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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 30 novembre 2020

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 30 novembre 2020.

  Amitrano, Ascani, Azzolina, Battelli, Berlinghieri, Boccia, Bonafede, Boschi, Brescia, Bubisutti, Buffagni, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Castiello, Cirielli, Colletti, Colucci, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Maria, De Menech, De Micheli, Del Grosso, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Fassino, Ferraresi, Gregorio Fontana, Fraccaro, Franceschini, Frusone, Gallinella, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacometto, Giacomoni, Giglio Vigna, Giorgis, Grimaldi, Grimoldi, Gualtieri, Guerini, Invernizzi, Iorio, L'Abbate, Liuni, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Maggioni, Magi, Maniero, Marattin, Mauri, Micillo, Molinari, Morani, Morassut, Napoli, Nardi, Novelli, Orrico, Paita, Pallini, Parolo, Pastorino, Perantoni, Pittalis, Rampelli, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruffino, Ruocco, Giovanni Russo, Scalfarotto, Schullian, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Spadafora, Speranza, Tasso, Tofalo, Tomasi, Tondo, Traversi, Vignaroli, Villarosa, Raffaele Volpi, Zoffili, Zordan.

Annunzio di disegni di legge.

  In data 27 novembre 2020 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:

   dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale:
  «Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Stoccolma sugli inquinanti organici persistenti, con Allegati, fatta a Stoccolma il 22 maggio 2001» (2806).

  Sarà stampato e distribuito.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

  La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari Costituzionali):

   Sentenza n. 244 del 22 ottobre-24 novembre 2020 (Doc. VII, n. 554), con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1 della legge della Regione Emilia-Romagna 14 dicembre 1982, n. 58 (Omogeneizzazione del trattamento di previdenza del personale regionale), dell'articolo 15, comma 3, della legge della Regione Emilia-Romagna 30 aprile 2015, n. 2 (Disposizioni collegate alla legge finanziaria per il 2015), e dell'articolo 8 della legge della Regione Emilia-Romagna 29 luglio 2016, n. 13 (Disposizioni collegate alla legge di assestamento e seconda variazione generale al bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna 2016-2018), sollevate, dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l'Emilia Romagna, in riferimento agli articoli 3, 36, 117, terzo comma, e 119 della Costituzione;
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 8, comma 1, della legge della Regione Emilia-Romagna n. 58 del 1982, sollevata dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l'Emilia Romagna, in riferimento all'articolo 81, terzo comma, della Costituzione;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1 della legge della regione Emilia-Romagna n. 58 del 1982, dell'articolo 15, comma 3, della legge della Regione Emilia-Romagna n. 2 del 2015 e dell'articolo 8 della legge della Regione Emilia-Romagna n. 13 del 2016, sollevata dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l'Emilia Romagna, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettere l) e o), della Costituzione;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 1 e 8, comma 2, della legge della Regione Emilia-Romagna n. 58 del 1982 e dell'articolo 15, comma 3, della legge della Regione Emilia-Romagna n. 2 del 2015, sollevata dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l'Emilia-Romagna, in riferimento all'articolo 81, terzo comma, della Costituzione:
  alla XI Commissione (Lavoro);

   Sentenza n. 245 del 4-24 novembre 2020 (Doc. VII, n. 555), con la quale:
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 2 e 5 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonché in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalità organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa o con finalità di terrorismo, nonché di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché, infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati) – così come trasfusi nell'articolo 2-bis del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70 – sollevate, in riferimento complessivamente agli articoli 3, 24, secondo comma, 32 e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Sassari e dal Magistrato di sorveglianza di Avellino;
    dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 28 del 2020, come convertito, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Magistrato di Sorveglianza di Spoleto;
    dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 2 e 5 del decreto-legge n. 29 del 2020 – così come trasfusi nell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 28 del 2020, come convertito –, sollevate, in riferimento agli articoli 27, terzo comma, 102, primo comma, e 104, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Sassari:
  alla II Commissione (Giustizia);

   Sentenza n. 248 del 4-25 novembre 2020 (Doc. VII, n. 558), con la quale:
    dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 590-bis del codice penale, sollevata, in riferimento all'articolo 24 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Pisa;
dichiara manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», sollevate, in riferimento agli articoli 3, 25, secondo comma, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Treviso e dal Tribunale ordinario di Milano, sezione quinta penale;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 590-bis codice penale, sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Pisa:
  alla II Commissione (Giustizia);

   Sentenza n. 249 del 4-25 novembre 2020 (Doc. VII, n. 559), con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), inserito dall'articolo 55, comma 1, lettera a), numero 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del paese), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, sollevata, in riferimento all'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dalla Corte d'appello di Firenze:
  alla II Commissione (Giustizia);

   Sentenza n. 254 del 4-26 novembre 2020 (Doc. VII, n. 564), con la quale:
    dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro) e degli articoli 1, 3 e 10 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), nella versione antecedente alle modifiche dettate dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 (Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2018, n. 96, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 4, 24, 35, 38, 41, 76, 111, 10 e 117, primo comma, della Costituzione, questi ultimi due in relazione agli articoli 20, 21, 30 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, e all'articolo 24 della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30, dalla Corte d'appello di Napoli:
  alla XI Commissione (Lavoro);

  Sentenza n. 255 del 4-26 novembre 2020 (Doc. VII, n. 565), con la quale:
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 5, della legge della Regione autonoma Sardegna 16 settembre 2019, n. 16, recante «Seconda variazione di bilancio. Disposizioni in materia sanitaria. Modifiche alla legge regionale 11 gennaio 2018, n. 1 (Legge di stabilità 2018) e alla legge regionale 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019)», promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione e all'articolo 3, primo comma, della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna):
  alla XII Commissione (Affari sociali).

  La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
   in data 25 novembre 2020, Sentenza n. 246 del 3-25 novembre 2020 (Doc. VII, n. 556), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 83, comma 4-sexies, della legge della Regione Veneto 13 aprile 2001, n. 11 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112):
  alla VI Commissione (Finanze);

   in data 25 novembre 2020, Sentenza n. 247 del 5-25 novembre 2020 (Doc. VII, n. 557), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11 della legge della Regione Veneto 25 luglio 2019, n. 29 (Legge regionale di adeguamento ordinamentale 2018 in materia di governo del territorio e paesaggio, parchi, trasporto pubblico, lavori pubblici, ambiente, cave e miniere, turismo e servizi all'infanzia), nella parte in cui inserisce l'articolo 40-bis della legge della Regione Veneto 23 aprile 2004, n. 11 (Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio), limitatamente alla previsione dell'esonero dal contributo di costruzione di cui all'articolo 16, comma 4, lettera d-ter, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), nelle ipotesi di cambio di destinazione d'uso con aumento di valore degli immobili costitutivi della memoria e dell'identità storico-culturale del territorio disciplinati dal medesimo articolo 40-bis;
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 20 della legge della Regione Veneto n. 29 del 2019, nella parte in cui inserisce l'articolo 6-bis della legge della Regione Veneto 31 dicembre 2012, n. 55 (Procedure urbanistiche semplificate di sportello unico per le attività produttive e disposizioni in materia urbanistica, di edilizia residenziale pubblica, di mobilità, di noleggio con conducente e di commercio itinerante);
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 11 della legge della Regione Veneto n. 29 del 2019, nella parte in cui inserisce l'articolo 40-bis della legge della Regione Veneto n. 11 del 2004, limitatamente alla previsione dell'esonero dal pagamento del contributo di costruzione di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, nell'ipotesi di cambio di destinazione d'uso di immobili costitutivi della memoria e dell'identità storico-culturale del territorio, promossa, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri:
  alla VIII Commissione (Ambiente);

   in data 26 novembre 2020, Sentenza n. 250 del 22 ottobre-26 novembre 2020 (Doc. VII, n. 560), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 6, della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta 24 aprile 2019, n. 4 (Primo provvedimento di variazione al bilancio di previsione finanziario della Regione per il triennio 2019/2021. Modificazioni di leggi regionali);
    dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 4, della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta 27 marzo 2019, n. 1, recante «Modificazioni alla legge regionale 24 dicembre 2018, n. 12 (Legge di stabilità regionale per il triennio 2019/2021), e altre disposizioni urgenti», promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, e all'articolo 2 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta);
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2 della legge della Regione Valle d'Aosta n. 1 del 2019, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento agli articoli 3, 51, primo comma, 97, quarto comma, 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, e all'articolo 2 dello statuto speciale per la Valle d'Aosta;
    dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 7, della legge della Regione Valle d'Aosta n. 4 del 2019, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione e all'articolo 2 dello statuto speciale per la Valle d'Aosta:
  alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XI (Lavoro);

   in data 26 novembre 2020, Sentenza n. 251 del 22 ottobre-26 novembre 2020 (Doc. VII, n. 561), con la quale: dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 4 ottobre 2019, n. 34 (Provvedimenti urgenti per garantire l'erogazione dei servizi sanitari in ambito regionale):
  alla XI Commissione (Lavoro);

   in data 26 novembre 2020, Sentenza n. 252 del 21 ottobre-26 novembre 2020 (Doc. VII, n. 562), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 103, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), nella parte in cui non prevede che anche le perquisizioni personali e domiciliari autorizzate per telefono debbano essere convalidate;
    dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 191 del codice di procedura penale, sollevate, in riferimento agli articoli 2, 3, 13, 14, 24, 97, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'articolo 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di Lecce, in composizione monocratica:
  alla II Commissione (Giustizia);

   in data 26 novembre 2020, Sentenza n. 253 del 4-26 novembre 2020 (Doc. VII, n. 563), con la quale:
    dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 702-ter, secondo comma, ultimo periodo, del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede che, qualora con la domanda riconvenzionale sia proposta una causa pregiudiziale a quella oggetto del ricorso principale e la stessa rientri tra quelle in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, il giudice adito possa disporre il mutamento del rito fissando l'udienza di cui all'articolo 183 del codice di procedura civile:
  alla II Commissione (Giustizia).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 27 novembre 2020, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea e al Comitato economico e sociale europeo – Relazione 2021 sul meccanismo di allerta (preparata conformemente agli articoli 3 e 4 del regolamento (UE) n. 1176/2011 sulla prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici) (COM(2020) 745 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Raccomandazione di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro (COM(2020) 746 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Banca centrale europea – Documenti programmatici di bilancio 2021: valutazione globale (COM(2020) 750 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Comunicazione della Commissione al Consiglio – Situazione di bilancio in Romania (COM(2020) 752 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Sfruttare al meglio il potenziale innovativo dell'Unione europea – Piano d'azione sulla proprietà intellettuale per sostenere la ripresa e la resilienza dell'Unione europea (COM(2020) 760 final), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Strategia farmaceutica per l'Europa (COM(2020) 761 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione nel comitato misto istituito dall'accordo euromediterraneo nel settore del trasporto aereo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e il Regno hascemita di Giordania, dall'altro (COM(2020) 764 final), corredata dal relativo allegato (COM(2020) 764 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che dovrà essere assunta a nome dell'Unione nel comitato misto istituito dall'accordo euromediterraneo nel settore del trasporto aereo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e il Governo dello Stato di Israele, dall'altro (COM(2020) 765 final), corredata dal relativo allegato (COM(2020) 765 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Comunicazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza al Parlamento europeo e al Consiglio – Piano d'azione dell'Unione europea sulla parità di genere III – Un'agenda ambiziosa per la parità di genere e l'emancipazione femminile nell'azione esterna dell'Unione europea (JOIN(2020) 17 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 novembre 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 8 agosto 2019, n. 86, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante misure in materia di rapporti di rappresentanza degli atleti e delle società sportive e di accesso ed esercizio della professione di agente sportivo (226).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 14 gennaio 2021.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 novembre 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 8 agosto 2019, n. 86, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante misure in materia di riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l'esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi (227).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alle Commissioni riunite VII (Cultura) e VIII (Ambiente), nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 14 gennaio 2021.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 novembre 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8 della legge 8 agosto 2019, n. 86, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante semplificazione di adempimenti relativi agli organismi sportivi (228).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 14 gennaio 2021.

  Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 novembre 2020, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9 della legge 8 agosto 2019, n. 86, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante misure in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali (229).

  Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VII Commissione (Cultura), nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 14 gennaio 2021.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell’Allegato A ai resoconti della seduta del 3 novembre 2020, a pagina 4, prima colonna, alla quattordicesima riga, deve leggersi: «ricettive» e non: «di spettacolo», come stampato.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 21 OTTOBRE 2020, N. 130, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE, PROTEZIONE INTERNAZIONALE E COMPLEMENTARE, MODIFICHE AGLI ARTICOLI 131-BIS, 391-BIS, 391-TER E 588 DEL CODICE PENALE, NONCHÉ MISURE IN MATERIA DI DIVIETO DI ACCESSO AGLI ESERCIZI PUBBLICI ED AI LOCALI DI PUBBLICO TRATTENIMENTO, DI CONTRASTO ALL'UTILIZZO DISTORTO DEL WEB E DI DISCIPLINA DEL GARANTE NAZIONALE DEI DIRITTI DELLE PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTÀ PERSONALE (A.C. 2727-A)

A.C. 2727-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 130 del 20 ottobre 2020 dispone all'articolo 4 «Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione», la sostituzione dell'articolo 8 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142;
    l'articolo 25 del regolamento cosiddetto «visti» (Regolamento (CE) n. 810 del 2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009) autorizza gli Stati membri dell'Unione europea ad emettere visti a territorialità limitata;
    già nel 2015 l'Unione europea, nell’«Agenda europea delle migrazioni» invitava gli Stati membri a «facilitare una migrazione e una mobilità delle persone in modo ordinato, regolare e responsabile» (SDG 10.7), facilitando «l'accesso alla protezione internazionale alle persone bisognose attraverso i programmi di reinsediamento dell'UE»;
    la Commissione europea (COM (2017) 558) invita gli Stati membri a trovare percorsi per sviluppare programmi di sponsorizzazione privati (anche COM(2018) 635);
    il 15 dicembre 2015, il Governo italiano ha sottoscritto un protocollo di intesa con la Comunità di Sant'Egidio, la Federazione delle Chiese evangeliche e La Tavola Valdese per l'attivazione in via sperimentale di «Corridoi Umanitari» dal Libano all'Italia. Tale progetto innovativo e sperimentale ha permesso a migranti siriani rifugiati in Libano, principalmente nuclei familiari e soggetti particolarmente vulnerabili, di raggiungere l'Italia e Europa in sicurezza, senza rischiare ulteriormente la vita, sottraendo le loro vite alle mani dei trafficanti, secondo procedure che prevedono approfondite verifiche preventive da parte dei sistemi di sicurezza del Paese di partenza e di arrivo;
    i corridoi umanitari sono uno strumento concreto ed efficace che consente di evitare ai migranti i viaggi disperati con i barconi nel Mediterraneo o lungo le rotte via terra che in molti e troppi casi vedono la morte di uomini, donne e bambini. Si riesce in tal modo a garantire a persone in «condizioni di vulnerabilità» (ad es. vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, donne sole, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario affermando la possibilità di accesso al nostro Paese in condizioni di sicurezza per tutti, anche per chi accoglie;
    il progetto dei corridoi umanitari, al suo quinto anno di attuazione, è stato realizzato dalle organizzazioni firmatarie ad oggi su base interamente volontaria e le accoglienze delle persone in fuga dalla Siria si sono basate interamente sulla disponibilità di oltre 130 realtà territoriali, spesso legate alle associazioni firmatarie del protocollo, alle diocesi locali, a gruppi di famiglie che si sono rese disponibili a sostenere economicamente ed operativamente i primi due anni di accoglienza: complessivamente si stima che siano stati coinvolti oltre 3.000 operatori volontari attivi nelle diverse fasi del percorso di integrazione, secondo il criterio della sponsorizzazione privata. Consideriamo anche questo aspetto un patrimonio sociale da considerare e valorizzare;
    una percentuale superiore all'80 per cento delle persone accolte, una volta raggiunta l'Italia, ha ottenuto in breve tempo lo status di rifugiato politico e dopo i primi due anni di accompagnamento il 70 per cento delle persone accolte ha raggiunto condizioni di semi-autonomia;
    progetti analoghi, sulla base della positiva esperienza del primo protocollo, sono stati attivati in Francia, Belgio ed Andorra. Significativo l'accordo sottoscritto nel 2017 con la Conferenza Episcopale Italiana per l'accoglienza di cinquecento persone provenienti dall'Eritrea, Somalia e dal Sud Sudan;
    a fine 2019 le persone che hanno viaggiato con i corridoi umanitari e accolte in Europa, sono state complessivamente 3.060;
    i corridoi umanitari hanno permesso a persone vulnerabili, a famiglie con figli, in tuga dalla guerra, di viaggiare in sicurezza, liberi dai pericoli e dalla violenza delle organizzazioni criminali e che hanno consentito però anche di accogliere in sicurezza, grazie ai controlli preventivi da parte degli organi preposti sono quindi uno strumento sicuro sia per chi viaggia, sia per chi accoglie;
    si rende necessario rendere stabile e strutturale l'esperienza dei corridoi umanitari, implementando modelli anche innovativi che valorizzino l'azione volontaria delle comunità locati e la sponsorship privata, in una cornice di assunzione pubblica coerente con gli altri strumenti del sistema accoglienza,

impegna il Governo

a confermare, consolidare, sostenere ed estendere il modello dei corridoi umanitari (considerandoli a pieno titolo parte della propria politica di governo dei flussi migratori), anche facendosi promotore presso altri governi europei e nelle sedi istituzionali europee di iniziative politiche volte all'attivazione di canali umanitari intergovernativi ed europei con le zone di crisi umanitaria.
9/2727-A/1Marco Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto in esame interviene innanzitutto in materia di politica migratoria superando la logica emergenziale e inquadrando il fenomeno migratorio quale evento strutturale da gestire e governare;
    in secondo luogo, il decreto recepisce rilievi importanti provenienti dalla giurisprudenza (Corte costituzionale in primis), dal Capo dello Stato e dalla società civile su alcuni aspetti, e sull'impianto complessivo, dei due cosiddetti «decreti sicurezza» (decreto-legge n. 113 del 4 ottobre 2018 e il decreto-legge n. 53 del 14 giugno 2019);
    nel corso dell'esame in sede referente sono state approvate ulteriori, importanti modifiche. Tra queste si ricordano quelle riguardanti la disciplina delle ONG, dicendo esplicitamente che se rispettano le norme di diritto internazionale non possono essere perseguibili penalmente, si è posto rimedio allo strappo consumato sul fronte dell'accoglienza ripristinando un permesso di soggiorno denominato «di protezione speciale», che potrà essere concesso per seri motivi di carattere umanitario o nel rispetto di obblighi internazionali dello Stato italiane), si è intervenuti sui permessi convertibili in un permesso per motivi di lavoro;
    inoltre, il decreto rafforza il principio di non respingimento o rimpatrio verso uno Stato dove i diritti umani vengano violati in forma sistemica e dove le condizioni ambientali non consentano una sussistenza. Lo stesso divieto estende i casi di protezione speciale ai soggetti più vulnerabili, con un'attenzione allargata all'appartenenza di genere e di orientamento sessuale;
    viene rafforzato il divieto di espulsione, ridotto il tempo per l'ottenimento della cittadinanza e tolto il tetto attuale al «decreto flussi». Si inserisce l'obbligo per i prefetti di sentire i sindaci prima di aprire nuovi centri di accoglienza e si prosegue nell'azione di tutela e integrazione dei minori stranieri non accompagnati;
    a necessaria integrazione di tale cornice normativa, per contrastare l'immigrazione illegale e il traffico di esseri umani da parte di organizzazioni criminali prive di scrupoli, occorre intervenire facendo leva sui flussi regolari e potenziando i corridoi umanitari, per consentire alle persone meritevoli di proiezione, in particolare di bambini, nuclei familiari e soggetti più vulnerabili un ingresso legale e in sicurezza nei territori nazionali,

impegna il Governo

ad intervenire, nelle opportune sedi europee e internazionali, e sentite le principali organizzazioni interessate, al fine di potenziare i corridoi umanitari atti a garantire l'ingresso legale e in sicurezza sui territori nazionali.
9/2727-A/2Pollastrini, Ceccanti, De Maria, Fiano, Raciti, Viscomi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame, concerne «Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione»;
    il sistema di accoglienza così come modificato dal decreto-legge n. 130 del 2020, determinerà un incremento significativo dei migranti che chiederanno ospitalità nel nostro Paese;
    questo inevitabilmente avrà conseguenze negative anche nella gestione degli « hotspot» presenti sul territorio nazionale, sia dal punto di vista della sicurezza che dell'affollamento, tenendo conto dell'emergenza pandemica in corso;
    la realizzazione di « hotspot» mediante specifici accordi nei Paesi di origine dei flussi migratori nel rispetto di tutte le norme e degli accordi internazionali vigenti, garantirebbe una immigrazione maggiormente controllata, senza mettere a rischio la vita degli stessi migranti,

impegna il Governo

a sottoscrivere specifici accordi con i Paesi a maggiore emigrazione, per la realizzazione di hotspot direttamente nei luoghi di origine dei principali flussi di migranti, per una migrazione controllata che non metta più a repentaglio altre vite di esseri umani.
9/2727-A/3Rotelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame negli articoli da 6 a 10 prevede specifiche modifiche al codice penale;
    le politiche di immigrazione incontrollata poste in atto dal Governo, comportano tra l'altro l'effetto di una escalation degli episodi legati alla criminalità più o meno organizzata, sia nella commissione dei classici reati di minacce, violenza privata, offesa al decoro, mancato rispetto dell'ordine pubblico e spaccio compiuti come singoli, che nella presenza sempre più radicata sul nostro territorio delle nuove mafie legate specificamente ai Paesi a maggior flusso migratorio;
    recentemente si è celebrata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne;
    molte immigrate irregolari sono costrette a prostituirsi dai loro aguzzini, trovandosi le stesse donne in una situazione di evidente debolezza, determinata tra l'altro dal mancato possesso di documenti regolari, dalla mancata comprensione della lingua e da una condizione complessiva che si avvicina molto a quella che potrebbe essere definita come una vera e propria situazione di schiavitù;
    tra i reati che comportano il diniego e la revoca dello status di rifugiato e la esclusione dalla protezione sussidiaria, non rientrano ad oggi i delitti di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche mediante l'adozione di appositi provvedimenti normativi, volte a modificare il testo del decreto legislativo del 19 novembre 2007, n. 251, prevedendo il diniego e la revoca dello status di rifugiato e l'esclusione della protezione sussidiaria, anche per tutti i soggetti che abbiano commesso uno dei delitti previsti dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75.
9/2727-A/4Zucconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, agli articoli da 6 a 10, prevede specifiche modifiche al codice penale;
    si rende necessario impedire con ogni mezzo il traffico di esseri umani legato alla gestione del fenomeno dei migranti;
    il suddetto traffico si realizza anche mediante la sciagurata politica dell'apertura incondizionata dei porti, e la disponibilità di navi di Organizzazioni non governative battenti le bandiere più disparate, ad accogliere a bordo centinaia di migranti, per poi dirigere verso l'Italia anziché alla volta dello Stato del quale battono bandiera;
    le ripetute violazioni del divieto di ingresso nelle acque territoriali italiane verificatesi in questi ultimi mesi, sono state rese possibili anche dall'assenza di una legislazione sufficientemente severa, che prevedesse sanzioni adeguate al mancato rispetto degli obblighi vigenti nel nostro Paese, delle regole di ingaggio con la Guardia costiera e dei divieti di ingresso in porto e di attracco, anche per motivi di sicurezza sanitaria in periodo di pandemia;
    si rende pertanto necessario stabilire le esatte sanzioni alle quali gli armatori delle suddette navi andranno incontro, nel caso di inosservanza delle normative vigenti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina recata dal decreto-legge al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere l'immediata distruzione delle navi e delle altre imbarcazioni utilizzate per il trasporto di migranti ed oggetto di specifico provvedimento di confisca disposto dall'Autorità competente.
9/2727-A/5Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    gli interventi proposti nel settore della giustizia mirano nel complesso al miglioramento dell'efficienza dell'amministrazione giudiziaria;
    con specifico riguardo al personale, il provvedimento (commi da 1 a 10 dell'articolo 159), autorizza il Ministero della giustizia ad assumere a tempo indeterminato personale sia di magistratura che amministrativo, destinato a coprire le carenze organiche del comparto della giustizia;
    gli agenti di Polizia penitenziaria operano da anni in emergenza a causa della cronica carenza di organico, dei sovraffollamento degli Istituti e degli episodi quotidiani di aggressioni, anche violente, che negli ultimi mesi si sono intensificate a causa dell'emergenza sanitaria da Covid-19 che ha ulteriormente esasperato il clima all'interno delle strutture di detenzione;
    l'implementazione delle piante organiche degli Istituti è urgente e non più rinviabile, posto che la consistenza numerica dei detenuti è tale da non poter essere contenuta, in caso di disordini, dal già risicato organico in forze nei Penitenziari. Non sfuggirà che, se venisse meno il baluardo della sicurezza, il rischio di vedere riversati in strada centinaia, se non migliaia, di detenuti diverrebbe altamente probabile;
    attualmente la dotazione organica complessiva è ferma a 41.595 unità con un gap di almeno 4.000 unità che si è determinato a partire dal decreto ministeriale 2 ottobre 2017, tutt'oggi in vigore, che determinò un taglio di circa 4.000 unità in recepimento in recepimento della legge 7 agosto 2015, n. 124 «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» (cosiddetta legge Madia) e del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 «Disposizioni in materia di revisione dei ruoti delle Forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»;
    dopo il 2017 sono intervenuti il decreto ministeriale 10 aprile 2019, che ha inflitto un ulteriore taglio di 227 unità e il decreto legislativo 27 dicembre 2019, n. 172 (Disposizioni integrative e correttive, a norma dell'articolo 1, commi 2 e 3, della legge 1o dicembre 2018, n. 132, al decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, recante: «Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»), che ha previsto l'incremento di 620 unità, con un combinato disposto che, fra taglio del decreto ministeriale e incremento del decreto legislativo, avrebbe determinato alla fine un incremento di 393 agenti che però non c’è mai stato perché mai concretamente recepito, pertanto l'attuale pianta organica è quella falcidiata dal decreto ministeriale 2 ottobre 2017;
    la materia è stata oggetto di approfondita e dettagliata analisi da parte di un gruppo di esperti nominati con P.C.D. del 18 aprile 2019 dal Capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria (Dap) il gruppo di lavoro, tutt'ora operativo, nella riunione tenutasi presso il Dap in data 14 novembre 2019 con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, ha condiviso la proposta per la rimodulazione delle dotazioni organiche intra moenia del Corpo di Polizia Penitenziaria a livello nazione e nel dettaglio per singoli istituti in relazione al Provveditorato dell'Amministrazione Penitenziaria (Prap) di competenza, rimodulazione che comporterebbe l'assunzione di circa 4.000 unità complessive da destinare agli Istituti;
    la proposta tuttavia è ferma al vaglio del Capo del D.A.P. e del Gabinetto del Ministro della giustizia per l'emanazione di un nuovo decreto ministeriale afferente la dotazione organica del Corpo di Polizia Penitenziaria che sostituisca il vecchio decreto ministeriale 2 ottobre 2017 che, come detto è ancora in vigore e che aveva comportato un taglio di circa 4.000 unità;
    è bene sottolineare che, secondo il metodo di calcolo « ideal e medium test» che tiene conto di una serie complessa di coefficienti in base a cui viene determinata la dotazione ideale e quella media necessaria a garantire i livelli di sicurezza all'interno degli istituti, l'implementazione prevista dal Gruppo di lavoro serve per raggiungere il livello medium con 4.000 nuove unità, ben lontano dall’ideal che richiederebbe l'assunzione di 10.000 unità ma sicuramente un primo passo nella giusta direzione;
    sembra che lo stallo, rispetto all'adozione del necessario decreto ministeriale, sia dovuto alla previsione dei posti di funzione per funzionari direttivi/dirigenti, circa 715 unità, per i quali si potrebbe tuttavia procedere «a stralcio», dal momento che l'emergenza è quella legata alla mancanza dei ruoli operativi, ossia degli Agenti di Polizia penitenziaria;
    è necessario che il Ministro adotti con urgenza sia il decreto di competenza che disponga, rispetto al decreto ministeriale 2 ottobre 2017, l'incremento non ancora recepito risultante dal combinato disposto il decreto ministeriale 10 aprile 2019 e del decreto legislativo n. 172 del 2019 sia il decreto di competenza che disponga l'incremento della dotazione organica delle 4.000 unità previste dall'accordo raggiunto da parte del gruppo di esperti nominati con P.C.D. del 18 aprile 2019 dal Capo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria,

impegna il Governo

ad adottare quanto prima tutte le misure di competenza volte a emanare i decreti ministeriali afferenti l'incremento della dotazione organica del Corpo di Polizia Penitenziaria alla luce dei prevedibili incrementi di flussi migratori nel nostro Paese e del conseguente aumento del numero dei detenuti.
9/2727-A/6Osnato, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il «Fondo asilo migrazione e integrazione 2014-2020 (Fami)» è uno strumento finanziario istituito con Regolamento UE n. 516/2014 che ha quale principale scopo la promozione della gestione integrata dei flussi migratori mediante tre azioni fondamentali: asilo, integrazione e rimpatrio;
    tra gli obiettivi dei fondi Fami esistono quelli relativi alle misure di rimpatrio assistito. Tuttavia, in Italia, i numeri relativi ai rimpatri assistiti appaiono risibili se confrontati con i dati dell'accoglienza, che si protrae anche per diversi anni, nel nostro Paese;
    nel programma nazionale Fami 2017 si legge che «il rimpatrio volontario assistito è diventato nel corso degli anni un importante ed efficace dispositivo di rientro nel Paese di origine per numerosi migranti presenti nel territorio italiano come attestano i risultati conseguiti nell'ambito dei progetti di RVA finanziati dal Fondo Europeo per i Rimpatri (FR) 2008-2013. In particolare dal giugno 2009 a giugno 2014 sono stati realizzati complessivamente oltre 3200 RVA». Pertanto, si può agevolmente dedurre che, in un quinquennio, si siano concretizzati solo 3200 rimpatri volontari assistiti a fronte dei circa 150 mila sbarchi annui dal 2014 a oggi. Ed è evidente, dunque, che la misura del rimpatrio viene utilizzata solo marginalmente rispetto a quella dell'accoglienza sul territorio che, protraendosi anche per più di due anni per ogni singolo migrante, diventa una spesa pressoché «strutturale» a carico dei contribuenti;
    sarebbe pertanto fortemente auspicabile un intervento volto a potenziare le politiche di rimpatrio assistito, prevedendo l'obbligo di conseguire determinati obiettivi in termini di rimpatrio assistito nell'ambito dell'intercettazione dei suddetti fondi Fami,

impegna il Governo

a farsi portavoce, presso l'unione europea, di un nuovo meccanismo per l'utilizzo dei fondi FAMI affinché gli stessi siano prioritariamente destinati ai rimpatri assistiti.
9/2727-A/7Meloni, Rizzetto.


   La Camera,
   premesso che:
    il problema del sovraffollamento carcerario pone seri problemi in ordine alla sicurezza all'interno degli Istituti nei quali gli agenti di polizia penitenziaria devono comunque garantire adeguati standard di vigilanza;
    l'emergenza sanitaria da Covid-19 ha ulteriormente acuito il problema e durante il lockdown ha visto l'insorgere di numerose proteste da parte della popolazione detenuta che hanno messo in pericolo la tenuta dei necessari livelli di sicurezza all'interno degli Istituti;
    il disegno di legge in esame, «Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130» (A.C. 2727), detta disposizioni volte ad incrementare il livello di sicurezza all'interno degli Istituti penitenziari anche attraverso l'introduzione nel codice penale dell'articolo 391-ter in materia di contrasto all'introduzione e all'utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere (articolo 9). L'illecito accesso ai dispositivi di comunicazione da parte dei detenuti è uno degli aspetti che ha caratterizzato proprio le proteste esplose durante il lockdown;
    con la medesima finalità di incrementare i livelli di sicurezza all'interno degli Istituti in caso di situazioni emergenziali di particolare rilevanza (proteste violente, barricamenti, personale sequestrato, ecc.), nelle quali gli ordinari strumenti persuasivi non consentono la risoluzione della criticità, sarebbe quindi opportuno proporre l'istituzione presso ogni istituto penitenziario di un Gruppo di Intervento Operativo (G.I.O.), costituito da unità di Polizia Penitenziaria debitamente formate, equipaggiate ed addestrate, anche in tecniche di mediazione, al fine di ripristinare l'ordine e la sicurezza interna. Si evidenzia, al riguardo, la necessità di rinnovare l'equipaggiamento in dotazione ai reparti detentivi, dal momento che quello attualmente in uso risulta essere, in molti casi, obsoleto e deteriorato;
    il G.I.O., la cui consistenza numerica potrebbe attestarsi intorno al 10 per cento della forza presente negli istituti, dovrebbe essere appositamente formato per le finalità di cui sopra, con corsi predisposti dall'amministrazione penitenziaria, avvalendosi di personale qualificato (istruttori) in tecniche di base previste dal Metodo Globale di Autodifesa;
    il personale facente parte del suddetto G.I.O. al pari delle altre FF.OO. dovrebbe essere dotato dei seguenti dispositivi:
    cosiddetti dissuasori elettrici, quale arma di difesa, il cui utilizzo dovrà essere opportunamente disciplinato e rappresentare l’extrema ratio nel caso si verifichino particolari eventi critici (esempio: aggressione fisica violenta al personale);
    dispositivo mobile di video sorveglianza denominato « Explor», concepito come parte integrante dell'equipaggiamento personale e per l'utilizzo portatile da parte dell'operatore nell'esecuzione di videoriprese, funzionale alla documentazione delle attività svolte, in occasione di particolari circostanze operative;
    l'impiego di tali strumenti andrebbe riservato solo al personale appositamente addestrato ed in possesso delle abilitazioni in materia di uso delle armi,

impegna il Governo

ad adottare quanto prima tutte le misure di competenza volte all'istituzione presso ogni istituto penitenziario di un Gruppo di Intervento Operativo (G.I.O.) strutturato, formato ed equipaggiato come dettagliato in premessa, in considerazione del prevedibile incremento dei flussi migratori nel nostro Paese e del conseguente aumento dei detenuti.
9/2727-A/8Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    la gestione dell'emergenza sanitaria da Covid-19 ha determinato un sovraccarico per tutte le Forze di Polizia impegnate a garantire la continua rimodulazione delle attività necessarie a rispondere all'evoluzione dell'emergenza sanitaria COVID-19 e delle sue più immediate implicazioni sotto il profilo della sicurezza;
    in particolare da mesi risulta ormai convulso lo sforzo profuso nella gestione dei flussi migratori in entrata, che richiede al personale delle FF.OO. turni massacranti e li sovraespone al rischio di contagio oltre che alle aggressioni e alle rivolte che sempre più spesso si sviluppano nei centri di accoglienza, molti dei quali ormai al collasso;
    la recrudescenza di fenomeni aggressivi e di fuga da parte del migranti nei Centri di identificazione e di rimpatrio è dovuta sia all'emergenza sanitaria da Covid-19, e quindi alla necessità di sottoporre queste persone che arrivano da Paesi extracomunitari a protocolli sanitari obbligatori, sia al fatto che il sistema è al collasso, per il sovraffollamento dei Centri che ospitano i migranti;
    le donne e gli uomini delle Forze di Polizia fanno il massimo per garantire la sicurezza del Paese ma sono costretti a turni massacranti e a ore di straordinario obbligate che li espongono a rischi sempre maggiori. Tale straordinario impegno, che a causa dell'emergenza sanitaria in atto non può essere loro risparmiato, andrebbe quanto meno sostenuto attraverso il riconoscimento di una specifica indennità per gli agenti in prima linea, impegnati giorno e notte sul fronte della gestione dei migranti;
    l'Unione europea fornisce agli Stati membri mezzi finanziari per sostenerne gli interventi a livello di migrazione legale e irregolare, rimpatrio, asilo, gestione e delle frontiere e integrazione;
    nell'ambito del bilancio a lungo termine dell'UE 2014-2020 per gli affari interni, di circa 10 miliardi e mezzo di euro, il Fondo asilo, migrazione e integrazione (AMIF) ammonta a 3,1 miliardi di euro, mentre il- Fondo sicurezza interna (ISF) si attesta a 3,8 miliardi di cui circa 2,8 impiegati nello strumento Frontiere e visti;
    per il prossimo bilancio a lungo termine dell'Unione europea (QFP 2021-2027), la Commissione europea propone di quasi triplicare i finanziamenti complessivi per la migrazione e per la gestione delle frontiere portandoli a 34,9 miliardi di euro, rispetto ai 13 miliardi del periodo precedente,

impegna il Governo

ad adottare quanto prima tutte le misure di competenza volte a destinare una quota dei finanziamenti complessivi stanziati dall'Unione europea per la migrazione e per la gestione delle frontiere, alla copertura dei costi delle ore di lavoro straordinario e dell'indennità di ordine pubblico delle Forze di polizia impegnate nella gestione dei flussi migratori.
9/2727-A/9Montaruli, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 1 interviene sul permesso di soggiorno per residenza elettiva, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c-quater) del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394;
    lo stesso provvedimento all'articolo 3, «Disposizioni in materia di trattenimento e modifiche al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142», interviene sulle modalità di iscrizione all'anagrafe della popolazione residente dei richiedenti protezione internazionale;
    il riconoscimento della residenza ai titolari di permesso di soggiorno consente ai medesimi di accedere ad una pluralità di servizi, di diverso genere e natura, anche di carattere economico e sussidiario. Tuttavia, una volta attribuita la residenza ad un soggetto non sussistono ad oggi forme di controllo sistemico che consentano di verificare se effettivamente le persone così iscritte all'anagrafe dei singoli comuni rimangano effettivamente residenti;
    si possono pertanto verificare situazioni in cui il titolare di permesso di soggiorno percepisce sussidi o sostegni economici senza essere più residente nel comune che eroga tali forme di sostegno, o addirittura senza neppure essere più residente in Italia;
    tale situazione è ulteriormente aggravata dal fatto che la pubblica amministrazione non ha ad oggi la possibilità di condurre verifiche puntuali e sistemiche sulla effettiva persistenza di tali requisiti in capo ai soggetti già in possesso del certificato di residenza,

impegna il Governo

a introdurre forme di controllo attive da parte delle pubbliche amministrazioni dello Stato funzionali alla verifica in capo ai titolari di permesso di soggiorno della sussistenza dei requisiti utili alla concessione della residenza e della permanenza degli stessi, provvedendo in caso contrario alla cancellazione dei soggetti in questione dalle liste dei residenti nei comuni di appartenenza.
9/2727-A/10Gemmato.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame, concerne «Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione»;
    il sistema di accoglienza cosi come modificato dal decreto-legge n. 130 del 2020, reintroducendo di fatto lo strumento della protezione umanitaria, determinerà un incremento significativo dei permessi di soggiorno temporaneo rilasciato verso i richiedenti asilo;
    questo inevitabilmente aprirà le porte ad un numero di ingressi nel territorio nazionale sempre più significativo a cui conseguirà, come avveniva prima delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 132 del 2018, il coinvolgimento di soggetti a cui affidare la gestione dei migranti sul territorio nazionale;
    tali soggetti, nel quadro precedente le modifiche di cui al decreto-legge n. 132 del 2018, erano sostanzialmente esentati in termini di responsabilità amministrativa da qualsiasi azione di controllo sulle condotte tenute dai richiedenti asilo, con il risultato che in numerosi casi gli stessi si rendevano responsabili di crimini e reati senza che da parte dei soggetti gestori delle strutture di accoglienza si dovesse operare alcun tipo di controllo sulle attività eventualmente svolte dai medesimi soggetti che utilizzavano cosi le strutture come ricovero anche per le proprie attività illecite;
    al contrario si ritiene che i soggetti gestori debbano essere chiamati ad un ruolo effettivo di controllo sulle condotte tenute dai soggetti ospitati nelle strutture di competenza, attuando un sistema di comunicazione puntuale con le Forze del l'Ordine finalizzato a prevenire possibili fenomeni criminosi,

impegna il Governo

ad introdurre nei bandi di gara con cui si procederà all'affidamento dei servizi di gestione dei richiedenti asilo un criterio di responsabilità posto in capo ai soggetti gestori, finalizzato ad un effettivo coinvolgimento dei medesimi nel controllo sui richiedenti asilo loro affidati, in sinergia con le Forze dell'Ordine e le altre Autorità competenti in materia.
9/2727-A/11Lollobrigida.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 1 «Disposizioni in materia di permesso di soggiorno e controlli di frontiera» appena modificazioni al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, riguardante soggetti in possesso di regolare permesso di soggiorno e soggetti apolidi;
    il patrocinio a spese dello Stato (cosiddetto «gratuito patrocinio») trova il suo fondamento normativo nel testo unico in materia di spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 – articoli dal 74 al 141) ed è finalizzato all'attuazione dell'articolo 24 della Costituzione e a garantire l'accesso al diritto di difesa a persone non in grado di munirsi autonomamente del patrocinio di un avvocato, per l'incapacità reddituale di sostenerne il costo;
    con questo strumento pertanto si garantisce il diritto di farsi assistere da un avvocato, iscritto in apposite liste e il cui onorario sia a carico dello Stato, a coloro che non avendo mezzi adeguati, versino in condizioni economiche precarie e non possano pertanto provvedere in maniera autonoma al pagamento delle spese giudiziali;
    le categorie di soggetti ammessi a questo istituto sono diverse tra cui apolidi, enti o associazioni senza fini di lucro che non esercitano attività economiche, gli stranieri con regolare permesso di soggiorno, chi possiede un reddito imponibile risultante dall'ultima dichiarazione non superiore ad euro 11.493,82;
    nel dato reddituale, ad oggi, non è contemplato l'inserimento dei beni e del patrimonio che il titolare di permesso di soggiorno abbia anche nel proprio paese di origine, determinandosi pertanto una ingiustificata esclusione nel calcolo reddituale di beni che potrebbero comprovare come il richiedente non abbia in realtà diritto al gratuito patrocinio,

impegna il Governo

a introdurre, mediante appositi decreti ministeriali attuativi delle disposizioni richiamate sul gratuito patrocinio, strumenti utili all'inclusione nel calcolo del patrimonio e del reddito dei soggetti in possesso di regolare permesso di soggiorno che richiedano il gratuito patrocinio, anche dei beni di cui i medesimi siano titolari all'estero.
9/2727-A/12Galantino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame, concerne «Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione»;
    la proroga dello stato emergenziale dovuta alla diffusione del COVID-19 impone una stretta in termini di accoglienza anche a tutela e nel rispetto della salute degli stessi migranti;
    si verifica inoltre l'esigenza di un controllo puntuale sugli eventuali spostamenti degli ospiti dei centri disposti su tutto il territorio nazionale;
    analogamente, per tutto il periodo di durata dell'emergenza si ritiene necessario realizzare il massimo coordinamento operativo tra i centri di accoglienza, le Forze dell'Ordine e le Prefetture, anche per prevenire ed impedire allontanamenti non giustificati,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a non rilasciare nuovi permessi di soggiorno fino al termine del periodo emergenziale;
   a sospendere le misure di accoglienza per nuovi migranti, non presenti sul suolo nazionale;
   a prevedere che tutti i centri di accoglienza siano tenuti a relazionare quotidianamente il Prefetto relativamente ad eventuali trasferimenti, revoca di misure di accoglienza, nonché allontanamenti non giustificati.
9/2727-A/13Caiata.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame, concerne «Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione»;
    il sistema di accoglienza così come modificato dal decreto-legge n. 130 del 2020, determinerà un incremento significativo dei migranti che chiederanno ospitalità nel nostro Paese;
    in un periodo di pandemia e per la grave crisi economica che sta attraversando l'Italia, appare impossibile continuare ad accogliere migranti in maniera indistinta ed incondizionata, senza tenere conto del quadro macroeconomico negativo e del decremento del PIL nazionale previsto nel breve e nel medio termine;
    si rende pertanto necessario stabilire il numero massimo di stranieri che lo Stato potrà accogliere nel prossimo futuro, anche in relazione ai previsti minori livelli dell'attività produttiva e del reddito medio nazionale,

