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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 3 dicembre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,

   premesso che:

    l'alopecia areata è una malattia autoimmune che attacca i follicoli piliferi e provoca la caduta parziale o totale dei capelli o peli; tale malattia colpisce sino al 4 per cento della popolazione, circa due milioni di italiani, e, sebbene non sempre irreversibile, condiziona negativamente la qualità della vita con risvolti fisici e psicologici molto importanti, tanto più se si considera che a essere colpiti sono soprattutto i più giovani (il 60 per cento ha meno di 30 anni);

    è una malattia causata da un errore del sistema immunitario, proprio come altre patologie autoimmuni: le nostre difese invece di proteggerci contro le infezioni si sbagliano, riconoscono capelli e peli come «nemici» e li fanno cadere;

    come spiegato dalla dottoressa Piraccini, consigliere SIDeMaST e professore associato in dermatologia presso il Dipartimento di medicina specialistica, diagnostica e sperimentale dell'Università di Bologna, «L'alopecia areata è una malattia a sé stante. Possono cadere non sono solo i capelli (in chiazze tonde o in modo totale), ma anche i peli del corpo, barba, sopracciglia e ciglia, congiuntamente o isolatamente. I problemi che ne derivano sono estetici, relazionali e funzionali: per esempio la perdita delle ciglia provoca grandi fastidi perché gli occhi non ricevono più protezione dalla luce, dalla polvere e dal vento. Idem per le sopracciglia, che hanno grande importanza nell'impedire che il sudore della fronte entri negli occhi. Spesso l'alopecia areata è un disturbo “temporaneo” e nelle forme lievi la ricrescita può avvenire senza alcun trattamento, generalmente entro un anno. Le forme croniche invece hanno poca possibilità di ricrescita con i trattamenti disponibili al momento»;

    l'alopecia areata non è una malattia indotta dallo stress, come spesso si tende a ritenere, minimizzandone la patogenesi autoimmune; per curare l'alopecia areata bisogna intraprendere un percorso di cura farmacologica, senza, ovviamente, trascurare gli aspetti psicologici, perché quando l'alopecia areata è grave può avere risvolti molto negativi sulla vita sociale, di coppia e lavorativa;

    come per l'alopecia provocata da trattamenti antitumorali, la caduta dei capelli per l'alopecia areata, oltre a generare, come detto, una sofferenza psicologica aggiuntiva, comporta un costo, anche oneroso e non sempre sostenibile per la persona malata, per l'acquisto di una parrucca;

    la qualità della vita, il ritorno al lavoro, la socialità dipendono, infatti, anche dalla parrucca che non può certo essere considerata un vezzo estetico, ma un vero e proprio presidio sanitario necessario, in particolare tra le donne e i bambini;

    il costo di una parrucca si aggira tra i 1.000 e i 3.000 euro e la sua durata è pari a 8-12 mesi, mentre per la protesi, cioè una parrucca realizzata ad hoc in base alle proprie esigenze e caratteristiche, il costo ammonta a circa 4.000 euro, cui vanno aggiunti i costi di manutenzione;

    attualmente, la spesa per l'acquisto della parrucca può essere detratta fiscalmente al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi, ma soltanto se conseguente a cure chemioterapiche effettuate per curare un tumore;

    l'Emilia Romagna è la prima regione italiana ad avere riconosciuto l'alopecia areata come patologia autoimmune cronica e invalidante con agevolazioni fiscali sull'acquisto di parrucche e protesi,

impegna il Governo,

   ad adottare iniziative per riconoscere l'alopecia areata quale patologia cronica da inserire nei livelli essenziali di assistenza (Lea) e nel Patto per la salute;

   ad adottare iniziative per prevedere la detraibilità fiscale di tutte le spese sostenute per l'acquisto di protesi e per i trattamenti di dermopigmentazione dei soggetti affetti da alopecia areata.
(7-00764) «Bellucci, Deidda, Gemmato».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   a 17 anni dall'introduzione nel codice civile, con la legge 9 gennaio 2004, n. 6, della figura dell'amministratore di sostegno, all'epoca presentata come una forma di tutela giuridica più blanda ed elastica rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, essa è diventata, in molti casi, uno strumento attraverso il quale è possibile limitare fortemente la libertà e violare i diritti dei diretti interessati cosiddetti «beneficiari»;

   nel corso degli anni si sono verificati molteplici casi di «mala gestio», segnalati sia dagli organi di stampa, che dalle testimonianze degli amministrati o dei loro familiari, ed è emerso un notevole malcontento sull'operato di un numero sempre crescente di amministratori di sostegno;

   si è venuta a instaurare la tendenza da parte dell'amministratore di sostituirsi completamente al «beneficiario», nonostante ciò non sia previsto dalla legge;

   si assiste all'emanazione, da parte dei giudici tutelari, di decreti che conferiscono «ampi poteri» agli amministratori di sostegno, spesso estranei alla famiglia, in cui si prevede, oltre alla gestione del patrimonio, anche il consenso informato ai trattamenti sanitari, ai ricoveri, agli esami diagnostici e altro, spesso in presenza di soggetti assolutamente capaci di esprimere un giudizio, parere, consenso o dissenso;

   è stato constatato che l'utilizzo concreto dello strumento gestionale dell'istituto dell'amministrazione di sostegno si esprime spesso sotto forma di mera costrizione della persona sottoposta a tutela, sovente senza possibilità di replica, dato che, quasi sempre, i giudici tutelari si interfacciano esclusivamente con gli amministratori, i sanitari e i servizi sociali, escludendo anche i familiari, quando definiti «non collaboranti»;

   sussistono nella legge vigente incongruenze logico-giuridiche che consentono anche di utilizzarla come una sorta di strumento di interdizione impropria su qualsiasi soggetto debole, estendendo infatti smisuratamente le categorie di persone sottoponibili al provvedimento, nella parte in cui si stabilisce che il giudice tutelare possa sottoporre ad amministrazione di sostegno, su richiesta o segnalazione, la persona afflitta da una «infermità o menomazione fisica o psichica» che la renda «anche solo parzialmente e temporaneamente», impossibilitata a provvedere ai suoi interessi;

   la legge non offre la minima certezza giuridica sulla tipologia e sul grado dell'infermità e dell'incapacità necessarie e sufficienti a limitare le libertà della persona, sottoponendo la vita di un qualsiasi soggetto fragile, e i suoi beni, a un amministratore di sostegno, che, molto spesso, si sostituirà alla volontà del soggetto, negandone così il diritto costituzionale ad autodeterminarsi nel rispetto delle leggi vigenti;

   attraverso prassi ormai consolidate dai presupposti legislativi dalle maglie molto ampie, l'istituto dell'amministrazione di sostegno può dare origine a veri e propri abusi che il giudice tutelare ha il potere e l'obbligo di impedire, tramite la verifica delle relazioni periodiche degli amministratori, ma, nel concreto, non ha né il tempo né i mezzi per farlo e finisce per autorizzare o lasciar compiere anche operazioni «opache»;

   la relazione del Garante nazionale per i diritti delle persone private della libertà personale, anno 2020 (La Persona Tutelata) ha chiaramente espresso che: «Spesso, si concretizza il rischio che lo strumento giuridico della tutela possa paradossalmente diventare “garanzia” di esclusione della persona, certamente fragile, ma non per questo incapace di comprendere la sua vita e le decisioni che la riguardano, trovandosi così, suo malgrado e nonostante le previsioni delle norme sovranazionali, a essere sottratta a una vita libera»;

   la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità cosiddetta (Crpd), sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007 e ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18, all'articolo 12 riconosce a tali persone piena capacità giuridica, ne sancisce «pari riconoscimento davanti alla legge» e stabilisce che il supporto al processo decisionale venga effettuato nel rispetto della loro volontà e delle loro preferenze;

   sovente, il potenziale «beneficiario» non viene ascoltato, così svilendo la ricerca e la valorizzazione delle sue preferenze che dovrebbero essere perseguite — all'opposto — anche nel caso di opposizione alla nomina di un amministratore di sostegno, di situazioni di «conflitto» familiare, nonché di limitata o assente capacità di comunicazione del «beneficiario» stesso;

   tutto ciò evidenzia una situazione di forte contraddittorietà rispetto ai diritti fondamentali della persona che deve, quanto prima, trovare soluzione –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, di carattere normativo intenda intraprendere per evitare che dalla legge n. 6 del 2004 continuino a derivare in sostanza effetti di ulteriore menomazione, limitazione personale e violenza psicologica nei confronti dei soggetti deboli e/o delle loro famiglie, al fine di consentire il rispetto della legalità internazionale e nazionale.
(2-01387) «Barelli, D'Attis».

