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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 19 giugno 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VII Commissione,

   premesso che:

    il decreto ministeriale n. 640 del 30 agosto 2017 prevede per il triennio 2017-2020 l'aggiornamento delle graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia per il personale amministrativo, tecnico ausiliario, ai sensi dell'articolo 5 del regolamento, approvato con decreto ministeriale n. 430 del 13 dicembre 2000;

    i citati decreti ministeriali non contemplano il riconoscimento del servizio prestato presso i centri di formazione professionale, pur sempre limitatamente ai percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), considerando valido solo il servizio presso scuole statali di ogni ordine e grado, scuole non statali paritarie, scuole dell'infanzia non statali autorizzate, scuole parificate, convenzionate, sussidiarie o sussidiate, scuole di istruzione secondaria o artistica non statali pareggiate, legalmente riconosciute;

    il decreto ministeriale n. 374 del 10 giugno 2017 dispone l'aggiornamento della seconda e terza fascia delle graduatorie d'istituto del personale docente ed educativo, riconoscendo tra gli altri, il servizio svolto presso i centri di formazione professionale limitatamente ai corsi accreditati dalle regioni per garantire l'assolvimento dell'obbligo formativo;

   la legge 28 marzo 2003, n. 53 ha introdotto all'articolo 2, comma 1, lettera d) due sistemi che compongono il secondo ciclo di istruzione (quello liceale e quello della formazione professionale) distinti, ma funzionalmente integrati dal momento che entrambi concorrono all'adempimento dell'obbligo di istruzione;

   i percorsi di formazione professionale sono realizzati, oltre che dalle strutture formative accreditate dalle regioni, secondo criteri condivisi a livello nazionale, anche dagli istituti professionali (articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 87), in regime di sussidiarietà, se previsto dalla programmazione regionale, ai sensi dell'intesa in Conferenza unificata del 16 dicembre 2010, con lo scopo comune di favorire i passaggi tra i sistemi di istruzione e formazione attraverso l'acquisizione di crediti scolastici e formativi riconosciuti da entrambi i sistemi;

   alla luce di quanto esposto, si rileva una palese difformità di trattamento tra il personale docente/educativo e quello amministrativo, tecnico ausiliario, in considerazione del fatto che a quest'ultimo non viene riconosciuto, così come avviene per il docente/educativo, il servizio prestato presso i centri di formazione accreditati in sede regionale ed eroganti percorsi IeFP,

impegna il Governo

ad assumere iniziative urgenti per eliminare gli effetti pregiudizievoli che sta subendo il suddetto personale amministrativo, tecnico ausiliario, prevedendo la valutazione del servizio prestato presso i centri di formazione accreditati in sede regionale ed eroganti percorsi IeFP ai fini del punteggio delle graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia per il personale amministrativo, tecnico ausiliario.
(7-00265) «Frassinetti, Bucalo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   CAIATA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   nel panorama calcistico italiano la concentrazione di fondi è stata da sempre destinata prioritariamente in favore dei principali gironi della serie A e B, lasciando scoperti settori come la Lega Pro;

   tali realtà, sebbene di natura più piccola, ma non di minore seguito sul territorio, sono portatori di forti istanze collettive e di spirito identitario, attorno alle quali, data la loro forza attrattiva, soprattutto in concomitanza dell'appuntamento calcistico, possono concentrarsi un quantitativo non indifferente di risorse;

   pertanto, tali piccoli realtà, nonostante la loro forza aggregante capace di attrarre investimenti e facilitare uno scambio di risorse anche da un punto di vista economico, vengono il più delle volte relegate ad une posizione di secondo piano per la destinazione di finanziamenti, a causa dell'incerto panorama che ruota intorno ad esse privo di tutele;

   le piccole squadre di calcio della Lega Pro versano in uno stato di evidente difficoltà e la stessa Lega soffre di un problema di sostenibilità a causa delle continue situazioni di crisi che minano le società e sottraggono credibilità all'intero sistema calcistico professionistico italiano, generando una forte instabilità economica e professionale;

   affinché tale situazione possa essere sanata è necessario intervenire tramite una defiscalizzazione delle squadre di calcio della Lega Pro, che permetterebbe alle società di avere maggiori risorse a disposizione;

   inoltre, la conseguente realizzazione di infrastrutture consentirebbe di attrarre capitali, generando un moltiplicatore di investimenti che consentirebbero ai club di innovare le strutture e creando luoghi ottimali per la formazione di giovani calciatori;

   il combinato disposto di tali misure fungerebbe da volano per l'avvio di una politica economico-finanziaria virtuosa –:

   se il Governo non ritenga di adottare, per quanto di competenza, iniziative finalizzate a una defiscalizzazione delle attività delle squadre di calcio di Lega Pro, tali da garantire maggiore stabilità ad un settore in cui, la maggiore fiducia negli investimenti, ne garantirebbe la crescita.
(3-00801)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGLIARDI, CORTELAZZO, CASINO, GIACOMETTO, LABRIOLA, MAZZETTI e RUFFINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   la legge 28 giugno 2016, n. 132, ha istituito il «"Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente» (SNPA) e disciplinato l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale;

   la suddetta importante legge istituisce il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, del quale fanno parte l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e le Agenzie regionali per la protezione dell'ambiente;

   al Sistema nazionale viene affidata un'articolata e importante serie di funzioni: indirizzo, coordinamento tecnico, controllo, monitoraggio, ricerca, consulenza tecnica e formazione;

   le funzioni dell'Ispra ricomprendono, fra l'altro, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (Lepta), che costituiscono standard qualitativi e quantitativi di attività che devono essere garantiti in modo omogeneo a livello nazionale;

   è particolarmente grave che a distanza di ben tre anni dall'approvazione della suddetta legge, nessuno dei sei previsti decreti attuativi, risulta essere ancora stato emanato;

   l'articolo 5, prevede un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si sarebbe dovuto adottare entro tre mesi, per individuare il trasferimento all'Ispra delle funzioni degli organismi collegiali già operanti presso il Ministero dell'ambiente;

   l'articolo 9, concernente i Livelli essenziali delle prestazioni tecniche ambientali (LEPTA), prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la determinazione dei medesimi Lepta, i criteri di finanziamento e i relativi aspetti organizzativi, gestionali e finanziari, riferibili a costi standard per tipologia di prestazione, definiti tramite il catalogo nazionale dei servizi;

   l'articolo 14 prevede un regolamento da emanare con decreto del Presidente della Repubblica, previo parere delle commissioni parlamentari competenti, per stabilire le modalità di individuazione del personale incaricato degli interventi ispettivi nell'ambito delle funzioni di controllo svolte dal Sistema nazionale, nonché le modalità per la segnalazione di illeciti ambientali da parte di enti e di cittadini;

   detto regolamento, è stato discusso in sede di esame preliminare nel Consiglio dei ministri del 20 maggio 2019, ma non risulta essere ancora stato licenziato in via definitiva dal medesimo Consiglio dei ministri;

   l'articolo 15, prevede l'emanazione di un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare volto alla definizione delle tariffe nazionali che sono tenute a pagare i gestori degli impianti per le spese relative al rilascio dei pareri sulle domande di autorizzazione ambientale e allo svolgimento dei successivi controlli programmati relativi a impianti e opere sottoposti alle vigenti procedure di valutazione ambientale, compresi gli impianti soggetti a rischio di incidente rilevante, nonché alle convalide delle indagini analitiche prodotte dai soggetti tenuti alle procedure di bonifica e di messa in sicurezza di siti inquinati;

   sempre l'articolo 15 prevede un ulteriore decreto ministeriale per individuare le modalità di assegnazione alle agenzie ambientali degli introiti conseguenti ai pagamenti effettuati dai gestori degli impianti per le suddette finalità;

   l'articolo 16, prevede infine l'adozione di un decreto del Presidente della Repubblica per indicare espressamente le disposizioni da abrogare, in quanto in contrasto con la legge –:

   per quali motivi, a tre anni dalla sua approvazione, non si sia ancora provveduto ad emanare i decreti attuativi della legge 28 giugno 2016, n. 132, e se non si intenda adottare le iniziative di competenza per provvedere quanto prima al fine di garantire la piena funzionalità ed efficacia alla medesima legge.
(5-02314)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI e CUNIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   S.e.s.a. spa (Società estense servizi ambientali) con sede ad Este in provincia di Padova, è una ditta in cui sono presenti i seguenti impianti: smaltimento di rifiuti non pericolosi urbani (discarica), selezione frazione secca residua da raccolta differenziata, compostaggio e digestione anaerobica;

   il capitale della società S.e.s.a. è al 51 per cento di proprietà del comune di Este e al 49 per cento di Finam Group; di quest'ultimo il socio al 45 per cento è Angelo Mandato, imprenditore e socio anche di altre imprese, sempre nel settore della gestione dei rifiuti: la Bioman di Pordenone, nel cui consiglio di amministrazione figurava come vicepresidente, fino a maggio 2019, il senatore Gianpaolo Vallardi, attuale presidente della Commissione agricoltura del Senato, e la Biogreen, dalla quale nel 2018 è partita una donazione di 30 mila euro al partito della Lega;

   l'attività di compostaggio di S.e.s.a. è stata oggetto di una recente inchiesta della testata giornalistica Fanpage sul business milionario del compost in Veneto. Il responsabile ufficio stampa di S.e.s.a., Fabrizio Ghedin, ha chiesto un incontro con la direzione di Fanpage, nel corso del quale ha prospettato la possibilità di un investimento pubblicitario di 100 mila euro l'anno in favore della testata giornalistica. Tale tentativo di «persuasione» è stato denunciato dalla stessa testata Fanpage;

   Fabrizio Ghedin è stato consulente della comunicazione anche per la società Bioman e, dal 3 dicembre 2018, curava la comunicazione della sottosegretaria per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare Vannia Gava. A seguito dell'inchiesta di Fanpage, Ghedin si è dimesso dall'incarico pubblico;

   la sottosegretaria Vannia Gava, alla richiesta di chiarimenti da parte di Fanpage relativamente all'eventuale conflitto di interessi per aver incaricato Ghedin per la propria comunicazione, ha dichiarato: «Io vado a visitare tutte le aziende che lavorano in ambito di raccolta e selezione dei rifiuti. Io ho una mia idea di economia circolare che non va ad agevolare qualcuno»;

   alla stessa domanda, da parte di Telefriuli, invece ha risposto: «Se sapevo che al momento dell'incarico ministeriale era responsabile dei rapporti con la stampa di Sesa? Sì, si può svolgere più incarichi nel medesimo tempo e non è l'unico a farlo. Cercavo qualcuno con esperienza nel settore ambientale e che conoscesse la terminologia corretta. Per me questo era un valore aggiunto». Di fatto la sottosegretaria ammette di essere stata a conoscenza del possibile conflitto di interessi del proprio collaboratore;

   il comma 1 dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante «Codice di Comportamento», prevede, tra l'altro, che il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico;

   al comma 3 si prevede, tra l'altro, che la violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all'attuazione del piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti;

