XVIII LEGISLATURA
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
la società Leonardo-Finmeccanica spa è un'azienda italiana attiva nei settori della difesa, dell'aerospazio e della sicurezza. Il suo maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze italiano, che possiede una quota di circa il 30,204 per cento;
iniziata l'attività nel 1948, ha mantenuto la denominazione di Finmeccanica s.p.a. fino al 2016 quando ha assunto la denominazione di Leonardo-Finmeccanica dove sono confluite le attività delle società precedentemente controllate AgustaWestland, Alenia Aermacchi, Selex ES, OTO Melara e Wass;
Leonardo è la decima più grande impresa di difesa del mondo ed è la terza più grande in Europa, con entrate dal settore difesa che rappresentano il 68 per cento del proprio fatturato. La società è quotata nell'indice Ftse Mib della Borsa di Milano. L'azienda è strutturata in 5 divisioni operative: elicotteri, velivoli, aerostrutture, elettronica e cyber security (ex sistemi per la sicurezza e le informazioni);
la società Leonardo è definita una delle maggiori aziende, a partecipazione statale, nel campo degli armamenti «Protagonisti nell'aero spazio difesa e sicurezza», si legge nel sito web della società, nonché nei sistemi di aerospazio, ed in particolare, nella produzione di elicotteri, velivoli di trasporto tattico, difesa e sicurezza, nei sistemi avionici, nei sistemi senza pilota, nei sistemi senza pilota e aerostrutture;
da notizie riportate dalla stampa si apprende che il 1° luglio 2021 la società Leonardo Company avrebbe assunto in qualità di quadro Simone Tabacci, figlio dell'attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Bruno Tabacci;
al sottosegretario Tabacci sono state conferite, si legge all'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 marzo 2021 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 aprile 2021, n. 101 «Deleghe in materia di politiche relative ai programmi spaziali ed aerospaziali. 1. Il sottosegretario è delegato al coordinamento delle politiche relative ai programmi spaziali e aerospaziali di cui alla legge 11 gennaio 2018, n. 7...)»;
si tratta di deleghe specifiche che combaciano perfettamente con il campo di azione ed interesse economico della società della quale il figlio Simone risulta da poco entrato a far parte, in qualità di quadro;
si apprende che al riguardo il Ministro dell'economia e delle finanze, Daniele Franco, avrebbe chiesto chiarimenti ai vertici dell'azienda Leonardo-Finmeccanica, tanto che lo stesso Simone Tabacci avrebbe dichiarato «Nello svolgimento delle mie funzioni mi asterrò dal partecipare a qualsiasi attività connessa alle materie concernenti la delega di Governo attribuita a mio padre»; con ciò implicitamente ammettendo che vi sarebbe affinità tra l'attività che è stato chiamato a ricoprire e quella del padre Bruno, in qualità di Sottosegretario con deleghe specifiche;
non vi è dubbio che l'assunzione di Simone Tabacci potrebbe mettere in dubbio la terzietà dell'azione di Governo nei confronti di una multinazionale strategica i cui vertici dipendono direttamente dall'esecutivo –:
se il Governo non ritenga di dover procedere all'invito all'onorevole Tabacci a rassegnare le dimissioni da Sottosegretario di Stato per tutelare l'autonomia e la terzietà del ruolo svolto dal Governo;
se il Ministro interrogato, non ritenga, in ragione del fatto che il Ministero dell'economia e delle finanze è azionista della società Leonardo-Finmeccanica, di adottare le iniziative di competenza volte a sensibilizzare i vertici aziendali affinché assicurino politiche del personale al di sopra di qualsiasi rischio di situazioni di conflitto di interesse.
(2-01296) «Fregolent, Anzaldi, Vitiello».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
LOREFICE, D'ARRANDO, GRILLO e VILLANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da quanto si apprende da fonti giornalistiche, da uno studio condotto da Oxfam ed Emergency, pare che Pfizer e Moderna abbiano venduto le dosi vaccinali anche fino a 24 volte in più il loro costo di produzione che secondo le stime realizzate da Public Citizen con ingegneri dell'Imperial College potrebbe collocarsi intorno a 1,2 dollari per dose. Tutto ciò, nonostante abbiano ricevuto 8 miliardi di euro di finanziamenti pubblici;
in una situazione sanitaria mondiale di tale entità, un costo di vendita così elevato rischia di far sì che solo i Paesi ricchi siano in grado di pagare il prezzo richiesto, mentre le aree povere del pianeta continuano ad avere una copertura vaccinale bassissima, stimata intorno all'1 per cento, condizione che agevola la nascita e la diffusione di nuove varianti, con pregiudizio per tutti;
sempre secondo la stima di Oxfam se le case farmaceutiche non godessero dei monopoli sui brevetti il costo della vaccinazione globale con gli innovativi vaccini a mRNA, sostenuto dall'iniziativa Covax dell'organizzazione Mondiale della sanità, potrebbe essere almeno 5 volte più basso;
e ancora, secondo le stime della Pva, i fondi spesi fino ad oggi dal Covax sarebbero stati sufficienti a garantire un ciclo di vaccinazione completa ad ogni persona nei Paesi a basso e medio reddito, se i prezzi garantiti fossero stati equi e a fronte di un'offerta sufficiente di dosi;
il rialzo dei prezzi dei vaccini purtroppo non sembra arrestarsi nemmeno nonostante l'acquisto di un numero senza precedenti di dosi a livello globale, che viceversa avrebbe dovuto produrre una progressiva riduzione del costo degli stessi;
si stima che i richiami per le varianti potrebbero costare fino a 175 dollari a dose, 148 volte il costo stimato di produzione;
di qui è emerso l'appello urgente per un'immediata sospensione dei brevetti;
risulta evidente che il diritto alla salute e alla vita non possano essere limitati da logiche di profitto e che i vaccini anti-COVID siano un diritto universale e non una merce, motivo per il quale il Movimento 5 Stelle è stato il primo a lanciare un'importante iniziativa politica per la sospensione della licenza obbligatoria nella produzione dei vaccini anti-Covid, non solo per superare i limiti produttivi e accelerare così la campagna vaccinale europea, ma anche per garantire l'equo accesso ai vaccini per i Paesi poveri perché, come dimostra chiaramente il caso della variante indiana, senza una copertura vaccinale globale nessuno sarà mai al sicuro –:
quali iniziative urgenti intendano intraprendere, nelle competenti sedi europee ed internazionali, al fine di affrontare in maniera risoluta l'inaccessibilità economica dei vaccini contro il COVID-19 determinata da una crescita esponenziale dei prezzi, rappresentando, nelle anzidette sedi, con rinnovato vigore, la necessità di ricorrere allo strumento della licenza obbligatoria per l'emergenza sanitaria in corso, strumento di cui finalmente anche l'Italia si è dotata.
(5-06552)
QUARTAPELLE PROCOPIO, BOLDRINI, FASSINO, DELRIO e LA MARCA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
l'Associazione nazionale comunità italo-somala raccoglie circa 600 soci e si occupa della minoranza somala di lingua e cultura italiana, composta da cittadini italiani nati nel periodo dell'Afis (amministrazione fiduciaria italiana della Somalia);
da anni denuncia alle istituzioni competenti la condizione di disagio e discriminazione vissuta dai figli nati in Somalia da padre italiano e madre somala tra il 1950 e il 1960;
sopraggiunta l'indipendenza, la condizione di questi bambini è stata di particolare difficoltà;
essi sono stati vittime di discriminazione sia nel loro Paese di origine, in quanto ripudiati per essere figli degli ex colonizzatori, sia in Italia, in quanto figli illegittimi di italiani che avevano generalmente già altra regolare famiglia;
il trasferimento in Italia dei minori italo-somali si è reso necessario a causa dell'insorgere di uno stato di necessità dovuto all'ostilità della popolazione somala, in maggioranza mussulmana, verso i figli cristiani degli italiani abbandonati in Somalia al termine dell'Afis;
i minori sono stati vittime della discriminazione razziale di alcune leggi, in particolare la n. 822 del 1940 (contro, il meticciato), inspiegabilmente applicata durante il mandato fiduciario dell'Onu, nonostante la sua abrogazione;
ne è prova il certificato biotipologico in dotazione agli italo-somali trasferiti in Italia nei primi anni '60 al termine dell'Afis;
chi è giunto in Italia ha quindi vissuto un grave sradicamento che ha segnato la sua esistenza con rilevanti disagi materiali e psicologici;
non è mai stata prevista alcuna normativa di raccordo o di transizione che potesse tutelare l'ex-popolazione amministrata, in particolare per i minori italo-somali abbandonati dagli italiani rientrati in Italia a seguito del termine dell'Afis;
per circa 20 anni la comunità degli italo-somali si è rivolta alle istituzioni italiane per chiedere di adeguare la normativa esistente (legge n. 137 del 1952) per la tutela della comunità, costituita all'epoca dei fatti da minori in stato di apolidia e di abbandono;
sin dal 2007 è in corso una interlocuzione istituzionale con il Ministero dell'interno in merito a tale questione –:
quali iniziative intenda assumere il Governo per estendere alla comunità italo-somala dell'Afis le provvidenze già riconosciute dalla normativa italiana alle vittime di discriminazioni razziali e di guerra e da Trattati internazionali e, al contempo, per riconoscere la realtà storica di quella vicenda.
(5-06555)
Interrogazioni a risposta scritta:
FRATOIANNI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da una conversazione pubblicata nel primo episodio dell'inchiesta «Follow the money» realizzata da Fanpage.it emergeva come Claudio Durigon, Sottosegretario per l'economia e le finanze non temesse le indagini sui 49 milioni di euro sottratti illecitamente dalla Lega perché, a suo dire, i vertici della Guardia di finanza, che svolgevano quelle indagini, sarebbero stati nominati proprio dal segretario nazionale di quel partito;
dal secondo episodio della stessa inchiesta giornalistica emerge ancora più chiaramente, a parere dell'interrogante, l'incompatibilità tra l'incarico di Governo ricoperto e taluni comportamenti, frequentazioni, nonché ulteriori affermazioni del Sottosegretario Durigon che gettano ulteriori ombre sia sulla vicenda giudiziaria relativa ai 49 milioni di euro, che su presunti rapporti poco chiari con settori contigui alla criminalità e con appartenenti delle forze dell'ordine, addirittura con i vertici della Guardia di finanza che verrebbero utilizzati per attenuare il più possibile gli effetti delle inchieste giudiziarie che riguardano la Lega. A tal proposito, Fanpage ricostruisce anche i puntuali trasferimenti ad altro incarico degli ufficiali che conducevano le indagini sui fondi della Lega presso le procure titolari delle inchieste;
l'inchiesta di Fanpage.it ha documentato anche rapporti tra lo stesso Sottosegretario e imprenditori le cui società sono finite al centro di un'altra inchiesta giornalistica di Fanpage chiamata Bloody Money, come l'azienda dei rifiuti campana Sma Campania;
ad oggi, non risulta all'interrogante che il Sottosegretario Durigon abbia fornito i dovuti chiarimenti circa le sue affermazioni rivelate dall'inchiesta giornalistica Follow the money ed è per questo che, a parere dello stesso interrogante, il Governo ha il dovere, ma anche il diritto di pretendere che il Sottosegretario Durigon risponda in maniera esaustiva rispetto a quanto emerge da questa inchiesta giornalistica e, in caso di risposte omesse o non chiarificatrici, trarre le dovute conseguenze circa il mantenimento di un incarico di Governo perché, sia che si tratti di un «pericoloso millantatore seriale», come ipotizzato nella suddetta inchiesta giornalistica, sia che le affermazioni fatte da Durigon rispondano al vero, non è in ogni caso opportuno, a parere dell'interrogante, che lo stesso continui a ricoprire un incarico di Governo;
anche a tutela della stessa onorabilità della Guardia di finanza, nonché dell'intero Governo Durigon andrebbe allontanato dal Ministero dell'economia e delle finanze, dal quale peraltro la Guardia di finanza dipende direttamente –:
quali iniziative il Governo intenda assumere alla luce di quanto emerso dall'inchiesta Follow the money di Fanpage.it, nei confronti del Sottosegretario Durigon ritenendo l'interrogante la sua persona non più compatibile con l'incarico ricoperto al Ministero dell'economia e delle finanze, viste le gravi dichiarazioni rilasciate dallo stesso e i presunti rapporti opachi intrattenuti con appartenenti alle forze dell'ordine, all'imprenditoria, ad ambienti contigui alla criminalità.
(4-09990)
CORDA, TERMINI, CABRAS, EHM, TRANO, SPESSOTTO, SAPIA, MASSIMO ENRICO BARONI, SURIANO, COSTANZO e COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
Leonardo S.p.a. è un'azienda italiana, attiva nei settori della difesa, dell'aerospazio e della sicurezza e la sua proprietà è al 30,2 per cento del Governo italiano e al restante 69,8 per cento di investitori privati e fondi d'investimento;
Simone Tabacci, figlio di Bruno Tabacci, politico di lungo corso, membro della Camera dei deputati, già consigliere regionale e poi Presidente della regione Lombardia, è stato assunto dalla Leonardo S.p.A., con nomina dell'amministratore delegato Alessandro Profumo, alla divisione Chief strategic equity officier che si occupa del coordinamento delle partecipazioni e delle joint venture della società;
Bruno Tabacci, dal 25 febbraio 2021, è Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con delega alla programmazione e al coordinamento economico e, con decreto del Presidente del Consigli dei ministri del 19 marzo 2021, ha ricevuto la delega al coordinamento delle politiche relative ai programmi spaziali e aerospaziali;
quest'ultimo è un settore di fondamentale importanza geopolitica in cui l'Italia ha raddoppiato l'impegno finanziario nell'ultimo anno;
inoltre, tra i fondi del Next Generation Eu, circa 10 miliardi di euro dovrebbero essere investiti proprio in difesa e aerospazio ed il compito di individuare i progetti da finanziare sarà affidato all'onorevole Tabacci;
stupisce che non sia questo l'unico caso legato alla società Leonardo S.p.a., i cui vertici sono nominati direttamente dal Governo italiano, nella quale confluiscono politici o parenti di politici. Si ricordiamo inoltre la nomina di Luciano Violante a Presidente della Fondazione Leonardo, la nomina dell'ex Ministro dell'interno Marco Minniti a Presidente della Fondazione Med-Or, la nomina dell'ex portavoce alla Farnesina del Ministro Luigi Di Maio, Augusto Rubei alle relazioni Internazionali di Leonardo Spa;
inoltre, da fonti giornalistiche, si apprende che il sottosegretario Tabacci si sarebbe adoperato affinché l'Agenzia spaziale italiana assegnasse un progetto di ricerca da 80 mila euro l'anno al capo della sua segreteria tecnica, nonché tesoriere del partito Centro democratico di cui Tabacci è presidente, Carlo Romano. Quest'ultimo, che ha confermato la possibilità del suo passaggio all'Agenzia spaziale italiana, dovrebbe occuparsi della gestione e del monitoraggio dei fondi che arriveranno dal Recovery Fund per l'aerospazio pari a circa 2,3 miliardi di euro –:
se il Governo ritenga, alla luce dei fatti riportati, che possa sussistere nelle ipotesi summenzionate un conflitto di interessi e quali iniziative di competenza intenda adottare.
(4-09991)
CORDA, CABRAS, TRANO, SPESSOTTO, SAPIA, COSTANZO, COLLETTI, EHM e SARLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
è da decenni che la piaga degli incendi, ogni estate, distrugge migliaia di ettari di patrimonio boschivo della Sardegna, siti di notevole valenza ambientale, culturale ed economica dell'isola;
gli incendi che negli ultimi giorni hanno devastato varie zone della provincia di Nuoro e Oristano sono senza precedenti e i danni all'ambiente e all'economia sono ancora incalcolabili. Secondo alcune stime, potrebbero raggiungere addirittura il miliardo di euro;
le fiamme divampate hanno divorato 20.000 ettari di terra, equivalente al dieci per cento di tutto il territorio della provincia di Oristano. Boschi, pascoli, case, aziende agricole sono andate bruciate e il bestiame è stato ucciso e si contano circa 1.500 sfollati;
il problema degli incendi in Sardegna dimostra tutta l'incapacità delle istituzioni nazionali e regionali di predisporre un piano che riesca a prevenirli o limitare l'espandersi ed i danni causati dal fuoco. Ogni anno si assiste inermi alle stesse tragedie per poi passare alla conta dei danni senza che venga mai messo in atto un serio e concreto piano antincendio;
dei piani ripartimentali regionali, veri e propri piani operativi annuali per la programmazione e la prevenzione antincendio, del Corpo forestale, per questo anno, non vi è traccia o, se sono stati varati, non sembra esserci stata attuazione;
manca un programma, regionale e nazionale, di monitoraggio del territorio che sia effettuato anche attraverso sistemi di rilevazione tecnologicamente avanzati. L'utilizzo di tecnologie digitali consentirebbe la precoce rilevazione e la previsione di incendi, di fare prevenzione e tutelare il patrimonio boschivo, consentendo l'attivazione delle operazioni di spegnimento in tempi rapidissimi;
mentre i vigili del fuoco, il personale della Forestale e della Protezione civile si sono impegnati senza sosta per affrontare un momento drammatico per tutta la Sardegna, il parco mezzi della Regione è risultato totalmente insufficiente; infatti, è stato necessario attivare il meccanismo europeo di protezione civile per chiedere agli altri Paesi dell'Unione europea l'invio di velivoli in Italia;
si tratta di un'emergenza ambientale, economica e sociale che richiede l'immediata adozione di misure straordinarie di assistenza alla popolazione, per tutelare il patrimonio ambientale, agricolo ed economico, e di messa in sicurezza del territorio, nell'ottica di una vera e propria transizione ecologica –:
alla luce della gravissima situazione di cui in premessa, quali concrete iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di sostenere le famiglie, le imprese e i territori colpiti;
se esista un serio e concreto piano di prevenzione e come esso sia strutturato;
se e quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano porre in essere per verificare cause e circostanze della mancata programmazione e prevenzione attraverso piani antincendio e per promuovere una maggiore efficacia delle medesime attività di programmazione e prevenzione.
(4-09993)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta scritta:
SIRAGUSA, TERMINI e SARLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 20 aprile 2021 Comitato promotore del referendum sull'eutanasia legale ha depositato in Corte di cassazione un quesito per la parziale abrogazione dell'articolo 579 del codice penale;
tra le varie iniziative intraprese per attivare la raccolta delle cinquecentomila firme necessarie per l'indizione del suddetto referendum, dal 18 maggio il Comitato ha intrapreso una serie di interlocuzioni col Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; ciò, al fine di consentire anche ai connazionali residenti all'estero di poter sottoscrivere il quesito referendario presso gli uffici consolari italiani. Il Comitato ha ricevuto quindi in merito, immediatamente, dettagliate informazioni tecniche dall'ufficio DGIT 2 e dal Sottosegretario Benedetto Della Vedova, i quali hanno suggerito l'invio – poi avvenuto il 17 giugno – di una comunicazione a 199 consolati per consentire il miglior esito alla spedizione dei plichi contenenti i moduli vidimati per raccogliere le firme;
secondo quanto pubblicato sul sito di Eumans il 27 luglio 2021, però, meno della metà dei consolati (99) ha risposto a tale comunicazione;
ai summenzionati problemi di carattere comunicativo ne sono aggiunti molti altri: innanzitutto – anche se non pertinente alle competenze del Ministro interrogato, ma che va menzionato dato il rilevante danno arrecato ai promotori – quello per cui le Poste consentono di spedire un massimo di cinque raccomandate a persona al giorno: a causa di tale limitazione il Comitato ha impiegato quasi un mese per inviare le comunicazioni a tutta la rete consolare citata;
in alcuni casi (Praga, Melbourne) la modulistica è stata accettata soltanto tramite consegna a mano da parte di un iscritto alla circoscrizione elettorale; a Seul, invece, non essendoci un referente sul posto, il consolato non ha potuto attivarsi;
anche a causa dell'emergenza sanitaria, la maggior parte dei consolati ha ridotto l'orario di ricezione al pubblico o ha introdotto l'obbligo di appuntamento, come a Londra, dove per altro il consolato ha riservato ai firmatari solamente un'ora a settimana, il martedì pomeriggio. È chiaro come, in casi come questo, si costringono i sottoscriventi ad assentarsi dal lavoro per più ore (a causa delle file e delle procedure d'ingresso);
la legge n. 352 del 1970 non include il console onorario tra le figure autorizzate ad autenticare le firme. Tuttavia il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nel tentativo di contenere i costi, sta negli ultimi anni trasformando sempre più consolati ordinari in onorari, costringendo i nostri connazionali iscritti all'Aire a lunghi spostamenti (ad esempio, da Siviglia a Madrid; da Reykjavik ad Oslo) per poter sottoscrivere la raccolta firme oggetto di questa interrogazione;
i consolati aggiornano l'elenco degli iscritti alla lista elettorale della loro circoscrizione solamente in occasione di una tornata elettorale. Pertanto, per la raccolta firme in corso, fanno riferimento alla lista aggiornata al referendum costituzionale del settembre 2020. Ciò implica che chi si è trasferito nella circoscrizione del consolato nell'ultimo anno non può partecipare;
escluso un caso (Dortmund), a quanto consta all'interrogante nessun altro consolato ha confermato al Comitato promotore di aver ricevuto i moduli, né indicato le modalità di accesso al consolato stesso per chi volesse firmare –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto per consentire il sereno e regolare svolgimento della raccolta firme referendaria per gli italiani residenti all'estero;
se il Governo abbia intenzione di emanare circolari, informative e comunicazioni ufficiali dirette alla rete consolare e ai gruppi organizzati di nostri connazionali all'estero, affinché detta possibilità sia conosciuta debitamente dai pubblici funzionari e dalla cittadinanza.
(4-09987)
DISABILITÀ
Interrogazione a risposta in Commissione:
VERSACE. — Al Ministro per le disabilità, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:
in data 26 luglio 2021, la Gazzetta del Sud dava notizia delle indagini a carico di 8 autisti dell'Amat, l'azienda di trasporto pubblico di Taranto, di età compresa tra i 40 e i 62 anni, accusati dei reati di violenza sessuale aggravata ai danni di una ventenne affetta da un evidente disagio psichico che, secondo la denuncia della stessa giovane, avrebbe subito ripetuti abusi e violenze di natura sessuale, anche sui mezzi di trasporto della società tarantina che la ragazza usava abitualmente per i suoi spostamenti;
il Giudice per le indagini preliminari secondo quanto riporta la testata, avrebbe respinto la misura degli arresti domiciliari richiesta dalla procura ed imposto nei loro confronti il più blando divieto di avvicinamento alla ragazza e al suo fidanzato;
in data 28 luglio 2021, diverse agenzie di stampa e organi di informazione, tra cui lasicilia.it, invece, hanno riportato la notizia degli arresti a seguito dell'operazione «Bad caregiver», indagine condotta dai Nas di Ragusa e dai carabinieri del comando provinciale di Caltanissetta che, grazie a telecamere nascoste poste in due comunità per assistenza a persone con disabilità fisica a Serradifalco, in provincia di Caltanissetta, ha portato alla luce sconcertanti episodi di malnutrizione, abbandono, violenze e abusi sessuali a danni dei pazienti ospitati nella struttura, ad opera di alcuni operatori tratti in arresto;
questi sono soltanto due degli ultimi episodi che raccontano di quotidiane violenze, abusi, vessazioni subite da persone con disabilità, che sfociano spesso in violenza sessuale quando si tratta di donne con disabilità intellettiva;
la Camera dei deputati, il 15 ottobre 2019, ha approvato la mozione n. 1-00263 la cui prima firmataria è l'interrogante contenente precisi impegni al Governo, in materia di prevenzione e contrasto alle discriminazioni e alle violenze verso le donne con disabilità;
tra gli impegni accolti dal Governo figurano, al punto 9, «iniziative concrete volte a: a) agevolare la denuncia dei maltrattamenti subiti dalle donne con disabilità; b) sostenere economicamente e psicologicamente le donne con disabilità vittime di violenza, istituendo percorsi gratuiti di assistenza e supporto e pubblicizzandone l'esistenza; c) istituire corsi di formazione specifica sul trattamento di casi di violenza subiti da donne con disabilità» –:
quali iniziative intenda adottare il Governo per contrastare i sempre più frequenti casi di violenza a danno di donne con disabilità e per onorare gli impegni assunti con l'approvazione della mozione di cui in premessa.
(5-06550)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta scritta:
CIRIELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 31, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha introdotto a decorrere dal 1° gennaio 2011 il divieto di effettuare compensazioni dei crediti relativi alle imposte erariali (ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997), in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro e per i quali è scaduto il termine di pagamento;
la norma statuisce, dunque, il divieto di saldare, per esempio, un debito Irpef utilizzando un credito Iva, ma non impedisce la compensazione verticale, ossia l'utilizzo di un credito per il pagamento di un debito relativo alla medesima imposta;
sul punto è intervenuta l'Agenzia delle entrate con la risposta all'interpello 913-844/2018, confermando che, in effetti, in presenza di «rottamazione» non vige il divieto di compensazione orizzontale dei crediti fiscali per i contribuenti che hanno debiti iscritti a ruolo di importo superiore a 1.500 euro, avallando così la possibilità di deroga alla disciplina di cui al citato articolo 31, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010;
in altre parole, i contribuenti che presenteranno domanda di rottamazione delle cartelle avranno la possibilità di compensare liberamente crediti con debiti fiscali per il versamento di imposte di natura diversa;
in particolare, l'Agenzia ha chiarito che in caso di «rottamazione» ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018 il divieto di compensazione considerato non opera perché «la presentazione della domanda di definizione agevolata determina la sospensione dell'attività di riscossione e che il pagamento della prima o unica rata estingue le attività esecutive già intraprese»: infatti, come precisato dall'articolo 3, la sola presentazione dell'istanza di definizione agevolata inibisce l'attività di recupero del riscossore (ad evidente tutela del contribuente);
sembrerebbe, tuttavia, che, pur essendo intervenuta l'Agenzia delle entrate in merito alla possibilità di compensare il credito Iva certificato per il pagamento della «rottamazione-ter» rispondendo all'interpello 913-844/2018, di fatto non si consenta la compensazione orizzontale, quanto non è stato recepito ufficialmente il prefato interpello attraverso un atto ad efficacia erga omnes;
quanto esposto determinerà per migliaia di aziende l'impossibilità di utilizzare il credito Iva certificato per il pagamento della prima rata della «rottamazione-ter», procedura peraltro consentita nella «rottamazione-bis» con evidente ulteriori ripercussioni economiche sui contribuenti;
i crediti utilizzabili in compensazione costituiscono sine dubio somme legittimamente e regolarmente maturate dai contribuenti, consentirne un più agevole utilizzo in un particolare momento di crisi di liquidità rappresenterebbe un utile strumento di sostegno per i soggetti economici in difficoltà, sicché, sarebbe auspicabile un intervento normativo chiarificatore delle condizioni applicative della compensazione orizzontale, al fine prevenire una discrezionalità amministrativa da parte dell'Agenzia delle entrate che determina una applicazione non uniforme della materia –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, anche di carattere normativo, al fine di garantire la compensazione orizzontale dei crediti fiscali per i contribuenti che hanno aderito alla rottamazione ex articolo 3 del decreto-legge n. 119 del 2018.
(4-09979)
GIUSTIZIA
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro per le disabilità, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, per sapere – premesso che:
gli organi di informazione riportano il grave fatto di cronaca avvenuto a Taranto e relativo ad una ragazza di vent'anni, con una disabilità psichica, che, per circa 2 anni, è stata violentata da autisti dell'azienda dei trasporti pubblici urbani (Amat): secondo le cruente indiscrezioni emerse, la giovane ragazza disabile è stata vittima di violenze sessuali, all'interno degli autobus appositamente parcheggiati in luoghi isolati e con le porte chiuse;
nonostante gli 8 autisti siano indagati per violenza sessuale aggravata, sempre secondo quanto riportato dagli organi di informazione, sembra che il Giudice per le indagini preliminari abbia respinto la richiesta di arresti domiciliari, predisponendo come provvedimento cautelativo il divieto di avvicinamento alla ragazza, alla mamma e al fidanzato;
l'Amat, tramite un proprio comunicato, ha riferito di aver «appreso dalla stampa circa le gravissime condotte che vedrebbero coinvolti alcuni autisti e che prenderà tutti i provvedimenti necessari alla propria tutela, continuando ad assicurare il regolare prosieguo delle proprie attività. I fatti rappresentati lasciano sgomenti, aggravati dal fatto che sarebbero stati posti in essere durante il servizio pubblico, che, invece, è esercitato quotidianamente dai tanti dipendenti che assicurano il massimo impegno con serietà e senso del dovere»;
con la mozione 1-00243 approvata alla Camera, il Governo si è impegnato ad assumere iniziative volte a garantire che tutte le ragazze e le donne con disabilità siano sempre poste nelle condizioni di ricevere ogni informazione per sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione, dando piena attuazione, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, a quanto previsto dalle «Linee guida nazionali per le aziende sanitarie e le aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza»;
il Governo si è altresì impegnato a promuovere le iniziative di formazione specifica e di aggiornamento del personale chiamato ad interagire, a vario titolo, con le vittime di discriminazione che hanno una disabilità e ad assicurare che siano costantemente individuate azioni idonee a rispondere alle peculiari problematiche che devono affrontare le ragazze e le donne con disabilità vittime di violenza non soltanto nella fase della denuncia, ma anche nel successivo percorso di assistenza, di cura e di individuazione di percorsi per dalla violenza;
rilevanti atti internazionali, come la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, richiamano un impegno degli Stati e delle organizzazioni su questi aspetti;
la Convenzione Onu delle persone con disabilità, all'articolo 6, stabilisce che gli Stati riconoscono che le donne e le minori con disabilità sono soggette a discriminazioni multiple e, a questo riguardo, adottano misure per garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne e delle minori con disabilità;
la stessa Convenzione, all'articolo 14, sulla libertà e sicurezza della persona, sancisce che gli Stati garantiscono che le persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri: godano del diritto alla libertà e alla sicurezza personale [...] e, al successivo articolo 16, prevede che gli Stati: adottano tutte le misure legislative, amministrative, sociali, educative e di altra natura adeguate a proteggere le persone con disabilità, all'interno e all'esterno della loro dimora, contro ogni forma di sfruttamento, di violenza e di abuso, compresi gli aspetti di genere; adottano altresì tutte le misure adeguate ad impedire ogni forma di sfruttamento, di violenza e di maltrattamento, assicurando, segnatamente alle persone con disabilità, alle loro famiglie ed a coloro che se ne prendono cura, appropriate forme di assistenza e sostegno adatte al genere ed all'età, anche mettendo a disposizione informazioni e servizi educativi sulle modalità per evitare, riconoscere e denunciare casi di sfruttamento, violenza e abuso;
sempre secondo l'anzidetta Convenzione, gli Stati assicurano che i servizi di protezione tengano conto dell'età, del genere e della disabilità e adottano una legislazione e politiche efficaci, ivi comprese una legislazione e delle politiche specifiche per le donne ed i minori, per garantire che i casi di sfruttamento, di violenza e di abuso contro persone con disabilità siano identificati, indagati e, ove del caso, perseguiti;
le donne con disabilità subiscono una discriminazione multipla: come donne e come disabili oltre ad essere maggiormente vulnerabili e vittime di violenza in percentuale maggiore –:
quali iniziative, per quanto di competenza, siano state poste in essere, per garantire che i casi di sfruttamento, di violenza e di abuso contro persone con disabilità siano identificati, contrastati e, ove del caso, perseguiti con la massima celerità;
se il Governo non ritenga, alla luce di quanto sopra esposto e per quanto di competenza, di adottare iniziative per procedere a monitorare le azioni che siano state poste in essere al fine di sensibilizzare le donne con disabilità circa la possibilità di sporgere denuncia e adire la tutela giudiziaria nel caso siano vittime di violenza o discriminazione.
(2-01295) «D'Arrando, Faro, Ruggiero, Vianello, Ascari, Elisa Tripodi, Grippa, Masi, Villani, Martinciglio, Cassese, Nappi».
Interrogazione a risposta in Commissione:
FERRI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
a dicembre 2011 la bambina C.I.T., cittadina italiana, è stata portata illegittimamente in Ungheria dalla madre K.S.I., e così sottratta al padre, con cui viveva, A.T. il padre ha esperito tutti gli iter giudiziari possibili sia in Italia che in Ungheria, con esito sempre a lui favorevole;
con pronuncia immediatamente esecutiva del 4 gennaio 2013 il tribunale per i minorenni di Venezia ha dichiarato la signora S.K. decaduta dalla potestà genitoriale e ha affidato la bambina in via esclusiva al padre;
con sentenza 11 maggio 2021, il tribunale collegiale di Padova ha condannato la signora S. alla pena di 4 anni di reclusione e 250.000,00 euro di risarcimento alle parti civili nel procedimento per sottrazione internazionale di minore (articolo 574-bis c.p.);
parallelamente, l'autorità giudiziaria ungherese, con pronuncia 22 gennaio 2013, ha ordinato il rimpatrio della minore; con successiva sentenza del 25 novembre 2014 ha delibato la pronuncia del tribunale dei minori di Venezia e, in sede penale, ha condannato la signora S. per il reato di cui all'articolo 211 c.p. ungherese;
sulla vicenda si è pronunciata anche la anche la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, con sentenza pubblicata il 24 aprile 2018, sul ricorso n. 46524/14, condannando l'Ungheria per la violazione dell'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo;
nonostante tutto ciò la signora S.K. dichiarata latitante da più di quattro anni, e ricercata anche da organi investigativi internazionali, continua a vivere nascosta con la figlia e, di fatto, lo Stato ungherese, nonostante i ripetuti impegni assunti, anche in occasione di incontri ufficiali, con delegazioni del nostro Governo, a quanto risulta all'interrogante non ha mai fattivamente collaborato per l'attuazione di quanto disposto per via giudiziaria e per le ricerche della minore –:
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere porre rimedio a questa grave ingiustizia, adoperandosi affinché da parte delle autorità ungheresi siano eseguite tutte le pronunce giudiziarie intervenute e venga finalmente consentito al signor A.T. di riabbracciare sua figlia e alla bambina di rientrare in Italia.
