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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 547 di lunedì 26 luglio 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI

La seduta comincia alle 12.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA RITA TATEO , Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 23 luglio 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Battelli, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Cancelleri,   Carfagna, Casa, Castelli, Cavandoli, Cirielli, Colletti, Colucci, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, De Maria, De Micheli, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Lo Sacco, Macina, Maggioni, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Parolo, Perantoni, Rizzo, Rosato, Rotta, Ruocco, Sasso, Scalfarotto, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Spadoni, Speranza, Tabacci, Vignaroli, Zanettin e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 84, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sensi Ne ha facoltà.

FILIPPO SENSI (PD). Grazie, Presidente. Intervengo sull'ordine dei lavori per sottolineare, se ce ne fosse bisogno, la drammatica situazione nella quale versano vari territori in Sardegna, sotto la minaccia e la devastazione degli incendi, con danni ancora non calcolabili a cose e persone; danni non calcolabili alla vita di quei paesi, ai cittadini, costretti a lasciare le case, ai centri abitati, all'economia dell'isola, alla natura, al turismo. Solo pensare all'ipotesi del dolo di chi brucia la terra ci toglie la parola e il pensiero. Tutta la mia e la nostra condanna per chi possa essersi reso responsabile di una simile irresponsabilità, di questa strage di paesaggio e di esistenze sconvolte dal fuoco.

Abbiamo chiesto, come Partito Democratico, l'attivazione dello stato di calamità e di emergenza e fatta nostra la richiesta di un rapido ristoro, da parte del Governo, alle popolazioni e ai comuni più colpiti. Oggi che ancora ardono le valli, va subito disposto un aiuto immediato, sensibile e concreto per chi ancora combatte contro la linea del fuoco. Il nostro grazie, ovviamente, alla Protezione civile, al Corpo forestale, ai Vigili del fuoco, ai sindaci, ai volontari che si sono attivati e agli altri Paesi - penso alla Francia e alla Grecia -, che ci hanno aiutato, inviando mezzi e personale, così come abbiamo sempre fatto noi italiani; questa è la solidarietà europea. Adesso, però, è il momento di spegnere gli incendi e di far sentire ai sardi la solidarietà del Governo e la sua presenza, anche qui in Parlamento, a riferire il prima possibile il suo intervento. (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sempre sul medesimo argomento, l'onorevole Perantoni. Ne ha facoltà.

MARIO PERANTONI (M5S). Grazie, Presidente. Io ringrazio innanzitutto il collega Sensi per la sensibilità dimostrata personalmente e dal Partito al quale appartiene per quello che sta accadendo da noi in Sardegna. È una situazione veramente drammatica, è un incendio di proporzioni mai viste, che si sta sviluppando da oltre tre giorni. Sono andati distrutti oltre 20 mila ettari di terreno: aziende completamente distrutte, boschi completamente distrutti. Gli abitati di Cuglieri, Tresnuraghes e Porto Alabe sono stati evacuati; altri abitati importanti, come quello di Macomer e come quello di Sindia, sono a rischio evacuazione. Noi abbiamo ricevuto, con estremo piacere, la solidarietà che è pervenuta da parte di tutti gli organi dello Stato, dal Presidente Fico, dalla Presidente Casellati, dal Governo e da tutti i Ministri che si sono attivati per cercare di porre fine a questa tragedia.

È necessario intervenire e intervenire subito, per dare un riscontro a quelli che si stanno adoperando in questo momento sul terreno, affinché il loro lavoro, le loro forze e i loro sforzi vengano premiati. Sul campo ci sono migliaia di volontari, uomini e donne, ci sono gli uomini della Protezione civile, i Vigili del fuoco, la Croce rossa italiana, tutte persone che stanno lavorando per cercare di porre in salvo non solo uomini, ma anche animali, aziende e beni paesaggistici unici e di grandissimo rilievo.Questo è quello che è necessario fare: intervenire e ringraziare queste persone, ringraziare quei Paesi che, su sollecitazione del nostro Governo, hanno dato prova di grande sensibilità inviando dei Canadair per supportare la nostra flotta. Penso alla Francia, penso alla Grecia e penso alle manifestazioni di solidarietà giunte anche dalla Corsica.

Insomma, è giusto che quest'Aula sappia che in Sardegna si è verificato un disastro, un disastro senza precedenti. Nonostante noi siamo abituati a combattere contro gli incendi, questa è una cosa che non si era mai verificata e in relazione alla quale bisogna assolutamente intervenire. I miei colleghi sardi, il collega Manca, la collega Scanu e il collega Cadeddu, sono sul posto per cercare di capire effettivamente come stanno andando le cose e che cosa si può fare concretamente.

Mi associo volentieri alla richiesta del collega Sensi e chiedo, quindi, che il Governo, quanto prima, possa venire a riferire in Aula per illustrarci quello che potrà mettere in campo per risolvere questa situazione e per ristorare cittadini, aziende e imprese che hanno avuto una vita distrutta (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sempre sullo stesso argomento, l'onorevole Valentini. Ne ha facoltà.

VALENTINO VALENTINI (FI). Presidente, dinanzi a questa sciagura, dinanzi a questo disastro e a queste devastazioni, non possono mancare le parole di solidarietà di Forza Italia, di tutti noi. Lo facciamo sia come forza politica sia a titolo personale, vista la vicinanza di tutti noi e anche del nostro presidente, come tutti sanno, alla Sardegna. In questo momento, il collega Cappellacci, che ha svolto, appunto, le funzioni di presidente, si trova al centro operativo di Cuglieri. Mi ha informato del fatto che, ovviamente, si stanno cercando di spegnere gli ultimi incendi o si cerca di controllare, in realtà, questo tremendo incendio, ma occorre, poi, procedere con le attività di bonifica, che debbono essere fatte da un personale specializzato e molto capace e poi si dovrà cercare, soprattutto, di evitare che eventi di questo tipo si ripetano.

Il problema, purtroppo, ci ha colpito nel vivo, è un problema che, però, riguarda tutto il mondo. Infatti, se ci guardiamo attorno, dalla California alla Siberia, il mondo è in fiamme. Quindi, ciascuno di noi nelle sue vocazioni - la mia è quella internazionale - sollecita affinché anche la risposta sia puntuale e determinata in questo caso, soprattutto perché con la Sardegna abbiamo un legame di affetto molto profondo, ma deve essere anche di carattere internazionale perché quando si cerca di prevenire le cause non dobbiamo dimenticare quali sono le cause reali che hanno portato a queste devastazioni, che si stanno moltiplicando.

Fatto questo intervento, anche il presidente Tajani ha chiesto subito l'attivazione del Fondo di solidarietà europeo. Da parte di tutti vediamo che c'è uno slancio, un impeto. Speriamo che il Governo venga in Aula a dirci quanto sta facendo, ma soprattutto facciamo in modo che ciò non si ripeta per la Sardegna e per l'Italia, perché sappiamo che questo si potrebbe verificare ovunque. In questo momento, però, il nostro pensiero, le nostre parole e i nostri sentimenti sono con il popolo sardo, un popolo di grande tradizione e di una grande profondità valoriale, al quale possiamo dire solo: Fortza Paris! Continuiamo tutti assieme e cerchiamo di far fronte a questa calamità, che è veramente una sciagura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sul medesimo argomento, l'onorevole Paita. Ne ha facoltà.

RAFFAELLA PAITA (IV). Presidente, anzitutto desidero unirmi alla richiesta, anche rapida e tempestiva, di una comunicazione da parte del Governo rispetto agli interventi che saranno messi in campo per dare supporto e per stare vicini alla popolazione della Sardegna. Credo che abbiano fatto molto bene l'onorevole Sensi e, successivamente, i colleghi che sono intervenuti a porre la questione oggi. È chiaro che si tratta di un disastro molto, molto grave, che ha colpito intere popolazioni. Il nostro deve essere un messaggio rivolto, innanzitutto, al ringraziamento nei confronti delle forze che si sono attivate in questi giorni e, in particolar modo, ai Carabinieri forestali, ai Vigili del fuoco e alla Protezione civile, ma anche ai tanti amministratori che, in queste ore, stanno dando una prova incredibile di forza e di coraggio per cercare di aiutare la popolazione.

La Sardegna è un territorio fragile e ha avuto, in tante occasioni, problemi dal punto di vista del dissesto idrogeologico e delle difficoltà di collegamenti, a cui ora si unisce il tema degli incendi, che, peraltro, aveva avuto anche in passato tante altre occasioni di criticità. Dobbiamo ragionare sempre più proficuamente sul tema della prevenzione e sulla capacità di garantire sicurezza a quei territori, ma ora è il tempo degli interventi a sostegno della popolazione, di una vicinanza profonda delle istituzioni e del Governo, a cui, ovviamente, anche il gruppo di Italia Viva si unisce.

PRESIDENTE. La Presidenza si associa ai sentimenti espressi dagli onorevoli che sono intervenuti. Ovviamente, grande e massima solidarietà al popolo sardo e anche un grande ringraziamento a tutti coloro che, in queste ore terribili, si stanno dando da fare per domare le fiamme.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, recante disposizioni urgenti in materia di cybersicurezza, definizione dell'architettura nazionale di cybersicurezza e istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (A.C. 3161-A​) (ore 12,15).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3161-A: Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, recante disposizioni urgenti in materia di cybersicurezza, definizione dell'architettura nazionale di cybersicurezza e istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3161-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e IX (Trasporti) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la Commissione trasporti, e presidente della medesima Commissione, onorevole Raffaella Paita.

RAFFAELLA PAITA , Relatrice per la IX Commissione. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, Governo, l'Assemblea di Montecitorio avvia oggi l'esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, recante disposizioni urgenti in materia di cybersicurezza, definizione dell'architettura nazionale di cybersicurezza e istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Il provvedimento è stato assegnato, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni), le quali hanno portato innanzi un'importante attività istruttoria.

Il tema della cybersicurezza è forse uno dei più importanti che, in qualità di legislatori, ci troviamo ad affrontare in un'ottica di progettazione di lungo periodo, nel futuro del Paese. Partiamo da un dato semplicissimo, che è questo: si prevede che, da qui a 10 anni, i dispositivi interconnessi saranno più di un trilione. Già solo questo numero dovrebbe farci comprendere l'importanza, la pervasività ma insieme la profonda vulnerabilità del sistema informatico, il quale risulta esposto alle minacce più diversificate, da quelle che attengono all'ambito più tradizionale della sicurezza, ad esempio, criminalità organizzata e terrorismo, fino ad altre che cercano, invece, di minare l'interesse nazionale. Il dominio digitale sarà, infatti, sempre di più uno degli elementi centrali, forse in assoluto il più nevralgico, in cui, negli anni a venire, si misurerà la competizione fra gli Stati.

Citerò solamente due episodi che danno il polso della gravità del problema e di quanto la cybersicurezza sia sempre più spesso posta a repentaglio da attacchi sferrati magari a fini di semplici estorsioni. Il primo riguarda l'Italia; nella scorsa primavera le infrastrutture informatiche di alcuni comuni italiani sono state poste sotto l'attacco di gruppi stranieri, che hanno hackerato i dati, offrendosi di restituirli solo dietro pagamento di una somma di denaro. Un secondo episodio riguarda gli Stati Uniti, dove l'oleodotto Colonial Pipeline, uno dei più importanti del Paese, ha subìto un attacco informatico che ne ha bloccato il funzionamento per quasi una settimana e la situazione si è potuta risolvere solo dopo il pagamento di un riscatto.

Occorre tenere ben presente un elemento essenziale: il sistema informatico di un Paese comprende al suo interno tutte le realtà informatiche di quel Paese, vale a dire sia quelle pubbliche sia quelle private. Non a caso, all'interno del perimetro di sicurezza cibernetica nazionale sono stati ricompresi tutti quei soggetti da cui dipende l'esercizio di una funzione essenziale dello Stato, ovvero la prestazione di un servizio essenziale per il mantenimento di attività civili, sociali ed economiche fondamentali per gli interessi dello Stato e dal cui malfunzionamento, interruzioni anche parziali, ovvero utilizzo improprio, possa derivare un pregiudizio per la sicurezza nazionale, e ciò a prescindere dalla loro natura giuridica, pubblica o privata.

Ciò crea dei problemi in termini di cultura della cybersicurezza, che deve essere diffusa sia tra le pubbliche amministrazioni, sia in un tessuto economico privato, come quello italiano, caratterizzato dalla presenza di un numero elevatissimo di piccole e medie imprese che, per natura e dimensioni, incontrano difficoltà nell'agganciare i temi della transizione digitale e l'indispensabile tema della sicurezza ad essa collegato. Appunto per supplire a questi motivi di fragilità, occorre - e con grandissima urgenza - dotarsi di un'adeguata infrastruttura di resilienza cibernetica.

Da questo punto di vista come è messo il nostro Paese? Nel corso di un'audizione tenuta innanzi alle Commissioni, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Franco Gabrielli, ci ha ricordato due date, che ci danno, purtroppo, il polso dei ritardi che stiamo scontando. Le due date fanno riferimento ai nostri due principali partner all'interno dell'Unione europea, Germania e Francia: in Germania, un'Agenzia sulla cybersicurezza, nata nel 1991, oggi dispone di 1200 unità di personale; in Francia, un'Agenzia con precise competenze su questa tematica è stata creata nel 2009 ed ha, anch'essa, una dotazione di addetti superiore ai 1000.

In Italia, solo nel 2012 ci si è resi conto dell'opportunità di riconnettere tutto questo ambito nella competenza di un unico soggetto, che è stato identificato dapprima nel consigliere militare del Presidente del Consiglio, poi, nel 2017, sulla base anche degli obblighi derivanti dalla direttiva cosiddetta NIS, nel comparto dell'intelligence.

Il lavoro del DIS è stato indubbiamente importante. Esso ha consentito sia di innalzare il livello di attenzione nei diversi soggetti pubblici e privati, sia di delineare linee di indirizzo ulteriori e innovative.

Pur tuttavia, la collocazione della materia all'interno del DIS appare non pienamente funzionale, visto che il tema della cybersecurity travalica i confini propri della cyber intelligence, coprendo anche ambiti che richiedono una forte cooperazione pubblica o privata, che mal si attaglia ai meccanismi di integrazione propri di un'Agenzia di intelligence.

Occorre, dunque, oggi palesemente operare scelte più radicali per assicurare al Paese una adeguata struttura di resilienza cibernetica: ciò che il Parlamento sta facendo, appunto, con la conversione del decreto-legge in oggetto.

Se mi consentite un'immagine, che è stata evocata nel corso dei lavori della IX Commissione nel corso degli ultimi mesi, è come se in questo momento noi ci stessimo dotando, per vigilare sulla sicurezza del nostro sistema informatico, delle stesse volanti della Polizia o dei Carabinieri che vegliano, invece, fisicamente sulle nostre strade.

Passando all'esame del dettaglio del contenuto del provvedimento, l'articolo 1 reca le definizioni dei principali termini utilizzati nel decreto-legge in esame. In particolare, viene introdotta la definizione di cybersicurezza, con cui si intende l'insieme delle attività necessarie per proteggere dalle minacce informatiche reti, sistemi informativi, servizi informatici e comunicazioni elettroniche, assicurandone la disponibilità, la confidenzialità e l'integrità, e garantendone la resilienza anche ai fini, come specificato dalle Commissioni in sede referente, della tutela della sicurezza nazionale e dell'interesse nazionale dello spazio cibernetico.

Sempre nel corso dell'esame in sede referente, è stata aggiunta la definizione di resilienza nazionale di uno spazio cibernetico, che si riferisce alle attività volte a prevenire un pregiudizio alla sicurezza nazionale, ossia un danno all'indipendenza, all'integrità, alla sicurezza della Repubblica o delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento, ovvero agli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell'Italia, conseguenti all'interruzione o alla compromissione di una funzione essenziale dello Stato o di un servizio essenziale.

Ai sensi dell'articolo 2, il Presidente del Consiglio dei Ministri è l'autorità di vertice dell'architettura e della sicurezza cibernetica, in quanto a lui è attribuita in via esclusiva l'alta direzione e la responsabilità generale delle politiche di cybersicurezza. Inoltre, al Presidente del Consiglio spettano, sempre in via esclusiva: l'adozione della strategia nazionale di cybersicurezza, sentito il Comitato interministeriale per la cybersicurezza, istituito all'articolo 4; la nomina e la revoca del direttore generale e del vice direttore generale della nuova Agenzia per la cybersicurezza nazionale, a seguito di una modifica apportata nel corso dell'esame in sede referente. La nomina e la revoca sono precedute da una deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Anche sulle modalità di comunicazione al Parlamento sono intervenute le Commissioni in sede referente, prevedendo che il Presidente del Consiglio informi preventivamente circa le nomine il Copasir (il decreto-legge, nel testo iniziale, faceva riferimento al presidente del Copasir) e le Commissioni parlamentari competenti.

La disposizione in esame non interviene sui contenuti della strategia nazionale di sicurezza cibernetica, che rimangono disciplinati dal decreto legislativo n. 65 del 2018, ma ne muta la denominazione in strategia nazionale di cybersicurezza e provvede a modificare la procedura di adozione, prevedendo il parere del nuovo Comitato interministeriale per la cybersicurezza, il CIC, anziché del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica.

Il Presidente del Consiglio, ai fini dell'esercizio delle competenze di responsabilità generale e dell'attuazione della strategia nazionale di cybersicurezza, impartisce le direttive per la cybersicurezza ed emana le disposizioni per l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, previo parere del CIC.

L'articolo 3 prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri possa delegare all'Autorità delegata per il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, ove istituita, le funzioni che non sono a lui attribuite in via esclusiva. L'Autorità delegata è tenuta a informare costantemente il Presidente del Consiglio sulle modalità di esercizio delle funzioni delegate, il quale, fermo restando il potere di direttiva, può in qualsiasi momento avocare a sé l'esercizio di tutte o di alcune di esse. L'Autorità delegata, in relazione alle funzioni delegate, partecipa alle riunioni del Comitato interministeriale per la transizione al digitale.

L'articolo 4 completa l'assetto della governance della nuova architettura nazionale di cybersicurezza e dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, prevedendo l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Comitato interministeriale della cybersicurezza, con funzioni di consulenza, proposta e vigilanza in materia di politiche di cybersicurezza. Il Comitato è composto come segue: il Presidente del Consiglio, che lo presiede, l'Autorità delegata, ove istituita, il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dell'Interno, il Ministro della Giustizia, il Ministro della Difesa, il Ministro dell'Economia e delle finanze, il Ministro dello Sviluppo economico, il Ministro della Transizione ecologica, il Ministro dell'Università e della ricerca, il Ministro delegato per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale, il Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili.

Al CIC sono attribuiti i seguenti compiti: proporre al Presidente del Consiglio gli indirizzi generali da perseguire nel quadro delle politiche di cybersicurezza nazionale; esercitare l'alta sorveglianza sull'attuazione della strategia nazionale di cybersicurezza; promuovere l'adozione delle iniziative per favorire la collaborazione tra i soggetti istituzionali e gli operatori privati interessati alla cybersicurezza per la condivisione delle informazioni e per l'adozione di migliori pratiche e di misure rivolte all'obiettivo della cybersicurezza, allo sviluppo industriale, tecnologico e scientifico in materia; esprimere il parere sul bilancio preventivo e sul bilancio consuntivo dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Inoltre, vengono affidate al CIC tutte le funzioni di consulenza e proposta già attribuite al CISR dal decreto-legge “Perimetro” e dai relativi provvedimenti attuativi, fatta eccezione per quelle in materia di determinazione del Presidente del Consiglio dei Ministri in caso di crisi di natura cibernetica.

Il decreto, all'articolo 5, prevede l'istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, a tutela degli interessi nazionali nel campo della cybersicurezza. L'istituzione dell'Agenzia è strumentale all'esercizio delle competenze che il decreto-legge assegna al Presidente del Consiglio dei Ministri e all'Autorità delegata, ove istituita.

Per lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali, l'Agenzia può richiedere, anche sulla base di apposite convenzioni e nel rispetto degli ambiti di rispettiva competenza, la collaborazione di altri organi dello Stato, di altre amministrazioni, delle Forze di polizia, di enti pubblici, nonché delle Forze armate. Il decreto stabilisce che l'Agenzia ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, nei limiti di quanto previsto dal decreto in esame. L'Agenzia è disciplinata dalle norme del decreto e dalle fonti alle quali si fa rinvio per gli ulteriori aspetti.

In particolare, il decreto-legge prevede l'adozione dei seguenti regolamenti: regolamento di organizzazione e di funzionamento; regolamento di contabilità; regolamento sulle procedure per la stipula di contratti di appalti, di lavori e di forniture per le attività finalizzate alla sicurezza; regolamento del personale. Tutti i regolamenti sono adottati, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. I regolamenti sono adottati previo parere del Copasir, sentito il Comitato interministeriale per la cybersicurezza.

Inoltre, come previsto, nel corso dell'esame in sede referente, sugli schemi di regolamento, di organizzazione e di funzionamento dell'Agenzia e di regolamento del personale dell'Agenzia e di regolamento del personale dell'Agenzia è richiesto il parere delle Commissioni parlamentari competenti, anche per i profili finanziari. È stato altresì specificato che il parere del Copasir è espresso per i profili di competenza.

Per quanto riguarda l'organizzazione dell'Agenzia, che ha sede principale in Roma, il decreto prevede i seguenti organi: il direttore generale, che rappresenta l'organo di gestione, è il legale rappresentante dell'Agenzia ed è il diretto referente del Presidente del Consiglio dei Ministri e delle autorità delegate. Il direttore è scelto nelle categorie tra cui può essere nominato il Segretario generale della Presidenza del Consiglio. La disposizione richiede altresì il possesso di una documentata esperienza di livello nella gestione dei processi di innovazione. L'incarico del direttore ha una durata massima di quattro anni e può essere rinnovato, anche con successivi provvedimenti, per un massimo di ulteriori quattro anni. Il Collegio dei revisori dei conti è organo di controllo interno, per la cui composizione e funzionamento si fa rinvio interamente al regolamento.

L'Agenzia è articolata in uffici di livello dirigenziale generale, che il decreto stabilisce nel numero massimo di 8, e in uffici di livello dirigenziale non generale, fino a un massimo di 30.

L'Agenzia assume tutte le funzioni in materia di cybersicurezza nazionale attribuite alla Presidenza del Consiglio, al Ministero dello Sviluppo economico, al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e all'Agenzia per l'Italia digitale.

Le principali funzioni ad essa attribuite, ai sensi dell'articolo 7, sono le seguenti: è Autorità nazionale per la cybersicurezza; predispone la Strategia nazionale di cybersicurezza; svolge le necessarie attività di supporto al funzionamento del Nucleo per la cybersicurezza; è Autorità nazionale competente e punto di contatto unico in materia di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi; è Autorità nazionale di certificazione della cybersicurezza; sviluppa la capacità nazionale di prevenzione, monitoraggio, rilevamento, analisi e risposta per prevenire e gestire gli incidenti di sicurezza informatica e gli attacchi informatici; cura e promuove la definizione e il mantenimento di un quadro giuridico nazionale aggiornato e coerente nel dominio della cybersicurezza; sostiene, negli ambiti di competenza, lo sviluppo di competenze e capacità industriali, tecnologiche e scientifiche, e, per questo riguardo, l'Agenzia si fa promotore del coinvolgimento del sistema dell'università e della ricerca, nonché del sistema produttivo nazionale; assicura il necessario raccordo con le altre amministrazioni a cui la legge attribuisce competenze in materia di cybersicurezza e, in particolare, secondo una modifica introdotta in sede referente, con il Ministero della Difesa, per gli aspetti inerenti alla ricerca militare; svolge attività di comunicazione e promozione della consapevolezza in materia di cybersicurezza, al fine di contribuire allo sviluppo di una cultura nazionale in materia; promuove la formazione, la crescita tecnico-professionale e la qualificazione delle risorse umane nel campo della cybersicurezza, anche attraverso l'assegnazione di borse di studio, di dottorato e assegni di ricerca, favorendo, come specificato in sede referente, l'attivazione di percorsi formativi universitari in materia di cybersicurezza.

Inoltre, a seguito delle modifiche apportate nel corso dell'esame in sede referente, l'Agenzia assume iniziative idonee a valorizzare la crittografia come strumento di cybersicurezza; provvede alla qualificazione dei servizi cloud per la pubblica amministrazione; promuove iniziative di partenariato pubblico-privato, onde rendere effettive le capacità di prevenzione, rilevamento e risposta degli incidenti e degli attacchi informatici; può promuovere la costituzione di aree dedicate allo sviluppo dell'innovazione finalizzate a favorire la formazione e il reclutamento di personale nei settori avanzati dello sviluppo della cybersicurezza; può predisporre attività di formazione specifica riservata ai giovani che aderiscono al servizio civile; può costituire e partecipare a partenariati pubblico-privati sul territorio nazionale, nonché, previa autorizzazione del Presidente del Consiglio, a consorzi, fondazioni o società con soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri.

Presso l'Agenzia sono, dunque, trasferiti il Computer Security Incident Response Team, il CSIRT italiano, il Centro di valutazione e certificazione nazionale. È, inoltre, prevista, a seguito di una modifica in sede referente, l'istituzione di un comitato tecnico-scientifico presso l'Agenzia, con funzioni di consulenza e di proposta. Tale comitato è presieduto dal direttore generale della medesima Agenzia o da un dirigente da lui delegato ed è composto da personale della stessa Agenzia, nonché da qualificati rappresentanti dell'industria, degli enti di ricerca, delle accademie e delle associazioni nel settore della sicurezza.

La disciplina del personale addetto all'Agenzia, di cui all'articolo 12 del decreto, è stabilita in apposito regolamento, adottato nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e dei criteri indicati nel decreto, anche in deroga alle vigenti disposizioni di legge, ivi incluso il testo unico delle disposizioni in materia di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, adottato con decreto legislativo n. 165 del 2001. La dotazione organica dell'Agenzia, in sede di prima applicazione, è stabilita dal decreto in un massimo di 300 unità.

Per assicurare la prima operatività dell'Agenzia, l'articolo 17 del decreto demanda ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto, la definizione di termini e di modalità, onde trasferire funzioni, beni strumentali e documentazione, attuare le disposizioni del decreto-legge, regolare le riduzioni di risorse finanziarie relative alle amministrazioni cedenti.

L'articolo 8 dispone la costituzione presso l'Agenzia di un Nucleo per la cybersicurezza. Esso è previsto in via permanente, quale supporto del Presidente del Consiglio riguardo alle tematiche della cybersicurezza per gli aspetti relativi alla prevenzione e preparazione ed eventuali situazioni di rischio e per l'attivazione delle procedure di allertamento. Il Nucleo è presieduto dal direttore generale dell'Agenzia o, per sua delega, dal vice direttore generale. Esso è composto da: il consigliere militare del Presidente del Consiglio, un rappresentante del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, un rappresentante dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna, un rappresentante dell'Agenzia informazioni e sicurezza interna, un rappresentante di ciascuno dei Ministeri rappresentati nel CIC, un rappresentante del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio, limitatamente alla trattazione di informazioni classificate, un rappresentante dell'Ufficio centrale per la segretezza, istituito presso il DIS, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 124 del 2007.

A fronte di questa composizione allargata, è prevista una possibile composizione ristretta, con la partecipazione dei rappresentanti delle sole amministrazioni e dei soggetti interessati, anche relativamente ai compiti di gestione delle crisi.

Tra le funzioni poste in capo al Nucleo sono previste, all'articolo 9, quella di: formulare proposte di iniziative in materia di cybersicurezza; promuovere, sulla base delle direttive del Presidente del Consiglio, la programmazione e la pianificazione operativa, da parte delle amministrazioni e degli operatori privati interessati, della risposta a situazioni di crisi cibernetica; promuovere e coordinare lo svolgimento di esercitazioni interministeriali o la partecipazione italiana a esercitazioni internazionali di simulazione di eventi di natura cibernetica; valutare e promuovere procedure di condivisione delle informazioni, anche con gli operatori privati, in raccordo con le amministrazioni competenti, per specifici profili della cybersicurezza ai fini della diffusione di allarmi relativi ad eventi cibernetici e alla gestione delle crisi; acquisire le comunicazioni circa i casi di violazioni o di tentativi di violazione alla sicurezza o alla perdita di integrità significativa ai fini di un corretto funzionamento delle reti e dei servizi; ricevere dal CSIRT Italia le notifiche di incidenti; valutare se le violazioni o i tentativi di violazione della sicurezza o i casi di perdita dell'integrità significativi o gli incidenti assumano dimensioni, intensità o natura tali da non poter essere fronteggiati dalle singole amministrazioni competenti in via ordinaria e da richiedere l'assunzione di decisioni coordinate in sede interministeriale. In tal caso, il Nucleo provvede ad informare tempestivamente il Presidente del Consiglio o l'autorità delegata, ove istituita, sulla situazione in atto o sullo svolgimento delle attività di gestione della crisi.

In materia di trattamento dei dati personali, interviene l'articolo 13, che dispone che i trattamenti di dati personali per finalità di sicurezza nazionale in applicazione del decreto-legge in esame siano effettuati ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali, con particolare riguardo alle specifiche disposizioni previste per le finalità di difesa o di sicurezza dello Stato.

Al Parlamento è trasmessa una relazione, entro il 30 aprile di ogni anno, sull'attività svolta dall'Agenzia nell'anno precedente in materia di cybersicurezza nazionale, ai sensi dell'articolo 14.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri è altresì tenuto a trasmettere al Copasir, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione che, secondo quanto specificato in sede referente, verta sulle attività svolte nell'anno precedente dall'Agenzia negli ambiti concernenti la tutela della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico, relativamente ai profili di competenza del Copasir stesso.

