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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 669 di giovedì 31 marzo 2022

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

GIORGIO SILLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Baldelli, Barelli, Berlinghieri, Bitonci, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Cavandoli, Cirielli, Colucci, Comaroli, Corda, Davide Crippa, D'Inca', De Maria, Del Barba, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Gebhard, Giachetti, Giacomoni, Invernizzi, Invidia, Liuni, Lollobrigida, Losacco, Lupi, Magi, Marin, Molinari, Mule', Mura, Nesci, Paita, Parolo, Pastorino, Perantoni, Ribolla, Rixi, Rizzo, Romaniello, Andrea Romano, Sasso, Scagliusi, Schullian, Tateo, Traversi, Zanettin, Zoffili e Zucconi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 131, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,39).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10.

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Bruno Bossio e Magi; Ferraresi ed altri; Delmastro Delle Vedove ed altri; Paolini ed altri: Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, al decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e alla legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia (A.C. 1951​-3106​-3184​-3315-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 1951-3106-3184-3315-A: Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, al decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e alla legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia.

(Esame dell'articolo 1 - Testo unificato - A.C. 1951-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Avverto che la Commissione ha presentato la nuova formulazione dell'emendamento 1.702 (Vedi l'allegato A), in riferimento al quale risulta alla Presidenza che tutti i gruppi abbiano rinunciato alla fissazione del termine per la presentazione dei subemendamenti.

A tale proposta emendativa è altresì riferito il subemendamento Varchi 0.1.702.1, presentato alla versione originaria dell'emendamento della Commissione, ma riferibile anche alla nuova formulazione.

Avverto che, fuori della seduta, l'emendamento Bruno Bossio 2.105 è stato ritirato dalla presentatrice.

Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative riferite all'articolo 1, la deputata Vincenza Bruno Bossio. Ne ha facoltà.

Colleghi, per favore, abbiamo iniziato, vi chiedo un po' di silenzio per rispetto ai colleghi che parlano!

VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, sottosegretaria, intervengo per dire che mi dissocio completamente da questo testo unificato, che, fin dal primo momento, non ha mai compreso la mia proposta di legge. Evidentemente questa proposta, nonostante sia stata presentata prima delle sentenze della Corte, è troppo in linea - come ha detto lo stesso presidente dell'ANM, Santalucia - con il mandato della Corte. In particolare, il testo a mia prima firma fa riferimento sia alla relazione finale della Commissione Palazzo del 2013, sia ai lavori degli Stati generali dell'esecuzione penale coordinati da Glauco Giostra, che potevano essere - lo dico soprattutto al mio gruppo - il semplice punto di partenza per fare davvero la riforma auspicata dalla Corte.

Con l'ordinanza n. 97 del 2021, la Corte ha ribadito un orientamento da tempo consolidato, secondo cui la pena dell'ergastolo è legittima nella misura in cui la persona che è condannata possa accedere ai benefici e anche alla liberazione condizionale, altrimenti altro non è che una pena di morte mascherata, un fine pena mai. Di conseguenza, come ha detto anche la CEDU, il cosiddetto ergastolo ostativo, cioè l'ergastolo che non ammette l'accesso né ai benefici, né alla liberazione condizionale in ragione di una preclusione assoluta e non relativa, è per la Corte costituzionalmente illegittimo.

Mi si dice: la Corte costituzionale non ha voluto dichiarare immediatamente questa illegittimità e si è riconvocata il 10 maggio, lasciando modo al Parlamento di ricercare il punto di equilibrio, anche se - ricordiamo il monito - il compito della Corte sarà comunque quello di verificare ex post la conformità alla Costituzione.

Purtroppo, il testo approvato in Commissione e l'ulteriore emendamento approvato stamattina nel Comitato dei nove non vanno nella direzione della sentenza della Corte, né nei principi ispiratori, né nella pratica.

Di contro, il testo in discussione trova specifico fondamento nelle relazioni ai testi delle proposte Ferraresi del MoVimento 5 Stelle e Paolini della Lega. Ferraresi dice nella sua relazione: le decisioni della Corte costituzionale rappresentano un colpo mortale all'ergastolo ostativo. Un colpo mortale - dice Ferraresi - al quale la mia proposta di legge mira a porre rimedio. Quindi mira a porre rimedio alla sentenza della Corte. Paolini, invece, afferma che allentare le maglie del 4-bis, per come la Corte indica, significa perdere una delle poche efficaci armi che lo Stato ha contro le organizzazioni criminali.

Nelle audizioni abbiamo potuto ascoltare tanti esperti che hanno spiegato che si stava andando nella direzione sbagliata, ma in questa Commissione giustizia, tranne poche lodevoli eccezioni, si sono ispirati, invece, a quei PM che hanno chiesto di non arretrare di un centimetro rispetto alla norma vigente, se non si vuole offrire alla mafia un trampolino di lancio, affermando, nemmeno troppo velatamente, che è la stessa Corte ad offrire questo trampolino. E quindi, sostanzialmente, hanno immaginato che bisognasse bloccare il lavoro della Corte e determinare un testo ancora peggiore di quello vigente.

Ma la cosa più grave che ho scoperto, fra ieri sera e stamattina, è che si è usato il lavoro parallelo della Commissione antimafia su questo tema dell'ergastolo ostativo, quella Commissione antimafia - e mi rivolgo a Forza Italia e a tutti quelli che hanno posto il problema - presieduta da un personaggio che vi ricordate cosa ha detto sulla compianta Jole Santelli (Applausi di deputati Forza Italia-Berlusconi Presidente)? E questo è ancora lì, Presidente, e fa un lavoro parallelo per spiegare ancora meglio come bisogna modificare questo testo in maniera peggiore.

Dunque, con questo nuovo testo, l'idea è che lo Stato sia un avversario armato, esattamente l'opposto di quello che è lo Stato di diritto. Ma lo Stato ha il dovere di rispondere al delitto con il diritto, non aggiungendo altro delitto. Dunque - e finisco - nel dibattito in Commissione c'è stato un appiattimento pregiudiziale che, ripeto, ha prodotto un testo in alcuni passaggi più negativo di quello vigente. Per questo - e concludo - ho deciso di non partecipare a questo scempio costituzionale che il legislatore, come ha detto qualche mio collega, ahimè, in maniera maggioritaria ha deciso di compiere, e non parteciperò a nessun voto di questa seduta (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Varchi. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Intervengo sul complesso degli emendamenti per chiarire, qualora ve ne fosse ancora bisogno, la posizione di Fratelli d'Italia su questo argomento così spinoso. Noi abbiamo avuto, fin dall'inizio, una posizione chiara e incontrovertibile: per noi di fronte alla mafia non si arretra di un millimetro, anzi, si va avanti nella lotta alla mafia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Perché lo ribadisco? Perché la Corte costituzionale, volendo probabilmente anche recepire alcune pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo, si è spinta fino a un centimetro prima della declaratoria di incostituzionalità dell'ergastolo ostativo. Ma cos'è l'ergastolo ostativo? L'ergastolo ostativo è un istituto giuridico che nasce e che viene rafforzato - e, quindi, assume quelle peculiarità per cui noi oggi lo conosciamo come ergastolo ostativo - con quella normativa d'emergenza che segue le stragi di mafia del 1992, di cui quest'anno ricorrerà il trentennale.

Allora, lo Stato ha reagito a quella incredibile azione da parte della criminalità organizzata rafforzando le misure di contrasto. L'ergastolo ostativo ha una grande efficacia anche sotto il profilo della repressione e questo lo dimostra il fatto che tutti i tentativi della mafia, al di là della cristallizzazione di una verità giudiziaria sulla trattativa, sono andati sempre nella direzione di volere un miglioramento delle condizioni carcerarie, considerando misure come l'ergastolo ostativo e il carcere duro fortemente penalizzanti.

Ecco, allora, rispetto a questo, secondo me, dobbiamo interrogarci. La Corte costituzionale molto opportunamente peraltro, non potendo ella stessa legiferare, ha ritenuto di riaggiornare la propria attività al 10 maggio prossimo; allora, il legislatore, secondo me correttamente, aveva e ha la responsabilità di intervenire su questo specifico punto. Fratelli d'Italia lo ha fatto con ben due proposte di legge, una a prima firma del collega Delmastro Delle Vedove e una a prima firma della presidente Meloni, interamente condivise da tutto il gruppo parlamentare di Fratelli d'Italia, (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) per la modifica, non solo, di questa norma nel perimetro tracciato dalla Corte costituzionale - e, quindi, non accettiamo ovviamente lezioni sulla nostra capacità di fare proposte legislative che siano costituzionalmente orientate - ma anche con riferimento all'articolo 27 della Costituzione, convinti come siamo che la Carta fondamentale del nostro ordinamento non sia immutabile, ma vada adeguata anche a determinate circostanze di tempo e di modi.

Quindi, non è un mistero la nostra posizione; la chiarisco e lo faccio ora, intervenendo sul complesso degli emendamenti, per fugare ogni dubbio: quando questa sera tornerò a Palermo, atterrerò proprio in un aeroporto che è dedicato a Falcone e Borsellino (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) e, allora, devo poter tornare a casa a testa alta, con la consapevolezza che nulla oggi sarà fatto per fare un passo nella direzione auspicata da orribili criminali, ma al contrario tutti insieme coralmente oggi dimostreremo che di fronte alla mafia lo Stato non arretra (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Se nessun altro chiede d'intervenire, invito il relatore e la rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 1.

MARIO PERANTONI, Relatore. Grazie, Presidente. Emendamento 1.3 Delmastro Delle Vedove: invito al ritiro o, diversamente, parere contrario. Emendamento 1.210 Magi, invito al ritiro o parere contrario, in difetto. Emendamento 1.4 Delmastro Delle Vedove, sempre invito al ritiro o parere contrario. Emendamento 1.700 della Commissione: parere favorevole. Emendamenti 1.38 Varchi, 1.48 Maschio, 1.42 Varchi, 1.45 Maschio: invito al ritiro o parere contrario. Sull'emendamento 1.300 della Commissione il parere è favorevole.

Emendamento 1.200 Varchi: invito al ritiro o parere contrario. Identici emendamenti 1.66 Ferri e 1.205 Bruno Bossio, invito al ritiro o parere contrario. Emendamento 1.201 Vitiello: invito al ritiro o parere contrario. Emendamento 1.301 della Commissione: parere favorevole. Subemendamento 0.1.702.1 Varchi: invito al ritiro o parere contrario. Emendamento 1.702 della Commissione (Nuova formulazione): parere favorevole. Emendamenti 1.202 e 1.6 Delmastro Delle Vedove: invito al ritiro o parere contrario. Identici emendamenti 1.11 Colletti e 1.39 Varchi: invito al ritiro o parere contrario. Emendamento 1.8 Delmastro Delle Vedove: invito al ritiro o parere contrario. Emendamento 1.302 della Commissione: parere favorevole.

PRESIDENTE. Il Governo?

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Sull'emendamento 1.3 Delmastro Delle Vedove c'è un invito al ritiro o parere contrario.

Ha chiesto di parlare il deputato Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Intervengo per tentare titanicamente di convincere quest'Aula a una voto diverso rispetto a quello stancamente espresso da parte del relatore - “contrario” - rispetto a un emendamento che è volto a migliorare un testo che noi riteniamo timido, troppo timido, balbettante, claudicante, incapace di affrontare la criminalità organizzata con la durezza con cui deve essere affrontata, incapace di reagire a una Corte costituzionale che ha frantumato il concetto di ergastolo ostativo e incapace di reagirvi pur nella stessa cornice della Corte costituzionale, incapace di lanciare un segnale chiaro ed inequivocabile alla mafia e ai mafiosi; un segnale che è: esci dal carcere dopo che ti ho cambiato il sangue, se no rimani in carcere! Perché noi li facciamo uscire solo dopo che gli abbiamo cambiato il sangue, questa è la nostra idea, per lanciare loro un messaggio con la medesima grammatica con cui loro parlano. Allora, mi pare incredibile, soprattutto da parte del relatore del cosiddetto MoVimento 5 Stelle, che sia inaccettabile un emendamento dove noi poniamo uno sterminio di indici della persistenza del fenomeno criminale da parte dell'istante che chiede di poter uscire dal carcere. Cosa c'è di male nell'indicazione di verificare - prima di accettare la richiesta di retrocessione dall'ergastolo ostativo o di un permesso premio da parte di un mafioso - se il sodalizio criminale perdura? Qual è l'errore in questa richiesta? Perché noi diciamo che il giudice dovrà verificare se il sodalizio perdura, diciamo che il giudice, prima di accettare l'istanza del detenuto internato per mafia, dovrà verificare il profilo criminale, ma che male c'è? E mi rivolgo in particolar modo ai paladini della lotta alla criminalità: che male c'è nel richiedere che venga verificato il profilo del criminale prima di farlo uscire dal carcere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)?

Ancora, chiediamo - e voglio sapere che male ci sia – che al mafioso, prima di farlo uscire dal carcere, gli si faccia un esame per verificare la capacità, eventualmente manifestata nel corso della detenzione, di mantenere rapporti con la criminalità organizzata. Cioè, se tu hai mantenuto rapporti anche all'interno del carcere con la criminalità organizzata, tradotto - così lo capite anche voi -, se tu continuavi a dare i “pizzini”, non esci dal carcere (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)! Che male c'è? Ancora, abbiamo chiesto di verificare, da parte del giudice, l'eventuale sopravvenienza di nuove incriminazioni o significative infrazioni disciplinari. Si può affermare che, se sei un mafioso e in costanza di detenzione e sopravvengono nuove incriminazioni oppure ti macchi di significative infrazioni disciplinari in carcere, sarà più duro uscire dal carcere? O è troppo?

Ancora, abbiamo chiesto di verificare le disponibilità economiche del mafioso all'interno dell'istituto, perché, se tu hai vissuto come un nababbo, come nei peggiori film o telefilm, un problema c'è! Ancora, abbiamo chiesto di verificare le condizioni patrimoniali dell'istante e della famiglia rispetto al reddito prodotto. Cioè, diciamo che ci sono indici sintomatici del fatto che, nonostante uno si possa o meno dissociare formalmente dalla criminalità organizzata, quello rimane un criminale. Eppure, il MoVimento 5 Stelle, in particolar modo, respinge questo emendamento volto a migliorare questo testo, volto a fronteggiare, a testa alta, la criminalità organizzata, volto a dire ai mafiosi con questo provvedimento bandiera “voi uscite dal carcere non se formalmente vi dissociate; voi uscite dal carcere dopo che noi vi abbiamo cambiato il sangue”, perché per Fratelli d'Italia un mafioso rimane in carcere fino a quando rimane tale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.3 Delmastro Delle Vedove, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Passiamo all'emendamento 1.210 Magi.

Ha chiesto di parlare il deputato Magi. Ne ha facoltà.

RICCARDO MAGI (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Ci rivolgiamo, per il suo tramite, a tutti i colleghi che dovessero ritenere che l'obiettivo di questo emendamento sia estraneo al provvedimento in esame. In realtà, colleghi, l'oggetto di questo provvedimento non è tanto l'ergastolo in quanto tale, quanto il regime ostativo e i suoi profili di costituzionalità o, meglio, di incostituzionalità. Colleghi, non c'è un'occasione più adeguata di questa per porre rimedio a una gravissima stortura che è stata introdotta nel nostro ordinamento nel 2019, quando sono stati equiparati i reati contro la pubblica amministrazione ai reati di mafia e di terrorismo, proprio con riguardo al regime ostativo, cioè all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario. Una abnormità che, non chi parla e i colleghi che hanno sottoscritto l'emendamento ritengono incostituzionale, ma i maggiori giuristi del nostro Paese, perché attraverso quella equiparazione si determinano profili di incostituzionalità, di irragionevolezza, di non proporzionalità, di non uguaglianza, di violazione del principio della risocializzazione e del principio rieducativo della pena. Quella norma, peraltro, ha già creato gravi danni allo Stato, sia umani che finanziari, perché, a seguito delle pronunce della Cassazione e della Corte costituzionale, il nostro Stato, in questo momento, sta pagando per le ingiuste detenzioni, per l'applicazione retroattiva che è stata fatta di quella norma, perché, all'epoca, non abbiamo ascoltato il collega Costache è tra i firmatari di questo emendamento, il quale aveva proposto che ci fosse almeno una norma transitoria che impedisse la retroattività. Ora, colleghi, io mi rivolgo e ci rivolgiamo, per il suo tramite, ai colleghi di Forza Italia, che, all'epoca, presentarono una bella pregiudiziale di incostituzionalità, firmata da coloro che più autorevolmente si occupano di giustizia, in cui si citava proprio l'inserimento abnorme dei reati contro l'amministrazione. Mi rivolgo ai colleghi del Partito Democratico, che votarono contro e che definirono lo “Spazzacorrotti” “Spazzadiritto”, i colleghi di Forza Italia uscirono dall'Aula. Mi rivolgo ai colleghi della Lega, che votarono quel provvedimento, ma se ne sono pentiti, promuovendo, poi, dei referendum per la giustizia giusta. Mi appello – e concludo, Presidente - a tutti quei colleghi che ritengono che l'efficacia della giustizia non si costruisca con norme dettate da motivazioni emotive o, peggio, propagandistiche. Abbiamo una grande occasione oggi di fare un passo di civiltà giuridica (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani e Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Io ho pochi minuti, quindi devo essere essenziale. Con il consenso del presentatore, vorrei sottoscrivere l'emendamento e ringraziarlo per aver ricordato a me stessa, ma anche al gruppo di Forza Italia, tutto quello che il collega ha ben rappresentato.

Presidente, la norma “Spazzacorrotti” - a me non piaceva a chiamarla “Spazzacorrotti”, ma “Anticorruzione” -, per alcuni versi, è stata veramente un disastro. Aver attenuato, affievolito, emarginato, il doppio binario, come ha ben detto il collega Magi, e aver inserito il peculato, la concussione e la corruzione, che sono, sostanzialmente, reati che vengono attribuiti agli amministratori locali - quindi, condotte monosoggettive - all'interno dei reati ostativi, paragonandoli ed assimilandoli, quindi, ai reati per mafia, è un assurdo giuridico, prima che un assurdo etico, morale. Quindi, invito tutti non solo a sottoscrivere l'emendamento, ma a sostenerlo, e a Forza Italia a ricordarsi di quello che fu (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente. Sottoscrivo anch'io l'emendamento, anche perché il collega Magi ha ricordato - io ero nel gruppo di Forza Italia - la posizione che, con grande precisione e in modo dettagliato, insieme, se posso permettermi, ai colleghi Sarro, Sisto, allora anche Costa, sostenemmo fortemente in Aula, sia sulla pregiudiziale di costituzionalità sia su altre norme e su altre questioni che riguardavano la cosiddetta Spazzacorrotti, che erano assolutamente irragionevoli. Il criterio dell'assimilazione di questi reati contro la Pubblica amministrazione ai reati di mafia non solo è illogico sul piano giuridico, ma non esiste nel contesto di un ragionamento giuridico; è una forzatura priva di ogni significato tecnico, che ha il solo scopo di indicare, individuare i soggetti, in particolare, gli amministratori pubblici, che immediatamente devono essere messi nelle patrie galere e non uscire anche sulla base di un semplice sospetto o di un'indagine in corso.

È una parificazione orribile, inaccettabile che nessun giurista, ma direi qualsiasi persona di buonsenso o che abbia vissuto la vita amministrativa della pubblica amministrazione può accettare. Questa norma è stata da tutti - da tutti - considerata abnorme, ingiustificata, irragionevole. È chiaramente una scelta politica. Si dice che il diritto e la politica dialogano nel momento della produzione normativa; certo, ma proprio questa opzione politica è fuori dal contesto di un diritto che sia capace di stabilire i perimetri e i limiti della disciplina di legge, cosa che non è stato in grado di fare il Governo di allora. Poi si dice che gli amici della Lega si siano pentiti: lo dimostrino oggi, in Aula, di fronte a questa schifezza che porta soprattutto a considerare mafiose persone sottoposte a un'indagine per reati contro la pubblica amministrazione. Vengono considerati allo stesso modo, anche con l'onta, spesso superata e non più ricordata, di essere esclusi dal consesso pubblico, per poi non essere più recuperati dopo anni. Vi è una marea di casi al riguardo e questa norma è stata contestata anche dai magistrati. Mi rivolgo anche a molti amici e colleghi della sinistra e del PD, che sono anche stati amministratori di città, sindaci, presidenti di regione: ragionate su questo tipo di norma. Infatti, allora, il PD si oppose insieme a Forza Italia e ad una parte del centrodestra. È il momento di sanare questa stortura, questa schifezza giuridica, questa abnormità inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vitiello. Ne ha facoltà.