(5-06556)
INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI
Interrogazione a risposta scritta:
DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'insorgenza della variante pandemica cosiddetta delta sta alimentando un dibattito politico e scientifico sulla necessità di introdurre nuovi divieti e nuovi provvedimenti restrittivi delle libertà degli italiani;
il Governo, in questi giorni, sta ipotizzando di estendere l'obbligatorietà del green pass per l'utilizzo di treni ed aerei al fine di contrastare la diffusione della pandemia;
la vera criticità del trasporto pubblico è determinata dagli affollamenti sui mezzi;
l'interrogante, in relazione alla tratta regionale di Trenitalia Torino - Milano, ha prodotto decine di interrogazioni, segnalando il fatto che, molto spesso, buona parte delle carrozze sono interdette al pubblico poiché «fuori servizio»;
in data 1° agosto 2021 l'interrogante ha potuto appurare che sul treno regionale n. 2015 proveniente da Torino e diretto a Milano centrale con arrivo previsto per le ore 8.45, molte carrozze fossero chiuse ed interdette all'utenza perché «fuori servizio»;
prima ancora dell'utilizzo del green pass, sarebbe opportuno garantire il distanziamento sociale sui mezzi pubblici che non può essere certamente garantito dimezzando o comunque limitando fortemente il numero delle carrozze disponibili per le singole tratte;
in ogni caso, se fosse vero che si tratta di carrozze perennemente fuori servizio sarebbe necessario, in periodo di pandemia più che mai, sostituirle;
se, viceversa, si trattasse di prassi aziendale volta al contenimento dei costi, sarebbe inaccettabile, nel momento in cui il Governo ipotizza l'obbligatorietà del green pass per accedere ai mezzi di trasporto per via della diffusione della variante cosiddetta Delta della pandemia;
sembrerebbe opportuno che il Ministro della salute, in piena pandemia, intervenisse su Trenitalia al fine di garantire all'utenza l'apertura al pubblico di tutte le carrozze disponibili per agevolare il distanziamento sociale sul trasporto ferroviario;
sarebbe inaccettabile che, nonostante le diverse segnalazioni per il tramite di tempestivi atti di sindacato ispettivo il Governo, non assumesse alcuna iniziativa a tutela della salute degli utenti della predetta tratta regionale di Trenitalia e, più in generale, su tutte le tratte regionali di Trenitalia, salvo pretendere l'obbligatorietà del green pass per accedere al trasporto pubblico –:
se il Governo non ritenga al fine di tutelare la salute e contrastare la pandemia, adottare iniziative, per quanto di competenza, presso i vertici di Trenitalia, per comprendere le ragioni dei costanti disservizi segnalati e per condividere una strategia volta a garantire l'apertura al pubblico di tutte le carrozze disponibili sui singoli treni al fine di contrastare la pandemia con programmazione e servizi, prima ancora che con obblighi e divieti.
(4-09994)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nella notte del 25 luglio 2021 è stato messo a segno, da parte di una banda di malviventi un colpo milionario ai danni della Banca Campania Centro sita alla via Silvio Baratta a Salerno;
dagli accertamenti eseguiti dalla polizia che sta svolgendo le indagini del caso, i banditi avrebbero messo a segno il furto attraverso la tecnica del «buco», scavando un tunnel nel sistema fognario che attraversa la città;
i malviventi, una volta entrati nei locali della banca, attraverso un foro del diametro di circa 50 centimetri, avrebbero assaltato il caveau e svuotato le cassette di sicurezza, portando via contanti per oltre 140 mila euro ed altri valori e gioielli ancora da quantificare;
il misfatto in parola è balzato drammaticamente agli onori delle cronache anche in quanto la banda criminale avrebbe trafugato l'oro di San Rocco, santo venerato a Siano, sconvolgendo, così, una intera comunità da secoli devota al proprio Santo protettore;
desta sconcerto il fatto che i malfattori in parola, secondo le prime ricostruzioni, avrebbero operato per ore nelle fogne di Via Guglielmini per raggiungere il caveau, e che, al fine di forare il cemento armato che protegge la stanza blindata, avrebbero utilizzato a lungo addirittura un martello pneumatico;
le perplessità, di poi, si infittiscono nella misura in cui i delinquenti avrebbero trafugato il bottino trasportandolo fuori dalla banca indisturbati attraverso dei carrelli;
quanto sopra descritto non è un omaggio alle epiche scene del noto film di Dino Risi («Operazione San Gennaro»), ma rappresenta, purtroppo, l'ennesimo episodio di criminalità che va ad aggiungersi ad una ampia sequela di condotte predatorie perpetrate ai danni di privati cittadini ed attività commerciali e che, ormai da tempo, si stanno verificando in ogni quartiere della città di Salerno;
è inaccettabile che i cittadini, oltre a subire provvedimenti liberticidi e di severa compromissione delle attività produttive e lavorative, in una fase, come quella attuale, di profonda crisi socio-economica e di auspicabile quanto difficile ripartenza, debbano subire anche l'onta di ignobili azioni criminali; appare evidente all'interrogante che gli illeciti in parola profittano, anche, di profonde carenze di organico delle forze dell'ordine, orientate, da direttive governative, al controllo del rispetto di quelle che appaiono all'interrogante irrazionali normative in tema Covid su quei medesimi cittadini ed esercenti commerciali che meriterebbero, invece, maggiore tutela e sicurezza;
sarebbe auspicabile, dunque, che il Governo, più che imporre controlli serrati per la vicenda Covid su bar, ristoranti e pizzerie, rafforzare il personale delle forze dell'ordine nelle operazioni di pattugliamento dei quartieri, in particolare durante le ore notturne, al fine di garantire la sicurezza di cittadini e dei commercianti –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare, anche d'intesa con prefettura e questura, per rafforzare la sicurezza nella città di Salerno;
se il Governo non intenda adottare iniziative normative per una rimodulazione delle pene previste per ogni genere di condotta predatoria, intervenendo con un innalzamento, sia nel minimo che nel massimo, delle cornici edittali delle relative norme incriminatrici.
(4-09978)
PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione) nell'ambito del progetto «In Limine», ha organizzato una missione sull'isola di Pantelleria al fine di monitorare le procedure applicate ai cittadini stranieri in arrivo sul territorio, i meccanismi utilizzati ai fini del contenimento dei flussi migratori e le modalità in cui viene gestita l'accoglienza dei cittadini stranieri soccorsi dalle autorità;
dal report realizzato dall'Asgi emerge che, nella pratica e in una condizione di sostanziale invisibilità, a Pantelleria si replicano alcune delle prassi lesive dei diritti dei cittadini stranieri che caratterizzano il modello hotspot;
secondo i dati della prefettura di Trapani, tra gennaio 2020 e l'11 dicembre 2020, sono transitati dal centro di accoglienza di Pantelleria 1.772 cittadini stranieri e nei primi 4 mesi del 2021 ulteriori 430. Si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di cittadini tunisini e quasi sempre di sbarchi autonomi;
l'unico centro di prima accoglienza dell'isola, realizzato all'interno di una ex-caserma, si caratterizza innanzitutto per un forte isolamento strutturale e per le piccole dimensioni dell'edificio, in un cortile di cemento circondato da una rete metallica all'interno della più ampia zona militare che si trova in uno stato di totale abbandono;
il centro è utilizzato come temporaneo ricovero dei migranti rintracciati/sbarcati nell'isola di Pantelleria per il tempo strettamente necessario per il trasferimento a Trapani e la sua gestione è affidata al Comune di Pantelleria;
all'interno del centro operano le associazioni di volontariato «Misericordia» e «Dai Un Sorriso» che gestiscono ordinariamente la struttura unitamente alle forze dell'ordine;
la struttura ha una disponibilità di 20/25 posti e le condizioni dei locali appaiono inadeguate. Nel corso dell'anno il centro avrebbe attraversato situazioni di frequente sovraffollamento, arrivando anche a 100 presenze tra cui anche minori non accompagnati;
per esigenze di tutela dell'ordine pubblico non vengono utilizzate brande, i materassi sono apparsi usurati e sono state rilevate carenze per quanto riguarda i servizi igienici. Non esiste uno spazio comune per la somministrazione dei pasti;
sebbene il centro sia attrezzato esclusivamente per una primissima accoglienza, talvolta la permanenza sarebbe durata anche una settimana, con punte di dieci giorni in attesa del trasferimento a Trapani;
le procedure attuate appaiono caratterizzarsi per la messa in atto di pratiche lesive dei diritti dei cittadini stranieri rispetto al trattenimento de facto illegale e la classificazione informale dei cittadini stranieri in richiedenti asilo e non richiedenti asilo;
sebbene il centro non sia operativo come hotspot, vengono implementate alcune procedure tipiche di quell'approccio quali la pre-identificazione e prassi differenziate adottate nei confronti di cittadini di determinate nazionalità, soprattutto tunisini, che in vari casi hanno avuto l'effetto di ostacolare per loro l'accesso alle procedure di riconoscimento della protezione;
dall'analisi effettuata sono emerse gravi criticità anche in riferimento all'assenza di informativa completa ai migranti sui propri diritti, isolamento, interruzione della libertà di corrispondenza, privazione di fatto della libertà personale, condizioni di vita inadeguate, assenza dell'assistenza legale e dell'attività di informazione, che sarebbero rimandate successivamente al trasferimento a Trapani;
va considerato l'incremento degli sbarchi che si sta registrando in queste ore anche a causa dell'instabilità politica che sta attraversando la Tunisia e le condizioni fatiscenti del centro di accoglienza, dove non vengono garantite neanche le minime condizioni igienico-sanitarie e i migranti vengono ospitati in condizioni inaccettabili –:
di quali ulteriori elementi e a conoscenza la Ministra interrogata e quali iniziative immediate di competenza intenda assumere al fine di individuare soluzioni strutturali che garantiscano il rispetto della libertà personale, come previsto dall'articolo 13 della Costituzione e un'accoglienza dignitosa e rispettosa dei diritti umani e del diritto alla salute ai migranti che sbarcano a Pantelleria.
(4-09989)
ISTRUZIONE
Interrogazione a risposta in Commissione:
FRAGOMELI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
l'istituto di istruzione secondaria superiore «Alessandro Greppi» di Monticello Brianza, in provincia di Lecco, rappresenta da anni un esempio comprovato di eccellenza in ambito scolastico, tanto a livello locale quanto a livello nazionale. L'Istituto Greppi può essere definito come un vero e proprio unicum, sia per quanto concerne la scelta e la qualità dell'offerta formativa sia per l'attivazione di percorsi di studio riguardanti competenze trasversali rispetto ai normali piani scolastici e, ancora, per l'interazione tra Istituto e realtà produttive territoriali;
a riprova di ciò, in un'indagine compiuta alcuni anni fa dai ricercatori del Pisa (Programme for international student assessment) per conto dell'Ocse, che coinvolgeva, a livello nazionale, oltre 11 mila studenti di 450 scuole, l'istituto Greppi aveva ottenuto una media dei punteggi (relativamente sia alle materie scientifiche che letterarie) ben superiore tanto a quella nazionale quanto a quella mondiale;
i risultati raggiunti dall'istituto Greppi sono il frutto di un lavoro corale, innovativo iniziato nei primissimi anni novanta e portato avanti da diversi insegnanti che sono oggi considerati il gruppo storico di docenti dell'istituto;
il lavoro di tre decenni, insieme al livello di eccellenza ottenuto, rischiano però di andare perduti in poco tempo a causa di una serie di fatti di oggettiva gravità avvenuti a partire dall'agosto 2020 e classificabili come evidenti episodi di minacce ai danni di alcuni insegnanti; tali accadimenti sono arrivati a pregiudicare il benessere psico-fisico di un docente;
secondo quanto riportato in verbalizzazioni scritte di riunioni e registrazioni audio-video di collegi dei docenti i presunti episodi di minacce sarebbero riconducibili a:
il ritrovamento, nei cassetti personali di almeno due insegnanti, di biglietti anonimi riportanti, con linguaggio basso e offensivo e scrittura camuffata, accuse di incompetenza e inviti a lasciare la scuola. Accadimenti di elevata gravità, ai è seguita formale denuncia alle autorità preposte solo dei destinatari delle minacce, senza conferma di altre azioni ad opera delle autorità di Istituto;
improvvise, con presumibili carenze nella motivazione, cancellazioni di programmi e iniziative – portate avanti da oltre vent'anni da insegnanti in aggiunta ai normali corsi di studi – che garantivano ulteriori forme di stimolo all'apprendimento degli studenti;
al ripudio di ogni sorta di collegialità – con il corpo docenti – nella gestione dell'emergenza da Covid-19, in particolare nella gestione della didattica in presenza, piuttosto che a distanza, nonché della messa in sicurezza degli studenti e delle aule dell'Istituto, al fine di garantire il miglior livello ai piani di studio; il clima generatosi — pressoché insostenibile e irrituale per un istituto che, grazie alla qualità del suo corpo docente, ha annoverato un livello qualitativo di insegnamento e apprendimento molto elevato – avrebbe provocato altresì una straordinaria mole di domande di pensionamento e di trasferimento che non potranno che stravolgere i futuri piani didattici e causare ovvie ripercussioni sulla qualità dell'insegnamento e sull'esperienza didattica degli studenti;
non ultimo, ad aggravare ulteriormente la questione, è il fatto che, a quanto consta all'interrogante, la maggior parte dei docenti sottoposti a presunti episodi di minacce siano insegnanti donne –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato ritenga possano essere messe in atto, per attivare un'ispezione volta a una verifica puntuale sui gravi accadimenti sopraesposti presso l'istituto in questione, nonché sui citati verbali dei collegi docenti, e per tornare a valorizzare l'alto profilo del corpo docente che, per oltre trent'anni, ha rappresentato un'indiscussa eccellenza territoriale e nazionale.
(5-06554)
Interrogazione a risposta scritta:
VIETINA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:
nel nostro sistema scolastico e nel percorso di crescita e formazione di un alunno disabile, l'insegnante di sostegno rappresenta il punto di riferimento principale e il suo ruolo deve essere quello di favorire l'inclusione dello studente attraverso un'azione rivolta a tutta la classe e non al singolo alunno;
il sostegno non è dato all'alunno ma alla classe nella sua interezza, nella quale è presente un alunno diversamente abile;
la presenza di figure professionali competenti gioca un ruolo fondamentale nel favorire la partecipazione degli alunni ad una didattica inclusiva;
è evidente l'impossibilità di assicurare l'inclusione dell'alunno disabile se non è garantita la formazione del docente, senza continui cambiamenti ed interruzioni che comportano conseguenze negative sulla classe e sugli stessi insegnanti, frammentati nel loro percorso di crescita professionale;
la garanzia di continuità è fondamentale per ogni alunno e, a maggior ragione, per gli alunni portatori di handicap che necessitano, più degli altri, di avere come riferimento sempre lo stesso insegnante;
continuità didattica e garanzia della qualità dell'insegnamento richiedono, quali condizioni imprescindibili, che il docente di sostegno sia specializzato;
molti docenti impegnati sul sostegno non hanno ancora l'adeguata formazione per supportare gli studenti con disabilità e sono selezionati dalle liste curriculari;
i docenti con la specializzazione che lavorano sul sostegno mantengono la titolarità nella propria classe di concorso e la specializzazione sul sostegno, oggi, rappresenta una sorta di grimaldello per entrare nei ruoli della scuola per poi accedere alle altre classi di concorso –:
se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative per prevedere una specifica classe di concorso per gli insegnanti di sostegno, alla quale accedere con laurea magistrale ed abilitazione al sostegno stesso, anche al fine di garantire continuità in un insegnamento in cui i rapporti docente-studente sono determinanti per un insegnamento di successo.
(4-09983)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazioni a risposta scritta:
UNGARO, IOVINO, ALAIMO, BERTI, BRUNO BOSSIO, D'ALESSANDRO, DE CARLO, FRATE, GIARRIZZO, GIORDANO, IANARO, MARTINCIGLIO, SCHIRÒ e TUZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 1, commi da 100 a 107, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, riconosce, per un periodo massimo di trentasei mesi, l'esonero dal versamento del 50 per cento dei complessivi contributi previdenziali ai datori di lavoro privati che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, assumano lavoratori con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a tutele crescenti, i quali non abbiano compiuto il trentesimo anno di età e non siano stati occupati a tempo indeterminato con il medesimo o con altro datore di lavoro, ovvero, limitatamente alle assunzioni effettuate entro il 31 dicembre 2020, in riferimento ai soggetti che non abbiano compiuto il trentacinquesimo anno di età;
l'articolo 1, comma 10, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 stabilisce che l'esonero contributivo di cui all'articolo 1, commi da 100 a 105 e 107, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è riconosciuto nella misura del 100 per cento, per un periodo massimo di trentasei mesi, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui per le nuove assunzioni a tempo indeterminato e per le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato effettuate nel biennio 2021-2022;
tale nuova misura è stata introdotta al fine di rendere stabile l'occupazione giovanile e promuovere nuove assunzioni nella platea dei giovani che non abbiano compiuto il trentaseiesimo anno di età;
gli effetti della misura, ormai in vigore da oltre un semestre, non sono ancora noti, sebbene sia importante sapere se essa abbia ben funzionato, quante persone ne abbiano usufruito, in quali ambiti territoriali del Paese, in quali settori e per quali lavoratori, anche distinti per età e genere –:
se il Ministro interrogato, anche tramite una interlocuzione con l'Inps, intenda descrivere con precisione la portata, gli effetti e i benefici fin qui raggiunti con l'applicazione del provvedimento indicato in premessa, dettagliando analiticamente quante aziende e lavoratori abbia riguardato, in quali settori e aree geografiche del Paese, per quali tipi di lavoratori, anche distinguendoli per età e per genere.
(4-09980)
TUZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
da come riferisce il sindacato Uclas a settembre 2019 è scaduto l'appalto per la società Gelmar Novamusa Lazio S.c.a.r.l. che gestiva tutti i servizi aggiuntivi ai visitatori presso il Parco archeologico di Ostia Antica. Alla scadenza il contratto è stato prorogato per altri 18 mesi, con nuova scadenza all'11 marzo 2021;
in data 9 marzo 2021 i lavoratori hanno ricevuto un preavviso di licenziamento dalla Gelmar Novamusa Lazio S.c.a.r.l, la quale l'11 marzo 2021 ha richiesto la concessione di una ulteriore proroga in attesa del nuovo bando di gara, che è stata negata a causa di un contenzioso in corso tra la Direzione del Parco e l'Associazione temporanea d'impresa (Ati), di cui la Gelmar Novamusa Lazio S.c.a.r.l. è a capo;
tale contenzioso si è verificato per presunta mancata corrispondenza dei proventi derivanti da due mostre effettuate negli anni precedenti presso il Parco;
in data 15 marzo 2021, la direzione del Parco ha pubblicato sul sito ufficiale un «manifesto di interesse» con scadenza di presentazione della domanda il 31 marzo 2021 per la gestione temporanea dal 7 aprile 2021 al 31 dicembre 2021 della biglietteria, con possibilità di rinnovo, senza includere l'obbligo, ma inserendo unicamente la possibilità, per la società subentrante di assorbire il personale della società uscente a giudizio dell'interrogante non ottemperando pertanto all'obbligo imposto dalla legge n. 50 del 2016;
in data 26 marzo 2021 i dipendenti della Gelmar Novamusa Lazio S.c.a.r.l. hanno effettuato l'impugnativa del licenziamento, appellandosi anche al blocco dei licenziamenti stabilito dalla normativa in vigore. La Gelmar Novamusa Lazio S.c.a.r.l ha risposto che il licenziamento è legittimo, in quanto la società ha dichiarato cessazione di attività, decidendo di non accedere ai sussidi previsti dal decreto «Sostegni» per le piccole imprese;
in data 27 aprile 2021 il Parco ha riaperto al pubblico ed è la società Coopculture a gestire la biglietteria;
i dipendenti della Gelmar Novamusa Lazio S.c.a.r.l. hanno inviato una raccomandata alla società Coopculture per richiedere l'assunzione e, organizzato un colloquio conoscitivo in data 17 maggio 2021, sembrerebbe che la stessa abbia fatto intendere di non avere necessità di assumere ulteriore personale in quanto deve impiegare il proprio –:
se siano a conoscenza dei suddetti fatti e se trovino conferma;
se vi siano irregolarità nell'affidamento della gestione della biglietteria;
di quali elementi disponga il Governo circa la regolarità dei licenziamenti di cui in premessa;
quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per garantire la regolarità dell'affidamento della gestione dei servizi aggiuntivi.
(4-09984)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
GADDA e LIBRANDI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
i riflessi economici della pandemia hanno imposto alle istituzioni uno sforzo straordinario per garantire ristori e indennizzi a tutti i settori gravemente colpiti dalla stessa;
uno dei settori maggiormente compromessi dalla misure di contrasto del virus è stato quello dello sport, agonistico e non, con evidenti ripercussioni su tutti gli operatori ivi impegnati e sul relativo indotto;
nell'ultimo rendiconto di bilancio approvato si è registrata una perdita di gettito pari a circa 3,3 miliardi di euro rispetto agli introiti derivanti da giochi e scommesse dell'anno precedente; comparto dove il settore ippico riveste un ruolo fondamentale;
in relazione all'ippica, infatti, la pandemia non ha fatto che aggravare le difficoltà e criticità emerse nel corso degli ultimi anni;
fra queste si annoverano, in particolare, i costanti ritardi registrati nel pagamento dei premi al traguardo in favore degli operatori ippici nazionali e stranieri da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; i pagamenti degli operatori italiani con fattura sono fermi a novembre 2020 e le liquidazioni degli operatori esteri sono ancora più datate;
simili ritardi non solo rischiano di compromettere l'attività di tali operatori, ma recano anche un considerevole danno d'immagine al nostro Paese, inducendo gli operatori stranieri ad abbandonare il nostro territorio in ragione della scarsa affidabilità che contraddistingue il sistema dei pagamenti;
il continuo protrarsi dei ritardi e i mancati pagamenti dei premi al traguardo espongono, altresì, l'Italia alla ormai probabile espulsione dal Comitato internazionale delle corse di gruppo, che comporterebbe una sostanziale svalutazione dei purosangue italiani da corsa allevati dall'Italia, proprio a ridosso della prossima asta che presenterà sul mercato la più significativa produzione dei puledri italiani;
tale circostanza non solo pregiudicherebbe gli investimenti nel nostro Paese da parte di operatori stranieri – con conseguente ulteriore perdita di gettito e di prestigio internazionale – ma vanificherebbe anni di lavoro e sacrifici degli allevatori –:
quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire il pronto pagamento dei premi al traguardo dovuti agli operatori nazionali e stranieri e per assicurare tempistiche certe in ordine all'emissione degli ordinativi di pagamento dovuti in ragione delle future competizioni.
(5-06553)
Interrogazioni a risposta scritta:
GERMANÀ, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GOLINELLI, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO, PATASSINI e TARANTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la presenza di ungulati in Italia ha ormai raggiunto numeri preoccupanti: negli ultimi 10 anni, il numero dei cinghiali selvatici è più che raddoppiato, si è passati dai 600.000 del 2005 ai 900.000 del 2010; ad oggi, la presenza è di oltre 2 milioni di esemplari;
la proliferazione incontrollata dei cinghiali selvatici genera ogni anno ingenti danni, non solo in termini di raccolti distrutti, ma anche di bestiame ucciso, cedimenti infrastrutturali e perdita della biodiversità;
nonostante tale massiccia presenza, in Italia circa il 90 per cento della selvaggina selvatica, soprattutto carne di cinghiale, viene importato dalla Nuova Zelanda, Scozia e Nord America, senza che il consumatore sia in grado di poterne conoscere la tracciabilità;
eppure, la creazione di una filiera delle carni italiane da specie selvatiche potrebbe rappresentare una risposta efficace alle strategie che mirano a ridisegnare l'agricoltura in chiave sostenibile e resiliente, contrastando anche le tante forme di illegalità riscontrate nella commercializzazione di tali prodotti;
la carne di cinghiale rappresenta infatti una risorsa alimentare dalle importanti proprietà organolettiche e nutritive, contenendo pochissimi grassi, ferro, Omega 3, proteine magre, senza traccia di antibiotici od ormoni;
il 25 marzo 2021, la Conferenza Stato-regioni ha approvato le nuove «linee guida in materia di igiene delle carni di selvaggina selvatica», con l'obiettivo di armonizzare la normativa nazionale con le indicazioni di cui al regolamento (UE) n. 853/2004;
diverse regioni hanno da tempo adottato interventi per favorire la commercializzazione della carne di animali selvatici, ma di fatto, in Italia, non si è ancora sviluppata una filiera controllata della selvaggina selvatica. È necessario avviare un processo di regolamentazione per favorire l'avvio di filiere di qualità su tutto il territorio nazionale;
in molte regioni la carne di animali selvatici non viene venduta nelle macellerie, ma soltanto nei supermercati, dove si acquista congelata e di provenienza estera; sarebbe importante per la filiera italiana avere un sostegno economico per l'adeguamento delle strutture di macellazione, anche di proprietà delle aziende agricole, alla lavorazione delle carni selvatiche;
la valorizzazione della carne da selvaggina potrebbe, qualora puntualmente regolamentata, rispondere, da un lato, all'esigenza dei cittadini di consumare cibi di cui è certa la provenienza e di alto livello qualitativo, e benefici per la salute, e, dall'altro, creare nuove possibilità di crescita per alcuni settori economici del Paese –:
se il Ministro interrogato intenda adottare le opportune iniziative di competenza volte a sostenere la costituzione e l'operatività della filiera delle carni di selvaggina selvatica italiana, stabilendo i requisiti di tracciabilità, qualità e igienico-sanitari.
(4-09981)
BOND, CAON, SANDRA SAVINO e PAOLO RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
a Taranto, quotidianamente, giungono dalla Grecia circa 1.000 quintali di cozze che vengono reimmerse nelle acque del Mar Grande al fine di rigenerarle con acqua di mare e poterle poi vendere nelle pescherie e nei mercati di Puglia, Campania e Calabria;
il mare tarantino è diventato una sorta di deposito dei mitili greci;
il rischio potenziale per la salute dei consumatori andrebbe verificato, eventualmente anche con controlli a campione; inoltre, rappresenta un grave danno per i mitilicoltori tarantini i quali, a causa di queste importazioni, hanno potuto vendere solo il 20 per cento della propria produzione locale di cozze;
a riprova dei fatti affermati ci sono delle immagini amatoriali girate da un sub nelle acque delle zone di immersione del Mar Grande che testimoniano una presenza abnorme di cozze greche reimmerse per la rigenerazione prima della vendita. La quantità, elevatissima, di mitili reimmersi in mare causa l'intorbidimento delle acque e rappresenta un'occupazione abusiva di demanio marittimo;
come detto, questo tipo di pratiche non solo potrebbe mettere a rischio la sicurezza alimentare dei consumatori, poiché in passato si sono scoperte partita di cozze greche contaminate dal virus dell'epatite A solo dopo la loro immissione sui mercati italiani, ma con certezza danneggia i produttori italiani che non riescono a vendere la maggior parte della produzione del Mar Piccolo, circa con l'80 per cento, costringendoli a cessare l'attività produttiva;
si consideri che il mercato dei mitili è soggetto ad una forte concorrenza, anche sleale, e la produzione autoctona di Taranto rischia di scomparire, perché i punti vendita sono letteralmente invasi da cozze greche surrettiziamente indicate come tarantine;
la produzione di cozze tarantine è antichissima ed esse hanno proprietà organolettiche che le rendono particolarmente gustose, piene e profumate, perché nel Mar Piccolo ci sono oltre trentaquattro sorgenti di acqua dolce, denominate citri, che conferiscono loro particolarissime doti di sapidità. La bassa salinità dona loro, infatti, una condizione idrobiologica ideale per il metabolismo e l'accrescimento. Esse possiedono caratteristiche inconfondibili e uniche al mondo: grandi, di colore biancorosato, caratterizzate dal profumo di iodio e dal gusto pieno e dolce;
i tempi di produzione richiedono circa quattordici mesi di attesa: a novembre con la preparazione dei cosiddetti letti, delle griglie di corda. A marzo i letti vengono staccati e le cozze ripulite accuratamente. Alla fine di marzo, le cozze vengono stese al sole per eliminare eventuali microbi e si procede con il primo innesto. In estate le cozze di Taranto sono adulte e quindi pronte per la commercializzazione sui mercati nazionali ed esteri;
una lunga serie di controlli in laboratorio, insieme a fasi monitorate di depurazione e analisi, rende queste cozze tra le più sicure del mondo;
naturalmente il tipo di pratiche commerciali descritte, importazione e reimmersione in mare di cozze greche, mette in pericolo anche numerosi posti di lavoro per l'oggettiva impossibilità delle aziende di rimanere sul mercato a causa dei minor costi di quelle greche, meno pregiate e non sempre sicure –:
quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere al fine di arrestare il fenomeno in atto e se, in particolare, intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica dei Nas perché possano prelevare campioni di mitili, fare le analisi del caso e adottare le eventuali misure necessarie alla tutela della salute dei consumatori, e assicurare la salvaguardia dell'impiego dei lavoratori del settore e delle imprese ittiche.
(4-09988)
SALUTE
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
allo stato attuale, risultano iscritti negli elenchi speciali degli albi dei tecnici di laboratorio, istituiti presso gli, ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica (Tsrm) e delle professioni sanitarie, soggetti in possesso di un titolo, rilasciato ai sensi del decreto ministeriale n. 344 del 1988, che, in quanto conseguito prima del 17 marzo 1999 e abilitante all'accesso alle procedure concorsuali del settore pubblico, deve considerarsi equipollente ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge n. 42 del 1999;
i titoli equipollenti danno diritto all'iscrizione agli albi professionali e non agli elenchi speciali;
i predetti titoli sono stati altresì riconosciuti equivalenti dalla conferenza dei servizi, indetta nell'ambito del procedimento di equivalenza previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 luglio 2011, in attuazione dell'articolo 4, comma 2, della legge n. 42 del 1999;
l'articolo 1, comma 6, del decreto ministeriale 9 agosto 2019 prevede la possibilità di accedere al riconoscimento della equivalenza per gli iscritti negli elenchi speciali, con conseguente passaggio nell'Albo professionale per coloro che abbiano titolo ed esperienza lavorativa idonea;
vanno inoltre considerati la crisi pandemica che si sta attraversando e l'importante ruolo che rivestono i tecnici di laboratorio per l'efficiente ed efficace risposta alla grave emergenza in corso, nonché per il corretto funzionamento delle strutture sanitarie e del servizio sanitario in generale –:
se il Governo non ritenga, alla luce di quanto sopra esposto e sulla base delle determinazioni già adottate dalla conferenza dei servizi sopra citata di intraprendere iniziative, per quanto di competenza, per dichiarare equipollenti i titoli di tecnico di laboratorio conseguiti entro il 17 marzo 1999, in conformità del decreto ministeriale n. 344 del 1988, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, della legge n. 42 del 1999, e per consentire ai predetti soggetti di completare il percorso di equivalenza ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del decreto ministeriale 9 agosto 2019 e ottenere così il passaggio nell'albo principale.
(2-01294) «D'Arrando, Papiro, Nappi, Grippa, Faro, Vianello, Ruggiero».
Interrogazioni a risposta scritta:
ALBANO, FRASSINETTI e VINCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in Italia si rileva una carenza di medici d'urgenza-emergenza pari al 30 per cento rispetto alle reali necessità e, nel tentativo di risolvere il problema, le aziende sanitarie ed ospedaliere ricorrono all'utilizzo di medici liberi professionisti, a volte non specializzati, incaricati tramite cooperative di esternalizzazione del servizio, ovvero società economiche di intermediazione o meglio di fornitura di servizi, spesso affidando loro la copertura completa, o in buona parte, dei turni di pronto-soccorso;
tale soluzione viene ritenuta rapida e funzionale per ovviare al serio problema dell'organico dei pronto soccorso e dei reparti di medicina d'urgenza, ma non appare scevra di criticità sia economiche che organizzative, oltre che cliniche e relative alla sicurezza. I costi per le aziende pare si aggirino attorno ai 100 euro ora per un medico, in quanto alla quota per la prestazione del professionista si somma ciò che spetta alla cooperativa per il servizio reso;
da un punto di vista del rischio clinico va sottolineato che, attraverso l'utilizzo di tale modalità di reclutamento o comunque di sostituzione del personale, appare del tutto esclusa la possibilità di sviluppare per il personale sanitario un percorso formativo specialistico, anche di base, in quanto trattasi di copertura di carenza organico e non di affiancamento: viene garantita, quindi, la copertura del turno, ma non la crescita e la formazione del personale medico afferente al servizio;
altra rilevante questione attiene alla mancanza di conoscenza dello stato di riposo del professionista preposto; non appare dato sapere da quali e da quanti turni lavorativi il medico della cooperativa sia reduce, in quanto la disponibilità dello stesso non viene garantita da un regolare flusso di gestione delle ore lavoro e di riposo. Capita, inoltre, che spesso i medici risiedano anche a notevole distanza dal luogo al quale vengono assegnati, potendo le cooperative sottoscrivere appalti in regioni diverse, anche molto lontane fra loro;
considerato inoltre che per poter espletare l'attività professionale nei pronto soccorso è necessaria la specializzazione in medicina di emergenza-urgenza o una disciplina equipollente, non è chiaro da chi vengano valutate e certificate l'esperienza, i titoli, le competenze del medico inviato a coprire il turno in pronto soccorso. Non secondaria, infatti, è la tematica relativa alla modalità di arruolamento o dei professionisti in esame, emersa in una puntata di Report su Rai 3 del 30 novembre 2020;
la situazione descritta, sollevata dal dottor Salvatore Manca, presidente nazionale Simeu, lascia pensare che sempre più aziende sanitarie stiano facendo proprio il concetto che qualsivoglia tipologia di medico possa lavorare nel pronto soccorso; tale rappresentazione può essere ricondotta ad una passata modalità operativa, quando le strutture di emergenza venivano gestite in modo più generico ed approssimativo. Oggi i pronto soccorso, primo presidio della sanità pubblica sul territorio, si sono evoluti diventando luoghi di degenza e di cura all'avanguardia, che abbisognano di una formazione del personale addetto, medico e infermieristico, continua e articolata; si è avuta contezza, sin dall'inizio della pandemia, dell'importanza della professionalità del personale medico facente capo alle strutture di emergenza che insistono sul territorio, e che devono garantire un servizio in sicurezza ed elevata professionalità al cittadino –:
se sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative di competenza intenda adottare per far fronte a tale situazione di perdurante emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica dei cittadini italiani.