Gli articoli 15 e 16 recano una serie di modifiche alla normativa vigente, al fine di adeguarla alla nuova architettura delineata. Sono, in particolare, oggetto di modifica il decreto legislativo n. 65 del 2018, che ha dato attuazione alla direttiva NIS, il decreto-legge n. 105 del 2019, che ha, in particolare, istituito il perimetro di sicurezza cibernetica e la legge n. 124 del 2007, che reca la disciplina del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, limitatamente agli ambiti toccati dal decreto in esame. In particolare, le modifiche del decreto-legge n. 105 del 2019, oltre ad adeguarlo alle modifiche intervenute, sono volte a modificare il flusso delle comunicazioni tra i vari soggetti responsabili per la cybersicurezza. Sono modificate, inoltre, le disposizioni del decreto legge n. 21 del 2012 in merito alle comunicazioni da effettuare a cura delle imprese acquirenti impianti per il 5G ai fini dell'esercizio dei poteri speciali, prevedendo, inoltre, alcune integrazioni e alcune semplificazioni procedurali. Sono, infine, inserite tra gli ambiti di competenza funzionale e inderogabile del TAR del Lazio, sede di Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, nonché, come specificato in sede referente, quelle sul rapporto di lavoro del personale dell'Agenzia.(Applausi).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, onorevole D'Incà, che si riserva.

È iscritta a parlare la deputata Angela Raffa. Ne ha facoltà.

ANGELA RAFFA (M5S). Grazie, Presidente. Oggi in quest'Aula parliamo del decreto sulla cybersicurezza. Vediamo un po' di cosa si tratta concretamente. È l'insieme di tutte quelle attività che hanno l'obiettivo di proteggere dalle minacce tutte le nostre reti informatiche, i nostri sistemi informativi, i nostri servizi informatici e le comunicazioni elettroniche. Vi è la necessità di dotarsi di un meccanismo di protezione, che deriva dall'aumento delle minacce cibernetiche che si stanno sviluppando negli ultimi anni. Infatti, gli ultimi dati ci dicono che l'Italia è il terzo Paese al mondo per attacchi cibernetici, subito dopo gli Stati Uniti e il Giappone. Queste minacce sono principalmente tre e hanno come oggetto informazioni importantissime come, ad esempio, nel caso del cybercrime che è una forma di violazione informatica molto diffusa, spinta da ragioni economiche. Gli hacker, in questi casi, colpiscono soprattutto le banche, incuneandosi nelle transazioni finanziarie e cercando di intercettare i dati delle carte di credito degli utenti, utilizzando diverse strategie, oppure tengono sotto scacco i dati delle vittime, pretendendo il pagamento di un riscatto. Oppure c'è il cyberspionaggio: dietro non ci sono dei semplici hacker; spesso, infatti, i pirati informatici agiscono al soldo di Governi e di grandi aziende. Lo scopo di chi utilizza questa pratica è quello di entrare in possesso di documenti riservati. O, ancora, la guerra cibernetica; anche in questo caso i principali protagonisti sono loro, gli Stati. La guerra cibernetica è una forma di violazione hacker che ha come obiettivo quello di colpire i sistemi informatici del nemico: si cerca di comprometterne le infrastrutture con lo scopo di renderle inutilizzabili, mandare in tilt i server, fare propaganda oppure attaccare le aziende principali di uno Stato che sono normalmente connesse con la Nazione colpita. Come ci si può proteggere da tutto questo? Mettendo in campo delle strategie volte a prevenire il problema. È da qui che parte tutto. Con una direttiva del 6 luglio 2016 dell'Unione europea, la n. 1.148, si sono determinate le misure che dovrà adottare ogni Stato per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi dell'Unione (la cosiddetta direttiva NIS). In Italia, abbiamo recepito la direttiva con il decreto legislativo n. 65 del 2018 che determina gli elementi principali che dovrà avere la normativa italiana sulla cybersicurezza. Successivamente, nel 2019, con il decreto-legge n. 105, prima, e con il decreto-legge n. 162 del 2019, poi, il Governo Conte ha istituito un perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e ha previsto misure volte a garantire i necessari standard di sicurezza rivolti a minimizzare i rischi. Inoltre, la sicurezza cibernetica costituisce uno degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, con il quale si investono circa 620 milioni di euro per la creazione e il rafforzamento delle infrastrutture legate alla protezione cibernetica del Paese.

La pandemia, con lo smart working, ha accelerato notevolmente l'utilizzo di infrastrutture informatiche più avanzate per tutte le imprese, dalle più piccole alle più grandi. Questo ha contribuito all'aumento della quantità di dati disponibili sulle nostre reti e, quindi, ad una maggiore vulnerabilità, dato che non ci siamo mai dotati di un'agenzia che fungesse da tutela. A maggio, l'Unione europea ha pubblicato il regolamento Cybersecurity Act, per effetto del quale l'Italia dovrà indicare un centro di competenza nazionale collegato al Cybersecurity competence center di Bucarest entro la fine del 2021. Questo è un istituto che mette insieme il mondo della ricerca, dell'impresa e della sicurezza nazionale per accelerare gli investimenti in innovazione e sicurezza cyber. È proprio per questo che, durante i precedenti Governi guidati dal Presidente Conte, già noi stavamo preparando il tutto per farci trovare pronti ad avere un nostro centro di riferimento. Difatti, anche nell'ultima legge di bilancio il Presidente Conte voleva inserire già un emendamento per iniziare a lavorare in questa direzione. Quest'ambito però, con le sue interconnessioni con privati, fa gola a molti, perché lavora a stretto contatto con i servizi segreti. Molti di voi ricorderanno, all'inizio di quest'anno, le polemiche sollevate dal senatore Matteo Renzi contro il Presidente Conte proprio sul tema dei servizi segreti. Questo tema, di cui oggi non ha parlato nessun giornale nonostante si inizi l'iter in Aula, fa gola a molti. È una struttura carica di ruoli e di nomine da poter dividere; con il Governo dell'assembramento ci sarà spazio per tutti, con il Governo Conte ci sarebbe stato spazio solo per alcuni.

Ma entriamo nel vivo del provvedimento. Si tratta di un decreto-legge; e già normare un tema del genere, con un decreto d'urgenza ci fa capire che siamo ancora in ritardo come Paese Italia. L'articolo 1 reca le definizioni utilizzate all'interno del provvedimento e definisce la cybersicurezza come ho detto anche all'inizio.

L'articolo 2 stabilisce che il Presidente del Consiglio dei Ministri è l'autorità al vertice dell'architettura della sicurezza cibernetica, in quanto è a lui attribuita, in via esclusiva, l'alta direzione e la responsabilità generale delle politiche di cybersicurezza, anche ai fini della tutela della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico. In questo caso, in sede referente, è stato soppresso il riferimento alla responsabilità del Presidente del Consiglio ai fini della tutela della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico, in quanto tale finalità viene ricompresa, appunto, nella nuova definizione della cybersicurezza. Inoltre, al Presidente del Consiglio spetta, sempre in via esclusiva, l'adozione della strategia nazionale di cybersicurezza, sentito il Comitato interministeriale per la sicurezza - il CIC - istituito dall'articolo 4 del presente provvedimento, e la nomina e la revoca del direttore generale e del vicedirettore generale della nuova Agenzia per la cybersicurezza nazionale, istituita dall'articolo 5 del provvedimento in esame. Sulle modalità di nomina e revoca dei vertici dell'Agenzia sono intervenute le Commissioni, sempre in sede referente, prevedendo che il Presidente del Consiglio informi preventivamente, circa le nomine, il Copasir e le Commissioni parlamentari competenti. Questo è un emendamento che è stato fortemente voluto anche dal MoVimento 5 Stelle.

L'articolo 3 prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri possa delegare all'Autorità delegata per il sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica le funzioni che non sono a lui attribuite in via esclusiva.

L'articolo 4 istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato interministeriale per la cybersicurezza, organismo con funzioni di consulenza, proposta e vigilanza in materia di politiche di cybersicurezza, anche ai fini della tutela della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico. Ai sensi del comma 3, sempre dell'articolo 4, il Comitato è composto dal Presidente del Consiglio, che lo presiede, dall'Autorità delegata, ove istituita, dal Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, dal Ministro dell'Interno, dal Ministro della Giustizia, dal Ministro della Difesa, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro dello Sviluppo economico, dal Ministro della Transizione ecologica, dal Ministro dell'Università e della ricerca, dal Ministro delegato per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale e dal Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili.

Il comma 5 prevede che possono partecipare alle sedute del Comitato, su chiamata del Presidente del Consiglio, anche a seguito di una loro richiesta, senza però avere diritto di voto, altri componenti del Consiglio dei Ministri e altre autorità civili e militari di cui, di volta in volta, si ritenga necessaria la presenza in relazione alle questioni da trattare. Nel corso dell'esame in sede referente, in Commissione abbiamo espunto la previsione della partecipazione, sempre su chiamata del Presidente del Consiglio e senza diritto di voto, del direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e del direttore dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna e del direttore dell'Agenzia informazioni e sicurezza interna.

L'articolo 5 istituisce l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale a tutela degli interessi nazionali nel campo della cybersicurezza nonché della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico. Per lo svolgimento dei suoi compiti istituzionali, l'Agenzia può richiedere, anche sulla base di apposite convenzioni e nel rispetto degli ambiti di rispettiva competenza, la collaborazione di altri organi dello Stato, di altre amministrazioni, delle Forze di Polizia o di enti pubblici e - fortemente voluto dal MoVimento 5 Stelle - anche di tutte le Forze armate.

L'articolo 6 prevede che l'organizzazione e funzionamento l'Agenzia sono definiti da un apposito regolamento e articolati in uffici di livello dirigenziale generale, che il decreto-legge stabilisce nel numero massimo di 8, e un ufficio di livello dirigenziale non generale fino a un massimo di 30. Si prevede, inoltre, che le funzioni del direttore generale e del vice direttore generale siano disciplinate dal regolamento di organizzazione dell'Agenzia. Il regolamento è adottato entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, previo parere del Copasir e sentito il CIC. In sede referente è stato previsto il previo parere delle Commissioni parlamentari - lo abbiamo aggiunto con un emendamento voluto dal MoVimento 5 Stelle - competenti per la materia e per i profili finanziari e, per i profili di competenza, del Copasir, sentito il CIC. L'articolo 7 determina le funzioni dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, la quale è qualificata quale Autorità nazionale ai fini del complesso di relazioni e funzioni disegnato dalle norme europee ed interne, incluse quelle di certificazione della cybersicurezza.

L'Agenzia predispone, in primo luogo, la Strategia nazionale di cybersicurezza, assume compiti finora attribuiti a diversi soggetti quali il Ministero dello Sviluppo economico, la Presidenza del Consiglio, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, l'Agenzia per l'Italia digitale, oltre a promuovere iniziative per lo sviluppo di competenze e capacità. La norma dispone che l'Agenzia è autorità nazionale per la cybersicurezza, l'Agenzia predispone la Strategia nazionale di cybersicurezza, svolge ogni necessaria attività di supporto al funzionamento del Nucleo per la cybersicurezza.

L'Agenzia è autorità nazionale competente e punto di contatto unico in materia di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi, per le finalità di cui al decreto legislativo n. 65 del 2018, a tutela dell'unità giuridica dell'ordinamento, ed è componente all'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal medesimo decreto legislativo. È inoltre autorità nazionale di certificazione della cybersicurezza, assume tutte le funzioni in materia di cybersicurezza già attribuite dalle disposizioni vigenti al Ministero dello Sviluppo economico. L'Agenzia partecipa, per gli ambiti di competenza, al gruppo di coordinamento istituito dalle disposizioni attuative del decreto-legge n. 21 del 2012, recante norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

Assume le funzioni in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica attribuite alla Presidenza del Consiglio, individuate dal decreto-legge n. 105 del 2019. L'Agenzia assume tutte le funzioni già attribuite al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza dal citato decreto-legge n. 105 del 2019. L'Agenzia provvede alle attività necessarie per l'attuazione e il controllo dell'esecuzione dei provvedimenti assunti dal Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 5 di questo decreto-legge, il quale prevede che il Presidente del Consiglio, in presenza di un rischio grave e imminente per la sicurezza nazionale, connesso alla vulnerabilità di reti, sistemi informativi e sistemi informatici, possa disporre la disattivazione di uno o più apparati o prodotti impiegati nelle reti, nei sistemi o per l'espletamento dei servizi interessati, secondo un criterio di proporzionalità, ove indispensabile e per il tempo strettamente necessario all'eliminazione dello specifico fattore di rischio o alla sua mitigazione.

L'Agenzia assume tutte le funzioni in materia di cybersicurezza già attribuite all'Agenzia per l'Italia digitale. Abbiamo aggiunto, con un emendamento del MoVimento 5 Stelle, la previsione che quell'Agenzia assuma le iniziative idonee a valorizzare la crittografia come strumento di cybersicurezza; è fondamentale questo punto per tutto il sistema della cybersicurezza poiché tutela ancora di più i nostri dati e informazioni, perché grazie alla crittografia noi praticamente offuschiamo i dati, e quindi sarà ancora più difficile poter decifrarli. Provvede alla qualificazione dei servizi cloud per la pubblica amministrazione - lettera introdotta in sede referente -, sviluppa capacità nazionali di prevenzione, monitoraggio, rilevamento, analisi e risposta, per prevenire e gestire gli incidenti di sicurezza informatici e gli attacchi informatici.

A tal fine, l'Agenzia si avvale anche del CSIRT Italia (previsto dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 65 del 2018 e il DPCM 8 agosto 2019, che ne disciplina l'organizzazione), il quale era istituito presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio, ma il comma 3 del presente articolo del decreto-legge lo trasferisce presso l'Agenzia. Secondo una modifica introdotta sempre in Commissione, l'Agenzia promuove iniziative di partenariato pubblico-privato, onde rendere effettive le capacità di prevenzione, rilevamento e risposta ad incidenti e attacchi informatici. L'Agenzia partecipa anche alle esercitazioni, nazionali e internazionali, in ordine alla simulazione di eventi di natura cibernetica, onde incrementare la resilienza del Paese.

L'Agenzia cura e promuove la definizione e il mantenimento di un quadro giuridico nazionale aggiornato e coerente nel dominio della cybersicurezza, tenendo anche conto degli orientamenti e degli sviluppi in ambito internazionale, e, a tal fine, l'Agenzia esprime pareri non vincolanti sulle iniziative legislative o regolamentari concernenti la cybersicurezza. Coordina, in raccordo con il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, la cooperazione internazionale nella materia della cybersicurezza. Sostiene, negli ambiti di competenza, lo sviluppo di competenze e capacità industriali, tecnologiche e scientifiche, ed assicura il necessario controllo con le altre amministrazioni a cui la legge attribuisca competenze in materia di cybersicurezza. In particolare, secondo una modifica voluta anche dal MoVimento 5 Stelle, l'Agenzia può altresì promuovere la costituzione di aree dedicate allo sviluppo dell'innovazione finalizzate a favorire la formazione e il reclutamento di personale nei settori avanzati dello sviluppo della cybersicurezza, nonché promuovere la realizzazione di studi di fattibilità e di analisi valutative finalizzate a tale scopo, e questo, ci tengo a dire, è un emendamento che è a prima firma del nostro ex sottosegretario Angelo Tofalo, e lo abbiamo fortemente voluto. Un'altra cosa importante che fa l'Agenzia - vado velocemente avanti perché i punti sono tanti - e un altro emendamento fortemente voluto dal MoVimento 5 Stelle è la promozione formativa intrapresa dall'Agenzia, che è da ricondursi in particolare favorendo l'attivazione di percorsi formativi universitari per i giovani in materia di cybersicurezza.

Il comma 2 del presente articolo del decreto-legge prevede, a tale riguardo, che il rappresentante dell'Italia e il suo supplente entro il consiglio di direzione del Centro europeo siano nominati nell'ambito dell'Agenzia, con decreto del Presidente del Consiglio.

Il comma 3 prevede che il CSIRT italiano di cui all'articolo 8 del decreto legislativo NIS è trasferito presso l'Agenzia e assume la denominazione di “CSIRT Italia”, mentre il comma 4 stabilisce che è trasferito presso l'Agenzia il Centro di valutazione e certificazione nazionale, istituito presso il Ministero dello Sviluppo economico.

Infine, l'Agenzia consulta il Garante per la protezione dei dati.

L'articolo 8 dispone, invece, la costituzione presso l'Agenzia di un Nucleo per la cybersicurezza, previsto in via permanente, quale supporto del Presidente del Consiglio riguardo alle tematiche della cybersicurezza, per gli aspetti relativi alla prevenzione e preparazione a eventuali situazioni di crisi e per l'attivazione di procedure di allertamento. Il Nucleo è presieduto dal direttore generale dell'Agenzia o dal vice direttore generale da lui designato e la sua composizione annovera il consigliere militare del Presidente del Consiglio, un rappresentante del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, un rappresentante dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna, un rappresentante dell'Agenzia informazioni e sicurezza interna, un rappresentante di ciascuno dei Ministeri rappresentati nel Comitato interministeriale per la sicurezza. I componenti possono farsi assistere alle riunioni anche da altri rappresentanti delle rispettive amministrazioni in relazione alle materie oggetto di trattazione. Ai componenti del Nucleo non spettano compensi, né gettoni di presenza, né rimborsi spese o altri emolumenti, comunque denominati.

L'articolo 9 determina le funzioni del Nucleo per la cybersicurezza e tra tali compiti si segnalano la formulazione di proposte di iniziative in materia di cybersicurezza, la programmazione e la pianificazione operativa, da parte delle amministrazioni e degli operatori privati interessati, della risposta a situazioni di crisi cibernetica, lo svolgimento di esercitazioni interministeriali o la partecipazione italiana ad esercitazioni internazionali di simulazione di eventi di natura cibernetica, la condivisione delle informazioni anche con gli operatori privati interessati e in raccordo con le amministrazioni competenti per specifici profili di cybersicurezza, ai fini della diffusione di allarmi relativi ad eventi cibernetici e per la gestione delle crisi, la ricezione delle comunicazioni circa i casi di violazioni o i tentativi di violazione della sicurezza o di perdita dell'integrità significativi ai fini del corretto funzionamento delle reti e dei servizi, le notifiche di incidente da parte del CSIRT Italia. Secondo quanto specificato sempre in Commissione, durante l'esame in sede referente, acquisisce, anche per il tramite del CSIRT Italia, le comunicazioni circa i casi di violazioni o i tentativi di violazione della sicurezza o di perdita dell'integrità significativi ai fini del corretto funzionamento delle reti e dei servizi degli organismi di informazione, come DIS, AISE e AISI, dalle Forze di Polizia, dall'organo del Ministero dell'Interno per la sicurezza e per la regolarità dei servizi di telecomunicazione, dalle strutture del Ministero della Difesa, dalle altre amministrazioni che compongono il Nucleo, dai gruppi CERT di intervento per le emergenze informatiche.

L'articolo 10 disciplina le procedure da seguire per la gestione delle crisi che coinvolgono aspetti di cybersicurezza, specificando, in particolare, i compiti posti in capo al Nucleo per la cybersicurezza, istituito ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge.

L'articolo 11 detta le disposizioni relative al sistema di finanziamento dell'Agenzia e all'autonomia contabile e gestionale della stessa. Le fonti di finanziamento dell'Agenzia sono rappresentate da: stanziamenti annuali disposti nella legge di bilancio, nell'ambito del distinto capitolo istituito ai sensi dell'articolo 18 del decreto in esame presso lo stato di previsione del Ministero dell'Economia.

Lo stanziamento annuale da assegnare all'Agenzia è stabilito sulla base della determinazione del fabbisogno annuo operata dal Presidente del Consiglio dei Ministri e preventivamente comunicata al Copasir. Vi sono, inoltre: corrispettivi per i servizi prestati a soggetti pubblici e privati; proventi derivanti dallo sfruttamento della proprietà industriale dei prodotti dell'ingegno e delle invenzioni dell'Agenzia; contributi dall'Unione europea o da organismi internazionali, affinché siano derivanti dalla partecipazione a specifici bandi, progetti e programmi di collaborazione; proventi delle sanzioni irrogate dall'Agenzia, ai sensi di quanto previsto dal “decreto legislativo NIS”, dal “decreto-legge Perimetro” e dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259. Il decreto prevede l'adozione di due distinti regolamenti da adottare su proposta del direttore generale dell'Agenzia, secondo la procedura già richiamata. In particolare, il regolamento di contabilità dell'Agenzia, volto ad assicurarne l'autonomia gestionale e contabile. Tale regolamento, può essere adottato anche in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato e nel rispetto dei principi fondamentali da quelle stabiliti.

Si dispone, inoltre, sulla base delle modifiche approvate in sede referente, che vengano trasmesse al Copasir e alle Commissioni parlamentari competenti il bilancio consultivo e la redazione della Corte dei conti. Si dispone, poi, che vengano trasmessi al Copasir il bilancio consultivo e la relazione della Corte dei conti. Il secondo regolamento è quello che definisce le procedure per la stipula dei contratti di appalti, di lavori e di forniture di beni e servizi per l'attività dell'Agenzia finalizzate alla tutela della sicurezza nazionale e dello spazio cibernetico, nonché per quelle svolte in raccordo con il sistema di informazione per la sicurezza.

L'articolo 12 dispone la disciplina per il personale addetto all'Agenzia ed è stabilita in apposito Regolamento adottato nel rispetto ai principi generali dell'ordinamento giuridico e dei criteri indicati nel decreto in esame, anche in deroga alle vigenti disposizioni di legge, ivi incluso il Testo unico delle disposizioni in materia di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione. La deroga è posta in correlazione anche con le funzioni di tutela della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico attribuite all'Agenzia. I tempi e le modalità di adozione del regolamento sono quelle già evidenziate per gli altri regolamenti di disciplina dell'Agenzia; in sede referente, in Commissione, è stata altresì prevista l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti, anche per i profili finanziari, e del parere del Copasir per i profili di competenza. Il regolamento che definisce l'ordinamento e il reclutamento del personale, nonché il relativo trattamento economico e previdenziale, deve assicurare per il personale di ruolo dell'Agenzia un trattamento economico pari a quello in godimento da parte dei dipendenti della Banca d'Italia, in base alla “equiparabilità delle funzioni svolte e del livello di responsabilità rivestito”. A tal fine, il regolamento disciplina la composizione del contingente e il compenso spettante per ciascuna professionalità; la possibilità di impiegare personale del Ministero della Difesa, secondo i termini e modalità che dovranno essere definiti con apposito DPCM; le modalità di applicazione del codice di proprietà industriale ai prodotti dell'ingegno e alle invenzioni dei dipendenti dell'Agenzia.

La dotazione organica dell'Agenzia, in sede di prima applicazione, è stabilita dal decreto in un massimo di 300 unità, così ripartite: fino ad un massimo di 8 unità di livello dirigenziale generale; fino a un massimo di 24 unità di livello dirigenziale non generale; fino a un massimo di 268 unità di personale non dirigenziale. La dotazione organica può essere rideterminata con DPCM, adottato di concerto con il Ministro dell'Economia e delle finanze, nei limiti delle risorse finanziarie destinate alla spesa per il personale. Dei provvedimenti relativi alla dotazione organica è data tempestiva e motiva comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti e al Copasir.

Il comma 6 prevede la nullità delle assunzioni effettuate in violazione di disposizioni contenute nel decreto o nel regolamento, ferma restando la responsabilità personale, patrimoniale e disciplinare di chi le ha disposte.

In sede referente, inoltre, con riguardo all'articolo 12, è stata soppressa la disposizione che faceva salve, in ogni caso, le classifiche di segretezza che, ai sensi dell'articolo 42 della legge n. 124 del 2007, sono attribuite per circoscrivere la conoscenza di informazioni, documenti, atti, attività o cose ai soli soggetti che abbiano necessità di accedervi in ragione delle proprie funzioni istituzionali.

L'articolo 13 prevede che i trattamenti dei dati personali per finalità di sicurezza nazionale siano effettuati ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali, con particolare riguardo alle specifiche disposizioni previste per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato.

L'articolo 14 dispone che sia trasmessa al Parlamento una relazione, entro il 30 aprile di ogni anno, sull'attività svolta all'Agenzia nell'anno precedente in materia di cybersicurezza nazionale. Nel corso dell'esame in sede referente, è stato previsto, tra le disposizioni finali, che la prima relazione del Parlamento venga trasmessa entro e non oltre il 30 novembre 2022. Inoltre, è stato aggiunto che, entro il 31 ottobre 2022, il Presidente del Consiglio dei Ministri è tenuto a trasmettere al Parlamento una relazione che dia conto dell'attuazione, al 30 settembre 2022, delle disposizioni, di cui al decreto-legge in esame, anche al fine di formulare eventuali proposte in merito.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri è tenuto a trasmettere al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, Copasir, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione che, secondo quanto specificato in sede referente, verta sulle attività svolte nell'anno precedente dall'Agenzia negli ambiti concernenti la tutela della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico relativamente ai profili di competenza del Copasir.

L'articolo 15, che abbiamo modificato anche grazie ad un nostro emendamento, modifica il decreto legislativo n. 65 del 2018, che ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2016/1148, tenendo conto della nuova architettura delineata dal decreto-legge in esame. Tale decreto legislativo rappresenta la cornice legislativa delle misure per la sicurezza delle reti e dei sistemi informativi e dei soggetti competenti a dare attuazione agli obblighi previsti in tale ambito. Noi abbiamo modificato questo articolo, e le nostre modifiche sono volte ad adeguare il decreto legislativo n. 65 del 2018 alle previsioni del decreto-legge in esame.

L'articolo 16 reca alcune modifiche puntuali alla legislazione vigente conseguenti al nuovo assetto dell'architettura nazionale di cybersicurezza disposta dal decreto in esame. Si tratta, principalmente, delle modifiche che consentono il passaggio delle competenze in materia di perimetro di sicurezza nazionale del DIS dal Mise (quindi dal Ministero per lo Sviluppo economico) all'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, nonché quelle relative, in particolare, al Centro di valutazione e certificazione nazionale e quelle di competenza dell'AgID. A tal fine, l'articolo interviene nella disciplina recata dal decreto-legge n. 105 del 2019 che, in particolare, ha istituito il perimetro di sicurezza cibernetica, e dalla legge n. 124 del 2007, che reca la disciplina del sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, per le parti in cui sono previste diverse attribuzioni di competenza.

I commi dall'8 al 14, modificati durante la l'esame in sede referente, recano innanzitutto alcune disposizioni di modifica del decreto-legge n. 105 del 2019, volte ad adeguare le disposizioni del citato decreto-legge alle modifiche intervenute e a rendere più fluide, a seguito di modifiche introdotte in sede referente, le comunicazioni tra i vari soggetti responsabili per la cybersicurezza.

Il comma 10 modifica, al fine di integrare, con il riferimento ai test effettuati dal CVCN, le disposizioni del decreto-legge n. 21 del 2012 in merito alle comunicazioni da effettuare a cura delle imprese acquirenti impianti per il 5G, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali, prevedendo inoltre alcune integrazioni e alcune semplificazioni procedurali.

Il comma 11 inserisce tra le ipotesi di competenza del TAR del Lazio, sede di Roma, le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale.

L'articolo 17, modificato in sede referente, reca le disposizioni transitorie e finali.

Il comma 1 prevede che per lo svolgimento delle funzioni ispettive, di accertamento delle violazioni e di irrogazione delle sanzioni, attribuita alla neo istituita Agenzia per la cybersicurezza nazionale, essa possa avvalersi “dell'ausilio” del personale dell'organo centrale del Ministero dell'Interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi delle telecomunicazioni.

Il comma 2 dispone che la nascente Agenzia operi “con l'ausilio” dell'organo centrale del Ministero dell'Interno per la sicurezza e la regolarità dei servizi delle telecomunicazioni, per quanto concerne le funzioni di attuazione e di controllo dell'esecuzione dei provvedimenti del Presidente del Consiglio.

Il comma 3 stabilisce che il personale dell'Agenzia, nello svolgimento delle funzioni richiamato nei commi 1 e 2 del medesimo articolo 17, rivesta la qualifica di pubblico ufficiale.

Il comma 4 concerne il personale dell'Agenzia addetto al CSIRT Italia, trasferito presso l'Agenzia dall'articolo 7 del presente decreto-legge, come abbiamo detto in precedenza. Anche questo personale, nello svolgimento delle proprie funzioni, riveste la qualifica di pubblico ufficiale.

Il comma 5 demanda ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione dei termini e modalità per assicurare la prima operatività dell'Agenzia, onde trasferire funzioni, beni strumentali e documentazioni, attuare le disposizioni del decreto-legge, regolare le riduzioni di risorse finanziarie relative alle amministrazioni cedenti. Durante l'esame in Commissione, abbiamo stabilito che la gestione delle risorse finanziarie relative alle funzioni trasferite competa alle amministrazioni cedenti fino alla scadenza dei termini indicati nel DPCM per la prima operatività dell'Agenzia. A decorrere da tale data, l'Agenzia assume la titolarità di tutti rapporti giuridici attivi e passivi relativi alle funzioni trasferite.

In sede referente abbiamo, inoltre, previsto che, nelle more dell'adozione del DPCM di cui al comma 5, il regolamento sulle infrastrutture digitali della Pubblica amministrazione è adottato dell'AgID, d'intesa con la competente struttura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Sempre in sede referente, abbiamo istituito un apposito capitolo del bilancio del DIS.

Questo, fino all'adozione di un regolamento di contabilità dell'Agenzia che ne assicuri l'autonomia gestionale e contabile, e di un regolamento sulle procedure per la stipula dei contratti di appalti dei lavori e forniture di beni.

