XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 672 di martedì 5 aprile 2022
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI
La seduta comincia alle 11,05.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ALESSANDRO COLUCCI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amitrano, Bagnasco, Baldelli, Bordonali, Enrico Borghi, Maurizio Cattoi, Colmellere, Corda, Luigi Di Maio, Dieni, Fiorini, Gerardi, Loss, Misiti, Mollicone, Tofalo, Valente, Vito e Raffaele Volpi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente 125, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Svolgimento di interrogazioni.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni.
(Elementi e iniziative in merito ai criteri di ripartizione del Fondo di sostegno ai comuni marginali - n. 3-02755 e n. 3-02866)
PRESIDENTE. Passiamo alle prime interrogazioni all'ordine del giorno D'Uva n. 3-02755 e Deidda n. 3-02866 che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A).
La sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Danila Nesci, ha facoltà di rispondere.
DALILA NESCI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Grazie Presidente. Gentilissimi onorevoli, rispondo a due interrogazioni aventi ad oggetto la gestione del Fondo di sostegno ai comuni marginali. L'onorevole Deidda chiede notizie in ordine all'esclusione di alcuni comuni della Sardegna, mentre l'onorevole D'Uva esprime perplessità su una delle categorie di interventi finanziati dal Fondo, ossia l'adeguamento di immobili appartenenti al patrimonio disponibile dei comuni al fine di utilizzarli gratuitamente a favore di iniziative commerciali, artigianali e professionali.
La norma istitutiva del Fondo (legge di bilancio per il 2021 all'articolo 1, commi 196, 197 e 198) prevede che i comuni beneficiari siano individuati “in base ai seguenti criteri: spopolamento, deprivazione sociale, indicatori del reddito delle persone fisiche inferiori alle medie di riferimento”. Per finalizzare l'intento del legislatore, i nostri uffici hanno definito i criteri per l'individuazione dei comuni destinatari della misura, utilizzando dati e statistiche ufficiali prodotte dal Sistema statistico nazionale a livello censuario. In particolare, nell'adottare le finalità della norma in merito alle tre dimensioni di marginalità dei comuni beneficiari cui è rivolta, sono stati utilizzati i seguenti indicatori: lo spopolamento dei territori, misurato osservando il tasso di crescita o decremento della popolazione dal 1981 al 2019 (fonte Istat, Censimenti); il reddito IRPEF per contribuente (fonte Agenzia delle entrate); l'indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVMS, fonte Istat).
Il modello per l'individuazione dei comuni beneficiari è stato impostato per identificare i comuni che presentano contestualmente le tre dimensioni di marginalità. Con specifico riguardo ai comuni sardi indicati dall'interrogante Deidda, la loro esclusione è stata determinata dal fatto che, in tutti e tre i casi, l'indice di vulnerabilità materiale e sociale è inferiore alla mediana individuata quale soglia minima. Sul nostro sito istituzionale è peraltro pubblicato un documento esplicativo, in sintesi, delle ragioni di esclusione di ciascun comune.
Voglio precisare che gli uffici del Ministero hanno lavorato in stretta collaborazione con Istat, che ha fornito dati di base e indicazioni metodologico-statistiche, segnatamente in relazione all'utilizzo dell'indice di vulnerabilità sociale e materiale. Segnalo che l'indice è attualmente utilizzato per la programmazione di interventi del PNRR a favore dei comuni da diverse amministrazioni centrali che, dunque, ne hanno anch'esse valutato positivamente la robustezza e l'applicabilità nelle politiche di sviluppo locale del Paese.
Con riguardo alla problematica evidenziata dall'interrogante, onorevole D'Uva, relativa alla circostanza che molti comuni del Sud non hanno la titolarità dei beni, evidenzio che il decreto individua tre linee di azione per i comuni beneficiari: a) adeguamento di immobili appartenenti al patrimonio disponibile del comune da concedere in comodato d'uso gratuito a persone fisiche e giuridiche, con bando pubblico, per l'apertura di attività commerciali, artigianali o professionali per un periodo di cinque anni dalla data risultante nella dichiarazione di inizio attività; b) concessione di contributi per l'avvio delle attività commerciali, artigianali e agricole attraverso un'unità operativa ubicata nei territori dei comuni, ovvero intraprendano nuove attività economiche nei suddetti territori comunali e siano regolarmente costituite e iscritte al registro delle imprese; c) concessione di contributi a favore di coloro che trasferiscono la propria residenza e dimora abituale nei comuni delle aree interne, a titolo di concorso per le spese di acquisto e di ristrutturazione di immobili da destinare ad abitazione principale del beneficiario nel limite di 5 mila euro a beneficiario.
Le tre categorie sono ovviamente disgiunte e la scelta del tipo di intervento è affidata alla discrezionalità dei comuni. Pertanto, nel caso - evidenziato dall'onorevole D'Uva - in cui i comuni non abbiano nel loro patrimonio disponibile immobili da adeguare, e quindi la prima categoria di intervento non sia concretamente e utilmente perseguibile, i medesimi potranno optare per la concessione di contributi finanziari direttamente alle imprese.
Inoltre, si fa presente che, al fine di accompagnare i comuni nel processo di attuazione della misura, sul sito Internet del Dipartimento per le politiche di coesione sono pubblicate e costantemente aggiornate delle specifiche FAQ. Con riguardo al caso dell'adeguamento di immobili di cui alla lettera a), si è chiarito che può farsi rientrare nell'attività di adeguamento anche l'acquisto e l'installazione di manufatti su terreni di proprietà comunale da concedere successivamente in comodato gratuito, a condizione che il manufatto oggetto del finanziamento abbia un carattere di stabilità e di collegamento funzionale e materiale con il terreno di proprietà comunale.
Tengo poi a sottolineare che le misure del Fondo in commento si inseriscono in un quadro strategico molto più ampio. Nel breve e nel medio termine saranno numerose le opportunità di finanziamento per promuovere lo sviluppo e la qualità della vita nei comuni cosiddetti marginali. Ricordo in primis il bando da 500 milioni di euro attuativo della Misura 5, componente 3, del PNRR, appena pubblicato dalla nostra Agenzia per la coesione territoriale, destinato a tutti i comuni delle aree interne per infrastrutture e servizi sociali e, più in generale, l'insieme delle misure fortemente volute dal Ministro per il Sud, che riguardano, tra gli altri, gli asili nido, i servizi sanitari territoriali di prossimità e la povertà educativa. Sono settori che vedono, nella strategia di questo Governo, i comuni protagonisti, grazie non solo al PNRR ma anche ai fondi strutturali europei e al Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027, oggi in fase avanzata di programmazione. Quindi, risorse che saranno accessibili già nel corso del 2022.
PRESIDENTE. Il deputato Francesco D'Uva ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.
FRANCESCO D'UVA (M5S). Grazie Presidente e grazie signora sottosegretaria. Io mi definisco soddisfatto per la risposta che ho ottenuto oggi, perché credo sia importante che i comuni abbiano la possibilità di avviare un'attività di adeguamento che sia anche l'acquisto e l'installazione di manufatti su terreni. Questa cosa, devo dire, non era chiara; non era chiara al sottoscritto e non era chiara nemmeno a chi, dal territorio che mi ha eletto, me lo ha fatto presente, dicendomi che, insomma, non era chiarissima. Si diceva: io comune non ho beni su cui posso investire ai fini dell'adeguamento; però, con riferimento ai terreni - oggi stiamo dicendo in quest'Aula e anche nelle FAQ - sarà possibile investire sia con l'acquisto e l'installazione di manufatti sui terreni di proprietà comunale o addirittura anche con la concessione di contributi direttamente alle imprese nei casi specifici. Questo credo che sia molto, molto importante.
È chiaro che l'interrogazione che ho rivolto al Ministero nasce dalla necessità delle istituzioni di collaborare tra loro. Io cerco di farlo continuamente, perché credo sia l'unico modo per ottenere risultati. Questo lo sta facendo anche il Ministero, lo fa lei, sottosegretaria, lo fa la Ministra per il Sud, che ovviamente si sta impegnando tanto, e lo stiamo facendo tutti quanti. È chiaro che Governo, regione e comuni devono continuare a farlo.
Certo, va detto - e approfitto di questa occasione per farlo presente - che è un vero peccato che altri comuni che avrebbero reale bisogno di accedere a strumenti come questo non potranno farlo. Lei poco fa ha spiegato quali sono i criteri per poter accedere al Fondo e sono chiarissimi. Io penso, però, a una città come Messina, che oggettivamente da quarant'anni ha avuto uno spopolamento del 12 per cento. Parliamo di una città che è la quarta città metropolitana più a rischio di esclusione sociale secondo l'Istat; eppure, ha un reddito tale per cui non può accedere. Sembra una cosa del tipo: “Be' che volete? I soldi li avete”, ma non è proprio così.
Purtroppo, c'è una forbice molto importante nella nostra città. C'è una forbice di reddito, nel senso che ci sono pochissime persone con tanti soldi e tantissime persone con pochissimi soldi. Questo è un problema e, tra l'altro, è un paradosso, perché le stesse persone che potrebbero forse avere la possibilità di fare qualcosa per la città evidentemente non ci sono riuscite. Evidentemente, non c'è un tessuto tale per cui questi redditi di pochi riescono a essere ridistribuiti in tutta la cittadinanza. Quindi, una città che, appunto, perde popolazione, comunque è povera - perché è povera, c'è poco da fare, purtroppo - e ha questo indice di vulnerabilità così alto che non riesce ad accedere a questo Fondo.
Io spero che questa cosa si possa correggere. Non voglio dire che Ministero e Governo si stiano disinteressando alla mia città. Questo non posso proprio dirlo, perché c'è da dire che il Ministero per il Sud e la Ministra Carfagna, in prima persona, si sono impegnati e stanno dando una risposta importantissima sotto il profilo del risanamento, perché quello che non tutti sanno è che nella mia città, la tredicesima città più grande d'Italia, ci sono migliaia di famiglie che vivono ancora nelle baracche, nelle casette. Questa è una cosa su cui, a livello parlamentare, ci siamo impegnati come deputazione messinese. Parlo del sottoscritto, della collega Siracusano e del collega Navarra; abbiamo presentato proposte di legge che sono confluite in un testo unico che è stato approvato in Commissione ambiente qui alla Camera, e poi, comunque, c'è stato il decreto del Ministro per il Sud che ha stanziato 100 milioni di euro e ha nominato un commissario di Stato, così come chiedevamo noi, che è il prefetto Cosima Di Stani. Sua eccellenza Cosima Di Stani sta facendo un ottimo lavoro per risolvere questo problema.
Non è una risoluzione che può avvenire dall'oggi al domani e questo lo sappiamo, però abbiamo fatto molto più che gettare le basi per farlo. Dunque, si sta dando una risposta importante. Di una cosa che doveva avere competenza locale o al più regionale ce ne siamo fatti carico noi a livello nazionale e questa è una bella risposta per una città e una regione dove quasi tutto, complice lo statuto siciliano, ruota attorno a Palermo e alla regione.
Devo dire che Roma sta dando una risposta importante a Messina. Non voglio dilungarmi oltre. Voglio soltanto concludere facendo presente che ci sono anche altri strumenti importanti per città come Messina e per tutto il territorio: sono i fondi del PNRR. Questi vanno spesi per sanare i quartieri più disagiati, perché ciò significa togliere terreno fertile alle mafie, che purtroppo sono pervasive, nel nostro territorio. Ma importante non è soltanto investire bene i soldi, e concludo, Presidente. È altresì importante controllare che questi fondi vengano spesi bene, per farlo ci sono controlli e protocolli. Un protocollo concluso tra la regione Lazio e la DNA prevede che tutti gli incartamenti delle gare d'appalto vengono inviati a DNA e DIA. Un protocollo come questo deve essere assolutamente - e chiudo, Presidente - firmato da tutte le regioni d'Italia, e sicuramente dalla regione siciliana.
PRESIDENTE. Il deputato Deidda ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.
SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario, per la chiarezza, anche precedente alla risposta formale, non sono, tuttavia, soddisfatto, non per colpa del sottosegretario, ma perché abbiamo necessità, come forze politiche, di cambiare questa strategia, di cercare di fare chiarezza, perché, purtroppo, nei piccoli comuni non hanno le strutture per seguire tutta questa procedura, che effettivamente è complicato anche spiegare, soprattutto per un nuovo amministratore di un piccolo comune di 500 o 600 abitanti, che soffre lo spopolamento, con la desertificazione dei servizi. Il sindaco di Esterzili sta combattendo per avere anche un solo Postamat, perché appunto non vi è un bancomat, non vi è un Postamat e il bancomat più vicino sembra tale a livello di chilometri da percorrere, ma le strade in montagna sono talmente tortuose che ci si impiega molto tempo a percorrerle, e ciò si verifica soprattutto in comuni in cui vi è un alta prevalenza di anziani.
Concludo rivolgendo un appello al sottosegretario e al Ministero, per informare meglio tutti gli amministratori locali e cercare di comprendere che purtroppo, ripeto, nei comuni spesso non c'è il segretario comunale, non ci sono i funzionari, non c'è il dirigente. Ovviamente, il sindaco deve fare tutto e a volte può sfuggire una procedura che si basa su freddi numeri statistici e che, a volte, non tiene conto dei cambiamenti reali che avvengono nel tempo. Quindi, faccio un appello: collaboriamo insieme per dare possibilità ai comuni in questione di accedere a tali fondi.
(Interrogazione - n. 3-02867)
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interrogazione n. 3-02867 della deputata Businarolo. Avverto che, su richiesta della presentatrice, l'interrogazione è stata trasformata, in data odierna, in interrogazione a risposta scritta.
(Iniziative di competenza volte a sopperire alla carenza di organico presso il tribunale e la procura della Repubblica di Treviso - n. 3-02868)
PRESIDENTE. Passiamo, dunque, all'interrogazione Baratto n. 3-02868 (Vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha facoltà di rispondere.
FRANCESCO PAOLO SISTO, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Ringrazio il deputato interrogante, per questa occasione di chiarimento, che ovviamente è un'attività utile anche per chi viene chiamato a dare risposte.
Con l'atto di sindacato ispettivo innanzi indicato l'onorevole Baratto - dopo avere premesso che “dalla crisi bancaria di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca hanno avuto inizio procedimenti penali di vasta portata che hanno coinvolto migliaia di cittadini, con un conseguente impegno dell'apparato giudiziario del tribunale di Treviso”, che è nel distretto della corte di appello di Venezia, e che “al contempo, l'avvio di questi procedimenti si affianca all'aggravarsi della cronica mancanza di personale alla procura della Repubblica di Treviso (…); tale situazione (… ) ha spinto il procuratore della Repubblica di Treviso a lanciare un allarme serio sullo stato della giustizia trevigiana, dichiarando che la maggior parte dei processi per reati cosiddetti minori sarà inevitabilmente soggetta al rischio di prescrizione” - chiede alla Ministra della Giustizia quali iniziative intenda assumere per consentire quanto prima la copertura delle posizioni vacanti e, al contempo, potenziare, anche temporaneamente, l'organico della procura della Repubblica di Treviso, per fare fronte all'emergenza in questione.
Andiamo per gradi. In primo luogo, va segnalato, con riferimento al personale amministrativo, che la procura della Repubblica presso il tribunale di Treviso ha in dotazione 42 unità, a fronte delle quali, prestano servizio 33 risorse umane, con una scopertura, quindi, del 21,43 per cento. Le vacanze interessano i seguenti profili professionali: funzionario giudiziario, 2 su 9, assistente giudiziario, 2 su 8, operatore giudiziario, 1 su 7, ausiliario, 4 su 5. Bisogna, in proposito, ricordare che risultano già accantonati e resi indisponibili 2 posti di funzionario giudiziario per interpello, 1 posto di operatore giudiziario per interpello, 1 posto di ausiliario per assunzione diretta. Inoltre, con riferimento al profilo professionale di operatore giudiziario, risultano assegnati alla procura della Repubblica presso il tribunale di Treviso 2 risorse a tempo determinato, per cui, ad oggi, di fatto si registra 1 unità in surplus. Tutti gli altri profili professionali - direttore amministrativo, cancelliere e conducente di automezzi - appaiono completamente coperti.
Va anche evidenziata, a ulteriore riprova dell'imponente attività di reclutamento di personale amministrativo posta in essere da questo Dicastero, la ripresa del concorso Ripam per la copertura di 2.242 posti di funzionario giudiziario, la cui prova orale vede impegnati 2.500 candidati ed è prossima alla conclusione. Merita, poi, di essere sottolineato che, nell'ambito delle attività dirette all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), è previsto un progetto straordinario di reclutamento di personale amministrativo con contratto di lavoro a tempo determinato (cristallizzato nel decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del PNRR e per l'efficienza della giustizia”), diretto a migliorare le prestazioni degli uffici giudiziari e ad accompagnare e completare il processo di transizione digitale del sistema giudiziario, nello sforzo di abbattimento dell'arretrato e di riduzione della durata dei procedimenti. Per tale obiettivo, al pari degli altri contenuti nel PNRR, la linea di progetto non prevede l'assunzione di personale a tempo indeterminato, preclusa dalla Commissione europea, bensì investe sul potenziamento dell'ufficio per il processo e sul rafforzamento del capitale umano, giovane, attraverso la costituzione di veri e propri team di supporto al magistrato. In quest'ambito, è prevista l'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato della durata pari ad anni 3 di: 1.660 unità di personale amministrativo e tecnico (laureati); 750 unità di personale amministrativo e tecnico (diplomati specializzati); 3 mila unità di personale amministrativo e tecnico (diplomati non specializzati). Del pari, è prevista l'assunzione con contratto di lavoro a tempo determinato di 16.500 addetti all'ufficio per il processo, laureati in scienze giuridiche ed economiche, così ripartiti: sino a 16.100 unità per gli uffici giudiziari di primo e secondo grado in due cicli da 8.050 unità ciascuno (un primo ciclo per una durata massima di 2 anni e 7 mesi, un secondo per una durata massima di 2 anni); sino a 400 unità per la Corte di cassazione, in due cicli da 200 unità ciascuno (un primo ciclo per una durata massima di 2 anni e 7 mesi, un secondo ciclo per una durata massima di 2 anni). La consistenza numerica complessiva delle risorse assegnate al distretto di corte d'appello di Venezia è pari a 388 unità, di cui 51 destinate proprio al tribunale di Treviso.
Inoltre, è in procinto di essere avviata la procedura per l'assunzione di altre 5.410 unità a tempo determinato di personale tecnico (informatico, contabile, edile, gestionale e statistico) e giuridico-amministrativo. Nel corso del 2024 sarà, poi, assunto un altro contingente di 8.250 addetti all'ufficio per il processo, che, in totale, saranno, come detto, 16.500.
Ovviamente, tutto quanto sinora illustrato non preclude la possibilità, medio tempore, di garantire una migliore funzionalità dei servizi attraverso provvedimenti di natura transitoria, quali, ad esempio, i comandi da altre pubbliche amministrazioni, le applicazioni temporanee in ambito distrettuale e gli scambi di sedi, tutti strumenti previsti nell'accordo della mobilità del personale amministrativo del 15 luglio 2020.
Passiamo al personale di magistratura. Bisogna mettere in risalto che, allo stato, la procura della Repubblica presso il tribunale di Treviso non presenta scoperture con riferimento al posto di procuratore della Repubblica, mentre presenta 1 scopertura, su 13 posti in organico, in relazione ai posti di sostituto procuratore della Repubblica e 3 scoperture, su 11 posti in organico, in relazione ai posti di vice procuratore onorario.
Effetti positivi per gli uffici giudiziari in generale, e quindi anche per la sede di Treviso, potranno derivare in seguito all'attuazione delle disposizioni approvate nel mese di dicembre 2019 (articolo 1, comma 432, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, “Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022”), che, modificando la legge del 13 febbraio 2001 n. 48, prevedono l'istituzione delle piante organiche flessibili distrettuali, da destinare alla sostituzione di magistrati assenti, ovvero all'assegnazione agli uffici giudiziari del distretto che presentino condizioni critiche di rendimento. La proposta di determinazione delle piante organiche flessibili distrettuali è stata trasmessa il 30 ottobre 2020 al CSM, per il prescritto parere.
Tale proposta prevede, in conformità al quadro normativo di riferimento, la determinazione, sia del contingente complessivo nazionale - individuato in 179 unità, di cui 125 con funzioni giudicanti e 54 con funzioni requirenti -, sia di contingenti destinati ai singoli distretti.
Il CSM, nel parere deliberato nella seduta dell'8 settembre 2021, ha pressoché integralmente condiviso il progetto ministeriale, sia in punto di unità complessive dedicate (179), sia quanto alla loro distribuzione funzionale (tra giudicanti e requirenti) e distrettuale.
In data 27 dicembre 2021, è stato emesso il decreto che individua le condizioni critiche di rendimento degli uffici giudiziari che danno luogo all'assegnazione delle nuove risorse dell'organico flessibile distrettuale e fissa la durata minima dell'assegnazione (pari a un anno), nonché stabilisce i criteri di priorità per destinare i magistrati della pianta organica flessibile distrettuale alla sostituzione nei casi di assenza dal servizio ovvero per l'assegnazione agli uffici giudiziari che versino in condizioni critiche di rendimento.
In data 23 marzo 2022, è stato adottato il decreto relativo alla dotazione nazionale delle piante organiche flessibili distrettuali, con il quale sono stati assegnati al distretto di corte d'appello di Venezia 8 magistrati giudicanti e 2 magistrati requirenti.
In merito, infine, alla possibilità di apportare modificazioni in aumento alla dotazione organica del personale amministrativo e del personale di magistratura - al fine di ampliare la pianta organica degli uffici giudiziari di Treviso -, si osserva che, essendo la materia oggetto di riserva di legge, ciò è realizzabile solo tramite una iniziativa legislativa specificamente rivolta alla complessiva razionalizzazione della distribuzione del suddetto personale negli uffici giudiziari di primo grado presenti sull'intero territorio nazionale.
Mi tocca, infine, rammentare che, proprio oggi, 5 di aprile, vi è un incontro fra il Ministero e i responsabili del tribunale di Treviso e della corte d'appello di Venezia per poter affrontare direttamente, magari con più facilità di dialogo rispetto allo scritto, la difficoltà della situazione e provare ad ipotizzare dei rimedi.
PRESIDENTE. Il deputato Baratto ha facoltà di replicare.
RAFFAELE BARATTO (CI). Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario per la competenza e la risposta che mi ha dato. Vorrei solo sottolineare che quanto descritto nell'interrogazione rappresenta una situazione di reale emergenza per la comunità trevigiana, un'area, tra l'altro, che traina lo sviluppo economico del Paese e che, tuttavia, negli ultimi anni, ha subito profondi traumi economico-sociali che hanno profondamente segnato il futuro a medio e lungo termine, come ha sottolineato anche il sottosegretario, parlando della crisi delle banche popolari, che ha segnato, direttamente o indirettamente, pressoché quasi ogni famiglia veneta. Un sistema giudiziario efficiente è premessa di investimenti e garanzia di sviluppo e un territorio, come il Veneto e il trevigiano, non può garantire la crescita, se è privo di questa premessa.
Concludo, dicendo che, accanto alle esigenze dell'economia, c'è anche, e non secondariamente, il dovere di rendere giustizia e la percezione che quest'ultima operi con efficienza. Non è possibile che una vicenda, seppur grave, come quella che ha coinvolto il principale istituto del territorio, metta a rischio le ulteriori e, comunque, legittime esigenze di giustizia di una comunità, semplicemente perché, alle volte, non ci sono queste risorse.
Ringrazio ancora il sottosegretario; io so della sua grande sensibilità e mi auguro che presto questo territorio venga davvero aiutato, perché credo sia importante anche per tutto il nostro Paese. Grazie ancora per la sua completezza.
(Iniziative, anche di carattere normativo, volte a consentire la liquidazione delle spese di lite a conclusione del procedimento di accertamento tecnico preventivo - n. 3-02869)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Colletti n. 3-02869 (Vedi l'allegato A).
FRANCESCO PAOLO SISTO, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Il deputato interrogante, con l'atto di sindacato ispettivo, sollecita una lettura dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile e, nella premessa, ricorda che la norma “disciplina la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, la cui primaria finalità” - scrive - “è appunto quella di favorire la composizione della lite nella fase antecedente a quella di merito; in materia di responsabilità sanitaria, il procedimento di cui all'articolo 8 della legge n. 24 del 2017, che richiama il predetto articolo 696-bis del codice di procedura civile, costituisce condizione di procedibilità della domanda di merito, unitamente alla mediazione obbligatoria, anche se in forma non cumulativa ma alternativa; a conclusione della procedura di accertamento tecnico preventivo (ATP), in linea generale, il giudice dovrebbe effettuare la liquidazione giudiziale dei compensi al difensore e al consulente tecnico di parte, ma ciò, stante il silenzio della legge, non sempre avviene; infatti” - prosegue l'interrogante - “vi è un orientamento minoritario di alcuni tribunali che ancora effettuano la liquidazione delle spese di lite alla valutazione della soccombenza che resta di esclusiva competenza del giudizio di merito; la mancata previsione normativa della liquidazione delle spese processuali presupporrebbe che si debba, quindi, necessariamente addivenire a un giudizio di merito, altrimenti le spese di lite non sarebbero liquidate né liquidabili; quanto detto potrebbe, quindi, creare una costrizione soprattutto in capo alla parte ammessa al patrocinio alle spese dello Stato, sia essa ricorrente che resistente, che non avrebbe più la facoltà di decidere se continuare o meno il giudizio nel merito, ma vi sarebbe, quindi, costretta per evitare la preclusione al diritto della liquidazione delle spese di lite; tale costrizione sarebbe contraria al principio di economia processuale” - prosegue l'onorevole Colletti - “che sviluppa il principio di semplificazione, inteso come risparmio di atti e attività processuali non essenziali e porterebbe a un inutile moltiplicarsi degli stessi, aumentando così il carico della giustizia e andando contro gli interessi stessi dello Stato; l'orientamento del Supremo Collegio nulla dice al riguardo della mancata prosecuzione del giudizio nel merito, ma si limita ad analizzare la sola ipotesi di liquidazione delle spese in caso di vittoria o soccombenza”. Chiede, quindi, l'interrogante alla Ministro della Giustizia “se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e delle descritte criticità, se sia in corso un monitoraggio delle stesse al fine di identificare possibili soluzioni e se intenda promuovere iniziative di carattere normativo e interpretativo per porvi rimedio, rendendo così possibile” - a suo avviso - “la liquidazione delle spese di lite a conclusione del procedimento di accertamento tecnico preventivo e non del successivo eventuale giudizio di merito”.
