XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 42 di martedì 11 settembre 2018
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO
La seduta comincia alle 11.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
FRANCESCO SCOMA, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 7 agosto 2018.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Benvenuto, Bitonci, Bonafede, Claudio Borghi, Brescia, Buffagni, Carfagna, Castiello, Cirielli, Colucci, Cominardi, Davide Crippa, D'Inca', D'Uva, Del Re, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Luigi Di Maio, Di Stefano, Durigon, Fantinati, Ferraresi, Fioramonti, Gregorio Fontana, Lorenzo Fontana, Fraccaro, Fugatti, Galli, Gallinella, Gallo, Garavaglia, Gava, Gebhard, Gelmini, Giaccone, Giachetti, Giorgetti, Grande, Grillo, Guerini, Guidesi, Liuzzi, Lollobrigida, Lorefice, Losacco, Lupi, Manzato, Micillo, Molinari, Molteni, Morelli, Morrone, Picchi, Rampelli, Rixi, Rizzo, Ruocco, Saltamartini, Sarti, Carlo Sibilia, Spadafora, Tofalo, Vacca, Valente, Villarosa e Raffaele Volpi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Seguito della discussione delle mozioni Gelmini ed altri n. 1-00010, D'Uva, Molinari ed altri n. 1-00017, Lucaselli ed altri n. 1-00019 e Moretto ed altri n. 1-00025 concernenti iniziative volte a favorire il rientro delle imprese italiane che hanno delocalizzato la produzione all'estero (ore 11,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Gelmini ed altri n. 1-00010, D'Uva, Molinari ed altri n. 1-00017, Lucaselli ed altri n. 1-00019 e Moretto ed altri n. 1-00025 concernenti iniziative volte a favorire il rientro delle imprese italiane che hanno delocalizzato la produzione all'estero (Vedi l'allegato A).
Avverto che dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 16 luglio 2018, è stata presentata la mozione Moretto ed altri n. 1-00025, che è già stata iscritta all'ordine del giorno.
(Parere del Governo)
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
CLAUDIO COMINARDI, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Con riferimento alla mozione presentata dall'onorevole Gelmini n. 1-00010 si formula parere negativo sulle premesse. Ma veniamo agli impegni, richiesti al Governo con la mozione Gelmini: l'impegno n. 1 è accolto con la riformulazione che leggo: “nel quadro della nuova strategia di politica industriale dell'Unione europea (COM (2017) 479) e tenendo conto delle esperienze maturate in altri Stati europei, a valutare la possibilità di adottare iniziative volte a favorire il rientro (reshoring) delle imprese italiane che hanno delocalizzato la produzione al di fuori dei confini nazionali”.
L'impegno n. 2 è accolto con la riformulazione seguente: “a valutare le esperienze regionali in corso, tenendo presente la possibilità di utilizzo dello strumento dei contratti di sviluppo, di cui all'articolo 43 del decreto-legge n. 112 del 2008, sottoscritti nella forma di accordo di programma ovvero di accordo di sviluppo, ai sensi del decreto del Ministero dello sviluppo economico 9 dicembre 2014”. L'impegno n. 3 viene accolto sempre con riformulazione: “a valutare la possibilità di adottare iniziative normative finalizzate all'istituzione di un fondo che permetta ai comuni e agli enti locali di accedere a finanziamenti di lunga durata per realizzare o riqualificare siti idonei alla localizzazione industriale, a fronte di un preciso progetto imprenditoriale finalizzato al reinsediamento di imprese che rientrano in Italia”. L'impegno n. 4 viene accolto così com'è. L'impegno n. 5 viene accolto così com'è. L'impegno n. 6 viene accolto con la seguente riformulazione: “ad implementare la trasformazione 4.0 della pubblica amministrazione mediante il rafforzamento del processo di digitalizzazione, da attuare attraverso l'assunzione di personale con competenze specifiche, al fine di realizzare gli obiettivi di semplificazione burocratica e di riduzione degli adempimenti a carico delle imprese e dei cittadini”. L'impegno n. 7 viene accolto sempre con riformulazione: “a valutare la possibilità di utilizzare quota parte delle risorse destinate alla promozione del made in ltaly per la promozione del reshoring o di «esperienze di successo», ovvero di aziende che sono tornate a produrre in Italia e che ne hanno avuto benefici, al fine di favorire processi «imitativi» che inducano altre imprese all'assunzione di strategie volte a consentire il ritorno della produzione in Italia”.
La mozione presentata dall'onorevole D'Uva, Molinari insieme ad altri n. 1-00017 si accoglie in toto sia nelle premesse, che negli impegni.
Passiamo ora alla mozione presentata dalla onorevole Lucaselli ed altri n. 1-00019.
Relativamente alle premesse, le stesse non vengono accolte. Riguardo invece agli impegni richiesti al Governo, si rappresenta quanto segue: Gli impegni n. 1, 2 e 3 vengono accolti. L'impegno n. 4 viene accolto con la seguente riformulazione: “a valutare la possibilità di varare - in accordo con le regioni - un piano straordinario per la rilocalizzazione in Italia delle imprese che negli ultimi anni hanno abbandonato il nostro Paese”. L'impegno n. 5 viene accolto con la seguente riformulazione: “a valutare la possibilità che, in fase di attuazione, il suddetto Piano abbia una durata massima di tre anni, preveda una gradualità crescente degli incentivi nel corso dei tre anni in modo da verificare la bontà del progetto di reinsediamento industriale, sia vincolato a quote di addetti da assumere in Italia”.
Gli impegni n. 6 e n. 7 sono accolti. L'impegno n. 8 viene accolto con la seguente riformulazione: “a valutare la possibilità di assumere iniziative per adottare misure fiscali che incentivino l'adozione da parte delle aziende di “statuti partecipativi” che favoriscano la partecipazione dei lavoratori agli utili e all'indirizzo dell'impresa, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica”. L'impegno n. 9 viene accolto con la seguente riformulazione: “ad assumere iniziative compatibilmente con i saldi della finanza pubblica, per prevedere il rifinanziamento, nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2019, delle agevolazioni previste dal piano nazionale impresa 4.0, che devono considerarsi strumento fondamentale per ridurre il gap competitivo delle imprese italiane, nonché del credito d'imposta per le spese di formazione 4.0 del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal medesimo piano”.
Vengono altresì respinte le premesse della mozione Moretto ed altri n. 1.00025. Quanto agli impegni si rappresenta quanto segue. L'impegno n. 1 viene accolto con riformulazione: “a valutare la possibilità di favorire la rilocalizzazione delle imprese attraverso politiche di sistema che operino per creare il sistema Paese sempre più favorevole alla nascita e allo sviluppo di impresa, innovativa e di qualità, e al ritorno di quella delocalizzata, in maniera da consentire all'Italia di rafforzare il proprio ruolo importante nel quadro mondiale delle economie di produzione”. L'impegno n. 2 viene accolto con riformulazione: “a proseguire, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, il percorso già tracciato con il Piano impresa 4.0, in particolare valutando la possibilità di assumere iniziative per rifinanziare l'iperammortamento e il superammortamento, la nuova Sabatini, il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per non bloccare gli investimenti e per rendere permanente il credito per la formazione 4.0, con il Piano Made in Italy e il Fondo per la reindustrializzazione”. L'impegno n. 3 è accolto. L'impegno n. 4 è accolto con la seguente riformulazione: “ad adottare, nel quadro delle politiche di coesione, azioni finalizzate alla crescita del tessuto produttivo e delle opportunità occupazionali al fine di ridurre sempre più il divario tra le diverse aree del Paese”. L'impegno n. 5 viene accolto con la seguente riformulazione: “a proseguire, compatibilmente con i saldi di finanza pubblica, nell'azione di rafforzamento del tessuto imprenditoriale operante sul territorio italiano delineata dal piano straordinario per la promozione del made in Italy e dell'attrazione degli investimenti in Italia”. L'impegno n. 6 è accolto. Ho concluso.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,14).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pierluigi Bersani. Ne ha facoltà.
PIER LUIGI BERSANI (LEU). Signor Presidente, cari colleghi, noi abbiamo già valutato, nella lunga discussione che abbiamo avuto attorno al decreto “dignità”, come il concetto di delocalizzazione sia sfuggente, si rischi cioè di sbagliare il bersaglio, perché sono possibili aggiramenti delle norme, anche quelle che abbiamo varato poco tempo fa. Si è davanti a delle contraddizioni molto evidenti: sarà più negativo delocalizzare una fabbrica o una sede fiscale? E si può confondere delocalizzazione con internazionalizzazione, facendo correre l'idea di un ripiegamento dai mercati e, purtroppo, non solo dai mercati; questo è un rischio che mi pare evidente nella mozione presentata da Fratelli d'Italia.
Io penso questo: nel “decreto dignità” c'è stato un limite, un errore perfino tecnico, perché una singola norma non può individuare il bersaglio su un tema così complesso; ci voleva e ci vuole una norma generale e astratta, che rimandi ad ogni singola legge di incentivazione; ad ogni misura il compito di individuare le fattispecie in cui procedere a rivalse o a sanzioni. Faccio notare che è già così in molti casi, e andrebbe sviluppato questo modo di intervenire. Le altre mozioni, quelle della maggioranza e altre, di Forza Italia e del Partito Democratico, giustamente si occupano di politiche industriali, cioè del modo attraverso il quale si può convincere gli investitori a venire qui e si può dissuaderli dall'andare via. Non ci sono motivi particolari di contrarietà verso quelle mozioni, ma qualche precisazione e forse anche qualche suggerimento mi permetterei di dare al Governo, se davvero ha intenzione di star qui cinque anni. Le politiche industriali coincidono con le incentivazioni? L'esperienza ci dice pochissimo, perché un incentivo può far bene, può non far nulla e può far male. Inviterei a riflettere su due o tre cose.
Caro sottosegretario, lei è giovane, ma sono quarant'anni o cinquanta che i nostri incentivi girano attorno a una cosa: aiutare a comprare macchine, impianti, perché per quella via si capitalizza e si innova nella piccola impresa, che innova comprando macchine. “L'Artigiancassa”, la “Sabatini”, la “n. 488”, i crediti d'imposta, e adesso Industria 4.0, le macchine interconnesse, anche la piccola e media impresa, benissimo, ma adelante con juicio, caro sottosegretario, perché Industria 4.0 è costosissima: noi paghiamo il 70 per cento di un impianto. Secondo, attenzione, che è aggirabile. Terzo, attenzione ad alcune cose collaterali, tipo il super ammortamento, che ha consentito, sì, ai camionisti di cambiare camion (tanti l'hanno fatto), ma hanno comprato Scania e Mercedes. Attenzione! Soprattutto, se avete intenzione di star qui cinque anni, vi invito a considerare una cosa: cinquant'anni di sostegno all'acquisto di macchinari, ma adesso arriva un'altra fase che è già nel terziario e sta arrivando anche nell'industria, cioè che l'uso viene privilegiato rispetto al possesso. Chi fa le macchine, chi fa gli impianti, venderà - e sta già vendendo - servizi di produzione, non macchine, perché adesso è possibile, per chi produce gli impianti, avere una piattaforma attraverso la quale la riconfigurazione dell'impianto, il revamping, la manutenzione e l'implementazione la fanno a minor costo e con più know-how loro. La strada sarà quella di vendita di servizi alla produzione che verranno presi in affitto per l'uso; in Germania sta già succedendo.
Caro sottosegretario, dobbiamo cominciare; non dico che sarà domani mattina, ma da qui a dieci anni sarà così. Allora, cominciamo ad aiutare le nostre imprese a non vendere solo macchine ma servizi di produzione; e se vogliamo sostenere le piccole e medie imprese, queste non sempre devono comprare macchine: alleggeriamoli di costi di affitto delle macchine, cominciamo a entrare in questa logica, se non vogliamo che la piattaforma ce la facciano a Düsseldorf. Seconda cosa: made in Italy? Ok, siamo tutti d'accordo, dobbiamo trasparenza al consumatore sull'origine dei prodotti di consumo, ma noi abbiamo buon nome anche in altri campi, dove non c'è né il sound né il sounding, tipo l'automazione, la meccanica e alcuni settori tecnologici. Lì la questione si chiama prodotto, e ci vogliono delle policy. Un esempio - lo diceva il collega Epifani, l'ha detto più volte -: attenzione a tutto il settore della componentistica automobilistica, che rischia di essere spiazzato. Faccio solo questo esempio per dire che ci vogliono delle policy, ci vogliono politiche pubbliche che si occupino di ricerca e sviluppo, di strumenti a sostegno, di committenza, di diplomazia economica.
Poi, noi piacciamo nel mondo anche per singoli oggetti, per nicchie, per specializzazioni, come per esempio i binari, che suonano italiano, ma il sound è Piombino, cioè una fabbrica, uno stabilimento o un distretto. Per preservare e rilanciare questa nostra ricchezza ci vuole una politica industriale collegata col territorio, riuscire a fare squadra, difendere i luoghi produttivi, anche riconvertendoli, e ricordiamoci sempre che - lo stiamo vedendo che in queste ore - se in Italia abbiamo salvato dei siti produttivi, magari riconvertendoli, è per la capacità dei lavoratori di resistere, resistere, resistere! Per questo li abbiamo salvati. Sento qualche buontempone che dice che sindacati e lavoratori che difendono le industrie decotte dovrebbero mollare tutto, ma ragazzi, quando va via una realtà produttiva, prima di rifarla, riconvertiamo, non molliamo mai un bacino di cultura del lavoro!
Questo per gli incentivi, che sono, ripeto, non la sostanza...Chiudo dicendo invece quello che secondo me è la sostanza di una politica industriale: non può esserci una buona industria in un contesto degradato, disarticolato e di umiliazione e disarticolazione del lavoro. Guardate le tendenze di adesso: il triangolo che cresce è un triangolo Lombardia-Emilia Romagna e Veneto. Sarà per gli incentivi? No. Primo, l'effetto urbano: servizi civili, università e formazione logistica. Secondo, cultura del lavoro. Il made in Italy più importante è il saper fare, conosciuto da tutto il mondo. Come si fa a riprodurlo? Vogliamo preoccuparci di non avere il minor numero di laureati in Europa? Vogliamo preoccuparci che l'alternanza scuola-lavoro non sia portare una tazzina di caffè? Vogliamo preoccuparci della disgregazione che deriva da contratti pirata, false cooperative, appalti e subappalti? In questo modo non si riproduce la risorsa lavoro e non si riproduce l'essenziale, che - chiudendo - è: imprenditori e lavoratori sono due soggetti distinti di uguale dignità, ma devono essere in piedi tutti e due, se vogliamo sviluppare professionalità e investimenti; senza questo c'è solo il degrado delle nostre capacità industriali (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zucconi. Ne ha facoltà.
RICCARDO ZUCCONI (FDI). Presidente, come Fratelli d'Italia ribadiamo che la guerra, la lotta alla delocalizzazione è certamente un fatto importante, per il quale ci battiamo. Abbiamo già illustrato in modo compiuto la mozione in fase di discussione generale e, oggi, in fase di dichiarazione di voto, ci limitiamo a ricordare alcuni punti essenziali, dicendo che il perseguimento di questo obiettivo non può che passare da azioni come la tutela e il rilancio del made in Italy, dal contrasto all'italian sounding e dalla promozione della rilocalizzazione che sono fattori tutti presi in considerazione dalla nostra mozione in questione e tematiche da sempre al centro dell'agenda di Fratelli d'Italia.
Ricordo brevemente - per avere un quadro generale del fenomeno di delocalizzazione delle nostre aziende – che secondo uno studio di Confartigianato del giugno del 2018 e sulla base degli ultimi dati disponibili all'anno 2015, solo nel comparto manifatturiero, si rilevavano 6.532 imprese a controllo nazionale localizzate all'estero, con un impiego di 846 mila addetti. Il fattore, quindi, è, come è evidente, molto importante. Ma noi non possiamo più permettercelo, perché abbiamo il dovere, invece, di riportare al centro dell'attenzione politica e dell'interesse nazionale la tutela dei diritti e del futuro di tutti quei lavoratori e imprenditori che, ogni giorno, anche in Italia, per fortuna, si alzano e cercano di portare avanti la propria attività nell'ottica di un progresso di tutta la nazione. Lo dobbiamo, soprattutto, alle persone che non hanno un'occupazione in Italia, quindi, ci vuole, sicuramente, un'opera congiunta e mi fa piacere aver ascoltato, già anche in un intervento precedente, alcune linee che confermano questa indicazione di unità nel lavoro, per favorire la ricollocazione delle aziende in Italia.
Il punto cardine certamente è quello di tutelare il made in Italy, come avevamo già detto anche nel nostro programma elettorale che confermiamo. Il made in Italy rappresenta il terzo marchio commerciale al mondo ed è, quindi, prioritario e doveroso per tutti partiti, per tutta la politica tutelare questo patrimonio. Il made in Italy, non scordiamolo mai, dobbiamo ripeterlo, è qualità, eccellenza, ammirazione in tutto il mondo per un prodotto che ci rappresenta e racchiude in sé tutta la nostra tradizione. Tutelare, quindi, tutelare le imprese.
La terza azione di tutela nei confronti del made in Italy è la guerra senza quartiere contro il cosiddetto italian sounding che costa, ad esempio, all'industria agroalimentare italiana, 60 miliardi di fatturato l'anno, sono stime della Coldiretti, la stessa che afferma che la lotta a questo fenomeno farebbe guadagnare all'Italia fino a 300 mila posti di lavoro che si otterrebbero grazie all'esportazione dei veri prodotti italiani. Questo, quindi, è il primo vero nemico da individuare e combattere, associando a questo la possibile implementazione della tutela dei marchi e dei brevetti.
Quindi, cominciamo a lavorare seriamente in maniera concreta su tutti quei fattori che portano numerose aziende a delocalizzare. Noi abbiamo varie indicazioni che ci vengono anche dalle associazioni imprenditoriali, suggerimenti dal mondo imprenditoriale che ci dicono che il costo di produzione, ancora troppo elevato, è l'ostacolo principale al ritorno della produzione manifatturiera in Italia. I rilevanti costi del lavoro e dell'energia, ma non dei lavoratori, perché questi, ricordiamocelo sempre, non vanno in stipendi, è il cuneo fiscale che continua a rimanere un macigno per le imprese italiane o per le imprese che vogliono tornare in Italia a produrre; la burocrazia prevista dalla legislazione e dal sistema politico - quindi, in parte è nostra la responsabilità – e, in misura minore, la mancanza di manodopera qualificata. Ciò che, invece, favorirebbe il ritorno in patria delle aziende sarebbe, sicuramente, lo sviluppo delle infrastrutture - mi dispiace parlarne in un periodo così tragico per le infrastrutture italiane -, la certezza delle regole nel medio termine, gli incentivi economici e i servizi a supporto delle aziende. Non possiamo, quindi, ignorare tutti questi passaggi.
È per tutti questi motivi che vi chiedo, quindi, di appoggiare questa mozione, ma anche chiedo al Governo, signor sottosegretario - e qui la ringrazio di aver prestato attenzione anche alla nostra mozione - di attuare politiche univoche, sempre, verso chi fa impresa in Italia. Noi abbiamo avuto un atteggiamento piuttosto critico nei confronti del decreto “dignità” ma proprio perché pensiamo che risponda a un criterio che non favorisce il fare impresa in Italia.
È di questi giorni un'iniziativa che si sta prendendo a livello governativo, della quale noi ci permettiamo, anche in questa fase, di segnalare l'estrema delicatezza, quella di rivedere la possibilità per i negozi, per i commerci di tenere aperto nei giorni festivi. Sono tutti segnali che, invece, dovrebbero essere piuttosto univoci. È chiaro che il mondo, basterebbe pensare all'e-commerce, sta andando in una direzione precisa, ma, come diceva Darwin, le specie che hanno una possibilità maggiore di sopravvivere non sono le più forti o le più furbe, ma sono quelle che hanno le maggiori capacità di adattamento, quindi, è sicuramente da portare avanti una lettura di questi processi e dare, come sistema Italia, delle risposte conseguenti.
In merito alla mozione, lo ripeto, noi valutiamo positivamente l'atteggiamento del Governo nei confronti della nostra mozione e, quindi, siamo a chiedere una votazione della stessa per parti separate cioè sulle premesse prima e poi sul dispositivo degli impegni che abbiamo visto sostanzialmente accolti, tant'è che accettiamo tutte le riformulazioni (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
CLAUDIO COMINARDI, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CLAUDIO COMINARDI, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Dovrei correggere un refuso. Per quanto riguarda la mozione Gelmini, il quarto impegno viene accolto con una riformulazione, perché in sostanza l'impegno è il medesimo del nono capoverso della mozione Lucaselli, quindi, viene riformulato allo stesso modo. Se necessario, rileggo testualmente la riformulazione.
PRESIDENTE. Sì, sì, è meglio.
CLAUDIO COMINARDI, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. “Ad assumere iniziative, compatibilmente con i saldi della finanza pubblica, per prevedere il rifinanziamento nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2019 delle agevolazioni previste dal piano nazionale impresa 4.0 che devono considerarsi strumento fondamentale per ridurre il gap competitivo delle imprese italiane, nonché del credito di imposta per le spese di formazione 4.0 del personale dipendente nel settore delle tecnologie previste dal medesimo piano”.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porchietto. Ne ha facoltà.
CLAUDIA PORCHIETTO (FI). Grazie, Presidente. Come l'Aula sa, nel momento in cui noi abbiamo presentato questa mozione ormai datata luglio, nel momento in cui si avviava anche la discussione rispetto alla proposta del decreto cosiddetto “dignità”, il segnale che Forza Italia ha voluto dare con questa mozione, che poi ha avuto un'evoluzione e un accompagnamento di altre mozioni di altri gruppi, di altri partiti, era quello di riportare al centro dell'attenzione dell'Aula la discussione rispetto a una forte tutela del patrimonio imprenditoriale e industriale italiano, anche perché riteniamo che nel momento in cui si avvia una legislatura e il primo impegno del Governo è quello di parlare non degli imprenditori ma dei cosiddetti prenditori, è un segnale negativo forte che si dà, non soltanto alla comunità imprenditoriale italiana, ma alla comunità imprenditoriale internazionale che guarda con attenzione a ciò che accade nel nostro Paese per valutare attentamente nuovi investimenti e nuovi posti di lavoro per l'Italia.
È questo il motivo per cui abbiamo, comunque, anche durante il trascorso della precedente legislatura e in fase di avvio di questa legislatura, valutato attentamente ciò che molti segnalavano come un caso da studio, che era quello di quante erano le imprese che erano rientrate negli anni precedenti in Italia per produrre, perché una serie di fattori erano determinanti solo se si produceva sul nostro territorio. È chiaro che fino al 2015, l'abbiamo detto in molti, questo rientro delle imprese questo reshoring aveva comunque un unico fattore comune, quello del made in Italy, quello delle competenze, quello della capacità, comunque, di trasformare l'idea, il bello delle nostre imprese, in un prodotto. Il problema è che, dal 2015 ad oggi, quel fenomeno che ci ha portato ad essere il secondo Paese, a livello mondiale, per rientro di imprese dopo gli Stati Uniti si è fermato, si è fermato perché, chiaramente, coloro i quali rientravano soltanto in modo volontaristico l'avevano già fatto e, quindi, serviva, invece, dare un segnale forte, un segnale che l'Italia era pronta nuovamente ad accogliere il sistema produttivo internazionale e, soprattutto, le imprese che avevano, per vari motivi, portato le produzioni all'estero, in Italia.
Ebbene, noi abbiamo presentato questa mozione per questo motivo, perché diventava difficile spiegare all'impresa che doveva credere in questo Paese, se il primo atto forte di un Governo era quello di segnalarli come dei predatori, dei prenditori; perché questo è stato il messaggio che è passato dal punto di vista mediatico nel momento in cui, anziché valutare attentamente quelli che potevano essere interventi di natura positiva, si partiva immediatamente con interventi di natura negativa.
Noi vorremmo che fosse ben chiaro, sia al Governo sia all'Aula, che noi dobbiamo dare oggi un segnale di grande maturità da questo punto di vista, dare un segnale, e mi pare che le condizioni possano esserci attraverso sicuramente gli accoglimenti di parte di queste mozioni, ma anche magari con uno sforzo in più da parte dei rappresentanti del Governo, che ci hanno chiesto comunque delle riformulazioni che stiamo attentamente analizzando, perché non basta soltanto enunciare dei principi, ma occorre dire chiaramente, e non soltanto valutando ciò che è contenuto in queste mozioni, cosa il Governo e cosa quest'Aula riterranno opportuno dire, fare e lanciare come messaggio positivo alla comunità imprenditoriale internazionale.
Noi abbiamo una serie, diciamo, di punti che sono rimasti in sospeso al termine della precedente legislatura. C'è una delibera del CIPE del 28 febbraio 2018, che assegnava dei fondi importanti, circa 200 milioni di euro, per la reindustrializzazione; ci sono altri 850 milioni di euro che possono essere destinati a processi di reindustrializzazione, che però sono stati annunciati dal precedente Governo, ma poi non se n'è saputo nulla.
Io credo che questa sia l'occasione, attraverso la votazione di una mozione che deve essere un atto che vincola e impegna moralmente e non soltanto formalmente il Governo, per dare questo segnale, per dire che veramente vogliamo girare la pagina e continuare su una strada che abbiamo tutti quanti, in campagna elettorale, vantato di voler portare avanti, ma che, dai primi impegni che il Governo ha fatto in questi pochi mesi, non hanno dato il segnale che noi volevamo.
Nella nostra mozione, lo dico in particolare al rappresentante del Governo, vi sono alcuni punti per cui chiediamo un impegno forte, ed il primo è quello di coordinare una cabina di regia. Noi siamo una nazione che, attraverso gli enti locali, ha sicuramente cercato, laddove è mancata una strategia nazionale, di intervenire per allettare e riportare imprese, ma non abbiamo mai avuto un'unica cabina di regia che ha permesso di presentare il nostro Paese come un Paese che è in grado di attrarre e poi strategicamente di definire insieme all'investitore dove andare nuovamente a reinsediare i siti produttivi.
Abbiamo chiesto di tenere in considerazione le esperienze regionali: io vorrei ricordare come le regioni in questi anni si sono fortemente sforzate, chi più chi meno, in funzione non solo delle disponibilità finanziarie, ma anche proprio delle disponibilità territoriali, quindi utilizzare le best practices di queste regioni attraverso un tavolo di lavoro coeso e condiviso, a costituire un fondo presso la Cassa depositi e prestiti. Io vorrei ricordare che la mappatura dei siti industriali dismessi sul territorio nazionale ha evidenziato, laddove ci sia ancora l'opportunità o la necessità di farlo, come attraverso un'intelligente azione di riuso dei siti industriali dismessi non solo eviteremmo di sprecare uso di suolo, ma permetteremmo a intere comunità di rivivere in prossimità di siti industriali. Ma per fare questo vi è la necessità di dare alle comunità locali e alle amministrazioni locali la possibilità di attingere a dei fondi per far ripartire un'economia e per far insediare, all'interno di questi siti industriali dismessi, nuove imprese.
E, non da ultimo, rifinanziare le agevolazioni che sono state previste precedentemente, perché credo che un Governo attento, intelligente e maturo, così come si sta dimostrando il nostro gruppo, il gruppo di Forza Italia, non faccia fatica a sottolineare quando misure proposte e azionate da Governi rappresentati da maggioranze diverse rispetto alla propria appartenenza partitica abbiano funzionato e possano funzionare ulteriormente.