Si prevede, inoltre, in primo luogo che, dalla data della nomina del direttore dell'agenzia, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza metta a disposizione il personale impiegato nell'ambito delle attività relative allo svolgimento delle funzioni oggetto di trasferimento con modalità da definire mediante intese con lo stesso Dipartimento. Inoltre, si stabilisce che, per un periodo massimo di sei mesi - prorogabile una sola volta per un massimo di ulteriori sei mesi - l'Agenzia si avvalga di personale appartenente al Ministero dello Sviluppo economico, all'Agenzia per l'Italia digitale, ad altre pubbliche amministrazioni ed ad autorità indipendenti, messo a disposizione dell'Agenzia stessa su specifica richiesta e secondo modalità individuate mediante intese con le rispettive amministrazioni di appartenenza. Infine, tra le disposizioni finali (comma 10-bis), è stato previsto che la prima relazione al Parlamento, di cui all'articolo 14, venga trasmessa entro il 30 novembre 2022. Inoltre, è stato aggiunto che, entro il 31 ottobre del 2022, il Presidente del Consiglio dei Ministri è tenuto a trasmettere al Parlamento una relazione che dia conto dell'attuazione al 30 settembre 2022 delle disposizioni di cui al decreto-legge in esame.

L'articolo 18 detta disposizioni relative alla copertura finanziaria relativa all'istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, mentre l'articolo 19 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mollicone. Ne ha facoltà.

FEDERICO MOLLICONE (FDI). Onorevoli colleghi, signor Presidente, Ministro D'Incà, la definizione dell'architettura nazionale e l'istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale costituiscono sicuramente un primo ma fondamentale passo verso la protezione degli interessi nazionali nella dimensione cibernetica. La completa realizzazione della strategia italiana sulla cybersicurezza necessita di azioni sempre più comuni e condivise, volte proprio al rafforzamento cibernetico di tutto il sistema produttivo, delle pubbliche amministrazioni e dei singoli individui. La collaborazione fra i soggetti istituzionali e gli operatori privati, interessati alla cybersicurezza, come ovvio, assume maggior rilievo alla luce della necessità di digitalizzazione e trasformazione digitale da svilupparsi nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il cyber, infatti, è connaturato dal dinamismo, dalla duttilità, dalla disomogeneità: non ci si può permettere che ci sia distanza fra idea e azione ovvero che il momento analitico sulla situazione attuale dello stato della sicurezza cibernetica nazionale impieghi anni per trasformarsi in scelta di politica pubblica. L'attuale scenario politico ed economico si occupa ad intermittenza dei temi del digitale e dell'innovazione e meno che meno della digitalizzazione della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici e ancor meno della sicurezza, con costi enormi. La pandemia lo ha dimostrato e ha mostrato la necessità di avere reti resilienti, la necessità di essere consapevoli su come bisogna essere sulla rete, la pervasività dei dati.

Parallelamente alla crescita esponenziale delle reti e dei pericoli connessi alla loro violazione, è nata la consapevolezza che ci troviamo di fronte ad una nuova arena di confronto fra le potenze: esplorare il dominio dello spazio cibernetico significa valutare le implicazioni teoriche e pratiche di questo peculiare teatro d'operazione, una dimensione, la quinta, in cui si affrontano non solo i tradizionali attori statuali ma anche i protagonisti emersi dal settore privato, sia i cosiddetti OTT come Google, Amazon e Facebook, sia i ranghi delle legioni di utenti che si muovono all'interno del cyberspazio, animati dalle più svariate intenzioni e dotati di alte competenze tecniche asimmetriche, quelli che, per semplicità definiamo, hacker.

Alain de Benoist, in un articolo apparso su Diorama letterario, già pensate nel novembre del 1997, scriveva che ogni evoluzione tecnologica secerne la propria ideologia e questa ideologia guida il cambiamento. Per secoli - colleghi - la relazione fra uomini è stata di tipo territoriale e si dispiegava all'interno di uno spazio continuo; con l'avvento delle reti invece il motore essenziale di ogni legame sociale è la comunicazione e la connessione. Non si appartiene più, non si aderisce più; l'imperativo categorico è “essere in relazione”.

La minaccia cibernetica risulta in grado di incidere su una pluralità di settori interconnessi quali la sottrazione di dati a fini predatori, la violazione della proprietà intellettuale, il furto di identità, il proposito di danneggiare la funzionalità delle infrastrutture critiche o di manipolare informazioni al fine di delegittimare le istituzioni o favorire il proselitismo in rete, lo spionaggio vero e proprio, con la sottrazione di informazioni privilegiate o di segreti industriali per alterare la concorrenza o favorire ancora la superiorità strategica di un Paese ostile.

La pandemia, inoltre, ha dato spinta alla dematerializzazione del segmento fisico delle attività umane come appunto il lavoro ma, in generale, l'attività quotidiana. Compriamo la spesa online, i nostri gusti sono orientati da un algoritmo e così via.

Nell'anno della pandemia, secondo il “Rapporto Clusit” 2021, sono stati infatti 1.871 gli attacchi gravi di dominio pubblico, con un incremento del 12 per cento rispetto al 2019. In aumento, in particolare, gli eventi di spionaggio cyber. Questi attacchi, colleghi, hanno avuto un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell'economia e della geopolitica; ciò significa che, in media, sono stati registrati ben 156 attacchi gravi al mese, il valore più elevato mai registrato ad oggi (erano infatti 139 nel 2019, con il primato negativo che spetta al mese di dicembre, in cui sono stati rilevati ben 200 attacchi gravi); 156 attacchi al mese non sono certo pochi. Si conferma quindi il trend di crescita costante che, dal 2017 ad oggi, ha fatto segnare un aumento degli attacchi gravi del 66 per cento. Secondo i dati in possesso della Polizia postale - chiamarla così è ancora abbastanza ridicolo - gli attacchi informatici in Italia sono aumentati del 246 per cento solo nel 2020. Chi di noi può considerarsi al sicuro con i dati che vi ho appena citato? Nell'anno segnato dall'emergenza sanitaria non stupisce quindi che numerosi tentativi di furto di dati abbiano riguardato anche informazioni in ambito sanitario. L'Agenzia europea del farmaco ha subito un cyberattacco, pensate un po', tramite il quale sono stati violati i documenti sul vaccino Pfizer mentre un gruppo di hacker nordcoreani ha effettuato una serie di tentativi di intrusione nei sistemi della casa farmaceutica AstraZeneca durante le fasi di sperimentazione del vaccino; immaginate il perché. I timori non sono più quelli dell'Olocausto termonucleare, che ha caratterizzato la guerra fredda, come si è paventato per più di cinquant'anni, ma quelli appunto di un'apocalisse elettronica. L'intera saga di “Terminator”, “Ex machina”, “Alien”, “Io robot”: anche il mondo cinematografico ci ha ormai abituato alle trasposizioni cinematografiche dei rischi connessi allo sviluppo incontrollato del digitale; in poche parole, il ruolo della tecnica è pervasivo nella nostra vita. La sostanza della polis, colleghi, è mutuata anche nello spazio cyber, così come quella del polemos, del conflitto. Come ha scritto Germano Dottori, analista di Limes, in questo senso il 5G odierno potrebbe essere l'enabler, ciò che rende possibile la guerra senza limiti, immaginata in Cina, pensate un po' 21 anni fa da Wang Xiangsui e Qiao Liang. Quella in cui, all'improvviso e senza preavviso, gli oggetti di uso comune nelle mani della gente si trasformano in armi letali rivolte contro di loro. E l'inizio dell'Internet of things è ancora poco. Sono infatti all'orizzonte l'“augmented man” ed il cosiddetto Internet of humans ovvero l'integrazione uomo-macchina, anticipata dalla fantascienza, sulla quale già si esercitano le difese meglio finanziate e più ambiziosa del pianeta, quelle che stanno lavorando alla trasmissione diretta del pensiero tra i soldati del futuro e la sperimentazione di un casco di integrazione neuronale è già in vendita per gli istituti di ricerca a 50 mila dollari. Acquisterà maggior concretezza lo spettro agitato dal vecchio Henry Kissinger che, già da diversi anni, ci ammonisce rispetto al rischio che le macchine finiscano per prendere il sopravvento su di noi, magari opportunamente aiutata dalla manina di qualunque programmatore nemico, dietro il quale, molto spesso, si nascondono Stati ostili. Le disposizioni normative del “DL Cyber” in questo senso cercano di leggere e affrontare le attuali trasformazioni tecnologiche e organizzative che investono ogni dimensione, da quella economica a quella politica e sociale, evidenziando quindi un processo che pone in discussione le stesse fondamenta di strutture operative e decisionali di uno Stato, sottolineando l'esigenza di modificarle radicalmente. Su questa linea abbiamo sostenuto questo lavoro, questo provvedimento, contribuendolo a migliorare con attività emendativa intensa e sempre propositiva. Quella della necessità della riorganizzazione delle politiche per la sicurezza cibernetica è una posizione storica di Fratelli d'Italia fin dall'inizio della legislatura.

Già con un ordine del giorno, approvato lo scorso settembre 2020, il Governo si impegnava alla costituzione di un'agenzia sul modello tedesco. Siamo stati, in sostanza, la prima forza politica a chiederne la costituzione. La Germania ha infatti costituito un'agenzia federale per la sicurezza cibernetica, il cui compito principale sarà quello di sviluppare nuove tecnologie per difendere le infrastrutture digitali tedesche dai cyberattacchi.

Come scrisse anche il professor Mele a formiche.net, occorre muoversi al più presto, per evitare che l'Italia sia un attore non protagonista del futuro mercato tecnologico europeo - oggi saldamente nelle mani del Governo francese e ancor più di quello tedesco -, agendo con estrema urgenza, possibilmente attraverso una precisa strategia, sia nel breve che nel medio e lungo periodo, al fine di disinnescare fin da subito almeno quei potenziali effetti di questo scenario che impatteranno sulla nostra sicurezza nazionale. E fin qui la citazione.

Va, dunque, segnalato che la Germania ha un'agenzia sulla cybersecurity che ha visto le sue origini nel 1991, cioè all'indomani dell'unificazione, e oggi dispone di circa 1.200 persone; mentre la Francia ha un'agenzia che è operativa dal 2009 e ha oltre mille dipendenti. Un rilievo, questo, arrivato anche dall'audizione del sottosegretario Gabrielli nel contesto del decreto-legge; un rilievo importante, poi, quello sull'operatività del decreto-legge “Perimetro”. Vedete, il sistema dei centri di controllo dell'equipaggiamento tecnologico non ha ancora visto la luce, tanto che, come ha ricordato il sottosegretario, ad oggi - e citiamo - non solo non è operativo, ma gli ingegneri che dovevano iniziare a lavorarvi non sono ancora stati assunti. Pensate, quale ritardo stiamo subendo.

Nel frattempo, il Ministro Colao ci ricorda come circa il 95 per cento delle strutture server della pubblica amministrazione non è in condizioni di sicurezza. Quello della sicurezza informatica, infatti, è stato un tema sollevato anche dal DIS, dai nostri servizi segreti, nell'annuale relazione al Parlamento.

Veniamo, quindi, al provvedimento e al suo iter. Dopo aver assistito per molti anni al proliferare di interventi normativi, che si sono andati accumulando in maniera disordinata e disorganica - spesso in conseguenza della necessità di ottemperare ad obblighi discendenti da normativa europea o di far fronte a situazioni emergenziali -, accrescendo il numero di soggetti con competenze in materia di cybersicurezza e rendendo a dir poco difficoltosa la ricostruzione del quadro normativo nazionale in materia, finalmente è stato adottato un intervento di semplificazione, che, in una logica certamente ispirata al principio della certezza del diritto, cerca di fare ordine, riassumendo in un unico soggetto, l'ACN appunto, tutte le funzioni in materia di cybersecurity.

Rispetto ai casi di Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna, è l'assetto istituzionale francese quello strutturalmente più vicino al nascente sistema italiano. L'architettura del Paese transalpino fa perno su un soggetto polifunzionale, l'Agenzia nazionale per la sicurezza dei sistemi informativi (ANSSI), che, sebbene in seno al Segretario generale della difesa e della sicurezza nazionale (SGDSN), ovvero i servizi di intelligence francesi, è sotto la responsabilità del Primo Ministro, così come previsto per l'agenzia italiana. È interessante notare, a tal proposito, come l'ANSSI conti attualmente 600 dipendenti, peraltro in continuo aumento, rispetto ai 972 dipendenti complessivi dell'SGDSN, a riprova di come le attività relative alla cybersecurity siano in continua crescita rispetto a quelle tradizionali di intelligence.

Due considerazioni complessive: se è fissato in centoventi giorni il termine entro cui procedere all'adozione del regolamento che si occuperà di organizzare operativamente l'agenzia, non può sottovalutarsi il già considerevole ritardo accumulato nell'implementazione del perimetro di sicurezza nazionale cibernetica e, quindi, la necessità di una veloce implementazione del decreto-legge; l'altra, la necessità di risorse finanziarie adeguate all'ampio numero di funzioni e la massima trasparenza da parte delle contribuzioni dei soggetti vigilati.

L'opposizione propositiva e patriottica di Fratelli d'Italia è stata sempre in prima linea, a difesa della sicurezza in generale e della sicurezza cibernetica in particolare e, soprattutto, della sovranità digitale, anche in questo senso. Con i colleghi Butti, Prisco, Silvestroni e Rotelli, abbiamo presentato una serie di proposte migliorative del testo, volte a garantire una migliore efficacia dell'azione della costituenda agenzia. È grazie a un nostro emendamento, condiviso con le forze di maggioranza, che sarà previsto un meccanismo di interlocuzione con gli stakeholder, per assicurare, da un lato, la piena trasparenza e, dall'altro, consentire al più ampio numero di attori pubblici e privati di fornire elementi conoscitivi, utili a indirizzare la strategia e le politiche nazionali.

Naturalmente, colleghi, in questo senso sarà fondamentale garantire il rapporto costante con il Parlamento, con il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica in primis e in particolare.

Vanno superate le barriere della condivisione delle conoscenze e delle informazioni, che sono alla base di economie di scala e investimenti più produttivi, per migliorare alcune situazioni vulnerabili e mitigare i rischi. Il ruolo del settore pubblico è sicuramente quello di orchestratore, anche se non sempre dispone dell'autorità, delle risorse e delle competenze per svolgerlo in modo efficace.

In molti casi, colleghi, la gestione di componenti essenziali è in capo ad attori privati, come ad esempio avvenuto con l'oleodotto di Colonial Pipeline negli USA, e le competenze necessarie per valutare la vulnerabilità e i rischi non sono adeguatamente diffuse in tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte.

Governare e proteggere le infrastrutture critiche richiede una strategia che si basa sulla cooperazione non solo preziosa, ma inevitabile, fra il settore pubblico e il settore privato, in genere più avanzato grazie alla ricerca privata. I loro sforzi di collaborazione possono ridurre la duplicazione delle risorse, migliorare la comunicazione, aumentare l'efficienza e, infine, raggiungere gli obiettivi di protezione, meglio e più rapidamente del Governo e del settore privato, se agiscono in modo indipendente e non coordinato.

Come ha scritto Salvatore Santangelo, è necessario non limitarsi a sapersi avvalere delle nuove tecnologie, ma concorrere al loro sviluppo, adottando un processo di trasformazione coerente e aderente alle proprie effettive esigenze, in modo da adattarsi costantemente all'evolvere delle minacce, che tra l'altro si caratterizzano sempre più per la loro volatilità e indeterminatezza e che, plausibilmente, diventeranno sempre più numerose e sofisticate.

Come proposto già dal professor Mensi, inoltre, l'Agenzia dovrebbe avere compiti inerenti alla sicurezza della supply chain e degli appalti aggiudicati dai soggetti non inclusi nel perimetro di sicurezza cibernetico.

Si tratta, colleghi, in concreto, dell'indicazione di specifiche prescrizioni di sicurezza da aggiornare regolarmente, anche ai fini di un sistema preliminare di qualificazione e certificazione, atte a consentire alle stazioni appaltanti di attribuire agli operatori economici - previa verifica tecnica, regolamentare e di sicurezza - un'attestazione per la partecipazione alle gare, così da garantire la sicurezza, soprattutto di fronte alla pervasività degli operatori extraeuropei. E il riferimento è evidente.

È un tema chiave, futuribile, anche per la sovranità digitale europea. Infatti, i fondi europei del PNRR destinati alla transizione digitale (40 miliardi di euro) più gli stanziamenti per la telemedicina potrebbero accrescere la già rilevante dipendenza tecnologica dell'Italia da alcune aziende cinesi, in particolare per reti 5G, banda larga, piattaforme e servizi informatici, smart cities, mobilità urbana, domotica e videosorveglianza. E aggiungerei anche tutti i parchi tecnologici e le rinnovabili.

In questo senso, come richiesto in un emendamento, riteniamo sia necessario costituire una zona economica speciale, per categorie e non per area, per le aziende della sicurezza cibernetica, un insieme di meccanismi fiscali che possano garantire la crescita per aziende e PMI innovative nell'ambito della sicurezza.

Su questo tema, poi, presenteremo un ordine del giorno, anche grazie all'accoglimento da parte del Governo. Appunto, sappiamo che avrà parere favorevole e crediamo che sia un contributo importante da parte di Fratelli d'Italia.

Il tema poi della crittografia (sul quale c'era anche un nostro emendamento più specifico di quello della maggioranza, ma altrettanto convergente) sarà specificato nelle funzioni dell'Agenzia, grazie a questo emendamento e a quello di uno dei relatori; un'aggiunta nella conversione parlamentare necessaria, tesa ad assicurare la sicurezza nell'ambito cripto sino agli scenari dello sviluppo del computer quantistico, nonché a tutela del sempre maggior ricorso al cloud.

L'Agenzia poi avrà anche il ruolo di ente certificatore proprio del cloud nazionale, in particolare della qualificazione dei provider in funzione di determinati parametri di qualità, performance, scalabilità e naturalmente sicurezza, in modo da indirizzare le indicazioni del Recovery Plan su questa specifica materia.

Su questo vogliamo porre l'attenzione su come proponemmo, colleghi, già nella mozione sul cloud - ormai scomparsa dai radar (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), pur essendo presentata da un autorevole esponente della maggioranza - una stretta connessione con la sicurezza cibernetica. Vedete, l'Agid dovrà avere un ruolo chiave anche per la sicurezza cibernetica.

Per questo chiediamo massima trasparenza e reale competizione nei concorsi per direttori e dirigenti, che definire “sartoriali” è offendere questo antico mestiere. Sappiamo che ora è stato appena nominato un nuovo direttore che, per carità, avrà un curriculum assolutamente eccellente ma che risulta aver avuto già altre collaborazioni con la stessa Agenzia. Lo stesso dicasi per l'unico concorso interno realizzato per il dirigente, che è stato vinto da un interno (realizzato da un interno e vinto da un interno). Non faccio nomi perché questo è tutto pubblico, è tutto agli atti. Forse, magari, qualcuno dovrebbe controllare la trasparenza e la gestione e anche la motivazione dei molti, bravi e competenti funzionari dell'Agid che, invece, in questi anni non vedono la possibilità e non hanno visto la possibilità di una vera e reale meritocrazia. È necessario che l'Agenzia abbia, inoltre, un ruolo chiave nel definire le strategie di alfabetizzazione digitale in ogni scuola di ordine e grado, così da definire un'igiene digitale: non tutte le mail vanno aperte, non tutti i messaggi su WhatsApp vanno aperti. L'acquisizione di nuovi modelli comportamentali, che ci permettano di evitare le minacce provenienti dal cyberspazio, è ancora alla fase iniziale. Ma è solo partendo dalla conoscenza di questi pericoli che possiamo, colleghi, iniziare a salvaguardare la nostra sicurezza.

Colleghi, mi avvio alla conclusione. Fratelli d'Italia è da sempre il partito della sovranità digitale. Per primi ponemmo questo tema, prima ancora della Commissione europea, in quest'Aula, con un ordine del giorno, all'inizio della legislatura, che venne accolto dal Governo. Siamo orgogliosi di aver introdotto questo tema perché pensiamo che sia di scenario, cruciale e su cui tutto il Parlamento e il Governo devono sicuramente collaborare, per ottenere un risultato di primazia. Lo siamo stati anche su questo provvedimento, in una collaborazione leale con le forze di maggioranza e in un confronto serrato con il Governo. Oggi occorre confrontarsi con la pervasività dei dati, con il fatto che sono prodotti da ogni azione consapevole o inconsapevole dei singoli e dalla relativa facilità con la quale questi stessi dati possono essere raccolti e utilizzati. È quello che Benanti ha chiamato “dataismo”, la cosiddetta algocrazia. La dinamica pandemica ha, infatti, dato ancora maggiore impulso alla frequentazione e occupazione umana dello spazio di manovra virtuale, soprattutto eco-socio-politico offerto dalla rete.

C'è un libro che consiglio: Ghost Fleet, dei futurologi Singer e Cole. La vera protagonista è la guerra del futuro. Nel romanzo, vedete, si svolgono così temi come l'importanza dei droni, l'evoluzione della guerra cibernetica, l'implementazione di stimolanti e sensori sulle truppe, il ruolo dei videogiochi nell'autoidentificazione dei soldati, i problemi dell'outsourcing e di prodotti fondamentali come i chip. I suoi effetti sono descritti con precisione nell'ambito tecnico come in quello umano: famiglie spezzate, rancori, la brutalità dei soldati, l'annullamento della normalità della vita civile, il virus stuxnet e il blackout di Tallinn, la propaganda jihadista nel web, fino alle infiltrazioni di attori statali nei server dei nostri Ministeri o delle nostre aziende strategiche. Il cyber è la nuova frontiera del confronto geopolitico fra le grandi potenze. Viviamo in un mondo connesso. Aziende e Governi dipendono dalla rete per tutto, dalle movimentazioni della finanza allo spostamento di truppe sul terreno. Una galassia di conflitti freddi e caldi asimmetrici che investono Stati canaglia e non, imprese e gruppi eversivi. Un nuovo teatro d'operazione dove i soldati diventano nerd e al posto di un fucile imbracciano la capacità di gestire codici, algoritmi e malware. Le organizzazioni criminali e la concorrenza sleale si avvantaggiano del nuovo spazio per acquisire nuovi profitti, con gravi ricadute sul sistema Paese.

Concludo con un evocativa definizione di Mathias: “Il cyberspazio è un luogo definito da prassi originate spontaneamente, da fantasmi guerrieri e da sogni comunitari” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Valentini. Ne ha facoltà.

VALENTINO VALENTINI (FI). Grazie, Presidente. Spero, col mio intervento, di non mettere ulteriormente a dura prova la nostra cyber resilienza e, proprio in questo senso, voglio ricollegarmi ad alcuni degli aspetti che sono emersi dall'intervento del collega che mi ha appena preceduto. Il termine cyber è stato coniato e reso popolare nel 1984 da un autore canadese, William Ford Gibson - abbiamo fatto una proliferazione di citazioni e, quindi, mi ci metto anch'io – che, nel suo libro di fantascienza, Neuromante, ha definito un qualcosa che ancora non esisteva allora: una tecnologia diffusa, interconnessa e digitale.

L'aggettivo cyber è, quindi, un termine recente, scaturito dalla fantasia, per definire un futuro distopico, fatto di esistenze grame in un mondo hi-tech. Ebbene, queste origini fantascientifiche del termine e il sistema valoriale, evocato ancora oggi, del termine cyber, come si è visto dall'intervento che mi ha preceduto, servono un po' a definire la problematica e i rischi che si corrono nei confronti dell'opinione pubblica quando cerchiamo di definire in termini di legge questo ambito: da un lato, si rischia di dare un senso di irrealtà a mondi che non riusciamo ad afferrare, viste le suggestioni apocalittiche e l'indeterminatezza di cyber nel campo semantico, un qualcosa che sembra distante e lungi dal venire; dall'altro, sembriamo dare ragione a coloro che vedono il destino dell'individuo determinato da una tecnologia distopica in mano a grandi corporazioni, che ne conculcano la libertà e ne limitano lo sviluppo. Per portare le cose in termini più concreti e più vicini a noi, il cyberspazio lo potremmo definire un ambito nel quale si opera e, invece di trovarsi fisicamente da qualche parte, si utilizza un computer per essere connessi - come diceva il collega - e per interagire attraverso una rete e per collegarci con altre persone che ci forniscono informazioni, invece di oggetti fisici. Interagiamo con l'e-mail, con le pagine del web, coi database. È come nella vita, insomma: le persone interagiscono e possono essere animate da buone o da cattive intenzioni. Quindi, paradossalmente per inquadrare e capire ciò di cui stiamo parlando sarebbe forse opportuno sottrarre il termine cyber e, in questo modo, si capisce immediatamente di che cosa si parla: si parla di sicurezza, si parla di difesa, si parla di minacce, non più in uno spazio fantascientifico, ma in uno spazio immateriale che, ovviamente, diventa immediatamente materiale nelle conseguenze che taluni atti possono avere e che va a costituire la nostra realtà quotidiana.

È nostro auspicio, quindi, che, finalmente, con l'istituzione dell'Agenzia e il conseguente riassetto normativo sia stata data completezza all'architettura nazionale di cybersicurezza e alla sua governance, definendo organi, funzioni e compiti necessari per riuscire a parlare una lingua comune a livello domestico e a livello internazionale. La questione ormai non poteva più attendere, da un lato perché la sicurezza cibernetica è compresa tra i progetti finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e, dall'altro, perché in questo modo si perfeziona il recepimento della direttiva europea NIS - Network and information security - che assicura un elevato livello di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei sistemi informatici delle amministrazioni pubbliche, di enti e di operatori nazionali e pubblici.

Leggendo l'allegato alla relazione annuale al Parlamento, cioè il Documento di sicurezza per il 2020, che è un documento molto interessante, come quelli che l'hanno preceduto, la cosa che più colpisce, oltre alle analisi delle minacce, è la complessità e la quantità di soggetti che sono coinvolti e le complesse interrelazioni tra loro. Ecco, io spero che questo ultimo intervento legislativo abbia snellito le procedure, chiarito i compiti e i ruoli di ciascuno. Non si è trattato, come alcuni avevano paventato, di sottrarre competenze agli uni per darle agli altri, né si è creato un nuovo organo, le cui competenze vanno a sovrapporsi a quelle di altri, che si mette a fare indagini eccetera, ma ci siamo adeguati. Abbiamo fatto chiarezza e siamo diventati, come si dice in termini militari, interoperabili con le architetture di difesa più diffuse nel mondo, il che dovrebbe accelerare i tempi e migliorare la qualità di risposta: ciascuno ha chiari i propri compiti e le proprie responsabilità all'interno e all'esterno della macchina pubblica, soprattutto nell'interfaccia pubblico-privato che, come abbiamo visto anche negli interventi che ci hanno preceduto, è l'elemento chiave del successo dell'intero sforzo. Il rapporto di fiducia tra pubblico e privato è cruciale per la tempestiva comunicazione di casi di interruzione da parte di soggetti privati ma, soprattutto, deve servire a una collaborazione continua, perché mai come in questo caso la prevenzione è la strada maestra.

Su questo vorrei fare una piccola digressione (speriamo piccola davvero). Il mondo della cybersicurezza è, come gran parte dei conflitti che avvengono nel nostro secolo, un mondo nel quale ci troviamo di fronte a scontri di tipo asimmetrico, cioè c'è un grandissimo squilibrio tra attaccanti e difensori, che funziona, però, a vantaggio dei soggetti e dei Paesi meno potenti.

Alcuni Governi, alcuni soggetti, nel mondo fisico non avrebbero mai potuto lanciare attacchi contro avversari in Paesi esteri, ma lo possono fare nel mondo cyber, dove lanciare un attacco ha costi molto bassi e lanciarne uno costa come lanciarne un milione, dove non ci sono rappresaglie cruente, e poi ci si può sempre nascondere dietro quella che si chiama la plausible deniability; cioè, uno dei punti più difficili nel mondo cyber è, appunto, l'attribuzione, in realtà, di chi sono le responsabilità. Questo mette in grande svantaggio i difensori, che sono costretti a difendere i propri assetti come ad ogni singolo attacco, ed è un po' questo l'oggetto dello sforzo legislativo che abbiamo cercato di fare.

Questo squilibrio, tra l'altro, spiega la ragione per la quale le violazioni della cybersicurezza sembrano avvenire sempre più spesso. Abbiamo sentito i colleghi che hanno citato statistiche che vedono un incremento esponenziale, visto che sappiamo che molti hacker attaccano incessantemente finché non riescono a penetrare. Se poi un'organizzazione si difende e, su 10 milioni di casi, riesce a bloccare un attacco e alla 10 e 1 milionesima volta l'attacco passa, i giornali sono pronti a metterla in difficoltà; così come avviene per i soggetti privati: nessuno dice dei 9 milioni e 990 mila volte che questo sforzo ha avuto successo.

Ora, sempre per rimanere in questo ambito, come dicevo, vi è la difficoltà di attribuzione della responsabilità, e poi un'altra sottile differenza che è quella tra le attività che sono state sponsored e state enabled, vale a dire: sappiamo che alcuni Stati consentono a determinati soggetti di operare al loro interno, li proteggono, possono spingerli a farlo oppure possono tollerarli; non dobbiamo essere, anche in questo caso, assolutamente sorpresi, perché qui torniamo un po' a ciò che accadeva nell'Inghilterra della regina Elisabetta. Noi sappiamo che l'Inghilterra, a quei tempi, aveva creato la famosa lettera di corsa, che trasformava i pirati in corsari, vale a dire le azioni di pirateria, nelle quali uno si appropriava del bottino, diventavano azioni, invece, sponsorizzate e a favore dello Stato, e l'Inghilterra - che a quel tempo aveva tre isolette e combatteva contro i due imperi che possedevano il resto del mondo - riusciva, con azioni un po' simili a quelle che accadono oggi nel mondo cyber, a infliggere enormi danni. Quindi, la storia si ripete: anche qui ci troviamo di fronte a una specie di cosiddetta guerra della corsa, nella quale gli Stati non si assumevano le responsabilità, operavano dei privati, e alla quale si mise fine soltanto verso metà del 1800.

