Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 6 dicembre 2021

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,

   premesso che:

    uno dei principali motori economici del paese è il comparto dell'edilizia; filiera che dalla produzione di materie prime, all'apertura di nuovi cantieri sino ad arrivare al prodotto finale, investe una moltitudine di soggetti e imprese;

    un circolo economico già messo in forte sofferenza dalla crisi del 2008 e degli anni a seguire, che ha trovato un ennesimo «stop» causato dalla pandemia da COVID-19; il lockdown del 2020 ha provocato infatti una fisiologica flessione in un settore trainante del sistema economico e occupazionale del nostro Paese;

    con l'introduzione del cosiddetto «Superbonus», di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto Rilancio), convertito dalla legge n. 77 del 17 luglio 2020, è stata prevista una detrazione del 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici; questa misura ha dato nuovo impulso al mercato edilizio, tanto che è stato possibile verificare un ritmo crescente, nella prima metà del 2021, anche a livello occupazionale, oltrepassando il livello di produzione pre-pandemia;

    il successo del sistema di incentivazione suddetto è stato potenziato da uno degli aspetti più innovativi: la possibilità, per le spese sostenute, di usufruire di detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica sotto forma di crediti di imposta o sconti sui corrispettivi, cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari;

    altro fattore determinante di crescita risiede nel tessuto edilizio italiano; infatti, la maggior parte delle costruzioni è stata costruita nel ventennio che va dagli '60 e '80 dello scorso secolo. Ciò comporta che quasi tutte le abitazioni italiane hanno una datazione che oscilla tra i 40-50 anni. È evidente quale sia l'impatto di questo dato: da un lato, molti edifici necessitano di opere di manutenzione a causa della loro vetustà, dall'altro in questi decenni le tecniche di costruzione sono cambiate, divenendo altamente specialistiche. Gli immobili che oggi vengono realizzati hanno caratteristiche antisismiche, energetiche e costruttive innovative e inesistenti nel passato; sorge così l'esigenza di ammodernare i vecchi immobili per renderli conformi, alle tecniche attuali;

    appare chiaro che, in virtù di una filiera molto articolata e distribuita sul territorio nazionale, ogni investimento nel settore edile, anche minimo, generi un aumento della spesa generale e dei conseguenti ricavi, con un positivo effetto moltiplicatore sul prodotto interno lordo nazionale;

    l'incentivazione rientra, inoltre, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), Componente 3 della Missione 2, che riguarda l'efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici che destina complessivamente 13,95 miliardi di euro alla misura del «Superbonus»; il cosiddetto Fondo complementare, per l'efficienza energetica e la riqualificazione degli edifici prevede un ammontare complessivo di 6,56 miliardi di euro — di cui 4,56 miliardi di euro specificamente destinati al «Superbonus» – e ulteriori 0,32 miliardi di euro sono stanziati dal programma React dell'Unione europea;

    le misure stimano la ristrutturazione di circa 50.000 immobili l'anno. Gli edifici italiani rappresentano più di un terzo dei consumi energetici del Paese e la maggior parte è stata realizzata prima dell'adozione dei criteri per il risparmio energetico e della relativa normativa. Le misure intercettano quindi una dimensione assai rilevante per la riduzione dei consumi e per l'abbattimento delle emissioni di CO2, senza considerare la riduzione dell'impatto del rischio sismico del nostro Paese. In generale, dalle misure previste nel Pnrr ci si attende un risparmio pari a 209 Ktep l'anno di energia finale e 718 KtCO2 l'anno a regime. Oltre all'obiettivo di risparmio energetico e di prevenzione di rischi sismici, le misure incluse contribuiscono a dare forte impulso all'economia e all'occupazione del Paese, e alla promozione della resilienza sociale migliorando le condizioni abitative della popolazione e alleviando il problema della povertà energetica;

    gli obiettivi di efficientamento energetico si inquadrano anche nel contesto europeo del New Green Deal, ove si auspica che gli Stati membri avviino una «ondata di ristrutturazioni» di edifici pubblici e privati, per motivi energetici e per dare impulso al settore dell'edilizia e sostenere le piccole e medie imprese e i posti di lavoro;

    il 14 luglio la Commissione europea ha adottato una serie di proposte per trasformare le politiche dell'Unione europea in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità in modo da ridurre, le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, per arrivare a zero emissioni nel 2050. Infatti, il contrasto ai cambiamenti climatici in maniera sostenibile da un punto di vista economico e sociale rappresentato la sfida più grande della nostra epoca, e può rappresentare anche un'opportunità per costruire un nuovo modello economico, anche attraverso opportuni sistemi di incentivazione per le imprese. Il Green Deal europeo contiene le indicazioni per realizzare questa profonda trasformazione creando opportunità per l'innovazione, gli investimenti e l'occupazione. In questo contesto, l'efficienza energetica rappresenta una delle armi più importanti a disposizione, specialmente per le caratteristiche e le carenze del patrimonio immobiliare italiano; numerose ricerche, infatti, evidenziano il ruolo decisivo del risparmio energetico in chiave ambientali;

    a ciò si aggiunge la necessità di operare una concreta prevenzione dei rischi idrogeologici e sismici che continuano a rappresentare un fattore di criticità nel nostro Paese;

    il beneficio fiscale del 110 per cento, introdotto dal citato decreto-legge n. 34 del 2020, è certamente uno strumento potente e decisivo per poter finalmente accelerare sugli interventi per la rigenerazione, la messa in sicurezza e la riqualificazione anche energetica del patrimonio immobiliare del nostro Paese, con effetti positivi anche sulla riduzione del consumo del suolo; infatti, nonostante le difficoltà iniziali e la complessità di realizzare i lavori con il «Superbonus», soprattutto nei condomini di maggiori dimensioni, la consistente crescita del numero di interventi e del valore degli investimenti testimonia una domanda potenziale ancora non pienamente espressa, con effetti espansivi in termini di produzione e reddito e di occupazione nella filiera dell'edilizia, effetti di innovazione e di riorganizzazione dei servizi di ingegneria e architettura, di riqualificazione del patrimonio edilizio residenziale e di risanamento anche interno delle abitazioni con un sensibile abbattimento dell'inquinamento indoor e dei relativi costi sociali, diretti e indiretti;

    è essenziale, quindi, in questa fase, creare un quadro di certezze anche per contribuire al superamento delle difficoltà di approvvigionamento dato alle imprese dall'aumento dei prezzi dei materiali e dalla relativa scarsità sul mercato, nonché dal timore di una continua e rapida evoluzione del quadro normativo, che rischia di ingessare il mercato nell'aspettativa di possibili modifiche; è soprattutto necessario contrastare l'incertezza sulla durata dei benefici, e che potrebbero non essere in linea con i tempi necessari per portare a termine gli interventi;

    è fondamentale continuare a sostenere i beneficiari della misura, nuclei familiari che investono sulla propria abitazione migliorando la qualità della vita ed incentivando la residenzialità nel lungo periodo, anche in territori che sono meno appetibili commercialmente, in molti casi utilizzando anche il risparmio privato, scommettendo sul futuro dei figli;

    occorre infine avere attenzione per i professionisti di settore, soggetti attuatori del sistema di Superbonus, che necessitano di regole chiare, evitando di incorrere in errori con conseguenti responsabilità professionali. Va peraltro sottolineato che la procedura amministrativa presenta un elevato livello di complessità, tanto che in molti si stanno organizzando per attuare forme di collaborazione con altri, in primo luogo studi professionali ma anche con altre imprese del settore. Un eccesso di complessità, non solo, non favorisce una piena applicazione della misura, ma può diventare penalizzante per alcune tipologie di professionisti, che hanno come punto di forza una struttura snella e storicamente fidelizzata con il cliente;

    ad un anno e mezzo dall'introduzione del «Superbonus», le norme che lo regolamentano hanno subito diverse modifiche, permettendo di migliorarne la portata, benché permangano ancora diverse criticità sotto l'aspetto della semplificazione delle procedure, dell'orizzonte temporale di vigenza del beneficio fiscale, della platea dei soggetti beneficiari;

    uno dei successi di questa misura è determinato dalla possibilità di cedere il credito, rendendo accessibile a tutti la possibilità di riqualificare il proprio immobile, in particolare a coloro che, avendo un reddito medio basso, potevano risultati incapienti, con conseguente perdita parziale del beneficio. Gli edifici unifamiliari sono in particolare quelli che hanno richiesto più incentivi, attivando circa 2,5 miliardi di euro di investimenti ammessi;

    si rileva inoltre, che il «Superbonus» ha determinato una maggior consapevolezza dei cittadini sui temi dell'efficientamento energetico, facendo da traino anche ad altre tipologie di interventi edilizi, quali il rifacimento delle facciate e le ristrutturazioni interne; si è rivelato un adeguato motore di contrasto agli abusi che sono emersi e sono stati tecnicamente risanati ove possibile. Purtroppo, l'attuale tempistica molto stringente di vigenza dei bonus rischia di incrementare, in maniera preoccupante, le condizioni di insicurezza nei cantieri;

    preme, in conclusione, precisare che, per sostenere una sempre maggiore qualità delle opere edilizie realizzate, tenendo anche in debito conto la materia della sicurezza sul lavoro, occorre che lo Stato provveda ad investire sui sistemi di aggiornamento e qualificazione delle imprese chiamate ad eseguire interventi complessi sia energetici che sismici, come peraltro già in vigore in altri contesti europei e, come accade nel nostro Paese, per gli interventi privati di ricostruzione nelle aree colpite da eventi sismici,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi per mettere in campo iniziative, anche di carattere normativo, volte ad incrementare e favorire il sistema del «Superbonus»;

2) ad adottare iniziative per prorogare tutti i bonus edilizi («Superbonus», «Sisma bonus», «bonus facciate», «bonus ristrutturazione», «eco bonus», «bonus verde» e «bonus mobili») almeno fino al 2024, estendendone la platea dei beneficiari, tra i quali ricomprendere:

  a) i condomini, con riferimento agli interventi su edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate, anche se posseduti da un unico proprietario o in comproprietà da più persone fisiche, nonché gli interventi unitari di riparazione o di ricostruzione di aggregati edilizi costituiti da più edifici interconnessi danneggiati da eventi sismici;

  b) le abitazioni unifamiliari detenute dalle persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, a prescindere dal reddito percepito;

  c) gli istituti autonomi case popolari (Iacp) comunque denominati nonché gli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di «in house providing» per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica;

  d) le cooperative di abitazione a proprietà indivisa, per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci, ovvero le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, dalle organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui all'articolo 6 della legge 11 agosto 1991, n. 266, e le associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano previsti dall'articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383;

  e) i soggetti che svolgano attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, tra cui Rsa, ex Ipab, Ircer e fondazioni assistenziali di varia natura;

  f) gli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale;

  g) gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti;

3) ad adottare iniziative per prorogare fino alla fine dello stato di emergenza il «Superbonus» rafforzato di cui al comma 4-ter dell'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 per favorire un ordinato ed equilibrato processo di ricostruzione dei territori interessati da eventi sismici;

4) ad adottare iniziative per garantire un arco temporale di conclusione delle opere adeguato e congruo al tipo di intervento da realizzare evitando il rischio di decadere dal beneficio fiscale;

5) ad adottare iniziative per rivedere il sistema dello sconto in fattura rendendolo più strutturale e di facile fruizione;

6) a valutare la possibilità di adottare iniziative di competenza per la revisione delle tabelle dei prezzi e dei preziari regionali garantendo un chiaro sistema di individuazione dei prezzi massimi di riferimento;

7) ad adottare iniziative per prevedere di estendere l'opzione per la cessione del credito e sconto in fattura per tutti i bonus edilizi;

8) ad adottare iniziative per estendere le agevolazioni fiscali per il risparmio energetico anche agli interventi di sostituzione del parco delle attrezzature sanitarie per realizzare un risparmio idrico significativo e, al contempo, supportare un importante comparto produttivo tutto italiano;

9) ad adottare iniziative per prevedere dal 2025 una stabilizzazione della misura con un progressivo décalage degli incentivi, salvaguardando gli interventi nei borghi storici e il recupero di aree dismesse e degradate, in una logica di rigenerazione urbana che tenda al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini e alla riduzione del consumo di suolo.
(1-00560) «Molinari, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Bubisutti, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Gastaldi, Gerardi, Germanà, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Golinelli, Grimoldi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lazzarini, Legnaioli, Liuni, Lolini, Eva Lorenzoni, Loss, Lucchini, Lucentini, Maccanti, Maggioni, Manzato, Marchetti, Mariani, Maturi, Micheli, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Scoma, Snider, Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Viviani, Raffaele Volpi, Zanella, Zennaro, Zicchieri, Ziello, Zoffili, Zordan».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,

   premesso che:

    il 20 settembre 2021 Paul Rusesabagina, leader del Movimento ruandese per il cambiamento democratico (Mrcd), con cittadinanza belga – divenuto celebre per aver salvato centinaia di persone dal genocidio in Ruanda e aver ispirato il protagonista del film «Hotel Rwanda» e premiato, tra l'altro, con la medaglia presidenziale della libertà degli Stati Uniti nel 2005 – è stato dichiarato colpevole e condannato a 25 anni di reclusione dalla sezione per i crimini internazionali e transfrontalieri della Corte suprema del Ruanda in seguito al suo arresto a Kigali il 31 agosto 2020;

    il fermo è avvenuto a Dubai ed è stato trasferito a Kigali con la forza e contro la sua volontà;

    come evidenziato da più fonti, e anche dal Parlamento europeo nella sua risoluzione dell'11 febbraio 2021, il suo arresto è stato condotto in maniera arbitraria e non conforme alle procedure internazionali, poiché le autorità ruandesi non hanno provveduto a comunicare tempestivamente l'arresto di Paul Rusesabagina alle autorità belghe e non hanno dato seguito alle note ed alle richieste inviate dal Ministro degli esteri del Belgio in tal senso;

    la sentenza è arrivata alla fine di un processo monitorato, tra gli altri, dall'American Bar Association Centre for Human Rights secondo cui le numerose violazioni del diritto a un processo equo sono sufficienti a mettere in discussione la validità del verdetto. Anche l'International Bar Association's Human Rights Institute (Ibahri) ha dichiarato che il processo a Paul Rusesabagina ha mostrato evidenti violazioni del suo diritto a un processo equo, privandolo di tempi e strutture adeguate per la preparazione della sua difesa e per esaminare le prove usate contro di lui, nonché del beneficio della presunzione di innocenza. Tutti gli osservatori indipendenti di tale processo hanno indicato l'assenza delle tutele minime necessarie per definirlo equo, circostanza confermata da ultimo anche dallo stesso Parlamento europeo, che ha fermamente criticato tale sentenza nella sua risoluzione del 7 ottobre 2021;

    il Ruanda è sottoposto ad un regime autoritario. Il presidente ruandese Kagame è stato designato presidente nel 2000, è stato riconfermato alle elezioni presidenziali del 2003, a quelle del 2010 e a quelle del 2017. Il suo ultimo mandato doveva concludersi nel 2017, ma un emendamento costituzionale approvato nel 2015 potrebbe consentirgli di rimanere in carica fino al 2034;

    secondo attivisti per i diritti umani e oppositori, in Ruanda l'opposizione viene punita in maniera spietata. Il report annuale di Reporters sans Frontières ha collocato il Ruanda al 155° posto su 180 Paesi per libertà di stampa. Anche la libertà di espressione politica ne esce fortemente compromessa: già le elezioni presidenziali del 2010, vinte da Kagame con 93 per cento dei consensi, secondo gli osservatori del Commonwealth e di Human Rights Watch, non si sono svolte in modo trasparente e hanno visto l'esclusione dalla competizione elettorale di parte dell'opposizione. Difatti, sia la candidata del 2010, Victoire Ingabire, che quella del 2017, Diane Rwigara, sono state arrestate poco prima della tornata elettorale;

