XVIII LEGISLATURA
ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME: MOZIONE N. 1-00639
Mozione n. 1-00639 – iniziative volte ad incrementare le misure per il contrasto
della peste suina africana e per il sostegno della filiera suinicola
Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).
Governo | 25 minuti |
Richiami al Regolamento | 10 minuti |
Tempi tecnici | 5 minuti |
Interventi a titolo personale |
59 minuti
(con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 4 ore e 21 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 46 minuti |
Lega – Salvini premier | 43 minuti |
Partito Democratico | 35 minuti |
Forza Italia – Berlusconi presidente | 32 minuti |
Fratelli d'Italia | 23 minuti |
Italia Viva | 21 minuti |
Coraggio Italia | 19 minuti |
Liberi e Uguali | 17 minuti |
Misto: | 25 minuti |
Alternativa | 8 minuti |
Azione – +Europa – Radicali Italiani | 3 minuti |
MAIE-PSI-Facciamo eco | 3 minuti |
Centro Democratico | 3 minuti |
Europa Verde – Verdi Europei | 2 minuti |
Noi con l'Italia – USEI-Rinascimento ADC | 2 minuti |
Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea | 2 minuti |
Minoranze Linguistiche | 2 minuti |
(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli
nella seduta del 4 maggio 2022.
Davide Aiello, Piera Aiello, Amitrano, Andreuzza, Ascani, Azzolina, Baldelli, Barelli, Battelli, Bellucci, Bergamini, Bianchi, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Cancelleri, Cantalamessa, Carfagna, Casa, Castelli, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Cimino, Cirielli, Colletti, Colucci, Corda, Davide Crippa, D'Ettore, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Maria, Del Grosso, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Gobbato, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Madia, Maggioni, Magi, Mandelli, Manzo, Marattin, Marin, Melilli, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Occhionero, Orlando, Paita, Paolini, Parolo, Pastorino, Perantoni, Rampelli, Ripani, Rizzo, Romaniello, Andrea Romano, Rosato, Rotta, Ruocco, Saitta, Sarti, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scutellà, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Rachele Silvestri, Siragusa, Sisto, Spadoni, Speranza, Suriano, Tabacci, Tasso, Tateo, Termini, Vignaroli, Viscomi, Vito, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zanettin, Zoffili.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Davide Aiello, Piera Aiello, Amitrano, Andreuzza, Ascani, Azzolina, Baldelli, Barelli, Battelli, Bellucci, Bergamini, Bianchi, Enrico Borghi, Boschi, Brescia, Brunetta, Butti, Cancelleri, Cantalamessa, Carfagna, Casa, Castelli, Maurizio Cattoi, Cavandoli, Cimino, Cirielli, Colletti, Colucci, Corda, Davide Crippa, D'Ettore, D'Incà, D'Uva, Dadone, De Maria, Del Grosso, Delmastro Delle Vedove, Luigi Di Maio, Di Stefano, Dieni, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Gobbato, Grande, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Lapia, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Macina, Madia, Maggioni, Magi, Mandelli, Manzo, Marattin, Marin, Melilli, Migliore, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Occhionero, Orlando, Paita, Paolini, Parolo, Pastorino, Perantoni, Rampelli, Ripani, Rizzo, Romaniello, Andrea Romano, Rosato, Rotta, Ruocco, Saitta, Sarti, Sasso, Scalfarotto, Schullian, Scutellà, Serracchiani, Carlo Sibilia, Silli, Siragusa, Sisto, Spadoni, Speranza, Suriano, Tabacci, Tasso, Tateo, Termini, Vignaroli, Viscomi, Vito, Leda Volpi, Raffaele Volpi, Zanettin, Zoffili.
Annunzio di proposte di legge.
In data 3 maggio 2022 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
ALBANO ed altri: «Disposizioni in materia di deroga al numero minimo e massimo di alunni per la formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado nei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti» (3587);
DE LUCA e GARIGLIO: «Modifiche agli articoli 6, 7, 8 e 201 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di competenza per la regolamentazione della circolazione in ambiti intercomunali, in tratti di strade non comunali e nelle piccole isole» (3588);
MISITI e PARENTELA: «Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di gestione dei rifiuti, di sanzioni per il loro abbandono e di smaltimento dei prodotti in vetroresina» (3589).
Saranno stampate e distribuite.
Annunzio di proposte di legge
d'iniziativa regionale.
In data 3 maggio 2022 è stata presentata alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, la seguente proposta di legge:
PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE: «Modifiche ai commi 75-octies, 75-novies, 75-duodevicies e 75-vicies ter dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, recante bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, in materia di monopattini» (3590).
Sarà stampata e distribuita.
Adesione di deputati a proposte di legge.
Le seguenti proposte di legge sono state successivamente sottoscritte dalla deputata Torto:
BUOMPANE ed altri: «Modifiche all'articolo 12 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, concernenti la giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale nei casi di danno arrecato al patrimonio delle società partecipate da amministrazioni pubbliche» (1773);
SUT ed altri: «Introduzione dell'insegnamento della cultura della sicurezza nelle scuole secondarie» (1805);
LIUZZI ed altri: «Istituzione del programma “Borghi digitali” per lo sviluppo dei piccoli comuni» (2050);
GALLO ed altri: «Disposizioni in materia di lavoro marittimo e di formazione della gente di mare» (2960);
BUOMPANE ed altri: «Modifica del titolo VIII della parte seconda del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di enti locali in situazione di criticità finanziaria o di squilibrio eccessivo» (3149);
GRILLO ed altri: «Istituzione del servizio di medicina scolastica nelle scuole di ogni ordine e grado» (3185);
ASCARI ed altri: «Norme per la concessione di permessi lavorativi retribuiti ai familiari di persone scomparse» (3391);
ASCARI ed altri: «Introduzione dell'articolo 13-bis della legge 11 gennaio 2018, n. 4, in materia di cambio del cognome per le vittime del reato di costrizione o induzione al matrimonio» (3454).
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
II Commissione (Giustizia):
MAGI ed altri: «Modifiche al codice penale, in materia di abolizione delle misure di sicurezza detentive per soggetti imputabili e di disciplina della libertà vigilata» (3465) Parere delle Commissioni I, V, XII e Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VII Commissione (Cultura):
PATELLI ed altri: «Istituzione di un piano sperimentale per favorire l'inserimento e il successo scolastico degli alunni con alto potenziale cognitivo e per la formazione specifica dei docenti» (3527) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII e Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VIII Commissione (Ambiente):
CONSIGLIO REGIONALE DELL'UMBRIA: «Elenco delle imprese denuncianti episodi estorsivi o tentativi di condizionamento dell'attività imprenditoriale. Modifiche al codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50» (3556) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, X, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Annunzio di sentenze della Corte Costituzionale.
La Corte costituzionale, in data 28 aprile 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia della seguente sentenza che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, è inviata alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e XII (Affari sociali), nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
sentenza n. 106 dell'8 marzo – 28 aprile 2022 (Doc. VII, n. 870),
con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5 della legge della Regione Abruzzo 18 maggio 2021, n. 10, recante «Riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio di euro 3.606,56 per le prestazioni professionali svolte nell'ambito dei “Lavori di realizzazione dei pennelli e risagomatura scogliere esistenti nella zona sud e centro del litorale del Comune di Silvi (TE)” ed ulteriori disposizioni», nella parte in cui esclude l'autorizzazione paesaggistica per le modifiche non sostanziali;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 21 della legge della Regione Abruzzo n. 10 del 2021.
Trasmissione dal Ministro per le politiche giovanili.
Il Ministro per le politiche giovanili, con lettera del 26 aprile 2022, ha trasmesso la nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno BALDINI ed altri n. 9/3442/7, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 19 gennaio 2022, concernente la promozione di iniziative commemorative legate alla Giornata nazionale della memoria delle vittime dell'epidemia di Coronavirus.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) competente per materia.
Trasmissione dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con lettera del 28 aprile 2022, ha trasmesso la nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno QUARTAPELLE PROCOPIO e DE LUCA n. 9/1334-B/49, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 30 dicembre 2018, concernente il report annuale alle Camere, sulla governance e sulle attività svolte dal Comitato Atlantico italiano, riferito all'anno 2021.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri) competente per materia.
Trasmissione dal Ministro per i rapporti con il Parlamento.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 2 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 49, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, la relazione – predisposta dal Ministero della giustizia – sulla consistenza, destinazione e utilizzo dei beni sequestrati o confiscati e sullo stato dei procedimenti di sequestro o confisca, aggiornata al mese di dicembre 2021 (Doc. CLIV, n. 5).
Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia).
Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 3 maggio 2022, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio che illustra i progressi compiuti nell'attuazione della direttiva 2014/89/UE che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo (COM(2022) 185 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla liberalizzazione temporanea degli scambi che integra le concessioni commerciali applicabili ai prodotti ucraini a norma dell'accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e l'Ucraina, dall'altra (COM(2022) 195 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive).
La Commissione europea, in data 3 maggio 2022, ha trasmesso un nuovo testo della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indicazioni geografiche dell'Unione europea di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli e ai regimi di qualità dei prodotti agricoli, che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013, (UE) 2017/1001 e (UE) 2019/787 e che abroga il regolamento (UE) n. 1151/2012 (COM(2021) 134 final/2), che sostituisce il COM(2021) 134 final, già assegnato, in data 4 aprile 2022, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), nonché il relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della relazione sulla valutazione d'impatto (SWD(2022) 136 final).
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 3 maggio 2022, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Nell'ambito dei predetti atti, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla comunicazione della Commissione – Piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile e sull'etichettatura energetica 2022-2024 (C(2022) 2026 final), corredata dai relativi allegati (C(2022) 2026 final – Annex), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive).
Con la predetta comunicazione, il Governo ha inoltre richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle sostanze che riducono lo strato di ozono e che abroga il regolamento (CE) n. 1005/2009 (COM(2022) 151 final);
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 novembre 2010 relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento) e la direttiva 1999/31/CE del Consiglio del 26 aprile 1999 relativa alle discariche di rifiuti (COM(2022) 156 final);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla comunicazione dei dati ambientali delle installazioni industriali e alla creazione di un portale sulle emissioni industriali (COM(2022) 157 final);
Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2021/2278 recante sospensione dei dazi della tariffa doganale comune di cui all'articolo 56, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n. 952/2013 per taluni prodotti agricoli e industriali (COM(2022) 183 final);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (COM(2022) 184 final);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica i regolamenti (CE) n. 767/2008, (CE) n. 810/2009 e (UE) 2017/2226 del Parlamento europeo e del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 1683/95, (CE) n. 333/2002, (CE) n. 693/2003 e (CE) n. 694/2003 del Consiglio e la Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, per quanto riguarda la digitalizzazione della procedura di visto (COM(2022) 658 final).
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.
DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 24 MARZO 2022, N. 24, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER IL SUPERAMENTO DELLE MISURE DI CONTRASTO ALLA DIFFUSIONE DELL'EPIDEMIA DA COVID-19, IN CONSEGUENZA DELLA CESSAZIONE DELLO STATO DI EMERGENZA (A.C. 3533-A)
A.C. 3533-A – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
la proposta di legge in esame, recante: «Conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza», contiene all'articolo 10 la proroga di talune disposizioni la cui efficacia, a legislazione vigente, sarebbe altrimenti cessata al 31 marzo 2022 con la cessazione dello stato di emergenza;
l'emergenza ha evidenziato l'importanza di AIFA come istituzione di riferimento nazionale in grado di garantire una consolidata struttura regolatoria e sostenere l'innovazione e l'acquisizione di nuove conoscenze;
al fine di consentire l'operatività dell'Agenzia italiana del farmaco, per il perdurare dello stato di emergenza sono state introdotte misure straordinarie di semplificazione delle procedure e dei processi regolatori che hanno consentito, seppur nelle difficoltà date dalla pandemia, di proseguire nel proprio ruolo istituzionale e di governo dell'accesso ai farmaci in tutte le sue fasi, dagli studi clinici fino alla gestione delle carenze;
è stato dunque possibile trarre, da una situazione di criticità, l'opportunità di stimolare in tempi più rapidi risposte a esigenze del sistema che si sono tradotte, da ultimo, in un migliore servizio per i pazienti;
con la fine dello stato di emergenza le attività e procedure oggetto di semplificazione introdotte con atti amministrativi dell'Agenzia sono a rischio di un'interruzione,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di consentire ad AIFA, con propria determinazione, di individuare le misure adottate per la gestione del periodo emergenziale suscettibili di essere estese anche a seguito della cessazione dello stesso, rendendone stabili gli effetti positivi.
9/3533-A/1. Ianaro.
La Camera,
premesso che:
il presente disegno di legge prevede di disposizioni di coordinamento della disciplina in materia di obblighi vaccinali in capo al personale scolastico, educativo e formativo, nonché delle università e del personale medico e sanitario;
per il vaccino decade il 15 giugno prossimo l'obbligo vaccinale a carico dei lavoratori appartenenti alle forze dell'ordine, alle forze armate, al personale della scuola e delle università;
fino alla fine dell'anno corrente, al 31 dicembre 2022, permane l'obbligo vaccinale, pena la sospensione dal lavoro, per gli esercenti le professioni sanitarie e i prestatori di lavoro in ospedale; inoltre, fino al 31 dicembre 2022 resta l'obbligo di green pass per i visitatori di RSA, hospice e reparti di degenza degli ospedali;
le principali autorità sanitarie mondiali concordano sul fatto che il COVID-19 sia prevalentemente una malattia dell'uomo trasmessa tramite contatto diretto da persona a persona attraverso le goccioline disperse nell'aria provenienti dalle vie respiratorie delle persone infette; la malattia non si trasmetta attraverso il contatto con animali,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prevedere ulteriori misure affinché sia escluso dall'obbligo vaccinale il personale medico e sanitario di cui le prestazioni lavorative prevedano la cura e l'assistenza di animali.
9/3533-A/2. Sarli, Suriano, Ehm, Benedetti.
La Camera,
premesso che:
con il presente provvedimento, il Governo sottopone alle Camere per la conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 5 introduce l'articolo 10-quater nel decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, con efficacia dal 1° aprile 2022, il quale reca disposizioni relative ai dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie;
il comma 4 di tale articolo, riproducendo la previsione di cui al comma 3 dell'articolo 1 dell'ordinanza del Ministro della salute 8 febbraio 2022, dispone che non hanno l'obbligo di indossare il dispositivo di protezione delle vie respiratorie i bambini di età inferiore a sei anni;
la norma, così formulata, determinerebbe la palese discriminazione tra i bambini iscritti alle scuole di infanzia che non hanno compiuto ancora i sei anni di età e i bambini che hanno compiuto i sei anni di età e che ancora non hanno iniziato il percorso di scuola primaria;
ciò rischia di creare confusione all'interno delle scuole dell'infanzia, in cui condividono i medesimi spazi e si relazionano bambini sui quali vige l'obbligo e bambini che ne sono esonerati;
inoltre, la disposizione in esame rischia di condizionare lo sviluppo della personalità dei bambini e dei ragazzi, la loro armonia e stabilità psicologica, la loro capacità di comunicare e di costruire legami ed amicizie, con inevitabili ricadute anche sulle famiglie, sull'intera società italiana e sul sistema sanitario e assistenziale;
nei confronti della fascia di popolazione più giovane di età, in particolar modo, lo Stato ha il compito di assicurare il pieno sviluppo della personalità, in ossequio al principio costituzionale espresso nell'articolo 31, che stabilisce che la Repubblica ha il compito di proteggere «la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo»;
tale obbligo non costituisce una forma di prevenzione di sicura efficacia, dalla diffusione della pandemia da SARS-CoV-2, determinandosi così un notevole sbilanciamento tra l'esigenza di tutelare la salute, che può essere soddisfatta con altre mezzi preventivi, e l'esigenza di fornire ai più giovani gli strumenti adeguati per la loro educazione e il loro sviluppo;
in numerosi contesti nei quali vi è un indice di rischio di contagio analogo, è stato disposto il superamento dell'obbligo di indossare i dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie – quali bar, ristoranti;
tale superamento non escluderebbe misure restrittive adeguate in tutti i casi in cui si registri un aumento preoccupante di contagi e nei casi in cui si registrino casi di alunni positivi ai test antigenici,
impegna il Governo
a considerare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di valutare l'opportunità di disporre, tramite ulteriori interventi normativi, il superamento dell'obbligo di indossare i dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie, nei confronti dei minori iscritti alla scuola dell'infanzia, alla scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado.
9/3533-A/3. Benedetti.
La Camera,
premesso che:
con il presente provvedimento, il Governo sottopone alle Camere per la conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 5 introduce l'articolo 10-quater nel decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, con efficacia dal 1° aprile 2022, il quale reca disposizioni relative ai dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie;
il comma 4 di tale articolo, riproducendo la previsione di cui al comma 3 dell'articolo 1 dell'ordinanza del Ministro della salute 8 febbraio 2022, dispone che non hanno l'obbligo di indossare il dispositivo di protezione delle vie respiratorie i bambini di età inferiore a sei anni;
la norma, così formulata, determinerebbe la palese discriminazione tra i bambini iscritti alle scuole di infanzia che non hanno compiuto ancora i sei anni di età e i bambini che hanno compiuto i sei anni di età e che ancora non hanno iniziato il percorso di scuola primaria;
ciò rischia di creare confusione all'interno delle scuole dell'infanzia, in cui condividono i medesimi spazi e si relazionano bambini sui quali vige l'obbligo e bambini che ne sono esonerati;
inoltre, la disposizione in esame rischia di condizionare lo sviluppo della personalità dei bambini e dei ragazzi, la loro armonia e stabilità psicologica, la loro capacità di comunicare e di costruire legami ed amicizie, con inevitabili ricadute anche sulle famiglie, sull'intera società italiana e sul sistema sanitario e assistenziale;
nei confronti della fascia di popolazione più giovane di età, in particolar modo, lo Stato ha il compito di assicurare il pieno sviluppo della personalità, in ossequio al principio costituzionale espresso nell'articolo 31, che stabilisce che la Repubblica ha il compito di proteggere «la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo»;
tale obbligo non costituisce una forma di prevenzione di sicura efficacia, dalla diffusione della pandemia da SARS-CoV-2, determinandosi così un notevole sbilanciamento tra l'esigenza di tutelare la salute, che può essere soddisfatta con altre mezzi preventivi, e l'esigenza di fornire ai più giovani gli strumenti adeguati per la loro educazione e il loro sviluppo;
in numerosi contesti nei quali vi è un indice di rischio di contagio analogo, è stato disposto il superamento dell'obbligo di indossare i dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie – quali bar, ristoranti;
tale superamento non escluderebbe misure restrittive adeguate in tutti i casi in cui si registri un aumento preoccupante di contagi e nei casi in cui si registrino casi di alunni positivi ai test antigenici,
impegna il Governo
a considerare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di valutare l'opportunità di disporre, tramite ulteriori interventi normativi, tenendo in considerazione l'andamento della curva epidemiologica, il superamento dell'obbligo di indossare i dispositivi di protezione individuale delle vie respiratorie, nei confronti dei minori iscritti alla scuola dell'infanzia, alla scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado.
9/3533-A/3. (Testo modificato nel corso della seduta)Benedetti.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7, comma 2, del decreto in esame, proroga al 31 dicembre 2022 le disposizioni vigenti che regolamentano l'accesso dei visitatori a strutture residenziali, socio assistenziali, socio sanitarie e hospice, nonché ai reparti di degenza delle strutture ospedaliere;
pertanto, fino al 31 dicembre 2022 ai soggetti provvisti di certificazione verde COVID-19 rilasciata a seguito della somministrazione della dose di richiamo (booster) successiva al ciclo vaccinale primario è consentito l'accesso alle strutture supra citate senza ulteriori condizioni;
ai soggetti provvisti dei certificati verdi COVID-19 rilasciati a seguito del completamento del ciclo vaccinale primario o per avvenuta guarigione da COVID-19 è invece richiesta una certificazione che attesti l'esito negativo del test antigenico rapido o molecolare, eseguito nelle quarantotto ore precedenti l'accesso;
in secondo luogo, la disposizione disciplina fino al 31 dicembre 2022 l'accesso dei visitatori ai reparti di degenza delle strutture ospedaliere alle stesse condizioni previste per le strutture residenziali;
nel corso dell'esame referente è stata inserita la lettera b-bis), che autorizza il direttore sanitario delle strutture di cui alla disposizione in commento ad adottare misure precauzionali più restrittive in relazione allo specifico contesto epidemiologico,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a consentire esclusivamente l'accesso dei visitatori a strutture residenziali, socio assistenziali, socio sanitarie e hospice, nonché ai reparti di degenza delle strutture ospedaliere, ai soggetti muniti di una certificazione che attesti l'esito negativo del test antigenico rapido o molecolare, eseguito nelle quarantotto ore precedenti l'accesso.
9/3533-A/4. Serritella, Faro, Bruno, Segneri, Gabriele Lorenzoni, Emiliozzi, Papiro, Martinciglio, Iorio, Terzoni, Bella, Ferraresi, Corneli, Flati, Dieni, Zolezzi, Di Lauro.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 7, comma 2, del decreto in esame, proroga al 31 dicembre 2022 le disposizioni vigenti che regolamentano l'accesso dei visitatori a strutture residenziali, socio assistenziali, socio sanitarie e hospice, nonché ai reparti di degenza delle strutture ospedaliere;
pertanto, fino al 31 dicembre 2022 ai soggetti provvisti di certificazione verde COVID-19 rilasciata a seguito della somministrazione della dose di richiamo (booster) successiva al ciclo vaccinale primario è consentito l'accesso alle strutture supra citate senza ulteriori condizioni;
ai soggetti provvisti dei certificati verdi COVID-19 rilasciati a seguito del completamento del ciclo vaccinale primario o per avvenuta guarigione da COVID-19 è invece richiesta una certificazione che attesti l'esito negativo del test antigenico rapido o molecolare, eseguito nelle quarantotto ore precedenti l'accesso;
in secondo luogo, la disposizione disciplina fino al 31 dicembre 2022 l'accesso dei visitatori ai reparti di degenza delle strutture ospedaliere alle stesse condizioni previste per le strutture residenziali;
nel corso dell'esame referente è stata inserita la lettera b-bis), che autorizza il direttore sanitario delle strutture di cui alla disposizione in commento ad adottare misure precauzionali più restrittive in relazione allo specifico contesto epidemiologico,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare eventuali ulteriori iniziative normative volte a consentire esclusivamente l'accesso dei visitatori a strutture residenziali, socio assistenziali, socio sanitarie e hospice, nonché ai reparti di degenza delle strutture ospedaliere, ai soggetti muniti di una certificazione che attesti l'esito negativo del test antigenico rapido o molecolare, eseguito nelle quarantotto ore precedenti l'accesso.
9/3533-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta)Serritella, Faro, Bruno, Segneri, Gabriele Lorenzoni, Emiliozzi, Papiro, Martinciglio, Iorio, Terzoni, Bella, Ferraresi, Corneli, Flati, Dieni, Zolezzi, Di Lauro.
La Camera,
premesso che:
la proposta di legge in esame «Conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza» prevede una modifica della disciplina dell'utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie respiratori;
in particolare, la normativa, modificata in sede referente da parte della commissione, prevede fino al 15 giugno l'obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2 sui mezzi di trasporto locali e a lunga percorrenza, all'interno di teatri, cinema e per manifestazioni sportive all'interno di palazzetti;
ulteriori luoghi al chiuso dove è esteso l'obbligo di indossare dispositivi delle vie respiratorie fino al 15 giugno 2022, a seguito di una modifica approvata in sede referente, sono le strutture sanitarie, socio-sanitarie e socioassistenziali tra cui strutture di ospitalità e lungodegenza; – residenze sanitarie assistite (RSA)34; – hospice (quali luoghi di accoglienza e ricovero per malati verso la fase terminale della vita); – strutture riabilitative; – strutture residenziali per anziani, anche in condizioni di non autosufficienza; – strutture residenziali dell'area dell'assistenza socio-sanitaria, di cui all'articolo 44 del decreto sui livelli essenziali di assistenza (LEA) – decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 – relativo alla «Riabilitazione e lungodegenza post-acuzie»;
allo scopo di garantire l'efficacia della disposizione dal 1° maggio 2022 e fino all'entrata in vigore della legge di conversione, il Ministro della salute ha emanato l'Ordinanza MdS del 28 aprile 2022 che specifica, in particolare, l'obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie da parte di lavoratori, utenti e visitatori delle predette strutture sanitari;
nonostante sia cessato lo stato di emergenza i casi di positività sono giornalmente ancora alti, ed è necessario, nel rispetto del diritto di visita sancito già nella circolare del Ministero della salute dell'8 maggio 2021 e ribadito da ultimo nel decreto-legge n. 1 del 2022, convertito, con modificazioni dalla legge n. 18 del 2022, garantire la sicurezza e la salute delle persone fragili ricoverate nelle strutture sopramenzionate,
impegna il Governo
a valutare, in coerenza con l'andamento pandemico, la possibilità di adottare ulteriori iniziative al fine non solo di estendere oltre il 15 giugno l'obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie per lavoratori, utenti e visitatori delle strutture sanitari e sociosanitarie elencate in premessa, ma di prevedere, qualora i casi dovessero ulteriormente aumentare, la necessità di utilizzare dispositivi di tipo FFP2 per visitatori, utenti non in regime di ricovero e lavoratori di dette strutture al fine di poter garantire in sicurezza il diritto di visita.
9/3533-A/5. De Filippo.
La Camera,
premesso che:
per fronteggiare la grave carenza di personale sanitario e sociosanitario, messo in evidenza ancor di più dalla pandemia che ha colpito il nostro Paese, numerose sono state le misure introdotte nel nostro ordinamento:
1. tra cui procedure straordinarie di reclutamento del personale per il potenziamento, in particolare, delle reti di assistenza territoriale e dei reparti ospedalieri di virologia e pneumologia, in deroga alla disciplina vigente;
2. incentivi ed incarichi di lavoro autonomo e, per garantire l'assistenza in caso di sostituzione del medico di medicina generale, la possibilità di esercitare la professione di medico-chirurgo dopo il conseguimento della laurea in Medicina e chirurgia previo giudizio di idoneità (cosiddetta laurea abilitante);
3. la possibilità per i medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale l'instaurazione di un rapporto convenzionale a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale e l'aumento del numero degli assistiti per il venir meno della corresponsione della borsa di studio;
4. la deroga alle norme che disciplinano le procedure per il riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie conseguite in uno Stato dell'Unione europea o in Stati terzi e il conseguente esercizio temporaneo di tali qualifiche da parte di professionisti che intendono esercitare sul territorio nazionale una professione sanitaria conseguita all'estero;
tra le disposizioni introdotte per fronteggiare la carenza di personale vi è anche quella di consentire fino al 31 dicembre 2022 la possibilità di conferire, a determinate condizioni, incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a dirigenti medici, veterinari e sanitari e al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza (anche se non iscritti al competente albo professionale in conseguenza del collocamento a riposo), nonché agli operatori sociosanitari collocati in quiescenza;
nonostante le numerose misure intraprese vi è ancora una grave carenza di personale sanitario e sociosanitario all'interno delle strutture sociosanitarie accreditate con il Servizio sanitario nazionale tale da mettere a rischio il rispetto dei criteri di accreditamento nonché la qualità della presa in carico ed assistenza delle persone ivi ricoverate,
impegna il Governo:
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:
estendere in maniera esplicita anche al personale sociosanitario collocato in quiescenza delle strutture sanitarie accreditate con il Servizio sanitario nazionale la normativa relativa alla possibilità di conferire, a determinate condizioni, incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa;
estendere anche al personale del ruolo sociosanitario la normativa relativa alla compatibilità di altre prestazioni lavorative al di fuori dell'orario di servizio come già ora prevista per alcuni operatori sanitari del Servizio sanitario nazionale.
9/3533-A/6. Carnevali.
La Camera,
premesso che:
per fronteggiare la grave carenza di personale sanitario e sociosanitario, messo in evidenza ancor di più dalla pandemia che ha colpito il nostro Paese, numerose sono state le misure introdotte nel nostro ordinamento:
1. tra cui procedure straordinarie di reclutamento del personale per il potenziamento, in particolare, delle reti di assistenza territoriale e dei reparti ospedalieri di virologia e pneumologia, in deroga alla disciplina vigente;
2. incentivi ed incarichi di lavoro autonomo e, per garantire l'assistenza in caso di sostituzione del medico di medicina generale, la possibilità di esercitare la professione di medico-chirurgo dopo il conseguimento della laurea in Medicina e chirurgia previo giudizio di idoneità (cosiddetta laurea abilitante);
3. la possibilità per i medici iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale l'instaurazione di un rapporto convenzionale a tempo determinato con il Servizio sanitario nazionale e l'aumento del numero degli assistiti per il venir meno della corresponsione della borsa di studio;
4. la deroga alle norme che disciplinano le procedure per il riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie conseguite in uno Stato dell'Unione europea o in Stati terzi e il conseguente esercizio temporaneo di tali qualifiche da parte di professionisti che intendono esercitare sul territorio nazionale una professione sanitaria conseguita all'estero;
tra le disposizioni introdotte per fronteggiare la carenza di personale vi è anche quella di consentire fino al 31 dicembre 2022 la possibilità di conferire, a determinate condizioni, incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a dirigenti medici, veterinari e sanitari e al personale del ruolo sanitario del comparto sanità, collocati in quiescenza (anche se non iscritti al competente albo professionale in conseguenza del collocamento a riposo), nonché agli operatori sociosanitari collocati in quiescenza;
nonostante le numerose misure intraprese vi è ancora una grave carenza di personale sanitario e sociosanitario all'interno delle strutture sociosanitarie accreditate con il Servizio sanitario nazionale tale da mettere a rischio il rispetto dei criteri di accreditamento nonché la qualità della presa in carico ed assistenza delle persone ivi ricoverate,
impegna il Governo:
compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
estendere in maniera esplicita anche al personale sociosanitario collocato in quiescenza delle strutture sanitarie accreditate con il Servizio sanitario nazionale la normativa relativa alla possibilità di conferire, a determinate condizioni, incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa;
estendere anche al personale del ruolo sociosanitario la normativa relativa alla compatibilità di altre prestazioni lavorative al di fuori dell'orario di servizio come già ora prevista per alcuni operatori sanitari del Servizio sanitario nazionale.
9/3533-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta)Carnevali.
La Camera,
premesso che:
durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 per farvi fronte, l'articolo 34, comma 9-ter, del decreto-legge n. 34 del 2020 ha attuato quanto disposto dalla normativa circa l'istituzione dell'area delle professioni sociosanitarie allo scopo di inserire il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale appartenente ai profili professionali di assistente sociale, sociologo e operatore sociosanitario, già collocato nei ruoli tecnici, nel nuovo ruolo sociosanitario istituito nell'ambito del personale dipendente degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale;
inoltre, l'articolo 2, comma 5-bis, sempre del decreto n. 34 ha autorizzato gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale ad avviare procedure selettive per l'assunzione di operatori socio sanitario (OSS) a tempo indeterminato delle categorie A (con capacità manuali generiche ed autonomia esecutiva e di responsabilità), B (operatori tecnici per l'assistenza) e C (con conoscenze teoriche specialistiche di base e di eventuale coordinamento e controllo di altri operatori), anche in deroga al previo esperimento delle procedure di mobilità;
nonostante tale intervento normativo il sistema sanitario e sociosanitario continua ad essere carente di questa professionalità, figura che vede una diversificazione e frammentazione nei percorsi formativi a livello regionale, rischiando di determinare sia una perdita di attrattività sia un'assistenza diversa, un diverso utilizzo del personale e una forte disomogeneità a livello nazionale addirittura, a volte non in linea con l'attuale accordo Stato-regioni,
impegna il Governo
a valutare, anche alla luce dell'introduzione del nuovo ruolo sociosanitario, delle mansioni e del lavoro svolto durante la pandemia, una revisione del ruolo e della formazione dell'operatore socio sanitario affinché venga garantita una migliore risposta ai bisogni di salute dei cittadini e non si abbia più una diversificazione e una frammentazione dei percorsi formativi a seconda della regione di appartenenza né una diversa definizione delle loro mansioni.
9/3533-A/7. Pini.
La Camera,
premesso che:
durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19 per farvi fronte, l'articolo 34, comma 9-ter, del decreto-legge n. 34 del 2020 ha attuato quanto disposto dalla normativa circa l'istituzione dell'area delle professioni sociosanitarie allo scopo di inserire il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale appartenente ai profili professionali di assistente sociale, sociologo e operatore sociosanitario, già collocato nei ruoli tecnici, nel nuovo ruolo sociosanitario istituito nell'ambito del personale dipendente degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale;
inoltre, l'articolo 2, comma 5-bis, sempre del decreto n. 34 ha autorizzato gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale ad avviare procedure selettive per l'assunzione di operatori socio sanitario (OSS) a tempo indeterminato delle categorie A (con capacità manuali generiche ed autonomia esecutiva e di responsabilità), B (operatori tecnici per l'assistenza) e C (con conoscenze teoriche specialistiche di base e di eventuale coordinamento e controllo di altri operatori), anche in deroga al previo esperimento delle procedure di mobilità;
nonostante tale intervento normativo il sistema sanitario e sociosanitario continua ad essere carente di questa professionalità, figura che vede una diversificazione e frammentazione nei percorsi formativi a livello regionale, rischiando di determinare sia una perdita di attrattività sia un'assistenza diversa, un diverso utilizzo del personale e una forte disomogeneità a livello nazionale addirittura, a volte non in linea con l'attuale accordo Stato-regioni,
impegna il Governo
compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità, anche alla luce dell'introduzione del nuovo ruolo sociosanitario, delle mansioni e del lavoro svolto durante la pandemia, di una revisione del ruolo e della formazione dell'operatore socio sanitario affinché venga garantita una migliore risposta ai bisogni di salute dei cittadini e non si abbia più una diversificazione e una frammentazione dei percorsi formativi a seconda della regione di appartenenza né una diversa definizione delle loro mansioni.
9/3533-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta)Pini.
La Camera,
premesso che:
con il presente provvedimento, il Governo sottopone alle Camere per la conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
il testo non prevede proroghe relative agli obblighi e controlli relativi ai prezzi dei test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, i quali, in assenza di limiti normative, potrebbero tornare ad aumentare, con unico ed indebito vantaggio economico delle farmacie, a pregiudizio dei cittadini;
tuttavia, le rilevazioni statistiche indicano che i contagi sono tutt'altro che scomparsi, pur in quadro di sostanziale stabilità;
il numero elevato di contagi suggerisce di proseguire largamente l'utilizzo dei test antigenici – in vendita presso le farmacie – in grado di rilevare la presenza del virus, al fine di adottare le misure opportune a evitare il contagio di persone terze;
l'articolo 32 della Costituzione italiana sancisce il dovere della Repubblica di tutelare la salute come fondamentale diritto dell'individuo;
per dare compiuta attuazione al principio costituzionale, occorre rendere universale l'accesso alle cure e agli strumenti di prevenzione e diagnosi, in particolar modo alle fasce più deboli e più povere dei cittadini, ivi compresi i test antigenici;
dagli inizi del 2022, i prezzi dei beni di prima necessità, e non solo, sono notevolmente aumentati, in un quadro economico e geopolitico preoccupante, con un tasso di inflazione in forte aumento e con i consumi in progressiva contrazione, a riprova delle difficoltà economiche in cui versano milioni di famiglie;
ciò può ripercuotersi anche sulle spese sanitarie, con gravi rischi per la salute dei cittadini, se si considera che già nel 2020 quasi 1 cittadino su 10 ha dichiarato di aver rinunciato – per motivi legati a difficoltà di accesso – a visite o accertamenti, pur avendone bisogno, e nel 2019 la quota era pari al 6,3 per cento della popolazione italiana;
ciò potrebbe riguardare anche l'acquisto dei test antigenici per la rilevazione del virus SARS-CoV-2;
un eventuale calo drastico delle misure preventive e di diagnosi legate al virus SARS-CoV-2 potrebbe determinare un aumento del numero dei contagi, con pregiudizio sulla tenuta del sistema sanitario nazionale e sulla salute dei cittadini, in particolare dei più deboli e vulnerabili;
secondo quanto riportato dal Comitato tecnico scientifico, il contagio da virus SARS-CoV-2 comporta ancora gravi rischi per la salute dei soggetti con gravi patologie e immunodepressi, così come per i soggetti che non hanno completato il ciclo vaccinale di tre dosi, che induce a riconsiderare l'utilizzo dei test antigenici come un fondamentale strumento di contrasto della pandemia, ancora adesso, e l'unico in grado di contenere il numero dei contagi;
le sanzioni pecuniarie sono il deterrente fondamentale all'aumento dei prezzi dei test antigenici da parte delle farmacie,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative, volte a:
prorogare al 31 dicembre 2022 l'obbligo, da parte delle farmacie di cui all'articolo 1, commi 418 e 419 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, di assicurare la somministrazione di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, secondo le modalità e i prezzi contenuti, previsti nel protocollo d'intesa tra il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, il Ministro della salute, le farmacie e le altre strutture sanitarie, tenendo conto in particolare dell'esigenza di agevolare ulteriormente i minori di diciotto anni;
mantenere in vigore sino al 31 dicembre 2022 la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 10.000, con la potestà in capo al Prefetto – tenendo conto delle esigenze di continuità del servizio di assistenza farmaceutica – di disporre la chiusura dell'attività per una durata non superiore a cinque giorni;
mantenere sino al 31 dicembre 2022 l'applicazione del prezzo calmierato anche da tutte le strutture sanitarie autorizzate e da quelle accreditate o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, e autorizzate dalle regioni alla somministrazione di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, aderenti al succitato Protocollo d'intesa.
9/3533-A/8. Ehm.
La Camera,
premesso che:
con il presente provvedimento, il Governo sottopone alle Camere per la conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
il testo non prevede proroghe relative agli obblighi e controlli relativi ai prezzi dei test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, i quali, in assenza di limiti normative, potrebbero tornare ad aumentare, con unico ed indebito vantaggio economico delle farmacie, a pregiudizio dei cittadini;
tuttavia, le rilevazioni statistiche indicano che i contagi sono tutt'altro che scomparsi, pur in quadro di sostanziale stabilità;
il numero elevato di contagi suggerisce di proseguire largamente l'utilizzo dei test antigenici – in vendita presso le farmacie – in grado di rilevare la presenza del virus, al fine di adottare le misure opportune a evitare il contagio di persone terze;
l'articolo 32 della Costituzione italiana sancisce il dovere della Repubblica di tutelare la salute come fondamentale diritto dell'individuo;
per dare compiuta attuazione al principio costituzionale, occorre rendere universale l'accesso alle cure e agli strumenti di prevenzione e diagnosi, in particolar modo alle fasce più deboli e più povere dei cittadini, ivi compresi i test antigenici;
dagli inizi del 2022, i prezzi dei beni di prima necessità, e non solo, sono notevolmente aumentati, in un quadro economico e geopolitico preoccupante, con un tasso di inflazione in forte aumento e con i consumi in progressiva contrazione, a riprova delle difficoltà economiche in cui versano milioni di famiglie;
ciò può ripercuotersi anche sulle spese sanitarie, con gravi rischi per la salute dei cittadini, se si considera che già nel 2020 quasi 1 cittadino su 10 ha dichiarato di aver rinunciato – per motivi legati a difficoltà di accesso – a visite o accertamenti, pur avendone bisogno, e nel 2019 la quota era pari al 6,3 per cento della popolazione italiana;
ciò potrebbe riguardare anche l'acquisto dei test antigenici per la rilevazione del virus SARS-CoV-2;
un eventuale calo drastico delle misure preventive e di diagnosi legate al virus SARS-CoV-2 potrebbe determinare un aumento del numero dei contagi, con pregiudizio sulla tenuta del sistema sanitario nazionale e sulla salute dei cittadini, in particolare dei più deboli e vulnerabili;
secondo quanto riportato dal Comitato tecnico scientifico, il contagio da virus SARS-CoV-2 comporta ancora gravi rischi per la salute dei soggetti con gravi patologie e immunodepressi, così come per i soggetti che non hanno completato il ciclo vaccinale di tre dosi, che induce a riconsiderare l'utilizzo dei test antigenici come un fondamentale strumento di contrasto della pandemia, ancora adesso, e l'unico in grado di contenere il numero dei contagi;
le sanzioni pecuniarie sono il deterrente fondamentale all'aumento dei prezzi dei test antigenici da parte delle farmacie,
impegna il Governo:
nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative, volte a:
prorogare al 31 dicembre 2022 l'obbligo, da parte delle farmacie di cui all'articolo 1, commi 418 e 419 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, di assicurare la somministrazione di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, secondo le modalità e i prezzi contenuti, previsti nel protocollo d'intesa tra il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19, il Ministro della salute, le farmacie e le altre strutture sanitarie, tenendo conto in particolare dell'esigenza di agevolare ulteriormente i minori di diciotto anni;
mantenere in vigore sino al 31 dicembre 2022 la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.000 a euro 10.000, con la potestà in capo al Prefetto – tenendo conto delle esigenze di continuità del servizio di assistenza farmaceutica – di disporre la chiusura dell'attività per una durata non superiore a cinque giorni;
mantenere sino al 31 dicembre 2022 l'applicazione del prezzo calmierato anche da tutte le strutture sanitarie autorizzate e da quelle accreditate o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, e autorizzate dalle regioni alla somministrazione di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, aderenti al succitato Protocollo d'intesa.
