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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 11 febbraio 2022

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    la materia delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, previste dal comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge 5 ottobre 1993 n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, originariamente regolata esclusivamente dal codice della navigazione, è stata oggetto di numerosi interventi normativi e giurisprudenziali soprattutto in seguito all'approvazione, nel dicembre del 2006, da parte del Consiglio e del Parlamento europeo, della direttiva 2006/123/CE, volta alla creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo;

    tali interventi si sono intrecciati – e talvolta ne sono stati la conseguenza diretta – con la normativa, la giurisprudenza e le procedure di contenzioso registrate in sede europea, relative essenzialmente ai profili della durata e del rinnovo automatico delle concessioni, previsti dall'articolo 10 della legge 16 marzo 2001, n. 88, e alla liceità della clausola di preferenza per il concessionario uscente, ovvero il cosiddetto diritto di insistenza, previsto dall'articolo 37, comma 2, del codice della navigazione, poi abrogato nel 2009;

    la direttiva 2006/123/CE, nota come direttiva Bolkestein, è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, ma soltanto in seguito alla procedura di infrazione comunitaria n. 2008/4908 e alla lettera di messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010 della Commissione europea, lo Stato italiano è intervenuto sulla materia delle concessioni demaniali marittime proprio per quanto riguarda il diritto di insistenza e la durata e la procedura di rinnovo delle concessioni, abrogando il diritto di prelazione ex articolo 37 del codice della navigazione prima e il regime di rinnovo automatico previsto dalla cosiddetta legge Baldini poi;

    il recepimento della direttiva Bolkestein da parte dell'Italia si è da subito presentato come molto complesso, perché il sistema consolidato, su cui gli imprenditori del settore avevano fatto affidamento, si basava su questi due elementi fondamentali: la durata base di sei anni delle concessioni, con proroghe automatiche consecutive, e il diritto di insistenza, ovvero, a parità di condizioni, la preferenza riconosciuta al concessionario uscente in caso di nuovo affidamento;

    per questo motivo l'Italia ha adottato un nuovo assetto normativo solo a seguito dell'avvio delle iniziative europee di cui sopra, senza affrontare, tuttavia, il riordino complessivo della materia: il Governo pro tempore ha adottato una serie di provvedimenti di proroga: con l'articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, ha prorogato la durata delle concessioni in essere al 30 dicembre 2009 sino 31 dicembre 2015, e, successivamente, con l'art. 34-duodecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, ha prorogato le stesse sino al 31 dicembre 2020;

    in seguito, la legge di bilancio per il 2019, legge 30 dicembre 2018, n. 145, ha disposto, per le concessioni demaniali in essere alla sua approvazione, una proroga di quindici anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa legge, quindi fino al 31 dicembre 2033, e l'esclusione del commercio al dettaglio su aree pubbliche dal perimetro di applicazione della direttiva, nel tentativo di sostenere anche il comparto del commercio ambulante, egualmente danneggiato dalle nuove norme europee;

    la norma – pur prorogando, nella sostanza, la durata delle concessioni in essere – non utilizzava in alcuna sua parte il termine «proroga», limitandosi ad individuare una nuova durata delle concessioni stesse, ed emergeva dal contenuto programmatico della stessa come tale proroga transitoria sarebbe stata l'ultima, in quanto prodromica al riassetto definitivo della materia;

    detto periodo transitorio si prospettava necessario per individuare le modalità idonee ad accogliere gli indirizzi comunitari nel rispetto delle esigenze e delle singole specificità e peculiarità interne, provvedendo «ad una ricognizione e mappatura del litorale e del demanio costiero-marittimo», nonché all'individuazione di criteri per una gestione delle imprese operanti sul demanio marittimo valorizzandone la più proficua utilizzazione, ma allo stesso tempo tutelando gli investimenti già effettuati dai concessionari, in buona fede, in ragione del legittimo affidamento degli stessi sul rinnovo della concessione e delle tempistiche di ammortamento connesse, elaborando procedure di gara che tenessero conto di questi tipi di affidamenti e adottando processi idonei ad evitare il degrado o l'abbassamento del livello quantitativo e qualitativo dei servizi offerti e degli investimenti privati;

    sulla base della certezza fornita dalla nuova normativa, molti imprenditori del settore hanno acquistato le subconcessioni e fatto notevoli investimenti;

    il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, cosiddetto decreto rilancio, corroborando la normativa nazionale, e in particolare la legge n. 145 del 2018, ha previsto una sospensione dei procedimenti amministrativi volti alla nuova assegnazione delle concessioni demaniali marittime o alla riacquisizione al patrimonio pubblico delle aree demaniali, impedendo l'avvio delle aste prima del 1° gennaio 2034;

    tuttavia, in sede di applicazione, la legge n. 145 del 2018 è stata messa in discussione sia da alcune amministrazioni comunali, sia da alcune sentenze, che ritenendola contrastante con la direttiva comunitaria, la hanno disapplicata, facendo rivivere la scadenza al 2020;

    soprattutto i comuni sono intervenuti in modo non univoco, alcuni concedendo la proroga fino al 31 dicembre 2033, altri disapplicando la norma nazionale e quindi non riconoscendo la proroga, in casi sporadici addirittura avviando le gare, altri ancora con proroghe limitate nel tempo in attesa del riordino della materia, altri, infine, hanno lasciato inevase le istanze dei concessionari;

    in data 3 dicembre 2020 la Commissione europea ha indirizzato al Governo la lettera di costituzione in mora 2020/4118 7826 final, ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in merito al rilascio di autorizzazioni relative all'uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi;

    nella lettera la Commissione europea ha ribadito che «Gli Stati membri sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (ad esempio le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi», e ha affermato che «il quadro giuridico nazionale che prevede la reiterata proroga della durata delle concessioni balneari compromette gravemente la certezza del diritto a danno di tutti gli operatori in Italia, compresi gli attuali concessionari, che non possono contare sulla validità delle loro concessioni esistenti. A causa dell'illegalità del quadro normativo italiano, le concessioni prorogate dalla legislazione italiana sono impugnabili e soggette ad annullamento da parte dei tribunali italiani. Le autorità locali hanno il dovere di rifiutarsi di rinnovare le concessioni in linea con l'obbligo, che incombe a tutte le autorità nazionali, di adoperarsi al massimo per dare attuazione al diritto dell'UE e conformarsi alle sentenze della CGUE. Questa situazione di incertezza giuridica e rischio di contenzioso, che è stata protratta per molto tempo dalle autorità italiane, costituisce una minaccia reale per gli attuali concessionari nello svolgimento delle loro attività e ha gravi implicazioni, portando ad un aumento del contenzioso e del malcontento nelle comunità locali. La reiterata proroga della durata delle concessioni balneari prevista dalla legislazione italiana scoraggia inoltre gli investimenti in un settore chiave per l'economia italiana»;

    nel quadro sin qui delineato si inseriscono le sentenze n. 17 e n. 18 del 9 novembre 2021, con le quali il Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha stabilito che la disciplina nazionale che prevede le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, inclusa la moratoria pandemica disposta dal decreto rilancio, «sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l'articolo 49 TFUE e con l'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione»;

    le sentenze hanno quindi disposto che le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continueranno ad essere valide solo fino al 31 dicembre 2023, «fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell'ordinamento dell'U.E.»;

    inoltre, il Consiglio di Stato ha chiarito che «ancorché siano intervenuti atti di proroga rilasciati dalla P.A. (e anche nei casi in cui tali siano stati rilasciati in seguito a un giudicato favorevole o abbiamo comunque formato oggetto di un giudicato favorevole) deve escludersi la sussistenza di un diritto alla prosecuzione del rapporto in capo gli attuali concessionari»;

    e, altresì, nell'auspicio che il legislatore intervenga a riordinare la materia, in conformità ai principi di derivazione europea, le concessioni demaniali per finalità turistico-ricreative già in essere continuano ad essere efficaci sino al 31 dicembre 2023, fermo restando che, oltre tale data, anche in assenza di una disciplina legislativa, esse cesseranno di produrre effetti, nonostante qualsiasi eventuale ulteriore proroga legislativa che dovesse nel frattempo intervenire, la quale andrebbe considerata senza effetto perché in contrasto con le norme dell'ordinamento;

    le sentenze, ancora una volta, pur asserendo che la ragione della proroga al 2023 concessa dal supremo organo della giustizia amministrativa risieda nella finalità di «evitare il significativo impatto socio-economico che deriverebbe da una decadenza immediata e generalizzata di tutte le concessioni in essere, di tener conto dei tempi tecnici perché le amministrazioni predispongano le procedure di gara richieste», non hanno tenuto in considerazione le ragioni che vorrebbero tali concessioni non rientranti nel campo di applicazione della direttiva Bolkestein, e rispetto alle quali, altre Nazioni europee come la Spagna e il Portogallo hanno disposto proroghe lunghissime senza incorrere in alcuna sanzione da parte della Commissione europea;

    condizione imprescindibile di applicabilità della direttiva Bolkestein è prevista nel suo articolo 12 che stabilisce: «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicità dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento [...]»; la scarsità di risorsa non è mai stata verificata, ma il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 ha previsto, all'articolo 2, una delega al Governo per provvedere alla mappatura dei beni pubblici e dei relativi rapporti concessori;

    il turismo balneare italiano rappresenta un unicum nel panorama europeo e mondiale, soprattutto grazie agli investimenti sostenuti negli anni dai concessionari e la decisione del Consiglio di Stato rischia di danneggiare in modo gravissimo migliaia di imprese che su tutto il territorio nazionale gestiscono da sempre stabilimenti balneari, porti turistici, alberghi e altri pubblici esercizi, che si troverebbero di fatto espropriate e che non riusciranno verosimilmente a fronteggiare gli appetiti di grandi investitori stranieri, con il conseguente devastante esito in termini di impatto sociale che ne deriverebbe;

    un intervento di taglio lineare di questa portata non può che comportare il rischio di fallimento per quelle migliaia di imprenditori che hanno creduto in una norma dello Stato, nonché il rischio connesso e conseguente di abbandono e degrado del patrimonio più prezioso che si ha, le nostre coste;

    altra categoria messa in grande difficoltà dalle previsioni della direttiva Bolkestein, in forza di un'interpretazione estensiva del citato articolo 12 della direttiva, è quella relativa le concessioni per l'esercizio delle attività di commercio ambulante su aree pubbliche;

    l'Italia è l'unico Stato membro dell'Unione europea ad aver applicato la direttiva Bolkestein al commercio ambulante oltre alla Spagna, la quale ha tuttavia istituito un regime transitorio a tutela delle imprese già presenti della durata di settantacinque anni;

    lo stesso Parlamento europeo, con la risoluzione n. 2010/2109 (INI), ha preso atto della forte preoccupazione espressa dai venditori ambulanti in relazione all'ipotesi che la direttiva Bolkestein possa essere applicata negli Stati membri, estendendo il concetto di «risorsa naturale» anche al suolo pubblico, producendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche che sarebbero gravemente dannose per l'occupazione, la libertà di scelta dei consumatori e l'esistenza stessa dei tradizionali mercati rionali;

    in merito, è di recente intervenuto il tribunale amministrativo del Lazio, che, con la sentenza n. 539 del 2022, pubblicata il 18 gennaio 2022, ha respinto il ricorso presentato dagli operatori del commercio ambulante di Roma contro la decisione dell'ex sindaco di mettere a gara le licenze scadute di occupazione del suolo pubblico con attività commerciale, nonostante una norma nazionale, a fronte dell'emergenza pandemica, avesse prorogato le licenze fino al 2032, differendo a quella data anche l'applicazione della direttiva europea al settore;

    nello stabilire che la direttiva Bolkestein vale anche per le concessioni dei mercati ambulanti, che vanno riassegnate tramite gare pubbliche, il Tar si è richiamato ai principi stabiliti dalla recente sentenza del Consiglio di Stato, relativa proprio alle concessioni demaniali con finalità turistico ricreative e si è espresso, quindi, in senso contrario anche alla legge n. 145 del 2018 che, oltre ad aver disposto la proroga al 2033 delle concessioni di spiaggia poi annullata dal Consiglio di Stato, aveva anche del tutto escluso le concessioni degli ambulanti dall'applicazione della direttiva europea Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi;

    secondo il tribunale amministrativo laziale, che ha respinto il ricorso della titolare di una concessione per il commercio sulle aree pubbliche, «è indiscutibile che i posteggi per l'esercizio del commercio nel Comune di Roma Capitale siano un bene limitato, considerato anche il ristretto carattere territoriale del Comune concedente, l'attuale assenza di concorrenzialità del settore e l'elevata attrattività che rivestono per gli operatori di tali attività, specie nel contesto caratterizzato da profili di unicità e assoluta particolarità quale è quello di Roma»;

    anche la professione di guida turistica, una delle più antiche professioni riconosciute in Italia, con il recepimento della direttiva «servizi» 2006/123/CE è stata erroneamente considerata un servizio a libera prestazione su tutto il territorio nazionale;

    nel considerando 33 della direttiva, infatti, sono disciplinati i servizi turistici dei «tour guides», che sono quelli offerti dagli «accompagnatori turistici», addetti alla supervisione e all'organizzazione del viaggio. Questo termine è stato erroneamente tradotto come «guide turistiche», e ciò ha creato confusione tra due professioni, che sebbene in Italia siano entrambe regolamentate, risultano tuttavia ben distinte: l'accompagnatore e la guida turistica;

    la guida turistica, intesa come «persona che guida i visitatori nella loro lingua ed interpreta il patrimonio culturale e naturale di un'area per la quale si possiede una qualifica specifica, riconosciuta e certificata dall'autorità preposta», esula pertanto dal campo dei servizi organizzativi, rientrando a tutti gli effetti nell'ambito di applicazione della direttiva 2005/36/CE sulle qualifiche professionali;

    nel considerando 31 della direttiva servizi, è chiaramente affermato che la direttiva 2006/123/CE riguarda questioni diverse da quelle relative alle qualifiche professionali e, per quanto concerne la libera prestazione di servizi, quanto stabilito nella direttiva 2005/36/CE resta impregiudicato;

    nella stessa relazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo sull'applicazione della direttiva 92/51/CEE conformemente all'articolo 18 della direttiva 92/51/CEE, si sostiene la delimitazione dei campi di attività delle due professioni: accompagnatori e guide turistiche, al fine di non creare confusione nell'esercizio di tali professioni in regime di libera circolazione;

    la direttiva europea, nell'ottica di favorire la libera circolazione delle guide turistiche, ha di fatto consentito a soggetti che esercitano l'attività in altri Stati membri di operare in Italia senza una specifica abilitazione, quest'ultima non prevista in molti Paesi dell'Unione europea, con una conseguente dequalificazione della professione, che ha poi contribuito alla nascita di fenomeni di abusivismo nel settore;

    la professione di guida turistica è essenziale per la valorizzazione delle specificità territoriali ed, in base al decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 1995 (atto di indirizzo e coordinamento in materia di guide turistiche), le guide sono gli unici professionisti specializzati per illustrare correttamente ai visitatori il patrimonio culturale italiano, migliorando la sua divulgazione e contribuendo così alla sua valorizzazione e tutela,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi in sede europea al fine di sostenere l'inapplicabilità della direttiva 2006/123 al settore delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali per finalità turistico-ricreative, poiché trattasi di concessioni di beni e non di servizi, rilevando altresì che ex articolo 195 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in materia di turismo, l'Unione europea può limitarsi soltanto ad una politica di accompagnamento e richiedendo un trattamento equo e non discriminatorio rispetto ad altri Stati europei come Spagna e Portogallo, che hanno prorogato le concessioni senza alcuna contestazione da parte dell'Unione europea;

2) a individuare tutte le opportune soluzioni, anche di carattere normativo, volte a disporre l'esclusione definitiva dal campo di applicazione della cosiddetta direttiva servizi delle concessioni demaniali marittime, fluviali e lacuali per finalità turistico-ricreative;

3) nelle more, ad assumere tutte le iniziative necessarie, anche di carattere normativo e nella forma più urgente possibile, per garantire la pedissequa e automatica applicazione, in tutti i comuni italiani, della proroga di cui all'articolo 1, commi 682, 683 e 684 della legge 30 dicembre 2018, n. 145;

4) ad adottare ogni iniziativa di competenza, a fronte delle richiamate sentenze n. 17 e n. 18 del 2021 del Consiglio di Stato, anche mediante la costituzione in tutti i giudizi pendenti presso la Corte costituzionale, compresi quelli di impugnazione, in modo da assicurare la stabilità e lo sviluppo del settore il quale non può essere altrimenti garantito da continue interpretazioni giurisprudenziali o di dottrina che comportano pesanti incertezze agli operatori nonché agli enti territoriali;

5) ad assumere ogni iniziativa di competenza volta a riconoscere il legittimo affidamento degli attuali concessionari che hanno sviluppato la propria attività d'impresa e i propri investimenti, contando su certezze normative, anche attraverso l'adozione di iniziative normative volte a riformare i parametri di preferenzialità e la disciplina relativa alla devoluzione delle opere non amovibili attualmente previsti dal codice della navigazione;

6) ad adottare iniziative volte a tutelare il comparto del commercio su aree pubbliche, garantendo il legittimo affidamento dei suoi operatori, nel rispetto delle disposizioni in materia di cui alla legge 30 dicembre 2018, e delle successive linee guida del Ministero che hanno definito i criteri per il rinnovo «condizionato» e non automatico delle concessioni, in conformità, dunque, con la normativa europea, salvaguardando le procedure già avviate nei comuni d'Italia che hanno ottemperato al rinnovo delle concessioni secondo le condizioni e i requisiti richiesti dalle suddette linee guida ministeriali recepite a livello regionale, garantendo a tal fine i principi di pubblicità e trasparenza e salvaguardando i livelli occupazionali di questa categoria del commercio su strada, già messa a dura prova dalla pandemia;

7) ad assumere ogni iniziativa di competenza per escludere le guide turistiche dall'ambito di applicazione della direttiva 2006/123/CE, a salvaguardia dell'interesse prevalente alla tutela del patrimonio artistico-culturale della Nazione e delle competenze professionali che vi operano.
(1-00581) «Meloni, Lollobrigida, Rampelli, Zucconi, De Toma, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci».


   La Camera,

   premesso che:

    la filiera dell'automotive, che ricomprende tutte le imprese coinvolte nella produzione di autoveicoli, a partire dalle imprese che producono materie prime (plastiche, coloranti, prodotti chimici, vernici, tessuti ed altro) e macchine utensili, passando per le imprese più strettamente produttive, fino ad arrivare alle aziende che si occupano di imballaggi, trasporto merci e servizi legati agli autoveicoli, e quella dei servizi automotive, occupa nel suo insieme circa 1,23 milioni di lavoratori e nel solo comparto industriale sostiene una spesa di circa 9 miliardi di euro in salari e stipendi. Nel 2017 il settore dell'industria dell'automotive fatturava 105,9 miliardi di euro e, a seguito della crisi indotta dall'emergenza sanitaria da Covid-19, il fatturato del settore ha subito un forte rallentamento;

    il solo settore dell'industria automotive, secondo gli ultimi dati dell'Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfia), tra attività dirette e indirette, è costituita da oltre 5.500 imprese e impiega circa 274.000 addetti. In tale contesto, la filiera italiana dell'industria automobilistica e della sua componentistica è costituita da più di 2.000 imprese, impiega più di 150.000 dipendenti e rappresenta un settore strategico per l'economia nazionale che deve essere accompagnato nel suo complesso verso la transizione ecologica, in modo non solo da evitare la perdita di competenze e di posti di lavoro – a cui per altro si è costantemente assistito nell'arco di questi ultimi 30 anni – ma facendo di questo passaggio un'opportunità di rilancio del settore;

    per quanto riguarda la filiera industriale la competitività del settore automotive risulta essere superiore rispetto a quella del comparto manifatturiero nella sua interezza: la filiera automotive italiana si posiziona nei segmenti a più elevato valore aggiunto grazie non solo alle eccellenze nella produzione di autoveicoli di alta gamma e di autoveicoli commerciali, ma anche in virtù delle specializzazioni produttive che caratterizzano in particolare i distretti della componentistica: circa il 20 per cento del valore aggiunto generato dal settore della componentistica in Italia viene indirettamente incorporato nei prodotti esportati da altri partner commerciali, segnalando una significativa capacità di penetrazione nei mercati internazionali. In tal senso, diventa importante immaginare strumenti di sostegno che supportino anche gli investimenti di dimensioni maggiori, rispetto a quelli previsti attualmente, tali da rendere attraenti i grandi investimenti (dalla produzione dei veicoli a quella dei componenti) in modo da legare sempre meglio i fornitori, anche di piccole e medie dimensioni, con grandi integratori o costruttori;

    il settore industriale dell'automotive è stato interessato nel corso degli ultimi anni da una forte spinta all'aggregazione tra storiche imprese dell'industria automobilistica, altrimenti destinate in ragione dell'accresciuta concorrenza nel settore ad una difficile sopravvivenza. Vicenda che ha portato alla creazione di circa 10 grandi gruppi automobilistici in grado di competere a livello globale e che detengono attualmente più di tre quinti del mercato automobilistico mondiale. Tali aggregazioni, dettate da molteplici ragioni – ingresso nel settore di nuove aziende low cost asiatiche e dell'est europeo; esigenza di ridurre i costi di produzione; incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo; diversificazione della domanda – hanno comportato una profonda riorganizzazione aziendale che ha interessato sia gli stabilimenti di produzione e il personale addetto sia le imprese dell'indotto, e di conseguenza una profonda trasformazione della filiera dei servizi automotive a valle della produzione, con particolare riguardo alle attività di vendita degli autoveicoli, leasing, noleggio, commercio dei componenti, manutenzione e riparazione. Tale processo di aggregazione purtroppo si è realizzato in misura ridotta in Italia fra le imprese della componentistica, rendendole più vulnerabili ai grandi cambiamenti;

