ammontare per l'anno 2020 è pari a 286,81 euro mensili;
    con l'interpellanza urgente n. 2-00526 e con l'interrogazione a risposta immediata n. 5-03498 il Gruppo Lega ha già sottoposto la questione all'attenzione del Governo, senza peraltro ricevere, in entrambe le occasioni, una risposta puntuale sul punto;
    analoga sorte ha avuto l'ordine del giorno n. 9/2447-A/26, a prima firma dell'Onorevole Locatelli, sul quale il Governo ha reso sì un parere favorevole, ma con riformulazione: «a valutare l'opportunità di», che chiaramente non è stata accettata perché dinanzi all'esigenza di dare tutelare i diritti delle persone più fragili non c’è alcuna valutazione che tenga, né sotto il profilo economico, né men che meno sotto il profilo dell'opportunità;
    l'importo di 286,81 euro è chiaramente incompatibile con la funzione assistenziale che il legislatore ha attribuito alle prestazioni sopra citate; è un importo irrisorio e irrispettoso che non garantisce un'adeguata tutela dei diritti delle persone con disabilità, e non assicura loro una vita dignitosa né in condizioni ordinarie, né men che meno nell'ambito di una crisi devastante come quella determinata dalla diffusione del virus COVID-19,

impegna il Governo

a incrementare gli importi delle pensioni di inabilità civile e dell'assegno di invalidità civile, al fine di garantire la necessaria liquidità alle persone con disabilità ed evitare che le stesse possano rimanere isolate e prive di adeguata tutela nell'ambito dell'attuale situazione di crisi.
9/2461-AR/145Lazzarini, Boldi, De Martini, Foscolo, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito dell'emergenza sanitaria che il provvedimento in titolo si propone di contrastare, moltissimi giovani medici laureati, anche neoabilitati, hanno garantito un contributo fondamentale alla tenuta del Servizio Sanitario Nazionale, rispondendo alla chiamata delle istituzioni e sopperendo nei limiti del possibile alle carenze di organico che si sono registrate presso gli ospedali in sofferenza;
    molti di questi giovani medici hanno prestato servizio nelle guardie mediche, nei punti di «risposta» alle telefonate dei pazienti, nei presidi territoriali, ovvero hanno affiancato i medici di famiglia nella rete di assistenza territoriale;
    il servizio da questi prestato, ancorché formativo da un punto di vista professionale, rischia di rivelarsi penalizzante ai fini dello studio che i medici in questione dovranno sostenere in vista del concorso di ammissione alle scuole di specializzazione di area sanitaria, il quale, com’è noto, richiede una preparazione assai dispendiosa e totalmente differente da quella che si ottiene nella pratica ospedaliera;
    anche quest'anno il concorso di cui si discute rimarrà estremamente selettivo, nonostante l'incremento dei contratti di formazione specialistica da ultimo disposto dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto Rilancio);
    sarebbe paradossale se, nell'ambito di detto concorso, i medici che hanno dato il loro contributo alla collettività finissero per rimanere penalizzati, a causa del minor tempo a disposizione per la preparazione dell'esame;
    tale effetto, che potrebbe in tesi alterare l'esito del concorso, dovrebbe essere scongiurato nella maniera più assoluta, prevedendo misure correttive che siano in grado di consentire ai medici neoabilitati attualmente in servizio di concorrere effettivamente alla pari con gli altri,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito del prossimo concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione di area sanitaria, una premialità o un riconoscimento in termini di punteggio in favore dei medici abilitati che hanno prestato servizio nelle more dell'emergenza COVID-19, al fine di compensare il minor tempo a loro disposizione per la preparazione dell'esame stesso.
9/2461-AR/146Tiramani, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito dell'emergenza sanitaria che il provvedimento in titolo si propone di contrastare, moltissimi giovani medici laureati, anche neoabilitati, hanno garantito un contributo fondamentale alla tenuta del Servizio Sanitario Nazionale, rispondendo alla chiamata delle istituzioni e sopperendo nei limiti del possibile alle carenze di organico che si sono registrate presso gli ospedali in sofferenza;
    molti di questi giovani medici hanno prestato servizio nelle guardie mediche, nei punti di «risposta» alle telefonate dei pazienti, nei presidi territoriali, ovvero hanno affiancato i medici di famiglia nella rete di assistenza territoriale;
    il servizio da questi prestato, ancorché formativo da un punto di vista professionale, rischia di rivelarsi penalizzante ai fini dello studio che i medici in questione dovranno sostenere in vista del concorso di ammissione alle scuole di specializzazione di area sanitaria, il quale, com’è noto, richiede una preparazione assai dispendiosa e totalmente differente da quella che si ottiene nella pratica ospedaliera;
    anche quest'anno il concorso di cui si discute rimarrà estremamente selettivo, nonostante l'incremento dei contratti di formazione specialistica da ultimo disposto dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto Rilancio);
    sarebbe paradossale se, nell'ambito di detto concorso, i medici che hanno dato il loro contributo alla collettività finissero per rimanere penalizzati, a causa del minor tempo a disposizione per la preparazione dell'esame;
    tale effetto, che potrebbe in tesi alterare l'esito del concorso, dovrebbe essere scongiurato nella maniera più assoluta, prevedendo misure correttive che siano in grado di consentire ai medici neoabilitati attualmente in servizio di concorrere effettivamente alla pari con gli altri,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, nell'ambito del prossimo concorso per l'ammissione alle scuole di specializzazione di area sanitaria, una premialità o un riconoscimento in termini di punteggio in favore dei medici abilitati che hanno prestato servizio nelle more dell'emergenza COVID-19, al fine di compensare il minor tempo a loro disposizione per la preparazione dell'esame stesso.
9/2461-AR/146. (Testo modificato nel corso della seduta) Tiramani, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo VI del decreto-legge in esame contiene disposizioni in materia di salute e lavoro;
    in tali ambiti, si segnala l'esigenza di semplificare la procedura di certificazione prevista dall'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto decreto «Cura Italia») per la tutela dei lavoratori con disabilità, immunodepressione o altre patologie che comportano un accentuato rischio di sviluppare le complicanze correlate all'infezione da COVID-19;
    la disposizione in esame, come modificata dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, prevede letteralmente che: «Fino al 31 luglio 2020 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilitò con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita; ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero di cui all'articolo 87, comma 1, primo periodo, del presente decreto ed è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali di cui sopra, i cui riferimenti sono riportati, per le verifiche di competenza, nel medesimo certificato»;
    come ben si vede, la norma richiede al lavoratore in condizione di fragilità di procurarsi una doppia prescrizione ai fini dell'accesso alla tutela di cui si discute: una prescrizione da parte delle «competenti autorità sanitarie» e l'altra da parte dei «medico di assistenza primaria», in violazione dei principi di celerità ed economicità dell'azione amministrativa il cui rispetto chiaramente si impone nell'attuale situazione di emergenza sanitaria;
    inoltre, la medesima disposizione non specifica quali siano gli «organi medico-legali» e le competenti «autorità sanitarie» che dovrebbero, rispettivamente, certificare la condizione di rischio e prescrivere il periodo di assenza dal servizio;
    si è creato, dunque, un corto circuito che, fino ad oggi, nonostante le circolari diramate, ha reso la disposizione in esame inattuabile, impedendo ai lavoratori in condizione di fragilità di usufruire del beneficio previsto in loro favore dalla legge;
    le problematiche sopra esposte rimangono irrisolte e, anzi, appaiono aggravate in seguito all'emanazione del decreto-legge «Rilancio», il quale — in luogo che semplificare la procedura sopra descritta — ha stabilito all'articolo 83 che i lavoratori «maggiormente esposti al rischio di contagio» possano essere dichiarati inidonei alla mansione, con conseguente estromissione dal servizio senza diritto alla retribuzione;
    si pone, pertanto, l'esigenza di tutelare in maniera effettiva i lavoratori più fragili, correggendo le descritte criticità che, contraddittoriamente, ne accentuano il rischio di impoverimento e marginalizzazione dal mondo del lavoro,

impegna il Governo

a prorogare la vigenza delle disposizioni richiamate e semplificare la procedura di certificazione prevista dall'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, sia nei riguardi dei lavoratori con disabilità grave, sia nei riguardi degli altri lavoratori a rischio, al fine di consentire loro di usufruire del periodo di assenza dal servizio equiparato al ricovero ospedaliero, con la garanzia che i relativi giorni di assenza non siano computati ai fini del periodo di comporto.
9/2461-AR/147Locatelli, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il Capo VI del decreto-legge in esame contiene disposizioni in materia di salute e lavoro;
    in tali ambiti, si segnala l'esigenza di semplificare la procedura di certificazione prevista dall'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto decreto «Cura Italia») per la tutela dei lavoratori con disabilità, immunodepressione o altre patologie che comportano un accentuato rischio di sviluppare le complicanze correlate all'infezione da COVID-19;
    la disposizione in esame, come modificata dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, prevede letteralmente che: «Fino al 31 luglio 2020 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso del riconoscimento di disabilitò con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per lavoratori in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita; ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della medesima legge n. 104 del 1992, il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero di cui all'articolo 87, comma 1, primo periodo, del presente decreto ed è prescritto dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei competenti organi medico-legali di cui sopra, i cui riferimenti sono riportati, per le verifiche di competenza, nel medesimo certificato»;
    come ben si vede, la norma richiede al lavoratore in condizione di fragilità di procurarsi una doppia prescrizione ai fini dell'accesso alla tutela di cui si discute: una prescrizione da parte delle «competenti autorità sanitarie» e l'altra da parte dei «medico di assistenza primaria», in violazione dei principi di celerità ed economicità dell'azione amministrativa il cui rispetto chiaramente si impone nell'attuale situazione di emergenza sanitaria;
    inoltre, la medesima disposizione non specifica quali siano gli «organi medico-legali» e le competenti «autorità sanitarie» che dovrebbero, rispettivamente, certificare la condizione di rischio e prescrivere il periodo di assenza dal servizio;
    si è creato, dunque, un corto circuito che, fino ad oggi, nonostante le circolari diramate, ha reso la disposizione in esame inattuabile, impedendo ai lavoratori in condizione di fragilità di usufruire del beneficio previsto in loro favore dalla legge;
    le problematiche sopra esposte rimangono irrisolte e, anzi, appaiono aggravate in seguito all'emanazione del decreto-legge «Rilancio», il quale — in luogo che semplificare la procedura sopra descritta — ha stabilito all'articolo 83 che i lavoratori «maggiormente esposti al rischio di contagio» possano essere dichiarati inidonei alla mansione, con conseguente estromissione dal servizio senza diritto alla retribuzione;
    si pone, pertanto, l'esigenza di tutelare in maniera effettiva i lavoratori più fragili, correggendo le descritte criticità che, contraddittoriamente, ne accentuano il rischio di impoverimento e marginalizzazione dal mondo del lavoro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prorogare la vigenza delle disposizioni richiamate e semplificare la procedura di certificazione prevista dall'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, sia nei riguardi dei lavoratori con disabilità grave, sia nei riguardi degli altri lavoratori a rischio, al fine di consentire loro di usufruire del periodo di assenza dal servizio equiparato al ricovero ospedaliero, con la garanzia che i relativi giorni di assenza non siano computati ai fini del periodo di comporto.
9/2461-AR/147. (Testo modificato nel corso della seduta) Locatelli, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo interviene, tra l'altro, in materia di dispositivi di protezione individuale per i quali, ancora oggi, a oltre tre mesi dall'Inizio dell'emergenza, continuano a susseguirsi segnalazioni relative a carenze e ritardi negli approvvigionamenti;
    risulta, ad esempio, una situazione di conclamata carenza di mascherine nelle farmacie della Provincia di Monza e Brianza, determinata dal mancato arrivo delle forniture annunciate dal Governo centrale, a fronte della quale il Presidente del Codacons ha comunicato, negli scorsi giorni, la propria intenzione di presentare un esposto alla Procura della Repubblica;
    la situazione appare particolarmente delicata anche per quello che concerne i guanti in lattice monouso, i quali risultano carenti non solo nelle farmacie e negli scaffali dei supermercati, ma anche presso le strutture residenziali per anziani e persone con disabilità, dove risiedono i soggetti maggiormente esposti al rischio di sviluppare le più gravi complicanze correlate all'infezione da COVID-19;
    i ritardi in questione, ormai cronici, sono intollerabili e mettono in grave pericolo la salute del personale e degli assistiti ricoverati presso le ridette strutture assistenziali,

impegna il Governo

ad adottare iniziative anche attraverso l'istituzione di un apposito fondo, per superare definitivamente la problematica relativa alla carenza cronica di DPI nelle residenze sanitarie assistenziali e nelle altre analoghe strutture – pubbliche e private – che erogano prestazioni in favore di anziani, persone con disabilità e altri soggetti in condizione di fragilità.
9/2461-AR/148Caffaratto, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, così come i molti altri che lo hanno preceduto, non prevede alcuna premialità in favore dei professionisti sanitari e sociosanitari impegnati in prima linea nell'ambito dell'emergenza COVID-19;
    dalle anticipazioni di stampa, sembrava che la questione in oggetto potesse effettivamente sbloccarsi con l'adozione del decreto-legge «Rilancio», la cui bozza iniziale prevedeva all'articolo 10 l'erogazione di un premio lordo di importo non superiore a 1.000 euro in favore del suddetto personale, finalizzato a remunerare la fondamentale attività da questo prestata in favore della collettività;
    la suddetta disposizione, tuttavia, è stata espunta dalla versione finale del decreto-legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale;
    è, quindi, tuttora attuale l'esigenza di riconoscere il premio di cui si discute in favore del personale sanitario e sociosanitario; premio in relazione al quale il Governo ha, peraltro, assunto uno specifico impegno in sede di esame del disegno di legge 2447, con l'approvazione dell'ordine del giorno n. 9/02447-A/031, a prima firma dell'onorevole Garavaglia,

impegna il Governo

a dare seguito all'impegno assunto mediante l'approvazione dell'ordine del giorno indicato in premessa, prevedendo un consistente riconoscimento remunerativo in favore del personale sanitario e sociosanitario, appartenente a tutte le categorie, impegnato in prima linea nell'ambito dall'emergenza COVID-19.
9/2461-AR/149Cestari, De Martini, Boldi, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello, Cavandoli, Murelli, Tomasi, Vanessa Cattoi, Alessandro Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, così come i molti altri che lo hanno preceduto, non prevede alcuna premialità in favore dei professionisti sanitari e sociosanitari impegnati in prima linea nell'ambito dell'emergenza COVID-19;
    dalle anticipazioni di stampa, sembrava che la questione in oggetto potesse effettivamente sbloccarsi con l'adozione del decreto-legge «Rilancio», la cui bozza iniziale prevedeva all'articolo 10 l'erogazione di un premio lordo di importo non superiore a 1.000 euro in favore del suddetto personale, finalizzato a remunerare la fondamentale attività da questo prestata in favore della collettività;
    la suddetta disposizione, tuttavia, è stata espunta dalla versione finale del decreto-legge pubblicata in Gazzetta Ufficiale;
    è, quindi, tuttora attuale l'esigenza di riconoscere il premio di cui si discute in favore del personale sanitario e sociosanitario; premio in relazione al quale il Governo ha, peraltro, assunto uno specifico impegno in sede di esame del disegno di legge 2447, con l'approvazione dell'ordine del giorno n. 9/02447-A/031, a prima firma dell'onorevole Garavaglia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare seguito all'impegno assunto mediante l'approvazione dell'ordine del giorno indicato in premessa, prevedendo un consistente riconoscimento remunerativo in favore del personale sanitario e sociosanitario, appartenente a tutte le categorie, impegnato in prima linea nell'ambito dall'emergenza COVID-19.
9/2461-AR/149. (Testo modificato nel corso della seduta) Cestari, De Martini, Boldi, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello, Cavandoli, Murelli, Tomasi, Vanessa Cattoi, Alessandro Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, pur occupandosi di medicina convenzionata, non prevede misure finalizzate a consolidare e rendere strutturale nel tempo l'avviato processo di dematerializzazione delle ricette mediche;
    al processo in questione è stato dato impulso, in via transitoria, con l'ordinanza del capo della protezione civile del 19 marzo 2020, la quale ha introdotto modalità alternative al promemoria cartaceo, con l'obiettivo di ridurre gli accessi presso gli studi medici e limitare – anche per tal via – le potenziali occasioni di contagio;
    più di recente, con nota del 14 maggio 2020, il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno precisato l'ambito applicativo della suddetta ordinanza, chiarendo che sono prescrivibili con ricetta dematerializzata anche i medicinali a base di sostanze stupefacenti e psicotrope incluse nelle sezioni B, C, D, E della tabella dei medicinali e i medicinali con forte attività analgesica, previsti dall'allegato III-bis, per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo, contrassegnati nella sezione A della tabella dei medicinali con (**);
    i passi in avanti che sono stati fatti sotto il profilo della dematerializzazione delle ricette mediche hanno garantito importanti vantaggi sia in termini di risparmio sia in termini di semplificazione degli adempimenti a carico degli assistiti, migliorando nel complesso l'efficienza del Servizio sanitario nazionale;
    ad avviso di chi scrive, la transizione verso la digitalizzazione in ambito sanitario non dovrebbe arrestarsi all'indomani dell'emergenza COVID-19; al contrario, le attuali procedure andrebbero recepite sul piano normativo e, se possibile, perfezionate in vista della loro implementazione stabile in ottica futura,

impegna il Governo

ad adottare adeguate iniziative normative nel quadro delle misure di semplificazione previste dal decreto per consolidare l'utilizzo della ricetta dematerializzata anche all'indomani dell'emergenza da COVID-19, ferma restando naturalmente l'esigenza di garantire il rispetto dei dati personali degli assistiti e delle particolari esigenze della fascia più anziana della popolazione, meno avvezza al l'utilizzo dei moderni sistemi di comunicazione.
9/2461-AR/150Donina, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, pur occupandosi di medicina convenzionata, non prevede misure finalizzate a consolidare e rendere strutturale nel tempo l'avviato processo di dematerializzazione delle ricette mediche;
    al processo in questione è stato dato impulso, in via transitoria, con l'ordinanza del capo della protezione civile del 19 marzo 2020, la quale ha introdotto modalità alternative al promemoria cartaceo, con l'obiettivo di ridurre gli accessi presso gli studi medici e limitare – anche per tal via – le potenziali occasioni di contagio;
    più di recente, con nota del 14 maggio 2020, il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno precisato l'ambito applicativo della suddetta ordinanza, chiarendo che sono prescrivibili con ricetta dematerializzata anche i medicinali a base di sostanze stupefacenti e psicotrope incluse nelle sezioni B, C, D, E della tabella dei medicinali e i medicinali con forte attività analgesica, previsti dall'allegato III-bis, per il trattamento di pazienti affetti da dolore severo, contrassegnati nella sezione A della tabella dei medicinali con (**);
    i passi in avanti che sono stati fatti sotto il profilo della dematerializzazione delle ricette mediche hanno garantito importanti vantaggi sia in termini di risparmio sia in termini di semplificazione degli adempimenti a carico degli assistiti, migliorando nel complesso l'efficienza del Servizio sanitario nazionale;
    ad avviso di chi scrive, la transizione verso la digitalizzazione in ambito sanitario non dovrebbe arrestarsi all'indomani dell'emergenza COVID-19; al contrario, le attuali procedure andrebbero recepite sul piano normativo e, se possibile, perfezionate in vista della loro implementazione stabile in ottica futura,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare adeguate iniziative normative nel quadro delle misure di semplificazione previste dal decreto per consolidare l'utilizzo della ricetta dematerializzata anche all'indomani dell'emergenza da COVID-19, ferma restando naturalmente l'esigenza di garantire il rispetto dei dati personali degli assistiti e delle particolari esigenze della fascia più anziana della popolazione, meno avvezza al l'utilizzo dei moderni sistemi di comunicazione.
9/2461-AR/150. (Testo modificato nel corso della seduta) Donina, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in titolo, pur occupandosi di lavoro, non prevede alcuna misura in favore dei genitori lavoratori che si trovano in situazione di difficoltà in conseguenza della sospensione delle scuole e dei servizi educativi dell'infanzia;
    il sistema delle agevolazioni rimane imperniato sui congedi retribuiti al 50 per cento e sul bonus per l'acquisto dei servizi di baby sitting, la cui misura risulta tuttavia inadeguata in rapporto alle esigenze dei lavoratori con figli;
    con riferimento, in particolare, al bonus per l'acquisto dei servizi di baby-sitting si segnala che il suo importo è stato definito in appena 1.200 euro per un arco temporale di cinque mesi (dal 5 marzo al 31 luglio 2020), con conseguente riconoscimento di una cifra su base mensile pari a 240 euro che, naturalmente, non può adempiere alla funzione sostitutiva delle scuole e dei servizi educativi dell'infanzia per la quale è stata programmata e finalizzata;
    la situazione è ancora più delicata per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, sicurezza, difesa e soccorso pubblico, in specie quelli che hanno figli con disabilità, che hanno subito, in larga parte, la sospensione dei congedi ordinari nell'ambito dell'emergenza, in quanto erogatori di servizi essenziali;
    nei riguardi di tali lavoratori, è previsto un bonus per l'acquisto di servizi di baby sitting maggiorato di 2.000 euro che, tuttavia, nell'arco dei cinque mesi, non copre neppure la metà dello stipendio medio percepito da una baby sitter a tempo pieno;
    inoltre, gli importi sopra citati sono stati calcolati in misura fissa, senza prevedere maggiorazioni correlate al numero dei figli, doverose in base al principio di proporzionalità;
    stesso discorso vale, ovviamente, per il congedo retribuito al 50 per cento, il quale – laddove usufruibile – copre appena un quinto del periodo temporale al quale si riferisce (30 giorni su un totale di cinque mesi) e rimane, peraltro, incompatibile con la fruizione del bonus baby sitting sopra citato,

impegna il Governo:

   a potenziare le misure di sostegno attualmente previste in favore dei lavoratori con figli, disponendo un incremento consistente dei giorni di congedo retribuito e dell'indennità per l'acquisto dei servizi di baby sitting;
   a incrementare ulteriormente il bonus per l'acquisto dei servizi di baby sitting previsto per il personale del settore sanitario e del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, tenendo in particolare considerazione le esigenze dei lavoratori che hanno figli con disabilità.
9/2461-AR/151Sutto, Tateo, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Tiramani, Ziello, Vanessa Cattoi, Murelli, Cavandoli, Gobbato.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge in titolo, pur occupandosi di lavoro, non prevede alcuna misura in favore dei genitori lavoratori che si trovano in situazione di difficoltà in conseguenza della sospensione delle scuole e dei servizi educativi dell'infanzia;
    il sistema delle agevolazioni rimane imperniato sui congedi retribuiti al 50 per cento e sul bonus per l'acquisto dei servizi di baby sitting, la cui misura risulta tuttavia inadeguata in rapporto alle esigenze dei lavoratori con figli;
    con riferimento, in particolare, al bonus per l'acquisto dei servizi di baby-sitting si segnala che il suo importo è stato definito in appena 1.200 euro per un arco temporale di cinque mesi (dal 5 marzo al 31 luglio 2020), con conseguente riconoscimento di una cifra su base mensile pari a 240 euro che, naturalmente, non può adempiere alla funzione sostitutiva delle scuole e dei servizi educativi dell'infanzia per la quale è stata programmata e finalizzata;
    la situazione è ancora più delicata per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, sicurezza, difesa e soccorso pubblico, in specie quelli che hanno figli con disabilità, che hanno subito, in larga parte, la sospensione dei congedi ordinari nell'ambito dell'emergenza, in quanto erogatori di servizi essenziali;
    nei riguardi di tali lavoratori, è previsto un bonus per l'acquisto di servizi di baby sitting maggiorato di 2.000 euro che, tuttavia, nell'arco dei cinque mesi, non copre neppure la metà dello stipendio medio percepito da una baby sitter a tempo pieno;
    inoltre, gli importi sopra citati sono stati calcolati in misura fissa, senza prevedere maggiorazioni correlate al numero dei figli, doverose in base al principio di proporzionalità;
    stesso discorso vale, ovviamente, per il congedo retribuito al 50 per cento, il quale – laddove usufruibile – copre appena un quinto del periodo temporale al quale si riferisce (30 giorni su un totale di cinque mesi) e rimane, peraltro, incompatibile con la fruizione del bonus baby sitting sopra citato,

impegna il Governo

   a valutare la possibilità di:
    potenziare le misure di sostegno attualmente previste in favore dei lavoratori con figli, disponendo un incremento consistente dei giorni di congedo retribuito e dell'indennità per l'acquisto dei servizi di baby sitting;
    incrementare ulteriormente il bonus per l'acquisto dei servizi di baby sitting previsto per il personale del settore sanitario e del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, tenendo in particolare considerazione le esigenze dei lavoratori che hanno figli con disabilità.
9/2461-AR/151. (Testo modificato nel corso della seduta) Sutto, Tateo, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Tiramani, Ziello, Vanessa Cattoi, Murelli, Cavandoli, Gobbato.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure previste dal decreto-legge in titolo sono finalizzate ad assicurare la necessaria liquidità ai soggetti più duramente colpiti dalla crisi pandemica;
    a tale riguardo, si intende sottoporre all'attenzione del Governo l'iniziativa intrapresa dalla Fondazione Enpam – Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri, la quale ha deliberato l'erogazione di una indennità in favore dei relativi iscritti che svolgono l'attività in regime di libera professione e che, nelle more dell'emergenza COVID-19, hanno subito un calo del proprio fatturato superiore al 33 per cento;
    l'indennità è erogabile per un periodo massimo di tre mesi, per un importo massimo di 1.000 euro mensili, è finanziata interamente dalla Fondazione ed è finalizzata a ristorare, nei limiti del possibile, gli iscritti maggiormente colpiti dagli effetti devastanti della crisi pandemica;
    a quanto consta, l'iniziativa in questione è stata ritualmente approvata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1984, n. 509 (cfr. il comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 28 aprile 2020);
    iniziative di questo tipo sopperiscono al carattere irrisorio degli aiuti previsti dal Governo in favore dei liberi professionisti, i quali sono stati considerati in maniera solo marginale nei decreti-legge Cura Italia e Liquidità per poi finire completamente esclusi e dimenticati dalle agevolazioni previste dal successivo decreto-legge «Rilancio»: niente contributi a fondo perduto, niente rimborso delle spese per acquisto DPI e niente indennità per i mesi di aprile e maggio;
    ci si attendeva, quindi, che il Governo sostenesse l'iniziativa in questione, quantomeno da un punto di vista fiscale, considerata l'importanza di garantire l'erogazione per intero delle suddette somme in favore dei relativi beneficiari;
    invece, non è stato fatto neppure questo: a quanto risulta dalle segnalazioni della Fondazione, in assenza di una previsione normativa ad hoc, che il Governo si è guardato bene dall'inserire, l'importo dell'indennità versata in favore dei professionisti è considerata reddito a tutti gli effetti e, conseguentemente, viene assoggettata a tassazione e ritenuta d'acconto;
    per ogni 1.000 euro destinati ai medici in difficoltà, dunque, ENPAM si vede costretta a trattenere la somma di 200 euro e a versarla allo Stato in qualità di sostituto di imposta;
    è evidente l'esigenza di rimuovere quanto prima questa inaccettabile tassa sulla solidarietà del tutto priva di fondamento da un punto di vista logico, morale e giuridico,

impegna il Governo

a intervenire, con urgenza, al fine di garantire che gli importi erogati dall'Enpam e dagli altri enti di diritto privato di previdenza obbligatoria a sostegno dei liberi professionisti colpiti dall'emergenza COVID-19 non siano computati ai fini della determinazione del reddito e, conseguentemente esentati da qualsiasi tipo di tassazione e/o ritenuta.
9/2461-AR/152Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    le misure previste dal decreto-legge in titolo sono finalizzate ad assicurare la necessaria liquidità ai soggetti più duramente colpiti dalla crisi pandemica;
    a tale riguardo, si intende sottoporre all'attenzione del Governo l'iniziativa intrapresa dalla Fondazione Enpam – Ente nazionale di previdenza ed assistenza dei medici e degli odontoiatri, la quale ha deliberato l'erogazione di una indennità in favore dei relativi iscritti che svolgono l'attività in regime di libera professione e che, nelle more dell'emergenza COVID-19, hanno subito un calo del proprio fatturato superiore al 33 per cento;
    l'indennità è erogabile per un periodo massimo di tre mesi, per un importo massimo di 1.000 euro mensili, è finanziata interamente dalla Fondazione ed è finalizzata a ristorare, nei limiti del possibile, gli iscritti maggiormente colpiti dagli effetti devastanti della crisi pandemica;
    a quanto consta, l'iniziativa in questione è stata ritualmente approvata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 1984, n. 509 (cfr. il comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 28 aprile 2020);
    iniziative di questo tipo sopperiscono al carattere irrisorio degli aiuti previsti dal Governo in favore dei liberi professionisti, i quali sono stati considerati in maniera solo marginale nei decreti-legge Cura Italia e Liquidità per poi finire completamente esclusi e dimenticati dalle agevolazioni previste dal successivo decreto-legge «Rilancio»: niente contributi a fondo perduto, niente rimborso delle spese per acquisto DPI e niente indennità per i mesi di aprile e maggio;
    ci si attendeva, quindi, che il Governo sostenesse l'iniziativa in questione, quantomeno da un punto di vista fiscale, considerata l'importanza di garantire l'erogazione per intero delle suddette somme in favore dei relativi beneficiari;
    invece, non è stato fatto neppure questo: a quanto risulta dalle segnalazioni della Fondazione, in assenza di una previsione normativa ad hoc, che il Governo si è guardato bene dall'inserire, l'importo dell'indennità versata in favore dei professionisti è considerata reddito a tutti gli effetti e, conseguentemente, viene assoggettata a tassazione e ritenuta d'acconto;
    per ogni 1.000 euro destinati ai medici in difficoltà, dunque, ENPAM si vede costretta a trattenere la somma di 200 euro e a versarla allo Stato in qualità di sostituto di imposta;
    è evidente l'esigenza di rimuovere quanto prima questa inaccettabile tassa sulla solidarietà del tutto priva di fondamento da un punto di vista logico, morale e giuridico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, con urgenza, al fine di garantire che gli importi erogati dall'Enpam e dagli altri enti di diritto privato di previdenza obbligatoria a sostegno dei liberi professionisti colpiti dall'emergenza COVID-19 non siano computati ai fini della determinazione del reddito e, conseguentemente esentati da qualsiasi tipo di tassazione e/o ritenuta.
9/2461-AR/152. (Testo modificato nel corso della seduta) Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'emergenza COVID-19 impone una rivalutazione degli istituti che ritardano, ingiustificatamente, l'entrata dei professionisti sanitari nel mondo del lavoro;
    in tale prospettiva, il Parlamento ha già approvato il superamento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione di medico chirurgo, stabilendo all'articolo 102 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, che «il conseguimento della laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia – Classe LM/41 abilita all'esercizio della professione di medico-chirurgo»;
    ad avviso degli scriventi, un provvedimento di analogo contenuto dovrebbe essere considerato anche nei riguardi degli altri professionisti sanitari e, sicuramente, per i veterinari e i farmacisti, per i quali le modalità con le quali vengono svolti gli esami di abilitazione non garantiscono un apporto significativo alla preparazione e non trovano conseguentemente una valida giustificazione sul piano sanitario e giuridico,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative normative volte a rendere abilitante all'esercizio delle professioni di veterinario e di farmacista il conseguimento delle lauree magistrali, rispettivamente, in medicina veterinaria e in farmacia e farmacia industriale;
   a valutare l'opportunità di estendere il superamento dell'esame in questione anche per le altre professioni sanitarie, tenuto conto dell'esigenza di evitare distinzioni e rafforzare la sinergia tra le professioni stesse nel superiore interesse alla tutela della salute pubblica.
9/2461-AR/153Foscolo, Latini, Vanessa Cattoi, Boldi, De Martini, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Sutto, Tiramani, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    i contratti conclusi dalle banche con la clientela al dettaglio, durante il periodo dell'emergenza (così come deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio scorso), hanno l'efficacia probatoria di cui all'articolo 20, comma 1-bis, del Codice dell'Amministrazione Digitale, anche se il cliente esprime il proprio consenso mediante posta elettronica ordinaria, o con altro strumento idoneo;
    senza dubbio appare condivisibile la ratio ispiratrice della norma, ovvero l'intento di facilitare e semplificare la conclusione dei contratti bancari e finanziari, in un periodo di emergenza come quello che stiamo vivendo, in cui le relazioni economiche e contrattuali si svolgono esclusivamente in forma digitale;
    l'utilizzo degli strumenti tecnologici necessita di un approccio integrato, laddove il passaggio dal cartaceo al digitale implica non solo l'adozione di nuove metodologie, ma anche nuove modalità di gestione della documentazione e, soprattutto, una nuova concezione organizzativa. È tuttavia necessario che banche e intermediari finanziari adottino tutti gli accorgimenti idonei per arginare i rischi legati ad una modalità di conclusione contrattuale come quella delineata. Ciò soprattutto con riferimento al punto della conservazione con modalità tali da garantirne la sicurezza, integrità e immodificabilità. Appare critico se tali circostanze possano derivare unilateralmente da una delle due parti contrattuali, e quindi essere affidate unicamente al contraente più forte, ovvero se tali elementi debbano emergere da circostanze oggettive ed univocamente apprezzabili,

impegna il Governo

al fine di tutelare i sottoscrittori di contratti approvati in periodo di emergenza, a prevedere disposizioni che consentano l'intervento della Consob, la quale, sentita la Banca d'Italia, possa prevedere con regolamento che, particolari tipi di contratto, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, possano o debbano essere stipulati in altra forma, assicurando nei confronti dei clienti al dettaglio un appropriato livello di garanzia.
9/2461-AR/154Tomasi, Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    in un'economia moderna la nascita, ma soprattutto la sopravvivenza, delle startup, delle nuove aziende, è fondamentale. È infatti provato che, in media, l'1 per cento delle startup più dinamiche sia responsabile della creazione del 40 per cento dei nuovi posti di lavoro complessivamente generati in un anno: un fattore che dovrebbe spingere i governi a far nascere nuove startup piuttosto che focalizzarsi sul salvataggio dei business tradizionali;
    queste evidenze dimostrano come la politica debba concentrarsi con attenzione sulla legislazione a favore delle startup. Negli Stati Uniti si stima che, ogni mese, 3 persone su 1.000 possano diventare imprenditori di successo; tuttavia, è necessario che le altre 997 persone lavorino duramente affinché quei 3 talenti vengano facilitati nella creazione di nuove aziende di successo;
    facilitare la nascita e la sopravvivenza della nuova impresa deve essere il mantra di una nazione: in particolare, dovrebbero essere prioritarie, nell'agenda del legislatore, tutte le politiche volte a semplificare l'esistenza di un'impresa;
    sono 10630 le startup innovative iscritte al Registro delle Imprese, in aumento dell'1,8 per cento rispetto al dato di giugno. E il valore della produzione ha sfiorato gli 1,2 miliardi di euro. Al 30 settembre 2019 sono 2.576 le startup innovative avviate grazie a una modalità di costituzione digitale e gratuita, una crescita di 169 unità rispetto al dato registrato alla passata rilevazione (fine giugno 2019),

impegna il Governo

ad adottare iniziative di propria competenza al fine di consentire per 12 mesi, alle start up innovative e alle PMI innovative, disciplinate dalle normative vigenti, di non vedersi revocate le aperture di credito, di proroga di prestiti non rateali e sospensione del pagamento delle rate sia in linea capitale sia interessi dei mutui e degli altri finanziamenti inclusi i canoni di leasing.
9/2461-AR/155Bazzaro, Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Murelli, Durigon, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Andreuzza, Guidesi, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    in un'economia moderna la nascita, ma soprattutto la sopravvivenza, delle startup, delle nuove aziende, è fondamentale. È infatti provato che, in media, l'1 per cento delle startup più dinamiche sia responsabile della creazione del 40 per cento dei nuovi posti di lavoro complessivamente generati in un anno: un fattore che dovrebbe spingere i governi a far nascere nuove startup piuttosto che focalizzarsi sul salvataggio dei business tradizionali;
    queste evidenze dimostrano come la politica debba concentrarsi con attenzione sulla legislazione a favore delle startup. Negli Stati Uniti si stima che, ogni mese, 3 persone su 1.000 possano diventare imprenditori di successo; tuttavia, è necessario che le altre 997 persone lavorino duramente affinché quei 3 talenti vengano facilitati nella creazione di nuove aziende di successo;
    facilitare la nascita e la sopravvivenza della nuova impresa deve essere il mantra di una nazione: in particolare, dovrebbero essere prioritarie, nell'agenda del legislatore, tutte le politiche volte a semplificare l'esistenza di un'impresa;
    sono 10630 le startup innovative iscritte al Registro delle Imprese, in aumento dell'1,8 per cento rispetto al dato di giugno. E il valore della produzione ha sfiorato gli 1,2 miliardi di euro. Al 30 settembre 2019 sono 2.576 le startup innovative avviate grazie a una modalità di costituzione digitale e gratuita, una crescita di 169 unità rispetto al dato registrato alla passata rilevazione (fine giugno 2019),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative di propria competenza al fine di consentire per 12 mesi, alle start up innovative e alle PMI innovative, disciplinate dalle normative vigenti, di non vedersi revocate le aperture di credito, di proroga di prestiti non rateali e sospensione del pagamento delle rate sia in linea capitale sia interessi dei mutui e degli altri finanziamenti inclusi i canoni di leasing.
9/2461-AR/155. (Testo modificato nel corso della seduta) Bazzaro, Centemero, Bitonci, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Murelli, Durigon, Caffaratto, Caparvi, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni, Andreuzza, Guidesi, Binelli, Colla, Dara, Galli, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il credito commerciale è una forma di credito che, al contrario di quelle tradizionali, non viene erogata da un soggetto specializzato (banche o società finanziarie) ma da aziende commerciali: si tratta di una dilazione di pagamento che l'azienda fornitrice concede all'azienda cliente. Di fatto, attraverso una dilazione di pagamento, il fornitore rinuncia alla disponibilità immediata di liquidità sostenendo quindi un costo che può configurarsi come un costo effettivo (ricorso al credito e conseguente pagamento degli interessi) o come un costo opportunità (impossibilità di utilizzare la liquidità per investimenti). L'azienda accetta di offrire una dilazione di pagamento, sostenendo di fatto un rischio, al fine di conseguire un vantaggio competitivo sui competitor;
    la gestione dei crediti commerciali è un'attività tanto importante quanto complessa per la maggior parte delle aziende italiane. Infatti, i crediti commerciali rappresentano il 23 per cento del loro fatturato complessivo ed il 43 per cento delle vendite viene fatto a credito;
    il credito commerciale è un tipo di credito che, al contrario di quelli tradizionali, non viene erogato da un soggetto specializzato (banche o società finanziarie) ma da aziende commerciali/industriali. Si tratta di una dilazione di pagamento che l'azienda fornitrice concede ad un'azienda cliente;
    le aziende fornitrici offrono questo servizio, pur esponendosi al rischio di un mancato pagamento, per diverse ragioni. Prima tra tutte, il pagamento differito è una forma di garanzia nei confronti del compratore che, nel caso di prodotti difettosi, non pagherà una parte del debito. Inoltre, in un contesto dove il canale bancario concede sempre meno prestiti, i crediti commerciali permettono di incrementare i ricavi limitando la propria esposizione finanziaria;
    il 77,6 per cento dei fornitori italiani intervistati ha segnalato che spesso ci sono ritardi nel pagamento causati dalla carenza di liquidità. Si tratta di una percentuale ben al di sopra della media dell'Europa Occidentale (52,6 per cento),

impegna il Governo

ad adottare iniziative di propria competenza al fine di potenziare ed estendere le possibilità di intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese con l'incremento della percentuale di copertura della garanzia diretta dall'80 al 90 per cento su operazioni finanziarie che includano anche dilazioni concesse su crediti commerciali, al fine di sostenere il tessuto imprenditoriale del Paese.
9/2461-AR/156Moschioni, Gusmeroli, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo le previsioni economiche della Commissione europea aggiornate a maggio, l'economia dell'Ue 27 dovrebbe contrarsi del –7,4 per cento nel 2020 e crescere del +6,1 per cento nel 2021. Previsioni che sono state riviste al ribasso di ben 9 punti percentuali rispetto a quelle formulate nell'autunno 2019;
    le misure legate al lockdown hanno frenato improvvisamente i consumi privati italiani, previsti in calo del –10,9 per cento nel 2020 e in ripresa nel 2021 (+7,3 per cento);
    il crollo della domanda e l'elevata incertezza si accompagneranno a un forte calo degli investimenti, pari al –14,2 per cento nel 2020 e un rimbalzo del +13,0 per cento nel 2021;
    il contributo dell’export, dopo una forte flessione nell'anno in corso (-13,0 per cento), tornerà positivo nel 2021 (+10,5 per cento) in linea con l'andamento del commercio mondiale;
    nei settori non alimentari (abbigliamento, bricolage, sport, profumerie, mobili e arredamento e altri), si sono registrati, cali del fatturato del 25-30 per cento a livello nazionale, con punte nelle Regioni più coinvolte, come la Lombardia, che superano il 50 per cento,

impegna il Governo

a considerare la possibilità di ulteriore iniezione di liquidità per le imprese nel settore tessile, alimentare e della ristorazione la cui attività d'impresa sia stata danneggiata in conseguenza dell'emergenza COVID-19, prevedendo nel primo provvedimento utile nuovi ed ulteriori misure di sostegno.
9/2461-AR/157Giglio Vigna, Caparvi, Bitonci, Gusmeroli, Centemero, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Murelli, Durigon, Caffaratto, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Moschioni.