CATELLO VITIELLO (IV). Grazie, Presidente. Intervengo brevemente per sottoscrivere, a nome del gruppo di Italia Viva, l'emendamento del collega Magi. Ne condividiamo l'impostazione; riteniamo che, dal 2012, Presidente, invece di avere una normativa di chiusura, ci sia stata una normativa di apertura alla caccia alle streghe, che ha portato in questa legislatura ad una sperequazione fortissima e a una grave lesione dell'uguaglianza sostanziale.

Non si può ritenere che i reati della PA siano equiparabili ai reati di mafia (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva) e in questo momento abbiamo l'occasione per ridurre questa distorsione del sistema con questo emendamento. Noi lo voteremo convintamente (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Conte. Ne ha facoltà.

FEDERICO CONTE (LEU). Presidente, prendo la parola perché questo emendamento dell'onorevole Magi ripropone all'Aula la discussione su una scelta legislativa che ha diviso questo Parlamento e che io stesso e il mio gruppo non abbiamo condiviso: l'equiparazione dei reati contro la pubblica amministrazione ai reati di criminalità organizzata, terroristica ed eversiva. Era il tempo del Governo gialloverde.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 10,35)

FEDERICO CONTE (LEU). Dal punto di vista culturale e giuridico, quindi, pone un tema autentico e vero; lo fa, però, nel corso di un procedimento legislativo il cui binario è stato tracciato da un'ordinanza della Corte costituzionale del 2021, la n. 97, che chiama questo Parlamento, con uno schema che abbiamo già svolto a proposito del fine vita, a normare nell'ambito di un perimetro già indicato, che riguarda il rapporto tra i reati cosiddetti ostativi e l'accesso ai benefici penitenziari.

Nell'ambito del perimetro dato, con una discussione all'interno della maggioranza, quella attuale, che contiene sia la maggioranza che volle lo “Spazzacorrotti”, sia la parte del Parlamento che non lo volle, abbiamo dato seguito a questa sollecitazione nel modo tecnicamente e legislativamente praticabile, cioè estrapolando, come si vedrà poi quando voteremo il prossimo emendamento, l'1.700 della Commissione, i reati contro la pubblica amministrazione dal comma, dalla norma che li agglutinava insieme a quelli di criminalità eversiva, terroristica o di tipo mafioso, distinguendo, quindi, queste due categorie di reati, dando un segno chiaro dal punto di vista culturale e, per quello che è possibile in questa sede legislativa, di una differenziazione tra queste due categorie.

Il fatto stesso che questo intervento sia oggetto di un emendamento significa, per l'esperienza che tutti noi abbiamo, che esso è stato il frutto di un dibattito particolarmente importante, soggiungo, vivace, all'interno della Commissione, e rappresenta significativamente un'inversione di tendenza dal punto di vista legislativo rispetto a quel primo indirizzo di equiparazione dei reati contro la pubblica amministrazione ai reati più gravi.

Era questo il senso del mio intervento, Presidente, spiegare che al prossimo emendamento si troverà riscontro a quello che invece, per come formulato dall'onorevole Magi, sarebbe un intervento distonico rispetto al focus legislativo a cui siamo chiamati e che viene superato dal punto di vista dell'esposizione normativa, perché quelle norme, che egli vuole sopprimere, non vi saranno più in quel comma dal successivo emendamento della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Potenti. Ne ha facoltà.

MANFREDI POTENTI (LEGA). La ringrazio, Presidente. Qui mi sembra si stia dimenticando che il testo di cui oggi abbiamo anche il grande onore di poter discutere è frutto di un'azione di lavoro e di compromesso tra forze politiche con sensibilità diverse. Si vuole incidere con una proposta simile a quella di cui stiamo discutendo, quando sappiamo benissimo che è il compromesso di un testo che è molto migliorativo e che consente di agganciare in questo senso alla legge n. 3 del 2019, la “Spazzacorrotti”, la possibilità di una collaborazione anche per quei soggetti rei di avere commesso fatti contro la pubblica amministrazione. Peraltro - e lo dice un leghista -, quando abbiamo audito il Commissario europeo per la giustizia Reynders, mi pare ci abbia ricordato che in questo Paese, e anche in tanti altri della comunità, esiste un problema collegato ai reati contro la pubblica amministrazione che questo Parlamento ha il dovere comunque di reprimere nelle sue proposte normative. E, qualora si dovesse accettare la proposta che qui oggi esaminiamo, salterebbe anche un accordo che c'è fra la maggioranza dei partiti di questo Parlamento e mi riferisco in particolare a un partito che, tanto è inutile nasconderselo, è quello che attualmente in Parlamento ha maggiori numeri. Per quanto riguarda il fatto che il testo debba essere di parte, chiaramente noi avevamo auspicato che, nella storia di questa legislatura, potessimo fare un testo di parte, magari anche con gli amici che storicamente rappresentano un settore dell'emiciclo, ma responsabilmente la Lega fa la scelta di condividere la soluzione di un problema che la Corte costituzionale ci ha posto con un timing altrettanto preciso. Lo facciamo scegliendo in linea, perché qualcuno recrimina che la Lega abbia votato questa norma al tempo del Ministro Bonafede e lo abbia fatto con delle colpe. Ma noi siamo coerenti, e qui lo dimostriamo, perché, se il problema in questo Paese sussiste, seppur rappresentando una gran parte degli amministratori, forse tanti di loro sono onesti e non hanno paura evidentemente di sottoporsi a un giudizio, qualora qualcuno di questi faccia il discolo, noi peraltro facciamo anche qualcosa di più.

Ci affidiamo nuovamente a quella magistratura che da buona parte delle sensibilità della Lega viene ovviamente anche responsabilizzata ad assumere condotte maggiormente responsabili, soprattutto quando si parla di attività inquirenti e soprattutto quando lo si fa dentro il CSM. Ebbene, non prendiamo certamente spunto da questi comportamenti ma, anzi, chiediamo che, nel rapporto tra il cittadino eletto e la pubblica amministrazione, vi sia una condotta perlomeno disciplinata, onesta e responsabile rispetto ai voti che quel soggetto che riveste quell'incarico ha preso dai cittadini, che appunto lo hanno votato, o da coloro i quali - i partiti - lo hanno nominato in quel ruolo.

Ebbene, concludo. Visto che questo è un lavoro di concertazione, il mio partito non può che adeguarsi a una linea coerente rispetto al fondato motivo per cui siamo qui stamani, cioè quello di scegliere nel rispetto del dettato costituzionale, che, ahimè, non piace poi troppo, ma è una scelta normativa suprema, superiore a quello che noi qui possiamo disciplinare. Ebbene, noi su questo emendamento non ci sentiamo, ovviamente, di esprimere un parere favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Zanettin. Ne ha facoltà.

PIERANTONIO ZANETTIN (FI). Grazie, Presidente, per la parola. Questo emendamento è molto delicato, perché tocca un tema, quello della parificazione dei reati contro la pubblica amministrazione ai reati per mafia e terrorismo per quanto riguarda l'accesso ai benefici penitenziari, che evidentemente è un dato che noi oggettivamente non possiamo condividere.

A suo tempo, quando questa normativa venne varata, io stesso sono intervenuto in quest'Aula con toni perentori e accesi e ho contrastato questa deriva, che evidentemente non può essere accettata da un partito come Forza Italia, da sempre è collegato al territorio e in cui militano tanti amministratori locali che sono incappati, anche involontariamente e per sviste, in reati contro la pubblica amministrazione; reati che certamente non hanno uno stigma sociale e uno stigma giuridico come quello che, evidentemente, riguarda i reati di mafia e di terrorismo. La parificazione è un fuor d'opera che è inaccettabile.

Va detto, peraltro, che in questo testo si parla d'altro e il testo è frutto di una mediazione faticosamente raggiunta che noi non vogliamo mettere in discussione, ma il tema merita una riflessione. Certamente Forza Italia, nel prosieguo - ma l'ha sempre fatto e l'abbiamo fatto in tante occasioni - ritornerà sul punto. D'altra parte, Forza Italia fa parte di una coalizione di Governo e, quindi, non potrà esprimere una dichiarazione di voto in contrasto con il parere del Governo; però, il tema è importante ed è un tema che ci è caro. Quindi, Presidente, a nome del gruppo di Forza Italia, lascio libertà di voto su questo tema (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Miceli. Ne ha facoltà.

CARMELO MICELI (PD). Grazie, Presidente. L'onorevole Magi non ricorda male. L'onorevole Magi ricorda bene quando dice che il Partito Democratico ebbe a contestare l'introduzione nell'articolo 4-bis dei reati contro la pubblica amministrazione. Però, l'onorevole Magi dovrebbe ricordare il merito e il metodo di quella contestazione, perché il Partito Democratico allora ebbe a contestare intanto il metodo di quell'inserimento, cioè l'uso di un emendamento con il quale si introduceva, all'interno di una norma, a nostro avviso, riferibile per materia ad altro contesto, tutta una serie di circostanze che andavano ad aggravare e a determinare anche potenziali questioni di incostituzionalità che effettivamente poi sono state declarate e che sono intervenute nel tempo. Poi, vi era anche una questione di merito, perché contestavamo l'eccessiva forzatura, nella predisposizione normativa, di un'equiparazione tra reati di tipo mafioso, eversivo e terroristico e reati contro la pubblica amministrazione.

Noi non rinneghiamo quelle contestazioni e non abbiamo neanche oggi cambiato opinione, se è vero come è vero che - come ha detto poco poc'anzi il collega Conte, prima di me - l'emendamento 1.700 è uno di quegli emendamenti che pone, a nostro avviso, rimedio a quelle forzature.

Lo fa, intanto, con riferimento al contesto dell'articolo 4-bis, rispetto al quale mi spiace che gli interventi che mi hanno preceduto non abbiano tenuto in considerazione quanto è accaduto nel corso dei lavori di questa Commissione e il prodotto normativo che oggi offriamo all'Aula. Il prodotto normativo che oggi offriamo all'Aula riporta un articolo 4-bis totalmente diverso da quello precedente, un articolo 4-bis nel quale finalmente si opera una differenziazione per fascia dei reati e, in forza di questa differenziazione, è oggettivamente impossibile definire analogo il trattamento per i reati di cui alla fascia 1, quindi i reati di criminalità organizzata di stampo mafioso, eversivo e terroristico, e i reati di fascia 2, di cui al comma 1-bis.1.

Si dirà che, però, il problema permane rispetto alla questione della mancata sospensione dell'ordine di esecuzione di una pena spiccato in danno di quei soggetti indagati per reati contro la pubblica amministrazione che, proprio per effetto dell'espresso richiamo nell'articolo 656, comma 9, lettera a), dei reati di cui all'articolo 4-bis, come per i mafiosi non vedono sospesa la pena. Quello è un vulnus che permane e lo riconosciamo, ma è un vulnus che non può essere sanato con quello stesso metodo che nello “Spazzacorrotti” ha consentito di inserire la norma sulla prescrizione con una forzatura che noi ancora oggi riconosciamo tale.

Noi allora contestammo, rispetto all'ordine di esecuzione della pena, la potenziale esistenza di questioni di incostituzionalità, che sono state dichiarate. Sono state dichiarate rispetto ai reati commessi dai minorenni e sono state dichiarate rispetto al reato di furto con strappo; e ancora oggi riteniamo che sia da ridiscutere l'ordine di sospensione della pena per quella tipologia di reati, ma auspico che lo si faccia con metodo e nel contesto corretto. E il contesto corretto è quello di un'analisi e revisione potenziale dell'articolo 656 del codice di procedura penale.

Ammettere oggi di smontare una normativa, quella dell'articolo 4-bis, che è totalmente mutata e che è molto più costituzionalmente orientata, perché elimina in nuce quelle questioni di pregiudizialità assoluta relative agli automatismi che abbiamo superato - che abbiamo superato! - sarebbe, a nostro avviso, un errore gravissimo. Ritengo, invece, che, ove dovesse esserci il contesto normativamente corretto, da parte del Partito Democratico c'è e ci sarà la disponibilità a rivalutare anche la possibilità di modificare l'ordine di sospensione della pena.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA (MISTO-A-+E-RI). Devo dire che le acrobazie dell'onorevole Miceli lasciano stupefatti. Il Partito Democratico si era schierato fermissimamente contro la norma introdotta dal Governo gialloverde, che introduceva i reati contro la pubblica amministrazione nel binario della mafia e del terrorismo. Si era schierato fortissimamente, al punto d'aver votato l'emendamento soppressivo che avevo presentato.

Io capisco che le convenienze vengano davanti alle convinzioni, ma non si può stravolgere la realtà. Qui noi abbiamo una difesa del Governo gialloverde né più né meno, del populismo, dei forcaioli che hanno voluto introdurre nell'articolo 4-bis i reati contro la pubblica amministrazione, cioè il meccanismo che ha portato la Corte costituzionale a dire “no” alla norma transitoria e che porta la Cassazione oggi a pagare delle ingiuste detenzioni.

Allora, questo è un voto importante e dovrebbe essere fatto a scrutinio segreto e non a scrutinio palese, in cui ciascuno vota secondo la casacca del suo partito. Dovrebbe essere fatto secondo la propria coscienza e secondo la propria convinzione personale. Guardate, abbiamo un'occasione, e lo dico soprattutto ai deputati del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani)

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Costa. Gli interventi sono esauriti e dovremmo passare alla votazione (Commenti). Colleghi, non c'è problema; non avevo visto il collega Delmastro Delle Vedove. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Semplicemente per chiedere, come gruppo di Fratelli d'Italia, il voto segreto su questo emendamento ai sensi dell'articolo 49 del Regolamento, poiché incide sui principi di libertà indicati dallo stesso articolo 49 citato, richiamando gli articoli costituzionali.

PRESIDENTE. Il voto segreto è ammissibile e, quindi, procederemo a votazione con scrutinio segreto. Non ci sono altri interventi: passiamo ai voti.

Avverto che la prossima votazione avrà luogo a scrutinio segreto.

Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.210 Magi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Collega Alessandro Pagano, non se la prenda con la tessera, di solito non ha colpe.

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 2) (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Passiamo all'emendamento 1.4 Delmastro Delle Vedove.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie Presidente. Con questo emendamento Fratelli d'Italia nuovamente tenta di aiutare questo provvedimento ad assumere una maggiore robustezza e una maggiore rotondità nell'affrontare la criminalità organizzata. Noi tentiamo anche di indicare una serie di indici sintomatici del persistere della pericolosità sociale dell'internato o del detenuto che chiede i benefici, ma soprattutto indichiamo una serie di indici che i giudici stessi possono assumere per negare i benefici o per la retrocessione dell'ergastolo ostativo. Perché lo facciamo? Perché riteniamo che quegli indici, esemplificativi ma non esaustivi, aiutino gli stessi magistrati a fronteggiare la mafia, sapendo che il legislatore si è assunto delle responsabilità, non lasciando completamente alla discrezionalità del giudice la scelta. Noi vogliamo che il legislatore si assuma questa responsabilità e riteniamo che il legislatore abbia il diritto e il dovere di dire che, se persiste il sodalizio criminale a cui aveva aderito il mafioso, poi internato e detenuto, evidentemente il giudice dovrà essere più penetrante nella valutazione, prima di concedere i benefici. Noi diciamo che, in virtù del profilo criminale assunto all'interno della organizzazione criminale, bisognerà essere più duri nella valutazione della concessione dei benefici. Noi diciamo che, qualora il criminale o il mafioso in carcere abbia grandi disponibilità economiche, evidentemente questo è un indice di qualche cosa e, necessariamente, bisognerà essere più duri nella valutazione prima di concedere i benefici.

Noi diciamo che, se il mafioso e la famiglia del mafioso hanno enormi disponibilità patrimoniali, non giustificate dal reddito della famiglia, evidentemente quella situazione patrimoniale deve essere valutata come indice del permanere della pericolosità sociale. Noi diciamo che il giudice deve valutare se il mafioso internato ha continuato a mantenere rapporti con il sodalizio criminale, prima di farlo uscire dal carcere. Questa scelta la deve fare il legislatore, non scaricarla sul giudice! Anche perché non crediamo che, in termini di mafia, sia normale immaginare una sorta di giurisprudenza a geografia variabile a seconda delle sensibilità: è il legislatore che deve assumersi questa responsabilità e noi di Fratelli d'Italia, contro la mafia, ce la assumiamo. Tutti questi indici sono necessari, perché, come ha detto recentemente un magistrato antimafia audito in Commissione antimafia, Cosa Nostra - e termino - e le altre organizzazioni mafiose sono organizzazioni basate sulla falsità, sulla rappresentazione teatrale delle situazioni che si verificano e sull'assunzione di ruoli apparenti di comune perbenismo. A queste associazioni basate sulla falsità voi dite che, se il mafioso si pente e dichiara la propria contrizione e il proprio pentimento, può uscire dal carcere. Per noi mai, se non collabora o se non abbiamo la certezza che non è più aderente alle organizzazioni criminali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

PRESIDENTE. Non ci sono altre richieste di intervento.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.4 Delmastro Delle Vedove, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Passiamo all'emendamento 1.700 della Commissione.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Presidente, anticipo che mi asterrò su questo emendamento, ma vorrei spiegarne il motivo. Capisco che per taluno sia semplice giustificare il mancato voto favorevole sull'emendamento Magi, considerando che la Corte costituzionale non avrebbe dato mandato di agire; il che non è, perché la Corte giudica su una questione che le viene sottoposta, ma le sentenze andrebbero lette tutte e, nella parte motiva, la Corte afferma che l'articolo 4-bis è ormai un contenitore inutile, un fritto misto che va oltre la sensibilità attuale. Quindi, avevamo potere di farlo. Non condivido nemmeno le argomentazioni tecniche che qualcuno ha svolto, per cui il problema sarebbe della fase esecutiva. Questa è prettamente una scelta di politica giudiziaria e per me, come legislatore, la scelta di politica giudiziaria vuole che certi reati non siano assimilati a reati di contesto mafioso. Quindi, Presidente, pur apprezzando lo sforzo compiuto dal Comitato dei nove nell'aver introdotto con questo emendamento un diverso regime probatorio, ma che per me non è sufficiente, perché quei reati lì rimangono, mi trovo costretta all'astensione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.700 della Commissione, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.38 Varchi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Passiamo all'emendamento 1.48 Maschio. Non essendoci richieste di intervento, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.48 Maschio, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.42 Varchi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.45 Maschio, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.300 della Commissione, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.200 Varchi, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Passiamo agli identici emendamenti 1.66 Ferri e 1.205 Bruno Bossio. Ha chiesto di parlare l'onorevole Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (IV). Grazie, Presidente. Chiedo di intervenire per spiegare questo nostro emendamento, con il quale chiediamo di ripristinare la collaborazione impossibile, inesigibile o irrilevante che viene, invece, esclusa dalla riscrittura integrale del comma 1-bis dell'articolo 4-bis. A legislazione vigente, ci sono regole più o meno rigorose a seconda delle ragioni per cui un detenuto internato non collabora con la giustizia e, cioè, le regole sono più rigorose per chi sceglie di non collaborare, pur potendolo fare, e meno rigide, invece, nel caso di collaborazione impossibile, perché, per esempio, i fatti criminosi sono stati tutti integralmente accertati, o inesigibile e irrilevante nel caso, per esempio, della limitata partecipazione a tali fatti criminosi. Bisogna anche tener conto che i detenuti o internati possono non collaborare per la paura reale di ritorsioni nei confronti dei loro familiari. Va detto che la collaborazione impossibile, inesigibile e irrilevante è frutto di due pronunce della Corte costituzionale, successivamente recepite nella legislazione attuale, nell'ordinamento penitenziario, e che la Corte costituzionale si è pronunciata di recente con la sentenza n. 20 del 2022, con la quale ha ribadito che è corretto e legittimo distinguere tra la posizione di chi oggettivamente può collaborare, ma soggettivamente non vuole, da quella di chi soggettivamente vuole collaborare, ma non lo può fare oggettivamente. In quest'ultimo caso, ad oggi, quando, cioè, la collaborazione non può essere comunque prestata, può essere verificata la sola mancanza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata. In sostanza, ci sono disposizioni di minor rigore, oggi, rispetto alla posizione del detenuto la cui mancata collaborazione non sia a lui imputabile oggettivamente. Con il testo che oggi si va ad approvare, si vuole eliminare la collaborazione impossibile, assimilarla alle situazioni di chi, invece, può collaborare, ma sceglie di non collaborare. La conseguenza è un non necessario e ingiustificato aggravamento delle condizioni del condannato internato che non può collaborare in alcun modo. Il testo, su questo punto, propone una riscrittura peggiorativa della legislazione attuale.