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREUZZA, BADOLE, BAZZARO, BISA, BITONCI, COIN, COLMELLERE, COMENCINI, COVOLO, FANTUZ, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, GIACOMETTI, LAZZARINI, MANZATO, PAOLIN, PATERNOSTER, PRETTO, RACCHELLA, STEFANI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO e ZORDAN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   nell'agosto 2021 la Giunta regionale del Veneto ha approvato il «Piano di sviluppo Strategico» finalizzato all'istituzione della «Zona logistica semplificata porto di Venezia-Rodigino», in ossequio a quanto previsto dall'articolo 1, commi 61-65, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 12 del 2018;

   il suddetto piano è frutto della collaborazione tra attori istituzionali regionali e locali, nonché del coinvolgimento dei principali soggetti rappresentativi delle parti sociali attivi sul territorio interessato, che comprende l'area del Porto di Venezia e alcuni territori del Polesine ad esso funzionalmente collegati;

   al fine di approfondire e dare seguito agli aspetti tecnici connessi alla creazione della Zona logistica semplificata (Zls) che interessa le aree del comune di Venezia e della Provincia di Rovigo, con deliberazione della Giunta regionale n. 550 del 5 maggio 2020 è stato istituito il «Tavolo tematico zona logistica semplificata Porto di Venezia-Rodigino», a sua volta coadiuvato da un gruppo di lavoro tecnico coordinato dal direttore dell'area politiche economiche, capitale umano e programmazione comunitaria;

   oltre alla Città metropolitana di Venezia, i comuni della provincia di Rovigo interessati alla Zls sono: Bagnolo di Po, Bergantino, Calto, Canaro, Castelmassa, Castelnuovo Bariano, Ceneselli, Ficarolo, Flesso Umbertiano, Galba, Melara, Occhiobello, Polesella, Stienta, Trecenta e Salara;

   il «Piano di sviluppo strategico» è stato allegato alla formale richiesta di istituzione della Zona logistica semplificata (Zls) porto di Venezia-Rodigino che il Presidente della regione Veneto ha inviato al Presidente del Consiglio dei ministri; le stime indicate nel Piano riportano, per le aree interessate, un aumento della produzione di investimenti economici pari a 2,4 miliardi di euro, un aumento di 177 mila posti di lavoro, un incremento dell'export del traffico portuale dell'8,4 per cento, finalizzato a valorizzare una vasta area che va dal Porto di Venezia fino al retroporto nel territorio della provincia di Rovigo;

   come sottolineato dal presidente della regione Veneto, l'istituzione della Zona logistica semplificata rappresenta un'occasione unica di potenziale volano di sviluppo del sistema industriale, in grado di tradursi in un importante strumento attrattore di investimenti e capitali, con grandi prospettive di aumento dei posti di lavoro, in linea con le sfide che la Regione Veneto deve affrontare per reagire alle conseguenze dell'emergenza epidemiologica ancora in corso;

   inoltre, l'istituzione di una Zls focalizzata nell'area del Porto di Venezia risulta perfettamente complementare alle iniziative attivate per effetto del riconoscimento del territorio del comune di Venezia quale area di crisi industriale complessa (decreto del Ministro dello sviluppo economico 8 marzo 2017);

   occorre avviare immediatamente la fase di negoziazione per l'istituzione della Zls, allo scopo di garantire l'attivazione degli investimenti in tempi brevi e non far perdere all'area interessata un'occasione unica di sviluppo –:

   quale sia l'iter del procedimento di istituzione della «Zona logistica semplificata Porto di Venezia-Rodigino» e quali siano i tempi previsti e se il Governo non intenda adottare tutte le opportune iniziative di competenza per abbreviare la conclusione del procedimento.
(4-10874)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   un recente decreto-legge ha previsto, dal 15 dicembre 2021, l'estensione dell'obbligo vaccinale anche a personale militare;

   l'estensione di tale obbligo ai militari comporta una necessaria riflessione in merito alle conseguenze retributive e previdenziali dovute a eventuali conseguenze da evento avverso a seguito di vaccinazione obbligatoria anti-Covid;

   è noto che lo status di militare o di appartenente alle Forze di polizia e Forze armate preveda, fra le altre cose, il possesso dei requisiti di totale integrità psico-fisica;

   tali requisiti potrebbero essere compromessi dagli effetti avversi derivanti dall'inoculazione dei vaccini anti Covid-19 come documentato a livello scientifico nell'ambito dei fogli informativi che accompagnano i sieri vaccinali;

   esiste, quindi, il pericolo astratto che, a seguito della somministrazione degli stessi, una percentuale di personale possa perdere temporaneamente o permanentemente l'idoneità al servizio a seguito della prima vaccinazione o dei successivi richiami obbligatori per legge;

   inoltre, esiste anche una possibilità statistica di decesso;

   sfogliando i foglietti informativi dei vaccini anti-Covid è possibile individuare eventi avversi registrati come paresi temporanea del lato del viso (paralisi di Bell), miocardite, pericardite, trombosi all'orecchio interno e agli occhi, insufficienza cardiaca, insufficienza renale, emofilia o ischemie di vario genere;

   da questi effetti collaterali potrebbe astrattamente derivare un'inabilità al servizio con conseguenti ripercussioni, non solo sul piano fisico, ma anche lavorativo e conseguentemente reddituale;

   in particolare, nell'ambito delle forze armate e di polizia, i deficit fisici anche lievi pregiudicano l'idoneità fisica del soggetto così come richiesta dalla normativa di riferimento per lo svolgimento dell'attività di servizio e, molto spesso, culminano con la conseguente messa in congedo dello stesso;

   giova ricordare che l'integrità fisica degli operatori del comparto sicurezza-difesa può essere compromessa sia a seguito di attività di servizio comandata, come per esempio dopo uno scontro a fuoco o un incidente nel corso di un inseguimento, sia da altra causa rientrante nella quotidianità della vita. Soltanto nel primo dei due casi indicati si applicano le tutele economiche e previdenziali della cosiddetta «causa di servizio»;

   a giudizio dell'interrogante la richiesta di ottemperare alla vaccinazione obbligatoria costituisce un ordine impartito dalle superiori gerarchie in forza di una norma;

   pertanto, occorre interrogare il Governo su quali siano i propri intendimenti per far fronte all'eventuale perdita dei requisiti di idoneità fisica a seguito di conseguenze avverse da vaccinazione obbligatoria del personale militare –:

   come il Governo intenda trattare eventuali casi di inidoneità al servizio derivanti da affetti avversi da vaccinazione Covid-19 e, segnatamente, se intenda adottare iniziative per estendere agli interessati le tutele stipendiali e previdenziali della cosiddetta «causa di servizio»;

