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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 17 dicembre 2021

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, cosiddetto «decreto sostegni bis», coordinato con la legge di conversione del 23 luglio 2021, n. 106, contiene provvedimenti di aiuto e sostegno economico che interessano i collaboratori sportivi, la cui attività è stata ed è tutt'oggi fortemente limitata dai provvedimenti di contenimento e di diffusione dell'epidemia da Covid-19. (L'articolo 6 della legge 106, riprendendo) l'articolo 44 del decreto, prevede che Sport e Salute spa, società in house del Ministero dell'economia e delle finanze, provvede all'erogazione dei contributi economici;

   i soggetti beneficiari individuati dalla norma, sono i lavoratori impiegati con rapporti di collaborazione presso il Comitato olimpico nazionale (Coni), il Comitato italiano paralimpico (Cip), le Federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva, riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale (Coni) e dal Comitato italiano paralimpico (Cip), le società e le associazioni sportive dilettantistiche. I soggetti beneficiari sono coloro i quali, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività. L'ammontare dell'indennità è determinata in base ai criteri di quanto percepito nell'anno d'imposta 2019, variando da una somma di 800,00 euro fino a 400,00 euro;

   per ottenere il contributo economico, gli interessati devono accedere e autenticarsi alla piattaforma informatica dedicata, inserendo i propri dati;

   presso gli uffici sono giunte numerose segnalazioni riguardanti il malfunzionamento della piattaforma informatica, che comporta notevoli problemi nella redazione della domanda, anche al punto di non consentire la presentazione della documentazione nel termine previsto dalla legge;

   la gestione da parte della società in house è risultata all'interrogante, lacunosa e poco trasparente e priva di comunicazione agli interessati;

   tuttora, la vicenda dei collaboratori sportivi non conosce fine. Nonostante i numerosi annunci di Sport e Salute, che davano per conclusi i pagamenti anche per quelle centinaia di casi pendenti che non avevano potuto beneficiare per tempo o per intero del bonus collaboratori sportivi, la situazione è sempre la stessa. Molti hanno ricevuto importi sbagliati, altre integrazioni minime rispetto a quanto dovuto e molti altri ancora non hanno ricevuto nessun pagamento. Inoltre si ravvisa una inspiegabile disparità di trattamento, in quanto alcuni interessati, hanno ricevuto le integrazioni spettanti, mentre altri, con situazioni identiche, non hanno ricevuto nulla;

   giova ricordare che Sport e Salute spa è in possesso dei dati prodotti dalla Agenzia delle entrate e dall'Inps e, che quest'ultimi, potrebbero essere utilizzati per chiarire le posizioni in sospeso, comprese quelle di chi ha ricevuto più di quanto avrebbe dovuto;

   a ciò si aggiungano i numerosi interventi, soprattutto sui social, della Sottosegretaria Valentina Vezzali volti a rassicurare gli interessati sull'erogazione delle indennità, ma che a oggi non hanno prodotto nulla;

   non sono più tollerabili ritardi –:

   se il Governo ritenga opportuna e doverosa un'iniziativa risolutiva sulla complessa vicenda riguardante i contributi economici;

   se ritenga opportuna e doverosa un'iniziativa volta a velocizzare i tempi per l'accreditamento dei contributi previsti dalla legge in favore dei collaboratori;

   se ritenga doverosa un'iniziativa che chiarisca le cause dei continui ritardi nell'erogazione degli aiuti economici promessi.
(4-10972)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) ha inviato una bozza di circolare relativa al circuito Media purezza, contenente delle direttive per il rilancio del regime e del trattamento penitenziario. Nella bozza si fa riferimento alla disomogenea applicazione negli istituti penitenziari delle disposizioni normative, sia nazionali che internazionali, e delle indicazioni del (Dap), per cui oggi il sistema penitenziario risulta essere caratterizzato da prassi eterogenee. Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha elaborato una circolare al fine di ridisegnare il trattamento penitenziario nel circuito di media sicurezza, il quale ospita, peraltro, il maggior numero di detenuti presenti all'interno delle carceri italiane;

   l'attuale organizzazione del sistema penitenziario italiano è caratterizzata dal dualismo tra custodia aperta e custodia chiusa, con pochissimi casi di quest'ultima. Nella realtà, come è emerso dopo le rivolte di marzo 2020, anche i detenuti ristretti nel circuito alta sicurezza vivevano in regime di stanze aperte. Il quadro che emerge è che nelle carceri italiane regna l'ingovernabilità, dovuta alla disorganizzazione interna;

   esiste un problema di illegalità all'interno delle strutture penitenziarie, dove il personale di Polizia è oggetto, sempre più frequentemente, di aggressioni da parte dei detenuti. Vige una impunità diffusa per gli aggressori. È opportuno precisare come l'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 230 del 2000, «Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà», riguardante le assegnazioni e i raggruppamenti per motivi cautelari dei soggetti responsabili di condotte violente, si riferisce esclusivamente alle aggressioni verso gli altri detenuti;

   un aspetto da non sottovalutare è il crescente fenomeno dell'uso di stupefacenti all'interno delle carceri, come testimoniano i casi di overdose e di sequestro di sostanze di ogni tipo; la presenza di detenuti tossicodipendenti è piuttosto elevata;

   inoltre, i detenuti con problemi psichiatrici sono inseriti nei circuiti ordinari, in comune con gli altri. Il personale di Polizia penitenziaria denuncia da tempo un disagio profondo per le condizioni in cui opera –:

   se sia a conoscenza che la circolare di cui in premessa, a tutt'oggi, non è stata ancora emanata e quali siano i motivi di tale ritardo;

   se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza affinché il Capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria emani il prima possibile la circolare relativa al circuito Media sicurezza;

   se non ritenga doveroso un'iniziativa volta a istituire un sistema meritocratico all'interno delle carceri italiane, che preveda l'assegnazione diretta alle sezioni ex articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica dei detenuti responsabili di condotte violente non solo nei confronti degli altri detenuti ma anche nei confronti del personale di polizia penitenziaria;

   se non ritenga opportuno adottare iniziative per istituire apposite sezioni per i detenuti affetti da problemi psichici, evitando la loro permanenza all'interno delle sezioni ordinarie;

   se ritenga doverosa un'iniziativa rivolta ai detenuti tossicodipendenti, ai quali dovrebbe essere concesso di intraprendere un percorso di recupero, in collaborazione anche con comunità esterne.
(4-10975)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOMBARDO e MARTINCIGLIO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   a causa delle intense precipitazioni che, da diversi giorni, stanno riversando sulla Sicilia, nella notte fra venerdì 10 dicembre e sabato 11 dicembre 2021 si è verificato il crollo del ponte San Bartolomeo, importante arteria di collegamento fra Alcamo e Castellammare del Golfo sulla strada statale n. 187;

   stando ai primi rilievi, sembrerebbe che la pioggia incessante abbia ingrossato il fiume San Bartolomeo – la cui portata in prossimità della foce è eccezionalmente cresciuta in velocità e volume – causando il cedimento di uno o più piloni con il conseguente collasso di una parte della struttura costruita negli anni Cinquanta;

   la strada statale n. 187 «Castellammare del Golfo» è stata chiusa all'altezza del chilometro 43,697, tra i comuni di Castellammare del Golfo e Alcamo e, allo stato attuale, l'unica strada di collegamento che consente di raggiungere Alcamo resta lo svincolo di uscita autostradale Castellammare del Golfo della A29;

   l'interrogante, appresa, nelle prime ore del mattino, la notizia della gravità di quanto accaduto, ha provveduto a richiedere con apposita nota alla direzione generale dell'Anas S.p.a. le risultanze sulle verifiche strutturali periodiche eseguite sia sul ponte San Bartolomeo sia sulla bretella che collega l'Autostrada A29 dallo svincolo di Castellammare a Castellammare del Golfo;

   la situazione resta ancora molto grave: nelle ultime ore sono state segnalate frane, allagamenti e smottamenti in tutta la zona del trapanese –:

   quali chiarimenti il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda fornire sui fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza ritenga opportuno adottare al fine di accertare le cause del cedimento del ponte San Bartolomeo – e le eventuali responsabilità ad esse connesse – e le attuali condizioni strutturali della sopra citata bretella di collegamento.
(5-07285)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOMBARDO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di novembre 2021 per le intense precipitazioni che si sono riversate sulla Sicilia, la strada statale n. 188 «Centro Occidentale Sicula» che collega i centri di Marsala e Salemi è stata gravemente danneggiata: a causa dello smottamento del terreno si è verificata l'apertura di una voragine sull'asfalto che ne impedisce, a oggi, la fruibilità;

   il cedimento del piano viabile ha imposto la chiusura dell'asse viario, in entrambe le direzioni, nel tratto compreso fra il chilometro 23.000 e il chilometro 33.000, all'altezza di Marsala: è intervenuta sul posto l'Anas per la gestione del traffico e il ripristino della regolare viabilità nel più breve tempo possibile;

   a seguito del sopralluogo sul tratto di strada interessato dalla frana effettuato dal sottosegretario alle infrastrutture Cancelleri e dalle amministrazioni comunali di Marsala e Salemi, è emerso che la porzione del piano stradale crollata è attraversata sotterraneamente da un piccolo corso d'acqua: Anas si è impegnata in quella sede a consolidare una viabilità alternativa per garantire il collegamento fra i due comuni; non risulta a oggi che si sia provveduto alla riapertura dell'importante asse di collegamento della provincia trapanese –:

   quali chiarimenti il Ministro interrogato per quanto di competenza, intenda fornire sui fatti esposti in premessa e quali iniziative ritenga opportuno avviare al fine di provvedere in tempi brevi alla riapertura del tratto della strada statale 118.
(4-10974)


   PAITA. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   da circa 150 anni Matera e la provincia aspettano il collegamento ferroviario con rete nazionale indispensabile per la crescita dei settori produttivi e la circolazione di persone e merci per far uscire dall'isolamento i comuni dell'alta collina Materana a rischio spopolamento;

   con la legge 11 dicembre 2016, n. 232, all'articolo 1, comma 591, negli anni 2017-2018, furono stanziati 210 milioni di euro per il completamento della Ferrandina-Matera F, aggiunti a 45 milioni di euro e all'avvio dei lavori di riprogettazione e ai primi interventi;

   si tratta della diramazione della linea ferroviaria Ferrandina-Matera, importante per la connessione all'Alta Capacità di rete Salerno-Taranto, con conseguente allacciamento, nella stazione di Salerno, all'Alta Velocità sulla dorsale Tirrenica, servita dalle Frecce di Trenitalia;

   attualmente, il «Costo a Vita Intera» dell'opera, è di 365 milioni di euro, con finanziamento stanziato dal Ministero del turismo di 315 milioni di euro, di cui 60 previsti nell'aggiornamento 2018-2019 del contratto di programma 2017-2021 e 50 già inseriti nel Recovery Plan;

   nella scheda della Missione 3 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), Infrastrutture per una mobilità sostenibile, è previsto l'aumento della competitività dei sistemi produttivi del Sud, attraverso il miglioramento dei collegamenti ferroviari. Nelle schede relative alla regione Basilicata, gli interventi strategici puntano allo sviluppo della rete AV-AC e al collegamento per completamento dei corridoi Ten-T passeggeri e merci, nonché allo sviluppo della piattaforma logistica in Val Basento per consentire intermodalità nella Zona economica speciale (Zes) e unire le dorsali tirrenica e adriatica;

   il consiglio provinciale di Matera il 9 giugno 2021 ha approvato all'unanimità un ordine del giorno per sollecitare Rete ferroviaria italiana al completamento del collegamento Ferrandina-Matera. L'Associazione Matera Ferrovia Nazionale, costituitasi allo scopo, da anni chiede tale completamento ed il prolungamento sul versante adriatico;

   il consiglio regionale della Basilicata ha approvato all'unanimità il 30 giugno 2021 la risoluzione proposta da Luca Braia Italia Viva su: «Infrastrutture ferroviarie essenziali – Completamento del raccordo Ferrandina-Matera e suo prosieguo verso la dorsale adriatica»;

   il 16 luglio 2021 è stato sottoscritto in provincia di Matera, un «documento politico» da tutte le organizzazioni di rappresentanza imprenditoriale, istituzionale e sindacale e da alcuni parlamentari lucani;

   è irrinunciabile connettere la dorsale Tirrenica con quella Adriatica, che rende necessaria la prosecuzione dei binari da Matera a Gioia del Colle, con connessione alla ferrovia Bari-Taranto, per raggiungere due poli logistici fondamentali, Bari Lamasinata e Taranto Nasisi, che possono rilanciare l'economia e l'occupazione di Matera, della provincia e della Basilicata –:

   quali urgenti iniziative intenda adottare, per:

    assicurare, in tempi brevi, alla regione Basilicata e in particolare all'intera provincia materana, l'uscita definitiva dall'isolamento storico, consentendo a persone e merci, con particolare riferimento alle produzioni agricole ed agroalimentari di viaggiare sulla rete ferroviaria nazionale e raggiungere – senza soluzione di continuità – le altre regioni italiane e l'accesso al corridoio Ten-T;

    chiarire i tempi di assegnazione e conclusione delle opere e la messa in esercizio della linea Ferrandina-Matera La Martella, auspicando che si possa anticipare la data del 2026 anno di rendicontazione fondi Pnrr;

    rendere noti gli esiti delle valutazioni in corso da parte di Rfi sulle soluzioni possibili da adottare per collegare la tratta Ferrandina Matera verso al dorsale adriatica;

    assicurare i finanziamenti necessari finalizzati all'ottimizzazione dei collegamenti verso e dalla Capitale europea della cultura 2019 e della sua provincia, utilizzando la ferrovia statale per trasporto merci e persone tramite Gioia del Colle verso la Puglia e quindi la dorsale Adriatica, soluzione in grado di valorizzare al meglio, nel tracciato, le aree produttive della Val Basento (Area Ferrandina-Pisticci) e di Iesce La Martella (Matera), dato che l'attuale ferrovia regionale a scartamento ridotto (proprietà Fal), che consente il collegamento Matera-Bari, non permette il trasporto di container, macchinari e mezzi d'opera.
(4-10979)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PITTALIS. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 2021 a Cuccuru Mannu, in territorio di Sarule (Nuoro) in Sardegna, un attentato incendiario ha colpito la ditta Maffei-Sarda. Silicati. In particolare, tre escavatori sono stati danneggiati gravemente dalle fiamme appiccate da ignoti e spente grazie all'intervenuto dei vigili del fuoco del comando provinciale di Nuoro. Si tratta di un attentato che ha compromesso i cantieri e costretto la Maffei a fermare l'attività estrattiva;

   l'attentato incendiario è l'ultimo di una serie di intimidazioni che vanno avanti da tempo. Minacce scritte sui muri, lumicini fatti trovare agli ingressi dei cantieri, inneschi artigianali lasciati tra un camion o una ruspa: insomma, degli «avvertimenti» regolarmente denunciati ma tenuti nascosti ai riflettori per non creare ulteriori allarmismi e tensioni. Fino ad arrivare ad una pala meccanica della Maffei, distrutta da un incendio doloso nel 2019 in una cava in territorio di Ottana;

   quest'ultimo atto criminale mette inevitabilmente i vertici dell'azienda di fronte a un bivio: devono decidere se continuare a lavorare nell'isola o lasciare tutto e spostare l'attività fuori regione. Quest'ultima decisione avrebbe conseguenze gravissime anche per la stessa regione Sardegna. L'azienda Maffei soltanto nel 2021 ha infatti pagato 30 milioni di euro ai propri fornitori (per lo più locali) e 2,8 milioni di euro ai suoi 83 dipendenti, con conseguente importante contributo all'occupazione regionale sull'intera filiera. La Maffei ha inoltre effettuato investimenti per oltre 13 milioni di euro negli ultimi 10 anni, con evidenti significative ricadute sul territorio sardo;

   come ha dichiarato Giorgio Bozzola, presidente di Minerali Industriali, questo atto intimidatorio, è un atto ignobile, perpetrato ai danni di una società, Maffei sarda silicati, che ha l'orgoglio ed il privilegio di essere attiva nel territorio sardo dai primi anni Novanta e che ha contribuito allo sviluppo della Regione;

   sempre il Presidente di Minerali Industriali, ha quindi dichiarato: «profonda è la ferita lasciata a tutto il management del gruppo Minerali Industriali, il quale ha fortemente creduto nel potenziale industriale della regione Sardegna e ha sempre investito ingenti somme di denaro in progetti di sviluppo industriale ed innovazione»;

   nei giorni successivi all'attentato tre paesi, Sarule, Orani e Ottana, si sono riuniti in un consiglio comunale straordinario in segno solidarietà alla Maffei Sarda Silicati, che da 30 anni lavora sul territorio e dà occupazione, tra dipendenti e indotto, a un centinaio di maestranze –:

   quali iniziative urgenti di competenza si intendano adottare per garantire la legalità e consentire alle aziende e ai lavoratori che operano nel territorio sardo di svolgere la loro attività per lo sviluppo e la crescita della regione.
(4-10970)


   CLAUDIO BORGHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 6 dicembre 2021 è entrato in vigore il decreto-legge 26 novembre 2021, n. 172, recante misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da Covid-19 e per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche e sociali, il cosiddetto decreto «super green pass». Tale decreto ha previsto l'estensione dell'obbligo vaccinale a nuove categorie, tra cui le forze dell'ordine;

   la violazione dell'obbligo prevede l'immediata sospensione dell'attività lavorativa senza conseguenze disciplinari e con il diritto alla conservazione del posto di lavoro. Inoltre, per l'intero periodo della sospensione non viene erogata alcuna retribuzione;

   con l'introduzione di questa misura, le prefetture devono prevedere un piano provinciale per l'effettuazione di costanti controlli e sono obbligate a redigere una relazione settimanale da inviare al Ministero dell'interno –:

   quale sia il numero del personale delle forze dell'ordine, sul totale organico, che è stato sospeso dalle proprie funzioni per mancanza del green pass rinforzato;

   quale sia la consistenza numerica delle forze dell'ordine che sono state adibite ai controlli per il rispetto delle misure previste dal cosiddetto decreto «super green pass».
(4-10971)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da mercoledì 15 dicembre 2021 è scattato l'obbligo vaccinale contro l'infezione da Sars-CoV-2 per alcune categorie di lavoratori tra cui il personale amministrativo della sanità, docenti e personale amministrativo della scuola, militari, forze di polizia (compresa la polizia penitenziaria e quella locale) e personale del soccorso pubblico;

   la «stretta» è stata prevista dal decreto-legge n. 172 del 2021, che ha introdotto il cosiddetto green pass rafforzato; in particolare, per le categorie sopra indicate la vaccinazione sarà un requisito essenziale per lavorare, con la conseguenza che l'eventuale inadempimento determinerà l'immediata sospensione dal servizio senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro, tuttavia, durante il periodo di sospensione non verrà erogata la retribuzione né altro compenso o emolumenti;

   in particolare, per le forze dell'ordine, una circolare ministeriale pubblicata alla vigilia dell'entrata in vigore dell'obbligo vaccinale per il comparto difesa sicurezza e soccorso pubblico avrebbe evidenziato che «l'adempimento dell'obbligo vaccinale comprende il ciclo vaccinale primario e a far data dal 15 dicembre 2021 la somministrazione della successiva dose di richiamo da effettuarsi nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti dalla circolare del Ministero della salute»;

   l'obbligo riguarderà anche gli assenti dal servizio, infatti, come si legge nella circolare, «Il giorno 15 dicembre il personale tutto, anche se assente per legittimi motivi, dovrà produrre al responsabile della propria struttura la documentazione attestante l'adempimento dell'obbligo vaccinale»;

   nel caso in cui tale documentazione non dovesse pervenire, l'amministrazione competente dovrà invitare «senza indugio, l'interessato a produrre entro 5 giorni dalla ricezione dell'invito» la documentazione richiesta; per chi non si vaccina, non solo è prevista la sospensione del servizio senza alcun compenso, ma anche il ritiro temporaneo della «tessera di riconoscimento, la placca, l'arma in dotazione e le manette»;

   i provvedimenti normativi, soprattutto quelli che incidono sulle libertà, dovrebbero essere informati ai principi della ragionevolezza, della continenza rispetto agli obiettivi prefissati ed al rispetto dell'identità e della personalità degli individui;

   la disposizione normativa appena sopra riportata appare all'interrogante assolutamente irragionevole e disfunzionale sia sul piano sanitario che giuridico, atteso che, ad esempio, l'arma in dotazione è collegata allo status di agente o ufficiale di polizia giudiziaria che il lavoratore preserva nonostante decida di non sottoporsi al vaccino a meno che non venga licenziato, sanzione quest'ultima fino ad oggi, per fortuna, neanche immaginata dalla maggioranza di Governo;

   a voler sorvolare sulla inviolabilità del diritto al lavoro ed alla conseguente retribuzione, non può però sottacersi come l'attività lavorativa conferisca all'individuo una collocazione di ordine sociale (status sociale) che ha evidenti implicazioni sulla identità e sulla personalità, pertanto privare un appartenente alle forze dell'ordine addirittura della tessera di riconoscimento, della placca, dell'arma in dotazione e delle manette appare un mortificante quanto ingeneroso tentativo di umiliazione dell'individuo che si vedrebbe privato della sua stessa identità ed appartenenza oltre che del lavoro e della retribuzione –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di tutelare la dignità e la personalità di chi, pur continuando ad appartenere alle forze dell'ordine, decida di non sottoporsi alla somministrazione del vaccino, alla luce delle argomentazioni esposte in premessa.
(4-10980)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOMBARDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   nel mese di ottobre 2021 è stato reso noto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il decreto di approvazione degli elenchi dei progetti esecutivi ammissibili e non ammissibili al finanziamento con fondi afferenti al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per investimenti di sistemazione e ammodernamento delle reti idriche in agricoltura: in particolare, il provvedimento ministeriale rientra nella Missione 2 Componente 4 del Pnrr denominata «Investimenti nella resilienza dell'agrosistema irriguo per una migliore gestione delle risorse idriche»;

   il decreto volto ad incrementare le politiche idriche in agricoltura rappresenta un'opportunità unica che consente il finanziamento per intero dei costi di ristrutturazione necessari per rimettere in sesto le infrastrutture irrigue italiane;

   come risulta dal testo del decreto, i progetti esecutivi ammissibili al finanziamento sono risultati complessivamente 149; diverse regioni italiane si sono visti «bocciare», anche in parte, un gran numero di progetti esecutivi presentati: per tale motivo, le amministrazioni regionali hanno richiesto al Ministro un riesame delle istanze relative ai progetti dichiarati non ammessi e, pertanto, non finanziabili –:

   quali chiarimenti il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda fornire in ordine alla possibilità di accogliere la richiesta di riesame dei progetti non ammessi e quali siano i tempi stimati per concludere le operazioni da esso derivanti.
(5-07286)


   SURIANO, SARLI e APRILE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la nostra penisola anche quest'anno è stata teatro di numerosi eventi calamitosi. Solo la Sicilia è stata colpita quest'anno da più di 80 fenomeni estremi di portata eccezionale come siccità, alluvioni, incendi, eruzioni vulcaniche, trombe d'aria e addirittura cicloni che hanno devastato in maniera significativa intere aree agricole con conseguenti gravi ripercussioni su tutto il settore agroalimentare e sul già fragile equilibrio che vivono le regioni del Sud;

   per dare un'idea della situazione attuale e delle previsioni e computando i soli danni da incendi, in Sicilia nei primi 8 mesi del 2021 sono andati in fumo ben 78.868 ettari di terreno, vale a dire il 3 per cento del territorio regionale rappresentando la metà dei 158.168 ettari del totale nazionale;

   i danni strutturali al comparto agricolo hanno superato abbondantemente il 35 per cento per alcuni settori come agrumi, carciofi e olive la perdita si assesta attorno al 50 per cento. Inoltre, le precipitazioni meteorologiche attuali stanno impedendo la semina del grano duro in tutto il Meridione;

   a causa di questa situazione si calcola che la perdita di giornate lavorative dei lavoratori agricoli si aggiri attorno al 30 per cento –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti e quali misure economiche compensative stia offrendo alle imprese agricole colpite in modo da superare sia i danni strutturali che quelli che hanno colpito le produzioni in maniera da contribuire a una rapida ripresa economica nell'interesse generale del Paese;

   se siano previste anche misure economiche integrative per i braccianti agricoli in difficoltà e con meno giornate lavorative a causa delle continue emergenze meteorologiche;

   se intenda adottare iniziative per prevedere un trascinamento delle giornate lavorative dell'anno precedente, sia dal punto di vista assistenziale che previdenziale.
(5-07289)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   con la nota prot. n. 10143 del 30 ottobre 2018 il Ministero della salute ha chiesto alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di acquisire, ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, l'Accordo sulla proposta di interventi e progetti, rispettivamente afferenti ai settori dell'edilizia e della ricerca sanitaria, da finanziare con il Fondo di cui all'articolo 1, comma 1072, della citata legge n. 205 del 2017;

   nella seduta del 31 ottobre 2018 è stato sancito l'accordo, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera b) e dell'articolo 4 comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sulla proposta del Ministero della salute concernente il rifinanziamento del Fondo di cui all'articolo 1, comma 1072, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;

   con decreto dirigenziale del 23 dicembre 2019, registrato ex articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 123 del 2011, dall'ufficio centrale del bilancio presso il Ministero della salute il 17 gennaio 2020 al visto n. 240, si è provveduto ad impegnare a favore della regione Abruzzo l'importo totale pari a euro 94.090.000 per gli interventi finanziati con le risorse assegnate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 novembre 2018 alla lettera f) dell'allegato 1 e ripartito in 10.200.000 euro per l'anno 2018, 9.450.000 euro per l'anno 2019, 2.740.000 euro per l'anno 2020, 484.000 euro per l'anno 2021, 24.848.000 euro per l'anno 2022, 20.524.000 euro per l'anno 2023 e 25.844.000 euro per l'anno 2024;

   la regione Abruzzo ha proposto al Ministero il finanziamento di due interventi, ossia la ristrutturazione dell'ospedale di Penne (per 12.500.000 euro) e la realizzazione del nuovo ospedale di Teramo (per 81.590.000 euro);

   in data 16 giugno 2020 è stato stipulato un accordo ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 241 del 1990 tra Ministero della salute e Regione Abruzzo con nota prot. 12686 del 22 giugno 2020 – così come prescritto al fine di regolare i rapporti tra lo Stato e le amministrazioni beneficiarie del finanziamento;

   l'articolo 4 dell'accordo prescrive che la regione Abruzzo, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, debba trasmettere al Ministero della salute lo «studio di fattibilità» e tutta la documentazione progettuale per ogni singolo intervento predisposto dalle Aziende sanitarie per il parere di competenza del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici;

   con nota del 12 aprile 2021 la direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute ha confermato al primo firmatario del presente atto che a tale data il Ministero non aveva ancora ricevuto dalla regione Abruzzo alcuno studio di fattibilità rispetto alla realizzazione del nuovo ospedale di Teramo, della regione Abruzzo;

   se, ad oggi, il Ministero della salute, ai sensi dell'articolo 4 dell'Accordo sottoscritto con la Regione Abruzzo, abbia ricevuto lo studio di fattibilità relativo alla realizzazione del nuovo ospedale di Teramo, dalla regione Abruzzo;

   se il Ministero della salute, in caso contrario, abbia posto un termine alla regione Abruzzo per l'utilizzo del contributo, pari a 81.590.000 euro, stanziato per la realizzazione del nuovo ospedale di Teramo.
(2-01394) «Berardini, Marin, De Girolamo, Rizzone, Parisse».

Interrogazioni a risposta scritta:


   BERTI. — Al Ministro della salute, al Ministro per le disabilità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   l'istituto di ricovero e cura «Stella Maris» ha diverse sedi, site in provincia di Pisa. La residenza sanitaria e centro di riabilitazione per disabili di Montalto di Fauglia è stata oggetto di indagini che hanno portato all'allontanamento dal posto di lavoro di alcuni dipendenti accusati di maltrattamenti ai danni di alcuni ospiti, e alla sospensione temporanea di alcuni operatori che avevano assistito senza intervenire, né denunciare i fatti. I maltrattamenti sono stati ripresi dalle telecamere installate dai Carabinieri a seguito della denuncia presentata dalla madre di un ospite, che seguiva delle lettere anonime sul caso. Le indagini iniziano nel 2016, e le telecamere registrarono 81 giorni nei quali erano state perpetrate violenze sui giovani ospiti di Montalto su 90 complessivi di riprese;

   il processo a operatori, medici e dirigenti è stato definito come «il più grande processo per maltrattamenti su ragazzi disabili in Italia»: imputati 17, accusati di aver maltrattato 23 pazienti affetti da autismo e altre gravi neuropatie;

   dalle indagini sono emerse anche irregolarità relative alla stessa struttura, tanto da portare alla chiusura di moduli adibiti alla riabilitazione, poiché non a norma, e a richiedere lavori di adeguamento. L'alto numero di indagati, avvocati e parti civili (34), tra i quali anche varie associazioni come Telefono Viola, Anmic e Agos ha reso necessario trovare uno spazio adeguato per lo svolgimento del processo;

   il 15 luglio 2021 si è tenuta una delle udienze più drammatiche del processo (iniziato nel febbraio del 2020), durante la quale i familiari delle vittime hanno assistito alla proiezioni di alcuni video in cui venivano mostrate le violenze, con momenti di tensione nell'aula. Va precisato che, in merito a questa vicenda, c'è già stata una prima condanna: il direttore generale della Stella Maris, Roberto Cutajar, che nel marzo del 2019 ha ricevuto una condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione a seguito di rito abbreviato. Secondo il giudice, Cutajar sapeva della «abituale reieterazione di condotte vessatorie» sugli ospiti della struttura e avrebbe proceduto a fare assunzioni senza i necessari requisiti e formazione. Il direttore, tuttavia, è a oggi ancora al suo posto. Un altro operatore è uscito dal processo dopo aver patteggiato la sua pena di fronte al giudice dell'udienza preliminare (Gup);

   il giudice delle indagini preliminari ha descritto nella sentenza «una generalizzata e quotidiana prassi violenta in danno di soggetti deboli; prassi che i responsabili delle strutture non hanno saputo o voluto modificare, omettendo di porre in essere quei poteri ad essi conferiti espressamente»;

   la Fondazione, come soggetto e come centro di aggregazione di competenze, racchiude al proprio interno grandi professionalità nel campo della ricerca e della cura settore, ma questi fatti gettano un'ombra sulla dirigenza della Fondazione e sui controlli che Asl e regione Toscana, che hanno rapporti costanti con la stessa e alla quale versano ogni anno finanziamenti cospicui, per i servizi espletati sul territorio, avrebbero dovuto mettere in atto;

   non appare condivisibile per l'interrogante la scelta del consiglio della regione Toscana che ha deciso di premiare la Fondazione proprio nel 2020 con il gonfalone d'argento, considerato che vi sono procedimenti penali in corso e che si è verificata la morte di un ospite della struttura in circostanze non chiarite –:

   se e quali controlli il Governo abbia predisposto, per quanto di competenza, circa il funzionamento dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per garantire la corretta prosecuzione dell'attività dell'istituto nel rispetto della dignità e dei bisogni educativi, assistenziali e sociali degli ospiti.
(4-10976)


   PENNA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   è notizia di stampa che il Generale Figliuolo, di concerto con il Ministro della salute, abbia chiesto alle regioni, viste le lunghe attese per l'esecuzione dei tamponi presso le farmacie, di permettere che le stesse rimangano aperte per l'esecuzione dei test oltre l'orario di lavoro, nei giorni di chiusura e anche laddove non vi sia stata prenotazione;

   la richiesta si è resa necessaria a fronte delle numerose istanze da parte dei cittadini costretti ad estenuanti prenotazioni telefoniche, attese di giorni prima dell'esecuzione del tampone e a lunghe code una volta arrivati in farmacia;

   ad oggi sono autorizzate all'esecuzione dei tamponi Covid-19 esclusivamente le farmacie e non le parafarmacie che invece chiedono da tempo di poter fornire la stessa prestazione. Secondo i dati forniti dalla Federazione nazionale parafarmacie italiane circa i due terzi dei tamponi Covid-19 vengono eseguiti presso le farmacie che sono 19.000 sul territorio italiano. Di queste meno della metà (circa 8.331) hanno aderito all'accordo che garantisce i test a prezzo calmierato;

   le parafarmacie sono ad oggi 4.700 e, come le farmacie, sono dirette e hanno al loro interno come dipendenti dottori farmacisti, dottori che potrebbero eseguire i tamponi Covid-19 contribuendo ad evadere le numerosissime richieste giornaliere e svolgendo un servizio che in epoca pandemica può essere considerato di pubblico interesse;

   la questione è ad oggi anche al vaglio del giudice amministrativo che, con una recentissima sentenza della terza sezione del Consiglio di Stato (RGN7294/2021) ha accolto l'appello avverso l'ordinanza cautelare di rigetto emessa dal Tar Marche, chiedendo che lo stesso voglia pronunciarsi nel merito anche «attraverso la sottoposizione alla Corte di Giustizia UE della questione interpretativa, prospettata dagli appellanti, se l'esecuzione dei “tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2” che l'articolo 1, comma 418, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, ha consentito anche presso le farmacie dotate di locali idonei possa estendersi anche alle parafarmacie considerato che queste ultime, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2005, convertito in legge n. 248 del 2006, sono autorizzate alla vendita di farmaci da banco e di “automedicazione” in presenza “di uno o più farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti al relativo ordine”, ex comma 2 dello stesso articolo 5 citato»;

   non è tuttavia possibile in tempi di pandemia e vista l'emergenza «tamponi» evidenziata dal commissario Figliuolo, attendere un doppio grado di giudizio che chiarisca nel merito la possibilità o meno di aprire alle parafarmacie l'esecuzione dei tamponi alla luce della normativa vigente, ma è invece auspicabile e necessario un intervento a livello legislativo –:

   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere, anche a livello normativo, per estendere alle parafarmacie che abbiano i requisiti di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 223 2005 la possibilità di eseguire i tamponi Covid-19.
(4-10977)


   PLANGGER, GEBHARD, EMANUELA ROSSINI e SCHULLIAN. — Al Ministro della salute, al Ministro del turismo, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   in provincia di Bolzano al Passo Resia al confine con l'Austria si trova un comprensorio sciistico transfrontaliera;

   da anni è possibile sciare in Tirolo del Nord e in Alto Adige con un unico Skipass;

   il collegamento tra le stazioni di sciistiche avviene tramite Skibus che circolano tra le due stazioni di valle e che attraversano continuamente il confine tra i due Stati;

   l'ordinanza del Ministro della salute del 14 dicembre 2021 recante «Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19» ha sollevato alcune questioni di grande interesse per suddette attività transfrontaliere;

   in particolare, la questione che si pongono in tanti è se i turisti-sciatori alloggianti in Italia (minuti di Green-Pass) che si trasferiscono mediante Skibus in Austria per sciare sulle piste ivi ubicate e tornare in giornata devono effettuare il test antigenico nelle ventiquattro ore antecedenti all'ingresso nel territorio nazionale;

   la stessa questione si pone per coloro che alloggiano in Austria e vorrebbero venire in Italia per sciare e ritornare in giornata;

   circa 1.000 sciatori-turisti al giorno utilizzano ultimamente questa offerta transfrontaliera; gli impianti aprono il 18 dicembre 2021 e gli esercenti sono obbligati a dare informazioni corrette ai turisti/clienti;

   la suddetta ordinanza non modifica le deroghe previste dall'articolo 6, comma 2, dell'ordinanza del 22 ottobre 2021. Restano, pertanto, ferme le deroghe di cui ai numeri 3) e 4) del predetto articolo 6, comma 2, che sembrerebbero applicabili ai casi in questione, ma che richiedono che lo spostamento avvenga con mezzo privato –:

   se il Governo non ritenga, proprio in considerazione della particolarità di territorio di confine, e quindi con differenti norme applicative tra i due territori, nel contenimento dell'emergenza da COVID-19, adottare iniziative al fine di prevedere, eventualmente in via interpretativa, ovvero mediante una deroga espressa, che possano considerarsi inclusi anche gli spostamenti mediante mezzo pubblico.
(4-10978)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO e GRIPPA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   da circa un anno, e in particolare nelle ultime tre settimane, nel comune di Calvello, in provincia di Potenza, sussistono seri problemi sulla linea della telefonia fissa Tim, con conseguente interruzione del collegamento Adsl e gravi disservizi, soprattutto nel periodo invernale, essendo il comune situato in un'area montana, con la conseguente impossibilità, in alcuni casi, di utilizzare anche i telefoni cellulari durante le nevicate o le piogge;

   le continue interruzioni telefoniche che impediscono l'utilizzo della linea telefonica fissa creano enormi disagi e pesanti perdite economiche ai cittadini e alle attività economiche del territorio di Calvello;

   la problematica sopra evidenziata non risulterebbe essere un caso unico, essendosi già verificata in più occasioni, anche in primavera ed estate, lasciando l'intero comune e i suoi cittadini isolati per lunghi periodi di tempo in attesa delle necessarie riparazioni;

   il servizio di telefonia fissa è riconosciuto come un bene essenziale poiché ha una funzione di pubblica utilità, in particolar modo sanitaria, dato il perdurare della grave emergenza pandemica; va considerato altresì che la stragrande maggioranza dei cittadini del comune interessato all'isolamento telefonico sono persone anziane e sole e, in caso di urgenti necessità sanitarie o salva-vita, non possono comunicare in alcun modo con l'esterno;

   a parere dell'interrogante, nell'era delle telecomunicazioni, avere tutti i telefoni fissi fuori uso, a cui fanno capo la stragrande maggioranza dei servizi essenziali non è accettabile e cosa ancor più grave, tale mancanza di servizio, che ormai perdura in modo continuativo da quasi un mese, sta creando gravissimi disagi sia ai cittadini calvellesi, soprattutto anziani, isolati da settimane ed impossibilitati a comunicare, sia alle tante attività di ristorazione e turistiche della zona che stanno subendo importanti ripercussioni negative sul proprio lavoro in questo periodo natalizio;

   nonostante le ripetute segnalazioni e le continue sollecitazioni da parte degli utenti calvellesi, non ci sarebbero state azioni da parte di Tim finalizzate alla risoluzione del problema, dopo alcuni interventi effettuati da parte dei tecnici dell'azienda, il problema, ad oggi, persiste con la conseguente mancanza di linea telefonica e collegamento internet e, a quanto risulta all'interrogante, a tutt'oggi, l'azienda Tim e quant'altri di competenza hanno riferito di un «guasto alla Cabina» ma non hanno ancora provveduto alla riparazione dei danni né hanno avviato interventi per il ripristino del collegamento della linea telefonica e adsl; va considerato altresì che, nonostante il disservizio e il disagio arrecato ai cittadini interessati – sia negli anni scorsi che attualmente –, sarebbero state regolarmente inoltrate da parte di Tim, le fatture relative al conto telefonico e nessun utente, nonostante la richiesta di rimborso effettuata anche in altre situazioni verificatesi in precedenza ha mai ricevuto un riscontro in bolletta; pertanto, i cittadini di Calvello e le imprese esigono che, a fronte del regolare pagamento delle utenze telefoniche versate alla Tim, sia previsto almeno un intervento in grado di risolvere definitivamente il guasto nel più breve tempo possibile –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave situazione descritta in premessa e quali iniziative ritenga opportuno adottare, per quanto di competenza, al fine di verificare che vengano al più presto ripristinati la linea telefonica fissa e il collegamento internet ad essa collegata nell'area sopra indicata, appurando altresì quali siano le motivazioni per le quali la Tim s.p.a. non sia in grado di assicurare il regolare servizio e un tempestivo intervento in caso di guasto, tenendo conto del particolare disagio, data la peculiarità territoriale della zona montuosa, arrecato ai cittadini e alle attività economiche del territorio, da tempo in situazione di totale isolamento.
(4-10973)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROTTA. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   nel 2019, l'Unione europea ha approvato l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Con la transizione dell'Unione europea verso «emissioni zero», le batterie giocheranno un ruolo importante e cruciale nella decarbonizzazione dei settori dei trasporti e dell'energia;

   la transizione verso le energie rinnovabili e la produzione di massa di veicoli elettrici guiderà inevitabilmente la produzione globale di batterie: solo in Europa, sono previste o annunciate almeno 38 gigafactories, con una capacità totale stimata di 462 GWh solo nel 2025, sufficiente ad alimentare circa 8 milioni di auto elettriche a batteria;

   alla luce di ciò, nel dicembre 2020 la Commissione europea ha proposto una nuova normativa sulle batterie sostenibili (Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a pile e rifiuti di pile, che abroga la direttiva 2006/66/CE e modifica il regolamento (UE) n. 2019/1020) – la prima nel suo genere – che mira a creare un'industria delle batterie sostenibile;

   le batterie rimovibili, sostituibili e riparabili sono un elemento essenziale del regolamento al fine di conservare il valore e la circolarità, ridurre la dipendenza dell'Unione europea da materie prime esterne, ridurre i rifiuti elettronici, nonché sostenere la sicurezza dei lavoratori e la prevenzione degli incendi;

   nel 2015, almeno il 60 per cento di prodotti elettronici portatili utilizzava batterie agli ioni di litio (Lib). I Lib dipendono da minerali sempre più scarsi e largamente importati come il litio e il cobalto, richiedono processi di produzione molto impattanti e l'uso di composti fluorurati tossici;

   si stima inoltre che una percentuale tra 90 e 100 per cento di smartphone, tablet, laptop, cuffie e smartwatch include batterie non removibili. Le batterie non rimovibili costituiscono un grande impedimento per un efficace riciclaggio, e gli incendi da batterie danneggiate costituiscono una minaccia per la sicurezza dei lavoratori e per la sostenibilità economica delle strutture;

   la nuova proposta di regolamento sulle batterie pubblicata nel dicembre 2020 dalla Commissione europea include una disposizione (Articolo 11) che delinea specifici parametri di rimovibilità e sostituzione di batterie portatili, per facilitare la riparazione, il riutilizzo ed il riciclaggio di batterie, elettronica di consumo e Lev;