Con il nostro emendamento, chiediamo di ripristinare l'istituto della collaborazione impossibile. Prendiamo atto del parere contrario anche del Governo su questa innovazione particolarmente rilevante, che però è abbastanza inspiegabile e che noi, certamente, non condividiamo e non abbiamo mai condiviso. Mettiamo, quindi, al voto il nostro emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Grazie, Presidente. Con il consenso della presentatrice, vorrei sottoscrivere questo emendamento. Non è possibile, alla luce dell'articolo 3 della Costituzione, trattare situazioni diseguali nello stesso modo. Noi stiamo dando a chi non collabora per scelta - il capomafia - lo stesso trattamento di chi non collabora per un fatto ex se, cioè esterno. Avere unificato queste due condizioni tradisce anche lo spirito della riforma del 1992 che fu effettuata dopo le stragi di Falcone e Borsellino. Non ci sarà più nessuno più che collabori e che dica al magistrato che vuole collaborare, se il trattamento sarà uguale. Per questi motivi, Presidente, io chiedo di sottoscriverlo e voterò a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Miceli. Ne ha facoltà.

CARMELO MICELI (PD). Grazie, Presidente. In realtà, la questione che viene oggi posta in Aula pensavamo che già fosse stata affrontata serenamente in Commissione e che, sul punto, ci si fosse intesi, almeno sulle questioni reali che permangono.

Mi permetto di contestare, alla radice, le osservazioni che sono state formulate da entrambe le colleghe che mi hanno preceduto. Innanzitutto, non è assolutamente vero che viene messa in discussione l'impostazione delle norme di emergenza del 1992, se è vero, come è vero, che confermiamo l'impianto della norma al comma 1, in cui prevediamo, intanto, l'assoluta necessità di una collaborazione e, attraverso l'elaborazione dei commi 1-bis e 1-bis.1, prevediamo, comunque, la possibilità di accesso ai benefici, anche nelle ipotesi di mancata collaborazione, però a determinate condizioni che sono prerogativa della potestà legislativa. Questa è la prima circostanza di merito. Quanto alla seconda circostanza di merito, in quest'Aula si dice che il legislatore, approvando questo testo, non terrebbe più in considerazione le osservazioni e quei principi che sono stati richiamati dalla Corte costituzionale e che hanno portato alla pronuncia di incostituzionalità del previgente articolo 4-bis. Invero, non è così, non è così, né nella forma redazionale, né nel merito. Parto dal merito per arrivare alla forma. Quanto al merito, noi abbiamo scelto un'impostazione, proprio in ossequio all'ordinanza n. 97 del 2021, che supera la necessità assoluta della collaborazione o, meglio, supera quella preclusione assoluta che deriva dalla mancanza di una collaborazione, e rimette al giudice di sorveglianza o tribunale di sorveglianza la necessità di andare a verificare tutte le condizioni di specie che possano, comunque, consentire al detenuto o internato di accedere ai benefici.

Si era posto effettivamente il problema del mancato riferimento alla collaborazione impossibile o inesigibile e, in tal senso, la Commissione ha deciso, dopo un secondo giro di audizioni, di operare in un duplice modo. Da un lato, si è superata la questione redazionale e di forma, attraverso l'introduzione della locuzione delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, e, in queste ragioni, rientrano perfettamente le ragioni della mancata collaborazione per impossibilità della stessa o inutilità della stessa, quelle cui fa espresso riferimento la Corte costituzionale. Ma c'è di più. Residuava un ulteriore, possibile e potenziale problema che era quello dell'applicazione della norma rispetto a quei casi di istanze già depositate per reati eventualmente commessi prima dell'entrata in vigore della norma di specie. Proprio per evitare anche questo potenziale problema, la Commissione, in corso di Comitato dei nove, si è fatta carico di introdurre una norma transitoria e finale che ponga un argine a questo potenziale rischio, lo superi e consenta l'ultrattività della norma precedente, proprio perché riconosce la natura sostanziale del trattamento sanzionatorio per le ipotesi di quelle istanze già presentate che abbiano vantaggio, quindi per quelle istanze rispetto alle quali l'applicazione della normativa precedente traduca in un favor rei. Invece, si riconosce la necessità di applicare anche alle istanze precedenti la normativa nuova per l'ipotesi in cui quest'ultima costituisca un motivo di elargizione o, meglio, un motivo di favore per l'istante.

Quindi, le circostanze osservate in questa sede sono assolutamente destituite di ogni fondamento in fatto e in diritto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Frate. Ne ha facoltà.

FLORA FRATE (IV). Presidente, intervengo per sottoscrivere questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vitiello. Ne ha facoltà.

CATELLO VITIELLO (IV). Grazie, Presidente. Non avrei voluto, ma devo intervenire: nel momento in cui ci accingiamo a modificare una norma così delicata e passiamo da presunzioni e assolutismi ad un relativismo che dà discrezionalità al giudice, se noi eliminiamo dal paradigma la possibilità di individuare l'inutilità della collaborazione, significa non permettere - perché la legge non lo prevede - ad un giudice di individuare il tema preciso. Non ha senso la norma transitoria, Presidente, perché, se individuiamo una norma transitoria, è perché stiamo dicendo che questa norma è peggiorativa (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarro. Ne ha facoltà.

CARLO SARRO (FI). Grazie, Presidente. Con il consenso dei colleghi Ferri a Annibali, chiedo di sottoscrivere questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (CI). Grazie, Presidente. Sottoscrivo anch'io questi emendamenti. Nel campo del diritto tutte le opinioni e le interpretazioni possono trovare - diceva una volta un maestro del diritto - albergo, ma non bisogna sbagliare albergo o andare nelle pensioni ad una stella o senza stelle. Vi sono quindi opinioni che hanno dignità giuridica e opinioni espresse tanto per parlare, ossia quelle da pensioni a una stella. Attenzione, quando si parla di questi temi, a leggere, studiare, conoscere e non dire scemenze! Affermare che nulla cambia e che comunque la situazione rimane invariata non è corretto!

La distinzione tra il non collaborante per scelta ed il non collaborante perché la sua collaborazione è ininfluente o inesigibile e che si trova in una situazione oggettiva di impossibilità, che non può essere rilevante - pensate al medico che opera il mafioso - attiene a situazioni diverse e la normativa antimafia, nella sua origine, aveva un altro profilo e indirizzo, proprio per questa ragione. Operare ora queste distinzioni e inserire un onere probatorio ulteriore è un'altra, scusate se lo dico, stupidaggine. Per favore! Risparmiateci motivazioni giuridiche tecniche! Non è così: altrimenti, se tornate all'università, vi bocciano un'altra volta. Fate i parlamentari, ma non fate i professori di diritto, perché non è cosa vostra! Per favore, evitate discorsi senza senso, evitateli! Come si fa a dire che è la stessa cosa? Ve l'ho spiegato in due parole. A volte il diritto è semplice: basta leggerlo e interpretarlo in modo letterale. Non arzigogolate e soprattutto fate quello per cui siete nati! State - non mi rivolgo ai colleghi - nella pensione a una stella, non andate negli alberghi a cinque stelle per l'interpretazione del diritto! Non è roba vostra! Non andate a raccontare fesserie alla gente che ci ascolta! Questa è la situazione, mi dispiace dire queste cose, non avrei voluto, ma mi sembra di essere tornato al primo Governo, qualche anno fa. Però, ad un certo punto, basta! E' stato spiegato, è stato detto il motivo della distinzione. C'è questa distinzione: prendiamone atto, è una scelta politica! Benissimo, ma non l'ammantate di sostanza giuridica! È una scelta politica che si può benissimo condividere o non condividere. Non c'è alcun problema, se scegliete questa opzione, dato che il diritto dialoga con la politica per la produzione normativa, la scegliete. Punto. Però non vi avventurate in motivazioni giuridiche!

Poi, fuori da queste Aule, se volete, facciamo un bel convegno e un bel seminario, invitiamo tutti i grandi professori, però sempre ci saranno pensioni a una stella e alberghi a cinque stelle, non c'è niente da fare, perché uno non vale uno. Purtroppo, funziona così nel mondo reale, non qui dentro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bagnasco. Ne ha facoltà.

ROBERTO BAGNASCO (FI). Sottoscrivo gli identici emendamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferraresi. Ne ha facoltà.

VITTORIO FERRARESI (M5S). Grazie, Presidente. Volevo affermare in modo molto sincero che su questo istituto, la collaborazione impossibile o inesigibile, non ci sono posizioni politiche o ideologiche.

PRESIDENTE. Colleghi, non litigate o mettetevi la mascherina per litigare! Prego onorevole Ferraresi.

VITTORIO FERRARESI (M5S). Nell'affrontare questa norma, voglio ribadire che non ci sono state posizioni ideologiche o politiche, ma semplicemente sono state fatte tre valutazioni. La prima è che ovviamente le norme e l'ordinamento negli anni sono cambiati: quando si riteneva che fosse imprescindibile la collaborazione impossibile o inesigibile - e giustamente la Corte costituzionale ce l'ha ricordato negli anni -, era un momento in cui ovviamente la situazione dell'ordinamento era differente perché ovviamente c'era una presunzione assoluta.

PRESIDENTE. Onorevole D'Ettore, la mascherina! Poi pensi quello che ritiene.

VITTORIO FERRARESI (M5S). Non si potevano concedere i benefici penitenziari a chi appunto, senza collaborazione con la giustizia, era detenuto per uno di quei reati di cui al comma 4-bis. Ora, la situazione normativa è cambiata ovviamente, perché, dopo le pronunce della Corte costituzionale, questa presunzione assoluta è venuta meno, per cui in astratto possono essere concessi i benefici anche senza la collaborazione con la giustizia. Preso atto di questa situazione, andare a creare un articolo doppione della norma che noi abbiamo posto in essere, con determinati paletti per accedere ai benefici, ci sembrava senz'altro una cosa che andava ad aggravare, visto che si spiega sempre che le norme dovrebbero essere chiare, trasparenti e facilmente applicabili.

Allora, abbiamo pensato - e questo è stato anche l'intendimento del Ministero della Giustizia che ha fornito una specifica indicazione nella norma - non di eliminare la collaborazione impossibile o inesigibile, ma di trasferirla nella valutazione che il nostro comma 1-bis ha fatto, tramite la valutazione appunto degli elementi sulla mancata collaborazione. Quindi, la valutazione sulla collaborazione impossibile o inesigibile non è venuta meno, perché è all'interno di questa norma; semplicemente crediamo che gli altri presupposti debbano essere integrati. Quindi, la valutazione sulla mancata collaborazione, sulla collaborazione impossibile o inesigibile deve essere espressa ma, dall'altro lato, il soggetto dovrà dimostrare ovviamente che non ci sono i collegamenti con la criminalità organizzata o con il terrorismo, che non ci sono elementi di pericolosità sociale e, soprattutto, di adempiere alle obbligazioni civili, quindi al risarcimento delle vittime, in modo che sia dimostrato questo distacco dal contesto criminale o dalle associazioni criminali di stampo mafioso. Questo è stato fatto: si mantiene la valutazione del giudice sulla collaborazione, ma, dall'altra parte, si richiede a chi ha intrapreso questo percorso la prova che non vi siano collegamenti con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Questo, tra l'altro, era un requisito che era già presente nel vecchio comma 1-bis, quindi semplicemente abbiamo aggiornato i parametri del vecchio comma 1-bis, mantenuto questa valutazione e fatto anche una cosa importante, richiesta tra l'altro da diverse voci, ossia una norma transitoria - come ha ricordato bene il collega Miceli - per la quale ai reati commessi in precedenza non si applica la nuova legge, ma si applica ai reati commessi successivamente all'approvazione della stessa. Quindi, a livello tecnico, con questo inserimento - ripeto - fornito dal Ministero della Giustizia, la valutazione sulla collaborazione impossibile o inesigibile è mantenuta, tuttavia i presupposti per accedere ai benefici - che sono appunto il distacco dal contesto criminale, dalle associazioni criminali di stampo mafioso e il pericolo di ripristino degli stessi, nonché il risarcimento del danno alle vittime - devono esserci e non potrebbe non essere così, perché ovviamente anche prima era prevista una prova che in ogni caso il collaboratore impossibile o inesigibile doveva dare.

Quindi, a fronte di questo cambio, da parte della Corte costituzionale, di questa nuova norma che noi andiamo ad integrare, senz'altro la collaborazione impossibile e inesigibile è valutata.

Senz'altro dovranno essere integrati dei paletti, che già nell'1-bis in parte erano mantenuti, e, quindi, con la transitoria, tra l'altro, facciamo anche un lavoro corretto dal punto di vista procedimentale e andiamo a integrare una norma che riesce a mantenere un equilibrio ordinamentale e costituzionale, e riesce a dare valore a questa differenziazione tra la mancata collaborazione e la mancata collaborazione per l'impossibilità o l'inesigibilità della stessa. Però andiamo a mantenere i presupposti fondamentali per far vedere che il distacco dalle associazioni criminali è assolutamente dimostrato e, quindi, può essere richiesto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

FEDERICO CONTE (LEU). Grazie, Presidente. Intervengo perché avverto l'esigenza di una semplificazione del dibattito su questo punto, che, secondo me, si è strutturato in maniera troppo tecnica e qualificata. Collaborazione impossibile e inesigibile: qual è il tema? È possibile che un soggetto appartenente alla criminalità organizzata non sia in grado di dare un particolare contributo all'accertamento dei fatti, perché magari, in quell'associazione a cui apparteneva, aveva un ruolo marginale, o perché su quei fatti non ha grandi notizie o grandi informazioni da dare, perché è già stato accertato il fatto attraverso altre fonti di prova, per questo si dice irrilevante, perché non aggiunge niente, e, quindi, impossibile. Penalizzare questa categoria di soggetti è apparso ingiusto alla Corte costituzionale.

D'altra parte, sarebbe stato ingiusto anche penalizzare soggetti che non hanno potuto fare la scelta della collaborazione, perché questa espone loro stessi, la loro famiglia o i propri cari a rischi che valutano superiori rispetto al proprio interesse a collaborare sotto il profilo giudiziario. Per questa categoria, da me così sommariamente riassunta, di situazioni, che evidentemente non possono non essere tenute in conto, la norma che abbiamo messo a punto - e anche questo è venuto da un lavoro della Commissione - dice che i giudici devono tenere conto, e leggo testualmente, Presidente, delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa (anche se non approda evidentemente alla collaborazione in senso formale), e di ogni altra informazione disponibile. Mi pare sia una formulazione così ampia, che mette in grado i giudici del tribunale di sorveglianza di valutare le ragioni della collaborazione impossibile o inesigibile.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.66 Ferri e 1.205 Bruno Bossio, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Passiamo all'emendamento 1.201 Vitiello.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Vitiello. Ne ha facoltà.

CATELLO VITIELLO (IV). Grazie, Presidente. Nelle certezze di un penalista ci sono, da un lato, i diritti fondamentali dell'individuo, dall'altro, la pena, la sua certezza. E il momento di cerniera, Presidente, è la rieducazione. In questo provvedimento, se c'è una presunzione, l'unica che emerge, mi passerete la battuta, è che la persona in trent'anni non cambierà mai. Si è aggravato l'onere di provare il cambiamento di una persona in trent'anni, addirittura aggiungendo un passaggio che la giurisprudenza riteneva soltanto eventuale, entrando negli interna corporis del procedimento specifico, cioè la valutazione patrimoniale del soggetto, dopo trent'anni in galera, e dei suoi familiari che, dopo trent'anni evidentemente hanno di che dimostrare rispetto alla contiguità con il detenuto. E, allora, io ho semplicemente chiesto questo, Presidente: che si posticipasse l'intervento investigativo, dal punto di vista patrimoniale, al momento delle prescrizioni successive al beneficio. Il beneficio non può essere collegato, in maniera così stretta, ad una verifica patrimoniale che non ci dice nulla di quello che è cambiato nella vita di una persona, eppure resta ferma la volontà, secondo me incostituzionale, di andare contro l'articolo 27, comma 3, della Costituzione, e questo ne è l'esempio (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Ho sentito l'intervento del collega Vitiello, che richiamava le certezze dei penalisti. Orbene, il collega Vitiello fa bene a richiamare le eventuali residue certezze di Italia Viva, ma non quelle dei penalisti, perché esistono penalisti - e Fratelli d'Italia ne è piena – che, quando sono in quest'Aula e affrontano il tema della criminalità organizzata, prima ancora di essere penalisti, sono uomini di Stato, che non vogliono arretrare nella lotta frontale contro la criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E, sì, ritengono che, se il mafioso e la famiglia del mafioso hanno una situazione patrimoniale assolutamente spropositata rispetto alla capacità reddituale, quello è indice del fatto che quei patrimoni non sono patrimoni legittimamente formati. E se hai un patrimonio legittimamente formato che continua a incrementarsi, al di là della tua reale, testimoniata e solare capacità reddituale, e sei un mafioso, per quanto ci riguarda è un indice del fatto che tu continui a trarre beneficio da attività criminali, e devi riuscire a dimostrare il contrario, non se sono passati trent'anni, ma anche se ne fossero passati quarantacinque, cinquanta, cinquantacinque, sessanta, perché noi non arretriamo di fronte alla criminalità organizzata, né riteniamo sia corretto fare gargarismi garantistici di fronte alla criminalità organizzata! Il patrimonio assolutamente non agganciato alla propria capacità reddituale è indice sintomatico del fatto che l'internato, il detenuto mafioso, l'istante, ha ancora qualche cosa di opaco, e se quel qualche cosa di opaco è legato all'attività criminale organizzata, il mafioso, per quanto riguarda Fratelli d'Italia, deve rimanere in carcere.

Italia Viva dice: però poi lo recuperiamo, perché faremo fare le indagini criminali, le indagini patrimoniali, in una fase successiva, dopo che lo abbiamo liberato. Beh, se tu ritieni che il fatto patrimoniale sia completamente sganciato dall'attività criminale, non si capisce perché l'indagine la posterghi, non devi farla. Se la posterghi, ritieni che, evidentemente, è sintomatica. Se è sintomatica, per Fratelli d'Italia, il criminale, il mafioso, l'internato o il detenuto mafioso istante rimane in galera, perché, in Italia, il criminale mafioso che ha fronteggiato, ha contrastato e ha sfidato lo Stato, e che continua a detenere patrimoni straordinariamente sganciati dalla sua capacità reddituale, per Fratelli d'Italia, non esce dal carcere a godersi quei patrimoni, perché qualcuno in quest'Aula deve fare gargarismi garantistici, che, nei confronti della criminalità organizzata, non appartengono certo alla cultura della destra italiana. Per cui, siamo assolutamente contrari a questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Delmastro, mi permetto di dire che neanche garantismi garantistici appartengono al vocabolario italiano però…. Grazie, non ci sono altri interventi. Onorevole …

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Scusi, però, Presidente, giacché lei si lancia…

PRESIDENTE. Chi le ha dato la parola? Me lo chiedo (Commenti del deputato Delmastro Delle Vedove). Onorevole, l'ho richiamata… l'ho richiamata (Commenti del deputato Delmastro Delle Vedove)… e allora va a fine seduta (Proteste del deputato Delmastro Delle Vedove)!