Prendendo le mosse dall'articolo 8, commi 1 e 2, della legge n. 24 del 2017, va ribadito che tale norma statuisce che colui il quale intenda esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente, quale condizione di procedibilità della domanda di risarcimento.
Il predetto articolo 696-bis del codice di procedura civile disciplina l'istituto della consulenza tecnica conciliativa che offre alle parti la possibilità di ottenere, in via preventiva rispetto all'instaurazione del processo, una valutazione tecnica in relazione all'esistenza del fatto e all'entità del danno, nell'auspicio che, proprio sulla scorta di questa valutazione, le parti possano trovare un accordo che renda superflua l'instaurazione del successivo giudizio di merito.
Il previo svolgimento dinanzi all'autorità giudiziaria del procedimento di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile è finalizzato non solo alla definizione in via conciliativa della controversia, ma anche ad anticipare un segmento istruttorio fondamentale per la risoluzione di alcune cause caratterizzate - come quelle in tema di responsabilità sanitaria - da questioni di natura squisitamente tecnica. La condizione di procedibilità prevista dall'articolo 8 è soddisfatta se il tentativo di conciliazione esperito dai consulenti tecnici di ufficio all'esito degli accertamenti è fallito o, in ogni caso, se sono trascorsi inutilmente 6 mesi dal deposito del ricorso.
Nel contemplare la suddetta condizione di procedibilità, inoltre, il legislatore, allo scopo di favorire la conciliazione mediante un'effettiva partecipazione di tutte le parti al relativo procedimento, ha stabilito che il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio di merito, condanna le parti che non hanno partecipato alla fase conciliativa al pagamento delle spese di soccombenza, di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata, equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione.
Comunque, è fatta salva la possibilità di esperire, in alternativa al ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis, il procedimento di mediazione, previsto dall'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, sicché la parte che voglia esercitare un'azione di risarcimento dei danni per responsabilità sanitaria può scegliere la via che ritiene più idonea per soddisfare la condizione di procedibilità.
Con specifico riferimento al tema delle spese del procedimento di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile, oggetto dell'interrogazione, va ricordato che di recente è intervenuta sul punto la Corte costituzionale la quale, con sentenza 5 maggio 2021, n. 87, ha dichiarato la non fondatezza, in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione, delle questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 8, commi 1 e 2, della detta legge n. 24 del 2017, nella parte in cui escludono che il giudice possa addebitare, totalmente o parzialmente, a una parte diversa da quella ricorrente, il costo, comprensivo di compensi ed esborsi, dell'attività del collegio nominato per lo svolgimento della consulenza tecnica di ufficio nel procedimento ex articoli 696-bis del codice di procedura civile e 8 della legge n. 24 del 2017 poiché, in assenza di un accordo tra le parti, il giudice non avrebbe un criterio per imputare tale costo, mancando in questa fase una vera e propria soccombenza, quali che siano le conclusioni dell'elaborato dei consulenti tecnici di ufficio, con la conseguenza che il differimento della regolamentazione delle spese processuali, comprensive del costo della consulenza tecnica di ufficio, all'esito del giudizio di merito avente ad oggetto la pretesa risarcitoria è giustificato - dice la Corte - e non crea un ostacolo, eccessivo e rigido, idoneo a pregiudicare il diritto alla tutela giurisdizionale. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 87 del 2021, ha rilevato che, quando l'accertamento tecnico ha avuto normalmente corso ed è giunto a conclusione con il deposito dell'elaborato, il giudice non può provvedere sulle spese e, se lo fa, la pronuncia di condanna di una parte a favore dell'altra al pagamento del costo della consulenza - e in generale delle spese del procedimento - deve essere considerata come abnorme e quindi contra ius.
Il Giudice delle leggi ha, altresì, specificato che il regolamento delle spese, anche di quelle della consulenza tecnica preventiva di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile, è sempre rimesso a una fase successiva, ancorché non necessaria ma eventuale, ossia quella del giudizio di merito promosso con l'atto introduttivo divenuto procedibile. Ha poi illustrato le ragioni della differente disciplina dell'accertamento tecnico-preventivo prevista dall'articolo 445-bis del codice di procedura civile, nell'ambito della quale il giudice, con il decreto di omologa dell'accertamento del requisito sanitario secondo le risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico di ufficio, “(…) provvede sulle spese (…)”; il giudice, nel procedimento di cui all'articolo 445-bis del codice di procedura civile, regola le spese quando la fase dell'accertamento tecnico preventivo chiuda il contenzioso in ragione dell'accordo delle parti, espresso o tacito (per mancata tempestiva contestazione delle conclusioni del consulente tecnico di ufficio), sì da non essere seguita da un giudizio ordinario sulla pretesa del ricorrente. Invece, nel procedimento di cui all'articolo 8 della legge n. 24 del 2017 la verifica, ad opera del giudice, sull'accordo delle parti in relazione all'esito dell'accertamento dei consulenti tecnici di ufficio non è prevista, motivo per il quale in nessun caso il giudice può provvedere sulle spese processuali. La Corte Costituzionale, sempre nella predetta sentenza n. 87 del 2021, ha sviluppato un'ulteriore considerazione riguardo al fatto che l'articolo 8, comma 2, della legge n. 24 del 2017 abbia individuato, quale condizione di procedibilità alternativa, la mediazione di cui al decreto legislativo n. 28 del 2010: “(…) il ricorrente può quindi scegliere una via per lui meno onerosa, dal momento che la consulenza tecnica di ufficio è espressamente posta a carico delle parti in solido dall'articolo 16, comma 11, del decreto del Ministro della Giustizia del 18 ottobre 2010, n. 180 (…)”. Neppure può sostenersi, infine, che l'anticipazione dei costi della consulenza tecnica di ufficio potrebbe determinare disparità di trattamento rispetto al diritto di accesso al giudice a seconda delle condizioni economiche delle parti, in quanto, nell'ipotesi in cui la parte ricorrente abbia i presupposti reddituali per ottenere l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'articolo 76 del DPR n. 115 del 2002, la situazione di disparità economica della stessa è riequilibrata dall'anticipazione dei costi della consulenza medico-legale ad opera dell'Erario, ovvero dalla prenotazione a debito degli stessi (questo è previsto dall'articolo 8, comma 2, del DPR n. 115 del 2002 e dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 268 e 80 del 2020 e n. 77 del 2018). Alla stregua di tutto quanto sinora esposto nel dettaglio e, soprattutto, di quanto la Corte costituzionale ha di recente statuito, ne discende l'assenza delle “(…) criticità (…)” denunciate nell'atto di sindacato ispettivo e la superfluità di “(…) un monitoraggio delle stesse (…) al fine di (…) promuovere iniziative di carattere normativo o interpretativo per porvi rimedio (...)”.
PRESIDENTE. Il deputato Andrea Colletti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.
ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Sì, Presidente, in realtà non sono soddisfatto per un semplice motivo: come ben sa il sottosegretario, l'articolo 24, nonché la legge che inerisce al patrocinio a spese dello Stato, presuppongono che i non abbienti possano richiedere un'assistenza a carico dello Stato per quanto riguarda la liquidazione delle spese legali, ovvero chi è ammesso al patrocinio a spese dello Stato non paga il proprio legale se può sottostare a un guadagno annuale inferiore agli 11.700 euro circa. Il quesito che ponevo era: qualora la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non voglia continuare nel giudizio, quando è il momento di liquidazione delle spese legali per la parte ammessa? Infatti, in molti tribunali si dà una lettura della norma per la quale quella liquidazione, a carico dello Stato e a favore dell'avvocato patrocinatore, può avvenire solo nel giudizio di merito e non durante la fase di accertamento tecnico-preventivo. Quindi, il quesito era specifico per tutelare non solo le persone meno abbienti, ma anche gli avvocati, che tutelano le persone meno abbienti e che vanno anch'essi tutelati anche perché, come ben sa il sottosegretario, vengono pagati dallo Stato la metà rispetto a quanto sarebbe loro dovuto se lavorassero nel libero foro e senza il patrocinio a spese dello Stato. Era questo l'interesse principale ed è per questo motivo che venne presentata l'interrogazione.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15.
La seduta, sospesa alle 11,45, è ripresa alle 15.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Durigon e Melilli sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente 125, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario.
PRESIDENTE. Comunico che, in data odierna, il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario il deputato Camillo D'Alessandro, in sostituzione del deputato Luigi Marattin, dimissionario.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,03).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull'ordine dei lavori, l'onorevole Matteo Dall'Osso. Ne ha facoltà.
MATTEO DALL'OSSO (FI). Grazie, Presidente. Parliamo di diplomazia ed autorizziamo l'invio di armi in Ucraina; parliamo di escalation ed espelliamo i diplomatici russi dal territorio italiano: trenta, Presidente, trenta diplomatici russi espulsi dal territorio italiano. Basta, stop! Questo Parlamento e questo Governo stanno dimostrando totale assenza di diplomazia. Siamo schiavi degli interessi altrui. Faccio appello ai miei colleghi, a coloro che la pensano come me, probabilmente hanno anche paura e terrore di esprimere liberamente il proprio pensiero. Non abbiate paura, ora è il momento di agire e non di reagire. Vi ricordate quando vi parlavo di istigazione alla guerra? Io sono un parlamentare della Repubblica italiana e vorrei fare solo e soltanto gli interessi dei cittadini italiani.
PRESIDENTE. Non essendo ancora decorso il termine di preavviso di venti minuti per le votazioni con procedimento elettronico, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15,25.
La seduta, sospesa alle 15,05, è ripresa alle 15,25.
Su un lutto del deputato Maurizio Lupi.
PRESIDENTE. Comunico che il collega Maurizio Lupi è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea (Applausi).
Deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione a un conflitto di attribuzione elevato innanzi alla Corte costituzionale dal Tribunale di Torino, di cui all'ordinanza della Corte costituzionale n. 35 del 2022.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione in merito alla costituzione in giudizio della Camera dei deputati in relazione a un conflitto di attribuzione sollevato innanzi alla Corte Costituzionale dal tribunale di Torino e dichiarato ammissibile con l'ordinanza n. 35 del 2022.
Il conflitto è stato sollevato in relazione alla deliberazione della Camera del 24 marzo 2021, con la quale è stata dichiarata - ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione - l'insindacabilità delle opinioni espresse da Stefano Esposito, deputato all'epoca dei fatti, nei confronti dei signori Dana Lauriola, Giorgio Vair e Giorgio Rossetto.
Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 30 marzo 2022, preso atto dell'orientamento espresso dalla Giunta per le autorizzazioni nella seduta del 16 marzo 2022, ha deliberato di proporre alla Camera la costituzione in giudizio innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 37 della legge n. 87 del 1953, per resistere al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.
Sulla proposta in esame, ha chiesto di intervenire contro, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, l'onorevole Andrea Colletti, che ne ha facoltà. Facciamo un po' di silenzio, così riusciamo ad ascoltare l'onorevole Colletti. Prego.
ANDREA COLLETTI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Non potevo far passare sotto silenzio e senza nemmeno un voto questa deliberazione che riguarda l'ex deputato Esposito, noto per le sue posizioni oltremodo favorevoli al TAV. Lo stesso Esposito, nel 2012, sul suo profilo Facebook, così calunniava alcune persone, dicendo specificatamente: “Stanotte, durante l'attacco al cantiere di Chiomonte, indovinate un po' chi dava supporto ai teppisti, informandoli via cellulare dei movimenti della Polizia? Giorgio Vair, allora vice sindaco di San Didero, Nicoletta Dosio, responsabile del circolo di Rifondazione di Bussoleno e il tutto coordinato da Dana Lauriola, portavoce (…), che dispensa ordini dalla poltrona di casa sua”. E concludeva con la locuzione: “Un vero schifo”. Peccato che queste non fossero opinioni dell'allora deputato Esposito, ma falsità e vere e proprie calunnie. L'allora deputato Esposito chiese la tutela di questa Camera dichiarando che si interessava del TAV; aveva presentato un numero spropositato di interrogazioni per velocizzarne l'iter e, d'altro canto, c'è da dire che grazie al TAV ci hanno mangiato in molti. Soprattutto chiedeva che dichiarare non una propria opinione, ma un fatto falso, calunnioso nei confronti di tre persone dovesse essere tutelato da questa Camera che teoricamente dovrebbe tutelare i voti e le opinioni espresse dai deputati, non le calunnie da parte dei deputati nei confronti di chi non può difendersi attraverso le guarentigie parlamentari.
Per questo motivo, nonostante l'assurda votazione a favore della Camera nel 2021 per tutelare l'ex deputato con riferimento a quelle affermazioni, il tribunale di Torino ha giustamente elevato un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale perché queste affermazioni, anzi queste calunnie, non c'entrano nulla con le opinioni espresse da un parlamentare. Un parlamentare, solo perché parlamentare, non si può permettere di calunniare singoli cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Peraltro, è ancora più importante far comprendere all'opinione pubblica al di fuori di questo Parlamento quali sono le forze politiche, come quelle che costituiscono la maggioranza parlamentare, che difendono i deputati dalle calunnie che commettono e quali sono le forze politiche, come Alternativa, che si rifiutano di difendere a priori le calunnie dei parlamentari nei confronti dei privati cittadini. Per questo, Presidente, la componente Alternativa è intervenuta, chiedendo di porre ai voti questa deliberazione. Noi, come Alternativa, voteremo assolutamente contro la possibilità per la Camera dei deputati di costituirsi innanzi alla Corte costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Colletti, che, ovviamente, ha parlato contro. C'è qualcuno che chiede di parlare a favore? No, non mi pare.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta che la Camera dei deputati si costituisca in giudizio in relazione al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato innanzi alla Corte Costituzionale dal tribunale di Torino e dichiarato ammissibile con l'ordinanza n. 35 del 2022.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva per 338 voti di differenza.
La Camera ha pertanto deliberato di costituirsi in giudizio innanzi alla Corte costituzionale.
Deliberazione in merito alla proposta di elevazione di un conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale nei confronti dell'autorità giudiziaria (Sezione Commerciale del Tribunale di Lecce).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame di una deliberazione per la proposizione di un conflitto di attribuzione nei confronti dell'autorità giudiziaria.
Al riguardo, comunico che è stata sottoposta all'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 30 marzo 2022, la proposta di elevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del tribunale di Lecce, in relazione ad un provvedimento emanato nei confronti di Eugenio Ozza, deputato nelle legislature XII e XIII, in sede di espropriazione presso terzi, ai sensi degli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile.
Si tratta di una procedura esecutiva presso terzi - Registro Generale Esecuzioni n. 610 del 2018 - che ha condotto il tribunale civile di Lecce ad assegnare ai creditori procedenti l'intero ammontare dell'assegno vitalizio spettante al suddetto ex deputato, in contrasto con l'articolo 15 del Regolamento sugli assegni vitalizi dei deputati, e a respingere l'istanza di sospensione dell'esecuzione proposta dallo stesso onorevole Ozza, contestualmente trascurando l'atto di intervento spiegato dalla Camera dei deputati.
La materia dei vitalizi dei deputati - come è noto - è disciplinata da un apposito Regolamento parlamentare, che stabilisce appunto che il vitalizio è pignorabile e quindi soggetto ad assegnazione giudiziale solo nei limiti previsti dall'articolo 545 del codice di procedura civile, cioè entro un quinto dell'ammontare, detratto peraltro il cosiddetto minimo vitale.
L'istruttoria del caso è stata svolta dal Collegio dei deputati Questori che, nella riunione del 24 marzo 2022, ha condiviso l'orientamento secondo quale al riguardo si pone una questione di lesione delle prerogative della Camera da parte dell'autorità giudiziaria, in particolare della sua autonomia normativa. Infatti, l'assegnazione dell'intera somma viola il Regolamento parlamentare sui vitalizi. La circostanza che i magistrati della Repubblica, in qualità di giudici dell'esecuzione, trascurino completamente il vincolo giuridico derivante da un Regolamento parlamentare approvato secondo le norme dell'articolo 64 della Costituzione e dell'articolo 12 del Regolamento della Camera, pone, quindi, un problema di rapporti fra poteri dello Stato. L'Ufficio di Presidenza, nella riunione del 30 marzo 2022, ha unanimemente deliberato di proporre, quindi, alla Camera dei deputati di elevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del tribunale di Lecce, sezione commerciale, giudice dell'esecuzione, per chiedere che la Corte costituzionale affermi che non spettava al predetto tribunale di emanare, a favore dei creditori dell'ex deputato Ozza, l'ordinanza di assegnazione dell'intero vitalizio. Con il ricorso, la Camera chiederà pertanto che tale ordinanza sia annullata, unitamente a tutti gli atti connessi e conseguenti.
Se non vi sono richieste di intervento e non vi sono obiezioni, tale deliberazione si intende adottata dall'Assemblea.
(Così rimane stabilito).
Seguito della discussione della proposta di legge: Ascari ed altri: Modifica all'articolo 18-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio (A.C. 3200).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 3200: Modifica all'articolo 18-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione generale e la relatrice e la rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 3200)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico della proposta di legge e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).
La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi articolo 89, comma 1, del Regolamento, l'emendamento Montaruli 1.1 e l'articolo aggiuntivo Montaruli 1.03, già dichiarati inammissibili in sede referente.
Passiamo, quindi, all'emendamento Montaruli 1.2. Se nessuno chiede di intervenire, invito la relatrice ed il rappresentante del Governo a esprimere il parere.
ELISA TRIPODI, Relatrice. Parere contrario.
PRESIDENTE. Il Governo?
IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Il parere del Governo è conforme al parere della relatrice.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Montaruli. Ne ha facoltà.
AUGUSTA MONTARULI (FDI). Vedo l'Aula abbastanza caotica e vorrei riportare l'attenzione su questo emendamento e, in generale, sulla discussione che ci sta coinvolgendo. Questa proposta di legge e il conseguente emendamento che abbiamo proposto deriva da un caso di cronaca che ha toccato tutte le nostre coscienze - in particolare, deriva dal caso di Saman -, e da quei casi in cui la donna straniera, residente in Italia, sia sostanzialmente vittima di azioni violente, sia dal punto psicologico che dal punto di vista fisico, e comunque soggetta a diverse vessazioni che portino all'ipotesi di un matrimonio forzato o indotto. Ebbene, la presente proposta di legge prevede l'estensione dei casi di permesso di soggiorno alle vittime di questo reato.
Nelle proclamazioni dei proponenti questa proposta di legge sarebbe dovuta servire a salvare persone come Saman.
Noi vogliamo accentuare l'attenzione di questo Parlamento riportando una verità completa. Saman probabilmente si sarebbe potuta salvare, se non avesse ritrovato, nel suo percorso di vita, i suoi stessi carnefici, ossia le persone autrici di quelle vessazioni, che avrebbero dovuto essere allontanate, a mio giudizio, già, sulla base della normativa attuale, attraverso misure cautelari di allontanamento dei carnefici dai luoghi frequentati dalla vittima (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), cosa che non è avvenuta. Queste persone ancora di più necessitano - ed è qui invece che è necessaria una modifica di legge - di essere allontanate, anche in maniera forzata, quando il reato si verifica nei confronti di un minore. Allora, con il nostro emendamento chiediamo che chi è sottoposto a procedimento penale per il reato di cui all'articolo 558-bis del codice penale - che abbiamo introdotto, peraltro, nel 2019 - possa essere oggetto di espulsione, di valutazione da parte del prefetto, senza attendere la sentenza di primo grado (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Perché è vero che già adesso può essere espulso, ma solo a seguito di una sentenza di primo grado, sulla base dell'articolo 13-bis del testo unico sull'immigrazione, e non è evidentemente sufficiente, quindi chiediamo a questo Parlamento di mettersi quella mano sulla coscienza rispetto alle diverse dichiarazioni - secondo me, fatte tutte in buona fede - sopraggiunte a ridosso della scomparsa della povera Saman, e di fare oggi un atto concreto, votando a favore di questo emendamento, affinché questa proposta di legge sia completa. Altrimenti, questa proposta di legge non servirà a salvare le Saman in Italia, non servirà a dare una mano tesa alle donne giovani straniere presenti in Italia e oggetto di vessazione, ma sarà semplicemente un manifesto ideologico volto ad aumentare la categoria delle concessioni dei permessi di soggiorno. Questo oggettivamente, di fronte a un caso che ha scosso le coscienze di tutti noi, sul quale le indagini preliminari si sono concluse pochi giorni fa e su cui ancora ci sono numerosi interrogativi su dove sia effettivamente il corpo della povera Saman, è evidentemente necessario venire incontro alla nostra richiesta e approvare la nostra proposta (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.2 Montaruli, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).
Essendo stato dichiarato inammissibile l'unico articolo aggiuntivo presentato e, consistendo la proposta di legge in un solo articolo, non si procederà alla votazione dello stesso, ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, ai sensi dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3200)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, l'ordine del giorno n. 9/3200/2 Ciaburro, concernente l'espulsione degli stranieri indagati per reati contro minori, di contenuto analogo alle proposte emendative in precedenza dichiarate inammissibili.
Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo a esprimere i pareri.
IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Sull'ordine del giorno n. 9/3200/1 Caretta, il parere è favorevole, con una riformulazione.
PRESIDENTE. Ascoltiamo la riformulazione. Per piacere, facciamo un po' di silenzio.
IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. La riformulazione è la seguente: “impegna il Governo a valutare l'opportunità di prevedere, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, in attuazione della presente legge (…)”.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno n. 9/3200/2 Ciaburro è inammissibile.
Quindi, passiamo all'ordine del giorno n. 9/3200/3 De Carlo.
IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Sull'ordine del giorno n. 9/3200/3 De Carlo, abbiamo alcune riformulazioni. Innanzitutto, al terzo capoverso, la seguente riformulazione: “al termine dei 90 giorni della possibilità di soggiornare in Italia per turismo, gli stessi beneficiari necessitano di poter restare legalmente nel nostro Paese”; poi, sul dispositivo: “impegna il Governo a valutare l'opportunità di estendere da subito lo status di rifugiato speciale ai fini dell'ottenimento del relativo permesso di soggiorno a tutti i cittadini con cittadinanza ucraina per cui sia scaduta la possibilità di soggiornare per turismo prima dell'inizio del conflitto tra la Repubblica di Ucraina e la Federazione russa”.
Infine, sull'ordine del giorno n. 9/3200/4 Montaruli, il parere è contrario.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Caretta accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3200/1.
Onorevole De Carlo, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3200/3? Sì, va bene.
Sull'ordine del giorno n. 9/3200/4 Montaruli il parere è contrario.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Montaruli. Ne ha facoltà.
AUGUSTA MONTARULI (FDI). Presidente, io vorrei riportare l'attenzione su questo ordine del giorno perché il caso di Saman, in particolare, porta alla luce una forma di radicalismo che, secondo noi, non deve avere alcun tipo di cittadinanza in Italia. In particolare, non può succedere, in Italia, che una ragazza, che decide di determinare il proprio futuro e sceglie il compagno con cui vivere o con cui avere un percorso sentimentale, sia ritenuta una cattiva donna o, ancor peggio, una cattiva musulmana, così come è emerso dalle prime indiscrezioni relative alle indagini. È evidente, infatti, che questo atteggiamento nasconde forme di radicalismo che non possono trovare alcun tipo di cittadinanza in Italia e che, anzi, vanno combattute a prescindere dal reato che si va poi a consumare. Se ne sono la causa, noi chiediamo che le questure verifichino se le varie condotte attuate per organizzare questi matrimoni combinati o indotti abbiano, appunto, tra le proprie cause un retaggio legato al radicalismo. Se così è, chiediamo che si possa procedere in maniera attenta all'espulsione sulla base di quanto già la legge dice, cioè sulla base dell'articolo 13, comma 1, del testo unico sull'immigrazione.
Quest'Aula e questa maggioranza hanno appena bocciato un emendamento di Fratelli d'Italia che chiedeva l'espulsione di chi è indagato per i reati di cui all'articolo 588-bis del codice penale. Tuttavia, qui siamo in un campo ancora diverso: qui si chiede semplicemente di prestare maggiore attenzione, laddove si verifichino casi come quelli di Saman, affinché si verifichi se vi siano forme di radicalismo e, in caso affermativo, si proceda all'espulsione, così come già oggi la legge prevede. Già oggi la legge prevede infatti che il Ministro dell'Interno possa effettuare l'espulsione sulla base di ragioni di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato.
Non comprendo come possa essere contrario il parere del Governo rispetto a questo ordine del giorno e mi stupirebbe molto se altre forze che appoggiano questo Governo accettassero questo parere contrario, perché contraddice le dichiarazioni praticamente di gran parte dei leader dei vari partiti che avevano detto che dietro il caso di Saman c'era, in realtà, un problema di estremismo islamico che andava sradicato.
Con questo ordine del giorno, Fratelli d'Italia dà la possibilità, senza discriminazione ma anche senza buonismo, di dare più forza alle questure affinché si verifichino le reali cause, si approfondiscano le reali cause e, nel caso in cui siano legate a forme di radicalismo religioso o di estremismo, si proceda all'espulsione. Che motivo c'è di essere contrari a tutto questo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? È incomprensibile il parere contrario del Governo, è incomprensibile!
Quindi, io chiedo che venga messo in votazione e auspico che ci sia la massima convergenza.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/3200/4 Montaruli, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3200)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ehm. Ne ha facoltà.
Se facciamo un po' di silenzio, l'onorevole Ehm può intervenire. Prego, onorevole.
YANA CHIARA EHM (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Colleghi, Saman Abbas aveva soltanto 17 anni, ripeto, 17 anni. Giovanissima, di origini pachistane e residente in Italia, è sparita nel nulla, molto probabilmente ammazzata dagli stessi uomini che avrebbero dovuto difenderla, cioè la sua famiglia. Saman era giovane, si sentiva italiana e aveva un sogno: essere libera di sposare il ragazzo che amava, Saqib, anziché un marito imposto da un matrimonio combinato.
PRESIDENTE. Fate intervenire l'onorevole Ehm. Chi non è interessato può uscire, però se lo fa facendo silenzio favorisce l'intervento della collega e, quindi, siamo tutti grati. Aspetti un momento, onorevole Ehm.
Proviamo? Diamo la voce all'onorevole Ehm. Prego.
YANA CHIARA EHM (MISTO-M-PP-RCSE). Chiedeva uguaglianza e rispetto delle proprie scelte, un diritto suo e di tutte le donne di ogni età e di ogni origine. C'è ancora molta strada da fare affinché l'integrazione sociale diventi arma di emancipazione e di eguaglianza, ma per Saman ci sarebbe stata un'altra possibilità: l'ottenimento della cittadinanza.