   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con decreto ministeriale si è dotato di un codice di comportamento –:

   quali iniziative urgenti di competenza si intendano assumere, anche in relazione alle norme di legge richiamate in premessa, in particolare con riguardo agli uffici di diretta collaborazione ministeriale, e se non si ritenga opportuno ritirare le deleghe alla sottosegretaria coinvolta o almeno adottare ogni utile iniziativa di competenza per evitare possibili conflitti di interessi con le aziende operanti nel settore dello smaltimento dei rifiuti.
(4-03121)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

III Commissione:


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 10 gennaio 2019 il dittatore Nicolas Maduro ha assunto il secondo mandato a seguito di elezioni a cui non hanno potuto partecipare tutti i partiti dell'opposizione;

   il 23 gennaio 2019, nel rispetto della Costituzione venezuelana, Juan Guaidò è stato riconosciuto dall'Assemblea Nazionale quale Presidente ad interim al fine di indire velocemente libere elezioni con democratiche garanzie di partecipazione;

   molti Stati europei hanno già riconosciuto Juan Guaidò quale Presidente ad interim del Venezuela al fine di indire libere elezioni;

   l'Italia, con il suo veto, ha impedito che l'Unione europea riconoscesse Juan Guaidò;

   la posizione dell'Italia sembrerebbe finalmente poter mutare a seguito della visita del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini negli Stati Uniti, svolta in questa settimana;

   fonti stampa rilevano che, nel corso degli incontri fra il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, il Segretario di Stato Mike Pompeo e il vicepresidente Mike Pence, sia stato affrontato diffusamente il tema della politica internazionale e segnatamente quello del riconoscimento di Juan Guaidò quale Presidente ad interim del Venezuela;

   nelle predette circostanze il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, secondo quanto riportato dal quotidiano La Stampa nell'edizione del 18 giugno 2019, avrebbe testualmente riferito agli interlocutori americani: «Per me da tempo si sarebbe dovuto riconoscere Guaidò»;

   l'esternazione del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini corregge dunque la più che discutibile posizione ambivalente assunta sino ad oggi dal Governo italiano, in bilico fra Maduro e Guaidò e in frenetica oscillazione fra dittatura e libertà –:

   se il Governo abbia, re melius perpensa, deciso di riconoscere Juan Guaidò quale presidente ad interim del Venezuela, a meno che le rassicurazioni del vicepresidente del Consiglio dei ministri Matteo Salvini all'alleato americano siano da intendersi come assolutamente occasionali ed estemporanee.
(5-02321)


   CABRAS, CAPPELLANI, CARELLI, COLLETTI, SABRINA DE CARLO, DEL GROSSO, DI STASIO, EHM, EMILIOZZI, OLGIATI, PERCONTI, ROMANIELLO, SIRAGUSA e SURIANO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 13 giugno 2019 nel mare di Oman, nei pressi dello Stretto di Hormuz, due navi cisterna – la Altair della compagnia norvegese Frontline e la Kokuka Corageous, della compagnia giapponese Kokuka Sangyo – sono state attaccate;

   lo Stretto di Hormuz è uno degli snodi più delicati del Medio Oriente, punto di passaggio obbligato per le principali rotte commerciali e di approvvigionamento di petrolio, nonché luogo di giacimenti strategici di gas;

   lo stretto separa le acque del Golfo Persico dal Golfo dell'Oman e dal mare aperto e ogni giorno è attraversato da una media di 14 petroliere con a bordo 17,4 milioni di barili di greggio e l'importanza dell'area è contrassegnata dalla presenza, oltre che di porti e terminal petroliferi, anche di controversie marittime rappresentate dal limite delle acque territoriali reclamato dall'Oman e dalla sovranità su alcune piccole isole, che, occupate dall'Iran, sono rivendicate dagli Emirati Arabi;

   quanto accaduto il 13 giugno ha acuito le tensioni nel Golfo, già accese da precedenti attacchi ad altre imbarcazioni. Un caso simile si era verificato il 12 maggio, quando quattro petroliere erano state sabotate nella stessa area, al largo di Fujairah, e un secondo il 7 giugno;

   nonostante gli Stati Uniti d'America abbiano da subito additato l'Iran come il colpevole dell'attacco, la dinamica dell'incidente rimane controversa, essendo stata ritenuta infondata la versione statunitense anche dal proprietario della giapponese Kokuka. Le autorità iraniane hanno negato ogni responsabilità, definendo «sospetti» gli attacchi;

   se gli autori dell'attacco alle due navi sono incerti, non lo sono le conseguenze provocate: il prezzo del petrolio ha subito un rialzo fino al 4,45 per cento e si è prodotta una ulteriore escalation dopo l'ingresso recente nel Golfo Persico della portaerei Abraham Lincoln, accompagnata dall'incrociatore USS Leyte Gulf e da quattro cacciatorpediniere: USS Bainbridge, Gonzalez, Masonand Nitze a cui si aggiungono altri B-52 inviati in Bahrain, dove ora il Regno Unito ha appena inviato un distaccamento di Royal Marines;

   ad opinione degli interroganti, a prescindere da chi sia il responsabile dell'attacco, la cosa da fare al più presto è ridurre la tensione prima che un nuovo incidente scateni un conflitto che potrebbe rivelarsi catastrofico per il mondo intero –:

   quali iniziative di competenza abbia intrapreso e quali intenda intraprendere, anche in coordinamento degli altri partner europei, per evitare qualsiasi altra escalation della crisi tra Stati Uniti e Iran.
(5-02322)


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 13 giugno 2019 nel mare di Oman, nei pressi dello Stretto di Hormuz, due navi cisterna cariche sono state attaccate. La prima petroliera colpita è la Kokuka Courageos, di proprietà giapponese, che trasportava un carico di metanolo dall'Arabia Saudita a Singapore, centrata due volte a 26 chilometri dalle coste iraniane. L'altra è la Front Altair, nave norvegese con un carico di 75 mila tonnellate di nafta, diretta dal porto di Ruwais a Taiwan. L'attacco non ha avuto vittime perché le navi sono state colpite al di sopra della linea di galleggiamento e gli equipaggi sono stati tratti in salvo da navi iraniane e statunitensi;

   nello stesso giorno il premier giapponese Shinzo Abe era a Teheran per tentare una mediazione fra l'Iran e gli Usa. Abe ha consegnato a Khamenei una lettera di richieste da parte di Trump, che il leader iraniano ha respinto;

   nella serata del 13 giugno gli Stati Uniti, tramite Segretario di Stato Mike Pompeo, hanno accusato l'Iran di essere il responsabile degli attacchi e di voler bloccare il flusso di petrolio attraverso lo Stretto di Hormuz per colpire gli alleati degli Usa; anche l'Arabia Saudita ha subito individuato nell'Iran il responsabile dell'evento, mentre la Russia ha invitato a non trarre soluzioni affrettate. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha dichiarato che «il mondo non può permettersi un conflitto» e l'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Federica Mogherini, ha chiesto a tutte le parti «di evitare le provocazioni»;

   nel maggio 2018 gli Stati Uniti si ritirano dall'accordo sul nucleare iraniano, Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa) e, dopo sei mesi, inaspriscono le sanzioni all'Iran. Nel maggio 2019 l’embargo sulle esportazioni di greggio diventa totale e i Paesi che erano esentati, compresi Giappone e Italia, cessano di acquistarlo;

   il 17 giugno 2019 il portavoce dell'Agenzia atomica iraniana, Kamalvandi, ha dichiarato che Teheran ha quadruplicato l'arricchimento dell'uranio e che fra 10 giorni supererà i limiti stabiliti dal Jcpoa se non riceverà segnali dai Paesi firmatari;

   il Ministro Salvini, in visita a Washington, ha dichiarato che Italia e Stati Uniti hanno «visioni comuni su Iran, Venezuela, Libia, e situazione in Medioriente», sottolineando che l'Italia può diventare «l'interlocutore europeo» privilegiato per gli Usa –:

   quale sia la posizione del Governo in merito agli sviluppi relativi all'accordo sul nucleare iraniano.
(5-02323)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, SCALFAROTTO, DE MARIA e FASSINO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in base alla Convenzione internazionale di ricerca e soccorso dell’International Maritime Organization (Imo), ogni paese membro determina la propria zona di ricerca e soccorso e ne decide l'ampiezza coordinandosi con gli Stati confinanti. Anche la Libia ha notificato la propria area Sar all’International Maritime Organization il 28 giugno 2018. Da tale data si è registrato un aumento di decessi in mare e un decremento di aiuti da parte delle Ong;

   da notizie a mezzo stampa, parrebbe che, in conseguenza della fase di profondo caos che sta attraversando attualmente la Libia, l'area di ricerca e soccorso libica da giorni non sia più interamente operativa;

   secondo quanto pubblicato, in data 20 aprile 2019 dal quotidiano Avvenire, sarebbero state diffuse delle immagini di mitragliatori pesanti, fissati sulle torrette delle motovedette italiane cedute al Governo libico, sebbene prima della consegna i cantieri navali italiani avessero provveduto, in ottemperanza all’embargo Onu, al completo smantellamento di ogni armamento presente sulle unità navali;

   il gruppo del Partito Democratico aveva segnalato, nella discussione parlamentare sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 84 del 2018 dell'agosto 2018, in merito alla cessione delle 12 motovedette italiane alla Guardia costiera libica, la pericolosità di equipaggiare la Guardia costiera libica con motovedette per accrescere il controllo delle coste e contrastare i mercanti di migranti in un tale contesto di tensione interna, che avrebbe potuto esporre l'Italia a molti rischi e che non avrebbe appunto potuto avere il proprio consenso del gruppo;