   40 organizzazioni non governative per i diritti umani e l'ambiente hanno scritto alle competenti istituzioni europee ed italiane per manifestare la propria preoccupazione nel vedere un recente testo del Consiglio che propone ritardi fino a 66 mesi (quattro anni rispetto alla proposta della Commissione europea) per l'introduzione di norme volte a ridurre l'impronta di carbonio delle batterie, un ritardo di 36 mesi (due anni rispetto alla proposta della Commissione europea) per la graduale introduzione di controlli obbligatori della catena di approvvigionamento per le violazioni ambientali e dei diritti umani, così come un ritardo di due anni o più per i requisiti di prestazione e durata delle batterie;

   l'industria europea delle batterie sta nascendo ora, e sostenendo tali ritardi, si rischia di mettere in pericolo l'intera transizione a zero emissioni, ma soprattutto si perderebbe un'occasione d'oro per sostenere una nuova industria europea sostenibile e strategica –:

   quale sia la posizione del Ministro interrogato sulla questione esposta in premessa e se intenda garantire il necessario sostegno nelle sedi europee affinché le disposizioni del regolamento proposto siano adottate e attuate senza ritardi per la creazione di una nuova industria europea delle batterie impegnata a tutelare i diritti umani e l'ambiente fin dall'inizio.
(5-07288)


   ROTTA e ZARDINI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   è dal mese di febbraio 2021 che, giornalmente e più volte al giorno, diversi articolati scaricano continuamente materiale sospetto a cielo aperto che produce odori nauseabondi sempre nei medesimi terreni agricoli di via Campagnini di proprietà dell'azienda agricola Perazzolo Gallo a San Giovanni in Lupatoto;

   da quando sono iniziati gli scarichi di materiale, gli abitanti della zona denunciano la presenza di un odore fortemente sgradevole quasi impossibile da respirare, che provoca bruciore alla gola, agli occhi e alle vie respiratorie dando una sensazione di soffocamento;

   dai sopralluoghi effettuati dalle forze dell'ordine, si è accertato che è in atto un piano di concimazione con l'utilizzo di «gesso di defecazione» della Sicit di Arzignano azienda autorizzata dalla regione Veneto alla produzione di gesso da materiali biologici;

   tuttavia, il fatto che questo materiale sia da così tanti mesi e così tante volte al giorno sversato nello stesso campo rende l'operazione alquanto anomala dal punto di vista agronomico;

   a settembre 2021 l'Arpav risultava ancora in fase di acquisizione di documentazione in vista dell'organizzazione di attività di controllo in merito all'utilizzo del gesso di defecazione, mentre dal riscontro Avepa, nota prot. n. 241525, risulta che, a partire dalla campagna 2021, i mappali interessati dallo spandimento non risultano censiti nella propria banca dati come superfici condotte, né risultano richieste a premio da nessun conduttore e, pertanto, non è possibile da parte loro procedere con alcun provvedimento al riguardo;

   in particolare, si teme l'inquinamento delle falde acquifere della zona, con grave pregiudizio per la salute dei cittadini;

   il corretto utilizzo del gesso di defecazione è fondamentale per l'ecosistema, per il recupero della materia organica e dei nutrienti ed è fondamentale reprimere e punire ogni utilizzo improprio di tali prodotti a danno della salute umana e dell'ambiente;

   diventa quindi centrale un sistema di controlli efficace ed un monitoraggio capillare in cui sia prevista una comunicazione precisa delle diverse fasi di produzione e di utilizzo del gesso di defecazione da fanghi e del carbonato di defecazione che agevoli i controlli delle autorità preposte; non è più accettabile l'assenza di tracciati precisi dei flussi dei gessi di defecazione che consenta di attestare con precisione la corrispondenza di ciascun lotto al rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, allo scopo prevedendo anche la conservazione dei documenti per le autorità di controllo;

   ugualmente, la norma va aggiornata, prevedendo misure per effettuare il trasporto in sicurezza dal luogo di produzione al luogo di utilizzo;

   al riguardo bisogna prevedere che la comunicazione all'ente di controllo provinciale, all'Arpa di competenza e al comune di pertinenza avvenga prima del trasferimento del correttivo all'utilizzatore finale, e che essa contenga anche del carbonato di defecazione, l'indirizzo dell'azienda agricola destinataria e il termine della consegna-:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, anche per il tramite del Comando dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, per verificare la situazione descritta in premessa ed escludere un utilizzo improprio dei gessi di defecazione distribuiti, anche in relazione alle evidenti implicazioni sotto il profilo del danno ambientale;

   se non intenda adottare le opportune iniziative normative per regolamentare l'utilizzo del gesso di defecazione da fanghi e del carbonato di defecazione, al fine di rendere più certe e conformi, le attività connesse alla tracciabilità di tutta la fase di produzione e del successivo utilizzo nonché dei controlli da effettuare.
(5-07290)

TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CASU e PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro del turismo, al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   dopo due anni in cui la didattica tradizionale è stata stravolta dall'emergenza sanitaria, le lezioni sono finalmente riprese in presenza al 100 per cento grazie all'avanzamento della campagna vaccinale;

   come indicato nel Piano scuola del 5 agosto 2021, i viaggi di istruzione e le uscite didattiche sono autorizzati, purché si permanga in aree del medesimo colore bianco;

   molti istituti scolastici, considerata la recente proroga dello stato d'emergenza fino al 31 marzo 2022, anche a causa della nuova diffusione della variante Omicron, nonostante siano autorizzate seguendo scrupolosi protocolli, per l'anno scolastico in corso sono orientati a pianificare uscite didattiche giornaliere, escludendo la possibilità di organizzare viaggi di istruzione;

   sono 1.000 le agenzie italiane che propongono viaggi d'istruzione nella loro offerta. Di queste, 150 hanno come attività prevalente l'Education (viaggi d'istruzione, corsi di lingua all'estero, stage e altro). Il fatturato è stimato in 1 miliardo di euro l'anno; il comparto occupa circa 8.000 lavoratori diretti e circa 40.000 se si considera l'intera filiera;

   i dati prima dell'emergenza sanitaria dimostrano come il nostro Paese sia capofila per quanto riguarda «l'education abroad»; risultano più di 250.000 gli studenti che nel 2019 hanno studiato una lingua straniera all'estero per ottenere certificazioni internazionali sia a livello professionale che linguistico;

   le agenzie del settore Education sono state le prime ad essere bloccate per decreto dal Covid-19 (dal 23 febbraio 2020, c'è stato il divieto di viaggi d'istruzione) e sono le uniche per decreto ad essere state bloccate fino al 31 agosto 2021, e l'assenza di programmazione da parte delle scuole sta ulteriormente penalizzando l'intero settore;

   in occasione del Ttg, tenutosi a Rimini il 14 ottobre 2021, il Presidente della Commissione Turismo Education di AIDiT, come si legge nella nota pubblicata sul sito di Federturismo, ha illustrato i problemi del settore: (...) Abbiamo in primo luogo evidenziato l'incertezza che pervade molti istituti scolastici riguardo alle modalità con cui far ripartire i viaggi d'istruzione nonostante ci sia un diffuso desiderio di ripartire e le norme lo consentano. Inoltre, è stata rappresentata l'esigenza di ricercare una soluzione per i viaggi assegnati più di un anno e mezzo fa e ancora non effettuati. Materia che ha determinato da subito un clima di contenzioso fra scuole e agenzie. Le stesse scuole e agenzie che dovrebbero invece essere partner per il continuo progresso del turismo e dei piani educativi. Infine, è stata sottolineata la necessità di un aiuto per innovare agenzie che sono ferme a causa della «pandemia»;

   il Ministro del Turismo si sarebbe impegnato, coinvolgendo anche il Ministero dell'istruzione, a creare entro ottobre un tavolo di lavoro urgente di concertazione tra tutte le parti, raccogliendo la preoccupazione espressa dal settore;

   la cancellazione delle partenze dei progetti Pon con mobilità ha lasciato molti fondi non spesi, che è necessario riattivare e concentrare nelle modalità e nelle tempistiche più opportune in considerazione dell'evoluzione del quadro pandemico e del fatto che proprio i progetti con mobilità nazionale e internazionale si sono rivelati cruciali per attivare le competenze trasversali e combattere l'abbandono scolastico, ancora di più dopo oltre un anno di chiusura-:

   quali iniziative urgenti, anche attraverso adeguate forme di ristoro, i Ministri interrogati intendano avviare – in considerazione degli impegni assunti in occasione del Ttg e, altresì, in seguito alla proroga dello stato di emergenza fino al 31 marzo 2022 – al fine di tutelare un settore, quello delle agenzie specializzate in turismo Education, penalizzate dalle difficoltà legate alla pandemia.
(5-07287)

Apposizione di firme ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Ferrari e altri n. 7-00772, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 dicembre 2021, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rixi, Baldini, Boniardi, Castiello, Fantuz, Lorenzo Fontana, Gobbato, Piccolo, Pretto, Scoma, Zicchieri, Galantino, Giovanni Russo, Caiata, De Toma.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Cavandoli n. 4-10949, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 615 del 15 dicembre 2021.

   CAVANDOLI e TOMBOLATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni anni si ripetono con sempre più frequenza le notizie di atti vandalici, di bullismo, minacce, rapine e di violenza generalizzata nelle vie del centro storico di Parma da parte di gruppi, più o meno organizzati, composti da minorenni e giovani maggiorenni che coinvolgono anche passanti e commercianti;

   negli ultimi mesi il fenomeno si è drammaticamente aggravato, costringendo le forze dell'ordine a effettuare presìdi fissi in alcune zone del centro della città, come via Cavour, piazzale della Pace e piazza Ghiaia; anche i media nazionali si sono interessati del fenomeno, con interviste a giovani vittime e soggetti coinvolti;

   nelle ultime settimane la situazione è ulteriormente precipitata: le baby gang operano ormai anche in pieno giorno, commettendo reati gravi come rapine e aggressioni con serie lesioni personali e generano tra i cittadini sentimenti di preoccupazione e di paura;

   nel pomeriggio di mercoledì 1° dicembre 2021, due giovani ragazzi di Collecchio sono stati aggrediti da una cosiddetta baby gang a viale Mariotti, in pieno centro a Parma, alla fermata del bus; secondo quanto si apprende sono stati circondati, minacciati con tentativo di rapina e alla fine brutalmente schiaffeggiati a più riprese;

   sabato 4 dicembre 2021 un altro quindicenne parmigiano è stato aggredito e preso a pugni e bottigliate in via Mazzini;

   si tratta solo dei più recenti episodi di violenza delle baby gang nella città emiliana;

   il fenomeno – nonostante i presìdi delle forze dell'ordine e le telecamere in città, con condivisibile intento anche preventivo – continua a peggiorare, preoccupando residenti e commercianti che temono, tra le altre cose, che queste violenze disincentivino lo shopping natalizio;

   reportage giornalistici hanno evidenziato come il fenomeno interessi prevalentemente giovani stranieri, anche di seconda generazione, che alcuni riconducono all'espressione di un risentimento verso la città per presunte scarse possibilità di integrazione che questa avrebbe loro offerto; si è, tuttavia, di fronte a rivendicazioni che non hanno nessuna giustificazione reale, dal momento che Parma è città aperta e inclusiva, con una disoccupazione giovanile inferiore rispetto alla media nazionale –:

   quali iniziative di competenza alla luce dell'aggravarsi di un fenomeno da troppo tempo sottovalutato, il Governo intenda adottare per favorire il potenziamento, di concerto con il comune di Parma e degli altri comuni interessati, e l'opportuno monitoraggio dei servizi sociali sulle famiglie con membri esposti al rischio di devianza giovanile, anche attraverso l'offerta di formazione, lavoro e servizi educativi;

   se intenda attivarsi con la massima urgenza anche sotto il profilo della sorveglianza e del controllo del territorio più capillare da parte delle forze dell'ordine nei confronti dei luoghi di aggregazione giovanile più problematici;

   se, allo scopo di un più efficace controllo del territorio, ritenga opportuno inviare ulteriori agenti delle forze dell'ordine, anche soltanto per un periodo di tempo definito.
(4-10949)

ERRATA CORRIGE

  Risoluzione in Commissione Ferrari e altri n. 7-00772 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 616 del 16 dicembre 2021. Alla pagina 23650, prima colonna, ultima riga, il nome «Villani» deve essere sostituito dal nome «Viviani».

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ASCARI, MARTINCIGLIO e GRIPPA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per le pari opportunità e la famiglia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   fin dai primi giorni della pandemia i centri antiviolenza e le case rifugio sono stati gli unici spazi che hanno continuato a funzionare all'interno del sistema di protezione e prevenzione nel contrasto alla violenza sulle donne. Ciò è stato fatto nonostante alcuni centri, soprattutto durante il primo lockdown, in alcuni territori maggiormente toccati dalla diffusione del Coronavirus abbiano dovuto fare i conti con una grave carenza del personale causata dal dimezzamento del numero di volontarie – generalmente di età medio-alta e quindi a rischio contagio – e dalla malattia o messa in quarantena di operatrici. I Centri sono stati costretti a turni di lavoro estenuanti, con risorse umane e materiali insufficienti: si pensi alla scarsità di mascherine e guanti (distribuiti solo in pochissimi casi) all'impossibilità di accedere ai tamponi, fino alla mancanza di spazi adeguati per isolamenti fiduciari; nonostante la circolare del mese di marzo 2020 dal Ministero dell'interno inviata alle prefetture per rendere disponibili alloggi alternativi, i centri sono stati costretti a ricorrere a bed&breakfast o ad appartamenti messi a disposizione da conoscenti e privati;

   tuttavia, l'enorme impegno messo in campo dai Cav (Centri anti violenza), anche nelle situazioni più critiche, ha garantito alle donne che subiscono violenza di essere supportate;

   il numero delle chiamate di aiuto al numero 1522, tra marzo e giugno 2020 è più che raddoppiato rispetto al 2019 con 15.280 richieste (+119,6 per cento);

   il rapporto di ActionAid «Tra retorica e realtà. Dati e proposte sul sistema antiviolenza in Italia» (ed. 2020) ha messo in luce i ritardi, ormai, storici nella ripartizione ed erogazione dei fondi dallo Stato, alle regioni in merito ai Cav;

   queste enormi difficoltà gestionali, economiche e di coordinamento del sistema di protezione nelle diverse regioni, che la pandemia ha reso ancora più gravi, rischiano di ripercuotersi negativamente sulla vita delle donne vittime di violenza;

   con la seconda ondata pandemica e con i nuovi lockdown territoriali, i Cav corrono il rischio di arrivare al limite delle proprie capacità di sopravvivenza e di resilienza;

   da quanto emerge dal rapporto citato, al 15 ottobre 2020, le risorse ripartite dal Dipartimento per le pari opportunità per il biennio 2015-2016 sono state liquidate dalle regioni per il 72 per cento, il 67 per cento invece quelle del 2017. A distanza di 15 mesi del trasferimento da parte del dipartimento per le pari opportunità, le regioni hanno liquidato solo il 39 per cento delle risorse 2018, ovvero circa 7,6 milioni di euro a fronte dei 19,6 stanziati. Per l'annualità 2019, il Dipartimento per le pari opportunità ha ripartito tra le regioni 30 milioni di euro, di cui 20 milioni da destinare al funzionamento ordinario di case rifugio e centri antiviolenza e 10 milioni per il Piano antiviolenza. In tempi di Covid-19, per rispondere ai nuovi bisogni delle strutture di accoglienza, la Ministra per le pari opportunità il 2 aprile 2020 ha firmato un decreto di procedura accelerata per il trasferimento delle risorse per il 2019 prevedendo la possibilità di usare i fondi destinati al Piano antiviolenza per coprire le spese dell'emergenza sanitaria. Nonostante l'urgenza, a distanza di 6 mesi dall'incasso delle risorse, solo 5 regioni hanno erogato i fondi: Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Molise e Veneto. Nel dettaglio le risorse liquidate per l'annualità 2019 sono pari al 10 per cento. Ad oggi nessun decreto è stato emanato dal Dipartimento per le pari opportunità per i fondi antiviolenza 2020;

   le risorse effettivamente impegnate risultano ancora insufficienti per coprire le azioni programmate, ma soprattutto finora risulta impossibile da verificare e monitorare se realmente spese;

   è necessario assicurare il pieno funzionamento delle reti territoriali inter-istituzionali antiviolenza stabilendo anche delle procedure operative standard che definiscano ruoli della rete territoriale e prevedano una cabina di regia operativa locale;

   i Centri antiviolenza e le Case rifugio costituiscono il fulcro della rete territoriale della presa in carico della vittima, in quanto forniscono un imprescindibile sostegno territoriale alle donne vittime di violenza in termini di supporto psicologico e legale e a volte anche economico, specie in questo periodo di grave emergenza, finalizzato ad aiutare le stesse a intraprendere un percorso di autonomia e di inserimento lavorativo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti e se intendano fornire i dati circa il numero esatto dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio effettivamente operativi sul territorio nazionale, nonché la quantità esatta delle risorse erogate finora e di quelle rimaste inutilizzate e quali iniziative di competenza ritengano opportuno adottare per far sì che venga adottato un nuovo Piano nazionale antiviolenza (scaduto a dicembre 2020) e per rafforzare il ruolo dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio a tutela delle vittime.
(4-09262)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione a risposta scritta n. 4-09262 presentata dagli interroganti, per evidenti ragioni di sintesi, si preferisce fare esplicito rinvio al contenuto analitico di una serie di provvedimenti, dimostrativi della sensibilità alla tematica specifica segnalata, nell'ambito delle politiche a tutela e per il miglioramento della parità di genere. In particolare, si evidenzia come molti dei dati richiesti, aggiornati al 31 dicembre 2020, siano contenuti nella «Relazione sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate per potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittima di violenza», trasmessa alle Camere, ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 7, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, in data 26 marzo 2021.
  Per quanto concerne quelli relativi agli stanziamenti economici per il potenziamento della rete dei servizi territoriali, il rinvio può essere effettuato da ultimo al contenuto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 novembre 2020, adottato da questo Ministero ai sensi dell'articolo 5-
bis del sopra richiamato decreto-legge n. 93 del 2013; per un importo complessivo di euro 28 milioni. Si ritiene opportuno ricordare come le risorse del fondo pari opportunità sono state incrementate di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2020, proprio per l'istituzione e il potenziamento dei centri di riabilitazione per uomini maltrattanti. In attuazione dell'articolo 26-bis del decreto-legge n. 104 del 2020 (cosiddetto decreto rilancio), che fa riferimento proprio «al fine di assicurare la tutela dalla violenza di genere e la prevenzione della stessa e specificamente per contrastare tale fenomeno favorendo il recupero degli uomini autori di violenza», è stato peraltro pubblicato, a cura del dipartimento per le pari opportunità, un apposito avviso in data 23 dicembre 2020, all'esito della procedura ad evidenza pubblica correlata al quale saranno finanziati n. 19 progetti presentati dalle regioni.
  Per migliorare il procedimento di trasferimento delle risorse alle Regioni, semplificandone lo sviluppo, è stato altresì adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 aprile 2020.
  A mero titolo esemplificativo, si ricordano alcune delle misure poste in essere dal competente dipartimento proprio allo scopo di migliorare il funzionamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio, quali:
a) la campagna informativa avviata il 19 marzo 2020 sulla continuità delle attività dei centri antiviolenza e sulla possibilità di muoversi dall'abitazione per ragioni di necessità; b) la campagna social a sostegno delle donne vittime di violenza durante l'emergenza lanciata il 24 marzo 2020; c) l'Avviso per il «finanziamento di interventi urgenti per il sostegno alle misure adottate dalle case rifugio e da centri antiviolenza in relazione all'emergenza sanitaria da Covid-19» del 30 aprile 2020 per un importo di 5,5 milioni di euro.
  Va infine ricordato l'avvio dell'
iter per l'adozione del nuovo piano strategico contro la violenza maschile sulle donne 2021-2023, con la riunione dell'apposita cabina di regia nazionale del 19 luglio 2021, che ha riscosso plauso e risonanza mediatica. L'ipotesi di lavoro esaminata, peraltro, deriva da un preventivo e ampio confronto con le associazioni di riferimento e le parti sociali. L'obiettivo è quello di rendere lo strumento più coerente con la Strategia nazionale sulla parità di genere declinato nel Pnrr e, più in generale, con tutti gli interventi e le azioni posti in essere al fine di promuovere l'empowerment femminile, superandone la logica emergenziale mediante la strutturazione, stabile delle risorse. L'iter di approvazione, che prevede anche un passaggio in conferenza unificata, dovrebbe concludersi a breve.
  

La Ministra per le pari opportunità e la famiglia: Elena Bonetti.


   BIGNAMI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   nel giugno 2021 è pervenuta alla sede della motorizzazione civile di Forlì, ubicata in Via Golfarelli 8/D, la comunicazione dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili relativa alla possibile chiusura delle sede medesima nel dicembre del 2022 per essere accorpata alla Motorizzazione di Cesena;

   la motorizzazione civile svolge molteplici funzioni amministrative in termini di attività di verifica tecnico-amministrativa delle normative italiane ed europee che disciplinano il trasporto civile e rappresenta un punto di riferimento per i residenti e le aziende di una determinata area territoriale;

   la sede della motorizzazione di Forlì costituisce un punto di riferimento per i residenti e le aziende della zona in questione per l'espletamento delle pratiche relative a collaudi, revisioni, immatricolazioni, rilascio patenti e di tutte le altre funzioni in capo e di competenza dell'ente medesimo;

   conseguentemente, nel caso in cui avvenga lo spostamento della motorizzazione civile di Forlì a Cesena, la mole di procedure amministrative della motorizzazione andrebbe a gravare su quella di Cesena, incrementando il carico di pratiche amministrative da evadere;

   la possibile chiusura della motorizzazione di Forlì, arrecherebbe anche disagi logistici ai residenti che, da anni, si recano nelle sede in questione per i servizi di cui necessitano e si ritroverebbero obbligati a recarsi a Cesena;

   la possibile chiusura della sede della motorizzazione civile di Forlì, costituirebbe un ulteriore impoverimento per il territorio, dopo la chiusura della sede della Polstrada di Rocca S. Casciano, con conseguenti disagi logistici per i residenti e le attività commerciali della zona in questione ed il rischio di una progressiva perdita di attrattività del territorio in questione –:

   se il Ministro interrogato intenda porre in essere iniziative al fine di evitare la chiusura della sede della motorizzazione civile di Forlì;

   quali siano le motivazioni di natura amministrativa dalle quali scaturisce l'intenzione di chiudere la sede della motorizzazione civile di Forlì;

   se intenda valutare una riorganizzazione volta al potenziamento del personale della sede medesima, in una ottica di valorizzazione di una motorizzazione che ha migliaia di utenti;

   in caso di chiusura della sede della motorizzazione civile di Forlì, quale sarà la distribuzione e l'organizzazione del personale che attualmente è operante nella sede medesima.
(4-09780)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame si chiede di sapere quali iniziative il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili intenda adottare in merito alta paventata chiusura della sede degli uffici della motorizzazione civile di Forlì.
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale territoriale nord-est, si rappresenta che, sin dall'anno 2015, il piano di razionalizzazione degli immobili assegnati alla sezione della motorizzazione Forlì-Cesena prevedeva di chiudere la sede periferica di Forlì il 29 dicembre 2022, ossia alla data di scadenza del contratto di locazione, mantenendo unicamente la sede di Cesena, allocata in un immobile demaniale.
  Al riguardo sono in corso interlocuzioni con l'agenzia del demanio finalizzate a verificare la disponibilità, nel comune di Forlì, di un immobile demaniale ove poter trasferire le attività della motorizzazione dopo la data del 29 dicembre 2022.
  Quanto al potenziamento del personale, la citata direzione generale sta provvedendo ad assunzioni con procedure di scorrimento di graduatorie valide di altri enti pubblici.
  

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   BILLI, CECCHETTI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA, SNIDER e ZOFFILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la circoscrizione consolare di Madrid comprende attualmente circa 114.290 italiani iscritti all'Aire;

   il Consolato generale a Madrid è stato chiuso nel 2012 a causa dei tagli imposti alla pubblica-amministrazione;

   sempre nel 2012, gli iscritti all'Aire nella circoscrizione di Madrid erano 66.905;

   gli iscritti all'Aire nella circoscrizione di Madrid sono aumentati del 71 per cento negli ultimi 15 anni;

   negli ultimi anni si è registrata una crescita degli iscritti all'Aire nella circoscrizione di Madrid pari a circa il 5 per cento all'anno, caso unico al mondo, eccetto Londra dove una crescita esponenziale si è avuta a causa della Brexit –:

   se, alla luce di quanto descritto in premessa, il Governo intenda aprire al più presto un consolato generale a Madrid per venire incontro alle esigenze del folto numero dei connazionali in loco e rendere più efficiente il rilascio dei documenti e l'assistenza idonea a una comunità italiana in continua crescita.
(4-10027)

  Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dedica la massima attenzione all'efficienza della rete consolare, specie nei Paesi – come la Spagna – con vaste comunità italiane che negli ultimi anni hanno registrato una crescita significativa.
  Per dare un primo riscontro alle sempre maggiori richieste di servizi e assistenza da parte della comunità italiana in Spagna, a dicembre è diventato operativo uno sportello consolare ad Arona (Tenerife, nelle Isole Canarie) che, al termine dei lavori di riqualificazione dei locali in locazione, si trasformerà in un ufficio consolare di carriera vero e proprio.
  L'apertura di questo sportello ha permesso di fornire servizi in maniera più efficiente ai connazionali presenti nell'arcipelago canario e ha contribuito a diminuire la pressione sulla cancelleria consolare presso l'ambasciata a Madrid, competente anche per le Isole Canarie.
  A coadiuvare l'attività delle sedi di carriera vi è una vasta e ramificata presenza di uffici consolari onorari in tutta la Spagna, che anche per il 2021 riceveranno la quota-parte più rilevante dei contributi distribuiti ogni anno dall'amministrazione alle sedi onorarie nel mondo.
  Considerato il presente assetto e il suo prossimo ulteriore rafforzamento grazie all'avvio dell'operatività dell'Ufficio di carriera nelle Isole Canarie, l'apertura di un consolato generale a Madrid potrebbe contribuire a potenziare ulteriormente la presenza consolare italiana in Spagna.
  Tuttavia, la decisione di istituire tale nuova sede dovrà essere valutata tenendo conto delle risorse umane e finanziare disponibili e a seguito di una ricognizione complessiva delle esigenze dell'intera rete consolare. Nel farlo la Farnesina dovrà attribuire priorità alle situazioni di maggiore criticità, con l'impegno di erogare i servizi consolari in maniera sempre più efficiente e capillare.
  

Il Sottosegretario di Stato degli affari esteri e della cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   BISA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da quotidiani locali tra cui «Il Gazzettino di Treviso» di martedì 14 settembre 2021 e dalla lettera aperta del presidente di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana si apprende che Treviso risulta avere una forte carenza organica di magistrati ed essere ultima in regione nel rapporto tra giudici civili e popolazione;

   l'organico dei giudici è ridotto all'osso: quelli ordinari dovrebbero essere 29 (sono 27), ma in realtà sono 24 perché uno è in malattia e due in maternità, mentre la pianta organica dei giudici onorari dovrebbe prevederne 17 (sono 12). Questi dati collocano Treviso ad un meno 15,2 per cento per copertura complessiva di giudici, e a meno 29,4 per cento per copertura di giudici onorari. Nel 2020 i procedimenti iscritti sono scesi del 17,4 per cento quelli definiti sono meno 20,1 per cento mentre quelli pendenti sono diminuiti del 9,3 per cento. Per quanto attiene alla durata media dei procedimenti nella Marca Trevigiana, questa si è attestata, nel 2020, a 282 giorni, in aumento rispetto al 2019 (248 giorni – in linea con il triennio 2016-2018). In ogni caso, significativamente inferiore alla media nazionale che si stima in 457 per il 2020;

   si registra un giudice, ordinario o onorario, ogni 22.721 trevigiani, il 30 per cento in più rispetto alla media veneta e addirittura più del doppio rispetto ai dati nazionali. Anche relativamente al numero di imprese per giudice: sono 1.748, contro 1.332 della media regionale e, con Belluno, con il rapporto migliore di 757 imprese ogni giudice; Treviso è la migliore nel tasso di posti vacanti: il 7,3 per cento contro una media veneta dell'11,2, con Verona in fondo alla classifica con vuoti di organici pari al 7,3 per cento in questa classifica negativa dietro a Treviso si collocano Vicenza e Verona, a dimostrazione dell'affanno della giustizia civile, proprio nelle province ad alta vocazione imprenditoriale; occorre, pertanto, accorciare i tempi della celebrazione dei processi che incide negativamente sulla percezione della qualità della giustizia resa nelle aule giudiziarie e ne offusca indebitamente il valore;

   ancorché i dati suggeriscano che in Veneto, e in particolare nella provincia di Treviso, la percentuale di magistrati dediti al contenzioso civile sia superiore a quello del resto d'Italia (Veneto 52,6 per cento – Treviso 61,2 per cento – Italia 45,7 per cento), serve un sistema caratterizzato da solide garanzie di autonomia e di indipendenza e da un alto profilo di professionalità dei magistrati;

   sempre considerando la materia civile e quella del lavoro, Treviso scende al terzo postò della classifica in negativo del numero di abitanti per giudice civile e del lavoro: 22.721 abitanti per magistrato giudicante. Peggio fanno solo Rovigo e Vicenza; Treviso è penultima con 2.237 imprese per giudice, dopo il fanalino di coda della provincia di Padova (2.583);

   la grave carenza di magistrati in servizio a Treviso, richiede l'urgente intervento della Ministra di giustizia, finalizzato a scongiurare il rischio di un carico di lavoro troppo gravoso per le toghe, che operano con solerzia e abnegazione, nonostante i problemi di organico pregressi, con la conseguenza inevitabile di un rallentamento di tutti i processi e, quindi, con la impossibilità per i cittadini di avere giustizia in tempi celeri anche sulle questioni più semplici –:

   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di far fronte a quanto espresso nelle premesse per assicurare la regolare attività giudiziaria nel tribunale di Treviso, attraverso dotazioni organiche adeguate e proporzionali al numero delle pendenze e del bacino di utenza.
(4-10256)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo innanzi indicato, la interrogante chiede di conoscere quali iniziative la Ministra della giustizia intenda adottare al fine di fare fronte alla carenza di magistrati in servizio al tribunale di Treviso onde assicurare la regolare attività di tale ufficio giudiziario.
  Al riguardo deve essere innanzitutto posto in risalto che in occasione della revisione della geografia giudiziaria realizzata, in seguito alla delega conferita con la legge del 14 settembre 2011 n. 148, con i decreti legislativi numeri 155 e 156 del 7 settembre 2012 e successive modificazioni l'opera di razionalizzazione nel circondario del tribunale di Treviso si è concretizzata tramite la soppressione delle sezioni distaccate di Castelfranco Veneto, Conegliano e Montebelluna, i cui territori sono stati integralmente aggregati alla sede circondariale in conformità ai criteri generali seguiti a livello nazionale che hanno previsto la chiusura di tutte le 220 sezioni distaccate esistenti. Appare opportuno rammentare che le sezioni distaccate costituivano delle mere articolazioni territoriali dell'ufficio circondariale e che l'accorpamento non ha originato alcun incremento di competenza o di carichi di lavoro, risolvendosi nella trattazione in sede accentrata dei procedimenti già in carico alle sedi periferiche alle quali erano addetti, secondo le specifiche previsioni tabellari, magistrati in servizio nel medesimo ufficio circondariale.
  All'esito della disponibilità dei dati statistici consolidati riferiti agli anni successivi alla entrata in vigore della riforma della geografia giudiziaria, il decreto ministeriale del 1° dicembre 2016, con il quale sono state rideterminate le piante organiche del personale di magistratura dei tribunali ordinari e delle relative procure della Repubblica, ha previsto, tra l'altro, l'ampliamento di complessive 6 unità, di cui 1 posto di presidente di sezione e 5 posti di giudice, della pianta organica dei magistrati del tribunale di Treviso.
  Più di recente il decreto ministeriale del 14 settembre 2020 ha rideterminato le piante organiche degli uffici giudiziari di merito, distribuendo tra i singoli presidi 422 delle 600 unità di magistrato recate in aumento dall'articolo 1 comma 379 della legge del 30 dicembre 2018 n. 145. In tale ambito il tribunale di Treviso ha beneficiato dell'incremento di 1 posto di giudice, portando la pianta organica a complessive 41 unità.
  Pertanto, in seguito ai recenti interventi di rideterminazione degli organici sopra richiamati, la pianta organica dei magistrati del Tribunale di Treviso è stata incrementata complessivamente di 7 unità, specificamente 1 Presidente di Sezione e 6 giudici.
  Allo stato la pianta organica dei magistrati togati del tribunale di Treviso è formata da 1 posto di presidente di tribunale, 4 posti di presidente di sezione, 32 posti di giudice e 4 posti di giudice sezione lavoro; 5 posti di giudice risultano attualmente vacanti. Sempre in relazione all'organico del personale di magistratura, ulteriori benefici per gli uffici giudiziari in generale – e pertanto anche per il tribunale di Treviso – potranno derivare in seguito alla attuazione delle disposizioni approvate nel mese di dicembre dell'anno 2019 (art. 1 comma 432 della legge del 27 dicembre 2019 n. 160, recante «Bilancio di previsione dello Stato per Vanno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020 - 2022») che, modificando la legge del 13 febbraio 2001 n. 48, hanno previsto l'istituzione delle piante organiche flessibili distrettuali, da destinare alla sostituzione di magistrati assenti ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che presentino condizioni critiche di rendimento.
  Al riguardo si rappresenta che la proposta di determinazione delle nuove piante organiche è stata trasmessa dal Ministro della giustizia in data 30 ottobre 2020 al Consiglio superiore della magistratura per il prescritto parere.
  Tale proposta prevede, in conformità al quadro normativo di riferimento, la determinazione sia del contingente complessivo nazionale – individuato in 176 unità, di cui 122 con funzioni giudicanti e 54 con funzioni requirenti – sia dei contingenti destinati ai singoli distretti.
  In quest'ambito, per il distretto della Corte di appello di Venezia è stata proposta l'attribuzione di un contingente di 10 unità, di cui 8 destinate alle funzioni giudicanti e 2 a quelle requirenti.
  Il Consiglio superiore della magistratura, nel parere deliberato nella seduta dell'8 settembre 2021, ha ampiamente condiviso il progetto ministeriale sia in punto di unità complessive dedicate (176) sia quanto alla loro distribuzione funzionale (tra giudicanti e requirenti) e distrettuale. Nello specifico, nel suddetto parere il Consiglio superiore della magistratura ha ritenuto di condividere la proposta del Ministro della Giustizia per il Distretto della corte di Appello di Venezia quanto ai posti previsti per le funzioni requirenti; quanto ai posti previsti per le funzioni giudicanti, il Consiglio superiore della magistratura ha suggerito di assegnare 6 unità rispetto alle 8 indicate nella proposta ministeriale.
  All'esito del complessivo esame del predetto parere reso dal Consiglio superiore della magistratura saranno celermente formulate le definitive valutazioni in merito alle necessità operative degli uffici giudiziari ai fini della adozione del decreto ministeriale per la determinazione delle piante organiche flessibili distrettuali. Si tratta di un percorso condiviso con il Consiglio superiore della magistratura nel rispetto delle rispettive attribuzioni in materia.
  Infine merita di essere segnalato che nell'ambito delle attività dirette alla attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato previsto un progetto straordinario di reclutamento di personale amministrativo a tempo determinato (cristallizzato nel decreto-legge del 9 giugno 2021 n. 80, recante «Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per l'efficienza della giustizia», convertito con modificazioni dalla legge del 6 agosto 2021 n. 113) diretto a migliorare le prestazioni degli uffici giudiziari e ad accompagnare e completare il processo di transizione digitale del sistema giudiziario nello sforzo di abbattimento dell'arretrato e di riduzione della durata dei procedimenti. Questo obiettivo, al pari degli altri contenuti nel Pnrr viene perseguito senza alcun impatto né previsione di riforma della geografia giudiziaria essendo attuali e non mutate le valutazioni contenute nella legge delega del 14 settembre 2011 n. 148 e nei decreti legislativi attuativi; del pari la linea di progetto non prevede l'assunzione di personale a tempo indeterminato (in quanto preclusa dalla Commissione europea) bensì investe sul potenziamento dell'ufficio per il processo e sul rafforzamento del capitale umano giovane, attraverso la costituzione di veri e propri team di supporto al magistrato.
  In tale ambito è stata prevista, ai sensi del decreto-legge del 9 giugno 2021 n. 80, l'assunzione con contratti a tempo determinato della durata pari ad anni 3 di: n. 1.660 unità di personale amministrativo e tecnico-laureati; n. 750 unità di personale amministrativo e tecnico-diplomati specializzati; n. 3.000 unità di personale amministrativo e tecnico-diplomati non specializzati. Del pari è stata prevista l'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato di n. 16.500 addetti all'Ufficio per il Processo, laureati in scienze giuridiche ed economiche, così ripartiti: sino a 16.100 unità per gli uffici giudiziari di primo e secondo grado, in due cicli da 8.050 unità (un primo ciclo di 8.050 unità per un massimo di 2 anni e 7 mesi, un secondo ciclo di ulteriori 8.050 unità per un massimo di 2 anni); sino a 400 unità per la Corte di cassazione, in due cicli da 200 unità (un primo ciclo di 200 unità per un massimo di 2 anni e 7 mesi, un secondo ciclo di ulteriori 200 unità per un massimo di 2 anni). Con decreto firmato dalla Ministra della giustizia in data 26 luglio 2021 sono state adottate le prime, urgenti, misure organizzative idonee a dare tempestiva attuazione al Pnrr e in particolare quelle necessarie per l'assunzione del personale amministrativo addetto all'ufficio per il processo al fine di conseguire, nei tempi utili alla realizzazione degli obiettivi fissati, la piena operatività di tale struttura organizzativa. In particolare, la ripartizione tra le corti di appello e i Tribunali di un contingente pari a 8.050 unità di addetti all'ufficio per il processo è finalizzata a realizzare un incremento della produttività degli uffici giudiziari diretto a conseguire gli obiettivi indicati nel PNRR, concernenti la riduzione del tempo medio di definizione dei procedimenti in tutti i gradi di giudizio e l'abbattimento dell'arretrato civile. Si è inteso procedere, nella prima fase, alla individuazione dei posti da attribuire ai singoli distretti, riservando ad una fase successiva la declinazione dei contingenti tra i singoli uffici Giudiziari di primo e secondo grado all'interno dei medesimi distretti. L'analisi statistica condotta in relazione ai flussi giudiziari ha consentito di individuare i procedimenti civili e penali pendenti e l'arretrato, costituito dalla quota dei procedimenti civili ultra triennali per i tribunali e ultra biennali per le Corti di appello, nonché di elaborare specifici indicatori diretti a misurare il rapporto tra procedimenti definiti e procedimenti sopravvenuti nell'arco temporale di osservazione e il prevedibile tempo medio di definizione, tenuto conto della positiva incidenza sulla produttività degli uffici giudiziari della immissione delle nuove risorse inserite nell'ufficio per il processo. Le risultanze della predetta analisi, opportunamente integrate sulla scorta della valutazione di ulteriori elementi quantitativi e qualitativi connessi agli assetti dimensionali e alla complessità organizzativa nonché all'organico del personale di magistratura e amministrativo, hanno consentito di determinare, a livello distrettuale, il numero di addetti all'ufficio per il processo necessario per conseguire gli obiettivi indicati nel Pnrr.
  Per quanto attiene al distretto della corte di appello di Venezia, la consistenza numerica complessiva delle risorse assegnate è pari a 388.
  Da ultimo si rappresenta che con decreto firmato dalla Ministra della Giustizia in data 28 settembre 2021 sono stati ripartiti tra i Tribunali e le corti di appello i contingenti distrettuali del personale amministrativo a tempo determinato addetto all'ufficio per il Processo già individuati dal decreto ministeriale del 26 luglio 2021. Nello specifico, per il distretto della corte di appello di Venezia le complessive 388 unità sono state ripartite assegnando al tribunale di Treviso il rilevante contingente di 51 unità di addetti all'ufficio per il processo, ben superiore alla pianta organica dei magistrati pari a 41 unità.
  

