Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 31 marzo 2021

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: MOZIONE N. 1-00449

Mozione n. 1-00449 - Iniziative volte alla riapertura in sicurezza degli istituti scolastici di ogni ordine e grado

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 58 minuti
(con il limite massimo di 9 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 22 minuti
 MoVimento 5 Stelle 53 minuti
 Lega – Salvini premier 44 minuti
 Partito Democratico 36 minuti
 Forza Italia – Berlusconi presidente 35 minuti
 Fratelli d'Italia 24 minuti
 Italia Viva 23 minuti
 Liberi e Uguali 19 minuti
 Misto: 28 minuti
  L'Alternativa c’è 7 minuti
  CAMBIAMO! - Popolo protagonista 5 minuti
  Centro Democratico 5 minuti
  Noi con l'Italia -
  USEI-Rinascimento ADC
3 minuti
  Facciamo eco – Federazione dei Verdi 2 minuti
  Azione - +Europa - Radicali Italiani 2 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  Europeisti – MAIE - PSI 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 31 marzo 2021.

  Ascani, Ascari, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Campana, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Covolo, Davide Crippa, Currò, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Lorenzo Fontana, Frailis, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Lapia, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Muroni, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Paita, Palazzotto, Pallini, Perantoni, Rampelli, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tasso, Varchi, Vignaroli, Raffaele Volpi, Zoffili.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Ascani, Ascari, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Campana, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Covolo, Davide Crippa, Currò, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Frailis, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, L'Abbate, Lapia, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Maggioni, Magi, Mandelli, Marattin, Melilli, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Muroni, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Paita, Palazzotto, Pallini, Perantoni, Rampelli, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scoma, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Tasso, Varchi, Vignaroli, Raffaele Volpi, Zoffili.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 30 marzo 2021 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   DE CARLO ed altri: «Introduzione dell'articolo 612-quater del codice penale, in materia di manipolazione artificiale di immagini di persone reali allo scopo di ottenerne rappresentazioni nude» (2986);
   DE MENECH: «Modifiche alla legge 7 aprile 2014, n. 56, concernenti la disciplina speciale per le province montane di confine» (2987);
   GIARRIZZO: «Disposizioni per la tutela dei minori dagli effetti lesivi derivanti da uso improprio delle reti sociali telematiche e dallo sfruttamento delle loro immagini nonché per la protezione dei loro dati personali» (2988).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge FLATI ed altri: «Modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e di prevenzione del randagismo» (2063) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Carabetta.

  La proposta di legge SCUTELLÀ ed altri: «Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione territoriale degli uffici giudiziari» (2839) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Pettarin.

Trasmissione dal Senato.

  In data 31 marzo 2021 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
   S. 2133. – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 marzo 2021, n. 31, recante misure urgenti in materia di svolgimento dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19» (approvato dal Senato) (2989).

  Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di progetto di legge a Commissione in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:

   II Commissione (Giustizia)
  GRIPPA: «Modifica all'articolo 8 e introduzione degli articoli 8-bis e 8-ter del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, in materia di riattivazione di uffici giudiziari soppressi» (2963) Parere delle Commissioni I, V, XI, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 30 marzo 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, concernente l'esercizio di poteri speciali in materia di servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G, l'estratto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 marzo 2021, recante l'esercizio di poteri speciali, con prescrizioni, in relazione alla notifica della società Linkem Spa avente ad oggetto l'acquisto di elementi hardware e software da Huawei e ZTE per il completamento del progetto di architettura di rete 5G SA (procedimento n. 6/2021).

  Questo documento è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla IX Commissione (Trasporti).

  La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 30 marzo 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2012, n. 56, concernente l'esercizio di poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni, l'estratto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 marzo 2021, di parziale rettifica del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 febbraio 2021, recante l'esercizio di poteri speciali, con prescrizioni, in relazione alla notifica delle società Tencent Cloud B.V., Square Inc. e Satispay Spa avente a oggetto l'acquisizione da parte di Tencent Cloud B.V. e Square Inc. di partecipazioni di minoranza nel capitale sociale di Satispay Spa (procedimento n. 280/2020).

  Questo documento è trasmesso alla VI Commissione (Finanze) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 30 marzo 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS), per l'esercizio 2019, cui sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 402).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 30 marzo 2021, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Allegati della comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Strategia dell'Unione europea sui diritti dei minori (COM(2021) 142 final – Annex 1 e Annex 2), che sono assegnati in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione da adottare a nome dell'Unione europea in sede di Comitato degli ambasciatori ACP-UE in merito alla modifica della decisione n. 3/2016 del Comitato degli Ambasciatori ACP-UE sul centro per lo sviluppo delle imprese (CSI) (COM(2021) 150 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 30 marzo 2021, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Bussola per il digitale 2030: il modello europeo per il decennio digitale (COM(2021) 118 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

RELAZIONE DELLA V COMMISSIONE SULLA PROPOSTA DI PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (DOC. XXVII, N. 18-A)

Risoluzioni

   La Camera,
   preso atto dell'approfondito esame della Proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza svolto nella V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione), nonché degli articolati e accurati pareri resi dalle Commissioni permanenti della Camera in sede consultiva, a seguito delle audizioni svolte e della documentazione pervenuta;
   vista la Relazione sulla Proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza deliberata dalla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione), comprensiva dei pareri deliberati dalle Commissioni permanenti,
   approva
    la Relazione deliberata dalla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione), comprensiva dei pareri resi dalle Commissioni permanenti,

e impegna il Governo:

   a redigere il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nella sua versione definitiva, tenendo conto degli orientamenti contenuti nella predetta Relazione, comprensiva dei pareri deliberati dalle Commissioni permanenti, e a rendere comunicazioni alle Camere prima della sua trasmissione, ai sensi dell'articolo 18 del regolamento RRF (UE) 2021/241, alla Commissione europea;
   ad assicurare il pieno coinvolgimento del Parlamento nelle fasi successive del PNRR.
(6-00179) «Davide Crippa, Molinari, Serracchiani, Occhiuto, Boschi, Fornaro, Schullian, Silli, Lapia, Lupi, Magi».


   La Camera,
   premesso che:
    la crisi economica derivante dalla pandemia da Covid-19 che ha colpito il nostro Paese è la più grave dal secondo dopoguerra. Nel 2020 il Pil italiano ai prezzi di mercato (Pil nominale) è stato pari a 1.651.595 milioni di euro correnti, con una caduta del 7,8 per cento rispetto al 2019. Il Pil reale, invece, è diminuito dell'8,9 per cento, il peggior decremento della storia repubblicana, tornando ai livelli del 1998. L'Istat ha anche registrato un aumento della pressione fiscale rispetto al Pil, passata dal 42,4 al 43,1 per cento;
    nella contrazione del Pil emerge in modo preponderante il crollo dei consumi delle famiglie (-10,7 per cento), che ha causato una contrazione del 6,4 per cento. Un ribasso piuttosto importante è stato registrato anche nel settore degli investimenti fissi lordi (-9,1 per cento) e delle esportazioni (-13,8 per cento);
    a causa della pandemia da Covid-19, il debito pubblico italiano ha raggiunto, nel 2020, quota 2.569.258 milioni ed è pari al 155,6 per cento del Pil, in aumento del 21 per cento rispetto al 2019, dove si attestava al 134,6 per cento; inoltre, a livello di contabilità statale, le entrate sono diminuite del 6,4 per cento, mentre le spese sono aumentate dell'8,6 per cento;
    per contrastare, a livello europeo, gli effetti legati all'emergenza pandemica, il nuovo Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 ha assicurato uno stanziamento di risorse pari a 1824,3 miliardi di euro, di cui 1074,3 miliardi previsti dal quadro finanziario e 750 miliardi associati dal programma Next Generation EU (NGEU), uno strumento temporaneo per la ripresa, con l'obiettivo di contribuire a riparare i danni economici e sociali immediati causati dalla crisi pandemica per contribuire alla creazione di un'Europa post COVID-19 più verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future;
    in relazione allo stanziamento delle risorse complessivo previsto da NextGenerationEU la maggior parte è assegnata al Dispositivo europeo per la ripresa e la resilienza, Recovery and Resilience Facility (RRF), finalizzato al sostegno di investimenti e riforme degli Stati membri, con uno stanziamento di fondi pari, in totale, a 672,5 miliardi di euro (di cui: 360 miliardi di prestiti e 312,5 miliardi di sovvenzioni);
    per accedere alle risorse del NGEU gli Stati membri devono redigere un documento di programmazione, il «Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza» (PNRR), da presentare entro il 30 aprile 2021, che definisca il programma nazionale di riforme e gli investimenti da finanziare, in coerenza con le priorità europee, con le finalità dello strumento, con i programmi nazionali di riforma, nonché con le raccomandazioni specifiche per Paese approvate dal Consiglio, e che individui obiettivi specifici, quantificazioni dell'impatto macroeconomico e sociale atteso, nonché il dettaglio degli investimenti e delle riforme previste;
    i piani nazionali dei singoli Stati membri devono essere sottoposti all'approvazione della Commissione europea e solo dopo l'approvazione gli Stati membri possono ricevere una prima tranche di sovvenzioni;
    per quanto riguarda l'Italia, le risorse complessive stanziate dal programma NextGenerationEU ammontano a circa 223,9 miliardi di euro (le risorse attribuite al nostro paese, comprensive in tale importo delle somme stanziate nel PNRR a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione, derivano rispettivamente da: RRF, ReactEU, Sviluppo rurale e Just Transition Fund). Le quote più rilevanti derivano dagli stanziamenti di ReactEU, pari a 13,5 miliardi di euro, e da RRF, pari a 196,5 miliardi di euro (di cui 127,56 miliardi di prestiti e 68,9 miliardi di sovvenzioni). Aggiungendo al RRF e al ReactEU (223,91 miliardi di euro) le risorse della programmazione nazionale di bilancio e i fondi SIE/PON e FEASR cofinanziati da risorse europee (87,95 miliardi di euro), come illustrato nel PNRR, le risorse complessive dedicate alle sei missioni del piano nazionale nel periodo 2021-2026 raggiungono, in totale, 311,86 miliardi;
    per affrontare le sfide surriferite il PNRR italiano, presentato il 15 gennaio 2021 ed integrato dalle note tecniche predisposte dal ministero dell'economia e delle Finanze, si sviluppa secondo tre assi strategici (digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale) e si articola in sei missioni, suddivise in numerose linee progettuali: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Gli obiettivi «orizzontali» individuati sono: parità di genere; accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani; riequilibrio territoriale e coesione sociale, con particolare attenzione al Mezzogiorno;
   considerato che:
    il piano attualmente presentato alle Camere non rispecchia le prescrizioni della Guidance to member States – Recovery and Resilience Plans – part 1, part 2, in particolare:
    1. Non presenta a tutt'oggi informazioni statistiche: popolazione, istruzione, occupazione con dati rilevati regione per regione, che consentano di spiegare come si intenda realizzare l'obiettivo della coesione territoriale;
    2. Non mostra alcuna evidenza del rispetto del vincolo del 37 per cento delle risorse destinate ad investimenti green e 20 per cento ad investimenti nel digitale, come prevedono le linee guida UE;
    3. Manca di chiarezza nella definizione della strategia e dei provvedimenti rivolti alla prossima generazione di Italiani;
    4. Manca del richiesto collegamento delle misure con le raccomandazioni specifiche inviate agli Stati membri nel 2019 e 2020, che nel caso dell'Italia sono soprattutto le misure di prevenzione antiriciclaggio, antifrode e anti corruzione, tanto più necessarie in presenza di un cospicuo flusso di denaro europeo;
    5. Manca di indicatori, milestones, target e baselines, previste dalla Guida europea;
    6. È generico nell'ipotesi che possa avvalersi dell'InvestEU, cosa inammissibile perché in tal caso la guida prevede si debba dichiarare esplicitamente nel Piano con tanto di dati ed elementi a corredo espressamente richiesti dalla Guida;
    7. Non chiarisce, circa l'utilizzo dei Fondi Sviluppo e Coesione, che dovrebbe ammontare a 17 miliardi circa, il quantum detratto e a discapito di quali regioni;
    8. Manca l'allocazione geografica delle risorse (si parla solo di Nord-centro-sud);
    aggrava enormemente il già cospicuo debito pubblico nazionale rischia di produrre ripercussioni particolarmente gravose, insostenibili per le nuove generazioni;
    molte linee d'intervento necessitano di riforme propedeutiche che ad oggi ancora non sono neanche state concepite e che a doverle realizzare sarebbe un governo tecnico di «unità nazionale»;
    che qualora non venissero rispettate le milestones europee, verrebbe interrotta l'erogazione del fondo e quindi si rischia di vedere interrotte le misure;
    che il nostro Paese ha già dimostrato di non eccellere nella capacità di utilizzo dei fondi della programmazione europea, che molto spesso ritornano al mittente,

impegna il Governo:

   1) sul piano generale:
    a) accedere alla componente sovvenzioni dello strumento, senza ricorso ai prestiti (o solo una parte dei prestiti) che prevede, finanziando la parte di programma eccedente le sovvenzioni tramite risorse reperite a livello nazionale sul mercato dei capitali, estremamente più rapide da ottenere rispetto a quelle dello strumento, dal costo sostenibile anche in virtù delle presenti condizioni di mercato eccezionalmente favorevoli;
    b) sostenere la struttura di fondo del settore produttivo italiano, caratterizzato dalla presenza di PMI, la cui specificità le rende eccellenze nel settore di appartenenza, e costituisce un fattore di resilienza grazie alla loro flessibilità e capacità di diversificazione; evitando che le risorse del NGEU vengano usate esclusivamente per promuovere la concentrazione economica e produttiva nei settori tech, green e digitale, che già presentano posizioni dominanti;
    c) favorire attraverso lo strumento di ripresa e resilienza una nuova «economia di Stato», non solo come presenza dello stesso come attore economico per compensare i gap distorsivi prodotti dal mercato, a svantaggio della piccola imprenditorialità, ma anche nel ruolo di promotore di forme di supporto al credito per sostenere le attività produttive nazionali (quali moratorie ed aiuti diretti);
    d) concentrare le risorse rideterminate in funzione della reale capacità di spesa nel limite cronologico previsto dal Recovery Plan in poche linee d'intervento che soddisfino altresì gli obiettivi trasversali di coesione sociale e territoriale, parità di genere e pari opportunità, occupazione giovanile, transizione ecologica evitando interventi a pioggia non sostenibili per un Paese che negli ultimi 20 anni ha ridotto ad un quarto il personale che opera nella pubblica amministrazione;
    e) procedere nel rafforzamento di misure nazionali volte a prevenire, individuare e correggere corruzione, frode e conflitti di interesse quando si utilizzano i fondi forniti nell'ambito del Dispositivo, comprese le disposizioni volte ad evitare il doppio finanziamento da altri programmi dell'Unione, coinvolgendo direttamente la Direzione Nazionale Antimafia sin dall'inizio del processo di ricostruzione del Paese attraverso specifici protocolli, riconoscendo il fondamentale apporto che la Direzione può offrire nel contrasto di ogni fenomeno di inquinamento mafioso dei progetti di sviluppo (indebita intercettazione dei flussi finanziari, sfruttamento delle risorse per riciclare proventi criminali, impiego dello strumento intimidatorio e corruttivo);
   2) sul settore infrastrutture e trasporti:
    a) a rivedere le modalità di allocazione delle risorse tra le voci di spesa del settore mobilità e trasporti, al fine di assicurare coerenza tra l'ammontare delle risorse stanziate e la capacità di ciascuna voce di rispondere agli obiettivi nazionali e comunitari di riduzione delle emissioni inquinanti;
    b) a riallocare le risorse destinate ai collegamenti ferroviari a lunga distanza ad alta velocità verso progetti con tempi di realizzazione più contenuti ed impatti positivi già nell'orizzonte di Piano, che mirino all'accelerazione dell'elettrificazione del settore, all'attuazione dei Piani Urbani della Mobilità Sostenibile, al potenziamento del TPL, delle infrastrutture per la mobilità ciclabile e pedonale e dell'intermodalità, del trasporto ferroviario metropolitano e regionale;
    c) a destinare maggiori risorse per il trasporto pubblico locale sostenibile, in modo da poter implementare le reti tramviarie e metropolitane, potenziare il servizio di trasporto collettivo e condiviso, rinnovare il parco mezzi non alimentato da fonti fossili, sviluppare le reti ciclabili, gli interventi di moderazione del traffico e di sicurezza stradale;
    d) a sostenere le misure e gli investimenti utili per la mobilità sostenibile contenute nei PUMS adottati e approvati;
    e) a sostenere le misure e gli investimenti nel settore dell'autotrasporto affinché si realizzi la transizione dal Diesel e dal gas verso l'elettrificazione, a vantaggio di ambiente, qualità dell'aria, vivibilità delle città e a supporto di una giusta transizione delle oltre 90.000 piccole e medie imprese operanti in Italia nell'ambito della logistica;
    f) a sostenere lo sviluppo di una filiera industriale e catena del valore dell'elettrico nazionale che garantisca importanti ripercussioni in termini occupazionali e di crescita economica nel medio e lungo termine, fornendo una concreta opportunità all'Italia di uscire da un prolungato periodo di crisi industriale e allinearsi, colmando il gap, ai maggiori stati europei;
    g) a dare priorità di investimento allo sviluppo di una rete di infrastrutture di ricarica elettrica capillare;
    h) a prevedere risorse dedicate specificamente ad aumentare il parco autobus elettrici anche attraverso la possibilità di effettuare il retrofit elettrico su alcuni mezzi esistenti e a promuovere lo sviluppo di una filiera italiana dell'autobus elettrico;
    i) a rimuovere dal PNRR tutte le spese per nuovi investimenti autostradali e potenziamenti della rete e a non farsi carico di manutenzioni, adeguamenti tecnologici ed elettrificazioni da effettuare sulla rete autostradale esistente che devono essere posti a carico delle concessionarie autostradali, secondo i rispettivi PEF, sia vigenti che da rivedere;
    l) ad investire nella progressiva elettrificazione delle tratte marittime brevi (inferiori a 50 miglia) operative nel nostro paese e nello studio di soluzioni per decarbonizzare le tratte medie e lunghe;
    m) implementare risorse anche per i porti commerciali minori italiani al fine del pieno sviluppo di tutte le aree del paese;
   3) sul settore giustizia:
    a) implementare pienamente la digitalizzazione operando altresì una semplificazione del sistema tra i diversi settori (civile, amministrativo, tributario e penale) prevedendo, se possibile, un unico metodo di processo telematico;
    b) aumentare la produttività del settore civile (e penale) rendendo pienamente operante l'ufficio del processo, prevedendo che ad ogni magistrato corrisponda personale di cancelleria e «assistenti giuridici del giudice», figure laureate selezionate mediante concorso per titoli e prova preselettiva tra avvocati e magistrati onorari così eliminando sia la magistratura onoraria precaria, gli attuali giudici di pace e i magistrati ausiliari in appello;
    c) prevedere che la competenza in ambito civile dei giudici di pace sia ridotta per valore ad euro 5.000,00 e che possano assumere la carica gli «assistenti giuridici del giudice»;
    d) diminuire l'afflusso delle cause tributario in Cassazione prevedendo la professionalizzazione dei magistrati tributari mediante la soppressione delle commissioni provinciali e regionali ed istituendo in ogni tribunale e corte d'appello una Sezione Specializzata Tributaria;
    e) migliorare il sistema carcerario prevedendo nuove carceri (e la ristrutturazione degli edifici esistenti) anche da un punto di vista tecnologico implementando la videosorveglianza, il controllo da remoto nonché la schermatura telefonica, almeno delle parti in detenzione;
   4) sul settore istruzione, cultura, turismo e sport:
    a) assicurare la titolarità pubblica negli interventi per l'accesso all'istruzione e riduzione dei divari territoriali, in particolare riguardo ad asili nido e servizi integrati, scuole dell'infanzia (3-6 anni) e sezioni «primavera», tramite anche la costituzione e potenziamento dei Poli per l'infanzia statale;
    b) evitare la frammentazione regionale dei processi di istruzione, in particolare riguardo all'istruzione professionalizzante e agli ITS, che non dovrebbero focalizzarsi sui bisogni contingenti delle imprese locali, ma proiettarsi verso tecniche e modalità produttive innovative di impatto globale, fornendo le competenze indispensabili di base, soprattutto tecnico-pratiche, in vista di una inevitabile formazione continua;
    c) riformare il sistema dei Centri di formazione professionale, di concerto al suo potenziamento, togliendone il controllo alle regioni, che ne hanno esternalizzato i servizi, e ponendolo nuovamente sotto il controllo statale, attraverso una modifica dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione;
    d) introdurre la figura dell'educatore e del pedagogista scolastico, da reclutare, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, tramite concorso pubblico, onde dotare le istituzioni scolastiche delle figure professionali maggiormente atte ad affrontare le crescenti difficoltà relazioni dell'intera comunità scolastica (docenti, personale ata, famiglie e studenti) post COVID-19;
    e) riformare gli Enti pubblici di ricerca esistenti, in accordo a un maggiore finanziamento pubblico dei settori università e ricerca in linea con la media europea, invece di costituire nuovi centri di ricerca volti sulla carta all'eccellenza, ma di fatto concentrazioni di potere e denaro, i quali distolgono risorse da un sistema che andrebbe finanziato adeguatamente in vista di un diffuso medio-alto livello sul territorio sia nell'ambito della ricerca che dell'alta formazione;
    f) prevedere, nell'ambito degli investimenti per turismo e cultura, l'assunzione pubblica di lavoratori specializzati nel settore, sia intervenendo a supporto di una classe lavoratrice che ha subito enormi danni dalla crisi pandemica, sia stabilendo criteri certi per individuare i livelli essenziali delle prestazioni che spettano ad ogni territorio, in termini di biblioteche, sostegno al patrimonio museale, al turismo sostenibile, artistico e culturale, alla cura dei contesti urbanizzati e al paesaggio, con relativi interventi di digitalizzazione del patrimonio materiale, di innovazione dei servizi e di sostegno al settore dello spettacolo dal vivo, integrato con la realtà del territorio;
    g) incentivare significativamente la pratica sportiva da una parte e teatrale dall'altra in contesti periferici e marginali, la quale sconta l'inadeguatezza delle risorse finanziarie stanziate, sostenendo in primis le associazioni di volontariato che si occupano di ciò soprattutto nelle zone più povere e più criminalizzate, così da fornire ai giovani con lo sport e la cultura un'alternativa ai pericolosi contatti con la malavita;
   5) sul settore sanità:
    a) ridefinire i criteri di ripartizione del Fondo sanitario secondo un apposito «indice di occorrenza» locale tenendo all'uopo conto dei dati di morbilità e co-morbilità dei singoli territori regionali e dei relativi livelli di vulnerabilità sociale;
    b) superare la competenza esclusiva delle Regioni in merito all'autocertificazione dei dati trasmessi da parte delle Regioni al Ministero della Salute relativa alla griglia di adempimento dei LEA col fine di azzerare in via definitiva disavanzi, debiti delle regioni penalizzate dai criteri vigenti di ripartizione del Fondo sanitario nazionale;
    c) implementare un sistema unico di fascicolo sanitario elettronico obbligando le Regioni a dotarsi di uno strumento unico senza l'Intermediazioni di società informatiche che mettono a grave rischio la privacy dei dati di morbilità dei cittadini italiani, così da centralizzare e mettere in sicurezza il flusso informatico inserendo tale implementazione in norme di rango primario;
    d) progettare un sistema informatico, collegato al FSE, di digitalizzazione dell'intera rete ospedaliera, di assistenza primaria e terziaria, in collegamento con i Medici di Medicina Generale e di Pediatri di Libera Scelta in modo da incentivare un'epidemiologia capillare basata sugli standard dell'ICD-10 per il potenziamento della telemedicina, anche col fine di ridurre l'incidenza dei ricoveri ospedalieri e favorendo la presa in carico dei pazienti nei differenti territori italiani;
   6) sul settore ambiente:
    a) considerare un maggiore apporto autenticamente «green» all'intero piano, come richiesto dall'Unione Europea, concentrandosi sulle energie rinnovabili veramente sostenibili e diversificate, aggiungendo l'aggettivo «verde» nei richiami all'utilizzo dell'idrogeno, chiarendo che il nucleare è fuori discussione e che ogni progetto futuribile su tale tema dev'essere accordato a impegni sulle rinnovabili di nuova generazione;
    b) destinare risorse rilevanti per l'ammodernamento dell'infrastruttura idrica italiana al fine di evitare lo sperpero di risorse di un bene pubblico fondamentale come l'acqua;
    c) eliminare ogni ipotesi di progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, sia per il danno ambientale sia perché il progetto andrebbe fatto entro il 2026 e i controlli sarebbero derogati causa rapidità. Ugualmente la costruzione di stadi si presenta come intervento infrastrutturale dannoso oltre che poco utile, piuttosto dirottare tali fondi verso interventi infrastrutturali e di trasporti minori, volti a favorire i territori più disagiati su tale aspetto, specie al Sud e nelle aree interne;
    d) riconsiderare l'innalzamento dei limiti all'inquinamento elettromagnetico per lanciare il 5G, una tecnologia di sviluppo che va accordata con le necessarie salvaguardie della salute umana, in accordo certo alle più accurate e cautelative evidenze della ricerca riguardo ad ogni tecnologia sperimentale.
(6-00180) «Colletti, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Corda, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Paxia, Spessotto, Sapia, Testamento, Trano, Vallascas, Costanzo».


   La Camera,
   premesso che:
    il testo della proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), inviata alle Camere il 15 gennaio 2021, per far fronte alle ripercussioni economiche e sociali della pandemia da COVID-19, attualmente all'esame del Parlamento, è stato predisposto dal Governo Conte, precedente a quello in carica;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, fin dal suo discorso programmatico ha dichiarato che il Governo avrebbe approfondito e completato il lavoro già svolto «includendo le necessarie interlocuzioni con la Commissione Europea» e che «gli orientamenti che il Parlamento esprimerà nei prossimi giorni a commento della bozza di Programma presentata dal Governo uscente saranno di importanza fondamentale nella preparazione della sua versione finale»;
    anche nelle audizioni presso le Commissioni parlamentari, autorevoli ministri hanno confermato che il Governo «pur mantenendone l'impianto complessivo organizzato attorno alle Missioni che caratterizzano Next Generation EU, potrà far tesoro dei rilievi» avanzati dal Parlamento;
    dunque è certo che il testo che sarà presentato all'Europa entro il 30 di aprile sarà sostanzialmente diverso dal DOC. XXVII, N. 18 oggi all'esame del Parlamento;
   considerato che:
    gli atti parlamentari con i quali sono state esaminate le linee guida per la definizione del PNRR prevedono esplicitamente attività conoscitive e di indirizzo attraverso le quali il Parlamento parteciperà all'elaborazione, da parte del Governo, del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e la presentazione al Parlamento della bozza di Piano per l'approvazione prima di presentarlo alla Commissione europea;
    il 13 ottobre 2020, la Camera e il Senato hanno approvato le risoluzioni delle Commissioni sulla proposta di Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza; nel corso della discussione al Senato (seduta n. 264), il Ministro per gli Affari Europei, Vincenzo Amendola, pur non accogliendo la proposta di risoluzione dell'opposizione, si è impegnato a seguire un percorso parlamentare condiviso, «con l'impegno del Governo a dare conto di tutti i passaggi istituzionali che si faranno da qui alle prossime settimane e mesi con Bruxelles, fino all'arrivo, che sarà comune a tutti i Parlamenti e i Governi europei, con la presentazione ufficiale del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza.»,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento la proposta di PNRR definitiva prima che sia trasmessa all'Unione Europea come allegato al Documento di economia e finanza (DEF), o comunque in tempo congruo affinché possa essere esaminata nel merito, attraverso una procedura che assicuri la certezza dell'iter parlamentare previsto dai regolamenti della Camera dei deputati e dal Senato.
(6-00181) «Meloni, Lollobrigida, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».


   La Camera,
   premesso che:
    il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) costituisce il programma di utilizzo delle risorse messe a disposizione dall'Unione europea per il finanziamento dell'iniziativa Next Generation EU (NGEU), che nel suo complesso a livello europeo prevede lo stanziamento di 750 miliardi di euro, dei quali 672,5 sono destinati al Dispositivo per la ripresa e la resilienza;
    la proposta di Piano trasmessa al Parlamento quantifica le risorse destinate all'Italia nell'ambito del Dispositivo per la ripresa e la resilienza ammontano a circa 196 miliardi di euro a prezzi correnti, dei quali 69 sotto forma di trasferimenti e 127 sotto forma di prestiti che l'Italia si troverà a dover rimborsare;
    è essenziale, quindi, che il Piano riesca a realizzare gli obiettivi che si propone e che possa davvero agire da leva per far ripartire il tessuto economico e produttivo della nostra Nazione, tutelando le diverse fasce sociali, e a tal fine, in linea con le indicazioni dell'Unione europea, dovrà essere accompagnato dall'attuazione di specifiche riforme strutturali;
    il PNRR presenta, inoltre, tre priorità trasversali, definite in modo sintetico con parità di genere, giovani e sud e riequilibrio territoriale, che non sono affidate a singoli interventi circoscritti in specifiche componenti, ma perseguite in tutte le missioni;
    si rileva una sostanziale indefinitezza della governance istituzionale del Piano e della sua attuazione, a fronte della quale emerge, invece, con sconcertante chiarezza la completa esautorazione del Parlamento rispetto all'approvazione del documento finale del Piano, nonché dai successivi monitoraggi prescritti dalla stessa Unione europea;
    è necessario, inoltre, che nell'ambito dell'attuazione del Piano sia chiaramente esplicitato quali riforme si intendano porre in essere per raggiungere gli obiettivi enunciati dall'Unione; in merito, si segnala la necessità imprescindibile del coinvolgimento del Parlamento nella loro elaborazione da approvazione, coinvolgimento che non può essere limitato all'individuazione di principi e criteri direttivi all'interno di delegazione legislativa ma che deve trovare compiuta attuazione nell'elaborazione di disegni di legge ordinari che non contengano norme di delega;
    nulla è detto neanche in merito alla governance operativa del Piano, con particolare riferimento alle modalità e gli strumenti attraverso i quali sarà resa possibile l'attuazione del Piano, in particolare le attività amministrative, le eventuali deroghe alla normativa vigente in materia di appalti e in altri settori, l'eventuale nomina di strutture Commissariali;
    il Gruppo di Fratelli d'Italia, nell'ambito dell'esame delle Linee guida per il PNRR, aveva segnalato l'esigenza che una specifica missione fosse destinata al sostegno della natalità, posto che il calo demografico rappresenta oramai da anni un grave problema della nostra Nazione che risulterà ulteriormente aggravato dall'impoverimento diffuso derivante dalla grave crisi economica determinata dalla pandemia da Covid-19, e rispetto al quale non si è riusciti sinora a dare un'inversione di tendenza;
    nella proposta di Piano attualmente all'esame del Parlamento non si rinviene alcuna traccia dell'attuazione dell'impegno relativo alla città di Roma contenuto nella Relazione della V Commissione sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund, approvata nello scorso mese di ottobre, che tra le indicazioni specifiche formulate sulla base dei rilievi espressi dalle Commissioni permanenti, sottolineava «l'urgenza di assicurare a «Roma Capitale», insieme al riassetto della Città metropolitana, l'individuazione di un percorso volto a definire uno specifico statuto normativo, assegnando ad essa risorse adeguate, in modo da consentire alla stessa di far fronte alle esigenze di investimento che derivano dalla sua specificità e peculiarità, garantendole altresì una maggiore autonomia nella gestione del proprio territorio, in considerazione del suo ruolo e anche in vista del prossimo Giubileo»;
    nell'attuazione del Piano dovrà essere valutata l'esigenza di un efficace coinvolgimento del settore privato: il riconoscere, infatti, l'importanza di un tale apporto è significativo ma non sufficiente, e in tal senso appare necessario un efficace intervento legislativo che favorisca l'apporto del capitale privato al raggiungimento degli obiettivi del Piano, a partire dall'istituto del project financing ma anche individuando altre forme attraverso le quali la detta partecipazione si possa realizzare;
    per quanto attiene alle risorse destinate al settore del turismo, si ritiene in questa sede di stigmatizzare la dotazione finanziaria del tutto insufficiente ad esso destinata, attualmente quantificata in appena 2,4 miliardi, una cifra che non renderà possibile una vera ripresa del settore, messo in ginocchio da un anno di pandemia e che, da solo, prima dell'emergenza epidemiologica generava il 13 per cento del prodotto interno lordo nazionale;
    manca una visione strategica del ruolo del turismo nella ripresa economica dell'Italia, e sul reale impatto che le attività produttive inerenti il settore turistico e ricettivo possono offrire in termini di ricchezza e prestigio, e manca, soprattutto, la conoscenza dello stato in cui attualmente versa il turismo stesso, che per riprendersi dal fermo totale a cui è stato costretto ha bisogno di una mole più cospicua di investimenti e di riforme strutturali importanti che vadano a incidere sui costi fiscali, salariali, energetici, burocratici che mettono in difficoltà le imprese del settore; il turismo dovrebbe avere, quindi, un peso specifico molto più alto all'interno del Piano, sia nella componente investimenti che nelle riforme, a partire da quella fiscale che sarà fondamentale per accompagnare la ripresa, mentre rimane, invece, relegato a un ruolo marginalissimo e declinato quasi esclusivamente nella sua accezione culturale; è necessario che lo stesso trattamento di valorizzazione dei borghi e cammini previsto dal Piano sia riservato alle ricchezze delle città d'arte, delle località balneari, delle destinazioni montane, etc., perni centrali del nostro bacino d'attrazione; ulteriore importanza va riservata al Made in Italy, a cui il turismo è strettamente connesso: il turismo per la sua natura di settore trasversale all'economia è predestinato a fungere da promotore del Made in Italy e viceversa il Made in Italy deve essere inteso come volano per il turismo;
    del tutto insufficienti appaiono altresì le misure per il sostegno dell'agricoltura, eccellenza nazionale e asse fondamentale per la ripresa economica, già danneggiata dai tagli ai fondi della Politica agricola comune, settore al quale è indispensabile destinare maggiori risorse;
    nell'ambito della dotazione per l'agricoltura, inoltre, apposite risorse devono essere previste per la promozione e la tutela del Made in Italy in ambito agroalimentare, per l'adozione di iniziative a tutela delle nostre produzioni nazionali dalla concorrenza sleale, con particolare riferimento al fenomeno dell’italian sounding, nonché valutando la possibilità dell'estensione dei poteri speciali di controllo del Governo (cosiddetto Golden power) anche al settore agroalimentare, in particolar modo alle attività di produzione a marchio di tutela, considerando anche la necessità di tutela di attività economiche di piccole-medie dimensioni;
    con riguardo alla missione traversale Sud appare incongruo mantenere la destinazione delle risorse ancorata al meccanismo della quota del 34 per cento, parametrata unicamente sul dato della popolazione, e che non permetterebbe una concreta possibilità di sviluppo per quelle aree;
    l'importanza della digitalizzazione e dell'innovazione tecnologica, testimoniati dalle ingenti risorse ad esse indirizzate nel PNRR, delineano un modello di sviluppo incentrato sulla veloce trasmissione di dati, sia privati che pubblici, sulla cui sicurezza e sul cui trattamento si gioca una partita fondamentale per il futuro degli stati membri, non solo in termini strettamente economici ma anche di sicurezza interna; a tal proposito è bene ricordare come le reti di telecomunicazione rappresentino uno degli asset strategici della cui proprietà lo Stato non può fare a meno, e occorre rilevare come l'Italia sia l'unico tra i grandi stati europei a non detenerne la proprietà;
    il libero mercato che deve essere garantito agli operatori di servizi, in un regime di concorrenza richiesto anche dall'Unione europea, non può comunque prescindere dalla proprietà pubblica delle reti di telecomunicazione, sia a tutela della sicurezza del sistema Italia, sia per evitare la beffa che le risorse del Recovery fund destinate all'Italia vadano in realtà a vantaggio di aziende e multinazionali straniere;
    per una crescita e uno sviluppo più incisivi della Nazione è necessario puntare sugli investimenti relativi ai trasporti e a tutti i settori contigui, a partire dalle infrastrutture, per creare innovativi e sinergici modelli di mobilità e di governance; si pensi, ad esempio, alle città, dalle più piccole alle più grandi, che devono essere poste nella condizione di integrare più istanze (dal trasporto, all'energia, alle telecomunicazioni) per abilitare nuovi servizi di mobilità sostenibile di persone e merci; si pensi al trasporto pubblico locale, che è fulcro di una progettazione più ampia, che eviterebbe il fenomeno della congestione urbana, oltre a consentire un livello di vita migliore per i cittadini;
    con riferimento alla strategia di ammodernamento dell'Italia relativamente all'aspetto della mobilità, si evidenzia come la stessa presupponga interventi non solo sulla rete AV/AC ma punti anche sulla velocizzazione delle linee ferroviarie complementari: appare pertanto necessario, nell'ambito della missione n. 3, Infrastrutture per la mobilità, specificare che la cosiddetta «Cura del ferro» costituisce la principale strategia di ammodernamento dell'Italia relativamente all'aspetto della mobilità;
    per la sua posizione privilegiata l'Italia può essere considerata una grande piattaforma sul Mediterraneo, capace di rappresentare il vero «porto d'Europa», approdo naturale dei traffici delle merci; tale progetto necessita di investimenti sulla dorsale Tirrenica e Adriatica con una sinergica connessione tra reti ferroviarie, viarie e infrastrutture portuali e aeroportuali: in particolare, il potenziamento della dorsale Adriatica dovrà prevedere lo sviluppo dell'Alta velocità sulla direttrice Trieste-Taranto e l'adeguamento dell'Autostrada A-14 con il completamento, su tutta la tratta, della terza corsia;
    è fondamentale inoltre, relativamente ai corridoi TEN-T, che il loro rafforzamento non si limiti alle sole reti « core» ma si estenda anche alle cosiddette reti « comprehensive», attraverso la realizzazione dei necessari interventi di connessione con le realtà territoriali locali, ciò al fine di favorire la coesione sociale e contribuire ad eliminare le disuguaglianze nelle dotazioni di infrastrutture, con l'obiettivo di ottenere, in sede europea, il riconoscimento dell'estensione dei corridoi di mobilità anche lungo la dorsale Adriatica e lungo l'asse trasversale Tirreno-Adriatico;
    la prosecuzione del corridoio Baltico-Adriatico lungo la direttrice che va da Ancona fino al porto di Bari, oltre a rappresentare un elemento essenziale per il sistema dei collegamenti all'interno della macroregione adriatica, è considerata essenziale al fine di porre fine ad un vero e proprio vulnus che rischia di collocare molti territori in una situazione di isolamento e di marginalità rispetto ai futuri processi di sviluppo economico; contestualmente, la realizzazione di una diramazione trasversale intermodale all'interno del Corridoio V (Mediterraneo) che colleghi la penisola iberica e l'area balcanica (asse Barcellona-Civitavecchia-Ortona-Ploce), passando attraverso le Regioni centrali, resta di cruciale importanza per lo sviluppo della portualità e delle aree interne;
    un'importanza centrale acquisisce inoltre lo sviluppo della cosiddetta « Blue Economy», cioè l'economia del mare, la quale, in considerazione della grande estensione costiera e della posizione geografica privilegiata che l'Italia ha nel Mediterraneo, deve assurgere al rango di priorità della Nazione a partire dalla gestione, dall'adeguamento e dal miglioramento della portualità e della logistica ad essa collegata, fino a ricomprendere altri settori strategici quali i trasporti, il turismo, la cantieristica, la nautica, la pesca e l'industria delle estrazioni marine, con l'obiettivo fondamentale di realizzare una rete economica produttiva competitiva attraverso l'aumento degli investimenti, la creazione di nuovi posti di lavoro e l'aumento delle esportazioni;
    il Piano rivela importanti carenze sotto il profilo degli impegni e delle specifiche progettuali rispetto alle capacità di spesa che si intendono destinare all'occupazione, in particolare per le politiche attive del lavoro e gli ammortizzatori sociali, dimostrando non sufficiente attenzione al mercato del lavoro, che in Italia presenta evidenti problematiche che precedono la pandemia e sono attualmente drammaticamente aggravate dal contesto di emergenza sanitaria, con un tasso di disoccupazione che secondo i più recenti dati dell'Istat è al 9,7 per cento, e tra i giovani raggiunge addirittura il 31,1 per cento;
    la pandemia ha, inoltre, particolarmente aggravato i già preesistenti disequilibri che vedono le donne fortemente penalizzate nel mondo del lavoro, registrando un calo dell'occupazione femminile pari al doppio rispetto alla media Ue, con 402 mila posti di lavoro persi tra aprile e settembre 2020;
    il rilancio dell'occupazione non può prescindere da un deciso intervento di riduzione della tassazione sul lavoro che grava sulle imprese;
    l'emergenza epidemiologica prolungherà ancora a lungo i suoi effetti sulla vita dei cittadini e sulla nostra economia, e l'attuazione del PNRR dovrà essere in grado di affievolire gli effetti negativi promuovendo e accompagnando la rinascita della Nazione, creando nuovi presupposti di crescita e sviluppando strategie utili per la ripresa economica, produttiva, sociale e occupazionale,