Il segnale forte che dovranno dare quest'Aula e questo Governo sarà proprio quello di capire come Impresa 4.0, anche attraverso la declinazione legata alla formazione del capitale umano fondamentale - perché ricordo che è stato annunciato ma non è ancora mai partito il finanziamento della formazione 4.0 -, debba invece essere al centro dei lavori di questa nuova legislatura.
Poi implementare la trasformazione della pubblica amministrazione: non possiamo pensare di avere un Paese competitivo se non abbiamo anche una Pubblica amministrazione 4.0 e soprattutto, visto che del made in Italy giustamente ne abbiamo fatto una bandiera, a valutare la possibilità di utilizzare una quota parte delle risorse che sono destinate alla promozione del made in Italy per fare forti azioni di rientro.
Guardate, il 16 luglio, quando in quest'Aula semivuota, mancavano tanti, mancavano anche tante di quelle persone che nella precedente legislatura si accanivano rispetto alle maggioranze non presenti in Aula, in realtà mi pare che questo avvenga anche oggi da parte di maggioranze molto diverse, le poche persone che ascoltavano con attenzione le mozioni presentate dai gruppi avranno letto un filo comune rispetto al segnale che noi per primi come Forza Italia abbiamo voluto dare: ripartiamo dal lavoro, non dall'assistenzialismo, ripartiamo dal lavoro; e per poterlo fare non possiamo che rimettere al centro dell'attenzione la produzione sui nostri territori, e questo serve proprio per questo motivo.
Alla luce di quanto è emerso, noi vogliamo appunto impegnare il Governo a fare questo e speriamo, attraverso anche una valutazione attenta di quelle che sono state le riformulazioni proposte, che questo segnale avvenga anche da parte del Governo, non soltanto con la richiesta di riformulare impegni generici, ma che ci dica dove prenderà le risorse, come vorrà costituire le cabine di regia, dove vorrà valutare l'impegno che in tutti questi anni le regioni hanno propinato sul territorio per cercare di rendere attrattivo e attento l'investitore straniero. Se su questo ci sarà l'impegno del Governo, non mancherà quello di Forza Italia, ma vogliamo adesso vedere i fatti e non soltanto più le parole (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benamati. Ne ha facoltà.
GIANLUCA BENAMATI (PD). Sì, Presidente, grazie, anche io intervengo in fase di dichiarazione di voto e anch'io mi riallaccio alla considerazione che queste mozioni, che sono state discusse il 16 luglio, avrebbero meritato una conclusione nell'ambito del dibattito sul decreto dignità, quanto meno contestuale perché i temi che lì si affrontavano sono strettamente collegati allo spirito di queste mozioni. Le delocalizzazioni, che, come abbiamo già detto, sono un frutto amaro di quella globalizzazione che per tanti versi è stata positiva come apertura di mercati, come fuoriuscita dall'indigenza di popolazioni, ma che ha colpito noi, Occidente industrializzato, col fenomeno dello spostamento di alcune produzioni industriali; globalizzazione, quindi, delocalizzazione, da non confondere con internazionalizzazione, lo dico ancora una volta perché la delocalizzazione insegue una concorrenza sleale sul costo del lavoro, sulle regole del lavoro più blande, sulle regole dell'ambiente spesso cancellate. Un dumping negativo, che fa male al Paese, cari colleghi, ma fa male anche all'azienda che lo pratica a lungo termine.
Su questo volevamo una discussione ampia nel decreto dignità per evitare quelle inesattezze, quegli equivoci sull'internazionalizzazione, sulla delocalizzazione e sul tema di combattere solo con le penalizzazioni, come è stato già detto, lo spostamento delle attività produttive, perché, cari colleghi, dei dieci Paesi che sono ospiti di attività produttive italiane verso l'estero, i primi cinque sono gli Stati Uniti, la Spagna, la Germania, la Francia e la Cina, e questo non è un fenomeno legato al costo del lavoro, ma alle dinamiche costruttive del commercio mondiale che solidificano anche le aziende italiane.
Oggi c'è un movimento di ritorno, ce lo dicono i dati, per questo discutiamo queste mozioni; ce lo dicono i dati dell'Osservatorio per le ristrutturazioni industriali in Europa e ci dicono che l'Italia è leader di queste politiche di ritorno, è primo Paese in Europa sul campione studiato da questo sistema universitario e secondo nel mondo dopo gli Stati Uniti.
Produzioni che rientrano dal lontano Oriente, e non sono solamente, come si è detto e come ha detto anche il collega Bersani, collegate a produzioni classiche, l'abbigliamento, la pelletteria, ma produzioni industriali vere e proprie, diciamo di meccanica e di elettronica ed elettrotecnica. Bisogna aiutare questo fenomeno! Bisogna aiutare, capendo perché questo fenomeno avviene e utilizzando delle misure corrette.
Allora, nel capire questo fenomeno, nel cercare di intendere perché questo fenomeno avviene, noi dobbiamo pensare che una delle prime ragioni è il made in, il prodotto in Italia, la grande forza del marchio Italia. E in questo dobbiamo certamente continuare in Europa la battaglia per la tutela dell'origine del prodotto, ma dobbiamo anche utilizzare una nuova visione: mi permetta signor Presidente, mi permetta il Governo, una visione che metta al centro il consumatore, l'informazione al consumatore che, sapendo cosa compra, sa cosa scegliere; e il prodotto italiano nella chiarezza non è mai secondo a nessuno. Quindi tracciabilità volontaria, possibilità per le aziende di indicare prodotti, natura di costruzione e prodotti base.
Anche nei trattati però, anche nei trattati che spesso in quest'Aula sono discussi, c'è la difesa del prodotto italiano: perché il suono italiano, il nome che vagheggia l'italianità di un prodotto si combatte con le regole giuridiche dei Paesi in cui esso avviene, e quelle regole spesso sono chiamate ad essere ossequienti ai trattati internazionali del Paese.
Diciamo allora: questo tema, poi quello della qualità del lavoro, la formazione, la capacità dei nostri operai, dei nostri artigiani, dei nostri tecnici. Io, Presidente, vengo dal collegio di Bologna-Casalecchio, dove sono stato eletto, e in quel collegio c'è una delle più famose aziende italiane di pelletteria ed accessori. Ha riportato dalla Cina produzioni, perché la qualità del lavoro italiano non è comparabile, sull'alta gamma, a quella che si può ottenere all'estero.
Quindi questo fenomeno va incentivato, questo fenomeno va aiutato con misure specifiche, come si diceva prima; ma anche, e questo è importante, offrendo alle aziende che ritornano un Paese attraente, un Paese amico per l'impresa, per la produzione, per il lavoro, non un Paese che è nemico e pone molti ostacoli. Burocrazia, infrastrutture, costo dell'energia, giustizia civile efficiente, una fiscalità per le aziende che premi la produttività, il prodotto, gli investimenti, la ricerca: queste sono misure che noi ci attendiamo. Serve una politica industriale, una politica fatta di scelte e una politica attiva per le imprese, per le imprese grandi e per le imprese piccole: perché dobbiamo cessare anche questo dualismo, che vede nel grande tutto bello o nel piccolo tutto bello, perché l'insieme delle grandi aziende e delle piccole aziende deve costituire la spina dorsale dell'Italia.
Su questo io richiamo allora dei nomi, richiamo dei titoli che i nostri Governi hanno posto in atto e che sono presenti nella nostra mozione. Si è già detto di Industria-Impresa 4.0, l'innovatività di questo procedimento, che stiano insieme il rinnovo delle attrezzature e la nuova digitalizzazione della manifattura e la formazione; ma le fiscalità di vantaggio, il credito di imposta sulla ricerca, il Patent box, la fiscalità sugli utili reinvestiti, gli investimenti, la nuova “Sabatini”, il tema degli iper e super ammortamenti, il cuneo fiscale, la riduzione del carico fiscale sul lavoro. Qui si parla molto di flat tax: andiamo a parlare di riduzione del carico fiscale sul lavoro. La formazione professionale, il Fondo per la reindustrializzazione che è stato adesso citato: sono tutti titoli, sono tutte misure, sono tutte azioni già in essere o che debbono essere messe in essere, e che noi vogliamo trovare nelle azioni di questo Governo.
Vede, le azioni che sono state - e vado a concludere - poste in essere sino ad oggi ci lasciano perplessi: non sarei onesto da questi banchi non dicendo questo.
La situazione dell'Ilva, fortunatamente risolta dal nostro punto di vista, che ha avuto un decorso così complesso. Il tema di altre crisi industriali, non ultima quella della Breda Menarini. Il tema delle infrastrutture: si fanno, non si fanno, sì, ma, forse. Una politica, quella industriale, che non ha bisogno di slogan, non si adatta bene agli slogan: ha bisogno di scelte e di fatti.
E allora noi, signor Presidente, sappiamo quanto vale una mozione in quest'Aula: una mozione è un foglio di carta in cui spesso si enunciano tante buone intenzioni. Non ci formalizziamo quindi nemmeno sulla riformulazione di alcuni dei nostri impegni richiesta dal Governo, che valutiamo anche perché questo Governo è arrivato al contatto con la realtà, inizia a scrivere “a seconda dei limiti di bilancio”; ed è chiaro, perché è così: si mettono in atto azioni che sono scelte, secondo quelle che sono la possibilità di bilancio. E questo è positivo, da parte di un Governo che ci ha abituato ad avere impegni di spesa così immaginifici, per 100 miliardi. Però, come ha detto chi mi ha preceduto, queste riformulazioni, che hanno un senso comune, il buonsenso, quello di prevedere che si fanno le cose nei limiti delle possibilità economiche, e non si manda il Paese in rovina, hanno però - mi consentano, signor Presidente e Governo - la precipua…
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIANLUCA BENAMATI (PD). …funzione – concludo - di definire delle azioni: se si dice che Industria 4.0 prosegue anche nei limiti di bilancio, questa deve proseguire.
Noi valuteremo allora questi impegni, e lo stiamo facendo, con tutta la buona volontà, perché la nostra opposizione non è come quella che c'è stata riservata nella scorsa legislatura, ma noi cerchiamo sempre di vedere il buono, e quando c'è del buono non siamo mai contro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pettazzi. Ne ha facoltà.
LINO PETTAZZI (LEGA). Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, la recente approvazione del decreto-legge “Misure urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”, provvedimento assai importante che ha finalmente contrastato il fenomeno della delocalizzazione, soprattutto di quelle imprese che, dopo aver ricevuto incentivi e contributi statali, trasferivano i propri stabilimenti in Paesi con tassazione e regole del lavoro molto più convenienti, avrebbe a mio avviso dovuto raccogliere un consenso unanime; è stato invece motivo di ingiustificato ostruzionismo da parte di alcune forze politiche. Essendo io piemontese, voglio ricordare che durante il secolo scorso abbiamo avuto la più limpida testimonianza di questo fenomeno, messo in atto dalla più grande industria italiana, che per decenni, e grazie a Governi compiacenti, ha svuotato le casse dello Stato per poi trasferire quasi la totalità degli stabilimenti in giro per il mondo e le proprie sedi legali nei paradisi fiscali. Gli effetti di questo fenomeno li stiamo pagando ancora oggi proprio nel mio territorio, fra le province di Asti e Alessandria, dove negli stabilimenti di quell'indotto in cui lavoravano migliaia di persone oggi regna solo la desolazione e la sofferenza di migliaia di famiglie di quel territorio. Ma un dato significativo l'ha fornito la CGIA di Mestre a febbraio di quest'anno, indicando in 35.684 le aziende che dal 2009 al 2015 hanno di fatto delocalizzato.
Se questo è un dato allarmante, io posso testimoniare - e lo faccio con cognizione di causa, perché oltre ad essere da 14 anni un amministratore locale sono anche un imprenditore - che in questi 29 anni di mia attività ho conosciuto personalmente centinaia di casi di aziende che hanno seguito la via della delocalizzazione.
Non vi nascondo che il pensiero ha sfiorato anche il sottoscritto pochi anni fa, quando alcuni collaboratori insistettero molto per trasferire le nostre aziende non dall'altra parte del mondo, dove spesso non sussistono regole, diritti dei lavoratori e criteri minimi di sicurezza e di salvaguardia dell'ambiente, ma a pochi passi dall'Italia, dove un lavoratore costa il 20 per cento di quello italiano, dove le tasse sono al 10 per cento e dove lo Stato ospitante ti incentiva l'insediamento. Ed io che ho sempre pensato che il dovere di chi fa politica è in primis quello cercare di cambiare le regole, di migliorare le condizioni di vita delle persone, di agevolare ed incentivare il mondo del lavoro, non me la sono sentita di abbandonare il mio territorio e lasciare delle famiglie in difficoltà. Sempre nel territorio che rappresento vi sono molte altre realtà che hanno subìto il fenomeno della delocalizzazione come il comparto del freddo a Casale Monferrato, oramai un ricordo; come il settore orafo di Valenza, vera eccellenza mondiale sino a pochi anni fa e che ora sta attraversando una fase di declino inarrestabile. Proprio da questo comparto centinaia di aziende provarono a delocalizzare in Paesi economicamente più vantaggiosi, dai Paesi dell'est sino all'estremo Oriente, provando sulla propria pelle non solo i vantaggi economici ma soprattutto le molte criticità derivanti dal costo dei trasporti, dalle scarse competenze e dalla bassissima qualità dei prodotti importati. Fatta questa premessa e partendo dalle motivazioni che hanno obbligato così tante aziende a delocalizzare, che sono in primo luogo una tassazione insopportabile, i costi dell'energia dei trasporti tra i più alti d'Europa, una burocrazia asfissiante, una giustizia lentissima e un sistema bancario infame che per anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier), anziché supportare le nostre aziende, ha utilizzato le montagne di fondi della Banca centrale europea per vendere spazzatura e mettere in ginocchio migliaia di famiglie, a quelle aziende oggi noi abbiamo il dovere, anzi abbiamo l'obbligo di dare delle risposte. Nel ricordare che il tessuto produttivo del mondo del lavoro è formato per il 95 per cento da piccole e medie imprese che eroicamente hanno tenuto duro sino ad oggi ma che non sono più in grado di sopportare la situazione attuale, vogliamo attraverso la presente mozione supportare ed impegnare al Governo affinché si mettano in campo tutti gli strumenti utili e necessari per risollevare il mondo del lavoro delle nostre imprese. Le peculiarità dei nostri territori, l'originalità e la qualità dei nostri prodotti risulta essere tra le migliori al mondo e quindi non sono solamente da valorizzare e da incentivare ma sono anche da difendere dalla globalizzazione, dalla contraffazione e dalla speculazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier). Assistiamo spesso a decisioni sciagurate da parte dell'Europa che spesso vorrebbe prodotti standardizzati e privi di ogni rintracciabilità: noi a questa Europa diciamo: giù le mani dal made in Italy(Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier)! Il made in Italy rappresenta non solo l'elevata qualità e l'originalità dei nostri prodotti ma anche una forte creatività e anni di sacrifici dei nostri artigiani: un elemento fondante della nostra cultura, della nostra identità, delle nostre tradizioni. Dunque chiediamo di semplificare e sburocratizzare la parte amministrativa e fiscale delle nostre imprese; chiediamo di rivedere i costi di approvvigionamento energetico incentivando l'efficientamento e l'utilizzo di fonti rinnovabili; chiediamo una diminuzione drastica delle tasse, vero macigno per le nostre imprese; chiediamo di favorire l'accesso al credito per sostenere gli investimenti; chiediamo la creazione di una rete di informazione per incentivare e, allo stesso tempo, supportare tutte le aziende che potrebbero rimpatriare e tornare ad investire in Italia. Detto ciò, avanziamo le nostre richieste a favore delle imprese che intendono rilocalizzare ma prestando attenzione a non penalizzare tutte le imprese che hanno creduto e sperato che le loro condizioni sarebbero cambiate e quindi con grande sacrificio sono rimaste a combattere con la quotidianità e meritano quindi parità di trattamento.
Dovremmo agire insomma sulle coscienze imprenditoriali al fine di riconoscere il valore del lavoro umano contrapposto al profitto finalizzato a se stesso. Un esempio che merita di essere ricordato è sicuramente l'atto adottato dalla regione Piemonte governata dalla Lega che nel 2012, grazie anche al nostro capogruppo Molinari allora assessore, adottando provvedimenti che comprendevano sgravi alle imposte per le imprese che venivano ad investire sul nostro territorio, portò ottimi risultati, recuperando talvolta stabilimenti di notevole impatto ambientale. Per questa ragione oggi chiedo a tutti di sostenere il nostro provvedimento che porterà benefici immediati e sarà di volano per una ripresa economica che da troppi anni auspichiamo. Noi ci crediamo e oggi noi abbiamo le idee, i progetti, la volontà, i numeri e il coraggio di assumerci la responsabilità di migliorare le condizioni di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Masi. Ne ha facoltà.
ANGELA MASI (M5S). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, mi conceda di ringraziare il gruppo del MoVimento 5 Stelle che mi ha consentito di fare la dichiarazione di voto sulla mozione illustrata prima dalla pausa estiva dalla collega Orrico. Vorrei dire, Presidente, che i tempi sono maturi per far sì…
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Masi. Pregherei i colleghi di far maggior silenzio in aula, grazie.
ANGELA MASI (M5S). Vorrei dire, Presidente, che i tempi sono maturi per far sì che l'azione di Governo dia impulso a un fenomeno di cui gli studi sia europei sia italiani evidenziano la portata e anche l'opportunità. Parliamo del possibile rientro in Italia delle aziende: un fenomeno chiamato reshoring che si contrappone al concetto di delocalizzazione. Se il primo, di cui tratta la mozione, è inerente infatti al rientro delle aziende, la delocalizzazione riguarda lo spostamento in altri Paesi di attività o processi produttivi. Permettetemi considerata la contrapposizione di tali due concetti, una veloce riflessione. Con il decreto dignità, il Governo e il Parlamento hanno finalmente posto un argine al paradossale fenomeno delle aziende che delocalizzano dopo aver preso soldi pubblici: soldi - ricordiamo, Presidente - dei nostri cittadini. Che senso ha fornire aiuti di Stato a un'impresa per finanziare investimenti produttivi e vedere poi che, con quei soldi, tali imprese investono altrove? Ognuno è libero di andare dove vuole ma non con i soldi pubblici: quelli d'ora in poi andranno restituiti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), un messaggio forte che invita alla correttezza e anche a credere al sistema Italia; un'azione di contrasto doverosa a un fenomeno che negli ultimi anni è aumentato. In questi anni abbiamo assistito ad un inaccettabile esodo di imprese per lo più appartenenti a multinazionali o a gruppi industriali di rilevanti dimensioni in termini di fatturato e di occupazione che, nel contesto della globalizzazione dei mercati e di una sempre più ricercata divisione internazionale del lavoro connessa alla mobilità dei capitali, decidevano di delocalizzare le attività al di fuori del territorio nazionale. Su tale problema il precedente Governo non ha fatto altro che timidi tentativi per ridurre l'ambito di applicazione che si sono rivelati però, come prevedibile, scarsamente efficaci. Tutto ciò intanto è andato a colpire l'economia del nostro Paese con ricadute in termini di perdita di posti di lavoro e indebolimento della competitività strutturale ma, tornando alla mozione di oggi e dunque al fenomeno del reshoring, per fortuna si inizia a registrare un'inversione di tendenza. Al di là di chi intende andar via, ci sono aziende che avevano in precedenza delocalizzato e che ora iniziano a tornare. Il reshoring o rilocalizzazione sta convergendo anche in Italia con numeri davvero significativi come dimostrano i dati monitorati dall'European monitor of reshoring. Un'ottima notizia: il rientro delle aziende comporta infatti l'aumento del prodotto interno lordo, la crescita industriale del nostro Paese, l'aumento dell'occupazione interna, la crescita dell'indotto: tutti fattori particolarmente significativi per l'economia italiana.
Dunque bisogna anche pensare a chi è già andato via e incentivare il suo rientro: un argomento che vedrà impegnato il Governo per rafforzare tale inversione di tendenza perché - diciamolo chiaramente - questo fenomeno in Italia è avvenuto in maniera abbastanza spontanea, cioè non vi è stato uno stimolo derivante da politiche economiche dei Governi precedenti che abbiano incentivato il ritorno delle imprese nel nostro Paese e le aziende che tornano non ricevono ancora alcun supporto da parte della pubblica amministrazione. La visione del Governo del cambiamento invece va nella direzione di favorire la rilocalizzazione. È scritto nero su bianco sul contratto di governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), con l'impegno di favorire l'innovazione tecnologica e le imprese innovative ma anche riguardo alla semplificazione e la revisione del sistema impositivo dei redditi e delle imprese nonché la tutela e la valorizzazione del made in Italy.
Mi domando: ma come mai sta avvenendo comunque questa inversione di tendenza visto quanto poco è stato fatto in precedenza? Da un lato ci sono dei motivi contingenti, legati a un cambiamento di scenari globali. Infatti, sono aumentati i costi di trasporto e la produzione offshore è di scarsa qualità. Inoltre, c'è il problema dei tempi di consegna e la prossimità al cliente che richiede un prodotto sempre più personalizzato. E poi c'è il costo del lavoro, che è aumentato anche nei Paesi dell'Asia. Ma uno dei motivi principali del rientro nel Paese è la fortissima domanda del made in Italy sul mercato. Voglio ricordare, prima di tutto a me stessa, che il marchio made in Italy è il terzo più conosciuto a livello internazionale.
Fra i settori interessati al reshoring la moda svolge un ruolo importante. Secondo il rapporto di economia e finanza dei distretti industriali del Centro studi e ricerche Intesa San Paolo sono molte le aziende del tessile e dell'abbigliamento che hanno riportato in patria la produzione. Lo sappiamo: lo stile e il design italiano sono apprezzati in tutto il mondo ed è noto che un settore in forte crescita è il cosiddetto “turismo dello shopping”, che non riguarda solo l'acquisto durante i viaggi in Italia di capi di abbigliamento ma abbraccia anche altri settori strategici della nostra economia, come il comparto enogastronomico e l'artigianato. Lavorare per salvaguardare l'etichettatura e la tracciabilità dei prodotti italiani ci sembra il miglior modo per promuovere le produzioni interamente realizzate in Italia e invogliare le aziende di questo settore a rilocalizzare.
Altre realtà imprenditoriali legate a diversi ambiti merceologici hanno intenzione di far rientrare buona parte della produzione, come si può leggere nei loro piani industriali. Hanno semplicemente bisogno di avere lo Stato italiano vicino. Ecco perché vogliamo favorire l'accelerazione di questi processi realizzando alcuni interventi fondamentali non solo per chi vuole rientrare ma anche per chi è già presente. Sì, l'impegno del Governo non deve, infatti, porre in atto la parabola del figliol prodigo. È importante lavorare nell'ottica di attuare provvedimenti tesi a migliorare la situazione per tutti, per le imprese che ritornano e per le imprese che sono rimaste sul suolo italiano nonostante il lungo periodo di crisi che stiamo attraversando. Grazie alla circolare del Ministro Di Maio, che permette ai parlamentari interessati di essere presenti ai tavoli di crisi presso il Ministero dello Sviluppo economico, ho potuto seguire personalmente il caso di un'importante azienda della mia terra, la Puglia, un'azienda importante del settore del salotto che alcuni anni fa decise di delocalizzare ma successivamente è ritornata sui suoi passi, rientrando in Italia e puntando sulle professionalità locali. Come detto, però, non posso dimenticare le aziende che hanno deciso da sempre di rimanere sul territorio. Lo scopo di questa mozione è lanciare un segnale forte in tal senso. Ben vengano, dunque, i ritorni, ma le azioni politiche devono includere tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Un altro aspetto importante è quello dell'innovazione tecnologica. Se il fenomeno della rilocalizzazione già esistente si è tradotto in Europa in diverse migliaia di posti di lavoro nei Paesi di rientro, un ruolo importante lo ha il fattore tecnologico. Gli esperti del fenomeno, infatti, ci dicono che le nuove tecnologie sono il tema dominante. I Paesi destinati ad attrarre più consistenti flussi di rilocalizzazione produttiva saranno quelli capaci di offrire maggiori garanzie sotto il profilo delle competenza, della vicinanza dei centri di ricerca, dei servizi e della consulenza tecnica. Occorre rivitalizzare i distretti industriali che hanno ridotto la loro attività a causa dell'offshoring con interventi di riqualificazione industriale, se possibile nel territorio in cui era presente l'impresa, così da valorizzare i lavoratori che hanno già un'esperienza acquisita o favorendo l'insediamento in aree depresse per favorirne il rilancio. In questo senso un primo passo è stato già fatto con l'approvazione del “decreto dignità”.
E a proposito di stabilimenti, permettetemi di dire che sarebbe bene favorire il riutilizzo e il ripristino di stabilimenti già esistenti, in modo da evitare di continuare a consumare il suolo, come ammonisce l'ISPRA nel suo rapporto annuale.
Per tutti questi motivi abbiamo elaborato una mozione che vuole impegnare il Governo a mettere in campo tutti gli strumenti possibili a disposizione per rafforzare questa tendenza in atto. Si tratta di porre in essere dei meccanismi utili al comparto aziendale tout-court, con l'abbassamento del costo dell'energia. Però, sarà necessario sostenere una politica energetica a favore delle rinnovabili e dell'efficientamento energetico, ma anche occuparsi della semplificazione amministrativa e fiscale. Non è possibile, infatti, che un Paese progredito come il nostro non riesca a offrire alle imprese un quadro normativo stabile e semplificato. Il “decreto dignità” è stato solo il primo passo in tal senso.
Per non parlare, poi, dei costi finanziari che gravano sulle nostre imprese. Occorre identificare nuovi strumenti bancari per facilitare l'accesso ai finanziamenti e accelerare gli investimenti richiesti. Va incentivata la detassazione e aumentati gli investimenti in ricerca e sviluppo, perché solo così si favorisce davvero l'innovazione e va sostenuta la formazione e la riqualificazione del personale, nell'ottica di aggiornamento delle competenze richieste dal mondo del lavoro che cambia a grande velocità (termino, Presidente).
Chiediamo, inoltre, al Governo di assumere un'iniziativa normativa atta a organizzare centri di informazione per i processi di rimpatrio, formando il personale già presente nella pubblica amministrazione.
Per tutte queste motivazioni il MoVimento 5 Stelle voterà a favore della mozione, oltre a quelle su cui il Governo ha già espresso parere favorevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazioni)
PRESIDENTE. Come da prassi le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse da votazioni precedenti.
Avverto che i presentatori della mozione Gelmini ed altri n. 1-00010 hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo relative ai capoversi secondo, quarto, sesto e settimo del dispositivo, mentre non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo relative ai capoversi primo e terzo del dispositivo e, pertanto, su tali ultimi capoversi il parere del Governo deve intendersi contrario.
Avverto altresì che i medesimi presentatori hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima le premesse congiuntamente ai capoversi primo e terzo del dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario, e a seguire i restanti capoversi del dispositivo come riformulati, su cui il parere del Governo è favorevole.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gelmini ed altri n. 1-00010, limitatamente alla premessa e ai capoversi primo e terzo del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO (ore 12,15)
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gelmini ed altri n. 1-00010, limitatamente ai capoversi secondo, quarto, sesto e settimo, come riformulati su richiesta del Governo, e quinto del dispositivo. Il parere del Governo è favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 2).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione D'Uva, Molinari ed altri n. 1-00017, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 3).