Di storie come queste, colleghi, ve ne sono molte. Per migliaia di donne, come Saman, il pieno possesso dei documenti è una vera e propria conquista ma spesso gli stessi vengono gestiti da padre o familiari vincolando così moglie e figlie e legandole strette al nido di origine o, nel peggiore dei casi, al filo dei loro aguzzini. È arrivato anche per noi il momento di contribuire con un aiuto concreto al sostegno di migliaia di donne, ragazze e bambine per una vita più libera e all'altezza del Paese di accoglienza o di nascita. Questa legge può davvero fare la differenza e diventare un vero e proprio punto di svolta. Per questa ragione, il mio voto e quello della componente Manifesta è un “sì” convinto che vogliamo dedicare a Saman.
Un “sì” per scongiurare l'eventualità che episodi come il suo possano ripetersi ancora e ledere la dignità non solo di molte donne, ma del Paese stesso che le ha accolte, in questo caso il nostro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fornaro. Ne ha facoltà. Se facciamo un po' di silenzio, anche l'onorevole Fornaro può fare il suo intervento.
FEDERICO FORNARO (LEU). Grazie, signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi. La collega Ehm, che mi ha preceduto, ha già descritto efficacemente sia la vicenda di Saman Abbas sia la ratio di questo provvedimento, che anche noi condividiamo convintamente. La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, la cui prima firma è della collega Ascari, si compone - lo dico per chi ci ascolta - di un unico articolo, che include il reato di matrimonio forzato di cui all'articolo 558-bis del codice penale nell'elenco dei reati che prevedono il rilascio allo straniero del permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica. L'articolo 558-bis era stato introdotto nel 2019, con il cosiddetto Codice rosso e punisce con la reclusione da 1 a 5 anni chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile o approfitti delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona. Questa vicenda mette il dito nella piaga; una piaga che c'è in tutto il mondo, purtroppo, non soltanto in Italia. È la piaga dei cosiddetti matrimoni forzati, che appartengono a una cultura arcaica, a una cultura oggi distante anni luce dalla nostra, ma che - lo ricordo a me stesso - non è stata completamente estranea anche alla nostra cultura, molti anni fa. In buona sostanza, quello che si chiede con questa proposta di legge è consentire il rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio, avendo proprio chiaro che il nemico da combattere è la diffusione, anche nella nostra società, della cultura dei matrimoni forzati da parte di quelle tradizioni arcaiche e patriarcali che non ci appartengono e che un Paese civile non può, e non deve, accettare. Questa è, detto in altri termini, una norma di civiltà, che ovviamente va letta nel combinato disposto con l'articolo 558-bis; è una pratica da estirpare, e da questo punto di vista, quindi, il provvedimento va nella direzione giusta. È una direzione di attenzione nei confronti di persone deboli, quasi sempre minori, inseriti in contesti con un forte elemento patriarcale. Insomma, è una norma di libertà, è una norma che può dare la possibilità a tante ragazze di essere libere e di contrastare con le armi della legge una pratica assolutamente incivile. Per queste ragioni, a nome del gruppo di Liberi e Uguali, dichiaro il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Berardini. Ne ha facoltà.
FABIO BERARDINI (CI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi sostanzialmente parliamo di una norma di civiltà, che potrebbe salvare la vita a tante donne vittime di costrizione a contrarre matrimonio. Questa violenza viene spesso consumata, a danno di giovani ragazze, da parte di uomini e di famiglie che pensano di seguire precetti religiosi, mentre, dall'altra parte, invece, calpestano la dignità della persona umana. Nel nostro Paese la dignità della persona umana è un concetto supremo e tutelato dalla nostra Costituzione, ed è necessario, quindi, predisporre, da parte di questo Parlamento, tutti gli strumenti giuridici per dare piena attuazione a questo principio. È stata, pertanto, fondamentale l'introduzione nel nostro ordinamento del reato di costrizione al matrimonio, che sicuramente è complesso da perseguire, ma che fornisce un'ancora di salvezza a tante donne vittime di abusi di questo tipo. Denunciare questi comportamenti è l'unica strada per porre fine a questi incubi.
Noi di Coraggio Italia non possiamo tollerare comportamenti violenti da parte di chi vede la donna in una condizione di sottomissione e di subalternità, e pertanto sosteniamo con forza la legge che ci apprestiamo a votare. Con questa legge, coloro che sono vittime di reati di costrizione al matrimonio potranno, quindi, ottenere un permesso di soggiorno con la dicitura “casi speciali”, e con questa legge si sarebbe potuto evitare il caso, ricordato da tanti colleghi, di Saman Abbas, la ragazza diciottenne pachistana che aveva avuto il coraggio di denunciare la propria famiglia proprio per questo grave reato e che, purtroppo, si era trovata costretta a rientrare nella casa familiare per recuperare il suo permesso di soggiorno. Da quel giorno è sparita e non se ne ha più traccia.
Inoltre, voglio ricordare che il 10 aprile si celebrerà il 170° anniversario della fondazione della Polizia di Stato e per questo voglio ringraziare, ancora una volta, tutte le autorità che si occupano giornalmente di questi casi e che sono in prima linea nel territorio per garantire il rispetto della legge e i principi della nostra Costituzione.
Per tutte queste ragioni, Presidente, annuncio il voto favorevole a questa legge da parte del gruppo di Coraggio Italia (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Frate. Ne ha facoltà.
FLORA FRATE (IV). Grazie, Presidente. Colleghi, Governo, l'importanza dell'intervento che oggi siamo chiamati a votare è evidente nella sua semplicità; non può che essere condiviso da tutti e non richiede sforzi argomentativi a cospetto di una scelta normativa che è, prima di tutto, una scelta di civiltà. Sono provvedimenti come questo che fanno compiere al nostro ordinamento una vera e propria maturazione giuridica, un decisivo passo in avanti nella tutela dei diritti. Ancora una volta, protagonista di un provvedimento normativo è la donna: per il suo ruolo nella società; per la sua libertà, che va difesa da chi la soffre come un affronto, un insulto; per il suo corpo, il corpo delle donne, sul quale si consumano non solo tragedie, ma anche le peggiori speculazioni, poiché la violenza non è solo fisica o psicologica, ma anche morale, e non c'è violenza più subdola di quella che avviene quando la vittima non può più difendersi. Penso alla triste vicenda di Carol Maltesi, che per tutti è la pornostar uccisa; un appellativo che nasconde un giudizio, un retaggio mentale, neanche tanto sottinteso. No, Carol non era una pornostar, Carol era una donna e basta; l'ennesima vittima di femminicidio, che nel nostro Paese conta già 14 donne uccise, dall'inizio dell'anno. Questa proposta di legge parla di donne, del loro corpo e della libertà negata; libertà negata a causa dei matrimoni forzati, tipici delle tradizioni arcaiche e patriarcali che un Paese civile come il nostro non può, e non deve, accettare. Già nel 2018 la giurisprudenza di legittimità si è espressa con chiarezza sui cosiddetti reati culturalmente orientati. Non potrà mai pretendersi - scrive la Cassazione - che il sistema penale abdichi, in ragione del rispetto di altre tradizioni culturali, religiose o sociali, alla punizione di fatti che colpiscano o mettano in pericolo beni di maggiore rilevanza tutelati dal nostro ordinamento. Parole chiare, Presidente, che ci consentono di affermare un ulteriore principio fondamentale, ossia che al cospetto dei diritti non c'è relativismo che tenga. Le vittime dei matrimoni forzati sono quasi sempre ragazze giovani: per loro non c'è infanzia, non c'è scuola, non c'è diritto al futuro.
Secondo il primo report sulla Costrizione o induzione al matrimonio, dal 9 agosto 2019 al 31 maggio 2021 nel nostro Paese si sono registrati 24 casi di matrimoni forzati, 9 dei quali nei soli primi 5 mesi di quest'anno; ma sappiamo, e nel report è scritto con chiarezza, che si tratta di dati sottodimensionati rispetto a quelli reali. Il caso tristemente più celebre è quello di Saman, diciottenne di origine pachistana, scomparsa dallo scorso aprile. Si sospetta che sia stata la famiglia a ucciderla, perché avrebbe voluto vivere all'occidentale. Quello di Saman, purtroppo, non è l'unico caso.
Basta scrivere in qualsiasi motore di ricerca “uccisa perché voleva vivere all'occidentale” e leggere di donne spesso giovanissime, la cui unica colpa è stata quella di voler scegliere liberamente come vivere, come vestire, chi amare, cosa fare della propria vita; un'opzione non contemplata per queste giovani donne, la cui vita deve essere orientata a soddisfare altre vite, quasi si trattasse di un'umanità di secondo ordine. Proprio per contrastare tale fenomeno, è stato introdotto nel codice penale l'articolo 558-bis ad opera della legge n. 69 del 2019, il cosiddetto Codice rosso, che introduce nel novero dei reati contro la famiglia, segnatamente contro il matrimonio, la fattispecie rubricata “costrizione o induzione al matrimonio”, una scelta importante, ma da sola, chiaramente, è insufficiente.
Prevenire e perseguire reati di questo tipo risulta particolarmente difficile, poiché si consumano tra le mura domestiche, spesso in un clima di soggezione o di vera e propria omertà da parte di tutti i componenti familiari e con la contestuale commissione di violenze, maltrattamenti, lesioni e segregazioni ed è tanto più difficile, se si considera che, ad oggi, nel nostro ordinamento, sussiste una lacuna normativa, ossia l'assenza di riferimenti di reato di matrimonio forzato nel testo unico sull'immigrazione: infatti, essere vittima di reato di matrimonio forzato non è stato ancora inserito tra le fattispecie che consentono il rilascio del permesso di soggiorno. Non avere un documento, Presidente, significa non esistere, essere invisibile e, se sei invisibile, nessuno viene a cercarti e, quindi, l'unica alternativa è cedere alle scelte che ti vengono imposte, non avere un documento significa non avere una via di fuga.
Ebbene, con questa legge, l'articolo 558-bis del codice penale viene espressamente inserito, al comma 1 dell'articolo 18-bis del decreto legislativo n. 286 del 1998, tra i motivi di rilascio del permesso di soggiorno. Tale disposizione va letta in combinato disposto con il comma 4-bis dello stesso articolo 18-bis, il quale prevede che chi è condannato per aver commesso il reato di matrimonio forzato può incorrere nella revoca del permesso di soggiorno e nell'espulsione, svolgendo così una funzione deterrente nella commissione del reato. Se Saman e tutte le altre ragazze avessero avuto un documento, Presidente, o anche solo la prospettiva di poterlo ottenere, avrebbero avuto un'alternativa, uno strumento di difesa. Questa legge è per loro, affinché tutto ciò possa appartenere definitivamente al passato. Ancora una volta protagonista di un provvedimento normativo è la donna, per il suo ruolo, per la sua libertà, per il suo corpo, quel corpo che è terreno di scontro su cui si contende la più difficile di tutte le battaglie: quella dell'autodeterminazione. Quel corpo, che è simbolo di lotta e di emancipazione, ieri come oggi, nella nostra società e in tutti quei Paesi dove il corpo delle donne è l'orpello della volontà altrui. Ancora una volta, protagonista di un provvedimento normativo è la donna: Presidente, il giorno in cui non saremo più costretti a fare leggi per tutelare, proteggere e garantire alle donne sarà il giorno in cui avremo costruito una società veramente inclusiva. Per tutti questi motivi, dichiaro il voto favorevole di Italia Viva al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Montaruli. Ne ha facoltà.
AUGUSTA MONTARULI (FDI). La storia di Saman va ripercorsa correttamente. Saman ha avuto il coraggio di denunciare i suoi genitori quando non aveva ancora 18 anni e per questo è stata protetta, è stata collocata in una casa protetta, per l'appunto, proprio a seguito della sua denuncia. Che cosa aveva denunciato Saman? Aveva denunciato atti di violenza, anche psicologica, volti a determinare non un matrimonio combinato, collega Fornaro, ma un matrimonio costretto. Perché questa è la differenza: il nostro codice penale punisce la costrizione nel matrimonio, non combinare un matrimonio, purtroppo.
Saman aveva denunciato e quanto denunciato, la condotta dei genitori, era già inquadrabile in uno dei reati già previsti dall'articolo 13-bis, che, in particolare, prevede che nei casi speciali possano rientrare i casi, per esempio, di maltrattamenti, di cui all'articolo 572 del codice penale, o, ancora, di atti persecutori.
Quindi, al momento della richiesta di ottenere i suoi documenti, Saman doveva essere già informata del fatto che di quei documenti poteva già beneficiarne senza ricorrere ai suoi genitori, perché, grazie a Dio, per la nostra legislazione, carta alla mano, Saman poteva essere già salvata: aveva già diritto ai documenti, aveva già diritto ad essere protetta, aveva già diritto di essere sentita come persona offesa nell'ambito di un procedimento penale, aveva già diritto a vedere applicate le misure cautelari nei confronti dei suoi genitori e, in particolare, quella di allontanamento dai luoghi frequentati dalla stessa vittima, quindi anche la casa familiare, aveva già diritto, dunque, ad essere protetta e a non incontrare mai più i suoi genitori, fino alla definizione, ovviamente, di un processo.
Tutto questo, nonostante nella nostra legislazione, sia dal punto di vista del codice penale sia dal punto di vista del testo unico dell'immigrazione sia in base ai valori sacrosanti della nostra Costituzione, sia presente sulla carta, non è stato attuato in maniera concreta, nella realtà. E, quindi, Saman cosa ha fatto? Divenuta diciottenne, legittimamente, ha scelto di uscire dalla casa protetta per scegliere un futuro autonomo rispetto a quello prospettato in maniera drammatica dai suoi genitori, ma anche rispetto alla prospettiva della casa protetta stessa, e ha provato a fare una vita propria, libera, sulla base dei propri valori, dei propri principi, delle proprie aspettative. Cos'è che ha determinato la scomparsa di Saman? Che lei ha rincontrato i suoi carnefici, che, sebbene il nostro ordinamento lo permettesse, già all'epoca, non erano stati allontanati e, mentre lei era in una casa protetta per dei reati gravissimi, loro stavano sul divano di casa a progettare su come farla fuori. Questo è andato storto e questa responsabilità l'abbiamo tutta sulle spalle, ce l'hanno le istituzioni italiane, a tutti i livelli. E non riconoscere questo e dire che Saman sarebbe, invece, stata salvata sulla base di questa piccola modifica, che non è altro che una modifica ridondante rispetto a quello che è già previsto, è una bugia, è un falso, è ipocrisia, è buonismo, è non dare giustizia a una ragazza che poteva essere salvata e non è stata salvata sulla base della legislazione italiana. Questo deve emergere, perché illuderci che questa semplice modifica vada a salvare ragazze da oggi in poi, che si trovano nella situazione vergognosa in cui si è trovata Saman, è fare un atto assolutamente irresponsabile.
Che cosa si può aggiungere? Che cosa possiamo fare noi per dare concretamente una mano alle ragazze come Saman? Impedire che, nel loro percorso di ritorno a casa, che nel loro percorso di emancipazione possano rincontrare i loro carnefici. E, allora, indagare sui motivi per i quali quella misura cautelare che l'avrebbe salvata non è stata applicata, ma anche, se proprio vogliamo modificare la normativa attuale, procedere all'espulsione di chi è indagato per reati gravissimi, come quelli che stiamo affrontando, perché, se solo non fossero stati seduti nel divano di casa a progettare come ammazzarla, farla fuori e farla sparire, noi oggi avremmo una ragazza, in Italia, viva e finalmente emancipata da retaggi che, purtroppo, ancor più della violenza fisica, l'hanno uccisa nella violenza psicologica e nel clima di assoluta omertà e anche di inefficienza che l'ha avvolta. Allora io, per questo, insieme a Fratelli d'Italia, voglio portare luce e verità su questo provvedimento, non perché sia un provvedimento aprioristicamente sbagliato, ma perché è sbagliato se viene posto come soluzione finale per dare un aiuto concreto a quelle ragazze.
Non è una soluzione, non è alcun passo in avanti: è mascherare semplicemente tutto, la concatenazione di inefficienze che hanno portato alla vessazione e financo, probabilmente, alla morte di quella ragazza, il cui corpo ancora, purtroppo, non si sta trovando. E io penso alle tante Saman che sono in Italia. A loro oggi dobbiamo dare una protezione concreta. È vero, l'articolo che noi andiamo a modificare, il 18-bis, prevede già negli ultimi commi la possibilità di espulsione quando si è addivenuti ad una sentenza di condanna in primo grado. È sufficiente? No, non è sufficiente. Basti pensare che solo oggi, proprio nel caso specifico di Saman, si stanno chiudendo le indagini preliminari e Dio sa quando il procedimento, almeno nella prima fase del processo, ovvero in primo grado, si potrà concludere con delle sentenze di condanna.
I tempi della giustizia sono diversi rispetto ai tempi, reali e necessari, di prevenzione e di protezione. Quella prevenzione e quella protezione - che penso tutti in quest'Aula non vogliano negare a quelle ragazze - non possono passare da un atto di buonismo e non possono passare neanche da dichiarazioni che non trovano poi una reale efficacia concreta. Noi con questa proposta di legge non andiamo in nessun modo a rafforzare i diritti delle ragazze come Saman. Non andiamo a rinforzarli. Membri del Governo e colleghi di questa maggioranza, dobbiamo dirlo, Saman aveva già diritto ad avere il permesso di soggiorno per casi specifici come quelli previsti dall'articolo 18-bis, perché l'articolo 572 del codice penale, che è quello dei maltrattamenti in famiglia - e voglio vedere se quello di Saman non era un caso di maltrattamenti in famiglia - è già compreso nei vari casi. Per questo quello dei matrimoni forzati è una aggiunta, per carità, che però, nella concretezza, non aggiunge né toglie, e quindi è neutra, e quindi non è un aiuto ulteriore e aggiuntivo. Negare questo significa chiudere gli occhi sulla catena di responsabilità che hanno portato una ragazza, che era già meritevole di avere protezione da parte del nostro Stato, a non averla avuta concretamente, perché ci sono stati interventi tardivi, perché non sono state applicate le misure, perché non le è stato detto che il permesso poteva comunque averlo, peraltro non solo sulla base di questa norma, ma anche sulla base di altre norme, essendo lei diciottenne.
Io ci terrei che casi importanti che hanno scosso le coscienze di tutti e che ci sono rimasti nel cuore e nella mente, venissero affrontati da questo Parlamento in maniera seria, non dicendo cose e dando aspettative che poi non sono, nella pratica, quelle concrete. Abbiamo dato la possibilità a questo Parlamento di migliorare questo testo, affinché ci fosse un aiuto concreto. Poteva non essere quello proposto da Fratelli d'Italia? Non c'è stato neanche il margine di un dialogo compiuto e di un ragionamento molto più approfondito su come, e qui concludo, ognuna di queste ragazze - che sono alla ricerca della libertà, e l'Italia dev'essere la patria di queste ragazze - possa, nel ritorno a casa, non trovare di nuovo i propri carnefici impuniti e lasciati soli a progettare il modo con cui, ancora una volta, fare violenza ed estirpare quel vento di libertà che permetteva loro di confidare in un futuro migliore (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sarro. Ne ha facoltà.
CARLO SARRO (FI). Grazie, Presidente. Noi voteremo convintamente questo provvedimento perché riteniamo che ogni specificazione, ogni integrazione, ogni puntualizzazione del quadro normativo, indipendentemente dalla sfera di ampiezza della sua efficacia, serva, perché quanto più chiara e più univoca è la direzione delle norme, tanto più efficace risulterà la loro applicazione. In questo senso la disposizione che oggi approviamo e che andremo ad introdurre nel nostro ordinamento colma sicuramente un vuoto, indipendentemente dalla portata che intendiamo assegnare.
Ho sentito nell'intervento che mi ha preceduto la qualificazione di una previsione neutra rispetto alla efficacia della disposizione. Noi riteniamo, viceversa, che essere chiari, essere precisi e, soprattutto, anche essere più ampi nella previsione serva, perché questo consente di coprire quante più fattispecie, soprattutto in un campo, quello del quale parliamo, che è contraddistinto da una condizione di omertà e di particolare vulnerabilità della vittima.
Sappiamo, infatti, che queste vicende si consumano molto spesso all'interno delle famiglie, di famiglie che sono trapiantate nel nostro Paese nella quasi totalità dei casi, dove cioè c'è la tendenza ad una chiusura del nucleo familiare ad una struttura praticamente endogamica, che resta come elemento dominante e che costituisce una aggravante e un peggioramento della condizione di limitazione della donna, spesso giovanissima, talvolta poco più che bambina, che viene destinata a questa antica pratica - che noi ovviamente condanniamo - del matrimonio forzato; matrimonio che viene concordato tra le famiglie all'insaputa della diretta interessata o, comunque, senza alcuna partecipazione e coinvolgimento, anche perché spesso, a quell'età, non c'è neanche la condizione minima per poter, in termini di espressione della volontà, aderire ad una scelta di vita così importante e profonda quale è, appunto, il matrimonio.
E riteniamo che avere previsto, nell'ambito delle disposizioni del testo unico delle norme che trattano dello straniero e dell'immigrazione nel suo complesso, anche la comprensione della fattispecie dell'articolo 558-bis del codice penale, costituisca un elemento ulteriore, proprio prendendo spunto dalla tristissima vicenda che ha occasionato, potremmo dire, questo intervento legislativo e che dimostra come - nel caso, che è stato ricordato ripetutamente, della giovane pachistana, della quale si sono completamente perse le tracce e su cui c'è un'attività di indagine orientata verso l'ipotesi dell'omicidio e dell'occultamento di cadavere - era stata proprio l'esigenza di ritornare a casa per riprendere i propri documenti che avrebbe poi scatenato la reazione violenta dei familiari e, quindi, successivamente la soppressione.
Ora, noi riteniamo che attraverso questa misura daremo, ovviamente, una maggiore completezza al nostro ordinamento e proseguiamo in un percorso che, come Forza Italia, vogliamo orgogliosamente rivendicare, perché gran parte della normativa a tutela della condizione femminile della donna e di protezione della donna è stato frutto di una elaborazione e di un'attività di impegno istituzionale e legislativo che il nostro movimento politico ha portato avanti negli anni con coerenza e con determinazione, perché noi riteniamo che la condizione di parità della donna e, più in generale, le condizioni di eguaglianza e di giustizia all'interno della nostra società debbano essere assicurate praticandole e non semplicemente predicandole. Ed in coerenza con questa nostra rigorosa impostazione, noi riteniamo che anche questa misura, ancorché limitata ad una integrazione del testo unico delle leggi sull'immigrazione, possa servire, perché è un tassello che completa quel mosaico al quale da anni noi lavoriamo e sui cui risultati confidiamo fermamente per riaffermare una maggiore civiltà e una maggiore giustizia nella nostra società (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.
BARBARA POLLASTRINI (PD). Grazie, Presidente. Sottosegretario, noi del gruppo PD votiamo questa proposta di legge con l'impegno che il Senato se ne appropri in tempi rapidi, rapidissimi, e la faccia diventare legge dello Stato.
Il testo - è stato ricordato prima - è composto da un unico articolo, che riconosce semplicemente una sicurezza in più: assegnare protezione e permesso di soggiorno per motivi umanitari a chi, straniero o straniera, sia minacciato o minacciata, abbia subito violenza e sia costretto a un matrimonio o a un'unione civile forzati contro ogni sua volontà, contro ogni suo progetto di vita e contro i suoi sentimenti. È un reato – matrimonio o unione civile forzati - che il Codice rosso ha introdotto nel nostro Paese in coerenza con la Convenzione di Istanbul.
In sintesi, con questa proposta - e voglio anch'io ringraziare la relatrice e chi vi ha lavorato con lei - si colma una lacuna, come è stato detto, e si adegua la norma del 2019 alla realtà, alla realtà di quegli inferni vissuti in grande parte da donne e ragazze straniere, obbligate al matrimonio forzato da cittadini stranieri, per il 60 per cento, nel nostro Paese, ma, attenzione, per il 40 per cento nel nostro Paese da cittadini italiani da sempre. Il reato prevede una reclusione da uno a cinque anni e da due a sette anni quando la vittima sia minorenne, cioè poco più che una bambina. Da circa due anni il Ministero dell'Interno fornisce dati più certi e in Italia, ad oggi, risultano 35 le unioni forzate, ma sappiamo che è la punta di un iceberg, perché ritorsioni e violenze impediscono a molte ragazze e a molte donne di denunciare, di scappare dall'omertà di clan fondamentalisti e patriarcali o semplicemente da comunità legate da interessi e da un certo perbenismo. Insomma, per una giovane straniera avere nell'immediatezza un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie può essere la salvezza e, comunque, può essere un aiuto concreto. Allora, colleghe e colleghi, questi sono i dati. Quando però noi parliamo di matrimoni forzati e di spose bambine immediatamente l'immagine corre al Pakistan, dove dietro a un abito da sposa colorato, agghindato con fiori e corone, si celano disperazione, ripugnanza e dolore, o corre all'Afghanistan, dove quel burqa ti toglie ogni libertà e dove scegliere un vero amore può significare morire. Però, non lontano da noi, in Svizzera, sono stati documentati in tre anni 905 matrimoni forzati, in ogni comunità: musulmana, indù, buddista e cristiana; in Inghilterra, sono circa 750 e di questi 750 il 15 per cento riguarda minori di meno di quindici anni, bambini e bambine, per tutti gli usi. E così mi risuona, nel pensare a queste cose, quel titolo voluto da Catharine MacKinnon per uno dei suoi libri da lei più amati che chiamava così, mettendo un punto interrogativo, Le donne sono umane?. Lei, avvocata, attivista, già consigliera presso la procura della Corte penale internazionale, scriveva: “Se noi donne fossimo umane, cioè se anche per noi fossero pienamente attuati i principi universali della Dichiarazione del 1948 e delle Costituzioni, saremmo trasportate come merce pronta a essere venduta, saremmo date in sposa a padroni in cambio di danaro o di altro?”. E, possiamo aggiungere, sì, noi possiamo aggiungere: se le donne fossero umane, in quel paradosso del titolo, sarebbe finita in quella tragedia Saman Abbas, da cui questa proposta di legge ha preso spunto per allargarsi? Il fatto è che un conflitto attraversa il mondo e persino le civiltà apparentemente più pacificate, le religioni, i ceti e le culture; quel conflitto ha una posta in gioco: la libertà, l'indipendenza, l'autonomia delle donne (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Eppure, i diritti umani delle donne, nel loro intreccio inestricabile tra civili, sociali e politici, sono la premessa per l'espansione della dignità di ogni persona; “dignità”, parola martellante nel discorso del Presidente Mattarella, dignità, e il cammino della dignità è stato vissuto da tante prima di me, da me e sarà vissuto da queste giovani donne, dalle giovani donne che sono anche al mio fianco e in cui ho una grande, grandissima fiducia. Loro sanno - e sto concludendo, Presidente - che nessun principe, neppure il più illuminato, regala loro diritti, darà loro diritti e potere democratico senza il loro protagonismo, la loro intelligenza, la loro forza e la loro unità, ma sanno anche che autocrati e dittatori i diritti e il potere li strappano fino a incarcerare, a umiliare e a punire; sanno qual è la differenza fra la democrazia da rilanciare e sanno cosa sono i luoghi dove non c'è quella democrazia.