impegna il Governo

   1) a trasmettere al Parlamento il Piano definitivo prima che sia trasmesso all'Unione europea e al rispetto delle prerogative del Parlamento nelle fasi di esame e approvazione dei singoli stati di attuazione del Piano, nonché nella elaborazione di modalità procedurali che permettano la effettiva fruizione delle risorse nei tempi previsti;
   2) ad enunciare con chiarezza quali riforme strutturali si intenda realizzare per «accompagnare» l'attuazione del Piano, e a riconoscere il ruolo preminente del Parlamento nell'adozione delle stesse;
   3) a destinare maggiori risorse al turismo, settore tra i più danneggiati dalla crisi economica mondiale in atto, e, in tale ambito, a promuovere l'adozione di provvedimenti per l'abbattimento dei costi fissi e degli oneri burocratici che gravano sulle imprese del settore turistico e ricettivo, e a valorizzare il fondamentale ruolo del turismo nella promozione del Made in Italy;
   4) a destinare maggiori risorse alle Regioni meridionali, superando il criterio del 34 per cento in favore di una equa distribuzione territoriale delle risorse che garantisca ripresa, sviluppo e occupazione superando il divario tra le Regioni, con particolare riferimento a quello infrastrutturale e tecnologico;
   5) a destinare maggiori risorse al settore dell'agricoltura, già penalizzato dai tagli alla Politica agricola comune, al fine di permetterne non solo lo sviluppo verso modelli più sostenibili ma garantirne il necessario rilancio, anche attraverso una decisa azione di tutela delle produzioni nazionali in ambito agroalimentare;
   6) a destinare maggiori risorse alla tutela del marchio Italia in tutte le sue produzioni, promuovendole nel mondo e proteggendole da fenomeni di concorrenza sleale;
   7) a rivedere il Piano nel senso di individuare una specifica missione dedicata al tema della natalità, che possa raccogliere in maniera organica interventi sul fronte sociale e fiscale, e dotandola delle adeguate risorse finanziarie;
   8) a realizzare un significativo taglio del cuneo fiscale, contrastando fattivamente, in tal modo, la crisi occupazionale già in atto e che si prevede possa ulteriormente aggravarsi una volta terminati gli interventi a tutela dell'occupazione messi in campo con i decreti dell'ultimo periodo, quali la CIG generalizzata e il blocco dei licenziamenti;
   9) a destinare le risorse necessarie al completamento dell'ammortizzatore sociale unico;
   10) a destinare annualmente alla città di Roma Capitale risorse pari a un miliardo di euro, nel rispetto dell'impegno già assunto nell'ambito dell'esame delle Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
   11) a destinare maggiori risorse alle aree interne, e, in particolare, a quelle colpite dagli eventi sismici degli ultimi anni, al fine di scongiurare la chiusura dei servizi e la conseguente desertificazione sociale e produttiva dei territori;
   12) con riferimento al tema della digitalizzazione, a mettere in campo immediate iniziative per garantire la proprietà pubblica delle reti di telecomunicazione, con apposite norme che vietino il subentro anche parziale di privati sia per le reti già esistenti che per quelle di nuova realizzazione, al fine di mettere al riparo la trasmissione dei dati pubblici e privati e di garantire la sicurezza interna e dell'intero sistema Italia;
   13) ad adoperarsi affinché lo sviluppo infrastrutturale previsto dal Piano garantisca la connessione in maniera efficiente di tutto il territorio italiano all'Europa, rendendo fluidi e veloci gli scambi commerciali e concorrendo a colmare lo storico divario tra il Nord e il Sud della Nazione, e, con specifico riferimento al completamento dei corridoi Ten-T, a prevederne un rafforzamento non limitato alle sole reti « core» ma esteso anche alle reti cosiddette « comprehensive», realizzando i necessari interventi di connessione con le realtà territoriali locali, al fine di favorire la coesione sociale e contribuire ad eliminare le diseguaglianze nelle dotazioni di infrastruttura;
   14) nell'ambito del completamento delle reti Ten-T, a sbloccare la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, che comporterebbe importanti ricadute occupazionali, economiche, lavorative in tutto il Sud Europa grazie all'indotto ed alla sua conseguente attrattività turistica determinando una vera e propria rivoluzione « green», in linea con gli obiettivi internazionali di riduzione delle emissioni inquinanti tramite i trasporti veloci ferroviari;
   15) a destinare parte delle risorse del PNRR allo sviluppo della cosiddetta « Blue Economy» o economia del mare, con la finalità di realizzare una rete economica produttiva competitiva attraverso l'incremento degli investimenti con effetti sui livelli occupazionali e i volumi di esportazione;
   con riferimento ai corridoi TEN-T;
   16) con riferimento al settore della giustizia:
    a) a prevedere un adeguato stanziamento economico in materia di edilizia penitenziaria, per completare i lavori di adeguamento degli impianti tecnologici di sicurezza, dall'implementazione della videosorveglianza, all'installazione di jammers per schermare i telefoni cellulari, ad adeguati interventi sugli impianti di illuminazione interna ed esterna degli istituti penitenziari, fino alla valutazione dell'impiego di droni di videosorveglianza; si sottolinea, altresì, l'importanza di un investimento importante in materia di adeguamento del personale di polizia penitenziaria che opera all'interno degli istituti penitenziari e da tempo soffre di una cronica carenza di organico;
    b) ad assumere le necessarie iniziative in ambito internazionale al fine di implementare i meccanismi di trasferimento dei detenuti al fine dell'esecuzione penale nello Stato di provenienza, anche in mancanza del consenso dell'interessato, in un'ottica di alleggerimento del sovraffollamento carcerario e di impiego ottimale delle risorse impiegate;
    c) a varare la riforma della magistratura onoraria, salvaguardando le migliaia di persone che in questi anni hanno garantito il funzionamento della macchina della giustizia, nel rispetto della recentissima sentenza della Corte costituzionale e dell'orientamento della Corte di Giustizia europea;
   alla Missione 1, con riferimento alla componente 1, Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA (M1C1):
    1) ad assicurare priorità al completamento della digitalizzazione delle procedure di gara per l'affidamento di contratti pubblici, in previsione della futura attuazione del Regolamento UE 1780/2019, che impone entro il mese di ottobre del 2023 la digitalizzazione delle procedure di gara (obbligatorietà dell'uso dei formulari elettronici nella rilevazione e gestione dei contratti pubblici per tutta l'UE), in particolare implementando la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) operante presso l'ANAC, al fine di affermare il principio di « once only» e realizzare una concreta riduzione degli oneri in capo a operatori economici e stazioni appaltanti; per il raggiungimento del predetto obiettivo appare fondamentale perseguire una strategia di ampio respiro volta a migliorare la competenza delle stazioni appaltanti, in linea con quanto disposto dall'articolo 38 del codice dei contratti pubblici, che per altro non ha trovato allo stato concreta attuazione; andrebbe altresì valutata l'opportunità di istituire una «cabina di regia» a livello centrale che governi le politiche urbane e l'utilizzo delle risorse pubbliche, dichiarando di interesse pubblico gli interventi di rigenerazione urbana e approvando norme volte a superare i molteplici ostacoli che ancora ne impediscono la realizzazione;
    2) a potenziare il comparto della pubblica sicurezza prevedendo un incremento della dotazione finanziaria specifico per agevolare il lavoro delle forze dell'ordine attraverso l'adeguamento delle risorse di personale e delle dotazioni strumentali e tecnologiche;
    3) a sostenere l'adozione della banda larga, anche nelle zone periferiche, e garantire l'accesso anche ai soggetti meno abbienti tramite specifici incentivi;
    4) a favorire l'ammodernamento degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, digitalizzando la rete scolastica per colmare il digital divide;
    5) a specificare che i processi di digitalizzazione dovranno essere attuati senza che ne derivino costi sociali;
    6) a stanziare risorse specifiche per la realizzazione di reti veloci ed ultra veloci nelle aree montane relative ai piccoli Comuni, a fallimento di mercato o dove gli operatori privati non abbiano ancora avviato la costruzione di infrastrutture di rete, dando attuazione alla legge n. 158 del 2017 a contrasto del divario digitale;
    7) a destinare investimenti alla digitalizzazione ed innovazione nelle attività agricole, con particolare riguardo per le aree montane e rurali;
    8) a prevedere investimenti integrati coi Comuni montani per prevedere il recupero del patrimonio edilizio promuovendo la creazione di spazi di co-working ed alberghi diffusi secondo la metodologia delle Comunità verdi (cosiddette Green Communities) e dei Villaggi intelligenti (cosiddetti Smart villages);
    9) a promuovere la riforma della giustizia tributaria con l'introduzione di sezioni specializzate e giudici professionisti, nell'ottica di un riequilibrio dei rapporti tra Fisco e contribuente;
    10) a operare la revisione di alcune disposizioni che creano un eccessivo sbilanciamento a favore dell'Amministrazione finanziaria nell'ambito del procedimento tributario, quali l'immediata esecutività degli accertamenti o la competenza dell'Agenzia delle Entrate sulle istanze di reclamo-mediazione presentate dai contribuenti;
    11) a promuovere una complessiva semplificazione e razionalizzazione della fisionomia normativa dell'attuale sistema, con l'obiettivo di pervenire a un unico Codice tributario;
    12) a implementare un'infrastruttura digitale che, anche alla luce dell'introduzione del superbonus 110 per cento e degli altri crediti d'imposta cedibili, compresi i crediti maturati dalle imprese per gli investimenti nel Mezzogiorno e per gli investimenti in beni strumentali, garantisca la certificazione dei crediti di imposta stessi e una loro ampia circolazione tra gli operatori come mezzi di pagamento di beni e servizi, anche al fine di immettere una grande capacità finanziaria nel sistema economico senza alimentare debito;
    13) a promuovere la semplificazione della disciplina tributaria, secondo il principio della riduzione degli adempimenti – anche derivanti dalla revisione di singole imposte e del relativo apparato di accertamento – non più della parità e trasparenza tra fisco e contribuenti, con una ridefinizione complessiva della struttura del prelievo volta a ridurre complessivamente il peso su imprese e famiglie, come suggerito anche in sede europea, in grado di sostenere i fattori produttivi e incrementare la domanda interna;
    14) a prevedere azioni specifiche per affrontare nel medio periodo la tematica della patrimonializzazione delle banche e delle imprese, considerate le previsioni di forte crescita dei crediti deteriorati in ragione del calo del PIL, operando anche in chiave europea per rivedere le regole del calendar provisioning e dell'attività creditizia;
    15) a tutelare maggiormente rispetto alla proporzionalità delle regole europee l'attività delle banche territoriali, fondamentali per garantire la resilienza del tessuto economico;
    16) ad avviare una riorganizzazione complessiva della struttura amministrativa nazionale delle politiche dell'innovazione, garantendo una struttura amministrativa autonoma e una dotazione finanziaria al Ministero dell'innovazione e della trasformazione digitale, anche attribuendo competenze già in capo ad altri dicasteri;
    17) a favorire la riforma dei processi parlamentari in materia di politiche innovative e l'istituzione della Commissione parlamentare per l'innovazione, con il compito di affrontare in maniera organica le tematiche relative alla promozione delle politiche nazionali, dell'Unione europea e internazionali concernenti l'uso di nuove tecnologie e, in particolare, di quelle dell'informazione e della comunicazione, necessarie a realizzare la modernizzazione del Paese, con riferimento, fra l'altro, all'economia, alle infrastrutture immateriali, alla pubblica amministrazione e all'inclusione digitale, nonché con compiti di indirizzo e di controllo sull'attuazione delle politiche stesse;
    18) ad attivarsi per la sburocratizzazione dei processi autorizzativi per l'infrastrutturazione delle reti di telecomunicazione;
    19) a promuovere l'istituzione dell'insegnamento, nelle scuole di ogni ordine e grado, di alfabetizzazione digitale e conoscenza dei rischi del web;
    20) a introdurre dirigenti esperti di digitalizzazione nei contesti della pubblica amministrazione e formazione dei dipendenti sia di base che di medio livello;
    21) a promuovere il cambiamento di alcune caratteristiche strutturali del sistema universitario italiano, al fine di aumentare il numero di laureati che si inseriscono nel mondo del lavoro, l'offerta formativa interdisciplinare e la competitività internazionale della ricerca italiana, riallineando la formazione con le necessità del mercato del lavoro;
    22) a sostenere l'introduzione del libro digitale;
    23) a digitalizzare e dematerializzare i servizi consolari all'estero, affinché i cittadini italiani possano beneficiare di un'amministrazione più snella e telematica, che sia vicina alle proprie esigenze di vita quotidiana; potenziare la rete e i servizi consolari all'estero, prevedendo idonee modifiche legislative per consentire agli stranieri che intendano proporre domanda di asilo o di protezione internazionale di rivolgersi direttamente alla rete consolare italiana per proporre tali domande in tutta sicurezza, affinché nessuno più sia costretto a rivolgersi ai trafficanti di esseri umani al fine di varcare illegalmente il confine italiano;
    24) a inserire il progetto Operational Training Infrastructure (OTI) per la formazione e l'addestramento del personale delle Forze Armate e la trasformazione digitale e Cyber Security della componente aerea della Difesa;
   con riferimento alla componente 2, Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo (M1C2),
    1) a favorire la realizzazione di accordi bilaterali e multilaterali che abbiano come destinazione il nostro Paese per la realizzazione di cavi sottomarini a fibra ottica per trasporto dati, quali fattori di progresso economico ed elemento chiave per la competitività della Nazione, nonché ad adoperarsi in ogni contesto per la realizzazione di un progetto nazionale che faccia tornare l'Italia protagonista sul piano tecnologico e industriale della nuova economia digitale globale;
    2) a valutare l'inserimento dei seguenti interventi specifici nell'ambito degli interventi per il settore dell'editoria nazionale:
     a) riduzione dei costi di produzione e distribuzione;
     b) interventi per favorire l'innovazione e il ricambio generazionale;
     c) sostegno alla rete di distribuzione;
     d) sostegno alla domanda con un bonus annuale in favore dei cittadini over 65 e under 25 per la sottoscrizione di abbonamenti a quotidiani e periodici;
     e) sostegno alla transizione al digitale. Sostenere i processi di trasformazione digitale con contributi sulle spese per la digitalizzazione, per la multimedialità, per la gestione delle piattaforme, per la formazione digitale, per il miglioramento dell'efficienza aziendale; interventi a favore della consegna a domicilio delle pubblicazioni, con un piano sinergico fra editori, distributori, operatori postali e edicolanti per la creazione di una rete logistica efficiente ed economicamente sostenibile;
     f) informatizzazione delle edicole, con una «rete digitale» tra editori, distributori e punti vendita per l'offerta di servizi aggiuntivi al mercato e per l'implementazione dei servizi delle pubbliche amministrazioni;
     g) investimenti nello sviluppo di sistemi e software di raccolta, elaborazione e analisi dati finalizzati alla personalizzazione dell'offerta editoriale disponibile all'utente tramite Internet su dispositivi connessi (investimenti su sistemi di raccomandazione di contenuti);
     h) investimenti finalizzati alla realizzazione di sistemi analitici avanzati per la ottimizzazione della pianificazione editoriale e l'analisi delle performance editoriali delle offerte digitali;
     i) investimenti finalizzati alla realizzazione di sistemi analitici avanzati per l'offerta di pubblicità profilata e personalizzata su tutti i dispositivi connessi;
     j) investimenti finalizzati a coprire i costi di catalogazione (taggatura) di tutti i contenuti disponibili negli archivi delle aziende radio televisive per consentirne l'efficace ricerca, ri-editing e adattamento per i nuovi servizi digitali offerti sulle nuove reti IP fisse e mobili;
     k) investimenti di adeguamento alle policy di tutela della privacy (GDPR e futura e-privacy) come da piani operativi e analisi di impatto stilati e costantemente aggiornati;
     l) investimenti per coprire i costi di connettività e trasporto contenuti audiovisivi su rete IP, finalizzati alla erogazione tramite rete IP fissa e mobile di contenuti audiovisivi e di trasmissione e ricezione dati;
     m) interventi a sostegno delle edicole nel processo di digitalizzazione e di adeguamento tecnologico finalizzato al miglioramento dell'efficienza e dell'organizzazione aziendale in termini di infrastrutturazione (accesso alla banda larga, acquisto apparecchiature tecnologiche hardware, lettore POS, registratore corrispettivi elettronico, lettore ottico, software gestionali, Cyber Security, display interattivi o display per la pubblicità editoriale o commerciale o per veicolare informazioni di pubblica utilità, Lockers, distributori automatici, impianti di videosorveglianza interni ed esterni ecc.) assicurando le condizioni tecniche e strutturali per avviare il processo di digitalizzazione;
     n) interventi a sostegno delle edicole, anche istituendo un «voucher digitalizzazione» ovvero l'istituzione e/o il ripristino del credito di imposta in favore degli edicolanti per sostenere i costi per l'adeguamento tecnologico;
    3) ad adottare iniziative per sostenere il ruolo strategico delle industrie culturali e a individuare le linee più promettenti di sviluppo nella gestione dati, inclusi quelli sui diritti d'autore, in linea con l'iniziativa europea sulla Copyright Infrastructure e con la EU Data Strategy;
    4) a prevedere una maggiore partecipazione italiana al consorzio Gaia-X, nato per creare un'infrastruttura europea dei dati sostenendo la costituzione e lo sviluppo di un cloud federato UE, anche al fine di riportare l'informazione ed il dato all'interno dei confini nazionali;
     5) a garantire lo sviluppo di un sistema di cloud computing italiano per favorire la realizzazione di data center nazionali opportunamente collegati da infrastrutture in fibra ottica così da rendere i dati in essi immagazzinati fruibili per i cittadini italiani;
   con riferimento alla componente 3, Turismo e cultura 4.0 (M1C3),
    1) a sostenere il settore culturale attraverso:
     a) l'ampliamento degli interventi relativi alle innovazioni mirate ad accrescere la competitività delle imprese culturali sui mercati internazionali;
     b) interventi volti a incentivare la domanda di cultura, tramite specifiche politiche come la detrazione ai fini fiscali dei consumi culturali individuali;
     c) interventi a sostegno dello spettacolo dal vivo;
     d) la riforma del sistema di finanziamento pubblico dello spettacolo dal vivo, come già richiesto dalla Commissione europea;
     e) istituzione di un fondo temporaneo, per gli anni 2021 e 2022, finalizzato al sostegno di progetti culturali delle imprese di produzione e alla diffusione e promozione dei derivanti spettacoli, nei teatri privati che non risultino destinatari dei contributi a valere sul FUS. La proposta intenderebbe prevedere un ruolo attivo da parte dello Stato, nel rispetto della normativa emergenziale inerente gli aiuti di stato, in qualità di propulsore del teatro italiano, supportando direttamente le compagnie nella distribuzione e diffusione culturale e, allo stesso tempo, i teatri privati nella messa in scena di spettacoli e relative repliche;
     f) l'istituzione di un Fondo finalizzato alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale, anche in favore delle dimore storiche;
     g) l'introduzione di incentivi fiscali introdotti dall'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio), in materia di efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici, anche agli immobili soggetti a vincolo storico architettonico ai sensi del D.Lgs 42/04 appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 nonché alle unità immobiliari non aperte al pubblico appartenenti alla categoria catastale A/9;
   con riferimento alla Missione 2,
    1) a definire puntualmente un'ambiziosa strategia nazionale per le aree urbane, incentrata sui princìpi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, di rigenerazione urbana, di progetti di trasformazione ad alta sostenibilità ambientale ed energetica e superamento dei divari tra centro e periferie;
    2) a sistematizzare in un testo unico e rendere strutturali tutti gli incentivi fiscali previsti a legislazione vigente e orientati all'efficientamento energetico, dal superbonus 110 per cento al bonus verde, sino alla possibilità della cessione del credito per gli interventi di ristrutturazione edilizia;
    3) in merito al superbonus 110 per cento, a snellire le procedure autorizzative, in modo tale da fornire alle imprese e ai cittadini un quadro economico giuridico lineare e trasparente;
    4) a potenziare i programmi di riconversione industriale, non solo nell'ambito del siderurgico, ma anche nei settori del petrolchimico, dei minerali non metallici o della meccanica, settori che svolgono un ruolo fondamentale nel processo di decarbonizzazione del Paese;
    5) a dedicare risorse specifiche a programmi che abbiano per obiettivo il miglioramento della qualità dell'aria, considerate le numerose procedure di infrazione aperte contro l'Italia;
    6) in merito al ciclo dei rifiuti e al Piano d'azione sull'economia circolare, a superare le carenze infrastrutturali che investono ampie aree del Paese, e a incentivare la durabilità, la riutilizzabilità, la riparabilità dei prodotti, nonché incentivare il contenuto riciclato nei prodotti;
    7) ad agevolare progetti che integrano pratiche dell'economia circolare con le migliori tecniche disponibili, che incentivano la riduzione dell'uso di determinate sostanze pericolose nei processi industriali al fine di ridurre, in ottica preventiva, la pericolosità dei rifiuti;
    8) a valutare la concessione di agevolazioni fiscali e contributi, anche sotto forma di credito d'imposta, per i soggetti che acquistano, per poter utilizzare direttamente nei propri cicli di produzione o consumo, semilavorati o prodotti finiti derivanti da processi di riciclo o prodotti costruiti per il riutilizzo; in particolare, prevedere ulteriore rimodulazioni al ribasso degli eco contributi, per quei prodotti che riescono a garantire particolari performance di sostenibilità in termini di riciclabilità, riutilizzabilità e durevolezza;
    9) a sviluppare una forte strategia nazionale che preveda incentivi al riuso delle materie prime seconde derivanti dal trattamento degli pneumatici fuori uso, prevedendo la capillarizzazione di impianti di devulcanizzazione, a basso impatto ambientale, secondo i più elevati standard tecnologici attualmente disponibili;
    10) al fine di garantire la massima tutela dei nostri mari, a prevedere risorse anche per garantire la tutela degli habitat e della biodiversità marine, nonché il benessere delle comunità costiere, per il sostegno dello sviluppo di biotecnologie blu e lo sviluppo delle energie rinnovabili dal mare, ponendo grande attenzione ad una loro pianificazione nazionale selettiva e organica, adottando una semplificazione normativa e procedurale per la raccolta dei rifiuti in mare e garantire il loro conferimento negli impianti di raccolta da realizzare nelle aree portuali;
    11) a semplificare le procedure amministrative ed incentivare la realizzazione di impianti eolici offshore e solari a terra in aree dismesse o da bonificare, in modo tale da creare migliaia di MW di nuovi impianti, da diffondere capillarmente sul territorio nazionale, da integrare con sistemi di accumulo e impianti per la produzione di idrogeno rinnovabile;
    12) a incentivare, attraverso risorse specifiche, la produzione di energia attraverso la geotermia a bassa entalpia, che permette di realizzare impianti di climatizzazione di ambienti residenziali ed industriali con pompe di calore geotermiche, attraverso meccanismi ecocompatibili;
    13) a sostenere, nella fase di cambiamento sostanziale del paradigma energetico italiano, la produzione di energia da mini impianti idroelettrici, di dimensioni inferiori a 1 MW, che possono essere utilizzati per piccole strutture ed hanno il vantaggio di avere un impatto ambientale e paesaggistico ridotto;
    14) a completare rapidamente la Carta geologica e geotematica d'Italia (CARG), in quanto supporto fondamentale per la pianificazione territoriale e per l'azione di contrasto al dissesto idrogeologico;
    15) in tema di tutela degli habitat e delle biodiversità, a pianificare, almeno all'interno delle aree protette, piani d'azione e monitoraggio per le specie animali e vegetali a rischio estinzione; favorire la gestione forestale sostenibile, migliorare la capacità di assorbimento della CO2 delle superfici e dei suoli forestali; aumentare la resilienza delle foreste e degli habitat marini ai cambiamenti climatici;
    16) a incentivare l'innovazione tecnologica degli impianti di selezione e valorizzazione dell'alluminio da raccolta differenziata per il miglioramento quantitativo e qualitativo delle attività di riciclo;
    17) a prevedere appositi interventi che valorizzino, oltre all'idrogeno verde prodotto a partire dalle fonti rinnovabili, le potenzialità sia dell'idrogeno blu che del biometano, il quale, in presenza di una impiantistica adeguata, può essere prodotto a partire dagli scarti di numerosi processi produttivi;
    18) a favorire la trasformazione delle stazioni di servizio in poli multiservizi, in grado di promuovere la diffusione di soluzioni per la mobilità a basso impatto ambientale e di garantire una rapida diffusione delle infrastrutture di ricarica, attraverso un'effettiva liberalizzazione del mercato delle ricariche;
    19) ad attuare un ripensamento della fiscalità energetica, mediante un processo di defiscalizzazione dei carburanti a basso impatto ambientale;
    20) a inserire tra le linee di intervento previste la necessità di una transizione ecologica del settore della Moda, ad oggi il secondo settore più inquinante al mondo dopo quello petrolifero, al fine di consentire all'artigianato « made in Italy», ineguagliabile e riconosciuto a livello mondiale, di confrontarsi con una realtà in rapida trasformazione, mantenendo un alto grado di competitività rispetto alle produzioni estere;
   con riferimento alla componente 1, Agricoltura sostenibile ed economia circolare (M2C1),
    1) a inserire un progetto in materia di «Piano nazionale di vuoto a rendere», per il recupero e la valorizzazione dei rifiuti;
    2) nell'ambito della prima linea d'azione «Agricoltura sostenibile»:
     a) a prevedere una riforma della ricomposizione fondiaria finalizzata al miglioramento delle superfici agricole ed alla ricomposizione delle particelle catastali, con particolare riguardo per le aree montane e rurali;
     b) ad adottare interventi per la promozione e la delle produzioni tipiche del territorio nelle mense scolastiche per promuovere un'alimentazione a chilometro zero;
     c) a istituire certificazioni di alto valore ambientale delle produzioni agroalimentari, che certifichino il basso impatto in termini di consumi ed inquinamento da parte dei produttori. In seconda battuta è altresì necessario accompagnare l'introduzione di queste certificazioni, con l'introduzione di una combinazione tra credito d'imposta al 40 per cento e contributi a fondo perduto per sostenere i costi affrontati dalle aziende agroalimentari nel processo di transizione verso questo tipo di produzione.
     d) a promuovere iniziative di investimento nella forma di contributi a fondo perduto e credito d'imposta per sostenere la nascita di produzioni biologiche nel rispetto della sostenibilità economica delle imprese;
   con riferimento alla componente 2, Energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile (M2C3),
    1) a destinare maggiori risorse per la realizzazione di comunità energetiche nelle aree montane e rurali, con attenzione alla costruzione o riconversione di impianti energetici esistenti in impianti idroelettrici a «pompaggio»;
   con riferimento alla componente 3, Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici (M2C3),
    a) a inserire tra le linee d'intervento la decarbonizzazione degli impianti di riscaldamento;
    b) a promuovere la valorizzazione del territorio attraverso una puntuale riqualificazione non solo urbana, ma anche delle aree periferiche o soggette a degrado, prevedendo adeguati finanziamenti per la realizzazione di una rete di videosorveglianza urbana, a tutela della sicurezza dei cittadini;
   con riferimento alla componente 4, Tutela del Territorio e della risorsa idrica (M2C4),
    1) ad approvare e attuare un Piano organico di iniziative a contrasto del dissesto idrogeologico;
    2) ad agire in termini di prevenzione sismica e di tutela delle coste e degli arenili;
    3) ad adottare iniziative per la riduzione delle perdite degli acquedotti, dando priorità alla rete di distribuzione cittadina, per contenere gli sprechi e diminuire i volumi d'acqua prelevati all'origine;
    4) a completare la rete fognaria, realizzando interventi volti alla separazione delle acque reflue civili da quelle industriali e di prima pioggia; al contempo, riqualificare gli impianti di depurazione esistenti, spesso inefficienti e sottodimensionati, e costruire gli impianti nuovi per porre fine alla cronica emergenza depurativa nel nostro Paese;
    5) a promuovere una vasta attività di rimboschimento nazionale per ridurre l'impatto della CO2 e delle emissioni, anche attraverso il rinnovamento del patrimonio forestale;
    6) a promuovere la creazione di un modello di gestione integrata delle aree agro-forestali incentrato sul ruolo dei Comuni montani;
   con riferimento alla Missione 3,
    1) ad assumere iniziative per il potenziamento e l'ammodernamento delle strutture portuali, ma anche la realizzazione di nuovi porti turistici, qualora già progettati;
    2) a realizzare la manutenzione, ma anche l'ammodernamento stradale e la costruzione di nuove reti viarie, qualora già progettate;
    3) promuovere l'efficientamento del sistema portuale ed aeroportuale, anche in termini di collegamento delle isole con la terraferma, e di una rete ferroviaria AV/AC (alta velocità-alta capacità) moderna;
    4) ad attuare interventi di edilizia scolastica finalizzata a interventi di ammodernamento e messa in sicurezza delle scuole del Mezzogiorno;
    5) a investire in infrastrutture tecnologiche in termini di banda larga affinché il Mezzogiorno torni ad essere competitivo e attrattivo per le aziende;
    6) a prevedere un intervento specifico per la sostenibilità ambientale del trasporto pubblico su gomma e del trasporto pubblico non di linea (taxi, NCC);
   alla Missione 4, con riferimento alla componente 1, Potenziamento delle competenze e diritto allo studio (M4C1),
    1) ad assumere iniziative per potenziare le competenze di base nella scuola secondaria di I e II grado, con interventi capaci di ridurre il tasso di abbandono scolastico e favorire l'inclusione delle fasce più emarginate, si preveda l'introduzione della figura dello psicologo scolastico, anche ai fini del contrasto all'esclusione sociale dell'infanzia e dell'adolescenza, alla valorizzazione del potenziale di bambini/e e ragazzi/e e favorire politiche di inclusività, collaborando a interventi finalizzati al recupero della povertà educativa e al contrasto alla dispersione scolastica;
    2) a valorizzare la funzione svolta dalla medicina scolastica, per tornare a garantire capillarmente la gestione dell'igiene pubblica e le attività di prevenzione e la salute degli alunni;
    3) a integrare il Piano asili nido specificando l'obiettivo di raggiungere il 60 per cento di posti nido entro il 2030;
    4) a includere nelle politiche a favore del diritto allo studio del sostegno all'acquisto di libri e contenuti digitali per l'apprendimento nei percorsi scolastici e universitari;
     e) ad attuare misure volte alla riduzione del numero di alunni per classe, ridimensionamento dei parametri numerici delle istituzioni scolastiche
     f) a promuovere il reclutamento attraverso la stabilizzazione di tutti i docenti, prioritariamente quelli con 36 mesi di servizio e successivamente gli altri, prevedendo procedure periodiche snelle;
     g) a potenziare il sistema di formazione in servizio;
     h) a potenziare l'insegnamento STEM inserendo oltre alle discipline tecnico-scientifiche anche lo studio della lingua italiana ed altre materie a indirizzo umanistico;
     i) a rivedere tasse universitarie e facilitazioni per gli studenti meritevoli per evitare abbandoni e il calo delle immatricolazioni;
     j) a reintrodurre la figura del ricercatore a tempo indeterminato per rendere più attrattivo l'ingresso dei giovani nel mondo accademico;
   con riferimento alla componente 2, Dalla ricerca all'impresa (M4C2),
    1) a prevedere investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo delle macchine agricole, coinvolgendo università, istituti scolastici ed enti di ricerca comunque denominati ed imprese e privilegiando i progetti a maggior valore ambientale;
   alla Missione 5, con riferimento alla componente 1, Politiche per il lavoro (M5C1),
    1) a reintrodurre lo strumento del voucher in agricoltura;
    2) a individuare i settori produttivi di interesse nazionale, soprattutto quelli legati alla produzione di materiali per affrontare la crisi pandemica, da sostenere mediante apposite politiche di rilocalizzazione, al fine di aumentare l'occupazione nazionale e mediante il reimpiego dei percettori di sussidi alla disoccupazione e favorire l'autosufficienza produttiva in specifici settori;
    3) a promuovere l'uguaglianza di genere con riferimento alla presenza numerica di lavoratrici donne, retribuzione e progressione di carriera;
    4) a sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, favorendo la conciliazione tra le esigenze produttive aziendali e la responsabilità sociale svolta dalla donna nella gestione della famiglia;
    5) a garantire in modo strutturale l'accesso al lavoro agile per le prestazioni che per la loro natura possono essere svolte mediante tale forma di organizzazione del lavoro, in particolare in presenza di figli minori nel nucleo familiare;
   con riferimento alla componente 2, Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore (M5C2),
    1) a implementare l'assegno unico e universale per i figli a carico, al fine di sostenere la genitorialità e la natalità, favorire la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata, con particolare attenzione alle fasce sociali più a rischio di esclusione in ragione della presenza di situazioni di fragilità;
    2) a supportare con specifici impegni finanziari iniziative dirette a contrastare la crisi demografica ormai presente, con l'obiettivo di portare il tasso di fecondità nazionale (1,29 figli per donna) al livello della media dell'Unione europea (1,56), attraverso un piano organico di sostegno alla natalità e alle famiglie, in particolare alle famiglie numerose, introducendo nel sistema fiscale il concetto di «quoziente familiare», elevando parallelamente le tutele per entrambi i genitori lavoratori;
    3) con specifico riferimento al settore dello sport, a promuovere la digitalizzazione degli impianti sportivi, messa in sicurezza e cablaggio; la creazione di meccanismi di agevolazione del credito bancario per le società e le associazioni sportive; la rigenerazione degli impianti sportivi esistenti; la creazione di startup sportive, con impatto sociale; forme di incentivo dello sport nelle scuole, anche innovando le palestre scolastiche;
    4) a prevedere, nell'ambito delle riforme da realizzare in relazione al progetto «Servizi socio assistenziali, disabilità e marginalità», i seguenti interventi di riforma: riforma e semplificazione del sistema di valutazione della condizione di disabilità, incentrandola sulla persona e sull'interazione con fattori ambientali, e sociali; il recepimento della Direttiva UE 2019/88 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 (Accessibility Act) sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi; la realizzazione del codice unico per le disabilità; la definizione dei livelli sociali essenziali delle persone non autosufficienti, anche dal punto di vita intellettivo relazionale, che rappresenta lo strumento necessario per garantirne la presa in carico;
    5) a introdurre un progetto volto ad attuare la linea di intervento sulla disabilità in tema di accessibilità, in particolare con riferimento agli spazi costruiti (edifici, viabilità, trasporti e altre strutture interne ed esterne), secondo i principi della progettazione universale e la rapida adozione da parte di tutti i Comuni italiani, secondo criteri omogenei su tutto il territorio nazionale, dei Piani di eliminazione delle barriere architettoniche di cui all'articolo 32, comma 21, della legge n. 41 del 1986;
    6) a favorire esperienze di piena cittadinanza delle persone con disabilità, attraverso interventi di digitalizzazione volti a favorire la piena partecipazione democratica, nonché assicurando il benessere fisico e psicologico attraverso il rafforzamento delle esperienze di sport inclusivo, anche attraverso l'abbattimento delle barriere architettoniche e culturali e l'accessibilità degli impianti sportivi pubblici;
    7) a prevedere un maggior investimento sul potenziale delle persone con disabilità come membri attivi della società a vantaggio dello sviluppo sostenibile del paese non solo con forme e modalità di sostegno personalizzato ma anche attraverso una concreta e reale applicazione della legge n. 68 del 1999 al fine di consentire un accesso più equo al mondo del lavoro delle persone con disabilità, e in particolare delle donne, indipendentemente dalla tipologia di disabilità; tale obiettivo dovrebbe concretizzarsi, in primis, in una linea di finanziamento dedicata allo sviluppo di percorsi personalizzati di accompagnamento al lavoro di persone disabili;
    8) con riferimento alla parte relativa ai programmi di housing temporaneo, a precisare che alla realizzazione dei programmi partecipano gli enti del Terzo settore, istituzioni e articolazioni della pubblica amministrazione, anche attraverso la rete di protezione sociale;
    9) in relazione al progetto «Rigenerazione urbana e housing sociale», ad assicurare interventi di supporto delle persone vulnerabili e delle famiglie in difficoltà, attraverso l'azione di équipe multidisciplinari, comprensive di una adeguata assistenza psicologica;
    10) a implementare la rete dei Consultori familiari per rafforzare l'assistenza, anche psicologica, così come prevista nei LEA, la tutela e diritti della donna, anche con disabilità, la tutela della salute riproduttiva e sessuale, il sostegno della procreazione libera e consapevole nonché l'educazione alla genitorialità responsabile, avendo riguardo anche alle esigenze specifiche delle donne con disabilità;
    11) a investire in progetti di cohousing per giovani con occupazioni non stabili, per incentivare l'autonomia economica e abitativa dalla famiglia di origine e per sostenere le coppie con uno o più figli o monogenitoriali a rischio di disagio abitativo;
    12) a rafforzare la «Casa come primo luogo di cura. Assistenza domiciliare (ADI)», attraverso le prestazioni professionali del personale sanitario e socio-sanitario nei confronti dei pazienti, oltre che mediante il potenziamento dei supporti tecnologici e digitali, come richiesto dai LEA; occorre integrare gli interventi di natura sanitaria e assistenziale, riconoscendo l'esigenza delle reti informali di supporto e prevedendo sia la presenza di operatori che siano un punto di riferimento certo nel tempo per i soggetti coinvolti sia azioni di affiancamento e sostegno dedicate a caregiver familiari e badanti;
    13) a promuovere, all'interno dei Centri per l'impiego, la costituzione di una rete di contatti, con le imprese, le società, i consorzi, le cooperative, gli studi associati, gli studi professionali, le fondazioni e le associazioni – e svolgere, in particolare, attività di ricerca e di selezione di personale provvedendo a trasmettere periodicamente ai soggetti costituenti la rete i profili professionali del personale selezionato ritenuto idoneo allo svolgimento delle attività richieste;
   con riferimento alla componente 3, Interventi speciali di coesione territoriale (M5C3),
    1) con riferimento ai 4 miliardi di euro destinati alla fiscalità di vantaggio per il lavoro al Sud, a dare immediato avvio alle zone economiche speciali, ad oggi attivate solo per Campania e Calabria;
    2) a valutare la possibilità di inserire investimenti volti al potenziamento dei collegamenti interni soprattutto nelle aree rurali e in quelle delle zone terremotate e investimenti e di rivedere il sistema di calcolo degli Indici sui servizi;
    3) a prevedere l'istituzione di zone franche montane a regime burocratico e fiscale agevolato per favorire il ripopolamento delle Alte Terre e la presenza di attività produttive nei territori montani;
    4) a prevedere l'istituzione di una agenda rurale mediante potenziamento della Strategia nazionale per le aree interne, includendo incentivi alla nascita di luoghi di socialità ed aggregazione nei Comuni situati nelle Alte terre ed appositi contratti di investimento per la nascita di attività sostenibili ed avanzate nelle aree interne;
    5) ad adottare misure volte a ridurre le disparità tra aree montane e rurali ed aree centrali ed investimenti tra le stesse, in particolar modo per il ruolo ricoperto da tali aree nel mantenimento dell'equilibrio dell'ecosistema e nella tutela del patrimonio paesaggistico nazionale;
   alla Missione 6, con riferimento alla componente 1, Assistenza di prossimità e telemedicma (M6C1),
    1) per quanto concerne il progetto «Casa della Comunità e presa in carico delle persone», ad assicurare uniformità sull'intero territorio nazionale attraverso l'adozione di precisi standard minimi;
    2) a ripensare il percorso formativo dei medici di medicina generale e il loro ruolo, insieme ai pediatri di libera scelta all'interno della medicina territoriale favorendo la medicina di iniziativa e l'offerta di servizi diagnostici in sede o a domicilio, lavorando in team multidisciplinari, come le UCCP (unità complesse di cure primarie), anche con strumenti di teleassistenza, così come le AFT (aggregazioni funzionali territoriali); ripensare, altresì, il percorso formativo degli infermieri e il loro ruolo, favorendo l'infermieristica di famiglia e comunità, nonché l'apporto di competenze specialistiche nei team multidisciplinari, case della salute, ospedali di comunità e assistenza domiciliare;
    3) a dare piena applicazione alla legge n. 38 del 2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore, potenziando a tal fine le cure palliative domiciliari;
    4) ad effettuare una revisione del sistema di riorganizzazione della rete territoriale nazionale di cui al decreto ministeriale n. 70 del 2015, anche prevedendo l'offerta di prestazioni e posti letto per la riabilitazione, con particolare attenzione al monitoraggio e agli esiti da Covid-19;
    5) a incentivare la telemedicina soprattutto nelle aree rurali;
    6) ad aggiornare il cosiddetto «decreto tariffe» e il Nomenclatore tariffario delle prestazioni sanitarie protesiche;
    7) a introdurre, in maniera trasversale, per assicurare l'integrazione sociosanitaria lo strumento del budget di salute, inteso non come redistribuzione delle risorse esistenti, ma come individuazione e destinazione di fondi idonei a rispondere al progetto redatto;
    8) a potenziare i servizi di salute mentale per adulti, di neuropsichiatria infantile e i servizi per le dipendenze patologiche;
    9) a riformare il servizio di emergenza territoriale 118, in modo da superare la disomogeneità territoriale concernente le qualifiche professionali e la dotazione organica del personale;
    10) con riferimento alla linea progettuale «Salute ambiente e clima. Sanità pubblica ecologica», a colmare la lacuna costituita dall'assenza di un riferimento esplicito alla sanità pubblica veterinaria;
    11) rafforzare la rete di sorveglianza per un sistema sanitario nazionale ed europeo più resiliente soprattutto, rispetto alle malattie infettive, con il potenziamento dei dipartimenti di prevenzione, e alla problematica legata all'antimicrobico resistenza, dando spazio ai reparti di microbiologia, ospedalieri e non, al fine di introdurre programmi di screening attivo con tecnologie diagnostiche rapide; rafforzare il sistema di prevenzione, anche mediante la realizzazione di campagne di sensibilizzazione in materia di sane abitudini, con un focus specifico sulla prevenzione secondaria e terziaria;
   con riferimento alla componente 2, Innovazione, ricerca e digitalizzazione dell'assistenza sanitaria (M6C2), di rafforzare gli investimenti nella ricerca di base, attraverso la previsione di bandi specifici per la ricerca in terapie innovative e nel «trasferimento tecnologico»;
    1) a promuovere la creazione di un hub nazionale di eccellenza sulla Digital Health;
    2) a investire nel capitale umano attraverso lo sviluppo e il riconoscimento delle competenze dei professionisti sanitari, secondo un'impostazione funzionale, coinvolgendo proattivamente tutti i soggetti concretamente coinvolti nelle attività socio-sanitarie;
    3) a potenziare la ricerca sanitaria;
    4) a promuovere la creazione di un'Agenzia nazionale per la ricerca e l'innovazione nelle scienze della vita e lo One Stop Shop, quale sportello unico a cui fare riferimento per ogni tipo di investimento nel settore;
    5) a stanziare risorse per l'incremento dei contratti di formazione specialistica dei medici;
    6) a implementare l'offerta di corsi di formazione del personale sanitario non medico;
    7) con riferimento alla riforma degli IRCCS, a prevederne una più equilibrata distribuzione geografica nel Paese, e a favorire l'istituzione di un numero maggiore di IRCCS con personalità giuridica di diritto pubblico;
    8) a ripristinare e potenziare tutti gli Istituti di ricerca in materia di malattie infettive.
(6-00182) «Lollobrigida, Meloni, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».


INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative di competenza al fine di promuovere il riconoscimento ufficiale della lingua dei segni italiana (Lis) e della lingua dei segni italiana tattile (Lis tattile) – 3-02148

   PANIZZUT, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PAOLIN, PAOLIN, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:
   com’è purtroppo noto, sono ancora molto numerose le barriere nella comunicazione e nell'accesso all'informazione che si frappongono alla piena integrazione nel tessuto sociale delle persone affette da sordità, sordocecità e da altre disabilità uditive, sia di carattere congenito che acquisito;
   tra gli interventi attesi da anni dalle persone affette da queste forme di disabilità – divenuti oggi ancor più urgenti, anche in considerazione della pandemia da COVID-19 – vi è, in primis, il riconoscimento della lingua dei segni italiana (Lis) e della lingua dei segni italiana tattile (Lis tattile);
   la lingua dei segni italiana e la lingua dei segni italiana tattile sono le principali forme di comunicazione delle persone affette, rispettivamente, da sordità e da sordocecità, in quanto per le loro modalità visivo-gestuale e tattile possono essere apprese in modo spontaneo, anche nei primi anni di vita, attraverso le stesse tappe di acquisizione del linguaggio parlato;
   le lingue dei segni sono richiamate espressamente dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York, sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007 e resa esecutiva dalla legge 3 marzo 2009, n. 18;
   ancor prima, il Consiglio d'Europa aveva adottato una raccomandazione in materia – la raccomandazione n. 1598 del 2003 – la quale aveva riconosciuto la lingua dei segni come mezzo di comunicazione naturale e completo, idoneo a promuovere l'integrazione delle persone con limitazioni uditive nella società e a facilitare il loro accesso all'educazione, all'impiego e alla giustizia;
   a fronte di quanto precede, in tutti i Paesi europei e in molti Paesi del mondo la lingua dei segni ha già ottenuto un riconoscimento ufficiale e concreto a livello costituzionale ovvero in base a una specifica legislazione;
   proprio questo riconoscimento, invece, manca ancora oggi nel nostro Paese, nonostante le numerose proposte di legge presentate in materia, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica, anche dal Gruppo Lega-Salvini Premier –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di promuovere il riconoscimento della lingua dei segni italiana (Lis) e della lingua dei segni italiana tattile (Lis tattile).
(3-02148)


Elementi in ordine all'incremento delle immatricolazioni nell'anno accademico 2020/2021 e alla relativa distribuzione sul territorio nazionale – 3-02149

   PICCOLI NARDELLI, DI GIORGI, LATTANZIO, NITTI, ORFINI, PRESTIPINO, ROSSI, GRIBAUDO, ENRICO BORGHI e FIANO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i dati anticipati dal Ministero dell'università e della ricerca nel mese di ottobre 2020, all'inizio dell'anno accademico 2020/2021, evidenziano come l'emergenza COVID abbia generato nelle università un incremento delle immatricolazioni e una redistribuzione su tutto il territorio;
   sebbene il trend negli ultimi 15 anni abbia fatto registrare – complessivamente – una perdita di 37 mila nuovi iscritti, per l'anno accademico 2020/2021 gli atenei italiani sembrerebbero aver registrato un aumento del 7 per cento delle nuove iscrizioni rispetto all'anno precedente. Su un totale di 475.283 nuove matricole, sono ben 322.729 i giovani che hanno deciso di iscriversi a un ciclo di studi triennale, contro i circa 307 mila nuovi iscritti durante l'anno accademico precedente;
   scorrendo la classifica degli atenei con i maggiori incrementi percentuali d'immatricolazione, è possibile ipotizzare che molti studenti abbiano scelto di iscriversi negli atenei più vicini alla propria città di residenza. Un'ipotesi che potrebbe trovare sostegno nella messa in atto della didattica mista e la conseguente scelta di non spostarsi troppo dalla propria città. A ciò certamente si aggiunge la possibile crisi economica e la necessità, dunque, di voler risparmiare su affitti e spostamenti pur di non abbandonare gli studi;
   a livello regionale sembrerebbero aumentate le immatricolazioni nelle università con sede in Umbria, Sicilia e Veneto, che registrano rispettivamente il +32,9 per cento, +15 per cento e +11,8 per cento delle iscrizioni rispetto all'anno precedente;
   i dati registrano anche un lieve aumento delle immatricolazioni nei grandi atenei e nelle università private nelle grandi città: +6,4 per cento per la Luiss, +3,1 per cento per la Bocconi e +2,5 per cento per la Cattolica;
   tra gli interventi messi in atto per fronteggiare l'emergenza sanitaria a sostegno degli studenti si ricorda l'allargamento della no tax area e l'incremento di 165 milioni di euro per la riduzione delle tasse e di 70 milioni di euro per le borse di studio –:
   se risulti confermata l'analisi inizialmente anticipata di un incremento del 7 per cento delle immatricolazioni nell'anno accademico 2020/2021 e come risultino distribuite su tutto il territorio.
(3-02149)


Iniziative di competenza volte a garantire parità di trattamento tra i dottorandi di ricerca in ordine alle proroghe disposte in relazione alla situazione pandemica – 3-02150

   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i danni economici e sociali della pandemia hanno avuto effetti drammatici sui percorsi di ricerca dei dottorandi di tutti i cicli attivi. Sono stati interdetti: ricerca sul campo, missioni all'estero, consultazione di fonti d'archivio, spoglio delle pubblicazioni non recenti e non digitalizzate nelle biblioteche, nonché la partecipazione a convegni, seminari e workshop formativi, che fanno parte del percorso dottorale. Inizialmente era stato interdetto l'accesso ai laboratori scientifici: il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 aveva previsto una deroga che ne consentiva la fruizione per lo stesso mese;
   il decreto-legge del 19 maggio 2020, n. 34, ha stabilito una proroga retribuita di 2 mesi concessa ai dottorandi del terzo anno (XXXIII ciclo). Questa misura è stata discriminatoria nei confronti di coloro che sono nel pieno (XXXIV e XXXV ciclo) o avevano appena iniziato il percorso di ricerca (XXXVI ciclo);
   la proroga si è rivelata uno strumento insufficiente a garantire il normale sviluppo dei progetti di ricerca: nei mesi fra maggio e novembre 2020, l'accesso al campo, archivi, laboratori, biblioteche – strumenti essenziali al lavoro di ricerca – è rimasto limitato e interdetto;
   nel decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, approvato a dicembre 2020, l'articolo 21-bis introduce una nuova proroga del termine finale del corso, non superiore a tre mesi, per i dottorandi del XXXIII ciclo se hanno già fatto richiesta dei due mesi aggiuntivi in precedenza, per un totale di 5 mesi di proroga. Potranno fruire della proroga anche i dottorandi non percettori di borsa, nonché i pubblici dipendenti in congedo;
   ad oggi non è chiaro se la misura si può applicare anche a chi non ha chiesto i due mesi, ma un solo mese di proroga, o non l'abbia chiesta affatto prima, a coloro che hanno concluso il XXXIII ciclo (ad esempio il 30 novembre), ma non abbiano ancora consegnato la tesi e a coloro che abbiano già fatto domanda dell'indennità di disoccupazione mensile DIS-COLL, pur non avendo ottenuto ancora risposta;
   a parere degli interroganti, tenuto conto del confronto parlamentare e con il Governo, è necessario valutare, in base all'andamento della pandemia, la possibilità di estendere la proroga anche ai cicli XXXIV, XXXV e XXXVI del dottorato. La loro esclusione sarebbe un'ennesima penalizzazione soprattutto se non si pensa di prevedere ristori economici ai dottorandi non borsisti, obbligo di proroga del congedo per i dottorandi pubblici dipendenti, proroghe dei contratti precari (assegnisti, docenti a contratto, collaboratori a contratto e coordinati, borsisti) –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per affrontare quanto esposto in premessa. (3-02150)


Iniziative di competenza in merito agli obiettivi di digitalizzazione del Paese, con particolare riferimento ai processi di infrastrutturazione e ad ulteriori interventi di semplificazione normativa – 3-02151

   NOBILI, MOR, FREGOLENT, UNGARO, MARCO DI MAIO, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:
   l'utilizzo delle risorse del programma Next generation EU, riguardo alle quali l'Italia presenterà all'Unione europea il proprio Piano di ripresa e resilienza, la cui prima versione è all'esame del Parlamento, rappresenta senza dubbio una chiave di volta per realizzare una trasformazione digitale del nostro sistema Paese in diversi ambiti: dalla realizzazione delle infrastrutture materiali di connessione alle competenze digitali, dalla trasformazione della pubblica amministrazione allo sviluppo del sistema produttivo;
   come ha segnalato il Ministro interrogato, la transizione digitale registra al momento nel nostro Paese un forte ritardo: il 60 per cento delle famiglie non usufruisce dei servizi internet su rete fissa e non ha accesso ad una connessione da almeno 30 Mbit/s e solo il 42 per cento degli italiani tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali contro il 58 per cento in Europa;
   il presupposto di questa trasformazione è senza dubbio rappresentato dalla veloce realizzazione delle infrastrutture digitali;
   come evidenziato dal Ministro interrogato nel corso dell'audizione del 18 marzo 2021, presso le Commissioni riunite trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati e bilancio, lavori pubblici e politiche dell'Unione europea del Senato della Repubblica, gli obiettivi di connettività, che l'Europa ha fissato per il 2030, ossia la connettività di almeno 1 gbps per tutte le famiglie europee e la copertura 5G in tutte le aree popolate, possono e devono essere raggiunti dall'Italia fin dal 2026;
   le iniziative indicate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza dovranno quindi essere implementate attraverso azioni sinergiche che certamente implicheranno la scelta della modalità attraverso la quale accelerare i processi di infrastrutturazione, con particolare riferimento alle aree grigie, e il modello di intervento più idoneo allo scopo, il sistema di governance e la definizione di un cronoprogramma che indichi gli step intermedi da conseguire per raggiungere gli obiettivi indicati;
   un aspetto che appare tuttora cruciale è quello relativo al superamento delle problematiche connesse alla regolamentazione, per la quale appare necessaria un'ulteriore opera di semplificazione;
   proprio con riferimento a questo aspetto interessanti spunti possono essere tratti anche dalla segnalazione, inviata il 23 marzo 2021, dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, contenente le proposte della stessa Autorità per la legge annuale sulla concorrenza –:
   quali siano le iniziative di competenza che il Ministro interrogato abbia assunto o intenda assumere in questo contesto per garantire il conseguimento degli obiettivi di digitalizzazione del nostro Paese, in particolare con riferimento all'accelerazione dei processi di infrastrutturazione e all'individuazione degli ulteriori interventi di semplificazione normativa all'uopo necessari. (3-02151)


Iniziative di competenza volte a favorire la creazione di una rete pubblica di telecomunicazioni, nonché in materia di raccolta, conservazione e scambio dei dati della pubblica amministrazione – 3-02152

   GIARRIZZO, SCAGLIUSI, LIUZZI, BARBUTO, LUCIANO CANTONE, CARINELLI, DE LORENZIS, FICARA, GRIPPA, MARINO, RAFFA, SERRITELLA e TRAVERSI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:
   la società digitale è ormai realtà e nei prossimi anni il processo è destinato ad intensificarsi ulteriormente, considerati anche i cambiamenti radicali che si stanno verificando a seguito della pandemia da COVID-19 e l'introduzione di forme di lavoro e studio in remoto;
   l'Italia da anni ha intrapreso un percorso di sviluppo infrastrutturale che doti tutto il territorio italiano delle tecnologie adatte a supportare i cambiamenti citati, con particolare riferimento al cablaggio con la banda ultra larga, al 5G e alle altre tecnologie prodromiche a permettere un download e un upload molto veloci;
   uno degli aspetti più complessi della trasformazione digitale riguarda la pubblica amministrazione e, in particolare, la gestione della vasta mole di dati che le pubbliche amministrazioni raccolgono e detengono;
   in questo contesto, i dati che vengono scambiati sulle reti assumono dunque un valore strategico per la sicurezza e l'integrità del Paese;
   tali dati possono essere definiti come un «patrimonio informativo pubblico», composto da diverse tipologie di informazioni che necessitano di essere collocate all'interno di una strategia complessiva mirata alla loro condivisione tra le amministrazioni pubbliche, siano esse centrali o periferiche;
   appare oggi sempre meno desiderabile lasciare infrastrutture e servizi sotto uno stesso operatore e lo scorporo della rete in un operatore wholesale only rappresenta un'opzione desiderabile;
   il Governo Conte si era impegnato in modo chiaro e puntuale affinché vi fosse rapidamente una rete unica, con maggioranza in capo a un soggetto pubblico e integrazione con privati;
   è noto che di recente vi sia stato un vertice informale tra il Ministro interrogato, il Ministro dello sviluppo economico Giorgetti e il Ministro dell'economia e delle finanze Franco volto a definire la strategia sul dossier in oggetto. Ciò che desta maggiore attenzione sono le dichiarazioni, non ancora smentite, sul fatto che non sia prioritario avere una rete unica a maggioranza pubblica –:
   cosa intenda fare il Ministro interrogato, per quanto di competenza, per favorire e velocizzare la creazione di una rete pubblica, nonché un sistema di raccolta, conservazione e scambio dei dati della pubblica amministrazione mediante lo sviluppo di infrastrutture e sistemi di cloud computing di unica proprietà dello Stato. (3-02152)


Intendimenti in ordine alla rete unica di telecomunicazioni, nell'ottica di salvaguardare la concorrenza nel settore, gli investimenti, l'innovazione e la tutela dei consumatori – 3-02153

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DE TOMA, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:
   il dibattito in corso in Italia riguardante la cosiddetta rete unica ha radici antiche che vanno oltre il decennio. Nello specifico il Parlamento si è già espresso nell'autunno 2018 a maggioranza a favore di una rete di telecomunicazioni unica, pubblica e wholesale only;
   nell'ultimo anno vi è stata un'accelerazione, forse in concomitanza con le prime notizie sull'arrivo di ingenti risorse di sostegno dall'Unione europea, anche a beneficio del rafforzamento dell'impianto infrastrutturale nazionale;
   alla riapertura irrituale di nuovi disegni contrastanti con quanto approvato precedentemente dal Parlamento, tale dibattito, grazie all'impegno del Gruppo di Fratelli d'Italia, è stato sottoposto nuovamente all'esame del Parlamento nel mese di luglio 2020, con l'approvazione di una apposita mozione che riapriva il confronto in seno al Parlamento;
   ciononostante, il precedente Governo, per iniziativa diretta dell'allora Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e dell'allora Ministro dell'economia e delle finanze Roberto Gualtieri, ha posto in essere una serie di azioni e decisioni, secondo gli interroganti, atte a «scardinare» quanto indicato dal Parlamento a favore di una rete unica, pubblica e wholesale only, con l'inevitabile obiettivo di indebolire la presenza pubblica in un settore considerato da tutti come critico e strategico;
   la nascita del nuovo Governo a parere degli interroganti non avrebbe ridimensionato le pressioni a favore di una rete unica in capo all'ex monopolista Tim, in contrasto con quanto deciso dal Parlamento;
   rappresentanti dell'attuale Governo sembrerebbero aver manifestato l'intendimento di procedere nell'arco di pochi giorni ad assumere decisioni importanti sul tema citato, delicato e controverso, peraltro già all'attenzione del Parlamento –:
   se il Ministro interrogato non ritenga che l'ipotesi paventata, anche in queste ore, di rete unica, con l'incontrovertibile «ri-monopolizzazione» delle reti di telecomunicazioni sotto il controllo dell’incumbent, quindi in seno ad un operatore verticalmente integrato, non possa avere un impatto fortemente negativo sulla concorrenza in seno al settore, sugli investimenti, sull'innovazione e sulla tutela dei consumatori. (3-02153)


Iniziative volte ad accelerare il processo di transizione digitale con riguardo ai rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione – 3-02154

   SQUERI, PALMIERI, PORCHIETTO e CAON. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:
   una recente ricerca condotta da Censis assieme al Centro studi Tim, nell'ambito dell’«Operazione risorgimento digitale», ha dimostrato che, per far fronte al lockdown forzato, 8 italiani su 10 hanno acquisito competenze digitali, il 75 per cento della popolazione utilizza internet con regolarità e quasi 9 italiani su 10 hanno potuto continuare la propria attività a distanza grazie alla connessione internet;
   gli italiani non si tirano indietro quando l'attore pubblico promette di rendere più semplice il rapporto, storicamente complicato, tra Stato e cittadino: quasi 100 milioni i pagamenti tramite pagoPA nel 2020, 170 milioni le fatture elettroniche verso la pubblica amministrazione, oltre 15 milioni le credenziali per l'identità digitale Spid (triplicate nel 2020) e 18 milioni le carte d'identità elettroniche rilasciate. E poi, più di 9 milioni i download dell'AppIO e 10 di Immuni;
   eppure l'indice Desi della Commissione europea, un complesso sistema di misurazione dei rapporti virtuali (telematici e on line) tra economia, società e pubblica amministrazione, assegna all'Italia il 25o posto su 28 Paesi;
   dal 28 febbraio 2021 è scattato l'obbligo delle amministrazioni pubbliche a utilizzare le identità digitali e la carta di identità elettronica ai fini dell'identificazione dei cittadini che accedano ai propri servizi in rete. A fine gennaio 2021 erano pronti al passaggio appena 5.737 enti pubblici su 23 mila. Si registra anche il flop della carta di identità elettronica: soltanto 42 enti l'hanno adottata come chiave di accesso;
   le risorse disponibili per questo fondamentale passaggio consistono in 43 milioni presso il Dipartimento per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, che divisi per 23 mila amministrazioni fa 1.870 euro a testa. Oppure divisi tra 7.903 comuni fa 5.440 euro per ciascuno;
   nelle raccomandazioni del 20 luglio 2020, il Consiglio dell'Unione europea ha invitato l'Italia a realizzare «un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura dei servizi essenziali», nel quadro di una pubblica amministrazione efficiente, digitalizzata, sburocratizzata e al servizio del cittadino;
   nella missione 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza alla voce «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA», sono assegnati 11,75 miliardi di euro a fronte di un'ampia eterogeneità di obiettivi (data center, cybersicurezza, giustizia digitale, reclutamento, interoperabilità delle banche dati della pubblica amministrazione e persino cashback) –:
   con esclusivo riferimento alla semplificazione dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, quali urgenti iniziative intenda adottare e quali effettive risorse intenda mettere in campo per accelerare il processo di transizione digitale. (3-02154)