   con la relazione all'Assemblea, approvata il 6 giugno 2019 dalle Commissioni Affari esteri e Difesa della Camera dei deputati, a conclusione dell'esame sulla deliberazione del Consiglio dei ministri in merito alla partecipazione dell'Italia a ulteriori missioni internazionali per l'anno 2019, si propone in particolare di impegnare il Governo, in relaziona alla «missione bilaterale di assistenza alla guardia costiera libica (scheda n. 23 del 2019), tenuto conto degli impegni dell'Italia nei confronti della guardia costiera libica, a svolgere costanti azioni di monitoraggio, ove sussistano le condizioni, affinché sulle imbarcazioni fornite dall'Italia alla Libia, con particolare riguardo ai modelli delle guardacoste Corrubia, sia installata solo la strumentazione utile al controllo e sicurezza nel contrasto all'immigrazione illegale e al traffico di esseri umani, nonché alle attività di soccorso in mare, in rispetto delle vigenti disposizioni internazionali ed europee in materia di embargo» –:

   come intenda verificare che l'utilizzo delle motovedette guardacoste Corrubia, avvenga per le sole attività conformi alle disposizioni di cui al citato decreto-legge n. 84 del 2018, conformemente agli indirizzi della predetta relazione, come approvata dalle Commissioni competenti.
(5-02324)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   CABRAS, ALBERTO MANCA e CADEDDU. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   a pochi giorni dalla scadenza del suo mandato, la precedente giunta regionale della Sardegna, con deliberazione n. 6/44 del 5 febbraio 2019, in ordine all'istanza di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale relativa all'intervento denominato «Deposito costiero di gasolio in località Tortolì-Arbatax», nel comune di Tortolì (Nuoro), proposto dalla New.G S.r.l., ha stabilito di non sottoporre tale intervento alla procedura di valutazione di impatto ambientale (Via), a condizione che siano recepite nel progetto da sottoporre ad autorizzazione le prescrizioni descritte nelle premesse alla medesima delibera;

   il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, all'articolo 4, comma 4, lettera b), prevede che le procedure di Via abbiano la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della specie, conservare le capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita, salvaguardare la biodiversità e un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività economica;

   il progetto in parola prevede la realizzazione di un impianto di stoccaggio di gasolio della capienza di 31.000 metri cubi nell'area dell'ex centrale elettrica della cartiera di Arbatax, su una superficie complessiva di circa 22.000 metri quadrati a circa 260 metri dal mare e a 600 metri dalle abitazioni di Arbatax, frazione di Tortoli;

   nello specifico, il progetto prevede il ripristino dei due serbatoi esistenti per lo stoccaggio di gasolio, la costruzione di tre nuovi serbatoi di cui «uno con funzione di accumulo ed erogazione di gasolio per autotrazione, e due destinati alla procedura di colorazione del gasolio, per generare gasolio agricolo e per riscaldamento», nonché la realizzazione di una nuova condotta per il trasporto del combustibile, in un'area in cui sono presenti beni paesaggistici ed ambientali sottoposti a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 («Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137»);

   comitati e amministratori locali hanno posto in rilievo i potenziali rischi ambientali e sanitari relativi alla realizzazione di un tale impianto di gasolio a poca distanza dal mare e dai centri abitati, nonché in prossimità di beni paesaggistici e ambientali sottoposti a vincolo, oltre ai potenziali danni emergenti per gli impianti ittici presenti nella zona;

   dallo studio preliminare ambientale si evince che il progetto interessa la fascia costiera a 300 metri dalla linea di battigia, territori ricoperti da foreste e boschi vincolati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e che ricade all'interno della componente ambientale «zone umide costiere e aree di notevole interesse faunistico» del piano paesaggistico regionale. Inoltre, una porzione della fascia costiera verrebbe attraversata dalla condotta di collegamento tra la banchina e i serbatoi che intercetta anche la componente ambientale «campi dunari e sistemi spiaggia» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto illustrato in premessa;

   se i Ministri interrogati non intendano intraprendere iniziative normative volte a rendere più stringente la disciplina in materia di valutazione di impatto ambientale, con specifico riferimento a situazioni inerenti ai territori la cui economia è basata principalmente sui settori della pesca e del turismo – come quella richiamata in premessa – anche al fine di garantire una più efficace tutela e salvaguardia delle ricchezze ambientali e paesaggistiche, nonché una maggiore rispondenza ai princìpi di prevenzione e precauzione previsti dalla normativa/comunitaria.
(4-03117)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   in data 16 giugno 2019, alle ore 9,35 a.m., lo storico dell'arte Tomaso Montanari, fiorentino scrive sul suo profilo Twitter: «Si può dire che il #maestro Scespirelli era un insopportabile mediocre, al cinema inguardabile? E che fanno senso gli alti lai della Firenzina, genuflessa in lutto o in orbace, ai piedi suoi e dell'orrenda Oriana? Dio l'abbia in gloria, con Portesante e quel che ne consegue. Amen»;

   Montanari è uno studioso dell'arte dell'età barocca e della storia del patrimonio culturale; formatosi alla Normale di Pisa, ha successivamente insegnato alla Federico II di Napoli e attualmente è professore ordinario di storia dell'arte moderna all'Università per stranieri di Siena;

   lascia certamente sgomenti questa sua breve ma pesante dichiarazione, proprio il giorno del decesso del maestro Zeffirelli, uomo di cultura che ha rappresentato nella varie sue forme l'arte e il genio creativo italiano. Evidentemente sei David Donatello, un Nastro d'argento, varie nomination all'Oscar e decine di altri riconoscimenti internazionali non convincono il professor Montanari;

   si apprende da una nota ufficiale del Ministro interrogato che il professor Montanari è appena stato nominato nel comitato scientifico della Galleria degli Uffizi di Firenze, in sostituzione del dimissionario Alessandro Nova –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della dichiarazione di Montanari e se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per la revoca della nomina nel comitato scientifico degli Uffizi.
(5-02312)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:

   appena pochi giorni dopo la riconferma elettorale della giunta uscente, a guida PD, la procura di Reggio Emilia ha emesso 15 avvisi di garanzia contro altrettanti assessori uscenti e funzionari di quel comune. Corruzione, falso ideologico, rivelazione di segreti d'ufficio e abuso d'ufficio, sono queste le accuse mosse;

   in un comunicato, la guardia di finanza, che ha condotto l'inchiesta coordinata dal pubblico ministero Valentina Salvi ha riferito di «... qualificati indizi di irregolarità nelle procedure di affidamento dei lavori o dei servizi afferenti la nomina del direttore dell'Azienda Pubblica di servizi alla persona, nell'affidamento dei servizi legali ed assicurativi del Comune, nella gestione dell'asilo nido Maramotti, nella rimozione di veicoli e ripristino della sicurezza stradale, nella gestione del riscaldamento e delle manutenzioni impianti degli edifici comunali, nella gestione di aree di sosta comunali e del trasporto scolastico»;

   l'inchiesta ha portato, il 13 giugno 2019, a perquisire gli uffici del municipio di Reggio Emilia, oltre a quelli di studi legali, aziende e abitazioni private;

   si tratta della seconda indagine del 2019 che mette sotto i riflettori persone e procedure dell'amministrazione comunale di Reggio Emilia, dopo gli avvisi di garanzia emessi nel febbraio 2019, che riguardavano 18 dirigenti indagati relativamente a fatti che risalivano al 2013, quando ancora sindaco era l'ex ministro Graziano Delrio. Anche in quel caso i reati ipotizzati erano di falso ideologico e abuso d'ufficio;

   il 14 giugno 2019 in una conferenza stampa il procuratore capo di Reggio Emilia ha rivelato di aver atteso l'esito elettorale prima di procedere con l'inchiesta: «Ovviamente» afferma il Procuratore «abbiamo riflettuto sui tempi di intervento ... Non si può fare una perquisizione venerdì se domenica si vota». Tutto giusto in linea di principio, a patto che la regola valga in ogni luogo e in ogni situazione similare –:

   quale sia l'orientamento del Governo sulla vicenda esposta in premessa e se non ritenga opportuno promuovere apposite verifiche, per quanto di competenza, da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica, in considerazione del ripetersi di situazioni di irregolarità amministrativa contabile e di comportamenti penalmente rilevanti presso l'amministrazione comunale di Reggio Emilia, derivanti, con tutta evidenza, secondo l'interrogante, dalla mancata alternanza democratica alla guida del comune, che ha consentito il consolidarsi di una pluridecennale struttura politico-amministrativa.
(2-00425) «Fiorini».

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:

   dall'entrata in vigore del processo telematico e della possibilità per gli avvocati di notificare autonomamente a mezzo Pec gli atti giudiziari, le pronunce dei tribunali mettono in luce difficoltà pratiche e lacune legislative se il destinatario della notifica è la pubblica amministrazione;

   le notifiche a mezzo Pec alle pubbliche amministrazioni, infatti, sono tra le più temute dai professionisti e ciò a seguito del mancato coordinamento delle norme e il ritardo nella comunicazione degli indirizzi Pec da parte della maggior parte delle pubbliche amministrazioni;

   infatti, l'articolo 3-bis della legge n. 53 del 1994 prevede che le notifiche telematiche alle pubbliche amministrazioni debbano avvenire agli indirizzi Pec che risultano dai pubblici elenchi;

   l'articolo 16, comma 12, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, dispone che: «Al fine di favorire le comunicazioni e notificazioni per via telematica alle pubbliche amministrazioni, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, comunicano al Ministero della giustizia, con le regole tecniche adottate ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24, entro il 30 novembre 2014 l'indirizzo di posta elettronica certificata conforme a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e successive modificazioni, a cui ricevere le comunicazioni e notificazioni. L'elenco formato dal Ministero della giustizia è consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati.»;

   il successivo articolo 16-ter del citato decreto-legge n. 179 del 2012, così come modificato dall'articolo 45-bis, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 90 del 2014, dispone: «A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6-quater e 62 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dall'articolo 16, comma 12, del presente decreto, dall'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia»;

   il decreto-legge n. 90 del 2014 omette di inserire tra i «pubblici registri» l'indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni (Ipa), istituito dall'articolo 6-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

   dunque, l'unico pubblico elenco delle pubbliche amministrazioni riconosciuto dalla legge è il registro contenente gli indirizzi Pec delle amministrazioni pubbliche gestito dal ministero della giustizia, al quale entro il 30 novembre 2014 tutte le pubbliche amministrazioni avrebbero dovuto comunicare i propri indirizzi Pec;

   tuttavia, la maggior parte degli enti pubblici (tra i quali l'Inps e vari enti locali), non hanno adempiuto a tale obbligo;

   l'opacità normativa ha consentito che alcuni tribunali considerassero valida la notifica effettuata alla Pec di una pubblica amministrazione tratta dagli elenchi Ipa e non da quelli comunicati al Ministero, evidenziando una ingiustificata disparità di trattamento tra le notifiche ai privati e quelle alle pubbliche amministrazioni;