Presidente, noi stiamo votando un semplice provvedimento di adeguamento, ma quando quel tabellone diventerà molto verde manderà un messaggio. Il messaggio sarà di quest'Aula che vuole dire: vi vediamo, non rimuoviamo, vorremmo condividere ancora di più le vostre sofferenze e la vostra voglia di riscatto, vi vediamo e, oggi, aggiungiamo un umile tassello, perché sicurezza e lavoro vi rendano possibile scegliere un amore, un progetto di vita, un sentimento. Ecco, vi vediamo, perché anche se una sola donna fosse più sicura dopo questo provvedimento, anche se una sola donna venisse salvata, sarebbe davvero una grande cosa. Poi voi dite, come diceva la collega Montaruli: si deve fare di più; ma chi non vuole fare di più? Allora, la verità sapete qual è? È che se Saman Abbas avesse avuto la cittadinanza, se ci fosse stata la legge sulla cittadinanza, in questo Paese, se ci fosse stato lo ius culturae o lo ius scholae, sì che Saman sarebbe stata davvero aiutata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E chi non vuole di più? Siamo tutte e tutti disponibili a fare una battaglia nella legge di bilancio perché aumentino le risorse di contrasto alla violenza, perché ci sia prevenzione, perché vengano aiutate le vittime, per tutto questo. E siamo ancora tutti disponibili a ragionare davvero su come oggi si costruiscono dialogo, tregua e pace nel mondo e siamo disponibili a considerare che le disperate vengono dall'Ucraina, ma le disperate vengono anche dal Sud del mondo, con quei barconi, e anche loro scappano da oltre 50 guerre dimenticate. Siamo disponibili ad accogliere, siamo disponibili a fare tutto questo.
Ho finito, signor Presidente. Questo è un tassello, lo so, ma è un tassello che ci riporta a un nodo più grande, a un tema immenso, noi parliamo, qui, e credo che tutti noi, qui, con il nostro pluralismo, il cuore e la testa l'abbiamo in Ucraina, là dove succede quello che non avremmo mai voluto vedere. E, allora, tutte e tutti noi, qui, se pensiamo all'Ucraina, pensiamo a come saranno gli occhi di quelle donne che hanno subito e, magari, stanno subendo stupro e violenza e davanti a loro e alla loro sofferenza con umiltà noi ci inchiniamo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO (LEGA). Presidente, colleghi, oggi, in quest'Aula, si tratta di fare una scelta, una scelta banale, banalissima: se stare nel Medioevo o se stare nel futuro o, meglio, stare in un presente di civiltà. Pensare che in Italia, nel 2022, nel Parlamento italiano, in quest'Aula, dobbiamo trovarci a parlare di matrimoni forzati, lo riteniamo surreale. Eppure, nel mondo ogni anno ci sono circa 12 milioni di bambine e di adolescenti che sono costretti ad accettare matrimoni contro la loro volontà prima dei 18 anni. E in Italia quante sono queste bambine, quanti sono questi adolescenti, quante sono le Saman? Si stimano più o meno 150 matrimoni forzati all'anno; sono numeri che non sono definibili, perché sono reati sommersi, sono difficili da individuare, sono per lo più intrafamiliari.
La Lega è sempre stata presente su questi temi. Ho ascoltato tutte le colleghe ricordare il Codice rosso, ma pochi hanno ricordato che tale Codice rosso è stato fortemente voluto da un Ministro della Lega, Giulia Bongiorno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), la quale ha previsto, per la prima volta in Italia, il reato di matrimonio forzoso, nonché la reclusione per questo reato.
Qui, oggi, si aggiunge un tassello, si dice giustamente che per le donne costrette, vittime di questo reato, si deve intervenire immediatamente con la protezione umanitaria e che va revocata ogni forma di permesso a chi ha indotto queste bambine al matrimonio. Anche su questo la Lega, già in passato aveva dimostrato sensibilità: ricorderete il Ministro Salvini, quando fece la revisione della protezione umanitaria; proprio come deroga, quindi come ampliamento della protezione umanitaria previse tra le ipotesi un altro odioso reato nei confronti delle donne presenti sul nostro Paese, ossia quello della tratta delle immigrate. Quindi, siamo sensibili al tema. In Commissione abbiamo proposto miglioramenti tecnici e anche oggi voteremo convintamente questo provvedimento, perché, dietro la definizione un po' arida di matrimonio precoce, vi sono vite distrutte, ragazzine che subiscono, molto spesso, violenze e che, comunque, sono costrette ad andare contro la loro volontà e contro i loro sentimenti. Però - non lo dico io, lo recita testualmente il report del Viminale dello scorso anno - il fenomeno del matrimonio forzato ha radici storiche, culturali e, talvolta, religiose. Allora, colleghi non possiamo nasconderci, dobbiamo chiederci come mai vent'anni fa questo problema non c'era, come mai c'è oggi e quali sono le radici storiche, religiose e culturali a cui si riferisce. Dobbiamo interrogarci, insomma, sul nostro modello di integrazione, su come è sviluppato il fenomeno dell'immigrazione, perché non dobbiamo nasconderci: si tratta di un fenomeno spesso relativo a famiglie di immigrazione di prima e di seconda generazione. È questo il modello di integrazione che vogliamo ottenere?
Crediamo che sulla libera determinazione delle donne si basi la nostra misura di civiltà, che la libertà delle donne di poter seguire i propri sentimenti sia una tappa fondamentale della nostra civilizzazione. Crediamo che su questo tema dobbiamo essere intransigenti e non possiamo arretrare di un passo. Il rapporto dello scorso anno del Dipartimento di pubblica sicurezza ci segnala che l'85 per cento dei reati riguarda donne, che il 59 per cento di queste donne sono straniere e che nel 73 per cento dei casi gli autori del reato sono uomini pachistani, albanesi e le donne vittime sono pachistane, albanesi.
Noi sappiamo che le norme aiutano, che la norma di oggi aiuta, però dobbiamo insistere sul lato culturale. Molto spesso, prima che una bambina sia costretta a un matrimonio forzato, non è stata lasciata andare a scuola, non le è stato consentito di mettere i jeans o di non indossare il velo, su questo dobbiamo focalizzarci. Dobbiamo arrivare prima e verificare che queste donne siano libere, non dobbiamo consentire che un solo padre, che consideri oggetto sua figlia e che possa pensare di trasferirla come oggetto ad un altro uomo, rimanga anche un'ora – anche un'ora - sul nostro territorio.
Quindi, colleghi, è bene legiferare - oggi stiamo scrivendo una pagina di civiltà e voteremo tutti insieme - ma dobbiamo insistere sul modello culturale: mai più Saman, mai più donne costrette, mai più forzature, il nostro è un Paese libero, di donne libere (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascari. Ne ha facoltà.
STEFANIA ASCARI (M5S). Grazie, Presidente, vi ricordate di Saman Abbas? Chi era Saman Abbas? Saman era una giovanissima ragazza di nazionalità pachistana, residente da anni in Italia, vicino al mio territorio, Novellara, in provincia di Reggio Emilia. Saman ha fatto tutto quello che lo Stato chiede di fare in caso di violenza: si è opposta a un matrimonio forzato, ha denunciato la costrizione, le vessazioni, le minacce da parte della famiglia. È stata inserita in un circuito di protezione, all'interno di una casa rifugio, ma è qui che è scattato un corto circuito, perché Saman non aveva i documenti. È tornata a casa, ma perché? Perché, in certi contesti familiari, patriarcali, retrogradi e sessisti, i documenti, il permesso di soggiorno vengono trattenuti dai genitori. Saman rivoleva i propri documenti, il proprio permesso di soggiorno, che rappresenta la libertà, che avrebbe rappresentato l'inizio di una nuova vita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ed è per questo che è importante questa proposta di legge, perché va a inserire il reato di costrizione o induzione al matrimonio, di cui all'articolo 558-bis del codice penale all'interno dell'articolo che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo all'interno dell'articolo 18-bis del testo unico immigrazione, che rilascia un permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio e il cui comma 4-bis prevede per chi commette questo terribile reato la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione. Teniamo presente che il reato di costrizione o induzione al matrimonio è già stato preso in esame dal legislatore con la legge “Codice rosso”, di cui sono stata relatrice, un reato che prevede la reclusione da 1 a 5 anni e che aveva l'obiettivo di rispondere all'inaccettabile pratica dei matrimoni combinati e recepire gli impegni assunti dall'Italia con la Convenzione di Istanbul.
Colleghi, il fenomeno dei matrimoni forzati riguarda da vicino il nostro Paese: secondo l'ultimo report del Ministero dell'Interno, sono 35 i casi individuati, si tratta per lo più di ragazze, giovanissime, di nazionalità straniera, casi, quindi, che ci riguardano appunto da vicino; pertanto, spero che oggi vi sia un voto unanime in quest'Aula.
A questo punto, ci tengo a ringraziare sentitamente Giuseppe Brescia, il presidente della Commissione affari costituzionali, le colleghe Elisa Tripodi, relatrice, e Vittoria Baldino; ci tengo a ringraziare, inoltre, l'avvocata Antonella Faieta, la presidente Gabriella Carnieri Moscatelli dell'Associazione nazionale volontarie del Telefono rosa, la Presidente Ebla Ahmed, la vicepresidente Patrizia Scotto di Santolo, di Senza Veli sulla Lingua, per il lavoro, l'aiuto e il supporto costante per portare a casa questa importante norma di civiltà.
Colleghi, non abbiamo potuto salvare Saman, ma abbiamo il dovere di predisporre misure per tutelare tutte quelle donne che, coraggiosamente, denunciano e si ribellano a situazioni di costrizione e di pericolo. Uno Stato civile non le abbandona, uno Stato civile non le lascia sole, uno Stato civile le affianca, porge loro la mano e dà una via di fuga, un'alternativa alla violenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo significa salvare la loro libertà, significa salvare il loro diritto di scegliere, la loro autonomia e, molto spesso, significa salvare la loro vita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
Presidente Brescia intende intervenire?
GIUSEPPE BRESCIA, Presidente della I Commissione. Grazie Presidente, voglio rivolgere un ringraziamento, veramente molto breve, alla presentatrice, Stefania Ascari, per l'impegno e la passione che mette su questi temi, alla collega Tripodi, che si è occupata di assumere il ruolo di relatrice e a tutti i componenti della Commissione, che hanno reso possibile un iter così veloce di questa proposta di legge, così importante. Grazie a tutti (Applausi).
(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3200)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 3200:
"Modifica all'articolo 18-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di rilascio del permesso di soggiorno alle vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio".
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 3). (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente, Italia Viva, Coraggio Italia, Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Misto).
Seguito della discussione delle mozioni Murelli ed altri n. 1-00563, Nappi ed altri n. 1-00621, Ianaro ed altri n. 1-00622 e Marrocco ed altri n. 1-00623 concernenti iniziative in materia di allergie e intolleranze alimentari, con particolare riferimento alla celiachia (ore 16,50).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Murelli ed altri n. 1-00563, Nappi ed altri n. 1-00621, Ianaro ed altri n. 1-00622 e Marrocco ed altri n. 1-00623, concernenti iniziative in materia di allergie e intolleranze alimentari, con particolare riferimento alla celiachia (Vedi l'allegato A).
Ricordo che nella seduta di lunedì 4 aprile 2022 si è svolta la discussione sulle linee generali.
Avverto che è stata presentata una nuova formulazione della mozione Murelli ed altri n. 1-00563, che è stata sottoscritta, tra gli altri, anche dai deputati Nappi, lanaro, Marrocco, Schullian, Noja, Bologna, Stumpo e Lapia che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventano rispettivamente il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto, il settimo, l'ottavo e il nono firmatario. Il relativo testo è in distribuzione.
Contestualmente alla presentazione della nuova formulazione della mozione n. 1-00563, le mozioni Nappi ed altri n. 1-00621, Ianaro ed altri n. 1-00622 e Marrocco ed altri n. 1-00623 sono state ritirate dai rispettivi presentatori.
Avverto, inoltre, che è stata presentata la mozione Bellucci ed altri n. 1-00624. Il relativo testo è in distribuzione.
(Parere del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per la Salute, Andrea Costa, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
ANDREA COSTA, Sottosegretario di Stato per la Salute. Grazie, Presidente. Relativamente alla mozione unitaria, si esprime parere favorevole per quanto riguarda la premessa. Quanto agli impegni, sul primo impegno il parere è favorevole. Sul secondo impegno il parere è favorevole, con la seguente riformulazione: “a porre in essere in tutte le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado iniziative volte ad avviare progettualità in tema di corretta educazione sulle allergie e intolleranze alimentari e i suoi componenti e sulla celiachia in particolare, nell'ambito di quanto già previsto, in materia di educazione alla salute e al benessere, dalla legge 20 agosto 2019, n. 92, che trovino il proprio culmine durante la giornata informativa”. Sul terzo e sul quarto impegno il parere è favorevole. Sul quinto impegno il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “nei limiti dei vincoli di bilancio”. Sul sesto impegno il parere è favorevole con la seguente riformulazione: “ad adottare iniziative volte a verificare la possibilità di approfondire, all'interno dei percorsi di studio degli istituti professionali per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera, la tematica della celiachia e della dieta senza glutine”. Per quanto riguarda invece il settimo impegno il parere è contrario. Sull'ottavo, il nono ed il decimo impegno il parere è favorevole. Sull'undicesimo impegno il parere è favorevole, con le seguenti riformulazioni: “nei limiti dei vincoli di bilancio” e “a valutare la possibilità di”. Per quanto riguarda il dodicesimo ed il tredicesimo impegno il parere è favorevole, con la riformulazione: “a valutare la possibilità di”. Sul quattordicesimo impegno il parere è favorevole. Sul quindicesimo impegno il parere è contrario. Sul sedicesimo impegno il parere è favorevole con la riformulazione: “a valutare la possibilità di”. Sul diciassettesimo impegno il parere è favorevole, con la riformulazione: “a valutare l'opportunità di” e “nel rispetto dei vincoli di bilancio”.
Per quanto riguarda, invece, la mozione Bellucci ed altri n. 1-00624 si esprime parere favorevole per quanto riguarda la premessa. Sul primo e sul secondo impegno il parere favorevole. Sul terzo impegno il parere è favorevole, con la riformulazione: “a valutare la possibilità di”. Sul quarto e sul quinto impegno il parere è favorevole. Sul sesto impegno il parere è favorevole, con la riformulazione: “a valutare l'opportunità di”. Sul settimo impegno il parere è favorevole con la riformulazione: “nei limiti dei vincoli di bilancio”. Sull'ottavo, sul nono e sul decimo impegno il parere è favorevole.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto Timbro. Ne ha facoltà.
MARIA FLAVIA TIMBRO (LEU). Grazie, Presidente. La mozione che oggi ci impegna affronta un tema che affligge moltissimi italiani: allergie e intolleranze alimentari, con particolare attenzione alla celiachia. Si tratta, più che altro, di una intolleranza permanente al glutine che, in soggetti geneticamente predisposti, determina la comparsa di alterazioni della mucosa, con difficoltà anche nell'assorbimento di tutti i nutrienti. A tutti gli effetti, è una malattia cronica, certamente la più frequente tra le intolleranze alimentari, dato che colpisce - questi sono i dati che abbiamo - circa l'1 per cento della popolazione del nostro Paese. Ufficialmente, quindi, sono oltre 200 mila coloro che sono affetti da celiachia ma la mancanza di diagnosi certa e l'assenza, in molti casi, anche di sintomatologia evidente o caratteristica e, quindi, peculiare lasciano stimare una platea di almeno altre 600 mila persone che ne sarebbero affette senza saperlo. Nove su dieci, quindi, di questi pazienti potenziali non sanno di soffrire di questa patologia e continuano, ignari, ad assumere alimenti per loro potenzialmente nocivi, aumentando anche vistosamente la probabilità di incorrere in conseguenze molto più gravi, scaturite non soltanto dalla contingenza, quindi dall'esistenza della patologia, ma anche dalla sua mancata cura. Già dal 2005, la celiachia è stata riconosciuta da questo Parlamento come una malattia sociale, anche a causa della profonda incidenza che ha sulla vita delle persone che ne sono afflitte. Si tratta infatti di soggetti che hanno la necessità di rispettare regimi alimentari rigorosi senza soluzione di continuità. Questo rischia di comportare, e spesso comporta per loro, soprattutto in una fascia di età adolescenziale, quindi nella giovane età, quando prevalentemente questa malattia insorge, la difficoltà anche pratica e psicologica di potersi sentire al centro di una vita normale e di poter condurre una vita a tutti gli effetti, senza alcun tipo di cambiamento. È in questo senso che la celiachia viene anche considerata una malattia sociale, perché spesso induce a fenomeni di emarginazione sociale e scolastica, induce addirittura allo sviluppo di disturbi depressivi in una fase della vita in cui circa il 30 per cento dei pasti vengono consumati fuori casa. Spesso, infatti, è difficile, per coloro che ne sono affetti, poter trovare facilmente luoghi nei quali alimentarsi insieme agli amici e quindi vivere un benessere sociale anche attraverso l'espressione della propria personalità a 360 gradi. Non poche sono anche le discriminazioni che gli stessi subiscono pur non avendo dalla loro parte alcun tipo di patologia né alcun deficit di carattere fisico o di carattere mentale. Finiscono, ancora oggi, nonostante i progressi informativi, per subire una serie di limitazioni anche dal punto di vista professionale. Una su tutte, cui fa riferimento la mozione: viene loro limitata la carriera di carattere militare. Quindi, pur non avendo deficit, né di carattere fisico né di carattere psicologico, i celiaci debbono comunque in qualche modo avere delle limitazioni negli accessi alle posizioni più alte dell'esercito. Per non parlare delle ingenti spese che devono sostenere le loro famiglie e gli italiani e soprattutto della grande disomogeneità territoriale che comunque, dentro questo Paese, ancora sussiste, provocando non poche discriminazioni tra un paziente e l'altro e grandi difficoltà nel sostenere il regime alimentare di cui hanno bisogno.
Questa è certamente una situazione inaccettabile ed è proprio allo scopo di rimuovere queste disomogeneità e queste profonde diseguaglianze e di abbattere ogni forma di discriminazione sociale o professionale che possa scaturire per coloro che sono affetti da questa patologia, che nasce questa mozione - è in questo senso e in questa direzione che va -, con l'obiettivo di favorire diagnosi precoci e la consapevole e corretta convivenza con un disturbo che, se correttamente affrontato, certamente può e deve consentire uno svolgimento della vita pieno e normale e socialmente ben integrato.
Bene, quindi, le misure previste nella mozione unitaria: misure che puntano a rafforzare diagnosi e prevenzione; misure volte a sensibilizzare e ad accendere i riflettori su una patologia assai frequente, una patologia sottovalutata spesso anche dai medici di base che, per un lungo periodo, l'hanno considerata soltanto una patologia di insorgenza pediatrica, cosa che non è; misure che premiano gestori e ristoratori che vorranno e potranno investire anche nell'alimentazione senza glutine e che consentiranno, quindi, ai celiaci di poter vivere serenamente la loro vita sociale; misure volte ad azzerare qualsivoglia forma di discriminazione professionale, che non ha alcuna ragione di esistere.
In questa direzione certamente ancora oggi, nonostante tutto, serve un serio e concreto impegno del Governo. In questa direzione va il nostro impegno ed è in questa direzione che dichiaro, a nome del gruppo di Liberi e Uguali, il voto favorevole sulla mozione unitaria.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bologna. Ne ha facoltà.
FABIOLA BOLOGNA (CI). Grazie, Presidente. La celiachia è la più conosciuta tra le malattie multifattoriali. È un enteropatia infiammatoria permanente scatenata, in soggetti geneticamente predisposti, dall'ingestione del glutine presente in alcuni cereali. È una malattia genere-specifica: ha un'incidenza doppia nelle donne rispetto agli uomini e sono emerse differenze di genere nella sintomatologia con cui la malattia si manifesta, un tema che è oggetto di ricerca anche nell'ambito della medicina di genere e che, come gruppo, abbiamo voluto sottolineare nella mozione. Infatti, le donne hanno mostrato più sintomi gastrointestinali e segni clinici rispetto agli uomini. Inoltre, l'attenzione alla sintomatologia legata alla celiachia ha un particolare significato per la donna nell'ambito della sua vita: una celiachia o la sensibilità al glutine non diagnosticata e non adeguatamente trattata può essere collegata a problemi della salute riproduttiva come fertilità, aborti ripetuti, ritardo di crescita intrauterino, basso peso del neonato alla nascita, parti prematuri e necessità di parti chirurgici. La diagnosi precoce, quindi, è molto importante.
Un gruppo di ricercatori del “Bambino Gesù” sono giunti a importanti risultati, pubblicati dalla prestigiosa rivista The Lancet, sia per la diagnosi ma anche per il controllo dell'andamento della malattia che accompagna i pazienti per tutta la vita. L'identificazione di nuovi biomarcatori circolanti può costituire la base di un innovativo approccio alla diagnosi e al monitoraggio dell'aderenza dei pazienti alla dieta senza glutine. Ad oggi l'esclusione del glutine dall'alimentazione costituisce l'unica terapia validata per la celiachia. Si discute circa la sensibilità e l'accuratezza dei test sierologici che ad oggi vengono utilizzati principalmente per la diagnosi della celiachia. Per cui, un'alternativa diagnostica che escluda l'utilizzo di analisi strumentali invasive come la gastroduodenoscopia nei pazienti - soprattutto nei bambini - sarebbe importante. Un ulteriore beneficio di questo studio è aver individuato un possibile metodo per monitorare l'aderenza alla dieta e dare la possibilità al clinico specialista di valutare la strategia terapeutica migliore da adottare caso per caso, nell'ottica di una medicina personalizzata.
La legge n. 123 del 2005 definisce la celiachia malattia sociale, in quanto a incidere maggiormente sulla vita delle persone celiache, intolleranti e allergiche, oltre alla modifica del regime alimentare è la relazione con gli altri in contesti che prevedono pasti fuori casa (pensiamo alla scuola, al lavoro, al viaggio, ai momenti di svago con gli amici). Diagnosticare tutti in modo corretto e precoce vuol dire proteggere i celiaci dalle gravi complicanze e la collettività dei costi sociali elevati della celiachia non diagnosticata. Il Servizio sanitario nazionale, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, garantisce mensilmente al celiaco un sostegno per l'acquisto degli alimenti senza glutine. Gli alimenti, erogati gratuitamente, sono quelli che sostituiscono gli alimenti che tradizionalmente sono prodotti con i cereali, che contengono il glutine, e in questo mese di aprile ci si aspetta proprio un aggiornamento da parte del Ministero del registro nazionale degli alimenti.
Molto c'è ancora da fare nel campo della ricerca, sia per i meccanismi biologici e fisiopatologici della patologia, sia per le interazioni tra fattori di rischio ambientale, sia per profili genetici e biomarcatori, inclusi studi sui componenti tossici del glutine, sia sulle innovazioni delle metodologie cliniche.
La mozione oggi affronta problematiche della celiachia e delle allergie alimentari a 360 gradi e anche da un punto di vista educativo, formativo e divulgativo.
L'importanza dell'educazione alla salute e al benessere, richiamata anche all'interno della legge n. 92 del 2019, recante l'introduzione dell'insegnamento scolastico dell'educazione civica, nell'ambito della quale si può ricomprendere l'educazione alimentare, rappresenta il primo ed efficace strumento di prevenzione a tutela della salute. Sappiamo che il costo della prevenzione è molto più sostenibile rispetto ai costi necessari per ricoveri e cure e allontana il rischio di complicanze per le persone affette, per cui è necessario sostenere il percorso diagnostico e quello alimentare. È fondamentale assicurare un sistema di assistenza omogeneo sul territorio nazionale e investire sulla formazione e sulla competenza dei professionisti a tutti i livelli. L'obiettivo finale è quello dell'efficienza diagnostica, dell'appropriatezza terapeutica, dell'innovazione di prodotti alimentari per celiaci e dell'implementazione di standard di qualità e sicurezza dell'alimentazione senza glutine per il miglioramento della qualità di vita delle persone con celiachia e con allergie alimentari. Per questo annunciamo il voto favorevole di Coraggio Italia (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Baldini. Ne ha facoltà.
MARIA TERESA BALDINI (IV). Presidente, parlare di celiachia significa affrontare una patologia sempre più diffusa, una malattia su base infiammatoria, una malattia molto fastidiosa che altera i villi intestinali e, in particolare, quelli duodenali. Parliamo di una problematica che può comparire in qualunque età e con una sintomatologia estremamente variabile, quale il rallentamento dei processi digestivi - quindi, disturbi dispeptici in generale - mentre nelle donne, ad esempio, può determinare amenorrea o menarca tardivo e soprattutto dismenorrea ed endometriosi (si può arrivare all'infertilità).
In Italia circa 600 mila persone hanno diagnosi di celiachia, una patologia che inizia ad avere, quindi, un'incidenza molto importante. È prevalente nelle donne, con il 66 per cento, mentre negli uomini è al 34 per cento. È documentata una predisposizione genetica e l'aspetto immunologico riveste un aspetto fondamentale (l'intestino è fondamentale proprio per il supporto immunologico di tutto il corpo). Come è noto, è il glutine l'agente che determina un aspetto infiammatorio: crea un malassorbimento intestinale e altera proprio la mucosa intestinale. Infatti, la diagnosi avviene con test sierologici e con la biopsia duodenale. È singolare, però, che la diagnosi venga fatta dall'endoscopista e la cura dal gastroenterologo. Questo per dire che l'endoscopia ancora oggi in Italia non è una disciplina riconosciuta, come lo è, ad esempio, in Francia. Sarebbe auspicabile, proprio partendo da questa malattia, regolamentare la disciplina endoscopica con rapporto diretto diagnosi-terapia, che potrebbe davvero velocizzare l'iter diagnostico-terapeutico.