    nel corso degli ultimi mesi si stanno manifestando nuovi scenari di ulteriore cambiamento per il settore dell'automotive nel suo complesso, dettati principalmente dal combinato disposto tra la grande fase di transizione in atto conseguente alla pandemia da COVID-19 e all'emergenza climatica, le novità introdotte nel contesto normativo europeo, l'evoluzione tecnologica nella propulsione elettrica, delle batterie di ricarica e dei circuiti, e le nuove esigenze di mobilità dei cittadini. Fattori, questi, che impongono alle grandi aziende automobilistiche l'avvio immediato di un processo di ulteriore profonda trasformazione del loro assetto produttivo e della filiera di distribuzione;

    l'insieme di questi nuovi scenari iniziano a produrre nel contesto internazionale i primi effetti nelle scelte strategiche delle aziende automobilistiche, che si apprestano ad una profonda riorganizzazione interna e allo sviluppo di piani industriali che prevedono una crescente produzione di mezzi ibridi o interamente a propulsione elettrica, con effetti non soltanto sugli stabilimenti di produzione ma indirettamente sull'intera filiera dell'automotive. Proprio però alla luce delle vicissitudini degli ultimi 20 anni del settore italiano, che ha vissuto una contrazione della produzione di autoveicoli e dei posti di lavoro ma in cui è anche cresciuto un nuovo tessuto produttivo contraddistinto da marchi di altissima gamma, questa fase di trasformazione, se ben supportata, potrebbe rappresentare un'opportunità di ritornare a crescere;

    nel 2020, a causa dell'emergenza sanitaria in corso, il crollo del mercato dell'auto è stato pesantissimo registrando 1.381.629 immatricolazioni con un calo del 27,9 per cento corrispondenti a 535.000 unità in meno;

    per far fronte alla crisi in atto, Governo e Parlamento, con un'incisiva azione di politica industriale per il settore, hanno introdotto con il cosiddetto «Decreto rilancio», e successivamente confermato con il cosiddetto «Decreto agosto» e con la legge di bilancio 2021, una serie di incentivi per l'acquisto di auto nuove, riuscendo a coniugare l'azione positiva per l'ambiente con l'eliminazione di vetture circolanti altamente inquinanti, l'incremento della sicurezza del parco circolante e il deciso sostegno ad un settore strategico per l'economia ed il lavoro italiani;

    l'aver favorito il ritmo di sostituzione delle vetture con oltre 10 anni di vita ha fatto risparmiare all'ambiente decine di migliaia di tonnellate di anidride carbonica, grazie alla vendita di circa 100.000 vetture che non sarebbero state vendute in assenza degli incentivi: gli incentivi varati con la legge di bilancio per il 2021, in particolare quelli con emissioni di anidride carbonica contenute tra 61 e 135 gr/km hanno infatti evitato, come per la seconda parte del 2020, che il mercato italiano crollasse. Nel primo trimestre 2021 l'andamento del mercato italiano, pur registrando un calo del 12,7 per cento, è risultato essere migliore di quello dei principali Paesi dell'Unione europea grazie al fatto che si erano previsti incentivi per il primo semestre 2021 anche per sostenere le vendite di vetture ad alimentazione tradizionale;

    la caduta delle immatricolazioni di autoveicoli registrata nei mesi di ottobre e novembre 2021 rispetto ai corrispondenti mesi del 2020, e il calo del 34,8 per cento a gennaio 2022 sullo stesso mese del 2019, precedente la pandemia, sono indicatori del protrarsi della gravità della crisi del settore che, secondo alcuni studi, potrebbe portare, se si proietta il dato di gennaio 2022 sull'intero 2022, ad un volume di immatricolazioni, per l'intero 2022, di 1.198.000 autovetture con un calo del 17,8 per cento sul 2021;

    le enormi difficoltà che attraversa il settore, a cui si vanno ad aggiungere quelle non meno importanti determinate dalla carenza dei componenti elettronici, hanno messo in allarme gruppi come Stellantis, Toyota e Volkswagen. Numerosi stabilimenti (Pomigliano, Sevel, Melfi), nel corso degli ultimi mesi, hanno più volte infatti interrotto, seppur temporaneamente, la produzione di autoveicoli per mancanza di microchip. L'azienda taiwanese Tsmc, la più grande produttrice al mondo di semiconduttori, ha annunciato l'intenzione di innalzare i prezzi dei microchip fino al 20 per cento, prefigurando con tutta probabilità un forte rincaro in vista sui prodotti finali;

    nelle scorse settimane, Stellantis, ha manifestato l'intenzione di procedere ad una complessiva riorganizzazione degli impianti di produzione presenti nel nostro territorio, i cui effetti ancora non sono noti in ragione di un piano industriale che, secondo le dichiarazioni rese dall'amministratore delegato del gruppo, sarà reso pubblico a marzo 2022. Per alcuni stabilimenti, come la VM Motori di Cento operante dal 1947 nella produzione dei motori diesel, le prospettive appaiono incerte anche in ragione della specializzazione in un settore tecnologico tradizionale il cui futuro appare segnato dalla transizione in atto;

    le ricadute di tali trasformazioni, oltre a destare forti preoccupazioni ai numerosi addetti del settore automotive, iniziano a produrre i primi effetti in particolare sull'indotto della componentistica italiana, anche in situazioni aziendali di conseguimento di fatturato e utili, con la manifestazione di alcune crisi industriali che vedono il coinvolgimento di importanti e storiche aziende e il rischio di licenziamento per numerosi lavoratori;

    le politiche di accompagnamento alla transizione del settore automotive nel nostro Paese rappresentano, quindi, uno dei passaggi cardine non soltanto per il conseguimento degli obiettivi condivisi in seno alle organizzazioni internazionali e sovranazionali che l'Italia si è impegnata a rispettare, a partire dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dagli accordi di Parigi sul clima nell'ambito della COP 21 del 2015, ma soprattutto per il raggiungimento degli obiettivi di crescita economica e di sviluppo e competitività del nostro sistema produttivo;

    in merito alle politiche di accompagnamento, la filiera della componentistica dell'industria automobilistica necessita di interventi ad hoc, come fatto da altri Paesi con alta vocazione automotive, che prevedono sostegno: a) alla riconversione produttiva (senza discrimini territoriali, soprattutto per le aziende che «subiscono» normativamente uno «stop» produttivo), b) alla ricerca e allo sviluppo di prodotti e tecnologie innovative in grado di assecondare la domanda emergente nel mercato di riferimento e di competere a livello globale, c) alla riqualificazione professionale degli addetti, in assenza delle quali si prefigura il rischio, già a partire dai prossimi mesi, di ulteriori chiusure e licenziamenti di personale; tra le politiche di accompagnamento, un ruolo particolarmente importante può essere rappresentato dal possibile sviluppo di nuove filiere di produzione quali quello delle batterie e dei semiconduttori,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per prevedere, nel primo provvedimento utile, tutte le misure ritenute necessarie a sostenere la filiera dell'automotive nel superamento dell'attuale fase di crisi, sia sul fronte della produzione e dell'approvvigionamento sia su quello della vendita di autoveicoli, a partire dal rifinanziamento degli incentivi all'acquisto di veicoli elettrici o a basse emissioni di anidride carbonica in ottica pluriennale, anche associata ad una progressiva riduzione negli anni degli importi dell'incentivo a fronte dello sviluppo tecnologico, della riduzione dei costi dei veicoli e della crescita dei volumi di vendita;

2) ad adoperarsi per favorire il rapido superamento delle situazioni di crisi industriale emerse nel corso degli ultimi mesi nella filiera dell'automotive, in particolare nel settore della componentistica, al fine di evitare licenziamenti di addetti e la delocalizzazione di importanti aziende operanti nel settore e ad affrontare, per tempo, con adeguati strumenti e risorse, le situazioni di potenziale crisi che stanno per emergere e che rischiano di avere pesanti ricadute occupazionali nei territori coinvolti, in particolare nella filiera della componentistica tradizionale;

3) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per istituire un fondo pluriennale dedicato ad accompagnare la transizione del settore dell'automotive, che abbia almeno le seguenti linee di intervento:

   a) sostenere la trasformazione dell'industria automobilistica e tutti gli interventi di carattere industriale necessari ad accompagnare e sostenere il processo di trasformazione industriale e di innovazione settoriale, a partire dalla digitalizzazione fino al cambio delle motorizzazioni e allo sviluppo delle nuove tecnologie, alle attività di ricerca e sviluppo (anche aumentando la copertura dedicata nella ricerca e sviluppo di prodotto e processo), al trasferimento tecnologico e alla nascita di nuove imprese innovative, e gli investimenti nazionali ed esteri, favorendo anche i progetti basati su aggregazioni tra imprese;

   b) sostenere la riqualificazione professionale degli addetti nel settore dell'automotive, con particolare riguardo a quelli della filiera della componentistica, al fine di garantirne la continuità occupazionale o il ricollocamento professionale durante le fasi di transizione del settore ed evitare quanto più possibile il ricorso agli ammortizzatori sociali;

   c) sostenere, altresì, la graduale transizione della filiera dei servizi dell'automotive, con particolare riguardo alle imprese operanti nel settore della componentistica, con appositi e mirati interventi finalizzati a favorire la riconversione delle produzioni o la realizzazione di prodotti innovativi in grado di rispondere alla domanda emergente nel mercato dell'automotive e del trasporto pubblico locale, di generare fatturato e di garantire la continuità occupazionale agli addetti al settore;

4) ad attivarsi nelle sedi istituzionali europee per sostenere e valorizzare il ruolo strategico della filiera dell'automotive, affinché l'intero settore sia adeguatamente supportato nei prossimi anni, con politiche e risorse aggiuntive rispetto a quelle finora stanziate, rivalutando i criteri di assegnazione tra i diversi Paesi comunitari rispetto a quanto avvenuto negli ultimi anni;

5) a farsi, altresì, promotore di proposte nell'ambito dell'Unione europea che disegnino una strada verso la decarbonizzazione che sia sostenibile in termini ambientali, sociali ed industriali, favoriscano la neutralità tecnologica e prevedano target realisticamente raggiungibili per il settore dell'automotive;

6) ad adottare, in tale quadro, ogni iniziativa volta a favorire l'Italia come sede di attività di lavorazione di semiconduttori e di produzione di batterie e del loro riuso e riciclo, e a valutare l'opportunità di prevedere semplificazioni burocratiche ed incentivi adeguati per l'attrazione di investimenti stranieri e lo stabilimento sul territorio nazionale di nuove attività produttive, al fine di rafforzare l'autonomia strategica nell'approvvigionamento di semiconduttori e batterie e di garantire adeguati livelli di ricerca e sviluppo negli ambiti tecnologici, della microelettronica e dell'intelligenza artificiale.
(1-00582) «Benamati, Serracchiani, Braga, Frailis, Bazoli, Berlinghieri, Bonomo, Enrico Borghi, Carla Cantone, Carnevali, Critelli, D'Elia, De Filippo, De Maria, Delrio, Gariglio, Incerti, Gavino Manca, Nardi, Pagani, Rizzo Nervo, Soverini, Topo, Zardini, Boldrini».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e X,

   premesso che:

    la situazione dei prezzi delle materie prime, dell'energia primaria oggetto di importazione e dei prodotti energetici trasformati in Italia si avvia a mantenersi assai critica anche per il 2022. Dopo i rincari significativi del prezzo del gas naturale e dell'energia elettrica nel penultimo e nell'ultimo trimestre del 2021, il primo e il secondo semestre del 2022 si aprono in presenza di ulteriori significativi aumenti;

    gli incrementi che si sono manifestati nel 2021, rispetto al 2020, e che tuttora incalzano, trovano le loro ragioni in parte in dinamiche congiunturali ed in parte in situazioni di carattere strutturale;

    dal punto di vista dei cambiamenti congiunturali occorre per certo annoverare la forte spinta alla ripresa economica dopo il primo biennio di pandemia caratterizzati da blocchi sanitari e la riduzione delle attività produttive, dei trasporti e dei consumi in genere. Una spinta globale quella delle imprese che, manifestatasi con robustezza nel 2021 in modo particolarmente significativa nel lontano oriente, ha generato un forte e impetuoso rialzo della domanda di prodotti energetici. A fronte di tale impennata della domanda non ha corrisposto una immediata e intensa disponibilità dell'offerta a livello globale;

    la situazione di carenza di offerta ha innescato una spirale competitiva sugli approvvigionamenti e forti aumenti dei prezzi, in particolar modo per il gas naturale;

    a questa situazione tipicamente legata ad una specifica fase di congiuntura economica si sono altresì affiancate ragioni strutturali. Nel caso del gas ed esempio, se è vero che la causa primaria della carenza è dovuta alla contrazione delle attività estrattive, verificatasi a seguito di una scarsa domanda nel periodo dei lockdown, questo non basta a spiegare il perdurare del fenomeno nel tempo. Il mancato riallineamento fra domanda ed offerta è da ricercarsi anche in una diminuzione delle attività di ricerca ed estrazione a livello mondiale e degli investimenti a queste connessi e sul differimento degli investimenti necessari a mantenere efficienti questi sistemi produttivi. Investimenti che sono rallentati, quando non eliminati, in un quadro di annunci politici volti alla progressiva eliminazione delle fonti fossili (anche le più pulite come il gas) in tempi molto brevi. Tutto ciò in uno scenario geopolitico che rende sempre più difficili i rapporti fra Paesi consumatori e produttori. Se a ciò si aggiunge il fatto che il gas naturale per molte economie mondiali si avvia ad essere la componente energetica da accoppiare alle fonti rinnovabili, in un percorso di decarbonizzazione virtuoso, si può spiegare la crescita cospicua nella richiesta di questo prodotto a fronte di un'offerta limitata;

    in un mercato mondiale fortemente «liquido» e poco orientato sul lungo termine, queste dinamiche hanno condotto ad un'impennata dei prezzi all'ingrosso. Il gas naturale è passato dai circa 15 euro MWh di agosto 2020, ai circa 110 euro di dicembre 2021, agli attuali 70-80 euro, prezzi accompagnati da una notevole volatilità e comunque generalmente tesi al rialzo. Come sottolineato a livello mondiale, un mercato fortemente collegato a livello internazionale, la presenza della ripresa della domanda post lockdown, la diminuzione del Gnl disponibile sul mercato globale accoppiato ad una riduzione della produzione anche interna all'Europa, sono tutti fattori che hanno posto specificatamente l'Europa in forte sofferenza;

    in Europa in funzione di tutto ciò si è registrato anche un costo crescente dell'energia elettrica. Il mix di produzione europeo, basato su rinnovabili, nucleare e combustibili fossili (gas, carbone e olii minerali), ha pesantemente sofferto di queste dinamiche internazionali. Nell'ultima parte del 2021 il costo del MWh all'ingrosso ha toccato, sul mercato elettrico italiano, valori compresi fra i 180 e i 240 euro attestandosi nel mese di gennaio entro valori compresi fra i 200 ed i 280 euro. Un aumento di circa 4 volte rispetto ai prezzi del 2020 in larga parte trainato dal settore termoelettrico che con gli attuali meccanismi di pricing ha fissato i prezzi, quindi amplificato gli aumenti e le oscillazioni del gas;

    nell'aumento dei prezzi della componente energia elettrica gioca anche un ruolo l'aumento dei costi per gli adempimenti europei collegati all'Ets, il costo per tonnellata di CO2 emessa che era attorno ai 25-30 euro/ton alla fine 2020 ha raggiunto i circa 80 euro nell'ultima parte del 2021 e ha superato i 97 euro nel mese di febbraio 2022. Sarebbe irrealistico e sbagliato sostenere che questo aumento ha generato da solo l'impennata di costi elettrici, ma sicuramente ha contribuito all'aumento. Alcune valutazioni attendibili attribuiscono a questo fattore circa un quarto del peso degli aumenti. Degno di nota è anche il fatto che questa crescita pesa di più su quei sistemi energetici, tipici del nord e nell'est Europa, che hanno ancora una elevata incidenza del carbone;

    per quanto attiene nello specifico al nostro Paese la situazione presenta luci ed ombre. Il nostro paniere energetico, così come ridisegnato dalla Sen (Strategia energetica nazionale) e dal Pniec (Piano nazionale integrato energia clima come approvato nel gennaio 2020), si basa sostanzialmente, nell'approccio agli obiettivi 2030, su un misto di fonti rinnovabili e di gas. La forte penetrazione delle rinnovabili prevista per quella data, con un incremento dell'ordine di 70 GW istallati, e il ruolo di sostegno del gas a questa filiera fa del sistema energetico italiano uno dei più avanzati ed efficienti d'Europa. Sistema che si è dato anche obiettivi ambiziosi quali la fuoriuscita dal carbone nel 2025 e sfide importanti quali lo sviluppo rapido di sistemi di accumulo e di vettori energetici innovativi (ad esempio idrogeno). È importante sottolineare che l'attuale versione del Pniec dovrà essere adeguata al rialzo, e con esso anche gli obiettivi delle rinnovabili, a seguito dell'entrata in vigore del pacchetto europeo Fit-for-55 per cent diretta emanazione del Green Deal europeo;

    d'altra parte, però, il sistema di approvvigionamento nazionale rimane fortemente dipendente dall'estero per i combustibili fossili e per una quota di energia elettrica proveniente dal nucleare francese. Da questo punto di vista occorre, non di meno, osservare come nel settore gas l'Italia abbia la possibilità di svolgere un ruolo importante per l'Europa quale hub meridionale. Ruolo che le è consentito dalla sua posizione geografica, dal numero elevato di possibili fornitori e dalla presenza di buone risorse nazionali. Inoltre, un'oculata gestione degli stoccaggi ha sempre consentito dal 2016 una relativa sicurezza di sistema. Nonostante la diversificazione negli anni passati delle fonti di approvvigionamento, con l'obiettivo di evitare di dipendere pesantemente da un singolo produttore in particolare, a causa del drastico calo della produzione interna e delle importazioni dal nord Europa si è mantenuta la quota di gas russo attorno al 40 per cento dei consumi nazionali;

    sempre in questa direzione va anche il piano nazionale di penetrazione delle rinnovabili elettriche che concorre in maniera determinate all'indipendenza energetica del Paese e che, sotto specifiche condizioni, potrebbe servire a calmierare i prezzi ma che sta subendo gravi ed inopportuni ritardi. Questo scenario, che per altro è lo stesso a cui vogliono tendere altri Paesi europei come la Germania, permetterebbe all'Italia di compiere con successo il periodo di transizione previsto sino al 2030-2035, volgendosi poi ad una seconda frazione del cammino verso la decarbonizzazione totale, prevista attorno al 2050, in cui nuove tecnologie a bassissime emissioni saranno mature: da questo punto di vista appare quindi chiaro come la riduzione dei costi energetici, da cui in larga parte dipende non solo la competitività ma anche l'esistenza di larga parte del sistema industriale italiano, sia da ricercarsi in un calibrato mix fra interventi emergenziali di carattere strettamente congiunturale e altri più strutturali orientati sul medio termine;

    la fase successiva a quella attuale, ovvero il periodo che parte all'incirca dagli anni quaranta di questo secolo, vedrà infatti la maturità commerciale di nuove tecnologie a basse emissioni. Fra queste ad esempio la fusione nucleare (che dopo l'esperienza di Iter, oggi alla soglia dell'avvio, e il dimostrativo Demo si avvierà allo sfruttamento commerciale), così come le tecnologie da fissione di quarta generazione (Generation IV), assi più sostenibili dal punto di vista ambientale rispetto ad oggi. Tecnologie queste, dati i tempi di sviluppo, che non possono entrare nel dibatto immediato di questi momenti ma che, grazie anche alle alte competenze italiane in questi settori, e a fronte della prosecuzione seria di attività di ricerca e sviluppo possono consentire all'Italia di giocare un ruolo da protagonista in questo settore cruciale dell'industria energetica della seconda metà del secolo;

    per quanto attiene all'azione emergenziale tesa alla riduzione dei costi energetici, il Governo è intervenuto a più riprese, dalla prima metà dell'anno 2021, con una serie di provvedimenti legislativi urgenti (articolo 5-bis del decreto-legge n. 73 del 2021, decreto-legge n. 130 del 2021, legge n. 234 del 2021, legge di bilancio 2022, articolo 1, commi 503-512), che hanno avuto principalmente lo scopo di mitigare gli aumenti mediante un abbattimento degli oneri generali che gravano l'energia elettrica e il gas in favore principalmente dei clienti domestici e in aiuto ai consumatori più fragili rafforzando opportunamente i bonus esistenti. Misure che con l'ultimo provvedimento previsto dal Governo, con il decreto «sostegni-ter», approvato il 21 gennaio 2022 e che ha azzerato per il primo trimestre 2022 gli oneri generali di sistema per tutte le medie-grandi imprese con potenza pari o superiore a 16,5 kW, hanno riguardato nello specifico nel caso delle bollette elettriche anche le piccole e medie imprese con forniture in bassa tensione e potenze installate superiori ai 16.5 kW. Anche la leva fiscale dovrebbe essere considerata con maggiore attenzione in omaggio anche ad un principio di equità, poiché le politiche verso la decarbonizzazione sono un obiettivo Paese, e non solo del sistema energetico nazionale, ed alcuni costi pare ragionevole che gravino sulla collettività nella sua interezza e non solo sui consumatori domestici e produttivi;

    si rileva inoltre che con il testo dell'articolo 16 (Interventi sull'elettricità prodotta da impianti a fonti rinnovabili) introdotto nel decreto-legge n. 4 del 2022, cosiddetto decreto sostegni-ter, il Governo si sia posto il tema del recupero degli extra-profitti generati da storture nei meccanismi di formazione dei prezzi come ad esempio accade nel mercato elettrico, dove il meccanismo del cosiddetto «prezzo marginale» determina un unico prezzo di mercato spot per produzioni derivanti da tecnologie fortemente differenti e caratterizzate da strutture di costi opposte quanto a costi fissi e variabili. Basti pensare alle rinnovabili elettriche principali (eolico e fotovoltaico) o all'idroelettrico caratterizzati da elevati costi fissi e da bassissimi costi variabili o al termoelettrico dove i costi variabili, in primis il combustibile, sono prevalenti;