9/3533-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta)Ehm.
La Camera,
considerato che:
il testo in esame che reca Misure urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza che, come approdato all'esame della Camera risultava privo di qualsivoglia proroga delle tutele per i lavoratori fragili nonostante queste fossero presenti nel testo in ingresso e approvato dal Consiglio dei Ministri;
le norme di tutela per i lavoratori fragili sono state eliminate dal testo su richiesta del Ministero dell'economia e delle finanze a cui la Ragioneria Generale dello Stato aveva richiesto una copertura da 60 milioni di euro, rivelatasi poi, secondo le dichiarazioni del Ministro per la pubblica amministrazione rese nel corso di una recente audizione presso la Commissione per la semplificazione, non necessarie;
il testo in esame, a seguito di un preciso impegno del Ministro per la pubblica amministrazione assunto in detta Commissione, reca ora talune forme di tutela per i lavoratori fragili, tuttavia limitatamente a quelli di cui al decreto ministeriale 4 febbraio 2022 del Ministro della salute, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per la pubblica amministrazione, con il quale sono state individuate le patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, in presenza delle quali ricorre la condizione di fragilità, riducendo in tal modo la platea dei beneficiari precedentemente ammessi a tutela;
dette tutele seppur circoscritte ad una platea estremamente limitata, come introdotte nell'articolo 10 del testo in esame, solo con l'approvazione degli emendamenti parlamentari come riformulati dal Governo, non prevedono ad esempio la possibilità, tra gli altri per i caregiver familiari di cui all'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, di fruire delle modalità di lavoro agile al fine di assicurare una adeguata assistenza al loro congiunto con disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, soprattutto se quest'ultimo rientra tra i soggetti tutelati dal decreto ministeriale 4 febbraio 2022;
le modifiche introdotte con il comma 1-bis e con il primo periodo del comma 1-ter con gli emendamenti parlamentari, come riformulati dal Governo, tuttavia sono di portata limitata per le seguenti ragioni, da un lato come detto il comma 1-bis riduce drasticamente la platea del beneficiari che possono far valere la malattia ai fini dell'equiparazione al ricovero ospedaliero così da non superare il periodo di comporto contrattuale, lasciando esposti ai rischi sanitari o all'eventuale superamento del comporto con le relative conseguenze, coloro che in precedenza opportunamente erano rientrati nelle tutele previste per tutti lavoratori fragili, dall'altro, con il comma 1-ter, in merito alla previsione di utilizzo del lavoro agile di cui al comma 2-bis dell'articolo 26 del richiamato decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, si riferisce ora non più alla platea originariamente prevista ma, in conseguenza dell'entrata in vigore del decreto ministeriale 4 febbraio 2022, ad una platea estremamente più limitata prevista da detto decreto, con evidente messa a rischio di quei lavoratori che non rientrando tra quelli ammessi al beneficio dell'equiparazione del ricovero ospedaliero di cui al comma 2 del medesimo articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, non potranno più accedere in ogni caso neppure al lavoro agile di cui al citato comma 2-bis dell'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, come prorogato, a seguito dell'entrata in vigore della legge di conversione, dall'attuale comma 1-ter dell'articolo 10 del decreto-legge in esame;
la riformulazione del Governo, che si rivela quindi fortemente restrittiva, sebbene abbia parzialmente sanato un vulnus frutto di un errore di valutazione dello stesso Governo che non aveva prorogato le misure di cui ai commi 2 e 2-bis, dell'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, successivamente al 31 marzo scorso, presenta un altro profilo di criticità sulla effettiva copertura dell'intero periodo a decorrere dal 1° aprile sino al 30 giugno, poiché la retroattività non appare espressamente richiamata nella riformulazione della norma in esame proposta dal Governo e come noto la legge n. 400 del 1988, attraverso la previsione dell'articolo 15, comma 5, ha stabilito che il momento iniziale di efficacia degli emendamenti è il giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione, salvo che non sia diversamente disposto e, nel caso di specie, nulla viene detto circa la retroattività della norma di proroga al 30 giugno 2022 come introdotta dagli emendamenti. Pertanto detta proroga non opera a far data dal 1° aprile 2022 ma sarà effettiva solo con la pubblicazione della legge di conversione. Appare quindi necessario chiarire, anche attraverso una norma di interpretazione autentica, tale aspetto onde evitare che possano verificarsi ulteriori danni a quei lavoratori fragili oggi esclusi da ogni forma di tutela della loro salute e dunque prevenire possibili contenziosi;
altresì quanto evidenziato, soprattutto per quanto attiene la certezza del diritto dei soggetti fragili ad avere una copertura a far data dal 1o aprile 2022, appare di fondamentale importanza per le parti datoriali, sia pubbliche che private, al fine di dirimere ogni possibile contestazione,
impegna il Governo
ad adottare nel primo provvedimento utile e comunque nel più breve tempo possibile ed in ogni caso entro il 30 giugno 2022, ogni necessaria iniziativa anche a carattere legislativo per assicurare a tutti i lavoratori fragili precedentemente tutelati dai commi 2 e 2-bis dell'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, una continuità delle tutele a far data dal 1° aprile 2022 sino alla data del 30 giugno 2022 e a consentire ai loro caregiver familiari di cui all'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, se lavoratori dipendenti e purché conviventi con il congiunto con disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, soprattutto se quest'ultimo rientra tra i soggetti tutelati dal decreto ministeriale 4 febbraio 2022, di poter accedere alle misure previste dal 2-bis dell'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 al fine di garantire al proprio congiunto un'adeguata continuità assistenziale.
9/3533-A/9. De Toma, Rizzetto, Tasso, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
la fine dello stato di emergenza è stato ufficializzato e il termine «normalità» ha assunto un valore nuovo, ma non nei Palazzi di giustizia dove le misure emergenziali entrate in vigore in piena pandemia ancora persistono;
proprio mentre si ragiona su come accelerare i tempi dei processi, e proprio il settore della giustizia a non riprendere in pieno l'attività, con accessi solo su prenotazione alle cancellerie e venti udienze dinanzi alle sezioni monocratiche che ne macinavano quaranta o cinquanta a regime normale, come nel caso emblematico del Palazzo di giustizia di Napoli;
una lentezza straordinaria della ripresa, una disomogeneità dei criteri che vengono adottati nei vari fori e spesso circolari organizzative che non sembrano recepite dagli stessi giudici, mentre le buone prassi restano confinate alla volontà dei singoli funzionari: sono questi i problemi della giustizia anche secondo l'Organismo congressuale forense, che ha denunciato «Oltre 200 protocolli per ripartire, ogni ufficio decide per sé e la Giustizia riparte nel caos»;
in una nota dell'OCF si legge: «In mancanza di un orientamento uniforme, di mezzi e personale, si stanno moltiplicando per di più le prese di posizione delle rappresentanze dei magistrati e del personale di cancellerie che, per il timore di contagi, osteggiano la ripresa delle attività lavorative in sede, anche per il noto stato di inadeguatezza della gran parte degli edifici in cui sono ubicati gli Uffici Giudiziari. [...] Anche lo svolgimento delle udienze in modalità telematica da remoto per la quale l'OCF e tutta l'Avvocatura italiana (tranne poche prese di posizione) non ha opposto alcune avversione pregiudiziale, non potrà avere corretta attuazione in mancanza di una uniforme e ragionevole disciplina che individui le attività per le quali possa essere praticata, detti le misure di garanzie per le parti, predisponga gli strumenti con cui il personale di cancelleria possa accedere ai fascicoli telematici in modalità “smart working” e doti gli uffici degli assistenti informatici che possano assicurare la tenuta dei collegamenti»;
in mancanza di adeguati interventi, è ragionevole e realistico prevedere che le attività giudiziarie non riprenderanno in modo sostanziale ed effettivo in moltissime sedi, quantomeno fino all'inizio del prossimo settembre, sperando che in autunno il Coronavirus non replichi o si ricomincerà da capo;
di fronte a uno scenario simile, sono incalcolabili i danni per lo Stato, che di fatto ha smesso di amministrare la giustizia e per gli avvocati,
impegna il Governo
ad emanare linee guida nazionali per il celere ripristino della piena funzionalità di tutti gli uffici giudiziari, in considerazione della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022.
9/3533-A/10. Giovanni Russo, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
l'articolo 3 modifica, dal 1° aprile al 31 dicembre 2022, l'articolo 10-bis del decreto-legge n. 52 del 2021 (legge n. 87 del 2021) in materia di definizione di protocolli, e linee guida adottati a livello nazionale, applicabili in assenza di quelli regionali, prevedendo, in particolare, che il Ministro della salute, con propria ordinanza possa, tra le altre, adottare e aggiornare linee guida e protocolli volti a regolare lo svolgimento in sicurezza dei servizi e delle attività economiche, produttive e sociali, di concerto con i Ministeri competenti per materia o d'intesa Conferenza delle regioni e delle Province autonome;
tale previsione attribuisce, di fatto, al Ministero della salute, la facoltà di modificare o adottare con una semplice ordinanza (seppur di concerto con i Ministeri competenti) i protocolli per lo svolgimento delle attività economiche, produttive e sociali, senza che si faccia alcun riferimento al necessario confronto con le parti sociali,
impegna il Governo
ad adottare iniziative volte a garantire il confronto con le associazioni di rappresentanza del mondo del lavoro e delle imprese nell'adozione e aggiornamento delle linee guida e protocolli per lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche, produttive e sociali di cui all'articolo 3 del decreto-legge in esame.
9/3533-A/11. Caiata, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
l'articolo 10 proroga al 31 dicembre 2022 una serie di termini correlati alla pandemia da COVID-19, dalle disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio; alla possibilità per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, nonché ai lavoratori fragili, di ricorrere al lavoro agile in forma semplificata, solo per citare i principali;
tra le misure prorogate, nulla si dice in merito alla proroga delle disposizioni in materia di accesso ai congedi parentali per i lavoratori pubblici e privati, ovvero la possibilità di astensione dal lavoro dei genitori per il periodo di quarantena/isolamento da contatto del figlio/a, per la sospensione dell'attività didattica o educativa in presenza disposta con provvedimento adottato a livello nazionale, locale o dalle singole strutture scolastiche e in caso di disabilità accertata, per chiusura del centro diurno assistenziale;
tali misure rispondono solo in misura parziale e sicuramente non sufficiente ai bisogni di conciliazione e di sostegno delle famiglie con figli; tra le principali criticità, in particolare, c'è il paradosso per cui il cosiddetto Smart working da casa viene considerato un efficace strumento di conciliazione tra lavoro e famiglia, come alternativa al congedo: una percezione distante dalla realtà, poiché non assicura né ai genitori, e alle madri in particolare, di poter svolgere il proprio lavoro in modo produttivo, né ai figli di ricevere le cure e le attenzioni educative di cui hanno bisogno rimanendo a casa;
in assenza di concrete politiche di sostegno alla genitorialità, è necessario fare ogni sforzo possibile per supportare le famiglie in questo particolare momento socio-economico, allo scopo di consentire ai genitori lavoratori di poter assistere i propri figli,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare le disposizioni di cui di cui all'articolo 9 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, stanziando le necessarie risorse.
9/3533-A/12. Ferro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
l'articolo 10 proroga al 31 dicembre 2022 una serie di termini correlati alla pandemia da COVID-19, dalle disposizioni in materia di sorveglianza sanitaria dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio; alla possibilità per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, nonché ai lavoratori fragili, di ricorrere al lavoro agile in forma semplificata, solo per citare i principali;
tra le misure prorogate, nulla si dice in merito alla proroga delle disposizioni in materia di accesso ai congedi parentali per i lavoratori pubblici e privati, ovvero la possibilità di astensione dal lavoro dei genitori per il periodo di quarantena/isolamento da contatto del figlio/a, per la sospensione dell'attività didattica o educativa in presenza disposta con provvedimento adottato a livello nazionale, locale o dalle singole strutture scolastiche e in caso di disabilità accertata, per chiusura del centro diurno assistenziale;
tali misure rispondono solo in misura parziale e sicuramente non sufficiente ai bisogni di conciliazione e di sostegno delle famiglie con figli; tra le principali criticità, in particolare, c'è il paradosso per cui il cosiddetto Smart working da casa viene considerato un efficace strumento di conciliazione tra lavoro e famiglia, come alternativa al congedo: una percezione distante dalla realtà, poiché non assicura né ai genitori, e alle madri in particolare, di poter svolgere il proprio lavoro in modo produttivo, né ai figli di ricevere le cure e le attenzioni educative di cui hanno bisogno rimanendo a casa;
in assenza di concrete politiche di sostegno alla genitorialità, è necessario fare ogni sforzo possibile per supportare le famiglie in questo particolare momento socio-economico, allo scopo di consentire ai genitori lavoratori di poter assistere i propri figli,
impegna il Governo
compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare le disposizioni di cui di cui all'articolo 9 del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, stanziando le necessarie risorse.
9/3533-A/12. (Testo modificato nel corso della seduta)Ferro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
il comma 4 dell'articolo 10, onde prevenire il contagio da COVID-19, posticipa al 30 giugno 2022 l'applicazione delle procedure semplificate per le tornate concorsuali e i corsi di formazione professionale per le Forze armate, le Forze di polizia e i Vigili del fuoco;
analoga proroga concerne i corsi di formazione in atto per il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anch'essi ora prorogati di un trimestre rispetto al termine ultimo di applicazione fin qui previsto;
tale intervento, di carattere straordinario ed eccezionale, si rende necessario al fine di assicurare la continuità delle procedure selettive e dei percorsi formativi già avviati in vigenza delle disposizioni emergenziali tese al contrasto della diffusione del contagio da COVID-19, nonché al fine di recuperare i ritardi dovuti alla pandemia oltre alle storiche carenze strutturali di organico;
per garantire pienamente la finalità perseguita, però, si ritiene necessario disporre la prosecuzione degli effetti delle disposizioni in oggetto per un lasso di tempo maggiore rispetto a quello individuato,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare le disposizioni di cui agli articoli 259, commi da 2 a 5, e 260, commi da 2 a 6, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, fino al 31 dicembre 2022.
9/3533-A/13. Prisco, Montaruli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
il comma 4 dell'articolo 10, onde prevenire il contagio da COVID-19, posticipa al 30 giugno 2022 l'applicazione delle procedure semplificate per le tornate concorsuali e i corsi di formazione professionale per le Forze armate, le Forze di polizia e i Vigili del fuoco;
analoga proroga concerne i corsi di formazione in atto per il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anch'essi ora prorogati di un trimestre rispetto al termine ultimo di applicazione fin qui previsto;
tale intervento, di carattere straordinario ed eccezionale, si rende necessario al fine di assicurare la continuità delle procedure selettive e dei percorsi formativi già avviati in vigenza delle disposizioni emergenziali tese al contrasto della diffusione del contagio da COVID-19, nonché al fine di recuperare i ritardi dovuti alla pandemia oltre alle storiche carenze strutturali di organico;
per garantire pienamente la finalità perseguita, però, si ritiene necessario disporre la prosecuzione degli effetti delle disposizioni in oggetto per un lasso di tempo maggiore rispetto a quello individuato,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di adottare ulteriori iniziative normative volte a prorogare le disposizioni di cui agli articoli 259, commi da 2 a 5, e 260, commi da 2 a 6, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020, fino al 31 dicembre 2022.
9/3533-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta)Prisco, Montaruli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
in particolare, l'articolo 8, capoverso articolo 4-ter.2, con riferimento all'obbligo vaccinale per il personale docente ed educativo della scuola, prorogato fino al 15 giugno 2022, dispone espressamente che «La vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni da parte dei soggetti obbligati ai sensi del comma 1»;
dal 1° aprile, quindi, sono tornati a scuola tutti i dirigenti scolastici, docenti e personale Ata, che erano stati sospesi dal servizio per non avere ottemperato all'obbligo vaccinale, ma per i docenti si è trattato di un ritorno a metà, perché sono stati adibiti ad «attività di supporto all'istituzione scolastica», essendo precluso loro lo svolgimento di «attività didattiche a contatto con gli alunni»;
difficile da comprendere la «ratio» per cui i docenti non vaccinati sono liberi di tornare a scuola e svolgere attività collegiali, senza, però, poter insegnare, e quindi debbano essere sostituiti, con il risultato che per ogni insegnante non vaccinato ci sarà uno stipendio pagato due volte;
far tornare gli insegnanti a scuola senza poter fare lezione è una misura davvero paradossale e di difficile applicazione: la condizione naturale di un docente è stare in aula con i propri studenti e tutti potrebbero farlo senza costituire un pericolo per nessuno, sottoponendosi a un tampone ogni 48-72 ore, mentre si è scelta la strada di introdurre discriminazioni all'interno del personale docente,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di apporre i necessari correttivi alle disposizioni di cui all'articolo 8, capoverso articolo 4-ter.2, consentendo al personale docente ed educativo della scuola di poter svolgere attività didattica a contatto con gli alunni, previa esibizione di un tampone con esito negativo.
9/3533-A/14. Lucaselli, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
la fine dello stato di emergenza è stato ufficializzato e il termine «normalità» ha assunto un valore nuovo, ma non per tutti: mentre il cosiddetto Green pass sta per diventare, speriamo, un ricordo, come anche le mascherine, che dal 1° maggio non sono più obbligatorie al chiuso, non ci sono novità sull'uso delle mascherine in classe, che continueranno a essere obbligatorie per gli studenti sopra i 6 anni;
una situazione paradossale, perché anche nella scuola dell'infanzia, nella stessa classe potranno esserci bimbi che la indossano e altri che non la indossano perché sotto i 6 anni, al punto che alcune regioni stanno correndo ai ripari, emanando circolari che sul territorio di competenza esentano tutti gli alunni delle scuole dell'infanzia dall'obbligo di mascherine, a prescindere dai 6 anni compiuti o non compiuti;
bambini e ragazzi, che hanno già pagato un prezzo altissimo, continuano ad essere oggetto di misure restrittive e dannose per la loro stessa salute, fisica e psicologica; mentre in molti Paesi europei o l'obbligo delle mascherine in ambito scolastico è già caduto da tempo o addirittura non ti è mai stato;
Paesi come il Regno Unito si sono preoccupati di commissionare, ricerche per esaminare l'impatto negativo sui vati livelli di istruzione, misurandolo nel tempo e nell'ultima pubblicazione si legge come molti bambini abbiano ritardi nello sviluppo sociale, emotivo e linguistico a causa della difficoltà di decodifica delle espressioni facciali impossibile per via dell'uso della mascherina negli adulti;
la dottoressa Margery Smelkinson, ha affermato su «The Atlantic» che «imporre a milioni di bimbi uno strumento di protezione che fornisce scarsi benefici riconoscibili, sulla base del fatto che non abbiamo ancora raccolto prove concrete dei suoi effetti negativi, viola il principio più elementare della medicina: primo, non nuocere. Il fondamento degli interventi medici e di sanità pubblica potrebbe essere che funzionino, non che non abbiamo prove sufficienti per dire se siano dannosi»;
della stessa idea un lavoro di ricerca eseguito in Spagna in 1.900 scuole catalane e diramato a marzo, secondo il quale «dispositivi di protezione facciale nelle scuole non erano associati a una minore incidenza o trasmissione di SARS-CoV-2, suggerendo che questo intervento non fosse efficace. I ricercatori non hanno riscontrato che il tasso di incidenza o la trasmissione del virus fossero significativamente inferiori tra i bimbi obbligati a tenere un dispositivo di protezione in classe, rispetto ai minori di sei anni, che potevano rimanere a volto scoperto»;
lo stesso sottosegretario alla salute, Andrea Costa, ha pubblicamente ammesso che «A scuola si può togliere la mascherina, soprattutto durante le lezioni perché abbiamo bambini che sostanzialmente sono distanziati, non è un luogo di assembramento»,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di rivedere l'obbligo dei dispositivi di protezione individuale per bambini/e e ragazzi/e in ambito scolastico.
9/3533-A/15. Varchi, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
con riferimento alla disciplina relativa al cosiddetto green pass, si dispone il perdurare in via transitoria, nei casi espressamente indicati dall'articolo 6, dell'obbligo del possesso del certificato di base, ottenibile anche mediante tampone con esito negativo;
nonostante ciò e nonostante la domanda di tamponi rimanga alta, soprattutto per un ricorso notevole ai test antigenici rapidi, nulla è stato disposto in merito alla proroga delle misure volte a garantire la somministrazione a prezzi contenuti di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2;
il rischio è che si possa tornate a prezzi compresi tra i 22 e i 35 euro prima dell'accordo nazionale, con un pesante aggravio di spesa a carico delle famiglie, già pesantemente colpite da aumento delle bollette e rincari generalizzati,
impegna il Governo
a prorogare oltre il termine del 31 marzo 2022 le misure di cui all'articolo 5 del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 settembre 2021, n. 126, in materia di somministrazione a prezzi contenuti di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2.
9/3533-A/16. Maschio.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
con riferimento alla disciplina relativa al cosiddetto green pass, si dispone il perdurare in via transitoria, nei casi espressamente indicati dall'articolo 6, dell'obbligo del possesso del certificato di base, ottenibile anche mediante tampone con esito negativo;
nonostante ciò e nonostante la domanda di tamponi rimanga alta, soprattutto per un ricorso notevole ai test antigenici rapidi, nulla è stato disposto in merito alla proroga delle misure volte a garantire la somministrazione a prezzi contenuti di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2;
il rischio è che si possa tornate a prezzi compresi tra i 22 e i 35 euro prima dell'accordo nazionale, con un pesante aggravio di spesa a carico delle famiglie, già pesantemente colpite da aumento delle bollette e rincari generalizzati,
impegna il Governo
nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di prorogare oltre il termine del 31 marzo 2022 le misure di cui all'articolo 5 del decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 settembre 2021, n. 126, in materia di somministrazione a prezzi contenuti di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2.
9/3533-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta)Maschio.
La Camera,
premesso che:
dall'avvio della pandemia nel marzo 2020 le istituzioni scolastiche hanno dovuto riorganizzarsi completamente, affrontando molteplici difficoltà di carattere tecnico-pratico e didattico, al fine di ottemperare a tutte le normative che si sono susseguite, con un ritmo serrato, fino ad oggi;
all'avvio dell'anno scolastico tuttora in corso non sono state fornite alle scuole delle linee guida chiare ed esaustive tanto che in alcuni istituti è rimasta in vigore l'organizzazione che prevedeva un rigido distanziamento degli alunni mentre in altri si è ripresa l'organizzazione vigente pre-pandemia;
ancora una volta anche scelte così importanti per la salute psicofisica della comunità scolastica sono state demandate alle scelte di ciascun dirigente invocando l'autonomia scolastica laddove invece sarebbe stato necessario assicurare uniformità su tutto il territorio nazionale;
nello specifico, in numerosissimi istituti, quando si è riattivato il servizio mensa scolastica non si sono più utilizzati i locali del refettorio e i pasti sono stati consumati nelle classi dal momento che i refettori risultavano utilizzati come aule dalle classi più numerose;
è di tutta evidenza che una simile organizzazione non giovi sia agli studenti costretti ad utilizzare come classe uno spazio troppo ampio e privo delle infrastrutture necessarie alla didattica, sia a tutti gli alunni costretti a consumare al proprio banco il pasto che arriva già freddo, luogo certamente non consono alla somministrazione di cibi;
è auspicabile che il prossimo anno scolastico, sin dal suo avvio a settembre 2022, non risenta in alcun modo, almeno da un punto di vista organizzativo, di qualsivoglia restrizione e di strascichi derivati dall'organizzazione emergenziale degli ultimi due anni,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di emanare delle linee guida per assicurare l'uniformità organizzativa a livello nazionale di tutti gli istituti scolastici con riferimento al servizio di refezione scolastica che dovrà essere assicurato negli idonei locali ad esso preposti e non nelle classi.
9/3533-A/17. De Angelis.
La Camera,
premesso che:
con il presente provvedimento, il Governo sottopone alle Camere per la conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
tale provvedimento è giustificato da un'evoluzione positiva degli indici di vaccinazioni effettuate, contagi, ospedalizzazioni, delle terapie intensive e dei decessi;
l'articolo 8 prevede il mantenimento dell'obbligo vaccinale stabilito per i professionisti sanitari e gli operatori di interesse sanitario fino al 31 dicembre 2022, e con esso l'apparato sanzionatorio che estende fino alla medesima data l'efficacia di un'eventuale sospensione;
il comma 2 dispone l'estensione dell'obbligo vaccinale al 31 dicembre 2022 per i soggetti, anche esterni, che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa nelle strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie, comprese le strutture semiresidenziali e le strutture che, a qualsiasi titolo, ospitano persone in situazione di fragilità;
nel testo in esame, è sancito fino al 15 giugno 2022 l'obbligo vaccinale anche alle seguenti categorie: a) personale scolastico del sistema nazionale di istruzione, delle scuole non paritarie, dei servizi educativi per l'infanzia di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti, dei sistemi regionali di istruzione e formazione professionale e dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore; b) personale del comparto della difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, nonché degli organismi di cui agli articoli 4, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n. 124, e personale dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, di cui all'articolo 12 del decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2021, n. 109; c) personale che svolge a qualsiasi titolo la propria attività lavorativa alle dirette dipendenze del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria o del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, all'interno degli istituti penitenziari per adulti e minori; d) personale delle università, delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e degli istituti tecnici superiori, nonché al personale dei Corpi forestali delle regioni a statuto speciale;
i lavoratori impiegati in strutture sanitarie, socio-assistenziali e socio-sanitarie, scolastiche, universitarie, nelle forze dell'ordine e nella sicurezza, risultano de facto discriminati nei confronti di tutte le altre categorie di lavoratori, con violazione del dettato costituzionale, che all'articolo 3 sancisce il principio dell'uguaglianza formale e sostanziale e che prevede, all'articolo 35, il compito da parte della Repubblica di tutelare il lavoro in tutte le sue forme. Ciò non senza pregiudizi sull'efficienza del sistema sanitario nazionale e della rete dei servizi di assistenza socio-sanitaria;
la categoria dei sanitari, già ad aprile 2021, aveva già spontaneamente aderito alla campagna vaccinale con percentuali che superavano il 90 per cento;
è stato appurato, anche dal Comitato tecnico scientifico, che il vaccino attuale non impedisce il contagio ma previene solo la forma grave di malattia, riconoscendo implicitamente la necessità di altre norme di sicurezza individuali e ambientali – su tutte, il test antigenico e interventi in materia di esternalizzazioni e appalti, in particolare, riguardo alle attività di sanificazione e disinfezione degli ambienti – per impedire che il personale sanitario non diventi veicolo di contagio per i pazienti e viceversa;
a conferma di quanto argomentato sopra, si ricorda che il Consiglio di giustizia amministrativa (Cga) per la Regione Siciliana ha sollevato davanti alla Consulta, con ordinanza, la questione di legittimità costituzionale relativa alla disciplina che impone l'obbligo di sottoporsi alla vaccinazione anti Covid per il personale sanitario, ritenendo che il decreto-legge con cui l'obbligo è stato introdotto potrebbe essere in contrasto con diversi articoli della Costituzione, «nella parte in cui prevede, da un lato l'obbligo vaccinale per il personale sanitario e, dall'altro lato, per effetto dell'inadempimento all'obbligo vaccinale, la sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie, per contrasto con gli articoli 3, 4, 32, 33, 34, 97 della Costituzione»;
il Cga ha posto la lente di ingrandimento sul «numero di eventi avversi», sulla «inadeguatezza della farmacovigilanza passiva e attiva», sul «mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nel triage pre-vaccinale» e sulla «mancanza nella fase di triage di approfonditi accertamenti e persino di test di positività/negatività al Covid». Tali aspetti, infatti, non consentirebbero di «ritenere soddisfatta, allo stadio attuale di sviluppo dei vaccini anti Covid e delle evidenze scientifiche, la condizione, posta dalla Corte costituzionale, di legittimità di un vaccino obbligatorio solo se, tra l'altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e pertanto tollerabili». Non vi sarebbe prova, dunque, della esclusiva presenza di rischi che rientrino in un normale margine di tollerabilità;
riguardo a quest'ultimo punto, non ci si può non soffermare sulla spiegazione data dal Cga, il quale sottolinea che, nel novero dell'elencazione degli effetti collaterali, «rientrano evidentemente anche patologie gravi, tali da compromettere, in alcuni casi irreversibilmente, lo stato di salute del soggetto vaccinato, cagionandone l'invalidità o, nei casi più sfortunati, il decesso»;
dopo alcune pronunce cautelari del Tar Lazio favorevoli a lavoratori che risultavano inadempienti all'obbligo vaccinale, anche il TAR Lombardia-Milano, sezione I, con l'ordinanza 9-14 febbraio 2022, n. 192, ha sollevato la questione di legittimità costituzionalità investendo della questione la Consulta;
anche nel Nord Europa, le decisioni politiche si indirizzano verso il superamento dell'obbligo vaccinale, e, in generale, verso il superamento di ogni misura restrittiva;
la Danimarca, già dal 1° febbraio, ha deciso di non considerare più il virus SARS-CoV-2 come malattia socialmente critica rendendo non più obbligatorio indossare mascherine su mezzi pubblici e nei luoghi al chiuso, e avere il Green pass per entrare in discoteche, caffè, autobus e ristoranti;
sulla stessa strada la Svezia, e soprattutto la Norvegia, che ha abolito tutte le restrizioni, comprese distanziamento e mascherine, mentre solo gli adulti sintomatici dovranno fare il tampone e l'isolamento dei positivi passa dall'essere un obbligo ad una semplice raccomandazione,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità, considerati gli effetti applicativi della disciplina in esame, di adottare ulteriori iniziative normative volte a:
superare l'obbligo della vaccinazione obbligatoria, fino al 31 dicembre 2022, a carico degli operatori sanitari e socio-sanitari, nonché di tutti coloro che svolgono attività in strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali;
superare l'obbligo della vaccinazione obbligatoria fino al 15 giugno 2022 a carico degli operatori scolastici, universitari, delle forze dell'ordine e delle altre categorie citate in premessa;
utilizzare, incentivare o, in taluni casi, imporre – quale misura di contrasto alla diffusione del virus SARS-CoV-2 – lo strumento del test antigenico, quale deterrente più efficace a ridurre i contagi, non rischioso per la salute dei cittadini e più adeguato al contesto attuale, garantendo un più efficiente sistema organizzativo per questo fondamentale strumento di diagnosi e prevenzione, nell'attesa di poter disporre di un vaccino che sia in grado di coprire adeguatamente l'individuo dalla variante «Omicron» e che raggiunga livelli di sicurezza per la salute maggiori rispetto a quelli garantiti dagli attuali vaccini disponibili.
9/3533-A/18. Suriano.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento reca disposizioni necessarie, successivamente alla cessazione dello stato di emergenza per la pandemia da COVID-19 dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022, alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria e alla prosecuzione del contrasto alla pandemia da COVID-19;
l'articolo 14-bis, inserito nel corso dell'esame referente, modifica le percentuali e i settori di intervento cui indirizzare le risorse del Fondo per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, demandando ad un successivo decreto interministeriale la ripartizione delle stesse, con una quota del 20 per cento da indirizzare ad iniziative regionali finalizzate, con il supporto dell'ISS, allo sviluppo di una rete territoriale assistenziale di sorveglianza, mirata al riconoscimento, diagnosi ed intervento precoce dei disturbi di neurosviluppo nell'ambito dei servizi educativi per la prima infanzia, dei bilanci di salute pediatrici, nei servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza;
ai disturbi di neurosviluppo si accompagnano non di rado sintomi di ansia e depressione, con comportamenti autolesivi e di ideazioni suicidarie. La pandemia da COVID-19 sta esercitando un impatto particolarmente grave sulle condotte suicidarie della popolazione, in particolare tra ottobre 2020 e gennaio 2021, nell'Unità operativa complessa di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, è stato registrato un incremento del 30 per cento dei tentativi di suicidio e degli atti di autolesionismo e il reparto risultava occupato al 100 per cento, mentre negli altri anni, di media, il dato si attestava intorno al 70 per cento;
tra febbraio 2020 e febbraio 2021, è stato registrato un aumento del 32 per cento delle richieste legate alla salute mentale, come l'ideazione suicidaria, gli atti autolesivi e i tentativi di suicidio, pervenute al servizio 114 Emergenza infanzia promosso dal Dipartimento per le politiche della famiglia e gestito da Telefono azzurro;
un recente studio, che ha coinvolto genitori di bambini e adolescenti in Italia, Spagna e Portogallo, ha evidenziato che il 19 per cento dei bambini e il 38 per cento degli adolescenti mostrano sintomi di ansia e depressione e che c'è stato un netto incremento delle percentuali rispetto ad altri studi condotti negli stessi Paesi nel periodo pre-COVID-19;
tutte le informazioni disponibili, dagli organi di stampa agli enti chi si occupano di salute mentale, pongono in evidenza il peggioramento della condizione di disagio delle persone ed un aumento degli episodi di suicidio nella popolazione;
l'Italia è l'unico tra i Paesi avanzati a non avere una strategia nazionale di prevenzione del suicidio e l'unico disegno di legge in materia è l'A.C. 2151, a prima firma Romaniello, assegnato alla XII Commissione Affari sociali in sede referente, il 12 maggio 2020,
impegna il Governo
ad adottare quanto prima iniziative normative relative ad una strategia nazionale per la prevenzione del suicidio, promuovendo, tra i settori di intervento di cui all'articolo 14-bis del provvedimento in esame, la costituzione di una rete territoriale nazionale dotata di personale qualificato con funzioni di riconoscimento e intervento sulle condizioni di rischio connesse al suicidio e con adozione di efficaci strategie di prevenzione e di presa in carico dei soggetti maggiormente a rischio.
9/3533-A/19. Romaniello, Dori, Menga, Ehm, Acunzo, Tasso, Segneri, Montaruli, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Colletti, Corda, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello, Leda Volpi.
La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 8 reca alcune modifiche alle norme transitorie sull'obbligo di vaccinazione contro il COVID per alcune categorie di lavoratori;
tra le novelle la conferma, al comma 4 del capoverso articolo 4-ter.2, che i dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni scolastiche debbano provvedere, fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 2021-2022, alla sostituzione del personale docente ed educativo inadempiente al suddetto obbligo di vaccinazione, mediante la stipulazione di contratti a tempo determinato;
gli oneri finanziari relativi alle suddette sostituzioni, sono quantificati (comma 5 del capoverso articolo 4-ter.2) in 29.207.391 euro per l'anno 2022;
alla relativa copertura si provvede mediante una riduzione, nella misura di 15 milioni di euro (per il 2022), del «Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione» e mediante una riduzione, nella misura di 14.207.391 euro (per il medesimo 2022), della sezione relativa alla valorizzazione della professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali, nell'ambito del fondo per il miglioramento dell'offerta formativa;
con una proposta emendativa a firma del Gruppo Pd, in fase di discussione in commissione, abbiamo manifestato la totale contrarietà al taglio dei fondi destinati alla valorizzazione della professionalità docente,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità – in fase di discussione del primo provvedimento utile – di reperire risorse adeguate finalizzate ad incrementare il Fondo relativo alla valorizzazione della professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali, di cui all'articolo 1, comma 592, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/3533-A/20. Prestipino, Di Giorgi, Piccoli Nardelli, Lattanzio, Nitti, Rossi, Orfini, Ciampi.
La Camera,
premesso che:
il comma 4 dell'articolo 8 reca alcune modifiche alle norme transitorie sull'obbligo di vaccinazione contro il COVID per alcune categorie di lavoratori;
tra le novelle la conferma, al comma 4 del capoverso articolo 4-ter.2, che i dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni scolastiche debbano provvedere, fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 2021-2022, alla sostituzione del personale docente ed educativo inadempiente al suddetto obbligo di vaccinazione, mediante la stipulazione di contratti a tempo determinato;
gli oneri finanziari relativi alle suddette sostituzioni, sono quantificati (comma 5 del capoverso articolo 4-ter.2) in 29.207.391 euro per l'anno 2022;
alla relativa copertura si provvede mediante una riduzione, nella misura di 15 milioni di euro (per il 2022), del «Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione» e mediante una riduzione, nella misura di 14.207.391 euro (per il medesimo 2022), della sezione relativa alla valorizzazione della professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali, nell'ambito del fondo per il miglioramento dell'offerta formativa;
con una proposta emendativa a firma del Gruppo Pd, in fase di discussione in commissione, abbiamo manifestato la totale contrarietà al taglio dei fondi destinati alla valorizzazione della professionalità docente,
impegna il Governo
nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, a valutare l'opportunità – in fase di discussione del primo provvedimento utile – di reperire risorse adeguate finalizzate ad incrementare il Fondo relativo alla valorizzazione della professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali, di cui all'articolo 1, comma 592, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/3533-A/20. (Testo modificato nel corso della seduta)Prestipino, Di Giorgi, Piccoli Nardelli, Lattanzio, Nitti, Rossi, Orfini, Ciampi.
La Camera,
premesso che:
nell'ambito delle disposizioni legislative elencate nell'allegato A al presente decreto-legge, al numero 5-bis – introdotto nel corso dell'esame in sede referente – è presente l'articolo 38-bis del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020, in materia di semplificazioni per la realizzazione di spettacoli dal vivo;
detta disposizione proroga fino al 31 dicembre 2022, le misure di semplificazione concernenti la realizzazione di spettacoli dal vivo che comprendono attività culturali quali il teatro, la musica, la danza e il musical, che si svolgono in un orario compreso tra le ore 8 e le ore 23 e che sono destinati ad un massimo di 1.000 partecipanti;
pur condividendo la proroga della disposizione di cui al citato articolo 38-bis — finalizzata, appunto, a fare fronte alle ricadute economiche negative per il settore dell'industria culturale conseguenti alle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 – riteniamo sostenere alcune considerazioni pervenute dal settore;
il limite di orario compreso fra le 8.00 e le 23.00, in particolare nel periodo estivo, è molto limitante, considerando che molte scenografie degli spettacoli necessitano del buio e pertanto numerose attività è molto probabile che inizino non prima delle ore 22.00;
inoltre, si propone di riconsiderare l'esclusione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali nel luogo in cui si svolge lo spettacolo,
impegna il Governo
al fine di semplificare e sostenere la realizzazione di spettacoli dal vivo, a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a estendere almeno di due ore il limite di orario previsto dall'articolo 38-bis del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120 del 2020 e, altresì, di riconsiderare, solo previo nulla osta, l'esclusione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali nel luogo in cui si svolge lo spettacolo.
9/3533-A/21. Di Giorgi, Piccoli Nardelli, Nitti, Lattanzio, Prestipino, Rossi, Orfini, Ciampi.
La Camera,
premesso che:
la cultura è in profonda crisi;
l'Unesco ha evidenziato la crisi senza precedenti nella cultura, che esce profondamente sconfitta dalla pandemia da COVID-19. Dati recenti rilevano che, la cultura, che genera il 3,1 per cento del Pil mondiale e occupa il 6,2 per cento della forza lavoro di tutto il globo, ha subito perdite importanti;
il mantenimento dell'obbligo di mascherine fino al 15 giugno rappresenta una grave discriminazione e un disincentivo alla domanda di cultura,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte alla rimozione dell'obbligo di mascherine nei teatri, nei cinema e nei luoghi della cultura.
9/3533-A/22. Mollicone, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
la cultura è in profonda crisi;
l'Unesco ha evidenziato la crisi senza precedenti nella cultura, che esce profondamente sconfitta dalla pandemia da COVID-19. Dati recenti rilevano che, la cultura, che genera il 3,1 per cento del Pil mondiale e occupa il 6,2 per cento della forza lavoro di tutto il globo, ha subito perdite importanti;
il mantenimento dell'obbligo di mascherine fino al 15 giugno rappresenta una grave discriminazione e un disincentivo alla domanda di cultura,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare, valutando l'andamento della curva epidemiologica, ulteriori iniziative normative volte alla rimozione dell'obbligo di mascherine nei teatri, nei cinema e nei luoghi della cultura.