Quando si parla di diagnosi precoce spesso si dimenticano le difficoltà che i pazienti hanno a ricorrere a specialisti corretti rispetto al problema. Quando si tratta di curare il tubo digerente, subentrano varie problematiche che possono deviare il paziente verso specialisti vari che non certificano la diagnosi di celiachia proprio per impossibilità. Problematiche psico-neuro-endocrino-immunologiche sono spesso connesse al nostro intestino (basti pensare alla colite come malattia psicosomatica). Dunque, non bisogna perdere tempo e intervenire con la terapia alimentare: la dieta senza glutine, che è l'unica terapia, prima che la permeabilità intestinale, l'alterazione della mucosa eccetera possano peggiorare davvero il quadro clinico. Ma per la diagnosi occorre che il medico faccia un esame clinico e strumentale. Quindi, per fare la diagnosi occorre certificare strumentalmente e a livello istologico la malattia.
Quello che è fondamentale è intervenire sull'educazione alimentare a tutela della salute, a partire proprio dall'età scolastica, nella famiglia e nell'informazione. Di gluten free si sente tanto parlare ma l'informazione e la sensibilizzazione della popolazione è ancora carente, soprattutto sulla composizione degli alimenti.
Questa mozione pone diversi impegni al Governo affinché la celiachia possa essere diagnosticata in tempi brevi, anche grazie a una precisa informazione e prevenzione che implichi un forte impegno di educazione alimentare, cosa fondamentale, questa, per tutte le malattie. In questo caso un detto ippocratico, cioè colui che introdusse le basi della medicina scientifica (proprio Ippocrate), fa capire molto bene il ruolo dell'alimento.
Questo detto diceva: fa che il tuo cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bellucci. Ne ha facoltà.
MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Come Fratelli d'Italia abbiamo voluto proporre una nostra mozione; lo abbiamo fatto rispetto ad una tematica che ha già visto il nostro impegno e che ha visto Fratelli d'Italia presentare, in particolare, un ordine del giorno accolto dal Governo. L'intendimento dell'ordine del giorno, a firma mia e del mio collega Deidda, voleva rendere possibile per le persone con diagnosi di celiachia l'utilizzo dei buoni per l'acquisto dei prodotti alimentari senza glutine a prescindere dalla regione di residenza, cioè in tutto il territorio nazionale, e voleva semplificare le procedure attraverso le quali gli esercizi commerciali ricevono l'autorizzazione per la vendita di questi prodotti. Una modifica, quella che abbiamo richiesto, di buon senso, che cercava di far vivere in una condizione più semplice, in una condizione che potesse sostenere maggiormente queste persone, e che potesse, quindi, alleviarle da una fatica che le accompagna per tutta la propria esistenza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
Ebbene, quell'ordine del giorno è stato accolto dal Governo e noi siamo contenti di aver contribuito all'introduzione di una previsione che diventa indispensabile per gli uomini e per le donne che hanno una diagnosi di celiachia. E anche in questo caso, in cui arriva in Aula, alla Camera dei deputati, una mozione su questo tema, abbiamo voluto portare all'attenzione del Governo e del Parlamento tutto le richieste delle persone con questo tipo di difficoltà, delle associazioni di riferimento, delle categorie professionali che se ne prendono cura, sia sociali che sanitarie, perché le persone che hanno una problematica di celiachia, oltre a essere l'1 per cento della popolazione italiana – quindi, parliamo di un numero cospicuo e consistente di italiani -, prima di tutto hanno un problema nella difficoltà di accesso alla diagnosi. Soltanto 233 mila persone oggi riescono ad avere una diagnosi di celiachia, nonostante si stimi che circa 600 mila persone abbiano e possano avere una problematica di questo tipo.
Questo perché non ci sono servizi puntuali che permettano di garantire l'esigibilità di quella diagnosi; e, come sappiamo benissimo, il periodo di pandemia, di certo, non ha reso le cose più facili, anzi, non le ha rese neanche uguali nella loro difficoltà, ma ha aggravato la possibilità di accedere alla diagnosi, e, quindi, di ricevere le giuste cure e i giusti trattamenti. La prima richiesta che noi abbiamo fatto è quella di poter garantire una diagnosi tempestiva, che è fondamentale per la qualità della vita di queste persone, ma soprattutto per non incorrere in patologie che diventano gravissime e che vedono dilaniati gli aspetti più profondi del proprio benessere fisico e psicologico.
Arrivo anche alla situazione in cui versano le persone con questa diagnosi, perché viene definita come una patologia anche sociale. Infatti, entra nell'esistenza di queste persone che devono smettere di mangiare cibo con glutine, e noi sappiamo quanto la nostra dieta mediterranea sia ricca, invece, di glutine. Dunque, per loro cambia la relazione con gli altri, la loro quotidianità, la possibilità di condividere quella che, fra l'altro, è una cultura italiana che molto si fonda sul cibo, sull'alimentazione, sulla convivialità. Questo è già difficile per un adulto, ma immaginate quanto sia difficile per un bambino, che, nelle feste con gli altri compagni, si vede costretto a mangiare, per esempio, torte diverse, cibo diverso, alimenti diversi: quindi, si sente diverso.
E quando questo accompagna fino all'adolescenza, con quelle difficoltà che sopraggiungono anche di accettazione di quella educazione alimentare diversa, può provocare grandi disagi, difficoltà ad accettare anche la propria identità, che deve includere e accludere la diagnosi di celiachia. Per questo, nella nostra mozione abbiamo chiesto di poter garantire a queste persone un adeguato supporto psicologico, perché, purtroppo, laddove non si elaborano quelle emozioni negative, subentrano, con un'incidenza maggiore proprio nelle persone che hanno una diagnosi di celiachia, disturbi d'ansia, depressioni, attacchi di panico, fino ad arrivare ad atti di autolesionismo. Basterebbe che queste persone, che i più piccoli, fin dalla tenera età, venissero accompagnati; accompagnati nell'accettazione di questa diagnosi, nella comprensione di come potersi relazionare con questo aspetto di sé, di come gestirlo nel rapporto con gli altri e nella propria evoluzione. Questo implicherebbe anche una spesa sanitaria inferiore negli anni successivi e servirebbe anche economicamente. Oltre a questa nostra richiesta di poter garantire il supporto psicologico, chiediamo che nelle scuole di ogni ordine e grado vengano aperte sessioni di informazione e di educazione a una buona alimentazione e anche di informazione sulla celiachia, sulle allergie e anche, in genere, sulle intolleranze e sui disturbi di questo tipo. Chiediamo anche che possa essere incentivata e supportata la ricerca, perché sappiamo quanto sia fondamentale per garantire il miglior stato di salute a queste persone. Chiediamo di rendere possibile una disponibilità di cibo per celiaci più diffusa possibile, in tutti gli esercizi commerciali, nei luoghi della ristorazione e anche, per esempio, in autostrada, negli autogrill, perché questa è la richiesta che ci viene fatta dalle persone che hanno questo tipo di problematica.
Chiediamo poi di inserire nei livelli essenziali di assistenza gli esami che portano a diagnosi della celiachia, al fine di garantire proprio una più puntuale prevenzione, che è alla base del riconoscimento, ovviamente imprescindibile e fondamentale, della malattia, e che, soprattutto in questa malattia, con le caratteristiche di cronicità, è atto propedeutico indispensabile per poter attuare le giuste cure e il giusto comportamento.
Queste sono le nostre richieste. Siamo contenti e apprezziamo il fatto che il rappresentante del Governo, il sottosegretario Costa, abbia espresso parere favorevole sulle premesse e sulla maggior parte, quasi la totalità, delle nostre richieste di impegno da parte del Governo. In pochi casi (in due casi), è stata inserita la formula “a valutare l'opportunità di. Auspichiamo, ovviamente, che questa valutazione porti ad un accoglimento completo della nostra richiesta, in quanto le nostre sono richieste di buon senso.
Per quanto riguarda, invece, quell'impegno che limita la finanza pubblica, e quindi la possibilità di introdurre provvedimenti economici atti ad assicurare la continuazione dei progetti in fieri e la possibilità di sostenere nuovi progetti per le persone che hanno problematiche di celiachia, chiediamo che, anche in questo caso, si possano destinare i giusti fondi. Sappiamo, infatti, che nessun provvedimento può essere valido, se non ha, al contempo, buone idee e appropriati investimenti, cioè quelle gambe attraverso cui le buone idee e le buone leggi - in questo caso, le buone mozioni - possono continuare a camminare e arrivare a dare risposte di garanzia alla salute di chi ha bisogno di vedere uno Stato attento e sensibile.
Quindi, per queste ragioni, noi siamo assolutamente soddisfatti di aver trattato in quest'Aula questa tematica. Certamente, voteremo a favore della mozione anche di maggioranza, perché ne condividiamo la validità e anche il buon senso, e siamo assolutamente soddisfatti che ci sia stato un parere favorevole da parte del Governo. Grazie. La mettiamo, quindi, ai voti finali (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Versace. Ne ha facoltà.
GIUSEPPINA VERSACE (FI). Grazie, Presidente. Colleghi, con queste mozioni che oggi l'Aula discute affrontiamo il delicato tema delle allergie, delle intolleranze alimentari e, in particolare, le problematiche riguardanti la celiachia. Come è stato già detto, è certamente l'intolleranza alimentare più frequente nel nostro Paese, ma, purtroppo, la scarsa prevenzione e l'insufficiente consapevolezza nel riconoscere i sintomi spiegano anche il fatto che, su una stima di circa 600 mila persone affette, solo circa 200 mila ricevono una diagnosi adeguata e tempestiva e si tratta, per lo più, di donne di età compresa fra i 18 e i 59 anni. Gli ultimi dati disponibili pubblicati lo scorso febbraio nell'annuale relazione al Parlamento del Ministero della Salute riguardano il 2020, un anno che, sappiamo tutti, è stato caratterizzato dall'esplosione della pandemia da COVID e questo, purtroppo, ha generato anche dei ritardi, degli esiti negativi anche nella diagnosi e nella cura proprio della celiachia, ma anche di altre intolleranze alimentari. Se, infatti, la media annuale, fino al 2019, si attestava intorno alle 8 mila nuove diagnosi, purtroppo, poi, nel 2020, sono state circa mille in meno quelle per la celiachia e, in Italia, il rallentamento è stato causato dalla pandemia, che ha inciso anche su aspetti quali la formazione del personale e degli operatori del settore alimentare, fondamentale per garantire un elevato livello di sicurezza e di qualità nella produzione alimentare e nei servizi di ristorazione, dove è necessario, ovviamente, ridurre al minimo i rischi di contaminazione. Ieri, in discussione generale, la collega Marrocco ha già compiuto un'attenta disamina delle azioni da intraprendere per recuperare, in qualche modo, quanto perso in questi ultimi due anni, sia in termini di prevenzione che di cura, per cui mi limiterò a sottolineare semplicemente solo alcuni aspetti. Innanzitutto, è importante ricordare che è stata scientificamente dimostrata una predisposizione genetica proprio nel manifestarsi della malattia, per cui l'esecuzione di screening nelle persone a rischio è un'azione che va presa seriamente in considerazione proprio per giungere a diagnosi precoci e, in questo, ritengo che abbiano assolutamente un ruolo fondamentale i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, che sono, poi, anello di congiunzione con gli specialisti e prime sentinelle che possono interpretare i sintomi della patologia.
Bisogna, inoltre, attuare davvero ciò che già la legge n. 123 del 2005, così come anche il DPCM del 2017 sull'aggiornamento dei LEA, prevedono. Va ricordato anche che lo Stato attualmente spende oltre 200 milioni di euro l'anno per l'acquisto di prodotti senza glutine, con un contributo pro capite medio di circa mille euro. Ma serve un ulteriore sforzo per garantire ai soggetti con celiachia il rispetto di una dieta adeguata, poiché i prodotti gluten free sul mercato non sono sufficienti a soddisfare quella che è, poi, la reale richiesta. Probabilmente, ciò si spiega anche con il fatto che, negli ultimi anni, la tendenza a consumare prodotti senza glutine da parte di chi non soffre di alcune intolleranze alimentari ha finito per penalizzare proprio le persone celiache. A questo proposito - ed è uno dei punti della mozione a cui noi di Forza Italia teniamo particolarmente -, bisogna iniziare a prevedere seriamente delle opportune e massive campagne di comunicazione e sensibilizzazione, anche attraverso campagne ad hoc mirate proprio sul servizio pubblico radiotelevisivo e sui mass media, campagne che possano educare a una maggiore consapevolezza alimentare e ridurre, quindi, anche il gap tra le nuove diagnosi e le stime complessive. Per giungere a questo obiettivo, è opportuno, innanzitutto, formare adeguatamente gli operatori sanitari, come già detto, partendo dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta, per giungere, quindi, a delle diagnosi che siano davvero tempestive e precoci. Al contempo, però, di concerto con le regioni, bisogna investire anche su una maggiore formazione e aggiornamento professionale degli operatori del settore alimentare per un più elevato livello di sicurezza e di qualità nei servizi di ristorazione, comprese le mense aziendali e scolastiche, prevedendo, dunque, un più diffuso e omogeneo impegno nella predisposizione dei corsi di formazione dedicati alla celiachia, che - mi pare di sottolineare il superfluo, ma è emerso anche negli interventi di chi mi ha preceduto - è un tema è di particolare attualità.
Alla luce di quanto esposto e ribadendo anche la trasversalità del tema, io mi auguro che il Governo - mi rivolgo e faccio un appello personale anche al sottosegretario Costa - mantenga fede all'impegno che si assumerà anche grazie a questa mozione unitaria. Per questo, Presidente, dichiaro anche il voto favorevole di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ianaro. Ne ha facoltà.
ANGELA IANARO (PD). Grazie, Presidente. La celiachia non è soltanto una patologia estremamente diffusa a livello mondiale, ma è anche una condizione dal forte carico sociale, economico e psicologico, che ci induce ad agire oggi, con questa mozione, per garantire ai soggetti che ne soffrono un'elevata qualità di vita. Dalla celiachia non si guarisce, l'esclusione totale e rigorosa per tutta la vita degli alimenti contenenti glutine dalla dieta è al momento l'unica terapia disponibile. Tuttavia, non si tratta soltanto di una modifica permanente del regime alimentare, bensì di una vera e propria malattia sociale, che incide sulla relazione con gli altri in tutti quei contesti che prevedono pasti fuori casa e lo fa con maggiore difficoltà se a soffrirne è un bambino o un adolescente. La sociologia moderna ci dice che il cibo è socialità, il cibo è un vettore comunicativo capace di veicolare informazioni riguardanti lo status, il ruolo, l'età, il genere, la personalità di un individuo e che, quindi, andando al di là della mera funzione nutrizionale, crea forme di aggregazione, prima, familiari e, poi, sociali.
L'accettazione della propria condizione cronica può essere, quindi, destabilizzante per un adolescente, che, spesso, vive in modo drammatico la diagnosi di celiachia per paura di essere escluso o di considerarsi diverso dagli altri, con risvolti quali rabbia, negazione o ritiro sociale. Trasgredire la dieta e adottare comportamenti a rischio sono spesso azioni cui i giovani celiaci sono indotti perché spinti dalla necessità di assumere, agli occhi degli altri, un comportamento di normalità, alla ricerca dell'inclusione sociale e della piena accettazione di se stessi nella società. È fondamentale, quindi - e chiediamo oggi in questa mozione - istituire percorsi idonei ed efficaci che aiutino a sviluppare un approccio consapevole e positivo nei confronti della patologia. In tal senso le scuole possono e devono svolgere un ruolo primario. Attraverso la comprensione, la condivisione, la partecipazione sono chiamati ad attivare percorsi di corretta educazione alla celiachia e di conoscenza delle sue necessità alimentari per accrescere il grado di integrazione ed infondere maggior senso di responsabilità individuale, in un contesto che unisca le diversità. Anche la formazione costante degli addetti alla ristorazione collettiva, specie all'interno delle mense scolastiche, può offrire un servizio più idoneo alle esigenze alimentari dei celiaci e garantire un'alimentazione sana e sicura.
C'è, però, un altro aspetto che oggi voglio sottolineare e mi riferisco all'importanza della diagnosi della malattia. La patologia può manifestarsi a qualunque età, con segni e sintomi estremamente variabili per intensità e per localizzazione e, da qui, l'importanza del ruolo non soltanto dei pazienti, ma anche dei medici nel riconoscere la malattia nelle sue forme più svariate. È importante, quindi, contribuire a ridurre i tempi della diagnosi, ma, soprattutto, il numero dei casi ancora non diagnosticati, che fanno, ancora oggi, di questa malattia una malattia sommersa. Si stima che, in media, siano richiesti ancora 6 anni per giungere ad una diagnosi definitiva dall'inizio dei primi sintomi. Oggi la scienza ci offre la possibilità di identificare nuovi marcatori circolanti, fondamentali sia per la diagnosi che per il monitoraggio dell'evoluzione della patologia, ma anche per l'aderenza terapeutica.
Grazie agli sforzi continui della comunità scientifica possiamo diagnosticare precocemente, in modo corretto e non invasivo, la celiachia, come ci è suggerito da uno studio recentissimo che è stato pubblicato sulla rivista eBioMedicine.
Presidente, dobbiamo sostenere la ricerca scientifica italiana anche in questo campo ed incentivare i programmi di ricerca che diano ai clinici la possibilità di riconoscere prontamente la malattia, che, essendo una patologia cronica con un rischio elevato di complicanze severe se non precocemente identificata, vede proprio nella prevenzione la risposta migliore rispetto alla cura stessa della malattia.
Il Sistema sanitario nazionale ha scelto di supportare il celiaco nel follow-up della malattia e nella dieta senza glutine, ma noi oggi, con questa mozione, chiediamo che si investa anche sul percorso diagnostico, perché, come ricordavo precedentemente, se non trattata la celiachia può rappresentare un serio rischio per la salute della persona.
Anche durante l'emergenza sanitaria il supporto delle istituzioni non si è arrestato. Tuttavia, come anche evidenziato dai colleghi che mi hanno preceduto e come emerge dall'ultima edizione della relazione al Parlamento, permangono disomogeneità a livello nazionale nei sistemi di erogazione degli alimenti senza glutine e nei canali di acquisto, comportando gravi ed ingiustificate disuguaglianze tra i pazienti nelle diverse regioni.
Concludo, Presidente. La tutela e la salvaguardia della salute rappresentano il modo migliore per vivere bene e più a lungo. La pandemia da COVID-19 ci ha dimostrato che è necessario prendersi cura delle persone fragili e per farlo occorre un sistema sanitario efficiente e in grado di rispondere a bisogni emergenti. Con questa mozione auspichiamo che la celiachia non rappresenti per le persone che ne soffrono una condizione di diversità, una penalizzazione, a scuola, al lavoro e in ogni altro contesto sociale, e che si possa migliorare la qualità della loro vita attraverso azioni necessarie e innovative, che comportino un elevato grado di utilità sociale. La nostra attenzione si rivolge principalmente alle nuove generazioni, a coloro che presentano maggiori difficoltà ad accettare la patologia: educazione alimentare e benessere psicologico devono proseguire congiuntamente. Attraverso l'informazione, la formazione e azioni pratiche possiamo concretamente tradurre la diversità determinata dalla celiachia in inclusione sociale. Ed è per questo che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico alla mozione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Murelli. Ne ha facoltà.
ELENA MURELLI (LEGA). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, a ottobre 2018 ho presentato una proposta di legge per risolvere i problemi della malattia celiaca e per portare a conoscenza della Commissione affari sociali le diverse problematiche, ma non è ancora stata calendarizzata per la densità di proposte anche dovute alla pandemia. Ho voluto, quindi, portare questa mozione in Aula direttamente, per far conoscere a questa Assemblea le varie problematiche, anche perché la celiachia rappresenta l'intolleranza alimentare permanente più frequente e colpisce l'1 per cento della popolazione. Come hanno detto altri colleghi, in Italia sono circa 600 mila i casi di persone ad oggi non diagnosticati, contro i 233.147 ad oggi diagnosticati, circa il 70 per cento sono donne, il 30 per cento sono uomini, con un aumento netto negli ultimi anni ancora più in crescita dopo la pandemia.
Con la legge n. 123 del 2005, la celiachia è considerata una malattia cronica, una malattia sociale, in quanto incide sulla vita delle persone celiache, intolleranti e allergiche, oltre che sulla modifica del regime alimentare. Non esiste una medicina, ma l'unico rimedio è la dieta senza glutine a vita. Potete immaginare cosa voglia dire escludere dal vostro regime alimentare, a vita, alcuni dei prodotti importanti che vengono fatti con farina di frumento, come per esempio il pane, la pasta, la pizza, i biscotti, ma anche eliminare le più piccole tracce di briciole o evitare la contaminazione. Infatti, l'assunzione del glutine anche in piccole dosi può procurare gravi danni.
La celiachia può presentarsi a qualsiasi età e può talora essere clinicamente silente. Il problema emerge in modo ancora più rilevante quando si viaggia o ci si sposta con mezzi pubblici. Avete mai provato a verificare in un bar, in aeroporto, in treno, in stazione, se ci sono alimenti senza glutine? Spesso non trovate nulla, a volte qualcosa, per cui vi dovete accontentare di biscotti, di cracker, ma se voi avete voglia di un panino o di una brioche, non trovate nulla. In autogrill, invece, qualcosa di meglio si trova. Diventa, tuttavia, fondamentale che la ristorazione sita in luogo pubblico - ospedali, scuole, università, aeroporto o stazione - garantisca cibi senza glutine, anche preconfezionati, o piatti pronti surgelati oppure artigianali. L'importanza dell'educazione alimentare, richiamata anche all'interno della legge voluta dalla Lega sull'educazione civica, rappresenta il primo ed efficace strumento di prevenzione a tutela della salute, tanto come azione, quanto come prevenzione.
Con la presente mozione vogliamo porre sul tavolo la necessità di informare e sensibilizzare la popolazione, sin dalla più giovane età, ad una corretta educazione, al fine sia di supportare chi ne è affetto, sia di permettere ai giovani e alle loro famiglie di riconoscere eventuali sintomatologie latenti e avviare idoneo screening per scongiurare la compromissione della salute del soggetto. Gli esami di follow-up sono coperti dal Sistema sanitario nazionale, ma non quelli di diagnosi, e qui chiediamo l'intervento da parte del Governo.
Per quanto riguarda, invece, le modalità di erogazione dei prodotti senza glutine, tutte le regioni - ora ne mancano quattro - devono predisporre l'attivazione tramite le tessere sanitarie dell'acquisto di prodotti senza glutine nelle farmacie e presso gli esercizi commerciali. In più, chiediamo di attivare il prima possibile la possibilità di usare questo buono mensile indistintamente sull'intero territorio nazionale. Pensate a una famiglia quando va in vacanza e deve prevedere di fare la spesa nella sua città perché non le è possibile usare il buono in altro territorio regionale, o a una persona che viaggia per lavoro e deve sostare per diverso tempo in alcune regioni, oppure a uno studente universitario che non studia nella sua città d'origine della sua regione. È importante tutelare la salute del cittadino anche quando mangia fuori casa, attraverso l'informazione, perché un paziente, in particolare un neo diagnosticato, che mangia fuori casa cibo contaminato, o un adolescente che sgarra perché si sente giudicato e non accettato dagli amici, è soggetto a complicanze e ad una mancata remissione, anche con dei costi inutili per il Servizio sanitario nazionale.
La mozione che portiamo in Aula questa settimana ha lo scopo di impegnare il Governo a provvedere all'istituzione di diverse attività per fare informazione alle persone, educazione alimentare nei giovani, formazione per i ristoratori e gli operatori sanitari, e ricerca. Chiediamo, quindi, al Governo un impegno affinché vigili in tutte le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado, in modo tale che vengano avviati percorsi per una corretta educazione sull'intolleranza alimentare e sulla celiachia, in particolare nell'ambito di quanto già previsto dalla legge sull'educazione civica, con il proprio culmine in una giornata informativa dedicata. Esistono già corsi SIAN, organizzati da alcune regioni, specifici per i ristoratori, gli albergatori, gli esercenti le attività alimentari, per le intolleranze. E per questo chiediamo al Governo di garantire l'inserimento di appositi moduli obbligatori sulla celiachia e sulla dieta senza glutine, nonché corsi di aggiornamento professionali. E chiediamo anche, attraverso il Ministero dell'Università e della ricerca, di istituire e di prevedere dei programmi di studio negli istituti professionali per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera, nonché appositi moduli specifici su questa tematica.
Attualmente la celiachia è inserita tra le imperfezioni e le infermità che sono ancora causa di non idoneità al servizio militare o arruolamento nelle Forze armate. Vi sembra normale? Non mi dilungo su tanti aspetti che ho illustrato ieri in discussione generale per 20 minuti, ma vorrei portare a conoscenza di questa Assemblea alcune cose della realtà che vivono i celiaci ogni giorno. Per esempio, nei ristoranti, la prima domanda che un ristoratore o un cameriere ti chiede è: di quale grado sei? Sei celiaco tanto o poco? Stai male tanto o poco? Tutto questo è un segnale di disinformazione e non preparazione: non esistono diversi gradi di celiachia, si è semplicemente sintomatici o asintomatici, in entrambi i casi l'assunzione del glutine danneggia l'intestino, anche quando non provoca alcun dolore. Oppure ti dicono: abbiamo la pasta fresca ma non garantiamo la non contaminazione. Oppure ti dicono: abbiamo la pasta kamut o seitan. Oppure: abbiamo patti piatti vegani.
Ma non è la stessa cosa, il vegano non è senza glutine. Oppure, quando la gelateria ha tutti i gusti senza glutine e, poi, nel servirteli inserisce sopra una cialda con il glutine. Quali difficoltà hanno i celiaci quando vanno a mangiare fuori casa? Come vengono trattati dagli amici e dai parenti? Spesso si sentono dire di essere un peso, un peso dagli amici, quando devono scegliere un ristorante, oppure, devono rinunciare ai pranzi di famiglia, perché viene scelto un ristorante non adatto. Forse in questo caso sarebbe bene far capire anche agli stessi ristoratori che i celiaci non sono un peso, ma una risorsa. Pensate solo a quante persone si spostano in gruppo.
Ci sono, poi, le disinformazioni dei giovani che nei loro discorsi chiedono: “Ma è una malattia che si attacca?”, “Ma se ti bacio o bevo dal tuo bicchiere posso diventare celiaco?”, “Ma se mangio il tuo cibo divento celiaco?”, “Io sono tranquilla, tanto non sono nata celiaca e mai lo diventerò”. Oppure, i miti da sfatare: mangiare senza glutine fa dimagrire. mangiare senza glutine è meglio per chiunque. E, infine, l'assurdità: dai, tutta questa storia per un po' di mal di pancia, vai in bagno e ti liberi. Questi sono solo alcuni dei discorsi che fanno i giovani e che vengono riportati direttamente dai celiaci di tutte le età.