    questa variabilità nella formazione dei prezzi, seppure in maniera diversa, esiste anche nel mercato del gas e, nella formazione del prezzo italiano Psv, rispetto al Ttf olandese, si assiste a volte a «fiammate» giornaliere dei prezzi. Questo è accaduto ad esempio il 12 gennaio 2022, giorno in cui il Psv si è posizionato a 93 euro MWh ma con un differenziale rispetto al Ttf di ben 18,17 euro MWh. Unico mercato peraltro in controtendenza. Queste «punte» sono causate sia dalle modalità di scambio (quantità offerta quantità richiesta) che forma il prezzo sia dalle modalità di assegnazione dei transiti fra zone di mercato (entry-exit tariffe e pancaking) per le quali è necessario adeguamento, poiché attualmente costituiscono ancora un fattore di freno alla libera circolazione del gas. Poiché per la competitività del Paese è importante il valore assoluto del prezzo ma anche la differenza fra i prezzi italiani e quelli degli altri grandi Paesi manifatturieri la questione è in sé particolarmente delicata. Poiché questo accade in un periodo in cui la situazione di approvvigionamenti gas per l'Italia sulle rotte in entrata nei punti di P. Greis, di Tarvisio, di Mazara, di Gela, di Gorizia e di Melendugno, il Gnl verso i rigassificatori e con la produzione nazionale ridotta ma stabile è sensibilmente migliore di molti altri Paesi europei, così come lo è la situazione degli stoccaggi nazionali, esiste senza dubbio un problema di formazione dei prezzi. Un problema che probabilmente si genera nel bilanciamento fra domanda ed offerta nel brevissimo periodo, problema acuito dalla volatilità più generale dei prezzi e dalla variabilità sul breve delle forniture di alcune rotte;

    a livello europeo la Commissione ha, comunque, indicato negli interventi emergenziali tesi a limitare il carico fiscale e parafiscale sulle bollette, una via accettabile e compatibile col sistema degli aiuti di Stato, in special modo verso le classi consumatori più esposti alla concorrenza internazionale, mentre ampio è il dibattito nel settore energia per procedere a una politica comune più aggressiva (ad esempio acquisti e stoccaggi di gas collettivi) che oltrepassi le attuali competenze comunitarie in materia di mercato, difesa dei consumatori e sicurezza. Questo naturalmente rinforzato sempre di più da una dotazione di infrastrutture intra-europee che renda concreto il concetto di mercato unico dell'energia;

    molti Paesi europei, stante il perdurare della crisi dei prezzi, stanno mettendo in atto anche misure autonome di breve-medio termine tese a raffreddare la spirale dei prezzi pesante per i cittadini e potenzialmente drammatica per l'industria. Fra questi la Francia sta valutando di aumentare la cessione alle imprese un quantitativo di energia elettrica prodotta per via nucleare a prezzi ridotti tramite Edf (attualmente pari a 120 TWh anno, misura che già copre larga parte dei consumi industriali) e la Germania di sostenere la disponibilità interna di gas mediante il nuovo gasdotto «Nord Stream 2», qualora autorizzato ad operare;

    appare, però, evidente per l'Italia che una politica tesa a mitigare in maniera molto sensibile gli aumenti dei prezzi dei prodotti energetici, seppur accompagnata da misure come la tassazione degli extra profitti, non ha né la possibilità di sostenersi in maniera prolungata dati gli importi in gioco né di conseguire considerevoli risultati di contenimento nel medio periodo. Pur senza rinunciare nel brevissimo a questo strumento d'emergenza occorre puntare su una combinazione di misure efficaci nell'immediato e nel breve periodo;

    per quanto riguarda i meccanismi di formazione dei prezzi dell'elettricità appare evidente la necessità, interagendo anche livello comunitario, di intervenire sul meccanismo del «prezzo marginale» ricollegando in maniera fattuale i prezzi ai costi di produzione delle singole tecnologie. In questa ottica, nel rispetto delle norme esistenti, si potrebbe disaccoppiare il segmento delle tecnologie ad elevati costi del capitale (capex based) e con costi variabili quasi nulli per kWh come le rinnovabili elettriche (idrico, geotermoelettrico, eolico e solare) da quelle caratterizzati da elevati costi variabili governati per lo più dal costo delle materie prime energetiche (centrali termoelettriche come, ad esempio, i cicli combinati a gas). Nel primo caso si tratterebbe di puntare, indirizzandole, su aste specifiche – sia per nuova produzione quanto per quelle esistenti – per volumi e tempi di fornitura prefissati, tali da garantire la remuneratività dei nuovi investimenti, sostenendo al contempo l'accesso dei produttori già esistenti e immaginando meccanismi che assicurino l'acquisizione dell'energia elettrica così prodotta da parte dei consumatori. Nel secondo caso appare opportuno lasciare operare il meccanismo del «marginal price» in ragione dell'evidente volatilità del mercato delle commodity. La sicurezza del sistema verrebbe mantenuta dal cosiddetto «capacity market» elettrico attivo e rivisto nelle taglie e dagli accumuli di cui agli articoli 18 e 19 del recentissimo decreto legislativo mercato elettrico (n. 210 del 2021);

    per quanto riguarda il gas naturalmente la situazione è più complessa trattandosi per la maggior parte di risorse importate. Da questo punto di vista un primo effetto sui prezzi sul medio periodo si può ottenere dall'incremento della produzione nazionale, che nel 2021 si è attestata a circa 3,4 Gm3 e che alla luce dell'approntamento del Pitesai può essere aumentata in sicurezza per un valore fra i 4 e gli 8 Gm3/anno. Tale aumento potrebbe anche vedere contrattazioni di lungo termine tra i produttori e i consumatori industriali in grado di assicurare un ritiro di tale gas e la copertura degli impegni finanziari necessari;

    detto ciò appare evidente che occorre consolidare il ruolo italiano di «hub meridionale» del gas in Europa nel senso più positivo del termine. Nel 2021 la nostra molteplicità di fornitori ha garantito che il calo delle importazioni dai nord Europa sia stato ampiamente compensato dall'Algeria (divenuta il secondo fornitore italiano) e dall'entrata in servizio della Tap. Ciò ha fatto sì che la situazione nazionale come rifornimenti e stoccaggi sia restata in sicurezza nonostante le tensioni internazionali. Occorre quindi puntare ad incrementare, oltre alla produzione nazionale, anche le importazioni dall'Azerbaijan via Tap e potenziare la capacità di accoglienza per il Gnl;

    questo non può far dimenticare il problema cogente. Sono state formulate proposte di rilascio di parte delle scorte strategiche a prezzi calmierati, ma pur senza arrivare a ciò, un uso più efficace e dinamico delle risorse stoccate può con ogni probabilità essere immaginato per assicurare liquidità sul mercato spot giornaliero senza compromettere la sicurezza delle riserve. Ciò potrebbe limitare le impennate di prezzi che si sono verificate e favorire il bilanciamento dei flussi giornalieri. In ultimo nelle more dell'introduzione di meccanismi di stabilizzazione del prezzo per il settore gas, non si può nascondere che la diminuzione dei contratti a lungo termine diventa problematica sui prezzi nei momenti di scarsa liquidità dei mercati. In questo senso probabilmente modalità contrattuali che garantiscano la «disponibilità» al bisogno potrebbero essere valutate,

impegnano il Governo:

   nel breve periodo:

    a) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per reperire ulteriori risorse per sostenere l'azione di riduzione del carico fiscale e «parafiscale» sui prodotti energetici in favore delle utenze domestiche, delle piccole e medie imprese e delle imprese ad alti consumi energetici, prevedendo in questo caso l'uso delle risorse in questione anche per l'adeguamento al rialzo – nel quadro delle norme comunitarie – delle aliquote di sconto;

    b) a valutare l'opportunità di ulteriori iniziative a tutela della fasce domestiche più deboli e fragili con interventi di rafforzamento dei bonus e per le amministrazioni locali che stanno affrontando serie difficoltà nella gestione dei servizi (esempio servizi di pubblica illuminazione);

    c) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per apportare modifiche al corrente sistema di pricing nel settore elettrico che, nel rispetto delle norme comunitarie, consenta di discernere fra le tecnologie ad elevati costi fissi (meno o del tutto indipendenti dal gas ma sensibili ai costi di investimento) e quelle ad elevati costi variabili (più dipendenti dal gas), così da evitare evidenti distorsioni nei prezzi;

    d) a valutare l'opportunità di un uso delle scorte di gas in stoccaggio e delle riserve nazionali come elemento di formazione e contenimento dei prezzi;

   nel breve-medio periodo:

    a) ad adottare iniziative per accelerare in maniera sensibile ed urgente il processo di installazione delle «Fer-E», anche con ulteriori interventi relativamente ai processi autorizzativi, in modo da cogliere gli obbiettivi previsti dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec);

    b) a identificare al più presto le aeree idonee di intervento per l'installazione delle «Fer-E» attuando con celerità gli articoli 20 e 21 del decreto legislativo n. 199 del 2021;

    c) ad aumentare, in sicurezza e secondo le previsioni del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai) la produzione nazionale di idrocarburi, ed a mettere in campo tutte quelle iniziative tese a consolidare le importazioni attuali (Algeria, Russia) accrescendole ove possibile (Azerbaijan via Tap e Gnl via rigassificatori);

    d) ad adottare iniziative per facilitare il coinvolgimento del sistema nazionale delle imprese manifatturiere sia a sostegno dei nuovi investimenti nazionali nel settore delle «Fer» elettriche mediante contratti pluriennali di fornitura che facilitino la realizzazione di tali impianti, sia in contratti a lungo termine destinati all'energia attualmente ritirata dal Gse;

    e) ad adottare iniziative per facilitare il coinvolgimento dei consumatori industriali nella valorizzazione della produzione nazionale anche mediante la contrattazione di quote di tale produzione in prodotti di medio/lungo termine compatibili con le necessità di bancabilità dei progetti e di competitività delle imprese industriali;

    f) a favorire anche nel campo delle «Fer-e» progetti di collaborazione transazionale che vedano coinvolti Paesi vicini all'Italia (con specifico riferimento alle aree del nord dell'Africa).
(7-00787) «Benamati, Pezzopane, Nardi, Rotta, Bonomo, Braga, Buratti, D'Elia, Gavino Manca, Morassut, Morgoni, Pellicani, Soverini, Zardini».


   La III Commissione,

   premesso che:

    gli equilibri geopolitici mondiali sono in evoluzione, per effetto dello sviluppo economico della Repubblica Popolare Cinese e della conversione del suo successo industriale e tecnologico in ambizioni sostenute anche militarmente tramite l'acquisizione di ingenti quantità di nuovi sistemi d'arma avanzati;

    sul piano interno, si osserva un'accentuazione della compressione dei diritti umani, con particolare attenzione a quelli delle minoranze, fra le quali spicca quella uigura, oggetto di una persecuzione dalle connotazioni genocidarie;

    anche ad Hong Kong, il regime di autonomia è stato significativamente alterato, a detrimento della libertà di espressione di coloro che vi abitano;

    sul piano esterno, suscita altresì preoccupazioni l'atteggiamento assunto dalle autorità della Repubblica Popolare Cinese nei confronti della Repubblica di Cina istituita nell'isola di Formosa;

    le autorità della Repubblica Popolare stanno anche espandendo le proprie attività marittime, ponendo in essere azioni che tendono con varie misure a limitare la fruibilità di ampi tratti di acque internazionali;

    in gioco vi sono quindi la difesa della democrazia, la protezione della libertà di Taiwan ed il libero esercizio della libertà di navigazione, pilastro dell'economia globale di mercato;

    le manifestazioni dell'ascesa delle ambizioni della Repubblica Popolare preoccupano non soltanto gli Stati Uniti, ma anche il Giappone, l'iIdia e l'Australia, che hanno dato vita al Quad, un formato quadrilaterale di coordinamento diplomatico e militare;

    a fronte di quanto succede, anche i Paesi dell'Unione europea sono chiamati a svolgere un ruolo più attivo in Estremo Oriente e nel cosiddetto bacino dell'Indo-Pacifico;

    diverse nazioni europee sono già presenti nell'Indo-Pacifico, anche in ragione dei superstiti domini coloniali, come nel caso francese, e dei legami comunque creati dal retaggio storico della colonizzazione;

    in ragione della crescente importanza dello scacchiere Indo-Pacifico appare evidente l'opportunità di adottare una strategia di presenza in quel vasto ambito, anche per testimoniare la forza del legame che unisce Stati Uniti ed Europa Occidentale e testimoniare i valori comuni;

    tale strategia di presenza dovrebbe passare anche per il potenziamento dell'attenzione prestata a quanto accade in Estremo Oriente e nell'Indo-Pacifico, espandendo le risorse destinate alla rete diplomatica del nostro Paese, in modo tale da incrementarne le capacità di analisi;

    la diplomazia italiana dovrebbe altresì investire maggiormente anche nei fori multilaterali attivi nell'Indo-Pacifico cui il nostro Paese partecipa, anche soltanto con lo status di osservatore, per acquisire maggior consapevolezza dei contenziosi in atto;

    sarebbe altresì opportuno promuovere nell'ambito dell'Unione europea e dell'Alleanza Atlantica una riflessione più approfondita sulla sfida che le politiche interne ed estera della Repubblica popolare cinese rappresentano per i valori della comunità euro-atlantica,

impegna il Governo:

   ad aumentare le dotazioni di personale delle sedi diplomatiche istituite nella regione dell'Indo-Pacifico, in particolare sviluppandone gli uffici politici preposti all'analisi complessiva di quanto accade nei Paesi di competenza;

   ad adottare iniziative per destinare maggiori risorse anche al monitoraggio di quanto accade nei maggiori fori multilaterali attivi nell'Indo-Pacifico;

   ad assumere le opportune iniziative in ambito europeo ed atlantico utili a promuovere una riflessione più approfondita sulla sfida che le politiche interne ed estere della Repubblica Popolare Cinese rappresentano per i valori occidentali.
(7-00790) «Formentini, Zoffili, Ferrari, Billi, Cecchetti, Coin, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Picchi, Ribolla, Snider».


   La VII Commissione,

   premesso che:

    l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato nazionale è disciplinata dalla legge 2 agosto 1999, n. 264, recante «Norme in materia di accesso ai corsi universitari», ed è disposta dagli atenei previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi;

    per iniziativa del Ministro dell'università e della ricerca, nel settembre 2021 è stato istituito, presso il Ministero, un Tavolo tecnico incaricato di formulare proposte in materia di accesso ai corsi di laurea a numero programmato;

    il Ministro dell'università e della ricerca ha riferito gli esiti del lavoro del predetto Tavolo tecnico alla VII Commissione;

    appare necessario intervenire quanto prima per riformare l'attuale meccanismo di selezione dei candidati ai corsi di laurea a numero programmato, soprattutto per quanto riguarda i corsi di laurea in medicina chirurgia e, in generale, dell'area sanitaria;

    il Tavolo tecnico ministeriale ha formulato, tra le altre, alcune proposte di revisione dell'attuale meccanismo che appaiono attuabili già a legislazione vigente, nel breve periodo (anno accademico 2022-23) e nel medio periodo (anni accademici 2023-24 e seguenti);

    va rilevato che il test per l'accesso alle facoltà universitarie di area tecnica potrebbe essere composto, anche sulla base di altre esperienze qualificate internazionali, di una prima parte, non superiore al 15 per cento del test, consistente in quiz di ragionamento logico, ragionamento numerico, humanities, e di una seconda parte consistente in quiz esclusivamente riferiti a materie di tipo disciplinare;

    si rileva, con riferimento ai cosiddetti Tolc test (test online Cisia), che gli stessi potrebbero iniziare dal quarto anno della scuola secondaria superiore ed essere svolti almeno due volte l'anno, ai fini dell'ammissione, e che potrebbe essere considerato il punteggio migliore nell'arco di un biennio. I Tolc test potrebbero essere differenziati purché ne venga mantenuto l'equilibrio in termini di difficoltà e selettività. Ai test TOLC si dovrebbe poter partecipare indipendentemente dall'anno di conseguimento del diploma di scuola secondaria di secondo grado. All'esito dei risultati della sperimentazione, il Ministero dell'università e della ricerca, in collaborazione con gli Atenei, dovrebbe promuovere la revisione delle modalità di somministrazione, svolgimento e valutazione dei test,

impegna il Governo:

   1) considerata l'esigenza di una generale semplificazione di tutte le procedure di accesso programmato, ad adottare iniziative di competenza per avviare la revisione delle procedure di accesso alle facoltà di area tecnica, nonché l'estensione del procedimento, per medicina e chirurgia e per odontoiatria, anche alle altre professioni sanitarie;

   2) a promuovere, nel breve e nel medio periodo, le seguenti iniziative:

    nel breve periodo (ai fini dell'accesso ai corsi dell'anno accademico 2022-23) ad adottare le iniziative di competenza per:

     a) il miglioramento del test come esposto in premessa, anche se mantenuto in forma cartacea (e non ancora informatizzato), e secondo le modalità operative precedentemente adottate;

     b) rendere disponibili, in tempi rapidi, esercitazioni online, su test simili, per composizione tematica, al test che sarà erogato;

     c) attivare Massive open online courses (Mooc) disciplinari, fruibili su piattaforme nazionali, su corsi sia specifici per il corso di laurea sia trasversali, rendendoli disponibili online in tempi ravvicinati e comunque tali da rendere utili tali corsi ai fini della preparazione dei candidati ai test erogati con le nuove modalità di cui alla lettera a);

     d) definire materiali e informazioni da mettere a disposizione dei docenti e delle scuole secondarie superiori per aiutare le attività di orientamento degli studenti nella scelta degli studi universitari;

     e) predisporre test psicoattitudinali autosomministrati per l'autovalutazione cui gli studenti possano accedere online in autonomia, i cui risultati comunque non determinino effetti sui punteggi al fine della selezione degli studenti;

     f) rendere disponibili corsi di preparazione preliminari gratuiti online ed in presenza frequentabili nel mese di agosto, per l'anno accademico 2022/23 e a rendere detti corsi, sia online, sia in presenza, per gli anni accademici successivi disponibili fino a due anni precedenti al test in tutte le università sede dei corsi di laurea con accesso a numero chiuso, a cominciare dai corsi in medicina e chirurgia, su metodologie e struttura comuni e concordate a livello nazionale, assicurando il contributo economico da parte del Ministero dell'università e della ricerca per la loro realizzazione;

    nel medio periodo (ai fini dell'accesso ai corsi dell'anno accademico 2023/24, per una sperimentazione, e poi, a regime, ai corsi degli anni accademici 2024/25 e seguenti), ad adottare le iniziative di competenza per:

     a) adoperarsi affinché siano erogati test online di orientamento e ingresso della tipologia Tolc, con una specifica declinazione, aventi le seguenti caratteristiche: la ripetibilità nel periodo precedente il concorso, la predeterminazione e pubblicizzazione dei giorni in cui i test saranno effettuati, l'utilizzo di postazioni informatiche dedicate e il rispetto dell'autonomia organizzativa delle sedi universitarie e secondo le altre modalità indicate in premessa;

   3) ad adottare iniziative per garantire un incremento congruo, pari o superiore al 10 per cento del valore attuale, del numero delle ammissioni ai corsi di laurea di cui in premessa;

   4) ad adottare idonee iniziative per programmare un rapporto di uno a uno tra gli accessi alla facoltà di medicina e gli ulteriori percorsi di formazione post lauream.
(7-00789) «Tuzi, Belotti, Di Giorgi, Aprea, Fusacchia, Vietina, Toccafondi, D'Uva».