impegna il Governo

a definire fin da ora nel documento programmatico sulle politiche migratorie il numero massimo di stranieri che lo Stato potrà accogliere nel triennio futuro, tenendo conto anche della situazione attuale del sistema economico nazionale.
9/2727-A/14Butti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto all'articolo 13 contiene disposizioni in merito alla figura del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    le cronache restituiscono spesso episodi di violenza inaudita a danno degli uomini in divisa incaricati di sorvegliare i detenuti, come avvenuto nel corso delle violente rivolte carcerarie tra il 7 e il 9 marzo 2020;
    appare necessario porre fine alla disparità di garanzie tra i detenuti e i loro custodi. Mentre i primi godono di un sistema multilivello di protezione, i secondi sono abbandonati a sé stessi, sono spesso oggetto di malversazioni e azioni giudiziarie;
    tutto questo non è più accettabile, soprattutto davanti alla furia cieca di chi vuole abbattere lo stato di diritto,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte ad introdurre il Garante Nazionale dei diritti del personale della Polizia Penitenziaria.
9/2727-A/15Donzelli, Delmastro Delle Vedove.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame, concerne «Disposizioni in materia di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione»;
    in un servizio andato in onda su Rainews 24 la mattina del 29 luglio 2020 è stato denunciato un uso fraudolento della sanatoria sui lavoratori immigrati voluta dai Ministri Bellanova e Catalfo;
    la frode consiste nell'ottenere un certificato retrodatato attestante la permanenza sul territorio italiano, utile a ottenere i requisiti voluti dai Ministri per la sanatoria. Segnatamente, dietro al pagamento di 500 euro, all'Ospedale di Vittoria è possibile ottenere una tessera sanitaria Stp – straniero temporaneamente presente – dedicata alla cura degli irregolari. Con questa tessera, a seguito di un pagamento di 4.000 euro, ci si rivolge a patronati compiacenti che procedono con la pratica della sanatoria;
    nel servizio è stato intervistato uno straniero che aveva appena sistemato i documenti per far ottenere la sanatoria ad un suo amico che si trova in Francia e che non è mai stato in Italia;
    è evidente che, ancora una volta il Governo non è riuscito a centrare il proprio obiettivo politico, ma si è reso moralmente complice degli affari di chi specula sull'immigrazione e sul business del lavoro nero. I numeri della sanatoria, decisamente più bassi rispetto a quelli auspicati dalla sinistra, certificano il « flop» dello strumento, ad avviso degli interpellanti utile solo per aver preparato il terreno a ulteriori comportamenti fraudolenti;
    invece di combattere il caporalato, la sanatoria «Bellanova-Catalfo» ha contribuito ad aggravare le condizioni di lavoratori già sfruttati e vessati, mentre ha favorito quei clandestini che hanno la disponibilità di pagare 4.500 euro per ottenere fraudolentemente il permesso per restare in Italia;
    invece dei corridoi verdi per far accedere operai specializzati, selezionati nei Paesi d'origine in base alle loro capacità e che verrebbero in Italia in presenza di un contratto di lavoro, con la sanatoria sono state create le condizioni per un autentico business criminale;
    è il lavoro nel rispetto delle regole che crea le condizioni dell'integrazione e non la falsa promessa di poter accogliere tutti indiscriminatamente che, al contrario, genera delusione e comportamenti antisociali,

impegna il Governo

a non considerare più la tessera sanitaria STP (Straniero Temporaneamente Presente) quale elemento utile per comprovare la presenza degli irregolari sul territorio nazionale ai fini di sanatorie per clandestini extracomunitari.
9/2727-A/16Bucalo, Delmastro Delle Vedove.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 2 interviene sulle «Disposizioni in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale»;
    invece di fronteggiare la tratta di uomini nel Mediterraneo e contrastare l'immigrazione di massa illegale sulle nostre coste, le modifiche appena introdotte facilitano l'afflusso di clandestini sul territorio nazionale e rendono più complicata la loro espulsione;
    negli ultimi anni, l'Italia è stata oggetto di centinaia di migliaia di sbarchi di clandestini sulle coste italiane. Nel solo 2020, alla data odierna, si registrano già oltre 32.542 sbarchi rispetto ai 10.707 del 2019 e 23.011 del 2018. Di questi la maggior parte è composta da tunisini, quasi 12.490;
    per difendersi dall'imminente ulteriore assalto dovuto all'effetto-annuncio della disciplina più favorevole in materia di immigrazione, appare necessario introdurre le precondizioni giuridiche per poter, come altre nazioni europee, disporre i respingimenti in blocco senza alcuna censura da parte della Corte Europea dei Diritti dell'uomo;
    una soluzione compatibile con il diritto europeo è quella di consentire agli extracomunitari interessati la possibilità di avanzare le istanze per il riconoscimento dello status di rifugiato politico alle autorità nazionali per il tramite della nostra rete consolare;
    ad oggi vige in Italia un sistema per il quale la domanda di asilo deve essere avanzata all'attraversamento della frontiera o, se già sul territorio nazionale, alla questura competente per il luogo in cui si è domiciliati;
    secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno, nel 2018 sono state esaminate 95 mila domande di asilo. Il 7 per cento ha ottenuto lo status di rifugiato, circa il 5 per cento la protezione sussidiaria ed il 21 per cento la protezione umanitaria. In totale, quindi, nel 2018 circa un richiedente asilo su tre ha ricevuto una forma di tutela. Gli altri non hanno titolo a restare in Italia e devono essere espulsi in quanto hanno violato le nostre leggi sull'immigrazione;
    nella sentenza Hirsi Jamaa e altri contro Italia del 23 febbraio 2012, l'Italia è stata condannata dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo per aver violato l'articolo 13 e l'articolo 4 del Protocollo 4 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Tra le motivazioni addotte, la Corte ha rilevato che la condotta tenuta dalle autorità italiane avrebbe impedito ai clandestini respinti di presentare una domanda di asilo politico;
    invece, con la sentenza 13 febbraio 2020 nel caso N.D. e N.T. contro Spagna, la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo ha qualificato come legittimi i respingimenti in massa spagnoli in quanto i ricorrenti si sarebbero colpevolmente posti in una situazione di illegalità nel momento in cui hanno deciso di superare il confine in modo non autorizzato, anziché scegliere di utilizzare uno dei percorsi regolari di ingresso resi effettivamente disponibili dall'ordinamento dello Stato convenuto;
    la Spagna prevede anche la possibilità di avanzare la richiesta di protezione internazionale e di asilo disponibili anche presso le rappresentanze diplomatiche e consolari spagnole site negli Stati di origine e di transito dei ricorrenti. In questo modo, gli aventi diritto possono evitare di ricorrere ai trafficanti di essere umani,

impegna il Governo

ad adottare opportuni interventi normativi volti a consentire agli extracomunitari aventi diritto alla protezione internazionale la possibilità di avanzare le istanze per il riconoscimento dello status di rifugiato per il tramite della rete consolare italiana nel mondo e, conseguentemente, a respingere gli ingressi irregolari provenienti via mare verso il paese di partenza delle imbarcazioni.
9/2727-A/17Delmastro Delle Vedove, Trancassini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame all'articolo 2 interviene sulle «Disposizioni in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale»;
    la Convenzione di Dublino è un trattato multilaterale che si occupa di diritto di asilo. Tra le priorità della convenzione vi è quella di determinare lo Stato dell'UE competente a esaminare una domanda di asilo, in base alla Convenzione di Ginevra;
    il relativo regolamento stabilisce invece i criteri secondo i quali uno Stato membro dell'UE viene ritenuto competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale. Tra le misure di maggiore criticità ivi previste, vi è quella relativa al trattenimento del migrante nel primo Paese di frontiera di accoglienza, in attesa dell'approvazione della richiesta di asilo. Proprio per tale circostanza, in considerazione della peculiare posizione geografica di «porta del Mediterraneo», sul nostro Paese grava la maggior parte del flusso migratorio proveniente dal continente africano;
    in svariate occasioni la presidente della Commissione europea, Von der Leyen, ha annunciato la revisione del regolamento di Dublino e l'introduzione di un meccanismo europeo che si occupi di smistare le richieste di asilo e punti più decisamente sui rimpatri e su una maggiore solidarietà tra Stati;
    nonostante le suddette rassicurazioni, ad oggi l'Italia è ancora del tutto sola nel fronteggiare l'emergenza legata al fenomeno migratorio,

impegna il Governo

   ad intraprendere ogni azione di competenza, di sollecitazione e di proposta, volta alla revisione del regolamento di Dublino in sede UE;
   a farsi parte attiva presso l'UE affinché siano previsti meccanismi di solidarietà ma anche di obbligatorietà nella redistribuzione dei migranti e le relative sanzioni per gli Stati che rifiutano le quote di redistribuzione;
   a farsi portavoce, presso l'UE, di un nuovo meccanismo per l'utilizzo dei fondi FAMI affinché gli stessi siano prioritariamente destinati ai rimpatri assistiti;
   a richiedere, presso l'UE, lo stanziamento di risorse per la velocizzazione dell'iter burocratico per raccoglimento o il respingimento delle domande di asilo, nonché per i rimpatri per coloro che, al termine dell'iter, si sono visti respingere la domanda di asilo.
9/2727-A/18Bignami.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2018. n. 132. cd. «Decreto Sicurezza» ha disposto una serie di misure restrittive a contrasto di pratiche migratorie incontrollate e fenomeni di clandestinità in Italia;
    il decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 261, cd. «Decreto Immigrazione» ha invertito alcune modifiche normative introdotte dal predetto decreto-legge n. 113/2018, in particolar modo incrementando la platea di potenziali immigrati che potranno stabilizzarsi in Italia;
    nel corso del 2020, secondo il Ministro dell'interno, è stato registrato un aumento dei flussi migratori, con 32.000 arrivi al 15 novembre 2020, con particolare intensità di immigrati economici da Paesi considerati «porto sicuro», come Algeria o Tunisia (Paese dal quale proviene il 38 per cento del totale degli sbarchi in Italia);
    in merito all'immigrazione clandestina, come ancora una volta evidenziato dal Ministro dell'interno, la crisi economica da COVID-19 ha intensificato il «pull-factor» dell'Europa e dell'Italia, dove nel 2020 sono stati registrati almeno 13.931 immigrati illegali provenienti dalla sola Tunisia, a fronte di 3.560 nel 2019, costituendo un incremento del 391 per cento;
    sempre il Ministro dell'interno ha chiarito come le proposte europee sul controllo dei flussi migratori siano inadeguate ad affrontare il quadro migratorio attuale;
    i flussi migratori passanti da Lampedusa e dall'Italia, a causa della mancanza di accurati controlli anche dai Paesi di partenza, offrono il fianco anche al rischio di infiltrazioni terroristiche, come dimostrato dalla recente cronaca, il responsabile dell'attentato a Nizza dello scorso ottobre – Brahim Aoussaoui – tunisino, è, secondo i servizi di sicurezza, arrivato a Lampedusa il 20 settembre 2020, trasferito in un Centro per migranti a Bari il 9 ottobre successivo;
    nonostante il predetto attentatore avesse ricevuto un ordine di espulsione dal territorio italiano, con invito a rimpatrio, è riuscito a raggiungere clandestinamente il territorio della Repubblica francese dal territorio della Repubblica italiana;
    caso analogo si verificò nel 2011, con lo sbarco del tunisino Anis Amri, responsabile della strage al mercatino di Natale di Berlino nel 2016, che riuscì a superare numerosi controlli spacciandosi per minorenne;
    come mostrato da varie inchieste giornalistiche, sono numerosi i collegamenti tra organizzazioni non governative (ONG) e scafisti, le quali attesterebbero una connivenza ed una serie di accordi informali tra le due categorie per agevolare, intensificare e strutturare gli sbarchi di clandestini in Italia;
    nonostante i proclami di solidarietà nei confronti della Repubblica italiana proclamati in sede europea, tutti i navigli di organizzazioni non governative diretti verso Paesi differenti dall'Italia, come Francia, Malta o Spagna vengono respinti o dirottati verso le acque italiane;
    in Italia sono stati numerosi i casi di immigrati clandestini, non regolari e di difficile tracciabilità che hanno trascurato il rispetto delle norme di sicurezza da COVID-19, alle volte con la connivenza delle strutture ospitanti,

impegna il Governo

   a) disporre operazioni incrociate di intelligence e difesa con la finalità di abbattere i navigli utilizzati dagli scafisti dai luoghi di partenza, accertata l'assenza di civili sugli stessi, nonché di sequestro e rottamazione dei velivoli search and rescue (SAR) utilizzati dalle organizzazioni non governative, in caso di conclamata agevolazione degli sbarchi;
   b) impedire ulteriori responsabilizzazioni dello Stato di primo ingresso migratorio in Unione europea;
   c) istituire più ampi e pervasivi obblighi di trasparenza e rendicontazione nei confronti delle organizzazioni non governative operanti in ambito umanitario per tracciare le risorse ed i mezzi utilizzati nella gestione degli immigrati nelle acque internazionali europee e sul territorio nazionale italiano;
   d) impedire il transito di navigli appartenenti ad organizzazioni non governative straniere e non autorizzate finalizzato all'agevolazione degli sbarchi migratori, prevedendo – se del caso – l'arresto dei componenti dell'equipaggio, nonché il sequestro e l'abbattimento, se necessario, del naviglio;
   e) fornire ai Prefetti il potere di respingere e gestire in modo più dirimente i flussi migratori, in particolar modo con poteri di coercizione e controllo nei confronti degli immigrati clandestini, nonché di poter sequestrare e – se del caso, sentite le Autorità competenti – rottamare i velivoli search and rescue (SAR) utilizzati dalle organizzazioni non governative, in caso di conclamata agevolazione degli sbarchi;
   f) utilizzare canali diplomatici formali ed informali con Autorità e centri di responsabilità su territorio nordafricano per limitare la partenza di ulteriori navigli e controllare l'attività illegale degli scafisti nel Canale di Sicilia.
9/2727-A/19Ciaburro, Caretta.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132, cd. «Decreto Sicurezza» ha disposto una serie di misure restrittive a contrasto di pratiche migratorie incontrollate e fenomeni di clandestinità in Italia;
    il decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 261, cd. «Decreto Immigrazione» ha invertito alcune modifiche normative introdotte dal predetto decreto-legge n. 113/2018, in particolar modo incrementando la platea di potenziali immigrati che potranno stabilizzarsi in Italia;
    nel corso del 2020, secondo il Ministro dell'interno, è stato registrato un aumento dei flussi migratori, con 32.000 arrivi al 15 novembre 2020, con particolare intensità di immigrati economici da Paesi considerati «porto sicuro», come Algeria o Tunisia (Paese dal quale proviene il 38 per cento del totale degli sbarchi in Italia);
    in merito all'immigrazione clandestina, come ancora una volta evidenziato dal Ministro dell'interno, la crisi economica da COVID-19 ha intensificato il «pull-factor» dell'Europa e dell'Italia, dove nel 2020 sono stati registrati almeno 13.931 immigrati illegali provenienti dalla sola Tunisia, a fronte di 3.560 nel 2019, costituendo un incremento del 391 per cento;
    sempre il Ministro dell'interno ha chiarito come le proposte europee sul controllo dei flussi migratori siano inadeguate ad affrontare il quadro migratorio attuale;
    i flussi migratori passanti da Lampedusa e dall'Italia, a causa della mancanza di accurati controlli anche dai Paesi di partenza, offrono il fianco anche al rischio di infiltrazioni terroristiche, come dimostrato dalla recente cronaca, il responsabile dell'attentato a Nizza dello scorso ottobre – Brahim Aoussaoui – tunisino, è, secondo i servizi di sicurezza, arrivato a Lampedusa il 20 settembre 2020, trasferito in un Centro per migranti a Bari il 9 ottobre successivo;
    nonostante il predetto attentatore avesse ricevuto un ordine di espulsione dal territorio italiano, con invito a rimpatrio, è riuscito a raggiungere clandestinamente il territorio della Repubblica francese dal territorio della Repubblica italiana;
    caso analogo si verificò nel 2011, con lo sbarco del tunisino Anis Antri, responsabile della strage al mercatino di Natale di Berlino nel 2016. che riuscì a superare numerosi controlli spacciandosi per minorenne;
    le truppe irregolari del Generale Khalifa Haftar che hanno catturato i 18 pescatori di Mazara del Vallo, nell'eseguire la propria attività di cattura, avrebbero sconfinato in acque italiane, e le stesse autorità di Tobruk avrebbero a più riprese minacciato l'uso delle migrazioni di massa verso la Repubblica italiana come deterrente dissuasivo contro iniziative più muscolari da parte italiana,

impegna il Governo

   a) bloccare gli sbarchi di immigrati su suolo italiano dal continente nordafricano almeno fino al termine della crisi pandemica da COVID-19;
   b) istituire in collaborazione con le Autorità nordafricane punti di controllo dai luoghi di partenza degli sbarchi;
   c) intensificare le attività di controllo nei confronti di organizzazioni non governative che offrono i propri navigli per agevolare gli sbarchi migratori su suolo nazionale;
   d) permettere l'attività di recupero di persone in acque nazionali italiane unicamente a navigli battenti bandiera nazionale italiana appartenente alla Marina Militare o ad altri navigli battenti bandiera italiana unicamente previa autorizzazione del Governo;
   e) fornire ai Prefetti il potere di respingere e gestire in modo più dirimente i flussi migratori, in particolar modo con poteri di coercizione e controllo nei confronti degli immigrati clandestini;
   f) disporre il blocco navale dell'area antistante l'arca dell'isola di Lampedusa nei confronti di imbarcazioni battenti bandiera straniera trasportanti migranti in acque italiane, anche mediante dispiegamento di fregate della Marina Militare italiana.
9/2727-A/20Caretta, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca, tra le altre, deposizioni in materia di sicurezza, anche con riferimento ad alcune dinamiche relative agli istituti penitenziari;
    la sicurezza nelle carceri, però, passa anche attraverso la sicurezza degli operatori che vi operano, dal personale di pulizia penitenziaria al personale sanitario, e questo è ancora più attuale in un periodo eccezionale di emergenza sanitaria, come quello che stiamo vivendo;
    a lanciare il grido di allarme è Michele Zavaglia, medico di medicina generale, che lavora negli istituti di Voghera, Vigevano e Pavia: «c’è una mole di lavoro eccessiva che mette a rischio l'incolumità professionale. L'incolumità professionale non è garantita perché esiste un burnout di lavoro insostenibile. I medici nelle carceri sono sempre meno. Quindi anche l'organizzazione è carente. Ogni duecento pazienti detenuti dovrebbe esserci un medico, invece a Pavia sono 700 con un solo operatore e qualche collega in appoggio da altri Istituti per coprire i turni. Per rendere l'idea, nel carcere di Pavia in infermeria arrivano in media 300 telefonate al giorno. Ad ottobre non riusciremo a coprire i turni di guardia per la carenza di personale, quando parlo di emergenza però mi riferisco anche alla carenza strutturale degli ambulatori che paradossalmente è più evidente dove non esiste una vera emergenza di personale. Infatti, se a Pavia la principale emergenza è di personale medico, mentre la struttura è all'avanguardia, a Voghera il problema di fondo è la struttura fatiscente che non permette ai medici di lavorare in condizioni accettabili»;
    una categoria fortemente esposta al fenomeno del burnout è poi la polizia penitenziaria, particolarmente provata sul piano psicologico, e che non va né trascurato, né sottovalutato;
    la grave condizione in cui versano gli istituti penitenziari, dal sovraffollamento, alle rivolte, alle continue aggressioni ai danni del personale, eleva i livelli di ansia ed aggressività e comporta uno stato di continua tensione emotiva costante che influisce inevitabilmente sulle relazioni con i detenuti, con i colleghi, con le famiglie, gli amici e la medesima istituzione penitenziaria;
    il lavoro all'interno degli istituti di pena determina uno stress che necessita di un supporto psicologico: un'opera di prevenzione, mediante il supporto della figura dello psicologo, è fondamentale affinché il carcere continui ad essere considerato un'istituzione in grado di riabilitare l'individuo da un punto di vista sociale e affettivo e contribuisca a ridurre il fenomeno delle aggressioni e dei suicidi, che colpisce i detenuti, ma anche gli stessi operatori dell'istituzione penitenziaria,

impegna il Governo

   alla luce del prevedibile incremento dei flussi migratori e del conseguente aumento dei detenuti, anche in considerazione dell'attuale situazione carceraria, a rafforzarne l'assistenza psicologica all'interno delle carceri, a supporto di tutta la popolazione penitenziaria, quale strategia di prevenzione volta a minimizzare i fattori di rischio e salvaguardare l'incolumità professionale;
   a sanare la carenza di organico del personale sanitario che opera negli istituti penitenziari italiani
9/2727-A/21Bellucci.


   La Camera,
   premesso che:
    nel decreto-legge n. 130 del 2020 sulle disposizioni urgenti in materia di immigrazione, sono previste, all'articolo 2, le disposizioni in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, che apportano modificazioni al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25. In particolare il nuovo articolo 29-bis prevede che qualora lo straniero presenti una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l'imminente allontanamento dal territorio nazionale, la stessa venga trasmessa al Presidente della Commissione territoriale competente, il quale dovrebbe procedere all'esame preliminare della domanda stessa entro tre giorni e contestualmente ne dovrebbe dichiarare l'inammissibilità, ove non siano stati addotti nuovi elementi;
    l'articolo 29-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, nella stessa fattispecie, prevedeva l'immediata inammissibilità della domanda, in quanto evidentemente presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione del provvedimento di allontanamento; la domanda pertanto, non veniva neppure presa in esame ai sensi dell'articolo 29, velocizzando in tal modo il procedimento di allontanamento dello straniero dal territorio nazionale;
    è preoccupante che con questo decreto, in una materia nella quale la velocità di esecuzione del procedimento è essenziale perché venga garantita l'efficacia dello stesso, venga aggiunto un ulteriore passaggio all’iter procedurale, ove non necessario, anzi dannoso, vista l'evidente pretestuale presentazione della domanda stessa, volta a ritardare, complicare, impedire l'allontanamento. La conseguenza più grave, inoltre, di tale modifica normativa risiede nel fatto che ogni persona con provvedimento di espulsione in esecuzione potrà presentare una domanda per ritardare il suo allontanamento, stanti le immani difficoltà degli uffici preposti ad ottemperare agli adempimenti nei tempi,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile, anche mediante l'adozione di appositi provvedimenti normativi volti a considerare inammissibile una prima domanda reiterata presentata dallo straniero nella fase di esecuzione di un provvedimento che ne comporterebbe l'imminente allontanamento dal territorio nazionale, in quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l'esecuzione del provvedimento di allontanamento, evitando altresì di procedere all'esame della stessa ai sensi dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 25 del 28 gennaio 2008.
9/2727-A/22Albano.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame recante le altre disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare;
    la complessa gestione dei flussi migratori non può non tenere conto, ad oggi dell'emergenza sanitaria da COVID-19 che ha sovvertito ogni ordine delle cose, in primis la restrizione delle libertà fondamentali dei cittadini, costretti a rimanere in casa, spesso senza nemmeno poter raggiungere i propri cari che vivono in regioni o, magari, comuni diversi;
    nonostante ciò, e in spregio al decreto che ha dichiarato l'Italia un porto non più sicuro per tutta la durata dell'emergenza COVID, in Italia continuano ad arrivare, indisturbati, migliaia di migranti;
    la Regione Calabria sta vivendo da mesi una doppia grave emergenza quella sanitaria, appunto, acuita dalla mancanza di un commissario straordinario e dalla mancata attuazione di un Programma Operativo per la gestione dell'emergenza COVID-19; e quella migratoria;
    solo pochi giorni fa sono risultati positivi ben 93 dei 177 migranti di nazionalità afgana, irachena e iraniana sbarcati a bordo di un motopeschereccio nel porto di Roccella Ionica «Reggio Calabria»;
    dall'inizio dell'anno ci sono stati 34 sbarchi, con più di 2.100 persone, rispetto alle 1.400 di tutto il 2019: solo da ottobre ad oggi gli sbarchi sono stati 15 con più di mille immigrati;
    la gestione della situazione «immigrazione» peraltro, è stata lasciata alla sola responsabilità dei sindaci e delle forze di polizia, come denunciato dallo stesso Segretario generale (FSP), che ha ricordato come la «non gestione» del fenomeno migratorio da parte delle Istituzioni politiche che dovrebbero provvedervi, ai vari livelli finisce per far sì che, anche in fase di emergenza da COVID-19, i migranti diventino, in estrema sintesi, un problema di polizia, con tutto ciò che ne consegue,

impegna il Governo

a destinare mediante appositi provvedimenti normativi adeguate risorse, sia in termini di mezzi che di personale, impiegati per fronteggiare l'emergenza degli sbarchi, garantendo l'adozione di idonei protocolli di intervento che tengano al riparo dai rischi altissimi del momento la cittadinanza e gli operatori delle forze dell'ordine impegnati sul territorio.
9/2727-A/23Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca, tra le altre, disposizioni in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare;
    in particolare, l'articolo 1, comma 2, interviene sulla disciplina relativa alla possibilità di limitazione o divieto di transito e di sosta delle navi mercantili nel mare territoriale quando ricorrano motivi di ordine e sicurezza pubblica, ovvero quando si concretizzino, limitatamente alle violazioni delle leggi di immigrazione vigenti, le condizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare di Montego Bay del 1982;
    la limitazione o il divieto previsto dalla nuova disciplina, però, riguarda esclusivamente il transito e la sosta delle navi, senza più alcun riferimento all'ingresso delle medesime;
    l'articolo 1, comma 5, del testo unico immigrazione riporta che le disposizioni del precedente testo unico non si applicano in stato di guerra e, allo stesso modo, uno Stato in piena crisi economica, o in stato emergenziale, come il nostro, non può essere nelle condizioni di garantire una vita dignitosa a nessun migrante, al di là di ogni considerazione ideologica;
    ma vi è di più, perché è irresponsabile concedere ospitalità sul proprio territorio ad ogni costo, anche quando, in pieno stato di emergenza pandemica, non si è in grado di garantire la necessaria assistenza sanitaria e umanitaria;
    le nuove disposizioni, peraltro, rischiano di alimentare la tratta degli esseri umani, contribuendo ad agevolare le iniziative messe in atto dagli scafisti;
    la tratta degli esseri umani è, da sempre, considerata una delle attività illegali più lucrative al mondo: si stima che le persone trafficate nel mondo siano 2,7 milioni, per un mercato che rende complessivamente 32 miliardi di dollari l'anno e questi numeri fanno del traffico di esseri umani la terza industria «criminale» più proficua, dopo quello di droga e di armi;
    la proroga dello stato emergenziale dovuta alla diffusione del COVID-19 ci impone una stretta in termini di accoglienza, anche a tutela e nel rispetto della salute degli stessi migranti,

impegna il Governo

eccezionalmente, fino al perdurare dello stato di emergenza, a limitare o vietare l'ingresso delle navi nel mare territoriale.
9/2727-A/24Lucaselli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone la conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento e di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    la città di Roma, in particolare il centro storico e il Rione Esquilino, versa in uno stato di completo abbandono e degrado, a causa dell'amministrazione del municipio, a guida PD;
    il risanamento dei Giardini di Piazza Vittorio, inaugurati nell'amministrazione del centrosinistra nel 1995 con un progetto sbagliato, è stato recentemente terminato;
    ci sono voluti anni, ma il nuovo progetto, iniziato sotto l'amministrazione di centrodestra di Roma Capitale, è finalmente realtà;
    il progetto per la ristrutturazione della storica piazza venne predisposto dall'amministrazione di centrodestra, con il nostro interessamento, seguendo un percorso condiviso insieme a tutte le realtà territoriali, alle associazioni e ai comitati di quartiere;
    il primo finanziamento ammontava a 2,5 milioni di euro, ma l'arrivo della giunta di centrosinistra e del Partito Democratico con Ignazio Marino bloccò l'arrivo dei soldi;
    con Virginia Raggi vennero rimessi a disposizione i fondi, ma ci sono voluti anni e anni: col centrosinistra, il PD e il Movimento 5 Stelle al governo il risanamento si è impantanato, lasciando la piazza nel degrado, per 7 anni,

impegna il Governo

   ad adottare qualsiasi iniziativa al fine di garantire lo stanziamento di forze dell'ordine con un sistema interforze di pronto intervento per 24 ore al giorno, ai fini dell'identificazione e della prevenzione dell'illegalità e dell'immigrazione clandestina nei centri storici delle città e in particolare nel centro storico di Roma e nel Rione Esquilino;
   ad adottare qualsiasi iniziativa volta a contrastare il degrado del Rione Esquilino, in particolare lo stato di mancanza di prevenzione sanitaria e garantire ai senza fissa dimora, spesso immigrati, la fornitura di dispositivi di protezione individuale e l'effettuazione di test antigenici e, anche a tutela della piazza finalmente riqualificata, il loro spostamento nei centri appositi, anche in regime di TSO.
9/2727-A/25Mollicone, Rampelli, Bellucci.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame dispone la conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, talune modifiche al codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    si tratta di un provvedimento che, di fatto, favorisce un allentamento del contrasto all'immigrazione clandestina e un'apertura indiscriminata delle frontiere nazionali che determineranno flussi immigratori incontrollati, più gravosi oneri di controlli per le forze dell'ordine, e maggiori rischi per la sicurezza e l'ordine pubblico;
    di contro, tale provvedimento non contiene alcuna disposizione volta ad intensificare le tutele degli appartenenti ai comparti difesa, sicurezza e soccorso pubblico che da anni soffrono di gravi carenze sia di organico sia di mezzi a disposizione, e che quotidianamente servono la nostra Nazione anche a discapito della loro stessa vita;
    in particolare, a fronte di un aumento dei flussi migratori e soprattutto della grave emergenza epidemiologica in atto, sarebbe stato opportuno, anzi doveroso prevedere disposizioni al fine di implementare rapidamente il personale dei comparti richiamati costretti ad operare in condizioni disagiate e indignitose;
    tali problematiche potrebbero essere risolte nell'immediatezza procedendo allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi pubblici ancora valide, rivolti sia al personale civile che ai volontari in ferma prefissata (VFP1 e VFP4);
    tale azione di Governo rappresenterebbe un segnale importante per attribuire la dovuta e giusta dignità professionale oltre che personale ai tanti aspiranti candidati idonei che – dopo aver superato le prove scritte e quelle psicoattitudinali – legittimamente attendono, alcuni anche da diversi anni, di poter contribuire alla difesa della Nazione;
    in particolare, i volontari in ferma prefissata che si sono classificati come idonei nelle graduatorie, come noto, hanno già maturato durante il loro percorso lavorativo, oltre che di studio, le dovute conoscenze e competenze utili per il ruolo richiesto e soprattutto indispensabili in questo tragico momento storico;
    coloro che hanno partecipato ai concorsi e che attendono lo scorrimento delle graduatorie rappresentano, senza dubbio, una risorsa alla quale poter attingere non solo per ripianare le gravi carenze di organico ma anche per evitare ulteriori e maggiori oneri che deriverebbero nell'ipotesi in cui si preferisse arruolare personale mediante l'espletamento di nuovi concorsi pubblici;
    l'ampliamento di organico, inoltre, mediante l'avvio di nuovi concorsi, non solo contrasterebbe con l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza amministrativa in base al quale lo scorrimento delle graduatorie preesistenti e vigenti deve costituire la regola, mentre l'avvio di un nuovo concorso dovrebbe costituire l'eccezione e richiedere perciò una approfondita motivazione che dia conto del sacrificio imposto ai concorrenti idonei e delle preminenti esigenze di interesse pubblico (Cons. di Stato, sentenza dell'adunanza plenaria n. 14 del 28 luglio 2011), ma al contempo comporterebbe nuovi e maggiori onori per la finanza pubblica ed esporrebbe concorrenti e personale preposto alla organizzazione e allo svolgimento delle relative procedure ad un elevato rischio di contagio epidemiologico,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di procedere allo scorrimento fino ad esaurimento delle graduatorie ancora vigenti dei concorsi pubblici espletati nei comparti difesa. sicurezza e soccorso pubblico, al fine di attingere rapidamente personale qualificato per fronteggiare adeguatamente la grave e prevedibile emergenza derivante dall'incremento dei flussi migratori, anche in considerazione della situazione epidemiologica dovuta alla diffusione del COVID-19, e per evitare maggiori costi e contenere il rischio di contagio.
9/2727-A/26Cirielli.


   La Camera,
   premesso che:
    sono 53.387 i detenuti presenti nei 189 istituiti penitenziari italiani (a fine aprile erano 53.904, mentre a fine febbraio 2020 erano oltre 61 mila), contro una capienza regolamentare dichiarata dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di 50.472 posti. A fine maggio, quindi, ci sono stati oltre 7,8 mila detenuti in meno rispetto ai mesi precedenti alla pandemia;
    la popolazione carceraria straniera è costituita nel 2019 da 19.888 persone, secondo il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
    nel nostro sistema carcerario si contano, infatti, detenuti provenienti da più di cento Paesi;
    i Paesi più rappresentati al 31 dicembre 2019 sono, in ordine decrescente, il Marocco (18,4 per cento dei detenuti stranieri), l'Albania (12,1 per cento) la Romania (12,0 per cento), la Tunisia (10,2 per cento), la Nigeria (8,4 per cento con continuo incremento), l'Egitto (2,6 per cento) e Pakistan (1,5 per cento);
    il costo medio giornaliero per ogni detenuto è indicato dallo stesso dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in 137,02 euro;
    il costo annuale per i detenuti stranieri sopportato dallo Stato italiano è dunque superiore a novecento milioni di euro;
    lo Stato italiano ha sottoscritto un accordo con la Romania in data 13 settembre 2003 che prevede il trasferimento di detenuti condannati anche senza il loro consenso;
    appare necessario intraprendere percorsi volti a sottoscrivere trattati bilaterali con Paesi dell'Unione europea ed extraeuropei per consentire il trasferimento dei detenuti per la esecuzione in Patria delle sentenze penali italiane, anche senza il preventivo consenso del detenuto stesso;
    vi sono tutti presupposti di necessità ed urgenza per prevedere una intensificazione di azioni volti a contrastare in ogni modo la mafia Nigeriana in Italia che sta tentando di creare vere e proprie «zone franche criminali militarizzate» anche in considerazione a quanto indicato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che vede triplicati i detenuti di origine Nigeriana che erano 679 nel 2007 e arrivano a 1665 a dicembre 2019,

impegna il Governo

ad avviare e proseguire percorsi volti a sottoscrivere trattati e o accordi bilaterali con il Marocco, l'Albania, la Tunisia la Turchia e soprattutto la Nigeria, nonché con ulteriori Stati, per agevolare e semplificare il trasferimento dei detenuti al fine dell'esecuzione penale nello Stato di provenienza, attraverso strumenti e clausole che comprendano anche l'eliminazione della mancanza di consenso del detenuto dalle condizioni ostative.
9/2727-A/27Silvestroni.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca, tra le altre, disposizioni urgenti in materia di sicurezza, dalle modifiche al codice penale per l'introduzione di misure di contrasto all'introduzione e all'utilizzo di dispositivi di comunicazione in carcere, di contrasto al traffico di stupefacenti via internet, al divieto di acceco agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico trattenimento;
    in particolare, l'articolo 9 inserisce nel codice penale una nuova fattispecie di reato volta a punire chiunque metta a disposizione di un detenuto un apparecchio telefonico, estendendo la pena della reclusione allo stesso detenuto che ne usufruisca per comunicare con l'esterno;
    secondo i dati forniti dal Ministero della giustizia, in tre anni sono quadruplicati i casi di detenuti trovati dentro le carceri italiane con un telefonino: erano 355 nei primi nove mesi del 2017 e sono diventati 1412 a fine settembre 2019, con un picco di 317 telefoni nella sola regione Campania e 92 nella regione Sicilia;
    una recente operazione portata a termine dalla polizia penitenziaria nel carcere di Secondigliano, che ospita detenuti «definitivi» e condannati per reati di mafia, ha portato alla luce un ingente quantitativo di telefoni cellulari all'interno delle celle di detenzione, circostanza assai inquietante se si pensa che tra i 1400 detenuti che affollano la struttura la maggior parte è composta da appartenenti al circuito Alta Sicurezza, e sono affiliati alla camorra;
    solo pochi mesi fa, in audizione presso la Commissione Antimafia della Camera dei deputati, il procuratore di Napoli Giovanni Melillo, parlando di alcune carceri del territorio, ha denunciato: «Il carcere è il luogo dove lo Stato esercita una assai limitata capacità di controllo. Sono fuori controllo, vi dominano le organizzazioni mafiose, i cellulari vi entrano quotidianamente e non li sequestriamo neanche più talmente tanti sono. In alcuni carceri vi sono autentiche piazze di spaccio»;
    della stessa opinione Aldo Di Giacomo, segretario generale del sindacato di Polizia penitenziaria, secondo il quale: «Nei 190 istituti italiani, secondo i dati del 2017, sono stati ritrovati 937 tra cellulari e sim: quasi due per ogni carcere. Questo significa che per i capi delle organizzazioni criminali è una consuetudine diffusa impartire ordini con i telefonini»;
    imporre il divieto di avere a deposizione un apparecchio di telefonia mobile in carcere significa impedire che le persone detenute possano mantenere comunicazioni con l'esterno, continuando a gestire traffici illeciti, impartire o ricevere ordini e, in definitiva, continuare a delinquere e cioè è ancora più impellente nel caso di detenuti in regime di 41-bis che porrebbero ricorrere ai telefoni cellulari per continuare a controllare il territorio e riorganizzarsi,

impegna il Governo

a prevedere, mediante l'adozione di specifici provvedimenti di natura normativa un'aggravante specifica nell'ipotesi in cui la nuova fattispecie delineata dall'articolo 391-ter riguardi un detenuto sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
9/2727-A/28Maschio, Ferro, Varchi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel DL n. 130/2020 sulle disposizioni urgenti in materia di immigrazione, sono previste, all'articolo 1, comma 1, lettere f) g) h) i) le disposizioni su alcuni permessi speciali di soggiorno previsti dal testo unico dell'immigrazione, tra cui quello di lavoro del ricercatore straniero che abbia ultimato l'attività di ricerca ed abbia un permesso di soggiorno per ricerca giunto a scadenza. Il permesso in questione è rilasciato per la durata del programma di ricerca e consente lo svolgimento dell'attività di ricerca indicata nella convenzione di accoglienza tra l'istituto ricevente ed il ricercatore;
    al termine dell'attività di ricerca e alla scadenza del permesso di soggiorno per ricerca, lo straniero ricercatore può dichiarare la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro presso i servizi per l'impiego e può richiedere per questo un permesso di soggiorno per cercare un'occupazione o avviare un'impresa coerente con l'attinta di ricerca svolta. Questo, permesso ha durata di non inferiore a nove e non superiore a dodici mesi. Il Testo Unico (articolo 27-ter comma 9-bis) prevedeva che per poter conseguire questi permessi di soggiorno lo straniero dovesse avere la disponibilità di un reddito minimo annuo non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale;
    è preoccupante che con questo decreto si sopprima questa condizione che era invece utile a far ottenere il permesso di soggiorno solo a chi avesse le possibilità di mantenersi, senza allargare la platea di chi ottiene permessi, anche per periodi di tempo consistenti, senza alcuna garanzia occupazionale. Il ricercatore straniero avrebbe con questo decreto la possibilità, una volta terminato il periodo di ricerca in Italia, di convertire il permesso di ricerca in permesso per attesa di occupazione. Se si vuole aiutare davvero io straniero che si applica nella ricerca non ha senso garantire il permesso a chi non ha modo di avere la disponibilità di un reddito minimo e senza una concreta possibilità occupazionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a concedere il permesso di soggiorno al ricercatore straniero solo a condizione che lo stesso abbia la disponibilità di un reddito minimo annuo non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale oppure una certificata opportunità di assunzione non oltre tre mesi dal termine della sua attività di ricerca.
9/2727-A/29Frassinetti.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca tra le altre, disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare;
    ad oggi, c’è ancora molta confusione in merito alla politica nazionale di gestione dell'immigrazione adottata in questo periodo di emergenza sanitaria e se da un lato si è disposta la chiusura dei porti, dall'altro ci si è adoperati per accogliere migranti;
    dal decreto interministeriale del 7 aprile, secondo cui «Per l'intero periodo di durata dell'emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid-19, i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e la definizione di Place of Safety (“luogo sicuro”), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo» si è assistito a continui approdi, anche di gommoni o piccole imbarcazioni, che hanno fatto riversare migliaia di migranti sulle coste italiane, con tutti i problemi connessi alla logistica dell'accoglienza, fino alla pubblicazione di bandi per l'individuazione di alberghi da adibire a sorveglianza sanitaria per migranti «per ottemperare a sollecite richieste del Ministero dell'interno da ultimo la circolare del 10 aprile 2020; al fine di ospitare migranti che approdano sulle coste della Sicilia» e il varo di nave-quarantena con costi pubblici esorbitanti;
    la nave Moby Zazà che ha sostato in rada a Porto Empedocle dal 9 maggio fino al 22 luglio è costata 1.200.000 euro; mentre la nave Azzurra, in rada a Trapani dal 3 agosto al 31 ottobre, è costata complessivamente 4.793.200 euro; la nave Aurelia che dal 18 agosto e, per un totale di 64 giorni, ha ospitato i migranti nella rada da Trapani per un totale di 3.334.000 euro; la nave Allegra, entrata in funzione a Palermo la notte del 2 settembre, di cui non si conoscono i dettagli sui costi (è stata reperita con una procedura d'urgenza): infine la Rhapsody e l'Adriatico, entrambe appartenenti alla società Grandi Navi Veloci svolgeranno la loro attività per un periodo di 40 giorni per un totale di 4.168.000 euro; facendo un rapido calcolo, il governo ha speso (escludendo la nave Allegra) la cifra di circa 15 milioni di euro;
    solo l’hotspot da Lampedusa con i suoi 195 posti, si è trovato ad ospitare più di mille migranti permettendo al virus di veicolare con più velocità tra una persona e un'altra e in poco tempo sono salite a circa 10 mila le persone approdate sull'isola maggiore delle Pelagie;
    tale situazione, sempre più preoccupante, è aggravata dalle rivolte e dai continui tentativi di fuga dai centri di accoglienza dei migranti ospitati e in «isolamento fiduciario», ovvero in quarantena;
    le strutture di prima accoglienza di tutta la Sicilia sono stracolme, oltre ogni limite, rendendo, di fatto, impossibili le operazioni di controllo sugli eventuali spostamenti degli ospiti dei centri disposti su tutto il territorio nazionale;
    pochi giorni fa, circa 20 migranti hanno tentato la fuga anche dalla nave Rhapsody, attualmente ormeggiata in una banchina a Porto Empedocle, in provincia di Agrigento, raggiungendo terra e le forze dell'ordine sono ancora impegnate nella ricerca di circa 9 migranti che sarebbero riusciti a lasciare il porto;
    la situazione attuale, che si ripropone simile in tante zone, dovrebbe costringere a rivedere completamente i sistemi di sorveglianza in queste strutture, che sono bombe ad orologeria sul piano anzitutto sanitario, ma anche sociale e dell'ordine si sicurezza pubblica,

impegna il Governo

   eccezionalmente, fino al permanere dello stato di emergenza, a disporre l'obbligo di permanenza nei centri di prima accoglienza, nelle strutture temporanee individuate dai Prefetti o nelle navi quarantena, potenziando i sistemi di controllo e gli agenti delle forze dell'ordine;
   a disporre che tutti i centri di accoglienti, ivi compresi quelli di permanenza per i rimpatri collocati sul territorio nazionale, relazionino quotidianamente il prefetto relativamente ad eventuali trasferimenti, revoca di misure di accoglienza, nonché allontanamento non giustificati.
9/2727-A/30Varchi, Maschio.