   a ciò si aggiunga che il Ministero della giustizia, con la circolare n. 4664 del 28 giugno 2016, ha precisato che, ad oggi, «il registro Ipa non può più essere considerato un pubblico elenco»;

   sulla base dei principi di buon andamento, di autoresponsabilità e legittimo affidamento – cardini costituzionali dell’agere della pubblica amministrazione – quest'ultima non può lecitamente persistere nell'inadempimento, utilizzando surrettiziamente la norma che prevede uno specifico elenco da cui trarre gli indirizzi Pec ai fini della notifica degli atti giudiziari, per trarne benefici in termini processuali, così impedendo di fatto l'esecuzione stessa delle notificazioni nei propri confronti con modalità telematiche –:

   se e quali iniziative, anche di natura amministrativa, intendano adottare ai fini dell'adempimento dell'obbligo d'inserimento nel registro di cui all'articolo 16, comma 12, del decreto-legge n. 179 del 2012, così ponendo fine alla descritta situazione di disomogeneità applicativa nella delicatissima materia delle notificazioni, anche alla luce dell'aggravamento di tale situazione cagionato dall'inerzia di molteplici pubbliche amministrazioni che non hanno rispettato il prescritto termine del 30 novembre 2014 ai fini dell'assolvimento del citato obbligo di inserimento nel registro del Ministero della giustizia;

   se e quali iniziative intendano intraprendere per colmare la lacuna legislativa, inserendo nei «pubblici registri», quello Ipa;

   se e quali siano le diverse iniziative che reputino di dover assumere per risolvere la vicenda descritta in premessa.
(2-00424) «Gagliardi».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   dal 9 febbraio 2019 è depositato presso la procura regionale della Corte dei conti della Liguria un esposto urgente firmato da 56 tra ingegneri, architetti e docenti universitari relativo a presunte anomalie nel processo decisionale e nel procedimento di affidamento relativo ai lavori di demolizione e ricostruzione del viadotto sulla valle del Polcevera (cosiddetto Viadotto Morandi) a Genova;

   nell'esposto urgente i firmatari affermano e motivano che: la decisione della demolizione integrale dell'opera e della sua totale ricostruzione, in particolare del viadotto lato ponente dalla pila 1 alla pila 8, non appare razionale né sufficientemente motivata; la procedura di affidamento della demolizione e della ricostruzione integrale del Viadotto Morandi appare del tutto anomala, in quanto, come noto, è una procedura di negoziazione privata, senza gara o comunque procedura concorrenziale ad evidenza pubblica, per un affidamento superiore ai 200 milioni di euro, in deroga a tutte le norme in materia di appalti pubblici sia nazionali che europee. In ogni caso, le scelte operate non appaiono razionali né sufficientemente motivate;

   in sintesi a giudizio degli esponenti, ed in base alle informazioni pubblicamente disponibili, le scelte operate in sede di affidamento, appaiono lesive degli interessi pubblici. Tali scelte sembrano infatti comportare, rispetto ad altre possibili soluzioni che non sembrano essere state prese in considerazione, un rilevante aggravio di spesa, il cui addebito al concessionario è tuttora incerto, oltre a cagionare ingenti danni indiretti all'economia locale e nazionale per la presumibile maggior durata dei lavori –:

   se sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se non intenda avviare gli opportuni accertamenti di competenza per verificare le incongruenze ed anomalie segnalate nel processo decisionale e nel procedimento di affidamento relativo ai lavori di demolizione e ricostruzione del viadotto sulla valle del Polcevera (cosiddetto Viadotto Morandi) a Genova nonché attivare gli accertamenti e le iniziative necessarie al fine di evitare eventuali danni erariali conseguenti.
(2-00426) «Sgarbi».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   alle ore 11:36 del 14 agosto 2018 la sezione del Viadotto Polcevera, noto anche come Ponte Morandi (dal nome del progettista) che sovrasta la zona fluviale e industriale di Sampierdarena, lunga 149,12 metri, è crollata insieme al pilone di sostegno numero 9, provocando 43 vittime;

   il Ponte Morandi, inaugurato nel 1967, è un bene dello Stato ed è universalmente considerato opera di grande pregio tecnico ed architettonico e di rilevante interesse storico e culturale, anche quale testimonianza delle capacità tecniche e di innovazione dell'Italia del dopoguerra;

   come noto, il Viadotto Polcevera è lungo complessivamente circa 1.120 metri ed è costituito da due parti principali di cui una strallata, lato levante, lunga circa 600 metri e divisa in tre sezioni sostenute da tre antenne (indicate 9, 10, 11), mentre la parte restante, lato ponente, è lunga circa 520 metri ed è costituita da impalcati con semplice appoggio su piloni;

   la situazione ad oggi è che circa il 20 per cento del viadotto è crollato, un altro 20 per cento è sotto controllo, mentre il 60 per cento dell'opera persiste, ad un anno dal crollo, in condizioni apparentemente normali e comunque non diverse da quelle della grande maggioranza delle opere presenti sulla rete stradale italiana. Inoltre, le fondazioni dell'80 per cento dell'opera appaiono a vista del tutto integre ed in perfetta efficienza;

   si è alla vigilia della demolizione integrale dell'opera, in particolare del viadotto lato ponente dalla pila 1 alla pila 8: demolizione integrale che costituisce quindi una perdita irreversibile per il patrimonio pubblico;

   la demolizione e la ricostruzione nella stessa sede comportano la necessità di demolire preliminarmente gli edifici sottostanti e rendono impossibili eventuali ulteriori studi ed accertamenti tecnici sulle cause del crollo in merito a eventuali difetti di costruzione e/o progettazione dello stesso;

   alcuni reperti costituiti dai cavi di acciaio degli stralli sono stati inviati al laboratorio Empa di Dubendorf (Zurigo) per una perizia tecnica del tribunale di Genova e le conclusioni a oggi note di detta perizia, in base ad anticipazioni pubblicate dal quotidiano «IlSole24Ore», affermano che la rottura dei cavi di acciaio degli stralli non è avvenuta nei punti ove maggiore era evidente la corrosione, ma nelle parti non corrose e che tale rottura è da ascriversi non ad usura ma ad un fattore esterno scatenante il crollo –:

   in base a quali norme e sotto la responsabilità di chi si proceda alla demolizione totale della porzione di viadotto ancora in opera e delle sottostanti abitazioni, senza che siano state accertate né la dinamica del crollo, né le cause dello stesso (se per ammaloramento, carente manutenzione o altro), senza che sia esclusa o confermata la citata causa «esterna scatenante il crollo», il che escluderebbe cause strutturali e quindi rischi di crollo per la parte tutt'ora in opera del viadotto Polcevera, come adombrato dalla perizia Empa;

   cosa intenda fare il Governo per garantire ai cittadini sia la sicurezza dei trasporti che il corretto utilizzo delle risorse pubbliche;

   se, allo stato dei fatti, sia intenzione del Governo recuperare dal concessionario i costi di queste operazioni;

   se non si intenda posticipare la demolizione del viadotto e avviare le procedure della stessa solo a seguito dell'accertamento delle cause del crollo.
(2-00427) «Sgarbi».

Interrogazione a risposta orale:


   RAFFA, TERMINI e PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   dal 9 dicembre 2018 la società Bluferries srl, controllata di Rete ferroviaria italiana (Rfi) spa del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, al fine di garantire la continuità territoriale tra Calabria e Sicilia, ha istituito due corse serali aggiuntive degli aliscafi che collegano la città di Messina con la stazione ferroviaria di Villa San Giovanni, così che le corse siano tutte in concomitanza, in partenza e in arrivo, con i treni Freccia tra Reggio Calabria e Roma;

   dal 1° maggio 2019 il servizio di collegamento tra Messina e Villa San Giovanni con aliscafi, è stato trasferito da Bluferries srl alla neonata Blujet srl, entrambe controllate di Rete ferroviaria italiana spa del gruppo Ferrovie dello Stato italiane;

   il diritto alla mobilità dei cittadini trova riconoscimento nella Carta costituzionale che all'articolo 16 recita: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza», nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che all'articolo 21 stabilisce: «Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri», principio ribadito anche nell'articolo 45 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e nel diritto internazionale, si veda l'articolo 13 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, secondo il quale: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di movimento e di residenza»;

   le precedenze in mare, il rientro e il transito in un porto sono disciplinate nel regolamento internazionale per prevenire gli abbordi in mare (Convention on the international regulation for preventing collisions at sea, ColReg) ratificato in Italia con la legge n. 1085 del 27 dicembre 1977;

   il 1° giugno 2019 l'aliscafo Blujet, che fornisce un servizio di pubblico interesse, con orario di partenza stabilito alle ore 6,20 da Messina per consentire la coincidenza con il treno Freccia argento in partenza da Villa San Giovanni alle ore 6,58, ha subito ritardo a causa della capitaneria di porto di Messina per aver dato precedenza alla manovra di una nave da crociera che doveva entrare in porto, determinando così l'impossibilità per molti passeggeri di proseguire il viaggio per Roma con molte ore di ritardo e con aggravio dei costi, sia per il biglietto perso e non rimborsabile, sia perché gli unici biglietti disponibili sui treni successivi erano quelli in prima classe;

   sono stati vani i tentativi da parte del comandante dell'aliscafo di chiedere al capotreno di attendere pochi minuti per non far perdere la coincidenza ai passeggeri provenienti dalla Sicilia, nonostante entrambe le società facciano parte del medesimo gruppo Fs;

   invero, non di rado accade che il treno veloce delle ore 17,25 da Roma Termini diretto a Villa San Giovanni che dovrebbe arrivare alle 22,00, arrivi in ritardo così da impedire ai cittadini siciliani di prendere la coincidenza, appositamente istituita, con il mezzo veloce delle ore 22,20 –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per garantire il diritto alla mobilità e il principio della continuità territoriale sullo Stretto di Messina;

   se siano allo studio soluzioni per permettere delle deroghe al sistema delle precedenze dei mezzi navali all'interno dell'area portuale dello Stretto di Messina per garantire in maniera sostanziale il preminente diritto alla mobilità delle persone tra la Sicilia e il continente;

   se intenda attivarsi, per quanto di competenza, affinché le società Blujet e Trenitalia, entrambe del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, si coordinino per garantire un efficiente servizio di continuità territoriale.
(3-00803)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   ILARIA FONTANA, DAGA, DEIANA, D'IPPOLITO, FEDERICO, LICATINI, ALBERTO MANCA, MARAIA, RICCIARDI, ROSPI, TERZONI, TRANO, TRAVERSI, VARRICA, VIANELLO, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a seguito del piano «Rientro strade», avviato di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la riorganizzazione e ottimizzazione della gestione della rete viaria, si vuole raggiungere l'obiettivo di trasferire alla competenza statale circa 6.250 chilometri di strade ex statali, regionali e provinciali, che porteranno la rete Anas a comprendere oltre 30 mila chilometri in Italia;

   lo scopo principale è quello di garantire la continuità territoriale degli itinerari di valenza nazionale che attraversano le varie regioni, evitando la frammentazione delle competenze nella gestione delle strade e dei trasporti;

   la strada statale «S.S. 156 dei Montilepini», è compresa nel piano di rientro ed è una strada essenziale per lo sviluppo dei collegamenti tra le due province di Frosinone e Latina;

   nel corso degli ultimi anni, l'arteria stradale in questione, è stata oggetto di diversi lavori di manutenzione e messa in sicurezza, ma la sua percorribilità in alcuni tratti risulta ancora abbastanza pericolosa per gli utenti viaggiatori –:

   vista la competenza acquisita da Anas sulla strada statale di cui in premessa, quale sia il programma di manutenzione e messa in sicurezza in atto e quali siano i programmi futuri in materia di sicurezza stradale da intraprendere, al fine di garantire tutte le precauzioni necessarie relative alla viabilità stradale nei tratti di competenza.
(5-02315)