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   BORGHESE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 379 del 14 dicembre 2000 è stato introdotto il sistema di «Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all'impero austro-ungarico e ai loro discendenti», ossia le persone di lingua e cultura italiana nate in territori previamente appartenenti all'impero Austro-Ungarico ed emigrate tra il 25 dicembre 1867 (costituzione dell'Impero) e il 16 luglio 1920 (entrata in vigore del Trattato di Saint Germaine) e i loro discendenti;

   nello specifico, la legge n. 379 del 2000: si rivolge a cittadini nati e residenti nei territori dei comuni delle attuali province di Trento, Bolzano, Trieste, Gorizia, alcuni Comuni della provincia di Udine e Belluno e gli ex territori italiani delle province di Trieste, Gorizia, Pola, Fiume e Zara;

   la legge n. 379 del 2000 riconosce la possibilità dell'ottenimento della cittadinanza italiana anche ai discendenti delle persone nate e/o residenti in detti territori, con il termine ultimo del 19 dicembre 2010 per l'accoglimento delle domande degli interessati;

   oltre questa data, non è più stata offerta la possibilità ai discendenti di quegli emigrati di richiedere riconoscimento della cittadinanza italiana;

   gli aventi diritto alla cittadinanza italiani ai sensi della legge n. 379 del 2000, e che hanno presentato domanda di cittadinanza nei termini, oltre alla «normale» documentazione che dimostra la discendenza dall'emigrante, hanno presentato ulteriore documentazione attestante l'appartenenza dell'emigrante al gruppo etnico-linguistico italiano (generalmente certificazioni rilasciate da riconosciuti associazioni/circoli degli italiani residenti all'estero di appartenenza a quella particolare comunità, certificati di corsi di lingua italiana e altro);

   ai sensi della suddetta legge n. 379, tutta la documentazione a corredo della richiesta di cittadinanza, avrebbe dovuto essere analizzata da un'apposita commissione interministeriale istituita con decreto del Ministro dell'interno del 2 marzo 2001 e composta da rappresentanti del Ministero dell'interno, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, dell'università degli studi di Roma «La Sapienza»;

   tale commissione interministeriale, dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti di legge, avrebbe dovuto formulare un proprio parere, da trasmettere ai consolati e ai comuni d'Italia per l'espletamento delle iscrizioni di loro competenza;

   a distanza di più di 10 anni dalla scadenza del termine ultimo per la presentazione delle domande di cittadinanza ai sensi della legge n. 379/ del 2000, la maggior parte dei richiedenti sta ancora aspettando il completamento del processo;

   da quanto risulta all'interrogante, alla richiesta di informazioni da parte degli interessati, i consolati rispondono di aver inviato regolarmente tutte le istanze alla commissione interministeriale e di essere in attesa di una risposta –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa e intendano fornire chiarimenti su come la commissione interministeriale stia portando avanti il suo lavoro e sul tempo stimato necessario per completare l'analisi di tutte le richieste presentate;

   se il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale intenda comunicare il numero di tutte le domande di cittadinanza ai sensi della legge n. 379 del 2000 ricevute dai consolati e il numero di quelle inviate alla commissione interministeriale;

   se il Ministero dell'interno intenda rendere noto il numero di richieste ricevute dalla commissione interministeriale, il numero di domande respinte, il numero di procedure risolte favorevolmente e il numero di procedure ancora in attesa di risoluzione.
(4-08985)

  Risposta. — Con riferimento a quanto richiesto dall'interrogante, con l'atto di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  La materia oggetto di interrogazione è regolamentata dalla legge 14 dicembre 2000, n. 379, recante «Disposizioni per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenenti all'impero Austro-Ungarico e ai loro discendenti».
  Tali disposizioni normative prevedono che possano ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana le persone originarie dei territori già appartenuti all'impero Austro-ungarico, corrispondenti alle attuali province di Trento e Bolzano, ed emigrate all'estero prima del 16 luglio 1920. Tale diritto è riconosciuto anche a tutti i loro discendenti.
  In base all'articolo 28-
bis del decreto-legge n. 273 del 2005, i soggetti legittimati devono avere presentato la richiesta del riconoscimento della cittadinanza italiana entro il 20 dicembre 2010, rendendo la dichiarazione per l'acquisto dello status civitatis agli Ufficiali dello Stato civile dei comuni di residenza o alle autorità consolari, se residenti all'estero, producendo l'idonea documentazione necessaria.
  Le autorità riceventi, in particolare i Consolati di Brasile e Argentina, dai quali deriva il maggior numero di istanze, hanno acquisito le richieste in attesa delle necessarie integrazioni documentali.
  Si sottolinea che ciascuna istanza è collegata al capostipite familiare e può comprendere una documentazione relativa a un numero variabile di ascendenti richiedenti che, in assenza di limitazioni di parentela, può anche essere rappresentato da 100 aventi diritto. Si tratta, dunque, di istanze complesse che richiedono una approfondita istruttoria e una elevata specializzazione da parte degli uffici competenti.
  Dal 2003 a oggi risultano definite quasi 40.000 domande, mentre sono in corso di istruttoria 490 domande corrispondenti a 2.500 richiedenti. A tali istanze vanno aggiunte anche quelle pervenute dalle rappresentanze consolari tramite posta elettronica certificata, che sono tuttora in lavorazione.
  Inoltre in relazione alle segnalazioni da parte degli interessati di istanze che sono risultate smarrite presso le sedi consolari, il Ministero dell'interno ha provveduto a interloquire con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale al fine di sensibilizzare i consolati interessati, in particolare quelli dell'America Latina, a una maggiore cooperazione al fine di smaltire al più presto le istanze in attesa di definizione.
  Si informa, infine, che sono state avviate riunioni periodiche della commissione interministeriale competente in materia, istituita presso il Ministero dell'interno, (riunitasi in passato solo in via eccezionale), al fine di individuare soluzioni più rapide per la definizione delle istanze ancora in trattazione.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   CAVANDOLI e TOMBOLATO. — Al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con atto di sindacato ispettivo n. 4-06402 gli interroganti richiamavano l'attenzione dei Ministri interrogati circa la chiusura al pubblico dell'ufficio territoriale dell'Agenzia delle entrate di Borgo Val Di Taro (PR);

   la chiusura dell'ufficio, avvenuta provvisoriamente nel marzo 2020 a causa del Coronavirus, ha comportato gravi disagi per le popolazioni locali e per il tessuto economico del territorio delle Valli del Taro e del Ceno che dovevano recarsi all'ufficio dell'Agenzia delle entrate di Parma, ad oltre 70 chilometri di distanza. Non sono mancate le manifestazioni di dissenso da parte dei residenti con richiesta di intervento anche alla regione Emilia-Romagna;

   il sito internet agenziaentrate.gov.it riporta che «dal 2 aprile, fino al termine dell'emergenza sanitaria, lo sportello è chiuso. Al termine dell'emergenza sanitaria saranno ripristinati i consueti orari d'apertura», mentre, a quanto consta all'interrogante, un cartello scritto a mano e affisso all'ingresso aggiunge l'invito a rivolgersi all'ufficio di Parma;

   a parere degli interroganti, come già evidenziato dal precedente atto di sindacato ispettivo, la chiusura della sede comporta gravi disagi per i residenti nel Comune di Borgotaro e nell'Unione montana dei comuni delle Valli del Taro e del Ceno che si trovano da quasi un anno e mezzo privati di un servizio di prossimità fondamentale; a ciò si aggiunge il dubbio che la perdurante chiusura dell'ufficio possa non essere temporanea ma prodromica alla definitività –:

   se non ritengano di adottare, in tempi rapidi le iniziative di competenza volte a garantire il regolare svolgimento del servizio di apertura al pubblico dell'ufficio territoriale delle Agenzia delle entrate di Borgo Val Di Taro e così dare continuità e piena operatività ad un servizio importantissimo per il vasto territorio delle Valli del Taro e del Ceno.
(4-10026)

  Risposta. — Con atto di sindacato ispettivo n. 4-06402 gli interroganti richiamavano l'attenzione dei Ministri interrogati circa la chiusura al pubblico dell'ufficio territoriale dell'Agenzia delle entrate di Borgo Val Di Taro (PR).
  La chiusura dell'ufficio, avvenuta provvisoriamente nel marzo 2020 a causa del coronavirus, ha comportato gravi disagi per le popolazioni locali e per il tessuto economico del territorio delle Valli del Taro e del Ceno che dovevano recarsi all'ufficio dell'Agenzia delle entrate di Parma, ad oltre 70 chilometri di distanza. Non sono mancate le manifestazioni di dissenso da parte dei residenti con richiesta di intervento anche alla regione Emilia-Romagna.
  Il sito internet «
agenziaentrate.gov.it» riporta che «Dal 2 aprile, fino al termine dell'emergenza sanitaria, lo sportello è chiuso. Al termine dell'emergenza sanitaria saranno ripristinati i consueti orari d'apertura», mentre, a quanto consta all'interrogante, un cartello scritto a mano e affisso all'ingresso aggiunge l'invito a rivolgersi all'ufficio di Parma.
  A parere degli interroganti, come già evidenziato dal precedente atto di sindacato ispettivo, la chiusura della sede comporta gravi disagi per i residenti nel comune di Borgotaro e nell'unione montana dei comuni delle Valli del Taro e del Ceno, che si trovano da quasi un anno e mezzo privati di un servizio di prossimità fondamentale; a ciò si aggiunge il dubbio che la perdurante chiusura dell'ufficio possa non essere temporanea ma prodromica alla definitività;
  Al riguardo, si osserva quanto segue.
  Come ripercorso nell'interrogazione in argomento, dallo scorso mese di marzo 2020, a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, lo sportello di Borgo Val di Taro è stato chiuso al pubblico. Tale chiusura è stata programmata fino alla fine dello stato di emergenza per garantire la sicurezza del personale in servizio e dell'utenza, anche perché per assicurare l'apertura il personale avrebbe dovuto recarsi da Parma presso lo sportello di Borgo Val di Taro con un incarico esterno fruendo di mezzi pubblici, con tutti i rischi connessi.
  Come già rappresentato dalla competente direzione provinciale di Parma ai rappresentanti politici locali, tale chiusura non comporta un mutato rapporto dell'Agenzia delle entrate con il cittadino, ma il contatto con il contribuente rimane comunque garantito attraverso l'utilizzo di nuovi ed alternativi canali di comunicazione.
  Negli ultimi anni, infatti, l'offerta di servizi si è progressivamente spostata sul canale telematico, con l'obiettivo di minimizzare il costo indiretto dell'adempimento. Gli utenti, pertanto, sono stati progressivamente «portati» ad utilizzare prioritariamente il servizio telematico o la modalità «agile» – entrata stabilmente tra le modalità con cui chiedere ed erogare il servizio – accedendo agli uffici solo se effettivamente necessario e, comunque, dopo aver prenotato un appuntamento.
  L'erogazione dei servizi mediante il canale telematico è la via «privilegiata». Accedendo alla propria area riservata con Spid, Cie o Cns, il contribuente può richiedere diversi servizi, quali, ad esempi, le copie delle dichiarazioni dei redditi e delle Cu (Certificazione unica), il duplicato del codice fiscale o della tessera sanitaria, la registrazione dei contratti di locazione e la gestione degli adempimenti successivi, la trasmissione delle coordinate bancarie Iban e altro, e i servizi possibili sono in continua espansione.
  Per l'utenza professionalizzata, il servizio telematico può considerarsi lo strumento «naturale» di interazione con l'agenzia e questo non solo sulla base di disposizioni normative e di prassi, ma anche in virtù di specifici protocolli d'intesa sottoscritti con ordini professionali ed Associazioni di categoria.
  Per tutti quei servizi per i quali non esiste ancora una specifica procedura telematica (registrazione atti privati diversi dai contratti di locazione, richieste di codici fiscali, e altro), il contatto con il cittadino viene comunque garantito attraverso i cosiddetti servizi agili che, attraverso sistemi più colloquiali e alla portata di tutti, consentono di ottenere l'erogazione di molteplici servizi, senza necessità di recarsi in ufficio, attraverso l'utilizzo della posta elettronica o Pec allegando la documentazione necessaria.
  Tali strumenti, nati durante la fase più critica della pandemia/sono diventati il nuovo modello consolidato di accoglienza del cittadino; essi consentono di ricevere la medesima qualità di assistenza dell'appuntamento «in presenza», senza doversi spostare dalla propria abitazione, con evidenti benefici di razionalizzazione e semplificazione.
  A ciò deve necessariamente aggiungersi l'analisi del
trend dei servizi erogati presso lo sportello di Borgo Val di Taro prima della chiusura dello stesso, al fine di evidenziare la progressiva riduzione delle richieste di assistenza «in presenza» anche nel periodo precedente alla pandemia.
  I servizi erogati dallo sportello sono infatti passati da n. 3.863 dell'anno 2016 a n. 658 dell'ultima rilevazione effettuata ante chiusura, anche grazie alla progressiva affermazione dei servizi telematici. Dall'analisi qualitativa dei dati risultanti dall'ultima rilevazione emerge, peraltro, che la maggior parte dei servizi resi (circa l'80 per cento) è stata costituita da richieste di assistenza e informazione o erogazione duplicati codice fiscale, operazioni, come ampiamente rappresentato in precedenza, erogabili tramite la modalità agile.
  Pertanto, un'analisi costi-benefici imporrà, al termine dell'emergenza sanitaria in corso, necessariamente una successiva e nuova valutazione dell'eventuale riapertura dello sportello in argomento, considerata la necessità di incaricare personale in servizio presso la struttura di Parma ad incarichi esterni per assicurare sempre più residuali servizi da erogare in presenza.
  Ciò detto, si comunica che la direzione provinciale di Parma sta inoltre valutando la possibilità di attivare una casella e-mail dedicata all'assistenza dei cittadini residenti nel distretto di Borgo Val di Taro.
  Tramite detta soluzione operativa, le richieste di assistenza presentate dai contribuenti sarebbero trattate distintamente da quelle presentate direttamente all'ufficio territoriale di Parma, con conseguente riduzione dei relativi tempi di attesa.
  

Il Ministro per la pubblica amministrazione: Renato Brunetta.


   CIABURRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, all'articolo 119 ha istituito il cosiddetto «superbonus 110 per cento», misura di detrazione fiscale nei confronti dei lavori di efficientamento energetico e prevenzione antisismica negli edifici;

   come riportato dalle associazioni di categoria, il 52,3 per cento ha segnalato il ritardato inizio delle attività a causa di problemi burocratici, mentre il 42,5 per cento indica la mancata risposta di uffici comunali e pubbliche amministrazioni;

   in linea generale, la quota di imprese che segnalano la mancata risposta degli uffici pubblici nei comuni con oltre 10.000 abitanti è del 71,6 per cento, il doppio rispetto al 36,9 per cento rilevato nei comuni al di sotto dei 10.000 abitanti;

   a fronte di un'ampia diffusione del lavoro a distanza della pubblica amministrazione nel corso dell'emergenza pandemica da Covid-19, una carente organizzazione dei flussi di comunicazioni telefoniche e di email può generare difficoltà difficilmente sostenibili nell'ottenere risposte dagli uffici pubblici, ancor più necessarie a fronte di interventi complessi, come quelli incentivati dal superbonus;

   tali difficoltà applicative sono ulteriormente esacerbate dalla grande mole di documentazioni necessarie per l'accesso e lo svolgimento dei procedimenti connessi alla misura del «superbonus 110 per cento»;

   in aggiunta, l'ampio numero di interlocutori istituzionali ai fini applicativi e interpretativi della normativa vigente, secondo l'interrogante, rende confusionario, per i cittadini, riscontrare linee guida applicative della misura che siano univoche e di facile interpretazione –:

   se il Governo sia conoscenza dei fatti esposti e se intenda assumere tutte le iniziative di competenza per istituire una cabina di regia pubblica per il coordinamento delle misure di implementazione e per l'interpretazione della normativa legata al «superbonus 110 per cento», che metta in stretta connessione Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'economia e delle finanze, Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, Ministero della transizione ecologica, Agenzia delle entrate, Enea e Consiglio superiore dei lavori pubblici, nonché ogni altro ente, comunque denominato, facente parte del processo di implementazione ed interpretazione della normativa legata al «superbonus 110 per cento».
(4-08576)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Il Ministero della transizione ecologica ha già da tempo avviato l'
iter istruttorio per la predisposizione dello schema di decreto previsto dall'articolo 1, comma 70 della legge 178 del 2020 cosiddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri Assunzioni).
  Come è noto, infatti, il comma 69 della citata legge, al fine di permettere ai comuni di fare fronte ai maggiori oneri gestionali connessi al cosiddetto superbonus di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, consente l'assunzione, a specifiche condizioni, di personale da impiegare per le finalità sopra richiamate.
  Al riguardo, il comma 70 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito fondo da 10 milioni di euro per l'anno 2021 e ha previsto la pubblicazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta dello stesso Ministero dello sviluppo economico, per la gestione delle istanze che i comuni avrebbero potuto presentare.
  Allo stato attuale sono in corso di valutazione una serie di problematiche emerse subito dopo l'emanazione della disposizione in questione.
  In particolare si rappresentano quali criticità la relativa esiguità delle risorse stanziate, a fronte di oltre 8.000 comuni presenti in Italia, l'esclusione della possibilità di assunzione di personale con contratto a tempo pieno, la non presenza di deroghe rispetto al limite di
budget per l'impiego di personale a tempo determinato di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 e di deroghe relative al rispetto del valore soglia di spesa per le nuove assunzioni nei comuni di cui all'articolo 33, comma 2 del decreto-legge n. 34 del 2019.
  Infine, si precisa che ancora non è stato perfezionato il trasferimento delle risorse stanziate dalla direzione competente del Ministero dello sviluppo economico alla direzione oggi preposta del Ministero della transizione ecologica, in conseguenza del trasferimento delle competenze in materia di energia dal Ministero dello sviluppo economico al Ministero della transizione ecologica previsto dal decreto-legge n. 22 del 2021, anche se il perfezionamento di tale
iter appare ormai imminente.
  Congiuntamente, tuttavia, si segnala che gran parte dell'attività svolte nel corso del primo semestre del 2021 da parte dei Ministeri interpellati si è focalizzata nella definizione di misure di semplificazione del superbonus, tra l'altro previste anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, che hanno portato, con il decreto-legge n. 77 del 2021 (cosiddetto semplificazioni Pnrr), all'introduzione della Comunicazione di inizio lavori asseverata semplificata (Cila semplificata), ovvero all'introduzione di ulteriori semplificazioni con il comma 13-
ter, all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020.
  Tali semplificazioni risultano coerenti con le finalità previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri Assunzioni indicate dall'interrogante in quanto dirette a ridurre gli oneri gestionali connessi al superbonus per gli uffici pubblici, per i progettisti e per i cittadini.
  In merito alla proposta formulata dall'onorevole interrogante, relativa alla istituzione di una cabina di regia per il coordinamento del superbonus, si rappresenta che l'articolo 119 del decreto-legge n. 345 del 2020, nonché i relativi decreti attuativi, hanno individuato due soggetti demandati alla gestione operativa dell'incentivo, ovvero, Enea, Agenzia controllata dal Ministero della transizione ecologica e l'Agenzia delle Entrate, i cui rapporti con il Ministero dell'economia e delle finanze sono regolati su base convenzionale.
  In particolare, a Enea è attribuito il ruolo di gestione della misura sotto il profilo tecnico per gli interventi di natura energetica e in particolare: la gestione del portale per la presentazione delle istanze, il monitoraggio dei risparmi conseguiti dalla misura, il controllo e le verifiche sui progetti presentati.
  A tali attività, nel rispetto del proprio ruolo, Enea affianca anche quella di promozione della misura fornendo una serie di chiarimenti interpretativi, coordinandosi con il Ministero della transizione ecologica tramite la predisposizione di Faq e
vademecum per la presentazione dei progetti.
  In ultimo, all'Agenzia delle entrate è attribuito il ruolo di gestione della misura sotto il profilo fiscale e in particolare: la gestione di tutte le procedure per l'erogazione dell'incentivo, il controllo e le verifiche fiscali, la predisposizione di chiarimenti interpretativi in materia fiscale per il tramite di guide, circolari e risposte a interpelli.
  Il coordinamento tra i due Enti è sempre avvenuto e avviene con riferimento a tutta la materia delle detrazioni fiscali, compreso il superbonus, e proprio con riferimento a quest'ultimo avviene anche nell'ambito della specifica sezione del sito istituzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Oltre a quanto esposto sinora, si sottolinea anche il ruolo svolto dalla Commissione consultiva prevista dall'articolo 4 del decreto ministeriale n. 58 del 2017, a cui è demandato il monitoraggio dell'applicazione del decreto ministeriale n. 58 del 2017 (sismabonus), nonché l'elaborazione di proposte di modifica e integrazioni del citato decreto.
  A oggi la Commissione comprende non solo membri degli Enti e Istituzioni sopra richiamati, ma anche diversi operatori del settore, comprese le Associazioni di categoria.
  L'ambito operativo della commissione, seppur formalmente limitato all'applicazione del Sismabonus, investe in molti casi anche quello energetico attraverso l'elaborazione di pareri non vincolanti che vengono forniti all'Enea e all'Agenzia delle entrate.
  Inoltre, c'è da aggiungere che risultano numerosi i chiarimenti, i pareri, le Faq le circolari e le risposte agli interpelli forniti dagli Enti sopra indicati, in quanto il superbonus è una misura relativamente recente, di forte impatto e interesse per il rilancio dell'economa del Paese, e che in poco più di un anno dalla pubblicazione della legge di conversione del decreto-legge n. 34 del 2020 è stata oggetto di ben quattro modifiche normative.
  Tutto ciò considerato, si ritiene che il quadro delle Istituzioni e degli Enti coinvolti nel fornire chiarimenti sia ben delineato e possa essere valorizzato, senza creare nuovi organismi che potrebbero paradossalmente allungare i tempi di risposta ai quesiti sollevati dai cittadini e dagli operatori in materia di detrazioni fiscali per la riqualificazione degli edifici.

Il Ministro della transizione ecologica: Roberto Cingolani.


   CORDA e CABRAS. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   grazie anche ad inchieste televisive e all'interessamento di noti personaggi dello spettacolo e della società civile, tutti conoscono la vicenda del nostro connazionale Enrico «Chico» Forti, condannato all'ergastolo nel 2000, a seguito di un processo lacunoso e con molte ombre, per l'omicidio di Dale Pike e detenuto in un penitenziario della Florida da 21 anni;

   Chico Forti si è sempre dichiarato innocente e ha sempre sostenuto di essere stato vittima di un gravissimo errore giudiziario e gli interroganti, insieme a lui, per anni si sono battuti affinché potesse fare ritorno in Italia;

   da quasi un decennio gli interroganti si sono occupati e hanno seguito la sua vicenda e non possono non esprimere approvazione per l'importante lavoro svolto dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e contentezza per la notizia del suo ritorno in Italia;

   nel dicembre del 2020 il governatore della Florida ha accolto l'istanza di Chico Forti di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo e di essere trasferito in Italia;

   il 23 dicembre del 2020 lo stesso Ministro interrogato ha dato comunicazione di questa splendida notizia annunciando l'impegno del Governo ad accelerare il più possibile per il rientro di Chico Forti in Italia;

   gli interroganti riconoscono l'impegno profuso a livello diplomatico con l'ambasciatore italiano, il governatore della Florida e le autorità americane per l'ottenimento di questo importante risultato per Chico e per la sua famiglia, ma devono constatare che sono, ormai, trascorsi sei mesi da quell'annuncio e sulla vicenda è ripiombato un silenzio preoccupante;

   non si hanno più notizie ufficiali sullo stato del procedimento di trasferimento di Chico Forti, anzi alcuni dubbi aleggiano sull'arrivo della documentazione in Italia per la procedura di rimpatrio. Sono già trascorsi sei mesi dall'accoglimento dell'istanza per il trasferimento di Chico Forti e non si vuole correre il rischio che il suo caso venga nuovamente dimenticato e che passino ancora anni, troppi, per rivederlo in Italia –:

   quale sia lo stato della procedura di trasferimento di Chico Forti in Italia e quali siano i motivi di questo ritardo.
(4-09577)

  Risposta. — Il signor Enrico Forti è stato condannato nel 2000 in via definitiva all'ergastolo da un tribunale della Florida, con l'accusa di omicidio premeditato.
  Nel dicembre 2019 il suo avvocato, dopo lunghi e intensi contatti con le autorità italiane, ha confermato la volontà di Forti di essere trasferito in Italia ai sensi della convenzione di Strasburgo del 1983. Ciò ha consentito di aprire formalmente il procedimento e di prendere contatto con le autorità della Florida. Pertanto, con nota del 17 dicembre 2019 indirizzata all'International prisoner transfer unit del dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, è stata richiesta l'attivazione della procedura prevista dalla convenzione di Strasburgo del 1983 e la trasmissione delle informazioni e documenti previsti dagli articoli 4, paragrafo 3, e 6, paragrafo 2, della stessa convenzione.
  Il 23 dicembre 2020 il governatore della Florida ha approvato il trasferimento di Forti verso l'Italia «con l'intesa che il signor Forti espierà la sua piena condanna in Italia» e ha indirizzato una nota al dipartimento di giustizia per i successivi adempimenti di competenza.
  Si è trattato del primo passo in avanti concreto sulla vicenda Forti, dopo oltre 20 anni, frutto di un'azione corale, spesso sottotraccia, ma tenace e articolata, della diplomazia italiana.
  Il 24 dicembre 2020 la Ministra Cartabia, competente per la gestione della procedura di trasferimento, sulla base del consenso espresso dal governatore della Florida, ha inviato una nuova nota al dipartimento di giustizia americano sollecitando la trasmissione della documentazione e delle informazioni prescritte dai citati articoli 4 e 6 della convenzione di Strasburgo del 1983.
  Il 7 gennaio 2021 il dipartimento di giustizia americano ha confermato di aver avviato l'iter per concedere il nulla osta definitivo al trasferimento in Italia di Forti.
  A dimostrazione della complessità della procedura, che vede coinvolte diverse Amministrazioni degli Stati Uniti a livello statale e federale, il dipartimento di giustizia ha risposto con una sua nota solo il 26 febbraio 2021 alla richiesta del 24 dicembre 2020, evidenziando che il consenso al trasferimento dato dal governatore della Florida (con la citata nota del 23 dicembre 2020) è da intendersi come consenso condizionato alla completa esecuzione in Italia della pena dell'ergastolo.
  Nella nota il dipartimento spiega che, in assenza di una garanzia dell'Italia sulla totale esecuzione della pena dell'ergastolo inflitta a Enrico Forti, lo Stato della Florida non può dare il consenso al trasferimento del detenuto.
  A riscontro delle richieste di chiarimento da parte del dipartimento della giustizia statunitense, la Ministra Cartabia lo scorso 10 marzo ha inviato una lettera al governatore dello Stato della Florida, fornendo le necessarie assicurazioni al fine di favorire il trasferimento di Chico Forti in Italia.
  Successivamente, il 9 giugno la Ministra della giustizia ha indirizzato una nuova lettera al procuratore generale, che guida il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, chiedendo il sub interessamento al fine di accelerare la pratica di trasferimento, inclusa la trasmissione della più volte citata documentazione indicata dalla convenzione di Strasburgo. L'argomento è stato sollevato dalla Ministra anche con l'incaricato d'affari americano in Italia.
  Nel frattempo, la nostra Ambasciata a Washington conferma che lo Stato della Florida ha spostato Chico Forti in un penitenziario dal quale avverrà il trasferimento. Attualmente Forti è detenuto in una sezione del penitenziario che non è di massima sicurezza.
  In caso di suo trasferimento in Italia, ai sensi della convenzione di Strasburgo l'esecuzione della pena sarebbe disciplinata dalla legge italiana.
  L'impegno della Ministra Cartabia e del Ministro Di Maio è pieno e incessante. Non appena si è insediata la nuova amministrazione Biden, uno dei primi argomenti di collaborazione tra il Ministro Di Maio e il segretario di Stato Blinken è stato proprio il caso Forti, e continuerà a esserlo in tutte le prossime occasioni di incontro e di dialogo.
  Anche la nostra Ambasciata a Washington, in stretto raccordo con i competenti Uffici della Farnesina, continuerà nell'azione di impulso presso le autorità statunitensi ai più alti livelli, fino a quando l'obiettivo di riportare Chico Forti in Italia non sarà raggiunto.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il 3 maggio 2020 sul quotidiano ilgiorno.it nella sezione delle notizie di Como, è stato pubblicato un articolo dal titolo: «Fase 2 a Como: con le nuove telecamere si punta sul riconoscimento facciale»;

   l'articolo di stampa illustra come i cittadini comaschi saranno osservati da una schiera di telecamere, molte delle quali dotate di un software in grado di riconoscere i loro volti;

   il regolamento (UE)2016/679 vieta, all'articolo 9, l'utilizzo dei dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona;

   al considerando 51, infatti, illustra come il trattamento di fotografie non dovrebbe costituire sistematicamente un trattamento di categorie particolari di dati personali, poiché esse rientrano nella definizione di dati biometrici soltanto quando siano trattate attraverso un dispositivo tecnico specifico che consente l'identificazione univoca o l'autenticazione di una persona fisica;

   a parere dell'interrogante provvedimenti come quelli intrapresi dal comune di Como minano le libertà personali fondamentali garantite dalla nostra Costituzione, portando il nostro Paese molto più vicino al modello dei regimi asiatici, piuttosto che in un regime democratico;

   l'interrogante ha già espresso dubbi in proposito alla violazione della privacy da parte delle app designate al controllo dei contagiati mediante l'interrogazione n° 4-05348 –:

   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda mettere in atto per vietare l'uso di questa tecnologia ai fini del controllo sociale, in ogni caso e anche durante l'emergenza sanitaria nazionale.
(4-05559)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si osserva preliminarmente che la biometria e, più in generale, l'impiego crescente dell'intelligenza artificiale in tutti gli ambiti della vita sociale e individuale ha un impatto profondo sulle società contemporanee. Questa situazione pone agli Stati inediti problemi etico-politici e compiesse implicazioni di carattere giuridico, anche per l'inestricabile sovrapposizione tra ordinamenti diversi (nazionale, europeo, internazionale). È, infatti, evidente che in gioco non sono solo lo sviluppo e la competitività mondiale, ma anche e, soprattutto, la tenuta dei principi democratici. Di qui le strategie, poste in essere dagli Stati e dalle organizzazioni internazionali, per guidare l'impatto delle tecnologie nel modo migliore, valorizzandone i benefici e minimizzandone i possibili rischi.
  Tanto premesso in via generale, si informa che il decreto-legge n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, nella legge n. 48 del 2017, individua, tra gli strumenti di prevenzione e di contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa, nell'ambito dei «patti per l'attuazione della sicurezza urbana» sottoscritti tra il prefetto e il sindaco, l'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza urbani, che possono essere realizzati dagli enti locali, anche avvalendosi di risorse statali previste dalla stessa legge, in esito a una specifica procedura concorsuale definita con apposito decreto interministeriale.
  Al riguardo, si precisa anche che, nelle «Linee generali delle politiche per la promozione della sicurezza integrata», approvate in sede di Conferenza unificata in data 24 gennaio 2018, sono forniti specifici indirizzi sul tema dei sistemi di sicurezza tecnologica finalizzati al controllo delle aree e delle attività soggette a rischio.
  Inoltre, le successive «Linee guida per l'attuazione della sicurezza urbana», adottate in data 26 luglio 2018, con accordo sancito in Conferenza Stato-città e autonomie locali, dedicano alla questione un apposito paragrafo, evidenziando che «la cooperazione tra forze di polizia e polizia locale trova nella gestione dei sistemi di videosorveglianza una delle attuazioni concrete e contribuisce a innalzare le attuali aspettative in termini di sicurezza delle città». Si ricorda pure che la direttiva del Ministro dell'interno del 2 marzo 2012 richiamata nelle «Linee generali» – che fa seguito alla circolare dell'8 febbraio 2005 «Sistemi di videosorveglianza» e alla circolare del 6 agosto 2010 «Sistemi di videosorveglianza» – definisce i profili amministrativi e tecnici, rimandando per ogni aspetto in materia al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal prefetto, competente a esprimere un preventivo parere sui progetti di videosorveglianza urbana presentati dai comuni.
  È importante sottolineare che la direttiva in esame tiene conto del provvedimento generale del Garante per la protezione dei dati personali in materia di videosorveglianza dell'8 aprile 2010, che, ad oggi, resta il punto di riferimento in relazione agli importanti profili inerenti alla privacy.
  Il Garante per la protezione dei dati personali, nel confermare il citato impianto normativo, ha chiarito che il ricorso a sistemi di riconoscimento facciale, se funzionale ad attività di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché ad attività di salvaguardia e prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica, rientra nella portata applicativa della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, recepita dall'Italia con decreto legislativo n. 51 del 2018. Tale disciplina si applica anche al trattamento dei dati personali svolto da enti pubblici territoriali, a fini di tutela preventiva della sicurezza urbana, di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, nella legge n. 48 del 2017.
  Tuttavia, il Garante ha altresì precisato che l'articolo 7 del citato decreto n. 51 del 2018 subordina l'ammissibilità del trattamento di particolari dati – e, cioè, i dati personali menzionati nell'articolo 9 del regolamento (UE) 2016/679, tra i quali figurano anche quelli biometrici – alla sussistenza di una specifica previsione normativa.
  E in proposito il Garante ha ritenuto non sufficiente, a tali fini, la previsione di cui all'articolo 6, comma 7, del decreto-legge n. 11 del 2009, convertito, con modifiche, nella legge n. 38 del 2009 che, di per sé, si limita a consentire l'installazione di videocamere per fini di tutela della sicurezza urbana.
  Di conseguenza, sulla scorta di tale ricostruzione del quadro normativo di settore e sulla base delle segnalazioni ricevute, il Garante ha aperto istruttorie nei confronti di alcuni comuni, in relazione ai progetti da essi avviati per l'installazione dei sistemi di videosorveglianza.
  In particolare, per quanto riguarda il comune di Como – cui si fa riferimento nell'interrogazione – il progetto per l'implementazione di un sistema di videosorveglianza prevedeva la sostituzione degli impianti obsoleti e l'attivazione di 16 nuove videocamere dotate di tecnologia per il riconoscimento facciale. Con provvedimento del 26 febbraio 2020, ai sensi dell'articolo 37 del decreto legislativo del 18 maggio 2018, n. 51, il Garante per la protezione dei dati personali ha ingiunto al comune di Como di conformarsi, nel trattamento del dato biometrico operato dall'impianto in questione, a quanto prescritto dalla normativa in materia di protezione dei dati personali. In ottemperanza a tale prescrizione, il comune ha disabilitato la funzione sperimentale di riconoscimento facciale e il nuovo impianto opera ora in termini di mera videosorveglianza per finalità di sicurezza urbana.
  Si evidenzia infine, in relazione alla proposta di legge A.C. 3009, recante «Sospensione dell'installazione e dell'utilizzazione di impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale operanti attraverso l'uso di dati biometrici in luoghi pubblici o aperti al pubblico», attualmente all'esame della Camera dei deputati, che la posizione del Garante – sulla base di quanto disposto dal già citato regolamento (UE) 2016/679, dalla direttiva (UE) 2016/680, dall'articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea ed in linea con quanto stabilito dal Consiglio d'Europa – è orientata nel senso di ritenere di estrema delicatezza l'utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale per finalità di prevenzione e repressione dei reati. La normativa in materia di
privacy stabilisce, infatti, rigorose cautele per i trattamenti di dati biometrici e per particolari categorie di dati, i quali devono trovare giustificazione in una adeguata base normativa.
  In conclusione, lo sforzo del Governo, rispetto alla complessa
governance del sistema e al rischio di pervasività dei nuovi strumenti di controllo, è volto a definire, in un contesto di necessaria coerenza con i corrispondenti sviluppi regolativi sul piano sovranazionale, regole capaci di coniugare livelli crescenti di benessere, resi possibili dalla tecnologia, con i princìpi basilari e i diritti fondamentali di libertà di una società aperta.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in data 5 maggio 2021 si è svolto il consiglio comunale di Salussola (Biella) su vicenda di massimo rilievo per la popolazione tutta;

   il consiglio comunale di Salussola si è protratto oltre le ore 22.00;

   la prefettura di Biella su l'organo locale La Stampa ha precisato che «sappiamo che il consiglio si è svolto, abbiamo appreso della durata. Dopo di che se qualcuno ha violato le norme relative al coprifuoco lo valuterà l'organo accertatore»;

   a parere dell'interrogante la partecipazione al consiglio comunale costituisce giustificato motivo;

   a parere dell'interrogante il solo dubbio in ordine alla legittimità della partecipazione ad un consiglio comunale, nel pieno rispetto del distanziamento sociale, da parte di un eletto è elemento inquietante in ordine alla tenuta del nostro sistema democratico;

   a parere dell'interrogante non può residuare dubbio alcuno in ordine al fatto che la partecipazione ad un consiglio comunale da parte di un eletto integri il «giustificato motivo» che la legge ha previsto per circolare oltre il coprifuoco –:

   quale sia la posizione del Governo in merito e se non si ritenga opportuno emanare una circolare chiarificatrice in merito.
(4-09222)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato con l'atto di sindacato in esame si rappresenta quanto segue.
  Come riferito dalla Prefettura di Biella, il 5 maggio 2021 si è svolto presso il Comune di Salussola il consiglio comunale, convocato dal sindaco alle ore 21.00, e avente come oggetto, tra i 7 punti all'ordine del giorno, la realizzazione di una discarica di amianto.
  In concomitanza, si è svolto, dinanzi al Municipio, un
sit in, a cui hanno aderito un centinaio di manifestanti, organizzato dal Comitato «Salussola Ambiente è Futuro» per contestare la realizzazione della predetta discarica.
  Al riguardo va evidenziato che alcuni giorni prima, il 30 aprile 2021 i rappresentanti del citato Comitato, nel preannunciare lo svolgimento della manifestazione, avevano segnalato che la minoranza consiliare aveva chiesto l'anticipazione dell'orario della riunione del consiglio comunale per consentire di discutere serenamente i punti all'ordine del giorno, ma che il Sindaco aveva risposto negativamente alla richiesta.
  Pertanto, con l'obiettivo di stemperare la conflittualità, il Prefetto suggeriva al Sindaco di valutare la possibilità di anticipare l'orario della convocazione, con il duplice fine di favorire un clima disteso per la discussione in sala consiliare, naturalmente non sottoposta a limiti orari, e al contempo offrire ai manifestanti l'opportunità di esprimere le loro posizioni in un arco temporale meno compresso e, dunque, in un contesto connotato da minori tensioni. Tutto ciò nell'ottica di una proficua collaborazione interistituzionale e nel rispetto delle reciproche prerogative.
  Si precisa che il Sindaco ha ritenuto di mantenere invariato l'orario della convocazione del consiglio e che lo stesso è terminato dopo le ore 23.00 senza che sia stata segnalata alcuna criticità da parte delle Forze dell'ordine con riguardo alla manifestazione sopra menzionata.
  Nel caso specifico si evidenzia, altresì, che lo svolgimento dei lavori del consiglio comunale rientra tra i motivi che consentono gli spostamenti oltre le ore 22.00, essendo questi ultimi giustificati dalle «comprovate esigenze lavorative» di cui all'articolo 1 del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2021, n. 35, che fa salve le misure previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2021.
  Per completezza di informazione, si rammenta che l'articolo 73, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, (convertito con modificazioni dalla legge 27 del 2020) ha previsto che, sino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e le giunte comunali, anche se non hanno regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi secondo tali modalità nel rispetto dei principi di trasparenza, tracciabilità e pubblicità delle sedute.
  Si rappresenta, infine, che il richiamato decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52 prorogando tale disposizione più volte, e, da ultimo, fino al 31 luglio, rende facoltativo e non obbligatorio lo svolgimento mediante videoconferenza delle sedute dei consigli degli enti locali, dal che si trae ulteriore conferma della legittimità delle sedute consiliari svolte in presenza, purché nel rispetto delle prescrizioni anti covid-19.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   FRAILIS, MURA e GAVINO MANCA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la carenza di segretari comunali e provinciali sul territorio italiano, ma soprattutto nei piccoli comuni della Sardegna, rappresenta un grande problema che si sta cercando di affrontare da anni;

   dalle stime pare siano interessati ben 277 piccoli comuni della Sardegna, dove si registrano le maggiori criticità nella gestione del territorio, nella fornitura di servizi ai cittadini che comportano grossi limiti nella operatività dei comuni;

   la figura del segretario comunale costituisce da sempre l'organo di raccordo tra politica e gestione fondamentale per il funzionamento dell'apparato pubblico locale, figura professionale alla quale si accede previo superamento di un concorso pubblico nazionale e si viene iscritti, dopo specifica formazione, in un apposito albo regionale dei segretari comunali e provinciali gestito da articolazioni interne del Ministero dell'interno;

   è necessario raccogliere l'allarme dei sindaci sardi, chiamati ogni giorno a rispondere a titolo colposo per atti o per avvenimenti non strettamente dipendenti dalla loro volontà e che spesso configurano una sorta di responsabilità oggettiva vera e propria. Occorre inoltre tener conto di rischi ben più gravi che attengono all'adozione di atti e alla partecipazione, diretta o indiretta, a procedimenti che esulano dal mero indirizzo, ma per i quali i primi cittadini non possono prescindere dalla presenza della figura del segretario comunale quale organo di coordinamento e sovrintendenza della gestione della macchina amministrativa e soprattutto di garanzia che tale azione si svolga nella piena legalità e legittimità –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, per risolvere l'annosa questione e far sì che venga assicurata la continuità amministrativa nei su citati comuni della regione Sardegna.
(4-09867)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si evidenzia preliminarmente che la figura del segretario comunale e provinciale è articolata in tre diverse fasce professionali (A, B e C), distinte in relazione all'entità demografica degli enti locali. Allo stato, la categoria risulta caratterizzata da una sensibile carenza di organico, accentuata nella fascia professionale iniziale di accesso in carriera (C), i cui iscritti sono destinati allo svolgimento delle funzioni nei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti.
  Con l'articolo 16-ter del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 sono stati introdotti alcuni strumenti volti a fronteggiare le difficoltà organizzative dei comuni, in particolare di quelli di minori dimensioni demografiche.
  Tra questi si segnala, in primo luogo, il potenziamento dell'istituto delle convenzioni di segreteria di cui all'articolo 98, comma 3, del Testo unico degli enti locali (Tuel) mediante il quale più enti locali condividono il medesimo segretario. Difatti, in relazione alle esigenze dei piccoli comuni, ai fini della classificazione delle convenzioni in discorso, è stato adottato il criterio della «somma delle popolazioni» che consente di assegnare agli enti di più piccola dimensione — con ripartizione dei relativi oneri — segretari iscritti anche nella fascia professionale superiore.
  L'istituto delle convenzioni di segreteria è stato ulteriormente rafforzato con il recente decreto dei Ministro dell'interno del 28 aprile 2021, che consente di coinvolgere, nel processo aggregativo, più dei cinque enti locali inizialmente previsti, purché vengano illustrate le relative motivazioni e garantite modalità di svolgimento delle funzioni segretariali in grado di assicurare il buon andamento dell'azione amministrativa.
  Inoltre, con disposizione esclusivamente diretta ai comuni di minore dimensione — fino a 5.000 abitanti ovvero fino a 10.000 se convenzionati — è stato riformato l'istituto del vice segretario comunale, estendendo l'arco temporale entro il quale egli è autorizzato allo svolgimento dei compiti del segretario titolare, in qualità di vicario, ossia fino a 24 mesi complessivi nell'arco del triennio 2020-2022 (articolo 3-
quater, decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113).
  Con l'obiettivo di ridurre i tempi per l'immissione di nuovi segretari da destinare agli enti fino a 3.000 abitanti è stata, altresì, prevista una contrazione dell'attività formativa da svolgere nell'ambito del processo di reclutamento, rimodulandone le finalità e la
ratio.
  Difatti, da un lato è stato ridotto da 12 a 8 mesi il periodo di formazione e di tirocinio da svolgere prima dell'assunzione, dall'altro si è cercato di rilanciare l'istituto formativo secondo un approccio più moderno, in base al quale i neo segretari saranno tenuti a un programma formativo nel biennio successivo alla prima presa di servizio, da svolgere mediante moduli teorico-pratici di supporto e affiancamento.
  L'attività di semplificazione e di snellimento del processo di reclutamento di nuovi segretari comunali e provinciali è proseguita, inoltre, con l'approvazione dell'articolo 25-
bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 che — per il triennio 2020-2022 — ha previsto modalità accelerate e semplificate per la procedura selettiva, ivi compreso il ricorso alle più moderne tecnologie informatiche per lo svolgimento e la correzione delle prove.
  In tale contesto ordinamentale, l'amministrazione dell'interno è attualmente impegnata in un intenso programma di reclutamento.
  Il 5 luglio 2021 sono terminate le prove orali del sesto corso concorso di accesso alla carriera di segretari comunali e provinciali. Tali prove si sono svolte, per la prima volta per l'amministrazione dell'interno, con modalità telematiche per consentire, in un periodo di emergenza sanitaria, la conclusione del concorso con la massima celerità, in soli sei mesi, e garantire la sicurezza dei candidati.
  Per i primi 291 candidati, destinatari di borsa di studio, ammessi al corso di formazione nella sessione «ordinaria» del predetto corso concorso, l'inizio delle attività didattiche e il previsto nel mese di settembre 2021.
  Inoltre, ulteriori 223 borsisti saranno ammessi alla sessione «aggiuntiva». Al suo termine, altri 172 soggetti conseguiranno il diritto all'iscrizione all'Albo.
  Sono state pure avviate le procedure relative al corso-concorso per l'accesso in carriera di 174 segretari comunali (COA 8), incrementando così il contingente di 171 segretari comunali già precedentemente autorizzato (COA 7). Con il nuovo bando di concorso si procederà quindi all'assunzione di entrambi i contingenti autorizzati ai finì dell'iscrizione all'Albo di ulteriori 345 unità.
  Da ultimo, si segnala che anche in considerazione della necessità di rafforzare la capacità funzionale degli enti locali connessa agli interventi previsti nel piano nazionale di ripresa e resilienza, al fine di sopperire con urgenza all'attuale carenza di segretari comunali iscritti all'albo, per tali figure è stata prevista l'estensione del
turn over dall'80 al 100 per cento (articolo 6-bis, decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113).
  Tutto ciò testimonia lo sforzo che l'amministrazione dell'interno sta realizzando al fine di assicurare il necessario supporto giuridico all'attività dei comuni, rafforzando l'istituto del segretario comunale e provinciale che, per la rilevanza del compiti affidati dall'ordinamento, è da considerare come una delle figure centrali nel sistema delle autonomie locali.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi le organizzazioni sindacali dei vigili del fuoco di Roma e Lazio hanno proclamato uno stato d'agitazione contro la scelta del dipartimento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, facente capo al Ministero dell'interno, di eliminare il servizio mensa e imporre loro il buono pasto da consumare in un esercizio pubblico;

   secondo le organizzazioni sindacali Fp Cgil, Fns Cisl e Confsal Vvf di Roma e Lazio tale decisione va contro ogni logica e buon senso; le stesse hanno giudicato tale scelta assurda e mortificante e chiedono che venga restituito alle lavoratrici e ai lavoratori il servizio mensa finora previsto;

   la vertenza riguarda le sedi dei vigili del fuoco di tutta Italia e la scelta di sostituire il servizio mensa con i buoni pasto — la cui consegna peraltro è in ritardo — penalizza il personale operativo, per la tipologia di servizi che i vigili del fuoco svolgono, servizi continuativi di 12 ore diurne e notturne e interventi operativi complessi;

   il personale dei vigili del fuoco è già stremato e stressato dai carichi di lavoro spesso gestiti in carenza di organico. Solo su Roma, ormai da anni le organizzazioni sindacali chiedono un incremento della pianta organica fino ad almeno 2500 unità a fronte delle attuali 1780, un numero di operatori che vanno divisi per 4 turni;

   a parere dell'interrogante, il personale dei reparti operativi dei vigili del fuoco non può certo essere considerato al pari di altri impiegati della pubblica amministrazione e l'abolizione del servizio mensa nelle caserme dei vigili del fuoco in tutta Italia sostituita dalla distribuzione dei buoni mensa per mere logiche economiche legate al risparmio è una scelta ingiusta e assurda, sia per le peculiari caratteristiche di turnazione del lavoro svolto dai vigili del fuoco, che per l'obbligo che gli stessi hanno di mantenere le tabelle nutrizionali che la chiusura delle mense renderebbe più difficile da rispettare –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato affinché venga rivista tale decisione e, di conseguenza, venga ripristinato il servizio mensa all'interno delle caserme dei vigili del fuoco di tutta Italia, rinunciando al sostitutivo buono pasto.
(4-09195)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  L'amministrazione dell'interno, nella predisposizione dei bandi di gara per la ristorazione del personale dei corpo nazionale dei vigili del fuoco, si attiene alle disposizioni contrattuali sul diritto alla mensa di servizio indicate nell'articolo 50 del contratto collettivo nazionale di lavoro 1998-2001 e nel decreto del Presidente della Repubblica del 16 dicembre 1999, n. 550.
  I modelli gestionali applicabili nella definizione dei bandi di gara per l'affidamento del servizio sono disciplinati nel dettaglio dagli accordi con le organizzazioni sindacali nazionali di categoria, I criteri per la determinazione delle modalità esecutive della mensa di servizio sono stati individuati nei pieno rispetto delle disposizioni normative e degli accordi nazionali citati.
  Contestualmente, è stata anche avviata una ricognizione presso le sedi territoriali, al fine di conoscere il modello gestionale prescelto dal personale, verificare l'eventuale gradimento di modelli gestionali utilizzati in precedenza nonché per superare eventuali criticità del servizio legate alla loro applicazione. Da tale indagine conoscitiva, è emersa, ad esempio, la contrarietà del personale al «pasto veicolato» ossia al trasporto di pasti già confezionati.
  Sulle tematiche in questione è stata emanata la circolare dei Ministero dell'interno n. 2/2020, del mese di marzo del 2020, con la quale è stato chiarito che il servizio di ristorazione può essere erogato mediante due differenti modalità: il catering completo (la cosiddetta mensa interna), per le sedi di servizio maggiori, e una nuova tipologia di catering, per le sedi con presenze medie inferiori a 15 unità.
  In quest'ultima tipologia di catering – mirata al superamento del pasto veicolato pre-confezionato – i pasti vengono completati e razionati presso le sedi dei vigili del fuoco, a cura del personale dell'impresa, cui compete anche la pulizia e il riordino dei locali e delle attrezzature impiegate.
  Nel caso del catering completo, invece, la scelta della mensa interna è subordinata alla presenza, presso le sedi interessate, di adeguati impianti di cottura, preparazione e stoccaggio dei cibi e di locali specificamente destinati alla consumazione dei pasti.
  Rimane confermata, su richiesta del personale interessato, la facoltà di fruizione del servizio mensa mediante l'erogazione del buono pasto.
  È stata riconosciuta, altresì, fa facoltà di opzione per un sistema misto, che prevede il servizio di ristorazione a pranzo e l'erogazione del buono pasto serale, in considerazione delle preferenze, delle consuetudini locali, delle diverse esigenze del personale interessato e dell'orario di turnazione notturna.
  Presso i distaccamenti aeroportuali e i reparti volo, in considerazione della peculiarità di tali sedi, è fatta salva la possibilità di esecuzione del servizio attraverso il catering completo.
  Per venire incontro alle diversificate esigenze delle sedi territoriali, in particolare quelle presenti in località isolate e prive di servizi, la circolare ha altresì confermato le modalità residuali della gestione diretta e dell'autorizzazione al cottimo fiduciario.
  Va evidenziato che la procedura per l'affidamento del servizio in questione si è conclusa nello scorso mese di aprile con la stipula, l'approvazione e la registrazione dei contratti, che ricalcano puntualmente i dati forniti dal territorio sui modelli gestionali scelti dal personale a seguito della citata ricognizione.
  Si rileva, da ultimo, che nella procedura di gara è stato garantito il rispetto del principio, sancito dall'articolo 50 del codice dei contratti pubblici, della tutela della stabilità occupazionale per il personale impiegato presso le mense aziendali del corpo nazionale, con l'introduzione della clausola sociale all'interno del disciplinare di gara.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   INVIDIA, BARZOTTI, DAVIDE AIELLO, AMITRANO, CIPRINI, COMINARDI, CUBEDDU, PALLINI, SEGNERI, TRIPIEDI, TUCCI, ALAIMO, FRUSONE, GIARRIZZO, GIORDANO, GIULIANO, GRANDE, IOVINO, LICATINI, GABRIELE LORENZONI, LOVECCHIO, MAMMÌ, MICILLO, NAPPI, OLGIATI, PALMISANO, PENNA, PERCONTI, ROBERTO ROSSINI, RUGGIERO e SAITTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 34 del 2020 (articolo 88), come modificato dal decreto-legge n. 104 del 2020, ha istituito il Fondo nuove competenze, al fine di consentire la graduale ripresa delle attività dopo l'emergenza epidemiologica, prevedendo che i contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operative in azienda ai sensi della normativa e degli accordi interconfederali vigenti, possono realizzare specifiche intese di rimodulazione dell'orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell'impresa con le quali parte dell'orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi;

   gli oneri relativi alle ore di formazione, comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali, sono a carico del suddetto Fondo, costituito presso l'Anpal. Alla realizzazione degli interventi possono partecipare le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, i programmi operativi nazionali e Regionali di Fondo sociale europeo, i fondi paritetici nonché il fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 276 del 2003 che, a tal fine, potranno destinare al Fondo nuove competenze una quota delle risorse disponibili nell'ambito dei rispettivi bilanci;

   in data 9 ottobre 2020 è stato adottato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il decreto interministeriale attuativo dell'articolo 88 in esame, per l'individuazione dei criteri e modalità di applicazione della misura e di utilizzo delle risorse e per il rispetto del relativo limite di spesa;

   gli accordi collettivi di rimodulazione dell'orario di lavoro devono essere conformi a quanto previsto dall'articolo 88, comma 1, del richiamato decreto-legge n. 34 del 2020, dall'articolo 4 del decreto-legge 14 agosto 2020 n. 104 e dall'articolo 3 del decreto di attuazione: in particolare, fra l'altro, devono essere sottoscritti entro il 31 dicembre 2020, scadenza successivamente prorogata al 30 giugno 2021 e devono prevedere i progetti formativi finalizzati allo sviluppo delle competenze, il numero dei lavoratori coinvolti nell'intervento e il numero di ore dell'orario di lavoro da destinare a percorsi per lo sviluppo delle competenze, nonché, nei casi di erogazione della formazione da parte dell'impresa, la dimostrazione del possesso dei requisiti tecnici, fisici e professionali di capacità formativa per lo svolgimento del progetto stesso;

   il soggetto erogatore dei percorsi di sviluppo delle competenze è individuato dall'impresa all'interno del progetto formativo presentato in sede di accordo collettivo;

   sono individuabili come soggetti erogatori dei percorsi formativi, tutti gli enti accreditati a livello nazionale e regionale, ovvero altri soggetti, anche privati, che per statuto o istituzionalmente, sulla base di specifiche disposizioni legislative o regolamentari anche regionali, svolgono attività di formazione, ivi comprese le università statali e le non statali legalmente riconosciute, gli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, i Centri per l'istruzione per adulti (Cpia), gli Istituti tecnici superiori (I.t.s.), i centri di ricerca accreditati dal Ministero dell'istruzione, anche in forma organizzata in reti di partenariato territoriali o settoriali;

   ma non solo: i piani formativi aziendali possono, altresì, prevedere, alla luce delle finalità previste dal Fondo, lo sviluppo di competenze finalizzate a incrementare l'occupabilità del lavoratore, anche al fine di promuovere processi di ricollocazione in altre realtà lavorative;

   secondo il report di Anpal con dati al 17 aprile 2021 il numero di aziende già ammesse a contributo sono 2.202 e il numero dei lavoratori coinvolti nelle attività formative sono 169.406;

   lo strumento del Fondo nuove competenze, introdotto dal Governo dell'allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ha rappresentato e rappresenta uno strumento importante per far fronte alla crisi economica determinata dall'emergenza sanitaria da COVID-19 e riesce a coniugare la salvaguardia dei livelli occupazioni all'esigenza di formazione e riqualificazione della forza lavoro, tipico delle misure di politica attiva del lavoro –:

   di quali ulteriori dati disponga il Governo in merito al numero delle imprese che hanno fatto richiesta di accesso al contributo per il Fondo nuove competenze e dei lavoratori e degli enti di formazione coinvolti dalla misura e se sia intenzione del Governo promuovere e valorizzare la suddetta misura, vista l'importanza che rivestono la formazione e la riqualificazione professionale nel quadro delle politiche attive del lavoro e della imminente attuazione del programma Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL).
(4-10294)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo indicato in esame si rappresenta quanto segue.
  L'efficacia del fondo nuove competenze e la sua capacità di rispondere ai fabbisogni delle imprese è confermata dai dati forniti dall'Anpal, espressamente interpellata al riguardo.
  Più di 14 mila aziende hanno fatto richiesta di accesso al contributo al 30 giugno 2021 e di queste sono 5.595 le aziende a oggi ammesse a contributo a fronte della dotazione iniziale del fondo pari a 730 milioni di euro a valere sul Programma operativo nazionale sistemi di politiche attive per l'occupazione (230 milioni di euro) e su risorse nazionali di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 104 del 2020 (500 milioni di euro).
  Con riferimento alle aziende ammesse a contributo, sono stati coinvolti in percorsi di sviluppo delle competenze oltre 329 mila lavoratori per oltre 40 milioni di ore di formazione.
  I progetti formativi presentati, possono essere ricondotti agli ambiti di sviluppo delle competenze, legati agli aspetti dell'innovazione e della riqualificazione professionale, in particolare: innovazione organizzativa e tecnologica; innovazione di prodotto, innovazione di servizio; innovazione di processo; riqualificazione professionale.
  Sulla base degli indirizzi politici ricevuti, l'agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro sta operando per promuovere e valorizzare l'intervento fondo nuove competenze e per mettere a disposizione maggiori opportunità nei confronti delle imprese.
  In attuazione di quanto concordato dal Governo e la Commissione europea, Anpal ha presentato a quest'ultima una proposta di riprogrammazione del Programma operativo nazionale sistemi di politiche attive per l'occupazione che prevede il finanziamento del fondo nuove competenze per un ulteriore miliardo di euro a valere sulle risorse aggiuntive e straordinarie React-Eu.
  Lo scorso 17 settembre 2021, la Commissione europea, ha concesso 4,7 miliardi di euro all'Italia a titolo di React-Eu per sostenere la risposta del Paese alla crisi del coronavirus e contribuire a una ripresa socioeconomica sostenibile.
  Il nuovo finanziamento è il risultato della modifica di due programmi operativi del Fondo sociale europeo (Fse) e del Fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead). Il programma nazionale Fse dell'Italia dedicato alle «Politiche attive per l'occupazione» riceverà 4,5 miliardi di euro per sostenere l'occupazione nelle zone più colpite dalla pandemia.
  I fondi supplementari, ha spiegato la commissione, contribuiranno ad aumentare le assunzioni di giovani e donne, consentiranno ai lavoratori di partecipare alla formazione, con un'attenzione particolare alle competenze digitali, e sosterranno servizi su misura per le persone in cerca di lavoro.
  In particolare, il fondo nuove competenze riceverà un sostegno di 1 miliardo di euro: l'iniziativa associa la necessità di ridurre le conseguenze dell'emergenza pandemica sull'occupazione con la formazione dei lavoratori, finanziando le ore non lavorate (ad esempio a causa di difficoltà dell'impresa) a condizione che siano utilizzate dai lavoratori per frequentare corsi di formazione.
  Considerato, pertanto, che la commissione europea ha adottato la decisione di approvazione della riprogrammazione del pon spao a valere sulle risorse del Programma React-Eu, sarà quindi possibile nelle prossime settimane rifinanziare il fondo.
  Ad ogni modo, nelle more del rifinanziamento, sulla base dei dati di attuazione della misura, sono emerse economie derivanti da rinunce o rendicontazioni di importo inferiore rispetto al finanziamento concesso alle singole imprese.
  A valere su tali risorse, è stato pertanto già possibile da parte dell'Anpal emanare il decreto n. 64 del 16 settembre 2021, con il quale è stata disposta la riapertura, in ordine cronologico, dell'istruttoria delle istanze presentate fino al 25 maggio 2021. Ne consegue l'immediata possibilità di finanziamento per oltre 700 aziende.
  Il Ministero del lavoro ha pertanto promosso la valorizzazione del Fondo nuove competenze, che si è rivelato una misura strategica per far fronte alla crisi economica determinata dall'emergenza sanitaria da COVID-19, la cui utilizzazione riceverà certamente nuovo impulso nell'ambito della più generale riforma delle politiche attive e del Programma di garanzia di occupabilità dei lavoratori (Gol), in via di imminente adozione.
  

La Sottosegretaria di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Rossella Accoto.


   MICELI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Favignana è rappresentato dall'arcipelago delle isole Egadi ed è costituito dalle isole di Favignana, Levanzo e Marettimo e dalle isole minori Formica e Maraone e le tre isole principali distano da Trapani rispettivamente 17, 16 e 38 chilometri e hanno una popolazione residente di oltre quattromila abitanti, il cui numero sale ad oltre cinquantamila nei mesi estivi;

   nell'aprile del 2009 l'amministrazione comunale ha richiesto al Ministero dell'interno ed al comando provinciale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco l'istituzione di un distaccamento di volontari in forza al Corpo nazionale e tale richiesta, pur più volte reiterata a quanto consta all'interrogante, non avrebbe avuto riscontro;

   da alcuni anni, nel corso della stagione estiva (da giugno a settembre), presso il territorio comunale opera un presidio temporaneo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che usufruisce dei locali dell'ex stabilimento Florio nella cui foresteria trovano collocazione mezzi e risorse umane e che potrebbero rendersi disponibili ulteriori strutture di proprietà pubblica per l'eventuale collocazione del personale necessario;

   durante i restanti mesi annuali eventi alluvionali, frequenti fenomeni franosi, incendi di varia natura hanno richiesto l'indispensabile azione dei vigili del fuoco e la distanza da Trapani richiede tempi troppo lunghi per un intervento tempestivo in grado di essere efficace anche nel salvataggio di vite umane;

   specificatamente, negli ultimi anni numerosi incendi hanno distrutto civili abitazioni, strutture ricettive, lidi balneari ed altre attività economiche e commerciali; nei giorni scorsi, una donna ha perso la vita a causa di un evento incendiario causato da un cortocircuito domestico; l'evento ha comprensibilmente scosso l'intera comunità locale sollevando legittime proteste e un immediato intervento di un presidio fisso avrebbe potuto scongiurare il peggio;

   ad avviso dell'interrogante, è preminente l'interesse ad assicurare la massima sicurezza alla popolazione ed è necessario ed urgente offrire a Favignana ed alle isole comprese nel territorio comunale l'opportunità di un rapido ed efficiente intervento antincendio e di soccorso a servizio di una comunità già assai gravata dall'isolamento naturale, così evitando che il ripetersi di eventi avversi possano arrecare ulteriori e più gravi conseguenze –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti esposti in premessa;

   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, nell'immediato, al fine di consentire l'istituzione di un presidio fisso del Corpo nazionale dei vigili del fuoco presso il territorio del comune di Favignana.
(4-09098)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame – nel quale si chiede di intraprendere iniziative per consentire l'istituzione di un presidio fisso del corpo nazionale dei vigili del fuoco presso l'isola di Favignana – si rappresenta quanto segue.
  Si premette che dal 2008 al luglio del 2021 nel comune di Favignana sono stati effettuati un totale di 215 interventi, tra i quali non si evidenziano eventi alluvionali e fenomeni franosi. In particolare, negli ultimi 10 anni vi è stato un solo intervento rilevante, per un vasto incendio divampato in una falegnameria nel mese di dicembre 2020.
  A fronte dei predetti dati, a partire dai 2010, sulla base delle convenzioni stipulate tra il Ministero dell'interno e la regione siciliana, nell'isola è stato attivato un presidio stagionale dei vigili dei fuoco, operativo nella fascia oraria diurna (dalle 8 alle 20) da agosto a settembre, nel periodo in cui è maggiore il rischio incendi.
  Nel 2017 il sindaco di Favignana ha avanzato la richiesta di apertura di un distaccamento di vigili del fuoco volontari ma, all'esito della ricognizione di disponibilità effettuata dal comando dei vigili del fuoco di Trapani, non sono pervenute domande sufficienti per garantire la continuità dei servizio nel corso dell'anno.
  Va altresì rilevato che, nonostante il numero di eventi e interventi registrato negli anni sia molto limitato per giustificare l'istituzione di un presidio fisso, il Ministero dell'interno è impegnato nella ricerca di soluzioni concretamente percorribili, data la peculiarità della collocazione delle isole in questione, che comporta il trasporto delle squadre dei vigili del fuoco solo via mare o con mezzo aereo.
  A tal fine, il comandante del vigili del fuoco di Trapani ha incontrato più volte il sindaco di Favignana e sono stati effettuati anche sopralluoghi per identificare una struttura idonea a ospitare i vigili del fuoco sull'isola, in particolare, sono stati esaminati quattro edifici di proprietà comunale che, tuttavia, non sono risultati idonei per essere utilizzati come sede di servizio.
  È stata quindi valutata l'ipotesi di estendere il periodo di permanenza della squadra di vigili del fuoco presente sull'isola sulla base della convenzione che si stipula ogni anno tra la regione siciliana e il Ministero dell'interno per la stagione antincendio boschivo, con l'obiettivo di avere un presidio fisico di personale permanente proprio nel periodo estivo, caratterizzato da un incremento significativo del rischio.
  Tale ipotesi ha trovato poi un effettivo riscontro con la sottoscrizione di un'apposita convenzione – stipulata tra il Ministero dell'interno, il corpo nazionale dei vigili del fuoco, il comune di Favignana, la regione siciliana e il corpo forestale della regione siciliana – in base alla quale già dal 29 giugno scorso è stato attivato un presidio stagionale antincendi dei vigili del fuoco sul territorio dell'isola di Favignana, con una squadra che ha svolto turni dalle 8 alle 20 per 65 giorni.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Carlo Sibilia.


   MIGLIORINO, VIANELLO e ZOLEZZI. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   la distilleria Deta gruppo Distillerie Mazzari Spa, è leader della produzione di acido tartarico naturale, bioetanolo, alcool etilico, acquaviti, brandy;

   nel 2019 i carabinieri della forestale di Tavarnelle, coi carabinieri della forestale di Empoli in coordinamento del Nipaaf del gruppo carabinieri forestale Firenze, coordinati col personale di Arpat e Asl sicurezza nei luoghi di lavoro e igiene e sicurezza degli alimenti, eseguirono un'ispezione delegata dalla procura della Repubblica di Firenze a seguito dei ripetuti esposti e segnalazioni degli abitanti della zona legati in particolare a molestie odorigene e formazione di nubi tossiche. Fu accertato che l'azienda era in attesa dell'approvazione di tre modifiche sostanziali, inerenti emissioni in atmosfera, sonore e scarichi, della precedente Aua del 2016, ma pur non avendo ottenuto le autorizzazioni necessarie, l'azienda operava con nuovi impianti di scarico un incremento significativo della produzione. Scattò il sequestro e il deferimento all'autorità giudiziaria di due persone per inquinamento ambientale;

   da quell'episodio la Distilleria Deta ha avviato una richiesta di autorizzazione per il raddoppio delle giornate lavorative, da 150 a 300 giorni e da 44 mila a 95 mila tonnellate di matrici. Arpat in conferenza dei servizi ha dato esito favorevole allo sviluppo della produzione, con la prescrizione di alcuni interventi per rispettare i limiti riguardo alle emissioni (aumenterebbero di 3 volte le polveri emesse), come per esempio la costruzione di un camino alto 60 metri;

   lo scopo sarebbe quello di disperdere le sostanze in un territorio più ampio e diluire le concentrazioni di inquinanti e cattivi odori; per quanto concerne le molestie odorigene viene prescritto un monitoraggio da parte della stessa azienda. Nel transitorio potranno emettere fino a 3400UO/Nmc, una volta terminato l'impianto 2500 UI/Nmc;

   alla conferenza dei servizi che ha dato parere favorevole era assente il personale di Asl;

   nelle vicinanze della Distilleria Deta sono presenti altri impianti inquinanti, tutti soggetti ad Autorizzazione integrata ambientale (Aia), fra i quali: società Fima Olimpia Fonderie, inceneritore Siena Ambiente, Eco-Gest Srl, Acque industriali Srl. L'allegato III della direttiva sulla valutazione d'impatto ambientale prescrive espressamente che debba essere considerato il cumulo dell'impatto ambientale fra più progetti sullo stesso territorio, concetto ribadito dal Ministero della transizione ecologica, nonché dall'articolo 271, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e continuamente disatteso da regioni ed enti locali nei procedimenti di valutazione e autorizzazione;