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.201 Vitiello, con il parer contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Intervengo per fatto personale. Lei si è…

PRESIDENTE. Per richiamo al Regolamento. Perché la parola per fatto personale gliela devo dare a fine seduta…

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Per richiamo al Regolamento, articolo 8 e seguenti.

PRESIDENTE. Va bene.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Lei si è avventurato in un campo che non le è proprio, censurando malamente e inopportunamente un mio intervento e dicendo, sostenendo e sfidando il ridicolo, che non esiste il termine “gargarismo garantistico”; orbene, “gargarismo” sta nel vocabolario italiano, “garantistico” è un aggettivo. Avrei potuto dire “borborigmo garantistico”, ma so che lei ignora quel termine, allora mi sono tenuto più basso e ho detto “gargarismo”. Quello lei lo dovrebbe capire. Avrei potuto usare “borborigmo” e lei non l'avrebbe capito, perché ignora (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva)

PRESIDENTE. Onorevole Delmastro Delle Vedove, non esageri… non esageri!

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Lei ignora…“Ignorante” in termini lessicali vuol dire che lei ignora (Commenti)

PRESIDENTE. Onorevole Delmastro Delle Vedove, non esageri; tenga la mascherina e non esageri.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). E ha dato una dimostrazione di ignoranza, prima. Quindi, non si avventuri mai più con il sottoscritto a censurare le parole che uso in italiano corretto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia - Commenti).

PRESIDENTE. Benissimo, va bene. Colleghi, colleghi, non ho bisogno… grazie a tutti. Il mio interesse è andare avanti nella seduta ed evitare che ci siano eccessi da parte dei colleghi.

Passiamo all'emendamento 1.301 della Commissione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.301 della Commissione…

No, revoco l'indizione della votazione.

Ha chiesto di parlare il collega Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA (MISTO-A-+E-RI). Presidente, questo emendamento della Commissione è riferito ad un termine per effettuare gli accertamenti. Ora, devo dire che nei rapporti con i tribunali e con la pubblica amministrazione, se si tratta di fare accertamenti su elementi che sono già in possesso dell'amministrazione, non vedo ragioni per una dilatazione dei tempi.

Qui il testo approvato dalla Commissione prevede un termine di 30 giorni, estensibile ad altri 30 giorni, per fornire degli elementi. Oggi, noi vogliamo portarlo a 60 giorni, allungandolo di ulteriori 30 giorni, se ho capito bene. Ma, scusate, qui si tratta di dare una valutazione reddituale e di chiedere al carcere una valutazione comportamentale. Mi chiedo perché si debba raddoppiare questo termine; chi l'ha chiesto e quali sono gli elementi che portano a questo? Lo dico semplicemente per un'ordinata procedura.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.301 della Commissione, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.1.702.1, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Passiamo all'emendamento 1.702 (Nuova formulazione) della Commissione.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Grazie, Presidente. Anche in questo caso ritengo doveroso esprimere in un minuto il motivo per cui mi asterrò dalla votazione di questo emendamento. Presidente, la scelta tecnica non è discutibile: o l'una o l'altra, quindi consentire al detenuto ristretto in regime di 41-bis di fare domanda, e poi vedersela rigettata, o di non farla, è una scelta tecnica che trova una sua esplicitazione nell'emendamento, il quale non è criticabile dal punto di vista tecnico. Per me rimane una questione di indirizzo politico, di scelta politica.

Allora, con questa riformulazione, secondo me, non si garantisce il diritto all'accesso per il detenuto mafioso ristretto in regime di 41-bis al tribunale di sorveglianza al fine di rivalutare l'attualità del collegamento. Quindi, la premessa è che credo nessuno di noi voglia mettere in dubbio che vi sia qualcuno che intenda fare uscire il mafioso dal regime del 41-bis, se non collabora o se non ha spezzato il legame. Ma, per me e, credo, per la Corte costituzionale, anche questa tipologia di detenuti deve poter accedere a un tribunale per avere un pronunciamento sull'attualità della permanenza del collegamento con la criminalità organizzata, che, evidentemente, è collegato al momento in cui gli viene applicato il provvedimento del 41-bis. Quindi, rimane la mancanza di un'attualizzazione.

Con questo emendamento, Presidente, cosa fanno i colleghi? Dicono: sì, tu l'istanza la puoi presentare al tribunale di sorveglianza, ma lo sa che farà il tribunale di sorveglianza o io che farei? Che una volta avuta l'istanza da parte del detenuto, che non ha ottenuto la revoca da parte del Ministero sul 41-bis, dichiaro improcedibile o inammissibile l'istanza. Quindi, è una fictio iuris.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (IV). Grazie, Presidente. Vorrei annunciare il voto di astensione di Italia Viva su questo emendamento, ma vorrei prima leggerlo. Questo emendamento dice che i benefici di cui al comma 1 possono essere concessi al detenuto o internato sottoposto a regime speciale di detenzione previsto dall'articolo 41-bis solamente dopo che il provvedimento applicativo dello speciale regime sia stato revocato o non prorogato. Questo emendamento, in sostanza, ribadisce quello che già è. E' in re ipsa: chi si trova sottoposto al 41-bis, di cui è accertata e permane la pericolosità, è chiaro che non possa accedere ai benefici. Quindi, è un emendamento che non sposta niente, non aggiunge niente, quindi, lo riteniamo sostanzialmente inutile, ma è chiaro che risponde invece a un'esigenza politica che è quella anche un po' di dire che, sì, noi legiferiamo su questo provvedimento, legiferiamo sulla scorta della Corte costituzionale, ma, in realtà, siamo preoccupati di dare il messaggio per cui detenuti possano uscire senza controllo.

Allora, qui non si tratta di essere contro il 41-bis; certamente, noi non lo siamo. Qui si tratta semplicemente di affrontare con serenità una richiesta giusta che ci viene dalla Corte costituzionale, ossia mettere insieme le esigenze di sicurezza e l'umanizzazione della detenzione. Quindi, ci asteniamo su questo emendamento, perché vogliamo sposare e sposiamo questa serenità nel legiferare. Lasciamo che siano gli altri a esprimere un'esigenza politica che non è la nostra e non lo è mai stata (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Non ci sono altre richieste di intervento, quindi, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.702 (Nuova formulazione) della Commissione, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

Passiamo all'emendamento 1.202 Delmastro Delle Vedove.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Con questo emendamento, Fratelli d'Italia, compreso ormai il cedimento strutturale nei confronti dell'ergastolo ostativo e del carcere duro da applicarsi ai mafiosi, tenta, quantomeno, di recuperare, nella fase terminale, la capacità di controllo dello Stato. Allora, diciamo che, per la denegata, non creduta, non sperata ipotesi che vengano concessi benefici a chi è mafioso e che, quindi, possa godere della retrocessione dell'ergastolo o dei benefici, il tribunale di sorveglianza possa applicare, con un perimetro più vasto possibile, prescrizioni ai danni del mafioso che impediscano o che scongiurino le ipotesi di ripristino dei collegamenti con la criminalità organizzata. E, testualmente, diciamo che il magistrato di sorveglianza potrà assumere tutte le prescrizioni ritenute più opportune per controllare e contrastare il mafioso che ha goduto dei benefici, fra le altre imponendo che il condannato non soggiorni in uno o più comuni o, viceversa, che soggiorni in un comune determinato e, ancora, che si adoperi in iniziative pubbliche di contrasto alla criminalità organizzata. Cosa vuole dire Fratelli d'Italia con questo emendamento? Giacché stiamo oggettivamente arretrando rispetto alla normativa speciale di contrasto alla criminalità organizzata, quantomeno, vogliamo conferire ai magistrati di sorveglianza un potere speciale nel controllo del mafioso che esce dal carcere e, quindi, tempestarlo di prescrizioni per scongiurare che ripristini i collegamenti con la criminalità organizzata? Che cosa c'è di male a dire “dato che vi stiamo regalando una libertà che non meritate”? Perché per Fratelli d'Italia la meritano solo ed esclusivamente se collaborano e il fenomeno mafioso è di una tale vischiosità per cui possiamo affermare, senza tema di smentita, che, se sei stato mafioso, hai sempre da offrire spunti investigativi, perché non hai fatto eccezionalmente e casualmente una rapina con altri correi, sei stato in un'organizzazione criminale di cui conoscevi molto o tutto, a seconda del profilo criminale! Ma va bene, abbiamo deciso, in ossequio a mal metabolizzati principi di rieducazione della pena, che questi si rieducano anche se non collaborano e, quindi, potranno uscire dal carcere. Vogliamo almeno dire che i magistrati possono avere un enorme e penetrante potere di controllo per il tramite delle prescrizioni date a coloro che escono? Vogliamo dire che il magistrato di sorveglianza potrà dire che non potrà soggiornare in un comune dove, magari, c'è ancora il suo sodalizio criminale, dove, magari, lui, avendo un altro profilo criminale, potrà immediatamente reintegrarsi? Possiamo dire che deve assumere iniziative pubbliche di contrasto alla criminalità organizzata? Possiamo dire che il magistrato possa stargli con il fiato sul collo per garantire legalità e sicurezza?

Questo è quello che chiede Fratelli d'Italia con questo emendamento e sarebbe particolarmente grave che anche questo emendamento venisse respinto da una maggioranza che su un tema così delicato, come quello della legislazione speciale antimafia, ha trovato un accordo e una mediazione al ribasso immodificabile perché, se solo togliamo un tassello, viene giù tutto e i forcaioli non riescono più a tenere la mano ai garantisti, gli uni negando la loro storia di contrasto alla criminalità, gli altri dimenticando anni di garantismo; si sono uniti in questo ibrido che sta facendo del male alle esigenze di sicurezza e di contrasto alla criminalità. Almeno diamo la possibilità ai magistrati di sorveglianza di stare con il fiato sul collo dei mafiosi (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Onorevole Donina, noi usiamo mettere la mascherina in Aula.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.202 Delmastro Delle Vedove, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.6 Delmastro Delle Vedove, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.11 Colletti e 1.39 Varchi, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.8 Delmastro Delle Vedove, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.302 della Commissione, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

(Esame dell'articolo 2 - Testo unificato - A.C. 1951-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore, deputato Mario Perantoni, ad esprimere il parere.

MARIO PERANTONI, Relatore. Sull'emendamento 2.300 della Commissione, parere favorevole.

PRESIDENTE. L'emendamento 2.105 Bruno Bossio è stato ritirato.

MARIO PERANTONI, Relatore. Sugli identici emendamenti 2.100 Annibali e 2.106 Bruno Bossio, invito al ritiro o parere contrario, come anche sull'emendamento 2.101 Bartolozzi, invito al ritiro o parere contrario.

PRESIDENTE. Il Governo?

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 2.300 della Commissione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.300 della Commissione, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 22).

Passiamo agli identici emendamenti 2.100 Annibali e 2.106 Bruno Bossio.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (IV). Grazie, Presidente. Chiedo di intervenire anche su questo emendamento per evidenziare che, con il testo oggi in esame, il termine per beneficiare della liberazione condizionale in caso di ergastolo viene portato a 30 anni rispetto agli attuali 26 anni.

Allora, a noi questo pare un innalzamento eccessivo, soprattutto rispetto alle indicazioni che ha reso più volte la CEDU, secondo cui il termine per consentire il riesame dello stato detentivo non dovrebbe superare i 25 anni. Siamo perfettamente consapevoli, prima che qualcuno ci faccia qualche lezione di diritto, che, in forza del divieto di retroattività, questo termine di 30 anni varrà soltanto per gli ergastoli comminati per i fatti commessi dopo l'entrata in vigore di questa legge. Siamo, allo stesso modo, consapevoli che quasi tutti gli ergastolani ostativi di cui parliamo attualmente hanno maturato il termine trentennale; quindi è evidente che si tratta di una norma che ha un alto sapore simbolico, che risponde a quell'esigenza politica di cui abbiamo parlato in precedenza. Quindi, forse è ancora peggio, perché qui siamo di fronte proprio al populismo più basso.

Detto questo e preso atto di questo, per noi sarebbe comunque più opportuno, se non ridurre a 25 anni, in linea con quello che ci chiedono le recenti sentenze della CEDU, quantomeno mantenere agli attuali 26 anni il termine per poter accedere alla liberazione condizionale. Quindi, anche su questo punto il testo che si va a votare rappresenta una scrittura peggiorativa, e per questo noi chiediamo di metterlo ai voti. Ci dispiace anche qui prendere atto del parere contrario del Governo, ma riteniamo che sia assolutamente non condivisibile (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 2.100 Annibali e 2.106 Bruno Bossio, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera respinge (Vedi votazione n. 23).

Passiamo all'emendamento 2.101 Bartolozzi.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Solo per dire che lo ritiro, perché la Commissione ha accolto l'opportunità di introdurre una normativa transitoria, perché altrimenti la norma sarebbe stata incostituzionale. Quindi, ha meglio riformulato il mio testo e solo per questo lo ritiro.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo 2.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 24).

Relatore, le chiedo se può dare il parere sull'articolo aggiuntivo 2.0700 della Commissione.

MARIO PERANTONI, Relatore. La Commissione ne raccomanda l'approvazione.

PRESIDENTE. Il Governo?

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.0700 della Commissione, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 25).

(Esame dell'articolo 3 - Testo unificato - A.C. 1951-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

MARIO PERANTONI, Relatore. La Commissione esprime parere favorevole sull'articolo aggiuntivo 3.0500, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.

PRESIDENTE. Il Governo?

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Parere conforme al relatore.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'articolo 3.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 3.0500, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 27).

(Esame dell'articolo 4 - Testo unificato - A.C. 1951-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 28).

(Esame degli ordini del giorno - Testo unificato - A.C. 1951-A​)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrarli… Il Governo chiede una sospensione. Quanto tempo richiede, sottosegretaria?

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Quindici minuti.

PRESIDENTE. Quindici minuti? Sono quattro ordini del giorno, facciamo dieci minuti? Va bene, dieci minuti. Quindi, riprenderemo i lavori alle ore 12,05.

Sospendo la seduta.

La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 12,10.

PRESIDENTE. Invito la rappresentante del Governo a esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Ordine del giorno n. 9/1951-A/1 Cancelleri, parere favorevole se sono espunti i capoversi secondo e terzo delle premesse.

PRESIDENTE. Quindi, parere favorevole, se riformulato.

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Ordine del giorno n. 9/1951-A/2 Ascari, favorevole se riformulato come segue: “impegna il Governo nell'adozione di successivi provvedimenti ad introdurre per la corrispondenza indirizzata ai detenuti in regime di 41-bis dai propri difensori misure atte a garantire e documentare l'avvenuta identificazione dei difensori medesimi quali mittenti”.

Ordine del giorno n. 9/1951-A/3 Ciaburro, favorevole se riformulato come segue: “valutare l'opportunità, compatibilmente con l'effettiva necessità operativa e con le esigenze di finanza pubblica, di integrare la struttura organizzativa della DIA anche istituendo specifiche sezioni sul territorio per il contrasto all'attività di organizzazioni di stampo mafioso non italiane”.

L'ordine del giorno n. 9/1951-A/4 Magi lo accantoniamo un secondo solo, Presidente.

PRESIDENTE. Lo accantoniamo dopo il parere sull'ordine del giorno n. 9/1951-A/5 Varchi.

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Ordine del giorno n. 9/1951-A/5 Varchi, parere contrario.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo sull'ordine del giorno n. 9/1951-A/4 Magi? Sottosegretaria, vuole sospendere per un minuto?

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Sì, solo un minuto, per leggerlo.

PRESIDENTE. Non c'è problema. Sospendo un minuto e diamo tempo alla sottosegretaria.

La seduta, sospesa alle 12,11, è ripresa alle 12,12.

PRESIDENTE. La seduta è ripresa. Signora sottosegretaria, qual è il parere del Governo sull'ordine del giorno n. 9/1951-A/4 Magi?

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. L'ordine del giorno n. 9/1951-A/4 Magi è accolto come raccomandazione e, in difetto, il parere è contrario.

PRESIDENTE. Ordine del giorno n. 9/1951-A/1 Cancelleri: è accolta la riformulazione? Onorevole Alemanno, va bene la riformulazione sull'ordine del giorno n. 9/1951-A/1 Cancelleri? Non vedo obiezioni, quindi, è accolta.

Ordine del giorno n. 9/1951-A/2 Ascari: anche qui non vedo obiezioni.

Ordine del giorno n. 9/1951-A/3 Ciaburro. Onorevole Foti, mi scusi, se mi può aiutare. Va bene, la ringrazio.

Ordine del giorno n. 9/1951-A/4 Magi, accolto come raccomandazione.

Ha chiesto di parlare il collega Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA (MISTO-A-+E-RI). Sottosegretaria, io capisco che la raccomandazione non si nega a nessuno, però questo è un tema serio, che abbiamo affrontato già in precedenza. Siamo anche disponibili a stralciare le parole: “nel primo provvedimento utile”, perché è ovvio che si può lasciare un maggiore tempo per affrontare questo tema, che è significativo. Però, chiedo che l'ordine del giorno sia accolto. Quindi, lasciando il tempo, però accogliere il contenuto, lasciato anche in modo generico, perché il dispositivo è formulato in modo generico e, ovviamente, non dà un vincolo al Governo. Io penso che si possa arrivare a una soluzione positiva.

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Si propone questa riformulazione all'ordine del giorno: “impegna il Governo a valutare l'opportunità di rivedere le fattispecie ricomprese nell'articolo 4-bis”.

PRESIDENTE. Onorevole Costa, solo per dirmi se accoglie la riformulazione o meno. È accolta.

Ordine del giorno n. 9/1951-A/5 Varchi, parere contrario.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Varchi. Ne ha facoltà.

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Questo ordine del giorno è il frutto di un lavoro che abbiamo svolto in Commissione. Però, l'invocata comunione di intenti su questo provvedimento sembra debba valere solo quando le proposte arrivano dalla maggioranza, e non anche quando arrivano dall'opposizione. Allora, non c'è una volontà di non fare politica sul provvedimento che riguarda il contrasto alla criminalità organizzata, come più volte si è “sbandierato” (tra tutti, anche da parte del relatore). Semplicemente c'è un pregiudizio nei confronti delle proposte che giungono dall'opposizione, anche quando - e i miei colleghi in Commissione giustizia lo sanno bene - sono il frutto di un emendamento della Commissione che è stato ritirato, per mancata copertura.

Alla sottosegretaria Macina, che ha partecipato a tutti i lavori della Commissione con grande attenzione, chiedo di rivalutare la posizione sul mio ordine del giorno, perché oggettivamente eravamo tutti d'accordo sull'emendamento e credo che valga la pena mettere un punto anche su questo aspetto.

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA MACINA, Sottosegretaria di Stato per la Giustizia. L'ordine del giorno è accoglibile se riformulato come segue: “ad assumere ogni iniziativa di competenza per garantire un potenziamento degli organici e delle risorse di tutte le Forze di Polizia ad ordinamento generale che saranno impegnate a fronteggiare le maggiori attività che deriveranno dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, fornendo gli strumenti idonei a contrastare in modo più efficace i fenomeni criminali, rispettando il principio di equiordinazione tra diverse Forze di Polizia e sempre nei limiti dei vincoli di finanza pubblica”.

PRESIDENTE. Onorevole Varchi, va bene la riformulazione?

MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente. Io immagino che, accettando questa riformulazione, il parere del Governo diventi favorevole. Dunque, chiedo, per un fatto anche di riconoscimento del lavoro svolto dall'opposizione, che l'ordine del giorno sia posto comunque in votazione con questa riformulazione, che io accetto.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/1951-A/5 Varchi, così come riformulato, con il parere favorevole del Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 29).

(Dichiarazioni di voto finale - Testo unificato - A.C. 1951-A​)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare il collega Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Io annuncio il voto di astensione della componente Azione-+Europa, perché la Corte costituzionale ha fatto un'apertura di fiducia, di credito verso il Parlamento. Ha avuto un approccio costruttivo e di leale collaborazione, ha lasciato al Parlamento il tempo per rivedere la disciplina e inserire norme organiche.