(4-09985)
GRIMOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
è giunta la notizia del suicidio del dottor Giuseppe De Donno, ex primario di pneumologia dell'ospedale Carlo Poma di Mantova;
De Donno era noto per essere stato il pioniere della terapia sperimentale anti-Covid a base della trasfusione di plasma iperimmune; le potenzialità della terapia iperimmune, da tempo oggetto di serio studio in Italia e in diversi Paesi del mondo, si basano sugli effetti benefici che, in alcuni casi, sembrano riscontrarsi per la cura del Covid-19 dall'utilizzo del siero iperimmune e dalla possibilità di estrarre da quest'ultimo anticorpi a fini di prevenzione;
inoltre, fin dal periodo iniziale della pandemia, De Donno si era battuto per le terapie domiciliari, poi rivelatesi molto spesso provvidenziali, e anche per questo aveva ingiustamente scontato l'emarginazione e l'isolamento di una parte della comunità medica;
le circostanze del drammatico suicidio del dottor De Donno sono ancora da chiarire, tuttavia l'interrogante non può fare a meno di pensare alla traumatica vicenda che ha coinvolto De Donno nel maggio 2020 quando, proprio a seguito della sperimentazione della terapia sui pazienti affetti da Covid-19, i carabinieri del Nas di Mantova si sono interessati al lavoro dell'allora primario; fu un duro colpo per De Donno, che percepì chiaramente il tentativo – anche politico – di scoraggiare i suoi sforzi; sembra infatti che la decisione di far intervenire i Nas provenisse direttamente da Roma, dove le terapie «complementari» del medico avrebbero infastidito alcuni esponenti dell'allora Governo, attenti, secondo l'interrogante, più ad un approccio ideologico che a quello autenticamente terapeutico nei confronti del contenimento del virus;
la demonizzazione dei mezzi e dei metodi utilizzati da De Donno rappresenta, a parere dell'interrogante, un errore che deve essere evitato nel futuro –:
se il Governo, per quanto di competenza, intenda fornire chiarimenti in ordine alle circostanze e alle dinamiche che, nel maggio 2020, hanno causato l'intervento dei Nas nei confronti del dottor De Donno, nella sua veste di direttore del reparto di pneumologia dell'ospedale Carlo Poma di Mantova.
(4-09992)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta in Commissione:
UBALDO PAGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il 10 dicembre 2020 il Governo ha siglato un accordo con ArcelorMittal, la multinazionale dell'acciaio che nel 2018 aveva stipulato un contratto d'affitto con i commissari dell'amministrazione straordinaria degli impianti dell'ex Ilva;
tale accordo, perfezionato nell'aprile di quest'anno, prevede l'ingresso dello Stato in Acciaierie d'Italia attraverso il versamento di 400 milioni di euro da parte di Invitalia. Allo stato attuale Invitalia detiene il 38 per cento del capitale e il 50 per cento dei voti in consiglio di amministrazione, ma l'intesa prevede che Invitalia possa aumentare la propria partecipazione nel capitale di Acciaierie d'Italia fino al 60 per cento a fronte di un investimento fino a 680 milioni di euro entro maggio 2022;
come si apprende da alcuni organi di stampa, sul Registro Imprese delle camere di commercio esistono due imprese riconducibili alla neonata Acciaierie d'Italia: Acciaierie d'Italia Holding e Acciaierie d'Italia Spa;
sempre secondo tali fonti, la Holding ha 12 dipendenti, mentre la società per azioni ne conta 10.151, ossia il totale dei dipendenti impiegati tra stabilimenti produttivi e uffici amministrativi del gruppo siderurgico. La società per azioni è dunque la società operativa ed è controllata della holding, la quale ha due soci: Invitalia, che possiede 400 milioni di azioni e ArcelorMittal che detiene 650 milioni di azioni;
il consiglio di amministrazione in cui è entrato lo Stato mediante Invitalia è dunque quello di Acciaierie d'Italia Holding. In tale consiglio di amministrazione siedono sei persone, tra cui il Presidente Bernabè e i consiglieri Mapelli e Cao nominati in quota Invitalia, l'amministratore delegato di ArcelorMittal Italia Lucia Morselli e due consiglieri nominati in quota ArcelorMittal;
il consiglio di amministrazione di Acciaierie d'Italia spa, società effettivamente operativa alla quale spetta la gestione dell'azienda, degli stabilimenti e dei lavoratori, è composto da un board di tre persone: Lucia Morselli e due consiglieri che ricoprono anche ruoli apicali di ArcelorMittal Italia;
il consiglio di amministrazione della società per azioni viene nominato dal consiglio di amministrazione della holding e, in caso di disaccordo tra soci e parità di voti, prevale quello dell'amministratore delegato, ruolo che, come detto, è attualmente ricoperto dalla dottoressa Lucia Morselli;
l'amministratore delegato Morselli è dunque contemporaneamente parte del consiglio di amministrazione della holding e presidente e amministratore delegato della società per azioni –:
se, per quanto di competenza e alla luce di quanto esposto in premessa, il Governo intenda chiarire l'effettiva capacità di Invitalia, soggetto pubblico per mezzo del quale lo Stato partecipa al capitale sociale di Acciaierie d'Italia, di incidere sulla gestione degli impianti e dei lavoratori dell'azienda.
(5-06551)
Interrogazione a risposta scritta:
FRASSINETTI e VINCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nell'anno 2020 in Italia hanno chiuso oltre 3.400 edicole e c'è stato un calo del 30 per cento della vendita delle copie dei quotidiani;
la stampa nazionale riporta il dato allarmante della città di Milano relativo al rinnovo delle concessioni delle edicole, confermando che in città su 244 rinnovi già 26 edicolanti hanno rinunciato a rinnovare la licenza a causa delle tasse gravanti sulla categoria e a causa del bando del Comune che impone, per partecipare ai rinnovi, il recupero totale delle tasse non liquidate durante il periodo di lockdown;
i quotidiani acquistati presso le edicole attualmente sono un milione e 200 mila contro i quasi 8 milioni di 15 anni fa, con una dinamica dei prezzi che risulta la più stagnante nel contesto europeo, secondo i dati del Sindacato nazionale autonomo giornalai (Snag);
i soggetti più rappresentativi del settore, che durante il primo lockdown sono stati in prima linea, mettendo a rischio la loro salute e continuando ad assicurare il servizio anche nei mesi più critici sul fronte sanitario, rinnovano l'appello a potenziare le forme di sostegno all'intera filiera, ancora significativamente colpita dalla crisi dovuta al Covid-19;
i rappresentanti delle predette categorie hanno chiesto ripetutamente al Governo un potenziamento delle misure a loro sostegno, come ad esempio: un «bonus edicola» più capiente per il 2021 ed il rafforzamento del «tax credit» per i servizi digitali, previsto dall'articolo 190 del decreto «Rilancio» (decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77), che consente alle edicole di beneficiare del credito d'imposta istituito dall'articolo 1, commi da 806 a 809, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nel limite massimo di spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 –:
quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per sostenere gli edicolanti scongiurando la chiusura delle loro attività;
se il Governo intenda adottare iniziative per incrementare le misure già in essere come il bonus edicola e la «tax credit» per il periodo 2021-2022.
(4-09986)
TRANSIZIONE ECOLOGICA
Interrogazioni a risposta scritta:
CIRIELLI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:
nel dicembre 2017 un peschereccio di 21 metri, con 3 persone a bordo, affondò a circa trecento metri dalla costa, nell'area marina protetta degli Infreschi e della Masseta, tra il comune di Camerota e quello di San Giovanni a Piro;
le tre persone a bordo riuscirono a mettersi in salvo su una zattera di salvataggio; il peschereccio «Orizzonte», adibito alla pesca a strascico, invece, andò irrimediabilmente perso, affondato nelle acque del Cilento;
l'imbarcazione, realizzata nel 1984, era partita dal porto di Sapri ed era diretta al largo di Palinuro;
la Capitaneria di porto di Camerota aprì un'inchiesta per ricostruire con esattezza la dinamica dell'incidente;
organi di stampa riportano la notizia secondo la quale a distanza di un anno dal disastroso evento ebbero inizio le operazioni di bonifica del relitto, adagiatosi sui fondali tra Baia degli Infreschi e Torre Mozza, affidate a una ditta di Maratea con interdizione dell'area fino al termine dell'attività;
tuttavia sembrerebbe che a oggi il peschereccio in parola non sia stato ancora rimosso;
l'Area marina protetta di Costa degli Infreschi e della Masseta rientra completamente nel territorio del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dichiarato dall'Unesco Patrimonio dell'Umanità;
l'intera costa è un susseguirsi di spiagge, insenature, rade, sorgenti d'acqua sottomarine, di grande interesse naturalistico e rara bellezza. Per questa ragione la spettacolare Area marina protetta è una delle più importanti di tutto il Mediterraneo, dove altissima è la biodiversità: la Costa degli Infreschi è infatti una delle zone meno urbanizzate dell'intera Italia meridionale. Proprio in virtù del grado di eterogeneità ambientale unico, è stata dichiarata sito d'importanza comunitaria (Sic) sottoposto a protezione speciale;
stante l'importanza dell'area in parola e considerato il grande pericolo che potrebbe derivare all'ambiente e all'integrità degli ecosistemi marini interessati in caso di mancata o ritardata rimozione del peschereccio e di bonifica dell'area, sarebbe opportuno verificare lo stato dei lavori delle opere di rimozione del relitto ma soprattutto della bonifica dell'area marina protetta degli Infreschi e della Masseta;
preservare la bellezza di queste coste che, tra l'altro attirano ogni anno milioni di turisti, rappresenta una esigenza prioritaria non solo per garantire la tutela dell'ambiente e del territorio, ma anche per assicurare la continuità dell'indotto economico di un'area da sempre a forte vocazione turistica –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di verificare a che punto siano le azioni di rimozione del peschereccio «Orizzonte» e lo stato dei lavori di bonifica dell'area marina protetta degli Infreschi e della Masseta.
(4-09977)
CORNELI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi, oltre ad aver assistito al disastro avvenuto in Messico, Reuters ha lanciato un'inchiesta sulle perdite di metano dagli impianti di idrocarburi presenti in molti Paesi europei tra cui l'Italia;
dall'inchiesta risulta che ci sono perdite di metano dal 90 per cento dei siti controllati dalla Catf (Clean air task force) scoperte grazie a una termocamera a infrarossi;
il metano è un gas clima-alterante con effetti ancora più devastanti della CO2 sul clima se emesso attraverso le perdite della filiera (pozzi, gasdotti, stoccaggi e rete di distribuzione);
il metano, che è la principale causa del cambiamento climatico dopo l'anidride carbonica, è 80 volte più potente della CO2 e quando finisce nell'atmosfera produce incommensurabili conseguenze; inoltre, le perdite derivanti dalla filiera sono tali da annullare qualsiasi beneficio rispetto all'uso di carbone e petrolio;
il Catf ha controllato oltre 200 siti in sette Paesi dell'Unione europea, tra cui Repubblica Ceca, Ungheria, Italia, Polonia e Romania, mentre in Germania e Austria le emissioni sono risultate di piccole entità, e ha filmato le emissioni con la telecamera a infrarossi per rilevare idrocarburi invisibili a occhio nudo;
una delle perdite più vistose rilevate si registra nell'impianto di proprietà dell'Eni vicino Pineto, in provincia di Teramo, in Abruzzo. Qui il metano sembra fuoriuscire da un foro arrugginito del serbatoio;
Eni, interpellata dall'agenzia, ha sostenuto che la perdita proveniva da un serbatoio d'acqua che conteneva quantità trascurabili di gas e che era stata già riparata durante la normale attività di manutenzione, ma bisogna verificare ed essere certi che sia garantita la sicurezza dei cittadini delle zone limitrofe, e che non si stiano determinando danni ambientali –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica esposta e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di procedere quanto prima ad accertamenti sulla situazione relativa all'impianto Eni di Pineto.
(4-09982)
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritta Conte e Fornaro n. 4-09909, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 luglio 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Romaniello.
INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA
ALEMANNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 23 aprile 2021 è stato pubblicato un articolo dalla testata giornalistica La Repubblica riguardo il furto dei verbali delle elezioni amministrative comunali dell'anno 2016, custoditi nel municipio di Nardò, un atto criminale e deprecabile che lede profondamente i presidi statali a garanzia della democrazia e della trasparenza amministrativa della nostra Repubblica;
il furto è avvenuto successivamente alla denuncia del 9 febbraio 2021, depositata presso la locale stazione dei carabinieri, da parte di 4 candidati alle suddette elezioni, per non aver riconosciuto come proprie le firme apposte sui moduli per la sottoscrizione della dichiarazione di accettazione della candidatura alla carica di consigliere comunale;
i documenti sottratti dai faldoni degli uffici comunali neretini costituiscono gli atti originali oggetto della denuncia dei candidati, la documentazione rubata non risulta aver alcun valore materiale, bensì essa certifica il rispetto dei dettami normativi riguardanti le elezioni amministrative degli enti territoriali nell'iter amministrativo da compiere per vedere eletti i legittimi rappresentanti votati dai cittadini, secondo i principi della democrazia e della trasparenza;
il gravissimo episodio di attacco alle istituzioni subito dall'intera comunità merita la massima attenzione delle autorità competenti al fine di accertare le responsabilità penali e garantire la sicurezza sul territorio per tutti i motivi esposti –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e se intenda adottare iniziative per quanto di competenza, per contribuire a fare chiarezza sulla vicenda; se, in relazione ai fatti esposti ed agli elementi a disposizione il Ministro intenda valutare se sussistano i presupposti per adottare iniziative di competenza, ai sensi degli articoli 141 e seguenti del decreto legislativo n. 267 del 2000 recante Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali al fine di ristabilire le garanzie di trasparenza e democrazia.
(4-09108)
Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato con l'atto di sindacato in esame, si rappresenta quanto segue.
La vicenda su cui principalmente si concentra l'interrogante trae origine da una segnalazione fatta pervenire, nell'ottobre 2020, a due consiglieri del comune di Nardò, relativa a delle firme apposte sui moduli per la sottoscrizione della dichiarazione di accettazione della candidatura alla carica di consigliere comunale nella tornata elettorale delle elezioni amministrative del 2016, che, a dire del segnalante, sarebbero state falsificate,
A fronte di tale segnalazione, nel periodo compreso tra novembre e dicembre 2020, alcuni candidati alle elezioni del 2016 hanno effettuato una verifica mediante accesso agli atti depositati presso il Comune, constatando che la firma presente sui moduli in parola sarebbe stata apocrifa. A seguito di ciò essi hanno presentato denuncia presso la locale compagnia della Guardia di finanza in merito all'accaduto.
Dai primi riscontri è emerso che i candidati citati avevano bensì firmato la accettazione della candidatura, ma utilizzando un modulo non conforme alla normativa. Successivamente un soggetto allo stato ancora non identificato avrebbe compilato i nuovi moduli, questa volta corretti, ma apponendo su di essi le firme falsificate dei candidati, facendole poi autenticare.
In seguito alla denuncia formalizzata presso la Guardia di finanza, è stato instaurato un procedimento penale attualmente in corso.
In relazione all'ulteriore vicenda cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, va evidenziato che il 25 febbraio 2021, il responsabile dell'ufficio elettorale del comune di Nardò ha sporto denuncia contro ignoti, presso la locale stazione dei Carabinieri, per il furto dei fascicoli delle candidature relative alle elezioni amministrative comunali del 2016.
Nello specifico, lo stesso dichiarava che la mattina del 24 febbraio, dopo aver notato che la serratura della cassettiera della sua postazione di lavoro non era perfettamente funzionante, aveva effettuato un controllo del carteggio presente nell'ufficio, verificando che dall'interno di un armadio dotato di chiusura, erano stati trafugati i fascicoli delle candidature alle elezioni amministrative del 2016. Nel suo atto di denuncia lo stesso faceva anche riferimento al fatto che alcuni candidati dell'epoca avevano inoltrato istanza per ottenere copia della dichiarazione all'epoca sottoscritta, precisando che dette istanze erano state regolarmente evase con consegna di quanto richiesto agli interessati.
In seguito alla denuncia di furto risulta essere stato instaurato un procedimento penale presso la locale Procura della Repubblica per il quale, come comunicato dalla locale questura, il sostituto procuratore competente avrebbe inoltrato richiesta di archiviazione al GIP.
Quanto all'attivazione della misura dissolutoria prevista dall'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267 (T.U.O.E.L.), occorre precisare che l'intervento statale è limitato a fattispecie tipiche, tassativamente indicate dalla legge, la cui concretizzazione legittima l'adozione della misura dello scioglimento dell'ente locale.
Si assicura infine che permane costante l'attenzione della locale prefettura nei confronti della vicenda, al fine di verificare l'eventuale sussistenza dei presupposti necessari per attivare le misure di competenza previste dall'ordinamento vigente.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.
BIGNAMI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 4 agosto 2020 è stato emanato il provvedimento Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) n. 97/2020, in vigore dal 31 marzo 2021, che ha apportato modifiche ed integrazioni ad alcuni regolamenti (Ivass) in materia di collaborazioni orizzontali tra distributori assicurativi;
in particolare, si vuole segnalare la modifica, attraverso l'articolo 4, numero 12, lettera b), del provvedimento di cui sopra all'articolo 42 del regolamento Ivass n. 40/2018 con la quale viene imposto agli agenti assicurativi di informare le imprese preponenti di tutte le collaborazioni orizzontali intraprese con altri colleghi o broker assicurativi, nonché l'abrogazione e la sostituzione dell'articolo 56 articolo – articolo 4 sub 18 lettera a) – con l'introduzione dell'onere a carico degli agenti di darne pubblicità attraverso l'affissione o la pubblicazione su sito Internet dell'elenco di tutte le imprese di assicurazione con le quali l'intermediario ha rapporti d'affari;
sempre attraverso l'articolo 4, comma 20, con modifica all'articolo 58 del predetto regolamento, viene inserito un ulteriore aggravio burocratico a carico degli agenti assicurativi ai quali si impone il rilascio di una dichiarazione asserente la coerenza del prodotto assicurativo proposto rispetto alle esigenze del cliente;
le nuove disposizioni risulterebbero in contrasto con la normativa primaria di cui al decreto-legge n. 179 del 2012 convertito dalla legge n. 221 del 2012 che, per quanto attiene alle «collaborazioni tra intermediari», non prevede alcun obbligo di comunicazione alle imprese preponenti, sia in forma diretta che indiretta tramite affissione o pubblicazione su sito Internet;
tali prescrizioni rischiano di minare la libertà professionale e concorrenziale degli agenti, favorendo di fatto l'intromissione ed il potenziale condizionamento delle imprese assicuratrici sulle loro scelte di collaborazione con altri intermediari;
a tal proposito si evidenzia che nella memoria difensiva presentata al Tar del Lazio in seguito al ricorso proposto dal sindacato nazionale agenti di assicurazione S.n.a. (numero di registro generale 8639 del 2020) per l'annullamento delle norme del provvedimento Ivass n. 97 del 4 agosto 2020 sopra richiamate, l'Istituto di vigilanza ha esplicitamente dichiarato di aver inserito le norme inerenti l'obbligo di comunicazione alle compagnie mandanti delle collaborazioni in corso tra agenti su espressa richiesta di Unipol Sai;
l'eventualità che le imprese mandanti possano interferire o comunque esercitare in qualche modo un condizionamento sulle collaborazioni tra intermediari ricadrebbe altresì sull'utenza che vedrebbe ridotta la possibilità di scelta fra un numero maggiore di prodotti offerti dal proprio professionista di fiducia che proprio il decreto-legge n. 179 del 2012 con l'articolo 22 comma 10 mirava a consentire –:
se non intenda adottare ulteriori iniziative, per quanto di competenza, di carattere normativo, al fine di assicurare la massima possibilità di scelta in relazione all'offerta dei prodotti in questione, a tutela degli utenti.
(4-08963)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentita la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
L'interrogante fa riferimento al provvedimento n. 97 del 4 agosto 2020, in materia di collaborazioni orizzontali degli intermediari di assicurazione, emanato dall'istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS), in vigore dal 31 marzo 2021, e parzialmente annullato dal TAR Lazio, con sentenza del 23 giugno 2021, n. 7549, che ha visto l'accoglimento delle istanze del Sindacato nazionale degli agenti di assicurazione (SNA).
In premessa, appare opportuno ricostruire sinteticamente le principali novità apportate all'impianto normativo a seguito del recepimento degli ultimi atti di matrice europea. Con la direttiva (UE) 2016/97 e il regolamento delegato (UE) 2017/2358 – recepiti dal decreto legislativo 21 maggio 2018 n. 68 – è stata introdotta la disciplina sulla Product Oversight and Governance, cosiddetto POG) che, nell'ottica di garantire una più ampia tutela del consumatore, impone alle imprese e agli intermediari che realizzano prodotti assicurativi di adottare, gestire, monitorare e rivedere un processo di approvazione del prodotto, prima che lo stesso sia commercializzato, con l'obiettivo di individuare il mercato di destinazione (cosiddetto target market) e la strategia di distribuzione, nonché di esaminarne i rischi e di fare in modo che la strategia di distribuzione sia coerente con il mercato e il prodotto.
Dall'adozione di tale processo discendono una serie di oneri e responsabilità in capo alle imprese assicurative: selezionare canali di distribuzione adeguati; fornire ai distributori le informazioni necessarie; verificare che gli stessi agiscano in conformità agli obiettivi del loro processo di approvazione del prodotto; adottare appropriate azioni correttive; verificare in concreto la corrispondenza della distribuzione con il mercato di riferimento individuato.
Orbene, a tal riguardo l'interrogante richiama proprio il ricorso proposto dal Sindacato nazionale agenti di assicurazione (SNA) per l'annullamento delle seguenti norme del provvedimento Ivass n. 97 del 2020:
articolo 4, comma 12, lettera b), che ha modificato l'articolo 42 del regolamento 40 del 2018 introducendo un comma 4-bis a norma del quale «la sottoscrizione dell'accordo di cui al comma 4 è comunicata dagli intermediari alle rispettive imprese di assicurazione mandanti interessate».
articolo 4, comma 18, che nel sostituire il testo dell'articolo 56 del regolamento n. 40 del 2018, prevede che il secondo comma della norma abbia il seguente contenuto «i distributori rendono disponibile per il pubblico nei propri locali, anche avvalendosi di apparecchiature tecnologiche, oppure pubblicano su un sito internet ove utilizzato per la promozione e collocamento di prodotti assicurativi, dando avviso della pubblicazione nei propri locali: a) l'elenco recante la denominazione della o delle imprese di assicurazione con le quali l'intermediario ha rapporti d'affari, anche sulla base di una collaborazione orizzontale o di lettere di incarico»;
articolo 4, comma 20, a norma del quale all'articolo 58 del regolamento n. 40 del 2018 sono apportate le seguenti modifiche: «a) dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: “4-bis. Qualora i distributori ritengano che il prodotto sia coerente con le richieste ed esigenze del contraente o dell'assicurato, prima della sottoscrizione del contratto, lo informano di tale circostanza, dandone evidenza in un'apposita dichiarazione”».
Ebbene, con la citata sentenza del 23 giugno 2021 n. 7549, il tribunale amministrativo regionale per il Lazio (sezione seconda ter) ha accolto il ricorso dello SNA e, per l'effetto, ha annullato le disposizioni sopra richiamate del provvedimento impugnato.
In esito alla pronuncia del TAR, richiesti ulteriori elementi informativi all'istituto di vigilanza, quest'ultimo ha richiamato quanto rappresentato dal Presidente della medesima autorità nel corso dell'assemblea annuale 2021, tenutasi il 1° luglio 2021, nell'ambito delle considerazioni sulla relazione delle attività svolte anno 2020. In particolare, l'IVASS ha comunicato che si adeguerà alla sentenza e riconsidererà la materia per ridurre al minimo gli adempimenti burocratici non strettamente necessari, senza tuttavia perdere di vista l'obiettivo fondamentale, che è quello di assicurare nella sostanza la tutela della clientela e la trasparenza nel collocamento dei prodotti.
In conclusione, si rappresenta che il Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle proprie competenze, continuerà a mantenere un'interlocuzione continua con l'IVASS e con l'Associazione nazionale delle imprese assicurative (ANIA), alla luce del quadro giuridico nazionale ed unionale descritto, al fine di garantire la tutela del consumatore.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.
BOLDRINI, BRUNO BOSSIO, COSTANZO, EHM, FASSINA, FRATOIANNI, MURONI, SARLI, SURIANO, TERMINI e TRIZZINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riferito da «The Weapon Watch» (Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei) e ripreso da organi di informazione e siti Internet, un carico di proiettili ad alta precisione destinati al porto israeliano di Ashdod sarebbe stato imbarcato il 13 maggio 2021, a Genova presso il Gpt (Genoa Port Terminal);
le operazioni di imbarco si sarebbero svolte senza che il container – segnalato come contenente esplosivi di classe 1 (esattamente 1.4S) – toccasse la banchina, e quindi dovesse sostare nell'apposita area del terminal destinata alle merci pericolose;
la nave, su cui le munizioni sarebbero state imbarcate, la «Asiatic Island», proveniva da Marsiglia, e sarebbe rimasta a Genova per una dozzina di ore per poi ripartire alle 4 del mattino successivo, 14 maggio 2021;
la «Asiatic Island» avrebbe successivamente imbarcato altri container con merci pericolose nel porto di Livorno;
la «Asiatic Island», batte oggi bandiera di Singapore e raccoglie traffico a Fos sur Mer (Marsiglia), Genova, Livorno, Napoli destinato ad Ashdod e Haifa;
su questa rotta, da alcuni anni svolge il servizio di linea regolare per conto di Zim, la compagnia di Stato israeliana che opera nello shipping, e che ha due sedi principali, a Haifa (il maggior porto israeliano) e a Norfolk (Usa, tra i maggiori porti militari statunitensi, da cui passano regolarmente le navi saudite della Bahri);
in questi giorni, in Israele e in Palestina, è deflagrata una vera e propria guerra civile e non si arrestano gli scambi di bombe e missili tra Israele e Gaza che stanno causando distruzione e ingenti vittime civili –:
se il Governo sia a conoscenza di questi eventi;
se le operazioni descritte di caricamento e trasporto delle merci esplosive nelle aree portuali e sulla nave «Asiatic Island» si siano svolte correttamente e sotto lo stretto controllo degli ufficiali addetti, nel rispetto della sicurezza dei lavoratori direttamente impegnati e presenti nelle aree circonvicine, oltreché della sicurezza della popolazione dei quartieri retrostanti le aree portuali in cui ha operato la nave «Asiatic Island»;
se per queste merci siano state concesse le autorizzazioni ai sensi della legge n. 185 del 1990;
se non intenda il Governo valutare la sospensione dell'export militare italiano verso entità statali e non statali coinvolte negli scontri tra israeliani e palestinesi.
(4-09309)
Risposta. — Sulla base delle informazioni pervenute dalle amministrazioni competenti (prefetture, comando generale della guardia di finanza, agenzia delle dogane e dei monopoli e autorità nazionale-UAMA del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale), si conferma che il 13 maggio presso il porto di Genova è stato imbarcato sulla nave Asiatic Island un carico di cartucce per armi a canna corta spediti dalla Fiocchi munizioni s.p.a. e destinate a una società israeliana. Detto carico è stato autorizzato all'esportazione con licenza rilasciata dalla prefettura di Lecco, ai sensi della legge 18 aprile 1975, n. 110 e successive modifiche, per munizioni ad uso venatorio/sportivo,
Si conferma altresì che la nave, il giorno successivo, ha fatto scalo al porto di Livorno dove ha imbarcato un container contenente attrezzature e parti di ricambio per complesso navale 76/62 destinato alle forze armate israeliane; tale fornitura è stata autorizzata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale con licenze rilasciate ai sensi della legge 9 luglio 1990, n. 185 e successive modifiche.
Le operazioni di carico sono avvenute nel pieno rispetto della normativa nazionale sulle merci considerate pericolose e le operazioni sono state oggetto di controlli e verifiche da parte del personale della Capitaneria di Porto e dell'agenzia delle dogane e dei monopoli che non hanno rilevato irregolarità.
In merito alla richiesta di valutare la sospensione dell'export militare italiano verso il Paese in questione, considerata sia la cessazione degli scontri sia l'assenza di embarghi internazionali, il Governo non ritiene che sussistano, al momento, condizioni tali da giustificare l'adozione di misure restrittive.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.
CARETTA, CIABURRO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
come evidenziato da Fipe-Confcommercio, la riapertura solo per le attività che dispongono di tavoli all'aperto, significa la chiusura prolungata per oltre 116.000 pubblici esercizi che non ne dispongono;
il 46,6 per cento dei bar e ristoranti italiani, infatti, non dispongono di spazi all'aperto, con particolare incidenza per i locali situati nei centri storici, dove le regole sono più stringenti;
in linea generale, inoltre, la riapertura dei ristoranti a pranzo e cena per chi ha spazio esterno consente di recuperare circa il 15 per cento del totale del fatturato di settore con enormi differenze da regione a regione, dato che i posti all'aperto, infatti, sono molti meno rispetto alla totalità delle sedute già adattate alle norme vigenti;
nell'attività di ristorazione, sebbene siano coinvolti circa 360.000 tra bar, mense, ristoranti e agriturismi, vi è tutta una filiera potenzialmente penalizzata da aperture parziali, legata a 70.000 industrie alimentari e 740.000 aziende agricole impegnate a garantire le forniture alimentari, per un totale, considerato l'indotto, di 3,6 milioni di posti di lavoro –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per:
a) fornire criteri di sicurezza unitari per consentire la riapertura dei locali al chiuso vincolati ad un preciso cronoprogramma attuativo;
b) fornire in ogni caso misure di sostegno economico nei confronti di tutti i pubblici esercizi che subiranno lo svantaggio competitivo di non essere in grado di riaprire a partire dal 26 aprile 2021 in quanto prive di adeguato spazio all'aperto.
(4-09001)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sentiti anche i competenti uffici del Ministero della salute, si rappresenta quanto segue.
In particolare, le interroganti fanno riferimento alla grave situazione di crisi ed incertezza con la quale, durante questa prolungata pandemia, hanno convissuto e convivono i ristoratori ed i pubblici esercizi e chiedono a riapertura dei locali e misure di sostegno economico.
Le criticità correttamente esposte dalle interroganti riguardano non solo i ristoratori ed i pubblici esercizi, bensì la maggioranza dei settori produttivi.
A riguardo, si rappresenta che il Governo è consapevole delle gravissime difficoltà che l'intero sistema produttivo nazionale ha affrontato e sta affrontando a seguito della crisi pandemica e delle chiusure disposte per contrastare la diffusione del virus SARS-CoV-2. Per reagire a questa situazione e sostenere il sistema produttivo nazionale, è stato seguito un approccio binario: da un lato, si è provveduto ad accelerare il piano delle vaccinazioni; dall'altro, sono state predisposte misure di ristoro e sostegno rivolte in generale alle imprese, operanti nei diversi comparti produttivi più colpiti dalla crisi, nonché ai titolari di partita IVA.
Infatti, le riaperture sono direttamente collegate all'andamento del piano vaccinale e della curva dei contagi e sono state disposte tenendo conto delle valutazioni del Comitato tecnico-scientifico, del Commissario straordinario e del Ministero della salute.
Sul punto, si ricorda che in data 6 aprile 2021 è stato sottoscritto, da tutte le sigle sindacali e datoriali, e adottato su invito del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, il «Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all'attivazione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro». Ai sensi del Protocollo in parola, i datori di lavoro, con il supporto o il coordinamento delle associazioni di categoria di riferimento, possono manifestare la disponibilità ad attuare piani aziendali per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione anti SARS-CoV-2 nei luoghi di lavoro destinati alla somministrazione in favore delle lavoratrici e dei lavoratori che ne abbiano fatto volontariamente richiesta.
Per quello che riguarda la programmazione che consenta la riapertura delle attività commerciali e di ristorazione, come richiesto dalle interroganti, si rappresenta quanto segue.
Con il decreto-legge del 22 aprile 2021, n. 52 è stata disposta l'applicazione di misure per la graduale ripresa delle attività economiche e sociali, nel rispetto delle esigenze di contenimento della diffusione dell'epidemia da SARS-CoV-2.
Per quello che attiene specificamente alle attività dei servizi di ristorazione, il testo ha consentito, dal 26 aprile 2021, nella zona gialla, il consumo al tavolo all'aperto e dal 1° giugno anche al chiuso, nel rispetto di protocolli, linee guida e disposizioni vigenti.
Inoltre, dal 22 maggio, in zona gialla, le attività degli esercizi commerciali presenti all'interno di mercati e di centri commerciali, di gallerie commerciali, di parchi commerciali e di altre strutture ad essi assimilabili possono svolgersi anche nei giorni festivi e prefestivi, anche in questo caso, nel rispetto di protocolli, linee guida e disposizioni vigenti.
Sempre a partire dal 26 aprile, in zona gialla, sono stati consentiti anche gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali o spazi anche all'aperto, nel rispetto delle misure di distanziamento e di misure di capienza massima.
A far data dal 15 giugno, in zona gialla, sono state consentite poi le feste conseguenti alle cerimonie civili o religiose, anche al chiuso, anche organizzate mediante servizi di catering e banqueting nonché è stato consentito lo svolgimento di fiere in presenza, anche su aree pubbliche, e dal 1° luglio 2021 anche dei convegni e dei congressi. Il tutto sempre nel rispetto di protocolli, linee guida e disposizioni vigenti.
Il decreto-legge n. 52 del 2021 ha previsto altresì l'introduzione, sul territorio nazionale, delle cosiddette «certificazioni verdi Covid-19», comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione contro il virus o la guarigione dall'infezione o l'effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo. Le specifiche disposizioni relative alle quattro aree (area gialla, arancione, rossa e bianca) sono consultabili online sul sito del Governo, nella sezione domande e risposte.
Con ordinanza del 29 maggio 2021, il Ministero della salute ha adottato le «Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali», nella versione aggiornata dalla Conferenza Stato regioni. Tali Linee guida aggiornate sono state integrate con alcuni nuovi elementi conoscitivi, legati all'evoluzione dello scenario epidemiologico e delle misure di prevenzione adottate, anche in un'ottica di semplificazione, e tengono conto delle disposizioni del decreto-legge n. 52 del 22 aprile 2021 e del decreto-legge n. 65 del 18 maggio 2021.
Parallelamente al piano vaccinale e alla programmazione delle riaperture, il Governo ha varato provvedimenti atti a garantire ristori adeguati a tutte le attività produttive, come contrappeso alle chiusure disposte per contrastare la diffusione pandemica.
Al fine di salvaguardare tutte le imprese del Paese, si evidenza che, già con il primo decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 recante «Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19» (decreto «Sostegni»), si sono previste una serie di misure improntate sulla semplificazione delle procedure e l'automatismo dell'erogazione, nonché sul superamento del modello basato sui codici Ateco, privilegiando invece criteri di fatturato e misure relative ai contributi a fondo perduto e al rinvio dei pagamenti fiscali.
Il 15 aprile 2021 è stato approvato il Documento di economia e finanza (DEF), con la previsione di uno scostamento di bilancio ulteriore di 40 miliardi di euro, che poi ha ricevuto l'avallo di entrambi i rami del Parlamento per il finanziamento di ulteriori misure di sostegno.