Ho voluto, quindi, farveli conoscere; questa è la realtà vera che tutti i celiaci soffrono ogni giorno! La mamma di un bimbo celiaco di sette anni, diagnosticato a due anni: so bene a cosa mio figlio debba rinunciare, i salti mortali che devo fare per fare in modo che non si senta solo e penalizzato tutte le volte che andiamo a un bar, a un ristorante, in vacanza, a una festa di compleanno, l'attenzione che devo porre in cucina, nel fare la spesa, anche per comprare semplicemente una giuggiola o un uovo di cioccolato, visto che siamo in questo periodo.
Con la mozione che portiamo in Aula vogliamo fare chiarezza e impegnare il Governo a risolvere alcune problematiche che i celiaci vivono ogni giorno. Chiudo, Presidente, con una frase che il mio primo figlio di dieci anni, non celiaco, mi ha detto ieri, quando mi ha salutato, conoscendo bene cosa vive ogni giorno suo fratello celiaco: “mamma, ti prego, fai qualcosa per le persone celiache, nessuno deve essere discriminato, ma può vivere tranquillamente come noi”. Ecco, la parola “discriminato” non gli è stata suggerita, me l'ha detta proprio lui all'uscita di casa.
Presidente, come Lega abbiamo portato questo argomento in Aula e siamo contenti che anche altri partiti politici abbiano sposato questa causa - li ringrazio fortemente per questa mozione unica -, abbiano capito il problema e, insieme, abbiamo redatto questa mozione unitaria. Ringrazio il Governo, il sottosegretario Costa per l'attenzione e accettiamo le proposte che ci ha formulato. Ringrazio anche Fratelli d'Italia, perché ha dichiarato che voterà a favore della nostra mozione; molti dei punti sono esattamente simile ai nostri, l'unica particolarità è quella dello psicologo che già l'Associazione Italiana Celiachia offre come supporto ai celiaci ed è una cosa importante.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
ELENA MURELLI (LEGA). Chiudo, Presidente, perché ora spetta al Governo impegnarsi nel prossimo provvedimento utile a ridare la normalità ai bambini, ai giovani e agli adulti, in modo che nessuno si senta discriminato, perché non si sceglie di essere celiaco o si nasce celiaco, ma lo si può diventare a qualsiasi età (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Provenza. Ne ha facoltà.
NICOLA PROVENZA (M5S). Presidente, sottosegretario Costa, oggi dobbiamo dire che salutiamo in maniera estremamente positiva l'attenzione che il Parlamento dedica al tema della celiachia, anche perché devo dire che, volendo allargare la visione rispetto al tema specifico, è una opportunità, questa, che ci dà la possibilità di confrontarci anche su proposte, su soluzioni, utilizzando delle parole chiave che in questo tempo sono davvero quelle più idonee: la reale presa in carico della persona, la diagnosi precoce, la prevenzione, la formazione, l'aggiornamento professionale in ambiti differenti, la sana alimentazione, la scuola come luogo privilegiato di promozione della salute, la lettura dei reali bisogni assistenziali e, ahimè, la disomogeneità tra le regioni e la cosiddetta deriva del regionalismo.
L'ascolto dei pazienti diventa, in questo caso, fondamentale. Ho ascoltato, sia in discussione generale che nelle dichiarazioni di voto, i numeri snocciolati dai miei colleghi che hanno preso la parola, quindi una stima che prevede 230 mila pazienti in Italia, in grande maggioranza rappresentati da donne. Siamo, come è stato detto e ripetuto, nell'ambito di una malattia cronica, a rischio di complicanze ed è anche chiaro che in questo momento noi abbiamo una necessità, quella di investire nel percorso diagnostico e supportare il paziente nel follow-up. Questo perché è corretto dare sempre vita ad azioni e a logiche di prevenzione e questo richiede uno sforzo comune, a partire da campagne informative che interessino in prima battuta gli studi medici pediatrici e quelli di medicina generale. Così come sono imprescindibili le azioni mirate al controllo delle mense scolastiche e di quelle ospedaliere.
Non dimentichiamo - è stato detto, ma lo voglio sottolineare con altrettanta efficacia - che al paziente celiaco, nell'ambito di una sana alimentazione, va raccomandata una dieta varia ed equilibrata, con un largo uso di alimenti e farine naturalmente senza glutine che presentano normalmente un costo più alto della tradizionale farina di frumento, ma che rappresentano un alimento fondamentale per la preparazione casalinga di alimenti senza glutine. Ed ecco che ci sono degli impegni ai quali il Governo ha espresso parere favorevole, ma vorrei assolutamente citarne due che ritengo essere decisivi; in particolare, quello di valutare l'opportunità di includere nel prossimo aggiornamento dei LEA alcune delle prestazioni per la diagnosi precoce della celiachia nei soggetti ritenuti maggiormente a rischio e, poi, quello di velocizzare il processo di digitalizzazione dell'assistenza ai pazienti celiaci e valutare l'opportunità di individuare in sede di Conferenza Stato-regioni un sistema omogeneo su tutto il territorio nazionale per i soggetti affetti da celiachia, al fine di poter acquistare i prodotti senza glutine al di fuori della regione di residenza.
Mi preme sottolineare che in questo ambito, anche in questo ambito, non va sottovalutata la necessità di un sostegno psicologico ai pazienti, sia quelli giovani che quelli adulti. Al centro anche di questa tematica c'è sempre la relazione con gli altri, in particolare in contesti che prevedono i pasti fuori casa, dalla scuola al lavoro, dal viaggio ai momenti di svago con gli amici, ed è questa dimensione che deve essere assolutamente considerata in fasi molto delicate nella vita di questi pazienti. È una cosa che si è evidenziata in maniera molto chiara anche nel corso della pandemia, dove la mancanza proprio di questa dimensione emotivo-relazionale ha fatto emergere un diffuso disagio psicologico, in particolar modo tra gli adolescenti, spesso rappresentato da disturbi del comportamento alimentare.
Se tutto ciò che abbiamo evidenziato in questi due giorni ha un senso, non può non farci pensare a come dobbiamo vivere questa fase, nella quale rischiamo di non comprendere l'unica traiettoria possibile per ottimizzare al meglio le risorse del Piano nazionale di ripresa e di resilienza: ci vuole una nuova visione, che preveda il recupero della dimensione clinica della professione medica, il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti, l'integrazione sociosanitaria, una necessaria attenzione a tutti i professionisti della salute, anche in virtù della necessità di lavorare il più possibile nell'ambito di équipe multidisciplinari. Solo in questo modo noi daremo priorità alla prevenzione e alla presa in carico.
Ritengo che questa visione avrà concretezza solo se assicureremo, con nomine adeguate, capacità gestionali nei ruoli apicali finalizzate al recupero di un'appropriatezza complessiva.
Ecco perché abbiamo una necessità assoluta in questo Paese, quella di non continuare a ragionare sull'offerta ma piuttosto sul reale bisogno assistenziale. Questa è la strada che ci porta a garantire qualità ed equità delle cure e sostenibilità. Ecco perché citavo, all'inizio del mio intervento, la disomogeneità tra regioni e la cosiddetta deriva del regionalismo. La regionalizzazione della sanità, Presidente, anche in riferimento all'argomento di oggi, cioè alla celiachia, ha creato un'incongruenza tale da non consentire a un paziente celiaco di avere accesso ad una dieta senza glutine al di fuori della regione di residenza. Talvolta, ci arrivano segnalazioni che portano a pensare, non ad un regionalismo degenerato, ma addirittura a quello che potremmo chiamare un paradossale distrettualismo, con differenze inspiegabili da un distretto sanitario all'altro, dove addirittura viene garantita la prescrizione di anti-gliadina, non sufficiente alla diagnosi di celiachia, piuttosto che di anti-transglutaminasi, vale a dire anticorpi indispensabili a orientare e a definire la diagnosi stessa. Senza citare, poi, regioni nelle quali da diversi anni non vengono aggiornati i centri prescrittori.
Mi avvio alla conclusione, Presidente, ribadendo un concetto: è fondamentale che vi sia una campagna informativa capillare. Anche in questo modo ci si avvia verso una strada per la quale i primi sintomi si possono riconoscere tanto da garantire diagnosi precoci, soprattutto ai soggetti ritenuti maggiormente a rischio. Un'ulteriore attenzione, come sottolineato in questa mozione, va prestata alla formazione e all'aggiornamento professionale degli operatori del settore alimentare. Solo in questo modo potremo garantire un elevato livello di sicurezza e di qualità nella produzione alimentare e nei servizi di ristorazione. Il numero ancora troppo alto di casi di celiachia non diagnosticati ci invita a sostenere, anche in questo campo, una progettualità che parta dalla formazione, dalla sensibilizzazione, a vari livelli e in differenti contesti, ma che si affidi a modelli organizzativi integrati. Scuola, lavoro, salute: su questi temi prioritari il Movimento 5 Stelle ribadisce il suo impegno e per questo motivo annuncio il voto favorevole sulla mozione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazioni)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Murelli, Nappi, Ianaro, Marrocco, Schullian, Noja, Bologna, Stumpo, Lapia ed altri n. 1-00563 (Nuova formulazione), come riformulata dai presentatori su richiesta del Governo, ivi compresa l'espunzione dei capoversi settimo e quindicesimo del dispositivo. Il parere del Governo è favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 4).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Bellucci ed altri n. 1-00624, come riformulata dai presentatori su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 5)(Applausi).
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, l'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno della seduta odierna, per i quali sono previste votazioni, è rinviato alla seduta di domani.
Discussione del disegno di legge: S. 2533 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, recante misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana (PSA) (Approvato dal Senato) (A.C. 3547) (ore 17,50).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3547: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, recante misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana (PSA).
(Discussione sulle linee generali – A.C. 3547)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
La XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Sull'ordine dei lavori.
MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. In merito a cosa, onorevole?
MARIA CAROLINA VARCHI (FDI). Grazie, Presidente, vorrei svolgere un brevissimo intervento sull'ordine dei lavori, per una questione di cui quest'Aula si è già occupata con diversi ordini del giorno ed interventi coordinati tanto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali quanto con il Ministero dello Sviluppo economico. Nei giorni scorsi Covisian e Almaviva hanno avuto un carteggio che manda a gambe all'aria gli accordi siglati appena pochi mesi fa, nell'ottobre 2021, rischiando di scatenare una macelleria sociale a Palermo, con oltre 500 lavoratori in pericolo. In virtù anche degli impegni che ripetutamente quest'Aula ha assunto per il cosiddetto indotto Alitalia, anche per quanto riguarda i call center che oggi lavorano con Ita, chiedo che immediatamente si attivi il tavolo al MiSE per rimediare a questa inaudita vicenda per cui, dopo un accordo siglato con il Ministero e i sindacati, oltre alle imprese ovviamente, si rescinde un accordo, in barba a qualsiasi norma di sindacalità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 3547)
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Foscolo. Ne ha facoltà.
Se, intanto, chi deve uscire lo fa senza troppo rumore si consente all'onorevole Foscolo di svolgere il suo intervento. Prego onorevole.
SARA FOSCOLO, Relatrice. Grazie, Presidente. Sottosegretario Costa, onorevoli colleghi, il disegno di legge, di cui l'Assemblea avvia oggi l'esame, di conversione del decreto legge n. 9 del 2022 reca un complesso di misure per il contrasto alla diffusione della peste suina africana. La relazione illustrativa del provvedimento ricorda che, dal 7 gennaio 2022, è stata accertata la presenza della peste suina africana nelle popolazioni di cinghiali nei territori delle regioni Piemonte e Liguria, con un numero di casi confermati pari a 34 alla data del 10 febbraio 2022, e che la peste suina africana è una malattia virale, non trasmissibile all'uomo, altamente contagiosa, che colpisce i suidi, domestici e selvatici, spesso in modo letale.
Prima di entrare nel merito del provvedimento, faccio presente che la XII Commissione, a seguito dell'esame svolto in sede referente, non ha apportato modifiche al testo approvato al Senato, condividendone il contenuto che rappresenta, peraltro, l'esito di un iter approfondito che ha avuto luogo presso l'altro ramo del Parlamento. Evidenzio, inoltre, come le regioni interessate auspichino l'approvazione definitiva del provvedimento in esame in tempi rapidi.
Passando all'illustrazione dell'articolato, faccio presente che l'articolo 1, al comma 1, prevede che, al fine di prevenire e contenere la diffusione della peste suina africana (PSA) sul territorio nazionale, ivi incluse le aree protette, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adottano il Piano regionale di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l'eradicazione della peste suina africana nei suini da allevamento e nei cinghiali. Il piano include la ricognizione della consistenza della specie cinghiale all'interno del territorio di competenza, l'indicazione e le modalità di attuazione dei metodi ecologici, nonché l'indicazione delle aree di intervento.
Il comma 2 dispone che i piani siano adottati in conformità ad alcuni specifici regolamenti dell'Unione europea, al Piano nazionale di sorveglianza e di eradicazione della peste suina, presentato alla Commissione europea il 30 giugno 2021 dal Ministero della Salute, e al manuale delle emergenze da peste suina africana in popolazioni di suini selvatici, del Ministero della Salute del 21 aprile 2021, nonché alle indicazioni dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ISPRA, del 25 gennaio 2022.
Il comma 3 prevede che, ai fini della gestione, il piano della regione sia adottato in conformità al documento tecnico del 21 aprile 2021 sulla gestione del cinghiale e peste suina africana, elementi essenziali per la redazione di un piano di gestione.
Ai sensi del comma 3-bis, le regioni che già dispongono di un piano, ritenuto in linea con le disposizioni del decreto stesso, lo inviano per una valutazione all'ISPRA e al Centro di referenza nazionale per la peste suina e lo adottano, tenendo conto delle eventuali osservazioni.
Ai sensi del comma 4, il piano è adottato dalla regione o provincia autonoma previo parere dell'ISPRA e del Centro di referenza nazionale per la peste suina. In considerazione dei gravi rischi di diffusione della peste suina africana e dell'esigenza di adottare con urgenza sistemi di controllo della specie cinghiale tesi a ridurre i rischi sanitari e l'impatto economico che l'epidemia può arrecare all'intero settore suinicolo italiano, si esclude che i piani in oggetto siano sottoposti a valutazione ambientale strategica e a valutazione di incidenza ambientale. Resta fermo il rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di valutazione ambientale.
Il comma 5 reca disposizioni relative alle modalità attuative del piano. La vigilanza sul corretto svolgimento delle operazioni di prelievo è esercitata dal comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dall'Arma dei carabinieri, nonché dall'azienda sanitaria locale competente per il territorio.
Il comma 5-bis prevede il divieto di prelievo di cinghiali in forma collettiva in attività di caccia nelle aree di circolazione attiva del virus in oggetto.
Ai sensi del comma 6, gli animali abbattuti, nell'ambito delle azioni previste dal presente decreto e destinati al consumo alimentare, sono sottoposti alle attività di ispezione e controllo igienico-sanitario, secondo quanto previsto dalle disposizioni regionali in materia. I cinghiali coinvolti in incidenti stradali devono essere abbattuti. Per i cinghiali abbattuti in seguito al riscontro di alterazioni del normale comportamento e per quelli morti per cause naturali o per incidenti stradali le regioni e le province autonome attivano un sistema che garantisca gli opportuni approfondimenti diagnostici da parte degli istituti zooprofilattici sperimentali competenti per territorio. I dati raccolti nell'ambito delle attività ispettive, i dati epidemiologici, nonché quelli derivanti dalle attività di analisi effettuate dagli istituti zooprofilattici sperimentali, ivi inclusi quelli sui parassiti del genere Trichinella, confluiscono nei sistemi informativi del Ministero della Salute.
Il comma 7 demanda ad un decreto del Ministro della Salute, da emanarsi di concerto con i Ministri delle Politiche agricole alimentari e forestali e della Transizione ecologica, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, la definizione di parametri tecnici di biosicurezza per gli allevamenti suinicoli. Si consente, inoltre, che le recinzioni necessarie ad assicurare il confinamento dei suini allevati nel rispetto delle pertinenti norme di biosicurezza siano realizzate in deroga alle disposizioni dei regolamenti edilizi.
Il comma 1 dell'articolo 2 prevede la nomina di un commissario straordinario con compiti di coordinamento e monitoraggio delle azioni e delle misure poste in essere per prevenire, contenere ed eradicare la peste suina africana e di concorrere alla relativa attuazione. La nomina ha luogo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Salute, di concerto con i Ministri delle Politiche agricole alimentari e forestali e per gli Affari regionali e le autonomie. I compiti del commissario straordinario, ai sensi del comma 2, sono i seguenti: coordina i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali competenti per territorio, le strutture sanitarie pubbliche, le strutture amministrative e tecniche regionali, nonché gli enti territorialmente competenti per le finalità di cui all'articolo 1; verifica la regolarità dell'abbattimento e della distruzione degli animali infetti e dello smaltimento delle carcasse di suini, nonché le procedure di disinfezione svolte sotto il controllo dell'ASL competente.
Il comma 2-bis prevede che le regioni e le province autonome, unitamente agli interventi urgenti di cui all'articolo 1, attuino le ulteriori misure disposte dal commissario straordinario, ivi inclusa la messa in opera di recinzioni o altre strutture temporanee ed amovibili idonee al contenimento dei cinghiali selvatici. A tale fine, viene autorizzata una spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2022. La norma tesa ad assicurare la copertura finanziaria delle relative spese è disposta dal comma 2-quinquies.
Il comma 2-ter specifica che l'approvazione da parte del commissario straordinario del progetto di intervento e del relativo quadro di spesa vale quale dichiarazione di pubblica utilità dell'opera ai fini del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per utilità pubblica (DPR n. 327 del 2001), mentre il comma 2-quater prevede deroghe alle disposizioni dei regolamenti edilizi sulla valutazione di incidenza ambientale e sui vincoli paesaggistici e regola la procedura e gli indennizzi per le recinzioni che devono essere installate su terreni di proprietà privata.
Il comma 3 reca le disposizioni in caso di mancata adozione, nel termine previsto, dei citati piani regionali, prevedendo, eventualmente, poteri sostitutivi in capo al commissario straordinario.
Il comma 4 prevede che il commissario straordinario si avvalga del supporto dell'unità centrale di crisi del Centro nazionale di lotta ed emergenza contro malattie animali, istituito presso il Ministero della Salute, integrata con un rappresentante dell'ISPRA e con un rappresentante del Ministero della Transizione ecologica.
Il comma 5 elenca le amministrazioni di cui il commissario straordinario si avvale per l'esercizio dei compiti ad esso assegnati dall'articolo in esame. Si prevede, inoltre, che la direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della Salute assicuri il necessario supporto per lo svolgimento delle funzioni del commissario straordinario. A tal fine, la medesima direzione generale è potenziata con un contingente non superiore a 10 unità di personale non dirigenziale.
Il comma 6 prevede che il commissario straordinario, nell'ambito delle funzioni al medesimo attribuite dall'articolo in esame e al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli e far fronte a situazioni eccezionali, possa adottare, con atto motivato, provvedimenti contingibili e urgenti, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e del principio di proporzionalità tra misure adottate e finalità perseguite.
Il comma 7 fissa in dodici mesi la durata in carica del commissario straordinario. Tale periodo è prorogabile per una sola volta per ulteriori dodici mesi, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il comma 8 sancisce la gratuità e la compatibilità con altri incarichi pubblici del suddetto incarico di commissario straordinario.
Il comma 9 prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero un Ministro da lui delegato, riferisca periodicamente alle Camere sull'attività del commissario straordinario.
Il comma 10 esclude la regione Sardegna dall'ambito di applicazione dell'articolo in commento, in quanto in tale regione è già stato intrapreso un percorso specifico di eradicazione della peste suina africana.
L'articolo 3 prevede un obbligo di segnalazione di rinvenimento di cinghiali feriti o deceduti al servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale competente per territorio. In caso di inadempimento di tale obbligo, viene comminata una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 500 euro, salvo che il fatto costituisca reato.
I successivi articoli 4 e 5 recano, rispettivamente, le clausole di salvaguardia con riferimento alle autonomie territoriali speciali e le norme finanziarie.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva di farlo.
È iscritto a parlare l'onorevole Cassese. Ne ha facoltà.
GIANPAOLO CASSESE (M5S). Grazie, Presidente. Oggi, in quest'Aula affrontiamo una problematica che rappresenta un grave pericolo per una filiera vanto del made in Italy agroalimentare, ovvero quella suinicola, che, con sé, porta limitazioni e conseguenze su tutta una serie di attività economiche e commerciali. Dal 7 gennaio scorso, infatti, anche l'Italia continentale deve fare i conti con la PSA, la peste suina africana, dopo il ritrovamento nel comune di Ovada, in provincia di Alessandria, in Piemonte, di un cinghiale affetto.
Si tratta di una malattia infettiva, che colpisce suini e cinghiali, altamente contagiosa e spesso letale per gli animali, ma, fortunatamente, non trasmissibile agli esseri umani. In Sardegna, è stata segnalata, per la prima volta, nel 1978 e, da allora, ha decimato periodicamente gli allevamenti del comparto suinicolo isolano.
Solo ora, dopo anni di convivenza con questa emergenza, che ha bloccato per decenni le esportazioni di salumi e carne fresca dalla Sardegna, la regione sta finalmente debellando la malattia e rappresenta un esempio concreto da cui prendere spunto per evitare di commettere gli stessi errori anche in quelle regioni del Nord sinora interessate, nella speranza che non raggiunga altre zone d'Italia, diffondendosi.
Proprio per fronteggiare, nel modo più rapido e incisivo, questa emergenza, sin dal primo istante, con i colleghi del MoVimento 5 Stelle della Commissione agricoltura, abbiamo richiesto la nomina di un supercommissario che potesse far fronte alla difficile gestione tra enti e regioni diverse, proprio perché, né ai cinghiali, né alla PSA interessano i confini amministrativi e le procedure burocratiche.
Con l'obiettivo di attivare subito misure urgenti di prevenzione e di contenimento della diffusione della PSA, il Governo ha provveduto all'emanazione di questo decreto che ci apprestiamo a convertire definitivamente in legge.
L'auspicio è che le regioni si attivino immediatamente per adottare i relativi piani di intervento per la gestione, il controllo e l'eradicazione della peste suina africana. I piani dovranno includere: la ricognizione della consistenza della specie dei cinghiali all'interno di ogni territorio, l'indicazione dei metodi ecologici e delle relative modalità di attuazione, l'indicazione delle aree di intervento diretto, nonché delle modalità, dei tempi e degli obiettivi annuali del prelievo. I piani dovranno essere adottati in conformità al “Piano nazionale di sorveglianza e di eradicazione in regione Sardegna 2021-2022” della peste suina, presentato alla Commissione europea lo scorso 30 giugno dal Ministero della Salute. Le regioni, inoltre, dovranno tenere conto del Manuale delle emergenze da PSA in popolazioni di suini selvatici, redatto circa un anno fa dal Ministero della Salute, nonché si dovranno considerare le indicazioni del 25 gennaio scorso dell'ISPRA. Infine, per quanto concerne la gestione, si dovrà tener conto del documento tecnico sulla “Gestione del cinghiale e Peste suina africana”, redatto dal Ministero della Salute, dal Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e dal Ministero della Transizione ecologica. Entro 30 giorni, le regioni dovranno redigere i piani, che saranno poi validati, nei successivi venti giorni, dall'ISPRA e dal Centro di referenza nazionale per la peste suina.
La necessità di accelerare è tanta e, infatti, durante l'esame in Senato, si è provveduto ad introdurre una procedura accelerata per quelle regioni che siano già in possesso di un piano, affinché venga adottato il prima possibile, così da agire subito, contenere i danni e lavorare per l'eradicazione. Per l'attuazione dei piani sarà possibile avvalersi delle polizie locali, di coadiutori e di soggetti abilitati alla caccia con metodi selettivi, sotto la vigilanza del CUFAA (Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari), nonché dell'azienda sanitaria locale di competenza. I compiti di coordinamento e monitoraggio delle azioni e delle misure di contenimento ed eradicazione sono affidati ad un commissario straordinario che si è provveduto a nominare con DPCM lo scorso 25 febbraio. Il commissario deve coordinare i servizi veterinari delle ASL di tutti gli enti territorialmente competenti, verificare la regolarità dell'abbattimento e distruzione degli animali infetti e dello smaltimento delle carcasse, nonché le procedure di disinfezione. Potrà essere chiamato a sostituire singole regioni nei loro compiti. Per prevenire ed eliminare gravi pericoli e far fronte a situazioni eccezionali, potrà adottare provvedimenti contingibili ed urgenti, ovviamente nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e del principio di proporzionalità tra misure adottate e finalità perseguite.
Le regioni dovranno attuare le ulteriori misure disposte dal commissario, come recinzioni o altre strutture temporanee ed amovibili idonee al contenimento dei cinghiali selvatici nella zona infetta. Si tratta di opere di pubblica utilità a cui potrà provvedere anche direttamente il commissario, ricorrendo alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara.
Per far sì che il commissario non fosse senza portafoglio, al Senato si è provveduto a conferirgli 10 milioni di euro. I fondi, purtroppo, non sono risorse aggiuntive, ma pescano nella dotazione già prevista per il sostegno della filiera suinicola per questa emergenza, pari a 35 milioni di euro; risorse finalizzate ad indennizzare gli operatori danneggiati dal blocco della movimentazione degli animali e delle esportazioni dei prodotti trasformati. A queste risorse, si aggiungono i 15 milioni di euro del Fondo per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza, con cui si punta a tutelare gli allevamenti suinicoli dal rischio di contaminazione da virus della PSA.
Avremmo certamente preferito che si potesse prevedere uno stanziamento ulteriore. Le stime delle associazioni del settore parlano, infatti, di un danno per il comparto legato alle mancate esportazioni di almeno 20 milioni di euro per ogni mese di sospensione del nostro export, e sono trascorsi quasi tre mesi dal 7 gennaio scorso. Parliamo di imprese che vivono, purtroppo, la medesima tempesta perfetta, come tutte le altre imprese agricole schiacciate dall'aumento dei costi energetici e delle materie prime a causa della ripresa post pandemia e del conflitto in Ucraina, ma che devono anche fronteggiare questa ulteriore emergenza. È necessario, pertanto, essere vicino a loro e sostenerle in maniera concreta.
Auspichiamo che, quanto prima, venga convocato il tavolo di filiera al Ministero delle Politiche agricole, magari allargandolo alla distribuzione organizzata, così da serrare il confronto e trovare accordi per superare questa difficile fase.