   Arpat, fra le prescrizioni ha inserito una centralina per il monitoraggio della qualità dell'aria (attualmente non ce ne sono) al fine di poter effettuare un nuovo studio diffusionale, più attendibile, nei 365 giorni successivi alla costruzione del nuovo camino;

   il processo di produzione energetica della distilleria impiega un forno alimentato a buccette essiccate e sia il processo di essiccazione che quello di combustione, generano emissioni che contrastano con la vocazione ambientale e turistica del territorio. Il fatto che all'interno della Distilleria Deta venga bruciato materiale organico parzialmente essiccato determina pesanti conseguenze, come la combustione imperfetta, con grandi quantità di polveri residue e l'immissione in atmosfera di grandi quantità di vapore acqueo misto a vari particolati;

   associazioni di medici come l'Isde da anni denunciano l'inefficienza energetica e l'alto impatto ambientale del vettore biomassa e tuttavia la combustione di biomasse è ancora inclusa nei sussidi ambientalmente favorevoli –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della situazione esposta e, in caso affermativo, di quali informazioni disponga al riguardo;

   se intenda adottare le iniziative di competenza per il miglioramento della normativa nazionale in materia di valutazione del cumulo degli impatti ambientali e di monitoraggio indipendente delle emissioni odorigene, al fine di evitare il ripetersi di casi come quello richiamato in premessa;

   se intenda adottare iniziative per introdurre una normativa nazionale per la limitazione delle emissioni odorigene e per la riduzione degli incentivi alla combustione di biomasse (in particolare modo per matrici importanti come le vinacce), al fine di ridurre le emissioni nocive in atmosfera, fra l'altro inserendola nell'elenco dei «Sussidi ambientalmente dannosi» (Sad).
(4-08995)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  La distilleria Deta s.r.l. svolge attività di lavorazione di vino, vinaccia di uva e feccia di vino per la produzione di distillati, ed è stata autorizzata alle emissioni in atmosfera ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 203 del 1988 con atto della provincia di Firenze del 4 agosto 2004.
  L'autorizzazione è stata rinnovata con l'adozione dell'Autorizzazione unica ambientale (Aua) da parte della regione Toscana con decreto dirigenziale del 12 agosto 2016.
  La società il 13 maggio 2019 ha richiesto alla regione una modifica dell'Aua per modifica sostanziale del titolo ex articolo 124 del decreto legislativo n. 152 del 2006 scarichi idrici e per modifica non sostanziale per incremento della produzione dei giorni di lavorazione da 150 a 300 all'anno.
  Con la richiesta dell'aggiornamento dell'Aua (d.d. regione Toscana n. 2715 del 26 febbraio 2020) è stato modificato il titolo dell'autorizzazione allo scarico in pubblica fognatura in quanto l'azienda ha potenziato l'impianto di trattamento delle acque di lavorazione, portando la capacità depurativa a 8.000 abitanti equivalenti. Per quanto concerne le emissioni in atmosfera non è stata consentita la modifica del titolo, in quanto ritenuta sostanziale, con il conseguente obbligo di applicazione dei nuovi limiti più restrittivi prescritti dal Piano regionale di qualità dell'aria (Prqa).
  A partire dall'anno 2019 l'amministrazione comunale di Barberino Tavarnelle, Comune in cui ha sede la società, ha posto all'attenzione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale Toscana (Arpat) e della regione Toscana numerose segnalazioni relative a maleodoranze legate al ciclo produttivo della società che hanno condotto ad accertamenti Arpat.
  Pertanto, in data 2 marzo 2020, è stato avviato, in applicazione dell'articolo 272-
bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, un procedimento per l'adozione di specifiche prescrizioni per le emissioni odorigene, richiedendo alla distilleria di effettuare specifici monitoraggi di odore e di polveri sull'emissione E1 e di predisporre uno studio diffusionale per identificare le modalità di diffusione degli inquinanti in ambiente e individuare le possibili soluzioni.
  Il procedimento si è concluso con aggiornamento di Aua con d.d. 15693 del 5 ottobre 2020, che introduce varie prescrizioni, tra cui il limite per l'odore dell'emissione E1, il monitoraggio odori con frequenza trimestrale da rivalutare negli anni successivi, la messa in esercizio di una centralina per l'acquisizione dei dati meteo, nonché la presentazione di un nuovo modello diffusionale basato sui dati prodotti dalla centralina.
  Pertanto, la società ha operato alcuni accorgimenti tecnici nell'ottica della riduzione delle emissioni odorigene del punto di emissione E1; in particolare l'installazione del sistema per l'abbattimento degli odori, il montaggio di elettrodi sull'elettrofiltro esistente per migliorare
performances di abbattimento dell'impianto, nonché un sistema di dosaggio della soda caustica per neutralizzare gli acidi organici derivanti dal processo di essiccazione.
  A seguito del diniego di incremento dei giorni di attività nella forma della modifica non sostanziale, l'azienda ha richiesto alla regione Toscana, in data 3 luglio 2020, una modifica sostanziale dell'Aua per incremento di portata dell'emissione E1 fino a 75.000 nmc/h ed una estensione della durata emissiva da 150 giorni, autorizzati nel 2016, a 300 giorni all'anno.
  Alla luce della nuova richiesta, la regione Toscana ha indetto una conferenza di servizi che si è svolta in tre incontri, dove hanno partecipato i soggetti competenti all'emissione di pareri o atti d'assenso, tra cui il comune di Barberino Tavarnelle e l'Arpat, i quali hanno espresso il loro diniego in merito a problematiche di edilizia e di impatto acustico.
  I pareri negativi sono stati superati dalle risposte avanzate dall'azienda richiedente, (acquisite al protocollo n. Aoogrt/0269522 del 3 agosto 2020 e n. Aoogrt/0322115 del 22 settembre 2020 e dalle successive valutazioni del Comune e di Arpat riportate nei verbali del 9 settembre 2020 e del 6 ottobre 2020).
  Pertanto, nel nuovo procedimento di modifica sostanziale dell'Aua, la distilleria Deta ha introdotto l'impianto di abbattimento (elettrofiltro), per il rispetto del nuovo valore limite delle polveri pari a 50mg/Nmc, e l'innalzamento del camino a 60 metri, per la problematica odorigena.
  Infatti, la Conferenza dei Servizi, all'unanimità degli enti presenti, ha concordato sul fatto che per ridurre le emissioni di polveri e la diffusione degli odori nell'abitato circostante «non c'è altra soluzione se non quella di installare un nuovo elettrofiltro e di innalzare il camino a 60 metri» prescrivendo (come da verbale di conferenza dei Servizi del 6 ottobre 2020) l'installazione di nuovo elettrofiltro e l'innalzamento del camino a 60 m. (che rispettino i limiti delle Polveri 50 mg/Nmc, degli NOx 400 mg/Nmc e del COT 50 mg/Nmc), nonché il rispetto degli odori (2500 UO/Nmc o valore derivante da valutazione di monitoraggio specifico prescritto dal d.d. n. 15693 del 5 ottobre 2020), nel periodo transitorio della messa in esecuzione del nuovo camino.
  Il predetto monitoraggio è stato effettuato dall'azienda nel mese di ottobre 2020 ed è stato valutato da Arpat dipartimento di Firenze, con nota prot. 2020/0078824 del 16 novembre 2020, definendo come perseguibile il valore di 3400 U.O./mc da assegnare per il periodo transitorio precedente all'innalzamento del camino a 60 m., rimandando l'eventuale revisione del limite al monitoraggio successivo per la fase a regime.
  Pertanto, con la determina dirigenziale n. 2582 del 19 febbraio 2020, è stata autorizzata la modifica sostanziale e sono state individuate le prescrizioni da rispettare per l'emissione E1; l'autorizzazione è efficace, per incremento a 300 gg/anno e con i limiti nuovi, solo dopo l'adeguamento dello stabilimento.
  È bene precisare che la distilleria Deta non ricade, per potenzialità, tra i progetti assoggettati a procedura di Via o di assoggettabilità a Via; la valutazione che ha portato all'aggiornamento dell'Aua tiene conto del fatto che la società è situata in zona industriale e i limiti assegnati all'emissione E1, oggetto di modifica sostanziale, sono più restrittivi di quelli riportati nell'Allegato I alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006, in quanto derivanti dall'applicazione del Prqa della regione Toscana.
  È bene ribadire che, per il rilascio all'azienda dell'autorizzazione, è stato applicato l'articolo 272-
bis del decreto legislativo n. 152 del 2006 il quale prevede che, anche in assenza di normativa regionale dedicata, le autorizzazioni possano individuare misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene. Difatti le prescrizioni in materia di odori derivano da uno studio diffusionale prodotto dalla ditta e validato da Arpat in applicazione delle specifiche norme Prqa sopra citato.
  Inoltre, pur in presenza di un adeguamento strutturale dello stabilimento (cioè con il camino a 60 m.) è stato altresì ritenuto più cautelativo mantenere il limite anche successivamente all'adeguamento dello stabilimento stesso.
  L'innalzamento del camino costituisce uno specifico accorgimento volto a conseguire una adeguata dispersione nell'atmosfera al fine garantire che le concentrazioni ai ricettori siano al di sotto di soglie critiche definite dalla normativa o da standard tecnici nazionali o internazionali.
  Difatti una parte significativa del lavoro istruttorio svolto per il rilascio dell'autorizzazione è stato dedicato ad individuare le tipologie di sostanze nocive che caratterizzano i fumi emessi e per stabilire i parametri e i metodi appropriati per tenere sotto controllo la qualità dei fumi emessi.
  Infine, per quanto concerne le iniziative da attuare per introdurre una nuova normativa nazionale, il Ministero della transizione ecologica ha avviato un apposito gruppo di lavoro, nominato nell'ambito del coordinamento sulle emissioni in atmosfera di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 155 del 2010, al fine di definire delle linee di indirizzo rivolte alle autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni ed agli operatori del settore, per la gestione delle emissioni odorigene da impianti e attività, come previsto dall'articolo 272-
bis, comma 2 del decreto legislativo n. 152 del 2006.
  Si conferma l'approccio per il quale, alla valutazione di impatto in termini di qualità dell'aria, deve essere affiancata quella in termini di «sostenibilità» delle materie impiegate, in coerenza con i principi della direttiva sulle fonti rinnovabili in fase di recepimento (UE)2018/2001.
  Per quanto riguarda, infine, il più generale tema delle misure volte al graduale superamento dei sussidi ambientalmente dannosi (cosiddetti «Sad») si sottolinea che il decreto-legge n. 22 del 2021, nell'istituire il Ministero della transizione ecologica e il Comitato interministeriale per la transizione ecologica, ha demandato a tale comitato (tra gli altri) il compito di deliberare sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui all'articolo 68 della legge n. 221 del 2015.
  Il medesimo decreto-legge ha altresì disposto la soppressione della commissione per lo studio e l'elaborazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, di cui alla legge n. 160 del 2019 e ha attribuito le relative funzioni al comitato tecnico di supporto istituito dallo stesso decreto.
  Con la riforma del 2021 è stato inoltre previsto che il Ministro della transizione ecologica trasmetta alle Camere e al Comitato interministeriale per la transizione ecologica, entro il 15 luglio di ogni anno, una relazione concernente gli esiti dell'aggiornamento del catalogo e le proposte per la progressiva eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi e per la promozione dei sussidi ambientalmente favorevoli, anche al fine di contribuire alla realizzazione del Piano per la transizione ecologica.
  Sin dal suo primo insediamento, il Cite ha quindi dedicato la massima attenzione al tema posto dall'interrogante e specifiche previsioni sul punto sono contenute nello schema di Piano per la transizione ecologica attualmente all'esame degli organismi competenti.
  

Il Ministro della transizione ecologica: Roberto Cingolani.


   MINARDO, DI MURO e FOGLIANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   dal 16 aprile 2021, la nave della Ong catalana «Open Arms» era ancorata nel porto di Pozzallo (Ragusa) a seguito di un provvedimento d'urgenza della Guardia costiera; quest'ultima, infatti, salita a bordo dopo l'ennesima operazione di recupero di migranti da parte della nave catalana, come è normale in questi casi, e riscontrato gravi carenze in materia sia di sicurezza della navigazione, che di tutela di ambiente marino, aveva proceduto al sequestro;

   con un comunicato del 25 giugno 2021, la Guardia costiera ha reso noto di aver revocato il provvedimento di fermo amministrativo; non sono però noti i dettagli dell'operazione di sblocco e le ragioni su come, dopo appena due mesi di fermo, le «gravi carenze» siano state improvvisamente superate o risolte; non sembra, infatti, che la nave in questione abbia potuto effettuare lavori di manutenzione; prova ne sia il fatto che, appena dopo aver lasciato il porto di Pozzallo, la nave si è diretta verso la Spagna proprio al fine di effettuare i necessari lavori di manutenzione «per tornare nel Mediterraneo il prima possibile», come ha provocatoriamente ammonito il fondatore di Open Arms, Oscar Camps;

   l'Ong Open Arms è purtroppo famosa, o meglio famigerata, per il suo comportamento non sempre cristallino quando si è trattato di spiegare il modo di intercettazione dei clandestini nelle acque internazionali antistanti la Libia e per la spregiudicatezza delle sue operazioni di soccorso; è ciò che riconobbe anche la Procura di Catania – indiscutibilmente tra gli uffici giudiziari più esposti dal punto di vista della gestione investigativa e processuale del favoreggiamento dell'immigrazione irregolare – quando, nel 2018, inferì la sussistenza, in capo all'Ong, dell'associazione per delinquere per trasporto illegale di stranieri nel territorio dello Stato –:

   come sia arrivata la Guardia Costiera a concludere che la nave della Ong «Open Arms» avesse superato le gravi carenze riscontrate ad aprile 2021 e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per assicurarsi che le navi delle Ong operino in condizioni di sicurezza per la navigazione e per l'ambiente marino e di rispetto della pertinente legislazione internazionale e nazionale.
(4-09650)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli interroganti chiedono di conoscere quali iniziative questo Ministero intenda adottare per assicurarsi che le navi delle organizzazioni non governative operino in condizione di sicurezza per la navigazione e nel rispetto della legislazione nazionale e internazionale.
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dal Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto, si rappresenta quanto segue.
  La nave Open Arms è stata assoggettata ad una prima ispezione PSC (Port State Control) nel porto di Pozzallo il 16 e il 17 aprile 2021; all'esito di detta ispezione la nave veniva sottoposta ad un provvedimento di fermo amministrativo in ragione di 18 «deficienze» di cui 7 considerate di una gravità tale che, già singolarmente, avrebbero giustificato l'applicazione del provvedimento di fermo.
  La valutazione è stata effettuata da ispettori del Corpo delle Capitanerie di porto sulla scorta del decreto legislativo 24 marzo 2011, n. 53, nonché delle procedure stabilito dal Memorandum di Parigi del 1982 sul controllo dello Stato di approdo.
  Ciò premesso, si precisa che una deficienza è qualificata grave non in ragione del tempo necessario per la sua risoluzione, bensì alta luce del
vulnus che la stessa potrebbe arrecare alla sicurezza della navigazione, all'integrità dell'ambiente ed alla salute delle persone a bordo della nave.
  Per quel che concerne, nello specifico, le carenze riscontrate sulla nave Open Arms, si è resa necessaria l'interlocuzione con lo Stato di bandiera (Spagna) e, solo dopo aver ottenuto da quest'ultimo opportune garanzie in merito all'adozione delle previste azioni correttive, la nave è stata nuovamente sottoposta ad ispezione PSC nel porto di Pozzallo il 24 giugno 2021, allo scopo di verificare la risoluzione delle deficienze riscontrate in occasione della precedente ispezione.
  Pertanto, all'esito dei nuovi controlli avendo gli ispettori PSC accertato la rettifica delle carenze che avevano imposto la detenzione della nave, il provvedimento di fermo amministrativo è stato revocato.
  Più in generale, per quanto concerne il rispetto delle condizioni di sicurezza per la navigazione e l'ambiente marino, nonché sulla pertinente legislazione internazionale e nazionale, si ricorda che il citato Memorandum di Parigi del 1982, protocollo di intesa tra le autorità marittime di 27 Paesi, ha come scopo precipuo quello di concertare forme di collaborazione locale tra le diverse autorità marittime nell'applicazione delle specifiche disposizioni pattizie elaborate dall'Imo (Internationl Maritime Organization) e dall'Ilo (International Labour Organization) in materia di sicurezza marittima, protezione dell'ambiente marino dall'inquinamento e miglioramento delle condizioni di vita a bordo delle navi.
  A tal fine, ciascuna autorità marittima nazionale è tenuta a sottoporre a visita, entro un lasso di tempo variamente determinato, una quota delle navi mercantili straniere che toccano i porti del proprio Stato, instaurando una stretta cooperazione con le altre autorità marittime.
  L'ispezione a bordo, inizialmente limitata alla verifica della presenza, veridicità e regolarità dei documenti e certificati pertinenti, nonché al controllo delle condizioni generali della nave, diventa più dettagliata e capillare in assenza dei suddetti documenti e certificati o se esistono fondati motivi per ritenere che la nave o il suo equipaggio non soddisfino pienamente le prescrizioni contenute in uno degli strumenti convenzionali di riferimento. Il Memorandum indica inoltre i «buoni motivi» che possono dar luogo a ispezioni più accurate, tenuto conto dell'esistenza di rischi particolari derivanti dalla tipologia trasporto (petroliere, portarinfuse, gasiere o chimichiere) e dall'anzianità di servizio della nave calcolata con riferimento alla data di costruzione.
  

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   MURONI, CECCONI e FIORAMONTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   si legge in un comunicato stampa di Legambiente, del 1° giugno 2021, che «l'efficacia delle nuove norme introdotte con la legge 120/2020, che attribuiscono ai prefetti il potere sostitutivo nelle demolizioni degli abusi edilizi, di fronte all'inerzia dei Comuni che emettono le ordinanze ma non le eseguono, è stata azzerata, di fatto, con una circolare interpretativa del Ministero dell'interno»;

   la nota prosegue: «secondo questa circolare, comunicata da alcune Prefetture a Legambiente a seguito delle prime segnalazioni sulle mancate demolizioni di immobili abusivi da parte di amministrazioni comunali inadempienti, i poteri delle prefetture riguardano esclusivamente gli abusi accertati successivamente alla entrata in vigore della normativa». Tutte le ordinanze emesse e non eseguite, anche su gravi abusi, fino al settembre 2020, insomma, restano nel limbo dell'impunità garantita. «Per noi di Legambiente che da anni denunciamo questo fenomeno e avevamo salutato con soddisfazione le nuove norme – afferma Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è una notizia a dir poco sconcertante, che tradisce il senso e l'obiettivo di quanto approvato in Parlamento»;

   si ricorda che la norma è stata inserita con un emendamento al decreto-legge «semplificazioni» ed è finalizzata ad affrontare e risolvere un grave deficit di legalità: solo il 19,6 per cento delle ordinanze di demolizione emesse dai comuni, secondo un'indagine svolta da Legambiente, è stata eseguita;

   è del tutto evidente che, con la circolare interpretativa del Ministero dell'interno, decine di migliaia di manufatti rimarrebbero esattamente dove sono: le prefetture, infatti, non avrebbero il compito di occuparsene, essendo i provvedimenti dei comuni precedenti alla legge del 2020;

   «La legge è stata approvata – continua la nota – proprio per affrontare il nodo del vecchio abusivismo che resiste alle ruspe da decenni, con mille motivazioni da parte di molti Sindaci, dalla mancanza di risorse al rischio di perdere consensi elettorali e per questo lanciamo un appello alla ministra Lamorgese affinché venga rivista la circolare interpretativa del suo ministero»;

   si ricorda che la suddetta norma riprende una proposta di Legambiente che l'interrogante ha riportato nella proposta di legge «Disposizioni concernenti la ricognizione e la demolizione degli immobili costruiti abusivamente, le sanzioni penali e i procedimenti di sanatoria, nonché disciplina dell'attività dell'Osservatorio nazionale sull'abusivismo edilizio» (C. 413) –:

   quali siano i motivi che hanno condotto il Ministero dell'interno ad escludere dall'ambito di applicazione della norma citata in premessa, come denuncia Legambiente, le ordinanze emesse e non eseguite, anche per gravi abusi, antecedenti il mese di settembre 2020;

   se non si intenda sospendere l'efficacia della circolare in attesa di una più approfondita istruttoria e, nel caso, anche adottando iniziative per una corretta interpretazione dell'articolo 10-bis «Semplificazioni in materia di demolizione di opere abusive» del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76.
(4-09431)

  Risposta. — Con riferimento a quanto evidenziato con l'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
  Come noto, l'articolo 10-
bis del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, ha modificato l'articolo 41, rubricato «Demolizione di opere abusive», del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001 n. 380, «Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia».
  L'articolo 41, così come modificato, prevede che «in caso di mancato avvio delle procedure di demolizione entro il termine di centottanta giorni dall'accertamento dell'abuso, la competenza è trasferita all'ufficio del prefetto che provvede alla demolizione avvalendosi degli uffici del comune nel cui territorio ricade l'abuso da demolire».
  Il Ministero dell'interno, il 16 febbraio 2021, ha fornito risposta a quesiti rivolti da alcune prefetture in merito a questioni di carattere interpretativo e applicativo della disposizione in argomento, evidenziando come, anche alla luce della predetta modifica normativa, l'impianto delineato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 in materia di abbattimento di manufatti abusivi rimanga sostanzialmente confermato.
  In particolare, è stato evidenziato che i poteri attribuiti al Prefetto dall'articolo 41 sopra richiamato, sia nella formulazione precedente che in quella attuale, si riferiscono ad un ordine di demolizione di manufatti abusivi contenuto in un provvedimento amministrativo.
  Anche l'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro, in un parere del 2011, ha ribadito che «...la Prefettura non può ritenersi competente ad intervenire nella fase di esecuzione dell'ordine di demolizione impartito dai Giudice Penale».
  In tale ultimo caso il soggetto promotore dell'ordine di demolizione impartito dal Giudice penale deve essere identificato esclusivamente con il Pubblico ministero.
  Con la predetta circolare, in risposta ad uno specifico quesito, è stato altresì chiarito che l'attività richiesta alle prefetture per effetto della modifica normativa in questione deve necessariamente riguardare gli abusi accertati successivamente alla data di entrata in vigore dell'articolo 10-
bis del citato decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76.
  Infatti, in ordine all'ambito temporale di applicazione della norma, in assenza di una specifica previsione circa l'entrata in vigore del richiamato articolo 10-
bis, sono state ritenute applicabili le disposizioni generali relative all'efficacia della legge nel tempo, secondo le quali la legge non dispone che per l'avvenire.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   UBALDO PAGANO, PIZZETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   con la delibera del 1° maggio 2016 del Cipe è stato approvato il piano stralcio «Cultura e turismo» presentato dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ed è stata disposta l'assegnazione al medesimo Ministero di un importo complessivo di 1.000 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, da destinare al sistema museale italiano, ai sistemi territoriali turistico-culturali (cammini, percorsi, aree vaste) nonché ad interventi di (completamento particolarmente significativi e a nuovi interventi da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

   in particolare, con il paragrafo 1.2, lettera c), della citata delibera Cipe, è stata disposta la destinazione all'insieme di interventi di completamento particolarmente significativi e di nuovi interventi di una riserva di importo pari a 170 milioni di euro, nell'ambito della quale, 150 milioni di euro sono assegnati a favore di interventi, ciascuno dei quali non superiore a 10 milioni di euro, afferenti al progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@ - Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati»;

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2017, essendo pervenuto un numero di segnalazioni tale da richiedere una disponibilità superiore alle risorse assegnate, è stata istituita, in attuazione del paragrafo 2.2 della menzionata delibera Cipe, una Commissione per la selezione degli interventi;

   con il verbale n. 3 del 15 dicembre 2017 della Commissione per la selezione degli interventi, la nota prot. USG 1153 del 22 febbraio 2018 e la nota-mail prot. 3719 del 27 febbraio 2018, la Commissione, all'esito della selezione sulla base dei prescritti criteri, è pervenuta ad un elenco di 310 interventi conformi alla delibera Cipe del 1° maggio 2016 e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2017 e ad un elenco di 271 interventi selezionati fino a concorrenza delle risorse disponibili;

   con il decreto del segretario generale 8 marzo 2018 sono state stabilite le modalità di accesso alla fase di stipula della convenzione sopra citata con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, e con nota del 10 dicembre 2018 ha comunicato l'avvenuta pubblicazione delle linee guida sulle Modalità di invio in via telematica della documentazione prescritta necessaria per l'accesso alla fase di stipula delle suddette convenzioni, differendo successivamente al 15 settembre 2019 la scadenza;

   il comune di Polignano a Mare, come verosimilmente molti altri enti proponenti dei progetti selezionati, ha provveduto a trasmettere la documentazione richiesta con note a mezzo pec prot. n. 17798 e n. 17799 del 13 maggio 2019;

   con successiva nota prot. n. 14917 del 20 maggio 2020, lo stesso comune ha chiesto notizie alla Presidenza del Consiglio dei ministri in ordine alla sottoscrizione della convenzione tra le parti, al fine di avviare con sollecitudine l'intervento programmato, senza ricevere alcun riscontro –:

   se il Governo intenda fornire chiarimenti sullo stato dell'arte del progetto «Bellezz@ - Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati»;

   se si intenda provvedere a comunicare agli enti locali interessati le necessarie informazioni relative ai procedimenti prodromici alla sottoscrizione della convenzione con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ai fini della realizzazione dei progetti selezionati.
(4-08296)

  Risposta. — Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, finalizzata ad acquisire chiarimenti circa lo stato del progetto «Bellezz@ – Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati» e, in particolare, alla sottoscrizione della convenzione con questo Ministero ai fini della realizzazione dei progetti selezionati, si rappresenta quanto segue.
  Come disposto dal paragrafo 1.2, lettera
c), della delibera CIPE n. 3 del 1° maggio 2016, di approvazione del piano stralcio «Cultura e Turismo», sono stati assegnati 150 milioni di euro a favore di interventi, non superiori a 10 milioni di euro, afferenti al progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@ - Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», da individuare con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  In tale contesto, la commissione appositamente nominata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per la selezione degli interventi ha selezionato n. 271 interventi e, con decreto del Segretario generale della PCm dell'8 marzo 2018, sono state definite le condizioni necessarie per la legittimazione a stipulare la convenzione con questo Ministero.
  Successivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2018 è stata istituita una nuova commissione per l'attuazione del progetto «Bellezz@ – Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», al fine di completare, nell'ambito dell'attuazione di cui al punto 2 della delibera Cipe n. 3 del 1° maggio 2016, l'individuazione degli enti attuatori che accedono alla fase successiva di stipula delle convenzioni con questo Ministero, ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990, concernenti le modalità di erogazione del finanziamento e di verifica degli interventi afferenti al progetto.
  Allo stato attuale, ai sensi del paragrafo 1.2, lettera
c) della delibera Cipe n. 3 del 1° maggio 2016, sono stati emanati n. 2 decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 settembre 2019 e decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 febbraio 2021, trasmesso a questo Ministero il 30 aprile 2021), che hanno disposto l'ammissione alla successiva fase di stipula delle convenzioni con questo Ministero di n. 42 interventi (rispetto ai 271 selezionati), elencati nel relativo allegato 1, alla fase di stipulazione delle convenzioni con questo Ministero.
  I decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono stati contestualmente inviati a mezzo di posta elettronica certificata agli enti attuatori individuati.
  Per i 42 beneficiari individuati con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri tra i quali non risulta il comune di Polignano a Mare, questo Ministero ha potuto avviare le proprie attività e sono stati sottoscritti i relativi disciplinari con il Segretariato generale di questo Ministero, che svolge le funzioni di autorità di gestione del piano stralcio «Cultura e Turismo» FSC 2014-2020, cui fanno riferimento i finanziamenti relativi alla delibera Cipe n. 3 del 1° maggio 2016.
  Si evidenzia che la Scrivente, con nota del 15 luglio 2021 indirizzata al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ha richiesto di ricevere aggiornamenti circa le tempistiche concernenti l'approvazione dei progetti rimanenti, e di conoscere le eventuali azioni necessarie per accelerare le relative procedure, tenuto conto che, in un momento storico di grave crisi del Paese, l'attuazione dei progetti in questione potrebbe significare uno stimolo importante per la ripartenza economica.
  Per quanto sopra rappresentato, si ritiene che le attività di competenza di questo Ministero, e quindi la richiamata sottoscrizione della convenzione, possano essere avviate solo a seguito dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione della Commissione per l'attuazione dell'intervento, istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2018.
  Da ultimo si segnala che, con decreto del 17 settembre 2021, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha approvato la modifica della composizione commissione per l'attuazione dell'intervento e che la stessa, nella sua rinnovata composizione, si è insediata il 7 ottobre 2021.
  

La Sottosegretaria di Stato per la cultura: Lucia Borgonzoni.


   PEZZOPANE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 settembre 2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 302 del 4 dicembre 2020, ha definito la ripartizione, i termini, le modalità di accesso, monitoraggio e rendicontazione dei contributi destinati ai comuni delle aree interne, a valere sul Fondo di sostegno alle attività economiche, artigianali e commerciali per il triennio 2020/2022;

   il Fondo, sulla base dei commi 65-ter, 65-quater e 65-quinquies dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, così come modificati dalla legge 27 dicembre 2019, n. 160, e dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, consta di 210 milioni di euro totali, di cui 90 milioni riferiti al 2020, e mira a sostenere le attività economiche, artigianali e commerciali per i comuni delle aree interne, nonché a contrastare gli effetti dell'epidemia da COVID-19;

   il Fondo in questione è ripartito tra i comuni presenti nelle aree interne con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per il sud e la coesione territoriale, che ne stabilisce termini e modalità di accesso e rendicontazione;

   l'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al comma 1, prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per le politiche di coesione, disponga l'erogazione del contributo alla data di entrata in vigore del decreto stesso, in ragione delle singole annualità di legge;

   ad oggi, risulta che i contributi previsti per l'annualità 2020 non siano ancora stati erogati, nonostante tra gli obiettivi di tali stanziamenti vi sia anche quello di limitare le conseguenze economiche della pandemia –:

   quale sia lo stato relativo all'erogazione dei contributi afferenti al Fondo di cui in premessa e quali iniziative intenda adottare il Governo per assicurare in tempi rapidi il trasferimento delle risorse riferite al 2020.
(4-09641)

  Risposta. — Si riscontra di seguito l'interrogazione in esame con la quale si chiede, in particolare, di conoscere lo stato relativo all'erogazione dei contributi previsti per l'annualità 2020 e afferenti al Fondo di sostegno alle attività economiche artigianali e commerciali per il triennio 2020/2022.
  A tal fine, si riportano, di seguito, i dati relativi ai trasferimenti previsti dall'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 settembre 2020 per la predetta annualità, forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, in quanto preposto ad effettuare gli ordinativi di pagamento previsti nel Decreto citato.
  Al riguardo si comunica che entro i primi giorni di luglio sono stati inseriti nei sistemi di pagamento del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato gli ordinativi per tutti i 3.101 beneficiari della misura in argomento e risultano tutti eseguiti per un totale erogato di 90 milioni di euro, pari alla quota per il 2020 assegnata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in argomento.
  Si fa presente, altresì, che il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha fornito tempestiva informativa sullo stato dei pagamenti a tutti i Comuni, all'ANCI e all'UNCEM che hanno formulato richieste di informazioni al riguardo.

La Ministra per il sud e la coesione territoriale: Maria Rosaria Carfagna.


   PINI, CENNI, ORFINI, GRIBAUDO, RACITI, PIZZETTI, CECCANTI, SIANI, VISCOMI, CIAGÀ, BRUNO BOSSIO, RIZZO NERVO, BOLDRINI, FRAILIS, INCERTI, POLLASTRINI, UNGARO, SCHIRÒ, SENSI, AVOSSA, MURA, MAGI, FRATOIANNI, VERINI, LACARRA, NITTI, PRESTIPINO, MIGLIORE, ANDREA ROMANO, ZAN e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   l'8 marzo 2020 è scoppiata una grave rivolta nella casa circondariale Sant'Anna di Modena nella quale sono morti nove detenuti, direttamente nell'istituto penitenziario o mentre, in condizioni d'emergenza senza che però nessuno li ritenesse in pericolo di vita, venivano trasportati verso altri istituti;

   su ciò che accadde in quelle circa 60 ore sono state svolte indagini contro ignoti, con le ipotesi di reato di omicidio colposo e morte come conseguenza di altro delitto;

   in una lettera pervenuta alle agenzie di stampa e indirizzata anche al Ministro interrogato da uno dei detenuti allora presenti alla rivolta e ai trasferimenti in cui si legge, tra l'altro: «Molti detenuti, alcuni in palese stato di alterazione probabilmente dovuto all'assunzione di farmaci, furono violentemente caricati e colpiti al volto con manganellate anche coi “tondini in ferro pieno” che si usano per effettuare la battitura nelle celle. Alcuni di questi a cui non fu dato nessun supporto medico morirono nel giro di pochi minuti»;

   il Ministro interrogato ha espresso una forte e decisa presa di posizione durante l'informativa alla Camera dei deputati sulle gravi violenze avvenute nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere in cui ha annunciato che al Dap è stata istituita una nuova commissione ispettiva interna che visiterà tutti gli istituti dove si sono verificati i gravi eventi del marzo 2020 e che deve indagare al suo interno e deve scoprire cosa accade dietro quei muri perché i fatti di Santa Maria dimostrano che la capacità di indagine interna non c'è stata;

   sul quotidiano «il Dubbio» in data 26 luglio 2021 è comparsa la notizia «Trasferì da Modena i reclusi, ora è nel pool del Dap che dovrà far luce sui pestaggi: Marco Bonfiglioli, il dirigente del provveditorato regionale che dispose e coordinò il trasferimento dei detenuti dal carcere Sant'Anna dopo le rivolte, fa parte della commissione istituita su impulso della ministra Cartabia» e ancora: «Nel pool è presente anche Marco Bonfiglioli, il dirigente del provveditorato regionale che dispose e coordinò il trasferimento dei detenuti dal carcere Sant'Anna di Modena, tra i quali quelli che morirono durante il viaggio, o all'arrivo, verso le altre carceri. Non è un dettaglio da poco, perché se da una parte c'è stata un'archiviazione del procedimento relativo alla morte di otto persone detenute del carcere modenese avvenuta all'indomani delle rivolte del marzo 2020, dall'altra rimane ancora in piedi la nona morte: quello del detenuto Salvatore Piscitelli, morto ad Ascoli durante il trasferimento» –:

   quali criteri siano stati individuati per la selezione dei componenti della sopracitata commissione ispettiva istituita dal Ministero della giustizia;

   se il Ministro interrogato non consideri opportuno, anche al fine di evitare polemiche e speculazioni e garantire la più totale imparzialità nell'operato della commissione, adottare iniziative affinché tra chi ha il compito di verificare che non vi siano stati abusi non ci siano le stesse persone che in quei giorni hanno avuto compiti dirigenziali e di coordinamento;

   per quale motivo siano stati esclusi dalla composizione della commissione figure come i Garanti dei detenuti, e se il Ministro interrogato non ritenga opportuno integrare i membri della commissione anche con queste e altre figure, anche per evitare strumentalizzazioni e polemiche sull'importante operato di indagine della commissione.
(4-10174)

  Risposta. — In ordine ai quesiti posti dagli interroganti mi pregio riferire quanto segue.
  La disvelazione dei gravi e noti eventi occorsi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere ha portato, in data 22 luglio 2021, all'istituzione di una commissione ispettiva incardinata in seno al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), con il compito di verificare l'origine delle rivolte verificatesi all'inizio della prima ondata pandemica in vari istituti penitenziari del Paese, quindi le conseguenti condotte poste in essere dagli operatori penitenziari per ristabilire l'ordine e la sicurezza negli istituti interessati, l'eventuale sussistenza di condotte irregolari da parte di operatori dell'Amministrazione, nonché ogni altra vicenda connessa, onde verificare la legittimità e la correttezza di tutte le iniziative adottate.
  La commissione è composta da operatori penitenziari di lunga e comprovata esperienza e capacità professionale, individuati nel numero di sei componenti – alla luce di quanto previsto al punto 3.2 delle «Linee guida per le attività ispettive» adottate dal Capo Dipartimento
pro tempore con nota 29 luglio 2019, n. 236527 – i quali potranno operare in appositi sottogruppi – tenuto anche conto di eventuali fattori di incompatibilità territoriale – costituiti dal Presidente della commissione ispettiva.
  In ragione poi del peculiare contenuto dell'attività ispettiva delegata, il ruolo di Presidente della commissione è stato conferito a persona di lunga e comprovata esperienza e capacità, anche specificamente qualificata dal punto di vista tecnico (come peraltro previsto dalle citate linee guida, al punto 3,2) – individuata nel dottor Sergio Lari, magistrato in quiescenza, già procuratore generale presso la Corte d'Appello di Caltanissetta. La scelta è ricaduta su persona di elevato spessore e di oggettiva equidistanza per il ruolo rivestito nella sua carriera di magistrato.
  In data 3 agosto 2021, la predetta commissione si è riunita per stabilire le linee di azione e di intervento che ne guideranno l'intero operato – anche con riguardo a eventuali condizioni di presunta incompatibilità – nella ferma volontà di far luce sui fatti dello scorso anno, in una prospettiva di totale trasparenza.
  A tal fine, la commissione è stata suddivisa in tre sottogruppi di lavoro allo scopo di evitare eventuali fattori di incompatibilità territoriale.
  A ogni sottogruppo sono stati assegnati, equamente suddivisi, gli istituti penitenziari che saranno oggetto di attività ispettiva: in totale 22 sedi.
  A partire da metà settembre era previsto che cominciassero le visite ispettive e, a conclusione dei lavori, entro i successivi sei mesi, la Commissione presenterà una relazione ai vertici di questo Dipartimento sull'origine delle rivolte e sui successivi comportamenti adottati dagli operatori.
  Quanto al coinvolgimento dell'Autorità garante della popolazione detenuta, il Presidente della commissione ha già attivato un collegamento con il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, impegnandosi a mantenere con questi una interlocuzione costante.
  Ciò precisato, detta commissione, naturalmente, opererà in visita altresì presso il carcere di Modena.
  Le eventuali incompatibilità, anche territoriali, indicate dagli interpellanti con riferimento al dottor Marco Bonfiglioli, siccome dirigente in servizio presso il carcere di Modena proprio durante i fatti dell'8 marzo 2020, quindi colà presente nei momenti successivi ove si sarebbero verificate gravi condotte poste in essere da operatori penitenziari, pur oggetto di denunzie di irregolarità, oltre che di indagini giudiziarie, ben potranno e saranno vagliate dalla Commissione stessa sotto la supervisione del suo Presidente, sì da risultare infondati timori di eventuali parzialità o minor trasparenza nell'andamento dei lavori.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   POTENTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato il 9 aprile 2021 su «La Nazione» si apprende che il Tribunale di Siena avrebbe portato ad esecuzione una sentenza di condanna per spaccio di sostanze stupefacenti emessa in primo grado il 14 dicembre 2012 ai danni di un uomo, originario di Cariati;

   all'epoca della condanna, gli avvocati dell'imputato avevano proposto appello – si cita dall'articolo – «depositando l'atto presso la cancelleria del Tribunale di Cosenza il 27 aprile 2013, regolarmente trasmesso al Tribunale di Siena il 29 aprile»;

   per più di otto anni non viene fissato il processo presso la Corte d'appello di Firenze;

   il 24 febbraio 2021 l'imputato viene arrestato a Roma su ordine di esecuzione emesso dalla procura di Siena perché «per il Tribunale senese la sentenza era diventata irrevocabile il 12 maggio 2013»;

   subito dopo l'arresto, i legali dell'uomo contestano l'ordine d'esecuzione e rimangono in attesa della fissazione dell'udienza e del rilascio che, però, non arriva, visto che – raccontano gli avvocati a «La Nazione» – «dal 24 febbraio al 9 marzo, il Tribunale di Siena dichiara la propria incompetenza, sostenendo che l'ordine di esecuzione non doveva essere emesso dalla procura senese, ma dalla procura generale presso la Corte d'Appello di Roma»;

   solo dopo la trasmissione degli atti a Roma e la successiva fissazione dell'udienza il 31 marzo 2021 da parte della Corte d'appello di Roma, l'uomo viene infine scarcerato su sollecitazione dello stesso procuratore generale presso la Corte d'appello «per la necessità di lasciar prevalere esigenze di giustizia sostanziale a questioni di carattere forma» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle notizie riportate in premessa;