   La Camera,
   premesso che:
    la provincia di Bergamo rappresenta il territorio che, anche a livello internazionale, ha dovuto pagare il prezzo più alto in termini di vite umane a causa della pandemia da COVID-19. Le più attente e recenti rilevazioni hanno stabilito che, a differenza dei dati forniti dal Dipartimento della Protezione civile secondo cui le stime dei deceduti si attestavano attorno alle duemila unità, il numero delle vittime da COVID-19 nella suddetta area geografica è pari a quasi cinquemila;
    le immagini di carri dell'esercito che sfilano nella notte per le strade di Bergamo, diretti ai luoghi per la cremazione, resteranno certamente impressi nella memoria dei cittadini;
    tale situazione è divenuta paradossale nella sua tragicità nel momento in cui i familiari delle vittime, oltre a non aver avuto la possibilità di svolgere un'adeguata cerimonia funebre, hanno ricevuto le fatture per i costi di trasporto fuori Regione delle salme dei propri cari inviate per la cremazione;
    la possibilità che tali spese debbano essere poste a carico delle famiglie bergamasche rappresenterebbe un eccessivo ed ingiustificato accanimento nei loro confronti e dimostrerebbe la totale assenza di sostegno economico da parte dello Stato in un periodo storico così difficile,

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione di un apposito fondo per il 2020 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per contributi a fondo perduto e secondo modalità compatibili con la normativa europea, al fine di garantire misure di sostegno ai familiari delle vittime da COVID-19 nella provincia di Bergamo per far fronte ai costi di cremazione sostenuti. La concessione della suddetta garanzia potrebbe essere individuata dai dati risultanti dagli elenchi trasmessi e convalidati dalle Aziende sanitarie locali, dall'assessorato regionale alla sanità ovvero dal Dipartimento della Protezione Civile competente per territorio, identificando quale causa terminale del decesso la patologia COVID-19.
9/2461-AR/158Invernizzi, Frassini, Belotti, Ribolla.


   La Camera,
   premesso che:
    la provincia di Bergamo rappresenta il territorio che, anche a livello internazionale, ha dovuto pagare il prezzo più alto in termini di vite umane a causa della pandemia da COVID-19. Le più attente e recenti rilevazioni hanno stabilito che, a differenza dei dati forniti dal Dipartimento della Protezione civile secondo cui le stime dei deceduti si attestavano attorno alle duemila unità, il numero delle vittime da COVID-19 nella suddetta area geografica è pari a quasi cinquemila;
    le immagini di carri dell'esercito che sfilano nella notte per le strade di Bergamo, diretti ai luoghi per la cremazione, resteranno certamente impressi nella memoria dei cittadini;
    tale situazione è divenuta paradossale nella sua tragicità nel momento in cui i familiari delle vittime, oltre a non aver avuto la possibilità di svolgere un'adeguata cerimonia funebre, hanno ricevuto le fatture per i costi di trasporto fuori Regione delle salme dei propri cari inviate per la cremazione;
    la possibilità che tali spese debbano essere poste a carico delle famiglie bergamasche rappresenterebbe un eccessivo ed ingiustificato accanimento nei loro confronti e dimostrerebbe la totale assenza di sostegno economico da parte dello Stato in un periodo storico così difficile,

impegna il Governo

a prevedere la possibilità di istituire un apposito fondo per il 2020 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per contributi a fondo perduto e secondo modalità compatibili con la normativa europea, al fine di garantire misure di sostegno ai familiari delle vittime da COVID-19 nella provincia di Bergamo e nelle altre province maggiormente colpite per far fronte ai costi di cremazione sostenuti. La concessione della suddetta garanzia potrebbe essere individuata dai dati risultanti dagli elenchi trasmessi e convalidati dalle Aziende sanitarie locali, dall'assessorato regionale alla sanità ovvero dal Dipartimento della Protezione Civile competente per territorio, identificando quale causa terminale del decesso la patologia COVID-19.
9/2461-AR/158. (Testo modificato nel corso della seduta) Invernizzi, Frassini, Belotti, Ribolla.


   La Camera,
   premesso che:
    non risultando opinabili le attuali difficoltà legate alla situazione emergenziale causata dalla pandemia da COVID-19, appare condivisibile la necessità di adottare iniziative che potrebbero sostenere economicamente le Amministrazioni locali e, di conseguenza, alleggerire anche le famiglie e le imprese dei relativi territori;
    nell'attuale periodo di crisi, le Amministrazioni locali avranno indubbiamente subito una grossa riduzione delle entrate legate ad alcuni tributi comunali, come, ad esempio, l'imposta di soggiorno, la tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche, i ricavi legati ai parcheggi a pagamento, le sanzioni del Codice della strada. La copertura di tali mancati introiti difficilmente potrà essere assicurata da manovre governative in grado di determinare l'aumento dei trasferimenti statali, lasciando così le amministrazioni locali in gravi difficoltà per coprire le spese correnti fisse e, soprattutto, le spese necessarie per far ripartire adeguatamente i territori al termine di questa emergenza;
    l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione libero in parte corrente esclusivamente per spese connesse all'emergenza in corso si è, infatti, dimostrato, incapace di fornire le necessarie risorse economiche, per di più implicando l'attesa di provvedimenti statali di rifinanziamento dei trasferimenti;
    l'ipotesi avanzata, invece, non determinerebbe alcun onere per lo Stato centrale e permetterebbe a tutte le Amministrazioni di affrontare l'emergenza in maniera dignitosa, garantendo una concreta e adeguata ripartenza,

impegna il Governo

a prevedere, nel prossimo provvedimento utile, l'utilizzo da parte degli Enti locali dell'avanzo di amministrazione per fronteggiare tutte le spese correnti e le minori entrate derivanti dall'emergenza sanitaria in atto.
9/2461-AR/159Vanessa Cattoi, Binelli, Loss, Sutto.


   La Camera,
   premesso che:
    non risultando opinabili le attuali difficoltà legate alla situazione emergenziale causata dalla pandemia da COVID-19, appare condivisibile la necessità di adottare iniziative che potrebbero sostenere economicamente le Amministrazioni locali e, di conseguenza, alleggerire anche le famiglie e le imprese dei relativi territori;
    nell'attuale periodo di crisi, le Amministrazioni locali avranno indubbiamente subito una grossa riduzione delle entrate legate ad alcuni tributi comunali, come, ad esempio, l'imposta di soggiorno, la tassa per l'occupazione di spazi e aree pubbliche, i ricavi legati ai parcheggi a pagamento, le sanzioni del Codice della strada. La copertura di tali mancati introiti difficilmente potrà essere assicurata da manovre governative in grado di determinare l'aumento dei trasferimenti statali, lasciando così le amministrazioni locali in gravi difficoltà per coprire le spese correnti fisse e, soprattutto, le spese necessarie per far ripartire adeguatamente i territori al termine di questa emergenza;
    l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione libero in parte corrente esclusivamente per spese connesse all'emergenza in corso si è, infatti, dimostrato, incapace di fornire le necessarie risorse economiche, per di più implicando l'attesa di provvedimenti statali di rifinanziamento dei trasferimenti;
    l'ipotesi avanzata, invece, non determinerebbe alcun onere per lo Stato centrale e permetterebbe a tutte le Amministrazioni di affrontare l'emergenza in maniera dignitosa, garantendo una concreta e adeguata ripartenza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, nel prossimo provvedimento utile, l'utilizzo da parte degli Enti locali dell'avanzo di amministrazione per fronteggiare tutte le spese correnti e le minori entrate derivanti dall'emergenza sanitaria in atto.
9/2461-AR/159. (Testo modificato nel corso della seduta) Vanessa Cattoi, Binelli, Loss, Sutto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, al Capo II, contiene speciali disposizioni per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza pandemica da Covid-19; in particolare, all'articolo 11, si dispone per tutto il territorio nazionale la sospensione dei termini di scadenza, ricadenti o che abbiano avuto inizio a decorrere nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e il 30 aprile 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e ad ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva;
    già l'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9 aveva stabilito che nei confronti dei soggetti che erano residenti, avevano sede operativa o esercitavano la propria attività lavorativa nei comuni ricadenti nella c.d. zona rossa venivano sospesi «i termini di scadenza, ricadenti o decorrenti nel periodo che va dal 22 febbraio 2020 al 31 marzo 2020, relativi a vaglia cambiari, a cambiali e ad ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva»;
    in considerazione della progressiva espansione dell'epidemia, dapprima sono state rimodulate le aree di intervento (DPCM 8 marzo 2020) e, successivamente, sono state estese le misure emergenziali di contenimento a tutto il territorio nazionale (DPCM 9 marzo 2020); la legislazione d'urgenza che ne è seguita (decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11) non aveva però apportato alcuna modifica al comma 5 dell'articolo 10 sopra citato decreto, occupandosi in via prevalente di questioni giudiziarie procedurali e problematiche afferenti al rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dagli organi competenti;
    in sede di conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18 (Cura Italia), all'articolo 56, comma 2, sono state proposte da parte della Lega modifiche emendative al fine di implementate le misure di sostegno finanziario per le piccole e medie imprese colpite dall'epidemia di COVID-19; in particolare, per le emissioni di assegni bancari di garanzia, si chiedeva la sospensione degli adempimenti di versamento per difetto di provvista nel periodo compreso tra l'8 marzo 2020 e il 30 settembre 2020. La sospensione, inoltre, non avrebbe comportato le sanzioni amministrative accessorie previste dalla legge 15 dicembre 1990, n. 386;
    predette proposte emendative, purtroppo, non hanno trovato riscontro favorevole; nel mentre, il Governo è intervenuto con la disposizione recata all'articolo 11 per presente decreto-legge in conversione;
    indubbiamente il termine di sospensione al 30 aprile – in un provvedimento già emanato con ritardo, ed ancora in iter istruttorio di conversione in legge – era limitativo e inefficace; inoltre, anche la modifica apportata in corso di esame in sede referente, che di fatto proroga di soli quattro mesi non appare né risolutiva, né agevolativa;
    pertanto, con riguardo agli effetti della sospensione disposta dal decreto-legge in esame, sembrava opportuno prorogare ulteriormente al 31 dicembre le disposizioni ivi contenute, soprattutto per garantire una coerente interpretazione circa la temporanea inapplicabilità del protesto e della disciplina sanzionatoria dell'assegno che, in queste settimane soprattutto, ha determinato azioni esecutive da parte di banche e istituti di credito a carico degli imprenditori,

impegna il Governo

a prevedere, nei provvedimenti di prossima emanazione, una specifica attenzione alle misure di cui in premessa, al fine di tutelare distorsioni applicative nel caso in cui i protesti siano stati pubblicati ma non ancora cancellati d'ufficio dal registro giudiziario, così come la banca, nel caso in cui sia stata inviata la segnalazione alla Centrale d'Allarme Interbancaria, dovrà provvedere alla cancellazione degli stessi dagli archivi informatici.
9/2461-AR/160Furgiuele, Di Muro, Foscolo, Potenti, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, al Capo II, contiene speciali disposizioni per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza pandemica da Covid-19; in particolare, all'articolo 11, si dispone per tutto il territorio nazionale la sospensione dei termini di scadenza, ricadenti o che abbiano avuto inizio a decorrere nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e il 30 aprile 2020, relativi a vaglia cambiari, cambiali e ad ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva;
    già l'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9 aveva stabilito che nei confronti dei soggetti che erano residenti, avevano sede operativa o esercitavano la propria attività lavorativa nei comuni ricadenti nella c.d. zona rossa venivano sospesi «i termini di scadenza, ricadenti o decorrenti nel periodo che va dal 22 febbraio 2020 al 31 marzo 2020, relativi a vaglia cambiari, a cambiali e ad ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva»;
    in considerazione della progressiva espansione dell'epidemia, dapprima sono state rimodulate le aree di intervento (DPCM 8 marzo 2020) e, successivamente, sono state estese le misure emergenziali di contenimento a tutto il territorio nazionale (DPCM 9 marzo 2020); la legislazione d'urgenza che ne è seguita (decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11) non aveva però apportato alcuna modifica al comma 5 dell'articolo 10 sopra citato decreto, occupandosi in via prevalente di questioni giudiziarie procedurali e problematiche afferenti al rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dagli organi competenti;
    in sede di conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18 (Cura Italia), all'articolo 56, comma 2, sono state proposte da parte della Lega modifiche emendative al fine di implementate le misure di sostegno finanziario per le piccole e medie imprese colpite dall'epidemia di COVID-19; in particolare, per le emissioni di assegni bancari di garanzia, si chiedeva la sospensione degli adempimenti di versamento per difetto di provvista nel periodo compreso tra l'8 marzo 2020 e il 30 settembre 2020. La sospensione, inoltre, non avrebbe comportato le sanzioni amministrative accessorie previste dalla legge 15 dicembre 1990, n. 386;
    predette proposte emendative, purtroppo, non hanno trovato riscontro favorevole; nel mentre, il Governo è intervenuto con la disposizione recata all'articolo 11 per presente decreto-legge in conversione;
    indubbiamente il termine di sospensione al 30 aprile – in un provvedimento già emanato con ritardo, ed ancora in iter istruttorio di conversione in legge – era limitativo e inefficace; inoltre, anche la modifica apportata in corso di esame in sede referente, che di fatto proroga di soli quattro mesi non appare né risolutiva, né agevolativa;
    pertanto, con riguardo agli effetti della sospensione disposta dal decreto-legge in esame, sembrava opportuno prorogare ulteriormente al 31 dicembre le disposizioni ivi contenute, soprattutto per garantire una coerente interpretazione circa la temporanea inapplicabilità del protesto e della disciplina sanzionatoria dell'assegno che, in queste settimane soprattutto, ha determinato azioni esecutive da parte di banche e istituti di credito a carico degli imprenditori,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, nei provvedimenti di prossima emanazione, una specifica attenzione alle misure di cui in premessa, al fine di tutelare distorsioni applicative nel caso in cui i protesti siano stati pubblicati ma non ancora cancellati d'ufficio dal registro giudiziario, così come la banca, nel caso in cui sia stata inviata la segnalazione alla Centrale d'Allarme Interbancaria, dovrà provvedere alla cancellazione degli stessi dagli archivi informatici.
9/2461-AR/160. (Testo modificato nel corso della seduta) Furgiuele, Di Muro, Foscolo, Potenti, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale quadro emergenziale così come rappresentato incide non solo sul settore sanitario, ma anche su quello sociale, economico e occupazionale del nostro Paese;
    gli enti territoriali – soprattutto i Comuni – si trovano ad affrontare e sostenere situazioni di difficoltà economica, indigenza e di emarginazione che, purtroppo, non sono tardate a manifestarsi nell'ultimo periodo. Le inevitabili ripercussioni nei territori, quindi, pongono delle responsabilità civiche e delle azioni di solidarietà sociale che vanno fortemente incentivate nonché promosse in qualsiasi forma applicativa;
    l'aiuto donativo delle Fondazioni bancarie potrebbe, pertanto, aiutare molti amministratori locali a compensare la carenza dei trasferimenti da parte dello Stato ai Comuni – già ampiamente assorbiti dalle azioni di promozione sociale e collettiva accresciute negli ultimi mesi – per aiutare la popolazione residente che si trova in dimostrabile stato di necessità economica a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    negli anni le Fondazioni di origine bancaria hanno contribuito al progresso sociale delle nostre comunità, ivi incluse il sostegno alle iniziative istituzionali e associative: non solo per le risorse erogate ma anche per la buona innovazione sociale che si è sperimentata, fattori su cui le nostre comunità devono poter contare nel prossimo futuro,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative normative per il coinvolgimento attivo delle fondazioni di origine bancaria quali donatori su base volontaria al fine di favorire e sostenere gli enti locali nelle loro azioni di associazionismo, volontariato e donazione al tessuto economico e sociale purtroppo già gravemente danneggiato dall'emergenza da COVID-19.
9/2461-AR/161Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale quadro emergenziale così come rappresentato incide non solo sul settore sanitario, ma anche su quello sociale, economico e occupazionale del nostro Paese;
    gli enti territoriali – soprattutto i Comuni – si trovano ad affrontare e sostenere situazioni di difficoltà economica, indigenza e di emarginazione che, purtroppo, non sono tardate a manifestarsi nell'ultimo periodo. Le inevitabili ripercussioni nei territori, quindi, pongono delle responsabilità civiche e delle azioni di solidarietà sociale che vanno fortemente incentivate nonché promosse in qualsiasi forma applicativa;
    l'aiuto donativo delle Fondazioni bancarie potrebbe, pertanto, aiutare molti amministratori locali a compensare la carenza dei trasferimenti da parte dello Stato ai Comuni – già ampiamente assorbiti dalle azioni di promozione sociale e collettiva accresciute negli ultimi mesi – per aiutare la popolazione residente che si trova in dimostrabile stato di necessità economica a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    negli anni le Fondazioni di origine bancaria hanno contribuito al progresso sociale delle nostre comunità, ivi incluse il sostegno alle iniziative istituzionali e associative: non solo per le risorse erogate ma anche per la buona innovazione sociale che si è sperimentata, fattori su cui le nostre comunità devono poter contare nel prossimo futuro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative normative per il coinvolgimento attivo delle fondazioni di origine bancaria quali donatori su base volontaria al fine di favorire e sostenere gli enti locali nelle loro azioni di associazionismo, volontariato e donazione al tessuto economico e sociale purtroppo già gravemente danneggiato dall'emergenza da COVID-19.
9/2461-AR/161. (Testo modificato nel corso della seduta) Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, al fine contenere le ricadute economiche e sociali determinatesi a causa dell'emergenza epidemiologica COVID-19, dedica l'intero Titolo IV ad una serie di misure fiscali a sostegno della liquidità di famiglie ed imprese prevedendo, tra l'altro, la sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali nonché dei premi per l'assicurazione obbligatoria, e del relativo versamento dell'Iva, oltre alla sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi a carico dei contribuenti;
    pur apprezzando lo sforzo di intraprendere specifiche disposizioni per aiutare le imprese in carenza di liquidità, ha tralasciato di approfondimento numerosi e consequenziali effetti generati dalle misure contenitive delle attività quotidiane lavorative di molti professionisti;
    in particolare, fortissime preoccupazioni sono state manifestate dal comparto dello spettacolo, iscritti alla Società Italiana degli Autori ed Editori (SIAE), molti dei quali con redditi annuali che non superano i 10.000 euro e che fanno dei proventi dell'utilizzazione delle proprie opere il loro unico mezzo di sostentamento;
    oltretutto, visto che la qualificazione giuridica di tali proventi non pare esservi un orientamento consolidato e univoco in materia: ovvero, se da un lato, in quanto crediti pecuniari, non appaiono configurabili alla stregua di stipendi, salari o altre indennità da rapporto di lavoro o di impiego, con conseguente esclusione delle limitazioni di pignorabilità previste per legge, restano perfettamente e interamente pignorabili presso terzi ai sensi dell'articolo 111, comma 2, della legge 22 aprile 1941, n. 633 in materia di diritto d'autore;
    il serio e concreto rischio che l'attivazione delle procedure esecutive nei confronti di suddetti soggetti rischierebbe di far trovare molti giovani professionisti in difficoltà economiche di sostentamento da beni di prima necessità,

impegna il Governo

ad adottare, già nel prossimo provvedimento utile, disposizioni urgenti e derogatorie che dispongano l'impignorabilità dei crediti pecuniari, quantomeno con riferimento alle posizioni debitorie che i soggetti in questione assumono nei confronti della Pubblica Amministrazione e affidate all'Agenzia delle entrate, così da poter limitare gli eventuali pignoramenti e consentire la sopravvivenza di una categoria troppo spesso dimenticata dalle strategie di intervento pubblico.
9/2461-AR/162Racchella, Basini, Belotti, Colmellere, Fogliani, Furgiuele, Latini, Patelli, Sasso.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito delle necessarie misure adottate per il contenimento della pandemia, le imprese e le attività commerciali si sono trovate a dover fronteggiare i mancati incassi nonché una contrazione del reddito percepito e ad esso correlato;
    il provvedimento in esame, pur sforzandosi di affrontare la pluralità di conseguenze indotte e riconducibili al lockdown di contenimento da contagio, ho lo scopo di dare maggiore liquidità alle imprese, visto che sono state senza dubbio uno dei settori più duramente colpiti dall'emergenza sanitaria;
    già in sede di esame del disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», era stata proposta una modifica emendativa che esonerasse dal pagamento delle imposte municipali i fabbricati rientranti nei gruppi catastali C/1, D/2, D/3, D/6 e D/8 qualora il proprietario avesse subito una riduzione dei ricavi per canoni di locazione superiore al 30 per cento rispetto al periodo d'imposta precedente.
    il sistema delle imprese si trova ad affrontare un momento cruciale che segnerà il destino di numerosi imprenditori e lavoratori per molti mesi a venire;
    ad oggi, sono stati esonerati dal pagamento dell'imposta municipale gli immobili del settore turistico mentre per gli altri rimane vigente e prossima la scadenza del prossimo 16 giugno,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa di competenza, fin dal prossimo provvedimento utile, finalizzata a prevedere l'esenzione IMU per tutti gli immobili strumentali delle imprese – senza distinzione alcuna – per l'intero periodo di chiusura forzata dell'attività.
9/2461-AR/163Turri, Paternoster, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito delle necessarie misure adottate per il contenimento della pandemia, le imprese e le attività commerciali si sono trovate a dover fronteggiare i mancati incassi nonché una contrazione del reddito percepito e ad esso correlato;
    il provvedimento in esame, pur sforzandosi di affrontare la pluralità di conseguenze indotte e riconducibili al lockdown di contenimento da contagio, ho lo scopo di dare maggiore liquidità alle imprese, visto che sono state senza dubbio uno dei settori più duramente colpiti dall'emergenza sanitaria;
    già in sede di esame del disegno di legge recante «Conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», era stata proposta una modifica emendativa che esonerasse dal pagamento delle imposte municipali i fabbricati rientranti nei gruppi catastali C/1, D/2, D/3, D/6 e D/8 qualora il proprietario avesse subito una riduzione dei ricavi per canoni di locazione superiore al 30 per cento rispetto al periodo d'imposta precedente.
    il sistema delle imprese si trova ad affrontare un momento cruciale che segnerà il destino di numerosi imprenditori e lavoratori per molti mesi a venire;
    ad oggi, sono stati esonerati dal pagamento dell'imposta municipale gli immobili del settore turistico mentre per gli altri rimane vigente e prossima la scadenza del prossimo 16 giugno,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di assumere ogni iniziativa di competenza, fin dal prossimo provvedimento utile, finalizzata a prevedere l'esenzione IMU per tutti gli immobili strumentali delle imprese – senza distinzione alcuna – per l'intero periodo di chiusura forzata dell'attività.
9/2461-AR/163. (Testo modificato nel corso della seduta) Turri, Paternoster, Covolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, al Capo IV, contiene speciali disposizioni fiscali e contabili per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza pandemica da COVID-19;
    a seguito delle necessarie misure di contenimento migliaia di imprese, liberi professionisti e lavoratori autonomi hanno registrato una considerevole carenza di liquidità, nonché un'inevitabile e drastica riduzione dei loro proventi;
    sebbene discutibile nel merito, la semplice proroga di taluni versamenti e adempimenti fiscali appare non sufficiente e risolutiva per una categoria di professionisti che ha visto crescere esponenzialmente la tassazione a loro carico nell'ultimo anno;
    in particolare, a seguito delle innovazioni normative della Legge di Bilancio 2020 (articolo 1, comma 692, legge n. 160 del 2019) che, pur mantenendo in vigore la tassa unica (cosiddetta flat tax) al 15 per cento per le partite Iva il cui fatturato non superi i 65 mila euro annui, ha di fatto provocato due evidenti circostanze, ovvero la riduzione dei beneficiari dal regime agevolativo, e scoraggiato altrettanti dalla fruizione della tassa unica;
    ancor più grave, è la decisione del Governo di aver abolito la disposizione introdotta con la Legge di Bilancio 2019 che istituiva, a decorrere da quest'anno, un regime di favore per le persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni, con redditi compresi tra 65.001 euro e 100 mila euro, un'imposta sostitutiva di Irpef, addizionali regionale e comunale e Irap, con l'aliquota del 20 per cento;
    a riprova della miope e mancata scelta in ordine economico, fiscale e tributario presa da questo Governo, è la diffusione in questi giorni dei dati sulle nuove aperture di partite Iva, una contrazione palese e allarmante dei numeri; infatti, nei primi tre mesi del 2020 sono state aperte 158.740 nuove partite Iva ed il confronto con il corrispondente periodo dello scorso anno registra una flessione del 19,7 per cento. Per gennaio e febbraio, quindi prima dell'emergenza epidemiologica, la diminuzione di nuove aperture pari all'8 per cento, è imputabile alle restrizioni del Governo sul regime della flat tax al 15 per cento,

impegna il Governo

a riconsiderare, al netto delle posizioni ideologiche che hanno ispirato le scelte testé descritte, la reintroduzione nel primo provvedimento d'urgenza utile dell'estensione del regime agevolativo per le partite IVA con fatturato fino a 100.000 euro prevedendo, al contempo, un'aliquota del 20 per cento sulla parte eccedente, e l'estensione ai redditi da lavoro dipendente (cosiddetta « flat tax per le famiglie»), proponendo un'imposta con aliquota al 15 per cento, al fine di garantire maggiore liquidità anche attraverso la riduzione della pressione fiscale.
9/2461-AR/164Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Ribolla.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in titolo, al Capo IV, Misure fiscali e contabili, contiene speciali disposizioni al fine di sostenere e garantire l'accesso al credito per assicurare lo sviluppo delle micro imprese;
    l'impatto della pandemia, e il relativo blocco delle attività su tutto il territorio nazionale, sta avendo effetti drammatici sia sull'aspetto economico che organizzativo delle singole imprese;
    molte aziende, infatti, stanno affrontando ingenti spese per garantire il sano e ordinato ritorno alla normalità nell'ambiente di lavoro;
    sebbene in attuazione dell'articolo 43, comma 1, del decreto «Cura Italia» sia stato stabilito il trasferimento dell'importo di 50 milioni di euro, da parte dell'INAIL ad Invitalia, da erogare alle imprese per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale, le spese finora affrontate dalle imprese sono state quindi ingenti, ragion per cui è correlata e giustificata maggiore liquidità alle imprese;
    a tal proposito, sono stati ammissibili al rimborso le spese, non inferiori a 500 euro, sostenute dalle imprese successivamente al 17 marzo 2020 per l'acquisto di DPI le cui caratteristiche tecniche abbiano rispettato tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa; il rimborso è stato concesso, nei limiti delle risorse disponibili, nella misura del 100 per cento delle spese ammissibili, nel limite massimo di 500 euro per ciascun addetto dell'impresa cui sono destinati i DPI e, comunque, fino a un importo massimo per impresa di 150.000 euro;
    la procedura di suddetto rimborso è avvenuta con il sistema del click day: il giorno fissato per iniziare a prenotare i contributi era l'11 maggio. Sebbene la scadenza per inoltrare richiesta fosse il 18 maggio, il giorno stesso, nel giro di un'ora era già esaurito il Fondo messo a disposizione, facendo beneficiare così poco più di 3.000 aziende;
    l'esperienza dimostra, pertanto, l'irrisoria somma messa a disposizione del Fondo per il rimborso dell'acquisto dei DPI,

impegna il Governo

a rivedere gli strumenti finora messi in atto a rimborso delle spese sostenute dalle imprese dovute per garantire tutte quelle protezioni idonee per la tutela degli ambienti di lavoro, prevedendo nuove e ulteriori misure specifiche a favore delle imprese stesse.
9/2461-AR/165Morrone, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera

impegna il Governo

a valutare la possibilità di ampliare il rimborso delle spese sostenute dalle imprese dovute per garantire tutte quelle protezioni idonee per la tutela degli ambienti di lavoro, prevedendo nuove e ulteriori misure specifiche a favore delle imprese e dei lavoratori.
9/2461-AR/165. (Testo modificato nel corso della seduta) Morrone, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
    in sede di esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese;
   premesso che:
    uno dei pilastri del provvedimento in esame consiste nella disposizione di misure a sostegno alla liquidità delle famiglie e delle imprese tramite il sistema bancario e l'utilizzo del Fondo centrale di garanzia;
    dalle prime attuazioni delle presenti disposizioni di erogazione del credito si sono registrati alcuni ritardi e difficoltà applicative; a riprova di ciò, è dovuta intervenire l'Associazione bancaria italiana con una propria Circolare interpretativa poiché le norme contenute nel decreto erano – e rimangono – poco chiare e incoerenti;
    in particolare, alcune banche hanno inserito clausole e condizioni contro legem; ad esempio, diversi istituti hanno fatto una valutazione sul merito creditizio, inoltre, è stato registrato che parte dell'erogazione veniva usata per sanare posizioni pregresse e sofferenti, in alcuni casi con esplicite note nei siti aziendali;
    la valutazione del merito creditizio non è necessaria per avere la garanzia del fondo, pur tuttavia non è espressamente specificato nel combinato disposto di cui all'articolo 13 del presente decreto;
    in fase in sede di esame in commissione referente sono state proposte da parte della Lega modifiche emendative al fine specificare questo vulnus normativo proprio al fine di tutelare i potenziali beneficiari ed impedire che la banca richieda il merito di credito, o qualsiasi altra valutazione ritenga utile,

impegna il Governo

a prevedere, attraverso i prossimi interventi normativi, tutte le misure necessarie affinché le banche e gli istituti di credito non solo facilitino al massimo i pagamenti di tutte le somme cui viene richiesta garanzia, ma sia vietata qualsiasi valutazione del merito in allegato all'istruttoria presentata.
9/2461-AR/166Ribolla, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino, Latini, Zicchieri.


   La Camera,
    in sede di esame del decreto-legge n. 23/2020;
   premesso che:
    con i decreti c.d. Cura Italia e Liquidità il Governo ha inteso intervenire a sostegno dell'economia del Paese, nel tentativo di fornire alle imprese strumenti per fronteggiare le conseguenze sul piano finanziario dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    tali interventi sembrano – ad oggi – non aver prodotto gli effetti sperati e molte perplessità hanno suscitato per quanto concerne l'esclusione dall'accesso al credito di oltre la metà delle imprese richiedenti, l'inaccessibilità alla moratoria sui finanziamenti, la complessità delle procedure, ed altre criticità;
    in particolare, la misura rivolta alle micro, piccole e medie imprese, ma anche ai professionisti ed alle ditte individuali operanti sul territorio italiano ed appartenenti ad ogni settore, a favore dei quali è stata prevista una moratoria che consente la sospensione di talune scadenze nel rapporto con l'istituto di credito, ha una scadenza temporale fissata al 30 settembre prossimo, il che preoccupa non molto presagendo una batosta proprio nel momento in cui le attività potrebbero essersi riprese in termini di ricavi e fatturato;
    peraltro la moratoria in esame non riguarda tutte le scadenze debitorie contratte dalle Pmi, ma soltanto le obbligazioni assunte nei confronti del sistema creditizio, quali banche e intermediari finanziari,

impegna il Governo

a contemplare attraverso ulteriori iniziative normative una proroga temporale della moratoria di cui in premessa a fine anno, in ragione della persistenza della situazione di lockdown per molte attività.
9/2461-AR/167Zicchieri, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
    in sede di esame del decreto-legge n. 23/2020;
   premesso che:
    con i decreti c.d. Cura Italia e Liquidità il Governo ha inteso intervenire a sostegno dell'economia del Paese, nel tentativo di fornire alle imprese strumenti per fronteggiare le conseguenze sul piano finanziario dell'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    tali interventi sembrano – ad oggi – non aver prodotto gli effetti sperati e molte perplessità hanno suscitato per quanto concerne l'esclusione dall'accesso al credito di oltre la metà delle imprese richiedenti, l'inaccessibilità alla moratoria sui finanziamenti, la complessità delle procedure, ed altre criticità;
    in particolare, la misura rivolta alle micro, piccole e medie imprese, ma anche ai professionisti ed alle ditte individuali operanti sul territorio italiano ed appartenenti ad ogni settore, a favore dei quali è stata prevista una moratoria che consente la sospensione di talune scadenze nel rapporto con l'istituto di credito, ha una scadenza temporale fissata al 30 settembre prossimo, il che preoccupa non molto presagendo una batosta proprio nel momento in cui le attività potrebbero essersi riprese in termini di ricavi e fatturato;
    peraltro la moratoria in esame non riguarda tutte le scadenze debitorie contratte dalle Pmi, ma soltanto le obbligazioni assunte nei confronti del sistema creditizio, quali banche e intermediari finanziari,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di contemplare attraverso ulteriori iniziative normative una proroga temporale della moratoria di cui in premessa a fine anno, in ragione della persistenza della situazione di lockdown per molte attività.
9/2461-AR/167. (Testo modificato nel corso della seduta) Zicchieri, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   esaminato il decreto-legge n. 23 del 2020, con particolare riguardo alle misure in materia di sospensione di termini processuali e amministrativi;
   premesso che:
    preso atto delle finalità perseguite dall'articolo 36, che proroga fino all'11 maggio 2020 il rinvio d'ufficio delle udienze e la sospensione dei termini per il compimento di atti nei procedimenti civili, tributari, penali, previsti dall'articolo 83 del Cura Italia;
    ricordato che il citato articolo 83 del decreto-legge Cura Italia aveva disposto dal 9 marzo al 15 aprile il rinvio d'ufficio di tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari (comma 1), con le eccezioni previste dal comma 3 del medesimo articolo, nonché la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali (comma 2), e dunque anche per la proposizione dei relativi atti introduttivi, sempre con le eccezioni previste dal comma 3 dell'articolo 83;
   considerato, dunque, che, con la proroga della fase emergenziale fino all'11 maggio, il comma 1 dell'articolo 36 menzionato ha posticipato anche l'avvio della seconda fase, nella quale spetta ora ai capi degli uffici giudiziari adottare misure organizzative volte a consentire la trattazione degli affari giudiziari nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie dettate per prevenire la diffusione del virus COVID-19, al fine di evitare assembramenti all'interno degli uffici giudiziari e i contatti ravvicinati tra le persone.
    constatato che tali rinvii hanno di fatto creato non solo una emergenza sanitaria ed economica, bensì anche il pregiudizio dei diritti processuali e del diritto, giacché la delega ai singoli Capi degli uffici giudiziari ha prodotto, come inevitabile conseguenza, il risultato di una miriade di provvedimenti per la gestione della fase 2 diversa per ogni ufficio e innumerevoli rinvii;
    rilevato, peraltro, che, ad oramai tre mesi dall'inizio della fase emergenziale, non è ancora contemplata la piena ripresa dell'attività giudiziaria, pur dinanzi alla ripresa, dal 12 maggio scorso, della decorrenza dei termini processuali;
    ritenuto peraltro illogico il mancato coordinamento di tale ripresa della decorrenza dei termini processuali con un eventuale ripresa in presenza del personale amministrativo giudiziario, ancora oggi in modalità di lavoro agile per effetto di circolari e direttive ministeriali, sebbene tali formule lavorative nei casi di specie non consentano l'espletamento di alcuna attività;
    accertato, pertanto, che cancellerie e segreterie continuano ad essere inaccessibili, con conseguente criticità per i difensori di rispettare i termini processuali, e riscontrato, altresì, gravi ritardi nell'evadere le richieste di iscrizione a ruolo dei procedimenti, inclusi quelli a carattere d'urgenza,

impegna il Governo:

   ad attivarsi per una piena e completa ripresa dell'attività giudiziaria, anche col rientro in presenza del personale amministrativo-giudiziario;
   ad adottare linee guida univoche per tutti gli uffici giudiziari delle misure organizzative volte a consentire la trattazione degli affari giudiziari.
9/2461-AR/168Tateo, Bisa, Cavandoli, Furgiuele.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 36 dispone la proroga dei termini processuali in materia di giustizia civile, penale amministrativa, contabile e militare;
    il legislatore europeo, per mezzo del Regolamento Ue 2016/679 (c.d. GDPR), oltre ad introdurre nuovi principi, adempimenti e meccanismi di gestione in merito al trattamento dei dati personali applicabili su tutto il territorio dell'Unione europea, ha previsto, a carico delle imprese che pongano in essere violazioni del Regolamento stesso a vario titolo, ingenti sanzioni di natura amministrativa; Se per la fase successiva all'entrata in vigore del GDPR, non sussistono particolari dubbi interpretativi in merito all'applicabilità delle sanzioni, il discorso muta considerevolmente con riferimento alle violazioni del «vecchio» Codice della privacy (il decreto legislativo. n. 196 del 2003 nella sua originaria formulazione) poste in essere prima del 25 maggio 2018. A tal proposito, lo stesso legislatore italiano si è preoccupato di prevedere una disposizione specifica riservata ai procedimenti già instaurati e di configurare, con ciò, un meccanismo di definizione agevolata degli stessi. A norma dell'articolo 18, comma 1, decreto legislativo n. 101 del 2018, infatti, in deroga a quanto previsto dall'articolo 16, legge 24 novembre 1981, n. 689 (che, per i pagamenti di sanzioni in misura ridotta prescrive una riduzione «pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa»), per i procedimenti sanzionatori non ancora definiti «è ammesso il pagamento in misura ridotta di una somma pari ai due quinti del minimo edittale» da effettuarsi entro novanta giorni. Si tratta, nello specifico, di una vera e propria oblazione amministrativa – che consente al soggetto interessato, su base esclusivamente volontaristica, di bloccare in itinere il procedimento sanzionatorio;
    la legittimazione attiva ad usufruire della procedura in questione riguarderebbe, quindi per l'Autorità Garante, i soli contravventori che abbiano ricevuto, prima del 25 maggio 2018, l'atto con il quale sono stati notificati gli estremi della violazione o l'atto di contestazione immediata ex articolo 18 della legge n. 689 del 1981;
    appare evidente la necessità che la norma prevedesse in origine un qualche avviso ai soggetti destinatari della sanzione, in modo da avvisarli che, in mancanza di una loro opposizione alla stessa, ne sarebbe conseguita l'ordinanza ingiunzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di consentire fino al 31/12/2020 la facoltà di definizione agevolata delle violazioni in materia di protezione dei dati personali prevista dall'articolo 18, comma 1 del decreto legislativo n. 101 del 2018 anche per i procedimenti in corso dalla data di pubblicazione del decreto legislativo n. 101 del 2018, dandone opportuna comunicazione ai soggetti nei cui confronti è pendente il procedimento amministrativo sanzionatorio.
9/2461-AR/169Pretto.


   La Camera,
   premesso che:
    secondo l'esito di un'indagine condotta dalla Commissione di inchiesta parlamentare sul sistema creditizio, il decreto-legge all'esame non ha prodotto gli effetti sperati e la tanto declamata massiccia iniezione di liquidità che il provvedimento avrebbe dovuto dare al nostro sistema imprenditoriale di fatto non c’è stata;
    stando al predetto report a fronte di 544.411 domande presentate dagli imprenditori per ottenere il prestito fino a 25 mila euro – innalzato dall'esame in sedere referente a euro 30 mila – soltanto 287.590 sono state accolte ed erogate, pari al 52,8 per cento;
    causa le complesse procedure da espletare e la scelta, per molte piccole e medie imprese, di non indebitarsi ulteriormente dinanzi all'incognita della ripresa economica e della possibilità di permanenza in vita dell'attività, nei fatti le misure recate dal provvedimento all'esame ad oggi si sono rivelate un flop;
    invero, sarebbero stati auspicabili anche interventi di minor enfasi ma che comunque, nel loro piccolo, rappresentano un contributo alla riduzione della pressione fiscale su imprese e partite IVA e, al contempo, liberano maggiore liquidità;
    tra questi, si evidenzia, ad esempio, l'imposta di bollo attualmente dovuta per tutte le tipologie di conti correnti bancari (vincolati o meno), per i conti correnti postali e per i libretti di risparmio, la cui cifra ammonta a 34,20 euro per le persone fisiche e a 100 euro per le aziende, le imprese e i titolari di partita IVA;
    come specificato dall'Agenzia dell'entrate, l'imposta di bollo si applica a estratti di conti correnti, rendiconti dei libretti di risparmio, comunicazioni periodiche dei prodotti finanziari, rapporti tra enti gestori e fondazioni bancarie;
    l'imposta è dovuta da tutti i titolari di conto corrente che sul proprio conto hanno una giacenza superiore ai 5 mila euro,

impegna il Governo

a considerare la sospensione temporanea, fino al termine dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e della connessa crisi economica, dell'imposta di bollo di cui in premessa, ed introdurla tempestivamente nel primo provvedimento utile.
9/2461-AR/170Guidesi, Andreuzza, Binelli, Bitonci, Cavandoli, Centemero, Colla, Covolo, Galli, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Paternoster, Piastra, Pettazzi, Tarantino.