Inoltre, abbiamo parlato in Commissione dell'importanza del cripto e dell'utilizzazione della crittografia: certamente è fondamentale per le comunicazioni, ma allo stesso tempo la crittografia è la fonte principale degli attacchi che avvengono in questo momento, perché tutti i ransomware, tutti gli attacchi nei quali ci si appropria delle informazioni di qualcuno e gli si fa pagare una somma di denaro per potersi riappropriare dei propri dati, avvengono proprio attraverso la crittografia.

Quindi è giusto, noi possiamo crittografare, ma possiamo, a nostra volta, essere crittografati da soggetti che poi ci costringono a pagare. È quello che è successo, ad esempio, nel caso, che molti hanno citato, della Colonial Pipeline. Anche in questo caso, l'altro problema - che noi italiani conosciamo - è quello se pagare o non pagare il riscatto, nel momento in cui le persone sono chiamate al riscatto, e qual è la valenza che ciò comporta. In alcuni studi, che si fanno per creare la resilienza delle istituzioni, si debbono ipotizzare anche degli scenari nei quali, a volte, si è costretti ad effettuare questo pagamento.

Questo è stato reso possibile da un altro elemento che ci caratterizza, sempre cripto: in questo caso sono le cripto-valute. Perché si sono moltiplicati questi attacchi? Perché abbiamo questa pirateria? Perché abbiamo questi Morgan del mondo dell'informatica? Perché un tempo il punto debole era follow the money: quando questi incassavano, andavi a vedere il conto e li beccavi; adesso, con la DeFi, con la finanza ormai distribuita e con l'utilizzazione delle cripto-valute diventa sempre più difficile fare tutto questo.

Ecco, con riferimento a tutto questo, io dico e soprattutto i principali operatori del settore ci dicono che non dobbiamo, però, scoraggiarci quando subiamo un attacco. Quando subiamo un attacco e siamo vittime, dobbiamo studiarlo per capire la direzione nella quale dobbiamo continuare a lavorare. E questo è il motivo per il quale abbiamo fatto questa direttiva, perché continueremo, come Parlamento, ciascuno con i propri contributi, con le proprie visioni, a creare la cornice necessaria per continuare a lavorare, perché dobbiamo difenderci sempre, è evidente. E la metafora che forse ci fa capire questo molto bene è quella di un virus: in definitiva, siamo già in una società nella quale, da un lato, la pandemia ha diffuso sempre di più la digitalizzazione e, quindi, la superficie che si espone agli attacchi cripto; dall'altro, dobbiamo fare, anche in questo ambito, come facciamo nei confronti del virus, la prevenzione, perché il virus muta continuamente, è mutevole. La pandemia ci ha insegnato a non arrenderci.

E soprattutto, quello che dobbiamo aver presente è che la cybersicurezza è un moving target, è un obiettivo che si sposta continuamente, e noi dobbiamo spostarci con lui, ci dobbiamo spostare sul piano operativo, ci dobbiamo spostare sul piano normativo.

Brandon Wells - facciamo anche questa citazione di un altro degli organi che non è stato citato oggi, la CISA, la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency, cioè l'Agenzia americana, che tra l'altro ha fatto prima: ha messo insieme le infrastrutture e la cybersicurezza sotto un'unica direzione - ha affermato che gli hacker sono diventati più sfrontati, più sofisticati, hanno risorse per arrecare danni alle funzioni più critiche della nostra società e quindi il panorama delle minacce, sempre più cupo, deve richiedere una risposta unificata, coordinata.

Questo è lo scopo del decreto di cui trattiamo quest'oggi: come dicevo, non si tratta di togliere competenze gli uni per dare agli altri, fare degli spezzatini, non si tratta di fare un poltronificio, non si tratta di profittare di nuove risorse per dare un posto a quello e all'altro, creare ambiti di influenza o nuovi strati di burocrazia per l'amministrazione o per le imprese; si tratta di prendere coscienza delle minacce, si tratta di cercare di dare una risposta rapida, efficace, unificata e coordinata, coscienti di quanto sia difficile questo compito.

Lasciatemi terminare, forse nella maniera più banale, con quello che potrebbe essere il prezzemolino di ogni discorso sulla difesa. Sun Tzu diceva: “Se conosci il tuo nemico e conosci te stesso, la probabilità di vittoria è sicura. Se conosci te stesso, ma non conosci il tuo nemico, la possibilità di vincere o di perdere è uguale. Se non conosci il tuo nemico e non conosci neanche te stesso, sei destinato a soccombere in tutte le battaglie”. Ecco, io spero che questo atto, che ci accingiamo ad approvare, ci aiuti quantomeno a soccombere in meno battaglie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.

LAURA RAVETTO (LEGA). Grazie, Presidente, grazie colleghi. Intanto, Presidente, mi lasci spendere giusto qualche parola, per dimostrare anche la solidarietà del gruppo della Lega - stamattina non ero iscritta negli interventi d'Aula iniziali - alla regione Sardegna, alla popolazione della regione Sardegna, all'autorità, a Solinas.

Come è stato anche detto - ho ascoltato la relatrice - bisognerà intervenire sicuramente nell'emergenza di questo che è stato un disastro, una catastrofe naturale enorme, ancora in atto. Abbiamo sfollati, abbiamo ettari di territorio devastati, ma chiaramente si chiede anche un impegno del Parlamento, che non è solo di solidarietà a voce; infatti, ad esempio, arriveranno i fondi del PNRR e abbiamo già ascoltato le autorità dire che probabilmente andrebbe valutato uno stanziamento per parlare di riforestazione in quelle aree, perché sono state sfollate persone, ma anche distrutti ettari di terreno e di foresta, che naturalmente sono fondamentali per l'economia. E poi, naturalmente, anche una riflessione sul fatto che è sempre stata una regione in qualche modo penalizzata, anche dal punto di vista delle infrastrutture; e, quindi, che il PNRR sia un'occasione anche per dimostrare reale solidarietà.

Arriviamo al provvedimento. Presidente, colleghi, nel primo semestre del 2021, l'Osservatorio di Exprivia, impegnato nel diffondere la cultura della sicurezza informatica, sia nelle aziende, che tra i privati cittadini, ha rilevato una forte crescita degli attacchi cyber rispetto all'ultimo trimestre del 2020: più 56 per cento. Da quanto emerge nel primo rapporto del 2021 sulle minacce informatiche, nel periodo gennaio-marzo 2021 si sono registrati 349 eventi, tra attacchi, incidenti e violazioni della privacy. Si tratta di una crescita del 47 per cento sul trimestre precedente, 7 volte di più rispetto ai primi tre mesi del 2020.

A un anno dallo scoppio della pandemia, che ha portato alla massiccia diffusione dello smart working e al ricorso, sempre più frequente, di servizi online, il cybercrime continua a colpire e spesso utilizza anche tecniche non decisamente sofisticate.

Con questo decreto-legge, naturalmente, noi abbiamo voluto completare la strategia di cyber resilienza nazionale, avviata con la disciplina sul perimetro cibernetico, e accrescere, attraverso la promozione della cultura e della sicurezza cibernetica, la consapevolezza del settore pubblico, privato e della società civile sui rischi e le minacce cyber, che spesso sono in grado di penetrare prodotti e servizi che sono ampiamente diffusi e utilizzati ma che i cittadini ancora non percepiscono come realtà di rischio. Come è stato detto dalla relatrice e dai colleghi che mi hanno preceduto, la principale novità del decreto è quella portata dall'articolo 5 e, cioè, la creazione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale che opererà sotto la responsabilità del Presidente del Consiglio dei Ministri e dell'Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. Come è stato già ampiamente detto dai colleghi, non mi soffermerò sui ruoli di questa Agenzia. Mi preme, però, sottolineare che essa diventerà un interlocutore unico nazionale per i soggetti pubblici e privati in materia di misure di sicurezza e attività ispettive nell'ambito del perimetro della sicurezza nazionale cibernetica, della sicurezza delle reti e dei sistemi informativi; ciò anche in aderenza alla “direttiva NIS” e, infatti, l'Agenzia sarà, di fatto, il Centro nazionale di coordinamento italiano che si interfaccerà con il Centro europeo di competenza per la cybersicurezza nell'ambito industriale, tecnologico e della ricerca.

Come è stato detto anche dal collega Valentino Valentini che mi ha preceduto, questa è un'area particolarmente delicata perché è un'area che va aggiornata quotidianamente. Questo, probabilmente, giustifica, in qualche modo, anche il fatto che avevamo avuto in passato una legislazione, vorrei quasi dire, compulsiva, nel senso che, effettivamente, non è che la nostra pubblica amministrazione non fosse regolata; magari è stata anche iper-regolata o, possiamo dire, almeno fortemente regolata. Infatti, abbiamo l'Agenzia per l'Italia digitale, l'AgID, che deve assicurare il coordinamento delle iniziative nell'ambito delle attività di indirizzo in riferimento al sistema pubblico di connettività; abbiamo l'ampio disegno delle regole tecniche per la sicurezza informatica della pubblica amministrazione, che è stato emesso, come previsto dal piano triennale per l'informatica nella PA e dalla direttiva del 1° agosto del 2015; abbiamo la nuova direttiva sulla protezione cibernetica e la sicurezza informatica, emanata con il DPCM del 17 febbraio 2017, che si è posta l'obiettivo di aggiornare la precedente direttiva del 24 gennaio 2013; abbiamo avuto la fondamentale direttiva da tutti voi citata, la direttiva (UE) 2016/1148 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 luglio 2016, che ha recato misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti, la cosiddetta, fondamentale “direttiva NIS”. La direttiva, tra l'altro, contiene una serie di misure legislative che si prefiggono l'obiettivo di creare un livello comune e, quindi, concordato tra gli Stati europei ed è stata recepita dall'Italia con il decreto legislativo n. 65 del 2018 che ha voluto promuovere una cultura di gestione del rischio, di segnalazione degli incidenti. Un altro provvedimento fondamentale per la sicurezza informatica nel nostro Paese è il decreto-legge n. 105 del 2019, che ha assicurato un livello elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi, anche nelle pubbliche amministrazioni, a cui sono state apportate, addirittura, modifiche con il decreto-legge n. 162 del 2019. In attuazione del decreto-legge n. 105 sono stati definiti dei DPCM, che hanno dettato criteri e modalità per l'individuazione dei soggetti inclusi nel perimetro nazionale di sicurezza cibernetica. Il decreto-legge n. 162, all'articolo 26, ha previsto che il Computer security incident response team, il cosiddetto CSIRT italiano, istituito presso la Presidenza del Consiglio, sia incardinato nel Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS). È stata, inoltre, disposta l'istituzione della Direzione generale per lo sviluppo della prevenzione e tutela informatiche presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'Interno ad opera del decreto n. 34 del 2020. Aspettiamo ancora due DPCM: uno, che sarà relativo alle categorie per le quali sarà necessario effettuare la notifica al Centro di valutazione e certificazione nazionale - il cosiddetto CVCN - e uno relativo ai criteri per l'accreditamento dei laboratori competenti per le verifiche delle condizioni di sicurezza.

Allora, come vediamo, la legislazione c'era, era diffusa, qualche volta a questa legislazione non è corrisposto, però, uno stanziamento adeguato di attenzione, risorse e mezzi finalizzati a perseguire gli obiettivi. Quindi, è chiaro che con questo decreto noi vogliamo, da una parte, semplificare, accorpare, dare una linea direttiva, senza, naturalmente, levare competenze, dall'altra, però, è stato anche l'occasione, specialmente in Commissione, per noi commissari, di avere, di ritorno, una fotografia reale del sistema in cui ci troviamo. E, per esempio, dalle audizioni che sono state tutte, Presidente, di altissimo livello, abbiamo avuto una fotografia di un Paese che è stato sotto attacco, con furti di dati, con interruzioni di servizi che hanno riguardato le regioni, i comuni, le scuole, le società di servizi di settori delicatissimi come l'acqua e, addirittura, uno studio della società Sham, in collaborazione con l'università di Torino, ha rilevato che, nel nostro Paese, la percentuale di strutture sanitarie che ha subito attacchi cyber è stata del 24 per cento; ripeto, il 24 per cento delle strutture sanitarie. Naturalmente, è una fotografia che ci ha impressionato tutti e questo è stato motivo per cui la maggioranza - dobbiamo dirlo - ha lavorato in assoluta compattezza, collaborazione ed è arrivata, secondo me, a migliorare molto il decreto governativo. Noi ci siamo particolarmente soffermati, abbiamo chiesto - parlo della Lega - e, devo dire, abbiamo ottenuto - ringrazio il Governo - che ci fosse un deciso coinvolgimento del Parlamento, che ci fosse un deciso coinvolgimento delle Commissioni competenti in relazione all'Agenzia. Abbiamo avuto il coinvolgimento della I Commissione, della IX Commissione e, addirittura, si è previsto - perché l'avevamo chiesto - che ci sia una sede periodica di relazione a queste Commissioni da parte dell'Agenzia. Abbiamo chiesto anche di valorizzare quelle esperienze che già ci sono nei nostri stessi settori governativi. Sappiamo che già è molto coinvolto il Ministero dell'Interno; noi abbiamo chiesto che venissero valorizzate anche le competenze già presenti nel Ministero della Difesa, e questo è stato inserito. Abbiamo meglio definito il rapporto con il Copasir che, naturalmente, deve essere assolutamente di interfaccia e collaborazione, però senza che venissero snaturati i ruoli e le funzioni dell'Agenzia.

Abbiamo dato un occhio di riguardo, in sede parlamentare, anche al tema della formazione, perché noi crediamo che si debba dare attenzione alla formazione in questi settori a livello privato, di pubblica amministrazione e, quindi, partendo già dal livello scolastico e universitario, non soltanto perché è necessario per il nostro Paese avere personale formato su questi temi, ma anche perché diventerà una grande occasione di lavoro per il futuro. Purtroppo, il trend degli attacchi cyber è infatti in netta ascesa e, quindi, potrà diventare anche una forma di lavoro qualificato nell'ambito sia privato sia delle pubbliche amministrazioni.

Abbiamo trasformato due emendamenti in ordini del giorno, su indicazione del Governo, con cui chiedevamo un maggior rapporto di partenariato pubblico-privato, perché noi crediamo che anche il settore privato possa essere valorizzato, anche in sede di gara. Quindi, io credo che questo sia stato un buon esempio di collaborazione parlamentare, di focalizzazione su un problema che andava risolto compiutamente e un passo in avanti per la sicurezza del nostro Paese. Naturalmente, adesso, speriamo che la stessa attenzione che ha rivolto al Governo nel migliorare questo decreto insieme a noi verrà rivolta allo stanziamento delle risorse per trasformare questo provvedimento in azioni reali e concrete (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ceccanti. Ne ha facoltà.

STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. Il provvedimento in esame oggi è attuale e delicato, anche se è difficile da socializzare a un'opinione pubblica molto vasta. È volto a ridefinire la complessiva architettura nazionale in materia di sicurezza informatica con la costituzione dell'Agenzia nazionale, come hanno già spiegato la relatrice Paita e gli altri interlocutori. Si tratta di un provvedimento che attendevamo da anni, che non era più prorogabile, specie in considerazione dell'accresciuta esposizione alle minacce cibernetiche, su cui hanno insistito altri oratori in precedenza. Tale attualità è risultata ulteriormente accresciuta a seguito dell'enorme accelerazione data all'informatizzazione dei dati e delle prestazioni conseguenti all'esplodere della pandemia, che ha messo in luce la necessità di dotarsi quanto prima di misure volte a garantire infrastrutture cloud sicure e centri dati con elevati standard di qualità. Del resto, anche la direttiva 2016/1148 dell'Unione europea recava misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi. Questa direttiva è stata recepita prontamente nell'ordinamento italiano, con il decreto n. 65 del 18 maggio 2018 che ci dà, quindi, la cornice legislativa. Va ricordato in termini di attualità, poi, che la sicurezza cibernetica - come altri hanno già sottolineato - costituisce uno degli interventi previsti dal PNRR, trasmesso dal Governo alla Commissione il 30 aprile 2021, costituendo uno dei sette investimenti nella digitalizzazione della pubblica amministrazione, primo asse di intervento della componente “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA”. All'investimento volto alla creazione e al rafforzamento delle infrastrutture legate alla protezione cibernetica, a partire dall'attuazione della disciplina prevista dal perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, sono destinati circa 620 milioni di euro, di cui 241 per la creazione di una infrastruttura nazionale, 231 per il rafforzamento delle principali strutture operative del perimetro di sicurezza cibernetica, 150 milioni per il rafforzamento della capacità nazionale di difesa.

Se, dunque, non ci sono dubbi circa l'attualità di un provvedimento atteso da anni, richiesto dall'Unione europea e fondamentale anche in chiave di sviluppo del nostro Paese, il fruttuoso lavoro, molto serio, che si è svolto nelle Commissioni parlamentari congiunte affari costituzionali e trasporti, in dialogo con il Governo, ha permesso di ridefinire con delicatezza anche gli ambiti di indirizzo e di controllo propri del Parlamento. Perché parlo di delicatezza?

Perché, per le esigenze di tutela dei cittadini, con nuovi strumenti per lo Stato, c'erano sempre i rischi di interventi restrittivi sproporzionati dei Governi sui cittadini stessi. È proprio di questi giorni lo scandalo del software Pegasus, in cui pare che uno dei Governi dell'Unione europea, quello ungherese, spiasse giornalisti e oppositori, utilizzasse, cioè, questi strumenti nella logica di una democrazia che si vuole illiberale; un pericoloso ossimoro e sembra che anche qualche governante italiano, si parla dell'ex Presidente del Consiglio Prodi, sia stato spiato da altri Governi stranieri. Non a caso, in base alla legislazione vigente, a tutela dello spazio cibernetico, si autorizza il Governo ad azioni assai significative e sensibili per il rispetto delle libertà costituzionali, come la possibilità di vietare l'acquisizione, da parte di soggetti stranieri, di determinate infrastrutture strategiche; peraltro il provvedimento in esame rafforza questa legislazione, all'articolo 16, con riferimento all'obbligo di comunicazione dei contratti relativi alla rete 5G.

Già la soluzione individuata dal decreto, confermata nell'impianto finale, appariva in partenza sostanzialmente equilibrata: un Comitato interministeriale per la cybersicurezza presieduto dal Presidente del Consiglio, un'Agenzia di diritto pubblico posta sotto il controllo del Presidente del Consiglio, che si raccorda strettamente con il Comitato interministeriale, un nucleo per la cybersicurezza che opera presso l'Agenzia e vede la partecipazione, tra gli altri, del consigliere militare del Presidente del Consiglio, dei rappresentanti dell'AISE e dell'AISI. Sono poi previste forme di collaborazione e il protocollo d'intesa tra l'Agenzia e il Garante per la protezione dei dati personali e, soprattutto, viene assicurato il costante coinvolgimento del Copasir, che esprime il parere sui regolamenti dell'Agenzia e che può audire i vertici dell'Agenzia. Inoltre, alla relazione annuale dell'Agenzia al Parlamento si accompagna la relazione specifica al Copasir.

Le Commissioni, nel loro lavoro, che è stato serio e scrupoloso, hanno tenuto ulteriormente presente questa delicatezza e l'hanno approfondita, in particolare rafforzando il ruolo delle Commissioni parlamentari competenti, che andranno costantemente coinvolte e dovranno, ad esempio, essere informate preventivamente circa la nomina e la revoca del direttore generale e del vice direttore generale dell'Agenzia, così come il regolamento preposto all'organizzazione e funzionamento dell'Agenzia, che sarà anch'esso adottato previo parere delle Commissioni parlamentari competenti; o ancora saranno trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti e al Copasir il bilancio consuntivo e la relazione della Corte dei conti, ai sensi dell'articolo 11, o sarà data loro tempestiva e motivata comunicazione dei provvedimenti adottati in materia di dotazione organica dell'Agenzia.

Con un emendamento all'articolo 2 si è poi previsto, appunto, che l'informazione preventiva sulla nomina del direttore da parte Presidente del Consiglio non sia fatta solo al presidente del Copasir, ma al Copasir nel suo complesso e alle Commissioni parlamentari competenti.

Con un emendamento all'articolo 6, che interviene anche sugli articoli 11 e 12, si è poi previsto che il parere sui regolamenti dell'Agenzia siano resi non solo dal Copasir, ma anche dalle Commissioni parlamentari competenti per materia e dalla Commissione bilancio.

Mi piace segnalare anche l'emendamento approvato all'articolo 7 che, attraverso la costituzione di un comitato tecnico-scientifico, consentirà il coinvolgimento degli esperti in materia delle comunità scientifiche e della società civile.

Si tratta, quindi, nel complesso, di un assetto equilibrato che potrà ben operare nella nostra logica, quella di una democrazia liberale, che affronta, appunto, con delicatezza le questioni attuali. Qualora, invece, fosse confermato che altri Governi agiscono in questi ambiti, secondo quanto emerso con lo scandalo Pegasus, violando lo Stato di diritto, essi meriterebbero necessarie sanzioni. Lo spazio politico dell'Unione è uno spazio dove le democrazie liberali possono e debbono difendersi in maniera efficace dalle minacce; non è uno spazio per usare le minacce come cavalli di Troia per la costruzione di democrazie illiberali.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3161-A​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, onorevole Paita, che ha finito il tempo, ma se ha bisogno, onorevole, di un minuto per una considerazione, volentieri.

RAFFAELLA PAITA , Relatrice per la IX Commissione. Intervengo solo per ringraziare tutti i colleghi, per gli interventi che hanno fornito ulteriori elementi di arricchimento della discussione e aggiungere che, effettivamente, quello che un po'tutti hanno rappresentato, ossia un clima positivo in Commissione per la costruzione di un testo che fosse equilibrato, ma anche rispondente all'esigenza delle aspettative dei vari gruppi, cosa che è stata, in qualche modo confermata. Quindi, solo un ringraziamento.

PRESIDENTE. Il Governo? Ministro D'Incà intende replicare?

FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Sì, Presidente, anch'io solo per ringraziare per il lavoro svolto in Commissione. Ringrazio, in particolare, la presidente Paita e il presidente Brescia per il lavoro svolto e tutti quanti i commissari. Credo che il testo sia stato arricchito dalle considerazioni e dagli emendamenti proposti e, appunto, dalla discussione che è avvenuta all'interno delle Commissioni. Quindi, semplicemente ritengo che la continuità di questo lavoro possa permetterci di chiudere al meglio questo passaggio in Parlamento per il decreto sull'Agenzia per la cybersecurity.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 2267 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 giugno 2021, n. 79, recante misure urgenti in materia di assegno temporaneo per figli minori (Approvato dal Senato) (A.C. 3201​) (ore 14,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3201: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 giugno 2021, n. 79, recante misure urgenti in materia di assegno temporaneo per figli minori.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3201​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Lisa Noja.

LISA NOJA, Relatrice. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi, Ministro. Il disegno di conversione del decreto-legge n. 79 del 2021, di cui l'Assemblea avvia l'esame nella seduta odierna, è volto a introdurre misure immediatamente efficaci, di durata temporanea e dirette a sostenere la genitorialità nelle more dell'attuazione della legge 1° aprile 2021 n. 46, recante delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico, attraverso l'assegno unico universale.

Si tratta, quindi, di un provvedimento avente natura transitoria, nell'attesa che si completi la riforma integrata delle misure a sostegno delle famiglie, che si realizzerà compiutamente attraverso l'adozione degli schemi dei decreti legislativi attuativi della predetta legge delega e l'approvazione del disegno di legge di delega sul Family Act, di cui si è già svolta la discussione generale in quest'Aula. Anche in considerazione della temporaneità del provvedimento e del fatto che esso è già efficace, in quanto si applica sin dal 1° luglio scorso, nel corso dell'iter in sede referente presso la Commissione affari sociali, il testo non è stato modificato rispetto a quello trasmesso dal Senato.

Rilevo, peraltro, che l'esame in sede referente si è svolto in un clima collaborativo, di cui ringrazio tutte le forze, di maggioranza e di opposizione.

Da parte dell'opposizione è stato presentato un numero limitato di proposte emendative, che non si è ritenuto di accogliere, in quanto non coerenti con l'impianto complessivo del provvedimento che, come dicevo, ha natura transitoria.

Entrando nel merito del contenuto, rilevo che il decreto-legge in oggetto è composto da 9 articoli e da 1 allegato. Il nucleo centrale è costituito dalle disposizioni recate dagli articoli da 1 a 4, che introducono un assegno temporaneo per il periodo 1° luglio 2021-31 dicembre 2021. Questo assegno temporaneo è in favore dei nuclei familiari che, in ragione dei profili soggettivi dei relativi componenti, non rientrano nell'ambito di applicazione dell'istituto dell'assegno per il nucleo familiare. Ferma restando tale condizione, che costituisce il presupposto necessario di accesso alla misura, l'assegno temporaneo è riconosciuto qualora il richiedente possegga tutti i requisiti di cui all'articolo 1: cittadinanza, residenza e soggiorno, nonché i requisiti relativi alla condizione economica della famiglia attestata dall'indicatore della situazione economica equivalente (il cosiddetto ISEE).

Come si legge nella relazione di accompagnamento al provvedimento in esame, la platea di beneficiari dell'assegno è stimata in circa 1,8 milioni di famiglie, nelle quali sono presenti circa 2,7 milioni di figli minori.

Per quanto concerne la determinazione della misura dell'assegno spettante con riferimento a ciascun figlio minore a carico, in base all'Allegato 1, a cui fa rinvio l'articolo 2, comma 1, del decreto, l'importo mensile varia sia in relazione alla fascia di importo dell'ISEE, sia in relazione al numero di figli minori presenti nel nucleo familiare. Inoltre, in base al comma 2 del medesimo articolo, l'importo mensile è maggiorato di 50 euro per ciascun figlio minore con disabilità riconosciuta ai sensi della normativa vigente. Come si evince dalla relazione illustrativa, il beneficio medio riferibile alla misura per il periodo che va dal 1° luglio al 31 dicembre 2021 è pari a 1.056 euro per nucleo familiare e a 674 euro per figlio. Il beneficio è riconosciuto dall'INPS, ai sensi del comma 3 dell'articolo 2, nel rispetto di un limite massimo complessivo di spesa pari a un miliardo e 580 milioni di euro per il 2021.

I termini e le modalità inerenti alla domanda e all'erogazione sono definiti dai commi 1 e 2 dell'articolo 3. In particolare, la domanda va presentata in modalità telematica all'INPS, ovvero presso gli istituti di patronato. Il beneficio spetta a decorrere dal mese di presentazione della domanda stessa; per le domande presentate entro il 30 settembre 2021 sono corrisposte le mensilità arretrate a partire dal mese di luglio del 2021.

Con una modifica approvata nel corso dell'esame del provvedimento al Senato è stato previsto che la disciplina di cui al comma 2 sulle modalità di erogazione si applichi fino all'adozione da parte dell'INPS delle procedure idonee all'erogazione dell'assegno secondo le modalità di cui al comma 2-bis, inserito anch'esso dal Senato. Quest'ultimo comma prevede che: l'assegno è corrisposto dall'INPS ed è ripartito in pari misura tra i genitori, ad eccezione del caso in cui il nucleo familiare disponga di un solo conto corrente; in assenza dei genitori, l'assegno è corrisposto a chi esercita la responsabilità genitoriale; l'erogazione dell'assegno avviene mediante accredito su conto corrente bancario o postale, ovvero mediante bonifico domiciliato, ferma restando la fattispecie di corresponsione in forma di integrazione della misura del reddito di cittadinanza; in caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, l'assegno spetta, in mancanza di accordi, al genitore affidatario; in caso di affidamento condiviso, l'assegno è ripartito in pari misura tra i genitori, fatto salvo, anche in questo caso, un diverso accordo tra i medesimi.

Il successivo comma 3 specifica che l'assegno in esame non concorre a formare la base imponibile dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. Il comma 1 dell'articolo 4 specifica che l'assegno temporaneo è compatibile, oltre che con il reddito di cittadinanza, con eventuali altre prestazioni in favore dei figli a carico erogate dalle regioni o province autonome o dagli enti locali, nonché, nelle more dell'attuazione della disciplina di delega di cui alla citata legge n. 46 del 2021, con le misure indicate nell'articolo 3, comma 1, di tale legge, ad eccezione del suddetto istituto dell'assegno per il nucleo familiare. Nel caso in cui il nucleo familiare sia percettore del reddito di cittadinanza, l'importo dell'assegno, che è erogato ad integrazione del reddito di cittadinanza, è determinato anche in base ai criteri di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo 4. In sostanza, dall'importo teorico spettante quale somma dei due istituti viene sottratto un importo pari alla quota di reddito di cittadinanza relativa ai figli minori facenti parte del nucleo familiare.

L'articolo 5 dispone in via temporanea per il periodo 1° luglio-31 dicembre 2021 un incremento della misura mensile degli assegni per il nucleo familiare. La misura mensile dell'incremento è pari, per i nuclei familiari fino a due figli, a 37,5 euro per ciascun figlio e, per i nuclei familiari con almeno tre figli, a 55 euro per ciascun figlio. L'articolo 6 dispone, per il 2021, un incremento nella misura di 30 milioni di euro del finanziamento statale per le convenzioni tra l'INPS e i centri di assistenza fiscale, CAF, che dovranno assistere le famiglie, ove necessario, nella richiesta della misura.