   La Camera,
   premesso che:
    ormai da anni si susseguono sbarchi di immigrati irregolari nel Sud della Sardegna, perlopiù di soggetti aventi cittadinanza Algerina, a mezzo di piccole imbarcazioni private, spesso non individuate, né individuabili, dalle forze di polizia impegnate nel pattugliamento delle coste;
    la situazione, che aveva già superato il limite della sicurezza, è ulteriormente peggiorata durante la recente stagione estiva, la quale ha visto, come in precedenza, un incremento notevole degli sbarchi diretti, soprattutto in zone ad elevata affluenza turistica come Porto Pino e Sant'Antioco, con gravi ripercussioni per un territorio già notevolmente segnato dalla crisi economica ed industriate;
   considerato che:
    qualsiasi azione attuata finora non ha consentito l'interruzione della predetta tratta, al punto che, in alcuni casi, a seguito di sbarchi intervenuti anche nottetempo non sarebbe stato neppure possibile identificare i soggetti in esame, i quali si sono dunque introdotti nel territorio nazionale senza essere stati adeguatamente censiti e senza che, allo stato, sia possibile conoscerne né le generalità, né la dimora;
    tale situazione appare, altresì, del tutto incompatibile con le misure adottate per il contrasto alla diffusione del Covid-19 imposte alla popolazione regolarmente censita, tenuto conto anche del fatto che gli sbarchi in esame spesso avvengono senza alcun controllo di carattere sanitario;
    atteso che:
    anche recentissimamente, alcuni del migranti attualmente ospitati presso il Centro di Prima Accoglienza di Monastir, hanno contribuito a creare disordini all'interno del medesimo Centro, con grave pericolo per l'incolumità delle Forza di Polizia impiegate nell'attività di controllo;
    inoltre, alcuni dei citati soggetti si sarebbero pure resi colpevoli di diversi reati contro la persona e/o il patrimonio, aumentando il senso di insicurezza nella popolazione civile che ha più volte ha espresso, anche per il tramite delle Amministrazioni Locali, il proprio disappunto al riguardo;
    ritenuto che:
    appare necessario raggiungere accordi con gli stati del Nord-Africa e/o l'Unione Europea, in base alle convenzioni e ai trattati internazionali sui trattati internazionali sul traffico inoffensivo, per contrastare il traffico di esseri umani, se del caso, con l'impiego delle navi della Marina Militare nelle acque internazionali, al fine di intercettare le imbarcazioni in questione, nonché verificare l'esistenza o meno di navi d'appoggio,

impegna il Governo

ad avviare un'attività di pattugliamento della Marina Militare nelle acque internazionali antistanti gli Stati del Nord-Africa, e, in caso di accordo con gli Stati di partenza, anche nelle relative acque territoriali, al fine di interrompere il flusso migratorio avente origine dai medesimi territori – e, in particolare, dall'Algeria – nonché di verificare l'esistenza, o meno, di eventuali navi d'appoggio.
9/2727-A/31Deidda.


   La Camera,
   premesso che:
    a inizio novembre, secondo i dati del Viminale, sono arrivati irregolarmente in Italia 3.577 migranti, un dato decisamente superiore a quello dello stesso mese dello scorso anno, quando sono sbarcati sulle nostre coste 1.232 migranti;
    gli arrivi dal 1o agosto 2019 al 31 luglio 2020, sono stati 21.618, con un incremento del 148,7 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente quando gli sbarchi furono 8.691;
    nel 2005 il Consiglio Europeo ha adottato la strategia antiterrorismo dell'Unione europea per combattere il terrorismo su scala mondiale e rendere l'Europa più sicura attraverso quattro pilastri: prevenzione, protezione, perseguimento e risposta;
    l'attentatore di Nizza, Brahim Aoussaoui, era arrivato dalla Tunisia a Lampedusa il 20 settembre scorso quando – come riportato dal quotidiano la Repubblica il 29 ottobre 2020, – «sull'isola siciliana approdarono 26 barche più o meno grandi e circa 1.300 migranti che affollarono in maniera impossibile l’hot-spot di Ventimiglia, tanto che il Viminale fu costretto ad inviare una nave che alla fine ne prese a bordo circa 800»;
    l'immigrazione illegale, dopo i fatti di Nizza è tornata ad essere valutata come fenomeno che favorisce le infiltrazioni di terroristi;
    il 4 novembre, il Ministro degli esteri, Luigi Di Maio, ha detto che «vanno fermati gli sbarchi irregolari e deve essere l'Unione europea a preoccuparsi dei rimpatri. Non bisogna collegare i migranti ai terroristi, ma un rischio c’è e lo abbiamo visto»;
    l'Italia sta assumendo, con il provvedimento in esame, un atteggiamento sull'immigrazione che è totalmente in controtendenza rispetto a quello degli altri Paesi europei, alcuni dei quali ritengono (non remota) la possibilità di una riforma del Trattato di Schengen;
    il summit sul contrasto al terrorismo islamico organizzato il 10 novembre senza l'Italia dai leader di Francia, Germania, Austria e Olanda con i vertici dell'Unione europea, evidenzia il grande risalto che il tema del terrorismo connesso all'immigrazione sta avendo nell'agenda delle cancellerie europee;
    come riportato dal sito internet del Parlamento europeo «dal 2015 c’è stato un aumento del fenomeno del terrorismo legato a motivazioni religiose nell'Unione europea. Si sospetta che fino al 2017 circa 5.000 persone si siano spostate dall'Unione europea alle zone di combattimento in Siria e Iraq per unirsi ai gruppi terroristici di matrice jihadista»;
    l'Italia, così come Grecia, Spagna e Malta, sono Paesi di primo approdo e costituiscono la linea di confine meridionale dell'Europa la quale data la natura presenta delle oggettive difficoltà nell'attività di monitoraggio;
    in data 13 novembre 2020 l'agenzia Euronews ha riportato l'esigenza espressa dal Presidente francese Emmanuel Macron il quale in relazione a una possibile riforma dell'area Schengen, ha espresso la necessità di: «proteggere meglio i nostri confini esterni se vogliamo mantenere aperti i confini all'interno dell'Unione europea»,

impegna il Governo

a promuovere, traendo spunto dai fatti in premessa, una maggiore sinergia tra intelligence in ambito europeo e un rafforzamento dei controlli delle frontiere marittime e terrestri.
9/2727-A/32Mantovani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene in materia di immigrazione e sicurezza,

impegna il Governo

a riferire al Parlamento – ogni sei mesi – in ordine all'efficacia o meno delle «idonee misure di prevenzione, controllo, vigilanza relativamente alla partecipazione o alla propaganda attiva a favore di organizzazioni terroristiche internazionali», adottate dal Ministero dell'interno nei centri di cui all'articolo 9, comma 1, e ai provvedimenti di espulsione eventualmente adottati per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o di prevenzione del terrorismo ai fini della sicurezza nazionale, e dell'avvenuta esecuzione degli stessi.
9/2727-A/33Foti, Butti, Mantovani, Osnato.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento oggi in discussione riporta la «Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale»;
    in particolare, l'articolo 7 interviene sulla preclusione all'applicazione della causa di non punibilità per la «particolare tenuità del fatto» nelle ipotesi di resistenza, violenza, minaccia e oltraggio a pubblico ufficiale «quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni»;
    i fatti di cronaca riportano sempre più spesso di tafferugli, aggressioni, manifestazioni violente che vedono coinvolte da un lato le forze di polizia, e dall'altro le cittadine ed i cittadini. Non è raro che laddove si verifichino tali dinamiche, le vicissitudini effettive rimangono poco chiare, impedendo la piena comprensione «di chi ha fatto cosa». L'impossibilità di un chiaro riconoscimento – dovuto spesso ad immagini di sorveglianza poco nitide, o addirittura all'assenza di apparecchiature video, come pure alla presenza di elementi della divisa piuttosto che capi di abbigliamento che impediscono di riconoscere il viso – provoca situazioni di tutela poco chiara, che non garantisce la certezza del diritto né per le forze dell'ordine, né per la popolazione, né per il personale in pubblico servizio – intendendo medici, infermieri, come pure giornalisti;
    si ritiene dunque necessario intraprendere un percorso di definizione normativa al fine di inserire l'obbligo di pieno riconoscimento del personale delle forze di Polizia attraverso un codice alfanumerico ben visibile sulla divisa che consenta l'identificazione dell'operatore che lo indossa. Tale richiesta si basa anche sulle linee del «Codice etico europeo per la polizia» – nato con una Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa agli Stati membri – e che trovano conferma in una risoluzione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2012. La Risoluzione esorta gli Stati membri a «garantire che il personale di polizia porti un numero identificativo», invitandoli «a provvedere affinché il controllo giuridico e democratico delle autorità incaricate dell'applicazione della legge e del loro personale sia rafforzato» e «l'assunzione di responsabilità sia garantita». Si evidenzia, anche, che i codici identificativi per le forze dell'ordine sono già realtà in diversi Paesi – sebbene con la presenza di differenze tra legislazione e legislazioni – tra cui figurano Francia, Grecia, Regno Unito, Germania, Spagna, Belgio, Olanda;
    si ricorda, inoltre, che nel contratto di Governo è presente l'impegno per cui tutti gli agenti che svolgono compiti di polizia su strada possano dotarsi «di una videocamera sulla divisa, nell'autovettura e nelle celle di sicurezza, sotto il controllo e la direzione del Garante della privacy, con adozione di un rigido regolamento, per filmare quanto accade durante il servizio, nelle manifestazioni, in piazza e negli stadi», a garanzia, anche in questo caso di una giusta assunzione di responsabilità e di garanzia di controllo giuridico,

impegna il Governo

a richiamare con urgenza i rappresentanti delle forze di polizia – di cui all'articolo 16 della legge 1o aprile 1981, n. 121 – e di tutte le sigle sindacali che tutelano il loro lavoro, al fine di implementare un tavolo di lavoro finalizzato alla discussione circa le misure da applicare a garanzia dell'assunzione di responsabilità e di corretta applicazione del diritto, nonché alla ricerca delle migliori soluzioni normative – con particolare attenzione all'inserimento dei codici di identificazione e dell'utilizzo delle videocamere di cui sopra – volte a garantire il lavoro in sicurezza delle forze dell'ordine, e la sicurezza stessa dei cittadini.
9/2727-A/34Lattanzio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame modifica gli articoli 13 e 13-bis del decreto-legge n. 14 del 2017, al fine di ampliare l'ambito di applicazione delle misure del divieto di accesso all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, nei locali pubblici e nei locali di pubblico trattenimento, che il questore può adottare nei confronti di soggetti denunciati per specifici reati, tra i quali lo spaccio di sostanze stupefacenti;
    solo la scorsa settimana nella provincia di Latina la Compagnia dei Carabinieri ha sgominato un sodalizio specializzato nello spaccio di droga a Caserta e in provincia di Napoli. In particolare, secondo gli accertamenti delle forze dell'ordine, le sostanze stupefacenti – di solito crack, cocaina e hashish – venivano trasportate a bordo di vetture noleggiate e, in un secondo momento, lavorate in un appartamento dove c'era una specie di raffineria. La droga veniva infine venduta in un circolo sportivo;
    la norma, per perseguire fino in fondo la sua funzione social-preventiva, dovrebbe prevedere un ulteriore ampliamento dei luoghi da sottoporre a divieto di accesso da parte di soggetti già denunciati per reati di spaccio di sostanze stupefacenti, in quanto non basta ricomprendere in tale elenco le sole scuole e i locali di intrattenimento ma occorre inserire anche quei luoghi frequentati dai giovani nel loro tempo libero e nei quali sempre più di frequente si infiltrano giovani pusher per incrementare il giro di spaccio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa, al fine di superarne le criticità sopra illustrate con l'adozione di ulteriori iniziative normative per estendere il divieto di accesso di cui all'articolo 11 del provvedimento in esame anche all'interno o nelle immediate vicinanze dei centri, strutture e complessi sportivi.
9/2727-A/35Tondo, Lupi, Colucci, Germanà, Sgarbi, Sangregorio.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede di esame dell'A.C. 2727-A recante: «Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina dei Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale»;
   premesso che, in tema di immigrazione clandestina:
    gli ultimi dati forniti dal Viminale forniscono un quadro preoccupante, che vede un notevole incremento dei flussi migratori: al 27 novembre del 2020, gli sbarchi in Italia sono stati oltre 32 mila, oltre 20 mila in più dello scorso anno e 10 mila in più del 2018;
    nello specifico, analizzando i numeri dell'inizio della stagione invernale, solitamente meno esposta ai flussi, i dati sono ancor più significativi: nell'ottobre del 2018 gli sbarchi furono 1007, al contrario dei 3477 del 2020;
    tale aumento degli sbarchi grava fortemente sui principali punti di approdo e sugli enti locali che ospitano gli hub di accoglienza, oramai congestionati dal sovraccarico di presenze e al contempo, grava indirettamente su tutto il territorio nazionale, come evidenziato dalle recenti e numerose fughe, e unito alla delicata situazione relativa alla pandemia da COVID-19 fornisce un potenziale pericolo sanitario per il Paese;
    le ultime misure prese dall'attuale Governo, come la sanatoria contenuta nel decreto Rilancio, o come il provvedimento in esame, che contiene diverse procedure che rendono più agevole il riconoscimento di asilo, forniscono un pericoloso fattore di pull factor che rischia di aumentare ancora il flusso dell'immigrazione clandestina;
    l'agenzia europea delle frontiere (Frontex) ha più volte sottolineato che circa l'80 per cento dei migranti sbarcati in Europa non ha diritto di rimanere su suolo europeo;
    tale dato è in linea con quelli forniti dalla Commissione nazionale per il diritto di Asilo relativamente agli esiti delle domande esaminate dalle Commissioni Territoriali,

impegna il Governo

ad adottare specifiche iniziative, anche di carattere normativo, volte a contrastare e frenare i flussi migratori illegali verso il nostro Paese.
9/2727-A/36Germanà, Lupi, Colucci, Sangregorio, Tondo, Sgarbi.


   La Camera,
   premesso che:
    all'articolo 1, lettera e) nella modifica del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), viene inserito tale passaggio: «Non sono altresì ammessi il respingimento o l'estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistono fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comporti una violazione del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare [...]»;
    il riferimento generico al parametro del «rispetto della vita privata e familiare» renderà maggiormente difficile l'allontanamento dal territorio nazionale, in quanto tale allontanamento verrebbe considerato il sacrificio della vita privata e familiare, e configurerebbe una violazione delle nuove disposizioni in esame;
    parimenti generica sarà l'applicazione pratica di tale parametro e pertanto tale disposizione comporterà un elevato numero – in caso di espulsione – di ricorsi pretestuosi, che paralizzeranno i Tribunali e l'attività delle forze di polizia;
    la novella dell'articolo 19 del TU Immigrazione con l'ampliamento dei casi di protezione speciale, unitamente alle altre disposizioni relative alla conversione pressoché automatica di permessi di soggiorno temporanei o di natura eccezionale, costituisce con tutta evidenza un fattore attrattivo di flussi migratori irregolari verso il nostro Paese con l'obiettivo e la certezza di ottenere un titolo per soggiornarvi;
    è noto che tali flussi sono gestiti da organizzazioni criminali e sono strettamente connessi con la tratta degli esseri umani e dei migranti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di riconsiderare integralmente l'impianto normativo relativamente a quanto esposto in premessa, nonché ad effettuare un monitoraggio entro tre mesi delle nuove norme di cui al provvedimento in esame e comunque, a verificarne, con cadenza almeno semestrale la prassi applicativa.
9/2727-A/37Sangregorio, Lupi, Colucci, Sgarbi, Tondo, Germanà.


   La Camera,
   premesso che:
    la lettera 0a) del comma 1 dell'articolo 1, introdotta nel corso dell'esame in sede referente, interviene sulle previsioni del Testo unico immigrazione relative al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che stabilisce annualmente i flussi di ingresso di stranieri non appartenenti all'Unione europea per motivi di lavoro, subordinato o autonomo;
    a seguito delle modifiche apportate, si prevede che in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del Consiglio dei ministri possa provvedere in via transitoria, con proprio decreto. Sono quindi soppressi il termine del 30 novembre di ciascun anno e il limite delle quote stabilite nell'ultimo decreto emanato, attualmente previsti;
    i dati riportati dal Ministero dell'interno da cui si evince che dal 1o gennaio al 27 novembre 2020 sono arrivati sul nostro territorio 32.542 clandestini, a fronte dei 10.707 dello stesso periodo del 2019, dimostrano inequivocabilmente che il fenomeno dell'immigrazione deve essere trattato in modo serio attraverso regolari decreti flussi che regolamentino l'accoglienza nel nostro Paese di persone qualificate che possano essere impegnate nelle diverse attività lavorative, e non può essere gestito con le politiche di accoglienza indiscriminata e tantomeno sanando le situazioni irregolari;
    il provvedimento in esame sembra inserirsi in un folle piano governativo in materia di immigrazione di tolleranza e sanatoria di situazioni di clandestinità ed irregolarità: prova ne è la sanatoria voluta dal ministro per l'agricoltura che si è dimostrata praticamente inutile per il comparto agricolo,

impegna il Governo

a rivalutare le politiche migratorie perseguite al fine di porre freno ad un'accoglienza illimitata e senza alcuna programmazione dei flussi migratori, ripensando quanto finora accaduto anche in termini di illegalità, insicurezza e rischio sanitario, ripristinando termini temporali e limite di ingressi in un annuale decreto flussi.
9/2727-A/38Sgarbi, Lupi, Colucci, Sangregorio, Tondo, Germanà.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca «Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale»;
    in particolare gli articoli 1 e 3 stravolgono completamente l'intero impianto normativo contenuto nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;
    le nuove forme di permesso di soggiorno speciale, la possibilità della loro conversione pressoché automatica in permesso di lavoro, i minori poteri di interdizione di transito e sbarco in capo al Ministro dell'interno costituiscono un fattore di attrazione dei flussi migratori irregolari verso il nostro Paese;
    stando ai dati forniti dal Dipartimento per le Libertà civili e l'immigrazione la prima nazionalità riguardo al numero degli immigrati sbarcati è quella tunisina con 12.478 arrivi, un Paese in cui è noto non sono in corso conflitti armati, trattandosi pertanto di cosiddetti «migranti economici»;
    diverse inchieste giornalistiche hanno più volte denunciato resistenza di organizzazioni criminali locali che, anche mediante l'utilizzo dei social network, organizzano dietro pagamento i viaggi clandestini per raggiungere le coste italiane;
    secondo i dati forniti dalla Commissione Nazionale d'Asilo solo l'11 per cento dei richiedenti protezione internazionale è risultato un rifugiato, mentre circa l'80 per cento delle domande di protezione internazionale ha ricevuto un diniego, risultando infondate e prive dei requisiti per ottenere qualsivoglia protezione;
    quanto accaduto a Nizza e a Vienna è di assoluta gravità e impone una profonda riflessione in ordine alle conseguenze e responsabilità delle politiche migratorie dell'attuale maggioranza poiché se l'autore della strage di Nizza non fosse sbarcato o fosse stato trattenuto non avrebbe commesso l'attentato;
    a fronte di tali numeri ne consegue la necessità e urgenza di rafforzare il coordinamento investigativo in materia di reati connessi all'immigrazione clandestina, implementando, altresì, gli strumenti di contrasto a tale fenomeno,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più utile al fine implementare le misure e le attività investigative nazionali e internazionali per il contrasto all'immigrazione clandestina e conseguentemente al traffico di migranti e alla trami degli esseri umani ad essa strettamente connessi.
9/2727-A/39Colucci, Lupi, Sgarbi, Sangregorio, Tondo, Germanà.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca «Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale»;
    l'articolo 4 riforma le disposizioni riguardanti il sistema di accoglienza di cui al decreto legislativo n. 142 del 2015 e il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale (SIPROIMI e in precedenza SPRAR), modificandolo in Sistema di accoglienza e integrazione (SAI);
    la novella amplia il numero dei beneficiari che possono accedere a tale circuito includendovi anche i richiedenti asilo oltre ai titolari di protezione speciale e prevede l'erogazione di ulteriori e nuovi servizi a favore degli stessi, quali corsi di lingua italiana e supporto psicologico con conseguenti ulteriori oneri a carico dello Stato;
    successivamente al decreto legislativo n. 142 del 2015, che aveva allora riformato il sistema di accoglienza. Il numero di persone accolte era passato da circa 66 mila nel 2014 a 176 mila nel 2016 e nel 2017 i numeri non si sono discostati di molto dall'anno precedente;
    il sistema di accoglienza era stato oggetto di una profonda revisione con il decreto-legge n. 113 del 2018 (decreto Sicurezza 1), in un'ottica di razionalizzazione della spesa pubblica secondo anche le indicazioni della Corte dei conti che aveva stigmatizzato l'accoglienza indistinta nel nostro Paese;
    i costi dell'accoglienza furono razionalizzati c ottimizzati, costi che sottraevano al paese circa 2,5 miliardi per una somma totale di gestione di tutto il fenomeno migratorio a circa 5 miliardi;
    a seguito dell'intervento operato nel 2018 e grazie ad efficaci azioni di contrasto ai flussi migratori irregolari verso il nostro Paese adottate dall'allora Ministro dell'interno Salvini, il sistema, ormai giunto al collasso per le politiche migratorie dei precedenti governi, si era via via decongestionato ed era stato dato contestualmente un duro colpo al fenomeno corruttivo che numerose inchieste giornalistiche e giudiziarie negli anni precedenti avevano evidenziato relativamente alla gestione del sistema di accoglienza;
    la novella di cui al decreto-legge in esame prevedendo l'accoglienza all'interno del Sai sia dei richiedenti asilo che dei rifugiati di fatto riporta rimpianto del sistema di accoglienza a quello precedente al decreto-legge n. 113 del 2018;
    il decreto legislativo n. 142 del 2015 recepisce la Direttiva 2013/33/UE in materia di accoglienza la quale all'articolo 17 paragrafo 4 dispone che gli Stati membri possono obbligare i richiedenti a sostenere o a contribuire a sostenere i costi delle condizioni materiali di accoglienza e dell'assistenza sanitaria previsti nella direttiva, ai sensi del paragrafo 3, qualora i richiedenti dispongano di sufficienti risorse, ad esempio qualora siano stati occupati per un ragionevole lasso di tempo,

impegna il Governo

ad adottare tempestive iniziative normative atte a recepire le disposizioni di cui all'articolo 17 paragrafo 4 della Direttiva 2013/33/UE onde procedere all'accertamento della disponibilità in capo ai beneficiari del sistema di accoglienza di risorse economiche e di eventuali contributi alle spese dell'accoglienza.
9/2727-A/40Lupi, Colucci, Sgarbi, Sangregorio, Tondo, Germanà.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge contiene una serie di norme volte ad influire sull'incolumità dei cittadini e sulla percezione della sicurezza degli stessi;
    vi sono alcuni territori che, nonostante la densità abitativa, la pericolosità dei reati registrati e soprattutto la difficoltà di controllo dei quartieri periferici dove avvengono episodi di aggressione nei confronti delle stesse forze dell'ordine sono privi di un commissariato della Polizia di Stato;
    tale geografia dei reparti investigativi lascia di fatto sguarnita la capacità di presidiare il territorio e pone difficoltà nei tempi di risposta in caso di emergenza, gravando la stessa nell'immediato sulle altre forze dell'ordine;
    tra le città afflitte da questa problematica c’è Aprilia, secondo comune per popolosità della provincia di Latina, eppure incredibilmente non dotato di un proprio commissariato;
    recentemente il tribunale di Velletri ha emesso una condanna in primo grado a 9 anni per estorsione aggravata dal metodo mafioso a carico di un cittadino di Aprilia ritenuto dagli investigatori della Dda vicino a cosche della ’ndrangheta e la guardia di finanza di Latina ha proceduto al sequestro di un ingente patrimonio;
    negli ultimi anni ci sono stati attentati e minacce ad amministratori pubblici, mentre sul fronte della criminalità vi sono quartieri il cui accesso alle forze dell'ordine è problematico, ed i carabinieri hanno ricevuto, come riportato da organi di stampa, intimidazioni tra cui la minaccia di vedersi scaricati addosso i proiettili di una mitraglietta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità e prevedere con celerità in un prossimo intervento normativo l'istituzione del commissariato della Polizia di Stato di Aprilia.
9/2727-A/41Trano.


   La Camera,
   premesso che:
    il testo all'esame dell'Aula introduce rilevanti novità in materia di convertibilità a permesso di lavoro di alcune tipologie di permesso di soggiorno. In particolare all'articolo 1, comma 1 lettera b), capoverso 1-bis, il decreto-legge n. 130 del 2020 prevede la convertibilità a lavoro del permesso di soggiorno per residenza elettiva, del permesso di soggiorno per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, del permesso di soggiorno per attività sportiva, del permesso di soggiorno per lavoro di tipo artistico e infine dei permesso di soggiorno per motivi religiosi;
    per tali tipologie di permesso di soggiorno, la convertibilità a lavoro dovrebbe tenere conto delle caratteristiche tipiche e peculiari del titolo di soggiorno che, in caso di convertibilità perderebbe la propria funzione caratterizzante e si configurerebbe come una porta di accesso poco controllabile a forme più stabili di permesso di soggiorno;
    il permesso per residenza elettiva, ad esempio, è concesso allo straniero in grado di dimostrare la disponibilità di rendite, pensioni, vitalizi e risorse sufficienti tali da permettergli di mantenersi in Italia senza lavorare. Si tratta di un permesso legato ad una particolare condizione economico-finanziaria che sarebbe snaturato dalla possibilità di conversione in un permesso per lavoro. Il permesso di soggiorno per acquisto della cittadinanza o lo stato di apolide, è una forma di permesso di soggiorno provvisorio legata all'accertamento dei requisiti per l'ottenimento di uno status particolare. La conversione a lavoro porterebbe alla regolarizzazione di soggetti in attesa del riconoscimento dello status di cittadino italiano o di apolide, prima che il procedimento si sia concluso;
    il permesso per motivi di lavoro artistico, è un permesso provvisorio concesso per consentire a determinate categorie di persone, classificabili come artisti, di svolgere per un determinato periodo la propria attività artistica in Italia;
    dalla lettura della norma si comprende facilmente la funzione specifica di tale permesso di soggiorno che, in caso di conversione a lavoro, diventerebbe un trampolino per la regolarizzazione di un numero poco controllabile di persone giunte nel nostro Paese soltanto in maniera temporanea per assolvere ad impegni di lavoro in ambito artistico;
    il medesimo discorso è applicabile al permesso di soggiorno per motivi religiosi, concesso esclusivamente per l'esercizio delle funzioni di ministro di culto nonché per i soggiorni in case di cura, ospedali, istituti civili e religiosi e altre convivenze. La conversione a lavoro, anche in questo caso, appare poco funzionale. Tale possibilità, infatti è stata esclusa dal Consiglio di Stato con parere n. 1048 del 15 luglio 2015, successivamente recepito nella circolare del Ministero dell'interno n. 4621 del 27 agosto 2015. Il permesso per attività sportiva, allo stesso modo, non sembra prestarsi alla conversione a lavoro, in quanto è concesso specificamente agli stranieri che svolgono attività sportiva professionale e, in alcuni casi, dilettantistica sul territorio nazionale;
    la titolarità di un permesso di soggiorno per lavoro consente, tra le altre, di effettuare il ricongiungimento familiare e che, di conseguenza, un accesso troppo facilitato a tale tipologia di permesso di soggiorno potrebbe generare delle disfunzioni nel sistema e nei flussi migratori,

impegna il Governo

   a garantire la convertibilità a lavoro esclusivamente al permesso di soggiorno per protezione speciale e al permesso per assistenza ai minori, escludendola in tutti gli altri casi esposti in premessa;
   a valutare l'opportunità di adottare misure idonee per riformare il sistema espulsioni, che soffre di scarsa efficacia e penuria di risorse.
9/2727-A/42Giannone.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    una parte rilevanti delle modifiche ha riguardato due decreti-legge emanati nel 2018 e nel 2019 in tema di immigrazione e sicurezza; il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132, recante «Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata» e il decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, recante «Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica»;
    tra le norme introdotte dal citato decreto-legge n. 113 del 2018, l'articolo 23 modifica il decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, recante Norme per assicurare la libera circolazione sulle strade ferrate ed ordinarie e la libera navigazione; in particolare, si introduce in sostanza il reato del cosiddetto «blocco stradale»;
    prima delle modifiche del suddetto decreto-legge l'articolo 1 del decreto legislativo del 1948 puniva con la reclusione (da 1 a 6 anni) «chiunque, al fine di impedire od ostacolare la libera circolazione, depone o abbandona congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ferrata»;
    veniva dunque esclusa la sanzione della reclusione per chi compiva tali atti in una strada ordinaria: per tale comportamento era prevista, dall'articolo 1-bis la mera «sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 2 milioni a lire 8 milioni»;
    le modifiche introdotte nel 2018 hanno invece ampliato la portata dell'articolo 1 del decreto legislativo, estendendo la pena della reclusione da 1 a 6 anni anche al caso di impedimento o ostruzione alla libera circolazione con oggetti su strada ordinaria;
    la sola pena della sanzione amministrativa è stata mantenuta per punire un nuovo comportamento, prima non contemplato: l'uso del proprio corpo – e non di oggetti – per impedire la libera circolazione su strada ordinaria;
    tali norme, seppur concepite nell'ottica di evitare impedimenti alla libera circolazione, hanno di fatto costituito un ostacolo all'esercizio, anche pacifico e non violento, del diritto di manifestare il proprio pensiero e di difesa dei propri diritti;
    infatti, lo strumento del nuovo «reato» è stato impiegato in questi anni proprio per reprimere manifestazioni, soprattutto di lavoratori che scendevano in piazza e nelle strade per difendere il proprio posto di lavoro, i propri diritti, il proprio salario;
    la Costituzione italiana stabilisce all'articolo 4 che «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto»;
    per quanto sta importante garantire a tutta la popolazione la libera circolazione, appare necessario contemperare questo diritto con quello di manifestare, soprattutto se in modo democratico e pacifico, per difendere giustamente i propri diritti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte quelle iniziative, anche di tipo normativo, volte a garantire l'esercizio del diritto di manifestare pacificamente, anche nell'ambito dei comportamenti sanzionati dal decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, come modificato dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113.
9/2727-A/43Ascari, Perantoni, Giuliano, D'Orso, Bilotti, Cataldi, Sarti, Vianello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame modifica significativamente i cosiddetti «decreti sicurezza-immigrazione», ovvero rispettivamente il decreto-legge n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2018, n. 132 e il decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, in linea con le indicazioni del Presidente della Repubblica e con la sentenza della Corte costituzionale che si era pronunciata sull'incostituzionalità – per violazione dell'articolo 3 – della disposizione che precludeva l'iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo, introdotta con il primo decreto in materia;
    accanto a disposizioni nuove, infatti, si interviene per reintrodurre il rispetto degli «obblighi costituzionali e internazionali dello Stato in materia di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno»;
    in particolare, l'articolo 1 reintroduce la formula del rispetto degli «obblighi costituzionali e internazionali dello Stato in materia di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno» e prevede la convertibilità della maggior parte dei permessi di soggiorno in permessi di lavoro;
    più specificamente, sono convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro – ove ne ricorrano i requisiti – i permessi di soggiorno «per protezione speciale», per «calamità», per «residenza elettiva», per «acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide», per «attività sportiva», «per lavoro di tipo artistico», «per motivi religiosi», «per assistenza minori»;
    tuttavia, si profilerebbero incertezze interpretative in materia, confermate dalla prassi diffusa su tutto il territorio nazionale secondo cui le Questure subordinano l'ammissibilità della domanda per il rilascio del permesso di soggiorno, ai sensi dell'articolo 103, comma 2 del decreto legislativo 19 maggio 2020, n. 34, al ritiro dell'istanza per il riconoscimento della protezione internazionale;
    neppure la circolare del Ministero dell'interno 19 giugno 2020 ha sciolto le criticità interpretative al riguardo;
    la problematicità delle indicazioni ministeriali è stata riconosciuta anche da due pronunce gemelle del Tar delle Marche del 17 settembre 2020, che hanno sospeso il provvedimento di irricevibilità della richiesta di emersione presentata, ai sensi del citato articolo 103, comma 2;
    peraltro, si noti che la suddetta disposizione richiede che il soggetto sia privo di permesso di soggiorno al momento di presentazione della domanda, per cui qualora lo straniero fosse titolare di permesso di soggiorno, lo perderebbe solo al momento della revoca effettuata in conseguenza della conclusione del procedimento giudiziale. La rinuncia agli atti, paradossalmente, potrebbe quindi essere considerata completamente irrilevante ai fini dell'ammissibilità alla regolarizzazione, in quanto i suoi effetti sul permesso di soggiorno sarebbero comunque tardivi rispetto al momento di presentazione della domanda di emersione;
    lo straniero, dunque, potrebbe essere indotto a rinunciare a un suo diritto fondamentale, senza che la rinuncia abbia alcuna rilevanza per la regolarizzazione;
    a tal proposito, da ultimo, si ricorda che quelli in gioco sono diritti fondamentali, ai sensi dell'articolo 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo, non sospendibili neppure in casi eccezionali;
    pertanto, anche nell'ottica di evitare una fuoriuscita incontrollata e incontrollabile dal sistema di accoglienza e conseguentemente possibili ricadute negative anche sul contesto sociale, si ritiene necessario un intervento da parte del legislatore che chiarisca che in ogni caso la domanda per il rilascio del permesso di soggiorno temporaneo non comporta la rinuncia alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, né preclude l'esame della richiesta eventualmente pendente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare adeguate iniziative, al fine di chiarire le già indicate criticità interpretative e precisare in via definitiva che la domanda per il rilascio del permesso di soggiorno temporaneo non comporta, in nessun caso, la rinuncia alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, né preclude l'esame della richiesta eventualmente pendente.
9/2727-A/44Perantoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento introduce una nuova figura di reato disciplinata dall'articolo 391-ter dei codice penale, mediante la quale sono sanzionate l'introduzione e la detenzione all'interno degli istituti penitenziari di telefoni cellulari e di dispositivi mobili comunque denominati, idonei a consentire la comunicazione con l'esterno, nonché più in generale, ogni condotta attraverso la quale e procurato ad un detenuto un apparecchio telefonico o un altro dispositivo idoneo a effettuare comunicazioni;
    il successivo articolo 10 aggrava il trattamento sanzionatorio previsto per il reato di cui all'articolo 588 del codice penale, al fine di rispondere alla recrudescenza di fenomeni criminosi per i quali risulta indispensabile ed urgente approntare misure normative, anche di carattere sanzionatorio, maggiormente incisive;
    negli ultimi tempi si sono moltiplicate le aggressioni nei confronti del personale che opera all'interno degli istituti penitenziari nell'adempimento di funzioni pubbliche, episodi che costituiscono un pericolo per gli istituti penitenziari e che ledono gravemente la sicurezza del personale che vi opera;
    a fronte di ciò, risulta indispensabile ed urgente approntare misure normative, anche di carattere sanzionatorio, maggiormente incisive;
    l'articolo 583-quater del codice penale prevede una circostanza aggravante specifica per il reato di lesioni gravi e di lesioni gravissime, allorché le lesioni siano cagionate a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive;
    la previsione suddetta è stata di recente estesa al personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria – allorché le lesioni siano state provocate nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio svolto – nonché a chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, sempre per il caso che le lesioni siano state provocate nell'esercizio o a causa di tali attività;
    l'ambiente carcerario è stato di recente caratterizzato da una recrudescenza di azioni aggressive nei confronti di chi opera al suo interno;
    le funzioni di tutela della sicurezza e di supporto al trattamento all'interno degli istituti penitenziari sono certamente parificabili alle funzioni ora indicate nel comma 2 dell'articolo 9 del provvedimento in esame;
    a fronte di gravi episodi di aggressione appare urgente e opportuno estendere le medesime aggravanti di cui all'articolo 583-quater del codice penale anche nel caso in cui le lesioni riguardino pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio all'interno di istituti penitenziari, purché il fatto sia avvenuto nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio svolte,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la previsione e le medesime aggravanti di cui all'articolo 583-quater del codice penale anche nel caso in cui le lesioni riguardino pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio svolti all'interno di istituti penitenziari.
9/2727-A/45Giuliano.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130 reca alcune modifiche alla disciplina sul Garante nazionale delle persone private della libertà personale, rimodulandone la denominazione, ridefinendone il ruolo di meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e prorogando di due anni il mandato dell'attuale organo;
    nello specifico la lettera c) del comma 1 aggiunge una ulteriore disposizione all'articolo 7 del decreto-legge n. 146, la quale consente al Garante nazionale di delegare i garanti territoriali per lo svolgimento di alcuni compiti nelle materie di propria competenza;
    la facoltà del Garante nazionale di delegare i garanti territoriali per lo svolgimento di specifici compiti, se da un lato assolve ad un'utile funzione di decentramento e semplificazione, dall'altro trasferisce in capo a organi monocratici l'esercizio di funzioni e prerogative assai incisivi,
    tali funzioni risultavano particolarmente ampie e delicate già nella legislazione previgente, alla luce della possibilità di accesso prevista al comma 2-quater.2 e al comma 2-quater.3 dell'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354;
    per questa ragione, stante la delicatezza delle funzioni dei garanti territoriali, specie dopo le modifiche normative introdotte dal presente decreto, si rende necessario precluderne l'esercizio ai soggetti condannati in via definitiva per i reati più gravi, specialmente per quelli per i quali le funzioni di pubblico ministero durante le indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado sono esercitate dai magistrati assegnati alle direzioni distrettuali antimafia (DDA),

impegna il Governo

a promuovere, nel rispetto delle competenze degli enti locali interessati e sentito il Garante nazionale delle persone private della libertà personale, l'introduzione di criteri di incompatibilità alla nomina dei garanti territoriali condannati in via definitiva per aver commesso reati gravi, con speciale riferimento a quelli inclusi nell'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale.
9/2727-A/46Sarti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento in esame introduce una nuova figura di reato disciplinata dall'articolo 391-ter del codice penale, mediante la quale sono sanzionate l'introduzione e la detenzione all'interno degli istituti penitenziari di telefoni cellulari e di dispositivi mobili comunque denominati idonei a consentire la comunicazione con l'esterno, nonché più in generale, ogni condotta attraverso la quale è procurato ad un detenuto un apparecchio telefonico o un altro dispositivo idoneo a effettuare comunicazioni;
    il successivo articolo 10 aggrava il trattamento sanzionatorio previsto per il reato di cui all'articolo 588 del codice penale, al fine di rispondere alla recrudescenza di fenomeni criminosi per i quali risulta indispensabile ed urgente approntare misure normative, anche di carattere sanzionatorio, maggiormente incisive;
    negli ultimi tempi si sono moltiplicati i ritrovamenti di sostanze stupefacenti all'interno degli istituti penitenziari e degli altri luoghi di detenzione, episodi che costituiscono un pericolo per gli istituti penitenziari e per gli altri luoghi di detenzione e che ne ledono gravemente la sicurezza;
    la specifica gravità di condotte riconducibili al disposto dell'articolo 73 decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, che avvengono all'interno di istituti penitenziari o altri luoghi di detenzione rende indispensabile ed urgente approntare misure normative, anche di carattere sanzionatorio, maggiormente incisive;
    la norma suddetta punisce la produzione il traffico e la detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope;
    l'articolo 80 del decreto presidenziale citato contiene una serie di aggravanti specifiche per i delitti di cui all'articolo 73, prevedendo, al primo comma, lettera g), una aggravante se l'offerta o la cessione è effettuata all'interno o in prossimità di scuole di ogni ordine o grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, struttura per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti;
    la Corte di cassazione, proprio in ragione della formulazione letterale della norma, ha affermato che «per la sussistenza della circostanza aggravante di cui all'articolo 80, comma primo, lettera g), decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e necessaria l'effettiva offerta o cessione della sostanza stupefacente all'interno o in prossimità dei luoghi indicati dalla norma, dovendosi escludere che essa possa riferirsi ad una condotta di mera detenzione» (Cass., Sez. 4, Sentenza n. 3786 del 19 gennaio 2016);
    a fronte dei numerosi ritrovamenti di sostanze stupefacenti negli istituti penitenziari e negli altri luoghi di detenzione appare necessario porre in essere una valorizzazione di tutte le condotte di cui all'articolo 73, non limitata alle condotte di offerta e di cessione;
    la valorizzazione, ai fini della sussistenza delle aggravanti attualmente previste, di tutte le suddette condotte, consente di anticipare la soglia di tutela e l'operatività dell'aggravante, con l'effetto di prevenire e di scoraggiare anche le condotte di detenzione di sostanza stupefacente finalizzate alla cessione, colpendo e sanzionando le attività volte a realizzare l'introduzione della sostanza stupefacente all'interno degli istituti penitenziari o di altri luoghi di detenzione, inclusa la detenzione domiciliare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la previsione e le medesime aggravanti di cui all'articolo 80 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 a tutte le condotte delittuose di cui all'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, commesse all'interno di un istituto penitenziario o di altro luogo di detenzione.
9/2727-A/47Salafia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento in esame introduce una nuova figura di reato, disciplinata dall'articolo 391-ter del codice penale, mediante la quale sono sanzionate l'introduzione e la detenzione all'interno degli istituti penitenziari di telefoni cellulari e di dispositivi mobili comunque denominati, idonei a consentire la comunicazione con l'esterno, nonché più in generale, ogni condotta attraverso la quale e procurato ad un detenuto un apparecchio telefonico o un altro dispositivo idoneo a effettuare comunicazioni;
    il successivo articolo 10 aggrava il trattamento sanzionatorio previsto per il reato di cui all'articolo 588 del codice penale, al fine di rispondere alla recrudescenza di fenomeni criminosi per i quali risulta indispensabile ed urgente approntare misure normative maggiormente incisive;
    negli ultimi tempi si sono moltiplicate le aggressioni nei confronti del personale che opera all'interno degli istituti penitenziari, nell'adempimento di funzioni pubbliche: episodi questi che costituiscono un pericolo per gli istituti penitenziari e che ledono gravemente la sicurezza del personale che vi opera;
    l'articolo 576 del codice penale prevede una serie di aggravanti per effetto delle quali all'omicidio può conseguire la pena dell'ergastolo;
    in particolare, l'articolo 576, al primo comma, numero 5-bis riguarda i casi in cui l'azione delittuosa sia diretta contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, nonché un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, allorché l'azione delittuosa avvenga nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio dell'agente o ufficiale indicato;
    a fronte di gravi episodi di aggressione appare urgente e opportuno estendere le suddette aggravanti, anche nel caso in cui il delitto di omicidio riguardi pubblici ufficiali all'interno di istituti penitenziari, purché il fatto sia avvenuto nell'esercizio o a causa delle funzioni;
    l'inclusione nell'aggravante di cui all'articolo 576 primo comma, numero 5-bis del codice penale, anche dei pubblici ufficiali nell'esercizio delle funzioni o del servizio all'interno di istituti penitenziari o a causa del loro adempimento si ritiene opportuna in considerazione del fatto che l'attività svolta all'interno di queste strutture presenta tratti che si debbono indubbiamente parificare a quelli svolti dai soggetti cui già si riferisce la citata disposizione, in quanto il personale di polizia penitenziaria ha il compito istituzionale di garantire la sicurezza all'interno degli istituti penitenziari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la previsione e le medesime aggravanti di cui all'articolo 576, primo comma, numero 5-bis) del codice penale, anche nel caso in cui il delitto di omicidio riguardi pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni svolte all'interno di istituti penitenziari.
9/2727-A/48Di Sarno.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento in esame introduce una nuova figura di reato disciplinata dall'articolo 391-ter del codice penale, mediante la quale sono sanzionate l'introduzione e la detenzione all'interno degli istituti penitenziari di telefoni cellulari e di dispositivi mobili comunque denominati, idonei a consentire la comunicazione con l'esterno, nonché più in generale, ogni condotta attraverso la quale e procurato ad un detenuto un apparecchio telefonico o un altro dispositivo atto ad effettuare comunicazioni;
    il successivo articolo 10 aggrava il trattamento sanzionatorio previsto per il reato di cui all'articolo 588 del codice penale, al fine di rispondere alla recrudescenza di fenomeni criminosi per i quali risulta indispensabile ed urgente approntare misure normative, anche di carattere sanzionatorio, maggiormente incisive;
    negli ultimi tempi si sono moltiplicati i fenomeni di gravissimo danneggiamento e di vera e propria devastazione posti in essere all'interno e ai danni delle strutture penitenziarie: questi episodi costituiscono un pericolo per l'incolumità del personale e di tutte le persone presenti all'interno degli istituti penitenziari e che ledono gravemente la sicurezza e l'ordine pubblico;
    l'articolo 419 del codice penale punisce i fatti di devastazione e saccheggio prevedendo, al secondo comma, una circostanza aggravante speciale per i fatti commessi di devastazione e saccheggio commessi nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero su armi, munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito;
    la suddetta aggravante speciale trova giustificazione nel maggior pericolo che deriva da fatti di devastazione o saccheggio che comportano una diminuzione dei mezzi di difesa pubblica e della sottrazione di risorse e sostentamento alle popolazioni e nel maggior pericolo che deriva da fatti di devastazione o saccheggio, posti in essere all'interno di luoghi in cui sono presenti o possono essere presenti una molteplicità di persone;
    l'articolo 635 del codice penale punisce le condotte di danneggiamento, prevedendo al terzo comma un aggravamento di pena nei confronti di chi distrugge, disperde, deteriore, o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico;
    l'ambiente carcerario è stato di recente caratterizzato da una recrudescenza di gravissime azioni di danneggiamento ai danni delle strutture carcerarie, dei beni immobili annessi e delle cose mobili presenti all'interno degli istituti penitenziari, azioni che in alcuni casi hanno dato vita a episodi di vera e propria devastazione;
    a fronte di tali gravi episodi appare urgente e opportuno estendere lo medesime aggravanti (di cui agli articoli 419, secondo comma, e 635, terzo comma, del codice penale) anche nel caso in cui i delitti di devastazione e saccheggio e le condotte di danneggiamento vengano perpetrati all'interno di istituti penitenziari o di altri luoghi di detenzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere la previsione e le medesime aggravanti, di cui all'articolo 419, secondo comma e all'articolo 635, terzo comma, del codice penale, anche nel caso in cui i delitti di devastazione e saccheggio e le condotte di danneggiamento vengano perpetrati all'interno di un istituto penitenziario o di altro luogo di detenzione.
9/2727-A/49Barbuto.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame vengono modificati i cosiddetti «decreti sicurezza-immigrazione», ovvero rispettivamente il decreto-legge n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132 e il decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, in linea con le indicazioni del Presidente della Repubblica e con la sentenza della Corte costituzionale che si era pronunciata sull'incostituzionalità – in violazione dell'articolo 3 – della disposizione che preclude l'iscrizione anagrafica degli stranieri richiedenti asilo, introdotta con il primo decreto in materia;
    accanto, infatti, a disposizioni nuove, si interviene per reintrodurre il rispetto degli «obblighi costituzionali e internazionali dello Stato in materia di rifiuto o revoca del permesso di soggiorno»;
    in particolare, l'articolo 3 stabilisce – tra l'altro – l'eliminazione del divieto di registrazione alle anagrafi comunali dei richiedenti asilo (oggetto della pronuncia di incostituzionalità da parte della Consulta) a cui ora sarà rilasciato un documento di identità valido per tre anni;
    nessuna specifica tutela è prevista, invece, in favore dei richiedenti asilo titolari del relativo permesso ovvero in possesso della ricevuta di cui all'articolo 4, comma 3 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 circa il rilascio del codice fiscale;
    nella prassi, infatti, oggi è rilasciato il codice fiscale numerico in luogo di quello alfanumerico in maniera del tutto arbitraria, a seconda della Questura di riferimento, con le prevedibili conseguenze quanto all'accesso ai servizi in condizioni di parità con gli altri stranieri regolarmente soggiornanti;
    in proposito, si ricorda che la sentenza n. 186 del 2020 della Corte costituzionale in materia di iscrizione anagrafica afferma che non vi possono essere trattamenti differenziati e «pregiudizievoli» nei confronti dei richiedenti asilo quanto all'accesso ai servizi a loro garantiti. Come rilevato dalla Corte, «pur potendo il legislatore valorizzare le esistenti differenze di fatto tra cittadini e stranieri, esso non può porre gli stranieri in una condizione di “minorazione” sociale senza idonea giustificazione, e ciò per la decisiva ragione che lo status di straniero non può essere di per sé considerato come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare adeguate iniziative volte colmare il vuoto normativo sopra descritto e prevedere il rilascio di un codice fiscale alfanumerico in favore dei richiedenti asilo titolari del relativo permesso ovvero in possesso della ricevuta di cui all'articolo 4, comma 3 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, al fine di consentire l'accesso ai servizi in condizioni di parità con gli altri stranieri regolarmente soggiornanti.
9/2727-A/50Saitta, Perantoni.