   La Camera,
   permesso che:
    vagliate le finalità del provvedimento all'esame di dare una iniezione di liquidità alle imprese in crisi a causa del blocco delle attività attuato per contrastare la diffusione ed il contagio del COVID-19;
    ritenute tali misure insufficienti rispetto alla reale e concreta esigenza di una massiccia immissione di liquidità direttamente nel tessuto produttivo e imprenditoriale;
    considerato che, come rilevato anche a mezzo stampa da Italia Oggi dello scorso 30 aprile sono a rischio transazioni commerciali tra le imprese per 250 miliardi di euro l'anno e che le imprese tendono a non pagare i fornitori;
    valutato fondamentale un intervento di finanziamento specifico per erogare liquidità da utilizzare esclusivamente per i pagamenti ai fornitori per la corresponsione degli emolumenti al personale dipendente,

impegna il Governo

a intervenire con misure di sostegno ad hoc per la catena delle forniture.
9/2461-AR/171Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   permesso che:
    vagliate le finalità del provvedimento all'esame di dare una iniezione di liquidità alle imprese in crisi a causa del blocco delle attività attuato per contrastare la diffusione ed il contagio del COVID-19;
    ritenute tali misure insufficienti rispetto alla reale e concreta esigenza di una massiccia immissione di liquidità direttamente nel tessuto produttivo e imprenditoriale;
    considerato che, come rilevato anche a mezzo stampa da Italia Oggi dello scorso 30 aprile sono a rischio transazioni commerciali tra le imprese per 250 miliardi di euro l'anno e che le imprese tendono a non pagare i fornitori;
    valutato fondamentale un intervento di finanziamento specifico per erogare liquidità da utilizzare esclusivamente per i pagamenti ai fornitori per la corresponsione degli emolumenti al personale dipendente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire con misure di sostegno ad hoc per la catena delle forniture.
9/2461-AR/171. (Testo modificato nel corso della seduta) Covolo, Gerardi, Alessandro Pagano, Paternoster, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il cosiddetto decreto Cura Italia ha previsto speciali misure a sostegno delle imprese e dei lavoratori in tema di sicurezza sul lavoro nonché le modalità precauzionali anti contagio;
    nello specifico, in attuazione dell'articolo 43, comma 1, è stato disposto il trasferimento dell'importo di 50 milioni di euro, da parte dell'INAIL ad Invitalia, da erogare alle imprese per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale;
    sono ammissibili al rimborso le spese, non inferiori a 500 euro, sostenute dalle imprese successivamente al 17 marzo 2020 per l'acquisto di DPI le cui caratteristiche tecniche rispettino tutti i requisiti di sicurezza di cui alla vigente normativa; il rimborso è concesso, nei limiti delle risorse disponibili, nella misura del 100 per cento delle spese ammissibili, nel limite massimo di 500 euro per ciascun addetto dell'impresa cui sono destinati i DPI e, comunque, fino a un importo massimo per impresa di 150.000 euro;
    nel Bando per l'accesso al rimborso delle spese sostenute per l'acquisto dei DPI, al punto 6.1 sono individuati quali beneficiari «tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridico, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato»;
    sul sito internet invitalia.it è stato altresì pubblicato, un facsimile, la domanda di rimborso; in particolare, è da notare, che al punto 6 della predetta si richiede che il legale rappresentante dell'impresa attesti – nella forma della dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo n. 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 e quindi assumendo le «responsabilità, anche penali, derivanti dal rilascio di dichiarazioni non veritiere, ai sensi degli articoli 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445» – anche i requisiti dimensionali dell'impresa di riferimento secondo la classificazione contenuta nella Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003;
    a norma dell'articolo 3, paragrafo 4, della succitata Raccomandazione è previsto: «Salvo nei casi contemplati al paragrafo 2, secondo comma, un'impresa non può essere considerata PMI se almeno il 25 per cento del suo capitale o dei suoi diritti di voto è controllato direttamente o indirettamente da uno o più organismi collettivi pubblici o enti pubblici, a titolo individuale o congiuntamente»: ne consegue che le imprese con almeno il 25 per cento di capitale pubblico risulterebbero di fatto impossibilitate a presentare la domanda di finanziamento previsto dall'articolo 43, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;
   ritenuto che:
    sussiste un'incoerenza tra quanto scritto dalla domanda di rimborso e la normativa vigente, nonché dal Bando dispositivo, che rischia di ingenerare dubbi interpretati e di escludere di fatto le imprese a partecipazione statale dal rimborso ivi previsto, intaccandone la liquidità a disposizione,

impegna il Governo

a intervenire con una interpretazione di merito – eventualmente con una revisione del modulo in facsimile – al fine di chiarire la platea di beneficiari ai rimborsi per l'acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale.
9/2461-AR/172Patelli.


   La Camera,
   premesso che:
    la categoria degli autoservizi e del noleggio bus interessa 7.000 aziende che garantiscono 30.000 posti di lavoro che diventano 50.000 in alta stagione, con un fatturato di circa 3 miliardi di euro a cui va aggiunto un indotto importante, tra carburante, riparazioni, pedaggi autostradali, tasse d'ingresso nei grandi centri e altro;
    solo per il carburante le ditte di autoservizi consumano circa 450 milioni di litri di gasolio con un'entrata per l'erario di circa 270 milioni di euro;
    alle tasse sui carburanti vanno aggiunti ulteriori 100 milioni di euro non incassati direttamente dalle amministrazioni comunali attraverso i tickets bus;
    le aziende di noleggio bus e gli autonoleggi da tre mesi hanno i loro mezzi parcheggiati in rimessa e senza una prospettiva di ripresa finché non torneranno i turisti, le gite scolastiche e i tour organizzati;
   visto che:
    la prospettiva è di una possibile ripresa nella primavera 2021, è fondamentale mettere in campo degli interventi a sostegno di decine di migliaia di famiglie che vivono sugli autoservizi privati;
    nei vari decreti per l'emergenza COVID-19 a sostegno delle varie categorie produttive non è stato previsto alcun intervento specifico per il settore dell'autonoleggio e dei bus turistici;
    per le aziende del settore, la lunga e incerta prospettiva di ripartenza dell'attività, rende estremamente difficile ottenere liquidità dalle banche con il conseguente rischio che possano diventare «prede» della criminalità organizzata, attraverso l'usura o addirittura l'acquisizione, non avendo certo mafia, camorra e ’ndrangheta problemi di liquidità;
   considerato che:
    alla ripresa delle scuole il trasporto pubblico locale dovrà essere potenziato per poter garantire il distanziamento sui bus,

impegna il Governo:

   a istituire un fondo dedicato al settore dell'autonoleggio e degli autoservizi per assicurare la liquidità e permettere a questa categoria di resistere fino al prossimo anno;
   a includere il comparto autonoleggio e bus turistici nel prossimo «decreto turismo» e che le imprese private siano usate per integrare il trasporto pubblico locale fino al ritorno alla normalità.
9/2461-AR/173Belotti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zordan, Furgiuele.


   La Camera,
   premesso che:
    la categoria degli autoservizi e del noleggio bus interessa 7.000 aziende che garantiscono 30.000 posti di lavoro che diventano 50.000 in alta stagione, con un fatturato di circa 3 miliardi di euro a cui va aggiunto un indotto importante, tra carburante, riparazioni, pedaggi autostradali, tasse d'ingresso nei grandi centri e altro;
    solo per il carburante le ditte di autoservizi consumano circa 450 milioni di litri di gasolio con un'entrata per l'erario di circa 270 milioni di euro;
    alle tasse sui carburanti vanno aggiunti ulteriori 100 milioni di euro non incassati direttamente dalle amministrazioni comunali attraverso i tickets bus;
    le aziende di noleggio bus e gli autonoleggi da tre mesi hanno i loro mezzi parcheggiati in rimessa e senza una prospettiva di ripresa finché non torneranno i turisti, le gite scolastiche e i tour organizzati;
   visto che:
    la prospettiva è di una possibile ripresa nella primavera 2021, è fondamentale mettere in campo degli interventi a sostegno di decine di migliaia di famiglie che vivono sugli autoservizi privati;
    nei vari decreti per l'emergenza COVID-19 a sostegno delle varie categorie produttive non è stato previsto alcun intervento specifico per il settore dell'autonoleggio e dei bus turistici;
    per le aziende del settore, la lunga e incerta prospettiva di ripartenza dell'attività, rende estremamente difficile ottenere liquidità dalle banche con il conseguente rischio che possano diventare «prede» della criminalità organizzata, attraverso l'usura o addirittura l'acquisizione, non avendo certo mafia, camorra e ’ndrangheta problemi di liquidità;
   considerato che:
    alla ripresa delle scuole il trasporto pubblico locale dovrà essere potenziato per poter garantire il distanziamento sui bus,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di istituire un fondo dedicato al settore dell'autonoleggio e degli autoservizi per assicurare la liquidità e permettere a questa categoria di resistere fino al prossimo anno;
   a valutare la possibilità di includere il comparto autonoleggio e bus turistici nel prossimo «decreto turismo» e che le imprese private siano usate per integrare il trasporto pubblico locale fino al ritorno alla normalità.
9/2461-AR/173. (Testo modificato nel corso della seduta) Belotti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zordan, Furgiuele.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo 11 del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    dall'analisi fatta sul retail italiano emerge come l'intero comparto sia destinato a perdere in un anno tra il 15 per cento ed il 25 per cento mentre verosimilmente si ipotizza una crescita del 20 per cento del mercato « online» che penalizzerà ulteriormente i negozi fisici, «costretti ad abbassare le saracinesche»: le vendite «reali» e non virtuali della primavera/estate 2020 rischiano di avere un calo del 65 per cento e del 40 per cento per l'autunno inverno, con il pericolo concreto che la merce resti in magazzino, le cosiddette rimanenze, cioè milioni di euro completamente fermi: tra 16 per cento ed il 21 per cento per un « top store», il 40 per cento per « middle store» e per uno « store indipendente» fino al 55 per cento (https://www.confesercenti.it/bloR/coronavirus-miceli-confesercenti-catania-le-imprese-del-settore-moda-rischiano-il-collasso/);
    gli esercenti che operano nel settore della vendita, soprattutto dell'abbigliamento al dettaglio, vivono di stagionalità e la chiusura totale dei negozi per un periodo di più di tre mesi, comporterà la perdita di gran parte della vendita del prodotto primaverile, per non parlare poi di tutti quei prodotti legati alle cerimonie che generalmente rappresentano una delle voci più redditizie dell'intero anno contabile;
    nel commercio al dettaglio di carattere stagionale (oltre che all'abbigliamento si pensi anche ai negozi di attrezzature sportive o a quelli che vendono prodotti per la persona) le giacenze delle merci sono invendibili e i titolari dei negozi, senza un'immediata liquidità da parte degli istituti bancari a causa delle complesse procedure di accesso ai finanziamenti stanziati dal Governo, non sono riusciti a far fronte al pagamento delle utenze, dei canoni di locazione e agli impegni assunti con i fornitori, e hanno preferito non riaprire l'attività per evitare il fallimento (https://www.genova24.it/202Q/04/coronavirus-merce-invenduta-e-debiti-settore-dellabbigliamento-in-ginocchio-233621/). Sarebbe pertanto utile un vero piano di sostegno e rilancio del retali, prevedendo risorse a fondo perduto e misure anche di natura fiscale più specifiche, che consentano tra l'altro la compensazione delle perdite da svalutazione a merce di magazzino generata da mancate conferme degli ordini di acquisto,

impegna il Governo

a individuare misure che supportino la ripresa del settore retali, fortemente danneggiato dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevedendo per le motivazioni illustrate in premessa risorse a fondo perduto ed eventuali agevolazioni di natura fiscale che compensino le perdite subite dagli esercenti per la svalutazione della merce stagionale invenduta.
9/2461-AR/174Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    da un report del mese di maggio di Confindustria («Congiuntura flash») emerge una pesante revisione al ribasso della situazione economica del Paese. I fattori che hanno accentuato la già profonda caduta del PIL attesa nel 2020 (-9,6 per cento, dal –6,0 per cento previsto dal CSC il 31 marzo) sono, da un lato, il prolungamento per decreto dal 13 aprile al 4 maggio, con poche eccezioni, della chiusura parziale dell'attività economica in Italia, dall'altro, il forte calo della domanda domestica ed estera che frena anche l'attività delle imprese autorizzate a riaprire;
    l'incertezza sui tempi dell'effettiva fine dell'emergenza sanitaria, gli stock di invenduto e l'assenza di liquidità dovuta al crollo dei fatturati rappresentano per molte imprese ostacoli che inibiscono, nel breve-medio periodo, le decisioni di investimento e talvolta la scelta stessa di riavviare l'attività; a ciò si aggiunga che molte imprese nei prossimi mesi dovranno far fronte alle scadenze fiscali, ad oggi solo prorogate, e ai costi di una riapertura che si preannuncia tutta in salita senza alcuna garanzia sulla reale ripresa della domanda del mercato;
    come evidenziato anche dalla Banca d'Italia le risorse che il Paese prenderà in prestito dovrebbero essere utilizzate in modo efficiente per affrontare l'emergenza e avviare la ripresa, e dovrebbero essere concentrate sui soggetti più colpiti, con misure di carattere temporaneo che garantiscano una immediata liquidità per affrontare la ripartenza;
    a tale scopo una misura che diverse categorie di imprenditori hanno fortemente richiesto è la sospensione, perlomeno fino al 30 settembre 2020, dei termini di pagamento delle fatture e degli avvisi di pagamento emessi o da emettere per le utenze elettriche, del gas e idriche a servizio delle sedi produttive dislocate sul territorio nazionale. Tale intervento consentirebbe agli imprenditori di investire, nell'immediata riapertura delle attività, le somme dovute e corrisponderle solo dopo in un'unica rata con la prima fattura dell'energia elettrica successiva al termine del periodo di sospensione o in forma rateizzata con le modalità e i tempi concordati con l'ente gestore,

impegna il Governo

a individuare con l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti, con riferimento ai settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, ivi inclusi i gas diversi dal gas naturale distribuiti a mezzo di reti canalizzate e al ciclo integrato di gestione dei rifiuti urbani, idonei provvedimenti che consentano la sospensione temporanea, fino al 30 settembre 2020, dei termini di pagamento delle fatture e degli avvisi di pagamento emessi o da emettere, per tutto il territorio nazionale, in favore delle imprese che attestano l'avvenuta ripresa dell'attività produttiva.
9/2461-AR/175Saltamartini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    da un report del mese di maggio di Confindustria («Congiuntura flash») emerge una pesante revisione al ribasso della situazione economica del Paese. I fattori che hanno accentuato la già profonda caduta del PIL attesa nel 2020 (-9,6 per cento, dal –6,0 per cento previsto dal CSC il 31 marzo) sono, da un lato, il prolungamento per decreto dal 13 aprile al 4 maggio, con poche eccezioni, della chiusura parziale dell'attività economica in Italia, dall'altro, il forte calo della domanda domestica ed estera che frena anche l'attività delle imprese autorizzate a riaprire;
    l'incertezza sui tempi dell'effettiva fine dell'emergenza sanitaria, gli stock di invenduto e l'assenza di liquidità dovuta al crollo dei fatturati rappresentano per molte imprese ostacoli che inibiscono, nel breve-medio periodo, le decisioni di investimento e talvolta la scelta stessa di riavviare l'attività; a ciò si aggiunga che molte imprese nei prossimi mesi dovranno far fronte alle scadenze fiscali, ad oggi solo prorogate, e ai costi di una riapertura che si preannuncia tutta in salita senza alcuna garanzia sulla reale ripresa della domanda del mercato;
    come evidenziato anche dalla Banca d'Italia le risorse che il Paese prenderà in prestito dovrebbero essere utilizzate in modo efficiente per affrontare l'emergenza e avviare la ripresa, e dovrebbero essere concentrate sui soggetti più colpiti, con misure di carattere temporaneo che garantiscano una immediata liquidità per affrontare la ripartenza;
    a tale scopo una misura che diverse categorie di imprenditori hanno fortemente richiesto è la sospensione, perlomeno fino al 30 settembre 2020, dei termini di pagamento delle fatture e degli avvisi di pagamento emessi o da emettere per le utenze elettriche, del gas e idriche a servizio delle sedi produttive dislocate sul territorio nazionale. Tale intervento consentirebbe agli imprenditori di investire, nell'immediata riapertura delle attività, le somme dovute e corrisponderle solo dopo in un'unica rata con la prima fattura dell'energia elettrica successiva al termine del periodo di sospensione o in forma rateizzata con le modalità e i tempi concordati con l'ente gestore,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare con l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambienti, con riferimento ai settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, ivi inclusi i gas diversi dal gas naturale distribuiti a mezzo di reti canalizzate e al ciclo integrato di gestione dei rifiuti urbani, idonei provvedimenti che consentano la sospensione temporanea, fino al 30 settembre 2020, dei termini di pagamento delle fatture e degli avvisi di pagamento emessi o da emettere, per tutto il territorio nazionale, in favore delle imprese che attestano l'avvenuta ripresa dell'attività produttiva.
9/2461-AR/175. (Testo modificato nel corso della seduta) Saltamartini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, prevede all'articolo 1 delle misure temporanee per assicurare la necessaria liquidità alle imprese, con sede in Italia, colpite dall'epidemia COVID-19;
    le norme contenute nel Decreto Liquidità prevedono per i prestiti concessi alle PMI e garantiti da SACE S.p.A. commissioni agevolate e interessi inferiori a quelli previsti per finanziamenti non coperti da garanzia, ma in un momento in cui alcune realtà produttive lottano per la sopravvivenza anche questi costi, seppur più favorevoli rispetto alle normali condizioni bancarie, possono creare delle difficoltà;
    come evidenziato da Bankitalia le risorse che il Paese prenderà in prestito dovrebbero essere utilizzate in modo efficiente per affrontare l'emergenza e avviare la ripresa, e dovrebbero essere concentrate sui soggetti più colpiti, con misure di carattere temporaneo. Questo perché oltre al rischio di mancata restituzione dei prestiti, con il conseguente intervento dello Stato per coprire gli insolventi, i conti pubblici relativi al 2020 potrebbero risentire dell'eventuale illiquidità dei contribuenti al momento di compensare quanto non versato in questi mesi per lo stop delle contribuzioni in scadenza durante il periodo di lockdown. Una «parte delle perdite subite dalle imprese» non sarà «recuperabile» e non tutti i debiti (assistiti da garanzie pubbliche) accesi saranno immediatamente ripagati al termine dell'emergenza sanitaria. Pertanto, compatibilmente con le condizioni generali dei conti pubblici, Bankitalia ha suggerito che alla concessione di garanzie vengano affiancati trasferimenti diretti alle imprese da parte dello Stato. Questo tipo di intervento finora non è purtroppo stato attivato e l'imposizione di costi anche sull'erogazione di una liquidità a «debito» non consentirà alle imprese di risollevarsi, con l'inevitabile conseguenza che, ove l'azienda non riuscirà a pagare le rate del prestito garantito da SACE S.p.A. verrà messa in sofferenza con l'immediata chiusura di tutte le altre linee di credito attivate dalla banca: in poco tempo, quindi, un'azienda verrebbe rincorsa contemporaneamente dai creditori privati e dallo Stato, con quest'ultimo che giuridicamente e contrattualmente avrà la precedenza, anche a danno delle stesse banche che vedrebbero così aumentate le proprie sofferenze. Lo Stato iscriverà ruolo quei debiti e le conseguenti azioni saranno molto più invasive poiché verranno messe in campo le agenzie per la riscossione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, per le esigenze illustrate in premessa e perlomeno le imprese con meno di 5000 dipendenti in Italia e con valore del fatturato inferiore a 1,5 miliardi di euro beneficiarie del citato finanziamento, l'esonero dal pagamento degli interessi e di ogni altro onere accessorio, incluse le commissioni annuali per il rilascio della garanzia da parte di SACE S.p.A.
9/2461-AR/176Dara, Guidesi, Andreuzza, Binelli, Colla, Galli, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo il del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    il settore orafo, di fronte all'impatto del coronavirus, nel primo trimestre ha realizzato un fatturato che è risultato inferiore del 42,6 per cento a quello del corrispondente periodo del 2019. Il 53 per cento delle aziende orafe, monitorate a campione in una recente ricerca del Centro Studi di Confindustria Moda, ha accusato un calo del fatturato compreso tra il –20 per cento e il –50 per cento, il 29 per cento ha registrato una flessione superiore al –50 per cento e la flessione media del fatturato è stata pari a –42,6 per cento rispetto al medesimo periodo del 2019. Si calcola un decremento medio degli ordinativi pari al –43,2 per cento sempre rispetto al medesimo periodo del 2019. Ancora, l'80 per cento delle aziende orafe a campione prevede il ricorso agli ammortizzatori sociali, coinvolgendo nell'88 per cento dei casi oltre l'80 per cento dei lavoratori, e la percentuale di dipendenti che potrebbe usufruire di ammortizzatori sociali è pari al 90,1 per cento della forza lavoro totale delle aziende rispondenti (https://it.fashionnetwork.com/news/II-coronavirus-affonda-il-settore-orafo-nel-primo-trimestre.l214151.html);
    in considerazione del sistema artigianale microdiffuso e delle piccole dimensioni delle imprese, il settore orafo deve normalmente far fronte ai costi elevati delle materie prime e dei semilavorati nonché delle attrezzature di uso corrente, registrando anche una progressiva perdita delle migliori professionalità in quanto gli operatori anziani non hanno la possibilità di trasmettere ai giovani le proprie esperienze a causa dell'abbassamento tecnico delle lavorazioni e della discontinuità della domanda;
    inoltre già negli ultimi anni si era registrato un preoccupante calo della domanda mondiale di preziosi, non più considerati un bene-rifugio, con l'inevitabile «guerra al ribasso»: ciò ha portato molti operatori, che in tempi relativamente recenti progettavano e producevano proprie linee di gioielleria, a lavorare quasi esclusivamente in conto lavoro per grossi clienti, con bassi ricarichi sugli articoli prodotti a causa della carenza di un marchio di stile affermato e pubblicizzato, che differenzi in modo chiaro il prodotto di gioielleria dalla variegata offerta di articoli di scarso valore;
    i risultati del comparto del prezioso, a causa delle citate problematiche pregresse fortemente aggravate dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, sono peggiori rispetto al campione totale preso in esame da Confindustria Moda e, per questo, gli addetti ai lavori hanno indicato tra gli interventi prioritari da adottare l'offerta di risorse a fondo perduto in favore dell'intera filiera orafa-argentiera-gioielliera, per dare ossigeno anche al mercato domestico e per riorganizzazione il polo produttivo della gioielleria di alto livello qualitativo affinché possa coniugare la manualità della lavorazione, l'originalità dell'ideazione e la tradizione artigiana con una strategia vincente in chiave 4.0,

impegna il Governo

a individuare misure che supportino la ripresa del settore orafo-argentiero-gioielliero, fortemente danneggiato dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevedendo per le motivazioni illustrate in premessa delle risorse a fondo perduto ed eventuali incentivi di natura fiscale.
9/2461-AR/177Pettazzi, Molinari, Boldi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo il del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    il settore orafo, di fronte all'impatto del coronavirus, nel primo trimestre ha realizzato un fatturato che è risultato inferiore del 42,6 per cento a quello del corrispondente periodo del 2019. Il 53 per cento delle aziende orafe, monitorate a campione in una recente ricerca del Centro Studi di Confindustria Moda, ha accusato un calo del fatturato compreso tra il –20 per cento e il –50 per cento, il 29 per cento ha registrato una flessione superiore al –50 per cento e la flessione media del fatturato è stata pari a –42,6 per cento rispetto al medesimo periodo del 2019. Si calcola un decremento medio degli ordinativi pari al –43,2 per cento sempre rispetto al medesimo periodo del 2019. Ancora, l'80 per cento delle aziende orafe a campione prevede il ricorso agli ammortizzatori sociali, coinvolgendo nell'88 per cento dei casi oltre l'80 per cento dei lavoratori, e la percentuale di dipendenti che potrebbe usufruire di ammortizzatori sociali è pari al 90,1 per cento della forza lavoro totale delle aziende rispondenti (https://it.fashionnetwork.com/news/II-coronavirus-affonda-il-settore-orafo-nel-primo-trimestre.l214151.html);
    in considerazione del sistema artigianale microdiffuso e delle piccole dimensioni delle imprese, il settore orafo deve normalmente far fronte ai costi elevati delle materie prime e dei semilavorati nonché delle attrezzature di uso corrente, registrando anche una progressiva perdita delle migliori professionalità in quanto gli operatori anziani non hanno la possibilità di trasmettere ai giovani le proprie esperienze a causa dell'abbassamento tecnico delle lavorazioni e della discontinuità della domanda;
    inoltre già negli ultimi anni si era registrato un preoccupante calo della domanda mondiale di preziosi, non più considerati un bene-rifugio, con l'inevitabile «guerra al ribasso»: ciò ha portato molti operatori, che in tempi relativamente recenti progettavano e producevano proprie linee di gioielleria, a lavorare quasi esclusivamente in conto lavoro per grossi clienti, con bassi ricarichi sugli articoli prodotti a causa della carenza di un marchio di stile affermato e pubblicizzato, che differenzi in modo chiaro il prodotto di gioielleria dalla variegata offerta di articoli di scarso valore;
    i risultati del comparto del prezioso, a causa delle citate problematiche pregresse fortemente aggravate dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, sono peggiori rispetto al campione totale preso in esame da Confindustria Moda e, per questo, gli addetti ai lavori hanno indicato tra gli interventi prioritari da adottare l'offerta di risorse a fondo perduto in favore dell'intera filiera orafa-argentiera-gioielliera, per dare ossigeno anche al mercato domestico e per riorganizzazione il polo produttivo della gioielleria di alto livello qualitativo affinché possa coniugare la manualità della lavorazione, l'originalità dell'ideazione e la tradizione artigiana con una strategia vincente in chiave 4.0,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare misure che supportino la ripresa del settore orafo-argentiero-gioielliero, fortemente danneggiato dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevedendo per le motivazioni illustrate in premessa delle risorse a fondo perduto ed eventuali incentivi di natura fiscale.
9/2461-AR/177. (Testo modificato nel corso della seduta) Pettazzi, Molinari, Boldi, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e, in particolare, il Capo I del decreto reca «Misure di accesso al credito per le imprese» al fine di garantire a queste ultime una immediata liquidità;
    i Confidi – la cui attività è regolata dall'articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, e dagli articoli 106 e 112 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario) – supportano le micro e piccole medie imprese italiane per un migliore accesso al credito e per conseguire e mantenere l'equilibrio economico-finanziario grazie a servizi di consulenza e di assistenza finanziaria. L'attuale normativa prevede tuttavia che i Confidi vigilati da Banca d'Italia (ad oggi circa 35 in totale) possano concedere solo in via residuale altre forme di finanziamento nei limiti fissati (con circolare della Banca d'Italia n. 288 del 2015) al 20 per cento del valore dell'attivo, percentuale non più adeguata alle mutate condizioni economiche e di mercato attuali
    oggi vi è l'urgenza di rispondere alla progressiva diversificazione delle esigenze finanziarie e ai vari profili del mercato del credito, rafforzando il ruolo di partnership che è proprio dei Confidi. Si dovrebbe pertanto ampliare, soprattutto nella fase emergenziale in corso, l'attività residuale già prevista in capo ai Confidi vigilati, in qualità di intermediari finanziari, al fine di attivare una maggiore leva di finanziamenti e potenziare la gamma dei servizi offerti a supporto delle PMI, che rappresentano l'ossatura del tessuto economico-produttivo italiano. Ciò sarebbe anche utile per assistere le PMI con strumenti innovativi e alternativi al credito bancario, agevolandone la patrimonializzazione, l'equilibrio economico e finanziario e la differenziazione delle fonti di accesso al credito;
    in una situazione emergenziale come quella attuale è importante ampliare il ventaglio di accesso al credito da parte del sistema economico, in particolare per le piccole realtà nei settori dell'artigianato, commercio, turismo e piccola impresa, il sistema dei confidi è una risposta in particolare nel settore di concessioni di credito di piccolo importo, accompagnati da contributi in conto capitale e/o in conto interessi, in una logica di abbattimento dei costi a carico dei richiedenti; in questa direzione è necessario permettere al sistema confidi di poter accedere a fondi pubblici ed essere veicolo per contributi europei, nazionali, regionali, camerali e locali in genere, con criteri stabiliti dal Governo, facendo seguito anche alle recenti indicazioni della commissione europea in materia;
    grazie alla mission mutualistica dei Confidi si attiverebbe in tal modo un vero e proprio effetto volano, ponendo in essere meccanismi in grado di focalizzare l'attenzione anche sulla conoscenza diretta dell'impresa, non limitandosi ad indicatori meramente quantitativi che, soprattutto in questa fase, non potrebbero restituire un'effettiva rappresentazione qualitativa della singola realtà imprenditoriale;
    si dovrebbe quindi superare l'attuale limite previsto dall'articolo 112 del Testo unico bancario mantenendo comunque in capo ai Confidi vigilati da Banca d'Italia il prevalente esercizio dell'attività di garanzia rispetto alle altre attività svolte,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a superare, per le esigenze e con le modalità illustrate in premessa:
    1) il limite per i Confidi vigilati da Banca d'Italia di svolgere attività diverse dal rilascio della garanzia collettiva (cosiddetta attività residuale);
    2) la possibilità di poter accedere a fondi pubblici ed essere veicolo per contributi europei, nazionali, regionali, camerali e locali in genere.
9/2461-AR/178Galli, Patassini, Saltamartini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e, in particolare, il Capo I del decreto reca «Misure di accesso al credito per le imprese» al fine di garantire a queste ultime una immediata liquidità;
    i Confidi – la cui attività è regolata dall'articolo 13 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, e dagli articoli 106 e 112 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario) – supportano le micro e piccole medie imprese italiane per un migliore accesso al credito e per conseguire e mantenere l'equilibrio economico-finanziario grazie a servizi di consulenza e di assistenza finanziaria. L'attuale normativa prevede tuttavia che i Confidi vigilati da Banca d'Italia (ad oggi circa 35 in totale) possano concedere solo in via residuale altre forme di finanziamento nei limiti fissati (con circolare della Banca d'Italia n. 288 del 2015) al 20 per cento del valore dell'attivo, percentuale non più adeguata alle mutate condizioni economiche e di mercato attuali
    oggi vi è l'urgenza di rispondere alla progressiva diversificazione delle esigenze finanziarie e ai vari profili del mercato del credito, rafforzando il ruolo di partnership che è proprio dei Confidi. Si dovrebbe pertanto ampliare, soprattutto nella fase emergenziale in corso, l'attività residuale già prevista in capo ai Confidi vigilati, in qualità di intermediari finanziari, al fine di attivare una maggiore leva di finanziamenti e potenziare la gamma dei servizi offerti a supporto delle PMI, che rappresentano l'ossatura del tessuto economico-produttivo italiano. Ciò sarebbe anche utile per assistere le PMI con strumenti innovativi e alternativi al credito bancario, agevolandone la patrimonializzazione, l'equilibrio economico e finanziario e la differenziazione delle fonti di accesso al credito;
    in una situazione emergenziale come quella attuale è importante ampliare il ventaglio di accesso al credito da parte del sistema economico, in particolare per le piccole realtà nei settori dell'artigianato, commercio, turismo e piccola impresa, il sistema dei confidi è una risposta in particolare nel settore di concessioni di credito di piccolo importo, accompagnati da contributi in conto capitale e/o in conto interessi, in una logica di abbattimento dei costi a carico dei richiedenti; in questa direzione è necessario permettere al sistema confidi di poter accedere a fondi pubblici ed essere veicolo per contributi europei, nazionali, regionali, camerali e locali in genere, con criteri stabiliti dal Governo, facendo seguito anche alle recenti indicazioni della commissione europea in materia;
    grazie alla mission mutualistica dei Confidi si attiverebbe in tal modo un vero e proprio effetto volano, ponendo in essere meccanismi in grado di focalizzare l'attenzione anche sulla conoscenza diretta dell'impresa, non limitandosi ad indicatori meramente quantitativi che, soprattutto in questa fase, non potrebbero restituire un'effettiva rappresentazione qualitativa della singola realtà imprenditoriale;
    si dovrebbe quindi superare l'attuale limite previsto dall'articolo 112 del Testo unico bancario mantenendo comunque in capo ai Confidi vigilati da Banca d'Italia il prevalente esercizio dell'attività di garanzia rispetto alle altre attività svolte,

impegna il Governo:

   a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di valutare ulteriori iniziative normative volte a superare, per le esigenze e con le modalità illustrate in premessa:
    1) il limite per i Confidi vigilati da Banca d'Italia di svolgere attività diverse dal rilascio della garanzia collettiva (cosiddetta attività residuale);
    2) la possibilità di poter accedere a fondi pubblici ed essere veicolo per contributi europei, nazionali, regionali, camerali e locali in genere.
9/2461-AR/178. (Testo modificato nel corso della seduta) Galli, Patassini, Saltamartini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Guidesi, Pettazzi, Piastra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine l'articolo 2 del decreto reca «Misure per il sostegno all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti delle imprese»;
    durante i lavori delle Commissioni riunite Finanze e Attività produttive si è voluto precisare nel citato articolo che sono da considerare strategici ai fini dell'internazionalizzazione del Paese anche lo sviluppo di piattaforme per la vendita on line dei prodotti del made in Italy, le camere di commercio italiane all'estero, le fiere, i congressi e gli eventi, anche digitali, rivolti a sostenere lo sviluppo dei mercati, la formazione e il made in Italy nei settori dello sport, della cultura, dell'arte, della cinematografia, della musica, della moda, del design e dell'agroalimentare;
    ancora il nuovo articolo 12-bis del provvedimento in esame ha introdotto un «Rimborso alle imprese per mancata partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali internazionali» stabilendo che per l'anno 2020, è riconosciuto un credito di imposta pari al 30 per cento delle spese sostenute dalle imprese per la partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali all'estero che siano state disdette, in ragione dell'emergenza legata alla situazione epidemiologica in atto;
    tali misure evidenziano un forte interesse del Parlamento verso queste iniziative di promozione del made in Italy, ma purtroppo le citate norme da sole non sono sufficienti a rilanciare un comparto che oltre alla sua funzione espositiva riveste un ruolo strategico in termini di attrazione degli investimenti e di bacino occupazionale: nella sola regione Emilia-Romagna sono tantissimi gli appuntamenti fieristici e congressuali rinviati a causa del « Lockdown» e, tuttora, gli operatori del settore fieristico risentono dell'impossibilità di riorganizzare gli eventi saltati, a causa delle difficoltà nel garantire le misure di sicurezza e di contenimento necessarie. Numerose aziende organizzatrici si trovano oggi in una situazione di stallo, dal momento che la pianificazione e la realizzazione degli eventi necessita di mesi di lavoro, svolti in sinergia con altri settori, dalla logistica al catering: ciò ha comportato il ricorso alla cassa integrazione per la maggior parte del personale impiegato in questo settore, senza alcuna prospettiva di una prossima ripartenza;
    si calcola che l'attività fieristica e congressuale italiana si concentri soprattutto nelle regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, dove si colloca il 65 per cento degli eventi fieristici nazionali, ed il 75 per cento di quelli internazionali. La perdita economica provocata dalla cancellazione degli eventi da febbraio e per il resto del 2020 è stimabile in 700 milioni di euro, ma raggiunge il miliardo di euro se si considera l'indotto complessivo;
    un piano di rilancio del comparto fieristico in questo momento di crisi potrebbe fungere da moltiplicatore per l'economia nazionale, in una logica di internazionalizzazione e promozione del made in Italy. Per queste ragioni, sarebbe opportuno, in accordo con la disciplina comunitaria in materia di «Aiuti Stato» e con quanto definito dalla stessa Commissione Europea, nell'ambito del « Temporary Framework for State aid measures to support the economy the current 19 outbreak», prevedere strumenti specifici per il sostegno degli operatori fieristici nazionali e per il rilancio del settore attraverso investimenti per la digitalizzazione delle esposizioni e per l'attrazione di buyers qualificati agli eventi in programmazione. Si dovrebbe altresì promuovere l'accesso ai mercati internazionali con programmi gratuiti per l'accompagnamento delle imprese nei percorsi di acquisizione delle certificazioni di prodotto e potenziare nuovi canali di vendita on-line per la progettazione da remoto, al fine di raggiungere un numero sempre maggiore di mercati stranieri su cui distribuire prodotti italiani. Tutto questo, al fine di garantire la sopravvivenza di questo importante settore e, attraverso di esso, dare sostegno all'intero sistema economico nazionale,

