Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 22 settembre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    in virtù delle disposizioni del decreto-legge n. 34 del 2020, novellando l'articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020, si è provveduto alla costituzione di una nuova società di trasporto aereo, controllata direttamente dallo Stato. Successivamente il decreto-legge n. 104 del 2020 ha precisato che l'esercizio dell'attività da parte della stessa è subordinato alle valutazioni della Commissione europea. L'effettiva costituzione della nuova società (denominata Italia trasporto aereo – Ita spa) si è realizzata con il decreto ministeriale del 9 ottobre 2020, registrato alla Corte dei conti il 30 ottobre 2020;

    a seguito della costituzione della società è stato predisposto e sottoposto alla valutazione delle Commissioni parlamentari competenti il Piano industriale di Ita sul quale la IX Commissione (Trasporti) ha votato, dopo un ampio approfondimento, il proprio parere il 17 marzo 2021;

    a seguito della decisione finale della Commissione europea, è stato predisposto un aggiornamento dell'originario piano industriale di Ita, aggiornamento che per tratti generali è stato presentato dagli amministratori di Ita durante l'audizione del 21 settembre 2021 presso le Commissioni IX e XI;

    sulla base dei dati resi noti, la nuova società Ita procederà nell'immediato all'assunzione di 2.800 lavoratori, rispetto al totale dei 10.500 dipendenti di Alitalia, per arrivare progressivamente ad assorbire complessivamente, entro il 2025, 5.700 lavoratori;

    è di tutta evidenza che un processo di tale complessità e delicatezza sul piano sociale ed occupazionale necessiti di interventi di accompagnamento, per tutta la durata del piano industriale, che sostengano i redditi dei lavoratori di Alitalia che non dovessero trovare ricollocazione entro la suddetta data del 2025;

    l'applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro è condizione necessaria ad evitare dumping salariale e costituirebbe un grave precedente la disapplicazione di tale strumento da parte di un'azienda controllata dallo Stato;

    l'articolo 203 del decreto-legge 9 maggio 2020, n. 34, al comma 1 ha disposto che: «I vettori aerei e le imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano e che sono assoggettati a concessioni, autorizzazioni o certificazioni previste dalla normativa Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) o dalla normativa nazionale nonché alla vigilanza dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) secondo le vigenti disposizioni, applicano ai propri dipendenti, con base di servizio in Italia ai sensi del regolamento (UE) n. 965/2012 della Commissione, del 5 ottobre 2012, trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal Contratto Collettivo Nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale», dando così una chiara indicazione della volontà del legislatore di individuare il Contratto collettivo nazionale di settore come strumento essenziale per garantire i diritti dei lavoratori e per evitare pratiche scorrette di dumping salariale e fiscale; in tal modo il legislatore ha sostanzialmente riprodotto per il settore aeroportuale la disciplina vigente da vent'anni nel settore portuale;

    Ita ha sicuramente la necessità di ottenere condizioni di grande flessibilità nella fase di start up delle proprie attività, ma questo va ottenuto con accordi sindacali nel rispetto dell'impianto normativo oggi vigente. Inoltre l'articolo 2112 del Codice civile stabilisce che: «In caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.» e che: «Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.» Pertanto, l'alienazione da parte di Alitalia ad Ita di singoli beni comunque costitutivi di articolazione funzionalmente autonoma delle attività di aviation rientra nel campo di applicazione del richiamato articolo del Codice civile, nonostante l'intervento contenuto nell'articolo 7, comma 2, del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, in corso di conversione;

    al tempo stesso, va ricordato che l'ultimo rinnovo contrattuale per i dipendenti di Alitalia risale al 2014 e che da diversi anni le retribuzioni sono oramai livellate a quelle delle compagnie comparabili;

    in data 24 agosto 2021 la nuova società Ita ha affidato alla società Covisian la gestione del servizio clienti, non prevedendo alcun vincolo occupazionale e retributivo per i 621 lavoratori operanti tra Palermo e Rende che da oltre vent'anni gestiscono analogo servizio di Alitalia per il tramite della società Alriaviva. Al tavolo istituzionale richiesto dalle organizzazioni sindacali e convocato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stata proposta da Covisian l'assunzione di 100 Full Time Equivalent FTE, senza alcuna garanzia su livelli retributivi e scatti d'anzianità;

    serve certezza per le migliaia di lavoratrici e lavoratori coinvolti, a partire dal pagamento degli stipendi e della cassa integrazione e, soprattutto, per futuro di una compagnia che ha il potenziale per svolgere un ruolo di primo piano nel mercato europeo ed internazionale;

    l'Italia non può farsi trovare impreparata rispetto alla riapertura dei traffici aerei e il piano industriale deve essere coerente e all'altezza della sfida che attende un Paese come il nostro a spiccata vocazione turistica, anche alla luce delle grandi opportunità che si aprono con le risorse di Next generation EU per un disegno integrato di mobilità;

    appare urgente la convocazione di un tavolo nazionale in cui l'intero Governo si assuma la responsabilità politica del futuro della compagnia, assicurando chiarezza in merito al percorso di riassorbimento in Ita del personale, al prolungamento dell'ammortizzatore sociale per scongiurare il rischio esuberi, nonché il pieno e fedele rispetto delle norme del contratto nazionale;

    i dati resi noti dall'Enac relativi al traffico aereo nazionale nel 2020 certificano ufficialmente come quello italiano sia il mercato più liberalizzato dell'Unione europea. Se si analizzano le cifre emerge che soltanto il 35 per cento dei voli interni è a carico di Alitalia contro il 56 per cento complessivo delle compagnie low cost (Ryanair 32,5 per cento; Volotea 12,1 per cento e Easyjet 11,5 per cento), mentre, per quanto riguarda i collegamenti internazionali, Alitalia si ferma al 7,7 per cento. Emerge poi che i vettori italiani coprono una quota limitata al 19,9 per cento a fronte dell'oltre 70 per cento della quota in mano alle altre compagnie europee,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, al fine di assicurare, per tutta la durata del piano industriale di Ita, la tutela del reddito per lavoratori del settore aviation che restano in Alitalia, tenuto conto che a decorrere dal 23 settembre 2021, almeno 7.000 lavoratori saranno senza lavoro e senza cassa integrazione guadagni;

2) ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, per la piena tutela occupazionale dei 621 lavoratori del servizio clienti di Alitalia suddivisi tra Palermo e Rende, salvaguardando profili orari e livelli retributivi e tenendo conto dell'esperienza e della professionalità maturate in oltre vent'anni di attività nella gestione del sopracitato servizio;

3) ad adottare le opportune iniziative per assicurare la validità dei brevetti dei lavoratori, in modo da consentire loro di tornare a lavorare;

4) a garantire, in qualità di azionista, in coerenza con il Piano industriale sul quale le competenti Commissioni parlamentari hanno espresso parere favorevole, l'impegno della nuova società Ita a partecipare ai prossimi bandi di gara per l'assegnazione dei servizi nei settori dell'handling e della manutenzione;

5) a promuovere un tavolo istituzionale per la riapertura della trattativa tra Ita e le organizzazioni sindacali, che consenta il ripristino di ordinate relazioni sindacali, funzionali a facilitare l'attività di decollo della nuova compagnia;

6) a garantire, in qualità di azionista, che la società controllata Ita applichi il Contratto collettivo nazionale del trasporto aereo e che proceda all'assunzione del personale attingendo in via prioritaria dal bacino dei dipendenti del gruppo Alitalia in amministrazione straordinaria;

7) a far sì che siano rispettati con il massimo rigore la lettera e lo spirito del citato articolo 203, del decreto-legge 9 maggio 2020, n. 34 in materia di applicazione del Contratto collettivo nazionale del settore aereo stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, da parte di tutte le compagnie operanti nel nostro territorio;

8) a trasmettere tempestivamente al Parlamento i documenti ufficiali delle istituzioni nazionali e europee coinvolte nel procedimento di autorizzazione di Ita, a cominciare dalla decisione della Commissione europea di cui all'articolo 7, comma 2 del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121, necessari a consentire al Parlamento medesimo di svolgere la funzione prevista dall'articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020;

9) ad attivare un tavolo nazionale sul settore del trasporto aereo nel suo complesso, dove vengano affrontate tutte le crisi aziendali in atto.
(1-00515) «Gariglio, Luciano Cantone, Fassina, Fiano».


   La Camera,

   premesso che:

    con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 2 maggio 2017, l'Alitalia è stata posta in amministrazione straordinaria;

    con l'articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 è stata costituita una nuova società (ITA s.p.a.), cui l'amministrazione straordinaria dell'Alitalia avrebbe dovuto cedere diversi settori del compendio aziendale, previa predisposizione da parte di Ita di un piano industriale di sviluppo e di ampliamento dell'offerta da sottoporre all'approvazione sia delle Commissioni parlamentari competenti per settore che della direzione concorrenza della Commissione europea;

    il citato articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020 è stato poi modificato dall'articolo 202 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto rilancio), il quale ha stabilito che il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe contribuito con 3 miliardi di euro, da sottoscrivere nell'anno 2020, al capitale sociale. Il medesimo articolo 202 ha previsto anche compensazioni per gli operatori aerei per le perdite dovute al calo del traffico aereo in conseguenza della pandemia;

    secondo quanto stabilito dalle predette disposizioni, nella seduta del 17 marzo 2021 la IX Commissione della Camera dei deputati ha reso un parere favorevole sul piano industriale presentato da Ita nel dicembre 2020;

    senonché, medio tempore sono intervenuti diversi fattori che hanno costretto la dirigenza di Ita a modificare in modo significativo quel piano industriale;

    anzitutto la Commissione europea ha posto una serie di stringenti vincoli all'iniziativa di Ita, soprattutto nell'ottica di evitare di considerare la partecipazione pubblica come un surrettizio aggiramento delle disposizioni dei trattati europei in materia di aiuti di Stato;

    in primo luogo, l'apporto pubblico di capitale è stato ridotto ad un miliardo e 350 milioni di euro; in secondo luogo, la Commissione europea ha imposto una netta discontinuità aziendale, per cui tutti i comparti dell'Alitalia non sono trasferibili a Ita, e questa è costretta a considerare l'ipotesi di acquistarli in seguito a un bando di gara. Per conseguenza, l'unico trasferimento diretto autorizzato è stato nel settore del volo (aviation); in terzo luogo, le autorità europee hanno derogato per Ita alla regola, sinora osservata in tempo di pandemia, per cui gli slot aeroportuali assegnati si conservano anche in mancanza dell'operatività di volo, con conseguente pericolo di perdita degli slot solo per Ita;

    circa gli ulteriori mutamenti di contesto, rispetto al piano aziendale del dicembre 2020, occorre considerare che le operazioni di Ita partiranno in ritardo rispetto al piano, vale a dire dopo l'esaurimento della stagione estiva 2021 (solo il 15 ottobre 2021), così perdendosi un frangente temporale decisivo per il primo esercizio;

    inoltre si è registrato il notevole aumento del prezzo del carburante (da circa 400 euro a tonnellata agli odierni 650 euro a tonnellata);

    è forte la preoccupazione per il personale dell'Alitalia, visto il pericolo reale di non poter avere le adeguate garanzie occupazionali;

    alla luce di quanto esposto, Ita si trova sostanzialmente a operare come una start-up e deve essere sostenuta in questa difficile fase di avvio e di recupero delle quote di mercato già detenute dall'Alitalia, che potrà realizzarsi solamente in concomitanza con una robusta ripresa del traffico internazionale. A questo proposito è evidente che una piena sostenibilità economica per Ita si avrà solo con un'intensa operatività di lungo raggio;

    è necessario che Ita trovi tempestivamente un solido partner, giacché non può atteggiarsi a compagnia stand alone,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa di competenza nelle sedi dell'Unione europea per un'ulteriore valutazione e discussione, proprio in termini di concorrenza, in ordine ai vincoli operativi nei confronti di Ita, considerato in particolare che appare pregiudizievole la condizione di dover effettuare voli anche in carenza di domanda solo per non perdere gli slot, circostanza che determina un doppio spreco, economico e ambientale;

2) a porre speciale attenzione all'integrazione modale, in particolare alle connessioni ferroviarie degli aeroporti di Roma Fiumicino e Milano Linate;

3) a farsi promotore, in considerazione delle diffuse e legittime preoccupazioni circa il futuro del personale, di sedi di confronto tra la dirigenza aziendale e le rappresentanze sindacali dei lavoratori nella prospettiva di un ampliamento delle opportunità occupazionali e comunque della salvaguardia dei livelli di professionalità acquisiti;

4) circa i futuri bandi di gara per l'assegnazione dei rami dell'handling e della manutenzione, a garantire, in qualità di azionista, l'impegno formale, in coerenza con il Piano industriale, su cui hanno espresso parere favorevole le competenti Commissioni parlamentari, della nuova società Ita a parteciparvi, nonché – nell'attuazione dei poteri di indirizzo – ad assicurarsi che i commissari straordinari dell'Alitalia predispongano i bandi di cessione del compendio aziendale nel modo più adeguato possibile allo scopo della continuità produttiva.
(1-00516) «Nobili, Fregolent».


   La Camera,

   premesso che:

    dopo la crisi e il commissariamento della Società Alitalia s.p.a., il 15 ottobre 2021 è previsto il primo volo della nuova compagnia Ita (Italia trasporto aereo), la società di trasporto aereo inizialmente prevista dal decreto-legge n. 34 del 2019 che ha disciplinato le modalità per il superamento della crisi di Alitalia, autorizzando l'ingresso del Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale sociale di una nuova compagnia aerea e disponendo il trasferimento dei compendi aziendali oggetto delle procedure di amministrazione straordinaria;

    il decreto-legge n. 34 del 2020 ha previsto la possibilità per la nuova società di acquisire (anche tramite società controllate o collegate) rami d'azienda di società in amministrazione straordinaria e di subentrare a tali società nell'attuazione di contratti di servizio pubblico in materia di continuità territoriale, senza alcun esplicito riferimento alla società Alitalia; a norma del decreto 34 del 2020, la nuova società è stata costituita per «l'esercizio dell'attività d'impresa nel settore del trasporto aereo di persone»;

    le linee guida sul piano industriale della nuova società, presentate il 16 luglio 2021, delineano una società profittevole in uno scenario di ripresa della domanda di mercato e in netta discontinuità rispetto ad Alitalia; in termini di struttura, le linee guida configurano la nuova società come una holding operativa che gestirà direttamente il ramo volo, destinata a controllare due società specializzate da aprire a partnership con primari operatori per manutenzione e handling; nelle linee guida si prospettano anche potenziali sviluppi futuri verso attività collegate al ramo volo, quali i voli charter destinati al settore turistico e la valorizzazione del business cargo, in joint venture o partecipazioni di minoranza con operatori specializzati; Ita opererà rotte profittevoli e rotte di presidio e di federaggio, ossia rotte che perseguono l'obiettivo di presidiare mercati rilevanti e di connettere adeguatamente i clienti con altri voli;

    nel corso dell'audizione del 28 luglio 2021 del Governo presso le Commissioni riunite Trasporti e Attività produttive della Camera dei deputati, è emerso che Ita potrà partecipare alle gare bandite per il brand Alitalia, la manutenzione, l'handling e per le rotte di servizio pubblico, ma non potrà partecipare alla gara del programma di loyalty (MilleMiglia); Ita non potrà fornire il servizio per i biglietti prepagati emessi da Alitalia per il periodo successivo al 15 ottobre 2021; Ita acquisirà solo una parte degli slot Alitalia: ad esempio, Ita avrà 175 slot giornalieri su Linate, circa l'85 per cento di quelli di Alitalia, 178 su Fiumicino (il 43 per cento di Alitalia);

    quanto alla flotta, Ita ha una dotazione iniziale di 52 aerei di cui il 13 per cento circa adatti per il lungo raggio; si prevede, nel 2025, di raggiungere una flotta di 105 aerei (più 101 per cento) di cui circa il 22 per cento per il lungo raggio; l'obiettivo è di arrivare, nel 2025, con il 77 per cento della flotta formata da aerei di nuova generazione, che consentono di ridurre consumi ed impatto ambientale;

    quanto alle risorse umane, rispetto al totale dei 10.500 dipendenti di Alitalia, la nuova società prevede di assumere inizialmente 2.800 lavoratori, per arrivare progressivamente ad assorbire complessivamente, entro il 2025, 5.700 lavoratori,

impegna il Governo:

1) a monitorare costantemente la nuova società affinché si sviluppi secondo criteri più profittevoli, sostenibili e di mercato rispetto ad Alitalia, in coerenza con le linee guida del piano industriale aggiornato;

2) ad adottare iniziative, anche normative, per garantire la tutela del personale di Alitalia con adeguati ammortizzatori sociali, prevedendo, ove possibile, l'applicazione di politiche attive del lavoro con ricollocazione dei lavoratori, ovvero prepensionamenti del personale non assorbito da Ita;

3) a vigilare affinché sia assicurato un adeguato ed efficiente servizio sul territorio nazionale, in termini di tratte coperte, di frequenza dei voli, di tariffe, garantendo piena tutela dei diritti dei passeggeri;

4) ad adottare opportune iniziative per razionalizzare i costi operativi dei leasing degli aeromobili, garantendo l'espletamento di gare trasparenti e competitività tra «lessors»;

5) ad assumere ogni iniziativa di competenza, in coerenza con il piano industriale, per garantire la partecipazione della società Ita ai prossimi bandi di gara per l'assegnazione dell'asset cargo;

6) ad adottare opportune iniziative al fine di incentivare forme di trasporto sostenibile integrando un piano di intermodalitá ferroviaria e portuale con il piano industriale sul quale le competenti Commissioni parlamentari hanno espresso parere favorevole.
(1-00517) «Mugnai, Baldini, De Girolamo, Rospi, Ruffino, Marin, Berardini».