   CUNIAL e PLANGGER. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la Pedemontana Veneta – 95 chilometri – è la maggiore opera pubblica attualmente in costruzione in Italia: collegherà la A4 da Montecchio Maggiore (VI) alla A27 a Spresiano (TV);

   da sempre i comitati e la popolazione contraria all'opera hanno chiesto: a) di fare chiarezza sul progetto, per molti anni secretato; b) proporre un progetto alternativo, meno costoso e meno impattante per l'ambiente; c) ristabilire un adeguato livello di legalità considerate le innumerevoli inottemperanze Via e Cipe registrate lungo il tragitto;

   il Presidente della regione Veneto, per anni avrebbe sostanzialmente sottratto alla conoscibilità pubblica le convenzioni economiche di oltre 2 miliardi di euro, pagabili dai contribuenti attraverso tasse e pedaggi fino a 13 miliardi più Iva;

   trattandosi di progetto di finanza, si sostiene erroneamente che il costo spropositato sia giustificato dall'apporto di capitale e lavoro di privati;

   per il Ministro Matteo Salvini, il progetto Pedemontana è un esempio virtuoso da replicare in tutta Italia. È vero l'esatto contrario; approfondendo il progetto, emerge, ad avviso degli interroganti, che: 1) per gonfiare i costi e rendere obbligatorio il ricorso al project financing, non è stata utilizzata, adattandola, la viabilità esistente. Al contrario, essa è stata in parte distrutta, obbligando i residenti ad imboccare la strada a pedaggio anche per brevi tratti; 2) circa un terzo del tragitto, giustificato da una presunta emergenza traffico, corre lungo un'autostrada connotata da traffico scarso (Valdastico) e non interessa la fascia pedemontana; 3) i rischi significativi fanno capo al soggetto pubblico e i guadagni faraonici – 5,7 miliardi di euro – ai soggetti privati; 4) le stime di traffico, elaborate da società non specializzate, sono state smentite da Cassa depositi e prestiti e Bei; 4) il concessionario – con un investimento di 1 miliardo e mezzo di euro – incasserà in 39 anni 13 miliardi più Iva, ricevendo addirittura un premio internazionale per aver stipulato il miglior contratto dell'anno;

   sono stati depositati diversi esposti alla Corte dei conti, alla procura della Repubblica e all'Anac: tutti hanno considerato fondati i fatti richiamati;

   il Ministro interrogato nell'ottobre 2018, esprimeva seri dubbi rispetto alla sostenibilità finanziaria dell'opera;

   recentemente, su iniziativa del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Costa, la procura della Repubblica di Vicenza, Treviso e Venezia ha aperto un'inchiesta per supposti danni ambientali, in relazione sia alla valutazione preventiva di impatto ambientale, sia alla movimentazione dei materiali –:

   quali iniziative conseguenti il Ministro interrogato intenda adottare e se reputi davvero la Pedemontana un'opera da replicare in tutt'Italia.
(5-02316)


   ORLANDO e BRAGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha comunicato, il 31 dicembre 2018 sul suo profilo Facebook, di avere bloccato gli aumenti dei pedaggi autostradali chiesti dai gestori per il «90 per cento della rete»;

   tra le tratte autostradali che hanno subito un aumento del pedaggio ci sono quelle di maggior interesse per la Liguria, terra che già soffre una situazione di isolamento a causa del crollo del Ponte Morandi. In particolare, sono aumentati i pedaggi per l'Autostrada della Cisa, la Torino-Savona, la Savona-Ventimiglia e la Milano-Serravalle, collegamento importante tra Genova e Milano;

   la Milano-Serravalle ha invece sospeso l'aumento fino al 31 gennaio, ma dal 1° febbraio sono aumentati i pedaggi del 2,62 per cento. Salt (tronco Autocisa) li aumenterà dell'1,86 per cento, Autostrada dei Fiori (tronco A10) dello 0,71 per cento, Autostrada dei Fiori (tronco A6 Torino-Savona) del 2,22 per cento;

   tale sospensione scade il 30 giugno e il rischio è che dal 1° luglio 2019 i pedaggi aumentino dello 0,8 per cento e, considerati i gravi disagi causati dal crollo del Ponte Morandi, tale rialzo è un'ipotesi che va assolutamente scongiurata;

   il consiglio regionale della Liguria ha approvato un ordine del giorno proposto dal consigliere Luca Garibaldi per chiedere di neutralizzare questo nuovo aumento;

   ad una precedente interrogazione del primo firmatario del presente atto, il sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti ha risposto che «nell'ambito delle procedure di aggiornamento tariffario abbiamo chiesto, anche alle società concessionarie ricadenti nella regione Liguria, la disponibilità ad adottare misure di contenimento delle tariffe a vantaggio dell'utenza e senza aggravi successivi» –:

   per quale motivo il Governo abbia scelto di discriminare la Liguria, non sterilizzando gli aumenti per tali tratte come fatto con il resto delle tratte autostradali e quali iniziative intenda adottare in relazione all'aumento previsto dal 1° luglio 2019, con riguardo ad una regione come la Liguria che è in piena emergenza isolamento dopo il crollo del «ponte Morandi» e che vive una cronica carenza di collegamenti con il resto del Paese e d'Europa non essendo ancora stati realizzati importanti interventi infrastrutturali che consentirebbero di spostare i traffici su rotaia, come il Terzo Valico, il raddoppio della linea ferroviaria di Ponente, la Pontremolese.
(5-02317)


   GIACOMETTO, CORTELAZZO, RUFFINO, GAGLIARDI, CASINO, LABRIOLA e MAZZETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il percorso che avrebbe portato al completamento dell'autostrada Asti-Cuneo è stato bloccato dal Governo, vanificando l'accordo sulla modalità di finanziamento dell'opera che il precedente titolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti aveva stipulato con l'Unione europea e con l'attuale concessionario;

   tale modalità, denominata «cross-financing», avrebbe consentito di reperire le risorse necessarie per il completamento dei 9 chilometri mancanti, pari a circa 350 milioni di euro, attraverso la proroga di quattro anni della durata della concessione attualmente in vigore a favore della società Satap sull'autostrada Torino-Milano, senza dunque un intervento diretto da parte dello Stato;

   il tratto ancora da completare, lungo appunto circa 9 chilometri da Cherasco a Cuneo, si trova completamente in pianura e non necessita di alcuna galleria, tanto che l'accordo, oggi disatteso, avrebbe consentito di far partire i lavori a dicembre 2018, con il completamento dell'opera — incompiuta ormai da più di vent'anni — nel corso dell'anno prossimo;

   lo stesso Ministro interrogato, non più tardi di qualche mese fa, aveva assicurato di saper trovare una soluzione migliore rispetto a quella individuata precedentemente, impegnandosi altresì a far partire di lì a poco i lavori per dare risposta alla mobilitazione delle amministrazioni locali, del mondo imprenditoriale e di tutta la comunità interessata a colmare un gap infrastrutturale che limita fortemente la competitività del Piemonte, in generale, e del territorio interessato, in particolare;

   peraltro è imbarazzante sentire in queste ore la commissaria europea Bienkowska che la Commissione ha in corso un dialogo costruttivo con l'Italia volto ad analizzare le misure presentate dalle autorità italiane per il completamento dei lavori sull'autostrada Asti-Cuneo, mentre il Ministro interrogato il 5 giugno 2019 dichiarava che sull'Asti-Cuneo il Governo procede «indipendentemente dal famoso via libera della Commissione Europea», ribadendo di fatto la tesi secondo la quale non è necessario il placet di Bruxelles –:

   quale sia la soluzione individuata per completare l'autostrada Asti-Cuneo, con quali modalità di finanziamento e con quali tempi di realizzazione.
(5-02318)


   FOTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'ammontare complessivo dell'investimento destinato all'ammodernamento della strada statale 45 della Val Trebbia – circa 70 milioni di euro – comprende sia interventi di manutenzione straordinaria, per un importo stimato di circa 16 milioni di euro, sia nuove opere per l'adeguamento e la messa in sicurezza della citata infrastruttura, con un importo complessivo di circa 54 milioni di euro;

   il contratto di programma Anas 2016-2020, approvato con decreto interministeriale Ministero delle infrastrutture e dei trasporti-Ministero dell'economia e delle finanze del 27 dicembre 2017, prevede uno stralcio dell'intervento complessivo valutato in circa 41,6 milioni di euro. L'intervento, denominato strada statale 45 di Val Trebbia – ammodernamento del tratto Rio Cernusca-Rivergaro (stralcio), consiste nella messa in sicurezza del tratto della strada statale 45 compreso tra Rivergaro (chilometro 121+500) e la località Cernusca, in comune di Travo (chilometro 110+300) –:

   quale sia lo stato della progettazione definitiva, a cura di Anas, attivata nel 2017, che prevede l'allargamento, ove possibile, della sede stradale esistente e la rettifica di numerose curve, con parziali traslazioni del tracciato, per una lunghezza di circa 11 chilometri e se risultino essere stati approfonditi gli aspetti geologici dell'area oggetto dei lavori, caratterizzata da un'elevata presenza di fenomeni di dissesto.
(5-02319)