Iniziative per destinare maggiori risorse al sistema di istruzione, al fine di risolvere la questione della chiusura dei plessi scolastici nei piccoli comuni – 3-02155

   RUFFINO, GAGLIARDI, NAPOLI, PEDRAZZINI e SILLI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
   numerosi piccoli comuni piemontesi stanno segnalando la problematica relativa alla chiusura di molti plessi scolastici in conseguenza dell'applicazione della disciplina regionale relativa alla definizione del dimensionamento minimo dei «punti di erogazione del servizio»;
   lo Stato ha competenza legislativa per la definizione delle norme generali sull'istruzione e per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
   lo Stato, inoltre, ha il potere di definire i principi fondamentali che le regioni devono rispettare nell'esercizio delle loro specifiche competenze;
   l'articolo 1, comma 1, legge 13 luglio 2015, n. 107, recante riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti, dichiara la finalità di garantire il diritto allo studio, con l'affermazione del ruolo centrale della scuola nella società della conoscenza ed il contrasto alle diseguaglianze socio-culturali e territoriali;
   tali obiettivi si avvertono con maggiore forza nell'attuale contesto storico;
   la realizzazione di tali obiettivi richiede, come è evidente, un'adeguata dotazione finanziaria, che consenta di prestare la dovuta attenzione alle realtà svantaggiate, evitando in particolare la chiusura di sedi scolastiche a servizio di piccole realtà;
   la scuola e la disponibilità di plessi scolastici facilmente raggiungibili rappresentano, infatti, un servizio fondamentale per le famiglie, che consente altresì di ovviare al rischio di spopolamento dei piccoli comuni;
   se è vero, come chiarito dalla Corte costituzionale, che il dimensionamento della rete delle istituzioni scolastiche costituisce un ambito che deve ritenersi di spettanza regionale, è altrettanto innegabile che su tale aspetto incida in modo rilevante la determinazione dei tetti di spesa definiti per il funzionamento del sistema di istruzione, che resta di competenza statale;
   in tal senso, appare opportuno che parte delle risorse destinate al nostro Paese nell'ambito del piano di ripresa Next generation EU vengano destinate al sistema di istruzione –:
   se il Governo non intenda, alla luce dell'attuale contesto storico e dei principi generali in materia di istruzione definiti con legge dello Stato, adottare iniziative per destinare al sistema di istruzione maggiori risorse, al fine di risolvere il problema di chiusura dei plessi scolastici nei piccoli comuni. (3-02155)


DISEGNO DI LEGGE: S. 1721 – DELEGA AL GOVERNO PER IL RECEPIMENTO DELLE DIRETTIVE EUROPEE E L'ATTUAZIONE DI ALTRI ATTI DELL'UNIONE EUROPEA – LEGGE DI DELEGAZIONE EUROPEA 2019-2020 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2757)

A.C. 2757 – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 contiene i criteri di delega per l'attuazione del nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, istituito dalla direttiva 2018/1972/UE, il cui termine per il recepimento è fissato al 31 dicembre 2020;
    il nuovo codice europeo innova regole ed obiettivi comuni riguardanti il settore delle telecomunicazioni nell'UE, definendo i compiti delle autorità nazionali di regolamentazione (ANR) e delle altre autorità competenti, insieme alle procedure volte a garantire l'applicazione armonizzata del quadro normativo nell'Unione europea;
    tra i princìpi e criteri direttivi specifici indicati dall'articolo 4 rileva il riordino delle disposizioni del vigente Codice delle comunicazioni elettroniche per l'adozione di un nuovo codice e l'armonizzazione della normativa di settore, anche mediante l'assegnazione di nuove competenze all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) quale Autorità nazionale indipendente di regolamentazione del settore, con aggiornamento dei relativi compiti per rafforzarne le prerogative di indipendenza ed alle altre autorità amministrative competenti, tra cui il Ministero dello sviluppo economico;
    in aderenza a quanto previsto dall'articolo 40 della suddetta direttiva, in tema di sicurezza delle reti e dei servizi, è richiesto agli Stati membri anche di prevenire e minimizzare gli incidenti di sicurezza per utenti, reti, servizi e aziende, affinché i fornitori di reti pubbliche di comunicazione elettronica o di servizi di comunicazione elettronica adottino misure adeguate e proporzionate, di natura tecnica e organizzativa, atte a gestire adeguatamente i rischi per la sicurezza di reti e servizi;
    tale previsione risponde all'esigenza di ridurre i rischi di incidente di sicurezza e di resistere a un determinato livello di riservatezza, ad azioni che compromettano la disponibilità, l'autenticità, l'integrità o la riservatezza di reti e servizi, dei dati conservati, trasmessi o trattati o dei relativi servizi offerti o di comunicazione elettronica, anche allo scopo di facilitare il coordinamento tra gli Stati membri mediante l'Agenzia dell'Unione europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (ENISA);
    le nuove disposizioni europee richiamano, dunque, l'esigenza di ricomprendere in sede di recepimento della presente direttiva e nell'ambito del riordino delle disposizioni del Codice delle comunicazioni, anche i profili concernenti la sicurezza delle reti in materia di cybersecurity;
    sulla base dei Considerando 96 e 97 e dell'articolo 40 della richiamata direttiva, viene lasciato uno spazio di discrezionalità ai singoli Stati circa la possibilità di rafforzare i profili di sicurezza mediante la previsione di un obbligo generalizzato per i fornitori di reti pubbliche o servizi di comunicazione elettronica di utilizzare strumenti e soluzioni di crittografia e tecniche atte a minimizzare e a prevenire i rischi di incidenti e a garantire un livello di sicurezza a tutela di utenti, reti, servizi e aziende. Tale scelta, che comporta un sistema semplice ma efficace di controllo, potrebbe far guadagnare all'Italia un vantaggio competitivo in questo campo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 4, concernente il recepimento della direttiva (UE) 2018/1972 per l'istituzione del nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, un rafforzamento delle norme di sicurezza delle reti e dei servizi, sulla base dei Considerando 96 e 97 e dell'articolo 40 della suddetta direttiva, anche mediante il ricorso, pur nel principio della gradualità, all'obbligatorietà dell'adozione di strumenti di crittografia e/o tecniche atte a diminuire e minimizzare i rischi di incidenti da parte dei soggetti facenti parte del Perimetro di Sicurezza Nazionale Cibernetica e delle pubbliche amministrazioni centrali e locali, con particolare riferimento a quelle che compongono il Servizio Sanitario Nazionale, maggiormente esposti a rischio cibernetico e di sicurezza delle comunicazioni.
9/2757/1Battilocchio, Rossello, Marrocco, Pettarin, Elvira Savino, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 detta i principi e criteri di delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 (cd. RED II) sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    tra i numerosi principi e i criteri di delega, rileva la previsione di cui alla lettera ee) che esclude, in ragione degli impatti causati in termini di deforestazione, olio di palma, olio di soia e acidi grassi dagli obblighi di miscelazione al combustibile diesel e dalla produzione elettrica rinnovabile e dal relativo conteggio delle fonti rinnovabili e dai sussidi di mercato, già a partire dal 1o gennaio 2023, con una tempistica non graduata rispetto a quanto indicato dalle stesse fonti normative europee in materia;
    i principi di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa, sanciti nell'articolo 29 della Direttiva RED II, sono stati integrati e attuati con il Regolamento delegato (UE) 2019/807 della Commissione UE, il quale stabilendo i criteri per la determinazione delle materie prime a elevato rischio ILUC (Indirect Land-Use Change) per l'impatto su terreni che presentano elevate scorte di carbonio, stabilendo anche che, a partire dal 31 dicembre 2023, il loro contributo dovrebbe essere gradualmente ridotto fino a raggiungere lo 0 per cento al più tardi entro il 2030;
    mentre la disposizione in oggetto, prevede la sospensione dei contributi ed incentivi da effettuare in modo non graduale, con il rischio di compromettere importanti investimenti già effettuati, colpendo gli unici operatori che, insieme ai produttori di biocarburanti, utilizzano materie prime certificate sostenibili, con il pericolo concreto di un dirottamento della produzione di tali prodotti verso paesi extracomunitari, spesso con una minore sensibilità alla tematica ambientale;
    in Italia, infatti, gli impianti del comparto della produzione di energia elettrica da bioliquidi sostenibili utilizzano esclusivamente bioliquidi sostenibili certificati da soggetti abilitati a livello internazionale e accreditati secondo lo schema nazionale – Sistema Nazionale di Certificazione (SNC), di cui al decreto ministeriale 14 novembre 2019 «Istituzione del Sistema nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi»;
    tale comparto, composto da quasi 200 impianti dedicati alla sola produzione elettrica e quasi 300 in assetto cogenerativo, garantisce la generazione di circa 7 TWh annui di energia elettrica rinnovabile e programmabile, con impianti distribuiti su tutto il territorio nazionale, con una potenza installata complessiva di circa 800 MW. Alcuni di questi impianti, che utilizzano una tecnologia interamente sviluppata in Italia, sono stati dalla ARERA, su comunicazione di TERNA, considerati essenziali per la sicurezza del sistema elettrico nazionale;
    taluni impianti, inoltre, garantiscono energia elettrica e termica a interi cluster industriali caratterizzati da elevati assorbimenti energetici, molti dei quali già da diversi anni operano in un contesto di economia circolare (comparti del settore dell’automotive, siti di lavorazione delle materie agro-alimentari o dell'industria dei carburanti di seconda generazione, cartiere, centri di recupero di oli usati, solo per citarne alcune). La loro chiusura provocherebbe il rischio di crisi industriali a cascata per il venir meno della competitività dei prezzi dell'energia elettrica;
    la sospensione anticipata degli incentivi contenuta nella suddetta previsione, di cui alla lettera ee) dell'articolo 5 del provvedimento in esame, può determinare la perdita integrale di ingenti investimenti sostenuti dagli operatori e una conseguente chiusura di importanti impianti, con gravi e immediate ripercussioni sul fronte occupazionale – quantificato in oltre 6.000 unità tra addetti diretti, indiretti e delle imprese collegate, spesso in contesti territoriali disagiati (alto livello di disoccupazione o in ambiti di crisi aziendali: Acerra, Valbasento, Piombino, Gorizia, Ottana, etc.);
    la previsione di una brusca interruzione dei previsti contributi per un comparto produttivo così rilevante, appare come una violazione di un principio di legittimo affidamento, che rappresenta un corollario del principio della certezza del diritto,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 5, concernente il recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 (cd. RED II), di rimodulare l'implementazione di un phase out degli impianti di tale comparto, con una tempistica maggiormente graduale e progressiva, in aderenza a quanto indicato dalla normativa europea, ed eventualmente coincidente con la naturale scadenza degli incentivi, predisponendo, altresì, mediante successivi provvedimenti legislativi, misure volte a salvaguardare gli investimenti già effettuati ed incentivi per il comparto di produzione di energia e di biocarburanti coinvolti, atte a favorire processi di riconversione, orientati all'utilizzo di altre materie prime rinnovabili, funzionali alla sicurezza del sistema elettrico.
9/2757/2Rossello, Battilocchio, Marrocco, Pettarin, Elvira Savino, Spena.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 reca una disciplina di delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni di due regolamenti: regolamento (UE) 2017/745, in materia di dispositivi medici (come modificato dai regolamento (UE) 2020/561) e del regolamento (UE) 2017/746, in materia di dispositivi medici diagnostici in vitro;
    il settore dei dispositivi medici riveste una grande importanza nell'assistenza sanitaria, contribuendo al miglioramento del livello di protezione della salute attraverso lo sviluppo di soluzioni innovative per la diagnosi, la prevenzione, le cure e la riabilitazione; il quadro normativo europeo in questo settore sta subendo una profonda revisione, non solo in seguito all'entrata in vigore dei citati regolamenti oggetto di adeguamento ma anche e soprattutto in relazione alla crisi pandemica;
    nell'ambito dei principi e criteri direttivi indicati nella disposizione in esame, rileva l'introduzione dell'obbligo di corresponsione, da parte delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici, di una quota non superiore allo 0,75 per cento del fatturato – al netto dell'imposta sul valore aggiunto – derivante dalla vendita al Servizio sanitario nazionale dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature (lettera h));
    pur avendo il Senato ridotto, in sede di prima lettura, l'aliquota massima prevista, si tratta di comunque una nuova tassa a carico delle aziende di medical devices che non tiene conto della situazione causata dalla crisi pandemica;
    la nuova imposizione fiscale rischia di colpire un settore vitale per fronteggiare la pandemia, rendendo meno attrattivo il mercato italiano per chi produce e commercializza dispositivi medici indispensabili (come respiratori e mascherine), in contraddizione con gli indirizzi della stessa Commissione Europea che ha proposto, proprio in considerazione della crisi sanitaria originata da COVID-19, l'esenzione temporanea dai dazi doganali e dall'IVA sull'importazione di dispositivi medici e di protezione da Paesi terzi (decisione n. 2020/1101 del 23 luglio 2020) – una previsione dettata dal fatto che gli Stati membri ancora segnalano la carenza di tali dispositivi;
    in analoga direzione e a fronte delle medesime preoccupazioni, è stata introdotta nella manovra di bilancio 2021-2023 – grazie a un emendamento a prima firma di Forza Italia e divenuto trasversale – l'esenzione dell'IVA sulla cessione di strumenti diagnostici e vaccini per COVID-19, e sulle prestazioni di servizi strettamente connesse a detta strumentazione, fondamentali per combattere la pandemia,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in sede di attuazione dell'articolo 15, per l'adeguamento ai regolamenti europei in materia di dispositivi medici e di dispositivi medici in vitro, di rinviare l'entrata in vigore della previsione concernente la quota da versare a carico delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici indispensabili a fronteggiare il COVID-19, in ragione della grave crisi pandemica ancora in atto.
9/2757/3Pettarin, Battilocchio, Rossello, Marrocco, Elvira Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020, reca principi e criteri per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, in tema di riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, il cui termine per il recepimento è fissato al 3 luglio 2021, salvo alcune eccezioni: le disposizioni riguardanti i requisiti di progettazione del prodotto per le bottiglie dovranno essere recepite a partire dal 3 luglio 2024 e le misure relative alla responsabilità estesa del produttore a partire dal 31 dicembre 2024;
    la direttiva (UE) 2019/904 prevede una riduzione duratura del consumo di alcuni prodotti di plastica monouso entro il 2026; fissa un obiettivo di raccolta pari al 90 per cento per il riciclaggio di bottiglie di plastica entro il 2029 (con un obiettivo intermedio del 77 per cento entro il 2025);
    stabilisce che la produzione di queste bottiglie debba prevedere un contenuto di almeno il 25 per cento di plastica riciclata a partire dal 2025 (per le bottiglie in PET), e il 30 per cento a partire dal 2030 (per tutte le bottiglie);
    l'obiettivo ambizioso è quello di ridurre l'impatto sull'ambiente di determinati prodotti in plastica e di promuovere una transizione verso un'economia circolare, introducendo misure specifiche che includono un divieto a livello dell'Unione europea sull'utilizzo di prodotti in plastica monouso, ogniqualvolta siano disponibili alternative di prodotti non inquinanti. Il divieto riguarda alcuni prodotti di plastica tra cui: posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette); piatti; cannucce; bastoncini cotonati; agitatori per bevande; al contempo, la direttiva mira ad incoraggiare, per quanto riguarda i materiali destinati ad entrare in contatto con gli alimenti, l'uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, in alternativa a quelli monouso;
    tale direttiva, basata sul principio «chi inquina paga», definisce le responsabilità dei produttori che dovranno coprire i costi della gestione e rimozione dei rifiuti, della raccolta dei dati e delle misure di sensibilizzazione adottate per alcuni tipi di prodotti (contenitori per alimenti e bevande, bottiglie, tazze, pacchetti e involucri, sacchetti in materiale leggero e prodotti del tabacco con filtri);
    la legge di bilancio 2021-2023 ha previsto il rinvio dell'entrata in vigore della cosiddetta plastic tax, per limitare la penalizzazione di settori economici rilevanti per il nostro Pil e offrire tempi adeguati alla riconversione produttiva di tali comparti. In tale direzione occorrerebbe, nelle more di tale rinvio, intervenire fattivamente per un riordino complessivo della materia,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, anche mediante successivi interventi legislativi, una riforma organica in tema di gestione delle materie plastiche e di tutti gli imballaggi, volta ad accompagnare con misure incentivanti i comparti produttivi che necessitano di processi di riconversione verso una transizione ecologica, comprensiva anche di un riordino del sistema fiscale e degli oneri amministrativi, volta ad eliminare le tassazioni che colpiscono comparti già impegnati nella sostenibilità ambientale e che finirebbero per pregiudicare qualsiasi effetto favorevole ad investimenti per rinnovazione e lo sviluppo di materiali alternativi, atti a indurre comportamenti maggiormente responsabili anche da parte dei consumatori.
9/2757/4Marrocco, Pettarin, Battilocchio, Rossello, Elvira Savino, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020, reca principi e criteri per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, in tema di riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, il cui termine per il recepimento è fissato al 3 luglio 2021, salvo alcune eccezioni: le disposizioni riguardanti i requisiti di progettazione del prodotto per le bottiglie dovranno essere recepite a partire dal 3 luglio 2024 e le misure relative alla responsabilità estesa del produttore a partire dal 31 dicembre 2024;
    la direttiva (UE) 2019/904 prevede una riduzione duratura del consumo di alcuni prodotti di plastica monouso entro il 2026; fissa un obiettivo di raccolta pari al 90 per cento per il riciclaggio di bottiglie di plastica entro il 2029 (con un obiettivo intermedio del 77 per cento entro il 2025);
    stabilisce che la produzione di queste bottiglie debba prevedere un contenuto di almeno il 25 per cento di plastica riciclata a partire dal 2025 (per le bottiglie in PET), e il 30 per cento a partire dal 2030 (per tutte le bottiglie);
    l'obiettivo ambizioso è quello di ridurre l'impatto sull'ambiente di determinati prodotti in plastica e di promuovere una transizione verso un'economia circolare, introducendo misure specifiche che includono un divieto a livello dell'Unione europea sull'utilizzo di prodotti in plastica monouso, ogniqualvolta siano disponibili alternative di prodotti non inquinanti. Il divieto riguarda alcuni prodotti di plastica tra cui: posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette); piatti; cannucce; bastoncini cotonati; agitatori per bevande; al contempo, la direttiva mira ad incoraggiare, per quanto riguarda i materiali destinati ad entrare in contatto con gli alimenti, l'uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, in alternativa a quelli monouso;
    tale direttiva, basata sul principio «chi inquina paga», definisce le responsabilità dei produttori che dovranno coprire i costi della gestione e rimozione dei rifiuti, della raccolta dei dati e delle misure di sensibilizzazione adottate per alcuni tipi di prodotti (contenitori per alimenti e bevande, bottiglie, tazze, pacchetti e involucri, sacchetti in materiale leggero e prodotti del tabacco con filtri);
    la legge di bilancio 2021-2023 ha previsto il rinvio dell'entrata in vigore della cosiddetta plastic tax, per limitare la penalizzazione di settori economici rilevanti per il nostro Pil e offrire tempi adeguati alla riconversione produttiva di tali comparti. In tale direzione occorrerebbe, nelle more di tale rinvio, intervenire fattivamente per un riordino complessivo della materia,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di sostenibilità finanziaria e nel rispetto dei saldi di finanza pubblica (considerato che gli eventuali effetti di natura finanziaria potranno essere stimati in occasione della redazione da parte del Governo dei decreti attuativi ad esso delegati dal Parlamento), a valutare la possibilità di prevedere, anche mediante successivi interventi legislativi, specifiche misure in tema di gestione delle materie plastiche e di tutti gli imballaggi, volta ad accompagnare con misure incentivanti i comparti produttivi che necessitano di processi di riconversione verso una transizione ecologica, valutando altresì un riordino del sistema fiscale e degli i oneri amministrativi in una logica di sostenibilità ambientale.
9/2757/4. (Testo modificato nel corso della seduta) Marrocco, Pettarin, Battilocchio, Rossello, Elvira Savino, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020, reca princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, in tema di riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, il cui termine per il recepimento è fissato al 3 luglio 2021, salvo alcune eccezioni; le disposizioni riguardanti i requisiti di progettazione del prodotto per le bottiglie dovranno essere recepite a partire dal 3 luglio 2024 e le misure relative alla responsabilità estesa del produttore a partire dal 31 dicembre 2024;
    la direttiva (UE) 2019/904 prevede una riduzione duratura del consumo di alcuni prodotti di plastica monouso entro il 2026; fissa un obiettivo di raccolta pari al 90 per cento per il riciclaggio di bottiglie di plastica entro il 2029 (con un obiettivo intermedio del 77 per cento entro il 2025); stabilisce che la produzione di queste bottiglie debba prevedere un contenuto di almeno il 25 per cento di plastica riciclata a partire dal 2025 (per le bottiglie in PET), e il 30 per cento a partire dal 2030 (per tutte le bottiglie);
    l'obiettivo ambizioso è quello di ridurre l'impatto sull'ambiente di determinati prodotti in plastica e di promuovere una transizione verso un'economia circolare, introducendo misure specifiche che includono un divieto a livello dell'Unione europea sull'utilizzo di prodotti in plastica monouso, ogniqualvolta siano disponibili alternative di prodotti non inquinanti. Il divieto riguarda alcuni prodotti di plastica tra cui: posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette); piatti; cannucce; bastoncini cotonati; agitatori per bevande; al contempo, la direttiva mira ad incoraggiare, per quanto riguarda i materiali destinati ad entrare in contatto con gli alimenti, l'uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, in alternativa a quelli monouso;
    tale direttiva, basata sul principio «chi inquina paga», definisce le responsabilità dei produttori che dovranno coprire i costi della gestione e rimozione dei rifiuti, della raccolta dei dati e delle misure di sensibilizzazione adottate per alcuni tipi di prodotti (contenitori per alimenti e bevande, bottiglie, tazze, pacchetti e involucri, sacchetti in materiale leggero e prodotti del tabacco con filtri),

impegna il Governo

a garantire, in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 22, concernente il recepimento della direttiva (UE) 2019/904, un processo di transizione verso un'economia circolare aderente a modelli imprenditoriali e a prodotti e materiali innovativi e maggiormente sostenibili, valutati sulla base di appositi studi LCA (Life Cycle Assessment), le cui procedure sono standardizzate da norme riconosciute a livello internazionale, nonché a valutare la possibilità di assicurare capacità e risultati in termini di igiene, sicurezza, conservazione e durabilità degli alimenti non inferiori a quelli garantiti dall'uso di imballaggi in plastica, anche per attenuare l'impatto della riduzione dell'incidenza di prodotti di plastica monouso sul nostro comparto agricolo.
9/2757/5Elvira Savino, Rossello, Battilocchio, Marrocco, Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020, reca princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, in tema di riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, il cui termine per il recepimento è fissato al 3 luglio 2021, salvo alcune eccezioni; le disposizioni riguardanti i requisiti di progettazione del prodotto per le bottiglie dovranno essere recepite a partire dal 3 luglio 2024 e le misure relative alla responsabilità estesa del produttore a partire dal 31 dicembre 2024;
    la direttiva (UE) 2019/904 prevede una riduzione duratura del consumo di alcuni prodotti di plastica monouso entro il 2026; fissa un obiettivo di raccolta pari al 90 per cento per il riciclaggio di bottiglie di plastica entro il 2029 (con un obiettivo intermedio del 77 per cento entro il 2025); stabilisce che la produzione di queste bottiglie debba prevedere un contenuto di almeno il 25 per cento di plastica riciclata a partire dal 2025 (per le bottiglie in PET), e il 30 per cento a partire dal 2030 (per tutte le bottiglie);
    l'obiettivo ambizioso è quello di ridurre l'impatto sull'ambiente di determinati prodotti in plastica e di promuovere una transizione verso un'economia circolare, introducendo misure specifiche che includono un divieto a livello dell'Unione europea sull'utilizzo di prodotti in plastica monouso, ogniqualvolta siano disponibili alternative di prodotti non inquinanti. Il divieto riguarda alcuni prodotti di plastica tra cui: posate (forchette, coltelli, cucchiai, bacchette); piatti; cannucce; bastoncini cotonati; agitatori per bevande; al contempo, la direttiva mira ad incoraggiare, per quanto riguarda i materiali destinati ad entrare in contatto con gli alimenti, l'uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, in alternativa a quelli monouso;
    tale direttiva, basata sul principio «chi inquina paga», definisce le responsabilità dei produttori che dovranno coprire i costi della gestione e rimozione dei rifiuti, della raccolta dei dati e delle misure di sensibilizzazione adottate per alcuni tipi di prodotti (contenitori per alimenti e bevande, bottiglie, tazze, pacchetti e involucri, sacchetti in materiale leggero e prodotti del tabacco con filtri),

impegna il Governo

a valutare la possibilità di garantire, in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 22, concernente il recepimento della direttiva (UE) 2019/904, un processo di transizione verso un'economia circolare basata su prodotti e materiali innovativi e maggiormente sostenibili, valutati sulla base di appositi studi LCA (Life Cycle Assessment), le cui procedure sono standardizzate da norme riconosciute a livello internazionale, nonché a valutare la possibilità di assicurare capacità e risultati in termini di igiene, sicurezza, conservazione e durabilità degli alimenti non inferiori a quelli garantiti dall'uso di imballaggi in plastica, anche per attenuare l'impatto della riduzione dell'incidenza di prodotti di plastica monouso sul nostro comparto agricolo.
9/2757/5. (Testo modificato nel corso della seduta) Elvira Savino, Rossello, Battilocchio, Marrocco, Pettarin.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge di delegazione europea contiene princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
    tale direttiva europea è il frutto di un faticoso quanto importante lavoro, durante la fase ascendente, di bilanciamento tra varie esigenze: quella di assicurare la libertà di circolazione dei contenuti sulla rete, con il libero utilizzo dei frutti del lavoro intellettuale a fini didattici e di ricerca, e quella di garantire maggiori tutele agli artisti, con una giusta remunerazione per il lavoro culturale, creativo, giornalistico, intellettuale, per i contenuti prodotti e utilizzati nel web;
    tra i numerosi princìpi e criteri direttivi specifici ai fini della delega in oggetto, mancano, tuttavia, alcune previsioni che investono profili di rilevante valore;
    necessiterebbe di maggiore attenzione, in sede di attuazione della delega per il recepimento della citata direttiva, la specifica attuazione dell'articolo 18, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/790, affinché gli artisti interpreti o esecutori di fonogrammi, anche nel caso in cui abbiano ceduto i diritti per la messa a disposizione delle fissazioni delle proprie prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni su servizi di musica su richiesta, possano ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata da chi ha effettuato la messa a disposizione, da gestire in forma collettiva secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35. Si tratta di un diritto al compenso che esiste già per altre tipologie di utilizzazioni, ma che in ambito digitale spetta solo agli artisti dell'audiovisivo ma non a quelli della musica;
    la protezione degli autori e degli editori, con l'attribuzione di un adeguato riconoscimento economico e il diritto a una maggiore tutela nei confronti delle grandi piattaforme digitali internazionali, in altri Paesi come la Francia ha trovato forme di tutela maggiormente stringenti, in aderenza anche alla suddetta direttiva europea,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità, in sede di attuazione della delega di cui all'articolo 9, concernente il recepimento della direttiva (UE)2019/790, di prevedere un diritto all'equo compenso, adeguato e proporzionato, per gli artisti interpreti o esecutori di fonogrammi, anche da parte delle piattaforme di servizi di musica a richiesta che utilizzano le loro esecuzioni, da gestire in forma collettiva, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 18 della medesima direttiva, la quale stabilisce il principio che autori, artisti interpreti o esecutori hanno il diritto di ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata;
   a valutare la possibilità di favorire, anche mediante successivi provvedimenti, forme obbligatorie di contrattazione o arbitrati da parte delle piattaforme digitali, affinché sia negoziato con gli editori il giusto compenso per l'uso dei contenuti prodotti nell'ampio spettro dei settori della cultura (musica, cinema, audiovideo, tv, autori, teatri, fotografi e stampa).
9/2757/6Palmieri, Casciello, Rossello, Battilocchio, Marrocco, Pettarin, Elvira Savino, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in oggetto prevede, nell'indicare uno dei criteri di recepimento della Direttiva 2018/2001, all'articolo 5, comma 1, lettera ee), che siano oggetto di phase out – a partire dal 2024 e in modo progressivo – unicamente i bioliquidi caratterizzati da un elevato rischio di cambiamento indiretto della destinazione d'uso dei terreni;
    così scritta la lettera ee) rischia di andare oltre la cornice della Direttiva citata;
    in Italia, infatti, gli impianti del comparto della produzione di energia elettrica da bioliquidi («Comparto») utilizzano esclusivamente bioliquidi sostenibili certificati da soggetti abilitati a livello internazionale e accreditati secondo lo schema nazionale – Sistema Nazionale di Certificazione (SNC) – di cui al decreto ministeriale 14 novembre 2019 «Istituzione del Sistema nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi»;
    il Comparto è composto da quasi 200 impianti dedicati alla sola produzione elettrica e quasi 300 in assetto cogenerativo. Gli impianti garantiscono la generazione di circa 7 TWh annui di energia elettrica rinnovabile e programmabile e sono distribuiti su tutto il territorio nazionale, con una potenza installata complessiva di circa 800 MW;
    la tecnologia utilizzata è interamente sviluppata in Italia. Alcuni di questi impianti sono stati dichiarati dalla ARERA, su comunicazione di TERNA, «essenziali per la sicurezza del sistema elettrico nazionale». In vista, infatti, della crescente penetrazione delle FER intermittenti nel mix energetico nazionale, la programmabilità della produzione caratteristica di questa fonte la rende essenziale e sinergica con le altre rinnovabili. Appartengono a questo insieme impianti la cui produzione è già stata arrestata per la mancata attuazione del comma 8 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sebbene insistessero sullo stesso sito industriale di altri impianti tuttora in produzione;
    la brusca sospensione anticipata degli incentivi, prevista dalla lettera ee), nonostante la dinamicità e la capacità di rispondere agli stimoli normativi dimostrata dal Comparto, determinerebbe la chiusura immediata degli impianti, con gravi e immediate ripercussioni sul fronte occupazionale. Il comparto garantisce lavoro ad oltre 6.000 unità tra addetti diretti, indiretti e delle imprese collegate, spesso in contesti territoriali disagiati (alto livello di disoccupazione o in ambiti di crisi aziendali: Acerra, Valbasento, Piombino, Gorizia, Ottana, eccetera);
    alcuni impianti garantiscono energia elettrica e termica ad interi cluster industriali, caratterizzati da elevati assorbimenti energetici, molti dei quali già da diversi anni operano in un contesto di economia circolare (comparti del settore dell’automotive, siti di lavorazione delle materie agro-alimentari o dell'industria dei carburanti di seconda generazione, cartiere, centri di recupero di oli usati, per citarne alcuni). La loro chiusura comporterebbe quindi il rischio di crisi industriali a cascata per il venir meno della competitività dei prezzi dell'energia elettrica;
    va inoltre sottolineato che la sospensione anticipata degli incentivi determinerebbe la perdita integrale di ingenti investimenti sostenuti dagli operatori, con evidente violazione di un principio di legittimo affidamento, che rappresenta un corollario del principio della certezza del diritto. L'ottenimento della qualifica di Impianti A Fonti Rinnovabili – IAFR da parte del GSE, infatti, garantisce formalmente all'operatore il diritto di ricevere incentivi. Gli impianti del Comparto producono energia rinnovabile con costi di esercizio, manutenzione e approvvigionamento tali da rendere necessario un sostegno pubblico per mantenere un margine operativo positivo;
    la disposizione contenuta nella lettera ee) comporterebbe quindi il rischio di contenziosi con l'amministrazione pubblica, per investimenti effettuati sulla base di incentivi concessi e successivamente ritrattati. L'amministrazione sarebbe chiamata a provvedere al relativo indennizzo degli operatori, per il pregiudizio arrecato in loro danno (ex articolo 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo);
    inoltre, molti degli investimenti effettuati hanno reso necessaria una copertura economica attraverso garanzie richieste ad istituti di credito, che risulterebbero quindi compromessi, con il rischio di notevoli esposizioni finanziarie;
    l'effetto della norma introdotta dalla lettera ee), peraltro, potrebbe essere diametralmente opposto a quello voluto: con la chiusura del Comparto (che utilizza esclusivamente materie prime certificate sostenibili), la produzione di tali materie prime verrebbe «dirottata» verso Paesi extra-europei che, non avendo ancora sviluppato una profonda cultura ambientale, non richiedono bioliquidi sostenibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in coerenza con le finalità della Direttiva 2018/2001, che il phase out degli impianti possa essere implementato in modo graduale, in coerenza con la naturale scadenza degli incentivi, promuovendo, al contempo, iniziative di riconversione orientate all'utilizzo di altre materie prime rinnovabili (grassi o altri residui e sottoprodotti) o, laddove non fosse possibile, verso soluzioni efficienti (ad esempio impianti di cogenerazione ad alto rendimento) e/o funzionali alla sicurezza del sistema elettrico.
9/2757/7Plangger, Gebhard, Emanuela Rossini, Schullian.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2019-2020», contiene disposizioni in merito al diritto d'autore connessi al mercato unico digitale;
    gli effetti socio-economici della pandemia causata dal COVID-19 se, da un lato, stanno incidendo negativamente da oltre un anno sull'intero settore musicale, dall'altro, hanno fatto registrare la decisa crescita del mercato dello streaming ad esclusivo vantaggio di produttori e piattaforme;
    è universalmente riconosciuto che i servizi streaming allo stato attuale rappresentano più della metà delle entrate dell'industria musicale globale, senza però generare a favore degli artisti redditi degni di tal nome;
    per gli artisti interpreti ed esecutori del video la legge prevede la possibilità di negoziare direttamente con le piattaforme un equo compenso ogni volta che le loro opere sono trasmesse in streaming. Lo stesso però non si verifica per cantanti e musicisti dando vita ad una inspiegabile disparità di trattamento. Infatti, il quadro normativo nazionale vigente non prevede che gli artisti interpreti ed esecutori dell'audio ricevano un compenso per gli utilizzi delle loro opere in streaming on demand da parte degli utilizzatori come invece avviene per gli utilizzi cosiddetti «lineari»;
    l'articolo 9 del disegno di legge 2757 reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;
    la Direttiva ha come obiettivo principale quello di adattare al contesto digitale la protezione del diritto d'autore e in particolare il Titolo IV, Capo 3, quello di rafforzare la posizione degli autori e degli artisti interpreti ed esecutori nell'ambito dello sfruttamento delle loro opere nel mercato dell’online;
    l'articolo 18 della Direttiva in oggetto prevede che gli Stati membri provvedano a che gli autori e gli artisti interpreti ed esecutori, se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere online, abbiano il diritto a ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata;
    lo sfruttamento in streaming on demand delle opere musicali ha avuto un incremento del 26 per cento nel 2019;
    i dati della Federazione Industria Musicale Italiana attestano che nel 2020 i ricavi del primo semestre del mercato musicale sono per l'86 per cento dovuti al digitale, di cui l'82 per cento rappresentato dallo streaming;
    per garantire anche agli artisti della musica la tutela delle utilizzazioni delle loro opere sulle piattaforme digitali, appare opportuno prevedere l'introduzione di una forma di compenso finalizzato alla tutela degli artisti interpreti ed esecutori della musica per lo sfruttamento on demand delle loro opere come è già previsto per gli sfruttamenti cosiddetti «lineari»,

impegna il Governo

in sede di adozione del provvedimento di attuazione della Direttiva (UE) 2019/790, a valutare la previsione di misure volte a garantire, ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 1, che gli artisti interpreti o esecutori di fonogrammi che abbiano ceduto i diritti per la messa a disposizione delle loro opere su servizi di musica su richiesta, ricevano una remunerazione adeguata e proporzionata da chi ha effettuato la messa a disposizione, da gestire in forma collettiva secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 15 marzo 2017. n. 35.
9/2757/8De Giorgi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e per l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    l'articolo 15 stabilisce princìpi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/745, relativo ai dispositivi medici, del regolamento (UE) 2020/561, che modifica il regolamento (UE) 2017/745 relativo ai dispositivi medici, per quanto riguarda le date di applicazione di alcune delle sue disposizioni, e del regolamento (UE) 2017/746, relativo ai dispositivi medico diagnostici in vitro;
    il comma 2 dell'articolo 15 prevede specifici principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo;
    il comma 2, lettera h), prevede un sistema di finanziamento del governo dei dispositivi medici attraverso il versamento da parte delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici di una quota non superiore all'0,75 per cento del fatturato, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, derivante dalla vendita al Servizio sanitario nazionale dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature;
    in base alla relazione tecnica allegata al provvedimento, i proventi del prelievo di cui alla lettera h) dovrebbero essere destinati a finanziare le attività di governo dei dispositivi medici oggetto di regolamentazione con gli atti adottati previsti dalla presente delega;
    sempre la relazione tecnica stabilisce che solo in sede di attuazione della delega saranno esplicitate le modalità di versamento e di utilizzo delle risorse che deriveranno dal contributo di cui alla lettera h);
    la relazione tecnica asserisce, infine, che i soggetti pubblici interessati dovrebbero poter svolgere le attività che saranno previste nelle disposizioni di attuazione della norma di delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, incrementate dal versamento della quota sopra citata;
    l'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) stabilisce che qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi, i quali sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie;
    l'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, disciplina il fondo per il recepimento della normativa europea, al fine di consentire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi medesimi e in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni;
    tra i dispositivi medici oggetto del prelievo di cui alla lettera h) rientrano anche dispositivi medici quali macchinari degli ospedali, come tac e respiratori, ma anche dispositivi di uso corrente e quotidiano come siringhe, pannoloni e mascherine, ossia tutti dispositivi in prima linea nella lotta al COVID-19;
    il decreto-legge n. 78 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2015, in materia di razionalizzazione della spesa del SSN ha introdotto, all'articolo 9-ter, un procedimento finalizzato al ripiano dell'eventuale superamento del tetto di spesa regionale per i dispositivi medici;
    l'introduzione di nuove imposizioni fiscali rischierebbero di colpire un settore vitale per la salute pubblica, rischiando di fare dell'Italia il Paese meno vantaggioso per chi produce o commercializza dispositivi medici in un momento in cui tali strumenti sono nodali per la gestione della pandemia e contraddicendo gli indirizzi della stessa Commissione Europea che per prima ha proposto l'esenzione IVA dai medical devices,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di rimandare l'applicazione della lettera h), fino al momento in cui non siano stati determinati gli oneri derivanti dai decreti attuativi, come previsto dall'articolo 17 della legge n. 196 del 2009;
   a valutare l'opportunità di provvedere agli oneri derivanti dalle norme di delega facendo ricorso al fondo per il recepimento della normativa europea di cui all'articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012;
   ad intervenire con appositi provvedimenti normativi per migliorare e rendere più competitivo il mercato italiano per le aziende che operano nel settore dei dispositivi medici.
9/2757/9Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e per l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    l'articolo 15 stabilisce princìpi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/745, relativo ai dispositivi medici, del regolamento (UE) 2020/561, che modifica il regolamento (UE) 2017/745 relativo ai dispositivi medici, per quanto riguarda le date di applicazione di alcune delle sue disposizioni, e del regolamento (UE) 2017/746, relativo ai dispositivi medico diagnostici in vitro;
    il comma 2 dell'articolo 15 prevede specifici principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo;
    il comma 2, lettera h), prevede un sistema di finanziamento del governo dei dispositivi medici attraverso il versamento da parte delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici di una quota non superiore all'0,75 per cento del fatturato, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, derivante dalla vendita al Servizio sanitario nazionale dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature;
    in base alla relazione tecnica allegata al provvedimento, i proventi del prelievo di cui alla lettera h) dovrebbero essere destinati a finanziare le attività di governo dei dispositivi medici oggetto di regolamentazione con gli atti adottati previsti dalla presente delega;
    sempre la relazione tecnica stabilisce che solo in sede di attuazione della delega saranno esplicitate le modalità di versamento e di utilizzo delle risorse che deriveranno dal contributo di cui alla lettera h);
    la relazione tecnica asserisce, infine, che i soggetti pubblici interessati dovrebbero poter svolgere le attività che saranno previste nelle disposizioni di attuazione della norma di delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, incrementate dal versamento della quota sopra citata;
    l'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) stabilisce che qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi, i quali sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie;
    l'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, disciplina il fondo per il recepimento della normativa europea, al fine di consentire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi medesimi e in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni;
    tra i dispositivi medici oggetto del prelievo di cui alla lettera h) rientrano anche dispositivi medici quali macchinari degli ospedali, come tac e respiratori, ma anche dispositivi di uso corrente e quotidiano come siringhe, pannoloni e mascherine, ossia tutti dispositivi in prima linea nella lotta al COVID-19;
    il decreto-legge n. 78 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2015, in materia di razionalizzazione della spesa del SSN ha introdotto, all'articolo 9-ter, un procedimento finalizzato al ripiano dell'eventuale superamento del tetto di spesa regionale per i dispositivi medici;
    l'introduzione di nuove imposizioni fiscali rischierebbero di colpire un settore vitale per la salute pubblica, rischiando di fare dell'Italia il Paese meno vantaggioso per chi produce o commercializza dispositivi medici in un momento in cui tali strumenti sono nodali per la gestione della pandemia e contraddicendo gli indirizzi della stessa Commissione Europea che per prima ha proposto l'esenzione IVA dai medical devices,

impegna il Governo:

   compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di:
    rimandare l'applicazione della lettera h), fino al momento in cui non siano stati determinati gli oneri derivanti dai decreti attuativi, come previsto dall'articolo 17 della legge n. 1196 del 2009;
    intervenire con appositi provvedimenti normativi per migliorare e rendere più competitivo il mercato italiano per le aziende che operano nel settore dei dispositivi medici.
9/2757/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Carnevali.


   La Camera,
   premesso che:
    gli editori di giornali svolgono un ruolo centrale nella creazione di contenuti informativi di alta qualità e rappresentano, ad oggi, il solo argine possibile alla proliferazione delle fake news o di analoghe attività di misinformation: per continuare a garantire anche nell'era digitale questa fondamentale precondizione di ogni società democratica e libera, devono poter contare su una effettiva tutela del prodotto informativo;
    nel mondo digitale vi è un forte squilibrio tra il valore che la produzione dei contenuti editoriali genera per le piattaforme digitali e i ricavi percepiti dagli editori: i contenuti editoriali vengono spesso, parzialmente o completamente, sfruttati dalle piattaforme digitali (OTT), senza che venga riconosciuto alcun compenso ai titolari dei diritti;
    la diffusione sistematica e non remunerata di opere protette dal diritto d'autore è un fenomeno che desta grave allarme, in quanto pregiudica la sostenibilità dell'industria editoriale, svaluta l'apporto di competenze e professionalità qualificate e, non da ultimo, influisce sulla libertà e il pluralismo dell'informazione, incidendo sulla quantità e la qualità dell'offerta editoriale,
    risulta attualmente urgente l'introduzione di un'adeguata previsione normativa che garantisca agli editori di essere remunerati, seppur a fronte di meccanismi di negoziazione contrattuale, a fronte dell'utilizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali, avuto riguardo anche delle esperienze a cui si è assistito in altri Paesi;
    la nozione di «estratto breve», avuto riguardo anche delle esperienze degli altri Paesi europei, è suscettibile di dare adito a condotte potenzialmente lesive nei confronti in particolar modo degli editori, da parte delle società che offrono servizi web di aggregatori di notizie nonché di motori di ricerca,
    il supporto che le istituzioni devono assicurare agli operatori dell'editoria si rende, in particolare in questo momento storico, fondamentale;
    le considerazioni espresse in premessa, infatti, non possono prescindere dall'analisi delle conseguenze drammatiche che hanno colpito il settore dell'editoria a causa dell'emergenza epidemiologica e delle misure che sono state intraprese per farvi fronte;
    l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni che ha stimato un calo del fatturato complessivo dell'editoria quotidiana e periodica dei primi 6 mesi 2020 di 326 milioni rispetto al primo semestre 2019;
    il Considerando 54 della direttiva Copyright recita: «Una stampa libera e pluralista è essenziale per garantire un giornalismo di qualità e l'accesso dei cittadini all'informazione e dà un contributo fondamentale al dibattito pubblico e al corretto funzionamento di una società democratica (...)»;
    il Considerando 58 recita, tra l'altro, che «Il contributo organizzativo e finanziario degli editori nel produrre pubblicazioni di carattere giornalistico va riconosciuto e ulteriormente incoraggiato per garantire la sostenibilità dell'editoria e favorire in tal modo la disponibilità di informazioni affidabili (...)» e aggiunge che, «Tenuto conto della forte aggregazione e dell'utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione, è importante che l'esclusione degli estratti molto brevi sia interpretata in modo da non pregiudicare l'efficacia dei diritti previsti dalla presente direttiva»;
    in una risposta resa in data 9 novembre 2020, il Commissario UE Thierry Breton, nell'escludere che l'imposizione ex ante di un meccanismo di gestione collettiva del diritto sia compatibile con lo spirito della Direttiva, ha tuttavia ribadito, a nome della Commissione europea, che l'articolo 15 riconosce agli editori di giornali il diritto esclusivo di autorizzare o proibire la distribuzione e la messa a disposizione delle loro pubblicazioni da parte dei soggetti prestatori di servizi della Società dell'informazione; di conseguenza, tale diritto può essere esercitato dagli editori singolarmente o, a scelta, affidandolo ad enti/associazioni rappresentative munite di specifico mandato ad hoc, nel perseguimento della finalità propria dell'articolo 15 della Direttiva che è quella di assicurare la giusta remunerazione per gli utilizzi dei contenuti editoriali da parte delle piattaforme digitali,

impegna il Governo:

   a prevedere che la tutela dei diritti degli editori venga garantita, anche tramite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, da una negoziazione effettiva e in buona fede che individui, entro un termine definito, criteri condivisi per la determinazione di una quota adeguata dei proventi generati dai prestatori di servizi delle società di informazione finalizzata a remunerare i diritti degli editori medesimi;
   ad adottare tutte le misure necessarie affinché, in caso di mancato accordo tra le parti riguardo al termine suddetto, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sia incaricata di definire le condizioni, anche economiche, della utilizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali;
   ad adottare iniziative volte a chiarire che, nell'ambito della definizione del concetto di «estratti molto brevi» di cui alla direttiva in oggetto, non solo venga preservata la libera circolazione delle informazioni, ma venga altresì promossa l'efficacia dei diritti previsti dalla direttiva medesima.
9/2757/10Casciello, Aprea, Palmieri, Saccani Jotti, Vietina, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    gli editori di giornali svolgono un ruolo centrale nella creazione di contenuti informativi di alta qualità e rappresentano, ad oggi, il solo argine possibile alla proliferazione delle fake news o di analoghe attività di misinformation: per continuare a garantire anche nell'era digitale questa fondamentale precondizione di ogni società democratica e libera, devono poter contare su una effettiva tutela del prodotto informativo;
    nel mondo digitale vi è un forte squilibrio tra il valore che la produzione dei contenuti editoriali genera per le piattaforme digitali e i ricavi percepiti dagli editori: i contenuti editoriali vengono spesso, parzialmente o completamente, sfruttati dalle piattaforme digitali (OTT), senza che venga riconosciuto alcun compenso ai titolari dei diritti;
    la diffusione sistematica e non remunerata di opere protette dal diritto d'autore è un fenomeno che desta grave allarme, in quanto pregiudica la sostenibilità dell'industria editoriale, svaluta l'apporto di competenze e professionalità qualificate e, non da ultimo, influisce sulla libertà e il pluralismo dell'informazione, incidendo sulla quantità e la qualità dell'offerta editoriale,
    risulta attualmente urgente l'introduzione di un'adeguata previsione normativa che garantisca agli editori di essere remunerati, seppur a fronte di meccanismi di negoziazione contrattuale, a fronte dell'utilizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali, avuto riguardo anche delle esperienze a cui si è assistito in altri Paesi;
    la nozione di «estratto breve», avuto riguardo anche delle esperienze degli altri Paesi europei, è suscettibile di dare adito a condotte potenzialmente lesive nei confronti in particolar modo degli editori, da parte delle società che offrono servizi web di aggregatori di notizie nonché di motori di ricerca,
    il supporto che le istituzioni devono assicurare agli operatori dell'editoria si rende, in particolare in questo momento storico, fondamentale;
    le considerazioni espresse in premessa, infatti, non possono prescindere dall'analisi delle conseguenze drammatiche che hanno colpito il settore dell'editoria a causa dell'emergenza epidemiologica e delle misure che sono state intraprese per farvi fronte;
    l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni che ha stimato un calo del fatturato complessivo dell'editoria quotidiana e periodica dei primi 6 mesi 2020 di 326 milioni rispetto al primo semestre 2019;
    il Considerando 54 della direttiva Copyright recita: «Una stampa libera e pluralista è essenziale per garantire un giornalismo di qualità e l'accesso dei cittadini all'informazione e dà un contributo fondamentale al dibattito pubblico e al corretto funzionamento di una società democratica (...)»;
    il Considerando 58 recita, tra l'altro, che «Il contributo organizzativo e finanziario degli editori nel produrre pubblicazioni di carattere giornalistico va riconosciuto e ulteriormente incoraggiato per garantire la sostenibilità dell'editoria e favorire in tal modo la disponibilità di informazioni affidabili (...)» e aggiunge che, «Tenuto conto della forte aggregazione e dell'utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione, è importante che l'esclusione degli estratti molto brevi sia interpretata in modo da non pregiudicare l'efficacia dei diritti previsti dalla presente direttiva»;
    in una risposta resa in data 9 novembre 2020, il Commissario UE Thierry Breton, nell'escludere che l'imposizione ex ante di un meccanismo di gestione collettiva del diritto sia compatibile con lo spirito della Direttiva, ha tuttavia ribadito, a nome della Commissione europea, che l'articolo 15 riconosce agli editori di giornali il diritto esclusivo di autorizzare o proibire la distribuzione e la messa a disposizione delle loro pubblicazioni da parte dei soggetti prestatori di servizi della Società dell'informazione; di conseguenza, tale diritto può essere esercitato dagli editori singolarmente o, a scelta, affidandolo ad enti/associazioni rappresentative munite di specifico mandato ad hoc, nel perseguimento della finalità propria dell'articolo 15 della Direttiva che è quella di assicurare la giusta remunerazione per gli utilizzi dei contenuti editoriali da parte delle piattaforme digitali,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere che la tutela dei diritti degli editori venga garantita, anche tramite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, da una negoziazione effettiva e in buona fede che individui, entro un termine definito, criteri condivisi per la determinazione di una quota adeguata dei proventi generati dai prestatori di servizi delle società di informazione finalizzata a remunerare i diritti degli editori medesimi;
   a valutare l'opportunità di adottare tutte le misure necessarie affinché, in caso di mancato accordo tra le parti riguardo al termine suddetto, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sia incaricata di definire le condizioni, anche economiche, della utilizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali.
9/2757/10. (Testo modificato nel corso della seduta) Casciello, Aprea, Palmieri, Saccani Jotti, Vietina, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge reca i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
    in particolare, tra i principi e i criteri direttivi da seguire, la lettera h) del suddetto articolo prescrive che nel caso di utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione, trovino adeguata tutela i diritti degli editori e quelli degli autori di tali pubblicazioni e ciò in ossequio all'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento;
    tale articolo 15 prevede una tutela giuridica armonizzata per gli utilizzi online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione, mediante l'introduzione di diritti connessi al diritto d'autore per la riproduzione e messa a disposizione del pubblico di tali pubblicazioni;
    in particolare, con l'obiettivo di promuovere il giornalismo di qualità e l'accesso da parte dei cittadini alle informazioni e fatte salve le eccezioni di cui al paragrafo 1 dell'articolo 15 della citata direttiva, viene riconosciuto agli editori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione o comunicazione al pubblico delle pubblicazioni di carattere giornalistico, con l'obiettivo di assicurare agli editori maggiore controllo sull'utilizzo dei propri contenuti;
    non può non rilevare a tal proposito il considerando 61 della direttiva oggetto di recepimento laddove afferma che le «disposizioni non dovrebbero incidere sulla libertà contrattuale, i titolari dei diritti non dovrebbero essere obbligati a rilasciare un'autorizzazione o a concludere accordi di licenza»;
    ciò è stato ribadito dalla Commissione europea in una recente risposta all'interrogazione E-004603/2020 in seno al Parlamento europeo, secondo la quale gli Stati membri non possono attuare l'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento prevedendo un meccanismo obbligatorio di gestione collettiva, in quanto tale meccanismo priverebbe gli editori della possibilità di esercitare autonomamente il diritto esclusivo sopra richiamato;
    il rispetto del principio della libertà contrattuale – principio cardine del diritto dell'Unione europea – si pone alla base dello sviluppo di un efficiente mercato dei diritti d'autore e diritti connessi a tutela non solo degli operatori coinvolti ma anche degli utenti che in un mercato dinamico e concorrenziale avrebbero sicuramente una più ampia e varia offerta di contenuti;
    tale principio non preclude la facoltà in capo agli editori di affidare per propria scelta a terzi la gestione dei diritti connessi ad essi afferenti;
    l'imposizione di meccanismi obbligatori di gestione collettiva e l'imposizione, in caso di mancato accordo tra le parti, di un meccanismo obbligatorio di tipo arbitrale non solo si pongono in contrapposizione al richiamato principio della libertà contrattuale ma, così come indicato dalla Commissione europea nella risposta all'interrogazione precedentemente citata, esula dalla cornice normativa e dallo spirito della direttiva (UE) 2019/790, frutto di un delicato bilanciamento tra la necessità di preservare la libera circolazione dei contenuti online e proteggere i detentori dei diritti,

impegna il Governo

in fase di esercizio della delega, in linea con le disposizioni della direttiva oggetto di recepimento e come chiarito nella risposta all'interrogazione citata in premessa, ad assicurare che il rispetto del richiamato principio della libertà contrattuale venga preservato, anche nel caso di mancato accordo tra le parti, escludendo meccanismi obbligatori di gestione collettiva ed evitando l'introduzione di meccanismi obbligatori di tipo arbitrale, che non solo esulano dalla cornice normativa della direttiva ma che influirebbero inoltre in maniera indiretta sull'accesso ai contenuti da parte degli utenti, determinando effetti distorsivi sul mercato dell'informazione.
9/2757/11Gadda, Marco Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge reca i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
    in particolare, tra i principi e i criteri direttivi da seguire, la lettera h) del suddetto articolo prescrive che nel caso di utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione, trovino adeguata tutela i diritti degli editori e quelli degli autori di tali pubblicazioni e ciò in ossequio all'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento;
    tale articolo 15 prevede una tutela giuridica armonizzata per gli utilizzi online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione, mediante l'introduzione di diritti connessi al diritto d'autore per la riproduzione e messa a disposizione del pubblico di tali pubblicazioni;
    in particolare, con l'obiettivo di promuovere il giornalismo di qualità e l'accesso da parte dei cittadini alle informazioni e fatte salve le eccezioni di cui al paragrafo 1 dell'articolo 15 della citata direttiva, viene riconosciuto agli editori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione o comunicazione al pubblico delle pubblicazioni di carattere giornalistico, con l'obiettivo di assicurare agli editori maggiore controllo sull'utilizzo dei propri contenuti;
    non può non rilevare a tal proposito il considerando 61 della direttiva oggetto di recepimento laddove afferma che le «disposizioni non dovrebbero incidere sulla libertà contrattuale, i titolari dei diritti non dovrebbero essere obbligati a rilasciare un'autorizzazione o a concludere accordi di licenza»;
    ciò è stato ribadito dalla Commissione europea in una recente risposta all'interrogazione E-004603/2020 in seno al Parlamento europeo, secondo la quale gli Stati membri non possono attuare l'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento prevedendo un meccanismo obbligatorio di gestione collettiva, in quanto tale meccanismo priverebbe gli editori della possibilità di esercitare autonomamente il diritto esclusivo sopra richiamato;
    il rispetto del principio della libertà contrattuale – principio cardine del diritto dell'Unione europea – si pone alla base dello sviluppo di un efficiente mercato dei diritti d'autore e diritti connessi a tutela non solo degli operatori coinvolti ma anche degli utenti che in un mercato dinamico e concorrenziale avrebbero sicuramente una più ampia e varia offerta di contenuti;
    tale principio non preclude la facoltà in capo agli editori di affidare per propria scelta a terzi la gestione dei diritti connessi ad essi afferenti;
    l'imposizione di meccanismi obbligatori di gestione collettiva e l'imposizione, in caso di mancato accordo tra le parti, di un meccanismo obbligatorio di tipo arbitrale non solo si pongono in contrapposizione al richiamato principio della libertà contrattuale ma, così come indicato dalla Commissione europea nella risposta all'interrogazione precedentemente citata, esula dalla cornice normativa e dallo spirito della direttiva (UE) 2019/790, frutto di un delicato bilanciamento tra la necessità di preservare la libera circolazione dei contenuti online e proteggere i detentori dei diritti,

impegna il Governo

in fase di esercizio della delega, in linea con le disposizioni della direttiva oggetto di recepimento e come chiarito nella risposta all'interrogazione citata in premessa, a valutare l'opportunità di assicurare che il rispetto del richiamato principio della libertà contrattuale venga preservato, anche nel caso di mancato accordo tra le parti, escludendo meccanismi obbligatori di gestione collettiva ed evitando l'introduzione di meccanismi obbligatori di tipo arbitrale, che non solo esulano dalla cornice normativa della direttiva ma che influirebbero inoltre in maniera indiretta sull'accesso ai contenuti da parte degli utenti, determinando effetti distorsivi sul mercato dell'informazione.
9/2757/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Gadda, Marco Di Maio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e per l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    l'articolo 15 stabilisce princìpi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/745, relativo ai dispositivi medici, del regolamento (UE) 2020/ 561, che modifica il regolamento (UE) 2017/745 relativo ai dispositivi medici, per quanto riguarda le date di applicazione di alcune delle sue disposizioni, e del regolamento (UE) 2017/746, relativo ai dispositivi medico diagnostici in vitro;
    il comma 2 dell'articolo 15 prevede specifici principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo;
    il comma 2, lettera h), prevede un sistema di finanziamento del governo dei dispositivi medici attraverso il versamento da parte delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici di una quota non superiore all'0,75 per cento del fatturato, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, derivante dalla vendita al Servizio sanitario nazionale dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature;
    in base alla relazione tecnica allegata al provvedimento, i proventi del prelievo di cui alla lettera h) dovrebbero essere destinati a finanziare le attività di governo dei dispositivi medici oggetto di regolamentazione con gli atti adottati previsti dalla presente delega;
    sempre la relazione tecnica stabilisce che solo in sede di attuazione della delega saranno esplicitate le modalità di versamento e di utilizzo delle risorse che deriveranno dal contributo di cui alla lettera h);
    la relazione tecnica asserisce, infine, che i soggetti pubblici interessati dovrebbero poter svolgere le attività che saranno previste nelle disposizioni di attuazione della norma di delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, incrementate dal versamento della quota sopra citata;
    l'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) stabilisce che qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi, i quali sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie;
    l'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, disciplina il fondo per il recepimento della normativa europea, al fine di consentire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi medesimi e in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni;
    tra i dispositivi medici oggetto del prelievo di cui alla lettera h) rientrano anche dispositivi medici quali macchinari degli ospedali, come tac e respiratori, ma anche dispositivi di uso corrente e quotidiano come siringhe, pannoloni e mascherine, ossia tutti dispositivi in prima linea nella lotta al COVID-19;
    il decreto-legge n. 78 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2015, in materia di razionalizzazione della spesa del SSN ha introdotto, all'articolo 9-ter, un procedimento finalizzato al ripiano dell'eventuale superamento del tetto di spesa regionale per i dispositivi medici;
    l'introduzione di nuove imposizioni fiscali rischierebbero di colpire un settore vitale per la salute pubblica, rischiando di fare dell'Italia il Paese meno vantaggioso per chi produce o commercializza dispositivi medici in un momento in cui tali strumenti sono nodali per la gestione della pandemia e contraddicendo gli indirizzi della stessa Commissione Europea che per prima ha proposto l'esenzione IVA dai medical devices,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di rimandare l'applicazione della lettera h), fino al momento in cui non siano stati determinati gli oneri derivanti dai decreti attuativi, come previsto dall'articolo 17 della legge 196/2009;
   a valutare l'opportunità di provvedere agli oneri derivanti dalle norme di delega facendo ricorso al fondo per il recepimento della normativa europea di cui all'articolo 41-bis della legge n. 234 del 2012;
   a valutare l'opportunità di intervenire con appositi provvedimenti normativi per migliorare e rendere più competitivo il mercato italiano per le aziende che operano nel settore dei dispositivi medici.
9/2757/12Noja, Fregolent, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e per l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    l'articolo 15 stabilisce princìpi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/745, relativo ai dispositivi medici, del regolamento (UE) 2020/ 561, che modifica il regolamento (UE) 2017/745 relativo ai dispositivi medici, per quanto riguarda le date di applicazione di alcune delle sue disposizioni, e del regolamento (UE) 2017/746, relativo ai dispositivi medico diagnostici in vitro;
    il comma 2 dell'articolo 15 prevede specifici principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega da parte del Governo;
    il comma 2, lettera h), prevede un sistema di finanziamento del governo dei dispositivi medici attraverso il versamento da parte delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici di una quota non superiore all'0,75 per cento del fatturato, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, derivante dalla vendita al Servizio sanitario nazionale dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature;
    in base alla relazione tecnica allegata al provvedimento, i proventi del prelievo di cui alla lettera h) dovrebbero essere destinati a finanziare le attività di governo dei dispositivi medici oggetto di regolamentazione con gli atti adottati previsti dalla presente delega;
    sempre la relazione tecnica stabilisce che solo in sede di attuazione della delega saranno esplicitate le modalità di versamento e di utilizzo delle risorse che deriveranno dal contributo di cui alla lettera h);
    la relazione tecnica asserisce, infine, che i soggetti pubblici interessati dovrebbero poter svolgere le attività che saranno previste nelle disposizioni di attuazione della norma di delega con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, incrementate dal versamento della quota sopra citata;
    l'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica) stabilisce che qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi, i quali sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie;
    l'articolo 41-bis della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, disciplina il fondo per il recepimento della normativa europea, al fine di consentire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi medesimi e in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni;
    tra i dispositivi medici oggetto del prelievo di cui alla lettera h) rientrano anche dispositivi medici quali macchinari degli ospedali, come tac e respiratori, ma anche dispositivi di uso corrente e quotidiano come siringhe, pannoloni e mascherine, ossia tutti dispositivi in prima linea nella lotta al COVID-19;
    il decreto-legge n. 78 del 2015, convertito con modificazioni dalla legge n. 125 del 2015, in materia di razionalizzazione della spesa del SSN ha introdotto, all'articolo 9-ter, un procedimento finalizzato al ripiano dell'eventuale superamento del tetto di spesa regionale per i dispositivi medici;
    l'introduzione di nuove imposizioni fiscali rischierebbero di colpire un settore vitale per la salute pubblica, rischiando di fare dell'Italia il Paese meno vantaggioso per chi produce o commercializza dispositivi medici in un momento in cui tali strumenti sono nodali per la gestione della pandemia e contraddicendo gli indirizzi della stessa Commissione Europea che per prima ha proposto l'esenzione IVA dai medical devices,

impegna il Governo:

   compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di:
    rimandare l'applicazione della lettera h), fino al momento in cui non siano stati determinati gli oneri derivanti dai decreti attuativi, come previsto dall'articolo 17 della legge n. 196 del 2009;
    intervenire con appositi provvedimenti normativi per migliorare e rendere più competitivo il mercato italiano per le aziende che operano nel settore dei dispositivi medici.
9/2757/12. (Testo modificato nel corso della seduta) Noja, Fregolent, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge in esame è stato approvato, da parte del Senato, l'emendamento 5.310 De Petris, con cui si è escluso dagli obblighi di miscelazione al combustibile diesel e dalla produzione elettrica rinnovabile l'olio di palma, di soia e derivati;
    l'articolo 5, comma 1, lettera ee), del disegno di legge, precludendo l'utilizzo dei predetti oli, si pone in diretto contrasto con la Direttiva 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia rinnovabile (cosiddetto RED II), che all'articolo 26 si limita a disporre, una graduale eliminazione, a decorrere dal 31 dicembre 2023 ed entro il 31 dicembre 2030, dei biocarburanti, bioliquidi o combustibili a biomassa ad elevato rischio di cambiamento indiretto della destinazione d'uso dei terreni;
    l'inadeguato recepimento della predetta Direttiva espone il nostro Paese a responsabilità extracontrattuale e ad azioni risarcitorie, secondo i noti principi stabiliti a partire dalle sentenze Blasserie du Pecheur e Factortame (Corte di giustizia UE, C- 46/93 e C-48/93);
    l'anticipazione dell'obbligo di phase out produrrà riflessi negativi a tutta la filiera del biocarburante, mettendo a repentaglio, non solo, la buona riuscita degli investimenti effettuati nel nostro Paese, ma lo stesso conseguimento degli obiettivi fissati dal Governo lo scorso anno con il Piano energia e clima (PNIEC) sulla penetrazione delle fonti rinnovabili nel settore dei trasporti;
    occorre preservare un comparto dell'energia destinato a rivestire un ruolo fondamentale nella prossima fase di rilancio del Paese, sia nell'ottica del Recovery plan che in quella degli obiettivi di decarbonizzazione definiti dal Green Deal,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riallineare la legislazione nazionale a quella eurounitaria sul piano della graduale eliminazione dalla miscelazione al carburante e dalla produzione elettrica rinnovabile di biocarburanti, bioliquidi o combustibili che impattino indirettamente sulla destinazione d'uso del terreno, garantendo il rigoroso recepimento della Direttiva 2018/2001 e del Regolamento delegato 2019/807 e salvaguardando, di riflesso, le attività e gli investimenti in essere in tale strategico comparto del Paese.
9/2757/13Moretto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 in esame reca una delega per l'attuazione della direttiva (UE) n. 2018/1808, recante modifica della direttiva n. 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi);
    l'articolo 1, primo paragrafo, n. 13, della direttiva (UE) n. 2018/1808 modifica l'articolo 9 della direttiva n. 2010/13/UE, prevedendo, fra l'altro, che le comunicazioni commerciali audiovisive non pregiudicano il rispetto della dignità umana e non comportano né promuovono discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, nazionalità, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale (articolo 9, paragrafo 1, lettera c), punti i) e ii);
    la legislazione italiana in tema di comunicazioni commerciali audiovisive discriminatorie prevede solo disposizioni di principio, non assistite da adeguati controlli e sanzioni, laddove il nuovo articolo 4-bis della direttiva n. 2010/13/UE – introdotto dall'articolo 1, primo paragrafo, n. 6, della direttiva (UE) n. 2018/1808 – dispone che gli Stati membri incoraggiano il ricorso alla coregolamentazione e la promozione dell'autoregolamentazione tramite codici di condotta adottati a livello nazionale nei settori coordinati dalla direttiva che, fra l'altro, prevedono un'applicazione effettiva, comprensiva di sanzioni effettive e proporzionate,

impegna il Governo

a rafforzare, in sede di attuazione delle delega di cui all'articolo 3 del disegno di legge in esame, la normativa volta a prevenire e sanzionare le comunicazioni commerciali audiovisive discriminatorie, prevedendo espressamente il divieto di qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere, alle abilità fisiche e psichiche, nonché ad introdurre, a tal fine, un sistema di controlli e di sanzioni effettivo e proporzionato, secondo le modalità indicate dalla direttiva (UE) n. 2018/1808.
9/2757/14Paita, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 in esame reca una delega per l'attuazione della direttiva (UE) n. 2018/1808, recante modifica della direttiva n. 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi);
    l'articolo 1, primo paragrafo, n. 13, della direttiva (UE) n. 2018/1808 modifica l'articolo 9 della direttiva n. 2010/13/UE, prevedendo, fra l'altro, che le comunicazioni commerciali audiovisive non pregiudicano il rispetto della dignità umana e non comportano né promuovono discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, nazionalità, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale (articolo 9, paragrafo 1, lettera c), punti i) e ii);
    la legislazione italiana in tema di comunicazioni commerciali audiovisive discriminatorie prevede solo disposizioni di principio, non assistite da adeguati controlli e sanzioni, laddove il nuovo articolo 4-bis della direttiva n. 2010/13/UE – introdotto dall'articolo 1, primo paragrafo, n. 6, della direttiva (UE) n. 2018/1808 – dispone che gli Stati membri incoraggiano il ricorso alla coregolamentazione e la promozione dell'autoregolamentazione tramite codici di condotta adottati a livello nazionale nei settori coordinati dalla direttiva che, fra l'altro, prevedono un'applicazione effettiva, comprensiva di sanzioni effettive e proporzionate,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rafforzare, in sede di attuazione delle delega di cui all'articolo 3 del disegno di legge in esame, la normativa volta a prevenire e sanzionare le comunicazioni commerciali audiovisive discriminatorie, prevedendo espressamente il divieto di qualsiasi forma di pubblicità il cui contenuto proponga messaggi sessisti o violenti o stereotipi di genere offensivi o messaggi lesivi del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici, del credo religioso o dell'appartenenza etnica oppure discriminatori con riferimento all'orientamento sessuale, all'identità di genere, alle abilità fisiche e psichiche, nonché ad introdurre, a tal fine, un sistema di controlli e di sanzioni effettivo e proporzionato, secondo le modalità indicate dalla direttiva (UE) n. 2018/1808.
9/2757/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Paita, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge di delegazione europea aiuta gli autori e i giornalisti a vedere più garantito il proprio lavoro;
    il tema degli Over-the-top è centrale e dovrà essere affrontato anche in sede di esame delle proposte di legge in materia di diritto d'autore;
    a fronte, inoltre, di una delegittimazione che spesso avviene da parte della politica nei confronti dell'editoria e dei giornalisti contribuendo, quindi, a rendere giornalisti e giornaliste più esposti ai rischi, compresi quelli di natura mafiosa, è fondamentale affermare l'importanza del riconoscimento del lavoro del giornalismo contenuto nel disegno di legge di delegazione europea anche sotto questo punto di vista,

impegna il Governo

a valorizzare gli interventi di aggiornamento della riforma del diritto d'autore, anche alla luce dei danni sull'intero settore creativo ed artistico conseguenti all'emergenza COVID-19.
9/2757/15Lattanzio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;
    la Direttiva ha come obiettivo principale quello di adattare al contesto digitale la protezione del diritto d'autore e in particolare il Titolo IV, Capo 3, quello di rafforzare la posizione degli autori e degli artisti interpreti ed esecutori nell'ambito dello sfruttamento delle loro opere nel mercato dell’online;
    l'articolo 18 della direttiva prevede che gli Stati membri provvedano a che gli autori e gli artisti interpreti ed esecutori, se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere online, abbiano il diritto a ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata;
    il quadro normativo nazionale vigente non prevede che gli artisti interpreti ed esecutori dell'audio ricevano un compenso per gli utilizzi delle loro opere in streaming on demand da parte degli utilizzatori come invece avviene per gli utilizzi cosiddetti lineari;
    tale diritto al compenso è previsto invece per gli artisti interpreti ed esecutori del video, che attraverso le loro organizzazioni collettive negoziano direttamente con le piattaforme la loro remunerazione;
    lo sfruttamento in streaming on demand delle opere musicali ha avuto un incremento del 26 per cento nel 2019;
    i dati della Federazione Industria Musicale Italiana attestano che nel 2020 i ricavi del primo semestre del mercato musicale sono per l'86 per cento dovuti al digitale, di cui l'82 per cento rappresentato dallo streaming;
    appare necessario introdurre una forma di remunerazione volta a tutelare gli artisti interpreti ed esecutori della musica per lo sfruttamento on demand delle loro opere come è già previsto per gli sfruttamenti cosiddetti lineari,

impegna il Governo

in sede di adozione del provvedimento di attuazione della direttiva (UE) 2019/790 a prevedere, ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 1, che gli artisti interpreti o esecutori di fonogrammi che abbiano ceduto i diritti per la messa a disposizione delle loro opere su servizi di musica su richiesta, ricevano una remunerazione adeguata e proporzionata da chi ha effettuato la messa a disposizione, da gestire in forma collettiva secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35.
9/2757/16Fusacchia, Muroni, Fioramonti, Cecconi, Lombardo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;
    la Direttiva ha come obiettivo principale quello di adattare al contesto digitale la protezione del diritto d'autore e in particolare il Titolo IV, Capo 3, quello di rafforzare la posizione degli autori e degli artisti interpreti ed esecutori nell'ambito dello sfruttamento delle loro opere nel mercato dell’online;
    l'articolo 18 della direttiva prevede che gli Stati membri provvedano a che gli autori e gli artisti interpreti ed esecutori, se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere online, abbiano il diritto a ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata;
    il quadro normativo nazionale vigente non prevede che gli artisti interpreti ed esecutori dell'audio ricevano un compenso per gli utilizzi delle loro opere in streaming on demand da parte degli utilizzatori come invece avviene per gli utilizzi cosiddetti lineari;
    tale diritto al compenso è previsto invece per gli artisti interpreti ed esecutori del video, che attraverso le loro organizzazioni collettive negoziano direttamente con le piattaforme la loro remunerazione;
    lo sfruttamento in streaming on demand delle opere musicali ha avuto un incremento del 26 per cento nel 2019;
    i dati della Federazione Industria Musicale Italiana attestano che nel 2020 i ricavi del primo semestre del mercato musicale sono per l'86 per cento dovuti al digitale, di cui l'82 per cento rappresentato dallo streaming;
    appare necessario introdurre una forma di remunerazione volta a tutelare gli artisti interpreti ed esecutori della musica per lo sfruttamento on demand delle loro opere come è già previsto per gli sfruttamenti cosiddetti lineari,

impegna il Governo

in sede di adozione del provvedimento di attuazione della direttiva (UE) 2019/790 a valutare l'opportunità di prevedere, ai sensi dell'articolo 18, paragrafo 1, che gli artisti interpreti o esecutori di fonogrammi che abbiano ceduto i diritti per la messa a disposizione delle loro opere su servizi di musica su richiesta, ricevano una remunerazione adeguata e proporzionata da chi ha effettuato la messa a disposizione, da gestire in forma collettiva secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35.
9/2757/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Fusacchia, Muroni, Fioramonti, Cecconi, Lombardo.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge in esame, all'articolo 22, prevede che nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, il Governo adotti ulteriori principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva in questione sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente;
    tra i prodotti in plastica rientranti nella direttiva UE vi sono anche gli agitatori di bevande, le cosiddetto palette, prodotti con plastica riciclabile ed elementi essenziali per l'erogazione delle bevande calde in quanto strumenti tecnici in grado di alloggiare ed essere sganciati dai distributori automatici e resistere alle alte temperature;
    l'Italia risulta essere leader in Europa nel settore della distribuzione automatica con oltre 820 distributori installati, circa 3.000 imprese di gestione che danno lavoro a oltre 33.000 persone e con un indotto di ulteriori 12 mila posti di lavoro, mentre i consumatori sono circa 25 milioni, risultando in egual modo anche leader nella produzione delle palette di plastica;
    oggi purtroppo l'intero settore sta vivendo una forte crisi dovuta all'emergenza Covid che lo ha portato ad una perdita di fatturato che ha raggiunto picchi del –70 per cento;
    al momento non risultano esistere alternative valide per la totale sostituzione delle palette di plastica, infatti, a fine 2019 le palette di plastica rappresentavano il 97 per cento del totale e quelle di legno (di produzione prevalentemente asiatica) solo l'1 per cento;
    il divieto di immissione sul mercato delle palette in plastica, sancito dall'articolo 5 della Direttiva UE 2019/904, a partire dal prossimo 3 luglio rischierebbe di mettere in difficoltà l'intero settore del vending per la mancanza di un accessorio fondamentale per l'erogazione del servizio;
    le imprese produttrici di palette, situate in diverse aree del Paese dal Piemonte alla Sicilia, in assenza di alternative percorribili, sarebbero costrette a trasformarsi in semplici rivenditori di palette in legno con la conseguente perdita dei posti di lavoro pari a circa il 90 per cento dei dipendenti ad oggi impiegati principalmente nella produzione;
    si rende quindi necessario un intervento che posticipi di almeno un anno il divieto di immissione nel mercato delle palette di plastica previsto dalla direttiva 2019/904, il quale non comporterebbe alcun maggiore onere per la finanza pubblica e risulterebbe fondamentale per l'intera filiera,

impegna il Governo

a differire il divieto di immissione nel mercato degli agitatori per bevande, previsto dalle disposizioni di cui all'articolo 5 della direttiva UE 2019/904, punto 5) della parte B dell'allegato B, in quanto il differimento della misura non comporterebbe ulteriori e maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
9/2757/17Silli, Bologna, Ruffino, Rospi, Napoli.


   La Camera,
   premesso che:
    la proposta di legge in esame, all'articolo 22, prevede che nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, il Governo adotti ulteriori principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva in questione sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente;
    tra i prodotti in plastica rientranti nella direttiva UE vi sono anche gli agitatori di bevande, le cosiddetto palette, prodotti con plastica riciclabile ed elementi essenziali per l'erogazione delle bevande calde in quanto strumenti tecnici in grado di alloggiare ed essere sganciati dai distributori automatici e resistere alle alte temperature;
    l'Italia risulta essere leader in Europa nel settore della distribuzione automatica con oltre 820 distributori installati, circa 3.000 imprese di gestione che danno lavoro a oltre 33.000 persone e con un indotto di ulteriori 12 mila posti di lavoro, mentre i consumatori sono circa 25 milioni, risultando in egual modo anche leader nella produzione delle palette di plastica;
    oggi purtroppo l'intero settore sta vivendo una forte crisi dovuta all'emergenza Covid che lo ha portato ad una perdita di fatturato che ha raggiunto picchi del –70 per cento;
    al momento non risultano esistere alternative valide per la totale sostituzione delle palette di plastica, infatti, a fine 2019 le palette di plastica rappresentavano il 97 per cento del totale e quelle di legno (di produzione prevalentemente asiatica) solo l'1 per cento;
    il divieto di immissione sul mercato delle palette in plastica, sancito dall'articolo 5 della Direttiva UE 2019/904, a partire dal prossimo 3 luglio rischierebbe di mettere in difficoltà l'intero settore del vending per la mancanza di un accessorio fondamentale per l'erogazione del servizio;
    le imprese produttrici di palette, situate in diverse aree del Paese dal Piemonte alla Sicilia, in assenza di alternative percorribili, sarebbero costrette a trasformarsi in semplici rivenditori di palette in legno con la conseguente perdita dei posti di lavoro pari a circa il 90 per cento dei dipendenti ad oggi impiegati principalmente nella produzione;
    si rende quindi necessario un intervento che posticipi di almeno un anno il divieto di immissione nel mercato delle palette di plastica previsto dalla direttiva 2019/904, il quale non comporterebbe alcun maggiore onere per la finanza pubblica e risulterebbe fondamentale per l'intera filiera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in un'ottica di compatibilità con la disciplina euro-unitaria, di consentire una proroga dell'entrata in vigore del divieto di immissione sul mercato degli agitatori per bevande.
9/2757/17. (Testo modificato nel corso della seduta) Silli, Bologna, Ruffino, Rospi, Napoli.


   La Camera,
   premesso che:
    il presente provvedimento è uno dei due strumenti di adeguamento all'ordinamento dell'Unione europea introdotti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea;
    recentemente è entrato in vigore il Regolamento (Ue) 2017/821 sui minerali provenienti da zone di conflitto e ad alto rischio, anche noti come conflict minerals o blood minerals. Il Regolamento, risultato di un lungo processo partito nel 2014, si pone, difatti, l'obiettivo di fermare – attraverso obblighi in materia di dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell'Unione di alcune materie prime originarie di zone di conflitto o ad alto rischio – il commercio di minerali che sono utilizzati per finanziare gruppi armati, che sono causa di lavori forzati e di altre violazioni dei diritti umani e che favoriscono corruzione e riciclaggio di denaro;
    l'articolo 8 del decreto legislativo del 2 febbraio 2021, n. 13 di Attuazione della delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/821, prevede l'istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, del Comitato per il coordinamento delle attività, allo scopo di fornire supporto all'Autorità nello svolgimento delle proprie funzioni;
    il comma 3 dello stesso articolo 8 prevede che, il suddetto Comitato, presenti, in conformità all'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento, una relazione da presentare alla Commissione europea entro il 30 giugno di ogni anno, sull'applicazione del presente regolamento e, in particolare, sulle notifiche di misure correttive emesse dalle loro autorità competenti e sulle relazioni relative agli audit svolti da soggetti terzi messe a disposizione a norma dell'articolo 7, paragrafo 1;
    alla luce dell'importanza di seguire la tracciabilità dei materiali oggetto della normativa anche per il parlamento nazionale,

impegna il Governo

ad adottare, con impellenza, nel prossimo provvedimento utile, misure per rendere obbligatoria la presentazione di una relazione annuale anche alle Camere.
9/2757/18Quartapelle Procopio, Berlinghieri, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    alla fine del 2019, il numero delle procedure di infrazione che vedono coinvolte l'Italia erano 77, rispetto alle 70 registrate a fine 2018. 66 violazioni del diritto europeo e 11 per ritardo nell'attuazione. L'aggiornamento a novembre 2020 ci dice che le procedure a carico dell'Italia è salito a 93, di cui 69 per violazioni del diritto dell'Unione europea e 24 per mancato recepimento di direttive;
    ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, se in una o più aree all'interno di zone o agglomerati si registrano superamenti dei valori limiti di qualità dell'aria, le regioni e le province autonome adottano un piano che stabilisce le misure necessarie ad agire sulle principali sorgenti inquinanti;
    in diverse zone ed agglomerati del territorio nazionale si registrano superamenti dei valori limite di qualità dell'aria per il materiale particolato PM10 ed il biossido di azoto;
    in data 9 settembre 2013, i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, delle Infrastrutture e dei trasporti, delle Politiche agricole, alimentari e forestali e della Salute, insieme con le regioni e le province autonome del Bacino Padano hanno sottoscritto un Accordo di programma per l'adozione coordinata e congiunta di misura per il miglioramento della qualità dell'aria nel Bacino Padano, diretto ad assicurare la realizzazione coordinata e congiunta di misure addizionali di risanamento nell'ambito del processo avviato per il raggiungimento dei valori limite della qualità dell'aria;
    per quanto riguarda il 2020, le regioni del Bacino Padano (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) hanno deliberato di posticipare l'entrata in vigore del divieto di circolazione degli autoveicoli alimentati a diesel di categoria Euro IV dal 1o ottobre 2020 (data originariamente indicata per il blocco alle autovetture alimentate a gasolio ed immatricolate fino al 31 dicembre 2008, secondo le disposizioni varate dall'Accordo di Bacino del 2017) all'11 gennaio 2021;
    alcune regioni, tra cui la Lombardia e il Piemonte, hanno previsto un progetto sperimentale, denominato «Move-In» (acronimo di Monitoraggio dei Veicoli Inquinanti), che promuove modalità innovative per il controllo delle emissioni degli autoveicoli più inquinanti nelle zone regionali soggette ai blocchi del traffico, consentendo ai proprietari di veicoli con motori alimentati a diesel di categoria da Euro 0 a Euro IV di poter percorrere un numero prefissato di chilometri installando sul veicolo una scatola nera che consenta di rilevare le percorrenze reali attraverso il collegamento satellitare ad un'infrastruttura tecnologica dedicata;
    i veicoli di categoria Euro IV sono ad oggi ancora la categoria più numerosa circolante nelle regioni del Bacino Padano; a titolo di esempio può citarsi il caso della Lombardia e del Piemonte, in cui risultano ancora immatricolate, rispettivamente, 935.000 e 418.000 automobili alimentate a diesel di categoria euro IV diesel;
    l'emergenza sanitaria da COVID-19, tutt'ora in corso, ha determinato una crisi economica senza precedenti, con centinaia di migliaia di imprese in grandissima difficoltà e milioni di lavoratori a rischio licenziamento;
    l'impossibilità di poter circolare per i proprietari di vetture di categoria Euro IV, con il conseguente obbligo di sostituire l'auto con una nuova (di categoria Euro V o Euro VI), in questo momento rappresenterebbe un ostacolo insormontabile per numerose attività e lavoratori;
    il 7 marzo 2019 la Commissione Europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di Giustizia dell'Unione europea anche per i superamenti del biossido di azoto;
    negli anni precedenti più volte l'Italia è incorsa a infrazioni dell'Unione europea in merito al superamento alla qualità dell'aria;
    visto lo Stato d'emergenza nazionale riguardo alla pandemia COVID-19 che ha obbligato alla chiusura di numerosissime attività, allo smart working che ha ridotto sensibilmente il traffico automobilistico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di richiedere alla Commissione Europea la sospensione delle infrazioni legate all'inquinamento da PM10, così da consentire alle regioni interessate di differire l'entrata in vigore dei divieti di circolazione dei veicoli alimentati a diesel di categoria Euro IV, sino alla cessazione dell'emergenza sanitaria.
9/2757/19Belotti, Giglio Vigna.