Passiamo alla votazione della mozione Lucaselli ed altri n. 1-00019.
Avverto che i presentatori della mozione hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, contestualmente, hanno chiesto la votazione per parti separate nel senso di votare dapprima il dispositivo, come riformulato, su cui il Governo ha espresso parere favorevole; a seguire, ove il dispositivo venga approvato, la premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lucaselli ed altri n. 1-00019, limitatamente al dispositivo, come riformulato e per quanto non assorbito, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 4).
A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Lucaselli ed altri n. 1-00019, ne verrà ora posta in votazione la premessa.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lucaselli ed altri n. 1-00019, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).
Passiamo alla votazione della mozione Moretto ed altri n. 1-00025.
Avverto che i presentatori della mozione hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, contestualmente, hanno chiesto la votazione per parti separate nel senso di votare dapprima il dispositivo, come riformulato, su cui il Governo ha espresso parere favorevole; a seguire - ove il dispositivo venga approvato - la premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Moretto ed altri n. 1-00025, limitatamente al dispositivo, come riformulato, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 6).
A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Moretto ed altri n. 1-00025, ne verrà ora posta in votazione la premessa.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Moretto ed altri n. 1-00025, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).
In ricordo della deputata Iolanda Nanni (ore 12,25).
PRESIDENTE. (Si leva in piedi e, con lui, l'intera Assemblea e i membri del Governo). Care colleghe e cari colleghi, come sapete, lo scorso 27 agosto è venuta a mancare la collega Iolanda Nanni.
Animata da un'intensa passione civile e da una grande carica umana, aveva partecipato attivamente a numerose iniziative associative sul territorio, in particolare volte alla tutela dell'ambiente, con grandi battaglie contro l'inquinamento della sua terra, ma anche alla tutela della salute e alla lotta alla criminalità organizzata.
In coerenza con questo impegno, era stata eletta consigliere regionale in Lombardia nel 2013 e, nonostante la malattia, si era candidata alle politiche dello scorso 4 marzo, risultando eletta deputata nella sua città.
Alla Camera è stata componente della Commissione ambiente.
Iolanda Nanni ha rappresentato le istituzioni nel modo migliore possibile, portando in Parlamento un entusiasmo capace di tradursi in un contributo serio e competente sui temi ambientali.
Ha lottato con coraggio contro il crudele male che la affliggeva. Il rapporto con la sua terra, l'impegno quotidiano in regione, prima, e in Parlamento, poi, tutto quello che Iolanda ha fatto non lo dimenticheremo mai. Ai familiari, che sono presenti in tribuna, rinnovo le condoglianze sincere da parte mia e dell'intera Camera dei deputati.
Invito l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio - Applausi).
Ha chiesto di parlare il deputato Romaniello. Ne ha facoltà.
CRISTIAN ROMANIELLO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, questa Assemblea ha perso una donna dalle grandi capacità. Iolanda Nanni ha rappresentato il MoVimento 5 Stelle, prima in regione Lombardia e poi qui alla Camera. Iolanda ha rappresentato i cittadini. A lei piaceva essere il politico che avrebbe voluto avere, era sempre al lavoro. Per la passione che aveva nei confronti del bene dei cittadini, non si è mai risparmiata, anche arrivando a trascurare se stessa.
Ha avuto a cuore molti temi: i diritti civili, la tutela dell'ambiente e della salute, i trasporti, la mobilità sostenibile, il diritto alla casa. Nel mio ricordo e in quello di tutti noi, resterà viva l'immagine della combattente, della leonessa, che ha trasformato in missione la propria attività istituzionale e ha portato avanti battaglie determinanti per la sua Pavia, per il territorio pavese e per tutto il Paese.
Era una donna coraggiosa, caparbia, capace, appassionata e preparata. Era una donna intelligente ed energica. Con il suo carisma e con il suo sorriso sapeva trascinare le persone e, negli scorsi giorni, per lei sono state pronunciate parole di elogio, non solo da noi, che siamo stati colleghi, amici o attivisti, che la seguivamo e le chiedevamo aiuto. Anche i suoi avversari politici si sono stretti intorno a lei e hanno sofferto per la sua tragica scomparsa. Quindici giorni fa Iolanda ha concluso la sua ultima battaglia, che ha combattuto anche questa volta con forza e determinazione.
Iolanda amava l'ambiente, voleva tutelarlo ad ogni costo. Noi tutti qui la dimenticheremo se non daremo seguito a queste battaglie con altrettanta decisione. Proprio a luglio la Camera ha approvato un suo ordine del giorno, che impegna tutti noi per la tutela della nostra salute e dell'ambiente contro le tante terre dei fuochi, causate anche dagli incendi dolosi a impianti di rifiuti, che distruggono e ci avvelenano, da nord a sud. Fino all'ultimo Iolanda ha lavorato con noi per la stesura di una legge sullo spandimento dei fanghi.
Iolanda lascia a tutti noi un'eredità, dalla quale non è possibile demarcarci. L'esito delle sue battaglie saranno le nostre azioni, altrimenti il suo impegno sarà stato vano e non avrà avuto il senso che merita. Nel MoVimento 5 Stelle, quando un cittadino è eletto alla Camera o al Senato, rinuncia all'appellativo di onorevole. “Onorevole” significa degno di onore e di stima. Ebbene, da cittadina nelle istituzioni, Iolanda questo appellativo se l'è meritato, con la fatica e con il lavoro. Se in questo momento non stessi parlando per lei, se in questo momento non fosse la mia voce a commemorarla, sarei in piedi per rendere un ringraziamento all'onorevole Iolanda Nanni. Ciao Iolanda. Grazie di tutto (Generali applausi - L'Assemblea e i membri del Governo si levano in piedi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Parolo. Ne ha facoltà.
UGO PAROLO (LEGA). Grazie, Presidente. Intervengo, a nome del gruppo Lega, per commemorare la prematura scomparsa della collega Iolanda Nanni.
Chi, come il sottoscritto, ha avuto modo di conoscerla - e mi riferisco in particolare ai colleghi che dal 2013 al 2018 sedevano in consiglio regionale lombardo - di Iolanda certamente ricorderà una particolarità che la distingueva. Iolanda sapeva affrontare le battaglie politiche, anche le più discutibili, con uno spiccato senso di ironia, a volte di autoironia. Come non ricordare le piccate dure, ma anche simpatiche, battaglie verbali con il collega Alessandro Sorte, all'epoca assessore regionale alle infrastrutture?
Ci interessa qui tracciare un segno della persona, non tanto del politico. Lei, Iolanda, portava un nome molto raro e molto bello, che era peraltro anche il nome di una persona a me molto cara. Ebbi modo di farglielo presente, in occasione di un durissimo confronto politico. I suoi occhi si spalancarono, lasciandomi intravedere uno spaccato della persona, fino ad allora nascosta dietro alla battagliera consigliera regionale. Iolanda, a differenza di altri, sapeva fare le cose, anche le più fastidiose politicamente, senza mai essere troppo offensiva, sempre con il sorriso, molte volte sarcastico. Ma soprattutto, se ci pensiamo bene, cari colleghi che l'avete conosciuta, a differenza di molti, sapeva fermarsi un attimo prima, quell'attimo che fa la differenza tra la persona che sa dare la misura giusta all'azione politica e il politico che mette l'obiettivo davanti a tutto. Noi Iolanda la vogliamo ricordare quando si fermava un attimo prima (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Carnevali. Ne ha facoltà.
ELENA CARNEVALI (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questa prima seduta dopo la pausa estiva anche il Partito Democratico ci tiene a ricordare la figura di Iolanda Nanni, una deputata lombarda, una deputata del MoVimento 5 Stelle, che è venuta a mancare all'affetto dei suoi cari e all'affetto anche del MoVimento 5 Stelle, così come l'abbiamo sentito qui, che ha combattuto duramente e pervicacemente dopo una lunga battaglia contro la sua malattia.
Questa era la sua prima legislatura in Parlamento. Era un'onorevole ed onorevole lo siamo noi e da onorevoli dovremmo essere orgogliosi di tutti quelli che portano questo titolo. Aveva all'attivo una significativa esperienza in consiglio regionale, dal 2013 al 2018, nel consiglio regionale lombardo, che gli è valsa, guardate, la stima di tutti e il rispetto di tutti, che andava ben oltre la collocazione politica.
È noto, come ha già ricordato il Presidente, il suo attivismo, in particolare a favore dell'ambiente, la lotta contro le mafie, le politiche ambientali, la lotta per quel diritto dei pendolari ad avere, anche nella regione Lombardia, il diritto a una mobilità sostenibile e a una mobilità utile anche per il lavoro. Il mondo politico perde innanzitutto una grande donna caparbia, determinata spesso come le donne, come le donne sono capaci di fare, che ha portato avanti il suo mandato elettorale fino alla fine, con quella passione e con quella professionalità che la ha sempre distinta.
Alla sua famiglia, ai colleghi qui del MoVimento 5 Stelle, ai suoi familiari, vanno le condoglianze più sentite e profonde del Partito Democratico (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cattaneo. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CATTANEO (FI). Grazie Presidente. Voglio anch'io unirmi a un ricordo così schietto e sincero, lontano dalle ipocrisie, che Iolanda certo non amava, perché personalmente è da tanto tempo che - da avversario politico certo, come è stato detto - ho avuto rapporti istituzionali all'interno della casa della democrazia italiana con Iolanda. E, quindi, permettetemi se intreccio qualche ricordo, accanto a quelli istituzionali, anche qualcuno di carattere più personale.
La ricordo animata da reale passione civile, innanzitutto con il comitato pendolari della nostra città, la città di Pavia, che non aveva timore di bussare alla porta dei potenti di turno, di coloro che avevano le più importanti responsabilità all'interno delle istituzioni, portando avanti le idee per cui si batteva. Bussò anche, la prima volta in cui la conobbi, alla mia porta, allora io ero sindaco della città di Pavia e lei entrò con una telecamera in mano, erano i primi tempi in cui i meetup si organizzavano ed aveva un fare spontaneo, ma combattivo, un osso duro avere a che fare con Iolanda, e poi riusciva sembra a ottenere qualche risultato per ciò in cui in cui credeva. I primi tempi furono quelli, poi ebbe l'onore – lei lo viveva così – di entrare all'interno delle istituzioni, prima in quella di regione Lombardia e poi in questa Camera. Era un avversario che non faceva sconti, ma era sempre leale e tutti coloro che amano la politica non possono che apprezzare persone così, perché alla fine il sale della democrazia è avere a che fare con persone che credono nelle battaglie che fanno, e permettetemi un ultimo ricordo personale. Iolanda era una persona con la guardia, diremmo, sempre un po' alta, non lasciava confidenza, anche se in qualche modo ci si conosceva e ci si incrociava all'interno della stessa città, però le ho visto abbassare la guardia negli ultimi giorni, io feci un video a Iolanda quando fece il primo voto qui in quest'Aula e lei apprezzò molto, e lo trovate sul suo profilo Facebook, mi venne come gesto naturale, riconoscimento di una persona che sapevo quanto ci teneva ad essere arrivata qui; lei apprezzò e abbassò per un momento quella guardia, forse perché, venendo dallo stesso territorio, poi in quest'Aula ci si sente un po' più vicini e forse perché lei era davvero orgogliosa di poter rappresentare le sue idee e le persone che credevano in lei in questa Aula. E, quindi, anch'io mi sento di rendere omaggio a un avversario politico certo, ma a una persona vera, e la democrazia ha bisogno di queste persone. Che sia sempre un esempio per tutti (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Muroni. Ne ha facoltà.
ROSSELLA MURONI (LEU). Sì, anche io, a nome del mio gruppo, mi voglio unire al ricordo di Iolanda e anch'io sono alla prima esperienza da deputata, ma Iolanda l'ho conosciuta quando ero in Legambiente, da presidente nazionale dell'associazione, perché è vero che uno dei profili più importanti di questa donna era legato proprio alla difesa dell'ambiente, è stato un punto di riferimento per le associazioni, per i cittadini. Ho il piacere di testimoniare il fatto che le sue battaglie sono state messe al servizio di coloro che, sul territorio, provavano a fare la differenza, a tenere insieme la sostenibilità con la difesa della salute. Non avevo naturalmente un rapporto personale con Iolanda Nanni, ma quello che mi ha colpito molto, cercando anche di capire che tipo di persona era, è stato il fatto che, nonostante la malattia, lei abbia continuato a combattere per l'interesse comune proprio anche nel momento in cui la battaglia più importante che doveva combattere era una battaglia strettamente personale. Credo che sia un modo bello di fare politica, di rappresentare le istituzioni. L'altro elemento fortissimo in questa donna era il radicamento territoriale per la sua Lomellina, per la provincia di Pavia, di cui conosceva a menadito le caratteristiche, i problemi, a partire dal tema dei rifiuti, il progetto che aveva in campo sullo spargimento dei fanghi, dei temi che preoccupano i cittadini e che dimostrano fino in fondo qual è il ruolo della politica, quello che i cittadini si aspettano rispetto alla vicinanza dei problemi.
Ecco, io credo che da questa donna tutti noi dovremmo imparare, rispetto ai ruoli che si possono svolgere all'interno delle istituzioni nei confronti dei cittadini, e anche questa sua grande passione, questo entusiasmo che non è stato spento neanche dalla malattia. Io l'ho conosciuta in Commissione ambiente, è venuta già con il capo coperto, ma con un grande sorriso, a dimostrare l'entusiasmo e a ricordare a tutti noi che grande onore è sedere in queste Aule (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI (FDI). Presidente, onorevoli colleghi, anche Fratelli d'Italia oggi, durante questa commemorazione della collega Iolanda Nanni, si stringe alla famiglia che è qui presente, porgendo le proprie condoglianze.
Non conoscevo personalmente la collega, ma devo dire che la notizia della sua morte mi è stata data dai nostri dirigenti del suo territorio e il modo con cui hanno espresso tanta commozione, tanto dolore, mi ha fatto percepire come veramente, al di là delle differenze politiche, fosse amata da tutti nel territorio. E di lei si ricordano delle battaglie che sono battaglie importantissime, che dimostrano una grandissima sensibilità sull'ambiente, sui trasporti, ma sempre con un occhio di riguardo per quel territorio pavese così unico, così diversificato, dalle risaie all'Oltrepò, che l'appassionava quotidianamente.
Penso che per ricordarla e onorarla bisognerà continuare, nella nostra attività politica, nonostante le differenze, a portare avanti le sue battaglie, che avevano comunque come unico comune denominatore il benessere e l'amore per i cittadini e per le persone che incontrava quotidianamente nella sua battaglia politica. Quindi, in questo momento di commozione, è importantissimo per noi, anche come esponenti della sua regione, ricordare veramente quello che ha dato per la politica, che lei interpretava come una vera e propria missione (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Schullian. Ne ha facoltà.
MANFRED SCHULLIAN (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Pur non avendo avuto l'occasione di conoscere personalmente la collega – penso che nessuno di noi abbia avuto questa occasione, del gruppo Misto – vorrei esprimere, a nome del mio gruppo, e condividere le condoglianze ai familiari. Non è mai il momento giusto per perdere una persona che ci sta vicina (Applausi).
PRESIDENTE. A questo punto sospendiamo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.
La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 12,40, è ripresa alle 14,35.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Brescia, Colucci, Cominardi, D'Uva, Delrio, Dieni, Gregorio Fontana, Gallo, Gelmini, Giachetti, Grande, Lorefice, Losacco, Lupi, Ruocco, Saltamartini, Vito e Zennaro sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Proclamazione di una deputata subentrante.
PRESIDENTE. Dovendosi procedere alla proclamazione di una deputata, a seguito del decesso della deputata Iolanda Nanni, avvenuto in data 27 agosto 2018, comunico che la Giunta delle elezioni, nella seduta odierna, ha accertato - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 - che la candidata che, nell'ordine progressivo della stessa lista n. 17 - MoVimento 5 Stelle nella VI Circoscrizione Lombardia 4, nell'ambito del collegio plurinominale 01, segue immediatamente l'ultimo degli eletti risulta essere Valentina Barzotti. Do atto alla Giunta di questo accertamento e proclamo deputata, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la VI Circoscrizione Lombardia 4, nell'ambito del collegio plurinominale 01, Valentina Barzotti.
S'intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.
Seguito della discussione delle mozioni Carnevali ed altri n. 1-00009, Rostan ed altri n. 1-00012, Rizzetto ed altri n. 1-00016, D'Uva, Molinari ed altri n. 1-00018, Lupi e Schullian n. 1-00020, Aprea ed altri n. 1-00023 e Magi ed altri n. 1-00029 concernenti iniziative volte ad implementare il reddito di inclusione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Carnevali ed altri n. 1-00009 (Nuova formulazione), Rostan ed altri n. 1-00012, Rizzetto ed altri n. 1-00016, D'Uva, Molinari ed altri n. 1-00018, Lupi e Schullian n. 1-00020, Aprea ed altri n. 1-00023 e Magi ed altri n. 1-00029 concernenti iniziative volte ad implementare il reddito di inclusione (Vedi l'allegato A).
Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 16 luglio 2018, sono state presentate le mozioni Lupi e Schullian n. 1-00020, Aprea ed altri n. 1-00023 e Magi ed altri n. 1-00029, che sono già stati iscritte all'ordine del giorno.
(Parere del Governo)
PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
CLAUDIO COMINARDI, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Presidente, sulla mozione Carnevali ed altri n. 1-00009 si esprime parere contrario sulle premesse e sui dispositivi n. l, 2 e 3, mentre il parere è favorevole sul n. 4. Sulla mozione Rostan ed altri n. 1-00012 si esprime parere contrario sulle premesse e sui dispositivi nn. l, 2 e 3; il parere è favorevole sul n. 4. Sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-00016 si esprime parere contrario sulle premesse e su tutti i dispositivi, tranne quello di cui al n. 4, che è favorevole. Sulla mozione D'Uva, Molinari ed altri n. 1-00018, si esprime parere favorevole sia sulle premesse che sui dispositivi. Sulla mozione Lupi e Schullian n. 1-00020 si esprime parere contrario sia sulle premesse che su tutti i dispositivi. Sulla mozione Aprea ed altri n. 1-00023 si esprime parere contrario sia sulle premesse che su tutti i dispositivi. Sulla mozione Magi ed altri n. 1-00029 si esprime parere contrario sia sulle premesse che su tutti i dispositivi.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Riccardo Magi. Ne ha facoltà.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Presidente, è nota a tutti noi l'entità e la gravità del fenomeno crescente della povertà nel nostro Paese; è nota attraverso i dati dell'Istat, che sono stati richiamati nella discussione generale, sono all'interno di ognuna di queste mozioni. Ed è nota del resto la portata della misura attualmente vigente del reddito di inclusione.
D'altra parte sappiamo tutti come il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza, previsti nel contratto per il Governo del cambiamento, sottoscritto dall'attuale maggioranza, determinerebbero un costo insostenibile per le nostre finanze. Credo che quest'Aula, se vuole, da una parte, riappropriarsi di una centralità di indirizzo rispetto all'azione di Governo, dall'altra superare quello che è un gioco un po' sterile di andare a sezionare addirittura le varie mozioni in premesse e nelle varie parti del dispositivo, dovrebbe prendere atto di una cosa: c'è bisogno nel nostro Paese di un intervento forte e urgente che vada incontro al disagio sociale e al rischio di scivolamento nella povertà di larghi strati dei nostri concittadini, in particolare delle fasce più giovani della popolazione; ma questa cosa è possibile solo all'interno di un intervento di riforma strutturale del nostro welfare.
Cosa significa? Significa che le risorse si possono trovare se si riesce ad autofinanziare questo nuovo strumento universale e strutturale di welfare, e questo è il primo punto del dispositivo di una mozione che abbiamo presentato; e l'abbiamo presentata dopo aver letto tutte le altre, perché crediamo che si debba fare lo sforzo di andare oltre le posizioni della campagna elettorale e della propaganda elettorale, e anche per tradurre in documento di indirizzo politico una nostra proposta di legge depositata nel mese di maggio. La cosa incredibile e interessante politicamente è che alla stessa conclusione è arrivato il Ministro Tria, che nel mese di luglio ha sostenuto l'insostenibilità della spesa aggiuntiva per i due redditi di cittadinanza e in un'audizione in Commissione Finanze ha affermato che il costo della misura non può essere considerato addizionale ma sostitutivo di altre misure, si deve quindi parlare di un costo differenziale. Il Ministro è tornato oggi stesso su questo punto.
PRESIDENTE. Collega, deve concludere.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Per questo chiedo a tutta l'Aula di votare la nostra mozione, che credo sia l'unica che ci dia un senso pragmatico e realistico di intervento in un settore serio come quello del welfare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Lupi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Presidente, mi perdoni, quanti minuti ho?
PRESIDENTE. Quattro.
MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Grazie. In ogni caso, le chiedo l'autorizzazione, se è possibile, a depositare l'intervento integrale scritto. Grazie, signor Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche il parere del Governo alla nostra mozione conferma un punto di partenza, un'osservazione che già in fase di fiducia al Governo avevamo sottolineato: se andassimo tutti insieme a verificare nel contratto di Governo quale spazio e che attività sono dedicate al tema della famiglia, ci accorgeremmo - e non a caso oggi abbiamo avuto la conferma, purtroppo, del parere contrario alla nostra mozione data dal Governo - che la parola “famiglia” compare qua e là con proposte sporadiche e disarticolate. Discutiamo del reddito di inclusione, discutiamo del disagio sociale, discutiamo di come le famiglie italiane e i cittadini italiani hanno pagato in questi anni la loro crisi economica e come, a fronte di una crescita, ancora di più si siano aperte le diversità, le differenze tra ceti sociali, sia scomparso il ceto medio e si sia acuita la distanza tra chi è più povero e chi è più ricco. E non ci accorgiamo che per intervenire riguardo a questo dobbiamo identificare, guardando alla realtà - la realtà è testarda, la realtà è dura -, quale è stato il principale ammortizzatore sociale di questi anni, qual è stato il punto di riferimento sociale che ha tenuto un minimo di stabilità nel nostro Paese da un punto di vista sociale e dell'inclusione, che si chiama famiglia. È per questo che noi più volte abbiamo chiesto, sia nella passata legislatura, dove un punto fisso e un'apertura c'è stata, ma anche in questa, col segnale dato dal Governo di un Ministero dedicato alla famiglia, di dare spazio e riconoscere che il principale strumento per rispondere al disagio sociale è innanzitutto rafforzare, consolidare e aiutare la famiglia.
Non è che non c'entra con la discussione delle mozioni che stiamo presentando, anzi è il primo punto di partenza.
Possiamo dare tutti i redditi di cittadinanza che vogliamo, ma se non rafforziamo quel nucleo sociale, quel pilastro fondamentale che va aiutato e va sostenuto, e va detto con chiarezza che è il punto di solidità su cui ricostruire, qualunque intervento lascia il tempo che trova. Andiamolo a chiedere ai giovani, a coloro i quali vivono nel nostro disagio quale è stato il punto in cui genitori, nonni e figli si sono dati una mano, una solidarietà. Allora, per questo noi abbiamo presentato, come primo atto di questa legislatura, una proposta di legge denominata Family Act, una proposta organica, come dicevo, di politiche spesso pensate in modo disarticolato tra di loro e che, invece, vanno sintetizzate in un'unica norma che abbia al centro la famiglia e sappia armonizzare politiche sociali di welfare, del lavoro e, soprattutto, che abbia il coraggio di importanti innovazioni fiscali, come, per esempio, il fattore famiglia. Il Ministro Tria ha più volte dichiarato, in Parlamento e pubblicamente, che i prossimi interventi e la prossima legge di stabilità vedranno un'attenzione particolare alla diminuzione delle tasse e alla risposta al disagio sociale.
PRESIDENTE. Concluda.
MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Concludo, signor Presidente. Lo vedremo, ovviamente, con i provvedimenti e con la legge di bilancio che sarà presentata; che tutto non si farà, lo sapete bene voi, lo sa bene il Governo, lo sanno bene il Vicepresidente del Consiglio Di Maio e tutti membri del Governo che stanno lavorando con lui; si sa bene che i provvedimenti che avete annunciato in campagna elettorale non sarà possibile attuarli se non - avete usato questa parola e concludo - gradualmente. Si dia la priorità negli interventi, utilizzando le poche risorse che ci sono, per aiutare, con il fattore famiglia, un capitolo dedicato al bilancio, con risorse per sostenere questo pilastro sociale. Una famiglia che ha tre figli è diversa da una famiglia che ha due figli e da una famiglia che ha un figlio.
PRESIDENTE. Deve concludere.
MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). Per questo, ci aspettavamo un parere positivo del Governo, proprio per dare, sono mozioni, un segnale e un'indicazione. Grazie, Presidente, le chiedo scusa e chiedo l'autorizzazione a depositare l'intervento integrale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI).
PRESIDENTE. Autorizzazione, ovviamente, concessa.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Lorenzin. Ne ha facoltà.
BEATRICE LORENZIN (MISTO-CP-A-PS-A). Presidente, quando abbiamo presentato queste mozioni eravamo all'inizio dell'estate e il dibattito politico e di politica economica era spostato su ben altro. Devo dire che, mai come questa volta, un paio di mesi sembrano un'era geologica. Eravamo vicini alle elezioni: reddito di cittadinanza, flat tax, finanziamenti ai fondi sociali, pensioni, tutto sembrava entrare nel piatto delle nuove proposte di Governo. Abbiamo licenziato dalla Commissione bilancio e affari costituzionali questo milleproroghe che, in realtà, è stato un rinvio di provvedimenti e, se vogliamo entrare nel merito, un definanziamento di importantissime misure a favore dell'inclusione sociale - come vedremo nel dibattito che seguirà sulle periferie - che proprio andavano a trattare l'inclusione e il problema della marginalità nel nostro Paese, un definanziamento di un miliardo di euro su progetti che già sono in campo, su progetti che riguardano le scuole, le comunità, i centri sociali, i centri anziani, i parchi abbandonati dove vivono le persone, dove vivono i nostri amici, i nostri familiari, dove vivono i cittadini italiani.
Sul reddito di cittadinanza molto è stato detto, può piacere, può non piacere, ma io credo che tutti siano d'accordo sul fatto che vorremmo una società più giusta e più equa e vorremmo dare una mano a quelle parti del Paese dove la crisi economica non è stata soltanto una ferita durata dieci anni, una ferita lunghissima, ma in alcuni casi è stata un precipizio nella povertà, da cui ancora si stenta a uscire; ecco, tutti vorremmo dare una mano.