    Amnesty International e «Forbidden Stories» hanno rivelato che, dal 2016, le autorità del Ruanda hanno utilizzato lo spyware Pegasus, prodotto dall'azienda israeliana NSO Group, per sorvegliare illegalmente oltre 3500 attivisti, giornalisti ed esponenti politici dell'opposizione, nonché politici e diplomatici di altri Paesi. Tra le persone il cui telefono è stato infettato, c'è anche Carine Kanimba, residente in Belgio e figlia di Paul Rusesabagina;

    le condizioni di detenzione di Paul Rusesabagina risultano assolutamente inadeguate rispetto al suo stato di salute, che ha bisogno di farmaci per la cura del cancro e di una malattia cardiovascolare. I suoi legali riferiscono che è stato tenuto in isolamento prolungato;

    con interrogazione del 4 settembre 2020 il gruppo del Partito democratico aveva interrogato il Ministro degli affari esteri in merito all'arresto di Paul Rusesabagina e alle iniziative bilaterali e internazionali che intendeva mettere in campo per fare luce sulla questione e il Governo, con risposta del 1° ottobre 2020, in III Commissione affari esteri (interrogazione n. 5-04567), aveva riferito di seguire con attenzione le vicende che vedono coinvolto Paul Rusesabagina, che l'ambasciata d'Italia a Kampala, competente anche per il Ruanda, è in costante e stretto raccordo con la Delegazione dell'Unione europea e con l'ambasciata del Belgio a Kigali e che, sul caso, il Governo presterà tutta la dovuta attenzione, con particolare riferimento alle condizioni di detenzione e di salute di Paul Rusesabagina e al normale corso del processo giudiziario a suo carico;

    il 18 novembre 2021 il Comitato permanente sui diritti umani nel mondo costituito in seno alla III Commissione della Camera dei deputati ha svolto un'audizione sulla situazione in Ruanda alla quale ha partecipato Carine Kanimba, figlia di Paul Rusesabagina, insieme ad altri difensori dei diritti umani;

    il Ruanda è uno dei firmatari dell'accordo di Cotonou, il quale stabilisce che il rispetto dei diritti umani è un elemento essenziale della cooperazione tra l'Unione europea e l'Organizzazione degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico e che il potenziamento dello Stato di diritto e il rafforzamento dei diritti umani sono gli ambiti prioritari nella programmazione delle relazioni dell'Unione europea con il Ruanda,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi affinché sia consentito per motivi umanitari l'immediato rilascio e il rimpatrio in Belgio di Paul Rusesabagina;

   a continuare a monitorare, in via bilaterale con il Governo ruandese e congiuntamente con i partner europei ed internazionali, le condizioni di detenzione di Paul Rusesabagina, adottando iniziative affinché ne siano assicurati l'integrità fisica e il benessere psicologico, nonché per continuare a garantire il diritto del Governo belga di fornire assistenza consolare a Paul Rusesabagina al fine di salvaguardare la sua salute e garantire un adeguato accesso alla difesa;

   ad adottare iniziative per fare pressione, con gli strumenti diplomatici a disposizione, affinché il Governo ruandese garantisca i diritti fondamentali, incluso l'accesso alla giustizia e il diritto a un equo processo, come previsto dalla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli e da altri strumenti internazionali e regionali in materia di diritti umani, a tutti i suoi detenuti ed in generale a tutta la popolazione.
(7-00765) «Boldrini».


   La III Commissione,

   premesso che:

    le armi nucleari costituiscono ancora oggi, insieme al cambiamento climatico, una grave minaccia per l'umanità ed è quindi fondamentale continuare gli sforzi per la loro riduzione e infine definitiva eliminazione, con un approccio progressivo, graduale e di natura inclusiva al disarmo nucleare;

    le catastrofi umanitarie e i danni irreversibili che possono essere prodotti dalle armi nucleari le rendono inconciliabili con il diritto internazionale umanitario e hanno indotto la comunità internazionale a rendere prioritari gli obiettivi della non proliferazione e del disarmo;

    l'Italia ha sempre ribadito che l'obiettivo di un mondo senza armi nucleari è uno dei cardini della propria politica estera, pur considerando l'articolata cornice degli impegni internazionali e gli aspetti di sicurezza collegati;

    il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp) è uno dei pilastri dei percorsi di disarmo nucleare e va rafforzato in tutti i suoi aspetti, rilanciandone l'universalizzazione e sollecitando gli Stati, in particolare quelli dotati di armamenti nucleari, ad aderirvi senza condizioni;

    in tal senso è fondamentale attivarsi per ulteriori passi avanti in tema di disarmo nucleare ai sensi dell'articolo VI del Tnp, nel contesto del «Ciclo di Riesame» attualmente in corso e in vista della Conferenza di revisione del Trattato fissata per il gennaio 2022 dopo i recenti spostamenti dovuti all'emergenza pandemica;

    il 7 luglio 2017 nell'ambito dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite è stato approvato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (Tpnw) promosso anche dal lavoro della società civile internazionale, con l'intento di fornire uno strumento giuridico per la progressiva eliminazione totale delle armi nucleari rafforzando gli obiettivi della non proliferazione nucleare e del disarmo generale conformemente all'articolo VI del Tnp;

    per gli sforzi volti all'ottenimento del Trattato Tpnw, la International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (di cui sono partner italiani «Senzatomica» e «Rete Italiana Pace e Disarmo» che hanno lanciato la mobilitazione «Italia, ripensaci») è stata insignita del Premio Nobel per la Pace 2017;

    dopo il raggiungimento, nell'ottobre del 2020, della cinquantesima ratifica, il Trattato Tpnw è entrato in vigore il 22 gennaio del 2021, diventando, dunque, la prima la prima norma internazionale che sancisce l'illegalità delle armi nucleari. Attualmente il Tpnw è stato firmato da 86 Stati e ratificato da 56 (in Europa da Austria, Irlanda, San Marino, Santa Sede);

    in occasione dell'entrata in vigore del trattato Tpnw il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha diffuso una nota in cui sottolinea che «l'Italia conferma di condividere pienamente l'obiettivo di un mondo libero da armi nucleari e resta particolarmente impegnata nei settori del disarmo, del controllo degli armamenti e della non proliferazione, che sono componenti essenziali della nostra politica estera» nel contempo apprezzando «il ruolo della società civile nel sensibilizzare sulle conseguenze catastrofiche dell'uso delle armi nucleari» e «nutrendo profondo rispetto per le motivazioni dei promotori del Trattato e dei suoi sostenitori», pur sottolineando «che l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari possa essere realisticamente raggiunto solo attraverso un articolato percorso a tappe che tenga conto, oltre che delle considerazioni di carattere umanitario, anche delle esigenze di sicurezza nazionale e stabilità internazionale»;

    secondo un sondaggio diffuso nel gennaio 2021 in occasione dell'entrata in vigore del Tpnw da Ican e dai suoi partner, la maggioranza della popolazione italiana e di altri cinque Stati membri della Nato sostiene il Trattato per la proibizione delle armi nucleari: l'87 per cento degli italiani è favorevole all'adesione dell'Italia al Tpnw (+17 per cento rispetto ad un sondaggio simile del 2019);

    nel settembre del 2017 la Camera dei deputati ha approvato la Mozione 1-01699, con cui impegnava il Governo a continuare a perseguire l'obiettivo di un mondo privo di armi nucleari, attraverso un approccio progressivo e inclusivo al disarmo, che riconosca la centralità del Trattato di non proliferazione nucleare, e attraverso modalità che promuovano la stabilità internazionale, valutando in questo contesto, compatibilmente con l'obiettivo delineato, con gli obblighi assunti in sede di Alleanza atlantica e con l'orientamento degli altri alleati, la possibilità di aderire al trattato giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti alla loro totale eliminazione, approvato a New York il 7 luglio 2017 dall'Assemblea generale dell'Onu appositamente convocata,

impegna il Governo:

   a continuare gli sforzi verso l'obiettivo di un mondo libero dalle armi nucleari, rafforzando il protagonismo della diplomazia italiana in tal senso ed articolando proposte concrete e condivise soprattutto in ambito di Unione europea e con i partner storici dell'Italia;

   a valutare, in questo contesto, compatibilmente con l'obiettivo delineato, con gli obblighi assunti in sede di Alleanza atlantica e con l'orientamento degli altri alleati, non solo la possibilità di adesione al trattato Tpnw, ma anche azioni di avvicinamento ai contenuti dello stesso, in particolare per quanto riguarda azioni di «Assistenza alle vittime e risanamento ambientale», considerando la grande tradizione umanitaria dell'Italia e come previsto dall'articolo VI dello stesso Trattato;

   a partecipare come «Paese osservatore» alla Prima Conferenza degli Stati Parti del Trattato di proibizione delle armi nucleari (Tpnw) che si svolgerà a Vienna nel marzo 2022, seguendo l'esempio dei Governi di Norvegia (membro della Nato) e Germania (membro della NATO e come l'Italia Paese ospitante testate Usa nell'ambito del programma di Nuclear Sharing) che hanno già espresso la propria intenzione in tal senso
(7-00766) «Boldrini, Delrio, De Micheli, Fassino, La Marca, Palazzotto, Quartapelle Procopio».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   MAMMÌ. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, i professionisti sanitari sono stati chiamati a vario titolo a intervenire in prima linea per contrastare l'epidemia; in particolare, tra le figure maggiormente coinvolte l'interrogante ritiene doveroso ricordare quella degli infermieri;

   al fine di assicurare una legittimazione economica del loro impegno e professionalità, la legge 30 dicembre 2020, n. 178, all'articolo 1, comma 409, ha riconosciuto un'indennità di specificità infermieristica, nei limiti dell'importo complessivo annuo lordo pari a 335 milioni di euro, con decorrenza prevista dal 1° gennaio 2021, quale parte del trattamento economico fondamentale, subordinandone l'erogazione alla definizione della contrattazione collettiva nazionale relativa al comparto sanità per il triennio 2019-2021;

   diversamente da quanto previsto per la dirigenza medica, veterinaria e sanitaria presso le strutture del Servizio sanitario nazionale, per la quale, al fine di valorizzarne il servizio reso, la stessa legge di bilancio 2021, all'articolo 1,comma 408, ha previsto, uno stanziamento di 500 milioni di euro, in erogazione fin dal mese di gennaio 2021, l'indennità di specificità prevista per gli infermieri, sebbene già stanziata, non è stata invece ancora riconosciuta, in quanto il previsto aumento è stato vincolato al rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto sanità, le cui trattative sono ancora in corso, creando così una situazione pregiudizievole e discriminatoria nei confronti della categoria infermieristica dipendente del Servizio sanitario nazionale (Ssn);

   gli infermieri, insieme agli altri operatori sanitari, nel corso della pandemia hanno evidenziato un encomiabile spirito di abnegazione e servizio, anteponendo i bisogni dei pazienti alle proprie legittime rivendicazioni di categoria, desistendo dal condurre iniziative che potessero in ogni modo creare disagio al servizio di cura e assistenza al paziente;

   le rappresentanze sindacali delle professioni infermieristiche hanno anche ripetutamente denunciato la drammatica situazione della ormai annosa carenza di personale infermieristico nelle aziende, le cui ricadute comportano anche dei maggiori carichi di lavoro sul personale stesso, ora ancor più pesanti per il recupero delle numerose prestazioni sospese a causa del COVID-19;

   l'emergenza sanitaria, in particolare, ha fatto scoprire a tutta la Nazione il valore del servizio reso alla comunità dagli infermieri, evidenziandone l'infungibilità del ruolo per il buon funzionamento della sanità, in ogni ambito; ma proprio questa categoria, definita quali «eroi» e riconosciuta quale anello irrinunciabile del sistema sanitario, sta scontando un notevole ritardo per ricevere dal Governo le tutele che la riguardano;

   tuttavia, mentre gli infermieri italiani attendono una risposta concreta dal Governo affinché vengano riconosciuti gli incrementi stanziati nel 2020, in risposta a questa inerzia, va evidenziato che le regioni cominciano a prendere delle iniziative in autonomia, come nel caso della Valle d'Aosta che, per il triennio 2022-2024, ha stanziato una indennità che ammonta ad euro 350 lordi mensili aggiuntivi;

   ad avviso della interrogante, si tratta di un dato non trascurabile, che esprime un segnale inequivocabile di vicinanza e rispetto alle istanze del comparto infermieristico che il Governo non può ignorare;

   per ovviare alla preclusione dell'erogazione dell'indennità di specificità infermieristica, vincolata alla chiusura del nuovo contratto collettivo del comparto «sanità pubblica», i cui tempi di definizione sono ancora incerti, si potrebbero vagliare delle modalità alternative, volte a consentirne una più rapida percezione;

   si ritiene necessario e urgente valorizzare lo straordinario impegno profuso dal personale infermieristico, avendo presente che esso rappresenta il pilastro fondamentale del sistema sanitario –:

   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative normative per consentire di velocizzare l'erogazione dell'indennità di specificità infermieristica, di cui all'articolo 1 comma 409, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, attualmente subordinata al rinnovo del contratto collettivo nazionale 2019-2021 del comparto sanità.
(3-02669)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   sono una miriade i problemi legati alla reale e concreta liquidazione dei danni subiti dalle famiglie e dalle imprese a causa dell'evento alluvionale del 21 e 22 novembre 2020 a Crotone;

   in primis, l'associazione «Dal giorno dopo», che rappresenta i cittadini alluvionati, ha denunciato l'assurda burocrazia dei moduli per le domande di ristoro, sostenendo che, invece di semplici autodichiarazioni o, comunque, domande semplificate «per avere a distanza di sei mesi il primo ristoro per un massimo di 5.000 euro a famiglia, come prevede il decreto emanato dal Governo, viene richiesto di compilare un modulo di diciotto pagine, per il quale c'è bisogno ironicamente parlando dell'ordine degli ingegneri, dell'ordine degli architetti, con la partecipazione dell'Università della Calabria», poiché il modulo chiedeva alle famiglie di indicare ogni caratteristica dell'eventuale abitazione danneggiata (dai piani del condominio al numero dei locali interrati, alla superficie residenziale e non residenziale), le eventuali fatture per i lavori di ripristino svolti, comprensive degli oneri riflessi, il verbale condominiale con delega dell'amministratore, foto e perizie della compagnia assicurativa;

   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, le pratiche di risarcimento danni presentate da ogni cittadino ed impresa danneggiati sono state trasmesse alla regione Calabria con protocollo dell'8 luglio 2021 e attualmente sarebbero all'attenzione della Protezione civile di Roma, per verificarne la regolarità;

   l'ammontare del risarcimento sarebbe di 2.800.000,00 euro per le imprese e di 300.000,00 euro per le famiglie, fondi già disponibili nelle casse della stessa Protezione civile, ma, nonostante ciò e nonostante la delibera del Consiglio dei ministri del 17 febbraio 2021, che ha disposto di attivare misure economiche di immediato sostegno al tessuto sociale della popolazione i danni, a distanza di un anno dall'evento calamitoso nessuno sarebbe stato ancora risarcito –:

   di quali informazioni disponga il Governo in merito ai fatti esposti in premessa e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per garantire l'urgente liquidazione dei danni subiti dalle famiglie e dalle imprese a causa dell'evento alluvionale del 21 e 22 novembre 2020 a Crotone.
(4-10888)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   Klaus Schwab è il fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum, l'Organizzazione internazionale per la cooperazione pubblico-privato nonché fondatore della Fondazione Schwab per l'imprenditoria sociale, del Forum of Young Global Leaders (per leader under 40) e della Global Shapers Community (per potenziali leader di età compresa tra 20 e 30 anni), per la promozione dell'imprenditoria sociale e integrare i giovani nei processi decisionali globali e in progetti concreti, e del Network of Global Future Councils, principale rete di conoscenza interdisciplinare al mondo sul pensiero innovativo sul futuro;

   lo stesso è autore di: The Fourth Industrial Revolution (2016), Shaping the Fourth Industrial Revolution (2018) e COVID-19: The Great Reset (2020);

   il 10 gennaio 2016 Dairus Rochebin ospita Klaus Schwab che, intervistato sul libro sulla quarta rivoluzione industriale, afferma come nei prossimi 10 anni vi sarà la possibilità di una fusione del mondo biologico, fisico e digitale. Infatti, nel libro afferma come una confluenza di innovazioni tecnologiche emergenti, intelligenza artificiale (AI), robotica, Internet delle cose (IoT), autonomia veicoli, stampa 3D, nanotecnologia, biotecnologia, scienza dei materiali, accumulo di energia e calcolo quantistico, modificazioni genetiche, porterà a fondere il mondo fisico, digitale e biologico e con un ruolo determinante della biologia sintetica;

   l'11 novembre 2016 il Wef pubblica un articolo nel quale immagina un futuro senza il possesso dei beni. L'articolo ora non è più online;

   nell'articolo del febbraio 2018, dal titolo «La quarta rivoluzione industriale: opportunità e sfide», gli autori affermano che: «La quarta rivoluzione industriale [...], descrive un mondo in cui gli individui si muovono tra domini digitali e realtà offline con l'uso della tecnologia connessa[...]»;

   il 3 giugno 2020, Schwab sosteneva che «Ora è il momento di un "grande reset" in quanto "l'ansia per le prospettive sociali ed economiche del mondo si sta solo intensificando" e che "Ogni paese, dagli Stati Uniti alla Cina, deve partecipare e ogni settore, dal petrolio e dal gas alla tecnologia, deve essere trasformato. Serve insomma un "Grande Reset" del capitalismo»;

   il libro COVID-19: The Great Reset, scritto con Thierry Malleret, il co-fondatore del Monthly Barometer, un'analisi predittiva per investitori privati e influenti opinion e decision maker, senior partner e fondatore di IJ (Informed Judgement), che fornisce consulenza per gli investitori dai patrimoni elevati, fondatore del Global Risk Network al Wef, una rete che riunisce opinioni e politici di spicco, amministratori delegati e accademici per esaminare come le questioni globali influenzeranno le imprese e la società a breve e lungo termine, risponde alla domanda: «quando le cose torneranno alla normalità» con: «mai», introducendo nuovi termini, «prima del coronavirus» (BC) e «dopo del coronavirus» (AC), facendo eco a Bill Gates con il suo termine «Pandemia I» e sostenendo una «nuova normalità»;

   dall'articolo dal titolo «COVID-19: The Great Reset-A Review» si apprende come Schwab sostenga un «capitalismo degli stakeholder per sostituire il capitalismo finanziario di oggi» e come la crisi generata dal lockdown e la crisi climatica abbiano alcune cose in comune. Schwab e Thierry considerano quindi la pandemia come una «finestra di opportunità»;

   l'interrogante ha in più di una occasione sollevato il fatto che Mario Draghi fosse intervenuto durante la pandemia sostenendo che «per rilanciare l'economia servono test e tracciamento», e contestando quello che l'interrogante ritiene un conflitto di interessi del Presidente Draghi con le interrogazioni 4/08424 e 4/06870, il 22 novembre 2021 il Presidente Draghi ha incontrato Klaus Schwab in veste ufficiale –:

   quale autorità Klaus Schwab rappresenti per essere accolto a Palazzo Chigi.
(4-10898)


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il 3 agosto 2020, con le interrogazioni n. 4-06547 e 4-06546, l'interrogante aveva rilevato come i vaccini anti-COVID-19 a mRNA potessero essere considerati di fatto farmaci Ogm a base genica, chiedendo al Governo quali fossero le iniziative per l'abbattimento del rischio e quale la posizione in merito alla sperimentazione umana in soggetti sani, di farmaci sperimentali per terapia genica;

   con numerose interrogazioni, tra cui le n. 4-05185, n. 4-05226 e n. 4-07476, l'interrogante aveva già posto al Governo le sue considerazioni in merito alla sicurezza e alla non eticità della sperimentazione, in quanto trattasi di farmaci che utilizzano una nuova tecnologia quali i vettori mRNA e Adenovirus Ogm, per trasformare il nostro organismo in una fabbrica di vaccini, più che a renderlo direttamente immune;

   l'interrogazione del consigliere regionale Davide Barillari n. 545 del 13 gennaio 2021, a pagina 5 e 6, bene illustra la questione ripresa dall'interrogante nelle precedenti interrogazioni, ponendo una disamina tecnica sulla loro classificazione, potendo, per certi versi, essere considerati di fatto farmaci a terapia genica, anche se da regolamentazione europea tali non possono essere considerati per definizione;

   nell'articolo scientifico dal titolo: «Consegna terapeutica dell'mRNA: il mezzo è il messaggio» si evidenzia come l'avvento dell'uso dell'RNA, antisenso e catalitico, ha fornito strumenti molecolari contro cancro e malattie infettive, trovando utilità sotto forma di vaccini genetici;

   con l'articolo scientifico: «La Spike SARS-CoV-2 compromette la riparazione del danno al DNA e inibisce la ricombinazione V(D)J in vitro», i ricercatori hanno fornito prove che la proteina spike dirotta, in vitro, il meccanismo di riparazione del danno al Dna, e il meccanismo immunitario adattativo. I ricercatori ritengono che le osservazioni cliniche mostrano come il rischio di malattia grave o morte con COVID-19 aumenti con l'età, in particolare per gli anziani che sono a più alto rischio, e sia coerente con le loro risultanze di laboratorio. Ciò può essere dovuto al fatto che le proteine spike di SARS-CoV-2 possono indebolire il sistema di riparazione del Dna delle persone anziane e, di conseguenza, impedire la ricombinazione V(D)J nelle cellule B e l'immunità adattativa, rappresentando un potenziale effetto collaterale del vaccino basato sulla proteina spike a lunghezza intera;

   in occasione del World Health Summit tenutosi a Berlino tra il 24-26 ottobre 2021, di quest'anno, Stefan Oelrich, responsabile della divisione farmaceutica della Bayer dal 2018, ha dichiarato che: «In definitiva, i vaccini mRNA sono un esempio di terapia cellulare genica. Come amo ripetere, se due anni fa avessimo fatto un sondaggio al pubblico chiedendo: “sareste disposti a farvi iniettare nel corpo una terapia genica cellulare?” avremmo avuto un tasso di rifiuto del 95 per cento»;

   l'interrogante ritiene che le dichiarazioni di Stefan Oelrich, confermate anche da un articolo di Butac.it, non siano da sottovalutare, in quanto provenienti da una fonte considerabile autorevole;

   inoltre, risulta all'interrogante, dalla lettura della recente documentazione scientifica riportata in un articolo dal titolo: «Chiare, fresche e dolci acque. Con spike o senza?», che la proteina spike indotta dai vaccini, si stia disperdendo nell'ambiente, generando un vero e proprio problema ambientale, la cui valutazione, per questi farmaci emergenziali Ogm non è prevista dal regolamento europeo 1043/2020, ma resta considerabile come un rischio prevedibile, come ha ribadito la Commissione europea nella risposta all'interrogazione E-000323/2021, e che nessuno ha mitigato;

   il predetto regolamento è già stato impugnato con la causa T633/2020 del 9 ottobre 2020 –:

   se il Governo intenda valutare la sussistenza dei presupposti per impugnare, in sede europea, i provvedimenti riguardanti le autorizzazioni all'immissione in commercio (AIC) relative ai vaccini anti Sars-Cov-2, e, nel frattempo, adottare le iniziative di competenza per sospendere la campagna vaccinale.
(4-10899)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, alcuni italiani hanno denunciato di essere bloccati in Marocco a seguito dell'improvvisa decisione del Governo marocchino di chiudere i collegamenti esteri sia in entrata che in uscita;

   a denunciare la situazione è stata in particolare una donna di Bolzano, che si trovava a Marrakech per lavoro. In un accorato video ha raccontato di «scene di disperazione in aeroporto, dove tutti i desk sono chiusi»;

   la donna, nel chiedere aiuto al Governo italiano, ha parlato di 20 italiani bloccati nello scalo. La donna ha ribadito la situazione anche nel corso della trasmissione «L'Aria che Tira» su La7;

   la donna ha riferito di un totale abbandono da parte delle istituzioni italiane, a partire dall'ambasciata italiana in Marocco, raccontando di come invece i cittadini romeni siano in costante contatto con i loro referenti e pronti a partire con un volo speciale;

   giova ricordare che sin dal mese di maggio 2021 l'interrogante ha sollecitato il Governo ad utilizzare i fondi del Meccanismo europeo di protezione civile che, a determinate condizioni, consente di ricevere un rimborso del 75 per cento dei costi sostenuti per il viaggio di rimpatrio;

   a giudizio dell'interrogante, gli italiani sono rimasti bloccati all'estero per l'incapacità del Governo italiano di prevedere operazioni di rimpatrio da eseguire con celerità. Da fonti di stampa si apprende che la Romania si è immediatamente attivata per organizzare voli di rimpatrio;

   la Francia, dopo la decisione del Governo di Rabat, da venerdì ha rimpatriato dal Marocco più di 20 mila persone a bordo di voli speciali. Secondo quanto scrive Le Figaro, citando fonti diplomatiche francesi, si tratta per lo più di turisti, ma anche uomini d'affari e «semiresidenti», ovvero persone che hanno la residenza tra il Marocco e la Francia;

   del tutto insufficiente appare la nota della Farnesina che annuncia, con estremo ritardo, l'intenzione di addivenire a un piano di rientri mediante voli e traghetti commerciali dal 4 al 14 dicembre;

   appare quindi legittimo concludere, ad avviso dell'interrogante, che il Governo o ha deliberatamente scelto di non attivarsi in maniera seria per organizzare i rimpatri oppure non ha tratto alcuna lezione dalla prima ondata pandemica, abbandonando il destino dei nostri connazionali in difficoltà alle mere logiche di mercato delle compagnie aeree e di navigazione, che hanno sensibilmente aumentato i prezzi per far fronte alle restrizioni, ostinandosi a non ricorrere alle opportunità di sussidio offerte dall'Unione europea –:

   quali siano le intenzioni del Governo in merito ai rimpatri dei cittadini italiani bloccati in Marocco;

   quali siano le ragioni per cui non sia stato predisposto un piano di emergenza per il rimpatrio rapido degli italiani bloccati nel mondo, anche ricorrendo ai fondi del Meccanismo europeo di protezione civile.
(5-07210)

Interrogazione a risposta scritta:


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo di «La Repubblica» del 26 novembre 2021 a firma di Tonia Mastrobuoni, riporta la notizia della morte, in circostanze ancora poco chiare, del cittadino italiano Gaetano B. che viveva e risiedeva a Colonia. Secondo l'articolo, il decesso è avvenuto a giugno 2021, probabilmente a causa delle ferite riportate seguito del pestaggio effettuato della polizia tedesca la sera del 24 aprile 2021;

   secondo alcuni testimoni, la sera del 24 aprile, Gaetano B. in stato di ubriachezza presso la sua abitazione, è stato colpito ripetutamente a calci e pugni dagli agenti di polizia, andando a finire in ospedale con due costole rotte per poi ritornarci nuovamente due mesi dopo e morire, a causa delle complicazioni dovute da una setticemia, determinata, secondo il parere dei medici, da una polmonite arrecata a sua volta dalle costole rotte;

   a seguito delle indagini effettuate dalla procura di Colonia, emergono dettagli inquietanti dalle chat dei cellulari sequestrati, dove degli agenti di polizia si sarebbero vantati di varie violenze e soprusi. Dai messaggi, sempre secondo l'articolo sopracitato, vengono riportate frasi di chiara matrice xenofoba come ad esempio: «Al turco gli ho dato un calcio», «Potevate pure aspettarmi. Mi sono fatto apposta la Venloer Strasse a 150 all'ora», «Arrestiamo qualcuno e lo facciamo a pezzi» –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, alla luce dei gravi fatti sopra esposti, per avere maggiori chiarimenti da parte della Repubblica Federale di Germania riguardo alle responsabilità sulla morte di Gaetano B. avvenuta a Colonia nel giugno 2021 e per accertarsi che non si sia verificato un episodio di razzismo nei confronti di un nostro concittadino.
(4-10894)

CULTURA

Interrogazione a risposta scritta:


   BELLA, DEL SESTO e VACCA. — Al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   diversi articoli di giornale, e altrettante note di società storiche ed associazioni culturali hanno denunciato, nel corso delle ultime settimane, la gravità della situazione in cui versa la maggior parte degli Archivi di Stato, uffici periferici del Ministero della cultura preposti alla conservazione dei documenti prodotti dalle amministrazioni degli antichi Stati pre-unitari e di una parte maggioritaria di quelli emessi dallo Stato italiano dal 1861 a buona parte del Novecento;

   non occorre insistere in questa sede sulla rilevanza storica del patrimonio dato in custodia a quegli organismi, mete, come è noto, di studiosi nazionali e internazionali che vi trovano un pozzo di San Patrizio per le loro ricerche storiche, storico-artistiche e storico-economiche. A comprendere appieno la loro importanza istituzionale, basti invece la semplice composizione del loro stesso nome: Archivi di Stato;

   fosse anche sul mero piano formale dell'ordinamento pubblico italiano, si osserverà che non esistono Biblioteche di Stato, Musei di Stato, Teatri di Stato e altro. Piace dunque evidenziare che gli unici organi culturali esprimenti, fin nella propria denominazione, la loro connaturalità al sovraordinato ente statale siano proprio gli archivi, che dello Stato tutelano la memoria, per metterla a servizio della cittadinanza;

   ora, questi uffici – veri e propri pilastri dello Stato nella sua più alta concezione giuridica – si trovano in palese disarmo: su un numero totale di 133, tra sedi provinciali e distaccamenti, almeno venticinque rischiano la chiusura al pubblico (vale a dire l'interruzione de facto di servizio) per mancanza di personale;

   le ragioni di siffatte carenze sono note, e lo stesso può dirsi del futuro di questi istituti, se il Ministero che li gestisce non avrà la premura d'invertire il corso della catastrofe. L'intervento che s'impone con più urgenza pare del resto essere uno solo: l'assunzione di personale, in particolare di custodi, il cui difetto in numero provoca le più pesanti e immediate ricadute sulla fruizione dei documenti – beni culturali pubblici – da parte dei cittadini. Ai custodi, infatti, e non ad altri profili, spetta contrattualmente il compito di aprire gli edifici nei quali gli Archivi di Stati risiedono, di sorvegliarne le sale di studio, di movimentare – primo atto del processo di consultazione – le unità archivistiche, rendendole consultabili agli utenti;

   a dimostrazione di ciò cade a proposito il recente e mediatizzato caso dell'Archivio di Stato di Genova, rimasto chiuso alcuni giorni per la contemporanea malattia di tre sui quattro custodi in organico, a fronte del minimo di 10 previsti dall'organigramma. L'episodio, facile a riprodursi in futuro, è sufficiente a segnalare il carattere imprescindibile di queste figure professionali, e l'impellenza del rinnovo e rimpinguamento delle loro file;

   tale è, per concludere, la sostanza della presente interrogazione: una categoria di uffici ministeriali è sull'orlo del collasso, con grave pregiudizio per la cittadinanza, la quale si ritroverà, a tutti gli effetti, privata dell'accesso a una parte del patrimonio culturale italiano. Né si voglia credere che la tanto promossa digitalizzazione possa supplirvi in così breve termine –:

   se il Ministro interrogato intenda fornire tutti gli elementi utili sulle iniziative che intende intraprendere per porre rimedio a questa situazione, che più propriamente non potrebbe essere definita se non assolutamente emergenziale.
(4-10895)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   LUCASELLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   un fenomeno di cui nessuno parla, ma che sta assumendo le dimensioni di una vera e propria emergenza è la frequenza dei suicidi tra le forze dell'ordine, più alta che nel resto della popolazione;

   nel 2021, secondo il dato riportato dall'Osservatorio suicidi in divisa (Osd), si contano 49 suicidi tra le Forze dell'ordine, di cui il triste primato appartiene ai Carabinieri con 21 morti; nel 2020 i suicidi sono stati cinquantuno e nel 2019 ne sono stati registrati sessantanove con un'incidenza di 10,5 suicidi ogni 100 mila appartenenti alle Forze armate e di polizia: un dato elevatissimo se si considera che l'ultimo annuario statistico dell'Istat del 2020 (dati 2017) conta 3.940 suicidi tra la popolazione;

   l'analisi del fenomeno dei suicidi nelle Forze dell'ordine e nelle Forze armate andrebbe, peraltro, incontro a incongruenze sui dati stessi, perché le amministrazioni e i Ministeri competenti non registrano gli eventi avvenuti fuori dalle caserme e dai comandi e altrettanto incompleti sono i dati raccolti da associazioni private, come l'autorevole Osd, basati su segnalazioni, in quanto può avvenire che di alcuni di questi casi non si abbia notizia per volontà della famiglia stessa;

   nonostante i dati a disposizione non rappresentino un censimento dettagliato, tratteggiano una contingenza inquietante che attiene all'esposizione a situazioni di grave disagio che possono portare anche a gesti estremi, come appunto il suicidio: burnout, stress correlato, ma anche mancanza di mezzi, strutture inidonee, carichi di lavoro eccessivi dovuti alla cronica carenza di organico, stipendi inadeguati, si possono sommare a dimensioni private che, come spesso accade nella vita, possono essere estremamente problematiche;

   secondo Cleto Iafrate, membro del direttivo nazionale del Sibas-Finanzieri, tra i primi studiosi del sindacalismo militare, il numero dei suicidi ha una percentuale fisiologica (la causa sono fattori stressanti tipici del lavoro svolto ma anche problemi di natura personale) e una componente patologica, sintomo di storture del mondo militare e delle forze di polizia: «Se prendiamo i quattro momenti della vita di ogni militare che più di qualsiasi altro incidono sul benessere professionale e personale, il trasferimento di sede, i giudizi annuali caratteristici, le sanzioni disciplinari e le benemerenze di servizio, ci rendiamo conto che in ciascuno di questi momenti la volontà del capo costituisce, e ancor più, sostituisce il principio di legalità», riducendo il militare «in docile esecutore di un'altrui volontà alla quale egli è costretto a piegarsi. Se in guerra costituisce un punto di forza, perché è nell'interesse della nazione rendere incontestabili gli ordini ricevuti, in tempo di pace e di democrazia l'interesse all'obbedienza gerarchica non può prevalere sul superiore interesse all'osservanza delle leggi e della Costituzione»;

   l'incidenza del fenomeno indica, in ogni caso, la necessità di un diverso approccio alle problematiche del personale, che permetta di cogliere il disagio psichico, relativo sia ad aspetti personali sia a stimoli stressogeni che emergono dal tessuto lavorativo in cui opera, in modo da contenere il fenomeno suicidiario in divisa; un intervento immediato attraverso una «prevenzione» basata sull'abbattimento del «tabù» del sostegno psicologico, per trasformarlo da «stigma» a supporto importante, e sul potenziamento della formazione e preparazione di coloro che sono deputati alla gestione del personale –:

   di quali informazioni e dati aggiornati disponga il Governo in merito alla grave emergenza degli eventi suicidari tra le Forze dell'ordine e quali immediate iniziative di competenza intenda assumerei al riguardo, con particolare attenzione all'aspetto della prevenzione.
(4-10892)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   APRILE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con l'articolo 3-bis del decreto-legge n. 34 del 2019 convertito dalla legge n. 58 del 28 giugno 2019 (cosiddetto «Decreto Crescita»), recependo un emendamento a firma dell'interrogante, e stato soppresso – per i contratti di locazione stipulati in regime di tassazione agevolata della «cedolare secca» – l'obbligo (previsto per il contribuente dal comma 3 dell'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23) di comunicazione della proroga dei contratti in tale regime; conseguentemente, è stata abrogata la relativa sanzione (articolo 3-bis «Al comma 3 dell'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in materia di cedolare secca sui canoni di locazione, l'ultimo periodo è soppresso»);

   ciononostante, a quanto conta all'interrogante, l'Agenzia delle entrate – nel caso in cui il contribuente con contratto in regime di cedolare secca, ometta di inviare la comunicazione della proroga – opera d'ufficio la revoca della cedolare e notifica l'avviso di liquidazione per mancato versamento dell'imposta di registro per annualità successive alla prima (applicando anche la sanzione del 30 per cento dell'imposta), anche nel caso in cui sia stato regolarmente assolto l'obbligo di versamento dell'imposta sostitutiva e i redditi da cedolare secca siano stati inseriti nel relativo quadro della dichiarazione;

   è evidente come, in tale evenienza, il contribuente, ricevuti gli avvisi, sia costretto a effettuare delle inutili, e a volte onerose, attività, volte a dimostrare la propria volontà di non revocare il regime fiscale, già indicato al momento della registrazione del contratto;

   è altrettanto evidente come, tale comportamento dell'Amministrazione finanziaria, generi confusione per i contribuenti, e come ciò debba ritenersi inammissibile, specie in un periodo come quello che si sta vivendo, sicuramente complicato sul fronte degli obblighi fiscali –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non ritenga di adottare con urgenza iniziative di competenza per superare questa situazione di confusione e far sì che l'Agenzia delle entrate effettui i dovuti controlli prima di procedere con la notifica degli avvisi di liquidazione.
(4-10893)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   l'interrogante ha richiamato l'attenzione del Governo, con più atti di sindacato ispettivo, affinché venisse introdotta ogni iniziativa che escluda l'irregolare accesso di migranti provenienti dalla rotta balcanica, che interessa la regione Friuli Venezia Giulia;

   tuttavia, si ritiene che ad oggi non siano stati adottati i necessari provvedimenti per risolvere questa grave emergenza che mette a rischio la sicurezza dei cittadini;

   l'insufficienza di controlli a Nord-est del territorio nazionale ha comportato anche l'entrata di terroristi, come dimostra l'arresto di un infiltrato dell'Isis da parte della Digos di Venezia e Gorizia che si trovava presso un Cpr di Gradisca, come appreso in data 2 dicembre 2021;

   pertanto, anche tale episodio dimostra che è urgente garantire maggiore rigore nell'impedire accessi di immigrati ai confini nord-est dell'Italia;

   vanno poi adottati specifici provvedimenti per verificare se abbiano avuto accesso altre cellule dell'Isis oltre il confine del Friuli Venezia Giulia;

   a ciò si aggiunge l'esigenza di escludere i rischi sanitari derivanti dall'entrata di immigrati, a causa del protrarsi della pandemia da COVID-19:

   se e quali urgenti iniziative intenda assumere per rafforzare adeguatamente i controlli ai confini del Friuli Venezia Giulia, al fine di impedire l'entrata di immigrati irregolari, considerando che sono riusciti ad accedere al territorio nazionale anche terroristi dell'Isis, come esposto in premessa.
(5-07209)

Interrogazione a risposta scritta:


   FOGLIANI, ANDREUZZA, BAZZARO, VALLOTTO e TONELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nell'ultimo incontro della Conferenza dei sindaci del Veneto orientale, a cui hanno preso parte anche i rappresentanti delle segreterie provinciali interessate dei sindacati di Polizia Sap e Siulp, è stata sottolineata la grave situazione che riguarda l'ordine pubblico nell'area;

   numerosi sono i fatti di cronaca che hanno coinvolto la zona, in particolare la comunità portogruarese e quella concordiese, dove sono stati registrati molti furti in abitazione che hanno indotto uno stato di paura e di incertezza tra i residenti;

   gli esponenti dei sindacati su richiamati, sottolineando le gravi carenze degli organici negli uffici di Polizia dell'area, hanno spiegato come la recrudescenza delle attività criminali sia legata anche alla difficoltà di controllo del territorio, venendo quindi meno tutta l'attività di prevenzione;

   a titolo di esempio, il commissariato di Portogruaro, che dispone di appena 29 agenti, è chiamato a garantire servizi di pattugliamento e di intervento su ben 11 comuni e riesce, a tal fine, a mettere a disposizione circa 1 pattuglia ad ogni turno; la Polfer di Portogruaro, a causa dei prossimi pensionamenti, rimarrà a breve con soli 3 operatori, mentre la Polizia stradale, con appena 5 agenti, riesce a garantire solo 20 pattuglie al mese; il commissariato di Jesolo riesce a garantire 100 pattuglie al mese contro le 120 che sarebbero sufficienti per un controllo efficace; San Donà di Piave dovrebbe, a norma di regolamento contare su 42 agenti, ma ne ha a disposizione solo 27;

   i piccoli comuni sono obbligati a sopperire a tali carenze utilizzando le proprie polizie locali, con grave dispendio di risorse –:

   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative urgenti per sopperire alla carenza di organico che sconta la Polizia di Stato nel territorio del Veneto orientale.
(4-10891)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTINCIGLIO e CANCELLERI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Ministero dell'istruzione, protocollo 50 del 3 marzo 2021, nel disciplinare l'aggiornamento delle graduatorie di circolo e di istituto di III fascia per il personale ATA (triennio 2021-23), all'allegato A/1 (Tabella di valutazione dei titoli relativa alle graduatorie di circolo e di istituto per le supplenze di assistente amministrativo), prevede tra i titoli di servizio validi ai fini dell'attribuzione del punteggio per l'inserimento in graduatoria quello prestato nelle «scuole di istruzione secondaria o artistica non statali pareggiate, legalmente riconosciute e convenzionate» (punto 7.2, lettera c);

   la formazione professionale – di esclusiva competenza delle regioni – è esercitata dalle stesse mediante l'affidamento ad enti privati accreditati (cui erogano finanziamenti stabiliti nei propri bilanci) e costituisce un servizio pubblico; ne deriva che nella citata lettera c) dovrebbe rientrare anche il servizio prestato presso i centri di formazione professionale con l'effetto di riconoscere al personale che ivi opera lo stesso punteggio attribuito all'omologo della scuola pubblica, pena la discriminazione tra lavoratori che svolgono medesime attività e mansioni;

   il personale Ata che presta servizio presso il Centro formativo svolge di fatto attività e mansioni di servizio pubblico, perfettamente uguali a quelle richieste e rese presso le scuole pubbliche e presso quelle «non statali pareggiate, legalmente riconosciute e convenzionate», ai sensi del decreto ministeriale n. 640 del 2017 (allegato Al, punto 7.2, lettera c), ovvero ai sensi del decreto del Ministero dell'istruzione protocollo 50 del 3 marzo 2021 (allegato A1, punto 7.2, lettera c), va da sé che anche ai fini della valutazione dei titoli di servizio, nessuna differenza andrebbe fatta;

   la natura pubblica del servizio reso da questa categoria di lavoratori è, altresì, pacificamente riconosciuta anche dalla giurisprudenza secondo cui il servizio prestato presso il centro di formazione professionale «è inquadrabile nella categoria scuole di istruzione secondaria o artistica non statali pareggiate, legalmente riconosciute e convenzionate» (cfr. Tribunale del lavoro Torre Annunziata 3289/19) sul presupposto che «l'attività di formazione costituisce un pubblico servizio, il cui affidamento ad un soggetto privato dà vita ad un rapporto di tipo concessorio indipendentemente dalla veste formale e dalla terminologia in concreto utilizzate» (Sez. Unite civili, n. 25118/2008) e che l'ente di formazione accreditato dalle regioni quale organismo formativo, «lungi dallo svolgere un'attività di impresa a vantaggio dell'Amministrazione, ha ricevuto fondi per rendere un servizio di interesse generale a vantaggio degli utenti, operando quale longa manus dell'Amministrazione stessa» (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5086 dep. 14 ottobre 2014). Dello stesso orientamento anche CTP Campobasso con sentenza n. 561/19 che – nel richiamare in parte la citata pronuncia del Consiglio di Stato 5086/2014 – ne cristallizza il dictum significando che «l'Associazione di formazione accreditata presso la Regione, lungi dallo svolgere un'attività di impresa a vantaggio dell'Amministrazione, rende un servizio di interesse generale a vantaggio degli utenti, operando quale longa manus dell'Amministrazione stessa e non può, pertanto avere, natura di Ente commerciale»;

   nonostante ciò, i dirigenti scolastici di alcune regioni italiane, tra cui quella siciliana, hanno escluso dalle graduatorie personale Ata III fascia coloro che hanno prestato servizio presso enti di formazione professionale adducendone il mancato esplicito inserimento tra i titoli di servizio di cui alla citata Tabella A/1 del decreto ministeriale n. 50 del 2021;

   avverso tale esclusione gli interessati hanno presentato reclamo ai dirigenti scolastici alcuni dei quali, condividendo le argomentazioni prodotte, hanno riconosciuto e convalidato il punteggio, con conseguente riammissione in graduatoria, salvo poi annullare nuovamente la decisione a seguito della nota prot. 22372 del 23 agosto 2021 con cui l'Ufficio scolastico regionale per la Sicilia, ritenendo «illegittima per il personale ATA la valutazione per il servizio svolto alle dipendenze di Enti di formazione professionale» intimava loro di non riconoscerne il relativo punteggio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per assicurare un'interpretazione corretta, non discrezionale e non discriminatoria della legge;

   se, in particolare, ritenga opportuno, anche al fine di assicurare un'applicazione uniforme della legge sull'intero territorio nazionale, adottare iniziative per inserire esplicitamente nella Tabella di valutazione dei titoli di servizio relativa alle graduatorie di circolo e di istituto personale Ata III fascia anche quello relativo al servizio prestato presso centri di formazione professionale.
(5-07212)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 105 del 23 luglio 2021, all'articolo 2, dispone che la regione per rimanere in zona «bianca» deve avere un'occupazione delle terapie intensive per pazienti affetti da COVID-19 uguale o inferiore al 10 per cento di quelli comunicati alla Cabina di regia;

   la regione Marche, secondo l'ultimo rapporto Agenas, ha sulla carta 250 posti in terapia intensiva e altri 57 attivabili grazie all'aggiunta di altri 4 posti letto attivi comunicati qualche giorno fa per un totale di 307 posti letto in terapia intensiva, allontanando così la fatidica soglia dell'occupazione del 10 per cento e il rischio di passaggio da zona bianca a zona gialla;

   secondo il comunicato dell'assessore regionale marchigiano alla sanità i nuovi posti letto in terapia intensiva sono stati attivati presso l'Ospedale regionale di Torrette di Ancona;

   sempre secondo l'assessore, l'occupazione parte di pazienti COVID-19 delle terapie intensive è pari al 10 per cento (25 occupati su 250 disponibili) e non al 12 per cento come scritto da alcuni organi di stampa locale;

   nella realtà, a quanto risulta all'interrogante, la regione Marche non dispone di 250 posti letto attivi di terapia intensiva con ambienti collaudati, con le tecnologie che servono e soprattutto con proprio personale specializzato non sottratto ad altre attività;

   inoltre, il numero dei tamponi e il livello di tracciamento sono molto inferiori alla media nazionale, i centri vaccinali sono pochi e non organizzati, la situazione nelle scuole di ogni ordine e grado è fuori controllo e rispetto alla settimana scorsa si registra il 90 per cento dei contagi in più;

   di fronte a questa situazione preoccupante nessuna azione o strategia è stata intrapresa dalla giunta regionale se non quella di aumentare sulla carta il numero dei posti in terapia intensiva –:

   alla luce dei fatti sopraesposti, quali iniziative urgenti di competenza, compresa eventualmente anche un'ispezione ministeriale, intenda adottare al fine di fare chiarezza sull'effettivo numero di posti letto in terapia intensiva attualmente presenti all'interno della rete ospedaliera della regione Marche.
(5-07214)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   sconvolge che nel ventunesimo secolo si possa ancora morire per mancanza di servizi essenziali sul territorio, eppure è notizia la drammatica storia di una giovane donna costretta a partorire in una piazzola in autostrada, aiutata dal compagno e da alcuni operai dell'Anas, non avendo fatto in tempo ad arrivare al più vicino ospedale di Patti, sito a 80 chilometri dal proprio comune;

   l'ospedale di zona, quello di Mistretta, da tempo, infatti, non ha più il reparto di ostetricia, smantellato, come successo anche altrove in Sicilia, in un più generale processo di riorganizzazione della rete assistenziale materno-infantile;

   una corsa contro il tempo che purtroppo è finita in tragedia: il bimbo è venuto alla luce prematuramente, poi l'allarme dato da alcuni operai dell'Anas, l'arrivo del 118 e la corsa di madre e neonato verso l'ospedale di Patti, ma durante il tragitto le condizioni del piccolo sono peggiorate e il suo cuoricino ha smesso di battere;

   una tragedia che si sarebbe potuta e dovuta evitare, con ogni probabilità, quella avvenuta sulla Messina-Palermo, a pochi metri dallo svincolo autostradale vicino Santo Stefano di Camastra;

   da anni l'interrogante denuncia e contesta i tagli che già il precedente Governo ha imposto alle regioni in materia di sanità, e in particolare modo, sui reparti di ostetricia con la scelta di agganciare la «sostenibilità» di un punto nascita al numero di parti (almeno 500) annuali ivi praticati;

   in particolare, con decreto del 14 gennaio 2015, «Riqualificazione e rifunzionalizzazione della rete ospedaliera-territoriale della Regione Sicilia», l'assessorato competente stabiliva la chiusura dei punti nascita siciliani che non raggiungevano la soglia minima, appunto, di 500 parti all'anno fissata dal «decreto Balduzzi» del 2012;

   tale processo di riorganizzazione obbliga molte donne a lasciare la propria abitazione alcune settimane prima della data presunta del parto per raggiungere le strutture dove far nascere i loro bambini;

   il parto è un evento unico che ogni donna ha il diritto di vivere serenamente e in totale sicurezza, cosa che oggi non è garantita in alcune zone, in particolare, quelle più interne della Sicilia, che soffrono lo spopolamento e dove le condizioni orografiche non aiutano, così che anche una percorrenza di qualche decina di chilometri può diventare un lungo viaggio;

   lo Stato deve sostenere in ogni modo la maternità e la vita, senza guardare al dato economico perché la vita nascente è sempre e comunque una ricchezza per il nostro futuro –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per mettere in atto congiuntamente con la Regione siciliana, un puntuale monitoraggio e una verifica della rete dei punti nascita, al fine di assicurare che l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza sia effettivamente conforme a quanto previsto dall'articolo 32 della Costituzione, anche derogando alla norma che impone il limite di 500 parti l'anno, al fine di garantire la continuità dei punti nascita siciliani, con particolare riguardo alle isole minori, alle località disagiate o comunque emarginate territorialmente, che, per le immutabili condizioni orografiche ad alta difficoltà di accesso, necessitino della presenza di punti nascita.
(4-10889)


   TERMINI, EHM, MASSIMO ENRICO BARONI, SIRAGUSA, SARLI e APRILE. — Al Ministro della salute, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   l'impiego dei dispositivi di protezione individuale, reso necessario dalla emergenza epidemiologica da COVID-19, costituisce un reale ed insormontabile impedimento per la comunicazione delle persone con disabilità uditiva, basata, oltre che sulla lingua dei segni, anche sulla lettura dei movimenti labiali;

   in data 9 giugno 2021 – seduta n. 521 – il Governo ha accolto, esprimendo parere favorevole, l'ordine del giorno 9/03045-A/001 della prima firmataria del presente atto, impegnandosi a «valutare la possibilità di intervenire, sentito il parere del comitato tecnico scientifico, affinché venga prescritto l'obbligo di dismettere, anche solo temporaneamente, l'uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie nell'interlocuzione con soggetti affetti da sordità o ipoacusia, all'interno dei pubblici esercizi, nelle sedi delle amministrazioni pubbliche ed in ogni altro luogo in cui sono prestati servizi di pubblica utilità, nel rigoroso rispetto delle misure e dei protocolli di sicurezza relativi al distanziamento interpersonale, all'utilizzo di barriere fisiche in plexiglas, di partizioni verticali o di visiere protettive»;

   tale richiesta si era resa necessaria in quanto, nel corso di questa lunga e annosa emergenza epidemiologica, ricorre sovente il rifiuto di dismettere la mascherina, anche solo temporaneamente, di fronte ai soggetti affetti da sordità, sebbene l'articolo 1, comma 2, lettera hh-bis), del decreto-legge 25 marzo 2020 n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 nonché l'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 novembre 2020 esonerino dall'osservanza dell'obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie, oltre che i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l'uso della mascherina, anche «coloro che, per interagire con i predetti, versino nella stessa incompatibilità», per il libero ed errato convincimento di incorrere in sanzioni e contestazioni; ritenuto, altresì che le persone affette da disabilità uditiva continuano, purtroppo, ad incontrare impedimenti ed intralci all'inclusione sociale e, al fine di rimuovere le barriere alla comunicazione, sarebbe, pertanto, auspicabile ed opportuno un ulteriore intervento volto a mitigare tali difficoltà –:

   se il Governo sentito il parere del Comitato tecnico scientifico ed anche alla luce delle nuove disposizioni in materia di certificazioni verdi «COVID-19» e di estensione del loro ambito applicativo, non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza volte ad un conseguente aggiornamento delle prescrizioni relative all'uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie nell'interlocuzione con soggetti affetti da sordità o ipoacusia nei luoghi in cui sono prestati servizi di pubblica utilità, al fine di consentire alla comunità dei disabili sensoriali la piena accessibilità alla comunicazione.
(4-10890)


   VILLAROSA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   come da atto aziendale l'Asp di Messina, assicura l'assistenza ospedaliera seguendo la classificazione prevista dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 approvata con decreto regionale n. 22 dell'11 gennaio 2019, in applicazione del piano di riorganizzazione della rete ospedaliera attraverso questi presidi ospedalieri: «S. Salvatore» di Mistretta (PS Zona Disagiata), «Generale» di S. Agata Militello (Presidio di Base), «Barone Romeo» di Patti (Presidio di Base), «Cutroni Zodda» di Barcellona PG (Presidio di Base), «Generale» di Milazzo (DEA I), «Civile» di Lipari (PS Zona Disagiata) e il «S. Vincenzo» di Taormina (DEA I);

   come si apprende da fonti giornalistiche sono diverse, numerose e soprattutto croniche le carenze di figure mediche specialistiche che compromettono la normale funzionalità di tutti i presidi ospedalieri dell'Asp di Messina:

   in data 8 novembre 2021 relativamente alle carenze di figure specialistiche del presidio ospedaliero di S. Agata di Militello si apprende dalla Gazzetta del Sud: «Cardiologia senza medici, ormai è emergenza.»;

   in data 19 novembre 2021 relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Patti: «Il 20 ottobre scorso (...) il comitato “Aretè”, che “lotta” per la tutela dell'ospedale “Barone Romeo” di Patti, aveva segnalato all'assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, la carenza di medici anestesisti, evidenziando una “emergenza senza precedenti nella storia della città e di tutto il comprensorio”»;

   in data 16 novembre 2021 relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Lipari si apprende che «Da quasi una settimana all'ospedale di Lipari c'è un solo chirurgo, a causa dell'assenza per malattia degli altri due e di un terzo che non è più in servizio e non è stato sostituito. Ma non soltanto, mancano anche due biologi e i tecnici e il laboratorio analisi è rimasto scoperto più giorni. In servizio vi sono solamente due medici e un tecnico»;

   in data 17 novembre 2021 relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Milazzo si apprende dalla Gazzetta del Sud: «In particolare l'attenzione è rivolta alla carenza di anestesisti, con una vera e propria fuga dall'Asp di Messina di almeno 12 professionisti che hanno lasciato a mani vuote l'ospedale di Milazzo, ma anche gli altri cinque presidi della fascia tirrenica, mortificando così tutte le già precarie e ridotte attività connesse alla loro presenza.»