impegna il Governo

a mettere in campo di tutte le azioni necessarie, compresa l'eventuale istituzione di un apposito fondo nazionale, per consentire il rilancio del sistema fieristico, quale piattaforma di internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, e per sostenere le imprese e i lavoratori dell'intero comparto oggi in grande difficoltà a causa alla cancellazione di centinaia di eventi su tutto il territorio nazionale e delle conseguenti perdite in termini di mancati introiti e costi sostenuti.
9/2461-AR/179Piastra, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine l'articolo 2 del decreto reca «Misure per il sostegno all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti delle imprese»;
    durante i lavori delle Commissioni riunite Finanze e Attività produttive si è voluto precisare nel citato articolo che sono da considerare strategici ai fini dell'internazionalizzazione del Paese anche lo sviluppo di piattaforme per la vendita on line dei prodotti del made in Italy, le camere di commercio italiane all'estero, le fiere, i congressi e gli eventi, anche digitali, rivolti a sostenere lo sviluppo dei mercati, la formazione e il made in Italy nei settori dello sport, della cultura, dell'arte, della cinematografia, della musica, della moda, del design e dell'agroalimentare;
    ancora il nuovo articolo 12-bis del provvedimento in esame ha introdotto un «Rimborso alle imprese per mancata partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali internazionali» stabilendo che per l'anno 2020, è riconosciuto un credito di imposta pari al 30 per cento delle spese sostenute dalle imprese per la partecipazione a fiere e manifestazioni commerciali all'estero che siano state disdette, in ragione dell'emergenza legata alla situazione epidemiologica in atto;
    tali misure evidenziano un forte interesse del Parlamento verso queste iniziative di promozione del made in Italy, ma purtroppo le citate norme da sole non sono sufficienti a rilanciare un comparto che oltre alla sua funzione espositiva riveste un ruolo strategico in termini di attrazione degli investimenti e di bacino occupazionale: nella sola regione Emilia-Romagna sono tantissimi gli appuntamenti fieristici e congressuali rinviati a causa del « Lockdown» e, tuttora, gli operatori del settore fieristico risentono dell'impossibilità di riorganizzare gli eventi saltati, a causa delle difficoltà nel garantire le misure di sicurezza e di contenimento necessarie. Numerose aziende organizzatrici si trovano oggi in una situazione di stallo, dal momento che la pianificazione e la realizzazione degli eventi necessita di mesi di lavoro, svolti in sinergia con altri settori, dalla logistica al catering: ciò ha comportato il ricorso alla cassa integrazione per la maggior parte del personale impiegato in questo settore, senza alcuna prospettiva di una prossima ripartenza;
    si calcola che l'attività fieristica e congressuale italiana si concentri soprattutto nelle regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, dove si colloca il 65 per cento degli eventi fieristici nazionali, ed il 75 per cento di quelli internazionali. La perdita economica provocata dalla cancellazione degli eventi da febbraio e per il resto del 2020 è stimabile in 700 milioni di euro, ma raggiunge il miliardo di euro se si considera l'indotto complessivo;
    un piano di rilancio del comparto fieristico in questo momento di crisi potrebbe fungere da moltiplicatore per l'economia nazionale, in una logica di internazionalizzazione e promozione del made in Italy. Per queste ragioni, sarebbe opportuno, in accordo con la disciplina comunitaria in materia di «Aiuti Stato» e con quanto definito dalla stessa Commissione Europea, nell'ambito del « Temporary Framework for State aid measures to support the economy the current 19 outbreak», prevedere strumenti specifici per il sostegno degli operatori fieristici nazionali e per il rilancio del settore attraverso investimenti per la digitalizzazione delle esposizioni e per l'attrazione di buyers qualificati agli eventi in programmazione. Si dovrebbe altresì promuovere l'accesso ai mercati internazionali con programmi gratuiti per l'accompagnamento delle imprese nei percorsi di acquisizione delle certificazioni di prodotto e potenziare nuovi canali di vendita on-line per la progettazione da remoto, al fine di raggiungere un numero sempre maggiore di mercati stranieri su cui distribuire prodotti italiani. Tutto questo, al fine di garantire la sopravvivenza di questo importante settore e, attraverso di esso, dare sostegno all'intero sistema economico nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in campo di tutte le azioni necessarie, compresa l'eventuale istituzione di un apposito fondo nazionale, per consentire il rilancio del sistema fieristico, quale piattaforma di internazionalizzazione del sistema produttivo italiano, e per sostenere le imprese e i lavoratori dell'intero comparto oggi in grande difficoltà a causa alla cancellazione di centinaia di eventi su tutto il territorio nazionale e delle conseguenti perdite in termini di mancati introiti e costi sostenuti.
9/2461-AR/179. (Testo modificato nel corso della seduta) Piastra, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e, in particolare, il Capo I del Decreto reca «Misure di accesso al credito per le imprese» al fine di garantire a queste ultime una immediata liquidità; l'emergenza COVID-19 ha colpito in maniera decisa il nostro sistema economico a seguito del protrarsi del lockdown, con sospensione di attività economiche e crollo dei consumi nei comparti non alimentari; nelle situazioni di crisi globale come questa, generalmente a subire gli effetti maggiormente negativi sono le fasce più deboli della popolazione, in particolare quelle che vivono al limite della sussistenza o rischiano di superare la soglia della povertà;
    storicamente il microcredito in molti paesi del mondo è la migliore risposta etica da un punto di vista economico e di assistenza finanziaria per sostenere piccole iniziative imprenditoriali in una logica di sviluppo complessivo della società e di crescita armonica della stessa, riducendo le disuguaglianze tra classi sociali, superando il mero assistenzialismo e valorizzando la dignità e il lavoro dell'uomo;
    in Italia opera da anni l'Ente Nazionale per il Microcredito, ente pubblico non economico, che esercita importanti funzioni in materia di microcredito e microfinanza, a livello nazionale ed internazionale e in particolare promuove lo sviluppo della microimprenditoria e del lavoro autonomo, nonché l'inclusione sociale e finanziaria delle persone maggiormente svantaggiate, promuovendo iniziative volte a favorire l'accesso al credito attraverso gli strumenti della microfinanza, la formazione, il tutoraggio, la ricerca, la capacity building, la diffusione di buone pratiche;
    in base a tale visione, l'Ente vede il microcredito non come una forma di «assistenzialismo», ma come un vero e proprio prestito finalizzato allo sviluppo di progetti imprenditoriali o alla realizzazione di progetti mirati al miglioramento delle condizioni di vita personali o familiari delle fasce deboli della popolazione; la dignità normativa al microcredito è stata raggiunta con il decreto legislativo, 13 agosto 2010, n. 141 e con il nuovo articolo 111 del testo unico Bancario, che stabilisce che il termine «microcredito» può essere riferito esclusivamente ai finanziamenti a favore di microimprenditori o lavoratori autonomi, di importo non superiore a 25.000 euro, non assistiti da garanzie reali e accompagnati da servizi ausiliari di assistenza è monitoraggio;
    è stata anche prevista una forma di microcredito sociale destinato a persone in stato di esclusione sociale e finanziaria, di importo non superiore a 10.000 euro, anche in questo caso non assistito da garanzie reali e accompagnato da servizi ausiliari di bilancio familiare;
    la normativa di riferimento prevede che il microcredito imprenditoriale può essere finalizzato all'acquisto di beni, ivi incluse le materie prime necessarie alla produzione di beni o servizi e le merci destinate alla rivendita, di servizi strumentali all'attività svolta, compreso il pagamento dei canoni delle operazioni di leasing e il pagamento delle spese connesse alla sottoscrizione di polizze assicurative, alla retribuzione di nuovi dipendenti o soci lavoratori fino al pagamento di corsi di formazione volti ad elevare la qualità professionale e le capacità tecniche e gestionali del lavoratore autonomo, dell'imprenditore e dei relativi dipendenti;
    volendo valorizzare il riconoscimento del microcredito come risposta concreta alla situazione economica per importanti fasce della popolazione, recentemente il parlamento, con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, ha elevato da 25.000 a 40.000 euro l'importo massimo dei finanziamenti concedibile come «microcredito imprenditoriale»;
    è importante, in questo momento di grave crisi, generata dall'emergenza epidemiologica data dalla diffusione di COVID-19, ampliare le attività del microcredito sociale, in particolare prevedendo interventi legislativi per l'ammissibilità alla garanzia del Fondo dei finanziamenti fino a 5.000 euro, non assistiti da garanzia reale, con garanzia diretta e percentuale di copertura pari all'80 per cento dell'ammontare di ciascuna operazione di finanziamento erogati da banche, intermediari finanziari e altri soggetti abilitati alla concessione di credito, concessi ad un solo soggetto di un nucleo familiare per il soddisfacimento di bisogni primari propri o del nucleo familiare, con particolare riguardo all'approvvigionamento di beni per il consumo alimentare e alle spese per il pagamento di corsi di istruzione superiore, universitari e di specializzazione, inclusi i costi di materiale didattico, vitto ed alloggio per la frequentazione degli stessi;
    l'Ente Nazionale per il Microcredito coordina, in applicazione dell'articolo 5, commi 5 e 6 del decreto del Ministero delle Finanze del 17 Ottobre 2014, n. 176, gli interventi e l'affiancamento dei servizi ausiliari e di monitoraggio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame; al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a permettere, per le esigenze e con le modalità illustrate in premessa, l'ammissibilità al fondo centrale di garanzia per prestiti di microcredito sociale.
9/2461-AR/180Patassini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e, in particolare, il Capo I del Decreto reca «Misure di accesso al credito per le imprese» al fine di garantire a queste ultime una immediata liquidità; l'emergenza COVID-19 ha colpito in maniera decisa il nostro sistema economico a seguito del protrarsi del lockdown, con sospensione di attività economiche e crollo dei consumi nei comparti non alimentari; nelle situazioni di crisi globale come questa, generalmente a subire gli effetti maggiormente negativi sono le fasce più deboli della popolazione, in particolare quelle che vivono al limite della sussistenza o rischiano di superare la soglia della povertà;
    storicamente il microcredito in molti paesi del mondo è la migliore risposta etica da un punto di vista economico e di assistenza finanziaria per sostenere piccole iniziative imprenditoriali in una logica di sviluppo complessivo della società e di crescita armonica della stessa, riducendo le disuguaglianze tra classi sociali, superando il mero assistenzialismo e valorizzando la dignità e il lavoro dell'uomo;
    in Italia opera da anni l'Ente Nazionale per il Microcredito, ente pubblico non economico, che esercita importanti funzioni in materia di microcredito e microfinanza, a livello nazionale ed internazionale e in particolare promuove lo sviluppo della microimprenditoria e del lavoro autonomo, nonché l'inclusione sociale e finanziaria delle persone maggiormente svantaggiate, promuovendo iniziative volte a favorire l'accesso al credito attraverso gli strumenti della microfinanza, la formazione, il tutoraggio, la ricerca, la capacity building, la diffusione di buone pratiche;
    in base a tale visione, l'Ente vede il microcredito non come una forma di «assistenzialismo», ma come un vero e proprio prestito finalizzato allo sviluppo di progetti imprenditoriali o alla realizzazione di progetti mirati al miglioramento delle condizioni di vita personali o familiari delle fasce deboli della popolazione; la dignità normativa al microcredito è stata raggiunta con il decreto legislativo, 13 agosto 2010, n. 141 e con il nuovo articolo 111 del testo unico Bancario, che stabilisce che il termine «microcredito» può essere riferito esclusivamente ai finanziamenti a favore di microimprenditori o lavoratori autonomi, di importo non superiore a 25.000 euro, non assistiti da garanzie reali e accompagnati da servizi ausiliari di assistenza è monitoraggio;
    è stata anche prevista una forma di microcredito sociale destinato a persone in stato di esclusione sociale e finanziaria, di importo non superiore a 10.000 euro, anche in questo caso non assistito da garanzie reali e accompagnato da servizi ausiliari di bilancio familiare;
    la normativa di riferimento prevede che il microcredito imprenditoriale può essere finalizzato all'acquisto di beni, ivi incluse le materie prime necessarie alla produzione di beni o servizi e le merci destinate alla rivendita, di servizi strumentali all'attività svolta, compreso il pagamento dei canoni delle operazioni di leasing e il pagamento delle spese connesse alla sottoscrizione di polizze assicurative, alla retribuzione di nuovi dipendenti o soci lavoratori fino al pagamento di corsi di formazione volti ad elevare la qualità professionale e le capacità tecniche e gestionali del lavoratore autonomo, dell'imprenditore e dei relativi dipendenti;
    volendo valorizzare il riconoscimento del microcredito come risposta concreta alla situazione economica per importanti fasce della popolazione, recentemente il parlamento, con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, ha elevato da 25.000 a 40.000 euro l'importo massimo dei finanziamenti concedibile come «microcredito imprenditoriale»;
    è importante, in questo momento di grave crisi, generata dall'emergenza epidemiologica data dalla diffusione di COVID-19, ampliare le attività del microcredito sociale, in particolare prevedendo interventi legislativi per l'ammissibilità alla garanzia del Fondo dei finanziamenti fino a 5.000 euro, non assistiti da garanzia reale, con garanzia diretta e percentuale di copertura pari all'80 per cento dell'ammontare di ciascuna operazione di finanziamento erogati da banche, intermediari finanziari e altri soggetti abilitati alla concessione di credito, concessi ad un solo soggetto di un nucleo familiare per il soddisfacimento di bisogni primari propri o del nucleo familiare, con particolare riguardo all'approvvigionamento di beni per il consumo alimentare e alle spese per il pagamento di corsi di istruzione superiore, universitari e di specializzazione, inclusi i costi di materiale didattico, vitto ed alloggio per la frequentazione degli stessi;
    l'Ente Nazionale per il Microcredito coordina, in applicazione dell'articolo 5, commi 5 e 6 del decreto del Ministero delle Finanze del 17 Ottobre 2014, n. 176, gli interventi e l'affiancamento dei servizi ausiliari e di monitoraggio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame; al fine di valutare di adottare ulteriori iniziative normative volte a permettere, per le esigenze e con le modalità illustrate in premessa, l'ammissibilità al fondo centrale di garanzia per prestiti di microcredito sociale.
9/2461-AR/180. (Testo modificato nel corso della seduta) Patassini, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo V «Disposizioni in materia di termini processuali e procedimentali»;
    l'applicazione dei canoni delle concessioni demaniali marittime disposti dall'articolo 03, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 (cosiddetti canoni OMI), sta determinando gravi conseguenze per diversi operatori del settore che, trovandosi nell'impossibilità di corrispondere somme ingenti, ricorrono a un esteso contenzioso;
    a ciò si aggiunge l'incertezza giurisprudenziale e amministrativa sui parametri (terziario o commerciale) che gli Enti concedenti utilizzano per determinare il canone in queste limitate fattispecie con esiti differenti fra i diversi comuni. Sul punto giova ricordare anche la recente sentenza n. 7874 del 18 novembre 2019 sul tema delle concessioni demaniali a scopo turistico ricreativo, con la quale il Consiglio di Stato ha bocciato la proroga generalizzata di 15 anni prevista dalla legge di Bilancio 2019, richiamando i principi consolidati dalla sentenza della C.G.U.E. del 14 luglio 2016, sulla libera concorrenza, non discriminazione, libertà di stabilimento e pubbliche evidenze per le procedure di assegnazione delle concessioni e negando la possibilità di rinnovo automatico di queste ultime da parte degli enti locali;
    il contenzioso è partito nel 2002, quando due società – la Gema e la Montanino – dopo aver presentato domanda per ottenere la concessione su cui insiste lo stabilimento balneare American Bar Capo Nord di Santa Margherita Ligure, in vista dell'imminente scadenza del titolo, ricevevano dal comune di Santa Margherita Ligure un diniego a tale richiesta, poiché l'amministrazione riteneva la concessione ancora valida grazie alla proroga fino al 31 dicembre 2020. I due competitor presentavano quindi un ricorso avverso la delibera comunale, appellandosi alla sentenza della Corte di giustizia europea «Promoimpresa» del 14 luglio 2016 che aveva già dichiarato invalida la proroga al 2020 perché in contrasto con la direttiva europea «Bolkestein» sulla liberalizzazione dei servizi e, in sede di giudizio di secondo grado, il Consiglio di Stato ha confermato tale orientamento dichiarando illegittima la proroga automatica applicata dal comune;
    alla luce di tali evidenze, anche l'applicazione delle disposizioni sulla proroga contenute nel provvedimento in esame potrebbe creare non pochi problemi alle amministrazioni locali, nel momento in cui i provvedimenti saranno impugnati dinanzi alle autorità giudiziarie con l'inevitabile rischio di responsabilità personali, penali ed erariali per dirigenti e funzionari di regioni e comuni che decideranno di applicare la citata disposizione; la complessa materia delle concessioni demaniali marittime necessita un suo riordino, nelle cui more sarebbe opportuno adottare misure idonee ad evitare conseguenze devastanti per le imprese del settore e a ridurre il più possibile il contenzioso pendente. Per far questo si dovrebbe innanzi tutto prorogare ulteriormente, perlomeno fino al 30 novembre 2020, il termine per il pagamento dei canoni demaniali dovuti e non ancora corrisposti e precisare che sono sospesi fino alla stessa data i procedimenti di riscossione coattiva dei canoni e i procedimenti amministrativi per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni,

impegna il Governo

a valutare, nelle more del riordino della materia delle concessioni demaniali marittime, l'opportunità di prorogare perlomeno fino al 30 novembre 2020 il termine per i pagamenti dei canoni ancora non corrisposti di cui in premessa e sospendere fino alla stessa data i procedimenti di riscossione coattiva dei canoni e i procedimenti amministrativi per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni.
9/2461-AR/181Raffaelli, Andreuzza, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo V «Disposizioni in materia di termini processuali e procedimentali»;
    l'applicazione dei canoni delle concessioni demaniali marittime disposti dall'articolo 03, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 (cosiddetti canoni OMI), sta determinando gravi conseguenze per diversi operatori del settore che, trovandosi nell'impossibilità di corrispondere somme ingenti, ricorrono a un esteso contenzioso;
    a ciò si aggiunge l'incertezza giurisprudenziale e amministrativa sui parametri (terziario o commerciale) che gli Enti concedenti utilizzano per determinare il canone in queste limitate fattispecie con esiti differenti fra i diversi comuni. Sul punto giova ricordare anche la recente sentenza n. 7874 del 18 novembre 2019 sul tema delle concessioni demaniali a scopo turistico ricreativo, con la quale il Consiglio di Stato ha bocciato la proroga generalizzata di 15 anni prevista dalla legge di Bilancio 2019, richiamando i principi consolidati dalla sentenza della C.G.U.E. del 14 luglio 2016, sulla libera concorrenza, non discriminazione, libertà di stabilimento e pubbliche evidenze per le procedure di assegnazione delle concessioni e negando la possibilità di rinnovo automatico di queste ultime da parte degli enti locali;
    il contenzioso è partito nel 2002, quando due società – la Gema e la Montanino – dopo aver presentato domanda per ottenere la concessione su cui insiste lo stabilimento balneare American Bar Capo Nord di Santa Margherita Ligure, in vista dell'imminente scadenza del titolo, ricevevano dal comune di Santa Margherita Ligure un diniego a tale richiesta, poiché l'amministrazione riteneva la concessione ancora valida grazie alla proroga fino al 31 dicembre 2020. I due competitor presentavano quindi un ricorso avverso la delibera comunale, appellandosi alla sentenza della Corte di giustizia europea «Promoimpresa» del 14 luglio 2016 che aveva già dichiarato invalida la proroga al 2020 perché in contrasto con la direttiva europea «Bolkestein» sulla liberalizzazione dei servizi e, in sede di giudizio di secondo grado, il Consiglio di Stato ha confermato tale orientamento dichiarando illegittima la proroga automatica applicata dal comune;
    alla luce di tali evidenze, anche l'applicazione delle disposizioni sulla proroga contenute nel provvedimento in esame potrebbe creare non pochi problemi alle amministrazioni locali, nel momento in cui i provvedimenti saranno impugnati dinanzi alle autorità giudiziarie con l'inevitabile rischio di responsabilità personali, penali ed erariali per dirigenti e funzionari di regioni e comuni che decideranno di applicare la citata disposizione; la complessa materia delle concessioni demaniali marittime necessita un suo riordino, nelle cui more sarebbe opportuno adottare misure idonee ad evitare conseguenze devastanti per le imprese del settore e a ridurre il più possibile il contenzioso pendente. Per far questo si dovrebbe innanzi tutto prorogare ulteriormente, perlomeno fino al 30 novembre 2020, il termine per il pagamento dei canoni demaniali dovuti e non ancora corrisposti e precisare che sono sospesi fino alla stessa data i procedimenti di riscossione coattiva dei canoni e i procedimenti amministrativi per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni,

impegna il Governo

nelle more del riordino della materia delle concessioni demaniali marittime, a valutare l'opportunità di prorogare perlomeno fino al 30 novembre 2020 il termine per i pagamenti dei canoni ancora non corrisposti di cui in premessa e sospendere fino alla stessa data i procedimenti di riscossione coattiva dei canoni e i procedimenti amministrativi per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni.
9/2461-AR/181. (Testo modificato nel corso della seduta) Raffaelli, Andreuzza, Cavandoli, Cestari, Golinelli, Morrone, Murelli, Piastra, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Vinci.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo V «Disposizioni in materia di termini processuali e procedimentali»;
    con il lock down imposto dal Governo negli ultimi tre mesi il settore del commercio in sede fissa e ambulante ha registrato ingenti perdite e anche il lento e confuso avvio della cosiddetta Fase 2 non ha offerto nessuna certezza sul futuro di queste attività. Il comparto del commercio già indebolito dalla grande distribuzione, dalle piattaforme online e dai centri commerciali, con le misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha subito una brusca battuta di arresto, dalla quale molte piccole attività anche a gestione familiare non riusciranno a riprendersi;
    nella mattina di sabato 9 maggio 2020 numerosi cittadini appartenenti anche al settore del commercio ambulante hanno manifestato in piazza a Pisa per denunciare le difficoltà che l'intero comparto sta attraversando;
    a Napoli invece erano circa 200 i venditori ambulanti dei mercati che hanno manifestato, esponendo simbolicamente una bara come segnale di grande sofferenza dell'intera categoria (https://www.ansa.it/sito/photogallery/primopiano/2020/05/08/il-commercio-ambulante-e-morto-a-napoli-sfila-la-bara ce33f9ab-d5aa-418f-8789-8e759cccb85e.html);
    ancora a Torino centinaia di commercianti ambulanti che vendono generi non alimentari si sono radunati in piazza Castello a Torino, davanti alla Prefettura, in segno di protesta chiedendo, tra le altre cose, lo stop al contingentamento degli ingressi nei mercati cittadini all'aperto e agevolazioni sulle tasse (https://tg24.sky.it/torino/2020/05/18/coronavirus-manifestazione-ambulanti-torino);
    a fronte di questa epidemia che ha messo in ginocchio i commercianti in sede ambulante e che ancora oggi, con l'incertezza sulle norme e sulle prospettive di ripresa di queste attività, porta molti esercenti a scegliere di non riaprire occorre un piano di sostegno e rilancio del commercio ambulante con interventi mirati che non si limitino ad offrire incentivi a pioggia e una tantum ma che investano risorse per riorganizzare l'intero comparto e stimolare la domanda da parte dei clienti,

impegna il Governo

a individuare un piano per la ripresa del settore del commercio ambulante, fortemente danneggiato dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, prevedendo misure e risorse specifiche che consentano di riorganizzare l'attività dell'intero settore e stimolare la domanda da parte della clientela.
9/2461-AR/182Legnaioli, Caffaratto, Belotti, Di Muro, Andreuzza, Binelli, Colla, Dara, Galli, Guidesi, Patassini, Pettazzi, Piastra, Saltamartini, Ziello, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede « Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    nella provincia di Piacenza fortemente colpita dall'emergenza COVID-19, i residenti e gli amministratori locali si trovano a dover affrontare sotto il profilo etico, relazionale, sociale, patrimoniale ed imprenditoriale la catastrofe che ha interessato e continua ad interessare l'intera area;
    come evidenziato dal modo imprenditoriale nell'emergenza coronavirus la salute è prioritaria, ma occorre programmare la ripartenza delle aziende, perché dopo il lockdown il sistema economico è a rischio collasso (https://www.piacenzasera.it/2020/05/covid-19-e-gli-effetti-dellemergenza-e-prospettive-per-leconomia-piacentina/341160/): si deve costruire un modello che garantisca sicurezza, salute e un effettivo rilancio economico, individuando misure mirate che favoriscano la ripresa anche e soprattutto mediante la semplificazione degli adempimenti, la riduzione del peso fiscale e maggiore liquidità per il settore produttivo; sarebbe pertanto utile adottare un piano di rilancio che coniughi importanti misure fiscali e di semplificazione ad incentivi a fondo perduto al fine di favorire la ripartenza del sistema imprenditoriale piacentino, in chiave di maggiore attenzione per la specificità dei comparti produttivi in sofferenza;
    l'obiettivo è quello di accelerare la ripresa economica del territorio soprattutto attraverso la riapertura in sicurezza di specifici settori di attività che fungano da leva economica per l'intero indotto, l'adozione di nuove soluzioni tecnologiche che favoriscano l'incremento di produzione, il rilancio della competitività dell'intero sistema produttivo del territorio. Il livello delle agevolazioni potrebbe essere modulato a seconda delle zone, tenendo presente i diversi fattori che le caratterizzano e puntando sull'offerta dei diversi distretti produttivi, su un mercato del lavoro competitivo con manodopera qualificata e su una burocrazia semplificata. Tutto ciò consentirebbe la ripartenza di un'area che da sempre ha una forte vocazione allo sviluppo, grazie al superamento delle attuali difficoltà legate alla carenza di liquidità e agli ostacoli burocratici;
    queste misure darebbero una spinta eccezionale all'economia della provincia di Piacenza fortemente penalizzata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19: il sistema di agevolazioni potrebbe favorire la riapertura delle aziende già esistenti e l'eventuale riconversione produttiva di quelle che hanno subito maggiori danni dal lockdown rischiando, vista la permanenza delle esigenze di distanziamento, di non riaprire più. Oltre a questo, una specifica attenzione al rilancio produttivo dell'area incentiverebbe anche l'insediamento di sedi delocalizzate di imprese straniere avviando un percorso virtuoso di attrazione degli investimenti dall'estero,

impegna il Governo

a individuare un modello che favorisca la ripresa del settore produttivo della provincia di Piacenza gravemente danneggiato dall'emergenza Covid-19 attraverso misure di natura fiscale, di semplificazione burocratica e di accesso al credito a fondo perduto, modulate sulle diverse esigenze imprenditoriali e dei singoli comparti produttivi, al fine di contrastare la crisi economica che ha colpito queste aree, e soprattutto quel tessuto di piccole e medie industrie che ha fatto dell'Italia la seconda potenza manifatturiera d'Europa.
9/2461-AR/183Murelli, Cestari, Tomasi, Tombolato, Cavandoli, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede « Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    nella provincia di Piacenza fortemente colpita dall'emergenza COVID-19, i residenti e gli amministratori locali si trovano a dover affrontare sotto il profilo etico, relazionale, sociale, patrimoniale ed imprenditoriale la catastrofe che ha interessato e continua ad interessare l'intera area;
    come evidenziato dal modo imprenditoriale nell'emergenza coronavirus la salute è prioritaria, ma occorre programmare la ripartenza delle aziende, perché dopo il lockdown il sistema economico è a rischio collasso (https://www.piacenzasera.it/2020/05/covid-19-e-gli-effetti-dellemergenza-e-prospettive-per-leconomia-piacentina/341160/): si deve costruire un modello che garantisca sicurezza, salute e un effettivo rilancio economico, individuando misure mirate che favoriscano la ripresa anche e soprattutto mediante la semplificazione degli adempimenti, la riduzione del peso fiscale e maggiore liquidità per il settore produttivo; sarebbe pertanto utile adottare un piano di rilancio che coniughi importanti misure fiscali e di semplificazione ad incentivi a fondo perduto al fine di favorire la ripartenza del sistema imprenditoriale piacentino, in chiave di maggiore attenzione per la specificità dei comparti produttivi in sofferenza;
    l'obiettivo è quello di accelerare la ripresa economica del territorio soprattutto attraverso la riapertura in sicurezza di specifici settori di attività che fungano da leva economica per l'intero indotto, l'adozione di nuove soluzioni tecnologiche che favoriscano l'incremento di produzione, il rilancio della competitività dell'intero sistema produttivo del territorio. Il livello delle agevolazioni potrebbe essere modulato a seconda delle zone, tenendo presente i diversi fattori che le caratterizzano e puntando sull'offerta dei diversi distretti produttivi, su un mercato del lavoro competitivo con manodopera qualificata e su una burocrazia semplificata. Tutto ciò consentirebbe la ripartenza di un'area che da sempre ha una forte vocazione allo sviluppo, grazie al superamento delle attuali difficoltà legate alla carenza di liquidità e agli ostacoli burocratici;
    queste misure darebbero una spinta eccezionale all'economia della provincia di Piacenza fortemente penalizzata dall'emergenza epidemiologica da COVID-19: il sistema di agevolazioni potrebbe favorire la riapertura delle aziende già esistenti e l'eventuale riconversione produttiva di quelle che hanno subito maggiori danni dal lockdown rischiando, vista la permanenza delle esigenze di distanziamento, di non riaprire più. Oltre a questo, una specifica attenzione al rilancio produttivo dell'area incentiverebbe anche l'insediamento di sedi delocalizzate di imprese straniere avviando un percorso virtuoso di attrazione degli investimenti dall'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare un modello che favorisca la ripresa del settore produttivo della provincia di Piacenza gravemente danneggiato dall'emergenza Covid-19 attraverso misure di natura fiscale, di semplificazione burocratica e di accesso al credito a fondo perduto, modulate sulle diverse esigenze imprenditoriali e dei singoli comparti produttivi, al fine di contrastare la crisi economica che ha colpito queste aree, e soprattutto quel tessuto di piccole e medie industrie che ha fatto dell'Italia la seconda potenza manifatturiera d'Europa.
9/2461-AR/183. (Testo modificato nel corso della seduta) Murelli, Cestari, Tomasi, Tombolato, Cavandoli, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    nelle province di Bergamo, Lodi e Cremona, maggiormente colpite dall'emergenza COVID-19, i residenti e gli amministratori locali si trovano a dover affrontare sotto il profilo etico, relazionale, sociale, patrimoniale ed imprenditoriale la catastrofe che ha interessato e continua ad interessare queste zone;
    l'Osservatorio mensile di Confindustria Bergamo ha rilevato che il 52 per cento delle aziende bergamasche non ritiene di poter continuare la propria attività a causa dello stato d'emergenza dovuto al Coronavirus, senza un supporto dal Governo o più in generale dalle istituzioni (https://www.ecodibergamo.it/stories/Economia/il-52-delle-aziende-bergamascherischia-di-non-sopravvivere-al-covid-19 134792311/) e ad oggi oltre il 65 per cento dei professionisti, delle ditte individuali e dei commercianti sta cercando di ottenere il mini prestito da 25 mila euro garantito dallo stato mentre circa il 12 per cento delle aziende più grandi che richiedono un finanziamento garantito da Sace (per cui le banche non sono però ad oggi ancora pronte) sta decidendo come muoversi perché le banche rimandano (https://www.ilgiorno.it/bergamo/economia/covid-19-aziende-1.5147425). Il problema riguarda anche le 14.509 imprese della provincia di Lodi delle quali più di 3:000 sono nella zona rossa, con le inevitabili conseguenze che ne derivano (https://www.ilfoglio.it/granmilano/2020/03/05/news/cera-una-volta-il-lodiEiano-e-ci-sara-ancora-storie-di-aziende-305158/ ?underPavwall=true), e non da ultimo su un campione di 4.420 di imprese cremonesi il 43,7 per cento denuncia problemi molto gravi e teme le ripercussioni economiche di una prolungata chiusura forzata (https://www.laprovinciacr.it/news/italia-e-mondo/247441/confindustria-il-43-delle-imprese-ha-difficolta.html). È evidente che una situazione di tal genere deve essere necessariamente affrontata con misure mirate che favoriscano la ripresa economica, anche e soprattutto mediante la semplificazione degli adempimenti, la riduzione del peso fiscale e maggiore liquidità per il settore produttivo;
    sarebbe pertanto utile adottare un piano di rilancio che coniughi importanti misure fiscali e di semplificazione ad incentivi a fondo perduto al fine di favorire la ripartenza del sistema imprenditoriale delle aree lombarde più colpite dalla pandemia, in chiave di maggiore attenzione per la specificità dei comparti produttivi in sofferenza;
    l'obiettivo è quello di accelerare la ripresa economica del territorio soprattutto attraverso la riapertura in sicurezza di specifici settori di attività che fungano da leva economica per l'intero indotto, l'adozione di nuove soluzioni tecnologiche che favoriscano l'incremento di produzione, il rilancio della competitività dell'intero sistema produttivo di quei territori. Il livello delle agevolazioni potrebbe essere modulato a seconda delle zone, tenendo presente i diversi fattori che le caratterizzano e puntando sull'offerta dei diversi distretti produttivi, su un mercato del lavoro competitivo con manodopera qualificata e su una burocrazia semplificata. Tutto ciò consentirebbe la ripartenza di un'area che da sempre ha una forte vocazione allo sviluppo, grazie al superamento delle attuali difficoltà legate alla carenza di liquidità e agli ostacoli burocratici; queste misure darebbero una spinta eccezionale all'economia delle province lombarde più penalizzate dall'emergenza epidemiologica da COVID-19: il sistema di agevolazioni potrebbe favorire la riapertura delle aziende già esistenti e l'eventuale riconversione produttiva di quelle che hanno subito maggiori danni dal lockdown rischiando, vista la permanenza delle esigenze di distanziamento, di non riaprire più. Oltre a questo, una specifica attenzione al rilancio produttivo dell'area incentiverebbe l'insediamento di sedi delocalizzate di imprese straniere avviando anche un percorso virtuoso di attrazione degli investimenti dall'estero,

impegna il Governo

a individuare un modello che favorisca la ripresa del settore produttivo delle aree lombarde più colpite dall'emergenza COVID-19 attraverso misure di natura fiscale, di semplificazione burocratica e di accesso al credito a fondo perduto, modulate sulle diverse esigenze imprenditoriali e dei singoli comparti produttivi, al fine di arrestare il declino economico che ha colpito queste aree del Paese, la cui storia imprenditoriale e cui patrimonio produttivo rappresentano una delle maggiori fonti di ricchezza per l'Italia intera.
9/2461-AR/184Frassini, Belotti, Invernizzi, Ribolla, Guidesi, Comaroli, Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel fronteggiare una crisi epidemiologica senza precedenti, si ripropone di sostenere il sistema produttivo del Paese e a tal fine il Capo II del decreto reca «Misure urgenti per garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19» e il successivo Capo IV prevede «Misure fiscali e contabili» a sostegno di quei soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    la regione Veneto è stata fortemente colpita dall'emergenza COVID-19, e oggi il settore produttivo di quei territori, da sempre locomotiva del Paese, chiede un piano straordinario per ripartire attraverso sgravi fiscali, investimenti e un taglio netto alla burocrazia;
    Confindustria ha inquadrato lo stato dell'arte di 546 aziende venete alle prese con i pesanti effetti collaterali dell'epidemia da nuovo coronavirus, tra smart working, crollo dei fatturati, timori per il futuro e condizioni minime per pensare alla ripartenza: circa l'86 per cento delle imprese consultate ha registrato un rallentamento della domanda di beni e servizi dall'inizio dell'emergenza COVID-19, oltre il 67 per cento a causa del lockdown ha registrato un calo del fatturato del 30 per cento per metà delle imprese e più del 50 per cento per un quarto delle aziende monitorate (https://mattinopadova.gelocal.it/regione/2020/04/21/news/covid-19-e-aziende-credito-e-liquidita-unici-antidoti-alla-sfiducia-1.38745397) così come si registra a Venezia e Rovigo un crollo del 30 per cento per il distretto calzaturiero e del 25 per cento per quello agroalimentare (https://www.rainews.it/tgr/veneto/video/2020/05/ven-Coronavirus-crisi-imprese-industrie-Confindustria-Venezia-Rovigo-Marinese-75fe26e9-fe96-4f93-954c-101fbfed73bc.html);
    l'istituzione di una Zona Economica Speciale nella regione Veneto, che ricomprenda tutta l'area industriale e portuale veneziana fino alla provincia di Rovigo, oltre a favorire una rapida ripresa del settore produttivo dell'intero territorio consentirebbe il recupero di 385 ettari di ex fabbriche oggi quasi in stato di abbandono, con enormi vantaggi anche per le entrate dello Stato;
    in Italia un'accelerazione alla realizzazione delle ZES si è registrata con l'emanazione del decreto-legge n. 91 del 20 giugno 2017, il cosiddetto «Decreto Mezzogiorno», che ha previsto l'istituzione di Zone Economiche Speciali (ZES) connettendo zone a vocazione industriale/logistica con aree portuali di rilevanza nazionale ed internazionale, dislocate esclusivamente nelle regioni del Mezzogiorno. In particolare, la nuova legge ha introdotto regimi fiscali agevolati e misure di semplificazione burocratica e amministrativa per le aree del Paese meno sviluppate e in transizione – come definite dalla normativa europea – e, con l'entrata in vigore del successivo Regolamento attuativo del 5 gennaio 2018, n. 12, recante istituzione di Zone economiche speciali, si prevede l'applicazione di tali misure in favore delle sole regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia con l'obiettivo di rilanciare la competitività dei porti di tali regioni, attraendo nuovi investimenti anche alla luce dell'aumento del traffico marittimo nel Mediterraneo; sul punto giova evidenziare che il trasporto per mare è considerato, in primis dall'Unione europea, come un settore peculiare per lo sviluppo dell'economia degli Stati membri e di conseguenza capace di contribuire alla crescita delle varie aree regionali e non solo di quelle maggiormente depresse. L'Italia data la sua configurazione geografia e i suoi numerosi porti si appresta, o comunque ha le potenzialità per diventare un polo importante nel mezzo dell'Europa, e tra i diversi programmi previsti per lo sviluppo di determinate aree geografiche, le ZES costituiscono una occasione da non lasciarsi sfuggire, una misura che si concentra proprio sulle aree portuali volendone potenziare lo sviluppo e l'attrattività degli investimenti;
    negli ultimi 10 anni, la politica di coesione europea ha aiutato le regioni a riprendersi dallo shock della crisi economica, ma le disparità territoriali in campi come la disoccupazione e l'innovazione industriale sono aumentate invece di assottigliarsi. Anche per questo motivo, nel corso della quarantacinquesima Assemblea generale della Conference Peripherical Maritime Regions (CPMR) – tenutasi a Helsinki il 18-20 ottobre 2017 – e successivamente nel Consiglio dell'Unione europea su «Sinergie e semplificazione per la politica di coesione post-2020» del 15 novembre 2017, è emersa l'esigenza di sostenere con ogni mezzo la strategia UE per la crescita e l'occupazione. In particolare, al riguardo, si è osservato che le priorità della politica di coesione dovrebbero interessare prevalentemente o le aree dove aggiungono più valore o quelle dove sono più efficienti: proprio in base a questa linea è utile sostenere con forza la creazione di una ZES in un'area con solide strutture e grandi potenzialità industriali come quella della regione Veneto;
    la finalità delle misure incentivanti è, infatti, quella di rilanciare gli investimenti strategici nelle aree portuali e retro-portuali del territorio veneto, per aumentare il livello occupazionale, incrementare l'attrattività delle zone interessate, creare nuovi modelli di produzione, anche attraverso una diversificazione economica, e, più in generale, un sistema che possa fungere da vera e propria leva per l'economia non solo di quel territorio ma di tutto il Paese;
    l'articolo 1, comma 314, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di Bilancio 2020) prevede un incremento di autorizzazione di spesa al fine di rafforzare ed ampliare la strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese e il successivo comma 316 della medesima norma introduce alcune misure volte a rafforzare la disciplina sulle Zone economiche speciali (ZES);
    l'istituzione di una ZES nella regione Veneto si ripropone in definitiva di avviare una nuova forma di Governo economico in quella specifica area geografica, consentendo che le procedure amministrative e di accesso alle infrastrutture per le imprese che si insediano o già operano nel territorio, siano coordinate da un soggetto gestore in rappresentanza dell'Amministrazione centrale, della regione interessata e della relativa Autorità portuale, al fine di consentire una progettualità integrata di sviluppo e parallelamente di rilanciare la competitività dell'intera area portuale già oggi strategica per l'economia nazionale,

impegna il Governo

a prevedere l'istituzione, eventualmente anche solo limitatamente alla durata dell'emergenza sanitaria in atto e per l'anno successivo, di una zona economica speciale nella regione Veneto, cui si applichi la disciplina contenuta nel decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, al fine di creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano il rilancio occupazionale e lo sviluppo delle imprese già operanti in quell'area, nonché l'insediamento nel medesimo territorio veneto di nuove realtà produttive che oggi più che mai possono fungere da volano, grazie anche alla presenza di un'area portuale strategica, per la ripresa economica dell'intero Paese.
9/2461-AR/185Lorenzo Fontana, Andreuzza, Badole, Bazzaro, Bisa, Coin, Colmellere, Comencini, Covolo, Fantuz, Fogliani, Giacometti, Lazzarini, Paternoster, Pretto, Racchella, Stefani, Turri, Valbusa, Vallotto, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali, all'articolo 13 introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un'estensione dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria;
    e che l'articolo rafforza ulteriormente – anche alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea) – gli interventi di garanzia del Fondo:
     a) incrementando la percentuale di copertura della garanzia diretta dall'80 al 90 per cento dell'ammontare di ciascun finanziamento con durata fino a 72 mesi, previa autorizzazione della Commissione UE e in conformità con il quadro temporaneo degli aiuti di Stato;
     b) con l'elevazione della copertura del Fondo in riassicurazione dal 90 al 100 per cento dell'importo garantito dai Confidi o da altro fondo di garanzia;
     c) consentendo ai Confidi – previa autorizzazione della Commissione europea – di imputare al fondo consortile, al capitale sociale, o ad apposita riserva, i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi pubblici, con esclusione di quelli derivanti dalle attribuzioni annuali di cui alla legge n. 108 del 1996, esistenti alla data del 31 dicembre 2019. La garanzia dei confidi, quindi, a valere sulle risorse dei fondi rischi di natura comunitaria, nazionale, regionale e camerale, può essere concessa – con autorizzazione della Commissione UE – sui finanziamenti erogati alle PMI per la quota non coperta dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI, ovvero di altri fondi di garanzia di natura pubblica,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di consentire ai Confidi, in quanto intermediari finanziari (articolo 106, comma 1, e articolo 112, comma 6, del decreto legislativo n. 385 del 1993), di superare nella fase emergenziale in corso l'attuale limite, per i soli Confidi vigilati da Banca d'Italia, allo svolgimento di attività diverse dal rilascio della garanzia collettiva (cosiddetta attività residuale), fissato al 20 per cento del valore dell'attivo come indicato nella circolare n. 288/2015 della Banca d'Italia, e rimanendo comunque prevalente l'esercizio dell'attività di garanzia rispetto alle altre attività svolte dai Confidi vigilati;
   a valutare l'opportunità di un successivo intervento normativo che consenta ai Confidi iscritti nell'albo degli intermediari finanziari (articolo 106, comma 1, e articolo 112, comma 6, del decreto legislativo n. 385 del 1993) e quindi vigilati da Banca d'Italia di essere ammessi all'assegnazione e alla gestione di fondi pubblici (costituiti a livello comunitario, nazionale, regionale e camerale) di agevolazione creditizia volti a dare supporto alla liquidità delle piccole e medie imprese colpite dall'emergenza COVID-19, nelle modalità stabilite con un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
9/2461-AR/186Rotta.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore della pesca e dell'acquacoltura rappresenta un comparto duramente colpito dall'emergenza sanitaria da COVID-19;
    Governo e Parlamento sono intervenuti con tempestività a sostegno di imprese e dei lavoratori coinvolti mettendo a disposizione, attraverso il Decreto Cura Italia convertito con la legge n. 27 del 24 aprile 2020 (decreto-legge n. 18 del 2020), misure specifiche e risorse significative: dal trattamento di integrazione salariale in deroga per dipendenti e autonomi, ai fondi per l'internalizzazione delle imprese e per la copertura degli interessi su finanziamenti bancari e sui mutui;
    ad oggi però problemi sostanzialmente burocratici rischiano di ritardare interventi quanto mai necessari per sostenere i redditi delle famiglie coinvolte oltre a garantire la continuità produttiva e l'esistenza stessa di moltissime imprese. Non sono stati infatti ancora l'emanati i Decreti Ministeriali necessari alla piena attuazione delle norme e delle risorse a sostegno di pesca ed acquacoltura previsti dall'articolo 78 del decreto Cura Italia e per l'utilizzo dei fondi europei Feamp sbloccati dalla Commissione Europea;
   valutato che:
    nel provvedimento in esame sono presenti misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    nel provvedimento in esame sono state inserite, anche in sede di discussione in Commissione referente alla Camera dei deputati, norme apposite che riguardano il settore della pesca e dell'acquacoltura. In particolare:
     all'articolo 1-ter con l'introduzione di semplificazione delle procedure di liquidazione degli aiuti alla pesca;
     all'articolo 14-bis con la proroga del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura;
    sono stati inoltre presentati e discussi, ma non approvati, emendamenti specifici che riguardano il settore ittico. In particolare:
     la richiesta di proroghe della scadenza di certificazioni e collaudi dei motopescherecci e della scadenza degli adempimenti e delle visite mediche dei pescatori professionali. Per garantire quindi la piena operatività dei pescherecci e delle imprese del settore;
     la richiesta di risorse aggiuntive e norme specifiche per i pescatori autonomi, per i pescatori dipendenti e per i lavoratori stagionali della pesca. Molti lavoratori infatti, di differenti tipologie contrattuali, non possono accedere alla cassa integrazione, agli ammortizzatori sociali straordinari o ai bonus già stanziati;
     l'introduzione di appositi piani di gestione degli stock ittici, in considerazione del fatto che le limitazioni causate dall'emergenza sanitaria nel 2020 all'attività ittica siano già sufficienti;
    si tratta di norme comunque necessarie per sostenere le imprese del settore garantendo la loro continuità produttiva ed occupazionale,

impegna il Governo:

   a sostenere le imprese del settore della pesca e dell'acquacoltura al fine di garantire la liquidità e l'operatività delle aziende ed il reddito dei lavoratori interessati. Ed in particolare attraverso le seguenti misure:
    a) a emanare in tempi brevi i decreti legislativi citati in premessa e previsti dal decreto Cura Italia;
    b) a sospendere per l'anno 2020 il pagamento dei canoni delle concessioni demaniali, sia marittime che di altra natura, dovuti a qualunque titolo, per le attività di pesca e acquacoltura da parte di imprese, cooperative e loro consorzi;
    c) a prorogare fino al 31 dicembre 2020 le certificazioni e i collaudi delle imbarcazioni impiegate per la pesca professionale e l'acquacoltura, rilasciati da amministrazioni statali ed enti di classificazione navale, scaduti da non oltre dodici mesi o in scadenza entro il 30 settembre 2020;
    d) a prorogare fino al 31 dicembre 2020 tutti gli adempimenti, comprese le visite mediche, dei pescatori esercenti la pesca professionale in acque marittime, interne e lagunari, scaduti da non oltre dodici mesi o in scadenza entro il 30 settembre 2020;
    e) a includere nel beneficio del bonus previsto dall'articolo 30 del decreto-legge numero 18 del 2020 anche i lavoratori stagionali della pesca ed i lavoratori sbarcati per malattia ed infortunio che ne rimanevano iniquamente esclusi;
    f) a riconoscere anche ai pescatori autonomi, attualmente esclusi dal beneficio, l'indennità di 600 euro prevista invece per i lavoratori autonomi iscritti nelle gestioni speciali dell'Ago (coltivatori diretti, artigiani e commercianti);
    g) a includere nel beneficio del bonus previsto dall'articolo 30 del decreto-legge numero 18 del 2020 anche i lavoratori stagionali della pesca, che ne rimanevano iniquamente esclusi ed in particolare i marittimi imbarcati su natanti che esercitano campagne di pesca che sarebbero dovute iniziare in una data successiva a quella della pubblicazione del Decreto Cura Italia;
    h) a sospendere i piani di gestione nazionali degli stock ittici fino al 31 dicembre 2020.
9/2461-AR/187Cenni, Incerti, Martina, Dal Moro, Critelli, Frailis.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore della pesca e dell'acquacoltura rappresenta un comparto duramente colpito dall'emergenza sanitaria da COVID-19;
    Governo e Parlamento sono intervenuti con tempestività a sostegno di imprese e dei lavoratori coinvolti mettendo a disposizione, attraverso il Decreto Cura Italia convertito con la legge n. 27 del 24 aprile 2020 (decreto-legge n. 18 del 2020), misure specifiche e risorse significative: dal trattamento di integrazione salariale in deroga per dipendenti e autonomi, ai fondi per l'internalizzazione delle imprese e per la copertura degli interessi su finanziamenti bancari e sui mutui;
    ad oggi però problemi sostanzialmente burocratici rischiano di ritardare interventi quanto mai necessari per sostenere i redditi delle famiglie coinvolte oltre a garantire la continuità produttiva e l'esistenza stessa di moltissime imprese. Non sono stati infatti ancora l'emanati i Decreti Ministeriali necessari alla piena attuazione delle norme e delle risorse a sostegno di pesca ed acquacoltura previsti dall'articolo 78 del decreto Cura Italia e per l'utilizzo dei fondi europei Feamp sbloccati dalla Commissione Europea;
   valutato che:
    nel provvedimento in esame sono presenti misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    nel provvedimento in esame sono state inserite, anche in sede di discussione in Commissione referente alla Camera dei deputati, norme apposite che riguardano il settore della pesca e dell'acquacoltura. In particolare:
     all'articolo 1-ter con l'introduzione di semplificazione delle procedure di liquidazione degli aiuti alla pesca;
     all'articolo 14-bis con la proroga del Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura;
    sono stati inoltre presentati e discussi, ma non approvati, emendamenti specifici che riguardano il settore ittico. In particolare:
     la richiesta di proroghe della scadenza di certificazioni e collaudi dei motopescherecci e della scadenza degli adempimenti e delle visite mediche dei pescatori professionali. Per garantire quindi la piena operatività dei pescherecci e delle imprese del settore;
     la richiesta di risorse aggiuntive e norme specifiche per i pescatori autonomi, per i pescatori dipendenti e per i lavoratori stagionali della pesca. Molti lavoratori infatti, di differenti tipologie contrattuali, non possono accedere alla cassa integrazione, agli ammortizzatori sociali straordinari o ai bonus già stanziati;
     l'introduzione di appositi piani di gestione degli stock ittici, in considerazione del fatto che le limitazioni causate dall'emergenza sanitaria nel 2020 all'attività ittica siano già sufficienti;
    si tratta di norme comunque necessarie per sostenere le imprese del settore garantendo la loro continuità produttiva ed occupazionale,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di sostenere le imprese del settore della pesca e dell'acquacoltura al fine di garantire la liquidità e l'operatività delle aziende ed il reddito dei lavoratori interessati. Ed in particolare attraverso le seguenti misure:
    a) emanare in tempi brevi i decreti legislativi citati in premessa e previsti dal decreto Cura Italia;
    b) sospendere per l'anno 2020 il pagamento dei canoni delle concessioni demaniali, sia marittime che di altra natura, dovuti a qualunque titolo, per le attività di pesca e acquacoltura da parte di imprese, cooperative e loro consorzi;
    c) prorogare fino al 31 dicembre 2020 le certificazioni e i collaudi delle imbarcazioni impiegate per la pesca professionale e l'acquacoltura, rilasciati da amministrazioni statali ed enti di classificazione navale, scaduti da non oltre dodici mesi o in scadenza entro il 30 settembre 2020;
    d) prorogare fino al 31 dicembre 2020 tutti gli adempimenti, comprese le visite mediche, dei pescatori esercenti la pesca professionale in acque marittime, interne e lagunari, scaduti da non oltre dodici mesi o in scadenza entro il 30 settembre 2020;
    e) includere nel beneficio del bonus previsto dall'articolo 30 del decreto-legge numero 18 del 2020 anche i lavoratori stagionali della pesca ed i lavoratori sbarcati per malattia ed infortunio che ne rimanevano iniquamente esclusi;
    f) riconoscere anche ai pescatori autonomi, attualmente esclusi dal beneficio, l'indennità di 600 euro prevista invece per i lavoratori autonomi iscritti nelle gestioni speciali dell'Ago (coltivatori diretti, artigiani e commercianti);
    g) includere nel beneficio del bonus previsto dall'articolo 30 del decreto-legge numero 18 del 2020 anche i lavoratori stagionali della pesca, che ne rimanevano iniquamente esclusi ed in particolare i marittimi imbarcati su natanti che esercitano campagne di pesca che sarebbero dovute iniziare in una data successiva a quella della pubblicazione del Decreto Cura Italia;
    h) sospendere i piani di gestione nazionali degli stock ittici fino al 31 dicembre 2020.
9/2461-AR/187. (Testo modificato nel corso della seduta) Cenni, Incerti, Martina, Dal Moro, Critelli, Frailis.