   se la mancata ottemperanza all'obbligo vaccinale comporti anche la decadenza dagli obblighi derivanti dalle qualifiche di polizia di sicurezza, di polizia amministrativa e di polizia giudiziaria e dalle relative indennità, nonché se comporti anche la restituzione temporanea dell'arma in dotazione personale.
(4-10885)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   AMITRANO e NAPPI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   la Corte di cassazione è intervenuta più volte in materia di convenzioni contro le doppie imposizioni per i lavoratori italiani operanti all'estero e, in particolare, con sentenza n. 10348 del 10 luglio 2003 in tema di «sgravio fiscale maggiore», con sentenza n. 14476 del 15 luglio 2016, nella quale si è occupata di tassazione dell'indennità di fine rapporto di un cittadino residente in Svizzera ma dipendente delle Ferrovie italiane, e con sentenza n. 24112 del 13 ottobre 2017 con la quale ha chiarito che, secondo la convenzione tra Italia e Regno unito, «i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente in uno Stato contraente riceve in corrispettivo di una attività dipendente sono imponibili solo in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato»;

   le convenzioni internazionali, così come le altre norme internazionali pattizie, rivestono carattere di specialità rispetto alle corrispondenti norme nazionali e quindi prevalgono su queste ultime;

   per ciò che concerne le convenzioni bilaterali in materia di doppia imposizione, esse hanno la funzione di dettare norme internazionali di conflitto, al fine di eliminare le sovrapposizioni dei sistemi fiscali nazionali;

   l'Agenzia delle entrate continua a emettere avvisi di accertamento nei confronti dei lavoratori italiani che, seppur residenti in Italia, hanno pagato le imposte sul reddito in Francia dove hanno regolarmente svolto attività di lavoratori dipendenti in modo continuativo per un anno;

   in caso di doppia residenza la situazione è disciplinata dalla Convenzione Italia- Francia che è norma speciale e dunque prevalente rispetto alla regola generale ove più favorevole al contribuente e fa riferimento al criterio di «soggiorno abituale» del lavoratore –:

   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere al fine di chiarire gli aspetti di cui in premessa e se non ritenga opportuno, anche attraverso il coinvolgimento dell'Agenzia delle entrate, valutare ulteriori iniziative volte a garantire il rispetto degli accordi e delle convenzioni internazionali nell'interesse dei lavoratori e delle lavoratrici che, a oggi, si vedono ingiustamente attribuire una duplice applicazione delle norme tributarie dei singoli Stati.
(4-10878)


   MAGLIONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il Comune di Benevento, con deliberazione consiliare n. 1, dell'11 gennaio 2017, ha dichiarato lo stato di dissesto finanziario ai sensi dell'articolo 244 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (Tuoel), approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni e integrazioni;

   con decreto del Presidente della Repubblica in data 3 febbraio 2017, è stata nominata la commissione straordinaria di liquidazione per l'amministrazione della gestione e dell'indebitamento pregresso, nonché per l'adozione di tutti i provvedimenti per l'estinzione dei debiti dell'Ente;

   in data 9 febbraio 2017, il citato decreto presidenziale è stato formalmente notificato ai componenti dell'organo straordinario di liquidazione, formalmente insediato con deliberazione n. 1 del 14 febbraio 2017;

   l'organo straordinario di liquidazione ha potere di accesso a tutti gli atti dell'ente locale, e può utilizzare il personale ed i mezzi operativi dell'ente locale ed emanare direttive burocratiche e quindi l'ente locale è tenuto a fornire, a richiesta dell'organo straordinario di liquidazione, idonei locali ed attrezzature, nonché il personale necessario;

   l'organo straordinario di liquidazione può auto-organizzarsi e, per motivate esigenze, dotarsi di personale, acquisire consulenze e attrezzature, le quali, al termine dell'attività di ripiano dei debiti, rientrano nel patrimonio dell'ente locale;

   in data 15 settembre 2021, l'organo straordinario di liquidazione ha inviato una relazione al Ministero dell'interno nella quale sostiene di non aver ricevuto dal Comune di Benevento la necessaria collaborazione per accertare debiti e crediti e quindi provvedere a versare il dovuto ai tanti cittadini che da cinque anni aspettano il pagamento per lavori effettuati, servizi resi o incarichi professionali;

   i consiglieri appartenenti all'area di «Alternativa per Benevento» hanno sottoscritto un esposto indirizzato al Ministero dell'interno, alla prefettura, alla Corte dei conti e al Collegio dei revisori dei conti del Comune circa la suddetta relazione della commissione straordinaria di liquidazione e nel suddetto esposto si afferma che i rilievi contenuti nella Relazione, per come circostanziati, risultano particolarmente significativi e, per certuni aspetti, addirittura allarmanti. Con particolare riguardo alle maggiori entrate tributarie e al relativo mancato trasferimento all'organismo straordinario di liquidazione, la commissione straordinaria di liquidazione ha ritenuto di evidenziare quanto di seguito testualmente riportato: «Sono stati mandati in pagamento gli accertamenti relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016 (...) Tuttavia, nonostante si sia in possesso di carte contabili da cui poter desumere gli importi incassati da parte dell'Ente per conto dell'Osl non vi è stato alcun trasferimento di somme né tampoco vi sono evidenze contabili dai bilanci da cui poter desumere quanto incassato. (...) Dall'esame della documentazione pubblicata non emergono partite creditorie da trasferire all'Osl nonostante non vi sia dubbio alcuno che gli incassi, anche per conto dell'Osl, siano stati incamerati dall'Ente; ciò che ha destato preoccupazione, peraltro non infondata, è la mancata rappresentazione contabile nel rendiconto di gestione di tali somme che lascerebbero intendere che alcuna somma verrà versata nelle casse dell'Osl. (...) Ne consegue che gli introiti incamerati sul conto di Tesoreria dell'Ente, ma relativi a competenze dell'Osl, non vengono evidenziati ancorché si ha fondato motivo di ritenere il loro incameramento nelle casse del Comune di Benevento. (...)»;

   è di queste ore la notizia della riportata dalla stampa locale che Ricciardi, Giunta e Gaudiano, componenti dell'organismo, abbiano rassegnato le proprie dimissioni e che quindi il Ministero dell'interno dovrà provvedere a trovare altri funzionari per sostituirli –:

   se siano a conoscenza della situazione descritta in premessa e se e quali iniziative di competenza intendano adottare, ove venga accertata la rispondenza della situazione di fatto a quanto rappresentato in premessa.
(4-10882)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   SGARBI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il procuratore Luigi Patronaggio, in carica dall'ottobre 2016 quale procuratore capo di Agrigento, ha presentato alla questura di Agrigento una querela per stalking nei confronti dei noti avvocati Giuseppe Arnone e Daniela Principato, ritenendosi vittima da parte dei medesimi di tale reato nonché di ulteriori altri reati;

   nella denuncia per stalking il Patronaggio ricostruisce lo scontro con l'Arnone, in particolare, scaturito a seguito dell'arresto in carcere del medesimo avvocato Arnone ottenuto dal procuratore Patronaggio il 12 novembre 2016, arresto annullato poi dal tribunale del riesame il 29 novembre 2016;

   il Patronaggio, in ordine all'arresto in carcere dell'Avvocato Arnone, poi annullato, è stato escusso dalla Commissione parlamentare antimafia e per tali dichiarazioni, ritenute dall'Arnone mendaci e false, risulta esser stato querelato dall'Arnone medesimo;

   la denunzia per stalking contro gli avvocati Arnone e Principato è stata presentata il 14 agosto 2020, immediatamente dopo la diffusione nelle librerie di Agrigento, avvenuta il 13 agosto 2020, del volume «Sette contro due», autore l'avvocatessa Principato, ove veniva ricostruito lo scontro tra Luigi Patronaggio e l'avvocato Giuseppe Arnone;

   la Commissione antimafia si è interessata all'arresto in carcere dell'avvocato Arnone in quanto già dal 2013 numerosi collaboratori di giustizia avrebbero riferito alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo in ordine ai progetti omicidiari in danno di Arnone, discussi all'interno di «cosa nostra» in relazione all'impegno del medesimo; di recente, all'inizio del 2021, sarebbero emerse conferme anche di fronte al tribunale di Agrigento, da parte di un collaboratore di giustizia, circa progetti omicidiari dovuti al fatto che l'Arnone risulta essere ritenuto un politico incorruttibile e inavvicinabile, che crea notevoli problemi soprattutto agli interessi della mafia in materia di appalti;