   LUCCHINI e TATEO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sono iniziati i lavori di adeguamento della strada 172 dir (tratto di strada che va dalla strada statale 379 alla valle d'Istria) e sono emersi notevoli problematiche, di pianificazione e programmazione dei lavori che creano inevitabilmente forti disagi agli automobilisti. Andare in direzione Taranto è un vero e proprio calvario e i lavori dureranno cinquecento giorni;

   non appena sono stati avviati i lavori sono apparsi evidenti i disagi creati rispetto al normale traffico veicolare, con la formazione di lunghissime code di automezzi che hanno sostanzialmente intasato il tracciato della strada statale 172 dir e impedito la regolare circolazione e il deflusso degli automezzi. Buona parte del traffico veicolare si è di conseguenza riversata su strade comunali alternative, come via Giardinelli o la via vecchia per Laureto, che, certo non progettate per un traffico massiccio, non appaiono predisposte a sopportare improvvisamente, soprattutto nel periodo estivo, il passaggio di un numero imprevedibile di automezzi, anche di notevole portata con il conseguente aumento del numero di incidenti dovuto all'aumento del traffico;

   non possono partire lavori di tale dimensione e per così lungo tempo senza aver prima messo in sicurezza e studiato ipotesi alternative di flusso veicolare. Ci sono due strade alternative sulle quali veicolare il flusso, in maniera razionale, al limite anche per sensi unici. Eppure nessuno lo ha fatto;

   quelle due strade (cosiddette Giardinelli e via Vecchia di Laureto) andavano in qualche modo sistemate, andava predisposta la segnaletica orizzontale e andava studiato il flusso del traffico –:

   se il Ministro interrogato non intenda interessarsi dello sviluppo dei lavori di ammodernamento della strada 172 dir, intervenendo presso l'Anas al fine di abbreviare il più possibile la durata del cantiere e contenere i disagi come esposti in premessa ed evitare ulteriori incidenti sulla viabilità locale alternativa alla sede stradale Anas.
(5-02320)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   ZUCCONI e CAIATA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   a seguito dell'entrata in vigore della legge 2 dicembre 2016, n. 242, si è manifestata una crescita nella coltivazione della canapa, consentendo di fatto la commercializzazione di parti della pianta contenenti principi attivi con effetti psicotropi;

   la norma suddetta ha fissato un limite specifico di principio attivo entro il quale la coltivazione è da ritenersi lecita;

   la presenza di un quadro legislativo poco chiaro ha fatto sì che si sviluppasse un mercato «secondario» di prodotti derivanti dalla canapa, comportando un fenomeno piuttosto copioso di apertura di negozi aventi come scopo la vendita di «canapa light» in tutto il territorio nazionale;

   a seguito di un contrasto interpretativo sulla liceità della commercializzazione al dettaglio della cannabis light proveniente dalle coltivazioni di canapa è stato fatto ricorso alla Suprema Corte;

   le sezioni unite penali della Corte di Cassazione hanno stabilito, in data 30 maggio 2019, che vendere i prodotti derivanti dalla cannabis light è un reato;

   i giudici hanno motivato la sentenza spiegando che la legge 2 dicembre 2016, n. 242, sulla cannabis light «qualifica come lecita unicamente l'attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole» per uso a fini medici. L'olio, le infiorescenze (i rami coi fiori), la resina (un estratto alcolico) e tutti gli altri prodotti derivati dalla cannabis sativa, una delle varietà più diffuse, non rientrano in questa categoria;

   secondo la stessa Corte, quindi, ci si troverebbe di fronte «al reato di cui all'art. 73, commi 1 e 4 del dpr 309/1990» per le «condotte di cessione, di vendita e in genere di commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis sativa, salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante»;

   inoltre, questi articoli hanno un contenuto di Thc (il principio attivo che dà effetti psicotropi) compreso tra lo 0,2 e lo 0,6 per cento e, secondo la Corte di Cassazione, non sono «privi di efficacia drogante». A questo proposito, i giudici hanno infatti stabilito che quella forbice di tolleranza, stabilita dalle legge 2 dicembre 2016, n. 242, non si riferisce alla quantità di Thc nel prodotto ma a quella presente nella pianta che viene coltivata;

   nel mese scorso il Ministro Salvini ha emanato una direttiva che prevede una stretta nei controlli degli esercizi commerciali legati alla cannabis già esistenti, oltre all'introduzione del requisito di una distanza minima di «almeno 500 metri dai luoghi considerati a maggior rischio» (luoghi affollati e di maggiore aggregazione, soprattutto giovanile) per i negozi di nuova apertura;

   un parere emesso dal Consiglio superiore di sanità aveva già evidenziato la pericolosità per la salute dei prodotti a base di cannabis contenente basse quantità di tetraidrocannabinolo (THC), e, nel rilevare che «non può essere esclusa la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa», il Consiglio aveva raccomandato di attivare le misure necessarie a bloccare la libera vendita di tali merci, «nell'interesse della salute individuale e pubblica» –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere per garantire il rispetto della sentenza della Corte di Cassazione e se, alla luce della sua pronuncia, intendano procedere alla chiusura su tutto il territorio nazionale dei negozi che vendono canapa light.
(3-00800)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il comparto dei vigili del fuoco in Friuli Venezia Giulia è interessato da una serie di problematiche che non consentono di garantire un servizio adeguatamente efficiente per la sicurezza del territorio e dei cittadini;

   in particolare, vi è una carenza di personale operativo che determina delle ripercussioni negative nell'ambito del soccorso tecnico urgente. Sono circa 100 le unità operative mancanti, includendo anche il personale che ricopre il ruolo di ispettore e funzionario. Al riguardo, presso il comando di Gorizia, in cui già mancano 23 unità, dovrebbero essere presenti 6 ispettori e 4 funzionari, invece risultano solo un ispettore e un direttivo; difatti, spesso si richiede l'intervento di altro personale di pari qualifica dagli altri comandi della regione. Presso il comando di Udine si registrano 27 unità in meno, delle quali 8 sono necessarie a implementare l'organico del distaccamento di Cividale del Friuli che interviene spesso in rinforzo della sede centrale, lasciando di conseguenza scoperta tutta la zona delle Valli di Natisone. Ed ancora, al comando di Trieste si contano 17 unità in meno, di cui 7 al nucleo sommozzatori, ossia un intero turno scoperto, tanto da richiedere l'intervento del nucleo sommozzatori dal Veneto in caso di intervento tecnico urgente. Presso il comando di Pordenone, oltre alla carenza di 20 unità, sussiste il problema del distaccamento di Sacile, che sebbene sia classificato come sede permanente è sprovvisto di personale;

   per quanto concerne il distaccamento di Grado, si fa presente che il breve periodo di apertura di tale presidio non consente di soddisfare nemmeno i minimi requisiti di sicurezza, poiché per tutta la stagione estiva l'affluenza, in tale località turistica, raggiunge anche le 150.000 presenze. Pertanto, nell'attesa di attribuire a Grado una sede permanente, andrebbe implementato il personale della sede di Monfalcone, che è il distaccamento permanente più vicino;

   inoltre, si ritiene necessario completare la trasformazione della sede di Latisana da volontaria a permanente: a quanto è dato sapere, la sede è già stata realizzata, ma vanno ancora assegnate le unità di personale previste. Si tratta di un distaccamento rilevante anche per gli innumerevoli incidenti che ogni giorno coinvolgono mezzi pesanti, nella costruzione della terza corsia sulla A4 –:

   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro, per quanto di competenza, per rimediare alle criticità esposte in premessa, che interessano il comparto dei vigili del fuoco del Friuli Venezia Giulia.
(5-02311)


   SENSI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   da notizie pubblicate sul quotidiano La Repubblica si è appreso che nel primo trimestre del 2019 vi sarebbero state ben 4.602 richieste di trasferimento di richiedenti protezione internazionale dalla Germania all'Italia, mentre le autorizzazioni rese dal Governo italiano a questi trasferimenti sarebbero state pari a 3.540; nel solo 2019, inoltre, le richieste di ritorno avanzate complessivamente da Germania e Francia agli altri Paesi europei sarebbero già 40.000;

   la questione dei trasferimenti riguarda i cosiddetti dublinanti, ossia quei migranti rintracciati in Paesi europei diversi da quelli di primo ingresso, e che in base al «regolamento di Dublino» sono tenuti a presentare domanda, e a completare l’iter per il riconoscimento della protezione internazionale, nel primo Paese in cui sono arrivati;

   dalle notizie a mezzo stampa si è inoltre appreso che i trasferimenti effettivi in Italia sarebbero stati quasi 1.200, e continuerebbero ciascun mese a ritmo regolare, nonostante la minacciata chiusura degli aeroporti e le ripetute dichiarazioni rese dal Ministro interrogato fin dall'ottobre del 2018 sulla ferma intenzione del Governo italiano di non accettare i cosiddetti dublinanti, se non a «saldo zero»;