Il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (cosiddetto decreto «Sostegni bis») ha introdotto, all'articolo 1, ulteriori contributi a fondo perduto destinati a sostenere le attività economiche maggiormente danneggiate dal perdurare dell'emergenza da SARS-CoV-2. Nel luglio 2021, l'Agenzia delle entrate ha pubblicato le Linee guida relative ai contributi a fondo perduto del decreto «Sostegni bis».
In conclusione, si ribadisce il costante impegno del Governo a mettere in atto tutti gli interventi necessari perché sia garantita l'apertura in sicurezza delle attività commerciali e di ristorazione, come richiesto dalle interroganti, fornendo al contempo indennizzi e ristori adeguati alle attività medesime, per le gravi perdite subite a causa della crisi pandemica e delle chiusure disposte per contrastare la diffusione del virus.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Gilberto Pichetto Fratin.
CIABURRO e LUCA DE CARLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in data 7 giugno 2020, sulla strada statale 28 del Colle di Nava, una delle principali arterie di collegamento tra Liguria e Piemonte, nel tratto di strada che attraversa il centro di Bagnasco (CN), si è verificato un tamponamento tra due auto; l'episodio sarebbe solo il quarto incidente in soli venti giorni;
nell'estate 2019 il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Gipe) ha approvato il contratto di programma Anas, il quale prevede, tra l'altro, importanti investimenti nel tratto stradale che collega i comuni di Ceva, Nucetto, Bagnasco, Priola, Garessio e Ormea, in provincia di Cuneo;
tale programma, per passare alla fase di attuazione, necessita di numerosi adempimenti di natura burocratica e progettuale, tra cui tre particolari interventi: il primo riguarda il tratto Ceva-Ormea tra Mombrignone e Nucetto per 20.472.167 euro, il secondo il tratto tra Ceva e Ormea, per 9.500.000 euro circa, ed il terzo intervento di consolidamento fa riferimento al tratto tra Ceva e Ormea dal chilometro 68 al chilometro 60.500;
i predetti interventi fanno già parte di una serie di indicazioni e progetti risalenti al 1998-99 e sono ormai venti anni che attendono una messa in opera –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e, se del caso, quali iniziative abbia intenzione di intraprendere per incrementare sicurezza e viabilità della strada statale 28 e con quali tempistiche i lavori di cui in premessa avranno termine.
(4-05977)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame l'interrogante chiede di conoscere le iniziative che il Ministero intende assumere per migliorare la sicurezza della strada statale 28 del Colle di Nava.
Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per le strade e le autostrade, l'alta sorveglianza sulle infrastrutture stradali e la vigilanza sui contratti concessori autostradali e dalla società ANAS, si rappresenta quanto segue.
La strada statale 28 collega la riviera ligure e il Piemonte, svolgendo anche funzioni di ponte per il traffico tra i porti della Liguria ed i trafori con la Francia. Il valico del Colle di Nava si trova ad una quota di circa 900 metri sul livello del mare ed è raggiungibile dal versante ligure percorrendo un tracciato particolarmente tortuoso e ripido.
La possibilità di realizzare una variante di detto valico è oggetto di studio già da molti anni e nel 1992 è stato realizzato il cunicolo pilota di traforo Armo-Cantarana.
Il progetto preliminare dell'intervento è stato approvato dal CIPE con delibera n. 93 del 20 dicembre 2004 e con la medesima delibera sono stati stanziati 4,781 milioni di euro per la progettazione definitiva.
La variante ha una lunghezza di circa 9,3 chilometri e si sviluppa per la maggior parte della sua estensione in Liguria.
La sezione stradale, di categoria extraurbana secondaria, prevede una piattaforma stradale di 10,50 metri; in particolare sono presenti 7 viadotti, per una lunghezza pari a 1115 metri, e 8 gallerie, complessivamente di circa 4981 metri (compreso il traforo Armo-Cantarana pari a 2852 metri).
La finalità dell'intervento, il cui costo complessiva è di circa 304 milioni di euro, è quella di realizzare una variante all'attuale abitato con una carreggiata più sicura dal punto di vista della percorribilità.
I] progetto è inserito nell'aggiornamento del contratto di programma 2016/2020 tra questo Ministero e la società ANAS.
La progettazione definitiva dell'intervento, comprensiva delle necessarie indagini ambientali e geognostiche, è stata affidata da ANAS all'RTP costituito da Technital s.p.a.(mandataria) e 3TI Progetti Italia s.p.a.(mandante).
ANAS, in data 20 novembre 2019, ha approvato in linea tecnica il progetto definitivo dell'intervento per il prosieguo dell'iter procedurale.
In data 6 dicembre 2019, è stato attivato l'iter autorizzativo con l'invio del progetto definitivo al consiglio superiore dei lavori pubblici per l'espressione del parere di competenza, così come previsto dall'articolo 205, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 50 del 2016. Con detto parere, trasmesso ad ANAS il 28 ottobre 2020, il consiglio superiore dei lavori pubblici ha chiesto che il progetto definitivo venisse rivisto e completato prima dell'avvio dei successivi procedimenti amministrativi.
Pertanto, ANAS ha chiesto ai progettisti di aggiornare il progetto alle prescrizioni e alle osservazioni ivi contenute.
Al contempo, ANAS ha comunicato che entro il corrente mese di luglio verranno attivate le procedure finalizzate ad acquisire le necessarie autorizzazioni ambientali.
Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.
CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nel nostro Paese opera da molti anni la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, riconosciuta come tale a seguito del decreto del Presidente della Repubblica n. 423 del 27 aprile 1974;
è sconcertante, ad avviso dell'interrogante, che per quasi un cinquantennio non abbia destato scandalo la circostanza che tale ente debba la sua denominazione ad una figura sicuramente negativa della cronaca giudiziaria italiana, Giangiacomo Feltrinelli che, pur essendo stato il fondatore dell'omonima biblioteca dalla quale si è poi sviluppata la fondazione stessa, è ricordato per aver costituito nel 1970 i Gruppi Armati Partigiani (GAP) e per essere stato rinvenuto privo di vita il 14 marzo del 1972, presso Segrate (in provincia di Milano), a causa dello scoppio dell'esplosivo da lui stesso trasportato al fine di far saltare in aria un traliccio dell'alta tensione;
peraltro, la circostanza che tale fondazione abbia relazioni di diversa tipologia anche con enti pubblici, rende ancora più sconveniente che la stessa rappresenti, anche solo con la sua denominazione, chi, nel corso della sua vita, ha avuto contatti operativi con Renato Curcio e Alberto Franceschini, in seguito fondatori delle Brigate Rosse;
affinché situazioni come quella descritta non abbiano a ripetersi, a parere dell'interrogante, sarebbe necessaria l'adozione di un'iniziativa normativa, volta ad adeguare il DPR n. 361 del 2000, che attualmente regola la materia, nel senso di prevedere che l'autorità amministrativa competente subordini il riconoscimento delle fondazioni anche alla previa verifica che la loro denominazione non richiami in modo espresso personaggi della nostra storia che si sono macchiati di gravi delitti ovvero di reati di natura terroristica o mafiosa –:
se il Ministro interrogato non intenda adottare iniziative normative nel senso descritto in premessa.
(4-08934)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato parlamentare in esame con il quale, tra l'altro, l'interrogante rassegna la necessità di un'iniziativa normativa volta a prevedere che l'autorità amministrativa competente subordini il riconoscimento delle fondazioni anche alla previa verifica che la loro denominazione non richiami in modo espresso personaggi della nostra storia che si sono macchiati di gravi delitti ovvero di reati di natura terroristica o mafiosa, si rappresenta quanto segue.
Come noto, la materia relativa al riconoscimento della personalità giuridica privata viene in particolare disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private, il quale, a sua volta, trae origine dalla legge 15 marzo 1997, n. 59 (cosiddetta legge Bassanini),
Nello specifico, l'articolo 1, comma 3, del citato decreto prevede che il controllo del prefetto abbia per oggetto, la sussistenza delle condizioni di legge o di regolamento per la costituzione dell'ente, la possibilità e liceità dello scopo, e l'adeguatezza del patrimonio al conseguimento dello stesso.
La normativa in argomento ha, dunque, definito espressamente i poteri, di controllo di competenza del prefetto, innovando il previgente iter codicistico di natura concessoria, espressamente abrogato dal decreto del Presidente della Repubblica attuazione della delega prevista con la ricordata norma primaria.
Di conseguenza, la disciplina vigente, voluta dal legislatore proprio per snellire e velocizzare la procedura in argomento, limita la discrezionalità del prefetto all'apprezzamento di criteri oggettivi e chiaramente definiti, precludendo, in tal modo, la considerazione di ogni ulteriore e diverso requisito.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.
CONTE, EPIFANI, TOFALO, AVOSSA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
la missione 3 del Piano nazionale di ripresa e resilienza indica, alla voce «Infrastrutture per una mobilità sostenibile», «l'obiettivo di rafforzare ed estendere l'alta velocità ferroviaria nazionale»;
alla missione 3, componente 1, denominata «Rete Ferroviaria ad Alta Velocità/Capacità e Strade Sicure» sono assegnati 24,77 miliardi di euro dal fondo Pnrr e 3,20 miliardi di euro dal Fondo complementare;
l'investimento 1.1 della sopramenzionata componente della missione 3 del Pnrr è denominato «Collegamenti ferroviari ad Alta Velocità verso il Sud per passeggeri e merci» e ammonta a 4,64 miliardi di euro;
il Pnrr dettaglia l'investimento con queste intenzioni progettuali: estendere l'Alta Velocità al Sud, con la conclusione della direttrice Napoli-Bari, l'avanzamento ulteriore della Palermo-Catania-Messina e la realizzazione dei primi lotti funzionali delle direttrici Salerno-Reggio Calabria e Taranto-Potenza-Battipaglia;
con decreto-legge n. 34 del 19 maggio 2020, Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. è stata autorizzata alla redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica degli interventi di potenziamento, con caratteristiche di Alta velocità, della direttrice ferroviarie Salerno-Reggio Calabria;
il Governo ha inviato alle commissioni parlamentari competenti il progetto di fattibilità tecnico-economica di cui al punto precedente;
il progetto individua, per il corridoio infrastrutturale tra Salerno e Reggio Calabria, diverse alternative di tracciato;
il progetto, al punto 7.1, individua quello che viene denominato lotto «0» per la tratta Salerno-Battipaglia; esso prevede uno sviluppo di circa 44 chilometri con inizio al chilometro 34+009 della LMV e termine in prossimità della stazione di Battipaglia; tale tratto, da Sarno arriverebbe a ridosso di Baronissi, dove si realizzerebbe la nuova stazione di Salerno che interesserebbe tutta la Valle dell'Irno e da qui proseguirebbe fino a Battipaglia-Eboli, nella zona industriale;
la soluzione garantirebbe Alta Velocità e Alta Capacità ferroviaria su tutto il tracciato, da Napoli a Salerno a Battipaglia, per poi andare verso Reggio Calabria, senza soluzione di continuità;
secondo quanto pubblicato in data 28 aprile 2021 dal Quotidiano del Sud, nel servizio dal titolo: «Alta velocità: espropri, pressioni e lobby minacciano il lotto 0», esisterebbero «manovre» politiche per stralciare dal progetto il sopra menzionato lotto 0 a causa di paventati «interessi dei proprietari delle aree a valle del Vesuvio e fino a Baronissi»;
una scelta, quella di non realizzare il lotto «0» che, sul quotidiano Il Mattino, edizione di Salerno, del 1° maggio 2021, il presidente della commissione trasporti del consiglio regionale della Campania rivendica come una decisione già assunta;
la cancellazione dal progetto del lotto «0» determinerebbe un grave depotenziamento dell'infrastruttura; da Napoli a Salerno e Battipaglia si viaggerebbe sostanzialmente senza Alta velocità, ma sulla vecchia linea ferroviaria, con una durata di tempi di percorrenza di molto superiori alla media nazionale, secondo la fonte giornalistica lo stesso tempo che occorre per andare in Alta Velocità da Roma da Napoli;
con la realizzazione del lotto «0», una volta sgravata dalla percorrenza nazionale, la vecchia linea ferroviaria che va da Napoli a Sapri potrebbe essere riconvertita in funzione di metropolitana regionale, sulla quale realizzare prolungamenti verso il campus universitario di Fisciano e l'aeroporto di Pontecagnano-Costa d'Amalfi, oltre a linee di collegamento per interconnettere i territori attraversati con la rete AV/AC;
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per garantire che non sia stralciato il lotto «0» di cui al punto 7.1 del progetto menzionato in premessa e realizzato da Rete Ferroviaria Italiana Spa, al fine di garantire effettiva Alta Velocità/Alta Capacità, senza alcuna interruzione, su tutta la rete che va da Napoli fino a Reggio Calabria.
(4-09202)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame gli onorevoli interroganti chiedono quali iniziative questo Ministero intenda adottare per garantire la realizzazione del lotto «0» della tratta alta velocità/alta capacità Salerno-Reggio Calabria.
Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie e dalla società Ferrovie dello Stato italiane, si rappresenta quanto segue.
In Italia, il 90 per cento del traffico di passeggeri avviene su strada, mentre sulle ferrovie viaggia solo il 6 per cento dei passeggeri (rispetto al 7,9 per cento in Europa), con la conseguenza che il settore del trasporto risulta tra quelli maggiormente responsabili delle emissioni climalteranti.
La principale infrastruttura di collegamento del Paese, la rete ad alta velocità, si ferma alla Napoli/Salerno.
La popolazione residente non servita da quella tratta ferroviaria risulta pertanto scollegata dalla rete ad alta velocità e nel complesso, nel Mezzogiorno, la capacità, l'affidabilità e la frequenza dei servizi ferroviari sono limitate e con lunghi tempi di percorrenza.
Allo scopo dichiarato di potenziare il trasporto su ferro di passeggeri e merci, aumentando la capacità e la connettività della ferrovia e migliorando la qualità del servizio lungo i principali collegamenti nazionali e regionali, anche attraverso il rafforzamento dei collegamenti transfrontalieri, la Missione 3 del Pnrr – «Infrastrutture per una mobilità sostenibile» – prevede investimenti sulla rete ferroviaria per 24,77 miliardi, in gran parte destinati al Sud: non solo la parte alta velocità, ma anche il potenziamento delle ferrovie regionali.
Una parte rilevante di detti investimenti riguarda la realizzazione della rete ad alta velocità nel Mezzogiorno, tra cui il completamento della tratta Salerno-Reggio Calabria.
La realizzazione di tale intervento è articolata in 7 lotti, tra cui il lotto «0» relativo alla tratta Salerno-Battipaglia.
Infine, si evidenzia che, in considerazione della strategicità dell'opera e al fine precipuo di ridurre al massimo i tempi di realizzazione, la tratta Salerno-Reggio Calabria è stata inserita nell'elenco di opere di cui all'allegato IV del decreto-legge n. 77 del 2021 e, pertanto, alla stessa si applica la procedura accelerata disciplinata dall'articolo 44 del medesimo decreto-legge.
Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.
DEIANA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'Ente acque della Sardegna (Enas) è l'ente pubblico non economico strumentale della regione che gestisce il sistema idrico multisettoriale dell'isola. È stato istituito con la legge regionale n. 19 del 2006 che ha trasformato l'ente autonomo del Flumendosa, risalente al regio decreto legislativo n. 498 del 17 maggio 1946;
il servizio di vigilanza e presidio delle 31 opere di sbarramento principali gestite dall'Enas è stata nel tempo aggiudicato a ditte esterne, con l'impiego di guardie giurate armate, subentrate ai guardiani delle dighe;
come noto, la guardia giurata è una guardia di sicurezza privata che opera nel campo della vigilanza e della custodia di proprietà mobiliari o immobiliari, con il compito di prevenire o reprimere reati. In caso di disservizi o situazioni di pericolo, le guardie giurate non possono intervenire in nessun modo, ma solo segnalare tempestivamente quanto rilevato a un tecnico dell'ente, che deve raggiungere l'impianto. Al riguardo, si evidenzia che le dighe non sempre sono facilmente raggiungibili, la loro ubicazione è lontana dai centri abitati e i tempi di intervento possono compromettere la tempestività delle operazioni. Per tale ragione il decreto del Presidente della Repubblica n. 1363 del 1959, cosiddetto «Regolamento dighe», all'articolo 15, prevede che le dighe siano costantemente presidiate con personale adatto che risieda nelle immediate vicinanze in apposita casa di guardia;
la circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 352 del 1987, in merito alle condizioni per l'esercizio e la manutenzione degli sbarramenti, prevede, inoltre, che «la guardiania» deve essere svolta da personale adeguatamente qualificato ed affidabile. A tal fine i «guardiani delle dighe», sono addestrati e preparati non solo per presidiare l'impianto ma anche per gestire situazioni di pericolo e svolgere specifici compiti di controllo, come il rilievo delle condizioni meteorologiche e il controllo dei dati idrometrici;
la differenza tra le due figure appare rilevante, soprattutto nell'ottica di tutelare la sicurezza degli impianti, della popolazione e dei territori circostanti, che richiede, a parere dell'interrogante, un'attenta riflessione considerati anche i danni causati dalle abbondanti piogge che hanno recentemente colpito il Nord della regione e portato al progressivo riempimento degli invasi, come avvenuto a gennaio per la diga del Bidighinzu che ha raggiunto la soglia di sfioro;
come denunciato da FederEnergia Cisal, l'Enel, che attualmente detiene le concessioni delle suddette centrali, ha annunciato un piano di esternalizzazioni per il servizio di sorveglianza delle dighe, che prevede l'affidamento a ditte esterne in sostituzione del personale interno specializzato e preposto alla guardiania degli sbarramenti, che, come rilevato, richiede una competenza specifica, considerate le caratteristiche degli impianti;
a fronte di ciò, riemerge anche la delicata questione dei turni estenuanti di lavoro del personale addetto alla vigilanza e sicurezza delle dighe, con orari di lavoro spesso di gran lunga superiori a quelli contrattualmente previsti e con il rischio di una riduzione degli standard di adeguatezza del servizio di così alta responsabilità –:
quali iniziative di competenza, i Ministri interrogati intendano adottare, al fine di approfondire la problematica in premessa e quali iniziative, anche di carattere normativo, intendano assumere al fine di assicurare un servizio di guardiania specializzato che garantisca adeguate condizioni di vigilanza e sicurezza degli impianti, della popolazione e dei territori, unitamente alla tutela dell'occupazione e delle condizioni di lavoro del personale preposto.
(4-08376)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'interrogante chiede quali iniziative si intendano adottare al fine di assicurare un servizio di guardiania specializzato che garantisca adeguate condizioni di vigilanza e sicurezza delle opere di sbarramento gestite dall'Ente acque della Sardegna e di altre opere di sbarramento gestite dal concessionario Enel.
Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche e dal Ministero dell'interno – prefettura di Cagliari, si rappresenta quanto segue.
L'Ente acque della Sardegna (ENAS) è gestore per conto della regione autonoma della Sardegna, di 32 grandi dighe, di cui 9 in invaso sperimentale e 21 in esercizio normale, oltre 2 in condizioni di fuori esercizio temporaneo.
Per detti sbarramenti in esercizio sperimentale o normale, i vigenti fogli di condizioni per l'esercizio e la manutenzione, che regolano le modalità di vigilanza e gestione degli sbarramenti ai fini della pubblica incolumità dei territori di valle, stabiliscono che «il Gestore provvede alta vigilanza suite opere ed al controllo del loro stato di manutenzione ed esercizio secondo quanto prescritto dalla vigente normativa ai fini della tutela della incolumità delle popolazioni e dei territori», indicando, in base alle peculiarità di ciascun sbarramento, ulteriori attività ivi compresa la guardiania.
Con riferimento alla vigilanza degli sbarramenti, l'articolo 15 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, dispone che le dighe devono «essere continuamente vigilate con personale adatto che risiederà nelle immediate vicinanze in apposita casa di guardia collegata, in modo sicuro, telefonicamente o con impianto radio, con la rete telefonica pubblica e con la più prossima sede della ditta concessionaria».
La circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 352 del 4 dicembre 1987 ha previsto la possibilità che «in funzione del tipo di sbarramento, della sua entità e localizzazione del sistema di controllo, della struttura tecnico-organizzativa del gestore, in condizioni di regolare esercizio ed in situazioni di normalità, la guardiania potrà esplicarsi non necessariamente in modo permanente attivo; nel caso degli invasi sperimentali essa dovrà comunque essere svolta per periodi adeguatamente estesi nell'arco della giornata».
Infine, l'articolo 4 del decreto-legge n. 507 del 1994, convertito dalla legge 21 ottobre 1994, n. 584, impone al concessionario di individuare, all'interno della propria struttura o esternamente ad essa, un ingegnere, designato quale responsabile della sicurezza dell'impianto di ritenuta e, ai sensi della circolare PCM DSTN/2/22806 del 13 dicembre 1995, anche un suo sostituto, al fine di garantire un riferimento certo nell'azione di vigilanza sulla sicurezza c sulle operazioni di controllo spettanti ai concessionari di derivazione, esercitata da parte di questo Ministero.
Oltre alle disposizioni sopra indicate, si ricorda che la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri dell'8 luglio 2014 ed i connessi documenti di protezione civile di ciascuna diga espressamente prevedono a carico del gestore anche l'obbligo di garantire un'organizzazione idonea ad assicurare, anche in caso di allertamento o emergenza, l'espletamento dei compiti attribuiti al gestore medesimo e al responsabile della sicurezza (o al suo sostituto) e la presenza presso la diga di uno dei due soggetti indicati, ove necessario in rapporto ai possibili scenari di evento e alle fasi di allerta (presenza o comunque azione di coordinamento a partire dalla fase di allerta di «vigilanza rinforzata» e presenza in diga nella fase di «pericolo»).
In merito alte modalità di sorveglianza, il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha in più occasioni, sia su casi specifici che su questioni più generali, escluso la sovrapponibilità tra le attività di sorveglianza e guardiani a sebbene indirizzate al buon mantenimento e alla salvaguardia dell'opera.
In particolare, è stato evidenziato come la sorveglianza (o vigilanza), che propriamente attiene al controllo tecnico dell'opera, può, in linea di principio, essere svolta con modalità e sistemi di controllo in parte in sito e in parte a distanza, soprattutto in funzione dell'evoluzione tecnologica; le attività di «custodia» dell'opera o «guardiania» in senso stretto rimangono invece legate alla presenza fisica in loco di personale, che deve saper svolgere anche funzioni di sorveglianza, in particolare durante l'evolversi di possibili situazioni di emergenza, con azioni da assumere potenzialmente rilevanti per la sicurezza dell'opera di ritenuta.
Entrando nel merito del quesito, si rileva che per diverse dighe gestite da ENAS (Flumineddu e Capanna Silicheri, Flumendosa a Nuraghe Ambiu, Rio Mulargia a Monte Su Rei, Sa Forada De S'Acqua, Simbirizzi, Fluminimannu a Is Barrocus, Rio Cixcrri a Genna Is Abis) la predetta attività di guardiania è svelta con personale dell'Ente stesso presso la diga nell'ordinario orario di lavoro, mentre per le rimanenti ore e nelle giornate festive la guardiania è svolta per il tramite di personale dipendente di società esterne convenzionate, ferma restando la reperibilità di personale tecnico qualificato dell'ENAS, che risiede nelle immediate vicinanze della diga, per la gestione di eventuali situazioni di allerta o di emergenza al di fuori del normale orario di lavoro.
Il gestore ENAS e la regione Sardegna, quest'ultima nelle funzioni di concedente e titolare dell'uso dell'acqua e della derivazione, sono i soggetti responsabili della corretta esecuzione delle operazioni di sorveglianza e di guardiania stabilite dal Regolamento delle dighe e dai predetti fogli di condizione e, quindi, anche dell'accertamento dell'idoneità alle mansioni e della competenza tecnica del personale incaricato, sia interno che esterno.
La prefettura di Cagliari ha riferito che ENAS ha avviato le procedure volte ad acquisire nuove dotazioni di personale da dedicare al potenziamento del presidio e della vigilanza delle opere di sbarramento gestite.
L'amministrazione regionale, al fine di soddisfare tale esigenza, ha proceduto all'assegnazione di un primo contingente di 20 unità di personale operativo proveniente dal cessato ESAF (Ente sardo acquedotti e fognature), con possibilità di incrementare detto contingente.
In ragione dell'incremento di personale incaricato dello svolgimento delle attività di presidio e vigilanza, l'ENAS sta valutando di procedere alla progressiva riduzione delle guardie giurate preposte alle attività di vigilanza, fermo restando che il medesimo ente ha assicurato di disporre di procedure e modelli organizzativi idonei a garantire la gestione in sicurezza delle dighe.
Per quanto concerne le attività di questo Ministero, si evidenzia che la competente direzione generale ha, da tempo, avviato un'attività di monitoraggio sulle attività gestionali di ENAS, evidenziando la necessità di rafforzare la dotazione di personale preposto alla gestione e sorveglianza delle opere (cui l'ente e la regione hanno dato seguito con l'assegnazione del personale sopra indicato), nonché di garantire modalità di sorveglianza e guardiania conformi ai fogli di condizione per l'esercizio e la manutenzione delle opere, confermando l'esigenza che il predetto personale debba essere in grado di svolgere non solo le ordinarie attività inerenti alle funzioni di custodia dell'opera, ma anche di eseguire le misure di controllo e le operazioni disposte dall'ingegnere responsabile in caso di piena.
La direzione generale, ove dovesse riscontrare nell'ambito delle attività di monitoraggio casi di non conformità, provvederà tramite le prefetture competenti ad attivare le procedure sanzionatorie di cui all'articolo 4, commi 4 e 6 del citato decreto-legge n. 507 del 1994) nonché, ove necessario e in presenza di rischi per la sicurezza delle opere, a disporre limitazioni di invaso o interruzioni nell'esercizio delle dighe.
Infine, si rappresenta che lo schema di nuovo regolamento dighe, sul quale è stato acquisito il parere favorevole del Consiglio superiore dei lavori pubblici nella seduta del 5 marzo 2021 e avviato all'iter per l'emanazione, prevede una disciplina specifica in materia di sorveglianza e guardiania che contempla la possibilità di adottare modalità anche diverse da quelle operate con personale che risiede presso la diga tenuto conto della specificità dei siti e delle opere e della classe di attenzione dell'impianto di ritenuta, della localizzazione e dei tempi di accesso alla diga, del comportamento pregresso in esercizio, del sistema di monitoraggio e della struttura tecnico-organizzativa del gestore.
Analoghe considerazioni possono svolgersi per i richiamati casi di esternalizzazione relativi alle dighe ad uso idroelettrico in Sardegna gestite da società del gruppo Enel.
Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.
DEIDDA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 14 dell'Accordo sulla mobilità interna del personale giudiziario, siglato in data 28 marzo 2007, aveva previsto, in via del tutto eccezionale, la possibile applicazione temporanea ed eccezionale del personale dell'amministrazione, al fine di sopperire alle esigenze degli uffici e assicurarne la funzionalità: istituto che, negli anni, stante la registrata costante carenza del personale, ha perso totalmente il suo carattere di eccezionalità;
allo stato, la precarietà dell'assegnazione, ancorché di lungo corso, unitamente alle diverse posizioni assunte in ambito ministeriale al riguardo, anche con ipotesi di revoca delle medesime assegnazioni, sta determinando forti preoccupazioni tra il personale interessato, considerato che la suddetta applicazione si protrae da decenni, con dipendenti che non hanno mai preso servizio nell'effettiva sede di appartenenza;
la revoca di simile assegnazione comporterebbe conseguenze disastrose, non solo per i diretti interessati, ma anche per gli uffici e, in particolare, determinerebbe verosimilmente: a) la disorganizzazione delle sedi che, infatti, si vedrebbero private delle unità organizzative in questione, con perdita anche dell'esperienza maturata nel tempo; b) lo stravolgimento della vita professionale e familiare del singolo dipendente, il quale si vedrebbe costretto a dover tornare presso la sede originaria, spesso mai occupata, con tutte le conseguenti difficoltà legate al trasporto pubblico e/o alle infrastrutture esistenti in Sardegna, dopo aver consolidato la propria vita lavorativa ed affettiva in relazione alla sede ormai assegnata da tempo;
nell'accordo sottoscritto il 15 luglio 2020, è previsto il divieto all'utilizzo dell'istituto dell'applicazione temporanea, se non dopo diramazione di apposito interpello e, a fronte di ciò, in relazione alle proroghe delle applicazioni già in essere, disposte dai rispettivi presidenti delle corti d'appello, il direttore generale del dipartimento ha precisato che le applicazioni distrettuali oggetto di proroga ex articolo 25 dell'accordo per la mobilità non possano essere ulteriormente prorogate, e qualora permangano le esigenze dell'ufficio richiedente e vi siano le condizioni previste dall'articolo 20 dell'accordo medesimo, potrà essere diramato nuovo interpello;
da quel che risulta, la suindicata problematica interessa diversi distretti di corte d'appello e, in particolare, la Sardegna, dove i vari presidenti della corte d'appello succedutisi nel tempo, in applicazione della disciplina previgente, si sono ripetutamente avvalsi del personale in questione, al fine di sopperire alle carenze di organico registrate negli anni, anche a causa di mancate, nuove assunzioni e interpelli;
allo stato, gli interpelli di cui all'articolo 22 dell'accordo non sono stati regolarmente indetti nei tempi previsti e dalla rigida applicazione dell'articolo 20 del citato accordo deriverebbero gravi conseguenze per l'amministrazione della giustizia;
a fronte di tali considerazioni, appare necessario prevedere la stabilizzazione delle posizioni del personale applicato di lungo corso, come già accaduto per il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il quale ha previsto la stabilizzazione volontaria del personale assegnato in via temporanea, da almeno tre anni dalla data della sottoscrizione dell'accordo;
tale soluzione consentirebbe agli uffici il mantenimento delle professionalità formate negli anni e ai dipendenti interessati di non veder stravolta la propria vita professionale e familiare, oltre che di non determinare una disparità di trattamento tra i dipendenti dei due diversi dipartimenti dell'Amministrazione della giustizia, riservando la procedura di interpello ai nuovi posti resisi vacanti –:
se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda adottare al fine di consentire la stabilizzazione del personale in applicazione temporanea di lungo corso in questione.
(4-08692)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante – dopo avere premesso che «...l'articolo 14 dell'Accordo sulla mobilità interna del personale giudiziario, siglato in data 28 marzo 2007, aveva previsto, in via del tutto eccezionale, la possibile applicazione temporanea ed eccezionale del personale dell'Amministrazione al fine di sopperire alle esigenze degli Uffici e di assicurarne la funzionalità...; nell'Accordo sottoscritto il 15 luglio 2020 è previsto il divieto all'utilizzo dell'istituto dell'applicazione temporanea, se non dopo diramazione di apposito interpello e, a fronte di ciò, in relazione alle proroghe delle applicazioni già in essere, disposte dai rispettivi Presidenti delle Corti di Appello, il Direttore Generale del Dipartimento ha precisato che le applicazioni distrettuali oggetto di proroga ai sensi dell'articolo 25 dell'Accordo sulla mobilità non possano essere ulteriormente prorogate e, qualora permangano le esigenze dell'Ufficio richiedente e vi siano le condizioni previste dall'articolo 20 dell'Accordo medesimo, potrà essere diramato un nuovo interpello; ...appare necessario prevedere la stabilizzazione delle posizioni del personale applicato di lungo corso, come già accaduto per il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, il quale ha previsto la stabilizzazione volontaria del personale assegnato in via temporanea da almeno tre anni dalla data della sottoscrizione dell'Accordo...» – domanda alla Ministra della giustizia «...se sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative intenda adottare al fine di consentire la stabilizzazione del personale in applicazione temporanea di lungo corso...».
Al riguardo occorre mettere in risalto che l'articolo 14 dell'accordo sulla mobilità interna del personale giudiziario sottoscritto dalle organizzazioni sindacali in data 27 marzo 2007 disciplinava un istituto temporaneo ed eccezionale – l'applicazione distrettuale – volto a risolvere a livello locale le problematiche legate alla mancata copertura dei posti vacanti imposta dal blocco del turn over. È importante evidenziare che la gestione locale dell'applicazione distrettuale è stata caratterizzata dalla mancanza di comunicazioni complete e aggiornate da parte degli uffici periferici all'amministrazione centrale. Il ricorso all'istituto dell'applicazione distrettuale è stato massiccio ed è divenuto di sovente uno strumento alternativo alla modifica delle piante organiche vigenti, la quale richiede una complessa procedura gestita dall'amministrazione centrale. In data 15 luglio 2020 è stato sottoscritto dalle Organizzazioni sindacali il nuovo accordo sulla mobilità interna del personale giudiziario in forza del quale si è attribuito all'amministrazione centrale il potere di indire, ad anni alterni, una procedura di interpello nazionale (e di provvedere in alcune ipotesi di applicazione temporanea richiesta dal dipendente – confronta l'articolo 21 –) e il potere di esprimere il proprio parere obbligatorio e vincolante sull'interpello distrettuale indetto dal Presidente della Corte di appello o dal procuratore generale presso la Corte di appello. Nella fase di stipula di tale accordo le organizzazioni sindacali hanno fortemente manifestato la necessità di una profonda modifica dell'istituto dell'applicazione temporanea, rappresentando che il previgente articolo 14 dell'accordo sulla mobilità interna del personale giudiziario sottoscritto in data 27 marzo 2007 aveva prodotto diverse criticità, segnatamente in quanto da un lato vi erano dipendenti costretti a spostarsi a proprie spese in sedi anche lontane dalla propria e di sovente per periodi più volte prorogati (motivo per il quale venivano estesi i commi 9 e 11 dell'articolo 20) e dall'altro lato si registrava la mancanza di turnazione nell'applicazione in sedi ambite. Particolare attenzione è stata pertanto posta alla stesura del testo dell'articolo 20 (applicazione temporanea disposta dall'Amministrazione) del nuovo accordo sulla mobilità interna del personale giudiziario sottoscritto in data 15 luglio 2020, preordinato ad «...assicurare la funzionalità degli Uffici in situazione di rilevante criticità determinata dalla scopertura di organico superiore al 33 per cento in una singola qualifica, ovvero in casi eccezionali debitamente motivati tali da cagionare gravissimo pregiudizio allo svolgimento dell'attività giudiziaria in virtù della pendenza di uno o più procedimenti la cui natura straordinaria...» sia «...riconosciuta dalla Direzione Generale del Personale e della Formazione...». Va osservato che «...sono competenti a provvedere sulla applicazione temporanea il Presidente della Corte di Appello, per tutti gli Uffici Giudicanti, e il Procuratore Generale, per tutti gli Uffici Requirenti..», i quali «...procedono mediante diramazione di apposito interpello distrettuale per uno o più specifici profili professionali incisi dalle criticità di cui al comma 1, sentito il Capo dell'Ufficio interessato e sentite, anche in via cartolare, le Organizzazioni Sindacali... Solo nel caso in cui all'interpello non facciano seguito manifestazioni di disponibilità il Capo di Corte, sentiti i Capi degli Uffici di provenienza e di destinazione e le Organizzazioni Sindacali e informata la Direzione Generale del Personale e della Formazione, fermo restando il potere di intervento dell'Amministrazione Centrale ai sensi del comma 4, può applicare il personale in servizio presso un altro Ufficio della medesima sede, individuato sulla base della minore scopertura nella qualifica, in ragione della minore anzianità di servizio e, in subordine, della minore anzianità anagrafica...». Inoltre l'articolo 21 (applicazione temporanea richiesta dal dipendente) del nuovo accordo sulla mobilità interna del personale giudiziario sottoscritto in data 15 luglio 2020 prevede che «...quando ricorrano gravi e documentati motivi personali ciascun dipendente può richiedere di essere applicato, in via eccezionale e temporanea, presso un altro Ufficio dello stesso Distretto, con istanza trasmessa in via gerarchica al Presidente della Corte di Appello o al Procuratore Generale competenti. Quando l'Ufficio di provenienza e quello interessato non sono entrambi giudicanti o requirenti, la competenza a provvedere spetta alla Direzione Generale del Personale e della Formazione. L'applicazione è disposta, sentiti i Capi degli Uffici interessati, solo qualora non incida negativamente sulla funzionalità dell'Ufficio di provenienza. L'applicazione temporanea richiesta dal dipendente non può avere durata superiore a sei mesi e non è rinnovabile...». La disciplina complessivamente dettata dal nuovo accordo sulla mobilità interna del personale giudiziario sottoscritto in data 15 luglio 2020 delinea, dunque, una procedura che rende trasparente ed equilibrato il percorso decisionale attribuito ai Capi di Corte ovvero all'Amministrazione centrale. In linea generale non può non rilevarsi che all'istituto delle applicazioni distrettuali deve essere riconosciuto un ruolo meramente transitorio per fare fronte a situazioni eccezionali (motivo per il quale non pare potersi accedere in maniera ampia e generalizzata alla domandata «...stabilizzazione del personale in applicazione temporanea di lungo corso...»); la necessità delle stesse verrà meno pressoché integralmente con la definitiva ultimazione del massiccio piano assunzionale in atto (dopo circa venti anni di blocco del turn over), che consentirà la copertura delle vacanze di organico del personale amministrativo ancora presenti in numerosi uffici giudiziari.