Ebbene, noi ci saremmo attesi e ci sarebbe piaciuto vedere una reazione parlamentare di alto profilo e di ampio respiro. Invece, si è intervenuti con il bilancino e in una logica quasi lottizzatoria, un inciso a me e un inciso a te, cercando di mettere insieme, in un intervento di basso profilo, tutte le differenze della maggioranza. Cosa viene compromesso da questa azione fatta con il bilancino? La Costituzione, il principio rieducativo della pena. Si è scritta una norma che palesa una sfiducia nei confronti del magistrato. Lo si vuole condurre per mano, ma conducendolo per mano si sono resi, in un periodo addirittura di 28 righe e di 168 parole, una serie di significati che andranno interpretati dalla giurisprudenza. Avevamo sfiducia nei magistrati? Gli abbiamo messo in mano l'interpretazione di tutto. Quindi, è veramente un intervento di piccolo cabotaggio, che non ha neanche accettato i miglioramenti che la nostra componente ha voluto apportare.

Noi siamo in cinque, ma abbiamo visto che, con il voto segreto, abbiamo avuto molti più consensi rispetto a quelli che ci saremmo attesi. Quindi, c'è una volontà del Parlamento di intervenire. Purtroppo, le casacche politiche e i gruppi parlamentari, la voglia di apparire come forcaioli tout court da parte di alcuni gruppi, non hanno consentito di arrivare ad una soluzione che sia rispettosa della Costituzione e di alto profilo. Per questo, annuncio il nostro voto di astensione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Azione-+Europa-Radicali Italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Grazie Presidente. Noi, come Alternativa, oggi, non potremo votare a favore di questa proposta di legge, perché l'errore è proprio il passo iniziale. Il problema vero, più che il lavoro parlamentare, è stata la sentenza della Corte costituzionale. Questa sentenza della Corte costituzionale, in realtà, è stata un vero e proprio favore alle organizzazioni mafiose e terroristiche e, di questo, la Corte costituzionale deve renderne conto non solo all'Aula, ma al Paese intero. Infatti, è facile schermarsi dietro una decisione collegiale, ma è difficile riuscire a motivare realmente quella decisione. Questa decisione viene da lontano, poiché è stata anticipata da una decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo, la CEDU, presieduta oltretutto da un magistrato italiano, che ha visto un solo voto contrario, quello di un magistrato polacco, l'unico che forse si era reso davvero conto della pervasività delle organizzazioni mafiose all'interno del tessuto economico e sociale italiano.

Dobbiamo dire anche un'altra cosa: come mai la Corte costituzionale ha smontato la “sentenza Taricco” della Corte di giustizia dell'Unione europea sulla prescrizione, sulla base che vi fossero diritti da tutelare sul suolo italiano? E come mai, invece, non ha tutelato con gli stessi diritti: il diritto alla vita, il diritto a una società sana, il diritto a combattere le organizzazioni mafiose, allorquando bisognava rigettare all'interno del nostro ordinamento quella sentenza della CEDU che, secondo noi, va contro i principi fondamentali dell'ordinamento italiano? Se questo Parlamento avesse avuto coraggio, avrebbe dovuto prendere di petto questa decisione scellerata della Corte costituzionale e avrebbe dovuto riproporre tale e quale l'articolo di legge dichiarato incostituzionale da questa Corte, perché quando c'è da fare la lotta alla mafia, per noi, non conta neanche più un organo oramai politicizzato, come la Corte costituzionale.

PRESIDENTE. Onorevole Colletti, io la sto ascoltando, però, lei ha detto che c'è un regalo alla mafia da parte della Corte costituzionale. Cerchi, cerchiamo, di restare nel rispetto dei ruoli, che vanno considerati tali, degli organi costituzionali (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente, Italia Viva, Coraggio Italia e di deputati del gruppo Misto).

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Grazie, Presidente…

PRESIDENTE. Poi la ascoltiamo molto volentieri.

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Visto che il Parlamento è anche un organo costituzionale, lei rispetti l'articolo 21 della Costituzione e mi faccia intervenire (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Guardi che io lo interpreto l'articolo 21!

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Perfetto! Allora, siccome questo non è un duetto…

PRESIDENTE. E lei faccia il suo dovere di parlamentare…

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). …mi faccia intervenire (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)!

PRESIDENTE. …senza offendere gli organi costituzionali di questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente, Italia Viva, Coraggio Italia e di deputati del gruppo Misto), altrimenti le tolgo la parola!

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Che si offendano gli organi costituzionali, perché la lotta alla mafia è una lotta che devono fare anche gli organi costituzionali e non solo l'opposizione in questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa)! Chiaro?

PRESIDENTE. Onorevoli Colletti, non esageri!

ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Basta, adesso, Presidente (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva)! Ad ogni modo, vorrei concludere l'intervento. Questa premessa era un modo per motivare, perché non voteremo e non possiamo votare favorevolmente su questa proposta di legge. Comprendiamo lo spirito con la quale è stata creata ed è stata votata, ma, in realtà, qui avremmo avuto bisogno di più coraggio da parte di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Conte. Ne ha facoltà.

FEDERICO CONTE (LEU). Grazie, Presidente. Questo nostro procedimento legislativo, come si è detto, prende spunto dall'ordinanza della Corte costituzionale n. 97 del 2021, che, pronunciandosi incidentalmente su un diniego a un condannato all'ergastolo non collaborante di accesso alla libertà condizionale, ha aperto la discussione sui reati ostativi, su tutti i reati inclusi nel novero dell'articolo 4-bis, quindi, non solo quelli associativi, che riguardano l'attività eversiva, terroristica o criminale, ma anche tante altre fattispecie di reati cosiddetti monosoggettivi, che, nel tempo, sono andati ad arricchire questo lungo elenco, ad esempio, quelli contro la pubblica amministrazione, che la legge n. 3 del 2019, la cosiddetta Spazzacorrotti, ha voluto includere in questo elenco.

Qual è il ragionamento da cui muove l'ordinanza della Corte costituzionale che chiede al Parlamento di intervenire nella materia? Non si può condizionare la possibilità di accesso ai cosiddetti benefici penitenziari, tra i quali anche le misure alternative alla detenzione e la libertà condizionale - che è un istituto particolarmente importante, perché, dopo un certo tempo, consente di svolgere un'attività, sotto la vigilanza dell'autorità giudiziaria, il cui buon esito determina l'estinzione della pena - precludendo l'accesso a queste misure alternative alla detenzione e a questi benefici penitenziari complessivamente intesi, sulla base di una presunzione assoluta, che è quella collegata al fatto che, se non collabori, hai ancora collegamenti con la criminalità organizzata. Si tratta di far dipendere dalla sola collaborazione, ai sensi dell'articolo 58-ter dell'ordinamento penitenziario, l'accesso a questi benefici. Una presunzione iuris et de iure, come si definisce, che collide con l'articolo 27, comma terzo, della Costituzione, che affida alla pena una funzione anche di carattere sociale di reinserimento, rieducativo. Questo pronunciamento della Corte costituzionale va ricondotto a un precedente filone giurisprudenziale interno, ma anche a un importante pronunciamento della Corte europea dei diritti dell'uomo, Viola contro Italia del 2019, nel quale è stato trattato il tema della pena perpetua. Che cosa dice la Corte EDU? In astratto, una pena perpetua - cioè senza fine - non è in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, sempre che, nell'ordinamento interno che prevede la pena perpetua e, in tal senso, si confà la pena dell'ergastolo cosiddetto ostativo, siano previsti meccanismi giuridici che possano consentire di superare questa perpetuità e di riportare il detenuto all'interno della società. Questo meccanismo, come dice la Corte EDU, non può coincidere con la collaborazione per due ordini di ragioni. Infatti, chi non collabora può non essere stato messo in condizione di fare questa scelta, perché il suo contributo all'accertamento dei fatti era irrilevante o marginale e, quindi, per lui la collaborazione era impossibile o perché per lui era una collaborazione inesigibile essendoci, ad esempio, il rischio che un suo familiare fosse esposto a un pericolo grave per la sua incolumità. Queste due eventualità - ci dice prima il giudice europeo e poi quello italiano - vanno valutate, perché la cessazione dei rapporti con la criminalità organizzata può essere anche ricostruita e desunta aliunde. Del resto - ci avvertono - quella di collaborare non è sempre una scelta genuina; è una scelta che va guardata anche con una certa attenzione, perché può essere strumentale, può essere tattica, può essere interessata e, quindi, non assicura certamente la rescissione nell'attualità dai rapporti con la criminalità organizzata. Che cosa ci dice, quindi, la Corte costituzionale? Assunto che è legittima, sotto il profilo della coerenza con la nostra Carta, una presunzione iuris tantum, che ammette la prova contraria, il Parlamento legiferi per stabilire qual è il percorso per dare la prova contraria! A questa domanda, assolve l'articolo 4-bis, comma 1-bis, che oggi abbiamo approvato, con il quale facciamo una duplice operazione. Innanzitutto, come si è detto nel dibattito, distinguiamo, da una parte, i reati associativi eversivi, terroristici e criminali e, dall'altra, i reati monosoggettivi, come i reati contro la pubblica amministrazione, che impropriamente erano stati agglutinati in una stessa previsione normativa, con una deformazione culturale e politica sulla natura e la rilevanza, non soltanto criminale, ma anche sociale delle diverse fattispecie. Quindi, sistemiamo la parte dei reati associativi, quella più significativa, in un comma a parte.

Per questi reati è possibile per i condannati o gli internati accedere ai benefici penitenziari, anche se non hanno collaborato, purché svolgano una serie di adempimenti e diano una serie di prove, quali l'aver adempiuto alle obbligazioni civili e alle obbligazioni di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna, o aver dimostrato l'impossibilità di tale adempimento, e alleghino elementi specifici che consentano di escludere l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata o terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi.

In questa norma si mette a disposizione delle parti, dei detenuti e degli internati la possibilità di addurre circostanze personali e ambientali o di spiegare le ragioni per cui non hanno potuto collaborare o la loro collaborazione si è resa impossibile.

Questo viatico di prova consente dunque anche ai condannati e agli internati non collaboranti di accedere ai benefici penitenziari a seconda del caso, con una procedura che dettagliamo al comma 2 e che coinvolge anche - ed è questa una novità della legge - la Direzione distrettuale antimafia. È previsto infatti che il parere al tribunale di sorveglianza venga reso non soltanto dal pubblico ministero del luogo in cui è stata emessa la sentenza ma, se si tratta di reati di associazione criminale, anche dal procuratore nazionale antimafia che, evidentemente, governa una quantità di informazioni che riguardano i rapporti, sul territorio nazionale, delle mafie, necessario a questo fine.

Vi è poi la previsione anche di una verifica patrimoniale preventiva per la concessione di questi benefici, per accertarsi opportunamente e per tempo del fatto che né questi soggetti né i loro familiari siano nella disponibilità di risorse patrimoniali o reddituali ingiustificate e ingiustificabili con la loro condizione reddituale, al fine evidente - e secondo me sacrosanto - di evitare di fare cortesie alle associazioni criminali.

È previsto anche, oltre al parere rafforzato, una competenza collegiale per queste ipotesi. Non decideranno più neanche sui semplici permessi premio o permessi di lavoro all'esterno solo i magistrati di sorveglianza, cioè il giudice monocratico, ma le competenze sono tutte devolute al tribunale collegiale per la evidente ragione di maggiore copertura e responsabilità di un organo collegiale rispetto a un organo monocratico. Così facendo, questo ramo del Parlamento ha anche ossequiato le prime due condizioni che, in una relazione in corso di approvazione presso la Commissione antimafia, vengono indicate come necessarie. Innanzitutto, la distinzione dei reati per fasce, per consentire di distinguere quelli associativi da quelli monosoggettivi, anche ai fini del rigore della prova di risoluzione dei vincoli con la criminalità organizzata, che è richiesta. Tra i reati monosoggettivi, torno ancora a parlare di quelli contro la pubblica amministrazione per i quali non è addirittura ipotizzabile un riferimento alla confessione che non è prevista per un reato che non ha il contesto associativo di riferimento. Vi è poi la seconda condizione, quella di valutare la collaborazione impossibile o inesigibile. La terza e ultima condizione posta dalla Commissione antimafia è quella che riguarda il regime di cui all'articolo 41-bis, sul quale spenderò poche parole. L'ordinanza n. 97 del 2001 della Corte costituzionale dà un'indicazione chiara in tal senso. Leggo testualmente cosa dice, in un obiter dictum, la Corte costituzionale “in costanza di assoggettamento a tale regime - cioè quello del 41-bis - l'accesso ai benefici penitenziari non risulta possibile”. Un'indicazione chiara che troverete riversata nella norma che, dopo un'ampia discussione, molto qualificata sotto il profilo giuridico, svolta in Commissione, abbiamo ritenuto di introdurre per dare anche un messaggio chiaro all'esterno dal punto di vista politico circa la tenuta normativa e politica della scelta, che nacque come emergenziale ma che in questo Paese abbiamo dovuto stabilizzare, di un regime detentivo speciale come quello conformato secondo le caratteristiche dell'articolo 41-bis.

In definitiva, Presidente, mi pare che in questo caso, per quanto riguarda questo ramo del Parlamento, l'indicazione della Corte costituzionale sia stata recepita con equilibrio, introducendo modifiche che trasformano quella che sicuramente era una presunzione assoluta in una presunzione relativa, per la quale appunto è possibile la pena contraria, che non discrimina i non collaboranti solo per il fatto di essere tali ma li mette in condizione di dare una prova della rescissione, nell'attualità, del loro rapporto con la criminalità organizzata e del rischio che questo rapporto possa essere recuperato altrimenti e che questo si faccia attraverso un percorso garantito e molto puntuale nelle sue fasi e che avvenga senza che il regime del 41-bis venga messo in discussione. Tutte ragioni che mi fanno rappresentare con tranquillità il voto favorevole del gruppo Liberi e Uguali (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pettarin. Ne ha facoltà.

GUIDO GERMANO PETTARIN (CI). Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, il tema dell'ergastolo ostativo è estremamente tecnico che, naturalmente, allorché transita attraverso l'iter legislativo, si ammanta, non sempre con vantaggio, di contenuti ideologici, di contenuti politici e di contenuti partitici. Vi confesso che il mio essere un giurisperito mi porta a dire che non vi è dubbio che questa è una norma che va adottata. Massimo e totale rispetto per quanto riguarda le prerogative e l'operato degli organi costituzionali, Corte costituzionale in testa. Guai se non ci fosse la Corte costituzionale che ha il compito precipuo di verificare se le nostre strutture normative sono effettivamente adeguate all'impianto della Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia) e di ciò che deve essere il nostro compito principale: rispettare sempre la Carta costituzionale.

Dal punto di vista tecnico, il giudice nazionale costituzionale e il giudice europeo hanno detto una cosa di una semplicità disarmante: hanno detto, in sintesi, che non possiamo condizionare l'accesso ai benefici sulla base di una presunzione assoluta.

Quindi, caro legislatore, adempi il tuo compito e individua un percorso per far sì che non vi sia una presunzione assoluta, ma vi sia un accertamento delle condizioni che possono, in ogni momento, portare alla concessione dei benefici. Da questo punto di vista, è evidentissimo - e lo faccio all'inizio per sgombrare il campo da qualunque tipo di dubbio - che la posizione di Coraggio Italia è assolutamente favorevole e, di conseguenza, annuncio il voto favorevole del mio gruppo. Tuttavia, tengo moltissimo a sottolineare alcune situazioni. Non si può non vedere che parte importante della discussione, intervenuta in quest'Aula, si sia svolta tra chi afferma essere tra gli altri forcaioli e chi afferma essere tra i primi non forcaioli. Non ci può essere cecità nel non riconoscere che c'è qualcuno che ritiene che la fase caratterizzante il nostro sistema, in cui la pena ha una funzione di rieducazione, valga sempre e comunque e qualcun altro invece che ritiene che non sia così, perché c'è anche una parte in cui la rieducazione non serve, dal momento che non c'è nulla da rieducare (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia). Noi pensiamo che non bisogna cedere in nessun momento nel rispetto necessario dei principi che la nostra Costituzione prevede: nel nostro sistema, la pena ha funzione rieducativa - punto e basta - per chiunque questa pena sia applicata e comunque sia il sistema.

Io sono un avvocato e l'avvocato giura di difendere chiunque, perché ciò che è essenziale è il rispetto del diritto e la garanzia che il giurisperito da è che il suo atteggiamento serva a far rispettare il diritto e i diritti del suo assistito, chiunque esso sia.

In questo contesto, è evidentissimo che abbiamo una grandissima responsabilità, quella di affermare questi principi, sempre e comunque, di cancellare tutti i malintesi che abbiamo verificato, di rispettare i principi della Corte costituzionale e quelli che il giudice europeo ci ha dettato e di evidenziare che non ci può mai essere qualcosa che duri tutta la vita, non ci può essere una pena senza fine, così come non ci poteva essere una prescrizione infinita (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia). Questo dato deve essere assoluto e deve essere rispettato ed è per questo che mi permetto di ripetere che il nostro gruppo con convinzione voterà favorevolmente su questo provvedimento normativo (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Annibali. Ne ha facoltà.

LUCIA ANNIBALI (IV). Signor Presidente, il testo unificato che ci accingiamo a votare affronta un tema complesso e delicato quale quello della concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborino con la giustizia.

Il cosiddetto ergastolo ostativo prevede infatti che i condannati per reati gravi, come associazione mafiosa, terrorismo ed eversione, possano usufruire dei benefici e delle misure alternative al carcere solo nel caso in cui collaborino con la giustizia.

Ove ciò non avvenga, nei loro confronti l'ergastolo diviene una pena perpetua, lasciando così emergere dubbi di incompatibilità con il dettato costituzionale e la finalità rieducativa della pena. Proprio la compatibilità costituzionale convenzionale del meccanismo ostativo, contenuto nell'articolo 4-bis, comma 1, dell'ordinamento penitenziario, è stata al centro di diverse pronunce delle alte Corti, che da tempo hanno avviato un percorso di progressivo superamento dei meccanismi preclusivi assoluti all'accesso dei benefici penitenziari. Nel 2019, la Corte di Strasburgo, nel caso Marcello Viola contro Italia, ha preso una netta posizione contro la legislazione italiana sull'ergastolo ostativo, contrario all'articolo 3 della CEDU, che vieta trattamenti inumani e degradanti. Lo stesso anno la Corte costituzionale, con sentenza n. 253, ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 4-bis nella parte in cui non consente ai condannati all'ergastolo ostativo di avvalersi dei permessi premio. È sulla scia di queste pronunce che - come è noto - lo scorso anno, la Consulta, con ordinanza n. 97, in riferimento al beneficio della liberazione condizionale, ha riconosciuto, ma non formalmente dichiarato, l'illegittimità del divieto assoluto di accesso alla liberazione condizionale da parte dei condannati all'ergastolo non collaboranti con la giustizia, poiché in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione e con l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Secondo la Corte, per il condannato all'ergastolo non collaborante, la pena perpetua de iure si trasformerebbe in una pena perpetua anche de facto. È importante ricordare che l'accesso alla liberazione condizionale gioca un ruolo di riequilibrio fondamentale nella tensione tra l'ergastolo, in quanto pena senza fine, da una parte, e l'obiettivo costituzionale della risocializzazione di ogni condannato, dall'altra. Non si tratta, dunque, di svalutare il rilievo e l'utilità della collaborazione, che certamente mantiene il proprio positivo valore, riconosciuto dalla legislazione premiale vigente e qui non in discussione; significa, invece, negarne la compatibilità con la Costituzione, se e in quanto essa risulti l'unica, possibile strada a disposizione del condannato all'ergastolo per accedere alla liberazione condizionale. Infatti, l'assolutezza della presunzione si basa su una generalizzazione, che può essere, invece, contraddetta alla luce di allegazioni contrarie, che devono poter essere oggetto di specifica valutazione da parte della magistratura di sorveglianza, particolarmente nel caso in cui il detenuto abbia affrontato un lungo percorso carcerario, come accade per i condannati alla pena perpetua. La Corte - come detto - ha rinunciato a emettere subito una pronuncia puramente demolitoria, per porre il Parlamento nella condizione di predisporre, entro un anno di tempo, un intervento complessivo, ponderato e coordinato, lasciandosi tuttavia la possibilità di verificare ex post la conformità alla Costituzione delle decisioni effettivamente assunte.