Risoluzioni in Commissione:


   La XI Commissione,

   premesso che:

    il trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato è disciplinato in linea generale dal decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 che prevede specifiche aliquote di calcolo, relative alla quota retributiva della pensione, differenziate tra il personale civile e quello militare, e più favorevoli per quest'ultima categoria di lavoratori;

    in particolare, l'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, prevede che «La pensione spettante al personale civile con l'anzianità di quindici anni di servizio effettivo è pari al 35 per cento della base pensionabile», mentre l'articolo 54 del medesimo decreto, prevede che «La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile»;

    allo stato, l'Inps, dopo una lunga querelle giudiziaria non ancora sopita, ritiene applicabile la maggiore aliquota prevista dall'articolo 54 esclusivamente al personale militare che si trova nelle condizioni previste dalla norma;

    tale determinazione, resa nota attraverso la circolare n. 107 del 14 luglio 2021, genera un'evidente disparità di trattamento tra il personale militare e il personale della polizia di Stato, della polizia penitenziaria e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che, nell'orientamento applicativo dell'Inps, è destinatario delle norme di calcolo previste invece per il personale civile di cui all'articolo 44;

    l'orientamento applicativo citato, che assimila il personale della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco al personale civile dello Stato, non tiene conto del fatto che i suddetti Corpi, pur essendo incardinati all'interno di Amministrazioni civili, sono disciplinati da ordinamenti speciali e non dalle norme generali applicabili al pubblico impiego in generale; questo in ragione dei particolari compiti d'istituto riguardanti la sicurezza e il soccorso pubblico, le peculiari condizioni d'impiego e le considerevoli limitazioni personali e lavorative cui è soggetto tale categoria di personale;

   in questo senso si pone la previsione di cui all'articolo 19 della legge n. 183 del 2010, in tema di specificità previdenziale e pensionistica riservata alle forze di polizia, forze armate e vigili del fuoco, che tra l'altro non opera alcun distinguo tra i diversi modelli ordinamentali tra le forze di polizia civili o militari, i vigili del fuoco e le forze armate, e che dispone, testualmente: «Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forte di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti»;

   invero, l'orientamento applicativo sostenuto dall'Inps sul tema in esame, si pone in contrasto con la specificità lavorativa di cui all'articolo 19, legge n. 183 del 2010, principio espresso dal legislatore per rimarcare la linea di divisione che esiste tra il personale destinatario della norma citata e il personale civile delle altre Amministrazioni statali e del pubblico impiego più in generale, proprio in ragione dei particolari compiti esercitati. Si consideri inoltre la peculiare caratteristica degli Ordinamenti che regolano il rapporto di lavoro del personale della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, tutti ricompresi nell'ambito del pubblico impiego non contrattualizzato per la peculiarità delle funzioni pubbliche esercitate nell'ambito di settori fondamentali per lo Stato;

   si osserva, altresì, che il personale dei corpi in questione, pur se interessato da un percorso di smilitarizzazione, di fatto e formalmente, non ha mai mutato le funzioni istituzionali, che sono rimaste pressoché identiche; è cambiata in sostanza la disciplina del rapporto di lavoro del personale, ma non sono cambiate le ragioni di fondo che richiedono un trattamento pensionistico più favorevole in termini di calcolo dell'assegno di pensione;

   ci si riferisce, in particolare, alla particolare usura subita durante il servizio, al limite ordinamentale di quiescenza più basso, ai frequenti infortuni e malattie professionali che determinano spesso l'uscita anticipata dal servizio, elementi questi che determinano una contrazione del livello dell'assegno pensionistico, recuperabile solo attraverso una più favorevole modalità di calcolo, nel caso di specie conseguibile attraverso il riconoscimento del diritto alla maggiore aliquota di cui all'articolo 54;

   tale situazione specifica, relativa all'applicazione dell'articolo 54 ai Corpi dello Stato in questione, dovrebbe assurgere a principio generale rispetto a tutto il personale dei comparti sicurezza difesa e soccorso pubblico, in particolare per tutti quei lavoratori interessati dal calcolo contributivo dell'assegno di pensione; i coefficienti di trasformazione del calcolo contributivo raggiungono, infatti, le soglie più elevate in corrispondenza di livelli di anzianità che non possono essere raggiunti dal personale dei comparti citati, a causa del limite ordinamentale di uscita dal servizio, questo in aggiunta alle uscite anticipate determinate dai casi d'infortunio e malattia professionale,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte ad estendere, senza margini d'incertezza, l'applicazione della disposizione di cui all'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973, al personale della polizia di Stato, della polizia penitenziaria e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre ad una rivalutazione complessiva dei parametri di calcolo dell'assegno pensionistico che tenga conto della specificità lavorativa ex articolo 19, della legge n. 183 del 2010 di tutto il personale del comparto sicurezza difesa e soccorso pubblico.
(7-00729) «Rizzetto, Prisco».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    l'Assemblea generale dell'Onu ha dichiarato il 2021 l'Anno internazionale della frutta e della verdura (Aifv). Tale decisione è stata presa dalle Nazioni Unite con l'obiettivo di aumentare la consapevolezza dei consumatori sui benefìci nutrizionali e per la salute legati al maggior consumo di frutta e verdura, come parte di una dieta diversificata e bilanciata e, al contempo, per «indirizzare l'attenzione politica alla riduzione delle perdite e degli sprechi di questi prodotti»;

    secondo le stime della Fao, nel 2018, nel mondo sono state prodotte 868 milioni di tonnellate di frutta e 1.089 milioni di tonnellate di verdura. Qualità non sufficienti a soddisfare il fabbisogno individuale, stimato dall'Oms a 400 grammi al giorno;

    la produzione di frutta e verdura (fresca e trasformata) rappresenta uno dei più importanti settori dell'agricoltura europea. La gran parte della frutta e verdura consumata ogni giorno proviene da Spagna, Italia, Polonia, Francia e Paesi Bassi;

    in Italia, nell'ultimo anno, il valore della produzione ortofrutticola è stato pari a 11,4 miliardi di euro, il 23,2 per cento del totale della ricchezza generata dall'intero settore primario. Quasi la metà grazie alla produzione di frutta;

    le norme comunitarie sulla commercializzazione di frutta e verdura hanno imposto caratteristiche standard ai prodotti: dimensioni, colorazione della buccia, qualità organolettiche, grado brix (la percentuale di zuccheri presenti); si tratta di parametri che non tengono conto dei tempi e della variabilità della natura e, soprattutto, delle ripercussioni della crisi climatica sull'intero comparto; anche se l'obiettivo dell'Unione europea è quello di coniugare la qualità dei prodotti ed una corretta commercializzazione, la standardizzazione attuale e lo schema regolamentare particolarmente rigido conseguente possono promuovere effetti controproducenti;

    il nuovo regolamento comunitario (regolamento delegato (UE)2019/428), nato a seguito delle valutazioni del gruppo di lavoro sulle norme di qualità dei prodotti agricoli istituito presso la Commissione economica delle Nazioni Unite per l'Europa (Unece); indica infatti, molto dettagliatamente, come un prodotto deve essere commercializzato. Oltre a escludere giustamente i prodotti non integri e con parassiti, sono presenti parametri rigidi, ad esempio, sulla colorazione della buccia o il calibro, ovvero il diametro del frutto; secondo i dati della Grande distribuzione organizzata, quasi il 90 per cento della frutta presente sugli scaffali è di «prima scelta» (categoria «Extra» e «I»). La seconda scelta trova invece uno Spazio residuale;

    tali dinamiche distributive, già penalizzanti per la frutta e la verdura coltivata tradizionalmente, sono ulteriormente restrittive per i prodotti biologici. La produzione biologica si differenzia, infatti, da quella ordinaria per l'utilizzo di un metodo di coltivazione che, a cominciare dalla esclusione dei pesticidi, impedisce e comunque ostacola profondamente la standardizzazione;

    lungo tutta la catena di produzione, distribuzione e consumo, lo spreco alimentare costa complessivamente circa l'1 per cento del Pil nazionale, con una stima che oscilla tra i 12 e i 16 miliardi di euro. In Italia, circa il 21 per cento dello spreco di frutta e verdura, secondo i dati Fao, avviene direttamente nei campi. Si tratta di alimenti che vengono scartati, lasciati sui terreni o utilizzati per fare compost, spesso a causa di imperfezioni, di mancata adesione agli standard che uniformano i prodotti a fini commerciali;

    quasi tutti i prodotti agricoli sono interessati da queste restrizioni. Per fare alcuni esempi, secondo il rapporto Ismea sulla competitività della filiera agrumicola in Italia, il 30 per cento degli agrumi che non trova sbocco nei mercati tradizionali finisce nell'industria di trasformazione, per farne succhi e olii essenziali. Nonostante i prodotti di seconda categoria non siano quindi esplicitamente sinonimo di qualità inferiore;

    le dinamiche legate alla commercializzazione di frutta e verdura hanno, come ulteriore ricaduta negativa, l'importazione di prodotti dall'estero (a cui ricorre la Grande distribuzione organizzata in mancanza della prima scelta di origine nazionale);

    facendo, alcuni esempi, dati forniti da Ismea, nella campagna 2019/2020 rivelano che le importazioni di arance sono aumentate del 17 per cento rispetto all'anno precedente, mentre le importazioni dei kiwi stanno aumentando esponenzialmente;

    appare quindi evidente che l'attuale regolamentazione europea, nata per favorire la commercializzazione di prodotti di qualità e aumentare la competitività dei mercati, si è trasformata in un boomerang, che garantisce sopravvivenza solo a quelle produzioni che riescono a assicurare un'alta percentuale di prodotti di prima scelta;

    in Europa sono state attuate molte campagne di sensibilizzazione, da parte di supermercati, associazioni e start-up contro lo spreco alimentare, promuovendo frutta e verdura «brutte»; campagne in questa direzione sono state incentivate in Francia, Spagna, Germania, Austria, Svizzera e Danimarca, ottenendo buoni risultati;

    anche nel nostro Paese sono state fatte alcune esperienze in questa direzione: nel 2020 NaturaSì ha lanciato con Legambiente un'iniziativa pilota mirata a ridurre lo spreco nei campi, Cosìpernatura, che propone un'ortofrutta non standardizzata ma buona e biologica. Sono state messe in vendita 795 tonnellate, con una riduzione del 50 per cento del prezzo rispetto ai prodotti standard;

    inoltre «Bella Dentro», start-up milanese fondata dai due giovani imprenditori raccoglie l'ortofrutta «brutta» dalle aziende agricole nazionali, a cui lascia decidere il prezzo di vendita. È la start-up a pagare i costi di spedizione dei prodotti, mentre il confezionamento (succhi, confetture e prodotti essiccati) è ad opera dell'Officina cooperativa sociale di Codogno, dove lavorano ragazzi autistici e con deficit cognitivi, che diventano così protagonisti di un circuito virtuoso. La frutta salvata viene venduta, oltre che per strada, anche a ristoranti e gruppi di acquisto solidale. Hanno di recente inaugurato un punto vendita a Milano, che sta incontrando un grande successo di pubblico;

    nell'Unione europea i consumatori hanno un elevato livello di consapevolezza sui temi della sicurezza degli alimenti, con particolare riferimento ai pesticidi, agli inquinanti ambientali e agli additivi alimentari (indagine speciale Eurobarometro, aprile 2019, «Food Safety in the UE»);

    le norme comunitarie appena citate sulla commercializzazione di frutta e verdura appaiono in palese contrapposizione con i contenuti e le finalità della strategia Farm to Fork della stessa Unione europea;

    la strategia Farm to Fork (F2F) è il piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell'ambiente. È la prima volta che l'Unione europea cerca di progettare una politica che proponga misure e obiettivi che coinvolgono l'intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, passando naturalmente per la distribuzione. L'obiettivo di fondo è rendere i sistemi alimentari europei più sostenibili di quanto lo siano oggi. Ogni Stato membro dell'Unione europea dovrà seguirla, adottando norme a livello nazionale che consentano di contribuire a raggiungere gli obiettivi stabiliti dell'Unione europea. I Paesi membri godranno di eventuali misure di sostegno aggiuntive nel corso dell'implementazione della strategia;

    tuttavia oggi, a dispetto delle apparenti buone intenzioni elencate nella strategia Farm to Fork, l'estetica e l'apparenza dei prodotti freschi, in particolare per la frutta, sono ancora gli unici criteri con cui viene commercializzato un prodotto;

   attualmente, a Bruxelles, è in corso una revisione delle norme di commercializzazione vigenti, che spesso ostacolano gli sforzi volti a rendere il sistema alimentare più efficiente e sostenibile, come indicato dalla Farm to Fork,

impegna il Governo:

   ad attivarsi concretamente adottando iniziative in sede europea affinché, nel pieno rispetto della qualità e di una corretta commercializzazione della frutta e della verdura, ma coerentemente con gli indirizzi comunitari della citata strategia Farm to Fork, vengano modificate alcune caratteristiche standard dei prodotti di frutta e verdura, con particolare riferimento a quelli provenienti da agricoltura biologica;

   ad adottare iniziative per incentivare le iniziative commerciali promosse dalla filiera, finalizzate alla vendita dei prodotti integri ma le cui caratteristiche standard non appartengano alla cosiddetta «prima scelta»;

   a realizzare campagne di informazione per promuovere modelli di consumo sostenibili, per contrastare lo spreco alimentare, finalizzate all'acquisto di prodotti agricoli integri ma non di «prima scelta».
(7-00728) «Cenni».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   LONGO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 4 gennaio 2021 le rispettive assemblee degli azionisti di Peugeot S.A. (Psa) e di Fiat Chrysler Automobiles (Fca) hanno approvato, in streaming, la fusione delle due aziende nelle rispettive assemblee straordinarie;

   prima della fusione, il 21 dicembre 2020, l'Antitrust dell'Unione europea ha dato ufficialmente il via libera alla fusione dei due gruppi;

   la Commissione europea ha dato ufficialmente il via libera alla fusione tra Fca e Psa subordinando questa al pieno rispetto di un pacchetto di impegni proposti dal nuovo gruppo alla Commissione, affinché si realizzino alcune condizioni che riguardano la diminuzione della condizione dominante in 9 stati dell'Unione europea circa il mercato dei piccoli veicoli commerciali leggeri;

   il Governo italiano, sia nei mesi che hanno preceduto la fusione, sia in quelli successivi, non ha espresso alcuna posizione in merito, nonostante il gruppo Fca conti circa 86.000 lavoratori in Italia;

   nello stabilimento Stellantis di Piedimonte San Gennaro lavorano oltre 2.500 persone, a cui bisogna aggiungere altre migliaia di lavoratori dell'indotto che insistono nel medesimo territorio;

   i lavoratori del sopracitato stabilimento sono costretti da mesi ad un regime di cassa integrazione, senza avere alcuna rassicurazione da parte dell'azienda sul loro futuro;

   il Viceministro allo sviluppo economico Gilberto Picchetto Fratin ha annunciato, in merito alla richiesta da parte di Stellantis di incontrare il Governo, che: «il management ci aveva chiesto di organizzare a inizio ottobre, ma è stato impossibile metter insieme il Ministro Orlando e il Ministro Giorgetti a causa di impegni elettorali di entrambi» –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, a tutela di tutti i lavoratori del gruppo Stellantis al fine di evitare che strategie di mercato, per nulla giustificate dal calo dei profitti, mettano a rischio il futuro di migliaia di lavoratori, delle loro famiglie e di un territorio già abbastanza depresso economicamente anche a causa della crisi provocata dal Covid-19;

   se non ritenga opportuno avviare urgentemente tutte le opportune iniziative, per predisporre un tavolo di lavoro tecnico, con i vertici del gruppo Stellantis, le organizzazioni sindacali e gli enti locali interessati, al fine di scongiurare qualsiasi licenziamento dei lavoratori degli stabilimenti allocati in Italia.
(4-10285)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, l'Australia ha reso noto di aver siglato un patto di natura militare con Stati Uniti e Gran Bretagna;

   il patto militare «Aukus» è stato siglato allo scopo di contenere l'espansionismo cinese zona indo-pacifica;

   nell'ambito di tale accordo, l'Australia ha cancellato una commessa dal valere di 56 miliardi di euro per l'acquisto di 12 sottomarini francesi da Naval Group, ma ne costruirà di propri, a propulsione nucleare, utilizzando la tecnologia statunitense e britannica;

   la Cina è senza dubbio una minaccia globale, poiché persegue politiche egemoni, sia nel campo commerciale attraverso pratiche non concorrenziali e massicci investimenti a favore di Stati in crisi, sia nel campo militare attraverso accordi bilaterali con Stati limitrofi che con il dispiegamento delle forze di mare per la difesa dei territori contesi;