9/3533-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta)Mollicone, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame modifica le condizioni di esibizione del green pass per l'accesso a taluni luoghi e lo svolgimento di determinate attività;
lo stesso provvedimento detta le condizioni affinché il green pass possa essere considerato di durata illimitata;
il green pass dunque, nonostante l'assenza di uno stato di emergenza, rimane un documento di cui il cittadino italiano deve essere in possesso, e così facendo il Governo istituzionalizza uno strumento che era stato introdotto in via eccezionale, solo e soltanto per fronteggiare l'emergenza;
l'istituzionalizzazione del green pass comprime ulteriormente le libertà fondamentali dei cittadini, perché da un lato sottintende un obbligo vaccinale mascherato, e, dall'altro, prelude alla possibilità che ne sia nuovamente richiesta l'esibizione in futuro, subordinando ancora la libertà di accedere a luoghi e attività proprio al possesso del suddetto documento,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte all'abolizione del green pass.
9/3533-A/23. Montaruli, Lollobrigida, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il Servizio sanitario nazionale italiano si confronta continuamente con la necessità di fornire adeguate risposte ai bisogni di una popolazione crescente di malati sempre più anziani, affetti da malattie cronico-degenerative in fase avanzata ovvero terminale, nonché in condizioni cliniche di estrema fragilità e di grave sofferenza;
a tal fine, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017, di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (cosiddetti LEA), ha recato due importanti disposizioni: l'articolo 22, rubricato «Cure domiciliari» ed il successivo articolo 23, rubricato «Cure palliative domiciliari»;
l'insorgere e il diffondersi pandemia da SARS-CoV-2 ha acuito il problema, confermando ulteriormente l'esigenza di riconfigurare il Sistema sanitario in tutte le sue articolazioni e condurlo verso una sempre maggiore domiciliarità, anche con la finalità di prevenire ricoveri ripetuti e accessi inappropriati al pronto soccorso;
il legislatore, a tal fine, è intervenuto con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «Rilancio»), prevedendo, all'articolo 1, comma 4, un potenziamento delle cure domiciliari per tutti i soggetti fragili. In questi stessi termini devono essere letti la Missione n. 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché gli accordi tra Stato e regioni del 27 luglio 2020 e del successivo 25 marzo 2021, in merito all'accreditamento delle Reti di cure palliative e terapia del dolore per l'adulto e per età pediatrica e l'intesa Stato-regioni del 4 agosto 2021 in merito all'autorizzazione all'esercizio e requisiti ulteriori per l'accreditamento delle cure domiciliari;
nonostante le previsioni normative e le numerose iniziative nazionali, locali ed europee, l'aspetto della continuità delle cure è, ad oggi, ancora in gran parte da realizzare, con gravi ripercussioni sulla capacità del nostro Sistema di rispondere adeguatamente alla grande sofferenza dei malati che che richiedono percorsi coordinati a livello domiciliare;
si rende, pertanto, assolutamente necessario implementare l'approccio palliativo, la presa in carico precoce e la continuità delle cure in assistenza domiciliare integrata ovvero in cure palliative domiciliari, garantite anche a malati con patologie croniche degenerative in fase avanzata, in una prospettiva di integrazione e complementarietà alle terapie attive, individuando la casa come primo luogo di cura del cittadino e favorendo lo sviluppo dell'ADI complessa a seguito di eventi indice che determinano un bisogno a valenza riabilitativa, infermieristica, mista e palliativa;
per realizzare questo genere di sistema, si rende altresì indispensabile promuovere la costituzione di équipe multiprofessionali e specificamente dedicate ad incrementare la continuità delle cure. La sinergia e complementarità di questa attività con le COT, gli infermieri di famiglia e la tecnoassistenza renderanno possibile il governo clinico dei percorsi di cura e di assistenza in risposta alla complessità dei bisogni che portano le famiglie a rivolgersi ripetutamente all'ospedale per far fronte a bisogni che non trovano altre risposte assistenziali,
impegna il Governo
in considerazione delle difficoltà prodotte dalla pandemia in relazione alle cure domiciliari e palliative, ad adottare idonee e tempestive iniziative, anche di carattere normativo, al fine di potenziare le cure domiciliari per la presa in carico di malati in condizioni di cronicità complesse ed avanzate, in attuazione degli articoli 22 e 23 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 di definizione ed aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, garantendo l'attivazione e la piena operatività dei percorsi assistenziali integrati di continuità delle cure, a partire dall'ambito ospedaliero, anche mediante il potenziamento delle attività di coordinamento, da affidarsi ad apposite équipe medico/infermieristiche di area geriatrica e palliativa specificamente dedicate alle dimissioni protette ed operanti presso tutti i presidi ospedalieri delle aziende sanitarie pubbliche quale articolazione organizzativa delle COT territoriali o delle reti locali di cure palliative.
9/3533-A/24. Trizzino.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 si inserisce nella successione normativa in cui si articola la risposta dell'ordinamento giuridico alla pandemia e tratta anche la tutela dei pazienti affetti da malattie rare; tale tutela non deve essere prestata solo in situazioni emergenziali ma, contrariamente, deve essere implicita alla visione di un Sistema sanitario nazionale efficiente ed integrato;
una malattia viene definita rara quando la sua prevalenza, intesa come il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera una soglia stabilita; nell'Unione europea, la soglia è fissata allo 0,05 per cento della popolazione, ossia 5 casi su 10.000 persone;
il numero di malattie rare conosciute e diagnosticate oscilla tra le 7.000 e le 8.000 ma il dato è destinato a mutare visto il continuo aggiornamento scientifico; secondo la rete Orphanet Italia, nel nostro Paese, i malati rari sono 2 milioni e il 70 per cento sono bambini in età pediatrica;
la Nuova legge sulle malattie rare 10 novembre 2021, n. 175, entrata in vigore il 12 dicembre 2021, garantisce l'uniformità della presa in carico dei pazienti sul territorio nazionale in termini diagnostici, terapeutici, e assistenziali dei malati rari con un percorso personalizzato;
l'emergenza pandemica ha posto l'attenzione sulla necessità di rafforzare l'assistenza sanitaria e sociale domiciliare dedicata ai malati rari che, per ovvie ragioni, non hanno avuto accesso alle strutture ospedaliere con la conseguente rinviata o mancata somministrazione di terapie e di prestazioni sanitarie spesso essenziali; tale contesto ha determinato rischi per la salute concreti sia in termini di aderenza terapeutica, sia di condizioni di salute;
come evidenziato dalla relazione programmatica dell'Intergruppo parlamentare per le malattie rare, Malattie rare come priorità di sanità pubblica: le cinque necessità inderogabili dei pazienti, le cure domiciliari risultano essenziali non solo per i pazienti e le loro famiglie, ma anche per i centri di riferimento per lavorare in modo integrato e sinergico;
la situazione è stata, parzialmente, risolta con una determinazione di AIFA valida per tutto il periodo di emergenza, contenente le Raccomandazioni a carattere eccezionale per la somministrazione domiciliare dei farmaci per terapia enzimatica sostitutiva, la quale incentiva la somministrazione domiciliare delle terapie per un numero ampio di patologie;
con il supporto dei loro medici di riferimento e con un'azione informativa da parte delle associazioni di pazienti, molti pazienti hanno avuto la possibilità di avviare l'iter necessario per ottenere la terapia domiciliare;
la terapia domiciliare, monitorata dal medico del Centro di riferimento, presenta numerosi benefici, quali aderenza al trattamento e appropriatezza della cura, miglioramento da un punto di vista psicologico, somministrazione in sicurezza e in ambiente familiare, riservatezza sulla condizione del paziente, facilitazioni logistiche (lavoro/studio) e risparmio economico;
invero, il Servizio sanitario nazionale dovrebbe garantire alle persone non autosufficienti o in condizioni di fragilità – tra cui i malati rari – l'assistenza sanitaria a domicilio,
attraverso l'erogazione di prestazioni mediche, riabilitative, infermieristiche e di aiuto infermieristico necessarie e appropriate in base alle specifiche condizioni di salute della persona ex articolo 22 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante Definizioni e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza;
la disposizione articola l'assistenza domiciliare secondo quattro livelli caratterizzati da un grado crescente di complessità del bisogno e di intensità dell'intervento necessario;
nel definire l'assistenza domiciliare, lo schema di decreto per la riforma dell'assistenza territoriale, trasmesso dal Ministero della salute alle regioni, reca una descrizione meno dettagliata delle cure domiciliari (ADI I, II e III livello), prevedendo un elenco «aperto» di elementi necessari per le suddette;
attualmente, solo il 3,2 per cento delle persone fragili riceve cure domiciliari: ciò posto, si ritiene opportuno valutare l'estensione della assistenza e della terapia domiciliare per i malati rari, come avvenuto negli ultimi due anni, cosicché possano continuare ad usufruire della somministrazione domiciliare, anche in considerazione del fatto che la Missione Salute del PNRR mira ad aumentare il volume delle prestazioni rese in assistenza domiciliare fino a prendere in carico, entro la metà del 2026, il 10 per cento della popolazione di età superiore ai 65 anni,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prendere provvedimenti volti ad estendere la possibilità di ricorrere alla assistenza e alla terapia domiciliare per i malati rari, nel rispetto della sicurezza dei pazienti, ottemperando alla realizzazione di quanto previsto nel PNRR e alle richieste dei malati rari e delle famiglie che hanno sperimentato durante la pandemia i benefici di questo servizio di sanità pubblica di prossimità.
9/3533-A/25. Bologna.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 6 introduce una graduale eliminazione del green pass base, ovvero della certificazione verde COVID-19 ottenuta mediante effettuazione di un test antigenico rapido o molecolare, lasciando tutt'ora in vigore la previsione del certificato rinforzato per l'accesso a taluni servizi;
la certificazione verde, nelle sue declinazioni di green pass base e rinforzato, ha dimostrato di essere uno strumento del tutto inutile ed inefficace: non protegge dal contagio, né limita la circolazione del virus, considerato che le evidenze scientifiche hanno registrato, non solo in Italia ma in tutto il mondo, un'impennata della curva dei contagi anche a fronte dell'80 per cento di popolazione vaccinata;
di dubbia validità scientifica, e con una durata ad oggi ridotta a 6 mesi, ha contribuito solo ad alimentare malcontento e discriminazioni tra cittadini vaccinati e non, vietando non solo lo svolgimento e la partecipazione alla vita sociale, ma addirittura limitando l'accesso a diritti fondamentali quali il lavoro o l'istruzione;
il Presidente del Consiglio Draghi, durante la conferenza stampa di presentazione di codesto decreto, ha ribadito la necessità di mantenere in vita la struttura emergenziale, ipotizzando per il futuro altri scenari pandemici, e di costruire pertanto una struttura permanente di preparazione, ideata propria per reagire a questi fenomeni;
l'idea che, finito il periodo emergenziale, gli strumenti eccezionali possano acquistare nel tempo carattere di ordinarietà, diventando di uso comune nel quotidiano, conferma a chi scrive la preoccupazione che il green pass possa essere solo momentaneamente sospeso o non richiesto, ma mai definitivamente abolito o cancellato;
in molti Paesi europei la certificazione verde è stata già completamente abolita,
impegna il Governo
a non riproporre mai più il certificato verde COVID-19, nella sua declinazione di green pass base e rinforzato, per monitorare l'andamento delle pandemie e limitarne la diffusione, perché strumento inefficace, discriminante e senza alcuna validità scientifica.
9/3533-A/26. Sodano, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Colletti, Corda, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello, Leda Volpi.
La Camera,
premesso che:
il lavoro agile è disciplinato all'interno del Capo II della legge 22 maggio 2017, n. 81 e si sostanzia in una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, da stabilirsi mediante accordo tra le parti, con possibile utilizzo di strumenti tecnologici e con prestazione resa, entro i limiti di orario stabiliti, senza postazione fissa;
nel corso della pandemia da COVID-19 è stato approntato un framework normativo volto ad agevolare lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile;
l'articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha consentito il ricorso al lavoro agile anche in assenza di accordi individuali, disponendo, inizialmente, che per tutto il periodo dello stato d'emergenza, il lavoro agile potesse applicarsi a qualsiasi rapporto di lavoro subordinato e che costituisse modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni, le quali potevano richiedere la presenza del lavoratore esclusivamente per assicurare attività indifferibili e non altrimenti derogabili;
l'articolo 263 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha previsto che le pubbliche amministrazioni potessero ricorrere al lavoro agile fino al 31 dicembre 2020, ma dovessero anche elaborare il Piano organizzativo del lavoro agile (POLA) e consentire lo smart working almeno al 60 per cento del personale;
la circolare n. 3 del 24 luglio 2020, di attuazione del predetto articolo, ha però previsto il rientro in servizio del personale non adibito ad attività indifferibili e urgenti e ha fatto venire meno l'esenzione dal servizio prevista per il personale le cui attività non fossero organizzabili in modalità agile;
l'articolo 11-bis del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito con modificazioni dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, ha ridotto al 15 per cento la soglia minima per il ricorso al lavoro agile e ha prorogato l'applicazione dello stesso nelle pubbliche amministrazioni fino al 31 dicembre 2021, specificando che le amministrazioni dovessero organizzare il lavoro attraverso orari flessibili;
ai sensi dell'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 sono considerati lavoratori fragili i dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
l'articolo 26, comma 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 ha previsto, per la sopra menzionata categoria di lavoratori fragili, lo svolgimento, di norma, della prestazione lavorativa in modalità agile, eventualmente anche attraverso il cambio di mansione all'interno della medesima categoria o inquadramento o lo svolgimento di attività di formazione professionale anche da remoto, a decorrere dal 16 ottobre 2020 e fino al 31 ottobre 2021;
nel caso in cui, invece, la prestazione lavorativa non potesse essere resa in modalità agile, il comma secondo del medesimo articolo ha disposto che, fino al 30 giugno 2021, per i lavoratori fragili il periodo di assenza dal servizio fosse equiparato al ricovero ospedaliero;
la disposizione che prevedeva la possibilità per i lavoratori fragili di svolgere l'attività lavorativa in modalità agile, ossia l'articolo 26, comma 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, è stata prorogata fino al 31 marzo 2022, ad opera dell'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, convertito con modificazioni dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11;
del pari, anche la predetta disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, relativa all'equiparazione dell'assenza dal servizio al ricovero ospedaliero, è stata prorogata fino al 31 marzo 2022, tramite l'articolo 17, comma 3-bis, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221;
da ultimo, il lavoro agile è stato disciplinato dall'articolo 10, comma 2. del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, che ha prorogato al 30 giugno 2022 la facoltà dei datori di lavoro privati di ricorrere al lavoro agile in forma semplificata e anche in assenza dagli accordi individuali;
il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 non ha invece previsto la proroga del diritto al lavoro agile anche in favore dei lavoratori fragili;
per colmare tale gravissima lacuna, nel corso dell'esame in commissione in sede referente sono stati presentati innumerevoli emendamenti con i quali si proponeva di prorogare fino al 30 giugno 2022 le disposizioni di cui all'articolo 17, commi 1 e 3-bis, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221;
tali emendamenti hanno ricevuto parere favorevole dal Governo se approvati con una nuova riformulazione. Tale riformulazione approvata dalla Commissione referente prevede che, esclusivamente per i soggetti affetti dalle patologie e condizioni individuate dal decreto di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11, la disciplina di cui all'articolo 26, commi 2 e 7-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, è prorogata fino al 30 giugno 2022. Inoltre, sempre con la medesima riformulazione, si stabilisce che siano prorogate fino al 30 giugno 2022, le misure in materia di lavoro agile per i soggetti di cui all'articolo 26, comma 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;
l'emendamento approvato distingue in due commi distinti la proroga applicata al comma 2 dell'articolo 26 sopraccitato rispetto a quella prevista per il lavoro agile di cui al comma 2-bis del medesimo articolo, tra l'altro senza alcun riferimento, rispetto a tale modalità di prestazione lavorativa, al decreto ministeriale del 4 febbraio 2022, richiamato, invece, per la definizione della platea di cui al comma 2;
da tale formulazione, emerge quindi come la proroga al 30 giugno 2022 del diritto al lavoro agile si applichi a tutta la platea di lavoratori individuata originariamente dall'articolo 26 in questione, e non solo ai lavoratori affetti dalle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità indicate nel decreto interministeriale del 4 febbraio 2022,
impegna il Governo
ad adottare le iniziative necessarie ad assicurare che, fino al 30 giugno 2022, la garanzia del diritto di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile non sia limitata ai soli lavoratori affetti dalle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità indicate nel decreto interministeriale del 4 febbraio 2022 ma che detta garanzia sia applicata a tutti i dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, assumendo le misure opportune affinché i datori di lavoro pubblici e privati si attengano a tale interpretazione conforme della norma introdotta con l'emendamento citato in premessa.
9/3533-A/27. Noja, Ruggiero, Panizzut, Carnevali, Bagnasco, Stumpo, Bologna, Lapia, D'Arrando, Lorefice, Nappi, Mammì, Sportiello, Villani, Penna, Misiti, Provenza, Marzana, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Colletti, Corda, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello, Leda Volpi, Siani, Lepri, De Filippo, Ianaro, Rizzo Nervo, Pini.
La Camera,
premesso che:
il lavoro agile è disciplinato all'interno del Capo II della legge 22 maggio 2017, n. 81 e si sostanzia in una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, da stabilirsi mediante accordo tra le parti, con possibile utilizzo di strumenti tecnologici e con prestazione resa, entro i limiti di orario stabiliti, senza postazione fissa;
nel corso della pandemia da COVID-19 è stato approntato un framework normativo volto ad agevolare lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile;
l'articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha consentito il ricorso al lavoro agile anche in assenza di accordi individuali, disponendo, inizialmente, che per tutto il periodo dello stato d'emergenza, il lavoro agile potesse applicarsi a qualsiasi rapporto di lavoro subordinato e che costituisse modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni, le quali potevano richiedere la presenza del lavoratore esclusivamente per assicurare attività indifferibili e non altrimenti derogabili;
l'articolo 263 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, ha previsto che le pubbliche amministrazioni potessero ricorrere al lavoro agile fino al 31 dicembre 2020, ma dovessero anche elaborare il Piano organizzativo del lavoro agile (POLA) e consentire lo smart working almeno al 60 per cento del personale;
la circolare n. 3 del 24 luglio 2020, di attuazione del predetto articolo, ha però previsto il rientro in servizio del personale non adibito ad attività indifferibili e urgenti e ha fatto venire meno l'esenzione dal servizio prevista per il personale le cui attività non fossero organizzabili in modalità agile;
l'articolo 11-bis del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito con modificazioni dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, ha ridotto al 15 per cento la soglia minima per il ricorso al lavoro agile e ha prorogato l'applicazione dello stesso nelle pubbliche amministrazioni fino al 31 dicembre 2021, specificando che le amministrazioni dovessero organizzare il lavoro attraverso orari flessibili;
ai sensi dell'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 sono considerati lavoratori fragili i dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
l'articolo 26, comma 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 ha previsto, per la sopra menzionata categoria di lavoratori fragili, lo svolgimento, di norma, della prestazione lavorativa in modalità agile, eventualmente anche attraverso il cambio di mansione all'interno della medesima categoria o inquadramento o lo svolgimento di attività di formazione professionale anche da remoto, a decorrere dal 16 ottobre 2020 e fino al 31 ottobre 2021;
nel caso in cui, invece, la prestazione lavorativa non potesse essere resa in modalità agile, il comma secondo del medesimo articolo ha disposto che, fino al 30 giugno 2021, per i lavoratori fragili il periodo di assenza dal servizio fosse equiparato al ricovero ospedaliero;
la disposizione che prevedeva la possibilità per i lavoratori fragili di svolgere l'attività lavorativa in modalità agile, ossia l'articolo 26, comma 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, è stata prorogata fino al 31 marzo 2022, ad opera dell'articolo 17, comma 1, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, convertito con modificazioni dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11;
del pari, anche la predetta disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 26 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, relativa all'equiparazione dell'assenza dal servizio al ricovero ospedaliero, è stata prorogata fino al 31 marzo 2022, tramite l'articolo 17, comma 3-bis, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221;
da ultimo, il lavoro agile è stato disciplinato dall'articolo 10, comma 2. del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, che ha prorogato al 30 giugno 2022 la facoltà dei datori di lavoro privati di ricorrere al lavoro agile in forma semplificata e anche in assenza dagli accordi individuali;
il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 non ha invece previsto la proroga del diritto al lavoro agile anche in favore dei lavoratori fragili;
per colmare tale gravissima lacuna, nel corso dell'esame in commissione in sede referente sono stati presentati innumerevoli emendamenti con i quali si proponeva di prorogare fino al 30 giugno 2022 le disposizioni di cui all'articolo 17, commi 1 e 3-bis, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221;
tali emendamenti hanno ricevuto parere favorevole dal Governo se approvati con una nuova riformulazione. Tale riformulazione approvata dalla Commissione referente prevede che, esclusivamente per i soggetti affetti dalle patologie e condizioni individuate dal decreto di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11, la disciplina di cui all'articolo 26, commi 2 e 7-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, è prorogata fino al 30 giugno 2022. Inoltre, sempre con la medesima riformulazione, si stabilisce che siano prorogate fino al 30 giugno 2022, le misure in materia di lavoro agile per i soggetti di cui all'articolo 26, comma 2-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;
l'emendamento approvato distingue in due commi distinti la proroga applicata al comma 2 dell'articolo 26 sopraccitato rispetto a quella prevista per il lavoro agile di cui al comma 2-bis del medesimo articolo, tra l'altro senza alcun riferimento, rispetto a tale modalità di prestazione lavorativa, al decreto ministeriale del 4 febbraio 2022, richiamato, invece, per la definizione della platea di cui al comma 2;
da tale formulazione, emerge quindi come la proroga al 30 giugno 2022 del diritto al lavoro agile si applichi a tutta la platea di lavoratori individuata originariamente dall'articolo 26 in questione, e non solo ai lavoratori affetti dalle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità indicate nel decreto interministeriale del 4 febbraio 2022,
impegna il Governo
compatibilmente con i vincoli di bilancio, ad adottare le iniziative necessarie ad assicurare che, fino al 30 giugno 2022, la garanzia del diritto di svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile non sia limitata ai soli lavoratori affetti dalle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità indicate nel decreto interministeriale del 4 febbraio 2022 ma che detta garanzia sia applicata a tutti i dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali, attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, assumendo le misure opportune affinché i datori di lavoro pubblici e privati si attengano a tale interpretazione conforme della norma introdotta con l'emendamento citato in premessa.
9/3533-A/27. (Testo modificato nel corso della seduta)Noja, Ruggiero, Panizzut, Carnevali, Bagnasco, Stumpo, Bologna, Lapia, D'Arrando, Lorefice, Nappi, Mammì, Sportiello, Villani, Penna, Misiti, Provenza, Marzana, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Colletti, Corda, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello, Leda Volpi, Siani, Lepri, De Filippo, Ianaro, Rizzo Nervo, Pini.
La Camera,
premesso che:
il decreto in fase di conversione, all'articolo 10, comma 5, dispone che le aree sanitarie temporanee, già attivate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per la gestione dell'emergenza COVID-19, possono continuare ad operare, anche in deroga ai requisiti autorizzativi e di accreditamento, fino al 31 dicembre 2022;
in base alla normativa di contrasto alla diffusione pandemica, sono state autorizzate e approntate, anche attraverso finanziamenti pubblici di cui all'articolo 32, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, spazi e aule istituiti a scopi didattici dalle università pubbliche e private e dalle istituzioni scolastiche;
l'attivazione di tali strutture ha consentito di liberare spazi per le aree interne alle strutture adibite a scopi sanitari e medici, ma ha anche favorito un maggiore distanziamento nell'organizzazione didattica,
impegna il Governo
in un prossimo provvedimento legislativo, a consentire che le aree, gli spazi e le aule temporanee, istituiti a scopi didattici dalle università pubbliche e private, al fine di una più efficace gestione dell'emergenza COVID-19, possano continuare ad operare, anche in deroga ai requisiti autorizzativi e di accreditamento, almeno fino al 31 dicembre 2022.
9/3533-A/28. Baldini.
La Camera,
premesso che;
il decreto in conversione reca disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 8, nonostante sia terminato lo stato di emergenza, non elimina gli obblighi vaccinali, previsti dal decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, destinati agli esercenti delle professioni sanitarie, agli operatori di interesse sanitario, al personale della scuola, del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, alla polizia locale, organismi di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124, dell'Agenzia per la cybersicurezza nazionale, degli istituti penitenziari, delle università, delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e degli istituti tecnici superiori, nonché dei Corpi forestali delle regioni a statuto speciale;
i nuovi dati relativi all'andamento dei contagi, hanno spinto numerosi Stati europei ad alleggerire il peso delle restrizioni sulla vita sociale ed economica dei propri cittadini. Il tema dell'obbligo vaccinale è stato affrontato nelle settimane anche in altri stata europei. In Germania, nella prima settimana di aprile, il parlamento tedesco ha bocciato l'inserimento dell'obbligo vaccinale per le persone sopra i 60 anni;
in Italia, come riportato dall'Istituto superiore di sanità, dall'inizio della sorveglianza al 10 gennaio 2022, «l'età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 è di 80 anni. L'età mediana dei parenti deceduti positivi a SARS-CoV-2 è più alta di circa 40 anni aspetto a quella dei pazienti che hanno contratto l'infezione (pazienti deceduti: età mediana 82 anni; pazienti con infezione: età mediana 43 anni). Al 10 gennaio 2022 sono 1.743, dei 138.099 (1,3 per cento), i parenti deceduti Sars-CoV-2 positivi di età inferiore ai 50 anni.»;
lo Stato di emergenza nazionale è cessato il 31 marzo 2022;
il tasso di mortalità da infezione Sars-Cov-2 per gli under 50 è pari all'1,3 per cento, nonché per i soggetti guariti da infezione in età lavorativa presentano, salvo patologie, rari rischi di mortalità,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare le opportune iniziative normative volte a revocare, al primo provvedimento utile, tutti gli obblighi vaccinali previsti dal decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76.
9/3533-A/29. Raduzzi.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 8, reca modifiche alla disciplina in materia di obblighi vaccinali anti SARS-CoV-2 dettata dagli articoli 4 e seguenti del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76 ed impone l'obbligo vaccinale per il personale scolastico fino al 15 giugno 2022;
l'introduzione dell'articolo 4-ter.2, al comma 3, impone al dirigente scolastico di utilizzare il docente non vaccinato per attività di supporto all'istituzione scolastica, esonerandolo dall'insegnamento,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di eliminare, attraverso ulteriori interventi normativi, l'esonero del personale docente non vaccinato dall'attività di insegnamento didattico.
9/3533-A/30. Colletti, Segneri, Serritella.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 13 del provvedimento attiene la raccolta di dati per la sorveglianza medica integrata del SARS-CoV-2 e per il monitoraggio della situazione epidemiologica sulla base degli indirizzi del Ministero della salute anche dopo il 31 marzo 2022, fine dello stato di emergenza;
all'Istituto superiore di sanità spetta la gestione della piattaforma dati, «Sistema di sorveglianza integrata COVID-19», istituita presso di esso, dove le regioni e le province autonome sono tenute ad alimentare con i dati sui casi acquisiti e raccolti;
la disposizione prevede anche dopo il 31 marzo 2022, il monitoraggio delle risposte immunologiche all'infezione e ai vaccini somministrati. Il Ministero della salute trasmette all'Istituto superiore di sanità, in interoperabilità con la piattaforma, i dati individuali relativi ai soggetti cui sono somministrate dosi di vaccino anti SARS-CoV-2 contenuti nell'Anagrafe nazionale vaccini;
il Sistema Tessera sanitaria, anche dopo il 31 marzo 2022, trasmetterà alla piattaforma il numero di tamponi antigenici rapidi effettuati con l'indicazione degli esiti, per la successiva trasmissione al Ministero della salute;
nell'articolo si dettano anche disposizioni sulle modalità di trattamento dei dati citati, sulla possibilità della loro condivisione per scopi di collaborazione scientifica e di sanità pubblica, e sulla facoltà di trattamento degli stessi da parte di specifici centri di competenza, di enti di particolare rilevanza scientifica, o di pubbliche amministrazioni, previa specifica e motivata richiesta all'istituto superiore di sanità;
da ultimo, per garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività economiche produttive e sociali, continuerà ad essere monitorato con cadenza giornaliera, da parte delle regioni e delle province autonome, l'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori. Le regioni e le province autonome dovranno raccogliere i dati secondo criteri indicati con specifica circolare del Ministero della salute, da comunicare quotidianamente al Ministero della salute e all'Istituto superiore di sanità;
l'impianto normativo dell'articolo pone una questione che – nella previsione normativa è del tutto assente se non il formale riferimento alla tutela della riservatezza e la sicurezza dei dati raccolti e trasmessi – riguarda il come i dati raccolti verranno trattati. Non è sufficiente citare il regolamento UE 2016/679 per certificate la tutela dei dati i quali non verranno hackerati e/o esfiltrati;
il comma 5 dell'articolo recita che: «... allo scopo di garantire la collaborazione scientifica e di sanità pubblica epidemiologica internazionale, i dati raccolti dalla piattaforma (...), appositamente pseudonimizzati, possono essere condivisi, per il perseguimento delle finalità internazionalmente riconosciute, con gli specifici database dell'Organizzazione mondiale della sanità e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie...»;
il decreto-legge 14 giugno 2021, n. 82, ha ridefinito l'architettura nazionale cyber ed ha istituito l'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, ACN, a tutela degli interessi nazionali nel campo della cybersicurezza. Dal sito internet della ACN, si legge che l'Autorità nazionale per la cybersicurezza assicura il coordinamento tra i soggetti pubblici coinvolti nella materia, promuove la realizzazione di azioni comuni volte a garantire la sicurezza e la resilienza cibernetica necessarie allo sviluppo digitale del Paese. La ACN è l'Autorità preposta per la creazione del perimetro cybernetico nazionale al fine di evitare attacchi hacker che potrebbero gravemente compromettere le strutture sensibili e strumentali al funzionamento del sistema Paese;
ad oggi, non si conoscono ancore le cause dell'attacco hacker del 30 luglio 2021 alla regione Lazio. Non è stata l'unica regione a subire attacchi hacker, gli attacchi hanno interessato la rete informatica della regione, mandando in tilt i servizi a privati e aziende, tra cui il sistema informatico sanitario e quello dedicato alla vaccinazione contro il COVID-19;
secondo fonti giornalistiche, l'anello debole in questo caso e stato un dipendente di Frosinone di LazioCrea (secondo le indagini di Cnaipic, il Centro nazionale anticrimine informatico per la Protezione delle infrastrutture critiche), a cui sono stati rubati i dati di accesso al sistema. Tuttavia, anche su questo punto le fonti ufficiali non sono state del tutto chiare: non si sa se è stato vittima di un attacco di phishing o se semplicemente sia stato scaricato un ransomware, magari un PDF infetto o una pagina web con uno script malevolo;
i danni provocati dall'attacco sono stati: un mese di interruzioni dei servizi dal sistema sanitario online per i cittadini, ai registri dei dati delle farmacie e perfino di altri settori come quello urbanistico. In particolare, l'emergenza ha interessato il database delle vaccinazioni e di rilascio dei green pass;
appare evidente che così come e strutturata la piattaforma e il relativo sistema di interoperabilità, visti i soggetti coinvolti che operano secondo protocolli informatici propri e non su regole e protocolli condivisi/implementati dall'Agenzia, rischierebbe di essere oggetto di attacco hacker che può esfiltrare dati non ancora pseudonimizzati e, quindi, raccogliere informazioni sensibili visto che si trattano, per esempio, di dati individuali relativi ai soggetti cui sono state somministrate dosi di vaccino;
per raccolta di dati per la sorveglianza medica integrata del SARS-CoV-2 e per il monitoraggio della situazione epidemiologica, è evidente che non possano essere i soggetti coinvolti gli attori posti a tutela della riservatezza dell'enorme mole di dati che si andranno a caricare sulla piattaforma nazionale, ma dovrà essere l'Agenzia che dovrà fornire l'architettura informatica adeguata e garantire la cybersicurezza nazionale, a maggior ragione in questa fase storica dove vi è l'incipiente ricorso agli attacchi hacker per destabilizzare governi e Paesi,
impegna il Governo
attraverso ulteriori interventi normativi, ad attribuire all'Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale la gestione della piattaforma del Sistema di sorveglianza integrata COVID-19, ponendo in essere tutte le necessarie e opportune azioni di prevenzione per eventuali attacchi hacker, predisponendo un protocollo operativo unico condiviso, la cui gestione operativa dovrà essere in capo all'Agenzia e non all'Istituto Superiore di Sanità.
9/3533-A/31. Trano.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca urgenti disposizioni per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
in particolare, l'articolo 13 contiene disposizioni dirette a garantire, anche dopo la fine dello state di emergenza, fissata al 31 marzo 2022, lo svolgimento della sorveglianza epidemiologica e microbiologica del SARS-CoV-2, sulla base degli indirizzi forniti dal Ministero della salute;
l'articolo 13 garantisce, anche dopo la cessazione dello stato di emergenza, la funzionalità del monitoraggio delle risposte immunologiche all'infezione e ai vaccini somministrati per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2;
l'Istituto superiore di sanità (ISS) gestisce la specifica piattaforma dati, denominata «Sistema di sorveglianza integrata COVID-19», a tal fine istituita presso il medesimo Istituto con l'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 27 febbraio 2020, n. 64080;
la Piattaforma raccoglie, confronta e analizza in maniera continua e sistematica, le informazioni su tutti i casi di infezione da SARS-CoV-2 confermati mediante diagnosi molecolare in laboratori di riferimento regionali;
il Sistema Tessera sanitaria, anche dopo il 31 marzo 2022, trasmette alla Piattaforma il numero di tamponi antigenici rapidi effettuati con l'indicazione degli esiti, per la successiva trasmissione al Ministero della salute;
il decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 133, al fine di assicurare un livello elevato di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche, degli enti e degli operatori pubblici e privati, istituisce un perimetro di sicurezza nazionale cibernetica;
il decreto-legge n. 105 del 2019 stabilisce che i soggetti inclusi nel predetto perimetro sono tenuti al rispetto delle misure e degli obblighi previsti per garantire la sicurezza cibernetica nazionale,
impegna il Governo
ad inserire l'Istituto Superiore di Sanità e altre istituzioni strategiche di livello nazionale nell'ambito della sanità pubblica tra i soggetti inseriti nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del citato decreto-legge n. 105 del 2019.
9/3533-A/32. Sapia.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contratto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
il tribunale ordinario di Padova – sezione lavoro, in data 28 aprile ha accolto il ricorso di un'operazione sanitaria dell'azienda Ulss n. 6 Euganea, sospesa per non essersi sottoposta a vaccinazione COVID-19;
nella sentenza si evidenzia l'irragionevolezza dell'obbligo vaccinale per gli operatori sanitari e l'inutilità a prevenire il contagio definendo la garanzia del vaccino «... pari a zero...» ed ancora: «l'obbligo nazionale imposto ai lavoratori in questione non appare idoneo a raggiungere lo scopo che si prefigge, quello di preservare la salute degli ospiti: e qui risiede l'irragionevolezza della norma ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione...»;
è accertato scientificamente che la persona che si è sottoposta al ciclo vaccinale, può comunque contrarre il virus e può quindi contagiare gli altri. Accade, dunque, che una persona vaccinata contragga il virus e contagi le altre persone vaccinate o meno che siano;
tutto ciò appare evidente dagli stessi dati forniti dal Ministero della salute, nonostante la campagna vaccinale, del numero di contagi più elevato in assoluto dall'inizio della pandemia pari a + 220 532, è stato registrato l'11 gennaio 2022;
nella sentenza di legge che: «... la persona vaccinata, che non si sia sottoposta al tampone, può essere ugualmente infetta e può quindi ugualmente infettare gli altri: la garanzia che la persona vaccinata non sia infetta, è pari a zero. Invece la persona che, pur non vaccinata, si sia sottoposta al tampone, può ragionevolmente considerarsi non infetta per un limitato periodo di tempo. In tal caso, la garanzia che ella non abbia contratto il virus, non è assoluta, ma è certamente superiore a zero. Nessun dubbio che il tampone accerti l'inesistenza della malattia solo alla data in cui viene effettuato; ma ciò costituisce un dato comune a tutti gli accertamenti diagnostici e tale è il motivi per adesso deve essere ripetuto periodicamente. La garanzia fornita dal tampone, ripetesi, è senz'altra relativa; ma quella data dal vaccino è pari a zero. Quanto allo “stress” delle strutture sanitarie, e notorio che il tampone tiene effettuato anche dalle farmacie e che il costo è sostenuto dal privato...»;
il Tribunale di Padova pone l'accento sull'irragionevolezza e la sproporzionalità della norma che impone l'obbligo vaccinale perché l'impianto normativo che sospende drasticamente dal lavoro e dalla retribuzione il lavoratore che non intenda vaccinarsi, viola il principio di proporzionalità sancito dall'articolo 52, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione, secondo cui: «... eventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta (tra cui il diritto di lavorare di cui all'articolo 15 della stessa Carta) devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui» (si veda anche l'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea e protocollo n. 2, versione consolidata come modificata dall'articolo 1 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificata dalla legge 2 agosto 2008, n. 130). «Secondo la giurisprudenza costante della Corte di giustizia dell'Unione, il rispetto del principio di proporzionalità presuppone l'adempimento di tre condizioni cumulative: attitudine, necessità e proporzionalità in senso stretto. Per attitudine, si intende l'idoneità della misura a perseguire la finalità prefissata. La condizione di necessità esige che la misura presa costituisca l'opzione arrecante il minor pregiudizio possibile agli interessi in causa. Infine, il sacrificio imposto dalla stessa deve poter essere ragionevolmente esigibile (v. ad esempio CGUE sez. grande, 8 marzo 2022, in C-205/20; sez. I, 21 luglio 2011, in C-2/10; sez. VI, 16 gennaio 2003 in C-12/00; e sez. VI, 16 gennaio 2003 in 014/00). Nella specie, la disciplina italiana, che sospende drasticamente dal lavoro e dall'intera retribuzione il lavoratore che non intende vaccinarsi, senza prendere alcuna soluzione alternativa o intermedia, sembra violare il principio di proporzionalità sotto tutti e tre i profili, perché, come visto, non è necessaria né raggiungere lo scopo di evitare il contagio, ed impone al lavoratore un sacrificio all'evidenza completamente insostenibile, privandolo integralmente e drasticamente dall'unico mezzo che consente a lui ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa...»;
alla luce di quanto sentenziato dal Tribunale di Padova e del giusto richiamo del principio di gerarchia delle fonti e del far valere nel nostro ordinamento la preferenza del diritto comunitario sul diritto interno, nonché la violazione del principio di proporzionalità sancito dall'articolo 52, primo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea,
impegna il Governo
a valutare quanto disposto dalla sentenza del Tribunale ordinario di Padova – sez. lavoro, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a porre immediatamente rimedio ad una stortura del nostro ordinamento giuridico, in palese contrasto con i principi fondanti l'Unione europea, cui si aggiunge l'evidenza empirica che la vaccinazione resa obbligatoria per gli operatori sanitari, come per altri soggetti, non dia garanzia di non trasmissione del virus.
9/3533-A/33. Massimo Enrico Baroni.