   «se qualcuno, a Berlino o a Bruxelles, pensa di scaricare in Italia decine di immigrati con dei voli charter non autorizzati, sappia che non c'è e non ci sarà nessun aeroporto disponibile», dichiarava il Ministro interrogato nell'ottobre del 2018;

   mentre il Ministro dell'interno indirizza tutti suoi sforzi nella «battaglia» anti-ong, ingaggiando un braccio di ferro dietro l'altro e lasciando in balia delle onde piccoli gruppi di migranti di 50-60 persone, provenienti spesso dalla Libia, si apprende – in aperta contraddizione con le dichiarazioni rese dallo stesso Ministro dell'interno – che quasi 1.200 profughi secondari sarebbero già stati trasferiti in Italia, un numero destinato a diventare più consistente nelle intenzioni del Governo tedesco, e che ha segnato già il sorpasso del numero dei migranti richiedenti protezione internazionale provenienti da Paesi dell'Unione europea su quelli provenienti via mare;

   il 18 giugno il Presidente del Consiglio aveva esultato al termine delle conclusioni del vertice europeo di Bruxelles, dichiarando che ne era uscita «un'Europa più responsabile e solidale, l'Italia non è più sola» e affermando che era stato raggiunto un accordo sui migranti, fondato su «centri chiusi» e volontari nei quali distribuire gli immigrati che arrivano in Europa e, in cambio, su una soluzione relativa ai movimenti secondari che sarebbe stata ottenuta dalla Germania –:

   se sia vero che il numero dei migranti di «ritorno» rientrati in Italia da molti mesi e provenienti dai Paesi europei sia superiore al numero dei migranti giunti via mare, e a quello dei migranti rimpatriati nei Paesi di origine, e se tale numero sia destinato ulteriormente a crescere nei prossimi mesi, in ragione della crescita esponenziale di richieste già avanzate dagli altri Paesi europei; quali siano esattamente gli accordi negoziati o in corso di negoziazione sui movimenti secondari.
(5-02313)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   LABRIOLA, ZANGRILLO, FATUZZO, MUSELLA e ROTONDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   sindacati, commissari e la multinazionale ArcelorMittal sottoscrivevano, alla presenza del Ministro interrogato, in data 5 settembre 2018, l'accordo per l'acquisizione dell'ex Ilva e il rilancio della produzione, prevedendo l'assunzione di 10.700 lavoratori dell'ex Ilva (di cui 8.200 nella sede di Taranto) e comunque il ricorso per 1.500 lavoratori più 1.000 che hanno accettato le proposte di esodo incentivato;

   tale accordo ha comunque imposto alla città di Taranto e alle sue famiglie uno sforzo ulteriore dopo i tanti sacrifici, anche in termini di vite umane, cui sono stati sottoposti nell'arco degli ultimi decenni. In tal senso il prosieguo delle attività dello stabilimento tarantino rappresenta ad avviso degli interroganti un dietro front rispetto a talune promesse fatte nel corso della campagna elettorale dallo stesso Ministro interrogato;

   al fine di dimostrare un'adeguata attenzione agli aspetti ambientale e lavorativo, lo stesso accordo prevedeva una procedura di verifica su base trimestrale che però non risulta essersi svolta finora, nonostante vi siano state varie sollecitazioni da parte delle rappresentanze sindacali;

   le prime criticità venivano segnalate dalla stampa locale e dagli stessi lavoratori già a distanza di un paio di mesi dalla firma dell'intesa, inerenti alle procedure di selezione del personale rispetto a quanto previsto dall'accordo;

   come se ciò non bastasse, il 5 giugno 2019 ArcelorMittal sostenendo che il settore dell'acciaio europeo «soffre una situazione economica sempre più peggiorata negli ultimi mesi. Il comparto siderurgico ha registrato un progressivo rallentamento a partire dal primo trimestre di quest'anno» comunicava, con riguardo allo stabilimento di Taranto, la decisione di ricorrere alla cassa integrazione guadagni ordinaria per un numero di circa 1.400 dipendenti per un periodo di tredici settimane;

   a quanto risulta agli interroganti il Ministro, parimenti a quanto già accaduto con il caso MercatoneUno e Whirlpool, non avrebbe rivolto la necessaria e opportuna attenzione alla crisi dello stabilimento produttivo poiché, al pari dei casi richiamati, almeno un mese prima dell'annuncio di ArcelorMittal i sindacati avevano lanciato l'allarme, sollecitando un intervento repentino del Ministero, perché si verificassero le condizioni di attuazione dell'accordo sottoscritto nel settembre 2018;

   appena il giorno prima del comunicato di messa in cassa integrazione guadagni di 1.400 lavoratori, oltre una quarantina di amministratori delegati dei gruppi siderurgici europei di maggior rilievo hanno trasmesso una missiva ai capi di Stato e di Governo degli Stati membri dell'Unione europea e alle stesse istituzioni comunitarie al fine di sollecitare interventi e misure di sostegno del settore;

   risulterebbe che il Ministro interrogato stia conducendo una interlocuzione con l'azienda per la quale le organizzazioni sindacali hanno fissato un aggiornamento per il 20 giugno 2019 –:

   se e per quale data il Governo abbia convocato il tavolo di verifica e monitoraggio dell'esecuzione dell'accordo sottoscritto il 5 settembre 2018 e se fosse a conoscenza della decisione di ricorrere alla cassa integrazione guadagni ordinaria da parte di ArcelorMittal come illustrato in premessa;

   quali iniziative urgenti intenda assumere per individuare valide alternative alla cassa integrazione, garantire il pieno rispetto degli impegni di cui al predetto accordo e tutelare i livelli occupazionali in tutti gli stabilimenti;

   se e quali informazioni disponga rispetto allo scenario previsionale del settore siderurgico.
(3-00802)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SERRACCHIANI, MORANI, ZAN, VISCOMI, MORETTO, FRAGOMELI, LACARRA, GIACOMELLI, CARLA CANTONE, BURATTI, GAVINO MANCA, DE MENECH, MARCO DI MAIO e ROSSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   come noto, ai sensi dell'articolo 1, del decreto legislativo 28 marzo 1996, n. 207, l'indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale è riconosciuto ai soggetti che, alla data di presentazione della domanda, abbiano più di 62 anni (se uomini) o più di 57 anni (se donne), e che siano stati iscritti, al momento della cessazione dell'attività, per almeno 5 anni, in qualità di titolari o coadiutori, nella gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali presso l'Inps;

   tale disposizione è stata più volte prorogata fino al 31 dicembre 2016, da ultimo con l'articolo 19-ter del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185;

   l'indennizzo per la cessazione definitiva dell'attività commerciale è finanziato con il «Fondo degli interventi per la razionalizzazione della rete commerciale», istituito presso l'Inps, che opera mediante contabilità separata nell'ambito della gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali;

   con l'articolo 1, comma 283, della legge di bilancio per l'anno 2019 (legge n. 145 del 2018) ha previsto la stabilizzazione, a decorrere dal 1o gennaio 2019, delle disposizioni relative all'indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale; tuttavia, la formulazione del dispositivo utilizzata in questa occasione non ha tenuto conto del periodo pregresso alla medesima data del 1o gennaio 2019;

   una soluzione normativa che, a parere degli interroganti, rappresenta un grave errore e che finisce per determinare una sorta di nuova platea di «esodati», questa volta, nel commercio;

   infatti, molti commercianti, a seguito dell'approvazione definitiva della legge di bilancio per l'anno 2019 e dopo aver cessato la propria attività, hanno presentato domanda, presso la sede Inps territorialmente competente, per accedere ai benefici della «rottamazione delle licenze commerciali», ma hanno ricevuto risposte negative per coloro che avevano cessato l'attività commerciale prima del 1o gennaio 2019;

   si tratta di una situazione davvero paradossale, anche in considerazione del fatto che tale categoria di lavoratori ha sempre pagato nel corso degli anni la corrispondente quota contributiva, che è già stata oggetto di iniziative di mobilitazione delle associazioni di rappresentanza –:

   quali iniziative si intendano adottare, anche di carattere normativo, volte a superare la condizione che attualmente impedisce l'accesso all'indennizzo per la cessazione di attività commerciale prima del 1o gennaio 2019.
(5-02310)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   si registrano diverse lamentele dei dipendenti degli enti locali comunali che sono stati costretti ad andare in pensione anticipata a causa della situazione di dissesto del comune dove prestavano servizio. Questi infatti pare dovranno aspettare il pagamento dell'indennità di fine servizio (Tfs) dal momento della maturazione effettiva della contribuzione per la pensione e non prima, periodo che può raggiungere anche i 5/6 anni. In poche parole la corresponsione avverrebbe con le stesse modalità e gli stessi tempi a partire dal raggiungimento dei normali requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia. Si tratta di una situazione paradossale considerato che l'attesa del Tfs potrebbe arrivare fino a 7 anni, se si sommano ai 2 anni canonici, previsti per i dipendenti pubblici, i 5 massimi di distanza tra i 62 anni e i 67 anni del «requisito Fornero» –:

   se corrisponda al vero che i dipendenti comunali, che sono stati collocati in pensione prima del raggiungimento dell'età per la situazione di dissesto dell'ente comunale, maturino il diritto al trattamento di fine rapporto in una data molto posteriore rispetto al momento della pensione, fino ad oltre 5 anni;

   ove ciò corrisponda al vero, se il Governo non ritenga necessario adottare iniziative per apportare le opportune modifiche alla normativa dirette a garantire l'erogazione del trattamento di fine servizio in tempi minori per tutelare i lavoratori medesimi che sono dovuti andare in quiescenza obbligata per superare le problematiche relative allo stato di dissesto del comune.
(4-03118)


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   con messaggio n. 689 del 20 febbraio 2019 l'Inps ha brevemente riepilogato tutte le prestazioni a sostegno del reddito e della relativa obbligatorietà del dato di residenza;

   la condizione di irreperibilità o di «senza fissa dimora» comporta la cancellazione dall'anagrafe comunale e produce conseguenze anche su alcune prestazioni come il bonus asilo nido e l'assegno di natalità. Per le prestazioni previdenziali, come per esempio anche NASpI e DIS-COLL, la condizione di irreperibilità/senza fissa dimora non costituisce elemento ostativo al riconoscimento dei suddetti trattamenti e dunque anche per quelle prestazioni soggette a obbligo di Did (Dichiarazione di immediata disponibilità);

   la condizione di irreperibilità o senza fissa dimora, in particolare, potrebbe risultare a parere dell'interrogante, e per ovvi motivi, incompatibile con la Did. Il soggetto resosi irreperibile non è infatti facilmente rintracciabile e, dunque, suscettibile di sottrarsi a obblighi di varia natura come, tra l'altro, anche il pagamento di bollette o sanzioni, così come appare quantomeno difficile e complicato che una persona irreperibile o senza fissa dimora possa essere contattato da un centro per l'impiego;

   la condizione di irreperibilità e di senza fissa dimora sembra non essere elemento ostativo nemmeno per il mantenimento del reddito di cittadinanza. Se infatti per l'accesso al reddito di cittadinanza la residenza sul territorio italiano è condizione necessaria per il suo ottenimento, non sembra essere sufficientemente chiara per l'interrogante la eventuale procedura di decadenza del beneficio nel caso in cui il soggetto beneficiario diventi irreperibile o senza fissa dimora dopo aver ottenuto il reddito di cittadinanza –:

   quali iniziative normative si intendano assumere per superare le criticità di cui in premessa e in particolare per chiarire che il diritto a prestazioni previdenziali e di sostegno al reddito decada in caso di irreperibilità o nel caso in cui il soggetto risulti senza fissa dimora e quindi difficilmente rintracciabile anche per poter essere contattato da un centro per l'impiego;

   se si intendano adottare iniziative di competenza per far sì che il beneficiario della prestazione dimostri periodicamente la propria presenza sul territorio nazionale;

   quali iniziative si intendano adottare per evitare che persone irreperibili, e dunque non rintracciabili, siano beneficiari di provvidenze economiche da parte dello Stato;

   posto che l'essere senza fissa dimora è, in molti casi, una condizione derivante da cause di forza maggiore e dunque non volontaria, quali iniziative si intendano assumere per garantire non solo un indirizzo «fittizio» (che di fatto già esiste) ma soprattutto la rintracciabilità dei soggetti senza fissa dimora, stabilendo controlli periodici e una soglia temporale oltre la quale il soggetto senza fissa dimora venga dichiarato irreperibile.
(4-03119)


   OSNATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nell'ambito del piano di dismissione del proprio patrimonio immobiliare, in particolare quello insistente nel municipio XI di Roma Capitale e precisamente nel quartiere Magliana, tra la via Pescaglia e via dell'Impruneta, l'Inps ha incaricato la Romeo Gestione di elaborare le lettere informative e di invito per gli inquilini-detentori degli immobili oggetto di dismissione, per informarli della possibilità loro riservata di esercitare il diritto di prelazione e l'opzione di acquisto;

   dette lettere sono state scritte prive di alcuni elementi utili e necessari agli inquilini per comprendere i criteri di determinazione del prezzo e le condizioni di prelazione, le garanzie a tutela degli inquilini che non possono acquistare le agevolazioni di accesso al credito e la sussistenza di convenzioni con istituti di credito;

   in tal modo, è stato leso il diritto degli inquilini di poter valutare adeguatamente l'eventuale acquisto dell'immobile, considerato tra l'altro che le lettere contenevano condizioni di dubbia legittimità;

   a tutela degli inquilini interessati si è quindi costituito un Comitato inquilini Inps con l'obiettivo di realizzare un ponte di dialogo diretto tra l'ente Inps – dismittente – e gli inquilini stessi, anche mediante il coinvolgimento del municipio XI e Roma Capitale;

   detto Comitato, finalizzato a fronteggiare l'emergenza abitativa, ha depositato un esposto presso la procura della Repubblica di Roma con lo scopo di portare all'attenzione dell'autorità giudiziaria diverse situazioni che richiedono immediata chiarezza e trasparenza;

   il 12 aprile 2018 si è svolta una riunione presso la commissione patrimonio del municipio XI, cui hanno partecipato il Consigliere Zuccalà, il direttore dell'Inps patrimonio dottor Fiorino, e l'assessore Castiglione di Roma Capitale, nel corso della quale l'Inps ha chiarito che per la determinazione del prezzo delle singole unità abitative erano state svolte perizie effettuate dagli uffici tecnici preposti dal dismittente e che tali perizie erano accessibili agli inquilini interessati, tramite accesso agli atti;

   ad oggi tali perizie, a quanto consta all'interrogante, non sono state né mostrate né inviate agli inquilini che le hanno richieste;

   il Comitato inquilini ha presentato un esposto alla procura di Roma, finalizzato a evidenziare eventuali ipotesi di reato, stante il fatto che l'intera gestione della procedura di dismissione, con le modalità indicate di omissione, parziale e, talvolta, totale, delle informazioni dovute per legge agli inquilini-detentori presenta diversi profili di dubbia legittimità –:

   se siano state poste in essere iniziative di controllo e verifica aventi ad oggetto la procedura di dismissione del patrimonio immobiliare dell'Inps insistente nella zona di cui in premessa, anche con riferimento alla correttezza delle procedure seguite dalla società Romeo, al fine di garantire la corretta informazione degli inquilini rispetto all'opportunità di acquisto degli immobili;

   se e quali iniziative si intendano adottare in relazione all'omessa consegna, da parte dell'Ente proprietario e/o della società incaricata per la procedura di dismissione, delle perizie di stima degli immobili, pur a fronte delle legittime richieste degli aventi diritto;

   quali iniziative si intendano porre in essere per garantire agli aventi diritto il pieno godimento dei propri diritti e la più ampia tutela dei loro interessi.
(4-03120)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   CONTE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) istituita con decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, è un ente pubblico non economico nazionale, che svolge una funzione di supporto tecnico e operativo alle politiche di governo dei servizi sanitari di Stato e regioni, attraverso attività di ricerca, monitoraggio, valutazione, formazione e innovazione;

   essa, ai sensi del suo nuovo statuto, approvato il 18 maggio 2018, si configura come organo tecnico-scientifico del servizio sanitario nazionale e rappresenta uno strumento di raccordo tra il livello centrale, regionale e aziendale, garantendo supporto tecnico-operativo in ambito organizzativo, gestionale, economico, finanziario e contabile;

   il ruolo di Agenas è fondamentale per rendere il sistema sanitario sostenibile e capace di gestire situazioni di elevata complessità clinica e organizzativa, assicurando il rispetto degli standard di qualità, quantità, sicurezza, efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità dei servizi erogati dalle strutture sanitarie su tutto il territorio nazionale;

   il personale dell'Agenas è formato solo per 48 unità da dipendenti a tempo indeterminato, mentre al 2017 risultano in essere ben 316 contratti «co.co.co» e 62 incarichi di ricerca, studio e consulenza;

   a quanto consta all'interrogante alcuni di questi contratti sono stati di recente prorogati per altri tre anni, mentre per circa 50 di essi se ne prevede la proroga fino a novembre 2019;

   la situazione di tale precarietà, per compiti di alta e sperimentata professionalità, non rappresenta di sicuro la cornice ideale per condurre l'azione che l'Agenzia deve svolgere –:

   quali siano gli intendimenti del Governo rispetto ai tanti contratti di lavoro precario presso Agenas, se sia intenzione del Governo adottare iniziative per procedere a una stabilizzazione dei rapporti di lavoro e se non si ritenga, comunque, di garantire a tutti la medesima durata almeno fino al 2022.
(4-03116)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   LATINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   la legge 3 maggio 2019, n. 37 (legge europea 2018), con il suo articolo 2, recante «Disposizioni in materia di professione di agente d'affari in mediazione», ha integralmente novellato l'articolo 5, comma 3, della legge 3 febbraio 1989, n. 39, restringendo significativamente il perimetro delle attività incompatibili con l'esercizio della mediazione immobiliare;

   l'intervento del legislatore è stato motivato, fra l'altro, dalla procedura di infrazione avviata dall'Unione europea proprio in relazione al regime normativo previsto dall'articolo 5 della citata legge che, nella sua formulazione originaria, prevedeva che l'esercizio dell'attività di mediazione fosse incompatibile sia con l'attività svolta in qualità di dipendente da persone, società o enti, privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione, sia con l'esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitate;

   dalla lettura della nuova formulazione dell'articolo 5, comma 3, legge n. 39 del 1989 sembra quindi doversi escludere, sia con riferimento all'attività di intermediazione creditizia (nelle forme consentite dalla legge) che con riferimento all'attività di amministrazione condominiale, che il nuovo testo consenta di adottare interpretazioni preclusive o atte ad affermare, in termini generali, un'incompatibilità con l'attività di mediazione immobiliare, fatto salvo il caso in cui, in concreto e con specifico riferimento a situazioni precise e documentate, si possa rinvenire un'effettiva situazione di conflitto di interessi;

   in risposta all'istanza di interpello inoltrata dall'Associazione Arco (Amministratori e revisori contabili) per sapere se l'agente (di affari in mediazione) immobiliare potrà o meno svolgere anche l'attività di amministratore di condominio in via professionale – tenuto conto del nuovo regime delle incompatibilità introdotto dal riformato articolo 5, comma 3, della legge n. 39 del 1989 – in data 22 maggio 2019, la direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, divisione VI – registro imprese, regolazione e servizi digitali alle imprese del Ministero dello sviluppo economico, ha ritenuto che anche in relazione a questa nuova disciplina permanga l'incompatibilità di detta attività professionale con quella di amministratore condominiale: «sia ove quest'ultima venga intesa come professione intellettuale afferente al medesimo settore merceologico per cui viene esercitata la mediazione (rientrando, quindi, l'incompatibilità nell'ipotesi della lettera c) del nuovo articolo 5, comma 3, legge n. 39 del 1989), sia ove venga considerato l'aspetto imprenditoriale di rappresentanza di beni afferenti al medesimo settore merceologico (rientrando, quindi, nell'ipotesi di incompatibilità della lettera a) del nuovo articolo 5, comma 3, legge n. 39 del 1989); nonché trattandosi comunque di evidente conflitto di interesse per il mediatore immobiliare che, contemporaneamente a curare per il proprio cliente la vendita/acquisto di un immobile, lo amministra e lo gestisce per conto del condominio (lettera d) del nuovo articolo 5, comma 3, legge n. 39 del 1989)». In tale risposta veniva altresì ribadito che lo svolgimento di attività incompatibili con quella di agente di affari in mediazione determina, da parte degli uffici camerali, l'inibizione allo svolgimento di quest'ultima –:

   quali iniziative intenda adottare in relazione a tale questione, posto che tale interpretazione restrittiva fornita dalla direzione generale per il mercato, la concorrenza, il consumatore, la vigilanza e la normativa tecnica, divisione VI – registro imprese, regolazione e servizi digitali alle imprese del Ministero dello sviluppo economico, ad avviso dell'interrogante, si pone in contrasto con la ratio che ha portato il legislatore alla riforma dell'articolo 5, comma 3 della legge n. 39 del 1989 e, più in generale, con l'orientamento espresso dalla Commissione europea nella procedura di infrazione n. 2018/2175.
(3-00804)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  Mozione Spena e altri n. 1-00191, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Polidori. Contestualmente, l'ordine delle firme si intende così modificato: «Spena, Gelmini, Marrocco, Versace, Calabria, Aprea, Bagnasco, Bartolozzi, Battilocchio, Bergamini, Biancofiore, Casciello, Cassinelli, Fatuzzo, Ferraioli, Fitzgerald Nissoli, Gagliardi, Giacometto, Labriola, Marin, Milanato, Mulè, Musella, Napoli, Novelli, Orsini, Palmieri, Pella, Pettarin, Pittalis, Polidori, Rosso, Rotondi, Ruffino, Saccani Jotti, Sarro, Sandra Savino, Scoma, Sozzani, Tartaglione, Siracusano, Maria Tripodi».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-01746, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 marzo 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Deidda.

  L'interrogazione a risposta scritta Licatini n. 4-02929, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lombardo.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-02195, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Luca De Carlo.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Colletti n. 5-02270, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vitiello.

  L'interrogazione a risposta scritta Zanichelli e altri n. 4-03109, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lombardo.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Giacometto n. 5-01436 dell'11 febbraio 2019.