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per rispondere alla segnalazione della vicenda che gli avvocati soprammenzionati – secondo quanto riportato da «La Nazione» – hanno inoltrato agli uffici del Ministro interrogato.
(4-09055)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante — dopo avere premesso che «... il tribunale di Siena avrebbe portato ad esecuzione una sentenza di condanna per spaccio di sostanze stupefacenti emessa in primo grado il 14 dicembre 2012 ai danni di un uomo originario di Cariati; all'epoca della condanna gli avvocati dell'imputato avevano proposto appello...» ai sensi dell'articolo 582 comma secondo codice di procedura penale «... depositando l'atto nella cancelleria del tribunale di Cosenza il 27 aprile 2013, regolarmente trasmesso al tribunale di Siena il 29 aprile ...; il 24 febbraio 2021 l'imputato viene arrestato a Roma su ordine di esecuzione emesso dalla procura di Siena perché ... la sentenza era divenuta irrevocabile il 12 maggio 2013 ...; solo dopo la trasmissione degli atti a Roma e la successiva fissazione dell'udienza il 31 marzo 2021 da parte della porte di Appello di Roma l'uomo viene ... scarcerato su sollecitazione dello stesso procuratore generale presso la corte di appello per la necessità di lasciare prevalere esigenze di giustizia sostanziale a questioni di carattere formale...» — domanda alla Ministra della giustizia «...quali iniziative ... intenda intraprendere per rispondere alla segnalazione della vicenda.».
  Al riguardo, occorre evidenziare che al momento della emissione dell'ordine di esecuzione nei confronti del Parilla Salvatore, la sentenza di condanna emessa dal tribunale di Siena in data 14 dicembre 2012, sulla base della documentazione in possesso dell'autorità giudiziaria senese, risultava passato in giudicato e da eseguire, non essendo pervenuto nella cancelleria del giudice di prime cure alcun atto di impugnazione. Quindi l'ordine di esecuzione e il conseguente arresto del Parilla Salvatore risultavano ritualmente disposti ed eseguiti in base agli elementi conoscitivi nella disponibilità del tribunale di Siena. È vero, infatti, che in seguito all'incidente di esecuzione presentato dalla difesa del Parilla Salvatore emergeva la circostanza del deposito in data 27 aprile 2013 presso il tribunale di Cosenza dell'atto di appello avverso la suddetta sentenza del 14 dicembre 2012, ma siffatta impugnazione non era presente nella documentazione in possesso dell'autorità giudiziaria senese. E invero risulta l'avvenuta iscrizione da parte del tribunale di Cosenza a modello 24 n. 247/13 dell'atto di appello avverso la sentenza del 14 dicembre 2012 e la spedizione da parte del Tribunale di Cosenza di tale impugnazione a mezzo assicurata n. 00803138941/4 al tribunale di Siena. In mancanza di riscontri documentali in merito all'esito della spedizione effettuata dal tribunale di Cosenza e alla ricezione dell'assicurata da parte del tribunale di Siena è più che verosimile ritenere l'avvenuto smarrimento dell'atto di appello nell'ambito del circuito postale.
  Se, dunque, non sembra potersi enucleare nella vicenda in esame, allo stato degli atti, alcuna illegittimità o profilo di rilevanza disciplinare da parte dei magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale di Siena, del tribunale di Siena e del tribunale di Cosenza (tant'è vero che anche il servizio disciplinare di questo Dicastero ha concluso rilevando come «...non si ravvisano profili di responsabilità disciplinare a carico di magistrati...»), va comunque osservato che la legge n. 134 del 2021 (delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari) ha previsto quale criterio direttivo per la conferita delega da un lato, all'articolo 1 comma tredicesimo lettera
b), l'abrogazione dell'articolo 582 comma secondo del codice di procedura penale e dall'altro lato, all'articolo 1 comma quinto lettera a), di prevedere che «...nei procedimenti penali in ogni stato e grado il deposito di atti e documenti, le comunicazioni e le notificazioni siano effettuati con modalità telematiche...» e di prevedere che «... le trasmissioni e le ricezioni in via telematica assicurino al mittente e al destinatario certezza, anche temporale, dell'avvenuta trasmissione e ricezione, nonché circa l'identità del mittente e del destinatario...», statuendo all'uopo che il legislatore delegato debba «... coordinare la disciplina del deposito degli atti di impugnazione con quella generale, prevista per il deposito di tutti gli atti del procedimento...» (articolo 1 comma tredicesimo lettera b)).
  Si tratta, come è evidente, di un deciso indirizzo nel senso della compiuta modernizzazione delle comunicazioni, in particolare attraverso la digitalizzazione, per garantire che eventi del genere di quello descritto nell'atto di sindacato ispettivo in esame non possano in futuro essere mai più registrati.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   una studentessa italiana di 23 anni, di origini marocchine e con doppio passaporto italiano e marocchino, è stata arrestata il 20 giugno 2021 in Marocco, quando è atterrata nel Paese, dove era arrivata per passare le vacanze con una parte della famiglia di origine. Ora, la ragazza si trova nel carcere dell'Oudaya a qualche chilometro da Marrakech, condannata a 3 anni e mezzo per «vilipendio alla religione», aggravata dalla diffusione via social media;

   difatti, nel 2019, aveva ribattezzato, in un post su Facebook, poi subito rimosso, il versetto coranico Kautar, quello in cui si obbligano i musulmani al sacrificio, «versetto del whisky». Il post è stato considerato dallo Stato marocchino come la prova di una «offesa pubblica all'Islam» che ha portato all'arresto della ragazza;

   quando è arrivata in Marocco, la polizia di frontiera l'ha bloccata alla dogana aeroportuale. La ragazza ha passato una settimana a casa dei suoi, in attesa dell'udienza di primo grado. Il 28 giugno c'è stata la sentenza di condanna a 3 anni e mezzo e 50 mila dirham di multa (circa 4.800 euro). Una pena esemplare, per quanto riguarda la detenzione, quasi il massimo (5 anni) previsto per questo reato;

   l'ambasciatore italiano a Rabat ha affermato che stanno «seguendo il caso che è particolarmente delicato» e, intanto, è stata avanzata la richiesta per una visita consolare nel penitenziario di Marrakech alla ragazza. Il consolato italiano onorario di Marrakech è in contatto con la famiglia della ragazza e cerca di raccogliere informazioni, in assenza fino a questo momento di comunicazioni ufficiali del Marocco. La notizia della condanna è stata pubblicata dal Ministero della giustizia del Marocco, in lingua araba –:

   quali iniziative intenda intraprendere il Governo nelle relazioni bilaterali con il Regno del Marocco per assicurare la tutela di tutti i diritti della ragazza.
(4-10388)

  Risposta. — La cittadina italo-marocchina Ikram Nzihi, residente ad Avignone, in Francia è stata fermata il 19 giugno scorso all'arrivo a Marrakech con l'accusa di aver pubblicato nel 2019 un post su Facebook con toni inopportuni nei confronti del popolo marocchino. Si trattava di una parodia della Sura 108 Al Kawthar, la cosiddetta Sura dell'Abbondanza, definita nel post «il versetto del whisky». La Signora Nzihi ha dichiarato di non aver scritto quel post e di aver solamente condiviso sul proprio profilo Facebook una foto raffigurante una pagina del Corano, il cui contenuto era stato alterato e di averlo rimosso dopo 15 minuti, non appena è stata avvertita della gravità del suo contenuto.
  Ikram Nzihi è stata condannata in primo grado dall'Autorità giudiziaria del Marocco a tre anni e mezzo di carcere e a una multa di 50 mila Dirham (circa 4.700 euro) per offese alla religione.
  Non appena saputo dell'arresto, l'Ambasciata d'Italia a Rabat, il Consolato Generale a Casablanca e il Vice Console Onorario a Marrakech si sono immediatamente attivati per acquisire informazioni sulla situazione della connazionale.
  D'intesa con l'Ambasciatore a Rabat, il Console Generale a Casablanca le ha reso più volte visita, l'ultima il 19 agosto, così come il Vice Console Onorario a Marrakech. Anche l'Ambasciatore Barucco ha visitato la Signora Nzihi in carcere.
  Il 13 agosto l'Ambasciatore ha inoltre accompagnato in visita alla giovane connazionale il Sottosegretario Enzo Amendola, durante una missione istituzionale in Marocco, a dimostrazione della massima attenzione prestata dal Governo alla vicenda.
  In tutte queste occasioni la giovane Ikram è sempre apparsa in condizioni fisiche e psicologiche accettabili a fronte della difficile situazione in cui si ritrovava.
  Le nostre Rappresentanze diplomatico-consolari sono rimaste in contatto costante con la famiglia della studentessa e con il suo legale, individuato anche grazie al prezioso sostegno del Consolato Generale.
  Nel processo di appello del 23 agosto la difesa della connazionale, assistita anche da un secondo legale, ha ottenuto la sua scarcerazione. Il Giudice ha infatti ritenuto che la Signora Nzihi non presentasse profili di rischio né in termini di inquinamento delle prove né sotto il profilo del pericolo di fuga.
  Avendo inoltre già interamente scontato i due mesi della condanna in appello, la giovane ha potuto lasciare il carcere il giorno stesso.
  L'Ambasciata a Rabat ha continuato a fornire assistenza a Ikram Nzihi fino al suo rientro in Francia, dove può ora proseguire gli studi universitari. Il fatto che sia tornata alla sua vita e al suo percorso di formazione è l'aspetto che ci rallegra maggiormente.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   RAMPELLI e DONZELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   da alcuni anni sono disponibili sul mercato bottiglie ed altri prodotti, quali posate e piatti, in bioplastica compostabile, un materiale in grado di sostituire il pet ricavato dal petrolio utilizzato in tutto il mondo per le bottiglie di acqua minerale, bibite e altri imballaggi per alimenti;

   le bioplastiche, ricavate dall'amido estratto dal mais (utilizzato in Italia per i sacchetti dell'ortofrutta e conosciuto come «Mater — Bi»), oppure da un'alga marina chiamata agar agar, dalla canna da zucchero o anche dal tubero della manioca dovrebbero avere il vantaggio di poter essere smaltite nel rifiuto umido od organico di casa, perché gli impianti di compostaggio dovrebbero degradarle in 90-180 giorni trasformandole in terriccio con lo sviluppo di biogas da utilizzare per usi civili;

   nei giorni scorsi è emerso che l'impianto di compostaggio di Casa Sartori, a Montespertoli, in provincia di Firenze, non è in grado di smaltire correttamente la bio-plastica che viene conferita assieme ai rifiuti organici. La circostanza è stata confermata da Alia, il gestore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti operante in tutto l'Ato Toscana centro;

   secondo quanto riferito in una nota dalla stessa Alia: «Nell'attesa di una filiera dedicata i manufatti in bioplastica rigida devono essere conferiti nel contenitore dell'indifferenziato. Gli attuali impianti di compostaggio sono infatti nati esclusivamente per i residui organici e gli sfalci di verde provenienti dalla raccolta differenziata. A oggi gli shopper in “Mater — Bi” sono le uniche bioplastiche compatibili con le condizioni dei processi di compostaggio, mentre i manufatti in bioplastica rigida si biodegradano a condizioni e tempistiche di processo diverse e comprometterebbero l'intera produzione di compost»;

   l'utilizzo di prodotti in bio-plastica è stato incoraggiato anche della decisione di grandi catene di distribuzione, quali per esempio Unicoop Firenze, di bloccare la vendita di piatti e posate in plastica mettendo a disposizione dei clienti solo prodotti equivalenti in bio-plastica;

   l'impossibilità di smaltire i rifiuti in bio-plastica insieme all'organico crea una contraddizione: grazie all'accordo Anci-Conai il piatto in plastica tradizionale può essere destinato al riciclo, mentre quello in bio-plastica deve finire nell'indifferenziato;

   da gennaio 2021 in tutta l'Unione europea saranno banditi piatti e posate monouso prodotte in plastica; gli equivalenti in bio-plastica, che già nel 2018 rappresentavano tra lo 0,5 e l'1 per cento del consumo di plastica nell'Unione europea, sembrano destinati a raggiungere importanti quote di mercato;

   è necessario creare una filiera dedicata al riciclo organico degli imballaggi in bio-plastica. In questa direzione, già nel mese di novembre 2018, è stato costituito il Consorzio Biorepack –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;

   se oggi esistano in Italia impianti in grado di chiudere la filiera del riciclo organico degli imballaggi in bio-plastica, quanti siano e quale quota di prodotto riescano a smaltire sul totale presente nel mercato italiano;

   se l'incentivazione dell'utilizzo di materiali in bio-plastica rientri tra gli obiettivi del Governo;

   quali iniziative il Governo sia intenzionato ad assumere al fine di implementare il funzionamento della filiera del riciclo organico degli imballaggi in bio-plastica.
(4-03617)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi acquisiti, si rappresenta quanto segue.
  Nell'agosto 2019 Alia, gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani di Ato Toscana centro, segnalava la difficoltà a trattare i manufatti in bioplastica (piatti, bicchieri, posate) nell'impianto di trattamento del rifiuto organico di Montespertoli.
  Inoltre, specificava che il suddetto impianto non fosse operativamente strutturato per accettare le bioplastiche che vengono pertanto rimosse nella fase di preselezione e che la migliore soluzione sarebbe stata conferirle con il rifiuto indifferenziato, indipendentemente da una loro certificazione UNI EN 13432.
  Difatti le bioplastiche, per le loro caratteristiche di biodegradabilità e compostabilità, vanno conferite all'interno dei contenitori deputati alla raccolta della frazione organica, ma di fatto per essere correttamente trattate richiedono impianti con caratteristiche molto diverse (in termini di condizioni di temperatura, umidità, tempo di trattamento, etc.) rispetto a quelle necessarie per gli altri rifiuti organici.
  Per contribuire alla gestione del fine vita degli imballaggi in bio-plastica e garantire il corretto conferimento degli stessi negli impianti di compostaggio/digestione anaerobica, è opportuno menzionare che, con decreto ministeriale del 16 ottobre 2020, è stato approvato lo statuto del consorzio Biorepack.
  Il consorzio si occupa, oltre che degli imballaggi in bio-plastica, anche delle frazioni similari, come ad esempio le posate monouso che possono rientrare nel circuito della raccolta differenziata (Rd) degli imballaggi.
  Lo stesso consorzio intende creare un apposito innovativo sistema di etichettatura, promosso in collaborazione con i rappresentanti degli impianti di trattamento della frazione organica, che possa certamente consentire la riconoscibilità dei manufatti da parte del consumatore per il corretto conferimento, nonché la compatibilità con il ciclo industriale degli impianti stessi, in relazione alle caratteristiche e tempistiche di biodegradazione.
  Detto sistema di etichettatura ha valenza sia per i manufatti in bioplastica compostabile flessibili (shopper, sacchetti ortofrutta, e altro), che rappresentano allo stato oltre il 90 per cento dell'immesso a consumo e sono stati accolti con grande favore dagli impianti di compostaggio perché evitano l'inquinamento della Frazione organica del rifiuto solido urbano (Forsu) dovuto al precedente utilizzo dei sacchetti in polietilene, sia anche per i manufatti rigidi più spessi (stoviglie compostabili, con un immesso, ad oggi, di appena 1.500-2.000 ton.), che gli impianti di compostaggio sono comunque in grado di trattare, come evidenziato nella documentazione fornita da Biorepack.
  Per quanto attiene il tema delle bio-plastiche, il Governo, inoltre, è impegnato nel recepimento della direttiva 2019/904 – cosiddetta single use plastic – con l'obiettivo di prevenire e ridurre l'incidenza di determinati prodotti di plastica sull'ambiente, in particolare l'ambiente acquatico, e sulla salute umana, nonché promuovere la transizione verso un'economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili, contribuendo in tal modo al corretto funzionamento del mercato interno.
  Il recepimento di tale direttiva è stato previsto dalla legge di delegazione europea 2019-2020, n. 53 del 2021.
  Lo schema di decreto legislativo, attualmente all'esame del Parlamento, esclude dal divieto di immissione sul mercato di plastiche monouso, i prodotti realizzati in materiale biodegradabile o compostabile.
  Il Ministero, peraltro, sta curando l'istruttoria volta all'emanazione del programma nazionale per la gestione dei rifiuti, di cui all'articolo 198-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, che fornirà una mappatura completa ed esaustiva di tutta la situazione impiantistica italiana con particolare attenzione alla suddivisione tra i differenti flussi di rifiuti.
  Infine, nell'ambito del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (Pnrr), tra le misure principali previste, vi è la realizzazione di nuovi impianti di gestione dei rifiuti e l'ammodernamento degli esistenti, nonché l'individuazione di progetti «faro» di economia circolare.
  In merito al primo investimento, è necessario ridurre il divario impiantistico registrato in molte regioni del centro-sud Italia, dove il sistema risulta carente di una rete funzionale di raccolta e trattamento, con lo scopo di consentite all'intero Paese di raggiungere i target di raccolta e riciclo fissati dalla normativa europea. Per il secondo investimento, i progetti si rivolgono a settori caratterizzati da forte valore aggiunto, considerata la tipologia di rifiuti che gestiscono tra i quali quello delle plastiche.
  Pertanto, il Governo, nella definizione delle politiche, pone attenzione al tema delle bio-plastiche e attraverso gli strumenti normativi assumerà le iniziative più idonee per implementare la filiera e per la gestione di questa tipologia di materiale.
  

Il Ministro della transizione ecologica: Roberto Cingolani.


   RIBOLLA, ZOFFILI, BILLI, CECCHETTI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI e SNIDER. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la polizia inglese ha affermato che, al termine della partita di calcio finale degli Europei a Londra, si sono verificate molte aggressioni ai danni dei tifosi italiani che festeggiavano la vittoria dell'Italia;

   non sono stati attacchi di massa, ma sono stati tanti e soprattutto mirati: molti tifosi hanno riferito al giornale inglese «The Independent» che sono state indirizzate ingiurie a sfondo xenofobo contro i tifosi italiani presenti nello stadio di Wembley a Londra, dove si è giocata la finale;

   la «Football Association» ha aperto un'indagine su questo caso e sul fatto che simili comportamenti siano stati tenuti dai tifosi inglesi anche durante la semifinale con la Danimarca;

   la Uefa, dal canto suo, ha iniziato un procedimento disciplinare contro la «Football Association» che include un'indagine indipendente sull'invasione di campo, il lancio di oggetti, gli atti di disturbo durante l'esecuzione dell'inno nazionale italiano e sull'uso di fuochi d'artificio;

   i dati della polizia mostrano come il numero degli incidenti relativi alla partita di calcio della finale degli Europei 2020 ammontino a 875 casi, con 246 arresti, più del doppio rispetto a qualsiasi altro torneo calcistico precedente;

   un'altra indagine è stata aperta dalla «UK Football Policing Unit» (Ukfpu) per abusi razziali nei confronti dei giocatori stessi: i controlli avverranno anche tramite l'identificazione degli indiziati attraverso le piattaforme sui social network e gli eventuali fascicoli aperti saranno passati alle forze di polizia locale al fine di operare congiuntamente al Servizio della procura della Corona (Crown Prosecution Service) per perseguire gli eventuali reati contestati –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare nei confronti del Governo britannico al fine di promuovere il riconoscimento del Daspo internazionale a eseguito di denuncia per i fatti incresciosi avvenuti contro i nostri connazionali richiamati in premessa.
(4-09940)

  Risposta. — Nei giorni immediatamente successivi alla finale della competizione calcistica Euro2020, disputata l'11 luglio scorso presso lo stadio di Wembley a Londra tra Italia e Inghilterra, sono circolate sui media notizie relative al presunto coinvolgimento di tifosi italiani quali vittime di incidenti avvenuti a margine dell'evento sportivo.
  L'ambasciata d'Italia a Londra ha subito contattato formalmente il
Foreign Commonwealth and Development Office (Fcdo) chiedendo che fossero fatte verifiche puntuali su quanto riferito dalla stampa.
  Con nota verbale del 23 luglio, il Fcdo ha dichiarato che dai dati in possesso della UK Football Policing Unit non emergevano rapporti di assalti a tifosi italiani nelle vicinanze o all'interno dello stadio di Wembley in data 11 luglio.
  Anche il consolato generale a Londra ha effettuato le opportune verifiche, mantenendosi in contatto continuo con le autorità di polizia britanniche e domandando alla rete consolare onoraria di riferire di ogni episodio verificatosi nelle rispettive aree di competenza a seguito della partita.
  Ad esito di tali attività, non sono emersi elementi di specifico rilievo.
  L'ambasciata ed il consolato generale a Londra ad oggi non hanno ricevuto segnalazioni in merito ad aggressioni o episodi di violenza a danno di cittadini italiani avvenuti in concomitanza con la finale degli europei.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   SARRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il tribunale civile di Roma, con sentenza n. 38405/2002, accoglieva il ricorso – promosso nel 1995 – dai signori Rega ed altri, condannando la Banca di Roma e Lupoli Gabriele alla restituzione delle somme in precedenza indebitamente trattenute;

   detta decisione veniva confermata dalla corte di appello di Roma con sentenza n. 1900/2011;

   in ragione della protrazione ingiustificata del giudizio, i medesimi ricorrenti invocavano l'equa riparazione contemplata dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 (cosiddetta Legge Pinto);

   la corte di appello di Perugia, con decreto n. 6295 del 7 novembre 2017, riconosceva fondata la richiesta di risarcimento, condannando il Ministero della giustizia al pagamento, nella misura determinata nel medesimo decreto, dell'indennizzo per danno non patrimoniale in favore dei ricorrenti;

   a tutt'oggi, nonostante reiterati solleciti, ed a distanza di oltre 25 anni dall'avvio dell'azione giudiziaria originaria, a quanto consta all'interrogante, nulla sarebbe stato ancora corrisposto agli interessati –:

   quali siano le ragioni del ritardo di cui in premessa e quali correttivi si intendano attivare per consentire una sollecita liquidazione del dovuto, e più in generale, quali iniziative di competenza si reputi necessario adottare per definire un sistema di pagamento delle riparazioni dovute ai cittadini pregiudicati dalla irragionevole durata del processo.
(4-08794)

  Risposta. — Con l'interrogazione parlamentare in esame si chiede di conoscere le ragioni del ritardo nella liquidazione delle somme riconosciute ai signori Rega ed altri a titolo di equa riparazione per la irragionevole durata del giudizio di merito che li ha visti coinvolti, e più in generale, le iniziative adottate per garantire un efficace sistema di pagamento degli indennizzi ex legge Pinto.
  Con specifico riferimento alla liquidazione del decreto richiamato dall'interrogante depositato in data 7 novembre 2017 dalla Corte di appello di Perugia, va rilevato che lo stesso non è stato ancora lavorato non essendo mai state acquisite al Protocollo – secondo le risultanze disponibili – le dichiarazioni relative ai ricorrenti e al procuratore antistatario richieste dall'articolo 5-
sexies della legge n. 89 del 2001 ai fini del pagamento.
  Al riguardo, l'articolo 5-
sexies della legge n. 89 del 2001 cit. (come introdotto dalla legge di stabilità 2016) dispone che sia obbligo del creditore di trasmettere all'amministrazione debitrice le dichiarazioni e la documentazione richieste dalla legge e che, in caso di mancato (od irregolare) assolvimento dei suddetti obblighi informativi, remissione dell'ordine di pagamento non è consentita e il termine di mesi sei riconosciuto alla pubblica amministrazione per adempiere non inizia a decorrere. È quanto accaduto nel caso oggetto della presente interrogazione parlamentare, in cui la mancata trasmissione da parte creditrice delle dichiarazioni richieste dalla legge, costituendo la trasmissione delle stesse «conditio iuris» per il successivo pagamento da parte della pubblica amministrazione, ha precluso l'emissione dell'ordine di pagamento e dunque la stessa lavorazione della pratica.
  Al fine di procedere alla liquidazione del dovuto, il Ministero provvederà ad informare con nota scritta il procuratore dei ricorrenti della necessità di trasmettere le dichiarazioni e la documentazione prescritte dalla legge.
  In linea generale, le misure che il Ministero della giustizia ha concretamente adottato al fine di evitare la mancata esecuzione di giudicati in danno dei cittadini e, correlativamente, l'incremento del debito pubblico in danno dello Stato, sono state individuate nell'atto di indirizzo politico-istituzionale per l'anno 2021. Tra gli obiettivi strategici indicati in tale atto programmatico rientra quello di rendere stabilmente più rapida la corresponsione delle somme liquidate a titolo di equa riparazione
ex legge Pinto in favore della persona che abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale a causa dell'eccessiva durata di un processo.
  In data 18 febbraio 2020, è stato, intatti, sottoscritto un accordo di collaborazione, ex articolo 15 legge n. 241 del 1990, tra Ministero della giustizia e Banca d'Italia che, affidando a Banca d'Italia il compito di svolgere una parte delle attività inerenti la procedura di pagamento dei decreti Pinto, persegue il raggiungimento del risultato di abbattere o, quanto meno, ridurre in maniera significativa il debito Pinto, trattandosi di una prospettiva concretamente fondata sugli esiti positivi del precedente (analogo) accordo stipulato tra Ministero e Banca d'Italia nel 2015 e scaduto in data 31 dicembre 2018, la cui vigenza aveva determinato una consistente riduzione del debito di che trattasi (da euro 456 milioni al 1° gennaio 2015 ad euro 328 milioni al 31 dicembre 2018). Pertanto, il pieno ed effettivo avvio del nuovo accordo ha consentito a partire dagli inizi dell'anno in corso, e consentirà ancor più nei prossimi mesi, di imprimere maggior celerità all'esecuzione dei pagamenti ex legge Pinto.
  Si deve, inoltre, segnalare che per la medesima finalità di efficienza è stata potenziata la dotazione organica dell'Ufficio del ministero deputato all'attività in questione.
  Ulteriori iniziative volte ad assicurare un'accelerazione dei tempi di pagamento e, dunque, una rapida corresponsione degli indennizzi ex legge Pinto attengono all'adozione di soluzioni informatizzate.
  Trattasi di progetti (in avanzata fase di elaborazione), volti a rendere più celere lo scambio dei dati tra Ministero e Banca d'Italia ai fini dell'esecuzione della convenzione sottoscritta il 18 febbraio 2020 di cui sopra s'è detto, nonché a sperimentare l'impiego di sistemi di intelligenza artificiale che consentano la creazione automatica del fascicolo informatizzato sul Protocollo Calliope e il trattamento (in tutto o almeno in parte) dei dati per il pagamento.
  

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   SCANU. — Al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo. — Per sapere – premesso che:

   è di pochi giorni fa la conferma della notizia del trasferimento dal museo archeologico di Cabras di alcune statue dei Giganti di Mont'e Prama e di altri reperti che la Soprintendenza all'archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e Sud Sardegna intende sottoporre a restauro in un laboratorio di Cagliari;

   il comune di Cabras, territorio di scoperta di tali reperti, ha già subito negli anni il trasferimento della maggior parte delle statue al museo archeologico nazionale di Cagliari. Per questo l'ulteriore paventato smembramento del complesso scultoreo è stato percepito dal comune e da tutta la comunità come l'ennesimo tentativo di spoglio di un bene identitario attorno al quale si è cercato di costruire un percorso di sviluppo, a danno di un'economia legata al turismo archeologico ormai consolidato nell'area;

   allontanare le statue dal territorio significherebbe ridurre fortemente l'offerta culturale proposta al visitatore ed accettare il rischio di vedere ancora una volta depauperato il territorio delle sue ricchezze. In altre parole, significherebbe mortificare non solo l'archeologia, ma con essa la storia, la cultura e l'identità dei sardi a detrimento dei beni archeologici, la cui attrattività funge anche da argine allo spopolamento del territorio;

   tra l'altro, la regione Sardegna non ha facilitato l'attuazione dell'accordo di valorizzazione del luglio 2017, che prevedeva l'istituzione della Fondazione Mont'e Prama per la gestione del piano di sviluppo di un percorso culturale incentrato sul complesso scultoreo e sul sito di Mont'e Prama. La Fondazione avrebbe dovuto incentivare e promuovere la collaborazione con università, accademie e centri di ricerca e restauro, nazionali e internazionali, e soprattutto, mantenere la potestà delle statue in seno al suo direttivo e, dunque, ai rappresentanti del territorio;

   il venir meno della sua istituzione ha contribuito ad ostacolare la possibilità per il museo comunale di operare come centro di restauro in loco del patrimonio archeologico in oggetto;

   neppure la proposta del sindaco di farsi carico delle spese di allestimento di un laboratorio nel Museo civico per evitare il trasferimento delle statue, ha scongiurato il pericolo per Cabras di restare anche solo temporaneamente orfana dei «suoi» Giganti;

   è necessario, quindi, attivarsi a livello ministeriale per consentire che i reperti in questione possano essere restaurati presso il Museo archeologico Giovanni Marongiu di Cabras, in un allestimento visitabile dal pubblico;

   il restauro in loco delle statue dei Giganti può certamente rappresentare un'ulteriore attrattiva turistica di rilancio per il polo museale di Cabras e del sito di Mont'e Prama;

   le fasi del recupero potrebbero così divenire un importante momento culturale e turistico in grado di rispondere all'effettivo valore che le sculture attestano nel loro insieme, tenuto conto che i beni archeologici de quibus costituiscono un corpo unico e indiviso con il sito di appartenenza;

   occorre comunque un impegno preventivo da parte della Soprintendenza incaricata a riportare a Cabras le antiche sculture, una volta terminate le operazioni di restauro –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire che le programmate attività di restauro delle statue dei Giganti di Mont'e Prama vengano effettuate presso lo stesso Museo archeologico Giovanni Marongiu di Cabras in cui sono attualmente esposte in un allestimento visitabile dal pubblico, al fine di evitare l'ulteriore smembramento dell'inestimabile patrimonio archeologico di Mont'e Prama, e garantendo comunque e preventivamente, in caso di spostamento, il ricollocamento delle statue presso il museo di Cabras.
(4-08240)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo indicato in esame, con il quale l'interrogante ha chiesto notizie sul restauro di alcune statue dei Giganti di Mont'e Prama e di altri reperti presenti nel museo archeologico di Cabras.
  Più precisamente, l'onorevole interrogante chiede «quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di garantire che le programmate attività di restauro delle statue dei Giganti, di Mont'e Prama vengano effettuate presso lo stesso museo archeologico Giovanni Marongu di Cabras in cui sono attualmente esposte in un allestimento visitabile dal pubblico, al fine di evitare l'ulteriore smembramento dell'inestimabile patrimonio archeologico di Mont'e Prama, e garantendo comunque e preventivamente, in caso di spostamento, il ricollocamento delle statue presso il museo di Cabras»;
  sulla base degli elementi acquisiti per il tramite della direzione generale archeologia, belle arti e paesaggio e della soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Cagliari e le province di Oristano e sud Sardegna (Sabap-Ca), si rappresenta quanto segue.
  Attualmente, presso il museo di Cabras è esposto un cospicuo numero di statue e di modelli di nuraghe provenienti dai sito di Mont'e Prama. Una parte è di competenza del polo museale della Sardegna, la restante, composta dai reperti provenienti dalle indagini archeologiche condotte sul sito tra il 2014 e il 2016, della Soprintendenza.
  L'intervento conservativo in oggetto, i cui costi sono a carico di questo Ministero, interessa materiali provenienti dagli scavi compiuti nel sito di Mont'e Prama nel 2016. La scelta di effettuarlo presso il laboratorio di restauro della Sabap-Ca è la più idonea per assicurare l'assolvimento dei compiti di tutela in capo alla Soprintendenza stessa, nel rispetto dei principi di economicità, efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa, così come sanciti dall'articolo 1 della legge n. 241 del 1990.
  Il restauro non è più prorogabile e appare fondamentale anche per garantire la futura fruizione e valorizzazione dei reperti, che rivestono una grande rilevanza sul piano storico-archeologico e costituiscono fonte di grande interesse per il pubblico. L'intervento determinerà quindi un effetto positivo per l'offerta culturale e l'attrattiva turistica del museo archeologico di Cabras, presso cui i reperti saranno ricollocati.
  Sul punto, si evidenzia che, con la recente costituzione della Fondazione Mont'e Prama, è venuto meno il clima di tensione cui fa riferimento l'onorevole interrogante, legato al timore della comunità locale e dei suoi amministratori per il mancato riposizionamento delle sculture presso il loro sito originario dopo la fine dei lavori di restauro a Cagliari.
  L'atto costitutivo della Fondazione è stato firmato il primo luglio, a Cabras, dal Ministro Dario Franceschi, il presidente della regione autonoma della Sardegna, Christian Solinas, e il sindaco di Cabras, Andrea Abis.
  Il Ministero della cultura conferirà alla fondazione: il complesso delle sculture di Mont'e Prama; Fimmobile realizzato in funzione dell'ampliamento del museo archeologico di Cabras, con un finanziamento di tre milioni di euro nell'ambito del programma d'interventi previsti dal Piano strategico «grandi progetti beni culturali», annualità 2015/2016; l'area archeologica di Tharros, la Torre di San Giovanni e l'ipogeo di San Salvatore. Pertanto, una volta terminati i lavori di ampliamento del Museo, si assisterà al ricongiungimento dei reperti: vi verranno esposte non solo le statue attualmente presenti ma anche quelle al momento esposte a Cagliari.
  Obiettivi della fondazione saranno, tra gli altri: la predisposizione e attuazione del piano strategico di sviluppo turistico-culturale e di valorizzazione, anche paesaggistica, del «Sistema di valorizzazione integrata territoriale del SInis – Terra di Mont'e Prama»; il potenziamento dei servizi offerti al pubblico, sia in termini di accoglienza sia di promozione della conoscenza; la definizione di un piano di manutenzione programmato dei beni conferiti, in accordo con la Sabap-Ca; l'organizzazione di attività didattiche e formative capaci di avvicinare il pubblico al patrimonio culturale; l'ideazione e la realizzazione di iniziative di ricerca, studio, documentazione, informazione ed educazione, incentivando la collaborazione con università, accademie e centri di ricerca e restauro nazionali e internazionali.
  

La Sottosegretaria di Stato per la cultura: Lucia Borgonzoni.


   SCANU, VILLANI e CADEDDU. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   i colossali incendi che hanno devastato la provincia di Oristano, in Sardegna, hanno messo in moto la macchina dell'emergenza ed in particolare sono risultati determinanti i Canadair;

   grazie ad uno sforzo congiunto anche internazionale questi preziosi aerei antincendio sono stati impiegati in questi giorni nello spegnimento del grande rogo sul Montiferru e la Planargia;

   la logistica ha visto utilizzati per atterraggi, decolli e rifornimento gli aeroporti di Olbia ed Alghero;

   molti però si sono chiesti perché, vista l'eccezionale situazione, non si possa attivare lo scalo oristanese di Fenosu che dista pochi minuti di volo dalla zona delle operazioni;

   ciò consentirebbe risparmi di risorse pubbliche e una maggiore celerità negli interventi di spegnimento degli incendi;

   mancano però le autorizzazioni da parte del Ministero e dell'Enac, mentre tecnicamente i Canadair potrebbero atterrare o decollare in sicurezza, nonostante le ridotte dimensioni della pista, quantomeno in una situazione di emergenza come quella che si registra;

   lo scalo di Fenosu è già utilizzato da diverso tempo dal Corpo dei vigili del fuoco a supporto del Reparto volo della polizia di Stato, deponendo, ciò a favore dell'accreditamento dell'aeroporto da parte della Protezione civile;

   anche il recente passaggio alla gestione privata non osta, ma anzi può favorire un utilizzo di questa importante risorsa per ospitare i Canadair ed altri elivelivoli necessari per la gestione delle emergenze sul territorio –:

   se si intenda autorizzare l'utilizzo dello scalo di Fenosu per i Canadair della Protezione civile.
(4-10008)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli interroganti chiedono se si intenda autorizzare l'utilizzo dello scalo aereo di Fenosu per i Canadair della protezione civile.
  Al riguardo, sulla base delle informazioni fornite dalla direzione generale per gli aeroporti e il trasporto aereo e dal Ministero dell'interno, si rappresenta quanto segue.
  Attualmente l'aeroporto di Fenosu, in provincia di Oristano, non è idoneo ad accogliere i velivoli canadair CL-415 per diversi motivi di carattere tecnico:
  - la lunghezza utile della pista è insufficiente per i canadair;
  - l'area di stazionamento per gli aeromobili (Apron), necessaria per l'imbarco, il carico, lo scarico e il rifornimento ha dimensioni sufficienti ad accogliere un solo canadair;
  - l'unica pista di rullaggio per il trasferimento dalla pista di decollo/atterraggio verso il piazzale di stazionamento ha una larghezza inferiore all'apertura alate dei Canadair;
  - la pista ha una resistenza al peso insufficiente a sostenere il carico di un canadair CL 415 in assetto antincendio - boschivo;
  Si evidenzia altresì che l'aeroporto di Fenosu:
  - è idoneo per il solo traffico aereo con volo a vista;
  - il servizio sanitario è disponibile solo in presenza di voli commerciali, previo preavviso di 12 ore dal momento della necessita;
  - il rifornimento è possibile solo in alcuni periodi della giornata, mentre in altre fasce orarie è necessario un preavviso di 90 minuti;
  - in caso di emergenza, non è disponibile alcun veicolo per la rimozione di aeromobili in difficoltà;
  - l'ente di controllo del traffico non è presente;
  Tanto premesso, la società di gestione aeroporti oristanesi Sogeaor ha già avviato sia l'iter per l'ottenimento dell'autorizzazione necessaria per la riattivazione dello scalo che la richiesta di concessione ventennale per l'aviazione generale.
  La stessa società, considerata la posizione baricentrica dell'aeroporto nell'isola e le positive ricadute che tale peculiarità potrebbe comportare in termini di tempestività, copertura ed economicità degli interventi, si è dichiarata disponibile a riorganizzare l'aeroporto – oltre che per l'operatività dei mezzi aerei antincendio – come base logistica anche per le attività ordinarie di protezione civile non strettamente legate a situazioni di mera emergenza.

Il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili: Enrico Giovannini.