   La Camera,
   premesso che:
    alla fine del 2019, il numero delle procedure di infrazione che vedono coinvolte l'Italia erano 77, rispetto alle 70 registrate a fine 2018. 66 violazioni del diritto europeo e 11 per ritardo nell'attuazione. L'aggiornamento a novembre 2020 ci dice che le procedure a carico dell'Italia è salito a 93, di cui 69 per violazioni del diritto dell'Unione europea e 24 per mancato recepimento di direttive;
    ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, se in una o più aree all'interno di zone o agglomerati si registrano superamenti dei valori limiti di qualità dell'aria, le regioni e le province autonome adottano un piano che stabilisce le misure necessarie ad agire sulle principali sorgenti inquinanti;
    in diverse zone ed agglomerati del territorio nazionale si registrano superamenti dei valori limite di qualità dell'aria per il materiale particolato PM10 ed il biossido di azoto;
    in data 9 settembre 2013, i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, delle Infrastrutture e dei trasporti, delle Politiche agricole, alimentari e forestali e della Salute, insieme con le regioni e le province autonome del Bacino Padano hanno sottoscritto un Accordo di programma per l'adozione coordinata e congiunta di misura per il miglioramento della qualità dell'aria nel Bacino Padano, diretto ad assicurare la realizzazione coordinata e congiunta di misure addizionali di risanamento nell'ambito del processo avviato per il raggiungimento dei valori limite della qualità dell'aria;
    per quanto riguarda il 2020, le regioni del Bacino Padano (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) hanno deliberato di posticipare l'entrata in vigore del divieto di circolazione degli autoveicoli alimentati a diesel di categoria Euro IV dal 1o ottobre 2020 (data originariamente indicata per il blocco alle autovetture alimentate a gasolio ed immatricolate fino al 31 dicembre 2008, secondo le disposizioni varate dall'Accordo di Bacino del 2017) all'11 gennaio 2021;
    alcune regioni, tra cui la Lombardia e il Piemonte, hanno previsto un progetto sperimentale, denominato «Move-In» (acronimo di Monitoraggio dei Veicoli Inquinanti), che promuove modalità innovative per il controllo delle emissioni degli autoveicoli più inquinanti nelle zone regionali soggette ai blocchi del traffico, consentendo ai proprietari di veicoli con motori alimentati a diesel di categoria da Euro 0 a Euro IV di poter percorrere un numero prefissato di chilometri installando sul veicolo una scatola nera che consenta di rilevare le percorrenze reali attraverso il collegamento satellitare ad un'infrastruttura tecnologica dedicata;
    i veicoli di categoria Euro IV sono ad oggi ancora la categoria più numerosa circolante nelle regioni del Bacino Padano; a titolo di esempio può citarsi il caso della Lombardia e del Piemonte, in cui risultano ancora immatricolate, rispettivamente, 935.000 e 418.000 automobili alimentate a diesel di categoria euro IV diesel;
    l'emergenza sanitaria da COVID-19, tutt'ora in corso, ha determinato una crisi economica senza precedenti, con centinaia di migliaia di imprese in grandissima difficoltà e milioni di lavoratori a rischio licenziamento;
    l'impossibilità di poter circolare per i proprietari di vetture di categoria Euro IV, con il conseguente obbligo di sostituire l'auto con una nuova (di categoria Euro V o Euro VI), in questo momento rappresenterebbe un ostacolo insormontabile per numerose attività e lavoratori;
    il 7 marzo 2019 la Commissione Europea ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di Giustizia dell'Unione europea anche per i superamenti del biossido di azoto;
    negli anni precedenti più volte l'Italia è incorsa a infrazioni dell'Unione europea in merito al superamento alla qualità dell'aria;
    visto lo Stato d'emergenza nazionale riguardo alla pandemia COVID-19 che ha obbligato alla chiusura di numerosissime attività, allo smart working che ha ridotto sensibilmente il traffico automobilistico,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di richiedere alla Commissione Europea la sospensione delle procedure di infrazioni legate all'inquinamento da PM10, sino alla cessazione dell'emergenza sanitaria.
9/2757/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Belotti, Giglio Vigna.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 delega il Governo all'adozione, entro dodici mesi, di uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2017 relativo ai dispositivi medici (MDR) e del regolamento (UE) 2017/746 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2017 relativo ai dispositivi medico diagnostici in vitro (IVDR);
    nel corso dell'esame in Senato è stata modificata l'aliquota massima prevista dalla norma di delega in esame, che nel testo originario contemplava una misura massima di 1 punto percentuale;
    ora è prevista l'introduzione, ai fini del finanziamento del governo dei dispositivi medici, dell'obbligo di corresponsione, da parte delle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici, di una quota non superiore allo 0,75 per cento del fatturato – al netto dell'imposta sul valore aggiunto – derivante dalla vendita al Servizio sanitario nazionale dei dispositivi medici e delle grandi apparecchiature;
    la norma introdotta non è prevista da Direttive o da Regolamenti Ue in fase di recepimento, ed inoltre la Commissione europea, vista l'importanza dei dispositivi medici nella lotta alla pandemia da COVID-19, ha proposto agli stati membri l'esenzione temporanea dell'Iva per tali dispositivi;
    in controtendenza rispetto allo scenario l'Italia introduce una nuova tassa sui dispositivi medici proprio mentre questi sono tra le armi più importanti per fronteggiare il coronavirus;
    nel comparto dei dispositivi medici lavorano 4 mila imprese e 94 mila addetti che sono fortemente votate all'innovazione e allo sviluppo, inoltre il settore dei dispositivi medici è leva strategica per un ulteriore incremento di occupati e di indotto, oltre che per garantire efficienza al Ssn,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi della norma in premessa e, qualora negativi, inserire, nel prossimo provvedimento utile la proroga dell'entrata in vigore della presente disposizione sino al momento di dichiarazione di fine pandemia da COVID-19 da parte dell'OMS e di fine stato di emergenza secondo quanto previsto dalla legge numero 225 del 1992.
9/2757/20Bazzaro, Bianchi, Giglio Vigna, Maggioni, Andrea Crippa, Grimoldi, Lucentini, Molinari, Raffaele Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 15 delega il Governo all'adozione, entro dodici mesi, di uno o più decreti legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2017 relativo ai dispositivi medici (MDR) e del regolamento (UE) 2017/746 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2017 relativo ai dispositivi medico diagnostici in vitro (IVDR);
    di tutti i paesi dell'Unione europea solo l'Italia ha deciso di imporre alle imprese un prelievo forzoso per sostenere le attività naturalmente proprie di un ministero, il cui funzionamento viene finanziato, come tutta la Pubblica amministrazione, dalla fiscalità generale;
    quella prevista dalla legge delega è l'ennesima tassa sulle imprese dei dispositivi medici che, oltre a non beneficiare dei ristori, sebbene molte di loro siano ferme per il blocco di molte attività chirurgiche e ambulatoriali per la pandemia, si vedono costretti a dover fare fronte ad un incremento della pressione fiscale;
    paesi come la Francia o la Gran Bretagna stanno attuando politiche di attrazione delle industrie in questo settore, mentre verso il comparto industriale di riferimento continua un atteggiamento che può solo spingere a disinvestire nel nostro Paese;
    l'emergenza da Coronavirus ha evidenziato quanto il settore dei dispositivi medici sia fondamentale per la salute dei cittadini e messo in risalto la necessità di avere una presenza produttiva sul territorio, dimostrato come durante l'intera pandemia la dipendenza di prodotti esteri ci ha costantemente messo nella condizione di non avere quanto necessario nell'immediatezza: dalla mascherina di marzo alle siringhe da utilizzare per le vaccinazioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi della norma in premessa e, qualora negativi, inserire, nel primo provvedimento utile, la previsione che la quota non superiore allo 0,75 per cento del fatturato, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, si applichi esclusivamente alla sola diagnostica in vitro.
9/2757/21Centemero, Giglio Vigna.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 detta princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    il comma 2, lettera ee), aggiunto durante l'esame al Senato, ha come conseguenza una brusca, ingiustificata interruzione del sistema degli incentivi erogati agli operatori del Comparto della produzione di energia elettrica da bioliquidi sostenibili a far data dal 1o gennaio 2023, in anticipo rispetto alla naturale scadenza degli stessi;
    tenuto conto che gli impianti del Comparto producono energia elettrica rinnovabile e programmabile con costi di esercizio (legati, tra gli altri, all'acquisto del bioliquido sostenibile) tali da rendere essenziale il sostegno pubblico, è di palese evidenza che la sospensione anticipata degli incentivi determinerebbe la chiusura immediata dell'intero settore, con gravi e immediate ripercussioni sul fronte occupazionale e sul ceto creditizio, oltre alla perdita integrale di ingenti investimenti sostenuti;
    la norma approvata genera gravi incoerenze sulle tempistiche di implementazione rispetto sia alla RED II, che dovrebbe recepire, sia al Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima – PNIEC adottato a dicembre 2019 dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e dei trasporti. Il PNIEC, infatti, prevede un graduale phase out dei bioliquidi sostenibili dal conteggio delle fonti rinnovabili nel periodo 2024-2030, in coerenza con la scadenza degli incentivi, e non, al contrario, un'interruzione immediata, la quale fra l'altro pregiudicherebbe il raggiungimento degli obiettivi in termini di penetrazione delle fonti rinnovabili sancite sia a livello comunitario che nazionale;
    vi sono alcuni impianti del Comparto considerati essenziali la cui produzione è già stata arrestata per l'assenza di opportune forme di tutela, sebbene insistenti sullo stesso sito industriale di altri impianti tutt'ora in produzione. La RED II prevede, al contempo, che siano oggetto del phase out graduale richiamato unicamente i bioliquidi caratterizzati da un elevato rischio di cambiamento indiretto della destinazione d'uso dei terreni, distinzione non contemplata dalla norma, che invece fa riferimento a non meglio precisate evidenze sugli impatti causati in termini di deforestazione provocate dall'olio di palma e dall'olio di soia. Al riguardo, è doveroso notare che le centrali del Comparto utilizzano esclusivamente bioliquidi certificati sostenibili da soggetti abilitati a livello internazionale e accreditati secondo lo schema nazionale – Sistema Nazionale di Certificazione (SNC), di cui al decreto ministeriale 14 novembre 2019 «Istituzione del Sistema nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi», che aggiorna e sostituisce il previgente decreto ministeriale 23 gennaio 2012;
    se l'obiettivo dell'Emendamento è ridurre la deforestazione, andando a colpire gli unici operatori che insieme ai produttori di biocarburanti utilizzano materie prime certificate sostenibili si ottiene esattamente l'effetto opposto, poiché la produzione di tali materie prime verrebbe «dirottata» verso paesi extra-UE che, non avendo ancora sviluppato una profonda cultura ambientale, non richiedono bioliquidi sostenibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi della norma in premessa e, qualora negativi, inserire, nel primo provvedimento utile, la previsione che la disciplina si applichi in coerenza con le finalità della RED II e del PNIEC. In particolare, che il phase out degli impianti possa essere implementato in modo graduale in linea con la naturale scadenza degli incentivi, promuovendo, al contempo, iniziative di riconversione verso soluzioni efficienti e funzionali alla sicurezza del sistema elettrico.
9/2757/22Bianchi, Andrea Crippa, Maggioni, Bazzaro, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Molinari, Raffaele Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 detta princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    il comma 2, lettera ee), aggiunto durante l'esame al Senato, ha come conseguenza una brusca, ingiustificata interruzione del sistema degli incentivi erogati agli operatori del Comparto della produzione di energia elettrica da bioliquidi sostenibili a far data dal 1o gennaio 2023, in anticipo rispetto alla naturale scadenza degli stessi;
    tenuto conto che gli impianti del Comparto producono energia elettrica rinnovabile e programmabile con costi di esercizio (legati, tra gli altri, all'acquisto del bioliquido sostenibile) tali da rendere essenziale il sostegno pubblico, è di palese evidenza che la sospensione anticipata degli incentivi determinerebbe la chiusura immediata dell'intero settore, con gravi e immediate ripercussioni sul fronte occupazionale e sul ceto creditizio, oltre alla perdita integrale di ingenti investimenti sostenuti;
    la norma approvata genera gravi incoerenze sulle tempistiche di implementazione rispetto sia alla RED II, che dovrebbe recepire, sia al Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima – PNIEC adottato a dicembre 2019 dal Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e dei trasporti. Il PNIEC, infatti, prevede un graduale phase out dei bioliquidi sostenibili dal conteggio delle fonti rinnovabili nel periodo 2024-2030, in coerenza con la scadenza degli incentivi, e non, al contrario, un'interruzione immediata, la quale fra l'altro pregiudicherebbe il raggiungimento degli obiettivi in termini di penetrazione delle fonti rinnovabili sancite sia a livello comunitario che nazionale;
    vi sono alcuni impianti del Comparto considerati essenziali la cui produzione è già stata arrestata per l'assenza di opportune forme di tutela, sebbene insistenti sullo stesso sito industriale di altri impianti tutt'ora in produzione. La RED II prevede, al contempo, che siano oggetto del phase out graduale richiamato unicamente i bioliquidi caratterizzati da un elevato rischio di cambiamento indiretto della destinazione d'uso dei terreni, distinzione non contemplata dalla norma, che invece fa riferimento a non meglio precisate evidenze sugli impatti causati in termini di deforestazione provocate dall'olio di palma e dall'olio di soia. Al riguardo, è doveroso notare che le centrali del Comparto utilizzano esclusivamente bioliquidi certificati sostenibili da soggetti abilitati a livello internazionale e accreditati secondo lo schema nazionale – Sistema Nazionale di Certificazione (SNC), di cui al decreto ministeriale 14 novembre 2019 «Istituzione del Sistema nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi», che aggiorna e sostituisce il previgente decreto ministeriale 23 gennaio 2012;
    se l'obiettivo dell'Emendamento è ridurre la deforestazione, andando a colpire gli unici operatori che insieme ai produttori di biocarburanti utilizzano materie prime certificate sostenibili si ottiene esattamente l'effetto opposto, poiché la produzione di tali materie prime verrebbe «dirottata» verso paesi extra-UE che, non avendo ancora sviluppato una profonda cultura ambientale, non richiedono bioliquidi sostenibili,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi della norma in premessa, verificandone la coerenza con le finalità della direttiva RED II e del PNIEC.
9/2757/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Bianchi, Andrea Crippa, Maggioni, Bazzaro, Giglio Vigna, Grimoldi, Lucentini, Molinari, Raffaele Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito della situazione pandemica da COVID-19, l'OMS e le autorità sanitarie europee e nazionali hanno più volte chiarito che i rischi conseguenti alla situazione epidemica potranno essere realmente sotto controllo solo quando sarà disponibile un vaccino contro il virus;
    il 17 giugno 2020 la Commissione europea ha adottato la Strategia dell'Unione europea per i vaccini contro la COVID-19 (COM(2020) 245), per accelerare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di vaccini anti COVID-19. Un vaccino sicuro ed efficace è la migliore scommessa per superare la pandemia;
    nell'ambito della sua strategia sui vaccini la Commissione ha concluso accordi con singoli produttori di vaccini per conto dei paesi dell'UE. Una volta disponibili, dimostratisi sicuri ed efficaci e autorizzati a livello dell'UE, come definito nel documento sulla strategia «tutti gli Stati membri avranno accesso ai vaccini anti COVID-19 contemporaneamente e la distribuzione avverrà proporzionalmente alla popolazione per garantire un accesso equo»;
    il 19 gennaio 2021 la Commissione europea ha adottato una comunicazione in cui invita gli Stati membri ad accelerare la diffusione dei vaccini in tutta l'UE. Entro marzo 2021, dovrebbero essere vaccinati almeno l'80 per cento della popolazione di età superiore agli 80 anni e l'80 per cento degli operatori sanitari e sociali in ogni Stato membro. Entro l'autunno 2021 gli Stati membri dovrebbero avere vaccinato almeno il 70 per cento dell'intera popolazione adulta;
    notizie di questi giorni confermano ritardi sia nelle consegne per quanto riguarda dosi di vaccino approvate e ritardi nelle autorizzazioni da parte di Ema,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivare tutti gli strumenti in proprio possesso presso la Commissione europea al fine di fare in modo che Ema concentri tutte le proprie risorse, in particolare del comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell'Agenzia, che completi le valutazioni che stabiliscono per consenso che vi sono dati sufficientemente solidi di qualità, sicurezza ed efficacia dei vaccini che hanno concluso le sperimentazioni e quindi raccomandarne una formale autorizzazione all'immissione in commercio.
9/2757/23Giglio Vigna, Bazzaro, Bianchi, Maggioni, Andrea Crippa, Grimoldi, Lucentini, Molinari, Raffaele Volpi.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e per l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    l'articolo 22, introdotto al Senato nel corso dell'esame del provvedimento, prevede specifici princìpi e criteri direttivi che il Governo dovrà osservare per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente (comunemente conosciuta come Direttiva SUP – Single Use Plastics);
    l'articolo 22, comma 1, lettera c), stabilisce che ove non sia possibile l'uso di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso destinati ad entrare in contatto con alimenti elencati nella parte B dell'allegato alla direttiva (UE) 2019/904 – inerente i divieti di immissione in mercato – prevedere la «graduale restrizione all'immissione sul mercato» dei medesimi prodotti nel rispetto dei termini temporali previsti dalla suddetta direttiva 2019/904, consentendone l'immissione nel mercato qualora realizzati in plastica biodegradabile e compostabile certificata conforme allo standard europeo EN1 3432 e con percentuali crescenti di materia prima rinnovabile;
    l'articolo 22, comma 1, lettera g), dispone l'abrogazione dell'articolo 226-quater del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, contestualmente al recepimento della direttiva (UE) 2019/904;
    la direttiva (UE) 2019/904, al considerando 11), nel far riferimento alla definizione di plastica – solitamente intesa come polimero a cui sono stati aggiunti additivi – afferma che i polimeri naturali non modificati non dovrebbero essere inclusi nella direttiva poiché presenti naturalmente nell'ambiente, mentre la plastica fabbricata con polimeri naturali modificati o con sostanze di partenza a base organica, fossili o sintetiche non è presente in natura e dovrebbe pertanto rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva; la definizione adattata di plastica – recita il considerando – dovrebbe pertanto coprire gli articoli in gomma a base polimerica e la plastica a base organica e biodegradabile, a prescindere dal fatto che siano derivati da biomassa o destinati a biodegradarsi nel tempo;
    l'articolo 3, punto 1), della direttiva 2019/904, definisce «plastica» il materiale costituito da un polimero quale definito all'articolo 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006, cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze, e che può funzionare come componente strutturale principale dei prodotti finiti, a eccezione dei polimeri naturali che non sono stati modificati chimicamente, mentre il punto 16) definisce «plastica biodegradabile» la plastica in grado di subire una decomposizione fisica, biologica grazie alla quale finisce per decomporsi in biossido di carbonio (CO2), biomassa e acqua, ed è, secondo le norme europee in materia di imballaggi, recuperabile mediante compostaggio e digestione anaerobica;
    il contenuto del citato articolo 22, comma 1, lettera c), laddove mira a consentire l'immissione nel mercato dei prodotti di plastica monouso, destinati ad entrare in contatto con alimenti, elencati nella parte B dell'allegato alla direttiva, qualora realizzati in plastica biodegradabile e compostabile, introduce una deroga rispetto alla definizione di plastica dettata dalla direttiva europea, che sembra ricomprendere anche tale tipologia di plastica tra quelle sottoposte a limitazione e divieto;
    la parte B dell'allegato alla direttiva (UE) 2019/904 reca l'elenco dei prodotti di plastica monouso la cui immissione sul mercato è vietata in base all'articolo 5, tra i quali sono presenti anche i piatti monouso;
    l'articolo 17, paragrafo 1, della direttiva SUP stabilisce che le norme di cui all'articolo 5 della medesima direttiva si applicano a decorrere dal 3 luglio 2021;
    l'articolo 51, commi da 3-sexies a 3-novies, del decreto-legge n. 104 del 2020 (cosiddetto Decreto Agosto), come convertito in legge, introduce disposizioni per favorire i processi di riciclaggio del polietilentereftalato utilizzato negli imballaggi per alimenti, consentendo, per la produzione di bottiglie in polietilentereftalato, l'impiego fino al 100 per cento di polietilentereftalato riciclato;
    le disposizioni, di cui all'articolo 51, commi da 3-sexies a 3-novies, del decreto-legge n. 104 del 2020, si inseriscono nell'ottica di sviluppo nell'utilizzo della plastica riciclata, in un'ottica di economia circolare, all'interno di un regime di riciclo a circuito chiuso, pratica incoraggiata anche dalla direttiva europea in recepimento;
    il sistema di riciclo a circuito chiuso è un processo in cui i rifiuti vengono raccolti, riciclati e riutilizzati per fabbricare lo stesso prodotto da cui derivano, evitando così la dispersione nell'ambiente;
    la Strategia europea per la plastica intende sostenere l'istituzione di un'economia circolare in cui la progettazione e la produzione di plastica e di prodotti di plastica rispondano pienamente alle esigenze di riutilizzo, riparazione e riciclaggio, e in cui siano sviluppati e promossi materiali più sostenibili, e, per garantire l'uso circolare della plastica, è necessario promuovere la diffusione dei materiali riciclati sul mercato;
    il considerando 14 della direttiva (UE) 2019/904 afferma che gli Stati membri, nell'attuare gli obblighi derivanti dalla direttiva, dovrebbero provvedere affinché le misure siano proporzionate e non discriminatorie, incoraggiando altresì l'impiego di prodotti che, dopo essere divenuti rifiuti, possano essere preparati per essere riutilizzati e riciclati;
    l'articolo 226-quater del decreto legislativo n. 152/2006, introdotto dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) segnava una innovativa «via italiana alla sostenibilità delle stoviglie in plastica» in quanto prevedeva, fra l'altro, la possibilità di continuare a produrre ed utilizzare piatti, posate e bicchieri in plastica fino al 2023, a condizione che si realizzassero flussi crescenti di riciclo di questi prodotti, e di utilizzo nella loro produzione di plastiche da riciclo, in applicazione del concetto di economia circolare;
    l'Italia ha introdotto la plastic tax, o imposta sul consumo dei manufatti con singolo impegno (MACSI), con legge 27 dicembre 2019, n. 160 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), in particolare all'articolo 1, commi da 634 a 658, la cui entrata in vigore, da ultimo con la legge di bilancio per il 2021, è stata fissata al 1o luglio 2021;
    la Decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio del 14 dicembre 2020, relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom, prevede una nuova categoria di risorse proprie basata su contributi nazionali calcolati sulla base dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati generati in ciascuno Stato membro, con un'aliquota uniforme di prelievo pari a 0,80 euro per chilogrammo;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, Professor Giuseppe Conte, nella conferenza stampa in diretta televisiva del 24 marzo 2020, ha correttamente ricordato ai cittadini ed alla stampa che «se noi oggi mangiamo del cibo del supermercato c’è una base di polistirolo su cui questo cibo è depositato e c’è una pellicola trasparente (a proteggerlo)...»;
    il settore industriale della plastica ha profuso, sin dall'inizio dell'emergenza COVID-19, ogni sforzo possibile per continuare a rifornire il Paese e i cittadini dei beni essenziali realizzati in materie plastiche, anche allontanando ogni logica speculativa e commerciale ed arrivando a mettere stoviglie monouso in plastica, interamente realizzate in Italia e da aziende dislocate su tutto il territorio nazionale, gratuitamente a disposizione delle Autorità alle prese con l'emergenza;
    l'industria della plastica, ed il relativo indotto, è uno dei settori produttivi che, in special modo in Italia, contribuisce ingentemente al prodotto interno lordo;
    in Italia, nel 2018 si sono contate 11.000 imprese coinvolte nella filiera (corrispondente al 22 per cento del totale europeo), con un fatturato pari circa a 30 miliardi di euro, per un livello di occupazione di circa 95.000 addetti;
    le nuove regole atte a disciplinare la produzione e il consumo della plastica devono essere, da una parte, rispettose del principio di transizione ecologica e sviluppo sostenibile, in applicazione dei principi dell'economia circolare, e, dall'altra, devono tuttavia risultare volte a salvaguardare i livelli occupazionali ed economici che il settore ha registrato nel corso del tempo;
    il rischio è che le disposizioni sino a questo momento emanate o in corso di approvazione conducano unicamente ad una recessione del settore, con conseguenze depressive gravi per tutto il sistema Italia,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di consentire, in un'ottica di economia circolare, l'immissione in commercio di piatti monouso in plastica, assoggettandoli a un regime di riciclo a circuito chiuso, come per le bottiglie in polietilentereftalato, in deroga a quanto previsto dalla direttiva (UE) 2019/904, così come già fatto con la plastica biodegradabile e compostabile, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, lettera c), del provvedimento in esame;
   a valutare l'opportunità di prevedere un ulteriore rinvio della cosiddetta plastic tax e ad una sua rimodulazione, al fine di evitare il più possibile il rischio di un forte contraccolpo economico per le imprese del settore sia in termini di fatturato, sia sui livelli occupazionali, consentendo così alle stesse, in un congruo periodo di tempo, di adeguare i propri impianti alle nuove disposizioni previste dal recepimento della normativa europea, oggetto dell'articolo 22 del provvedimento in esame.
9/2757/24Lucchini, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e per l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    l'articolo 22, introdotto al Senato nel corso dell'esame del provvedimento, prevede specifici princìpi e criteri direttivi che il Governo dovrà osservare per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente (comunemente conosciuta come Direttiva SUP – Single Use Plastics);
    l'articolo 22, comma 1, lettera c), stabilisce che ove non sia possibile l'uso di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso destinati ad entrare in contatto con alimenti elencati nella parte B dell'allegato alla direttiva (UE) 2019/904 – inerente i divieti di immissione in mercato – prevedere la «graduale restrizione all'immissione sul mercato» dei medesimi prodotti nel rispetto dei termini temporali previsti dalla suddetta direttiva 2019/904, consentendone l'immissione nel mercato qualora realizzati in plastica biodegradabile e compostabile certificata conforme allo standard europeo EN1 3432 e con percentuali crescenti di materia prima rinnovabile;
    l'articolo 22, comma 1, lettera g), dispone l'abrogazione dell'articolo 226-quater del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, contestualmente al recepimento della direttiva (UE) 2019/904;
    la direttiva (UE) 2019/904, al considerando 11), nel far riferimento alla definizione di plastica – solitamente intesa come polimero a cui sono stati aggiunti additivi – afferma che i polimeri naturali non modificati non dovrebbero essere inclusi nella direttiva poiché presenti naturalmente nell'ambiente, mentre la plastica fabbricata con polimeri naturali modificati o con sostanze di partenza a base organica, fossili o sintetiche non è presente in natura e dovrebbe pertanto rientrare nell'ambito di applicazione della direttiva; la definizione adattata di plastica – recita il considerando – dovrebbe pertanto coprire gli articoli in gomma a base polimerica e la plastica a base organica e biodegradabile, a prescindere dal fatto che siano derivati da biomassa o destinati a biodegradarsi nel tempo;
    l'articolo 3, punto 1), della direttiva 2019/904, definisce «plastica» il materiale costituito da un polimero quale definito all'articolo 3, punto 5), del regolamento (CE) n. 1907/2006, cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze, e che può funzionare come componente strutturale principale dei prodotti finiti, a eccezione dei polimeri naturali che non sono stati modificati chimicamente, mentre il punto 16) definisce «plastica biodegradabile» la plastica in grado di subire una decomposizione fisica, biologica grazie alla quale finisce per decomporsi in biossido di carbonio (CO2), biomassa e acqua, ed è, secondo le norme europee in materia di imballaggi, recuperabile mediante compostaggio e digestione anaerobica;
    il contenuto del citato articolo 22, comma 1, lettera c), laddove mira a consentire l'immissione nel mercato dei prodotti di plastica monouso, destinati ad entrare in contatto con alimenti, elencati nella parte B dell'allegato alla direttiva, qualora realizzati in plastica biodegradabile e compostabile, introduce una deroga rispetto alla definizione di plastica dettata dalla direttiva europea, che sembra ricomprendere anche tale tipologia di plastica tra quelle sottoposte a limitazione e divieto;
    la parte B dell'allegato alla direttiva (UE) 2019/904 reca l'elenco dei prodotti di plastica monouso la cui immissione sul mercato è vietata in base all'articolo 5, tra i quali sono presenti anche i piatti monouso;
    l'articolo 17, paragrafo 1, della direttiva SUP stabilisce che le norme di cui all'articolo 5 della medesima direttiva si applicano a decorrere dal 3 luglio 2021;
    l'articolo 51, commi da 3-sexies a 3-novies, del decreto-legge n. 104 del 2020 (cosiddetto Decreto Agosto), come convertito in legge, introduce disposizioni per favorire i processi di riciclaggio del polietilentereftalato utilizzato negli imballaggi per alimenti, consentendo, per la produzione di bottiglie in polietilentereftalato, l'impiego fino al 100 per cento di polietilentereftalato riciclato;
    le disposizioni, di cui all'articolo 51, commi da 3-sexies a 3-novies, del decreto-legge n. 104 del 2020, si inseriscono nell'ottica di sviluppo nell'utilizzo della plastica riciclata, in un'ottica di economia circolare, all'interno di un regime di riciclo a circuito chiuso, pratica incoraggiata anche dalla direttiva europea in recepimento;
    il sistema di riciclo a circuito chiuso è un processo in cui i rifiuti vengono raccolti, riciclati e riutilizzati per fabbricare lo stesso prodotto da cui derivano, evitando così la dispersione nell'ambiente;
    la Strategia europea per la plastica intende sostenere l'istituzione di un'economia circolare in cui la progettazione e la produzione di plastica e di prodotti di plastica rispondano pienamente alle esigenze di riutilizzo, riparazione e riciclaggio, e in cui siano sviluppati e promossi materiali più sostenibili, e, per garantire l'uso circolare della plastica, è necessario promuovere la diffusione dei materiali riciclati sul mercato;
    il considerando 14 della direttiva (UE) 2019/904 afferma che gli Stati membri, nell'attuare gli obblighi derivanti dalla direttiva, dovrebbero provvedere affinché le misure siano proporzionate e non discriminatorie, incoraggiando altresì l'impiego di prodotti che, dopo essere divenuti rifiuti, possano essere preparati per essere riutilizzati e riciclati;
    l'articolo 226-quater del decreto legislativo n. 152/2006, introdotto dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) segnava una innovativa «via italiana alla sostenibilità delle stoviglie in plastica» in quanto prevedeva, fra l'altro, la possibilità di continuare a produrre ed utilizzare piatti, posate e bicchieri in plastica fino al 2023, a condizione che si realizzassero flussi crescenti di riciclo di questi prodotti, e di utilizzo nella loro produzione di plastiche da riciclo, in applicazione del concetto di economia circolare;
    l'Italia ha introdotto la plastic tax, o imposta sul consumo dei manufatti con singolo impegno (MACSI), con legge 27 dicembre 2019, n. 160 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), in particolare all'articolo 1, commi da 634 a 658, la cui entrata in vigore, da ultimo con la legge di bilancio per il 2021, è stata fissata al 1o luglio 2021;
    la Decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio del 14 dicembre 2020, relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom, prevede una nuova categoria di risorse proprie basata su contributi nazionali calcolati sulla base dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati generati in ciascuno Stato membro, con un'aliquota uniforme di prelievo pari a 0,80 euro per chilogrammo;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, Professor Giuseppe Conte, nella conferenza stampa in diretta televisiva del 24 marzo 2020, ha correttamente ricordato ai cittadini ed alla stampa che «se noi oggi mangiamo del cibo del supermercato c’è una base di polistirolo su cui questo cibo è depositato e c’è una pellicola trasparente (a proteggerlo)...»;
    il settore industriale della plastica ha profuso, sin dall'inizio dell'emergenza COVID-19, ogni sforzo possibile per continuare a rifornire il Paese e i cittadini dei beni essenziali realizzati in materie plastiche, anche allontanando ogni logica speculativa e commerciale ed arrivando a mettere stoviglie monouso in plastica, interamente realizzate in Italia e da aziende dislocate su tutto il territorio nazionale, gratuitamente a disposizione delle Autorità alle prese con l'emergenza;
    l'industria della plastica, ed il relativo indotto, è uno dei settori produttivi che, in special modo in Italia, contribuisce ingentemente al prodotto interno lordo;
    in Italia, nel 2018 si sono contate 11.000 imprese coinvolte nella filiera (corrispondente al 22 per cento del totale europeo), con un fatturato pari circa a 30 miliardi di euro, per un livello di occupazione di circa 95.000 addetti;
    le nuove regole atte a disciplinare la produzione e il consumo della plastica devono essere, da una parte, rispettose del principio di transizione ecologica e sviluppo sostenibile, in applicazione dei principi dell'economia circolare, e, dall'altra, devono tuttavia risultare volte a salvaguardare i livelli occupazionali ed economici che il settore ha registrato nel corso del tempo;
    il rischio è che le disposizioni sino a questo momento emanate o in corso di approvazione conducano unicamente ad una recessione del settore, con conseguenze depressive gravi per tutto il sistema Italia,

impegna il Governo:

   compatibilmente con le esigenze di sostenibilità finanziaria e nel rispetto dei saldi di finanza pubblica (considerato che gli eventuali effetti di natura finanziaria potranno essere stimati in occasione della redazione da parte del Governo dei decreti attuativi ad esso delegati dal Parlamento):
    a valutare la possibilità di consentire, in un'ottica di economia circolare e di compatibilità con la disciplina euro-unitaria, l'immissione in commercio di piatti monouso in plastica, assoggettandoli a un regime di riciclo a circuito chiuso, come per le bottiglie, così come già fatto con la plastica biodegradabile e compostabile, ai sensi dell'articolo 22, comma 1, lettera c), del provvedimento in esame;
    a valutare l'opportunità di prevedere un ulteriore rinvio della cosiddetta plastic tax e ad una sua rimodulazione, al fine di evitare il più possibile il rischio di un forte contraccolpo economico per le imprese del settore sia in termini di fatturato, sia sui livelli occupazionali, consentendo così alle stesse, in un congruo periodo di tempo, di adeguare i propri impianti alle nuove disposizioni previste dal recepimento della normativa europea, oggetto dell'articolo 22 del provvedimento in esame.
9/2757/24. (Testo modificato nel corso della seduta) Lucchini, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e per l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    l'articolo 22, introdotto nel corso dell'esame sul provvedimento da parte del Senato, introduce princìpi e criteri direttivi che il Governo dovrà osservare per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente (comunemente conosciuta come Direttiva SUR – Single Use Plastics);
    l'articolo 22, comma 1, lettera e), include i bicchieri di plastica tra i prodotti monouso cui si applica l'articolo 4 della direttiva (UE) 2019/904, che prevede la riduzione ambiziosa e duratura del consumo di determinati prodotti in plastica monouso elencati nella parte A dell'allegato alla già menzionata direttiva;
    l'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/904 prevede che gli Stati membri provvedono a che ciascun prodotto di plastica monouso elencato nella parte D dell'allegato alla medesima direttiva e immesso sul mercato rechi sull'imballaggio o sul prodotto stesso una marcatura in caratteri grandi, chiaramente leggibili e indelebili che comunica ai consumatori una serie di informazioni elencate nel predetto articolo;
    l'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2019/904 conferisce il mandato alla Commissione europea, entro il 3 luglio 2020, ad adottare un atto di esecuzione che stabilisce le specifiche armonizzate per la marcatura di cui al predetto paragrafo 1;
    l'articolo 17, paragrafo 1, stabilisce che le norme di cui all'articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva si applicano a decorrere dal 3 luglio 2021;
    in applicazione dell'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2019/904, la Commissione europea ha licenziato il 17 dicembre u.s. il Regolamento di esecuzione (UE) 2020/2151 che reca disposizioni relative alle specifiche di marcatura armonizzate per i prodotti di plastica monouso elencati nella parte D dell'allegato della direttiva (UE) 2019/904;
    l'articolo 4, paragrafo 2, del citato Regolamento di esecuzione conferma che i requisiti armonizzati di marcatura in esso contenuti si applicano a decorrere dal 3 luglio 2021;
    i requisiti di marcatura per i bicchieri monouso, previsti dal Regolamento di esecuzione, con le tecnologie di trasformazione disponibili, significano un bando « de facto» di tali prodotti, parimenti a piatti e posate, non avendo le imprese la possibilità di implementare gli adempimenti richiesti nei tempi disponibili,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di proporre alla Commissione europea una deroga nell'applicazione dell'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/904, al fine di consentire alle imprese di adeguare la propria produzione ai nuovi requisiti;
   a prevedere opportuni finanziamenti per l'adeguamento delle imprese del settore della plastica ai nuovi requisiti di marcatura, di cui all'articolo 7 della direttiva (UE) 2019/904;
   a valutare l'opportunità di definire in maniera chiara i prodotti oggetto delle norme che verranno introdotte con il recepimento della direttiva (UE) 2019/904, specificando in quale misura e secondo quali parametri dovrà essere realizzata la riduzione ambiziosa e duratura del consumo di determinati prodotti in plastica monouso, tra i quali i bicchieri.
9/2757/25Benvenuto, Lucchini, Badole, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni di delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e per l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    l'articolo 22, introdotto nel corso dell'esame sul provvedimento da parte del Senato, introduce princìpi e criteri direttivi che il Governo dovrà osservare per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente (comunemente conosciuta come Direttiva SUR – Single Use Plastics);
    l'articolo 22, comma 1, lettera e), include i bicchieri di plastica tra i prodotti monouso cui si applica l'articolo 4 della direttiva (UE) 2019/904, che prevede la riduzione ambiziosa e duratura del consumo di determinati prodotti in plastica monouso elencati nella parte A dell'allegato alla già menzionata direttiva;
    l'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/904 prevede che gli Stati membri provvedono a che ciascun prodotto di plastica monouso elencato nella parte D dell'allegato alla medesima direttiva e immesso sul mercato rechi sull'imballaggio o sul prodotto stesso una marcatura in caratteri grandi, chiaramente leggibili e indelebili che comunica ai consumatori una serie di informazioni elencate nel predetto articolo;
    l'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2019/904 conferisce il mandato alla Commissione europea, entro il 3 luglio 2020, ad adottare un atto di esecuzione che stabilisce le specifiche armonizzate per la marcatura di cui al predetto paragrafo 1;
    l'articolo 17, paragrafo 1, stabilisce che le norme di cui all'articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva si applicano a decorrere dal 3 luglio 2021;
    in applicazione dell'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2019/904, la Commissione europea ha licenziato il 17 dicembre u.s. il Regolamento di esecuzione (UE) 2020/2151 che reca disposizioni relative alle specifiche di marcatura armonizzate per i prodotti di plastica monouso elencati nella parte D dell'allegato della direttiva (UE) 2019/904;
    l'articolo 4, paragrafo 2, del citato Regolamento di esecuzione conferma che i requisiti armonizzati di marcatura in esso contenuti si applicano a decorrere dal 3 luglio 2021;
    i requisiti di marcatura per i bicchieri monouso, previsti dal Regolamento di esecuzione, con le tecnologie di trasformazione disponibili, significano un bando « de facto» di tali prodotti, parimenti a piatti e posate, non avendo le imprese la possibilità di implementare gli adempimenti richiesti nei tempi disponibili,

impegna il Governo:

   compatibilmente con le esigenze di sostenibilità finanziaria e nel rispetto dei saldi di finanza pubblica:
    a valutare l'opportunità di proporre alla Commissione europea una deroga nell'applicazione dell'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2019/904, al fine di consentire alle imprese di adeguare la propria produzione ai nuovi requisiti;
    a prevedere opportuni finanziamenti per l'adeguamento delle imprese del settore della plastica ai nuovi requisiti di marcatura, di cui all'articolo 7 della direttiva (UE) 2019/904;
    a valutare l'opportunità di definire in maniera chiara i prodotti oggetto delle norme che verranno introdotte con il recepimento della direttiva (UE) 2019/904, specificando in quale misura e secondo quali parametri dovrà essere realizzata la riduzione ambiziosa e duratura del consumo di determinati prodotti in plastica monouso, tra i quali i bicchieri.
9/2757/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Benvenuto, Lucchini, Badole, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22, introdotto nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, prevede principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, comunemente conosciuta come Direttiva SUP – Single Use Plastics;
    l'industria della plastica, ed il relativo indotto, con 11.000 imprese coinvolte nella filiera, nel 2018 (corrispondente al 22 per cento del totale europeo) e con un fatturato pari circa a 30 miliardi di euro, per un livello di occupazione di circa 95.000 addetti, è uno dei settori produttivi che, in Italia, contribuisce ingentemente al prodotto interno lordo;
    nell'ambito della crisi generale del settore, il comparto delle aziende che producono palette in plastica per il caffè o tè per i distributori automatici, vive una grave difficoltà nell'avvicinarsi della data del 3 luglio 2021, in cui la Direttiva Europea sulla Plastica Monouso, la 2019/904/UE, vieta l'immissione sul mercato del proprio prodotto;
    il problema è che non esiste un'alternativa immediata per la sostituzione totale delle palette in plastica: la bioplastica compostabile non regge alle alte temperature delle bevande calde (caffè, tè ecc.) mentre il legno, che non ha la certificazione di riciclabilità, è proveniente interamente dall'estero;
    la pandemia da COVID-19 ha peggiorato la situazione bloccando, per mancanza di fondi, le attività di ricerca delle aziende interessate ai fini dell'individuazione e sviluppo di nuovi materiali;
    in assenza di alternative percorribili, le aziende di palette di plastica dovrebbero trasformarsi, in tempi brevissimi, da produttori leader a livello internazionale a semplici rivenditori di palette in legno con un grave impatto in termini di fatturato e di perdita di posti di lavoro; anche i macchinari, non potendo essere riconvertiti, potrebbero solo essere dismessi con una perdita di valore di diversi milioni di euro;
    infatti, l'Italia è la nazione leader a livello internazionale nel settore della distribuzione automatica di alimenti e bevande, con oltre 800 mila distributori automatici installati in Italia contro i 500 mila presenti in Germania o in Francia; in Italia operano oltre 3 mila aziende che gestiscono distributori automatici che assicurano lavoro a 33 mila persone a cui si aggiungono altre 12 mila dell'indotto;
    la leadership italiana nel settore della distribuzione automatica ha fatto sì che anche la produzione di palette in plastica per il settore del vending si sia concentrata nel nostro Paese; dal Nord al Sud ci sono circa 7 aziende specializzate nella produzione di palette in plastica dei distributori automatici che vendono in tutto il mondo;
    inoltre, le palette, prodotte in Italia e certificate per l'uso alimentare sono riciclabili al 100 per cento e l'associazione di categoria «Confida» le ha inserite all'interno di RiVending (www.rivending.eu), un progetto di raccolta e riciclo della plastica di bicchierini e palette dei distributori automatici;
    si tratta, pertanto, di una produzione italiana di grande qualità che purtroppo rischia di scomparire, con gravi perdite di posti di lavoro qualora le nostre aziende non riescano di testare e sviluppare nuovi materiali compatibili con i nuovi standard europei;
    l'articolo 22, comma 1, lettera c), del disegno di legge in esame stabilisce che ove non sia possibile l'uso di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso destinati ad entrare in contatto con alimenti elencati nella parte B dell'allegato alla direttiva (UE) 2019/904 – inerente i divieti di immissione sul mercato – prevedere la «graduale restrizione all'immissione sul mercato» dei medesimi prodotti nel rispetto dei termini temporali previsti dalla suddetta direttiva 2019/904, consentendone l'immissione nel mercato qualora realizzati in plastica biodegradabile e compostabile certificata conforme allo standard europeo ENI3432 e con percentuali crescenti di materia prima rinnovabile;
    la data del 3 luglio 2021, entro cui la direttiva 2019/904/UE prevede il divieto di immissione sul mercato di alcuni prodotti di plastica monouso, si presenta molto ravvicinata, anche in considerazione del ritardo registrato nell'emanazione della legge di delegazione per il 2019-2020 e delle difficoltà cui sono sottoposte le imprese a causa dell'emergenza pandemica da COVID-19;
    le nuove regole atte a disciplinare la produzione e il consumo della plastica devono, da una parte, essere rispettose del principio di transizione ecologica e sviluppo sostenibile, in applicazione dei principi dell'economia circolare, e, dall'altra, devono salvaguardare i livelli occupazionali ed economici che il settore ha registrato nel corso del tempo,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per consentire una proroga dell'entrata in vigore del divieto di immissione sul mercato di palette in plastica per le bevande calde (caffè, tè ecc.) per distributori automatici, per almeno un anno ossia al 3 luglio 2022, in modo da concedere un tempo congruo alle aziende per poter testare e sviluppare nuovi materiali, compatibili con i nuovi standard europei, rispettando il principio di transizione ecologica e sviluppo sostenibile e contestualmente salvaguardando i livelli occupazionali ed economici che il settore ha registrato nel nostro Paese.
9/2757/26Valbusa, Lucchini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22, introdotto nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, prevede principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, comunemente conosciuta come Direttiva SUP – Single Use Plastics;
    l'industria della plastica, ed il relativo indotto, con 11.000 imprese coinvolte nella filiera, nel 2018 (corrispondente al 22 per cento del totale europeo) e con un fatturato pari circa a 30 miliardi di euro, per un livello di occupazione di circa 95.000 addetti, è uno dei settori produttivi che, in Italia, contribuisce ingentemente al prodotto interno lordo;
    nell'ambito della crisi generale del settore, il comparto delle aziende che producono palette in plastica per il caffè o tè per i distributori automatici, vive una grave difficoltà nell'avvicinarsi della data del 3 luglio 2021, in cui la Direttiva Europea sulla Plastica Monouso, la 2019/904/UE, vieta l'immissione sul mercato del proprio prodotto;
    il problema è che non esiste un'alternativa immediata per la sostituzione totale delle palette in plastica: la bioplastica compostabile non regge alle alte temperature delle bevande calde (caffè, tè ecc.) mentre il legno, che non ha la certificazione di riciclabilità, è proveniente interamente dall'estero;
    la pandemia da COVID-19 ha peggiorato la situazione bloccando, per mancanza di fondi, le attività di ricerca delle aziende interessate ai fini dell'individuazione e sviluppo di nuovi materiali;
    in assenza di alternative percorribili, le aziende di palette di plastica dovrebbero trasformarsi, in tempi brevissimi, da produttori leader a livello internazionale a semplici rivenditori di palette in legno con un grave impatto in termini di fatturato e di perdita di posti di lavoro; anche i macchinari, non potendo essere riconvertiti, potrebbero solo essere dismessi con una perdita di valore di diversi milioni di euro;
    infatti, l'Italia è la nazione leader a livello internazionale nel settore della distribuzione automatica di alimenti e bevande, con oltre 800 mila distributori automatici installati in Italia contro i 500 mila presenti in Germania o in Francia; in Italia operano oltre 3 mila aziende che gestiscono distributori automatici che assicurano lavoro a 33 mila persone a cui si aggiungono altre 12 mila dell'indotto;
    la leadership italiana nel settore della distribuzione automatica ha fatto sì che anche la produzione di palette in plastica per il settore del vending si sia concentrata nel nostro Paese; dal Nord al Sud ci sono circa 7 aziende specializzate nella produzione di palette in plastica dei distributori automatici che vendono in tutto il mondo;
    inoltre, le palette, prodotte in Italia e certificate per l'uso alimentare sono riciclabili al 100 per cento e l'associazione di categoria «Confida» le ha inserite all'interno di RiVending (www.rivending.eu), un progetto di raccolta e riciclo della plastica di bicchierini e palette dei distributori automatici;
    si tratta, pertanto, di una produzione italiana di grande qualità che purtroppo rischia di scomparire, con gravi perdite di posti di lavoro qualora le nostre aziende non riescano di testare e sviluppare nuovi materiali compatibili con i nuovi standard europei;
    l'articolo 22, comma 1, lettera c), del disegno di legge in esame stabilisce che ove non sia possibile l'uso di alternative riutilizzabili ai prodotti di plastica monouso destinati ad entrare in contatto con alimenti elencati nella parte B dell'allegato alla direttiva (UE) 2019/904 – inerente i divieti di immissione sul mercato – prevedere la «graduale restrizione all'immissione sul mercato» dei medesimi prodotti nel rispetto dei termini temporali previsti dalla suddetta direttiva 2019/904, consentendone l'immissione nel mercato qualora realizzati in plastica biodegradabile e compostabile certificata conforme allo standard europeo ENI3432 e con percentuali crescenti di materia prima rinnovabile;
    la data del 3 luglio 2021, entro cui la direttiva 2019/904/UE prevede il divieto di immissione sul mercato di alcuni prodotti di plastica monouso, si presenta molto ravvicinata, anche in considerazione del ritardo registrato nell'emanazione della legge di delegazione per il 2019-2020 e delle difficoltà cui sono sottoposte le imprese a causa dell'emergenza pandemica da COVID-19;
    le nuove regole atte a disciplinare la produzione e il consumo della plastica devono, da una parte, essere rispettose del principio di transizione ecologica e sviluppo sostenibile, in applicazione dei principi dell'economia circolare, e, dall'altra, devono salvaguardare i livelli occupazionali ed economici che il settore ha registrato nel corso del tempo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in un'ottica di compatibilità con la disciplina euro-unitaria, di consentire una proroga dell'entrata in vigore del divieto di immissione sul mercato di palette in plastica per le bevande calde per distributori automatici, per almeno un anno ossia al 3 luglio 2022, in modo da concedere un tempo congruo alle aziende per poter testare e sviluppare nuovi materiali, compatibili con i nuovi standard europei, rispettando il principio di transizione ecologica e sviluppo sostenibile.
9/2757/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Valbusa, Lucchini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento in esame reca «Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili»;
    l'articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019 (cosiddetto «Milleproroghe»), convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8 ha introdotto la possibilità di attivare l'autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili ovvero di realizzare comunità energetiche rinnovabili, nelle more del completo recepimento della direttiva citata;
    le comunità energetiche si svilupperanno grazie a un modello virtuale, non essendo necessaria la realizzazione di reti fisiche; tale modello, grazie alla sua semplicità e flessibilità, consente di attivare rapidamente l'elevato potenziale di mercato connesso a questa tipologia di configurazioni; i benefici connessi alla partecipazione a una comunità energetica non consistono nella riduzione dei consumi elettrici dalla rete oppure nella riduzione del valore della bolletta elettrica, bensì nel riconoscimento di un incentivo connesso alla valorizzazione dell'energia condivisa; tale incentivo è corrisposto dal GSE al referente delle comunità energetiche che a sua volta provvederà a riconoscerlo ai membri della comunità;
    il comma 1 lettera h) del citato articolo 5 del provvedimento in esame, pur ribadendo l'assoluta centralità del modello virtuale, prevede che una parte della valorizzazione connessa all'energia condivisa – ossia, la quota connessa alla materia prima – debba essere scorporata dalla bolletta elettrica di ciascun membro della comunità energetica;
    tale disposizione introduce all'interno di un modello virtuale un elemento tipico dei modelli fisici, complicando notevolmente la gestione dei flussi informativi da parte dei soggetti istituzionali deputati alla loro gestione, nonché l'elaborazione delle bollette da parte dei venditori
    peraltro, non apporta nessun tipo di vantaggio economico ai consumatori membri delle comunità energetiche, introducendo piuttosto un elemento di rigidità che in alcuni casi potrà persino limitare il potenziale di sviluppo dell'autoconsumo;
    la disposizione citata, rendendo necessario l'inserimento di valori di consumo multipli all'interno della bolletta dei membri della comunità energetica, complica la lettura delle fatture da parte del consumatore, ostacolando il processo di piena comprensione delle forniture e, in senso più generale, del mercato;
    un'ulteriore criticità è rappresentata dalla previsione che all'interno della bolletta elaborata da un fornitore venga inserito uno sconto riconducibile alla presenza di una comunità energetica a cui lo stesso fornitore potrebbe essere del tutto estraneo, trasferendo al consumatore un'informazione ambigua e foriera di fraintendimento sulla genesi dello sconto applicato,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte ad evitare che, in sede di recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, la disposizione sul vincolo dello scorporo della quota energia dalla bolletta elettrica di cui al comma 1 lettera h) dell'articolo 5 del provvedimento in esame comporti complicazioni e ostacoli in capo agli operatori di mercato e ai consumatori, tali da impedire il pieno sviluppo dell'autoconsumo e delle comunità energetiche rinnovabili.
9/2757/27Patassini, Lucchini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento in esame reca «Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili»;
    l'articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019 (cosiddetto «Milleproroghe»), convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8 ha introdotto la possibilità di attivare l'autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili ovvero di realizzare comunità energetiche rinnovabili, nelle more del completo recepimento della direttiva citata;
    le comunità energetiche si svilupperanno grazie a un modello virtuale, non essendo necessaria la realizzazione di reti fisiche; tale modello, grazie alla sua semplicità e flessibilità, consente di attivare rapidamente l'elevato potenziale di mercato connesso a questa tipologia di configurazioni; i benefici connessi alla partecipazione a una comunità energetica non consistono nella riduzione dei consumi elettrici dalla rete oppure nella riduzione del valore della bolletta elettrica, bensì nel riconoscimento di un incentivo connesso alla valorizzazione dell'energia condivisa; tale incentivo è corrisposto dal GSE al referente delle comunità energetiche che a sua volta provvederà a riconoscerlo ai membri della comunità;
    il comma 1 lettera h) del citato articolo 5 del provvedimento in esame, pur ribadendo l'assoluta centralità del modello virtuale, prevede che una parte della valorizzazione connessa all'energia condivisa – ossia, la quota connessa alla materia prima – debba essere scorporata dalla bolletta elettrica di ciascun membro della comunità energetica;
    tale disposizione introduce all'interno di un modello virtuale un elemento tipico dei modelli fisici, complicando notevolmente la gestione dei flussi informativi da parte dei soggetti istituzionali deputati alla loro gestione, nonché l'elaborazione delle bollette da parte dei venditori
    peraltro, non apporta nessun tipo di vantaggio economico ai consumatori membri delle comunità energetiche, introducendo piuttosto un elemento di rigidità che in alcuni casi potrà persino limitare il potenziale di sviluppo dell'autoconsumo;
    la disposizione citata, rendendo necessario l'inserimento di valori di consumo multipli all'interno della bolletta dei membri della comunità energetica, complica la lettura delle fatture da parte del consumatore, ostacolando il processo di piena comprensione delle forniture e, in senso più generale, del mercato;
    un'ulteriore criticità è rappresentata dalla previsione che all'interno della bolletta elaborata da un fornitore venga inserito uno sconto riconducibile alla presenza di una comunità energetica a cui lo stesso fornitore potrebbe essere del tutto estraneo, trasferendo al consumatore un'informazione ambigua e foriera di fraintendimento sulla genesi dello sconto applicato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative, anche di carattere normativo, utili a rivedere o semplificare la disposizione sul vincolo dello scorporo della quota energia dalla bolletta elettrica di cui al comma 1 lettera h) dell'articolo 5 del provvedimento in esame in modo da favorire il pieno sviluppo dell'autoconsumo e delle comunità energetiche rinnovabili.
9/2757/27. (Testo modificato nel corso della seduta) Patassini, Lucchini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Parolo, Raffaelli, Valbusa, Vallotto, Squeri.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22, comma 1, lettera b), indica tra i criteri e i principi direttivi cui dovrà uniformarsi il decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, anche il seguente: «Incoraggiare l'uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, alternativi a quelli monouso comunque realizzati, per quanto riguarda i materiali destinati a entrare in contatto con alimenti, conformemente a quanto previsto dall'articolo 11, secondo comma, della direttiva (UE) 2019/904, anche attraverso la messa a disposizione del consumatore finale, presso i punti vendita, di prodotti riutilizzabili, opportunamente definiti nelle loro caratteristiche tecniche in modo da garantire effettivi, molteplici utilizzi, comunque nel rispetto della normativa in materia di igiene e sicurezza degli alimenti»;
    nel condividere l'obiettivo generale di favorire i concetti di sostenibilità e riutilizzabilità, occorre ricordare anche l'importanza della cosiddetta valutazione del ciclo di vita, la metodologia che permette di quantificare gli impatti ambientali relativi a un bene o a un servizio;
    in merito si segnala che nel Gennaio 2021 EPPA (European Paper Packagin Alliance) ha presentato alle Istituzioni europee e alle rappresentanze degli Stati membri presso la UE uno studio di Valutazione del ciclo di vita che confronta un sistema di imballaggio in carta monouso completo con la sua alternativa riutilizzabile;
    lo studio conclude che il sistema monouso mostra vantaggi ambientali significativi, se confrontato con un sistema in polipropilene multiuso equivalente o con manufatti di materiali considerati «tradizionali» al cui riutilizzo si associano rilevanti consumi di acqua ed energia per il riutilizzo,

impegna il Governo

a introdurre in sede di attuazione della direttiva (UE) 2019/904 meccanismi di valutazione del ciclo di vita in modo da costruire un sistema che non penalizzi per principio quei materiali monouso che per le loro caratteristiche intrinseche risultano pienamente sostenibili se paragonati ad altri materiali riutilizzabili.
9/2757/28Colla, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Dara, Lucchini, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22, comma 1, lettera b), indica tra i criteri e i principi direttivi cui dovrà uniformarsi il decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, anche il seguente: «Incoraggiare l'uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, alternativi a quelli monouso comunque realizzati, per quanto riguarda i materiali destinati a entrare in contatto con alimenti, conformemente a quanto previsto dall'articolo 11, secondo comma, della direttiva (UE) 2019/904, anche attraverso la messa a disposizione del consumatore finale, presso i punti vendita, di prodotti riutilizzabili, opportunamente definiti nelle loro caratteristiche tecniche in modo da garantire effettivi, molteplici utilizzi, comunque nel rispetto della normativa in materia di igiene e sicurezza degli alimenti»;
    nel condividere l'obiettivo generale di favorire i concetti di sostenibilità e riutilizzabilità, occorre ricordare anche l'importanza della cosiddetta valutazione del ciclo di vita, la metodologia che permette di quantificare gli impatti ambientali relativi a un bene o a un servizio;
    in merito si segnala che nel Gennaio 2021 EPPA (European Paper Packagin Alliance) ha presentato alle Istituzioni europee e alle rappresentanze degli Stati membri presso la UE uno studio di Valutazione del ciclo di vita che confronta un sistema di imballaggio in carta monouso completo con la sua alternativa riutilizzabile;
    lo studio conclude che il sistema monouso mostra vantaggi ambientali significativi, se confrontato con un sistema in polipropilene multiuso equivalente o con manufatti di materiali considerati «tradizionali» al cui riutilizzo si associano rilevanti consumi di acqua ed energia per il riutilizzo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in un'ottica di compatibilità con la disciplina euro-unitaria, di tenere conto in sede di attuazione della direttiva (UE) 2019/904 dei meccanismi di valutazione del ciclo di vita in modo da costruire un sistema che non penalizzi per principio quei materiali monouso che per le loro caratteristiche intrinseche risultano pienamente sostenibili se paragonati ad altri materiali riutilizzabili.
9/2757/28. (Testo modificato nel corso della seduta) Colla, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Dara, Lucchini, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ottobre 2019, col recepimento della V direttiva UE cosiddetto «antiriciclaggio» (2018/843) è stato modificato tra gli altri l'articolo 12 del decreto legislativo n. 231 del 2007 attraverso l'interposizione di una nuova declinazione di «segreto d'ufficio» sulle informazioni in possesso delle autorità del cosiddetto «perimetro delle segnalazioni di operazioni sospette-SOS». Conseguentemente, la UIF non può più scambiare informazioni con le Forze di polizia, circostanza che ha prodotto effetti negativi sull'attività di prevenzione e contrasto a molteplici fattispecie criminali, comprese quelle molto gravi quali i delitti in materia di terrorismo;
    nel giugno 2019 l'Unione europea aveva già approvato la direttiva 2019/1153, recante «uso di informazioni finanziarie per la prevenzione, accertamento e indagine di determinati reati», che, in particolare, intende rafforzare la collaborazione tra le FIU e gli organi di law enforcement nazionali, prevedendo forme reciproche di accesso a informazioni finanziarie e investigative. In controtendenza rispetto alla ratio della direttiva europea si è oggi confermata l'impostazione restrittiva già sostenuta in occasione del recepimento della richiamata V direttiva, autorizzando allo scambio di informazioni con la UIF esclusivamente la Direzione investigativa antimafia e il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza;
    al fine di restituire la massima efficacia al sistema nazionale di prevenzione e contrasto del terrorismo, così come dei più gravi reati, occorre ripristinare la facoltà di scambio di informazioni tra le Forze di polizia e la UIF (rimossa nel 2019 col recepimento della V direttiva);
    si tratta di un intervento che consentirebbe agli assetti antiterrorismo nazionali di ottenere tempestivamente informazioni di vitale importanza per l'efficace conduzione di indagini complesse e che ne costituiscono segmento operativo essenziale sia in fase preventiva che repressiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di inserire in un prossimo provvedimento utile l'indicazione esplicita, tra le autorità di cui all'articolo 3, paragrafo 2 della direttiva 2019/1153, dei Servizi centrali di polizia giudiziaria delle tre Forze di polizia in aggiunta ai già previsti DIA e Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza.
9/2757/29Maggioni, Ferrari, Pagani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge reca i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
    in particolare, tra i principi e i criteri direttivi da seguire, la lettera h) del suddetto articolo prescrive che nel caso di utilizzo on line delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione, trovino adeguata tutela i diritti degli editori e quelli degli autori di tali pubblicazioni e ciò in ossequio all'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento;
    tale articolo 15 prevede una tutela giuridica armonizzata per gli utilizzi on line delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione, mediante l'introduzione di diritti connessi al diritto d'autore per la riproduzione e messa a disposizione del pubblico di tali pubblicazioni;
    in particolare, con l'obiettivo di promuovere il giornalismo di qualità e l'accesso da parte dei cittadini alle informazioni e fatte salve le eccezioni di cui al paragrafo 1 dell'articolo 15 della citata direttiva, viene riconosciuto agli editori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione o comunicazione al pubblico delle pubblicazioni di carattere giornalistico, con l'obiettivo di assicurare agli editori maggiore controllo sull'utilizzo dei propri contenuti;
    non può non rilevare a tal proposito il considerando 61 della direttiva oggetto di recepimento laddove afferma che le «disposizioni non dovrebbero incidere sulla libertà contrattuale, i titolari dei diritti non dovrebbero essere obbligati a rilasciare un'autorizzazione o a concludere accordi di licenza»;
    ciò è stato ribadito dalla Commissione europea in una recente risposta all'interrogazione E-004603/2020 in seno al Parlamento europeo, secondo la quale gli Stati membri non possono attuare l'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento prevedendo un meccanismo obbligatorio di gestione collettiva, in quanto tale meccanismo priverebbe gli editori della possibilità di esercitare autonomamente il diritto esclusivo sopra richiamato;
   considerato che:
    il rispetto del principio della libertà contrattuale – principio cardine del diritto dell'Unione europea – si pone alla base dello sviluppo di un efficiente mercato dei diritti d'autore e diritti connessi a tutela non solo degli operatori coinvolti ma anche degli utenti che in un mercato dinamico e concorrenziale avrebbero sicuramente una più ampia e varia offerta di contenuti;
    tale principio non preclude la facoltà in capo agli editori di affidare per propria scelta a terzi la gestione dei diritti connessi ad essi afferenti,

impegna il Governo

in fase di esercizio della delega, in linea con le disposizioni della direttiva oggetto di recepimento e come chiarito nella risposta all'interrogazione citata in premessa, ad assicurare che il rispetto del richiamato principio della libertà contrattuale venga preservato, anche nel caso di mancato accordo tra le parti, escludendo meccanismi obbligatori di gestione collettiva ed evitando di prevedere ruoli di tipo arbitrale per l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel definire delle condizioni della utilizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali.
9/2757/30Foscolo, Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge reca i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
    in particolare, tra i principi e i criteri direttivi da seguire, la lettera h) del suddetto articolo prescrive che nel caso di utilizzo on line delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione, trovino adeguata tutela i diritti degli editori e quelli degli autori di tali pubblicazioni e ciò in ossequio all'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento;
    tale articolo 15 prevede una tutela giuridica armonizzata per gli utilizzi on line delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione, mediante l'introduzione di diritti connessi al diritto d'autore per la riproduzione e messa a disposizione del pubblico di tali pubblicazioni;
    in particolare, con l'obiettivo di promuovere il giornalismo di qualità e l'accesso da parte dei cittadini alle informazioni e fatte salve le eccezioni di cui al paragrafo 1 dell'articolo 15 della citata direttiva, viene riconosciuto agli editori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione o comunicazione al pubblico delle pubblicazioni di carattere giornalistico, con l'obiettivo di assicurare agli editori maggiore controllo sull'utilizzo dei propri contenuti;
    non può non rilevare a tal proposito il considerando 61 della direttiva oggetto di recepimento laddove afferma che le «disposizioni non dovrebbero incidere sulla libertà contrattuale, i titolari dei diritti non dovrebbero essere obbligati a rilasciare un'autorizzazione o a concludere accordi di licenza»;
    ciò è stato ribadito dalla Commissione europea in una recente risposta all'interrogazione E-004603/2020 in seno al Parlamento europeo, secondo la quale gli Stati membri non possono attuare l'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento prevedendo un meccanismo obbligatorio di gestione collettiva, in quanto tale meccanismo priverebbe gli editori della possibilità di esercitare autonomamente il diritto esclusivo sopra richiamato;
   considerato che:
    il rispetto del principio della libertà contrattuale – principio cardine del diritto dell'Unione europea – si pone alla base dello sviluppo di un efficiente mercato dei diritti d'autore e diritti connessi a tutela non solo degli operatori coinvolti ma anche degli utenti che in un mercato dinamico e concorrenziale avrebbero sicuramente una più ampia e varia offerta di contenuti;
    tale principio non preclude la facoltà in capo agli editori di affidare per propria scelta a terzi la gestione dei diritti connessi ad essi afferenti,