Dunque, è in questo quadro che si inserisce il testo oggi all'esame dell'Aula, una sfida, anche culturale, importante, che, secondo noi, non è stata colta pienamente. Va detto che i tentativi di alcune forze politiche di licenziare un testo che limitasse, fin quasi a sterilizzare, la portata delle indicazioni della Corte, sono stati sventati anche grazie al contributo di Italia Viva (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva), tentativi per lo più frutto di un dibattito del tutto strumentale intorno a questo tema, con narrazioni che non corrispondono alla verità, che intossicano il clima e, con esso, l'opinione pubblica. Chiedere, infatti, che si dia attuazione a principi limpidi, come quelli espressi dalla Corte costituzionale, non significa voler smantellare uno strumento importante di contrasto alle mafie, né abbassare la guardia nel contrasto al fenomeno della criminalità organizzata, questo deve essere chiaro.

Venendo alla proposta che stiamo discutendo, essa tenta, quanto meno nella sua impostazione di fondo, di recepire le indicazioni derivanti dalla più recente giurisprudenza costituzionale in materia. Si subordina, dunque, in assenza di previa collaborazione, la concessione dei benefici penitenziari all'allegazione, da parte del detenuto interessato, di elementi specifici che consentano di escludere, non solo l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, ma anche il pericolo di un loro ripristino.

Va dato atto che molte delle distorsioni più evidenti presenti nel testo base iniziale sono state attenuate in fase emendativa, grazie anche all'intervento del Governo, dall'eliminazione della probatio diabolica dell'assoluta certezza dalla norma che impone al detenuto di provare l'assenza di residui collegamenti col crimine e di rischi di un loro ripristino, all'accantonamento della proposta di una centralizzazione della competenza sul tribunale di sorveglianza di Roma, addirittura attraverso una legge delega, al Governo. A questo ci siamo opposti da subito, perché avrebbe comportato uno stravolgimento del ruolo e delle funzioni della magistratura di sorveglianza, sottraendo il condannato al suo giudice naturale. Ma, nonostante il testo che oggi votiamo sia migliorato rispetto alla proposta iniziale, restano, a nostro avviso, alcune criticità che non sono state superate. Ne cito solo alcune, che sono quelle su cui si sono concentrati i nostri interventi per l'Aula. Ci trova – ribadiamo - assolutamente contrari l'abrogazione delle forme di collaborazione impossibile, rilevante o inesigibile, introdotte man mano dalla Corte Costituzionale e recepite, a livello legislativo, nell'ordinamento penitenziario. Al di là della disciplina transitoria introdotta, la norma trascura l'insegnamento recente della Corte costituzionale che, con sentenza n. 20 del 2022, reputa legittimo distinguere tra chi rimane silente per sua scelta, potendo oggettivamente collaborare e chi, invece, rimane silente suo malgrado, volendo soggettivamente collaborare, ma non potendo oggettivamente. Questo determina un vulnus normativo del tutto illogico e irragionevole. Relativamente all'innalzamento del tetto massimo della pena temporanea, ossia 30 anni, per accedere alla liberazione condizionale rispetto agli attuali 26 anni, riteniamo, al netto di fondati dubbi di costituzionalità, che si tratti di una norma - anche questo lo abbiamo evidenziato - di alto sapore simbolico, rispondente a una precisa esigenza politica, ma che, di fatto, comporterà un trattamento più pesante per i detenuti che saranno giudicati dopo l'entrata in vigore di questa legge, rispetto a coloro che sono già stati condannati, determinando così una disparità di trattamento. D'altra parte, su questo punto, si trattava di mediare tra chi - come noi -, correttamente, chiedeva che venissero mantenuti gli attuali 26 anni e chi, invece, proponeva un innalzamento a 43 anni per l'accesso alla liberazione condizionale, oltre il limite massimo delle pene temporanee. Una proposta questa chiaramente inaccettabile e fuori da ogni alfabeto costituzionale. In merito all'accertamento dell'assenza di collegamenti con la criminalità organizzata terroristico-eversiva, in assenza di collaborazione, il meccanismo risulta, a nostro avviso, alquanto farraginoso, con un'eccessiva aggettivazione.

Si tratta, dunque, di un testo che avrebbe dovuto tenere insieme le ragioni della sicurezza con il diritto alla speranza, di cui è titolare chiunque sia condannato anche alla pena senza fine, in ragione della commissione di reati di assoluta gravità, ripristinando così il dettato costituzionale e il fine rieducativo della pena. Invece, si tratta di un testo che, nel suo complesso, rischia di non adempiere pienamente a quanto deciso dalla CEDU e dalla Corte costituzionale.

Italia Viva si asterrà su questo testo, per le riserve che ho illustrato fino ad ora e che sono state al centro - come detto - delle nostre proposte emendative, ma anche del dibattito a cui abbiamo sempre partecipato. È evidente che la strada per realizzare quel cambiamento culturale necessario a superare l'equazione, demagogica, tra carcere e sicurezza collettiva è ancora molto lunga. Il nostro auspicio è, dunque, che, nel suo passaggio in Senato, il provvedimento possa essere migliorato, nel senso di cambiato, sui punti da noi indicati, con lo scopo di rendere l'ergastolo ostativo pienamente conforme alle indicazioni venute dalla Corte. Non si tratta di essere contro il 41-bis, ma di coniugare - come vuole la nostra Costituzione - la necessità di sicurezza con l'umanizzazione della detenzione (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Fratelli d'Italia si asterrà rispetto a questo provvedimento, e si asterrà perché questo provvedimento cerca di mettere una toppa a un lento, ma inarrestabile, processo di erosione della normativa speciale - nata all'indomani delle stragi che hanno colpito due eroi dell'antimafia come Falcone e Borsellino, che, per noi, rimangono eroi anche se c'è un capo del DAP, in questo momento, che si permette anche di fare battute sugli eroi antimafia! - che poneva l'Italia all'avanguardia nel contrasto alla criminalità organizzata.

Una normativa che ha subito lente, ma inarrestabili erosioni, e lo vogliamo dire anche a chi ci accuserà di essere analfabeti costituzionali, la leggiamo anche noi la Costituzione, leggiamo anche noi la giurisprudenza costituzionale, riteniamo che, però, in virtù di mal metabolizzati princìpi volti alla rieducazione della pena, si sia lentamente erosa la funzione principale della pena stessa, che è quella, soprattutto nei confronti della criminalità organizzata, social-preventiva e di difesa sociale, volta a scongiurare che il percorso frontale di contrasto alla criminalità organizzata possa trovare tappe di arresto. Innanzitutto, abbiamo seri dubbi anche sul fatto che si possa ritenere, per davvero, che il principio rieducativo della pena possa prescindere, per davvero, dalla rescissione di ogni legame con la criminalità organizzata. Cosa c'è di sbagliato nel dire: intanto io ti posso ritenere rieducato, se sei mafioso, se sei appartenuto a quella vischiosissima organizzazione criminale che è la mafia, e tu intanto puoi iniziare a lumeggiare, a tratteggiare le tue forme di pentimento, di resipiscenza e di rieducazione, solo se rescindi ogni legame, solo se collabori con la giustizia. E in ogni caso, giacché in quest'Aula chi fa gargarismi garantistici ritiene che noi saremmo degli analfabeti costituzionali, dove sta scritto che nella polifunzionalità della pena vi sia un valore tiranno, che è quello della rieducazione? Non è scritto da nessuna parte! Noi vogliamo mantenere in equilibrio il valore social-preventivo, il valore punitivo, con quello rieducativo della pena.

Noi avevamo immaginato di contrastare questa deriva, che affonda le sue radici in pronunce costituzionali anche più antiche di queste, colleghi, rispetto alla n. 97 del 2021, partiamo addirittura dalla sentenza n. 306 del 1993, per transitare fino alla n. 253 del 2019, per approdare alla CEDU, che, con una tracotanza giuridico-culturale che, al posto di prendere come modello l'Italia nel contrastare i fenomeni di criminalità organizzata, ha ritenuto di dover riprogrammare culturalmente e giuridicamente l'Italia, spiegando a noi come si fa la lotta alla mafia!

Noi ritenevamo, per esempio, con la nostra proposta di legge, che non sarebbe stato né blasfemo, né incostituzionale, richiamare come prima esigenza quella di sicurezza dei cittadini, richiamare il fatto che proprio la sicurezza dei cittadini è alla base del contratto sociale con cui nasce lo Stato, per cui i cittadini si autolimitano nei loro diritti, assegnando allo Stato il monopolio della sicurezza e della giustizia. Ed è uno Stato sicuro e giusto quello che tiene il mafioso in carcere fino a quando non offre spunti di collaborazione, fino a quando non offre spunti investigativi, fino a quando non sceglie di uscire dalla trincea dell'anti-Stato, per approdare a quella dello Stato.

La funzione rieducativa della pena è un tratto essenziale, non totalitario e totalizzante, della pena. E noi ritenevamo che, con i nostri emendamenti - in verità, anche con una nostra proposta di legge - proprio non disconoscendo la funzione rieducativa della pena, avremmo potuto immaginare una proposta di legge che tenesse una serie di indici sintomatici della rescissione di ogni legame con la criminalità organizzata. Che male c'era a dire che, se saltava la presunzione assoluta di pericolosità sociale, si poteva inserire una serie di presunzioni iuris tantum, relative, evincibili dalla prova contraria, di pericolosità? Per esempio, noi riteniamo che il mafioso detenuto, che fa l'istanza per la retrocessione dell'ergastolo ostativo per il beneficio o per altri benefici, sia socialmente pericoloso e sia ancora pericoloso se non fornisce la prova dell'assenza dei collegamenti attuali con la criminalità organizzata. E la prova la deve fornire lui!

Noi riteniamo che lui, il criminale, il mafioso, se, all'interno del carcere, ha un tenore di vita eccessivo, evidentemente ancora all'interno del carcere ha manifestato il suo potere mafioso. Noi riteniamo che, se lui e la sua famiglia godono di patrimoni spropositati e non commisurati alla capacità reddituale, quei patrimoni da qualche parte arrivano e quella parte non può che essere una parte opaca, oscura, frutto dei proventi della criminalità. Noi riteniamo, ancora, che l'eventuale sopravvenienza di nuove imputazioni o di gravissime infrazioni disciplinari nel corso della detenzione siano la più eloquente, evidente e incontrovertibile testimonianza dell'agito delinquenziale che ancora anima il mafioso. Noi riteniamo che non vi siano motivi per una mancata collaborazione. E, ancora, noi riteniamo che chi è appartenuto a una cosa che si chiama mafia, difficilmente non abbia spunti investigativi da offrire, perché siamo consapevoli che stiamo parlando del cancro criminale di questa Nazione, che ha una particolare vischiosità, per la quale chiunque sia stato, con un profilo criminale di un certo livello, all'interno di quelle organizzazioni, ha sempre e comunque spunti investigativi da dare, oppure stiamo trattando un mafioso come quattro correi per una rapina in banca. Non è così!

Ancora, possiamo dire, per esempio, che, se il sodalizio criminale a cui apparteneva il mafioso è ancora attivo, quel mafioso dovrà essere attenzionato maggiormente dal tribunale di sorveglianza, prima di vedersi riconosciuti i benefici? Tradotto: il mafioso è dentro, il sodalizio fuori è vivo, attivo e vegeto, lui non ha alcuno spunto investigativo da offrire, ma dirà che si è pentito e, quindi, meriterà i benefici. Proprio l'altro giorno, il dottor Ardita, in Commissione antimafia, ha ricordato a tutti voi che Cosa Nostra e le altre mafie sono organizzazioni basate sulla falsità, sulla rappresentazione teatrale delle situazioni. Ebbene, noi diciamo che, sulla base della loro falsità e della loro capacità, teatrale, di raccontare un pentimento non misurabile e non misurato, possono uscire e tornare a flagellare quei territori che flagellavano!

Noi abbiamo ascoltato i tanti magistrati antimafia, abbiamo ascoltato le Forze dell'ordine, che vedono vanificato il loro prezioso lavoro, per il quale molto spesso hanno sacrificato vita, famiglia e affetti, e hanno messo a repentaglio anche la loro incolumità per fronteggiare la criminalità, e oggi ricevono il messaggio che, se il criminale si dichiara pentito, può uscire. Noi non crediamo in questo. Noi non crediamo che sia il caso di gargarismi garantistici con la mafia. Noi crediamo che la normativa speciale contro la mafia abbia ancora oggi un valore, abbiamo tentato di difenderla e abbiamo tentato di difenderla - e termino, Presidente - non da analfabeti costituzionali, perché i processi li celebriamo anche noi, e non solo con le parti civili, quindi sappiamo come funziona la vita, abbiamo tentato di difenderla dicendo: bene, se deve saltare la presunzione assoluta di pericolosità sociale, introduciamo una tempesta di presunzioni relative, vincibili, con onere probatorio rafforzato, in capo al mafioso, perché dal carcere esci se non sei più mafioso. Se, invece, rimani mafioso e non collabori, nella visione della destra in carcere ci rimani e ci muori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pittalis. Ne ha facoltà.

PIETRO PITTALIS (FI). Signor Presidente, signora rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, abbiamo già illustrato nel corso della discussione generale le ragioni per le quali il gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente voterà a favore del provvedimento in esame, anche perché sono state accolte gran parte delle modifiche da noi proposte rispetto ad un testo, quello base originario, che presentava evidenti aspetti di criticità ed in relazione al quale debbo riconoscere che tra tutte le forze politiche si è sviluppato un proficuo confronto, peraltro non senza difficoltà a fronte di sensibilità e opinioni divergenti.

Ciò nello sforzo comune di operare una sintesi e di operare soprattutto un difficilissimo bilanciamento di opposti interessi, avendo ben presente che non si tratta di fare regali alle organizzazioni criminali, di abbassare la guardia nel contrasto alla criminalità organizzata e, men che meno, di depotenziare le connesse esigenze di prevenzione generale e di sicurezza collettiva a fronte dell'ancora radicato fenomeno della criminalità mafiosa. Siamo di fronte a una questione che sottende tematiche assai complesse e che ritengo siano state affrontate, dunque, in modo equilibrato nel salvaguardare soprattutto le esigenze di tutela della collettività, evitando di indebolire - come detto - il sistema di contrasto delle organizzazioni criminali e della mafia, in particolare.

È stato ricordato come il regime dell'ergastolo ostativo nacque all'indomani delle stragi di Capaci, proprio per escludere dai benefici penitenziari i condannati per reati di mafia, di terrorismo e di eversione che rifiutavano di collaborare con la giustizia. Furono dunque quei tragici delitti di quel particolare periodo storico a spingere il Parlamento verso l'attenuazione del principio rieducativo della pena, inasprendo l'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario con la previsione di una presunzione assoluta di pericolosità del condannato che rifiuta di collaborare con la giustizia. Si riteneva, allora, che solo la volontà di collaborare comproverebbe il distacco del condannato dai legami con l'associazione criminale e sono state nel tempo variamente prospettate questioni di legittimità costituzionale di siffatta disciplina che i giudici delle leggi hanno sempre respinto, soprattutto sul rilievo che gli ergastolani che rifiutavano di collaborare con la giustizia esercitavano una loro scelta e non erano dunque esclusi definitivamente dai benefici. Bastava, in fondo, che il condannato decidesse di cambiare idea sulla volontà di collaborare con la giustizia. Questo si riteneva allora. Si tratta di un ragionamento che, però, lasciava e lascia all'evidenza inalterato quel binomio alla base dell'esclusione dei benefici, tra il rifiuto della collaborazione e la prova della persistenza dei legami con l'associazione criminale. Tuttavia, sulla base dei dati dell'esperienza si sono potuti appurare casi in cui alla base del rifiuto di collaborare con la giustizia vi sono ben altre motivazioni: il timore di ritorsioni sulla propria famiglia, quello di dover accusare amici e parenti o di peggiorare il proprio quadro processuale. Viceversa, si sono verificati casi in cui il condannato, pur avendo collaborato con la giustizia, ha dimostrato con la propria condotta di conservare inalterati i rapporti con l'organizzazione criminale. È un aspetto, questo, anche con riferimento alla cosiddetta collaborazione impossibile, sul quale forse avremmo dovuto meglio articolare la previsione normativa in modo da evitare, come spesso succede, interpretazioni creative alle quali siamo abituati soprattutto da certa giurisprudenza, non solo di merito, ma anche di legittimità. Abbiamo dovuto attendere la svolta della Corte di Strasburgo che, nel 2019, come ricordava qualcuno che mi ha preceduto, ha preso una netta distanza e una netta posizione contro la legislazione italiana sull'ergastolo ostativo, censurando proprio il carattere assoluto della presunzione di pericolosità sociale dei condannati non collaboranti e affermando che la pena deve sempre mirare alla rieducazione del reo e che vietare a un condannato di reinserirsi nella società lede il principio di dignità umana (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

La Corte costituzionale finalmente, con la nota sentenza n. 253 del 2019, ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario nella parte in cui non consentiva ai condannati all'ergastolo ostativo di avvalersi dei permessi premio quando esistano elementi per escludere l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata o il pericolo del loro ripristino. Ed è questo passaggio della pronuncia che ha minato irreversibilmente la presunzione assoluta di pericolosità del reo che rifiuta di collaborare con la giustizia ed ha, quindi, aperto alla possibilità che sia il giudice a compiere una valutazione caso per caso. La pronuncia del 15 aprile del 2021 della Corte costituzionale - qui la posta in gioco era sicuramente più alta, perché riguarda la liberazione condizionale dopo 26 anni - ha scelto di dare tempo al Parlamento fino al 22 maggio 2022 per affrontare la materia. Ed è a questo input, a questa sollecitazione della Consulta che il Parlamento ha il dovere di dare adeguata risposta, anche per non lasciare vuoti legislativi o, ancor peggio, evitare la supplenza della funzione legislativa.

Forza Italia, con le numerose proposte emendative presentate, ha dato un fattivo contributo, adeguando il testo base adottato in Commissione a quei parametri indicati dalle diverse pronunce della Corte costituzionale, proprio nella prospettiva di superare quella presunzione assoluta. La migliore risposta per rimanere in sintonia con il dictum della Corte costituzionale, dal nostro punto di vista, è stata quella di superare quegli anacronistici automatismi, restituendo alla magistratura di sorveglianza il ruolo di valutare, di fatto, il percorso carcerario del condannato, dopo il lungo tempo di espiazione della pena richiesto ai fini dell'ammissione ai benefici, a seguito dell'effettivo esito positivo del percorso risocializzante del detenuto, il quale potrà accedere ai benefici anche in assenza di collaborazione con la giustizia, ove si accerti la dissociazione dall'organizzazione criminale di eventuale appartenenza, la sussistenza di elementi specifici che consentano di escludere l'attualità di collegamenti con il sodalizio criminale, mafioso, terroristico o eversivo e il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi; ancora, aspetto non meno rilevante, dimostri di avere adempiuto alle obbligazioni civili e agli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l'assoluta impossibilità di tale adempimento, valorizzando dunque sotto tale aspetto le iniziative del condannato a favore delle vittime, oltre che nelle forme risarcitorie anche in quelle della giustizia riparativa.

Conclusivamente, credo che queste nuove disposizioni consentano di far rientrare l'ergastolo ostativo compatibile tanto con i principi costituzionali quanto con quelli della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Siamo certo soddisfatti, non totalmente soddisfatti, ma è un risultato, questa volta, che è pervenuto all'esito di un dibattito senza pregiudizi ideologici, contrastando, anzi, quelle sia pur isolate prese di posizione, come abbiamo sentito all'inizio di questo dibattito, dettate non tanto da pregiudizio ideologico - mi sia consentito - ma da una ignoranza sistemica sui temi della giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), affrontati soltanto nell'ottica di un giustizialismo esasperato e manettaro. È per queste ragioni che preannuncio il voto favorevole del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Miceli. Ne ha facoltà.