La Camera,
premesso che:
numerosi studi clinici ed epidemiologici – citati da The Lancet – convergono su una risposta chiara: i guariti da infezione da SARS-CoV-2 hanno una protezione superiore ai vaccinati. I ricercatori dello Stroke Institute, Università del Missouri, hanno analizzato 9.119 pazienti con infezione da SARS-CoV-2 e concluso che la re-infezione è stata identificata nello 0,7 per cento dei casi;
gli operatori sanitari guariti dall'infezione naturale da SARS-CoV-2 dovrebbero essere quindi esentati dall'obbligo di vaccinazione anti-Covid: a sottolinearlo è un esperto del Regno Unito sulla rivista scientifica «The Lancet Rheumatology»;
Dennis G. McGonagle, dell'Università di Leeds, in una sua analisi pubblicata nella sezione «Correspondence» afferma che: «...e ben noto che per i virus a Rna a singolo filamento come quelli dell'influenza, l'immunità naturale dopo guarigione fornisce una protezione migliore rispetto alla vaccinazione, che deve essere fatta annualmente proprio per la diminuzione dell'immunità vaccinale». (...) «... è stato dimostrato da uno studio per SARS-CoV-2 che le persone che erano state esposte a un'infezione naturale, avevano 10 volte meno probabilità di essere reinfettate rispetto ai vaccinati senza infezione naturale. I guariti avevano anche meno probabilità di essere ricoverati in ospedale con Covid...»;
i guariti da infezione naturale, suggerisce Dennis G McGonagle, «... potrebbero aver meno probabilità di trasmettere l'infezione a pazienti vulnerabili (che dovrebbero essere vaccinati essi stessi) rispetto a coloro che sono vaccinati ma non hanno l'immunità da infezione naturale...»;
uno studio austriaco del Dipartimento di Medicina Interna dell'Università di Graz, ha rilevato che la frequenza dei ricoveri ospedalieri per re-infezione di persone già guarite dal COVID era di 5 su 14.840 soggetti (0,03 per cento) e la frequenza dei decessi per re-infezione era di 1 su 14.840 persone (0,01 per cento). Inoltre, uno studio condotto dai ricercatori dell'Università di Newcastle ha rilevato che su 972 operatori sanitari, che avevano già contratto il Covid, è stato associato un aumento del rischio di eventi avversi a seguito della vaccinazione;
Paolo Gasparini, membro esperto del Consiglio Superiore di Sanità, nonché Direttore di Genetica Medica dell'Università di Trieste ha dichiarato che: «... i guariti sono immuni contro tutte le porzioni del virus a differenza dei vaccinati che sono stati immunizzati solamente contro la proteina Spike (una parte del virus). Diverse pubblicazioni scientifiche dimostrano chiaramente che l'immunità naturale è maggiore e di più lunga durata di quella determinata dai vaccini. (...) Penso che dovremmo agire come abbiamo sempre fatto sinora per altre malattie virali: in presenta di anticorpi circolanti non si vaccina ma al massimo, trattandosi di una forma nuova di virosi, si monitora nel tempo la quantità di anticorpi per valutarne l'andamento...»;
un ulteriore studio relativo a diversi milioni di svedesi, pubblicato su «The Lancet», mostra che per evitare un singolo caso di infezione da SARS-CoV-2 nell'arco di 20 mesi di follow-up, sarebbe necessario vaccinare con due dosi 767 individui (cioè somministrare 1.534 dosi di vaccino). Lo studio israeliano condotto dai ricercatori Sivan Gazit e Tal Patalon, mostra risultati ancora più marcati: per evitare una singola infezione a coloro che ne hanno già superata una bisogna somministrare circa 2.000 singole dosi di vaccino, quindi un rapporto costi-benefici assolutamente sfavorevole,
impegna il Governo:
a superare l'obbligo della somministrazione della terza dose (booster) a tutti gli operatori sanitari;
a rilasciare la certificazione verde a tutti coloro i quali siano già immuni, poiché aventi protezione anticorpale dovuta a pregressa infezione da SARS-CoV-2, sia sintomatica che asintomatica (quest'ultima dimostrata con la presenza di anticorpi specifici al test sierologico).
9/3533-A/34. Leda Volpi.
La Camera,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 20 del decreto 27 gennaio 2022, n. 4, approvato in via definitiva alla Camera lo scorso 24 marzo, estende la disciplina di riconoscimento di un indennizzo per le lesioni o infermità, originate dalla vaccinazione e dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell'integrità psico-fisica (oppure il decesso), anche ai casi in cui l'evento riguardi soggetti non tenuti all'obbligo della vaccinazione in oggetto, e dunque anche a chi abbia subito un danno conseguente alla vaccinazione anti-Covid;
secondo quanto statuito dalla norma i risarcimenti dovranno essere erogati tramite un fondo ammontante a 50 milioni per il 2022 e a 100 milioni per il 2023;
gli indennizzi per lesioni o infermità originate da vaccinazione contro il Covid riguarderanno non solo chi è soggetto ad obbligo vaccinale ma tutte le persone che si sono sottoposte alla vaccinazione anti Covid;
secondo quanto previsto dal decreto 27 gennaio 2022, n. 4, un successivo decreto del Ministero della salute e Mef avrebbe dovuto stabilire le modalità di monitoraggio annuale delle richieste di accesso agli indennizzi e dei relativi esiti;
ad oggi non risulta ancora emanato tale decreto, nonostante le prime dosi di vaccino, con i relativi eventi avversi, siano state somministrate il 27 dicembre 2020,
impegna il Governo
ad emanare quanto prima il decreto ministeriale chiarificatore delle modalità di indennizzo per i danni da vaccino anti-Covid, garantendo in tempi rapidi l'erogazione delle somme spettanti ai cittadini cui venga riconosciuto il diritto all'indennizzo.
9/3533-A/35. Costanzo.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 4-quater del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, è stato novellato prevedendo l'estensione fino al 15 giugno 2022 dell'obbligo di vaccinazione per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 agli ultracinquantenni;
per gli ultracinquantenni che non si sottopongono a vaccinazione, è prevista una sanzione di 100 euro una tantum che verrà comminata a coloro che, dal 1° febbraio 2022 (data di inizio dell'obbligo di vaccinazione per gli ultracinquantenni), non si sono sottoposti a vaccinazione;
in Italia su due milioni di persone ultracinquantenni non vaccinate, a far data dal 1° febbraio si sono vaccinate poco più di 320 mila soggetti, il che dimostra che lo strumento coercitivo utilizzato si è rivelato essere oltre che illegittimo, assolutamente inappropriato per le politiche sanitarie di contrasto al virus, trattandosi anche di un numero talmente esiguo rispetto alla popolazione vaccinata in Italia, che si rende necessario rivedere tale disposizione perché assolutamente inefficace nel produrre gli effetti desiderati,
impegna il Governo
a eliminare attraverso ulteriori interventi normativi la disposizione illustrata in premessa perché del tutto illegittima giuridicamente e inefficace dal punto di vista sanitario.
9/3533-A/36. Corda.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 11 del provvedimento in esame, disciplina la materia delle sanzioni dei controlli per il mancato rispetto delle prescrizioni sanitarie per il contenimento della diffusione del Covid;
il predetto articolo interviene con finalità di coordinamento, sull'articolo 13 del decreto-legge n. 52 del 2021, che contiene la disciplina sanzionatoria relativa alle violazioni delle misuro introdotte per contenere il contagio;
l'impianto normativo prevede che per le violazioni commesse in giornate diverse, si applica, a partire dalla terza violazione, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da uno a dieci giorni. Dopo una violazione delle disposizioni di cui all'articolo 9-bis.1, comma 1 lettere f) e g), in relazione al possesso di una delle certificazioni verdi COVID-19 da vaccinazione o guarigione cosiddetto green pass rafforzato, si applica, a partire dalla seconda violazione, commessa in giornata diversa, la sanzione amministrativa accessoria della chiusura da uno a dieci giorni;
è evidente che vi sia una sproporzione tra violazione e sanzione, cui si aggiunge l'assenza di titolarità giuridica degli esercenti commerciali nel dover controllare il possesso del green pass, sia esso base o rafforzato, perché in totale contrasto con la normativa europea che prevede, per tale compito, l'impiego delle autorità sanitarie nazionali e non di certo i privati,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di revocare, con un ulteriore provvedimento normativo anche d'urgenza, tutto l'impianto sanzionatorio previsto dalla normativa citata in premessa perché in palese contrasto con il regolamento (UE) 2021/953.
9/3533-A/37. Cabras.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 8 prevede gli obblighi vaccinali, novella norme già in vigore e procrastina i termini degli obblighi vaccinali e, nel caso del personale scolastico, lo impone fino al 15 giugno 2022 contravvenendo, come del resto anche per le altre categorie di soggetti a cui viene imposto l'obbligo, ai principi del nostro ordinamento giuridico;
lo stato di emergenza è cessato il 31 marzo 2022 il quale, già di per sé, ha rappresentato con le continue proroghe una vera e propria mostruosità giuridica,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di eliminare, attraverso ulteriori interventi normativi, l'obbligo vaccinale per il personale scolastico previsto fino al 15 giugno 2022.
9/3533-A/38. Giuliodori.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, e l'articolo 2 del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, hanno introdotto la normativa delle sanzioni e dei controlli per le violazioni delle prescrizioni governative, inclusi i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, per il contenimento della diffusione del COVID-19;
l'articolo 11 del provvedimento in esame, interviene con finalità di coordinamento, sull'articolo 13 del decreto-legge n. 52 del 2021, che contiene la corposa disciplina sanzionatoria relativa alle violazioni delle misure introdotte per contenere il contagio;
l'articolo 4 e l'articolo 2 dei succitati decreti, prevedono le sanzioni per le attività e gli esercizi commerciali: sanzione amministrativa del pagamento da euro 400 a euro 1.000 che si raddoppia in caso di reiterazione del reato, più la sanzione penale per i delitti colposi contro la salute pubblica, nonché la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni più le sanzioni per l'inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità;
tale apparato sanzionatorio non trova giustificazione alcuna perché improntato non ad un'azione di indirizzo delle politiche sanitarie, ma ad una vera e propria compressione dell'attività di impresa e, tutto ciò ha segnato drammaticamente il turismo tout court avendo, il settore della ristorazione e delle attività di somministrazione aperte al pubblico, subito un vero e proprio cataclisma economico,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di provvedere, anche con provvedimento di urgenza, all'abrogazione delle norme in vigore attinenti le sanzioni nei confronti delle attività d'impresa illustrate in premessa.
9/3533-A/39. Forciniti.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto della diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
nel testo in esame nulla è previsto circa il monitoraggio post-marketing dei vaccini COVID-19 ed il conseguente reperimento delle informazioni utili per l'identificazione di sospette reazioni avverse;
il programma di sorveglianza attiva è stato pianificato ed incoraggiato dall'EMA (Agenzia Europea del Farmaco) nel documento intitolato –«Pharmcovigilance Plan of the EU Regulatory Network for COVID-19 Vaccines» EMA/333964/2020, sulla base del già vigente documento denominato: «Guideline on good pharmacovigilance (GVP)» – EMA/827661/2011 Rev., nel quale si richiamano in modo inequivocabile le responsabilità delle Agenzie regolatorie dei singoli Stati membri dell'Unione europea in merito alla farmacovigilanza attiva;
l'istituzione di un programma di sorveglianza attiva via smartphone e tramite app dedicata, nonché col coinvolgimento dei Centri di Farmacovigilanza regionali, permetterebbe di monitorare la salute di chi riceve il vaccino e, allo stesso tempo, permetterebbe di raccogliere dati utili per migliorare e verificare l'andamento della pandemia, dei suoi effetti e delle soluzioni proposte, in ottemperanza a quanto previsto dall'Agenzia europea del farmaco;
la farmacovigilanza passiva, attualmente in uso in Italia, è una metodologia che sottostima notevolmente la frequenza degli eventuali eventi avvalersi e lo stesso presidente dell'AIFA, Giorgio Palù, durante le recenti audizioni in Senato, ha sottolineato come l'attuale sistema di raccolta dati sia carente e che «sulla farmacovigilanza c'è molto da fare»;
è necessario, pertanto, avviare un programma di farmacovigilanza attiva sui vaccini anti COVID-19, con il duplice vantaggio di fornire dati più accurati sugli eventi avversi, utili per orientare le scelte di politica sanitaria,
impegna il Governo:
nell'istituire un programma di sorveglianza attiva al fine di monitorare la popolazione vaccinata rispetto agli eventi avversi cagionati dalla vaccinazione, sia frequenti che non comuni, via smartphone e tramite app dedicata, somministrando questionari a scelta multipla tramite messaggi di testo ed e-mail, con frequenza giornaliera per la prima settimana dopo ogni somministrazione vaccinale e, successivamente a cadenza prestabilita per un periodo di almeno 12/18 mesi;
a far sì che i dati raccolti circa gli eventi avversi nel vaccinato/a, vengano registrati in un apposito database pseudonimizzati, allo scopo di avere un quadro reale della frequenza e della tipologia di eventi avversi alla vaccinazione, utile per fornire elementi più precisi necessari a indirizzare le scelte e le azioni di politica sanitaria nazionale;
affinché il predetto programma di sorveglianza attiva venga fortemente promosso dal Ministero della salute e dall'AIFA coinvolgendo le regioni, attraverso il supporto dei Centri regionali di Farmacovigilanza tramite cui individuare campioni rappresentativi della popolazione regionale, e dunque nazionale, da seguire clinicamente e nel tempo, al fine di valutare con maggiore precisione la frequenza e la gravità degli eventi avversi da vaccino, nonché l'eventuale incidenza e prevalenza in specifici sottogruppi di popolazione, per fasce di età e per patologie pregresse, in atto e/o croniche.
9/3533-A/40. Maniero.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 4 del provvedimento disciplina l'isolamento e l'autosorveglianza, a far data dal 1° aprile vietando la mobilità dalla propria abitazione o dimora alle persone sottoposte alla misura dell'isolamento per provvedimento dell'autorità sanitaria in quanto risultate positive al SARS-CoV-2 fino all'accertamento della guarigione;
la cessazione del regime di isolamento consegue all'esito negativo di un test antigenico rapido o molecolare per la rilevazione di SARS-CoV-2 e, a seguito di ciò, il referto viene trasmesso con modalità elettroniche al dipartimento di prevenzione territorialmente competente che determina la cessazione del regime dell'isolamento;
i ragazzi tra i 12 e i 18 anni dal 1° aprile pagano 15 euro i tamponi rapidi in farmacia perché con la cessazione dello stato di emergenza è scaduto il protocollo di intesa firmato dal commissario Figliuolo con Federfarma (rappresenta 19 mila farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale) quindi non verrà applicato il prezzo in convenzione di 8 euro a tampone antigenico;
la domanda dei tamponi e alta perché i contagi restano sostenuti e il green pass base resta obbligatorio dal 1° aprile ancora al lavoro, nei ristoranti al chiuso, negli stadi, sui treni e sugli aerei;
appare evidente che non ci si possa affidare ad una lettera di moral suasion con cui Federfarma ha chiesto alle farmacie associate di mantenere il prezzo calmierato degli 8 euro e dei 15 euro, perché ci sono farmacie che muovendosi in totale autonomia, hanno ripreso ad applicare prezzi tra i 22 e i 35 euro a tampone antigenico,
impegna il Governo
a introdurre un prezzo imposto per legge dei tamponi che non siano superiori ai 3 euro per la fascia di età compresa tra i 12 e i 18 anni e a 8 euro per tutte le altre fasce d'età, rendendolo gratuito per coloro che vivono in uno stato di indigenza sociale.
9/3533-A/41. Spessotto.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 9 prevede nuove modalità di gestione dei casi di positività all'infezione da SARS-CoV-2 nel sistema educativo, scolastico e formativo;
il comma 1 novella l'articolo 3 (Disposizioni per il sistema educativo, scolastico e formativo, ivi compresa modalità di gestione dei casi di positività all'infezione da SARS-CoV-2) del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, i cui effetti giuridici sono decorsi dal 1° aprile 2022;
l'articolo 3, comma 4, recita che; «... gli alunni delle scuole primarie, delle scuole secondarie di primo e secondo grado e del sistema di istruzione e formazione professionale in isolamento in seguito all'infezione da SARS-CoV-2, possono seguire l'attività scolastica nella modalità della didattica digitale integrata su richiesta della famiglia o dello studente, del maggiorenne. La riammissione in classe dei suddetti alunni è subordinata alla sola dimostrazione di avere effettuato un test antigenico rapido o molecolare con esito negativo, anche nei centri privati a ciò abilitati...»;
la riammissione in classe c subordinata alla dimostrazione di avere effettuato un test antigenico rapido o molecolare con esito negativo,
impegna il Governo
a porre in essere le opportune iniziative normative affinché i costi relativi all'esecuzione dei test antigenici rapidi o molecolari siano a carico del Servizio sanitario nazionale e, il risultato del test negativo, venga considerato documento di autocertificazione per la riammissione in classe.
9/3533-A/42. Testamento.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 2 prevede la costituzione di un'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia a far data dal 1° aprile 2022. La struttura sarà operante fino al 31 dicembre 2022 in sostituzione del Commissario straordinario. Al direttore della nuova Unità sono attribuiti i medesimi poteri già previsti per il suddetto Commissario straordinario. L'articolo 2, inoltre, prevede che dal 1° gennaio 2023 il Ministero della salute subentri nelle funzioni e nei rapporti attivi e passivi facenti capo alla suddetta Unità, prevedendo, a tali fini, una ridefinizione dell'assetto organizzativo del dicastero e l'autorizzazione all'assunzione, da parte del medesimo Ministero, a decorrere dal 1° ottobre 2022, di un contingente di personale;
è del tutto singolare che si debba creare una struttura provvisoria che, successivamente, verrà assorbita in tutte le funzioni dal Ministero della salute dal 1° gennaio 2023,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori interventi normativi volti ad organizzare e a definire l'assetto organizzativo del dicastero affinché si eviti una duplicazione inutile e costosa per le casse dello Stato, di una struttura che opererà fino al 31 dicembre 2022 la quale verrà assorbita in tutto e per tutto dal Ministero della salute a far data dal 1° gennaio 2023.
9/3533-A/43. Vallascas.
La Camera,
premesso che:
è in fase di conversione in legge il decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'articolo 2 prevede la costituzione di un'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia a far data dal 1° aprile 2022. La struttura sarà operante fino al 31 dicembre 2022 in sostituzione del Commissario straordinario. Al direttore della nuova Unità sono attribuiti i medesimi poteri già previsti per il suddetto Commissario straordinario. L'articolo 2, inoltre, prevede che dal 1° gennaio 2023 il Ministero della salute subentri nelle funzioni e nei rapporti attivi e passivi facenti capo alla suddetta Unità, prevedendo, a tali fini, una ridefinizione dell'assetto organizzativo del dicastero e l'autorizzazione all'assunzione, da parte del medesimo Ministero, a decorrere dal 1° ottobre 2022, di un contingente di personale;
è del tutto singolare che si debba creare una struttura provvisoria che, successivamente, verrà assorbita in tutte le funzioni dal Ministero della salute dal 1° gennaio 2023,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare eventuali ulteriori interventi normativi volti ad organizzare e a definire l'assetto organizzativo del dicastero affinché si eviti una duplicazione inutile e costosa per le casse dello Stato, di una struttura che opererà fino al 31 dicembre 2022 la quale verrà assorbita in tutto e per tutto dal Ministero della salute a far data dal 1° gennaio 2023.
9/3533-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta)Vallascas.
La Camera,
premesso che:
lo stato di emergenza non è previsto dalla nostra Costituzione: esso infatti si basa sulla legge n. 225 del 24 febbraio 1992, ulteriormente dettagliata dal Codice della Protezione civile del 2018. Tale Codice però prevede che la sua durata non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi;
il primo stato d'emergenza è stato infatti deliberato per 6 mesi e non per un anno, ed è stato prorogato una prima volta fino al 31 gennaio del 2021 ed una seconda volta fino al 31 luglio del 2021. Sono quindi stati utilizzati tutti i 12 mesi previsti dalla norma, quindi le ulteriori proroghe devono trovare la propria fonte in una norma di rango primario, e non estendendolo al 31 dicembre 2022 così come previsto dall'articolo 1 il quale dispone che possano essere adottate ordinanze di protezione civile, su richiesta motivata delle Amministrazioni competente, con efficacia limitata fino al 31 dicembre 2022 al fine di adeguare all'evoluzione dello stato della pandemia da COVID-19 le misure di contrasto in ambito organizzativo, operativo e logistico già emanate, durante lo stato di emergenza (il cui termine formalmente è scaduto il 31 marzo 2022), con ordinanze di protezione civile. Tali ordinanze possono contenere misure derogatorie negli ambiti indicati, fermo restando il rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea;
a distanza di oltre due anni dalla dichiarazione dello stato di emergenza, attraverso sei successive proroghe, il Governo ha di fatto «normalizzato» una situazione definita emergenziale e straordinaria, decretando nei fatti, il passaggio da uno stato di emergenza sanitaria ed epidemiologica, ad una gestione «ordinaria» dell'epidemia. L'effetto di continue e ripetute proroghe non è altro che il venir meno dei presupposti di temporaneità e di urgenza dei provvedimenti limitativi delle libertà e diritti dei cittadini;
autorevoli giuristi e costituzionalisti hanno stigmatizzato che lo stato pandemico non è, per analogia, lo stato di guerra e, di conseguenza, non è praticabile il ricorso all'articolo 78 della Costituzione il quale prevede, come detto lo «stato di guerra» e non lo «stato di emergenza»;
è il Parlamento che delibera lo «stato di guerra», stabilisce quali sono i poteri del Governo per far fronte alla situazione, ed infine deve essere dichiarato dal Presidente della Repubblica (articolo 87 della Costituzione). Nel caso di specie lo «stato di emergenza» non è stato invece deliberato dal Parlamento, ma introdotto con una deliberazione del Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020;
la sentenza n. 1842 dell'8 novembre 2021 del Tribunale di Pisa, Sezione Penale, depositata in data 17 febbraio 2022, stigmatizza che lo stato di emergenza non può permane a distanza di oltre 24 mesi dalla sua dichiarazione, perché si pone al di fuori dei confini di legittimità, costituendo una deroga ad una previsione speciale che a sua volta deroga alle norme ordinarie;
la Corte costituzionale con la sentenza n. 213/2021, evidenzia che «...in corso dell'anno in cui si è manifestata la pandemia e fino al 31 dicembre 2020 la temporanea sospensione dell'esecuzione di tutti provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, ha costituito una delle tante misure adottate per fronteggiare l'emergenza (...) però il sacrificio per i locatori non poteva che essere temporaneo. L'emergenza può giustificare, solo in presenza di circostanze eccezionali e per periodi di tempo limitati, la prevalenza delle esigenze del conduttore di continuare a disporre dell'immobile, a fini abitativi o per l'esercito di un'impresa, su quelle del locatore. In passato, questa Corte, nel valutata la legittimità costituzionale di disposizioni che avevano sospeso l'esecuzione degli sfratti, anche se solo per alcune categorie di conduttori, ha evidenziato che la legittimità di misure siffatte si correla al rispetto della duplice condizione della loro eccezionalità e temporaneità (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003)» concludendo che «...se l'eccezionalità della pandemia da COVID-19 giustifica, nell'immediato e per un limitato periodo di tempo, la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili (anche perché, in particolare, vi è stato, da parte del legislatore, un progressivo aggiustamento del bilanciamento degli interessi e dei diritti in gioco, nei termini sopra indicati), d'altra parte però questa misura emergenziale è prevista fino al 31 dicembre 2021 e deve ritenersi senza possibilità di ulteriori proroga, avendo la compressione del diritto di proprietà raggiunto il limite massimo di tollerabilità, pur considerando la sua funzione sociale (articolo 42, secondo comma, della Costituzione)». In termini non dissimili, si è espressa la pronuncia n. 236/2021, per la quale «...gli effetti negativi della protrazione del “blocco” delle esecuzioni sono stati lasciati invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soletti cui è stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato. Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura è divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una più specifica ponderazione degli interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale ex articolo 24 della Costituzione nonché, al contempo, la parità delle parti e la ragionevole durata del processo esecutivo», da cui emerge expressis verbis l'intollerabilità giuridica di ulteriori proroghe,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori interventi normativi volti a eliminare la previsione dell'articolo 1, la quale dispone che possono essere adottate ordinanze di protezione civile, su richiesta motivata delle Amministrazioni competenti, con efficacia limitata fino al 31 dicembre 2022 che si sostanziano, nella pratica, in una forte frizione con i principi e con l'ordinamento costituzionali.
9/3533-A/44. Vianello.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020, con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistano comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
come riportato anche da Amnesty International, il COVID-19 al 29 settembre 2021, delle oltre 130.200 persone decedute a causa del COVID-19 in Italia, più del 95 per cento avevano oltre 60 anni e troppi di questi decessi sono avvenuti in solitudine: sono state infatti numerose le segnalazioni circa l'impossibilità per i familiari di comunicare con i pazienti, soprattutto con coloro che per condizioni patologiche e di fragilità non erano in grado di poter utilizzare la telefonia mobile; sono state altresì numerose le segnalazioni circa la difficoltà, per i familiari, ad avere informazioni quotidiane sullo stato di salute dei pazienti;
uno degli aspetti più dolorosi che ha caratterizzato questa pandemia è stato l'isolamento delle persone più fragili, sia con patologia COVID-19 sia con altre patologie che ha comportato un ulteriore aggravamento della patologia;
l'articolo 14 del provvedimento in esame ha disposto, dal 1° aprile 2022, l'abrogazione di diverse disposizioni, tra le quali, l'articolo 2-ter del decreto-legge n. 52 del 2021 che prevede l'adozione di un protocollo per il mantenimento delle relazioni con i familiari dei pazienti affetti da COVID-19 presso le strutture sanitarie;
in sede referente, fortunatamente, è stata ripristinata la predetta disposizione, tenendo peraltro conto che il provvedimento in esame, all'articolo 7, proroga al 31 dicembre 2022 le disposizioni che consentono l'accesso dei visitatori a strutture residenziali, socio-assistenziali, sociosanitarie e hospice e ai reparti di degenza delle strutture ospedaliere, esclusivamente ai soggetti muniti di green pass rafforzato con dose di richiamo ovvero con un tampone delle 48 ore precedenti e che consentono altresì ai direttori sanitari di applicare misure più restrittive all'accesso in relazione al contesto epidemiologico;
il protocollo per le relazioni con i familiari dei pazienti affetti da COVID-19 presso le strutture sanitarie è, tra l'altro, una misura accolta come impegno da parte del Governo con la mozione 1-00397 sulle cure palliative che ancorché divenuta legge non è stata ancora attuata dal Governo;
più in particolare, il protocollo è volto a garantire, in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, le relazioni tra pazienti COVID-19 e familiari e ad evitare l'isolamento dei malati di COVID-19, prevedendo che, nell'ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera correlata al COVID-19, siano assicurati:
a) il mantenimento delle comunicazioni tra operatori e familiari, garantendo a questi ultimi la possibilità di ricevere informazioni puntuali e periodiche sullo stato di salute del proprio familiare attraverso una figura appositamente designata, all'interno dell'unità operativa di degenza, compreso il pronto soccorso;
b) lo svolgimento delle visite da parte dei familiari, secondo regole prestabilite consultabili da parte dei familiari ovvero, in subordino o in caso di impossibilità oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, l'adozione di strumenti alternativi alla visita in presenza, quali videochiamate organizzate dalla struttura sanitaria;
c) l'individuazione di ambienti dedicati che, in condizioni di sicurezza, siano adibiti all'accesso di almeno un familiare;
considerato che:
è auspicabile che non si ripeta mai più l'isolamento di pazienti COVID-19 e che il protocollo per le relazioni con i familiari dei pazienti affetti da COVID-19 presso le strutture sanitarie sia attuato in maniera permanente anche dopo l'emergenza in essere e anche per i pazienti con altre patologie infettive,
impegna il Governo
ad attivarsi affinché, nell'ambito dell'attuazione dell'articolo 2-ter del decreto-legge n. 52 del 2021 ripristinato dal provvedimento in esame e recante l'adozione di un protocollo per il mantenimento delle relazioni con i familiari dei pazienti affetti da COVID-19 presso le strutture sanitarie, siano assicurate misure idonee applicabili non solo al caso di recrudescenza del COVID-19 ma a qualsiasi ulteriore patologia infettiva che richiede misure di profilassi per la sua diffusione.
9/3533-A/45. Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi, Penna, Provenza, Sportiello, Villani.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020, con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistono comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
nel corso dell'esame in sede referente, all'articolo 2, comma 8-bis, è stata introdotta urna ulteriore disposizione che consente, presso le farmacie e con oneri a carico degli assistiti, la somministrazione, da parte di farmacisti opportunamente formati con specifici corsi organizzati dall'istituto superiore di sanità, di vaccini anti SARS-CoV-2 e di vaccini antinfluenzali nei confronti dei soggetti di età non inferiore a diciotto anni e previa presentazione di documentazione comprovante la pregressa somministrazione di analoga tipologia di vaccini;
in data 26 marzo 2021, la Direzione generale della prevenzione del Ministero della salute ha licenziato il nuovo format di consenso informato alle vaccinazioni, limitato a due pagine e corredato dalle note informative dei diversi tipi di vaccino, al fine di rendere più snelle le procedure amministrative complementari alla somministrazione del vaccino e garantire la sicurezza dei cittadini;
il predetto modulo di consenso informato è stato realizzato in collaborazione con la Struttura commissariale e in coordinamento tra Ministero della salute. Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e, secondo quanto riferisce il Ministero della salute sul proprio sito istituzionale, è prima di tutto strumento di informazione e poi di consenso ed è finalizzato a favorire l'adesione più consapevole possibile alla campagna vaccinale;
rispetto a tale nuovo modulo il Presidente della Fnomceo intervenne con un comunicato stampa del 29 marzo 2021, per evidenziare che: «Il Ministero ribadisce la centralità del ruolo del medico nella raccolta del consenso informato: sua è la firma in calce al modulo, perché sua è la responsabilità professionale di effettuare l'anamnesi del paziente, valutarne lo stato di salute e l'eleggibilità alla vaccinazione, considerate le patologie attuali e pregresse e le terapie in corso – spiega Anelli –. Nel nuovo modulo, la premessa fondamentale al consenso è infatti l'aver riferito al medico le patologie, i medicinali assunti, l'aver posto domande in merito al vaccino e al proprio stato di salute, ottenendo risposte esaurienti e comprensibili e, in generale, l'aver ricevuto e recepito una corretta e chiara informazione. Sarà poi il medico curante a dover essere messo al corrente degli eventuali effetti collaterali. E, per monitorare che non si verifichino reazioni avverse immediate, e soprattutto per poter intervenire prontamente, si chiede infine al paziente di rimanere nella sala d'aspetto del medico per almeno 15 minuti dalla somministrazione del vaccino».
«Tutte queste funzioni e competenze sono proprie del medico – continua Anelli –, in sua assenza, chi gestirà le reazioni avverse? Chi si prenderà la responsabilità di vaccinare anche in concomitanza di patologie o terapie, o, al contrario, di rifiutare la vaccinazione? Esiste, è vero, un modulo con le domande standard da porre al paziente: ma nessun modulo, nessun algoritmo potrà mai sostituire l'occhio del clinico, le conoscenze e le competenze acquisite con undici anni di studi specifici. Nessuna barratura di casella, nessun testo prestampato, nessun click potrà standardizzare la salute delle persone. Né, tanto meno, esonerare gli operatori dalla responsabilità professionale. Le competenze non possono essere stabilite con un decreto-legge, ma sotto il frutto di un percorso formativo.»;
l'emergenza COVID-19 e la campagna vaccinale hanno giustamente imposto la necessità di ricorrere a misure eccezionali e di ampliare il numero dei soggetti vaccinatori e quindi far effettuare i vaccini in Farmacia: un modello, però, che non può essere esportato nell'attività ordinaria poiché la somministrazione dei vaccini rimane un compito del medico che non si esaurisce con la mera inoculazione, ma richiede un'anamnesi accurata, una verifica dello stato di salute della persona e l'eventuale intervento in caso del manifestarsi di reazioni avverse;
la somministrazione da parte dei farmacisti con oneri a carico del cittadino, peraltro, rischia di rappresentare una surrettizia privatizzazione di una prestazione sanitaria che è generalmente posta a carico del Servizio sanitario nazionale e dunque gratuita per i cittadini presso le strutture pubbliche che saranno via via sempre più depotenziate;
dinanzi alla carenza cronica di personale e ai tagli nella sanità perpetrati negli ultimi 20 anni che hanno messo in ginocchio la sanità pubblica, è necessario potenziare gli ambulatori del dipartimento di prevenzione nell'ambito della riforma dell'assistenza territoriale e non implementare l'attività privata,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a circoscrivere nel tempo la somministrazione di vaccini da parte dei farmacisti ed esclusivamente per le necessità correlate al completamento della campagna vaccinale anti SARS-CoV-2 e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia.
9/3533-A/46. Nappi, Penna, Provenza, Sportiello, Villani, Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Bologna.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020, con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistono comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
nel corso dell'esame in sede referente, all'articolo 2, comma 8-bis, è stata introdotta urna ulteriore disposizione che consente, presso le farmacie e con oneri a carico degli assistiti, la somministrazione, da parte di farmacisti opportunamente formati con specifici corsi organizzati dall'istituto superiore di sanità, di vaccini anti SARS-CoV-2 e di vaccini antinfluenzali nei confronti dei soggetti di età non inferiore a diciotto anni e previa presentazione di documentazione comprovante la pregressa somministrazione di analoga tipologia di vaccini;
in data 26 marzo 2021, la Direzione generale della prevenzione del Ministero della salute ha licenziato il nuovo format di consenso informato alle vaccinazioni, limitato a due pagine e corredato dalle note informative dei diversi tipi di vaccino, al fine di rendere più snelle le procedure amministrative complementari alla somministrazione del vaccino e garantire la sicurezza dei cittadini;
il predetto modulo di consenso informato è stato realizzato in collaborazione con la Struttura commissariale e in coordinamento tra Ministero della salute. Agenzia italiana del farmaco (Aifa), Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e, secondo quanto riferisce il Ministero della salute sul proprio sito istituzionale, è prima di tutto strumento di informazione e poi di consenso ed è finalizzato a favorire l'adesione più consapevole possibile alla campagna vaccinale;
rispetto a tale nuovo modulo il Presidente della Fnomceo intervenne con un comunicato stampa del 29 marzo 2021, per evidenziare che: «Il Ministero ribadisce la centralità del ruolo del medico nella raccolta del consenso informato: sua è la firma in calce al modulo, perché sua è la responsabilità professionale di effettuare l'anamnesi del paziente, valutarne lo stato di salute e l'eleggibilità alla vaccinazione, considerate le patologie attuali e pregresse e le terapie in corso – spiega Anelli –. Nel nuovo modulo, la premessa fondamentale al consenso è infatti l'aver riferito al medico le patologie, i medicinali assunti, l'aver posto domande in merito al vaccino e al proprio stato di salute, ottenendo risposte esaurienti e comprensibili e, in generale, l'aver ricevuto e recepito una corretta e chiara informazione. Sarà poi il medico curante a dover essere messo al corrente degli eventuali effetti collaterali. E, per monitorare che non si verifichino reazioni avverse immediate, e soprattutto per poter intervenire prontamente, si chiede infine al paziente di rimanere nella sala d'aspetto del medico per almeno 15 minuti dalla somministrazione del vaccino».
«Tutte queste funzioni e competenze sono proprie del medico – continua Anelli –, in sua assenza, chi gestirà le reazioni avverse? Chi si prenderà la responsabilità di vaccinare anche in concomitanza di patologie o terapie, o, al contrario, di rifiutare la vaccinazione? Esiste, è vero, un modulo con le domande standard da porre al paziente: ma nessun modulo, nessun algoritmo potrà mai sostituire l'occhio del clinico, le conoscenze e le competenze acquisite con undici anni di studi specifici. Nessuna barratura di casella, nessun testo prestampato, nessun click potrà standardizzare la salute delle persone. Né, tanto meno, esonerare gli operatori dalla responsabilità professionale. Le competenze non possono essere stabilite con un decreto-legge, ma sotto il frutto di un percorso formativo.»;
l'emergenza COVID-19 e la campagna vaccinale hanno giustamente imposto la necessità di ricorrere a misure eccezionali e di ampliare il numero dei soggetti vaccinatori e quindi far effettuare i vaccini in Farmacia: un modello, però, che non può essere esportato nell'attività ordinaria poiché la somministrazione dei vaccini rimane un compito del medico che non si esaurisce con la mera inoculazione, ma richiede un'anamnesi accurata, una verifica dello stato di salute della persona e l'eventuale intervento in caso del manifestarsi di reazioni avverse;
la somministrazione da parte dei farmacisti con oneri a carico del cittadino, peraltro, rischia di rappresentare una surrettizia privatizzazione di una prestazione sanitaria che è generalmente posta a carico del Servizio sanitario nazionale e dunque gratuita per i cittadini presso le strutture pubbliche che saranno via via sempre più depotenziate;
dinanzi alla carenza cronica di personale e ai tagli nella sanità perpetrati negli ultimi 20 anni che hanno messo in ginocchio la sanità pubblica, è necessario potenziare gli ambulatori del dipartimento di prevenzione nell'ambito della riforma dell'assistenza territoriale e non implementare l'attività privata,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a circoscrivere nel tempo la somministrazione di vaccini da parte dei farmacisti ed esclusivamente per le necessità correlate al completamento della campagna vaccinale anti SARS-CoV-2 e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia.
9/3533-A/46. (Testo modificato nel corso della seduta)Nappi, Penna, Provenza, Sportiello, Villani, Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Bologna.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020, con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistono comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
l'articolo 4 del provvedimento in esame introduce misure sull'isolamento e l'autosorveglianza disponendo dal 1° aprile 2022 il divieto di mobilità, fino alla guarigione, per le persone sottoposte alla misura dell'isolamento poiché positive al SARS-CoV-2, specificando che il predetto isolamento termina a seguito di tampone negativo trasmesso al dipartimento di prevenzione competente, salvo che – secondo quanto aggiunto in sede referente – per il ricovero in una struttura sanitaria o altra struttura allo scopo destinata. Per i contatti stretti di positivi si applica il regime dell'auto sorveglianza, con obbligo di indossare dispositivi di protezione individuale FFP2, al chiuso o in presenza di assembramenti per 10 giorni e di effettuare un tampone se compaiono i sintomi;
la necessità di esecuzione di test antigenici rapidi permane, attraverso l'istituto dell'autosorveglianza, in ragione della necessità di continuare a contenere una possibile diffusione del virus e per accertare l'eventuale positività al virus in presenza di sintomi;
il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, recante «Misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali», e, in particolare l'articolo 34, comma 9-quater, prevede l'esecuzione gratuita di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, per i soggetti che non possono ricevere o completare la vaccinazione anti COVID-19, sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute;
la predetta gratuità di test antigenici rapidi per i soggetti che, sulla base di idonea certificazione medica, non possono ricevere o completare la vaccinazione anti SARS-CoV-2, è stata prevista fino al termine dello stato di emergenza ossia fino al 31 marzo 2022,
impegna il Governo
a garantire la predetta gratuità di test antigenici rapidi per i soggetti che, sulla base di idonea certificazione medica, non possono ricevere o completare la vaccinazione anti SARS-CoV-2 anche successivamente al termine dello stato di emergenza.
9/3533-A/47. Sportiello, Villani, Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi, Penna, Provenza.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020, con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistono comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
l'articolo 4 del provvedimento in esame introduce misure sull'isolamento e l'autosorveglianza disponendo dal 1° aprile 2022 il divieto di mobilità, fino alla guarigione, per le persone sottoposte alla misura dell'isolamento poiché positive al SARS-CoV-2, specificando che il predetto isolamento termina a seguito di tampone negativo trasmesso al dipartimento di prevenzione competente, salvo che – secondo quanto aggiunto in sede referente – per il ricovero in una struttura sanitaria o altra struttura allo scopo destinata. Per i contatti stretti di positivi si applica il regime dell'auto sorveglianza, con obbligo di indossare dispositivi di protezione individuale FFP2, al chiuso o in presenza di assembramenti per 10 giorni e di effettuare un tampone se compaiono i sintomi;
la necessità di esecuzione di test antigenici rapidi permane, attraverso l'istituto dell'autosorveglianza, in ragione della necessità di continuare a contenere una possibile diffusione del virus e per accertare l'eventuale positività al virus in presenza di sintomi;
il decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, recante «Misure urgenti connesse all'emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali», e, in particolare l'articolo 34, comma 9-quater, prevede l'esecuzione gratuita di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, per i soggetti che non possono ricevere o completare la vaccinazione anti COVID-19, sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute;
la predetta gratuità di test antigenici rapidi per i soggetti che, sulla base di idonea certificazione medica, non possono ricevere o completare la vaccinazione anti SARS-CoV-2, è stata prevista fino al termine dello stato di emergenza ossia fino al 31 marzo 2022,
impegna il Governo
nel rispetto dei vincoli di bilancio, a valutare la possibilità di garantire la predetta gratuità di test antigenici rapidi per i soggetti che, sulla base di idonea certificazione medica, non possono ricevere o completare la vaccinazione anti SARS-CoV-2 anche successivamente al termine dello stato di emergenza.
9/3533-A/47. (Testo modificato nel corso della seduta)Sportiello, Villani, Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi, Penna, Provenza.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020, con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistono comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
l'articolo 4 del provvedimento in esame introduce misure sull'isolamento e l'autosorveglianza disponendo dal 1° aprile 2022 il divieto di mobilità, fino alla guarigione, per le persone sottoposte alla misura dell'isolamento poiché positive al SARS-CoV-2, specificando che il predetto isolamento termina a seguito di tampone negativo trasmesso al dipartimento di prevenzione competente, salvo che – secondo quanto aggiunto in sede referente –, per il ricovero in una struttura sanitaria o altra struttura allo scopo destinata. Per i contatti stretti di positivi si applica il regime dell'auto sorveglianza, con obbligo di indossare dispositivi di protezione individuale FFP2, al chiuso o in presenza di assembramenti per 10 giorni e di effettuare un tampone se compaiono i sintomi;
la necessità di esecuzione di test antigenici rapidi permane, attraverso l'istituto dell'autosorveglianza, in ragione della necessità di continuare a contenere una possibile diffusione del virus e per accertare l'eventuale positività al virus in presenza di sintomi;
il decreto-legge 23 luglio 2021 n. 105 e, in particolare, l'articolo 5 dispone che il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 definisce con il Ministro della salute un protocollo d'intesa con le farmacie e con le altre strutture sanitarie al fine di assicurare la somministrazione di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, di cui all'articolo 9, comma 1, lettera d), del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, a prezzi contenuti; il predetto protocollo tiene conto in particolare dell'esigenza di agevolare ulteriormente i minori di età compresa tra i 12 e i 18 anni;
la disposizione sul protocollo con le farmacie è stata prorogata, da ultimo, fino al 31 marzo 2021 e, ancorché, ancora oggi, la maggior parte delle farmacie continua ad applicare i prezzi calmierati previsti nel protocollo, a norma di legge non esiste più la garanzia per i cittadini ai quali ancora oggi si applica obbligatoriamente l'auto sorveglianza sanitaria o la misura dell'isolamento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prorogare le disposizioni sulla calmierazione dei prezzi dei tamponi nelle farmacie e nelle strutture sanitarie, almeno fino al 30 giugno 2022 ovvero fino a quando sussistono le misure obbligatorie dell'autosorveglianza e dell'isolamento che richiedono l'esecuzione obbligatoria di test antigenici rapidi, trasferendo le risorse necessarie a favore del direttore dell'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia di cui all'articolo 2 del provvedimento in esame.