   nel suo discorso sullo «State of the Union», Ursula Von der Leyen ha assunto toni duri nei confronti della Cina, annunciando un piano denominato «Global Gateway», per contrastare la cosiddetta «Via della Seta» sottoscritta anche dal Governo italiano, nonché un intervento legislativo per mettere al bando prodotti cinesi frutto dei lavori forzati degli internati come gli Uiguri e altri prigionieri di coscienza;

   la Francia non è nuova ad uno spiccato bilateralismo nel settore militare, conducendo operazioni a difesa dei propri interessi particolari che, di fatto, hanno costretto l'Unione europea a convergere verso le posizioni francesi;

   giova ricordare che è francese anche il fondamentale Commissario europeo al mercato interno, titolare del pesante portfolio sugli investimenti del Fondo europeo per la difesa (Edf), propedeutici alla formazione di una difesa comune europea e che tale proposta sarà lanciata nel corso della presidenza di turno francese;

   poiché il Governo francese ha dichiarato che la vicenda dei sottomarini avrà delle ripercussioni in ambito Nato, e poiché dall'Unione europea si sono alzate solo voci a difesa degli interessi francesi, appare necessario un chiarimento sulla strategia di politica estera che il Governo italiano intende promuovere, sia a livello bilaterale, sia nelle deputate sedi europee, per scongiurare il rischio che la difesa europea sia a trazione francese e rispondente esclusivamente ai relativi desiderata geopolitici e industriali –:

   quale sia la linea di politica estera del Governo italiano, sia a livello bilaterale, sia nelle sedi europee, per il settore indo-pacifico, alla luce del patto Aukus e del rinnovato espansionismo cinese.
(5-06724)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, BONOMO, BOLDRINI, CECCANTI, CARNEVALI, GRIBAUDO e LEPRI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della Consulta nazionale del servizio civile universale del 3 agosto il Capo dipartimento ha comunicato in modo generico che sarebbero state bloccate le partenze dei volontari avviati il 25 maggio e 24 giugno in 19 Paesi dove il Maeci esprimeva parere negativo sulle partenze, scelta poi ufficializzata con successiva pubblicazione il 13 agosto;

   il Dipartimento ha invitato gli enti a bloccare le partenze e a ricollocare i volontari in altri Paesi non presenti nella lista o a impegnarli in attività da remoto, entrambe soluzioni di complessa applicabilità per il servizio civile all'estero, anche perché il blocco interessa circa 350 volontari di progetti già avviati o da avviare il 16 settembre 2021;

   la comunicazione, non circostanziata, non sembra giustificata dal precipitare improvviso della situazione nei Paesi, al contrario in alcuni di questi si riscontra un miglioramento rispetto ad alcuni mesi fa;

   tra i Paesi nella lista, vi sono anche Paesi, come Kenya ed Ecuador, in cui nel 2020 nel pieno della pandemia, il Dipartimento ha autorizzato l'avvio e le partenze estere, chiedendo agli Enti di aggiornare la valutazione del rischio presente nei singoli contesti d'intervento e ai giovani di dichiarare la propria consapevolezza dei rischi presenti nel Paese d'invio;

   il 17 agosto il Maeci ha chiarito che il parere negativo «non corrisponde a uh divieto, bensì a un invito a assodandoli e volontari ad essere consapevoli della valutazione sulla sicurezza di un determinato Paese, onde organizzarsi di conseguenza» e che, in ogni caso, l'ultima decisione sull'opportunità dell'avvio nel paese estero spetta al Dipartimento;

   il 26 agosto il Dipartimento ha convocato un primo confronto con i richiedenti e il Maeci, in cui manifesta la disponibilità a una verifica periodica sulla situazione dei Paesi in questione;

   negli stessi Paesi bloccati per i volontari in servizio civile sono invece permessi viaggi di lavoro o di studio –:

   quali siano le ragioni che hanno portato al suddetto blocco, tenuto conto del miglioramento delle condizioni sanitarie e che la quasi totalità dei volontari sono ora vaccinati e se, dunque, non intenda adottare le iniziative di competenza per rivedere il richiamato blocco e riconoscere ai giovani in servizio civile all'estero, nell'attuale fase pandemica, uno status, speciale, per inserirti nella lista delle risorse umane, così come previsto con specifiche ordinanze del Ministero della salute, che autorizzano ad essere presenti nei Paesi extra Schengen anche lavoratori e studenti.
(5-06725)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il ponte aereo messo in atto dalle forze armate italiane, conclusosi a fine agosto 2021, ha permesso l'evacuazione di circa cinquemila cittadini afgani. Ciononostante, molti altri che facevano parte delle liste per l'evacuazione dei Paesi Nato, minacciati dal regime talebano, al momento si trovano impossibilitati a lasciare l'Afghanistan;

   la scia mediatica dei giorni successivi alla presa di Kabul sta scemando, eppure, a parere dell'interrogante, la situazione di queste persone deve essere oggetto di attenzione costante e provvedimenti adeguati;

   fra coloro che si trovano bloccati in Afghanistan figurano professionisti come giornalisti, sottoposti a torture e abusi ampiamente documentati, oltre a persone che hanno prestato supporto, a vario titolo, alla missione italiana nel Paese, in particolar modo nella zona di Herat;

   i timori legati a un possibile peggioramento della condizione delle donne afgane stanno purtroppo trovando conferma nelle iniziative intraprese dal nuovo Governo di Kabul, volte a limitarne le libertà in ambito lavorativo, educativo e sociale;

   come riporta l'Unicef, circa 10 milioni di bambini in Afghanistan si trovano in condizioni critiche;

   i Paesi confinanti con l'Afghanistan non si trovano nelle condizioni di far fronte, da soli, all'emergenza causata dai recenti sviluppi. Inoltre, delegare interamente la gestione dei flussi migratori in uscita dall'Afghanistan ai suddetti Stati non darebbe alcuna garanzia circa l'ottenimento di protezione umanitaria da parte di chi ne avrebbe diritto;

   l'unico strumento per portare in salvo gli uomini e le donne afgane che si trovano in pericolo è l'istituzione di corridoi umanitari gestiti dall'Unione europea da assicurare agli afgani la possibilità di richiedere e ottenere asilo legalmente e in sicurezza in Europa;

   l'assenza di corridoi d'ingresso legali alimenta meccanismi di sfruttamento e violazioni dei diritti fondamentali che caratterizzano le rotte illegali di immigrazione, come nel caso della cosiddetta «rotta balcanica», che già da anni viene intrapresa anche da cittadini afghani;

   il Ministro interrogato ha espresso l'importanza di istituire dei corridoi umanitari dall'Afghanistan, sottolineando tuttavia le problematiche legate alla loro creazione direttamente dal Paese a causa del regime talebano e quindi la necessità di trovare appoggio presso Paesi terzi e Ong –:

   quali iniziative urgenti di competenza intenda assumere il Ministro interrogato, affinché le persone che facevano parte delle liste per l'evacuazione dei Paesi Nato e che avrebbero diritto a raggiungere Paesi dell'Unione europea possano uscire dall'Afghanistan e ottenere un visto di ingresso per ragioni umanitarie.
(5-06726)

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo di «La Repubblica» del 13 settembre 2021, a firma di Floriana Bulfon, riporta il caso di centinaia di afgani che hanno collaborato con il nostro Paese e che, non riuscendo a fuggire dall'Afghanistan, invocano il soccorso dell'Italia. Si tratta di collaboratori e di agenti e dei loro familiari che hanno combattuto con i nostri soldati e lavorato per le nostre sedi diplomatiche;

   nell'articolo di Bulfon vengono citati casi di famiglie che denunciano la difficoltà di contattare la Farnesina e i nostri uffici diplomatici, e che vorrebbero avere aggiornamenti dei propri cari e delle persone bloccati ancora a Kabul –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda adottare affinché vengano protetti tutti i collaboratori e le loro famiglie che hanno lavorato e aiutato le nostre ambasciate, garantendo il successo delle nostre azioni diplomatiche e delle operazioni militari durante gli anni di permanenza dell'Italia in Afghanistan.
(4-10284)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza stanzia circa 2 miliardi di euro per la costituzione del polo strategico nazionale per il cloud (Psn), volto alla conservazione unificata dei dati della pubblica amministrazione;

   in data 7 settembre 2021 il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, avrebbe confermato la volontà governativa di ricorrere al partenariato pubblico-privato per affidare la realizzazione della piattaforma tecnologica. Tale scelta, implicando la necessità di coinvolgere almeno una società sottoposta a controllo, vigilanza e monitoraggio pubblico, garantirebbe allo Stato una compartecipazione diretta nella gestione di un asset strategico;

   in merito alle procedure di selezione, lo stesso Ministro Colao in una intervista avrebbe confermato che il criterio di scelta sarebbe ricaduto «su chi ha le competenze per farlo». Tuttavia, in data 16 settembre 2021, il Fatto quotidiano ha pubblicato un articolo nel quale emergerebbero degli inquietanti retroscena in merito alla estromissione di un partenariato al bando governativo. In particolare, l'articolo fa riferimento alla volontà del Governo di «far prevalere solo una cordata: quella formata da Cassa Depositi e Prestiti in asse con TIM, con la partecipazione di Sogei, Leonardo e l'ex Fimmeccanica»;

   tale volontà, secondo lo stesso articolo si sarebbe manifestata tramite una chiamata diretta dal gabinetto del Ministro dell'economia e delle finanze Daniele Franco e indirizzata all'Istituto Poligrafico dello Stato, volta a bloccare la presentazione del partenariato che la Zecca stava concludendo con il partner privato Fastweb Spa. Successivamente a questa telefonata, il Poligrafico di Stato avrebbe rinunciato alla partecipazione, determinando quindi la rinuncia al bando governativo in cooperazione con Fastweb;

   l'eventuale accertamento dei fatti sopra esposti potrebbe far emergere una condotta illecita da parte del gabinetto del Ministro nell'iter di partecipazione al bando pubblico, nonché un comportamento lesivo della concorrenza di mercato ed è necessario garantire la piena trasparenza governativa sulla questione –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda adottare per favorire la più ampia partecipazione di soggetti pubblici e privati ad un bando di rilevanza strategica, nonché per favorire la selezione della migliore offerta presentata.
(2-01334) «Raduzzi, Sodano, Forciniti, Fioramonti, Trano, Colletti, Corda, Giuliodori, Maniero, Cunial, Vallascas, Vianello, Cecconi, Piera Aiello, Costanzo, Leda Volpi, Cabras, Sapia, Villarosa, Paxia, Benedetti, Suriano, Sarli, Ehm, Romaniello, Menga, Siragusa, Termini, Spessotto, Aprile».

Interrogazione a risposta scritta:


   BUTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Campione d'Italia è socio unico della Casinò di Campione s.p.a., alla quale il decreto-legge n. 174 del 2012 riserva in via esclusiva la gestione della locale casa da gioco;

   la predetta società è stata recentemente ammessa a procedura di concordato preventivo in continuità, ai sensi della legge fallimentare, dopo che il tribunale di Como ne ha annullato il fallimento;

   in base alle disposizioni del citato decreto-legge, i rapporti tra la società di gestione e l'amministrazione comunale debbono essere regolati da un'apposita convenzione, e quella già in passato stipulata dev'essere ora revisionata e rinegoziata, in particolare per armonizzarla con le specificità della gestione d'impresa concordataria;

   la medesima società è titolare sino al 2041, del diritto d'usufrutto sullo stabile di proprietà comunale in cui è esercitata l'attività della casa da gioco, e deve corrispondere, annualmente, all'amministrazione comunale, un contributo in denaro di elevato importo;

   è attualmente pendente al tribunale penale di Como un procedimento riguardante atti gestionali della società compiuti sia da pregressi amministratori della stessa, sia da titolari di cariche comunali;

   in questo procedimento sono prospettati dalla pubblica accusa degli addebiti molto gravi, la cui non manifesta infondatezza è stata recepita in un recentissimo decreto di rinvio a giudizio del giudice per le indagini preliminari di Como: in particolare, essi consistono in fatti d'abuso d'ufficio (articolo 323 c.p.), falsità materiale (articolo 476 c.p.), falsità ideologica (articolo 479 e 483 c.p.) e false comunicazioni sociali (articolo 2621 c.c.);

   taluni fra questi addebiti gravano sulla segretaria generale in carica del comune di Campione Italia, dottoressa Lucia Amato, che avrebbe emesso false attestazioni nella contabilità comunale, alterato voci di bilancio di detto ente e certificato falsamente il carattere gratuito della cessione di un immobile comunale, fatti per i quali il tribunale penale di Como procederà in giudizio nella primavera del 2022;

   fino ad allora, tuttavia, l'amministrazione comunale dovrà assumere molti e delicati atti amministrativi connessi all'esecuzione del concordato in continuità a cui la società è stata ammessa, e la dottoressa Amato continua a rivestire un ruolo chiave nella vicenda, in quanto titolare di funzioni di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi comunali in ordine alla conformità legale e regolamentare dell'attività amministrativa;

   appare davvero arduo conciliare la circostanza che la dottoressa Amato continuerà a ricoprire questo importante e delicato ruolo col fatto che essa è, nel contempo, chiamata a rispondere in un giudizio penale per pregressi comportamenti appartenenti allo stesso ambito, i cui effetti pregiudizievoli per la finanza della società e quella dell'ente pubblico, per di più, debbono esser rimediati dalle nuove determinazioni in materia;

   i rapporti giuridico-patrimoniali tra la società di gestione e l'amministrazione comunale sono importanti e molto delicati, posto che quest'ultima esercita sulla prima una notevole influenza, in quanto socio unico titolare di poteri di direzione e coordinamento, e la permanenza nel suo ruolo della dottoressa Amato prospetta un gravissimo conflitto d'interessi a causa delle funzioni di collaborazione e di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi comunali quanto al rapporto con la società di gestione, che dovrebbero esserle preclusi, se non altro a fine di tutela del buon andamento dell'attività amministrativa comunale –:

   se il Governo intenda assumere, o siano già state assunte iniziative, per quanto di competenza, in relazione a quanto esposto in premessa, in particolare per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'ispettorato per la funzione pubblica, alla luce dell'esigenza di assicurare il buon andamento dell'attività amministrativa e la tutela della finanza pubblica.
(4-10290)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:


   BAZOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il rapporto Antigone sul primi 6 mesi del 2021 ha indicato il carcere bresciano Nerio Fischione, Canton Mombello, tra i 5 più sovraffollati d'Italia, con 378 detenuti al 30 giugno (ora sono 357) a fronte di 189 posti;

   si tratta di un penitenziario vetusto, collocato nel centro della città, perennemente sovraffollato e, nonostante gli sforzi profusi dall'amministrazione penitenziaria, dalle associazioni di volontariato, e dagli enti locali, oramai strutturalmente inidoneo a garantire una minima dignità ai detenuti ivi reclusi;

   si attende, infatti, da anni, la realizzazione della nuova infrastruttura: con decreto interministeriale giustizia del 10 ottobre 2014 veniva individuato un intervento di realizzazione di una infrastruttura carceraria in Lombardia, per un importo fissato in euro 15.563.185,23;

   venivano dunque avviati dai competenti Ministeri incontri di verifica con i responsabili dell'amministrazione penitenziaria e quelli della struttura carceraria interessata, attraverso i quali si evidenziavano gli obiettivi da raggiungere e le problematiche connesse alla programmazione degli interventi edilizi;

   unitamente all'ampliamento della struttura carceraria fino a 400 posti, gli interventi avrebbero dovuto riguardare anche la realizzazione di una nuova casermetta per gli agenti, e l'ampliamento dei servizi connessi al funzionamento della struttura, come nuove centrali tecnologiche, nuovi spazi per magistrati, pubblico, avvocati, organismi accreditati a svolgere attività interne, e altro;

   nel 2016, il Dipartimento amministrazione penitenziaria inviava al Provveditorato opere pubbliche Lombardia la documentazione relativa alla nuova aggiornata distribuzione degli spazi da esso redatta sulla base del quale si ipotizzava l'aggiudicazione della gara per la progettazione entro la fine del 2016, e l'appalto delle opere nel corso del 2017;

   nel frattempo veniva avviata dai Ministeri competenti una trattativa con il comune di Brescia per l'acquisizione al demanio delle aree limitrofe al complesso carcerario sulle quali, secondo il progetto, si dovevano realizzare, tra gli altri, spazi per le attività formative e lavorative dei detenuti –:

   a distanza di tanto tempo quale sia lo stato di avanzamento della procedura e, dunque, quali siano i tempi ragionevolmente prevedibili per la realizzazione dell'opera e la sua entrata in esercizio, nonché quali siano le risorse stanziate e quali ulteriori sarebbero necessarie per completare le opere con tutte le previsioni inizialmente immaginate ed elencate nelle premesse.
(5-06716)