Va infine segnalato che, come ricordato anche nell'atto di sindacato ispettivo in esame, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha sottoscritto in data 10 dicembre 2020 il nuovo Accordo di mobilità del personale del comparto funzioni centrali che, all'articolo 19, prevede tra l'altro la stabilizzazione del personale in posizione di distacco in altra sede da almeno tre anni, al fine di soddisfare l'esigenza di una corretta armonizzazione del personale nelle sedi di servizio dell'amministrazione in attesa delle future assunzioni dei vincitori dei concorsi pubblici già in corso di svolgimento ovvero di recente banditi.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.
DEIDDA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:
il dipartimento della funzione pubblica ha comunicato le date dell'unica prova scritta digitale del concorso per 2.800 assunzioni al Sud: prova digitale alla quale parteciperanno 8.582 candidati (selezionati tra gli 81.150 che hanno presentato domanda sulla base dei titoli e delle esperienze lavorative pregresse) e che si svolgerà, in due sessioni giornaliere, dal 9 all'11 giugno, nelle cinque sedi decentrate individuate in Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia;
il bando in questione è stato previsto al fine di potenziare le strutture degli enti locali sia delle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia che dei comuni dei medesimi territori mediante l'assegnazione di figure con formazione specialistica medio-alta, col compito di realizzare i progetti del Recovery plan;
appare assolutamente incomprensibile la mancata inclusione della Sardegna tra le sedi concorsuali nonostante l'isola sia evidentemente la più distante dalle altre sedi e dotata dei collegamenti peggiori, ulteriormente limitati dall'emergenza epidemiologica in atto che ha determinato un ulteriore taglio delle frequenze;
l'estrema condizione di insularità determina, oltre alla citata difficoltà di collegamento, un esborso economico maggiore rispetto agli altri concorrenti, nonché un grave stress psicofisico, con la conseguenza che i candidati residenti in Sardegna rischiano di essere gravemente danneggiati dalla scelta delle sedi concorsuali –:
se siano a conoscenza di quanto sopra esposto, quali siano le motivazioni che hanno determinato l'esclusione della Sardegna dalle sedi concorsuali e quali iniziative di competenza intendano porre in essere, con urgenza, al fine di rimediare alla suindicata discriminazione.
(4-09290)
Risposta. — L'interrogante solleva un tema già noto al dipartimento della funzione pubblica, che consapevole della particolare condizione di insularità della Sardegna e dei possibili disagi che potrebbero insorgere per i candidati sardi, ha richiesto al Formez di individuare una sede per l'unica prova scritta del concorso per 2.800 unità di personale non dirigenziale di area III – F1 o categorie equiparate nelle amministrazioni pubbliche con ruolo di coordinamento nazionale nell'ambito degli interventi previsti dalla politica di coesione dell'Unione europea e nazionale per i cicli di programmazione 2014-2020 e 2021-2027, nelle autorità di gestione, negli organismi intermedi e nei soggetti beneficiari delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
A seguito dell'approvazione della graduatoria provvisoria, che è prevista nei prossimi giorni, in considerazione del luogo di residenza degli ammessi, verranno rese note le sedi in cui si svolgeranno le successive prove concorsuali. E tra queste verrà certamente ricompresa una sede per i candidati residenti sull'isola.
Si sottolinea che le iniziative intraprese da questa amministrazione, in risposta alla suddetta esigenza, prescinderanno in ogni caso dal numero dei candidati partecipanti.
Più in generale, a seguito del riparto delle 2.800 unità tra le regioni e le altre amministrazioni in Sardegna saranno assegnate 318 unità. Di questi 231 sono destinati ai comuni sotto i 30 mila abitanti, 41 alle città capoluogo di provincia, 13 ai comuni con più di 30 mila abitanti, 10 nelle province, altri 10 nelle aree interne, 8 presso l'autorità di gestione dei programmi e 5 nella città metropolitana di Cagliari.
Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.
DEL SESTO, MARTINCIGLIO, VIANELLO e CADEDDU. — Al Ministro del turismo, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:
in data 28 febbraio 2020, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo pubblicava un Avviso pubblico relativo alla selezione di interventi finalizzati alla riqualificazione e valorizzazione turistico-culturale dei comuni delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, meglio noto come «Bando Borghi e Centri storici» (Gazzetta Ufficiale, V Serie Speciale - Contratti Pubblici n. 24 del 28 febbraio 2020);
le domande andavano presentate entro 45 giorni dalla pubblicazione del bando in Gazzetta Ufficiale, quindi entro il 13 aprile 2020;
a seguito delle disposizioni governative per il contenimento della pandemia da COVID-19, i termini venivano prorogati dal suddetto Ministero al 29 maggio 2020 e, infine, al 29 giugno 2020;
dopo la scadenza del termine ultimo, il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, nei quattro mesi successivi, non pubblicava comunicazioni sul numero delle domande ricevute e sulla valutazione di merito delle stesse per l'ammissione al finanziamento;
nel frattempo, sulla pagina web https://ponculturaesviluppo.beniculturali.it/bando-borghi-e-centri-storici/ si informava che tutte le attività relative al suddetto bando, a seguito della riorganizzazione del suddetto Ministero (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 dicembre 2019, n. 169), erano state trasferite alla direzione generale turismo per competenza;
la comunicazione più recente della suddetta direzione generale turismo risale al 10 novembre 2020, quando la stessa, sulla pagina web: https://www.turismo.beniculturali.it/news/bando-borghi-centri-storici/, informava che «Alla chiusura dell'avviso pubblico, sono stati registrati circa 1.400 invii su cui sono incominciate le istruttorie», aggiungendo: «Purtroppo, la gestione del rilevante numero richieste ricevute e l'obbligo di seguire le norme per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 sta determinando forti rallentamenti nello svolgersi delle attività amministrativa»;
l'articolo 5 del decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo – Segretariato Generale – Servizio II n. 69 del 21 febbraio 2020, recante l'approvazione del suddetto Avviso pubblico, ha stabilito che: «La selezione degli interventi da ammettere al finanziamento avverrà attraverso la valutazione dei progetti presentati da parte di un'apposita commissione nominata dall'Autorità di Gestione e resa pubblica sul sito istituzionale.»;
il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo del 5 ottobre 2017 n. 434 aveva designato i responsabili degli organismi di gestione e certificazione del Piano Stralcio «Cultura e Turismo» FSC 2014-2020 e, nello specifico, per l'autorità di gestione, il dirigente pro-tempore del servizio II del segretariato generale architetto Dora Di Francesco;
la menzionata carenza di informazioni non ha consentito all'interrogante di poter stabilire se la responsabilità dell'autorità di gestione sia rimasta in capo all'architetto Di Francesco, a seguito della menzionata riorganizzazione del suddetto Ministero, e se la commissione incaricata di valutare i progetti relativi agli interventi sopra citati sia stata effettivamente nominata, come stabilito dal menzionato articolo 5, in considerazione della mancata pubblicazione dei nominativi dei suoi membri;
il decreto-legge 22 del 2021 «Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri» ha istituito il Ministero del turismo, con la relativa attribuzione di tutte le competenze in materia, precedentemente afferenti al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo;
l'articolo 7, comma 2, del citato decreto-legge 22 del 2021 ha stabilito che, dal 31 maggio 2021, è soppressa la direzione generale turismo; pertanto, ad oggi, non è possibile stabilire se la valutazione delle istanze presentate sarà conclusa entro tale data, oppure se l'iter procedurale subirà un ulteriore rallentamento, consequenziale all'affidamento ad altra struttura –:
quali informazioni intenda fornire il Governo su quanto specificato in premessa;
quale sia l'attuale stato di avanzamento dell'istruttoria delle richieste pervenute di cui in premessa;
quali siano i termini previsti per la chiusura della fase istruttoria e per la pubblicazione della relativa graduatoria.
(4-08940)
Risposta. — Per quanto attiene all'interrogazione in esame – che concerne lo stato di avanzamento dell'istruttoria finalizzata alla selezione degli interventi dedicati alla riqualificazione e valorizzazione turistico-culturale dei comuni delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – faccio presente, in via preliminare, che il Ministero del turismo è stato istituito con il decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22, convertito dalla legge 22 aprile 2021, n. 55, per cui, solo da tale momento ho potuto prendere atto delle attività correlate alla tematica in oggetto e delle problematiche ad essa riferite.
Problematiche che evidenziano la complessità di gestione delle istanze ricevute, imputabile, tra l'altro, alla reiterata proroga dei termini di presentazione delle istanze da parte dei comuni.
Infatti, il termine ultimo di presentazione delle richieste, originariamente fissato al 13 aprile, è stato successivamente prorogato al 29 maggio e poi al 29 giugno 2020.
Premesso quanto sopra, evidenzio che, con decreto direttoriale n. 178 in data 11 dicembre 2020, il Mibact aveva già proceduto alla nomina della commissione di valutazione, che si è poi insediata in data 11 gennaio 2021, presieduta dalla dottoressa Di Francesco, la quale ha proceduto ad avviare le attività istruttorie finalizzate a verificare l'ammissibilità delle istanze e la sussistenza dei requisiti utili a consentire la valutazione di coerenza e qualità e rispondenza delle istanze ai programmi di riferimento.
Successivamente all'istituzione del Ministero del turismo nel corso del corrente anno, le attività istruttorie sono proseguite senza soluzione di continuità e commissione di valutazione ha completato le verifiche relative ai requisiti di ammissibilità di 943 domande presentate dai comuni interessati, avviando la fase di valutazione del merito che dovrebbe concludersi entro il mese di agosto 2021.
Al termine della valutazione, la commissione, come previsto dal bando, stilerà, per ciascuna tipologia di destinatario, la graduatoria delle domande sulla base del punteggio attribuito, tenendo conto che saranno ammesse alle agevolazioni le sole domande che raggiungano un punteggio pari o superiori a 65/100, fino alla concorrenza delle risorse disponibili.
Il Ministro del turismo: Massimo Garavaglia.
DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il 16 gennaio 2021 il Ministro della salute pro tempore Roberto Speranza ha emanato un'ordinanza che ne ha interrotto, senza eccezione alcuna, i collegamenti con il Brasile;
il blocco è stato rinnovato il 30 gennaio, fino al 15 febbraio. Secondo le prime stime, vi sarebbero circa 1.500 persone bloccate, sorprese alla sprovvista da un'ordinanza che ha dato alcun tempo per organizzarsi;
tra queste vi sono bambini che rischiano di perdere l'anno scolastico, persone affette da malattie che hanno bisogno di farmaci specifici e cure mediche, persone minacciate di essere licenziate se non tornano al lavoro;
i cittadini chiedono di poter fare rientro presso il proprio domicilio, seguendo misure di sicurezza adeguate per garantire la sicurezza agli altri ma anche a se stessi e hanno lanciato una petizione online rivolta al Governo;
«Il sentimento dominante fra i residenti in Italia bloccati in Brasile» è «di costernazione, frustrazione e crescente angoscia», commenta all'Agi l'ambasciatore d'Italia a Brasilia, Francesco Azzarello. La soluzione auspicata – spiega il diplomatico – è un «semplice provvedimento ad hoc, prima della scadenza, a favore dei soli residenti in Italia»;
l'ambasciatore Azzarello ha sottolineato come bisogna fare attenzione a non confondere i 1.500 residenti in Italia bloccati in Brasile con i 640.000 italiani residenti in Brasile;
«I residenti in Italia – ha spiegato l'ambasciatore – chiedono di poter rientrare alle proprie case, famiglie e lavoro, sottoponendosi ovviamente a quarantena, tamponi e controlli di rito. Abbiamo anche richieste di voli speciali. Più passa il tempo più difficile sarà il rientro con voli indiretti, giacché le misure restrittive di un numero crescente di Paesi rendono sempre più complesso il viaggio». Conclude Azzarello: «La soluzione al problema è quella invocata dai circa 1.500 bloccati, poter rientrare sottoponendosi a tutti i controlli ritenuti necessari dal ministero della salute»;
lasciare queste persone, alcune in situazione di disagio, in un Paese ad alto rischio contagio è un abbandono crudele. In Brasile rischiano effettivamente di contagiarsi e poi di dover perire sotto la malasanità che aggrava le condizioni di questo Paese;
continua a preoccupare l'andamento della pandemia in Brasile. Il bilancio totale delle vittime ha superato le 230.000 persone, mentre i contagi dall'inizio della pandemia sono quasi 9,5 milioni –:
se il Governo intenda adottare un'iniziativa ad hoc per far rientrare i cittadini residenti in Italia bloccati in Brasile che ne facciano richiesta.
(4-08216)
Risposta. — Ai fini del contenimento della diffusione del virus COVID-19 e alla luce della contagiosità particolarmente elevata della variante del virus diffusa in Brasile, il Ministro della salute, con successive ordinanze, ha disposto restrizioni all'ingresso e alla circolazione in Italia per le persone che hanno soggiornato in quel Paese, progressivamente rimodulate con l'evoluzione del quadro epidemiologico (ordinanza 13 febbraio 2021, ordinanza 16 aprile 2021, ordinanza 29 aprile 2021, ordinanza 14 maggio 202 e ordinanza 18 giugno 2021).
Come è noto, l'ingresso e il traffico aereo dal Brasile sono consentiti, a condizione che non si manifestino sintomi da COVID-19, alle seguenti categorie: coloro che hanno la residenza anagrafica in Italia da data anteriore al 13 febbraio 2021 (con autodichiarazione, senza autorizzazione del Ministero della salute); coloro che devono raggiungere domicilio, abitazione o residenza dei figli minori, del coniuge o della parte di unione di civile (con autodichiarazione, senza autorizzazione del Ministero della salute); soggetti in condizione di assoluta necessità autorizzati dal Ministero della salute.
Gli ingressi in Italia sono consentiti, altresì, nelle situazioni previste all'articolo 51, comma 7, lettere f), m) e n), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021, previa autorizzazione del Ministero della salute o secondo protocolli sanitari validati.
Questo quadro normativo è stabilito dal Ministero della salute, cui la Farnesina rappresenta costantemente le criticità che incontrano i nostri connazionali.
Riguardo alla possibilità di superare le attuali restrizioni, il Ministero della salute ha fatto sapere che la tematica è ancora in valutazione. Dal canto suo, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, attraverso la rete diplomatico-consolare in Brasile, ha offerto e offre ogni possibile sostegno alle numerose richieste di assistenza dei nostri connazionali.
I cellulari di emergenza dei 7 uffici consolari presenti sul territorio brasiliano sono stati operativi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ed è stata effettuata, anche tramite comunicati sui siti web e i canali sociali delle sedi coinvolte, una dettagliata mappatura della presenza di coloro che erano rimasti bloccati, con nominativi, indirizzi di residenza in Italia e recapiti.
In particolare, la nostra rete diplomatico-consolare in Brasile, in stretto raccordo con la Farnesina, ha fornito assistenza ai connazionali in gravi condizioni di salute, sostenendo le relative richieste di deroga eccezionale al competente Ministero della salute, e ha erogato prestiti e sussidi economici in favore di coloro che versavano in condizioni di indigenza o temporanea indisponibilità economica, anche a causa della imprevista prolungata permanenza all'estero.
Per quanto attiene nello specifico gli interventi di assistenza finanziaria (prestiti, sussidi e altre forme di aiuto economico), dal 1° gennaio 2020 al 31 maggio 2021 la rete brasiliana ne ha realizzati 328, per un totale di 316.000 euro, di cui 142.000 erogati dal consolato generale a San Paolo e 100.000 da quello a Rio de Janeiro.
Vorrei infine ricordare che nel corso del 2020 gli interventi complessivamente svolti dalla rete brasiliana a tutela dei cittadini all'estero sono stati 3.590, oltre la metà dei quali effettuati dal Consolato generale a San Paolo. Sempre durante il 2020, si è provveduto al rimpatrio di 24 salme di connazionali dal Brasile e in 19 casi sono state attivate ricerche di connazionali scomparsi in territorio brasiliano.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.
ERMELLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
domenica 22 marzo 2020 l'agenzia Ansa notizia che all'aeroporto militare di Pratica di Mare sono arrivati nove aerei con forniture russe e 100 specialisti nella guerra batteriologica, giunti ufficialmente a sostegno del sistema sanitario della provincia di Bergamo in lotta con la pandemia da Covid-19;
pochi giorni dopo, il giornalista de La Stampa, Jacopo Iacoboni, ha pubblicato diverse foto che certificavano la presenza di «alti ufficiali dell'esercito russo acquartierati nella foresteria Pio IX di Roma (di solito riservata allo stato maggiore dell'esercito italiano)». Nell'articolo viene inoltre dato conto dell'opinione espressa sul caso dall'ex comandante del Coi, generale Marco Bertolini, che ha sostanzialmente invitato alla massima attenzione e cautela sulle operazioni di delegazioni militare estere in Italia;
nello stesso giorno sono state diffuse istantanee e video di mezzi militari russi per le strade e le autostrade italiane, a volte non scortati da mezzi delle forze armate o di polizia italiani;
a seguito delle inchieste apprese su La Stampa, il Ministero della difesa russo ha diffuso un comunicato aggressivo e minaccioso nei confronti di Iacoboni e della direzione del quotidiano;
altri resoconti giornalistici hanno evidenziato i timori di fonti politiche qualificate riguardo alla possibilità che l'operazione russa non fosse altro che un tentativo di inserirsi nello scenario italiano per trarne un vantaggio geopolitico, riportando inoltre la circostanza che i medici atterrati in Italia fossero anche alti graduati dell'esercito sotto il diretto comando del Ministero della difesa russo e non di quello della salute;
più recentemente l'ex direttore della Cia, Jim Woolsey, pur non confermando direttamente la notizia riportata dal quotidiano americano New Yorker circa l'utilizzo di ceppi di Covid-19 italiani – reperiti presumibilmente in occasione della citata missione – per testare il vaccino Sputnik, non ha escluso che i militari russi abbiano effettivamente potuto agire in tal senso, chiarendo che il loro modus operandi «è esattamente quello» –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
sa il Governo intenda chiarire se i militari russi abbiano eseguito le loro operazioni sotto il controllo delle autorità italiane o in autonomia e chi, in seno alla catena di comando italiana, sia stato incaricato di seguire l'operazione;
chi abbia consentito, e secondo quali accordi, che personale militare altamente specializzato di un Paese non alleato abbia potuto usufruire di una struttura in dotazione all'Esercito italiano, quale la struttura Pio IX.
(4-08652)
Risposta. — A seguito dell'aggravarsi della situazione di drammatica emergenza dovuta all'iniziale diffusione del COVID-19, il Governo italiano allora in carica ha intrattenuto una serie di contatti telefonici o epistolari con le rispettive controparti di Paesi partner UE, NATO e altri, volti ad ottenere sostegno materiale per far fronte alle esigenze più pressanti.
Nel caso della Federazione Russa, a seguito di colloqui tra l'allora Presidente Conte e il Presidente Putin e tra il Ministro della difesa Guerini e l'omologo russo Shoygu, è stato convenuto l'invio in Italia di materiali e personale sanitario, sui quali è già stata fornita alla stampa una completa informativa. I colloqui sono stati preceduti da contatti, a livello diplomatico, attraverso la nostra ambasciata a Mosca e l'ambasciata russa a Roma. D'intesa con Palazzo Chigi, il Ministero degli esteri, insieme a difesa e protezione civile, hanno avviato il coordinamento degli aiuti, la cui gestione è stata assicurata dalla Protezione civile.
Il team russo è rimasto in Italia dal 22 marzo al 7 maggio 2020 e ha lavorato in sinergia con il personale della Difesa italiana e quello del Ministero della salute. Il contingente russo era composto di 104 unità, nello specifico 32 operatori sanitari (tra medici e infermieri), 51 bonificatori e altro personale di assistenza e interpretariato a supporto. Secondo quanto riferito dal Ministero della difesa, il personale militare della Federazione russa è giunto in Italia con 7 voli per essere impiegato in cooperazione con il dipartimento nazionale della Protezione civile per attività di assistenza sanitaria nell'area di Bergamo, nell'ambito dell'emergenza da COVID-19. L'intera operazione è stata concepita ed organizzata in modo tale che le attività svolte dagli assetti militari russi fossero costantemente ed attentamente supervisionate da unità militari italiane. Si specifica, inoltre, che l'attività di supporto ai militari russi è stata pianificata ai vari livelli ordinativi, a partire dal Comando operativo di vertice interforze della difesa (COI-DIFESA), responsabile della pianificazione e del controllo operativo, che ha affidato il controllo tattico al Comando delle forze operative terrestri - comando operativo esercito (COMFOTER-COE), il quale a sua volta ha designato le unità di Forza Armata che hanno collaborato con i team russi durante la condotta dell'operazione. In particolare, gli assetti di bonifica della Federazione russa hanno sempre operato congiuntamente con quelli del 7° reggimento Difesa CBRN «Cremona», reparto specializzato nella difesa nucleare, biologica e chimica dell'Esercito italiano, ed è stata avviata l'attività di sanificazione in alcune strutture e aree di Bergamo definite dalla Protezione Civile, in coordinamento anche con Regione e ASL Lombardia.
Le attività di disinfezione e bonifica sono state eseguite principalmente in favore delle residenze sanitarie assistenziali. Inoltre, il personale sanitario ha svolto attività presso il campo dell'Associazione nazionale degli alpini situato in prossimità dell'Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo. Al personale russo impegnato nell'attività di supporto è stato fornito vitto e alloggio presso strutture alberghiere nel bergamasco, con oneri a carico della Protezione civile regionale. È stata riservata un'area presso il 3° reggimento sostegno Aviazione esercito «Aquila» (Aeroporto Orio al Serio - Bergamo), dove è stato allestito un campo con materiali e tende forniti dalla Protezione civile regionale.
Con riferimento, infine, alla designazione della foresteria Pio XI, quale prima e temporanea sede alloggiativa per il personale militare russo in afflusso, il Ministero della difesa ha precisato che la struttura rientra negli organismi di protezione sociale in dotazione all'Esercito, all'interno della quale non sono né custodite né trattate informazioni classificate, nonché dati di natura sensibile tali da costituire target di attività informative ostili da parte di eserciti stranieri.
La Viceministra degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Marina Sereni.
FOTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 73, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020, prevede che i consigli comunali che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza possono riunirsi secondo tali modalità nel rispetto dei criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati dal presidente del consiglio purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti, sia assicurata la regolarità dello svolgimento delle sedute e vengano garantiti lo svolgimento delle funzioni di cui all'articolo 97 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente;
appare inequivocabile, anche dal parere reso dal Ministero dell'interno l'11 giugno 2020, che al presidente del consiglio comunale, ove previsto, o al sindaco, compete di determinare alcuni criteri «volti ad assicurare la certezza del numero dei partecipanti ai fini del conteggio dei quorum cosiddetti funzionali e la pubblicità delle riunioni stesse ove previsto», nel caso in cui il consiglio comunale non si sia dato già una regolamentazione; (al riguardo si vedano anche i pareri del Ministero dell'interno del 28 giugno 2018 e del 23 maggio 2014);
altrettanto chiaro appare che detti criteri non possono certamente derogare le norme di cui al regolamento approvato dai singoli consigli comunali ai sensi dell'articolo 38, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modifiche ed integrazioni, se non altro in ragione del generale principio di gerarchia delle fonti;
risulta che alcuni presidenti del consiglio comunale, anche a seguito di decisione maggioritaria della conferenza dei capigruppo, dispongano una convocazione mista dell'organo consiliare, lasciando ai consiglieri di decidere se partecipare alla medesima seduta consiliare «da remoto» o «in presenza», introducendo una terza fattispecie di convocazione del consiglio comunale ignota alla normativa vigente in materia. Ad adiuvandum, al riguardo, nel parere del Ministero dell'interno del 13 agosto 2020, si legge: «... quanto sopra, fermo restando che, nella vigenza della disposizione emergenziale, la scelta della modalità di riunione e la fissazione dei criteri di tracciabilità e trasparenza sono rimessi alle determinazioni del presidente dell'organo, cui parimenti compete valutare l'opportunità di condividere previamente o meno con la conferenza dei capigruppo, seduta per seduta, se tenerla in presenza o da remoto» –:
se il Ministro interrogato intenda chiarire che le modalità di convocazione del consiglio comunale, alla luce delle norme in premessa indicate, sono quelle «in presenza» o «da remoto» e non un assemblaggio delle due tipologie menzionate, e ciò per rispetto del principio di legalità cui, in primo luogo, sono tenuti gli organi degli enti locali, e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, al fine di evitare che procedure che appaiono all'interpellante inventate e confuse di convocazione del consiglio comunale possano costituire facile argomentazione per l'impugnazione degli atti approvati dall'organo consiliare da parte di terzi che vantino un legittimo interesse.
(4-09717)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato parlamentare in esame – con il quale si chiedono chiarimenti in merito alle modalità di svolgimento delle sedute dei consigli e delle giunte comunali durante il periodo emergenziale da COVID-19 alla luce dei più recenti interventi normativi – va rilevato che, al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus da COVID-19, l'articolo 73, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 ha previsto, per i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e per le giunte comunali che non abbiamo regolamentato le modalità si svolgimento delle sedute in videoconferenza, la possibilità comunque di riunirsi da remoto, purché nei rispetto dei criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati dal presidente del consiglio ovvero dal sindaco.
Il termine di vigenza di tali disposizioni, legato allo stato di emergenza sanitaria in corso, è stato più volte prorogato e, da ultimo, sino al prossimo 31 luglio, dall'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 cosiddetto decreto riaperture) convertito dalla legge 17 giugno 2021, n. 87.
Risulta, pertanto, demandata all'autonomia degli organi locali l'individuazione e la disciplina delle modalità reputate più opportune per la tenuta delle sedute, purché queste consentano di identificare con certezza i partecipanti, di assicurare la pubblicità e regolarità delle sedute e di garantire lo svolgimento delle funzioni di cui all'articolo 97 del Testo unico degli enti locali.
In proposito si rappresenta che, già con la circolare dell'ufficio di gabinetto del 18 marzo 2020, sono state fornite indicazioni in merito all'applicazione della norma anzidetta per poi intervenire, con la più recente circolare del dipartimento degli affari interni e territoriali del 27 ottobre 2020, a chiarire l'esclusività dell'applicazione della suddetta norma agli organi di governo degli enti locali, rispetto a quanto previsto dall'articolo 1, lettera d), punto 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 ottobre 2020 (il cui contenuto è stato poi confermato nel successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 ottobre) che più in generale prevede, nell'ambito delle «pubbliche amministrazioni», lo svolgimento a distanza delle riunioni, salvo la sussistenza di motivate ragioni, Ciò in quanto nell'espressione «riunioni delle pubbliche amministrazioni» non si ritengono annoverabili quelle degli organi collegiali di governo degli enti locali, in ragione dei principio di separazione tra le funzioni di indirizzo politico amministrativo e quelle di gestione attraverso cui si svolge l'azione amministrativa degli enti locali.
Relativamente, quindi, alle riunioni degli organi di governo degli enti locali, la disciplina emergenziale cui far riferimento è quella di cui al già richiamato articolo 73, che attribuisce agli enti locali non già l'obbligo bensì la mera facoltà di optare per lo svolgimento delle sedute in videoconferenza in luogo della presenza fisica; norma che è finalizzata a garantire la funzionalità degli organi medesimi e, per analogia, anche degli organismi interni ai consigli quali le commissioni e le conferenze dei capigruppo, garantendo al contempo che le riunioni si tengano in condizioni di sicurezza.
Non risultando, quindi, espressamente esclusa dalla normativa in vigore la possibilità che le sedute si svolgano in presenza, è da ritenersi parimenti ammissibile anche una modalità «mista» di svolgimento delle sedute, ossia in presenza e da remoto, qualora ciò sia previsto nell'apposito regolamento o nel caso in cui il presidente del consiglio comunale o, in mancanza, il sindaco abbiano previamente fissato i relativi criteri di garanzia della trasparenza e della tracciabilità come richiesto dalla norma.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.
GIARRIZZO, NAPPI e D'ORSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
con l'obiettivo di rafforzare l'azione dei centri per l'impiego e sostenere con maggiore impulso le politiche attive, con decreto ministeriale n. 59 del 22 maggio 2020 sono state apportate delle modifiche al Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro adottato con precedente decreto n. 74 del 28 giugno 2019;
le risorse stanziate per dare attuazione al Piano menzionate nel decreto ministeriale n. 59 del 22 maggio 2020 sono per l'anno 2019 pari a euro 467.200.000,00 e per l'anno 2020 pari ad euro 403.100.000,00;
con riferimento al riparto delle risorse di cui sopra, sulla base dell'allegato B al decreto, alla Regione Siciliana sono stati attribuiti per l'anno 2019 euro 32.351.341,24, mentre per l'anno 2020 euro 38.375.120,00;
come stabilito dall'articolo 3 del decreto n. 59 del 22 maggio 2020, le risorse stanziate sono trasferite dal competente centro di responsabilità del segretariato generale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con le seguenti modalità:
a) per l'anno 2019 il 50 per cento delle risorse è erogato all'esito del perfezionamento del presente decreto ministeriale. La rimanente quota è trasferita dietro richiesta della regione previa adozione da parte della medesima del Piano attuativo regionale di potenziamento dei centri per l'impiego. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali procede all'erogazione di metà della quota residua, una volta valutata la coerenza dello schema del Piano attuativo regionale con le finalità e indicazioni del Piano straordinario, mentre il saldo è erogato previa presentazione di apposita documentazione, giuridicamente vincolante, attestante le specifiche spese connesse al potenziamento, anche infrastrutturale, dei centri per l'impiego, concernenti la quota trasferita nel 2019;
b) per l'anno 2020 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasferisce il 75 per cento delle risorse previa adozione da parte della regione del Piano attuativo regionale di potenziamento dei centri per l'impiego, nelle medesime modalità previste per la seconda quota delle risorse dell'annualità 2019; la quota residua è erogata previa presentazione, oltre che della medesima documentazione richiesta per l'erogazione del saldo relativo all'annualità 2019, anche di apposita documentazione, giuridicamente vincolante, attestante le specifiche spese connesse al potenziamento, anche infrastrutturale, dei centri per l'impiego, concernenti la metà del complesso delle risorse afferenti all'annualità 2020;
si prevede, altresì, che, al fine di garantire un puntuale monitoraggio delle risorse assegnate ai sensi del decreto n. 59 del 22 maggio 2020, le regioni, con cadenza trimestrale, comunicano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali relazioni concernenti i flussi finanziari e lo stato di avanzamento delle attività e delle iniziative intraprese in attuazione di quanto previsto dal Piano, con specifico riguardo alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni da erogare su tutto il territorio nazionale –:
se la Regione Siciliana abbia adottato il piano attuativo regionale di potenziamento dei centri per l'impiego per l'anno 2019 e per l'anno 2020, se abbia ricevuto le risorse previste dal decreto ministeriale n. 59 del 22 maggio 2020 e con quali modalità le suddette risorse siano state impiegate dalla Regione Siciliana in attuazione di quanto stabilito dal piano.
(4-09166)
Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
In via preliminare, si fa presente che in attuazione del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro — adottato con decreto ministeriale n. 74 del 28 giugno 2019 e in seguito modificato con decreto ministeriale n. 59 del 22 maggio 2021 — è stato previsto che ciascuna regione adottasse un proprio Piano regionale attuativo delle indicazioni nazionali, sottoposto a valutazione di coerenza da parte del Ministero del lavoro. Il Piano regionale, in particolare, dà conto degli interventi che la regione programma con le risorse assegnate (attività ammissibili: comunicazione, formazione degli operatori, sistemi informativi, osservatori regionali del mercato del lavoro, adeguamenti strumentali e infrastrutturali).
La regione Siciliana ha trasmesso il 12 novembre 2020 al Segretariato Generale del Ministero un Piano regionale, adottato dalla Giunta il 13 dicembre 2019.
Considerato che il Piano inviato era di data anteriore sia ai lavori di definizione del Piano nazionale (poi approvato a maggio 2020), che alle sue specificazioni attuative (decreto del Segretario generale n. 123 del 4 settembre 2020), si è provveduto con apposita nota a richiedere alla regione l'invio del Piano redatto secondo le indicazioni.