9/3533-A/48. Provenza, Sportiello, Villani, Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi, Penna.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020, con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistono comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
l'articolo 4 del provvedimento in esame introduce misure sull'isolamento e l'autosorveglianza disponendo dal 1° aprile 2022 il divieto di mobilità, fino alla guarigione, per le persone sottoposte alla misura dell'isolamento poiché positive al SARS-CoV-2, specificando che il predetto isolamento termina a seguito di tampone negativo trasmesso al dipartimento di prevenzione competente, salvo che – secondo quanto aggiunto in sede referente –, per il ricovero in una struttura sanitaria o altra struttura allo scopo destinata. Per i contatti stretti di positivi si applica il regime dell'auto sorveglianza, con obbligo di indossare dispositivi di protezione individuale FFP2, al chiuso o in presenza di assembramenti per 10 giorni e di effettuare un tampone se compaiono i sintomi;
la necessità di esecuzione di test antigenici rapidi permane, attraverso l'istituto dell'autosorveglianza, in ragione della necessità di continuare a contenere una possibile diffusione del virus e per accertare l'eventuale positività al virus in presenza di sintomi;
il decreto-legge 23 luglio 2021 n. 105 e, in particolare, l'articolo 5 dispone che il Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 definisce con il Ministro della salute un protocollo d'intesa con le farmacie e con le altre strutture sanitarie al fine di assicurare la somministrazione di test antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2, di cui all'articolo 9, comma 1, lettera d), del decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2021, n. 87, a prezzi contenuti; il predetto protocollo tiene conto in particolare dell'esigenza di agevolare ulteriormente i minori di età compresa tra i 12 e i 18 anni;
la disposizione sul protocollo con le farmacie è stata prorogata, da ultimo, fino al 31 marzo 2021 e, ancorché, ancora oggi, la maggior parte delle farmacie continua ad applicare i prezzi calmierati previsti nel protocollo, a norma di legge non esiste più la garanzia per i cittadini ai quali ancora oggi si applica obbligatoriamente l'auto sorveglianza sanitaria o la misura dell'isolamento,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità, nel rispetto dei vincoli di bilancio, di prorogare le disposizioni sulla calmierazione dei prezzi dei tamponi nelle farmacie e nelle strutture sanitarie, almeno fino al 30 giugno 2022 ovvero fino a quando sussistono le misure obbligatorie dell'autosorveglianza e dell'isolamento che richiedono l'esecuzione obbligatoria di test antigenici rapidi, trasferendo le risorse necessarie a favore del direttore dell'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia di cui all'articolo 2 del provvedimento in esame.
9/3533-A/48. (Testo modificato nel corso della seduta)Provenza, Sportiello, Villani, Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi, Penna.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020, con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di mite le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistono comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
l'articolo 8 disciplina gli obblighi vaccinali. In particolare proroga fino al 15 giugno 2022 l'obbligo vaccinale per il personale scolastico, per il personale della difesa e sicurezza, per il personale penitenziario, delle università, delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e degli istituti tecnici superiori, nonché al personale dei Corpi forestali delle regioni a statuto speciale;
in relazione al personale docente ed educativo della scuola, il citato articolo 8, dispone altresì che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni demandando ai dirigenti scolastici il rispetto del predetto obbligo;
l'atto di accertamento dell'inadempimento della vaccinazione impone al dirigente scolastico, dal 1° aprile 2022 fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 2021/2022, di utilizzare il docente inadempiente in attività di supporto alla istituzione scolastica e di sostituire, il personale docente e educativo non vaccinato. In sede referente si è introdotta la disposizione volta a chiarire che l'atto di accertamento si interpreta nel senso che ai docenti inadempienti si applica, per quanto compatibile, il regime stabilito per i docenti dichiarati temporaneamente inidonei alle proprie funzioni. Si provvede quindi alla relativa autorizzazione di spesa;
con riferimento alla nota n. 620 del 28 marzo 2022 – con cui sono state definite le modalità atte a garantire la continuità didattica a seguito dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 24 del 2022 – e ai diversi quesiti in merito alle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa del personale docente ed educativo inadempiente all'obbligo vaccinale che, in applicazione dell'articolo 4-ter.2, comma 2, del decreto-legge n. 44 del 2021, introdotto dall'articolo 8 del citato decreto-legge n. 24, non può svolgere le attività didattiche a contatto con gli alunni, il Ministero della salute ha emanato l'ulteriore Nota prot. 659 del 31 marzo 2022;
con la predetta nota del 31 marzo il Ministero dell'università e della ricerca, anche sulla base dei pareri legali acquisiti, ritiene che per l'individuazione delle attività a supporto dell'istituzione scolastica a cui adibire il menzionato personale docente ed educativo si dovrà fare riferimento all'articolo 3 del CCNI del 25 giugno 2008, che individua tra le attività di supporto alle funzioni scolastiche il servizio di biblioteca e documentazione, l'organizzazione di laboratori, il supporto nell'utilizzo degli audiovisivi e delle nuove tecnologie informatiche, le attività relative al funzionamento degli organi collegiali, dei servizi amministrativi e ogni altra attività deliberata nell'ambito del progetto d'istituto. Inoltre, per quanto concerne la determinazione dell'orario di lavoro, la prestazione lavorativa dovrà svolgersi su 36 ore settimanali, al puri di quanto previsto per i lavoratori temporaneamente inidonei all'insegnamento (articolo 8 del medesimo CCNI del 25 giugno 2008) nonché per tutto il personale docente ed educativo che a vario titolo non svolge l'attività di insegnamento ma viene impiegato in altri compiti (quali i docenti che svolgono le funzioni di cui all'articolo 26 della legge n. 448 del 1998, quelli destinati ai progetti nazionali di cui alla legge n. 107 del 2015, e altro),
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di intervenire nel primo provvedimento utile e con una norma di rango primario, per chiarire che l'individuazione delle attività a supporto dell'istituzione scolastica a cui adibire il menzionato personale docente ed educativo, dovrà avvenire esclusivamente nell'ambito del CCNI e comunque nelle attività che rientrano nel profilo professionale dell'insegnante quali, a titolo esemplificativo, le attività anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione.
9/3533-A/49. Villani, Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi, Penna, Provenza, Sportiello.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020 con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistono comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
l'articolo 10 del provvedimento in esame proroga taluni termini correlati alla pandemia da COVID-19, nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente, in particolare, proroga al 31 dicembre 2022 i termini indicati all'allegato A e, secondo una modifica introdotta in sede referente, proroga al 31 luglio 2022 (anziché 30 giugno 2022) i termini indicati all'allegato B.
tra le misure di cui al predetto allegato B) rientra:
la sorveglianza sanitaria sui lavoratori maggiormente esposti al rischio di contagio (l'obbligo per i datori di lavoro di assicurare la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio in ragione di determinati fattori (età, immunodepressione, esiti di patologie oncologiche, svolgimento di terapie salvavita o comorbilità);
disposizioni in materia di lavoro agile (obblighi di comunicazione a carico dei datori di lavoro del settore privato in materia di lavoro agile nonché la facoltà, per gli stessi datori di lavoro, di applicare la modalità di lavoro agile a ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali;
nel corso dell'esame in sede referente, per volontà trasversale di tutti i gruppi politici, è stata altresì prorogato, fino al 30 giugno 2022, il lavoro agile per i lavoratori fragili e l'equiparazione al ricovero ospedaliero dell'assenza per quei lavoratori fragili che non possono svolgere le loro mansioni in modalità agile e le cui patologie siano tra quelle elencate dal decreto ministeriale già emanato. Sono state inoltre prorogate fino al 31 agosto 2022 le disposizioni per l'attivazione semplificata del lavoro agile per i lavoratori del settore privato e fino al 30 giugno 2022 il lavoro agile per genitori di figli con disabilità;
tuttavia, per la generalità dei lavoratori del settore privato che hanno contratto il COVID-19, inclusi i lavoratori fragili, e che sono posti in quarantena/isolamento, a decorrere dal 1° gennaio 2022, il periodo di malattia è computato ai fini del periodo di comporto; ciò perché non è stata prorogata la disposizione di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 che, per individuare il periodo trascorso in quarantena o permanenza domiciliare, richiama a sua volta l'articolo 1, comma 2, lettera d) ed e) del decreto-legge n. 19 del 2020, il quale indica, da un lato, i soggetti ai quali sia stata applicata la misura della quarantena precauzionale in quanto «hanno avuto contatti stretti con casi confermati» (norma ora non più efficace), dall'altro, coloro che siano stati sottoposti a divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus (norma attualmente vigente),
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di prorogare la disposizione di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 affinché non sia computata, ai fini del periodo di comporto, l'assenza per malattia dei lavoratori, inclusi i lavoratori fragili, ai quali è applicata la misura della quarantena e/o dell'isolamento perché risultati positivi al virus.
9/3533-A/50. D'Arrando, Invidia, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi, Penna, Provenza, Sportiello, Villani, Lorefice.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, nel richiamare la dichiarazione dell'Organizzazione mondiale della sanità dell'11 marzo 2020 con la quale l'epidemia da COVID-19 è stata valutata come «pandemia» in considerazione dei livelli di diffusività e gravità raggiunti a livello globale, e tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza, detta le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistono comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
l'articolo 10 del provvedimento in esame proroga taluni termini correlati alla pandemia da COVID-19, nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente, in particolare, proroga al 31 dicembre 2022 i termini indicati all'allegato A e, secondo una modifica introdotta in sede referente, proroga al 31 luglio 2022 (anziché 30 giugno 2022) i termini indicati all'allegato B.
tra le misure di cui al predetto allegato B) rientra:
la sorveglianza sanitaria sui lavoratori maggiormente esposti al rischio di contagio (l'obbligo per i datori di lavoro di assicurare la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio in ragione di determinati fattori (età, immunodepressione, esiti di patologie oncologiche, svolgimento di terapie salvavita o comorbilità);
disposizioni in materia di lavoro agile (obblighi di comunicazione a carico dei datori di lavoro del settore privato in materia di lavoro agile nonché la facoltà, per gli stessi datori di lavoro, di applicare la modalità di lavoro agile a ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali;
nel corso dell'esame in sede referente, per volontà trasversale di tutti i gruppi politici, è stata altresì prorogato, fino al 30 giugno 2022, il lavoro agile per i lavoratori fragili e l'equiparazione al ricovero ospedaliero dell'assenza per quei lavoratori fragili che non possono svolgere le loro mansioni in modalità agile e le cui patologie siano tra quelle elencate dal decreto ministeriale già emanato. Sono state inoltre prorogate fino al 31 agosto 2022 le disposizioni per l'attivazione semplificata del lavoro agile per i lavoratori del settore privato e fino al 30 giugno 2022 il lavoro agile per genitori di figli con disabilità;
tuttavia, per la generalità dei lavoratori del settore privato che hanno contratto il COVID-19, inclusi i lavoratori fragili, e che sono posti in quarantena/isolamento, a decorrere dal 1° gennaio 2022, il periodo di malattia è computato ai fini del periodo di comporto; ciò perché non è stata prorogata la disposizione di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 che, per individuare il periodo trascorso in quarantena o permanenza domiciliare, richiama a sua volta l'articolo 1, comma 2, lettera d) ed e) del decreto-legge n. 19 del 2020, il quale indica, da un lato, i soggetti ai quali sia stata applicata la misura della quarantena precauzionale in quanto «hanno avuto contatti stretti con casi confermati» (norma ora non più efficace), dall'altro, coloro che siano stati sottoposti a divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena perché risultate positive al virus (norma attualmente vigente),
impegna il Governo
compatibilmente con i vincoli di bilancio, a valutare l'opportunità di prorogare la disposizione di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 affinché non sia computata, ai fini del periodo di comporto, l'assenza per malattia dei lavoratori, inclusi i lavoratori fragili, ai quali è applicata la misura della quarantena e/o dell'isolamento perché risultati positivi al virus.
9/3533-A/50. (Testo modificato nel corso della seduta)D'Arrando, Invidia, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi, Penna, Provenza, Sportiello, Villani, Lorefice.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, tenuto conto dell'evolversi della situazione epidemiologica e dell'esigenza di superare lo stato di emergenza derivato dalla diffusione del virus SARS-Cov-2, della le disposizioni necessarie alla progressiva ripresa di tutte le attività in via ordinaria, precisando tuttavia che, nonostante la cessazione dello stato d'emergenza, persistano comunque esigenze di contrasto del diffondersi della pandemia da COVID-19;
con legge 30 dicembre 2020, n. 178, articolo 1, commi 418-420, è stata introdotta la possibilità per le farmacie di effettuare test sierologici e tamponi antigenici per la rilevazione del virus SARS-Cov-2, nonché l'effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare, sia nel caso di test di autodiagnosi che nel caso di test ad uso professionale;
tale misura ha permesso, da un lato di ampliare le attività di rilevamento dei contagi da SARS-CoV-2, dall'altro di alleggerire il carico di lavoro del sistema sanitario regionale relativamente alla gestione dell'elevato numero di richieste di tamponi proveniente tanto dai medici di medicina generale, quanto da singoli cittadini, soprattutto durante il periodo delle scorse festività natalizie e, da ultimo, pasquali;
in diverse regioni italiane sono presenti poche farmacie, non tutte disponibili alla somministrazione o all'esecuzione di test antigenici rapidi; da ciò deriverebbe l'esigenza di aumentare i punti di screening e incrementare i servizi farmaceutici in favore dell'utenza;
una soluzione efficace potrebbe essere rappresentata dal coinvolgimento delle parafarmacie, istituite dalla legge n. 248 del 2006, nello svolgimento di queste attività, in quanto sorte proprio per incrementare l'offerta del servizio parafarmaceutico in favore dell'utenza; infatti, in funzione degli sviluppi della situazione pandemica e dell'andamento dei contagi, il coinvolgimento delle parafarmacie potrebbe risultare essenziale per assicurare un potenziamento per la prosecuzione degli screening di massa necessari a gestire la pandemia;
considerato che:
il Consiglio di Stato, con sentenza n. 2900/200, pubblicata il 19 aprile 2022, ha affermato il principio secondo il quale l'ampliamento della farmacia in locali diversi da quelli dove si dispensano i farmaci, cioè senza contiguità, non viola la pianta organica dell'esercizio, a condizione, tuttavia, che in tali locali siano autorizzate soltanto «la vendita di parafarmaci, le prenotazioni Cup ed eventuali futuri servizi nel rispetto della vigente normativa in materia di farmacia dei servizi»;
al fine di garantire ai cittadini la più elevata possibile fruizione dei summenzionati servizi, creando un ulteriore canale di accesso agli stessi, sarebbe auspicabile includere le parafarmacie tra i soggetti abilitati ad erogare servizi quali l'esecuzione di test sierologici e tamponi antigenici per la rilevazione del virus SARS-CoV-2, autoanalisi del sangue, servizi Cup e ritiro referti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche di carattere normativo, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di includere anche le parafarmacie tra i soggetti che possono erogare i servizi sopra richiamati.
9/3533-A/51. Mammì, Marzana, Misiti, Nappi, Penna, Provenza, Sportiello, Villani, Lorefice, D'Arrando.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 contiene diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
in particolare, l'articolo 6 del provvedimento reca, tra le altre, misure per la revisione di un complesso di norme che, nella disciplina vigente fino al 31 marzo 2022, richiedevano, per l'accesso ad alcuni ambiti o servizi o per lo svolgimento di alcune attività, il possesso di un certificato verde COVID-19 di base (in corso di validità) e, per altre fattispecie, il possesso di un omologo certificato rafforzato – generato, cioè, da vaccinazione contro il COVID-19 o da guarigione dalla medesima malattia, con esclusione dei certificati generati in base a un test molecolare o antigenico rapido;
le novelle, con riferimento al periodo 1° aprile 2022-30 aprile 2022, stabiliscono, a seconda della singola fattispecie di ambito, servizio o attività, la proroga della suddetta condizione, o il passaggio dalla condizione del certificato rafforzato a quella relativa al certificato di base ovvero la cessazione della medesima condizione alla data del 31 marzo 2022;
la Commissione per le libertà civili del Parlamento europeo ha approvato di recente una risoluzione avente per oggetto l'estensione del certificato COVID digitale europeo fino al 30 giugno 2023, affinché i cittadini non siano privati del loro diritto alla circolazione «indipendentemente dall'evoluzione della pandemia»;
la stessa Commissione europea ha proposto, nel febbraio scorso, di prorogare di un anno, fino al 30 giugno 2023, il certificato COVID digitale dell'Unione europea, in scadenza il 30 giugno 2022, al fine di garantire ai viaggiatori la possibilità di continuare a utilizzare il suddetto certificato europeo per i viaggi all'interno dell'Unione qualora gli Stati membri mantengano determinate misure di sanità pubblica;
nonostante l'attenuarsi della pandemia abbia portato diversi Paesi in Europa a non rinnovare lo stato di emergenza, il certificato COVID-19 digitale dell'Unione europea sembra profilarsi, a livello europeo, come uno strumento destinato per il momento a conservare la propria validità,
impegna il Governo
a fronte della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, a valutare l'opportunità di intraprendere tutte le necessarie iniziative finalizzate all'assunzione di una strategia comune e di una posizione univoca e condivisa a livello europeo relativamente alla eliminazione, alla data di scadenza, dell'utilizzo dello strumento certificato COVID-19 digitale europeo, senza ulteriori proroghe che non siano giustificate da una recrudescenza del virus.
9/3533-A/52. Papiro, Serritella, Corneli, Martinciglio, Terzoni, Zolezzi, Bruno, Di Lauro, Iorio, Emiliozzi.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 contiene diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
in particolare, l'articolo 6 del provvedimento reca, tra le altre, misure per la revisione di un complesso di norme che, nella disciplina vigente fino al 31 marzo 2022, richiedevano, per l'accesso ad alcuni ambiti o servizi o per lo svolgimento di alcune attività, il possesso di un certificato verde COVID-19 di base (in corso di validità) e, per altre fattispecie, il possesso di un omologo certificato rafforzato – generato, cioè, da vaccinazione contro il COVID-19 o da guarigione dalla medesima malattia, con esclusione dei certificati generati in base a un test molecolare o antigenico rapido;
le novelle, con riferimento al periodo 1° aprile 2022-30 aprile 2022, stabiliscono, a seconda della singola fattispecie di ambito, servizio o attività, la proroga della suddetta condizione, o il passaggio dalla condizione del certificato rafforzato a quella relativa al certificato di base ovvero la cessazione della medesima condizione alla data del 31 marzo 2022;
la Commissione per le libertà civili del Parlamento europeo ha approvato di recente una risoluzione avente per oggetto l'estensione del certificato COVID digitale europeo fino al 30 giugno 2023, affinché i cittadini non siano privati del loro diritto alla circolazione «indipendentemente dall'evoluzione della pandemia»;
la stessa Commissione europea ha proposto, nel febbraio scorso, di prorogare di un anno, fino al 30 giugno 2023, il certificato COVID digitale dell'Unione europea, in scadenza il 30 giugno 2022, al fine di garantire ai viaggiatori la possibilità di continuare a utilizzare il suddetto certificato europeo per i viaggi all'interno dell'Unione qualora gli Stati membri mantengano determinate misure di sanità pubblica;
nonostante l'attenuarsi della pandemia abbia portato diversi Paesi in Europa a non rinnovare lo stato di emergenza, il certificato COVID-19 digitale dell'Unione europea sembra profilarsi, a livello europeo, come uno strumento destinato per il momento a conservare la propria validità,
impegna il Governo
nel rispetto delle superiori determinazioni che saranno assunte a livello comunitario, a fronte della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, a valutare l'opportunità di intraprendere tutte le necessarie iniziative finalizzate all'assunzione di una strategia comune e di una posizione univoca e condivisa a livello europeo relativamente alla eliminazione, alla data di scadenza, dell'utilizzo dello strumento certificato COVID-19 digitale europeo, senza ulteriori proroghe che non siano giustificate da una recrudescenza del virus.
9/3533-A/52. (Testo modificato nel corso della seduta)Papiro, Serritella, Corneli, Martinciglio, Terzoni, Zolezzi, Bruno, Di Lauro, Iorio, Emiliozzi.
La Camera,
premesso che:
con l'approvazione dell'ordine del giorno a prima firma dell'onorevole Zolezzi al decreto-legge n. 1 del 2022 il Governo ha accolto l'impegno a valutare l'opportunità di revocare le misure che prevedevano la necessità di dosi vaccinali obbligatorie a fini lavorativi e per tutte le finalità, anche sociali o ricreative, per le quali era richiesto il cosiddetto «Supergreenpass» o «Green pass rafforzato» per le persone guarite dall'infezione dal virus SARS-CoV-2;
con la pubblicazione del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 e con lo scadere dell'emergenza COVID-19 il 31 marzo 2022, l'obbligo di vaccinazione è rimasto per alcune categorie professionali, operatori sanitari fino al 31 dicembre 2022 e per gli insegnanti fino al 15 giugno 2022;
la letteratura scientifica citata nelle premesse di tale ordine del giorno, in particolare lo studio di Alejo et al., Department of Surgery, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, Maryland pubblicato su JAMA il 3 febbraio 2022, condotto su 1.580 pazienti, dove viene riportato che il 99 per cento delle persone infettate in precedenza aveva anticorpi contro il SARS-CoV2 anche a distanza di venti mesi dalla negativizzazione, è stata arricchita da numerosi altri studi e da dati pubblicati anche su siti istituzionali prestigiosi come il CDC USA, nel cui testo più recente si legge: «mentre rimane incerto in quale grado e per quanto tempo le persone con anticorpi rilevabili sono protette dalla reinfezione da SARS-CoV-2 o quale concentrazione di anticorpi sono necessarie per fornire tale protezione, gli studi di coorte indicano 80-90 per cento di riduzione nell'incidenza per almeno 6 mesi dopo l'infezione fra le persone positive per anticorpi. L'immunità adattiva mediata da T-cell a seguito dell'infezione, sebbene non completamente compresa, probabilmente contribuisce alla proiezione da successive esposizioni al SARS-CoV-2». Dopo aver citato alcuni studi, nel documento si riporta che «Tutte le persone eleggibili dovrebbero ricevere il vaccino, includendo le persone già infettate anche con anticorpi evidenti», tuttavia tale affermazione non appare supportata da dati e fa, in ogni caso, riferimento a una popolazione diversa dalla nostra (BM1. dislipidemie e altro). Nel testo dello stesso Cdc pubblicato come Morbidity and Mortality Weekly Report il 19 gennaio 2022 (COVID-19 Cases and Hospitalization by COVID-19 Vaccination status and Previous COVID-19 Diagnosis – California and New York, May-November 2021 Tomas M. Leon, e altri U.S. Department of Health and Human Services Center for Disease Control and Prevention Early Release / Vol. 71 January 19, 2022) si leggono le percentuali di ospedalizzazione per reinfezione nei guariti non vaccinati e vaccinati, con analoga percentuale (0,03 per cento cioè 3 guariti su 10.000 sono stati ospedalizzati);
sono 12.554.996 i casi di SARS-CoV-2 diagnosticati in Italia al 22 febbraio 2022; secondo le Assicurazioni Generali i casi sarebbero di più, circa 100 volte il numero dei decessi per le varianti ante-omicron, quindi almeno 15 milioni (153.764 decessi in Italia al 23 febbraio 2022), con verosimile incremento dei casi per la variante Omicron che ha causato meno della metà dei decessi rispetto alle precedenti varianti, questi dati suggeriscono uno scarso significato clinico e un risultato assente a livello di sanità comunitaria relativamente alla vaccinazione dei guariti da SARS-CoV-2 e impongono un ripensamento delle norme esistenti, in particolare, per quanto riguarda il diritto al lavoro e l'efficacia del Servizio sanitario nazionale;
i dati sono riportati anche nell'interrogazione al Ministro della salute dell'Onorevole Zolezzi e al numero 4/11507 a cui non è stata ancora data risposta; al 29 aprile 2022 sono 16.4 milioni i casi nazionali di infezione diagnosticata da SARS-CoV-2 (163 mila decessi);
lo studio svedese di Peter Nordstrom et al. pubblicato su the Luncet, infectious diseases, mettendo a confronto campioni di individui non vaccinati con immunità naturale, non vaccinali privi di immunità naturale alla partenza, vaccinati con una dose e con due dosi dopo una infezione. Ha evidenziato come, dopo i primi 3 mesi, l'immunità naturale era associata con un minor rischio di infezione da SARS-CoV-2 del 95 per cento e con un minor rischio di ricovero dell'87 per cento per circa 20 mesi di follow-up, senza segni di declino;
questi risultati estendono notevolmente il follow-up di una metanalisi di 15 studi osservazionali, che aveva mostrato con l'immunità naturale un minor rischio di reinfezione proprio dell'87 per cento persistente fino a un anno, nel confronto con soggetti non immuni. L'immunità ibrida ha offerto una protezione aggiuntiva che può sembrare importante in termini relativi, ma è minima in termini assoluti; risultati simili ha ottenuto uno studio israeliano in preprint, in cui una dose aggiuntiva di vaccino Pfizer in soggetti naturalmente immuni è risultato associato con un piccolo numero di infezioni in meno nell'arco di mesi;
gli autori svedesi, per altro, osservano che ci sono segnali di decadimento nel tempo della protezione ibrida, e la stessa cosa osserva un recente studio israeliano su 5,7 milioni di individui, anche questo in preprint. Lo studio svedese, recensito in italiano sulla rivista «Quotidiano sanità» dal professor Alberto Donzelli, conclude sostenendo che «se i pass sono usati per restrizioni sociali, si dovrebbe riconoscere come prova di immunità non solo la vaccinazione, ma anche una precedente infezione»;
relativamente ad altre vaccinazioni per specifiche categorie si può portare l'esempio della vaccinazione anti epatite B, fortemente raccomandata (non obbligatoria) in operatori sanitari privi di positività di anti-HBs che indica la presenza di memoria immunologica, e la vaccinazione antitubercolare (TBC) obbligatoria in operatori di specifici reparti e settori in caso di negatività al test cutaneo, per le quali l'immunità naturale esenta dalla raccomandazione o dall'obbligo vaccinale. Per il SARS-CoV-2 va aggiunto il fatto che tale virus non è stabile e la vaccinazione non è ancora aggiornata con le varianti circolanti a differenza di epatite B e TBC con agente patogeno e vaccinazione relativamente stabili;
non sono disponibili dati certi sul numero di lavoratori ancora sospesi per non aver adempiuto all'obbligo vaccinale per la loro categoria. Per quanto riguarda i medici, il presidente Anelli della FNOMCeO rese noto il dato di 34 mila medici sospesi alla data del 21 gennaio 2022, circa il 5 per cento dei medici italiani, e altrettanti potrebbero essere gli infermieri e gli operatori sanitari portando a ipotizzare un numero di 60 mila operatori sanitari, fra medici, infermieri, operatori sociosanitari e altri, attualmente sospesi, un numero rilevante se si pensa allo stato di stress del Servizio sanitario nazionale dove, già in prepandemia, il numero di operatori in burn out era elevatissimo;
in questa fase, consentire a tutti gli operatori sanitari, almeno ai guariti, di riprendere a esercitare, appare uno strumento essenziale per la ripartenza e la resilienza del Servizio sanitario nazionale;
lo stesso vale per il mondo della scuola e per le altre categorie ancora obbligate alla vaccinazione, a scapito dell'efficacia e del regolare funzionamento del sistema di istruzione, pur in assenza di adeguate motivazioni scientifiche a supporto del protrarsi della misura della sospensione,
impegna il Governo:
a disporre, per le persone guarite da infezione documentata da SARS-CoV-2 e per le persone che possano dimostrare un'immunità anche solo di memoria linfocitaria dal medesimo agente patogeno, la revoca delle misure che prevedono la necessità di dosi vaccinali obbligatorie a fini lavorativi per le quali è richiesto il cosiddetto «Supergreen-pass» o «Green-pass rafforzato» o comunque la vaccinazione obbligatoria per talune categorie professionali, compresi gli operatori sanitari;
a rendere pubblici i dati relativi al numero degli operatori professionali dei diversi settori attualmente interessati dalle misure di sospensione dal lavoro a seguito delle restrizioni legate alla gestione della pandemia.
9/3533-A/53. Zolezzi, Serritella, Bella, Bruno, Corneli, Dieni, Di Lauro, Emiliozzi, Ferraresi, Iorio, Papiro, Faro, Gabriele Lorenzoni, Martinciglio, Segneri, Terzoni.
La Camera,
premesso che:
la figura del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 è stata disciplinata dall'articolo 122 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020. n. 27, e successive modificazioni, con efficacia, come detto, fino al 31 marzo 2022. Il Commissario suddetto attuava e sovrintendeva a ogni intervento utile a fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l'emergenza stessa, o comunque necessario in relazione alle misure adottate per contrastarla, nonché programmando e organizzando ogni attività connessa, individuando e indirizzando il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie, individuando i fabbisogni e procedendo all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, di apparecchiature e di dispositivi medici e di protezione individuale. Ai sensi del comma 9 del citato articolo 122, e successive modificazioni, alle attività di propria competenza il Commissario straordinario provvedeva nei limiti delle risorse assegnate con delibera del Consiglio dei ministri a valere sul Fondo emergenze nazionali;
considerato che:
in particolare, il suddetto Commissario, nello svolgimento delle sue funzioni, poteva adottare provvedimenti, di natura non normativa, anche in deroga a ogni disposizione vigente, nel rispetto della Costituzione, dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea. Le misure adottate dovevano essere in ogni caso adeguatamente proporzionate alle finalità perseguite. I provvedimenti dovevano essere immediatamente comunicati alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e alle singole regioni su cui il provvedimento incideva, che potevano chiederne il riesame. Si valuti l'opportunità di chiarire se al direttore della suddetta Unità e, a regime, al Ministero della salute siano attribuite anche le possibilità di deroga summenzionate. L'articolo 2 del decreto-legge in questione dispone l'istituzione in via temporanea, dal 1° aprile 2022, di un'Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto della pandemia, che opera fino al 31 dicembre 2022. Tale Unità subentra in tutti i rapporti attivi e passivi facenti capo al Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19,
impegna il Governo
a valutare di adottare provvedimenti al fine di sopperire al superamento del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in particolare garantendo un coordinamento a livello nazionale nell'opera di gestione dei reparti Covid allestiti nei presidi ospedalieri, nonché monitorando il ripristino graduale delle funzioni ordinarie dei reparti già in precedenza operativi.
9/3533-A/54. Maraia.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 40 del decreto legislativo del 17 agosto 1999 n. 368 stabilisce che, per tutta la durata della formazione a tempo pieno degli specializzandi sia inibito l'esercizio di attività libero-professionale all'esterno delle strutture assistenziali in cui si effettua la formazione ed ogni rapporto convenzionale o precario con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche e private, pena la risoluzione del contratto, e che l'impegno richiesto per la formazione specialistica dei medici in specializzazione sia pari a quello previsto per il personale medico del Servizio sanitario nazionale a tempo pieno, assicurando la facoltà dell'esercizio della libera professione intramuraria;
le uniche attività consentite durante il corso di specializzazione risultano essere esclusivamente: il servizio di continuità assistenziale, le sostituzioni del medico di medicina generale, le guardie turistiche e le attività intramoenia nelle strutture della rete formativa, previa definizione di accordi di convenzione;
a causa dell'emergenza sanitaria sono state permesse alcune forme di reclutamento per i medici in formazione specialistica attraverso il decreto legislativo 9 marzo 2020 n. 14, il decreto legislativo 17 marzo 2020 n. 18 e il decreto-legge 24 aprile 2020 n. 27, noto come Decreto Cura Italia;
la normativa d'emergenza ha permesso il conferimento di incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, e di incarichi individuali a tempo determinato, ai medici iscritti all'ultimo e al penultimo anno di specializzazione, il conferimento di incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale e la possibilità di svolgimento dell'attività presso le Unità speciali di continuità assistenziale (Usca);
il comma 3 dell'articolo 12 del disegno di legge in esame riconosce l'attività lavorativa prestata dai medici specializzandi – in seguito al conferimento di incarichi di lavoro autonomo e individuale in deroga – anche al di fuori del periodo emergenziale in ragione della proroga, intervenuta in legge di bilancio, al 31 dicembre 2022 del termine che consente il conferimento di incarichi di lavoro autonomo nonché di incarichi-individuali a tempo determinato ai medici specializzandi iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso;
le disposizioni contenute nella direttiva concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro 2003/88/CE sanciscono che l'orario di lavoro settimanale non può superare in media le 48 ore, con un periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive per ogni periodo di 24 ore e un riposo settimanale minimo di 24 ore consecutive per ogni periodo della durata di 7 giorni;
l'articolo 17 della stessa introduce la possibilità di deroga ai limiti di riposo soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata;
secondo un sondaggio svolto da ALS Associazione Liberi Specializzandi nel 2021 su oltre 1.300 medici in formazione risulta che a circa al 26 per cento di essi, mai o raramente, è stata concessa la pausa di 12 ore dopo il turno di notte e il 53 per cento di essi ammette di aver superato il limite orario previsto dalla legge,
impegna il Governo
ad avviare, attraverso un intervento normativo, una revisione della disciplina dell'attività lavorativa dei medici specializzandi finalizzata: al riordino organico delle incompatibilità lavorative attualmente presenti per i medici in formazione specialistica; all'introduzione di adeguate misure di compensazione, in termini di periodi equivalenti di riposo, laddove si deroghi ai limiti di orario di formazione-lavoro previsti dal contratto del medico in formazione specialistica.
9/3533-A/55. Tuzi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 40 del decreto legislativo del 17 agosto 1999 n. 368 stabilisce che, per tutta la durata della formazione a tempo pieno degli specializzandi sia inibito l'esercizio di attività libero-professionale all'esterno delle strutture assistenziali in cui si effettua la formazione ed ogni rapporto convenzionale o precario con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche e private, pena la risoluzione del contratto, e che l'impegno richiesto per la formazione specialistica dei medici in specializzazione sia pari a quello previsto per il personale medico del Servizio sanitario nazionale a tempo pieno, assicurando la facoltà dell'esercizio della libera professione intramuraria;
le uniche attività consentite durante il corso di specializzazione risultano essere esclusivamente: il servizio di continuità assistenziale, le sostituzioni del medico di medicina generale, le guardie turistiche e le attività intramoenia nelle strutture della rete formativa, previa definizione di accordi di convenzione;
a causa dell'emergenza sanitaria sono state permesse alcune forme di reclutamento per i medici in formazione specialistica attraverso il decreto legislativo 9 marzo 2020 n. 14, il decreto legislativo 17 marzo 2020 n. 18 e il decreto-legge 24 aprile 2020 n. 27, noto come Decreto Cura Italia;
la normativa d'emergenza ha permesso il conferimento di incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, e di incarichi individuali a tempo determinato, ai medici iscritti all'ultimo e al penultimo anno di specializzazione, il conferimento di incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale e la possibilità di svolgimento dell'attività presso le Unità speciali di continuità assistenziale (Usca);
il comma 3 dell'articolo 12 del disegno di legge in esame riconosce l'attività lavorativa prestata dai medici specializzandi – in seguito al conferimento di incarichi di lavoro autonomo e individuale in deroga – anche al di fuori del periodo emergenziale in ragione della proroga, intervenuta in legge di bilancio, al 31 dicembre 2022 del termine che consente il conferimento di incarichi di lavoro autonomo nonché di incarichi-individuali a tempo determinato ai medici specializzandi iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso;
le disposizioni contenute nella direttiva concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro 2003/88/CE sanciscono che l'orario di lavoro settimanale non può superare in media le 48 ore, con un periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive per ogni periodo di 24 ore e un riposo settimanale minimo di 24 ore consecutive per ogni periodo della durata di 7 giorni;
l'articolo 17 della stessa introduce la possibilità di deroga ai limiti di riposo soltanto a condizione che ai prestatori di lavoro siano accordati periodi equivalenti di riposo compensativo o, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per motivi oggettivi, a condizione che ai lavoratori interessati sia accordata una protezione appropriata;
secondo un sondaggio svolto da ALS Associazione Liberi Specializzandi nel 2021 su oltre 1.300 medici in formazione risulta che a circa al 26 per cento di essi, mai o raramente, è stata concessa la pausa di 12 ore dopo il turno di notte e il 53 per cento di essi ammette di aver superato il limite orario previsto dalla legge,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di avviare, attraverso un intervento normativo, una revisione della disciplina dell'attività lavorativa dei medici specializzandi finalizzata: al riordino organico delle incompatibilità lavorative attualmente presenti per i medici in formazione specialistica; all'introduzione di adeguate misure di compensazione, in termini di periodi equivalenti di riposo, laddove si deroghi ai limiti di orario di formazione-lavoro previsti dal contratto del medico in formazione specialistica.
9/3533-A/55. (Testo modificato nel corso della seduta)Tuzi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 12 del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di contratti in favore di medici specializzandi nonché in materia di formazione specifica in medicina generale (rubrica modificata in sede referente). In particolare:
sopprime la disposizione che circoscrive il riconoscimento del periodo di attività svolto dai medici specializzandi esclusivamente durante stato di emergenza ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione. Si supera quindi una incongruenza derivante dal fatto che a fronte della proroga degli istituti previsti che consentono le predette attività, ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione, sarà valutata soltanto l'attività svolta durante il periodo emergenziale, che però è in scadenza il 31 marzo 2022;
con una disposizione introdotta in sede referente, proroga al 31 dicembre 2024 la possibilità per i corsisti in MMG di partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, subordinatamente ai medici in possesso del relativo diploma e agli altri medici aventi, a qualsiasi titolo, diritto all'inserimento nella graduatoria regionale. L'emendamento, in relazione alla predetta possibilità, modifica quindi il massimale degli assistiti;
l'articolo 40 del decreto legislativo 17 agosto 1999 n. 368 prevede che per la durata della formazione a tempo pieno al medico è inibito l'esercizio di attività libero-professionale all'esterno delle strutture assistenziali in cui si effettua la formazione ed ogni rapporto convenzionale o precario con il Servizio sanitario nazionale o enti e istituzioni pubbliche e private;
il predetto articolo 40 prevede altresì che l'impegno richiesto per la formazione specialistica è pari a quello previsto per il personale medico del Servizio sanitario nazionale a tempo pieno, assicurando la facoltà dell'esercizio della libera professione intramuraria e che il medico in formazione specialistica, ove sussista un rapporto di pubblico impiego, è collocato, compatibilmente con le esigenze di servizio, in posizione di aspettativa senza assegni, secondo le disposizioni legislative contrattuali vigenti;
considerato che:
è auspicabile che durante la formazione a tempo pieno, anche al di fuori di qualsiasi emergenza, il medico in formazione specialistica possa esercitare attività professionale, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, purché l'organizzazione della stessa non pregiudichi la corretta e puntuale partecipazione e frequenza delle attività previste dal percorso formativo, fermo restando altresì che nell'ambito delle strutture assistenziali in cui si effettua la formazione al medico in formazione specialistica sia assicurata la facoltà di esercizio della libera professione intramuraria in coerenza con i titoli posseduti;
al medico in formazione specialistica dovrebbe essere consentito di optare per lo svolgimento della formazione a tempo parziale, demandando al consiglio didattico della scuola di assicurare che la durata complessiva della formazione non sia abbreviata rispetto a quella a tempo pieno,
impegna il Governo
a revisionare, nel primo provvedimento utile, le disposizioni concernenti l'attività del medico in formazione specialistica, al fine di garantire la possibilità di esercitare l'attività professionale, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, purché l'organizzazione della stessa non pregiudichi la corretta e puntuale partecipazione e frequenza delle attività previste dal percorso formativo, e di optare per lo svolgimento della formazione a tempo parziale.