   nel febbraio 2021 il Procuratore Patronaggio risulta aver trasmesso una nota circostanziata al prefetto di Agrigento e alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, al fine di adottare misure di garanzia rispetto all'incolumità di Arnone e al suddetto rischio omicidiario;

   il 26 marzo 2021 il medesimo Procuratore della Repubblica Patronaggio, ad avviso dell'interrogante violando giuridicamente il dovere di astensione ed entrando in contraddizione logica con la sua nota a tutela di Arnone del febbraio 2021, si attivava per richiedere al magistrato di sorveglianza di Agrigento la declaratoria di delinquenza abituale nei confronti dell'avvocato Giuseppe Arnone;

   ad avviso dell'interrogante, può costituire una circostanza rilevante, sul piano disciplinare e della violazione del dovere di astensione, l'avere adottato nei confronti dell'avvocato Giuseppe Arnone, in pendenza di una controversia con il medesimo, i provvedimenti e gli atti sopra indicati, finalizzati alla declaratoria di delinquenza abituale dell'Arnone e alla detenzione in carcere per la pena relativa a una condanna per diffamazione; a ciò va aggiunta la rilevante anomalia, per quanto consta all'interrogante senza precedenti e tale da presentare caratteri di abnormità, che nel procedimento penale in cui l'avvocato Arnone è indagato per calunnia il procuratore Patronaggio risulti contestualmente titolare del fascicolo e parte offesa;

   appare peraltro all'interrogante indiscutibile e particolarmente anomalo lo stridente contrasto tra le iniziative a tutela dell'incolumità dell'Arnone per il suo impegno antimafia e le sopracitate iniziative per far dichiarare lo stesso Arnone delinquente abituale e fargli scontare in carcere una condanna per il reato di diffamazione, sostanzialmente di natura politica;

   i fatti sopra riassunti sono puntualmente ricostruiti e documentati in un esposto inviato dall'Arnone al Ministro interrogato, esposto al quale sono allegati appunto tutti i documenti sopra indicati, documenti che sono dunque nella disponibilità del Ministro interrogato e dei suoi uffici –:

   se il Ministro interrogato non intenda valutare se sussistano i presupposti per adottare iniziative ispettive in relazione a quanto esposto in premessa, anche ai fini dell'eventuale promozione dell'azione disciplinare.
(4-10887)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   il programma di abbattimento di barriere architettoniche e di riqualificazione delle stazioni ferroviarie italiane, denominato «500 stazioni», aveva previsto nel corso del 2020 lo svolgimento di tali lavori nella stazione ferroviaria di Savigliano (Cuneo):

   il direttore territoriale produzione di Rete ferroviaria italiana, ingegner Filippo Catalano, ha reso noto negli scorsi mesi che, a causa, da un lato della pandemia da COVID-19, dall'altro di un rallentamento nell'erogazione dei fondi ministeriali dedicati al programma «500 stazioni», l'intervento inizialmente spostato al 2021, è stato rinviato al 2022;

   il consiglio comunale di Savigliano, attraverso un ordine del giorno approvato all'unanimità, ha nuovamente sollecitato Rfi sull'urgenza dell'intervento, poiché, allo stato attuale, solo uno dei tre binari della stazione è accessibile per persone con disabilità motorie;

   il programma «500 stazioni» di Rete ferroviaria italiana (Rfi) prevedeva in particolare: un intervento di abbattimento delle barriere architettoniche, con l'installazione di un ascensore, la riqualificazione dell'illuminazione, della segnaletica e delle comunicazioni al pubblico, l'innalzamento dei marciapiedi a 55 centimetri dal piano dei binari, la riqualificazione dei sottopassaggi pedonali, la realizzazione di nuove rampe di accesso ai binari, l'attivazione di ascensori, l'installazione di percorsi e mappe tattili per persone cieche, la realizzazione di nuove pensiline e la riqualificazione di quelle esistenti;

   quale sia lo stato di avanzamento sul territorio nazionale del programma «500 stazioni»;

   quali ostacoli finanziari abbiano causato lo slittamento dei lavori della stazione di Savigliano dal 2020 al 2022;

   quali iniziative di competenza intenda adottare per l'abbattimento delle barriere architettoniche nella stazione di Savigliano (Cuneo) e per l'efficace e spedito proseguimento del programma «500 stazioni» su tutto il territorio nazionale.
(4-10877)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nella provincia di Reggio Emilia una cinquantina di richiedenti asilo, su un totale di 800/900, avendo trovato un'occupazione regolare hanno perso i requisiti dell'accoglienza e, quindi, l'assegno giornaliero di 34,80 euro con cui le cooperative sociali fornivano loro vitto, alloggio e pocket money per le piccole spese;

   la prefettura locale, che ha compiuto i controlli a partire dal mese di agosto 2021 per periodi anche molto antecedenti l'inizio di attività lavorative o prestazioni saltuarie da parte dei richiedenti asilo, ha chiesto loro la restituzione degli arretrati, arrivando a chiedere somme che oscillano tra i 20 e i 50 mila euro, che i debitori non possono certamente pagare dal momento che è sufficiente superare il reddito annuo di 5.983,64 euro lordi, corrispondente all'assegno sociale minimo, per essere esclusi dal progetto d'accoglienza e dal relativo sussidio;

   anche con pochi mesi di lavoro precario e mal retribuito, ma regolare, si supera facilmente tale limite incappando nella tagliola che in primo luogo determina la perdita dell'alloggio. Tale sistema finisce per incentivare il lavoro nero, il sovraffollamento in abitazioni abusive o senza un valido contratto di locazione, l'illegalità e il degrado nei territori;

   numerose associazioni del territorio, insieme alle cooperative sociali direttamente impegnate nei progetti di accoglienza straordinaria, hanno denunciato tale situazione che costringe i migranti a ritrovarsi senza un alloggio e a ripagare il costo intero del progetto di accoglienza e non solo il pocket money e il vitto direttamente versato al beneficiario;

   tale provvedimento a carico dei richiedenti asilo che avrebbero perso i requisiti dell'accoglienza è stato deciso in base all'articolo 23 del cosiddetto decreto accoglienza che prevede tra i requisiti che determinano la revoca delle condizioni di accoglienza l'accertamento da parte del prefetto della disponibilità da parte del richiedente di mezzi economici sufficienti;

   l'articolo 14 dello stesso decreto prevede che la valutazione dell'insufficienza dei mezzi di sussistenza che dà diritto allo Spras è effettuata con riferimento all'importo annuo dell'assegno sociale;

   tale normativa, a parere dell'interrogante, penalizza proprio coloro che sono riusciti a integrarsi meglio nella società; sono quei casi nei quali i progetti d'accoglienza sono andati a buon fine;

   la perdita dell'alloggio poi rappresenta un grande problema per gli stranieri che restano in Italia perché trovare un alloggio o una casa in affitto è sempre più difficile vista anche l'emergenza abitativa che si vive in molte città italiane, Reggio Emilia inclusa, e la prefettura di Reggio Emilia non ha avuto esitazioni nel mettere alla porta chi ha deciso di costruirsi una vita in quella città, creando le premesse per nuove povertà abitative;

   a parere dell'interrogante, il richiedente asilo dovrebbe poter uscire dal progetto di accoglienza solo nel momento in cui gli sia possibile avere una sistemazione abitativa adeguata e sicura e la limitazione delle misure assistenziali dovrebbe essere graduale, in linea con l'orientamento dell'Unione europea che si pone fra i suoi obiettivi che nessuno debba lasciare un'istituzione (in questo caso la struttura di accoglienza) senza che gli sia offerto un alloggio adeguato –:

   quali iniziative di carattere normativo intenda adottare affinché venga previsto un percorso di accompagnamento all'uscita dai sistemi di accoglienza individuato in base ai bisogni e alle risorse di ognuno, affinché il richiedente asilo esca dal progetto in modo graduale e solo nel momento in cui gli sia possibile avere un alloggio adeguato e sicuro;