   La Camera,
   premesso che:
    devono essere tenute in adeguata considerazione le difficoltà di ordine pratico che l'epidemia da Covid-19 ha posto;
    è quantomai indifferibile l'esigenza di individuare luoghi e spazi idonei in cui consentire a coloro i quali vivono in una condizione di elevata fragilità e marginalità socio-sanitaria di trascorrere sia gli eventuali periodi di quarantena (onde evitare la chiusura dei centri di accoglienza nel caso di individuazione di focolaio) sia i periodi di isolamento in caso di lockdown;
    è istituito presso il Ministero dell'interno all'articolo 1-septies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di stanziare apposite risorse al fine di mettere in sicurezza le persone ad elevata fragilità e marginalità socio-sanitaria nel quadro dell'epidemia da Covid-19 e di ridurre i rischi da contagio, nonché di promuovere con i soggetti pubblici cui sono attribuite funzioni amministrative e gestionali nell'ambito della gestione del sistema di accoglienza e integrazione, come le Aziende sanitarie, le Prefetture-uffici territoriali del Governo e i Comuni l'individuazione di spazi da adibire temporaneamente sia a luoghi di quarantena che a centri diurni e notturni.
9/2727-A/51Barzotti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3, comma 1, lettera c), numero 2), del decreto oggetto di conversione, reca disposizioni in materia di trattenimento degli stranieri. In particolare, si inseriscono previsioni volte ad assicurare il trattenimento dei soggetti maggiormente pericolosi, in caso di insufficiente disponibilità di posti nei centri di permanenza per il rimpatrio e una sorta di ordine di priorità nell'effettuazione dei trattenimenti;
    come è noto, il recente e drammatico attentato di Nizza è stato commesso da un cittadino tunisino, giunto in Italia con uno sbarco autonomo a Lampedusa;
    i flussi migratori dalla Tunisia diretti in Europa, soprattutto verso Italia e Francia, risultano particolarmente intensi e dovuti, principalmente, allo stato di crisi economica e all'incertezza del contesto politico, in cui versa il Paese, comportando anche una recrudescenza della militanza jihadista;
    i dati statistici riportati dal Ministero dell'interno relativi agli sbarchi via mare sulle coste italiane tra il 2018 e il 2020 evidenziano un aumento costante di arrivi di cittadini di nazionalità tunisina (con una lieve flessione dei numeri generali per il 2019);
    con la deliberazione del Consiglio del Consiglio dei Ministri in merito alla partecipazione dell'Italia ad ulteriori missioni internazionali, adottata il 23 aprile 2019 (ex articolo 2, comma 2, della legge 21 luglio 2016, n. 145) il Parlamento ha per la prima volta autorizzato la partecipazione di personale militare alla missione bilaterale di cooperazione in Tunisia;
    tale missione, rinnovata per il 2020, è intesa a fornire supporto alla Tunisia per la costituzione di tre comandi regionali al fine di gestire le attività di controllo del territorio con capacità di pianificare e condurre operazioni joint di contrasto al terrorismo e controllo delle frontiere. In particolare la missione ha il compito di sviluppare e rafforzare le capacità di pianificazione e condotta di operazione interforze, nelle attività di controllo delle frontiere e lotta al terrorismo;
   considerato che:
    sarebbe opportuno, vista la situazione descritta in premessa, intraprendere ulteriori azioni volte al contrasto dell'immigrazione clandestina e del terrorismo internazionale, allo scopo di intensificare la difesa e la sicurezza nazionale,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di consentire all'Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) di svolgere attività di informazione, anche mediante assetti di ricerca elettronica, per utenze localizzate sul territorio nazionale, qualora identificate e risultanti incidentalmente in contatto con soggetti esteri, dando immediata comunicazione all'Agenzia Informazione e Sicurezza Interna (AISI) delle informazioni eventualmente collezionate per la necessaria collaborazione, ferme restando le competenze dell'Agenzia in oggetto previste all'articolo 8, comma 2-bis, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, al fine di contrastare il traffico di esseri umani, il fenomeno di sfruttamento dell'immigrazione clandestina e il terrorismo internazionale, messi in atto da organizzazioni criminali o soggetti che operano all'estero anche con implicazioni sul territorio nazionale nonché al fine di tutelare la difesa e la sicurezza del Paese.
9/2727-A/52Rizzo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del provvedimento in esame prevede un'ampia riforma del sistema di accoglienza destinato ai richiedenti protezione internazionale e ai titolari di protezione che si fonda nell'individuazione del nuovo Sistema di accoglienza e integrazione (destinato a succedere al Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati – SIPROIMI) come caposaldo per lo svolgimento delle operazioni di accoglienza;
    le attività di prima assistenza continueranno a essere svolte nei centri governativi ordinari e straordinari, previsti dagli articoli 9 e 11 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998;
    il crescente fenomeno dell'immigrazione ha modificato sensibilmente la fotografia del sistema scolastico italiano, che oggi denota una presenza elevata di alunni stranieri nelle singole classi scolastiche della scuola dell'obbligo, ma anche nella scuola dell'infanzia;
    diversi sono i casi in cui si registra l'iscrizione degli alunni stranieri in qualunque periodo dell'anno scolastico in ogni ordine di scuola nella classe corrispondente all'età-anagrafica, fatta salva la delibera dei collegio del docenti che può, in base all'accertamento di competenze, abilità e livelli di preparazione dell'alunno, in base al corso di studi seguito dallo studente nel Paese di origine iscrivere l'alunno in una classe immediatamente inferiore o superiore rispetto a quella corrispondente all'età anagrafica;
    sovente però, il diverso grado di alfabetizzazione linguistica che si presenta in ciascuna classe si rivela un ostacolo per gli studenti stranieri che devono affrontare le materie di studio e gli insegnamenti previsti nei programmi scolastici nazionali, e per gli alunni italiani che assistono a una «penalizzante riduzione dell'offerta didattica»; a causa del rallentamento dello sviluppo della programmazione operato dagli insegnanti che devono far fronte anche alle specifiche esigenze culturali e di apprendimento degli studenti stranieri spesso provenienti da Paesi diversi;
    la conoscenza della lingua italiana è fondamentale per poter consentire l'integrazione degli immigrati nella società soprattutto in momento particolare come quello attuale in cui le lezioni sono svolte a distanza e che potrebbero non agevolare del tutto la comprensione dei concetti educativi trasmessi,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di prevedere, nel sistema di accoglienza dello straniero, adeguati strumenti informativi e di sostegno psicologico, in particolare per i minori e gli adolescenti, al fine di rendere edotto lo straniero circa le forme di garanzia predisposte dall'ordinamento a tutela della sua persona e dell'eventuale inserimento in percorsi educativi e di istruzione, nonché di implementare i corsi di lingua per i bambini che non hanno una adeguata conoscenza della lingua italiana.
9/2727-A/53Grippa.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito della riforma dei DL n. 113 del 2018 convertito con modifiche dalla L. 132/18 e il DL 14 giugno 2019, e n. 53 convertito con modificazioni dalla L. 77/19, dichiarati in parte incostituzionali da sentenza della Corte costituzionale poiché in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, si inseriscono nel decreto in conversione, nuove disposizioni: in prima istanza con novità direttamente rientranti nella fattispecie del traffico di stupefacenti via internet e, più in generale, sul riassetto della gestione dei migranti e stranieri non regolari e dei centri a loro disposizione;
    in Italia, la regione Friuli Venezia Giulia, interessata sin dal 2015 dalla «rotta balcanica» e nello specifico dal fenomeno dei migranti in attraversamento via terra, ha dovuto confrontarsi con una nuova ondata migratoria, questo ha creato nel tempo un lavoro sinergico e condiviso di monitoraggio con i Paesi di confine e una più spiccata attenzione sul tema, da parte delle istituzioni;
    nelle ultime settimane a seguito di audizioni svolte presso la Camera dei deputati in merito al fenomeno migratorio alcuni, hanno evidenziato carenze strutturali in seno al sistema di accoglienza incrementato oltremodo dalla crisi pandemica mondiale e da un diffuso clima di incertezza socio politico in alcuni Stati medio orientali e africani che parrebbero aver raddoppiato l'arrivo dei migranti lungo la rotta balcanica;
    tale fenomeno è stato dimostrato dall'agenzia europea per il controllo delle frontiere, Frontex e confermato dalla stessa Ministra dell'interno durante lo svolgimento dei MED Dialogues 2020 evidenziando che dal «1o gennaio dell'anno in corso, sono 13931 i migranti arrivati a fronte dei 3560 dello stesso periodo del 2019»;
    sulla rotta al confine balcanico occidentale – come evidenziato da Frontex – a ottobre sono stati rilevati quasi 3.500 passaggi di frontiera illegali, oltre un terzo in più rispetto alla cifra del mese di settembre. Nei primi 10 mesi di quest'anno, da gennaio a ottobre, oltre 19.700 migranti sono stati rilevati al confine dell'Unione europea con i Balcani occidentali, più del doppio del totale rispetto ai primi 10 mesi del 2019; oltre la metà dei migranti irregolari arriva dalla Siria;
    come conseguenza della modifica del comma 2 dell'articolo 11 del decreto-legge n. 142 del 2015, il quale prevede che venga dato un parere da parte dell'ente locale per quanto riguarda la presa in considerazione delle nuove strutture di accoglienza sul territorio e considerata l'impossibilità da parte dei sindaci di individuare strutture adeguate, nonché data la situazione «straordinaria» di emergenza pandemica e osservata l'indisponibilità da parte dei prefetti di agire in maniera coercitiva si è riscontrato un sovraccarico nelle strutture di accoglienza attive,

impegna il Governo

   a prevedere un piano di contrasto al fenomeno degli arrivi via terra di concerto con gli Stati di confine e con l'Unione europea oltre a un maggiore controllo sui confini anche attraverso l'utilizzo di termoscanner;
   a programmare aiuti aggiuntivi ai comuni di frontiera anche attraverso l'istituzione, nello stato di previsione del ministero dell'interno, di un fondo volto al consolidamento dei contributi strutturali in considerazione dei maggiori oneri sostenuti dai medesimi comuni, anche in relazione alle misure di sicurezza sanitaria richieste per la prevenzione del contagio da Covid 19.
9/2727-A/54De Carlo.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito della riforma dei DL n. 113 del 2018 convertito con modifiche dalla L. 132/18 e il DL 14 giugno 2019, e n. 53 convertito con modificazioni dalla L. 77/19, dichiarati in parte incostituzionali da sentenza della Corte costituzionale poiché in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione si inseriscono nel decreto in conversione, nuove disposizioni: in prima istanza con novità direttamente rientranti nella fattispecie del traffico di stupefacenti via internet e, più in generale, sul riassetto della gestione dei migranti e stranieri non regolari e dei centri a loro disposizione;
    da un lato la costante destrutturazione del sistema pubblico dei centri di permanenza per il rimpatrio, i CPR – fortemente voluti nel 2017 dall'allora Ministro dell'interno, Minniti con lo stanziamento di 19 milioni di euro nell'ottica della creazione di almeno una struttura per regione – e dall'altro il deterioramento nel tempo delle condizioni dei Centri stessi – tenuto conto che all'inizio dell'anno 2020 erano 9 e attualmente ne risultano attivi 7; Bari, Brindisi, Gradisca d'Isonzo, Macomer, Milano, Roma Ponte Galeria e Torino, – ha portato inevitabilmente ad un aggravamento della situazione che ha comportato da gravi conseguenze per l'intero sistema;
    in particolare tali conseguenze riguardano: la copertura dei turni per gli operatori, il sovraffollamento, le forti tensioni tra la popolazione; a tal ultimo proposito, si prendano ad esempio i ripetuti episodi di violenza nel CPR di Gradisca, in Friuli Venezia Giulia così come le forme di autolesionismo evidenziate in alcuni stranieri presenti nel centro. Tutte queste problematiche rammentano una necessaria presa di coscienza e una rivalutazione dei centri a tutela delle forze dell'ordine, degli operatori e degli ospiti presenti al loro interno;
    nonostante i passi avanti compiuti dal Ministero dell'interno ed il costante monitoraggio del flusso migratorio proveniente dalla cosiddetta Rotta balcanica si riscontrano ancora molte difficoltà a seguito dei continui flussi in arrivo, che oggi, per via del perdurare della pandemia da Covid-19 sono messe ancor più risalto le carenze rispetto agli anni precedenti;
    i capitolati di gara non risultano sufficienti a coprire le esigenze per una corretta gestione dei CPR e il servizio negli ultimi anni non è riuscito a sopperire alle gravi carenze e all'adeguamento dei parametri standard passando spesso alle cronache per questioni relative a disordini interni a danno, peraltro, della cittadinanza residente nelle limitrofe zone o per casi di degrado e vista anche la rimodulazione dei centri, in particolar modo della capienza massima al loro interno, ridotta a seguito delle ordinanze a tutela della salute pubblica,

impegna il Governo:

   a procedere con l'individuazione e apertura di un CPR per regione con spazi e numeri che possano far fronte anche all'emergenza da Covid-19, rivedendo il sistema di gestione, anche attraverso una modifica dei capitolati che garantisca: agli operatori di poter lavorare in sicurezza; agli ospiti in attesa di rimpatrio servizi adeguati, garantendo inoltre un congruo numero di forze dell'ordine e prevedendo altresì l'impiego delle forze di polizia penitenziaria all'interno dei CPR.
9/2727-A/55Sut, De Carlo.


   La Camera,
   premesso che:
    dall'inizio della pandemia, al fine di garantire l'accoglienza dei migranti ed assicurare la tutela della loro salute a causa dell'emergenza epidemiologica, nel nostro ordinamento giuridico, sono state introdotte diverse misure, quali la proroga dei progetti di accoglienza dei comuni, la possibilità di ospitare i migranti nei centri in deroga alle disposizioni vigenti, la proroga della validità dei permessi di soggiorno;
    sono state, inoltre, potenziate le misure di screening e di sicurezza sanitaria nei centri di permanenza per il rimpatrio e negli insediamenti spontanei dei lavoratori agricoli;
    da ultimo, il decreto-legge in conversione, all'articolo 4, amplia la platea dei beneficiari dei servizi di accoglienza sul territorio per i migranti prestati dagli enti locali nell'ambito del c.d. SIPROIMI (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori stranieri non accompagnati), con la definizione del nuovo Sistema di accoglienza e integrazione (SAI);
    il nuovo impianto complessivo del sistema di accoglienza dei migranti si fonda, in primo luogo, sul principio della leale collaborazione, secondo forme apposite di coordinamento nazionale e regionale, basate sul Tavolo di coordinamento nazionale insediato presso il Ministero dell'interno con compiti di indirizzo, pianificazione e programmazione in materia di accoglienza, compresi quelli di individuare i criteri di ripartizione regionale dei posti da destinare alle finalità di accoglienza;
    è di tutta evidenza come il ruolo degli enti locali acquisti una importanza sempre maggiore, considerato anche il costante confronto tra prefetto e sindaco;
    nei centri governativi di accoglienza sparsi su tutto il territorio nazionale, devono inoltre essere garantiti adeguati standard igienico-sanitari e abitativi, oltre che di sicurezza e vanno altresì assicurate servizi di primo e secondo livello, quali prestazioni di accoglienza materiale, assistenza sanitaria, assistenza sociale e psicologica, mediazione linguistico-culturale, somministrazione di corsi di lingua italiana e servizi di orientamento legale e al territorio;
    per i beneficiari di misure di accoglienza accolti nel Sistema di accoglienza e integrazione (SAI) sono avviati ulteriori progetti di integrazione a cura delle amministrazioni competenti e nei limiti delle risorse disponibili;
    al fine di rafforzare il sistema di accoglienza pubblico, diffuso su tutto il territorio italiano, con il coinvolgimento delle istituzioni centrali e locali, con particolare riguardo ai Comuni di frontiera, maggiormente coinvolti nella gestione delle ondate migratorie, secondo una condivisione di responsabilità tra Ministero dell'interno ed enti locali,

impegna il Governo:

   a istituire nello stato di previsione del Ministero dell'interno un Fondo destinato al consolidamento di contributi strutturali in favore dei comuni di frontiera interessati dalla gestione dei flussi migratori, con una dotazione annua pari a 5 milioni di euro.
9/2727-A/56Brescia, Baldino, De Carlo, Lorefice, Dieni, Elisa Tripodi, Alaimo, Macina, D'Ambrosio, Maurizio Cattoi, Parisse.


   La Camera,
   premesso che:
    lo ius culturae è il principio che lega l'acquisizione della cittadinanza a un percorso formativo-culturale;
    sin dalla XVII Legislatura nell’iter parlamentare sin qui consolidato sarebbe previsto introdurre una modalità di acquisto della cittadinanza, inedita per l'ordinamento italiano;
    qualora venisse approvato il beneficiario potrebbe essere il minore straniero, che sia nato in Italia o vi abbia fatto ingresso entro il compimento di dato anno di età. Acquisterebbe così il diritto la cittadinanza italiana, avendo frequentato regolarmente un percorso formativo per un determinato numero di anni nel territorio nazionale. Con tale meccanismo per i figli degli immigrati regolarmente residenti accorcerebbero i tempi della richiesta di cittadinanza;
    la legge 91/92 attualmente in vigore e che si fonda sullo ius sanguinis, cioè sul diritto di discendenza da un italiano prevede che chi nasce e /o cresce in Italia possa chiedere di diventare cittadino al compimento del 18o anno di età. Nel caso venisse introdotto il nuovo principio, la cittadinanza non sarebbe comunque concessa in maniera automatica, ma per tramite di esplicita manifestazione di volontà;
    secondo l'ultimo rapporto curato dalla Fondazione Migrantes, a scuola, l'Italia dei futuro esiste già: le classi sono, infatti, sempre più multietniche. Nell'ultimo anno scolastico gli alunni stranieri erano 841.719 (9,7 per cento della popolazione scolastica totale), in aumento di 16 mila unità rispetto all'anno scolastico 2017/2018. I dati attestano, inoltre, che ben il 63,1 per cento degli alunni stranieri (con cittadinanza non italiana) in realtà è nato in Italia, circa 307 mila. In particolare, il settore della scuola primaria è ancora quello che registra il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana, ma nati qui,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di introdurre quanto prima il principio dello ius culturae per l'acquisizione della cittadinanza italiana a favore di tanti bambini e ragazzi, compagni di scuola e di gioco dei nostri figli e nipoti. Come richiesto da tante associazioni e realtà della società civile e del volontariato che hanno messo in campo straordinarie mobilitazione per arrivare ad una legge che sancisca definitivamente questo principio di civiltà.
9/2727-A/57Ungaro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 4 del decreto-legge riforma tutto il sistema d'accoglienza di cui al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 e al decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, prevedendo che possano essere collocati nelle strutture del Siproimi, ora Sistema di accoglienza e integrazione (SAI), sia i richiedenti asilo che i titolari di protezione;
    in vigore il d.lgs. 142/2015 il numero di persone accolte nel circuito dell'accoglienza era passato da circa 66 mila nel 2014 a 176 mila nel 2016 e nel 2017 i numeri non si sono discostati di molto dall'anno precedente;
    il sistema di accoglienza era stato oggetto di una profonda revisione con il decreto-legge n. 113 del 2018 (Sicurezza 1), in un'ottica di razionalizzazione della spesa pubblica secondo anche le indicazioni della Corte dei Conti;
    il nuovo sistema aveva riservato l'accoglienza nel Siproimi (ex Sprar), gestito dagli enti locali, a rifugiati e ai minori e destinato i servizi in esso erogati finalizzati ad una loro integrazione a favore di chi aveva titolo per permanere sul territorio nazionale;
    a seguito dell'intervento operato nel 2018 e grazie ad efficaci azioni di contrasto ai flussi migratori irregolari verso il nostro Paese adottate dall'allora Ministro dell'interno Salvini, il sistema, ormai giunto al collasso per le politiche migratorie dei precedenti governi, si era via via decongestionato ed era stato dato contestualmente un duro colpo al fenomeno corruttivo che numerose inchieste giornalistiche e giudiziarie negli anni precedenti avevano evidenziato relativamente alla gestione del sistema di accoglienza;
    la novella di cui al decreto-legge in esame prevedendo l'accoglienza all'interno del Sai sia dei richiedenti asilo che dei rifugiati di fatto riporta l'impianto del sistema di accoglienza a quello precedente al decreto-legge n. 113 del 2018;
    inoltre il provvedimento stabilisce con fonte primaria diversi servizi aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti nello schema di capitolato di appalto in vigore, tra cui la somministrazione di corsi di lingua italiana e l'assistenza psicologica, da garantire nei centri governata e nei Cas di cui agli articoli 9 e 11 del d.gls. 142/2015, con evidenti ulteriori costi,

impegna il Governo

   ad adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna al fine di intensificare le attività di controllo amministrativo- contabile e le attività di monitoraggio dirette ad accertare le effettive presenze e le prestazioni erogate nei centri di accoglienza.
9/2727-A/58Iezzi, Molinari, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bisa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Tateo, Tomasi, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione inlegge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento reca una significativa e incisiva modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed in particolare all'articolo 3, dispone in materia di trattenimento dello straniero il cui ingresso e soggiorno sia irregolare ai fini del rimpatrio;
    il comma 1, lettera c), numero 2 dell'articolo 3 prevede in caso di insufficiente disponibilità di posti nei centri di permanenza per il rimpatrio una sorta di «ordine di priorità» nell'effettuazione dei trattenimenti, limitandoli a soggetti ritenuti maggiormente pericolosi e contestualmente riduce i termini di trattenimento da centottanta a novanta giorni, consentendo di fatto agli stessi soggetti pericolosi di uscire in breve tempo da tali centri, con gravissime conseguenze di ordine e sicurezza pubblica;
    ai sensi della Direttiva 2008/115/CE il trattenimento all'interno dei centri per il rimpatrio (CPR) di cui all'articolo 14 del d.lgs. 286/98 è condizione essenziale ai fini dell'identificazione e dell'ottenimento della necessaria documentazione per l'effettivo allontanamento e rimpatrio dello straniero irregolare;
    stando agli ultimi dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, negli ultimi mesi e nonostante l'emergenza sanitaria degli scorsi mesi prorogata fino al 31 gennaio del 2021, sì è continuato a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali che hanno ormai raggiunto nei 2020 il numero di 32.224 rispetto ai 9.944 dello scorso anno, nonché degli arrivi anche dalle rotte terrestri;
    il 16 aprile scorso la Commissione Europea ha presentato le linee guida riguardo alle disposizioni e attuazioni delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento nell'ambito della pandemia da Covid-19 (2020/C 126/02) invitando gli Stati membri a «continuare a sostenere e promuovere attivamente il rimpatrio dei migranti irregolari»,

impegna il Governo

   ad adottare ogni iniziativa ritenuta più utile al fine di ampliare il numero e la capienza dei centri per il rimpatrio di cui all'articolo 14, comma 1 del d.lgs. 286/98 in modo da assicurare la presenza di almeno un centro per il rimpatrio in ogni Regione.
9/2727-A/59Centemero, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bitonci, Cantalamessa, Cavandoli, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento reca una significativa e incisiva modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed in particolare all'articolo 3, dispone in materia di trattenimento dello straniero il cui ingresso e soggiorno sia irregolare ai fini del rimpatrio;
    il comma 1, lettera c), numero 2 dell'articolo 3 prevede in caso di insufficiente disponibilità di posti nei centri di permanenza per il rimpatrio una sorta di «ordine di priorità» nell'effettuazione dei trattenimenti, limitandoli a soggetti ritenuti maggiormente pericolosi e contestualmente riduce i termini di trattenimento da centottanta a novanta giorni, consentendo di fatto agli stessi soggetti pericolosi di uscire in breve tempo da tali centri, con gravissime conseguenze di ordine e sicurezza pubblica;
    ai sensi della Direttiva 2008/115/CE il trattenimento all'interno dei centri per il rimpatrio (CPR) di cui all'articolo 14 del d.lgs. 286/98 è condizione essenziale ai fini dell'identificazione e dell'ottenimento della necessaria documentazione per l'effettivo allontanamento e rimpatrio dello straniero irregolare;
    stando agli ultimi dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, negli ultimi mesi e nonostante l'emergenza sanitaria degli scorsi mesi prorogata fino al 31 gennaio del 2021, si è continuato a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali che hanno ormai raggiunto nel 2020 il numero di 32.224 rispetto ai 9.944 dello scorso anno, nonché degli arrivi anche dalle rotte terrestri;
    il 16 aprile scorso la Commissione Europea ha presentato le linee guida riguardo alle disposizioni e attuazioni delle procedure di asilo e di rimpatrio e su reinsediamento nell'ambito della pandemia da Covid-19 (2020/C 126/02) invitando gli Stati membri a «continuare a sostenere e promuovere attivamente il rimpatrio dei migranti irregolari»,

impegna il Governo

   a prevedere l'istituzione di un apposito fondo di bilancio con vincolo di destinazione per la costruzione, il completamento, l'adeguamento e ristrutturazione dei centri di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
9/2727-A/60Gusmeroli, Molinari, Bitonci, Cantalamessa, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplino del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, all'articolo 3, dispone in materia di trattenimento dello straniero il cui ingresso e soggiorno sia irregolare ai fini del rimpatrio;
    al comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge all'esame viene abbreviato da centottanta a novanta giorni il termine di trattenimento degli immigrati irregolari nei centri di permanenza per il rimpatrio di cui all'articolo 14 del d.lgs. 286/98;
    la Direttiva 2008/115/CE recante Norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare dispone all'articolo 15 che la misura del trattenimento del cittadino terzo irregolare debba essere prevista «per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito» e comunque fino a sei mesi;
    il 16 aprile scorso la Commissione Europea (2020/C 126/02) ha invitato gli Stati membri a «continuare a sostenere e promuovere attivamente il rimpatrio dei migranti irregolari»;
    secondo i dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, negli ultimi mesi e nonostante l'emergenza sanitaria prorogata al 31 gennaio del 2021, si è continuato a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali che hanno ormai raggiunto nel 2020 il numero di 32.224 rispetto ai 9.944 dello scorso anno, nonché degli arrivi anche dalle rotte terrestri;
    stando ai numeri degli esiti delle decisioni dette Commissioni territoriali riferiti al mese di ottobre 2020, solo al 12 per cento delle domande esaminate è stato riconosciuto lo status d rifugiato mentre il 74 per cento ha ricevuto un diniego e dunque la maggior parte degli immigrati che giungono nel nostro Paese non ha titolo per rimanervi;
    in considerazione dell'eccezionale afflusso di cittadini stranieri irregolari registratosi in questi mesi, e ai fini del rimpatrio, risulta pertanto condizione necessaria e imprescindibile per assicurare l'effettiva e più efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione garantire un adeguato periodo di trattenimento nei centri di cui all'articolo 14 del d.lgs. 286/98 per l'ottenimento della documentazione necessaria dai Paesi di origine,