9/3533-A/56. Grillo, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Colletti, Corda, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello, Leda Volpi, Papiro, Menga, Romaniello, Trizzino, Dall'Osso.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca urgenti disposizioni per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
in particolare, l'articolo 13 contiene disposizioni dirette a garantire, anche dopo la fine dello stato di emergenza, fissata al 31 marzo 2022, lo svolgimento della sorveglianza epidemiologica e microbiologica del SARS-CoV-2, sulla base degli indirizzi forniti dal Ministero della salute;
l'articolo 13 garantisce, anche dopo la cessazione dello stato di emergenza, la funzionalità del monitoraggio delle risposte immunologiche all'infezione e ai vaccini somministrati per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2;
l'Istituto superiore di sanità (ISS) gestisce la specifica piattaforma dati, denominata «Sistema di sorveglianza integrata COVID-19», a tal fine istituita presso il medesimo Istituto con l'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 27 febbraio 2020, n. 64080;
la Piattaforma raccoglie, confronta e analizza in maniera continua e sistematica, le informazioni su tutti i casi di infezione da SARS-CoV-2 confermati mediante diagnosi molecolare in laboratori di riferimento regionali;
il Sistema Tessera sanitaria, anche dopo il 31 marzo 2022, trasmette alla Piattaforma il numero di tamponi antigenici rapidi effettuati con l'indicazione degli esili, per la successiva trasmissione al Ministero della salute;
il decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 133, al fine di assicurare un livello elevato di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche, degli enti e degli operatori pubblici e privati, istituisce il perimetro di sicurezza nazionale cibernetica;
il decreto-legge n. 105 del 2019 stabilisce che i soggetti inclusi nel predetto perimetro sono tenuti al rispetto delle misure e degli obblighi previsti per garantire la sicurezza cibernetica nazionale,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di inserire l'Istituto superiore di sanità e altre istituzioni strategiche di livello nazionale nell'ambito della sanità pubblica tra i soggetti inseriti nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del citalo decreto-legge n. 105 del 2019.
9/3533-A/57. Grippa.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca urgenti disposizioni per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
in particolare, l'articolo 13 contiene disposizioni dirette a garantire, anche dopo la fine dello stato di emergenza, fissata al 31 marzo 2022, lo svolgimento della sorveglianza epidemiologica e microbiologica del SARS-CoV-2, sulla base degli indirizzi forniti dal Ministero della salute;
l'articolo 13 garantisce, anche dopo la cessazione dello stato di emergenza, la funzionalità del monitoraggio delle risposte immunologiche all'infezione e ai vaccini somministrati per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2;
l'Istituto superiore di sanità (ISS) gestisce la specifica piattaforma dati, denominata «Sistema di sorveglianza integrata COVID-19», a tal fine istituita presso il medesimo Istituto con l'ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 27 febbraio 2020, n. 64080;
la Piattaforma raccoglie, confronta e analizza in maniera continua e sistematica, le informazioni su tutti i casi di infezione da SARS-CoV-2 confermati mediante diagnosi molecolare in laboratori di riferimento regionali;
il Sistema Tessera sanitaria, anche dopo il 31 marzo 2022, trasmette alla Piattaforma il numero di tamponi antigenici rapidi effettuati con l'indicazione degli esili, per la successiva trasmissione al Ministero della salute;
il decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 133, al fine di assicurare un livello elevato di sicurezza delle reti, dei sistemi informativi e dei servizi informatici delle amministrazioni pubbliche, degli enti e degli operatori pubblici e privati, istituisce il perimetro di sicurezza nazionale cibernetica;
il decreto-legge n. 105 del 2019 stabilisce che i soggetti inclusi nel predetto perimetro sono tenuti al rispetto delle misure e degli obblighi previsti per garantire la sicurezza cibernetica nazionale,
impegna il Governo
compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di inserire l'Istituto superiore di sanità e altre istituzioni strategiche di livello nazionale nell'ambito della sanità pubblica tra i soggetti inseriti nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del citalo decreto-legge n. 105 del 2019.
9/3533-A/57. (Testo modificato nel corso della seduta)Grippa.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento in esame della misure urgenti connesse alla cessazione delle funzioni del Commissario straordinario per l'emergenza epidemiologica COVID-19;
in particolare, in luogo del predetto Commissario, si istituisce una Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia, che opera dal 1° aprile fino al 31 dicembre 2022, quale struttura con adeguate capacità di risposta a possibili aggravamenti del contesto epidemiologico,
al direttore dell'Unità, appositamente designato, è assegnata la titolarità della contabilità speciale (che dovrà essere chiusa al 31 dicembre 2022) e alla medesima Unità, che verrà soppressa dal 1° gennaio 2023 con subentro nella titolarità dei rapporti del Ministero della salute, si applicano, ove compatibili, le disposizioni già applicate al commissario;
la predetta Unità impiega sia parte del personale della medesima struttura commissariale sia personale in servizio presso il Ministero della salute e subentra in tutti i rapporti attivi e passivi del Commissario e curerà la definizione e, ove possibile, la conclusione delle attività amministrative, contabili e giuridiche ancora in corso alla data del 31 marzo 2022;
in particolare l'Unità subentrerà anche nella titolarità delle risorse di cui all'articolo 122, comma 9, che, a valere sul Fondo emergenze nazionali di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, sono versate su apposita contabilità speciale intestata al Commissario e sono destinate anche alla remunerazione del personale impiegato, in via straordinaria, per l'attuazione del piano strategico nazionale dei vaccini di cui all'articolo 1, commi 457 e seguenti della legge 30 dicembre 2020, n. 178;
dal Report Vaccini Anti COVID-19, aggiornato al: 3 maggio 2022, si evince l'elevata copertura vaccinale raggiunta in tutte le fasce di età, più in particolare: la platea di popolazione over 12 anni che ha assunto la dose booster è pari 45.005.657 e corrisponde al 94,37 per cento della popolazione destinataria; la vaccinazione della popolazione 5-11 anni che è stata vaccinata è pari a 2.278.564 ossia al 62,32 per cento della popolazione;
l'articolo 22-bis del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2020 destinato all'adozione di iniziative di solidarietà a favore dei famigliari degli esercenti le professioni sanitarie, degli esercenti la professione di assistente sociale e degli operatori socio-sanitari, impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che durante lo stato di emergenza abbiano contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto o «come concausa» del contagio da COVID-19; detto Fondo è stato incrementato di 15 milioni di euro per l'anno 2022, per essere destinato alla corresponsione di speciali elargizioni a favore dei coniugi e dei figli o, in mancanza, dei genitori,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di trasferire le risorse per la remunerazione del personale impiegato, in via straordinaria, per l'attuazione del piano strategico nazionale dei vaccini e non impiegate alla data del 31 marzo 2022, al Fondo per la corresponsione di speciali elargizioni a favore dei coniugi e dei figli o, in mancanza, dei genitori degli esercenti le professioni sanitarie, di assistente sociale e degli operatori socio-sanitari, impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che durante lo stato di emergenza abbiano contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto o «come concausa» del contagio da COVID-19, tenuto conto dell'elevata copertura vaccinale raggiunta in tutte le fasce di età e del progressivo rientro alla ordinarietà per il completamento dei cicli di vaccinazione ed il mantenimento di una elevata risposta immunitaria.
9/3533-A/58. Penna, Provenza, Sportiello, Villani, Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 del provvedimento in esame della misure urgenti connesse alla cessazione delle funzioni del Commissario straordinario per l'emergenza epidemiologica COVID-19;
in particolare, in luogo del predetto Commissario, si istituisce una Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l'adozione di altre misure di contrasto alla pandemia, che opera dal 1° aprile fino al 31 dicembre 2022, quale struttura con adeguate capacità di risposta a possibili aggravamenti del contesto epidemiologico,
al direttore dell'Unità, appositamente designato, è assegnata la titolarità della contabilità speciale (che dovrà essere chiusa al 31 dicembre 2022) e alla medesima Unità, che verrà soppressa dal 1° gennaio 2023 con subentro nella titolarità dei rapporti del Ministero della salute, si applicano, ove compatibili, le disposizioni già applicate al commissario;
la predetta Unità impiega sia parte del personale della medesima struttura commissariale sia personale in servizio presso il Ministero della salute e subentra in tutti i rapporti attivi e passivi del Commissario e curerà la definizione e, ove possibile, la conclusione delle attività amministrative, contabili e giuridiche ancora in corso alla data del 31 marzo 2022;
in particolare l'Unità subentrerà anche nella titolarità delle risorse di cui all'articolo 122, comma 9, che, a valere sul Fondo emergenze nazionali di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, sono versate su apposita contabilità speciale intestata al Commissario e sono destinate anche alla remunerazione del personale impiegato, in via straordinaria, per l'attuazione del piano strategico nazionale dei vaccini di cui all'articolo 1, commi 457 e seguenti della legge 30 dicembre 2020, n. 178;
dal Report Vaccini Anti COVID-19, aggiornato al: 3 maggio 2022, si evince l'elevata copertura vaccinale raggiunta in tutte le fasce di età, più in particolare: la platea di popolazione over 12 anni che ha assunto la dose booster è pari 45.005.657 e corrisponde al 94,37 per cento della popolazione destinataria; la vaccinazione della popolazione 5-11 anni che è stata vaccinata è pari a 2.278.564 ossia al 62,32 per cento della popolazione;
l'articolo 22-bis del decreto-legge n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2020 destinato all'adozione di iniziative di solidarietà a favore dei famigliari degli esercenti le professioni sanitarie, degli esercenti la professione di assistente sociale e degli operatori socio-sanitari, impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che durante lo stato di emergenza abbiano contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto o «come concausa» del contagio da COVID-19; detto Fondo è stato incrementato di 15 milioni di euro per l'anno 2022, per essere destinato alla corresponsione di speciali elargizioni a favore dei coniugi e dei figli o, in mancanza, dei genitori,
impegna il Governo
compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di trasferire le risorse per la remunerazione del personale impiegato, in via straordinaria, per l'attuazione del piano strategico nazionale dei vaccini e non impiegate alla data del 31 marzo 2022, al Fondo per la corresponsione di speciali elargizioni a favore dei coniugi e dei figli o, in mancanza, dei genitori degli esercenti le professioni sanitarie, di assistente sociale e degli operatori socio-sanitari, impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che durante lo stato di emergenza abbiano contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto o «come concausa» del contagio da COVID-19, tenuto conto dell'elevata copertura vaccinale raggiunta in tutte le fasce di età e del progressivo rientro alla ordinarietà per il completamento dei cicli di vaccinazione ed il mantenimento di una elevata risposta immunitaria.
9/3533-A/58. (Testo modificato nel corso della seduta)Penna, Provenza, Sportiello, Villani, Lorefice, D'Arrando, Mammì, Marzana, Misiti, Nappi.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del provvedimento in esame prevede l'esonero dall'obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie solamente per i bambini accolti nel sistema integrato di educazione e di istruzione di cui all'articolo 2. comma 2, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65;
l'obbligo di utilizzare la mascherina durante le ore di scuola ha rappresentato un importante limitazione per gli studenti, con particolare difficoltà di accettazione dei bambini delle scuole elementari, per i quali l'uso del dispositivo ha costituito un problema sia sotto il profilo dell'apprendimento sia per la costruzione ed il mantenimento delle relazioni sociali, elemento di grande importanza in questa fase della crescita dei bambini;
al termine dell'anno scolastico mancano poche settimane, che coincidono con il periodo dell'anno caratterizzato da un clima gradevole e miti temperature, condizione che facilita l'adozione di misure per il frequente ricambio dell'aria nei locali scolastici,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere l'esonero dall'obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie durante l'attività didattica a tutti gli studenti iscritti alla scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado.
9/3533-A/59. Barzotti, Davide Crippa, Iorio, Bella, Del Sesto, Alaimo, Baldino, Brescia, Corneli, De Carlo, Dieni, Elisa Tripodi, Saitta, Perantoni, Di Sarno, Ascari, Aresta, Frusone, Roberto Rossini, Torto, Gallo, Lovecchio, Faro, Manzo, Flati, Buompane, Melicchio, Galizia, Di Lauro, D'Arrando, Masi, Cadeddu, Orrico, Perconti, Papiro, Martinciglio, Grimaldi, Gabriele Lorenzoni, Caso, Luciano Cantone, Traversi, Serritella, Zolezzi, Pallini, Ciprini, Invidia.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 9 del provvedimento in esame prevede l'esonero dall'obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie solamente per i bambini accolti nel sistema integrato di educazione e di istruzione di cui all'articolo 2. comma 2, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65;
l'obbligo di utilizzare la mascherina durante le ore di scuola ha rappresentato un importante limitazione per gli studenti, con particolare difficoltà di accettazione dei bambini delle scuole elementari, per i quali l'uso del dispositivo ha costituito un problema sia sotto il profilo dell'apprendimento sia per la costruzione ed il mantenimento delle relazioni sociali, elemento di grande importanza in questa fase della crescita dei bambini;
al termine dell'anno scolastico mancano poche settimane, che coincidono con il periodo dell'anno caratterizzato da un clima gradevole e miti temperature, condizione che facilita l'adozione di misure per il frequente ricambio dell'aria nei locali scolastici,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate al fine di valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte ad estendere l'esonero dall'obbligo di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie durante l'attività didattica a tutti gli studenti iscritti alla scuola primaria e alla scuola secondaria di primo grado.
9/3533-A/59. (Testo modificato nel corso della seduta)Barzotti, Davide Crippa, Iorio, Bella, Del Sesto, Alaimo, Baldino, Brescia, Corneli, De Carlo, Dieni, Elisa Tripodi, Saitta, Perantoni, Di Sarno, Ascari, Aresta, Frusone, Roberto Rossini, Torto, Gallo, Lovecchio, Faro, Manzo, Flati, Buompane, Melicchio, Galizia, Di Lauro, D'Arrando, Masi, Cadeddu, Orrico, Perconti, Papiro, Martinciglio, Grimaldi, Gabriele Lorenzoni, Caso, Luciano Cantone, Traversi, Serritella, Zolezzi, Pallini, Ciprini, Invidia.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'introduzione del green pass secondo il Governo avrebbe segnato una netta discontinuità con il Governo precedente e inoltre che avrebbe garantito di non tornare alle chiusure, ma così non è stato anzi si è preferito continuare ad utilizzare misure inefficaci e spesso insensate;
all'articolo 6 del decreto in esame è previsto che dal 1o al 30 aprile 2022, è consentito sull'intero territorio nazionale esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19 da vaccinazione, guarigione o test, cosiddetto green pass base, l'accesso ai mezzi di trasporto e il loro utilizzo sugli aeromobili, navi e traghetti, sui treni e autobus adibiti a servizi di trasporto di persone, ad offerta indifferenziata, effettuati su strada in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni;
secondo un recente studio, realizzato dalla regione Marche in collaborazione con la Fondazione Hume, un sistema di VMC, che assicura il ricambio dell'aria nelle aule scolastiche, può ridurre la trasmissione del COVID dal 40 per cento fino all'82,5 per cento, a seconda del numero di ricambi per ora. È quanto è emerso a conclusione del citato studio, che ha messo a confronto un campione di 316 classi;
Fratelli d'Italia ha proposto dal mese di dicembre 2021 non solo nelle scuole ma anche nei luoghi di lavoro pubblici e privati l'aerazione meccanica controllata e da ormai da oltre due anni il potenziamento dei mezzi pubblici al fine di abbattere il rischio di contagio da COVID;
i progetti di miglioramento della qualità dell'aria indoor si inseriscono in modo naturale e coerente con gli obiettivi, le sfide e le missioni del PNRR in quanto investimenti e incentivi fiscali volti a migliorare la qualità dell'aria interna stimolano la ripresa economica soprattutto nel settore delle costruzioni e dell'impiantistica, settori trainanti per l'economia nazionale così come avviene per gli incentivi per l'efficientamento energetico a cui sono strettamente legati,
impegna il Governo
a incentivare l'aerazione meccanica controllata nelle scuole e nei luoghi di lavoro pubblici e privati e ad investire sull'aerazione meccanica controllata nelle stazioni delle metropolitane, e nelle sale d'aspetto di stazioni ferroviarie e degli aeroporti, per il contrasto alla diffusione del COVID.
9/3533-A/60. Silvestroni, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
l'introduzione del green pass secondo il Governo avrebbe segnato una netta discontinuità con il Governo precedente e inoltre che avrebbe garantito di non tornare alle chiusure, ma così non è stato anzi si è preferito continuare ad utilizzare misure inefficaci e spesso insensate;
all'articolo 6 del decreto in esame è previsto che dal 1o al 30 aprile 2022, è consentito sull'intero territorio nazionale esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID-19 da vaccinazione, guarigione o test, cosiddetto green pass base, l'accesso ai mezzi di trasporto e il loro utilizzo sugli aeromobili, navi e traghetti, sui treni e autobus adibiti a servizi di trasporto di persone, ad offerta indifferenziata, effettuati su strada in modo continuativo o periodico su un percorso che collega più di due regioni;
secondo un recente studio, realizzato dalla regione Marche in collaborazione con la Fondazione Hume, un sistema di VMC, che assicura il ricambio dell'aria nelle aule scolastiche, può ridurre la trasmissione del COVID dal 40 per cento fino all'82,5 per cento, a seconda del numero di ricambi per ora. È quanto è emerso a conclusione del citato studio, che ha messo a confronto un campione di 316 classi;
Fratelli d'Italia ha proposto dal mese di dicembre 2021 non solo nelle scuole ma anche nei luoghi di lavoro pubblici e privati l'aerazione meccanica controllata e da ormai da oltre due anni il potenziamento dei mezzi pubblici al fine di abbattere il rischio di contagio da COVID;
i progetti di miglioramento della qualità dell'aria indoor si inseriscono in modo naturale e coerente con gli obiettivi, le sfide e le missioni del PNRR in quanto investimenti e incentivi fiscali volti a migliorare la qualità dell'aria interna stimolano la ripresa economica soprattutto nel settore delle costruzioni e dell'impiantistica, settori trainanti per l'economia nazionale così come avviene per gli incentivi per l'efficientamento energetico a cui sono strettamente legati,
impegna il Governo
compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di incentivare l'aerazione meccanica controllata nelle scuole e nei luoghi di lavoro pubblici e privati e ad investire sull'aerazione meccanica controllata nelle stazioni delle metropolitane, e nelle sale d'aspetto di stazioni ferroviarie e degli aeroporti, per il contrasto alla diffusione del COVID.
9/3533-A/60. (Testo modificato nel corso della seduta)Silvestroni, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
nei mesi scorsi l'allora Commissario straordinario per l'emergenza COVID ha disposto di mandare al macero 218 milioni di mascherine risultate non più inutilizzabili con un costo di smaltimento di 698 mila euro più IVA;
tale notizia ha avuto un tale risalto mediatico che diverse testate giornalistiche e televisive si sono occupate del caso, prima fra tutte la trasmissione d'inchiesta Le Iene, quest'ultima ha addirittura preso contatti con una società italiana leader a livello europeo nel settore dei compounds polipropilenici che si è dichiarata pubblicamente disponibile ad acquistare l'intero stock, quindi a costo zero per le casse dello Stato dichiarando di pagarle sul mercato 450 euro alla tonnellata. Stante le 2500 tonnellate in giacenza il totale incassato dallo Stato sarebbe 1 milione e 125 mila euro, arrivando a generare un vantaggio economico di 427 mila euro anche nel caso in cui lo Stato dovesse procedere ugualmente al pagamento del dovuto alla società aggiudicataria del bando per lo smaltimento;
questo caso ha dimostrato come lo Stato italiano non abbia adottato in questo caso la soluzione economicamente più vantaggiosa per lo smaltimento/dismissione/cessione di propri beni, arrivando a confondere l'inutilizzabilità di un bene con la sua assenza di valore economico, prevedendo una uscita di denaro per lo smaltimento anziché una entrata per la vendita del bene,
impegna il Governo
ove già non avvenuto, a interrompere la distruzione delle mascherine in oggetto per destinarle al riciclo, e a predisporre protocolli/procedure che impediscano in futuro di smaltire erroneamente come rifiuti beni che hanno ancora un valore economico seppur quest'ultimo non derivi dalla loro possibilità di utilizzo ma solo dai materiali riciclabili dei quali sono composti.
9/3533-A/61. Vinci.
La Camera,
premesso che:
nei mesi scorsi l'allora Commissario straordinario per l'emergenza COVID ha disposto di mandare al macero 218 milioni di mascherine risultate non più inutilizzabili con un costo di smaltimento di 698 mila euro più IVA;
tale notizia ha avuto un tale risalto mediatico che diverse testate giornalistiche e televisive si sono occupate del caso, prima fra tutte la trasmissione d'inchiesta Le Iene, quest'ultima ha addirittura preso contatti con una società italiana leader a livello europeo nel settore dei compounds polipropilenici che si è dichiarata pubblicamente disponibile ad acquistare l'intero stock, quindi a costo zero per le casse dello Stato dichiarando di pagarle sul mercato 450 euro alla tonnellata. Stante le 2500 tonnellate in giacenza il totale incassato dallo Stato sarebbe 1 milione e 125 mila euro, arrivando a generare un vantaggio economico di 427 mila euro anche nel caso in cui lo Stato dovesse procedere ugualmente al pagamento del dovuto alla società aggiudicataria del bando per lo smaltimento;
questo caso ha dimostrato come lo Stato italiano non abbia adottato in questo caso la soluzione economicamente più vantaggiosa per lo smaltimento/dismissione/cessione di propri beni, arrivando a confondere l'inutilizzabilità di un bene con la sua assenza di valore economico, prevedendo una uscita di denaro per lo smaltimento anziché una entrata per la vendita del bene,
impegna il Governo
ove già non avvenuto, a valutare l'opportunità di interrompere la distruzione delle mascherine in oggetto per destinarle al riciclo, e a predisporre protocolli/procedure che impediscano in futuro di smaltire erroneamente come rifiuti beni che hanno ancora un valore economico seppur quest'ultimo non derivi dalla loro possibilità di utilizzo ma solo dai materiali riciclabili dei quali sono composti.
9/3533-A/61. (Testo modificato nel corso della seduta)Vinci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
l'Italia aveva annunciato di aver messo a punto un vaccino italiano contro il COVID-19, «Reithera», che ci avrebbe garantito indipendenza vaccinale e reso autonomi dalle consegne dall'estero, spesso in ritardo rispetto alla tabella di marcia fissata dalla Commissione europea, tanto da avere ottenuto la promessa di finanziamenti per oltre 80 milioni di euro dallo Stato;
ufficializzato a gennaio 2021 con un contratto tra il Ministero dello sviluppo economico, Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa-Invitalia e la biotech laziale ed entrato in fase 2 di sperimentazione a marzo, Grad-Cov-2 (questo il nome del vaccino ad adenovirus messo a punto dalla biotech con la collaborazione dello Spallanzani) non è mai partito con la fase 3 della sperimentazione;
in base all'accordo sottoscritto il 17 febbraio 2021 era previsto un finanziamento statale di 49 milioni di euro: 41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni di finanziamento agevolato; ReiThera avrebbe investito 32 milioni. L'operazione prevedeva, inoltre, l'ingresso di Invitalia con 15 milioni nel capitale sociale della biotech (pari al 27 per cento delle quote);
il 31 luglio 2020, l'AIFA aveva già autorizzato la sperimentazione di fase 1 di GRAd COV2 (a marzo 2021 lo studio di fase 2), per valutarne sicurezza e immunogenicità: il progetto era sostenuto da un finanziamento pubblico di 8 milioni di euro, stanziati dalla regione Lazio (5 milioni) e Ministero dell'università e della ricerca e CNR (3 milioni), che si sommavano ai 12 milioni già investiti da ReiThera;
come ricordato dall'azienda italiana in merito al vaccino che stava sviluppando, gli studi di fase 1 e 2 avevano dimostrato che il vaccino GRAd CoV2 è «sicuro e ben tollerato negli adulti e negli anziani, così come nei soggetti con comorbidità, con tassi di sieroconversione contro Sars-CoV-2 superiori al 93 per cento dopo una singola dose e di oltre il 99 per cento con un regime a due dosi»;
l'azienda di Castel Romano ha investito nell'area Gmp (Good manufacturing practices) con l'acquisto di tecnologie all'avanguardia, come i bioreattori a tecnologia monouso, in grado di supportare un volume di lavoro fino a 3.000 litri e grazie a questi strumenti sarebbe stato possibile produrre il vaccino su larga scala; il processo di produzione di GRAd-Cov2, inoltre, secondo quanto sostenuto dall'azienda italiana, «potrebbe essere facilmente trasferito a siti esterni per la produzione locale nei Paesi in cui la domanda di questo nuovo vaccino è maggiore»;
l'azienda si era anche offerta per creare un polo produttivo dei vaccini in Italia, annunciato dallo stesso Ministro Giorgetti, ma anche di questo progetto ad oggi non c'è traccia,
impegna il Governo:
a stanziare le risorse necessarie per completare la fase di sperimentazione del vaccino italiano ReiThera;
ad assumere ogni iniziativa di competenza al fine di realizzare un polo produttivo di vaccini in Italia.
9/3533-A/62. Rampelli, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
l'Italia aveva annunciato di aver messo a punto un vaccino italiano contro il COVID-19, «Reithera», che ci avrebbe garantito indipendenza vaccinale e reso autonomi dalle consegne dall'estero, spesso in ritardo rispetto alla tabella di marcia fissata dalla Commissione europea, tanto da avere ottenuto la promessa di finanziamenti per oltre 80 milioni di euro dallo Stato;
ufficializzato a gennaio 2021 con un contratto tra il Ministero dello sviluppo economico, Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa-Invitalia e la biotech laziale ed entrato in fase 2 di sperimentazione a marzo, Grad-Cov-2 (questo il nome del vaccino ad adenovirus messo a punto dalla biotech con la collaborazione dello Spallanzani) non è mai partito con la fase 3 della sperimentazione;
in base all'accordo sottoscritto il 17 febbraio 2021 era previsto un finanziamento statale di 49 milioni di euro: 41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni di finanziamento agevolato; ReiThera avrebbe investito 32 milioni. L'operazione prevedeva, inoltre, l'ingresso di Invitalia con 15 milioni nel capitale sociale della biotech (pari al 27 per cento delle quote);
il 31 luglio 2020, l'AIFA aveva già autorizzato la sperimentazione di fase 1 di GRAd COV2 (a marzo 2021 lo studio di fase 2), per valutarne sicurezza e immunogenicità: il progetto era sostenuto da un finanziamento pubblico di 8 milioni di euro, stanziati dalla regione Lazio (5 milioni) e Ministero dell'università e della ricerca e CNR (3 milioni), che si sommavano ai 12 milioni già investiti da ReiThera;
come ricordato dall'azienda italiana in merito al vaccino che stava sviluppando, gli studi di fase 1 e 2 avevano dimostrato che il vaccino GRAd CoV2 è «sicuro e ben tollerato negli adulti e negli anziani, così come nei soggetti con comorbidità, con tassi di sieroconversione contro Sars-CoV-2 superiori al 93 per cento dopo una singola dose e di oltre il 99 per cento con un regime a due dosi»;
l'azienda di Castel Romano ha investito nell'area Gmp (Good manufacturing practices) con l'acquisto di tecnologie all'avanguardia, come i bioreattori a tecnologia monouso, in grado di supportare un volume di lavoro fino a 3.000 litri e grazie a questi strumenti sarebbe stato possibile produrre il vaccino su larga scala; il processo di produzione di GRAd-Cov2, inoltre, secondo quanto sostenuto dall'azienda italiana, «potrebbe essere facilmente trasferito a siti esterni per la produzione locale nei Paesi in cui la domanda di questo nuovo vaccino è maggiore»;
l'azienda si era anche offerta per creare un polo produttivo dei vaccini in Italia, annunciato dallo stesso Ministro Giorgetti, ma anche di questo progetto ad oggi non c'è traccia,
impegna il Governo a valutare la possibilità di:
stanziare le risorse necessarie per completare la fase di sperimentazione del vaccino italiano ReiThera;
assumere ogni iniziativa di competenza al fine di realizzare un polo produttivo di vaccini in Italia.
9/3533-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta)Rampelli, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
in particolare, il decreto prevede alcune misure per la scuola, che rischiano di rivelarsi critiche sotto molto profili, soprattutto, applicativi, come nel caso, delle disposizioni di cui all'articolo 8, commi 4 e 5 del capoverso articolo 4-ter.2, secondo i quali i dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni scolastiche devono provvedere, fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 2021-2022, alla sostituzione del personale docente ed educativo inadempiente all'obbligo di vaccinazione, mediante la stipulazione di contratti a tempo determinato; alla copertura degli oneri finanziari, quantificati in 29.207.391 euro per l'anno 2022, alla relativa copertura si provvede mediante una riduzione, nella misura di 15 milioni di euro, del «Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione» e mediante una riduzione, nella misura di 14.207.391 euro, della sezione relativa alla valorizzazione della professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali;
la novella dispone, quindi, che i fondi necessari per pagare i supplenti dei docenti rientrati a cui, però, è precluso lo svolgimento di «attività didattiche a contatto con gli alunni» perché non vaccinati, vengano sottratti dal fondo di istituto; risorse confluite, peraltro, nel Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa, una voce incrementata dall'intervento parlamentare in Legge di Bilancio proprio per la valorizzazione del merito dei docenti;
tale scelta, di fatto, sottrae fondi ai contratti integrativi delle scuole limitandone l'operatività, perché non si tiene conto che tali risorse sono già state oggetto di programmazione didattica e di contrattazione, e dunque già impegnate per altre attività;
ancora una volta, anziché investire sulla scuola e, quindi, sul futuro dei nostri ragazzi, si riducono le risorse, sottratte a quelle destinare al personale,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori interventi normativi volti a stanziare adeguate risorse economiche a copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 4 dell'articolo 4-ter.2 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, al fine di non procedere alla riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 592, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/3533-A/63. Bellucci.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca diverse disposizioni tese al superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, messe in atto attraverso i numerosi provvedimenti precedentemente adottati, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza dichiarato con deliberazione del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, da ultimo prorogato fino al 31 marzo 2022;
in particolare, il decreto prevede alcune misure per la scuola, che rischiano di rivelarsi critiche sotto molto profili, soprattutto, applicativi, come nel caso, delle disposizioni di cui all'articolo 8, commi 4 e 5 del capoverso articolo 4-ter.2, secondo i quali i dirigenti scolastici e i responsabili delle istituzioni scolastiche devono provvedere, fino al termine delle lezioni dell'anno scolastico 2021-2022, alla sostituzione del personale docente ed educativo inadempiente all'obbligo di vaccinazione, mediante la stipulazione di contratti a tempo determinato; alla copertura degli oneri finanziari, quantificati in 29.207.391 euro per l'anno 2022, alla relativa copertura si provvede mediante una riduzione, nella misura di 15 milioni di euro, del «Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione» e mediante una riduzione, nella misura di 14.207.391 euro, della sezione relativa alla valorizzazione della professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche statali;
la novella dispone, quindi, che i fondi necessari per pagare i supplenti dei docenti rientrati a cui, però, è precluso lo svolgimento di «attività didattiche a contatto con gli alunni» perché non vaccinati, vengano sottratti dal fondo di istituto; risorse confluite, peraltro, nel Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa, una voce incrementata dall'intervento parlamentare in Legge di Bilancio proprio per la valorizzazione del merito dei docenti;
tale scelta, di fatto, sottrae fondi ai contratti integrativi delle scuole limitandone l'operatività, perché non si tiene conto che tali risorse sono già state oggetto di programmazione didattica e di contrattazione, e dunque già impegnate per altre attività;
ancora una volta, anziché investire sulla scuola e, quindi, sul futuro dei nostri ragazzi, si riducono le risorse, sottratte a quelle destinare al personale,
impegna il Governo
nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di adottare ulteriori interventi normativi volti a stanziare adeguate risorse economiche a copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui al comma 4 dell'articolo 4-ter.2 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, al fine di non procedere alla riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 592, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.
9/3533-A/63. (Testo modificato nel corso della seduta)Bellucci.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza. In particolare, all'articolo 8 si dispongono norme in materia di obbligo vaccinale ovvero di modifica dell'articolo 4 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76, riguardante gli obblighi vaccinali per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario;
al comma 1, lettera b), punto 2) del predetto articolo 8, si dispone l'aggiunta del seguente periodo al comma 5 dell'articolo 4 del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44: «In caso di intervenuta guarigione l'Ordine professionale territorialmente competente, su istanza dell'interessato, dispone la cessazione temporanea della sospensione, sino alla scadenza del termine in cui la vaccinazione è differita in base alle indicazioni contenute nelle circolari del Ministero della salute. La sospensione riprende efficacia automaticamente qualora l'interessato ometta di inviare all'Ordine professionale il certificato di vaccinazione entro e non oltre tre giorni dalla scadenza del predetto termine di differimento.»;
secondo quanto si evince anche dai più recenti dati e risultati pubblicati su Medrxiv, e in particolare sul documento denominato «Mucosal immunity against SARS-CoV-2 variants of concern including Omicron following vaccination» del 27 gennaio 2022, oltre che secondo altri dati di letteratura scientifica, pare che «(...) Gli individui vaccinati avevano livelli significativamente più bassi di anticorpi neutralizzanti contro Alfa, Delta e Omicron nei polmoni rispetto ai convalescenti COVID-19(...) Inoltre, la vaccinazione con mRNA ha indotto una significativa immunità circolante dei linfociti B e T specifici per Spike, ma contrariamente ai convalescenti COVID-19, queste risposte erano assenti nei polmoni degli individui vaccinati...»;
secondo i predetti dati, inoltre, pare che «La vaccinazione con mRNA ha (...) generato anticorpi neutralizzanti di tipo IgA nelle mucose delle vie respiratorie notevolmente inferiori (...) rispetto a quelle dei convalescenti (...) Da notare che la variante Omicron è sfuggita quasi completamente all'attività di neutralizzazione nei polmoni degli individui vaccinati o precedentemente infetti»;
dunque, sembrerebbe che i vaccini a mRNA inducano immunità non ottimale a livello delle mucose delle vie aeree, soprattutto riguardo all'immunità cellulare;
al contrario, sembrerebbe che i guariti sviluppino una robusta immunità a livello delle mucose delle vie aeree;
secondo quanto si evince anche dai predetti dati di letteratura scientifica, inoltre, sembrerebbe che il vaccino obbligatorio che si intende somministrare ai professionisti sanitari, compreso i guariti da COVID-19, sia basato sulla sequenza della proteina spike dell'isolato virale ancestrale Sars-Cov-2 «Wuhan» non più in circolazione in Italia e, pertanto, questo non risulterebbe più idoneo a proteggere contro gli isolati virali attualmente in circolazione;
secondo quanto si evince da altri dati di letteratura scientifica (Allie, S. R.; Bradley, J. E.; Mudunuru, U.; Schultz, M. D.; Graf, B. A.; Lund, F. E.; Randall, T. D. The Establishment of Resident Memory B Cells in the Lung Requires Local Antigen Encounter. Nat Immunol 2019, 20 (1), 97-108. https://doi.org/10.1038/s41590-018-0260-6), pare evidente che l'immunità naturale (da infezione) sia più efficace e duratura di quella offerta dai vaccini somministrati. Il motivo principale è che mentre l'immunità naturale si sviluppa nei polmoni, via di accesso naturale del virus, quella artificiale da vaccino si esaurisce con il rapido esaurimento degli anticorpi, senza che eventuali cellule della «memoria immunitaria» possano accedere ai tessuti polmonari;
obbligare soggetti guariti da malattia COVID-19 al ciclo completo di vaccinazione li esporrebbe, inoltre, a diversi effetti collaterali (miocarditi, pericarditi, paresi, disfunzioni ematologiche) in gran parte determinati da una eccessiva produzione di anticorpi anti-Spike. Paradossalmente, questi anticorpi, superato un certo livello, diventano a loro volta immunogenici con produzione di anticorpi anti-anticorpi anti-Spike (scientificamente identificati come «anti-idiotype antibodies») (Murphy, W. J.; Longo, D. L. A Possible Role for Anti-Idiotype Antibodies in SARS-CoV-2 Infection and Vaccination. N Engl J Med 2022, 386 (4), 394-396. https://doi.org/10.1056/NEJMcibr2113694);
a causa di un fenomeno di somiglianza strutturale, questi ultimi anticorpi potranno riconoscere il bersaglio degli anticorpi anti-Spike, ovverosia il recettore umano ACE2, e potranno perdurare anche molto tempo dopo la sparizione della Spike stessa. Di conseguenza, si potranno sviluppare malattie autoimmuni, ovverosia il sistema immunitario attaccherà le cellule del proprio corpo, con le suddette nefaste conseguenze del caso;
secondo quanto si evince dai dati pubblicati nell'ambito dello studio «Biological and immune responses to current anti-SARS-CoV-2 mRNA vaccines beyond anti-Spike antibody production». Journal of Immunological Reasearch, in press. (M.Federico) sembra che il legislatore dovrebbe tener conto del fatto che l'efficienza delle vaccinazioni correnti sia destinata ad esaurirsi per il combinato disposto del fenomeno dell'«antibody warning» (esaurimento degli anticorpi) e della diffusione di varianti virali essenzialmente resistenti ai vaccini. Sulla base di queste evidenze scientifiche, l'obbligo di assumere i vaccini correnti nella situazione attuale non ha sufficiente fondamento scientifico, tanto più in soggetti guariti da COVID-19. Né un ulteriore inoculo generalizzato (cosiddetta «quarta dose») avrebbe una prospettiva utile in tal senso,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative per disporre l'esclusione della vaccinazione quale requisito essenziale per l'esercizio della professione sanitaria e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative per i soggetti guariti dalla malattia COVID-19.
9/3533-A/64. Gemmato, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Aula continua ad imporre, fino al 15 giugno 2022, l'obbligo di indossare le mascherine per l'accesso ai mezzi di trasporto, per l'accesso agli spettacoli e agli eventi che si svolgono al chiuso (articolo 5) e, ancora, nell'ambito delle istituzioni del sistema educativo, scolastico e formativo (articolo 9);
nell'attuale contesto giuridico ed epidemiologico, si ritiene che la permanenza del predetto obbligo debba essere rivalutata e superata in maniera definitiva, in coerenza con le decisioni che sono state già prese, in questo senso, dagli altri Paesi europei;
quanto in particolare alle scuole, la possibilità di togliere le mascherine, almeno durante le ore di lezione, rappresenterebbe, finalmente, un segnale di fiducia nei confronti della comunità scolastica, dopo anni di duri sacrifici da parte del personale e degli studenti;
i dati di questi mesi hanno confermato che le scuole non sono luoghi nei quali sussiste un maggiore rischio di contagio: la loro situazione è equiparabile a quella degli altri contesti nei quali l'obbligo di indossare la mascherina è venuto definitivamente a scadere il 30 aprile scorso. Non si comprende, quindi, per quale ragione il mondo della scuola sia stato ancora una volta penalizzato sotto questo profilo, con regole speciali e più stringenti, per di più in un momento nel quale le temperature si stanno alzando e seguire le lezioni con le mascherine, nei mesi di maggio e giugno, diventerà estremamente difficile e faticoso;
analoghe considerazioni, possono essere svolte con riguardo alla decisione di prorogare l'obbligo di indossare la mascherina di tipo FFP2 per l'accesso ai mezzi di trasporto e agli spettacoli/eventi che si svolgono al chiuso. Anche in questo caso non si comprende il razionale scientifico alla base della decisione presa, i cui effetti sono stati, peraltro, anticipati dal Ministro della salute con un'ordinanza di dubbia legittimità, vista anche la cessazione definitiva dello stato di emergenza;
dopo oltre due anni di convivenza con la pandemia da COVID-19, si ritiene che i cittadini italiani abbiano dimostrato grande senso di responsabilità e siano sicuramente in grado di decidere autonomamente quando e dove indossare la mascherina, senza che vi sia la necessità di imporre obblighi sproporzionati e generalizzati,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi della disciplina in esame, al fine di adottare ulteriori iniziative volte ad abrogare definitivamente le disposizioni e le ordinanze ministeriali che ancora impongono l'impiego obbligatorio delle mascherine chirurgiche e di tipo FFP2.