   SENSI e BRAGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i sistemi di riconoscimento facciale sono sempre più diffusi nel mondo nonostante i dubbi che sussistono in merito alla loro efficienza e ai rischi per la privacy dei cittadini;

   l'utilizzo di questa tecnologia inizia ad essere sperimentata anche in Italia, in un quadro di tutele giuridiche non sufficientemente definito, nonostante il regolamento europeo sui dati personali, regolamento 2016/679 UE (Gdpr);

   il Comitato europeo per la protezione dei dati (European Data Protection Board – Edpb) ha soltanto di recente, il 29 gennaio 2020 adottato la versione definitiva delle linee guida sui trattamenti di videosorveglianza – Guidelines 3/2019 on processing of personal data through video devices – che chiariscono in quali termini il regolamento 2016/679 UE (Gdpr) si applichi al trattamento dei dati personali mediante dispositivi video e anche di raccolta di immagini fotografiche;

   in questa situazione, diversi comuni italiani, progettano di evolvere i loro sistemi di videosorveglianza in veri e propri sistemi di riconoscimento facciale, con l'utilizzo di dati biometrici;

   il comune di Como sembra essere tra quelli con il progetto più avanzato, come segnalato da diversi organi di stampa, da ultimo il sito Wired (https://www.wired.it) che ha dedicato alla discussa iniziativa una vera e propria indagine;

   il sistema di videosorveglianza comasco permette la visualizzazione in tempo reale di immagini, la funzione di riconoscimento facciale e quella di rilevamento automatico di loitering (bighellonaggio), di oggetti rimossi e tripwire (ovvero lo sconfinamento all'interno di un'area proibita);

   i server, gli access point, i firewall, le videocamere e la piattaforma software che gestisce il sistema di riconoscimento facciale sono prodotti dalla società cinese Huawei, mentre A2a si è occupata della configurazione del sistema e della posa in opera;

   il sistema permette anche di generare degli alert in caso di situazioni anomale, e il riconoscimento facciale – secondo quanto denuncia l'inchiesta di Wired – prevede la possibilità di «cercare un soggetto presente in una blacklist» e inviare alert in tempo reale;

   l'offerta tecnica di A2a Smart City sottolinea letteralmente come il sistema possa «rilevare facce per persone di colore bianco, giallo e nero» (letterale nei documenti, così Wired) ma nella valutazione d'impatto «postuma» non si tiene in considerazione il problema dell'invasività del riconoscimento facciale, dei rischi legati ai bias e ai falsi positivi insiti nella tecnologia stessa –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito alle decisioni assunte dal comune di Como di installare un sistema di riconoscimento facciale e – nel caso fossero confermate – se le ritenga conformi alla normativa vigente;

   se non ritenga, in ogni caso, urgente adottare iniziative di competenza per uniformare le condizioni per il ricorso a dati biometrici, come definiti dal regolamento (Ue) 2016/679 (Gdpr), da parte degli enti territoriali, in particolare per le funzioni di polizia giudiziaria riservate alla polizia locale, oltre che per assicurare le necessarie garanzie a tutela dei diritti costituzionali dei cittadini.
(4-05966)


   SENSI e SERRACCHIANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   i sistemi di riconoscimento facciale, come segnalato in precedenti interrogazioni sul tema, sono sempre più diffusi, malgrado le preoccupazioni crescenti in merito alla loro efficienza e ai rischi per la privacy e i diritti civili dei cittadini;

   è di queste ultime settimane il passo indietro compiuto da diverse aziende sull'onda delle proteste seguite in tutto il mondo all'uccisione di George Floyd a Minneapolis (Usa). La prima è stata l'Ibm, che in una lettera al Congresso Usa, ha comunicato di voler uscire dal business del generico riconoscimento facciale e di opporsi all'utilizzo di tale tecnologia per sorveglianza di massa e profilazione razziale. Poi è stata la volta di Amazon, che ha istituito una moratoria di un anno sull'uso da parte della polizia di Rekognition, il suo software di riconoscimento facciale basato sul cloud. Infine la Microsoft, che ha comunicato la decisione di non vendere tecnologie di riconoscimento facciale ai dipartimenti di polizia americana, finché non ci sarà una legge che le regolamenti e che tenga conto dei diritti umani;

   altrettanta attenzione e sensibilità alla privacy e ai diritti civili non sembra avvertita da alcuni amministratori locali italiani che, in assenza di norme sufficientemente chiare, stanno progettando l'installazione di massa nelle città italiane di sistemi di riconoscimento facciale, che prevedono il trattamento senza autorizzazione dei dati biometrici;

   in una precedente interrogazione (n. 4-05966), ancora senza risposta, era stata richiamata l'attenzione su quanto sta accadendo a Como, ora è la volta di Udine;

   l'assessore alla sicurezza del comune di Udine, Alessandro Ciani, ha annunciato l'installazione di nuovo sistema di videosorveglianza, con 67 nuove telecamere, che vanno ad aggiungersi alle 75 già presenti in città e 11 sistemi di lettura targhe. Ma la vera novità di questo intervento è nella volontà di «implementare gli strumenti di video-analisi, come il riconoscimento di mezzi e individui (e un domani il riconoscimento facciale) sulla base di filtri come l'età, il sesso, gli abiti, l'orario, attraverso l'utilizzo di software di analisi forense...» (http://www.udinetoday.it);

   il regolamento europeo sulla protezione dei dati (Gdpr) considera quelli biometrici tra i più delicati e prevede che il trattamento sia vietato, salvo alcune deroghe specifiche, perché la raccolta a distanza attraverso le telecamere è estremamente invasiva e – come ha evidenziato Giuseppe Busia, segretario generale del Garante per la protezione dei dati personali – realizza «una sorveglianza globale, continua e massiva» (la Stampa, 18 gennaio 2020);

   queste tecnologie «permettono il monitoraggio, raccolta, conservazione, analisi e utilizzo di altri dati personali sensibili (dati biometrici) di massa senza un ragionevole e individualizzato sospetto di reato», e questo altro non è che «sorveglianza di massa indiscriminata», ricorda Amnesty International –:

   di quali elementi disponga il Governo in merito alle decisioni assunte dal comune di Udine di installare un sistema di riconoscimento facciale e se le ritenga conformi alla normativa vigente;

   se non ritenga, in ogni caso, urgente, anche alla luce di quanto si sta verificando in altri comuni, adottare iniziative di competenza per uniformare le condizioni per il ricorso a dati biometrici, come definiti dal regolamento (Ue) 2016/679 (Gdpr), da parte degli enti territoriali, in particolare per le funzioni di polizia giudiziaria riservate alla polizia locale, oltre che per assicurare le necessarie garanzie a tutela dei diritti costituzionali dei cittadini.
(4-06107)

  Risposta. — Con riferimento agli atti di sindacato ispettivo in esame, si osserva preliminarmente che la biometria e, più in generale, l'impiego crescente dell'intelligenza artificiale in tutti gli ambiti della vita sociale e individuale ha un impatto profondo sulle società contemporanee. Questa situazione pone agli Stati inediti problemi etico-politici e complesse implicazioni di carattere giuridico, anche per l'inestricabile sovrapposizione tra ordinamenti diversi (nazionale, europeo, internazionale). È, infatti, evidente che in gioco non sono solo lo sviluppo e la competitività mondiale, ma anche e, soprattutto, la tenuta dei principi democratici. Di qui le strategie, poste in essere dagli Stati e dalle organizzazioni internazionali, per guidare l'impatto delle tecnologie nel modo migliore, valorizzandone i benefici e minimizzandone i possibili rischi.
  Tanto premesso in via generale, si informa che il decreto-legge n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, nella legge n. 48 del 2017, individua, tra gli strumenti di prevenzione e di contrasto dei fenomeni di criminalità diffusa, nell'ambito dei «patti per l'attuazione della sicurezza urbana» sottoscritti tra il prefetto e il sindaco, l'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza urbani, che possono essere realizzati dagli enti locali, anche avvalendosi di risorse statali previste dalla stessa legge, in esito a una specifica procedura concorsuale definita con apposito decreto interministeriale.
  Al riguardo, si precisa anche che, nelle «Linee generali delle politiche per la promozione della sicurezza integrata», approvate in sede di Conferenza unificata in data 24 gennaio 2018, sono forniti specifici indirizzi sul tema dei sistemi di sicurezza tecnologica finalizzati al controllo delle aree e delle attività soggette a rischio.
  Inoltre, le successive «Linee guida per l'attuazione della sicurezza urbana», adottate in data 26 luglio 2018, con accordo sancito in Conferenza Stato-città e autonomie locali, dedicano alla questione un apposito paragrafo, evidenziando che «la cooperazione tra forze di polizia e polizia locale trova nella gestione dei sistemi di videosorveglianza una delle attuazioni concrete e contribuisce a innalzare le attuali aspettative in termini di sicurezza delle città». Si ricorda pure che la direttiva del Ministro dell'interno del 2 marzo 2012 richiamata nelle «Linee generali» — che fa seguito alla circolare dell'8 febbraio 2005 «Sistemi di videosorveglianza» e alla circolare del 6 agosto 2010 «Sistemi di videosorveglianza» — definisce i profili amministrativi e tecnici, rimandando per ogni aspetto in materia al Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal prefetto, competente a esprimere un preventivo parere sui progetti di videosorveglianza urbana presentati dai comuni.
  È importante sottolineare che la direttiva in esame tiene conto del provvedimento generale del Garante per la protezione dei dati personali in materia di videosorveglianza dell'8 aprile 2010, che, a oggi, resta il punto di riferimento in relazione agli importanti profili inerenti alla
privacy.
  Il Garante per la protezione dei dati personali, nel confermare il citato impianto normativo, ha chiarito che il ricorso a sistemi di riconoscimento facciale, se funzionale ad attività di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché ad attività di salvaguardia e prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica, rientra nella portata applicativa della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, recepita dall'Italia con decreto legislativo n. 51 del 2018. Tale disciplina si applica anche al trattamento dei dati personali svolto da enti pubblici territoriali, a fini di tutela preventiva della sicurezza urbana, di cui all'articolo 4 del decreto-legge n. 14 del 2017, convertito, con modificazioni, nella legge n. 48 del 2017.
  Tuttavia, il Garante ha altresì precisato che l'articolo 7 del citato decreto n. 51 del 2018 subordina l'ammissibilità del trattamento di particolari dati — e, cioè, i dati personali menzionati nell'articolo 9 del regolamento (UE) 2016/679, tra i quali figurano anche quelli biometrici — alla sussistenza di una specifica previsione normativa.
  E in proposito il Garante ha ritenuto non sufficiente, a tali fini, la previsione di cui all'articolo 6, comma 7, del decreto-legge n. 11 del 2009, convertito, con modifiche, nella legge n. 38 del 2009 che, di per sé, si limita a consentire l'installazione di videocamere per fini di tutela della sicurezza urbana.
  Di conseguenza, sulla scorta di tale ricostruzione del quadro normativo di settore e sulla base delle segnalazioni ricevute, il Garante ha aperto istruttorie nei confronti di alcuni comuni, in relazione ai progetti da essi avviati per l'installazione dei sistemi di videosorveglianza.
  In particolare, per quanto riguarda il comune di Como — cui si fa riferimento nell'interrogazione n. 4-05966 — il progetto per l'implementazione di un sistema di videosorveglianza prevedeva la sostituzione degli impianti obsoleti e l'attivazione di 16 nuove videocamere dotate di tecnologia per il riconoscimento facciale. Con provvedimento del 26 febbraio 2020, ai sensi dell'articolo 37 del decreto legislativo del 18 maggio 2018, n. 51, il Garante per la protezione dei dati personali ha ingiunto al comune di Como di conformarsi, nel trattamento del dato biometrico operato dall'impianto in questione, a quanto prescritto dalla normativa in materia di protezione dei dati personali. In ottemperanza a tale prescrizione, il comune ha disabilitato la funzione sperimentale di riconoscimento facciale e il nuovo impianto opera ora in termini di mera videosorveglianza per finalità di sicurezza urbana.
  Per quanto riguarda il progetto del comune di Udine — menzionato nell'interrogazione n. 4-06107 — esso risulta in fase di aggiudicazione di appalto e, da interlocuzioni con il comune, è emerso che la funzione di riconoscimento facciale era stata solo ipotizzata in sede di valutazione del progetto, tanto che, nella relazione tecnica del progetto stesso, è specificato che la medesima funzione, pur essendo disponibile come funzionalità del
software, non sarà avviata, se non a seguito di specifica autorizzazione da parte del Garante della privacy.
  Si evidenzia infine, in relazione alla proposta di legge A.C. 3009, recante «Sospensione dell'installazione e dell'utilizzazione di impianti di videosorveglianza con sistemi di riconoscimento facciale operanti attraverso l'uso di dati biometrici in luoghi pubblici o aperti al pubblico», attualmente all'esame della Camera dei deputati, che la posizione del Garante — sulla base di quanto disposto dal già citato regolamento (UE) 2016/679, dalla direttiva (UE) 2016/680, dall'articolo 52 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e in linea con quanto stabilito dal Consiglio d'Europa — è orientata nel senso di ritenere di estrema delicatezza l'utilizzo di tecnologie di riconoscimento facciale per finalità di prevenzione e repressione dei reati. La normativa in materia di
privacy stabilisce, infatti, rigorose cautele per i trattamenti di dati biometrici e per particolari categorie di dati, i quali devono trovare giustificazione in una adeguata base normativa.
  In conclusione, lo sforzo del Governo, rispetto alla complessa
governance del sistema e al rischio di pervasività dei nuovi strumenti di controllo, è volto a definire, in un contesto di necessaria coerenza con i corrispondenti sviluppi regolativi sul piano sovranazionale, regole capaci di coniugare livelli crescenti di benessere, resi possibili dalla tecnologia, con i principi basilari e i diritti fondamentali di libertà di una società aperta.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   SIRAGUSA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   secondo la legislazione vigente (articolo 1, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 91) è italiano chi è figlio di cittadino italiano. La circolare K 28.1 dell'8 aprile 1991 del Ministero dell'interno aveva, in particolare, formalizzato le modalità di riconoscimento dello status civitatis ai cittadini stranieri di ceppo italiano, sottolineando la possibilità che i discendenti dei nostri emigrati, senza alcun limite di generazioni, potessero essere investiti della cittadinanza italiana; al riguardo, giova evidenziare come sia fondato giuridicamente il riconoscimento della cittadinanza anche ai discendenti di un soggetto emigrato da uno degli Stati preunitari prima della proclamazione del Regno d'Italia, a condizione che lo stesso fosse vivente alla data del 17 marzo 1861. La trasmissione della cittadinanza può avvenire anche per via materna, ma solo per i figli nati dopo il 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione;

   soltanto tra il 1998 e il 2010, secondo un articolo dello scorso anno (The Economist, The Problem of the EU's «GoldenPassports», 26 settembre 2020; la traduzione è disponibile su Internazionale, Un passaporto dell'Unione europea vale oro, 1° ottobre 2020), un milione di persone ha ottenuto un passaporto italiano in questo modo;

   le richieste della cittadinanza italiana da parte degli oriundi sembra siano in alcuni Paesi così numerose da compromettere addirittura l'operatività dei servizi consolari; ciò accade in particolare nei Paesi sudamericani, nei quali maggiore è la richiesta di cittadinanza iure sanguinis;

   nel corso del 2021 il consolato di Caracas sembra aver avviato una massiccia campagna informativa rivolta ai discendenti italiani, volta a promuovere il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis degli stessi. In particolare, è nota agli interroganti la pubblicazione, sulla pagina Facebook del suddetto consolato, di un post ripubblicato settimanalmente con questo fine, il cui testo – ad ogni pubblicazione minimamente variato – recita: «Cari discendenti di Italiani, Vi stiamo aspettando per ricevere la documentazione completa per riconoscere la vostra CITTADINANZA ITALIANA iure sanguinis!!![...] Dopo che il cittadino adulto ha consegnato la documentazione e ha pagato la quota di 212.000.000 BS con carta di debito, si RICONOSCE rapidamente la cittadinanza: entro poche settimane (la legge prevede fino a 730 giorni)»;

   negli ultimi tre mesi il testo; del post citato è stato pubblicato undici volte (7 settembre, 28 agosto, 16 agosto, 9 agosto, 27 luglio, 19 luglio, 10 luglio, 28 giugno, 22 giugno, 15 giugno, 8 giugno);

   il 4 agosto 2021 sempre la medesima pagina Facebook pubblicava poi le seguenti parole: «Cari connazionali, inviateci qui vostre foto di Voi felici con il passaporto italiano in mano! Pubblicheremo le più belle per nostri prossimi annunci. Aiutateci ad aiutarvi!»;

   all'interrogante la presente sembrerebbe una vera e propria campagna promozionale per l'ottenimento della cittadinanza italiana e, conseguentemente, della cittadinanza europea;

   essendo note all'interrogante le generali difficoltà di molti consolati dell'America meridionale nel far fronte alle numerose richieste di cittadinanza iure sanguinis, sorprende che il consolato di Caracas riesca a garantire il riconoscimento della cittadinanza italiana in sole poche settimane –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se risulti quali siano le ragioni di una tale campagna social da parte del consolato di Caracas;

   quali siano le statistiche concernenti le pratiche di cittadinanza gestite dal consolato di Caracas (riconoscimenti di cittadinanza effettuati, fascicoli in sospeso) negli ultimi due anni.
(4-10222)

  Risposta. — La Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie della Farnesina ha tempestivamente impartito istruzioni al Consolato generale a Caracas di rivedere i contenuti, la forma e la frequenza dei post della comunicazione sui social media.
  Queste istruzioni hanno avuto l'obiettivo di uniformare il linguaggio e lo stile della comunicazione istituzionale del Consolato generale a Caracas, specialmente in materie delicate, a quello dell'Amministrazione centrale e del resto della rete diplomatico-consolare, al fine di evitare di generare percezioni fuorvianti nell'utenza.
  Per quanto riguarda le statistiche richieste, il Consolato generale a Caracas ha riferito che gli adulti riconosciuti cittadini
iure sanguinis nel 2019 sono 975, nel 2020 1.476, mentre nei primi otto mesi del 2021 risultano essere 2.344.1 fascicoli in sospeso sono circa 100.
  L'emigrazione italiana in Venezuela è più recente rispetto ad altri Paesi latinoamericani. Ciò comporta che la procedura per il riconoscimento della cittadinanza italiana sia, nella maggior parte dei casi, più veloce se paragonata ad altre realtà del Sud America, dove l'emigrazione italiana è più risalente nel tempo.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   SPESSOTTO, CABRAS, SARLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del turismo, al Ministro della cultura. — Per sapere – premesso che:

   a maggio 2016 il Presidente del Consiglio pro tempore Matteo Renzi lanciò il «Progetto Bellezz@ - Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati». Con un appello veniva chiesto a cittadini, associazioni, pro loco, cooperative e realtà territoriali di segnalare, attraverso l'indirizzo di posta elettronica appositamente attivato dal Governo, bellezza@governo.it, un luogo pubblico sul quale intervenire per il bene della collettività;

   con delibera del 1° maggio 2016 del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) sono stati assegnati, a favore di tali interventi, 150 milioni di euro, ciascuno dei quali per un importo non superiore a 10 milioni di euro;

   in attuazione di quanto previsto dalla suddetta delibera, essendo pervenute un numero di segnalazioni tale da richiedere una disponibilità superiore alle risorse assegnate, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2017 è stata istituita una Commissione per la selezione degli interventi segnalati dal territorio, che ha dato mandato ad una Segreteria tecnico-amministrativa di selezionare le 139.689 e-mail arrivate;

   a febbraio 2018, al termine di due prime fasi di selezione, la Commissione ha redatto un elenco di 271 interventi conformi alla delibera Cipe del 2016 e rientranti nelle risorse disponibili e, a settembre 2018 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 settembre 2018, sono state istituite una nuova Commissione e una nuova Segreteria tecnico-amministrativa, questa volta per consentire il completamento dell'istruttoria con l'acquisizione di tutti gli elementi utili, da richiedere ai comuni interessati, per una compiuta valutazione ai fini dell'accesso ai finanziamenti;

   a distanza di quasi cinque anni dal suo esordio, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 febbraio 2021 è stato pubblicato l'elenco dei comuni con esito positivo per gli interventi rientranti nel «Progetto Bellezz@ - Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati». Sono soltanto 22 progetti che otterranno i finanziamenti – per un totale di 16.867.338,25 euro – rispetto ai 271 inizialmente selezionati nel 2018;

   da un articolo pubblicato il 16 giugno 2021 da «Il Fatto Quotidiano», si apprende che, tra i numerosi comuni ancora in attesa di conoscere l'esito della propria domanda, è presente anche il comune di Camposampiero (Padova) che, attraverso la pro loco ha chiesto un finanziamento di 310 mila euro per restaurare la torre medievale di Porta Padova, del 1085. Nonostante il progetto sia rientrato nell'elenco iniziale dei 271 ritenuti conformi e l'invio della documentazione richiesta sia stato effettuato nel rispetto dei tempi, il comune non ha più avuto notizie al riguardo;

   a giudizio dell'interrogante è incomprensibile il lungo iter necessario per la selezione, soprattutto se rapportato a un numero così esiguo di progetti approvati, che comporterà per gli oltre 200 comuni esclusi dagli interventi meritevoli di recupero e restauro, conseguenze economiche dovute alle spese affrontate per la predisposizione dei progetti esecutivi, per gli incarichi ai professionisti, per le anticipazioni finanziarie, che incidono pesantemente sui rispettivi bilanci –:

   se il Governo intenda fornire elementi sui criteri e sulle modalità di selezione che hanno portato all'esclusione degli oltre 200 interventi inizialmente approvati;

   se non si ritenga opportuno, con una successiva iniziativa, dare seguito agli interventi rimasti esclusi così da poter utilizzare pienamente i fondi già stanziati per il «Progetto Bellezz@ - Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati».
(4-09748)

  Risposta. — Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, finalizzata ad avere chiarimenti circa lo stato del progetto «Bellezz@ - Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati» e, in particolare, alla sottoscrizione della convenzione con questo Ministero ai fini della realizzazione dei progetti selezionati, si rappresenta quanto segue.
  Come disposto dal paragrafo 1.2, lettera c), della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica n. 3 del 1° maggio 2016, di approvazione del piano stralcio «Cultura e Turismo», sono stati assegnati 150 milioni di euro a favore di interventi, non superiori a 10 milioni di euro, afferenti al progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@ - Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», da individuare con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
  In tale contesto, la commissione appositamente nominata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri ha selezionato n. 271 interventi e, con decreto del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri dell'8 marzo 2018 sono state definite le condizioni necessarie per la legittimazione a stipulare la convenzione con questo Ministero.
  Successivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2018 è stata istituita la commissione per l'attuazione del progetto «Bellezz@ - Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati», al fine di completare, nell'ambito dell'attuazione di cui al punto 2 della delibera Cipe n. 3 del 1° maggio 2016, l'individuazione degli enti attuatori che accedono alla fase successiva di stipula delle convenzioni con questo Ministero, ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990, concernenti le modalità di erogazione del finanziamento e di verifica degli interventi afferenti al progetto.
  Allo stato attuale, ai sensi del paragrafo 1.2 lettera c) della delibera Cipe n. 3 del 1° maggio 2016, sono stati emanati n. 2 Dpcm – Dpcm 3 settembre 2019 e Dpcm 11 febbraio 2021 – che hanno disposto l'ammissione alla successiva fase di stipula delle convenzioni con questo Ministero di n. 42 interventi (rispetto ai 271 selezionati), elencati nel relativo allegato 1, alla fase di stipulazione delle convenzioni con questo Ministero.
  I Dpcm sono stati contestualmente inviati a mezzo di posta elettronica certificata agli enti attuatori individuati.
  Per i 42 beneficiari individuati con i Dpcm tra i quali non risulta il comune di Camposampiero, questo Ministero ha potuto avviare le proprie attività e sono stati sottoscritti i relativi disciplinari con il Segretariato generale di questo Ministero, che svolge le funzioni di Autorità di gestione del piano stralcio «Cultura e Turismo» FSC 2014-2020, cui fanno riferimento i finanziamenti relativi alla delibera Cipe n. 3 del 1° maggio 2016.
  Si evidenzia che la scrivente, con nota del 15 luglio 2021 indirizzata al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ha richiesto di ricevere aggiornamenti circa le tempistiche concernenti l'approvazione dei progetti rimanenti, e di conoscere le eventuali azioni necessarie per accelerare le relative procedure, tenuto conto che, in un momento storico di grave crisi del Paese, l'attuazione dei progetti in questione potrebbe significare uno stimolo importante per la ripartenza economica.
  Per quanto sopra rappresentato, si ritiene che le attività di competenza di questo Ministero, e quindi la richiamata sottoscrizione della convenzione, possano essere avviate solo a seguito dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione della Commissione per l'attuazione dell'intervento, istituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2018.
  Da ultimo si segnala che, con decreto del 17 settembre 2021 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha approvato la modifica della composizione Commissione per l'attuazione dell'intervento e che la stessa, nella sua rinnovata composizione, si è insediata il 7 ottobre 2021.
  

La Sottosegretaria di Stato per la cultura: Lucia Borgonzoni.


   SPORTIELLO, NAPPI, BALDINO, ELISA TRIPODI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   da quando è entrata in vigore la legge n. 120 del 2020 i 245.000 avvocati italiani non hanno mai ricevuto alcun tipo di comunicazione ufficiale sulla possibilità di eseguire le autenticazioni delle sottoscrizioni di cui alla legge n. 53 del 1990, in modo da erogare un servizio pubblico finalizzato a rendere effettivo un diritto costituzionale;

   l'Italia è stata condannata in sede di Consiglio Onu per i diritti umani, proprio perché viola il diritto dei cittadini a partecipare alla vita politica del Paese attraverso i referendum e le leggi di iniziativa popolare, essendo la raccolta di firme particolarmente complessa per l'obbligo di far autenticare le firme da un pubblico ufficiale presente al momento della sottoscrizione; dunque, una disponibilità effettiva e diffusa di avvocati a prestare il servizio pubblico di autentica delle firme avrebbe anche l'effetto di contribuire al rientro nella legalità internazionale del nostro Paese;

   l'articolo 35, comma 1, lettera p), della legge 31 dicembre 2012, n. 247, sulla nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense prevede fra le funzioni istituzionali che il Consiglio nazionale forense «cura, mediante pubblicazioni, l'informazione sulla propria attività e sugli argomenti d'interesse dell'avvocatura»;

   la funzione di vigilanza sul «corretto funzionamento» degli ordini professionali deve necessariamente riguardare la formazione e la diffusione di informazioni professionali;

   dai dati a disposizione del Comitato promotore del referendum sull'eutanasia legale (la cui richiesta è stata annunciata su Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 95 del 21 aprile 2021) risulta che su 245.000 avvocati soltanto 645 (cioè meno del tre per mille) abbiano effettuato la comunicazione all'ordine, senza che siano reperibili dati ufficiali su questo tema –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché gli ordini professionali si attivino per comunicare la nuova funzione pubblica di autenticatori degli avvocati per garantire il pieno rispetto dell'articolo 75 della Costituzione.
(4-09659)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo in esame, rivolto al Ministro della giustizia, premesso che:
  con l'entrata in vigore della legge n. 120 del 2020, recante misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale, agli avvocati è stata attribuita la facoltà di autenticazione delle sottoscrizioni di cui alla legge n. 93 del 1990, finalizzata a rendere effettivo un diritto di rilievo costituzionale, quale quello di partecipazione attiva alla vita politica del Paese, anche attraverso i referendum e le leggi di iniziativa popolare, per cui l'Italia ha ricevuto una condanna in sede di Consiglio ONU per i diritti umani;
  l'articolo 35, comma 1 lettera
p) della legge n. 247 del 2012 sulla disciplina dell'ordinamento della professione forense, prevede che il Consiglio nazionale forense curi, mediante pubblicazioni, l'informazione sulla propria attività e sugli argomenti d'interesse dell'avvocatura;
  tuttavia, i 245.000 avvocati italiani non hanno ricevuto alcuna comunicazione la possibilità, ora riconosciuta
ex lege, di autenticazione delle sottoscrizioni anche per le citate iniziative popolari;
  a oggi, dai dati del comitato promotore del referendum risulterebbe che solo 645 professionisti abbiano effettuato al Consiglio dell'ordine di appartenenza la comunicazione relativa alla propria disponibilità ad effettuare la funzione di autenticazione delle sottoscrizioni, l'interrogante ha dunque chiesto al Ministro della giustizia «quali iniziative intenda mettere in campo affinché gli ordini professionali si attivino per comunicare tale nuova funzione pubblica degli avvocati per garantire il pieno rispetto dell'art. 75 della Costituzione».
  In via preliminare occorre osservare che l'articolo 14 della legge n. 53 del 1990, recante «Misure urgenti atte a garantire maggiore efficienza al procedimento elettorale», come modificato dalla legge n. 120 del 2020, di conversione del decreto-legge n. 76 del 2020, ha ampliato la platea dei soggetti abilitati dall'ordinamento ad effettuare l'autenticazione delle sottoscrizioni nei casi previsti dalla legge, ricomprendendo gli avvocati iscritti all'albo che abbiano comunicato la loro disponibilità all'ordine di appartenenza.
  Tanto premesso, in relazione alla richiesta dell'interrogante non si ravvisano competenze in capo a questo Ministero, che esercita sugli ordini e sui collegi professionali esclusivamente una funzione di vigilanza volta alla verifica del loro corretto funzionamento.
  Invero, secondo una previsione sostanzialmente omogenea delle leggi che regolano gli ordini professionali, tale funzione di vigilanza si estrinseca nel potere di scioglimento di un Consiglio che non sia in grado di funzionare regolarmente (per qualsiasi ragione), ovvero quando sia trascorso il termine di legge senza che si sia provveduto all'elezione del nuovo Consiglio, ovvero ancora quando il Consiglio stesso, richiamato all'osservanza degli obblighi ad esso imposti persista, a violarli.
  Tanto chiarito in termini generali, risulta agevole concludere che non rientra tra i poteri di vigilanza del Ministero della giustizia l'attività di sensibilizzazione dei singoli professionisti, sia pure attraverso gli ordini di appartenenza, circa le prerogative e le funzioni da costoro esercitabili
ex lege, anche se in settori di particolare rilievo costituzionale.
  Ad ogni buon conto, al fine di fornire un contributo conoscitivo sul tema, tenuto conto dei compiti istituzionalmente attribuiti al Consiglio nazionale forense dall'articolo 35, comma 1, lettera
p), della legge n. 247 del 2012, si è ritenuto di chiedere informazioni in ordine all'adozione di eventuali iniziative volte a rendere nota la funzione di autentica delle sottoscrizioni delle iniziative popolari da parte degli avvocati.
  Il Consiglio, nel riscontrare la richiesta ha comunicato di aver proceduto in data 16 luglio 2021 alla trasmissione, a tutti i Consigli dell'ordine degli avvocati, di apposita comunicazione avente ad oggetto «l'Avvocato autenticatore di firme nelle procedure elettorali e referendarie (art. 16-bis, legge 120/2020)».
  Deve pertanto darsi atto che, con riferimento alla implementazione delle competenze degli avvocati nell'autenticazione delle sottoscrizioni nelle procedure elettorali e referendarie, è stata assicurata la più capillare divulgazione nell'ambito dei canali istituzionali da parte del Consiglio dell'ordine.

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   TASSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   in vista delle elezioni per il rinnovo dei Com.It.Es che si terranno il 3 dicembre 2021, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha lanciato una campagna informativa istituzionale su ruolo e funzioni dei comitati elettivi che rappresentano i connazionali all'estero;

   la campagna permetterà ai cittadini italiani di prendere coscienza delle principali caratteristiche dei Comites: significato, estensione, ripartizione geografica, attività e competenze, composizione;

   istituiti nel 1985, i Comites sono organismi rappresentativi della collettività italiana, eletti direttamente dai connazionali residenti all'estero in ciascuna circoscrizione consolare ove risiedono almeno tremila connazionali iscritti nell'elenco;

   a questo importante appuntamento elettorale potranno partecipare gli elettori, in possesso dei requisiti di legge per l'elettorato attivo, residenti e iscritti all'Aire;

   ai sensi del comma 3 dell'articolo 15 della legge n. 286 del 2003, «entro trenta giorni successivi alla indizione delle elezioni possono essere presentate le liste dei candidati, sottoscritte da cittadini italiani...», autenticate da un pubblico ufficiale che attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell'identità del dichiarante, indicando le modalità di identificazione, la data e il luogo di identificazione, il proprio nome, cognome e la qualifica rivestita apponendo la propria firma e il timbro dell'ufficio;

   il voto si svolge per corrispondenza, ma – a differenza delle elezioni politiche e dei referendum – il plico elettorale viene spedito soltanto agli elettori che abbiano presentato espressa richiesta di iscrizione nell'elenco elettorale, almeno trenta giorni prima della data stabilita per le votazioni;

   i cittadini italiani residenti all'estero e iscritti Aire possono iscriversi, sin da ora, nell'elenco elettorale attraverso il portale dei servizi consolari;

   l'articolo 14, comma 1, della legge 21 marzo 1990, n. 53, prevede che i membri del Parlamento possano effettuare le autenticazioni delle sottoscrizioni, previste dalla normativa vigente ai fini della presentazione delle liste per le consultazioni elettorali –:

   se i Ministri interrogati intendano chiarire se, alla luce della normativa sopra citata, i membri del Parlamento, muniti di apposito timbro rilasciato per l'autenticazione delle sottoscrizioni per la presentazione delle liste elettorali e dei quesiti referendari, possano autenticare anche le firme per la presentazione delle liste dei candidati per il rinnovo dei Comites che si terranno il 3 dicembre 2021.
(4-09974)

  Risposta. — L'articolo 14 della legge n. 53 del 21 marzo 1990, così come modificato dal decreto-legge n. 76 del 16 luglio 2020 (cosiddetto «decreto semplificazioni»), stabilisce che i membri del Parlamento possano effettuare le autenticazioni previste dalla normativa che non siano attribuite esclusivamente ai notai. L'autenticazione deve essere compiuta con le modalità di cui all'articolo 21, comma 2, del testo unico in materia di documentazione amministrativa (decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445).
  La norma che consente le autenticazioni da parte dei parlamentari è una norma speciale, che conferisce il potere di autenticare firme a persone che normalmente non hanno tale facoltà. L'articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 76 del 2020, come modificato dall'articolo 38-
bis del decreto-legge n. 77 del 2021, prevede tassativamente il tipo di elezioni per le quali i parlamentari possono autenticare la firma. Tra queste non vi sono le elezioni dei Com.it.es.
  Con riferimento alle prossime consultazioni per il rinnovo dei Com.ites, il decreto-legge 17 agosto 2021 n. 117, recante «Disposizioni urgenti concernenti modalità operative precauzionali e di sicurezza per la raccolta del voto nelle consultazioni elettorali dell'anno 2021», pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale del 23 agosto — Serie generale n. 201, ha introdotto all'articolo 5 misure normative di semplificazione delle operazioni di raccolta delle sottoscrizioni delle liste dei candidati per le elezioni dei Com.it.es del 2021.
  L'articolo in questione ha previsto una deroga a quanto disposto dalla legge n. 286 del 2003 e dal regolamento di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 395 del 2003 stabilendo, per le elezioni dei Com.it.es del prossimo 3 dicembre, l'esenzione dall'autenticazione delle firme dei sottoscrittori, previa esibizione di copia non autenticata di un documento di identità o equipollente, anche se rilasciato dalle competenti Autorità del Paese di residenza, ai sensi dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 44 del 2000.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   TESTAMENTO e GRIPPA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   dal 1° dicembre 2013 è organizzata la manifestazione gastronomica «Prodotto topico del Trigno Sinello». Tale manifestazione prevede che in ciascuno dei comuni aderenti venga organizzata una degustazione tra almeno due prodotti tipici tradizionali, definiti topici; «prodotto topico» è un progetto di sviluppo locale dal basso, che può consentire a giovani e anziani, amministratori pubblici e privati, attori sociali ed economici delle aree coinvolte di partecipare ad eventi culturali, turistici, gastronomici e di socializzazione: nei sabati e nelle domeniche, da dicembre e fino a luglio in ognuno dei comuni aderenti saranno organizzate la visita guidata dei siti di interesse paesaggistico, la proclamazione del «prodotto topico» e una degustazione, che consente ai presenti di apprezzare anche la bontà del prodotto stesso;

   anche per l'edizione del 2020 sono state attivate le procedure necessarie, compresa la tappa di Montenero di Bisaccia, in provincia di Campobasso, prevista per il 16 luglio 2020. A tal proposito, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dello stesso comune, dopo aver chiesto alcune informazioni alla regione Molise circa le procedure da seguire in tempi di COVID-19 per l'organizzazione della manifestazione, provvedeva, su suggerimento del contact center del medesimo ente regionale, a fare «riferimento alle linee guida nazionali disciplinate dal ministero». Pertanto, sulla base di tale risposta inoltrava giusta comunicazione alla questura di Campobasso in data 17 luglio 2020. Il 21 luglio 2020 il sindaco di Montenero emanava l'ordinanza n. 33 con la quale autorizzava la manifestazione «Prodotto topico», che si sarebbe dovuta svolgere nella giornata del 25 dello stesso mese;

   successivamente il dipartimento di prevenzione della azienda sanitaria della regione Molise rilasciava in data 22 luglio 2020 (protocollo 69783) al presidente dell'ente organizzatore della manifestazione «nulla osta» per l'evento. Allo stesso tempo era stato studiato e approntato anche un piano di sicurezza da far seguire ai fruitori della manifestazione in ottemperanza alle prescrizioni dell'allegato 9 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri («Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle regioni e delle province autonome dell'11 giugno 2020»);

   in data 24 luglio 2020 con ordinanza n. 34 il primo cittadino sospendeva e revocava l'autorizzazione alla stessa manifestazione rinviandola a data da destinarsi, indicando tra gli altri, il seguente motivo: «Rilevato che nella mattinata del 24 luglio 2020, sempre per le vie brevi vi è stato un confronto operativo con la prefettura di Campobasso in merito alla fattibilità della manifestazione in seguito agli ultimi episodi di positività al COVID-19 che si sono registrati sul territorio regionale». Tale revoca – stante le segnalazioni ricevute dagli interroganti – avrebbe causato agli organizzatori della manifestazione danni ingenti, al punto da annunciare un'azione legale a fini di risarcimento; risulta altresì agli interroganti che il sindaco avrebbe anche ricevuto telefonate sia dalla regione che dalla prefettura durante le quali sarebbero state fatte presenti alcune ragioni circa l'eventuale sospensione della manifestazione;

   presso ogni ufficio territoriale di Governo è istituito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica avente natura ausiliaria e consultiva in ordine alle successive determinazioni del prefetto e delle autorità territoriali di pubblica sicurezza; comitato che è dei tipo collegiale in quanto composto dal questore, dai comandanti provinciali dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e del Corpo forestale, dal presidente della provincia, dal sindaco del comune capoluogo che ne è membro di diritto, nonché dai sindaci degli altri comuni interessati con riferimento a questioni che riguardano i rispettivi territori; il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica viene convocato dal prefetto, che ne fissa l'ordine del giorno e ne cura, mediante un funzionario nella qualità di segretario, la redazione del relativo verbale della riunione; per ragioni di particolare tecnicismo o riservatezza delle materie trattate, i prefetti usano convocare con maggiore frequenza rispetto al comitato ordine e sicurezza pubblica una riunione dei soli vertici provinciali delle forze di polizia, chiamata nell'uso quotidiano «riunione tecnica di coordinamento» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, se questi risultino veritieri e di quali altri elementi conoscitivi dispongano per far chiarezza sulla negativa definizione della fiera gastronomica citata in premessa;

   quali azioni intendano adottare, ognuno per le proprie rispettive competenze, con lo scopo di approfondire le ragioni, anche in relazione all'elemento «confronto operativo» citato nell'ordinanza di sospensione, che hanno spinto il sindaco a revocare l'autorizzazione, nonché le eventuali motivazioni che non hanno consentito la convocazione degli organi collegiali di cui sopra.
(4-06637)

  Risposta. — In relazione a quanto rappresentato nell'atto di sindacato ispettivo indicato in esame sono stati acquisiti elementi informativi dalla prefettura di Campobasso.
  In particolare è stato riferito che il sindaco di Montenero di Bisaccia ha trasmesso alla prefettura l'ordinanza n. 33, emessa il 21 luglio 2020 ai sensi dell'articolo 54 del decreto legislativo n. 267 del 2000, volta ad autorizzare per il 25 luglio successivo lo svolgimento della sagra locale denominata «Prodotto topico».
  Tale provvedimento, oltre a non essere stato comunicato preventivamente al Prefetto così come disposto dal comma 10 dell'articolo citato, appariva adottato in forza di una disciplina non applicabile al caso di specie.
  Va rilevato infatti che le attività di intrattenimento, anche con ristorazione, sono soggette alla normativa prevista dal T.u.l.p.s. regio decreto 18 giugno 1931, n. 773) e, pertanto, necessitano dell'autorizzazione da parte del competente organo comunale; autorizzazione che non può essere sostituita da un'ordinanza di necessità e urgenza, atteso che l'adozione di quest'ultima richiede presupposti diversi tra cui l'accertamento di una situazione di effettivo pericolo di grave ed imminente danno, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti amministrativi.
  Sempre secondo quanto riferito dalla prefettura di Campobasso, il provvedimento in questione appariva anche in contrasto con le disposizioni contenute nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri datati 11 giugno e 14 luglio 2020; circostanza che faceva avanzare perplessità in merito alla possibilità di consentire lo svolgimento dell'evento programmato.
  In particolare, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 giugno 2020, disponeva espressamente la sospensione delle fiere fino al 14 luglio 2020 — successivamente prorogata al 31 luglio dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 luglio 2020 —, salvo che le Regioni non ritenessero, in base all'andamento della situazione epidemiologica nei rispettivi territori, una diversa data di ripresa delle attività economiche, ricreative e produttive.
  Peraltro, il concetto di fiere, così come indicato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 11 giugno e nell'allegato n. 9 dello stesso provvedimento, veniva chiaramente assimilato a quello di sagre. Analoga equiparazione è stata riproposta nell'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 luglio successivo.
  In tale contesto normativo, la regione Molise non si è avvalsa della facoltà derogatoria alle predette previsioni — contenuta nell'articolo 1, lettera
m) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 giugno 2020, limitandosi ad approvare, con l'ordinanza n. 38 del 13 luglio 2020, le «Linee guida per la riapertura delle attività economiche, ricreative e produttive» recepite dal testo generale approvato in sede di Conferenza Stato-Regioni. Tra l'altro nelle sopra citate linee guida regionali, in coerenza con i decreti presidenziali, il concetto di fiere veniva chiaramente assimilato a quello di sagre.
  Alla luce delle considerazioni fin qui esposte, il sindaco di Montenero di Bisaccia è stato invitato a riesaminare il provvedimento adottato.
  La questione in oggetto è stata anche affrontata nel corso di una riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, tenutasi il 23 luglio 2020, nella quale è stato condiviso l'orientamento assunto dalla Prefettura, a ulteriore conforto del quale il prefetto di Campobasso ha ritenuto di acquisire anche l'avviso della locale avvocatura dello Stato che, con nota del 28 luglio 2020, concordava con quanto prospettato dalla prefettura stessa, ritenendo corretto negare, in quel momento, «...qualsivoglia autorizzazione a tutte le manifestazioni che, nella sostanza, presentino i caratteri riscontrabili nel concetto di fiera ...».
  Si rappresenta, infine, che il sindaco del comune interessato, sentito anche il presidente della regione in merito alla evoluzione della situazione epidemiologica territoriale del momento, con ordinanza n. 34 del 24 luglio 2020, disponeva la sospensione e il rinvio dell'evento.
  

