OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Focus Euroatlantico n. 36, maggio-agosto 2019, a cura del Centro Studi politica Internazionale - CeSPI.
10 febbraio 2020
Nell'ambito dell'Osservatorio di politica internazionale, è stato pubblicato il Focus n. 36 "Flussi migratori" curato dal Centro Studi politica Internazionale - CeSPI.
Abstract
La prima sezione del Focus offre il quadro aggiornato delle migrazioni internazionali per tutti i paesi e le aree del mondo, presentando le stime sullo stock totale 2019 dei migranti internazionali per età, sesso e origine predisposto dalle Nazioni Unite (UN-DESA). Da questi dati emerge che i migranti internazionali sono aumentati da 153 milioni nel 1990 a 271,6 milioni raggiunti a metà del 2019.
I dati indicano anche che, se la popolazione mondiale cresce, la quota di popolazione migrante cresce ancor di più: attualmente, i migranti internazionali costituiscono il 3,5 per cento della popolazione mondiale, rispetto al 2,8 per cento nel 2000. Inoltre, la presenza di migranti internazionali è ancora oggi, in termini di stock consolidatosi nel tempo, un fenomeno più del Nord che del Sud del mondo: nel Nord, quasi 12 abitanti su 100 sono migranti internazionali, mentre nel Sud, a fronte di una crescita demografica molto maggiore che nel Nord e di flussi storicamente molto più modesti in entrata di migrazioni internazionali, lo stock di migranti è di soli 1,9 su 100 abitanti. La sezione presenta poi le stime degli stock continentali di migranti internazionali, approfondendo anche la situazione di alcuni sub-continenti, per poi soffermarsi sui principali paesi di origine e di destinazione delle migrazioni.
I dati mostrano come, pur trattandosi in generale di migrazioni internazionali, la caratteristica prevalente è quella di migrazioni intra-area, cioè tra paesi della stessa regione, al Nord come al Sud del mondo. Un'analisi dei principali profili dei migranti, disaggregati per sesso ed età, precede il tema della componente dei richiedenti asilo e rifugiati. Il picco di tale componente si è raggiunto a inizio degli anni Novanta, ma negli ultimi anni sta registrando una crescita. È un fenomeno di cui si parla molto in Europa, ma i dati confermano che la stragrande maggioranza dei 23 milioni di rifugiati e richiedenti asilo si trova, oggi come nel passato, nel Sud del mondo.
La sezione regionale presenta i dati più aggiornati disponibili nell'annuale International Migration Outlook dell'OCSE, presentato a settembre, che analizza i recenti sviluppi nei movimenti e nelle politiche migratorie. L'analisi mostra come, in base ai dati preliminari, i paesi dell'OCSE abbiano accolto circa 5,3 milioni di nuovi migranti permanenti nel 2018, con un aumento del 2 per cento rispetto al 2017. I dati consentono poi un'analisi più dettagliata delle tendenze della migrazione permanente dal 2007 al 2017, per paese e categoria – migrazione per lavoro, per famiglia e accompagnamento di familiari, umanitaria e, nel caso dell'UE, legata alla libera circolazione. Un capitolo a sé è dedicato alle migrazioni temporanee (lavoratori stagionali, altri lavoratori temporanei, i trasferimenti interni alle imprese – soprattutto grandi -, i cosiddetti posted workers o lavoratori mandati a lavorare temporaneamente da imprese medio-piccole in un altro paese a seguito di una gara d'appalto vinta all'estero, i visti vacanza lavoro per i giovani) e alla presenza degli studenti internazionali, che si traducono in altri 5 milioni di afflussi nei paesi OCSE.
La sezione nazionale del Focus è dedicata alla Romania, un paese molto importante nella geografia delle emigrazioni contemporanee. La comunità romena non è solo la prima nazionalità presente in Italia con oltre 1,2 milioni di cittadini, pari a un quarto di tutti gli stranieri presenti sul territorio secondo i dati ISTAT, ma è anche quella che ha registrato il più alto tasso di emigrazione tra i dieci principali paesi di origine dei migranti che vivono nei paesi dell'OCSE. Nel 2016 circa 3,6 milioni di persone - ben il 17% - nate in Romania, di cui il 54% donne, vivevano all'estero in paesi OCSE. Se il processo migratorio ha trovato avvio stabile all'indomani del crollo dei regimi comunisti, l'aumento delle migrazioni si è concentrato soprattutto attorno al periodo dell'ingresso della Romania nell'UE (2007). Si è così configurato un duplice modello di emigrazione. Da un lato, si è avuta una crescente emigrazione verso paesi dell'Europa mediterranea – Italia e Spagna in testa – per trovare impieghi con bassa qualifica; dall'altro si è registrata un'emigrazione più contenuta nei numeri ma più qualificata e integrata in segmenti più alti nel mercato del lavoro nell'Europa continentale e nell'America del Nord.
Dopo una breve presentazione dei dati relativi ai flussi di rimesse e alle relazioni di queste con le dinamiche del consumo e del reddito interno alla Romania, i dati dell'Istituto nazionale di statistica consentono di cogliere la natura fortemente territorializzata dei flussi migratori in uscita, ma anche di quelli in entrata, che sono cresciuti soprattutto negli ultimi sei anni e in cui l'Italia vanta una posizione preminente, consolidando lo status di paese partner prioritario in termini di flussi sia in uscita che in entrata.
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