   La XIII Commissione,

   premesso che:

    la Psa è una malattia infettiva altamente contagiosa causata da un virus che colpisce solo i suini domestici e selvatici; altamente contagiosa con un tasso di letalità del 90-100 per cento, capace di sterminare interi allevamenti suinicoli; nel mese di gennaio 2022 a Ovada (Alessandria), in Piemonte, si è riscontrato il primo caso di peste suina africana (Psa) nella carcassa di un cinghiale morto ed altri due cadaveri di cinghiali sono, stati trovati a distanza di poche ore sempre in Piemonte in provincia di Alessandria e in Liguria in provincia di Genova;

    la Psa è una malattia virale che, non essendo una zoonosi, non minaccia direttamente la salute umana e non crea alcun tipo di contagio o ripercussioni sull'uomo e quindi non deve creare un allarmismo ingiustificato per i consumatori; ciononostante le conseguenze di una eventuale emergenza legata all'introduzione e alla diffusione del virus in Italia avrebbe conseguenze economiche ingentissime e a lungo termine, mettendo in seria crisi il lavoro degli allevatori italiani;

    mentre in una prima fase della diffusione della Psa ad essere colpiti erano stati soprattutto gli allevamenti di suini domestici, nell'attuale ondata epidemica sono i suini selvatici a rivestire un ruolo di primo piano, diventando uno dei fattori di persistenza dell'infezione soprattutto nei paesi del Nord e dell'Est Europa;

    in Italia, come in larga parte d'Europa, la popolazione dei cinghiali risulta in costante aumento da almeno venti anni, e appaiono evidenti i problemi che possono derivare da tale situazione anche in relazione al rischio di introduzione del virus Psa nelle regioni attualmente indenni;

    la diffusione della Psa e il grande rischio di espansione della stessa sono infatti legati prevalentemente al proliferare dei cinghiali, riconosciuti come principali vettori della malattia; ad oggi si contano più di 2,3 milioni di esemplari, con un sostanziale decuplicamento della presenza della specie sul territorio rispetto al 2010-2011;

    dall'inizio del monitoraggio effettuato dall'Istituto sperimentale zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, tra Piemonte e Liguria sono già 33 i casi di Psa nelle carcasse dei cinghiali trovati morti (16 in Piemonte e 17 in Liguria). In totale sono stati condotti esami su 147 carcasse: 104 in Piemonte, 43 in Liguria;

    allo stato attuale, la regione Piemonte sta disponendo varie zone di contenimento sul territorio che comprende 78 comuni, tutti situati in provincia di Alessandria, mentre in Liguria sono state isolate le zone boschive e 36 sono i comuni dove sono stati ritrovati i cinghiali affetti da Psa e si sta continuando a monitorare la situazione;

    un'azione immediata, tempestiva e coordinata di monitoraggio e controllo risulta fondamentale per avere maggiori probabilità di contenere il contagio, atteso che la diffusione della malattia, soprattutto nelle fasi iniziali, può dipendere dalla densità delle popolazioni di cinghiali, oltre che dalla presenza di corridoi che consentono di superare eventuali barriere geografiche;

    è necessario intervenire per fermare il proliferare dei cinghiali per scongiurare pesanti ripercussioni sulla sicurezza degli allevamenti di suini in quanto esiste un reale rischio che la malattia si propaghi e infligga gravi danni al comparto suinicolo italiano, che conta circa 9 milioni di capi;

    il documento tecnico, del 21 aprile 2021, «Gestione del cinghiale e Peste Suina Africana: Elementi essenziali per la redazione di un piano di gestione», elaborato da un gruppo di lavoro interistituzionale con la partecipazione dei rappresentanti dei Ministeri della transizione ecologica e delle politiche agricole alimentari e forestali, di Ispra e del Centro di referenza nazionale per le Pesti suine dell'Izs Umbria e Marche (CEREP), è un documento di supporto specifico nella redazione e nell'aggiornamento dei Piani regionali di gestione del cinghiale, il quale prevede misure specifiche di controllo per la gestione delle popolazioni di cinghiali e per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione della Psa con azioni a lungo termine (2021-2025);

    nel suddetto documento viene ribadito che: «le conoscenze disponibili portano a ipotizzare che una gestione faunistico-venatoria improntata alla riduzione generalizzata delle densità, attuata prima dell'arrivo della Peste Suina Africana, possa contribuire a gestire con maggior efficienza l'area infetta»; «la riduzione della densità dei cinghiali è anche uno degli strumenti individuati con cui le autorità comunitarie stanno orientando le misure di prevenzione nonché di lotta alla malattia»; «la riduzione generalizzata della densità di cinghiale andrà perseguita e mantenuta nel tempo in quanto il rischio Psa sarà prevedibilmente alto anche nel futuro, indipendentemente dal riscontro di focolai»;

    tra queste azioni, rientra il blocco temporaneo dell'attività venatoria nella zona infetta, sia in ragione del ruolo epidemiologico dei cinghiali nella diffusione della malattia, sia per il concreto rischio rappresentato dalle movimentazioni dei cacciatori, che attraverso veicoli, indumenti, scarpe, attrezzi, in caso di contaminazione possono veicolare il virus e diffondere l'infezione. Tale blocco è stato adottato, tramite una ordinanza del Ministro della salute del 13 gennaio 2022, emanata dal Ministro della salute, d'intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il coinvolgimento di Ministero della transizione ecologica, Regioni, Province autonome di Trento e Bolzano, Protezione civile, forze di polizia ed istituti tecnici di supporto, che dispone sul territorio del Piemonte e della Liguria, il divieto dell'attività venatoria nella zona stabilita come infetta, salvo la caccia di selezione al cinghiale – quale strumento per ridurre la popolazione in eccesso e rafforzare la rete di monitoraggio sulla presenza del virus – sulla base di una valutazione tecnica che tenga conto della natura dell'attività e delle specifiche caratteristiche dell'area coinvolta;

    inoltre, non si possono raccogliere funghi e tartufi, la pesca è interdetta, e più in generale sono vietate le attività sportive e ludiche, come il trekking e la mountain bike, e le altre attività che prevedono un'interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti o potenzialmente infetti nonché le attività connesse alla salute e cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali; i tecnici hanno rappresentato in forma chiarissima come sia da sospendere ogni attività venatoria, in quanto ogni forma di disturbo favorisce lo spostamento dei cinghiali e di conseguenza la diffusione dell'epidemia di Psa;

    la diffusione della Psa, causata dai cinghiali, deve essere contrastata anche tramite un'opportuna gestione faunistico-venatoria, come specificato nel suddetto documento tecnico, improntata sulla riduzione generalizzata della loro densità, sia numerica che spaziale, svolta tramite le attività venatorie, modificando le azioni di controllo previste dalla legge n. 157 del 1992 e con azioni programmabili nella rete delle aree protette;

    infatti, sarebbe opportuno consentire alle regioni di provvedere al controllo delle specie di cinghiali anche nelle zone vietate alla caccia, comprese le aree protette e le aree urbane, anche al di fuori dei periodi e degli orari stabiliti dall'articolo 18 della legge n. 157 del 1992, e anche mediante l'utilizzo, nelle ore notturne, di mezzi ottici e di sistemi di visione notturna nonché di visori termici e armi silenziate, che garantiscano le necessarie condizioni di sicurezza;

    relativamente ad una revisione organica della legge n. 157 del 1992, che consentirebbe di intervenire per ripristinare il corretto equilibrio tra fauna selvatica, uomo e ambiente circostante, si segnala che la Corte costituzionale, pronunciandosi con la sentenza n. 21/2021 sulla legittimità della legge regionale Toscana n. 3/94, sembra aprire alla possibilità di utilizzare altri soggetti (cosiddetti coadiutori), a condizione che questi ultimi abbiano frequentato appositi corsi di preparazione organizzati dalla Regione sulla base di programmi concordati con Ispra;

    emerge la necessità di ripensare il modello di controllo delle specie dannose, prevedendo la possibilità di procedere anche con piani di abbattimento attuati dalle regioni sotto il coordinamento della polizia provinciale, e di puntare alla «prevenzione efficace», con un piano straordinario di riequilibrio della specie mirato alla sostenibilità ambientale, prevedendo al riguardo che le regioni possano autorizzare, in qualsiasi periodo dell'anno, i cacciatori e gli altri soggetti abilitati, i proprietari o i conduttori dei fondi interessati al controllo dei cinghiali;

    il decreto-legge n. 4 del 2022 (cosiddetto decreto Sostegni-ter) prevede ristori, per un totale di 50 milioni di euro, per tutelare gli allevamenti suinicoli dal rischio di contaminazione dal virus responsabile della Psa e ad indennizzare gli operatori della filiera suinicola danneggiati dal blocco alla movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati; di questi, 15 milioni di euro andranno per il rafforzamento degli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza e biosorveglianza;

    la propagazione della Psa potrebbe creare un danno incalcolabile agli allevamenti e conseguenze sul commercio delle carni suine italiane, con la possibilità che i Paesi che non riconoscono il principio di regionalizzazione possano imporre il divieto di importazione di tutti i prodotti suini dell'intero Paese in cui la Psa si è manifestata; a preoccupare gli allevatori di suini e l'industria di trasformazione, infatti, è il fatto che i canali di commercializzazione e i Paesi terzi destinatari delle esportazioni di carni e prodotti a base di carne suina non riconoscano, in maniera ingiustificata, il principio della regionalizzazione vietando l'ingresso delle produzioni suine italiane;

    è fondamentale che i Paesi terzi riconoscano che le misure adottate dalle autorità italiane e comunitarie sono sufficienti a fornire tutte le garanzie necessarie per mantenere aperto il canale commerciale con il nostro Paese;

    le regole del commercio internazionale e la stessa Commissione europea prevedono, infatti, l'applicazione di severe restrizioni in caso di infezioni da virus Psa, quali il blocco delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati dalla suinicoltura, con un evidente impatto sul nostro settore zootecnico nonché sulla possibilità di commercializzare ed esportare prodotti di eccellenza del made in Italy;

    nel comparto suinicolo italiano operano circa 25.000 aziende agricole e circa 3.500 aziende di trasformazione. Il patrimonio suinicolo italiano è costituito da circa 8,5 milioni di capi, di cui 10,7 milioni all'anno nascono e sono allevati e macellati in Italia, mentre 700.000 suini nascono all'estero e sono allevati e macellati nel territorio italiano: la produzione italiana di carne è di circa 1,4 milioni di tonnellate, quella importata dall'estero è di 1,1 milioni di tonnellate;

    il comparto in Italia vanta un fatturato di circa 3 miliardi di euro per la fase agricola e di circa 8 miliardi di euro per quella industriale, incidendo per il 5,8 per cento sul totale agricolo e agroindustriale nazionale. Nel solo Piemonte operano circa 3.500 aziende che producono un fatturato di circa 400 milioni di euro annui;

    c'è bisogno di arginare un fenomeno che, se si diffondesse ai grandi allevamenti di suini del Nord Italia, potrebbe mettere a rischio 1 punto o 2 del prodotto interno lordo, circa 6 miliardi di euro solo per l'esportazione della carne suina italiana, tutelando il made in Italy, da sempre sinonimo di eccellenza e garanzia sanitaria;

    la Commissione europea sembra stia valutando l'attivazione di misure di mercato per far fronte alla crisi del settore delle carni suine, dovuta al calo dei prezzi e all'aumento dei costi di produzione, nonché alle crescenti preoccupazioni legate all'evoluzione dell'epidemia di Peste suina africana, che ha raggiunto il territorio italiano nelle ultime settimane;

    in particolare, secondo la Commissione, potrebbe risultare utile una sospensione temporanea delle regole della concorrenza, come previsto dall'articolo 222 dell'Ocm in caso di grave squilibrio del mercato, una misura che consentirebbe una pianificazione temporanea della produzione, ma che, come sottolineato dalla stessa Commissione, non implicherebbe finanziamenti europei;

    la Commissione invita inoltre gli Stati colpiti dalla peste suina africana, tra cui l'Italia, a considerare un sostegno ad hoc, cofinanziato dall'Unione europea, per compensare le perdite generate dall'epidemia. La Commissione avrebbe già escluso tutte le altre opzioni: gli aiuti all'ammasso privato, ad esempio, non farebbero che rinviare o aggravare il problema, così come gli aiuti finanziari subordinati a una riduzione della produzione, che sarebbero di difficile applicazione;

    è indispensabile attuare immediatamente le misure adottate a sostegno delle imprese della filiera suinicola, interessate dalla crisi legata alla Psa e che ne stanno subendo gli effetti, nonché tutti gli strumenti normativi necessari a gestire le azioni di contenimento ed eradicazione della malattia dei suini domestici e selvatici che mettono a dura prova le attività produttive e commerciali;

    l'attuale direttore dell'Istituto sperimentale zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, Angelo Ferrari, già attivo nel contrasto alla malattia, è stato indicato come commissario straordinario interregionale Piemonte-Liguria per gestire l'emergenza della Psa;

    sarebbe però opportuno, per una migliore gestione e visione d'insieme del problema della diffusione, controllo e contrasto della Psa, che sia nominato un commissario straordinario con conoscenze specifiche in materia di Psa che operi su tutte le regioni del Nord Italia e anche su quelle confinanti – come Toscana, Umbria e Marche – in quanto è in questa zona che si concentrano i principali allevamenti suinicoli italiani; il commissario straordinario dovrebbe essere dotato di poteri straordinari che gli permettano di agire tempestivamente ed efficacemente, avendo anche la possibilità di avvalersi dell'ausilio dell'esercito, dei carabinieri forestali, dei cacciatori per coordinare le azioni di abbattimento straordinario nelle zone infette e di confine, visto che, come confermato anche dall'istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche, il virus, è anche capace di diffondersi e trasferire la malattia anche a centinaia di chilometri dal fronte endemico,

impegna il Governo:

   ad attuare una incisiva politica di prevenzione per il contenimento dei cinghiali, anche attraverso una iniziativa di revisione organica della legge n. 157 del 1992 che, in un'ottica di salvaguardia della biodiversità, adotti strumenti di contrasto all'eccessiva proliferazione di cinghiali, ritenuti i principali vettori della peste suina africana;

   ad adottare iniziative per sostenere la suinicoltura italiana, da un lato, incrementando le misure economiche a favore degli allevatori già previste e, dall'altro, adottando misure di sostegno ad hoc, cofinanziate dall'Unione europea, – così come indicato dalla Commissione europea –, per compensare le imprese agricole dai danni diretti ed indiretti causati dalle inevitabili misure restrittive che via via verranno adottate per arginare la diffusione della Psa;

   ad adottare iniziative per garantire la massima trasparenza nella determinazione dei prezzi indicativi da parte delle commissioni uniche nazionali (Cun) del settore suinicolo al fine di assicurare una stabilizzazione del mercato e scongiurare le eventuali e dannose speculazioni che si possano venire a creare, che potrebbero generare un grave squilibrio del mercato;

   ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di liberare il mercato agroalimentare da limitazioni, per evitare ripercussioni sulla percezione della sicurezza della filiera della carne suina da parte dei consumatori e le ricadute economiche sui settori danneggiati;

   ad adottare, nelle opportune sedi, iniziative diplomatiche per sostenere le esportazioni nei confronti dei Paesi stranieri che hanno adottato ingiustificate misure precauzionali, a tutela del comparto suinicolo italiano, contro le speculazioni di mercato, del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale, del sistema economico ed occupazionale e degli interessi economici connessi allo scambio extra Unione europea e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati;

   ad adottare iniziative per rafforzare i rapporti di filiera nel settore suinicolo anche attraverso il sostegno dei contratti di filiera e delle organizzazioni interprofessionali e professionali del settore;

   ad adottare le iniziative di competenza per procedere alla nomina, in accordo con le regioni e gli Istituti zooprofilattici sperimentali, di un commissario straordinario interregionale per la gestione dell'emergenza della Psa, che possa agire sulle regioni del Nord Italia, dove insistono i principali allevamenti suinicoli, e che coordini gli interventi tra i diversi enti coinvolti direttamente e anche con le regioni confinanti a quelle infette, al fine di attuare e rendere immediatamente applicabili tutte le misure e gli strumenti che si rendano necessari per il contenimento e l'eradicazione della malattia, valutando anche l'opportunità di adottare modelli gestionali dell'emergenza differenti, ove necessario, onde evitare il passaggio della patologia a suini e cinghiali allevati.
(7-00788) «Golinelli, Viviani, Bubisutti, Gastaldi, Germanà, Liuni, Lolini, Loss, Manzato, Tarantino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro della transizione ecologica, per sapere – premesso che:

   il territorio compreso tra il comune di San Martino in Pensilis e quello di Rotello è minacciato da un progetto per la realizzazione di un impianto eolico;

   si tratta di un territorio a forte vocazione agricola, con aziende storiche dedite alla produzione di qualità di cereali, legumi, vini, olio;

   nella zona transiteranno parte dei cavidotti e pale dell'impianto da 48 MW composto da 12 aerogeneratori della potenza di 4 MW l'uno e relative opere di connessione. Saranno innalzate torri di 200 metri che modificheranno l'habitat e arrecheranno danni ingenti al paesaggio; al momento, la richiesta di realizzazione è al vaglio del Consiglio dei ministri per l'autorizzazione necessaria, dopo aver già ricevuto il via libera da parte del Ministero della transizione ecologica e il parere negativo del Ministero della cultura;

   il progetto di impianto eolico costituisce, per gli interpellanti, un attacco sferrato al territorio e al paesaggio molisano, in contrasto con i principi espressi dall'articolo 9 della Costituzione, che si dovrebbe evitare a causa dei danni ambientali che provocherà; tale articolo, in virtù delle recenti modifiche al testo costituzionale, tutela non più solo il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione, ma anche l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni; vanno inoltre considerati i danni prodotti dal suddetto progetto alla microeconomia locale a causa di sottrazione di suolo agricolo per i brand regionali e l'abbattimento del valore di immobili e terreni;

   con riferimento a tale impianto risulterebbero per gli interpellanti disattese le norme e le deliberazioni seguenti:

    a) articolo 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003, che prevede che gli impianti alimentati da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai piani urbanistici purché «nel rispetto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo»;

    b) allegato 3, paragrafo 17, punto f) del decreto 19 settembre 2010 – Criteri per l'individuazione di Aree non idonee – (...) le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale;

    c) deliberazione del consiglio regionale n. 133 dell'11 luglio 2017 recante «Piano Energetico Ambientale Regionale della Regione Molise», dove si sostiene che per il corretto inserimento degli impianti fotovoltaici in Molise valgono una serie di criteri di fondo tra cui l'esclusione totale dell'installazione a terra, salvo casi specifici quali aree abbandonate o dismesse;

    d) articolo 20, comma 3, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, recante attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili che dispone: «nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell'aria e dei corpi idrici, (...) e verificando l'idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili»;

    e) la direttiva europea 2018/2001, che prescrive di inserire la localizzazione degli impianti all'interno di una pianificazione preventiva del territorio nel rispetto dell'ambiente e del paesaggio; il recepimento nell'ordinamento italiano delle stesse si completerà con l'adozione del decreto legislativo attuativo dell'articolo 5 della legge di delegazione europea n. 53 del 22 aprile 2021. Tra i principi e criteri direttivi che andranno inseriti nel decreto legislativo, il suddetto articolo 5 prevede, tra le altre cose: una disciplina per la individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate e aree non utilizzabili per altri scopi, allo scopo di definire criteri per l'individuazione di aree idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili;

   in numerose ulteriori zone d'Italia si stanno verificando episodi analoghi, poiché si è in attesa dell'individuazione delle aree idonee, con occupazioni o espropri di terreni agricoli in attualità di coltivazione, nonostante i divieti espressi delle norme sopra ricordate. Ciò è prassi corrente in numerose regioni –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di difendere i terreni ad uso agricolo in attualità di coltura da forme di occupazione ed esproprio per l'installazione di impianti di produzione di energie rinnovabili, poste in essere in contrasto sia con le norme dell'Unione europea, che con quelle statali e regionali.
(2-01423) «Tartaglione, Bond».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è pervenuta all'attenzione dell'interrogante una segnalazione da parte di una studentessa universitaria di Pisa, allontanata dal tirocinio seppur in possesso di «greenpass» e di tampone negativo ed indagata ai sensi del 340 del codice penale;

   il 1o febbraio 2022, la sua storia è stata pubblicata su «lanuovabq.it»;

   la studentessa tirocinante universitaria del corso di laurea delle professioni sanitarie dell'Università di Pisa si è trovata pubblicata sui giornali ed etichettata come «Tirocinante No Vax o No Green Pass». La studentessa ha svolto regolarmente il tirocinio presso l'azienda ospedaliera universitaria Pisana AOUP Santa Chiara Pisa in quanto in possesso di regolare certificazione verde Covid-19 come previsto per legge per studenti universitari, finché con l'entrata in vigore dal 6 dicembre 2021 della modalità «rafforzata» la stessa è stata oggetto di discriminazione, in violazione del regolamento (UE) 2021/953 e della privacy da parte degli operatori sanitari che hanno preteso di utilizzare la modalità «rafforzata», per farla accedere al tirocinio impedendole lo svolgimento dello stesso con controlli anche alle 3 di notte e/o l'accesso;

   in assenza di obbligo imposto da una legge nazionale l'AOUP il 30 dicembre 2021 ha prodotto un protocollo interno in cui chiedeva il controllo «anche rafforzato» per tirocinanti;

   dal 30 dicembre 2021 la studentessa ha continuato a presentarsi al tirocinio come da turno programmato, ma gli operatori dell'AOUP Santa Chiara hanno applicato il regolamento interno impedendole di svolgerlo redigendo un verbale di accertamento contestazione in cui hanno aggiunto a penna «mancanza di esibizione GP rafforzato» perché non previsto sul modulo di accertamento contestazione;

   il 14 gennaio 2022 è entrata in turno alle 21,00 e il controllo della certificazione verde è avvenuto dopo le 23,30, perché il reparto necessitava della sua prestazione: diversi operatori sanitari erano assenti perché risultati positivi al Covid-19 e anche l'orario dei dipendenti è stato rimodulato in turni di 12h per sopperire alla carenza di personale. Quella sera le hanno fatto il verbale di accertamento contestazione, ma le hanno permesso di rimare in turno fino alle 7.00 perché l'ora era tarda e non se la sono sentita di buttarla fuori;

   il 24 gennaio 2022 la studentessa ha inviato una Pec di diffida indirizzata all'AOUP, al primario ed altri soggetti specificando che la legge allora vigente non prevedeva alcun controllo «rafforzato» in quanto sarebbe entrata in vigore il 15 febbraio 2022;

   nonostante la diffida e il possesso della certificazione verde prevista per legge e anche un tampone negativo, alla sua entrata in turno il 24 gennaio 2022 alle 21,00, l'hanno immediatamente sottoposta alla verifica della certificazione verde «rafforzata», non permettendole di stare nel reparto e mettendola in una stanza sotto la sorveglianza di un vigilante interno;

   la studentessa ha contattato le forze dell'ordine affinché intervenissero per accertare i fatti, ma le stesse non sono intervenute perché secondo l'operatore non sussisteva «emergenza», per poi invece intervenire pochi minuti dopo con la chiamata del primario. I 2 agenti intervenuti le hanno notificato un verbale di identificazione con oggetto indagine per interruzione di Pubblico Servizio;

   il tirocinio costituisce un'attività curriculare prevista dal piano degli studi del corso di laurea delle professioni sanitarie, e permette agli studenti di mettere in pratica le conoscenze acquisite nel percorso teorico formativo e di applicarle a casi concreti con la guida e la supervisione di un tutor che lo affianca. Il tirocinio è una parte viva ed essenziale per la formazione di un professionista sanitario;

   la storia della studentessa è stata ripresa da diverse testate giornalistiche;

   la vicenda della studentessa è stata anche pubblicata sulla pagina Facebook pubblica della questura di Pisa –:

   di quali informazioni disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-11329)


   BILOTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   la pandemia da COVID-19 ha messo a dura prova l'economia europea, e quella italiana in particolare. Quale primo Paese ad esser colpito dalla crisi sanitaria, l'Italia ha visto il proprio prodotto interno lordo ridursi, nel solo 2020, dell'8,9 per cento, a fronte di un calo nell'Unione europea del 6,2;

   in risposta a tale crisi, sanitaria ed economica, l'Unione europea ha predisposto un programma di investimenti e riforme, il Next Generation Eu, volto ad accelerare la transizione ecologica e digitale, migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori, conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale;

   insieme con gli altri Paesi europei, anche il nostro ha dovuto presentare un piano di investimenti e riforme, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, articolato in sei Missioni e 16 componenti, in coerenza con i 6 pilastri del Ngeu;

   le sei Missioni vertono sulle materie di più immediato e necessario intervento, quali salute, innovazione e digitalizzazione, infrastrutture, istruzione e ricerca;

   le risorse stanziate nel Piano sono pari a circa 191 miliardi di euro e circa il 40 per cento di quelle territorializzabili sono da destinare al Mezzogiorno, al fine di ridurre il divario territoriale esistente nel nostro Paese;

   proprio l'ingente ammontare di tali risorse, se da una parte rappresenta un'importante occasione per il nostro Paese per attuare quelle riforme ormai da troppo attese e per una generale ripresa della nostra economia, dall'altro rischia di essere facile oggetto di manovre speculative da parte dei clan e della criminalità organizzata;

   preoccupazioni, queste, che sono state nuovamente espresse in questi giorni dal procuratore della Repubblica, al vertice della procura di Napoli, dottor Giovanni Melillo, che ha sottolineato il rischio di infiltrazioni da parte dei clan all'interno del circuito economico che lo stesso Pnrr mette in moto;

   già in occasione della sua audizione presso la Commissione Parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali anche straniere, avvenuta in data 24 ottobre 2019 e avente ad oggetto la recente evoluzione della Camorra, caratterizzata dall'espansione e dalla mimetizzazione delle reti affaristiche e delle relazioni collusive e dalla marginalizzazione della violenza tipica delle attività mafiose tradizionali, il procuratore esprimeva preoccupazione per la presenza della criminalità organizzata all'interno dell'economia e della vita pubblica del nostro Paese;

   in particolare, nel caso del Pnrr, secondo il dottor Melillo, la mancata previsione del tracciamento dei fondi, insieme con la moltiplicazione dei centri di spesa e la conseguente frammentazione delle competenze, rischia di essere terreno fertile affinché la criminalità possa insinuarsi all'interno dei progetti e avvantaggiarsi sulle risorse e sui fondi;

   l'allarme lanciato dal procuratore Melillo, e condiviso anche da altri, è particolarmente serio, laddove la decisione di non rendere tracciabili i fondi non solo ha aumentato il rischio di infiltrazioni, ma potrebbe in futuro determinare forti difficoltà nella ricostruzione di eventuali responsabilità rispetto all'allocazione e all'utilizzo dei già menzionati fondi;

   per tale ragione è stata proposta l'istituzione di un pool di pubblici ministeri che, dislocati secondo i propri distretti, siano preposti alle indagini riferite all'utilizzo dei fondi europei –:

   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, e quali iniziative di competenza intenda intraprendere onde limitare i paventati e gravi rischi di infiltrazione mafiosa nella gestione delle risorse del Pnrr.
(4-11335)


   COLLETTI, CABRAS, LEDA VOLPI, VALLASCAS e FORCINITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 febbraio 2022 è stata pubblicata la sentenza del Consiglio di Stato n. 00411/2022 Reg. Ric. che ha accolto l'impugnazione proposta dal Ministero della salute per la riforma della sentenza n. 419 del 15 gennaio 2022 del Tar Lazio che annullava le linee guida per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19;

   la decisione è stata assunta nella camera di consiglio del 3 febbraio 2022, con l'intervento dei magistrati Michele Corradino, in qualità di presidente, Massimiliano Noccelli, in qualità di consigliere, estensore, Raffaello Sestini, Solveig Cogliani e Umberto Maiello;

   nello specifico, il dottore Michele Corradino risulta essere attualmente consigliere giuridico del Ministero della difesa a diretta collaborazione con il Ministro; nel sito web del Ministero non è presente qualsivoglia riferimento ad un eventuale compenso economico per la sua attività;

   il dottore Massimiliano Noccelli, dal 21 aprile 2021 alla Presidenza del Consiglio dei ministri assolve l'incarico di esperto nell'ambito dell'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, con un compenso lordo per il periodo 21 aprile 2021-20 aprile 2022 di euro 40.000,00;

   il dottore Raffaello Sestini, nominato con decreto n. 69 del 3 marzo 2021, è vice capo di gabinetto del Ministero della transizione ecologica e per questo incarico percepisce un compenso lordo annuo di euro 47.520,00;

   dunque, tre su cinque dei magistrati del Consiglio di Stato che hanno deciso positivamente l'impugnazione proposta dal Ministero della salute sulle linee guida per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 risultano avere incarichi nel Governo e, con riferimento a due di questi, risultano sui siti istituzionali i compensi che ricevono dall'Esecutivo;

   tale circostanza configura a parere dell'interrogante un potenziale, se non attuale, conflitto di interessi in cui l'interesse personale interferisce con l'interesse pubblico generale, determinando in sostanza una non terzietà ed imparzialità della decisione assunta –:

   se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza di elementi riguardanti i fatti esposti in premessa e/o di situazioni analoghe e se intenda promuovere iniziative di competenza in relazione a quanto evidenziato, nel pubblico interesse e nel rispetto dei principi costituzionali, e se intenda prendere, conseguentemente, le iniziative di competenza necessarie per porvi rimedio.
(4-11338)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   BIANCHI, ZOFFILI, CECCHETTI, COIN, COMENCINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FORMENTINI, PICCHI, RIBOLLA e SNIDER. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nel consiglio regionale della Lombardia è stata presentata una mozione – prima firmataria l'onorevole Francesca Brianza – con cui si chiede di rivedere i metodi con i quali l'ambasciata d'Italia in Svizzera rileva l'andamento del prezzo della benzina nelle zone di confine della Confederazione elvetica, per consentirne un apprezzamento più realistico e tempestivo;

   i metodi attualmente utilizzati, infatti, sarebbero inappropriati, avendo provocato la sospensione dello sconto per la benzina a partire dal 12 febbraio 2022, malgrado il divario tra i prezzi della benzina alla pompa ai due lati della frontiera sia tornato significativo;

   il monitoraggio effettuato dall'ambasciata d'Italia a Berna riguarderebbe in effetti otto impianti, due dei quali risultano chiusi ed altri due lontani dal confine, come quelli situati a Bellinzona e Melide, mentre sarebbe più opportuno concentrare le rilevazioni sulle numerose pompe adiacenti ai valichi, che intercettano il cosiddetto «pendolarismo del pieno» ed esprimono i propri prezzi in euro proprio per agevolare la clientela italiana;

   inoltre, la rilevazione effettuata dall'ambasciata d'Italia prenderebbe in considerazione anche la benzina verde a 98 ottani, notoriamente meno economica della 95 ottani e utilizzata da una platea di utenti numericamente inferiore;

   al 4 febbraio, i distributori svizzeri al confine praticavano prezzi variabili tra 1,64 euro e 1,76 euro al litro per la benzina, mentre il prezzo medio italiano, nell'ultima rilevazione settimanale del Ministero dello sviluppo economico raggiungeva 1,79 euro al litro –:

   quali motivi impediscano all'ambasciata d'Italia a Berna di correggere i metodi di rilevazione del prezzo della benzina a ridosso dei valichi di frontiera italo-svizzeri, in modo da rappresentarne più puntualmente e tempestivamente ogni scostamento rispetto a quelli praticati in Italia, al contrario di quanto si verifica attualmente, con il risultato di aver determinato l'ingiustificata sospensione dello sconto per la benzina decisa l'8 febbraio scorso ed esecutiva a partire dal 12 febbraio 2022.
(3-02753)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTINCIGLIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 34 del 2020, convertito dalla legge n. 77 del 2020, introduce all'articolo 119 l'incremento al 110 per cento dell'aliquota di detrazione delle spese sostenute in interventi di efficienza energetica delle abitazioni, riduzione del rischio sismico, installazione di impianti fotovoltaici, oltre che infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici («Superbonus»), e stabilisce per l'avente diritto l'opzione dello sconto in fattura sul corrispettivo dovuto o la cessione del credito, in luogo della detrazione fiscale;

   l'articolo 121 prevede che, nella fattispecie dello sconto sul corrispettivo dovuto, esso si concretizzi in un credito d'imposta a vantaggio del fornitore di beni e servizi relativi agli interventi agevolati di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successive cessioni di tale credito ad altri soggetti, inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari;

   l'assetto di mercato successivo al decreto-legge n. 34 del 2020 individua negli istituti finanziari i terminali di una sequenza di cessioni dei crediti d'imposta creando l'aspettativa di cedere le eventuali eccedenze rispetto alla propria tax capacity e di cogliere opportunità di business ricavando plusvalore dalla cessione stessa;

   la legge di bilancio 2021 ha ulteriormente prorogato al 30 giugno 2022 la misura per interventi effettuati sulle parti comuni di edifici condominiali, su unità immobiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall'esterno, site all'interno di edifici plurifamiliari, nonché sulle singole unità immobiliari (fino ad un massimo di due);

   l'articolo 28 del decreto-legge n. 4 del 2022 («Sostegni-ter») ne ha modificato la disciplina escludendo la facoltà di successiva cessione a favore dei primi cessionari, consentendo ai crediti che al 7 febbraio 2022 sono stati precedentemente oggetto di cessione o sconto in fattura, esclusivamente un'ulteriore cessione ad altri soggetti, interrompendo quel mercato secondario di compravendita rotativa dei crediti, non essendo più favorevoli le condizioni per operare un business incentrato sul plusvalore dei crediti;

   la limitazione squilibra il mercato dei prezzi dei crediti, comprime la liquidità disponibile sul mercato e ribassa i prezzi d'acquisto;

   recentemente sono state rilevate frodi al sistema di cessione dei crediti d'imposta descritti per un valore di circa 2 miliardi di euro;

   è in corso l'indagine della Guardia di finanza coordinata dalla procura di Perugia, che ha portato al sequestro di beni e crediti per un valore di 103 milioni di euro, che si aggiungono ai circa 440 milioni sequestrati nell'indagine della procura di Rimini;

   il commento dell'articolo 28 sulla limitazione della circolazione dei crediti d'imposta ad opera del Servizio bilancio del Senato è nel senso di ritenere che il meccanismo della cessione del credito sia correlato all'accesso al finanziamento degli interventi agevolati, in maniera tale che nella stima degli effetti finanziari legati alla detrazione fiscale di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 erano state contabilizzate anche le maggiori entrate Iva, Ires e Irap ascrivibili ai maggiori investimenti nel settore;

   su Milano Finanza del 4 febbraio 2022 si legge la dichiarazione del dottore Stefano Pesci, procuratore aggiunto di Roma, che, a proposito delle indagini circa la cessione di crediti fiscali fraudolenti, individua nella condivisione dell'apparato documentale con l'Agenzia delle entrate uno strumento fondamentale affinché i dati emersi, quindi le eventuali anomalie, siano posti a conoscenza degli enti e degli istituti di credito acquirenti, i quali hanno l'interesse ad evitare l'acquisto di quei crediti cosiddetti «tossici»;

   ItaliaOggi del 2 febbraio 2022 riporta l'intenzione da parte di CdP di chiudere il servizio di cessione dei crediti in edilizia, indiscrezione confermata dall'Ansa che, pur evidenziando l'assenza di decisioni definitive, sottolinea la ricaduta dell'effetto-annuncio sul mercato dei crediti –:

   se il Governo sia a conoscenza delle criticità riscontrate nel meccanismo previsto dall'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, ossia in quali delle circostanze si sono verificate in misura maggiore le frodi, per quale ammontare di denaro e con quali modalità, quali siano i soggetti maggiormente a rischio nonché le misure maggiormente interessate dalle frodi, oltre alla ripartizione regionale di quelle rilevate;

   se gli interventi interessati dalle irregolarità siano per la loro totalità lavori non effettuati, in quale fase dell'accertamento siano state evidenziate le irregolarità e se esse risultino da presunzioni o accertamenti già conclusi;

   se, nella ratio della misura recentemente introdotta, siano state considerate le mancate entrate Iva, Irpef/Ires ed Irap relative al plusvalore derivante dalla circolazione dei crediti fiscali e se si ritenga opportuno considerare l'ipotesi di prevedere che sia allegata al credito la documentazione relativa all'intervento che lo origina, in modo da rimettere all'acquirente, disincentivato all'acquisto di crediti fittizi, la possibilità di rilevare anticipatamente eventuali anomalie.
(5-07504)

Interrogazione a risposta scritta:


   TARANTINO e BIANCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   per il terzo anno di fila, a Ferno, nel cui territorio ricade l'aereostazione di Malpensa, si registra una vincita della Lotteria Italia (biglietto Serie O, numero 348186, estrazione del gennaio 2022); a sollevare i dubbi circa l'anomala circostanza, gli interroganti, già con gli atti di sindacato ispettivo n. 5-03460 e n. 5-05256, chiedevano controlli e verifiche alle autorità competenti in merito ai singolari eventi;

   si ricorda, in particolare, che, nell'estrazione del 2020, sono stati addirittura tre i biglietti vincenti con numeri di serie praticamente consecutivi: P474343, P474346, 0474348; invero, nell'estrazione del 2021, il tagliando fortunato (serie F, numero 245030) è assai probabile che sia stato venduto, sempre all'interno dell'aeroporto, in una delle numerose edicole della società Hudson (Gruppo Dufry) che ricadono sotto il territorio comunale di Ferno;

   come già dichiarato nel succitato atto di sindacato ispettivo n. 5-05256, appare necessaria un'indagine approfondita da parte delle competenti articolazioni ministeriali, volta ad escludere che siano state commesse irregolarità e che effettivamente la circostanza sia frutto del solo caso;

   ancora una volta, a parere degli interroganti, nonostante sia matematicamente possibile un'estrazione vincente così ripetuta, sorge il legittimo dubbio circa la regolarità del sorteggio –:

   quali valutazioni di competenza il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto e se non convenga che le articolate criticità necessitino di rapide verifiche volte ad accertare eventuali alterazioni del gioco estrattivo.
(4-11324)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GAVINO MANCA, FRAILIS, MURA e LOTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi l'organo di stampa locale della città di Sassari riportava la cancellazione del progetto di riqualificazione dell'ex carcere di San Sebastiano;

   a quanto riportato dall'organo di stampa i tecnici del Ministero hanno rilevato problemi insormontabili per il trasferimento degli uffici giudiziari tra le mura dell'ex carcere. Di conseguenza i 12 milioni di euro di finanziamento destinati in precedenza pare siano stati allocati diversamente;

   nel lontano 2014 fu firmato un protocollo d'intesa tra i Ministeri della giustizia, dei beni e delle attività culturali e del turismo, il provveditorato delle opere pubbliche, il comune e il consiglio forense;

   nel febbraio 2016 fu dato il via libera all'opera e ad agosto 2018 vi fu la sottoscrizione dell'accordo di programma tra comune, l'agenzia del demanio e i vari Ministeri coinvolti con l'assegnazione dei fondi sopra citati;

   la riqualificazione dell'ex carcere, oltre ad essere stato un preciso impegno assunto dal Ministero della giustizia con la città di Sassari, sarebbe un'opera strategica per un definitivo rilancio del tessuto socio-economico della città –:

   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;

   se il Ministro intenda convocare un tavolo di confronto con le altre istituzioni interessate nazionali e soprattutto locali –:

   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a trovare le soluzioni adeguate per confermare la destinazione dei fondi e delle risorse, già stanziati, per la riqualificazione del carcere.
(4-11321)


   FERRO e VARCHI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   all'indomani dell'inaugurazione del nuovo anno giudiziario, unanime è il grido di allarme sulle croniche carenze di personale, anche amministrativo, negli uffici giudiziari, una delle cause principali dell'inefficienza della giustizia italiana, che accomuna Nord e Sud;

   a Trieste, come spiegato a margine della sua relazione dal presidente facente funzioni della locale corte d'appello, De Rosa, sul fronte del personale mancano profili di funzionario giudiziario (28,57 per cento) e contabile (25 per cento), di cancelliere esperto (16,67 per cento), di operatore giudiziario (15,38 per cento) e di ausiliario (71,43 per cento); sconfortante è anche la situazione del tribunale di Aosta, come denunciato dal presidente Gramola: «su 35 posti in organico sono 21 quelli coperti e nei prossimi mesi dovrebbero venire a mancare un direttore amministrativo (che ha chiesto il pensionamento dall'agosto 2022) e due cancellieri. Con queste assenze non so in quale modo potrò gestire il tribunale se non cercando di tappare i buchi delle urgenze e di non produrre ritardi nelle attività che riguardano la libertà personale dei cittadini. L'attuale efficienza del tribunale di Aosta non potrà più durare»;

   analoga situazione si riscontra a Bologna, dove il presidente della corte d'appello, Drigani, ha sottolineato che mancano almeno nove magistrati e 25 operatori negli uffici amministrativi del tribunale; dati preoccupanti, aggravati dalla pandemia, che pregiudicano la regolarità del servizio e che costringono a ricorrere a soluzioni spesso precarie e inadeguate nella prospettiva di una programmazione dell'organizzazione lavorativa di lungo periodo;

   tante sono le carenze di personale a livello giudiziario che pesano su tutto il territorio ionico: a Taranto manca la dirigente amministrativa dal 1° febbraio 2021, quando la stessa ha assunto un nuovo incarico presso l'Ispettorato generale del Ministero della giustizia ed è rimasto vacante anche il ruolo di dirigente amministrativo dell'ufficio del giudice di pace di Taranto, che la stessa svolgeva a titolo di reggenza; la pianta organica prevede n. 180 unità di personale amministrativo, la dotazione «di diritto» al 30 giugno 2021 era di n. 130 unità, di cui, però, 14 unità sono in distacco presso altri uffici;

   «Veramente allarmante» è stata definita dal presidente del tribunale di Catanzaro, Palermo, la situazione del suo ufficio nel corso dell'audizione in Commissione parlamentare antimafia; si tratta di un quadro che provoca ripercussioni sul lavoro della Direzione distrettuale antimafia, così ha dichiarato Palermo: «Il nostro ufficio può contare su un organico di 52 unità, che sono pochi [...]. Al momento, nel Tribunale di Catanzaro sono vacanti 11 posti. E la situazione potrebbe andare a peggiorare perché di recente è stato pubblicato un bando per i trasferimenti di giudici di primo grado. E da Catanzaro sono state presentate ben 9 domande di trasferimento. Quindi, entro breve tempo se dovessero andare in porto tutte e nove le domande di trasferimento, ci troveremmo di fronte ad una scopertura complessiva di 20 posti su 52»;

   a tali parole fanno eco le parole del presidente della corte d'appello Introcaso che ha evidenziato una scopertura del 25 per cento dei consiglieri, accentuata da un'applicazione extra-distrettuale prorogata e da un indice di alternanza dei giudici del 42 per cento;

   giustizia significa rapidità nella definizione dei processi, tutela dei diritti in tempi certi e ragionevoli, e questo risultato non si può ottenere solo con le riforme del rito, ma rendendo più efficiente la macchina della giustizia, dotandola di strumenti adeguati e degli organici necessari, sia di magistrati, che di personale amministrativo –:

   se e quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere, anche normative, per sanare la grave situazione in cui versa la macchina della giustizia italiana, con particolare riguardo alla necessita di copertura degli organici e di incentivare la permanenza dei magistrati in sedi disagiate, come quelle degli uffici giudiziari calabresi.
(4-11330)


   CAVANDOLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Ministero della giustizia, con decreto ministeriale 9 febbraio 2022, ha adottato le linee guida per la formulazione dei quesiti da porre alla prima prova orale dell'esame per l'abilitazione all'esercizio della professione forense, sessione 2021 (indetto con decreto ministeriale 11 novembre 2021);

   le linee guida prevedono una prima prova orale in cui ciascun candidato è chiamato a esaminare e discutere in forma orale una questione pratico-applicativa, avente ad oggetto un caso in materia regolata dal codice civile, ovvero dal codice penale, ovvero in materia di diritto amministrativo;

   sono le stesse Linee Guida a individuare e delimitare il perimetro delle materie oggetto del quesito;

   in particolare, con riferimento alle materie regolate dal codice civile e dal codice penale, le linee guida precisano che «il quesito non può [...] avere ad oggetto materie disciplinate nell'ambito delle leggi complementari al codice civile e al codice penale»;

   invero, risulta che le «Linee generali per la formulazione dei quesiti da porre nella prima prova orale e per la valutazione dei candidati» adottate il 19 aprile 2021, con riferimento alla sessione dell'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato indetta con decreto del Ministro della giustizia del 14 settembre 2020 – ovverosia la sessione precedente –, escludevano esplicitamente dal perimetro della «materia regolata dal codice civile» le leggi speciali e anche i libri V e VI del codice civile «per la loro sovrapponibilità con gli approfondimenti specifici delle correlate materie in opzione con la seconda prova orale: diritto del lavoro, diritto commerciale e diritto processuale civile»;

   di contro, nelle linee guida adottate il 9 febbraio 2022 non si rinviene una esplicita esclusione dei libri V e VI del codice civile dal perimetro della materia regolata dal codice civile;

   parimenti, con riferimento alla materia del diritto amministrativo, risulta che, rispetto alle norme indicate nelle linee generali relative alla sessione passata quelle adottate con il decreto ministeriale 9 febbraio 2022 individuano tra le materie oggetto dei quesiti anche il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con conseguente estensione del perimetro delle norme la cui conoscenza viene richiesta al candidato;

   quanto esposto configurerebbe una evidente disparità di trattamento tra i candidati che hanno sostenuto l'esame l'anno passato e quelli che si apprestato a sostenerlo –:

   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare in ordine alla situazione di disparità esposta in premessa;

   se intenda assumere conseguenti opportune iniziative per risolvere la problematica sopraesposta.
(4-11332)