   La Camera

impegna il Governo:

   a prevedere, nel disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, adeguate misure al fine di:
    a) a sostenere un piano di comunicazione finalizzato alla valorizzazione, alla promozione dei prodotti agroalimentari italiani;
    b) attuare un sistema di agevolazioni fiscali per l'acquisto di taluni prodotti agricoli e alimentari italiani rientranti nel regime delle indicazioni geografiche e derivanti dall'agricoltura biologica;
    c) aumentare la redditività e la competitività del settore agricolo, attraverso l'insediamento di giovani agricoltori, adeguatamente qualificati, supportandoli nella fase di avvio dell'impresa;
    d) orientare i processi produttivi verso l'applicazione di metodi di lavorazione sostenibile e verso una maggiore attenzione al contesto ambientale di lavoro e alla qualità delle produzioni.
9/2461-AR/188Incerti, Cenni, Critelli, Cappellani, Dal Moro, Frailis, Martina.


   La Camera

impegna il Governo:

   a prevedere, nel disegno di legge di conversione del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, adeguate misure nell'ambito delle esigenze di finanza pubblica al fine di:
    a) a sostenere un piano di comunicazione finalizzato alla valorizzazione, alla promozione dei prodotti agroalimentari italiani;
    b) attuare un sistema di agevolazioni fiscali per l'acquisto di taluni prodotti agricoli e alimentari italiani rientranti nel regime delle indicazioni geografiche e derivanti dall'agricoltura biologica;
    c) aumentare la redditività e la competitività del settore agricolo, attraverso l'insediamento di giovani agricoltori, adeguatamente qualificati, supportandoli nella fase di avvio dell'impresa;
    d) orientare i processi produttivi verso l'applicazione di metodi di lavorazione sostenibile e verso una maggiore attenzione al contesto ambientale di lavoro e alla qualità delle produzioni.
9/2461-AR/188. (Testo modificato nel corso della seduta) Incerti, Cenni, Critelli, Cappellani, Dal Moro, Frailis, Martina.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame interviene per far fronte alle crisi di liquidità delle imprese legate all'emergenza COVID-19 e prevede, contestualmente, la sospensione dei pagamenti di natura fiscale. In particolare, si tratta di misure operative a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti per favorire la ripartenza del sistema produttivo italiano, una volta superata l'emergenza sanitaria;
    a fronte della pressante urgenza di immettere liquidità nel sistema economico, occorre altresì scongiurare il rischio di inquinamento e infiltrazione da parte della criminalità organizzata sulle risorse devolute per contenere gli effetti economici dell'emergenza sanitaria;
    in tal senso sono tanti gli allarmi lanciati da diversi soggetti istituzionali, come il Ministro dell'interno, la Procura nazionale antimafia, i procuratori della Repubblica di Milano e Napoli, la Banca d'Italia, anche nel corso delle audizioni svolte presso le competenti commissioni parlamentari;
    si ritiene quindi che occorra predisporre, sulla base anche della vigente normativa antiriciclaggio, adeguati controlli attraverso il potenziamento del monitoraggio e approfondimento preinvestigativo, delle segnalazioni per operazioni sospette e delle analisi economiche dei mercati al fine di individuare i soggetti pericolosi e le aree di intervento delle organizzazioni criminali in materia economica;
    in sede referente sono già state approvate importanti modifiche al decreto in esame che escludono dall'accesso ai finanziamenti le società che hanno partecipazioni dirette o indirette in società residenti nei paradisi fiscali ovvero quei territori che non cooperano a fini fiscali e non garantiscano sufficiente trasparenza societaria (Samoa americane, Isole Cayman, Figi, Guam, Oman, Palau, Panama, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Vergini degli Stati Uniti, Vanuatu, Seychelles), salvo che la società dimostri che il soggetto non residente svolge un'attività economica effettiva, mediante l'impiego di personale, attrezzature, attivi e locali;
    altrettanto importanti sono le modifiche introdotte, sempre nel corso di esame in sede referente, che prevedono l'autocertificazione per l'accesso ai finanziamenti con il contestuale obbligo per le aziende di fare confluire i fondi su conti dedicati e le norme che impegnano le imprese finanziate a non delocalizzare le produzioni,

impegna il Governo

a prevedere, nel rispetto dell'esigenza di favorire la più rapida immissione di liquidità nel sistema economico italiano, meccanismi adeguati per verificare da un lato la correttezza, veridicità e genuinità delle richieste di accesso e dall'altro per assicurare l'osservanza, da parte dei beneficiari, di coerenti modalità di impiego delle risorse ottenute con le finalità delle norme, a difesa dell'imprenditoria sana – rispettosa delle regole, anche fiscali, dei contratti di lavoro e dell'ambiente – dall'infiltrazione di capitali mafiosi.
9/2461-AR/189Miceli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in commento contiene misure finanziarie per preservare i settori dell'economia che sono stati sottoposti a vincoli operativi e per sostenere lavoratori e imprese nella fase della ripresa. Sono stati ripresi e rafforzati gli interventi del decreto cosiddetto Cura Italia, prolungandoli nel tempo per rispondere alle esigenze della fase di graduale riapertura dell'economia. In particolare, oltre alle misure di sostegno al lavoro, all'inclusione e al reddito, e a quelle per la salute, la sicurezza e gli Enti territoriali, vi sono significativi interventi per la liquidità e la capitalizzazione delle imprese, per il supporto ai settori produttivi più colpiti dall'emergenza, per gli investimenti e l'innovazione;
    l'emergenza dovuta all'epidemia COVID-19 ha reso ancora più urgente il sostegno e la ripresa nei territori colpiti dal sisma del 2016, mediante una importante iniezione di liquidità per il tessuto dei professionisti e delle imprese;
    a tale scopo l'articolo 46, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96), ha istituito la Zona Franca Urbana sisma del centro Italia che comprende il territorio dei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpito dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016. L'intervento prevede agevolazioni sotto forma di esenzioni fiscali e contributive a favore di imprese e titolari di reddito di lavoro autonomo. La legge di bilancio 2019 ha prorogato il periodo di fruizione delle agevolazioni già concesse per i periodi d'imposta 2019 e 2020 ed esteso le agevolazioni alle imprese che intraprendono una nuova attività economica all'interno della zona franca urbana entro il 31 dicembre 2019;
    le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse,

impegna il Governo

a prorogare la Zona Franca Urbana nel territorio dei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpito dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016, per il periodo necessario a confermare gli investimenti in atto ma soprattutto per incentivarne di ulteriori e comunque per almeno un ulteriore triennio.
9/2461-AR/190Pezzopane.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in commento contiene misure finanziarie per preservare i settori dell'economia che sono stati sottoposti a vincoli operativi e per sostenere lavoratori e imprese nella fase della ripresa. Sono stati ripresi e rafforzati gli interventi del decreto cosiddetto Cura Italia, prolungandoli nel tempo per rispondere alle esigenze della fase di graduale riapertura dell'economia. In particolare, oltre alle misure di sostegno al lavoro, all'inclusione e al reddito, e a quelle per la salute, la sicurezza e gli Enti territoriali, vi sono significativi interventi per la liquidità e la capitalizzazione delle imprese, per il supporto ai settori produttivi più colpiti dall'emergenza, per gli investimenti e l'innovazione;
    l'emergenza dovuta all'epidemia COVID-19 ha reso ancora più urgente il sostegno e la ripresa nei territori colpiti dal sisma del 2016, mediante una importante iniezione di liquidità per il tessuto dei professionisti e delle imprese;
    a tale scopo l'articolo 46, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96), ha istituito la Zona Franca Urbana sisma del centro Italia che comprende il territorio dei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpito dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016. L'intervento prevede agevolazioni sotto forma di esenzioni fiscali e contributive a favore di imprese e titolari di reddito di lavoro autonomo. La legge di bilancio 2019 ha prorogato il periodo di fruizione delle agevolazioni già concesse per i periodi d'imposta 2019 e 2020 ed esteso le agevolazioni alle imprese che intraprendono una nuova attività economica all'interno della zona franca urbana entro il 31 dicembre 2019;
    le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prorogare la Zona Franca Urbana nel territorio dei comuni delle regioni del Lazio, dell'Umbria, delle Marche e dell'Abruzzo colpito dagli eventi sismici che si sono susseguiti a far data dal 24 agosto 2016, per il periodo necessario a confermare gli investimenti in atto ma soprattutto per incentivarne di ulteriori e comunque per almeno un ulteriore triennio.
9/2461-AR/190. (Testo modificato nel corso della seduta) Pezzopane.


   La Camera,
   considerato che:
    al fine di consentire l'accesso alle disposizioni che mettono liquidità a disposizione delle imprese per il tramite del sistema creditizio, ai sensi degli articoli 1 e 13 del provvedimento, sono state adottate misure per impedire che la crisi di liquidità determinatasi a partire dal mese di febbraio si ripercuotessero sull'affidabilità creditizia dell'impresa richiedente;
    tali misure sono state allargate. In particolare è stata sospesa dal 9 marzo al 31 agosto 2020 la segnalazione a sofferenza alla Centrale dei rischi e ai sistemi di informazioni creditizie e sono state concesse anche in favore dei beneficiari finali che presentano, alla data della richiesta della garanzia, esposizioni nei confronti del soggetto finanziatore classificate come inadempienze probabili o come esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, purché non anteriori al 31 gennaio 2020,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di ampliare ulteriormente la platea delle imprese beneficiarie, con particolare riferimento alle micro imprese, prevedendo che l'accesso al credito sia consentito anche alle imprese che:
    al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del Regolamento (UE) n. 651 del 2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, del Regolamento (UE) n. 702 del 2014 del 25 giugno 2014 e del Regolamento (UE) n. 1388 del 2014 del 16 dicembre 2014;
    siano state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che hanno stipulato accordi di ristrutturazione ai sensi dell'articolo 182-bis del medesimo regio decreto o che hanno presentato un piano attestato di cui all'articolo 67 del predetto regio decreto, purché, alla data del 31 gennaio 2020, non presentassero importi in arretrato successivi all'applicazione delle misure di concessione o il mancato rispetto degli obblighi assunti.
9/2461-AR/191Bond.


   La Camera,
   considerato che:
    al fine di consentire l'accesso alle disposizioni che mettono liquidità a disposizione delle imprese per il tramite del sistema creditizio, ai sensi degli articoli 1 e 13 del provvedimento, sono state adottate misure per impedire che la crisi di liquidità determinatasi a partire dal mese di febbraio si ripercuotessero sull'affidabilità creditizia dell'impresa richiedente;
    tali misure sono state allargate. In particolare è stata sospesa dal 9 marzo al 31 agosto 2020 la segnalazione a sofferenza alla Centrale dei rischi e ai sistemi di informazioni creditizie e sono state concesse anche in favore dei beneficiari finali che presentano, alla data della richiesta della garanzia, esposizioni nei confronti del soggetto finanziatore classificate come inadempienze probabili o come esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate, purché non anteriori al 31 gennaio 2020,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di ampliare ulteriormente la platea delle imprese beneficiarie, con particolare riferimento alle micro imprese, prevedendo che l'accesso al credito, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica e con il Temporary Framework, sia consentito anche alle imprese che:
    al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del Regolamento (UE) n. 651 del 2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, del Regolamento (UE) n. 702 del 2014 del 25 giugno 2014 e del Regolamento (UE) n. 1388 del 2014 del 16 dicembre 2014;
    siano state ammesse alla procedura del concordato con continuità aziendale di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che hanno stipulato accordi di ristrutturazione ai sensi dell'articolo 182-bis del medesimo regio decreto o che hanno presentato un piano attestato di cui all'articolo 67 del predetto regio decreto, purché, alla data del 31 gennaio 2020, non presentassero importi in arretrato successivi all'applicazione delle misure di concessione o il mancato rispetto degli obblighi assunti.
9/2461-AR/191. (Testo modificato nel corso della seduta) Bond.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 13 introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria. L'articolo rafforza ulteriormente – anche alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea);
    si prevede altresì che, per i finanziamenti con rinegoziazione deliberati in data successiva all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il credito aggiuntivo deve essere in misura almeno pari al 25 per cento del debito residuo. Inoltre, nei casi di rinegoziazione, al soggetto finanziatore è fatto obbligo di trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione che attesta la riduzione del tasso d'interesse applicata sul finanziamento garantito al soggetto beneficiario, per effetto della sopravvenuta concessione della garanzia;
    in sede di esame è stato proposto di estendere la rinegoziazione anche mutui agevolati ammessi alle speciali sezioni del fondo garanzie PMI. Si tratta in particolare di finanziamenti concessi negli anni 2000-2002 con la finalità di consentire la messa in sicurezza dei territori colpiti dalle alluvioni o dissesti idrogeologici, mediante la realizzazione da parte delle imprese di nuovi insediamenti produttivi in aree sicure. Se oggi il tasso a carico dell'impresa è dell'1,5 per cento, quello a carico dello Stato è anormalmente alto, fino al 5,5 per cento, rispetto allo 0,5 per cento circa oggi corrente;
    la proposta era concepita per generare maggiore liquidità alle imprese che accedevano alla rinegoziazione, grazie al raddoppio della durata del finanziamento e un minor esborso dello Stato, in forza della riduzione dei tassi d'interesse, per tutti gli anni di durata residua dei mutui,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a estendere la possibilità di rinegoziazione dei mutui prevista dalla lettera e) del comma 1, dell'articolo 13, del provvedimento in esame, anche ai finanziamenti agevolati ammessi a speciali sezioni del fondo di garanzia PMI, prevedendo che il credito aggiuntivo erogato possa essere riconosciuto alla banca finanziatrice a ristoro degli eventuali minori interessi percepiti, nel caso in cui al momento della rinegoziazione del finanziamento il tasso contrattuale risulti inferiore a quanto originariamente pattuito.
9/2461-AR/192Porchietto.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 13 introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria. L'articolo rafforza ulteriormente – anche alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea);
    si prevede altresì che, per i finanziamenti con rinegoziazione deliberati in data successiva all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il credito aggiuntivo deve essere in misura almeno pari al 25 per cento del debito residuo. Inoltre, nei casi di rinegoziazione, al soggetto finanziatore è fatto obbligo di trasmettere al gestore del Fondo una dichiarazione che attesta la riduzione del tasso d'interesse applicata sul finanziamento garantito al soggetto beneficiario, per effetto della sopravvenuta concessione della garanzia;
    in sede di esame è stato proposto di estendere la rinegoziazione anche mutui agevolati ammessi alle speciali sezioni del fondo garanzie PMI. Si tratta in particolare di finanziamenti concessi negli anni 2000-2002 con la finalità di consentire la messa in sicurezza dei territori colpiti dalle alluvioni o dissesti idrogeologici, mediante la realizzazione da parte delle imprese di nuovi insediamenti produttivi in aree sicure. Se oggi il tasso a carico dell'impresa è dell'1,5 per cento, quello a carico dello Stato è anormalmente alto, fino al 5,5 per cento, rispetto allo 0,5 per cento circa oggi corrente;
    la proposta era concepita per generare maggiore liquidità alle imprese che accedevano alla rinegoziazione, grazie al raddoppio della durata del finanziamento e un minor esborso dello Stato, in forza della riduzione dei tassi d'interesse, per tutti gli anni di durata residua dei mutui,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a estendere la possibilità di rinegoziazione dei mutui prevista dalla lettera e) del comma 1, dell'articolo 13, del provvedimento in esame, anche ai finanziamenti agevolati ammessi a speciali sezioni del fondo di garanzia PMI, prevedendo che il credito aggiuntivo erogato possa essere riconosciuto alla banca finanziatrice a ristoro degli eventuali minori interessi percepiti, nel caso in cui al momento della rinegoziazione del finanziamento il tasso contrattuale risulti inferiore a quanto originariamente pattuito.
9/2461-AR/192. (Testo modificato nel corso della seduta) Porchietto.


   La Camera,
   considerato che:
    l'epidemia di COVID-19 e il conseguente lockdown hanno reso evidente la necessità di implementare il processo di digitalizzazione del Paese;
    il progetto «Smart & Start» riguarda le start-up innovative con sede su tutto il territorio italiano, con un trattamento privilegiato riservato alle start-up localizzate nelle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia e le zone del territorio del cratere sismico aquilano (sisma del 6 aprile 2009);
    nel febbraio 2016 la regione Abruzzo ha lanciato un Programma di sviluppo denominato ReStart, una strategia di sviluppo del territorio dell'area del cratere, destinato alla valorizzazione delle risorse territoriali, produttive e professionali endogene, frutto del lavoro condiviso di un Tavolo permanente per la Ricostruzione che, per oltre un anno e sotto la regia della Regione, ha coinvolto tutte le istituzioni, i Sindaci dell'Aquila e dei Comuni del Cratere, gli Uffici Speciali per la ricostruzione, le forze produttive, economiche e sociali, i sindacati, le associazioni di categoria, gli ordini professionali e, in particolare, l'Università. Il Programma ReStart è stato poi approvato nell'ambito del Programma di sviluppo per l'area del cratere sismico e reso esecutivo con delibera CIPE 10 agosto 2016, n. 49/2016;
    l'amministrazione dell'Aquila ha partecipato al «Digital Cities Challenge» un progetto promosso dalla Commissione Europea – Direzione Generale sviluppo – il cui obiettivo è stimolare un gruppo di 8 città europee, selezionato in base al progetto presentato e alle prospettive di sviluppo, a definire una strategia di trasformazione digitale (digital transformation) che costituisca un volano per la crescita economica della città. L'intento di Bruxelles è quello di dare spazio alla sviluppo dell'economia digitale. Il progetto si svolge in cicli di circa due anni. Il primo ciclo è iniziato ufficialmente a febbraio 2018. L'Aquila è l'unica città italiana ad essere chiamata a far parte del progetto;
    il progetto (febbraio 2016) definito «Incubatore Data Center», di riqualificazione e rilancio (ma si tratta di parole riduttive, rispetto alla portata dell'intervento) dell'area Industriale di Pile, situata ad ovest della città dell'Aquila. Un progetto importante che ha visto il concorso e la collaborazione della Regione, del comune, dell'Università, dell'INFS e del GSSI e che ha lo scopo di promuovere azioni strategiche atte a posizionare l'Abruzzo, con particolare riferimento alle zone interne e al suo capoluogo, come luogo di riferimento per la nuova economia digitale. Il Progetto prevede che attraverso la realizzazione di infrastrutture orientate all'insediamento di moderni Data Center energeticamente efficienti, di medie e grandi dimensioni, potranno realizzarsi ricadute positive occupazionali ed economiche sul territorio;
    è crescente l'interesse delle imprese verso il mondo dei Big Data intendendo per tali «l'acquisizione e l'analisi just-in-time effettuata tramite l'utilizzo di complessi algoritmi di grandi quantità di dati eterogenei e in continua evoluzione, con la finalità di individuare relazioni tra fenomeni diversi anche al fine di individuarne gli sviluppi futuri e indirizzare le scelte». Eppure sono ancora moltissime le imprese che non utilizzano questi strumenti per migliorare la propria competitività. A causa della estrema frammentarietà del sistema produttivo italiano, fatto soprattutto di piccole e medie imprese, meno del 3 per cento analizza i propri dati derivanti da dispositivi intelligenti o sensori e meno del 3 per cento analizza dati generati dai social media,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, considerate le difficoltà dovute all'emergenza in atto, di stanziare le adeguate risorse per il rilancio e il sostegno alle start-up innovative e in particolare per sviluppare Data Center nell'area del cratere del terremoto dell'Aquila, nel quadro delle azioni previste per lo sviluppo dell'economia digitale e dell'analisi dei Big Data, come definiti in premessa, in considerazione delle numerose sinergie già esistenti in loco.
9/2461-AR/193Martino.


   La Camera,
   considerato che:
    in sede di esame del provvedimento in oggetto è stato approvato l'articolo 12-bis che prevede che il credito d'imposta di cui all'articolo 49 del decreto-legge n. 34 del 2019 sia utilizzabile per il ristoro delle spese sostenute in relazione alla partecipazione a fiere e manifestazioni che sono state revocate in forza dell'emergenza coronavirus;
    il sistema fieristico conta 39 quartieri fieristici, che organizzano oltre 1.000 manifestazioni all'anno su una superficie espositiva totale di 4,2 milioni di metri quadrati. Nei quartieri fieristici associati si svolge la quasi totalità delle manifestazioni fieristiche internazionali e nazionali che hanno luogo annualmente in Italia;
    la crisi generata dal COVID-19 ha colpito con forza inaspettata il settore fieristico. Al momento sono 138 le manifestazioni fieristiche italiane posticipate, alcune già al 2021. Di queste, 63 sono a carattere internazionale e 75 nazionale. 30 sono quelle annullate. Complessivamente sono 168, concentrate principalmente in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, cioè regioni maggiormente colpite dal virus;
    è necessario sostenere sia il settore fieristico, leva economica del Paese che ogni anno genera affari per 60 miliardi di euro, sia le imprese che hanno impegnato risorse per partecipare ad eventi che non si sono potuti tenere, dal rimborso delle spese sostenute e dei mancati ricavi per gli eventi annullati e posticipati, alla proroga delle prossime scadenze fiscali alla deroga ai limiti di compensazione;
    l'associazione di settore ha sottoposto al Governo, affinché le sottoponga a sua volta alla Commissione Europea precise richieste in merito a un regime di aiuti, mirati per il settore fieristico come già hanno fatto Danimarca e Germania,

impegna il Governo

ad adottare misure di sostegno al settore fieristico nazionale, tenendo conto delle proposte, evidenziate in premessa, che il settore ha già avanzato, eventualmente valutando la creazione di uno specifico fondo di sostegno.
9/2461-AR/194Fiorini.


   La Camera,
   considerato che:
    in sede di esame del provvedimento in oggetto è stato approvato l'articolo 12-bis che prevede che il credito d'imposta di cui all'articolo 49 del decreto-legge n. 34 del 2019 sia utilizzabile per il ristoro delle spese sostenute in relazione alla partecipazione a fiere e manifestazioni che sono state revocate in forza dell'emergenza coronavirus;
    il sistema fieristico conta 39 quartieri fieristici, che organizzano oltre 1.000 manifestazioni all'anno su una superficie espositiva totale di 4,2 milioni di metri quadrati. Nei quartieri fieristici associati si svolge la quasi totalità delle manifestazioni fieristiche internazionali e nazionali che hanno luogo annualmente in Italia;
    la crisi generata dal COVID-19 ha colpito con forza inaspettata il settore fieristico. Al momento sono 138 le manifestazioni fieristiche italiane posticipate, alcune già al 2021. Di queste, 63 sono a carattere internazionale e 75 nazionale. 30 sono quelle annullate. Complessivamente sono 168, concentrate principalmente in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, cioè regioni maggiormente colpite dal virus;
    è necessario sostenere sia il settore fieristico, leva economica del Paese che ogni anno genera affari per 60 miliardi di euro, sia le imprese che hanno impegnato risorse per partecipare ad eventi che non si sono potuti tenere, dal rimborso delle spese sostenute e dei mancati ricavi per gli eventi annullati e posticipati, alla proroga delle prossime scadenze fiscali alla deroga ai limiti di compensazione;
    l'associazione di settore ha sottoposto al Governo, affinché le sottoponga a sua volta alla Commissione Europea precise richieste in merito a un regime di aiuti, mirati per il settore fieristico come già hanno fatto Danimarca e Germania,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare misure di sostegno al settore fieristico nazionale, tenendo conto delle proposte, evidenziate in premessa, che il settore ha già avanzato, eventualmente valutando la creazione di uno specifico fondo di sostegno.
9/2461-AR/194. (Testo modificato nel corso della seduta) Fiorini.


   La Camera,
   considerato che:
    la manovra del Governo per il rilancio delle attività economiche si esplica in particolare nei decreti-legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020;
    in tale ambito gli articoli 1 e 13 del decreto-legge n. 23 introducono misure volte a fornire liquidità alle imprese. L'articolo 119 del decreto-legge n. 34 introduce una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifiche misure antisismiche sugli edifici sostenute dal 1o luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021,

impegna il Governo

al fine di favorire ulteriormente gli investimenti, a valutare la possibilità di costituire un fondo affinché la Cassa Depositi e Prestiti metta a disposizione uno specifico finanziamento a tasso agevolato per l'erogazione, attraverso il canale bancario e secondo le modalità previste dagli articoli 1 e 2 del provvedimento in esame, di prestiti per gli interventi di adeguamento antisismico sugli immobili, consentendo, al fine di velocizzare gli investimenti, la possibilità che il sistema creditizio possa provvedere ad anticipazioni del finanziamento richiesto, nelle more dell'autorizzazione del Medio Credito Centrale o di SACE.
9/2461-AR/195Pella, Fiorini.


   La Camera,
   considerato che:
    la manovra del Governo per il rilancio delle attività economiche si esplica in particolare nei decreti legge n. 18, n. 23 e n. 34 del 2020;
    in tale ambito gli articoli 1 e 13 del decreto-legge n. 23 introducono misure volte a fornire liquidità alle imprese. L'articolo 119 del decreto-legge n. 34 introduce una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifiche misure antisismiche sugli edifici sostenute dal 1o luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021,

impegna il Governo

con riferimento agli immobili a destinazione produttiva e commerciale, al fine di favorire gli investimenti sul patrimonio edilizio esistente volti alla mitigazione del rischio sismico, a valutare la possibilità di incrementare fino al 150 per cento il valore dei costi portati in ammortamento sui beni immobili oggetto d'intervento.
9/2461-AR/196Mulè, Fiorini.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del provvedimento in oggetto è stato approvato l'articolo 12-bis che prevede che il credito d'imposta di cui all'articolo 49 del decreto-legge n. 34 del 2019 sia utilizzabile per il ristoro delle spese sostenute in relazione alla partecipazione a fiere e manifestazioni che sono state revocate in forza dell'emergenza coronavirus;
    e le aziende italiane del settore moda negli ultimi anni hanno aumentato l'export (salito al 65,5 per cento) e costruito reti distributive internazionali grazie alla spinta arrivata ai 50 saloni – top del Made in Italy che si tengono nel nostro Paese, dai finanziamenti erogati dallo Stato. Questi finanziamenti – 30 milioni mediamente all'anno, sono serviti per portare in Italia buyer e giornalisti, organizzare incontri di business e promuovere i saloni;
    i risultati di quel piano di finanziamento sono tangibili: l'arrivo di 23 mila operatori e giornalisti realizzato, grazie ai fondi governativi, nel triennio 2015-2017 e i 120.000 incontri business organizzati. Circa il 50 per cento delle nuove esportazioni italiane nascono da contatti avuti durante gli eventi fieristici,

impegna il Governo

nell'ambito delle misure per il sostegno all'esportazione all'internazionalizzazione e del Piano per il Made in Italy ad incrementare le risorse destinate a finanziare le fiere e le manifestazioni a carattere internazionale nei settori del Tessile Moda Abbigliamento che si svolgono nel nostro Paese.
9/2461-AR/197Squeri, Fiorini.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame del provvedimento in oggetto è stato approvato l'articolo 12-bis che prevede che il credito d'imposta di cui all'articolo 49 del decreto-legge n. 34 del 2019 sia utilizzabile per il ristoro delle spese sostenute in relazione alla partecipazione a fiere e manifestazioni che sono state revocate in forza dell'emergenza coronavirus;
    e le aziende italiane del settore moda negli ultimi anni hanno aumentato l'export (salito al 65,5 per cento) e costruito reti distributive internazionali grazie alla spinta arrivata ai 50 saloni – top del Made in Italy che si tengono nel nostro Paese, dai finanziamenti erogati dallo Stato. Questi finanziamenti – 30 milioni mediamente all'anno, sono serviti per portare in Italia buyer e giornalisti, organizzare incontri di business e promuovere i saloni;
    i risultati di quel piano di finanziamento sono tangibili: l'arrivo di 23 mila operatori e giornalisti realizzato, grazie ai fondi governativi, nel triennio 2015-2017 e i 120.000 incontri business organizzati. Circa il 50 per cento delle nuove esportazioni italiane nascono da contatti avuti durante gli eventi fieristici,

impegna il Governo

nell'ambito delle misure per il sostegno all'esportazione all'internazionalizzazione e del Piano per il Made in Italy a valutare la possibilità di incrementare le risorse destinate a finanziare le fiere e le manifestazioni a carattere internazionale nei settori del Tessile Moda Abbigliamento che si svolgono nel nostro Paese.
9/2461-AR/197. (Testo modificato nel corso della seduta) Squeri, Fiorini.


   La Camera,
   considerato che:
    il canale Ho.Re.Ca (Hotellerie, Restaurant Cafè) è rappresentato da chi somministra gli alimenti e le bevande. Dall'11 marzo 2020 a seguito delle misure di contenimento del COVID-19 adottate dal Governo, intere filiere specializzate nel canale Ho.Re.Ca., si sono trovate completamente prive di canali di sbocco a fronte dell'azzeramento della domanda e dei limiti posti a seguito della riapertura del «fuori casa». La perdita di volume di affari nei mesi di marzo e aprile 2020 è valutata tra il 40 e il 50 per cento;
    sui 250 miliardi di consumi alimentari italiani nel 2019 un terzo, pari a circa 83 miliardi, sono dovuti al «fuori casa». Di questi oltre 18 miliardi sono le spese in ristorazione, bar e caffè legate specificamente al turismo nazionale ed estero. Sono consumi attualmente fermi che non sono compensabili con la crescita delle consegne alimentari a domicilio e nemmeno con il boom degli acquisti legato all'effetto scorte,

impegna il Governo

a individuare specifiche misure di sostengo delle imprese operanti nel canale distribuzione alimentare Ho.Re.Ca al servizio dei settori dell'ospitalità, della ristorazione e del catering che hanno dovuto ridurre o interrompere interrotto produttiva e commerciale a seguito dell'applicazione delle misure di contenimento del COVID-19.
9/2461-AR/198Nevi.


   La Camera,
   considerato che:
    il canale Ho.Re.Ca (Hotellerie, Restaurant Cafè) è rappresentato da chi somministra gli alimenti e le bevande. Dall'11 marzo 2020 a seguito delle misure di contenimento del COVID-19 adottate dal Governo, intere filiere specializzate nel canale Ho.Re.Ca., si sono trovate completamente prive di canali di sbocco a fronte dell'azzeramento della domanda e dei limiti posti a seguito della riapertura del «fuori casa». La perdita di volume di affari nei mesi di marzo e aprile 2020 è valutata tra il 40 e il 50 per cento;
    sui 250 miliardi di consumi alimentari italiani nel 2019 un terzo, pari a circa 83 miliardi, sono dovuti al «fuori casa». Di questi oltre 18 miliardi sono le spese in ristorazione, bar e caffè legate specificamente al turismo nazionale ed estero. Sono consumi attualmente fermi che non sono compensabili con la crescita delle consegne alimentari a domicilio e nemmeno con il boom degli acquisti legato all'effetto scorte,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di individuare specifiche misure di sostengo delle imprese operanti nel canale distribuzione alimentare Ho.Re.Ca al servizio dei settori dell'ospitalità, della ristorazione e del catering che hanno dovuto ridurre o interrompere interrotto produttiva e commerciale a seguito dell'applicazione delle misure di contenimento del COVID-19.
9/2461-AR/198. (Testo modificato nel corso della seduta) Nevi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene misure finalizzate a gestire l'emergenza sanitaria in atto e a favorire la ripresa economica e produttiva del Paese;
    ricordiamo che con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo scorso sono state sospese le attività didattiche in tutte le scuole del Paese, i servizi pubblici e privati, fatta eccezione per quelli di pubblica utilità, e imposto l'obbligo della permanenza nel proprio domicilio salvo che per motivi di lavoro, salute o necessità;
    il decreto 18/2020 cosiddetto decreto «Cura Italia», il Governo ha disposto la chiusura sull'intero territorio nazionale dei Centri semiresidenziali a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità, in ragione della difficoltà di far rispettare le regole di distanziamento sociale;
    nel medesimo provvedimento si prevede inoltre la facoltà per le aziende sanitarie, d'accordo con gli enti gestori, di attivare interventi non differibili in favore delle persone con disabilità ad alta necessità di sostegno sanitario;
    salvo rarissimi casi non sono stati attivati singoli piani assistenziali personalizzati, né presso il domicilio degli assistiti né attraverso piani residenziali temporanei; il decreto «Cura Italia», pur prevedendo una estensione dei permessi relativi alla legge 104, dei congedi parentali e dell'accesso al lavoro agile, non ha previsto misure specifiche di sostegno a favore di coloro che si occupano di congiunti gravemente disabili, privati del supporto di assistenti sociali, infermieri, operatori;
    il divieto di uscire da casa ha ulteriormente accresciuto le difficoltà per i caregiver familiari, in particolare coloro che si prendono cura di parenti con autismo, spettro autistico o forme di disturbo comportamentale e che in ragioni di tali patologie traggono benefici di salute anche da una semplice passeggiata;
    tali persone, in particolar modo i bambini e i ragazzi in età scolare, non solo hanno subito una sostanziale interruzione dei piani educativi individualizzati, ma anche, quindi, l'imposizione di un isolamento domestico;
    su sollecitazioni di famiglie e associazioni attive nel sostegno alla disabilità alcune amministrazioni comunali e regionali hanno successivamente introdotto delle deroghe con le quali è stata consentita l'uscita a genitori con figli autistici;
    una circolare del Ministero dell'Interno del 31 marzo ha permesso spostamenti nei pressi della propria abitazione giustificati da esigenze di accompagnamento di anziani o inabili da parte di persone che ne curano l'assistenza, in ragione della riconducibilità dei medesimi spostamenti a motivazioni di necessità o di salute;
    il 2 aprile 2020 l'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un documento contenente indicazioni per prevenire il disagio e per un appropriato sostegno, nei differenti contesti, delle persone nello spettro autistico e i loro familiari. Tra le indicazioni l'importanza di «mantenere, quando possibile, gli interventi dei professionisti che li hanno in carico anche da remoto, attraverso video chiamate o telefonate»;
    l'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020 ha disposto la ripresa delle attività sociali e socio-sanitarie erogate dietro autorizzazione o in convenzione, comprese quelle erogate all'interno dei centri semiresidenziali per persone con disabilità;
    l'allegato 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio 2020 prevede che per garantire la fruizione dei centri estivi da parte dei bambini con disabilità debba essere garantito il rapporto di 1:1 tra questi e gli operatori;
    ad oggi non sono ancora chiare le modalità con cui inizierà l'anno scolastico 2020/2021; le persone affette da sindromi autistiche presentano difficoltà nelle interazioni e nella comunicazione, propensione all'isolamento, iperattività e deficit di attenzione;
    le persone nello spettro autistico possono aver maggiormente accusato lo stress dovuto all'applicazione delle misure di contenimento e all'eventuale isolamento domiciliare o ospedalizzazione in caso di contagio;
    secondo alcune ricerche le sindromi dello spettro autistico, comprensive delle forme lievi, riguardano circa un bambino ogni 77. Il 15 per cento dei bambini in età pediatrica presenta disabilità legata a disturbi del neurosviluppo;
    da una ricerca condotta dal neuropsichiatra infantile Leonardo Zoccante su 500 famiglie venete con componenti minorenni affetti da spettro autistico il confinamento domiciliare e l'interruzione delle attività scolastiche e dei percorsi socio-sanitari ha causato nel 40 per cento del campione un peggioramento dei disturbi del comportamento e dell'aggressività,

impegna il Governo:

   a garantire sin dal prossimo anno scolastico misure e interventi in grado di garantire la frequenza scolastica ad ogni livello agli studenti con disabilità; ad assicurare che, in caso di recrudescenza del virus, siano adottate misure in grado di garantire la continuità di servizio dei centri diurni, dell'assistenza socio-sanitaria degli specialisti e dell'assistenza domiciliare;
   a implementare le forme di sostegno a favore dei caregiver familiare riconoscendo a tali soggetti tutele dal punto di vista previdenziale, economico e lavorativo, in ragione del fatto che l'assistenza svolta dal familiare consente uno sgravio per le casse dello Stato.
9/2461-AR/199Novelli, Versace, Bagnasco, Dall'Osso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'epidemia da COVID-19 ha avuto e minaccia di continuare avere un impatto dirompente sulle prospettive di sviluppo ed investimento, ponendo a serio rischio la sopravvivenza di migliaia di piccole e medie imprese italiane;
    il primo corollario economico dell'emergenza sanitaria è, infatti, la ben nota crisi di liquidità che ha attinto significativamente le transazioni commerciali tra imprenditori incrinando drasticamente l'indice di fiducia che sostiene il sistema economico;
    il tasso di insoluti è esponenzialmente aumentato durante l'emergenza rischiando concretamente di innescare una spirale di inadempienze a catena con evidenti ripercussioni anche sotto il profilo contenzioso;
    l'attuale emergenza derivante dall'epidemia di COVID-19 genera, inoltre, concreti rischi anche in relazione alla sopravvivenza dei tentativi di soluzione della crisi di impresa alternativa al fallimento promossi in epoca anteriore al palesarsi dell'emergenza epidemiologica; in tale contesto procedure di concordato preventivo o accordi di ristrutturazione aventi concrete possibilità di successo prima dello scoppio della crisi epidemica potrebbero risultare irrimediabilmente compromesse, con ricadute evidenti sulla conservazione di complessi imprenditoriali anche di rilevanti dimensioni;
    a fronte dell'allarme lanciato da più parti, principalmente dalle categorie produttive, il Governo ha emanato misure di sostegno alle attività d'impresa ed al sistema produttivo colpito dall'epidemia da COVID-19 ed ha emanato il decreto 8 aprile 2020 n. 23, il cui articolo 10 è rivolto ad impedire il proliferare di istanze di fallimento nei confronti di imprenditori, il cui stato di insolvenza possa dipendere da fattori non distinguibili, con la dovuta certezza, dall'attuale emergenza epidemiologica;
    tale obiettivo è raggiunto tramite l'improcedibilità dei ricorsi ai sensi degli articoli 15 e 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 depositati nel periodo tra il 9 marzo 2020 ed il 30 giugno 2020;
    a fronte del protrarsi della crisi in atto, quand'anche del suo probabile aggravarsi, appare necessario prorogare il termine originariamente fissato al 30 giugno 2020,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa di competenza, che consenta la proroga del termine previsto all'articolo 10 del provvedimento in esame.
9/2461-AR/200Baratto.