Il reddito di inclusione è una mano ed è una mano concreta che già c'è, è lì presente, potremmo discutere se troviamo le risorse per aumentare il reddito di inclusione, per renderlo più forte, ma invece discutiamo di reddito di cittadinanza; e oggi, Presidente, lo dico anche agli onorevoli colleghi, vediamo le dichiarazioni realistiche del Ministro dell'economia che sulla flat tax dice che un pezzo, forse, riusciremo a finanziarlo con la tax expenditure, un altro pezzo del reddito no, ma potremmo ritornare al reddito d'inclusione, ma dobbiamo chiamarlo in modo diverso; sulla salute il Ministro Grillo ha fatto un decalogo di iniziative che costano 2 o 3 miliardi, io sono favorevolissima e l'ho messo nero su bianco nel mese di marzo del fatto che il Sistema sanitario nazionale, non una cosa da costruire, una cosa che già c'è, ha bisogno di due miliardi in più per dare delle risposte a quei territori, tutto il sud dell'Italia, che ha necessità ora e non fra due o tre anni di aumentare il proprio accesso al primo dei diritti che è il diritto alla salute, al primo dei diritti che è il diritto alla socialità, all'integrazione, ai sistemi socio assistenziali, a quelli che, poi, ti permettono anche di veicolare politiche attive per l'inclusione sociale.
Ecco, questi sono i temi che abbiamo sul campo e dico che molto di questo dibattito di maggio, oggi, che siamo vicini alla metà di settembre, a ottobre, già ha un altro sapore, già siamo ripiombati nella realtà e la realtà dei numeri è dura a morire. Possiamo anche toglierci da Facebook, ma i numeri sono lì che ci aspettano e ci aspetteranno tra qualche ora con il decreto legge milleproroghe (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Rostan. Ne ha facoltà.
MICHELA ROSTAN (LEU). Grazie, Presidente. La discussione generale sulle mozioni che ora vanno al voto si è svolta, come sappiamo, prima della pausa estiva, ma lo scenario sociale del Paese è ovviamente immutato, mentre, però, sembra che le priorità dell'agenda di questo Governo siano diventate altre: non la povertà, ma gli sbarchi, non le famiglie che non ce la fanno, ma i negozi che devono chiudere la domenica, non l'indigenza diffusa, ma la legittima difesa e il possesso delle armi. Eppure nella discussione generale è emersa una preoccupazione comune ed ampia sui temi della povertà. Ci sono, come è ovvio, diverse chiavi di lettura, diverse analisi e diverse proposte, ma c'è stata da parte di tutta l'Aula e di tutti i gruppi la consapevolezza che siamo di fronte a una questione importante e al tempo stesso alla necessità di garantire subito al Paese un intervento. Tutti abbiamo citato con preoccupazione i dati Istat sulla povertà; quei 5 milioni di italiani sotto la soglia di povertà assoluta inchiodano ciascuno di noi alle proprie responsabilità. Mi pare sentimento ormai diffuso, largo, quello che impone una svolta sul tema del welfare nazionale, sulla capacità dello Stato di aiutare gli ultimi, di aiutare chi è rimasto indietro. Ce lo chiede, del resto, anche la nostra Carta costituzionale che fissa l'uguaglianza come elemento cardine, che impegna lo Stato a rimuovere le cause di disuguaglianza, che organizza tutto il suo sistema di valori sulla dignità della persona. Inquadrato il problema, però, le risposte appaiono diverse, se non del tutto evasive. La mozione che come Liberi e Uguali abbiamo presentato è tutta centrata sul reddito di inclusione e sugli strumenti che si possono mettere in campo, oggi, qui ed ora, per rispondere all'emergenza povertà, consapevoli che non si tratta, adesso, di stilare un quaderno delle buone intenzioni astratte, ma di indicare, soprattutto, strade percorribili con sicura efficacia e capacità di incidere nel presente.
Notiamo, invece, che la mozione presentata dalla maggioranza non parla di reddito di inclusione, ma, ancora una volta, di reddito di cittadinanza, senza che però sia ancora stata data a questa idea una qualche cornice istituzionale di concretezza; sembra che siamo ancora alla stesura dei programmi elettorali e, intanto, andrebbe cassata la definizione stessa: il reddito di cittadinanza non c'entra nulla con disoccupazione e povertà. Il reddito di cittadinanza elargito a tutti, senza prova dei mezzi di sostentamento, senza dimostrazione dell'indigenza né richiesta di impegno al lavoro e alla formazione, in nessun Paese europeo dove c'è, il reddito di cittadinanza, ha dato i frutti sperati. Nel mondo è stato sperimentato ed ha prodotto risultati soltanto in Alaska, grazie agli incassi derivanti dall'industria petrolifera. Allora, di che parlate, quindi, colleghi della maggioranza, quando parlate di reddito di cittadinanza? Nel fantomatico contratto di Governo viene usata questa definizione, probabilmente per parlare di un sostegno economico alle famiglie indigenti e a chi non lavora, ma non si indicano né i dettagli né, tanto meno, le coperture.
L'unica base ipotetica è la proposta di legge presentata dal MoVimento 5 Stelle nella scorsa legislatura; nel titolo parlava di reddito di cittadinanza, ma nella normativa strutturava un sussidio subordinato alle reali condizioni economiche a determinati requisiti e con alcune condizioni. Quindi, non un reddito di cittadinanza, ma un contributo economico a chi sta peggio, né più né meno di quello che è già il reddito di inclusione nato nel marzo 2017 con la legge n. 33. Si vuole forse cancellare il reddito di inclusione per ridefinirlo in modo da far credere che sia stata mantenuta una promessa elettorale e lo si vuole finanziare cancellando tutti i sussidi e i sostegni economici esistenti, facendo quindi un totale a incremento zero, senza alcuno sforzo finanziario e realizzando solo un'operazione di marketing politico? Queste sono le domande su cui ci aspettavamo risposte e su cui si continua ad essere, invece, elusivi e vaghi. Sul reddito di inclusione, d'altro canto, nella discussione generale, dobbiamo dirlo, abbiamo ascoltato anche dai colleghi del Partito Democratico interventi volti a sottolineare il risultato come una conquista dei precedenti Governi. Anche qui però ci vorrebbe un po' di cautela, perché se da una parte è vero che è stato creato uno strumento che organizza, regolamenta e interviene su una questione cruciale, dall'altra bisogna riconoscere che la misura è sotto finanziata, incapace di affrontare il tema che pure individua e su cui segnala l'emergenza, salvo poi non trovare i soldi. Parlare da una parte di reddito di cittadinanza, quindi una cosa che non c'è, che non si capisce, con una definizione usata a sproposito, senza coperture e quadro organizzativo non ha senso, ma non ha senso neppure rivendicare, dall'altra, un reddito di inclusione che non è dotato in maniera adeguata e che, quindi, allo stato attuale, non può dare risposte efficaci. Bisognerebbe, piuttosto, tentare di non eludere il problema vero, che invece è posto dalla nostra mozione. Ci sono i numeri della povertà nel Paese, che sono allarmanti, seri, sono pesanti e c'è uno strumento già operativo, come il reddito di inclusione, che appare insufficiente per organizzazione, struttura e dotazione finanziaria.
Cosa c'è da fare, quindi, qui ed ora? Impegnare il Governo ad implementare il reddito di inclusione, a inserirlo effettivamente nella rete dei progetti individualizzati, a renderlo più efficace, più ampio e più mirato. Su questo non mi pare che la mozione di maggioranza riesca a dire qualcosa. Noi per la nostra parte riteniamo che la mozione che abbiamo presentato inquadri adeguatamente il problema, segnali opportunamente la questione e ponga degli obiettivi operativi seri, perseguendo i quali si possono dare risposte immediate e anche costruire interventi di maggiore prospettiva.
L'obiettivo delle mozioni parlamentari, Presidente, come sappiamo, è fondamentalmente politico: imporre un tema, aprire una discussione, organizzare proposte, fornire idee e strumenti e impegnare il Governo ad andare in una determinata direzione.
La nostra mozione dice che, nonostante l'estensione dei requisiti per ottenere il REI, scattati il 10 giugno 2018, che consentirà a circa 200 mila famiglie in più di ottenere il beneficio, non avremo comunque una misura universale. Si allarga la platea dei beneficiari a circa 700 mila famiglie, cioè due milioni e mezzo di persone rispetto alle 500 mila famiglie attuali, ma siamo ancora bassi rispetto alle persone in povertà assoluta, individuate dall'Istat in oltre 5 milioni. Il reddito di inclusione, quindi, continua ad essere una misura parziale, che si rivolge solo ad una parte delle famiglie in povertà.
Noi partiamo da qui, non facciamo voli pindarici sul futuro, non costruiamo una mozione di buone intenzioni, noi costruiamo un impegno a carico del Governo per affrontare il tema delle insufficienti risorse assegnate al Fondo nazionale per la lotta e l'esclusione sociale. Poniamo anche la questione dell'importo mensile del reddito di inclusione: 187 euro per le famiglie composte da una singola persona, 294 euro per due persone, 382 euro per tre e 461 euro per quattro. Si tratta di importi che non sono sufficienti, troppo bassi per parlare di affrancamento dalla povertà e anche qui poniamo il tema di incrementare queste poste. Ad oggi il reddito di inclusione è l'unico intervento esistente per fare qualcosa di concreto e reale, immediato e tangibile, bisogna intervenire lì, bisogna attuare i progetti personalizzati di affrancamento dalla povertà, assumere iniziative per rendere effettivamente universale il REI, implementando le risorse e arrivando a coinvolgere almeno i 5 milioni di italiani che sono in povertà assoluta, bisogna aumentare gli importi mensili.
Questo - e concludo Presidente - è dunque l'unico ragionamento realistico ed effettivo che si può fare in questo momento sulla povertà in Italia ed è questa la ragione per la quale il gruppo di Liberi e uguali ha presentato la mozione in discussione e su cui annuncio, ovviamente, il nostro voto favorevole, auspicando che vogliano fare altrettanto anche gli altri gruppi, convergendo su di essa (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Rizzetto. Ne ha facoltà.
WALTER RIZZETTO (FDI). Grazie, Presidente. Buongiorno sottosegretario, abbiamo ascoltato, io ho ascoltato con attenzione quanto hanno appena dichiarato anche i colleghi che hanno parlato prima di noi, prima di me. Vorrei declinare questo ragionamento innanzitutto rispetto ad un fatto, e il fatto è questo: noi molto spesso colleghiamo, Presidente, la povertà con i cosiddetti aiuti di Stato, colleghiamo la povertà con i soldi, colleghiamo la povertà con il fatto che una persona non raggiunge un tot di euro mensili o annuali per poter provvedere dignitosamente a se stesso e alla sua famiglia. Vede, Presidente, la povertà è un discorso, secondo me, più profondo e più complesso. Cioè, inquadrando la povertà rispetto ad un punto di vista globale, è povertà anche l'ambiguità delle persone rispetto al proprio futuro, la non consapevolezza o poca consapevolezza rispetto alle proprie risorse, gli ostacoli quasi insormontabili che sono stati resi soprattutto da gruppi di interessi e molto spesso dallo stesso Stato.
Tra i corollari, sottosegretario, rispetto a queste mie definizioni, io ho trovato famiglie povere in cui i genitori sono separati e divorziati, le famiglie che sono diventate povere perché si prendono cura delle persone non autosufficienti, le famiglie che sono diventate povere perché si prendono cura dei disabili gravi, le famiglie che sono diventate povere perché devono fare i conti con svariate dipendenze di uno dei loro familiari, per poi arrivare, secondo me, alla più spregevole declinazione del termine povertà, ovvero quando, di fatto, un mercato troppo liberista negli ultimi anni fa in modo che le persone raggiungano quasi obbligatoriamente, quasi ad imbuto, una povertà, che, a questo punto, Presidente, è, di fatto, indotta.
Vede, il termine povero non nasce pochi anni fa, il termine povero nasce - mi sono un po' documentato - nel X secolo avanti Cristo e guarda caso, corsi e ricorsi storici, all'epoca, quando questo termine passò di mano, voglio dire, anche in quella che poi diventò la nuova Europa, il termine pauper non era il povero in termini economici, ma era l'opposto di potens, ovvero l'opposto di coloro che avevano il potere, non che avevano i soldi. Dopodiché è stata declinata rispetto a potere e soldi, questo concetto, in modo assolutamente parallelo e a binario, però non era così e guarda caso noi, anche dei confronti di questa crisi che morde ancora evidentemente tutto quello che si può mordere in termini di società e di economia, ecco che anche in questo momento il povero è colui che è opposto al cosiddetto potente, è l'opposto al potere, è una sorta di tragedia di classe.
Allora vede, Presidente, noi siamo assolutamente contrari rispetto a misure di assistenzialismo spinto, perché la scommessa era quella, rispetto al reddito di inclusione, di fare incontrare i beneficiari del reddito di inclusione con l'intero mondo del lavoro e non è stato così, non c'è stato questo incrocio, sono mancate, di fatto, le infrastrutture necessarie per poter far collimare coloro che hanno beneficiato di alcuni soldi alla fine del mese con tutto quello che è il mondo del lavoro. E questo, sottosegretario, sarà ulteriormente un mercato che tenderà a saturarsi e ad implodere, per poi esplodere un'altra volta. Diciamolo chiaro e tondo.
Per quanto riguarda il gruppo Fratelli d'Italia, anche sulla base della mozione che abbiamo presentato qui oggi in Aula, il vero reddito di inclusione è il primo articolo della nostra Carta costituzionale, che dice che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, non sull'assistenzialismo, non soltanto e meramente su quello che sono i soldi alla fine del mese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). E non ci siamo. Non ci siamo sotto questo punto di vista.
Oramai, sottosegretario, siete al Governo da parecchi mesi. Abbiamo visto poche cose che riguardano questo tipo di temi, questo tipo di alvei, se non ad oggi una mozione in Aula che impegnerà, forse, il Governo a cercare di fare qualcosa, secondo noi poco e male lo si farà nella prossima legge di stabilità.
È soltanto aumentando i posti di lavoro che noi creiamo inclusione e dignità (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), non è regalando qualche soldo alla fine del mese. È soltanto creando una cultura del lavoro. Il mercato del lavoro stesso sta evidentemente cambiando, se pensiamo ad alcuni Stati, ad altri Stati; prima sentivo parlare dell'Alaska. Per non andare proprio in Alaska ricordiamo il mercato danese, il mercato del lavoro danese, dove una persona, dopo anni di formazione, cambia statisticamente lavoro ogni sette anni; e, una volta che termina un ciclo di lavoro, qualche settimana dopo, qualche giorno dopo ritrova un posto di lavoro, perché è formato, perché c'è una buona alternanza scuola-lavoro, perché ci sono, come dicevo prima, tutte quelle infrastrutture necessarie affinché il welfare possa funzionare e funzionare bene.
Tant'è vero che i dati ci dicono che noi attualmente contribuiamo, rispetto alle politiche del lavoro, nel 74 per cento dei casi, soltanto nelle politiche passive del mercato del lavoro, non nelle politiche attive rispetto al mercato del lavoro, laddove esistono substrati culturali che sono necessariamente da portare avanti.
Rispetto a questo, io mi immagino i centri per l'impiego, come prima detto, la formazione, cioè tutto quello che di pubblico va ad intersecarsi anche attraverso il privato, ma che attualmente non trova riscontro, perché come sapete manca questo incontro, che potrebbe essere sicuramente virtuoso e che potrebbe aumentare tutto quello che noi riteniamo essere giusto per andare contro la povertà, ovvero il lavoro, la dignità.
Aumentando, quindi, i posti di lavoro noi andremmo contro a quello su cui discutiamo da tempo. Siamo contro l'assistenzialismo? Sì, diciamolo forte e chiaro: siamo contro l'assistenzialismo. Allora, potenziare le infrastrutture di cui abbiamo parlato prima (e mi ritrovo, sottosegretario, indignato - fra poco lo dirò - rispetto alla sua valutazione della nostra proposta) significa aumentare e far funzionare meglio i centri per l'impiego, significa far funzionare meglio la formazione.
La formazione in Italia non funziona: attualmente noi in Italia spendiamo 1 miliardo di denari pubblici per far fare formazione a cinquantenni, sessantenni che perdono il posto di lavoro, e gli facciamo fare i corsi di inglese e i corsi di informatica; quando queste persone dietro a loro hanno ventenni, venticinquenni che sanno tre lingue e sanno usare un computer molto meglio di loro.
La formazione va completamente rivista sotto questo punto di vista. I tirocini, rispetto a quanto stanno vivendo i nostri giovani, sono la nuova schiavitù legalizzata, perché a botte da 500 euro al mese si ricade evidentemente in povertà; dopo sì verrà cambiati nel mercato del lavoro, perché le aziende acquisiranno nuovi tirocinanti per fare quel tipo di lavoro, per cui non saranno mai in grado di fare lo stesso in un prossimo futuro.
Vede, secondo noi gli interventi del passato, dei Governi precedenti sono stati completamente insufficienti, irreali, inefficaci; e tutto questo ha fatto in modo che i nostri concittadini dessero la colpa sempre ad una cosa: sempre alla politica.
È sempre della politica la colpa anche in questo caso della povertà, del non posto di lavoro, della ricerca spasmodica; d'altra parte, in Italia attualmente esistono e ci sono ancora 2 milioni di cosiddetti NEET, coloro che hanno terminato un ciclo di studio ma che sono talmente sconfortati dal mercato del lavoro che non cercano neanche più una occupazione.
Abbiamo di fatto, e come politica dobbiamo farcene tutti carico, abbiamo e hanno sottovalutato la portata del cambiamento, la portata della crisi.
E, allora, servono assolutamente, sottosegretario, dei piani strutturali rispetto a tutto questo, e io ahimè non ne vedo. Servono e serve capire quanto poco è stato fatto in termini di un rinnovo, molto insufficiente rispetto alle persone, rispetto alla dignità, rispetto al rischio di cadere, come prima detto, nell'assistenzialismo spinto.
Tra l'altro - e mi rivolgo al Governo - avevate una possibilità rispetto al decreto-legge “dignità” per fare qualcosa; vedremo i numeri la prossima volta, e nei prossimi anni, nei prossimi mesi, ma penso che questo non creerà nuovi posti di lavoro, gettando nello sconforto ancor di più i lavoratori.
Per arrivare alle conclusioni, Presidente - e la ringrazio - trovo inaccettabile da parte del sottosegretario… Ad esempio, al punto 7) dei nostri impegni si parla di retribuzione minima oraria. Lei, sottosegretario, ha detto di no a questo impegno, ha detto di no alla retribuzione minima oraria che dovrebbe essere un cardine rispetto all'articolo 36 della Costituzione. Quindi, lei si dovrà prendere questa responsabilità…
PRESIDENTE. Concluda.
WALTER RIZZETTO (FDI). …visto che ieri il Ministro del lavoro Di Maio ha parlato di salario minimo garantito; e lei ha detto di no.
Poi per concludere, Presidente, e veramente la ringrazio, noi abbiamo chiesto una cosa molto semplice: per andare contro la povertà si devono creare posti di lavoro, e per creare posti di lavoro la nostra unica idea è quella di assumere iniziative per prevedere una totale decontribuzione rispetto ai contratti a tempo indeterminato…
PRESIDENTE. Collega, deve concludere.
WALTER RIZZETTO (FDI). …cosa che voi non state assolutamente né facendo né teorizzando (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Concludo, Presidente. Voteremo contro, evidentemente…
PRESIDENTE. Deve concludere, collega.
WALTER RIZZETTO (FDI). …tutte le misure assistenziali, quale secondo noi anche il reddito di inclusione, e voteremo sicuramente a favore di quanto potrà essere un qualcosa di più innovativo in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Aprea. Ne ha facoltà.
VALENTINA APREA (FI). Presidente, sottosegretario, onorevoli colleghi, i dati di giugno del rapporto ISTAT sulla povertà dell'anno 2017 ci hanno consegnato una realtà assolutamente drammatica nei numeri: più di 5 milioni di poveri assoluti, di cui purtroppo 1.280.000 minori.
A soffrire maggiormente è il Mezzogiorno, ma la povertà aumenta anche nelle aree metropolitane del Nord.
Le disuguaglianze nel nostro Paese, più che negli altri, continuano ad aumentare; per di più, secondo un recente studio di Unimpresa, 9,3 milioni di italiani non ce la fanno e sono a rischio di povertà. Insomma, tutte le analisi convergono sul fatto che l'area di disagio sociale si sta estendendo sempre più e non accenna a restringersi.
A questo proposito, va detto che la crisi economica, iniziata ormai dieci anni fa e non ancora superata, ha determinato al Sud come al Nord la nascita di un'ulteriore fascia di disagio sociale cosiddetta dei nuovi poveri, cioè di coloro che, a causa della perdita improvvisa di lavoro, si ritrovano disoccupati per molto tempo e senza alcun reddito, e sono molti coloro che convivono in questo stato con figli maggiorenni inattivi o disoccupati a loro volta, anche se diplomati o in possesso di un titolo superiore.
Dunque, colleghi, se negli anni scorsi erano prevalentemente gli anziani ad essere la fascia di popolazione più a rischio di povertà, in questi ultimi anni si sono aggiunti sempre più adulti over 50, minori e giovani.
Come Forza Italia non intendiamo abbandonare i 5 milioni di cittadini che vivono in povertà assoluta, né tantomeno coloro che a questi potrebbero aggiungersi.
Riteniamo che sia necessario dare a tutti questi cittadini risposte concrete e calibrate rispetto alle diverse necessità. Infatti, nel dibattito sulle misure di contrasto alla povertà, sembra spesso mancare o comunque essere tenuta in scarsa considerazione l'incidenza dei servizi sulle politiche di inclusione sociale.
Non basta dare un sussidio affinché le persone possano reinserirsi nella società: esistono delle situazioni con plurime problematiche di disagio socio-economico, che non possono né si devono, sul piano morale ed educativo, risolvere nella corresponsione di un ammontare di denaro. È necessario ripensare ad un nuovo sistema di welfare, che esca dalla logica del mero assistenzialismo e si inserisca nella logica del sostegno alla valorizzazione delle risorse e dell'iniziativa dei singoli cittadini.
In quest'ottica, anche l'incremento delle risorse destinate al Rei, pari a circa 2 miliardi, che si stima potranno raggiungere a regime 1,8-2 milioni di persone in povertà assoluta sui circa 5 milioni stimati, rappresenta una risposta parziale, che va solo in parte nella direzione indicata da Forza Italia.
Infatti il Rei prevede sì una serie di servizi per il trattamento delle condizioni di svantaggio, ma sconta serie difficoltà operative proprio per non aver saputo costruire finora una rete di operatori in grado di fornire risposte articolate, multidimensionali alle problematiche dei singoli percettori.
La stessa presa in carico di un intero nucleo familiare posta in capo agli enti locali o ai centri per l'impiego crea problemi attuativi che costringono a lasciare intentati anche i propositi migliori.
Così pure come Forza Italia, insieme al nostro Presidente Berlusconi, abbiamo sempre avversato il reddito di cittadinanza, sostenendone la potenziale deriva assistenzialista che potrebbe addirittura scoraggiare la ricerca di lavoro, sia per uscire dallo stato di indigenza sia per ritrovare l'intrinseca funzione sociale connessa a qualsiasi lavoro. Ora, anche se i contorni tecnici del reddito di cittadinanza mirano a configurarlo sempre di più come una politica attiva del lavoro, è anche evidente la sua irrealizzabilità per assenza di risorse e per le difficoltà operative legate a una sua gestione limitata ai soli centri statali per l'impiego. Serve al contrario un approccio pragmatico e non ideologico alla questione e soprattutto sostenibile finanziariamente in quanto compatibile con le regole di utilizzo delle risorse comunitarie, ben consapevoli che non si tratta di un problema di facile soluzione. Coscienti dell'impossibilità di finanziare con le risorse del Fondo sociale europeo misure di carattere assistenziale, proponiamo allora di guardare al modello lombardo che il Viceministro Garavaglia, presente in aula, conosce molto bene, modello che a partire dal 2015 ha attivato una misura di contrasto alla povertà legata al sistema delle politiche attive del lavoro, la Dote Unica Lavoro. Per le persone in condizione di particolare svantaggio che sono disoccupati da più di 36 mesi, che non percepiscono alcuna integrazione pubblica al reddito, che hanno un ISEE non superiore ai 18.000 euro è stato possibile attivare un progetto di inserimento lavorativo, PIL, che prevede servizi personalizzati di inserimento lavorativo cui si associ una politica di sostegno al reddito nella forma di indennità di partecipazione alle attività (600 euro al mese per massimo sei mesi). Con il PIL è stata fornita assistenza a 11 mila persone e sono stati erogati circa 20 milioni come sostegno al reddito. La vera emergenza, Presidente e colleghi, è dunque il lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) e non solo come rimedio e prevenzione allo stato di povertà ma anche come carburante dello sviluppo economico e sociale di tutta la comunità nazionale. Favorire il lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale è oggi non solo e non tanto una delle più alte forme di carità, perché si possono in questo modo generare condizioni stabili per l'uscita dal bisogno e dalla inattività di larghe fasce di popolazione del nostro Paese, ma anche la strategia politicamente migliore, l'unica, per rilanciare la nostra economia in sofferenza da ben oltre dieci anni. Per queste ragioni con la nostra mozione incalziamo il Governo sul fatto che la direzione di marcia oggi vada trovata in aggiunta agli aiuti monetari per i più deboli e per i minori soprattutto nella messa a regime di un sistema di politiche attive, cruciale nei moderni mercati del lavoro, sistema che è stato più volte annunciato dalle riforme Renzi e Gentiloni senza mai trovare purtroppo attuazione. Il sistema della Dote Unica messo a punto da Forza Italia in Lombardia dal 2013 ad oggi è stato al contrario riconosciuto nel 2017 addirittura come best practice alla Commissione europea per la categoria education and training proprio per il carattere innovativo e per gli impatti generati. Due gli aspetti del modello lombardo che serve qui richiamare: la personalizzazione del servizio e l'orientamento al risultato. Più che lusinghieri i risultati raggiunti fino ad oggi con DUL: oltre 160.000 inserimenti lavorativi a fronte di un investimento di circa 290 milioni di fondi sociali europei. Forza Italia rilancia con determinazione tale modello: ha funzionato a livello regionale, perché non dovrebbe funzionare a livello nazionale, nella consapevolezza che le scelte operate in regione Lombardia rappresentino ad oggi l'esperienza più avanzata ed efficace in materia di politiche attive esistenti nel nostro Paese. Il successo di quel modello - lo voglio ricordare qui in quest'Aula e ne sono fiera - lo si deve anche a due fattori determinanti e peculiari che non vediamo nelle azioni del Governo: la governance partecipata promossa dalla regione che ha visto costruire il modello nel confronto e nella condivisione con le parti sociali e datoriali e tutti i corpi intermedi che, a diverso titolo, si sono fatti carico della riqualificazione e occupazione delle risorse umane interessate; la presenza di operatori pubblici e privati accreditati che hanno concorso in modo sussidiario e alle medesime condizioni per l'inserimento lavorativo dei disoccupati, ricevendo soldi pubblici, colleghi - questo è stato il nostro punto di forza - esclusivamente in relazione agli obiettivi occupazionali raggiunti.
Alla luce dunque della positiva esperienza della regione Lombardia, chiediamo al Governo di attivare reti di partenariato miste pubblico-privato - non si deve aver paura del privato se è un privato accreditato e se è un privato sociale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) - per un'effettiva presa in carico multidimensionale da parte dei diversi soggetti. Vogliamo così proporre un'alternativa per superare le criticità che hanno finora limitato il numero degli effettivi potenziali beneficiari del Rei e che non hanno consentito di andare oltre il mero contributo economico con l'attivazione di servizi efficaci per l'uscita dallo stato di bisogno nell'ottica delle realizzazione dell'inclusione sociale e non del solo riconoscimento di un sussidio.