impegna il Governo

   a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di superarne le eventuali criticità che dovessero emergere con l'adozione tempestiva di ulteriori iniziative normative volte a prolungare i termini di trattenimento nei CPR dei cittadini di paesi terzi irregolari in linea con quanto disposto dall'articolo 15 della Direttiva 2008/115/CE.
9/2727-A/61Belotti, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Basini, Colmellere, De Angelis, Maturi, Patelli, Racchella, Sasso, Toccalini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorte del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, all'articolo 3, comma 1, abbrevia da centottanta a novanta giorni il termine di trattenimento degli immigrati irregolari nei centri di permanenza per il rimpatrio di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998;
    la Direttiva 2008/115/CE recante Norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare dispone all'articolo 15 che la misura del trattenimento del cittadino terzo irregolare debba essere prevista «per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito»;
    la medesima Direttiva consente agli stati di prolungare il trattenimento, previsto fino a 6 mesi, di altri dodici qualora «visiono ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai paesi terzi» (lettera b)), così come spesso accade e può, a maggior ragione, accadere per effetto della pandemia da COVID-19 che ha interessato anche i Paesi di origine degli stranieri irregolari presenti in Italia;
    secondo i dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza dei Ministero dell'interno, negli ultimi mesi e nonostante l'emergenza sanitaria prorogata al 31 gennaio del 2021, si è continuato a consentire invece l'ingresso in Italia a migliaia di immigrati irregolari, a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali (nel 2020 32.224 rispetto ai 9.944 dello scorso anno) e degli arrivi anche dalle rotte terrestri;
    stando ai numeri degli esiti delle decisioni delle Commissioni territoriali riferiti al mese di ottobre 2020, solo al 12 per cento delle domande esaminate è stato riconosciuto lo status di rifugiato mentre il 74 per cento ha ricevuto un diniego e dunque la maggior parte degli immigrati che giungono nel nostro Paese non ha titolo per rimanervi;
    in considerazione dell'eccezionale afflusso di cittadini stranieri irregolari registratosi in questi mesi, e ai fini del rimpatrio, risulta pertanto condizione necessaria e imprescindibile per assicurare l'effettiva e più efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione garantire un adeguato periodo di trattenimento nei centri di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998 per l'ottenimento della documentazione necessaria dai Paesi di origine,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa e, qualora risultassero inadeguate ed inefficienti, ad intervenire con ulteriori iniziative normative volte a prolungare il termine massimo per il trattenimento nei CPR dei cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno o ingresso siano irregolari di ulteriori dodici mesi in linea con l'articolo 15, paragrafo 6 della Direttiva 2008/115/CE.
9/2727-A/62Stefani, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Tonelli, Vinci, Ziello, Bisa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Tateo, Tomasi, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, all'articolo 3 dispone in materia di trattenimento degli immigrati irregolari nei centri di permanenza per il rimpatrio di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998;
    la misura dei trattenimento è considerata dalla Direttiva 2008/115/CE (cosiddetta Direttiva Rimpatri) recante Norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno e irregolare quale condizione necessaria affinché l'allontanamento dell'immigrato irregolare sia effettivamente eseguito;
    il decreto-legge 113 del 2018, cosiddetto decreto sicurezza 1, aveva aumentato la durata del trattenimento nei CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri) dai precedenti 90 a 180 giorni, in linea con quanto dispone l'articolo 15 della Direttiva 2008/115/CE, proprio al fine di rendere effettivi i rimpatri, in quanto secondo la relazione tecnica allora accompagnatoria del provvedimento in media sono necessari 5 mesi per il completamento delle procedure necessarie all'accertamento dell'identità e nazionalità degli irregolari e all'acquisizione dei necessari documenti di viaggio per il rimpatrio;
    la novella ha ridotto i termini di trattenimento nei CPR a 90, rendendo pertanto più difficile ottenere tali documenti ed eseguire l'effettivo rimpatrio dell'immigrato irregolare;
    secondo i dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, negli ultimi mesi e nonostante l'emergenza sanitaria prorogata al 31 gennaio del 2021, si è continuato a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali (nel 2020 32.224 rispetto ai 9.944 dello scorso anno) e degli arrivi anche dalle rotte terrestri;
    stando ai numeri degli esiti delle decisioni delle Commissioni territoriali riferiti al mese di ottobre 2020 circa l'80 per cento dei richiedenti asilo ottiene un diniego dalle Commissioni territoriali e quindi è irregolare;
    in considerazione dell'eccezionale afflusso di cittadini stranieri irregolari registratosi in questi mesi e delle modifiche apportate dal decreto-legge in conversione, si sottolinea ai fini del rimpatrio la necessità di implementare gli accordi bilaterali di riammissione con i Paesi terzi,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna al fine di implementare il numero degli accordi bilaterali con i Paesi di origine e di transito e le condizioni di riammissione in esse previste onde garantire l'effettiva e più efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione.
9/2727-A/63Giglio Vigna, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Grimoldi, Lucentini, Maggioni, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 1 modifica significativamente le norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in particolare relativamente alla gestione dei flussi migratori e alle misure di contrasto all'immigrazione clandestina;
    la novella incide profondamente sul procedimento per la limitazione o il divieto di transito e sosta di navi nel mare territoriale per motivi di sicurezza pubblica o di contrasto di violazioni delle leggi sull'immigrazione, sostituendo le norme di cui agli articoli 11 e 12 del Testo Unico immigrazione con la disciplina recata dal comma 2 dell'articolo 1, rendendo di fatto più facile l'ingresso e poi l'approdo sulle nostre coste dei natanti che imbarcano i migranti sulle coste nord-africane e dell'Asia Minore;
    il provvedimento, inoltre, incrementando il numero e la qualità dei permessi assicurati a chi giunge illegalmente in Italia, costituisce un evidente pull factor che incentiva l'immigrazione illegale e il business dei trafficanti di esseri umani e sta facendo tornare l'Italia, come accaduto negli anni 2016 e 2017, la porta d'ingresso privilegiata dall'immigrazione clandestina via mare e via terra;
    nonostante nell'aprile scorso un decreto firmato da quattro ministri (ma mai di fatto applicato) negò, a causa dell'emergenza Covid-19, lo sbarco in Italia di migranti soccorsi in aree SAR diverse da quella nazionale, dal 1o gennaio al 18 novembre del 2020 il numero degli immigrati sbarcati sul nostro territorio è stato di oltre 30 mila, con un incremento del 200 per cento rispetto stesso periodo dell'anno precedente;
    sempre secondo i dati forniti dal Ministero dell'Interno, la Tunisia rappresenta la prima nazionalità degli arrivi (12.478 nel 2020), seguita da Bangladesh (4.065), paesi nei quali non vi sono conflitti armati;
    alla luce dei costi conseguenti all'accoglienza e al rimpatrio degli immigrati irregolari giunti in Italia e senza i requisiti previsti dalla normativa nazionale e dalle convenzioni internazionali per potervi stare, occorre prevenire il loro arrivo, potenziare gli strumenti per contrastare i flussi migratori irregolari e le reti criminali dei trafficanti di esseri umani che la gestiscono e ripristinare il controllo de lo Stato sulle frontiere, anche quelle marittime;
    l'attività di sorveglianza consentirebbe non solo di contrastare in maniera efficace l'immigrazione irregolare e la connessa tratta degli esseri umani ma altresì di prevenire i naufragi e di salvare vite umane,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna al fine di promuovere intese e accordi con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori verso l'Italia finalizzati al pattugliamento congiunto e alla sorveglianza aereo-navale nelle zone marittime di ricerca e soccorso dei medesimi.
9/2727-A/64Molteni, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bisa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Tateo, Tomasi, Turri, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai focali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina dei Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento comporta una significa e incisiva modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed in particolare all'articolo 1, comma 1 novella l'articolo 6 del suddetto decreto legislativo disponendo in materia di conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro del permesso di soggiorno per protezione sociale di cui all'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
    è previsto che il suddetto permesso di soggiorno per protezione speciale venga rilasciato a seguito della decisione della Commissione territoriale competente qualora non ricorrano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e invece ricorrano quelli previsti dai commi 1 e 1.1. dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 286 del 1998, anch'esso oggetto di novella e che ha notevolmente ampliato i casi di non-refoulement;
    pertanto tale permesso può essere rilasciato a chi non possa essere espulso o respinto verso altro Stato non solo per motivi di persecuzione e tortura, ma ora anche per il rischio di trattamenti inumani e degradanti, o per la natura e la effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia e della durata del suo soggiorno ne territorio nazionale;
    tale provvedimento, incrementando il numero e la qualità dei permessi assicurati a chi giunge illegalmente in Italia, comporta inevitabilmente un effetto attrattivo che incentiva l'immigrazione illegale e il business dei trafficanti di esseri umani verso il nostro Paese;
    la norma così come formulata inoltre prevede una sorta di automatismo nella possibilità di conversione di tale permesso in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, senza prevedere alcun esplicito accertamento circa l'esistenza in capo al soggetto richiedente della disponibilità di adeguati mezzi di sussistenza, di idonea sistemazione alloggiativa e di una copertura sanitaria assicurativa, esponendo così la finanza pubblica, in particolare degli enti locali e delle regioni, a sostenere gravosi costi in termini di assistenza,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa e, ove inadatte, a modificarle nel senso di prevedere tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale in permesso di soggiorno per lavoro il possesso in capo al richiedente della disponibilità di adeguati mezzi di sussistenza, di idonea sistemazione alloggiativa e di una copertura sanitaria assicurativa.
9/2727-A/65Bordonali, Molinari, Iezzi, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bisa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Tateo, Tomasi, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli orticoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento comporta una completa rivisitazione delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed in particolare all'articolo 1, comma 1, novella l'articolo 6 del suddetto decreto legislativo disponendo in materia di conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro del permesso di soggiorno per calamità;
    tale permesso di soggiorno di cui all'articolo 20-bis del decreto legislativo n. 286 del 98, introdotto dal decreto-legge n. 113 del 2018 con il fine di tipizzare le forme di protezione speciale, è stato completamente stravolto dalla novella, diventando di fatto un permesso di soggiorno prorogabile ad libitum ed infine convertibile in permesso di soggiorno senza alcun specifico requisito relativamente all'effettiva capacità economica e autosufficienza dei richiedente, snaturandone il fine e tramutandolo in una vera e propria sanatoria;
    diverse inchieste hanno portato alla luce un vero e proprio mercato nero per la stipulazione di falsi contratti di lavoro con l'intento di garantire il permesso di soggiorno agli extracomunitari, dietro pagamento di ingenti somme di denaro, che tale novella andrà inevitabilmente ad incrementare;
    la mancata previsioni di stringenti e specifici requisiti nella norma in questione comporta una vera e propria sanatoria che come la più recente prevista dall'articolo 103 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, risulterà fallimentare e comporterà effetti gravissimi a carico, in ultimo, degli enti locali e delle regioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa e, ove emergessero forti e pesanti effetti negativi sul piano economico-finanziario, ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere, tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno per calamità un permesso di soggiorno per lavoro, il possesso in capo al richiedente della disponibilità di adeguati mezzi di sussistenza, di idonea sistemazione alloggiativa e di una copertura sanitaria assicurativa.
9/2727-A/66Durigon, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Caffaratto, Caparvi, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento al ’esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento comporta una significa e incisiva modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed in particolare all'articolo 1, comma 1 novella l'articolo 6 del suddetto decreto legislativo disponendo in materia di conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro del permesso di soggiorno per residenza elettiva;
    ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera c-quater), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, il permesso per residenza elettiva è rilasciato a coloro che siano titolari di una pensione percepita in Italia, ovvero dichiarino di essere autosufficienti pur non svolgendo attività lavorativa;
    pare del tutto contraddittoria la previsione di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro in favore di chi dovrebbe disporre già di mezzi di sostentamento;
    la previsione normativa introdotta che consente la conversione di tale permesso di soggiorno in altro per motivi di lavoro senza l'introduzione di alcun vincolo ma in modo sostanzialmente automatico risulta insensata e si inquadra nell'ambito della politica perseguita con il suddetto decreto di un ampliamento indiscriminato della possibilità di ottenere un permesso di soggiorno in Italia, che inevitabilmente costituisce un fattore di attrazione dei flussi migratori irregolari;
    tale politica che attirerà in Italia migliaia di immigrati economici per ottenere facilmente un permesso di soggiorno risulta ancor più grave nel momento in cui i cittadini italiani versano in una situazione di notevole difficoltà economica e sociale;
    secondo i dati dell'Istat, nel secondo trimestre 2020 nel nostro Paese i disoccupati sono saliti a 2.057.000, gli inattivi tra i 15 e i 64 anni sono aumentati di 5,5 punti percentuali rispetto al primo trimestre e di 10 punti rispetto al trimestre precedente raggiungendo quota 14.183.000 unità;
    l'applicazione del meccanismo di convertibilità in una fase, come quella attuale, di forte crisi occupazionale e di perdita di posti di lavoro, rischia di provocare un danno al Paese e di consegnare gli immigrati nelle mani delle associazioni criminali e dei caporali,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di monitorare e criticità prodotte e, di conseguenza, adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno per residenza elettiva in permesso di soggiorno per motivi di lavoro il possesso in capo al richiedente della disponibilità di adeguati mezzi di sussistenza, di idonea sistemazione alloggiativa e di una copertura sanitaria assicurativa.
9/2727-A/67Maggioni, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento comporta una significa e incisiva modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, così come novellato recentemente dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132, e dal decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, noti anche come Decreto Sicurezza 1 e bis;
    in particolare l'articolo 1, comma 1 modifica l'articolo 6 del decreto legislativo n. 286 del 1998, prevedendo la possibilità di convertire in permesso d soggiorno per motivi di lavoro il permesso di soggiorno rilasciato per attività sportiva, di cui all'articolo 27, comma 1, lettera p), in modo sostanzialmente automatico e senza alcuna espressa previsione di specifici vincoli o requisiti;
    tale previsione si configura pertanto come una conferma del tentativo, avvalorato dalla previsione di convertibilità prevista al medesimo articolo di numerosi altri permessi di soggiorno, di procedere con il provvedimento all'esame ad una sanatoria indiscriminata e avrà l'effetto di richiamare nel nostro Paese altre migliaia di migranti economici, oltre a quelli già sbarcati negli ultimi mesi;
    tale provvedimento si pone in netta contrapposizione rispetto alla necessità di un immediato contenimento dei flussi migratori illegali verso il nostro Paese anche alla luce della grave crisi economica in atto della pandemia da COVID-19, con effetti devastanti sia dal punto di vista finanziario, sanitario nonché di sicurezza e di ordine pubblico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di aver cognizione degli effetti negativi che le stesse potrebbero produrre e, di conseguenza, adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno per attività sportiva in permesso di soggiorno per motivi di lavoro il possesso in capo al richiedente della disponibilità di adeguati mezzi di sussistenza, di idonea sistemazione alloggiativa e di una copertura sanitaria assicurativa.
9/2727-A/68Racchella, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgente in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina dei Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento modifica le norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed in particolare all'articolo 1, comma 1 novella l'articolo 6 del suddetto decreto legislativo prevedendo la possibilità di automatica conversione del permesso di soggiorno per assistenza minori in permesso di soggiorno per motivi di lavoro;
    il permesso di soggiorno per assistenza minori è previsto dall'articolo 31, comma 3 del decreto legislativo n. 286 del 1998 il quale dispone che il Tribunale per i minorenni può autorizzare l'ingresso o la permanenza di un familiare del minore che si trova nel territorio italiano a precise e specifiche condizioni ossia quando ricorrano «gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore»;
    la norma, oltre a prevedere tali condizioni, in virtù dell'eccezionalità di tale permesso che può essere concesso «anche in deroga alle altre disposizioni» del Testo Unico Immigrazione, statuisce dunque che lo stesso debba essere rilasciato solo «per un periodo di tempo determinato» e comunque debba essere revocato quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio;
    è di tutta evidenza che tale permesso si configuri più come una autorizzazione all'ingresso in Italia di natura eccezionale e contingente, proprio perché effettuata in deroga alle disposizioni previste dal nostro ordinamento che regolano l'ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale;
    la previsione della sua convertibilità in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro contrasta pertanto con la ratio dell'articolo 31, comma 3 del decreto legislativo n. 286 del 98 prestandosi ad un uso strumentale della stessa;
    inoltre la mancanza di alcuna specifica condizione in merito alla effettiva capacità reddituale, del possesso di una idonea sistemazione alloggiativa, dove peraltro dovrebbe vivere il minore assistito, e di una copertura sanitaria assicurativa, espone ancor di più il nostro Paese ad un incremento dei flussi migratori attratti dalla prospettiva di poter facilmente ottenere un permesso di soggiorno in Italia;
    già il Consiglio di Stato con parere n. 1048 del 15 luglio 2015 si era espresso negativamente sulla convertibilità in permesso di lavoro di fattispecie di permesso di soggiorno da considerarsi una eccezione, come nel caso di quello per assistenza minori, rispetto all'impianto generale che poggia espressamente sulla programmazione dei flussi e sul sistema delle quote di ingresso,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno per assistenza minori di cui all'articolo 31, comma 3, del decreto legislativo n. 286 del 1998 in permesso di soggiorno per motivi di lavoro il possesso in capo al richiedente della disponibilità di adeguati mezzi di sussistenza, di idonea sistemazione alloggiativa e di una copertura sanitaria assicurativa.
9/2727-A/69Valbusa, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, all'articolo 1, comma 1 prevede la convertibilità in permesso di soggiorno per motivi di lavoro del permesso di soggiorno per protezione speciale di cui all'articolo 32, comma 3 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
    tale permesso viene rilasciato a seguito della decisione della Commissione territoriale qualora non ricorrano i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e invece ricorrano quelli previsti da commi 1 e 1.1. dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 286 del 1998, anch'essi oggetto di novella;
    tale provvedimento, incrementando il numero e la qualità dei permessi assicurati a chi giunge illegalmente in Italia, ha inevitabilmente un effetto attrattivo che incentiva l'immigrazione illegale e il business dei trafficanti di esseri umani verso il nostro Paese che occorre prontamente contrastare;
    la norma così come formulata prevede poi una sorta di automatismo nella possibilità di conversione di tale permesso, senza prevedere alcun esplicito accertamento circa una adeguata conoscenza della lingua italiana, requisito indispensabile per poter firmare un contratto di lavoro e presupposto perché i migranti possano essere titolari di rapporti giuridici, e dell'effettiva integrazione;
    l'accertamento di tali requisiti rappresenterebbero invece un valido strumento per il contrasto al fenomeno di contratti di lavoro falsi, fenomeno tristemente noto e più volte riportato dalla stampa;
    il mancato accertamento della conoscenza della lingua italiana va inoltre nella direzione opposta rispetto a quella dell'integrazione, favorendo la ghettizzazione dei migranti;
    l'articolo 4 del medesimo decreto-legge amplia la tipologia delle prestazioni erogate all'interno del circuito dell'accoglienza nei centri governativi e nei centri di accoglienza straordinaria, di cui rispettivamente agli articolo 9 e 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015, prevedendo, tra gli altri, anche la somministrazione di corsi di lingua italiana, precedentemente esclusi per ragioni di razionalizzazione della spesa pubblica;
    tali servizi di apprendimento della lingua italiana vengono erogati altresì all'interno del Sai (ex Siproimi) nel quale vengono accolti ora non solo i titolari di protezione ma anche i richiedenti asilo per effetto della novella;
   considerato l'investimento finanziario e la partecipazione a corsi di lingua italiana fin dall'ingresso nel circuito d'accoglienza del richiedente asilo, la sua conoscenza dovrebbe essere a maggior ragione raggiunta e accertata in occasione della conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro;
    la novella amplia inoltre i motivi per il riconoscimento della protezione speciale includendovi la natura e la effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia e della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere quale requisito per la conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale di cui all'articolo 32, comma 3, del decreto legislativo n. 25 del 2008 in permesso di soggiorno per motivi di lavoro la certificazione di una adeguata conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) e di una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, della cultura civica e della vita civile in Italia e, laddove presenti, l'adempimento dell'obbligo di istruzione da parte dei figli minori.
9/2727-A/70Tiramani, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, all'articolo 1, comma 1 novella l'articolo 6 del suddetto decreto legislativo disponendo in materia di conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro del permesso di soggiorno per residenza elettiva;
    ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera c-quater), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, il permesso per residenza elettiva è rilasciato a coloro che siano titolari di una pensione percepita in Italia, ovvero dichiarino di essere autosufficienti pur non svolgendo attività lavorativa;
    la previsione normativa introdotta che consente la conversione di tale permesso di soggiorno in altro per motivi di lavoro senza l'introduzione di alcun vincolo ma in modo sostanzialmente automatico risulta insensata in una fase, come quella attuale, di forte crisi occupazionale e di perdita di posti di lavoro e rischia di provocare un danno al Paese e di consegnare gli immigrati nelle mani delle associazioni criminali e dei caporali;
    tale meccanismo non prevede alcuno specifico requisito circa una adeguata conoscenza della lingua italiana, requisito invece indispensabile per poter firmare un contratto di lavoro e presupposto perché i migranti possano essere titolari di rapporti giuridici, né alcun riscontro circa l'effettiva integrazione dello stesso;
    il mancato accertamento della conoscenza della lingua italiana va inoltre nella direzione opposta rispetto a quella dell'integrazione, favorendo la ghettizzazione dei migranti,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno per residenza elettiva in permesso di soggiorno per lavoro la certificazione di una adeguata conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) e di una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, della cultura civica e della vita civile in Italia e, laddove presenti, l'adempimento dell'obbligo di istruzione da parte dei figli minori.
9/2727-A/71Paternoster, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento comporta una significa e incisiva modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sullo condizione dello straniero, così come novellato recentemente dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132, e dal decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, noti anche come Decreto Sicurezza 1 e bis;
    in particolare l'articolo 1, comma 1 modifica l'articolo 6 del decreto legislativo n. 286 del 1998, prevedendo la possibilità di convertire in permesso di soggiorno per motivi di lavoro il permesso di soggiorno rilasciato per attività sportiva, di cui all'articolo 27, comma 1, lettera p), in modo sostanzialmente automatico e senza alcuna espressa previsione di specifici vincoli o requisiti;
    tale meccanismo non prevede alcuno specifico requisito circa una adeguata conoscenza della lingua italiana, requisito invece indispensabile per poter firmare un contratto di lavoro e presupposto perché i migranti possano essere titolari di rapporti giuridici, né alcun riscontro circa l'effettiva integrazione dello stesso;
    il mancato accertamento della conoscenza della lingua italiana va inoltre nella direzione opposta rispetto a quella dell'integrazione, favorendo la ghettizzazione dei migranti;
    secondo quanto emerso anche da una recente inchiesta giornalistica, sarebbero ottomila giovanissimi calciatori africani fra i 10 e i 18 anni che passano dall'Italia ogni dodici mesi, adescati in nazioni poverissime come Mali, Ghana e Nigeria da sedicenti « talent scout», e sono spediti in giro per il mondo ad inseguire la promessa di contratti con grandi club professionistici;
    dietro questo sporchissimo business ci sono soprattutto bande di criminali e trafficanti di clandestini nordafricani, intermediari e procuratori senza scrupoli, ma pure, come dimostrato da alcune inchieste italiane (e non solo), direttori sportivi, società fantasma, fondi di investimento, con un giro d'affari di miliardi di euro;
    tale provvedimento si pone in netta contrapposizione rispetto alla necessità di un immediato contenimento dei flussi migratori illegali verso il nostro Paese anche alla luce della grave crisi economica in atto della pandemia da Covid-19, con effetti devastanti sia dal punto di vista finanziario, sanitario nonché di sicurezza e di ordine pubblico,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno per attività sportiva in permesso di soggiorno per lavoro la certificazione di una adeguata conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) e di una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, della cultura civica e della vita civile in Italia.
9/2727-A/72Pettazzi, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento stravolge completamente l'impianto del testo unico immigrazione, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in materia di requisiti per l'ingresso e il soggiorno del cittadino straniero nel nostro Paese e, in particolare l'articolo 1, comma 1 novella l'articolo 5 del decreto legislativo n. 286 del 1998 disponendo la convertibilità pressocché automatica del permesso di soggiorno per lavoro di tipo artistico in permesso di soggiorno per motivi di lavoro;
    il permesso di soggiorno per lavori di tipo artistico è disciplinato dall'articolo 27, comma 1 del decreto legislativo n. 286 del 1998, specificatamente alle lettere m), n) e o), assieme ad altre attività, non citate dal decreto-legge in esame, per le quali è previsto il rilascio di permessi di soggiorno al di fuori delle quote stabilite dal Decreto flussi annuale e la cui disciplina viene demandata al regolamento di attuazione del TU Immigrazione;
    la novella e la mancata previsione di specifici requisiti o vincoli per la conversione del permesso di soggiorno per lavoro artistico non solo contrasta con altre disposizioni del TU Immigrazione volte a regolare la condizione dello straniero in Italia ma altresì con le specifiche previsioni per tale tipo di permesso che, insieme ad altri, costituisce dunque un'eccezione;
    inoltre la novella non prevedere alcun esplicito accertamento circa una adeguata conoscenza della lingua italiana, requisito indispensabile per poter firmare un contratto di lavoro e presupposto perché i migranti possano essere titolari di rapporti giuridici, e dell'effettiva integrazione;
    l'accertamento di tali requisiti rappresenterebbero invece un valido strumento per il contrasto al fenomeno di contratti di lavoro falsi, fenomeno tristemente noto e più volte riportato dalla stampa;
    il mancato accertamento della conoscenza della lingua italiana va inoltre nella direzione opposta rispetto a quella dell'integrazione, favorendo la ghettizzazione dei migranti;
    l'aumento delle tipologie di permesso di soggiorno e la loro automatica conversione in permessi di soggiorno per lavoro costituisce quindi un evidente pull factor di flussi migratori illegali verso l'Italia gestiti dai trafficanti di esseri umani, che andranno ad incrementare quelli già esponenziali registrati negli ultimi mesi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno per lavoro di tipo artistico in permesso di soggiorno per motivi di lavoro la certificazione di una adeguata conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) e di una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, della cultura civica e della vita civile in Italia e, laddove presenti, l'adempimento dell'obbligo di istruzione da parte dei figli minori.
9/2727-A/73Bubisutti, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    all'articolo l'articolo 1, comma 1 il provvedimento stravolge completamente l'impianto del TU immigrazione, decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 285, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in materia di requisiti per l'ingresso e il soggiorno del cittadino straniero nel nostro Paese;
    tale articolo novella l'articolo 6 del decreto legislativo n. 285 del 1998 disponendo la convertibilità in permesso di soggiorno per motivi di lavoro di una serie di permessi prima esclusi, ossia dei permessi di soggiorno per protezione speciale, per calamità, per residenza elettiva, per acquisto della cittadinanza o dello stato di apolide, per attività sportiva, per lavoro di tipo artistico, per motivi religiosi e per assistenza minori;
    per effetto della novella tale conversione è di fatto automatica rinviando la norma a un generico «ove ne ricorrano i requisiti» senza specificare nel merito quali siano;
    la novella e la mancata previsione di specifici requisiti o vincoli per la conversione dei permessi di soggiorno sopra indicati non solo contrasta con altre disposizioni del TU Immigrazione volte a regolare la condizione dello straniero in Italia ma altresì con le specifiche previsioni per essi che, insieme ad altri, costituiscono dunque un'eccezione;
    inoltre la novella non prevede alcun esplicito accertamento circa una adeguata conoscenza della lingua italiana, requisito indispensabile per poter firmare un contratto di lavoro e presupposto perché i migranti possano essere titolari di rapporti giuridici, né requisiti reddituali o abitativi, come invece previsto in numerosi altri casi dal Testo Unico Immigrazione, né altri ritenuti indispensabili per l'effettiva integrazione dell'immigrato nel nostro Paese;
    l'aumento delle tipologie di permesso di soggiorno e la loro automatica conversione in permessi di soggiorno per lavoro costituisce quindi un evidente pull factor di flussi migratori illegali verso l'Italia gestiti dai trafficanti di esseri umani, che andranno ad incrementare quelli già esponenziali registrati negli ultimi mesi;
    inoltre tale previsione si rivela del tutto ingiustificata stante la grave crisi non solo sanitaria ma soprattutto economica che sta investendo il nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni sopra richiamate, al fine di riconsiderare integralmente l'impianto normativo relativamente a quanto esposto in premessa, nonché ad effettuare un monitoraggio e a verificarne, con cadenza almeno semestrale la prassi applicativa.
9/2727-A/74Giaccone, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina dei Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento modifica le norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 285, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed in particolare all'articolo 1, comma 1 novella l'articolo 6 del suddetto decreto legislativo prevedendo la possibilità di automatica conversione del permesso di soggiorno per assistenza minori in permesso di soggiorno per motivi di lavoro;
    il permesso di soggiorno per assistenza minori è previsto dall'articolo 31, comma 3 del decreto legislativo n. 286 del 1998 il quale dispone che il Tribunale per i minorenni può autorizzare l'ingresso o la permanenza di un familiare del minore che si trova nel territorio italiano a precise e specifiche condizioni ossia quando ricorrano «gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore»;
    la norma, oltre a prevedere tali condizioni, in virtù dell'eccezionalità di tale permesso che può essere concesso «anche in deroga alle altre disposizioni» del Testo Unico Immigrazione, statuisce dunque che lo stesso debba essere rilasciato solo «per un periodo di tempo determinato» e comunque debba essere revocato quando vengono a cessare i gravi motivi che ne giustificavano il rilascio;
    è di tutta evidenza che tale permesso si configuri più come una autorizzazione all'ingresso in Italia di natura eccezionale e contingente, proprio perché effettuata in deroga alle disposizioni previste dal nostro ordinamento che regolano l'ingresso e la permanenza dello straniero nel territorio nazionale;
    la previsione della sua convertibilità in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro contrasta pertanto con la ratio dell'articolo 31, comma 3 del decreto legislativo n. 286 del 1998 prestandosi ad un uso strumentale della stessa, aggravato dalla mancata previsione di alcun esplicito accertamento circa una adeguata conoscenza della lingua italiana, requisito indispensabile per poter firmare un contratto di lavoro e presupposto perché i migranti possano essere titolari di rapporti giuridici, e dell'effettiva integrazione del richiedente,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al f ne adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna al fine di prevedere tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno per assistenza minori di cui all'articolo 31, comma 3 del decreto legislativo n. 286 del 1998 in permesso di soggiorno per motivi di lavoro la certificazione di una adeguata conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER) e di una sufficiente conoscenza dei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica, della cultura civica e della vita civile in Italia e, laddove presenti, l'adempimento dell'obbligo di istruzione da parte dei figli minori.
9/2727-A/75Lucchini, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina dei Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento reca una significativa e incisiva modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed in particolare all'articolo 1 novella l'articolo 12 del decreto legislativo n. 286 del 1998;
    l'articolo 12 del Testo Unico Immigrazione prevede, nell'ambito delle disposizioni volte al contrasto dell'immigrazione clandestina, il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, configurando due tipologie; il favoreggiamento dell'ingresso illegale (comma 1) e la permanenza illegale dello straniero (commi 5 e 5-bis), mentre la «vera» struttura portante della disciplina penale in materia è senz'altro costituita dalla disposizione in materia di circostanze aggravanti, di cui al comma 3;
    secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno mediante il giornaliero cruscotto statistico, gli sbarchi illegali hanno raggiunto ormai la cifra record di oltre 32 mila da inizio anno, un numero di gran lunga superiore a quello del 2019 ove furono circa 10 mila;
    è noto, come hanno evidenziato numerose inchieste nazionali e internazionali, che l'immigrazione irregolare è gestita da organizzazioni criminali che operano in diversi Paesi del mondo e che traggono vantaggio e profitto dai deficit legislativi dei paesi di destinazione e dalla mancanza di controlli sulla frontiera;
    per bloccare la commissione di questi reati aberranti, che creano un gravissimo allarme sociale nell'opinione pubblica, lo Stato non ha altro mezzo che prevedere pene esemplari che consentano di dissuadere questi criminali, attuando così una politica chiara e coerente;
    l'effetto dissuasivo di pene severe nei confronti dei trafficanti di esseri umani consentirà, altresì, di restituire allo Stato il potere di controllare i flussi migratori verso il proprio territorio, piuttosto che essere costretti ad affrontare gli arrivi incontrollati, alimentati da organizzazioni criminali,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi del provvedimento, al fine di assumere ulteriori provvedimenti per aumentare le pene previste in materia di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 per contrastare con maggiore efficacia i flussi migratori illegali verso l'Italia.
9/2727-A/76Cecchetti, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bisa, Di Muro, Marchetti, Morrone, Paolini, Potenti, Tateo, Tomasi, Turri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto dei web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 4 modifica le norme di cui al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 di attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, che a suo tempo aveva riformato l'intero sistema dell'accoglienza in Italia;
    stando ai dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, negli ultimi mesi nonostante l'emergenza sanitaria da Covid-19, si è continuato a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali in Italia che hanno ormai raggiunto nel 2020 il numero di oltre 30 mila rispetto ai 10 mila dello scorso anno, ed un aumento anche degli arrivi dalle rotte terrestri;
    in conseguenza dell'aumento dei flussi migratori illegali nel nostro Paese si stanno registrando fortissime e preoccupanti criticità, stante l'assolta mancanza de necessari requisiti di sicurezza dei centri individuati per l'accoglienza e per il prescritto periodo di quarantena degli immigrati, come dimostrano le condizioni di sovraffollamento delle stesse, le continue rivolte al loro interno e le numerose fughe da tali strutture, riportate quotidianamente dalle cronache, di soggetti in isolamento o trovati positivi al Covid-19;
    tali fatti vengono registrati quotidianamente nonostante invece ai cittadini italiani ormai da mesi si stanno chiedendo grandissime rinunce e limitazioni dei propri diritti costituzionalmente garantiti, con la previsione di sanzioni in caso di mancato rispetto delle regole;
    gli episodi sopra riportati espongono la popolazione ad elevatissimi pericoli di contagio con il rischio di vanificare tutti i sacrifici finora fatti,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più utile al fine di garantire l'immediato trattenimento nei centri di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998 degli immigrati che si sottraggono alla quarantena o all'isolamento successivamente all'accertamento della loro positività al Covid-19.
9/2727-A/77Caparvi, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Paolin, Sutto, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 132-bis, 391-bis, 391-ter e 538 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 4 modifica le norme di cui al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 di attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, che a suo tempo aveva riformato l'intero sistema dell'accoglienza in Italia;
    stando agli ultimi dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, negli ultimi mesi nonostante l'emergenza sanitaria da Covid-19, si è continuato a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali in Italia che hanno ormai raggiunto nel 2020 il numero di oltre 30 mila rispetto ai 10 mila dello scorso anno, ed anche degli arrivi dalle rotte terrestri;
    in conseguenza dell'aumento dei flussi migratori illegali nel nostro Paese si stanno registrando fortissime e preoccupanti criticità, stante l'assolta mancanza dei necessari requisiti di sicurezza dei centri individuati per l'accoglienza e per il prescritto periodo di quarantena degli immigrati;
    diverse inchieste giornalistiche hanno evidenziato le condizioni di sovraffollamento delle stesse, le continue rivolte al loro interno e le numerose fughe da tali strutture di soggetti in isolamento o trovati positivi al Covid-19;
    tali fatti vengono registrati quotidianamente nonostante invece ai cittadini italiani ormai da mesi si stanno chiedendo grandissime rinunce e limitazioni dei propri diritti costituzionalmente garantiti, con la previsione di sanzioni in caso di mancato rispetto delle regole;
    gli episodi sopra riportati espongono la popolazione ad elevatissimi pericoli di contagio con il rischio di vanificare tutti i sacrifici finora fatti;
    stando ai dati forniti dalla Commissione nazionale d'Asilo circa gli esiti delle domande di protezione internazionale, circa l'80 per cento dei richiedenti è privo di alcun requisito previsto dalla normativa internazionale e nazionale per ottenere una forma di protezione in Italia e pertanto dovrebbe essere quanto prima rimpatriato;
    l'articolo 2 del provvedimento all'esame interviene sulla procedura di esame delle domande di protezione internazionale relativamente a l'esame prioritario e accelerato delle stesse,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più utile, anche di carattere normativo, al fine di prevedere – tra i casi di esame prioritario – le domande dei richiedenti asilo nei centri d accoglienza che si allontanano dagli stessi sottraendosi alle prescritte misure di quarantena o all'isolamento per positività al Covid-19.
9/2727-A/78Lazzarini, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Boldi, De Martini, Foscolo, Locatelli, Panizzut, Paolin, Sutto, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, all'articolo 4 riforma le disposizioni vigenti in materia di accoglienza dei richiedenti asilo;
    inoltre l'articolo 1 del decreto-legge, con una modifica apportata in sede referente, novella l'articolo 3, comma 4 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in materia di programmazione dei flussi migratori sopprimendo sia il termine del 30 novembre che il limite delle quote;
    contestualmente il medesimo articolo interviene in materia dei requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno speciale e in materia di conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro di una serie di permessi di soggiorno aventi natura temporanea, precedentemente esclusi;
    le disposizioni del decreto-legge oggetto di conversione produrranno incisivi effetti sui flussi migratori verso l'Italia, costituendo un evidente pulì factor di quelli irregolari attirati dalla prospettiva di una facile regolarizzazione;
    diverse inchieste giornalistiche hanno documentato negli ultimi mesi in Sicilia rivolte e ripetute fughe dai suddetti centri anche di soggetti positivi al virus e, stante i numeri sopra riportati e considerato il trend degli arrivi di immigrati irregolari che sono già arrivati a quota oltre 30 mila rispetto ai 10 mila dello scorso anno, è di tutta evidenza che tale situazione rappresenta un gravissimo rischio sanitario in primis per la popolazione locale ed in generale per tutto il Paese;
    a causa dei continui sbarchi sulle coste dell'isola, numerosi amministratori di diversi schieramenti politici e comitati di cittadini hanno più volte denunciato, legittimamente preoccupati, una situazione che si sta sempre più aggravando;
    anche nel corso dell'esame del decreto-legge in sede referente in Commissione affari costituzionali sono stati chiamati in audizioni diversi sindaci, tra cui quello di Lampedusa e Siculiana, proprio per gli effetti che la novella produrrà sui flussi migratori irregolari e principalmente nelle zone di arrivo e sbarco;
    lo scorso 17 novembre è stata effettuata una visita del presidente del Comitato Bicamerale di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen e del Presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani presso l’hotspot di Lampedusa, in contrada Imbriacola, rilevando una situazione intollerabile ed esplosiva: a fronte della capienza massima di 192 ospiti, erano presenti 685 immigrati in condizioni igienico sanitarie vergognose, assembrati e alcuni senza mascherina;
    più recentemente mercoledì 25 novembre a Messina sono sbarcati 143 immigrati di cui ben 62 hanno fatto perdere immediatamente le proprie tracce,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna per fermare i flussi migratori illegali verso il nostro Paese e le coste della regione Sicilia.
9/2727-A/79Minardo, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Alessandro Pagano.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli orticoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 1 dei decreto-legge, con una modifica apportata in sede referente, novella l'articolo 3, comma 4 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in materia di programmazione dei flussi migratori e riguardo alle misure di limitazione o divieto di transito e sosta nel mare territoriale;
    le disposizioni del decreto-legge oggetto di conversione produrranno incisivi effetti sui flussi migratori verso l'Italia, costituendo un evidente pull factor di quelli irregolari attirati dalla prospettiva di una facile regolarizzazione;
    l'emergenza degli arrivi di immigrati irregolari sulle coste meridionali della Sardegna sta continuando senza sosta ormai da mesi e la situazione è ormai fuori controllo, come dimostrano anche le condizioni di sovraffollamento e promiscuità e le continue rivolte all'interno del centro di accoglienza di Monastir e le ripetute fughe degli immigrati ivi trattenuti;
    recentemente si stanno registrando in Sardegna arrivi di cittadini non più solo algerini ma anche di altre nazionalità provenienti dal Sahel, elemento che induce a ipotizzare che sulle coste dell'Algeria Orientale possano venire dirottati parte dei traffici gestiti finora dalla Tripolitania libica;
    quanto sopra evidenziato sta ovviamente esponendo la popolazione sarda, nonostante i sacrifici del mesi scorsi e le conseguenti pesanti ripercussioni economiche, ad ingiustificabili rischi sia in termini di sicurezza ed anche sotto il profilo sanitario,

impegna il Governo

ad adottare specifiche misure per garantire il controllo dei confini marittimi e fermare i flussi migratori illegali verso le coste della Sardegna nonché per procedere all'immediato rimpatrio degli immigrati irregolari finora giunti illegalmente sull'isola.
9/2727-A/80Zoffili, Molinari, Iezzi, De Martini, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento reca una significativa modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, principalmente all'articolo 1 con riguardo alla programmazione dei flussi migratori e all'articolo 3 relativamente alle modalità di trattenimento ai fini del rimpatrio;
    nel corso dell'esame del provvedimento sono stati chiamati in audizione diversi rappresentati dei Sindacati delle Forze dell'ordine;
    l'allarmante aumento degli sbarchi di immigrati irregolari sulle nostre coste, con ben oltre 30 mila arrivi, e la mancata adozione di opportune misure per fermare i continui flussi migratori illegali anche in questo periodo di emergenza epidemiologica, stanno suscitando enorme preoccupazione per gli elevati rischi sanitari a cui si sta così esponendo non solo tutta la popolazione ma anche, in particolare, gli uomini e le donne delle forze dell'ordine;
    questi ultimi vengono quotidianamente inviati in prima linea a gestire le operazioni di sbarco, a presidiare i centri di accoglienza e al rintraccio degli immigrati fuggiti da tali strutture;
    i numerosi i casi riportati anche dalla stampa di agenti di polizia posti in quarantena a seguito di contatto con immigrati risultati anche successivamente positivi al virus non fa che confermare l'ingiustificato e gravissimo rischio di contagio a cui quotidianamente viene esposta la salute non solo dei poliziotti, nell'adempimento con spirito di servizio al proprio dovere e alle direttive impartite, ma, inevitabilmente, anche quella delle loro famiglie;
    questa situazione, oltre ad essere già di per sé gravissima sotto il profilo della dovuta tutela dal punto di vista sanitario che dovrebbe essere garantita agli agenti delle forze dell'ordine, comporta, altresì, evidentemente ulteriori problemi anche dal punto di vista della sicurezza, poiché con tali modalità si sta privando il territorio di risorse indispensabili per assicurarne il presidio a favore della collettività,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa al fine di implementare le misure a tutela dell'incolumità e della salute degli agenti delle forze dell'ordine, in particolare di quelli impegnati quotidianamente nelle operazioni successive agli sbarchi che si stanno susseguendo illegalmente sulle coste del nostro paese, per prevenire il rischio di contagio da Covid-19 degli agenti medesimi ed anche a tutela delle loro famiglie.
9/2727-A/81Carrara, Molinari, Tonelli, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento modifica in maniera incisiva le norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, e per effetto di tali modifiche avrà dunque un enorme impatto negativo sulla gestione dei flussi migratori verso il nostro Paese e sull'attività di contrasto all'immigrazione clandestina;
    difatti, è di tutta evidenza che le nuove forme di permesso di soggiorno speciale, la possibilità della loro conversione pressoché automatica in permesso di lavoro e i minori poteri di interdizione di transito e sbarco in capo al Ministro dell'interno costituiscono un fattore di attrazione dei flussi migratori irregolari verso il nostro Paese, già oggetto di una vera e propria invasione;
    secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno sul sito istituzionale relativamente al numero degli sbarchi irregolari questi ultimi sono quadruplicati rispetto allo scorso anno mentre sempre secondo i rapporti della Commissione nazionale di asilo circa l'80 per cento delle domande di asilo presentate dagli immigrati giunti in Italia è priva dei requisiti per ottenere alcuna forma di protezione;
    anche in conseguenza dell'aumento esponenziale degli sbarchi sulle nostre coste, ancora più grave appare la situazione al confine con la Francia, in particolare a Ventimiglia, meta di immigrati clandestini che qui sostano in bivacchi e accampamenti abusivi in attesa di varcare il confine e raggiungere il paese d'oltralpe, ora maggiormente esposta agli arrivi migratori illegali con conseguenti rischi anche di tipo sanitario per la popolazione locale;
    a conferma di quanto sopra la circostanza che nel corso dell'esame del decreto-legge in Commissione Affari costituzionali, sono stati chiamati in audizione sia il sindaco di Ventimiglia Gaetano Scullino, in data 6 novembre e il dottor Martino Santacroce, dirigente della Polizia di Frontiera di Ventimiglia, in data 4 novembre;
    nel corso dell'audizione del Sindaco di Ventimiglia si è appreso che il numero di immigrati che sono transitati da Ventimiglia negli ultimi 5 anni supera di molto il numero di 100.000 e i respingimenti dalla Francia intorno ai 94.000, con una media di 20.000 immigrati all'anno;
    è emerso altresì che tali respingimenti al confine con Ventimiglia avvengono senza che venga preavvisata la Prefettura di Imperia o la Polizia di Frontiera,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna volta a intensificare nel comprensorio ventimigliese al confine con la Francia le operazioni di rintraccio e trasferimento nei CPR degli immigrati irregolari al fine di garantirne il trattenimento e l'effettivo rimpatrio.
9/2727-A/82Foscolo, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Di Muro.


   La Camera,
   premesso che:
    in particolare l'articolo 1 stravolge completamente l'intero impianto normative contenuto nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in materia di controllo dei confini terrestri;
    inoltre le nuove forme di permesso di soggiorno speciale, la possibilità della loro conversione pressoché automatica in permesso di lavoro, oltre ai minori poteri di interdizione di transito e sbarco in capo al Ministro dell'interno, costituiscono un fattore di attrazione dei flussi migratori irregolari verso il nostro Paese, che hanno già raggiunta la cifra record di oltre 30.000 solo dalla rotta marittima, di gran lunga superiore rispetto a quella dello scorso anno (10.000) ed anche di quello precedente;
    secondo i dati forniti dalla Commissione Nazionale d'Asilo circa l'80 per cento delle domande di protezione internazionale ha ricevuto un diniego, risultando infondate e prive dei requisiti per ottenere qualsivoglia protezione;
    è di tutta evidenza la necessità di fermare i flussi migratori illegali verso l'Italia per le gravissime conseguenze ed i rischi dal punto vista sanitario e della sicurezza a cui viene esposta la popolazione delle zone interessate dagli ingressi sia marittimi che terrestri ma in generale tutto il Paese;
    quanto accaduto a Nizza e a Vienna è di assoluta gravità e impone una profonda riflessione in ordine alle conseguenze e responsabilità delle politiche migratorie dell'attuale maggioranza poiché se l'autore della strage di Nizza non fosse sbarcato o fosse stato trattenuto non avrebbe commesso l'attentato;
    l'articolo 4 del decreto-legge n. 53 del 2019, noto come decreto Sicurezza 2, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n. 77 ha introdotto nel nostro ordinamento specifiche disposizioni per il potenziamento delle operazioni di polizia sotto copertura di cui all'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, anche con riferimento alle attività di contrasto del delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e risorse per gli oneri conseguenti ad operazioni effettuate da operatori di Stati esteri con i quali siano stati stipulati appositi accordi,

impegna il Governo

ad implementare le risorse destinate alle operazioni sotto copertura di cui all'articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, anche con riferimento alle attività di contrasto del delitto di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
9/2727-A/83Invernizzi, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    in particolare l'articolo 1 stravolge completamente l'intero impianto normativo contenuto nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, relativamente alla sorveglianza delle frontiere marittime e in materia di permessi di soggiorno;
    le nuove forme di permesso di soggiorno speciale, la possibilità della loro conversione pressoché automatica in permesso di lavoro, i minori poteri di interdizione di transito e sbarco in capo al Ministro dell'interno costituiscono un fattore di attrazione dei flussi migratori irregolari verso il nostro Paese, che hanno ormai raggiunto la cifra record di oltre 30 mila ingressi dalla rotta marittima;
    stando ai dati forniti dal Dipartimento per le Libertà civili e l'immigrazione la prima nazionalità riguardo al numero degli immigrati sbarcati è quella tunisina con 12.478 arrivi, un paese in cui è noto non sono in corso conflitti armati, trattandosi pertanto di cosiddetti «migranti economici»;
    diverse inchieste giornalistiche hanno più volte denunciato l'esistenza di organizzazioni criminali locali che, anche mediante l'utilizzo dei social network, organizzano dietro pagamento i viaggi clandestini per raggiungere le coste italiane;
    secondo i dati forniti dalla Commissione Nazionale d'Asilo solo l'11 per cento dei richiedenti protezione internazionale è risultato un rifugiato, mentre circa l'80 per cento delle domande di protezione internazionale ha ricevuto un diniego, risultando infondate e prive dei requisiti per ottenere qualsivoglia protezione;
    è di tutta evidenza anche la necessità di fermare i flussi migratori illegali verso l'Italia per le gravissime conseguenze ed i rischi oltre che in termini di sicurezza anche dal punto vista sanitario a cui viene esposta la popolazione delle zone interessate dagli ingressi sia marittimi che terrestri ma in generale tutto il Paese,

impegna il Governo

ad adottare misure specifiche, anche di carattere normativo, volte a potenziare le attività di sorveglianza marittima nel mare territoriale del nostro Paese e nelle sue adiacenze.
9/2727-A/84Ravetto, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 1 stravolge completamente le norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, con particolare riguardo alla programmazione dei flussi migratori;
    in conseguenza delle modifiche apportate nel corso dell'esame in Commissione I, si segnala la modifica alla disciplina dei decreti flussi, introdotta fin dal 1998 dalla legge Turco-Napolitano, con la soppressione del termine previsto per la programmazione triennale da parte del Governo sulla base delle esigenze del mercato del lavoro e del limite delle quote stabilite nel decreto emanato nell'anno precedente;
    tale modifica, insieme a quelle relativamente alla disciplina dei permessi di soggiorno e del nuovo sistema di accoglienza, avrà un forte impatto sui territori, in particolare su quelli di confine, costituendo un fattore di attrazione dei flussi migratori illegali verso il nostro Paese;
    proprio con riguardo all'impatto della novella, sono stati coinvolti nel dibattito e invitati in audizione in Commissione Affari costituzionali diversi amministratori locali, tra cui il Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, che come noto è uno dei territori più esposti a tali flussi, dovuti alla ripresa della cosiddetta rotta balcanica;
    difatti, sebbene i dati pubblicati sul cruscotto giornaliero a cura del Ministero dell'interno riguardino solo gli sbarchi, diverse inchieste giornalistiche hanno denunciato una gravissima situazione anche nelle località a ridosso dei confini terrestri per l'aumento esponenziale degli arrivi di immigrati clandestini, anche durante i mesi dell'emergenza sanitaria da Covid-19, con gravissimi rischi per la popolazione locale,

impegna il Governo

ad implementare le attività di presidio dei confini terrestri della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia e le operazioni di rintraccio sul territorio degli immigrati che vi hanno fatto ingresso irregolarmente al fine di provvedere al loro trattenimento nei CPR ed effettivo rimpatrio.
9/2727-A/85Moschioni, Molinari, Gava, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bubisutti, Panizzut.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 1 stravolge completamente le norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, con particolare riguardo alla programmazione dei flussi migratori;
    nel corso dell'esame del decreto-legge in sede referente da parte della Commissione Affari costituzionali sono stati chiamati in audizione diversi esponenti degli enti locali e delle Regioni, per gli evidenti effetti del provvedimento sui territori del nostro Paese;
    stando agli ultimi dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, negli ultimi mesi e nonostante l'emergenza sanitaria degli scorsi mesi prorogata fino al 31 gennaio del 2021, si è continuato a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali che hanno ormai raggiunto nel 2020 il numero di 32.224 rispetto ai 9.944 dello scorso anno, nonché degli arrivi anche dalle rotte terrestri;
    la crescita esponenziale dei flussi immigratori verso le coste del nostro Paese sta esponendo i cittadini, ai quali nei mesi scorsi ed ancora per i prossimi il Governo ha chiesto enormi sacrifici, ad ingiustificati e gravissimi rischi;
    la regione Calabria, stante i confini in gran parte marittimi, è una tra quelle più esposte ai flussi migratori clandestini;
    in particolare lungo la costa della Locride si susseguono senza sosta gli sbarchi di immigrati irregolari, l'ultimo di circa 120 persone di diverse nazionalità a bordo di un peschereccio di oltre 20 metri intercettato dalla sezione navale della Guardia di Finanza di Roccella Ionica a 30 miglia di distanza dalla costa al largo di Capo Sparivento,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna per il presidio e il controllo dei confini marittimi della Calabria al fine di fermare i flussi migratori illegali verso le coste della regione e delle azioni di rintraccio degli immigrati clandestini al fine del loro trattenimento e rimpatrio.
9/2727-A/86Furgiuele, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento reca una significa e incisiva modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in particolare all'articolo 3 con riguardo alle modalità di trattenimento degli immigrati irregolari al fine dei loro rimpatrio;
    la Direttiva 2008/115/CE recante Norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare dispone all'articolo 15 che la misura del trattenimento del cittadino terzo irregolare debba essere prevista «per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito», ossia per espletare le necessarie procedure ed ottenere i documenti dai Paesi di origine;
    con propria comunicazione (2020/C 126/02) dello scorso aprile recante «Covid-19: linee guida sull'attuazione delle disposizioni dell'UE nel settore delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento» la Commissione europea ha sottolineato la necessità di «continuare a sostenere e promuovere attivamente il rimpatrio dei migranti irregolari»;
    l'articolo 12, comma 1 del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n. 77, ha istituito nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, un fondo destinato a finanziare interventi di cooperazione mediante sostegno al bilancio generale o settoriale ovvero intese bilaterali, comunque denominate, con finalità premiali per la particolare collaborazione nel settore della riammissione di soggetti irregolari presenti sul territorio nazionale e provenienti da Stati non appartenenti all'Unione europea,

impegna il Governo

a implementare il Fondo di cui all'articolo 12, comma 1 del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 2019, n. 77.
9/2727-A/87Garavaglia, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'articolo 2 reca modifiche al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 in materia di controversie sulle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale e di impugnazione dei provvedimenti delle commissioni territoriali;
    il decreto legislativo n. 25 del 2008 ha recepito la direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, successivamente modificata dalla Direttiva 2013/32;
    tale Direttiva 2013/32 prevede all'articolo 21 paragrafo 2 che «Gli Stati membri possono prevedere che l'assistenza e la rappresentanza legali gratuite di cui all'articolo 20 siano fornite soltanto nelle procedure di impugnazione a norma del capo V dinanzi o un giudice di primo grado e non per i ricorsi o riesami ulteriori previsti dal diritto nazionale; compresi i riesami ulteriori delle cause o i giudizi d'appello»;
    secondo i dati resi noti dalla Commissione Nazionale d'Asilo relativamente agli esiti delle decisioni delle Commissioni territoriali riferiti al mese di ottobre 2020, solo al 12 per cento delle domande esaminate è stato riconosciuto lo status di rifugiato mentre il 74 per cento ha ricevuto un diniego;
    la grave crisi economica dovuta anche alla pandemia da Covid-19 degli ultimi mesi impone intervento di contenimento della spesa pubblica, pur comunque nel rispetto del diritto di difesa, e ciò anche al fine impedire un uso strumentale del diritto di asilo,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti anche di carattere normativo al fine di recepire le disposizioni di cui all'articolo 21, paragrafo 2 della Direttiva 2013/32 per garantire l'assistenza legale gratuita e il gratuito patrocinio limitatamente alle procedure di impugnazione di primo grado avverso le decisioni delle commissioni territoriali competenti.
9/2727-A/88Covolo, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, all'articolo 1 e 2 dispone in materia di minori stranieri non accompagnati;
    come riferito dal Ministro dell'interno in audizione in Commissione Affari costituzionali in data 17 novembre 2020 e confermato dai dati resi pubblici sul cruscotto statistico giornaliero, il numero dei minori stranieri non accompagnati sbarcati illegalmente in Italia è aumentato vertiginosamente, passando da 1680 nel 2019 a 4224 nel 2020;
    oltre agli arrivi via mare, destano enorme preoccupazione il numero degli ingressi di stranieri che si dichiarano minori dalla rotta terrestre, in particolare da quella balcanica;
    solo a titolo esemplificativo nella città di Udine, in Friuli Venezia Giulia, ormai definita la «Lampedusa del nord» per l'aumento esponenziale degli arrivi dalla rotta balcanica, tra luglio ed agosto 2020 il numero del minori stranieri non accompagnati è aumentato del 300 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con una spesa per l'amministrazione comunale di 409.140 euro ogni mese pari a 5.909.680 euro all'anno;
    in realtà, si dovrebbe andare nella direzione opposta, più che incentivare gli arrivi di minori stranieri nel nostro paese, ed incentivare a tutti i costi lo sradicamento dalla loro realtà, occorre incentivare gli accertamenti nel paese di origine non solo di familiari, ma che vengano nominati tutori o la disponibilità di strutture di accoglimento, poiché è nel proprio contesto di origine che è più facile l'integrazione e il ricongiungimento con proprio contesto familiare;
    è noto che spesso le partenze dei minori sono dettati da motivi di natura economica perché gli stessi vengono mandati in Europa in cerca di un lavoro, ma è altrettanto noto che sono una delle categorie più vulnerabili nel corso del viaggio verso l'Europa e vittime privilegiate dei trafficanti di esseri umani;
    quanto sopra è confermato anche dalla normativa comunitaria ed in particolare dall'articolo 10 della Direttiva cosiddetta Rimpatri (2008/115/CE) che prevede che gli Stati membri debbano attivarsi per procedere all'accertamento oltre che di membri della famiglia del minore straniero non accompagnato anche a tutori o strutture di accoglienza nel Paese di origine ai fini del loro rimpatrio,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna al fine di promuovere e incrementare gli accertamenti nel paese di origine dei minori stranieri non accompagnati di familiari, tutori o la disponibilità di strutture di accoglienza ai fini dei loro rimpatrio, in linea con quanto disposto dall'articolo 10 della Direttiva 2008/115/CE.
9/2727-A/89Panizzut, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Paolin, Sutto, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    come riferito dal Ministro dell'interno in audizione in Commissione Affari costituzionali in data 17 novembre 2020 e confermato dai dati resi pubblici sul cruscotto statistico giornaliero, il numero dei minori stranieri non accompagnati sbarcati illegalmente in Italia è aumentato vertiginosamente, passando da 1680 nel 2019 a 4224 nel 2020;
    oltre agli arrivi via mare, destano enorme preoccupazione il numero degli ingressi di stranieri che si dichiarano minori dalla rotta terrestre, in particolare da quella balcanica;
    solo a titolo esemplificativo nella città di Udine, in Friuli Venezia Giulia, ormai definita la «Lampedusa del nord» per l'aumento esponenziale degli arrivi dalla rotta balcanica, tra luglio ed agosto 2020 il numero dei minori stranieri non accompagnati è aumentato del 300 per cento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con una spesa per l'amministrazione comunale di 409.140 euro ogni mese pari a 5.909.680 euro all'anno;
    sempre a Udine nell'ambito di una inchiesta su una struttura che ospita minori stranieri è emerso dalle intercettazioni telefoniche che sarebbero stati certificati come minorenni immigrati che in realtà avrebbero anche trenta o quarant'anni e che su 66 ospiti della struttura 40 sarebbero in realtà maggiorenni;
    i dati forniti dal Ministero dell'interno tramite il cruscotto statistico giornalieri, che riporta un numero esponenziale degli stranieri non accompagnati sbarcati al 2019, ci dicono però che il Friuli Venezia Giulia non è l'unica regione che registra un forte aumento di minori extracomunitari, o che si dichiarano tali;
    il quadro che emerge dai numeri sopra riportati e le diverse inchieste giornalistiche, oltre a quella citata a titolo esemplificativo, evidenziano la necessità ed urgenza di intervenire sull'attuale normativa in materia di accertamento della minore età per i minori stranieri non accompagnati per garantire effettiva tutela agli immigrati effettivamente minori e una corretta gestione delle risorse pubbliche destinate alla loro accoglienza,

impegna il Governo:

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare ogni iniziativa ritenuta più utile anche del tipo normativo al fine di prevedere che in mancanza di un documento di identità in corso di validità che certifichi la minore età dello straniero non accompagnato l'accertamento debba essere disposto in ogni caso e sempre tramite specifici esami socio-sanitari.
9/2727-A/90Boldi, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Paolin, Sutto, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del decreto-legge reca modifiche alla disciplina sul Garante nazionale delle persone private dalla libertà personale, prevedendo la proroga di due anni del mandato dell'attuale Garante Nazionale;
    l'articolo 3 del medesimo decreto-legge prevede che l'immigrato irregolare in condizione di trattenimento possa rivolgere istanze o reclami al Garante nazionale e che quest'ultimo possa fornire formulazioni specifiche all'amministrazione interessata, qualora ravvisi la fondatezza delle istanze formulate da soggetti trattenuti nei CPR o nelle strutture di primo soccorso e accoglienza;
    con l'ampliamento dei compiti del Garante previsto dalla novella si è introdotto nel nostro ordinamento un improprio strumento di giudizio e controllo di attività di competenza invece delle Prefetture e delle Questure, cui competono la gestione dei centri di trattenimento a delle misure di espulsione, e dunque in ultima analisi del Ministero dell'interno,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a garantire la piena titolarità e indipendenza delle Prefetture e Questure relativamente alla gestione delle procedure di trattenimento e rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi che debbano essere espulsi e allontanati dal nostro Paese e da un uso strumentale della stessa.
9/2727-A/91Fogliani, Molinari, Tonelli, Iezzi, Bordonali, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 2-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, prevista dal Decreto Sicurezza 1 (decreto-legge 113/2018), sono considerati Paesi Sicuri gli Stati non appartenenti all'Unione europea dove non sussistono atti di persecuzione o tortura o forme di trattamento inumane;
    tale norma era stata introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento, nonostante da anni fosse già prevista dalla legislazione comunitaria e recepita da altri Paesi dell'Unione europea, al fine di velocizzare le procedure di esame delle domande di asilo in particolare per quei casi dove è di tutta evidenza la provenienza da Paesi nei quali non si corrono rischi sia di persecuzione che di conflitti armati, e per procedere ad un celere rimpatrio in caso di domande di protezione strumentali;
    sempre secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno, la Tunisia rappresenta la prima nazionalità degli arrivi (12.478 nel 2020), seguita da Bangladesh (4.065), paesi nei quali non vi sono conflitti armati;
    per effetto della novella le istanze presentate da cittadini provenienti da un Paese di origine considerato sicuro sono ora escluse dai casi di esame prioritario delle domande di asilo di cui all'articolo 28, comma 2 del d.lgs. 25/2008 e dunque i tempi di esame passano da 5 a 9 giorni;
    è noto che tali procedure sono accelerate solo nominalmente, stante in pratica la forte dilatazione dei tempi di esame di qualsiasi domanda, e che per effetto di tale esclusione si dilateranno anche i tempi di esame e conseguentemente anche dei costi per l'accoglienza dei richiedenti provenienti da tali Paesi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a ricomprendere le domande di protezione internazionale dei richiedenti asilo provenienti da Paesi di origine considerati sicuri tra quelle da esaminare con procedura prioritaria ai sensi dell'articolo 28 del d.lgs. 25/2008.
9/2727-A/92Eva Lorenzoni, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge riforma le disposizioni in materia di accoglienza di cui al decreto legislativo n. 142 del 2015, così come recentemente modificato dal DL n. 113 del 2018, convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132, ampliando i beneficiari del nuovo Sistema di accoglienza e integrazione (SAI) ed i servizi all'interno erogati, limitando alle strutture di cui agli articoli 9 e 11 del d.lgs. 142/2015 solo le attività di c.d. prima accoglienza;
    già con i decreti-legge n. 18 e 34 del 2020 era stata prevista l'accoglienza nelle strutture del Siproimi (ora SAI) fino al 31 luglio 2020 i richiedenti protezione internazionale e i titolari di protezione umanitaria sottoposta al periodo di quarantena o in permanenza domiciliaria, successivamente prorogata ai 31 gennaio 2021;
    di fatto per effetto della novella tale sistema viene dunque stabilizzato ed inoltre vengono ampliate le tipologie di prestazione che devono essere erogate nei centri, che dunque ora includono prestazioni di accoglienza materiale, assistenza sanitaria, assistenza sociale e psicologica, mediazione linguistico-culturale, somministrazione di corsi di lingua italiana e servizi di orientamento legale e al territorio;
    pertanto, all'esito di tali modifiche sono previsti alcuni servizi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal capitolato in vigore, adottato dall'allora Ministro dell'interno con decreto ministeriale 18 novembre 2018 in un'ottica di razionalizzazione della spesa pubblica ed in linea con la vigente normativa comunitaria;
    in tal modo i costi dell'accoglienza furono razionalizzati e ottimizzati, anche su indicazione della Corte dei Conti che aveva stigmatizzato la prassi di una accoglienza, costi che sottraevano al paese circa 2.5 miliardi per una somma totale di gestione di tutto il fenomeno migratorio a circa 5 miliardi;
    nonostante l'ampliamento dei beneficiari e dei servizi, il provvedimento riporta all'articolo 14 la clausola di invarianza finanziaria, sebbene il medesimo articolo specifichi che l'eventuale rideterminazione del numero di posti a disposizione, con riferimento alfa rete SAI, deve essere affrontato tramite variazioni compensative tra gli stanziamenti dei capitoli di bilancio pertinenti;
    né da tale articolo né dalla relazione tecnica accompagnatoria è tuttavia debitamente quantificata e verificata l'ulteriore spesa arrecata dalla novella, un aspetto che necessita invece di essere puntualmente verificato anche per la grave crisi economica che sta colpendo 5 cittadini italiani e alla luce dell'aumento esponenziale degli arrivi illegali nel nostro Paese,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di verificare che non comportino costi e oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica anche successivamente all'entrata in vigore del provvedimento nonché ad effettuare un monitoraggio costante e a renderne noti, con cadenza almeno semestrale, gli effetti di spesa.
9/2727-A/93Frassini, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 opera un'ampia revisione dell'attuale sistema di accoglienza e novella numerose disposizioni del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 di Attuazione della direttiva 2013/33/UE recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nonché della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale;
    il medesimo articolo alla lettera e) ripristina la possibilità di avviare i richiedenti asilo ad attività di utilità sociale, introdotta all'articolo 22-bis del decreto legislativo n. 142 del 2015 dal decreto-legge n. 13 del 2017 e successivamente abrogata dal decreto-legge n. 113 del 2018, cosiddetto Decreto Sicurezza 1;
    la norma, esattamente come nella precedente formulazione, per l'impiego in tali attività non prevede in capo al richiedente specifici requisiti professionali o altri, quali ad esempio una valutazione della pericolosità o l'assenza di precedenti penali o di eventuali disturbi psichici in atto che possano rappresentare pericolo per sé e per gli altri;
    secondo i dati forniti dalla Commissione Nazionale per il diritto di Asilo stando agli esiti delle decisioni delle Commissioni territoriali l'80 per cento dei richiedenti asilo non ha diritto ad alcuna forma di protezione, non avendone i requisiti richiesti dalla normativa internazionale e nazionale e pertanto, terminata la procedura, essendo irregolari dovrebbero essere rimpatriati;
    l'articolo 1 del decreto-legge amplia notevolmente i casi per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, di cui all'articolo 19 del Testo Unico Immigrazione, stabilendo il divieto di espulsione dello straniero nel caso di un suo generico inserimento sociale in Italia e ne prevede la sua conversione in permesso di lavoro;
    dal combinato disposto delle due norme ne consegue che sarà molto più difficile poter procedere al rimpatrio degli stranieri irregolari successivamente all'esame e al diniego di protezione internazionale anche successivamente ad una impugnazione della decisione in virtù di una supposta integrazione conseguente ad attività a favore della collettività e pertanto il rischio di un uso strumentale della norma,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disposizione sopra richiamate per porre in essere urgenti iniziative legislative al fine del ripristino della normativa in materia di impiego dei richiedenti protezione internazionale in attività di utilità sociale.
9/2727-A/94Legnaioli, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Caffaratto, Caparvi, Giaccone, Eva Lorenzoni, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 dispone in materia di termini per la conclusione di procedimenti in materia di cittadinanza ed in particolare modifica l'articolo 9-ter della legge n. 91 del 1992, introdotto dal decreto-legge 113 del 2018 (c.d. Decreto Sicurezza 1), riducendo da quarantotto a trentasei mesi il termine di definizione di tali procedimenti;
    il decreto-legge n. 113 del 2018 era intervenuto in materia al fine di procedere ad un ulteriore proroga dei termini per il sovraccarico di lavoro per gli uffici e dunque per consentire una adeguata istruttoria delle istanze di riconoscimento della cittadinanza,

impegna il Governo

a svalutare gli effetti applicativi della disposizione sopra richiamate per porre in essere urgenti iniziative legislative al fine di prevedere la possibilità di un'ulteriore proroga relativamente ai termini per la conclusione dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza in accordo con l'Associazione Nazionale Comuni Italiani.
9/2727-A/95Cestari, Molinari, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bellachioma, Claudio Borghi, Vanessa Cattoi, Comaroli, Frassini, Garavaglia, Gava, Paternoster.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 riforma le disposizioni riguardanti il sistema di accoglienza di cui al decreto legislativo n. 142 del 2015 e il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale (SIPROIMI e in precedenza SPRAR), modificandolo in Sistema di accoglienza e integrazione (SAI);
    la novella amplia il numero dei beneficiari che possono accedere a tale circuito includendovi anche i richiedenti asilo oltre ai titolari di protezione speciale e prevede l'erogazione di ulteriori e nuovi servizi a favore degli stessi, quali corsi di lingua italiana e supporto psicologico con conseguenti ulteriori oneri a carico dello Stato;
    successivamente al decreto legislativo n. 142 del 2015, che aveva allora riformato il sistema di accoglienza, il numero di persone accolte era passato da circa 66 mila nel 2014 a 176 mila nel 2016 e nel 2017 i numeri non si sono discostati di molto dall'anno precedente;
    il sistema di accoglienza era stato oggetto di una profonda revisione con il decreto-legge n. 113 del 2018 (decreto Sicurezza 1), in un'ottica di razionalizzazione della spesa pubblica secondo anche le indicazioni della Corte dei conti che aveva stigmatizzato l'accoglienza indistinta nel nostro Paese;
    i costi dell'accoglienza furono razionalizzati e ottimizzati, costi che sottraevano al paese circa 2.5 miliardi per una somma totale di gestione di tutto il fenomeno migratorio a circa 5 miliardi;
    a seguito dell'intervento operato nel 2018 e grazie ad efficaci azioni di contrasto ai flussi migratori irregolari verso il nostro Paese adottate dall'allora Ministro dell'interno Salvini, il sistema, ormai giunto al collasso per le politiche migratorie dei precedenti governi, si era via via decongestionato ed era stato dato contestualmente un duro colpo al fenomeno corruttivo che numerose inchieste giornalistiche e giudiziarie negli anni precedenti avevano evidenziato relativamente alla gestione del sistema di accoglienza;
    la novella di cui al decreto-legge in esame prevedendo l'accoglienza all'interno del Sai sia dei richiedenti asilo che dei rifugiati di fatto riporta l'impianto del sistema di accoglienza a quello precedente al decreto-legge n. 113 del 2018,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni sopra richiamate con particolare riguardo agli effetti sul bilancio dello Stato, delle Regioni e degli enti locali, al fine di riconsiderare integralmente l'impianto normativo relativamente a quanto esposto in premessa ed intervenire con provvedimenti correttivi.
9/2727-A/96Vanessa Cattoi, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bellachioma, Claudio Borghi, Cestari, Comaroli, Frassini, Garavaglia, Gava, Paternoster.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 riforma le disposizioni riguardanti il sistema di accoglienza di cui al decreto legislativo n. 142/2015 e il Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale (SIPROIMI e in precedenza SPRAR), modificandolo in Sistema di accoglienza e integrazione (SAI);
    la novella amplia il numero dei beneficiari che possono accedere a tale circuito includendovi anche i richiedenti asilo oltre ai titolari di protezione speciale e prevede l'erogazione di ulteriori e nuovi servizi a favore degli stessi, quali corsi di lingua italiana e supporto psicologico con conseguenti ulteriori oneri a carico dello Stato;
    successivamente al decreto legislativo n. 142 del 2015, che aveva allora riformato il sistema di accoglienza, il numero di persone accolte era passato da circa 66 mila nel 2014 a 176 mila nel 2016 e nel 2017 i numeri non si sono discostati di molto dall'anno precedente;
    il sistema di accoglienza era stato oggetto di una profonda revisione con il decreto-legge n. 113 del 2018 (decreto Sicurezza 1), in un'ottica di razionalizzazione della spesa pubblica secondo anche le indicazioni della Corte dei conti che aveva stigmatizzato l'accoglienza indistinta nel nostro Paese;
    i costi dell'accoglienza furono razionalizzati e ottimizzati, costi che sottraevano al paese circa 2.5 miliardi per una somma totale di gestione di tutto il fenomeno migratorio a circa 5 miliardi;
    a seguito dell'intervento operato nel 2018 e grazie ad efficaci azioni di contrasto ai flussi migratori irregolari verso il nostro Paese adottate dall'allora Ministro dell'interno Salvini, il sistema, ormai giunto al collasso per le politiche migratorie dei precedenti governi, si era via via decongestionato ed era stato dato contestualmente un duro colpo al fenomeno corruttivo che numerose inchieste giornalistiche e giudiziarie negli anni precedenti avevano evidenziato relativamente alla gestione del sistema di accoglienza;
    la novella di cui al decreto-legge in esame prevedendo l'accoglienza all'interno del Sai sia dei richiedenti asilo che dei rifugiati di fatto riporta l'impianto del sistema di accoglienza a quello precedente al decreto-legge n. 113 del 2018;
    il decreto legislativo n. 142 del 2015 recepisce la Direttiva 2013/33/UE in materia di accoglienza la quale all'articolo 17 paragrafo 4 dispone che qualora emerga che un richiedente disponeva di mezzi sufficienti ad assicurarsi le condizioni materiali di accoglienza e l'assistenza sanitaria all'epoca in cui tali esigenze essenziali sono state soddisfatte, gli Stati membri possono chiedere al richiedente un rimborso,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa anche di carattere normativo al fine di recepire le disposizioni di cui all'articolo 17 comma 4 della Direttiva 2013/33/UE onde procedere nei confronti di coloro che in passato hanno beneficiato delle misure di accoglienza al rimborso delle spese sostenute precedentemente.
9/2727-A/97Galli, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Murelli.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del decreto-legge riformulano l'intero sistema di accoglienza rispetto all'impianto vigente, rispettivamente riformulando diverse norme del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 e prevedendo per i beneficiari delle misure di accoglienza nel Sistema di Accoglienza e Integrazione (ex Siproimi) successivi e ulteriori percorsi di integrazione;
    tali percorsi vengono garantiti dall'articolo 5, comma 1 a tutti i beneficiari delle misure di accoglienza nel Sai, così come ridefiniti dal precedente articolo 4, senza alcuna ulteriore precisazione;
    come precisato nel dossier di accompagnato al provvedimento all'esame, se al livello centrale spettano compiti di indirizzo, ai livelli periferici ed in particolare ai comuni spettano compiti di programmazione operativa e di effettiva erogazione di misure e interventi in materia di inclusione dei cittadini immigrati con conseguenti oneri a carico;
    i beneficiari di tali percorsi risultano gli stessi che, per effetto della novella, sono ora accolti all'interno del Sai e che beneficiano di una serie di ulteriori servizi aggiuntivi fin dai loro ingresso nel circuito dell'accoglienza, quali in particolare corsi di lingua italiana,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più utile anche di carattere normativo al fine di prevedere quale requisito per poter accedere ai servizi ulteriori e aggiuntivi previsti dall'articolo 5 del decreto-legge la certificazione di una adeguata conoscenza della lingua italiana non inferiore al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER).
9/2727-A/98Pretto, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Basini, Belotti, Colmellere, De Angelis, Maturi, Patelli, Racchella, Sasso, Toccalini.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 4 e 5 del decreto-legge riformulano l'intero sistema di accoglienza rispetto all'impianto vigente, rispettivamente riformulando diverse norme del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142 e prevedendo per i beneficiari delle misure di accoglienza nel Sistema di Accoglienza e Integrazione (ex Siproimi) successivi e ulteriori percorsi di integrazione;
    tali percorsi vengono garantiti dall'articolo 5, comma 1 a tutti i beneficiari delle misure di accoglienza nel Sai, così come ridefiniti dal precedente articolo 4, senza alcuna ulteriore precisazione;
    come precisato nel dossier di accompagnato al provvedimento all'esame, se al livello centrale spettano compiti di indirizzo, ai livelli periferici ed in particolare ai comuni spettano compiti di programmazione operativa e di effettiva erogazione di misure e interventi in materia di inclusione dei cittadini immigrati con conseguenti oneri a carico;
    i beneficiari di tali percorsi risultano gli stessi che, per effetto della novella, sono ora accolti all'interno del Sai e che beneficiano di una serie di ulteriori servizi aggiuntivi fin dal loro ingresso nel circuito dell'accoglienza finalizzati ad una loro integrazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ogni iniziativa ritenuta più utile anche di carattere normativo al fine di prevedere quale requisito per poter accedere ai servizi ulteriori e aggiuntivi previsti dall'articolo 5 del decreto-legge l'assenza in capo al beneficiario di procedimenti o condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale.
9/2727-A/99Tarantino, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge riformula l'intero sistema di accoglienza rispetto all'impianto vigente, modificando diverse norme del decreto legislativo n. 142 del 2015 (comma 1) e del decreto-legge n. 416 del 1989 (commi 3 e 4);
    il successivo articolo 5 prevede per i beneficiari delle misure di accoglienza nel Sistema di Accoglienza e integrazione (ex Siproimi) successivi e ulteriori percorsi di integrazione allo scadere del periodo di accoglienza;
    l'articolo 5, comma 1 dispone che tali percorsi vengano avviati «a cura delle Amministrazioni competenti e nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente nei rispettivi bilanci»;
    come precisato nel Dossier di accompagnato al provvedimento all'esame, se al livello centrale spettano compiti di indirizzo, ai livelli periferici ed in particolare ai comuni spettano compiti di programmazione operativa e di effettiva erogazione di misure e interventi in materia di inclusione dei cittadini immigrati;
    dal dibattito svolto in Commissione Affari costituzionali a cui hanno attivamente partecipato in audizione diversi amministratori locali, è emerso che i comuni italiani siano l'ultima tappa, il collo di un imbuto di un sistema, dove alla fine sono le Regioni e gli enti locali a fari carico delle conseguenze e degli effettivi costi di una gestione senza regole dei flussi migratori,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna al fine di garantire l'esonero delle Regioni e degli enti locali da qualsiasi onere o costo con riguardo alla somministrazione di ulteriori percorsi di integrazione previsti allo scadere del periodo di accoglienza nel Sai.
9/2727-A/100Claudio Borghi, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bellachioma, Vanessa Cattoi, Cestari, Comaroli, Frassini, Garavaglia, Gava, Paternoster.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge riformula l'intero sistema di accoglienza rispetto all'impianto vigente, riformulando diverse norme del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, così come modificato recentemente dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132;
    la novella stabilisce che l'accoglienza nelle strutture straordinarie (cosiddetti Cas) è limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente asilo nelle strutture del neo Servizio di accoglienza e integrazione (Sai), che ha sostituito il Siproimi, in gestione agli enti locali e precedentemente, in un'ottica di razionalizzazione, riservato solo ai titolari di protezione internazionale;
    con riguardo alle condizioni materiali di accoglienza, vengono previsti ulteriori servizi aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti nello schema di capitolato in vigore, ossia la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio, nonché l'assistenza psicologica che si aggiunge a quella sociale con evidente aggravio della spesa pubblica;
    ai sensi dell'articolo 14, comma 1 del decreto legislativo n. 142 del 2015 è ammesso alle misure di accoglienza il richiedente che ha formalizzato la domanda di asilo e risalta privo di mezzi sufficienti a garantire una qualità di vita adeguata per il sostentamento proprio e dei propri familiari;
    secondo il successivo comma 3 per essere accolto nei centri è sufficiente la dichiarazione del richiedente di essere privo di mezzi sufficienti di sussistenza mentre la valutazione dell'insufficienza dei mezzi di sussistenza deve essere effettuata dalla Prefettura Ufficio territoriale del Governo con riferimento all'importo annuo dell'assegno sociale;
    ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 142 del 2015 costituisce causa di revoca delle condizioni di accoglienza l'accertamento della disponibilità da parte del richiedente di mezzi economici sufficienti e in tal caso, recita il comma 6, il richiedente è tenuto a rimborsare i costi sostenuti per le misure di cui ha indebitamente usufruito;
    con riguardo a tali controlli, anche più recentemente secondo quanto riportato dalla stampa, a seguito di alcuni controlli della prefettura di Pordenone sarebbe emerso che oltre cento stranieri avrebbero continuato per mesi a percepire rassegno sociale e ad alloggiare presso i centri di accoglienza, nonostante gli stessi svolgessero attività lavorativa con stipendi fino a 1500 euro mensili;
    quanto sopra riportato è di assoluta gravità sia perché per mesi ha generato uno sperpero di denaro pubblico non giustificato, che nell'ottica della nuove disposizione del decreto-legge n. 30 del 2020 sarebbe anche ulteriore, sia perché la vicenda è emersa solo in seguito all'intensificazione dei controlli da parte della prefettura di Pordenone sulle mancate dichiarazioni legate all'avvio dell'attività lavorativa dei migranti, potendo dunque ipotizzarsi l'esistenza di casi analoghi in altre provincia e, in generale, su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, ed adottare, di conseguenza, iniziative, anche di carattere normativo, volte ad intensificare su tutto il territorio nazionale i necessari controlli circa l'eventuale svolgimento di attività lavorativa da parte dei beneficiari delle misure di accoglienza nei centri di cui al decreto legislativo n. 142 del 2015 e nel Sistema di accoglienza e integrazione, al fine della revoca del beneficio medesimo.
9/2727-A/101Gava, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del decreto-legge riformula l'intero sistema di accoglienza modificato recentemente dal decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con modificazioni dalla legge 1o dicembre 2018, n. 132 (Decreto Sicurezza 1), riformulando diverse norme del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142;
    la novella stabilisce che l'accoglienza nelle strutture straordinarie (cosiddetti Cas) è limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente asilo nelle strutture del neo Servizio di accoglienza e integrazione (Sai), che ha sostituito il Siproimi;
    ai sensi dell'articolo 23, comma 1 lettera a) del decreto legislativo n. 142 del 2015 la mancata presentazione presso la struttura ovvero l'abbandono del centro di accoglienza da parte del richiedente, senza preventiva motivata comunicazione alla Prefettura – ufficio territoriale del Governo competente costituisce motivo di revoca delle condizioni di accoglienza, disposta con decreto motivato del Prefetto della provincia in cui si trovi la struttura;
    la novella interviene anche con l'articolo 2 a riformare l'attuale procedura di esame delle domande di protezione internazionale di cui al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;
    ai sensi dell'articolo 23-bis del suddetto decreto legislativo n. 25 del 2008 viene presa ancora in considerazione l'ipotesi di allontanamento ingiustificato dal centro di accoglienza o di trattenimento di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998 disponendo che in tal caso il procedimento di esame si intende sospeso e che il richiedente asilo possa per una sola volta chiederne la riapertura entro dodici mesi;
    la norma poi dispone che trascorso tale termine, la Commissione territoriale competente all'esame della domanda di protezione internazionale dichiari l'estinzione del procedimento;
    in entrambi i casi l'ordinamento considera l'allontanamento ingiustificato un comportamento grave rilevabile sia dal punto di vista delle misure di accoglienza, che vengono immediatamente revocate, sia con riguardo alla volontà e necessità di chiedere protezione internazionale;
    in quest'ultimo caso viene però disposta la soia sospensione della domanda per un tempo notevolmente lungo e con aggravio delle attività delle Commissioni internazionali che devono attendere 12 mesi per poter procedere alla definizione del procedimento,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di assumere ogni più opportuna iniziativa al fine di prevedere che l'allontanamento del richiedente protezione Internazionale dai centri di accoglienza di cui al decreto legislativo n. 142 del 2015 e dal Sistema di accoglienza e integrazione e dai centri di trattenimento di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 285 del 1998 venga considerato come rinuncia implicita alla domanda di asilo.
9/2727-A/102Cantalamessa, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale all'articolo 3 modifica l'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e dispone in materia di trattenimento dello straniero il cui ingresso e soggiorno sia irregolare ai fini del rimpatrio;
    secondo quanto riportato anche dalla stampa, la situazione nella città di Pisa, negli ultimi mesi teatro di violente aggressioni e reati da parte di immigrati irregolari, è ormai di assoluta gravità e completamente fuori controllo;
    numerosi casi riportati dalla stampa attestano l’escalation di violenza e degrado che ha ormai investito la città, nonostante il considerevole impegno degli esponenti delle forze dell'ordine e dei militari, peraltro spesso aggrediti durante gli interventi per sedare gli scontri e identificare gli stranieri coinvolti;
    nel corso delle operazioni di identificazione durante una delle ultime aggressioni avvenute in città è emerso che gli immigrati fermati, in Italia ormai da tempo, avevano precedenti penali e condanne per reati in materia di stupefacenti e contro il patrimonio e su di loro erano già pendenti ben due decreti di espulsione con ordine di esecuzione, da Livorno e da Pisa, tuttavia mai eseguiti per mancanza di posti;
    a seguito di questo ennesimo episodio di violenza, il nuovo Questore di Pisa ha chiesto al personale di concentrarsi nelle operazioni di rintraccio di altri immigrati considerati pericolosi, ritenendo questo «un progetto» vero e proprio, con «l'obiettivo di finalizzare le attività di controllo del territorio con risultati concreti che attenuino il senso di disagio che i cittadini avvertono in particolare in alcune zone della città e rendere quindi più efficace l'azione di contrasto alle diverse tipologie di reato che minano il quieto vivere della comunità»;
    secondo quanto riportato dalla stampa emerge una situazione in città di assoluta gravità a causa delle pochissime espulsioni effettuate di immigrati irregolari presenti a Pisa, che da questa estate risultano essere state solo 7;
    ai sensi della Direttiva 2008/115/CE il trattenimento all'interno dei centri per il rimpatrio (CPR) di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998 è condizione essenziale ai fini dell'identificazione e dell'ottenimento della necessaria documentazione per l'effettivo allontanamento e rimpatrio dello straniero irregolare;
    a Pisa la violenza fra bande, iniziata ormai da tempo, ha causato una preoccupante situazione di degrado della città, un senso di grave insicurezza tra i cittadini, nonché dannose ripercussioni all'immagine e all'indotto della città, data la sua nota vocazione turistica,

impegna il Governo

alla luce del prevedibile incremento dei flussi migratori ad assumere ogni più opportuna iniziativa al fine di implementare la dotazione organica del Corpo di Polizia con particolare riferimento alla questura di Pisa.
9/2727-A/103Ziello, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Claudio Borghi, Carrara, Legnaioli, Lolini, Picchi, Potenti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame modifica gli articoli 13 e 13-bis del decreto-legge n. 14 del 2017, al fine di ampliare l'ambito di applicazione delle misure del divieto di accesso all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, nei locali pubblici e nei locali di pubblico trattenimento, che il questore può adottare nei confronti di soggetti denunciati per specifici reati, tra i quali lo spaccio di sostanze stupefacenti;
    solo qualche settimana fa l'inchiesta White Stone sullo spaccio di droga in diversi comuni campani ha concluso il suo iter giudiziario. L'indagine aveva permesso di disarticolare un gruppo dedito allo spaccio di cocaina e crack in alcune zone delle province di Napoli ed Avellino e, in particolare, in luoghi individuati per le attività di vendita «al minuto» quali l'area adiacente una chiesa nel comune di San Prisco, la villa comunale del comune di San Tammaro, lo spazio antistante una scuola del comune di Marigliano e diversi circoli ricreativi e sale giochi dell'area vesuviana;
    la norma, per perseguire fino in fondo la sua funzione social-preventiva dovrebbe prevedere un ulteriore ampliamento dei luoghi da sottoporre a divieto di accesso da parte di soggetti già denunciati per reati di spaccio di sostanze stupefacenti, in quanto non basta ricomprendere in tale elenco le sole scuole e i locali di intrattenimento ma occorre inserire anche quei luoghi frequentati dai giovani nel loro tempo libero e nei quali, sempre più di frequente, si infiltrano giovani pusher per incrementare il giro di spaccio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare, per le esigenze e con le modalità illustrate in premessa, ulteriori iniziative normative per estendere il divieto di accesso di cui all'articolo 11 del decreto in esame anche in prossimità di luoghi di incontro e aggregazione giovanile e soprattutto nei circoli ricreativi e vicino alle sale giochi.
9/2727-A/104Gobbato, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11 del provvedimento in esame modifica gli articoli 13 e 13-bis del decreto-legge n. 14 del 2017, al fine di ampliare l'ambito di applicazione delle misure del divieto di accesso all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole, plessi scolastici, sedi universitarie, nei locali pubblici e nei locali di pubblico trattenimento, che il questore può adottare nei confronti di soggetti denunciati per specifici reati, tra i quali lo spaccio di sostanze stupefacenti;
    oltre ad estendere l'ambito soggettivo di applicazione della misura, anticipandola in una fase precedente, ancorché non definitivo, all'accertamento della responsabilità penale; la nuova formulazione della citata norma individua gli elementi da prendere in considerazione per decidere in ordine all'applicazione del divieto: in particolare, si stabilisce che il Questore deve valutare gli elementi derivanti dai provvedimenti dell'Autorità giudiziaria e fondare la decisione sugli accertamenti di polizia. Dalla lettera del testo che richiede entrambi questi presupposti emerge come la mera denuncia non sia da sola sufficiente a fondare la misura del divieto di accesso, risultando necessario che alla denuncia abbiano fatto seguito accertamenti di polizia e che il soggetto debba in qualche modo considerarsi «pregiudicato», essendo già intervenuti, anche non in relazione a quella specifica denuncia, provvedimenti dell'autorità giudiziaria;
    sarebbe opportuno chiarire, come peraltro evidenziato anche dagli stessi Uffici della Camera dei deputati-Servizio studi, se sia sufficiente una mera denuncia o se non siano richiesti ulteriori riscontri sulla pericolosità del denunciato e quali provvedimenti dell'autorità giudiziaria siano utili a tal fine,

impegna il Governo

a chiarire che la sola denuncia è sufficiente in ordine all'applicazione del divieto di accesso all'interno o nelle immediate vicinanze di scuole, università, locali pubblici o di intrattenimento per perseguire in modo più efficace lo scopo social-preventivo dell'articolo 11 del provvedimento in esame.
9/2727-A/105Piastra, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 2727, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 1 apporta numerose modificazioni al Testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; in particolare il comma 1, lettera b) dispone la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, di un novero di permessi di soggiorno;
    la sanatoria dei migranti irregolari presenti in Italia, di cui all'articolo 103 del decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto Decreto Rilancio, che introduceva due forme di regolarizzazione dei lavoratori, italiani e stranieri, impiegati in agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse, nella cura della persona e nel lavoro domestico, si è rivelata un vero e proprio flop;
    ad usufruire del provvedimento sono stati per lo più colf e badanti e solo in minima parte i braccianti agricoli, rendendo la regolarizzazione un vero e proprio buco nell'acqua per il fabbisogno di manodopera agricola stagionale; infatti, le domande presentate al 15 agosto riguardanti il settore primario ammontavano a circa 30.694;
    ancora una volta trova conferma quanto già accaduto nelle precedenti sanatorie, ovvero il lavoro domestico quale canale privilegiato per l'assunzione di stranieri irregolari della stessa etnia, al solo scopo di regolarizzare rapporti di lavoro fittizi che sfoceranno nell'ottenimento del permesso di soggiorno;
    simili interventi contribuiscono solo a creare un'immagine distorta del lavoro agricolo, strumentalizzando la condizione di estrema difficoltà in cui versa il settore, per attuare la regolarizzazione proprio di quei clandestini che da sempre sono trattati come schiavi perché disperati, rischiando di alimentare la tratta degli esseri umani, e con essa gli ingenti guadagni dei moderni schiavisti che operano nelle associazioni criminali internazionali;
    il mondo agricolo necessita di interventi diretti ed immediati, in primis la rivisitazione e semplificazione dello strumento del voucher, in modo tale da ampliarne l'utilizzo, primariamente finalizzato all'assorbimento di tutta la forza lavoro interna;
    il Paese è alle prese con la difficile lotta contro il virus e, a causa di esso, sta subendo una contrazione economica di enormi proporzioni che alimenta il già elevatissimo tasso di disoccupazione: farsi carico di persone che chiedono lavoro ed esistenza dignitosa con il rischio di non riuscire ad assicurarla né a loro né ai nostri connazionali appare ancora più demagogico ed irresponsabile,

impegna il Governo

ad ampliare l'utilizzo dello strumento del voucher in agricoltura, al fine di garantire, soprattutto in questa emergenza sanitaria, la continuità della produzione della filiera agroalimentare, che offrirebbe strumenti d'integrazione al reddito, ad esempio a cassaintegrati e pensionati evitando così il diffuso fenomeno del lavoro irregolare che sfrutta gli immigrati clandestini.
9/2727-A/106Viviani, Bubisutti, Cecchetti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 2727, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 1 apporta numerose modificazioni al Testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; in particolare il comma 1, lettera b) dispone la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, di un novero di permessi di soggiorno;
    le politiche portate avanti dal Governo, con l'attuazione di una sanatoria a favore di oltre mezzo milione di immigrati, sono dettate ancora una volta da logiche squisitamente ideologiche che nulla hanno a che fare con la realtà del comparto agricolo e le gravi difficoltà in cui esso versa, a causa degli effetti scaturiti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19;
    simili interventi contribuiscono solo a creare un'immagine distorta del lavoro agricolo, strumentalizzando la condizione di estrema difficoltà in cui versa il settore, per attuare la regolarizzazione proprio di quei clandestini che da sempre sono trattati come schiavi perché disperati, rischiando di alimentare la tratta degli esseri umani, e con essa gli ingenti guadagni dei moderni schiavisti che operano nelle associazioni criminali internazionali;
    il mondo agricolo ha bisogno di interventi diretti ed immediati, in primo luogo di un forte impegno alla revisione e alla semplificazione dello strumento del voucher, non di poter convertire in permessi di soggiorno per motivi di lavoro un novero di permessi di soggiorno, in modo da poterne ampliare l'utilizzo, primariamente finalizzato all'assorbimento di tutta la forza lavoro interna,

impegna il Governo

ad adottare iniziative per far sì che sia garantita la forza lavoro necessaria all'agricoltura, senza procedere a sanatorie o regolarizzazioni di cittadini extracomunitari che vadano ad alimentare il mercato illegale dello sfruttamento e la tratta degli esseri umani.
9/2727-A/107Liuni, Viviani, Bubisutti, Cecchetti, Gastaldi, Golinelli, Lolini, Loss, Manzato, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 2727, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 1 apporta numerose modificazioni al Testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; in particolare il comma 1, lettera b) dispone la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, di un novero di permessi di soggiorno;
    è del tutto strumentale sfruttare la condizione di estrema difficoltà in cui versa il settore dell'agricoltura per attuare la regolarizzazione proprio di quei clandestini che da sempre sono trattati come schiavi perché disperati, rischiando di alimentare ancora una volta i guadagni dei moderni schiavisti che operano nelle associazioni criminali internazionali, attraverso la tratta degli esseri umani;
    da tempo, si cerca di persuadere il Governo ad ampliare l'utilizzo dei voucher in agricoltura, così da fornire la possibilità a studenti, disoccupati, cassaintegrati e percettori di reddito di cittadinanza di lavorare nei campi, per sopperire a questa mancanza di personale, a cui il Governo aveva risposto con l'inefficiente regolarizzazione prevista dal decreto Rilancio;
    il risultato più evidente è stato quello di incentivare gli arrivi di immigrati irregolari allettati dalla speranza di trovare un lavoro nel nostro Paese, invero già pesantemente in crisi a seguito dell'emergenza da COVID,

impegna il Governo

a ridefinire gli aspetti legati al lavoro occasionale in agricoltura anche al fine di rivedere la normativa già esistente sui voucher, in quanto la regolarizzazione del decreto Rilancio si è dimostrata fallimentare e simili sanatorie o regolarizzazioni rischiano di andare ad alimentare, anziché contrastare, il mercato illegale dello sfruttamento e la tratta degli esseri umani.
9/2727-A/108Golinelli, Viviani, Bubisutti, Cecchetti, Gastaldi, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 2727, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 1 apporta numerose modificazioni al Testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; in particolare il comma 1, lettera b) dispone la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, di un novero di permessi di soggiorno;
    il fenomeno del cosiddetto caporalato agricolo, è l'ambito in cui, più che altrove, si concentrano i fenomeni di sfruttamento e le possibilità di degenerazione in lavoro coatto o addirittura riduzione in schiavitù; il caporalato è un fenomeno che è strettamente se non esclusivamente collegato all'immigrazione;
    benché il caporalato agricolo sia un fenomeno estremamente diffuso e trasversale nelle diverse zone d'Italia, va sottolineato come a caderne vittime siano soprattutto i braccianti di origine straniera. Secondo alcune statistiche in Italia dei circa 430.000 lavoratori agricoli a rischio di caporalato, l'80 per cento sono stranieri a causa della presenza di individui, in particolare, stranieri «irregolari», ovvero senza permesso di soggiorno, suscettibili allo sfruttamento;
    la caratteristica fondamentale del caporalato è che la sua opera di mediazione si concentra sulle fasce più deboli della forza lavoro: nei decenni passati era in particolare la manodopera femminile a trovare lavoro tramite i caporali, mentre a partire dagli anni ’80 è aumentata sempre più la quota degli immigrati, provenienti in particolare, ma non solo, da Medio Oriente e Africa subsahariana. L'arrivo degli immigrati ha portato grandi cambiamenti anche nell'organizzazione del sistema, con l'emergere di caporali stranieri;
    per ottenere un permesso di soggiorno è necessario che un datore di lavoro fornisca loro un contratto regolare; si crea però una sorta di circolo vizioso in cui queste persone sono spinte ad accettare anche le peggiori condizioni di sfruttamento pur di sopravvivere e sono meno disposte a denunciare la propria situazione, per paura di precludersi la strada verso un permesso di soggiorno che sarebbe solo possibile dal momento in cui il datore di lavoro redigesse un regolare contratto, oltre che per paura di essere espulsi dalle autorità;
    per molti braccianti senza permesso di soggiorno, il caporale rappresenta l'unico punto di riferimento della comunità. Spesso sono proprio i lavoratori che preferiscono organizzarsi con il caporale per avere in maniera più rapida un lavoro;
    nel settore agroalimentare è possibile produrre rispettando i diritti dei braccianti e interrompere quel trend che punta alla riduzione dei prezzi anche a costo di ignorare i costi di produzione reali,