   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché si giunga alla sospensione immediata delle ingiunzioni di pagamento di cui in premessa.
(4-10879)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da quanto si apprende Rehinard Doring Falkenberg, cittadino tedesco di 75 anni arrestato il 22 settembre 2021 a Forte dei Marmi, su mandato di cattura internazionale spiccato dal Cile, che lo accusa di aver commesso efferati delitti durante il regime di Pinochet, è tornato libero a causa di un evidente difetto di comunicazione tra la Corte d'appello di Firenze e la Questura di Lucca;

   Falkenberg nel frattempo è rientrato in Germania nella sua casa nella Renania settentrionale dopo essere stato detenuto dal 22 settembre al 18 novembre nel carcere di Lucca e poi, per motivi di salute sottoposto alla misura dell'obbligo di firma giornaliero in questura;

   il termine per la presentazione della domanda di estradizione da parte del Cile scadeva il 22 novembre e l'istanza sarebbe arrivata in tempo utile, il 19 novembre;

   alle 17 del 22 novembre i giudici della Corte di appello di Firenze hanno prorogato la validità della misura dell'obbligo di firma a carico di Falkenberg, ma la Questura di Lucca alle 13,45 dello stesso giorno aveva già comunicato all'interessato la cessazione delle restrizioni per scadenza dei termini cautelari. Tale vuoto di tre ore avrebbe permesso a Falkenberg di tornare in Germania; in Cile Falkenberg è accusato, tra l'altro, del sequestro del fotografo italo-cileno Juan Maino Canales. Maino fu sequestrato a 27 anni insieme a due colleghi e amici, dagli agenti della Dina, la polizia segreta cilena e i tre non fecero più ritorno;

   dopo il rapimento il fotografo fu trasferito nella «Colonia Dignitad», conosciuta anche come «Villa Baviera» e trasformata ai tempi di Pinochet in un centro di tortura e sterminio degli oppositori politici;

   in quel periodo Falkenberg sarebbe stato uno dei dirigenti della Colonia, fondata nel 1961 da emigrati tedeschi guidati da un ex medico delle SS, e sarebbe stato uno dei pochi a essere in contatto diretto con agenti della polizia segreta cilena;

   Falkenberg in Cile è considerato tra i dieci criminali più pericolosi;

   a parere dell'interrogante è assolutamente comprensibile lo sdegno dell'opinione pubblica cilena e dei familiari delle vittime torturate durante la dittatura di Pinochet contro lo Stato italiano a causa della fuga del settantacinquenne tedesco che negli anni del regime di Pinochet si è macchiato di orrendi delitti;

   quanto accaduto risulta all'interrogante grave e paradossale e dovrebbe condurre, oltre a fornire le dovute scuse ai cileni e ai parenti delle vittime del regime di Pinochet, ad appurare immediatamente le cause che hanno portato alla liberazione di Falkenberg nelle stesse ore in cui la Corte di appello provvedeva alla proroga dell'obbligo di firma –:

   se i Ministri interrogati non intendano, per quanto di competenza, promuovere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari della Corte di appello di Firenze e presso la questura di Lucca al fine di fare piena luce sui fatti e sulle responsabilità che hanno determinato la possibilità del rientro in Germania di Rehinard Doring Falkenberg già sottoposto a misure cautelare in Italia e in attesa di richiesta di estradizione da parte delle autorità cilene.
(4-10880)


   PERCONTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   l'operazione «Waterloo» condotta dai carabinieri dal reparto Operativo di Agrigento – come riportato a mezzo stampa in data 23 giugno 2021 — ha condotto gli inquirenti, dopo 4 anni di indagini, ad eseguire «una serie di misure cautelari personali per associazione a delinquere (...) finalizzata alla commissione di delitti contro la Pubblica amministrazione, frode in pubbliche forniture, furto, ricettazione, reati tributari, societari e in materia ambientale. (...) Al centro della vicenda, la società per azioni Girgenti Acque, gestore unico del servizio idrico integrato della provincia di Agrigento, destinataria di certificazione interdittiva antimafia nel novembre del 2018. (...). Le indagini della Procura della Repubblica di Agrigento (...) hanno permesso di accertare l'esistenza di una associazione a delinquere che operava in seno alla Governance della società Girgenti Acque S.p.a.»;

   nel novembre 2018, il Prefetto di Agrigento, aveva difatti adottato una certificazione antimafia interdittiva nei confronti della Società «Girgenti Acque S.p.A.» e successivamente nell'aprile 2019 anche nei confronti della Società Hydortecne S. r. l. (il cui socio unico è per l'appunto Girgenti Acque s.p.a.) ritenendo che l'intensità, la continuità e la rilevanza dei collegamenti e dei vincoli associativi esistenti tra le due compagini trovassero ragion d'essere nella volontà della società «madre» di perseguire finalità illecite attraverso la «filiazione» Hydortecne;

   a seguito dell'emanazione dei suddetti provvedimenti interdittitvi, il prefetto, in considerazione della necessità di garantire senza soluzione di continuità le funzioni ed i servizi pubblici indifferibili relativi all'erogazione dell'acqua e alla raccolta e depurazione dei reflui nei ventisette comuni interessati – previa acquisizione del parere positivo, da parte dell'autorità nazionale anticorruzione, sull'opportunità di disporre le misure previste dall'articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014 nei confronti della citate società – ha nominato dei commissari per la straordinaria e temporanea gestione delle medesime società;

   i commissari straordinari, al fine di garantire il ripristino della funzionalità degli impianti fognari prima di competenza della Girgenti Acque s.p.a., hanno affidato i lavori di manutenzione delle reti idriche e fognanti a numerose aziende agrigentine, le quali a loro volta – dovendo fornire nell'immediatezza mezzi e manodopera, così da garantire la continuità del servizio pubblico, hanno messo in atto notevoli investimenti;

   nel 2021, a seguito della dichiarazione di fallimento da parte del Tribunale di Palermo delle due società siciliane, le imprese che hanno fornito alla gestione commissariale i propri servizi successivamente alla data di dichiarazione di insolvenza, si sono trovate nell'impossibilità di insinuarsi nel passivo del fallimento. Ragion per cui, le imprese fornitrici di beni e servizi incaricate dalla gestione commissariale, risultano a tutt'oggi creditrici per le prestazioni e gli interventi effettuati, in esecuzione di formale affidamento, nel periodo compreso tra il 16 marzo 2021 e il 2 agosto 2021;

   gli imprenditori agrigentini coinvolti nei fatti suddetti, a fronte del legittimo affidamento sulla gestione commissariale nominata dalla Prefettura di Agrigento, la quale aveva fornito le dovute rassicurazioni sulla regolarità dei pagamenti, attualmente, a causa del ritardo dei pagamenti da parte della medesima gestione commissariale, rischiano – in un periodo di crisi economica, come quella che il nostro Paese sta attraversando a causa del perdurare dello stato emergenziale causato dal Covid-19 – di subire ulteriori gravi danni economici, se non addirittura la chiusura, ovvero la messa in atto di procedure esecutive e fallimentari, a seguito delle quali si determinerebbe, altresì, un sensibile depauperamento del tessuto produttivo siciliano –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere affinché vengano messe a punto le opportune verifiche atte a garantire la reale trasparenza della gestione commissariale, ovvero se intenda adottare iniziative per prevedere interventi economici straordinari a favore delle suddette imprese fornitrici di beni e servizi.
(4-10881)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GOLINELLI, VIVIANI, BUBISUTTI, GASTALDI, GERMANÀ, LIUNI, LOLINI, LOSS, MANZATO e TARANTINO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto ministeriale del 23 luglio 2020, stato istituito il «Fondo emergenziale per le filiere in crisi», come previsto dall'articolo 222, comma 3, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, destinato a sostenere alcuni settori delle filiere agricole, tra cui quelle dedite all'allevamento; i soggetti beneficiari indicati nella norma sono le imprese agricole di allevamento di ovicaprini, vitelli, suini e conigli;