Tuttavia, al fine di non interrompere l'erogazione dell'unica misura di contrasto alla povertà attualmente disponibile per i cittadini, chiediamo certamente di impegnarsi a prevedere un incremento delle risorse per il Rei ma la nostra idea è favorire politiche di welfare, quale l'incremento delle strutture e dei servizi socio-educativi per l'infanzia anche al fine di superare le attuali forti disomogeneità territoriali.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
VALENTINA APREA (FI). Concludo, Presidente, i livelli essenziali delle prestazioni non possono essere solo enunciazioni sulla carta. La casa brucia: non è più tempo di analisi né di divisioni ideologiche. Le proposte di Forza Italia, il modello lombardo, hanno dimostrato di funzionare come ha certificato anche l'Europa.
PRESIDENTE. Concluda.
VALENTINA APREA (FI). Ci aspettiamo che il Governo le prenda in considerazione per avviare una fase nuova di responsabilità per il bene comune e non di parte e per ridare speranza ed opportunità a chi oggi, nella nostra Italia, soffre. Se questo sarà l'intento del Governo, Forza Italia ci sarà. Grazie per l'attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Carnevali. Ne ha facoltà.
ELENA CARNEVALI (PD). Grazie, signora Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, in assenza del Ministro Di Maio, perché è più facile rifugiarsi dietro gli schermi delle dirette Facebook, siamo qui oggi a discutere su un grande tema che impatta la vita e il futuro di oltre 5 milioni di persone. Lo dobbiamo al Partito Democratico che ha chiesto di calendarizzare la mozione in esame e non è casuale se abbiamo chiesto di farlo alla vigilia dell'aggiornamento del DEF e nel pieno del dibattito della legge di bilancio. Ne discutiamo oggi, a cento giorni dal vostro insediamento, con cui avete prodotto più danni che benefici: danni prodotti dalla competizione tra due componenti della maggioranza in assenza di un Premier forte e autorevole, impegnato più a garantirsi un futuro da cattedratico che da guida del Paese. Una gara a chi alza la posta ogni giorno di più e che ha già provocato la fuga degli investitori, l'aumento dei tassi di rendimento che vale oltre 4 miliardi di euro; la riduzione delle previsioni di crescita che impatta per 2 miliardi e mezzo di euro; l'aumento dello spread che non avviene per autogenesi ma è provocato dagli atteggiamenti difensivi di investitori e risparmiatori e forse anche di qualche speculatore a cui avete dato una buona occasione: una botta che il Ministro Tria ha cercato di contenere, un fardello che pagano gli italiani e che vale oltre 7 miliardi di euro. Di tali risorse, sottosegretario, abbiamo bisogno come il pane essendo necessarie per far fronte alle politiche redistributive, per investire anche nella più grande sfida a cui moralmente, eticamente siamo chiamati: per proseguire l'impegno di sconfiggere la povertà. Dico proseguire, cari colleghi, perché una misura per la povertà già c'è. Dopo diciotto anni dalla legge Turco che prevedeva il reddito minimo, oggi in Italia esiste uno strumento universale, il reddito di inclusione, che consente a tutti i cittadini che ne hanno i requisiti, senza distinzione rispetto all'appartenenza tra regioni, province e comuni, di avere il sacrosanto diritto all'accesso di un reddito e di un futuro di inclusione. Il reddito di inclusione non è una misura puramente assistenziale ed è più di uno strumento di sostegno al reddito: è un progetto di ricostruzione, di autonomia, è una concreta attivazione sociale e lavorativa di cui si fanno carico i comuni e la rete dei servizi, inclusi i centri per l'impiego che è giusto rafforzare, con quel bisogno di senso che il lavoro equamente redistribuito può riconsegnare a soggetti resi vulnerabili dai venti avversi per assicurare loro dignità e autonomia profondamente coerente con l'articolo 3 della Costituzione. Si tratta di impegni e non sussidi perché, come negli altri Paesi dell'Unione europea, gli schemi di reddito minimo di inserimento sono nati per combattere la povertà, non la disoccupazione.
I sussidi sono quindi condizionati alla prova dei mezzi e a percorsi di formazione e d'accompagnamento, perché emanciparsi da una condizione di povertà non significa vivere di lavoro socialmente utile o di voucher, come candidamente ieri ha ammesso il Ministro Di Maio quando ha dichiarato, ieri, in audizione inducendo le persone a rifugiarsi nella condizione di dover dipendere da quel sussidio e relegando i poveri nella trappola della povertà”; perché la povertà non è una sola: ha molti volti e ha molte facce, perché sono poveri coloro che non hanno un lavoro, quelli che non l'hanno mai avuto, quelli che non hanno un reddito che gli garantisca una vita dignitosa per loro e per i componenti della propria famiglia, spesso minori, a cui viene negata la prospettiva di un ascensore sociale e di pari opportunità con gli altri, o coloro che, per condizioni di disabilità o di fragilità, non hanno mai avuto l'opportunità di uscire dal tunnel della povertà.
Ma, signori, avete sbagliato obiettivo; in nome dell'ossessione del cambiamento, l'unica azione che vi guida, che vi tiene uniti, è quella di fare tabula rasa di quello che è stato fatto in precedenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). L'unica spasmodica e perseverante esigenza del cambiamento fine a se stesso vi spinge solo a quel bisogno comunicativo di smantellare un'infrastruttura sociale che si chiama reddito di inclusione, che non è un vessillo del PD, né di Renzi, né di Gentiloni, perché un reddito minimo c'è ed è una misura che funziona e che, entro la fine dell'anno, riguarderà due milioni e mezzo di persone. Non è un palliativo, Presidente, lo dica al Ministro Di Maio: un giudizio che ha solo chi ha la cultura dell'arroganza, al limite del disprezzo, e che ha giudicato il lavoro non del Partito Democratico, ma di chi, con noi, ha costruito il reddito alla povertà: 35 organizzazioni, che sono un punto di riferimento, l'argine al divario tra politica e società. Occorre colpire il reddito di inclusione per annichilire chi si contrappone al modello di democrazia diretta, per colpire quella parte rilevante del Paese, la spina dorsale rappresentata dai comuni e dal terzo settore, cioè coloro che prima del reddito di inclusione si sono fatti carico dei poveri.
Quando siamo arrivati qui, sottosegretario, nel 2013 spendevamo per la povertà 40 milioni in via sperimentale. Siamo usciti di qui, dopo cinque anni, lasciando 3 miliardi, per sempre, per il contrasto alla povertà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), consapevoli che quel percorso era progressivo. Abbiamo subito depositato una proposta di legge per consolidare, rafforzare ed estendere la misura, con l'obiettivo di raggiungere i 5 milioni di poveri assoluti, aumentando, in un quadro, però, di compatibilità economica, le risorse, la platea e il beneficio, introducendo l'assegno di riqualificazione per rafforzare gli strumenti di accesso e di successo lavorativo, sostenendo più servizi territoriali e il piano nazionale.
Serve riqualificare le competenze dei lavoratori e dei giovani, serve la formazione continua; serve adattare le politiche attive con le richieste specifiche dei diversi ambiti territoriali; soprattutto, servono politiche territoriali e non parchi giochi. Forse Di Maio dopo Taranto lo ha finalmente capito che non si può essere contro il lavoro.
Quando si è poveri da troppo tempo, si rischia di disperdere le competenze professionali, quelle che servono e che sono compatibili con il mercato di lavoro. Ecco perché il reddito di inclusione, che già c'è, che già è operativo da gennaio, ti accompagna in questo percorso.
Rifuggiamo dalla sindrome che vi attanaglia, come è stato chiesto da tutti i soggetti che sono attualmente coinvolti, di una riforma nella riforma che ha dato sin qui una buona prova di sé, senza distruggere quell'architrave attuale del Paese di politiche socio-lavorative e sostenere i progetti finanziati dai fondi europei.
Voi andate in Europa per chiedere di avere più spazi finanziari e di utilizzare i fondi europei da dedicare tutti al reddito di cittadinanza. Peccato che avete un po' di nemici e soprattutto molta diffidenza. La prima diffidenza viene dall'Europa, perché l'Europa vi ha spiegato che quelle risorse possono essere complementari e non sostitutive del reddito di cittadinanza. Ma avete un'altra contrarietà, in particolare quella delle regioni e dei comuni, della cui difesa la Lega si vuole fare paladina ma poi, esattamente come sta facendo con il bando delle periferie, va a ledere la loro autonomia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ma con voi è inutile parlare. Voi non siete interessati a questo, non vi importa di discutere degli interessi degli italiani, perché voi pensate che essere andati al Governo significa disfare ciò che è stato fatto prima. Questo lo sa bene anche il vostro socio di maggioranza, quello che siede agli altri banchi, perché ai tempi di Tremonti fece la stessa cosa e soffocò in culla il reddito minimo. L'avessimo ora, l'avessimo avuto quando la crisi fendeva e dava i suoi fendenti sulle persone! E lo sa bene ancora la Lega quando pensò di fare cassa con i fondi per la non autosufficienza sulla pelle delle persone.
Un drammatico errore che state compiendo anche adesso. Con l'idea di realizzare un reddito di cittadinanza sacrificate tutte le risorse necessarie sull'altare di un vessillo inattuabile che vale 17 miliardi di euro. Una proposta che non ha neanche in Europa uguali, che disincentiva la ricerca di un lavoro e favorisce il lavoro nero: una demagogia che rischia di mettere in disputa 5 milioni di poveri con 3 milioni di non autosufficienti e un esercito di famiglie che finanzia da sola 800 mila badanti. Una competizione incommensurabile, che rischia di non farsi carico del drammatico calo demografico, negando ai genitori di fare i figli che desiderano.
Pensate di essere furbi - e ho finito, signora Presidente - ma anche per il reddito di cittadinanza adotterete il “decreto Ilva”, perché, dopo aver promesso chimere irrealizzabili, vi accomoderete sulle iniziative già adottate, sperando che la comunicazione faccia il resto, cambiando il nome, ma non la sostanza. Sulla menzogna state costruendo il vostro consenso…
PRESIDENTE. Concluda.
ELENA CARNEVALI (PD). …ma noi del Partito Democratico non abbiamo timori, perché la verità è più forte delle vostre bugie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per una precisazione sui pareri il sottosegretario Cominardi. Ne ha facoltà.
CLAUDIO COMINARDI, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Grazie, Presidente. Vorrei cambiare il parere sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-00016, relativamente all'impegno n. 7: il parere da contrario diventa parere favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Ziello. Ne ha facoltà.
EDOARDO ZIELLO (LEGA). Grazie, Presidente. Mi chiedo: ma il Partito Democratico, che si riempie la bocca di parole come “inclusione sociale”, “contrasto alla povertà”, “sostegno alle persone più bisognose”, con quale faccia lo fa, visto che nel 2016 ha fatto spendere all'intera collettività la bellezza di 150 milioni per prendere l'airbus Renzi (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier)? Via, signori colleghi, un po' di coerenza, per cortesia!
Signor Presidente, la deputata del Partito Democratico che ha presentato la sua mozione doveva chiedere - cito testualmente le sue parole - “di aumentare le risorse al fine di allargare la platea dei beneficiari della misura” direttamente al suo ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi o all'ex sottosegretaria Maria Elena Boschi, quando decisero di regalare tutti quei miliardi di euro ai loro amici banchieri, con quell'infame decreto salva banche (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico - Una voce dai banchi del gruppo Partito Democratico: Dillo a Belsito!), che ha lasciato migliaia di risparmiatori italiani con una mano davanti e con quell'altra di dietro!
Entrando nel merito del provvedimento, bisogna fare un pochino di chiarezza…
ELENA CARNEVALI (PD). Sono 49 milioni!
EDOARDO ZIELLO (LEGA). Signor Presidente, io capisco che al Partito Democratico la verità faccia male, ma queste vostre proteste danno ancora più autorevolezza al mio intervento (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
PRESIDENTE. Colleghi… Collega Carnevali, per cortesia.
EDOARDO ZIELLO (LEGA). È la verità che fa male, signor Presidente.
PRESIDENTE. Colleghi…
EDOARDO ZIELLO (LEGA). Se posso (Commenti della deputata Carnevali)…
PRESIDENTE. Collega Carnevali…
EDOARDO ZIELLO (LEGA). Entrando nel merito del provvedimento, se i colleghi del PD che hanno la coda di paglia me lo permettono, signor Presidente, bisogna fare un po' di chiarezza, bisogna essere un po' più seri (Una voce dai banchi del gruppo Partito Democratico: Vergognati!), signor Presidente, perché nel 2016, dopo il primo Governo o, meglio, dopo il primo anno di Governo Renzi, avevamo esattamente 4.742.000 individui in condizione di povertà assoluta. L'anno dopo, anche dopo l'entrata in vigore del reddito di inclusione, annunciato in pompa magna da Renzi, che avrebbe dovuto risolvere i problemi di tutto il mondo, siamo passati a 5 milioni e 58 mila individui in condizione di povertà assoluta (Commenti della deputata Carnevali): 5 milioni 58 mila connazionali in povertà, per colpa del fallimento delle politiche sociali del Governo del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).
Ma, del resto, signor Presidente, sono passati ad essere il Governo o, meglio, il partito della lotta alla povertà al partito dello schiaffo alla povertà, signor Presidente. Qui non possiamo aspettarci nulla di diverso (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).
Il reddito di inclusione, così come impostato dal PD, rientra nelle classiche misure spot elettorali del Governo Renzi. Dico questo perché, anzitutto, non ha raggiunto l'intera platea delle persone che si trovavano in una condizione di povertà; e, inoltre, è stato un provvedimento voluto con un chiaro intento elettorale, signor Presidente. Intento elettorale perché, già nel 2015 e nel 2016, si erano diffuse le prime rilevazioni che vedevano che partiti come la Lega si stavano fortemente radicando nelle periferie e nei luoghi in cui la povertà e il degrado facevano da padroni; luoghi totalmente dimenticati da chi siede dall'altra parte dei banchi, signor Presidente, e che si agitano tanto. E, quindi, c'era bisogno di far presto, bisognava far vedere agli italiani che il Governo di allora si occupava delle persone più deboli, non pensando che, approvando una misura così frettolosamente, non avrebbe fatto altro che acuire ancora di più il forte malessere che si registrava in larghe fasce della nostra popolazione.
E così, a pochi mesi di distanza dall'approvazione del reddito di inclusione, scopriamo che nella stragrande maggioranza delle città italiane - porto il caso della mia città, la città di Pisa - il reddito di inclusione viene percepito per la maggiore da cittadini immigrati. Pensate, nella città della torre va a 141 immigrati e a 121 italiani: una vera e propria vergogna che porta la firma del Partito Democratico, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier)! Un partito che irresponsabilmente, non prevedendo un divieto di accesso alla misura contributiva per tutti gli immigrati titolari di un immobile all'estero, non prevedendo un criterio di premialità per i nostri cittadini italiani, non ha fatto altro che aprire le porte, il PD, di questa misura contributiva alle centinaia di migliaia di immigrati che il loro Governo ha fatto entrare nel nostro Paese quando ha governato (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Immigrati, signor Presidente, che, grazie al loro criterio di attribuzione del punteggio delle famiglie numerose, si vedono garantiti sempre e comunque i primi posti nelle graduatorie del reddito di inclusione. Ergo, il loro reddito di inclusione ha clamorosamente fallito, signor Presidente, e noi dobbiamo risolvere, come al solito, le problematiche che ha creato il Partito Democratico; ma siamo qui per questo e gli italiani ci hanno votato per questa delicata missione.
Del resto, signor Presidente, da chi scrive, come il Partito Democratico nelle proprie mozioni, che non si possono aiutare prioritariamente i cittadini italiani, perché si violerebbero le norme europee, non possiamo aspettarci nulla di diverso, ma, soprattutto, nulla di buono da quel partito. Faccio riferimento ad una sentenza della Corte costituzionale che, forse, è sfuggita a qualche collega, la sentenza n. 106 del 2018, che, riferendosi alle regioni - applicando un'interpretazione estensiva, si può applicare anche al legislatore e al Governo -, dice che le regioni nelle politiche sociali ben possono chiedere un radicamento territoriale continuativo e ulteriore rispetto alla sola residenza.
Il che, tradotto in termini diretti, cari colleghi, vi piaccia o no, significa che il legislatore e il Governo possono occuparsi prioritariamente dei cittadini italiani, come vogliamo fare noi e come facciamo in ogni comune e in ogni regione dove noi amministriamo, perché per noi vengono sempre e comunque prima gli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Lega-Salvini Premier e MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Colleghi! Vada avanti, collega.
EDOARDO ZIELLO (LEGA). Concludo, signor Presidente, dicendo che noi della Lega vogliamo una misura di sostegno sociale capace di superare quell'inutile misura del reddito di inclusione, capace di arrivare all'intera platea delle persone che si trovano in una condizione di povertà, perché, a differenza loro, non facciamo spot elettorali (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi facciamo fatti, come abbiamo già dimostrato in questi pochi mesi di Governo, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier). Una misura di sostegno sociale, e concludo, che noi nel contratto del Governo del cambiamento abbiamo denominato “reddito di cittadinanza”. Una misura di sostegno sociale che sicuramente dovrà prevedere un rigido meccanismo di controllo all'accesso per tutte le persone che ne potranno beneficiare (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)…
PRESIDENTE. Collega Rotta, la richiamo all'ordine (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico - Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier)! Vada avanti, collega.
EDOARDO ZIELLO (LEGA). …prevedendo, Presidente, un bel divieto di accesso alla misura contributiva per tutti gli immigrati che hanno una casa all'estero e che pretendono di prendere il malloppo in Italia e poi spenderselo nel proprio Paese di provenienza (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier) e dei criteri che possano finalmente far tornare i nostri connazionali al primo posto nelle politiche sociali e nelle politiche del lavoro.
Pertanto, annuncio che voteremo a favore della mozione di questa maggioranza e contro rispetto a quelle dell'opposizione (Vivi applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Davide Aiello. Ne ha facoltà.
DAVIDE AIELLO (M5S). Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, nessuno deve rimanere indietro: non si tratta di uno slogan, ma di un obiettivo. É l'obiettivo di questo Governo, è l'obiettivo di questa maggioranza parlamentare.
Cosa significa davvero che nessuno deve rimanere indietro? Significa garantire a tutti i cittadini la dignità di un reddito sufficiente, quindi la libertà di vivere con dignità. Innanzitutto dignità, appunto, di un reddito. Attualmente in Italia sono troppe le persone costrette a rinunciarvi e lo Stato non può rimanere un inerme spettatore. D'altra parte, il cambio di rotta che si intende necessario è parte di quel cambiamento che ci è stato richiesto con forza il 4 marzo, ed è nostro dovere andare fino in fondo.
La priorità dell'azione politica deve essere la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, ed ecco perché dobbiamo dichiararle guerra, redistribuendo la ricchezza ed eliminando le cause di esclusione sociale.
Essere poveri significa vivere ai margini della società, significa essere esclusi dai processi decisionali della nostra democrazia. I dati Istat parlano chiaro, il quadro generale è allarmante: oltre 5 milioni di persone in Italia vivono in condizioni di povertà assoluta. Le stime, infatti, parlano di cifre veramente allarmanti e critiche.
Anche la povertà relativa è esponenzialmente aumentata, coinvolge circa 9 milioni e 368 mila persone. C'è un dato che preoccupa anche di più ed è quello dell'incidenza della povertà relativa, che si mantiene elevata per le famiglie di operai e assimilati e per quelle famiglie con persone di riferimento in cerca di occupazione. I dati ci dicono che la popolazione esposta al rischio povertà in Italia è di quasi 18 milioni di persone.
Come è possibile rimanere indifferenti di fronte a queste cifre, che sono veramente allarmanti? Una situazione drammatica, cui il reddito di cittadinanza può porre rimedio perché rappresenta una soluzione organica e strutturale.
Il reddito di cittadinanza che noi proponiamo è una vera e propria manovra economica che contrasta la povertà e attua una reale redistribuzione della ricchezza in vista della piena occupazione. Dignità per un reddito sufficiente, dicevamo, ma anche e soprattutto dignità di un lavoro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
È questo il punto centrale del discorso, Presidente: perché il reddito di cittadinanza e non il reddito di inclusione? Il reddito di inclusione, istituito dal Governo Renzi, non è una soluzione, ma una proposta ingannevole. È insufficiente per contrastare la povertà, perché non prende in considerazione il mercato del lavoro. Il Rei riflette bene l'impostazione dei Governi che ci hanno preceduto, quella di uno Stato minimo, che ha il ruolo marginale di erogare prestazioni appena sufficienti a garantire la sopravvivenza. Questa per noi non è dignità; il Rei è una misura selettiva e inadeguata, che semplicemente finisce per creare poveri di serie A e poveri di serie B, che, per come è costituito, lascia fuori dalla platea dei beneficiari i giovani e i pensionati. Come possiamo combattere la povertà in Italia in questo modo, come possiamo aiutare i ragazzi a costruirsi un futuro?
La politica deve iniziare a perseguire il benessere del cittadino, riconoscendone e tutelandone i diritti fondamentali, quindi i diritti alla vita decorosa, al lavoro, all'istruzione, all'informazione, alla cultura.
Il reddito di cittadinanza che noi vogliamo costruire è da considerarsi una politica attiva sul lavoro; non è una misura assistenzialista, come impropriamente detto. É uno strumento, quindi, che può garantire ai cittadini, che finiscono fuori dal mercato del lavoro, di non perdersi, attraverso un percorso che prevede tre livelli: formazione, riqualificazione e reinserimento. Il sistema del reddito di cittadinanza prevede che i soggetti beneficiari vengano presi in carico dai centri per l'impiego, che saranno anch'essi oggetto di riforma, per permettere, quindi, una reale convergenza tra la domanda e l'offerta di lavoro.
Non si può dire lo stesso per il reddito di inclusione, che prevede solo formalmente dei modesti percorsi di reinserimento per i beneficiari della misura, senza, però, avere la missione principale di riformare i centri per l'impiego.
Un corto circuito, questo, che fa di questo strumento, del Rei, una misura assistenzialista. In un mercato del lavoro che è sempre più flessibile e sempre innovativo, sempre in movimento, il reddito di cittadinanza permette una transizione dolce tra gli impieghi, garantendo continuità economica anche nei periodi di mancata occupazione e, dunque, cittadini tutelati, che non si sentono abbandonati dallo Stato, cittadini motivati, che non si perdono d'animo, ma anzi continuano nel loro percorso di formazione, ma anche cittadini responsabilizzati, che accedono al reddito di cittadinanza solo nel caso di accettazione dell'offerta di lavoro proveniente dai centri per l'impiego. Quindi, una circolarità di ruoli e funzioni, che viene modellata attorno alla figura del cittadino. Ecco, lo Stato con la “S” maiuscola, in cui noi crediamo. Ecco perché il Rei, invece, non può essere considerato uno strumento neanche lontanamente adatto a risolvere i problemi di povertà e di mancanza di lavoro.
Tante volte, anche oggi, abbiamo sentito parlare di Europa, abbiamo sentito dire “ce lo chiede l'Europa”. E, quindi, in quest'Aula viene utilizzata l'Europa soltanto per giustificare le manovre lacrime e sangue, che finora hanno significato soltanto rinunce dei diritti da parte dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). In realtà, in Europa, tantissimi cittadini già usufruiscono dello strumento del reddito di cittadinanza, per combattere la povertà e l'esclusione sociale. Fanno eccezione soltanto l'Italia e la Grecia. E l'Italia non può rimanere indietro, non possiamo arrivare ultimi in questa rivoluzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!
A chiedercelo sono proprio quei cittadini, che noi vediamo rovistare tra i rifiuti, o quelli che sono ospiti abituali della Caritas, per garantirsi un pasto caldo. Ma sono soprattutto quei ragazzi che stanno perdendo l'appuntamento con la storia, quei ragazzi che hanno perso il lavoro o che non sono entrati ancora a fare parte del mondo del lavoro o quei ragazzi che guardano il mondo del lavoro con sempre maggiore sfiducia. Tanti ragazzi hanno smesso di cercarlo un lavoro, perché non ci credono più e fuggono all'estero perché soltanto così possono dare risposta alle loro esigenze.
Quindi, oggi concludo, Presidente, dicendo che siamo chiamati ad un atto di responsabilità, nei confronti del Paese e nei confronti di tutti gli italiani, nei confronti del popolo italiano che si rivolge alle istituzioni. È il momento delle scelte, è un momento importante, è il momento di decidere da che parte stare. Noi stiamo dalla parte dei diritti sociali, stiamo dalla parte dei giovani, stiamo dalla parte dei pensionati, stiamo dalla parte del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Finalmente in Italia esiste un Governo che ascolta i cittadini e le loro esigenze. Ogni voto contrario a questa mozione sarà solo espressione di profonda incoscienza e irresponsabilità. Chi di voi voterà contro dovrà rispondere alla propria coscienza. Concludo, Presidente, annunciando a nome del MoVimento 5 Stelle il nostro voto favorevole alla presente mozione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Grazie Presidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Fatuzzo. Ne ha facoltà, per due minuti.
CARLO FATUZZO (FI). Spero che non abbia fatto partire il cronometro, Presidente.
PRESIDENTE. No, collega, prego.
CARLO FATUZZO (FI). Sarò brevissimo, ma è meglio che sia prudente. Chi sono i poveri più poveri dei poveri? I poveri più poveri dei poveri sono coloro che sono anche inabili al 100 per cento. Cosa si aspettano gli inabili al 100 per cento, che hanno la pensione per inabilità totale, che attualmente prendono 279 euro al mese, fermi dal 1960, mai aumentata? Si aspettano che venga immediatamente, il più presto possibile, subito, aumentata questa pensione, da euro 279 al mese a euro 780 al mese. Fatelo, fatelo subito. Viva i pensionati. Pensionati, all'attacco!
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazioni)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
Avverto che, non essendo state avanzate richieste di votazioni per parti separate sulla mozione Carnevali ed altri n. 1-00009 (Nuova formulazione), il parere del Governo deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Carnevali ed altri n. 1-00009 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).
Passiamo alla votazione della mozione Rizzetto ed altri n. 1-00016.
Avverto che i presentatori della mozione Rizzetto ed altri n. 1-00016 hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare le parti sulle quali il Governo ha espresso parere contrario distintamente da quelle sulle quali il Governo ha espresso parere favorevole.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-00016, limitatamente alla premessa e ai capoversi primo, secondo, terzo, quinto, sesto e ottavo del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
(Segue votazione)
Revoco la votazione. È necessario votare prima la mozione Rostan ed altri. È un errore della Presidenza.
Passiamo alla votazione della mozione Rostan ed altri n. 1-00012.
Avverto che i presentatori hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare le parti sulle quali il Governo ha espresso parere contrario distintamente da quelle sulle quali il Governo ha espresso parere favorevole.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rostan ed altri n. 1-00012, limitatamente alla premessa e ai capoversi primo, secondo e terzo del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rostan ed altri n. 1-00012, limitatamente al quarto capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 10).
Passiamo alla votazione della mozione Rizzetto ed altri n. 1-00016.