Respingiamo al mittente le accuse ad uno strumento come la Commissione unica nazionale, che ha svolto un ruolo determinante e cruciale durante i momenti più difficili delle restrizioni imposte per fronteggiare l'emergenza COVID. Cose che, se si avesse davvero contezza del settore e del suo andamento, sarebbero note anche ai detrattori della CUN. La CUN, infatti, ha permesso che non si assistesse al crollo immediato dei prezzi e ha tenuto assieme per lunghi e bui mesi una filiera che altrimenti ci avrebbe messo pochissimo a disunirsi, come accaduto ad altre filiere. La peste suina, però, non danneggia solo l'agroalimentare e il made in Italy. Tutta una serie di attività è stata colpita dalle restrizioni imposte agli spostamenti, alle movimentazioni nella zona infetta, che ha interessato 36 comuni liguri e 78 piemontesi: dalla raccolta dei funghi e tartufi, al trekking, alla pesca, alla caccia, a tutte quelle attività che potrebbero fare interagire direttamente o indirettamente con i cinghiali infetti. Un danno generalizzato a tutto l'indotto di questi territori.
Agiamo, dunque, con celerità e all'unisono. Affidiamoci al commissario come punto di raccordo delle varie azioni da mettere in campo, affinché non si giunga a compiere gli stessi errori che si sono verificati nella mia amata Puglia con la Xylella fastidiosa e un commissario straordinario, il generale Silletti, vittima di burocrazia e Stato. Ne va del nostro agroalimentare, ne va della sicurezza e della vita dei nostri animali negli allevamenti, ne va del nostro futuro economico in diverse zone d'Italia a forte vocazione alla suinicoltura (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Caretta. Ne ha facoltà.
MARIA CRISTINA CARETTA (FDI). La Peste suina africana è una malattia virale dei suini e cinghiali selvatici regolarmente non trasmissibile all'uomo, con un tasso di letalità dal 90 al 100 per cento. Non esistono cure o vaccini per la PSA e, considerando che i ceppi più aggressivi portano alla morte quasi certa dei suini in una decina di giorni, è evidente che si tratta di una malattia dai risvolti particolarmente pericolosi per il comparto suinicolo. Maiali e cinghiali sani vengono infettati dalla PSA tramite il contatto con animali infetti, come, ad esempio, i cinghiali selvatici che scorrazzano incontrollati nelle nostre campagne; non solo nelle campagne, ma ormai anche nei centri delle città.
L'infezione si diffonde anche tramite ingestione dei prodotti a base di carne infetta, attraverso il contatto con oggetti contaminati dal virus o con punture di zecche infette. È evidente che la circolazione di animali infetti e la presenza di carcasse infette sul territorio costituiscono un grave problema dal punto di vista della diffusione della malattia.
In termini di diffusione, come evidenziato dalle analisi svolte dall'Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e confermate dal Centro di referenza nazionale per le pesti suine e dall'Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche, il virus è anche capace di compiere veri e propri balzi e trasferire la malattia a centinaia di chilometri dal fronte endemico, pervenendo, per l'appunto, in Europa da un'origine di prima ondata, inizialmente africana, e da una seconda ondata, proveniente dall'Est Europa.
La malattia si è, infatti, diffusa nel territorio dell'Unione Europea, partendo dall'Est Europa nella sua seconda ondata, colpendo la Georgia nel 2007 e propagandosi poi in tutti i Paesi dell'Europa orientale. La Lituania ha segnalato casi di peste suina africana nei cinghiali selvatici per la prima volta a gennaio del 2014.
La Polonia le ha fatto seguito a febbraio del 2014, e la Lettonia e l'Estonia, rispettivamente a giugno e a settembre dello stesso anno. La malattia ha poi continuato a diffondersi e alla fine del 2019 era presente in 9 Stati membri dell'Unione europea: Belgio, Bulgaria, Slovacchia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania. Tra il 2019 e il 2020 la peste suina africana ha trovato ampia diffusione in Germania e in Cina, con relativa ripercussione sull'intero mercato suinicolo internazionale. Anche per l'Italia, purtroppo, il tema della peste suina non è nuovo, visto che si è radicata in modo epidemico in Sardegna a partire dal 1978, come è stato ricordato dal collega, a seguito della diffusione della stessa in Spagna e in Portogallo, riuscendo a venire estirpata dopo decenni di attività di contenimento e di embargo.
A tal proposito, anche a beneficio dei colleghi dell'Aula e del dibattito, vorrei riportare quanto segue: “La Commissione impegna il Governo ad aprire un tavolo di confronto con le categorie del settore per predisporre un più efficace piano di prevenzione da eventuali pandemie di peste suina all'interno del territorio nazionale e a costituire un tavolo di confronto in seno alle istituzioni europee per implementare l'obbligo di etichettatura d'origine sui derivati della carne suina in tutto il territorio dell'Unione europea”. Era il 20 febbraio 2020, più di due anni fa, e questo era lo stralcio di una risoluzione presentata da Fratelli d'Italia sulla prevenzione della peste suina africana, a cui ovviamente non è mai stato dato peso né quantomeno attenzione. La peste suina africana è l'ennesimo tema sul quale Fratelli d'Italia è stato purtroppo profeta. Abbiamo visto in questi anni che c'è una modalità, un modus operandi nel gestire le emergenze, che consiste semplicemente nel non gestirle. Nel caso della peste suina, da un lato, ci sono sempre stati gli interessi di gran parte dell'associazionismo animalista che da sempre sostiene di poter arrestare il fenomeno sterilizzando i cinghiali e, dall'altro, c'è la dura realtà. Parlo di dura realtà, signor Presidente, in riferimento a quanto dichiarato a più riprese dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), ente di riferimento per il supporto tecnico-scientifico del Ministero della Transizione ecologica ed ente di riferimento di tantissime associazioni animaliste e ambientaliste e di tantissimi colleghi all'interno di quest'Aula. Se, da un lato, abbiamo sempre avuto una parte del mondo animalista, il mondo del no a tutto che non ha mai avuto un concreto interesse ad arrestare la PSA, dall'altro, abbiamo le evidenze dell'ISPRA. Proprio su questo punto, infatti, il dottor Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica dell'ISPRA, ha spiegato, anche con varie evidenze scientifiche, come non sia possibile arrestare la diffusione della PSA e lo scorrazzare incontrollato dei cinghiali con le sterilizzazioni. L'abbattimento - cito Genovesi - è ora l'unica soluzione percorribile. Se, da un lato, le associazioni animaliste hanno da sempre chiesto di non fare niente e, dall'altro, ISPRA ha invece sottolineato l'importanza di intervenire a controllo della PSA, cosa ha fatto alla fine la politica? Assolutamente niente! Come sempre nel caso di queste emergenze, la scelta è stata quella di non far niente e di rincorrere la situazione alle prime avvisaglie di pericolo. Si poteva, come in tanti altri casi, fare la scelta di agire in anticipo, di prevenire, anche con un cospicuo risparmio economico. Invece la politica, come fin troppo spesso accade in questi casi, è rimasta paralizzata dal mondo dei no a tutto ed è stato fatto poco, tardi, con costi esorbitanti, ai danni delle filiere produttive suinicole. È successo, colleghi, che, mentre in Italia permettevamo il dibattito su sterilizzazione, metodi di prelievo ecologici, ignorando ciò che ci veniva riferito da ISPRA, unico istituto scientifico di riferimento del MiTE, pagato con i soldi della collettività, il problema avanzava senza sosta. Nel suo avanzare e nel nostro tacere alla fine siamo riusciti nel fantastico risultato di sprecare risorse pubbliche e di permettere lo scoppio della pandemia. Non abbiamo voluto applicare una corretta gestione del patrimonio faunistico per strizzare l'occhio ad una sparuta minoranza di animalisti da salotto, che privilegiano la sopravvivenza della loro ideologia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) allo stato di salute delle nostre aziende suinicole. Quindi la popolazione dei cinghiali è aumentata senza sosta, così come i vettori di contagio, portandoci in una situazione pandemica a dir poco inquietante.
Secondo i più recenti dati di Ismea, in Italia sono presenti oltre 8,5 milioni di suini per oltre 32.000 allevamenti, con una dimensione media di circa 268 capi per azienda, con picchi di oltre 1.500 capi per azienda. A parità di condizioni, secondo Ismea, quindi, in uno scenario più o meno regolare, gli allevatori italiani incorrono di norma in costi di produzione più elevati del 20 per cento rispetto ai competitor europei. Parliamo dunque di una situazione in cui questo svantaggio competitivo viene assorbito dalla qualità del prodotto made in Italy con riferimento alle produzioni a marchio di tutela. Da un punto di vista economico, il valore del prodotto delle aziende suinicole è pari a circa 2,3 miliardi di euro; all'uscita dall'industria il valore della produzione cresce di quasi il 300 per cento, raggiungendo la cifra di 9,3 miliardi di euro, di cui il 79 per cento è costituito dall'industria di salumi e insaccati. Alla fine dei passaggi di filiera il valore ammonta a circa 19-20 miliardi di euro, di cui il 70 per cento è generato dai canali distributivi tradizionali e il 23 per cento dai canali HoReCa. Questo è il quadro della situazione. Se poi aggiungiamo tutte le difficoltà e contingenze di questi 2 anni e dei mesi recenti, apprendiamo che circa un quarto degli allevatori suinicoli italiani è destinato a terminare l'anno in forte perdita. Da qui poi deriva, ovviamente, quello che stiamo vedendo a tutti i livelli della filiera agroalimentare: una crisi da colli di bottiglia, con un aumento dei costi di produzione e fornitura che poi si ripercuotono sia sui consumatori, che trovano prodotti rincarati, sia sugli allevatori, che vedono solo crescere i costi di produzione. Secondo un recente studio del Consiglio per la ricerca in agricoltura (CREA), un quarto delle aziende attive nel comparto suinicolo ha un reddito negativo. Prima della crisi questo valore corrispondeva al solo 7 per cento delle aziende. Se nell'equazione inseriamo anche la peste suina africana è evidente che lo scenario non può che peggiorare.
Le attività di contenimento della peste suina africana sono estremamente onerose ed implicano la predisposizione di vere e proprie zone rosse entro le quali il contagio deve essere contenuto e in cui le carni, anche se non soggette al virus, devono essere sottoposte a rigorosi controlli igienico-sanitari. Credo sia opportuno ricordare che, nel febbraio del 2020, in Commissione agricoltura abbiamo sollevato un problema di diffusione della peste suina africana, indicando una serie di linee guida da seguire per poter evitare il peggio; invece, siamo a censire un decreto di emergenza 2 anni e mezzo dopo.
Dicevo, signor Presidente, che, se inseriamo anche la peste suina africana nello scenario delineato poco fa, le conseguenze economiche si mostrano immediatamente disastrose, anche perché la predisposizione di misure di contenimento significa contenimento delle esportazioni e questo costa alla filiera 2 miliardi l'anno, che vanno sommati al deprimente scenario poc'anzi delineato.
Ora, leggendo il decreto, vediamo che qualche modifica è stata fatta, anche recependo alcune delle richieste avanzate da Fratelli d'Italia al Senato e anche alla Camera, in sede di question time, al Ministro Patuanelli. Peccato che poi si apprende che parte delle risorse stanziate per la struttura commissariale di contenimento della peste suina africana verrà recuperata proprio dal fondo di sostegno della filiera suinicola. Quindi, da una parte, abbiamo chi è stato fortemente danneggiato - ed è la filiera suinicola - a causa della peste suina africana e a causa di un grave ritardo da parte della politica nel prendere le sue decisioni e, dall'altra parte, togliamo anche le risorse destinate alla filiera suinicola per darle al commissario perché deve fare dei recinti nelle zone rosse.
Qui bisogna far pace con il cervello e la coscienza: se abbiamo una pandemia di peste suina africana e, contemporaneamente, una crisi della filiera suinicola che, come abbiamo visto, deriva da tutta una serie di contingenze nazionali ed internazionali, non riusciamo francamente a capire perché siano state tolte queste risorse al settore suinicolo.
Abbiamo provato a correggere questa stortura in Commissione, ma la Commissione ha bocciato questo nostro tentativo di aggiustare e intervenire affinché la filiera non perdesse questi soldi. E non mi si dica che questo è un problema di coperture, perché abbiamo visto tutti che, quando c'è da dividersi i bonus per una qualunque cosa, le coperture si trovano sempre.
Visto che si parla di necessità di contenere e prevenire - ma, sia chiaro, che se ne parla e basta -, visto che si fa ben poco, perché è stata bocciata anche la nostra proposta che prevede la gestione del cinghiale anche al di fuori delle zone rosse? Succede una cosa veramente strana: si parla di una zona rossa che dovrà essere recintata e, all'interno di questa, ci dovranno essere gli abbattimenti dei cinghiali, ma non ci poniamo il problema di tutti i cinghiali che sono al di fuori della zona rossa e che sicuramente metteranno in crisi l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), perché la pandemia, ovviamente, aumenterà in tutte le regioni.
Ma parlare di corretta gestione dei cinghiali è scandaloso, parlare di prelievo, così come ha fatto il direttore di ISPRA è scandaloso e, quindi, attenderemo ancora l'aumento di questa pandemia.
In tutta onestà, non riesco a capire: forse c'è ancora un attaccamento morboso alle zone rosse perché, forse, l'emergenza COVID è terminata e, quindi, abbiamo bisogno nel nostro Paese, comunque, ancora di queste zone rosse. Ancora, nel decreto, ma anche andando a seguire i lavori al Senato e tutte le posizioni espresse in materia, sembra che ci fosse pacifica concordia sulla necessità di estendere le maglie applicative dei piani di gestione e, per questo, abbiamo proposto di ampliare la platea dei soggetti coinvolti nei piani di gestione, contenimento e abbattimento, includendo, ovviamente, personale adeguatamente preparato e abilitato all'esercizio dell'attività venatoria. Pure questa proposta è stata bocciata. Purtroppo, rispetto ad altre forze politiche, abbiamo il difetto di essere meno interessati a mettere questa o quella bandierina politica, perché a noi di Fratelli d'Italia basta che l'interesse della Nazione sia garantito e, per questo, non abbiamo mai lesinato critiche, ma anche proposte.
Abbiamo continuato a fare proposte per migliorare questo testo, ma, in maniera ideologica o in modo già deciso da questa maggioranza di Governo, sono state tutte bocciate.
Le prime proposte, voglio ricordare, le abbiamo lanciate due anni e mezzo fa, sempre per seguire l'idea, forse un po' démodé, di contenere i danni e di fare prevenzione. Purtroppo, questo decreto configura un meccanismo di gestione dei bandi e dei programmi di contenimento con tempistiche comprese tra i 30 e i 50 giorni. Ma alla PSA basta un mese per propagarsi in modo drammatico e, di certo, non aspetta i tempi della nostra pubblica amministrazione né della politica. Oggi lo scenario è che ci siamo abituati a parlare di spese di milioni di euro come se fosse la normalità, senza ricordarci che questi milioni sono frutto di tasse pagate dai nostri cittadini, da contribuenti che sono stati spremuti e calpestati da due anni di pandemia e che bisognerebbe trattare con più rispetto.
La soluzione, ancora una volta, era semplice e banale: seguire quel vecchio adagio per cui è meglio prevenire che curare; purtroppo, è stato scelto di rincorrere l'emergenza. Mi auguro di non sentire ancora in quest'Aula, nei prossimi giorni, qualcuno che intervenga chiedendo di modificare una legge, chiedendo di intervenire perché il nostro Paese possa fare una corretta gestione del patrimonio faunistico e ambientale. Mi auguro che non succeda questo, perché questo Governo ha la possibilità di intervenire. Si poteva fare un progetto di legge che andasse veramente a risolvere la situazione, non avete voluto farlo: bastava, infatti, applicare una corretta gestione anche al di fuori delle zone rosse; bastava farlo due anni e mezzo fa e tutto questo non sarebbe successo.
Quindi, si poteva fare di più, si poteva fare meglio, siamo in forte ritardo e mi auguro, comunque, che adesso il Governo possa correre per riuscire a recuperare tutto quel tempo che ha perso a danno delle filiere suinicole (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Filippo. Ne ha facoltà.
VITO DE FILIPPO (PD). Grazie, Presidente. Sottosegretario, il decreto-legge in discussione, oggi in via di conversione, reca misure urgenti volte a contrastare - come abbiamo sentito già da tantissimi colleghi - la diffusione della peste suina africana; è un intervento che, sicuramente, in questo caso, il Governo ha posto in essere tempestivamente e nell'urgenza della conversione è stata sacrificata anche una parte di legittimi interventi e di iniziative che questo ramo del Parlamento poteva sicuramente svolgere se non si fosse trattato di un'emergenza, sulla quale farò qualche commento.
Il Governo ha posto in essere il provvedimento celermente, visto che è stato emanato proprio rispetto al sorgere dei primi focolai, e chi è esperto di questa materia sa che il tempo è una variabile molto importante. Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad un'emergenza, come già era accaduto con la pandemia (anche qui richiamata nel dibattito), con la grandissima difficoltà - si sentono le stesse riflessioni anche in questa circostanza - di mantenere in equilibrio temi importanti, quali la sanità, l'economia e l'ambiente. Il lavoro è, come sempre, complesso ed anche in questo caso io consiglierei di fidarci della scienza.
Ricordo che la peste suina africana è portata da un virus della famiglia degli Asfivirus estremamente resistente anche alla luce delle precedenti storie che abbiamo conosciuto nel nostro Paese, tanto che la sua diffusione è molto facile: viene trasmesso non soltanto tra le specie e, quindi, tra i cosiddetti suidi - che sono sia i cinghiali che i suini -, ma ciascuno di noi, anche le persone, andando nei boschi con le proprie scarpe e venendo a contatto con il virus, può facilmente diffonderlo.
Non è la prima volta che l'Italia si trova a fronteggiare questo virus, che, al momento, è presente all'interno dei territori liguri e piemontesi e ha colpito la specie fino ad ora soltanto quella selvatica. In passato, seppur con un'altra variante, il virus della peste suina africana si è diffuso a più riprese all'interno dei territori sardi. Questa regione ha conosciuto una straordinaria e difficile vicenda, molto lunga. La variante che attualmente gira in Liguria e in Piemonte viene dall'est dell'Europa e sono state messe in campo tutta una serie di misure volte a cercare di bloccarne la diffusione.
Il provvedimento è fortemente atteso, come sappiamo, colleghi, non soltanto da questi territori interessati dai rinvenimenti di animali contagiati dalla peste suina africana, ma da tutti i territori italiani: per chi frequenta un po' i dipartimenti veterinari delle strutture sanitarie nel nostro Paese, c'è un alert in tutti i punti del nostro territorio nazionale, quantomeno per i rischi che sono connessi a questo virus e al fatto che possa facilmente allargarsi e contaminare anche aree produttive e allevamenti suinicoli.
Gli ultimi due anni ci hanno insegnato che le malattie infettive non devono essere prese sottogamba, non devono mai essere considerate non importanti e al momento dobbiamo assolutamente scongiurare che questa malattia si trasferisca dal cinghiale, ovvero dal maiale selvatico, al suino domestico. In caso, tutti gli allevamenti del nostro Paese potrebbero essere a rischio e si porterebbe al collasso un'intera filiera, che, come ha descritto la collega poc'anzi, è una straordinaria parte del più generale settore agricolo del nostro Paese. E lo dico anche per esperienze amministrative dirette che mi hanno, in questi anni, potuto dare riscontri di quali straordinarie capacità aziendali ci sono in questo settore nel nostro Paese. Basti pensare che solo le produzioni suinicole in Piemonte contano oltre 3.500 aziende, con 1 milione 300 mila capi sugli 8 milioni prodotti nel nostro Paese, mentre in Italia si contano circa 25 mila aziende che lavorano nel settore produttivo dell'allevamento e oltre 3.500 nel settore della trasformazione. Il provvedimento, lo voglio ricordare, richiama in sostanza tre princìpi. Il primo è relativo alle competenze delle regioni: come è noto, ci sono rilevanti competenze di sanità veterinaria nelle regioni; quindi le regioni devono redigere, farsi approvare e avere immediatamente i piani per la eradicazione della peste suina e per il contenimento della fauna selvatica.
Il secondo principio è il ruolo del commissario, con i suoi poteri e con le risorse disponibili. Su questo è opportuno segnalare che il provvedimento è passato da ISO risorse all'assegnazione di 10 milioni di euro affinché il commissario potesse agire. La cifra, francamente, sembra insufficiente, ma credo che, se ci sarà un'evoluzione negativa, purtroppo, di questa vicenda, non dubito che il Governo e anche il Parlamento potranno continuare ad intervenire. Il terzo principio del decreto è la possibilità per il commissario di chiedere allo Stato di intervenire in via sostitutiva nel caso le regioni risultino inadempienti. Questo specifico punto del decreto credo che derivi molto da esperienze precedenti. La discussione tra competenze ministeriali e competenze regionali, nel caso della Sardegna, ha riempito libri e ha riempito anche una comunicazione pubblica, che, per chi l'ha vissuta, è assolutamente rilevante, ingombrante, difficile e complessa. Quindi, i poteri sostitutivi mi sembrano un utile strumento per agire in maniera efficace.
È importante, però, sottolineare - lo voglio dire in conclusione del mio intervento - che, se siamo qui ad affrontare l'emergenza della peste suina africana, è anche perché, nel nostro Paese, c'è un'eccessiva presenza di cinghiali selvatici. Sui nostri territori non ci sono ormai più numeri di contenimento, si parla di milioni di capi che provocano danni all'agricoltura e una incidentalità stradale assolutamente rilevante, con il rischio concreto che possano produrre ulteriori infezioni.
Non vorrei che adesso affrontassimo questa emergenza attuale e tra un anno ci trovassimo un'altra volta a dover affrontare altri focolai. Quindi sollecito veramente, come fatto ripetutamente in questi anni dalle organizzazioni professionali agricole, il Parlamento a mettere mano a questo complicato problema in tutte le aree del nostro Paese. Si parla, come dicevo, di milioni di capi di cinghiali che assediano città e campagne. Assume, questo fenomeno, le dimensioni di un flagello. I rischi sanitari, come è noto, sono incombenti sull'intero territorio nazionale, direi. I ristori per i danni sono mediamente minimali e in alcune circostanze ridicoli. I raccolti e le strutture agricole sono ampiamente devastati, ci sono dossier di documentazione che le organizzazioni professionali hanno raccolto in questi anni. Una emergenza sanitaria può dare, in qualche modo, gli elementi affinché il Governo intervenga su questa questione. Nella difficile discussione che c'è stata in questi anni tra forme, molte volte non comprensibili, di difesa e di tutela degli animali, e devastazioni che invece i cinghiali stanno producendo al settore agricolo nel nostro Paese, credo che questa emergenza sanitaria possa essere l'occasione per affrontare tale questione più complessivamente. Il Governo che assumerà questo problema e troverà una soluzione per risolverlo, sicuramente sarà un Governo che verrà riconosciuto dal mondo agricolo del nostro Paese come un Governo responsabile e serio. Io consiglierei caldamente al sottosegretario di farsene carico, perché la dimensione sanitaria può darsi che sia proprio la pista giusta per affrontare anche il problema più generale dei cinghiali a livello nazionale, che è stato variamente affrontato, Come è noto, ci sono state modifiche transitorie anche sul tema della caccia e dell'attività venatoria, i selettori, tutti strumenti che le regioni più o meno hanno messo in campo e che sono risultati assolutamente insufficienti perché il numero di cinghiali presenti nelle campagne italiane e nelle città, come ormai la cronaca quotidiana ci segnala, è veramente impressionante. Con queste brevi riflessioni do il contributo e il senso del lavoro che il gruppo del Partito Democratico ha dato nella Commissione, in coerenza con quanto il Senato aveva già ampiamente dibattuto e discusso su questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Baroni. Ne ha facoltà.
ANNA LISA BARONI (FI). Grazie, Presidente. Tutti i colleghi che mi hanno preceduto si sono dilungati e hanno descritto le caratteristiche della peste suina africana, così come hanno descritto anche quelle che sono le caratteristiche di una eccessiva proliferazione degli animali selvatici e, in particolare, dei cinghiali nel nostro territorio, nel territorio del nostro Paese. Non mi dilungherò nella descrizione di queste caratteristiche, di questi aspetti del tema che stiamo affrontando in conversione di questo provvedimento di legge, già approvato dal Senato. Vorrei semplicemente, però, osservare come, quando c'è la volontà politica e quando c'è una volontà univoca dei due rami del Parlamento di produrre un testo normativo velocemente, al verificarsi, il 7 gennaio, del primo caso di peste suina africana, oggi siamo in conversione nel secondo ramo del Parlamento del provvedimento di legge. Il gruppo parlamentare di Forza Italia ha sempre avuto molto presente la gravità dei danni causati dai cinghiali, non ultima la PSA. Per questo motivo abbiamo avanzato per tempo e con costanza, in ogni occasione utile, proposte e soluzioni concrete per evitare lo sviluppo incontrollato e pericoloso del cinghiale nei nostri territori, presentando atti di sindacato ispettivo, di indirizzo politico, e proponendo emendamenti e proposte di legge. Questa attività non ha, purtroppo, evitato il verificarsi dell'evento non voluto, ma confidiamo in questo provvedimento e nella proposta di legge - questo è un elemento importante - che attualmente è in discussione in Commissione agricoltura, presentata da Forza Italia a inizio legislatura, a cui si sono poi aggiunte ulteriori proposte di legge, per contenere i danni, molteplici, collegati alla proliferazione indiscriminata di questi animali. Confidiamo, pertanto, in un'approvazione di questa legge prima del finire della legislatura.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI (ore 18,47)
ANNA LISA BARONI (FI). Il testo del Governo, efficace per rispondere nell'immediatezza, grazie al prezioso lavoro svolto dai colleghi del Senato che hanno chiesto pareri e opinioni a esperti e auditi, ha portato ad alcune migliorie nel testo che ora esaminiamo, in quest'Aula. Innanzitutto, per ottenere il fine del contenimento e dell'eradicazione della PSA sono necessari mezzi adeguati e sufficienti che sono stati previsti durante l'esame al Senato: oggi disponiamo di fondi per prevenire il contagio tra cinghiali e suini e possiamo garantire ai nostri allevatori la disponibilità delle risorse necessarie per realizzare le recinzioni e le altre protezioni temporanee utili a evitare il contagio. Ulteriori emendamenti approvati in Senato ci consentono anche di disporre di strumenti, anche normativi, necessari per contenere la PSA.