   D'ORSO, GIULIANO, DAVIDE AIELLO, PALMISANO e SAITTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   venerdì 14 gennaio 2022 sono state approvate e pubblicate le graduatorie di merito e dei vincitori, per ciascun distretto di corte di appello e per la Corte di Cassazione, del concorso pubblico, per titoli e prova scritta, su base distrettuale, per il reclutamento a tempo determinato di ottomilacentosettantuno unità di personale non dirigenziale dell'area funzionale terza, fascia economica F1, con il profilo di addetto all'Ufficio per il processo, da inquadrare tra il personale del Ministero della giustizia (Bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 62 del 6 agosto 2021);

   molti avvocati iscritti all'ordine forense di propria appartenenza hanno superato le suddette selezioni concorsuali, ma, tuttora, non è chiaro se gli stessi avvocati che verranno assunti a tempo determinato presso l'Ufficio per il processo potranno continuare a mantenere l'iscrizione all'ordine nonché ad esercitare la professione forense;

   secondo il combinato disposto dall'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e dell'articolo 18 della legge n. 247 del 2012 sulla professione forense, un avvocato non può esercitare la professione e contemporaneamente essere un dipendente a tempo indeterminato o anche determinato (come nel caso dell'Ufficio per il processo) di un datore di lavoro pubblico o privato;

   di recente, il Legislatore, con l'articolo 31 del decreto-legge n. 152 del 6 novembre 2021 (convertito, con modificazioni dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233), ha stabilito una eccezione la cui portata è oggetto di discussione e di forti dubbi interpretativi. L'articolo 31 citato stabilisce che: «Al fine di incentivare il reclutamento delle migliori professionalità per l'attuazione dei progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), per i professionisti assunti a tempo determinato... non è richiesta la cancellazione dall'albo, collegio o ordine professionale di appartenenza e l'eventuale assunzione non determina in nessun caso la cancellazione d'ufficio...». Pertanto, sulla base di quanto stabilito da quest'ultima disposizione, sia i funzionari assunti a tempo determinato attraverso le nuove procedure di gara (come l'Ufficio per il processo), sia gli esperti e i professionisti che saranno selezionati attraverso il portale InPa, una volta assunti a tempo determinato, o una volta ottenuti gli incarichi, non dovranno cancellarsi dall'albo e non potranno nemmeno essere cancellati d'ufficio;

   il Consiglio nazionale forense (Cnf), l'Organismo congressuale forense (Cnf) e la Cassa forense già in una nota congiunta, del 4 novembre 2021, inviata all'attenzione del Ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta e per conoscenza alla Ministra della giustizia, Marta Cartabia, sostenevano che tale norma contrastasse con il regime di incompatibilità della professione forense, e pertanto la stessa norma necessitasse di essere riformulata per tutelare gli avvocati dai rischi di conflitti di interesse tra libera professione e il lavoro pubblico. E aggiungevano testualmente che: «Si pensi al caso dell'avvocato che venga reclutato quale operatore nell'ambito dell'Ufficio per il processo, e che dunque svolga attività lavorativa a questo titolo nel Tribunale, ed eserciti contestualmente la professione forense: si tratterebbe di un conflitto di interessi gravissimo, con evidenti rischi anche per la corretta amministrazione della giustizia»;

   le assunzioni avverranno a partire dal 14 febbraio 2022, e come sottolineato con un recente comunicato del consiglio dell'ordine degli Avvocati di Palermo, si attende ancora di capire se il componente dell'ufficio per il processo possa svolgere o meno la propria attività professionale nello stesso circondario in cui opera;

   alla luce di quanto esposto, sarebbe opportuno, pertanto, che il Ministro interrogato intervenisse, al più presto, per dipanare ogni dubbio interpretativo in merito, anche ricorrendo all'applicabilità della soluzione normativa di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 116 del 13 luglio 2017 (recante le cause di incompatibilità per l'esercizio delle funzioni di magistrato onorario da parte degli avvocati) secondo cui «Gli avvocati e i praticanti abilitati non possono esercitare le funzioni di magistrato onorario in uffici giudiziari compresi nel circondario del tribunale nel quale esercitano la professione forense...» –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, ritenga opportuno adottare al fine di risolvere le criticità di carattere normativo e/o interpretativo esposte in premessa riguardo all'esercizio della funzione di componente dell'ufficio per il processo da parte degli avvocati iscritti all'albo, affinché quest'ultimi possano scegliere con consapevolezza, prima dell'imminente immissione in servizio, ed evitare che possano insorgere degli eventuali conflitti di interessi con evidenti rischi per una corretta amministrazione della giustizia.
(4-11334)

INFRASTRUTTURE E MOBILITÀ SOSTENIBILI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIACOMETTO e PENTANGELO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 121, comma 3, del codice della strada stabilisce che gli esami per la patente di guida e le abilitazioni professionali siano svolti da dipendenti del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici, del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili a seguito della frequenza di un corso di qualificazione iniziale ed esame di abitazione;

   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la circolare n. 35672 del 6 luglio 2018 del capo Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali e il personale ha ammesso alla partecipazione ai sopracitati corsi di qualificazione per esaminatori anche il personale del Ministero non appartenente al Dipartimento trasporti;

   il Tar del Lazio, con sentenza del 7 febbraio 2022, ha annullato la circolare sostenendo, tra l'altro, che un ampliamento della platea dei soggetti ammessi ai corsi per esaminatori di cui all'articolo 121 del codice della strada possa essere realizzato solo con un intervento di rango legislativo;

   l'immediata conseguenza dell'annullamento della citata circolare consiste nel ridurre il numero di soggetti abilitati a svolgere gli esami per il conseguimento della patente di guida, aggravando ancora di più l'arretrato creatosi negli ultimi due anni a seguito della pandemia –:

   quali iniziative intenda assumere il Governo, anche alla luce della recente sentenza citata in premessa, per aumentare il numero di esaminatori di cui all'articolo 121 del codice della strada e garantire il regolare svolgimento delle sessioni di esame.
(5-07505)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   da un articolo pubblicato su barlettaviva.it il 10 febbraio 2022 si apprende della presenza di barriere architettoniche che rendono impossibile a chi ha difficoltà a deambulare, ai diversamente abili, a famiglie con passeggini o semplicemente a viaggiatori con bagagli pesanti, di usufruire appieno della stazione ferroviaria di Barletta;

   ad eccezione dell'accesso al binario 1 e al tronco della stazione, la presenza di barriere architettoniche impedisce l'agevole raggiungimento dei 2-3, 4-5 e della banchina dei binari della Ferrovia Nord-Barese;

   benché qualche tempo fa sia stato costruito un ascensore che collega il sottopasso della stazione con i binari 2-3, non vi è nessun collegamento tra l'ingresso della stazione e il sottopasso che porta a tale ascensore rendendo quest'ultimo un intervento inutile a rimuovere le barriere architettoniche;

   i binari 4-5 risultano anch'essi sprovvisti di ascensore o altro sistema idoneo a consentire l'arrivo dall'ingresso della stazione e viceversa;

   quello della stazione di Barletta non sembra però essere l'unico caso di stazioni ferroviarie che presentano barriere architettoniche;

   altre recenti denunce riportate in articoli di stampa presenti sul web riguardano, ad esempio, diverse stazioni delle Cinque Terre, dove i disabili non possono accedere, a causa dell'assenza di ascensori, come si apprende da un articolo pubblicato su primocanale.it il 15 luglio 2021 e la stazione di Villa Literno dove, da un articolo del 21 agosto 2021 pubblicato su casertanews.it, si apprende della denuncia di un ragazzo di 26 anni che vive a Grazzanise, affetto da problemi neurologici che gli comportano difficoltà di locomozione, il quale è stato costretto a spostarsi da una parte all'altra della stazione ferroviaria in condizioni di grave disagio, anche in questo caso a causa della mancanza di un ascensore;

   l'auspicio dell'interrogante è che le criticità denunciate in questi ultimi due casi risalenti all'estate appena trascorsa siano state nel frattempo risolte, ma problemi analoghi sono presenti in tante altre stazioni ferroviarie;

   essi minano profondamente il diritto costituzionale di una fetta della popolazione di partecipare alla vita pubblica usufruendo agevolmente dei trasporti e di potersi muovere in piena autonomia, specialmente nei centri più piccoli;

   considerando inoltre che le stazioni ferroviarie, per di più nei piccoli centri rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo del territorio in cui insistono, sarebbe necessario che Rfi provvedesse a censire e recuperare tutti quei ritardi come quelli appena descritti;

   numerosi disservizi potrebbero essere risolti con piccoli interventi e con impegni di spesa modesti e potrebbero drasticamente modificare la fruibilità delle nostre città e la vita di tante persone, la cui dignità viene spesso calpestata nell'indifferenza generale –:

   quali iniziative di competenza, il Governo intenda assumere affinché Rfi proceda ad un censimento delle barriere architettoniche presenti all'interno delle stazioni ferroviarie italiane al fine di prevederne, in tempi celeri, il definitivo superamento.
(4-11328)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   BELOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comune di Locatello (Bergamo) era risultato aggiudicatario di un contributo di euro 60.000 (ex legge n. 160 del 2019) a copertura delle spese di progettazione definitiva ed esecutiva relativa ad interventi di messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico di cui al CUP B59C21000190001;

   l'ente non è riuscito a inserire nel portale il Codice identificativo gara dell'intervento entro il 3 agosto 2021 poiché il Sistema di monitoraggio gare di Anac nelle giornate del 2 agosto 2021 e del 3 agosto 2021 risultava bloccato per un problema di mera natura tecnica;

   nelle due giornate, più volte, gli uffici del comune segnalavano il problema sia mediante apertura di apposito ticket, che tramite contact center telefonico;

   ad avvalorare quanto scritto il comune di Locatello ha conservato gli screenshot delle schermate di errore da cui si possono rilevare giorno e ora;

   il comune di Locatello, al fine di non perdere il contributo, chiedeva sin dal 3 agosto 2021 al Ministero dell'interno di poter ottenere una proroga/deroga in considerazione del fatto che il ritardo non era imputabile a una negligenza propria;

   gli uffici del Ministero rispondevano che, per concedere la proroga, era necessaria una dichiarazione di Anac accertante che il mancato rispetto dei termini prescritti, ovvero la mancata attribuzione del Cig, era imputabile ad un errore del sistema informatico;

   tale dichiarazione veniva rilasciata dall'Anac e successivamente trasmessa alla direzione centrale per la finanza locale del Ministero dell'interno in data 23 dicembre 2021;

   in data 2 febbraio 2022 il comune di Locatello, dopo l'ennesimo sollecito, riceveva risposta via e-mail dagli uffici delle direzione centrale per la finanza locale che la nota non è sufficiente perché «non si dice che l'ente ha tentato di formalizzare la procedura in data 2 agosto (e anche 3 agosto)» aggiungendo che «la situazione può essere valutata solo se Anac dichiari espressamente che il comune di Locatello ha proceduto a formalizzare quanto richiesto in data 2 e 3 agosto 2021 e che ciò non è stato possibile per problemi di carattere tecnico della procedura non imputabili al comune stesso»; il comune di Locatello (818 abitanti) ha due dipendenti negli uffici comunali, più un tecnico part-time, dunque non dispone di una struttura in grado di impegnarsi nella «caccia» a un nuovo certificato dell'Anac dopo che per ottenere il primo sono state necessarie telefonate, e-mail solleciti e perfino a una visita di persona dell'interrogante nella sede Anac a dicembre 2021;

   al tempo stesso il finanziamento di 60.000 euro per una realtà di un piccolo comune montano rappresenta un'opportunità importante e imperdibile –:

   se non ritenga opportuno, effettuate le opportune verifiche, dare positivo riscontro alla richiesta del comune di Locatello e riconfermare il contributo di 60.000 euro che gli era stato assegnato.
(4-11319)

ISTRUZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE. — Al Ministro dell'istruzione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il 10 febbraio 2022 per celebrare il giorno del ricordo delle vittime delle Foibe, la regione Abruzzo e il comune dell'Aquila hanno organizzato un evento, d'intesa con l'ufficio scolastico regionale, che si terrà all'Auditorium del Parco dell'Aquila;

   secondo quanto pubblicato, presenzieranno a questa iniziativa il presidente della giunta regionale Marco Marsilio, il sindaco dell'Aquila Pierluigi Biondi, l'assessore regionale all'istruzione, Pietro Quaresimale, e la direttrice dell'ufficio scolastico regionale, Antonella Tozza; come prontamente segnalato dalla sezione Anpi dell'Aquila, l'Anpi nazionale, per prima e con coerenza, anche quest'anno ha celebrato il Giorno del ricordo con un evento a Gorizia con l'evento «La storia insieme» per riflettere con rappresentanti sloveni sulla tragica storia delle terre istriane e sul dramma delle Foibe come terribile conseguenza dell'occupazione nazifascista della Jugoslavia, dei campi di concentramento come la Risiera di San Sabba, di una tragedia durata anni, della guerra scatenata dall'Italia di Mussolini che costò due milioni di morti;

   la «vicenda del confine orientale» fu infatti tanto complessa e drammatica e rappresentò una tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, e dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra;

   a parere dell'interrogante è giusto – come dichiarato dall'Anpi – ricostruire tutta la storia: le origini dei conflitti, le responsabilità, gli odi, le aggressioni, le violenze, le vendette. Perché le frontiere divengano non un muro, ma il luogo del riconoscimento dell'altro, la porta aperta per l'amicizia fra i popoli;

   assai sconcertante è apparsa la scelta da parte della regione Abruzzo di ignorare completamente la sua struttura di riferimento, l'istituto abruzzese per la storia della Resistenza e dell'Italia contemporanea, che ha esattamente lo scopo di promuovere l'approfondimento e lo studio di tali questioni;

   alla luce di quanto riportato appare triste e grave che il comune dell'Aquila e la regione Abruzzo abbiano scelto di celebrare questa data senza la presenza di storici autorevoli, ma unicamente personalità di rilievo politico afferente al mondo della destra o ospiti coinvolti in operazioni editoriali di estrema destra riferite a Casapound (Altaforte) e Forza Nuova (Ferrogallico), con l'aggravante di aver coinvolto le scuole e utilizzato i fondi pubblici per dar vita ad un'iniziativa che appare a parere dell'interrogante più un'operazione di propaganda che non di ricostruzione storica dei gravi fatti avvenuti, condotta senza alcun rispetto per le istituzioni storiche, per le vite di chi non c'è più e per la veridicità dei fatti –:

   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano adottare per consolidare e conservare la memoria di fatti complessi e drammatici come quelli che riguardarono il confine orientale del nostro Paese, con particolare riguardo al mondo della scuola, anche al fine di disincentivare il ripetersi in futuro di operazioni che appaiono all'interrogante meramente propagandistiche che, con l'utilizzazione di fondi pubblici, e senza nessun coinvolgimento di esperti e studiosi interessati, rischiano di fornire anche ai minori di età una ricostruzione distorti dei fatti avvenuti sul territorio italiano.
(5-07507)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPPELLACCI. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il 2 dicembre 2021 è stato pubblicato l'avviso pubblico per la presentazione di candidature per la realizzazione di nuovi edifici scolastici pubblici mediante sostituzione edilizia, da finanziare nell'ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr);

   il bando è finalizzato ad individuare 195 scuole da finanziare con 800 milioni di euro;

   tale iniziativa, rivolta agli enti locali, ha suscitato un notevole interesse, sia per le finalità direttamente collegate con il mondo della scuola e dell'istruzione, sia per gli aspetti collegati all'efficienza energetica, al consumo del suolo e alla rigenerazione dei contesti urbani;

   il bando è scaduto l'8 Febbraio 2022;

   numerose amministrazioni comunali hanno chiesto una proroga dei termini, necessaria per predisporre tutta la documentazione e superare le difficoltà dovute alla carenza in molti comuni del personale necessario a seguire il procedimento –:

   se ritenga opportuno prorogare i termini dell'avviso pubblico per la realizzazione di nuovi edifici scolastici, al fine di consentire la più ampia partecipazione possibile ad un'azione di vitale importanza per la comunità nazionale.
(4-11320)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   PAXIA, SIRAGUSA, MASSIMO ENRICO BARONI e VILLAROSA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la multinazionale Pfizer il 7 febbraio 2022 ha trasmesso ai sindacati l'elenco dei 130 dipendenti a tempo indeterminato che verranno licenziati, dei 110 interinali a cui non verrà rinnovato il contratto di lavoro facenti parte dell'indotto catanese;

   all'interno dello stabilimento Pfizer di Catania prestano la propria attività lavorativa circa 1.000 dipendenti specializzati sia nella produzione di farmaci che in altri settori altamente tecnologici e di grande responsabilità;

   la notizia dei licenziamenti arriva dopo anni in cui il volume di produzione di farmaci si era ridotto, e dopo altrettanti anni di preoccupazioni e di richieste da parte dei dipendenti di essere ricevuti che non avevano mai avuto seguito;

   nonostante le rassicurazioni del gruppo, secondo cui il sito svolgeva ancora un ruolo fondamentale, arriva la doccia fredda degli esuberi;

   l'allarme riguarda però non solo i licenziamenti ma anche la totale dismissione del sito catanese che si è visto dimezzare gli investimenti passando da 27 milioni di euro circa l'anno a 13 milioni e che è venuto a conoscenza che la produzione del nuovo farmaco anti-Covid sarà portata avanti dal sito di Ascoli;

   il colosso Pfizer dunque dopo aver incassato miliardi di euro durante la pandemia derivanti dai ricavi della produzione del vaccino anti Covid pianifica la distruzione di un intero indotto piuttosto che rilanciare la realtà catanese investendo in biotecnologie e in impianti strategici;

   grazie agli introiti derivanti dalla campagna vaccinale il valore della società Pfizer in borsa ha raggiunto i 300 miliardi di dollari anche grazie ai sacrifici ed alla sofferenza di dipendenti come quelli dell'indotto catanese che in questi ultimi anni hanno lavorato su turni massacranti per il bene del Paese ed ai quali non solo non è stato riconosciuto alcun pagamento straordinario ma che si sono visti arrivare tramite messaggio whatsapp la lista nera dei licenziati –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano immediatamente adottare al fine di scongiurare i licenziamenti del sito catanese che andrebbero a gravare su una situazione economica, quella del Sud e siciliana nello specifico, che già stenta a risollevarsi, dove la logica dello sfruttamento di risorse e di capitale umano ha segnato con profonde ferite il territorio e le famiglie dei lavoratori.
(4-11331)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   UBALDO PAGANO e LACARRA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per il sud e la coesione territoriale. — Per sapere – premesso che:

   l'Eipli – Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia – assolve oggi principalmente a compiti di gestione, esercizio e manutenzione ed agisce quale fornitore all'ingrosso di un bene essenziale come l'acqua, per usi potabili, irrigui e per usi industriali;

   l'Eipli un enorme valore strategico per il Mezzogiorno e l'intero Paese, considerato che gestisce otto dighe, quattro traverse, le sorgenti del Tara e centinaia di chilometri di grandi reti di adduzione, con una capacità potenziale di accumulo, regolazione e di vettoriamento di circa un miliardo di metri cubi all'anno di acqua;

   con decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'Eipli è stato soppresso ed è entrato in fase liquidatoria. L'articolo 21, commi 10 e 11, del suddetto decreto-legge ha disposto misure di trasferimento in favore di un nuovo soggetto, ossia una società per azioni a totale capitale pubblico formato da soli enti pubblici;

   alla data di presentazione del presente atto, non risulta essere stato adottato alcun provvedimento di costituzione della suddetta società, né si è provveduto ad incaricare un direttore generale dell'ente e, la cui gestione resta attualmente conferita a un commissario governativo;

   si apprende dalle organizzazioni sindacali rappresentative dei circa 130 dipendenti (con rapporto di lavoro a tempo determinato e indeterminato) dell'ente, che a tale personale non risultano essere state versate le retribuzioni mensili di dicembre 2021 e gennaio 2022;

   peraltro, come ricordano le stesse organizzazioni sindacali, i lavoratori versano in uno stato di assoluta precarietà, dato che il loro posto di lavoro è assicurato, allo stato attuale, da una disposizione di legge che ne impone il trattenimento in servizio fino al 31 dicembre 2023;

   inoltre, l'impossibilità dell'Ente di effettuare nuove assunzioni e sostituire i dipendenti andati in pensione dal 2011 ad oggi, ha generato una progressiva mancanza di dipendenti, tale che l'organico è attualmente insufficiente a svolgere i servizi prestati e le attività esercitate sul territorio;

   il personale attualmente dipendente, perdipiù, non gode degli istituti contrattuali previsti dal contratto nazionale e denuncia, sempre mediante le rappresentanze sindacali, critiche condizioni di sicurezza degli impianti, su cui sono mancati nel corso degli anni i necessari interventi di manutenzione;

   a ciò, come rilevano le organizzazioni sindacali si aggiungono i rischi derivanti dalla gravissima carenza di liquidità che genera criticità significative nella gestione degli impianti e che, a lungo andare, potrebbero riflettersi anche sulla pubblica incolumità che, vista la vetustà degli stessi impianti, potrebbe condurre a un'interruzione del servizio pubblico con danni ingenti per la fornitura di acqua per uso civile (acquedotti pugliese, lucano e consorzio jonico-cosentino), nonché per uso irriguo all'agricoltura e uso industriale alle aziende –:

   se intenda, per quanto di competenza, intraprendere iniziative volte a tutelare i lavoratori, anche consentendo all'ente di stabilizzare gli attuali dipendenti nelle more della liquidazione e del trasferimento alla nuova società di cui in premessa;

   se intenda fornire elementi circa lo stato dell'arte della suddetta società che, ai sensi del richiamato quadro normativo, subentrerà all'ente posto in liquidazione;

   se intenda verificare lo stato di sicurezza degli impianti sopra richiamati e promuovere, se necessario, opportune iniziative per garantire la realizzazione degli interventi di manutenzione.
(5-07503)


   VALLASCAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   in queste settimane, organi di stampa della Sardegna hanno dato ampio risalto alla situazione di grave crisi che sta attraversando il comparto bovino e della produzione del latte vaccino;

   in particolare, l'Unione sarda del 1o febbraio 2022 ha riferito dell'allarme lanciato «dalle maggiori aziende di produzione e trasformazione (3A e Cooperativa Produttori di Arborea)», a causa di una situazione difficile del settore «che si inquadra in una crisi complessiva che colpisce tutto l'allevamento italiano», crisi determinata dall'aumento vertiginoso dei costi dell'energia e di tutti i mezzi tecnici (mangimi, concimi, eccetera) che ha incrementato in maniera insostenibile i costi di produzione;

   a questo proposito è il caso di riferire che, secondo i rappresentati delle cooperative «Nel 2021, nel giro di pochi mesi, i mangimi sono aumentati mediamente del 35 per cento, quindi una stalla media di 100 capi registra una perdita di 50.000 euro all'anno per il solo incremento dei costi alimentari»;

   oltre ai rincari, a pesare sul bilancio delle aziende si «aggiungono il costo dell'energia elettrica, pari a +120 per cento, quello del gasolio agricolo +60 per cento e quello del concime con +130 per cento»;

   a rendere più critica la situazione del settore sarebbe l'incertezza attorno al premio previsto dal provvedimento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali denominato «Emergenza stalle», la cui scadenza, prevista per il 31 marzo 2022, sarebbe troppo ravvicinata per ristorare adeguatamente i produttori delle perdite subite;

   il premio, infatti, prevede «un sostegno di 3 centesimi a litro che la grande distribuzione si impegna a trasferire alle imprese della trasformazione, che a loro volta lo dirotteranno agli allevatori, fino a raggiungere un prezzo massimo di 0,41 centesimi a litro. Nel caso in cui non si arrivi a tale soglia è prevista una possibile integrazione di un altro centesimo che potrà essere erogato dalle imprese di trasformazione»;

   l'entità del premio non sarebbe considerata «sufficiente per coprire gli aumenti di energia, carburanti, mangimi, concimi e trasporti, che in Sardegna diventano ancora più pesanti per via dei costi esorbitanti dell'insularità»;

   inoltre, secondo AgroNotizie, del 1o febbraio 2022, «il premio di 3 centesimi a litro, definito con il protocollo d'intesa del latte vaccino sottoscritto con il Ministero delle politiche agricole, introdotto per un periodo limitato sino a marzo 2022 non è certo, sia perché condiviso da poche insegne della Grande Distribuzione Organizzata (Gdo), sia per le modalità di applicazione non esplicitamente definite»;

   a questo proposito è il caso di segnalare che la stessa Coldiretti Sardegna ha sostenuto che il protocollo «deve partire subito, tagliando i limiti burocratici e rappresentando un punto di partenza da interpretare e sviluppare territorialmente»;

   il comparto produttivo del latte vaccino in Sardegna è composto da «250 aziende agricole che oggi rischiano il collasso perdendo un giro d'affari di circa 300 milioni di euro, più un indotto importante a cui afferiscono circa 3 mila famiglie» –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, anche di natura normativa, per promuovere politiche di sostegno al comparto bovino e della produzione e trasformazione del latte vaccino in Sardegna con adeguate misure per compensare adeguatamente la perdita di redditività determinata dall'aumento dei costi di produzione (mangimi ed energia), tenendo conto anche degli ulteriori costi che affrontano i produttori sardi per effetto della condizione di insularità;

   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, adottare iniziative, anche di natura normativa, volte a rimuovere gli ostacoli di natura burocratica che si frappongono alla piena applicazione della misura «Emergenza stalle» e a promuovere una maggiore adesione alla misura da parte della grande distribuzione organizzata.
(5-07509)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GEMMATO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto si evince da fonti di stampa, sembrerebbe che, da tempo, gli avvisi pubblici relativi alle procedure selettive finalizzate all'assunzione di odontoiatri siano preclusi proprio alla maggior parte degli odontoiatri ovvero, ed in particolare, a coloro che non siano in possesso di una specializzazione nella medesima disciplina;

   ed invero, il decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483 – Regolamento recante la disciplina concorsuale per il personale dirigenziale del Servizio sanitario nazionale – all'articolo 28, comma 1, prevede, i seguenti requisiti di ammissione ai concorsi:

    «... a) laurea in odontoiatria e protesi dentaria, nonché laurea in medicina per i laureati in medicina e chirurgia legittimati all'esercizio della professione di odontoiatra;

    b) specializzazione nella disciplina;

    c) iscrizione ... al rispettivo albo dell'ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri ...»:

   sembrerebbe evidente che nelle intenzioni del legislatore vi fosse la ovvia necessità di prevedere un titolo di specializzazione nella disciplina odontoiatrica per i laureati in medicina e chirurgia che volessero accedere ai concorsi ma, di contro, appare ancor più ovvio, se non banale, che per i laureati in odontoiatria e protesi dentaria non occorra alcun tipo di specializzazione, poiché la normativa vigente in materia li legittima già ad esercitare compiutamente la professione proprio in virtù dello specialistico corso di studi universitario sostenuto e dell'iscrizione al rispettivo albo dell'ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri;

   anche il comma 2 della medesima norma sembrerebbe superato e andrebbe abrogato;

   sulla materia è intervenuto anche il Tribunale ordinario di Sassari – Sezione lavoro – nell'ambito del procedimento n. 1491/2021 RG ex articolo 700 del codice di procedura civile promosso da una laureata in odontoiatria contro la Ats Sardegna. La ricorrente era stata esclusa da una procedura selettiva per odontoiatri poiché non in possesso di specializzazione;

   sulla questione il giudice ha osservato quanto segue: «Il titolo dei laureati in Odontoiatria e protesi dentaria “assorbe” quello di specializzazione in Odontoiatria richiesto ai laureati in Medicina e chirurgia. Ed invero, valgano, al riguardo, le seguenti considerazioni. Se la normativa in parola è pienamente comprensibile ove riferibile esclusivamente ai laureati in Medicina e chirurgia, non lo è altrettanto con riferimento a coloro i quali – come l'odierna ricorrente – abbiano conseguito il diploma di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria. Non si comprende, infatti, di quale specializzazione i laureati in Odontoiatria e protesi dentaria dovrebbero essere in possesso per rispettare il dettato normativo, dal momento che la specializzazione nella disciplina), per i predetti laureati è insita nel diploma di laurea»;

   il tribunale, in sintesi, ha poi ordinato ad Ats Sardegna di provvedere immediatamente ad ammettere la ricorrente nelle graduatorie stabilendo un precedente significativo sulla questione;

   sembrerebbe, dunque, evidente la necessità di provvedere al riordino della disciplina in materia e alla modifica delle norme citate in premessa –:

   se quanto esposto in premessa trovi conferma e, in caso affermativo, se non intenda adottare iniziative di competenza volte al riordino della disciplina in materia e alla modifica della normativa vigente eliminando, per i soli odontoiatri, la prescrizione relativa al possesso del requisito della specializzazione in disciplina odontoiatrica per la partecipazione alle procedure selettive pubbliche finalizzate all'assunzione di odontoiatri nelle strutture sanitarie.
(5-07506)


   LEDA VOLPI, MASSIMO ENRICO BARONI, COLLETTI, CABRAS e VALLASCAS. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   è recente la notizia che negli Stati Uniti è stato sviluppato un vaccino anti-COVID-19 con una tecnologia «classica» a base di proteine, quindi simile a quella già utilizzata da anni per altri vaccini come quello per l'epatite B. Tale vaccino risulta essere semplice da produrre e non necessita della catena del freddo;

   il nuovo vaccino, denominato Corbevax, è stato brevettato da un gruppo di ricercatori di Houston diretti da una ricercatrice italiana, Maria Elena Bottazzi, co-direttrice del Centro per lo sviluppo dei vaccini del Texas Children's Hospital e Baylor College of Medicine;

   i costi di produzione del Corbevax sono estremamente bassi, circa due dollari a dose, e i risultati degli studi mostrano un'ottima copertura nei confronti di tutte le varianti del virus ad oggi conosciute;

   il gruppo di ricercatori ha deciso di non brevettarlo perché l'etica impone loro di non lucrare sulle spalle delle persone in un momento di emergenza mondiale. A tal riguardo, alcuni Paesi come l'India hanno avviato la produzione in larga scala di questo vaccino con risultati decisamente ottimi;

   ad oggi, la strategia indicata dall'Oms per superare la pandemia prevede la distribuzione mondiale della vaccinazione partendo dalle fasce più deboli della popolazione. Nonostante ciò, su 10 miliardi di dosi di vaccino somministrate il 70 per cento è andato ai dieci Paesi più ricchi, i quali stanno procedendo nella somministrazione delle terze e delle quarte dosi. In Africa vi sono nazioni dove è stato vaccinato meno del 5 per cento della popolazione, con il concreto rischio di favorire così lo sviluppo continuo di nuove varianti;

   avere a disposizione un vaccino semplice da produrre, conservare facilmente e a basso costo di produzione, potrebbe essere fondamentale quale strumento di politica sanitaria. Il Corbevax avrebbe anche il vantaggio di poter essere percepito positivamente da quella parte della popolazione scettica nei confronti dei vaccini a tecnologia mRNA;

   la dottoressa Bottazzi ha denunciato lo scarso interesse delle case farmaceutiche, in Europa e negli Usa, nell'offrirsi come partner per la produzione del citato vaccino. Si aggiunge a ciò, il concreto rischio che l'Ema non conceda l'autorizzazione alla distribuzione di un vaccino prodotto in Paesi come l'India –:

   se il Governo sia a conoscenza del vaccino Corbevax e se intenda adottare iniziative di competenza, anche presso l'Aifa, per lo studio e la valutazione dei dati messi a disposizione dal gruppo di ricercatori;

   se non ritenga necessario, ai fini di indirizzo e d'azione della politica sanitaria, adottare iniziative per avviare una produzione nazionale del vaccino Corbevax, coinvolgendo anche quelle realtà esistenti nell'ambito delle start-up innovative dell'industria farmaceutica italiana e assumendo, quale strumento di garanzia, le attività di supporto finanziario messe a disposizione da Sace;

   se non si ritenga opportuno adottare iniziative, nelle sedi istituzionali opportune, affinché sia creata un'azienda farmaceutica pubblica a dimensione europea, non finalizzata al profitto ma allo sviluppo e alla produzione di vaccini e farmaci essenziali per la salute pubblica dei cittadini dell'Unione europea.
(5-07510)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da più parti – esperti, medici, ma anche, finalmente, lo stesso Sottosegretario di Stato per la 4 salute, Pierpaolo Sileri – si segnala la necessità di apportare una sostanziale revisione all'impianto delle disposizioni normative e regolamentari che disciplinano, in maniera inevitabilmente connessa tra loro, il cosiddetto green pass 19 e la vaccinazione anti COVID-19;

   una prima criticità riguarda, innanzitutto il mancato riconoscimento dei test sierologici ai fini dell'ottenimento delle certificazioni verdi COVID-19; lacuna segnalata più volte – e purtroppo invano – dai deputati del Gruppo Lega-Salvini Premier con emendamenti e ordini del giorno (tra gli altri, ordine del giorno n. 9/03374/006) che costringe, di fatto, moltissime persone che sono già entrate in contatto con il virus a sottoporsi alla vaccinazione o alla somministrazione della relativa dose di richiamo nonostante abbiano sviluppato un'immunità naturale che numerosi studi hanno dimostrato essere parimenti protettiva – se non addirittura più protettiva – rispetto a quella innescata dai vaccini;

   la criticità sopra evidenziata si ripercuote, ovviamente, sull'attività dei medici di medicina generale che, di fronte alle rimostranze dei propri pazienti, si vedono costretti a dare atto del cortocircuito normativo, senza peraltro poter rilasciare un certificato di esenzione alla vaccinazione, neppure temporaneo, considerati gli attuali criteri per l'emissione di tali certificati stabiliti dal Ministero della salute;

   l'eccessiva rigidità delle previsioni normative sul green pass è stata stigmatizzata anche dal Consiglio d'Europa che ha sonoramente bocciato l'utilizzo di tali certificazioni nelle forme attualmente previste – tra l'altro – nel nostro Paese. Di qui l'invito agli Stati a rimuovere le discriminazioni in essere; discriminazioni che divengono ancora più gravi e inconcepibili se ad esserne destinatari sono i soggetti guariti, in possesso di un titolo anticorpale elevato, che avrebbero ragione di rimandare la vaccinazione e che, invece, si vedono costretti a sottoporsi immediatamente ad essa per evitare di ritrovarsi senza green pass, esclusi dalla vita sociale e lavorativa;

   un'ulteriore criticità, anch'essa segnalata da numerosi medici di medicina generale, riguarda gli adempimenti connessi alla piattaforma elettronica sulla quale dovranno essere inseriti i pazienti che assumono farmaci anticoagulanti. Tale adempimento, nell'attuale fase emergenziale, rischia di congestionare ulteriormente l'attività di tali professionisti e si ritiene, dunque, debba formare oggetto di un confronto con le rappresentanze degli stessi, anche in un'ottica di un'eventuale proroga –:

   se e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di attenuare la rigidità delle vigenti disposizioni normative e regolamentari in materia di green pass e vaccinazione anti COVID-19, nonché al fine di semplificare e tutelare, in particolare nell'attuale fase emergenziale, l'attività dei medici di medicina generale, in riferimento a quanto rappresentato in premessa.
(4-11322)


   CUNIAL. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 127 del 21 settembre 2021 ha reso obbligatorio a partire dal 15 ottobre 2021 l'obbligo del «Green Pass» per l'accesso ai posti di lavoro. Da fonti ufficiali si apprende tuttavia che l'accesso dei donatori di sangue ed emoderivati alle sedi di raccolta non è subordinato al possesso della certificazione verde COVID-19;

   tale disposizione è stata definita a valle di precisa richiesta di chiarimenti circa le procedure di donazione da parte dell'Associazione volontari italiani del sangue (Avis), dal Ministero della salute, con lettera del 14 ottobre 2021 a firma del direttore generale professore Giovanni Rezza;

   alla data della disposizione del Ministro della salute il numero di casi positivi era irrisorio e risulta, dunque, difficile ascrivere, in quella data, la scarsità degli approvvigionamenti di sangue ed emoderivati la «nuova ondata di contagi COVID-19»;

   il 14 gennaio 2022, il Centro nazionale sangue, le strutture regionali di coordinamento per le attività trasfusionali Src e il Civis, insieme al coordinamento delle principali associazioni di donatori di sangue in Italia (AVIS, Croce Rossa, Fidas e Fratres), lanciano l'appello per chiunque sia in buona salute di contattare il proprio centro di raccolta più vicino per prenotare una donazione;

   a parere dell'interrogante tale discriminazione mostra una evidente incongruenza in relazione alle norme attualmente vigenti in materia di prevenzione della malattia da COVID-19, ma anche in riferimento a profili di sicurezza per chi riceve sangue da persone vaccinate;

   i vaccini contro il COVID-19 sono volti alla produzione di anticorpi neutralizzanti contro la proteina spike, che il SARS-COV-2 utilizza per il legarsi alle cellule bersaglio. I vaccini a mRNA o vettore adenovirus indirizzano le cellule umane a produrre la proteina spike contro la quale il corpo produce principalmente anticorpi neutralizzanti. Alcuni documenti hanno mostrato che la proteina spike da sola (senza far parte del coronavirus) possa danneggiare le cellule endoteliali e distruggere la barriera ematoencefalica;

   lo studio «Gravità, patogenicità e trasmissibilità delle varianti Delta e Lambda di SARS-CoV-2, tossicità delle proteine spike e possibilità per la futura prevenzione di COVID-19» discute il ruolo della forma proteasi e del recettore ACE2 nell'infezione da virus, le mutazioni hotspot nella proteina spike, la sua tossicità e l'aumentata patogenicità delle varianti Delta e Lambda. Nello studio si fa riferimento al fatto che la tossicità della proteina spike possa intensificare la patogenicità di SARS-CoV-2. Infatti, potrebbe indurre la coagulazione delle piastrine nel flusso sanguigno di pazienti gravemente infetti e stimolare la trombosi, che è una delle preoccupazioni più importante negli attuali vaccini mRNA e adenovirus che esprimono la proteina spike. Difatti può altresì provocare la stimolazione dell'attività piastrinica e il rilascio di fattori della coagulazione, che possono causare trombosi negli individui infetti;

   è notizia dell'8 febbraio 2022 che una madre ha rifiutato, per il figlio, una trasfusione di sangue, chiedendo che a donare il sangue fossero persone non vaccinate contro il COVID-19. L'ospedale e il centro trasfusionale si sono opposti e, di conseguenza, la controversia è stata sottoposta al giudizio del Tribunale di Modena che si è pronunciato disponendo l'esecuzione della trasfusioni;

   a parere dell'interrogante la tossicità della proteina spike, oltre agli altri componenti dei vaccini, per i quali le aziende farmaceutiche chiedono l'assenza di allergie prima di procedere all'iniezione, sono dei fattori di rischio da considerare quando si dona il sangue, al fine della tutela della salute della persona ricevente –:

   se il Governo sia a conoscenza di carenza di sangue e a cosa ciò sia imputato e quali siano le procedure di limitazione del rischio nell'analisi del sangue donato in merito alla presenza delle sostanze tossiche di cui in premessa.
(4-11326)


   SAPIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   dal 2010 la Calabria è commissariata dal Governo per il piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale e il presidente della Regione Calabria, onorevole Roberto Occhiuto, è il commissario; in un articolo pubblicato sulla testata online il Quotidiano del Sud, in data 9 febbraio 2022, recante il titolo «Un'ora sull'asfalto in attesa dell'ambulanza: il caso nel Cosentino», viene riportata la vicenda di una donna, che, in seguito ad un incidente, è rimasta in attesa del soccorso del 118 dell'Asp di Cosenza, diretto dal dottor Riccardo Borselli, per più di 45 minuti;

   l'avvenimento riportato dal suddetto articolo si è verificato a Scalea, in provincia di Cosenza, dove la donna di origini campane è stata investita nella sera del 7 febbraio 2022 e, secondo quanto riportato nell'articolo summenzionato, ha dovuto attendere l'ambulanza per tre quarti d'ora sull'asfalto e con la pioggia, mentre i presenti cercavano di ripararla dal freddo, al fine di evitare ulteriori complicazioni;

   ivi si prosegue informando che la donna, secondo gli ultimi aggiornamenti, si trova ricoverata al presidio di San Marco Argentano, a ben 66 chilometri di distanza dal luogo dell'incidente;

   l'articolo riporta, poi, che «nei giorni scorsi era intervenuta anche la Cgil sulla questione delle ambulanze e sulla inutilizzabilità dell'autoambulanza che dovrebbe essere attiva a Scalea»;

   infine, nello stesso articolo l'accaduto è definito «vicenda che ancora una volta evidenzia le "distanze" della sanità dell'emergenza urgenza dai cittadini dell'Alto Tirreno cosentino»;

   per quanto ricostruito nell'articolo, l'area dell'Alto Tirreno cosentino presenta quindi problemi in ordine al servizio, indispensabile, di emergenza-urgenza che dovrebbe essere garantito dall'Asp di Cosenza –:

   se, per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, non ritenga di verificare e comunicare se la vicenda di cui in premessa si sia ripetuta altre volte, quale sia la precisa l'ubicazione delle Pet 118 nell'area dell'Alto Tirreno cosentino, quali siano le rispettive dotazioni di organico, quale sia l'organizzazione che ivi è stata data all'emergenza-urgenza da parte del direttore del Suem 118 dell'Asp di Cosenza e se la stessa sia adeguata a rispondere con tempestività in caso di soccorso.
(4-11327)