Lo stanziamento tiene conto, quindi, dell'esigenza di far fronte all'incremento dei volumi di dichiarazioni sostitutive uniche per il calcolo dell'ISEE connesso con il beneficio di cui al decreto-legge in esame, nonché, più in generale, con il prossimo riordino delle misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale previsto dalla legge delega n. 46 del 2021. L'articolo 7 reca, infine, disposizioni in materia di monitoraggio dei limiti di spesa relativi ai trattamenti di integrazione salariale.

L'articolo 8 concerne la copertura finanziaria.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva.

È iscritto a parlare il deputato Paolin. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PAOLIN (LEGA). Presidente, Ministro Bonetti, colleghi, innanzitutto permettetemi di unirmi alla solidarietà nei confronti del popolo sardo per il dramma che si sta consumando in queste ore; un ringraziamento va ai vigili del fuoco, alla Protezione civile e a tutti i volontari che stanno lavorando per spegnere gli incendi. Tornando al provvedimento, la denatalità è un problema che ha assunto dimensioni tali da richiedere una risposta rapida da parte del Governo, e, come gruppo Lega, siamo convinti che l'azione politica debba essere orientata al contrasto dei fattori che ne hanno determinato l'origine. Il superamento del famoso inverno demografico è una questione di interesse nazionale di prioritaria rilevanza, anche tenuto conto delle gravi conseguenze degli effetti dell'epidemia di COVID sulla natalità.

Per queste ragioni, gli interventi del Governo sono finalmente diretti a sostenere la natalità con un apporto economico a tutte le famiglie; un passo sicuramente importante, ma auspichiamo, per il futuro, che possa essere affiancato dal potenziamento dei servizi all'infanzia, quali asili nido e scuole materne, servizi che darebbero modo ai genitori di affidare con serenità i loro figli a strutture specializzate - nel contempo si creerebbero anche posti di lavoro - e alla riduzione dell'IVA su tutti i beni di prima necessità per i neonati. Non possiamo dimenticare, poi, che il vero incentivo alla natalità sia la riduzione della precarietà lavorativa dei nostri giovani. Oggi parliamo, in realtà, di un provvedimento, la conversione in legge del decreto-legge 8 giugno 2021, n. 79, recante misure urgenti in materia di assegno temporaneo per figli minori, che serve per colmare la fase interlocutoria che va dal 1° luglio al 31 dicembre di quest'anno, con l'introduzione di un assegno temporaneo per le famiglie che non rientrano nell'ambito di applicazione dell'assegno per il nucleo familiare.

Tutto ciò, a fronte della misura - che andremo poi ad approvare - che invece vuole istituire, con delega al Governo, un assegno unico universale, che si andrà a realizzare a partire dal prossimo anno e per quelli a venire. Dal bonus bebè fino all'assegno per il nucleo familiare, l'assegno a regime diventerà dal 2022 lo strumento onnicomprensivo per il sostegno della famiglia con figli, in sostituzione delle misure frammentate ad oggi vigenti.

Nelle more dell'attuazione della legge delega, come detto, il decreto introduce misure immediatamente efficaci, volte a sostenere la genitorialità e, al contempo, si potenziano i vigenti assegni per il nucleo familiare. Si tratta, quindi, di un provvedimento temporaneo, propedeutico a una riforma più complessiva, con tutti i rischi che la parola “temporaneo” comporta in Italia; saremo contrari a ogni tipo di proroga. Già nel provvedimento al nostro esame si vedono, però, i criteri di assegnazione e le risorse messe a disposizione, ed è su questo che vogliamo puntare la nostra attenzione.

Il gruppo della Lega chiede effettiva garanzia che, quando si parla di riordinare e semplificare, ci sia un reale potenziamento delle risorse messe a disposizione e della loro efficacia.

Sull'applicazione del livello ISEE faccio presente che avremmo preferito che non ci fosse stata questa definizione, appunto perché essendo misura che differisce dal sostegno al reddito, avrebbe dovuto essere garantita a tutti, senza distinzione, come attualmente avviene per l'indennità di accompagnamento, che ammonta a circa 520 euro al mese.

Anche in questo caso, lo Stato fornisce pochissimi servizi e uno scarso contributo economico per soggetti mutilati, invalidi o, comunque, non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.

Secondo una ricerca dell'Associazione nazionale famiglie numerose, l'assegno unico non coprirà mai le detrazioni che verranno tolte e il calcolo, in base all'ISEE, va cambiato, perché svantaggia le famiglie con più figli.

L'assegno temporaneo viene corrisposto alle famiglie con figli minori che, in base alla legislazione vigente, come già menzionato, non hanno diritto agli assegni per il nucleo familiare. Viene erogato in funzione del numero dei figli: l'importo base è di 167,5 euro a figlio, erogato per intero se l'ISEE è fino a 7 mila euro; per ISEE oltre i 7 mila euro e fino ai 15 mila euro, è ridotto, in maniera lineare, fino al 50 per cento; per ISEE oltre i 15 mila euro e fino a 40 mila euro, è ridotto, in maniera lineare, fino ad assumere, in corrispondenza ai 40 mila euro, un valore pari a 30 euro mensili per ciascun figlio, nei nuclei con uno o due figli, e di 40 euro mensili per i nuclei con tre o più figli; per ISEE oltre i 40 mila euro e fino ai 50 mila, si mantiene costante un valore pari a 30 euro mensili per ciascun figlio nei nuclei con uno o due figli e 40 euro mensili per i nuclei con tre o più figli.

Con questo meccanismo di calcolo, si potrebbe verificare che per una giovane coppia – entrambi lavoratori con ISEE presumibile da 40 mila a 50 mila euro -, che desiderasse avere figli, in questo caso l'assegno pensato per loro, per incoraggiare la loro genitorialità, ammonterebbe solo a 30, 40 euro al mese: davvero troppo poco per incentivarli in questo senso. Invece, una coppia con ISEE basso o priva di reddito, avendo 5 figli a carico, arriverebbe a percepire 1.089 euro mensili, da sommare poi anche al reddito di cittadinanza; quindi, potrebbe verificarsi la possibilità che il sussidio garantito dallo Stato sia superiore allo stipendio medio garantito da un'impresa.

Ci auguriamo, quindi, che le risorse che verranno stanziate successivamente, a partire dal prossimo anno, siano potenziate e rappresentino un effettivo aiuto, e non solo un apprezzabile tentativo di affrontare i temi della denatalità, dell'aiuto alle famiglie, del carico fiscale e dei costi che sopportano coloro che hanno famiglie numerose. Le famiglie italiane si trovano in una grave crisi e questo merita certamente la nostra maggiore attenzione rispetto anche ad altre problematiche tanto di moda. Il nostro impegno deve essere finalizzato a combattere la denatalità e a sostenere la famiglia, l'istituzione che svolge un ruolo fondamentale nella nostra società.

Concludo, Presidente, riaffermando che serve una politica coraggiosa per fornire la famiglia di servizi e sostegno; serve capire finalmente che le politiche familiari non sono politiche di spesa, ma politiche di investimento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Ministro Bonetti, abbiamo seguito con molta attenzione la conversione di questo decreto-legge; effettivamente è la conversione che serve a dare un riempimento rispetto ad un fallimento che questo Governo ha dimostrato. Si era impegnato, a gran voce, a proporre un assegno unico a partire dal 1° luglio. Non possiamo che partire da questa osservazione, dal fatto che l'assegno unico universale dal 1° luglio 2021 non partirà e non partirà rispetto alle promesse che erano state fatte.

Noi, come Fratelli d'Italia, abbiamo sempre sostenuto le iniziative che sono arrivate in Parlamento, alla Camera e al Senato, tutte a difesa e tutela delle famiglie e della natalità. In tanti momenti, l'abbiamo dimostrato con i fatti. La stessa relatrice Noja, prima, riconosceva quanto l'opposizione, anche in questa fase di conversione di un decreto che sancisce un'incapacità del Governo, abbia voluto dare il proprio contributo, proponendo emendamenti in un numero tale che potessero vedere la possibilità di essere accolti, scongiurando, in tutti i modi possibili, l'idea che si volesse fare ostruzionismo fine a se stesso.

L'abbiamo dimostrato, come dicevo poc'anzi, sia nel passaggio al Senato, in prima lettura, che nel passaggio alla Camera: il nostro obiettivo, come sempre, era ed è di contribuire a far sì che il diritto delle mamme e dei papà, in Italia, a fare un figlio, sia un diritto riconosciuto, che vede lo Stato vicino e presente. Per questo, abbiamo presentato un numero definito e preciso di emendamenti in cui ciascuno è stato pesato e valutato per importanza e per necessaria utilità, per far sì che anche questo assegno temporaneo potesse essere migliore di come, invece, arriverà in quest'Aula.

La nostra genuina intenzione di sostenere la natalità come fatto primario e prioritario è stata quella che ci ha mosso sin dall'inizio, come Fratelli d'Italia. Anche il nostro premier, Giorgia Meloni, aveva inserito al primo punto la questione della natalità e aveva detto, sin dal momento in cui ci siamo presentati agli italiani, che per noi sarebbe stato atto prioritario.

Sappiamo tutti - l'abbiamo ripetuto tante volte - come la questione natalità in Italia sia drammatica: registriamo ogni anno una diminuzione dei nati e un aumento dei morti; quindi, è un'equazione negativa rispetto al numero di residenti in Italia che vede sempre più una diminuzione. Uno stato drammatico della natalità, che fa sì che, oltre a questo sbilanciamento drammatico tra nati e morti, dobbiamo occuparci, in maniera prioritaria, di un'emergenza che preoccupa noi tutti. Siamo ai minimi storici rispetto all'Unità d'Italia e anche rispetto al secondo dopoguerra.

È per questo che abbiamo cercato di dare il nostro contributo sul punto. Non ci interessava e non ci è mai interessata una contrapposizione ideologica o una strumentalizzazione che poteva avvenire all'interno di questo argomento, cioè della natalità e della famiglia, ma ci interessava cercare di comprendere come l'Italia potesse migliorare e può migliorare il suo tasso di natalità, cioè la possibilità di ogni figlio di nascere e di avere per ciascuna mamma un numero maggiore di figli rispetto a quello attuale, 1,27.

Abbiamo genuinamente guardato le altre Nazioni europee per comprendere ciò che si faceva in altri luoghi e in altri contesti. La Francia, in questo, è un esempio, e, quindi, abbiamo cercato di capire come i francesi riuscissero a sostenere la natalità. Ci saremmo augurati che, su questo terreno, in particolar modo la sinistra, il PD, che spesso volge lo sguardo alla Francia come ad un modello da seguire, l'avesse fatto, anche in questo caso che vedeva e vede maggioranza e opposizioni unite per un unico fine: quello di promuovere la famiglia e la natalità. Ma, purtroppo, così non è stato e vengo al punto. Così non è nell'assegno unico temporaneo.

Nei lavori di Commissione ve lo abbiamo sottolineato nel merito, per ciascun punto. Questo è un fallimento del Governo che va detto e che quindi rappresentato, non soltanto perché il 1° luglio non abbiamo l'assegno unico universale; quindi non è soltanto una questione di data - che comunque non è poco - perché abbiamo una temporaneità che va dal 1° luglio fino al 31 dicembre. Non sappiamo, poi, che cosa accadrà, o meglio siamo preoccupati di cosa accadrà se lo stesso approccio utilizzato per l'assegno unico temporaneo sarà quello che muoverà il Governo e le forze di maggioranza nella definizione di un assegno unico universale. Perché siamo preoccupati? Entro nel merito e quindi spiego da cosa è mossa la nostra motivazione. Prima di tutto, siamo preoccupati, come abbiamo sempre detto, perché utilizzare come parametro per andare a definire la quantificazione dell'assegno unico l'ISEE è un modo iniquo di operare; l'ISEE è una misura iniqua per andare a quantificare l'indice economico equivalente delle famiglie, cioè la situazione economica delle famiglie. Ciò viene detto non soltanto da Fratelli d'Italia ma da tutte le realtà di rappresentanza del mondo delle famiglie, dell'associazionismo, degli operatori del settore. È uno strumento che è stato riformato più volte a fronte della sua iniquità: fa diventare benestante chi benestante non è e fa diventare povero e nullatenente chi, in realtà, non è nullatenente e povero, ma soltanto evade spesso la tassazione. E' uno strumento iniquo nella misura in cui fa riferimento al reddito lordo e individuale e non al reddito familiare, e neanche al reddito netto; è iniquo perché tratta la proprietà privata della prima casa come se fosse un lusso (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e quindi la calcola con una franchigia troppo bassa, pari a poco più di 50 mila euro. Tutti sappiamo quanto costa una casa di 70 metri quadri a Roma o anche in altre città: almeno quattro volte tanto, e non parlo di una reggia ma di una casa di 70-80 metri quadrati.

Allora, se si vuole fare una riforma dei sistemi di supporto della famiglia e della natalità, non si può continuare ad utilizzare uno strumento che ha fallito e fallisce continuamente, perché l'ambiziosa riforma fallisce in premessa con questa introduzione.

Anche in questo caso, la critica che abbiamo sollevato sui vari punti, entrando nel merito, come ho tentato di fare, non è stata lasciata sola: abbiamo unito a quella critica alcune proposte - perché crediamo che questo sia anche il ruolo dell'opposizione - su come andare ad individuare una modalità maggiormente giusta, efficace, efficiente.

Vi abbiamo chiesto di far riferimento al reddito netto, al reddito familiare, di considerare la famiglia come un valore, come un soggetto economico che debba essere riconosciuto nella sua complessità. Invece, siamo rimasti basiti perché avete impiegato tempo a scrivere dieci pagine per l'individuazione delle soglie e la determinazione dei corrispettivi ogni 100 euro. Dal riferimento alle famiglie fino a 7 mila euro di ISEE a quello fino a 50 mila euro di ISEE, avete scritto e compilato dieci pagine per andare ad individuare non semplici scaglioni - poi dirò nel punto perché sarebbe stato più sensato - ma scaglioni fatti da 100 euro ciascuno, fino all'ultimo centesimo. Non c'è niente di razionale in tutto questo; non è un percorso di efficientamento, bensì un percorso di spreco, certamente di pagine ma anche di energie, che di certo non serve alla famiglia; non serve ai genitori questo tipo di energie. Certo che bisognava fare degli scaglioni, ma scaglioni più sensati, che arrivassero fino a 10 mila euro, ossia tutti coloro i quali hanno un reddito fino a 10 mila (per esempio, chi ha un reddito tra i 10 mila e i 30 mila, chi ha un reddito tra i 30 mila e i 50 mila).

E poi, oso dire una cosa che rimane sempre inascoltata: occorre prendere in considerazione chi ha anche un reddito maggiore di 50 mila, perché se parliamo di assegno universale, allora universale deve essere, altrimenti lo dovreste chiamare in altro modo. Chiamatelo assegno per alcuni ma non per tutti, perché le parole hanno un peso e anche in questo modo si prende in giro la gente: gli italiani! Non è un assegno universale perché non è un assegno per tutti. La progressività è pure giusto che venga sostenuta, perché chi ha meno soldi deve essere aiutato un po' di più, mentre chi ha più soldi deve essere aiutato un po' di meno, ma tutti dovrebbero essere aiutati; tutti i genitori dovrebbero essere aiutati, perché i figli sono un patrimonio della Nazione oltre che di chi li concepisce. Quindi, certamente, scaglioni più ampi e se un soggetto in un determinato anno realizza straordinari e guadagna un po' di più, non è che si deve vedere tolta una serie di economie, perché quel “po' di più” non sarà mai sufficiente a raggiungere quello stato di superiore benessere; servirà soltanto a cercare di dare un po' di più ai propri figli, quindi non ha senso ciò che è stato fatto rispetto alla tabella di individuazione delle economie, per poi attribuire l'assegno unico temporaneo parziale.

Oltre questo, nel merito della quantificazione economica, per chi arriva fino a 50 mila euro di ISEE, sono previsti 30 euro, fino a due figli. Parliamo, quindi, di una misura economica per la quale le famiglie che hanno fino a 50 mila euro di ISEE si vedranno bonificare sui propri conti 30 euro, mentre per le famiglie che hanno fino a 7 mila euro di ISEE, 167,5 euro. È, quindi, una quantificazione economica ben lontana dai 250 euro di cui aveva parlato il Premier Draghi proprio in quest'Aula in occasione del suo insediamento: anche qui, un'altra promessa tradita nei fatti, nel punto, nella quantificazione economica e in quei numeri che spesso ci aiutano perché non tradiscono, essendo oggettivi e non essendo interpretabili.

A parte l'ISEE, l'universalità, l'assegno temporaneo - diciamolo - non è neanche per tutti, nel senso che è temporaneo e riguarda soltanto coloro i quali non godevano dell'assegno familiare. Quindi, chi gode dell'assegno familiare fino al 31 dicembre rimarrà così com'è, con gioie e dolori.

Chi, invece, vi era escluso, da oggi, avrà riconosciuto qualcosa di questo. Certo, meglio di niente, ma anche qui non parliamo di riforma rivoluzionaria, che ha voluto cambiare la vita e l'esistenza, ma di un compromesso, sempre e comunque al ribasso. Ma la cosa interessante è che è un compromesso al ribasso per alcuni e non per tutti, perché qui passa la cultura del fatto che ci sono degli uguali più uguali degli altri. Anche qui, quindi, c'è un fare che preoccupa, un fare che allarma, perché, se si deve fare una misura che è temporanea, che cerca di dare una risposta a fronte dell'incapacità del Governo di attuarla tempestivamente, come aveva pronunciato proprio nella fase del suo insediamento, almeno che sia una misura, per quelli che la vedono nella propria vita, uguale per tutti. E, invece, non è così: ci sono i figli degli eletti e, invece, i figli degli ultimi; ci stanno i figli di serie A e i figli di serie B; ci sono le famiglie di serie A e le famiglie di serie B. E anche qui entro nel punto e lo spiego, perché non è una considerazione fuori dalla previsione della conversione di questo decreto-legge, ma riguarda proprio le previsioni che sono state inserite nel decreto-legge e, in particolare, per coloro i quali si vedono riconosciuto il reddito di cittadinanza, posto il fatto che il reddito di cittadinanza è un fallimento acclarato, che è una misura unicamente di contrasto alla povertà, ma che non ha nulla a che vedere con la possibilità di avviare al lavoro e all'autodeterminazione in maniera impattante e proporzionale ai miliardi che sono stati destinati a questa misura, posto il fatto che questa misura dà anche economie a mafiosi, ex camorristi e a persone che sono state segnate dal loro comportamento, non soltanto iniquo, ma colpevole, rispetto ad aver cagionato sofferenza e financo morte ad altri. Quindi, questo è il reddito di cittadinanza e, quindi, in questo il suo fallimento a 360 gradi, sia per l'obiettivo che si era prefisso sia per la popolazione immeritevole che poi ne ha visto il riconoscimento. Detto questo, anche qui, nell'assegno unico temporaneo, vediamo che chi ha il reddito di cittadinanza è un figlio degli eletti che deve essere premiato e deve essere riconosciuto di più. E come? Prima di tutto, la conversione del decreto-legge sancisce che viene corrisposto d'ufficio. Gli altri devono fare la domanda, chi non ha il reddito di cittadinanza deve fare la domanda; deve fare la domanda andando a reperire l'ISEE, presentandolo, cercando di capire, cercando di muoversi, ovviamente nel mare magnum di una misura che è nuova e, quindi, è piena di incertezze. Quindi, gli altri si devono attivare e, in questo, avranno anche ostacoli e difficoltà. Ostacoli e difficoltà, che vengono aggravati dal fatto che, se non si presenta la domanda entro il 30 settembre, non si percepiscono gli arretrati dal 1° luglio. Quindi, doppiamente puniti: devono fare la domanda e, se non la fanno entro il 30 settembre, non prendono nemmeno gli arretrati! Ma io dico: ma voi vi ci siete messi a pensare in maniera diabolica a come rendere difficile la vita agli italiani che non prendono il reddito di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Perché è questo che mi preoccupa, c'è quasi un pensiero malvagio e discriminatorio. Se quella famiglia e quei genitori hanno diritto all'assegno unico temporaneo, allora che gli venga dato, indipendentemente da quando presentano la domanda! La presentano il 1° dicembre? Comunque, gli vengono dati tutti i soldi, come fra l'altro vengono dati automaticamente anche a chi prende il reddito di cittadinanza! Non è tollerabile!

Il limite del 30 settembre, fra l'altro, presenta un problema. Noi ne stiamo discutendo oggi, che è il 26 luglio, e ci approssimiamo ad agosto, che è una fase, insomma, un po' di stravolgimento della vita routinaria delle famiglie: le vacanze, si cerca di andare in vacanza. Vediamo se si riuscirà ad andare in vacanza, fra l'altro, in periodo di pandemia è ancora tutto più difficile: green pass “sì”, green pass “no”, ci posso andare, dove posso andare, quando mi faccio la seconda vaccinazione, riuscirò a farla… Le famiglie già stanno vivendo una difficoltà immensa rispetto a mesi difficilissimi, rispetto all'assenza della scuola, all'assenza dei servizi sociali, all'assenza comunque di uno Stato capace di riempire quei vuoti in termini di servizi di cura. Allora, rispetto a questo e a quello che stanno vivendo le famiglie - quindi una grande confusione, e adesso ci si mette pure il green pass e, quindi, la confusione aumenta -, dovranno anche muoversi rispetto a fare la domanda, quelli che non hanno il reddito di cittadinanza. Quindi, agosto sarà complicato. Settembre, avvio delle scuole; sarà complicatissimo, anche perché ancora non si capisce come voi volete riaprire le scuole, senza aver posto rimedio già agli sbagli fatti in passato. È di queste settimane la notizia che avete rispeso miliardi di euro per comprare di nuovo i banchi a rotelle. I banchi a rotelle, sei mesi fa, ce li hanno fatti vedere nelle scuole dentro gli sgabuzzini, perché non erano stati utilizzati, in quanto inutili e, a volte, anche non della misura possibile, ma solo per far stare gli studenti ammucchiati; sono stati sprecati miliardi, oltre al fatto che - ve l'abbiamo detto sempre -, se uno deve mantenere fisse le distanze, non ha senso avere il banco a rotelle, che invece ti aiuta a muoverti a destra e a sinistra. Non ha senso. Anche lì, davvero si rimane basiti: uno vi vorrebbe aiutare, ma a volte è impossibile aiutarvi.

Quindi, posto il fatto che ancora non avete aumentato gli spazi nelle scuole, attraverso gli accordi con le scuole paritarie private, ancora non li avete aumentati pensando a delle tensostrutture, ancora non avete dotato di sistemi di areazione, ancora non vi siete occupati del trasporto e di migliorare quindi la vivibilità nei mezzi pubblici, posto questo, a settembre, ovviamente, le famiglie non sapranno nemmeno come potranno, e se potranno, ritornare a scuola. Infatti, voi parlate solo e unicamente di vaccini, poi non esiste nient'altro. Vi ricordo sommessamente che il corpo docente si è vaccinato all'85 per cento, e sarebbe interessante che ve lo ricordaste. Quindi, oltre a parlare di vaccini, c'è molto altro di cui parlare, se si vogliono preparare le scuole. Ma, posto questo, le famiglie vivono in questa confusione e difficoltà; arriveranno a settembre vivendo la difficoltà, e voi avete posto come limite il 30 settembre, proprio, per far sì di rendergli impossibile, se lo supereranno, di ricevere gli arretrati dell'assegno unico temporaneo. Ditelo in premessa: in realtà, volete cercare di risparmiare il più possibile sulla pelle di quei genitori che non prendono il reddito di cittadinanza. Perché è chiaro, è lapalissiano. Quella data la dovevate togliere: chi fa domanda - come avete scritto - prende gli arretrati, punto; anche perché già glielo avete reso più difficile, a quelli che non hanno il reddito di cittadinanza, perché comunque la domanda la dovranno fare; mentre chi ha il reddito di cittadinanza, comodamente, ce l'avrà automaticamente accreditato sulle proprie disponibilità.

E tra quelli che hanno il reddito di cittadinanza, ovviamente, continueranno a esserci mafiosi, camorristi, terroristi e anche tutte quelle persone che si è dimostrato che percepiscono il reddito di cittadinanza o anche quelle che l'hanno percepito senza averne i requisiti, a fronte di mancati controlli. Quindi, questa conversione in legge, che ci vede oggi avviare i lavori in Aula con la discussione sulle linee generali, ci dimostra come il provvedimento, che voi state facendo arrivare in seconda lettura alla Camera, è un provvedimento iniquo, che discrimina e che non è capace di sostenere effettivamente le famiglie e la natalità. A questo si aggiunge anche il fatto che non c'è limite per chi prende il reddito di cittadinanza, cioè c'è la compatibilità tra l'assegno unico temporaneo e il reddito di cittadinanza. Noi, in un nostro emendamento, vi avevamo proposto di mettere una soglia, una soglia limite, perché anche qui quello che vedremo è che chi ha il reddito di cittadinanza potrà superare anche quanto percepito da una persona che oggi lavora, magari un impiegato o un universitario che prende 19.000 euro in un anno. Anche questo non è il modo di introdurre una misura equa, anche perché il reddito di cittadinanza dovrebbe essere temporaneo; addirittura, i lavori di pubblica utilità, durante la pandemia, li avete sospesi e avete riconosciuto il reddito di cittadinanza a prescindere, come se non ci fosse stata necessità, invece, di lavori di pubblica utilità.

Rispetto, poi, a un'altra questione, vi abbiamo sollevato la non previsione di una convivenza dei figli residenti in Italia. Cioè, nel testo - e questo vi è stato anche sollevato dal Comitato per la legislazione - manca la previsione dei minori conviventi. In questo, quindi, la norma è poco chiara e fa sì che l'assegno unico possa essere anche riconosciuto a persone che, sì, risiedono in Italia ma che magari hanno i figli in un'altra Nazione. Ad aggravare questa previsione, che avete introdotto, c'è anche il fatto che la residenza non deve essere continuativa per 2 anni, ma può anche essere di 2 anni non continuativi, il che significa che l'assegno unico verrà riconosciuto a chi non vive stabilmente in Italia e anche a chi magari non ha i figli residenti in Italia.

Allora, io ho cercato di argomentare le ragioni della nostra preoccupazione. Ovviamente, non ci fermeremo. Sappiamo che è in seconda lettura, ma saremo qui, nei nostri lavori alla Camera, a ribadire le nostre proposte, a riproporre i nostri emendamenti e a difenderli, uno per uno. Magari voi non cambierete idea e magari andrete dritti come un treno ma non rinunceremo a questo perché non ne va soltanto di questo provvedimento ma ne va anche di quello futuro, perché la nostra preoccupazione è che i vostri sbagli vengano reiterati costantemente e che, quindi, questa sarà una soltanto delle ennesime dimostrazioni del fallimento, dell'iniquità e della discriminazione…

PRESIDENTE. Grazie.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). …e, come ci avete dimostrato, potrebbero essere riproposte anche successivamente (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bagnasco. Ne ha facoltà.

ROBERTO BAGNASCO (FI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, colleghi di maggioranza e di opposizione, siamo pochi ma non per questo il provvedimento è poco importante; anzi, probabilmente in questo caso è proprio inversamente proporzionale, almeno per quanto riguarda l'interesse che dà Forza Italia a questo provvedimento, rispetto al numero dei colleghi che questa mattina sono presenti in Aula. Il provvedimento che l'Assemblea si trova a discutere - vorrei ricordarlo, anche se lo hanno fatto precedentemente tutti gli intervenuti - è un provvedimento a carattere provvisorio; quindi nessuno si è mai permesso, neanche lontanamente, di chiamarla “norma rivoluzionaria”. Non abbiamo avuto questa pretesa e non l'abbiamo, perché sarebbe veramente poco serio. Sappiamo che questo è un provvedimento di passaggio ma non per questo evidentemente meno importante, perché in questi mesi essersi trovati senza questo tipo di iniziativa avrebbe portato a molte famiglie e a molte persone delle problematiche estremamente gravi. Quindi, credo che il tentativo che abbiamo fatto, mi sembra anche riuscendoci in maniera piuttosto puntuale e attenta, sia un tentativo che abbia meritato il successo che ha avuto e, quindi, ci presentiamo in Aula convinti di poter dare un contributo a tematiche estremamente importanti per tutti e, se mi consentite, in particolare per Forza Italia, che del problema della famiglia e della natalità ha fatto sempre e farà sempre un punto centrale della sua azione politica.

Il provvedimento che l'Aula si trova a discutere è l'ultimo atteso tassello, seppure - ripeto - di durata temporanea, ossia fino a dicembre 2021, di un pacchetto più ampio di misure decisive e attese da troppo tempo per favorire la genitorialità e per il sostegno diretto alle famiglie con figli. Dopo la recente importante legge delega n. 46 dell'aprile scorso, nata da un'iniziativa parlamentare che ha istituito l'assegno unico per i figli e che dovrà vedere la sua piena realizzazione con l'approvazione dei prossimi decreti attuativi, nei prossimi giorni quest'Aula si troverà ad approvare anche il cosiddetto Family Act, presentato al Parlamento dalla Ministra Bonetti con il Governo “Conte 2”, un'ulteriore legge delega con la quale si affiancano al sostegno diretto monetario, previsto dalla legge n. 46, un ulteriore ventaglio di iniziative normative finalizzate al potenziamento delle misure di sostegno all'educazione dei figli e altre norme per il riordino della disciplina relativa al congedo parentale, all'incentivazione del lavoro femminile e all'armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro.