I piani regionali, che saranno molto importanti e attuabili anche all'interno delle aree protette escluse nella previsione originaria, terranno in conto anche le indicazioni fornite dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ISPRA, un ente pubblico di ricerca prezioso per l'attività svolta dal Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali. È stato introdotto il divieto di prelievo di cinghiali in forma collettiva e in attività di caccia, nelle aree di circolazione del virus. Nel testo iniziale, è stata sì prevista la sottoposizione degli animali abbattuti e destinati al consumo alimentare ad attività di ispezione e controllo igienico-sanitario da parte del servizio veterinario dell'Azienda sanitaria locale, ma, in seguito all'esame del Senato, è stata anche inserita una specificazione, “la” specificazione che ciò debba essere fatto secondo le disposizioni regionali vigenti in materia. Inoltre, le regioni e le province autonome che già dispongono di un piano per il contenimento della PSA, se ritenuto in linea con le disposizioni del decreto, potranno inviare il piano, per una valutazione, all'ISPRA e al centro di referenza nazionale, potendolo adottare tenendo conto delle osservazioni, senza necessità di ricorrere a ulteriori norme e aggravi di tempo.
È stata aggiunta una previsione che imputa loro l'attivazione di un sistema che garantisca gli opportuni approfondimenti diagnostici da parte degli istituti zooprofilattici competenti e secondo cui i dati raccolti nell'ambito delle attività di contenimento della PSA confluiscano nei sistemi informativi già attivi presso il Ministero della Salute. Naturalmente, sono state anche migliorate e meglio precisate le prerogative, i compiti, le forme e i mezzi di cui il commissario potrà disporre per la sua azione di risanamento.
Considerata la situazione epidemiologica, l'obiettivo principale è salvaguardare gli animali domestici e i cinghiali sani dalla malattia ed eradicarla dalle zone rosse. Dopo la crisi subita dagli allevatori, a causa, prima, del COVID, poi, dell'aumento generale dei costi e dell'inflazione e, infine, della guerra in corso, ora, per questo comparto così importante, Presidente, si affaccia il tema, si profila all'orizzonte il problema della PSA. Nel corso del 2021, la suinicoltura italiana stava gradualmente uscendo da una fase congiunturale particolarmente sfavorevole. Il prezzo medio dei suini destinati alle DOP, l'85 per cento della produzione nazionale, era migliorato del 9,3 per cento rispetto all'anno precedente, così come era in progressivo miglioramento l'andamento delle esportazioni: più 9 per cento. Purtroppo, il virus ha mutato le condizioni in cui operano gli allevatori e determinato uno scenario particolarmente allarmante, la tempesta perfetta, oserei chiamarla: nel gennaio scorso, abbiamo ricevuto, infatti, i primi blocchi precauzionali da numerosi Stati alle esportazioni di carni suine e prodotti derivati made in Italy. I dati di cui disponiamo, alla metà del mese di marzo 2022, parlano di circa 20 milioni di euro di contrazione delle vendite in export al mese.
Per questo motivo confidiamo nell'efficacia delle misure per la gestione e il contenimento dei cinghiali, poiché è stato fissato, in modo chiarissimo, l'obiettivo del contenimento della popolazione di cinghiali e i criteri per raggiungerlo. Si tratta di affrontare con efficacia il problema che, come già detto, non riguarda solamente la diffusione di patologie come la PSA, ma interessa pesantemente l'intero settore agricolo e anche le aree urbane. Per quanto riguarda la biosicurezza degli allevamenti confidiamo nella celerità del Ministro della Salute per definire velocemente i requisiti tecnici da rispettare con un proprio decreto ministeriale.
Come detto, oggi, legiferiamo con urgenza per contenere i danni, ma per dare una soluzione armonica e completa al problema della proliferazione dei cinghiali è, altresì, necessario, come sta avvenendo nella Commissione agricoltura, che venga modificata la legge n. 157 del 1992 per il contenimento dei cinghiali e della fauna selvatica. Sino all'arrivo della PSA anche in Italia, l'azione di prevenzione e contenimento dei suini selvatici – si tratta di più di 2 milioni di esemplari - per evitarne la moltiplicazione e l'invasione di città e campagne è stata blanda, il rischio è stato sottovalutato, compreso quello di contagio da PSA degli animali presenti sul nostro territorio, tenuto conto anche della presenza della stessa in numerosi Stati dell'Europa dell'Est, e la necessità della loro riduzione, sia numerica che spaziale, è stata decisamente sottovalutata.
Forza Italia, con pragmatismo e concretezza, ha lavorato affinché il provvedimento potesse giungere a una formulazione migliorata, con la partecipazione e il consenso di tutte le forze politiche desiderose di agire al fianco dei nostri imprenditori agricoli, dei cittadini e dei consumatori, dopo anni di ascolto e dialogo sul campo e proposte nelle Aule legislative. Per questo motivo, come ho già detto, siamo soddisfatti di quanto sta accadendo in Commissione, ove si darà una nuova regolamentazione al settore, mentre in Aula diamo un sostegno immediato e concreto per circoscrivere ed eradicare la PSA.
Oggi, convertendo in legge questo decreto, garantiremo una risposta efficace agli allevatori e alle imprese del settore della zootecnia, che contribuiscono in modo significativo a creare ricchezza, in Italia. Aver lavorato con il medesimo obiettivo e aver garantito la nomina di un commissario straordinario - sottolineo l'importanza di questa norma - che agirà in costante coordinamento con le regioni e con i servizi di prevenzione delle malattie animali, risolverà l'emergenza. Ci sarà, poi, da affrontare il tema della verifica dei mezzi messi a disposizione per contenere i movimenti dei cinghiali e la diffusione del virus, per incrementarli - va fatta una riflessione su questo tema specifico, signor sottosegretario -, ma soprattutto saranno necessarie risorse per gli allevatori danneggiati, direttamente e indirettamente, dalla PSA. È necessario un dialogo costante con gli operatori del settore, con la consapevolezza che il percorso di eradicazione sarà lungo e difficoltoso. Sarebbe utile favorire un confronto tra i vari attori della filiera, per definire interventi, proposte condivise, tempi e modi della loro attuazione, con il supporto costantemente fornito dal Governo. Con la congiuntura economica negativa in atto è necessario prevedere futuri provvedimenti di ristoro, e molto potrebbe essere fatto anche intervenendo, ove possibile, a riduzione degli oneri doganali di import-export, per favorire una più semplice movimentazione degli scarsi fattori di produzione, di cui il nostro Paese è strutturalmente deficitario.
Certa che il provvedimento che stiamo approvando sia solo la prima risposta urgente, a cui seguiranno ulteriori misure strutturali per il sostegno della filiera suinicola in particolare e, in generale, per il settore primario, oggi, per i motivi esposti, ritengo che sia importante l'approvazione di questo provvedimento con un ampio consenso, proprio a voler indicare anche un cambio di rotta, un segnale di ravvedimento operoso rivolto a chi, per anni, ha segnalato il rischio - e noi con loro - ed ora ha bisogno di soluzioni concrete.
Da ultimo, devo sottolineare, lo sottolineo ai colleghi che mi ascoltano, a lei, signor Presidente, e al rappresentante del Governo, che fino ad oggi la PSA si è manifestata in settori non cruciali e non determinanti per il settore, per questo comparto dell'allevamento suinicolo.
Io che vengo, invece, da uno dei punti più ricchi nel mio territorio, nella mia provincia di Mantova, vorrei ricordare un episodio ormai storico che, nella metà degli anni Ottanta, portò alla ribalta internazionale la mia città, che si scoprì essere la città più ricca d'Italia per reddito pro capite. Torme di giornalisti vennero a trovarci, scoprendo la circostanza che, forse, questa ricchezza derivava soprattutto dagli allevamenti dei suini, dei maiali, quelli che noi chiamiamo, in dialetto mantovano, i nostri gügiol. I professori, gli intellettuali della mia città che, come si sa, ha anche una grandissima tradizione, centenaria, di grande cultura, soprattutto rinascimentale, si offesero per questa individuazione; invece, noi siamo orgogliosi di venire dalla campagna, siamo orgogliosi che il comparto agricolo costituisca uno dei principali apporti alla nostra ricchezza, come lo eravamo a metà degli anni Ottanta, e riteniamo che appunto vada intrapresa una forte azione politica per la difesa di questo comparto agricolo e suinicolo, in particolare, tanto importante (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gastaldi. Ne ha facoltà.
FLAVIO GASTALDI (LEGA). Grazie, Presidente. Colleghi, il provvedimento al nostro esame è di particolare rilevanza e va in soccorso a una filiera importante del nostro Paese, quella della suinicoltura, sia nella fase di produzione sia in quella di trasformazione, che ha ricevuto contraccolpi pesantissimi negli ultimi mesi, con una perdita secca a settimana di oltre 25 milioni di euro, senza considerare lo stato di sofferenza dell'ultimo anno, dovuto al COVID, in un momento in cui i prezzi erano in ascesa. Parliamo di una filiera che conta 25 mila aziende nel settore dell'allevamento e 3.500 nella trasformazione. In particolare, il Piemonte, la mia terra, nel quale si era verificato il primo caso di peste suina africana, vede un milione e 350 mila capi, su 8 milioni allevati nel nostro Paese. Tutto parte da quel 7 gennaio, in cui è stato ritrovato il primo caso positivo alla PSA in una carcassa di cinghiale, ritrovata leggermente al di fuori di un parco naturale nei pressi di Ovada, in provincia di Alessandria. È necessario fare un plauso alle regioni, in particolare, Piemonte e Liguria, che si sono subito attivate per contenere la diffusione del virus e mettere in sicurezza i territori coinvolti; in particolare, ai nostri assessori piemontesi, alla sanità Icardi e all'agricoltura Protopapa, e all'assessore all'agricoltura della regione Liguria, Piana (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
Il Piemonte, in particolare, ha già emanato un'ordinanza per il depopolamento in zona di sorveglianza; questo fatto sta rivelando quanto possa essere concretamente dannoso nell'immediato e impattante per l'intera filiera suinicola. Occorre rammentare che la PSA è una malattia strettamente veterinaria, che non implica, dunque, rischi per l'uomo e per la sicurezza alimentare, che colpisce cinghiali e suini e che, a causa dell'alto tasso di mortalità e della mancanza di cure e vaccini, risulta particolarmente rischiosa per gli allevamenti zootecnici.
Nel caso in cui il virus facesse ingresso negli allevamenti con scarse misure di biosicurezza, si dovrebbe procedere ad abbattere l'intero allevamento. Per questo nel testo in conversione sono stati inseriti importanti emendamenti per incrementare le misure di biosicurezza, su cui verrà presentato un decreto attuativo, come reti, dissuasori, sistemi di disinfezione dei camion e persone, oltre alla gestione e allo smaltimento delle carcasse animali.
Ricordo a tutti che questo provvedimento, emanato il 17 febbraio 2022, ha coinvolto quattro Ministeri nell'esprimere le loro valutazioni in Commissione agricoltura al Senato: il Ministero della Transizione ecologica, il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero dell'Economia e delle finanze e il Ministero della Salute. Il testo richiama, in sostanza, tre principi. Il primo è relativo alle regioni che devono redigere, farsi approvare e ottenere i piani per l'eradicazione della peste suina e per il contenimento della fauna selvatica. Il secondo principio è il ruolo del Commissario, al quale, in sede di conversione, sono stati assegnati 10 milioni di euro, risorse trasferite da ciò che è stato inserito nel “decreto Sostegni-ter” a favore dell'eradicazione della PSA. Nell'emendare il provvedimento, è stato possibile conferire poteri chiari al Commissario, relativi alla sua operatività quotidiana, da poter utilizzare nell'immediato. Sul tema delle recinzioni - terzo principio - si determina l'urgenza del contenimento, soprattutto, a partire dai punti dove sono state sforate le barriere autostradali della A26 e A7 e il raccordo a nord tra le due autostrade. Risulta pertanto fondamentale rinforzare le recinzioni già presenti sugli assi stradali che delimitano l'area infetta, così come costruire ex novo, ove possibile, barriere fisiche che mettano in sicurezza i confini della zona sottoposta a restrizione. Le recinzioni sono sicuramente lo strumento più efficace per procedere al contenimento dei cinghiali e per questo motivo sono stati destinati 10 milioni di euro, anche se siamo consapevoli che la conformazione orografica del territorio non renderà facile la collocazione delle stesse.
Vi è, quindi, la concreta possibilità che il virus possa diffondersi tra i cinghiali in un'area molto più vasta, comprendente sia zone montuose particolarmente impervie, di difficile accessibilità e con elevata intensità di questa popolazione, che zone urbane in cui vivono i cinghiali abituati alla vicinanza dell'uomo. Le recinzioni e le strutture temporanee amovibili dovranno essere realizzate dalle regioni interessate, in deroga alle disposizioni dei regolamenti edilizi e a quelle sulla valutazione di incidenza ambientale e, in presenza di vincoli paesaggistici, mediante procedura semplificata. Anche questo passaggio è fondamentale per contenere al massimo i tempi per la loro realizzazione; i tempi sono, infatti, un fattore cruciale. Anche in questo caso è stato possibile stabilire una norma con scadenze da rispettare, che, però, ora sono velocissime. Se in venti giorni non si ha riscontro, il commissario potrà procedere, per il principio della pubblica utilità, con i poteri a lui conferiti.
Nel ricordare il tema importante che stiamo trattando, quello sanitario, non dimentichiamo i risvolti sul tessuto produttivo ed economico e sull'allevamento di suini, che rappresenta un'economia fondamentale per alcune regioni del nostro Paese. Abbiamo dato, quindi, importanza anche alla grave ricaduta economica su questo importante settore. Quanto stanziato non basta; occorre, nel prossimo provvedimento, incrementare i fondi sulla filiera suinicola, anche alla luce degli ultimi aumenti dei costi di produzione.
Con la perdita del requisito di indennità da PSA nell'Italia continentale, alcuni Paesi terzi extra UE applicano un blocco all'export di carni suine e salumi dall'Italia, blocco già in vigore per Giappone, Cina, Corea del Sud, Cuba, Taiwan, Serbia, Messico, Sudafrica e Vietnam. Sulla base delle esperienze passate, si stima che tali blocchi possano generare un mancato export di carne suina e salumi pari a circa 20 milioni di euro al mese, un blocco ancora più rilevante se si considera che la parte più consistente dei prodotti esportati nei Paesi terzi è costituita da tagli per i quali non esiste una domanda alternativa equivalente in altri mercati. Determinati tagli del suino, da noi ormai non più facenti parte delle abitudini gastronomiche, rivestono, invece, un ruolo centrale nella gastronomia tradizionale di molti Paesi dell'Est del mondo; a titolo di esempio, citiamo le zampe, le teste e le frattaglie. Termini, durata e modalità di tali blocchi sono in corso di definizione e di rinegoziazione, come, ad esempio, nel caso del Giappone, per scongiurare che venga indiscriminatamente procrastinata una chiusura a tutta l'Italia, senza riconoscere il principio di regionalizzazione alla base della normativa comunitaria, nel tentativo di contenere danni economici ma anche commerciali, quali perdita di quote di mercato e di immagine. Come detto, in questa fase si sta lavorando affinché tutti i Paesi terzi limitino i blocchi sul nostro export alla sola zona infetta e non l'estendano all'intero territorio nazionale, come, ad esempio, sta accadendo con Stati Uniti e Canada. Tuttavia, se la zona infetta dovesse estendersi fino ai territori a maggiore vocazione salumiera, quali Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli e Toscana, che rappresentano complessivamente più del 75 per cento dei suini allevati in Italia, il danno sarebbe ancora più consistente. A tal proposito, occorre ricordare che nell'attuale zona infetta sono presenti solamente due allevamenti e si è già proceduto all'abbattimento totale della popolazione animale presente al suo interno.
Particolare attenzione necessità tutta l'attività turistica di outdoor, inibita durante tutto questo tempo. Nel decreto non si è potuto intervenire economicamente, ma Piemonte e Liguria stanno producendo il piano previsto dal decreto per il contrasto alla PSA, con la possibilità di derogare anche ad alcune attività all'aperto. La Lega continuerà a lavorare per la tutela delle attività di coloro che risiedono nella zona rossa e nelle zone buffer e che, in questo periodo dell'anno, vedono precluse diverse attività lavorative, l'accesso ai parchi e varie attività legate al turismo e all'accoglienza, attualmente in grande difficoltà.
Il professor Rodriguez, direttore del laboratorio di riferimento della PSA dell'OMS, in audizione al Senato ebbe a dire: “Il maggiore pericolo e il primo canale di trasmissione sono rappresentati dall'esportazione della carne di maiale infetta. Per quanto riguarda l'Italia, è necessario comprendere come sia arrivata la PSA, per poterla controllare ed evitare che continui ad arrivare. Non è ancora stata fatta la sequenziazione genetica del virus in Italia”, prosegue, “ed è ancora più importante conoscere l'origine, ossia sapere se è arrivata dall'Europa, dall'Unione europea o ancora dall'Asia e come, se via nave o su strada. Questo per evitare una seconda infezione e fare un rigoroso programma di sorveglianza”. Poi prosegue: “L'unica possibilità di cui disponiamo è il controllo della malattia, che si può effettuare sulla base di tre singole azioni: la prevenzione precoce prima che si diffonda, il contenimento dell'area infettata e la riduzione della popolazione dei cinghiali”. Ma - e qui c'è un inciso da fare - anche questa volta non è stato possibile modificare la legge n. 157 del 1992. Un dato su tutti: la giusta presenza del cinghiale nelle aree infette, così come in tante altre, dovrebbe essere di un capo a chilometro quadrato, come dice l'ISPRA. In realtà, in quelle zone siamo a 14-15 capi a chilometro quadrato, e questo dato aumenterà a breve.
Si tratta di interventi urgenti finalizzati a impedire la circolazione dei cinghiali entro la prossima estate. Tra poco, infatti, avrà inizio la stagione dei parti, con un raddoppio della numerosità dei cinghiali e, conseguentemente, a partire dal prossimo mese di giugno, l'infezione potrebbe subire una significativa accelerazione, determinata dai nuovi nati.
Per questo motivo il provvedimento in discussione è urgentissimo ed è importante revisionare la legge n. 157 del 1992, non solo a parole, sui palchi delle organizzazioni agricole, oppure facendo battaglie strumentali in Aula fini a se stesse, come abbiamo ascoltato poco fa (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); addirittura, abbiamo sentito al Senato che qualcuno vorrebbe debellare la PSA, senza abbattere alcun cinghiale, catturandoli, facendogli l'esame del sangue e poi decidere se debbano essere abbattuti o meno; siamo seri.
La Lega ha sempre avuto una posizione chiara negli anni sul contenimento della fauna selvatica e oggi, purtroppo, dobbiamo dire di aver avuto ragione; non si contano più gli interventi, in Aula e in Commissione, che trattavano il tema della proliferazione incontrollata degli ungulati, dei danni alle colture agricole e ai problemi di sicurezza sulle nostre strade che, purtroppo, hanno anche provocato decessi.
È il momento di abbandonare l'idea che l'agricoltura sia composta da persone appartenenti alla famiglia sorridente di una nota marca di biscotti che felicemente si reca al lavoro nei campi. Negli ultimi tempi, abbiamo preso atto che il Green New Deal, il Farm to Fork e la nuova PAC sono sempre più distanti dalla contingenza dei tempi e dai reali bisogni del mondo agricolo e per questo vanno riformati al più presto, affinché possano essere determinanti al raggiungimento di una sovranità alimentare nazionale. Se c'è la necessità di intervenire su importanti regolamenti europei, credo che, a maggior ragione, dobbiamo intervenire con urgenza su una ormai obsoleta norma nazionale come la legge n. 157 del 1992 (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 3547)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice, deputata Sara Foscolo, che rinuncia.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che rinuncia.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Passiamo, dunque, agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Paternoster. Ne ha facoltà, per due minuti.
PAOLO PATERNOSTER (LEGA). Grazie, Presidente. La settimana scorsa sono stati pubblicati dal Ministero della Cultura i risultati del concorso del 2021 sull'art-bonus. Con grande soddisfazione, essendo parlamentare di Verona, posso finalmente dire che questo importante progetto è stato vinto dalla Fondazione Arena di Verona, con il progetto “67 colonne per l'Arena”. Questo progetto è una ricostruzione virtuale del colonnato esterno dell'Arena, crollato con il terremoto del 1117. Questo progetto ha avuto oltre 38 mila voti di preferenze, sulle varie piattaforme social e sui portali ministeriali.
Un ringraziamento va ai 67 mecenati, grazie ai quali è stato raccolto oltre un milione di euro, e alle centinaia di contributi di benefattori e al sostegno di professionisti, ordini professionali, categorie economiche, testimonial, influencer, blogger, amici della cultura e dello sport. Un ringraziamento va anche alla regione Veneto, alla provincia di Verona e al comune di Verona; tutti insieme, il mondo veronese, per una realtà storica e unica al mondo come la Fondazione Arena di Verona.
L'anno prossimo - nel 2023, quindi - ci sarà la centesima replica della stagione lirica; iniziata nel 1913, per ben cento volte è sempre andata in rassegna nell'Arena di Verona, nell'anfiteatro più grande e più bello del mondo; questa rassegna si è fermata solamente 10 volte, in 110 anni causa guerra e COVID. Quest'anno ci sarà una grandissima rassegna a Verona, il mondo sarà a Verona e la nostra città sarà alla ribalta mondiale.
Concludo, signor Presidente, ringraziando quanti hanno contribuito a questa iniziativa, a partire dalla Sovrintendenza dell'Arena di Verona, tutti i dirigenti, il mondo politico e professionale e tutti i cittadini veronesi che hanno contribuito a rendere grande la nostra città.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Davide Aiello. Ne ha facoltà, per due minuti.
DAVIDE AIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Lo scorso 29 marzo si è svolta qui, a Roma, davanti alla sede del Ministero del Lavoro la manifestazione dei navigator. In quell'occasione, il Ministro Andrea Orlando si era impegnato ad aprire un tavolo entro 48, massimo 72 ore. Questa richiesta, peraltro, era già stata formalizzata da mesi, in Parlamento, dal MoVimento 5 Stelle, con l'obiettivo di definire una strategia nazionale per questi lavoratori. Ad oggi, Presidente, sono passate ben più di 72 ore, ma non c'è ancora alcuna notizia di tale incontro, non c'è alcuna notizia di un tavolo che riguardi questa importante vertenza.
Questo ritardo ovviamente ci preoccupa e preoccupa anche i lavoratori: stiamo parlando di quasi 2 mila persone i cui contratti scadranno a fine mese; persone che hanno superato una selezione che sono state formate e hanno acquisito competenze sulle politiche attive del lavoro.
Il tempo, quindi, stringe: è giunto il momento che il Governo dica chiaramente cosa intende fare al riguardo. Per noi del Movimento 5 Stelle, alla luce anche dei progetti che metteremo in campo con il PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, i navigator sono una risorsa necessaria per il Paese e vanno per questo stabilizzati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Raduzzi. Ne ha facoltà, per due minuti.
RAPHAEL RADUZZI (MISTO-A). Grazie, Presidente. Oggi siamo al 5 aprile e, in teoria, sulla carta, da cinque giorni è terminato lo stato di emergenza. Dico “in teoria”, perché, in pratica, non è così. Noi guardiamo a tutti i Paesi europei dove non ci sono più obblighi, non ci sono più restrizioni o green pass; in alcuni Paesi, addirittura, un positivo che non ha sintomi non deve neppure fare la quarantena. Invece, in Italia siamo ancora legati alle solite misure restrittive del green pass che viene chiesto ancora per il lavoro e ciò stride in una maniera impressionante con l'articolo 1 della nostra Costituzione. Viene richiesto il super green pass a ragazzi di 13 anni che magari non si sono vaccinati, perché vogliono e devono poter andare in piscina oppure in palestra a fare sport e vengono estesi gli obblighi di vaccinazione ai sanitari fino al 31 dicembre di quest'anno.
Quindi, come Alternativa, noi che abbiamo sempre fatto opposizione a questi strumenti che non sono serviti a nulla, se non a restringere e limitare la nostra economia, chiediamo con forza al Governo che l'ultimo decreto assurdo che è stato emanato venga discusso il prima possibile in Commissione, perché vogliamo emendarlo e modificare quanto più possibile tutto quell'impianto che non ci sta per nulla bene.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Mercoledì 6 aprile 2022 - Ore 9,30:
(ore 9,30 e ore 16)
1. Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 2533 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, recante misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana (PSA) (Approvato dal Senato). (C. 3547)
Relatrice: FOSCOLO.
2. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
FERRARI ed altri; DEIDDA ed altri; GIOVANNI RUSSO ed altri; DEL MONACO ed altri; DEL MONACO ed altri; FERRARI ed altri: Disposizioni di revisione del modello di Forze armate interamente professionali, di proroga del termine per la riduzione delle dotazioni dell'Esercito italiano, della Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e dell'Aeronautica militare, nonché in materia di avanzamento degli ufficiali. Delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale. (C. 1870-1934-2045-2051-2802-2993-A)
Relatori: ARESTA e FERRARI.
3. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
FIANO ed altri; PEREGO DI CREMNAGO ed altri: Misure per la prevenzione dei fenomeni eversivi di radicalizzazione violenta, inclusi i fenomeni di radicalizzazione e di diffusione dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 243-3357-A)
Relatore: FIANO.
4. Seguito della discussione della proposta di legge costituzionale:
MELONI ed altri: Modifiche alla parte II della Costituzione concernenti l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. (C. 716-A)
Relatori: BRESCIA, per la maggioranza; PRISCO, di minoranza.
5. Seguito della discussione della proposta di legge:
CORDA ed altri: Norme sull'esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato). (C. 875-B)
Relatore: ARESTA.
6. Seguito della discussione delle mozioni Scerra ed altri n. 1-00586, Valentini ed altri n. 1-00610 e Raduzzi ed altri n. 1-00620 concernenti iniziative in materia di disciplina di bilancio e governance economica dell'Unione europea .
(ore 15)
7. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .
La seduta termina alle 19,15.
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):
nella votazione n. 3 il deputato Raciti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 5 la deputata Papiro ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nominale | Pdl 3200 - em. 1.2 | 396 | 394 | 2 | 198 | 30 | 364 | 102 | Resp. |
2 | Nominale | odg 9/3200/4 | 410 | 409 | 1 | 205 | 32 | 377 | 99 | Resp. |
3 | Nominale | Pdl 3200 - voto finale | 416 | 385 | 31 | 193 | 385 | 0 | 95 | Appr. |
4 | Nominale | Moz. Murelli e a. 1-563 n.f. rif. | 433 | 433 | 0 | 217 | 433 | 0 | 93 | Appr. |
5 | Nominale | Moz. Bellucci e a. 1-624 rif. | 427 | 427 | 0 | 214 | 427 | 0 | 93 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.