   in data 16 novembre 2021, relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Barcellona, ad oggi Covid Hospital, si apprende dalla Gazzetta del Sud: «L'attività operatoria è effettuata esclusivamente grazie alla disponibilità dei pochi anestesisti del “Cutroni Zodda” ad effettuare turni aggiuntivi per far ripartire l'assistenza sanitaria pubblica», è bene sottolineare come all'interno del presidio siano ad oggi solo quattro gli anestesisti attivi;

   in data 15 ottobre 2021, relativamente alle carenze del presidio ospedaliero di Mistretta si apprende che: «L'ospedale di Mistretta è stato ridotto ai minimi termini, senza alcuna garanzia per i cittadini dell'Hinterland Nebroideo. Gravissime sono le carenze di personale medico che non consentono di garantire a quei cittadini il Diritto alla Salute»;

   a seguito di queste importanti e diffuse carenze segnalate per la sola l'Asp di Messina, ma in generale per tutta la regione siciliana, i cittadini della regione sono costretti ad attendere, rinviare o effettuare a pagamento prestazioni sanitarie fondamentali che, a maggior ragione in un periodo come quello attuale, devono essere equamente garantite in tutto il territorio nazionale –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, in raccordo con la regione siciliana, affinché si possa colmare, nel più breve tempo possibile, la carenza di personale sanitario nelle strutture sopra citate e possano essere garantiti i livelli essenziali di assistenza.
(4-10897)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VIANELLO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da fonti stampa di Telenorba del 20 ottobre 2021 dal titolo «Taranto, Usb: problema tecnico all'altoforno 4», si evince una nuova denuncia da parte del sindacato metalmeccanico USB che informa: «ancora un problema tecnico all'Afo 4, proprio come un anno fa quando si verificò la lesione del crogiolo dell'altoforno. Arcelor Mittal tira avanti per poi man mano lasciar morire lo stabilimento tarantino. Mentre l'Afo 2 è a fine campagna e stessa sorte avrà l'Afo 1, l'altoforno 4, il più giovane, avrebbe dovuto garantire la continuità dell'attività ma non avverrà a causa di mancati investimenti di manutenzione che causano seri problemi di sicurezza»;

   secondo l'Usb, negli ultimi 10 giorni sono saliti a 10 i licenziamenti di dipendenti sui quali si fa ricadere le responsabilità di danni agli impianti. Il sindacato chiede un incontro urgente al Governo per discutere delle varie questioni aperte;

   da fonti stampa del Sole 24 ore del 29 novembre 2021 dal titolo «Ex Ilva tira di nuovo il freno a Taranto e ferma altoforno 4 e acciaieria 1» a firma del giornalista Domenico Palmiotti si evince che «Acciaierie d'Italia» nell'incontro svolto in data 29 novembre 2021 con le sigle metalmeccaniche ha comunicato che dal 1° dicembre e sino al 20 gennaio si fermerà l'altoforno 4, uno dei tre attualmente in funzione nel siderurgico. Lo «stop», che trascinerà anche l'acciaieria 1, è dovuto a problemi tecnici e impiantistici che lo stesso altoforno 4 accusa da alcune settimane;

   sempre nell'articolo sopracitato si evince che «Fonti sindacali hanno parlato di lesioni al crogiolo ma l'azienda non ha mai detto nulla a tal proposito. E dopo l'incontro Fim Cisl e Fiom Cgil hanno dichiarato che saranno effettuati “interventi di natura straordinaria che saranno valutati durante la stessa fermata”. Sarà necessario svuotare l'altoforno prima di procedere. Uilm e Usb hanno ricordato che mesi addietro l'altoforno 4 è già stato sottoposto a lavori costati circa 70 milioni. L'alt all'acciaieria 1 è invece una conseguenza di quello che accade a monte. Con due soli altiforni in marcia, non si giustificano due acciaierie e quindi rimane in funzione solo la 2»;

   la situazione venutasi a creare avrà ulteriori ripercussioni sulla forza lavoro, in quanto ad oggi non solo vi sono da 2018 circa 1.600 operai in cassa integrazione straordinaria (riconducibili al perimetro di Ilva in amministrazione straordinaria) ma è anche stata aperta una nuova cassa integrazione che coinvolge un numero massimo di 3.500 addetti tra impiegati e operai ma realmente in cassa integrazione guadagni sono tra i 1.800 e i 1.900 dipendenti (riconducibili al perimetro Acciaierie d'Italia) stando agli ultimi numeri comunicati da Acciaierie d'Italia;

   tra fermata, lavori straordinari e ripresa dell'attività dell'Afo 4 si impiegheranno totalmente 50 giorni – dal 1° dicembre al 20 gennaio –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto espresso in premessa e intenda indicare quanti giorni occorrono per la sola fermata dell'Afo 4, posto che dalla comunicazione ai sindacati sullo «stop» alla fermata si evince che il fermo dell'Afo 4 si è verificato in soli 2 giorni;

   quali siano stati i problemi tecnici che hanno causato «interventi di natura straordinaria che saranno valutati durante la stessa fermata» preso atto che solo qualche mese prima sono stati spesi per AFO 4 circa 70 milioni di euro.
(5-07211)


   CAON. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero dello sviluppo economico ha emanato un bando per la formazione delle graduatorie dei Fornitori di servizi di media audiovisivi (Fima) in ambito locale delle reti di 1° livello 2° livello;

   in precedenza, con la riunione di Consiglio dell'AGCOM del 28 gennaio 2021 in merito alle emittenti locali è stata emanata la delibera n. 17/21/CONS con la quale l'Autorità in questione, al punto 5.1.3, ha stabilito, per le reti di 1° livello, la garanzia della migrazione di circa 40 programmi locali in SD o circa 15 programmi in HD;

   nell'allegato alla delibera stessa, contenente l'Aggiornamento del nuovo piano di numerazione e delle modalità delle condizioni di utilizzo, si trova la conferma delle decisioni relativa a aggiornamento del Nuovo Piano di numerazione e delle modalità delle condizioni di utilizzo;

   il 30 luglio 2021 il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato un decreto ministeriale con cui sono apportate modifiche al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 19 giugno 2019, dove, all'articolo 6, vengono indicati, ad avviso dell'interrogante in modo sommario, il tipo di codifiche e standard di trasmissione da adottare nel periodo transitorio e la data di migrazione, il 15 ottobre 2021, dal vecchio sistema DVBT/MPEG2 in favore della nuova codifica MPEG-4 su standard DVBT rimandando le ulteriori necessarie specificazioni ad un successivo provvedimento da emanarsi entro la fine del 2021;

   il Ministero dello sviluppo economico ha stabilito che la transizione al futuro DVBT-2 partirà dal 1o gennaio 2023;

   il 23 luglio 2021 il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato i bandi relativi alle procedure per l'assegnazione ai Fsma in ambito locale della capacità trasmissiva delle reti locali di primo e di secondo livello, indicando il termine perentorio al 21 settembre 2021, per presentare la domanda;

   si segnala che la delibera dell'Agcom 39/19/CONS e le linee guida del Ministero dello sviluppo economico del 25 marzo 2021 hanno chiarito inequivocabilmente che ogni Fsma potrà richiedere in riferimento al futuro standard DVBT-2, da un minimo di 1,5 a 3.0 Mbit/s;

   nella seduta pubblica, tenuta allo scopo, con riferimento alla regione veneto le prime dieci emittenti Fsma hanno chiesto 3 Mbit/s ciascuna dei 41,1 messi a disposizione dal Carrier RAI e ulteriori 3 emittenti Fsma hanno chiesto 2,5 Mbit/s;

   due emittenti Fsma hanno esaurito la banda a disposizione con una richiesta da 2,1 Mbits/s e un'altra da 1,5 Mbits/s;

   si ricorda che con 2,5 Mbits/s si garantisce la trasmissione in HD con lo standard DVBT-2;

   ciò ha comportato l'esclusione di cinque emittenti locali attualmente operanti dall'assegnazione della banda;

   a parere dell'interrogante, le modalità adottate descritte non hanno sufficientemente garantito il rispetto del principio pluralistico –:

   se intenda adottare, per quanto di competenza, una ulteriore normativa attuativa in materia che preveda un diverso limite di Mbit/s per l'assegnazione di banda, tale da assicurare il massimo del pluralismo informativo, poiché, attualmente, solo a 15 emittenti è stata garantita la disponibilità della banda necessaria per le future trasmissioni, escludendo in questo modo le ulteriori 5 emittenti regionali che trasmettono nel Veneto, eventualmente prevedendo una capacità massima pari a 2,5 Mbit/s per emittenti Fsma, mentre per le TV locali di secondo arco sarebbe opportuno garantire una capacità massima pari a 1,6 Mbit/s.
(5-07213)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   FOTI, BUTTI e RACHELE SILVESTRI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il 28 settembre 2021 risultano pubblicati sul sito del Ministero della transizione ecologica, i decreti ministeriali n. 396 e n. 397, relativi alla Missione componente 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L'investimento 1.2 M2C1 del Pnrr (suddiviso in quattro linee) risulta finalizzato a potenziare la rete di raccolta differenziata e degli impianti di trattamento e riciclo tramite il finanziamento dei cosiddetti «progetti faro» di economia circolare, relativi a: elettronica e ICT (linea A); carta e cartone (linea B); plastiche (linea C); tessili (linea D);

   la linea d'intervento B dell'investimento 1.2, stanzia 150 milioni di euro da assegnare mediante gara pubblica, per ammodernare, ampliare o costruire nuovi impianti per il miglioramento della raccolta, della logistica e del riciclo dei rifiuti in carta e cartone;

   l'allegato 1) all'investimento 1.2 linea B, reca i criteri di valutazione della proposta da sottoporre ad apposita commissione come indicato al punto 8) del decreto ministeriale n. 397 del 2021. Il 15 ottobre 2021 sul sito del Ministero, per il criterio 4 «Livello di innovazione tecnologica,» si legge: «Sarà, inoltre, valutata positivamente la Proposta che dimostri che la tecnologia adottata permetta una elevata produzione di materiale con caratteristiche “End of Waste” da destinare all'utilizzo industriale in cartiera, e che comporti, altresì, il sensibile risparmio energetico nei consumi d'esercizio e una riduzione degli, scarti medi di produzione», mentre il 24 novembre 2021, sullo stesso sito, è pubblicato un avviso di rettifica che recita: «Sarà valutata positivamente la Proposta che dimostri che la tecnologia adottata permetta almeno una delle seguenti attività:

    a) una elevata produzione di materiale riciclato o di materia prima seconda da destinare allo utilizzo industriale;

    b) l'incremento dell'utilizzo di materia riciclata o di materia prima seconda nel processo industriale, anche attraverso pratiche di simbiosi industriale.»;

   nella seconda formulazione scompare dunque la definizione di End of Waste, concetto chiave dell'economia circolare, con un ritorno a un'impostazione che non incentiva l'End of Waste –:

   per quali ragioni il Ministero della transizione ecologica non abbia tenuto conto della normativa Sull'End of Waste carta (decreto ministeriale n. 188 del 2020, così compromettendo il sostegno della filiera della carta riciclata, a tutto vantaggio delle aziende che non hanno investito per trasformare i rifiuti in materia prima End of Waste da destinare ai successivi settori industriali.
(5-07215)


   PEZZOPANE, BRAGA, BURATTI, MORASSUT, MORGONI, PELLICANI e ROTTA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   nel 2006 la Commissione europea pubblicò una proposta di direttiva sul suolo denominata «Soil Framework Directive», ritirata nel 2014 dopo anni di stallo causato da un blocco di Paesi, in particolare Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Germania, Francia che, per opporsi al progetto, hanno utilizzato, quale principale argomento, la competenza nazionale in materia di pianificazione del territorio, sicché l'adozione di una direttiva in materia avrebbe violato il principio di sussidiarietà;

   una risorsa non rinnovabile e fondamentale per la lotta alla crisi climatica come il suolo rimane quindi non protetta a livello europeo con conseguenze, proprio per la disomogeneità nella protezione accordata al suolo tra i diversi Stati, sulla tutela della concorrenza, sulla perdita di biodiversità, sulla impermeabilizzazione dei terreni;

   la totale assenza di disciplina e della considerazione degli impatti transfrontalieri dati dal degrado del suolo, nonché il mancato esame di tutti i fattori di pericolo per il suolo, ha gravi impatti economici che si sostanziano anche nei costi connessi alla cosiddetta «soil degredation», stimati in più di 50 miliardi di euro annui per tutta l'Unione europea;

   l'assenza di una definizione di «suolo salubre», rimessa alla discrezionalità dei vari Paesi, così come l'individuazione di indici per misurarla, minacciano l'efficacia degli obiettivi di neutralità climatica fissati dalla Commissione europea;

   recentemente la Commissione ha annunciato una Nuova strategia sul suolo, nella quale delinea i piani per una legge sulla «salute del suolo» entro il 2023;

   il 6 dicembre 2021 il comitato ambiente del Parlamento europeo ha in agenda un Exchange of Views sulla Strategia sul suolo;

   alcuni Stati membri, tra cui Spagna, Portogallo e Belgio, hanno inviato una lettera chiedendo alla Commissione di cogliere l'opportunità offerta dalla Strategia sul suolo per annunciare un nuovo progetto legislativo sulla protezione del suolo;

   il 20 dicembre 2021 si svolgerà il Consiglio «Ambiente». Tra i punti all'ordine del giorno è probabile vi sia anche il suolo, seppure a livello informale. In tale caso sarebbe importante che l'Italia mostri il suo supporto verso la Soil Health Law, assumendo anche il ruolo di leader per fronteggiare la minoranza di blocco che, in passato, ha impedito l'approvazione del progetto di direttiva –:

   se abbia sottoscritto o intenda sottoscrivere la lettera inviata da alcuni Stati membri alla Commissione per sostenere l'iniziativa di un nuovo progetto legislativo sulla protezione del suolo e quali iniziative intenda assumere al riguardo presso le competenti sedi europee.
(5-07216)