   BISA e TURRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dal «sito servicematica» e dal sito del Ministero della giustizia «servizi online uffici giudiziari» si arrende della interruzione, che si protrae circa dal 9 settembre 2021, dei servizi informatici e testualmente si legge: «Per attività di manutenzione evolutiva straordinaria si procederà all'interruzione dei sistemi civili al servizio di tutti gli Uffici giudiziari dei distretti di Corte di Appello dell'intero territorio nazionale, nonché del Portale dei Servizi Telematici, incluso il Portale del Processo Penale Telematico, e del Portale delle Vendite Pubbliche con le seguenti modalità temporali:

    dalle ore 17:00 di venerdì 10 settembre sino, presumibilmente, alle ore 08:00 di lunedì 13 settembre c.a.»;

   in realtà, l'interruzione si è protratta molto più a lungo e per diversi giorni, tanto che vi sono state conseguenze molto gravose per la giustizia civile, la quale ha riportato la sospensione di tutti i sistemi operativi che consentono il funzionamento quotidiano del settore civile. Tale blocco ha comportato la paralisi dell'intero mondo della giustizia civile, poiché gli avvocati non hanno potuto procedere a depositare gli atti e i giudici sono stati impossibilitati a proseguire i processi, visto che, senza la visualizzazione degli atti, non hanno potuto redigere i verbali;

   si tratta di una situazione ormai inaccettabile, anche in previsione della implementazione delle risorse tecnologiche richieste dall'Europa. Al proposito si legge in una nota dell'Organismo congressuale forense (Ocf): «A fronte di una così palese inadeguatezza del sistema rispetto alle attuali necessità dell'attività giurisdizionale si richiede, oltre ad un immediato intervento che risolva la situazione contingente, la predisposizione di un piano di adeguamento del sistema informatico ministeriale», che si scontra con una realtà quotidiana fatta di criticità e disservizi;

   si sono verificate, negli ultimi anni, altre situazioni analoghe: cinque anni fa si bloccarono per dieci giorni i server di tutta la Sicilia e della Calabria e nel 2020 vi è stato un duplice attacco hacker al sistema informatico di Palazzo Chigi e al sito della Scuola magistrati –:

   di quali informazioni si disponga al riguardo e quali iniziative si intendano assumere per il potenziamento dei sistemi di protezione delle reti informatiche al fine di affrontare la tematica riguardante il funzionamento del processo civile telematico e la relativa sicurezza informatica.
(5-06717)


   ANNIBALI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il fenomeno della violenza di genere è ormai da tempo un'emergenza sociale: nel 2020 le chiamate al 1522, il numero di pubblica utilità contro la violenza e lo stalking, sono aumentate del 79,5 per cento rispetto all'anno precedente, sia per telefono, sia via chat (+71 per cento), con un boom da fine marzo, in corrispondenza del lockdown scattato per la pandemia;

   il 2018 si è chiuso con 141 donne vittime di omicidio volontario e il 2019 con 111, l'88,3 per cento delle quali uccise da una persona conosciuta: quasi metà dal partner, l'11,7 per cento da un uomo con cui erano state in passato, il 22,5 per cento da un familiare (inclusi i figli e i genitori) e il 4,5 per cento da un conoscente, un amico o un collega;

   solo a settembre del 2021 sono state uccise 8 donne, mentre da gennaio ad oggi sono 49 le vittime della violenza maschile;

   a fronte dell'aumento delle denunce e delle chiamate ai numeri preposti, il sistema giudiziario rischia di non «riconoscere il fenomeno della violenza» come emerso dalla ricerca recentemente pubblicata dalla «Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere» del Senato, dal titolo «Rapporto sulla violenza di genere e domestica nella realtà giudiziaria», dal quale emerge che la violenza contro le donne ancora oggi, nelle aule di giustizia, in particolare in ambito civile, viene sottovalutata, non identificata, spesso letta come «conflitto familiare» rendendo di fatto assai meno efficaci le leggi di repressione e di prevenzione del fenomeno;

   stesso dato emerge da uno studio del Ministero della giustizia secondo il quale sono circa il 70 per cento le sentenze per femminicidio in occasione delle quali vengono concesse le attenuati;

   ne emerge un quadro allarmante laddove, pur in presenza di un robusto apparato legislativo, l'apparato giudiziario rischia non solo di sottovalutare il fenomeno della violenza sulle donne, ma di non svolgere la necessaria funzione di prevenzione che la corretta applicazione della legislazione vigente implicherebbe. In tal senso, sono fondamentali la formazione e la specializzazione di tutti gli operatori della giustizia –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare, con particolare riferimento alla recente escalation di episodi di violenza contro le donne, affinché si possano fornire adeguati strumenti al fine di promuovere una cultura giudiziaria efficace volta alla repressione ma anche e soprattutto alla prevenzione del fenomeno del femminicidio.
(5-06718)


   GIULIANO, SAITTA, ASCARI, BONAFEDE, CATALDI, DI SARNO, D'ORSO, FERRARESI, PALMISANO, SALAFIA, SARTI e SCUTELLÀ. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la provincia di Foggia è funestata dalla presenza di una criminalità organizzata violenta e pervasiva, riconosciuta come emergenza nazionale;

   ne sono prova lo scioglimento per infiltrazioni mafiose dei comuni di Monte Sant'Angelo, Mattinata, Cerignola, Manfredonia e, recentemente, del comune di Foggia, nonché i plurimi attentati dinamitardi e gli omicidi di stampo mafioso che stanno insanguinando il territorio foggiano;

   nella sola città di San Severo, l'11 luglio 2021, durante i festeggiamenti per il trionfo della nostra nazionale di calcio agli europei, è stato perpetrato l'ennesimo omicidio di mafia, con l'uccisione, per strada e tra la folla, di un pregiudicato ed il ferimento del nipotino della vittima di solo 6 anni, tutt'oggi in gravissime condizioni;

   il 14 agosto 2021, sempre a San Severo, si è consumato per strada un altro omicidio, con il ferimento di due persone, tra cui ancora una volta un bambino, di appena 12 anni;

   il Procuratore nazionale antimafia De Raho ha recentemente definito la «Mafia Foggiana» il primo nemico dello Stato;

   ugualmente il dottor Rossi, nuovo capo della direzione distrettuale antimafia di Bari, ha dichiarato che la mafia foggiana resta in cima all'elenco delle emergenze, ritenendo intollerabile che sia stato ucciso un uomo e paralizzato un bambino durante la festa degli Europei;

   il perpetrarsi di episodi gravissimi, nonostante l'incessante lavoro di magistratura e forze di polizia, impone di intervenire urgentemente con strumenti di contrasto alla criminalità organizzata più incisivi;

   la provincia di Foggia, tra le più vaste d'Italia, non ha la corte d'appello; infatti la direzione distrettuale antimafia è attualmente sita a Bari, città che dista circa 150 chilometri da Foggia e più di tre ore di auto dal Gargano;

   i pubblici ministeri baresi addetti al territorio foggiano sono costituiti in un pool, che, se fisicamente presente presso il palazzo di giustizia di Foggia, anche come sede distaccata delle direzioni distrettuali antimafia di Bari, lavorerebbe ancor più proficuamente;

   vi sono proposte di legge del MoVimento 5 Stelle per l'istituzione a Foggia della sezione distaccata della corte d'appello e della direzione distrettuale antimafia di Bari, per la riattivazione di presidi giudiziari in provincia, nonché per un finanziamento per la realizzazione della cittadella giudiziaria di Foggia, ma i tempi non potranno essere brevi –:

   considerata l'emergenza nazionale della criminalità organizzata foggiana, se il Ministro interrogato stia valutando di adottare iniziative di competenza, con l'urgenza del caso, per l'immediata istituzione di una sede distaccata della direzione distrettuale antimafia di Bari a Foggia.
(5-06719)


   COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   ai sensi dell'articolo 314, comma 1, del codice di procedura penale, chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave;

   in base al comma 2, lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che, nel corso del processo, sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste;

   in molti casi le istanze di riparazione vengono rigettate perché si ritiene che il richiedente abbia dato causa con dolo o colpa grave all'ingiusta detenzione: addirittura la giurisprudenza esclude il diritto all'indennizzo nei casi in cui il richiedente si sia avvalso della facoltà di non rispondere nell'immediatezza dell'arresto –:

   quale sia la percentuale di domande rigettate in un rapporto al totale di quelle presentate per ottenere la riparazione per ingiusta detenzione e se non ritenga di adottare iniziative per una modifica normativa volta a specificare che la condotta dell'indagato che in sede di interrogatorio si sia avvalso della facoltà di non rispondere non costituisce, ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, elemento causale della custodia cautelare subita.
(5-06720)


   VARCHI, MASCHIO e VINCI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   le associazioni forensi palermitane, unitamente al consiglio dell'ordine degli avvocati di Palermo, sono in stato di agitazione per scongiurare il trasferimento degli uffici giudiziari dalla cittadella giudiziaria al plesso di via Orsini;

   presso la cittadella giudiziaria di Palermo si trovano gli uffici attualmente del Palazzo ex Eas, che ospita alcune articolazioni di diversi uffici giudiziari del capoluogo (corte di appello, tribunale, ufficio N.E.P., presidio C.I.S.I.A. di Palermo, un archivio della procura della Repubblica);

   tale edificio è stato sottoposto a numerosi controlli e verifiche in considerazione delle particolari condizioni strutturali dell'edificio, dalle quali sono emerse situazioni di degrado, anche allarmanti;

   erano state, peraltro, avviate ricerche per acquisire un immobile alternativo nel quale eventualmente dislocare gli uffici giudiziari, qualora fosse emersa la irrecuperabilità del Palazzo ex EAS, ovvero anche soltanto per il tempo occorrente all'espletamento delle opere di recupero e riqualificazione, consentendo, comunque, il trasferimento «a specchio» dell'intera compagine degli uffici del Palazzo ex Eas;

   a seguito del mancato rinvenimento di immobili confiscati, la Conferenza permanente presso la corte di appello di Palermo aveva disposto, nella seduta del 30 ottobre 2018, di richiedere alla direzione generale delle risorse materiali e delle tecnologie l'espletamento di una indagine di mercato per acquisire in locazione un nuovo immobile da destinare alle esigenze allocative di quegli uffici, rinvenuto, appunto, nell'immobile ubicato in Via Orsini, a ben 1,7 chilometri di distanza dalla cittadella giudiziaria;

   sono preoccupanti le ricadute del trasloco degli uffici su cittadini e avvocati: circa tremila persone quotidianamente saranno costrette a fare la spola tra cittadella giudiziaria e il nuovo plesso dislocato al lato opposto della città, con conseguente prevedibile congestione della città e ritardi nello svolgimento delle udienze e, quindi, disagi per gli avvocati, gli utenti e tutti gli operatori coinvolti;

   il consiglio dell'ordine avrebbe già pensato a proposte alternative che mirano alla ottimizzazione degli spazi disponibili nella cittadella, limitando il trasferimento in via Orsini esclusivamente agli uffici che non prevedono la fruizione del pubblico, anche in considerazione della lamentata assenza di idonee aree adibite a parcheggio nella zona interessata dal trasferimento –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per evitare che il trasferimento degli uffici di Palazzo ex EAS di Palermo possa arrecare notevole disagio alla funzione giudiziaria, individuando una immediata e definitiva soluzione della vicenda esposta, rispettosa della attività professionale degli avvocati.
(5-06721)


   SIRACUSANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la questione degli uffici giudiziari della città di Messina è una vicenda assai risalente nel tempo e complessa;

   la forte criticità allocativa della realtà giudiziaria di Messina, dislocata in diverse sedi distribuite «a macchia di leopardo» è, ancora oggi, costituita prevalentemente da immobili a titolo di locazione passiva con ingenti spese per i relativi canoni da corrispondere;

   questa l'attuale geografia giudiziaria: tribunale, via T. Cannizzaro; corte d'appello, via San Domenico Savio; procura della Repubblica, via Monsignor D'Arrigo, giudice di pace, via Malvizzi; tribunale di sorveglianza, via Centonze; tribunale per i minorenni, Viale Europa;

   dopo un dibattito, ormai quasi più che decennale, incontri tra sindaci, vertici degli uffici giudiziari e diversi rappresentanti del Ministero della giustizia succedutisi nel tempo, da ultimo – nel maggio 2021 – da Via Arenula era arrivato il via libera per il trasferimento di parte degli uffici del giudice di pace – da tempo dichiarati inagibili – e della sezione del lavoro;

   tali uffici saranno spostati negli stabili Inps di via Capra e via Romagnosi;

   si deve rimarcare che questa ultima è pur sempre una «soluzione tampone» e che il problema edilizia giudiziaria a Messina deve essere affrontato concretamente e in maniera rapida, efficiente, efficace ma, soprattutto, definitiva;

   come detto, quella degli stabili Inps è pur sempre una soluzione provvisoria e non deve in alcun modo indurre un rallentamento della realizzazione del «Palagiustizia-bis», opera per la quale sono state da tempo stanziate ingenti somme;

   risulta, invero, ancora sospesa la soluzione dell'ubicazione degli uffici giudiziari nella così detta area del Fosso, soluzione per la quale l'amministrazione locale ha nuovamente inviato al Ministero il relativo progetto di fattibilità, già precedentemente trasmesso;

   la vicenda «Palagiustizia-bis» appare sempre più paradossale: gli spazi attualmente disponibili, o resi tali, sembra che rappresentino appena il 50 per cento di quelli effettivamente necessari: la città di Messina non può aspettare altri 10 anni per avere una logistica giudiziaria funzionale e adeguata al reale fabbisogno –:

   quale sia l'attuale situazione e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per risolvere la problematica ed avviare la funzionalizzazione del nuovo palazzo di giustizia.
(5-06722)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COSTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il presidente del tribunale di Torino, Massimo Terzi, si è dimesso scegliendo il pensionamento anticipato, con una domanda presentata un mese fa accolta ora dal plenum del CSM;

   a quanto si apprende dalla stampa, tra i motivi che lo hanno indotto a tale decisione c'è la mancata nomina a presidente della corte di appello di Milano, sebbene per anzianità e per titoli Terzi apparisse il candidato ideale per l'incarico, vacante dall'agosto 2020;

   nel gennaio del 2019, le dichiarazioni con cui Terzi affermava la necessità di «costringere in modo imperativo e stringente, con una modifica di legge, le Procure a portare a processo solo gli imputati la cui colpevolezza è chiara oltre ogni ragionevole dubbio», furono molto criticate all'interno della magistratura, sebbene anticipassero le modifiche al processo penale apportate dalla riforma approvata dalla Camera;

   un magistrato apprezzato lascia la magistratura con 5 anni di anticipo amareggiato perché il Csm gli ha preferito alla guida della corte d'appello di Milano un altro candidato con meno titoli, ponendo indirettamente il tema di quanto sia complessa la carriera per i giudici non «adesivi» alle procure. La «bocciatura» di Terzi da parte del Csm ha, ad avviso dell'interrogante, il sapore di un messaggio, forte e chiaro, che Terzi, con grande dignità, ha rispedito al mittente –:

   se, il Ministro sia a conoscenza di quanto narrato in premessa;

   se nell'ambito delle sue competenze con riguardo al conferimento degli uffici direttivi ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 195 del 1958, non siano emersi profili di criticità;

   se, nell'ambito di una auspicabile riforma del Csm intenda proporre modalità di conferimento degli incarichi direttivi che garantiscano il rispetto oggettivo dei titoli dei candidati.
(5-06707)


   ZANETTIN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la tragica vicenda di Gelindo Renato Grisotto, l'omicida reo confesso, che si è tolto la vita all'interno del carcere vicentino di San Pio Decimo ha fatto emergere in tutta la sua concreta drammaticità la grave carenza di personale di cui soffre, non da oggi, il penitenziario berico;

   secondo quanto denunciato dalle pagine de Il Giornale di Vicenza dal garante dei detenuti nominato dell'amministrazione comunale Mirco Maule, mancano 70 agenti penitenziari rispetto all'organico;

   il direttore dell'istituto è a scavalco;

   è attivo solo un educatore e mezzo sui tre (teoricamente) previsti;

   ciò a fronte di un indice di sovraffollamento pari al 140 per cento;

   su 240 posti previsti, i detenuti ospitati dal carcere di Vicenza al 31 dicembre 2020 erano ben 335;

   è chiaro che con queste carenze di organico una stretta sorveglianza sui detenuti è pressoché impossibile –:

   quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per garantire al carcere di Vicenza un significato aumento di personale, tale da consentire alla struttura un recupero della piena efficienza.
(5-06709)

Interrogazione a risposta scritta:


   MORRONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalla stampa che il giorno 19 settembre 2021 un detenuto ha sparato nel carcere di Frosinone con una pistola che potrebbe essergli arrivata dall'esterno con un drone;

   il fatto sarebbe avvenuto nel pomeriggio quando il detenuto, ristretto in Alta Sicurezza per reati connessi alla criminalità organizzata, una volta autorizzato a uscire dalla cella per fare la doccia ha puntato una pistola in faccia all'agente della Polizia penitenziaria che lo aveva in custodia, minacciandolo di morte se non gli avesse consegnato le chiavi delle altre celle;

   l'uomo poi ha raggiunto le celle di altri detenuti che, nei giorni scorsi, lo avrebbero minacciato e picchiato, e, dopo aver tentato inutilmente di aprirle, ha sparato all'interno tre colpi di pistola;

   a rendere ancora più grave la situazione sarebbe emersa la notizia che il detenuto possedeva anche un telefono cellulare con il quale avrebbe chiamato il suo avvocato che lo avrebbe convinto a consegnare la pistola al personale di Polizia penitenziaria prontamente accorso;

   con circolare n. 3663/6113 del 2015 si fa spazio alla discrezionalità delle direzioni dei penitenziari la valutazione delle modalità di esecuzione della pena. In estrema sintesi, ai detenuti (con l'eccezione dei detenuti sottoposti al regime speciale; del 41-bis) vengono assegnati due regimi: custodia «chiusa» e «aperta». Quella «chiusa» prevede un «tempo minimo da trascorrere fuori delle camere detentive di 8 ore», mentre quella «aperta» fino a 14 ore e uno spazio di libertà di movimento da raggiungere senza onere di accompagnamento. Inoltre, dispone che durante le attività dei detenuti gli agenti siano all'esterno delle sezioni, senza la necessità di presidi stabili nei reparti e nei luoghi di pertinenza;

   in alcuni istituti la custodia «aperta» sarebbe stata consentita anche nelle sezioni di alta sicurezza;

   i numeri, a seguito di queste disposizioni, dimostrerebbero come siano cresciute esponenzialmente le violenze, le minacce, le infrazioni disciplinari e come le aggressioni contro la polizia penitenziaria siano aumentate, passando dalle 387 del 2014 alle 837 del 2020, mentre, quelle tra detenuti, da 2039 arrivano a 3.501 –:

   quali provvedimenti urgenti intenda assumere al riguardo di quanto esplicitato nelle premesse; se non si ravvisino le esigenze di adottare iniziative per sospendere la vigilanza dinamica e il cosiddetto regime detentivo aperto che sono stati la causa principale della crescita esponenziale degli eventi critici in carcere e se intenda potenziare i mezzi e il personale di polizia penitenziaria.
(4-10283)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO e PELLICANI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   in data 26 novembre 2016, viene siglato dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal sindaco di Venezia il «Patto per lo sviluppo della città di Venezia»;

   all'articolo 8 «Disposizioni finali del documento», è previsto che eventuali modifiche al suddetto patto debbano essere concordate tra le parti e formalizzate mediante atto scritto;

   nella seduta del 5 febbraio 2018 il consiglio comunale approva un ordine del giorno, favorevole allo sviluppo urbanistico della zona dei Pili, uno spazio di boscaglia vicino al Ponte della libertà, che in passato era il sito dove venivano «smaltiti» abusivamente gli scarti tossici della raffineria Eni;

   la suddetta area è di proprietà della società Porta di Venezia Spa, facente capo alla persona del sindaco Luigi Brugnaro, che, per evitare conflitti di interessi, avrebbe affidato le sue società a uno studio statunitense secondo l'istituto del cosiddetto blind trust usato nel mondo anglosassone;

   in assenza di una disciplina specifica che attribuisca efficacia diretta ad ogni eventuale blind trust, bisogna fare riferimento al «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali», il quale, all'articolo 78, prevede che: «Gli amministratori devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado»;

   il 5 febbraio 2018 in consiglio comunale, il sindaco sarebbe intervenuto quando si sono affrontati contenuti riguardanti la variante urbanistica che interessa proprio la zona «dei Pili». Inoltre, avrebbe partecipato alla giunta comunale del 13 febbraio 2018, dove si sarebbe deciso e votato il cambio di destinazione della previsione di spesa del patto per Venezia, verso l'obiettivo di realizzare il ponte ciclopedonale per collegare il parco di San Giuliano con la zona dei Pili;

   sono note a tutti da anni le intenzioni del sindaco di trasformare la zona di sua proprietà, detta «dei Pili», in un progetto edilizio e urbanistico poderoso, che prevede attività commerciali, alberghiere, sportive, residenziali;

   ora l'area dei Pili torna al centro della discussione per la volontà del comune di realizzarvi uno dei terminal turistici che serviranno a garantire l'accesso a Venezia con l'obiettivo di decongestionare il Ponte della Libertà;

   va ricordato altresì che per finanziare il terminal in questione verrà utilizzata parte degli 1,39 miliardi di euro assegnati a Venezia nell'ambito del fondo progettazione opere prioritarie del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili;

   la vicenda del terminal turistico ai Pili è stata raccontata recentemente in un articolo del quotidiano Il Domani dal titolo «Le mani sulla laguna di Venezia», che ha messo insieme una serie di altri episodi in cui si intrecciano i rapporti tra l'imprenditore e il sindaco;

   pertanto, risulta evidente per gli interroganti che possa sussistere una correlazione immediata e diretta tra gli atti discussi e varati dal consiglio comunale alla presenza del sindaco ed i suoi interessi privati relativi alla proprietà delle aree oggetto d'intervento «normativo» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa, e, in ogni caso, quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano adottare, anche tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, considerati i rischi connessi a quella che appare un'evidente situazione di conflitto di interessi, nonché il cospicuo finanziamento assegnato a Venezia nell'ambito del fondo progettazione opere prioritarie del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.
(4-10288)

ISTRUZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPENA. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   l'attività didattica è appena ripresa e si registra nuovamente il fenomeno delle classi sovraffollate che, seppure ridotto, non risulta ancora del tutto superato: in Italia, sarebbero 13.761 le classi che si trovano in queste condizioni, frequentate da quasi 400 mila studenti;

   il problema, che riguarderebbe 605 sezioni della scuola dell'infanzia, 92 nella secondaria di primo grado, 715 nella scuola secondaria di secondo grado, è imputabile a più cause, prima tra tutte l'inadeguatezza del numero degli insegnanti e, in alcuni contesti, la carenza di spazi disponibili per lo svolgimento delle attività didattiche;

   nel Lazio sarebbero necessari ulteriori 2.800 docenti, di cui ben 1.600 solo a Roma e provincia;

   le criticità maggiori si riscontrano, infatti, nella città metropolitana di Roma, dove mancano anche 700 unità di personale ausiliario, tecnico e amministrativo. A causa delle cattedre scoperte, in numerosi istituti è stato necessario prevedere la riduzione dell'orario curriculare ma, fatto ancor più grave, è che le carenze maggiori riguardano gli insegnanti di sostegno che rappresentano figure professionali fondamentali per garantire concretamente l'inclusione e la partecipazione degli alunni con disabilità, che sono i primi a pagare per i disagi e i disservizi;

   diversi i casi particolari che si possono segnalare:

    a quanto risulta all'interrogante, nell'istituto Dante Alighieri di Roma, non sarebbe stata autorizzata la formazione di 6 classi prime con 18 alunni, idonee per la didattica, mentre sarebbero state autorizzate soltanto 4 seconde con 27 studenti;

    nell'istituto comprensivo via San Biagio Platani, a Torre Gaia, a Roma, a causa delle 30 cattedre ancora da assegnare, sarebbe stato necessario ricorrere all'adozione dell'orario ridotto fino a ottobre 2021, mettendo a rischio la formazione di numerosi alunni fragili –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare con urgenza iniziative per garantire il regolare svolgimento dell'attività didattica in tutte le scuole, con particolare attenzione per la città metropolitana di Roma per quanto espresso in premessa, intervenendo in maniera puntuale sia sulla carenza di personale docente e Ata – anche prevedendo meccanismi assunzionali temporanei eccezionali – sia adottando iniziative, per quanto di competenza, affinché le istituzioni locali responsabili individuino edifici e spazi di proprietà pubblica prontamente utilizzabili per ospitare classi e svolgere attività didattica, garantendo, in tal modo, il rispetto dei fondamentali diritti allo studio e alla salute, tanto più oggi che, come da più parti rilevato, gli alunni e gli studenti stanno ancora pagando il prezzo di un impoverimento del livello degli apprendimenti derivante dalle misure adottate per il contenimento del COVID-19.
(4-10287)


   VILLAROSA. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per il sud e la coesione territoriale, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia. — Per sapere – premesso che:

   in data 23 marzo 2021, il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'interno, di concerto col Ministero dell'economia e delle finanze e il Dipartimento per le politiche della famiglia, hanno emanato un avviso pubblico destinato agli enti locali, recante uno stanziamento di risorse per un totale di 700 milioni di euro da assegnare ai comuni per la messa in sicurezza, la ristrutturazione, la riqualificazione, la riconversione o la costruzione di edifici per asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia;

   nell'attribuzione dei punteggi veniva previsto un maggiore punteggio in favore dei comuni che partecipavano al finanziamento, fino ad un massimo di 10 punti; questo, di fatto, ha avvantaggiato i comuni con maggiori disponibilità economiche e meno problematiche legate ai bilanci, prevalentemente al Nord, andando a penalizzare tutti gli altri enti locali, in particolar modo quelli in dissesto o pre-dissesto;

   in base al rapporto nazionale sugli asili nido promosso da «Con i Bambini» e «Openpolis», nell'ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, sono «ampi i divari interni, non solo Nord-Sud, ma anche centri urbani – aree interne. A fronte di un Centro-Nord che, con 32 posti ogni 100 bambini, ha quasi raggiunto l'obiettivo europeo del 33 per cento, nel Mezzogiorno, i posti ogni 100 bambini sono solo 13,5, la media italiana è del 25,5 per cento. In particolare, regioni come la Sicilia (10 posti ogni 100 bambini), la Campania (9,4 posti ogni 100 bambini) e la Calabria (11 posti ogni 100 bambini) risultano essere molto indietro rispetto all'obiettivo europeo»;

   in un articolo del 21 settembre 2021 il giornale Il Messaggero titola: «La beffa dei fondi PNRR: vanno alle città più ricche.», le risorse devono rilanciare la scuola al Sud ma i cofinanziamenti le dirottano al Nord. E racconta come «se un comune, ad esempio Milano, aggiunge 3 milioni di euro ad un finanziamento dello stesso valore ottiene punti preziosi che in graduatoria gli consentono di scavalcare un altro comune, ad esempio Venafro, che ai 3 milioni di euro del bando può affiancare appena 3 mila euro» –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e delle conseguenze che la scelta di quelli che appaiono all'interrogante inaccettabili criteri di finanziamento di cui al bando citato hanno creato nelle graduatorie di finanziamento e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché venga ridotto il divario tra nord e sud con riguardo alle risorse destinate e alla disponibilità di posti per gli asili nido.
(4-10291)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRITELLI, BENAMATI, DE MARIA e RIZZO NERVO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   in data venerdì 17 settembre 2021, Nexive, acquisita di recente al 100 per cento da Poste italiane spa, ha comunicato formalmente a Work Più e DG Trasporti la risoluzione del contratto di appalto per le attività di movimentazione merci e logistica con decorrenza 1° ottobre 2021 e il termine dell'operatività del magazzino di Calderara di Reno in data 30 settembre 2021;

   lunedì 20 settembre 2021 è arrivata la richiesta del tavolo di salvaguardia metropolitano da parte di Cgil che «coinvolge cinquanta lavoratori dipendenti Work Più Società Cooperativa, società subappaltatrice di DG Trasporti Srl, impiegati in attività di facchinaggio per conto della società committente Nexive nel magazzino di via Persicetana presso il Comune di Calderara di Reno»;

   si apprende dagli organi di informazione che solo poche ore dopo l'annuncio della risoluzione del contratto di appalto dei cinquanta lavoratori impiegati nella struttura di Calderara di Reno, Nexive ha svuotato il magazzino, portando via la strumentazione necessaria al lavoro, palmari e alimentatori, e ha dirottato le merci verso altri siti. In questo modo la committenza ha, di fatto, decretato la chiusura immediata del magazzino –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, coinvolgendo Poste italiane spa, per tutelare i lavoratori interessati, compresi quelli impiegati nella realtà che lavoravano per Nexive in monocommittenza, da questa inaccettabile decisione unilaterale.
(5-06723)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BALDINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   le imprese del settore lattiero-caseario stanno attraversando un periodo di grave crisi in relazione al forte squilibrio tra il prezzo che i trasformatori corrispondono agli allevatori nazionali per la vendita del latte crudo e l'andamento dei prezzi al consumo dei prodotti lattiero-caseari;

   il prezzo del latte crudo, pari a 35 centesimi al litro, risulta inferiore ai costi di produzione nazionali, in particolare, questa fase, in cui si registrano rincari fino al 50 per cento dei prezzi delle materie prime utilizzate, tra questi i mangimi, che hanno determinato un forte incremento dei costi di produzione;

   il valore aggiunto della filiera lattiero-casearia si concentra nei settori a valle della trasformazione del latte crudo e della distribuzione al consumo dei prodotti finiti;

   gli allevatori nazionali non riescono, con tali livelli di prezzo del prodotto, ad ottenere una profittabilità adeguata alla sopravvivenza della struttura produttiva; particolarmente grave la situazione delle 5.000 imprese della regione Lombardia, dove si produce circa il 90 per cento della produzione di latte crudo;

   occorre attivare tutte le misure necessarie ad evitare che si determini sul mercato un prezzo di acquisto del latte troppo basso, inadeguato a coprire i costi di produzione degli allevatori; è necessario intervenire per rafforzare il potere contrattuale delle aziende agricole di produzione del latte rispetto a quello delle imprese di trasformazione industriale e della grande distribuzione;

   è essenziale evitare che il latte di origine estera, prodotto con costi inferiori, possa «spiazzare» la produzione nazionale che ha qualità e standard igienico-sanitari molto elevati, in molti casi non comparabile con il prodotto proveniente da altri Paesi –:

   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per dare effettiva attuazione alla normativa nazionale, che prevede che i prezzi che i trasformatori corrispondono agli allevatori nazionali per la vendita del latte crudo devono essere tali da compensare i costi di produzione e garantire un'adeguata remunerazione ai produttori; per calmierare i prezzi di acquisto delle materie prime, in particolare dei mangimi; per rafforzare il potere contrattuale degli allevatori e stimolare al contempo un incremento della loro efficienza, con opportuni incentivi all'aggregazione, attraverso il riconoscimento di organizzazioni di produttori (OP) che svolgano di fatto una funzione di concentrazione dell'offerta e di sviluppo dell'efficienza produttiva anche mediante l'attivazione di una serie di funzioni condivise (logistiche, distributive, finanziarie, di stoccaggio e/o prima trasformazione dei prodotti);

   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire piena applicazione della disciplina in materia, in particolare dell'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1 (convertito con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27) e del decreto ministeriale di attuazione, il decreto n. 19 del 2012, che vieta l'imposizione di condizioni di acquisto, di vendita o di altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, tra le quali sono da includere quelle che determinino, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza, prezzi palesemente al di sotto dei costi di produzione medi dei prodotti oggetto delle relazioni commerciali e delle cessioni da parte degli imprenditori agricoli.
(5-06708)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARBONARO, FEDERICO, DEL SESTO e CASA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   in data 31 luglio 2021, sono stati pubblicati sul sito del Ministero della cultura gli esiti della prova scritta del concorso pubblico, per esami, per il reclutamento di 1.052 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato da inquadrare nei ruoli del Ministero della cultura, Area II, F2, profilo di assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza (bando concorsuale in Gazzetta Ufficiale – 4a Serie Speciale – n. 63 del 9 agosto 2019) risultando ammessi all'orale 3.236 candidati;

   il Consiglio superiore dei beni culturali, in data 24 dicembre 2020, pubblicava le sue «Osservazioni e Proposte in Materia di Personale», esprimendosi in tali termini: «Visti i tempi delle procedure ordinarie di assunzione si potrebbero prevedere interventi mirati a velocizzare e semplificare i concorsi, anche attivando selezioni decentrate, sempre basate su prove idonee a individuare le competenze specialistiche necessarie. L'ampliamento del meccanismo di scorrimento delle graduatorie potrebbe favorire il reclutamento: un simile meccanismo potrebbe essere impiegato già per il concorso in atto, e attualmente bloccato, per 1.052 addetti alla vigilanza. (...)»;

   per il medesimo profilo del concorso succitato, veniva pubblicata in Gazzetta Ufficiale, in data 13 agosto 2021, la «Disciplina del concorso pubblico per il reclutamento a tempo indeterminato di 100 unità di personale non dirigenziale appartenenti alla seconda area funzionale, posizione economica F2, nel profilo professionale di assistente alla fruizione, accoglienza e vigilanza», che, all'articolo 3, prevede per lo svolgimento del suddetto concorso una sola prova scritta ed un «eventuale orale»;

   nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 21 febbraio 2020 – IV Serie speciale, veniva bandito un concorso per l'avviamento degli iscritti ai centri per l'impiego, finalizzata al reclutamento di 500 unità di personale non dirigenziale di operatore alla custodia, vigilanza e accoglienza della seconda area funzionale, fascia retributiva F1, a tempo pieno e indeterminato, ed attualmente ancora in corso di svolgimento. All'interno dei «Criteri per lo svolgimento delle prove di idoneità» di cui al comma 3 dell'articolo 4 del bando, veniva indicato che tale prova era «finalizzata ad accertare l'idoneità del candidato (...) e non comporta valutazione comparativa». Tale procedura concorsuale, oltre a non prevedere prove preselettive o scritte, presenta un programma per la selezione orale molto ridotto e semplificato, nonostante si tratti dello stesso profilo e della medesima area funzionale (II) e fascia retributiva (F1) del concorso per il reclutamento di 1.052 assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza del Ministero della cultura;

   si è venuta a determinare una situazione paradossale e caotica per cui per lo stesso profilo lavorativo sono stati indetti tre concorsi distinti, con modalità di selezione e tempistiche di svolgimento molto diverse tra loro, creando un'oggettiva disparità di trattamento tra candidati;

   la cronica carenza di personale Afav comporta forte nocumento allo sviluppo culturale e turistico dei territori, con innumerevoli musei e siti di estremo interesse culturale perennemente chiusi al pubblico;

   considerato il numero elevato di candidati ammessi all'orale del concorso indetto per il reclutamento di 1.052 assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza del Ministero della cultura, la calendarizzazione delle prove orali e l'espletamento delle procedure di effettiva assunzione in ruolo dei candidati vincitori, come accaduto in passato per procedure concorsuali simili, richiederebbero molti mesi, contravvenendo all'esigenza di provvedere con urgenza alla copertura delle figure professionali mancanti –:

   se il Governo non intenda, al fine di scongiurare disparità di trattamento tra candidati e velocizzare le procedure di assunzione in ruolo, adottare iniziative per introdurre misure di semplificazione della procedura concorsuale per il reclutamento di 1.052 assistenti alla fruizione, accoglienza e vigilanza del Ministero della cultura, prevedendo uno snellimento delle prove di selezione, come disposto per altri concorsi indetti dalle amministrazioni centrali nel periodo post pandemico.
(4-10289)