impegna il Governo

in fase di esercizio della delega, in linea con le disposizioni della direttiva oggetto di recepimento e come chiarito nella risposta all'interrogazione citata in premessa, a valutare l'opportunità di assicurare che il rispetto del richiamato principio della libertà contrattuale venga preservato, anche nel caso di mancato accordo tra le parti, escludendo meccanismi obbligatori di gestione collettiva ed evitando di prevedere ruoli di tipo arbitrale per l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel definire delle condizioni della utilizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali.
9/2757/30. (Testo modificato nel corso della seduta) Foscolo, Bianchi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 reca princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, cosiddetta RED II, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    tra questi, al comma 1 la lettera ee) prevede di escludere a partire dal 1o gennaio 2023, dagli obblighi di miscelazione al combustibile diesel e dalla produzione elettrica rinnovabile, così come dal relativo conteggio delle fonti rinnovabili e dai sussidi di mercato, quali certificati di immissione in consumo (CIC), ex certificati verdi (CV) o tariffe onnicomprensive (TO), le seguenti materie prime: 1) olio di palma, fasci di frutti di olio di palma vuoti, acidi grassi derivanti dal trattamento dei frutti di palma da olio (PFAD); 2) olio di soia e acidi grassi derivanti dal trattamento della soia di importazione;
   considerato che:
    la Direttiva RED II prevede che – a partire dal 2024 e in modo progressivo – siano oggetto di graduale esclusione unicamente i biocarburanti e i bioliquidi caratterizzati da un elevato rischio di cambiamento indiretto della destinazione d'uso dei terreni, in coerenza con la scadenza delle convenzioni in corso adottate in ottemperanza alla vigente normativa nazionale e comunitaria;
    in Italia gli impianti del comparto utilizzano esclusivamente biocarburanti e bioliquidi sostenibili certificati da soggetti abilitati a livello internazionale e accreditati in ottemperanza alla normativa nazionale (Sistema Nazionale di Certificazione di cui al decreto ministeriale 14 novembre 2019 «Istituzione del Sistema nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi», che aggiorna e sostituisce il previgente decreto ministeriale 23 gennaio 2012) che:
     nel settore dei trasporti assicurano l'utilizzo di quote crescenti di energia rinnovabile, oggi pari al 9 per cento di cui più del 70 per cento deriva da olio di palma, olio di soia, distillati o residui di oli vegetali sostenibili. Pertanto, l'eliminazione dell'olio di palma per la produzione di biodiesel si rifletterebbe in un marcato aumento dei costi della componente bio nei carburanti, penalizzando il consumatore italiano rispetto a quello europeo senza benefici né per il comparto industriale né per quello agricolo;
     garantiscono la generazione di circa 7 TWh annui di energia elettrica rinnovabile e programmabile e sono distribuiti su tutto il territorio nazionale con una potenza installata complessiva di circa 800 MW, con una tecnologia interamente sviluppata in Italia, e assicurano energia elettrica e termica ad attività industriali caratterizzate da elevati assorbimenti energetici;
   ritenuto che:
    l'esclusione anticipata prevista dalla disposizione pone a rischio gli ingenti investimenti messi in campo in Italia e, in questo periodo di forte crisi per il settore, ulteriormente colpito dall'emergenza pandemica, può determinare la chiusura immediata degli impianti, con gravi e immediate ripercussioni sul fronte occupazionale e la perdita integrale di ingenti investimenti sostenuti dagli operatori per il legittimo affidamento su una normativa nazionale e comunitaria improvvisamente ritrattata;
    l'esclusione anticipata prevista dalla disposizione, in contrasto con la naturale scadenza degli incentivi erogati e delle convenzioni in essere, rappresenta un ulteriore ostacolo al raggiungimento degli obiettivi in termini di incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili stabiliti attualmente al 2030 sia a livello comunitario che nazionale;
    l'esclusione anticipata rende impossibile per i soggetti obbligati il rispetto degli obblighi di miscelazione della normativa in vigore sui biocarburanti e non consentirebbe di traguardare gli obiettivi del PNIEC fissati dal Governo italiano sulla penetrazione delle fonti rinnovabili nel settore trasporti al 2030; inoltre, violerebbe la Direttiva RED II che prevede, al 2030, l'eliminazione unicamente dei prodotti ad elevato ILUC, ma non consente l'eliminazione di quelli a basso ILUC perfettamente sostenibili né dei loro residui e sottoprodotti,

impegna il Governo:

   a garantire che l'attuazione della disposizione richiamata eserciti i propri effetti salvaguardando il mantenimento e la prosecuzione delle attività, delle convenzioni in essere e degli investimenti attualmente in corso, nel rispetto dei criteri, delle tempistiche e dei termini stabiliti dalla Direttiva (UE) 2018/2001;
   a promuovere iniziative di riconversione all'utilizzo di altre materie prime rinnovabili, o di soluzioni funzionali a garantire la sicurezza del sistema elettrico al fine di facilitare una graduale transizione degli impianti di generazione elettrica esistenti, molti dei quali realizzati in aree a destinazione industriale;
   a promuovere iniziative finalizzate allo sviluppo dei biocarburanti prodotti da sottoprodotti e rifiuti, dei biocarburanti avanzati e degli e-fuels, attraverso la progressiva trasformazione di infrastrutture strategiche esistenti nell'ottica della decarbonizzazione delle diverse modalità di trasporti;
   salvaguardare le convenzioni ai sensi della legislazione nazionale nel settore della produzione di energia elettrica da bioliquidi, nel rispetto del legittimo affidamento e della certezza del diritto.
9/2757/31Dara, Lucchini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del disegno di legge di delegazione europea 2019-2020 reca princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, cosiddetta RED II, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    tra questi, al comma 1 la lettera ee) prevede di escludere a partire dal 1o gennaio 2023, dagli obblighi di miscelazione al combustibile diesel e dalla produzione elettrica rinnovabile, così come dal relativo conteggio delle fonti rinnovabili e dai sussidi di mercato, quali certificati di immissione in consumo (CIC), ex certificati verdi (CV) o tariffe onnicomprensive (TO), le seguenti materie prime: 1) olio di palma, fasci di frutti di olio di palma vuoti, acidi grassi derivanti dal trattamento dei frutti di palma da olio (PFAD); 2) olio di soia e acidi grassi derivanti dal trattamento della soia di importazione;
   considerato che:
    la Direttiva RED II prevede che – a partire dal 2024 e in modo progressivo – siano oggetto di graduale esclusione unicamente i biocarburanti e i bioliquidi caratterizzati da un elevato rischio di cambiamento indiretto della destinazione d'uso dei terreni, in coerenza con la scadenza delle convenzioni in corso adottate in ottemperanza alla vigente normativa nazionale e comunitaria;
    in Italia gli impianti del comparto utilizzano esclusivamente biocarburanti e bioliquidi sostenibili certificati da soggetti abilitati a livello internazionale e accreditati in ottemperanza alla normativa nazionale (Sistema Nazionale di Certificazione di cui al decreto ministeriale 14 novembre 2019 «Istituzione del Sistema nazionale di certificazione della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi», che aggiorna e sostituisce il previgente decreto ministeriale 23 gennaio 2012) che:
     nel settore dei trasporti assicurano l'utilizzo di quote crescenti di energia rinnovabile, oggi pari al 9 per cento di cui più del 70 per cento deriva da olio di palma, olio di soia, distillati o residui di oli vegetali sostenibili. Pertanto, l'eliminazione dell'olio di palma per la produzione di biodiesel si rifletterebbe in un marcato aumento dei costi della componente bio nei carburanti, penalizzando il consumatore italiano rispetto a quello europeo senza benefici né per il comparto industriale né per quello agricolo;
     garantiscono la generazione di circa 7 TWh annui di energia elettrica rinnovabile e programmabile e sono distribuiti su tutto il territorio nazionale con una potenza installata complessiva di circa 800 MW, con una tecnologia interamente sviluppata in Italia, e assicurano energia elettrica e termica ad attività industriali caratterizzate da elevati assorbimenti energetici;
   ritenuto che:
    l'esclusione anticipata prevista dalla disposizione pone a rischio gli ingenti investimenti messi in campo in Italia e, in questo periodo di forte crisi per il settore, ulteriormente colpito dall'emergenza pandemica, può determinare la chiusura immediata degli impianti, con gravi e immediate ripercussioni sul fronte occupazionale e la perdita integrale di ingenti investimenti sostenuti dagli operatori per il legittimo affidamento su una normativa nazionale e comunitaria improvvisamente ritrattata;
    l'esclusione anticipata prevista dalla disposizione, in contrasto con la naturale scadenza degli incentivi erogati e delle convenzioni in essere, rappresenta un ulteriore ostacolo al raggiungimento degli obiettivi in termini di incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili stabiliti attualmente al 2030 sia a livello comunitario che nazionale;
    l'esclusione anticipata rende impossibile per i soggetti obbligati il rispetto degli obblighi di miscelazione della normativa in vigore sui biocarburanti e non consentirebbe di traguardare gli obiettivi del PNIEC fissati dal Governo italiano sulla penetrazione delle fonti rinnovabili nel settore trasporti al 2030; inoltre, violerebbe la Direttiva RED II che prevede, al 2030, l'eliminazione unicamente dei prodotti ad elevato ILUC, ma non consente l'eliminazione di quelli a basso ILUC perfettamente sostenibili né dei loro residui e sottoprodotti,

impegna il Governo a valutare l'opportunità di:

   garantire che l'attuazione della disposizione richiamata eserciti i propri effetti salvaguardando il mantenimento e la prosecuzione delle attività, delle convenzioni in essere e degli investimenti attualmente in corso, nel rispetto dei criteri, delle tempistiche e dei termini stabiliti dalla Direttiva (UE) 2018/2001;
   promuovere iniziative di riconversione all'utilizzo di altre materie prime rinnovabili, o di soluzioni funzionali a garantire la sicurezza del sistema elettrico al fine di facilitare una graduale transizione degli impianti di generazione elettrica esistenti, molti dei quali realizzati in aree a destinazione industriale;
   promuovere iniziative finalizzate allo sviluppo dei biocarburanti prodotti da sottoprodotti e rifiuti, dei biocarburanti avanzati e degli e-fuels, attraverso la progressiva trasformazione di infrastrutture strategiche esistenti nell'ottica della decarbonizzazione delle diverse modalità di trasporti;
   salvaguardare le convenzioni ai sensi della legislazione nazionale nel settore della produzione di energia elettrica da bioliquidi, nel rispetto del legittimo affidamento e della certezza del diritto.
9/2757/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Dara, Lucchini, Badole, Benvenuto, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del disegno di legge di delegazione europea reca princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    tra questi, al comma 1 la lettera ee) prevede di escludere a partire dal 1o gennaio 2023, dagli obblighi di miscelazione al combustibile diesel e dalla produzione elettrica rinnovabile, così come dal relativo conteggio delle fonti rinnovabili e dai sussidi di mercato, quali certificati di immissione in consumo (CIC), ex certificati verdi (CV) o tariffe onnicomprensive (TO), le seguenti materie prime: 1) olio di palma, fasci di frutti di olio di palma vuoti, acidi grassi derivanti dal trattamento dei frutti di palma da olio (PFAD); 2) olio di soia e acidi grassi derivanti dal trattamento della soia di importazione;
   considerato che:
    la Direttiva (UE) 2018/2001 prevede che siano oggetto di graduale esclusione – a partire dal 2024 e in modo progressivo – unicamente i biocarburanti e i bioliquidi caratterizzati da un elevato rischio di cambiamento indiretto della destinazione d'uso dei terreni, in coerenza con la scadenza delle convenzioni in corso adottate in ottemperanza alla vigente normativa nazionale e comunitaria;
    in Italia gli impianti del comparto utilizzano esclusivamente biocarburanti e bioliquidi sostenibili certificati da soggetti abilitati a livello internazionale e accreditati in ottemperanza alla normativa nazionale che:
    nel settore dei trasporti assicurano l'utilizzo di quote crescenti di energia rinnovabile, oggi pari al 10 per cento di cui più del 70 per cento deriva da olio di palma, olio di soia, distillati o residui di oli vegetali sostenibili. Pertanto, l'eliminazione dell'olio di palma per la produzione di biodiesel si rifletterebbe in un marcato aumento dei costi della componente bio nei carburanti, penalizzando il consumatore italiano rispetto a quello europeo senza benefici né per il comparto industriale né per quello agricolo;
    garantiscono la generazione di circa 7 TWh annui di energia elettrica rinnovabile e programmabile e sono distribuiti su tutto il territorio nazionale con una potenza installata complessiva di circa 800 MW, con una tecnologia interamente sviluppata in Italia, e assicurano energia elettrica e termica ad attività industriali caratterizzate da elevati assorbimenti energetici;
   ritenuto che:
    l'esclusione anticipata prevista dalla disposizione pone a rischio gli ingenti investimenti messi in campo in Italia e, in questo periodo di forte crisi per il settore, ulteriormente colpito dall'emergenza pandemica, può determinare la chiusura immediata degli impianti, con gravi e immediate ripercussioni sul fronte occupazionale e la perdita integrale di ingenti investimenti sostenuti dagli operatori per il legittimo affidamento su una normativa nazionale e comunitaria improvvisamente ritrattata;
    l'esclusione anticipata prevista dalla disposizione, in contrasto con la naturale scadenza degli incentivi erogati e delle convenzioni in essere, pregiudica il raggiungimento degli obiettivi in termini di incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili stabiliti attualmente al 2030 sia a livello comunitario che nazionale;
    l'esclusione anticipata rende impossibile per i soggetti obbligati rispettare gli obblighi di miscelazione della normativa in vigore sui biocarburanti e non consentirebbe di traguardare gli obiettivi del PNIEC fissati dal Governo italiano sulla penetrazione delle fonti rinnovabili nel settore trasporti al 2030; inoltre, violerebbe la Direttiva RED II che prevede, al 2030, l'eliminazione unicamente dei prodotti ad elevato ILUC, ma non consente l'eliminazione di quelli a basso ILUC perfettamente sostenibili né dei loro residui e sottoprodotti,

impegna il Governo a valutare l'opportunità di:

   garantire che l'attuazione della disposizione richiamata eserciti i propri effetti salvaguardando il mantenimento e la prosecuzione delle attività, delle convenzioni in essere e degli investimenti attualmente in corso, nel rigoroso rispetto dei criteri, delle tempistiche e dei termini stabiliti dalla Direttiva (UE) 2018/2001;
   promuovere iniziative di riconversione all'utilizzo di altre materie prime rinnovabili, o di soluzioni funzionali a garantire la sicurezza del sistema elettrico al fine di facilitare una graduale transizione degli impianti di generazione elettrica esistenti, molti dei quali realizzati in aree a destinazione industriale;
   promuovere iniziative finalizzate allo sviluppo dei biocarburanti prodotti da sottoprodotti e rifiuti, dei biocarburanti avanzati e degli e-fuels, attraverso la progressiva trasformazione di infrastrutture strategiche esistenti nell'ottica della decarbonizzazione delle diverse modalità di trasporti;
   salvaguardare le convenzioni ai sensi della legislazione nazionale nel settore della produzione di energia elettrica da bioliquidi, nel rispetto del legittimo affidamento e della certezza del diritto.
9/2757/32Benamati, De Luca, Berlinghieri, Bonomo, Campana, De Maria, Gavino Manca, Sensi, Zardini, Pizzetti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 7 del provvedimento reca la delega al Governo per l'attuazione nell'ordinamento interno della direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che ha disciplinato i casi di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare;
    la filiera agroalimentare ha una rilevanza socio-economica di primo piano nell'economia italiana; la peculiarità del nostro paese è quella di un sistema agroalimentare molto articolato e ricco, di cui va salvaguardata la peculiarità positiva. Le norme devono quindi incentivare lo sviluppo dei rapporti tra tutti i soggetti della filiera, anche tra quelli di dimensioni diverse, in una logica di legalità, trasparenza e correttezza;
    per tali ragioni, il recepimento della Direttiva UE 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali e la sua armonizzazione rispetto all'attuale normativa nazionale è importante per dare certezza al lavoro degli operatori delle filiere agroalimentari a partire dalle imprese del mondo agricolo, soprattutto in questo tempo di forti difficoltà scatenate dall'epidemia da Coronavirus;
    la collaborazione tra i diversi soggetti, la ricerca comune dell'efficienza, l'accorciamento della filiera sono condizioni necessarie per puntare alla creazione di valore «dal campo alla tavola dei consumatori»,

impegna il Governo:

   a procedere ad un rapido recepimento nel nostro ordinamento della direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, tenendo conto della necessità di assicurare:
    1) l'applicazione della norma a tutti i soggetti della filiera senza limiti di fatturato, in un contesto di reciprocità, quindi di tutela sia dei «fornitori» che dei «clienti» di tutti i comparti interessati, salvaguardando la libera contrattazione nella definizione dei contenuti commerciali e finanziari della relazione ed evitando di burocratizzare i rapporti;
    2) la tutela della riservatezza del procedimento a tutela sia del denunciante che del denunciato, garantendo al contempo un pieno diritto alla difesa;
    3) la determinazione di sanzioni dissuasive, commisurate alla gravità dei fatti accertati, ma tali da non compromettere la continuità delle imprese;
    4) il potenziamento delle risorse umane e finanziarie dell'Autorità competente per consentire un adeguato, puntuale e tempestivo delle funzioni attribuite all'Autorità di vigilanza;
    5) la conferma ed il potenziamento della praticabilità di opportune modalità di conciliazione tra le parti.
9/2757/33Sensi, De Luca, Berlinghieri, Campana, De Maria.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento detta i principi e criteri di delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d'autore e i diritti connessi nel mercato unico digitale;
    la direttiva (UE) 2019/790, al considerando n. 54, individua espressamente i servizi resi dagli aggregatori di notizie ed i servizi di monitoraggio dei media tra i nuovi servizi per i quali il riutilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico costituisce una parte importante dei loro modelli di business e una fonte di introiti;
    il considerando n. 55 della direttiva (UE) 2019/790 precisa che è necessario prevedere a livello di Unione una tutela giuridica armonizzata per gli utilizzi delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione,

impegna il Governo

a valutare con attenzione, in sede di elaborazione dei decreti legislativi di attuazione della direttiva (UE) 2019/790, il criterio di delega di cui all'articolo 9, comma 1, lettera h) al fine di prevedere modalità di negoziazione e criteri di remunerazione equi, ragionevoli e non discriminatori (cd FRAND) per la concessione da parte degli editori delle licenze per i servizi resi dagli aggregatori di notizie e per i servizi di monitoraggio dei media ed a valutare l'opportunità di prevedere, anche in considerazione del carattere essenziale dei contenuti editoriali per lo svolgimento di tali servizi, l'intervento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in caso di mancato accordo tra le parti a livello individuale o collettivo.
9/2757/34Berlinghieri, De Luca, Campana, De Maria, Sensi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 del disegno di legge di delegazione europea reca princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente;
    la direttiva prevede agli articoli 4 e 5, rispettivamente, misure per la riduzione del consumo e restrizioni all'immissione sul mercato di determinati prodotti di plastica monouso, tra i quali contenitori per alimenti;
    in particolare, l'articolo 5 prevede il divieto di immissione sul mercato dei prodotti di plastica monouso elencati nella parte B dell'allegato della direttiva, tra i quali sono ricompresi anche i contenitori per alimenti in polistirene espanso, definiti quali recipienti, scatole con o senza coperchio, usati per alimenti:
     a) destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto;
     b) generalmente consumati direttamente dal recipiente;
     c) pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento, compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, a eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti;
   considerato che:
    generalmente i contenitori in polistirene espanso vengono concepiti non per arrivare direttamente al consumatore finale, ma per servire altre filiere produttive attraverso l'utilizzo di appositi imballaggi per il settore alimentare, che in ragione delle specifiche capacità di isolamento termico sono utilizzati in particolare per la filiera ittica, ortofrutticola, il comparto caseario e quello dei prodotti freddi, semifreddi, surgelati;
    la definizione di contenitori per alimenti e in particolare di contenitori per alimenti in polistirene espanso derivante dai suddetti criteri necessita di essere chiarita al fine di evitare incertezze applicative e potenziali effetti estensivi con riferimento ai contenitori per alimenti non direttamente destinati al consumatore finale,

impegna il Governo

nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, a chiarire l'ambito di applicazione con riferimento ai contenitori per alimenti, prevedendo la necessaria compresenza dei criteri relativi ai contenitori per alimenti di cui all'allegato della suddetta direttiva, al fine di circoscrivere l'applicazione ai soli contenitori per alimenti, ossia recipienti quali scatole con o senza coperchio, usati per alimenti destinati al consumo immediato, sul posto o da asporto, che siano consumati direttamente dal recipiente e pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento, compresi i contenitori per alimenti tipo fast food o per altri pasti pronti per il consumo immediato, a eccezione di contenitori per bevande, piatti, pacchetti e involucri contenenti alimenti.
9/2757/35De Maria, De Luca, Berlinghieri, Campana, Sensi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge reca principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
    la lettera n) del suddetto articolo indica di definire le attività di cui all'articolo 17, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2019/790, con particolare riferimento al livello di diligenza richiesto al fine di ritenere integrato il criterio dei «massimi sforzi», nel rispetto del principio di ragionevolezza;
   considerato che:
    la direttiva oggetto di recepimento reca all'articolo 17 disposizioni circa l'utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione di contenuti online;
    il paragrafo 4 di detto articolo prevede che qualora non sia concessa alcuna autorizzazione, i prestatori di servizi sono responsabili per atti non autorizzati di comunicazione al pubblico, di opere e altri materiali protetti dal diritto d'autore;
    quanto previsto dal paragrafo 4 reca le eccezioni di cui alle lettere a), b) e c) secondo cui si deve dimostrare di aver compiuto i massimi sforzi per ottenere un'autorizzazione e per assicurare che non siano disponibili opere e altri materiali protetti dai diritti d'autore; di aver agito tempestivamente dopo aver ricevuto una segnalazione sufficientemente motivata dai titolari dei diritti, per disabilitare l'accesso o rimuovere dai loro siti web dette opere o materiali e aver compiuto i massimi sforzi per impedirne il caricamento in futuro;
    il considerando 66 della stessa direttiva prevede che, nel valutare se un prestatore di servizi ha compiuto i massimi sforzi, occorre tenere conto del principio di proporzionalità;
    lo stesso considerando prevede inoltre che detti obblighi non dovrebbero indurre a imporre un obbligo generale di sorveglianza e che qualsiasi misura adottata dai prestatori di servizi non dovrebbe andare oltre quanto necessario per raggiungere l'obiettivo di cui al paragrafo 4;
   tenuto conto che:
    nella versione francese della direttiva si parla di «meilleurs efforts» (migliori sforzi) mentre in quella italiana di «massimi sforzi»;
    la versione olandese della Direttiva riporta invece la dicitura «tutti gli sforzi» («alles in het werk hebben gesteld»), ma il Governo olandese nel recepimento ha deciso di modificarla con «migliori sforzi» («beste vermogen»);
    l'espressione usata nella versione italiana troverebbe una più esatta traduzione con il termine «migliori sforzi», in linea anche con il principio di ragionevolezza di cui all'articolo 9 del disegno di legge e con il principio di proporzionalità richiamato dal considerando 66 della Direttiva,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere a una trasposizione in diritto interno del termine «best efforts», tenendo in considerazione l'esigenza di armonizzazione con il criterio dei «massimi sforzi» indicato nelle differenti versioni linguistiche della Direttiva, nonché con i principi di ragionevolezza e proporzionalità che costituiscono due valori centrali che ispirano la Direttiva stessa.
9/2757/36De Luca, Berlinghieri, Campana, De Maria, Sensi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
   considerato che:
    la direttiva oggetto di recepimento reca all'articolo 17 disposizioni circa l'utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi di condivisione di contenuti online;
    il comma 9 del suddetto articolo richiede agli Stati di disporre che i prestatori di servizi online istituiscano un meccanismo di reclamo e ricorso celere ed efficace che sia disponibile agli utenti dei loro servizi in caso di controversie in merito alla disabilitazione dell'accesso a, o alla rimozione di, specifiche opere o altri materiali da essi caricati;
   tenuto conto che:
    lo stesso comma 9 prevede che gli Stati membri provvedono a che gli utenti abbiano accesso a un giudice o un'altra autorità giudiziaria competente per far valere l'applicazione di un'eccezione o di una limitazione al diritto d'autore e ai diritti connessi;
    è necessario coordinare il trattamento dei casi transfrontalieri, comprese le questioni relative alla giurisdizione;
    i meccanismi di reclamo e ricorso in capo ai prestatori di servizi dovrebbero essere sviluppati consultando l'industria e le imprese interessate, che possono fornire esempi di precedenti applicazioni di tali procedure,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di consultare l'industria dei prestatori di servizi online affinché le procedure di reclamo e di ricorso a disposizione degli utenti in caso di controversie sulla disabilitazione dell'accesso o la rimozione di opere o di altri materiali da essi caricati, siano praticabili, tempestivi e il più possibile efficaci per gli utenti;
   a valutare l'opportunità di garantire che gli utenti abbiano pieno accesso a un'autorità giudiziaria o amministrativa qualora non siano soddisfatti della decisione presa dai prestatori di servizi online su un reclamo.
9/2757/37Campana, De Luca, Berlinghieri, De Maria, Sensi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
    la lettera i) del suddetto articolo indica la necessità di definire il concetto di «estratti molto brevi» in modo da non pregiudicare la libera circolazione delle informazioni;
   considerato che:
    la direttiva oggetto di recepimento reca all'articolo 15 la garanzia per gli editori dei diritti previsti dall'articolo 2 e dall'articolo 3, comma 2, della Direttiva 2001/29/CE, che possono esercitare liberamente in relazione agli usi online da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione;
    i diritti di cui al primo comma del suddetto articolo 15 non si applicano all'utilizzo di singole parole o di estratti molto brevi di pubblicazioni di carattere giornalistico;
    la protezione accordata a norma del primo comma non si applica nemmeno ai collegamenti ipertestuali;
    il considerando 58 della direttiva sottolinea che l'utilizzo di estratti molto brevi di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione non compromette necessariamente gli investimenti effettuati dagli editori;
   tenuto conto che:
    includere i brevi testi descrittivi che accompagnano il link di articoli di giornale (ad esempio, negli aggregatori di notizie o motori di ricerca) nella previsione dell'articolo 15 della direttiva (UE) 2019/790 comporterebbe l'indebolimento della natura dei diritti degli editori imponendo licenze obbligatorie, con conseguenze sulla libera scelta degli editori stessi, e limiterebbe la possibilità per le persone di decidere attraverso una anteprima del contenuto se un risultato è rilevante per la loro specifica ricerca e se quindi vogliono approfondire;
    è ragionevolmente evidente che un estratto di 200 caratteri non sostituisce la pubblicazione a mezzo stampa,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di ispirare a criteri di ragionevolezza la definizione della soglia ammissibile per i «brevi estratti» in fase di attuazione della direttiva;
   a valutare l'opportunità di escludere i titoli dall'ambito di applicazione dell'articolo 9 della Legge di delegazione europea o a considerare i titoli come parte integrante dei collegamenti ipertestuali, in modo da non pregiudicare la libera circolazione delle informazioni, come richiesto dallo stesso articolo.
9/2757/38Vazio, De Luca, Berlinghieri, Campana, De Maria.


   La Camera,
   premesso che:
    il 10 novembre 2019 è entrato in vigore il Decreto Legislativo n. 125 che recepisce nel nostro Paese la direttiva n. 2018/843 (V direttiva antiriciclaggio) del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, andando a modificare la direttiva 2015/849 (IV direttiva antiriciclaggio), già recepita in Italia dal d.lgs. n. 90/2017;
    tra gli elementi cardine della direttiva vi è la proposta di superare l'attuale parcellizzazione normativa all'interno dell'UE, determinata da un'eccessiva ampiezza degli spazi conferiti agli Stati membri in sede di recepimento delle direttive che si è tradotta, con l'entrata in vigore del suddetto decreto legislativo, nel venir meno dell'interlocuzione tra le UIF e le autorità di contrasto, elemento indispensabile per una tempestiva azione di opposizione al terrorismo e ai reati gravi (la modifica dell'articolo 12 del decreto legislativo n. 231 del 2007 comma 8 secondo il quale, «fuori dai casi di cooperazione tra le forze di polizia, tutte le informazioni in possesso delle autorità di cui all'articolo 21, comma 2, lettera a) e rilevanti per l'esercizio delle attribuzioni di cui al presente decreto sono coperte da segreto d'ufficio» unitamente all'introduzione del comma 1-bis secondo il quale solo le autorità MEF, Autorità di vigilanza di settore, DIA e Guardia di finanza collaborano tra loro scambiando informazioni anche in deroga all'obbligo del segreto d'ufficio);
    tale problematica non viene risolta neanche a seguito della legge di delegazione europea 2019/2020 che all'articolo 21 reca principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/1 153 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, che reca disposizioni per agevolare l'uso di informazioni finanziarie e di altro tipo a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di determinati reati, e abroga la decisione 2000/642/GAI del Consiglio;
    infatti, nonostante la direttiva (UE) 2019/1153 ribadisca la centralità dell'informazione finanziaria e il valore che la stessa assume se condivisa e utilizzata a fini di prevenzione, accertamento, indagine o perseguimento di reati gravi anche diversi da quelli economici e, introduca disposizioni in ambito di cooperazione tra autorità offrendo la possibilità di ampliare il raggio della collaborazione attraverso la valorizzazione del patrimonio informativo in possesso delle FIU, il comma 2 del suddetto articolo 21 stabilisce che è compito del governo individuare le autorità autorizzate ad accedere al registro nazionale centralizzato dei conti bancari e quelle autorizzate a richiedere e ricevere informazioni finanziarie o analisi finanziarie dalle UIF di cui al par. 2 dell'articolo 3 della direttiva 2019/1153 tra gli organismi di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, ovvero il nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e la Direzione investigativa antimafia. Le autorità di contrasto, pertanto, non vengono contemplate nonostante il legislatore europeo abbia più volte sottolineato l'importanza di un'adeguata cooperazione tra le stesse e le UIF per essere in grado di scambiare informazioni in modo rapido e senza alcun ostacolo;
    il fine della direttiva UE è il potenziamento dello scambio di informazioni tra tutte le autorità competenti: la Commissione europea garantisce alle autorità di contrasto l'accesso diretto al registro centrale dei conti bancari e segnala come «l'interconnessione a livello dell'UE dei registri centrali dei conti bancari permetterà di accelerare – per le autorità di contrasto e le unità d'informazione finanziaria — l'accesso alle informazioni finanziarie e di agevolare la cooperazione transfrontaliera e dovrebbe in ogni caso coinvolgere le autorità di contrasto. Tale interconnessione dovrebbe essere considerata prioritaria»,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie competenze a provvedere al coerente recepimento della direttiva 2019/1153/UE, ampliando il contesto delle autorità abilitate ad accedere al registro nazionale centralizzato dei conti bancari e di quelle che possono richiedere e ricevere informazioni finanziarie o analisi finanziarie dalle UIF, al fine di attuare un sistema di prevenzione e contrasto tempestivo ed efficace che possa garantire la sicurezza nazionale e globale.
9/2757/39Ermellino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge reca i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
    in particolare, tra i principi e i criteri direttivi da seguire, la lettera h) del suddetto articolo prescrive che nel caso di utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione, trovino adeguata tutela i diritti degli editori e quelli degli autori di tali pubblicazioni e ciò in ossequio all'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento;
    tale articolo 15 prevede una tutela giuridica armonizzata per gli utilizzi online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione, mediante l'introduzione di diritti connessi al diritto d'autore per la riproduzione e messa a disposizione del pubblico di tali pubblicazioni;
    in particolare, con l'obiettivo di promuovere il giornalismo di qualità e l'accesso da parte dei cittadini alle informazioni e fatte salve le eccezioni di cui al paragrafo 1 dell'articolo 15 della citata direttiva, viene riconosciuto agli editori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione o comunicazione al pubblico delle pubblicazioni di carattere giornalistico, con l'obiettivo di assicurare agli editori maggiore controllo sull'utilizzo dei propri contenuti;
    non può non rilevare a tal proposito il considerando 61 della direttiva oggetto di recepimento laddove afferma che le «disposizioni non dovrebbero incidere sulla libertà contrattuale, i titolari dei diritti non dovrebbero essere obbligati a rilasciare un'autorizzazione o a concludere accordi di licenza»;
    ciò è stato ribadito dalla Commissione europea in una recente risposta all'interrogazione E- 004603/2020 in seno al Parlamento europeo, secondo la quale gli Stati membri non possono attuare l'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento prevedendo un meccanismo obbligatorio di gestione collettiva, in quanto tale meccanismo priverebbe gli editori della possibilità di esercitare autonomamente il diritto esclusivo sopra richiamato;
   considerato che:
    il rispetto del principio della libertà contrattuale – principio cardine del diritto dell'Unione europea – si pone alla base dello sviluppo di un efficiente mercato dei diritti d'autore e diritti connessi a tutela non solo degli operatori coinvolti ma anche degli utenti che in un mercato dinamico e concorrenziale avrebbero sicuramente una più ampia e varia offerta di contenuti;
    tale principio non preclude la facoltà in capo agli editori di affidare per propria scelta a terzi la gestione dei diritti connessi ad essi afferenti;
    l'imposizione di meccanismi obbligatori di gestione collettiva e l'imposizione, in caso di mancato accordo tra le parti, di un meccanismo obbligatorio di tipo arbitrale non solo si pongono in contrapposizione al richiamato principio della libertà contrattuale ma, così come indicato dalla Commissione europea nella risposta all'interrogazione precedentemente citata, esula dalla cornice normativa e dallo spirito della direttiva (UE) 2019/790, frutto di un delicato bilanciamento tra la necessità di preservare la libera circolazione dei contenuti online e proteggere i detentori dei diritti,

impegna il Governo

in fase di esercizio della delega, in linea con le disposizioni della direttiva oggetto di recepimento e come chiarito nella risposta all'interrogazione citata in premessa, ad assicurare che il rispetto del richiamato principio della libertà contrattuale venga preservato, anche nel caso di mancato accordo tra le parti, escludendo meccanismi obbligatori di gestione collettiva ed evitando l'introduzione di meccanismi obbligatori di tipo arbitrale, che non solo esulano dalla cornice normativa della direttiva ma che influirebbero inoltre in maniera indiretta sull'accesso ai contenuti da parte degli utenti, determinando effetti distorsivi sul mercato dell'informazione.
9/2757/40Invidia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge reca i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale e che modifica le direttive 96/9/CE e 2001/29/CE;
    in particolare, tra i principi e i criteri direttivi da seguire, la lettera h) del suddetto articolo prescrive che nel caso di utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte dei prestatori di servizi della società dell'informazione, trovino adeguata tutela i diritti degli editori e quelli degli autori di tali pubblicazioni e ciò in ossequio all'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento;
    tale articolo 15 prevede una tutela giuridica armonizzata per gli utilizzi online delle pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione, mediante l'introduzione di diritti connessi al diritto d'autore per la riproduzione e messa a disposizione del pubblico di tali pubblicazioni;
    in particolare, con l'obiettivo di promuovere il giornalismo di qualità e l'accesso da parte dei cittadini alle informazioni e fatte salve le eccezioni di cui al paragrafo 1 dell'articolo 15 della citata direttiva, viene riconosciuto agli editori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione o comunicazione al pubblico delle pubblicazioni di carattere giornalistico, con l'obiettivo di assicurare agli editori maggiore controllo sull'utilizzo dei propri contenuti;
    non può non rilevare a tal proposito il considerando 61 della direttiva oggetto di recepimento laddove afferma che le «disposizioni non dovrebbero incidere sulla libertà contrattuale, i titolari dei diritti non dovrebbero essere obbligati a rilasciare un'autorizzazione o a concludere accordi di licenza»;
    ciò è stato ribadito dalla Commissione europea in una recente risposta all'interrogazione E- 004603/2020 in seno al Parlamento europeo, secondo la quale gli Stati membri non possono attuare l'articolo 15 della direttiva oggetto di recepimento prevedendo un meccanismo obbligatorio di gestione collettiva, in quanto tale meccanismo priverebbe gli editori della possibilità di esercitare autonomamente il diritto esclusivo sopra richiamato;
   considerato che:
    il rispetto del principio della libertà contrattuale – principio cardine del diritto dell'Unione europea – si pone alla base dello sviluppo di un efficiente mercato dei diritti d'autore e diritti connessi a tutela non solo degli operatori coinvolti ma anche degli utenti che in un mercato dinamico e concorrenziale avrebbero sicuramente una più ampia e varia offerta di contenuti;
    tale principio non preclude la facoltà in capo agli editori di affidare per propria scelta a terzi la gestione dei diritti connessi ad essi afferenti;
    l'imposizione di meccanismi obbligatori di gestione collettiva e l'imposizione, in caso di mancato accordo tra le parti, di un meccanismo obbligatorio di tipo arbitrale non solo si pongono in contrapposizione al richiamato principio della libertà contrattuale ma, così come indicato dalla Commissione europea nella risposta all'interrogazione precedentemente citata, esula dalla cornice normativa e dallo spirito della direttiva (UE) 2019/790, frutto di un delicato bilanciamento tra la necessità di preservare la libera circolazione dei contenuti online e proteggere i detentori dei diritti,

impegna il Governo

in fase di esercizio della delega, in linea con le disposizioni della direttiva oggetto di recepimento e come chiarito nella risposta all'interrogazione citata in premessa, a valutare l'opportunità di assicurare che il rispetto del richiamato principio della libertà contrattuale venga preservato, anche nel caso di mancato accordo tra le parti, escludendo meccanismi obbligatori di gestione collettiva ed evitando l'introduzione di meccanismi obbligatori di tipo arbitrale, che non solo esulano dalla cornice normativa della direttiva ma che influirebbero inoltre in maniera indiretta sull'accesso ai contenuti da parte degli utenti, determinando effetti distorsivi sul mercato dell'informazione.
9/2757/40. (Testo modificato nel corso della seduta) Invidia.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame contiene, all'articolo 3, i «Principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/1808, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi), in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato»;
    in particolare al suo interno tale direttiva mira a proteggere il grande pubblico dall'istigazione all'odio e alla violenza (17), dall'istigazione al terrorismo (18), salvaguarda lo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori (19) anche attraverso un trattamento dei loro dati personali adeguato (21); sottolinea l'importanza di rendere accessibili i contenuti audiovisivi ai soggetti con disabilità in particolare visiva o uditiva come tutela del diritto ad una vita sociale e culturale integrata;
    il testo del disegno di legge di delegazione, così come modificato dagli emendamenti approvati in Senato, arricchisce i criteri direttivi di applicazione di tale direttiva contenuta all'articolo 3, con particolare attenzione nei confronti dei minori. Tenuto conto della particolare influenza che i servizi di media audiovisivi esercitano sul modo in cui il pubblico forma le proprie opinioni, il contenuto dei servizi deve rispondere ai valori su cui si basa la nostra democrazia fra cui anche la tutela della parità di genere;
    la lotta agli stereotipi di genere è inserita nella tabella di marcia che definisce le priorità della nuova strategia 2020-2025 presentata a marzo 2020 dalla Commissione Europea;
    all'interno del cosiddetto «Piano Colao» tra le «Iniziative per il rilancio dell'Italia 2020-2022» redatto dal Comitato di esperti in materia economica e sociale, si inserisce la promozione, anche attraverso incentivi, di prodotti audiovisivi per il grande pubblico che divulghino una figura femminile non stereotipata in famiglia, sul lavoro, nella società,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tenere in opportuna considerazione, nell'esercizio della delega conferita per l'attuazione della direttiva sui servizi di media audiovisivi, la promozione della trasmissione di messaggi e modelli positivi della figura femminile slegati dai vecchi stereotipi di genere anche attraverso contenuti audiovisivi, vista la significativa influenza che i media svolgono su ragazze e ragazzi e sulla percezione che essi hanno delle proprie abilità e direzioni che possono intraprendere. Gli stereotipi infatti, possono diffondere atteggiamenti dannosi rispetto alla posizione delle donne, che perpetuano le discriminazioni, la mercificazione sessuale e la violenza di genere.
9/2757/41Spadoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19, comma 1, lettera b), indica tra i criteri e i principi direttivi cui dovrà uniformarsi il decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, anche il seguente: «Incoraggiare l'uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, alternativi a quelli monouso comunque realizzati, per quanto riguarda i materiali destinati a entrare in contatto con alimenti, conformemente a quanto previsto dall'articolo 11, secondo comma, della direttiva (UE) 2019/904, anche attraverso la messa a disposizione del consumatore finale, presso i punti vendita, di prodotti riutilizzabili, opportunamente definiti nelle loro caratteristiche tecniche in modo da garantire effettivi, molteplici utilizzi, comunque nel rispetto della normativa in materia di igiene e sicurezza degli alimenti»;
    nel condividere l'obiettivo generale di favorire i concetti di sostenibilità e riutilizzabilità, occorre ricordare anche l'importanza della cosiddetta valutazione del ciclo di vita, la metodologia che permette di quantificare gli impatti ambientali relativi a un bene o a un servizio;
    in merito si segnala che nel Gennaio 2021 EPPA (European Paper Packagin Alliance) ha presentato alle Istituzioni europee e alle rappresentanze degli Stati membri presso la Unione europea uno studio di Valutazione del ciclo di vita che confronta un sistema di imballaggio in carta monouso completo con la sua alternativa riutilizzabile;
    lo studio conclude che il sistema monouso mostra vantaggi ambientali significativi, se confrontato con un sistema in polipropilene multiuso equivalente o con manufatti di materiali considerati «tradizionali» al cui riutilizzo si associano rilevanti consumi di acqua ed energia per il riutilizzo,

impegna il Governo

a introdurre in sede di attuazione della direttiva (UE) 2019/904 meccanismi di valutazione del ciclo di vita in modo da costruire un sistema che non penalizzi per principio quei materiali monouso che per le loro caratteristiche intrinseche risultano pienamente sostenibili se paragonati ad altri materiali riutilizzabili.
9/2757/42Cestari, Lucchini, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19, comma 1, lettera b), indica tra i criteri e i principi direttivi cui dovrà uniformarsi il decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, anche il seguente: «Incoraggiare l'uso di prodotti sostenibili e riutilizzabili, alternativi a quelli monouso comunque realizzati, per quanto riguarda i materiali destinati a entrare in contatto con alimenti, conformemente a quanto previsto dall'articolo 11, secondo comma, della direttiva (UE) 2019/904, anche attraverso la messa a disposizione del consumatore finale, presso i punti vendita, di prodotti riutilizzabili, opportunamente definiti nelle loro caratteristiche tecniche in modo da garantire effettivi, molteplici utilizzi, comunque nel rispetto della normativa in materia di igiene e sicurezza degli alimenti»;
    nel condividere l'obiettivo generale di favorire i concetti di sostenibilità e riutilizzabilità, occorre ricordare anche l'importanza della cosiddetta valutazione del ciclo di vita, la metodologia che permette di quantificare gli impatti ambientali relativi a un bene o a un servizio;
    in merito si segnala che nel Gennaio 2021 EPPA (European Paper Packagin Alliance) ha presentato alle Istituzioni europee e alle rappresentanze degli Stati membri presso la Unione europea uno studio di Valutazione del ciclo di vita che confronta un sistema di imballaggio in carta monouso completo con la sua alternativa riutilizzabile;
    lo studio conclude che il sistema monouso mostra vantaggi ambientali significativi, se confrontato con un sistema in polipropilene multiuso equivalente o con manufatti di materiali considerati «tradizionali» al cui riutilizzo si associano rilevanti consumi di acqua ed energia per il riutilizzo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in un'ottica di compatibilità con la disciplina euro-unitaria, di introdurre in sede di attuazione della direttiva (UE) 2019/904 meccanismi di valutazione del ciclo di vita in modo da costruire un sistema che non penalizzi per principio quei materiali monouso che per le loro caratteristiche intrinseche risultano pienamente sostenibili se paragonati ad altri materiali riutilizzabili.
9/2757/42. (Testo modificato nel corso della seduta) Cestari, Lucchini, Benvenuto, Badole, D'Eramo, Parolo, Patassini, Raffaelli, Valbusa, Vallotto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 del disegno di legge in discussione reca una disciplina di delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/429 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, concernente le malattie animali trasmissibili. Le modifiche apportate in Senato integrano le materie della disciplina di delega con principi e criteri migliorativi;
    in particolare il comma 3) nella predisposizione di un piano di emergenza nazionale di eradicazione in caso di focolai che possono comportare gravi rischi per la sanità pubblica o animale, alla lettera m) prevede, nel rispetto della normativa dell'Unione europea sugli aiuti de minimis, misure di incentivazione finanziaria per gli operatori e i professionisti degli animali che sviluppano buone prassi di allevamento non intensivo delle specie animali di cui si occupano;
    a luglio 2020, in piena emergenza sanitaria da COVID-19, il Programma per l'Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) e l'Istituto Internazionale di Ricerca Zootecnica (ILRI) hanno pubblicato lo studio « Preventing the next pandemicZoonotic diseases and how to break the chain of transmission», nel quale l'allevamento intensivo è stato inserito tra i fattori di rischio che provocano l'insorgenza di pandemie;
    lo studio avverte che altre epidemie continueranno ad emergere, a meno che i governi non prendano attivamente misure che impediscano che altre malattie zoonotiche si diffondano tra la popolazione umana. Il coronavirus, l'aviaria H7N9 e H5N1, l'influenza suina H1N1 e la febbre Q appartengono a una lunga serie di malattie zoonotiche che proliferano negli allevamenti intensivi perché sono questi luoghi a permetterne lo sviluppo e la diffusione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi in ambito europeo affinché venga integrata la normativa sulle malattie animali trasmissibili, con specifici riferimenti alle buone prassi di allevamento non intensivo e incentivato lo sviluppo in ogni Stato membro, al fine di limitare i rischi di sviluppo e diffusione di malattie zoonotiche all'interno dell'Unione europea.
9/2757/43Ianaro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame reca i principi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;
    in merito alla normativa europea sulla gestione dei diritti d'autore e dei diritti connessi occorre segnalare che nel recepimento della direttiva 2014/26/UE, di cui al decreto legislativo del 15 marzo 2017, n. 35, è stato previsto che per le associazioni di produttori di fonogrammi, opere audiovisive e videogrammi che gestiscono i compensi per copia privata ai sensi degli articoli 71-sexies, 71-septies e 71-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, non sia obbligatorio costituirsi «organismo di gestione collettiva (OGC)» o «entità di gestione indipendente (EGI)» a differenza di quanto previsto per tutte le altre organizzazioni collettive;
    né la direttiva 2014/26/UE, tanto meno i principi e i criteri direttivi che il Parlamento ha approvato al fine del recepimento della stessa, hanno delegato il Governo ad introdurre un diverso regime da applicare alle sole organizzazioni collettive o associazioni che gestiscono copia privata per conto dei produttori audio e video, posto che la direttiva ne indica solamente due: gli OGC e le EGI;
    è stata, inoltre, così sottratta alle regole e ai principi di corretto funzionamento della gestione collettiva e al sindacato ispettivo dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, una parte consistente del mercato della gestione dei diritti d'autore e connessi;
    l'assetto così come concepito ha introdotto un'inspiegabile disparità di trattamento che ha, da subito, prodotto effettivi anti competitivi a danno dei titolari dei diritti, di tutte le altre organizzazioni collettive e del corretto funzionamento del mercato;
    la stessa AgCom, nella propria segnalazione al Governo del 24 novembre 2017, ha evidenziato che le funzioni svolte dagli organismi di gestione collettiva e dalle entità di gestione indipendenti, di cui all'articolo 2 commi 1 e 2, del richiamato decreto legislativo n. 35 del 2017, e quelle delle associazioni di produttori di fonogrammi, opere audiovisive e videogrammi che distribuiscono il compenso per copia privata di fonogrammi e di videogrammi, appaiono del tutto analoghe quando svolte nei confronti di soggetti diversi dai loro associati,

impegna il Governo

in sede di adozione del decreto di attuazione della direttiva (UE) 2019/790, ad apportare le necessarie modifiche al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35, per un corretto recepimento della direttiva 2014/ 26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno, al fine di prevedere che anche le associazioni che gestiscono i compensi per copia privata si costituiscano OGC o EGI, equiparando la loro attività a quella di tutte le altre organizzazione collettive.
9/2757/44Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame reca i principi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/790, del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;
    in merito alla normativa europea sulla gestione dei diritti d'autore e dei diritti connessi occorre segnalare che nel recepimento della direttiva 2014/26/UE, di cui al decreto legislativo del 15 marzo 2017, n. 35, è stato previsto che per le associazioni di produttori di fonogrammi, opere audiovisive e videogrammi che gestiscono i compensi per copia privata ai sensi degli articoli 71-sexies, 71-septies e 71-octies della legge 22 aprile 1941, n. 633, non sia obbligatorio costituirsi «organismo di gestione collettiva (OGC)» o «entità di gestione indipendente (EGI)» a differenza di quanto previsto per tutte le altre organizzazioni collettive;
    né la direttiva 2014/26/UE, tanto meno i principi e i criteri direttivi che il Parlamento ha approvato al fine del recepimento della stessa, hanno delegato il Governo ad introdurre un diverso regime da applicare alle sole organizzazioni collettive o associazioni che gestiscono copia privata per conto dei produttori audio e video, posto che la direttiva ne indica solamente due: gli OGC e le EGI;
    è stata, inoltre, così sottratta alle regole e ai principi di corretto funzionamento della gestione collettiva e al sindacato ispettivo dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, una parte consistente del mercato della gestione dei diritti d'autore e connessi;
    l'assetto così come concepito ha introdotto un'inspiegabile disparità di trattamento che ha, da subito, prodotto effettivi anti competitivi a danno dei titolari dei diritti, di tutte le altre organizzazioni collettive e del corretto funzionamento del mercato;
    la stessa AgCom, nella propria segnalazione al Governo del 24 novembre 2017, ha evidenziato che le funzioni svolte dagli organismi di gestione collettiva e dalle entità di gestione indipendenti, di cui all'articolo 2 commi 1 e 2, del richiamato decreto legislativo n. 35 del 2017, e quelle delle associazioni di produttori di fonogrammi, opere audiovisive e videogrammi che distribuiscono il compenso per copia privata di fonogrammi e di videogrammi, appaiono del tutto analoghe quando svolte nei confronti di soggetti diversi dai loro associati,

impegna il Governo

in sede di adozione del decreto di attuazione della direttiva (UE) 2019/790, a valutare l'opportunità di apportare le necessarie modifiche al decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35, per un corretto recepimento della direttiva 2014/ 26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno, al fine di prevedere che anche le associazioni che gestiscono i compensi per copia privata si costituiscano OGC o EGI, equiparando la loro attività a quella di tutte le altre organizzazione collettive.
9/2757/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Vacca.