9/3533-A/65. Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Paolin, Patelli, Sutto, Tiramani, Patassini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 14-bis del decreto-legge all'esame dell'Aula, inserito in sede referente, prevede disposizioni volte a favorire l'attuazione degli interventi a tutela delle persone con disturbi dello spettro autistico;
come evidenziato anche nell'ambito della mozione approvata dalla Camera dei deputati nel corso della seduta del 3 marzo 2022, le persone con disturbi dello spettro autistico e, in generale, le persone con disabilità intellettiva e neuromotoria incontrano notevoli difficoltà nell'accedere agli ordinari percorsi di diagnosi e cura garantiti dal Servizio sanitario nazionale e nel ricevere nell'ambito di essi un'accoglienza medica avanzata, rispondente al proprio bisogno di salute;
l'assenza di percorsi dedicati all'interno delle strutture sanitarie pregiudica l'accessibilità di servizi e prestazioni essenziali, alimentando il ricorso a soluzioni gravose, inappropriate e inefficienti;
per ovviare a tali criticità, sono stati attivati, a livello regionale, dei modelli di accoglienza appositi, rivolti specificamente alla cura delle persone con disabilità non collaboranti, tra cui in particolare il progetto DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance) nato presso l'ospedale San Paolo di Milano nell'anno 2000 e già esportato, con successo, in altre regioni;
il progetto DAMA è finalizzato a dare una risposta concreta di accoglienza e cura ospedaliera alle persone con grave disabilità intellettiva e neuromotoria, attraverso la creazione di percorsi di prevenzione, diagnosi e cura a loro dedicati, nella consapevolezza che questi pazienti soffrono due volte, come ricordano gli esperti, perché hanno un problema di salute e perché non sono in grado di raccontarlo,
impegna il Governo
a promuovere, d'intesa con le regioni e nel rispetto delle disposizioni sul riparto delle competenze in materia, la creazione e il potenziamento di percorsi di accoglienza per l'assistenza medica avanzata e la cura delle persone con disabilità, ai fini della loro diffusione sull'intero territorio nazionale, valorizzando i modelli organizzativi esistenti e in particolare il progetto DAMA, Disabled Advanced Medical Assistance.
9/3533-A/66. Ziello, Paolin, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Patelli, Sutto, Tiramani, Patassini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 14-bis del decreto-legge all'esame dell'Aula, inserito in sede referente, prevede disposizioni volte a favorire l'attuazione degli interventi a tutela delle persone con disturbi dello spettro autistico;
come evidenziato anche nell'ambito della mozione approvata dalla Camera dei deputati nel corso della seduta del 3 marzo 2022, le persone con disturbi dello spettro autistico e, in generale, le persone con disabilità intellettiva e neuromotoria incontrano notevoli difficoltà nell'accedere agli ordinari percorsi di diagnosi e cura garantiti dal Servizio sanitario nazionale e nel ricevere nell'ambito di essi un'accoglienza medica avanzata, rispondente al proprio bisogno di salute;
l'assenza di percorsi dedicati all'interno delle strutture sanitarie pregiudica l'accessibilità di servizi e prestazioni essenziali, alimentando il ricorso a soluzioni gravose, inappropriate e inefficienti;
per ovviare a tali criticità, sono stati attivati, a livello regionale, dei modelli di accoglienza appositi, rivolti specificamente alla cura delle persone con disabilità non collaboranti, tra cui in particolare il progetto DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance) nato presso l'ospedale San Paolo di Milano nell'anno 2000 e già esportato, con successo, in altre regioni;
il progetto DAMA è finalizzato a dare una risposta concreta di accoglienza e cura ospedaliera alle persone con grave disabilità intellettiva e neuromotoria, attraverso la creazione di percorsi di prevenzione, diagnosi e cura a loro dedicati, nella consapevolezza che questi pazienti soffrono due volte, come ricordano gli esperti, perché hanno un problema di salute e perché non sono in grado di raccontarlo,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di promuovere, d'intesa con le regioni e nel rispetto delle disposizioni sul riparto delle competenze in materia, la creazione e il potenziamento di percorsi di accoglienza per l'assistenza medica avanzata e la cura delle persone con disabilità, ai fini della loro diffusione sull'intero territorio nazionale, valorizzando i modelli organizzativi esistenti e in particolare il progetto DAMA, Disabled Advanced Medical Assistance.
9/3533-A/66. (Testo modificato nel corso della seduta)Ziello, Paolin, Panizzut, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Patelli, Sutto, Tiramani, Patassini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge all'esame dell'Aula, prevede disposizioni per la tutela dei lavoratori fragili;
il comma sopra citato, inserito in sede referente, ha prorogato al 30 giugno 2022 «la disciplina di cui all'articolo 26, commi 2 e 7-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18», in materia di equiparazione del periodo di assenza dal servizio al ricovero ospedaliero;
a differenza delle precedenti occasioni, tuttavia, la proroga in esame non risulta riferita all'intera platea dei lavoratori fragili, come individuati dal citato articolo 26, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020 (e, cioè, «lavoratori dipendenti pubblici e privati in possesso di certificazione (...) attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità»), bensì ai soli lavoratori fragili affetti dalle patologie e condizioni individuate dal decreto del Ministro della salute 4 febbraio 2022, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2022, n. 11;
le condizioni e le patologie individuate dal suddetto decreto ministeriale hanno determinato una divisione tra lavoratori fragili tutelati e non tutelati che si ritiene eccessivamente stringente e, in diversi casi, priva di adeguato fondamento scientifico;
i lavoratori fragili che non sono ricompresi nel decreto del Ministero della salute e che non possono svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile vengono costretti a scegliere tra il diritto alla salute e il diritto alla conservazione del posto di lavoro, con gravi ripercussioni sul piano sociale, della loro sicurezza e del sostentamento dei relativi nuclei familiari;
il superamento delle misure di contenimento, se da un lato è giustificato e doveroso alla luce dell'attuale quadro epidemiologico, dall'altro impone di continuare a tutelare i soggetti fragili, in accordo con i pareri degli esperti e delle autorità sanitarie sul punto,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare le tutele di cui all'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, nei riguardi di tutti i lavoratori fragili individuati da tale disposizione, abrogando il decreto del Ministro della salute 4 febbraio 2022 o, comunque, ampliando significativamente la platea di patologie e condizioni da questo individuate.
9/3533-A/67. Foscolo, Panizzut, Boldi, De Martini, Lazzarini, Paolin, Patelli, Sutto, Tiramani, Rizzetto, Patassini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 del decreto-legge all'esame dell'Aula prevede disposizioni in materia di obbligo di vaccinazione contro il COVID-19;
l'applicazione delle suddette norme ha dato luogo, in questi mesi, a una problematica di carattere tecnico che rischia di pregiudicare, anche sotto il profilo previdenziale, la posizione dei lavoratori sospesi per mancato adempimento dell'obbligo vaccinale;
alcuni dei lavoratori sospesi, in effetti, hanno manifestato la volontà di recuperare il periodo di sospensione ai fini previdenziali, riscattando i periodi stessi ovvero chiedendo di essere autorizzati al versamento volontario dei contributi, in entrambi i casi con oneri a proprio carico;
la normativa vigente e, segnatamente, l'articolo 5 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, recante «periodi di interruzione o sospensione del rapporto di lavoro», consente espressamente questa possibilità;
al momento in cui si scrive, peraltro, non risulta che sia stata data ai lavoratori sospesi la possibilità di versare i contributi volontari, né si ha notizia di circolari o altri atti interpretativi che disciplinino le modalità da seguire a tale scopo,
impegna il Governo:
a consentire ai lavoratori sospesi per mancato adempimento dell'obbligo vaccinale la possibilità di riscattare i periodi di sospensione ai fini previdenziali ovvero di proseguire il versamento dei contributi volontari nel fondo pensionistico di appartenenza, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564;
a disciplinare e rendere pubblicamente conoscibili, di concerto con l'Inps, le modalità da seguire per la presentazione delle domande ai sensi della disposizione sopra citata, in osservanza dei principi di pubblicità, semplificazione e celerità dell'azione amministrativa.
9/3533-A/68. Covolo, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Paolin, Patelli, Sutto, Tiramani, Patassini.
La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 del decreto-legge all'esame dell'Aula prevede disposizioni in materia di obbligo di vaccinazione contro il COVID-19;
l'applicazione delle suddette norme ha dato luogo, in questi mesi, a una problematica di carattere tecnico che rischia di pregiudicare, anche sotto il profilo previdenziale, la posizione dei lavoratori sospesi per mancato adempimento dell'obbligo vaccinale;
alcuni dei lavoratori sospesi, in effetti, hanno manifestato la volontà di recuperare il periodo di sospensione ai fini previdenziali, riscattando i periodi stessi ovvero chiedendo di essere autorizzati al versamento volontario dei contributi, in entrambi i casi con oneri a proprio carico;
la normativa vigente e, segnatamente, l'articolo 5 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, recante «periodi di interruzione o sospensione del rapporto di lavoro», consente espressamente questa possibilità;
al momento in cui si scrive, peraltro, non risulta che sia stata data ai lavoratori sospesi la possibilità di versare i contributi volontari, né si ha notizia di circolari o altri atti interpretativi che disciplinino le modalità da seguire a tale scopo,
impegna il Governo a valutare l'opportunità di:
consentire ai lavoratori sospesi per mancato adempimento dell'obbligo vaccinale la possibilità di riscattare i periodi di sospensione ai fini previdenziali ovvero di proseguire il versamento dei contributi volontari nel fondo pensionistico di appartenenza, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564;
disciplinare e rendere pubblicamente conoscibili, di concerto con l'Inps, le modalità da seguire per la presentazione delle domande ai sensi della disposizione sopra citata, in osservanza dei principi di pubblicità, semplificazione e celerità dell'azione amministrativa.
9/3533-A/68. (Testo modificato nel corso della seduta)Covolo, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Paolin, Patelli, Sutto, Tiramani, Patassini.
La Camera,
premesso che:
la ripresa delle prestazioni sanitarie ordinarie e il recupero di quelle arretrate, mai erogate a causa della pandemia da COVID-19, rappresentano obiettivi fondamentali ai fini del «rientro nell'ordinario» che il decreto all'esame dell'Aula si propone di favorire;
come ripetutamente denunciato dagli operatori del settore sanitario, clinici, oncologi, chirurghi e dalle associazioni di pazienti, la pandemia da COVID-19 ha avuto conseguenze drammatiche sull'erogazione delle prestazioni sanitarie ordinarie e, in particolare, sulle prestazioni oncologiche;
secondo AIOM, Associazione Italiana Oncologia Medica, l'emergenza pandemica ha determinato un blocco degli esami oncologici con oltre 2 milioni di screening in meno nei primi 9 mesi del 2020 e un consistente ritardo di visite diagnostiche. Il dato è stato confermato anche dall'ultimo rapporto sulla ripartenza degli screening (maggio 2021), elaborato dall'Osservatorio nazionale screening, dal quale emerge come nei primi mesi del 2021 non vi sia stato un completo recupero degli screening mancati, con conseguente ritardo diagnostico delle lesioni tumorali;
la legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di bilancio 2017), all'articolo 1, comma 400, ha istituito due Fondi, con una dotazione di 500 milioni di euro ciascuno, per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi oncologici e innovativi non oncologici;
la previsione di Fondi dedicati al finanziamento dei Farmaci innovativi e innovativi oncologici ha garantito un ampio e tempestivo accesso da parte dei pazienti italiani a cure altamente innovative assicurando, al contempo, la sostenibilità della spesa sanitaria. Come riportato nello studio IQVIA «Patients W.A.I.T. indicator 2021 Survey», pubblicato nel mese di aprile 2022, i pazienti italiani hanno avuto accesso, tra il 2017 e il 2020, ad un numero di nuovi farmaci oncologici superiori alla media UE (37 nuovi farmaci vs. 23) e in tempi più rapidi, con un'attesa media, per la stessa tipologia di farmaci, di 405 giorni rispetto ai 545 giorni a livello europeo;
la previsione di una fast track approval assicurata dall'istituzione di Fondi ad hoc per i farmaci innovativi e innovativi oncologici ha contribuito in modo significativo a garantire un accesso rapido e diffuso a tali farmaci per i pazienti che ne hanno bisogno;
sulla base dei dati del Monitoraggio della spesa farmaceutica nazionale e regionale pubblicati dall'AIFA, i due Fondi hanno dimostrato negli anni andamenti di spesa molto diversi con un rischio di sforamento del Fondo per i Farmaci innovativi oncologici a fronte di un mancato pieno utilizzo del Fondo per i Farmaci innovativi non oncologici;
al fine di efficientare la spesa ed assicurare che le risorse stanziate per agevolare l'accesso dei pazienti all'innovazione farmaceutica venissero integralmente utilizzate per tale finalità, con una modifica apportata in sede di conversione in legge del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, così detto «Decreto Sostegni-bis», convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, è stata disposta l'unificazione dei Fondi per il rimborso dei farmaci innovativi e dei farmaci oncologici innovativi;
per rispondere alle criticità connesse all'emergenza da COVID-19, inoltre, il legislatore, nel corso del 2021, oltre ad aver stanziato fondi ad hoc per il recupero delle liste d'attesa, è intervenuto per garantire un più ampio ed efficiente accesso ai farmaci innovativi inseriti nell'apposito Fondo di cui alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, Unificato con decreto 25 maggio 2021, n. 73, in particolare incrementandone la dotazione finanziaria con la Legge di Bilancio 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234) di 100 milioni di euro per l'anno 2022, 200 milioni di euro per l'anno 2023 e 300 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024;
ad oggi, secondo la normativa vigente (articolo 1, comma 403, legge n. 232 del 2016), il requisito dell'innovatività permane per un periodo massimo di 36 mesi. Decorso tale termine, il farmaco non ha più accesso alle risorse vincolate di cui al Fondo per i farmaci innovativi e va ad insistere sulla spesa farmaceutica per acquisti diretti che per il biennio 2019-2020 ha superato i 2 miliardi di euro, e il cui ripiano grava sulle regioni, già duramente messe alla prova per le spese relative all'emergenza COVID, ed è frequentemente oggetto di contenzioso tra le aziende farmaceutiche tenute al ripiano e l'Autorità competente, con un notevole appesantimento della governance del settore;
alla luce dell'incremento della dotazione del Fondo Unico disposta dal Governo con Legge di Bilancio 2022, il vincolo del riconoscimento fino a un massimo di 36 mesi per quelle soluzioni terapeutiche che sono ancora in grado di esprimere il proprio valore terapeutico innovativo a vantaggio dei pazienti, rappresenta un'inefficienza nella governance della spesa sanitaria con il rischio che le risorse destinate appositamente all'innovazione farmaceutica vengano distratte verso altri scopi ponendosi, peraltro, in contraddizione con i recenti interventi del legislatore che hanno disposto l'unificazione e poi l'incremento delle risorse a disposizione del Fondo;
l'emergenza pandemica da COVID-19 ha messo in luce le criticità legate alla durata temporanea del requisito dell'innovatività, che rischia infatti di creare ulteriori disparità di accesso alle cure proprio in questa fase di ripresa e recupero delle prestazioni sanitarie lasciate indietro;
la possibilità di estendere, in via sperimentale e a seguito della valutazione di AIFA, il periodo di validità del requisito di innovatività per una durata di 60 mesi, in questa fase di superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, contribuirebbe a garantire un rientro nell'ordinario dal punto di vista sanitario e a fronteggiare gli incrementi di bisogni terapeutici dovuti alla riduzione delle attività diagnostiche registrate a causa della suddetta emergenza,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di prevedere, nel primo provvedimento utile, al fine di garantire un rientro nell'ordinario e fronteggiare gli incrementi di bisogni terapeutici dovuti alle riduzioni delle attività diagnostiche registrate a causa della pandemia da COVID-19, la possibilità, in via sperimentale per il biennio 2022-2023, da parte dell'Agenzia italiana per il farmaco, di estendere fino ad un massimo di 60 mesi il termine di cui al comma 403 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, anche su istanza delle aziende titolari di autorizzazione all'immissione in commercio per le quali il requisito di innovatività piena è in corso di validità alla data del 31 maggio 2022 o in fase di riconoscimento nel biennio 2022-2023;
a garantire che le risorse destinate al Fondo di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, relativo al concorso al rimborso alle regioni delle spese sostenute per l'acquisto dei farmaci innovativi, siano effettivamente impiegate per favorire l'accesso da parte dei pazienti ai farmaci innovativi e innovativi oncologici.
9/3533-A/69. Tiramani, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Paolin, Patelli, Sutto.
La Camera,
premesso che:
la ripresa delle prestazioni sanitarie ordinarie e il recupero di quelle arretrate, mai erogate a causa della pandemia da COVID-19, rappresentano obiettivi fondamentali ai fini del «rientro nell'ordinario» che il decreto all'esame dell'Aula si propone di favorire;
come ripetutamente denunciato dagli operatori del settore sanitario, clinici, oncologi, chirurghi e dalle associazioni di pazienti, la pandemia da COVID-19 ha avuto conseguenze drammatiche sull'erogazione delle prestazioni sanitarie ordinarie e, in particolare, sulle prestazioni oncologiche;
secondo AIOM, Associazione Italiana Oncologia Medica, l'emergenza pandemica ha determinato un blocco degli esami oncologici con oltre 2 milioni di screening in meno nei primi 9 mesi del 2020 e un consistente ritardo di visite diagnostiche. Il dato è stato confermato anche dall'ultimo rapporto sulla ripartenza degli screening (maggio 2021), elaborato dall'Osservatorio nazionale screening, dal quale emerge come nei primi mesi del 2021 non vi sia stato un completo recupero degli screening mancati, con conseguente ritardo diagnostico delle lesioni tumorali;
la legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di bilancio 2017), all'articolo 1, comma 400, ha istituito due Fondi, con una dotazione di 500 milioni di euro ciascuno, per il concorso al rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi oncologici e innovativi non oncologici;
la previsione di Fondi dedicati al finanziamento dei Farmaci innovativi e innovativi oncologici ha garantito un ampio e tempestivo accesso da parte dei pazienti italiani a cure altamente innovative assicurando, al contempo, la sostenibilità della spesa sanitaria. Come riportato nello studio IQVIA «Patients W.A.I.T. indicator 2021 Survey», pubblicato nel mese di aprile 2022, i pazienti italiani hanno avuto accesso, tra il 2017 e il 2020, ad un numero di nuovi farmaci oncologici superiori alla media UE (37 nuovi farmaci vs. 23) e in tempi più rapidi, con un'attesa media, per la stessa tipologia di farmaci, di 405 giorni rispetto ai 545 giorni a livello europeo;
la previsione di una fast track approval assicurata dall'istituzione di Fondi ad hoc per i farmaci innovativi e innovativi oncologici ha contribuito in modo significativo a garantire un accesso rapido e diffuso a tali farmaci per i pazienti che ne hanno bisogno;
sulla base dei dati del Monitoraggio della spesa farmaceutica nazionale e regionale pubblicati dall'AIFA, i due Fondi hanno dimostrato negli anni andamenti di spesa molto diversi con un rischio di sforamento del Fondo per i Farmaci innovativi oncologici a fronte di un mancato pieno utilizzo del Fondo per i Farmaci innovativi non oncologici;
al fine di efficientare la spesa ed assicurare che le risorse stanziate per agevolare l'accesso dei pazienti all'innovazione farmaceutica venissero integralmente utilizzate per tale finalità, con una modifica apportata in sede di conversione in legge del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, così detto «Decreto Sostegni-bis», convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, è stata disposta l'unificazione dei Fondi per il rimborso dei farmaci innovativi e dei farmaci oncologici innovativi;
per rispondere alle criticità connesse all'emergenza da COVID-19, inoltre, il legislatore, nel corso del 2021, oltre ad aver stanziato fondi ad hoc per il recupero delle liste d'attesa, è intervenuto per garantire un più ampio ed efficiente accesso ai farmaci innovativi inseriti nell'apposito Fondo di cui alla legge 11 dicembre 2016, n. 232, Unificato con decreto 25 maggio 2021, n. 73, in particolare incrementandone la dotazione finanziaria con la Legge di Bilancio 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234) di 100 milioni di euro per l'anno 2022, 200 milioni di euro per l'anno 2023 e 300 milioni di euro a decorrere dall'anno 2024;
ad oggi, secondo la normativa vigente (articolo 1, comma 403, legge n. 232 del 2016), il requisito dell'innovatività permane per un periodo massimo di 36 mesi. Decorso tale termine, il farmaco non ha più accesso alle risorse vincolate di cui al Fondo per i farmaci innovativi e va ad insistere sulla spesa farmaceutica per acquisti diretti che per il biennio 2019-2020 ha superato i 2 miliardi di euro, e il cui ripiano grava sulle regioni, già duramente messe alla prova per le spese relative all'emergenza COVID, ed è frequentemente oggetto di contenzioso tra le aziende farmaceutiche tenute al ripiano e l'Autorità competente, con un notevole appesantimento della governance del settore;
alla luce dell'incremento della dotazione del Fondo Unico disposta dal Governo con Legge di Bilancio 2022, il vincolo del riconoscimento fino a un massimo di 36 mesi per quelle soluzioni terapeutiche che sono ancora in grado di esprimere il proprio valore terapeutico innovativo a vantaggio dei pazienti, rappresenta un'inefficienza nella governance della spesa sanitaria con il rischio che le risorse destinate appositamente all'innovazione farmaceutica vengano distratte verso altri scopi ponendosi, peraltro, in contraddizione con i recenti interventi del legislatore che hanno disposto l'unificazione e poi l'incremento delle risorse a disposizione del Fondo;
l'emergenza pandemica da COVID-19 ha messo in luce le criticità legate alla durata temporanea del requisito dell'innovatività, che rischia infatti di creare ulteriori disparità di accesso alle cure proprio in questa fase di ripresa e recupero delle prestazioni sanitarie lasciate indietro;
la possibilità di estendere, in via sperimentale e a seguito della valutazione di AIFA, il periodo di validità del requisito di innovatività per una durata di 60 mesi, in questa fase di superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, contribuirebbe a garantire un rientro nell'ordinario dal punto di vista sanitario e a fronteggiare gli incrementi di bisogni terapeutici dovuti alla riduzione delle attività diagnostiche registrate a causa della suddetta emergenza,
impegna il Governo:
a valutare l'opportunità di prevedere, nel primo provvedimento utile, al fine di garantire un rientro nell'ordinario e fronteggiare gli incrementi di bisogni terapeutici dovuti alle riduzioni delle attività diagnostiche registrate a causa della pandemia da COVID-19, la possibilità, in via sperimentale per il biennio 2022-2023, da parte dell'Agenzia italiana per il farmaco, di estendere fino ad un massimo di 60 mesi il termine di cui al comma 403 della legge 11 dicembre 2016, n. 232, anche su istanza delle aziende titolari di autorizzazione all'immissione in commercio per le quali il requisito di innovatività piena è in corso di validità alla data del 31 maggio 2022 o in fase di riconoscimento nel biennio 2022-2023;
a valutare l'opportunità di garantire che le risorse destinate al Fondo di cui all'articolo 1, comma 401, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, relativo al concorso al rimborso alle regioni delle spese sostenute per l'acquisto dei farmaci innovativi, siano effettivamente impiegate per favorire l'accesso da parte dei pazienti ai farmaci innovativi e innovativi oncologici.
9/3533-A/69. (Testo modificato nel corso della seduta)Tiramani, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Paolin, Patelli, Sutto.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure volte a gestire il rientro nell'ordinario a seguito della cessazione dello stato di emergenza proclamato nel gennaio 2020 per il contrasto alla diffusione del virus Sars-Cov-2;
oltre due anni di pandemia hanno arrecato danni gravissimi all'intero sistema produttivo ed economico nazionale e determinato l'indebitamento di imprese e famiglie per fare fronte ai mesi di inattività lavorativa;
in una recente audizione alla Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale il Direttore dell'Agenzia delle entrate Ernesto ha dichiarato che l'ammontare totale dei debiti non riscossi ha superato i 1.100 miliardi, una cifra che con l'attuale crisi economica, dopo la pandemia e con il conflitto bellico in corso difficilmente sarà incassata;
attualmente i contribuenti destinatari di cartelle esattoriali sono sedici milioni, e circa l'ottanta per cento delle cartelle esattoriali è relativo a importi inferiore a diecimila euro;
le difficoltà di imprese e famiglie si fanno sentire anche con riferimento ai debiti fiscali e alle connesse procedure di riscossione, di recente riprese nonostante il perdurare dello stato di emergenza e che ora stanno chiamando i contribuenti destinatari di cartelle a versare somme delle quali attualmente non dispongono, stante la crisi di liquidità in atto;
soprattutto in questa fase di timida ripresa economica, è necessario distinguere gli evasori fiscali da chi, invece, non riesce a pagare le imposte che, in buona fede, dichiara, ed è, pertanto, di grande importanza che sia adottato un nuovo piano straordinario per la cosiddetta pace fiscale e una nuova definizione agevolata per le annualità 2018 e 2019,
impegna il Governo
a varare una nuova pace fiscale, con il saldo e stralcio delle cartelle di importo meno elevato, e una nuova rottamazione-quater per le annualità 2018 e 2019, al fine di dare un aiuto concreto a famiglie e imprese e sostenere la crescita.
9/3533-A/70. Osnato, Trancassini, Albano, Bignami, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene diverse disposizioni riguardanti i medici e sanitari specializzandi;
fino al 31 dicembre 2022, gli articoli 2-bis, comma 1, lettera a), e 2-ter, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 2020 (cosiddetto «Cura Italia»), consentono il conferimento di incarichi di lavoro autonomo – anche di collaborazione coordinata e continuativa di durata non superiore a sei mesi – nonché di incarichi individuali a tempo determinato ai medici specializzandi iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso esclusivamente per la durata dello stato di emergenza;
con una modifica alla suddetta disposizione, il comma 3, articolo 12, del disegno di legge in esame riconosce, ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione, l'attività lavorativa prestata dai medici specializzandi anche al di fuori del periodo emergenziale,
impegna il Governo
al fine di garantire al meglio l'assistenza sanitaria e l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ad adottare le opportune iniziative volte a poter utilizzare tutti gli specializzandi, e non solo quelli iscritti agli ultimi due anni di corso delle scuole di specializzazione, come attualmente previsto dalle norme riportate in premessa.
9/3533-A/71. Anna Lisa Baroni, Bagnasco, Novelli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene diverse disposizioni riguardanti i medici e sanitari specializzandi;
fino al 31 dicembre 2022, gli articoli 2-bis, comma 1, lettera a), e 2-ter, comma 5, del decreto-legge n. 18 del 2020 (cosiddetto «Cura Italia»), consentono il conferimento di incarichi di lavoro autonomo – anche di collaborazione coordinata e continuativa di durata non superiore a sei mesi – nonché di incarichi individuali a tempo determinato ai medici specializzandi iscritti all'ultimo e al penultimo anno di corso esclusivamente per la durata dello stato di emergenza;
con una modifica alla suddetta disposizione, il comma 3, articolo 12, del disegno di legge in esame riconosce, ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione, l'attività lavorativa prestata dai medici specializzandi anche al di fuori del periodo emergenziale,
impegna il Governo
al fine di garantire al meglio l'assistenza sanitaria e l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative volte a poter utilizzare tutti gli specializzandi, e non solo quelli iscritti agli ultimi due anni di corso delle scuole di specializzazione, come attualmente previsto dalle norme riportate in premessa.
9/3533-A/71. (Testo modificato nel corso della seduta)Anna Lisa Baroni, Bagnasco, Novelli.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 1o aprile del 2021 n. 44 ha introdotto per gli esercenti delle professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario l'obbligo a vaccinarsi contro il virus della Sars-CoV2;
tale previsione è stata poi modificata dal decreto-legge del 26 novembre 2021 n. 172, che ha introdotto lo stesso obbligo per il personale scolastico e per militari e forze di polizia;
la circolare n. 1989 del 07 dicembre 2021, del Ministero dell'istruzione ha indicato le posizioni giuridiche escluse dall'obbligo vaccinale introdotto con il decreto-legge n. 172 del 2021, determinando come escluse i «rapporti di lavoro sospesi» esemplificando il «caso di collocamento fuori ruolo, aspettativa a qualunque titolo, congedo per maternità o parentale»;
inoltre, la giurisprudenza di merito ha affermato che i professionisti non sono sottoposti ad obbligo vaccinale per il periodo di perduranza del congedo e dell'aspettativa (Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, sentenza del 15.11.2021; Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, sentenza del 26.11.2021; Tribunale di Napoli, Sezione Lavoro, ordinanza dell'8.3.2022),
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di adottare misure che permettano di derogare all'obbligo vaccinale per gli esercenti delle professioni sanitarie durante i periodi di congedo obbligatorio parentale, di congedo straordinario per assistenza familiare, di aspettativa.
9/3533-A/72. Bagnasco, Novelli.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone, all'articolo 10, comma 5-quater, l'ulteriore proroga (dal 31 dicembre 2022) al 31 dicembre 2023, del regime di deroga del riconoscimento di talune qualifiche conseguite all'estero in relazione a professioni sanitarie e agli operatori sociosanitari, svolta sia in via autonoma, sia dipendente;
il regime, oggetto di proroga fino a tutto il 2023, previsto per la prima volta dall'articolo 13 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (legge 27 del 2020) e da ultimo prorogato al 31 dicembre 2022 dall'articolo 6-bis del decreto-legge n. 105 del 2021 (legge n. 126 del 2021), consente l'esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti che intendono esercitare, in via autonoma o dipendente, nel territorio nazionale, anche presso strutture sanitarie private o accreditate, interessate direttamente o indirettamente nell'emergenza da COVID-19, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all'estero regolata da specifiche direttive dell'Unione europea. A tal fine, gli interessati presentano istanza, corredata da un certificato di iscrizione all'albo dello Stato di provenienza, alle regioni e province autonome, le quali possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, nei limiti delle risorse disponibili;
l'articolo 10, comma 5-quater del decreto in esame dispone inoltre la proroga al 31 dicembre 2023 delle disposizioni introdotte dallo stesso articolo 13, comma 2, del citato decreto-legge n. 18 del 2020 (e da ultimo prorogate al 31 dicembre 2022 dall'articolo 6-bis del decreto-legge n. 105 del 2021 (legge n. 126 del 2021), che consentono alle pubbliche amministrazioni e alle strutture sanitarie private autorizzate o accreditate, purché impegnate nell'emergenza da COVID-19, di assumere, per l'esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore sociosanitario, i cittadini di Paesi extra Unione europea titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, fermo restando ogni altro limite di legge;
considerata la necessità di integrare quanto già previsto dalla normativa vigente in materia, in merito alle misure che prevedono sistemi di controlli minimi necessari sulla documentazione in possesso dei professionisti e degli operatori che entrano nel nostro Paese, mediante il coinvolgimento delle Federazioni ordinistiche nazionali e articolazioni territoriali e con l'obiettivo di garantire le indispensabili tutele per gli assistiti,
impegna il Governo
a introdurre, nel prossimo veicolo normativo utile, disposizioni normative volte a introdurre in ogni regione un registro unico nel quale registrare la documentazione prodotta da ciascun professionista o operatore sanitario proveniente dai Paesi membri dell'Unione europea e da Paesi extra Unione europea, previa asseverazione presso il tribunale del luogo in cui insistono le aziende nelle quali sono integrati.
9/3533-A/73. Lattanzio.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame dispone, all'articolo 10, comma 5-quater, l'ulteriore proroga (dal 31 dicembre 2022) al 31 dicembre 2023, del regime di deroga del riconoscimento di talune qualifiche conseguite all'estero in relazione a professioni sanitarie e agli operatori sociosanitari, svolta sia in via autonoma, sia dipendente;
il regime, oggetto di proroga fino a tutto il 2023, previsto per la prima volta dall'articolo 13 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (legge 27 del 2020) e da ultimo prorogato al 31 dicembre 2022 dall'articolo 6-bis del decreto-legge n. 105 del 2021 (legge n. 126 del 2021), consente l'esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti che intendono esercitare, in via autonoma o dipendente, nel territorio nazionale, anche presso strutture sanitarie private o accreditate, interessate direttamente o indirettamente nell'emergenza da COVID-19, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all'estero regolata da specifiche direttive dell'Unione europea. A tal fine, gli interessati presentano istanza, corredata da un certificato di iscrizione all'albo dello Stato di provenienza, alle regioni e province autonome, le quali possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, nei limiti delle risorse disponibili;
l'articolo 10, comma 5-quater del decreto in esame dispone inoltre la proroga al 31 dicembre 2023 delle disposizioni introdotte dallo stesso articolo 13, comma 2, del citato decreto-legge n. 18 del 2020 (e da ultimo prorogate al 31 dicembre 2022 dall'articolo 6-bis del decreto-legge n. 105 del 2021 (legge n. 126 del 2021), che consentono alle pubbliche amministrazioni e alle strutture sanitarie private autorizzate o accreditate, purché impegnate nell'emergenza da COVID-19, di assumere, per l'esercizio di professioni sanitarie e per la qualifica di operatore sociosanitario, i cittadini di Paesi extra Unione europea titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare, fermo restando ogni altro limite di legge;
considerata la necessità di integrare quanto già previsto dalla normativa vigente in materia, in merito alle misure che prevedono sistemi di controlli minimi necessari sulla documentazione in possesso dei professionisti e degli operatori che entrano nel nostro Paese, mediante il coinvolgimento delle Federazioni ordinistiche nazionali e articolazioni territoriali e con l'obiettivo di garantire le indispensabili tutele per gli assistiti,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità di introdurre, nel prossimo veicolo normativo utile, disposizioni normative volte a introdurre in ogni regione un registro unico nel quale registrare la documentazione prodotta da ciascun professionista o operatore sanitario proveniente dai Paesi membri dell'Unione europea e da Paesi extra Unione europea, previa asseverazione presso il tribunale del luogo in cui insistono le aziende nelle quali sono integrati.
9/3533-A/73. (Testo modificato nel corso della seduta)Lattanzio.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede misure urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza dello stato di emergenza;
l'emergenza epidemiologica ha colpito duramente i lavoratori cosiddetti «fragili», per i quali si introdusse la tutela prevista dal comma 2, articolo 26 del decreto-legge n. 18 del 2020 «Cura Italia», ovvero l'assenza dal servizio equiparata a ricovero ospedaliero da non computare ai fini del periodo di comporto;
tale tutela è scaduta il 31 marzo 2022, creando una disparità tra i lavoratori articolo 26, comma 2 – immunodepressi, oncologici, in terapia salvavita, disabili legge n. 104, articolo 3, comma 3, impossibilitati al lavoro agile per mansione – non più tutelati con l'assenza ricovero fuori comporto (comma 2) e lavoratori rientranti nei criteri della «lista superfragili», per i quali la scadenza delle tutele è prevista per il 30 giugno 2022,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a ripristinare fino al 30 settembre 2022 la tutela prevista dal comma 2, articolo 26 del decreto-legge n. 18 del 2020 «Cura Italia», estendendo tale tutela anche ai lavoratori dipendenti pubblici e privati giudicati dal medico competente inidonei temporanei alla mansione, per motivazioni legate ad un aumentato rischio COVID-19 correlato, ed applicare tale disposizione a partire dal 1° aprile 2022.
9/3533-A/74. Tasso, Borghese.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede misure urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza dello stato di emergenza;
l'emergenza epidemiologica ha colpito duramente i lavoratori cosiddetti «fragili»,
impegna il Governo:
ad adottare ulteriori provvedimenti normativi volti a concedere sino al 30 settembre 2022 il diritto al lavoro agile:
ai lavoratori «fragili» dipendenti pubblici e privati, in assenza degli accordi individuali;
a coloro che svolgono funzioni di caregiver, come definito dall'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;
ai genitori che hanno almeno un figlio in condizioni di disabilità grave riconosciuta ai sensi dell'articolo 3, comma 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, senza alcun limite di età, o che hanno almeno un figlio con bisogni educativi speciali (BBS), a condizione che l'attività lavorativa sia compatibile con la modalità agile;
ai lavoratori di cui al comma 2-bis, articolo 26 del decreto-legge n. 18 del 2020 «Cura Italia».
9/3533-A/75. Longo, Tasso, Borghese.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede misure urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza dello stato di emergenza;
l'emergenza epidemiologica ha colpito duramente i lavoratori cosiddetti «fragili»,
impegna il Governo
ad abrogare il decreto del Ministero della salute 4 febbraio 2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 35 dell'11 febbraio 2022, ovvero la cosiddetta «lista dei superfragili», in quanto restrittiva, lacunosa e per molti aspetti contrastante con le evidenze scientifiche dei recenti report Epicentro dell'istituto Superiore di Sanità.
9/3533-A/76. Borghese, Tasso.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame di conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 prevede misure di contrasto alla diffusione della pandemia, rimodulando le disposizioni sino ad oggi adottate in ragione della fine dello stato di emergenza a decorrere dal 31 marzo 2022 e del progressivo attenuarsi della crisi sanitaria;
il disegno di legge de quo mira ad una progressiva ripresa di tutte le attività, in particolare della vita sociale, procedendo all'allentamento di alcune disposizioni di contenimento del contagio, prevedendo, in particolare, all'articolo 3 l'attribuzione del potere di ordinanza al Ministero della salute per adottare ed aggiornare linee guida e protocolli volti a regolare Io svolgimento in sicurezza dei servizi e delle attività economiche, produttive e sociali e introdurre limitazioni agli spostamenti da e per l'estero nonché imporre misure sanitarie in dipendenza dei medesimi spostamenti;
nei successivi articoli di legge, nonostante la decretazione della fine dello stato di emergenza, si continuano ad imporre misure di prevenzione anti-COVID come l'obbligo vaccinale per alcune categorie di lavoratori prorogandone l'efficacia fino al 31 dicembre 2022. In particolare, tale obbligo continuerà a persistere per gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario, mentre si proroga l'obbligo vaccinale fino al 15 giugno 2022 per il personale della scuola, del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, della polizia locale, degli istituti penitenziari, delle università ed altri;
a fronte del permanere di tali misure, giustificate dall'esigenza di continuare a prevenire il rischio di diffusione del virus Sars-CoV-2, tuttavia non si rinvengono ulteriori disposizioni di legge volte a continuare a prevedere misure di prevenzione al l'interno dei centri di prima accoglienza in cui ogni giorno vengono accolti centinaia di immigrati che sbarcano clandestinamente sulle coste italiane;
occorre al riguardo segnalare che, nonostante la crisi sanitaria mondiale, il flusso migratorio non si è arrestato e solo dall'inizio del 2022 sono giunti in Italia oltre dieci mila migranti, provenienti da territori, come ad esempio l'Africa, che non detengono misure sanitarie ed organizzative anti-COVID all'avanguardia in grado di prevenire efficacemente la diffusione e non dispongono di sistemi di informazione e vigilanza sanitaria capillari e sofisticati in grado di offrire dati certi;
inoltre, a cause delle gravi carenze di cui soffrono tali paesi, la maggioranza dei casi COVID-19 non viene rilevata e, in particolare per quanto riguarda l'Africa, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che il vero numero di infezioni possa essere sette volte superiore a quanto formalmente riportato ed ancora, tra il gennaio 2020 e il gennaio 2022, il governo sudafricano calcolava a circa 90.000 i decessi che riportano la dicitura «COVID» come causa ufficiale di morte. Tuttavia, i dati diffusi per lo stesso periodo dall'istituto Superiore di Sanità sudafricano (MRC) mostrano quasi 300.000 morti inattese, due terzi in più. Quindi la strage c'è, ma non si vede;
nel corso della pandemia, per evitare rischi di contagio tra i migranti accolti e tra gli operatori delle strutture di accoglienza, si è imposto il doveroso e rigoroso rispetto delle misure di contenimento previste a livello nazionale, compreso l'obbligo per gli ospiti, spesso disatteso, di permanere all'interno delle strutture;
in particolare, all'arrivo si è previsto per i migranti la sottoposizione allo screening sanitario da parte delle autorità sanitarie per accertare l'assenza di patologie infettive o sintomi riconducibili al COVID-19;
nonostante siano state previste tali misure, tuttavia le stesse si sono rivelate inadeguate ed inefficaci, continuando a consentire a migliaia di immigrati di sbarcare sulle coste dell'Italia, di sottrarsi ai centri di prima accoglienza e di circolare liberamente sul territorio nazionale, attuando assembramenti, non disponendo delle misure di protezione individuale e violando, più in generale, le norme nazionali anche penali;
siffatta situazione non sembra essere stata superata e l'andamento dei flussi migratori, in particolare l'arrivo incontrollato di clandestini, impone maggiore e costante attenzione in relazione al permanere di misure in grado di continuare a fronteggiare la diffusione del COVID,
impegna il Governo
a prorogare e potenziare oltre la fine dello stato di emergenza le misure di prevenzione e di contrasto alla diffusione del virus Sars-CoV-2 all'interno dei centri di prima accoglienza al fine di tutelare la salute pubblica ed evitare ulteriori contagi causati dall'immigrazione incontrollata.
9/3533-A/77. Cirielli, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
il biennio in cui è stato in vigore lo stato d'emergenza ha comportato un depauperamento delle finanze dei comuni privandole di entrate frutto dei tributi locali così come riportato dal quotidiano «L'Eco di Bergamo» in data 3 maggio c.a.;
le conseguenze della pandemia hanno impattato pesantemente su molti comuni al punto da far dichiarare a Mario Gatti, della segretaria provinciale della Cisl Bergamo – in data 3 maggio 2022 – che: «si evidenzia, nella prospettiva degli anni a venire, una situazione tanto preoccupante da sollecitare gli amministratori locali ad una allarmata presa di posizione, con conseguente richiesta al governo di un sostegno di aiuti costante nel tempo per evitare ulteriori interventi sulle addizionali e sulle imposizioni fiscali locali»;
tra i comuni più danneggiati dall'emergenza vi sono naturalmente quelli di piccole dimensioni;
l'articolo 15, comma 3, del Decreto Legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 prevede, al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della regione, il versamento da parte dello Stato – per i dieci anni successivi alla fusione stessa – appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono;
dal 2009 ad oggi sono state approvate 138 fusioni di comuni, di queste 136 sono già operative e 2 lo saranno nel 2023;
l'istituto della fusione tra comuni rappresenta una risorsa per razionalizzare le risorse pubbliche ed erogare servizi migliori ai cittadini che in quei comuni risiedono o hanno il loro domicilio,
impegna il Governo
a rideterminare – nei futuri provvedimenti finanziari – la durata del contributo di cui all'articolo 15, comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000, prorogandone il versamento di due ulteriori anni al fine di compensare i danni finanziari frutto del biennio di emergenza da COVID-19.