CARMELO MICELI (PD). Signor Presidente, quando all'inizio degli anni Novanta le bombe squarciarono più volte il cielo di Palermo, quello che gli autori di quegli attentati eversivi, terroristici, non semplicemente mafiosi, di quegli attentati sui quali ancora tanto, a nostro avviso, è da dire, non avevano preso in considerazione era la capacità di reazione prima dei cittadini e poi dello Stato.

Fu in quei momenti, infatti, che la città di Palermo, i cittadini di Palermo, per la prima volta, andarono contro quel vecchio brocardo “càlati juncu ca passa la china”, “abbassati giunco, che passa la piena”. Per la prima volta, i cittadini di Palermo avevano il coraggio di alzare la testa e di metterci la faccia; la faccia dai loro balconi pieni di lenzuola bianche, in senso di ribellione, a dimostrazione della loro ribellione a Cosa Nostra.

Quel “movimento dei lenzuoli bianchi” riuscì a scuotere le coscienze e a dare al Parlamento la forza di intervenire con una normativa di emergenza. È grazie, infatti, a quell'impulso del “movimento dei lenzuoli bianchi” che, con le leggi n. 203 del 1991 e n. 356 del 1992, si introdussero e si modificarono gli articoli 4-bis e 58-quater dell'ordinamento penitenziario e, per la prima volta, si cominciò a parlare di una forma di reazione normativa vera contro la criminalità organizzata, incentrata, sostanzialmente, su una differenziazione di trattamento, su un inasprimento del trattamento per i detenuti per i delitti di criminalità organizzata, di terrorismo ed eversivi e, contestualmente, su una normativa di favore per i detenuti per questi delitti che optassero per la collaborazione, con un meccanismo di automatismo che precludeva a questi detenuti, ove non avessero collaborato, la possibilità di accesso ai benefici di cui all'articolo 4-bis.

Senza ipocrisia, il dibattito sul 4-bis c'è sempre stato. E, se c'è una ragione storica per cui il legislatore non ha mai avuto la forza di intervenire, è solo ed esclusivamente per i risultati che quella normativa di emergenza aveva prodotto sul campo. È innegabile, infatti, che le collaborazioni di giustizia, il sistema di preclusioni, ancorché assolutistiche, determinate dalla modifica del 4-bis, abbiano indotto tantissimi uomini appartenenti a Cosa Nostra a collaborare, e che tra le ragioni delle collaborazioni vi siano state precipuamente le condizioni dure del carcere inflitte per effetto di quella divisione.

Tuttavia - e chiarisco subito la posizione del Partito Democratico -, non possono esistere risultati se non sono in linea con la Costituzione e con i principi in essa contenuti, ed è per questo che, dinanzi al sopravvenire della giurisprudenza europea e, poi, in ultimo, della giurisprudenza italiana e della Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 97, che ci ha messi dinanzi al problema e ci ha obbligati ad affrontarlo, la decisione del Partito Democratico è stata quella di fare uno sforzo per consentire di non pregiudicare i risultati ottenuti con la normativa precedente e, nel contempo, creare un sistema che fosse costituzionalmente orientato.

È così che abbiamo, intanto, fatto lo sforzo di leggere l'ordinanza n. 97 del 2021, perché quello che alcuni hanno tentato di fare, a mio avviso sbagliando, avvelenando i pozzi, è stato tentare di polarizzare questo dibattito tra chi voleva neutralizzare - asseritamente neutralizzare - la statuizione contenuta nell'ordinanza n. 97 del 2021 e chi, invece, voleva avere il diritto a rivendicare di essere tutore del garantismo. Nulla di più falso.

Noi abbiamo fatto lo sforzo, intanto, di provare a capire l'ordinanza, di leggere quello che la Corte ci stava imponendo, ci stava consigliando; e quello che abbiamo letto è che non andava semplicemente eliminato l'automatismo, che non andava semplicemente superata la presunzione di assolutezza. Quello che andava fatto era prendere in considerazione che, per quanto andasse superata la presunzione di assolutezza, comunque si doveva riconoscere ai soggetti detenuti per determinati delitti gravi che non avessero collaborato, specie quelli che non avessero collaborato per scelta, una presunzione di pericolosità relativa. Infatti, è la Corte che ci dice, in quell'ordinanza, di fare attenzione ad equiparare la posizione tra i soggetti che hanno deciso e optato per la collaborazione e quelli che, invece, hanno deciso di non farlo.

E in questo sforzo abbiamo tentato di realizzare quello che la stessa Corte ci consigliava, cioè esercitare il potere legislativo fino alla fine e introdurre tutta una serie di condizioni, costituzionalmente orientate, che consentissero, comunque, di rappresentare un argine o, meglio, una guida per tutti quei magistrati che, da domani, dalla conclusione del procedimento che ha dato luogo all'ordinanza n. 97, vedranno arrivare una infinità di istanze per la concessione dei benefici, tutte potenzialmente legittime, ma molte delle quali - mi sia consentito di dire - assolutamente temerarie e pretestuose.

In questo contesto, noi rivendichiamo, intanto, come Partito Democratico, la scelta di metodo, di avere voluto ostinatamente inchiodare tutti al confronto, di avere voluto resistere a tutte le provocazioni, di esserci fatti carico della mediazione sempre, in maniera costante, fino allo sfinimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), non ultimo questa notte; lo rivendichiamo con forza, convinti del fatto che il metodo sia forma e che la forma sia sostanza, sia anche sostanza. E convinti che, in fondo, tutti, dinanzi alla portata pregiudiziale, alla portata potenzialmente demolitoria, di cui parla la Corte, cioè dinanzi alla possibilità della distruzione di un sistema che aveva prodotto risultati, avvertissimo la necessità di dare un contributo e di arrivare ad un risultato utile: l'esistenza di una legge efficace, possibilmente, anzi, dovutamente, costituzionalmente orientata, che entri in vigore prima del 10 di maggio.

Noi rivendichiamo, nell'ottica di quanto indicatoci dalla Corte, che sia costituzionalmente orientato avere introdotto tutti quegli elementi: la necessità delle allegazioni specifiche, la necessità della dimostrazione dell'assenza dei collegamenti, la necessità della dimostrazione della dissociazione rispetto all'organizzazione, la necessità della dimostrazione dell'avvenuto risarcimento; sono tutte condizioni costituzionalmente orientate.

E, ancora, rivendichiamo la differenziazione per fascia e ringraziamo quei partiti, in particolare il MoVimento 5 Stelle, che hanno oggettivamente rivisto una loro posizione su questa scelta, perché è grazie a questa nuova formulazione del 4-bis che non sarà più consentito dire che esiste una equiparazione tra i delitti monosoggettivi, che nulla hanno a che fare con quelli di criminalità organizzata, e quelli di criminalità organizzata.

Rivendichiamo con forza l'avere, ancora stanotte, salvaguardato un sistema che riconosce in capo al Ministero della Giustizia il potere di riconoscere l'esistenza o meno degli elementi da cui si desume l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata. Rivendichiamo la scelta di avere, anche a muso duro contro il Governo, preteso che ci fosse un'impostazione collegiale.

Rivendichiamo tutte queste scelte e, in forza di queste rivendicazioni, annunciamo un “sì” convinto al provvedimento, un “sì” forte anche della costante, prudente e mai invadente vigilanza di un Ministro che quella Corte dei principi l'ha già presieduta. Questo per noi è fonte di garanzia, è stato fonte di garanzia e per questo ritengo vadano ringraziate la sottosegretaria Macina ed anche il Ministro.

Nel chiudere, nell'annunciare il voto, chiedo un ultimo sforzo a questo Parlamento e, se da questo Parlamento, unitamente, poi, uscirà un voto convinto verso il provvedimento, all'altro ramo del Parlamento: provvedere a rendere esecutiva questa norma e pubblicarla in Gazzetta Ufficiale prima possibile, prima di quel 10 di maggio. Infatti, esiste un unico modo per onorare i giudici Falcone e Borsellino, la dottoressa Morvillo e tutte le vittime innocenti di mafia (Applausi): continuare a lottare contro la criminalità organizzata con i provvedimenti e questo è un provvedimento che, ancora oggi, consente di lottare contro la criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tomasi. Ne ha facoltà.

MAURA TOMASI (LEGA). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo a votare non è sicuramente tra quelli che attirano la massima attenzione dei cittadini, ma per chi segue le problematiche della giustizia è un tema assai importante e da tempo dibattuto. Secondo la Corte costituzionale il reo resta comunque un uomo che, in forza dell'articolo 27 della Costituzione, lo Stato ha il dovere di rieducare, cosa, a dire il vero, in certi casi non facile e certamente non in linea con il comune sentire dei cittadini, soprattutto di fronte a crimini efferati. In questi casi, però, non possiamo farci coinvolgere dall'onda emotiva, ma il legislatore deve dare risposte che bilancino e contemperino i diversi interessi alla luce del faro costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). È proprio con questo spirito di servizio che ha lavorato la Commissione giustizia, che, dopo un'istruttoria preventiva e articolata, ma serena e intellettualmente onesta, ha svolto un'attività emendativa condivisa dalla maggior parte dei gruppi.

L'azione legislativa era, come noto, non del tutto libera nei tempi, perché su essa pendeva una decisione interlocutoria della Corte costituzionale, che, con ordinanza n. 97 dell'11 maggio 2021, ha indicato al legislatore uno spatium deliberandi di un anno per affrontare e risolvere in senso costituzionalmente orientato una questione che aveva già segnalato con più pronunce, ed in particolare con la sentenza n. 253 del 2019. Con tale decisione, la Corte ha ritenuto non conforme al dettato costituzionale la preclusione assoluta alla concessione di taluni benefici penitenziari ai condannati per alcuni delitti previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario in assenza di collaborazione con la giustizia. In parole più semplici, ad esempio, il condannato all'ergastolo per un reato non ostativo, cioè non compreso nell'elenco di cui sopra, dopo 26 anni di pena eseguita può chiedere, ai sensi dell'articolo 176 del codice penale, di essere ammesso alla liberazione condizionale.

Un ergastolano, invece, condannato per uno dei reati di cui all'articolo 4-bis tale beneficio non può neppure chiederlo, non può neppure immaginare di chiederlo, a meno che non abbia deciso di collaborare con la giustizia. La Corte costituzionale, così come anche la Corte di cassazione e anche la CEDU, ha ritenuto non conforme al dettato costituzionale la norma in sé, che ha, comunque, ritenuto conforme, ma non ha ritenuto giusta. Quindi, era necessario procedere e modificare, concedendo anche a coloro i quali sono stati condannati per i reati più gravi la possibilità di ottenere i benefici previsti dall'articolo 176 del codice penale. L'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, introdotto, da ultimo, con il decreto-legge n. 152 del 1991, convertito dalla legge n. 203 del 1991, prevedeva, infatti, un regime differenziato per la concessione dei benefici penitenziari per alcune tipologie di gravi reati, essenzialmente mafia, terrorismo ed eversione, ed era condizionata alla dimostrazione di due circostanze: l'esclusione dell'attualità dei collegamenti con le organizzazioni di provenienza ed avere espiato una certa quantità di pena.

Tali circostanze potevano essere superate entrambe, con significativi vantaggi anche temporali, però in caso di collaborazione con la giustizia, ai sensi dell'articolo 58-ter dell'ordinamento penitenziario. La norma, dunque, era finalizzata, come altre in quel tempo, a favorire il cosiddetto pentimento o collaborazione o dissociazione, e, comunque, ha dato sicuramente tanti positivi risultati. La collaborazione era, quindi, inizialmente, una possibilità, ma non la sola, di avere benefici. All'indomani delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, con la legge 7 agosto 1992 si introduceva il famoso articolo 4-bis, con due fasce di reato: nella prima, erano elencati i reati più gravi, l'associazione mafiosa.

Per quei detenuti, la collaborazione diventava l'unica strada per accedere ai benefici penitenziari, sul presupposto che l'appartenenza di per sé a determinati sodalizi criminali implichi sempre e per sempre l'impossibilità di accedere a questi benefici.

Senza entrare nei complessi dettagli giuridici delle questioni sottese alle normative e decisioni giurisprudenziali via via intercorse, possiamo dire oggi che il legislatore è chiamato dalla Corte costituzionale a modificare la normativa in esame in modo tale da superare questo automatismo ostativo. Certe preclusioni oggi assolute, per esempio la concessione della liberazione condizionale, devono diventare relative. Il detenuto che oggi, in assenza di collaborazione con la giustizia, non può neppure cercare di dimostrare la propria meritevolezza, domani potrà farlo; e questo, naturalmente, è quello che questa normativa vuole regolamentare.

Va ricordato che tale preclusione assoluta è già stata variamente censurata e in parte, di fatto, modificata negli anni dalla Corte costituzionale, ma non solo. Anche la Corte di cassazione, con varie pronunce, e la CEDU, con l'ormai famosissima sentenza del 2019, cosiddetta Viola contro Italia, hanno statuito su molti aspetti della normativa oggi in esame. E proprio sulla scorta di questo bagaglio giurisprudenziale della Corte costituzionale e della giurisprudenza suprema della Corte di cassazione si è arrivati ad emettere l'ordinanza n. 97 dell'11 maggio 2021, con la quale, previa sospensione del giudizio sul caso in esame, si è chiesto al Parlamento di apportare all'articolo 4-bis modifiche tali da superare le censure e i dubbi via via stratificatisi nel tempo. Sul punto, la Corte costituzionale, ricordiamo, non ha mai detto che il principio premiale della collaborazione che permea il 4-bis non sia conforme alla Carta e non si possa considerare come elemento indicatore decisivo di un profondo e sicuro ravvedimento o che vada, in alcun modo, ritenuto irrilevante, ma, semplicemente, che tale presunzione di pericolosità deve poter essere vinta, in qualche modo, anche da parte di chi non voglia o non possa collaborare con la giustizia.

Le soluzioni che si sono individuate vogliono trovare un punto di equilibrio tra quelli che sostengono che il venir meno delle preclusioni assolute porterà presto fuori dalle carceri molti pericolosi detenuti, non di rado con incarichi apicali nelle organizzazioni di provenienza, che riprenderanno, quindi, a gestire le fila delle stesse, e chi, invece, ritiene che queste misure di garanzia saranno comunque sufficienti ad evitare abusi, e finiranno dunque per premiare coloro i quali, pur non dissociandosi, pur non collaborando per motivi propri, però sono meritevoli di questi benefici.

La Commissione giustizia ha, quindi, compiuto un lavoro difficile e complesso e, a questo punto, mi pregio di ringraziare tutti i componenti della Commissione giustizia ma, in particolare, il collega, onorevole Luca Paolini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), il quale ha fornito un apporto molto importante nella redazione di questo provvedimento. Quindi, cosa prevede il provvedimento, in buona sostanza?

Effettua una distinzione tra i vari tipi di reato, cioè li distingue in due fasce: una prima fascia che contiene i reati di criminalità organizzata, terrorismo ed eversione, ed una seconda fascia, invece, che contiene i reati contro la pubblica amministrazione e i reati contro la libertà individuale. Per questi, quindi, è possibile ottenere, anche in assenza di collaborazione, la meritevolezza della liberazione condizionale, purché sussistano determinati requisiti, che sono diversi l'uno dall'altro.

In particolare alcuni requisiti sono uguali, quindi quello di avere provveduto ad adempiere le obbligazioni civili e le obbligazioni di riparazione pecuniaria nei confronti delle vittime del reato; ma si prevede, in un caso, di escludere l'attualità di tutti i collegamenti e, nell'altro - quindi per i reati contro la pubblica amministrazione e la libertà individuale - di fornire elementi specifici che consentano di escludere l'attualità dei collegamenti nel contesto di quel tipo di reato.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole.

MAURA TOMASI (LEGA). Finisco. Vorrei semplicemente un minuto, se me lo concede.

PRESIDENTE. No, un minuto no! Però, può dire se vota a favore o contro.

MAURA TOMASI (LEGA). Grazie, signor Presidente. Allora, detto questo, annuncio il voto favorevole del gruppo Lega-Salvini Premier (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferraresi. Ne ha facoltà.

VITTORIO FERRARESI (M5S). Presidente, non avremmo mai pensato di poter essere qui oggi a discutere, nell'anno in cui ricorderemo il trentennale delle stragi di Capaci e di via D'Amelio, di dover riformare quella legge e quei principi per i quali Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tanti altri servitori dello Stato hanno dato la loro vita. Siamo qui perché ce lo impone un'ordinanza della Corte costituzionale che, come abbiamo già detto, rispettiamo ma non condividiamo. Ma quell'ordinanza c'è e il Parlamento ha il dovere di intervenire in urgenza per esprimere la propria voce in modo chiaro. Lo stiamo facendo, mi creda, cercando di portare avanti sulle nostre gambe quelle idee, quei valori e quei principi che quei servitori dello Stato hanno voluto trasmetterci con il loro impegno, la loro passione e la loro vita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Nel merito, dopo le pronunce della Corte costituzionale sarà possibile in astratto concedere l'accesso ai benefici penitenziari anche se il detenuto, condannato per gravi reati di mafia e di terrorismo, non ha collaborato con la giustizia. Secondo noi questa impostazione non prende in debita considerazione un fatto assodato, ovvero che la collaborazione con la giustizia non è solo lo strumento ideato da Falcone per cercare di spezzare il vincolo tra il detenuto e l'associazione criminale ma è stato lo strumento con cui lo Stato, in questi trent'anni, ha combattuto efficacemente le associazioni criminali grazie alle informazioni ricevute, ed è lo strumento con cui più di altri si può dimostrare che il soggetto ha reciso i rapporti con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Infatti, ricordiamo a tutti - a tutti! - che la mafia non è un'associazione a delinquere che commette semplici reati: la mafia è un'associazione che mira al sovvertimento dello Stato democratico, che mira a sostituire lo Stato con un proprio dominio assoluto e si fa forte di un vincolo di appartenenza che viene meno solo con la morte. Parlare di mafia vuol dire parlare di stragi, vuol dire parlare di morti sulle strade non solo nel passato ma anche nel presente, oggi in cui abbiamo ancora morti ammazzati a Foggia, a Napoli, ad Agrigento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quando parliamo di mafia parliamo di un'associazione criminale che continua a investire in tutta Italia, in Europa e nel mondo grazie al traffico di rifiuti, di droga e di armi, con la prostituzione e consolidandosi e infiltrandosi nello Stato e nell'economia sana grazie alla corruzione e alle estorsioni.

Noi tutti vogliamo un carcere umano, più umano. Questo non significa, però, allentare le misure di contrasto a una mafia ancora attiva. L'eccezionalità del carcere duro, colleghi, è legata alla pervasività delle organizzazioni criminali: scindere questi due aspetti è un errore tragico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Il diritto a crescere il proprio figlio in un ambiente salubre, il diritto dell'imprenditore a non dover scegliere tra pagare il pizzo o chiudere, il diritto a scegliere la legalità e il lavoro e non o il lavoro o la legalità, il diritto ad avere uno Stato che investe in sanità, scuole e strade, non vedendosi le risorse prosciugate dalla corruzione, il diritto dei nostri giovani a vivere in un Paese dove prevale la meritocrazia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), dove non devono essere i magistrati e gli imprenditori a dover andare in giro scortati, a dover temere per la propria incolumità o per quella della propria famiglia e a veder ridotta la propria libertà: non sono questi i diritti fondamentali, colleghi, garantiti dalla Costituzione che dobbiamo riconoscere ai cittadini tutti? Allora con questa legge fissiamo alcuni punti imprescindibili, perché il detenuto condannato per gravi reati, tra i quali mafia e terrorismo, se vuole accedere ai benefici dovrà dimostrare, allegando elementi specifici, di non avere più contatti attuali con l'associazione criminale o il pericolo del loro ripristino, nonché di aver adempiuto alle obbligazioni civili e risarcito le vittime del reato, con la contestuale disposizione di accertamenti patrimoniali nei confronti suoi e del nucleo familiare. Il giudice, anche per la concessione dei permessi premio e il lavoro esterno, dovrà essere in composizione collegiale attraverso il tribunale di sorveglianza, in modo da tutelare maggiormente la sua indipendenza e la sua incolumità. Questo è un punto fondamentale, oltre a quello della differenziazione delle fasce di reato per l'accesso ai benefici, riportato dalla relazione della Commissione antimafia, per cui ringrazio, in particolare, i relatori Pietro Grasso e Stefania Ascari per i preziosi contributi ed il grande lavoro svolto, che in gran parte è stato recepito in questo testo.