   La Camera,
   premesso che:
    dalle autorità sanitarie di varie regioni meridionali è stato costantemente lanciato l'allarme per l'insufficienza delle strutture ospedaliere locali in caso di estensione del contagio da virus COVID-19;
    a questo problema finora è stata prestata scarsa attenzione;
    in numerosi casi l'eccesso di vincoli e burocrazia impedisce di fatto la realizzazione – in tempi ragionevolmente brevi – di nuovi ospedali specificamente attrezzati di cui, con tutta evidenza, dovrebbero essere dotate tutte le Regioni del Paese complessivamente considerate senza differenza tra Regioni del Nord e Regioni del Mezzogiorno;
    durante l'esame del provvedimento in esame, il Gruppo Forza Italia Berlusconi Presidente ha presentato ben tre emendamenti finalizzati ad introdurre misure straordinarie per la realizzazione di complessi ospedalieri con particolare riferimento alla città di Siracusa, le Regioni del Mezzogiorno e, più in generale, tutto il territorio nazionale attraverso la nomina di uno o più Commissari Straordinari;
    del resto, l'emergenza derivante dalla diffusione del virus COVID-19 sta ancora purtroppo flagellando il Paese e dovremo dunque gettare le basi per convivere con il virus, ripensando ad una riorganizzazione della sanità;
    appare opportuno porre in essere ogni iniziativa utile finalizzata a nominare dei commissari straordinari, in accordo tra Governo e governatori, per la realizzazione, di nuovi presidi ospedalieri;
    la nomina dei suddetti Commissari consentirebbe di velocizzare, specie dopo l'emergenza COVID che ha messo in luce diverse problematiche, l’iter per la realizzazione di nuovi ospedali: opere che andrebbero portate a termine in pochi mesi, seguendo la logica emergenziale usata per il Ponte Morandi a Genova;
    durante l'esame del provvedimento in sede referente è stato approvato l'emendamento classificato con il numero 42.019 finalizzato a realizzare con risorse già previste a legislazione vigente, un nuovo complesso ospedaliero nella città di Siracusa entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, attraverso il ricorso al cosiddetto «Metodo Genova»;
    l'auspicio è che questo emendamento possa fare da apripista ad una serie in iniziative di carattere normativo finalizzate a rendere strutturare l'applicazione del «Metodo Genova» per la realizzazione di nuovi complessi ospedalieri in tutte le Regioni del Mezzogiorno, come del resto proposto nell'ambito dell'emendamento 42.021,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione quanto rappresentato in premessa al fine di adottare ogni iniziativa, anche normativa finalizzata alla realizzazione, a valere sulle risorse europee, nonché sulle disponibilità del fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 232, del 2016 di nuovi complessi ospedalieri nelle Regioni del Mezzogiorno attraverso l'applicazione del «Metodo Genova» e la nomina di commissari straordinari.
9/2461-AR/201Prestigiacomo, Paolo Russo, Germanà, Bartolozzi, Siracusano, Giacomoni, Martino, Cattaneo, Baratto, Angelucci, Giacometto, Porchietto, Barelli, Fiorini, Squeri, Polidori, Carrara, Della Frera.


   La Camera,
   premesso che:
    dalle autorità sanitarie di varie regioni meridionali è stato costantemente lanciato l'allarme per l'insufficienza delle strutture ospedaliere locali in caso di estensione del contagio da virus COVID-19;
    a questo problema finora è stata prestata scarsa attenzione;
    in numerosi casi l'eccesso di vincoli e burocrazia impedisce di fatto la realizzazione – in tempi ragionevolmente brevi – di nuovi ospedali specificamente attrezzati di cui, con tutta evidenza, dovrebbero essere dotate tutte le Regioni del Paese complessivamente considerate senza differenza tra Regioni del Nord e Regioni del Mezzogiorno;
    durante l'esame del provvedimento in esame, il Gruppo Forza Italia Berlusconi Presidente ha presentato ben tre emendamenti finalizzati ad introdurre misure straordinarie per la realizzazione di complessi ospedalieri con particolare riferimento alla città di Siracusa, le Regioni del Mezzogiorno e, più in generale, tutto il territorio nazionale attraverso la nomina di uno o più Commissari Straordinari;
    del resto, l'emergenza derivante dalla diffusione del virus COVID-19 sta ancora purtroppo flagellando il Paese e dovremo dunque gettare le basi per convivere con il virus, ripensando ad una riorganizzazione della sanità;
    appare opportuno porre in essere ogni iniziativa utile finalizzata a nominare dei commissari straordinari, in accordo tra Governo e governatori, per la realizzazione, di nuovi presidi ospedalieri;
    la nomina dei suddetti Commissari consentirebbe di velocizzare, specie dopo l'emergenza COVID che ha messo in luce diverse problematiche, l’iter per la realizzazione di nuovi ospedali: opere che andrebbero portate a termine in pochi mesi, seguendo la logica emergenziale usata per il Ponte Morandi a Genova;
    durante l'esame del provvedimento in sede referente è stato approvato l'emendamento classificato con il numero 42.019 finalizzato a realizzare con risorse già previste a legislazione vigente, un nuovo complesso ospedaliero nella città di Siracusa entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, attraverso il ricorso al cosiddetto «Metodo Genova»;
    l'auspicio è che questo emendamento possa fare da apripista ad una serie in iniziative di carattere normativo finalizzate a rendere strutturare l'applicazione del «Metodo Genova» per la realizzazione di nuovi complessi ospedalieri in tutte le Regioni del Mezzogiorno, come del resto proposto nell'ambito dell'emendamento 42.021,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione quanto rappresentato in premessa al fine di valutare ogni iniziativa, anche normativa finalizzata alla realizzazione, a valere sulle risorse europee, nonché sulle disponibilità del fondo di cui all'articolo 1, comma 140, della legge n. 232, del 2016 di nuovi complessi ospedalieri nelle Regioni del Mezzogiorno attraverso l'applicazione del «Metodo Genova» e la nomina di commissari straordinari.
9/2461-AR/201. (Testo modificato nel corso della seduta) Prestigiacomo, Paolo Russo, Germanà, Bartolozzi, Siracusano, Giacomoni, Martino, Cattaneo, Baratto, Angelucci, Giacometto, Porchietto, Barelli, Fiorini, Squeri, Polidori, Carrara, Della Frera.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2 insieme alla riforma del sistema della garanzia dello Stato sugli impegni assicurativi assunti da SACE, interviene per estendere e potenziare i compiti della medesima SACE S.p.A, al fine di favorire l'internazionalizzazione del settore produttivo italiano, privilegiando gli impegni nei settori strategici per l'economia italiana e per le operazioni destinate a Paesi strategici per l'Italia; all'estero è presente una rete importante di operatori economici, rappresentata dalle Camere di Commercio Italiane all'Estero, che costituisce un punto di riferimento qualificato è radicato sul territorio per la reale internazionalizzazione delle imprese;
    le Camere di Commercio Italiane all'Estero sono già in contatto con gli operatori economici stranieri e hanno una mappatura aggiornata e chiara delle realtà economiche del Paese nel quale si trovano ad operare;
    le Camere di Commercio Italiane all'Estero possono essere, per loro stessa natura, strumento prezioso per sostenere in loco i processi di internazionalizzazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire in sede attuativa, anche mediante risorse finanziarie aggiuntive, nell'ambito delle misure a supporto dell'Internazionalizzazione delle imprese italiane di cui all'articolo 2 del provvedimento, al fine di rafforzare il raccordo con le altre strutture di promozione del Made in Italy presenti sul territorio nazionale e con le Camere di Commercio Italiane all'Estero che svolgono un ruolo decisivo nel favorire il sostegno all'esportazione, all'internazionalizzazione e agli investimenti nei Paesi strategici per l'Italia.
9/2461-AR/202Fitzgerald Nissoli, Ungaro, La Marca, Schirò.


   La Camera,
   premesso che:
    il primo firmatario del presente atto di indirizzo ha presentato durante l'esame in sede referente del provvedimento l'emendamento classificato con il numero 35. 043;
    che il suddetto emendamento dispone che fino al 30 novembre 2020, i procedimenti di riscossione coattiva dei canoni demaniali, e i procedimenti amministrativi per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, derivanti da contenzioso pendente alla data del 31 dicembre 2019 e connesso all'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni di cui all'articolo 03, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come sostituito dall'articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, siano sospesi;
    inoltre, il predetto emendamento prevedeva che fino al 30 novembre 2020 dovevano, altresì, considerarsi privi di effetto i provvedimenti già emessi a conclusione dei procedimenti amministrativi di cui al periodo precedente non ancora eseguiti, ovvero ancora impugnabili o nei cui confronti pende l'impugnazione;
    che quanto suesposto risponde all'annosa vicenda relativa ai cosiddetti pertinenziali che ancora oggi, appare, purtroppo irrisolta con tutte le conseguenze di carattere economico e sociale che si possono immaginare,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione la questione esposta in premessa con riferimento alla ratio normativa del citato emendamento 35.043 al fine di adottare sin dal prossimo provvedimento utile ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a superare le criticità che affliggono la categoria dei cosiddetti pertinenziali.
9/2461-AR/203Ripani, Bergamini, Giacomoni, Martino, Cattaneo, Baratto, Angelucci, Giacometto, Porchietto, Barelli, Fiorini, Squeri, Polidori, Carrara, Della Frera.


   La Camera,
   premesso che:
    il primo firmatario del presente atto di indirizzo ha presentato durante l'esame in sede referente del provvedimento l'emendamento classificato con il numero 35. 043;
    che il suddetto emendamento dispone che fino al 30 novembre 2020, i procedimenti di riscossione coattiva dei canoni demaniali, e i procedimenti amministrativi per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, derivanti da contenzioso pendente alla data del 31 dicembre 2019 e connesso all'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni di cui all'articolo 03, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come sostituito dall'articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, siano sospesi;
    inoltre, il predetto emendamento prevedeva che fino al 30 novembre 2020 dovevano, altresì, considerarsi privi di effetto i provvedimenti già emessi a conclusione dei procedimenti amministrativi di cui al periodo precedente non ancora eseguiti, ovvero ancora impugnabili o nei cui confronti pende l'impugnazione;
    che quanto suesposto risponde all'annosa vicenda relativa ai cosiddetti pertinenziali che ancora oggi, appare, purtroppo irrisolta con tutte le conseguenze di carattere economico e sociale che si possono immaginare,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione la questione esposta in premessa con riferimento alla ratio normativa del citato emendamento 35.043 al fine di valutare di adottare sin dal prossimo provvedimento utile ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a superare le criticità che affliggono la categoria dei cosiddetti pertinenziali.
9/2461-AR/203. (Testo modificato nel corso della seduta) Ripani, Bergamini, Giacomoni, Martino, Cattaneo, Baratto, Angelucci, Giacometto, Porchietto, Barelli, Fiorini, Squeri, Polidori, Carrara, Della Frera.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca un intero Capo, e segnatamente il Capo VI a disposizioni in materia di salute e lavoro dove spiccano talune disposizioni concernenti il personale sanitario;
    dall'inizio della emergenza causata dalla diffusione su tutto il territorio nazionale del virus COVID-19, la categoria professionale più esposta è stata e continua certamente ad esserlo quella del personale sanitario e di quanti operano e lavorano nell'ambito di attività e servizi sanitari di pubblica utilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre in essere ogni iniziativa, anche normativa, sin dal prossimo provvedimento utile finalizzata a disporre per l'anno 2020 la completa e automatica defiscalizzazione dei premi aziendali per i lavoratori che operano nel comparto sanitario.
9/2461-AR/204Paolo Russo, D'Ettore, Prestigiacomo, Mandelli, Occhiuto, Cannizzaro, Pella, D'Attis, Giacomoni, Martino, Cattaneo, Baratto, Angelucci, Giacometto, Porchietto, Barelli, Fiorini, Squeri, Polidori, Carrara, Della Frera.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di salute e lavoro;
    il Governo ha emanato misure di contenimento via via crescenti volte alla riduzione dei contagi da COVID-19, tali misure per gran parte delle attività industriali e commerciali hanno significato una sensibile riduzione dei flussi di lavoro e di fatturato previsti;
    tali misure hanno avuto un impatto profondo subordinarlo svolgimento delle attività quotidiane delle imprese, con lo scopo di ridurre le occasioni di contagio. In particolare, esse, hanno mostrato di impattare sulla capacità produttiva delle imprese, nonché sul normale svolgimento delle attività esercenti avendo inciso significativamente sull'utilizzo della forza lavoro se solo si pensa che in aprile sono state utilizzate quasi 900 milioni di ore CIG;
    alla compressione dei flussi di lavoro e l'inattività protrattasi per mesi per decine di piccole e medie imprese, alcune delle quali non hanno ancora ripreso l'attività a fronte delle stringenti prescrizioni cui è vincolata la riapertura, non ha tuttavia fatto seguito una sensibile e proporzionale riduzione del carico fiscale gravante sulle imprese;
    come ben noto, infatti, le scadenze fiscali sono state semplicemente prorogate, spesso in maniera insufficiente. È il caso del pagamento dei premi INAIL (premi di natura assicurativa !) sospesi fino al 30 giugno solamente al rispondere di precisi criteri dimensionali e avendo, in ogni, caso il contribuente l'onere di dimostrare una diminuzione di fatturato di oltre il 25 per cento come previsto dall'articolo 18 del decreto-legge n. 23 del 2020 e dalla Circolare esplicativa INPS 1754/2020;
    contrariamente all'indirizzo espresso nei provvedimenti citati, numerose compagnie assicurative private, in ragione della sospensione delle attività hanno disposto la proporzionale riduzione dei pagamenti relativi ai propri premi assicurativi, equamente considerato alla luce dell'emergenza sanitaria ed economica che migliaia di imprese stanno attraversando,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, l'opportunità di adottare ogni ulteriore iniziativa normativa, che consenta per ragioni di equità fiscale, non già la semplice sospensione e proroga delle scadenze fiscali legate alle premialità INAIL, bensì la loro proporzionale riduzione.
9/2461-AR/205Cortelazzo, Baratto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di salute e lavoro;
    il Governo ha emanato misure di contenimento via via crescenti volte alla riduzione dei contagi da COVID-19, tali misure per gran parte delle attività industriali e commerciali hanno significato una sensibile riduzione dei flussi di lavoro e di fatturato previsti;
    tali misure hanno avuto un impatto profondo subordinarlo svolgimento delle attività quotidiane delle imprese, con lo scopo di ridurre le occasioni di contagio. In particolare, esse, hanno mostrato di impattare sulla capacità produttiva delle imprese, nonché sul normale svolgimento delle attività esercenti avendo inciso significativamente sull'utilizzo della forza lavoro se solo si pensa che in aprile sono state utilizzate quasi 900 milioni di ore CIG;
    alla compressione dei flussi di lavoro e l'inattività protrattasi per mesi per decine di piccole e medie imprese, alcune delle quali non hanno ancora ripreso l'attività a fronte delle stringenti prescrizioni cui è vincolata la riapertura, non ha tuttavia fatto seguito una sensibile e proporzionale riduzione del carico fiscale gravante sulle imprese;
    come ben noto, infatti, le scadenze fiscali sono state semplicemente prorogate, spesso in maniera insufficiente. È il caso del pagamento dei premi INAIL (premi di natura assicurativa !) sospesi fino al 30 giugno solamente al rispondere di precisi criteri dimensionali e avendo, in ogni, caso il contribuente l'onere di dimostrare una diminuzione di fatturato di oltre il 25 per cento come previsto dall'articolo 18 del decreto-legge n. 23 del 2020 e dalla Circolare esplicativa INPS 1754/2020;
    contrariamente all'indirizzo espresso nei provvedimenti citati, numerose compagnie assicurative private, in ragione della sospensione delle attività hanno disposto la proporzionale riduzione dei pagamenti relativi ai propri premi assicurativi, equamente considerato alla luce dell'emergenza sanitaria ed economica che migliaia di imprese stanno attraversando,

impegna il Governo

a valutare, alla luce di quanto esposto in premessa, l'opportunità di adottare ogni ulteriore iniziativa normativa, che consenta per ragioni di equità fiscale, non già la semplice sospensione e proroga delle scadenze fiscali legate alle premialità INAIL, bensì la loro proporzionale riduzione, senza ridurre la sicurezza dei lavoratori.
9/2461-AR/205. (Testo modificato nel corso della seduta) Cortelazzo, Baratto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in oggetto reca la conversione in legge di un decreto-legge i cui contenuti sono volti anche a garantire la salute dei lavoratori;
    a tal fine, nel testo, si può leggere che: «i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l'adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale»;
    sarebbero servite norme più chiare in merito all'eventuale responsabilità civile e penale del datore di lavoro il cui dipendente contragga il COVID-19;
    l'assenza di chiarezza, anche da parte del mondo scientifico, sulle modalità più frequenti di contagio, e la difficoltà oggettiva nel far rispettare tutti i protocolli di sicurezza, non può esser causa di provvedimenti civili e penali nei confronti dei datori di lavoro,

impegna il Governo

ad adoperarsi affinché, anche tramite specifici atti normativi, sia chiarito che l'impresa ed il datore di lavoro che si attengono ai contenuti del Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro, nonché agli specifici protocolli di settore, sono esonerati da ogni responsabilità inerente eventuali contagi contratti dai propri dipendenti.
9/2461-AR/206Sandra Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    la sospensione delle attività scolastiche e produttive dovute all'emergenza sanitaria da COVID-19 ha determinato conseguenze rilevanti sul settore della ristorazione collettiva;
    il settore occupa circa 96 mila addetti, oltre 1.000 aziende per un mercato del valore di circa 6 miliardi di euro;
    secondo i dati dell'Osservatorio ristorazione collettiva e nutrizione nel periodo marzo-aprile 2019 si è registrata una contrazione dei ricavi del 66,8 che, nel solo mese di marzo, ha toccato il –94 per cento per la sola ristorazione scolastica;
    nel caso di mancata ripresa delle lezioni in presenza nelle scuole si stima una perdita totale dell'occupazione per 39.000 addetti, prevalentemente a tempo indeterminato, nella ristorazione scolastica;
    di tale riduzione farebbero le spese soprattutto lavoratrici donne che rappresentano l'82 per cento degli addetti del settore della ristorazione collettiva le quali, al momento usufruiscono della cassa integrazione o del fondo di integrazione salariale per quanto calcolata su stipendi molto contenuti,

impegna il Governo

al fine di salvaguardare l'occupazione in questo settore ad assumere iniziative volte quanto meno ad assicurare la copertura finanziaria dei costi affrontati dalle aziende interessate per attrezzature e personale finalizzati ad assicurare il servizio di erogazione pasti nelle scuole – anche a fronte del fatto che si è parlato di una riapertura delle scuole a maggio – e in tutte le realtà connesse con la Pubblica amministrazione.
9/2461-AR/207Ruffino.


   La Camera,
   premesso che:
    la sospensione delle attività scolastiche e produttive dovute all'emergenza sanitaria da COVID-19 ha determinato conseguenze rilevanti sul settore della ristorazione collettiva;
    il settore occupa circa 96 mila addetti, oltre 1.000 aziende per un mercato del valore di circa 6 miliardi di euro;
    secondo i dati dell'Osservatorio ristorazione collettiva e nutrizione nel periodo marzo-aprile 2019 si è registrata una contrazione dei ricavi del 66,8 che, nel solo mese di marzo, ha toccato il –94 per cento per la sola ristorazione scolastica;
    nel caso di mancata ripresa delle lezioni in presenza nelle scuole si stima una perdita totale dell'occupazione per 39.000 addetti, prevalentemente a tempo indeterminato, nella ristorazione scolastica;
    di tale riduzione farebbero le spese soprattutto lavoratrici donne che rappresentano l'82 per cento degli addetti del settore della ristorazione collettiva le quali, al momento usufruiscono della cassa integrazione o del fondo di integrazione salariale per quanto calcolata su stipendi molto contenuti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, anche al fine di salvaguardare l'occupazione in questo settore, di assumere iniziative volte quanto meno ad assicurare la copertura finanziaria dei costi affrontati dalle aziende interessate per attrezzature e personale finalizzati ad assicurare il servizio di erogazione pasti nelle scuole – anche a fronte del fatto che si è parlato di una riapertura delle scuole a maggio – e in tutte le realtà connesse con la Pubblica amministrazione.
9/2461-AR/207. (Testo modificato nel corso della seduta) Ruffino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34 del decreto in esame stabilisce l'incompatibilità tra la percezione dell'indennità del così detto reddito di ultima istanza di cui all'articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020 e la percezione di un trattamento pensionistico per i professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria;
    la medesima incompatibilità con la titolarità di un trattamento pensionistico era già prevista delle disposizioni del decreto-legge n. 18 del 2020 che hanno istituito le altre indennità una tantum per diverse categorie di lavoratori;
    la formulazione normativa adottata non distingue tra trattamento pensionistico diretto e indiretto. In tal modo in fase di applicazione delle norme si sono venute a creare distorsioni pienamente legali ma al tempo stesso assolutamente incompatibili con ogni forma di buon senso e, soprattutto, con la finalità di assistenza sociale ad ampio spettro che il Governo ha più volte dichiarato di voler perseguire con le disposizioni di cui sopra e con altre contenute nei diversi provvedimenti normativi varati per l'emergenza COVID-19;
    l'INPS con la circolare numero 44 del 2020 ha specificato che l'incompatibilità tra le indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del decreto-legge n. 18 del 2020 riguarda solo la pensione diretta;
    l'articolo 34 del decreto-legge n. 23 del 2020 prima e successivamente l'articolo 78 del decreto-legge n. 34 del 2020 hanno disposto ai fini del riconoscimento dell'indennità di cui all'articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020 l'incompatibilità con la titolarità di pensione, senza specificare tra trattamento pensionistico diretto o indiretto;
    alla luce di quanto sopra riportato non è chiaro se possa accedere all'indennità di cui al reddito di ultima istanza una persona titolare di trattamento pensionistico indiretto;
    a quanto riportato da notizie di stampa si è verificato almeno un caso, alquanto eclatante, che ha visto una persona in stato vedovile, con figlio minore a carico, che percepisce una pensione superstiti di importo complessivo non superiore a 100 euro lordi, e che ha visto la propria attività professionale sospesa a causa dell'emergenza Covid, non poter accedere all'indennità di cui all'articolo 44 del decreto «Cura Italia»,

impegna il Governo

a chiarire, con gli strumenti, anche di natura normativa, che riterrà più idonei se per l'accesso all'indennità di cui all'articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020 l'incompatibilità prevista per i titolari di pensione debba intendersi, come per le indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del medesimo decreto, riferita solo alle pensioni dirette, e comunque a consentire ai titolari di trattamento pensionistico indiretto di importo inferiore a quello della pensione minima, e con figli minori a carico, di accedere alla percezione della medesima indennità qualora in possesso dei requisiti richiesti.
9/2461-AR/208Marrocco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34 del decreto in esame stabilisce l'incompatibilità tra la percezione dell'indennità del così detto reddito di ultima istanza di cui all'articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020 e la percezione di un trattamento pensionistico per i professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria;
    la medesima incompatibilità con la titolarità di un trattamento pensionistico era già prevista delle disposizioni del decreto-legge n. 18 del 2020 che hanno istituito le altre indennità una tantum per diverse categorie di lavoratori;
    la formulazione normativa adottata non distingue tra trattamento pensionistico diretto e indiretto. In tal modo in fase di applicazione delle norme si sono venute a creare distorsioni pienamente legali ma al tempo stesso assolutamente incompatibili con ogni forma di buon senso e, soprattutto, con la finalità di assistenza sociale ad ampio spettro che il Governo ha più volte dichiarato di voler perseguire con le disposizioni di cui sopra e con altre contenute nei diversi provvedimenti normativi varati per l'emergenza COVID-19;
    l'INPS con la circolare numero 44 del 2020 ha specificato che l'incompatibilità tra le indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del decreto-legge n. 18 del 2020 riguarda solo la pensione diretta;
    l'articolo 34 del decreto-legge n. 23 del 2020 prima e successivamente l'articolo 78 del decreto-legge n. 34 del 2020 hanno disposto ai fini del riconoscimento dell'indennità di cui all'articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020 l'incompatibilità con la titolarità di pensione, senza specificare tra trattamento pensionistico diretto o indiretto;
    alla luce di quanto sopra riportato non è chiaro se possa accedere all'indennità di cui al reddito di ultima istanza una persona titolare di trattamento pensionistico indiretto;
    a quanto riportato da notizie di stampa si è verificato almeno un caso, alquanto eclatante, che ha visto una persona in stato vedovile, con figlio minore a carico, che percepisce una pensione superstiti di importo complessivo non superiore a 100 euro lordi, e che ha visto la propria attività professionale sospesa a causa dell'emergenza Covid, non poter accedere all'indennità di cui all'articolo 44 del decreto «Cura Italia»,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di chiarire, con gli strumenti, anche di natura normativa, che riterrà più idonei se per l'accesso all'indennità di cui all'articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020 l'incompatibilità prevista per i titolari di pensione debba intendersi, come per le indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del medesimo decreto, riferita solo alle pensioni dirette, e comunque a valutare la possibilità di consentire ai titolari di trattamento pensionistico indiretto di importo inferiore a quello della pensione minima, e con figli minori a carico, di accedere alla percezione della medesima indennità qualora in possesso dei requisiti richiesti.
9/2461-AR/208. (Testo modificato nel corso della seduta) Marrocco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 1, modificato nel corso dell'esame in sede referente, dispone che SACE S.p.A., al fine assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia COVID-19, conceda – fino al 31 dicembre 2020 – garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese. Si dispone un impegno finanziario di 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi destinati al supporto delle PMI, comprendendo tra queste i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti, secondo quanto introdotto in sede referente;
    possono beneficiare delle garanzie della SACE le imprese di qualsiasi dimensione, ma le PMI devono aver pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia per le PMI, nonché – secondo quanto introdotto in sede referente- alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca. Le garanzie sono concesse in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato. Le garanzie SACE previste dall'articolo si applicano, in quanto compatibili, alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente effettuati dalle imprese a favore di banche e intermediari finanziari;
    sempre secondo quanto introdotto in sede referente, è stata introdotta la previsione per cui dalle garanzie SACE sono in ogni caso escluse le società che controllano direttamente o indirettamente una società residente in un Paese o in un territorio non cooperativo a fini fiscali, ovvero che sono controllate direttamente o indirettamente, da una società residente in un Paese o un territorio non cooperativo a fini fiscali;
    sono previste condizioni per il rilascio delle garanzie da parte di SACE. In particolare, la garanzia è rilasciata entro il 31 dicembre 2020, per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di avvalersi di un preammortamento fino a 36 mesi, anziché 24 mesi come previsto dal testo originario, prima della modifica in sede referente. Sono dettati criteri per la definizione dell'importo del prestito e della percentuale di copertura, che può essere del 70, 80 o 90 per cento a seconda delle dimensioni delle imprese. A tali imprese, nonché ad ogni altra impresa con sede in Italia che faccia parte del medesimo gruppo – incluse quelle soggette a direzione e coordinamento, come precisato in sede referente – è richiesto, tra l'altro, di assumere l'impegno a non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020. Qualora le suddette imprese abbiano già distribuito dividendi o riacquistato azioni al momento della richiesta di finanziamento, l'impegno a non distribuire dividendi viene assunto dall'impresa per i 12 mesi successivi al momento della richiesta. Tale previsione è stata inserita in sede referente. Si deve inoltre trattare di imprese che al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle imprese in difficoltà come definite dalla normativa UE, e che alla data del 29 febbraio 2020 non dovevano avere nei confronti del settore bancario esposizioni deteriorate, come rilevabili dal soggetto finanziatore, come precisato in sede referente;
    ai fini della definizione di imprese in difficoltà, in sede referente è stata inserita la previsione per cui, nel rapporto debito/patrimonio netto rilevante ai fini della predetta di impresa in difficoltà, devono essere inclusi, nel calcolo del patrimonio, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture e appalti certificati nei confronti delle amministrazioni pubbliche;
    il finanziamento coperto dalla garanzia deve poi essere destinato a sostenere determinati costi: del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, e che – come specificato in sede referente – e le medesime imprese si impegnino a non delocalizzare, nonché costi dei canoni di locazione o di affitto di ramo d'azienda;
    inoltre, sempre secondo quanto inserito in sede referente, il finanziamento deve essere altresì destinato, in misura non superiore al 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale per le quali il rimborso sia reso oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID-19. Per le obbligazioni derivanti dalle predette garanzie SACE è assistita da una garanzia dello Stato. Il rilascio delle garanzie è deciso con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sulla base dell'Istruttoria SACE. Per le imprese di minori dimensioni è prevista una procedura semplificata. Si prevede inoltre che, nel rispetto del limite complessivo massimo, possa anche essere concessa la garanzia dello Stato su esposizioni assunte o da assumere entro il 31 dicembre 2020 da parte di Cassa depositi e prestiti derivanti da garanzie su portafogli di finanziamenti concessi da banche e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito alle imprese con sede in Italia che abbiano sofferto di una riduzione del fatturato a seguito dell'emergenza epidemiologica.
    nel corso dell'esame in sede referente, sono stati introdotti cinque nuovi commi, da 14-bis a 14-sexies. Tali commi, al fine di assicurare liquidità alle imprese indicate al comma 1 – autorizzano SACE a concedere, fino al 31 dicembre 2020, garanzie in conformità con la normativa dell'Unione europea in tema di aiuti di Stato e nel rispetto dei criteri e delle condizioni previste dal provvedimento in esame, in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti che sottoscrivono in Italia prestiti obbligazionari o altri titoli di debito emessi dalle suddette imprese a cui sia attribuito un rating pari a BB- o equivalente;
    durante la discussione in sede referente, il firmatario del presente atto di indirizzo ha presentato un emendamento classificato con il numero 1.249 poi ritirato finalizzato a consentire alle imprese che svolgono servizi di gestione rifiuti – che ricordiamo essere attività essenziale e non interrompibile – e che hanno crediti nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni di poter avere liquidità nell'Immediato attraverso il subentro nei crediti di SACE S.p.a.;
    sotto tale profilo si osserva che la liquidazione dei crediti trasferiti potrebbe far sì che le imprese interessate evitino di accedere all'istituto di indebitamento previsto dalla sottoscrizione di un piano di finanziamento di cui all'articolo 1 del decreto-legge del 08 aprile 2020 n. 23, consentendo così a tali aziende sia di pagare gli stipendi ai propri dipendenti, sia di far fronte a eventuali debiti nei confronti di subfornitori,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione la questione esposta in premessa con riferimento alla ratio normativa del citato emendamento 1.249 al fine di adottare sin dal prossimo provvedimento utile ogni iniziativa normativa tesa a consentire alle imprese che svolgono servizi di gestione rifiuti e che hanno crediti nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni di subfornitori.
9/2461-AR/209Cattaneo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 1, modificato nel corso dell'esame in sede referente, dispone che SACE S.p.A., al fine assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia COVID-19, conceda – fino al 31 dicembre 2020 – garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese. Si dispone un impegno finanziario di 200 miliardi di euro, di cui almeno 30 miliardi destinati al supporto delle PMI, comprendendo tra queste i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, nonché le associazioni professionali e le società tra professionisti, secondo quanto introdotto in sede referente;
    possono beneficiare delle garanzie della SACE le imprese di qualsiasi dimensione, ma le PMI devono aver pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia per le PMI, nonché – secondo quanto introdotto in sede referente- alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agroalimentare e della pesca. Le garanzie sono concesse in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato. Le garanzie SACE previste dall'articolo si applicano, in quanto compatibili, alle cessioni dei crediti con garanzia di solvenza prestata dal cedente effettuati dalle imprese a favore di banche e intermediari finanziari;
    sempre secondo quanto introdotto in sede referente, è stata introdotta la previsione per cui dalle garanzie SACE sono in ogni caso escluse le società che controllano direttamente o indirettamente una società residente in un Paese o in un territorio non cooperativo a fini fiscali, ovvero che sono controllate direttamente o indirettamente, da una società residente in un Paese o un territorio non cooperativo a fini fiscali;
    sono previste condizioni per il rilascio delle garanzie da parte di SACE. In particolare, la garanzia è rilasciata entro il 31 dicembre 2020, per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, con la possibilità di avvalersi di un preammortamento fino a 36 mesi, anziché 24 mesi come previsto dal testo originario, prima della modifica in sede referente. Sono dettati criteri per la definizione dell'importo del prestito e della percentuale di copertura, che può essere del 70, 80 o 90 per cento a seconda delle dimensioni delle imprese. A tali imprese, nonché ad ogni altra impresa con sede in Italia che faccia parte del medesimo gruppo – incluse quelle soggette a direzione e coordinamento, come precisato in sede referente – è richiesto, tra l'altro, di assumere l'impegno a non approvare la distribuzione di dividendi o il riacquisto di azioni nel corso del 2020. Qualora le suddette imprese abbiano già distribuito dividendi o riacquistato azioni al momento della richiesta di finanziamento, l'impegno a non distribuire dividendi viene assunto dall'impresa per i 12 mesi successivi al momento della richiesta. Tale previsione è stata inserita in sede referente. Si deve inoltre trattare di imprese che al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle imprese in difficoltà come definite dalla normativa UE, e che alla data del 29 febbraio 2020 non dovevano avere nei confronti del settore bancario esposizioni deteriorate, come rilevabili dal soggetto finanziatore, come precisato in sede referente;
    ai fini della definizione di imprese in difficoltà, in sede referente è stata inserita la previsione per cui, nel rapporto debito/patrimonio netto rilevante ai fini della predetta di impresa in difficoltà, devono essere inclusi, nel calcolo del patrimonio, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, per somministrazione, forniture e appalti certificati nei confronti delle amministrazioni pubbliche;
    il finanziamento coperto dalla garanzia deve poi essere destinato a sostenere determinati costi: del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, e che – come specificato in sede referente – e le medesime imprese si impegnino a non delocalizzare, nonché costi dei canoni di locazione o di affitto di ramo d'azienda;
    inoltre, sempre secondo quanto inserito in sede referente, il finanziamento deve essere altresì destinato, in misura non superiore al 20 per cento dell'importo erogato, al pagamento di rate di finanziamenti, scadute o in scadenza nel periodo emergenziale per le quali il rimborso sia reso oggettivamente impossibile a causa dell'epidemia da COVID-19. Per le obbligazioni derivanti dalle predette garanzie SACE è assistita da una garanzia dello Stato. Il rilascio delle garanzie è deciso con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, sulla base dell'Istruttoria SACE. Per le imprese di minori dimensioni è prevista una procedura semplificata. Si prevede inoltre che, nel rispetto del limite complessivo massimo, possa anche essere concessa la garanzia dello Stato su esposizioni assunte o da assumere entro il 31 dicembre 2020 da parte di Cassa depositi e prestiti derivanti da garanzie su portafogli di finanziamenti concessi da banche e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito alle imprese con sede in Italia che abbiano sofferto di una riduzione del fatturato a seguito dell'emergenza epidemiologica.
    nel corso dell'esame in sede referente, sono stati introdotti cinque nuovi commi, da 14-bis a 14-sexies. Tali commi, al fine di assicurare liquidità alle imprese indicate al comma 1 – autorizzano SACE a concedere, fino al 31 dicembre 2020, garanzie in conformità con la normativa dell'Unione europea in tema di aiuti di Stato e nel rispetto dei criteri e delle condizioni previste dal provvedimento in esame, in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti che sottoscrivono in Italia prestiti obbligazionari o altri titoli di debito emessi dalle suddette imprese a cui sia attribuito un rating pari a BB- o equivalente;
    durante la discussione in sede referente, il firmatario del presente atto di indirizzo ha presentato un emendamento classificato con il numero 1.249 poi ritirato finalizzato a consentire alle imprese che svolgono servizi di gestione rifiuti – che ricordiamo essere attività essenziale e non interrompibile – e che hanno crediti nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni di poter avere liquidità nell'Immediato attraverso il subentro nei crediti di SACE S.p.a.;
    sotto tale profilo si osserva che la liquidazione dei crediti trasferiti potrebbe far sì che le imprese interessate evitino di accedere all'istituto di indebitamento previsto dalla sottoscrizione di un piano di finanziamento di cui all'articolo 1 del decreto-legge del 08 aprile 2020 n. 23, consentendo così a tali aziende sia di pagare gli stipendi ai propri dipendenti, sia di far fronte a eventuali debiti nei confronti di subfornitori,

impegna il Governo

a valutare con particolare attenzione la questione esposta in premessa con riferimento alla ratio normativa del citato emendamento 1.249 al fine di valutare di adottare sin dal prossimo provvedimento utile ogni iniziativa normativa tesa a consentire alle imprese che svolgono servizi di gestione rifiuti e che hanno crediti nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni di subfornitori.
9/2461-AR/209. (Testo modificato nel corso della seduta) Cattaneo.