   La Camera,
   premesso che:
    il volo da diporto o sportivo (VDS) consiste nell'attività di volo svolti con apparecchi VDS per scopi ricreativi, diportistici o sportivi, senza fini di lucro, che seguono le caratteristiche tecniche contemplate dall'allegato alla legge 25 marzo 1985, n. 106;
    a seguito dell'emanazione del regolamento europeo 2018/1139, la Direzione in materia del Mit dal 2018, ha convocato un tavolo di confronto con ENAC, AeCI, ANSV e ENAV, per discutere della situazione del comparto;
    ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 2018/1139 del Parlamento Europeo e del Consiglio, uno Stato membro può decidere di esentare dal presente regolamento le attività di progettazione, produzione, manutenzione ed esercizio nei confronti di una o più delle categorie di aeromobili « Opt-out»:
     a) gli aeroplani, diversi da quelli senza equipaggio, che siano al massimo biposto, la cui velocità misurabile di stallo o la velocità costante di volo minima in configurazione di atterraggio non supera i 45 nodi di velocità calibrata e con una massa massima al decollo (maximum take-off mass – «MTOM»), registrata dallo Stato membro, non superiore a 600 chilogrammi per gli aeroplani non destinati all'impiego sull'acqua o a 650 chilogrammi per gli aeroplani destinati all'impiego sull'acqua;
     b) gli elicotteri, diversi dagli elicotteri senza equipaggio, che siano al massimo biposto e con un MTOM, registrata dallo Stato membro, non superiore a 600 chilogrammi per gli elicotteri non destinati all'impiego sull'acqua o a 650 chilogrammi per gli elicotteri destinati all'impiego sull'acqua;
     c) gli alianti, diversi dagli alianti senza equipaggio, e i motoalianti, diversi dai motoalianti senza equipaggio, che siano al massimo biposto e con un MTOM, registrata dallo Stato membro, non superiore a 600 chilogrammi;
    il dibattito in corso in ordine alla revisione della normativa del volo da diporto sportivo valuta l'opportunità dell'innalzamento della massa massima al decollo (MTOM) degli aeromobili citati da 450 chilogrammi a 600 chilogrammi alla luce delle previsioni contenute nel regolamento UE citato e delle decisioni in materia assunte dall'ENAC,

impegna il Governo

ad intervenire, anche con futuri provvedimenti normativi, per estendere il peso massimo dei velivoli da diporto sportivo da 472,5 chilogrammi a 600 chilogrammi, lasciando la competenza della vigilanza all'Aeroclub d'Italia e dotando la stessa di adeguate risorse umane, finanziarie e strumentali.
9/2757/45De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    il volo da diporto o sportivo (VDS) consiste nell'attività di volo svolti con apparecchi VDS per scopi ricreativi, diportistici o sportivi, senza fini di lucro, che seguono le caratteristiche tecniche contemplate dall'allegato alla legge 25 marzo 1985, n. 106;
    a seguito dell'emanazione del regolamento europeo 2018/1139, la Direzione in materia del Mit dal 2018, ha convocato un tavolo di confronto con ENAC, AeCI, ANSV e ENAV, per discutere della situazione del comparto;
    ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 2018/1139 del Parlamento Europeo e del Consiglio, uno Stato membro può decidere di esentare dal presente regolamento le attività di progettazione, produzione, manutenzione ed esercizio nei confronti di una o più delle categorie di aeromobili « Opt-out»:
     a) gli aeroplani, diversi da quelli senza equipaggio, che siano al massimo biposto, la cui velocità misurabile di stallo o la velocità costante di volo minima in configurazione di atterraggio non supera i 45 nodi di velocità calibrata e con una massa massima al decollo (maximum take-off mass – «MTOM»), registrata dallo Stato membro, non superiore a 600 chilogrammi per gli aeroplani non destinati all'impiego sull'acqua o a 650 chilogrammi per gli aeroplani destinati all'impiego sull'acqua;
     b) gli elicotteri, diversi dagli elicotteri senza equipaggio, che siano al massimo biposto e con un MTOM, registrata dallo Stato membro, non superiore a 600 chilogrammi per gli elicotteri non destinati all'impiego sull'acqua o a 650 chilogrammi per gli elicotteri destinati all'impiego sull'acqua;
     c) gli alianti, diversi dagli alianti senza equipaggio, e i motoalianti, diversi dai motoalianti senza equipaggio, che siano al massimo biposto e con un MTOM, registrata dallo Stato membro, non superiore a 600 chilogrammi;
    il dibattito in corso in ordine alla revisione della normativa del volo da diporto sportivo valuta l'opportunità dell'innalzamento della massa massima al decollo (MTOM) degli aeromobili citati da 450 chilogrammi a 600 chilogrammi alla luce delle previsioni contenute nel regolamento UE citato e delle decisioni in materia assunte dall'ENAC,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità, qualora ne ricorrano le condizioni, di intervenire, anche con futuri provvedimenti normativi, per estendere la massa massima dei velivoli da diporto sportivo da 472,5 kg a 600 kg, nel rispetto della normativa europea:
    lasciando la competenza e la vigilanza all'Aeroclub d'Italia e dotando lo stesso di adeguate risorse umane, finanziarie e strumentali;
    senza precludere l'opzione aggiuntiva che i costruttori che lo desiderano possano chiedere ad ENAC l'omologazione, la gestione e il pilotaggio dei loro aeromobili in accordo a regolamenti ENAC semplificati.
9/2757/45. (Testo modificato nel corso della seduta) De Lorenzis.


   La Camera,
   premesso che:
    il punto 19) dell'Allegato A di cui al comma 1 dell'articolo 1 dispone il recepimento della direttiva (UE) 2019/904 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente;
    l'articolo 22 del disegno di legge introduce «Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/904, sulla riduzione dell'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente»;
   considerato che:
    l'inquinamento da plastica dell'ambiente ed in particolare del mare è una delle emergenze ambientali più gravi dell'epoca moderna, tanto che le Nazioni Unite hanno inserito la tutela dei mari tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: Goal 14 – Vita sott'acqua. Nell'Agenda 2030 si legge che occorre «conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile»;
    differenti studi hanno registrato una correlazione tra lo sviluppo delle epidemie e l'alterazione dell'equilibrio tra l'uomo e il suo ambiente di vita. Dunque, sarebbe necessario agire su quei fattori ambientali che sono modificabili, in quanto dipendono dalle scelte dei cittadini;
    nel complesso è possibile contare oggi su una maggiore sensibilizzazione e un impegno più ampio e deciso alla lotta contro l'inquinamento atmosferico e alla realizzazione di un ambiente più salubre,

impegna il Governo

a promuovere ulteriori campagne informative volte ad orientare i cittadini ad adottare comportamenti più rispettosi dell'ambiente nonché ad adottare ogni utile iniziativa finalizzata alla conversione, basata su un'economia circolare che rispetti l'ambiente e la biodiversità, delle attività produttive nei settori dell'agricoltura e degli allevamenti intensivi o altri processi produttivi che risultano troppo inquinanti per il nostro ecosistema.
9/2757/46Grippa.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di delegazione europea contiene le disposizioni di delega necessarie all'attuazione delle direttive europee e delle decisioni quadro, nonché degli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei;
    la direttiva 2014/89/UE ha istituito un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo, prevedendo che ogni Stato membro debba elaborare ed attuare la pianificazione dello spazio marittimo per contribuire allo sviluppo e alla crescita sostenibili nel settore marittimo, mediante la redazione di appositi piani di gestione dello spazio marittimo;
    detti piani devono essere approvati entro e non oltre il 31 marzo 2021, pena l'apertura di una procedura di infrazione;
    nel nostro Paese, la direttiva 2014/89/UE è stata recepita con il decreto legislativo 17 ottobre 2016, n. 201, principalmente finalizzato a promuovere la crescita sostenibile delle attività marittime e l'uso sostenibile delle risorse marine tramite la creazione di un quadro che consenta di attuare efficacemente la pianificazione dello spazio marittimo nelle acque nazionali;
    il decreto legislativo 17 ottobre 2016, n. 201 ha fissato – ai fini del recepimento della direttiva 2014/89/UE – al 31 dicembre 2020 il termine per l'adozione dei piani di gestione dello spazio marittimo nazionale, termine successivamente prorogato al 31 marzo 2021, in concomitanza con la scadenza già prevista dalla citata direttiva;
    con decreto del 13 novembre 2017, n. 529, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – quale autorità competente – ha designato i componenti del comitato tecnico cui è affidata l'elaborazione dei piani di gestione dello spazio marittimo;
    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1 dicembre 2017 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 24 gennaio 2018) sono state quindi approvate le linee guida contenenti gli indirizzi e i criteri per la predisposizione dei piani di gestione dello spazio marittimo;
    il comitato tecnico ha conseguentemente avviato l'acquisizione dei dati e delle informazioni necessarie a giungere alla descrizione degli utilizzi e delle destinazioni attuali del litorale e degli spazi marittimi di interesse del Paese;
    pertanto, considerato che le attività preliminari al progetto sono già state avviate, e anche alla luce di un esame comparativo con le analoghe esperienze maturate presso altri Paesi dell'Unione europea, è urgente ed indispensabile l'adozione dei provvedimenti necessari ad assicurare la tempestiva adozione dei piani di gestione dello spazio marittimo e quindi il tempestivo recepimento della direttiva 2014/89/UE, al fine di evitare il concreto rischio che, per il mancato adempimento al termine previsto dalla normativa europea di riferimento, l'Italia incorra nell'avvio di una procedura d'infrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure appropriate per assicurare la tempestiva adozione dei piani di gestione dello spazio marittimo, come disposto dalla direttiva 2014/89/UE nel primo provvedimento utile, al fine di evitare di esporre l'Italia al rischio di incorrere nell'avvio di una procedura d'infrazione per il mancato tempestivo adeguamento alle disposizioni della direttiva medesima, nonché in linea con le politiche di sviluppo sostenibile perseguite e con gli obiettivi ecologici, economici e sociali, di promozione della crescita sostenibile, anche delle economie marittime (cosiddetta economia blu), di sviluppo sostenibile delle zone marine e di uso sostenibile delle risorse marine.
9/2757/47Perantoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di delegazione europea contiene le disposizioni di delega necessarie all'attuazione delle direttive europee e delle decisioni quadro, nonché degli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei;
    la direttiva 2014/89/UE ha istituito un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo, prevedendo che ogni Stato membro debba elaborare ed attuare la pianificazione dello spazio marittimo per contribuire allo sviluppo e alla crescita sostenibili nel settore marittimo, mediante la redazione di appositi piani di gestione dello spazio marittimo;
    detti piani devono essere approvati entro e non oltre il 31 marzo 2021, pena l'apertura di una procedura di infrazione;
    nel nostro Paese, la direttiva 2014/89/UE è stata recepita con il decreto legislativo 17 ottobre 2016, n. 201, principalmente finalizzato a promuovere la crescita sostenibile delle attività marittime e l'uso sostenibile delle risorse marine tramite la creazione di un quadro che consenta di attuare efficacemente la pianificazione dello spazio marittimo nelle acque nazionali;
    il decreto legislativo 17 ottobre 2016, n. 201 ha fissato – ai fini del recepimento della direttiva 2014/89/UE – al 31 dicembre 2020 il termine per l'adozione dei piani di gestione dello spazio marittimo nazionale, termine successivamente prorogato al 31 marzo 2021, in concomitanza con la scadenza già prevista dalla citata direttiva;
    con decreto del 13 novembre 2017, n. 529, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti – quale autorità competente – ha designato i componenti del comitato tecnico cui è affidata l'elaborazione dei piani di gestione dello spazio marittimo;
    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1 dicembre 2017 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 24 gennaio 2018) sono state quindi approvate le linee guida contenenti gli indirizzi e i criteri per la predisposizione dei piani di gestione dello spazio marittimo;
    il comitato tecnico ha conseguentemente avviato l'acquisizione dei dati e delle informazioni necessarie a giungere alla descrizione degli utilizzi e delle destinazioni attuali del litorale e degli spazi marittimi di interesse del Paese;
    pertanto, considerato che le attività preliminari al progetto sono già state avviate, e anche alla luce di un esame comparativo con le analoghe esperienze maturate presso altri Paesi dell'Unione europea, è urgente ed indispensabile l'adozione dei provvedimenti necessari ad assicurare la tempestiva adozione dei piani di gestione dello spazio marittimo e quindi il tempestivo recepimento della direttiva 2014/89/UE, al fine di evitare il concreto rischio che, per il mancato adempimento al termine previsto dalla normativa europea di riferimento, l'Italia incorra nell'avvio di una procedura d'infrazione,

impegna il Governo

a predisporre ogni utile iniziativa finalizzata alla tempestiva conclusione delle procedure di approvazione dei piani di gestione degli spazi marittimi individuati dal Comitato di gestione degli spazi marittimi di cui al decreto legislativo n. 201 del 2016, recante attuazione della direttiva 2014/89/UE.
9/2757/47. (Testo modificato nel corso della seduta) Perantoni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 della legge di delegazione europea prevede l'adozione di un nuovo codice delle comunicazioni elettroniche;
    le indicazioni dettate dall'Agenda Digitale Europea con riferimento allo Sviluppo di reti infrastrutturali di pubblica utilità, stante la Direttiva europea 2014/61 e relativo decreto legislativo di attuazione 15 Febbraio 2016, n. 33, ritiene estremamente utile proporre una modifica del capo V della IV sezione ed in particolare degli articoli 87, 90 e 92 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259;
    la procedura di esproprio pubblico, attualmente vigente prevista dall'articolo 90, continua a provocare difficoltà interpretative ed applicative nella procedura di esproprio da parte dei comuni aventi competenza in materia; il legislatore ha già previsto, in via ordinaria, con l'attuale articolo 90, che il diritto alla installazione degli impianti di comunicazione elettronica e delle relative opere accessorie su suoli altrui sia ottenuto mediante la acquisizione patrimoniale dei beni immobili necessari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere con un prossimo provvedimento di carattere normativo, la modifica delle procedure per la realizzazione di reti ad alta velocità, finalizzate ad una maggiore efficacia delle medesime in sede applicativa da parte dei comuni interessati.
9/2757/48Serritella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 della legge di delegazione europea prevede l'adozione di un nuovo codice delle comunicazioni elettroniche;
    le indicazioni dettate dall'Agenda Digitale Europea con riferimento allo Sviluppo di reti infrastrutturali di pubblica utilità, stante la Direttiva europea 2014/61 e relativo decreto legislativo di attuazione 15 Febbraio 2016, n. 33, ritiene estremamente utile proporre una modifica del capo V della IV sezione ed in particolare degli articoli 87, 90 e 92 del decreto legislativo 1o agosto 2003, n. 259;
    la procedura di esproprio pubblico, attualmente vigente prevista dall'articolo 90, continua a provocare difficoltà interpretative ed applicative nella procedura di esproprio da parte dei comuni aventi competenza in materia; il legislatore ha già previsto, in via ordinaria, con l'attuale articolo 90, che il diritto alla installazione degli impianti di comunicazione elettronica e delle relative opere accessorie su suoli altrui sia ottenuto mediante la acquisizione patrimoniale dei beni immobili necessari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere nel quadro di provvedimenti normativi di prossima adozione ovvero di recepimento di direttive europee, la modifica delle procedure per la realizzazione di reti ad alta velocità, al fine di consentire anche una maggiore efficacia delle medesime in sede applicativa da parte dei comuni interessati.
9/2757/48. (Testo modificato nel corso della seduta) Serritella.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 reca i princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    il decreto del Ministro dello sviluppo economico 2 marzo 2018 recante la promozione dell'uso del biometano e degli altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti prevede che possano usufruire degli incentivi gli impianti di produzione di biometano di nuova costruzione, nonché gli impianti biogas esistenti che si riconvertano entro il 31 dicembre 2022;
    l'attuazione di tali disposizioni ha incontrato una serie di difficoltà, da ultimo la crisi sanitaria da COVID-19, che hanno pesantemente rallentato gli iter delle iniziative agricole;
    un corretto recepimento della direttiva in oggetto deve essere finalizzato a contribuire alla transizione energetica e al processo di decarbonizzazione tenendo conto del ruolo positivo svolto dall'agricoltura;
    grazie alla riconversione degli impianti attualmente esistenti, dedicati alla produzione di energia elettrica e calore da biogas derivante, in particolare, da biomasse non rifiuto generate da attività agricole e agroindustriali, la produzione di biometano può essere destinata non solamente al settore dei trasporti, ma anche agli altri usi industriali e non elettrificabili in genere,

impegna il Governo

in fase di esercizio della delega, a valutare l'opportunità di disporre apposite misure atte a favorire la riconversione degli impianti esistenti di produzione di biogas derivante da biomasse non rifiuto di origine agricola e agroindustriale verso la produzione di biometano da utilizzare nei settori trasporti e altri usi, nonché a valutare l'opportunità di adottare una disciplina che introduca l'obbligo di impiego di una quota crescente di biometano nella rete del gas naturale rispetto all'utilizzo di gas di origine fossile; a valutare altresì l'opportunità di impiegare la produzione di idrogeno verde proveniente dai processi di riconversione degli impianti di origine agricola.
9/2757/49Cassese, Galizia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 reca i princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    il decreto del Ministro dello sviluppo economico 2 marzo 2018 recante la promozione dell'uso del biometano e degli altri biocarburanti avanzati nel settore dei trasporti prevede che possano usufruire degli incentivi gli impianti di produzione di biometano di nuova costruzione, nonché gli impianti biogas esistenti che si riconvertano entro il 31 dicembre 2022;
    l'attuazione di tali disposizioni ha incontrato una serie di difficoltà, da ultimo la crisi sanitaria da COVID-19, che hanno pesantemente rallentato gli iter delle iniziative agricole;
    un corretto recepimento della direttiva in oggetto deve essere finalizzato a contribuire alla transizione energetica e al processo di decarbonizzazione tenendo conto del ruolo positivo svolto dall'agricoltura;
    grazie alla riconversione degli impianti attualmente esistenti, dedicati alla produzione di energia elettrica e calore da biogas derivante, in particolare, da biomasse non rifiuto generate da attività agricole e agroindustriali, la produzione di biometano può essere destinata non solamente al settore dei trasporti, ma anche agli altri usi industriali e non elettrificabili in genere,

impegna il Governo

in fase di esercizio della delega, a valutare l'opportunità di disporre apposite misure atte a favorire la riconversione degli impianti esistenti di produzione di biogas in particolare da residui agricoli e agroindustriali verso la produzione di biometano da utilizzare nei settori trasporti e altri usi, nonché a valutare l'opportunità di promuovere una disciplina che, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'integrazione del mercato europeo e dal sistema degli scambi internazionali, introduca l'obbligo di impiego di una quota crescente di biometano nella rete del gas naturale rispetto all'utilizzo di gas di origine fossile; a valutare altresì l'opportunità di impiegare la produzione di idrogeno verde proveniente dai processi di riconversione degli impianti di origine agricola.
9/2757/49. (Testo modificato nel corso della seduta) Cassese, Galizia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del disegno di legge in questione detta i principi e criteri di delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 (cosiddetto RED II) sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (testo modificativo e di rifusione della pregressa Direttiva 2009/28/UE, cosiddetto RED I. Prevede, previa intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), una disciplina per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, nonché delle specifiche competenze dei Ministeri per i beni e le attività culturali e per il turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (al quale è succeduto di recente il nuovo Ministero della transizione ecologica);
   considerato che:
    il decreto ministeriale 10 settembre 2010 reca le «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili». Esse costituiscono la principale normativa emanata allo scopo di armonizzare gli iter procedurali regionali per l'autorizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti energetiche rinnovabili (FER), tra il settore dell'eolico. Il testo riporta le tipologie di procedimenti autorizzativi in relazione alla complessità dell'intervento e del contesto dove lo stesso si colloca. La Direttiva europea 2009/28/CE, al fine di favorire lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, ha richiesto agli Stati Membri di far sì che le procedure autorizzative siano proporzionate e necessarie, nonché semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato. Tuttavia, manca ancora una disciplina che consenta di intervenire in maniera organica sulla regolamentazione dell'insediamento dei parchi eolici, nonostante gli sforzi di armonizzazione attuati attraverso il decreto ministeriale del 2010 e le misure di semplificazione e razionalizzazione ex Decreto Legislativo 28 del 3 marzo 2011, Infatti, spesso, i procedimenti Autorizzazione Unica (AU) e Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) non riescono a garantire una tutela effettiva dei beni paesaggistici e ambientali; inoltre, in molti casi, i Comuni che ospitano parchi eolici non riescono a beneficiarne sul piano energetico ed economico, né riescono ad evitare infiltrazioni malavitose,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti finalizzati ad elaborare una disciplina sistematica ed organica per quanto attiene all'energia eolica, con particolare attenzione per i profili attinenti alla tutela paesaggistica ed ambientale dei territori sui quali è previsto l'insediamento dei parchi eolici, nonché promuovendo iniziative orientate a forme di sfruttamento dell'energia eolica e alla gestione dei relativi impianti sotto controllo pubblico.
9/2757/50Maraia.


   La Camera,
   premesso che:
    il virus Maedi Visna (MVV) è un lentivirus appartenente alla famiglia Retroviridae ed è strettamente correlato al lentivirus responsabile dell'artrite encefalite delle capre e delle pecore. È ormai accertata la responsabilità da parte di MVV, oltre che come agente eziologico di sindrome respiratoria, neurologica e perdita della condizione corporea, anche nel determinismo di forme croniche di mastite;
    il virus viene trasmesso nell'utero durante la gravidanza e nel colostro ai giovani animali in allattamento. La trasmissione orizzontale avviene per via respiratoria, in particolare nelle stalle chiuse. Il periodo di incubazione dura dai tre ai quattro anni;
    il lungo periodo di incubazione che caratterizza le varie forme d'infezione costituisce una preoccupante remora per gli allevamenti ovini, considerando che gli animali rappresentano dei diffusori permanenti del contagio molto tempo prima della comparsa delle manifestazioni cliniche;
    benché, non si siano registrati decessi di capi collegati esclusivamente alla malattia, è quasi certo che la malattia limiti la qualità e la quantità dei prodotti e che molti allevamenti italiani sono stati seriamente danneggiati;
    la legislazione europea, in particolare il regolamento (UE) 2015/429 del 9 marzo 2016 recante la normativa in materia di sanità animale, non ritiene le malattie da lentivirus dei piccoli ruminanti, cui appartiene la maedi visna, fra le malattie soggette a misure obbligatorie di controllo,

impegna il Governo

nel solco delle norme già previste dall'articolo 14 del disegno di legge in esame, a prendere tutte le iniziative necessarie affinché il virus Maedi Visna venga inserito nell'elenco delle malattie previste dall'allegato II del regolamento (UE) 2016/429 del 9 marzo 2016 e vengano effettuati specifici controlli all'ingresso nell'Unione di specie ovine e caprine, al fine di evitarne il depotenziamento della produttività.
9/2757/51Cadeddu.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca, agli articoli 8 e 9, norme per la riforma del diritto d'autore;
    premesso che gli editori di giornali svolgono un ruolo centrale nella creazione di contenuti informativi di alta qualità e rappresentano, ad oggi, il solo argine possibile alla proliferazione delle fake news o di analoghe attività di misinformation: per continuare a garantire anche nell'era digitale questa fondamentale precondizione di ogni società democratica e libera, devono poter contare su una effettiva tutela del prodotto informativo;
    nel mondo digitale vi è un forte squilibrio tra il valore che la produzione dei contenuti editoriali genera per le piattaforme digitali e i ricavi percepiti dagli editori: i contenuti editoriali vengono spesso, parzialmente o completamente, sfruttati dalle piattaforme digitali (OTT), senza che venga riconosciuto alcun compenso ai titolari dei diritti;
    già nel 2014 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni rilevava questo value gap e il suo impatto negativo sull'economia dell'intero sistema dell'informazione, che rischia di comprometterne il funzionamento;
    la diffusione sistematica e non remunerata di opere protette dal diritto d'autore è un fenomeno che desta grave allarme, in quanto pregiudica la sostenibilità dell'industria editoriale, svaluta l'apporto di competenze e professionalità qualificate e, non da ultimo, influisce sulla libertà e il pluralismo dell'informazione, incidendo sulla quantità e la qualità dell'offerta editoriale, e rappresenta una violazione della sovranità digitale nazionale;
    è urgente e necessaria l'introduzione di un'adeguata previsione normativa che garantisca agli editori di essere remunerati, seppur a fronte di meccanismi di negoziazione contrattuale, a fronte dell'utilizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali, avuto riguardo anche delle esperienze a cui si è assistito in altri contesti nazionali, come Francia e Australia;
    la nozione di «estratto breve», avuto riguardo anche delle esperienze degli altri Paesi europei, è suscettibile di dare adito a condotte potenzialmente lesive nei confronti in particolar modo degli editori, da parte delle società che offrono servizi web di aggregatori di notizie nonché di motori di ricerca;
    il supporto che le istituzioni devono assicurare agli operatori dell'editoria si rende, in particolare in questo momento storico, fondamentale;
    le considerazioni espresse in premessa, infatti, non possono prescindere dall'analisi delle conseguenze drammatiche che hanno colpito il settore dell'editoria a causa dell'emergenza epidemiologica e delle misure che sono state intraprese per farvi fronte;
    l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni che ha stimato un calo del fatturato complessivo dell'editoria quotidiana e periodica dei primi 6 mesi 2020 di 326 milioni rispetto al primo semestre 2019;
    il Considerando 54 della direttiva Copyright recita: «Una stampa libera e pluralista è essenziale per garantire un giornalismo di qualità e l'accesso dei cittadini all'informazione e da un contributo fondamentale al dibattito pubblico e al corretto funzionamento di una società democratica (...)»;
    il Considerando 58 recita, tra l'altro, che «Il contributo organizzativo e finanziario degli editori nel produrre pubblicazioni di carattere giornalistico va riconosciuto e ulteriormente incoraggiato per garantire la sostenibilità dell'editoria e favorire in tal modo la disponibilità di informazioni affidabili (...)» e aggiunge che, «Tenuto conto della forte aggregazione e dell'utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società dell'informazione, è importante che l'esclusione degli estratti molto brevi sia interpretata in modo da non pregiudicare l'efficacia dei diritti previsti dalla presente direttiva»;
    in una risposta resa in data 9 novembre 2020, il Commissario UE Thierry Breton, nell'escludere che l'imposizione ex ante di un meccanismo di gestione collettiva del diritto sia compatibile con lo spirito della Direttiva, ha tuttavia ribadito, a nome della Commissione europea, che l'articolo 15 riconosce agli editori di giornali il diritto esclusivo di autorizzare o proibire la distribuzione e la messa a disposizione delle loro pubblicazioni da parte dei soggetti prestatori di servizi della Società dell'informazione;
    di conseguenza, tale diritto può essere esercitato dagli editori singolarmente o, a scelta, affidandolo ad enti/associazioni rappresentative munite di specifico mandato ad hoc, nel perseguimento della finalità propria dell'articolo 15 della Direttiva che è quella di assicurare la giusta remunerazione per gli utilizzi dei contenuti editoriali da parte delle piattaforme digitali;
    inoltre, gli articoli 18 e 19 della direttiva rivestono una particolare rilevanza per il comparto del cinema e dell'audiovisivo in genere, prevedendo una remunerazione adeguata e proporzionata per gli autori e gli artisti interpreti ed esecutori nell'ambito degli utilizzi digitali delle opere, nonché l'accesso alle informazioni necessario per garantire l'effettività del diritto alla remunerazione;
    sarebbe auspicabile, in sede di adozione dei decreti legislativi attuativi della direttiva (UE) 2019/790, ad aggiornare e rafforzare, in riferimento agli articoli 18 e 19 della stessa direttiva, i meccanismi di tutela del diritto degli autori e degli artisti a ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata per lo sfruttamento delle loro opere o esecuzioni e, a tal fine, a definire modalità di remunerazione che prevedano il riconoscimento ad autori ed artisti di un'adeguata quota percentuale dei proventi percepiti da coloro ai quali gli stessi hanno concesso in licenza o trasferito i diritti, fatta salva la possibilità di incremento in sede contrattuale,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di prevedere, anche al fine di garantire la sovranità digitale, che la tutela dei diritti degli editori venga garantita, anche tramite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, da una negoziazione effettiva e in buona fede che individui, entro un termine definito, criteri condivisi per la determinazione di una quota adeguata dei proventi generati dai prestatori di servizi delle società di informazione finalizzata a remunerare i diritti degli editori medesimi;
   a valutare l'opportunità di adottare tutte le misure necessarie affinché, in caso di mancato accordo tra le parti riguardo al termine suddetto, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sia incaricata di definire le condizioni, anche economiche, della utilizzazione dei contenuti da parte delle piattaforme digitali;
   a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a chiarire che, nell'ambito della definizione del concetto di «estratti molto brevi» di cui alla direttiva in oggetto, non solo venga preservata la libera circolazione delle informazioni, ma venga altresì promossa l'efficacia dei diritti previsti dalla direttiva medesima.
9/2757/52Mollicone, Bartolozzi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di delegazione europea è, per prassi consolidata, il provvedimento con cui tipicamente si recepiscono nell'ordinamento italiano le disposizioni derivanti dalle Direttive europee;
    tra le varie normative oggetto di recepimento figura la Direttiva (UE) n. 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, recante disposizioni in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola ed alimentare;
    nell'esercizio della delega per l'attuazione della predetta Direttiva, di cui all'articolo 7 della presente legge, si fornisce al Governo la prerogativa di designare l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) quale autorità nazionale di contrasto deputata all'attività di vigilanza sull'applicazione delle disposizioni che disciplinano le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e alimentari, nonché di applicazione dei divieti stabiliti dalla Direttiva (UE) n. 2019/633;
    al momento, tale attività di vigilanza e di garanzia applicativa della normativa, nonché di contrasto alle pratiche commerciali sleali, è attribuita all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), che, a partire dal 2012, ha sviluppato una notevole sensibilità giuridica sulle tematiche legate alle pratiche commerciali scorrette;
    con il parere rilasciato in data 23 ottobre 2019, l'AGCM ha espressamente chiesto di essere identificata come «unica» autorità di controllo in tema di pratiche commerciali scorrette, ricordando la propria natura di autorità indipendente e sottolineando l'importanza di non disperdere la sensibilità giuridica ed economica costruita in quasi 10 anni di attività su questi specifici argomenti e in oltre 30 anni nella supervisione delle condotte commerciali sui mercati rilevanti in ambito nazionale;
    l'attribuzione delle competenze ad ora in capo all'AGCM all'ICQRF, comporterebbe inutili aggravi di natura organizzativa e rallenterebbe i tempi di applicazione delle normative,

impegna il Governo

a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di considerare l'opportunità di recepire la Direttiva (UE) n. 2019/633 mantenendo l'AGCM quale autorità nazionale di contrasto deputata all'attività di vigilanza sull'applicazione delle disposizioni che disciplinano le relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agricoli e alimentari e di applicazione dei divieti stabiliti dalla Direttiva medesima.
9/2757/53Ciaburro, Caretta, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di delegazione europea è, per prassi consolidata, il provvedimento con cui tipicamente si recepisce nell'ordinamento italiano l’acquis communautaire derivante dalle direttive europee;
    la Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, cosiddetta «Direttiva Uccelli» si occupa della conservazione degli uccelli selvatici, definendo, tra le altre, il perimetro con cui gli Stati membri devono disporre divieti relativi all'impiego di veicoli a motore o a natanti a motore in movimento al di sopra di determinate velocità;
    la predetta Direttiva, con il combinato disposto di articolo 8 ed allegato IV specifica, infatti, come il predetto divieto, relativo al ricorso a veicoli a motore o a natanti a motore in movimento, si applichi unicamente per velocità superiori a 5 Km/h ed a 18 Km/h in alto mare;
    in tal senso la legge 11 febbraio 1992 n. 157 dispone un divieto generale e diffuso relativo a veicoli a motore, natanti o aeromobili in qualsiasi caso senza tenere conto delle peculiarità previste dall'allegato IV della predetta Direttiva 2009/147/CE, che non è così compiutamente recepita;
    la Direttiva medesima, non a caso, nel proprio articolato separa nettamente il divieto tout court vigente per aerei ed autoveicoli dalla casistica delineata al terzo considerando della presente premessa, non recepita nella normativa nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di recepire pienamente la Direttiva 2009/147/CE, recependo i divieti relativi all'allegato IV della Direttiva medesima, riguardanti i veicoli a motore, i natanti a motore in movimento, e gli aeromobili a velocità superiore a 5 Km/h, e superiore a 18 Km/h in alto mare.
9/2757/54Caretta, Ciaburro, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento in esame delinea i principi e criteri di delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 inerente alla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    l'articolo citato prevede una serie di deleghe che mirano a disciplinare l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili;
    lo sviluppo dell'energia rinnovabile è un tassello fondamentale per la decarbonizzazione dell'economia, favorendo la transizione ad un modello più sostenibile, ovvero con un impatto ambientale minore;
    all'interno del PNIEC è prevista una produzione pressoché raddoppiata rispetto alla condizione iniziale per quello che concerne l'energia elettrica prodotta dall'eolico;
    il ricorso all'energia pulita è sicuramente una priorità, ma questo non deve certo andare a discapito di altri importanti aspetti ambientali, tra cui la tutela del paesaggio a fronte del rischio di arrecargli delle alterazioni tali da depauperarne il valore naturalistico,

impegna il Governo

a promuovere la ricerca e lo sviluppo di sistemi di produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare per quanto concerne l'eolico, meno invasivi e più efficienti al fine di garantire il raggiungimento degli obiettivi del PNIEC garantendo comunque una politica energetica sostenibile in termini di emissioni e tutela del paesaggio.
9/2757/55Bignami, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del provvedimento in esame delinea i principi e criteri di delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 inerente alla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    la sfida della transizione energetica è al centro della strategia UE del prossimo decennio e richiederà una maggiore produzione di energia proveniente da fonti rinnovabili;
    con la strategia dell'Unione dell'energia, avviata nel 2015, sono state introdotte norme e obiettivi per aumentare l'efficienza energetica, sostenere fonti energetiche più verdi e instaurare migliori collegamenti tra i mercati nazionali dell'energia;
    gli Stati membri dell'UE si sono impegnati, attraverso i rispettivi PNIEC, a migliorare l'efficienza energetica di almeno il 32,5 per cento riducendo il consumo energetico e aumentando la quota di energie rinnovabili di almeno il 32 per cento entro il 2030;
    la transizione energetica comporta importanti interventi infrastrutturali che, nel caso di alcune tipologie di impianti, possono portare a interventi invasivi rispetto all'integrità paesaggistica e all'armonia architettonica;
    un'introduzione rapida delle nuove infrastrutture energetiche dipende anche dall'accettazione sociale che queste saranno in grado di generare attraverso un'invasività sempre minore;
    il fotovoltaico integrato sulle superfici esterne dell'edificio o sottoforma di tegolame sul tetto sono una soluzione progettuale che permette di far coesistere la produzione di energia elettrica con la qualità estetica dell'edificio;
    tipi di pannelli, detti « Aesthetic Energy Panel» o AEP, riescono a imitare nella loro trama diversi tipi di materiali da costruzione, come legno o marmo, mimetizzandosi perfettamente e permettendo una totale integrazione estetica,

impegna il Governo

incentivare, mediante provvedimenti di natura fiscale o contributi economici, le coperture fotovoltaiche che svolgono anche una funzione architettonica limitando quindi l'invasività di questi impianti nel pieno rispetto della tutela del paesaggio, degli edifici o agglomerati urbani che presentano particolari peculiarità storiche o che si trovano in aree dall'alto valore naturalistico e paesaggistico.
9/2757/56Rizzetto, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del presente provvedimento contiene principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato;
    i media audiovisivi, proprio in ragione dell'evoluzione e della realtà del mercato, sono ormai presenti anche sulle piattaforme social;
    la diffusione di alcune nuove piattaforme digitali sta evidenziando una decisa virata verso i contenuti puramente visivi rispetto a quelli testuali;
    sempre più minorenni hanno accesso o si iscrivono autonomamente sulle piattaforme social esponendosi, senza alcuna tutela, a contenuti inappropriati per la loro età e lesivi della loro integrità fisica;
    le cosiddette sfide o challenge social sono sempre più diffuse in rete e suscitano l'interesse di un gran numero di utenti, coinvolgendo soprattutto i bambini e gli adolescenti;
    i recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto alcuni minori hanno portato alla luce, a causa dei loro risvolti drammatici, l'esistenza di sfide capaci di ledere l'integrità fisica dei partecipanti cagionandone anche il decesso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di creare un osservatorio, in concerto con le aziende proprietarie delle piattaforme social e AGCOM, al fine di coordinare al meglio le politiche a tutela dell'integrità fisica e psichica dei minori che usufruiscono dei social network attraverso opportune campagne di sensibilizzazione sui rischi in essi presenti.
9/2757/57Bellucci, Mollicone.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 del presente provvedimento interviene sui princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili;
    l'emergenza pandemica, in particolar modo nella sua prima fase, ha influenzato negativamente sulle imprese comportando spesso un fermo delle attività da cui è conseguito un rallentamento di tutte le operazioni comprese quelle relative alle scelte strategiche degli organi dirigenziali;
    la transizione energetica rappresenta un impegno inderogabile per il quale è stato redatto il Piano Nazionale Integrato Energia Clima il quale ha fissato degli obiettivi precisi in ottica 2030;
    la transizione energetica è una sfida che richiederà programmazione da un punto di vista degli interventi e delle scelte da compiere oltre che di un grande coinvolgimento del territorio e delle parti sociali ad essi collegate,

impegna il Governo

a favorire una transizione energetica graduale verso materie prime sempre più sostenibili garantendo agli operatori del settore un processo coerente con le Direttive e attento alle necessità organizzative degli operatori del settore dell'energia.
9/2757/58Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 reca principi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Titolo III («Quadro di certificazione della cibersicurezza») del regolamento (UE) 2019/881, del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019;
    il regolamento (UE) 2019/881 ha creato l'Agenzia dell'Unione europea per la cibersicurezza quale organo permanente per fornire all'UE una maggiore capacità di cibersicurezza ed ha definito un sistema europeo di certificazione;
    l'articolo 2, punto 9, del Regolamento UE (UE) 2019/881 un «sistema europeo di certificazione della cibersicurezza» consiste in «una serie completa di regole, requisiti tecnici, norme e procedure stabiliti a livello di Unione e che si applicano alla certificazione o alla valutazione della conformità»;
    la minaccia cibernetica, nel corso dell'emergenza pandemica, è aumentata in termini qualitativi e quantitativi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire presso il Ministero dello sviluppo economico un fondo destinato ad investimenti per la sicurezza cibernetica.
9/2757/59Silvestroni, Mollicone, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 reca principi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Titolo III («Quadro di certificazione della cibersicurezza») del regolamento (UE) 2019/881, del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019;
    il regolamento (UE) 2019/881 ha creato l'Agenzia dell'Unione europea per la cibersicurezza quale organo permanente per fornire all'UE una maggiore capacità di cibersicurezza ed ha definito un sistema europeo di certificazione;
    l'articolo 2, punto 9, del Regolamento UE (UE) 2019/881 un «sistema europeo di certificazione della cibersicurezza» consiste in «una serie completa di regole, requisiti tecnici, norme e procedure stabiliti a livello di Unione e che si applicano alla certificazione o alla valutazione della conformità»;
    la minaccia cibernetica, nel corso dell'emergenza pandemica, è aumentata in termini qualitativi e quantitativi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire presso il Ministero dello sviluppo economico un fondo destinato a sostenere gli oneri per lo svolgimento delle funzioni attribuite al MISE in attuazione del regolamento 2019/881.
9/2757/59. (Testo modificato nel corso della seduta) Silvestroni, Mollicone, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    tra gli aspetti trattati dal provvedimento in esame figura anche la tenuta del mercato interno dell'Unione;
    nel 2018, in una relazione della Commissione europea al Parlamento europeo e al Consiglio relativa alle restrizioni sui pagamenti in contanti, si legge che le «disposizioni nazionali divergenti sui pagamenti in contanti falsano la concorrenza nel mercato interno, determinando potenziali trasferimenti di imprese oltre frontiera, in particolare per alcuni settori specifici che si basano molto sulle operazioni in contanti, come quello dei gioielli o della rivendita di automobili»;
    secondo la Relazione tali disposizioni nazionali divergenti «creano potenzialmente lacune che permettono di aggirare i limiti nazionali ai pagamenti in contanti e pertanto di ridurne l'efficienza»;
    si osservava, inoltre, che «le restrizioni ai pagamenti in contanti sono una questione delicata per i cittadini europei e che molti di loro considerano la possibilità di pagare in contanti una libertà fondamentale che non dovrebbe essere limitata in maniera sproporzionata»;
    ciononostante il Governo Conte II, con l'articolo 18 del decreto-legge n. 124 del 2019, cosiddetto «decreto fiscale», ha ulteriormente ridotto la soglia del limite dei pagamenti in contante, a decorrere dal 1o luglio 2020 da tremila a duemila euro, e poi a mille euro a partire dal 1o gennaio del 2022, scadenza ormai prossima;
    il 13 dicembre 2019 la BCE si è espressa sulla misura con una lettera firmata da Yves Mersch, vicepresidente del Consiglio di Vigilanza dell'istituto di Francoforte, e indirizzata ai presidenti di Camera e Senato e al Ministro dell'economia Roberto Gualtieri;
    in tale lettera la BCE richiama la raccomandazione della Commissione 2010/191/UE5 con la quale si sancisce che l'accettazione dei pagamenti in contanti debba costituire la norma, riconoscendo che il contante possa essere rifiutato per motivi connessi al principio di buona fede, senza che ciò integri una violazione del principio del corso legale del contante;
    la BCE richiama, altresì, l'articolo 19 del Regolamento (CE) n. 974/98, secondo cui «le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi d'interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari»; tali strumenti devono essere disponibili in tutti gli strati della società, a costi comparabili con i pagamenti in contanti;
    la BCE osserva, inoltre, che le «limitazioni ai pagamenti in contanti devono rispettare il corso legale delle banconote in euro sancito negli articoli 128, paragrafo 1, e 282, paragrafo 3, del TFUE. Pertanto, sarebbe necessario dimostrare che le limitazioni ai pagamenti in contanti proposte, che incidono sul corso legale delle banconote in euro, siano efficaci ai fini del conseguimento delle finalità pubbliche legittimamente perseguite attraverso tali limitazioni. Si dovrebbe quindi dimostrare chiaramente che tali limitazioni permettano, di fatto, di conseguire la dichiarata finalità pubblica della lotta all'evasione fiscale»;
    la BCE ha evidenziato come le limitazioni dirette o indirette ai pagamenti in contanti debbano essere proporzionate agli obiettivi perseguiti senza andare al di là di quanto necessario per conseguirli;
    per esplicitare il principio di proporzionalità la BCE ha richiamato le raccomandazioni verso altri Paesi europei tra cui Grecia, Spagna e Olanda;
    in relazione alla Grecia la BCE ha ritenuto sproporzionata la limitazione ai pagamenti in contanti di 500 euro per le operazioni tra consumatori e imprese alla luce delle possibili ripercussioni negative sul sistema di pagamento in contanti, e, di conseguenza, ha raccomandato al legislatore, ove intenda mantenere le limitazioni ai pagamenti in contanti, di scegliere soglie più elevate e di introdurre un certo grado di flessibilità;
    in relazione alla Spagna la BCE ha ritenuto sproporzionata la riduzione della limitazione ai pagamenti in contanti a mille euro per operazioni in cui chi paga agisce nell'esercizio della propria attività commerciale o professionale, alla luce delle possibili ripercussioni negative sul sistema di pagamento in contanti, e ha, inoltre, affermato che la limitazione proposta rende più difficile regolare operazioni legittime mediante l'utilizzo del contante come mezzo di pagamento, mettendo in tal modo a rischio il concetto di corso legale sancito nel 18 TFUE;
    in relazione alla riforma proposta nei Paesi bassi che impone un divieto di pagamento in contanti a partire dalla somma di 3.000 euro per i soggetti che commerciano beni secondo cui, in ottica di contrasto al riciclaggio di denaro, chiunque acquisti o venda beni nell'esercizio delle proprie attività commerciali o societarie non può effettuare o accettare pagamenti in contanti pari o superiori a 3.000 euro, la BCE osserva come il limite ai contanti non si applichi ai consumatori. Nello specifico osserva come la direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio richieda che i soggetti che commerciano beni, non altrimenti soggetti obbligati ai sensi di tale direttiva, debbano applicare misure di adeguata verifica della clientela, soltanto nei casi in cui effettuano o accettano pagamenti in contanti di importo pari o superiore a 10.000 euro;
    la normativa italiana applicando il limite dell'uso dei contanti a tutta la popolazione indistintamente e per un tetto assai stringente risulta pertanto al di fuori dei criteri indicati dalla BCE e non del tutto conforme al diritto europeo,

impegna il Governo

a rivedere la normativa in relazione al limite dei pagamenti in contante considerandone l'abolizione o quantomeno la rivisitazione in senso proporzionato e non discriminatorio.
9/2757/60Osnato, Montaruli, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    la transizione verde è ormai una componente centrale delle politiche europee e degli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia;
    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sostenibilità ambientale capaci di incidere su interi comparti;
    lo sviluppo sostenibile intende rispondere alle esigenze delle generazioni attuali senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni, e prevede un approccio globale che tenga conto degli aspetti economici, sociali e ambientali in modo che le varie componenti si rafforzino reciprocamente;
    l'introduzione di normative più stringenti in materia di emissioni e utilizzo di combustibili fossili è un'operazione meritevole capace di favorire un'accelerazione rispetto alla ricerca e allo sviluppo di modelli produttivi più efficienti ed ecosostenibili;
    in merito al Green Deal la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato: «Il Green Deal europeo è la nostra nuova strategia per la crescita – una crescita che restituisce più di quanto prende. Mostra come trasformare il nostro modo di vivere e lavorare, di produrre e consumare, per rendere più sano il nostro stile di vita e più innovative le nostre imprese»;
    l'obiettivo dell'UE è di ridurre del 55 per cento le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030;
    il 37 per cento dei fondi derivati dal Next Generation EU saranno direttamente spesi in obiettivi climatici in linea con il Green Deal;
    la pandemia ha generato una crisi sistemica tale da indebolire le imprese, incidendo negativamente sullo stato patrimoniale e, quindi sugli accantonamenti e sulle riserve monetarie spesso e volentieri erose per sostenere le spese correnti e la sopravvivenza stessa dell'impresa;
    gli adempimenti utili ad allinearsi con le direttive e i regolamenti in materia di sostenibilità possono comportare una spesa e delle tempistiche tali da mettere in pericolo la stessa sopravvivenza di imprese già indebolite dalla crisi economica in corso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concedere, mediante iniziative normative adatte, alle imprese un margine temporale utile a conformarsi alle direttive e ai regolamenti in materia di sostenibilità, in modo tale da calmierare il rischio di impatti negativi sull'occupazione e sul tessuto economico di quei settori le cui imprese devono affrontare tempistiche e oneri più consistenti al fine adempiere agli obblighi derivanti dall'introduzione delle nuove regole.
9/2757/61Mantovani.


   La Camera,
   premesso che:
    la transizione verde è ormai una componente centrale delle politiche europee e degli accordi internazionali sottoscritti dall'Italia;
    il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sostenibilità ambientale capaci di incidere su interi comparti;
    lo sviluppo sostenibile intende rispondere alle esigenze delle generazioni attuali senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni, e prevede un approccio globale che tenga conto degli aspetti economici, sociali e ambientali in modo che le varie componenti si rafforzino reciprocamente;
    l'introduzione di normative più stringenti in materia di emissioni e utilizzo di combustibili fossili è un'operazione meritevole capace di favorire un'accelerazione rispetto alla ricerca e allo sviluppo di modelli produttivi più efficienti ed ecosostenibili;
    in merito al Green Deal la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato: «Il Green Deal europeo è la nostra nuova strategia per la crescita – una crescita che restituisce più di quanto prende. Mostra come trasformare il nostro modo di vivere e lavorare, di produrre e consumare, per rendere più sano il nostro stile di vita e più innovative le nostre imprese»;
    l'obiettivo dell'UE è di ridurre del 55 per cento le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030;
    il 37 per cento dei fondi derivati dal Next Generation EU saranno direttamente spesi in obiettivi climatici in linea con il Green Deal;
    la pandemia ha generato una crisi sistemica tale da indebolire le imprese, incidendo negativamente sullo stato patrimoniale e, quindi sugli accantonamenti e sulle riserve monetarie spesso e volentieri erose per sostenere le spese correnti e la sopravvivenza stessa dell'impresa;
    gli adempimenti utili ad allinearsi con le direttive e i regolamenti in materia di sostenibilità possono comportare una spesa e delle tempistiche tali da mettere in pericolo la stessa sopravvivenza di imprese già indebolite dalla crisi economica in corso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concedere, mediante iniziative normative compatibili con la disciplina euro-unitaria, alle imprese un margine temporale utile a conformarsi alle direttive e ai regolamenti in materia di sostenibilità, in modo tale da calmierare il rischio di impatti negativi sull'occupazione e sul tessuto economico di quei settori le cui imprese devono affrontare tempistiche e oneri più consistenti al fine adempiere agli obblighi derivanti dall'introduzione delle nuove regole.
9/2757/61. (Testo modificato nel corso della seduta) Mantovani.