Avverto che i presentatori della mozione Rizzetto ed altri n. 1-00016 hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare le parti sulle quali il Governo ha espresso parere contrario distintamente da quelle sulle quali il Governo espresso parere favorevole.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-00016, limitatamente alla premessa e ai capoversi primo, secondo, terzo, quinto, sesto e ottavo del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-00016, limitatamente ai capoversi quarto e settimo del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 12).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione D'Uva, Molinari ed altri n. 1-00018, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 13).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Lupi e Schullian n. 1-00020, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Aprea ed altri n. 1-00023, sulla quale il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Magi ed altri n. 1-00029, sulla quale il Governo ha espresso parere contrario.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).
Discussione del disegno di legge: S. 717 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (Approvato dal Senato) (A.C. 1117-A) (ore 16).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1117-A: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
(Esame di questioni pregiudiziali - A.C. 1117-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame delle questioni pregiudiziali Migliore ed altri n. 1, Sisto e Occhiuto, n. 2 e Lollobrigida ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A).
A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, in caso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, purché appartenenti a gruppi diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati, per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti. Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
Il deputato Stefano Ceccanti ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Migliore ed altri n. 1, di cui è cofirmatario.
STEFANO CECCANTI (PD). Grazie, Presidente. Mi vorrei concentrare sui tre problemi più gravi che si pongono su questo decreto. Il primo, di gran lunga più importante in termini di sistema, è quello della sua eterogeneità. Come sappiamo, il «milleproroghe» è tradizionalmente esposto a questo problema, perché l'omogeneità sarebbe data in ipotesi dal ricorso a proroghe. Il problema non si pone tanto in partenza, giacché a quel livello intervengono vari fattori deterrenti, compreso il controllo della Presidenza della Repubblica.
PRESIDENTE. Scusi un attimo, collega. Colleghi, è possibile abbassare il tono della voce? Prego, collega.
STEFANO CECCANTI (PD). Controllo della Presidenza agevolato dalla giurisprudenza della Corte, che è già più volte è intervenuta in merito, invitando a un maggiore rigore.
Il nodo sta soprattutto nella micro-legislazione che, dietro lo schermo di proroghe più o meno fittizie, viene introdotta nel corso dell'esame parlamentare, micro-legislazione che di norma non proviene, nonostante le apparenze, da singoli parlamentari, ma da esigenze che originano dal Governo e dalla maggioranza, che possono così eludere i controlli a monte.
L'indicatore principale ci è fornito dalla crescita del numero dei commi. Il “milleproroghe” straordinario di quest'anno, fatto a luglio anziché a dicembre, ossia quello che potremmo chiamare il “milleproroghe antipasto”, è partito con ventotto commi e, nel corso dell'esame al Senato, è addirittura triplicato, salendo a 75: è una crescita in linea con la legislatura precedente che possa essere portata a scusante? Decisamente no, anche se si volesse prescindere - ma ovviamente non lo si può fare - dal fatto che è un antiproroghe antipasto.
I “milleproroghe” della scorsa legislatura hanno avuto questa crescita, è bene essere precisi con i numeri: nel 2013, da 70 a 98 commi; nel 2014, da 64 a 141; nel 2015, da 54 a 131; nel 2016, da 95 a 216; mai si è avuta una triplicazione dei numeri. Per di più, nella precedente legislatura, a differenza di quanto sta accadendo in queste ore, i commi non sono mai cresciuti nella seconda Camera di esame; nel 2013 scesero di 1 e negli altri casi venne confermato il testo proveniente dalla prima Camera. Nell'esame in Commissione, viceversa, i commi sono ulteriormente cresciuti di quattro. Due record quindi niente male: di crescita quantitativa complessiva e di aumento anche nella seconda Camera, e siamo per l'appunto solo all'antipasto. I conti completi li faremo a dicembre, ma già oggi si registra una bella smentita per chi aveva esordito denunciando gli eccessi della decretazione e promuovendo la cosiddetta centralità del Parlamento.
Gli altri due aspetti sono relativi a disposizioni introdotte per intese di maggioranza nel corso dell'esame parlamentare, a conferma di come esso venga utilizzato in via surrettizia da Governo e maggioranza, come dicevo in precedenza, per sfuggire ai controlli preventivi e non certo per rispondere a esigenze emerse nel dibattito.
Si tratta anzitutto dell'articolo 13, snaturato con un emendamento volutamente contorto, che ha approfittato della giurisprudenza costituzionale sul Titolo V non già per limitarsi a rispettarla, ma per usarla come un cavallo di Troia per definanziare il preesistente “piano periferie”. Prima c'è stata la sentenza n. 247 del 2017, che ha affermato il principio che il vincolo di pareggio, che non include la possibilità di avanzo, debba valere solo a livello di comparto comunale e non di singoli enti: se ci sono effetti di finanza pubblica - dice la Corte -, il Governo si deve arrangiare e mettere i soldi a copertura. Questa sentenza non comportava tagli di nessun tipo al “bando periferie”.
Poi c'è stata la sentenza n. 74 del 2018, che è una sentenza sulla procedura, che chiede l'intesa con le regioni e non ha niente a che fare con le coperture: si risolveva solo mettendo il vincolo di un'intesa preventiva o successiva, come è stato fatto, ma senza cambiare e definanziare altro.
Posto quindi che la giurisprudenza della Corte non comportava alcun definanziamento, l'idea di utilizzarla come cavallo di Troia per rimettere in discussione impegni di spesa già concordati con enti locali, oltre agli elementi paradossali, in quanto si interviene per inserire un'intesa con le regioni, ma si rompono intese già stabilite con i comuni, che fine fa il principio costituzionale di valorizzazione delle autonomie locali solennemente affermato nell'articolo 5 della Costituzione e il connesso principio di leale cooperazione?
L'ultimo aspetto su cui vorrei intervenire, non ultimo per importanza, è quello relativo ai vaccini. Far sopravvivere a oltranza, oltre una breve fase di transizione, l'autocertificazione, magari con la riserva mentale di prorogarla ulteriormente con l'analogo decreto di dicembre, significa scegliere una soluzione palesemente irragionevole.
Andando alla materialità dell'applicazione della norma, non si capisce infatti perché, in una fase a regime, avendo a disposizione un foglio di avvenuta vaccinazione lo si dovrebbe nascondere a favore di uno che l'autocertifica. Al di là di questa evidente irragionevolezza, è evidente che in gioco c'è il diritto alla salute, perché, anche ipotizzando un comportamento virtuoso della grande maggioranza dei cittadini, compresi coloro che decidessero stranamente di ricorrere all'autocertificazione, sarebbe sufficiente una piccola quota a determinare effetti a catena rilevantissimi per la salute di un numero ingente di bambini.
Non è un segreto per nessuno che questa piccola minoranza antiscientifica esiste, ed è ad essa, anziché al diritto alla salute di tutti, che la norma si rivolge. Le fonti di informazione hanno ad esempio riportato il testo di un comunicato del MoVimento 5 Stelle piemontese che plaudiva all'approvazione dell'emendamento, definendola - cito - “una norma di buonsenso per evitare gli allontanamenti scolastici e la disparità di trattamento”. Una sorta di autodenuncia, giacché è evidente che, se si sostiene che senza autocertificazione ci sarebbe allontanamento, ciò comporta ammettere la falsità dell'autocertificazione. Questo emendamento rappresenta quindi una sorta di 8 settembre delle istituzioni, un armistizio senza chiarezza, ma si sa bene che in questo Governo sul senso e sulle conseguenze dell'8 settembre non c'è appunto particolare chiarezza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Il deputato Francesco Paolo Sisto ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.
FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Presidente, mi sembra estremamente corretto prendere le mosse da una lettura di rapporti politici di questi tempi e invocare una sorta di realismo nell'interpretazione del rapporto fra norma e Costituzione.
Rammenterò che per realismo si intende sostanzialmente una realtà oggettiva di concetti universali riferiti all'immanenza o trascendenza degli individui. La dichiarazione può essere pesante, la definizione può apparire quasi filosofica, ma mi chiedo se dobbiamo essere realisti e parlare di pregiudiziale di costituzionalità se di fronte all'atteggiamento cieco, arrogante, intransigente, ignorante dei princìpi, della maggioranza in Commissione si possa non ravvisare, direi come immanente, una sorta di incompatibilità costituzionale. Cioè, siamo di fronte ad un atteggiamento che suona come uno sberleffo alla Costituzione! L'impossibilità di ragionare e di poter dialogare su terreni che possono essere un minimo vicini ai principi costituzionali rende questa discussione sulla pregiudiziale surreale, perché noi viviamo in un'incompatibilità costituzionale. Quello che accade nelle Commissioni è incompatibile con i princìpi!
Allora possiamo anche discutere di decreto-legge, possiamo discutere di articolo 77, di articolo 70, ma il problema è il rispetto dei cardini minimi della conoscenza di norme, di princìpi, di realtà, di lealtà e di rispetto dei cittadini. Ciò perché, Presidente, trovo incostituzionale che si possa consentire un'autocertificazione sulle condizioni di salute: una sorta di istigazione al reato legalizzata (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), un dato che fa a pugni con qualsiasi principio costituzionale e che suona beffardo nell'ambito della lettura di un provvedimento in cui la maggioranza e il Governo consentono a un quidam de populo di attestare le condizioni di salute.
Ritengo che questa sia proprio la punta dell'iceberg, per comprendere la follia non del “milleproroghe”, ma di un atteggiamento arrogante rispetto ai princìpi del Governo e della maggioranza, perché poi, se dovessimo per un attimo analizzare la fisiologia della conformità alla Costituzione, l'omogeneità del decreto-legge, vi sono argomenti riguardanti enti territoriali, giustizia, ambiente, infrastrutture, politiche sociali, università, cultura, salute, eventi sismici, sport, banche, finanziamenti, sviluppo, cioè siamo di fronte a un pot-pourri di incalcolabile variegatura, che fa a pugni non soltanto con le pronunce della Corte costituzionale (quella del 2012 è emblematica), ma fa a pugni con la logica, perché poi, nell'ambito di questa variegatura tematica, si inseriscono delle norme che nulla hanno di milleproroghe e sono dei veri e propri finanziamenti.
Allora, questo scempio della Costituzione, questo scempio dell'articolo 77 e anche dell'articolo 70 passa inosservato; certo, passa inosservato, perché questo non è un Parlamento, è un numerificio di provvedimenti che vogliono andare a toccare talune pance e taluni consensi, ma senza nessun rispetto di nessun tipo di logica.
Io credo che non c'è stata parola peggio utilizzata, perché, parliamoci chiaro, si può comunicare in tanti modi, ma in Aula si comunica in un solo modo, con i fatti e con il rispetto delle regole. Quando io ascolto la parola “cambiamento” e debbo dare a questa parola un significato, come posso dire, letterale, penso: certo che c'è un cambiamento, ma un cambiamento in peggio; stavamo meglio quando stavamo peggio, questa è la verità (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)! Perché peggio di questo Governo non ce n‘è, non ce n'è, per ignoranza, incapacità, mancanza di ascolto, mancanza di attenzione ai cittadini; il furto con destrezza - come qualcuno lo ha definito - del bando periferie, io dico della banda delle periferie, perché quello che è accaduto è che una banda delle periferie ha privato i comuni di un sostentamento fondamentale e continua ancora, pervicacemente, ad evitare una necessità per attività già avviate; ma si è visto mai che nel milleproroghe vi è una sorta di interruzione, una revoca, autotutela, ma che cosa c'entra questo con la Costituzione? Qui dobbiamo preoccuparci di fondamentali atteggiamenti come togliere ai comuni qualche cosa che già hanno e che hanno già avviato, stopparlo in virtù di che cosa non si comprende, con pervicacia e con incapacità di dialogo.
Allora, Presidente, non è solo il vincolo di omogeneità che, fra l'altro, è suffragato da norme; scusate se qui faccio riferimento a qualche norma, mi rendo conto che le norme sono fuori moda, le competenze sono diventate un optional addirittura negativo, perché meno si sa e meglio è, ovvio, perché se qualcuno sa, si rende conto di quello che accade e, quindi, è meglio non rendersi conto di quello che sta accadendo. L'articolo 15, terzo comma, della legge 23 agosto 1988, n. 400, chiarisce che cosa significa “omogeneità”, con un'interpretazione autentica dalla norma costituzionale, del capoverso dell'articolo 77. Cioè significa che bisogna dare ad un provvedimento una logica, un fil rouge, ci deve essere un legame, qualche cosa che consente una riconoscibilità, altrimenti non siamo più di fronte ad un decreto-legge con quelle caratteristiche, siamo di fronte ad un arbitrio nell'ambito delle scelte del Governo.
E qual è poi l'urgenza? Dov'è l'urgenza di talune norme che sono, come posso dire, dei delicati cadeau in favore di determinate categorie e non me ne vorranno coloro che nella scorsa legislatura hanno rimproverato a chi governava esattamente lo stesso atteggiamento, cioè un atteggiamento di protezionismo individualizzato verso determinate sacche e sta accadendo esattamente la stessa cosa, anzi moltiplicata, perché, qui, le sacche si sono moltiplicate e si tratta di dare un contentino a soggetti della più varia specie.
Noi nei lavori della Commissione abbiamo cercato disperatamente - il termine non è usato a caso, disperatamente -, con convinzione, con, direi anche, in qualche modo, fiducia, di provare a modificare qualche passaggio, ma il risultato qual è stato? Un provvedimento che disonora il Parlamento, che si propone oggi ai cittadini come una sorta di somma indistinta di lasciti, di donazioni, dove il termine proroga è quasi minoritario rispetto agli altri provvedimenti.
Allora, Forza Italia che cosa può fare? Alzare alto il grido di protesta contro questo atteggiamento, convinti che, consentitemi una piccola citazione latina, gutta cavat lapidem, banale, cioè che progressivamente noi spiegheremo agli italiani come funziona questa maggioranza, qual è il tipo di atteggiamento che porta avanti la esatta antipodicità, contrarietà rispetto agli interessi degli italiani, laddove, quando si contrabbanda come comunicazione un risultato positivo, in realtà si ottiene esattamente il contrario, una confusione normativa e costituzionale che si crea soltanto nell'andirivieni, nelle ondulazioni, nell'andare avanti e poi andare due passi indietro per fare mezzo passo avanti, nella incertezza delle scelte e quando, Presidente, si è incerti nelle scelte, vuol dire che non si hanno le idee chiare e se non si hanno le idee chiare, non si può governare. Il Governo presuppone chiarezza, coerenza, competenza.
La Costituzione è vilipesa e offesa, ma credo che, da questo punto di vista, proporre una questione di legittimità costituzionale o di pregiudiziale costituzionale costituisca il minimo sindacale. Noi le proporremo sempre e costantemente nella speranza che qualcuno ascolti e quando qualcuno ascolterà il richiamo della Costituzione, non potrà fare altro che dire che tutto quello che state facendo è contro lo Stato e non è affatto, come voi ritenete, verso il popolo, è contro il popolo e Forza Italia, invece, ha un DNA completamente diverso. Noi ci batteremo sempre, sempre, costantemente, per il rispetto dei principi.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
FRANCESCO PAOLO SISTO (FI). Allora, Presidente, ecco, vede, quel campanello che lei ha suonato, vorrei che suonasse nelle coscienze di ciascuno, lo stavo aspettando apposta per dire questo, lo ripeto, nelle coscienze di ciascuno. È un campanello che deve suonare nelle coscienze di ciascuno, perché ciascuno, rispettando la Costituzione, possa per un attimo pensare che anche se vi è un richiamo al proprio partito, si possa rispettare quello che, come posso dire, è l'unico, l'unico passaggio fondamentale del nostro sistema: il rispetto della Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ylenja Lucaselli, che illustrerà anche la mozione Lollobrigida ed altri n. 3. Ne ha facoltà.
YLENJA LUCASELLI (FDI). Presidente, mi ricollego immediatamente a quello che diceva il collega Sisto parlando di principi e rimando a quei principi. Ecco, più ancora che ai principi, credo che quest'Aula dovrebbe rimandare se stessa e il proprio operato alle regole, perché se la nostra nazione ha un problema è proprio questo, probabilmente: il fatto che ci sono tante, forse, alle volte, troppe regole e che, troppo spesso, quelle regole non vengono rispettate. E ogni volta che noi non rispettiamo una regola, anche se sbagliata, in realtà, indeboliamo il nostro Stato ed è questo che stiamo facendo, in questo momento, con la discussione che si è conclusa ieri sera su questo milleproroghe.
Vedete, io ho ancora in mente, forte, le parole di quella che all'epoca era l'opposizione, non più tardi di pochi mesi fa, che continuava a ripetere che la decretazione d'urgenza è una decretazione d'urgenza e che, quindi, va utilizzata e va applicata secondo le norme che regolano il nostro Stato quando ci sono problemi di urgenza, quindi, quando ci sono contingenze tali da necessitare l'attenzione immediata di quest'Aula.
Ecco, il milleproroghe, in realtà, tutto questo non lo fa; il milleproroghe è pieno di argomenti che spaziano dal pubblico al privato, che spaziano dalla sanità alle indagini e, quindi, al mondo dell'avvocatura, al mondo del vivere sociale, che spazia dalle infrastrutture alle regole più importanti nel nostro Stato. Ora, tutto questo, in realtà, è una forma di sbilanciamento che va contro i principi della nostra Costituzione e non devo ricordare a questa Assise che utilizzare la decretazione d'urgenza in queste forme è, in realtà, una forma di sbilanciamento e di forzatura di quelli che sono gli equilibri dei poteri previsti dall'articolo 70 della nostra Carta costituzionale. È come se, di fatto, si fosse spostato in capo al Governo ogni potere legislativo e in questo spostamento, in realtà, vengono depressi e compressi i diritti dei cittadini che hanno necessità di far sentire le loro voci attraverso i parlamentari, attraverso le attività delle Commissioni. Perché, vedete, siamo stati chiusi in Commissione per tre giorni attardandoci in discussioni serali e, però, in queste discussioni, in realtà, l'opposizione, tutte le opposizioni hanno semplicemente parlato a loro stesse, perché non abbiamo avuto risposte dal Governo, non abbiamo avuto nessun tipo di intervento all'interno di quelle Commissioni che potesse spiegare la scelta politica che in quelle assise si stava svolgendo.
Ora, io vorrei ritornare proprio sul rispetto delle regole, sul rispetto del principio e della nostra Carta costituzionale e vorrei ricordare che la Corte costituzionale, che probabilmente meglio di noi legge quelle che sono le norme e l'applicazione di quelle norme, ci ha più volte ribadito che l'eterogeneità dei contenuti di un decreto – come, in questo caso, il decreto “milleproroghe” - è sintomatico della mancanza dei presupposti costituzionali di adozione del provvedimento d'urgenza. Cioè, l'omogeneità dei contenuti del provvedimento deve essere valutata con riferimento alla materia oggetto della disciplina, che, da un punto di vista teleologico deve essere necessariamente unitaria. Ecco, considerare che questo decreto, che questa decretazione abbia un senso unitario e che ci sia un disegno unitario è eufemia.
Ora, noi abbiamo combattuto all'interno delle Commissioni per una serie di argomenti, abbiamo combattuto all'interno delle Commissioni per far sì che ci sia e ci fosse un'Italia migliore, anche attraverso questa decretazione. Però, non possiamo rimanere sordi di fronte alla assoluta sordità, per esempio mi viene in mente rispetto alla questione dei vaccini, non possiamo rimanere assolutamente sordi rispetto alle necessità delle nostre maestre, non possiamo rimanere sordi rispetto alle necessità palesate da un'Italia evidentemente in difficoltà e che qui si cerca di risolvere attraverso provvedimenti raffazzonati, veloci, ciechi e soprattutto sordi a quello che le opposizioni hanno da dire.
Ed è questo il motivo per il quale, secondo il gruppo di Fratelli d'Italia e davvero mi taccio, la decretazione d'urgenza utilizzata così come è stata utilizzata da questo Governo è una forzatura, è un atto e un provvedimento contro le regole che regolano il nostro Stato, è una forzatura rispetto all'applicazione dei principi costituzionali, ed è per questo che chiediamo che questa assise possa valutare la nostra questione pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Alaimo. Ne ha facoltà.
ROBERTA ALAIMO (M5S). Grazie, Presidente. In relazione al decreto-legge in esame di proroga di termini sono state presentate questioni pregiudiziali da parte delle opposizioni, le quali sostengono che il provvedimento risulti essere viziato sia per il suo contenuto eterogeneo sia perché privo dei requisiti di necessità e urgenza.
Mi fa specie che le accuse arrivino proprio da quelle forze politiche che negli anni passati hanno abusato dello stesso strumento della decretazione d'urgenza.
A nostro avviso, le questioni pregiudiziali presentate, che mirano a bloccare l'esame del provvedimento, sono da considerarsi del tutto infondate, sia in un punto di rilievo di costituzionalità, sia in un punto di merito.
Con riferimento ai requisiti di urgenza e di necessità che giustificano l'adozione del decreto-legge, le pregiudiziali depositate dalle opposizioni richiamano tutte la giurisprudenza della Corte costituzionale. Costante è il richiamo alla sentenza n. 22 del 2012. In realtà, è bene sottolineare che il richiamo a questa sentenza risulta essere pretestuoso, in quanto solo di riflesso tratta della decretazione d'urgenza in quanto tale. Infatti, tale sentenza pone in rilievo non tanto il tema del vaglio dei presupposti di costituzionalità del decreto-legge, quanto il tema dell'ammissibilità degli emendamenti al decreto-legge in sede di sua conversione.
In particolare, la Corte costituzionale ha precisato che, anche se i decreti milleproroghe attengono ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, ciò che conta è che essi devono obbedire ad una ratio unitaria, risiedente in un duplice intento: intervenire con urgenza sulla scadenza di termini, il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, o incidere su situazioni esistenti, pure attinenti ad oggetti e materie diversi, che richiedono interventi regolatori di natura temporale. Dunque, proprio con il richiamo a questa sentenza, di fatto, cadono le accuse di eterogeneità sollevate nelle pregiudiziali, laddove il decreto-legge persegue i fini sopra menzionati. Infatti, la Corte ha anche specificato che il decreto-legge deve essere inteso nella sua interezza, ossia come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo, come appunto per il provvedimento in esame.
Dunque, il presente decreto è da considerarsi necessario ed urgente ed ha come scopo unitario quello di disporre la proroga di alcuni termini di imminente scadenza, al fine di perseguire l'obiettivo di garantire la continuità, l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa.
A dispetto di quanto sostenuto dalle altre forze politiche, il milleproroghe in esame deve essere considerato a nostro avviso omogeneo perché, se pur diversi sono gli ambiti e le materie sulle quali il decreto interviene, unico è lo scopo perseguito dal presente provvedimento.
In ogni caso, pur in presenza di una mera prassi parlamentare, vorrei tranquillizzare i colleghi delle opposizioni che sin dalla scorsa legislatura il MoVimento 5 Stelle ha sempre lottato per il rispetto della nostra Carta costituzionale, di tutte le istituzioni, ma soprattutto dei cittadini.
Quanto al merito, senz'altro delicati ed urgenti devono essere considerati i casi di proroga contemplati nel presente provvedimento, che, in quanto tali, giustificano l'utilizzo del decreto-legge. Cadono di fatto alcune delle accuse provenienti dalle opposizioni, poiché si tratta di disposizioni che sono state soppresse o modificate rispetto a quelle introdotte al Senato, pertanto le suddette pregiudiziali possono essere considerate soltanto delle mere considerazioni politiche prive di qualsiasi fondamento.
Alla luce delle considerazioni svolte, concludo, Presidente, affermando che noi voteremo contro le pregiudiziali presentate dalle forze politiche di opposizione, perché il provvedimento in esame è da considerarsi indispensabile per consentire al Governo di attuare tutte le proroghe di quei termini che sono strettamente collegati a tematiche delicate ed importanti e, quindi, urgenti e necessarie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Tomasi. Ne ha facoltà.
MAURA TOMASI (LEGA). Presidente, grazie. Il gruppo parlamentare Lega-Salvini Premier voterà oggi contro le pregiudiziali di costituzionalità presentate al decreto-legge cosiddetto milleproroghe. La legge di conversione del decreto all'esame dell'Assemblea reca, infatti, diversi interventi relativi alla proroga dei termini previsti da disposizioni legislative.
Senza entrare in un didascalico elenco delle disposizioni contenute, anche perché già oggetto di esame presso le Commissioni I e V, mi limito semplicemente a fare alcune considerazioni sui presupposti di necessità e di urgenza che sono propri di questo provvedimento e che, a dire dagli interventi dell'opposizione, mancherebbero.
In realtà, esso contiene misure diversificate - si parla di eterogeneità, ma l'eterogeneità è in base all'articolo 77 ed in base alla sentenza della Corte costituzionale, che ha in questo senso ribadito quali sono appunto le nozioni e le interpretazioni di eterogeneità - che possono sicuramente trovare collocazione e spazio all'interno dell'articolo 77.
In tal senso, infatti, dicevo, si è espressa la Corte costituzionale, che ha ribadito come l'urgenza e la necessità di provvedere al differimento possa riguardare situazioni straordinarie, complesse e variegate, come nel caso di specie, nel caso in cui questi interventi siano indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti, come questo decreto milleproroghe naturalmente vuole apportare.
Desidero in quest'ambito prendere in considerazione, a dispetto di quanto ha espresso la collega di Fratelli d'Italia, che in realtà questo milleproroghe non è vero che viola i diritti dei cittadini; in realtà li tutela proprio perché va a prorogare norme che, diversamente, in base alle norme legislative, non potrebbero trovare il tempo di essere prorogate.
Il decreto-legge va quindi valutato costituzionalmente legittimo rispetto al suo fine ultimo che intende raggiungere, ovvero rispetto al suo aspetto teleologico-finalistico, che in questo caso risulta essere quello di prorogare dei termini previsti da disposizioni legislative il cui differimento risulta essenziale, perché riguarda direttamente - ripeto: direttamente - la tutela dei cittadini, delle imprese e della stessa pubblica amministrazione.
È comunque ormai costante la prassi di adottare un decreto-legge che consenta di intervenire per superare situazioni concernenti il differimento dei termini previsti da disposizioni legislative che non è possibile, ripeto, attuare attraverso il ricorso ordinario alla legislazione, ancora troppo lento e farraginoso.
Mi fa specie che l'opposizione parli di incostituzionalità del “milleproroghe”, visto che loro stessi sono stati coloro che più hanno abusato di provvedimenti del genere. In definitiva, il motivo per il quale si utilizza lo strumento del provvedimento di urgenza, il quale ha proprio la finalità di superare difficoltà proprie delle amministrazione competenti nell'attuare norme legislative, difficoltà che inevitabilmente vanno superate attraverso l'emanazione di queste norme urgenti, per evitare che la collettività possa in qualche modo esserne svantaggiata.
Per questa ragione, per tutto quanto quindi esposto, il mio gruppo non può che ribadire la costituzionalità di questo decreto-legge, alla luce di quanto previsto dall'articolo 77 della Costituzione, e votare convintamente contro le pregiudiziali presentate (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Migliore ed altri n. 1, Sisto e Occhiuto n. 2 e Lollobrigida ed altri n. 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).
Essendo state respinte le questioni pregiudiziali passiamo, dunque, alla discussione sulle linee generali.