impegna il Governo

ad attuare una vera e seria riforma del sistema del lavoro stagionale che trovi un punto d'incontro legale tra domanda ed offerta di lavoro e un maggiore controllo della filiera agricola, anche nel modo in cui sono allocati i fondi europei, al fine di migliorare l'azione di contrasto allo sfruttamento dell'immigrazione clandestina.
9/2727-A/109Manzato, Viviani, Bubisutti, Cecchetti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Loss, Iezzi, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 2727, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 1 apporta numerose modificazioni al Testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; in particolare il comma 1, lettera b) dispone la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, di un novero di permessi di soggiorno;
    recenti inchieste hanno portato alla luce la commistione tra organizzazioni senza scrupoli e agricoltura; l'agricoltura italiana è per un terzo caratterizzata dalla presenza di lavoratrici e lavoratori stranieri;
    nel nostro Paese ogni anno vengono impiegati regolarmente circa 370 mila lavoratori agricoli stranieri, più del 25 per cento del totale degli impiegati del settore, che però aumentano parecchio considerando anche coloro che non sono impiegati regolarmente, e per questo non conteggiati nelle statistiche ufficiali;
    il fenomeno del caporalato sfrutta l'immigrazione clandestina, quindi un'immigrazione fuori controllo aiuta le agromafie; una riduzione degli sbarchi, porta ad avere meno disperati da sfruttare ed ostacola, senza dubbio, la possibilità per la criminalità di fare affari;
    le agromafie, secondo il rapporto Agromafie dell'Eurispes, in Italia fatturano ogni anno 24,8 miliardi di euro;
    gli immigrati che sbarcano non arrivano legalmente nel nostro Paese e a seguito di accertamenti risultano in gran parte clandestini e, quindi, non potrebbero prestare i loro servizi all'agricoltura; questo porta ad aumentare l'allarmante e quasi scontato binomio fra clandestini e lavoro illegale;
    gli immigrati irregolari sono persone che per sopravvivere devono necessariamente muoversi in un contesto criminale o illegale. Lavorano come braccianti per pochi euro all'ora e in condizioni disumane, a vantaggio dei «caporali» e costituiscono un potenziale bacino di manovalanza per la criminalità;
    se si proseguisse nella convinzione che le sanatorie – come quella prevista dal DL Rilancio che per braccianti, colf, badanti e per persone impegnate nella filiera agricola presenti nel territorio italiano, senza avere i documenti in regola, dando così la possibilità di sanare la loro posizione –, o, come previsto dal decreto all'esame, di poter convertire in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, un novero di permessi di soggiorno, sono la panacea del problema del caporalato, non faremo altro che avere sempre più schiavi; la sanatoria o la regolarizzazione di massa non fa altro che portare altro sfruttamento,

impegna il Governo

ad assumere iniziative urgenti per risolvere definitivamente ed in modo più efficace il drammatico fenomeno del caporalato per contrastare il mercato illegale dello sfruttamento dell'immigrazione clandestina nel lavoro agricolo che tiene in ostaggio le più importanti zone agricole d'Italia.
9/2727-A/110Gastaldi, Viviani, Bubisutti, Cecchetti, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge C. 2727, di conversione del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 1 apporta numerose modificazioni al Testo unico dell'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998; in particolare il comma 1, lettera b) dispone la convertibilità in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, di un novero di permessi di soggiorno;
    il lavoro irregolare in agricoltura, cui è associato il caporalato, ma che vede anche altre forme di irregolarità contrattuale e retributiva, ha registrato una crescita costante negli ultimi 10 anni. Ancora oggi, infatti, si registrano continue situazioni di irregolarità;
    nonostante nel 2016 siano state introdotte con la legge n. 199 del 2016 norme per garantire una maggiore efficacia all'azione di prevenzione e contrasto al caporalato, continuano ad essere riscontrati periodicamente nel nostro Paese episodi di caporalato e di sfruttamento del lavoro nero in agricoltura, soprattutto a danno degli immigrati clandestini;
    l'impossibilità di realizzare l'incontro concreto tra domanda e offerta, determina situazioni favorevoli alla diffusione di transazioni illecite gestite dal «caporalato» e incrementa la concentrazione di immigrati irregolari in zone spesso già degradate del Paese;
    la situazione di grave vulnerabilità e marginalità dei lavoratori nell'agricoltura, in gran parte stranieri, a rischio di grave sfruttamento lavorativo, si riflette anche sulla competitività delle imprese, che invece rispettano le regole;
    alcuni dati rilevano che in Italia sono circa 430.000 i lavoratori agricoli a rischio di caporalato, dei quali l'80 per cento sono stranieri, inoltre, oltre 132.000 si trovano in condizione di grave vulnerabilità sociale e sofferenza occupazionale, risultando ancora più piegati a varie forme di sfruttamento ed irregolarità;
    la pratica del caporalato porta anche un mancato gettito contributivo stimato intorno ai 600 milioni di euro all'anno;
    come previsto dal provvedimento all'esame, la possibilità di poter convertire in permessi di soggiorno per motivi di lavoro un novero di permessi di soggiorno, non è altro che il risultato del fallimento della regolarizzazione prevista dal decreto-legge Rilancio per braccianti, colf, badanti pensando che questi provvedimenti possano essere la panacea del drammatico problema del caporalato,

impegna il Governo

ad assumere urgentemente iniziative volte a rafforzare e completare il nuovo quadro normativo introdotto per contrastare il lavoro nero e il caporalato al fine di garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e la tutela delle migliaia di aziende oneste che subiscono la concorrenza sleale di chi fa ricorso al lavoro illegale, anche utilizzando immigrati clandestini.
9/2727-A/111Loss, Viviani, Bubisutti, Cecchetti, Gastaldi, Golinelli, Liuni, Lolini, Manzato, Bordonali, Fogliani, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame all'articolo 1, comma 2 reca la seguente disposizione: «il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo»;
    da tale norma non risulta chiaro se ci debba essere o meno una conferma di ricevuta segnalazione da parte delle Autorità alle quali giunge la comunicazione,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di intervenire per il superamento delle criticità che dovessero manifestarsi con l'adozione di ulteriori iniziative normative volte a disporre che le comunicazioni debbano essere formalmente recepite dall'autorità nazionale alla quale arrivano.
9/2727-A/112Piccolo, Ferrari, Boniardi, Gobbato, Pretto, Fantuz, Lorenzo Fontana, Castiello, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame all'articolo 1, comma 2 reca la seguente disposizione: «il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo»;
    da tale norma non si evince quali siano i centri di coordinamento competenti per il soccorso marittimo considerato che le zone SAR spesso si sovrappongono,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di superarne le criticità che possano emergere con l'adozione di ulteriori iniziative normative volte a disporre un coordinamento fra i Paesi le cui zone SAR sono confinanti o sovrapposte, onde evitare che le comunicazioni di soccorso vengano indirizzate tutte verso l'Italia.
9/2727-A/113Fantuz, Ferrari, Boniardi, Gobbato, Pretto, Piccolo, Lorenzo Fontana, Castiello, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame all'articolo 1, comma 2 reca la seguente disposizione: «il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo»;
    da tale norma non si evince se sia necessaria una eventuale successiva autorizzazione all'ingresso nelle acque del mare territoriale da parte dell'Autorità preposta,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad evitare che sia sufficiente una semplice segnalazione al Paese che più aggrada, indipendentemente dalla zona SAR in cui si trova la nave, per poter poi attraccare senza autorizzazioni esplicite.
9/2727-A/114Ferrari, Boniardi, Gobbato, Pretto, Fantuz, Piccolo, Lorenzo Fontana, Castiello, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame all'articolo 1, comma 2 reca la seguente disposizione: «il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo»;
    da tale norma non risulta che si sia individuato nel nostro Paese un unico centro di raccolta dati sia in entrata che in uscita, tale da coordinare gli eventuali soccorsi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad individuare tale centro nel Dispositivo Integrato Interministeriale per la Sorveglianza Marittima (DISM), costituito sulla base delle capacità esistenti presso il comando in capo della squadra navale cui concorrono e di cui usufruiscono per lo svolgimento dei compiti di istituto le Amministrazioni interessate.
9/2727-A/115Comencini, Ferrari, Boniardi, Gobbato, Fantuz, Piccolo, Lorenzo Fontana, Castiello, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Pretto, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame all'articolo 1, comma 2 reca la seguente disposizione: «il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo»;
    da tale norma non risulta che si sia individuato nel nostro Paese un unico centro di raccolta dati sia in entrata che in uscita, tale da coordinare gli eventuali soccorsi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a far sì che la Presidenza del Consiglio dei ministri si possa avvalere del Dispositivo Integrato Interministeriale per la Sorveglianza Marittima (DISM) al fine di realizzare la condivisione delle informazioni necessarie a garantire la sicurezza delle frontiere marittime nazionali.
9/2727-A/116Raffaele Volpi, Ferrari, Boniardi, Gobbato, Pretto, Fantuz, Piccolo, Lorenzo Fontana, Castiello, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame all'articolo 1, comma 2 reca la seguente disposizione: «il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera»;
    da tale disposizione non risultano chiaramente definite le responsabilità dello Stato di bandiera summenzionato,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni sopra richiamate al fine di intervenire sulle criticità che dovessero emergere in merito a quanto esposto in premessa anche con l'adozione tempestiva di ulteriori iniziative normative volte a ritenere lo Stato di bandiera del naviglio responsabile in solido dei danni eventualmente arrecati dallo stesso.
9/2727-A/117Lucentini, Molinari, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Maggioni, Lorenzo Fontana, Ferrari, Boniardi, Gobbato, Pretto, Fantuz, Piccolo, Castiello, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame all'articolo 1, comma 2 reca la seguente disposizione: «il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera»;
    da tali disposizioni non è chiaro se lo Stato di bandiera sia responsabile quanto il centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo dell'eventuale ingresso in porto della nave da soccorrere,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad assicurare che, nel caso non ci fosse un riscontro da parte dell'autorità nazionale ricevente le comunicazioni, sta lo Stato di bandiera a dover garantire l'approdo della nave stessa.
9/2727-A/118Boniardi, Ferrari, Gobbato, Pretto, Fantuz, Piccolo, Lorenzo Fontana, Castiello, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame all'articolo 1, comma 2 reca la seguente disposizione: «il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera»;
    da tale disposizione non risultano chiaramente definite le responsabilità dello Stato di bandiera nel garantire gli standard internazionali di sicurezza del naviglio impiegato per il salvataggio in mare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad assicurare che lo Stato di bandiera sia tenuto ad assicurare l'approdo della propria nave nel caso l'autorità nazionale ricevente le comunicazioni ravvisi la non conformità agli standard internazionali di sicurezza del naviglio impiegato per il salvataggio in mare.
9/2727-A/119Zicchieri, Ferrari, Boniardi, Gobbato, Pretto, Fantuz, Piccolo, Lorenzo Fontana, Castiello, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame all'articolo 1, comma 2 reca la seguente disposizione: «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 83 del codice della navigazione, per motivi di ordine e sicurezza pubblica, in conformità con le previsioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, resa esecutiva dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale. Non trovano comunque applicazione le disposizioni del presente comma nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e il soccorso in mare, omissis»;
    si sono verificati nel recente passato speronamenti e scontri fra navi, anche all'interno del mare territoriale italiano e addirittura in prossimità di porti;
    l'articolo 1100 del codice della navigazione reca: «Il comandante o l'ufficiale della nave, che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale, è punito con la reclusione da tre a dieci anni» ma in Italia l'Autorità preposta a garantire l'ordine e la sicurezza pubblica in mare, in base alla Direttiva Napolitano del 28 marzo 1998 è la Guardia di Finanza, il cui naviglio pur essendo militare non può definirsi «da guerra»,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere il codice della navigazione al fine di adeguare la normativa per tutelare anche le navi delle Autorità preposte a garantire l'ordine e la sicurezza pubblica in mare da attacchi di resistenza o di violenza.
9/2727-A/120Andrea Crippa, Ferrari, Boniardi, Pretto, Fantuz, Piccolo, Lorenzo Fontana, Castiello, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Bazzaro, Bianchi, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in corso di conversione ha natura composita e contempla, tra l'altro modifiche al codice penale, nuovi ipotesi delittuose e disposizioni in materia di sicurezza;
    il decreto introduce altresì l'ampliamento indiscriminato delle fattispecie di permessi di soggiorno speciali di cui all'articolo 1 che assieme alla previsione di una loro automatica conversione in permessi per lavoro rappresentano un indiscutibile fattore di attrazione di flussi migratori irregolari, con il pericolo, peraltro denunciato più volte in diversi rapporti di intelligence, di infiltrazioni terroristiche all'interno degli stessi;
    i tragici fatti accaduti a Nizza il 29 ottobre scorso, con il brutale assassinio di tre persone all'interno della basilica di Notre-Dame in un attacco terroristico di matrice islamica da parte di un immigrato sbarcato poco tempo prima in Italia, sono di una gravità inaudita che meritano una profonda attenzione in ordine alle modifiche alla normativa in tema di immigrazione di cui al decreto-legge in oggetto;
    occorre quindi, nell'ambito della sicurezza dei cittadini, prevedere anche una fattispecie specifica di reato volta a perseguire la cristianofobia e tutte le discriminazioni legate all'odio anti-cristiano;
    i drammatici dati diffusi in questi anni e l'allarme delle organizzazioni manifestano con evidenza che i cristiani sono una minoranza perseguitata in Europa e in tutto il mondo. Ma anche in Italia; è di qualche mese fa il tentativo di distruggere una croce in una parrocchia romana, ma casi sempre più violenti e sinistri si ripetono con frequenza ormai regolare. In Francia, quella cristiana è, secondo i dati del ministro degli interni, la religione più perseguitata con centinaia di casi di attacchi a luoghi o persone nel solo 2019. Inoltre sempre della scorsa settimana sono le immagini degli incendi delle cattedrali cilene o le profanazioni nelle chiese polacche;
    il 15 gennaio 2020 Porte Aperte pubblica la WORLD WATCH LIST 2020 (WWL – periodo di riferimento ricerche 1o novembre 2018-31 ottobre 2019), la nuova lista dei primi 50 paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo. Primo dato degno di nota: cresce ancora la persecuzione anticristiana nel mondo in termini assoluti. Oggi salgono da 245 a 260 milioni i cristiani perseguitati nei paesi della WWL, sostanzialmente 1 cristiano ogni 8 subisce un livello alto di persecuzione a causa della propria fede. Su circa 100 paesi potenzialmente interessati dal fenomeno monitorati dalla nostra ricerca, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione definibile alta, molto alta o estrema. Il numero di cristiani uccisi per ragioni legate alla fede scende da 4.305 dello scorso anno a 2.983 del 2019, con la Nigeria ancora terra di massacri per mano soprattutto degli allevatori islamici Fulani, ben più letali dei terroristi Boko Haram. La Repubblica Centrafricana e, in particolare, lo Sri Lanka, con il terribile attentato di Pasqua 2019, sono rispettivamente il 2o e 3o paese per numero di uccisioni. Al di là delle uccisioni legate alla fede, sconcerta il notevole aumento della «pressione» sui cristiani, in un mix di vessazioni, aggressioni, violenze e discriminazioni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni recate dal provvedimento in esame, al fine di prevenire il diffondersi sul nostro territorio di un'ostilità anticristiana, anche attraverso iniziative normative tese ad introdurre nel nostro codice penale una fattispecie specifica di reato volta a perseguire la cristianofobia e tutte le discriminazioni legate all'odio anti-cristiano.
9/2727-A/121Lorenzo Fontana, Molinari, Alessandro Pagano, Ferrari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, ed è volto ad introdurre misure che modificano o abrogano alcune disposizioni contenute nel decreto-legge n. 53 del 2019 in particolare all'articolo 1;
    il provvedimento comporta anche una completa rivisitazione delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed in particolare all'articolo 1, comma 1 novella l'articolo 6 del suddetto decreto legislativo disponendo la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro una serie di permessi cosiddetti «speciali»;
    purtroppo il provvedimento sembra considerare le diverse inchieste sulla stipulazione di falsi contratti di lavoro con l'intento di garantire il permesso di soggiorno agli extracomunitari, dietro pagamento di ingenti somme di denaro, né sembra prendere in considerazione la problematica relativa al commercio abusivo ed alla contraffazione, molto spesso connesso all'immigrazione clandestina;
    il commercio ambulante abusivo è un'attività economica di rifugio svolta per lo più da stranieri ed è accertato da diversi studi questo stretto legame tra commercio abusivo ed «economia etnica», un concetto che sottolinea la presenza massiccia di alcuni gruppi nazionali di migranti in settori specifici del mercato del lavoro che sono caratterizzati da ridotte barriere all'ingresso, in termini finanziari e tecnologici;
    la forte presenza straniera nel commercio abusivo e nella contraffazione trova anche spiegazioni di tipo culturale, vista l'importanza del background psicologico, religioso, socio-culturale nella propensione di alcuni gruppi etnici ad orientarsi verso le attività commerciali;
    il fiorire del commercio abusivo e della contraffazione è sicuramente un fattore che aumenta il livello di insicurezza pubblica unita dal degrado ambientale e di arredo urbano;
    solo attraverso il rispetto da parte di tutti dei reciproci diritti e doveri è possibile garantire la legalità e la sicurezza, in particolare combattere il lavoro nero e le attività sommerse,

impegna il Governo

a stanziare, nel primo provvedimento utile, apposite risorse da trasferire ai Comuni quale contributo per il finanziamento di iniziative di prevenzione e contrasto dell'abusivismo commerciale e della vendita di prodotti contraffatti nelle località marittime di maggior richiamo turistico, anche in violazione delle norme sul distanziamento sociale adottate per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2.
9/2727-A/122Raffaelli, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico intrattenimento, ma non fa alcun cenno alla situazione di crisi pandemica che dobbiamo attualmente affrontare;
    il decreto-legge modifica le norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, principalmente all'articolo 1 con riguardo alla programmazione dei flussi migratori e all'articolo 3 relativamente alle modalità di trattenimento ai fini del rimpatrio;
    secondo i rapporti della Commissione nazionale di asilo circa l'80 per cento delle domande di asilo presentate dagli immigrati giunti in Italia è priva dei requisiti per ottenere alcuna forma di protezione e dunque deve essere rimpatriata;
    le nuove necessità determinate dalle attività di monitoraggio, rintraccio dei migranti irregolari soggiornanti nel territorio nazionale nonché di ordine pubblico incrementeranno il lavoro delle Forze dell'ordine non solo dal punto di vista operativo ma anche riguardo agli adempimenti burocratici dei loro uffici;
    già in situazioni normali, non di emergenza, le nostre forze di polizia denunciano già una scarsità di materiale per la loro attività d'ufficio,

impegna il Governo

a istituire un Fondo destinato alla copertura finanziaria degli oneri connessi all'acquisto straordinario di articoli di cancelleria necessari per il regolare svolgimento delle attività delle forze di polizia, alla luce dell'incremento dei flussi migratori e delle conseguenti attività di ufficio derivanti dal provvedimento in esame.
9/2727-A/123Caffaratto, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Boniardi, Castiello, Fantuz, Ferrari, Gobbato, Piccolo, Pretto, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico intrattenimento;
    in particolare, l'articolo 1 abroga le disposizioni contenute all'articolo 11 e 12 del decreto legislativo n. 286 in materia di controllo delle frontiere marittime e sorveglianza del mare territoriale, riformulandole al comma 2 ma privandole della necessaria efficacia per il contrasto ai flussi migratori clandestini;
    stando agli ultimi dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, negli ultimi mesi e nonostante l'emergenza sanitaria degli scorsi mesi prorogata fino al 31 gennaio del 2021, si è continuato a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali che hanno ormai raggiunto nel 2020 il numero di 32.224 rispetto ai 9.944 dello scorso anno, nonché degli arrivi anche dalle rotte terrestri;
    la crisi pandemica dovuta alla diffusione del virus COVID-19 ha reso particolarmente complessa la gestione dei migranti da parte del personale della Marina militare, delle Capitanerie di porto e della Guardia di finanza;
    le nostre forze di polizia operanti sul territorio hanno a che fare con un numero crescente di immigrati irregolari,

impegna il Governo

ad assumere tempestivamente iniziative per destinare maggiori risorse per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale militare, delle Capitanerie di porto, della Guardia di finanza e delle forze di polizia in relazione agli accresciuti impegni connessi al prevedibile incremento dei flussi migratori anche in considerazione dell'emergenza epidemiologica in corso.
9/2727-A/124Colla, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Boniardi, Castiello, Fantuz, Ferrari, Gobbato, Piccolo, Pretto, Zicchieri.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento reca una significativa modifica delle norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme suda condizione dello straniero, principalmente all'articolo 1 con riguardo alla programmazione dei flussi migratori e all'articolo 3 relativamente alle modalità di trattenimento ai fini del rimpatrio;
    nel corso dell'esame del provvedimento sono stati chiamati in audizione diversi rappresentati dei Sindacati delle Forze dell'ordine proprio in considerazione degli effetti che tale provvedimento ha inevitabilmente con riguardo alla loro attività sul territorio;
    l'allarmante aumento degli sbarchi di immigrati irregolari sulle nostre coste, con ben oltre 30 mila arrivi, e la mancata adozione di opportune misure per fermare i continui flussi migratori illegali anche in questo periodo di emergenza epidemiologica, stanno suscitando enorme preoccupazione per gli elevati rischi a cui si sta così esponendo non solo tutta la popolazione ma anche, in particolare, gli uomini e le donne delle forze dell'ordine;
    il decreto introduce l'ampliamento indiscriminato delle fattispecie di permessi di soggiorno speciali di cui all'articolo 1 che assieme alla previsione di una loro automatica conversione in permessi per lavoro rappresentano un indiscutibile fattore di attrazione di flussi migratori irregolari, con il pericolo, peraltro denunciato più volte in diversi rapporti di intelligence, di infiltrazioni terroristiche all'interno degli stessi;
    alla luce di quanto sopra è quindi di assoluta necessità dotare le nostre forze dell'ordine degli strumenti e dell'equipaggiamento adeguato e necessario onde far fronte alle maggiori esigenze di presidio e controllo del territorio;
    deve altresì tenersi conto dell'emergenza epidemiologica in atto e del fatto che le nuove necessità determinate dal monitoraggio dei migranti irregolari soggiornanti nel territorio nazionale incrementeranno il rischio che le nostre forze di polizia entrino in contatto con soggetti affetti da SARS-CoV-2,

impegna il Governo

ad adottare tempestive iniziative di carattere normativo per implementare le risorse destinate alla copertura finanziaria per l'acquisto di vestiario, dotazioni e strumenti necessari all'efficienza dell'amministrazione per il regolare svolgimento delle attività delle forze di polizia con particolare riferimento a quelle di contrasto all'immigrazione clandestina.
9/2727-A/125Maturi, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Vanessa Cattoi, Cestari, Comaroli, Frassini, Garavaglia, Gava, Paternoster.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento è volto ad introdurre misure urgenti inerenti la disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale e completare, così come misure di ordine pubblico;
    il provvedimento, inoltre, incrementando all'articolo 1 il numero e la qualità dei permessi assicurati a chi giunge illegalmente in Italia, costituisce un evidente pull factor che incentiva l'immigrazione illegale e il business dei trafficanti di esseri umani e sta facendo tornare l'Italia, come accaduto negli anni 2016 e 2017, la porta d'ingresso privilegiata dall'immigrazione clandestina via mare e via terra;
    stando agli ultimi dati forniti dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell'interno, negli ultimi mesi e, nonostante l'emergenza sanitaria degli scorsi mesi prorogata fino al 31 gennaio del 2021, si è continuato a registrare un aumento esponenziale degli sbarchi illegali che hanno ormai raggiunto nel 2020 il numero di 32.224 rispetto ai 9.944 dello scorso anno, nonché degli arrivi anche dalle rotte terrestri;
    come rilevato da diversi rapporti di intelligenze, vi è il gravissimo rischio di infiltrazioni terroristiche tra gli immigrati che giungono illegalmente in Italia;
    in materia di ordine e sicurezza pubblica, la legislazione europea e nazionale, per contrastare il fenomeno terroristico, mette in campo una complessa attività informativa di prevenzione, volta a prevenire le minacce alle istituzioni democratiche;
    il terrorismo di matrice islamica gode di finanziamenti che il più delle volte provengono dall'estero sotto forma di finanziamenti a organizzazioni religiose e di carattere sociale, per la costruzione di edifici di culto, attrezzature destinate a servizi religiosi o di assistenza sociale,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a regolamentare i finanziamenti destinati ad enti, associazioni e comunità, le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all'esercizio del culto o alla professione religiosa, prevedendo che questi soggetti possano ottenere finanziamenti solo da persone giuridiche e/o fisiche, residenti sul territorio nazionale.
9/2727-A/126Bellachioma, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Guidesi, Vanessa Cattoi, Cestari, Frassini, Garavaglia, Gava, Paternoster.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca un sostanziale rilassamento delle norme in tema di regolamentazione dell'immigrazione illegale ed è destinato a portare un eccezionale afflusso di cittadini stranieri che entreranno nel nostro Paese in modo illegale;
    il provvedimento prevede il trattenimento del richiedente protezione internazionale presso i centri di permanenza per il rimpatrio;
    la capacità complessiva di accoglienza dei 10 centri di permanenza per il rimpatrio, presenti sul territorio nazionale, è pari a 1.425 posti;
    il provvedimento ha introdotto nuovi criteri di contenimento della capienza massima dei centri governativi di prima accoglienza e di adeguamento degli standard sanitari ed abitativi, che limitano la presenza massima ammessa in ciascun centro;
    per assicurare l'effettiva e più efficace adozione dei provvedimenti di espulsione dello straniero è importante il lavoro svolto dai centri di rimpatrio,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente un piano per ampliare il numero di centri di cui all'articolo 14, comma del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in modo da garantire l'esistenza di minimo un centro per il rimpatrio a livello regionale, in ciascuna provincia autonoma e in prossimità delle zone di frontiera e di ingresso dei flussi migratori illegali.
9/2727-A/127Bianchi, Molinari, Bazzaro, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Cavandoli, Panizzut, Gava, Di Muro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento è volto a sopprimere la previsione del Testo unico immigrazione (articolo 11, comma 1-ter) sul procedimento per la limitazione o il divieto di ingresso, transito, sosta di navi nel mare territoriale per motivi di sicurezza pubblica o di contrasto di violazioni delle leggi sull'immigrazione, sostituendola con la disciplina recata dall'articolo 1, comma 2 del decreto-legge in esame;
    il comma 1, lettera d) sopprime le disposizioni sulla sanzione pecuniaria a seguito della violazione del divieto di ingresso, transito o sosta nelle acque territoriali italiane nonché sulla confisca ed eventuale distruzione dell'imbarcazione, previste dal decreto-legge n. 53 del 2019;
    il comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento in esame reca disposizioni volte a contrastare l'immigrazione irregolare, prevedendo che il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitate o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale;
    tali disposizioni non trovano comunque applicazione nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e il soccorso in mare, emesse sulla base degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, volte a introdurre a carico del comandante, dell'armatore e del proprietario dell'imbarcazione, che effettui il trasbordo su altri natanti di persone al fine di farle entrare nel territorio dello Stato, una sanzione amministrativa in termini di multa, nonché la sanzione amministrativa accessoria della confisca del natante.
9/2727-A/128Grimoldi, Molinari, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Boniardi, Castiello, Fantuz, Ferrari, Lorenzo Fontana, Gobbato, Piccolo, Pretto, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento è volto a sopprimere la previsione del Testo unico immigrazione (articolo 11, comma 1-ter) sul procedimento per la limitazione o il divieto di ingresso, transito, sosta di navi nel mare territoriale per motivi di sicurezza pubblica o di contrasto di violazioni delle leggi sull'immigrazione, sostituendola con la disciplina recata dall'articolo 1, comma 2 del decreto-legge in esame;
    il comma 1, lettera d) sopprime le disposizioni sulla sanzione pecuniaria a seguito della violazione del divieto di ingresso, transito o sosta nelle acque territoriali italiane nonché sulla confisca ed eventuale distruzione dell'imbarcazione, previste dal decreto-legge n. 53 del 2019;
    il comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento in esame reca disposizioni volte a contrastare l'immigrazione irregolare, prevedendo che il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitate o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale;
    tali disposizioni non trovano comunque applicazione nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e il soccorso in mare, emesse sulla base degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre a carico del comandante, dell'armatore e del proprietario dell'imbarcazione, che operi la raccolta e il trasporto di migranti in violazione delle acque di competenza SAR del Paese titolare, senza osservarne le direttive o tenendo spento il transponder e che abbia chiesto l'attracco o abbia attraccato in un porto italiano, una sanzione amministrativa sotto forma di multa, nonché una sanzione accessoria del fermo amministrativo del natante.
9/2727-A/129Molinari, Bazzaro, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni, Boniardi, Castiello, Fantuz, Ferrari, Lorenzo Fontana, Gobbato, Piccolo, Pretto, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento è volto a sopprimere la previsione del Testo unico immigrazione (articolo 11, comma 1-ter) sul procedimento per la limitazione o il divieto di ingresso, transito, sosta di navi nel mare territoriale per motivi di sicurezza pubblica o di contrasto di violazioni delle leggi sull'immigrazione, sostituendola con la disciplina recata dall'articolo 1, comma 2 del decreto-legge in esame;
    il comma 1, lettera d) sopprime le disposizioni sulla sanzione pecuniaria a seguito della violazione del divieto di ingresso, transito o sosta nelle acque territoriali italiane nonché sulla confisca ed eventuale distruzione dell'imbarcazione, previste dal decreto-legge n. 53 del 2019;
    il comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento in esame reca disposizioni volte a contrastare l'immigrazione irregolare, prevedendo che il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa informazione al Presidente del Consiglio dei ministri, può limitate o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale, salvo che si tratti di naviglio militare o di navi in servizio governativo non commerciale;
    tali disposizioni non trovano comunque applicazione nell'ipotesi di operazioni di soccorso immediatamente comunicate al centro di coordinamento competente per il soccorso marittimo e allo Stato di bandiera ed effettuate nel rispetto delle indicazioni della competente autorità per la ricerca e il soccorso in mare, emesse sulla base degli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali in materia di diritto del mare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a far sì che l'ingresso in qualsiasi porto di ogni natante che abbia operato il salvataggio e/o il trasporto di persone in acque di competenza SAR di altri Paesi è condizionato alla raccolta delle domande di asilo o di protezione internazionale, in osservanza ed ai fini del regolamento UE n. 604/2013, articoli 3 e 6, da parte del comandante del natante, e a introdurre a carico del comandante che non abbia osservato l'indicata condizione una sanzione amministrativa, nonché a una sanzione accessoria della confisca del natante e del risarcimento dei danni conseguiti pari al rimborso dei costi da sostenere per l'accoglienza delle persone sbarcate.
9/2727-A/130Picchi, Molinari, Bianchi, Andrea Crippa, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Maggioni, Boniardi, Castiello, Fantuz, Ferrari, Lorenzo Fontana, Gobbato, Piccolo, Pretto, Zicchieri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 2, lettera b), e il comma 3 prevedono fa riduzione a novanta giorni (anziché centottanta) del trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale;
    una apertura indiscriminata agli stranieri, senza un esame approfondito del possesso dei prerequisiti per godere dell'asilo politico, avrebbe ripercussioni su vari fronti, creando pressioni sul sistema sanitario, su quello della sicurezza pubblica, nonché sulle finanze pubbliche;
    sono presenti nel nostro Paese un numero ingente di migranti irregolari che hanno richiesto la protezione internazionale ma più del 65 per cento delle domande di asilo è stato respinto nel 2019 (contro il 58,6 per cento del 2018);
    dovrebbe vigere il principio che solo coloro che godono del diritto di protezione internazionale sulla base delle convenzioni internazionali ha il diritto di restare in Italia,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad assoggettare alla procedura accelerata e obbligare alla permanenza all'interno dei Centri di prima accoglienza o dei CPR, fino a un massimo di sei mesi, per tutti quei richiedenti protezione internazionale che abbiano fatto ingresso illegalmente attraverso la frontiera marittima e privi di documenti che complica la verifica della loro identità o provenienza.
9/2727-A/131De Martini, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Cavandoli, Gerardi, Murelli, Bellachioma, Cestari, Comaroli, Frassini, Garavaglia, Gava, Paternoster, Zoffili.


   La Camera,
   premesso che:
    la direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020, che è volta a tutelare non solo chi arriva da un altro Paese, ma anche coloro che si occupano di ricevere queste persone, dà agli Stati Membri indicazioni precise per quanto riguarda i livelli di esposizione dei lavoratori agli agenti biologici a tutela della foro salute, soprattutto in relazione ai rischi presenti nell'attuale situazione di crisi epidemiologica;
    con il decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125 sono state adottate misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19;
    la crisi epidemiologica da COVID-19 ha gettato i cittadini italiani in una crisi economica e sociale senza precedenti, con la perdita di posti di lavoro e il conseguente aumento del tasso di disoccupazione;
    esiste chiaramente un collegamento tra l'immigrazione e la situazione sanitaria, e non si può pensare di non adottare nei confronti dei migranti quelle misure restrittive adottate nei confronti della generalità dei cittadini italiani;
    non sarebbe corretto far pagare il prezzo per l'emergenza sanitaria solo ai nostri cittadini e al contempo non venga richiesto nulla agli immigrati clandestini,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a sospendere il rilascio di permessi di soggiorno fino alla conclusione della crisi epidemiologica da COVID-19.
9/2727-A/132Paolin, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Sutto, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, reca Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    il provvedimento all'articolo 1 stravolge completamente le norme contenute nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, con particolare riguardo alla programmazione dei flussi migratori;
    i cittadini dei comuni di frontiera stanno dimostrando di sopportare sacrifici straordinari di fronte all'attuale crisi epidemiologica, ma sono sottoposti anche ad ulteriori difficoltà dovute all'immigrazione;
    l'ulteriore emergenza conseguente a tali flussi migratori irregolari, vista anche la consistenza numerica degli stessi, ha ovviamente riguardato non soltanto il comune di Lampedusa e Linosa e della Sicilia, per i quali è stato previsto un contributo straordinario dall'articolo 42-bis del decreto-legge n. 140 del 2020 ma altresì tanti altri comuni del litorale calabrese, pugliese e della Sardegna, come attestano i diversi arrivi di immigrati irregolari registrati negli scorsi mesi a Sant'Anna Arresi, Sant'Antioco, Roccella Jonica, Gallipoli, Santa Maria di Leuca, Crotone, susseguitesi negli scorsi mesi di notte e di giorno, anche durante la stagione turistica e in alcuni casi anche direttamente sulle spiagge, tra lo stupore dei bagnanti;
    l'incremento dei flussi migratori irregolari ha coinvolto non solo le frontiere marittime ma altresì quelle terrestri ed ha particolarmente coinvolto i comuni alla frontiera con la Francia, come Ventimiglia, e di ingresso dalla rotta cosiddetta Balcanica;
    sempre più famiglie italiane e immigrate regolari chiedono di accedere agli aiuti messi a disposizione dagli enti locali: case popolari, buoni spesa, mense scolastiche gratuite, assistenza sociale;
    l'ampliamento dei permessi comporta un aggravio per gli enti locali, tenuti a garantire i servizi sociali di base e il welfare alle persone senza reddito e senza casa;
    senza una limitazione nel rilascio dei permessi di soggiorno e nella loro conversione, l'aumento del loro rilascio determinerebbe una condizione di stress per gli enti locali, obbligandoli a scegliere chi aiutare, magari a scapito dei cittadini italiani;
    vi è la necessità che situazioni straordinarie siano affrontate con mezzi straordinari,

impegna il Governo

a reperire le occorrenti risorse economiche per concedere, con apposito provvedimento, indennizzi economici ai comuni di frontiera che soffrono la pressione migratoria e siano già colpiti dall'attuale situazione di crisi pandemica data dalla diffusione del COVID-19.
9/2727-A/133Parolo, Molinari, Cavandoli, Bianchi, Claudio Borghi, Locatelli, Molteni, Zoffili, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, ed amplia a dismisura la possibilità di rilasciare permessi di soggiorno, determinando una discriminazione tra immigrati regolari e irregolari;
    nell'ampliare la platea di beneficiari del rilascio di permessi di soggiorno, non viene al contempo stanziata alcuna risorsa a favore dei comuni o delle forze dell'ordine;
    proprio in un momento in cui il Paese vive grandi difficoltà a causa della crisi epidemiologica, una immigrazione non gestita rappresenta un ulteriore grave peso per il nostro sistema sociale;
    l'articolo 1 del provvedimento reca disposizioni contraddittorie e di difficile applicazione, laddove prevede che tra i permessi di soggiorno che possono essere convertiti in permessi di lavoro ci sono tipologie di permessi che escludono la prestazione lavorativa e perfino il permesso di soggiorno per motivi religiosi;
    con tale provvedimento si ripristina la previsione di permessi per motivi umanitari al di fuori di previsioni di convenzioni internazionali;
    l'articolo 1 del provvedimento rende pressoché impossibile l'espulsione degli stranieri, con l'introduzione di ben 23 cause ostative, molte delle quali vaghe e fin troppo generiche;
    tale normativa determinerà un accrescimento del contenzioso giudiziario, con il rischio di creare un numero insostenibile di procedimenti, con conseguente compressione dei diritti dei cittadini italiani e del principio costituzionale di ragionevole durata del processo,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a tipizzare i permessi di soggiorno speciali e alla revisione delle cause ostative all'espulsione, ciò per evitare un'immigrazione indiscriminata e contraria alle norme di diritto internazionale.
9/2727-A/134Fiorini, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame dell'Aula contempla la possibilità di conversione di taluni permessi cosiddetti «speciali» in permessi di soggiorno per motivi di lavoro, ampliandone di fatto i motivi giustificativi per il suo ottenimento;
    i presupposti previsti per la conversione del permesso di soggiorno, in particolare la conversione de permesso per protezione speciale in permesso per motivi di lavoro, sono tali da prefigurare una sanatoria generalizzata visto che aumenta a dismisura la possibilità di rilasciare nuovi permessi di soggiorno;
    l'incremento delle fattispecie di conversione dei permessi comporterà un notevole aggravio per la pubblica amministrazione e le sue finanze;
    per i firmatari del presente atto, invero, si dovrebbe garantire l'accoglienza di nuovi immigrati solo nella misura in cui il Paese sia in grado di assicurare condizioni di vita dignitosa per i richiedenti la conversione del permesso di soggiorno e ciò sia per rispetto della persona accolta e sia per garantire la sicurezza dei cittadini del Paese che accoglie, atteso che, diversamente, c’è un evidente rischio di escalation della microcriminalità,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame al fine di adottare ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, volte a prevedere quali criteri per la conversione del permesso di soggiorno di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 286 del 1998 la disponibilità di un alloggio idoneo, di un reddito non inferiore all'importo dell'assegno sociale e di un'assicurazione sanitaria.
9/2727-A/135Murelli, Molinari, Caffaratto, Caparvi, Durigon, Giaccone, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Minardo, Moschioni, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    all'atto di ingresso nel territorio dello Stato, l'immigrato irregolare o richiedente asilo dovrebbe essere tenuto a dichiarare alle autorità italiane di frontiera l'esatto ammontare di denaro o di denaro o di carte valori di qualunque natura e specie a sua disposizione;
    la comprovata falsità delle dichiarazioni rese dallo straniero irregolare dovrebbero comportare l'immediato respingimento della domanda di accesso a qualsiasi forma di tutela internazionale;
    allo straniero irregolare dovrebbe essere imposto il deposito cauzionale presso le autorità di frontiera del denaro o delle carte valori che eccedono la somma di 1.000 euro, a tale scopo dovrebbero essere sequestrate anche le carte di credito e tutti i supporti informatici e magnetici alla movimentazione del denaro tramite il banking on-line;
    al deposito cauzionale si attinge per finanziare in tutto o in parte i sussidi e i benefici garantiti all'immigrato nel periodo intercorrente tra la presentazione della domanda di protezione internazionale o di altra protezione e il suo accoglimento o respingimento,

impegna il Governo

ad adottare ogni più utile iniziativa, anche di carattere normativo, al fine di introdurre nel nostro ordinamento giuridico, l'obbligo di deposito cauzionale e l'istituzione di un contributo speciale a carico degli immigrati irregolari richiedenti asilo o protezione internazionale.
9/2727-A/136Bitonci, Molinari, Cantalamessa, Cavandoli, Centemero, Covolo, Gerardi, Gusmeroli, Alessandro Pagano, Tarantino, Guidesi, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    si delinea un significativo mutamento delle politiche in materia di immigrazione, protezione internazionale e integrazione degli stranieri;
    l'articolo 5 del provvedimento in titolo, nell'ambito del Piano nazionale per integrazione previsto all'articolo 29 del decreto legislativo n. 251 del 2007, prevede, tra l'altro, un tavolo di coordinamento tra i rappresentanti delle regioni, dell'UPI e dell'ANCI;
    nel corso delle audizioni preliminari all'esame del presente decreto, anche i rappresentanti Conferenza delle regioni e delle province autonome e Anci hanno manifestato la necessità di un maggior coinvolgimento e attenzione delle realtà locali nella gestione dell'integrazione derivante da flussi miglioratori;
    è indubbio che gli amministratori locali siano la prima linea nell'opera di mantenimento della legalità e di contrasto alla criminalità, rischiando talvolta intimidazioni da parte delle organizzazioni criminali in ragione della loro attività;
    i territori di confine poi, risultano essere i maggiormente esposti, proprio per la loro funzione di passaggio e di specificità geografica: ne sono una riprova i mirati interventi contenitivi ed economici che taluni comuni (ad esempio, Lampedusa e Linosa) hanno ricevuto sotto forma di ristoro poiché gravati dall'accoglienza dei flussi migratori;
    il paventato rischio che i nostri confini possano essere valicati da chiunque rimane sempre alto, concreto e di forte preoccupazione per le popolazioni residenti nei territori di confine: lo Stato deve perciò mostrare in modo concreto il suo sostegno e vicinanza agli amministratori locali fortemente segnati negativamente dai flussi migratori irregolari provenienti sia dalla rotta balcanica che dal confine con la Francia;
    ne sono un esempio le città di Ventimiglia, Como, Udine e Trieste, fortemente penalizzate e gravate dalla gestione del fenomeno migratorio nel rispetto della collaborazione tra i diversi livelli di governo interessati;
    occorre pertanto prevenire e compensare le molte difficoltà che incontrano le specificità territoriali di confine,

impegna il Governo

ad adottare nell'immediato apposite iniziative, anche di carattere normativo, per le zone di confine di Ventimiglia, Como, Udine e Trieste, sì da impedire non solo gli ingressi illegali di immigrati nel nostro Paese dalle rotte terrestri e marittime, ma al fine di garantire anche adeguate condizioni di rilancio economico poiché maggiormente interessate a contrastare l'immigrazione clandestina e l'emergenza sociale strettamente connessa.
9/2727-A/137Di Muro, Molinari, Molteni, Panizzut, Gava, Claudio Borghi, Locatelli, Zoffili, Cavandoli, Bianchi, Parolo, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'Italia, data la sua configurazione geografica e le sue numerose aree di confine è indubbiamente la più interessata tra i Paesi europei agli arrivi illegali; in particolare, molte zone di frontiera del nostro paese hanno già lamentato gravissime problematiche di carattere sanitario e di sicurezza sul loro territorio in conseguenza di tali ingressi;
    il ruolo delle amministrazioni locali nella definizione della misura e delle modalità dell'accoglienza è quanto mai necessaria e non più rinviabile visto che, nonostante la crisi epidemiologica, negli ultimi mesi gli sbarchi nel nostro Paese sono quadruplicati rispetto allo scorso anno con le inevitabili ripercussioni di ordine sociale ed economico che ne è derivato;
    gli effetti di tali situazioni, al limite della sostenibilità anche economica, rischiano di degenerare tensioni sociali se non compensate soprattutto da aiuti economici ai territori maggiormente interessati a fronteggiare l'ingresso in Italia di immigrati irregolari;
    al contempo, è necessario rafforzare misure a garanzia della sicurezza dei cittadini attraverso interventi volti a potenziare il controllo del territorio di confine;
    nonostante il presente decreto-legge non preveda disposizioni specifiche per i territori di confine è, per contro, opportuno prevedere misure distinte e settoriali in virtù del maggior coinvolgimento,