Questo decreto è stato fortemente voluto da questo Governo - vogliamo darne atto sinceramente - per far partire immediatamente un sostegno economico per i figli a carico per quei lavoratori autonomi disoccupati che oggi non hanno accesso agli assegni familiari, senza dover attendere i decreti delegati che, nei prossimi mesi, dovranno attuare quanto previsto dalla legge n. 46 e, quindi, varare finalmente il più ampio assegno unico universale. Il Governo ha deciso, quindi, di utilizzare nel frattempo lo strumento del decreto-legge proprio per dare immediate - ripeto, immediate - risposte concrete per riattivare la fiducia delle famiglie dopo l'emergenza sanitaria.

Penso che questo sia un fatto importante. Ho ascoltato prima la collega di Fratelli d'Italia, che ha detto cose sicuramente interessanti, cose frutto anche di profonde conoscenze, di cui noi evidentemente le diamo atto, ma io credo che sia altrettanto importante, in questo caso, l'iniziativa che le forze di maggioranza hanno preso per dare delle risposte concrete, puntuali e soprattutto molto veloci a una situazione che in tanti casi, purtroppo, è assolutamente drammatica. Ricordo, infatti, che la legge delega n. 46, entrata in vigore il 21 aprile 2021, avrebbe impedito, visti i tempi troppo ristretti, di poter approvare entro il 1° luglio i provvedimenti attuativi che finalmente consentiranno di poter erogare alle famiglie italiane, a tante famiglie italiane, l'assegno unico e universale per i figli a carico. È una misura che da troppi anni le famiglie con i figli stanno aspettando e che Forza Italia - ripeto, Forza Italia - ha richiesto da sempre.

Voglio ricordare che nel nostro Paese il numero medio di figli per ogni donna è crollato molto sotto la soglia di 2 - che è il livello, come facilmente comprensibile, di equilibrio tra generazioni - ed è stato finora tra i Paesi meno virtuosi rispetto alle politiche familiari e di investimento sulle nuove generazioni. Questo ha certamente contribuito a farci detenere il record negativo in termini di natalità; le parla un parlamentare che, tra l'altro, viene da una regione che sente particolarmente questo tema, la regione più vecchia d'Italia e, quindi, sicuramente siamo tra i più vecchi d'Europa e del mondo, un fatto estremamente negativo.

Gli effetti di un così basso tasso di natalità sono economicamente e socialmente pericolosi e ciò risulta tanto più grave se si considera che, negli ultimi 10-15 anni, i giovani hanno sempre più posticipato la decisione di sposarsi e di avere figli. In Italia, nell'ambito delle politiche del welfare, la spesa per la famiglia è la voce meno consistente ed è la più bassa, se confrontata con il resto dei Paesi europei. Questi sono dati, purtroppo, molto, molto negativi, che il Ministro sicuramente conosce molto meglio di noi e sui quali, comunque, dovremo lavorare con grande intensità nei prossimi mesi. I numeri ormai ci confermano che l'incidenza del rischio di povertà cresce all'aumentare dei figli minori presenti in famiglia. Con questo decreto-legge, così come con il Family Act, in via di approvazione alla Camera, e con la legge n. 46 del 2021, che ha istituito l'assegno unico per i figli, per la prima volta ci troviamo di fronte ad un insieme sufficientemente coordinato di norme - dico sufficientemente, perché non è certamente l'ottimale che avremmo voluto e che avrebbero voluto tante altre forze politiche - che consente di tornare a ragionare, finalmente, di famiglia. Quanto tempo è che non si ragionava di questi temi? Questo è già un fatto molto importante in un'ottica di investimento sul futuro, che genera un nuovo processo virtuoso per la natalità e la crescita economico-sociale del Paese.

Per quanto riguarda il nostro decreto, che introduce l'assegno temporaneo per i figli minori, abbiamo deciso - come le altre forze politiche, devo dire - di non presentare emendamenti, né in Commissione né ora, in Aula, proprio per accelerare - ripeto, per accelerare - la sua approvazione definitiva e questo anche se alcune cose le consideravamo e le consideriamo assolutamente migliorabili. Per esempio, ritengo che sarebbe stato assolutamente necessario prevedere quanto prima, vista la durata temporanea dell'assegno, una efficace e capillare campagna di informazione alle famiglie con i figli minori, per metterle a conoscenza di questo importante aiuto economico. Sembrerà incredibile, ma molto spesso succede anche che persone che avrebbero diritto ad avere aiuti e sussidi non ne usufruiscano per non conoscenza di questa possibilità. Sembra un fatto strano ma è un fatto assolutamente concreto. Il rischio più che concreto è, infatti, che molti dei potenziali beneficiari dell'assegno non sappiano di questa grande opportunità. L'esperienza ci dice che, troppo spesso, importanti misure di sostegno non trovano piena applicazione a causa di una assente o inadeguata informazione e pubblicità.

Così come, forse, bisognava fare una riflessione sulle possibilità per le soglie di ISEE, di considerare, per il calcolo della situazione reddituale e patrimoniale, esclusivamente il reddito netto realmente percepito da ogni singolo componente del nucleo familiare. Questo è un fatto importante, evidentemente.

Infine, con uno sforzo ulteriore, penso che forse si sarebbe riusciti a prevedere un assegno più elevato; ci speravamo, ci abbiamo sperato tutti. La speranza è l'ultima a morire e, soprattutto, la volontà di arrivare a questo assegno più elevato è una volontà che spero non contraddistingua solamente Forza Italia ma tutte le forze che oggi appoggiano questo Governo.

Al netto di questo, noi sosteniamo convintamente questo decreto - ripeto, sosteniamo convintamente questo decreto - che permette di erogare, a poco meno di 2 milioni di famiglie e, quindi, a circa 2,7 milioni di figli minori, un assegno temporaneo, in attesa che vengano approvati i decreti delegati previsti dalla legge n. 46 del 2021, che ha istituito l'assegno universale per i figli a carico, proprio per poter dare immediatamente un importante sostegno economico alle famiglie. La misura ha l'obiettivo di sostenere la genitorialità e favorire la natalità ed è rivolta prevalentemente ai genitori con i figli minori a carico e ISEE fino a 50 mila euro, che non hanno diritto all'assegno per il nucleo familiare. Grazie a questo decreto, questi genitori riceveranno un assegno per figlio, abbiamo detto, fino a 167 euro e con una maggiorazione dal terzo figlio o per ciascun figlio, purtroppo, disabile. La platea dei beneficiari sono lavoratori autonomi, disoccupati, titolari di pensione da lavoro autonomo e altri nuclei familiari che attualmente non percepiscono l'assegno per il nucleo familiare. Insomma, una misura transitoria dal 1° luglio al 31 dicembre 2021, destinata alle persone che non hanno diritto all'assegno per il nucleo familiare e rispondono a determinati requisiti, che si traduce in un sostegno economico per ogni figlio minore di 18 anni, inclusi i figli minori adottati o, evidentemente, in affido.

È importante aver previsto che l'assegno non concorre a formare la base imponibile ai fini del calcolo IRPEF: anche questo penso che sia un fatto da far rilevare con un certo interesse e, sicuramente, con soddisfazione. Accanto a questo, si prevede, comunque, seppure in via temporanea, un incremento della misura mensile degli assegni per il nucleo familiare.

Insomma, ci troviamo di fronte ad un provvedimento importante, forse migliorabile, ma che, comunque, colma un vuoto temporale, in attesa della piena entrata in vigore dell'assegno universale; anche per questo è fortemente atteso e sarà di supporto a tante famiglie italiane. Buon lavoro, signor Ministro, perché ne abbiamo bisogno tutti.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lattanzio. Ne ha facoltà.

PAOLO LATTANZIO (PD). Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, Ministra Bonetti, lasciatemi iniziare con una, spero simpatica, provocazione perché, fra le tante cose che abbiamo sentito in quest'Aula, si è detto che parliamo soltanto di vaccini. Dopo un weekend come questo, mi vien da dire che l'attività di sensibilizzazione e la campagna vaccinale hanno avuto il loro effetto, se anche dei leader che strizzavano un po' l'occhio ai no-vax, si sono vaccinati. Quindi, questo è un buon punto di partenza.

È stato raccontato di tutto, dall'antimafia, ai banchi a rotelle, qualunque tema. Io farò uno sforzo un po', come dire, laterale rispetto a questo, provando a fare due operazioni. La prima è quella di mettere insieme i punti di un percorso che, sul finire della precedente esperienza di Governo, anzi nell'intera esperienza del Governo precedente, del “Conte 2”, e con l'attuale Governo, ha avuto l'obiettivo di rimettere l'infanzia al centro della politica italiana. Questo è il primo punto. Il secondo aspetto, altrettanto importante, che sento di dover condividere all'interno di questa discussione generale, è che il lavoro fatto dalla Ministra Bonetti, nel precedente e nell'attuale Governo, e dalle forze di maggioranza che, in molte occasioni, l'hanno appoggiata è un lavoro non soltanto per la famiglia ma è un lavoro anche più raffinato, che guarda alla centralità dei bambini e delle bambine, che è ben altro che guardare soltanto ad un impegno, che pure c'è ed è familiare.

Il X Atlante dell'infanzia (a rischio) di Save the Children Italia, che è stato consegnato pochi mesi fa, quindi fotografa già la pandemia ancora in corso, ha un titolo evocativo: Il tempo dei bambini. Effettivamente - anche se io non sono uno facile agli entusiasmi su questo tema, perché credo si possa e si debba fare sempre di più per l'infanzia a rischio, ma non solo - questo sembra essere un periodo storico nel quale, finalmente, sui bambini e sulle bambine si inizia a prestare un po' più di attenzione e, soprattutto, al di là delle parole, si iniziano a stanziare dei fondi, come è avvenuto con il “Conte 2” e con l'attuale Governo Draghi.

Credo sia, quindi, un momento importante, politicamente, che si aggiunge ad una sana cooperazione su questo tema, che va avanti da tempo fra Governo e Parlamento; una cooperazione che ha visto il lavoro congiunto al Family Act, l'approvazione all'unanimità della mozione proposta dal sottoscritto - quindi dal Partito Democratico - sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, l'inserimento di un capitolo “infanzia” nei PNRR consegnato a Bruxelles, il contributo costante di stimolo e di pungolo dell'Intergruppo infanzia, il lavoro costante della Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza, quando non prende alcune deviazioni un po' medievali ed ideologiche su altri temi. Tutto questo per dire che l'assegno unico, che a noi deve interessare nella sua complessità come intervento, costituisce, sulla base del principio universalistico, un beneficio economico attribuito in maniera progressiva a tutti i nuclei familiari che abbiano dei figli a carico, al fine di favorire la natalità, di sostenere la genitorialità, di promuovere l'occupazione, con un'attenzione particolare a quella femminile. Questa è la complessità degli interventi - più di uno - ai quali il Governo sta lavorando e ha lavorato.

Questo è un passaggio decisivo perché investire sull'infanzia e progettare politiche innovative per l'infanzia significa produrre dei benefici e del benessere che hanno valore e ricadono su tutta la cittadinanza: per i giovani - in uno dei Paesi non solo più anziani ma più attaccati al potere anziano, e non solo in politica - che possono finalmente contare su un sostegno quando decidono di mettere al mondo i propri figli; per i genitori, soprattutto coloro che si trovano in situazioni socioeconomiche più difficili e che hanno così la possibilità di accedere a risorse aggiuntive per provvedere al benessere dei propri figli e alla costruzione, per loro, di adeguate opportunità che non li lascino indietro; per le donne, che grazie all'assegno hanno maggiori opportunità di poter lavorare senza venir tagliate fuori per lo svolgimento esclusivo dei compiti di cura, che portano troppo spesso ad assimilare gravidanza ed esclusione dal mondo del lavoro; con benefici, però, diretti anche - e qui parlo in prima persona - per gli uomini e per i padri, che vedono migliorare la loro possibilità di approccio alla paternità e alla cura, che è responsabilità - quella sì - collettiva.

L'assegno temporaneo in esame è disposto anche con riferimento ai minori a carico, adottati o in affido preadottivo, anche se sugli aspetti più tecnici vado molto veloce in quanto la collega Noja ha già illustrato ampiamente i vari aspetti. L'assegno, inoltre, contribuisce a dare un po' di ossigeno a circa un milione e 200 mila bambini in povertà assoluta. Questo è un dato che, oltre ad indignarci - perché l'indignazione, si sa, ha durata limitata e prevede un'azione molte volte ridotta - deve costituire un monito costante ad avere l'infanzia al centro delle politiche, a mettere sempre l'infanzia al centro delle azioni politiche del Governo, come con il collega Paolo Siani e con l'Intergruppo stiamo provando a fare, sensibilizzando tutti affinché gli interventi sull'infanzia, anche con la collaborazione e l'interlocuzione preziosa con la Ministra, non siano interesse specifico della sola Commissione affari sociali o della sola Commissione cultura, ma siano una lente attraverso la quale leggere in maniera civile, moderna e innovativa il Paese e le politiche per il Paese.

Per questo, con una proposta di legge, abbiamo anche chiesto che il ruolo dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza venga non solo potenziato, ma abbia voce in capitolo nei momenti di elaborazione del DEF e della legge di bilancio, come avviene già in altri Paesi anglosassoni, affinché si possa verificare che quelle politiche decantate sull'infanzia trovino, poi, un punto di messa a terra negli interventi specifici che vengono realizzati dai vari Governi.

L'assegno unico servirà - è stato già detto - anche a contrastare la denatalità. Il numero di figli per donna in età fertile, come ci ricorda il presidente della Società italiana di neonatologia, il dottor Fabio Mosca, è fermo sotto l'1,4. Siamo non solo fanalino di coda in Europa, ma, secondo le previsioni Eurostat, nel 2050 nasceranno appena 375 mila bambini in Italia. Questo vuol dire che stiamo ridisegnando l'idea stessa di famiglia: tre quinti dei bambini non avrà fratelli, cugini, né zii, ma solo genitori, nonni e bisnonni; è una trasformazione tutta verticale nel rapporto fra generazioni, come citato anche dal collega di Forza Italia poco fa.

Sappiamo bene che non servono misure spot, ma occorrono investimenti stabili e certi, ed è necessario aiutare le famiglie in modo costante e sicuro; per questo ho voluto citare nuovamente, in principio di intervento, gli aspetti e i diversi momenti in cui gli ultimi due Governi sono intervenuti sull'infanzia e sull'adolescenza. Dobbiamo dare ancora fiducia e sostegno ai ragazzi, soprattutto giovani, che vogliono mettere al mondo dei figli, senza che siano costretti a scegliere sempre fra carriera e famiglia, senza che vivano nel terrore di non farcela, alimentando precariato ed offerte di lavoro al ribasso che alimentano questo meccanismo perverso, senza che debbano sempre e solo sperare nella buona salute dei nonni per poter avere un aiuto economico o logistico per crescere i figli in maniera sana e dignitosa. L'Italia è l'unico tra i grandi Paesi europei a non avere ancora una misura semplice e universalistica, checché se ne dica, per i figli a carico. È stato compiuto un primo passo, che è un primo passo ed è decisivo. Di grande importanza è anche il premio alla nascita o all'adozione, che consiste in un assegno in un'unica soluzione, pari a 800 euro, spettante al compimento del settimo mese di gravidanza o all'atto dell'adozione. Parlare del settimo mese di gravidanza significa riconoscere l'importanza necessaria ai primi mille giorni di vita, che iniziano già durante la gravidanza, perché la genitorialità si inizia a costruire in quel momento, perché il bambino e la bambina sono portatori di diritti già in quella fase.

È scientificamente dimostrato - ovviamente, non dal sottoscritto, ma dal premio Nobel per l'economia Heckman - che la rendita economica di un investimento nelle varie età della vita produce una curva molto semplice ed esplicita, altrettanto impressionante, ossia: maggiormente precoce è l'investimento, maggiore è il tasso di rendimento economico. Infatti, compensando i rischi biologici e sociali, si ridurranno i costi successivi per la riabilitazione, l'assistenza, gli interventi scolastici speciali e, infine, anche le misure della giustizia. Molti ricercatori hanno dimostrato che l'investimento nei primi anni di vita è tanto più efficace quanto più il livello socioeconomico è basso. In questo modo si inizia anche a contrastare quel vincolo che va, via via, crescendo in maniera sempre più forte fra appartenenza dei bambini e delle bambine alle fasce sociali in difficoltà socioeconomiche e culturali e i bassi rendimenti scolastici. Solo intervenendo sui primi mille giorni si può sperare di sganciare queste due variabili, che sono sempre più interdipendenti e che, purtroppo, crescono insieme.

Va in aggiunta sottolineato che gli investimenti precoci sull'infanzia in determinati contesti territoriali, segnati dal degrado e della pervasività dei fenomeni criminali, non solo incidono ai fini della riduzione delle disuguaglianze, ma rappresentano uno straordinario strumento di prevenzione rispetto alla criminalità organizzata. Senza bisogno di scomodare dotte citazioni che chiamerebbero in causa il giudice Paolo Borsellino e il magistrato Rocco Chinnici - che sono state, ovviamente, delle vittime della violenza mafiosa e che proprio in questa fase sono state più volte ricordate - è ormai evidente che l'investimento sull'infanzia, in educazione e cultura è uno degli strumenti più potenti che lo Stato ha in mano per contrastare le mafie; ce lo confermano anche i commissari dei comuni sciolti per mafia, all'interno dei quali viene notato come gli investimenti in cultura, in istruzione e in coesione sociale crollino fortemente all'aumentare dell'infiltrazione mafiosa nella gestione degli enti pubblici. Qui è bene ricordare alcuni numeri: sono circa 700 mila, in Italia, i minori che vivono in uno dei 178 comuni sciolti almeno una volta per mafia negli ultimi vent'anni, che ovviamente si trovano per la maggior parte nelle regioni di nascita delle consorterie mafiose - Campania, Sicilia, Calabria e Puglia - con propaggini sempre più frequenti nel Lazio e nel Nord, con Liguria, Piemonte e Valle d'Aosta. Crescere in un territorio ad alta densità mafiosa significa dover fare i conti, fin da subito, con un sistema economico, politico e sociale profondamente alterato dalle sue fondamenta e, quindi, offrire un'opportunità a questi bambini e a queste bambine può rappresentare una svolta non solo per loro, ma per l'intero Paese.

Adesso bisognerà, però, lavorare per i servizi, perché ogni bambina e ogni bambino ha diritto a servizi socioeducativi di qualità, a Bolzano come a Trapani. Questo è il punto cruciale che va affrontato immediatamente, perché è importante ma non sufficiente il solo contributo economico, che deve, sempre più chiaramente, essere vincolato ad una spesa effettiva per l'infanzia. Come ha detto proprio in quest'Aula, pochi mesi fa, il Premier Draghi: per rilanciare l'economia non bastano i sussidi, ma bisogna evitare le disuguaglianze investendo sul futuro dei giovani.

Siamo tutti consapevoli che senza servizi, soprattutto, di qualità - su tutti, ovviamente, gli asili nido -, il contributo economico, pure importante, rischia di diventare meno efficace proprio lì dove è più necessario, dove cioè è concentrata la povertà minorile, materiale ed educativa, perché, è proprio nelle aree, ahimè, del Sud del Paese, che i servizi sono quasi del tutto assenti o carenti. Save the Children ci ricorda che il panorama dell'offerta educativa per la prima infanzia è, infatti, frammentato e gravemente lacunoso nelle varie regioni. I bambini presi in carico dai servizi finanziati dai comuni sono 25 su 100 in Emilia Romagna, 2 su 100 in Calabria, solo per fare 2 esempi. Nel X Atlante dell'infanzia a rischio si racconta come in Italia il numero di bambini in povertà assoluta e, quindi, senza un'alimentazione adeguata, né una casa, è triplicato in Italia nel 2020, non lontano da casa nostra. Ecco, quindi, vado a chiudere. Con l'approvazione della legge e dell'insieme di interventi sull'infanzia a partire dall'assegno unico, si inizia a dare una risposta a questa crisi, anche perché il reddito di cittadinanza ha dimostrato che proprio con le famiglie con figli fallisce miseramente. Sembra proprio che sia arrivato il tempo dei bambini, voglio essere fiducioso questa volta, non dobbiamo però abbassare la guardia, dobbiamo mettere a regime gli interventi, investire sulla Child Guarantee, rilanciare la centralità economica e culturale connessa alla cura dell'infanzia, combattere il lavoro minorile, investire nel contrasto della povertà educativa, progettare politiche ed interventi davvero a misura di bambino e di bambina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3201​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, l'onorevole Noja.

LISA NOJA , Relatrice. Grazie, Presidente. Solo poche parole. Vorrei innanzitutto ringraziare tutti i colleghi perché, comunque, si è svolta una discussione generale con un dibattito ampio, appassionato, segno che anche in quest'Aula c'è la piena consapevolezza di tutte le forze politiche di quanto, in questa fase storica, le politiche di sostegno alla famiglia siano un pilastro, un tassello centrale proprio del rilancio del nostro Paese dopo una tragedia come quella della pandemia che, peraltro, è ancora in corso. Quindi, ringrazio per tutti i contributi, anche quelli di maggiore dissenso, che sono comunque utili alla nostra riflessione e, quindi, ringrazio l'opposizione, la maggioranza, uno stile che abbiamo seguito anche in Commissione, che, devo dire, è molto importante per il buon andamento dei lavori. Faccio solo una osservazione sul metodo che ha ispirato i nostri lavori in Commissione. Noi siamo tutti consapevoli che è in corso il lavoro su una riforma molto importante che ha due grandi pilastri: il Family Act e la realizzazione della delega sull'assegno unico universale, che è una misura che deve non solo potenziare, ma anche semplificare e riordinare tante misure, che richiede tempo per essere messa a terra nel modo corretto. La misura di cui discutiamo, e questo è un po' l'approccio di esame che noi abbiamo seguito in Commissione, è - come dicevano tanti colleghi - temporanea, è un segnale importante perché riguarda, comunque, molte famiglie: quasi 2 milioni di famiglie e quasi 3 milioni di minori che oggi non ricevono un sostegno come quello prospettato e che, proprio per il carattere di misura transitoria, misura ponte, nessuno pensa di rivoluzionare nulla, però è una misura che è già in corso, è una misura che, quindi, richiede anche di dare certezza del diritto alle famiglie che stanno richiedendo di poter accedere a questa misura. Quindi, dico solo che l'approccio seguito nei lavori in Commissione nell'esame di questo provvedimento è quello di dare ad esso il suo giusto valore, il suo giusto senso nell'ambito di un percorso molto più ampio e che naturalmente dovrà coinvolgere il Parlamento. Credo che su questo non ci possano essere dubbi, ci sarà la fase di realizzazione della delega sull'assegno unico e poi, sperando di approvare a brevissimo anche il Family Act, la fase di implementazione anche dell'altra delega. Questo solo per ribadire - come diceva l'onorevole Bagnasco - che oggi parliamo di questa che è una misura specifica e temporanea con cui il Governo e noi, se l'approveremo, daremo una prima risposta importante alle famiglie in un momento molto delicato, perché sono famiglie che sono state provate dalla pandemia e da un periodo molto difficile.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Ministro Bonetti. A lei, signor Ministro.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Grazie, Presidente, grazie a tutti gli onorevoli, deputate e deputati che sono intervenuti. Grazie al lavoro svolto dalla Commissione, in particolare mi permetta di ringraziare la relatrice, l'onorevole Noja, per una capacità puntuale di ricomporre, anche in una convergenza nel dibattito della Commissione, tutte le posizioni, proprio a certificazione concreta che le politiche familiari sono effettivamente una priorità per questo Parlamento, non per una parte, non per la maggioranza, ma davvero per l'intero arco parlamentare come segno di istituzioni che si mettono a servizio, non solo delle famiglie di oggi, ma di proposte concrete per il futuro, la ripartenza, per le nuove generazioni del nostro Paese.

Quella di cui oggi abbiamo discusso è certamente una misura importante. Lasciatemi richiamare il fatto che, nell'ambito di questa temporaneità, che è stata da più parti ricordata, dobbiamo avere ben chiaro in mente - quindi, qui voglio ribadire l'impegno da parte del Governo in tal senso - che si tratta di una temporaneità, ma non di un'estemporaneità; nel senso che è una misura davvero transitoria che accompagna un processo, invece, definitivo e strutturale, che sarà quello non solo dell'introduzione dell'assegno unico universale nella sua forma definitiva, ma del riordino della riforma complessiva delle politiche familiari per il nostro Paese, come è stato sollecitato da tanti di voi. È il segno, in realtà, di una concretezza di un impegno che questo Parlamento aveva chiesto al Governo e che questo Governo ha voluto corrispondere attraverso una misura che è stata attuata tramite un decreto proprio perché non si voleva venir meno a quell'impegno di investire più di 3 miliardi, in 6 mesi, nelle case delle famiglie del nostro Paese. Tale cifra, 3 miliardi in 6 mesi, sono circa il 40 per cento in più delle risorse che stiamo investendo, una concretezza, quindi, che si attua. Guardate, mi fa piacere che la discussione avvenga proprio oggi perché da oggi l'INPS inizia i pagamenti dei primi assegni, delle prime domande; sono 6 mila i pagamenti che più o meno verranno effettuati nella giornata di oggi, ma si arriverà alla corresponsione dei primi 415 mila assegni entro la fine della settimana. Accanto a questo, ovviamente, ci sono gli assegni al nucleo familiare, che verranno da questo mese ricevuti dai nostri cittadini, maggiorati in modo anche significativo.

In realtà noi abbiamo mantenuto tutte le detrazioni fiscali e, quindi, questo assegno è davvero col segno più, che si aggiunge, nelle nostre famiglie, alle risorse, a un momento importante. C'era bisogno di dare prospettiva, speranza, strumenti anche per la ripartenza alle famiglie del nostro Paese nell'ottica - come è stato ricordato - di mettere al centro davvero l'interesse primario e prioritario delle nuove generazioni. I dati Istat ci dicono che quasi il 50 per cento dei minori riceverà un assegno tra i 135 e i 167 euro al mese, o maggiorato, se si tratta di bambine e bambini che vivono in nuclei con almeno tre componenti minori. Questo è un momento importante; è il segno, come dicevo, di una concretezza di un passaggio sostanziale. È vero che questa misura in sé certamente non è la rivoluzione del nostro Paese. È stata portata avanti una riforma complessiva, di cui do conto, che è stata fatta su iniziativa del Governo, ma arricchita in modo significativo dal dibattito di tutte le forze politiche. Quella del Family Act, di cui questo è il primo passo concreto, sarà una riforma che attiverà un processo rivoluzionario, quello della speranza, dell'investimento sull'educazione e del protagonismo dei giovani, delle famiglie e delle donne. Quindi, davvero un grazie a questo Parlamento per il dibattito costruttivo che, certamente, poi, proseguirà anche nell'approvazione della riforma nella sua interezza.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Cantalamessa ed altri n. 1-00498 concernente iniziative volte a potenziare il contrasto di infiltrazioni mafiose con particolare riferimento alla realizzazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (ore 15,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Cantalamessa ed altri n. 1-00498 concernente iniziative volte a potenziare il contrasto di infiltrazioni mafiose con particolare riferimento alla realizzazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Vedi l'allegato A).

La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata nel vigente calendario dei lavori (Vedi calendario).

Avverto che sono state presentate le mozioni Trano ed altri n. 1-00506 e Lollobrigida e altri n. 1-00507 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

È iscritto a parlare l'onorevole Cantalamessa, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00498. Ne ha facoltà.

GIANLUCA CANTALAMESSA (LEGA). Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, colleghe e colleghi, la Lega e il suo segretario, Matteo Salvini, da sempre sono impegnati fattivamente e concretamente nella lotta alle mafie e per un Paese più sicuro. Per questo abbiamo inteso presentare questa mozione, con l'obiettivo, però, di non farne una bandierina di parte, ma, al contrario, di farne uno strumento che possa essere condiviso dalle altre forze, perché la lotta alla criminalità ci deve vedere tutti uniti.

Gli ultimi decreti-legge convertiti o in fase di conversione da parte di questo Parlamento presentano un pacchetto complessivo di interventi per circa 221 miliardi di euro. Tanto il Piano nazionale di ripresa e resilienza quanto il Fondo complementare, infatti, sono volti soprattutto a sostenere economicamente gli enti pubblici, le imprese, il mondo del lavoro e a rendere possibili ingenti investimenti infrastrutturali. Non occorrono i Nostradamus di turno per intuire che una tale immissione di liquidità sarà il prossimo e primo obiettivo delle criminalità organizzate, in particolare quelle di stampo mafioso.

Con questa mozione la Lega chiede al Governo un impegno contro le criminalità organizzate che non credo abbia precedenti: uno stanziamento di 2 miliardi di euro da mettere a disposizione nella battaglia contro tutte le mafie. Le vicende giudiziarie degli ultimi anni, infatti, hanno ben mostrato come l'economia mafiosa si sia indirizzata verso lo sfruttamento dei contributi e dei fondi di solidarietà, di derivazione nazionale ed europea. Per tale ragione, a fronte dell'imminente attuazione dei progetti inclusi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, risulta ancora più importante procedere ad una supervisione più stringente sull'assegnazione e sulla gestione dei fondi. Tanti sono i segnali che l'emergenza COVID stia rappresentando un'opportunità per le criminalità organizzate: il moltiplicarsi della platea di persone che stanno facendo ricorso all'usura per difficoltà economiche, l'acquisto, da parte delle mafie, di tante aziende in difficoltà in tutti i settori merceologici e, non da ultimo, i tentativi, come dicevo prima, che faranno di entrare negli appalti miliardari che ci saranno nei prossimi mesi e nei prossimi anni nel nostro Paese.