   La Camera,
   premesso che:
    i limiti delle competenze dell'Unione europea sono disciplinati dal principio di attribuzione, il che significa che qualsiasi competenza non attribuita all'Unione europea nei trattati appartiene agli Stati membri;
    è possibile invocare una violazione dei valori dell'Unione, compreso lo Stato di diritto, nei confronti di uno Stato membro soltanto quando esso agisce in un settore di competenza dell'Unione sulla base di specifiche disposizioni del trattato relative alle competenze;
    il rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri non può costituire oggetto di un'azione da parte delle istituzioni dell'Unione a prescindere dall'esistenza di una competenza materiale specifica che inquadri tale azione, con la sola eccezione della procedura descritta all'articolo 7 TUE;
    solo l'articolo 7 TUE prevede una competenza dell'Unione a soprintendere l'applicazione dello Stato di diritto quale valore dell'Unione;
    l'articolo 7 TUE offre all'UE l'unica possibilità di intervenire in modo imperativo su questioni relative al rispetto da parte degli Stati membri dei valori dell'Unione in quanto tali; si evidenzia che l'articolo 7 TUE è completo ed esaustivo;
    l'articolo 7, paragrafo 1, TUE costituisce una fase preventiva, riconoscendo all'Unione la capacità di intervenire in caso di evidente rischio di violazione grave dei valori comuni; che tale azione preventiva prevede un dialogo con lo Stato membro interessato e mira a evitare eventuali sanzioni;
    Polonia e Ungheria si sono opposti all'adozione del Regolamento 2020/2092, con cui è stato istituito il meccanismo di condizionalità sullo Stato di Diritto, temendo che possa essere usato impropriamente, andando oltre la volontà condivisa di monitorare il corretto utilizzo dei fondi europei;
    la Commissione europea ha dichiarato che, nell'applicare il regolamento sul meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto, si impegnerà a rispettare le conclusioni del Consiglio europeo dell'11 dicembre 2020,

impegna il Governo:

   1) a non sostenere l'introduzione di un nuovo meccanismo di controllo dello Stato di diritto, salvaguardando le prerogative di cui all'articolo 7 del TUE;
   2) a non sostenere audizioni organizzate dal Consiglio a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, TUE in risposta alle minacce ai valori comuni europei negli Stati di cui in premessa perché non sussistono casi di evidente rischio di violazione grave dei valori comuni;
   3) a chiarire che il regolamento sul meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto si applicherà solo ed esclusivamente in relazione agli impegni di bilancio costituiti nell'ambito del nuovo quadro finanziario pluriennale.
9/2757/62Meloni, Lollobrigida, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone il recepimento, tra le altre, della direttiva UE 2018/1808, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi) in considerazione dell'evoluzione delle realtà del mercato;
    tra i principi e criteri direttivi che il provvedimento impone al Governo nell'attuazione della delega vi è anche quello di garantire la protezione dei minori da contenuti, anche pubblicitari, che possono arrecare danno al loro sviluppo fisico, mentale o morale;
    tra i contenuti pubblicitari non adeguati che possono accompagnare programmi per bambini si rinvengono anche quelli relativi a bibite e prodotti alimentari;
    si ravvisa una crescente preoccupazione circa l'aumento dei disturbi alimentari tra i giovanissimi, anche quale conseguenza delle restrizioni imposte in relazione alla pandemia in corso;
    di conseguenza si impone la necessità di tutelare i minori circa contenuti relativi a comportamenti alimentari suscettibili di evolvere in patologie dell'alimentazione,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di un Codice volto ad escludere l'esaltazione di comportamenti alimentari scorretti nei contenuti dei programmi per bambini.
9/2757/63Montaruli, Bartolozzi, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame contiene norme di delega al Governo per il recepimento di alcune direttive europee;
    la direttiva (UE) 2016/343, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, pur recando importanti norme di tutela dei cittadini, in linea con quanto stabilito dalla nostra Costituzione all'articolo 27, non risulta ancora recepita nel nostro ordinamento nazionale;
    nonostante il termine per il recepimento della direttiva 2016/343 sia scaduto da oltre due anni, l'Italia non ha adottato alcuna misura legislativa che ne trasponesse i principi nel nostro ordinamento, ed è, di conseguenza, stata inadempiente anche rispetto al termine del 1o aprile 2020, fissato dalla direttiva per inoltrare alla Commissione europea i dati relativi alle modalità di attuazione dei diritti dalla medesima sanciti,
    la direttiva sancisce la presunzione di innocenza dell'imputato e dell'indagato, e, in particolare, stabilisce che gli Stati membri debbano adottare «le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole»;
    la disposizione normativa scaturisce dall'evidenza che detti principi sono costantemente disattesi, spesso a causa della strumentalizzazione mediatica delle informazioni prima dell'effettiva condanna, facendo sì che l'imputato sia giudicato colpevole pubblicamente ancor prima che nelle aule giudiziarie, e, fatto ancor più grave, che non potrà più «ripulire» la propria immagine lesa dalle dichiarazioni ingannevoli;
    la finalità di assicurare che tutte le parti processuali si trovino in condizione di parità sostanziale si è cercato di perseguire mediante l'adozione di una serie di Direttive in materia processuale, iscritte nella cornice delle norme fondamentali di cui agli articoli 47 e 48 della Carta e dall'articolo 6 della Corte Europea dei diritti dell'uomo, che riconoscono il diritto ad un processo equo, la presunzione di innocenza e i diritti della difesa, e dagli artt. 6 della Carta e 5 della CEDU, che enunciano il diritto alla libertà e alla sicurezza delle persone, così come interpretati dalla Corte di giustizia e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo;
    in Italia, assistiamo costantemente alla violazione dei principi sanciti dalla Direttiva UE 2016/343 e al grave disprezzo per i suoi contenuti,

impegna il Governo

ad adottare con tempestività le iniziative necessarie al recepimento della direttiva 2016/343 sulla presunzione d'innocenza nell'ordinamento nazionale.
9/2757/64Lollobrigida, Delmastro Delle Vedove, Montaruli, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;
    la Direttiva ha come obiettivo principale quello di adattare al contesto digitale la protezione del diritto d'autore e in particolare il Titolo IV, Capo 3, quello di rafforzare la posizione degli autori e degli artisti interpreti ed esecutori nell'ambito dello sfruttamento delle loro opere nel mercato dell’online;
    l'articolo 18 della direttiva prevede che gli Stati membri provvedano a che gli autori e gli artisti interpreti ed esecutori, se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere online, abbiano il diritto a ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata;
    il quadro normativo nazionale vigente non prevede che gli artisti interpreti ed esecutori dell'audio ricevano un compenso per gli utilizzi delle loro opere in streaming on demand da parte degli utilizzatori come invece avviene per gli utilizzi c.d. lineari;
    tale diritto al compenso è previsto invece per gli artisti interpreti ed esecutori del video, che attraverso le loro organizzazioni collettive negoziano direttamente con le piattaforme la loro remunerazione; lo sfruttamento in streaming on demand delle opere musicali ha avuto un incremento del 26 per cento nel 2019;
    i dati della Federazione Industria Musicale Italiana attestano che nel 2020 i ricavi del primo semestre del mercato musicale sono per l'86 per cento dovuti al digitale, di cui l'82 per cento rappresentato dallo streaming;
    appare necessario introdurre una forma di remunerazione volta a tutelare gli artisti interpreti ed esecutori della musica per lo sfruttamento on demand delle loro opere come è già previsto per gli sfruttamenti c.d. lineari,

impegna il Governo

in sede di adozione del provvedimento di attuazione della direttiva UE(2019)/790, a prevedere un compenso adeguato per gli artisti della musica, interpreti o esecutori di fonogrammi che abbiano ceduto i diritti per la messa a disposizione delle loro opere, da parte di chi ha effettuato la suddetta messa a disposizione e da gestire in forma collettiva.
9/2757/65Frassinetti, Montaruli, Mollicone, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;
    la Direttiva ha come obiettivo principale quello di adattare al contesto digitale la protezione del diritto d'autore e in particolare il Titolo IV, Capo 3, quello di rafforzare la posizione degli autori e degli artisti interpreti ed esecutori nell'ambito dello sfruttamento delle loro opere nel mercato dell’online;
    l'articolo 18 della direttiva prevede che gli Stati membri provvedano a che gli autori e gli artisti interpreti ed esecutori, se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere online, abbiano il diritto a ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata;
    il quadro normativo nazionale vigente non prevede che gli artisti interpreti ed esecutori dell'audio ricevano un compenso per gli utilizzi delle loro opere in streaming on demand da parte degli utilizzatori come invece avviene per gli utilizzi c.d. lineari;
    tale diritto al compenso è previsto invece per gli artisti interpreti ed esecutori del video, che attraverso le loro organizzazioni collettive negoziano direttamente con le piattaforme la loro remunerazione; lo sfruttamento in streaming on demand delle opere musicali ha avuto un incremento del 26 per cento nel 2019;
    i dati della Federazione Industria Musicale Italiana attestano che nel 2020 i ricavi del primo semestre del mercato musicale sono per l'86 per cento dovuti al digitale, di cui l'82 per cento rappresentato dallo streaming;
    appare necessario introdurre una forma di remunerazione volta a tutelare gli artisti interpreti ed esecutori della musica per lo sfruttamento on demand delle loro opere come è già previsto per gli sfruttamenti c.d. lineari,

impegna il Governo

in sede di adozione del provvedimento di attuazione della direttiva UE(2019)/790, a valutare l'opportunità di prevedere un compenso adeguato per gli artisti della musica, interpreti o esecutori di fonogrammi che abbiano ceduto i diritti per la messa a disposizione delle loro opere, da parte di chi ha effettuato la suddetta messa a disposizione e da gestire in forma collettiva.
9/2757/65. (Testo modificato nel corso della seduta) Frassinetti, Montaruli, Mollicone, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca misure urgenti in materia di recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea;
    il turismo, da sempre settore trainante della nostra economia, è stato il comparto che ha subito maggiori conseguenze negative da quando l'epidemia ha avuto inizio, ovvero da quasi un anno;
    attualmente ansia, incertezza e paura dell'ignoto risultano essere i sentimenti prevalenti di molti lavoratori italiani;
    il Censis ha recentemente affermato che il 73,4 per cento degli italiani indica nella paura dell'ignoto e nell'ansia conseguente il sentimento prevalente; il 66 per cento degli italiani si tiene pronto a nuove emergenze adottando comportamenti cautelativi, ovvero mettere i soldi da parte ed evitare di contrarre debiti;
    esiste, però, una specifica categoria lavorativa che vive nella totale incertezza: quella le cui aziende insistono ed operano all'interno di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali;
    la Commissione europea potrebbe aprire a breve una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia dopo il rinnovo delle concessioni balneari decise nel 2018 durante il Governo gialloverde (stabilita dalla Legge di Bilancio del 2018 e riconfermate nel recente Decreto Rilancio);
    Bruxelles ha inviato a Roma una «lettera di costituzione in mora» in merito alle autorizzazioni sull'uso del demanio marittimo e del turismo balneare. Questo atto rappresenta la prima fase di una procedura di infrazione. Nel mirino della Ue c’è il rinnovo delle concessioni balneari fino al 2033 deciso dal passato esecutivo. Una scelta che, secondo la Commissione europea, stride con la Direttiva Bolkstein e una sentenza della Corte di giustizia europea che aveva definito incompatibili le concessioni con le indicazioni dell'Unione Europea contenute nella direttiva;
    l'Italia ha già subito una procedura di infrazione europea sulle concessioni balneari già nel 2009, quando era in vigore il regime di «rinnovo automatico» ogni sei anni al medesimo soggetto. Nel 2010 il rinnovo automatico fu abrogato, portando la Commissione Ue a chiudere la procedura di infrazione, e da allora l'Italia è andata avanti con diverse proroghe (prima al 2015, poi al 2020 e infine al 2033), ma senza mai attuare la necessaria riforma complessiva sul demanio marittimo, che potesse conciliare il diritto europeo con le aspettative degli attuali concessionari e con le esigenze di un comparto turistico unico al mondo. Tra l'altro, la proroga che doveva essere garantita dalla diretta esecuzione dell'articolo 1 commi 682, 683 e 684 della legge n. 145 del 2018, risulta attualmente applicata a «macchia di leopardo» nell'intero Stivale in dipendenza del colore politico che guida i Comuni italiani;
    la lettera di Bruxelles, ed in generale l'Unione europea con questo atteggiamento, rischiano di consegnare alla criminalità una parte sana della nostra economia e di bloccare quei rinnovi che molte amministrazioni comunali stavano provvedendo ad attuare, oltre gli investimenti di un settore già in forte crisi;
    è importante ricordare come numerosi giuristi hanno evidenziato nel corso degli anni che le concessioni demaniali rappresentano un «bene» e non un «servizio». Lo stesso ex Commissario europeo Frederik Bolkestein, autore della direttiva, ha dichiarato il medesimo concetto in un convegno organizzato alla Camera dei deputati a cura dell'associazione «Donnedamare» in data 18 aprile 2018. In Italia, inoltre, non risulta essere presente il requisito della «scarsità delle risorse naturali», considerato invece necessario dall'articolo 12 della direttiva ai fini dell'applicazione della direttiva stessa. A riguardo, infatti, esistono ancora moltissimi beni pubblici nel nostro territorio (4.000 chilometri di coste nel solo sud) da assegnare mediante evidenza pubblica e in maniera «competitiva», cosa che contraddice i presupposti della normativa europea;
    è paradossale che l'Italia sia da oltre trent'anni arrovellata attorno ad una tematica risolta già da anni al di fuori dei confini nazionali. Ad esempio all'interno dell'UE, Paesi come Spagna, Portogallo e Croazia hanno già da tempo risolto la questione in maniera positiva, provvedendo con lunghe concessioni da 30 a 75 anni, non includendo le concessioni demaniali marittime e lacustri fra le attività attinenti alla direttiva Bolkestein ed evitando procedure di infrazione, cosa a cui invece sembra essere assoggettato attualmente il nostro Paese. In particolar modo la Spagna, attraverso una riforma del 2013, non solo ha elevato a 75 anni il termine massimo delle concessioni, ma ha introdotto un meccanismo di prorogabilità delle stesse per ulteriori 75 anni, in forza di quanto disposto dall'articolo 2, comma 3, della ley 2/2013, che ha modificato sul punto la « ley de costas» che disciplina il settore. A seguito della pubblicazione della sentenza della Corte di giustizia del 14 luglio 2016, alcuni rappresentanti dei concessionari italiani sono stati auditi dinanzi alla Commissione europea e ai rappresentanti del Governo italiano. Nel corso dell'audizione dell'11 ottobre 2016 presso la Commissione petizioni del Parlamento europeo, questi ultimi hanno evidenziato come l'applicazione da parte del Governo italiano della direttiva servizi alle concessioni balneari in essere si tradurrebbe nella lesione dei diritti sanciti in particolare dagli articoli 7, 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, ponendo in grave pericolo la sopravvivenza delle imprese attive nel settore (in buona parte micro imprese a conduzione familiare), che svolgono compiti di interesse pubblico a tutela della sicurezza, igiene, protezione ambientale e valorizzazione turistica delle spiagge in loro concessione. L'assenza di una chiarezza e soprattutto di una tutela nei confronti di chi ha già investito nel settore ha già portato a un inviluppo dello stesso, compromettendo seriamente gli investimenti, l'occupazione e lo sviluppo con gravi ripercussioni sul PIL e sulla crescita del settore stesso;
    il paradosso e la persecuzione, che sembra affliggere le migliaia di micro e piccole aziende a conduzione familiare legate al comparto delle concessioni demaniali in ambito turistico, è ancora più evidente se prendiamo in considerazione l'articolo 49 del Codice della Navigazione (R.D. 30 marzo 1942, n. 327, aggiornato alle modifiche apportate dal decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 221 e dalla Legge 1 dicembre 2016, n. 230);
    l'articolo 49, comma 1, del Codice della Navigazione prevede in particolar modo che, quando venga a cessare la concessione, le opere definibili come «non amovibili», realizzate su area demaniale, restino acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso per il concessionario, salvo che non sia stato diversamente stabilito nell'atto di concessione. Potrebbe prevedersi, per esempio, che in caso di opere inservibili nel pubblico interesse oppure in cattivo stato di manutenzione, non siano incamerabili e, quindi, che debbano essere rimosse, a cura e spese del concessionario e che, in caso di inadempienza da parte di questi, provvederà la P.A., rivalendosi in toto, per le spese, sul deposito cauzionale (o, più probabilmente, polizza fidejussoria ex articolo 17 Reg. Es. C.N.) che, di regola, ogni concessionario è tenuto a corrispondere, a garanzia dell'adempimento di tutti gli obblighi scaturenti dalla concessione;
    in molti casi, dunque, al danno derivante da un mancato rinnovo per le concessioni in scadenza al 2020 (previsto per legge da una recente norma nazionale fino al 2033), in questo caso si andrebbe a sommare ad una «beffa» rappresentata dal dover risarcire economicamente lo Stato per la rimozione di opere «non amovibili» che insistono sulla concessione ormai scaduta,

impegna il Governo

ad adottare iniziative normative volte ad abrogare l'articolo 49 del Codice della Navigazione e a garantire la sopravvivenza ed il futuro del comparto balneare italiano emanando velocemente una circolare ministeriale che obblighi esplicitamente i comuni ad applicare la proroga fino al 2033 delle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali in scadenza così come previsto dall'articolo 1, commi 682, 683 e 684 della legge 145 del 2018.
9/2757/66Zucconi, Caretta, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    in questi giorni hanno particolarmente colpito le immagini del fiume Po in secca al livello idrometrico di agosto. Tale situazione ha ingenti impatti economici sulla semina e rischia di compromettere i raccolti;
    le sempre più frequenti e persistenti siccità mettono a dura prova l'approvvigionamento idrico della Penisola. Ad aggravare la situazione concorrono anche l'annoso problema delle perdite lungo la rete e i nodi irrisolti sulle fogne non depurate;
    l'Italia è il terzo stato con più procedure di infrazione in tema ambientale. Sono 25 le infrazioni sul tema ricevute dall'Italia dal 2003 al 2020, 6 di queste solo nel 2020;
    nel maggio 2018, la Corte di giustizia Ue ha imposto all'Italia una multa da 25 milioni di euro, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma delle aree sprovviste di reti fognarie o sistemi di trattamento delle acque reflue;
    il Recovery Plan potrebbe essere l'occasione giusta per adempiere alle richieste dell'Unione europea in materia ambientale e creare una fitta rete di invasi in grado di servire le esigenze dell'agricoltura anche attraverso il recupero delle acque reflue o l'uso di dissalatori,

impegna il Governo

ad adempiere quanto prima alle indicazioni dell'Unione Europea in materia di acque reflue per destinare i risparmi dovuti alla cessazione delle sanzioni alla creazione di una rete di invasi e dissalatori sul territorio in grado di garantire le esigenze idriche in agricoltura.
9/2757/67Rotelli, Prisco, Ciaburro.


   La Camera,
   premesso che:
    i magistrati onorari in servizio esercitano le funzioni giurisdizionali ormai da decenni senza ricevere alcuna tutela lavorativa e previdenziale, in una condizione di precariato;
    la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con sentenza del 16 luglio 2020 nella causa 658/18 UX contro il Governo italiano, ha recentemente riconosciuto ai magistrati onorari lo status di giurisdizione nazionale e la qualifica di lavoratori subordinati ai sensi del diritto europeo;
    il 20 maggio 2020 la Commissione Europea ha indirizzato all'Italia la raccomandazione di migliorare l'efficienza del sistema giudiziario e l'efficacia della PA, condizioni imprescindibili ai fini della fruizione dei fondi da erogarsi nel programma di Recovery Fund;
    data la mole di udienze processate dai magistrati onorari e considerato che le principali stime quantificano il malfunzionamento dei tribunali per imprese e cittadini in circa 40 miliardi di euro, equivalenti a circa 2,5 punti percentuali di PIL, 130 mila posti di lavoro in più o mille euro di reddito pro-capite,

impegna il Governo

ad adottare ogni opportuna iniziativa al fine di procedere alla stabilizzazione dei magistrati onorari per rispondere al meglio alle raccomandazioni della Commissione Europea del 20 maggio 2020 in materia di giustizia.
9/2757/68Delmastro Delle Vedove, Prisco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5 reca «Princìpi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili»;
    l'attuale formulazione dell'articolo 3 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 luglio 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 9 agosto 2019, recante «Incentivazione dell'energia elettrica prodotta dagli impianti eolici on shore, solari fotovoltaici, idroelettrici e a gas residuati dei processi di depurazione», penalizza in modo troppo pesante coloro che hanno già affrontato un iter autorizzativo basato sulla normativa vigente prima dell'adozione della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000;
    considerato il non indifferente dispendio di tempo e di risorse economiche necessario per definire una progettazione coerente con quanto disposto dalla legislazione vigente al momento della richiesta, il Parlamento ha il dovere morale di intervenire con apposite norme per evitare la produzione di effetti irragionevolmente e sostanzialmente retroattivi a carico di impianti idroelettrici già autorizzati che, quasi sempre, sono stati sottoposti a una procedura per la valutazione d'impatto ambientale, anche al fine di evitare pericolosi rischi sotto l'aspetto della proporzionalità delle misure adottate a livello europeo. Tali impianti sono stati già progressivamente penalizzati dalla riduzione delle «tariffe verdi» previste per la produzione dell'energia idroelettrica nazionale;
    in particolare, il citato decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 luglio 2019, che definisce in modo puntuale i criteri per la valutazione degli impatti delle derivazioni, non indica i valori soglia da utilizzare nelle diverse formule, valori che, invece, sono indicati nelle tabelle emanate dalle autorità di bacino ai sensi della «direttiva derivazioni»;
    in assenza di una ponderazione più puntuale degli interessi coinvolti, tali valori mettono in grave difficoltà sia chi oggi intende progettare un impianto tradizionale di piccole o medie dimensioni, in particolare in ambito alpino, sia chi deve verificare che gli impianti già autorizzati ai sensi della normativa previgente siano in regola con le nuove disposizioni per poter accedere agli incentivi ai sensi dell'articolo 3 del citato decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 luglio 2019,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa necessaria affinché gli impianti idroelettrici autorizzati prima della data di entrata in vigore del decreto del Ministro dello sviluppo economico 4 luglio 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 9 agosto 2019, siano ammessi a beneficiare degli incentivi ivi previsti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili anche in deroga alle condizioni previste dalla lettera c) del comma 5 dell'articolo 3 del medesimo decreto.
9/2757/69Donzelli, Delmastro Delle Vedove, Ciaburro.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;
    la direttiva ha come obiettivo principale quello di adattare al contesto digitale la protezione del diritto d'autore ed, in particolare il Titolo IV, Capo 3, si propone di rafforzare la posizione degli autori e degli artisti interpreti ed esecutori nell'ambito dello sfruttamento delle loro opere nel mercato dell’online;
    l'articolo 18 della direttiva prevede che «gli Stati membri provvedono a che gli autori e gli artisti interpreti ed esecutori, se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere o altri materiali, abbiano il diritto a ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata»;
    il quadro normativo nazionale vigente non prevede che gli artisti interpreti ed esecutori dell'audio ricevano un compenso per gli utilizzi delle loro opere in streaming on demand da parte degli utilizzatori come invece avviene per gli utilizzi c.d. lineari;
    tale diritto al compenso è previsto invece per gli artisti interpreti ed esecutori del video, che attraverso le loro organizzazioni collettive negoziano direttamente con le piattaforme digitali di distribuzione la loro remunerazione;
    lo sfruttamento in streaming on demand delle opere musicali ha avuto un incremento del 26 per cento nel 2019;
    i dati della Federazione Industria Musicale Italiana attestano che nel 2020 i ricavi del primo semestre del mercato musicale sono per l'86 per cento dovuti al digitale, di cui l'82 per cento rappresentato dallo streaming;
    appare necessario introdurre una forma di remunerazione volta a tutelare gli artisti interpreti ed esecutori della musica per lo sfruttamento on demand delle loro opere come è già previsto per gli sfruttamenti c.d. lineari;
    la VII Commissione della Camera dei Deputati, in sede consultiva ha espresso parere favorevole sul provvedimento in esame formulando, tra le altre, la seguente osservazione: «nel dare attuazione all'articolo 18, paragrafo 1, della direttiva (UE)2019/790 (che stabilisce il principio che gli autori e gli artisti interpreti o esecutori, se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere o altri materiali, hanno il diritto di ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata), il Governo valuti la possibilità di prevedere che anche agli artisti interpreti o esecutori di fonogrammi deve spettare un compenso adeguato e proporzionato anche da parte delle piattaforme di servizi di musica a richiesta che utilizzano le loro esecuzioni, da gestire in forma collettiva secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35»,

impegna il Governo

a prevedere, che gli artisti della musica, interpreti o esecutori di fonogrammi, che hanno ceduto i diritti per lo sfruttamento delle loro opere, ricevano un compenso per la messa a disposizione delle stesse, da far gestire agli organismi di gestione collettiva e entità di gestione indipendente che intermediano diritti connessi al diritto d'autore.
9/2757/70Battelli, Vacca.


   La Camera,
   considerato che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame reca i principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/790 sul diritto d'autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale;
    la direttiva ha come obiettivo principale quello di adattare al contesto digitale la protezione del diritto d'autore ed, in particolare il Titolo IV, Capo 3, si propone di rafforzare la posizione degli autori e degli artisti interpreti ed esecutori nell'ambito dello sfruttamento delle loro opere nel mercato dell’online;
    l'articolo 18 della direttiva prevede che «gli Stati membri provvedono a che gli autori e gli artisti interpreti ed esecutori, se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere o altri materiali, abbiano il diritto a ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata»;
    il quadro normativo nazionale vigente non prevede che gli artisti interpreti ed esecutori dell'audio ricevano un compenso per gli utilizzi delle loro opere in streaming on demand da parte degli utilizzatori come invece avviene per gli utilizzi c.d. lineari;
    tale diritto al compenso è previsto invece per gli artisti interpreti ed esecutori del video, che attraverso le loro organizzazioni collettive negoziano direttamente con le piattaforme digitali di distribuzione la loro remunerazione;
    lo sfruttamento in streaming on demand delle opere musicali ha avuto un incremento del 26 per cento nel 2019;
    i dati della Federazione Industria Musicale Italiana attestano che nel 2020 i ricavi del primo semestre del mercato musicale sono per l'86 per cento dovuti al digitale, di cui l'82 per cento rappresentato dallo streaming;
    appare necessario introdurre una forma di remunerazione volta a tutelare gli artisti interpreti ed esecutori della musica per lo sfruttamento on demand delle loro opere come è già previsto per gli sfruttamenti c.d. lineari;
    la VII Commissione della Camera dei Deputati, in sede consultiva ha espresso parere favorevole sul provvedimento in esame formulando, tra le altre, la seguente osservazione: «nel dare attuazione all'articolo 18, paragrafo 1, della direttiva (UE)2019/790 (che stabilisce il principio che gli autori e gli artisti interpreti o esecutori, se concedono in licenza o trasferiscono i loro diritti esclusivi per lo sfruttamento delle loro opere o altri materiali, hanno il diritto di ricevere una remunerazione adeguata e proporzionata), il Governo valuti la possibilità di prevedere che anche agli artisti interpreti o esecutori di fonogrammi deve spettare un compenso adeguato e proporzionato anche da parte delle piattaforme di servizi di musica a richiesta che utilizzano le loro esecuzioni, da gestire in forma collettiva secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 15 marzo 2017, n. 35»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, che gli artisti della musica, interpreti o esecutori di fonogrammi, che hanno ceduto i diritti per lo sfruttamento delle loro opere, ricevano un compenso per la messa a disposizione delle stesse, da far gestire agli organismi di gestione collettiva e entità di gestione indipendente che intermediano diritti connessi al diritto d'autore.
9/2757/70. (Testo modificato nel corso della seduta) Battelli, Vacca.


RELAZIONE CONSUNTIVA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA (ANNO 2019) (DOC. LXXXVII, N. 3)

Doc. LXXXVII, n. 3 – Risoluzioni

   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge n. 234, il Governo è tenuto a trasmettere al Parlamento – entro il 28 febbraio di ogni anno – un documento che fornisca tutti gli elementi conoscitivi necessari per valutare la partecipazione dell'Italia all'Unione europea nell'anno precedente;
    tale relazione rappresenta il principale strumento per una verifica ex post dell'attività svolta dal Governo e della condotta assunta nelle sedi decisionali europee. A tale scopo la Relazione dà conto nel dettaglio delle attività svolte dal Governo nei vari ambiti del processo di integrazione europea e dell'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, nel quadro di una costante interlocuzione e un raccordo con il Parlamento;
    la Relazione consuntiva relativa al 2019, tuttavia, è stata trasmessa al Parlamento il 18 maggio 2020, a quasi tre mesi dalla scadenza del termine del 28 febbraio, previsto ai fini della presentazione dalla legge n. 234 del 2012;
    il Parlamento, anche a causa della crisi pandemica nel frattempo intervenuta, è chiamato ad esprimersi con un forte ritardo rispetto alla tempistica e alle procedure definite dalla legge n. 234 del 2012, addirittura nel 2021 su una Relazione consultiva del 2019, vanificando nei fatti un'efficace valutazione dell'azione svolta dal Governo a livello europeo nell'anno di riferimento, in modo da poter influire con un proprio indirizzo per correggere o potenziare la rotta intrapresa dall'Esecutivo;
    la Relazione dovrebbe infatti consentire al Parlamento di verificare se e in quale misura il Governo abbia rappresentato a livello europeo una posizione coerente con gli indirizzi definiti dalle Camere, come previsto dall'articolo 7 della medesima legge n. 234 del 2012, salvo che non abbia potuto attenersi agli indirizzi medesimi per ragioni che comunque devono essere motivate;
    la Relazione (nel quarto allegato) riporta un elenco degli atti approvati dalla Camera e dal Senato, su proposte legislative e altri documenti europei, comprensivi dei dispositivi e delle descrizioni delle azioni per darvi seguito. Tuttavia, la Relazione non prende in considerazione gli atti di indirizzo approvati dal Parlamento in occasione dello svolgimento delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri rese in vista dei Consigli europei che contribuiscono, in maniera rilevante ed esaustiva, alla definizione degli orientamenti su specifiche questioni in corso di negoziazione e delle linee generali della politica europea dell'Italia; ciò indebolisce la capacità di verifica della coerenza dell'azione del Governò nelle sedi europee con gli orientamenti e gli indirizzi approvati dal Parlamento;
    tale relazione elaborata e poi trasmessa al Parlamento nel periodo precedente al manifestarsi della pandemia da Covid-19, non poteva considerare i nuovi scenari e pertanto non risultano essere perfettamente allineate con le azioni politiche adottate nel corso degli ultimi mesi sia dal Governo italiano sia dalla Commissione Europea;
    la crisi pandemica, ancora in corso, ha reso necessaria l'adozione di misure straordinarie inedite per rispondere agli effetti della crisi, necessitando una revisione degli orientamenti di carattere strategico, tra cui rileva l'accordo sul New Generation Ue-Recovery Fund, influendo sull'andamento del negoziato sul nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (QFP), cui ha corrisposto un lavoro indirizzato al raggiungimento di misure improntate alla solidarietà, con rilevanti risorse europee nell'ambito dei 4 pilastri finanziari – MES, SURE, BEI e Next Generation Ue Fund – al fine di riequilibrare gli effetti che rischiano di produrre uscite asimmetriche dei singoli Paesi membri;
    il 2019 è stato caratterizzato dal rinnovo delle principali istituzioni europee e dalla necessità per l'Unione di rispondere alle enormi sfide a livello ambientale, economico e sociale, cui si è aggiunta quella a livello sanitario, con impatti rilevanti sul versante economico, produttivo e quello dell'occupazione;
    il nuovo ciclo istituzionale europeo, contrassegnato dalla nuova Presidenza della Commissione europea di Von der Leyen, ha delineato un nuovo approccio positivo per il rilancio del progetto europeo, non solo con misure eccezionali per fronteggiare la pandemia, ma anche con iniziative rafforzate e in attuazione dei nuovi orientamenti strategici della Commissione europea, con particolare riguardo al cambiamento climatico con il Piano per il Green Deal europeo, alla nuova strategia di politica industriale europea e al rilancio della competitività, con le trasformazioni nei settori strategici collegati al digitale, all'agricoltura, al nuovo sistema di tassazione, ai trasporti, ai benefìci sociali;
    l'anno appena trascorso è stato inoltre contrassegnato dal negoziato sulla Brexit e con la successiva conclusione dell'accordo di recesso è stato raggiunto l'importante obiettivo di un'uscita ordinata per regolare le nuove relazioni con il Regno Unito, che dovranno essere improntate alla salvaguardia dei rapporti economici, alla difesa della parità di condizioni e alla tutela dei cittadini; ciò richiama anche il nostro Paese all'impegno di perseguire tali obiettivi anche nelle future relazioni bilaterali;
    la Relazione consuntiva per il 2019, analogamente alle precedenti, è articolata in quattro parti e in cinque allegati. In particolare, la prima parte è dedicata agli sviluppi del processo di integrazione europea e alle questioni istituzionali, caratterizzate dal rinnovo delle istituzioni europee e dall'entrata in operatività della nuova ripartizione dei seggi del Parlamento europeo che, a seguito dell'uscita del Regno unito dall'Unione europea, comporta per l'Italia un aumento dei seggi da 73 a 76. Nel documento si dà conto anche della posizione del Governo italiano in favore dello svolgimento della Conferenza sul futuro dell'Europa, esplicitata anche nel non paper approvato dal Comitato Interministeriale Affari Europei il 14 febbraio 2020, la quale dovrà prevedere un forte coinvolgimento della società civile e dei Parlamenti nazionali;
    la seconda parte è dedicata alle politiche orizzontali e settoriali: migrazione, mercato interno, fiscalità e unione doganale, politiche industriali e per la concorrenza, ricerca e sviluppo tecnologico, ambiente ed energia, trasporti, agricoltura e pesca, politica estera e di sicurezza, allargamento, gioventù, sport, cultura, turismo, giustizia e affari interni. Circa le politiche macroeconomiche, la Relazione dà conto dell'andamento dei lavori nel 2019 sulla revisione del Trattato istitutivo del Meccanismo europeo di stabilità (MES) e sul completamento dell'Unione bancaria;
    la maggior parte delle politiche macroeconomiche è stata interessata sia da misure eccezionali per fronteggiare le conseguenze provocate dalla pandemia, che da iniziative attuative dei nuovi orientamenti strategici della Commissione europea, con impatti rilevanti sull'andamento dei principali negoziati in corso, primo fra tutti l'approvazione del Next Generation Ue e quello sul nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (QFP); quest'ultimo negoziato ha visto per lunghi mesi profonde divergenze fra taluni stati membri da parte dei cosiddetti paesi «frugali» e di alcuni del cosiddetto blocco di Visegrad, anche se con differenti motivazioni; dopo un lungo braccio di ferro il negoziato si è concluso con l'approvazione del nuovo bilancio pluriennale europeo 2021-2027, grazie all'utile azione di mediazione svolta della Presidenza di turno tedesca del semestre europeo, appena conclusa;
    la terza parte riguarda l'attuazione delle politiche di coesione economica, sociale e territoriale ed evidenzia l'avanzamento finanziario, misurato in termini di rapporto percentuale tra spesa certificata al 31 dicembre 2019 e le risorse programmate nell'ambito degli obiettivi tematici (OT);
    la quarta parte riguarda il coordinamento nazionale delle politiche europee, con particolare riferimento al ruolo e alle attività del Comitato interministeriale per gli affari dell'Unione europea (CIAE) e agli adempimenti di natura informativa del Governo al Parlamento e agli enti territoriali;
    la relazione dà conto anche dei dati relativi ai flussi di atti e documenti trasmessi dal Governo alle Camere, nell'ambito del cosiddetto meccanismo di informazione qualificata. Un apposito capitolo riguarda l'attuazione al diritto dell'UE e lo stato del contenzioso, che segnala l'archiviazione nel 2019 di venti procedure d'infrazione, tra cui alcuni dossier particolarmente sensibili e complessi. Ma nel frattempo la situazione del contenzioso è andata peggiorando con ventisette nuove contestazioni formali di inadempimento; il numero delle procedure all'inizio del 2019 si era attestato a 70, poi lievemente aumentato alla fine del 2019, a 77; ed oggi, con un evidente trend di crescita, le procedure di infrazione aperte a carico dell'Italia risultano 93; particolarmente preoccupanti le procedure ancora pendenti alla Corte di giustizia dell'Unione europea (ai sensi dell'articolo 260 del TFUE) e quelle su cui già è pronunciata sentenza (ai sensi dell'articolo 258 del TFUE);
    nonostante alcuni elementi positivi dell'operato della partecipazione dell'Italia all'Unione europea, con l'insediamento del secondo esecutivo Conte nel settembre 2019, mediante il recupero di un diverso approccio rispetto all'esecutivo precedente, sia nei rapporti con l'Unione che nell'ambito delle tradizionali relazioni euro-atlantiche, risulta tuttavia ancora insufficiente e troppo debole la ripresa di un ruolo decisivo del nostro Paese nelle sedi negoziali europee, anche in qualità di importante Paese fondatore, capace di incidere nella fase ascendente su dossier determinanti anche per i nostri interessi strategici. Preoccupa e sconcerta l'assenza del Governo italiano in riferimento ad alcuni recenti incontri importanti in sede europea, tra cui rilevano quello sul contrasto al terrorismo sovranazionale, quello sul negoziato Ue-Cina per l'accordo sugli investimenti, l'irrilevanza nel Mediterraneo e nel confine sud Europa e sul dossier Libia;
    occorrerebbe, inoltre, imprimere una maggiore incisività all'azione del governo circa la partecipazione del nostro Paese all'Unione europea, anche mediante un ripensamento, ormai ineludibile, dell'attuale organizzazione dell'esecutivo volta a rafforzare il ruolo del Ministero delle Politiche europee nelle sue deleghe e competenze,

impegna il Governo:

  con riferimento alle questioni istituzionali e a una nuova governance:
   a porre all'attenzione dell'Unione europea la necessità di adottare ulteriori misure, straordinarie e ordinarie maggiormente efficaci e tempestive, atte ad affrontare le permanenti urgenze sanitarie prodotte dalla pandemia da Covid-19, sia in riferimento alla gestione comune ed equa dei vaccini, sia per l'adozione di misure omogenee ed uniformi circa la quarantena per coloro che hanno contratto il virus da Covid-19;
   a ridurre il contributo dell'Italia al bilancio UE, in quanto Stato membro tra i più colpiti dalle conseguenze sociali ed economiche dei Covid-19;
   a sostenere l'urgenza di introdurre nuove tasse comuni europee per i giganti del web o per chi esporta prodotti di industrie inquinanti nella Ue, al fine di alimentare il bilancio europeo con risorse proprie, scongiurando il rischio che il debito comune europeo possa gravare sulle sole spalle dei contribuenti, cittadini e imprese, di ogni Paese membro; respingendo per analoghe ragioni la previsione di nuove tasse europee che, incidendo direttamente su prodotti di consumo e comparti produttivi, produrrebbero pesanti impatti sui cittadini e sulle imprese italiane, già gravate da una pressione fiscale a livelli insostenibili e con conseguenze negative sulla ripresa economica nel nostro Paese; è necessario pervenire al più presto all'introduzione di regole fiscali omogenee in tutti gli Stati membri, per superare situazioni di elusione fiscale da parte dei colossi del web e di inaccettabili vantaggi fiscali in favore di taluni stati membri e a svantaggio di talaltri nell'ambito della stessa Unione europea;
   a farsi promotore a livello europeo, anche nell'ambito della Conferenza sul futuro dell'Europa, al fine di rivedere le regole governance, favorendo il passaggio da un approccio intergovernativo a uno comunitario e a rivedere le regole ormai obsolete in materia di governance economica e di controllo dei bilanci;

  con riferimento alle politiche orizzontali e settoriali:
   ad attivarsi nelle competenti sedi UE al fine di prevedere che una quota maggiore del QFP 2021-2027, adeguata al fenomeno in misura prospettica e al carico pregresso, sia indirizzata alla gestione dei flussi migratori e al contrasto dei trafficanti di persone e destinata ai Paesi di frontiera;
   a sostenere la necessità di modificare le norme del regolamento di Dublino, superando i punti di debolezza del recente Piano europeo sulla migrazione, al fine di introdurre il principio della responsabilità condivisa e solidale, prevedendo che l'onere di procedere all'esame delle domande di asilo non gravi solo ed esclusivamente sul Paese di primo ingresso, ma riguardi tutti gli Stati membri dell'Unione, stabilendo altresì un meccanismo sanzionatorio fondato su limitazioni all'accesso ai fondi UE per i Paesi che rifiutino di rispettare tale principio, e a far sì che si giunga al diritto d'asilo europeo per cui chi fugge da una guerra o da una persecuzione razziale o religiosa ottenga accoglienza in tutta Europa e non solo nel Paese di prima destinazione;
   a sollecitare un dibattito in sede europea in favore di una maggiore trasparenza, in particolare nel settore del finanziamento alle ONG, per consentire un vero controllo democratico;
   ad attivarsi in sede europea affinché non vengano sottratte risorse necessarie al sostegno delle componenti e alle fasce più deboli della società e destinate alla crescita di territori e regioni del nostro Paese, che più di altri necessitano di politiche di coesione e sviluppo;
   a scongiurare tagli al finanziamento delle politiche tradizionali, scongiurando penalizzazioni di budget in una prospettiva di sostegno e di sviluppo dell'agricoltura italiana e di difesa strategica della qualità del nostro comparto agricolo e della pesca, tenendo conto della peculiarità dei nostri territori e dei nostri mari e considerata la centralità del settore nelle sfide relative alla sicurezza alimentare e ai cambiamenti climatici;
   a promuovere iniziative volte a favorire la crescita dimensionale delle imprese e promuovere la necessità di una limitazione delle regolamentazioni eccessive, che ostacolano lo sviluppo, favorendo un'opera di semplificazione della sterminata normativa europea;
   a tutelare gli interessi italiani a partire dalla sicurezza del risparmio e della tutela del Made in Italy, anche mediante l'aumento delle risorse europee per gli investimenti in ricerca – sostenendo università e centri di ricerca – che hanno uno straordinario effetto moltiplicatore su competitività, export, capacità di innovare, sviluppo di nuove tecnologie, per evitare la fuga di talenti, coprendo i finanziamenti attraverso un sistema di tassazione non aggirabile dai giganti del web e dalle società che operano in Europa con sede legale nei paradisi fiscali;
   a favorire a livello europeo un sistema che tuteli in modo chiaro e concreto tutti i marchi registrati a livello comunitario;

  con riferimento al coordinamento delle politiche europee e alla gestione delle risorse e dei fondi europei:
   considerato che i prossimi tre anni saranno decisivi per il futuro dell'Italia e della sua ripresa economica, sanitaria e sociale e che il pieno utilizzo delle ingenti risorse europee e la corretta capacità di spesa dei relativi fondi saranno determinanti per raggiungere gli obiettivi prefissati, è necessario che l'esecutivo si attivi per potenziare il personale con esperti di Fondi UE, con competenze e una formazione specialistica rivolta al personale della Pubblica Amministrazione, affinché siano velocizzate le fasi di progettazione, attuazione, rendicontazione, monitoraggio e controllo, prevedendo a tal fine percorsi di reclutamento più brevi dei concorsi pubblici, come quella degli Avvisi pubblici per titoli e colloqui;

  con riferimento alla Politica estera e di sicurezza comune dell'Unione:
   a proseguire con più determinazione la centralità della politica di allargamento nell'agenda europea, con particolare riferimento al processo di avvicinamento e all'integrazione europea dei Balcani Occidentali, essenziale per garantire il consolidamento della democrazia, della sicurezza e della stabilità ai confini europei, insieme alla nuova Politica europea di vicinato, rivolta sia ai Paesi del Partenariato orientale che a quelli del Vicinato meridionale;
   a consolidare le relazioni transatlantiche, appianando i contrasti emersi nel 2019 e rafforzando le potenziali sinergie tra Stati Uniti, Canada e Unione europea, nonché azioni volte a favorire il dialogo con la Russia per garantirne un percorso di riavvicinamento al mondo occidentale e per la cooperazione allo sviluppo dell'Unione europea, anche attraverso il negoziato per il nuovo Strumento per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale (NDICI), al fine di una sua applicazione anche nella gestione della politica migratoria europea;
   ad operare per un deciso spostamento dell'asse prioritario di attenzione dell'UE verso l'area del Mediterraneo e a intraprendere un ruolo propositivo del processo politico volto ad una soluzione delle tensioni nel Medio Oriente;
   a riprendere la questione Mediterraneo-Libia e a farsi promotore di un accordo tra Unione europea e Stato libico finalizzato ad assumere impegni concreti volti a garantire il rispetto da parte di quel paese delle norme sulle acque internazionali con gravi ripercussioni sulla corretta gestione dei flussi marittimi – tenendo conto che la Libia rientra tra i Paesi che pur avendo firmato la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, o UNCLOS – United Nations Convention on the Law of the Sea – non ha ancora proceduto alla sua ratifica, comportando ciò l'inosservanza da parte di tale Paese delle disposizioni relative ai limiti delle varie aree marine identificate, misurate in maniera chiara e definita a partire dalla cosiddetta linea di base;
   riguardo ai rapporti con la Cina, è necessario che l'Italia riassuma un ruolo da protagonista anche a livello comunitario, affinché gli impegni presi nell'ambito dell'accordo Ue-Cina sugli investimenti siano rafforzati e maggiormente trasparenti, corretti ed effettivi, al fine di garantire il rispetto delle regole stabilite a livello internazionale relative ai diritti umani, alla concorrenza economica e alla sfera sanitaria in una fase particolarmente complessa a livello globale, aggravata dall'emergenza epidemiologica;
   ad assicurare, nell'ambito del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, un'adeguata destinazione del nuovo Strumento per il Vicinato, lo sviluppo e cooperazione internazionale, per finanziare la cooperazione con il Vicinato e l'Africa subsahariana, incluso l'ambito migratorio, sostenendo la centralità del nuovo impegno della Commissione verso l'Africa;
   a valutare in sede europea la necessità di intraprendere iniziative per rafforzare la difesa europea, migliorando gli investimenti nel settore, lo sviluppo delle capacità e la prontezza operativa;
   a promuovere insieme ai partner europei l'attuazione del programma europeo per lo sviluppo industriale della difesa e ulteriori progressi sul Fondo europeo di difesa e ad adoperarsi affinché la decisione assunta dal Consiglio UE il 27 marzo 2015, con la quale è stato istituito il c.d. «meccanismo Àthena», nell'ambito della Politica estera e di sicurezza comune, sia sostenuta da un ampliamento delle spese comuni, disponendo un finanziamento diretto e ridefinendo la quota annuale versata dagli Stati membri non solo in relazione al PIL nazionale degli Stati, ma anche in riferimento al numero di uomini e mezzi messi a disposizione dal singolo Stato membro nelle operazioni;
   ad attivarsi per migliorare il coordinamento a livello europeo nella lotta al terrorismo, promuovendo una più stretta cooperazione e comunicazione tra i servizi di intelligence nazionali, e potenziando a livello europeo le attività di ricerca e sviluppo nel settore della cyber-sicurezza;
   ad attivarsi nelle competenti sedi europee affinché la ricerca della verità e la richiesta di giustizia per la morte di Giulio Regeni sia condivisa anche a livello europeo, concordando tutte le iniziative utili atte ad assicurare che i responsabili siano chiamati a risponderne, ribadendo la centralità della difesa dei diritti umani quale valore fondante dell'Unione;
   a chiedere un ulteriore coordinamento tra gli Stati membri, a livello di UE e in consultazione con la NATO, per ridurre la minaccia proveniente dalle attività di intelligence ostile.
(6-00171) «Rossello, Battilocchio, Marrocco, Pettarin, Ruggieri, Elvira Savino, Cosimo Sibilia».


   La Camera,
   premesso che:
    la Relazione consuntiva annuale rappresenta, secondo l'impianto della legge 24 dicembre 2012, n. 234, il principale strumento per l'esercizio della funzione di valutazione ex post del Parlamento sulla condotta del Governo nelle sedi decisionali dell'Unione europea, fornendo elementi di informazioni e sintesi su una serie di tematiche riguardanti gli sviluppi del processo di integrazione europea, la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'UE e in generale alle attività delle istituzioni europee per la realizzazione delle principali politiche settoriali;
    la Relazione consuntiva in esame presenta una struttura complessivamente coerente con le previsioni legislative di cui all'articolo 13, comma 2, della sopra citata legge n. 234, illustrando, la linea di azione seguita dal Governo sui principali dossier esaminati nelle sedi decisionali europee,
   considerato che:
    negli orientamenti politici della Presidente Ursula von der Leyen, sono state definite le priorità della Commissione europea per il periodo 2019-2024, individuando in sei ambiziose aree tematiche gli obiettivi per l'Europa dei prossimi cinque anni: un Green Deal europeo; un'economia che lavora per le persone; un'Europa pronta per l'era digitale; proteggere il nostro stile di vita europeo; un'Europa più forte nel mondo; un nuovo slancio per la democrazia europea;
    la pandemia da Covid-19, ancora in corso, ha quindi imposto profondi cambiamenti nell'agenda politica nazionale ed europea ed ha reso necessaria l'adozione di misure straordinarie inedite per poter fronteggiare la crisi economica e sociale che ne è generata, innescando una revisione degli orientamenti di carattere strategico e influendo altresì sull'andamento del negoziato sul nuovo quadro finanziario pluriennale 2021-2027 (QFP);
    in particolare, a seguito del mandato ricevuto dal Consiglio europeo, la Commissione europea ha presentato, lo scorso maggio, con la piena condivisione di tutti gli Stati membri, la proposta di un Piano di ripresa europeo post Covid-19, per contribuire a riparare i danni economici e sociali causati dalla pandemia di coronavirus, rilanciare la ripresa europea, proteggere l'occupazione e creare posti di lavoro;
    il Piano di ripresa europeo ha confermato e completato il percorso intrapreso dalle Istituzioni europee nel corso della pandemia, affiancando alle tre reti di sicurezza per i lavoratori, le imprese e gli enti sovrani, il nuovo strumento per la ripresa, di natura emergenziale, denominato « Next Generation EU», associato al Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e volto a sfruttare appieno il potenziale del bilancio europeo per mobilitare gli investimenti e concentrare il sostegno finanziario nei primi anni, che saranno cruciali per la ripresa;
    il nuovo QFP 2021-2027, di recente adozione da parte delle Istituzioni europee al termine di un negoziato particolarmente lungo e complesso, iniziato nel maggio 2018 e radicalmente mutato in seguito allo scoppio della crisi pandemica, rafforzato da NGEU, intende in modo particolare fornire all'UE i mezzi necessari per far fronte alle conseguenze della crisi da Covid-19 e, allo stesso tempo, trasformare l'Unione attraverso le sue principali politiche, in particolare il Green Deal europeo, la transizione digitale e il pilastro sociale comunitario;
    la suddetta relazione consuntiva relativa all'anno 2019, elaborata nel periodo precedente al manifestarsi della pandemia da Covid-19, non poteva tenere in considerazione i nuovi scenari da essa determinati e le incisive azioni politiche adottate nel corso degli ultimi mesi sia dal Governo italiano sia dalla Commissione Europea;

tutto ciò considerato,

approva il contenuto della Relazione consuntiva in esame e impegna il Governo a presentare al Parlamento la Relazione consuntiva per l'anno 2020 nel rispetto dei termini previsti dalla Legge 24 dicembre 2012, n. 234.
(6-00172) «Galizia, De Luca, Emanuela Rossini, De Lorenzo».