impegna il Governo

a tener conto di tutti i comuni che negli scorsi mesi, ed ancora oggi, sono maggiormente esposti ai flussi migratori irregolari verso il nostro Paese, prevedendo, in particolare, anche attraverso l'adozione di apposite iniziative normative, misure di ristoro ai comuni di frontiera maggiormente coinvolti nella gestione dei flussi migratori marittimi e terrestri.
9/2727-A/138Alessandro Pagano, Molinari, Molteni, Di Muro, Panizzut, Gava, Claudio Borghi, Locatelli, Zoffili, Cavandoli, Bianchi, Parolo, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita: interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 9 introduce, una nuova figura di reato disciplinata dall'articolo 391-ter, per sanzionare introduzione e la detenzione all'interno degli istituti penitenziari di telefoni cellulari e di dispositivi mobili, comunque denominati, idonei a consentire la comunicazione con l'esterno, nonché, più in generale, ogni condotta attraverso la quale è procurato a un detenuto un apparecchio telefonico o un altro dispositivo idoneo a effettuare comunicazioni;
    l'introduzione nel codice penale di una apposita fattispecie di reato destinata a reprimere l'accesso indebito a strumenti di comunicazione con l'esterno da parte della popolazione detenuta è conseguenza, chiaramente, del fenomeno – registrato in modo crescente negli ultimi tempi – dell'introduzione abusiva di apparecchi telefonici mobili negli istituti penitenziari;
    si tratta di una previsione volta a contrastare, con l'efficacia dissuasiva della sanzione penale, comportamenti e violazioni gravemente pregiudizievoli per l'efficacia del percorso trattamentale e finalizzati a tutelare la necessità di interrompere i rapporti con ambienti criminali esterni da parte dei soggetti sottoposti alle misure restrittive. La pena prevista, della reclusione da uno a quattro anni,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame all'articolo 9, ed adottare le conseguenti ed opportune iniziative, anche di carattere normativo, atte a superare eventuali dubbi interpretativi per equiparare esplicitamente le comunicazioni «vocali» con quelle «telematiche» (chats, mail, sms) e, quindi, a rendere perseguibile penalmente l'introduzione di « sim card» utilizzabili per comunicazioni anche attraverso dispositivi elettronici diversi dai telefoni.
9/2727-A/139Marchetti, Molinari, Paolini, Potenti, Bisa, Di Muro, Morrone, Tateo, Tomasi, Turri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita: interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 2, al comma 1, lettera f), modificando l'articolo 35-bis, comma 3, decreto legislativo n. 25 del 2008, amplia le ipotesi in cui l'impugnazione avverso il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale non ha effetto sospensivo, allargandolo alle ipotesi di rigetto di domande presentate da persone che sono sottoposte a procedimento penale o sono state condannate per reati che costituiscono causa di diniego dello status di rifugiato. Trattasi di norma di coordinamento assolutamente necessaria in quanto, in caso contrario, la proposizione dell'impugnazione avrebbe prodotto l'effetto di un congelamento dell'ordine di espulsione conseguente al rigetto proprio nei casi più gravi e di immediato accertamento. La possibilità di accertare immediatamente la sussistenza di tali condizioni dovrebbe condurre anche in tal caso, nell'ipotesi più che probabile di richiesta di inibitoria degli effetti del provvedimento impugnato, ad una decisione monocratica di accoglimento o di rigetto, con modifica dell'attuale previsione dell'articolo 35-bis che contempla ben due pronunce collegiali, sia in caso di accoglimento che di rigetto della richiesta di sospensione, con un unicum processuale che non trova alcuna rispondenza con gli istituti in tema di inibitoria previsti dal codice di rito;
    quanti fuggono dalle guerre hanno diritto alla protezione internazionale e dunque, hanno titolo ad essere accolti in Italia, o meglio in Europa. Ma occorre rilevare, tuttavia, che negli ultimi tre anni solo il 7-8 per cento di coloro che giungono nel nostro Paese hanno ottenuto l'asilo e, pertanto, la stragrande maggioranza degli immigrati sono qualificabili come clandestini. Il precedente Esecutivo, e in particolare l'allora Ministro dell'interno Salvini, con l'approvazione dei «decreti sicurezza» era riuscito a ridurre sensibilmente le partenze dai Paesi d'origine e, di conseguenza, il numero dei naufragi in mare e dei clandestini presenti in Italia;
    oltre alle difficoltà di ordine economico e sociale connesse alla pandemia, l'Europa, negli ultimi giorni ha dovuto fronteggiare una nuova minaccia terroristica di matrice is amica: al riguardo, si evince necessaria la necessità di inasprire le norme per impedire, a chi non ha diritto, di approdare nel nostro Continente;
    e indispensabile l'individuazione di elementi diretti alla velocizzazione della fase del rito giurisdizionale dell'impugnazione ai provvedimenti delle Commissioni territoriali ai sensi dell'articolo 35-bis (Delle controversie n materia di riconoscimento della protezione internazionale) del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 recante Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato;
    è bene ribadire che la richiesta di strumenti che consentano di rendere più agite e celere il rito non è soltanto dovuta – e ciò sarebbe bastevole – all'esigenza di affrancare i Tribunali distrettuali da un numero insostenibile di procedimenti in materia di protezione internazionale, che costringono a sacrificare oltre ogni misura la tutela dei diritti dei cittadini, ma anche alla necessità di assicurare in tempi ragionevoli, e tali da essere conformi ai principi di cui all'articolo 111 della Costituzione, i diritti dei richiedenti asilo, nella consapevolezza che solo una tutela che intervenga in tempi celeri possa dirsi tale e sia in grado di proteggere l'effettività dei diritti fatti valere,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame con la finalità di approntare tutti gli strumenti, anche di carattere normativo, che consentano di rendere più agile e celere il rito in materia di protezione internazionale al fine di perseguire l'esigenza di affrancare i tribunali distrettuali da un numero insostenibile di procedimenti, che costringono a sacrificare oltre ogni misura la tutela dei diritti dei cittadini, ma anche per assicurare in tempi ragionevoli, e tali da essere conformi ai principi di cui all'articolo 111 della Costituzione, i diritti dei richiedenti asilo.
9/2727-A/140Cavandoli, Molinari, Paolini, Turri, Potenti, Bisa, Di Muro, Morrone, Tateo, Tomasi, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita; interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 7 modifica l'articolo 131-bis dei codice penale, prevedendo che l'esclusione della specifica causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto sia circoscritta al reato commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni e non più nei confronti di tutti i pubblici ufficiali. L'esclusione viene, invece, estesa ai casi di oltraggio a un magistrato in udienza (articolo 343 del codice penale);
    tra le innovazioni giuridiche risultano diverse le problematiche e, quindi, meritevoli di particolare attenzione;
    il parametro di riferimento dal quale partire è rappresentato dall'articolo 2 della Costituzione secondo il quale «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»;
    va detto anzitutto che i delitti di violenza e resistenza ai pubblici ufficiali compiuti a causa dell'esercizio delle loro funzioni sono densi di offensività. Lo stesso non è a dirsi per il delitto di oltraggio;
    un certo settore della magistratura ha ritenuto l'esclusione dell'esimente per tutti i delitti, anche per quello previsto dall'articolo 337 c.p., come incongrua rispetto ai principi dell'ordinamento (cfr. in particolare, ordinanza Trib. Torino, Sez. I penale, 5.2.2020);
    la questione appartiene alla discrezionalità del Parlamento, poiché vengono in considerazione prospettive politiche divergenti circa la maggiore o minore esigenza di tutela nei confronti dei pubblici ufficiali che operano in difesa della legalità sul territorio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme in oggetto per porre in essere urgenti iniziative normative ai fini del riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale agli insegnanti e al personale scolastico di ogni ordine e grado, anche alla luce delle maggiori tutele che per tale categoria sono introdotte dal provvedimento in esame.
9/2727-A/141Sasso, Tateo, Basini, Belotti, Colmellere, De Angelis, Maturi, Patelli, Racchella, Toccalini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita; interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 7 modifica l'articolo 131-bis del codice penale, prevedendo che l'esclusione della specifica causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto sia circoscritta al reato commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni e non più nei confronti di tutti i pubblici ufficiali. L'esclusione viene, invece, estesa ai casi di oltraggio a un magistrato in udienza (articolo 343 del codice penale);
    tra le innovazioni giuridiche risultano diverse le problematiche, dunque meritevoli della massima attenzione. Il parametro di riferimento dal quale partire è rappresentato dall'articolo 2 della Costituzione secondo il quale «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»;
    si evidenzia che i delitti di violenza e resistenza ai pubblici ufficiali compiuti a causa dell'esercizio delle loro funzioni sono densi di offensività. Lo stesso non è a dirsi per il delitto di oltraggio;
    una parte della magistratura ha ritenuto l'esclusione dell'esimente per tutti i delitti, anche per quello previsto dall'articolo 337 c.p., come incongrua rispetto ai principi dell'ordinamento (cfr. in particolare, ordinanza Trib. Torino, Sez. 1 penale, 5.2.2020);
    la questione appartiene alla discrezionalità del Parlamento, poiché vengono in considerazione prospettive politiche divergenti circa la maggiore o minore esigenza di tutela nei confronti dei pubblici ufficiali che operano in difesa della legalità sul territorio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi di quanto richiamato in premessa, al fine di porre in essere urgenti iniziative normative tese al riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale a medici e operatori sanitari durante l'esercizio delle proprie funzioni, anche alla luce delle maggiori tutele che per tale categoria sono introdotte dal provvedimento in esame.
9/2727-A/142Turri, Molinari, Bisa, Di Muro, Morrone, Paolini, Potenti, Tateo, Tomasi, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Locatelli, Panizzut, Paolin, Sutto, Tiramani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita; interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 7 modifica l'articolo 131-bis del codice penale, prevedendo che l'esclusione della specifica causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto sia circoscritta al reato commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni e non più nei confronti di tutti i pubblici ufficiali. L'esclusione viene, invece, estesa ai casi di oltraggio a un magistrato in udienza (articolo 343 del codice penale);
    tra le innovazioni giuridiche risultano diverse le problematiche, dunque meritevoli della massima attenzione. Il parametro di riferimento dal quale partire è rappresentato dall'articolo 2 della Costituzione secondo il quale «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»;
    va detto anzitutto che i delitti di violenza e resistenza ai pubblici ufficiali compiuti a causa dell'esercizio delle loro funzioni sono densi di offensività. Lo stesso non è a dirsi per il delitto di oltraggio;
    un certo settore della magistratura ha ritenuto l'esclusione dell'esimente per tutti i delitti, anche per quello previsto dall'articolo 337 c.p., come incongrua rispetto ai principi dell'ordinamento (cfr. in particolare, ordinanza Trib. Torino, Sez. I penale, 5.2.2020);
    la questione appartiene alla discrezionalità del Parlamento, poiché vengono in considerazione prospettive politiche divergenti circa la maggiore o minore esigenza di tutela nei confronti dei pubblici ufficiali che operano in difesa della legalità sul territorio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame e, ove emergessero criticità, riconsiderare integralmente l'impianto normativo di cui all'articolo 7 al fine del ripristino della normativa in materia di reati commessi nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni per quali non opera l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall'articolo 131-bis del c.p.
9/2727-A/143Tateo, Molinari, Bisa, Turri, Di Muro, Morrone, Paolini, Potenti, Tomasi, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita: interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 7 modifica l'articolo 131-bis del codice penale, prevedendo che l'esclusione della specifica causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto sia circoscritta al reato commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni e non più nei confronti di tutti i pubblici ufficiali. L'esclusione viene, invece, estesa ai casi di oltraggio a un magistrato in udienza (articolo 343 del codice penale);
    tra le innovazioni giuridiche risultano diverse le problematiche, dunque meritevoli della massima attenzione; il parametro di riferimento dal quale partire è rappresentato dall'articolo 2 della Costituzione secondo il quale «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove i svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale»;
    è opportuno evidenziare che i delitti di violenza e resistenza ai pubblici ufficiali compiuti a causa dell'esercizio delle loro funzioni sono densi di offensività. Lo stesso non è a dirsi per il delitto di oltraggio;
    un settore della magistratura ha ritenuto l'esclusione dell'esimente per tutti i delitti, anche per quello previsto dall'articolo 337 c.p., come incongrua rispetto ai principi dell'ordinamento (cfr. in particolare, ordinanza Trib. Torino, Sez. I penale, 5.2.2020);
    la questione appartiene alla discrezionalità del Parlamento, poiché vengono in considerazione prospettive politiche divergenti circa la maggiore o minore esigenza di tutela nei confronti dei pubblici ufficiali che operano in difesa della legalità sul territorio,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame e, all'emergere di criticità nel corso della sua vigenza, adottare tempestivamente le opportune iniziative, anche normative, per rivedere l'impianto normativo di cui all'articolo 7 e la disciplina in materia di reati commessi nei confronti di un pubblico ufficia e nell'ottica di escludere la tenuità solo nel caso di condotte violente o minacciose nei confronti di ufficiali e agenti della forza pubblica.
9/2727-A/144Bisa, Molinari, Tateo, Turri, Di Muro, Morrone, Paolini, Potenti, Tomasi, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita: interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    in conseguenza delle nuove misure, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale viene ridenominato «Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale» e ne viene sancita l'operatività come meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, in coerenza con t'obbligo previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altri trattamenti o pene crudeli, inumani o degradanti, fatto a New York il 18 dicembre 2002;
    nell'ambito della normativa sul Garante, si proroga, in modo incomprensibile e illogico il mandato dell'attuale titolare di ben 2 anni, oltre a consentire, al medesimo, mediante modifica dell'articolo 7 D.L 146 del 2013, di delegare le proprie prerogative a non meglio identificati «garanti territoriali» senza ben precisare se si tratti di garanti comunali, provinciali, o regionali. Non si precisa se i poteri siano attribuiti in via alternativa o congiunta e non si precisa quali siano i criteri di selezione di questi ultimi. Il tutto senza valutare le molteplici implicazioni che tale allargamento, potrà avere,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a precisare meglio, in relazione ai garanti territoriali, gli specifici requisiti di professionalità, moralità, indipendenza e competenza che essi debbono possedere.
9/2727-A/145Morrone, Molinari, Paolini, Potenti, Turri, Di Muro, Tomasi, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita: interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti de le persone private della libertà personale;
    occorre sancire rilevanza penale certa alle gravi condotte, quali la disobbedienza o la resistenza alle unità in pattugliamento nelle acque costiere, commesse contro qualunque imbarcazione militare od appartenente a Corpi od organi deputati a controlli marittimi, così superando la storica e datata definizione di «nave da guerra» di cui agli articoli 1099 e 1100 del Codice. Tale proposta va anche nel senso di armonizzare il Codice della navigazione all'evoluzione compiuta dalla normativa internazionale rispetto alla natura ed alla funzione del natanti che non fossero espressamente destinati al compimento di attività militari, circostanza sulla quale la definizione del nostro codice parrebbe ad oggi lasciare aperti dei dubbi in alcuni settori dell'opinione pubblica o, peggio, dei giudici di merito, pur del tutto erroneamente;
    le due fattispecie di reato di disobbedienza a nave da guerra di cui all'articolo 1099 del codice della navigazione e di resistenza o di violenza contro nave da guerra di cui al pedissequo articolo 1100 del cod. navigazione hanno recentemente dimostrato di potersi prestare a queste restrittive e non opportune visioni interpretative. Ciò a dispetto di quelle che risultano essere le tendenze evolutive del diritto internazionale marittimo, maggiormente attente all'attuale contesto geopolitico. Infatti, alla globalizzazione dei mercati ed alla mondializzazione dell'economia lecita, si accompagnano fenomeni di criminalità transnazionale di vario tipo, (riciclaggio di denaro sporco, contrabbando, traffico internazionale di armi, di droga, di esseri umani, con la conseguente necessità di predisporre opportune azioni di contrasto anche al di là dei confini dei singoli Stati, con mezzi e strumentazioni di diversa natura e consistenza;
    occorre che i soggetti autori di condotte di reati di disobbedienza e di resistenza, dovranno cosi rispondere rispetto alla disobbedienza od anche alla resistenza, quando si trovino ad affrontare gli ordini impartiti da una nave equipaggiata con personale militare di polizia o appartenente a un corpo di Polizia,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle norme previste dall'articolo 11, e di conseguenza adottare le opportune iniziative normative atte a garantire la punizione penale di gravi condotte quali la disobbedienza o la resistenza alle attività di pattugliamento commesse contro qualunque imbarcazione militare od appartenente a Corpi od organi deputati a controlli marittimi, così superando la storica e datata definizione di «nave da guerra» di cui all'articolo 1099 e 1100 del Codice.
9/2727-A/146Potenti, Molinari, Paolini, Turri, Di Muro, Morrone, Tomasi, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita: interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 2, al comma 1, lettera f), modificando l'articolo 35-bis, comma 3, D.Lgs. n. 25 del 2008, amplia le ipotesi in cui l'impugnazione avverso il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale non ha effetto sospensivo, allargandolo alle ipotesi di rigetto di domande presentate da persone che sono sottoposte a procedimento penale o sono state condannate per reati che costituiscono causa di diniego dello status di rifugiato. Trattasi di norma di coordinamento assolutamente necessaria in quanto, in caso contrario, la proposizione dell'impugnazione avrebbe prodotto l'effetto di un congelamento dell'ordine di espulsione conseguente al rigetto proprio nei casi più gravi e di immediato accertamento. La possibilità di accertare immediatamente la sussistenza di tali condizioni dovrebbe condurre anche in tal caso, nell'ipotesi più che probabile di richiesta di inibitoria degli effetti del provvedimento impugnato, ad una decisione monocratica di accoglimento o di rigetto, con modifica dell'attuale previsione dell'articolo 35-bis che contempla ben due pronunce collegiali, sia in caso di accoglimento che di rigetto della richiesta di sospensione, con un unicum processuale che non trova alcuna rispondenza con gli istituti in tema di inibitoria previsti dal codice di rito;
    sembra indifferibile procedere verso l'individuazione di elementi diretti alla velocizzazione della fase del rito giurisdizionale dell'impugnazione ai provvedimenti delle Commissioni territoriali ai sensi dell'articolo 35-bis n. 25 del 2008. È bene ribadire che la richiesta di strumenti che consentano di rendere più agile e celere il rito non è soltanto dovuta – e ciò sarebbe bastevole – all'esigenza di affrancare i Tribunali distrettuali da un numero insostenibile di procedimenti in materia di protezione internazionale, che costringono a sacrificare oltre ogni misura la tutela dei diritti dei cittadini, ma anche alla necessità di assicurare in tempi ragionevoli, e tali da essere conformi ai principi di cui all'articolo 111 della Costituzione, i diritti dei richiedenti asilo, nella consapevolezza che solo una tutela che intervenga in tempi celeri possa dirsi tale e sia in grado di proteggere l'effettività dei diritti fatti valere,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame con la finalità di approntare tutti gli strumenti legislativi utili che consentano di rendere più agile e celere il rito anche mediante il passaggio dal rito collegiale al rito monocratico, al fine di poter impiegare nella decisione dei procedimenti tanti giudici quanti attualmente compongono il Collegio e di potere inserire in tabella anche i Giudici onorari di Pace.
9/2727-A/147Paolini, Molinari, Potenti, Turri, Di Muro, Morrone, Tomasi, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita: interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale;
    si reputa opportuno inserire una norma che limiti – a discrezione del Ministro dell'interno quale autorità nazionale di pubblica sicurezza – la possibilità, per le persone salvate a seguito delle operazioni di soccorso e curabili a bordo delle imbarcazioni coinvolte in tali operazioni, di accedere alla terraferma, almeno fino ai primi screening sanitari e così, pure, al fine di essere identificate agevolmente senza pericolo di fuga. La ratio della proposta sarebbe quella di evitare il pericolo di fughe incontrollate prima dell'identificazione e della valutazione della sussistenza dei motivi di riconoscimento di protezione alla stregua delle fonti di diritto sovranazionale;
    non esiste nel sistema ordinamentale di qualunque Stato alcuna norma che permetta ad un cittadino di entrare in un paese senza i titoli di espatrio, ed ogni stato sovrano ha il diritto dovere di manifestare la propria legittima capacità di interdizione al fenomeno;
    il legislatore del ’42 ha ideato una norma che permette al Ministro dei trasporti di fermare o disciplinare la navigazione marittima di concerto con il Ministero dell'Ambiente anche per ragioni di tutela dell'ambiente marino;
    occorre valutare l'inserimento, tra queste facoltà, anche dell'ipotesi di intervento per ragioni di sicurezza sanitaria. L'articolo 98 della convenzione internazionale NU sul Diritto del mare, afferma che ogni stato si deve organizzare per creare un idoneo servizio di soccorso e salvataggio, esattamente affermando; «promuova la costituzione e funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di soccorso per la tutela marittima ed aerea e, quando le circostanze lo richiedono, collabora con altri stati». Questo tipo di operatività deve rimanere di esclusiva spettanza dello Stato e non può essere autonomamente gestito da Onlus prive di qualunque coordinamento con le autorità statali nei cui mari pretendono di operare e sui cui territori pretendono di sbarcare,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle nuove norme introdotte con il provvedimento in esame ed adottare, di conseguenza, ogni iniziativa, anche normativa, idonea a garantire un servizio adeguato ed efficace di soccorso per la tutela marittima ed aerea non disgiunto dalla possibilità di svolgere un primo screening sanitario ed identificativo a bordo.
9/2727-A/148Tomasi, Molinari, Di Muro, Morrone, Paolini, Potenti, Turri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'intervento normativo in corso di conversione ha natura composita: interviene sulla disciplina dell'immigrazione e della protezione internazionale, introduce modifiche al codice penale e disposizioni in materia di sicurezza, ridefinisce il ruolo del garante nazione e dei diritti delle persone private della libertà personale;
    l'articolo 7 modifica l'articolo 131-bis del codice penale, prevedendo che l'esclusione della specifica causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto sia circoscritta al reato commesso ne confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni e non più nei confronti di tutti i pubblici ufficiali. L'esclusione viene, invece, estesa ai casi di oltraggio a un magistrato in udienza (articolo 343 del codice penale);
    il decreto-legge introduce una differenziazione fra i pubblici ufficiali coinvolti perché introduce una disparità di trattamento rispetto ad altri pubblici ufficiali in quanto il riferimento ad una mera qualità soggettiva è elemento del tutto estrinseco rispetto alla logica della non punibilità. Escludere la forza pubblica dalla clausola di non punibilità equivale ad ammettere che, quando le condotte – anche di solo oltraggio – si dirigono contro ufficiali od agenti di pubblica sicurezza, il danno/pericolo per il bene protetto deve sempre essere affermato in via presuntiva;
    quanto al reato previsto dall'articolo 343, viene ora ad essere ricompreso fra le eccezioni alla non punibilità, dunque a costituire un'ipotesi in cui il fatto non potrebbe mai esser considerato lieve. Ma questa previsione – cioè appunto l'esclusione dal «beneficio» del 131-bis c.p. – sarebbe ragionevole se un'analoga esclusione fosse mantenuta anche per l'articolo 341-bis (che pure disciplina un caso di oltraggio a pubblico ufficiale);
    viene, quindi, introdotta una discriminazione irragionevole, perché risulterebbe maggiormente «tutelato» il soggetto (istituzionale) che ha invece maggiori strumenti di reazione al medesimo tipo di fatti offensivi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della disciplina sopra richiamata, effettuando un monitoraggio entro tre mesi sull'impatto del combinato disposto delle nuove norme, e, di conseguenza, intervenire prontamente, anche con iniziative di carattere normativo, tesi a riconsiderare integralmente l'impianto normativo relativamente a quanto esposto in premessa.
9/2727-A/149Tonelli, Molinari, Di Muro, Morrone, Paolini, Potenti, Tomasi, Turri, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, composito ed eterogeneo nei contenuti, nella prima parte reca disposizioni in tema di Immigrazione e asilo che vanno ben oltre l'accoglimento dei rilievi emersi nella lettera che il Presidente della Repubblica ha inviato ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e al Presidente del Consiglio dei Ministri in occasione della promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante «Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica» (c.d. Decreto Sicurezza 2);
    il suddetto decreto-legge, di cui ora si discute ai fini della conversione, infatti, stravolgendo tutta la programmazione e la gestione dei flussi migratori, ha nella sua finalità principale quella di allargare nuovamente le maglie dell'accoglienza all'immigrazione irregolare, in particolare attraverso la reintroduzione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e la soppressione del limite temporale e delle quote stabilite per il decreto flussi annuale, nonché un ulteriore ampliamento dei motivi di non respingimento ed espulsione fino a ricomprendere tra questi anche l'orientamento sessuale e l'identità di genere;
    l'articolo 1, comma 1, lettera e), in particolare, estende l'ambito di applicazione del divieto di respingimento, espulsione ed estradizione a situazioni in cui l'allontanamento dal territorio nazionale si ritiene comporti una «violazione al diritto e al rispetto della propria vita privata e familiare»,

impegna il Governo

a considerare prioritariamente, nelle valutazioni circa il divieto di respingimento e di espulsione, la conoscenza della lingua italiana con un livello almeno pari a quello per richiedere la cittadinanza italiana, rispetto al ben più astratto e complesso giudizio circa integrazione e legami familiari.
9/2727-A/150De Angelis, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, composito ed eterogeneo nei contenuti, nella prima parte, reca disposizioni in tema di immigrazione e asilo, che vanno ben oltre l'accoglimento dei rilievi emersi nella lettera che il Presidente della Repubblica ha inviato ai Presidenti del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, e al Presidente del Consiglio dei Ministri in occasione della promulgazione della legge di conversione del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, recante «Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica» (c.d. Decreto Sicurezza 2);
    il decreto-legge che ora si sta convertendo, infatti, stravolgendo tutta la programmazione e la gestione dei flussi migratori, ha nella sua finalità principale quella di allargare nuovamente le maglie dell'accoglienza all'immigrazione irregolare, con la reintroduzione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e attraverso la soppressione del limite temporale e delle quote stabilite per il decreto flussi annuale, nonché un ulteriore ampliamento dei motivi di non respingimento ed espulsione fino a ricomprendere l'orientamento sessuale e l'identità di genere;
    da quanto è emerso dall'audizione del Ministro Lamorgese, il 17 novembre u.s., sta aumentando il numero degli immigrati clandestini, invogliati ora a venire in Italia per la possibilità oramai concreta di una regolarizzazione, con conseguenze notevoli per la gestione dell'ordine pubblico e della sicurezza da parte delle Forze dell'Ordine, già sotto pressione a causa dell'emergenza sanitaria da Covid-19 ed esposte a gravissimi rischi sanitari, in prima linea contro questa pressione immigratoria che sta trasformando l'Italia nel campo profughi dell'Europa;
    l'articolo 8 della legge n. 121 del 1981, ha istituito il Centro Elaborazione Dati (CED-SDI) ai fini del coordinamento, della raccolta, della classificazione, dell'analisi e della valutazione delle informazioni in materia di tutela dell'ordine, della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione della criminalità e loro diramazione agli organi operativi delle forze di polizia;
    l'accesso ai dati e alle informazioni conservati negli archivi automatizzati del Centro Elaborazione Dati, sono consentiti agli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle Forze di polizia, agli Ufficiali di pubblica sicurezza e ai funzionari dei servizi di sicurezza, nonché agli agenti di Polizia giudiziaria delle Forze di polizia, debitamente autorizzati ai sensi dell'articolo 11, secondo comma, della legge 121/1981;
    la Polizia Locale, quando svolge attività di pubblica sicurezza in servizio sul territorio, concorre all'aggiornamento ed all'implementazione proprio dei dati del Centro di Elaborazione Dati CED-SDI;
    il 6 maggio del 2019, pertanto, il Garante per la protezione dei dati personali ha dato parere favorevole ai due schemi di decreto del Presidente della Repubblica che disciplinano le modalità di accesso al CED-SDI chiedendo di autorizzare anche gli operatori della polizia municipale alla consultazione dei dati, facoltà peraltro che era già prevista dalla legge n. 125 del 2008, ancor oggi rimasta senza i relativi decreti attuativi,

impegna il Governo

a consentire al più presto, in un prossimo provvedimento utile, l'accesso al Centro di Elaborazione Dati anche agli agenti della Polizia Locale presenti sul territorio per lo svolgimento delle attività di ordine pubblico e pubblica sicurezza, al fine di renderne l'operatività più sicura.
9/2727-A/151Sutto, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
    in sede di esame del Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione Internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai focali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale,
   premesso che:
    l'articolo 12, prevede una serie di misure finalizzate ad implementare gli interventi per il contrasto dei reati di stupefacenti commessi attraverso l'utilizzo della rete internet;
    il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza e con provvedimenti economici, fiscali, sanitari, etc., correlati all'emergenza epidemiologica, hanno inevitabilmente accantonato a tre necessità di interventi legislativi come, ad esempio, una nuova normativa in materia di contrasto alla pirateria audiovisiva;
    alimentata da organizzazioni criminali sempre più potenti e ramificate, la pirateria è un flagello che colpisce duramente gli autori – scrittori, registi, musicisti – e l'industria della cultura: editori, produttori di materiali musicali, film e serie televisive;
    questo business illegale cagiona un imponente danno per l'economia italiana a discapito dell'industria dell'audiovisivo che, in un momento già gravemente segnato dalle difficoltà derivanti dalla pandemia di Covid 19, si stima abbia perso nel solo 2019 oltre 6.000 posti di lavoro (dati FAPAV) proprio per effetto di questi fenomeni criminali;
    il business della pirateria, in Italia vale almeno sei miliardi di euro all'anno – quasi la metà del fatturato del traffico degli stupefacenti, 14 miliardi di euro nel 2017 – a danno degli autori e dei prodotti culturali: musica, libri, giornali,

impegna il Governo

a predisporre specifici interventi normativi finalizzati a dotare l'organo per la sicurezza delle telecomunicazioni dei poteri necessari per disporre il blocco dell'indirizzo IP dei siti che trasmettono illegalmente contenuti protetti dal diritto d'autore.
9/2727-A/152Capitanio, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Donina, Furgiuele, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zanella, Zordan.


   La Camera,
    in sede di esame del Conversione in legge del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130, recante disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonché misure in materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di disciplina dei Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale,
   premesso che:
    l'articolo 12 prevede una serie di misure finalizzate ad implementare gli interventi per il contrasto dei reati di stupefacenti commessi attraverso l'utilizzo della rete internet;
    il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza e con provvedimenti economici, fiscali, sanitari, etc. correlati all'emergenza epidemiologica, hanno inevitabilmente accantonato altre necessita di interventi legislativi come, ad esempio, una nuova normativa in materia di reati commessi sulle reti informatiche;
    l'evoluzione tecnologica e informatica e la diffusione dei social network hanno notevolmente aumentato il rischio di rendersi autori e di divenire vittime, talvolta inconsciamente, di fatti penalmente rilevanti,

impegna il Governo

a sostenere la realizzazione di corsi nella scuola primaria e secondaria di primo grado volta a fornire agli studenti un inquadramento di base dei principali rischi di commettere e/o subire reati di cui in premessa che corrono utilizzando i social network, sensibilizzandoli all'importanza della privacy, intesa come cura dei propri dati personali.
9/2727-A/153Maccanti, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Capitanio, Donina, Furgiuele, Giacometti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zanella, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, prevede una serie di misure finalizzate ad implementare gli interventi per il contrasto dei reati di stupefacenti commessi attraverso l'utilizzo della rete internet;
    nodo cruciale della disposizione appare quindi l'indicazione della notifica di detta iscrizione al provider, al fine di impedire l'accesso ai siti indicati;
    prevedendosi un onere di notifica da parte del soggetto pubblicistico, non appaiono esservi dubbi circa il fatto che sia dal perfezionamento di detta notifica, di cui al comma 2 della disposizione, che i provider sono chiamati, entro il termine perentorio di sette giorni, ad inibire l'accesso ai siti web;
    circa i provider ovvero i fornitori di connettività alla rete Internet, manca però una definizione che testualmente individui questa categoria, come viceversa avviene in materia di contrasto alla pedopornografia;
    la disposizione in esame si limita a prevedere che «i fornitori di connettività alla rete internet provvedono, entro il termine di sette giorni, a impedire l'accesso ai siti segnalati, avvalendosi degli strumenti di filtraggio e delle relative soluzioni tecnologiche conformi ai requisiti individuati dal decreto del Ministro delle comunicazioni 8 gennaio 2007», senza richiamare espressamente aspetti della disciplina indicata che appaiono centrali per una definizione puntuale degli obblighi in capo al provider;
    il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza e con provvedimenti economici, fiscali, sanitari, etc, correlati all'emergenza epidemiologica, hanno inevitabilmente accantonato altre necessità di interventi legislativi come, ad esempio, una uniforme disciplina in materia di obbligazioni per gli Internet service provider,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a definire puntualmente gli obblighi in capo al provider, con particolare riferimento a quanto previsto dall'articolo 12 del provvedimento in esame.
9/2727-A/154Donina, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Maccanti, Capitanio, Furgiuele, Giacometti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zanella, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, prevede una serie di misure finalizzate ad implementare gli interventi per il contrasto dei reati di stupefacenti commessi attraverso l'utilizzo della rete internet;
    la procedura disciplinata dal decreto in oggetto appare già obsoleta nella misura in cui è strutturata per oscurare i siti del cosiddetto «surface web» ossia quella parte di rete che si utilizza indicizzata dai più importanti motori di ricerca, ma se l'attenzione viene spostata sul deep web (legale ma riservato) o sul più inquietante dark web (mercato illegale) le cose potrebbero essere più complicate, atteso che non esistono indirizzi IP o DNS da «bannare», il che potrebbe rendere la misura annunciata più una dichiarazione di intenti che un'effettiva arma di contrasto al traffico di stupefacenti sui web,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la disciplina di contrasto al traffico di stupefacenti sulle reti di connettività con l'utilizzo di strumenti tecnologici più moderni.
9/2727-A/155Giacometti, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Maccanti, Capitanio, Furgiuele, Donina, Morelli, Rixi, Tombolato, Zanella, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, prevede una serie di misure finalizzate ad implementare gli interventi per il contrasto dei reati di stupefacenti commessi attraverso l'utilizzo della rete internet;
    la previsione istituisce un elenco di siti web da ritenere veicolo di reati in materia di stupefacenti, con onere pubblicistico di iscrizione nella black-list e di notifica dell'iscrizione al provider, con obbligo per questi di inibirne l'accesso, pena una rilevante sanzione amministrativa pecuniaria non suscettibile di applicazione dei benefici ex articolo 16 legge n. 589 del 1981;
    nel merito la norma utilizza strumenti propri delle misure volte al contrasto della pedopornografia online introducendo disposizioni nella materia del contrasto al traffico di stupefacenti via internet;
    la novella in esame appare allocata in un contesto, come dianzi esposto, eterogeneo a fronte delle misure di contrasto alla pedopornografia in rete che, invece, vedevano nel lontano 1998 la loro introduzione in un complesso normativo articolato e sostanzialmente mono-settoriale;
    il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza e con provvedimenti economici, fiscali, sanitari, etc. correlati all'emergenza epidemiologica, hanno inevitabilmente accantonato altre necessità di interventi legislativi, quali ad esempio quelli di una complessiva ed uniforme trattazione disciplina del web;
    l'evoluzione tecnologica ha aumentato il rischio di rendersi autori o rimanere vittime di fatti penalmente rilevanti ed è oggi quindi necessario contrastare ogni forma di violazione della dignità della persona, anche minorenne, nella rete internet, mediante l'introduzione di misure preventive e sanzionatorie, nonché di regole deontologiche e di sistemi di certificazione applicabili ai trattamenti di dati personali svolti dai gestori dei siti internet;
    a tal fine si rendono necessari nuovi strumenti di contrasto alla criminalità sul web tramite ad esempio di ripristinare l'accesso all'WHOIS (il protocollo di rete che permette, in seguito a interrogazione a database server dedicati, di scoprire a quale internet provider appartenga un dominio o un indirizzo IP), fondamentale per la lotta alle attività illecite online;
    dall'entrata in vigore del Gdecreto del Presidente della Repubblica l'accesso a questi dati è fortemente limitato, anche per una scarsa chiarezza nell'interpretazione dello stesso Regolamento generale sulla protezione dei dati, con un evidente impatto negativo sulle investigazioni a contrasto di un ventaglio di reati perpetrati via web, dagli illeciti IP alle attività fraudolente come il phishing, fino ad arrivare alla disseminazione di materiale pedopornografico;
    ad oggi il tentativo di conciliare la disclosure di questo tipo di dati con il Gdecreto del Presidente della Repubblica ha portato alla creazione di un sistema assai frammentato e facilmente oggetto di strumentalizzazioni, in grado di ostacolare l'accesso a informazioni essenziali a titolari di diritti e autorità di enforcement,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte all'introduzione di un unitario complesso normativo in materia di contrasto all'utilizzo distorto del web, con particolare riferimento al commercio di stupefacenti.
9/2727-A/156Zanella, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Capitanio, Donina, Furgiuele, Giacometti, Maccanti, Morelli, Rixi, Tombolato, Zordan.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 12, prevede una serie di misure finalizzate ad implementare gli interventi per il contrasto dei reati di stupefacenti commessi attraverso l'utilizzo della rete internet;
    il contrasto alle droghe si realizza attraverso attività di repressione del traffico e dello spaccio di droga e dei crimini collegati, ma anche attraverso la formazione nelle scuole medie e superiori che coinvolge migliaia di studenti ogni anno. Lo scopo è quello di accrescere conoscenza e la consapevolezza dei rischi legati all'uso di droghe: un obiettivo prioritario se si considera che, dalle denunce presentate nel 2019, risultano in aumento i minorenni, sia italiani che stranieri, coinvolti nello spaccio di hashish e marijuana;
    anche in emergenza Covid, l'Italia è fortemente impegnata a livello internazionale nel traffico di droga, attraverso la cooperazione tra le polizie dei vari Paesi che è la chiave decisiva per il contrasto del fenomeno,

impegna il Governo

a diffondere tramite la Rai – Radiotelevisione italiana S.p.a. – campagne di sensibilizzazione ed educazione alla legalità con lo scopo di accrescere la consapevolezza dei rischi collegati al commercio di stupefacenti di qualsiasi tipo in rete.
9/2727-A/157Morelli, Capitanio, Donina, Furgiuele, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zanella, Zordan, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 interviene con novelle al decreto legislativo n. 142 del 2005 revisionando l'impianto complessivo del sistema di accoglienza dei migranti sul territorio;
    per le disposizioni analitiche relative ai servizi prestati, si rimanda al contenuto del capitolato di gara previsto dall'articolo 12 del medesimo decreto legislativo n. 142: pertanto, all'esito delle modifiche, oltre a stabilire con fonte primaria le categorie di servizi garantiti dai centri governativi di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142, sono previsti alcuni servizi aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti nello schema di capitolato in vigore;
    appare fondamentale che le strutture per l'accoglienza vengano gestite da operatori che abbiano esperienza e competenza, in grado di effettuare controlli efficaci e rigorosi all'interno dei centri;
    è importante che siano previsti controlli regolari sui gestori delle strutture, tali da poter individuare le situazioni non idonee e impedire il rinnovo delle convenzioni o la partecipazione a nuovi bandi;
    i responsabili di struttura per l'accoglienza di rifugiati hanno la responsabilità della gestione del centro di accoglienza e delle persone che vengano ospitate e devono ritenersi responsabili se una mancata sorveglianza causa fughe di rifugiati, come avvenuto recentemente in Umbria, Puglia, Basilicata, Veneto;
    se è grave in qualunque circostanza che clandestini, senza identità, affidati a strutture autorizzate e finanziate con fondi pubblici, possano fuggire da ogni tipo di vigilanza, è addirittura pericoloso per la salute di tutti i cittadini che ciò accada in questo periodo di emergenza sanitaria, in cui viene posta particolare attenzione alle misure volte a contenere il contagio da Covid-19, e in cui vengono chiesti sacrifici a tutti i cittadini,

impegna il Governo

in fase di predisposizione del decreto ministeriale di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, a fissare stringenti criteri per l'affidamento dei servizi di accoglienza dei migranti, che prevedano, quali clausola di rescissione e perdita dei requisiti per la partecipazione ai bandi, la mancata previsione di personale che assicuri una presenza diurna e notturna nella struttura in grado di garantire un'inadeguata vigilanza delle persone allocate.
9/2727-A/158Andreuzza, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Guidesi, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 interviene con novelle al decreto legislativo n. 142 del 2005 revisionando l'impianto complessivo del sistema di accoglienza dei migranti sul territorio;
    per le disposizioni analitiche relative ai servizi prestati, si rimanda al contenuto del capitolato di gara previsto dall'articolo 12 del medesimo decreto legislativo n. 142: pertanto, all'esito delle modifiche, oltre a stabilire con fonte primaria le categorie di servizi garantiti dai centri governativi di cui agli articoli 9 e 11 del decreto legislativo n. 142, sono previsti alcuni servizi aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti nello schema di capitolato in vigore;
    è necessario intervenire con fermezza per evitare che si verifichino situazioni paradossali, come accadute nei mesi trascorsi, per esempio a Modena, in cui le cooperative chiamate a gestire il servizio di accoglienza non hanno partecipato deliberatamente ai bandi pubblici che prevedono costi imposti per legge, obbligando la Prefettura a rinnovare la gestione del servizio e dettando quindi le condizioni economiche per continuare a gestire l'accoglienza costruendo ed applicando il prezzo più conveniente per loro, anche se in contrasto con la legge in vigore e le esigenze di spesa pubblica,

impegna il Governo

in fase di predisposizione del decreto ministeriale previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, ad inserire la previsione secondo cui la continuazione del servizio in deroga di gestione dei centri, fino all'aggiudicazione del bando, venga affidata a soggetti terzi rispetto alle cooperative che non hanno dimostrato interesse a proseguire nel servizio evadendo i precedenti bandi pubblici.
9/2727-A/159Guidesi, Molinari, Bordonali, Fogliani, Iezzi, Invernizzi, Molteni, Ravetto, Stefani, Tonelli, Vinci, Ziello, Andreuzza, Binelli, Carrara, Colla, Dara, Fiorini, Galli, Pettazzi, Piastra, Saltamartini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 interviene con novelle al decreto legislativo n. 142 del 2005 (decreto accoglienza), revisionando l'impianto complessivo del sistema di accoglienza dei migranti sul territorio;
    i centri di accoglienza sono stati in passato al centro di scandali e indagini per mala gestione, accusati di anteporre guadagni economici al benessere delle persone ospitate, presumibilmente anche a causa della totale mancanza di esperienza e competenza da parte degli operatori improvvisati e della esiguità di controlli efficaci e rigorosi all'interno delle strutture, tali da poter individuare le situazioni non idonee e impedire il rinnovo delle convenzioni o la partecipazione a nuovi bandi,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi della norma richiamata in premessa e, affinché il sistema di accoglienza sia rispondente a criteri di sicurezza pubblica, a potenziare i controlli nei confronti degli affidatari dei servizi di accoglienza, per scongiurare eventuali fughe ed evitare che clandestini, senza identità e sostentamento, si aggirino sui nostri territori, riversandosi presumibilmente nel mercato della criminalità organizzata e creando quindi problemi di