   con il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 23 luglio 2020, modificato successivamente, sono stati stabiliti i criteri per la concessione dell'aiuto individuale ai soggetti beneficiari e la relativa entità dello stesso nonché la procedura per l'ammissione all'aiuto e i criteri di verifica e le modalità per garantire il rispetto del limite massimo dell'aiuto;

   in risposta ad un'interrogazione a risposta immediata in commissione (n. 5-05574), del primo firmatario del presente atto, per quanto concerne specificatamente la situazione dei pagamenti da parte dell'Agea per ciascuna linea di aiuto, il programma di pagamento prevedeva, per ciascuna singola filiera, elaborazioni periodiche di anticipo a completamento delle attività istruttorie la prima delle quali era prevista entro il mese di marzo 2021;

   in particolare, veniva esplicitato, per le singole filiere, il numero delle domande presentate, il numero delle aziende che hanno ricevuto il primo pagamento e l'importo;

   relativamente alla domanda dell'interrogante circa i ritardi con i quali Agea stava provvedendo ad avviare i pagamenti, veniva risposto che questi ritardi erano dovuti ad alcuni disservizi che si sono generati a causa del cambio di fornitore dei servizi IT e che solo nei mesi precedenti era intervenuta l'aggiudicazione del lotto della gara relativa ai servizi informatici e di gestione della infrastruttura del Sian e che da poco si era concluso il periodo di affiancamento finalizzato al subentro del nuovo fornitore;

   inoltre, non venivano comunque esclusi, considerata la complessità di tali attività, possibili disservizi nelle prime fasi di avvio dei pagamenti per le quali, tuttavia, Agea e il Ministero si stavano adoperando, con ogni sforzo, per consentire la piena fruibilità dei servizi del Sian e stavano creando le condizioni per velocizzare quanto più possibile i pagamenti –:

   quale sia lo stato attuale dei pagamenti e se ancora sussistano dei ritardi nell'erogazione degli aiuti a causa dei problemi relativi ai servizi informatici.
(4-10872)


   FRATOIANNI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la strategia «Farm to Fork» fa parte del piano europeo per la riduzione delle emissioni ed è stata studiata per trasformare il sistema alimentare europeo, rendendolo più sostenibile sotto diversi aspetti e riducendo il suo impatto sui Paesi terzi;

   «Farm to Fork (F2F)» è il piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell'ambiente e proponendo misure e obiettivi che coinvolgano l'intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, passando per la distribuzione;

   nella «List of potential agricultural practices that eco-schemes could support» redatta dalla Commissione europea rientra il sistema dell'agroforestazione;

   l'agroforestazione (agroforestry) o agroselvicoltura è l'insieme dei sistemi agricoli che vedono la coltivazione di specie arboree e/o arbustive perenni, consociate a seminativi e/o pascoli, nella stessa unità di superficie;

   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha selezionato la lista dei sette ecoschemi proposti per la Pac 2023-2027 e in tali sistemi non è inclusa l'agroforestazione;

   tale esclusione non appare all'interrogante comprensibile in riferimento agli obiettivi comunitari della riduzione delle emissioni anche con pratiche agricole coerenti in termini di sostenibilità e di innovazioni sul piano della produttività –:

   se il Ministro non intenda includere negli ecoschemi proposti per la Pac 2023-2027 anche l'agroforestazione.
(4-10883)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVOLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   il problema relativo alla carenza di medici, determinato dai tagli alla spesa sanitaria e dagli errori di programmazione che si sono susseguiti ininterrottamente negli ultimi vent'anni, ha assunto proporzioni insostenibili che stanno pregiudicando l'erogazione delle prestazioni ricomprese nei livelli essenziali di assistenza e l'organizzazione stessa dei servizi sul territorio, complice anche l'emergenza epidemiologica da Covid-19;

   secondo l'elenco pubblicato dalla Struttura interregionale sanitari convenzionati (Sisac), gli ambiti territoriali carenti per l'assistenza primaria, rimasti vacanti perché non ci sono medici a sufficienza, sono 1.213 a livello nazionale, dei quali 456 solamente nella regione Veneto;

   a destare preoccupazione sono anche le proiezioni per gli anni a venire, durante i quali si prevede una vera e propria corsa ai pensionamenti — 35.200 entro il 2027 — e una conseguente impossibilità, materiale, di garantire il turn over dei posti vacanti che potrebbe lasciare milioni di italiani privi della necessaria assistenza;

   nel bacino territoriale di pertinenza dell'Azienda Ulss n. 7 Pedemontana, la gravissima carenza di medici — ne sono disponibili solo 31 sui 65 necessari — ha reso indispensabile l'adozione di un piano di riassetto temporaneo delle guardie mediche, con l'attivazione di cinque centri di continuità assistenziale in sostituzione degli attuali dieci e relativi tagli (inevitabili) che hanno interessato i presidi di Valbrenta, Lusiana-Conco, Rosà, Marostica, Thiene e Schio;

   il progetto di riorganizzazione — discusso nell'ambito di diversi incontri che hanno coinvolto, tra gli altri, la Conferenza dei sindaci, il Comitato tecnico di continuità assistenziale e i rappresentanti dei sindacati dei medici di continuità — è stato dettato da stringenti carenze di medici che non hanno lasciato altra scelta se non quella di convogliare le poche risorse assistenziali nelle adiacenze dei pronto soccorso principali;

   è di tutta evidenza la necessità di assicurare, in questa situazione, il massimo sostegno alla regione Veneto, all'azienda Ulss n. 7 e ai comuni dei distretti interessati –:

   quali iniziative di competenza intendano urgentemente adottare per sopperire alla gravissima carenza di medici e garantire, in specie nei territori più colpiti da essa — e, tra questi, nei comuni veneti afferenti al distretto Bassano e al distretto dell'Alto vicentino — l'erogazione capillare delle prestazioni assistenziali.
(4-10871)


   GRIMOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'agenzia regolatoria del farmaco britannica (Mhra) ha rilasciato, da circa un mese, l'approvazione per il Molnupiravir, primo farmaco antivirale in assoluto indicato per il trattamento del Covid-19;

   il medicinale, sviluppato dalla Merck Sharp & Dohme, in collaborazione con Ridgeback Biotherapeutics, è stato valutato dalla Mhra come «sicuro ed efficace» e ne è quindi stata autorizzata la prescrizione in Gran Bretagna a beneficio di chiunque sia risultato positivo al Covid-19 e abbia almeno un fattore di rischio collegato all'insorgenza delle più gravi complicanze dell'infezione, come l'obesità, una cardiopatia, il diabete o in genere un'età superiore ai sessanta anni;

   sulla scia della Mhra inglese, anche l'Ufficio federale della sanità pubblica svizzero, su raccomandazione della Task force scientifica contro il Covid-19, ha stipulato un contratto per la fornitura di 8.640 confezioni di Molnupiravir, ribadendo l'efficacia di tale farmaco nella riduzione del tasso di ospedalizzazione delle persone con fattori di rischio;

   in data 19 novembre 2021, con alcune settimane di ritardo rispetto alle predette decisioni, il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell'Ema ha rilasciato un primo parere favorevole all'impiego del farmaco Molnupiravir, riconoscendo come lo stesso possa essere «utilizzato per il trattamento di adulti con COVID-19 che non necessitano di ossigenoterapia supplementare e che sono ad alto rischio di sviluppare la forma grave della malattia»;

   il parere sopracitato è stato dichiaratamente rilasciato dall'Ema per «supportare le autorità nazionali», come il Ministero della salute e l'Aifa, che sulla base di esso «potrebbero decidere di approvare l'uso precoce del medicinale prima della sua autorizzazione all'immissione in commercio» (così il parere disponibile sul sito istituzionale Ema);

   a oggi, nonostante il tempo trascorso da questa prima pronuncia favorevole, il Ministero della salute e l'Aifa non hanno rilasciato alcun provvedimento di autorizzazione alla distribuzione del farmaco Molnupiravir. Tale autorizzazione avrebbe potuto — e ad avviso degli interroganti, dovuto — essere rilasciata ai sensi della normativa vigente (cfr., tra gli altri, l'articolo 5 del decreto legislativo n. 219 del 2006, già applicato in passato per gli anticorpi monoclonali) e sarebbe stata senz'altro giustificata dal parere dell'Ema, oltre che dalla chiara necessità di scongiurare con ogni arma possibile ulteriori ricoveri e decessi correlati al Covid-19 –:

   per quale ragione non sia stato ancora oggi dato seguito al parere dell'Ema citato in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per rendere immediatamente disponibile, anche nel nostro Paese, il farmaco antivirale Molnupiravir.
(4-10873)


   CIRIELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 15 ottobre 2021 per i lavoratori che accedono ai luoghi di lavoro è stato reso obbligatorio il cosiddetto green pass, una certificazione «lasciapassare» rilasciata a coloro che si sono sottoposti alla inoculazione del vaccino, a coloro che sono risultati negativi a un tampone molecolare o rapido nelle 48 ore precedenti e a chi risulta essere guarito dal Covid-19 nei sei mesi precedenti;

   tuttavia, tale misura, che avrebbe dovuto consentire un contenimento della diffusione del contagio, sembrerebbe non aver sortito gli effetti sperati, e infatti dal 6 dicembre 2021 al 15 gennaio 2022, in tutta Italia, e, quindi anche in zona bianca, entrerà in vigore il cosiddetto super green pass;

   in particolare, si tratta di una ulteriore misura restrittiva varata dal Governo e per la quale sarà consentito solo ai vaccinati e ai guariti dal Covid-19 l'accesso a spettacoli, eventi sportivi, ristorazione al chiuso, feste, discoteche e cerimonie pubbliche;

   senza voler entrare nei dettagli della normativa in parola, il Governo, in buona sostanza, sta riducendo di volta in volta e in tempi molto stretti la libertà delle persone in ogni ambito, ricreativo, lavorativo e finanche del trasporto e quindi della libera circolazione;

   tali restrizioni — almeno nelle intenzioni del Governo — sarebbero funzionali alla prosecuzione della campagna vaccinale e al contenimento della diffusione del contagio (cosiddetta quarta ondata), che come riportato da organi di stampa, non appare arrestare la propria corsa;

   i cittadini italiani sono in Europa tra quelli che più massivamente hanno aderito alla campagna vaccinale, e secondo i criteri individuati dal Ministero della salute, le regioni italiane, salvo poche eccezioni, ricadono nella cosiddetta zona bianca;

   le ennesime e ultime limitazioni della libertà personale (super green pass) pongono una serie di interrogativi in ordine alla efficacia delle misure sino a ora adottate;

   sarebbe opportuno che il Governo fornisse chiarimenti in ordine ai dati raccolti nell'ultimo periodo e in particolare nel mese di novembre 2021 e ai criteri utilizzati a supporto delle restrizioni sopra richiamate -:_

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative intenda adottare al fine di fornire i dati relativi al numero di soggetti vaccinati risultati positivi al Covid-19, quanti siano i soggetti vaccinati ospedalizzati e/o deceduti a fronte dei totali dall'inizio della campana vaccinale e, in particolare, nel mese di novembre 2021.
(4-10875)


   BUCALO e VARCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   nel pomeriggio del 2 dicembre 2021 sulla Messina-Palermo, a pochi metri dallo svincolo autostradale vicino Santo Stefano di Camastra, una giovane donna ha partorito in una piazzuola, perché non ha fatto in tempo ad arrivare in ospedale, al «Romeo» di Patti, visto che c'è sì un ospedale in zona, quello di Mistretta, ma da tempo ormai non ha più il punto nascita e tra Mistretta e Patti ci sono quasi 80 chilometri;

   la corsa contro il tempo purtroppo è finita in tragedia, durante il tragitto il neonato, nato prematuro, muore;

   l'accordo tra il Governo, le regioni e gli enti locali del 16 dicembre 2010 riferito alle «Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del parto cesareo» contiene un'analisi approfondita sui punti nascita e fissa il numero di almeno 1.000 nascite all'anno quale parametro standard a cui tendere per il mantenimento/attivazione dei punti nascita;

   il cosiddetto decreto Balduzzi, decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute», non ha cambiato nulla, anzi ha reso più dura la manovra, nel caso di specie la Sicilia prevede la chiusura nelle strutture ospedaliere con meno di 500 nascite all'anno;

   è il motivo per cui a Mistretta e a Sant'Agata Militello, dove ci sono due ospedali, non esiste più da qualche anno il punto nascita;

   nelle aree di montagna, nei distretti delle zone rurali non sono praticamente mai raggiungibili numeri di parti annui di tale dimensione, pur in presenza di presidi ospedalieri attrezzati e professionalmente adeguati;

   l'assunzione di tale numero di riferimento porterebbe nel nostro Paese alla chiusura pressoché totale dei punti nascita dei distretti montani e delle zone rurali in una regione orograficamente complessa come la Sicilia;

   il limite minimo di cinquecento nascite annue non può essere un prerequisito essenziale in considerazione del calo demografico che riguarda non solo la Sicilia ma più in generale il territorio italiano e dato questo rifarsi a vecchie stime significherebbe chiudere tutti i punti nascita –:

   quali specifiche iniziative di competenza, a tutela della donna partoriente e del nascituro, ritenga di adottare in presenza di tempi lunghi di percorrenza dovuti alle peculiarità orografiche dei territori siciliani, per l'accesso all'assistenza non programmata in presenza di criticità impreviste;

   se non si ritenga di assumere iniziative per evitare che il discrimine dello standard numerico porti ad un processo di concentrazione su grandi presidi ospedalieri e adeguare i parametri del numero nascite, tutelando soprattutto le aree interne del nostro Paese.
(4-10884)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BENAMATI, BONOMO, GAVINO MANCA, SOVERINI e ZARDINI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   durante la conferenza di Confartigianato il Ministro per lo sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha lanciato un allarme relativo a un blackout energetico nazionale o europeo possibile in relazione all'attuale assetto dell'approvvigionamento energetico;

   gli ultimi casi importanti e generalizzati di blackout elettrici e di crisi di approvvigionamento del gas risalgono per l'Italia agli inizi degli anni 2000;

   da allora tanta strada è stata fatta per dare sicurezza energetica al Paese attraverso l'implementazione di un sistema gas più resistente, sicuro e con più fornitori, e di una rete elettrica più solida grazie a una penetrazione delle fonti rinnovabili sempre maggiore, tutti fattori che risultano diversi e in positivo rispetto a venti anni fa;

   i dati del Ministero dello sviluppo economico sui flussi di gas nei primi 10 mesi del 2021 indicano una situazione italiana non così negativa nella tempesta che avvolge il settore. Certo i flussi da e per il nostro Paese nel 2021 sono assai diversi rispetto al 2020. Ed è un fatto importante e non negativo come il sistema del gas abbia reagito bene alle variazioni dei flussi, in caduta dal Mare del nord e in aumento da Algeria e Azerbaigian;

   a oggi i dati tecnici su cui si basa questa previsione di interruzione dell'energia risultano essere ignoti –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di informazioni relative ai fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare per assicurare la resilienza e la sicurezza del sistema energetico nazionale in questa fase di transizione energetica caratterizzata da una forte instabilità dei mercati energetici.
(5-07208)