   La Camera,
   premesso che:
    nei mesi di gennaio e febbraio – quando sono stati riscontrati i primi casi di contagio da coronavirus – in Italia si assisteva al picco dell'influenza stagionale, pertanto, una più corposa campagna vaccinale contro l'influenza avrebbe comportato un alleggerimento della pressione sui Pronto Soccorso e anche una maggiore facilità di individuare e discernere i pazienti contagiati dal coronavirus da quelli che avevano contratto un virus influenzale;
    secondo i dati più aggiornati di InfluNet (il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell'influenza, coordinato dal Ministero della Salute con la collaborazione dell'Iss), da ottobre 2019 allo scorso 26 aprile, il numero di casi stimati di sindrome simil-influenzale è pari a circa 7 milioni e 595 mila casi;
    l'influenza colpisce mediamente ogni anno il 9 per cento della popolazione italiana – con un minimo del 4 per cento registrato nella stagione 2005-06 e un massimo del 15% per la stagione 2017-18 – e presenta una curva epidemica che generalmente raggiunge il picco all'inizio del mese di febbraio, colpendo soprattutto la popolazione in età pediatrica (0-4 e 5-14 anni), con un'incidenza cumulativa che decresce all'aumentare dell'età;
    in Italia, l'influenza è una delle 10 principali cause di morte; i dati di mortalità specifici per influenza che l'Istat fornisce ogni anno in Italia, stimano in circa 400 il numero di decessi direttamente imputabili all'influenza; tuttavia, tenuto conto che il virus influenzale aggrava le condizioni già compromesse di pazienti affetti da altre patologie (per esempio respiratorie o cardiovascolari) fino a provocarne il decesso, la stessa Istat stima in circa 8.000 il numero dei decessi, registrati ogni anno in Italia, per influenza e per le correlate complicanze;
    la vaccinazione è la forma più efficace di prevenzione dell'influenza ed è ricompresa nel calendario vaccinale nazionale tra le quelle previste nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA); la vaccinazione antinfluenzale, in accordo con gli obiettivi della pianificazione sanitaria nazionale e con il perseguimento degli obiettivi specifici del programma di immunizzazione contro l'influenza, viene offerta attivamente e gratuitamente alle persone che, per le loro condizioni personali, corrono un maggior rischio di andare incontro a complicanze nel caso contraggano l'influenza;
   considerato che:
    molte Regioni stanno valutando l'opportunità di svolgere più corpose campagne vaccinali nell'ottica che la Fase 2 e la Fase 3 necessitino di un'attenzione ancora più stringente per facilitare la diagnosi ed allentare la pressione sul Servizio Sanitario Nazionale;
    la Società Italiana di Medicina Pediatrica, in vista della riapertura delle scuole nei mesi di settembre-ottobre, auspica che, nella campagna vaccinale 2020-2021, siano inseriti anche i bambini dai 6 ai 14 anni;
    le farmacie, in ragione della loro funzione di presidi sanitari polifunzionali del territorio, nell'ambito del progetto di «Farmacia dei Servizi», possono essere siti vaccinali permanenti, previa disponibilità di spazi idonei sotto il profilo igienico sanitario e con la presenza di medici, secondo modalità e specifici accordi da stabilire con apposita disciplina;
    tale previsione ridurrebbe significativamente i tempi necessari alla somministrazione del vaccino e consentirebbe una più estesa e agevole copertura vaccinale della popolazione, grazie anche alla capillare distribuzione delle farmacie sull'intero territorio nazionale, ivi comprese le aree rurali e periferiche che sono prevalentemente sguarnite di presidi sanitari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di utilizzare le farmacie aperte al pubblico dotate di spazi idonei sotto il profilo igienico sanitario e atti a garantire la tutela della privacy per la somministrazione dei vaccini da parte di medici, al fine di contenere gli accessi ospedalieri e di alleggerire il carico degli ambulatori medici.
9/2461-AR/210Mandelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame reca un complesso di misure urgenti volte a rispondere alle esigenze socioeconomiche derivanti dall'applicazione delle misure di lockdown previste per contrastare la diffusione dell'epidemia da COVID-19;
    oltre alle diverse disposizioni in tema di accesso al credito, lavoro, adempimenti fiscali, poteri speciali nei settori strategici, termini amministrativi e processuali, contiene un complesso di misure in materia di salute. Tra gli altri, norme inerenti nello specifico l'uso compassionevole e la sperimentazione dei medicinali, misure urgenti per l'avvio di specifiche funzioni assistenziali per l'emergenza, disposizioni in materia di medicina convenzionata e norme su pratiche e attrezzature medico-radiologiche;
    a decorrere dalla dichiarazione di stato di emergenza ed in particolare a far data dall'avvio delle misure di lockdown, si sono evidenziati numerosi problemi nel comparto dei servizi per la salute mentale. In particolare, si lamenta, come in altri settori dell'assistenza sanitaria, la mancanza di adeguati DPI – Dispositivi di protezione individuale, tali da garantire i livelli di sicurezza per gli operatori, compresi i lavoratori del privato sociale che operano nelle strutture pubbliche;
    si rappresenta che il fabbisogno minimo incomprimibile di DPI è pari ad almeno una mascherina chirurgica al giorno per operatore (medico, infermiere, psicologo, assistente sociale, ecc.) nonché di due mascherine FFP3 per operatore a settimana, tenendo conto che tali ultimi dispositivi hanno una durata media di circa 4-6 ore;
    al momento, emerge la carenza – in molti centri della salute mentale – di tali dispositivi di protezione;
    inoltre, si rappresenta come siano arrivati al Pronto soccorso, con sintomi da COVID-19, pazienti psichiatrici per cui è complesso persino praticare lo stesso tampone, se non intervenendo prima con un TSO – Trattamento Sanitario Obbligatorio, che ad ogni modo chiama in causa gli operatori della salute mentale;
    si segnala altresì come – al pari di altri operatori sanitari – anche gli operatori della salute mentale andrebbero sottoposti regolarmente a screening con tamponi e test;
    ogni unità operativa di salute mentale deve altresì avere sufficienti DPI per almeno due TSO, da reintegrare costantemente al fine di poter operare in sicurezza tali trattamenti;
    risulta indispensabile anche praticare tamponi e rifornire regolarmente di DPI i pazienti psichiatrici gravi, secondo una lista redatta a cura delle singole unità operative di salute,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, nell'ambito delle proprie competenze e compatibilmente con le risorse di bilancio disponibili, di garantire un approccio integrato delle misure di contrasto all'epidemia, con particolare riferimento all'ambito sanitario e contemplando anche il tema della salute mentale, intervenendo nello specifico, anche tramite misure di natura finanziaria, al fine di permettere alle strutture che si occupano di salute mentale di disporre delle misure di sicurezza e di protezione individuale richiamate in premessa.
9/2461-AR/211Rostan.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame, che prevedeva il cosiddetto bonus partite IVA per i liberi professionisti, è stato modificato, durante l'esame in sede referente, dal successivo decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto-legge Rilancio) provocando l'esclusione dal benefìcio del suddetto bonus, dei titolari di partita IVA che svolgono attività di lavoro dipendente e dei titolari di pensione diretta, dando logo ad uno stop ai pagamenti in corso del beneficio;
    il decreto-legge n. 34 del 2020 ha abrogato l'articolo 34 del decreto liquidità, modificando l'articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020, che istituisce il Fondo per il reddito di ultima istanza, volto a garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi i quali, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro ed elevando da 300 milioni di euro a 1150 milioni di euro la dotazione del predetto Fondo;
    il decreto-legge Rilancio riconosce inoltre anche per i mesi di aprile e maggio 2020 l'indennità di 600 euro prevista per il solo mese di marzo 2020 dal sopracitato articolo 44 del decreto-legge n. 18 del 2020, a sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 (che ha privatizzato tutti gli enti e le casse dei professionisti esistenti) e 10 febbraio 1996, n. 103 (che qualifica sin dall'inizio come enti privati le casse istituite dalle categorie di liberi professionisti);
    ciò ha comportato il restringimento della platea dei beneficiari del bonus partite IVA avendo modificato i requisiti per ottenerlo provocando la mancata liquidazione delle domande in corso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di far salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla norma abrogata del decreto liquidità provvedendo alla liquidazione delle domande in corso.
9/2461-AR/212Fregolent.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca un complesso di disposizioni urgenti per le imprese ed il lavoro;
    tali misure sono necessarie, dal momento che la corretta risposta ad un'emergenza sanitaria di portata globale ha portato i Governi ad una serie di misure di restringimento delle attività’ economiche e sociali che hanno avuto come effetto avverso collaterale una grande sofferenza in termini economici e di lavoro per cittadini e imprese;
    in tutto il mondo, secondo stime preliminari dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) la crisi economica e del lavoro causata dal COVID-19 potrebbe incrementare la disoccupazione nel mondo di quasi 25 milioni;
    tra i settori colpiti rientra anche quello dell'editoria, come dimostrano i dati relativi al calo di fatturato fino al 70 per cento, riscontrato dalla Associazione Italiana Editori (AIE);
    la crisi si è fatta particolarmente dura per il settore della cosiddetta carta stampata, ed in particolare la sofferenza è molto elevata per i quotidiani cartacei, che hanno venduto appena 1,5 milioni di copie al giorno nel 2019 secondo i dati dell'Osservatorio sulle Comunicazioni, con un ulteriore rallentamento nelle more delle misure di lockdown;
    in tale difficilissimo contesto, si innesta la crisi della Gazzetta del Mezzogiorno. Reduce dal commissariamento giudiziario dovuto ad una vicenda che ha coinvolto l'editore siciliano Mario Ciancio Sanfilippo, a cui dopo quasi due anni il tribunale di Catania ha restituito i beni tra i quali anche La Gazzetta del Mezzogiorno;
    in seguito lo stesso editore ha comunicato la volontà di mettere in liquidazione la Edisud Spa, la società editrice del quotidiano, con la previsione dell'udienza già fissata per il 9 giugno;
    per un ineffabile scherzo del destino, tali tristi vicende si affiancano alla pubblicazione del report Audiweb, che conferma anche nel mese di marzo ottime performance del sito de La Gazzetta del Mezzogiorno, certificando il raddoppio degli utenti unici medi giornalieri rispetto a febbraio, collocando la testata al 42esimo posto nelle prime 100 testate on line nazionali. Anche i dati Audipress confermano la leadership dell'informazione del giornale in Puglia e Basilicata;
    rischia di chiudere un'esperienza iniziata quasi 133 anni fa, che ha segnato la vita di generazioni di cittadini del meridione, in particolare pugliesi e lucani. Ciò sarebbe un grave colpo non solo al pluralismo dell'informazione, ma anche all'occupazione locale, nonché ai legami sociali e territoriali in particolare di due regioni, Puglia e Basilicata, in cui il giornale rappresenta una voce importante e autorevole;
    i giornalisti provano a resistere ed intendono costituirsi in cooperativa per trattare con un eventuale acquirente. Altre soluzioni potrebbero essere l'introduzione di uno scudo finanziario ovvero la strada di un'amministrazione straordinaria;
    per quanto concerne la prima ipotesi, in particolare, la Legge sull'Editoria (legge n. 416/1981) all'articolo 5 reca disposizioni in materia di cessazione di testata giornalistica e reca disposizioni specifiche a beneficio di tali cooperative di giornalisti. In tal senso, potrebbe essere opportuno – non soltanto per il caso in esame ma più in generale per tutti i casi di crisi di testata giornalistica – operare un rafforzamento estensivo di tali norme a loro tutela,

impegna il Governo:

   ad assumere al più presto iniziative di tipo normativo di propria competenza, finalizzate a rafforzare le tutele per il settore dell'editoria e dei giornalisti in esso impiegati, con particolare riguardo alla recente crisi della Gazzetta del Mezzogiorno, importante tassello del pluralismo dell'informazione nell'Italia del Sud;
   a valutare più in generale l'opportunità, al fine di garantire la continuità delle pubblicazioni e delle imprese giornalistiche, di rafforzare le tutele per le cooperative ed i consorzi di giornalisti nel caso di cessazione di testata di cui all'articolo 5 della legge n. 416/1981, garantendone l'operatività in caso di fallimento dell'editore e prevedendo la possibilità per tali cooperative di stipulare un contratto di affitto di azienda ovvero di affitto di ramo d'azienda con la testata in questione.
9/2461-AR/213De Filippo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca un complesso di disposizioni urgenti per le imprese ed il lavoro;
    tali misure sono necessarie, dal momento che la corretta risposta ad un'emergenza sanitaria di portata globale ha portato i Governi ad una serie di misure di restringimento delle attività’ economiche e sociali che hanno avuto come effetto avverso collaterale una grande sofferenza in termini economici e di lavoro per cittadini e imprese;
    in tutto il mondo, secondo stime preliminari dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) la crisi economica e del lavoro causata dal COVID-19 potrebbe incrementare la disoccupazione nel mondo di quasi 25 milioni;
    tra i settori colpiti rientra anche quello dell'editoria, come dimostrano i dati relativi al calo di fatturato fino al 70 per cento, riscontrato dalla Associazione Italiana Editori (AIE);
    la crisi si è fatta particolarmente dura per il settore della cosiddetta carta stampata, ed in particolare la sofferenza è molto elevata per i quotidiani cartacei, che hanno venduto appena 1,5 milioni di copie al giorno nel 2019 secondo i dati dell'Osservatorio sulle Comunicazioni, con un ulteriore rallentamento nelle more delle misure di lockdown;
    in tale difficilissimo contesto, si innesta la crisi della Gazzetta del Mezzogiorno. Reduce dal commissariamento giudiziario dovuto ad una vicenda che ha coinvolto l'editore siciliano Mario Ciancio Sanfilippo, a cui dopo quasi due anni il tribunale di Catania ha restituito i beni tra i quali anche La Gazzetta del Mezzogiorno;
    in seguito lo stesso editore ha comunicato la volontà di mettere in liquidazione la Edisud Spa, la società editrice del quotidiano, con la previsione dell'udienza già fissata per il 9 giugno;
    per un ineffabile scherzo del destino, tali tristi vicende si affiancano alla pubblicazione del report Audiweb, che conferma anche nel mese di marzo ottime performance del sito de La Gazzetta del Mezzogiorno, certificando il raddoppio degli utenti unici medi giornalieri rispetto a febbraio, collocando la testata al 42esimo posto nelle prime 100 testate on line nazionali. Anche i dati Audipress confermano la leadership dell'informazione del giornale in Puglia e Basilicata;
    rischia di chiudere un'esperienza iniziata quasi 133 anni fa, che ha segnato la vita di generazioni di cittadini del meridione, in particolare pugliesi e lucani. Ciò sarebbe un grave colpo non solo al pluralismo dell'informazione, ma anche all'occupazione locale, nonché ai legami sociali e territoriali in particolare di due regioni, Puglia e Basilicata, in cui il giornale rappresenta una voce importante e autorevole;
    i giornalisti provano a resistere ed intendono costituirsi in cooperativa per trattare con un eventuale acquirente. Altre soluzioni potrebbero essere l'introduzione di uno scudo finanziario ovvero la strada di un'amministrazione straordinaria;
    per quanto concerne la prima ipotesi, in particolare, la Legge sull'Editoria (legge n. 416/1981) all'articolo 5 reca disposizioni in materia di cessazione di testata giornalistica e reca disposizioni specifiche a beneficio di tali cooperative di giornalisti. In tal senso, potrebbe essere opportuno – non soltanto per il caso in esame ma più in generale per tutti i casi di crisi di testata giornalistica – operare un rafforzamento estensivo di tali norme a loro tutela,

impegna il Governo

   a valutare la possibilità di:
    assumere al più presto iniziative di tipo normativo di propria competenza, finalizzate a rafforzare le tutele per il settore dell'editoria e dei giornalisti in esso impiegati, con particolare riguardo alla recente crisi della Gazzetta del Mezzogiorno, importante tassello del pluralismo dell'informazione nell'Italia del Sud;
    valutare più in generale l'opportunità, al fine di garantire la continuità delle pubblicazioni e delle imprese giornalistiche, di rafforzare le tutele per le cooperative ed i consorzi di giornalisti nel caso di cessazione di testata di cui all'articolo 5 della legge n. 416/1981, garantendone l'operatività in caso di fallimento dell'editore e prevedendo la possibilità per tali cooperative di stipulare un contratto di affitto di azienda ovvero di affitto di ramo d'azienda con la testata in questione.
9/2461-AR/213. (Testo modificato nel corso della seduta) De Filippo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede il riconoscimento del credito d'imposta in numerose disposizioni che intervengono per far fronte alla crisi economica conseguenziale alla pandemia da COVID-19;
    la normativa AGE è stata reintrodotta con la legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 287, legge 160/2019) con decorrenza dal 2019 con un rendimento nozionale dell'1,3 per cento;
    alla facoltà di utilizzare l'eccedenza ACE come credito d'imposta utilizzabile ai fini delle compensazioni fiscali, non si ascrive una perdita di gettito ma solo un effetto finanziario collegato all'anticipazione di cassa in favore delle imprese;
    si fa sempre più stringente la necessità di prevedere misure dirette a rafforzare la struttura patrimoniale del sistema produttivo italiano, fronteggiando la scarsa patrimonializzazione tipica delle imprese italiane che rappresenta un elemento di debolezza in ottica di competitività sui mercati internazionali, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere delle misure che consentano di attribuire velocemente liquidità alle imprese italiane, per far fronte alle difficoltà derivanti dall'emergenza sanitaria in atto, trasformando – su opzione dei contribuenti – l'eccedenza di ACE da componente scomputabile dal reddito complessivo netto dei periodi d'imposta successivi in un credito di imposta da utilizzare immediatamente in compensazione con le imposte, i contributi previdenziali e le altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali.
9/2461-AR/214Mor.


   La Camera,
   premesso che:
    durante l'esame in sede referente è stato introdotto un nuovo articolo che dispone, al fine di garantire la continuità delle imprese colpite dall'emergenza COVID-19 ed i livelli occupazionali, la sospensione del pagamento dei canoni dovuti per il periodo dal 1o marzo 2020 al 31 luglio 2020 per l'uso, in regime di concessione o di locazione, di beni immobili appartenenti allo Stato;
    il provvedimento in esame dispone inoltre che il pagamento dei canoni sospesi debba effettuarsi, anche mediante rateazione, senza applicazione di interesse, entro e non oltre il 31 ottobre 2020, secondo le modalità stabilite dalla autorità concedente;
    sarebbe necessario prendere in considerazione i procedimenti amministrativi per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative, con riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali di cui all'articolo 3 comma 1 del decreto-legge n. 400 del 1993 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come sostituito dall'articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, anche in successive disposizioni normative, la sospensione del pagamento dei canoni relativi alle concessioni inerenti la conduzione delle pertinenze demaniali di cui all'articolo 3 comma 1 del decreto-legge n. 400 del 1993 e successive modificazioni citato in premessa.
9/2461-AR/215Marco Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, nel percorso normativo di contrasto alla pandemia, ha apprezzabilmente introdotto un credito di imposta preordinato ad alleggerire le spese sostenute dalle imprese al fine di rendere sani i propri ambienti di lavoro;
    in sintonia con quanto stabilito dalla circolare del Ministero della Salute n. 5443 del 22 febbraio 2020, la citata finalità implica, a rigore, interventi di pulizia e disinfezione, attività necessarie alla distruzione o inattivazione di organismi patogeni come il COVID-19;
    l'articolo 64 del decreto «cura Italia» (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18), così come integrato dall'articolo 30 del «decreto Liquidità» (decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23), disciplina il credito d'imposta in parola facendo esclusivo ricorso al termine «sanificazione»;
    l'impiego del termine «sanificazione» sta provocando un vero e proprio cortocircuito, in primis normativo e, in linea subordinata, applicativo, con grave nocumento per le imprese professionali che operano nel settore delle pulizie. Questo perché le attività bisognevoli di misure igienico-sanitarie sono indotte a rivolgersi, in via pressoché esclusiva, alle sole imprese abilitate a svolgere la sanificazione, le quali pongono in essere interventi maggiormente costosi, che non per forza coincidono con quelli presupposti dallo svolgimento di attività di pulizia e disinfezione,

impegna il Governo

a correggere l'impostazione normativa della misura in discorso, ammettendo più correttamente al credito d'imposta le spese per le operazioni di pulizia e disinfezione degli ambienti di lavoro; ciò in ottemperanza alle indicazioni fornite dal Ministero della Salute e allo scopo di prevenire in modo più capillare la diffusione del contagio, assicurando, di conseguenza, la sicurezza di tutti i lavoratori.
9/2461-AR/216Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo, nel percorso normativo di contrasto alla pandemia, ha apprezzabilmente introdotto un credito di imposta preordinato ad alleggerire le spese sostenute dalle imprese al fine di rendere sani i propri ambienti di lavoro;
    in sintonia con quanto stabilito dalla circolare del Ministero della Salute n. 5443 del 22 febbraio 2020, la citata finalità implica, a rigore, interventi di pulizia e disinfezione, attività necessarie alla distruzione o inattivazione di organismi patogeni come il COVID-19;
    l'articolo 64 del decreto «cura Italia» (decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18), così come integrato dall'articolo 30 del «decreto Liquidità» (decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23), disciplina il credito d'imposta in parola facendo esclusivo ricorso al termine «sanificazione»;
    l'impiego del termine «sanificazione» sta provocando un vero e proprio cortocircuito, in primis normativo e, in linea subordinata, applicativo, con grave nocumento per le imprese professionali che operano nel settore delle pulizie. Questo perché le attività bisognevoli di misure igienico-sanitarie sono indotte a rivolgersi, in via pressoché esclusiva, alle sole imprese abilitate a svolgere la sanificazione, le quali pongono in essere interventi maggiormente costosi, che non per forza coincidono con quelli presupposti dallo svolgimento di attività di pulizia e disinfezione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di correggere l'impostazione normativa della misura in discorso, ammettendo più correttamente al credito d'imposta le spese per le operazioni di pulizia e disinfezione degli ambienti di lavoro; ciò in ottemperanza alle indicazioni fornite dal Ministero della Salute e allo scopo di prevenire in modo più capillare la diffusione del contagio, assicurando, di conseguenza, la sicurezza di tutti i lavoratori.
9/2461-AR/216. (Testo modificato nel corso della seduta) Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    il legislatore, con l'articolo 7 del decreto in esame, ha affrontato il tema di «neutralizzare gli effetti derivanti (sui bilanci) dell'attuale crisi economica» al fine di garantire la prospettiva della continuità aziendale in deroga alle disposizioni del Codice Civile e dei principi contabili; in realtà dal tenore letterale della norma sono emerse preoccupanti interpretazioni che consentirebbero di derogare solo alle aziende che per effetto del Covid-19 non avrebbero alternative ragionevoli alla cessazione, svuotando così la norma di ogni senso;
    permane il problema del contrasto con i principi contabili emanati dall'OIC in tema di continuità aziendale e, da ultimo, con il documento OIC di interpretazione dell'articolo 7, in relazione alle deroghe al principio della continuità aziendale;
    ritenuto necessario assicurare la chiara applicazione della norma al fine di garantire che tutte le società nel valutare prospetticamente la continuità aziendale nei bilanci 2019 e 2020 non devono tener conto delle incertezze e degli effetti della crisi pandemica, come d'altronde, fatto dall'ANC (organismo di contabilità francese);
    richiamato lo straordinario contesto in cui sono chiamate ad operare amministratori, sindaci e revisore nella predisposizione e nella valutazione dei bilanci in relazione alla oggettiva impossibilità di garantire una valutazione prospettica a causa delle incertezze delle variabili in campo, per dimensione ed estensione temporale, sui livelli produttivi, sulla marginalità, sulla propensione alla ripresa delle transazioni, tutte variabili imponderabili e, quindi, impossibili da prevedere;
   considerato prioritario garantire che nella predisposizione dei bilanci 2019, la valutazione delle voci e della prospettiva di continuazione dell'attività di cui all'articolo 2423 bis, comma primo, n. 1 del codice civile può essere operata non tenendo conto delle incertezze e degli effetti derivanti dalli eventi successivi alla chiusura dell'esercizio. Mentre per i bilanci 2020 in corso la prospettiva di continuità può essere garantita anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente,

impegna il Governo

a garantire, nel primo provvedimento utile, a partire dal DI Rilancio, apposita previsione normativa che garantisca il presupposto della continuità per i bilanci 2019 e 2020, attraverso la «neutralizzazione» degli effetti della crisi pandemica sui bilanci al fine di scongiurare, in assenza di normativa chiara in termini di deroghe, l'inevitabile impossibilità per gli organismi controllo di esprimersi, a causa dei dubbi sulla continuità, con l'inevitabile conseguenza della diffusione di cessazioni aziendali.
9/2461-AR/217D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    il legislatore, con l'articolo 7 del decreto in esame, ha affrontato il tema di «neutralizzare gli effetti derivanti (sui bilanci) dell'attuale crisi economica» al fine di garantire la prospettiva della continuità aziendale in deroga alle disposizioni del Codice Civile e dei principi contabili; in realtà dal tenore letterale della norma sono emerse preoccupanti interpretazioni che consentirebbero di derogare solo alle aziende che per effetto del Covid-19 non avrebbero alternative ragionevoli alla cessazione, svuotando così la norma di ogni senso;
    permane il problema del contrasto con i principi contabili emanati dall'OIC in tema di continuità aziendale e, da ultimo, con il documento OIC di interpretazione dell'articolo 7, in relazione alle deroghe al principio della continuità aziendale;
    ritenuto necessario assicurare la chiara applicazione della norma al fine di garantire che tutte le società nel valutare prospetticamente la continuità aziendale nei bilanci 2019 e 2020 non devono tener conto delle incertezze e degli effetti della crisi pandemica, come d'altronde, fatto dall'ANC (organismo di contabilità francese);
    richiamato lo straordinario contesto in cui sono chiamate ad operare amministratori, sindaci e revisore nella predisposizione e nella valutazione dei bilanci in relazione alla oggettiva impossibilità di garantire una valutazione prospettica a causa delle incertezze delle variabili in campo, per dimensione ed estensione temporale, sui livelli produttivi, sulla marginalità, sulla propensione alla ripresa delle transazioni, tutte variabili imponderabili e, quindi, impossibili da prevedere;
   considerato prioritario garantire che nella predisposizione dei bilanci 2019, la valutazione delle voci e della prospettiva di continuazione dell'attività di cui all'articolo 2423 bis, comma primo, n. 1 del codice civile può essere operata non tenendo conto delle incertezze e degli effetti derivanti dalli eventi successivi alla chiusura dell'esercizio. Mentre per i bilanci 2020 in corso la prospettiva di continuità può essere garantita anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, nel primo provvedimento utile, a partire dal DI Rilancio, apposita previsione normativa che garantisca il presupposto della continuità per i bilanci 2019 e 2020, attraverso la «neutralizzazione» degli effetti della crisi pandemica sui bilanci al fine di scongiurare, in assenza di normativa chiara in termini di deroghe, l'inevitabile impossibilità per gli organismi controllo di esprimersi, a causa dei dubbi sulla continuità, con l'inevitabile conseguenza della diffusione di cessazioni aziendali.
9/2461-AR/217. (Testo modificato nel corso della seduta) D'Alessandro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività relativa alla ristorazione è una delle più colpite dall'emergenza coronavirus; sia perché locali, caffè e ristoranti sono state tra le ultime attività ad aver avuto l'autorizzazione a riaprire, tra l'altro con molte limitazioni e accortezze, sia perché con questo decreto e i successivi non è stato adeguatamente fornito un sostegno che potesse far fronte alle ingenti perdite;
    in particolare, il Governo non si è curato di favorire con provvedimenti ad hoc la gestione dell'occupazione del suolo pubblico, né di facilitare una uniformità di provvedimenti sull'argomento tra le varie città. Ne consegue che ciascuna di esse ha deciso a suo piacimento e sulla base di regolamenti, dall'applicazione dubbia e discutibile, quale dovesse essere la disciplina di occupazione;
    nella situazione di forte crisi nella quale le aziende si trovano, nulla è stato fatto per uniformare e rendere realmente vantaggioso lo strumento del silenzio-assenso che nella sua origine normativa è un rimedio all'inerzia dell'amministrazione che si risolve in un risultato favorevole sul piano sostanziale che impedisce che un'attività rimanga impastoiata nella farraginosa macchina burocratica delle amministrazioni. I comuni hanno spesso inficiato il senso stesso dell'istituto;
    per aiutare tali imprese a riprendersi è necessario favorire che lo svolgimento dell'attività si svolga quanto più possibile all'aperto, facilitando e finanziando progetti massicci di city outdoor. Tali progetti sarebbero molto apprezzati da tutti gli avventori e permetterebbero di tutelarli ulteriormente, attuando un maggiore distanziamento sociale volto alla diffusione del virus che è certamente più probabile in luoghi chiusi;
    è ancora troppo bassa la percentuale di comuni che ha aderito all'iniziativa di sgravio per gli esercenti, in particolare bar e ristoranti, della tassa sull'occupazione del suolo pubblico; sarebbe necessario un intervento del Governo volto a reintegrare di risorse tutte le casse comunali affinché tale fardello che grava sulle imprese food & beverage venisse automaticamente sospeso per tutto il periodo dell'emergenza in tutti i comuni italiani (e non semplicemente ridotta, come avviene solo in alcuni);
    ulteriori sgravi per le imprese potrebbero essere proposti per quegli esercenti che installeranno apparecchi esterni per l'access point della rete internet wi-fi, cosa che accrescerebbe ancora di più il loro appeal sui clienti,

impegna il Governo

a porre in essere misure che mirino a favorire l'uniformità dei comuni nell'utilizzo del silenzio-assenso per l'occupazione del suolo pubblico da parte di locali, bar, ristoranti, prevedendo un tempo non troppo lungo di decorrenza di tale istituto. L'autorizzazione all'occupazione dovrebbe intendersi, infatti, rilasciata decorsi al massimo 10 giorni dalla presentazione della domanda, in modo che l'esercente possa organizzarsi e pianificare la sua attività senza ulteriori perdite di denaro e di tempo; a erogare più fondi ai comuni affinché gli stessi possano permettersi di sospendere per tutto il periodo dell'emergenza la tassa di occupazione del suolo pubblico per tali imprese già in forte sofferenza; a prevedere altri fondi per i comuni affinché possano promuovere, attraverso ulteriori sgravi per le imprese, progetti innovativi e tecnologicamente avanzati di city outdoor.
9/2461-AR/218Trancassini, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività relativa alla ristorazione è una delle più colpite dall'emergenza coronavirus; sia perché locali, caffè e ristoranti sono state tra le ultime attività ad aver avuto l'autorizzazione a riaprire, tra l'altro con molte limitazioni e accortezze, sia perché con questo decreto e i successivi non è stato adeguatamente fornito un sostegno che potesse far fronte alle ingenti perdite;
    in particolare, il Governo non si è curato di favorire con provvedimenti ad hoc la gestione dell'occupazione del suolo pubblico, né di facilitare una uniformità di provvedimenti sull'argomento tra le varie città. Ne consegue che ciascuna di esse ha deciso a suo piacimento e sulla base di regolamenti, dall'applicazione dubbia e discutibile, quale dovesse essere la disciplina di occupazione;
    nella situazione di forte crisi nella quale le aziende si trovano, nulla è stato fatto per uniformare e rendere realmente vantaggioso lo strumento del silenzio-assenso che nella sua origine normativa è un rimedio all'inerzia dell'amministrazione che si risolve in un risultato favorevole sul piano sostanziale che impedisce che un'attività rimanga impastoiata nella farraginosa macchina burocratica delle amministrazioni. I comuni hanno spesso inficiato il senso stesso dell'istituto;
    per aiutare tali imprese a riprendersi è necessario favorire che lo svolgimento dell'attività si svolga quanto più possibile all'aperto, facilitando e finanziando progetti massicci di city outdoor. Tali progetti sarebbero molto apprezzati da tutti gli avventori e permetterebbero di tutelarli ulteriormente, attuando un maggiore distanziamento sociale volto alla diffusione del virus che è certamente più probabile in luoghi chiusi;
    è ancora troppo bassa la percentuale di comuni che ha aderito all'iniziativa di sgravio per gli esercenti, in particolare bar e ristoranti, della tassa sull'occupazione del suolo pubblico; sarebbe necessario un intervento del Governo volto a reintegrare di risorse tutte le casse comunali affinché tale fardello che grava sulle imprese food & beverage venisse automaticamente sospeso per tutto il periodo dell'emergenza in tutti i comuni italiani (e non semplicemente ridotta, come avviene solo in alcuni);
    ulteriori sgravi per le imprese potrebbero essere proposti per quegli esercenti che installeranno apparecchi esterni per l'access point della rete internet wi-fi, cosa che accrescerebbe ancora di più il loro appeal sui clienti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di porre in essere misure che mirino a favorire l'uniformità dei comuni nell'utilizzo del silenzio-assenso per l'occupazione del suolo pubblico da parte di locali, bar, ristoranti, prevedendo un tempo non troppo lungo di decorrenza di tale istituto. L'autorizzazione all'occupazione dovrebbe intendersi, infatti, rilasciata decorsi al massimo 10 giorni dalla presentazione della domanda, in modo che l'esercente possa organizzarsi e pianificare la sua attività senza ulteriori perdite di denaro e di tempo; a valutare la possibilità di erogare più fondi ai comuni affinché gli stessi possano permettersi di sospendere per tutto il periodo dell'emergenza la tassa di occupazione del suolo pubblico per tali imprese già in forte sofferenza; a valutare la possibilità di prevedere altri fondi per i comuni affinché possano promuovere, attraverso ulteriori sgravi per le imprese, progetti innovativi e tecnologicamente avanzati di city outdoor.
9/2461-AR/218. (Testo modificato nel corso della seduta) Trancassini, Galantino, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'estrema situazione di emergenza richiede, nell'ottica di ottenete massima semplificazione e flessibilità nel mercato del Lavoro, un intervento incisivo e risolutivo sulla disciplina del contratto a tempo determinato prevista dal Decreto dignità n. 87/2018 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96/2018;
    le misure introdotte con le disposizioni adottate nell'ambito dell'emergenza Covid-19 rappresentano un flebile palliativo inidoneo a risolvere i problemi generati alle imprese dal meccanismo delle causali;
    il mercato del lavoro, specie nella fase di ripartenza, ha bisogno di certezze giuridiche e libertà azionabili;
    causali per il rinnovo dei contratti a tempo determinato previste dal Decreto dignità n. 87/2018 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96/2018,

impegna il Governo

ad adottare idonee disposizioni che prevedano la disapplicazione del meccanismo delle causali per il rinnovo dei contratti a tempo determinato previste dal Decreto dignità n. 87 del 2018 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96/2018, quantomeno per la durata dell'emergenza sanitaria in corso e per l'anno successivo.
9/2461-AR/219Delmastro Delle Vedove, Galantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2461, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    il provvedimento contiene misure fiscali e contabili a favore di lavoratori ed imprese colpite dalla pandemia e in questa fase delicata per l'intero sistema economico nazionale occorre tener conto delle gravi condizioni finanziarie sopraggiunte per effetto della pandemia di COVID-19, che ha messo in difficoltà tantissime famiglie;
    a seguito dei DPCM del 4 e del 7 Marzo, anche le Istituzioni Scolastiche paritarie di ogni ordine e grado sono state oggetto, sine die, di sospensione delle attività didattiche ed educative;
    le famiglie, già provate dalla emergenza sanitaria nazionale e dalla conseguente crisi economica, non saranno in grado di far fronte alle rette scolastiche dei propri figli presso le Istituzioni Scolastiche Paritarie già scelte;
    la sospensione delle attività didattiche, la elaborazione di una progettazione curriculare basata sulla Didattica a Distanza e la prevista conclusione, entro i termini già stabiliti e con modalità ancora da definire, del corrente anno scolastico, impegnerà il Personale Docente e non Docente a restare regolarmente in servizio, senza poter, allo stato attuale, beneficiare di alcun tipo di agevolazione e sgravio fiscale previsto dal decreto-legge n. 18, così come per altre categorie, ricadendo quindi l'onere economico interamente sulle spalle dei gestori, già in sofferenza per i mancati introiti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre un credito di imposta per le scuole paritarie, pari al 60 per cento dei canoni di locazione sostenuti, al fine di venire incontro ai gestori in sofferenza per i mancati introiti dovuti alla pandemia.
9/2461-AR/220Frassinetti, Bucalo, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2461, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    il provvedimento contiene misure fiscali e contabili a favore di lavoratori ed imprese colpite dalla pandemia e in questa fase delicata per l'intero sistema economico nazionale occorre tener conto delle gravi condizioni finanziarie sopraggiunte per effetto della pandemia di COVID-19, che ha messo in difficoltà tantissime famiglie;
    a seguito dei DPCM del 4 e del 7 Marzo, anche le Istituzioni Scolastiche paritarie di ogni ordine e grado sono state oggetto, sine die, di sospensione delle attività didattiche ed educative;
    le famiglie, già provate dalla emergenza sanitaria nazionale e dalla conseguente crisi economica, non saranno in grado di far fronte alle rette scolastiche dei propri figli presso le Istituzioni Scolastiche Paritarie già scelte;
    la sospensione delle attività didattiche, la elaborazione di una progettazione curriculare basata sulla Didattica a Distanza e la prevista conclusione, entro i termini già stabiliti e con modalità ancora da definire, del corrente anno scolastico, impegnerà il Personale Docente e non Docente a restare regolarmente in servizio, senza poter, allo stato attuale, beneficiare di alcun tipo di agevolazione e sgravio fiscale previsto dal decreto-legge n. 18, così come per altre categorie, ricadendo quindi l'onere economico interamente sulle spalle dei gestori, già in sofferenza per i mancati introiti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rimborsare il 60 per cento dei canoni di locazione sostenuti, al fine di venire incontro ai gestori in sofferenza per i mancati introiti dovuti alla pandemia.
9/2461-AR/220. (Testo modificato nel corso della seduta) Frassinetti, Bucalo, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2461, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    nello specifico l'articolo 1, dispone che SACE S.p.A., al fine assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia COVID-19, conceda – fino al 31 dicembre 2020 – garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma alle suddette imprese;
    beneficiari della norma sono le imprese di qualsiasi dimensione, che per usufruire della garanzia prevista dal decreto devono aver pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia per le PMI, nonché alle garanzie fornite da ISMEA relativamente alle imprese del settore agricolo, agro alimentare e della pesca;
    non sono state comprese nella norma sopracitata le Associazioni Sportive Dilettantistiche, che sono state le prime ad essere penalizzate dalla chiusura imposta a causa dell'emergenza sanitaria e stanno subendo un enorme danno che potrebbe seriamente mettere a rischio la loro sopravvivenza e soprattutto il rapporto professionale con i molteplici collaboratori di cui si avvalgono;
    le ASD intrattengono numerosi rapporti di lavoro con professionisti, atleti e tutto un circuito che ruota attorno ad un'attività dal valore intrinsecamente sociale ed aggregativa. In questo momento si teme possano rimanere tagliate fuori dal Piano di Interventi pubblici che il Governo e gli Enti Locali stanno varando per sostenere le Imprese che stanno subendo i danni derivanti da Coronavirus;
    in questa fase delicata per l'intero sistema economico nazionale occorre tener conto delle gravi condizioni finanziarie sopraggiunte per effetto della pandemia e che ha impedito a molte di queste associazioni di riaprire;
    appare pertanto opportuno estendere la garanzia già prevista per le PMI anche alle associazioni sportive dilettantistiche, al fine di scongiurare una crisi irreversibile per un settore che coinvolge un indotto di collaboratori e professionisti attualmente esclusi dalle tutele sopracitate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la garanzia della SACE alle associazioni sportive dilettantistiche e simili al fine di assicurare ad un settore di rilevanza fondamentale per la nostra società il sostegno necessario ad affrontare le difficoltà derivanti dall'emergenza che sta demolendo psicologicamente, economicamente e umanamente l'intero settore.
9/2461-AR/221Butti, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure per le imprese e in materia di settori strategici, salute, lavoro, termini amministrativi e processuali;
    si evidenzia che l'articolo 13, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un'estensione dell'intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria;
    la ratio che dovrebbe sottendere un intervento di tale natura si colloca nella possibile fruizione di liquidità in capo alle imprese per fare fronte all'impasse emergenziale in atto, consentendo una pianificazione che sappia collocarsi anche oltre la congiuntura attuale, e che non può limitarsi al ricorso al debito, come emerge dalle disposizioni in esame, ma si deve strutturare in altri meccanismi di rilancio finanziario come gli strumenti finanziari partecipativi;
    in questa prospettiva i finanziamenti bancari alle imprese con garanzie SACE e Fondo PMI di cui agli articoli 1 e 13 del provvedimento in esame, dovrebbero configurarsi in fattispecie diverse, come quella degli strumenti finanziari partecipativi, da riconoscere, sotto il controllo della Cassa Depositi e Prestiti;
    pertanto, al fine di agevolare le imprese ed innescare un meccanismo di riequilibrio finanziario delle stesse in una prospettiva di rilancio sarebbe auspicabile l'accesso alla garanzia di cui all'articolo 13 per operazioni dell'impresa di aumento del capitale sociale secondo il meccanismo del prestito partecipativo, di cui all'articolo 35 della legge 5 ottobre 1991 n. 317;
    il meccanismo di cui all'articolo 35 della legge 5 ottobre 1991 n. 317 prevede la corresponsione all'impresa di un finanziamento assistito dal Fondo Centrale di Garanzia e la conseguente distribuzione degli utili dall'impresa ai propri soci venivano da questi ultimi utilizzati per il versamento di aumenti di capitale che avrebbero conferito all'impresa le risorse per la restituzione del prestito;
    la previsione del meccanismo suesposto in una congiuntura emergenziale come quella in atto avrebbe potuto garantire un coinvolgimento attivo dei soci nella restituzione dei prestiti ricevuti, e nel contempo un rafforzamento patrimoniale delle società risolvendo l'annoso problema della loro generale sottocapitalizzazione;
    una riconfigurazione del prestito, da debito a strumento finanziario, consentirebbe un margine di azione più ampio alle imprese, consentendo alle stesse di rimborsare le risorse acquisite, in modalità diverse ed in un periodo più ampio tale da consentire una pianificazione di investimenti più proficua,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi di accesso, attraverso ulteriori iniziative normative, alla garanzia di cui all'articolo 13 per operazioni dell'impresa di aumento del capitale sociale secondo il meccanismo del prestito partecipativo di cui all'articolo 35 della legge 5 ottobre 1991 n. 317 nella prospettiva di agevolare le imprese ed innescare un meccanismo di riequilibrio finanziario delle stesse in una prospettiva di rilancio economico.
9/2461-AR/222Baldini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2461, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    la Pandemia da COVID-19 cambierà in maniera profonda e significativa la realtà economica del tessuto produttivo italiano, costituito prevalentemente da piccole e medie imprese e da professionisti;
    si rende pertanto necessario programmare un intervento forte non solo sotto l'aspetto finanziario, ma anche economico e fiscale, in modo tale da consentire a tutti gli operatori la ripresa della loro attività seppur in un nuovo, complesso ed oscuro contesto;
    relativamente all'aspetto fiscale sarebbero opportune misure straordinarie e strutturali di riduzione delle imposte per il futuro e di definizioni agevolate per il passato, perché per poter ripartire occorre sia la leva fiscale, che quella finanziaria, senza trascurare altre importanti misure, su cui necessitano confronti costruttivi;
    il provvedimento in esame contiene, tra le altre, disposizioni in materia fiscale e contabile a favore dei contribuenti al fine di venire incontro alle gravi condizioni finanziarie sopraggiunte per effetto della pandemia di COVID-19;
    appare pertanto opportuno il ricorso a misure che assicurino misure eque per il contribuente e garantiscano allo Stato la riscossione di crediti tributari incerti;
    l'articolo 16 delle legge n. 289 del 2002 ha previsto, ricorrendo specifiche condizioni, la chiusura delle liti fiscali pendenti e nelle specifico che: Le liti fiscali pendenti dinanzi alle commissioni tributarie in ogni grado del giudizio, anche a seguito di rinvio, nonché quelle già di competenza del giudice ordinario, ancora pendenti dinanzi al tribunale o alla corte di appello, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, con il pagamento di una somma puntualmente calcolata,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in questo momento di difficoltà e di necessità di liquidità di introdurre, nei provvedimenti di prossima emanazione, misure agevolative finalizzate a garantire allo Stato la riscossione di crediti tributari incerti, operando sulla falsa riga della norma disposta nel citato articolo 16 della legge n. 289 del 2002.
9/2461-AR/223Bucalo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2461, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali.nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    il provvedimento contiene, misure di carattere fiscale e contabile e nello specifico prevede a favore di specifiche categorie, la sospensione di versamenti tributari e contributivi;
    in questa fase delicata per l'intero sistema economico nazionale occorre tener conto delle gravi condizioni finanziarie sopraggiunte per effetto della pandemia di COVID-19, che ha causato perdite economiche a molti imprenditori, legati al settore del turismo, che è stato il primo ad essere colpito dalla crisi e sarà l'ultimo a poter ripartire;
    è necessario venire incontro a questo settore con ogni strumento in grado di tutelare chi intraprende anche piccole attività imprenditoriali, al fine di incrementare le possibilità di risanamento delle piccole attività e di scongiurare una crisi irreversibile del tessuto imprenditoriale-produttivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei provvedimenti di prossima emanazione, di disporre la sospensione sino al 31 dicembre 2020 dei versamenti relativi all'anno 2020 dell'imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno cui sono tenuti i gestori delle strutture ricettive.
9/2461-AR/224Lollobrigida, Galantino, Caretta, Ciaburro, Prisco, Zucconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, all'articolo 12, disposizioni in materia di Fondo di cui all'articolo 2, commi 475 e seguenti della legge 24 dicembre 2007, n. 244. In particolare, la norma è finalizzata a chiarire che nell'ambito della nozione di lavoratori autonomi che hanno accesso al Fondo, secondo la disciplina transitoria di cui all'articolo 54 del decreto-legge n. 18 del 2020, che ha disposto l'ampliamento della platea dei potenziali beneficiari, rientrano anche le ditte individuali e gli artigiani;
    per effetto del combinato disposto dell'articolo 54 del decreto-legge 18/20020, convertito in legge 27/2020, e dall'articolo 12 del provvedimento in esame, la platea dei potenziali beneficiari è stata allargata alle seguenti categorie di beneficiari:
     a) i lavoratori che hanno subito una sospensione o una riduzione dell'orario di lavoro per un periodo di almeno 30 giorni (Cassa Integrazione o altri ammortizzatori sociali);
     b) i lavoratori autonomi e liberi professionisti, inclusi artigiani e commercianti, (per un periodo di 9 mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge n. 18 del 2020) che hanno registrato in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020, ovvero nel minor periodo intercorrente tra la data dell'istanza e la predetta data, una riduzione del fatturato superiore al 33 per cento rispetto a quanto fatturato nell'ultimo trimestre 2019 in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività, operata in attuazione delle disposizioni adottate dall'autorità competente per l'emergenza coronavirus;
     c) i titolari di mutui per un importo massimo di 400.000 euro;
     d) i titolari di mutui che fruiscono della garanzia del Fondo di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c), della legge 27 dicembre 2013, n. 147. (Fondo di garanzia per i mutui prima casa);
    trovano ancora applicazione i disposti del comma 479 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 che disciplinano, circoscrivendo notevolmente la platea dei beneficiari, i criteri esclusivi di accesso al Fondo ed in particolare prevede quanto segue: «479. L'ammissione al beneficio di cui al comma 476 è subordinata esclusivamente all'accadimento di almeno uno dei seguenti eventi, intervenuti successivamente alla stipula del contratto di mutuo e verificatisi nei tre anni antecedenti alla richiesta di ammissione al beneficio:
     a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;
     b) cessazione dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa;
     c) morte o riconoscimento di handicap grave, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero di invalidità civile non inferiore all'80 per cento (512);
     c-bis) sospensione dal lavoro o riduzione dell'orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni, anche in attesa dell'emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito»;
    sembrerebbe, dunque, che l'accesso al Fondo risulti ancora limitato ad una ristretta platea di beneficiari e subordinato a parametri temporali, eventi e casistiche estremamente specifiche che non consentono realmente a tutti i titolari di un mutuo in difficoltà economiche, soprattutto a causa dell'imposto isolamento sociale e della crisi economica e occupazionale conseguenti alla diffusione del virus SARS-Cov-2, di chiedere la sospensione del pagamento delle rate relative ai contratti di mutuo riferiti all'acquisto di unità immobiliari adibite ad abitazione principale;
    le citate norme, infatti, ed in particolare la disposta subordinazione dell'accesso ai benefici del Fondo all'esclusivo accadimento di almeno uno degli eventi previsti dal comma 479 che devono necessariamente verificarsi entro i tre anni antecedenti alla richiesta di sospensione delle rate del mutuo, definiscono una platea di beneficiari ancora eccessivamente limitata rispetto alla gravità del problema determinato dalla diffusione del virus SARS-COV-2 poiché non include numerosi soggetti economicamente in difficoltà,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative di propria competenza volte ad estendere maggiormente la platea dei beneficiari del Fondo di cui all'articolo 2, commi 475 e seguenti della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
9/2461-AR/225Gemmato, Galantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    in particolar modo l'articolo 18 del suddetto disegno di legge prevede la sospensione di versamenti tributari e contributivi con l'intento di andare a sostenere i soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    in una situazione di tale emergenza la presenza di un sovraffollamento fiscale potrebbe compromettere ulteriormente la disponibilità economica delle aziende, ma soprattutto sancire la loro chiusura;
    è quanto si potrebbe verificare nel breve periodo: è impensabile che rimanga invariato il prossimo appuntamento con il fisco del prossimo 30 giugno, quando aziende e professionisti dovrebbero provvedere alle scadenze del saldo 2019, delle imposte dirette e il primo acconto 2020; considerando solo Irpef, Ires e cedolare secca sugli affitti, infatti, si può stimare come in quella data dovranno essere versati circa 11,7 miliardi di saldo e 17,2 di acconto per un totale di quasi 29 miliardi;
    a tutto ciò va sommata la preoccupazione per i professionisti di dover gestire il calcolo dei tributi nello stesso periodo in cui vanno approvati i bilanci e predisposta la dichiarazione annuale Iva (anch'essa rinviata e in scadenza al 30 giugno);
    le imprese italiane, con grande coraggio e nonostante le immense difficoltà, stanno cercando di ripartire. Se queste ultime dovessero affrontare un ulteriore «scoglio», come quello di un sovraffollamento fiscale, potrebbero non sopravvivere;
    le istituzioni hanno il dovere di provvedere ad un alleggerimento delle difficoltà fiscali dei cittadini e delle aziende, e soprattutto di garantire la sopravvivenza del tessuto produttivo nazionale,