(Discussione sulle linee generali – A.C. 1117-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
EMANUELE FIANO (PD). Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO (PD). Presidente, come già fatto sapere anche al Presidente della Camera, trovo sbagliato e anche poco edificante che nella giornata di oggi la Camera dei deputati non abbia trovato il tempo per commemorare il terribile attentato dell'11 settembre 2001 (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente). In quella giornata terribile, signora Presidente, ognuno di noi, a prescindere dalle appartenenze, dal colore, dal credo politico e religioso, ha toccato con mano a che cosa possa giungere la violenza bestiale di chi odia l'essere umano anche in nome di Dio. E dunque fino ad oggi, negli scorsi sedici anni, quest'Aula ha sempre ricordato quella giornata terribile. Trovo grave e un errore che oggi l'Aula della Camera dei deputati italiana non la ricordi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Collega, prendo atto e ovviamente riferirò al Presidente di questo suo intervento.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Fratelli d'Italia, Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza per la Commissione affari costituzionali, la deputata Vittoria Baldino.
VITTORIA BALDINO, Relatrice per la maggioranza per la I Commissione. Presidente, l'Assemblea avvia oggi la discussione del disegno di legge n. 1117-A approvato dal Senato, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Ricordo preliminarmente che il disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame è stato approvato, con modificazioni, dal Senato nella seduta del 6 agosto 2018; le Commissioni riunite I e V della Camera ne hanno iniziato l'esame il 4 settembre 2018, apportando alcune modificazioni rispetto al testo definito dal Senato, nel corso di un ampio ed articolato dibattito in sede referente; nella seduta del 10 settembre 2018 è stato conferito il mandato ai relatori a riferire in senso favorevole sul testo risultante dalle modifiche approvate dalle Commissioni riunite I e V.
Come relatrice della I Commissione illustrerò le disposizioni che afferiscono principalmente agli ambiti di competenza della I Commissione: i commi 2, 2-bis e 2-ter dell'articolo 1 e gli articoli da 2 a 8-bis. Afferiscono, invece, principalmente agli ambiti di competenza della V Commissione i commi da 2-quater a 2-sexies dell'articolo 1, l'articolo 1-bis e gli articoli da 9 a 13-ter, sui quali riferirà il relatore per la V Commissione.
Vorrei dapprima dare atto brevemente delle principali modifiche apportate in sede referente su tali materie e quindi illustrare il contenuto del provvedimento nel suo complesso per le parti di competenza.
In primo luogo, all'articolo 1 le Commissioni hanno introdotto norme (nuovi commi 2-bis e 2-ter) per la proroga, dal 31 dicembre 2018 al 30 giugno 2019, dei termini entro i quali diventa obbligatoria la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni fino a 5 mila abitanti, ovvero fino a 3 mila abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane; è istituito, presso la Conferenza unificata, un tavolo tecnico-politico con il compito di definire le linee guida di revisione della disciplina di province e città metropolitane.
All'articolo 5 è stato introdotto il nuovo comma 1-bis, che proroga al 15 novembre 2018, in luogo del 30 settembre 2018, come previsto dall'articolo 1, comma 155, delle legge n. 205 del 2017, il termine entro il quale la Commissione tecnica di studio sulla gravosità delle occupazioni, prevista dalla legge di bilancio per il 2018, conclude i propri lavori.
Per quanto concerne l'articolo 6, recante proroga di termini in materia di istruzione e università, le Commissioni hanno disposto la soppressione dei commi 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies, in materia di proroga del mandato del personale scolastico in servizio all'estero e di facoltà di inserimento di ulteriori categorie di docenti nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento.
Inoltre, è stata approvata una nuova formulazione (nuovo comma 3-quater) relativa ai termini per la presentazione della documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni e alla possibilità di presentare una dichiarazione sostitutiva.
Infine, sono stati introdotti nuovi commi, 3-sexies, 3-septies e 3-octies, recanti differimento di termini in materia di requisiti di ammissione all'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo (prova a carattere nazionale predisposta dall'Invalsi e attività nell'ambito dell'alternanza scuola-lavoro) e di utilizzo delle risorse stanziate per la carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche.
Passando alle singole disposizioni, l'articolo 1 reca “Disposizioni di proroga di termini in materia di enti territoriali”. In particolare, il comma 2, modificato dal Senato, dispone che le elezioni dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali, il cui mandato sia in scadenza, si svolgano in un'unica tornata il 31 ottobre 2018.
Si prevede inoltre che, in tale quadro, abbiano luogo contestualmente le elezioni del rispettivo consiglio provinciale o presidente di provincia, qualora sia in scadenza per fine mandato entro il 31 dicembre 2018. Solo per tale tornata elettorale sono eleggibili alla carica di presidente della provincia i sindaci della provincia il cui mandato scada non prima di dodici mesi dalle elezioni in luogo della disciplina ordinaria che richiede che il mandato da sindaco scada non prima di diciotto mesi dalla data delle elezioni.
I commi 2-bis e 2-ter, introdotti nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, hanno prorogato dal 31 dicembre 2018 al 30 giugno 2019 i termini entro i quali diventa obbligatoria la gestione in forma…
PRESIDENTE. Scusi, collega, un attimo. Prego, relatrice Baldino.
VITTORIA BALDINO, Relatrice per la maggioranza per la I Commissione. Grazie. I termini entro i quali diventa obbligatoria la gestione in forma associata delle funzioni fondamentali dei piccoli comuni fino a 5.000 abitanti ovvero fino a 3.000 abitanti, se appartengono o sono appartenuti a comunità montane. È istituito presso la Conferenza Unificata un tavolo tecnico-politico con il compito di definire le linee guida di revisione della disciplina di province e città metropolitane anche al fine del superamento dell'esercizio obbligatorio.
L'articolo 2 reca disposizioni di proroga di termini in materia di giustizia. Il comma 1 proroga al 1° aprile 2019 l'efficacia della riforma della disciplina delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017.
Il comma 2 sospende fino al 15 febbraio 2019 l'efficacia delle disposizioni della legge n. 103 del 2017, la cosiddetta legge Orlando, con la quale sono state apportate modifiche alla disciplina della partecipazione al procedimento penale mediante videoconferenza.
Il comma 3, modificato nel corso dell'esame al Senato, proroga al 1° gennaio 2022 il termine per il temporaneo ripristino delle sezioni distaccate di tribunale operanti a Ischia, Lipari e Portoferraio.
Il comma 3-bis introdotto al Senato contiene la clausola di invarianza finanziaria relativa alle proroghe recate dal comma 3.
Il comma 3-ter, introdotto dal Senato, inserisce un ulteriore comma all'articolo 2 del decreto-legge che anticipa al 26 febbraio di ciascun anno il termine, attualmente fissato al 28 febbraio, entro il quale deve essere riscosso dal Consiglio nazionale del notariato il contributo relativo alle forme collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile.
Il comma 3-quater, introdotto nel corso dell'esame al Senato, novellando l'articolo 49 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 di riforma della professione forense, differisce di ulteriori due anni l'entrata in vigore della nuova disciplina dell'esame di Stato. Le nuove modalità di svolgimento delle prove entreranno quindi in vigore a partire dalla sessione d'esame 2020, anziché dalla sessione 2018.
L'articolo 3 reca disposizioni di proroga di termini in materia di ambiente, di vendita di energia elettrica e gas naturale e di energia. In particolare il comma 1 proroga al 31 agosto 2019 il termine per la denuncia del possesso di animali da compagnia tenuti a scopo non commerciale appartenenti a specie esotiche invasive iscritte nell'apposito elenco.
Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, proroga dal 1° luglio 2019 al 1° luglio 2020 la cessazione del regime di maggior tutela nel settore del gas naturale e la cessazione del regime di maggior tutela nel settore dell'energia elettrica.
Il comma 1-ter, introdotto al Senato, proroga di 24 mesi il termine entro il quale gli impianti - inseriti nelle graduatorie pubblicate dal GSE - devono entrare in esercizio ai fini dell'accesso agli incentivi previsti dal decreto interministeriale 23 giugno 2016.
L'articolo 4 reca disposizioni di proroga di termini in materia di infrastrutture. In particolare il comma 1 proroga dal 30 settembre 2018 al 31 dicembre 2019 il termine entro il quale il CIPE deve individuare le modalità di impiego delle risorse già destinate all'edilizia scolastica, che si siano rese disponibili a seguito di definanziamenti, da destinare alle medesime finalità di edilizia scolastica.
Il comma 1-bis introdotto nel corso dell'esame al Senato modifica il termine per la certificazione dell'avvenuta realizzazione degli interventi relativi a programmi straordinari di manutenzione della rete viaria di province e città metropolitane, fissandolo al 30 giugno (anziché al 31 marzo come prevede attualmente il comma 1078 della legge di bilancio 2018), successivo all'anno di riferimento.
Il comma 2 differisce al 31 ottobre 2019 l'entrata in vigore del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 29 luglio 2016 n. 206, per l'individuazione dei soggetti autorizzati alla tenuta dei corsi di formazione al salvamento in acque marittime, acque interne e piscine e al rilascio delle abilitazioni all'esercizio dell'attività di assistente bagnante, prorogando contestualmente alla medesima data le autorizzazioni all'esercizio di attività di formazione e concessione per lo svolgimento dell'attività di salvamento acquatico, rilasciate entro il 31 dicembre 2011.
Il comma 3 differisce al 1° gennaio 2019 l'applicazione dell'obbligo di titolarità della patente nautica per la conduzione di unità aventi motori di cilindrata superiore a 750 centimetri cubi a iniezione a due tempi. Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, proroga dal 30 settembre 2017 al 2 dicembre 2018 il termine entro il quale le regioni che intendono affidare i servizi di trasporto ferroviario regionale possono pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea l'avviso previsto dall'articolo 7, comma 2, del regolamento n. 1370 del 2007 al fine di evitare la riduzione dei trasferimenti del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale prevista dall'articolo 27, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017.
Il comma 3-ter, introdotto al Senato, rende meno stringenti le condizioni per il riconoscimento alle regioni della quota del 20 per cento del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale limitando al solo anno 2017, anziché come previsto dalla normativa vigente al quadriennio 2017-2020, l'obbligo di certificare l'avvenuta erogazione a ciascuna provincia e città metropolitana del rispettivo territorio delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite.
Il comma 3-quater, introdotto nel corso dell'esame al Senato, modifica le scadenze previste dalla disciplina recata dall'articolo 13-bis del decreto-legge n. 148 del 2017 relativa all'affidamento della concessione autostrade concernente l'autostrada A22 Brennero-Modena.
L'articolo 4-bis, introdotto dal Senato, proroga fino al 2019 il regime transitorio riguardante le modalità di attribuzione dei contributi stanziati per le emittenti radiofoniche locali previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 146 del 2017 che ha dato attuazione a quanto previsto dall'articolo 1, comma 163, della legge n. 208 del 2015.
L'articolo 5 modifica i termini temporali di decorrenza della disciplina sulla precompilazione, da parte dell'INPS, della dichiarazione sostitutiva unica (DSU) relativa all'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e sopprime la previsione che la medesima modalità precompilata sia, a regime, l'unica possibile.
Il nuovo comma 1-bis, introdotto alla Camera in sede referente, proroga al 15 novembre 2018 (in luogo del 30 settembre 2018 come previsto dall'articolo 1, comma 155, della legge n. 205 del 2017) il termine entro il quale la Commissione tecnica di studio sulla gravosità delle occupazioni, prevista dalla legge di bilancio per il 2018, conclude i propri lavori.
L'articolo 6 reca disposizioni di proroga di termini in materia di istruzione e università. In particolare il comma 1, modificato nel corso dell'esame al Senato, proroga dal 6 agosto 2018 al 31 ottobre 2018 il termine entro il quale la Commissione esaminatrice per il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale deve concludere la valutazione delle domande relative alle procedure pendenti alla data di entrata in vigore del decreto. Si tratta delle domande relative alla quinta tornata della procedura di abilitazione scientifica nazionale avviata con decreto direttoriale 29 luglio 2016 n. 1532.
Il comma 2 dell'articolo 6 estende all'anno accademico 2018-2019 la possibilità di attingere alle graduatorie nazionali ad esaurimento, di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge n. 97 del 2004, per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo indeterminato e a tempo determinato nelle Istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM). A tal fine si novella l'articolo 19, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2013.
Il comma 3 consente, nelle more della piena applicazione delle procedure innovative introdotte dal decreto legislativo n. 64 del 2017, di utilizzare anche per il prossimo anno scolastico graduatorie in vigore nell'anno scolastico corrente, sia per ricoprire eventuali vuoti nel contingente del personale operante presso le scuole italiane all'estero, sia per far fronte a esigenze di servizio non programmate mediante assegnazione temporanea all'estero.
I commi 3-bis e 3-ter, introdotti nel corso dell'esame al Senato, differiscono rispettivamente dal 31 dicembre 2017 al 31 dicembre 2018 il termine di adeguamento delle strutture adibite a servizi scolastici e ad asili nido alla normativa antincendio, nel caso in cui a ciò non si sia già proceduto. A tal fine novellano rispettivamente i commi 2 e 2-bis dell'articolo 4 del decreto-legge n. 244 del 2016.
Il comma 3-quater, introdotto al Senato e modificato nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, interviene su una disposizione transitoria prevista dall'articolo 5 del decreto-legge n. 73 del 2017 convertito in legge n. 119 del 2017 che aveva stabilito la possibilità, per dimostrare l'effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie, di presentare presso i servizi educativi e le scuole dell'infanzia, incluse le private non paritarie, una dichiarazione sostitutiva della documentazione originale. La nuova disposizione ha prorogato la possibilità di presentare la dichiarazione sostitutiva al presente anno scolastico 2018-2019 oltre che al calendario dei servizi educativi per l'infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale 2018/2019; ha inoltre fissato il 10 marzo 2019 come nuovo termine di presentazione della documentazione comprovante l'effettuazione delle vaccinazioni.
Il comma 3-quinques, introdotto nel corso dell'esame al Senato, proroga dal 31 agosto 2018 al 31 dicembre 2018 il termine entro il quale deve essere sottoposto a verifica di vulnerabilità sismica ogni immobile adibito ad uso scolastico situato nelle zone a rischio sismico classificate 1 e 2, con priorità per quelli situati nei comuni compresi negli allegati del decreto-legge n. 189 del 2016, relativo alle regioni del centro Italia colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017 (cioè Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria). A tal fine, si novella l'articolo 20-bis, comma 4, del decreto-legge n. 8 del 2017.
Il comma 3-sexies, introdotto nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, differisce termini in materia di utilizzo delle risorse stanziate per la carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle istituzioni scolastiche.
I nuovi commi 3-septies e 3-octies, introdotti alla Camera nel corso dell'esame in sede referente, differiscono (dal 1° settembre 2018) al 1° settembre 2019 il termine (previsto dall'articolo 26, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 62 del 2017) di entrata in vigore delle disposizioni del medesimo decreto legislativo, in base alle quali, per l'ammissione all'esame di Stato nel secondo ciclo di istruzione, a partire dall'anno scolastico 2018/2019, sarebbero stati necessari, rispettivamente: la partecipazione, durante l'ultimo anno di corso, alle prove a carattere nazionale predisposte dall'INVALSI, volte a verificare i livelli di apprendimento in italiano, matematica e inglese; lo svolgimento di attività di alternanza scuola-lavoro nel secondo biennio e nell'ultimo anno di corso per 400 ore negli istituti tecnici professionali e professionali e per 200 ore nei licei (o, per i candidati esterni, di attività ad esse assimilabili).
Le disposizioni recate dal comma 3-octies intervengono nelle more della revisione della disciplina dei percorsi di alternanza scuola-lavoro.
L'articolo 7 reca disposizioni di proroga di termini in materia di cultura. In particolare, il comma 1, venendo incontro ai rilievi espressi dal Consiglio di Stato, estende anche ai soggetti che compiono diciotto anni nel 2018 l'assegnazione della carta elettronica per i giovani, la cosiddetta “card cultura” introdotta dalla legge di stabilità 2016. A tal fine, si interviene sul primo periodo del comma 626 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2017.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 16,55)
VITTORIA BALDINO, Relatrice per la maggioranza per la I Commissione. L'articolo 8 reca disposizioni di proroga di termini in materia di salute. In particolare, i commi da 1 a 4 recano un complesso di proroghe e di modifiche di norme transitorie in materia di salute umana e di sanità veterinaria.
I commi 1 e 2 concernono le ricette dei medicinali veterinari e dei mangimi medicati, il cui obbligo di redazione in formato elettronico è posticipato dal 1° settembre 2018 al 1° gennaio 2019.
Il comma 3 modifica la disciplina di una quota premiale nell'ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
Il comma 4 riguarda alcune deroghe transitorie per la regione Sardegna in materia di spesa sanitaria.
Il comma 4-bis, introdotto al Senato, sospende fino al 18 dicembre 2018 i termini per il pagamento delle imposte di consumo dovute su alcuni prodotti succedanei dei prodotti da fumo.
Il comma 4-ter, introdotto al Senato, posticipa dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019 la scadenza della possibilità, per i medicinali omeopatici prodotti in un Paese dell'Unione europea e presenti sul mercato italiano alla data del 31 dicembre 1992, di essere mantenuti in commercio in base alla precedente autorizzazione, senza previo rinnovo della medesima.
L'articolo 8-bis, introdotto al Senato, riapre, limitatamente ai produttori artigianali, il termine per la comunicazione all'autorità sanitaria territorialmente competente degli stabilimenti che seguono le attività di cui al regolamento 2023/2006/CE, che disciplina le buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. Lascio ora la parola al collega relatore per la V Commissione per il seguito dell'illustrazione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la V Commissione (Bilancio), il deputato Giuseppe Buompane.
GIUSEPPE BUOMPANE, Relatore per la maggioranza per la V Commissione. Grazie, Presidente. Come già preannunciato dalla relatrice per la I Commissione, onorevole Baldino, che ringrazio, nel corso della mia esposizione mi soffermerò sulle parti del provvedimento prevalentemente di competenza della V Commissione e, vale a dire, l'articolo 1, ad esclusione dei commi 2, 2-bis e 2-ter, l'articolo 1-bis e gli articoli da 9 a 13-ter.
Richiamando brevemente le modifiche apportate nel corso dell'iter alla Camera presso le Commissioni riunite I e V - che saranno esaminate nel prosieguo più nel dettaglio - ricordo che all'articolo 1 è stata definita una nuova formulazione delle norme (commi 2-quater e 2-quinquies) riguardanti il controllo sugli enti locali che abbiano rimodulato o riformulato il piano di riequilibrio finanziario.
All'articolo 9, i nuovi commi 2-septies e 2-octies dispongono il rifinanziamento per il 2019 di interventi per la ripresa produttiva delle zone colpite dagli eventi sismici del 2016 e 2017. Il nuovo articolo 9-quater reca l'estensione di misure di sostegno al reddito dei lavoratori in aree di crisi.
All'articolo 11, il comma 1-bis, come modificato e integrato dalle Commissioni, attiene all'attuazione del Fondo per l'erogazione di misure di ristoro in favore dei risparmiatori. All'articolo 13, infine, è stata disposta la soppressione del comma 1-ter, volto a consentire alle regioni e alle province autonome per l'anno 2018 di rendere disponibili ulteriori spazi finanziari per gli enti locali del proprio territorio, in quanto di contenuto sostanzialmente identico alla disposizione contenuta all'articolo 1-bis.
Passando alle singole disposizioni, l'articolo 1 reca disposizioni di proroga di termini in materia di enti territoriali. In particolare, al comma 1 sono confermate per l'anno 2018 alcune disposizioni di interesse per le province concernenti le modalità di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio delle province, delle città metropolitane e delle regioni a statuto ordinario, nonché la determinazione dei trasferimenti erariali non fiscalizzati da corrispondere alle province appartenenti alla regione siciliana e alla regione Sardegna non interessate dal Fondo sperimentale di riequilibrio.
I commi 2-quater e 2-quinquies, introdotti al Senato e interamente sostituiti alla Camera nel corso dell'esame delle Commissioni, intervengono sulle modalità e sui tempi di verifica del rispetto degli obiettivi intermedi dei piani di riequilibrio finanziario, riformulati o rimodulati, degli enti locali, prevedendo una deroga alla disciplina vigente.
In particolare, si stabilisce che qualora un ente locale abbia presentato o approvato alla data del 30 novembre 2018 un piano di riequilibrio finanziario pluriennale, rimodulato o riformulato rispetto al piano originario, la verifica sul raggiungimento degli obiettivi intermedi è effettuata all'esito dell'approvazione del rendiconto dell'esercizio 2018 e, comunque, non oltre il 30 aprile 2019.
Si prevede, inoltre, che il mancato adeguamento dei tempi di pagamento dei debiti commerciali di cui alla normativa vigente non costituisce motivo per il diniego delle riformulazioni o rimodulazioni del piano, fermo restando il rispetto dei termini di pagamento oggetto di accordo con i creditori di cui al piano riformulato o rimodulato.
Il comma 2-sexies, introdotto durante l'esame al Senato, è volto ad escludere l'applicazione delle sanzioni (previste dall'articolo 1, comma 475, della legge n. 232 del 2016) nei confronti delle città metropolitane, delle province e delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna per il mancato rispetto, per l'anno 2017, del saldo non negativo in termini di competenza tra le entrate finali e le spese finali.
L'articolo 1-bis, introdotto durante l'esame al Senato, è volto a consentire alle regioni e alle province autonome per l'anno 2018 di rendere disponibili ulteriori spazi finanziari per gli enti locali del proprio territorio.
L'articolo 9 reca disposizioni di proroga di termini in materia di eventi sismici. In particolare, il comma 1 proroga i termini della procedura per il recupero degli aiuti dichiarati illegittimi disponendo che i dati relativi all'ammontare dei danni subiti per effetto degli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009 e le eventuali osservazioni relative alle somme effettivamente percepite debbano essere presentati, a pena di decadenza, entro trecento giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento di recupero degli aiuti dichiarati illegittimi, rispetto ai 180 giorni previsti dall'articolo 1-septies del decreto-legge n. 55 del 2018.
Al comma 1-bis, introdotto al Senato, si estende il predetto termine di trecento giorni anche ai contribuenti per i quali i termini di comunicazione dei dati siano scaduti precedentemente al giorno di entrata in vigore del decreto-legge n. 91 del 2018, ovverosia il 26 luglio 2018.
Il comma 2, modificato durante l'esame al Senato, ridetermina la percentuale di partecipazione alla riduzione di risorse a titolo di Fondo di solidarietà comunale introdotta per finalità di contenimento della spesa pubblica dalla legge di stabilità 2015 da applicare nel biennio 2019-2020 nei confronti di alcuni comuni colpiti da eventi sismici che erano stati esentati dal taglio del Fondo negli anni 2015 e 2016.
Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, con una novella all'articolo 8, comma 4, del decreto-legge n. 189 del 2016, provvede, in materia di interventi di immediata esecuzione, a prorogare al 30 giugno 2019 - ulteriormente prorogabile fino al 31 dicembre 2019 con ordinanza del commissario - il termine ultimo per la presentazione della documentazione necessaria per l'ottenimento dei contributi per i lavori eseguiti.
Il comma 2-ter, introdotto durante l'esame al Senato, reca disposizioni finalizzate a consentire il regolare svolgimento dell'anno scolastico 2018/2019 nelle regioni dell'Italia centrale colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.
A tale fine, viene modificato, anche nella rubrica, l'articolo 18-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, estendendo all'anno scolastico 2018/2019 le disposizioni già previste per gli anni scolastici 2016/2017 e 2017/2018. In particolare, si tratta della facoltà, per i dirigenti degli uffici scolastici regionali delle regioni Abruzzo, Marche, Lazio e Umbria, con riferimento alle istituzioni scolastiche ed educative i cui edifici, siti nelle aree di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 189 del 2016, siano stati dichiarati parzialmente o totalmente inagibili a seguito di eventi sismici, alle istituzioni scolastiche ospitate in strutture temporanee di emergenza e a quelle che ospitano alunni sfollati, di derogare al numero minimo e massimo di alunni per classe; di istituire, previa verifica delle necessità aggiuntive, ulteriori posti di personale docente, nonché di personale ATA; di assegnare alle cattedre i docenti, il personale ATA e gli educatori o, per il personale in servizio presso edifici dichiarati parzialmente o totalmente inagibili, modificare le assegnazioni effettuate in deroga alle procedure e ai termini previsti dalla normativa vigente. A tale fine, sono inoltre previsti stanziamenti a copertura dei conseguenti oneri finanziari.
Il comma 2-quater, introdotto durante l'esame al Senato, prevede l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 18-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, come modificato dai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 9, anche ai comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno, nell'isola d'Ischia, colpiti dal sisma del 21 agosto 2017. Il comma 2-quinquies, introdotto nel corso dell'esame al Senato, differisce di un anno, dal 1° gennaio 2019 al 1° gennaio 2020, i termini di sospensione del pagamento delle fatture relative ai servizi energetici e idrici, assicurazioni e telefonia nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dal sisma del 2016.
Il comma 2-sexies, introdotto nel corso dell'esame al Senato, estende anche ai comuni di Casamicciola Terme, Lacco Ameno e Forio di Ischia l'applicazione delle suddette proroghe relative alle fatture per i servizi energetici e idrici, assicurazioni e telefonia. I nuovi commi 2-septies e 2-octies, introdotti alla Camera nel corso dell'esame delle Commissioni riunite, rifinanziano di 5 milioni per l'anno 2019 l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 20-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, finalizzata all'erogazione di contributi per la ripresa economica e produttiva nelle zone colpite dagli eventi sismici del 24 agosto 2016, del 26 e del 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017, destinati alle imprese delle predette zone colpite, operanti nel settore turistico, dei pubblici esercizi e del commercio e artigianato, nonché svolgenti attività agrituristica.
Alla copertura degli oneri, pari a 5 milioni per l'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per gli investimenti strutturali di politica economica.
L'articolo 9-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede, limitatamente ai rifugi alpini, la proroga al 31 dicembre 2019 del termine, previsto dall'articolo 38, comma 2, del decreto-legge n. 69 del 2013, per la presentazione, ai fini del rispetto della normativa antincendio, dell'istanza preliminare per l'esame dei progetti di nuovi impianti o costruzioni, nonché dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio, ai sensi dell'articolo 3 del DPR n. 151 del 2011, nonché della segnalazione certificata di inizio attività sostitutiva dell'istanza per l'ottenimento del certificato di prevenzione incendi.
L'articolo 9-ter, inserito nel corso dell'esame al Senato, apporta una serie di modifiche alla disciplina contenuta nell'articolo 8-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, come recentemente riscritto dall'articolo 7 del decreto-legge n. 55 del 2018, relativa agli interventi edilizi eseguiti per immediate esigenze abitative a seguito degli eventi sismici che hanno colpito l'Italia centrale a partire dal 24 agosto 2016, anche al fine di dare seguito ai rilievi segnalati nella lettera del Presidente della Repubblica del 25 luglio 2018, indirizzata al Presidente del Consiglio dei ministri, in seguito alla promulgazione della legge di conversione del predetto decreto-legge n. 55 del 2018.
