OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE, Approfondimento n. 186 "Tensioni nello spazio ex sovietico: i casi di Bielorussia, Kazakistan e Ucraina" a cura dell'Istituto per gli Studi di Politica internazionale.

15 febbraio 2022

Nell'ambito dell'Osservatorio di politica internazionale, è stato pubblicato l'Approfondimento n. 186, "Tensioni nello spazio ex sovietico: i casi di Bielorussia, Kazakistan e Ucraina" a cura dell'Istituto per gli Studi di Politica internazionale, febbraio 2021

 

INTRODUZIONE

 

Da più di vent'anni la politica estera della Russia persegue con forza due obiettivi principali. Il primo è costituito dalla volontà, affermata già negli anni Novanta dello scorso secolo, di mantenere un ruolo fondamentale nello spazio post-sovietico, il cosiddetto "estero vicino"; in particolare evitando l'ulteriore espansione della NATO al suo interno dopo quella avvenuta nel 2004, che ha incluso anche le tre repubbliche baltiche. Il secondo obiettivo è stato dapprima indicato da Evgenij Primakov, ministro degli Esteri e primo ministro sotto Eltsin, e poi almeno in parte realizzato da Vladimir Putin dall'inizio della sua ascesa al potere: si tratta della costruzione di un nuovo scenario politico internazionale fondato su un equilibrio multipolare, che rifiuta quindi l'egemonismo statunitense e più in generale la pretesa occidentale a un primato non solo politico, economico e militare, ma anche nella sfera dei valori.

Contrariamente a quanto si afferma spesso in Occidente, la politica estera della Russia non mira in effetti ad una ricomposizione neo-imperiale dello spazio post-sovietico, ma piuttosto alla difesa – più  intransigente – di quelli che percepisce essere i suoi fondamentali interessi politici, economici e di sicurezza. Negli ultimi anni Mosca ha agito in maniera molto pragmatica, mantenendo sostanzialmente le proprie posizioni nello spazio post-sovietico e in qualche caso rafforzandole. È in questa ottica che deve essere letta la sua azione nei tre diversi scenari analizzati nel presente Approfondimento.

La dinamica delle recenti crisi regionali in Bielorussia, Kazakistan e Ucraina conferma che la Russia mantiene e tende anzi a rafforzare il suo ruolo preminente nello spazio post-sovietico. Come già avvenuto nella gestione del conflitto armeno-azerbaigiano del Nagorno-Karabakh nel 2020, Mosca dimostra di essere in grado di agire con efficacia utilizzando i diversi strumenti politici e militari di cui dispone. 

L'accresciuto peso di Mosca nella vita interna della Bielorussia è legato soprattutto alle conseguenze delle intense e protratte proteste per le elezioni presidenziali nel 2020, che hanno attribuito la vittoria ad Aleksandr Lukashenko, al potere ininterrottamente dal 1994. La dura repressione di queste proteste ha determinato un netto peggioramento delle relazioni della Bielorussia con l'Unione Europea che nel corso del 2021 hanno conosciuto momenti di grande tensione con il dirottamento dell'aereo Ryanair e la crisi dei migranti al confine con la Polonia. Nonostante l'avvio di una riforma costituzionale dagli esiti incerti, il traballante potere di Lukashenko – in precedenza assai meno dipendente da Mosca di quanto si pensasse in Occidente – si basa ormai quasi esclusivamente sull'appoggio russo. Come rileva Tafuro Ambrosetti, il tardivo riconoscimento da parte di Minsk dell'annessione della Crimea e il sostegno alla Russia nella nuova crisi ucraina sono prove evidenti dell'accresciuto controllo di Mosca sulla Bielorussia.

 

Una dinamica abbastanza simile si è verificata in Kazakistan, paese molto legato alla Russia nella sfera politica, economica e di sicurezza, ma sinora capace di condurre una politica indipendente. Le violente proteste scoppiate ai primi di gennaio in diverse città kazake hanno costretto il presidente Kassym Tokayev a chiedere l'intervento dell'Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva

(CSTO), l'alleanza militare a guida russa. Questa azione, la prima verificatosi sinora a opera della

CSTO, ha evidentemente rafforzato il peso politico di Mosca in Kazakistan e più in generale in Asia Centrale. Inoltre, l'approvazione di fatto da parte di Pechino di questo intervento conferma la cooperazione russo. Costa Buranelli nota, inoltre, che l'approvazione da parte di Pechino di questo intervento conferma la cooperazione russo-cinese all'interno di un modello di governance autoritaria di fatto istituzionalizzato nell'intera regione. 

Diverso il caso dell'Ucraina, nella quale il presidente Volodymyr Zelensky ha intensificato nel corso del 2021 tre ambiziosi obiettivi di politica estera: accelerare il piano di adesione alla NATO; rilanciare la prospettiva di adesione all'UE e riportare la Crimea nell'agenda politica internazionale. Peraltro, tutti e tre questi obbiettivi sono avversati da Mosca. Come osserva Michail Minakov nel suo contributo al presente Approfondimento, "Nel 2021 il governo ucraino ha fatto tutto il possibile per far passare l'Ucraina dal modello di zona cuscinetto a quello di fortezza dell'Occidente contro la Russia". È all'interno di questo contesto che deve esser letto l'innalzamento della pressione militare russa alle frontiere dell'Ucraina, iniziata nel corso del 2021 all'interno di una strategia mirante a imporre una ridefinizione complessiva della sicurezza nell'Europa Orientale. Mosca chiede all'Occidente esplicite garanzie sulla propria sicurezza nazionale, in particolare riguardo all'ingresso di Kiev nella NATO. Le richieste russe sono state sostanzialmente rifiutate a fine gennaio 2022, cosicché la tensione resta altissima, né potrebbe essere diversamente vista l'importanza della posta in gioco. 

La Russia e l'Occidente sono in effetti di fronte a un bivio: utilizzare questa crisi per risolvere le loro profonde divergenze oppure innescare un'ulteriore e rischiosa conflittualità. Il punto è che in Ucraina l'Occidente difende dei principi, mentre la Russia è convinta di lottare per la propria sicurezza e si pone quindi con maggior determinazione in questa controversia. Tanto più che Mosca confida in un sostanziale appoggio da parte di Pechino di fronte all'Occidente, un elemento che mancava durante la Guerra fredda. La crisi tra la Russia e l'Occidente rischia in effetti di aggravarsi seriamente nel

2002 in uno scenario internazionale in rapido mutamento del quale l'Ucraina è solo un elemento, per quanto cruciale.

L'analisi dei tre contesti di crisi in Bielorussia, Kazakistan e Ucraina indica la necessità per l'UE e l'Italia di prendere atto della crescente capacità di proiezione della Russia nello spazio post-sovietico e di individuare nei suoi confronti strategie più efficaci di quelle sinora utilizzate. Nonostante le numerose divergenze, la gravità della situazione (in particolare nel contesto ucraino, cui abbiamo deciso di dedicare uno spazio leggermene maggiore) richiede infatti che l'Occidente e la Russia riprendano a confrontarsi per giungere a una stabilizzazione dei loro rapporti. Un confronto nel quale l'Italia potrebbe avere un ruolo importante alla luce dei rapporti positivi che intrattiene con Mosca pur nel suo pieno inserimento nell'UE e nella NATO.

Servizio Studi della Camera dei deputati

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