Il Piano non è stato successivamente formalmente trasmesso. Tuttavia, anche a seguito di una riunione bilaterale del Ministro Orlando con l'assessore competente in data 20 aprile 2021, sono state avviate interlocuzioni informali con gli uffici della regione per una rapida definizione del Piano secondo gli standard richiesti.
L'invio è atteso a breve.
Sul punto, la regione Sicilia, espressamente interpellata, ha reso noto di aver modificato il Piano al fine di collocarlo appieno all'interno delle disposizioni ministeriali prevedendo di adottare il nuovo Piano di rafforzamento rimodulato entro la fine di questo mese.
Per ciò che attiene il reclutamento del personale, la regione Sicilia ha precisato che la gestazione della procedura ha dovuto costantemente allinearsi con le novazioni normative disposte dal legislatore nazionale (articolo 10 del decreto-legge n. 44 del 2021 novellato dalla legge n. 76 del 2021) che apporta modifiche al citato articolo 10 consentendo la preselezione mediante valutazione dei titoli solo per i profili qualificati dal bando ad elevata specializzazione tecnica.
La regione Sicilia ha dichiarato di aver inserito all'ordine del giorno della prossima Giunta di Governo un apprezzamento di modifica rispetto alla citata deliberazione n. 361 del 2019 addivenendo nell'immediato all'avvio della procedura selettiva per 537 laureati (categoria D) da destinare ai Centri per l'impiego e al contestuale avvio in modalità «tradizionale» per i lavoratori da assumere con il titolo di studio previsto per la categoria C. Tali procedure saranno gestite attraverso stipula di apposita convenzione da FORMEZ.
Infine, per quanto riguarda il quesito concernente le spese sostenute dalla regione Sicilia, si rappresenta che allo stato degli atti, non risulta alcuna trasmissione di rendicontazione di spese sostenute.
Relativamente alle risorse trasferite, si precisa che sono state anticipate alla regione unicamente le risorse di cui alla tabella B1 (risorse complessive per il 2019 pari a euro 467.200.000) allegata al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali n. 74 del 28 giugno 2019, pari per la Regione siciliana ad euro 16.175.670,62, con ordine di pagare su impegno n. 53 dell'11 settembre 2019 e relative all'anticipo del 50 per cento di quanto assegnato alla Regione per il 2019.
Quanto alle risorse assegnate per l'anno 2020, non sono stati effettuati trasferimenti in quanto, come da decreto ministeriale n. 59 del 2020, le ulteriori erogazioni a seguito dell'anticipazione sono effettuate una volta approvato il Piano regionale, nonché a seguito della rendicontazione delle spese sostenute.
La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.
GRIBAUDO. — Al Ministro della difesa, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:
Giulia La Bianca, nata a Roma il 7 febbraio 1996, è risultata tra i vincitori del concorso per il 125° corso allievi ufficiali piloti di complemento dell'Aeronautica militare (settima su 10 posti a concorso); il 7 gennaio 2019 prendeva servizio presso l'Accademia Aeronautica di Pozzuoli;
veniva poi trasferita il 14 gennaio 2019 presso il 70° Stormo «G.C. Graziani» di Latina, per il conseguimento del brevetto di pilota d'aeroplano; lo svolgimento di tale selezione concorsuale consiste in un corso di volo «basico» indirizzato ad allievi «principianti»; dopo un esame teorico avvengono lezioni di volo pratico, con un aeroplano biposto con doppi comandi, affiancati da un istruttore; dopo l'ottava missione avviene un primo esame ed, in seguito, un esame finale che, se superato, porta al conseguimento del brevetto;
l'allieva Giulia La Bianca, unica donna presente fra gli allievi di Latina, ha subìto, nel corso della selezione, una serie di discriminazioni e umiliazioni che ne hanno compromesso in maniera irrimediabile il percorso formativo e l'esito concorsuale;
come risulta da dichiarazione spontanea resa dall'ufficiale istruttore, quest'ultimo, durante un volo, invece di coadiuvare l'allieva e vigilare sulle manovre, in una fase delicata, come quella dell'atterraggio, ha ripreso la prestazione con il proprio telefono cellulare (condotta violativa del corretto svolgimento dell'attività istruttiva e della sicurezza del volo), per poi procedere nel successivo de-briefing, ad esibire tale video ad altri frequentatori con palese scherno e denigrazione; il trattamento descritto era stato riservato esclusivamente a Giulia La Bianca, in spregio ad ogni criterio di equità, imparzialità e finalità didattica;
tale condotta denigratoria si ripercuoteva immediatamente, sia sulla formazione tecnica – rendendo infruttuose e inefficaci le missioni intraprese – sia sulla tenuta emotiva dell'allieva, turbata profondamente dall'atteggiamento di generale scherno subito, che le ha gettato addosso un senso di umiliazione, inadeguatezza e insicurezza nell'affrontare l'esame finale, avvenuto in data 1o aprile 2019 e conclusosi con valutazione di non idoneità; la Training Review Board, nel formulare le proprie valutazioni, non verificava la qualità e la continuità dell'addestramento erogato rispetto agli standard previsti; né prendeva in considerazione la ripresa video per la sua influenza negativa; né il reale pericolo corso attraverso un mezzo dell'amministrazione, da due vite umane, data l'esigua esperienza dell'allieva e l'uso dello smartphone da parte dell'istruttore;
a seguito di esposto presso la procura militare di Roma, il 3 gennaio 2020, è stato aperto un procedimento, ipotizzando il reato di diffamazione militare aggravata a carico dell'ufficiale istruttore; sono stati chiamati a testimoniare i tenenti ai quali, secondo le dichiarazioni di Giulia La Bianca, l'istruttore aveva mostrato il video della lezione di volo; secondo il verbale del confronto, tenutosi il giorno 21 gennaio 2020, di fronte al procuratore militare Giuseppe Leotta, solo uno dei tenenti ha ammesso di aver visto il video confermando la versione rilasciata dal capitano; a seguito di un confronto congiunto con Giulia la Bianca, alcuni tenenti hanno ritrattato le proprie dichiarazioni;
successivamente Giulia La Bianca ha presentato ricorso al Tar per richiedere la sospensiva dell'espulsione, che è stata negata; stessa richiesta è stata presentata al Consiglio di Stato, con lo stesso esito, rinviando tutto al merito dell'udienza al Tar, che ancora non è stata fissata;
l'interrogante ritiene inaccettabile il verificarsi di episodi che appaiono di «nonnismo» nel corso dell'addestramento degli allievi dell'Aeronautica militare, e ancora più gravi episodi di discriminazione nei confronti di un'allieva donna rispetto ai propri colleghi uomini –:
se il Governo non intenda chiarire, per quanto di competenza, se la ripresa di un video in volo con il cellulare da parte di un istruttore durante la fase BPA sia compatibile con la disciplina dei corsi di formazione dell'Aeronautica militare per il pilotaggio dei velivoli;
se non ritenga di valutare se sussistono i presupposti per consentire all'allieva Giulia La Bianca la ripetizione del corso e dell'esame di volo suddetti.
(4-08899)
Risposta. — In merito alla vicenda in argomento, va premesso che i corsi di pilotaggio e la selezione al volo vengono svolti in aderenza alle prescrizioni di uno specifico manuale – il «Syllabus ed. 2016» – che prevede l'esecuzione di missioni articolate su due blocchi, al termine di ciascuno dei quali ha luogo un esame di verifica che l'allievo deve superare prima di eseguire il volo «solista», necessario a conseguire il brevetto di pilota di aeroplano.
Nel caso in cui l'allievo non abbia dimostrato il previsto grado di abilità, il suo percorso formativo, dopo essere stato integrato da un addendum addestrativo, è posto al vaglio di una commissione di verifica, il Training review board (TRB), unitamente alla valutazione di eventuali memorie presentate dall'esaminando. Il comandante dell'ente, valutati gli atti e gli elementi acquisiti, formula un parere di prosecuzione o di proscioglimento d'autorità dal corso di pilotaggio.
Nel caso specifico, la verifica degli statini delle singole missioni di volo evidenzia che gli indici di progresso attesi avevano già ricevuto una prima valutazione negativa all'atto della 4a missione, valutazione successivamente confermata dagli esiti della 6a missione, al termine della quale l'istruttore, nel debriefing, illustrava gli errori commessi in vista delle attività successive, al fine di agevolarne la correzione.
Nel corso della 7a missione, in cui l'allieva esprimeva le medesime carenze, l'istruttore effettuava una ripresa video focalizzata sui parametri rilevati dalla strumentazione di bordo e sulle modalità di condotta del velivolo.
La missione successiva presentava le medesime sostanziali criticità delle precedenti; la militare, pertanto, beneficiava di un additional training all'esito del quale veniva ammessa al secondo blocco di missioni che, tuttavia, concludeva con esito negativo.
L'allieva pilota veniva quindi valutata dal TRB, al quale presentava una memoria nella quale imputava le ragioni del proprio insuccesso alle precedenti missioni e, in particolare, al fatto che l'istruttore avesse ripreso le relative prestazioni per poi esibirle a terzi, provocando in lei un senso di inadeguatezza, compromettendone lo sviluppo formativo.
Le motivazioni prospettate ai TRB, tuttavia, non venivano ritenute dirimenti alla luce dell'esame degli statini di volo del secondo blocco, che evidenziavano una lentezza nel riconoscere e nel correggere gli errori, così come nell'impostare e nel mantenere gli assetti basici, nonché una tendenza a non assegnare le corrette priorità.
Al riguardo, va inoltre osservato come gli episodi lamentati dall'allieva si fossero verificati nella prima parte del corso, comunque superata, mentre le dimissioni erano state decise nella fase successiva, sulla base del rilievo, da parte del TRB, di «una mancanza di attitudine al pilotaggio». Pertanto la TRB rinviava l'allieva con proposta di dimissioni d'autorità, accolta all'unanimità.
Quanto alla possibilità di verificare la sussistenza dei presupposti per consentire la ripetizione del corso, essa è stata oggetto di vaglio da parte dell'autorità giudiziaria penale militare e contabile ed è in attesa del sindacato di merito della giustizia amministrativa la quale, rispetto alla ricostruzione dei fatti, ha inteso respingere le domande cautelari, tenuto conto dell'emergente quadro di inattitudine al pilotaggio reso palese dalla lettura degli statini di volo.
Dirimente, allo stato degli atti, appare l'indirizzo espresso, in sede di secondo grado cautelare, dal Consiglio di Stato, il quale ha «Considerato [...] che gli episodi in questione si sono verificati nella prima parte del corso, che la ricorrente ha comunque superato, mentre la dimissione è stata decisa nella fase successiva, sul rilievo, da parte del Training Review Board, di una mancanza di attitudine al pilotaggio».
Nella medesima pronuncia, il Consiglio di Stato ha, inoltre, ritenuto «che non esiste alcun elemento utile a comprovare che la dimissione dal corso di pilotaggio sia dovuta, o sia in qualche modo ricollegabile, al comportamento tenuto da uno degli istruttori nelle 3 missioni indicate dall'allieva».
A tal riguardo, l'uso di videoriprese in volo per il commento delle prestazioni dell'allievo, rientra in una metodologia già utilizzata presso scuole di volo estere – peraltro frequentate anche da allievi piloti dell'Aeronautica Militare – in sede di de-briefing per la valutazione della missione, così da consentire all'allievo di avere piena e diretta cognizione della propria performance. Per le medesime finalità, tale tecnica è utilizzata in alcune forme di volo presso le Scuole dell'Aeronautica militare.
Tanto chiarito, sento altresì di dover sottolineare, su un piano generale, la fondamentale importanza di un accurato processo di selezione e di formazione del personale, al fine di individuare nell'allievo il possesso di tutte le abilità necessarie al raggiungimento di una piena capacità di pilotaggio, indispensabile per salvaguardare l'incolumità propria e altrui.
Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.
MATURI, BAZZARO e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
sin dal 2009, ogni anno, nella città di Yulin è organizzato dal 21 giugno e per 10 giorni consecutivi il «Lychee and Dog Meat Festival», nella regione Guanxi, nel sud-est cinese; in tale circostanza, vengono uccisi tra i 10.000 e i 15.000 cani, che vengono poi consumati sul posto;
durante i giorni della manifestazione cani e anche gatti vengono presi dalle strade, poi rinchiusi in gabbie senza acqua né cibo, e trasportati, per miglia e miglia, fino al macello o alla fiera dove vengono bastonati, strangolati e scuoiati o bolliti vivi;
durante il tragitto, molti animali muoiono per le ferite, per soffocamento e per disidratazione; questa, a parere degli interroganti, è una violazione della cura e del rispetto dovuto alla creazione e in particolare agli animali legati all'uomo da una particolare sintonia affettiva; tutto ciò trasgredisce anche le più basilari linee guida sul benessere animale;
è credenza che la scarica di adrenalina generata dal terrore a cui il cane è sottoposto garantisca maggior tenerezza alla carne e proprietà positive per affrontare la calura estiva;
a fronte del costo di allevamento dei cani, alcuni preferiscono «andare a caccia» delle prede, rubandole ai legittimi proprietari, per poi narcotizzarle e trasferirle a Yulin;
l'inizio della pandemia di Coronavirus ha portato l'attenzione su alcune pratiche alimentari e sulle condizioni igieniche dei cosiddetti «wet market», come quello di Yulin, dove non viene rispettata alcuna norma igienica e gli animali vengono portati vivi e uccisi in loco, favorendo la diffusione di batteri e virus;
l'anno scorso il Ministero dell'ambiente cinese ha inserito il cane nella categoria degli «animali domestici» e nell'aprile 2020 la metropoli di Shenzhen è stata la prima in Cina a metterne ufficialmente fuori legge la vendita e il consumo, con multe salate per i ristoratori che lo tengono nel menù e per chi lo ordina;
nei giorni scorsi, la stampa occidentale ha riportato la notizia della possibilità che la città di Yulin possa finalmente proibire la vendita di carne di cane durante lo svolgimento dell'evento; tuttavia è sin dal 2017 che il segretario del Partito comunista cinese della città manifesta tale intenzione, come riportato per esempio dal South Cina Morning Post il 19 maggio 2017;
altre fonti riportano misure indirette, legate a motivazioni sanitarie, come la quarantena preventiva degli animali, che avrebbero l'effetto di ridurre drasticamente il mercato della carne di cane;
in ogni caso, è palese come l'evolvere della sensibilità della società civile cinese stia generando una riflessione nelle autorità politiche;
il festival di Yulin rappresenta un esempio di crudeltà gratuita e di enormi dimensioni sui cani, nonché di totale assenza di vera tradizione, unendo in un drammatico mix vecchie abitudini alimentari e forme del tutto nuove di consumo di massa e di aggregazione fieristica, andando contro il rispetto degli animali più legati all'uomo. Occorre al contrario rafforzare e promuovere la cultura del rispetto verso gli animali –:
se il Governo intenda condannare ufficialmente questa inaccettabile manifestazione lesiva del benessere animale e della salute pubblica e altresì adottare iniziative, per quanto di competenza, nei confronti del Governo cinese affinché sia da subito e definitivamente abolito il festival di Yulin, uno dei più atroci e sanguinari del mondo.
(4-09525)
Risposta. — L'Italia sottolinea regolarmente agli interlocutori cinesi la preoccupazione e la sensibilità con cui l'opinione pubblica italiana guarda l'organizzazione del «Festival di Yulin». In tal senso, nel condannare ogni forma di violenza e maltrattamento nei confronti degli animali da compagnia e in particolare la compravendita e macellazione dei cani a scopo alimentare, abbiamo ripetutamente rappresentato l'auspicio che si possa giungere ad un ripensamento della manifestazione, eliminandone le componenti collegate alla macellazione di animali domestici.
L'azione costante di sensibilizzazione verso le autorità cinesi, unita alla crescente opposizione sviluppatasi nelle aree metropolitane e nelle grandi città – dove sempre più i cani sono diventati animali da compagnia presenti all'interno dei nuclei familiari – e all'azione delle associazioni animaliste anche locali impegnate nella sensibilizzazione contro le crudeltà perpetrare contro i cani, sta gradualmente producendo effetti positivi.
Già nel 2020, il Ministero dell'agricoltura cinese ha introdotto nuove disposizioni che vietano il commercio di animali selvatici all'interno del Paese ed ha riclassificato i cani quali «animali da compagnia» e non più «bestiame».
Le stesse autorità locali, interpellate al riguardo direttamente dal nostro consolato generale di Canton, hanno sottolineato l'assenza di un qualsiasi coinvolgimento nell'organizzazione del festival e nella concessione di patrocini ed avalli formali alla manifestazione.
Segnale tangibile del cambiamento in corso è la drastica riduzione, registrata già dal 2020, del numero di animali macellati (un calo del 70 per cento dal 2019) e della partecipazione anche di pubblico alla manifestazione, ribattezzata «festival del solstizio d'estate» e non più identificata dunque come «festival del litchi e della carne di cane». Se tale calo di pubblico è ascrivibile in significativa parte anche alle misure anti pandemiche introdotte dalla Cina (norme sanitarie su alimenti e carni selvatiche; restrizioni ai viaggi all'interno del paese), hanno certo avuto un importante impatto anche alcuni specifici divieti sulla pubblicizzazione del consumo della carne di cane presso ristoranti e negozi.
L'Italia continuerà a manifestare agli interlocutori cinesi il disagio e la condanna dell'opinione pubblica italiana rispetto a tali pratiche, a sensibilizzare le autorità locali in merito nonché a monitorare con attenzione l'evoluzione della normativa cinese sul consumo e la macellazione di carne canina e felina.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.
PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
diverse notizie di stampa e testimonianze di esperti internazionali hanno riportato la notizia del ritrovamento di bossoli di fabbricazione italiana negli episodi di violenza scaturiti dal colpo di Stato in atto in Myanmar;
queste munizioni sarebbero state utilizzate dalle forze governative per assaltare un'ambulanza, quindi in un contesto di ovvia violazione di diritti civili e di rafforzamento dell'autoritarismo dei militari dello Stato asiatico;
come sottolineato dalla Rete italiana Pace e Disarmo tale ritrovamento ripropone la necessità di fermare i flussi di armamenti verso il Myanmar, ricordando che già dagli anni '90 è in atto un embargo totale europeo sulle armi;
a parere dell'interrogante è fondamentale che si possa chiarire quale sia stato il percorso delle munizioni prodotte dall'azienda «Cheddite srl» di Livorno e giunte in Myanmar, considerando che, alla luce dell'embargo già citato, vendite dirette non appaiono proprio possibili;
appare plausibile quindi che vi sia stata una «triangolazione» favorita da altri Paesi destinatari delle vendite della Cheddite srl, che produce principalmente cartucce da caccia e tiro, oltre che bossoli e inneschi;
Giorgio Beretta, analista della Rete Italiana Pace e Disarmo e dell'Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal) di Brescia, ritiene che, esaminate le relazioni governativa sull'export di armi militari e i dati Istat sul commercio estero, non risultano dal 1990 al settembre 2020 esportazioni dall'Italia al Myanmar di armi e munizioni;
l'unica citazione dell'azienda livornese presente nelle Relazioni annuali al Parlamento sull'export militare (previste dalla legge n. 185 del 1990) si trova in quella relativa all'anno 2014 (pubblicata il 30 marzo del 2015) e riporta l'iscrizione della Cheddite srl nel Registro delle imprese autorizzate all'esportazione (ottobre 2014). Non risulta però poi alcuna richiesta di licenza da parte dell'azienda negli anni successivi, il che significa che tutte le esportazioni sono state effettuate con le procedure previste da altre norme (relative all'export di armi e munizioni «comuni», non di tipo militare), sicuramente meno trasparenti e con più possibilità anche di aggiramento successivo da parte dei destinatari, come sembra dimostrare la «triangolazione» verificatasi in questo caso;
a parere dell'interrogante le munizioni, per il loro impatto devastante, devono essere considerate allo stesso livello delle armi;
si ricorda inoltre che è attivo, con l'Italia partecipante, anche un «Programma d'azione ONU per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro» che purtroppo, a causa della posizione molti Paesi, non comprende e considera nel proprio ambito di applicazione le munizioni;
le difficoltà nel ricostruire le triangolazioni e il «sottobosco» del traffico di armi e munizioni rivelano uno dei grandi problemi del controllo della vendita di armi e munizioni nel mondo;
appare evidente che la pur importante legge n. 185 del 1990 non è bastata a regolamentare e limitare la diffusione incontrollata delle armi o quella ancor più incontrollabile delle munizioni –:
se il Ministro interrogato per quanto di competenza, non intenda avviare una verifica completa e approfondita al fine di chiarire la base normativa e le procedure con le quali siano stati autorizzati all'esportazione i lotti relativi alle cartucce ritrovate in Myanmar;
quali iniziative di competenza intenda assumere affinché tutte le esportazioni di armi e munizioni siano sottoposte alle procedure previste dalla legge n. 185 del 1990 senza distinzioni tra armi comuni e militari;
quali iniziative di competenza intenda promuovere a livello europeo e internazionale affinché vi sia, in particolare da parte di Unione europea e Onu, un'azione più concreta e decisa al fine di mettere sotto controllo i flussi relativi al commercio di munizioni e munizionamento di ogni tipologia.
(4-08564)
Risposta. — Il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento è disciplinato dalla legge 9 luglio 1990, n. 185 e successive modifiche e integrata dal regolamento di attuazione, adottato con decreto interministeriale Esteri-Difesa 7 gennaio 2013, n. 19.
Le modifiche alla legge n. 185 del 1990 approvate nel 2012 (decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 105) hanno consentito di adeguare la nostra normativa a quella europea, in particolare alla posizione comune del Consiglio dell'Unione europea 2008/944/PESC dell'8 dicembre 2008, atto di indirizzo che ha sostituito e rafforzato il Codice di Condotta europeo sul controllo delle esportazioni di tecnologia ed equipaggiamento militare.
La legge n. 185 del 1990 stabilisce in primo luogo (articolo 1, comma 1) che i trasferimenti di materiali di armamento devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell'Italia e regolamentate dallo Stato. L'Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento (UAMA) del Ministero degli affari esteri è individuata quale autorità nazionale competente per il rilascio delle autorizzazioni per l'interscambio dei materiali d'armamento (articolo 7-bis).
I dati a disposizione del Ministero degli esteri – UAMA riguardano pertanto le autorizzazioni concesse nel quadro del regime autorizzativo sopra sinteticamente esposto. Dall'analisi di questi dati, del resto contenuti nelle relazioni rese annualmente agli organi parlamentari (articolo 5, legge n. 185 del 1990), riportati anche dall'interrogante, è possibile ricavare quanto segue:
non risultano operazioni autorizzate verso Myanmar, Paese nei confronti del quale l'Unione europea vieta la fornitura di armamenti e materiale connesso, comprese armi e munizioni, veicoli e materiale militari, materiale paramilitare, con particolare riferimento a materiale che potrebbe essere utilizzato a fini di repressione interna;
la ditta «Cheddite S.r.l.», pur facendo parte delle imprese iscritte al Servizio registro nazionale delle imprese (SeRNI), che possono richiedere licenze di esportazione di materiale di armamento, non ha mai ricevuto alcuna licenza di esportazione in base alla legge n. 185 del 1990.
Alla luce di quanto sopra, le munizioni prodotte dalla ditta Cheddite srl che sarebbero state rinvenute in Myanmar – come riportato nell'atto parlamentare in oggetto – non vi potrebbero essere giunte a seguito di autorizzazione rilasciata da UAMA-MAECI ai sensi della legge n. 185 del 1990.
Per quanto riguarda l'ipotesi, avanzata dall'interrogante, che le suddette esportazioni, siano state effettuate con le procedure previste da altre norme (relative all'export di anni e munizioni «comuni», non di tipo militare) e che pertanto le munizioni rinvenute siano state trasferite all'estero sulla base di licenze rilasciate ai sensi della legge n. 110 del 1975 (movimentazione di armi e munizioni per usi diversi da quelli militari, ovvero per uso ricreativo, sportivo e venatorio) si riporta quanto comunicato dal Ministero dell'interno, competente per l'applicazione della citata norma.
Il Viminale ha comunicato che da parte della ditta Cheddite Italy srl, risulta una richiesta di esportazione verso il Myanmar, datata 17 settembre 2018, relativa ad una fornitura di 600.000 cartucce per armi ad anima liscia calibro 12 per uso venatorio/sportivo, da destinare a MYANMAR SHOOTING SPORTS FEDERATION – International Shooting Range. Tale istanza, regolarmente istruita, è stata però annullata dalla stessa Cheddite Italy Srl «per motivi commerciali», con nota del 17 ottobre 2018. Pertanto il suddetto dicastero ha archiviato la pratica senza adottare provvedimenti in merito. Tale istanza, peraltro, non avrebbe potuto trovare accoglimento alla luce di valutazioni negative già espresse in precedenza circa l'esportazione di armi verso il Myanmar da parte del Ministero degli esteri – UAMA, sulla base delle procedure di consultazione previste tra i due dicasteri.
Risultano inoltre al Ministero dell'interno due richieste di esportazione della società Cheddite Italy srl, verso la Tailandia, rispettivamente dell'11 maggio 2018, relativa ad una richiesta di esportazione di 1.000.000 (un milione) di cartucce per armi ad anima liscia calibro 12 per uso sportivo/venatorio e del 16 aprile 2020, di n. 500.000 (cinquecentomila) cartucce dello stesso tipo.
Entrambe le operazioni verso la Tailandia, in esito all'istruttoria effettuata, nel corso della quale sono state acquisite anche le valutazioni favorevoli del Ministero degli esteri - UAMA, hanno ricevuto dalla competente prefettura - U.T.G. di Livorno, i nulla osta ministeriali al rilascio della licenza di esportazione.
La questura di Livorno ha poi informato che il controllo effettuato presso la Cheddite Italy srl non aveva evidenziato alcuna irregolarità, comunicando, inoltre, l'esistenza della «CHEDDITE Francia», che produce e commercializza bossoli in tutto il mondo, indicando le stampigliature che potrebbero essere apposte, a seconda dei lotti o degli ordini, sui fondelli dei bossoli prodotti dall'azienda francese.
La stessa questura ha anche comunicato, che secondo un articolo giornalistico pubblicato da «Il Manifesto» il 19 marzo 2021, dal titolo «In Myanmar cartucce e hardware italiani», l'azienda turca ZSR Patlayici Sanayi A.S. di Karesi utilizzava cartucce dell'azienda italo-francese, che la Turchia esportava armi e munizioni in Myanmar e che lo stabilimento livornese aveva regolarmente venduto alla predetta società turca, nel periodo di maggio 2019-febbraio 2021, ingenti quantitativi di bossoli di vari modelli da confezionare.
Il Ministero dell'interno ha infatti verificato che risultano due istanze di esportazione della ditta Cheddite Italy srl, per forniture verso la ditta turca in questione, la prima in data 26 febbraio 2020 e la seconda del 20 gennaio 2021, per la fornitura totale di chilogrammi 400.000 di polvere senza fumo per la produzione di cartucce da caccia e da tiro per fucili ad anima liscia, alla ditta ZSR Patlayici Sanayi Anonim Sti, per le quale sono stati forniti alla prefettura – UTG di Livorno i nulla osta ministeriali ai fini del rilascio della licenza richiesta. Al riguardo va considerato che la scelta del vettore con cui esportare e del tragitto oltre frontiera ricade nelle prerogative dell'operatore economico interessato. Non vi sono poi conferme dell'ipotesi secondo cui prodotti della Cheddite Italy srl, esportati regolarmente, sarebbero poi stati riesportati dai Paesi destinatari verso il Myanmar o verso la Tailandia né risultano essere mai state rilasciate autorizzazioni all'esportazione di armi per uso civile e/o di munizioni verso il Myanmar in favore di alcun utente.
Per quanto riguarda eventuali iniziative che si potrebbero assumere al fine di ricondurre tutte le esportazioni di armi e munizioni al regime previsto dalla legge n. 185 del 1990, senza distinzione tra armi comuni e militari, va considerato che ciò richiederebbe modifiche alla normativa vigente, in particolare della citata legge n. 110 del 1975, nonché della stessa legge n. 185 del 1990, articolo 1, comma 11. Una proposta di revisione di quest'ultima, presentata da diversi Parlamentari, è attualmente all'esame.
Per quanto riguarda, infine, iniziative volte a promuovere a livello europeo e internazionale un'azione più concreta e decisa al fine di controllare i flussi relativi al commercio di munizioni e munizionamento di ogni tipologia, si precisa che le munizioni ad uso militare sono già ricomprese tra i materiali soggetti al regime di controllo vigente. Per quanto riguarda invece il tema del controllo internazionale delle movimentazioni di armi piccole e leggere (Salw) e delle relative munizioni, l'Italia partecipa e sostiene attivamente le diverse iniziative volte ad accrescere il controllo sulla destinazione di tali materiali d'armamento e contrastarne la diversione. Sosteniamo, tra l'altro, le iniziative condotte in sede OSCE e ATT – Arms Trade Treaty, di cui l'Italia è parte, e le attività preparatorie in vista del settimo incontro intergovernativo biennale (BMS7) per l'attuazione del programma d'azione in materia di armi di piccolo calibro e leggere (SALW), in programma dal 26 al 30 luglio 2021. Abbiamo attivamente contribuito all'adozione della decisione (PESC) 2021/38 del Consiglio dell'Unione europea del 15 gennaio 2021, che definisce un approccio comune sugli elementi dei certificati di utente finale nel contesto dell'esportazione di armi leggere e di piccolo calibro e relative munizioni. Questo atto, che entrerà in vigore il 31 dicembre 2021, estende alle armi piccole e leggere e alle relative munizioni gli stessi requisiti indicati per la redazione dei certificati di destinazione finale di ogni altro tipo di arma. Si tratta di una misura diretta proprio a contrastare la diversione e l'illecita circolazione di armi leggere e munizioni e rappresenta pertanto un passo in avanti verso la tracciabilità, volto a evitare che - come nel caso segnalato dall'interrogante – materiali d'armamento di cui non è possibile accertare il percorso e la provenienza siano rinvenuti su mercati esteri.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.
PIGNATONE, D'ORSO, CANCELLERI, MARTINCIGLIO e SAITTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
va sottolineata l'importanza primaria che riveste nel panorama italiano un'efficiente gestione del servizio giustizia, stante la sua natura di fondamentale presidio delle istituzioni a tutela della legalità, non soltanto nella lotta alla criminalità e alle mafie, ma altresì quale baluardo territoriale che miri a garantire ai cittadini un sistema giudiziario di qualità e accessibile in termini di prossimità e di più agevole raggiungibilità dei vari uffici giudiziari;
in un'ottica di realizzazione di modelli virtuosi di amministrazione dell'apparato giudiziario, appare quanto mai impellente e opportuno procedersi ad un'adeguata distribuzione della «geografia giudiziaria» che si occupi di valutare e analizzare le peculiarità e l'estensione delle varie zone costituenti il territorio nazionale e, in particolar modo, quelle più difficili e ad alto tasso di criminalità, fra cui vi è anche la Sicilia;
più nello specifico, negli uffici giudiziari dei distretti di Corte di appello di Caltanissetta e Palermo sono presenti delle criticità inerenti proprio alla conformazione geografica e viaria dei territori di queste due province che rendono difficoltoso, all'utenza e agli addetti al settore, l'accesso e la raggiungibilità dei vari tribunali in essi dislocati;
è doveroso, pertanto, stante quanto sopra riportato, provvedere ad una tempestiva risoluzione delle problematiche che, da anni, affliggono questi uffici giudiziari. Una possibile soluzione potrebbe, a titolo esemplificativo, essere il trasferimento del Tribunale di Agrigento dal distretto di Corte di appello di Palermo a quello di Caltanissetta, stante la maggiore vicinanza geografica e le migliori reti viarie che collegano le due città. Consentendo, di tal guisa, di ampliare i confini territoriali di questo importante presidio di legalità della Sicilia centrale attraverso un rafforzamento della sua rilevanza che deriva dalla peculiarità dei procedimenti giudiziari di cui risulta titolare;
sul punto, appare opportuno evidenziare la sussistenza di diverse proposte di legge presentate, tra cui anche quella dell'interrogante, depositata già da tempo, miranti proprio a migliorare l'efficienza nell'amministrazione della giustizia di entrambi i distretti di Corte di appello in questione, favorendo un agevole accesso alla giustizia nell'ottica della realizzazione di una maggiore prossimità degli utenti alle varie sedi giudiziarie, oltre che a favorire una risposta più celere nel contrasto alla lotta alla criminalità organizzata –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di fornire pronta risoluzione alla problematica esposta.
(4-08663)
Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, gli interroganti – dopo avere premesso che «...negli Uffici Giudiziari dei Distretti di Corte di Appello di Caltanissetta e di Palermo sono presenti delle criticità inerenti...la conformazione geografica e viaria dei territori di queste due Province che rendono difficoltoso all'utenza e agli addetti al settore l'accesso e la raggiungibilità dei vari Tribunali in essi dislocati...» e che «...è doveroso, pertanto, ...provvedere ad una tempestiva risoluzione delle problematiche che, da anni, affliggono questi Uffici Giudiziari. Una possibile soluzione potrebbe essere, a titolo esemplificativo, il trasferimento del Tribunale di Agrigento dal Distretto di Corte di Appello di Palermo a quello di Caltanissetta, stante la maggiore vicinanza geografica e le migliori reti viarie che collegano le due città...» – domandano alla Ministra della giustizia se «...sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di fornire pronta risoluzione alla problematica esposta...».
In proposito deve essere innanzitutto posto in risalto che le sedi e i distretti degli uffici della Corte di appello e delle sezioni distaccate di Corte di appello sono disciplinati dal regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 recante l'ordinamento giudiziario (così che qualsiasi mutamento di tali distretti richiede necessariamente uno specifico intervento legislativo) e che l'articolo 52 dispone che la Corte di appello ha sede nel capoluogo dei distretti indicati nella tabella A annessa al medesimo regio decreto.
In epoca recente si è intervenuti in materia con una riforma complessa e organica della geografia giudiziaria realizzata, in forza della delega conferita dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, con i dd. lvi. nn. 155 e 156 del 7 settembre 2012 e successive modificazioni.