   TIMBRO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il sindaco della città di Messina, Cateno De Luca, ha effettuato numerose nomine di competenza, delle quali alcune appaiono a parere della interrogante particolarmente inopportune, e altre di dubbia compatibilità con la normativa vigente, tra cui la normativa sulle inconferibilità di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 8 aprile 2013 n. 39 relativo appunto alle «Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico»;

   più precisamente, le nomine che meritano attenzione sono riferibili a:

    Nicola Russo, funzionario regionale e presidente della Srr Messina Area Metropolitana che è stato nominato direttore generale di Msbc (Messina Servizi Bene Comune), società partecipata del comune di Messina con un potenziale conflitto di interesse perché ha presentato la propria candidatura a direttore generale della Msbc mentre era in corso di validazione da parte della Srr il piano Tari locale;

    Dafne Musolino, assessore del comune di Messina con deleghe alle politiche ambientali e ai rapporti con MSBC, che è stata nominata presidente della Srr locale;

    Giuseppe Campagna, presidente del consiglio di amministrazione di ATM Azienda municipalizzata locale, cessato dall'incarico l'8 luglio 2019, che è stato nominato presidente della nuova Atm S.p.a. costituita da De Luca il 17 giugno 2019;

    Roberto Cicala, esperto del sindaco De Luca e dal 4 agosto 2018 componente del consiglio di amministrazione di Amam S.p.A. (Azienda meridionale acque), che è stato nominato il 7 ottobre 2019, all'atto della costituzione, presidente della Patrimonio Messina S.p.a.;

    Federico Basile, già revisore dei conti del Comune di Messina, che fino al 27 ottobre 2020 aveva ricoperto l'incarico di esperto a pagamento del sindaco De Luca, è stato nominato il 28 ottobre 2020 direttore generale del comune di Messina. Per tale nomina è già pendente un procedimento di vigilanza svolto dall'Anac come è emerso da alcuni organi di stampa locali;

    Salvo Puccio, già esperto a pagamento della città metropolitana di Messina, nominato da De Luca e Presidente di Amam S.p.a. con deleghe di direttore generale, che è stato assunto con determina sindacale dirigente esterno a tempo determinato della città metropolitana di Messina il 1° febbraio 2021. Anche per la nomina di Puccio pende un'istruttoria ANAC in corso (come segnalato dalla stampa locale). Con riferimento al medesimo potrebbe concretizzarsi la possibile decadenza del contratto perché il bilancio della città metropolitana è deficitario, fattispecie quest'ultima che non consente l'assunzione di dirigenti esterni, tanto che si paventa un possibile intervento della Corte dei conti in merito;

    Pietro Picciolo, già liquidatore di Innovabic s.r.l. società partecipata dal comune di Messina, che successivamente è stato nominato liquidatore di Atm oltre ad essere consulente contabile tributario dall'11 marzo 2019 a Messina Social City, ente strumentale del comune di Messina nata in seno all'amministrazione De Luca nel marzo 2021 –:

   se i Ministri interrogati non ritengano necessario ed urgente, ai sensi dell'articolo 60, commi 5 e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, promuovere verifiche tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica e l'ispettorato per la funzione pubblica in relazione a quanto esposto in premessa, nonché se lo stesso ispettorato si sia in precedenza attivato, per quanto di competenza ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto legislativo n. 39 del 2013.
(4-10292)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   LAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto ministeriale 14 luglio 1999, all'articolo 1 dispone quanto segue: «I medicinali antiblastici iniettabili [...] possono essere erogati soltanto mediante la loro somministrazione presso le strutture ospedaliere o le altre strutture accreditate, in regime di ricovero o day-hospital o trattamento ambulatoriale»;

   la raccomandazione n. 14 del 2012 emanata dal Ministero della salute, inoltre, al punto 4.8, prevede che «in accordo con il decreto ministeriale 14 luglio 1999, la somministrazione per via parenterale dei farmaci antineoplastici può avvenire nei seguenti setting assistenziali: ospedale, in regime ambulatoriale, di ricovero ordinario o di day-hospital; a domicilio, in regime di ospedalizzazione domiciliare»;

   nell'accordo recante «Nuove linee guida organizzative e raccomandazioni per la rete oncologica ospedale-territorio», raggiunto il 17 aprile 2019 nella conferenza Stato-regioni, viene sottolineata la necessità di garantire, su tutto il territorio nazionale, l'equità di accesso alle cure e il superamento della frammentarietà dei percorsi terapeutici;

   non vi è dubbio che la sicurezza del paziente oncologico, come quella del personale sanitario impiegato nei protocolli di cura per le terapie antiblastiche, sia caposaldo essenziale dal quale partire per fornire chiarezza ai pazienti in tema di equità di accesso alle terapie e continuità assistenziale;

   risulta all'interrogante, tuttavia, che non sempre sia adeguatamente garantita la possibilità di erogare terapie antiblastiche per via endovenosa anche nelle strutture ambulatoriali, com'è ad esempio il caso della Sardegna, dove la Assl di Nuoro ha disposto, per taluni ambulatori (ad esempio per il distretto di Siniscola) sospensione di tale attività; costringendo i pazienti oncologici a recarsi esclusivamente in ambienti ospedalieri distanti centinaia di chilometri dal proprio domicilio;

   è necessario che gli spostamenti dei pazienti oncologici vengano limitati al minimo essenziale, garantendo ad essi la possibilità di sottoporsi alle cure in tutte le sedi della rete della specialistica oncologica ambulatoriale, come previsto dal decreto ministeriale del 14 luglio 1999 –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare iniziative per meglio chiarire la normativa che regola le modalità di somministrazione delle terapie antiblastiche per via endovenosa nelle strutture ambulatoriali, risolvendo possibili problematiche di interpretazione discrezionale della norma da parte delle aziende sanitarie locali, come avvenuto nel distretto di Siniscola, in modo da uniformare la possibilità di accesso alle cure in tutto il territorio nazionale.
(5-06710)


   BOLOGNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nella Missione 6, mira a potenziare e a riorientare il Servizio sanitario nazionale per migliorarne l'efficacia nel rispondere ai bisogni di cura dei cittadini, anche alla luce delle criticità emerse nel corso dell'emergenza pandemica. In particolare, intende rafforzare la prevenzione e l'assistenza sul territorio, l'integrazione fra servizi sanitari e sociali, garantire l'equità di accesso alle cure e nell'erogazione delle prestazioni, ammodernare le strutture e la diagnostica, promuovere la ricerca;

   occorre prestare particolare attenzione alla sanità del futuro e agli investimenti del Pnrr affinché, all'interno delle strutture e dietro le nuove tecnologie, possa essere assicurato un adeguato numero di professionisti formati, competenti e motivati che ne garantiscano il funzionamento;

   da uno studio Anaao, nel triennio 2019-2021, risultano uscite tra 6.000 e 7.000 medici l'anno, per un totale di circa 20.000 unità per pensionamenti; si prevede che non basteranno i neospecialisti a sostituire i quiescenti, a causa della errata programmazione delle borse di specialità perpetrata negli anni, con un rischio per la qualità e l'efficienza del sistema sanitario;

   le carenze di personale, dai medici di medicina generale agli specialisti, non sembrano potersi colmare attraverso i fondi stanziati del Pnrr, né da ipotetici risparmi su altre voci di spesa ospedaliere;

   la Simeu, Società Italiana Medicina di Emergenza-Urgenza, ha lanciato un allarme sulla carenza dei giovani medici specialisti, anche in considerazione del lavoro «gravoso, poco riconosciuto e non premiante»; difatti, 456 borse di studio in medicina di emergenza-urgenza quest'anno non sono state assegnate;

   la problematica richiama la necessità di intervenire anche mediante l'apertura di un tavolo ministeriale di confronto tra le professioni sanitarie per un coordinamento circa la realizzazione dei progetti del Pnrr, sia in ambito ospedaliero che territoriale; tali progetti sottendono una Sanità caratterizzata da processi multidisciplinari volti ad evitare che si determinino, nella prassi, invasioni del campo medico –:

   se il Ministro interrogato non ritenga di dover adottare urgentemente iniziative di competenza per sopperire alla carenza di medici e personale sanitario su tutto il territorio nazionale evidenziata in premessa valutando l'opportunità dell'apertura di un tavolo di lavoro che coinvolga i rappresentanti delle professioni sanitarie, volto a concordare soluzioni condivise, nel rispetto del percorso formativo specifico e delle abilitazioni, anche in vista degli investimenti da finanziare indicati dal Pnrr per una migliore qualità del servizio.
(5-06711)


   DE FILIPPO e CARNEVALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 luglio 2021 la Residenza socio assistenziale per anziani non autosufficienti (Rass1) «San Giuseppe» di Tursi (Matera) ha inviato alle famiglie degli ospiti la comunicazione che, a partire dal 1° ottobre 2021, la retta giornaliera di ricovero sarebbe stata adeguata alla cifra di 100 euro a giorno, a causa degli elevati costi di gestione e che, in caso di non adesione l'ospite sarebbe stato dimesso;

   in particolare, l'amministratore della Rass1 «San Giuseppe» ha evidenziato la necessità di aumentare le rette sia a causa della crisi dovuta dalla pandemia da COVID-19, che ha ridotto il numero degli ospiti attraverso il blocco di nuovi ingressi, ha incrementato le spese per le sanificazioni, per l'adozione di nuovi dispositivi di protezione e per l'adeguamento dei locali, sia per il fatto che le rette sanitarie non sono state ancora adeguate, così come previsto dall'articolo 13 della legge regionale n. 41 del 2020;

   al di là del caso specifico in questione, la situazione d'emergenza è pressoché la stessa in tutta la Basilicata e vede coinvolta in prima linea l'associazione regionale strutture socio assistenziali della Basilicata (Arssab) la quale, in data 11 giugno 2021, a nome e per conto delle Case di riposo, residenze socio assistenziali per anziani e residenze socio-assistenziali per anziani non autosufficienti presenti sul territorio lucano comunicava che, entro 30 giorni, avrebbe provveduto a chiedere un adeguamento della retta giornaliera di ricovero direttamente ai 1.250 anziani ospiti delle stesse strutture con dimissioni, previo preavviso, dell'ospite se la richiesta non fosse stata accettata;

   le questioni economico-burocratiche tra la regione Basilicata e l'Arssab non devono ricadere sugli ospiti delle strutture e sui loro familiari –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire il rispetto dei livelli essenziali di assistenza nell'erogazione delle prestazioni residenziali e semiresidenziali per gli ospiti delle strutture socio-assistenziali per anziani e per anziani non autosufficienti come quella di cui in premessa, evitando l'innalzamento dei costi, con tutte le conseguenze che ne possono derivare per gli ospiti delle strutture in questione e per le loro famiglie.
(5-06712)


   GEMMATO e BELLUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la talidomide è un farmaco con proprietà ipnotico-sedative, commercializzato per la prima volta in Germania nel 1956 per la terapia dell'influenza, e successivamente, in 46 Paesi, per la terapia dell'insonnia, nelle donne in gravidanza nella terapia delle nausee mattutine;

   il farmaco venne ritirato dal commercio nel 1961 a seguito dell'accertamento dell'effetto teratogeno del medicinale; fu, infatti, accertato che la talidomide assunta dalle donne in fase di gravidanza causò la nascita di bambini con malformazioni congenite degli arti;

   l'articolo 2, comma 363, della legge n. 244 del 2007, riconosce l'indennizzo disciplinato dalla legge n. 229 del 2005 «ai soggetti affetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco», nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della micromelia;

   il punto 3 dell'allegato A al regolamento concernente l'indennizzo a soggetti affetti da sindrome da talidomide, emanato con decreto del Ministro della salute n. 166 del 2017, prescrive alle persone che facciano richiesta di indennizzo di fornire documentazione sanitaria a corredo delle istanze ed in particolare;

    a) per i soggetti nati dal 1958 al 1966: prescrizione della talidomide alla madre del danneggiato, se reperibile;

    b) per i soggetti nati al di fuori del periodo dal 1958 al 1966: documentazione sanitaria relativa alla patologia materna che ha richiesto la somministrazione della talidomide, da cui si evinca la prescrizione/assunzione del farmaco omonimo in gravidanza nel periodo tra il 20° e il 36° giorno dal concepimento (± 2 giorni per entrambi gli indicatori);

   il fatto che la prescrizione di cui alla lettera a) è richiesta solo «se reperibile», mentre la documentazione di cui alla lettera b) deve essere necessariamente fornita, sembrerebbe causare una discriminazione tra i nati dal 1958 al 1966 e i nati ai di fuori del periodo dal 1958 al 1966;

   appare evidente che il reperimento della documentazione sanitaria di cui alla lettera b) sia decisamente difficoltoso se non impossibile poiché è relativa a prescrizioni mediche risalenti nel tempo ovvero anche a più di 50 anni fa;

   a causa della previsione di cui alla lettera b) sono tante le persone che non possono beneficiare dell'indennizzo al quale invece avrebbero palesemente diritto –:

   se e quali iniziative normative intenda assumere per modificare il regolamento citato in premessa, in particolare eliminando la previsione di cui alla lettera b), in cui si richiede la produzione di documentazione sanitaria attestante la prescrizione del farmaco talidomide ai fini del riconoscimento dell'indennizzo.
(5-06713)


   IANARO, LOREFICE, SPORTIELLO, D'ARRANDO, FEDERICO, MAMMÌ, MISITI, NAPPI, PENNA, PROVENZA, RUGGIERO e VILLANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   le certificazioni verdi COVID-19, disciplinate dall'articolo 9 del decreto-legge n. 52 del 2021, attestano una delle seguenti condizioni: avvenuta vaccinazione anti-Sars-CoV-2, avvenuta guarigione da COVID-19 ed effettuazione di test antigenico rapido o molecolare con esito negativo;

   la certificazione verde COVID-19, secondo le modifiche apportate con il cosiddetto decreto green pass (decreto-legge n. 105 del 2021), ha una validità di 12 mesi a far data dal completamento del ciclo vaccinale;

   la certificazione verde COVID-19 per i soggetti vaccinati è rilasciata altresì contestualmente all'avvenuta somministrazione di una sola dose di un vaccino dopo una precedente infezione da Sars-CoV-2 e ha validità di 12 mesi dal quindicesimo giorno successivo alla somministrazione;

   la certificazione verde COVID-19 per avvenuta guarigione, stando alla lettera dell'articolo 9 del cosiddetto «decreto riaperture», ha invece una validità di 6 mesi;

   secondo il criterio enunciato invece dalla circolare del Ministero della salute del 21 luglio 2021, prot. n. 32884, la dose di vaccino è somministrata nei soggetti con pregressa infezione da Sars-CoV-2, purché la vaccinazione venga eseguita preferibilmente entro i 6 mesi dalla stessa (s'intende dall'infezione) e comunque non oltre 12 mesi dalla guarigione;

   sulla base dell'anzidetta circolare, dunque, il guarito Covid può effettuare la vaccinazione anche entro 12 mesi dopo l'avvenuta guarigione e ciò inevitabilmente contrasta con la validità di 6 mesi del green pass;

   il «Coordinamento Guariti Covid» ha rappresentato che le modifiche apportate con il cosiddetto decreto green pass (decreto-legge n. 105 del 2021) generano confusione rispetto alla situazione dei guariti Covid, rispetto al prolungamento del green pass a 12 mesi prospettato dal parere del Comitato tecnico-scientifico anche per i guariti, il 27 agosto 2021 –:

   se e come il Ministro interrogato intenda chiarire le ragioni della discrasia tra i guariti che possono vaccinarsi con monodose al massimo entro 12 mesi dalla guarigione e la durata di validità del green pass di 6 mesi, soprattutto alla luce della proroga da 9 a 12 mesi dalla validità del green pass, operata con cosiddetto decreto green pass (decreto-legge n. 105 del 2021), per coloro che hanno completato il ciclo vaccinale e coloro che hanno effettuato la somministrazione di una sola dose di un vaccino dopo una precedente infezione da Sars-CoV-2.
(5-06714)