L'altro punto importante inserito sono i pareri delle procure distrettuali e della Direzione antimafia, nonché la possibile partecipazione in udienza dello stesso procuratore distrettuale, in modo da garantire piena partecipazione a chi ha seguito il percorso criminale che ha portato alla condanna del soggetto. E ancora, voglio confermare che la collaborazione impossibile o inesigibile non sparisce; viene recepita come valutazione del magistrato, nell'inciso inserito con la formulazione del Ministero della Giustizia, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, ma ovviamente il detenuto dovrà provare la lontananza dalla criminalità organizzata e il risarcimento alle vittime e così non potrebbe che essere. Inoltre, è stato scritto nero su bianco, con il parere favorevole del Ministero della Giustizia, quello che da sempre è stato ovvio a tutti noi, ovvero che un detenuto sottoposto a regime di 41-bis, che per sua natura identifica un soggetto pericoloso e che ha legami con la criminalità organizzata, non può in alcun modo accedere ai benefici penitenziari fino a che il regime speciale non sia stato revocato o non prorogato.

In conclusione, non so se questa sia la migliore legge che si possa fare. Sono sicuro che abbiamo fatto tutto il possibile perché lo sia, mettendo anima e cuore tutti noi stessi nella sua creazione, nella sua discussione e nella sua celere trattazione proprio per rispettare la scadenza che la Corte ci ha imposto, ovvero quella del 10 maggio di quest'anno. Una mancata approvazione di una legge entro quella data o di una legge non severa sarebbe una responsabilità storica e senza precedenti che noi tutti avremmo. È per questo che ringrazio il lavoro di tutti i gruppi parlamentari, del relatore Perantoni, degli esperti, professori, avvocati e magistrati, che hanno contribuito in modo propositivo a questo lavoro, sperando che questo testo possa essere analizzato ed approvato celermente dal Senato. Se un giorno mi chiedessero se ne è valsa la pena di essere qui oggi anche solo per questo lavoro, anche solo per questo voto nell'arco di dieci anni di esperienza parlamentare che ho fatto all'interno di questo palazzo nel bene o nel male, io senz'altro potrei rispondere di sì, perché oggi ci sentiamo orgogliosi di aver fatto il nostro dovere, pur in una situazione purtroppo compromessa. Oggi questo Parlamento esprime una voce chiara che non perde di vista l'obiettivo principale di chi combatte contro la mafia ogni giorno, vale a dire la protezione di quel fresco profumo di libertà, per usare un'espressione di Paolo Borsellino, che i cittadini devono poter respirare in questo Paese, quel fresco profumo di libertà per cui hanno combattuto e perso la vita quei servitori dello Stato che devono sempre ispirare le azioni di tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bartolozzi. Ne ha facoltà.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Presidente, la prego di essere clemente. Stanno rubando loro il tempo…

PRESIDENTE. Onorevole Bartolozzi!

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Presidente, come faccio con…

PRESIDENTE. Io la sento. Tiri su il microfono, così vedrà che la sentiamo tutti quanti noi.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Mi rifiuto di parlare con questa claque, Presidente.

PRESIDENTE. Va bene, allora andiamo avanti…

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). No, no, no!

PRESIDENTE. Ma se si rifiuta? Avevo capito così.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Mi rifiuto con la claque. Hanno smesso.

PRESIDENTE. Prego.

GIUSI BARTOLOZZI (MISTO). Presidente, c'è un dato innegabile, cioè che dopo l'ordinanza della Corte costituzionale dovevamo sicuramente intervenire, ma il tema non è tecnico. Il tema è di politica giudiziaria, di visione che ognuno di noi ha della politica giudiziaria di questo Paese. La mia visione di politica giudiziaria è molto chiara: “no” all'accostamento di chi è condannato per peculato a chi è condannato per associazione mafiosa e terrorismo; “no” al compromesso al ribasso, che vuole un onere di prova differenziata; “no” alla circostanza dell'allargamento degli accertamenti preventivi, per coloro che sono soggetti a questi reati, che, attenzione, non sono quelli del codice antimafia, ma sono anche per i familiari, i parenti e persone ad essi collegate. E, Presidente - concludo - “sì” alla possibilità per ciascuno di poter fare la richiesta, salvo un accertamento molto rigoroso. Questa è la mia idea di politica giudiziaria, che si presta alla mediazione dovuta per la politica, ma non a compromessi al ribasso. Quindi, mi asterrò dal voto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, a titolo personale, l'onorevole Piera Aiello. Ne ha facoltà.

PIERA AIELLO (MISTO). Colleghi, Presidente, annuncio il mio voto favorevole, perché è stato fatto un bellissimo lavoro in Commissione giustizia. Certo, questo non era un provvedimento molto facile, però, si sono messe da parte le casacche, i colori politici, e si è fatto un lavoro abbastanza duro. In molti conoscete la mia vicenda di testimone di giustizia e sapete che più volte sono intervenuta a difesa del nostro impianto di contrasto alle mafie, ispirato alle esperienze di fedeli servitori dello Stato, come Paolo Borsellino. Mi indigna dovere ascoltare ancora argomenti della presunta incostituzionalità di strumenti giudiziari di indubbia efficacia per la lotta al crimine organizzato. Misure come il 41-bis e l'ergastolo ostativo non possono essere messe in discussione. Il carcere duro è quello che ogni giorno affrontano i detenuti affollati in pochi metri per piccoli reati, magari in attesa di giudizio. Ma, per un boss, che non ha voluto collaborare e che è perfettamente in grado di impartire ordini di morte anche dal carcere, il 41-bis è necessità. Non si tratta di una punizione, che spesso tocca ai tanti disperati che non possono permettersi una difesa efficace, ma è lo strumento attraverso cui lo Stato difende se stesso e sottrae le mafie al loro sistema di comando. Credete davvero che il capo di un'organizzazione criminale non sappia svolgere il suo ruolo da una cella ordinaria? Davvero devo ricordare quest'ultima, che la cancellazione del 41-bis, era uno dei punti del “papello” di Riina? Allora, proprio per questo, oggi io dichiaro il mio voto favorevole (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare il relatore Perantoni, forse per un ringraziamento. Ne ha facoltà.

MARIO PERANTONI, Relatore. Sì, molto brevemente, signor Presidente, grazie. Vorrei sottolineare che è emersa, dal dibattito, la complessità, la delicatezza del tema. Comunque, abbiamo portato a compimento un ottimo lavoro, grazie alla collaborazione del Governo, degli uffici e al contributo e al lavoro di tutti i gruppi parlamentari, nessuno escluso.

Quindi, pur avendo toccato temi estremamente sensibili e avendo messo in gioco sensibilità politiche diverse, credo che il Parlamento, oggi, stia scrivendo una bella pagina, e di questo ringrazio tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Coordinamento formale - Testo unificato - A.C. 1951-A​)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

(Così rimane stabilito ).

(Votazione finale ed approvazione – Testo unificato - A.C. 1951-A​)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge 1951-3106-3184-3315-A: Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, al decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e alla legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di divieto di concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei detenuti o internati che non collaborano con la giustizia.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

La Camera approva (Vedi votazione n. 30) (Applausi).

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, gli altri argomenti iscritti all'ordine del giorno sono rinviati ad altra seduta.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. La Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla XII Commissione (Affari sociali):

S. 2533. - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, recante misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana (PSA)" (approvato dal Senato) (3547) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, VIII, XI, XIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Poiché il suddetto disegno di legge è iscritto nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire da martedì 5 aprile 2022, ai sensi del comma 5 dell'articolo 96-bis del Regolamento il termine di cui al comma 4 del medesimo articolo si intende conseguentemente adeguato.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta. Prego i colleghi di fare maggior silenzio. Ha chiesto di parlare il collega Davide Aiello. Ne ha facoltà.

DAVIDE AIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Oggi, 31 marzo, ricorrono trent'anni da un fatto che sconvolse l'Italia intera. Mi riferisco alla scomparsa di Salvatore Colletta e Mariano Farina, due ragazzini di 12 e 15 anni scomparsi a Casteldaccia il 31 marzo 1992, presso la spiaggia del Gelso. In questo tratto di mare sorgono diverse ville, appartenenti a esponenti di spicco di Cosa Nostra. Il 1992 era un anno particolare, in cui i boss stavano progettando e preparando anche gli attentati di Capaci e via D'Amelio, in cui persero la vita i giudici Falcone e Borsellino e gli agenti della scorta. Salvatore e Mariano, probabilmente, hanno visto qualcosa che non dovevano vedere oppure sono entrati in qualche villa appartenente agli esponenti mafiosi e, questi, per punire i due ragazzini, hanno pensato di fargli del male, fino al punto di farli sparire per sempre.

Sono passati trent'anni, trent'anni di dolore, di ricerche, di speranze, da parte delle famiglie Colletta e Farina, che non hanno mai smesso di cercare la verità, trent'anni di indagini da parte della magistratura e delle Forze dell'ordine, ma, ad oggi, non si sa che fine abbiano fatto Salvatore e Mariano. Sul caso è stata avviata anche una richiesta di archiviazione.

Pertanto, oggi, rivolgo il mio accorato appello a tutte le istituzioni e alla magistratura, affinché si continui ad indagare sulla scomparsa di questi due bambini. Faccio anche un appello a collaborare con le autorità competenti, anche in forma anonima, a chiunque quel giorno abbia visto qualcosa o sia a conoscenza di informazioni che possano risolvere questo misterioso caso. Sono trent'anni che le famiglie Colletta e Farina convivono con questo dolore, un dolore che può essere colmato soltanto dalla verità e dalla giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. In questo tempo, in cui le scuole, la società civile, le comunità terapeutiche e le associazioni del Terzo settore si stanno impegnando per informare e sensibilizzare i più giovani sui rischi della droga e sui danni che provoca, in questo tempo, in cui in Italia c'è un aumento della diffusione di sostanze stupefacenti e l'Italia stessa è al primo posto in Europa per utilizzo di cannabinoidi tra i quindicenni, in questo tempo, in cui le dipendenze patologiche aumentano e piegano la vita dei più giovani e delle famiglie, noi assistiamo a chi promuove, istiga e incentiva l'utilizzo di droga e di cannabis. Sa perché denuncio questo, Presidente? Perché in questo fine settimana, 1-2-3 aprile, si terrà a Roma una manifestazione che si chiama “Canapa mundi”, la fiera internazionale della canapa. Presidente, questa fiera è mascherata dall'idea che venga promossa soltanto la produzione per uso industriale, tessile, agricolo, ma, in realtà, questi tre giorni sono disseminati di workshop, dibattiti e presentazioni di libri, che incentivano l'utilizzo ricreazionale della cannabis, fino a proporre un workshop che spiega come coltivare la cannabis, con un corso che ti fornirà tutti gli elementi per farlo. Peraltro, oltre al fatto che questa fiera contravviene alla legge, poiché l'articolo 82 della legge n. 309 del 1990 sanziona l'istigazione all'utilizzo di sostanze stupefacenti, ancor di più tra i più giovani, oltre, quindi, a non proporre qualcosa di legittimo - e Fratelli d'Italia denuncerà, in tutte le sedi opportune, quello che sta accadendo - si immagini che, all'interno della fiera, c'è uno spazio che accoglie i bambini per far sì che le famiglie possano stare in questi luoghi.

Noi ci proporremo in tutti i contesti per difendere la vita, per tutelare i più fragili e soprattutto per far rispettare la legge.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Bellucci.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Quindi, Presidente, questo è quello che faremo come Fratelli d'Italia e Gioventù Nazionale e in questi giorni non ci fermeremo un minuto perché per noi la vita è libera…(Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!

PRESIDENTE. Grazie.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Spessotto. Ne ha facoltà.

ARIANNA SPESSOTTO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Siamo ancora una volta, oggi, a parlare di MOSE e purtroppo, ancora una volta, non bene. Un intervento della Guardia di finanza di questi giorni ha messo in luce quello che da anni denunciamo, cioè che le paratoie del MOSE sono completamente ricoperte di melma, alghe, cozze e residui del fondale lagunare, poiché da quasi dieci anni giacciono sul fondale senza alcuna manutenzione. Per questo la Corte dei conti ha aperto un'indagine per verificare eventuali danni erariali causati dai ritardi degli interventi.

La commissaria straordinaria del MOSE, Elisabetta Spitz, ha evidentemente mancato la propria missione, visto quanto ci hanno mostrato i filmati della Guardia di finanza di questi giorni. Dal 2019 ad oggi sono passati più di due anni e lo “Sblocca cantieri” non ha sbloccato un bel niente, considerato che non è stata fatta neppure la manutenzione ordinaria prevista e i cantieri sono ancora allo stallo. Anche il commissario liquidatore del consorzio Venezia Nuova, Massimo Miani, non è stato migliore, visto che avrebbe dovuto mettere in liquidazione il consorzio, appunto, che è stato il fulcro della corruzione di cui tutto il mondo ha visto lo squallore e invece non è ancora riuscito a farlo. Miani, in due anni, è riuscito a malapena ad accettare un accordo imposto dalle imprese creditrici. Tra l'altro, non è ancora dato sapere quale sarebbe il compenso previsto per il commissario liquidatore del consorzio. Allora, si liquidi il consorzio quanto prima oppure si liquidi Miani, che non è ancora riuscito a farlo.

Al Governo chiediamo l'immediata rimozione del commissario straordinario, visto l'evidente mancato raggiungimento dell'obiettivo che gli era stato affidato, lo stralcio dell'Agenzia per Venezia, ferma al palo dall'agosto 2020, che ho sempre criticato e avversato, e la ricostituzione del magistrato alle acque, a cui attribuire tutte le competenze e funzioni in materia di salvaguardia di Venezia con una governance degna e preparata, rispettosa degli enti nazionali e locali, ma soprattutto del fragile ambiente lagunare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Romaniello. Ne ha facoltà.

CRISTIAN ROMANIELLO (MISTO-EV-VE). La ringrazio, Presidente Rosato. Volevo parlare del bonus psicologo perché due giorni fa è uscito un articolo su La Notizia, a firma Iannaccone, in cui - vedo che il collega Sensi annuisce - si segnalava un'anomalia a cui siamo abituati, di fatto.

A volte, facciamo leggi e nei Ministeri poi si bloccano i decreti attuativi e, nonostante le scadenze, non riusciamo a portare avanti i provvedimenti. Abbiamo appreso da questo articolo che il provvedimento è bloccato al Ministero dell'Economia e delle finanze. Al riguardo, c'è stato un passaggio, trattandosi di un lavoro che il Ministero della Salute e quello dell'Economia e delle finanze fanno di concerto; sappiamo che dal Ministero della Salute è partito il provvedimento verso il Ministero dell'Economia e delle finanze, però il provvedimento non è stato ancora licenziato dal Ministro Franco.

Arriviamo alla solita anomalia: come è successo anche l'anno scorso con le assunzioni degli psicologi, c'era necessità di due decreti attuativi e, se non si fanno per tempo, non si riesce a dar seguito alla legge e i soldi vengono riassorbiti a bilancio. Vorrei evitare che si arrivasse a questo. Così come ho ammirato anche la moderazione del collega Sensi che si è detto fiducioso della possibilità di arrivare alla conclusione di questo procedimento, però vorrei invitare tutta l'Aula a chiedere spiegazioni al Governo, nonché a chiedere che venga a riferire o che comunque risponda di questo. È importante che lo si faccia al più presto possibile perché ci sono adolescenti, ma anche adulti, che hanno molto bisogno di supporto psicologico, non hanno risorse per poterselo pagare ed è giusto che lo Stato dia un contributo in questo senso. È una goccia nel mare, però bisogna arrivare a realizzarlo nel più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pignatone. Ne ha facoltà.

DEDALO COSIMO GAETANO PIGNATONE (M5S). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi mi tocca, da quest'Aula, sollevare un'ennesima criticità che avviene nella regione siciliana. Oltre alla clamorosa bocciatura della legge regionale di bilancio proprio nella parte relativa alle assunzioni, dove vengono rilevate criticità e, quindi, chiaramente si pone un tema politico, vi è un'ennesima situazione che merita per lo meno un accertamento, un chiarimento da parte della regione: abbiamo uno spot che si potrebbe anche definire pre-elettorale, in cui appare il presidente della regione che evidenzia come sia stata spesa una serie di fondi pubblici. Qualora questo spot sia stato realizzato con fondi pubblici, quindi sarebbe una pubblicità elettorale realizzata con fondi pubblici, chiaramente questo non è possibile. Invito da quest'Aula il Governo regionale a chiarire su questa incresciosa e poco chiara situazione.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 1 aprile 2022 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di interpellanze urgenti .

La seduta termina alle 13,55.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

nella votazione n. 1 il deputato Fassino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere un voto di astensione;

nella votazione n. 2 il deputato Fassino ha segnalato che non è riuscito a votare;

nella votazione n. 9 la deputata Faro ha segnalato che ha erroneamente espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole;

nella votazione n. 21 il deputato De Lorenzis. ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale T.U. pdl 1951 e ab.-A - em. 1.3 364 363 1 182 34 329 116 Resp.
2 Segreta em. 1.210 390 388 2 195 121 267 112 Resp.
3 Nominale em. 1.4 385 385 0 193 37 348 111 Resp.
4 Nominale em. 1.700 385 357 28 179 356 1 111 Appr.
5 Nominale em. 1.38 389 388 1 195 29 359 110 Resp.
6 Nominale em. 1.48 384 384 0 193 24 360 110 Resp.
7 Nominale em. 1.42 386 386 0 194 27 359 110 Resp.
8 Nominale em. 1.45 383 383 0 192 25 358 110 Resp.
9 Nominale em. 1.300 383 370 13 186 364 6 110 Appr.
10 Nominale em. 1.200 384 380 4 191 33 347 110 Resp.
11 Nominale em. 1.66, 1.205 389 348 41 175 36 312 108 Resp.
12 Nominale em. 1.201 383 383 0 192 18 365 108 Resp.
13 Nominale em. 1.301 384 377 7 189 375 2 108 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale subem. 0.1.702.1 386 384 2 193 26 358 108 Resp.
15 Nominale em. 1.702 n.f. 376 322 54 162 321 1 108 Appr.
16 Nominale em. 1.202 380 379 1 190 33 346 108 Resp.
17 Nominale em. 1.6 378 378 0 190 36 342 108 Resp.
18 Nominale em. 1.11, 1.39 375 374 1 188 36 338 108 Resp.
19 Nominale em. 1.8 378 378 0 190 36 342 108 Resp.
20 Nominale em. 1.302 382 373 9 187 366 7 108 Appr.
21 Nominale articolo 1 384 331 53 166 331 0 108 Appr.
22 Nominale em. 2.300 385 385 0 193 383 2 108 Appr.
23 Nominale em. 2.100, 2.106 368 340 28 171 26 314 108 Resp.
24 Nominale articolo 2 374 332 42 167 321 11 108 Appr.
25 Nominale art. agg. 2.0700 374 374 0 188 364 10 108 Appr.
26 Nominale articolo 3 381 349 32 175 349 0 108 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 30)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale art. agg. 3.0500 380 375 5 188 375 0 108 Appr.
28 Nominale articolo 4 385 360 25 181 360 0 108 Appr.
29 Nominale odg 9/1951 e ab.-A/5 rif. 344 339 5 170 329 10 107 Appr.
30 Nominale T.U. pdl 1951 e ab.-A - voto finale 333 286 47 144 285 1 102 Appr.