Fin dall'emanazione del decreto legislativo del 6 settembre 2011, n. 159, adottato sulla base delle deleghe contenute nella legge 13 agosto 2010, n. 136, la disciplina normativa in materia di lotta alla mafia ha beneficiato di un quadro organico e coerente. La regolamentazione abbraccia, in particolare, tanto le misure di prevenzione personali e patrimoniali in senso stretto quanto gli aspetti legati alla documentazione quanto, infine, le attività investigative nella lotta contro la criminalità mafiosa. In altre parole, il sistema italiano della prevenzione antimafia, per articolazione delle norme e complessità degli istituti, è pacificamente ritenuto e considerato come la forma di legislazione più avanzata ed efficace per il contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso, in tutto il mondo.

Da una parte, però, oggi abbiamo la necessità di ostacolare in modo efficace ed inesorabile ogni infiltrazione della criminalità mafiosa nel tessuto economico-produttivo nazionale, anche per i danni che ciò produrrebbe alle imprese sane e al libero mercato, dall'altra c'è il bisogno di salvaguardare il processo di rapida esecuzione dell'opera pubblica o dell'iniziativa economica privata. La duplice esigenza richiede un costante controllo e coordinamento, e quindi in particolare mi riferisco agli uffici della Direzione investigativa antimafia e delle varie direzioni distrettuali, le quali, anche grazie alla complessa attività di monitoraggio sugli appalti, assicurano un presidio di prevenzione insostituibile. La centralità della DIA nel sistema di prevenzione e contrasto delle infiltrazioni criminali nel delicato settore dei pubblici appalti è stata più volte ribadita da molti documenti e, secondo recenti statistiche elaborate proprio dalla stessa DIA, durante il 2020 si è registrato un incremento del 31,3 per cento delle istruttorie per mafia chiuse con esito positivo in più rispetto al 2019, a dimostrazione dei più intensi tentativi di infiltrazione mafiosa in un'economia in seria difficoltà a causa dell'emergenza sanitaria.

L'obiettivo primario, quindi, è quello di indebolire il potere delle cosche e il loro consenso sociale sui territori, rafforzando, ovviamente, l'immagine e la credibilità dello Stato. Ecco la ragione di tale mozione, con la quale chiediamo che tutto il Parlamento sia capace di valutare, con il coraggio di superare bandiere, l'urgenza a valutare l'opportunità di assumere iniziative di competenza, anche normative, per potenziare l'attività di indagine e di contrasto delle infiltrazioni mafiose nell'esecuzione dei progetti previsti dal PNRR, e a, tal fine, ad adottare iniziative per utilizzare eventuali avanzi di fondi stanziati, ovvero eventuali altre risorse, per un importo, come dicevo prima, pari a 2 miliardi di euro, in particolare: rafforzando la dotazione in termini di mezzi e di personale della Direzione investigativa antimafia, delle direzioni distrettuali antimafia, dell'Ispettorato del lavoro, dell'Ufficio del commissario di Governo per le attività antiracket e antiusura; incrementando i fondi per rendere possibile la gestione di beni sia a livello sociale che istituzionale da parte dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati; rafforzando gli appositi fondi stanziati a livello statale in favore degli imprenditori che denunciano il racket e l'usura; prevedendo forme di compensazione economica per quelle imprese nei confronti delle quali l'informazione interdittiva antimafia sia stata revocata per assoluta mancanza dei presupposti, perché è giusto che lo Stato lotti, senza esclusione di colpi, contro tutte le criminalità organizzate, è giusto che non siano a pagare gli imprenditori coinvolti, che poi si dimostra essere del tutto innocenti; investendo nella formazione di pool investigativi specializzati, composti non solo da appartenenti alle Forze di Polizia, ma anche da tecnici dotati di diverse competenze, tra cui quelle economico-finanziarie, statistiche, informatiche e di gestione aziendale; potenziando le banche dati esistenti, creando un programma nazionale di condivisione dei dati in esse contenuti, al fine di migliorare sensibilmente la qualità dell'attività investigativa e conseguentemente repressiva; finanziando corsi di formazione per amministratori locali, personale della pubblica amministrazione e della Polizia locale per mettere in grado le relative strutture di conoscere i segnali di presenza mafiosa sui territori e nell'economia; finanziando programmi, master universitari e corsi di alta formazione che formino persone in grado di attuare progetti antimafia e anticorruzione sia nel pubblico che nel privato; finanziando campagne informative, in televisione o sul web, a livello nazionale, che raccontino come operano le mafie sui territori e cosa viene fatto o può essere fatto per prevenire e contrastare tali fenomeni.

Credo che dal Parlamento ciò debba venire fuori con chiarezza. Questa è la nostra proposta, e quindi, da questo punto di vista, si chiede un impegno al Governo affinché si apra una nuova stagione e si risani la nostra economia e, ovviamente, il tessuto sociale di tutto il territorio italiano, perché le criminalità ormai non hanno più patrie di elezione, ma sono ovunque. Il Paese più bello del mondo, però, merita protezione, tutela, speranza e sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Trano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00506. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. Colleghi, rappresentante del Governo, le risorse destinate al Piano nazionale di ripresa e resilienza sono complessivamente oltre 220 miliardi ed è una massa monetaria spaventosa da spendere in pochi anni, come ci è richiesto dall'Unione europea. In questo contesto, gli appetiti delle organizzazioni criminali su questi fondi sono altissimi, ma è quasi un'ovvietà, perché è cosa nota. Da sempre le mafie si infiltrano nel mondo dell'economia e nelle pubbliche amministrazioni, muovendosi anche con una certa rapidità, soprattutto dove ci sono crisi; e questa è una grande crisi, quindi è una grande opportunità che hanno anche le organizzazioni criminali. Un altro elemento è che le organizzazioni criminali sono le uniche a poter disporre di enormi risorse di liquidità da riciclare, e quindi da immettere nel circuito economico.

Pertanto noi ci troviamo di fronte ad un duplice pericolo: utilizzare le risorse dell'Unione europea per avvantaggiare le organizzazioni criminali e il pericolo di avvelenare il tessuto economico a causa delle infiltrazioni criminali, che, tra l'altro, sono quasi al massimo storico, perché, ad oggi, ci sono tantissimi segnali che sono stati lanciati dalla Guardia di finanza, dal Procuratore Cafiero de Raho, che ci dicono che già con i provvedimenti a sostegno delle attività economiche nel periodo pandemico ci sono state forti infiltrazioni e distorsioni nell'utilizzo di attività, a favore di queste organizzazioni.

Dunque, c'è questo fortissimo pericolo di avvelenamento del tessuto economico che foraggia le imprese di queste organizzazioni criminali con assegnazioni di appalti. Segnalo, altresì, che, dopo l'appena varato “decreto Semplificazioni”, qui, in questo ramo del Parlamento, ci sono deroghe forti poste al subappalto che potrebbero essere un altrettanto regalo fatto alle mafie.

Pertanto, se vogliamo contrastare efficacemente i tentativi delle mafie, si deve intervenire, in modo tempestivo, e porre quei presidi di legalità che, spesso, mancano in molti territori. Per evitare questi effetti, come le indebite percezioni di incentivi, la Guardia di finanza, in un passato molto recente, ha messo in piedi una dorsale informatica, stipulando, con diversi soggetti, quali l'Agenzia delle Entrate, l'INPS, la SACE, il Ministero dello Sviluppo economico, accordi di collaborazione, per avere un unico punto di accesso di differenti banche dati.

Ad oggi, però, la cosiddetta interoperabilità non è ancora efficiente per il contrasto alle organizzazioni criminali economiche, perché devono essere dotati di ulteriori strumenti per accelerare e rafforzare i presidi di controllo e di vigilanza sulle tante operazioni della pubblica amministrazione, ma anche tra i privati, con i cambi di partecipazioni societarie. Anche qui, è suonato un campanello d'allarme sulle tantissime transazioni che sono avvenute proprio nel momento della crisi pandemica.

Io, nel 2019 - quindi in tempi non sospetti - avevo presentato un ordine del giorno, che è stato approvato, con il quale chiedevo di attuare un'attività di coordinamento tra Agenzia delle entrate, Dogane, Guardia di finanza e Ispettorato del lavoro, attraverso la condivisione di queste banche dati in uso, al fine di assicurare l'immediata disponibilità di dati, documenti e informazioni utili che avevano un duplice scopo: quello di tagliare la burocrazia e di garantire un maggiore controllo sull'evasione e, quindi, fornire i dati alle attività investigative, tant'è che questa mozione che noi abbiamo presentato consta in particolare di due punti: rafforzare la disciplina della conservazione di documenti, dati e informazioni da parte degli organismi di autoregolamentazione, per prevenire il riciclaggio, e fornire alla Guardia di finanza, o chi per essa, strumenti utili per prevenire e per non trovarsi, ex post, a dover fare verifiche. Concludo, Presidente.

C'è poi una battaglia che si consuma in questo Parlamento ormai da quasi un anno, dopo l'approvazione dell'ordine del giorno della mia collega Piera Aiello, che vuole rafforzare i prestiti e i finanziamenti per le vittime delle richieste estorsive. È una battaglia che tutti quanti abbiamo sottoscritto con quel famoso ordine del giorno dello scorso anno, ma, ad oggi, ancora non se ne vede la luce.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zucconi, che illustrerà anche la mozione n. 1-00507, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

RICCARDO ZUCCONI (FDI). Grazie, Presidente. Nello scenario economico aggravato dalle conseguenze derivanti dalla pandemia, si rileva un particolare attivismo da parte delle associazioni criminali teso a sfruttare le difficoltà economiche del tessuto produttivo del Paese. Lo scenario che emerge costantemente dalle indagini è quello di una mafia che, oltre a mirare al controllo del territorio e del mercato degli stupefacenti, punta a infiltrarsi nell'economia legale e a condizionare i flussi finanziari e il libero mercato, allungando i propri tentacoli sui finanziamenti statali ed europei, anche attraverso la collaborazione di professionisti e tecnici asserviti ai propositi criminali delle organizzazioni mafiose.

Al dinamismo imprenditoriale della criminalità mafiosa, si contrappone, purtroppo, uno Stato privo della flessibilità nell'affrontare la sfida e ingessato dentro una legislazione non al passo con i tempi. A fronte di tale situazione, l'Italia si deve preparare a gestire, nel corso dei prossimi anni, le ingenti risorse stanziate dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, dal Piano nazionale per gli investimenti complementari, dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima 2030, nonché dai fondi strutturali e di investimento europei per gli anni 2021-2027.

Nonostante la diffusa consapevolezza del problema, il PNRR, ma anche il recente decreto-legge n. 77 del 2021, non dedicano ad esso una particolare attenzione, richiamando l'applicazione di istituti generici, come i protocolli di legalità, il potenziamento delle strutture amministrative e cose di questo tipo: di fatto, nulla di nuovo rispetto a quanto già esistente e senza un preciso cronoprogramma attuativo.

Anche per il settore degli appalti, non sono state poste in essere particolari misure, se non meri rinvii a norme già esistenti che, come sottolineato recentemente dall'ANAC nella relazione sulla propria attività, non sono stati sufficienti a contrastare lo sviluppo di tale fenomeno.

Insomma, in generale noi rileviamo che, nell'apprestarsi ad avere e a spendere risorse relative a tutti questi piani di investimento così rilevanti, lo Stato avrebbe dovuto cogliere l'occasione per rilanciare una vera e propria dichiarazione di guerra alla mafia.

Noi, naturalmente, non possiamo che ringraziare chi è in prima linea, che lo fa da anni, magari, anche nel silenzio - spesso - delle istituzioni (dobbiamo ricordare i tanti servitori dello Stato che sono morti in questo senso), ma rileviamo anche che, in questa occasione, è mancata una nuova chiamata alle armi, per così dire, del popolo italiano, delle persone; mentre noi stiamo continuando a demolire nel tempo tanti impianti valoriali, ricordando che qualsiasi lotta alle mafie non può prescindere da una condivisione sociale di questa lotta stessa - perché qualsiasi lotta, purtroppo, sarà funesta rispetto al mancato coinvolgimento della società, segnatamente in quelle regioni d'Italia dove il fenomeno mafioso è più radicato -, allora, dobbiamo chiamare anche la politica a fare del suo, ricoinvolgendo le forze sane della Nazione, per fare un ulteriore sforzo.

La storia della lotta alle mafie ha avuto momenti probabilmente stoici, bellissimi, da ricordare, ma ha avuto anche momenti di forti connivenze. Noi ripetiamo che, per fare la lotta alla mafia, Fratelli d'Italia è convintissimo di questo: il recupero del sistema dei valori e dei principi è un cardine essenziale, oltre a tutte le proposte, a tutte le nuove iniziative che si vorranno fare in merito.

In questa nostra mozione, noi chiamiamo il Governo ad assumere iniziative urgenti di competenza, anche normative, per potenziare l'attività di indagine al contrasto della criminalità organizzata attraverso il potenziamento delle Forze dell'ordine e della magistratura, tanto in termini di personale, quanto di dotazioni tecnologiche e strumentali; ad assumere iniziative urgenti di competenza anche normative, per potenziare l'attività di coordinamento e vigilanza dell'Autorità nazionale anticorruzione, anche attraverso il rafforzamento del Piano nazionale anticorruzione; ad assumere iniziative urgenti di competenza, per potenziare l'attività di commissario straordinario del Governo, per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura e dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, tanto sotto il profilo delle risorse umane assegnate, quanto degli strumenti normativi a disposizione per contrastare la criminalità; ad investire sulla maggiore digitalizzazione del procedimento penale, nel rispetto del diritto di difesa in modo da semplificare e rendere più efficiente l'azione della magistratura.

Ricordiamo poi che c'è l'impegno richiesto ad assumere urgenti iniziative per intervenire - come richiesto, del resto, dall'ordinanza della Corte costituzionale n. 97 del 2021 - sul regime del cosiddetto carcere duro e dell'ergastolo ostativo; ancora, a porre in essere ingenti investimenti in materia di edilizia penitenziaria, in particolare, per le strutture carcerarie dedicate alla criminalità organizzata e con contestuale rafforzamento della Polizia penitenziaria.

Vi è poi l'impegno a digitalizzare integralmente le procedure di affidamento dei contratti pubblici finanziati a valere sulle risorse del PNRR e dei fondi europei 2027, in modo tale da garantire la tracciabilità dei procedimenti, anche avvalendosi delle esperienze in materia di e-procurement sviluppate da Consip.

Queste sono le nostre proposte, tradotte in una mozione che ci auguriamo veramente veda il consenso di tutte le forze politiche, ribadendo il fatto che la lotta alla mafia rimane per Fratelli d'Italia un impegno fondamentale.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lattanzio. Ne ha facoltà.

PAOLO LATTANZIO (PD). Grazie Presidente, colleghi e colleghe, il lavoro che svolgiamo quotidianamente anche in Commissione antimafia arriva a questa fase di analisi, in cui parliamo inevitabilmente di infiltrazioni mafiose in epoca COVID, dopo un lungo lavoro che è stato portato avanti. E' necessario evidenziarne tre principali aspetti. In primo luogo, l'esplosione della pandemia da COVID-19 ha messo il Paese, inteso come organizzazione - nel dettaglio, famiglie ed imprese - davanti al proprio destino, ossia ad una serie di fragilità che già sussistevano nella società italiana e che erano già estremamente radicate: fragilità economiche, fragilità sociali, fragilità nel reperimento del credito lecito, debolezze e fragilità legate alla pubblica amministrazione e, in particolare, alla gestione degli enti pubblici.

Queste fragilità, ovviamente, hanno rappresentato e rappresentano tuttora un prerequisito essenziale perché l'erba cattiva, ossia le mafie si possano infiltrare con maggiore facilità. Al tempo stesso, però, bisogna far chiarezza su un secondo aspetto che, in questa fase di premessa, è utile citare, perché in alcuni momenti sembra quasi che il fenomeno mafioso nasca, nella sua aggressività, con l'esplosione della pandemia da COVID-19, cosa che - va da sé - non è nella storia italiana. Purtroppo, la presenza delle mafie, storicamente, è forte e radicata; ha visto il coinvolgimento in alcuni momenti di parti limitrofe allo Stato; ha vissuto e speculato sulle aree grigie, ma soprattutto si è inserita in tutte quelle situazioni di estrema fragilità, anche dal punto di vista storico, che hanno purtroppo caratterizzato il nostro Paese (penso all'epidemia di colera, fino ai terremoti e alle ricostruzioni, come ha ricordato più volte il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho).

Tutto questo lavoro è stato analizzato e trattato in un comitato, che ho l'onore di coordinare in Commissione bicamerale antimafia, che si occupa proprio delle infiltrazioni mafiose in epoca COVID, grazie al quale è stato portato in sessione plenaria, con relativa approvazione all'unanimità, nonostante alcune effervescenze su un tema che affronterò in seguito. In particolare, abbiamo fatto una fotografia di ciò che è accaduto nei primi dodici mesi - ovviamente in evoluzione - e di quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi, con riferimento in particolare ai fondi che arriveranno con il PNRR.

Tre sono i fronti aperti: l'aspetto economico, l'aspetto legato alle comunità sociali e l'aspetto legato agli enti locali. Quest'ultimo ci interessa in particolare sia per la storia degli scioglimenti di comuni per infiltrazioni mafiose in Italia, sia perché gli enti locali si troveranno, di qui a brevissimo, a gestire, quindi ad erogare, a rappresentare il collo di bottiglia di buona parte di quei finanziamenti che stanno arrivando al nostro Paese. Pertanto, è assolutamente strategico e indispensabile avere una pubblica amministrazione, anche nelle sue propaggini territoriali, adeguata e in grado di verificare l'adeguatezza delle proposte che arriveranno, nonché di controllare come queste verranno eseguite.

Sull'aspetto economico della mozione a prima firma del collega Cantalamessa, che ringrazio per aver portato in Aula in maniera tempestiva questo tema, vi è un focus assolutamente approfondito mentre, sugli aspetti legati alle comunità sociali sarà premura del gruppo del Partito Democratico fornire ulteriori contributi perché ci possa essere una restituzione completa della gamma di rischi che vengono vissuti e di strategie per intervenire.

In particolare, la prima fase - quindi, febbraio, marzo fino a luglio, agosto, i primi otto mesi del 2020 - è stata caratterizzata da alcuni fenomeni molto chiari: da un lato, anche nelle audizioni svolte in Commissione antimafia, ci siamo trovati di fronte a quella che nessuno ha esitato a definire come un'“economia di guerra”. Dico questo per due motivi: primo, le famiglie mafiose, le consorterie criminali, hanno speculato ed investito laddove le fragilità di cui parlavo prima erano già presenti, cogliendo le opportunità. Dall'altro lato, è importante sottolineare ciò perché buona parte di una serie di trend che in questa fase possiamo ipotizzare, analizzare e tracciare, non è ancora arrivata a maturazione perché, come nell'economia di guerra, buona parte dei traffici avviene in maniera non immediatamente visibile ed identificabile.

Nonostante questo e nonostante l'atteggiamento attendista della criminalità organizzata, che non aveva interesse a guidare i processi ma ha l'interesse ad intervenire, laddove si creano opportunità, nelle comunità sociali e nelle imprese, per cui vi sono condizioni favorevoli per farlo, abbiamo assistito ad alcuni segnali che è importante citare. Mi riferisco al numero enorme di cambi di codici ATECO, che arriva a circa 120 mila nel primo semestre. Ciò significa che, in una fase nella quale l'economia italiana era sostanzialmente immobile, tendenzialmente in gigantesca sofferenza, c'è stato un lavorio di adeguamento anche - e non esclusivamente - alle nuove opportunità che la situazione pandemica offriva. Non è un mistero, perché la magistratura ci ha già iniziato a lavorare da tempo, che molte imprese si siano convertite nei settori che rimanevano “aperti”, ad esempio la sanificazione, la movimentazione dei rifiuti pericolosi e così via, andando a determinare, fra l'altro, una dinamica per cui non soltanto sono stati presidiati quei settori, già infiltrati, ma anche nuovi settori sono stati aggrediti.

Analogamente, di pari passo con il cambio dei codici ATECO, in una fase, ripeto, di sostanziale stasi dell'economia e della società italiana, abbiamo assistito a numerosissime variazioni di compagini societarie, di aziende. E' chiaro che non intendiamo fare di tutta l'erba un fascio, ma dalle analisi che abbiamo prodotto, anche nell'interlocuzione con Confindustria, Confcommercio e tutti gli interlocutori che abbiamo audito, quello delle partecipazioni societarie è stato individuato come uno dei settori ai quali prestare maggiore attenzione perché potrebbe essere la spia di un qualcosa che sta succedendo e che, verosimilmente, succederà in maniera ancora più ancora più evidente.

Tutti questi elementi di fragilità che ho appena citato hanno mostrato, in un momento di grande difficoltà per il nostro Paese - non c'è bisogno di ribadirlo oltre - alcuni punti di rottura che una situazione di grande emergenza come questa ha permesso di evidenziare ulteriormente: fenomeni di corruzione, contesti anche istituzionali favorevoli, zone grigie, una troppo facile semplificazione, più volte ribadita anche in quest'Aula, fra buoni e cattivi (chi parla di buoni e cattivi nega l'esistenza di zone grigie e ciò è un controsenso nel contrasto alle mafie), la mancanza di diritti e la presenza di disuguaglianze. Sono tutti fenomeni, già presenti, che hanno rappresentato degli attivatori, degli acceleratori, delle opportunità di business che una situazione di grande emergenza prevedeva.

Come hanno attecchito questi rischi? Cito quattro dei principali assi di intervento: innanzitutto, le mafie hanno potuto offrire - purtroppo, sciaguratamente, ma sono riuscite in molti casi a farlo - una risposta dal punto di vista temporale maggiormente tempestiva rispetto allo Stato, perché lo Stato ha delle regole, delle leggi da creare in una fase di emergenza, da far rispettare, mentre le mafie dispongono di un elemento che le pone sempre in una posizione di grande criminale vantaggio, ossia hanno una disponibilità gigantesca e immediata di liquidità.

Quindi, con la liquidità le mafie sono riuscite ad arrivare all'ultima delle famiglie in difficoltà, in tempi brevi, ma anche alle imprese che rischiavano di chiudere o che rischiavano di non riaprire. È stata attivata e resa disponibile, sul mercato, nella società una disponibilità di liquidità economica gigantesca che, sia nei territori di nascita delle mafie sia nei territori di nuovo insediamento, è andata di pari passo con quello che era già presente e che era un sostanziale potere di influenza, dialogo e sviluppo di capitale sociale e relazionale con coloro che, invece, su quel territorio conducono una vita personale di comunità e una vita imprenditoriale assolutamente sane. Questo potere si è tradotto, in particolare in alcune zone d'Italia - o meglio, non si è tradotto, è stato potenziato - in un altro asset fondamentale della mafia in Italia, ossia il controllo del territorio. Mettendo insieme tutti questi aspetti, abbiamo avuto quello che magistrati e inquirenti, ben più preparati del sottoscritto, hanno definito, nelle relazioni semestrali e annuali che abbiamo acquisito, un vero e proprio welfare mafioso. Welfare mafioso, alternativo a quello dello Stato, che ha riguardato l'offerta di prossimità per i cittadini, che poteva essere denaro, pacchi della spesa, disponibilità ad accedere a prestazioni sanitarie e, dall'altra parte, liquidità per le imprese e possibilità di non chiudere. Questa situazione assolutamente esplosiva ci ha portato a vedere una mafia, una serie di mafie che si sono dapprima inabissate e hanno lasciato i loro emissari coinvolgere popolazioni ed imprese. Quegli aiuti che sono arrivati alle imprese, alle comunità sociali e ai singoli cittadini, in fase pandemica, ovviamente non sono aiuti gratis, non sono aiuti elargiti pro bono. Sembra una banalità ma, purtroppo, quando si vivono delle situazioni drammatiche, che portano al rischio di chiusura dell'impresa piuttosto che al rischio di non arrivare a fine mese, questo viene trascurato. Perciò, ci siamo trovati di fronte a un aumento esponenziale dell'usura e all'aumento di infiltrazioni nelle imprese attraverso, neanche la spoliazione dell'impresa stessa o dell'imprenditore, ma l'immissione di denaro liquido, l'apposizione di teste di legno e la presa di possesso dell'impresa e si sono avviati in questo modo processi di svuotamento economico e della capacità produttiva. Ma, ancora, dal punto di vista sociale, siamo arrivati al bisogno di non guardare soltanto al grande mafioso, che non si esponeva per questi aiuti di basso rango; il dramma è che si sono sviluppati fenomeni di usura di prossimità. Non era più il boss mafioso ma era il vicino di casa, all'interno di una rete mafiosa, che prestava il denaro a strozzo. Questo sistema ovviamente, come dicevo prima, non è gratis perché dopo, passata la fase emergenziale, quando le mafie ne avranno bisogno, busseranno alla porta e chiederanno o imporranno. Che cosa chiederanno? Di conservare pacchi, di aiutare persone, affiliati, a scappare e, tendenzialmente, di votare chi verrà detto di votare. Infatti, questo è il controllo del territorio e il mantenimento del piede che schiaccia la possibilità di crescere delle comunità che le mafie portano avanti.

Con i fondi del PNRR ci accingiamo a vedere qualcosa che purtroppo - lo accennavo poco fa - è già successo. Ho citato l'epidemia di colera a Napoli, il terremoto dell'Irpinia, il terremoto in Abruzzo e tutte quelle grandi tragedie che dovrebbero dimostrare l'inesistenza di una mafia buona, che molte volte viene portata avanti. Dovrebbe dimostrarsi tanto più in una fase di grande destrutturazione e di grande rischio per la società, all'interno della quale la sanzione dei comportamenti illegali o negativi rischia di essere, come soglia, ulteriormente abbassata, proprio perché il momento di bisogno estremo e di estrema difficoltà rischia di rendere molte volte maggiormente propensi ad accettare dei comportamenti che vanno nella zona grigia. Allora, in questa fase sono importanti i diversi attori dello Stato. Sono importanti la magistratura, le Forze dell'ordine, i corpi intermedi, le forze sociali; sono importanti quei soggetti che, piaccia o meno, sono parte dello Stato, sono alleati dello Stato. L'UIF, l'Ufficio di informazione finanziaria di Banca d'Italia, con un'azione di prevenzione e di analisi straordinaria fatta in tempo reale, ha visto crescere enormemente le segnalazioni di operazioni sospette. Questo ha rappresentato uno strumento fondamentale, perché interconnesso alle banche dati della DIA e delle DDA, al fine di capire se quelle segnalazioni andavano nella direzione dei soggetti già noti. Questa attività, questa azione di prevenzione non può essere scollegata dalla invece necessaria unione fra gli aspetti economici e gli aspetti sociali. Una società italiana che vede degli aiuti alle imprese, senza badare alla ricaduta sui cittadini e sui momenti di estrema difficoltà che vivono i cittadini, non regge. Allora, noi non possiamo pensare di contrastare le mafie, se abbiamo ancora gli schiavi nei ghetti del foggiano; non possiamo pensare di contrastare le mafie, se nella mia regione, in Puglia, e in Campania e in tante altre regioni, abbiamo uno dei tassi di povertà educativa più alti e di abbandono scolastico oltre il 18 per cento. Manca un anello e, quindi, l'invito - ed è una parte del contributo che daremo ma che già è emerso, come il collega Cantalamessa sa, in Commissione antimafia - è proprio quello di investire nella coesione sociale. Per contrastare le forme più aggressive di mafia non servono azioni isolate, non servono più soltanto gesti esemplari, serve un'antimafia diffusa e quotidiana e serve una serie di azioni collegate fra di loro, che mettano insieme anche i professionisti, le associazioni datoriali, le scuole e le comunità che caratterizzano i nostri territori.

È stato fatto, poco fa, un riferimento alla politica, nella lotta alla mafia. Dal 2001 mi occupo di questi temi, da quando a Bari c'è stata la prima vittima di mafia innocente, Michele Fazio, un ragazzino di 16 anni ucciso per sbaglio - anche se “per sbaglio” è sempre brutto e difficile da dire - e credo che la politica, che è parte in causa di questa azione di contrasto, abbia subito molto, troppo a lungo, una sorta, paradossalmente, di depoliticizzazione della lotta alla mafia. Allora - e ci torno nelle conclusioni - non basta più dire che siamo contro le mafie: abbiamo gioco facile, prendiamo qualche applauso e un po' di like su social. Ma come siamo contro le mafie? Siamo contro le mafie perché vogliamo bloccare e precludere gli appalti alle imprese che pagano le tasse all'estero? Allora, queste sono le scelte che dobbiamo fare! Queste sono le proposte, che dobbiamo portare avanti e sulle quali ci dobbiamo confrontare. Ma, ancora, la politica ha delle responsabilità importanti, non soltanto per la depoliticizzazione, ma anche perché troppo a lungo, soprattutto ultimamente, la lotta alla mafia è diventata “ordine pubblico”. Siamo fuori strada, perché non è solo ordine pubblico, perché i giudici prendono i papà, gli zii e i genitori dei ragazzi e il nostro impegno deve essere quello per cui i ragazzi poi non arrivino a ripercorrere le stesse orme che i genitori hanno dimostrato di saper purtroppo prendere, condizionando anche la vita dei ragazzi.