   CORDA, MASSIMO ENRICO BARONI, COLLETTI, CABRAS, LEDA VOLPI e VALLASCAS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   il dottor Franco Locatelli, dal 22 febbraio 2019, è Presidente del Consiglio superiore di Sanità, nonché, dal 17 marzo 2021, coordinatore del Comitato tecnico scientifico (Cts);

   da una inchiesta giornalistica condotta dalla testata Byoblu emergono una serie di documenti nei quali si evidenziano finanziamenti provenienti da case farmaceutiche in favore di esponenti attivi nel settore sanitario; tra questi spicca anche il nome di Franco Locatelli;

   dal 2016 al 2020, Locatelii avrebbe incassato 23.877,70 euro tra consulenze, eventi e viaggi, organizzati da Big Pharma. Tra queste Pfizer-BioNTech, produttrice del principale vaccino utilizzato in Italia per prevenire il COVID-19 e il colosso farmaceutico svizzero Novartis il quale ha stipulato più contratti con Pfizer-BioNTech per la produzione di milioni di dosi del vaccino contro il Sars-Cov2 nei suoi laboratori;

   nella dichiarazione pubblica di assenza di conflitto di interessi del dottor Locatelli risulta spuntata la voce «consulenza per una società» nella categoria «interessi diretti», mentre nell'elenco degli «interessi indiretti» emergono attività di «sperimentatore principale», ovvero responsabile scientifico di una sperimentazione, nonché di «sperimentatore». Si tratta di incarichi ancora ricoperti all'epoca della compilazione, datata 23 settembre 2020, e che, ad oggi, non sembra essere stata aggiornata, nonostante gli incarichi successivamente assunti, stante l'indisponibilità di una dichiarazione più recente –:

   se ritenga, alla luce dei riscontri riportati, che possa sussistere un conflitto di interessi con gli incarichi e le attività svolte dal dottor Franco Locatelli e quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare.
(4-11337)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO e NOBILI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale.— Per sapere – premesso che:

   la raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 12 luglio 1999 (1999/519/CE) ha definito i livelli di riferimento per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati da antenne, sulla base di studi scientifici internazionali condotti dalla Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (Icnirp);

   se, da un lato, la maggior parte dei Paesi europei ha adottato come limite lo standard internazionale di 61 V/m, l'Italia – con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del luglio 2003 – ha esercitato la facoltà di definire un limite di 6 V/m per tutte le frequenze utilizzate dai dispositivi mobili. Fino al 2020, limiti così stringenti come quelli italiani erano previsti solo in Polonia, che poi ha deciso di allinearsi;

   già nel 2020, la Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni, nell'approvare all'unanimità il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla transizione verso il 5G, anche all'esito di numerose audizioni di esperti e scienziati, evidenziava l'assenza di prove scientifiche che confermino maggiori rischi per la salute legati all'introduzione della nuova tecnologia 5G, richiamando l'attenzione sulla necessità di una corretta informazione;

   tali indirizzi al Governo venivano reiterati l'8 ottobre 2019 con l'approvazione da parte della Camera dei deputati di una mozione sottoscritta da diversi gruppi parlamentari, nella quale si sottolineava inoltre la necessità di tener conto delle opportunità di crescita e competitività che il 5G è in grado di garantire;

   il 30 marzo 2021, nella relazione approvata dalla Commissione bilancio della Camera sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), si invitava il Governo a valutare l'opportunità di adeguare gli attuali limiti italiani a quelli europei;

   il 23 luglio 2021, nell'ambito della conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, il Governo accoglieva l'ordine del giorno 9/3146-AR/29 impegnandosi a valutare l'opportunità di provvedere all'adeguamento dei livelli di emissioni a quelli della maggioranza degli Stati europei;

   in linea con gli obiettivi delineati nel Pnrr, il 25 maggio 2021 il Comitato interministeriale per la transizione digitale ha definito la «Strategia nazionale per la Banda Ultra Larga – Verso la Gigabit Society», ponendosi come obiettivo lo sviluppo di infrastrutture di telecomunicazioni tali da assicurare connettività a 1 Gbit/secondo su tutto il territorio nazionale entro il 2026, addirittura in anticipo rispetto agli obiettivi europei, fissati al 2030;

   nell'ambito della strategia richiamata, il Piano Italia 5G – finanziato con 2,02 miliardi di euro nell'ambito del Pnrr – consentirà di realizzare interventi volti ad incentivare la diffusione di reti mobili 5G nelle aree a fallimento di mercato;

   uno studio condotto nel 2019 dal Politecnico di Milano, coordinato dal professor Antonio Capone e presentato alla Commissione Trasporti, analizzava l'impatto dei limiti elettromagnetici vigenti in Italia sulle caratteristiche e sulla qualità della infrastruttura di rete 5G, evidenziando come l'adeguamento dei limiti ai livelli europei consentirebbe un'espansione in 5G di gran parte degli impianti di telefonia mobile già esistenti, permettendo così di raggiungere gli obiettivi di qualità e copertura prefissati con un numero inferiore di nuove antenne;

   il 26 luglio 2021, in occasione di un incontro con i rappresentanti del settore delle telecomunicazioni, il Ministro dello sviluppo economico esprimeva l'impegno a promuovere lo sviluppo del sistema di telecomunicazioni in quanto funzionale agli obiettivi di crescita del Paese, anche attraverso semplificazioni del quadro normativo esistente. A tal proposito, il Ministro citava l'innalzamento dei limiti elettromagnetici tra i possibili ambiti di semplificazione –:

   se, alla luce della rilevanza della tematica esposta, il Governo non intenda convocare un tavolo di confronto che coinvolga le altre amministrazioni interessate e gli operatori del settore, al fine di individuare le soluzioni normative da adottare per garantire al Paese limiti elettromagnetici che consentano di cogliere le opportunità di sviluppo e di competitività offerte dal 5G.
(5-07502)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CONTE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   Prysmian s.p.a. è leader mondiale nel settore dei sistemi in cavo per energia e telecomunicazioni; essa con 140 anni di esperienza e un fatturato di oltre 11 miliardi di euro, conta circa 29.000 dipendenti in oltre 50 Paesi è 106 impianti produttivi;

   uno degli stabilimenti dell'azienda denominato Fos (Fibre Ottiche Sud), si trova in Battipaglia, provincia di Salerno, e dà lavoro a circa 300 persone, con posti di lavoro nell'indotto che ammontano a oltre 600;

   il gruppo industriale ha appena annunciato nuovi investimenti per oltre 40 milioni di euro destinati esclusivamente agli stabilimenti sul territorio francese mentre per il sito italiano di Battipaglia si paventano rischi di tagli, che sono oggetto di una mobilitazione sindacale;

   le segreterie nazionale Filctem, Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, in una nota congiunta, hanno espresso tutto il loro rammarico per la decisione del gruppo e la loro preoccupazione, denunciando il rischio di chiusura del sito di Battipaglia;

   tra il 2017 e il 2018, invece, la Prysmian decise di investire 60 milioni di euro per un secondo stabilimento «Fos» a Battipaglia, contiguo a quello già esistente, ma il calo della richiesta fece frenare il mercato e il progetto fu messo in stand-by; ora la prospettiva sembra definitivamente tramontata, in favore di investimenti da fare in Francia;

   presso la Confindustria di Salerno si è aperto un primo tavolo di discussione tra impresa e sindacati per affrontare i nodi della vicenda produttiva;

   i rappresentanti sindacali di Salerno della Filctem, Femca, Uiltec e Ugl Chimici unitamente alla Rsu aziendale hanno ritenuto l'incontro «interlocutorio», segnalando che esso «non ha prodotto risposte esaustive e rassicuranti per lo stabilimento FOS di Battipaglia»; le organizzazioni sindacali hanno manifestato «grande insoddisfazione» e si sono dichiarate «in attesa del prosieguo della vertenza al Mise»;

   secondo i sindacati «lo snodo sta nel bando nazionale per la fibra ottica che, senza le mancate specifiche di competenza del Ministero dell'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, mette di fatto fuori mercato il prodotto specifico realizzato in Italia», dal momento che – scrivono i sindacati – «a fine 2021 l'Europa ha introdotto i dazi, ma solo sui cavi ottici, non sulla semplice fibra. Con il bando succitato il ministero competente non ha ritenuto la fibra ottica come asset strategico e di conseguenza come di una materia che non abbisogna di specifiche tecniche. Una decisione inspiegabile e sbagliata. Non è un caso che il governo francese nei bandi abbia, invece, indicato la fibra Prysmian, prodotta in Francia»;

   i sindacati chiedono che «l'esecutivo italiano rimedi al più presto all'inadempienza che penalizza il prodotto nazionale e che mette a rischio, oltre alla produzione stessa, anche tanti posti di lavoro» –:

   se non ritengano, nell'ambito delle loro competenze, di garantire specifiche iniziative sulle questioni poste in premessa, in particolar modo circa la necessità di salvaguardare i posti di lavoro e la produzione dello stabilimento Fos di Battipaglia.
(4-11325)


   DI SARNO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, il «caro bollette» non arresta la sua corsa: l'impennata dei prezzi, del 600 per cento in un anno, si abbatte sulle imprese del settore manifatturiero, sugli hotel, i piccoli commercianti, i costruttori edili, i coltivatori, gli artigiani, nonché sull'autotrasporto;

   il «caro bollette» colpisce duramente il settore dell'accoglienza: gli hotel sono infatti imprese altamente energivore, aperte 24 ore su 24 sette giorni su sette; Confesercenti ha calcolato che un albergo che consuma 128.000 kWh annui pagava un anno fa 1.442 euro al mese per le bollette dell'energia, mentre nel 2022 si è arrivati a 3.340 euro mensili;

   sempre Confesercenti ha stimato che un ristorante con consumi pari a 60.000 kWh annui oggi paga per luce e gas 2.860 euro al mese contro i 1.050 euro del gennaio 2021;

   le bollette non risparmiano le costruzioni, mettendo a rischio, di riflesso, i vari bonus edilizi in campo, a partire dal «Superbonus 110 per cento» il «caro energia», secondo le aziende del comparto, si è tradotto a gennaio, ad esempio, in aumenti vicini al 40 per cento per quanto riguarda i laterizi, mattoni forati e blocchi per murature, rispetto all'ultimo trimestre del 2021;

   l'impatto sul settore del cemento ha prodotto costi più che quintuplicati rispetto al 2020, esponendo a un serio rischio la tenuta dell'intero comparto, considerando che le imprese interessate impiegano circa 32.000 addetti e sono protagoniste delle sfide infrastrutturali previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   è in affanno anche la filiera agroalimentare, che realizza un fatturato di oltre 540 miliardi di euro: secondo quanto rilevato da Confagricoltura, i costi delle bollette energetiche delle aziende agricole risultano aumentati a dicembre del 120 per cento, rispetto all'inizio del 2021;

   a causa del rincaro dei carburanti di oltre il 25 per cento in un anno, con maggiori costi per oltre 535 milioni di euro che finiscono per scaricarsi interamente sui già risicati margini di profitto delle aziende (gli aumenti vertiginosi delle materie prime, di luce e gas, riguardano infatti anche il gasolio per autotrazione, che è ancora largamente il carburante più diffuso), nel mondo dell'autotrasporto il malcontento è diffuso nei territori tra le imprese e sta generando fenomeni di malcontento che rischiano di sfociare in proteste incontrollate: c'è il rischio concreto che sia più conveniente spegnere i motori anziché continuare a viaggiare;

   il settore è fondamentale per l'economia italiana: nel nostro Paese oltre l'80 per cento delle merci viaggia su gomma, e gli autotrasportatori nelle fasi peggiori della pandemia hanno continuato a transitare, garantendo l'approvvigionamento dei beni primari;

   sarebbero pertanto opportuni provvedimenti economici di sostegno alla categoria, meccanismi di adeguamento automatico per l'aumento del gasolio, un aggiornamento dei costi di esercizio che gravano sugli autotrasportatori, nonché un'analisi approfondita che affronti l'impatto delle nuove norme comunitarie in tema di accesso al mercato, semplificazioni burocratiche e una revisione degli onerosi obblighi formativi per contrastare la carenza di conducenti –:

   se il Governo non intenda aprire un tavolo di confronto, al fine di individuare le soluzioni migliori con cui abbattere la dipendenza dell'Italia dall'estero sotto il profilo energetico;

   quali urgenti ed opportune iniziative anti rincari il Governo intenda adottare, tenuto conto che i costi «record» dell'energia rappresentano il principale fattore all'origine della frenata del prodotto interno lordo.
(4-11333)


   SODANO e MASSIMO ENRICO BARONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   le TV locali di tutta Italia rischiano di sparire già a partire dal mese di marzo 2022 perché dovranno consegnare le loro frequenze ai telefonici del 5G, per effetto del passaggio al digitale terrestre di seconda generazione, attraverso il cosiddetto «refarming» delle frequenze;

   dopo 46 anni di lavoro editoriale ed informativo, il risultato di questa situazione sarà l'esclusione di molte TV locali, a discapito del diritto al pluralismo dell'informazione;

   il Ministero dello sviluppo economico, peraltro, sembra stia stilando le «graduatorie FSMA» per selezionare i «Fornitori di servizi di media audiovisivi» che avranno una frequenza sul digitale terrestre;

   saranno privilegiate, ad esempio, le emittenti televisive di rilievo regionale, capaci di sostenere i costi del canone annuo da pagare allo Stato dopo essere risultati vincitori in graduatoria;

   le televisioni locali rappresentano delle vere e proprie sentinelle sul territorio attraverso TG, programmi di intrattenimento, oltre a dare spazio allo sport locale, considerato che colossi come Rai e Mediaset continuano ad assottigliare gli spazi destinati all'informazione del territorio; lo spettro della chiusura è rappresentato sostanzialmente da tre ragioni: mancanza delle frequenze per continuare la prosecuzione dell'attività editoriale, costo del fitto da versare allo Stato, e la distribuzione dei finanziamenti previsti dal Fondo per il pluralismo dell'informazione e nuove tecnologie (decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017) che assegna oltre l'80 per cento ai grandi network nazionali, lasciando alle piccole emittenti solo le briciole;

   è impensabile immaginare di far cessare l'attività di ben 450 imprese televisive, sia per diritto costituzionale, sia per salvaguardare più di 3.000 posti di lavoro di cui 700 giornalisti;

   la Rea – radiotelevisioni europee associate – nell'audizione presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom del 4 febbraio 2022, ha proposto di assegnarle alle TV locali la frequenza nazionale multimedia le n. 12 (mux), attualmente nella disponibilità del Ministero dello sviluppo economico, con la quale si potrebbero salvare la maggioranza delle emittenti e centinaia di posti di lavoro;

   la Rea, inoltre, ha presentato un esposto in cui denuncia la volontà di comprimere drasticamente il pluralismo dell'informazione attraverso un meditato piano di accentramento delle risorse frequenziali e, dal lato economico, mediante il netto taglio dei contributi alla media e piccola editoria radiotelevisiva;

   si rileva il silenzio serbato dalle autorità competenti sull'esposto presentato dalla REA –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda adottare ogni iniziativa utile, per quanto di competenza, per chiarire in via definitiva le cause e le responsabilità di tale inconcepibile modo di gestire un bene pubblico come le frequenze;

   quali iniziative normative, anche di carattere economico, intenda adottare per garantire la sopravvivenza delle emittenti locali nell'interesse generale dei cittadini e dello Stato anche dopo il «refarming» delle frequenze.
(4-11336)

TRANSIZIONE ECOLOGICA

Interrogazione a risposta orale:


   MENGA e SODANO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   il 4 dicembre 2021 il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della transizione ecologica, ha sbloccato la realizzazione di sei impianti di produzione di energia elettrica da fonte eolica di cui quattro ricadenti nel territorio della provincia di Foggia;

   in particolare, per l'impianto di produzione denominato «Cerignola Nord», il placet del Ministero supera e ignora i pareri e/o contributi istruttori non favorevoli trasmessi dagli enti con competenza in materia ambientale coinvolti, tra i quali la regione Puglia – sezione tutela e valorizzazione del paesaggio – il Comitato regionale per la V.i.a., l'Arpa Puglia – Dap Foggia;

   le ragioni del «no» sono state ampiamente rappresentate nei pareri istruttori, l'impianto nel suo complesso determinerebbe un effetto di decisiva artificializzazione del paesaggio circostante e dei beni sia culturali che paesaggistici in esso contenuti, a causa della presenza di più impianti nel medesimo contesto territoriale;

   difatti, i territori dei comuni di Stornara, Stornarella, Orta Nova, Manfredonia e Foggia sono già fortemente interessati dalla presenza di parchi eolici in esercizio, autorizzati, o in valutazione e la realizzazione di nuovi aerogeneratori indurrebbe un'alterazione significativa di una terra a carattere prevalentemente rurale e con un alto indice di significatività archeologica;

   al quadro profilato vanno a sommarsi le ripercussioni ambientali negative derivanti dalla realizzazione di analoghi impianti in zone limitrofe ai confini regionali pugliesi;

   è quanto sta accadendo in località Sant'Angelo del comune di San Bartolomeo in Galdo (BN), dove il 28 novembre 2021 le autorità e le comunità locali, le associazioni e i rappresentanti istituzionali dei territori di riferimento hanno organizzato una manifestazione di protesta per opporsi alla realizzazione di un parco eolico, autorizzato dalla regione Campania, su di un'area limitrofa all'ambito paesaggistico «Monti Dauni», in spregio ai giudizi negativi di compatibilità ambientale espressi dagli enti e dalle amministrazioni interessate, tutti concordi nel ritenere l'impianto eolico, così come progettato, causa di violazione di norme poste a tutela di siti naturalistici, beni paesaggistici e vincoli ambientali;

   non è volontà dell'interrogante mettere in discussione, né tantomeno osteggiare, l'interesse pubblico all'incremento di produzione di energia da fonte rinnovabile; tuttavia, l'integrità e la singolarità dei territori devono essere sempre preservate e mai sacrificate per meri interessi economici –:

   se i Ministri interrogati, alla luce di quanto rappresentato in premessa, non intendano, per quanto di competenza, riferire le motivazioni e le argomentazioni tecniche per le quali è stata autorizzata la realizzazione di ben quattro nuovi impianti eolici nei comuni della provincia di Foggia, nonostante i pareri non favorevoli espressi da altre amministrazioni ed enti locali interessati.
(3-02754)

Interrogazione a risposta scritta:


   AMITRANO. — Al Ministro della transizione ecologica, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come noto, i mercati energetici sono interessati da mesi da dinamiche rialziste delle quotazioni delle materie prime, incluso il gas, e dei permessi di emissione di CO2 che stanno determinando per i consumatori finali aumenti di prezzo del tutto inusuali sia del gas naturale, sia dell'energia elettrica;

   la produzione industriale italiana è stimata in forte caduta; dai dati elaborati dal Centro studi di Confindustria (CsC) è emerso che a gennaio la produzione è a -1,3 per cento, dopo -0,7 per cento a dicembre; la contrazione è dovuta al caro-energia (elettricità +450 per cento a gennaio 2022 rispetto a gennaio 2021) e al rincaro delle altre commodity che comprimono i margini delle imprese e, in diversi casi, stanno rendendo non più conveniente produrre;

   l'affievolirsi della fiducia delle imprese manifatturiere, in particolare il calo delle attese produttive, riflette principalmente l'acuirsi degli ostacoli alla produzione che, nel quarto trimestre, hanno penalizzato enormemente l'attività economica e il perdurante incremento dei prezzi delle commodity ha contribuito ad erodere i margini delle imprese, indebolendo l'attività industriale a causa della persistenza di interruzioni sulle catene di approvvigionamento;

   la dinamica della produzione industriale riflette le tensioni parzialmente emerse anche per i partner europei, considerato che la produzione tedesca a novembre è scesa di -0,1 per cento, quella francese -0,2 per cento a dicembre; inoltre l'Eurozone Recovery Tracker segnala, per la componente produttiva, una diminuzione pari a 2,8 per cento nelle prime due settimane di gennaio rispetto alle due precedenti, cui si aggiunge anche l'accresciuta incertezza di politica economica;

   negli ultimi anni, e in particolar modo nell'ultimo periodo, l'impatto prolungato dell'aumento dei prezzi dell'energia elettrica e del gas ha creato una situazione del tutto nuova in Europa; il trend di aumenti pesa in modo eccessivo sul bilancio delle famiglie, in particolare quelle economicamente disagiate e incide altresì negativamente sulla fase di ripresa economica delle imprese e non solo;

   attualmente il rincaro dei costi energetici è insostenibile anche per numerosi comuni italiani che rischiano la sostenibilità dei bilanci, col timore di dover tagliare molti servizi essenziali per i cittadini;

   dai dati emersi dal CsC risulta che il settore industriale sta vivendo uno dei suoi momenti più difficili e sono molte le concause che ne determinano l'affossamento se si considera che, oltre alla crisi causata dall'emergenza pandemica, risulta altresì sempre più presente l'incidenza legata all'aumento dell'energia e alla carenza degli approvvigionamenti tecnologici; ciò comporta la necessità e urgenza di elaborare un piano di sostegno alle imprese che rischiano di fermare la produzione o perfino di fallire, poiché i costi delle bollette sono ancora a livelli molto elevati; tali costi rappresentano una variabile importante dei costi di produzione –:

   se e quali iniziative il Governo intenda adottare sia sul fronte europeo, per l'individuazione di un insieme di azioni di medio-lungo termine da avviare in modo congiunto con gli altri Paesi dell'Unione, sia a livello nazionale, al fine di contrastare e contenere il costo delle bollette di energia e gas che attualmente, unitamente alla grave crisi pandemica, rappresenta un'ulteriore emergenza economica e sociale che incide maggiormente sia sul netto calo della produzione delle imprese italiane sia sui nuclei familiari meno abbienti.
(4-11323)

TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SANI e NARDI. — Al Ministro del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il turismo rappresenta una risorsa fondamentale dell'economia nazionale e il suo sviluppo ha un impatto rilevante sui settori di attività economica dei comparti manifatturiero e dei servizi;

   il potere attrattivo e la capacità di accoglienza dell'Italia, di cui è nota la straordinaria ricchezza in termini di aree costiere e montane e di città d'arte, sono testimoniate dai dati del settore pre-Covid: nel complesso degli esercizi ricettivi si registrano infatti nel 2019 circa 436,7 milioni di presenze (fra residenti e non residenti sul territorio italiano) con un incremento di 7,9 milioni rispetto al 2018 (1,8 per cento) e circa 131,3 milioni di arrivi che aumentano di circa 3,2 milioni rispetto al 2018 (2,6 per cento);

   i recenti rincari di gas ed energia elettrica stanno creando gravi difficoltà alle imprese, quantificabili con aumenti in bolletta del 18,6 per cento per la filiera del turismo;

   l'articolo 1 del decreto-legge n. 152 del 2021 attribuisce alle imprese del settore turistico, ricettivo e fieristico-congressuale un credito di imposta e un contributo a fondo perduto a fronte di specifiche spese sostenute per interventi in materia edilizia e per la digitalizzazione d'impresa; tale credito d'imposta spetta fino all'80 per cento delle spese sostenute;

   il medesimo articolo dispone che, entro il 7 dicembre 2021 (trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame), il Ministero del turismo pubblichi un avviso contenente le modalità applicative per l'erogazione degli incentivi;

   il 23 dicembre 2021 è stato pubblicato l'avviso pubblico del Ministero del turismo recante le modalità applicative per l'erogazione di contributi e crediti d'imposta a favore delle imprese turistiche ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 152 del 2021;

   nell'allegato del suddetto avviso pubblico relativo alle «Spese ammissibili» sono stati esclusi, per quanto riguarda gli interventi di incremento dell'efficienza energetica, gli impianti «fotovoltaici»;

   tale scelta appare oggettivamente incomprensibile sia perché sono stati ricompresi nell'allegato sopracitato gli impianti solari termici, sia perché gli impianti fotovoltaici erano già precedentemente inseriti in altre forme di incentivazione: per la riqualificazione delle strutture ricettive come il «bonus alberghi» e il «tax credit» e nel superbonus per l'efficientamento energetico degli edifici;

   questa scelta risulta ulteriormente controproducente in relazione ai costi crescenti di gas ed energia mentre sarebbe opportuno promuovere l'autosufficienza energetica delle strutture ricettive –:

   se non ritenga urgente e necessario, in relazione a quanto espresso in premessa, inserire tra le spese ammissibili del citato avviso pubblico del Ministero del turismo anche gli impianti «fotovoltaici».
(5-07508)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Toccalini e altri n. 7-00786, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 febbraio 2022, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Panizzut.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Patelli n. 4-11314, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2022, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Belotti, Colmellere, De Angelis, Mariani, Racchella, Toccalini, Zicchieri, Maturi, Molinari, Maccanti, Benvenuto, Pettazzi, Gastaldi, Liuni, Boldi, Giglio Vigna, Tiramani, Caffaratto, Gusmeroli, Giaccone, Tombolato, Giacometti.