9/3533-A/78. Mantovani, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
il biennio in cui è stato in vigore lo stato d'emergenza ha comportato un depauperamento delle finanze dei comuni privandole di entrate frutto dei tributi locali così come riportato dal quotidiano «L'Eco di Bergamo» in data 3 maggio c.a.;
le conseguenze della pandemia hanno impattato pesantemente su molti comuni al punto da far dichiarare a Mario Gatti, della segretaria provinciale della Cisl Bergamo – in data 3 maggio 2022 – che: «si evidenzia, nella prospettiva degli anni a venire, una situazione tanto preoccupante da sollecitare gli amministratori locali ad una allarmata presa di posizione, con conseguente richiesta al governo di un sostegno di aiuti costante nel tempo per evitare ulteriori interventi sulle addizionali e sulle imposizioni fiscali locali»;
tra i comuni più danneggiati dall'emergenza vi sono naturalmente quelli di piccole dimensioni;
l'articolo 15, comma 3, del Decreto Legislativo n. 267 del 18 agosto 2000 prevede, al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della regione, il versamento da parte dello Stato – per i dieci anni successivi alla fusione stessa – appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono;
dal 2009 ad oggi sono state approvate 138 fusioni di comuni, di queste 136 sono già operative e 2 lo saranno nel 2023;
l'istituto della fusione tra comuni rappresenta una risorsa per razionalizzare le risorse pubbliche ed erogare servizi migliori ai cittadini che in quei comuni risiedono o hanno il loro domicilio,
impegna il Governo
compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di rideterminare – nei futuri provvedimenti finanziari – la durata del contributo di cui all'articolo 15, comma 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000, prorogandone il versamento di due ulteriori anni al fine di compensare i danni finanziari frutto del biennio di emergenza da COVID-19.
9/3533-A/78. (Testo modificato nel corso della seduta)Mantovani, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il testo in esame reca la conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni udenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
nonostante il termine dello stato di emergenza proclamato dal Governo, l'Italia si trova in una situazione di sostanziale isolamento in tutta Europa e nell'area Schengen, essendo l'unico Paese dove vengono tuttora applicate restrizioni in qualche forma, come ad esempio l'obbligo vaccinale per tutti i cittadini di età superiore a 50 anni fino al 15 giugno 2022;
predetto obbligo vale anche nel caso del personale scolastico, anche nel caso di guarigione da COVID-19, prevedendo, per il personale inadempiente, il demansionamento ad altre attività che non prevedano il contatto con gli studenti;
nonostante la scadenza dello stato di emergenza, numerose misure emergenziali sono ancora in vigore, rendendo incomprensibile il carattere emergenziale ed urgente delle misure tuttora vigenti a fronte dell'assenza di uno stato che acclari una situazione di effettiva emergenza alla data di entrata in vigore della legge di conversione in esame;
tra le altre misure che costituiscono un unicum in Italia si ha l'obbligo di utilizzo della mascherina nei cinema e nei teatri e in luoghi analoghi, valido solo sino al 15 di giugno,
impegna il Governo:
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori interventi normativi volti a:
a) Abrogare l'obbligo vaccinale contro il COVID-19 a seguito della decadenza dello Stato di emergenza;
b) Garantire in ogni caso la possibilità, per tutti i docenti a prescindere dalla loro condizione vaccinale, di poter esercitare la propria attività di docenza senza demansionamenti;
c) Abrogare l'obbligo di utilizzo di mascherine in luoghi come cinema e teatri.
9/3533-A/79. Ciaburro, Caretta.
La Camera,
premesso che:
il testo in esame reca la conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
il testo in esame rappresenta il provvedimento terminale conseguente al termine dello stato di emergenza proclamato dal Governo italiano in ragione della diffusione della pandemia da COVID- 19;
lo stato di emergenza proclamato dal Governo ha permesso l'adozione di particolari misure di restrizione della libertà individuale dei cittadini, inizialmente nella forma di Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) e di seguito nella forma di decreti-legge, le cui leggi di conversione sono state prevalentemente approvate tramite l'uso della questione di fiducia, comprimendo la possibilità di dibattito parlamentare in materia, come anche nel caso del testo in esame;
la legge di conversione del citato decreto-legge n. 24 del 2022 è pervenuta in Parlamento nel mese di maggio 2022, quando ormai i suoi effetti sono completamente dispiegati e l'opera emendativa dell'Aula, ancorché venisse pienamente consentita, avrebbe una funziona meramente marginale;
il testo in esame dispone il mantenimento della certificazione verde Green Pass rafforzata, attestante guarigione o completamento del ciclo vaccinale, e non l'effettuazione di test antigenici rapidi o molecolari (PCR) per le visite in ospedale e presso le RSA sino al 31 dicembre 2022;
il possesso di Green Pass rafforzato, come evidenziato dalle evidenze scientifiche, non garantisce che si sia negativi, né che l'individuo non sia affetto da COVID-19, in quanto solo i tamponi costituiscono un presidio per conoscere se un individuo sia effettivamente affetto da COVID-19 o meno;
lo strumento del Green Pass, originalmente nato, nella normativa europea, per agevolare la vita dei cittadini in totale sicurezza, nella prassi italiana è diventato uno strumento coercitivo basato su un'agenda scarsamente sanitaria e prettamente politica, la cui applicazione ha costituito un precedente potenzialmente pericoloso nei confronti delle libertà costituzionalmente garantite in Italia,
impegna il Governo:
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori interventi normativi volti a: permettere l'accesso a tutte le strutture dove sia richiesto la certificazione Green Pass rafforzata esclusivamente tramite attestazione di tampone COVID-19 negativo;
a scongiurare la futura applicazione di certificazioni similari al Green Pass, come applicato nella fattispecie nazionale italiana, in qualsiasi forma.
9/3533-A/80. Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
il personale scolastico, fornisce quotidianamente un servizio pubblico venendo a contatto ravvicinato con un alto numero di individui e in spazi ristretti; tale particolare condizione di lavoro, che in tempo di pandemia diventa ancora più evidente e con rischi maggiori, non trova però alcun riscontro in una specifica indennità di natura accessoria, invece riconosciuta in altri ambiti lavorativi pubblici come quello sanitario;
lavorare ogni giorno in spazi ristretti, con un altissimo numero di alunni, comporta alti rischi di incorrere in virus, come il COVID, ma anche con patologie legate allo stress derivante proprio dalle difficili condizioni professionale,
impegna il Governo a prevedere
una specifica indennità per rischio biologico al personale scolastico, nell'ambito dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro, da riconoscere, in ragione dell'effettiva presenza in servizio, con decorrenza dal 1° gennaio 2022.
9/3533-A/81. Frassinetti, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
il personale scolastico, fornisce quotidianamente un servizio pubblico venendo a contatto ravvicinato con un alto numero di individui e in spazi ristretti; tale particolare condizione di lavoro, che in tempo di pandemia diventa ancora più evidente e con rischi maggiori, non trova però alcun riscontro in una specifica indennità di natura accessoria, invece riconosciuta in altri ambiti lavorativi pubblici come quello sanitario;
lavorare ogni giorno in spazi ristretti, con un altissimo numero di alunni, comporta alti rischi di incorrere in virus, come il COVID, ma anche con patologie legate allo stress derivante proprio dalle difficili condizioni professionale,
impegna il Governo compatibilmente con le esigenza di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di prevedere
una specifica indennità per rischio biologico al personale scolastico, nell'ambito dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro, da riconoscere, in ragione dell'effettiva presenza in servizio, con decorrenza dal 1° gennaio 2022.
9/3533-A/81. (Testo modificato nel corso della seduta)Frassinetti, Caretta, Ciaburro.
La Camera,
premesso che:
il Disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
all'articolo n. 8 si dispone che per la sostituzione del personale scolastico che non ha adempiuto all'obbligo vaccinale sono stipulati contratti a tempo determinato, che si risolvono di diritto nel momento nel quale i soggetti sostituiti, avendo adempiuto l'obbligo vaccinale, riacquistano il diritto di svolgere l'attività didattica;
nello specifico agli oneri per il pagamento di tale supplenze, pari a euro 29.207.391 per l'anno 2022 si provvede, quanto a 15.000.000 di euro, mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e, quanto a 14.207.391 euro, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 592, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;
tale disposizione comporterà, inevitabilmente che parte del fondo per il miglioramento dell'offerta formativa sarà sottratto alle risorse contrattuali destinate alla valorizzazione dei docenti, senza tener conto che tale Fondo è stato aumentato dalla manovra del 2022 anche con l'obiettivo di aumentare la dote a disposizione per il rinnovo contrattuale,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori interventi normativi volti a prevedere un Fondo specifico per il pagamento delle supplenze per la sostituzione del personale scolastico che non ha adempiuto all'obbligo vaccinale mediante corrispondente riduzione del Fondo all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
9/3533-A/82. Bucalo.
La Camera,
premesso che:
il Disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
all'articolo n. 8 si dispone che per la sostituzione del personale scolastico che non ha adempiuto all'obbligo vaccinale sono stipulati contratti a tempo determinato, che si risolvono di diritto nel momento nel quale i soggetti sostituiti, avendo adempiuto l'obbligo vaccinale, riacquistano il diritto di svolgere l'attività didattica;
nello specifico agli oneri per il pagamento di tale supplenze, pari a euro 29.207.391 per l'anno 2022 si provvede, quanto a 15.000.000 di euro, mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e, quanto a 14.207.391 euro, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 592, della legge 27 dicembre 2017, n. 205;
tale disposizione comporterà, inevitabilmente che parte del fondo per il miglioramento dell'offerta formativa sarà sottratto alle risorse contrattuali destinate alla valorizzazione dei docenti, senza tener conto che tale Fondo è stato aumentato dalla manovra del 2022 anche con l'obiettivo di aumentare la dote a disposizione per il rinnovo contrattuale,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di valutare l'opportunità di adottare, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, ulteriori interventi normativi volti a prevedere un Fondo specifico per il pagamento delle supplenze per la sostituzione del personale scolastico che non ha adempiuto all'obbligo vaccinale mediante corrispondente riduzione del Fondo all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
9/3533-A/82. (Testo modificato nel corso della seduta)Bucalo.
La Camera,
premesso che:
in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
ritenuto che ad un provvedimento di riaperture deve accompagnarsi un provvedimento di sostegni e aiuti delle attività economiche, così pesantemente colpite dalla pandemia e da ultimo penalizzate dalla grave crisi energetica ed economica provocata dal conflitto in Ucraina;
considerata, in tal senso, positiva la notizia dell'approvazione in Consiglio dei ministri di un nuovo decreto aiuti per famiglie ed imprese;
valutato tuttavia necessario sostenere ed aiutare anche con la via della semplificazione normativa e del riconoscimento di tempi ragionevoli per gli adempimenti burocratici;
ricordato, all'uopo, che con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate n. 143438 del 27 aprile 2022, sono stati definiti le modalità ed i termini per le dichiarazioni sostitutive delle imprese che dovranno comunicare gli aiuti di Stato ricevuti negli ultimi anni di emergenza COVID-19 e, specificatamente, è stato previsto che l'autodichiarazione per il rispetto dei massimali degli aiuti COVID ricevuti dovrà essere inviata all'Amministrazione finanziaria entro il 30 giugno p.v.;
in proposito, si ricorda che l'articolo 6, comma 4, dello Statuto del Contribuente, recita: «Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente»,
impegna il Governo:
già nel prossimo provvedimento utile, a prevedere che per l'invio telematico della dichiarazione sostitutiva per gli aiuti di stato sia riconosciuto un tempo più congruo, spostando il termine al 31 ottobre e che i dati richiesti siano unicamente quelli non ancora in possesso della PA eliminando ogni sorta di duplicazione;
a garantire, altresì, in via generale, che da parte della PA ci sia comunque sempre una risposta tempestiva quando si verificano malfunzionamenti, rallentamenti o blocchi del sistema che generano pesanti disservizi.
9/3533-A/83. Gusmeroli, Angiola, Napoli, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza;
ritenuto che ad un provvedimento di riaperture deve accompagnarsi un provvedimento di sostegni e aiuti delle attività economiche, così pesantemente colpite dalla pandemia e da ultimo penalizzate dalla grave crisi energetica ed economica provocata dal conflitto in Ucraina;
considerata, in tal senso, positiva la notizia dell'approvazione in Consiglio dei ministri di un nuovo decreto aiuti per famiglie ed imprese;
valutato tuttavia necessario sostenere ed aiutare anche con la via della semplificazione normativa e del riconoscimento di tempi ragionevoli per gli adempimenti burocratici;
ricordato, all'uopo, che con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate n. 143438 del 27 aprile 2022, sono stati definiti le modalità ed i termini per le dichiarazioni sostitutive delle imprese che dovranno comunicare gli aiuti di Stato ricevuti negli ultimi anni di emergenza COVID-19 e, specificatamente, è stato previsto che l'autodichiarazione per il rispetto dei massimali degli aiuti COVID ricevuti dovrà essere inviata all'Amministrazione finanziaria entro il 30 giugno p.v.;
in proposito, si ricorda che l'articolo 6, comma 4, dello Statuto del Contribuente, recita: «Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente»,
impegna il Governo, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, a valutare l'opportunità di:
già nel prossimo provvedimento utile, prevedere che per l'invio telematico della dichiarazione sostitutiva per gli aiuti di stato sia riconosciuto un tempo più congruo, spostando il termine al 31 ottobre e che i dati richiesti siano unicamente quelli non ancora in possesso della PA eliminando ogni sorta di duplicazione;
garantire, altresì, in via generale, che da parte della PA ci sia comunque sempre una risposta tempestiva quando si verificano malfunzionamenti, rallentamenti o blocchi del sistema che generano pesanti disservizi.
9/3533-A/83. (Testo modificato nel corso della seduta)Gusmeroli, Angiola, Napoli, Ruffino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Aula continua ad imporre, fino al 15 giugno 2022, l'obbligo di indossare le mascherine per l'accesso, fra gli altri, a cinema, teatri e palazzetti dello sport;
nell'attuale contesto giuridico ed epidemiologico si ritiene che la permanenza del predetto obbligo debba essere rivalutata e superata in maniera definitiva, in coerenza con le decisioni che sono state già prese, in questo senso, dagli altri Paesi europei;
non si comprende il razionale scientifico alla base della decisione presa, i cui effetti sono stati, peraltro, anticipati dal Ministro della salute con un'ordinanza di dubbia legittimità, vista anche la cessazione definitiva dello stato di emergenza;
tale decisione risulta essere un accanimento verso settori che più di ogni altro hanno sofferto per le restrizioni imposte dalla pandemia e che hanno avuto un senso durante la fase più difficile della pandemia, quando l'incidenza dei contagi e la gravità della malattia portavano ad un eccessivo sovraccarico del Sistema Sanitario Nazionale soprattutto con riguardo alle terapie intensive, ma ora risultano eccessive e discriminatorie per una sola categoria;
dopo oltre due anni di convivenza con la pandemia da COVID-19, si ritiene che i cittadini italiani abbiano dimostrato grande senso di responsabilità e siano sicuramente in grado di decidere autonomamente quando e dove indossare la mascherina, senza la necessità di imporre obblighi sproporzionati e generalizzati,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di adottare ulteriori interventi normativi volti ad abrogare definitivamente le disposizioni in materia di impiego obbligatorio dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo chirurgico e FFP2 nei cinema, nei teatri e nei palazzetti dello sport.
9/3533-A/84. Belotti, Basini, Colmellere, De Angelis, Mariani, Maturi, Racchella, Toccalini, Zicchieri.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento all'esame dell'Aula continua ad imporre, fino al 15 giugno 2022, l'obbligo di indossare le mascherine per l'accesso, fra gli altri, a cinema, teatri e palazzetti dello sport;
nell'attuale contesto giuridico ed epidemiologico si ritiene che la permanenza del predetto obbligo debba essere rivalutata e superata in maniera definitiva, in coerenza con le decisioni che sono state già prese, in questo senso, dagli altri Paesi europei;
non si comprende il razionale scientifico alla base della decisione presa, i cui effetti sono stati, peraltro, anticipati dal Ministro della salute con un'ordinanza di dubbia legittimità, vista anche la cessazione definitiva dello stato di emergenza;
tale decisione risulta essere un accanimento verso settori che più di ogni altro hanno sofferto per le restrizioni imposte dalla pandemia e che hanno avuto un senso durante la fase più difficile della pandemia, quando l'incidenza dei contagi e la gravità della malattia portavano ad un eccessivo sovraccarico del Sistema Sanitario Nazionale soprattutto con riguardo alle terapie intensive, ma ora risultano eccessive e discriminatorie per una sola categoria;
dopo oltre due anni di convivenza con la pandemia da COVID-19, si ritiene che i cittadini italiani abbiano dimostrato grande senso di responsabilità e siano sicuramente in grado di decidere autonomamente quando e dove indossare la mascherina, senza la necessità di imporre obblighi sproporzionati e generalizzati,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa al fine di valutare l'opportunità di adottare, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, ulteriori interventi normativi volti ad abrogare definitivamente le disposizioni in materia di impiego obbligatorio dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo chirurgico e FFP2 nei cinema, nei teatri e nei palazzetti dello sport.
9/3533-A/84. (Testo modificato nel corso della seduta)Belotti, Basini, Colmellere, De Angelis, Mariani, Maturi, Racchella, Toccalini, Zicchieri.
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Iniziative in materia di accesso ai concorsi per ricercatore a tempo determinato e al ruolo di professore associato – 3-02927
DI GIORGI, GIORGIS, PICCOLI NARDELLI, NITTI, LATTANZIO, PRESTIPINO, ROSSI, CIAMPI, ORFINI, ANDREA ROMANO, CIAGÀ, NAVARRA, BERLINGHIERI, LORENZIN e FIANO. — Al Ministro dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 22, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, interviene sulla durata degli assegni di ricerca e prevede che: «La durata complessiva dei rapporti instaurati con i titolari degli assegni (...) intercorsi anche con atenei diversi (...) con il medesimo soggetto, non può in ogni caso superare i dodici anni (...)»;
la stessa legge, all'articolo 24, comma 7, statuisce che si applichino le disposizioni di cui all'articolo 22, comma 9, ai bandi di concorso dei ricercatori a tempo determinato ed esclude, quindi, ai fini dell'ammissione coloro che hanno in essere o hanno avuto contratti in qualità di assegnista di ricerca e di ricercatore a tempo determinato, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 22 e 24 della legge n. 240 del 2010 presso atenei italiani, statali, non statali o telematici, nonché presso gli enti di cui al comma 1 dell'articolo 22 della legge n. 240 del 2010, per un periodo che, sommato alla durata prevista dal contratto di cui al bando di concorso, superi complessivamente i dodici anni, anche non continuativi. Ai fini della durata dei predetti rapporti non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute secondo la normativa vigente;
in base ai limiti sopra citati, gli assegnisti di ricerca e perfino i ricercatori a tempo determinato di tipo A), che si trovano in una condizione di precarietà protratta prossima a tali limiti, non potranno partecipare alle selezioni per ricercatori a tempo determinato di tipo B) e, previa valutazione nel terzo anno, essere poi inquadrati nel ruolo dei professori associati;
il Piano nazionale di ripresa e resilienza prevede un investimento di oltre 30 miliardi di euro nella ricerca e nella formazione, con l'obiettivo di favorire il progresso scientifico e coinvolgere le migliori competenze –:
quali iniziative il Ministro interrogato, anche in considerazione degli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, intenda assumere al fine di evitare che assegnisti di ricerca e ricercatori di tipo A), con una lunga e comprovata esperienza scientifica e didattica prossima ai 12 anni, siano esclusi dalla possibilità di partecipare a concorsi da ricercatore di tipo B) che, nell'attuale ordinamento, rappresentano uno dei principali percorsi per accedere ai ruoli di professore associato e raggiungere una condizione di stabilità.
(3-02927)
Iniziative di competenza volte a scorporare dal calcolo Isee le somme derivanti dai trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari percepiti in ragione della condizione di disabilità – 3-02928
VILLANI, NAPPI, RUGGIERO, D'ARRANDO, LOREFICE, MAMMÌ, MISITI, PENNA, PROVENZA e SPORTIELLO. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:
la sentenza n. 152 del luglio 2020 della Corte costituzionale ha disposto l'incremento pensionistico per invalidi civili totali, stabilendo che la pensione di invalidità per tali soggetti sia incrementata fino a 651,00 euro, considerando tale cifra come livello minimo di assistenza: tale incremento riverbera i suoi effetti sull'erogazione del reddito di cittadinanza nella misura in cui esso rileva ai fini della determinazione del reddito familiare;
il contenuto della sentenza è stato recepito dall'articolo 15 del decreto-legge n. 104 del 2020;
con sentenza n. 3683 del 2014 del tribunale amministrativo regionale del Lazio, confermata dal Consiglio di Stato, con sentenza 3 dicembre 2015, n. 842, è stato stabilito che le indennità percepite a qualunque titolo dalle persone con disabilità non devono essere considerate ai fini della «Indicazione della situazione economica equivalente»;
la pensione di invalidità civile è ricompresa all'interno del reddito familiare e se ne tiene conto per il calcolo del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza secondo quanto previsto dal comma 6 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 4 del 2019, istitutivo del reddito di cittadinanza, che stabilisce che, ai soli fini del reddito di cittadinanza, il reddito familiare debba includere i trattamenti di assistenza in godimento da parte dei componenti del nucleo familiare, escluse le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi, cioè erogate a prescindere dal reddito proprio o del nucleo familiare;
nella circolare n. 137 del luglio 2016, l'Inps prevede che l'aumento delle pensioni di invalidità al 100 per cento, in virtù della sentenza della Corte costituzionale come reddito familiare, determinando un aumento dell'Isee, comportano una decurtazione o addirittura revoca degli importi percepiti;
l'Inps in una nota stabilisce che, per quanto riguarda la disciplina dell'Isee, continua a non rilevare alcun trattamento percepito in ragione della condizione di disabilità; tuttavia, di fatto nella determinazione dell'Isee è necessario inserire qualunque tipo di rapporto finanziario intestato ai componenti del nucleo familiare, compresi quelli intestati ai disabili;
quanto sopra appare agli interroganti in totale contraddizione sia con le pronunce, che con le norme citate –:
se il Governo non ritenga di adottare le iniziative di competenza affinché sia garantita l'effettiva applicazione della normativa vigente, assicurando ai richiedenti la possibilità di scorporare dal calcolo Isee le somme che derivano da pensioni di invalidità, indennità di accompagnamento e tutti i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari percepiti in ragione della condizione di disabilità.
(3-02928)
Iniziative volte ad assicurare il pieno rispetto dei diritti all'inclusione, all'accessibilità e alla progettazione universale, con particolare riferimento agli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza – 3-02929
NOJA, PAITA, BALDINI, FREGOLENT, UNGARO, MARCO DI MAIO, OCCHIONERO, VITIELLO e NOBILI. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:
in data 18 aprile 2022, a ventisette persone con disabilità, acquirenti di regolare biglietto ferroviario per la tratta Genova-Milano, veniva impedito da alcuni passeggeri di occupare i posti loro riservati sul treno e le stesse erano costrette a utilizzare un servizio di navetta sostitutivo per giungere a destinazione;
l'episodio costituisce grave violazione del diritto costituzionale alla libera circolazione dei cittadini con disabilità, sulla base dei principi di eguaglianza e non discriminazione, e testimonia come nel nostro Paese vi siano profonde carenze infrastrutturali – a livello sistemico – dovute all'assenza di servizi e spazi progettati universalmente;
le violazioni non riguardano il solo trasporto pubblico, ma numerosi altri ambiti di esercizio dei diritti: per questo, in data 6 maggio 2021 la Camera dei deputati ha approvato all'unanimità la mozione 1-00212, che impegna il Governo ad assicurare il pieno rispetto dei diritti all'accessibilità e alla progettazione universale in tutte le politiche, nonché in tutti gli interventi infrastrutturali, in primo luogo derivanti dall'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che pone la garanzia dei diritti delle persone con disabilità quale obiettivo trasversale dell'intero piano;
anche la legge n. 227 del 2021 conferisce delega al Governo per la riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità (articolo 2, comma 2, lettera e));
con riferimento a tali obiettivi, a inizio 2022 è stata istituita una commissione di studio coadiuvata da un tavolo di lavoro in materia di accessibilità ed è stata adottata con decreto del 9 febbraio 2022 la «Direttiva alle amministrazioni titolari di progetti, riforme e misure in materia di disabilità», provvedimento al quale dovrà essere assicurata cogenza, in considerazione delle imponenti risorse derivanti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e, al contempo, degli episodi di grave violazione del diritto all'accessibilità registrati sul territorio nazionale –:
quali iniziative intenda assumere il Governo affinché sia garantita effettiva attuazione della mozione e della direttiva citate in premessa, specie con riferimento a tutte le opere e gli interventi di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, affinché siano progettati nel pieno rispetto del diritto all'accessibilità e dei principi dello «universal design», come sanciti dagli articoli 2 e 9 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con legge n. 18 del 2009.
(3-02929)
Iniziative per garantire condizioni di sicurezza sull'autostrada A4, nel tratto tra San Donà di Piave e Alvisopoli, in provincia di Venezia – 3-02930
DE GIROLAMO e BARATTO. – Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. – Per sapere – premesso che:
l'autostrada A4 è una delle arterie principali del sistema economico nazionale, sviluppandosi lungo la direttrice ovest-est della penisola, collegando Torino a Trieste passando per Milano, Venezia;
l'infrastruttura si sviluppa lungo il corridoio europeo mediterraneo n. 5 Lisbona-Kiev;
da tempo è stato avviato il progetto, suddiviso in quattro lotti, per la realizzazione della terza corsia dell'autostrada A4 nella tratta Quarto D'Altino (Venezia)-Villesse (Gorizia), con tracciato di circa 95 chilometri, dei quali circa 55 chilometri ricadenti nel territorio della regione Veneto e 40 chilometri nel territorio della regione Friuli Venezia Giulia, su un terreno pianeggiante;
ad oggi si registra un grave ritardo per il completamento del secondo lotto di 33,5 chilometri tra San Donà di Piave e Alvisopoli, frazione di Fossalta di Portogruaro, mentre al contrario già dal 2017 è allo studio il quadruplicamento del tratto Padova-Brescia;
tra i motivi di questo ritardo, che non possono più essere tollerati, figurano senz'altro le limitazioni dovute all'emergenza sanitaria, ma anche il «caro materiali» e il trasferimento della concessione da Autovie alla «newco»;
lungo questo tratto stradale si sono verificati nel corso di questi mesi un numero molto elevato di incidenti, spesso purtroppo anche mortali, con la risultanza di bloccare il flusso veicolare in entrambi i sensi di marcia, riproponendo quello scenario tristemente noto della «tangenziale di Mestre», che ha ingolfato il sistema trasportistico del Nordest per decenni fino all'apertura del Passante nel 2009, con un bollettino quotidiano di disagi, sinistri, feriti e decessi;
le statistiche sugli incidenti e sui sinistri rilevati riportano che molti di essi avvengono a causa dell'improvviso arresto degli automobilisti, con conseguenti tamponamenti, dovuti a blocchi di traffico formatisi «a sorpresa», in prossimità del restringimento di carreggiata causato dai lavori lungo l'arteria stradale;
si ritiene essenziale velocizzare l'iter di completamento del secondo lotto tra San Donà di Piave e Alvisopoli che, ad oggi, appare come un vero e proprio «imbuto» del nostro sistema-Paese in ingresso e in uscita, al fine di prevenire l'aggravarsi di conseguenze economiche e sociali, soprattutto in termini di attrattività turistica –:
quali iniziative di competenza intenda adottare per assicurare la sicurezza stradale lungo l'area interessata, al fine di individuare una soluzione alla situazione esposta in premessa, considerata la pericolosità di questo tratto stradale ad altissima incidentalità anche mortale, adottando ulteriori iniziative di competenza anche sul piano finanziario.
(3-02930)
Iniziative di competenza in ordine alle criticità derivanti dal progetto di alta velocità ferroviaria relativo al lotto 1A Battipaglia-Romagnano, lungo la direttrice Salerno-Reggio Calabria – 3-02931
CONTE, DE LORENZO e FORNARO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
con decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, Rete ferroviaria italiana s.p.a. è stata autorizzata alla redazione del progetto di fattibilità tecnico-economica degli interventi di potenziamento, con caratteristiche di alta velocità, della direttrice ferroviaria Salerno-Reggio Calabria;
Rete ferroviaria italiana s.p.a. ha avviato gli incontri di consultazione sui territori per il lotto 1A Battipaglia-Romagnano – inserito nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – che attraversa i comuni di Battipaglia, Eboli, Campagna, Serre, Contursi Terme, Buccino, Sicignano degli Alburni, spaccando in due abitati, aree protette e zone industriali;
il giorno 24 marzo 2022, nella città di Eboli, c'è stato un dibattito pubblico nel corso del quale sono stati posti, in particolar modo dall'amministrazione comunale di Eboli, 34 quesiti riconducibili a cinque questioni condivise da tutti i comuni interessati;
tra le questioni poste c'è la preoccupazione dell'impatto dell'opera su abitazioni, terreni e opifici;
il tracciato, infatti, andrebbe a pesare su terreni con colture di pregio, opifici e attività produttive e – attraversando una zona densamente edificata in Eboli – su abitazioni private, destinate ad espropri ed abbattimenti, per un numero di oltre 200 ditte catastali, di cui circa 50 case abitate, la cui paventata demolizione determina grosso allarme sociale;
il 4 aprile 2022, il Ministero della transizione ecologica ha inviato a Rete ferroviaria italiana s.p.a. una sua nota sul progetto di fattibilità tecnica ed economica del «lotto 1A», con la quale vengono chieste numerose integrazioni in ordine a ben dodici aree tematiche afferenti alla sostenibilità ambientale del piano, all'impatto sulle biodiversità, sull'uso del suolo, sulla tutela del patrimonio naturale e agroalimentare, sulla gestione dell'impatto geologico e sul sistema di acque, clima e ambiente, mentre nulla si dice sul delicato tema degli abbattimenti delle abitazioni civili e di alcuni opifici;
sulla questione si sta realizzando una vasta mobilitazione di cittadini, operatori economici, amministratori comunali che chiedono di essere coinvolti nelle scelte e ascoltati nelle loro osservazioni affinché l'opera pubblica sia davvero condivisa e al servizio del territorio e non venga invece calata dall'alto e imposta senza alcuna concertazione –:
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, il Ministro interrogato in merito alle problematicità poste in premessa sul tracciato del lotto 1A dell'alta velocità ferroviaria lungo la direttrice Salerno-Reggio Calabria.
(3-02931)
Iniziative di competenza volte alla urgente realizzazione della «Gronda di Genova» – 3-02932
RIXI, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
il «Nodo stradale e autostradale di Genova – adeguamento del sistema A7-A10-A12», noto come «Gronda di Genova», progetto di rilevanza strategica per la Liguria e per l'intero Paese, consentirebbe di decongestionare il traffico, soprattutto pesante, sui tratti autostradali in questione, nonché di ridurre i tempi di percorrenza, l'impatto acustico e inquinante sulla popolazione locale e i rischi di incidenti stradali, separando il traffico cittadino da quello di attraversamento e dai flussi legati al porto di Genova;
il progetto, in particolare, prevede una nuova autostrada da Vesima a Bolzaneto (quasi interamente in galleria), il rifacimento della carreggiata nord della A7, fra Genova ovest e Bolzaneto, con potenziamento della A12 fino alla barriera Genova est;
l'iter approvativo dell'opera si è formalmente completato nell'agosto 2018 con l'invio da parte di Autostrade per l'Italia del progetto esecutivo al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, ma, nonostante siano già stati effettuati numerosi espropri di aree e terreni, attraverso i quali la nuova autostrada dovrà transitare, e nonostante siano state bandite gare di pre-qualifica per un valore complessivo di 490 milioni di euro, il progetto esecutivo della Gronda non è ancora stato approvato dal Ministero;
da uno studio effettuato nel 2020 dall'autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale è emerso che, nel solo bacino di Sampierdarena del porto di Genova, gravitano 3.500 mezzi pesanti al giorno e, secondo le previsioni, diventeranno 4.100 entro il prossimo triennio e 4.800 nel prossimo quinquennio, sulla base delle stime di maggiore capacità dei terminal portuali genovesi. A questi numeri occorre aggiungere i circa 2.500 tir che gravitano giornalmente nel porto di Prà;
pertanto la realizzazione tempestiva della «Gronda di Genova», attraverso procedure celeri ed efficaci come quelle rappresentate dal cosiddetto «modello Genova», che ha consentito l'avvio dei lavori e la ricostruzione del Ponte Morandi in tempi molto brevi, rappresenta una necessità imprescindibile per gli utenti dei tratti stradali e autostradali interessati e per tutti gli abitanti del territorio –:
se e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere al fine di provvedere allo sblocco dell'iter di approvazione del progetto esecutivo, nonché alla realizzazione, nel più breve tempo possibile, dell'opera «Nodo stradale e autostradale di Genova – adeguamento del sistema A7-A10-A12», comunemente nota come «Gronda di Genova».
(3-02932)
Elementi e iniziative di competenza in ordine all'attuazione del cosiddetto «decreto Bim», volto a favorire l'efficiente gestione e controllo da parte delle pubbliche amministrazioni dei progetti edilizi e infrastrutturali finanziati con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza – 3-02933
RUFFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
la transizione digitale delle pubbliche amministrazioni costituisce un caposaldo irrinunciabile per il progresso del nostro Paese, perché lo storico gap tecnologico che grava sulle amministrazioni italiane è una delle ragioni essenziali della mancata crescita degli ultimi decenni. Ciò è tanto nel settore degli appalti pubblici dell'edilizia, fondamentale per l'economia e che, sino al 2026, rappresenterà uno dei pilastri per dare piena attuazione ai progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza;
a tal fine, il 3 agosto 2021 è entrato in vigore il decreto ministeriale n. 312 del 2 agosto 2021 – cosiddetto «decreto Bim» – che stabilisce modalità e tempi di progressiva introduzione presso le pubbliche amministrazioni di nuovi processi, metodi e strumenti elettronici per la gestione e il controllo dei progetti edilizi e infrastrutturali (cosiddetti Building information modeling o per brevità «Bim»); il decreto copre il periodo 2022-2026 e consente alle amministrazioni appaltanti di ricorrere al «Bim», anche in via sperimentale per tutti gli affidamenti successivi all'agosto 2021;
si tratta potenzialmente di una svolta molto importante: l'utilizzo di questo nuovo sistema di gestione in un progetto, infatti, permette di ottenere una serie di vantaggi nella gestione dell'opera edilizia attraverso un controllo totale di tutte le fasi del processo; consente, soprattutto, di ottenere tempi di costruzione ridotti e certi, costi inferiori di gestione e manutenzione, risoluzione di errori e anomalie, uso più efficiente delle risorse; insomma, un sistema di controllo accurato dell'intero processo, che consente una gestione più corretta ed economica, con potenziali risparmi e semplificazioni per le amministrazioni, in un settore dove purtroppo gli sprechi sono all'ordine del giorno;
nonostante gli interventi sin qui adottati, molte delle pubbliche amministrazioni locali sembrerebbero non avere gli strumenti e le competenze adeguate per poter gestire con efficienza questi nuovi strumenti digitali di progettazione negli appalti di edifici ed infrastrutture, con grave pregiudizio per i risultati e l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza –:
se stia avendo effettivamente seguito l'attuazione del decreto cosiddetto «Bim» e quali iniziative di competenza intenda adottare affinché le amministrazioni locali dispongano rapidamente di strumenti adeguati per attuare questa importante innovazione, essenziale per migliorare l'attuazione e il controllo dei progetti finanziati dalle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(3-02933)
Elementi e iniziative in ordine al mancato rispetto degli adempimenti previsti a carico delle amministrazioni locali con riguardo alla relazione annuale concernente l'irrogazione delle sanzioni per infrazioni stradali e l'utilizzo dei relativi proventi – 3-02934
BALDELLI, D'ATTIS, PENTANGELO, ROSSO, SOZZANI e ROSPI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:
il codice della strada prevede che tutte le amministrazioni locali siano obbligate a consegnare entro il 31 maggio di ogni anno una relazione telematica in cui indichino quanto hanno incassato dalle multe stradali nell'anno precedente e come spendano questi soldi;
nel 2021 un comune su cinque non ha consegnato la relazione e degli altri quattro non si conoscono i dati analitici consegnati al Governo, malgrado la Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati li chieda al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili da settembre 2021;
la sanzione prevista dal codice della strada verso i comuni inadempienti o che abbiano consegnato dichiarazioni non veritiere o non conformi alle destinazioni previste dalla legge, che per una quota non inferiore al 50 per cento devono essere costituite da interventi di sicurezza e manutenzione stradale, consiste nella decurtazione del 90 per cento degli incassi;
nessuna amministrazione è stata ancora sanzionata e non è chiaro né il criterio di controlli a campione che il Governo intende adottare, né il meccanismo di decurtazione automatica che il Governo starebbe studiando –:
quando il Governo consegnerà i dati completi del 2021 alla Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati e quando e come, al netto delle segnalazioni alle sezioni locali della Corte dei conti e delle eventuali conseguenze sul piano contabile, intenda intervenire per controllare e sanzionare gli enti locali che abbiano violato le prescrizioni del codice della strada.
(3-02934)
Iniziative di competenza volte alla realizzazione di un progetto di alta velocità ferroviaria lungo la dorsale adriatica della regione Marche compatibile sotto il profilo ambientale e turistico – 3-02935
LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili — Per sapere – premesso che:
con la stipula del protocollo d'intesa per lo sviluppo del Corridoio adriatico, sottoscritta in data 24 ottobre 2020 tra le regioni Marche, Abruzzo, Molise e Puglia, la regione Marche ha richiesto al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di superare il ritardo infrastrutturale della dorsale adriatica con la realizzazione dell'alta velocità ferroviaria passeggeri;
in data 10 marzo 2022 il Ministro interrogato ha trasmesso alle regioni una proposta di sintesi sul progetto della ferrovia adriatica, confermando gli obiettivi ministeriali di potenziamento della capacità della linea ferroviaria adriatica attraverso l'aumento fino a 200 chilometri orari della velocità sull'intero itinerario, con l'individuazione della dorsale Bologna-Lecce quale tratta privilegiata del trasporto merci e la prospettiva di incremento del carico merci sulla tratta fino a 176 treni al giorno, equivalenti a un treno ogni otto minuti;
in un incontro con gli enti interessati dal progetto, tutti i comuni hanno rimarcato in modo unitario la forte preoccupazione circa l'appesantimento del traffico merci sull'attuale linea ferroviaria adriatica, fatta eccezione per il solo comune di Pesaro per il quale è stato previsto un arretramento del tracciato della ferrovia;
il previsto aumento del traffico merci, infatti, appare incompatibile con l'attuale tessuto urbano delle località costiere, che si sono sviluppate proprio in prossimità della linea ferroviaria e arrecherebbe alle stesse un grave pregiudizio sia alla qualità della vita degli abitanti delle città costiere attraversate dalla linea ferroviaria, sia all'attrattività delle stesse dal punto di vista turistico, con conseguenze negative che, a cascata, coinvolgerebbero l'intera regione;
i centri abitati presenti lungo la costa marchigiana già soffrono fortemente il problema dell'inquinamento acustico e da tempo la regione Marche sta conducendo un confronto con i Ministeri competenti per scongiurare l'installazione delle barriere antirumore, che comporterebbero una cesura visiva e fisica all'interno dei tessuti urbani delle città della costa;
in questo quadro, al fine di superare le problematiche esposte, appare più che mai opportuna la realizzazione di una nuova infrastruttura ferroviaria dedicata alle merci e alla lunga percorrenza passeggeri, nella quale siano impiegati treni moderni che non impatterebbero in modo significativo sull'ambiente e sul territorio e garantirebbero un efficace mezzo di trasporto –:
se non ritenga di adottare iniziative di competenza volte a condividere con la regione Marche e Rete ferroviaria italiana s.p.a. una proposta progettuale sostenibile e compatibile con le vocazioni del territorio, per la realizzazione di una nuova infrastruttura ferroviaria nel senso esposto in premessa.
(3-02935)