Allora, è qui la sfida vera di questo Parlamento in questa fase, davanti ad un'emergenza almeno europea, perché l'emergenza mafiosa sul PNRR non è soltanto italiana ma è, quantomeno, europea. Davanti a questo noi ci dobbiamo porre alcune domande e alcune proposte. Io qualcosa la anticipo: quella sulle imprese che pagano le tasse all'estero, che mi sembrerebbe la più banale da sottoporre all'Aula; come anche la possibilità di introdurre l'informativa antimafia fra i privati; come anche la possibilità di attuare - con un contributo che ha portato il senatore Mirabelli in Commissione antimafia - un codice rosso per i reati di usura; e ancora, una maggiore sensibilizzazione delle associazioni di categoria e datoriali da sensibilizzare. Non vi racconto, perché c'è poco tempo, la difficoltà nell'avere dati - concludo - e informazioni da molte associazioni di categoria che, in una fase del genere, ci hanno detto: le imprese non ci rispondono. Ci sarà un problema, se non rispondono.

Quindi, ancora l'invito e il contributo che daremo alla mozione - e chiudo davvero - è quello di far coesistere, da un lato, un intervento tutto centrato su ciò che bisogna fare per reprimere ciò che già c'è, purtroppo, e, dall'altro l'aiuto per le imprese a mettere in atto interventi fondamentali e imprescindibili di prevenzione e di cura delle comunità sociali (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cataldi. Ne ha facoltà.

ROBERTO CATALDI (M5S). Grazie, Presidente. In questa mozione si sta chiedendo al Governo di intervenire per potenziare le attività di indagine e di contrasto verso il rischio di possibili infiltrazioni mafiose nell'ambito dei progetti di realizzazione del PNRR. Su questo vorrei preliminarmente evidenziare come il MoVimento 5 Stelle abbia mostrato sempre una grande sensibilità su queste tematiche, anzi oserei dire che è stato sempre in prima linea ogni volta che si è trattato di combattere contro la corruzione e contro la criminalità organizzata. Il MoVimento lo ha fatto quando si è parlato di giustizia penale, perché il suo primo obiettivo, in questo ambito, è stato quello di garantire che non potesse essere consentito alcun tipo di impunità. Lo ha fatto in Commissione giustizia, anche qui quando specificamente si è parlato del PNRR (se ne è parlato nel corso dell'esame del parere per le parti di competenza della giustizia), e il MoVimento 5 Stelle ha voluto che si inserisse una specifica osservazione proprio per destinare risorse al contrasto della criminalità organizzata. Si è chiesto, in particolare - glielo leggo, Presidente -, “di prevedere investimenti nel potenziamento delle misure e degli strumenti da utilizzare per la prevenzione e il contrasto della criminalità organizzata, delle mafie e del fenomeno della corruzione, al fine di consolidare” - nel nostro Paese, questo lo aggiungo io - “un ambiente di legalità che possa favorire e incentivare gli investimenti”. Il MoVimento lo ha fatto anche nel presentare, di recente, una proposta di legge che riguarda l'ergastolo ostativo, per cercare di colmare quelle lacune che si sarebbero verificate, quelle problematiche che sarebbero sorte dopo 2 recenti sentenze della Consulta. Lo ha fatto, inoltre, attraverso la presenza dei suoi parlamentari nella Commissione antimafia e ha avuto sempre nelle sue corde il tema della lotta nei confronti della criminalità organizzata e della corruzione.

Fatta questa premessa, il MoVimento ritiene di poter condividere diverse proposte contenute in questa mozione. È sicuramente d'accordo sulla necessità di rafforzare la dotazione di mezzi e di risorse umane della Direzione investigativa antimafia, così come delle direzioni distrettuali antimafia. Allo stesso modo, è d'accordo sull'incremento dei fondi per rendere possibile la gestione dei beni sequestrati e confiscati. Sono temi per i quali il MoVimento 5 Stelle si è sempre battuto e lo stesso dicasi per quanto riguarda la vicinanza agli imprenditori che hanno denunciato il racket dell'usura (anche qui siamo d'accordo sulla necessità di rafforzare gli appositi fondi). Lo stesso possiamo dire sul potenziamento delle banche dati. Anche questo è stato inserito nella proposta di parere sul PNRR in Commissione giustizia. Siamo d'accordo anche sulla necessità di investire nella formazione di nuclei investigativi specializzati che non siano composti soltanto da Forze dell'ordine, ma che possano coinvolgere anche altre professionalità.

Detto questo, rimane soltanto qualche perplessità su alcune proposte, come quelle che riguardano, ad esempio, la formazione. No, che non siamo d'accordo, ma - attenzione, Presidente - vogliamo soltanto dire che siamo dell'idea che la formazione deve partire principalmente dalle scuole, anche perché non vogliamo dimenticare le parole di Borsellino, quando ci diceva che la mafia, così onnipotente, scomparirà se le nuove generazioni le negheranno il consenso. Allora, è a questi giovani che principalmente dobbiamo rivolgerci. Dobbiamo rivolgerci ai giovani, a cui dobbiamo insegnare nuovi valori e una cultura della legalità, e dobbiamo fare in modo di far capire a questi giovani che non si può più tollerare quel substrato culturale che considera quasi nella normalità la pratica della raccomandazione, del favore, del clientelarismo.

Sono tutte visioni culturali che vanno a favorire la crescita e il prosperare dell'attività criminale. A questi giovani vorrei che si potesse insegnare qualcosa anche su quello che è bene fare per la propria vita e capire che spesso dobbiamo cercare di imparare a rimuovere tutta quella cenere che la nostra cultura ha lasciato depositare su quella che Hillman aveva chiamato la “nostra ghianda”. Nel suo saggio, che si intitola Il codice dell'anima, invitava le persone a un concetto fondamentale: a riscoprire se stessi. Dobbiamo cercare di far capire ai giovani che la riscoperta di se stessi è, in primo luogo, la realizzazione della propria personalità e che questa realizzazione non passa attraverso la criminalità; questa realizzazione passa attraverso la riscoperta e la valorizzazione dei propri talenti. Diamo, allora, a questi giovani la possibilità di capire che si può fare una scelta: si può decidere di continuare a sopravvivere in una società, in mezzo a pescecani che nuotano nell'acqua sporca, oppure decidere che la vita può essere di nuovo nelle nostre mani e che si può fare a meno della criminalità, perché ci sono 1.000 spazi diversi per potersi realizzare ed essere davvero felici.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Manzato. Ne ha facoltà.

FRANCO MANZATO (LEGA). Grazie, Presidente. Grazie sottosegretario, per la presenza. Intervengo dopo una serie di affermazioni che sono tutte quante, ovviamente, condivisibili.

Insieme all'onorevole Cantalamessa, che è il primo firmatario, ho contribuito alla costruzione di questa mozione. Intervengo veramente in poco tempo, perché è già stato detto tanto, però io credo, ascoltando anche un po' l'intervento dell'onorevole Lattanzio, che dobbiamo prendere in considerazione la straordinarietà del momento, che è quello che, sì, ci investe tutti come società rispetto a una pandemia che sta creando grossissimi problemi, ma la costruzione di questa mozione non nasce da questo: nasce dall'opportunità che abbiamo di utilizzare risorse che sono ingenti e che possono essere utilizzate anche per fare interventi straordinari rispetto a una realtà, che è quella mafiosa, che negli ultimi 100-150 anni sta devastando l'Italia.

Io faccio riferimento anche all'intervento di Falcone, che è stato citato, che dice che questo è un evento sociale e come tutti gli eventi sociali passerà anche questo. Non ho il rango del giudice Falcone per poter contrastare quello che dice e, anzi, confermo e sostengo la sua posizione, ma è altrettanto vero che la mafia è uno Stato nello Stato e, quindi, è una realtà che deve essere affrontata con tutti gli strumenti necessari, con tutta la determinazione che possiamo mettere in campo e con tutta la capacità del Parlamento di poter intervenire con determinazione rispetto a questo problema.

Non intervengo specificatamente sulle azioni da fare, perché tutti qui dentro sanno esattamente quali sono le azioni che devono essere messe in campo per poter contrastare in maniera molto forte questo tipo di realtà. Però, è altrettanto vero che quantomeno chi si interessa di questo argomento e ha parlato magari con gli operatori, che per strada quotidianamente vigilano e contrastano tutte le mafie che esistono all'interno dello Stato italiano, si rende conto e a volte suggerisce il fatto che spesso e volentieri questi operatori si sentono soli nel loro lavoro e la loro missione a volte viene anche resa inutile se poi non ci sono azioni concrete che risolvono il problema nel momento in cui loro intervengono in maniera precisa, forte e con grande passione nel loro lavoro. Non dobbiamo assolutamente farli sentire soli. Questo è il messaggio che gli operatori del territorio ci dicono, e ce lo dicono con grande amarezza, perché spesso e volentieri il sentirsi soli significa anche sentirsi in pericolo.

L'Eurispes dice - vado a memoria - che il volume economico delle mafie supera i 200 miliardi all'anno, una cifra che vale il nostro PNRR. Quindi, non è solamente un'azione che vogliamo sia repressiva, investigativa, di intelligence, ma anche che contrasti un'economia che è sommersa e che deve essere riportata alla luce.

Nella nostra mozione facciamo riferimento sia alla parte investigativa - una parte che possiamo sicuramente trattare con una mozione unitaria per trovare una volontà comune -, sia anche e soprattutto, dal nostro punto di vista anche con una certa necessità, a tutta la fase informativa, che necessita questo Paese rispetto alla conoscenza del fenomeno quotidiano nelle testate nazionali. Ricordo che oggi ci sono molti giornalisti che sono molto famosi, che sottolineano la problematica di questo evento nel nostro territorio. Faccio dei nomi, così, a volo d'uccello: penso a Daniele Piervincenzi, penso a Saverio Lodato, penso a Lirio Abbate, penso a Purgatori, penso a Massimo Giletti, ma penso anche a moltissimi giornalisti che non sono conosciuti a livello nazionale, ma lavorano a livello locale e rischiano la vita molto più di quanto si possa immaginare. Peppino Impastato, prima di essere ucciso, era un giornalista in un piccolo paese, Cinisi, che continuava la sua battaglia insieme ad alcuni amici contro i boss locali, ed è stato ammazzato: è stato elevato a livello nazionale nel momento in cui è stato ammazzato. Oggi è martire, tutti lo ricordiamo, ma prima di subire quel tipo di attentato, era uno dei tanti giornalisti che anche oggi ci sono nel nostro territorio e rischiano la vita. Sono i piccoli giornalisti. La nostra volontà nella mozione è anche questa, oltre alla fase repressiva e investigativa: elevarli a rango nazionale. È un modo per proteggerli. Ciò, per noi, è assolutamente importante. Nel momento in cui vogliamo contrastare, insieme a tutte le azioni che sono state ricordate in quest'Aula, occorre fare anche questa. Un'ultima considerazione, siamo in un momento particolare, c'è una maggioranza particolare che affronta i temi del COVID, della riforma della giustizia, dell'economia, ma ha la possibilità di trattare anche questo tipo di argomento in maniera univoca. Anche con gli amici di Fratelli d'Italia possiamo fare una mozione unica, che possa affrontare - non dico in modo radicale, perché non mi illudo, ma in maniera molto forte - questo tipo di problematica.

Voglio ricordare un'ultima cosa: dobbiamo stare attenti, perché la vera innovazione della mozione Cantalamessa - e spero che questa sia accolta da tutte le altre mozioni - non è costituita solamente dalle azioni contenute nel documento, ma è rappresentata dall'entità finanziaria. È facilissimo intervenire per realizzare le azioni messe in campo, anche nella discussione di oggi, prevedendo delle risorse scarse, ma oggi, proprio perché abbiamo davanti un Piano nazionale che può consentire un'azione forte, dobbiamo intervenire finanziariamente in maniera molto forte, in maniera straordinaria. Chiudo solamente dicendo due cose. Innanzitutto il Parlamento oggi esprime una volontà. Io voglio far ricordare, non solamente al Governo, ma a tutti i corpi sociali, che oggi il Parlamento dice di voler intervenire sulle azioni antimafia in maniera determinante e con un'entità finanziaria adeguata. Adeguata significa molto, molto forte, un'azione straordinaria. È bene ricordarlo, perché in futuro ci si domanderà e ci domanderanno: cosa ha fatto il Parlamento? Qual è stata l'espressione dei singoli parlamentari rispetto a un'azione anticrimine, antimafia? La mafia non è forte quando mette le bombe, è forte quando non si sente. E oggi è più forte che mai, proprio perché non si sente. L'espressione di volontà, attraverso questo tipo di mozione, sottolinea il fatto che noi vogliamo essere presenti come Stato in tutte le azioni che oggi sono state evidenziate. Credo che questa sia una modalità di intervento unica nel suo genere, come ha sottolineato anche l'onorevole Cantalamessa, perché 2 miliardi di euro non sono pochi. Noi pensiamo che, se dobbiamo fare una mozione unitaria, aggiungendo azioni, attività, deve essere adeguatamente rimpinguata anche l'entità finanziaria. Oggi l'espressione politica ha dato il suo segno; credo e spero che il Governo possa fare altrettanto: noi ci assumiamo la responsabilità, ma da oggi passa nelle mani del Governo. All'onorevole Cantalamessa, discutendo di questo argomento, dissi: attenzione, che questo tipo di argomento, è di rango di segretari di partito, è di rango governativo, non è di rango parlamentare, non è una mozione che può passare sotto silenzio (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente. Questa mozione, come diceva il collega che ha appena completato il suo intervento, non è un atto dei tanti, tutti hanno grande dignità e importanza, ma non è uno dei tanti che passano dalle aule del Parlamento: è un atto di grande significato, è un impegno per il Governo estremamente rilevante per l'oggetto e per le modalità che vengono indicate con riguardo all'impegno del Governo rispetto, in particolare, all'impiego di fondi che fanno parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Quindi, è un intervento preventivo che coglie una necessità. Altre mozioni sono state presentate, alcune hanno riferimenti e dispositivi che possono, in parte, anche integrare la mozione principale, presentata dal collega Cantalamessa, ma parto da questa mozione per ordine, facendo una premessa. È importante l'impegno, è rilevante il contrasto alle associazioni mafiose e alla penetrazione delle associazioni nel tessuto economico, sociale, imprenditoriale; è fondamentale che il Governo si appresti a verificare l'opportunità di potenziare ogni attività ed intervento normativo atti a prevenire con certezza infiltrazioni nell'utilizzo dei fondi europei che vengono dati all'Italia sulla base di un preciso quadro normativo e sistematico, che non è solo l'efficienza della pubblica amministrazione, ma anche la certezza dell'impiego dei fondi a uno scopo ben definito in base alle missioni del PNRR. C'è una premessa: attenzione, nessun pregiudizio per l'utilizzo della gran parte dei fondi per il Sud, non è questo lo spirito della mozione. C'è qui il sottosegretario e sono certo di questo, cioè che non ci sia un pregiudizio che sui fondi che vanno al Sud bisogna stare attenti che non ci siano infiltrazioni, perché, giustamente, nella mozione si parla anche delle possibili infiltrazioni nel Centro-Nord, della grande difficoltà che c'è in questo momento nell'attività di indagine, che dia un quadro ancora più ampio e preciso delle attività di organizzazioni criminali che devono essere debellate con forza e con immediati interventi. Quindi, nessun pregiudizio sul Sud, questa non è una mozione che è diretta a verificare i fondi che vanno al Sud perché lì è da vedere cosa succede con le amministrazioni. No, le regioni e le amministrazioni locali, insieme al Governo, saranno in grado di allocare in maniera efficace, corretta e adeguata questi fondi. Ci vuole il potenziamento di un'attività che, comunque, deve svolgersi nell'intero territorio nazionale. E qui la mozione, questa prima mozione a firma Cantalamessa, precisa questo aspetto.

Il secondo aspetto, secondo me, anche da valutare - quindi, vengo subito alle questioni che non sono perplessità, ma suggerimenti - è tenere conto di una leale e continua collaborazione con il Ministero per il Sud. Qui non c'è un accenno, è invece importante, perché molte attività devono essere svolte. Mi riferisco, ad esempio, alla formazione di più pool investigativi specializzati, composti non solo da appartenenti alle Forze di polizia, ma anche da tecnici dotati di diverse competenze, tra cui quelle economico-finanziarie, statistiche, informatiche, di gestione aziendale, per verificare via via e monitorare ciò che avviene con i fondi, verificare allocazioni, stabilire le eventuali infiltrazioni, con persone che svolgono questo compito come esperti.

Qui manca, secondo me, la collaborazione del Ministero per il Sud che sarebbe fondamentale in questo senso per poter ulteriormente realizzare una costruzione a livello istituzionale, anche sulla base di fondi che vengono impiegati e allocati in modo complementare al PNRR e che sono decisivi nella determinazione poi dell'efficacia degli interventi. Il Ministero per il Sud può essere la struttura amministrativa che il Governo ha previsto chiaramente per svolgere un ruolo di grande rilevanza.

Quindi, forse occorre pensare anche a questo ulteriore elemento di collaborazione istituzionale. Come si può dire di no a un impegno nel quale si valuta l'opportunità di assumere iniziative di competenza, anche normative, per potenziare l'attività di indagine e di contrasto alle infiltrazioni mafiose nell'esecuzione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e, a tal fine, adottare iniziative anche per utilizzare le eventuali risorse che dovessero risultare come avanzo dei fondi stanziati, al fine di potenziare, ad esempio, anche l'attività delle azioni investigative antimafia? Mi sembra più che corretto. Penso che non sia possibile dire di no, anzi bisognerebbe rivolgere un plauso al Governo e alla maggioranza che ha proposto questa iniziativa, perché sicuramente parte dal Parlamento, ma ci sarà stata un'interlocuzione col Governo, mi sembra più che logico.

Ripeto, però: attenzione ai vincoli burocratici, attenzione alla sovrapposizione di elementi di controllo ulteriori; non deve essere questo lo spirito, non deve essere questa l'intenzione.

Vedo che in un'altra mozione si dice che il “decreto Semplificazioni” avrebbe creato una disarticolazione rispetto al codice degli appalti, la riforma giudiziaria creerebbe disastri: no.

Attenzione, perché la critica che può essere fatta è quella che riguarda ulteriori vincoli: chi ne vuole di più, chi ne vuole di meno; no, bisogna avere un equilibrio ragionevole negli interventi normativi proposti, io questo ho colto nella mozione a prima firma Cantalamessa che, chiaramente, noi sosterremo.

Rispetto a questo, vi sono degli elementi di novità anche nella mozione dei colleghi di Fratelli d'Italia. Ma c'è un punto importante nella mozione a prima firma Cantalamessa, che penso colga un punto importante: prevedere forme di compensazione economica per quelle imprese nei confronti delle quali l'informazione interdittiva antimafia – ove applicata - sia stata revocata per assoluta mancanza dei presupposti. Sono aziende che sono uscite dal circuito commerciale ed imprenditoriale. Quindi, questo dimostra questo passaggio: non c'è la volontà di porre vincoli, di impedire attività, ma di controllare e monitorare. Penso che debba essere fatto da tutto il Governo, compreso il Ministero per il Sud e da tutte le articolazioni governative, ovviamente il Ministero dell'Interno e il Ministero della Giustizia in primis, ma in particolare il Ministero dell'Interno.

Quindi, è evidente compensare soggetti che hanno subìto un'interdittiva e che poi sono usciti dal commercio, dall'attività societaria, dalla possibilità di partecipare agli appalti pubblici. Invece, quella era sbagliata, è stata revocata per assoluta mancanza di presupposti. Qui bisogna che lo Stato compensi, restituisca dignità alle società, alle persone che vi lavorano e, soprattutto, ristori.

Quindi, si tratta di un altro elemento importante che dimostra qual è lo spirito reale, effettivo, la ratio di questa mozione che considero di maggioranza a questo punto; così come penso sia importante anche aver scritto, e non me ne vogliate per la mia attività, ma è la prima volta che lo vedo scritto in maniera chiara: “finanziando programmi, master universitari e corsi di alta formazione che formino persone in grado di attuare progetti antimafia e anticorruzione, sia nel settore pubblico che in quello privato”. Formazione universitaria, formazione di alto profilo e di qualificazione universitaria e post-universitaria; non più i professionisti dell'antimafia, ma i veri professionisti, coloro che sono formati attraverso l'attività di formazione necessaria e con l'università. Questo è un altro elemento di novità importante che dimostra qual è l'intento del Governo: nessun vincolo burocratico, nessun impedimento alle attività, nessun pregiudizio per il Sud, ma semplicemente la volontà di monitorare con certezza. Lo Stato con la sua mano e la sua forza dimostra che è presente anche in questa fase di attuazione del PNRR. Che nessuno pensi di poterne approfittare, perché questo Governo e questa maggioranza non lo consentiranno (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bagnasco. Ne ha facoltà.

ROBERTO BAGNASCO (FI). Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la mozione oggi all'ordine del giorno dei lavori di questa Assemblea costituisce un ulteriore segnale di una specifica attenzione volta all'evoluzione delle diverse organizzazioni criminali presenti in Italia e alla loro progressiva espansione in aree diverse da quelle di tradizionale radicamento e in nuovi settori di possibile lucro.

La criminalità organizzata, anzi, meglio dire le criminalità organizzate hanno approfittato fin dall'inizio della pandemia per sostituirsi all'assistenza pubblica ovunque lo hanno potuto fare. Un vero e proprio welfare criminale, che certamente non vorrà lasciarsi sfuggire le ingenti somme che stanno arrivando nel nostro Paese. I fondi del Recovery Plan non possono diventare veicolo di opportunità per la criminalità organizzata di stampo mafioso; è perciò necessario dotare il nostro sistema delle opportune misure di bilanciamento tra la dovuta sburocratizzazione - questo è molto importante, altrettanto importante, lo voglio ripetere, la dovuta sburocratizzazione - e la velocità degli investimenti, con una effettiva e tempestiva garanzia di controlli.

Per noi di Forza Italia questa mozione costituisce un'ulteriore occasione per proseguire la nostra battaglia contro il crimine organizzato; battaglia che vanta radici profonde, e sono orgoglioso di poterne parlare a nome di Forza Italia.

Non posso esimermi dal sottolineare come il mio partito sia da sempre impegnato su questo delicato versante. Il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è frutto della legge delega del 13 agosto 2010, n. 136, voluta dal Governo Berlusconi, e contiene un quadro organico di disposizioni che vanno dalle misure di prevenzione personali e patrimoniali agli aspetti legati alla documentazione fino alle attività investigative nella lotta contro la criminalità mafiosa.

Questo è solo uno dei tanti provvedimenti voluti da noi di Forza Italia, un intervento che si inserisce nel solco di una continuità ideale ed operativa con una molteplicità di ulteriori misure adottate che hanno prodotto - è giusto e doveroso ricordarlo in quest'Aula - una stagione straordinaria per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata.

Per dare il senso plastico dell'azione che ha caratterizzato il mio partito, merita ricordare la legge n. 125 del 2008, in materia di sicurezza pubblica, che ha introdotto norme che hanno reso più efficace l'aggressione ai patrimoni finanziari delle cosche mafiose: lo ripeto, l'aggressione ai patrimoni finanziari delle cosche mafiose.

È stata prevista, inoltre, l'estensione dei compiti della Commissione antimafia, che ha potuto cominciare ad indagare anche sulle mafie estere e, quindi, iniziare quell'opera di prevenzione e di indagine sui profondi collegamenti che, purtroppo, esistono tra le mafie nostrane e quelle estere, ormai attecchite nel nostro Paese, dando, quindi, un valido contributo per interrompere queste trame criminali.

Va, inoltre, menzionata la legge n. 186 del 2008, che, in un'azione volta al ripristino della legalità e, parimenti, a dare forza e senso della presenza dello Stato in aree ad alta densità criminogena, ha previsto, a certe particolari condizioni, l'affiancamento alle Forze di polizia delle Forze armate e - anche qui non ci scandalizziamo - l'affiancamento, in certe particolari condizioni, delle Forze di Polizia alle Forze armate, per il controllo della criminalità, con risultati innegabilmente positivi.

Infine, va citato il caposaldo delle precedenti norme, il cosiddetto “pacchetto sicurezza”, introdotto dalla legge n. 94 del 2009, che, sicuramente, ha costituito il corpus degli interventi contro la criminalità organizzata più incisivo degli ultimi decenni, introducendo, tra l'altro, così come fortemente invocato ed estremamente opportuno, un inasprimento, in particolare, della normativa in materia di 41-bis, soprattutto per spezzare, una volta per tutte, quei collegamenti tra interno del carcere ed esterno. Tali legami, infatti, permettevano - speriamo di poterlo dire al passato - ai boss mafiosi, ancorché detenuti, di continuare, in qualche modo, a guidare le proprie organizzazioni. È stata introdotta, peraltro, anche un'altra fattispecie significativa di reato, l'agevolazione in favore dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis; il regime del carcere duro, seppure oggi, come tutti noi sappiamo, è oggetto di una rimeditazione, alla luce della normativa europea e delle indicazioni fornite dalla Consulta, ha costituito e continuerà a costituire, nel solco dei principi costituzionali – ripeto, ha costituito e, per, noi dovrà continuare a costituire, nel solco dei principi costituzionali - un efficace strumento di lotta alla criminalità organizzata.

Per queste ragioni, forti della nostra storia, noi di Forza Italia non ci esimeremo dal condividere questa ulteriore iniziativa, condividendone tanto la ratio quanto i contenuti (Applausi di deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Chiedo al sottosegretario Molteni se intenda intervenire: si riserva.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Trano. Ne ha facoltà.

RAFFAELE TRANO (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. Quanto accaduto questa mattina sul treno Napoli-Roma è di una gravità inaudita. Lo riferisco in quest'Aula non perché qualcuno me l'abbia raccontato, ma perché l'ho vissuto direttamente. Si tratta dell'imbarazzante gestione del servizio di Trenitalia durante la pandemia. In questi giorni stanno crescendo i contagi e si parla di green pass anche per poter prendere un mezzo pubblico. Ma ormai sono finiti i tempi in cui qualcuno, in quest'Aula, saliva su un autobus con fotografi e giornalisti al seguito, per un titolo in prima pagina; ci sono tanti parlamentari, come me, che utilizzano tranquillamente il trasporto pubblico locale e che diventano anche testimoni di inefficienze che, prima del COVID, erano sgradevoli e, ora, sono addirittura pericolose. Sul treno su cui ho viaggiato questa mattina non c'era traccia del distanziamento sociale: erano tutti accalcati, come e peggio di prima della pandemia. Poi, addirittura, verso la fine del tragitto, abbiamo imbarcato altri passeggeri di un treno che era fermo e le condizioni erano oltre il limite dell'assurdo.

Mi chiedo a che cosa serva mettere mille paletti a bar e ristoranti, se poi è questo il modo con cui si continua a fornire un servizio ai pendolari. E mi chiedo come si possa garantire il ritorno in presenza in condizioni del genere. Le risorse, Presidente, ci sono, ma mancano le capacità. Quindi, il Governo dimostri di essere all'altezza, invece di perdersi in mille polemiche sterili. Chiedo, pertanto, che il Ministro dei Trasporti o i vertici di Trenitalia riferiscano su questa imbarazzante vicenda.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 27 luglio 2021 - Ore 12:

1. Seguito della discussione del disegno di legge:

Conversione in legge del decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, recante disposizioni urgenti in materia di cybersicurezza, definizione dell'architettura nazionale di cybersicurezza e istituzione dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale. (C. 3161-A​)

Relatori: BRESCIA, per la I Commissione; PAITA, per la IX Commissione.

2. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 2267 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 giugno 2021, n. 79, recante misure urgenti in materia di assegno temporaneo per figli minori (Approvato dal Senato). (C. 3201​)

Relatrice: NOJA.

3. Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento civile nei confronti di Monica Faenzi (deputata all'epoca dei fatti). (Doc. IV-ter, n. 3-A)

Relatrice: PINI.

4. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

CIPRINI ed altri; GRIBAUDO ed altri; BOLDRINI ed altri; BENEDETTI ed altri; GELMINI ed altri; VIZZINI ed altri; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO; CARFAGNA ed altri; FUSACCHIA ed altri; CARFAGNA: Modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, e altre disposizioni in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. (C. 522​-615​-1320​-1345​-1675​-1732​-1925​-2338​-2424​-2454-A​)

Relatrice: GRIBAUDO.

5. Seguito della discussione della proposta di legge:

MELONI ed altri: Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali. (C. 3179-A​)

e delle abbinate proposte di legge: MELONI ed altri; MANDELLI ed altri; MORRONE ed altri; BITONCI ed altri; DI SARNO ed altri.

(C. 301​-1979​-2192​-2741​-3058​)

Relatrice: BISA.

6. Seguito della discussione della proposta di legge:

ZUCCONI ed altri: Disposizioni concernenti la rinegoziazione dei contratti di locazione di immobili destinati ad attività commerciali, artigianali e ricettive per l'anno 2021 in conseguenza dell'epidemia di COVID-19. (C. 2763-A​)

Relatori: MASI, per la maggioranza; ZUCCONI, di minoranza.

7. Seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare:

FORMENTINI ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dello scoppio della pandemia di COVID-19 e sulla congruità delle misure adottate dagli Stati di origine del virus SARS-CoV-2 per evitarne la propagazione nel mondo. (Doc. XXII, n. 42-A)

Relatori: FORMENTINI, per la III Commissione; STUMPO, per la XII Commissione.

8. Seguito della discussione del disegno di legge:

Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia.

(C. 2561-A​)

Relatore: DE FILIPPO.

9. Seguito della discussione della mozione Cabras ed altri n. 1-00456 concernente iniziative in relazione al caso di Julian Assange .

10. Seguito della discussione delle mozioni Cantalamessa ed altri n. 1-00498, Trano ed altri n. 1-00506 e Lollobrigida ed altri n. 1-00507 concernenti iniziative volte a potenziare il contrasto ad infiltrazioni mafiose con particolare riferimento alla realizzazione dei progetti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza .

La seduta termina alle 16,45.