   NOVELLI, BAGNASCO, BOND, VERSACE e BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito del processo di contrasto e prevenzione contro la diffusione del Covid-19, la sanificazione delle superfici ed ambienti interni rappresenta una delle procedure più importanti di prevenzione;

   in base alle raccomandazioni dell'Istituto superiore di sanità su tale materia, si stanno ancora utilizzando elevati quantitativi di disinfettanti chimici che, come noto, non prevengono la ricontaminazione dei patogeni sulle superfici in quanto la loro azione si esaurisce dopo circa un'ora dall'applicazione e che possono contribuire alla diffusione dell'antibiotico-resistenza oltre che avere un elevato impatto ambientale;

   le infezioni correlate all'assistenza sanitaria (Ica) spesso causate da germi antibiotico-resistenti, rappresentando una grave emergenza sanitaria con oltre 4 milioni di casi all'anno in Europa, con oltre 37.000 decessi, di cui 10.000 solo in Italia;

   la spesa sanitaria collegata alla gestione di questa emergenza ammonta a più di 7 miliardi di euro in Europa e supera il miliardo di euro in Italia;

   diverse pubblicazioni scientifiche su autorevoli riviste internazionali hanno visto coinvolti importanti centri di ricerca ed università italiane, dimostrando l'efficacia di innovativi sistemi biologici a base di detergenti addizionati con selezionate e sicure specie di probiotici, nella riduzione delle infezioni correlate all'assistenza (Ica), dell'antibiotico-resistenza e dei costi correlati:

    a) Rivista scientifica: Pathogens, giugno 2020 – «A probiotic-based sanitation system for the reduction of healthcare associated infections and antimicrobial resistances: a budget impact analysis»;

    b) Rivista scientifica: Infection and Drug Resistance, marzo 2019) «Impact of probiotic-based hospital sanitation on antimicrobial resistance and Hai-associated antimicrobial consumption and cost: a multicenter study»;

    c) Rivista scientifica: Plos One, 12 luglio 2018) «Reducing healthcare-associated infections incidence by a probiotic-based sanitation system: a multicentre prospective intervention study»;

   risultati scientifici presentati in conferenza stampa il 26 maggio 2021 presso l'Unicatt ed in fase di pubblicazione, dimostrano l'efficacia di tali sistemi contro il Covid-19, paragonabile a quella dei disinfettanti chimici ma con una efficacia che arriva fino a 24 ore –:

   per quali motivi nelle «Indicazioni ad interim per la sanificazione degli ambienti interni nel contesto sanitario e assistenziale per prevenire la trasmissione di Sars-CoV 2» (rapporto Iss n. 20 del 2020) e nelle «Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell'attuale emergenza COVID-19; ambienti superfici» (rapporto Iss n. 12 del 2021) non siano stati inseriti questi innovativi sistemi biologici di sanificazione, e se non ritenga di provvedere al loro inserimento.
(5-06715)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   presso le aziende e/o enti del servizio sanitario campano opera, da moltissimi anni e senza soluzione di continuità, personale – per lo più nel profilo collaboratore professionale sanitario (Cps) infermiere e operatore socio-sanitario – con contratti di somministrazione da parte di agenzie di lavoro interinale e/o alle dipendenze di cooperative che forniscono in appalto e per conto dell'amministrazione sanitaria, il servizio di operatore socio-sanitario;

   nel corso degli anni tali lavoratrici e lavoratori hanno consentito il regolare e ordinario svolgimento delle prestazioni istituzionali e il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza, sopperendo alla carenza dei posti in organico nelle aziende e negli enti del sistema sanitario regionale;

   durante la recente crisi epidemiologica, il personale precario è stato impegnato in prima linea nel far fronte alla situazione emergenziale in cui si sono venuti a trovare i diversi presidi ospedalieri del Ssr, rappresentando una risorsa fondamentale finanche per l'apertura degli ospedali «covid» dedicati;

   una possibilità per stabilizzare il personale precario della pubblica amministrazione è offerta dal cosiddetto «Decreto Madia» (decreto legislativo n. 75 del 2017) che, in particolare all'articolo 20, commi 1 e 2, ha previsto, per il triennio 2018-2020, la possibilità per le amministrazioni di bandire procedure concorsuali riservate, in misura non superiore al cinquanta per cento dei posti disponibili, al personale non dirigenziale che possedeva determinati requisiti di anzianità;

   tale articolo è stato modificato con provvedimenti successivi che hanno prorogato l'operatività del meccanismo di stabilizzazione previsto ai commi 1 e 2 dell'articolo 20 sino al «31 dicembre 2022», allo scopo di fronteggiare la grave carenza di personale, superare il precariato, nonché per garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza;

   il comma dieci dell'articolo 20 del cosiddetto «Decreto Madia», richiamando le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 543, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, prevede una disciplina speciale per il personale del Servizio sanitario nazionale, ovvero la possibilità di indire procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico, riservando i posti disponibili, nella misura massima del 50 per cento, al personale con almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni con contratti a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di rapporto di lavoro flessibile con i medesimi enti;

   tale comma, che farebbe rientrare anche i lavoratori con rapporti di lavoro in somministrazione o in appalto nel processo di stabilizzazione mediante pubblico concorso riservato, non ha subito alcuna modifica e pertanto la sua efficacia resterebbe temporalmente limitata al «31 dicembre 2019 per l'indizione delle procedure concorsuali» e al «31 dicembre 2020 per la loro conclusione» e non si estenderebbe al 31 dicembre 2022;

   a parere dell'interrogante, non aver esteso anche al personale precario del Servizio sanitario nazionale l'operatività del meccanismo di stabilizzazione sopra richiamato, prorogandolo al 31 dicembre 2022, sta determinando una illogica e irrazionale disparità di trattamento tra situazioni analoghe, regolate dalla medesima disposizione, dal momento che non sembrerebbe possibile estendere il regime speciale per la stabilizzazione di tale personale precario anche ai bandi concorsuali indetti oltre il 31 dicembre 2019 –:

   quali iniziative di carattere normativo intenda adottare il Ministro interrogato al fine di prorogare il meccanismo di stabilizzazione dei lavoratori della pubblica amministrazione sopra richiamato anche per i lavoratori precari del Servizio sanitario nazionale al 31 dicembre 2022, così da poter estendere il regime speciale per la stabilizzazione di tale personale precario anche con riferimento ai bandi concorsuali indetti oltre il 31 dicembre 2019, evitando una evidente disparità di trattamento tra lavoratori precari della pubblica amministrazione nella possibilità di accedere ad un ruolo a tempo indeterminato.
(4-10286)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Gagliardi e altri n. 7-00716, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 agosto 2021, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Traversi.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Alemanno e altri n. 2-01331, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Elisa Tripodi.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Spena n. 3-02505, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Nevi, Anna Lisa Baroni, Bond, Caon, Sandra Savino, Barelli, Battilocchio, Calabria, Giacomoni, Polverini, Ruggieri.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Crippa n. 1-00510, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 566 del 17 settembre 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    nei giorni scorsi l'escalation dei prezzi dell'energia elettrica ha raggiunto il massimo storico di 200 €/MWh, estremamente elevato rispetto sia al prezzo medio 2020, pari a 38,1 €/MWh, sia a quello del periodo gennaio-agosto 2021, pari a 77,06 €/MWh; l'ammontare del costo della bolletta elettrica nazionale rischia di attestarsi il prossimo anno a 53 miliardi di euro, al netto delle imposte (accise + IVA), contro una media degli ultimi anni (a parte il 2020 caratterizzato dall'emergenza Covid-19) di circa 43 miliardi di euro;

    i pesanti aumenti dell'energia colpiscono pesantemente le famiglie, sia direttamente con gli aumenti in bolletta e sia per gli inevitabili aumenti dei prezzi dei beni di consumo per effetto degli aumenti dei costi di produzione, e le attività economiche italiane che vedono ulteriormente indebolita la propria competitività sui mercati europei e internazionali che da anni beneficiano di prezzi dell'energia inferiori di quelli italiani;

    l'aumento paventato dei costi dell'energia, di luce e gas, nel quarto trimestre del 2021, risulta molto maggiore di quello atteso nel terzo quadrimestre quando il Governo è già intervenuto con provvedimenti d'urgenza e impegnando 1,2 miliardi di euro per calmierare i potenziali rincari, contenendo al 15,3 per cento gli aumenti del gas e al 9,9 per cento quelli dell'elettricità; dei 1,2 miliardi impegnati a luglio circa 700 milioni erano i proventi delle aste ETS dell'anidride carbonica;

    la politica energetica dell'Unione europea, la cui base giuridica è rinvenibile già nell'articolo 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, si è rafforzata con l'avvio del «Green Deal europeo» nel dicembre 2019, che ha dato impulso alla decarbonizzazione del sistema energetico dell'Unione europea, con una forte spinta su rinnovabili ed efficienza energetica di edifici, industria e mobilità;

    il documento, che riformula su nuove basi l'impegno europeo ad affrontare il cambiamento climatico, andando oltre il Clean Energy Package avviato nel 2016, ricomprende un ambizioso piano d'azione per trasformare l'Unione in un'economia competitiva, con l'obiettivo di azzerare le emissioni nette di gas serra entro la metà del secolo;

    nell'ambito del Green Deal europeo, i leader dell'Unione europea hanno approvato, nel dicembre 2020, un obiettivo riveduto di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. In particolare, per conseguire tale ambizioso obiettivo, la Commissione europea ha preso in considerazione le azioni necessarie in tutti i settori, compresi un aumento dell'efficienza energetica e dell'energia da fonti rinnovabili;

    arrestare il cambiamento climatico attraverso una transizione energetica equa e sostenibile resta obiettivo prioritario delle politiche dell'Unione europea, anche dopo la crisi provocata dalla pandemia da Covid-19, ed è parte centrale dell'azione di medio periodo che l'Europa si prefigge con il Next generation EU (NGEU), in coerenza con gli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (SDGs) e con gli impegni del richiamato Accordo di Parigi del 2015;

    il Green New Deal europeo si fonda su un'Europa a impatto climatico zero per un'economia più moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva a livello internazionale, in cui la priorità è rappresentata dalla decarbonizzazione del settore energetico attraverso un massiccio ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, così come definite dall'articolo 2, comma 1, numero 1), della direttiva (UE) 2018/2001 (energia proveniente da fonti rinnovabili non fossili, vale a dire energia eolica, solare (solare termico e fotovoltaico) e geotermica, energia dell'ambiente, energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, energia idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas);

    entro il 2030, il 70 per cento dei consumi elettrici italiani dovrà essere coperto da energie pulite (quasi il doppio rispetto alla quota attuale del 38 per cento) e dovranno essere installati 65 gigawatt di nuova potenza rinnovabile, soprattutto alla luce dei nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dal 40 per cento al 55 per cento rispetto al 1990;

    la crescente penetrazione delle rinnovabili, che dovrà proseguire ulteriormente negli anni a venire, tende a produrre scompensi di mercato (con fasi di prezzi nulli o negativi in presenza di ore ad alto contributo delle rinnovabili seguite da fasi di prezzi eccessivamente alti nelle ore di basso contributo), così come squilibri fisici di rete (alterazioni della tensione, della frequenza ed aumento dei costi per la gestione della sicurezza del sistema);

    la decarbonizzazione, prevedendo l'aumento dell'efficienza energetica e l'incremento della produzione elettrica da fonti rinnovabili, deve essere necessariamente accompagnata dallo sviluppo e la diffusione di sistemi di accumulo necessari per compensare la non programmabilità degli impianti a fonti rinnovabili e, dunque, garantire la sicurezza del sistema e la continuità dell'approvvigionamento di energia elettrica;

    appare conseguentemente necessario integrare nel mercato sistemi di accumulo che consentano di compensare la non programmabilità degli impianti a fonti rinnovabili – e dunque garantire l'efficiente sicurezza del sistema e la continuità dell'approvvigionamento di energia elettrica –, nonché fornire i servizi di flessibilità necessari stabilizzando i due fenomeni prima citati;

    valutata la necessità di ridurre la dipendenza del nostro Paese, appare opportuna una diversificazione delle fonti, nonché il rafforzamento della resilienza e della sicurezza del sistema energetico;

    lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la promozione dell'efficienza energetica devono, tuttavia, essere accompagnati da un percorso di adeguamento del sistema elettrico esistente – intervento necessario a ridurre concretamente il ruolo strategico delle fonti fossili –, nonché da misure regolatorie che assicurino mercati concorrenziali, prezzi accessibili, sostenibilità ambientale e sociale degli investimenti e sicurezza dell'approvvigionamento, realizzando un modello di transizione energetica che consenta di coniugare innovazione tecnologica, rispetto dell'ambiente e benefici occupazionali ed economici per cittadini ed imprese, tenuto conto della necessità di riduzione dei costi delle bollette a carico delle famiglie;

    l'integrazione della crescente quota di generazione da fonti rinnovabili e le misure di cambiamento del sistema energetico nazionale e di accompagnamento alla transizione energetica devono tenere adeguatamente conto di un tessuto economico, produttivo ed occupazionale ancora non pienamente maturo, scongiurando il rischio di conseguenze sociali, tenuto conto delle ricadute sulle condizioni di vita e di sostenibilità economica delle famiglie;

    l'aumento dei prezzi delle materie prime energetiche continua a generare conseguenze che rischiano di frenare la ripresa economica in atto: l'inflazione rischia infatti di danneggiare in particolare la competitività delle imprese italiane sui mercati internazionali – che scontano prezzi dell'energia storicamente inferiori a quelli italiani – con impatti significativi anche sulla stabilità dei lavoratori e sulle nuove assunzioni, così come l'aumento dei prezzi e l'inflazione incidono significativamente sui redditi delle famiglie;

    il timore maggiore è che la questione delle materie prime energetiche – in continuo aumento da inizio 2021 per la ripresa economica dopo i ribassi dovuti alla pandemia – inneschi un pericoloso circolo vizioso: il persistente incremento dei prezzi potrebbe infatti condurre ad una difficoltà di approvvigionamento, con conseguenti costi fissi imprevisti e gravi ripercussioni economiche, sociali e sull'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, soprattutto per i clienti finali;

    se il Governo non fosse già intervenuto con provvedimenti d'urgenza tesi a sterilizzare parzialmente i potenziali rincari, l'incremento della bolletta dell'elettricità, per la famiglia tipo in tutela, nel terzo trimestre del 2021, sarebbe stato circa del 20 per cento anziché essere contenuto a + 9,9 per cento per la bolletta dell'elettricità e a + 15,3 per cento per quella del gas;

    alla luce della transizione ecologica in atto, l'impiego e la diffusione di sistemi di generazione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili, nonché l'installazione di nuova potenza rinnovabile richiedono un intervento sulla riscossione degli oneri di sistema;

    tale meccanismo dovrà essere più affidabile ed efficace possibile ed allineato tra fabbisogno e gettito, al fine di riuscire a mantenere la certezza dell'erogazione degli incentivi nei settori delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica, distribuendo «equamente» gli oneri;

    come noto, gli oneri di sistema sono quei corrispettivi, pagati da tutti i clienti finali del servizio, destinati alla copertura dei costi relativi ad attività di interesse generale per il sistema elettrico, tra i quali rientrano anche la promozione dell'efficienza energetica, e il finanziamento alla produzione da fonti rinnovabili, nonché i bonus sociali che, soprattutto nel corso della crisi sanitaria ed economica conseguita all'emergenza epidemiologica da Covid-19, hanno scongiurato un ulteriore impatto sulle condizioni di vulnerabilità e di disuguaglianza preesistenti delle famiglie che già si trovavano impossibilitate a far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze di elettricità e gas;

    gli oneri di sistema hanno permesso lo sviluppo e la diffusione di fonti di energia pulita, consentendo al nostro Paese di essere in linea con gli obiettivi posti dagli accordi internazionali in termini di quota minima di produzione di energia rinnovabile;

    è necessario e imprescindibile, pertanto, adottare misure straordinarie e soprattutto di lunga prospettiva in grado non solo di mantenere alta l'attenzione anche sul tema della riduzione delle emissioni di CO2, ma altresì implementare un modello efficace di esazione degli oneri generali afferenti al sistema elettrico, conciliando la certezza una maggiore sicurezza del gettito con la tutela delle famiglie, in particolare delle famiglie vulnerabili e di quelle che versano in condizioni di povertà energetica;

    una soluzione plausibile e di lungo respiro potrebbe consistere nel sovvenzionare gli oneri di sistema presenti in bolletta con altre fonti di finanziamento come sta accadendo, per esempio, in Spagna, Gran Bretagna e Germania;

    in Gran Bretagna, il cosiddetto «caro-bollette» ha portato il Governo ad attivare un sistema di alert di prezzo sul libero mercato come salvagente per quei clienti fedeli ad un fornitore che sarebbero così esposti a rincari eccessivi: lo strumento avvisa il consumatore dell'esistenza di offerte più convenienti. Si è poi pensato di prorogare la tutela di prezzo oltre la scadenza prevista, al fine di non lasciare il consumatore in balìa della tensione sui prezzi e di un mercato eccessivamente aggressivo;

    sarebbe opportuno, pertanto, anche nel nostro Paese, attuare misure che agiscano sulla fiscalità inerente alle bollette, ad esempio mediante una riduzione dell'imposta sul valore aggiunto sull'energia elettrica e sul gas (attualmente la media elettrica è 10 per cento e quella del gas il 15 per cento);

    si potrebbe inoltre proseguire sulla strada dell'utilizzo del maggior gettito derivante dalla vendita all'asta delle quote di anidride carbonica per calmierare i prezzi,

impegna il Governo:

1) a proseguire nell'utilizzo equilibrato del maggior gettito derivante dalla vendita all'asta delle quote di anidride carbonica per calmierare i prezzi delle bollette per cittadini e piccole e medie imprese, ferme restando le risorse destinate a interventi strutturali per la decarbonizzazione anche dei settori industriali manifatturieri;

2) ad adottare iniziative per introdurre, in questa fase emergenziale, nel prossimo provvedimento utile, un meccanismo volto ad abbattere il costo delle bollette di energia elettrica e gas, sia operando sugli oneri di sistema, sia mediante una riduzione dell'imposta sul valore aggiunto applicata oggi sul totale del costo finale del servizio, incluse le accise che già concorrono ad aumentare il prezzo finale;

3) ad adottare iniziative per attuare celermente il superamento del modello di riscossione degli oneri di sistema nella disponibilità ai venditori, previsto dalla legislazione vigente, al fine di garantire un sistema di finanziamento degli stessi efficace, equo e socialmente sostenibile, nonché per intervenire in sede europea per migliorare la normativa in tema di certificati ETS al fine di sostenere la ripresa economica italiana;

4) ad adottare iniziative per adeguare l'importo dei bonus sociali, anche prevedendo sistemi di compensazione economica, al fine di evitare un eccessivo aggravio dei costi per i clienti finali;

5) a verificare, per quanto di competenza, con adeguato e periodico monitoraggio che l'aumento dei prezzi finali delle bollette derivi effettivamente da aumento dei costi di produzione dell'energia.
(1-00510) (Nuova formulazione) «Davide Crippa, Patassini, Benamati, Squeri, Moretto, Baldini, Timbro, Sut».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Lollobrigida n. 1-00513, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 568 del 21 settembre 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    nel corso di un convegno tenutosi a Genova il 14 settembre 2021, il Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani ha anticipato che, nel corso del prossimo trimestre, si prevede un rincaro delle bollette dell'elettricità del 40 per cento, affermazione che ha destato grande allarme tra i cittadini e gli imprenditori, già fortemente provati dall'emergenza sanitaria e dalla crisi ad essa connessa;

    i rincari delle tariffe si verificano già da mesi e non riguardano solo l'Italia; per gli italiani il prezzo dell'energia elettrica, così come quello delle altre fonti energetiche, è cresciuto; da aprile 2020 ad agosto 2021 il prezzo dell'energia elettrica è aumentato da 16,08 a 22,89 centesimi di euro per kilowattora e nel trimestre giugno–agosto 2021, in particolare, i costi sono aumentati del 20 per cento, ma gli effetti sulle bollette sono stati di minore entità solo perché il Governo ha stanziato le risorse necessarie a contenere i rincari entro la soglia del 10 per cento;

    l'aumento dei prezzi è dovuto a svariati motivi contingenti: dalla carenza di materie prime ai costi della transizione green, ma anche ad alcune politiche poco lungimiranti degli ultimi Governi e al complesso delle relazioni internazionali che vengono instaurate, in particolare quelle dell'Unione europea con i Paesi terzi esportatori di materie prime per la produzione di energia;

    appare chiaro che vanno adottate misure strutturali di contenimento dei costi finali dei prodotti energetici, anche al fine di evitare la contrazione dei consumi che colpirebbe, in primis, le imprese del settore, con immediati effetti negativi sotto il profilo occupazionale, e di qui un rincaro generalizzato dei prezzi di tutti i prodotti i cui cicli produttivi siano energivori;

    come noto, con la sentenza n. 10 del 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale, dalla data della detta sentenza in poi, la cosiddetta Robin tax, in seguito alla questione di illegittimità costituzionale sollevata dalla commissione tributaria provinciale dell'Emilia-Romagna; in ragione della lettera della citata sentenza, l'eventuale costituzione di un fondo per la sostenibilità del sistema elettrico, finanziariamente alimentato da un onere economico aggiuntivo a carico delle imprese del settore energetico, non appare essere la soluzione percorribile per mitigare l'impatto negativo sul consumatore finale degli effetti derivanti dall'aumento della materia prima;

    con le riaperture post lockdown, molte aziende hanno ripreso le attività produttive determinando un aumento del fabbisogno di energia e ingenerando una maggiore domanda che ha fatto lievitare i prezzi delle materie prime: petrolio e gas naturale soprattutto, caratterizzati dalla difficile reperibilità in natura e dagli elevati costi di trasporto;

    dall'inizio della pandemia a oggi il prezzo del petrolio è aumentato del 200 per cento, mentre quello del gas naturale, nell'arco di un solo trimestre (da aprile a giugno 2021), è aumentato del 30 per cento;

    la nostra produzione energetica è retta al 40 per cento dal gas naturale; le principali provenienze di questa materia sono la Russia e alcuni giacimenti presenti nei Paesi Bassi e nel Mare del Nord; da diverso tempo, però, la Russia ha dirottato buona parte delle sue estrazioni ai Paesi del mercato asiatico e i giacimenti del Mare del Nord e dei Paesi Bassi sembrerebbero avere dei problemi, forse di esaurimento;

    è necessario ricordare, inoltre, che bisogna far fronte anche ai costi della transizione verde: le aziende hanno visto aumentare i costi dei permessi per la produzione di anidride carbonica, aumenti previsti dal Sistema per lo scambio delle quote di emissione (Ets-UE), il meccanismo di permessi e quote elaborato dall'Unione europea che ha fatto in modo che le autorità europee ne rilascino sempre di meno e a costi più elevati, al fine di spingere le aziende a decarbonizzare;

    l'impostazione europea di perseguire a tutti i costi la cosiddetta politica green, che sta avendo un effetto determinante sull'aumento delle bollette energetiche, rischia di risolversi in un aggravio inutile se poi le politiche d'importazione senza dazio agevolano Stati come la Cina, responsabile da sola di oltre il 22 per cento delle emissioni globali di anidride carbonica, a fronte del 6,4 per cento imputabile agli Stati membri dell'Unione europea;

    il 1° ottobre 2021 l'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente renderà noto l'aggiornamento delle tariffe secondo i costi di produzione e – come già annunciato dal Ministro Cingolani – è atteso un nuovo incremento dei costi, data la tendenza regolare da mesi;

    tali rincari secondo l'Unione nazionale consumatori, nell'ipotesi di prezzi costanti su base annua, comporteranno 56 euro in più per la luce e 158 euro in più per il gas e, quindi, una spesa complessiva di 214 euro in più all'anno a famiglia;

    appare non più procrastinabile una valutazione sulla possibilità di riformare in maniera strutturale la fiscalità relativa alle bollette dell'energia. Attualmente, infatti, l'imposta sul valore aggiunto su elettricità e gas applicata è in media, rispettivamente, del 15 e del 10 per cento,

impegna il Governo:

1) ad assumere le dovute iniziative di competenza volte a riformare la fiscalità afferente alle bollette energetiche, prevedendo una riduzione strutturale – e non una tantum, come avvenuto in precedenza – dell'imposta sul valore aggiunto e delle accise, eliminando anche l'applicazione dell'Iva sulle accise;

2) ad adottare iniziative per utilizzare il maggiore gettito derivante dalla vendita all'asta delle quote di anidride carbonica per ridurre l'aumento dei sopra menzionati costi nelle bollette;

3) a ricercare soluzioni alternative a quelle finora poste in essere per scongiurare l'aumento dei prezzi delle bollette, posto che occorrono non misure palliative ma strutturali, così da evitare nuovi aggravi economici per i nuclei familiari e le imprese italiane;

4) ad adottare iniziative progressive di contenimento del costo finale dei prodotti energetici – riducendo il peso fiscale delle accise e dell'Iva all'aliquota più bassa oggi consentita dalla normativa europea – senza introdurre nuove imposte o tasse per cittadini e imprese a copertura del minor gettito derivante, ma finanziando la diminuzione dell'introito fiscale complessivo dei prodotti energetici, rivedendo – se del caso – il sistema dei contributi a fondo perduto destinati ai soggetti pubblici e privati che non abbiano raggiunto i risultati attesi e a cui detti contributi sono stati erogati;

5) a perseguire idonee politiche, anche e soprattutto a livello europeo, volte ad evitare che la transizione green rechi effetti eccessivamente distorsivi del mercato energetico e, di conseguenza, vada a penalizzare aziende e famiglie;

6) a prevedere, con un'urgente iniziativa normativa, la differenziazione dell'Iva sui costi dell'energia in favore di alcuni territori, determinati in base alla loro localizzazione geografica, alle caratteristiche orografiche e agli indici di sviluppo.
(1-00513) (Nuova formulazione) «Lollobrigida, Meloni, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Molinari n. 1-00514, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 568 del 21 settembre 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 2 maggio 2017, Alitalia – Società Aerea Italiana s.p.a. è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, ai sensi del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, perché dotata – all'atto di presentazione dell'istanza – di un numero di dipendenti ed un indebitamento complessivo superiori alle soglie minime di legge;

    con il medesimo decreto ministeriale, alla luce della complessità della procedura di amministrazione straordinaria, è stata altresì disposta la nomina di un collegio di commissari straordinari, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 38, comma 2, e dell'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270;

    le medesime determinazioni sono state assunte per la società Alitalia Cityliner s.p.a. con il decreto del Ministro dello sviluppo economico del 12 maggio 2017;

    per sostenere la continuità dei complessi aziendali facenti capo ad Alitalia, lo Stato – nel periodo compreso tra maggio 2017 e gennaio 2020 – ha erogato ad Alitalia finanziamenti a titolo oneroso pari a complessivi 1,3 miliardi di euro;

    a causa della sopravveniente emergenza epidemiologica da COVID-19 e la contestuale crisi del trasporto aereo cui è andata incontro anche Alitalia, il Governo ha disposto – con l'articolo 79 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e con l'articolo 202 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 – la nazionalizzazione della medesima compagnia, destinando allo scopo 3 miliardi di euro, così decidendo di interrompere l'iter di cessione dei complessi aziendali sul mercato avviato nel marzo 2020 con la pubblicazione del bando;

    infatti, la nuova compagnia pubblica di trasporto aereo Ita è stata istituita giuridicamente con l'articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020, il quale ha anche stabilito al comma 4-bis che la «newco» predisponesse «un piano industriale di sviluppo e ampliamento dell'offerta» da sottoporre all'approvazione sia delle Commissioni parlamentari competenti per settore che della Direzione concorrenza della Commissione europea;

    l'articolo 202 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, è intervenuto sul citato articolo 79 con la finalità di perseguire l'obiettivo di assicurare il quadro normativo necessario al lancio di una società di mercato in totale discontinuità con Alitalia, al fine di garantire la creazione della nuova società su basi industriali solide e sostenibili e nel rispetto dell'ordinamento europeo, perché l'assenza anche solo di uno di questi due elementi ne avrebbe determinato l'insuccesso, rispettivamente, per ragioni di business o per motivi giuridici con effetti finanziari;

    con l'articolo 87 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 107, si interviene sulla costituzione della nuova società pubblica, specificando che, in sede di prima applicazione, è autorizzata la sua costituzione anche ai fini della elaborazione del piano industriale che dovrà essere sottoposto alle valutazioni della Commissione europea oltre che a quelle del Parlamento nazionale (per il tramite delle commissioni parlamentari competenti). Inoltre e sempre in sede di prima applicazione, fermo restando lo stanziamento dei 3 miliardi di euro già previsto dalla norma precedente, il capitale sociale della nuova società è individuato in 20 milioni di euro;

    in data 15 luglio 2021, la Commissione europea ha inviato alle istituzioni italiane una lettera nella quale ha valutato positivamente il piano industriale di Ita come modificato a seguito delle interlocuzioni avvenute; il giorno stesso il Ministero dell'economia e delle finanze ha annunciato la partenza operativa di Ita a far data dal 15 ottobre e il consiglio d'amministrazione della società ha approvato le nuove linee del piano industriale 2021-2025, sulla base di quanto discusso con la Commissione europea;

    il piano in questione prevede che la nuova società Ita procederà nell'immediato all'assunzione di 2.800 lavoratori, rispetto al totale dei 10.500 dipendenti di Alitalia, per arrivare progressivamente ad assorbire complessivamente, entro il 2025, 5.700 lavoratori;

    inoltre, secondo il piano, Ita potrà essere capitalizzata con 1,35 miliardi di euro, suddivisi in tre tranche di cui la prima pari a 700 milioni di euro; potrà partecipare alle gare che verranno bandite per il brand Alitalia, per l'attività di handling a Fiumicino (in posizione di maggioranza di una partnership con soggetti privati), per l'attività di manutenzione (in posizione di minoranza con una partnership con soggetti privati) e per le rotte di servizio pubblico, mentre non potrà partecipare alla gara del programma di loyalty (MilleMiglia); non potrà rilevare i biglietti prepagati emessi da Alitalia per il periodo successivo al 15 ottobre, data di avvio delle operazioni; potrà partire con 52 aerei (stessa dimensione del piano industriale di dicembre); in termini di slot, dato il principio di proporzionalità tra questi e la capacità di volo alla partenza, sul quale ci si è soffermati in precedenza, Ita potrà acquisire 175 slot giornalieri su Linate (circa l'85 per cento di quelli di Alitalia), 178 su Fiumicino (43 per cento) e quelli che volano sugli altri aeroporti coordinati in Italia e nell'Unione europea;

    tale situazione richiederebbe un intervento convinto da parte del Governo per assicurare una forma di tutela e di accompagnamento al reddito per tutti i lavoratori di Alitalia che non dovessero essere ricollocati entro la data del 2025;

    non lascia ben sperare l'annuncio dell'uscita da Assaereo da parte di Ita, finalizzata alla disapplicazione del contratto collettivo nazionale della categoria, uscita che si pone in aperto contrasto con la disposizione prevista dall'articolo 203 del decreto-legge 9 maggio 2020, n. 34, che prevede che i vettori aerei e le imprese che operano e impiegano personale sul territorio italiano e che sono assoggettati a concessioni, autorizzazioni o certificazioni previste dalla normativa Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) o, dalla normativa nazionale, nonché alla vigilanza dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) secondo le vigenti disposizioni, applicano ai propri dipendenti, con base di servizio in Italia ai sensi del regolamento (UE) n. 965/2012 della Commissione, del 5 ottobre 2012, trattamenti retributivi comunque non inferiori a quelli minimi stabiliti dal contratto collettivo nazionale del settore stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale;

    tale disposizione, che sostanzialmente riproduce per il settore aeroportuale la disciplina vigente da vent'anni nel settore portuale, è finalizzata ad uniformare la tutela dei lavoratori e quindi a tutelare le imprese come Alitalia dalle imprese che in questi anni hanno messo in atto iniziative di concorrenza sleale e dumping,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le iniziative di competenza affinché venga riaperto e si faccia ricorso al fondo «nuove competenze Anpal» per mantenere attive le certificazioni del personale Alitalia e tutelarne le professionalità;

2) a garantire, in qualità di azionista, l'impegno formale, in coerenza con il piano industriale della nuova società Ita, su cui le competenti Commissioni parlamentari hanno espresso parere favorevole, a partecipare ai prossimi bandi di gara per l'assegnazione dei rami dell'handling e della manutenzione garantendo la tutela dei livelli ocupazionali;

3) ad assicurarsi che venga applicato in modo rigoroso l'articolo 203 del decreto-legge 9 maggio 2020, n. 34, in materia di applicazione del contratto collettivo nazionale del settore aereo stipulato dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, da parte della nuova società Ita e da tutte le altre compagnie operanti nel nostro territorio;

4) ad adottare ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, al fine di assicurare l'estensione della cassa integrazione per tutti i lavoratori non riallocati, puntando per gli stessi sull'offerta formativa, valorizzandone l'esperienza mediante il ricorso a politiche attive del lavoro;

5) a garantire, in qualità di azionista, che la nuova società Ita non procuri, con eventuali atteggiamenti non collaborativi, disagi nei riguardi dei passeggeri detentori di titoli di viaggio Alitalia.
(1-00514) (Nuova formulazione) «Molinari, Rixi, Saltamartini, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Gastaldi, Gerardi, Germanà, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Mariani, Maturi, Micheli, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Snider, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zennaro, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: mozione Molinari n. 1-00511 del 20 settembre 2021.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:

  interrogazione a risposta scritta Lapia n. 4-05981 dell'11 giugno 2020;

  interrogazione a risposta scritta Varchi n. 4-09668 del 30 giugno 2021.

  interrogazione a risposta scritta De Filippo n. 4-09956 del 29 luglio 2021.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:

   interrogazione a risposta orale Zanettin n. 3-02463 del 26 agosto 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06709;

   interrogazione a risposta scritta Costa n. 4-10265 del 17 settembre 2021 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06707.