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Ivan Scalfarotto.


   UNGARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'accordo di Recesso del Regno Unito dall'Unione europea ha riconosciuto una specifica tutela ai cittadini britannici e ai loro familiari che abbiano esercitato il diritto di libera circolazione nello Stato italiano alla data del 31 dicembre 2020. Nonostante ciò, vi sono degli oggettivi ed evidenti limiti per la libertà di circolazione e movimento dei cittadini britannici residenti in Italia, non essendo in vigore un reciproco riconoscimento della patente di guida dei rispettivi Paesi;

   dal 1° gennaio 2021 non è più consentita la conversione delle patenti britanniche in permessi di guida italiani a seguito del termine del periodo di transizione che consentiva ai cittadini britannici e delle loro famiglie, dal referendum sulla Brexit del 2016, di applicare ancora la normativa comunitaria ai documenti britannici;

   ad oggi questa situazione sta provocando non pochi disagi alla comunità dei cittadini britannici residenti in Italia, composta da oltre 60 mila unità: vengono citati casi in cui l'esame teorico per conseguire la patente di guida si può sostenere esclusivamente in lingua italiana o francese ma non in lingua inglese, oppure, si riportano casi di problemi legati al limite di tempo, eccessivamente stringente, per la proroga della validità della patente inglese in Italia –:

   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per la stipula di un accordo bilaterale per ripristinare il reciproco riconoscimento delle patenti di guida, ai fini della conversione, tra l'Italia e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, come nel caso di altri Paesi extracomunitari.
(4-09695)

  Risposta. — L'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea ha comportato l'apertura di numerosi nuovi dossier bilaterali, prima disciplinati in ambito Unione Europea, tra cui quello del reciproco riconoscimento delle patenti di guida.
  Fino al 31 dicembre 2020, in attuazione del regime normativo vigente per il periodo transitorio, il riconoscimento reciproco delle patenti di guida tra Italia e Regno Unito era disciplinato dalla direttiva 2006/126.
  Con la conclusione del periodo di transizione stabilito dall'Accordo di recesso tra Unione Europea e Regno Unito, le patenti di guida britanniche hanno acquisito lo status di patenti extracomunitarie. Pertanto, in applicazione dell'articolo 135 del Codice della strada, con decorrenza 31 dicembre 2020 hanno cessato di essere valide ai fini della circolazione e della conversione nel territorio italiano trascorso un anno dalla data di acquisizione della residenza anagrafica in Italia da parte dei rispettivi titolari.
  Il Ministero dell'interno ha emesso una circolare il 21 dicembre 2020 che consente ai cittadini del Regno Unito di continuare a condurre veicoli sul territorio nazionale con patente britannica anche dopo il 31 dicembre 2020, con una limitazione temporale, stabilita da una successiva circolare del 23 aprile 2021, di un anno a partire dal 1° gennaio 2021, a prescindere dalla data di acquisizione della residenza anagrafica italiana.
  Per quanto riguarda la questione della conversione delle patenti britanniche in patenti italiane, a settembre 2020 sono stati avviati i negoziati per la conclusione di un Accordo bilaterale, sempre ai sensi dell'articolo 135 del codice della strada.
  I negoziati, che coinvolgono il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e il Ministero dei trasporti britannico, insieme a Farnesina e Foreign, Commonwealth & Development Office (FCDO), si trovano ad uno stadio avanzato. L'esame giuridico del testo è stato completato e la Farnesina è ora in attesa dalle altre amministrazioni coinvolte di alcuni dettagli di carattere tecnico.
  Uno dei punti più significativi di confronto tra le parti riguarda l'opportunità o meno di estendere l'applicazione dell'accordo anche a Gibilterra, Jersey, Guernsey e Isola di Man. Ciò in quanto le patenti di guida rilasciate dalle autorità di Gibilterra, già prima della Brexit, in Italia erano considerate come patenti dell'Unione Europea, contrariamente a quelle rilasciate nei territori di Jersey, Guernsey e Isola di Man.
  Recentemente il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili ha condiviso, con la Farnesina e con le controparti britanniche, una proposta di testo in cui sono stati eliminati i riferimenti ai sopra citati Territori, per una trattazione separata degli stessi e per favorire una più rapida conclusione dell'accordo bilaterale di base.
  Una volta che il testo dell'accordo sarà firmato da entrambe le parti, occorreranno circa 60 giorni per la sua ratifica (con procedura semplificata da parte del Presidente della Repubblica ex articolo 87 della Costituzione) e altri 30 giorni per la sua entrata in vigore. Durante tale periodo si provvederà all'adattamento dell'ordinamento interno e alla diffusione della nuova normativa presso i competenti uffici della Motorizzazione sul territorio nazionale.
  L'Italia è impegnata nel favorire la rapida finalizzazione del confronto tra le parti sugli aspetti tecnici ancora da definire, così da arrivare al più presto alla firma dell'Accordo.
  Per quanto riguarda invece il riconoscimento delle patenti di guida italiane da parte del Regno Unito, dopo il 31 dicembre 2020 queste restano valide nel territorio britannico fino alla scadenza, anche successivamente all'acquisizione della residenza anagrafica britannica da parte dei rispettivi titolari.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   VARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   è di queste ore l'ennesima notizia di un attacco al peschereccio della flotta di Mazara del Vallo, il «Michele Giacalone», assaltato con lancio di pietre e fumogeni da un motopesca turco, mentre si trovava in acque internazionali, tra la Siria e la Turchia, a 27 miglia dalle coste turche;

   la situazione è tornata alla normalità solo dopo l'intervento della Marina militare con un elicottero ed una motovedetta della Guardia costiera turca «che ha ingaggiato le imbarcazioni turche per indurle a cessare l'azione»;

   secondo quanto denunciato dall'armatore alla Capitaneria di porto, il peschereccio è stato «bersagliato da pietre lanciate da almeno 10 piccole imbarcazioni turche» e poi «speronato. [...] Erano già accaduti episodi simili, ma mai di questa portata. Il peschereccio si trova in quell'area, in acque internazionali dopo che il 3 maggio scorso aveva subito un abbordaggio da parte dei libici. [...] Il mio peschereccio è stato prima preso a sassate da diversi pescherecci turchi, che lo hanno speronato e poi hanno tentato di salire a bordo. Il comandante è stato costretto a tirare le reti e ad allontanarsi dalla zona», aggiungendo sconfortato: «L'Unione europea ci dica, una volta e per tutte, dove dobbiamo andare a pescare. Siamo rovinati»;

   il 3 maggio 2021 lo stesso «Michele Giacalone» era stato mitragliato dalla Guardia costiera libica, a circa 40 miglia di Bengasi, mentre si trovava nelle acque riconosciute dalla Libia come «zona esclusiva di pesca», insieme con altri 7 pescherecci, tra cui l'Aliseo, qualche giorno dopo mitragliato da 35 miglia da Misurata;

   corale è stata la presa di posizione delle principali associazioni di categoria che hanno duramente condannato i continui attacchi subiti dai nostri pescherecci durante le attività di pesca, che avrebbero portato la flotta siciliana di Mazara del Vallo addirittura al dimezzamento negli ultimi dieci anni, e denunciato una situazione diventata insostenibile, chiedendo alle istituzioni di affrontare tempestivamente la questione della sicurezza in mare;

   in particolare, sono dure le parole del sindacato del settore ittico della Confsal pesca, secondo il quale «Evidentemente non si è ancora capito fino in fondo il pericolo che corrono i pescherecci italiani nelle loro uscite in mare [...]. Facendoci portavoce dei nostri pescatori, chiediamo alle massime autorità pubbliche garanzie immediate. Se già negli ultimi anni l'attività di pesca nel Mediterraneo, a discapito del comparto e del suo indotto si è ridotta sensibilmente, non possiamo cedere agli attacchi di altre nazioni ed alla mancata incisività del nostro governo, si sancirebbe la fine. Non c'è più tempo, non ci sono più scusanti: per lavorare non si può rischiare la vita»;

   si tratta di una situazione, come denunciato da Coldiretti Impresapesca, «che continua a mettere in pericolo la vita dei pescatori italiani che operano in quella area del Mediterraneo con la conseguente riduzione dell'attività di pesca che aprono tra l'altro la strada a un aumento delle importazioni dall'estero. Oltre alla sicurezza della flotta tricolore, c'è un gravissimo danno per l'attività economica dell'intera marineria italiana, aggravando una situazione che negli ultimi 35 anni ha già visto scomparire quasi il 40 per cento delle imbarcazioni» –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per affrontare la grave situazione di cui in premessa, a garanzia dell'incolumità dei nostri pescatori e della conseguente tutela del settore produttivo nazionale.
(4-09261)

  Risposta. — L'11 maggio 2021 il peschereccio italiano Michele Giacalone è stato circondato e aggredito con lancio di oggetti contundenti (pietre e pesi di piombo) da alcuni pescherecci turchi in un tratto di mare tra la costa turca della provincia di Alessandretta e Cipro settentrionale, fuori dalle acque territoriali, ma all'interno della zona economica esclusiva rivendicata dalla Turchia. I pescherecci turchi – non le autorità di Ankara – contestavano la presenza dei pescatori italiani in quelle acque e ne chiedevano l'allontanamento.
  A distanza relativamente breve era presente la nave della marina militare Margottini (integrata nell'operazione
Sea Guardian) che, appreso dell'incidente, ha inviato sulla posizione del peschereccio Giacalone l'elicottero imbarcato per disinnescare l'aggressività dei marittimi turchi. La tensione si è poi spenta grazie all'intervento di una motovedetta della guardia costiera turca, che ha separato i contendenti, raccomandando alle unità italiane di lasciare l'area, nell'interesse della loro incolumità, anche in considerazione dell'imminente apertura in quella zona della stagione di pesca che avrebbe potuto provocare ulteriori attriti tra equipaggi privati dei due paesi. La presenza nella zona tra Cipro e Turchia di pescherecci italiani dediti alla pesca a strascico del gambero rosso è cresciuta negli ultimi tre anni: nel 2019 3 imbarcazioni, nel 2020 20 imbarcazioni, per arrivare a poco meno di 30 nel periodo tra il 1° gennaio e il 15 ottobre.
  Questo incidente, nel Mediterraneo orientale, è un episodio isolato che ha coinvolto equipaggi privati, e che per fortuna si è concluso senza danni gravi, grazie al tempestivo intervento della nostra marina militare e della guardia costiera turca.
  Due eventi minori si sono verificati successivamente nello stesso mese di maggio e poi a luglio, senza provocare conseguenze di rilievo.
  In collaborazione con la nostra guardia costiera, manteniamo sotto osservazione la condotta dei pescherecci turchi in acque internazionali e continueremo a vigilare la situazione, sollecitando, qualora necessario, le autorità turche affinché esercitino i loro poteri di polizia su imbarcazioni di loro bandiera ove dovessero ripetersi scontri tra equipaggi.
  Più in generale, in questa parte del Mediterraneo la condotta degli Stati rivieraschi è condizionata dalle dispute sui diritti di sfruttamento delle risorse del mare. Si tratta di un quadro estremamente complesso e delicato, che l'Italia segue con attenzione anche in ambito europeo, che non ci vede per ora direttamente coinvolti e in cui al contrario l'Italia può svolgere un'importante funzione pacificatrice e facilitatrice.
  Per quanto riguarda gli incidenti a largo delle coste libiche, come ricordato dal Ministro Di Maio in occasione delle informative di maggio scorso sulla sicurezza nel Mediterraneo, sul piano del diritto internazionale, la proclamazione di una zona di pesca da parte della Libia è di per sé legittima. Né l'Unione europea né l'Italia, che pure nel 1973 aveva espresso «ampie riserve» sulla chiusura del golfo della Sirte, hanno mai contestato direttamente la proclamazione della zona di pesca protetta se non nella sua delimitazione esterna in corrispondenza del golfo della Sirte. È dunque ragionevole ritenere che l'Italia non possa rivendicare alcun diritto sullo sfruttamento delle risorse biologiche e non biologiche del mare nella zona in questione. Questo alla luce della proclamazione, nel 2009, della zona economica esclusiva da parte libica e dei principi di equità e di proporzionalità nella delimitazione delle frontiere marittime stabiliti dalla giurisprudenza internazionale. L'esercizio di attività di pesca da parte di pescherecci italiani nella zona di pesca protetta libica resta pericoloso. Oltre a poter determinare l'intervento delle autorità libiche, la delicatezza della situazione politica in Libia è tale per cui l'eventualità di sequestri degli equipaggi o azioni violente rimane concreta, come dimostrano il fermo dei pescherecci di Mazara del Vallo dell'autunno 2020 e i successivi incidenti (come quello del 3 maggio 2021 che aveva coinvolto lo stesso peschereccio Michele Giacalone).
  La nostra Marina continuerà a vigilare affinché non sia usata la forza nei confronti dei nostri pescatori. Allo stesso tempo i pescherecci italiani, per le ragioni di sicurezza appena ricordate, devono esercitare prudenza.
  Appare ormai chiaro, dunque, che ai nostri pescatori è precluso l'esercizio di attività di pesca nella zona di pesca protetta libica senza una specifica autorizzazione delle autorità libiche. Stiamo lavorando a un dialogo con le autorità libiche, anche nel quadro della delimitazione delle rispettive aree marittime di interesse esclusivo, per favorire accordi tra operatori privati italiani e libici e per facilitare l'eventuale concessione da parte delle autorità libiche di licenze di pesca al l'interno della loro zona di pesca protetta. Stiamo promuovendo la collaborazione tra le marinerie dei due Paesi affinché possano costituire intese private e istituire cooperative miste nel settore della pesca sostenibile. In questa direzione, un importante confronto sulla cooperazione tra Libia e Italia nel settore della
blue economy ha avuto luogo a inizio ottobre nel contesto della manifestazione fieristica internazionale «Seafuture» a La Spezia.
  Ci siamo posti questi obiettivi già da gennaio 2021, quando abbiamo proposto l'avvio di un negoziato bilaterale sul tema all'allora Governo di accordo nazionale. Continuiamo a farlo oggi, in modo determinato, con il Governo di unità nazionale. La tutela dei nostri pescatori passa anche da questo impegno. Alla luce delle particolarissime condizioni politiche, istituzionali e di sicurezza del Paese va tuttavia realisticamente tenuto conto che il negoziato richiederà tempi lunghi e la prudenza necessaria affinché l'eventuale accordo che sarà auspicabilmente concluso sia adeguatamente riconosciuto da tutte le parti libiche.
  Gli eventi in questione si collocano nel quadro di un processo di progressiva territorializzazione del Mar Mediterraneo che ha indotto numerosi Stati costieri a esercitare nelle acque prospicienti le proprie coste le facoltà loro riconosciute dal diritto internazionale, in particolare dalla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Anche il nostro Paese, con la recente approvazione della legge che autorizza la proclamazione della zona economica esclusiva si è dotato ora dello strumento più idoneo per gestire adeguatamente le risorse del proprio mare e per partecipare in condizioni di parità al dialogo sulle modalità del loro sfruttamento sostenibile nel Mediterraneo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Manlio Di Stefano.


   VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   dopo la preoccupante notizia del crollo dei pannelli del controsoffitto dell'aula bunker di Trapani, proprio sui banchi dove, poche ore dopo, avrebbe dovuto celebrarsi l'udienza del processo «Scrigno», arriva la notizia del guasto all'impianto di climatizzazione nel tribunale di Agrigento a certificare, semmai ce ne fosse bisogno, lo stato di degrado e abbandono in cui versano le aule di giustizia italiane;

   il guasto, avvenuto nel picco di un'ondata di caldo da record, da alcuni giorni rende proibitiva l'attività giudiziaria nel tribunale siciliano, con disagi accentuati anche dall'obbligo della mascherina per tutti gli operatori e gli utenti del palazzo di giustizia;

   nelle aule di udienza, dove magistrati e avvocati sono obbligati a indossare anche la toga, oltre al dispositivo di protezione individuale, si sono registrate temperature ai limiti del sopportabile; e non va meglio negli uffici della procura, in quelli dei magistrati e nei corridoi frontali all'ingresso dove le numerose finestre provocano un pericoloso «effetto serra» reso opprimente dalla temperatura esterna superiore ai 40 gradi;

   a fronte delle varie criticità che stanno emergendo nel tribunale di Catania, tra le quali il «mancato protocollo sul gratuito patrocinio» che provoca «notevoli disparità di trattamento», a cui si aggiungono, appunto, le condizioni strutturali che rendono impossibile operare soprattutto nei mesi estivi, il direttivo della Camera penale ha proclamato l'astensione delle udienze per il 19, 20 e 21 luglio 2021, poiché, come si legge nel documento, «Tali condizioni» non permettono di «garantire il corretto esercizio della comune funzione Giurisdizionale alla quale difensori, magistrati e personale di cancelleria sono chiamati a dare il loro contributo»;

   per cercare di tamponare tale situazione, il presidente del Tribunale avrebbe emesso una direttiva con la quale «autorizza» i giudici a disporre su richiesta delle parti il rinvio della trattazione delle udienze penali, ma la decisione di rigetto delle richieste da parte di alcuni giudici sembra «aprire la strada a interpretazioni contrastanti pesino sulla sussistenza o meno di condizioni climatiche per le celebrazioni delle udienze»;

   come più volte denunciato dall'interrogante, le situazioni citate in Sicilia non possono definirsi isolate, essendo purtroppo numerosi i casi di palazzi di giustizia «insicuri», di strutture inadeguate, di uffici inospitali e insalubri, di luoghi di lavoro non rispondenti alla dignità di quanti vi operano o li frequentano come utenti –:

   di quali informazioni disponga il Governo per fare chiarezza sulla vicenda di cui in premessa e se e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per accertare lo stato dei luoghi dei tribunali e degli altri uffici giudiziari citati in premessa, al fine di garantire il regolare esercizio della giurisdizione;

   se il Governo non ritenga di dover avviare una ricognizione delle condizioni edilizie dei palazzi di giustizia italiani, al fine di accertarne l'integrità strutturale e la salubrità delle aule e realizzare una programmazione unitaria degli interventi necessari.
(4-09861)

  Risposta. — Con l'atto di sindacato ispettivo innanzi indicato, l'interrogante — premesso che, «... dopo la preoccupante notizia del crollo dei pannelli del controsoffitto dell'aula bunker di Trapani proprio sui banchi dove, poche ore dopo, avrebbe dovuto celebrarsi l'udienza del processo Scrigno, arriva la notizia del guasto all'impianto di climatizzazione nel tribunale di Agrigento...;»«... nel tribunale di Catania...» si rilevano «...condizioni strutturali che rendono impossibile operare soprattutto nei mesi estivi ...»; «... le situazioni denunciate in Sicilia non possono definirsi isolate, essendo purtroppo numerosi i casi di palazzi di giustizia insicuri, di strutture inadeguate, di uffici inospitali e insalubri, di luoghi di lavoro non rispondenti alla dignità di quanti vi operano o li frequentano come utenti...» — domanda alla Ministra della giustizia «... se e quali immediate iniziative di competenza intenda assumere per accertare lo stato dei luoghi dei tribunali e degli altri uffici giudiziari citati in premessa, al fine di garantire il regolare esercizio della giurisdizione; se ... non ritenga di dovere avviare una ricognizione delle condizioni edilizie dei palazzi di giustizia italiani, al fine di accertarne l'integrità strutturale e la salubrità delle aule e realizzare una programmazione unitaria degli interventi necessari ...».
  Al riguardo occorre segnalare, con riferimento ai vari profili trattati nell'atto di sindacato ispettivo in esame, quanto segue:
  con riferimento al tribunale di Trapani e alla caduta dei controsoffitti, che in data 8 aprile 2021 la conferenza permanente di Trapani ha rappresentato al direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero la necessità di mettere in sicurezza i controsoffitti. In data 12 aprile 2021 il suddetto direttore generale ha invitato il Presidente del tribunale di Trapani ad acquisire almeno tre preventivi, non ravvisando la necessità di fare intervenire il Provveditorato alle opere pubbliche per l'affidamento dei lavori. In data 28 giugno 2021 il menzionato direttore generale ha emesso una determina con cui ha delegato al tribunale di Trapani le attività necessarie per l'individuazione del professionista cui affidare la progettazione esecutiva, la direzione dei lavori e il coordinamento della sicurezza nella fase di progettazione e di esecuzione dei lavori «... di completamento per la messa in sicurezza dal fenomeno dello sfondellamento dei solai del palazzo di Giustizia di Trapani ...». In data 10 agosto 2021 del il Rup del tribunale di Trapani ha aggiudicato l'incarico. In data 22 ottobre 2021 il Rup del tribunale di Trapani ha inviato al direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero gli elaborati del progetto esecutivo, depositati il 21 ottobre 2021 dal tecnico incaricato. L'importo complessivo del progetto per i lavori risulta pari ad euro 977.314,03, somma alla quale occorre aggiungere quelle a disposizione dell'amministrazione corrispondenti ad euro 332.959,61 per un importo totale di euro 1.327.260,41. La relativa documentazione è al vaglio dei tecnici di questo Dicastero. A valle di questa attività si procederà allo stanziamento delle somme di danaro necessarie per l'affidamento dei lavori finalizzati alla definitiva risoluzione del problema in questione. È uno dei primi interventi per i quali il direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero ha disposto di procedere in autonomia, cioè senza delegare il provveditorato alle opere pubbliche, ai sensi dell'articolo 12 comma secondo lettera
d), del decreto-legge n. 98 del 2011.
  In relazione al tribunale di Agrigento, che in data 14 luglio 2021 è stata chiesta l'installazione di «... almeno tre nuove unità refrigeranti ...». Il direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero ha richiesto al tribunale di Agrigento la trasmissione di più preventivi con riferimento a tale intervento. Il suddetto direttore generale valuterà, in tempi brevi se affidare il lavoro al provveditorato alle opere pubbliche o, invece, svolgerlo in autonomia anche perché per tutti gli uffici giudiziari della Sicilia (del pari a quanto avvenuto per gli uffici giudiziari della Calabria) sono stati adottati specifici, provvedimenti in merito alla progettazione degli interventi necessari per sistemare definitivamente la situazione degli impianti di riscaldamento e di condizionamento.
  Per quanto concerne il palazzo di giustizia di Catania, che in data 14 giugno 2021 il Presidente di tale ufficio giudiziario ha segnalato un guasto al refrigeratore e ai compressori a servizio dell'edificio ubicato nella via Crispi. In data 21 giugno 2021 il direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero ha autorizzato l'affidamento dei lavori di riqualificazione dell'impianto di climatizzazione per un importo pari a euro 35.282,06 oltre Iva. Anche in questo caso, dunque, la definitiva risoluzione del problema è stata immediata. Analoga tempestiva risposta è stata fornita al tribunale per i minorenni di Catania tramite il noleggio in tempi brevissimi di un refrigeratore.
  Merita infine di essere segnalato che il direttore generale delle risorse materiali e delle tecnologie del dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Dicastero ha avviato un'attività di verifica sull'intero territorio nazionale dello stato degli impianti di riscaldamento e di condizionamento, inclusa la redazione dell'attestato di prestazione energetica, al fine di prevenire guasti e conseguenti gravissimi disagi per i lavoratori e gli utenti del servizio giustizia.
  

La Ministra della giustizia: Marta Cartabia.


   ZOFFILI, BILLI, CECCHETTI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e SNIDER. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   un italiano di origine sarda, Giorgio Scanu, residente in Honduras, è stato barbaramente ucciso in un villaggio del sud del paese, Yusguare, situato a circa 80 chilometri da Tegucigalpa, da una folla inferocita che ha dato fuoco anche alla sua casa, accusandolo di aver ucciso un suo vicino, tal Juan de Dios Flores, un 74enne affetto da demenza senile;

   la notizia è stata diffusa il 9 luglio 2021 dalla stampa honduregna e quindi rilanciata da quella italiana;

   stando ad alcune ricostruzioni, la polizia non sarebbe riuscita a fermare le circa 600 persone che hanno preso d'assalto la casa di Scanu, armate di bastoni, pietre e machete, decise a farsi giustizia da sé;

   immagini video in possesso del quotidiano El Heraldo di Tegucigalpa mostrerebbero le fasi del sanguinoso attacco e i tentativi di Scanu di sfuggire alla morte, implorando pietà ai suoi assalitori;

   la polizia honduregna avrebbe già provveduto ad arrestare cinque persone coinvolte nell'assassinio di Scanu, ma sono programmate manifestazioni locali per ottenerne il rilascio –:

   di quali informazioni il Governo disponga relativamente a quanto accaduto;

   quali iniziative di competenza il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale intenda assumere tanto rispetto a questa dolorosa vicenda quanto, più in generale, per tutelare maggiormente l'incolumità dei cittadini italiani che vivono in Honduras.
(4-09801)

  Risposta. — Il signor Giorgio Scanu, nato a Oristano il 6 maggio 1955 e residente in Honduras, è stato ucciso lo scorso 8 luglio nella località di Santa Ana de Yusguare, Choluteca, nel sud del Paese, dove si trovava per gestire una proprietà terriera appartenente alla moglie, cittadina honduregna e italiana, dalla quale ha avuto due figli oggi maggiorenni.
  Il connazionale è deceduto in ospedale, a causa delle gravi ferite riportate nel corso di un linciaggio che ha visto coinvolta una folla di 600 persone armate di bastoni, machete e grosse pietre, che hanno fatto irruzione nella sua abitazione con l'evidente intenzione di ucciderlo.
  L'efferato delitto sarebbe stato perpetrato come vendetta per la morte di un anziano indigente della zona, del quale il signor Scanu sarebbe stato ritenuto responsabile.
  Secondo una nota ufficiale delle locali autorità, la polizia honduregna – intervenuta sul posto per tentare una mediazione – non avrebbe potuto impedire il tragico evento, ripreso con videocamere da alcuni partecipanti.
  Il direttore generale della polizia nazionale ha istituito una squadra di indagine con il compito di produrre un rapporto completo sui fatti, al fine di individuare e arrestare i responsabili diretti dell'omicidio.
  Sono stati arrestati, con l'accusa di omicidio, effrazione e incendio, sette individui, attualmente in custodia cautelare, a carico dei quali il 15 luglio si è tenuta la prima udienza. Successivamente sono stati tratti in arresto due ulteriori individui, il secondo dei quali il 29 settembre.
  L'Ambasciata d'Italia in Guatemala, competente anche per l'Honduras e da parte della quale viene compiuto ogni sforzo per assistere tutti i connazionali presenti in Honduras, continuerà a seguire il processo sulla tragica morte del Signor Scanu in stretto raccordo con la Farnesina e la procura della Repubblica di Roma.
  

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale: Benedetto Della Vedova.


   ZUCCONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   lo stabilimento Sanac di Massa nasce nel 1972 all'interno del polo industriale di Massa-Carrara, posizione strategica grazie alla vicinanza sia delle cave di dolomite e del porto di Marina di Carrara sia dei poli siderurgici di Piombino e di Genova-Coregliano;

   questo stabilimento è uno delle quattro unità produttive del Gruppo Sanac S.p.a., unitamente alla sede di Gattinara (VC), Grogastu (CA) e Vado Ligure (SV);

   come altri stabilimenti Sanac anche quello di Massa divenne di proprietà del Gruppo Riva nel 1995, in concomitanza con l'acquisto della società Ilva spa di cui Sanac faceva parte;

   l'impianto di Massa risulta strategicamente importante poiché è l'unico degli stabilimenti Sanac a produrre refrattari per il sistema di spillaggio a «cassetto» per siviera, un sistema brevettato e completamente progettato nello stesso stabilimento di Massa, oltre a essere l'unico a offrire assistenza tecnica per tale sistema;

   tra i più grandi produttori ed esportatori europei di prodotti refrattari silico-alluminosi e magnesitici resin bonded, formati e non formati (masse a spruzzo, pestellabili, e altro) per l'industria siderurgica, il sito di Massa produce anche formati speciali per convertitore, forno elettrico e siviera, (quali tappi porosi e blocchi di bussaggio) progettati secondo le esigenze del cliente;

   attualmente il Gruppo Sanac Spa conta al suo interno 335 dipendenti, di cui 103 solo nello stabilimento di Massa;

   in ragione delle notevoli problematiche, anche giudiziarie, del Gruppo Riva e dell'impianto di Taranto, Sanac Spa ha subito un importante calo di ordini ed è entrata in amministrazione controllata dal marzo 2015 e gestita da commissari;

   a seguito di un bando di gara pubblica e di un decreto del Ministero dello sviluppo economico, nel marzo 2019 Sanac Spa è stata aggiudicata ad ArcelorMittal (poi Acciaierie d'Italia - ADI), ma tale iniziativa imprenditoriale non ha avuto alcuno sviluppo concreto;

   dopo circa 30 mesi, infatti, Acciaierie d'Italia non ha ancora provveduto a firmare il contratto per l'acquisizione della società. Nel corso dei mesi Acciaierie d'Italia ha sempre chiesto di prorogare la firma del contratto senza mai arrivare alla definizione dello stesso. Il 30 settembre prossimo, però, scadrà la fideiussione e il termine ultimo per l'acquisizione della società;

   la mancata definizione dell'acquisto di Sanac Spa comporterebbe l'apertura di un nuovo bando di gara, lasciando nello sconcerto e nell'incertezza un'azienda e i tanti operai che ci lavorano;

   a rendere ancora più paradossale l'intera situazione, vi è il fatto che dallo scorso giugno Sanac SpA non riceve più ordini di materiale refrattario da parte di Acciaierie d'Italia, che rappresenta circa il 60 per cento della produzione. Questo sembra accadere in quanto ADI si sta approvvigionando da competitor stranieri. Tutto ciò è inaccettabile se si considera che la stessa Acciaierie d'Italia è compartecipata da Invitalia, dunque dallo Stato italiano –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per garantire un futuro industriale a Sanac SpA e scongiurare il ricorso alla cassa integrazione per i 335 lavoratori (103 solo a Massa) a partire dal mese di ottobre 2021.
(4-10259)

  Risposta. — L'atto in parola riguarda la situazione occupazionale e produttiva dell'impresa Sanac, in amministrazione straordinaria, e in particolare la situazione dello stabilimento di Massa. A riguardo, sentita anche la direzione generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si rappresenta quanto segue.
  In via preliminare si evidenziano i principali momenti che hanno interessato la vicenda.
  Arcelor Mittal Italy Holding S.r.l. (Amih) ha presentato in data 5 dicembre 2018 un'offerta vincolante che, all'esito del procedimento di gara, ha determinato l'aggiudicazione dei complessi aziendali di Sanac alla stessa Amih, previo decreto autorizzativo assunto dal Mise in data 12 marzo 2019. Successivamente, con lettera del 21 marzo 2019 i Commissari Straordinari hanno comunicato tale assegnazione ad Amih invitando quest'ultima a formalizzare il contratto di cessione secondo il modello allegato all'offerta vincolante.
  Per circa due anni Amih ha chiesto di rinviare la data di sottoscrizione del contratto di cessione adducendo ragioni organizzative, prorogando le garanzie prestate e dichiarando espressamente di mantenere fermi i termini e le condizioni di acquisto di cui all'offerta vincolante.
  Al fine di assicurare il buon esito dell'operazione, i commissari straordinari hanno di volta in volta acconsentito a tali richieste di proroga.
  In data 25 giugno 2021, Sanac in AS ha invitato Amih ad indicare due o più date per la stipula del contratto di cessione entro il termine del 30 giugno 2021.
  In data 21 luglio 2021, i commissari straordinari – preso atto dell'inadempimento di Amih agli obblighi assunti con l'offerta vincolante – hanno provveduto a escutere la fideiussione (prestata da Bnl per euro 1.000.000,00) posta a garanzia degli obblighi assunti con l'offerta vincolante.
  Successivamente, Amih ha informato la Bnl e Sanac dell'avvio di trattative per addivenire a una composizione bonaria della controversia.
  In data 31 luglio 2021, le parti hanno sottoscritto un accordo, di cui la Bnl ha espressamente preso atto, e per effetto del quale:
  il pagamento dell'importo di euro 1.000.000,00 veniva sospeso fino al 30 settembre 2021, per dar modo alle parti di verificare la possibilità di raggiungere, entro tale data, un accordo transattivo sulla lite insorta a seguito della mancata stipula del contratto di cessione;
  in caso di mancato raggiungimento di un accordo transattivo entro il predetto termine, la Bnl avrebbe provveduto al pagamento del suddetto importo.
  A tal proposito, i commissari straordinari hanno riferito che non è stato possibile, nonostante le interlocuzioni intercorse, raggiungere alcun accordo con Amih in merito al perfezionamento dell'acquisizione dei complessi aziendali.
  Allo scopo di non pregiudicare la possibilità di attuare il programma di cessione – considerati anche i tempi non brevi e le incertezze di qualunque iniziativa giudiziaria – i commissari straordinari hanno riferito di aver dunque presentato istanza al comitato di sorveglianza per l'acquisizione del parere relativamente all'avvio di una nuova procedura competitiva per la cessione dei complessi aziendali di Sanac, ai fini del rilascio dell'autorizzazione di competenza del Ministero.
  Al contempo, i commissari straordinari si sono riservati ogni azione nei confronti di Amih anche in base a quello che sarà l'esito della nuova procedura competitiva che sarà espletata.
  All'esito di quanto verificatosi, Bnl, nel frattempo, ha provveduto al pagamento dell'importo di Euro 1.000.000,00 oggetto di escussione.
  Quanto invece ad Acciaierie d'Italia (da ora anche Adi), si informa che tale società, dal gennaio 2020 sino ad aprile 2021, ha effettuato pagamenti con cadenza periodica, in modo non correlato ai decreti ingiuntivi che le sono stati via via notificati.
  Per effetto di tali pagamenti – che, secondo quanto comunicato dai Commissari, sono stati parziali, irregolari e sempre tardivi rispetto alle scadenze naturali – Sanac ha potuto comunque far fronte alle proprie esigenze di cassa, seppure con molte difficoltà.
  Tuttavia, a partire dalla metà di aprile 2021, Adi ha interrotto i pagamenti. Sanac, d'altro canto, ha continuato regolarmente a consegnare i prodotti refrattari ad Adi onorando i propri impegni contrattuali.
  Al suddetto quadro va aggiunto che, in data 29 giugno 2021, la stessa si è vista costretta a presentare un ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile nei confronti di Adi presso il tribunale di Milano, in quanto la propria situazione finanziaria si era notevolmente aggravata, sempre in ragione degli ingiustificati inadempimenti dell'Adi ai propri obblighi di pagamento.
  In data 8 luglio 2021 si è tenuta l'udienza del ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile davanti al giudice del tribunale di Milano.
  Successivamente, Adi ha provveduto a effettuare pagamenti per un totale di circa 21 milioni di euro e, al momento, secondo quanto rappresentato, la situazione della liquidità di cassa di Sanac si è sostanzialmente assestata.
  Malgrado ciò, resterebbero ancora da incassare consistenti somme relative a fatture già scadute, con un dato pari a circa 4,5 milioni di euro al 20 settembre 2021, ed in sensibile crescita; in relazione a ciò Sanac, dopo aver effettuato i dovuti solleciti, provvederà, se necessario, a nuove azioni esecutive nei confronti di Adi.
  Per quanto riguarda gli aspetti di tipo operativo, a partire dalla metà del mese di giugno 2021, si è registrata la mancata ricezione di nuovi ordini. A fronte di tale preoccupante situazione, l'attività dei quattro stabilimenti della società potrebbe subire una consistente riduzione già dalla prima settimana di novembre (con possibile ricorso agli ammortizzatori sociali nei confronti del personale).
  Da ultimo, nei giorni scorsi informalmente i commissari straordinari hanno comunicato di aver dato mandato ai legali che assistono la Società di avviare delle iniziative nei confronti di Adi per far perseguire gli illeciti contrattuali ed extracontrattuali che si sono verificati.
  In conclusione, si rappresenta il mio impegno, per quanto di competenza, a continuare a monitorare la vicenda in oggetto, al fine di garantire a Sanac una continuità produttiva e la tutela dei lavoratori coinvolti.
  

La Viceministra dello sviluppo economico: Alessandra Todde.