   MARAIA, SUT, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, DI LAURO, LICATINI, MICILLO, TERZONI, TRAVERSI, VARRICA, VIGNAROLI, ZOLEZZI, GIARRIZZO, ALEMANNO, CARABETTA, CHIAZZESE, FRACCARO, MASI, ORRICO, PALMISANO, PERCONTI e SCANU. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   diversi quotidiani online hanno riportato la notizia che il progetto di Eni di realizzare un mega deposito di Carbon Capture and Storage (Ccs) al largo di Ravenna, candidato dalla stessa società al Fondo europeo per innovazione, è stato scartato dalla Commissione europea, non rientrando tra i sette progetti aggiudicatari e neppure tra i quindici che riceveranno assistenza dalla Banca europea per gli investimenti;

   si tratta di un'opera ingente con un costo stimato attorno a due miliardi di euro, per la quale la società petrolifera sta cercando da tempo di accedere a fondi pubblici; costo non giustificato neppure sotto il profilo prettamente economico, laddove le ricadute sull'occupazione e la capacità di garantire un reale efficientamento energetico appaiono estremamente incerte;

   il «no» dell'Europa mette, pertanto, seriamente in discussione la credibilità di quest'opera, tanto più che l'articolo 153 della legge di bilancio 2022 ha previsto l'istituzione di un apposito Fondo per il sostegno alla transizione industriale con una dotazione di 150 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2022, le cui risorse sono destinate a concedere agevolazioni alle imprese per investimenti volti a ridurre le emissioni di gas serra dei processi produttivi, tra i quali rientrano anche la cattura, il sequestro e il riutilizzo della CO2. Norma che, alla luce delle valutazioni fatte da Bruxelles, andrebbe pertanto riconsiderata;

   il Ccs è una tecnologia sperimentale che, non solo, non ha ancora dimostrato la sua efficacia né la sua capacità di raggiungere economie di scala per ridurre gli investimenti iniziali, ma che mal si concilia con la strategia di mitigazione dei cambiamenti climatici, data l'incidenza irrisoria rispetto al fabbisogno di riduzione delle emissioni. Ad oggi i progetti realizzati, sia in Italia che all'estero, non hanno dato alcun risultato rilevante a fronte di elevati costi;

   occorre inoltre valutare gli effetti ambientali secondari, non direttamente ricondotti all'abbattimento delle emissioni di CO2 concernenti la protezione dai rischi e i danni economici, sociali e alla salute, ai quali si aggiungono i rischi legati alla sicurezza geologica in aree sismiche caratterizzate dalla presenza di faglie per le quali, ad oggi, non si può escludere che eventuali terremoti possano modificare la capacità futura di un sito di stoccaggio di trattenere affidabilmente il contenuto –:

   se il Ministro interrogato intenda confermare l'adozione di iniziative per l'esclusione dei progetti basati sul Ccs dai sussidi di natura pubblica, così allineandosi alle recenti valutazioni operate in sede di Ue.
(5-07217)


   RUFFINO e BALDINI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   a luglio 2021 il commissario-prefetto di Brescia, nominato dal Governo su richiesta della presidente della Comunità del Garda, l'onorevole Mariastella Gelmini, ha promosso il progetto di due grandi depuratori per i comuni bresciani del lago di Garda con localizzazione a Gavardo e Montichiari e con scarico dei reflui nel fiume Chiese, in un diverso bacino idrografico;

   nelle mozioni approvate dal Consiglio provinciale del 30 novembre 2020 e del 29 luglio 2021 è previsto che i depuratori consortili devono essere costruiti nei comuni afferenti gli impianti stessi dove effettivamente tali reflui sono generati;

   è stato dato mandato al Gestore di provvedere a trovare una localizzazione idonea individuando il comune di Lonato del Garda;

   ai sensi della direttiva quadro sulle acque 2014/101/UE tutti i corpi idrici superficiali avrebbero dovuto raggiungere un buono stato ecologico e chimico entro il 2015, con deroghe limitate fino al 2027 chiedendo che nella progettazione e realizzazione di tali impianti sia garantito che «sia il fiume Chiese sia il lago di Garda possano raggiungere un buono stato entro il 2027»;

   ogni sei anni gli Stati membri sono tenuti a presentare piani di gestione dei bacini idrografici indicando le misure volte a conseguire un buono stato delle acque e quello attuale scadeva nel 2021;

   ad oggi non sono pervenute agli organi incaricati della tutela delle acque indicate dati diversi che possano indicare un miglioramento o un peggioramento delle stesse;

   la Commissione europea per voce del commissario all'ambiente ha evidenziato che il progetto non è sostenibile dal punto di vista ambientale perché insisterebbe su una «area di pregio» e non permetterebbe di rispettare le indicazioni europee relative alle caratteristiche dei bacini in questione escludendo così la tutela delle acque del lago di Garda;

   il progetto del mega collettore gardesano è incompatibile con gli obiettivi europei in quanto realizzabile solo oltre il 2032 nella sua interezza –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per promuovere il miglioramento effettivo delle acque del lago di Garda e del fiume Chiese entro il 2027, al fine di realizzare lo scopo della direttiva 2014/101/UE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, in accordo con il principio di prossimità nella costruzione di infrastrutture deputate ai servizi di interesse generale ai quali l'Italia dovrebbe attenersi.
(5-07218)


   DARA, LUCCHINI, BADOLE, BENVENUTO, D'ERAMO, EVA LORENZONI, PATASSINI, RAFFAELLI, VALBUSA e VALLOTTO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   secondo il report Utilitalia, intitolato «Rifiuti urbani, fabbisogni impiantistici attuali e al 2035», gli odierni impianti di trattamento dei rifiuti urbani sono numericamente insufficienti e distribuiti in maniera disomogenea sul territorio nazionale, cosa che costringe a continui viaggi dei rifiuti tra le regioni e a ricorrere in maniera ancora eccessiva allo smaltimento in discarica;

   la destinazione prevalente per i rifiuti trasportati è il NordItalia che accoglie almeno 2 milioni di tonnellate/anno, pari al 14 per cento dei rifiuti prodotti al Settentrione. Non solo: le regioni del Nord conferiscono in discarica solo l'8 per cento dei rifiuti, avendo già raggiunto gli obiettivi europei. Le regioni centrali, per insufficienza di impianti, sono le peggiori: «esportano» il 17 per cento dei rifiuti prodotti e conferiscono in discarica il 37,5 per cento;

   da recenti stime, per gli obiettivi UE 2035, l'Italia ha bisogno di 30 nuovi impianti per il trattamento di rifiuti urbani e il recupero energetico delle frazioni non riciclabili; la mancanza di tali impianti provocherà costi economici e ambientali che graveranno su cittadini e imprese;

   per il piano di pulizia straordinaria di Roma, le società Municipalizzata Ama e Mantova Ambiente, si stanno accordando per trasferire e lavorare tonnellate di rifiuti a Mantova scaricando la parte non recuperabile nell'impianto di discarica di Mariana Mantovana, di cui si prevede la chiusura entro il 2035;

   la situazione laziale vede l'unico impianto di Ama a Rocca Cencia stracolmo, con file di camion fermi che non riescono a scaricare nella vasca da 500 tonnellate di indifferenziato; gli altri siti disponibili sono quelli di Viterbo e Albano, quello di Civitavecchia è prossimo alla chiusura; altri contratti con società private fuori regione siglati dall'ex amministratore della Municipalizzata Ama non coprono le reali necessità della Capitale;

   da articoli di stampa si evince che la Società Mantova Ambiente ha messo a disposizione di Roma la sua discarica e il Tmb, ma nel caso in cui fosse necessario portare al Nord rifiuti indifferenziati non trattati servirebbe anche un accordo interregionale tra Lazio e Lombardia;

   un incremento della quantità di rifiuti per la discarica di Mariana potrebbe significare un prolungamento della durata della discarica, oltre il 2035, e congestione da traffico e inquinamento atmosferico in un'area che già soffre di criticità ambientali –:

   quali siano i tempi per la realizzazione degli impianti di trattamento e recupero rifiuti del Centro-sud previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), allo scopo di porre fine agli spostamenti di rifiuti esposti in premessa e al sovraccarico degli impianti del Nord come quello di Mariana Mantovana.
(5-07219)


   PLANGGER e VILLAROSA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dell'11 maggio 2018, n. 172 è stata rilasciata l'autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio della raffineria di Milazzo;

   in sede endoprocedimentale erano state acquisite le prescrizioni previste ex 216 e 217 del testo unico delle leggi sanitarie espresse dai sindaci competenti sulla base di approfondite istruttorie tecniche sanitarie che purtroppo non sono state poi recepite nel decreto di autorizzazione finale che ne risulta così carente;

   constatato il mancato recepimento delle prescrizioni sanitarie e i rischi per la salute dei cittadini, le amministrazioni di sette comuni hanno presentato al Tar Sicilia - Sez. Catania ricorso R.G. n. 1371/2018 per contestarne l'assenza nell'autorizzazione su menzionata delle prescrizioni sanitarie;

   nella relazione tecnica del verificatore richiesta dal Tar nel giudizio in questione, viene accertata l'assenza di diversi limiti emissivi su alcuni camini;

   il 30 novembre 2020 è stato avviato un procedimento di riesame parziale dell'autorizzazione menzionata per la verifica dell'adeguatezza del quadro prescrittivo inerente alle emissioni in atmosfera e per l'eventuale modifica o integrazione dei relativi valori limite di emissione;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto e ottenuto nell'ambito del procedimento al Tar, un rinvio dell'udienza al 4 novembre 2021, in considerazione proprio dell'avvio del procedimento di riesame parziale già menzionato;

   intanto i residenti continuano a essere esposti a inaccettabili rischi sanitari per l'assenza di limiti adeguati e per il mancato recepimento delle prescrizioni sanitarie;

   l'ultimo rapporto Sentieri, pubblicato nel 2019, evidenzia come nell'area di Milazzo si riscontri un eccesso di malformazioni congenite particolarmente alto (+73 per cento) addirittura il più grave tra quelli riscontrati negli altri Sin italiani (tra cui, a esempio, Taranto e Gela); inoltre, come evidenziato in altri studi epidemiologici, sono significativi gli eccessi di patologie verosimilmente connesse all'inquinamento in tutto l'hinterland;

   la situazione risulta aggravata dai frequenti disservizi e/o incidenti alla raffineria di Milazzo;

   sarebbe quindi opportuno che venisse acclarata al più presto la possibile legittimità del mancato recepimento delle prescrizioni sanitarie di cui sopra –:

   se, in vista della conclusione della procedura di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale non si ritenga opportuno recepire le osservazioni presentate dagli enti locali sulla necessità delle prescrizioni ex articoli 216 e 217 del Testo unico delle leggi sanitarie, con la possibilità, in future iniziative normative, di consentire tali prescrizioni sanitarie anche agli enti locali limitrofi agli impianti, qualora interessati dalle loro emissioni.
(5-07220)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI, BUSINAROLO, GRIPPA e MAMMÌ. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 50 del decreto-legge n. 76 del 2020 e l'articolo 26 del decreto-legge n. 77 del 2021 hanno modificato l'articolo 28 del decreto legislativo n. 152 del 2016, rinviando ad uno o più decreti ministeriali il compito di definire, fra l'altro, la designazione dei componenti dell'Osservatorio da parte di ciascuna delle amministrazioni e degli enti individuati nel decreto di Valutazione di impatto ambientale e la nomina del 50 per cento dei rappresentanti del Ministero della transizione ecologica tra soggetti estranei all'amministrazione del Ministero e dotati di significativa competenza e professionalità per l'esercizio delle funzioni;

   il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 175 del 13 agosto 2020 ha definito gli indirizzi sulle modalità di funzionamento e di costituzione degli osservatori ambientali. Successivamente, decreto del Ministero della transizione ecologica n. 265 del 25 giugno 2021 ha modificato le modalità di funzionamento degli osservatori ambientali, abrogando contestualmente il decreto ministeriale n. 175 del 2020. L'articolo 5, comma 4, ha rideterminato le condizioni di incompatibilità e inconferibilità dell'incarico, inserendo, fra esse, il prestare servizio presso organi politici;

   l'articolo 3 del predetto decreto n. 265 del 2021 stabilisce i compiti e le funzioni dell'osservatorio ambientale. In particolare esso prescrive che:

    (...) 2. l'Osservatorio ambientale garantisce la trasparenza e la diffusione delle informazioni concernenti le verifiche di ottemperanza, al fine di assicurarne la piena e immediata conoscibilità;

    (...) 6. Le convocazioni delle riunioni dell'Osservatorio ambientale, l'ordine del giorno delle sedute e i verbali sono pubblicati, contestualmente alla sua diffusione tra i componenti dell'Osservatorio, sul sito internet del Ministero ovvero sul sito internet istituzionale dell'Osservatorio ove realizzato. In caso di mancata ottemperanza a questa disposizione, le deliberazioni dell'Osservatorio sono nulle. Sul sito dell'Osservatorio ambientale Brescia/Verona non risultano pubblicati i verbali delle riunioni;

   con delibera del Cipe n. 42 del 10 luglio 2017 e con determina dirigenziale n. 30 del 13 febbraio 2019 è stato istituito l'osservatorio ambientale nella tratta Brescia-Verona ed è stato approvato il regolamento di organizzazione e di funzionamento. L'osservatorio risulta presieduto dall'ingegner Daniela Fiore;

   con delibera della direzione generale per la crescita sostenibile e la qualità dello sviluppo del 29 gennaio 2021 è stato designato il dottor Fortunato Andreani presidente dell'Osservatorio ambientale. Tuttavia, a quanto consta agli interroganti, le riunioni dell'Osservatorio del 23 febbraio, quella del 10 giugno 2021 e quella del 28 settembre 2021 non risultano esser state presiedute dal dottor Andreani –:

   per quale motivo i verbali delle riunioni dell'Osservatorio ambientale «Linea ferroviaria AV/AC Milano-Venezia tratta Brescia-Verona» non siano stati pubblicati e quali iniziative si intendano prendere per ottemperare a quanto previsto dall'articolo 3, comma 6 del decreto ministeriale 265 del 2021;

   per quale motivo non si sia ancora conclusa la procedura di nomina del dottor Andreani di cui in premessa.
(5-07221)

Interrogazione a risposta scritta:


   BITONCI, LAZZARINI, STEFANI, ZORDAN e GIACOMETTI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   60 mila tonnellate di Css-combustibile potrebbero essere annualmente bruciate nel cuore del Parco dei Colli Euganei in Veneto, trasformando una delle più significative bellezze naturali d'Europa nel ricettore finale del derivato dal rifiuto secco indifferenziato proveniente da tutta Italia e non solo;

   il centro storico di Monselice (il cui comune conta circa 17.400 abitanti) è collocato nell'angolo sud orientale del parco regionale dei Colli Euganei, alle pendici del Monte Ricco e tutt'intorno al Colle della Rocca, autentico museo a cielo aperto con dimore storiche, il Santuario giubilare delle Sette Chiese e il Mastio Federiciano sulla sommità;

   il Parco Colli Euganei fa parte della rete Natura 2000 Colli Euganei, Monte Lozzo, Monte Ricco, area caratterizzata dalla presenza di un sito tutelato dall'Unesco, ossia il Lago della Costa di Arquà Petrarca;

   nel territorio comunale di Monselice ha sede la cementeria di Monselice, impianto industriale di proprietà di Buzzi Unicem S.p.a. per la produzione di clinker e leganti idraulici, autorizzato con Autorizzazione integrata ambientale della provincia di Padova n. 223/IPPC/2013 del 13 settembre 2013; l'impianto insiste nell'ambito del parco regionale dei Colli Euganei e, segnatamente, all'interno delle «Aree di riconversione fisica e funzionale» di cui all'articolo 5 delle Norme tecniche di attuazione del piano ambientale del parco, in zona classificata urbanisticamente, in parte, come industriale D4, zona industriale per i cementifici ed, in parte, in zona agricola E2, ossia zona impropria con n. 15 insediamenti produttivi, commerciali e alberghieri;

   il piano ambientale del parco (Pa), adottato con deliberazione del consiglio dell'ente Parco dei Colli Euganei n. 1 in data 6 maggio 1994, qualifica il cementificio come impianto produttivo «ad alto impatto ambientale» e ne prescrive l'assoluta incompatibilità con le finalità del parco (articolo 19, comma 1, lettera c), ponendo l'obiettivo della «rimozione degli impianti e delle infrastrutture incompatibili esistenti » all'interno del parco e della «cessazione delle relative attività» (articolo 3, comma 2, lettera b); Arpav ha effettuato analisi sui terreni nelle aree di ricaduta dei fumi della cementeria, all'interno della scuola «G. Cini» e sul sentiero del Monte Ricco registrando superamenti della soglia di contaminazione delle diossine e alte presenze di Pcb e Ipa;

   l'eventuale introduzione del Css comporterebbe un aumento, di un fattore pari ad almeno 100, della percentuale di cloro (anticipatore della diossina) contenuta nel combustibile, rispetto all'attuale Pet-Coke, a causa dell'elevata quantità di plastica presente nel rifiuto indifferenziato, oltre a presentare un maggiore rischio di emissioni di metalli pesanti, con caratteristiche tossiche e cancerogene;

   nelle immediate vicinanze del camino della cementeria sono presenti attività agricole di pregio, vigneti e uliveti, e, a soli 1.800 metri, insiste il Laghetto di Arquà Petrarca, sito protetto dall'Unesco, nonché unica risorsa per i preziosi fanghi naturali destinati alle cure termali del distretto euganeo;

   si ritiene che consentire l'utilizzo di Css da parte della cementeria sita nel perimetro del parco regionale Colli Euganei non sia compatibile con la specifica tutela ambientale di cui il parco è portatore e che l'utilizzo di Css non appare conforme agli obiettivi del piano ambientale che sono quelli della «progressiva riduzione degli impatti ambientali degli impianti di cementeria influenti sulla situazione ambientale del Parco» –:

   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non intenda adottare opportune iniziative, anche di carattere normativo, per poter escludere l'utilizzo del Css-combustibile proveniente da rifiuto di cementifici, in aree naturali protette, a partire dal caso di Monselice in considerazione della localizzazione del suddetto cementificio rispetto al Parco regionale dei Colli Euganei, che fa parte della Rete Natura 2000, e della vicinanza con il sito protetto dall'Unesco del Laghetto di Arquà Petrarca.
(4-10896)

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Prestigiacomo n. 1-00542, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 591 del 9 novembre 2021.

   La Camera,

   premesso che:

    è in corso a Glasgow la ventiseiesima Conferenza delle parti (COP26) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico per cercare di approvare una efficace azione concertata e coordinata sul clima da parte di tutti gli Stati partecipanti. I Paesi dovranno spingersi oltre quanto deciso in sede di COP21 nello storico vertice di Parigi 2015, per contenere l'aumento della temperatura a 1,5 gradi. Andranno prese ulteriori decisioni di politica economica e industriale che consentano la transizione dal carbone alle energie pulite per contrastare il global warming. Misure che si dovranno tradurre sempre più in nuove opportunità di crescita economica e di occupazione, anche attraverso l'innovazione, lo sviluppo e l'applicazione di tecnologie pulite;

    la lotta ai cambiamenti climatici rappresenta una sfida fondamentale e decisiva per l'umanità che non può essere persa, e tutti i Paesi e gli attori a livello mondiale devono mettere in campo efficaci azioni condivise e vincolanti;

    è ormai condivisa a livello internazionale la necessità che, accanto agli ambiziosi ma necessari obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici, si debbano inevitabilmente affiancare iniziative volte comunque a sostenere quei territori e quei comparti produttivi che più di altri hanno oggettive difficoltà alla riconversione e nel loro drastico adattamento produttivo in questa fase di transizione verde;

    sotto questo aspetto si ricorda che nell'ambito dello stesso Green Deal europeo, parte integrante della strategia della Commissione europea per attuare l'Agenda 2030 e gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, l'Unione europea si è impegnata a fornire sostegno finanziario e assistenza per aiutare i soggetti più colpiti dal passaggio all'economia verde. Si tratta del cosiddetto «meccanismo per una transizione giusta», che contribuirà a mobilitare risorse per il periodo 2021-2027 nelle regioni più penalizzate;

    a tal fine è stato previsto un «Fondo per una transizione giusta» che dovrebbe aiutare i Paesi dell'Unione europea a far fronte all'impatto sociale ed economico della transizione verso la neutralità climatica. Il pacchetto di investimenti comprende 7,5 miliardi di euro dal quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e 10 miliardi di euro supplementari dallo strumento europeo per la ripresa;

    il «Fondo per una transizione giusta» finanzierà l'assistenza nella ricerca di lavoro, le opportunità di riqualificazione e miglioramento delle competenze, ma anche l'inclusione attiva dei lavoratori e delle persone in cerca di occupazione durante la transizione dell'economia europea verso la neutralità climatica. Nei loro piani nazionali per una transizione giusta, i Paesi dell'Unione europea devono identificare i territori maggiormente colpiti dalla transizione energetica e concentrare in quelle zone le risorse del Fondo. Particolare attenzione sarà dedicata alle specificità di isole, zone insulari e regioni ultraperiferiche;

    nel processo di adattamento produttivo, legato alla transizione in atto, è quindi indispensabile sostenere e aiutare quella parte importante delle attività produttive e dei lavoratori che sono maggiormente coinvolti e che hanno maggiori difficoltà ad adattarsi al cambio di paradigma;

    la sostenibilità ambientale è ormai una esigenza ineludibile da tutti riconosciuta, ma la sostenibilità ambientale deve essere perseguita parallelamente con la sostenibilità economica. Infatti, se la transizione ecologica significa nuove opportunità per ampi settori produttivi, è anche vero che comporta inevitabilmente degli svantaggi, seppur temporanei per quei settori produttivi e quei lavoratori che hanno meno alternative e devono quindi sostenere un maggiore sforzo produttivo ed economico di adattamento al processo di decarbonizzazione. È questo un aspetto assai importante, ma a volte sottovalutato. È quindi necessario prevedere forme di reale sostegno alle imprese che devono sostenere crescenti costi per potersi riconvertire e comunque per rispettare e adeguarsi ai sempre più ambiziosi standard ambientali di prodotto e di processo;

    tra i numerosi settori produttivi fondamentali per l'economia del nostro Paese, che hanno evidenti difficoltà ad adeguarsi alla transizione energetica, vi sono, per fare un solo esempio tra i tanti, i grandi impianti industriali e i poli per la raffinazione del petrolio. Nella sola Sicilia detti poli assorbono quasi il 46 per cento della capacità di raffinazione del Paese;

    in questo ambito si ricorda che la legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021), all'articolo 1, comma 159, ha introdotto una importante norma volta a favorire gli investimenti nelle regioni del meridione da parte delle imprese operanti nel settore della raffinazione e bioraffinazione;

    in dettaglio, il citato articolo 1, comma 159, ha previsto che: «Al fine di promuovere lo sviluppo industriale e occupazionale nelle regioni del Mezzogiorno attraverso il mantenimento e l'aumento dell'occupazione, il miglioramento della qualità degli investimenti e l'adeguamento delle attività ai cambiamenti economici e sociali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo economico, assicurando il coinvolgimento delle imprese, degli enti locali e delle regioni interessati, attiva la procedura per la stipulazione di un accordo con il settore della raffinazione e della bioraffinazione, finalizzato alla promozione degli investimenti da parte delle imprese operanti in tale settore per la realizzazione di iniziative volte a perseguire gli obiettivi della transizione energetica e dello sviluppo sostenibile mediante l'utilizzo di quota parte delle risorse derivanti dal gettito delle accise e dell'imposta sul valore aggiunto»;

    la suddetta importante disposizione di legge, a un anno dalla sua approvazione, è praticamente rimasta lettera morta;

    è necessario prevedere, sia in ambito nazionale che europeo, lo stanziamento pluriennale di specifiche risorse finanziarie volte a sostenere la transizione verde, in particolar modo per quei settori che hanno estrema difficoltà ad abbattere le emissioni di anidride carbonica, al fine di aiutarli nella realizzazione di progetti di decarbonizzazione, e per cercare di contenere gli inevitabili elevati costi economici e sociali conseguenti al loro difficile adattamento alla transizione energetica. Senza questo supporto, molte imprese rischieranno di finire fuori mercato;

    è quindi necessario accompagnare questi comparti più esposti nel percorso e sostenere anche economicamente la loro decarbonizzazione;

    il necessario graduale passaggio dal fossile al rinnovabile è un punto delicato ma centrale nella lotta ai cambiamenti climatici e rappresenta un vero cambio di paradigma. Proprio per questo è indispensabile che questo passaggio avvenga in maniera economicamente sostenibile per le industrie, soprattutto quelle più energivore, e per i lavoratori interessati, e che, nella fase di transizione debbano essere incentivati anche quegli investimenti che comunque consentono a queste industrie di ridurre la anidride carbonica;

    il Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, nel corso della COP26 di Glasgow, ha voluto sottolineare come le energie rinnovabili non saranno sufficienti i prossimi anni, in quanto potranno contare solo per il 20 o 30 per cento del mix energetico. Quello che conta è ridurre le emissioni da carbonio del 55 per cento entro il 2030;

    la realtà è che le rinnovabili, attualmente, non sono inoltre in grado di sostituire i combustibili fossili nell'alimentazione di tutta una serie di industrie (cemento, acciaio, chimica, raffinazione) e di mezzi di trasporto (aerei, navi, treni). Sono settori estremamente difficili da alimentare con energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e quindi da decarbonizzare. Ridurre il loro impatto climatico è però una priorità, se il mondo vorrà rispettare gli impegni di contenimento del riscaldamento globale, visto che emettono un'alta quantità di gas serra;

    con questa consapevolezza, il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, il 2 novembre 2021, sempre in occasione della Conferenza Onu COP26, ha voluto sottolineare come «nel lungo periodo le energie rinnovabili possono avere dei limiti, e quindi occorre investire in tecnologie innovative in grado di catturare il carbonio», ossia di quella tecnologia che consente appunto di catturare le emissioni di anidride carbonica (CO2) prodotte da stabilimenti industriali ed evitarne l'immissione nell'atmosfera;

    una tecnologia, quella della cattura del carbonio, che qualora utilizzata, potrebbe contribuire a ridurre le emissioni in atmosfera di anidride carbonica, soprattutto per quegli impianti industriali che, per loro caratteristiche produttive, non riuscirebbero a riconvertirsi pienamente, se non a costi elevatissimi e con ricadute pesanti in termini occupazionali;

    è comunque importante che, proprio per incentivare gli investimenti soprattutto delle imprese che operano in settori ad alta intensità energetica, il disegno di legge di bilancio per il 2022, preveda uno stanziamento 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 per finanziare tra l'altro investimenti per favorire l'efficientamento energetico delle medesime imprese nonché per la cattura, il sequestro e il riutilizzo dell'anidride carbonica,

impegna il Governo:

1) a dare piena attuazione a quanto previsto dal comma 159 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio 2021), che ha introdotto un'importante norma volta a favorire gli investimenti nelle regioni del Meridione da parte delle imprese operanti nel settore della raffinazione e bioraffinazione;

2) ad avviare le opportune iniziative, anche nell'ambito dell'Unione europea, per l'istituzione di un fondo per la decarbonizzazione, finalizzato a uno specifico sostegno per quelle imprese e industrie operanti in quei settori produttivi che, per le specifiche caratteristiche produttive, hanno oggettive evidenti difficoltà ad abbattere le emissioni di anidride carbonica e a riconvertirsi, con conseguenze negative in termini economici e occupazionali;

3) ad adottare iniziative per prevedere che le risorse del suddetto fondo per la decarbonizzazione siano cumulabili con le risorse nazionali e europee, volte a sostenere e agevolare le imprese nella ristrutturazione produttiva e per la riconversione ai fini della transizione energetica;

4) ad adottare iniziative per valutare l'utilizzabilità di quota delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza per interventi legati alla fase di transizione ecologica volti a supportare anche economicamente riconversioni produttive anche utilizzanti energie non necessariamente rinnovabili;

5) ad avviare un serio e costante confronto con il mondo imprenditoriale e quei settori produttivi maggiormente colpiti dagli oneri della transizione verde, al fine di individuare le più opportune strategie e iniziative volte a sostenerle nel percorso di decarbonizzazione.

6) ad avviare tutte le iniziative nell'ambito dell'Unione europea, volte ad implementare le risorse del «Fondo per una transizione giusta» per sostenere i territori maggiormente colpiti dalla transizione verso la neutralità climatica, anche al fine di ricomprendere ulteriori poli e territori italiani in aggiunta a quelli già individuati dai piani territoriali per una transizione giusta.
(1-00542) (Ulteriore nuova formulazione) «Prestigiacomo, Barelli, D'Attis, Bagnasco, Brambilla, Calabria, Fitzgerald Nissoli, Labriola, Mazzetti, Nevi, Pittalis, Polidori, Rotondi, Saccani Jotti, Spena, Squeri, Maria Tripodi, Marrocco».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Baldini n. 5-07106 del 18 novembre 2021.