impegna il Governo

ad adottare misure di carattere normativo che consentano alle aziende di poter ottemperare ai doveri fiscali e contributivi da corrispondersi nell'anno 2020 mediante un plafond, riportato nel cassetto fiscale di ciascun soggetto e frutto di un finanziamento virtuale stipulato con lo Stato, il quale dovrà essere restituito con pagamenti rateali e senza interessi.
9/2461-AR/226Zucconi, Galantino, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    in particolar modo l'articolo 18 del suddetto disegno di legge prevede la sospensione di versamenti tributari e contributivi con l'intento di andare a sostenere i soggetti per i quali le vigenti misure di contenimento della diffusione del COVID-19 hanno inciso sulla liquidità;
    in una situazione di tale emergenza la presenza di un sovraffollamento fiscale potrebbe compromettere ulteriormente la disponibilità economica delle aziende, ma soprattutto sancire la loro chiusura;
    è quanto si potrebbe verificare nel breve periodo: è impensabile che rimanga invariato il prossimo appuntamento con il fisco del prossimo 30 giugno, quando aziende e professionisti dovrebbero provvedere alle scadenze del saldo 2019, delle imposte dirette e il primo acconto 2020; considerando solo Irpef, Ires e cedolare secca sugli affitti, infatti, si può stimare come in quella data dovranno essere versati circa 11,7 miliardi di saldo e 17,2 di acconto per un totale di quasi 29 miliardi;
    a tutto ciò va sommata la preoccupazione per i professionisti di dover gestire il calcolo dei tributi nello stesso periodo in cui vanno approvati i bilanci e predisposta la dichiarazione annuale Iva (anch'essa rinviata e in scadenza al 30 giugno);
    le imprese italiane, con grande coraggio e nonostante le immense difficoltà, stanno cercando di ripartire. Se queste ultime dovessero affrontare un ulteriore «scoglio», come quello di un sovraffollamento fiscale, potrebbero non sopravvivere;
    le istituzioni hanno il dovere di provvedere ad un alleggerimento delle difficoltà fiscali dei cittadini e delle aziende, e soprattutto di garantire la sopravvivenza del tessuto produttivo nazionale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare misure di carattere normativo che consentano alle aziende di poter ottemperare ai doveri fiscali e contributivi da corrispondersi nell'anno 2020 mediante un plafond, riportato nel cassetto fiscale di ciascun soggetto e frutto di un finanziamento virtuale stipulato con lo Stato, il quale dovrà essere restituito con pagamenti rateali e senza interessi.
9/2461-AR/226. (Testo modificato nel corso della seduta) Zucconi, Galantino, Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2461, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    l'articolo 14 del decreto in esame concede il beneficio del finanziamento, erogato dall'istituto di Credito Sportivo, a favore di Federazioni Sportive Nazionali, Discipline Sportive Associate, Enti di Promozione Sportiva, associazioni e società sportive dilettantistiche (iscritte al registro di cui all'articolo 5, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 23 luglio 1999 n. 242);
    le somme finanziate sono garantite dal Fondo di garanzia istituito (ex articolo 90, comma 12, della legge 27 dicembre 2002, n. 289) presso lo stesso Istituto per il Credito Sportivo «per i mutui relativi alla costruzione, all'ampliamento, all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, da parte di società o associazioni sportive nonché di ogni altro soggetto pubblico o privato che persegua, anche indirettamente, finalità sportive»;
    questo rappresenta un beneficio a favore del mondo dello sport che, tuttavia, ha un limite strutturale: il finanziamento è di soli 30 milioni di euro, il che servirebbe praticamente a poco o a nulla rispetto alle migliaia di società/associazioni dilettantistiche (oltre alle Federazioni e agli Enti di promozione) presenti in Italia e che sono a rischio di sopravvivenza;
    sarebbe quindi opportuno, in una situazione emergenziale come quella che siamo vivendo, lasciare alle società, alle associazioni dilettantistiche, agli Enti di promozione o alle Federazioni, in forza dei propri impegni economici nella stagione sportiva appena annullata e nella prossima stagione sportiva (di cui non è certo l'inizio), avvalersi, anche dei finanziamenti «sotto qualsiasi forma» garantiti dallo Stato e previsti a favore di tutte le imprese ex articolo 1, nonché di tutti gli altri strumenti finanziari, se compatibili, previsti dal medesimo decreto,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, anche in un prossimo provvedimento, di estendere alle società sportive dilettantistiche, agli enti di promozione o federazioni le misure previste e citate in premessa a favore delle imprese;
   a valutare l'introduzione di provvedimento a sostegno dell'attività sportiva, anche mediante credito d'imposta, in una misura superiore al 100 per cento, per le sponsorizzazioni verso le attività sportive, per sostenerle in questo periodo difficile.
9/2461-AR/227Prisco, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    in particolare, sono previste misure per il sostegno alla liquidità delle imprese. Al riguardo, si dispone che SACE S.p.A. conceda garanzie in favore di banche e soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per erogare finanziamenti alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia COVID-19;
    si ritiene necessario prevedere ulteriori misure per salvaguardare le imprese da una grave crisi di liquidità;
    costituisce ancora un problema il ritardo dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni italiane nei confronti delle imprese. Difatti, tale annosa questione è stata oggetto di condanna anche da parte dei giudici della Corte di Giustizia Ue, con sentenza del 28 gennaio 2020, secondo i quali l'Italia non ha rispettato la direttiva 2011/7/Ue, che impone agli enti pubblici, nelle loro transazioni commerciali con imprese private, di adempiere ai pagamenti entro 30 giorni, salvo si tratti di enti del servizio sanitario nazionale, per i quali sono previsti 60 giorni;
    tanto premesso, si ritiene necessario adottare iniziative che prevedano che i crediti certificati vantati dalle imprese verso la pubblica amministrazione, quali quelli risultanti dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 7 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, possono essere utilizzati dalle stesse per la restituzione dei prestiti,

impegna il Governo

a valutare l'assunzione di idonee iniziative affinché le imprese creditrici con la pubblica amministrazione possano utilizzare i loro crediti, qualora certificati, per la restituzione dei prestiti finanziari a banche e a soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia.
9/2461-AR/228Rizzetto, Caretta, Ciaburro, Mollicone, Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge n. 2461, di conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, reca misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali;
    il decreto-legge contiene una serie di misure fiscali e contabili, nello specifico stabilisce la sospensione per alcuni operatori economici dei termini dei versamenti relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato, alle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale e all'imposta sul valore aggiunto per i mesi di aprile e maggio 2020;
    il settore dei trasporti aerei ha subito una drastica contrazione delle attività a seguito dell'emergenza Coronavirus e dei provvedimenti adottati per il contenimento dell'epidemia, che hanno alla fine determinato il blocco di significativi ambiti operativi;
    il crollo del traffico passeggeri ha messo a dura prova non solo le compagnie aeree ma anche gli scali aeroportuali nei quali lavorano migliaia di addetti;
    i più grandi scali aeroportuali avranno la possibilità di ammortizzare nel tempo i mancati ricavi, pur con l'aiuto di finanziamenti pubblici mentre i più piccoli rischiano la chiusura;
    si tratta di un comparto che come tutta la filiera del turismo, cui è funzionale, impiega una quota significativa di lavoratori;
    in questa fase delicata per l'intero sistema economico nazionale occorre tener conto delle gravi condizioni finanziarie sopraggiunte per effetto della pandemia di COVID-19 e proteggere il settore del trasporto aereo nel suo insieme, operando a favore di tutte le compagnie aeree che operano nel mercato;
    appare opportuno incrementare le possibilità di risanamento delle compagnie aeree, attraverso strumenti idonei a scongiurare una crisi irreversibile del settore;
    per consentire la ripresa del traffico, in particolare verso le regioni italiane, dopo il lockdown, potrebbe costituire una valida iniziativa la sospensione dell'addizionale comunale sui diritti d'imbarco che rappresenta un aggravio per la ripresa del traffico aereo e un ostacolo per un settore che potrebbe costituire un volano per l'economia italiana, ripristinando collegamenti e flussi turistici in tutta Italia;
    è opportuno, in questa fase, assicurare che il trasporto aereo possa giocare un ruolo fondamentale nello stimolare l'economia italiana continuando a creare lavoro e aumentandone il Pil,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nei provvedimenti di prossima emanazione, di disporre la sospensione per tre mesi a partire dal 1o giugno 2020 dell'addizionale comunale sui diritti di imbarco.
9/2461-AR/229Rotelli, Silvestroni, Galantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    uno dei comparti maggiormente colpiti dalla crisi, a rischio estinzione definitiva secondo il Financial Times, è quello del «cibo di strada», il cosiddetto « street food», rappresentato da 25 mila operatori – cuochi, chef, pizzaioli, artigiani e professionisti del gusto – che da anni portano nelle piazze italiane l'eccellenza del made in Italy, accostandola a un'idea di comunità e di sano intrattenimento all'aria aperta; operatori che da marzo ad oggi hanno perso quasi 800 milioni di euro, oltre all'ulteriore danno di milioni di euro di merce invenduta, prossima alla scadenza e gli incassi degli ultimi mesi quasi azzerati;
    si tratta di operatori che rientrano nella categoria degli ambulanti, ma con la peculiarità di essere stagionali e di lavorare solo all'interno di manifestazioni programmate, come la Manifestazione Internazionale del cibo da strada («Festival Internazionale dello Street food»), previsto in 100 piazze italiane con oltre 600 operatori a rotazione;
    è necessario scongiurare la chiusura di questo settore, che può conoscere in una nazione squisitamente mediterranea la sua consacrazione: la perdita di posti di lavoro e il fallimento di tante piccole imprese della ristorazione produrrebbero un rallentamento nello sviluppo di questa novità del cibo di strada di qualità che è cresciuto a dismisura in pochi anni,

impegna il Governo:

   al fine di far fronte alle difficoltà derivanti dall'emergenza sanitaria in atto:
    ad attivare contributi a fondo perduto per gli operatori del comparto del «cibo da strada» (cosiddetto « Street food»);
    a prevedere l'azzeramento degli oneri fiscali per l'anno in corso e idonee misure atte a snellire gli adempimenti burocratici;
    ad autorizzare il progetto virtuoso del Mercato Internazionale del cibo da strada da asporto («International Street food Take Away»), mercato temporaneo sul cibo di strada da 7 ai 10 giorni in una o più aree delle città, attraverso la predisposizione di idonei protocolli di sicurezza e linee guida per gli operatori e gli utenti.
9/2461-AR/230Rampelli, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame, reca misure a supporto di imprese, artigiani, autonomi e professionisti nell'intento, certamente condivisibile, di far ripartire il sistema produttivo nazionale;
    uno dei comparti maggiormente colpiti dalla crisi, a rischio estinzione definitiva secondo il Financial Times, è quello del «cibo di strada», il cosiddetto « street food», rappresentato da 25 mila operatori – cuochi, chef, pizzaioli, artigiani e professionisti del gusto – che da anni portano nelle piazze italiane l'eccellenza del made in Italy, accostandola a un'idea di comunità e di sano intrattenimento all'aria aperta; operatori che da marzo ad oggi hanno perso quasi 800 milioni di euro, oltre all'ulteriore danno di milioni di euro di merce invenduta, prossima alla scadenza e gli incassi degli ultimi mesi quasi azzerati;
    si tratta di operatori che rientrano nella categoria degli ambulanti, ma con la peculiarità di essere stagionali e di lavorare solo all'interno di manifestazioni programmate, come la Manifestazione Internazionale del cibo da strada («Festival Internazionale dello Street food»), previsto in 100 piazze italiane con oltre 600 operatori a rotazione;
    è necessario scongiurare la chiusura di questo settore, che può conoscere in una nazione squisitamente mediterranea la sua consacrazione: la perdita di posti di lavoro e il fallimento di tante piccole imprese della ristorazione produrrebbero un rallentamento nello sviluppo di questa novità del cibo di strada di qualità che è cresciuto a dismisura in pochi anni,

impegna il Governo

   a valutare la possibilità:
    di far fronte alle difficoltà derivanti dall'emergenza sanitaria in atto;
    di attivare contributi a fondo perduto per gli operatori del comparto del «cibo da strada» (cosiddetto « Street food»);
    di prevedere l'azzeramento degli oneri fiscali per l'anno in corso e idonee misure atte a snellire gli adempimenti burocratici;
    di autorizzare il progetto virtuoso del Mercato Internazionale del cibo da strada da asporto («International Street food Take Away»), mercato temporaneo sul cibo di strada da 7 ai 10 giorni in una o più aree delle città, attraverso la predisposizione di idonei protocolli di sicurezza e linee guida per gli operatori e gli utenti.
9/2461-AR/230. (Testo modificato nel corso della seduta) Rampelli, Caretta, Ciaburro, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'emergenza Covid impone un impiego straordinario di risorse pubbliche, volte a sostenere l'economia a fronte delle numerose restrizioni applicate a famiglie laboratori e imprese;
    parte del reperimento di tale risorse potrebbe avvenire in ambito europeo;
    l'articolo 19 del documento approvato dall'Eurogruppo lo scorso 9 aprile e dal successivo Consiglio europeo ha dato il primo via libera al cosiddetto Recovery fund salvo poi rimandare a fasi successive la definizione in sede europea dello stesso;
    il Governo, per tramite soprattutto del Presidente Conte, ha dichiarato di considerare tale fondo una vittoria italiana e lo strumento principale tramite il quale la nostra Nazione dovrebbe reperire le risorse necessarie per affrontare l'emergenza Coronavirus e le sue conseguenze negative in termini economici e sociali;
    nel corso delle settimane si è passati da un'ipotetica dotazione di 1500 miliardi, poi decurtata a meno di mille quando è emerso che bisognava considerare parte dello strumento anche i 540 miliardi del pacchetto Bei+Sure+MES, fino ad arrivare a un importo di 500 miliardi nella proposta franco-tedesca, una dotazione del tutto insufficiente per reagire alla crisi;
    la definizione del Fondo ha visto un'accelerazione nell'incontro tra il Presidente francese Macron e la cancelliera tedesca Merkel, i quali si sono detti favorevoli ad uno stanziamento complessivo da 500 miliardi;
    tuttavia, vi sono numerose divergenze sulla natura dell'assegnazione delle risorse non essendo unanime tra i paesi membri se concedere le stesse a fondo perduto o a titolo di prestito, né le tempistiche di accesso al fondo;
    lo scorso 19 maggio il Vice Presidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, ha comunque chiarito che nel « recovery instrument ci sarà un chiaro richiamo con le riforme. Finanzieremo pacchetti di riforme e investimenti degli Stati membri e il semestre europeo e le raccomandazioni faranno da guida nel preparare i piani di ripresa»;
    di fatto l'assegnazione dei fondi è soggetta a condizionalità e vi è il rischio che l'Italia sia costretta non soltanto ad attenersi alle modalità prescritte da Bruxelles ma a concordare la futura politica economica nazionale;
    come riportato da un'ANSA dello scorso 20 maggio il premier olandese ha affermato che «Se si richiede un aiuto, è necessario attuare riforme di vasta portata in modo da poter essere autosufficienti la prossima volta», prospettando quindi un sinallagma funzionale tra l'erogazione dei prestiti e l'adempimento di alcune non precisate riforme strutturali; l'approvazione di una simile linea, supportata da Austria, Danimarca e Svezia, costituirebbe quindi il presupposto per una vera e propria condizionalità;
    il prossimo 27 maggio è prevista la riunione della Commissione Europea sul Recovery fund e sul Piano per la ripresa,

impegna il Governo

a opporsi ad ogni forma di condizionalità che vincoli l'assegnazione di fondi europei comunque nominati, ivi compresi quelli derivanti dal recovery instrument, all'attuazione di riforme strutturali.
9/2461-AR/231Montaruli, Caretta, Ciaburro, Prisco.


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per una direzione strategica del sistema degli investimenti pubblici e privati anche tramite uno strumento straordinario di programmazione economica – 3-01564

   CONTE, FASSINA e FORNARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'emergenza sanitaria da COVID-19, nonostante i provvedimenti assunti per contenerla, determina gravi conseguenze economiche e sociali;
   il Governo ha adottato misure straordinarie dirette a sostenere famiglie e imprese;
   il Parlamento è stato chiamato due volte ad approvare uno scostamento di bilancio per complessivi 75 miliardi;
   gli effetti economici e sociali del COVID-19 aggravano un contesto già caratterizzato da anni di scarsa crescita, di impoverimento del tessuto industriale, di arretratezza tecnologica, dall'acuirsi della diseguaglianza e dell'aumento del divario tra Nord e Sud;
   le straordinarie risorse mobilitate, in particolare attraverso il decreto «Cura Italia», il decreto «Liquidità», il decreto «Rilancio», dai crediti di imposta ai contributi a fondo perduto, alla cancellazione di imposte, alle garanzie al finanziamento delle imprese, al Patrimonio Destinato di Cassa depositi e prestiti, alla partecipazione diretta dello Stato nel capitale delle imprese, vanno orientati secondo una intelligente logica programmatrice per promuovere la conversione ecologica e sociale dell'economia ed evitare la dispersione indiscriminata degli interventi;
   vanno elaborate linee guida e uno strumento straordinario di programmazione economica, secondo l'approccio « mission oriented», per indirizzare investimenti pubblici e privati verso priorità ed elementi cruciali della marcia verso il futuro come il green per la tutela del pianeta e della salute, la chiusura del digital divide, a partire dalla sua dimensione sociale, la cura come risposta all'invecchiamento della popolazione, l'innovazione, la creazione di valore, con l'obiettivo di utilizzare gli aiuti pubblici non solo in chiave di sostegno emergenziale – che si comprende nel brevissimo periodo – ma per indicare una direzione, guidare le filiere produttive, tracciare una linea anche con elementi di condizionalità in modo che quell'universo di sussidi e incentivi a pioggia venga archiviato in ragione di uno Stato che, indirizzando e coordinando investimenti e iniziative, agisca in simbiosi con il mondo produttivo e faccia emergere una strategia e una visione;
   tale discussione sulle linee e sullo strumento per la programmazione economica va portata all'attenzione e al voto del Parlamento, per ottenere consenso politico e mandato popolare tramite le istituzioni rappresentative, e poi va sviluppato con una istituzione pubblica dedicata –:
   se il Governo intenda adottare iniziative in merito a quanto esposto in premessa, in particolare per l'elaborazione di linee e di uno strumento straordinario di programmazione economica, al fine di utilizzare gli aiuti pubblici non solo in chiave di sostegno emergenziale ma per delineare una direzione strategica del sistema degli investimenti pubblici e privati.
(3-01564)


Iniziative per un piano straordinario di investimenti a favore del comparto industriale della difesa – 3-01565

   MARIA TRIPODI, GELMINI, FASCINA, VITO, DALL'OSSO, GREGORIO FONTANA, PEREGO DI CREMNAGO e RIPANI. – Al Ministro della difesa. – Per sapere – premesso che:
   l'industria della difesa italiana rappresenta uno dei comparti più rilevanti e strategici per il sistema Paese;
   nello specifico l'industria dell'aerospazio, della difesa e della sicurezza registra un fatturato di circa 14 miliardi di euro — significativamente per quasi il 70 per cento destinato all'export — che si traduce in 4,5 miliardi di euro di valore aggiunto diretto e nell'occupazione di circa 160 mila addetti, lungo l'intera filiera produttiva;
   la rilevanza strategica dell'industria della difesa si evidenzia, soprattutto, sul piano qualitativo, considerato che nel comparto sono investiti annualmente circa 1,4 miliardi di euro in Ricerca e Sviluppo, pari all'11 per cento circa degli investimenti complessivi delle imprese italiane;
   a ciò si aggiunga che il settore della difesa ha fornito e continua a fornire uno straordinario contributo in campo sanitario e logistico, oltre che sul piano della sicurezza, per il contenimento del contagio da COVID-19;
   a tal proposito il settore dell'industria della difesa assume un ruolo ancora più strategico nel post-emergenza COVID-19, proprio perché con le straordinarie capacità industriali e tecnologiche può contribuire a conferire, attraverso il proprio programma di investimenti, un rinnovato impulso all'industria nazionale e al conseguente rilancio del Paese;
   il 30 ottobre 2019, il Ministro interrogato, nel corso dell'esposizione delle linee programmatiche del suo Dicastero dinanzi alle Commissioni difesa della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, ha fatto riferimento alla necessità di porre le condizioni «per contribuire a creare un clima favorevole ad assicurare livelli di finanziamento più vicini alle effettive esigenze operative e di modernizzazione delle Forze armate»;
   lo scorso aprile, il sottosegretario di Stato alla Difesa, Angelo Tofalo, in risposta ad una interpellanza urgente presentata dalla prima firmataria del presente atto, ha confermato l'intenzione di dare impulso alla programmazione vigente perseguendo il completamento di programmi già in corso e il rapido avvio di quelli di nuova generazione, sostenendo al contempo lo strategico settore della ricerca;
   risulta, quindi, fondamentale, tanto più in questo delicato momento, procedere al rafforzamento di un importante settore, come quello dell'industria della difesa, anche al fine di evitare eventuali scalate estere alle aziende italiane, autentiche eccellenze mondiali –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di procedere tempestivamente all'istituzione di un piano straordinario di investimenti per il comparto industriale della difesa, settore strategico per la ricostruzione post-emergenziale del Paese.
(3-01565)


Iniziative volte a favorire il completamento delle procedure di esame per l'abilitazione all'esercizio della professione forense – 3-01566

   MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GARAVAGLIA, GASTALDI, GAVA, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GIORGETTI, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUIDESI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LATINI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOCATELLI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MINARDO, MOLTENI, MORELLI, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SASSO, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VINCI, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   uno degli effetti della pandemia è l'incertezza del proseguimento dell'esame per l'abilitazione all'esercizio della professione forense, bloccato nella correzione delle prove scritte e, a tale scopo, da oltre un mese il gruppo della Lega chiede, in ogni occasione utile, un intervento normativo che dia certezze in merito alla sorte degli esami scritti svolti a dicembre 2019 da oltre 20.000 praticanti avvocati; preme citare in merito anche l'ordine del giorno del gruppo della Lega 9/2463/263, accolto dal Governo in data 24 aprile;
   risulta che il Governo voglia consentire la ripresa delle correzioni, in modalità telematica; si tratta, ad avviso degli interroganti, di intervento tardivo e confuso, data l'estrema vaghezza delle informazioni relative a tempistiche per la conclusione della procedura, a riferimenti alle integrazioni delle commissioni esaminatrici, il cui potenziamento sarebbe essenziale per consentire la pubblicazione degli esiti degli scritti entro la pausa estiva;
   oltre tale termine diventa impossibile concludere in tempo i successivi esami orali, obbligando così la maggioranza dei candidati a dover nuovamente sostenere l'esame abilitativo nella sessione 2020, in mancanza di certezza sull'esito della sessione 2019;
   questa noncuranza rischia concretamente di determinare un ulteriore aggravamento della congestione degli esami previsti per dicembre 2020 e del loro sovraffollamento, già intollerabile in tempi ordinari, ma privo di ogni logica in uno scenario pandemico e risulta necessario evidenziare che sia impensabile far sostenere quest'anno le prove scritte d'esame di abilitazione forense a migliaia di candidati aspiranti avvocato, vista l'incertezza sull'andamento della situazione epidemiologica che potrebbe peggiorare già agli inizi dell'autunno;
   si rileva, pertanto, proprio in considerazione del grosso rischio da contagio che sussiste nel creare gli assembramenti e vista l'imminenza dell'emanazione del decreto ministeriale relativo all'esame per l'iscrizione all'albo degli Avvocati (lo scorso anno il relativo decreto ministeriale è stato adottato il giorno 11 giugno 2019 e pubblicato il giorno 28 giugno 2019) l'assoluta necessità della soluzione emergenziale dell'ammissione diretta alla prova orale saltando la correzione degli scritti –:
   in quale modo il Ministro intenda consentire in tempi utili il completamento delle procedure di esame di cui in premessa e quali siano le soluzioni che adotterà, adeguate al contesto e agli sforzi compiuti da decine di migliaia di praticanti ai quali, ad avviso degli interroganti, viene negata la possibilità di accedere alla professione a causa della insufficienza delle misure adottate dal Governo.
(3-01566)


Iniziative di competenza volte a tutelare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, anche alla luce di recenti indagini giudiziarie – 3-01567

   DORI, PIERA AIELLO, ASCARI, BARBUTO, CATALDI, DI SARNO, DI STASIO, D'ORSO, GIULIANO, PALMISANO, PERANTONI, SAITTA, SALAFIA, SARTI e SCUTELLÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni, a seguito del deposito degli atti nell'indagine perugina a carico di Luca Palamara, ex presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati ed ex giudice togato dello stesso Consiglio Superiore della Magistratura, sta emergendo un quadro quanto mai preoccupante in relazione all'intero sistema giudiziario nazionale;
   a distanza di più di un anno dal suo «esplodere», la suddetta vicenda che, oltre a far emergere vari illeciti disciplinari, ha ipotizzato episodi di corruzione finalizzati ad indirizzare l'esito di alcune decisioni sulle nomine negli uffici giudiziari, nonché il corso di alcuni procedimenti, continua a compromettere gravemente l'immagine della magistratura e dei suoi organi di rappresentanza;
   quanto emerge dall'inchiesta della Procura di Perugia rappresenta una grande ferita per quei magistrati che quotidianamente svolgono con coscienza la propria funzione, garantendo un alto servizio alla giustizia e, dunque, ai cittadini;
   tutto ciò impone una risposta tempestiva da parte delle istituzioni, ne va della credibilità della magistratura, a cui il nostro Stato di diritto non può rinunciare;
   si tratta, a parere degli interroganti, di un quadro sconcertante e inaccettabile, che ha prodotto conseguenze gravemente negative per il prestigio e per l'autorevolezza non soltanto del Csm ma dell'intero ordine giudiziario;
   in occasione delle ultime comunicazioni in Aula sull'amministrazione della giustizia, lo stesso Ministro della Giustizia ha espressamente rilevato la necessità di intervenire sulla legge elettorale per le elezioni dei componenti del Csm, escludendo qualsiasi forma di influenza, incidenza o inquinamento di normali dinamiche dovute alle cosiddette degenerazioni del correntismo; sul meccanismo di nomina degli uffici direttivi, ispirato esclusivamente a criteri meritocratici; sul sistema della progressione in carriera dei magistrati; sulla netta separazione tra politica e magistratura –:
   quali opportune e specifiche iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, al fine di tutelare l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, principi cardine del nostro ordinamento, nonché per restituire all'intero ordine giudiziario quell'autorevolezza seriamente minata a seguito delle vicende richiamate in premessa.
(3-01567)


Iniziative di competenza in materia di riforma della magistratura e del Consiglio superiore della magistratura, anche alla luce di recenti indagini giudiziarie – 3-01568

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ACQUAROLI, BALDINI, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, LUCA DE CARLO, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI e ZUCCONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la diffusione delle chat dell'ex leader di Unicost Luca Palamara, successiva alla chiusura delle indagini per l'accusa di corruzione a suo carico, e che ha causato, tra l'altro, le dimissioni del presidente e del segretario dell'Associazione nazionale magistrati, spaccata tra correnti contrapposte, sta palesando per l'ennesima volta la grave crisi del nostro sistema giudiziario;
   le intercettazioni e chat, contenute nei fascicoli, riguardano esponenti politici e altri magistrati, tra le quali la vicenda relativa al Ministro Bonafede e la mancata nomina del magistrato Nino Di Matteo a Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), ma anche la scelta dei magistrati nei posti importanti del Ministero della giustizia e il ruolo della corrente di Unicost in queste scelte;
   come ha scritto un autorevole quotidiano, «i messaggi whatsapp svelano le manovre continue di magistrati se non pronti a tutto disponibili a molto pur di ottenere gli agognati posti di vertice»;
   a parere degli interroganti, lo sconcertante «mercimonio» delle cariche a capo degli uffici giudiziari italiani e l'utilizzo strumentale e politico della giustizia è male talmente conclamato ed endemico da investire i vertici della magistratura italiana, e ha trasformato il Consiglio superiore della magistratura in un luogo di approdo di magistrati chiamati ad «ubbidire» chi li ha eletti;
   è, infatti, evidente che la spartizione delle cariche all'interno del Consiglio superiore della magistratura è stata interpretata come preordinata, fra l'altro, al successivo condizionamento e alla successiva sollecitazione di indagini con il fine di influenzare indebitamente il mondo politico;
   non è più rinviabile una discussione pubblica su una indifferibile riforma dell'organo di rappresentanza della magistratura e dei suoi rapporti con la politica, delineando un nuovo quadro di rapporti che ne assicuri, nel solco della nostra Costituzione, la reciproca indipendenza e autonomia, anche a tutela e garanzia dei tanti magistrati indipendenti e onesti, fatalmente mortificati da quanto emerso;
   già un anno fa, a seguito dell'inchiesta a carico di Palamara, anche dai più alti vertici istituzionali è pervenuto l'invito al Consiglio superiore della magistratura e a tutta la magistratura italiana ad una profonda autoriforma, un appello, purtroppo, caduto nel vuoto, a parere degli interroganti nella segreta convinzione che dopo il primo terremoto politico-giudiziario tutto si sarebbe assestato, mentre, invece, nel frattempo il quadro si è fatto ancor più fosco –:
   se non ritenga di assumere con urgenza tutte le iniziative di competenza necessarie per una profonda riforma della magistratura e del Consiglio superiore della magistratura che possa allontanare ogni sospetto sulla selezione e sull'operato dei giudici, nel rispetto del principio della separazione dei poteri.
(3-01568)


Iniziative a sostegno delle famiglie per la gestione delle fasce d'età dell'infanzia e dell'adolescenza nell'attuale fase dell'emergenza sanitaria – 3-01569

   TOCCAFONDI, FREGOLENT, D'ALESSANDRO, ANNIBALI, GADDA, MORETTO, OCCHIONERO, PAITA e ROSTAN. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:
   la chiusura delle scuole ha comportato una situazione di estremo disagio per le famiglie e in particolare per le donne, per le quali spesso lo smart working ha significato l'aumento del carico di lavoro nel nucleo familiare, oltre a mettere a dura prova una generazione di bambini e ragazzi;
   nel nostro paese ci sono 7 milioni e 962 mila persone nella fascia di età 0-14 anni, con 901 bambini nella scuola dell'infanzia e 2 milioni 443 mila alunni nella scuola primaria. Uno sforzo collettivo che ha visto famiglie ed insegnanti impegnati nella scuola a distanza, che in molti casi ha allargato il divario tra coloro che detenevano strumenti informatici e alloggi confortevoli e coloro che non avevano le stesse possibilità;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 maggio ha voluto dare una risposta importante alle famiglie e a una generazione di cittadini, quella di bambini e ragazzi, ai quali è stato riconosciuto il diritto fondamentale di vivere un contesto di relazione, educazione, gioco e movimento da organizzare in sicurezza. È stato individuato il 15 giugno per la riapertura dei centri estivi, con la possibilità da parte delle regioni di anticipare o posticipare la data in base alla valutazione dei dati epidemiologici;
   a tale riguardo non sono chiare ancora, però, le iniziative riguardanti la fascia di età 0-3 anni per le quali, dopo la chiusura dei nidi, non è stata al momento annunciata alcuna proposta di intervento. Si tratta di una fascia di età estremamente delicata, non ricompresa nel dibattito sull'apertura delle scuole, per la quale vi sarebbe bisogno di indicazioni e linee guida dedicate;
   il Ministro interrogato si è impegnato, inoltre, per un piano straordinario di 185 milioni di investimenti in attività educative non scolastiche in senso stretto che coinvolgano volontariato, terzo settore e comuni impegnati in progetti per l'infanzia;
   il «Family Act», inoltre, che dovrebbe essere esaminato a breve dal Consiglio dei ministri, prevede oltre ad un assegno universale per ogni figlio anche, tra l'altro, congedi parentali obbligatori e incentivi al lavoro femminile –:
   quali iniziative intenda adottare per le fasce d'età dell'infanzia e adolescenza per uscire in tempi brevi dalla fase del lockdown, offrire sostegno alle famiglie, ed in particolare alle donne sulle quali in questi mesi di chiusura delle scuole è gravato per lo più il peso del lavoro di cura familiare, e restituire a bambini e ragazzi diritti e dignità per una vita di relazione e di crescita in sicurezza.
(3-01569)


Iniziative volte a semplificare e ampliare l'accesso alle misure di sostegno alle famiglie, nel contesto dell'attuale fase dell'emergenza sanitaria – 3-01570

   GRIBAUDO, ROTTA, QUARTAPELLE PROCOPIO, DI GIORGI, CARNEVALI, BOLDRINI, PINI, SERRACCHIANI, CENNI, SCHIRÒ, BRUNO BOSSIO, CANTINI, PEZZOPANE, ENRICO BORGHI, FIANO, CIAMPI, MADIA e MURA. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto «rilancio» ha esteso la fruizione del congedo parentale previsto dal decreto «Cura Italia» da 15 a 30 giorni e raddoppiato il voucher baby sitter per l'emergenza Covid-19 da 600 a 1200 euro;
   tuttavia, sul portale INPS non è stata ancora aggiornata la sezione dedicata alle domande per il congedo parentale e il voucher baby sitter inerenti l'emergenza; sono inoltre presenti una serie di differenziazioni fra le categorie lavorative che mal si adeguano alla necessaria universalità delle risposte di welfare per le famiglie, che soffrono l'assenza dei servizi scolastici sia nel caso in cui i genitori siano dipendenti pubblici che privati, partite IVA o collaboratori;
   per gli iscritti alla gestione separata INPS l'aumento del congedo a 30 giorni è assente; per i lavoratori del settore pubblico, un mancato coordinamento normativo ne consente l'utilizzo fino al termine delle attività scolastiche anziché fino al 31 luglio;
   l'alternatività fra bonus baby sitter e congedi parentali, dato che il bonus può essere utilizzato anche per la fruizione dei centri estivi, esclude automaticamente l'utilizzo di questo servizio anche per un solo mese per i genitori che avranno bisogno di lavorare nel periodo estivo, date le chiusure aziendali durante il lockdown;
   l'astensione dal lavoro da parte dei genitori di figli minori di 16 anni è valida soltanto fino al termine delle attività scolastiche, che sarebbero comunque terminate tra meno di due settimane; inoltre appare come una misura fortemente penalizzante per le famiglie e in particolare per le madri lavoratrici, che stanno soffrendo un doppio carico di lavoro in questa emergenza, l'unica possibilità dell'astensione gratuita per i genitori dei figli fra i 12 e i 16 anni; a parere dell'interrogante, opportuna sarebbe l'estensione del congedo ai genitori di figli in queste fasce d'età, vista la difficoltà economica in cui si trovano molte famiglie a causa della sospensione delle attività lavorative, della cassa integrazione, dei problemi di liquidità delle imprese –:
   quali iniziative intenda adottare per semplificare e assicurare la più piena e ampia tutela delle esigenze delle famiglie nel contesto descritto.
(3-01570)


Iniziative volte al superamento delle criticità riguardanti l'apertura dei centri estivi e il relativo accesso – 3-01571

   LUPI, COLUCCI, SANGREGORIO e TONDO. — Al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:
   il 15 giugno dovrebbero partire i centri estivi per bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni;
   il rapporto numerico tra operatori e bambini (e adolescenti) fissato dalle linee guida del Governo è: per i bambini in età di scuola dell'infanzia (dai 3 ai 5 anni), un rapporto di un adulto ogni 5 bambini; per i bambini in età di scuola primaria (dai 6 agli 11 anni), un rapporto di un adulto ogni 7 bambini; per gli adolescenti in età di scuola secondaria (dai 12 ai 17 anni), un rapporto di un adulto ogni 10 adolescenti;
   non si fa menzione nelle linee guida della fascia 0-3 anni;
   questo rapporto è evidentemente antieconomico e molte scuole o enti hanno infatti deciso di non fare i centri estivi;
   dopo due mesi di chiusura in casa, famiglie e psicologi iniziano ad allarmarsi per l'atteggiamento di spavento che ha preso i bambini, molti infatti sono terrorizzati dall'uscire, ma i bambini hanno assolutamente bisogno di uscire;
   in molte famiglie entrambi i genitori hanno ripreso a lavorare, e l'auspicio è che sempre più lo facciano, ma questo, visto anche il divieto per le persone over 60 di accompagnare i bambini al centro estivo, e quindi vista anche l'impossibilità di affidarli ai nonni, pone ulteriormente il problema del con chi staranno i bambini a giugno e luglio;
   in alcune regioni i pediatri sconsigliano l'apertura dei centri estivi –:
   quali iniziative intenda assumere vista quella che appare agli interroganti la sostanziale inapplicabilità di quelle poste in essere con le linee guida emanate.
(3-01571)