Nello specifico il distretto della Corte di Appello di Palermo risultava caratterizzato dalla presenza del tribunale metropolitano distrettuale, dei due tribunali provinciali di Agrigento e di Trapani e dei tre tribunali subprovinciali di Marsala, di Sciacca e di Termini Imerese. Dei due tribunali provinciali, il solo tribunale di Agrigento poteva vantare parametri in linea con gli standard di riferimento mentre il tribunale di Trapani presentava valori inferiori alle soglie individuate in sede di analisi statistica. Nel contesto descritto si è ritenuto opportuno realizzare un riequilibrio tra la sede distrettuale di Palermo e la sede subprovinciale di Termini Imerese, disponendo l'accorpamento a quest'ultima sede del territorio compreso nella giurisdizione della sezione distaccata di Bagheria, così conseguendo, da un lato, un effetto deflattivo in favore del tribunale Metropolitano e, dall'altro lato, un incremento dimensionale dell'ufficio accorpante coerente con i suddetti standard di riferimento oltre che con i principi fissati dalla legge di delegazione (confronta lettere b) ed e) dell'articolo 1 della legge n. 148/2011). Per i restanti tribunali si è tenuto conto della puntuale relazione della Procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo – Dda – nella quale veniva evidenziato l'importante rilievo dei dibattimenti e delle indagini riguardanti l'intero territorio della Sicilia occidentale, connotato dallo straordinario impatto della criminalità organizzata principalmente di stampo mafioso. Queste considerazioni, riferibili tanto alla provincia di Trapani quanto a quella di Agrigento, hanno orientato verso il mantenimento di tutte le sedi circondariali ivi presenti, tenuto conto anche dei pareri conformi espressi dalle commissioni parlamentari nel corso dell'iter attuativo della legge delega. In ragione dei valori dimensionali del tribunale subprovinciale di Sciacca si è ritenuto opportuno, al contempo, procedere all'ampliamento del relativo circondario con l'attribuzione del territorio della sezione distaccata di Partanna, in precedenza compresa nel limitrofo circondario del tribunale di Marsala. Il riassetto territoriale del distretto della Corte di appello di Palermo è stato completato con la soppressione e l'accorpamento alle rispettive sedi circondariali delle altre sezioni distaccate esistenti, in coerenza con i principi generali adottati.
Per quanto concerne, poi, il distretto della Corte di appello di Caltanissetta lo stesso si caratterizzava per la presenza di quattro sedi di Tribunale (Caltanissetta, Enna, Gela e Nicosia) e l'intervento di razionalizzazione si è concretizzato nella soppressione del Tribunale di Nicosia con accorpamento delle relative competenze e risorse a quello di Enna. La riforma ha altresì previsto l'attribuzione al circondario del tribunale di Gela del territorio del comune di Niscemi, in precedenza ricompreso nell'ambito del circondario del tribunale di Caltagirone (distretto della Corte di appello di Catania), non soltanto per la brevissima distanza (inferiore a venti chilometri) rispetto alla nuova sede di riferimento ma anche per la più volte accertata comunanza di interessi delle locali famiglie mafiose che ha dato luogo a notevoli problemi di coordinamento tra le due Dda rispettivamente competenti (Catania e Caltanissetta), problematiche che è parso proficuo e utile eliminare.
Al momento, quindi, il distretto della Corte di appello di Palermo si caratterizza per la presenza di sei sedi di tribunale (Agrigento, Marsala, Palermo, Sciacca, Termini Imerese e Trapani), per un bacino di utenza complessivo di circa 2.120.000 abitanti e per un'estensione territoriale di circa 10.500 chilometri quadrati. In tale ambito, il circondario del tribunale di Agrigento risulta essere il terzo tra quelli dei tribunali del distretto sia per popolazione (circa 331.000 abitanti) sia per estensione territoriale (circa 1.925 chilometri quadrati) ed è sede della Corte di assise e dell'ufficio di sorveglianza per i circondari di Agrigento e di Sciacca (per un totale di 471.000 abitanti di riferimento, di cui circa 140.000 residenti nel comune di Sciacca).
Nel descritto contesto si inserisce la richiesta degli interroganti, volta a fare confluire nel distretto della Corte di appello di Caltanissetta il circondario del tribunale di Agrigento, ciò che determinerebbe la necessità di apportare con legge le conseguenti modifiche alle tabelle che indicano la competenza dei presidi di Corte di assise e dell'ufficio di sorveglianza (tabella N del decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1951 n. 757 – tabella A della legge 26 luglio 1975 n. 354). Si evidenzia, per completezza, che Agrigento è sede anche di una casa circondariale (prevista per 283 posti) e di un ufficio per l'esecuzione penale esterna. Per quanto attiene agli uffici del giudice di pace del circondario di Agrigento si rileva la presenza di un solo presidio nella sede circondariale, a gestione interamente statale. Si sottolinea infatti che, con decreto ministeriale 21 dicembre 2020 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2021, è stata disposta l'esclusione dell'ufficio del giudice di pace di Licata dall'elenco delle sedi mantenute con oneri a carico degli enti locali ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 7 settembre 2012 n. 156, motivo per il quale le competenze dell'Ufficio del giudice di pace di Licata sono state attribuite all'ufficio del giudice di pace di Agrigento.
Nel distretto della Corte di appello di Caltanissetta vi sono tre sedi di tribunale (Caltanissetta, Enna e Gela), per un bacino di utenza complessivo di circa 450.000 abitanti e un'estensione territoriale di circa 4.760 chilometri quadrati. In tale ambito, solo Caltanissetta è sede della Corte di assise e del tribunale di sorveglianza, con il relativo Ufficio, con competenza sui territori di tutti i circondari di Tribunale del Distretto.
Le modifiche indicate nella interrogazione in esame comporterebbero, pertanto, per distretto della Corte di appello di Caltanissetta l'incremento di circa il 40 per cento dell'estensione territoriale e di circa il 73,5 per cento del bacino di utenza di riferimento (popolazione residente) e al contempo per il distretto della Corte di appello di Palermo – che cederebbe competenza – una riduzione di circa il 18 per cento dell'estensione territoriale e di circa il 16 per cento del bacino di utenza di pertinenza. Quanto alla distanza tra le sedi – elemento adeguatamente apprezzato in sede di riforma della geografia giudiziaria unitamente ad altri quali il bacino di utenza, i flussi di lavoro, il comune tessuto sociale e imprenditoriale e i sodalizi malavitosi anche di stampo mafioso – va rilevato che la percorrenza stradale tra la città di Agrigento e quella Caltanissetta (pari a 54 chilometri circa) risulta essere minore rispetto a quella tra Agrigento e Palermo (circa 130 chilometri), ma a tale situazione sembra corrispondere una maggiore offerta di collegamenti, via treno o autobus, tra la sede agrigentina e il capoluogo regionale ove è anche situato il più importante aeroporto della Sicilia mentre Caltanissetta non dispone di scalo aeroportuale.
In ogni caso si ritiene che, come avvenuto in occasione della riforma della geografia giudiziaria da ultimo attuata, per una corretta valutazione delle eventuali modificazioni territoriali da adottare – considerata la peculiarità del contesto interessato contraddistinto dalla considerevole incidenza dei fenomeni di tipo mafioso – più specifici e puntuali siano gli approfondimenti e le analisi che devono essere condotte, tenendo in opportuna considerazione lo sviluppo e le caratteristiche della criminalità organizzata che diversifica i singoli territori.
Secondo quanto sopra rimarcato, essendo la materia oggetto di riserva di legge l'eventuale riforma dell'attuale assetto della geografia giudiziaria dei distretti di Corte di appello di Caltanissetta e di Palermo, anche con riferimento all'inserimento del circondario del Tribunale di Agrigento nel territorio di una diversa Corte di appello, è realizzabile solo in seguito ad una specifica iniziativa legislativa, anche nella forma di delega al Governo.
A questo proposito deve esse segnalato che risultano depositati i seguenti progetti di legge:
Atto Camera dei deputati n. 2308 – «Modifiche alla tabella A allegata all'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 e altre disposizioni per lo spostamento del Tribunale di Agrigento dal Distretto della Corte di appello di Palermo al distretto della Corte di appello di Caltanissetta e la rideterminazione del circondario del Tribunale di Sciacca» –, iniziativa parlamentare a firma dell'onorevole Pignatone Dedalo Cosimo Gaetano. Tale progetto di legge è stato presentato in data 19 dicembre 2019, poi assegnato alla seconda commissione permanente (Giustizia) in sede referente il 4 febbraio 2020 e alle Commissioni prima (Affari Costituzionali), quinta (Bilancio) e undicesima (Lavoro) per i pareri; allo stato ancora non ne risulta iniziato l'esame;
Atto Camera dei deputati n. 2223 – «Modifiche alla tabella A allegata all'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941 n. 12 e altre disposizioni per lo spostamento del tribunale di Agrigento dal distretto della Corte di appello di Palermo al distretto della Corte di appello di Caltanissetta e la rideterminazione del circondario del tribunale di Sciacca» – iniziativa parlamentare a firma dell'onorevole Pagano Alessandro. Tale progetto di legge è stato presentato in data 30 ottobre 2019, poi assegnato alla seconda Commissione permanente (Giustizia) in sede referente il 9 gennaio 2020 e alle Commissioni prima (Affari Costituzionali), quinta (Bilancio) e undicesima (Lavoro) per i pareri; allo stato, ancora non ne risulta iniziato l'esame.
Alla stregua di tutto quanto sinora passato analiticamente in rassegna ne discende che, allo stato, non sembra vi siano elementi che indichino come utile e proficuo procedere ad un mutamento della consistenza territoriale degli uffici giudiziari dei distretti di Corte di appello di Caltanissetta e di Palermo. Va infatti evidenziato al riguardo come, in forza dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 237/2013, qualsiasi intervento in materia di geografia giudiziaria deve svolgersi, in ossequio al principio di ragionevolezza, nel bilanciamento dei plurimi valori costituzionali in rilievo, non potendosi valutare i dati dei singoli uffici giudiziari e dei relativi territori, bensì dovendosi prendere a riferimento la complessiva prospettiva di organizzazione del territorio in un'ottica di riequilibrio globale.
La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.
RAMPELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
in data 30 ottobre 2017, il signor G.A. ha presentato, dopo 44 anni di servizio, da ex dipendente istruttore amministrativo del comune di Roma del servizio della sezione aree pubbliche, regolare domanda di pensione con cumulo, ex legge n. 232 del 2016; la domanda è stata successivamente archiviata dall'Inps con protocollo n. 7001.31/10/2017.0435374;
la domanda è rimasta in giacenza, alla sede di Roma Eur, fino al 1° giugno 2018, momento in cui è stata iniziata alla sede di Roma piazzale Flaminio per ulteriore lavorazione;
nonostante diversi solleciti scritti e telefonici fatti dal signor G.A., attraverso il sito dell'Inps e il call center, ad oggi, la pratica risulta ancora in giacenza;
dopo altre verifiche fatte dal signor G.A., al 27 giugno 2018, la pratica risulta ancora bloccata, senza alcuna motivazione espressamente data dagli uffici dell'Inps. Il capo sopracitato interessa una famiglia, come tante altre, che vive di una sola pensione;
a queste persone dovrebbe essere almeno garantito di poter usufruire della propria pensione, maturata nel corso di 44 anni di contributi versati all'Inps che in questo caso, il signor G.A. vive della sola pensione della moglie, anch'essa pensionata, ex dipendente istruttore amministrativo del comune di Roma del servizio anagrafe;
attualmente il signor G.A. può contare solo sulla pensione della moglie e deve fare fronte oltre alle spese ordinarie, anche alle spese legate al mutuo della sua abitazione –:
quali siano i motivi del ritardo nell'erogazione delle pensioni presentate ad ottobre 2017 e quali urgenti iniziative il ministro interrogato intenda attuare, almeno per le famiglie in difficoltà, come quella descritta in premessa al fine di definire le pratiche pensionistiche che per motivi evidentemente burocratici rimangono, a distanza di quasi un anno, bloccate presso l'Inps.
(4-00694)
Risposta. — Acquisiti i debiti elementi conoscitivi dall'Inps si rappresenta quanto segue.
La domanda corrispondente al numero di protocollo indicato nell'interrogazione risulta presentata dal signor A.G., e non si trova, contrariamente a quanto indicato, in stato di sospensione.
La pensione in cumulo, infatti, risulta messa in pagamento dalla sede di Roma Eur con decorrenza 3 settembre 2018 con liquidazione in pari data degli arretrati di competenza.
Si segnala, peraltro, che la certificazione inviata dall'ente comune di Roma non è risultata corretta, in quanto i dati integrativi Ultimo Miglio necessari per calcolare la Quota A di pensione di Gestione pubblica sono stati certificati dal comune di Roma il 4 gennaio 2018, ma riferiti erroneamente alla data del 31 ottobre 2017, piuttosto che a quella del 31 dicembre 2017 (data di cessazione dal servizio dell'interessato).
In particolare, la domanda è stata presentata alla sede Roma Eur in data 31 ottobre 2017, mentre la cessazione dal servizio è avvenuta in data 31 dicembre 2017 (con decorrenza della pensione 01 gennaio 2018).
La domanda è stata presa in carico dalla sede di Roma Eur in data 4 dicembre 2017 (in data antecedente, pertanto, alla cessazione dal servizio del richiedente) e posta in istruttoria dalla sede di RM Flaminio alla quale è stata inviata per la trattazione di competenza della quota di gestione pubblica in data 1° giugno 2018.
La domanda è stata caricata in procedura Cumul per l'inserimento dei periodi e dei pro-quota in data 3 luglio 2018 e accolta in Cumul in data 6 luglio 2018. Quindi in data 16 luglio 2018 viene restituita alla sede di Roma Eur per la liquidazione definitiva.
Ne consegue, allo stato, che l'Inps abbia trattato nel rispetto delle disposizioni vigenti la domanda pensionistica dell'interessato.
La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.
SAPIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
di recente, giornali e televisioni hanno parlato del caso di Mauro Romano, bambino scomparso il 21 giugno 1977 a Racale (Lecce) e mai più ritrovato;
in 44 anni tante sono state le piste seguite dagli inquirenti e le indagini aperte a riguardo, ma tutte archiviate;
in «Storia di una scomparsa» (Fandango), gli autori Flavia Piccinni e Carmine Gazzanni, per la prima volta, ricostruiscono nel dettaglio tutte le piste seguite dal 1977;
a far discutere è anche una cosiddetta «pista araba»: la madre di Mauro Romano, Bianca Colaianni, avrebbe riconosciuto nel 1999 suo figlio nel volto di un magnate arabo, Mohammed Al Habtoor;
Mohammed Al Habtoor ha sempre negato di essere Mauro Romano, ma il suo comportamento ondivago avrebbe dato modo alla famiglia di nutrire sospetti;
come emerge dal summenzionato libro, della «pista araba» furono informati anche le istituzioni. Il commissario straordinario per le persone scomparse, Gennaro Monaco, si interessò al caso Romano e il 13 marzo 2008 scrisse un fax al console in servizio a Dubai, Roberto Vagni chiedendo di «intercedere presso il signor Khalaf Ahmed Al Habtoor in modo da poter favorire, ove possibile, l'incontro tra le due famiglie»;
il 28 maggio 2008 l'Agenzia consolare d'Italia a Dubai rispose, come scrivono Piccinni e Gazzanni, «Il repentino riscontro sollevò non poche domande. La più significativa si focalizzava sul tipo di accertamenti svolti e sulle singolari modalità di replica. A destare preoccupazioni furono però e soprattutto le parole del Consolato che in due sintetiche pagine sottolineava l'impossibilità che Mohammed fosse Mauro, non contestava nel merito le dichiarazioni dei Romano, bensì mostrava solo una profonda riverenza verso una famiglia considerata unanimemente molto potente negli Emirati»;
nel dettaglio, il dottor Vigna specificava come il signor Al Habtoor fosse «cittadino e figlio di Khalaf Ahmed Al Habtoor, uno dei 500 uomini più ricchi al mondo (369esimo nella lista di Forbes 2007)» e proseguiva mettendo in evidenza come «all'interno del mio ruolo di rappresentante in loco dello Stato italiano, riterrei che mettere in dubbio in qualche modo la parola del signor Khalaf Ahmed Al Habtoor e sollecitare prove ulteriori di quanto da lui affermato potrebbe essere accolto come un gesto di estrema indelicatezza e forse anche offensivo»;
suscita perplessità il fatto che un rappresentante delle istituzioni italiane si sia preoccupato più di essere offensivo nei confronti di un cittadino emiratino che nei confronti di una famiglia italiana che, tra le altre cose, era alla ricerca disperata del figlio;
la missiva concludeva affermando: «Pregherei codesto commissario – qualora non ritenesse sufficiente la presente lettera per chiudere [...] questa ipotesi di identificazione – a rinnovare a codesto Ministero degli affari esteri e a codesta Ambasciata (che leggono per conoscenza) la richiesta di intervento già qui formulati con i fax in riferimento, affidando ai loro superiori l'opportunità di un approccio della famiglia Al Habtoor»;
da allora, tuttavia, nessun altro tentativo è stato fatto;
lungi dal ritenere che Mohammed Al Habtoor sia Mauro Romano, la famiglia italiana ha sempre chiesto anche solo un incontro riservato per chiarire le posizioni in campo e avere un confronto diretto con l'uomo che fino ad oggi si è sempre sottratto alla possibilità di un test del Dna –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti elencati in premessa;
se non ritenga opportuno acquisire ulteriori elementi circa il lavoro svolto allora dal Consolato italiano a Dubai, in merito agli approfondimenti svolti sul caso Romano;
se non ritenga opportuno oggi, a distanza di 44 anni dalla scomparsa, adottare iniziative tramite la rete diplomatica al fine di favorire un incontro, lontano dalle telecamere, delle famiglie Romano e Al Habtoor.
(4-09755)
Risposta. — Il connazionale Mauro Romano è scomparso a Racale in provincia di Lecce il 21 giugno 1977, all'età di sei anni e non è stato mai più ritrovato. Nel corso degli anni gli inquirenti hanno seguito diverse piste, tra cui anche quella di un sequestro commissionato che avrebbe portato al trasferimento del minore presso un'altra famiglia.
L'indagine della procura di Lecce è stata riaperta lo scorso gennaio.
I genitori, i Signori Bianca Colaianni e Natale Romano, avrebbero individuato nel 1999 delle somiglianze con lo sceicco emiratino Mohammed AI Habtoor. In particolare due segni distintivi, una cicatrice sul sopracciglio sinistro e una bruciatura sulla mano destra. Il signor Al Habtoor ha sempre negato di essere Mauro Romano.
Nel marzo 2008 il commissario straordinario per le persone scomparse, Gennaro Monaco, ha scritto all'agente consolare a Dubai, chiedendo di facilitare un incontro tra il signor Khalaf Ahmed Al Habtoor e la famiglia del connazionale scomparso. Il tentativo non ha avuto alcun esito.
Il legale della famiglia Romano, l'avvocato La Scala, avrebbe di recente richiesto alle autorità emiratine la collaborazione ai fini di una comparazione del DNA, che dovrebbe fugare ogni dubbio sull'identità del presunto figlio dei coniugi Romano.
I familiari mirerebbero in particolare a ottenere che l'esame del DNA venga eseguito tramite l'intercessione delle autorità consolari, in particolare il consolato generale d'Italia a Dubai.
L'Ambasciata d'Italia ad Abu Dhabi e il consolato generale a Dubai non hanno tuttavia ricevuto per parte loro alcuna richiesta da parte della famiglia Romano o del suo legale. Inoltre, la sfera di competenza della sede rispetto alla vicenda è limitata, in mancanza di un intervento della magistratura. La richiesta di intercessione dell'Ambasciata ai fini dell'esecuzione dell'esame del DNA appare «ultra vires» ed esula dalle sue competenze.
La Farnesina rimane a disposizione dei familiari per prestare assistenza, tramite l'Ambasciata, nell'ambito delle proprie competenze, oltre a restare a disposizione della magistratura nell'ambito di un'eventuale attività di cooperazione giudiziaria.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.
SCHIRÒ. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la presenza degli italiani in Spagna negli ultimi anni ha conosciuto un costante e sensibile aumento, ammontando attualmente a circa 275 unità ufficialmente censite dagli uffici di statistica spagnoli; tale numero diventa più elevato (oltre 340.000) se si fa riferimento a coloro che posseggono il cosiddetto numero Nie, vale a dire il numero di identificazione degli stranieri;
tale dimensione rende la comunità italiana la quarta tra quelle straniere per peso numerico, con una tendenza alla crescita costante, nonostante le limitazioni imposte dalla pandemia durante il 2020, quando gli italiani sono aumentati di 7000 presenze (+2,5 per cento);
favoriscono tale tendenza le affinità culturali e di modello di vita, nonché il positivo dell'interscambio tra i due Paesi che vede la Spagna come terzo mercato dell'export italiano e l'Italia il terzo mercato del commercio spagnolo;
nonostante questi profondi intrecci di mobilità transnazionale, culturale e commerciale, nell'ordinamento spagnolo persiste verso gli italiani, come verso un gran numero di cittadini di altri Paesi, l'impossibilità di godere della doppia cittadinanza, dal momento che il Paese iberico la consente solo durante la minore età, mentre raggiunti i 18 anni costringe lo straniero residente sul proprio suolo che voglia naturalizzarsi a scegliere tra la cittadinanza originaria e quella acquista;
questa situazione mette gli italiani che vogliano risiedere lungamente o definitivamente in Spagna nella necessità di scegliere se restare in una permanente condizione di stranieri o se diventare spagnoli a tutti gli effetti, godendo della pienezza dei diritti di cittadinanza, a prezzo tuttavia della rinuncia alla cittadinanza d'origine;
tale condizione è diversa rispetto a quella degli spagnoli residenti in Italia, dove è consentita la doppia cittadinanza, talché un ragazzo nato in una famiglia mista italo-spagnola può ottenere senza alcuna remora sia la cittadinanza italiana che spagnola;
di recente, a seguito di un incontro tra il Presidente Francese Macron e il Premier spagnolo Sànchez, è stata ufficializzata la volontà di perfezionare un accordo bilaterale volto al riconoscimento della doppia cittadinanza per i cittadini di ciascuno dei Paesi residenti nel Paese contraente;
il numero degli italiani residenti in Spagna, superiore a quello dei francesi, gli ottimi rapporti tra i due Paesi aventi comuni interessi geopolitici, la dimensione dell'interscambio, le forti affinità culturali indurrebbero a superare la limitazione che persiste a carico dei cittadini italiani e a percorrere la stessa strada intrapresa dalla Francia –:
se il Governo non ritenga di avviare con le autorità spagnole, con la dovuta continuità e convinzione, i contatti necessari per definire un accordo bilaterale volto al reciproco riconoscimento della doppia cittadinanza a beneficio dei cittadini dei due Paesi.
(4-08765)
Risposta. — In Spagna è presente una importante comunità che, secondo quanto riportato dall'annuario statistico 2020 del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ammonta a circa 214.088 italiani, suddivisi tra la circoscrizione consolare di Madrid (114.290) e quella di Barcellona (99.798). La nostra collettività è tradizionalmente ben integrata nel contesto locale, anche attraverso frequenti legami di coniugio che, come di norma, possono produrre effetti anche sulla cittadinanza d'origine.
La normativa italiana in materia di cittadinanza dispone, all'articolo 11 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, che il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può ad essa rinunciare qualora risieda o stabilisca la residenza all'estero. Nell'ordinamento spagnolo, invece, la normativa di riferimento (codice civile, articolo 23) prevede che: «I naturalizzati di oltre 14 anni dovranno prestare giuramento di fedeltà al Re e obbedienza alla Costituzione e alle leggi dello Stato e dichiarare di rinunciare alla cittadinanza di origine. Possono mantenere la cittadinanza di origine i cittadini iberoamericani, filippini, equatoguineani, portoghesi, andorrani, sefarditi. L'acquisto deve essere trascritto nel “Registro Civil”».
Ciò premesso, l'esigenza di intervenire sulla disciplina degli effetti delle naturalizzazioni – e in particolare di stipulare un eventuale accordo bilaterale tra Italia e Spagna che riconosca specificamente, per i nostri connazionali residenti in Spagna, lo status di doppia cittadinanza italo-spagnola – è vista con interesse dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, anche come strumento di possibile ulteriore integrazione tra le rispettive comunità nei due Paesi.
Io stesso ho sollevato la questione con il Segretario di Stato spagnolo per gli affari europei, Juan Gonzalez Barba, nel corso della recente missione che ho svolto a Madrid all'inizio del mese di giugno 2021. In particolare ho proposto al mio omologo spagnolo l'avvio di discussioni bilaterali per la possibile conclusione di un accordo sulla doppia cittadinanza italiana e spagnola, sulla falsariga dell'accordo recentemente concluso tra la Spagna e la Francia. Gonzalez Barba ha preso buona nota della richiesta italiana e ha precisato che, ove l'opzione dell'accordo bilaterale non dovesse risultare praticabile da parte del suo Paese, si potranno studiare possibili miglioramenti della legislazione spagnola esistente, ad esempio a partire dai diritti previsti dalla cittadinanza europea.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.
SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
presso la città di Montauban, nei Pirenei francesi, si è recentemente tenuto un vertice bilaterale tra Emmanuel Macron e il Primo Ministro spagnolo, Pedro Sanchez. Come dichiarato dal Presidente francese all'apertura dei lavori, il 15 marzo, il summit rappresenterebbe «una tappa importante della relazione tra i nostri Paesi. Lo dobbiamo ai 150.000 francesi che vivono in Spagna e ai 190.000 spagnoli che vivono in Francia»;
tra i vari argomenti trattati durante l'incontro è stato affrontato anche il tema del doppio passaporto, franco-spagnolo, per i cittadini dei due grandi Stati europei. La discussione ha portato a un esito positivo: sarà firmato infatti un accordo per definire i casi di doppia nazionalità. La notizia è ragguardevole, in quanto sarebbe il primo accordo di questo tipo che la Spagna firma con un altro Paese dell'Unione europea. Infatti, se in Francia la doppia cittadinanza è legale, così non è nel Paese iberico;
il Comites di Madrid è recentemente intervenuto sul tema, suggerendo alle istituzioni italiane di attivarsi per giungere al medesimo risultato del bilaterale di Montauban: un accordo con le autorità iberiche che permetta, ai nostri connazionali residenti in Spagna, di poter finalmente godere della cittadinanza spagnola senza dover per questo rinunciare a quella italiana;
a supporto di questa proposta vengono enumerate varie ragioni per cui sarebbe auspicabile intraprendere tale dialogo diplomatico: in primis, naturalmente, la consistenza numerica della comunità italiana in Spagna, composta di 274.463 persone; una cifra che fa dell'Italia il quinto maggior gruppo lì residente dopo quello marocchino, rumeno, britannico e colombiano (dati Ine del 1° luglio 2020). Sempre nella medesima nota si sottolineano inoltre motivazioni di ordine economico e commerciale, nonché geopolitico, con la menzione di «un "asse mediterraneo" nella UE con Francia e Italia» che, attraverso un provvedimento di questo tipo, verrebbe indubbiamente rafforzato. È infine citato, a supporto della tesi, «il giusto principio della reciprocità: chi nasce in Italia e uno dei due genitori è spagnolo, acquisisce la doppia cittadinanza» –:
se il Governo abbia intenzione di intraprendere iniziative propedeutiche alla firma di un accordo bilaterale tra Italia e Spagna che conceda ai nostri connazionali residenti in Spagna la possibilità di beneficiare della doppia cittadinanza italo-spagnola.
(4-08702)
Risposta. — In Spagna è presente una importante comunità che, secondo quanto riportato dall'annuario statistico 2020 del Ministero degli affari interi e della cooperazione internazionale, ammonta a circa 214.088 italiani, suddivisi tra la circoscrizione consolare di Madrid (114.290) e quella di Barcellona (99.798). La nostra collettività è tradizionalmente ben integrata nel contesto locale, anche attraverso frequenti legami di coniugio che, come di norma, possono produrre effetti anche sulla cittadinanza d'origine.
La normativa italiana in materia di cittadinanza dispone, all'articolo 11 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, che il cittadino che possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può ad essa rinunciare qualora risieda o stabilisca la residenza all'estero. Nell'ordinamento spagnolo, invece, la normativa di riferimento (Codice civile, articolo 23) prevede che: «I naturalizzati di oltre 14 anni dovranno prestare giuramento di fedeltà al Re e obbedienza alla Costituzione e alle leggi dello Stato e dichiarare di rinunciare alla cittadinanza di origine. Possono mantenere la cittadinanza di origine i cittadini iberoamericani, filippini, equatoguineani, portoghesi, andorrani, sefarditi. L'acquisto deve essere trascritto nel “Registro Civil”».
Ciò premesso, l'esigenza di intervenire sulla disciplina degli effetti delle naturalizzazioni – e in particolare di stipulare un eventuale accordo bilaterale tra Italia e Spagna che riconosca specificamente, per i nostri connazionali residenti in Spagna, lo status di doppia cittadinanza italo-spagnola – è vista con interesse dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, anche come strumento di possibile ulteriore integrazione tra le rispettive comunità nei due Paesi.
Io stesso ho sollevato la questione con il Segretario di Stato spagnolo per gli affari europei, Juan Gonzalez Barba, nel corso della recente missione che ho svolto a Madrid all'inizio del mese di giugno 2021. In particolare ho proposto al mio omologo spagnolo l'avvio di discussioni bilaterali per la possibile conclusione di un accordo sulla doppia cittadinanza italiana e spagnola, sulla falsariga dell'accordo recentemente concluso tra la Spagna e la Francia. Gonzalez Barba ha preso buona nota della richiesta italiana e ha precisato che, ove l'opzione dell'accordo bilaterale non dovesse risultare praticabile da parte del suo Paese, si potranno studiare possibili miglioramenti della legislazione spagnola esistente, ad esempio a partire dai diritti previsti dalla cittadinanza europea.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.
SPADONI e ZANICHELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
le esportazioni dei prodotti agroalimentari Made in Italy in Russia, negli ultimi sei anni e mezzo, hanno perso oltre 1,3 miliardi a causa dell'embargo deciso da Putin che, tuttora, colpisce una importante lista di prodotti europei con il divieto all'ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, come ritorsione alle sanzioni economiche dell'Unione europea (fonte: analisi della Coldiretti in occasione della visita dell'Alto rappresentante della politica estera europea Josep Borrell per l'incontro con il suo omologo Serghei Lavrov dopo la condanna dell'oppositore Alexei Navalny – 4 febbraio 2021);
l'agroalimentare è l'unico settore tuttora colpito direttamente dall'embargo deciso dalla Russia con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014 e più volte rinnovato che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni in Russia dei prodotti presenti nella «lista nera», dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, ma anche frutta e verdura. Al danno diretto delle mancate esportazioni in Russia, si aggiunge quello della diffusione sul mercato di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy realizzati in Russia (Parmesan, mozzarella, robiola, e altro) o nei Paesi non colpiti dall'embargo come scamorza, mozzarella, provoletta, mascarpone e ricotta Made in Bielorussia, ma anche salame Milano, Parmesan e Gorgonzola di produzione svizzera e Parmesan o Reggianito di origine brasiliana o argentina (fonte coldiretti.it);
conseguentemente, il danno economico si estende alla ristorazione italiana in Russia che rischia di essere frenata per la mancanza degli ingredienti principali;
a dicembre 2019, a margine dell'incontro bilaterale col suo omologo russo Sergej Lavrov, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio, ha spiegato che «Sul tema delle sanzioni alla Russia da parte dell'Unione europea, l'Italia si muove nel solco di Bruxelles, ma intende promuovere anche una riflessione politica in seno all'Unione sugli effetti che le sanzioni, e le contro-sanzioni russe, stanno avendo sulle nostre aziende». Inoltre, il Ministro ha fatto presente a Lavrov il problema delle sanzioni poste da Mosca sul Parmigiano Reggiano: «È una sanzione che va rimossa perché non rientra nei parametri stabiliti per le altre misure economiche imposte ai prodotti europei. È un prodotto d'eccellenza del nostro made in Italy»;
come riportato dalla stampa locale (il Resto del Carlino), in data 31 marzo 2021, l'ambasciatore italiano a Mosca, Pasquale Terracciano, in un'intervista a Forbes Russia, in data 26 marzo 2021, avrebbe richiesto l'esclusione del Parmigiano Reggiano dall'embargo russo in ragione della bassissima quantità di lattosio presente nel prodotto. È presto arrivata la risposta di Olag Sirota, presidente dei produttori di formaggi russi, secondo cui una concessione simile provocherebbe il sostanziale fallimento dell'intero comparto lattiero caseario russo e ha aggiunto come provocazione la richiesta di baratto, con il riconoscimento da parte dell'Italia dell'annessione della Crimea alla Russia. Sul caso si è espressa anche la portavoce del Ministro degli esteri russo, dichiarando di «preferire i formaggi russi a quelli italiani» –:
se il Ministro interrogato, alla luce alquanto sopra esposto, viste le ingenti difficoltà provocate dall'emergenza coronavirus che l'Italia sta affrontando, e visto il pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale, ritenga possibile uno sblocco dell'export del Parmigiano Reggiano in Russia.
(4-08866)
Risposta. — La ringrazio per aver sollevato una questione così importante e al contempo complessa, seguita con molta attenzione dalla Farnesina.
Il parmigiano reggiano è incluso tra i prodotti soggetti alle contro-sanzioni russe – come la maggior parte dell'agrifood europeo — adottate da Mosca in risposta alle misure sanzionatorie europee per le azioni contro l'integrità territoriale dell'Ucraina. Queste ultime sono state di recente prorogate sino al prossimo 15 settembre, mentre le controsanzioni russe sono in vigore fino al 31 dicembre 2021.
Al riguardo, prosegue senza soluzione di continuità la nostra azione di sensibilizzazione della federazione russa nei contatti al più alto livello, al fine di ottenere lo sblocco dell'export del parmigiano reggiano in Russia.
Solo per citare alcuni esempi, la questione è stata sollevata — come da Lei osservato — dal Ministro Di Maio durante il suo colloquio con il Ministro degli esteri Sergey Lavrov nel dicembre del 2019, nonché dall'allora Ministra per le politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova durante il colloquio con il suo omologo russo nel febbraio del 2020 e — nello stesso periodo - dall'allora Sottosegretario Ivan Scalfarotto durante il suo incontro con il viceministro dello sviluppo economico russo.
Anche l'Ambasciata d'Italia a Mosca ha effettuato numerosissimi passi nei confronti delle Autorità russe, come in occasione degli incontri dell'ambasciatore Terracciano con il Ministro degli esteri Lavrov a febbraio e con il Ministro del commercio e dell'industria Manturov a marzo.
Da ultimo, la questione è stata nuovamente posta all'attenzione del servizio federale per il controllo sui diritti del consumatore e il benessere della persona, competente sulla materia, facendo leva sul fatto che il parmigiano, in quanto prodotto naturalmente senza lattosio, dovrebbe essere escluso dal regime di controsanzioni poiché rientrante nella deroga prevista per gli alimenti privi di lattosio adatti a un regime dietetico. Lo scorso marzo il servizio federale russo ha tuttavia respinto questa interpretazione, ribadendo il divieto all'importazione nella federazione russa di latte e prodotti lattiero-caseari e specificando che l'eccezione prevista fa riferimento a prodotti per alimentazione dietetica curativa o dietetica profilattica, ossia prodotti alimentari speciali, soggetti a specifica registrazione presso le autorità russe a fronte di certificate proprietà curative o profilattiche.