Interrogazione a risposta scritta:


   GALLINELLA e MAGLIONE. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il decreto 4 luglio 2019 ha disciplinato le modalità di «Incentivazione dell'energia elettrica prodotta dagli impianti eolici on shore, solari fotovoltaici, idroelettrici e a gas residuati dei processi di depurazione» (decreto «FER 1»). L'incentivazione, valevole per il triennio 2019-2021, si riferisce solo alle «tecnologie mature», riportate nell'allegato 1 al succitato decreto, mentre non riguarda tutte le ulteriori fonti energetiche rinnovabili, rispetto alle quali il Governo aveva previsto uno specifico secondo decreto («FER 2»);

   il decreto 4 luglio 2019, alla luce degli esiti del decreto 23 giugno 2016, ha previsto la distinzione di regimi differenziati di sostegno, oggetto di distinti decreti con riferimento, a:

    a) fonti e tecnologie mature e con costi prevalentemente fissi bassi o comunque suscettibili di sensibile riduzione, quali eolico onshore, solare fotovoltaico, idroelettrico, gas residuati dei processi di depurazione;

    b) fonti e tecnologie che presentano significativi elementi di innovatività nel contesto nazionale con costi fissi ancora elevati o tempi maggiori di sviluppo, ovvero che hanno costi elevati di esercizio; rientrano in tale seconda categoria: eolico off shore, energia oceanica, biomasse, biogas e solare termodinamico, geotermia, ivi inclusa la geotermia convenzionale, alla luce del carattere innovativo delle tecniche per l'abbattimento delle emissioni;

   il decreto «FER 2» era atteso per la fine dell'estate 2020 con l'obiettivo di completare il lavoro svolto dal decreto «FER 1», definendo regole e incentivi per le cosiddette rinnovabili innovative, quali tecnologie più costose come l'eolico offshore, le biomasse legnose, la geotermia, il solare termodinamico e gli impianti alimentati da onde e maree;

   la mancata emanazione del decreto «FER 2» oltre a lasciare incompleto il regime di incentivazione per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili, priva anche gli operatori interessati del quadro giuridico necessario per effettuare investimenti e creare occupazione. Si pregiudica di conseguenza anche lo sviluppo italiano delle fonti rinnovabili che, secondo notizie, non andrà nel verso atteso dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima, in quanto, al ritmo attuale, si rischia di raggiungere gli obiettivi del 2030 solo nel 2085;

   il Ministro aveva assicurato che il decreto «FER 2» sarebbe stato disponibile entro l'estate 2021;

   nel fornire risposte ad interrogazioni parlamentari (n. 5-05921), il Sottosegretario di Stato aveva evidenziato che l'emanazione del decreto «FER 2» avrebbe previsto un percorso celere e avrebbe scontato, da un lato, un allineamento con la creazione del quadro regolatorio semplificato e accessibile per gli impianti «FER», da stabilire con il decreto di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e, dall'altro, una correlazione con il decreto di attuazione dell'articolo 1, commi 524 e 525, della legge n. 160 del 2019, ciò al fine di assicurare coerenza tra i due provvedimenti;

   il 30 novembre 2021 è stato pubblicato il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001;

   il V Bando del Gse per destinare gli incentivi alle Fonti energetiche rinnovabili è andato quasi deserto. La percentuale delle richieste idonee ad essere incentivate sul totale del generale dei contingenti di potenza disponibili per aste e registri è stata del solo 12 per cento;

   gli operatori del settore delle fonti rinnovabili basate sull'uso delle biomasse legnose, insieme alle imprese forestali ed agroforestali, senza un nuovo quadro incentivante rischiano di essere messe fuori dal sistema produttivo –:

   quali siano i tempi previsti per l'emanazione del decreto «FER 2»;

   se nel decreto «FER 2» verranno previsti incentivi per l'utilizzo delle biomasse, sia forestali sia derivanti dagli scarti boschivi incompatibili con altre destinazioni.
(4-10876)

UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRO. — Al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   negli scorsi mesi è montata la protesta degli studenti dell'Università della Calabria per il mancato rimborso di servizi non fruiti o non erogati per circa otto milioni di euro;

   in particolare, gli studenti puntano il dito contro la decisione dell'Ateneo che, a fronte della competenza a gestire internamente il diritto allo studio, negherebbe ai suoi iscritti la libertà di scelta nella fruizione dei servizi, detraendo forfettariamente l'importo in servizi dal valore nominale della borsa, anche in caso di ritardi nell'erogazione o di rinuncia agli stessi da parte degli studenti;

   come denunciato dagli studenti, «Il nostro impegno più importante è garantire che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, abbiano diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi, un diritto costituzionalmente garantito che, quotidianamente, viene minato dalla Governance del nostro Ateneo che, ergendosi al di sopra della Legge, limita e circuisce le prestazioni per il Diritto allo Studio e lo mortifica in una terra in cui dovrebbe essere un impegno assolutamente prioritario»;

   nonostante l'articolo 5 del decreto legislativo n. 68 del 2012 garantisca ai destinatari delle prestazioni agevolate per il diritto allo studio universitario «la più ampia libertà di scelta nella fruizione degli strumenti e dei servizi per il Diritto allo Studio», prevedendo che le risorse stanziate possano essere erogate anche in forma di voucher, l'Ateneo calabrese, sulla base delle disposizioni previste dalla legge istitutiva, ha ritenuto di poter attribuire alla borsa di studio un valore forfettario, in nessun caso convertibile in denaro;

   in sostanza, allo studente dell'Unical, a differenza di qualunque altro collega di altri atenei, il valore della sua borsa di studio (che fino a due anni fa valeva 3.500 euro circa) sarebbe immotivatamente trattenuto tra il 100 per cento e il 75 per cento, fatta eccezione per il periodo pandemico, per cui i bandi «BDS» 2020/21-2021/22 hanno eccezionalmente previsto che «nel caso in cui le attività didattiche in presenza vengano sospese per un periodo di tempo pari ad almeno un mese continuativo, limitatamente a tale periodo la quota in denaro della borsa di studio, per lo studente “fuori sede” di fascia intera e parzialmente ridotta assegnatario di alloggio che non fruisca dei servizi, viene equiparata a quella dello studente “in sede della corrispondente fascia di appartenenza”, aggiungendo la medesima possibilità – solo dall'A.A. 2021/22 – anche in caso di semplice rinuncia, seppur collegata all'emergenza epidemiologica»;

   tale impostazione ha generato forti squilibri, particolarmente gravi nel contesto pandemico, non avendo Unical inteso rimborsare alcun servizio;

   il Campus calabrese è, peraltro, storicamente sempre stato in ritardo nell'assegnazione degli alloggi, comportando almeno due ordini di problemi: nessun rimborso è stato mai erogato a fronte dei ritardi e, con le assegnazioni in ritardo, gli studenti sono spesso stati costretti a rinunciarvi, dopo aver già sottoscritto un contratto di locazione privato;

   come denunciato dagli studenti in una missiva rivolta al Ministro interrogato, «Per restituirle la percezione reale del problema da parte dei nostri colleghi, possiamo solo riferire che in data 22 settembre 2021 abbiamo protocollato ben 2.452 richieste di rimborso dei servizi non fruiti (per un valore tra i 6,5 e gli 8 milioni di euro) che [...] hanno ricevuto risposta [...] proprio dal Magnifico Rettore; proprio in questa sede apprendevano di aver scelto di aderire ad una “missione solidaristica (imposta, ndr)” consistente nella devoluzione dei nostri servizi alla copertura delle altre borse»-:

   considerata la gravità dei fatti esposti in premessa, quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere, anche promuovendo una verifica da parte dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, in merito alla discutibile gestione del diritto allo studio presso l'Università della Calabria.
(4-10886)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Barelli n. 2-01333 del 21 settembre 2021.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Gribaudo n. 5-05754 del 13 aprile 2021 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10877.