Da verifica sulla possibile sussistenza nell'ambito della Politica agricola comune di misure compensatorie per le produzioni colpite da sanzioni non sono emerse soluzioni utili allo scopo.
Per l'Italia le indicazioni geografiche rivestono notevole interesse in termini economici, sociali e culturali, oltre che di sviluppo del territorio. La sempre maggiore incidenza di illeciti come la contraffazione o l'Italian sounding provoca non soltanto un gravissimo danno economico, ma lede la professionalità, l'impegno, le tradizioni e i valori che caratterizzano i nostri prodotti.
L'Italia è quindi da anni in prima linea nella protezione delle indicazioni geografiche sui mercati esteri con il duplice obiettivo di ridurre le contraffazioni e ogni forma di utilizzo parassitario a beneficio dei produttori italiani e di tutelare i consumatori dagli effetti fuorvianti di tali attività illecite, affinché non siano tratti in inganno in ordine alla qualità, autenticità e provenienza di quanto viene commercializzato sul mercato.
Continueremo a tenere conto anche di questo nell'interlocuzione con le autorità russe, a difesa degli interessi del nostro settore agroalimentare e, più in generale, del sistema produttivo italiano.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.
SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
il 2 febbraio 2021 sul quotidiano online Rovigooggi.it è stata pubblicata la notizia secondo la quale la regione Veneto avrebbe autorizzato – dal mese di febbraio e senza limite temporale – la cattura delle lepri selvatiche nelle province di Padova, Venezia e Rovigo;
l'attività di cattura è una pratica, regolarmente organizzata dai cacciatori nel mese di dicembre di ogni anno, per garantirsi un numero di vittime sufficienti a soddisfare il loro passatempo ed è autorizzata in questo periodo per non interferire nella stagione riproduttiva delle lepri. L'operazione consiste in barbari e rumorosi rastrellamenti, svolti da un centinaio di persone, che costringono alla fuga gli animali indirizzandoli verso reti che li intrappolano, per poi essere messi in casse di legno e liberati nei territori dove potranno essere cacciati dal successivo mese di settembre;
a causa del Covid-19 le catture di dicembre sono saltate, e la regione, con il pretesto dei danni alle coltivazioni agricole, le ha quindi autorizzate proprio nel periodo durante il quale le lepri selvatiche stanno avendo le prime cucciolate, nonostante le indicazioni di Ispra – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale: abbiano chiarito che «Queste operazioni iniziano di norma agli inizi di dicembre appena terminato il periodo di caccia alla specie e si debbono concludere entro la metà di gennaio, in quanto i primi parti avvengono già alla fine del mese e in febbraio oltre il 50 per cento delle femmine è gravida»;
secondo l'associazione Lav (Lega anti vivisezione), che ha diffidato la regione Veneto con richiesta di ritiro in autotutela della nota regionale, «l'autorizzazione regionale comporterà la morte dei cuccioli che dovessero rimanere abbandonati dalle madri catturate e traslocate in altre zone del territorio, ma anche le femmine in stato di gravidanza subirebbero un gravissimo maltrattamento indotto dallo stress della cattura»;
sempre la Lav aggiunge che «Il mancato ritiro della nota potrebbe comportare la violazione degli articoli 544-bis e ter del codice penale, che riguardano l'uccisione e il maltrattamento di animali, oltre a causare un danno erariale in quanto gli animali selvatici, come le lepri, rappresentano un patrimonio indisponibile dello Stato»;
a questo proposito si fa presente che nel 2020, per un reato analogo, la Corte di Cassazione ha confermato le condanne all'ex presidente della provincia di Bolzano e ad un suo dirigente, con riferimento al periodo compreso tra luglio 2010 e giugno 2014, per danno arrecato allo Stato per aver disposto in maniera illegittima la cattura o l'uccisione di animali selvatici;
è opportuno evidenziare, inoltre, che la vigente normativa nazionale attribuisca alle regioni e alle province autonome facoltà normativa per quanto concerne la gestione e la tutela faunistica in conformità alla normativa di riferimento internazionale ed alle direttive comunitarie, ma anche che le tematiche più generali attinenti alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e alla conservazione della natura e della biodiversità, rimangano di esclusiva pertinenza statale (articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione) –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e, nell'ambito delle sue competenze, come intenda assicurare la piena tutela alle specie selvatiche protette ed in particolare delle lepri;
se alla luce dei reiterati esempi di violazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, non ritenga opportuno prevedere ulteriori iniziative, anche normative, per garantirne il pieno rispetto.
(4-08301)
Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
In via preliminare l'Ispra precisa che i dati disponibili sulla fenologia riproduttiva della Lepre europea (Lepus europaeus) evidenziano che essa è regolata dal fotoperiodo, più che dalle condizioni climatiche.
Le prime nascite avvengono già dalla fine di gennaio, ma le avverse condizioni meteorologiche, soprattutto nelle regioni settentrionali e montane, possono determinare un'elevata mortalità dei leprotti. Il numero delle nascite è massimo tra aprile, maggio, giugno e la metà di luglio, e decresce rapidamente fino alla prima decade di ottobre.
Pertanto, le operazioni di cattura e traslocazione delle lepri europee dovrebbero avvenire, di norma, nel periodo compreso tra la fine dell'attività venatoria, stabilito dalla legge n. 157 del 1992 e prima di una ripresa consistente dell'attività riproduttiva (circa il 70 per cento delle femmine sono gravide in febbraio).
Le catture per fini di ripopolamento, quindi, dovrebbero terminare nella prima metà di gennaio.
Eventuali estensioni di tale periodo, comunque non oltre la prima metà di febbraio, potrebbero essere accettabili qualora le condizioni fisiche delle femmine catturate fossero valutate da un veterinario esperto di fauna selvatica e fosse previsto l'immediato rilascio delle femmine in avanzato stato di gravidanza ed in allattamento.
Al riguardo, la regione Veneto ha sottolineato come l'attività di cattura e traslocazione di fauna selvatica, oltre a risultare coerente con le finalità perseguite dalla pianificazione faunistico-venatoria, si inserisce in un contesto più ampio, che comprende una serie di attività di cui gli Ambiti territoriali di caccia (Atc) devono farsi carico, tra le quali anche il controllo delle popolazioni di selvatici in relazione ai danni all'agricoltura.
Riguardo ai fatti specifici segnalati nell'interrogazione, la regione ha precisato che la definizione del protocollo operativo utilizzato per l'effettuazione di catture con personale ridotto cosiddette «mini catture») ha consentito di poter intervenire nelle Zone ripopolamento e fattura (Zrg) ove sono segnalati danni alle colture, in un periodo nel quale, a seguito delle limitazioni imposte per contrastare la diffusione del COVID-19, era stato sospeso su tutto il territorio della regione il rilascio delle autorizzazioni alla cattura e traslocazione della fauna selvatica autoctona previste dalla legge regionale n. 50 del 1993.
Tale protocollo prevede che alla segnalazione debba far seguito un sopralluogo da parte degli agenti della Polizia provinciale e del personale tecnico della struttura regionale competente, per verificare il danno lamentato e tutti gli elementi utili a valutare la situazione. Ogni situazione è stata, quindi, valutata nella sua specificità, tenendo conto di quanto previsto dalla normativa in materia e del ciclo biologico della specie.
La regione ha, inoltre, concluso che le uniche due operazioni svolte hanno comunque riguardato situazioni puntiformi all'interno di Zrc nella provincia di Rovigo, ove sono stati lamentati gravissimi danni da lepre a coltivazioni di radicchio e le attività di cattura si sono svolte entro il mese di gennaio, in osservanza alle disposizioni in materia e nel rispetto del ciclo biologico delle specie.
Il Ministro della transizione ecologica: Roberto Cingolani.
TONDO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
appare grave e critica la situazione degli interpreti cittadini afghani che operano nelle aree di crisi e forniscono il loro attivo supporto ai militari italiani impegnati nelle missioni internazionali in quei territori;
le motivazioni alla base del loro operato molto pericoloso sono oltre allo stipendio e che gli viene garantita anche la possibilità di poter espatriare dal Paese di origine verso gli Stati per i quali hanno svolto le loro funzioni ed il loro difficile servizio;
in questi giorni molti interpreti sono «bloccati» in Afghanistan in attesa del rilascio di un visto e sono costantemente minacciati di morte dai talebani o dall'Isis o anche da altri gruppi terroristici presenti in quel Paese. Alcuni sono stati uccisi, altri rischiano la vita e quella delle loro famiglie per effettuare un servizio fondamentale nei confronti delle truppe impiegate nel territorio afghano. Si tratta tra l'altro di persone molto qualificate che potrebbero svolgere una funzione in Italia (ad esempio, essere impiegati nei centri di accoglienza);
è pertanto necessario attivare da parte dello Stato italiano tutte le misure idonee per permettere agli interpreti afghani una protezione ovvero la possibilità di espatriare verso il nostro Paese, oppure per chi non volesse adottare tale ultima soluzione un congruo riconoscimento economico che possa aiutare i medesimi interpreti afghani e le loro famiglie;
si tratta pertanto di intervenire urgentemente per «sanare» tale situazione in modo da riconoscere agli interpreti afghani un giusto riconoscimento per il lavoro svolto e tutelarli da possibili azioni che possano pregiudicarne la vita come è già avvenuto –:
se non si ritenga necessario ed urgente attivare un programma di protezione, come quello evidenziato in premessa, nei confronti degli interpreti afghani che hanno rischiato e rischiano la loro vita e quella delle loro famiglie anche prevedendo adeguati supporti economici che li possano aiutare;
quali siano le ragioni ed i motivi che fino ad oggi hanno impedito di attivare un programma di protezione che permetta agli interpreti afghani di potere espatriare o ricevere un congruo supporto economico, considerando che si tratta di pochi soggetti e con una preparazione professionale elevata;
se si ritenga opportuno chiarire come si intende procedere di fronte a tale situazione e se siano allo studio misure che possano salvaguardare e tutelare gli interpreti afghani.
(4-07981)
Risposta. — Il tema della protezione dei collaboratori afghani è da sempre tenuto in assoluta considerazione dal Ministero della difesa.
Al riguardo, la protezione internazionale ex decreto legislativo n. 251 del 2007 è stata già riconosciuta ai collaboratori afghani, a seguito di espressa iniziatica del Dicastero, dall'articolo 5, comma 5-ter, del decreto-legge n. 109 del 2014, convertito in legge n. 141 del 2014.
Secondo tale disposto normativo i cittadini afghani, che avevano effettuato prestazioni con carattere di continuità a favore del contingente militare italiano nell'ambito della missione ISAF e nei cui confronti sussistevano fondati motivi di ritenere che, permanendo in Afghanistan, sarebbero stati esposti al rischio di danni gravi alla persona, potevano, a domanda, essere trasferiti nel territorio nazionale, insieme al coniuge, ai figli e agli eventuali parenti entro il primo grado, per il riconoscimento della protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251.
Le modalità di attestazione della situazione di rischio per gli interessati, di verifica delle condizioni per l'accesso degli stessi nel territorio nazionale, nonché le procedure di trasferimento, sono state definite d'intesa tra i Ministeri della difesa, degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'interno.
I requisiti del rapporto di lavoro continuativo e del fondato rischio di danni gravi alla persona in caso di permanenza in Afghanistan mirano a tutelare gli interessi dei citati collaboratori salvaguardando, al contempo, il nostro Paese dai rischi di accoglimento di personale i cui requisiti di provenienza, affidabilità ed esposizione al rischio non siano certi e compatibili con la legislazione in vigore.
A seguito dell'approvazione del provvedimento normativo sono stati, a suo tempo, individuati oltre 400 cittadini afghani, tra ex collaboratori e familiari, quali potenziali beneficiari della protezione internazionale prevista dalla legge.
Per ciò che attiene alla situazione attuale, l'Italia, già in vista dell'imminente chiusura di Resolute Support — dal 1° gennaio 2015 succeduta ad Isaf — si è assunta l'impegno, in sede Nato, ad evacuare, con l'operazione Aquila, il personale civile locale che ha supportato il nostro contingente durante tutte le missioni internazionali in Afghanistan.
In particolare, sono state redatte due liste di personale che, a domanda, potrà beneficiare di questo supporto: una, di oltre 200 unità, tra collaboratori e relativi familiari, per i quali si ha già consolidata evidenza del rapporto lavorativo in essere o a suo tempo prestato; una seconda, che attualmente conta circa 400 ulteriori applicanti, per i quali i termini del rapporto di collaborazione sono in corso di accertamento.
Per il personale incluso nella prima lista, di cui è stata accertata l'effettiva collaborazione fornita, si è proceduto, dalla metà dello scorso mese di giugno, al progressivo trasferimento in Italia e, al termine del previsto periodo di quarantena anti-Covid — effettuato presso le sedi di Roma, Roccaraso (AQ) e Camigliatello Silano (CS) — si darà corso, a cura del Ministero dell'interno, all'inserimento nel sistema di accoglienza e integrazione disciplinato dal decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e successive modificazioni.
Per quanto riguarda il personale le cui domande sono tuttora in corso di accertamento, le modalità di rimpatrio degli idonei sono in via di definizione di concerto con i ministeri dell'interno e degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Non ultimo, sotto l'aspetto normativo, è stata già predisposta una bozza di provvedimento che riprende, attualizzandolo ed estendendone l'arco temporale di riferimento, il disposto del citato comma 5-ter del decreto-legge n. 109 del 2014 e che verrà inserito nel primo veicolo legislativo utile.
Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.
UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
come riportato di recente dai maggiori quotidiani europei, il Governo della Repubblica d'Irlanda ha deciso di introdurre ulteriori misure restrittive per contenere la diffusione del virus Covid-19 aggiungendo alcuni Paese europei, tra cui l'Italia, nella lista dei Paesi a rischio. A partire dal 15 aprile 2021 tutti i passeggeri che arrivano in Irlanda dall'Italia hanno l'obbligo di quarantena presso uno degli hotel designati dal Governo, con l'obbligo di prenotare in anticipo un alloggio presso una delle strutture e pagare in anticipo per il loro soggiorno/quarantena;
la sopracitata normativa del Governo irlandese sta provocando non pochi disagi ai passeggeri provenienti dall'Italia e ai circa 50.000 cittadini italiani che si devono far carico degli onerosi costi per l'alloggio presso gli hotel designati, ovvero 1.875 euro per adulto più 150 euro per ogni giorno aggiuntivo. Vengono citati inoltre casi di assembramenti senza ricambio d'aria all'interno degli autobus che trasportano i passeggeri presso le strutture, facilitando così le possibilità di contagio; di hotel sporchi con camere anguste e con piccole finestre; casi di intere famiglie con i bambini costrette a stare chiuse nelle stanze d'albergo senza alcuna possibilità di uscita per tutta la durata della quarantena –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se non intenda, per quanto di competenza, adottare iniziative affinché il Governo della Repubblica d'Irlanda possa rimuovere l'obbligatorietà di soggiorno dei passeggeri provenienti dall'Italia presso gli hotel designati, in una prossima revisione del provvedimento.
(4-09153)
Risposta. — Dal 15 aprile all'8 maggio 2021 l'Italia è stata inserita dalle autorità irlandesi in una lista di Paesi i cui viaggiatori sono soggetti alla misura della quarantena obbligatoria di 14 giorni in un albergo designato. Il provvedimento si applica a chi proviene dai Paesi compresi nell'elenco (inclusi i cittadini irlandesi e i residenti stabilmente, in Irlanda) e a chi vi abbia transitato nei quattordici giorni antecedenti l'ingresso in Irlanda. Il costo del soggiorno obbligatorio, pari a 1.875 euro a persona, è totalmente a carico dei diretti interessati.
La lista in questione è stabilita dal dipartimento della salute irlandese ed è soggetta a periodiche revisioni. A solo titolo di esempio, l'8 maggio l'Italia è stata rimossa dall'elenco insieme all'Austria; Belgio, Francia e Lussemburgo sono stati rimossi il 28 maggio insieme agli USA, mentre il Canada ha dovuto aspettare fino al 18 giugno. Al 14 luglio la lista comprende 61 Paesi, nessuno dei quali appartenente all'Unione europea.
Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e l'ambasciata d'Italia a Dublino, fin dalle ore precedenti l'inclusione del nostro Paese tra quelli soggetti all'obbligo di quarantena in hotel, hanno subito manifestato al dipartimento degli affari esteri irlandese forte contrarietà all'adozione del provvedimento. Ciò in considerazione dell'importante impatto economico che questo avrebbe avuto sui cittadini italiani residenti o comunque presenti in Irlanda. Dopo l'adozione della misura in questione, la nostra ambasciata è tornata a più riprese a livello bilaterale, così come in coordinamento con gli altri Stati membri dell'Unione europea direttamente interessati e con la Presidenza europea di turno, a rappresentare alle autorità irlandesi contrarietà al provvedimento e a chiedere una modifica delle modalità logistiche della quarantena.
In aggiunta, l'ambasciata a Dublino ha tempestivamente promosso un dialogo diretto tra le autorità sanitarie di Italia e Irlanda, al fine di chiarire le modalità applicative dei criteri per l'inclusione nell'elenco e mettere a confronto i rispettivi dati epidemiologici sottolineando il progressivo miglioramento della situazione epidemiologica in Italia e i progressi del piano vaccinale nel nostro Paese.
Gli sforzi messi in atto si sono appunto concretizzati l'8 maggio 2021 con la rimozione delle misure restrittive a carico dell'Italia. A partire da allora era venuto meno l'obbligo per i viaggiatori provenienti dal nostro Paese di sottoporsi alla quarantena obbligatoria presso una struttura alberghiera designata. Le persone provenienti dall'Italia e dagli altri Paesi non inclusi nella lista dovevano sottoporsi a quarantena domiciliare obbligatoria di 14 giorni (da effettuare presso l'indirizzo indicato nel modulo di localizzazione dei passeggeri da compilare prima dell'arrivo), esibendo un risultato negativo di un tampone effettuato non più di 72 ore prima dell'arrivo.
A dimostrazione della prudenza che caratterizza l'atteggiamento dell'Irlanda di fronte alla pandemia, le autorità irlandesi hanno posticipato al 19 luglio l'applicazione del green pass europeo. Pertanto a partire dal 19 luglio, in coerenza con la normativa europea, i titolari di green pass non saranno più sottoposti alla quarantena domiciliare obbligatoria.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.
VARCHI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
la vicenda della baraccopoli di Cassibile Fontane Bianche, quartiere alla periferia sud di Siracusa, è una storia di grande disattenzione istituzionale, che affonda le sue radici in almeno 20 anni e che, in questo periodo di emergenza sanitaria, rischiava di esplodere;
è di pochi giorni fa, infatti, la notizia dell'inizio delle operazioni di sgombero della storica baraccopoli abusiva, nella quale vivevano in condizioni disumane, con carenze igienico-sanitarie, centinaia di immigrati clandestini e non, braccianti agricoli impiegati negli appezzamenti di terreno della zona;
nonostante la positiva, notizia, attesa da troppo tempo, numerosi rimangono i dubbi e le problematiche inerenti alla discutibile gestione del campo, che da sempre vedeva contrapporsi quanti invocavano il diritto all'accoglienza ad ogni costo e quanti, invece, tacciati ingiustamente di «razzismo», chiedevano la condanna di ogni forma di degrado e illegalità;
in particolare, con decreto prot. n. 0000664 del 21 gennaio 2019, il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, autorità responsabile del fondo asilo, migrazione e integrazione (Fami) 2014-2020 adottava l'avviso pubblico per la presentazione di progetti da finanziare nell'ambito della promozione di una gestione integrata dei flussi migratori;
il comune di Siracusa partecipava al bando Fami con il progetto «Comune dei Popoli», aggiudicandosi il 19° posto, a fronte dei 117 progetti presentati, unica città siciliana fra i 28 territori finanziati;
il finanziamento di 460.129,45 euro del Ministero dell'interno, da utilizzare in due anni, permetterà l'avvio di un ufficio dedicato ai cittadini stranieri, con la duplice finalità di facilitare il loro accesso ai servizi pubblici e al contempo di lavorare con questi ultimi sotto il profilo formativo per qualificare, potenziare e rendere accessibile la loro offerta ai cittadini stranieri;
per l'attuazione delle singole azioni, il comune di Siracusa, capofila del progetto, sarà coadiuvato da un partenariato, selezionato attraverso un bando pubblico, composto da associazioni di categoria, sia pubbliche che private, tra cui, in particolare, AccoglieRete Onlus e Arci Siracusa;
vicepresidente di accoglieRete è Rita Gentile, assessore alle Politiche per l'innovazione, l'economia solidale ed il dialogo interculturale, proprio del comune di Siracusa; mentre presidente di Arci Siracusa è Simona Cascio, ex consigliera comunale;
proprio i due enti partner, con bando del 24 aprile 2020 in piena fase di lockdown, hanno avviato una procedura di selezione per il reclutamento di 5 figure professionali «necessarie alla realizzazione delle attività di propria competenza nell'ambito del progetto “Comune dei Popoli”» –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità degli stessi, quali urgenti iniziative, per quanto di competenza intenda assumere, in relazione a quanto esposto in premessa, in ordina alla gestione del citato finanziamento pubblico statale.
(4-06634)
Risposta. — In relazione alle questioni poste dall'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
L'interrogante richiama due questioni diverse sebbene reciprocamente collegate, e cioè quella della baraccopoli di Cassibile, periferia sud di Siracusa, e quella della gestione del finanziamento pubblico statale collegato al bando del Fondo asilo migrazione e integrazione (FAMI), per la presentazione di progetti da finanziare nell'ambito della promozione di una gestione integrata dei flussi migratori, cui il comune di Siracusa ha partecipato con il progetto denominato «Comune dei Popoli».
Circa quest'ultimo aspetto si rappresenta che, il Comune di Siracusa capofila del citato progetto «Comune dei Popoli» sulla base di quanto previsto dalla regolamentazione del fondo FAMI, ha selezionato quali partner privati le associazioni Arci Siracusa e AccoglieRete, cui si fa riferimento nell'atto di sindacato ispettivo, tramite avviso pubblico di coprogettazione che imponeva al Comune stesso di verificare le situazioni di eventuale incompatibilità dei singoli partner.
In relazione a tale verifica, secondo quanto riferito dal comune di Siracusa, la dottoressa Rita Gentile, all'epoca consigliere comunale, si è dimessa dal consiglio direttivo dell'associazione AccoglieRete prima della partecipazione dell'associazione all'avviso pubblico del comune di Siracusa mentre, con riferimento alla dottoressa Simona Cascio, è stato evidenziato come la stessa, che all'epoca della presentazione del progetto ricopriva la carica di presidente della associazione ARCI, abbia rassegnato le sue dimissioni dalla carica a seguito della nomina a consigliere comunale in data 29 luglio 2019.
Quanto poi al reclutamento da parte dei due partner del progetto FAMI in esame di 5 professionisti esterni, tale facoltà è prevista dalla convenzione di sovvenzione (in base alla quale i partner di progetto sono centri di spesa), a condizione che vengano rispettate le prescrizioni della convenzione stessa e della manualistica FAMI in materia di contrattualizzazione di professionisti.
Avuto riguardo all'altro tema toccato nell'atto di sindacato ispettivo relativo alla cosiddetta «baraccopoli di Cassibile», si evidenzia che in relazione ai temporanei e precari agglomerati nell'area di Cassibile connessi al lavoro stagionale in agricoltura, vi è la costante attenzione della prefettura di Siracusa la quale ha da tempo instaurato apposite interlocuzioni non solo con il comune interessato ma, altresì, con l'assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e del lavoro, il quale ha incluso il progetto volto alla realizzazione a Cassibile di un campo attrezzato (in alternativa a quello spontaneo attuale) nella richiesta di finanziamento al PON legalità 2014-2020 di un complesso di interventi da realizzare in diversi contesti territoriali per l'accoglienza di lavoratori stagionali in agricoltura.
Sulla tematica in questione va altresì rammentato che la prefettura di Siracusa, ha consegnato, nel maggio 2019, all'Amministrazione comunale di Siracusa, a titolo di comodato gratuito, 17 unità abitative composte da moduli prefabbricati proprio allo scopo di pervenire ad una soluzione alloggiativa in grado di garantire una sistemazione dignitosa dei lavoratori stagionali.
In tale direzione la prefettura di Siracusa, il 9 ottobre 2020 ha sottoscritto una convenzione con l'Amministrazione comunale, grazie alla quale il comune potrà collocare in via definitiva le predette unità abitative concesse in comodato, realizzando un sito regolare che accolga i lavoratori stagionali.
Nonostante l'impegno profuso dalla prefettura per accelerare la realizzazione del predetto insediamento, va rilevato che nelle scorse settimane si è nuovamente registrata l'occupazione abusiva di fabbricati in stato di abbandono siti nella frazione di Cassibile.
La questione è stata esaminata in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica ove si è concordato di procedere allo sgombero dell'area occupata abusivamente.
Nel corso delle operazioni, svoltesi senza particolari criticità il 5 marzo 2020, sono stati eseguiti interventi volti alla bonifica dei fabbricati pericolanti utilizzati quali sistemazioni estemporanee dei migranti, per due dei quali sono stati adottati provvedimenti di espulsione.
Nel contempo, per prevenire eventuali situazioni di criticità legate all'afflusso della manodopera stagionale, è stata prevista l'istituzione di un presidio fisso di Polizia provinciale e locale di Siracusa, in aggiunta alla vigilanza già fornita dalle Forze di Polizia.
Si rappresenta, infine, che la locale prefettura opera una continua opera di sensibilizzazione degli amministratori locali affinché ai lavoratori stagionali sia garantita una sistemazione alloggiativa che soddisfi i parametri normativi vigenti.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.
ZANETTIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
l'Unione italiana tiro a segno (UITS) è stata commissariata con decreto 2 ottobre 2017 del Ministro della difesa;
nel decreto è stato nominato commissario straordinario l'avvocato Francesco Soro, fino alla nomina del nuovo presidente e comunque non oltre la durata di un anno;
l'anno è decorso senza che siano state indette le elezioni del nuovo presidente;
varie fonti di stampa segnalano che il sottosegretario con delega allo sport Giorgetti ha in data 9 agosto 2018 sollecitato il Coni a dare corso alle elezioni delle Federazioni sportive commissariate –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda attivare, ferma restando l'autonomia dell'ordinamento sportivo, affinché siano indette con la massima urgenza le procedure finalizzate all'elezione del presidente dell'Unione italiana tiro a segno (UITS).
(4-09592)
Risposta. — L'Unione italiana tiro a segno (UITS) è ente pubblico sottoposto alla vigilanza della Difesa, ai sensi dell'articolo 20 del Codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e dell'articolo 59 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90.
L'ente UITS è, altresì, federazione sportiva nazionale, ai sensi e agli effetti del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242.
Attualmente l'incarico di commissario straordinario dell'Unione italiana tiro a segno è rivestito dal colonnello Igino Rugiero, nominato il 4 novembre 2019 con decreto del Ministro della difesa a seguito della scadenza del mandato del precedente commissario, avvocato Francesco Soro, intervenuta il 22 ottobre 2019.
Quest'ultimo, che era stato nominato con decreto del Ministro della difesa il 2 ottobre 2017 per un periodo massimo di un anno, veniva confermato nella carica di Commissario, con decreto 22 ottobre 2018, in ragione delle indicazioni fornite, dal presidente del Comitato olimpico nazionale italiano, nonché della rappresentata necessità di provvedere alla modifica dello statuto dell'UITS a seguito del mutamento dei principi fondamentali degli statuti delle Federazioni sportive nazionali e delle discipline associate, deliberato dal Consiglio nazionale del CONI, in data 4 novembre 2018 e approvato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – ufficio per lo sport – in data 14 settembre 2018.
Con riferimento, invece, al merito del quesito posto sulle iniziative da parte del Governo «affinché si svolgano con la massima urgenza le procedure finalizzate all'elezione del presidente dell'Unione italiana tiro a segno», si rappresenta che l'11 novembre 2020 è stata effettuata la prevista concertazione con il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) e con il CONI, finalizzata all'esame delle citate modifiche dello statuto dell'UITS.
Per gli aspetti di più diretta competenza, il Dicastero ha posto in essere ogni possibile iniziativa per consentire che tale provvedimento venisse adottato nel più breve tempo possibile, consentendo così al commissario straordinario di indire l'assemblea nazionale dell'UITS per l'elezione del presidente dell'ente, per il quadriennio olimpico 2021-2024, così come previsto dall'articolo 12, comma 6, dello statuto dell'ente.
Al riguardo, si rende noto che a seguito dell'approvazione del nuovo statuto dell'UITS, avvenuta con decreto del Ministro della difesa di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze in data 8 marzo 2021, il commissario straordinario ha convocato l'assemblea nazionale per l'elezione del Presidente e dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo, che si terrà in data 2 e 3 luglio 2021.
Il Ministro della difesa: Lorenzo Guerini.
ZOFFILI, ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BILLI, BISA, BITONCI, CECCHETTI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PAOLIN, PATERNOSTER, PICCHI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, SNIDER, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
nella notte tra il 25 e il 26 aprile 2021, Christian Carlassare, vescovo italiano della diocesi di Rumbek, città a maggioranza dinka, una delle etnie più numerose del Sud Sudan, è stato ferito in un agguato con colpi d'arma da fuoco da due persone che gli hanno sparato alle gambe;
il missionario di 43 anni si trova ora, fuori pericolo, in ospedale a Nairobi, dove è sottoposto a trasfusioni;
il padre comboniano vicentino Carlassare era arrivato nella diocesi il 16 aprile 2021, dopo aver lavorato per quindici anni in altri luoghi del Sud Sudan dove la maggior parte della popolazione appartiene alla tribù nuer;
Carlassare è stato nominato vescovo l'8 marzo 2021 e la sua ordinazione è prevista per il prossimo 23 maggio;
la sede della diocesi di Rumbek era scoperta dal 2011, anno in cui è morto il vescovo che reggeva la diocesi e anno in cui il Sud Sudan è diventato indipendente da Khartoum;
il Paese è stato a lungo logorato da una guerra civile, scoppiata nel 2013, che ha provocato quattrocentomila morti e quattro milioni di sfollati e ha visto contrapposte per lungo tempo le forze governative del presidente Kiir, di etnia dinka, e quelle dell'ex vicepresidente Machar, di etnia nuer: il processo di pace, che ha portato agli accordi del 2018, è stato sempre sostenuto dalla Chiese cristiane –:
di quali informazioni disponga il Governo in merito agli avvenimenti riportati in premessa e quali iniziative si intendano intraprendere per garantire un livello maggiore di sicurezza e protezione per i nostri connazionali all'estero ed, in particolare, per fare luce sulle circostanze che hanno determinato l'agguato al giovane vescovo italiano Christian Carlassare.
(4-09147)
Risposta. — Padre Christian Carlassare, nato a Schio (Vicenza) il 1° ottobre 1977 e nominato vescovo della diocesi di Rumbek in Sud Sudan l'8 marzo 2021, è stato ferito alle gambe il 25 aprile scorso da parte di persone appartenenti a gruppi armati locali.
Il sacerdote è stato immediatamente operato e trasportato prima a Juba e poi a Nairobi tramite un volo dell'African medical and Research foundation (Amref). La nostra Ambasciata ad Addis Abeba, competente anche per il sud Sudan, ha assistito padre Carlassare tramite il console onorario a Juba. Successivamente all'arrivo in ospedale a Nairobi, è stata l'Ambasciata d'Italia a Nairobi a fornirgli assistenza. In Kenya padre Carlassare è stato visitato anche dal medico di fiducia dell'Ambasciata, il quale ha verificato il progressivo miglioramento del quadro clinico e delle sue condizioni psico-fisiche. Attualmente padre Carlassare non risulta ancora rientrato in Sud Sudan, per quanto abbia più volte dichiarato di volervi fare ritorno.
L'Ambasciata d'Italia ad Addis Abeba segue, anche per il tramite del console onorario a Juba, le indagini in corso a livello locale, che hanno finora portato all'arresto di alcune persone accusate dell'aggressione.
A tutela della sicurezza degli italiani in sud Sudan, la nostra Ambasciata ad Addis Abeba aggiorna costantemente le indicazioni riportate sul portale istituzionale «Viaggiare Sicuri» del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e, nello specifico, sconsiglia di recarsi in sud Sudan in ragione di una situazione di sicurezza precaria, caratterizzata dalla presenza di gruppi armati non regolari al di fuori dei centri urbani e di un esponenziale aumento della criminalità.
In generale l'unità di crisi della Farnesina, in raccordo con la Sede diplomatica di riferimento, in caso di necessità pubblica avvisi in evidenza relativi alla situazione di sicurezza e invia comunicazioni specifiche, tramite sms o notifica «push», ai viaggiatori registrati sul portale istituzionale «Dove siamo nel mondo» e a coloro che abbiano scaricato l'applicazione per dispositivi mobili «Unità di Crisi». L'obiettivo è quello di fornire aggiornamenti puntuali sull'evoluzione di possibili situazioni critiche in tempo reale, anche quando i connazionali si trovino già all'estero.
Al fine di promuovere la cultura della sicurezza, in particolare a favore di coloro che operano nel settore della cooperazione allo sviluppo, particolarmente esposti per la natura dell'attività svolta all'estero e dei luoghi di impiego, nel 2015 l'unità di crisi ha promosso e sottoscritto un protocollo di sicurezza con le principali Organizzazioni della società civile (OSC) quali Aoi, Cini e Link2007.
In base a tale protocollo le Osc si impegnano ad adottare un proprio piano di emergenza, a istituire la figura del responsabile per la sicurezza, a formare adeguatamente gli operatori da inviare all'estero e ad iscrivere il proprio personale in missione sul portale istituzionale «Dove siamo nel mondo», in modo che i dati del viaggio siano condivisi in tempo reale con l'unità di crisi. Il protocollo raccomanda anche un contatto iniziale e un raccordo costante con la rete diplomatico-consolare italiana nel luogo di destinazione.
Nella cornice di questo protocollo, l'unità di crisi della Farnesina mantiene contatti regolari con i responsabili della sicurezza delle principali Osc e organizza incontri di formazione, prima della partenza, per gli operatori che si recano all'estero per attività di cooperazione per conto della Cooperazione italiana.
Nella seconda metà del 2020 è stata avviata ed è tuttora in corso una revisione del protocollo, promossa d'intesa con l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, allo scopo di aggiornarne i contenuti e ampliare la platea dei destinatari, coinvolgendo il maggior numero possibile di operatori del settore.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.