Secondo quanto segnalato nella lettera del Presidente della Repubblica, l'inapplicabilità delle sanzioni penali di cui all'articolo 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, limitatamente al periodo di emergenza e comunque fino al novantesimo giorno dall'emanazione dell'ordinanza di agibilità dell'edificio distrutto o danneggiato, testualmente riferita solo alle sanzioni penali di cui all'articolo 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, non prende in considerazione altre fattispecie di responsabilità penale in materia di edilizia, urbanistica e tutela di aree protette, che sovente ricorrono nelle ipotesi di realizzazione di opere in assenza delle prescritte autorizzazioni in zone soggette a vincoli. La ratio dell'intervento, volto a consentire l'utilizzo temporaneo di tali manufatti, potrebbe dunque essere vanificata dalla possibile configurabilità di altre responsabilità penali non precluse da questa norma.
Il numero 1) della lettera b) del comma 1 dell'articolo 9-ter include, pertanto, nel novero delle sanzioni inapplicabili, anche le sanzioni di cui all'articolo 44 del DPR n. 380 del 2001, nonché le sanzioni previste per violazioni di ogni altra disposizione in materia edilizia o paesaggistica. Sempre nella lettera del Presidente della Repubblica era stato segnalato che la limitazione temporale dell'inapplicabilità delle sanzioni, seppure opportuna, fissando quale termine finale il novantesimo giorno dall'emanazione dell'ordinanza di agibilità dell'edificio distrutto o danneggiato, non teneva in conto che tale evento potrebbe non verificarsi mai, ad esempio nel caso di assegnazione di una diversa soluzione abitativa rispetto a quella originaria, determinando, di fatto, la protrazione della inapplicabilità sine die e il conseguente utilizzo perpetuo dell'immobile abusivo, che diverrebbe, in tal modo, una seconda abitazione.
Con la lettera a) del comma 1 dell'articolo 9-ter è stata pertanto ribadita la temporaneità dell'installazione, dettando una serie di condizioni per l'assoggettamento al regime di edilizia libera, in modo da impedire l'utilizzo perpetuo di tali immobili.
Altra segnalazione del Presidente della Repubblica era quella relativa all'inefficacia, oltre che dei provvedimenti amministrativi, anche del sequestro preventivo, prevista nel comma 3 dell'articolo 7 del decreto n. 55 del 2018. La disposizione risultava, secondo quanto segnalato dal Presidente della Repubblica, asistematica e lesiva della intangibilità ex lege dei provvedimenti giudiziari, sottraendo alla magistratura l'esclusiva competenza a valutare i presupposti per il permanere delle misure di sequestro, articoli 321 e 355 del codice di procedura penale. Peraltro, la norma contemplava il solo sequestro preventivo, non prendendo in considerazione quello probatorio, di cui all'articolo 354 del codice di procedura penale, che ben può essere disposto in caso di attività edilizia svolta in assenza delle necessarie autorizzazioni. Con riferimento a tale rilievo, la lettera c) del comma 1 dell'articolo 9-ter interviene sul comma 3 dell'articolo 8-bis del decreto-legge n. 189 del 2016, che stabilisce l'inefficacia delle ordinanze di demolizione e restituzione in pristino e delle misure di sequestro preventivo emanate fino al 25 luglio 2018, data di entrata in vigore della disposizione, per le istallazioni conformi alla disciplina recata dal medesimo articolo.
Una prima modifica, numero 1), della lettera c) prevede che la disposizione non faccia più riferimento alle misure di sequestro preventivo e una seconda modifica della lettera c) disciplina, per le istallazioni conformi alla disciplina recata dall'articolo 8-bis, la revoca da parte dell'autorità giudiziaria, a norma delle pertinenti disposizioni del codice di procedura penale, dei provvedimenti di sequestro, probatorio o preventivo, adottati fino al 25 luglio 2018, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 55 del 2018, e quindi delle disposizioni del nuovo testo dell'articolo 8-bis del decreto-legge n. 189 del 2016 per violazione della disciplina edilizia o paesaggistica.
L'articolo 9-quater, introdotto alla Camera nel corso dell'esame delle Commissioni riunite, estende l'impiego delle risorse residue, già stanziate e destinate, sempre per il 2018, alla concessione, in alcune aree, di ammortizzatori sociali in deroga a favore delle imprese e dei lavoratori che operino nelle aree interessate dagli accordi di programma per la reindustrializzazione delle aree di crisi.
L'articolo 10 reca disposizioni di proroga di termini in materia di sport. In particolare, il comma 1 proroga dal 30 aprile al 31 maggio 2019 il termine per la consegna delle opere previste nel piano di interventi necessari al fine di assicurare la realizzazione dell'Universiade di Napoli 2019.
La norma individua inoltre, nel direttore dell'agenzia regionale Universiade 2019, il commissario straordinario per l'attuazione del piano degli interventi necessari allo svolgimento della manifestazione sportiva in oggetto. Dispone, infine, in ordine alla composizione della cabina di coordinamento per l'attuazione del piano.
Il comma 1-bis prevede che ACI (Automobile club d'Italia) e gli automobile club ad esso federati si adeguino, entro il 31 dicembre 2018, con propri regolamenti, ai principi generali desumibili dal decreto legislativo n. 175 del 2016, in materia di società a partecipazione pubblica, sulla base delle rispettive specificità e secondo criteri di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica. Tale intervento è collegato all'organizzazione del Gran premio d'Italia di Formula 1, che si svolge ogni anno presso l'autodromo di Monza. La deroga è disposta in considerazione del fatto che trattasi di enti pubblici a base associativa, non gravanti sulla finanza pubblica, al pari di ordini e collegi professionali.
L'articolo 11, modificato al Senato, interviene su alcuni termini relativi ai processi di riforma delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo, avviate rispettivamente con il decreto-legge n. 3 del 2015 e con il decreto-legge n. 18 del 2016. In primo luogo, al comma 1, è stabilito il termine del 31 dicembre 2018 per adeguare l'attivo delle banche popolari alla soglia di 8 miliardi di euro o per deliberare la trasformazione in società per azioni.
Con riguardo alle BCC sono invece aumentati da 90 a 180 i giorni per la stipula del contratto di coesione e per l'adesione al gruppo bancario cooperativo. La quota del capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti è fissata ad almeno il 60 per cento e i componenti dell'organo di amministrazione, espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo, sono almeno la metà più due. È inoltre specificato il carattere localistico delle BCC tra i parametri da rispettare nel contratto di coesione, disciplinato il processo di consultazione sulle strategie del gruppo, nonché il grado di autonomia delle singole BCC, in relazione alla relativa classe di rischio.
Il comma 1-bis dell'articolo 11, inserito nel corso dell'esame al Senato e modificato alla Camera in sede referente, interviene sulla disciplina e sui termini per l'attuazione del Fondo per l'erogazione di misure di ristoro in favore di risparmiatori, istituito dalla legge di bilancio 2018. Viene in particolare estesa l'operatività del fondo anche ai risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell'arbitro per le controversie finanziarie e viene posticipato al 31 gennaio 2019 il termine per l'emanazione delle norme secondarie di attuazione della disciplina del fondo.
L'articolo 11-bis, introdotto al Senato, proroga il complesso di iniziative per consentire di allungare il piano di ammortamento dei mutui e dei finanziamenti per le famiglie e le piccole e medie imprese, già previste dall'articolo 1, comma 246, della legge di stabilità 2015.
L'articolo 11-ter, introdotto al Senato, dispone la riapertura, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e sino al 31 dicembre 2018, dei termini per l'iscrizione e l'aggiornamento delle posizioni dei soggetti che esercitano l'attività di agente e rappresentante di commercio.
L'articolo 11-quater, introdotto nel corso dell'esame al Senato, prevede la proroga per tutto il 2018 della partecipazione italiana all'aumento di capitale della Banca africana di sviluppo.
L'articolo 12 reca disposizioni di proroga di termini riguardanti il Fondo per la concessione di contributi agli interessi in operazioni di export credit.
L'articolo 13 reca disposizioni di proroga di termini in materia di finanziamento degli investimenti e dello sviluppo infrastrutturale del Paese. In particolare, i commi da 1 a 4, introdotti durante l'esame al Senato, modificano la disciplina sui criteri di utilizzo del Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese
L'articolo 13-bis, introdotto al Senato, interviene sulla disciplina transitoria, dettata dall'articolo 16 del...
PRESIDENTE. Collega, capisco, ma deve chiudere.
GIUSEPPE BUOMPANE, Relatore per la maggioranza per la V Commissione. Sì. Per quanto riguarda, infine, i profili di carattere finanziario del provvedimento, si rinvia, per elementi di maggior dettaglio, alla documentazione predisposta dagli uffici.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Luigi Marattin. Ne ha facoltà, per 20 minuti.
LUIGI MARATTIN, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Durante l'esame in Commissione bilancio congiunta con Affari costituzionali, il Partito Democratico si è espresso in maniera negativa rispetto al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 91. Non l'ha fatto per scelta ideologica, non l'ha fatto per motivazioni politiche. L'ha fatto perché - come è stato efficacemente ricordato dal collega Ceccanti, poco fa, è lievitato nel passaggio da Senato a Camera in misura senza precedenti - in questo decreto “milleproroghe” sono contenute delle scelte sbagliate. Io, in questa mia breve relazione di minoranza, proverò a individuare quelle che riteniamo essere le cinque scelte sbagliate per la nostra dimensione pubblica.
La prima è qualcosa che non contiene. In merito all'emergenza terremoto, il sisma in particolare che ha colpito il Centro Italia recentemente, questa maggioranza si era impegnata, nel processo di conversione del decreto Di Maio, a inserire al più presto nel nostro ordinamento giuridico una serie di proroghe e una serie di misure che andavano a specifico beneficio delle popolazioni e delle imprese dell'area del cratere. Quali, ad esempio? La proroga della struttura commissariale e dei tecnici che lavorano nella struttura commissariale, che al momento, a legislazione vigente, il 31 dicembre finisce. Oggi scade il mandato del vecchio commissario, la collega Paola De Micheli, e non ci è dato sapere se è stata sostituita e con chi. Ma la struttura commissariale, che gestisce l'emergenza complicata in quei territori, al momento viene a decadere il 31 dicembre e chiunque sarà il nuovo commissario ha davanti un orizzonte temporale di quelle dimensioni per provare a fare il suo lavoro. E noi sappiamo bene che, con quell'orizzonte temporale, nei fatti, è impedita ogni vera azione a tutela di quel territorio e di quelle imprese.
Non c'è la proroga della zona franca, che serviva - sarebbe servita - a dare un respiro economico a quei territori così pesantemente colpiti. Non c'è la proroga della restituzione delle tasse sospese, non c'è nessuna azione sui mutui, non c'è nessuna azione sul credito d'imposta.
Soltanto una delle proposte che abbiamo avanzato in Commissione è stata accolta dal Governo, che è quella della proroga dei contributi alle imprese delle zone sismiche, che hanno subito una perdita del fatturato maggiore del 30 per cento. È una misura importante, che come Partito Democratico avevamo proposto, ma che tuttavia viene decurtata nel budget a disposizione: dai 13 milioni di questi anni, come cifra annua, si scende a 5 milioni.
Ecco, noi ci chiediamo perché, di fronte a un'emergenza simile e di fronte a un impegno preciso di questa maggioranza, preso in quest'Aula, di approvare quel pacchetto di sostegno per le zone sismiche, questo impegno sia venuto meno in questo provvedimento legislativo.
La seconda questione, che contiene una scelta, secondo noi, gravemente sbagliata, su cui avremo modo nelle prossime ore di spiegare con ancora più chiarezza la nostra posizione e su cui la collega Beatrice Lorenzin avrà sicuramente modo meglio di me di esporre le ragioni della nostra contrarietà, riguarda la vicenda dell'obbligo vaccinale.
Come è noto, l'articolo 6 di questo decreto contiene una proroga delle disposizioni di prima attuazione della “legge Lorenzin”, quelle secondo cui si stabilì che, in prima attuazione della legge, sarebbe bastata una dichiarazione sostitutiva da parte dei genitori, sanata poi con la presentazione della documentazione comprovante, entro il termine del 10 luglio. Era una soluzione comunque subottimale, perché non ho bisogno di ricordare in quest'Aula quanto la necessità di assicurare la copertura vaccinale a tutti i bambini, per i servizi educativi e di infanzia, risponda all'interesse primario di tutela della salute pubblica. Ma è ovvio che, in prima applicazione, per superare le necessità pratiche e le confusioni che si possono generare, la scelta, che facemmo e che difendiamo, poteva essere compatibile sia con la tutela dell'interesse pubblico sia con le necessità procedurali di andare avanti e di non complicare oltremodo la vita dei presidi e degli operatori scolastici.
Ma questo decreto contiene un'ulteriore proroga di questa disciplina, quindi, colui o colei che non ha presentato la dichiarazione sostitutiva o l'ha presentata falsa - perché abbiamo avuto anche casi comprovati di dichiarazioni false e abbiamo visto che su internet giravano facsimili di come aggirare queste procedure con il solo scopo di “lisciare il pelo”, tecnicamente, a delle fandonie antiscientifiche che girano sulla rete e che vengono autorevolmente appoggiate addirittura da esponenti di questa maggioranza - ha il solo scopo di fare questo e, quindi, di mettere gravemente a repentaglio la salute pubblica.
Oggi c'è un bambino di otto anni che non è stato ammesso in una scuola perché in quella classe vi è un bambino non vaccinato e quel bambino non vaccinato potrà continuare a non essere vaccinato, quindi, impedendo al bambino di otto anni di frequentare l'anno scolastico, perché questo decreto, all'articolo 6, prevede che, se non hai presentato la dichiarazione, hai comunque tempo ancora fino a marzo del 2019. Quindi, in tutto questo periodo, non c'è la sicurezza che nelle nostre classi sia tutelata la salute pubblica.
A quale interesse risponde questa norma, perché l'unico interesse che in quest'Aula siamo chiamati a difendere è quello della salute pubblica e la tutela soprattutto dei nostri bambini, è quello di garantire che chiunque entri in classe lo faccia con le assolute condizioni di tutela della salute. Questa proroga, fatta in questo modo, non risponde a nessuna necessità procedurale, a nessuna necessità di sveltezza, a nessuna necessità di attuare in maniera più concreta le disposizioni legislative, risponde soltanto all'esigenza di prendere tempo, di buttare la palla in tribuna, è far vedere a una constituency - la constituency di coloro che si oppongono alle verità scientifiche - che questa maggioranza ha un orecchio anche per loro. Può pagare forse elettoralmente per qualcuno, ma mette gravemente a rischio e a repentaglio la salute dei nostri bambini e comunica un messaggio sbagliato, quello secondo cui su questioni scientifiche vale qualsiasi opinione, magari non se ha l'avallo dalla comunità scientifica, ma se ha l'avallo di qualche centinaio di migliaio di like su Facebook. È un messaggio pericoloso quello di permeare le verità scientifiche di una sorta di taumaturgica coperta del consenso. Le verità, secondo questa impostazione, diventano tali non se sono comprovate scientificamente, ma se tanta gente dice che sono tali. Questo vale per i vaccini e vale, in maniera forse persino peggiore, per l'economia dove, negli ultimi anni, abbiamo anche autorevoli esponenti del Governo che si fanno paladini di presunte teorie economiche che non hanno non solo nessuna validità scientifica, ma nessuna prova empirica, ma che pur, in questo strano dibattito, sono considerate alla stregua di qualsiasi altra teoria validamente riconosciuta dalla scienza economica. E noi crediamo che quanto avvenuto sui vaccini – e certamente su questo continueremo a lottare – sia una grave ferita alla stessa attività di tutela della salute pubblica e dell'interesse pubblico che in quest'Aula siamo chiamati a svolgere con disciplina ed onore, come recita la Costituzione.
Qual è la terza scelta sbagliata che questo decreto contiene? Tre anni fa i Governi della scorsa legislatura, un Governo in particolare decise che era il caso di stanziare un po' di soldi per la riqualificazione delle nostre periferie urbane; prima 500 milioni, poi, siccome un sacco di gente ha presentato progetti – campi di calcetto, ristrutturazioni di scuole, qualsiasi tipo di progetto in grado di rendere più fruibili le nostre periferie, nuovi quartieri, rigenerazione urbana – decidemmo di finanziarli tutti stanziando un ulteriore miliardo e seicento milioni. Quindi, 2 miliardi e 100 milioni di interventi specificatamente destinati a interventi di riqualificazione delle nostre periferie dei comuni capoluogo di provincia, a fronte di progetti presentati che hanno messo in moto altrettanti soldi privati. Ci sono stati 2 miliardi di interventi privati, in aggiunta ai 2 miliardi e 100 stanziati dallo Stato; 4 miliardi e 100 milioni di investimenti pubblici rispondevano a tre necessità. Primo, ci stiamo dicendo da diversi anni che in questo Paese o ripartono gli investimenti pubblici o privati o il gap di crescita che abbiamo con gli altri Paesi europei, sul lato della domanda per lo meno, non si colmerà mai. Ci dite da anni che siamo gli ultimi in Europa ma se andiamo a guardare, siamo gli ultimi in Europa esattamente perché ci manca quel pezzo di domanda aggregata che corrisponde al nome di investimenti pubblici e privati, perché per una serie di ragioni quella parte non è ancora ripartita. Gli investimenti nelle periferie, pubblici e privati. Il collega del MoVimento 5 Stelle ieri, in Commissione aveva capito male, pensava che fossero 4 miliardi pubblici finanziati solo con 2 miliardi, quindi che rimanevano fuori 2 miliardi, no quelli sono investimenti privati che sono andati ad aggiungersi agli investimenti pubblici, perché il ruolo degli investimenti pubblici è anche quello di stimolare ulteriori investimenti privati, quindi quella era una necessità cui dovevamo dare risposta.
La seconda necessità: se le periferie sono riqualificate c'è più sicurezza, la sicurezza delle nostre città non si raggiunge urlando qualche slogan contro i neri, si raggiunge illuminando un angolo che prima era buio, si raggiunge mettendo un campo di calcetto dove c'era un'area incolta, così si rendono più sicure le periferie, non semplicemente dicendo che qualche nero se ne deve andare da lì.
Terza, e ultimo obiettivo che volevamo raggiungere, è l'inclusione sociale. Nelle periferie, soprattutto delle città capoluogo di regione o delle metropoli che abbiamo in Italia, è lì che si annida il disagio sociale. Ai tempi fu richiamato il disagio sociale delle periferie delle grandi capitali europee, Parigi, era l'epoca dell'attacco al Bataclan, non evochiamo forse quegli scenari catastrofici, ma è vero che, anche nelle nostre periferie delle grandi città, si concentra la maggior parte di disagio e di mancanza di inclusione sociale. Lo è così per tanti motivi, ma soprattutto perché se i luoghi non sono riqualificati, se i luoghi non sono a misura d'uomo, di donna o di bambino lì si crea disagio sociale che può sfogarsi in modi anche pacifici, ma certamente potenzialmente anche non tali. Quell'intervento, 2 miliardi e 100 milioni, è adesso oggetto di un'operazione del Governo che io personalmente continuo a non capire; si prendono un miliardo e 100 milioni di quegli interventi e li si spostano da un'altra parte, ma quegli interventi del bando periferie, per lo meno per una buona parte, sono interventi pronti a partire, sono progetti che sicuramente nel 2019 diventano bandi di gara, diventano PIL, diventano investimento, vengono presi, non è vero che vengono rimodulati, perché non c'è alcuna disposizione legislativa che dice che dal 2020 in poi quelle risorse che si spostano vengono restituite per quello scopo. E al comma 3 dell'articolo 13 si dice che c'è un effetto positivo sull'indebitamento netto sui conti pubblici, compare un miliardo e 100 perché il miliardo e 100 è preso da lì, e questa maggioranza, nel comma 4 di quell'articolo, quel miliardo e 100 lo va a mettere da un'altra parte. Vediamo prima dove lo va a mettere, perché magari lo va a mettere in un posto migliore. E, invece, lo va a mettere in un fondo che permetterà ai comuni di usare ancora di più gli avanzi. La sottosegretaria Castelli, quando annunciò questo provvedimento, disse che era una svolta epocale. Dal 2016 al 2019 i Governi del PD hanno sbloccato 3 miliardi 640 milioni di avanzi dei comuni. Questo provvedimento, in un arco temporale simile, ne sblocca un terzo e, fra l'altro, nella parte del 2018, i 140 milioni nel 2018, non è contenuta nessuna disposizione legislativa che materialmente distribuisce questi avanzi, questi spazi finanziari ai comuni per la copertura degli avanzi, ed essendo a settembre, significa che matematicamente quelle risorse per quest'anno non vengono spese, forse costituiscono un tesoretto per fare qualcos'altro in legge di bilancio sui comuni, ma sicuramente sono tolti da una cosa che era pronta a essere spesa, per essere messi da una parte che invece non è pronta a essere spesa.
Lo sbocco di 3 miliardi e 640 milioni di avanzi già fatto dai Governi del PD nella scorsa legislatura è stato utile per liberare un po' di energie, ma se andiamo a guardare non è stato sufficiente a far ripartire gli investimenti dei comuni, perché i comuni lasciano ancora miliardi di avanzi non utilizzati, non perché sono pigri e non hanno voglia di lavorare, ma perché in questi anni c'è stato anche un cambio di regole, una transizione che noi continuiamo a giudicare verso una meta positiva, quella del nuovo codice degli appalti, ma che indubbiamente nella transizione ha generato qualche problema di adattamento. C'è un problema nei ritardi della progettazione. C'è un problema nell'assegnazione delle procedure di gara. E queste cose che vi sto dicendo, cioè che il problema degli investimenti dei comuni non è più un problema di pochi avanzi o di qualcuno che da Roma ti dice “i tuoi avanzi non te li faccio usare”, ma è un problema di rigidità delle procedure, di mancanza di capacità di progettazione, è un problema di diciassette anni di Patto di stabilità interno – che è stato abolito tre anni fa, anche se qualcuno ancora non lo sa – che ha fatto appassire la capacità di progettazione tecnica dei comuni e allora è lì che bisogna intervenire. Nell'ultima legge di bilancio, il Governo Gentiloni è lì che andato intervenire, dicendo: “se tu, Comune, non ce la fai a progettare, la progettazione te la pago io l'anno prima”, perché avevamo individuato che era lì il collo di bottiglia su cui si infrangevano gli investimenti pubblici del Paese, e a darci ragione è stato un signore che si chiama Giovanni Tria, che fa il Ministro dell'economia, che il 3 luglio è venuto in Commissione bilancio a dire: non è più un problema di risorse, per gli investimenti pubblici, è un problema di rigidità. Ma se è un problema di rigidità e se, come diceva il Ministro Tria, non dobbiamo fermare le opere già pronte, perché, in questo decreto «milleproroghe», il Governo ferma delle opere già pronte, il bando periferie, e le destina a un cuscinetto che verrà utilizzato fra qualche settimana, per annunciare un'altra svolta epocale? Già me la vedo la sottosegretaria Castelli che annuncerà un'altra svolta epocale.
Noi sullo «sblocca avanzi», nel 2018 e nel 2019 abbiamo già messo 900 milioni più 900 milioni. Qualsiasi cosa farete con quei soldi è stata messa da noi e questa è una cosa che non va dimenticata. Non so oggi, alle 18,30, cosa dirà il Governo all'ANCI, qualcosa ci è stato annunciato ieri in Commissione in maniera un po' goffa, ma anche qualora si decidesse di salvaguardare i progetti esecutivi, vorrei ricordare -faccio l'esempio della mia città - che a Ferrara il bando periferie vale 18 milioni; vogliamo riqualificare un quartiere vicino al fiume dandogli anche un nuovo nome, collegarlo alla stazione con una pista ciclabile, rifare la darsena, e, per fare quel progetto, ci sono nove progetti dei quali solo quattro sono già esecutivi, ma sono già esecutivi perché avevamo contrattato, come tutte le altre 96 città, un cronoprogramma col Governo. Non è che non ci sono progetti esecutivi perché i comuni sono pigri, perché anche questo sta girando. Si dice: finanziamo solo quelli già pronti perché gli altri sono pigri. No! Il cronoprogramma degli interventi è stato contrattato col Governo e, nel caso di Ferrara, i quattro progetti esecutivi su nove sono relativi alle bonifiche.
Quindi, anche se il risultato di tutta questa roba sarà che voi garantite soltanto i progetti esecutivi - nel caso di Ferrara garantite le bonifiche - e poi fermate tutto il resto, è come se porti a cena un amico, una persona, e ti fermi all'antipasto. Che senso ha fermarti all'antipasto quando sai che non posso proseguire con il resto? Paghi meno, ho capito, ma qui dobbiamo pagare di più, Viceministro Garavaglia; siete voi stessi a dire che il problema è che non paghiamo abbastanza gli investimenti. Quindi, questa è una scelta sbagliata, è una scelta che non capiamo dal punto di vista tecnico e dal punto di vista politico e non capiamo come si possa conciliare con le dichiarazioni che voi avete fatto da quei banchi sul fatto che dobbiamo spingere sugli investimenti e sulle opere già pronte.
Ultimi due punti, velocemente, se ho ancora qualche minuto. Quello che è accaduto a sei istituti bancari fra il novembre 2015, con Carife, Banca Etruria, Carichieti e Banca Marche, e il luglio 2017, con le due banche venete, è una ferita profonda che è responsabilità dei gruppi dirigenti di quelle banche e, in alcuni casi - su cui mi sarebbe piaciuto avere più luce da parte della precedente Commissione banche -, dell'omessa attività di vigilanza, che all'epoca era in capo agli istituti nazionali e non alla Banca centrale europea. Ha creato una ferita di investitori, di risparmiatori, che hanno perso parte dei loro risparmi. Il Governo precedente, oltre ad aver istituito gli arbitrati, ha rimborsato in maniera forfettaria l'80 per cento del capitale investito in obbligazioni subordinate a soggetti che rispettino determinati paletti di reddito o di patrimonio mobiliare, e nell'ultima legge di bilancio il Governo Gentiloni, oltre a questo, ha istituito un fondo di 100 milioni specificatamente destinato ai risparmiatori per cui era approvato il mis-selling, cioè era provato che gli era stato venduto qualcosa senza sapere esattamente cosa gli stessero vendendo.
Questo è quello che i Governi precedenti hanno fatto per risolvere il problema, ma in campagna elettorale abbiamo assistito a un'ondata senza precedenti di propaganda che diceva che, una volta arrivati al Governo, il MoVimento 5 Stelle e la Lega non sarebbero stati dietro questi tecnicismi per burocrati europei o per finanzieri d'assalto, ma avrebbero ridato tutto a tutti, compreso il rimborso integrale agli azionisti, che, come si sa, essendo capitale di rischio, difficilmente si può sposare l'idea che tu investi in capitale di rischio e, se il rischio ti va bene, ti tieni i soldi, mentre, se il rischio ti va male, ti paga lo Stato. Ma questo è stato detto, ancora una volta, attorno a Ferrara, a tutti coloro coinvolti in quelle tragiche vicende per cui ognuno di noi deve provare rispetto.
PRESIDENTE. Concluda.
LUIGI MARATTIN, Relatore di minoranza. Che cosa fa il Governo in questo emendamento? Noi abbiamo votato a favore, perché tutto quello che aiuta la possibilità di velocizzare i pagamenti va bene, ma il Governo prende due contenitori di soldi che avevamo messo noi, i soldi dell'arbitrato e i soldi del fondo messo dal Governo Gentiloni, e li sposta da una parte all'altra per accelerare i rimborsi.
Noi avevamo detto un'altra cosa: c'è un decreto attuativo per usare subito quei 100 milioni, facciamolo entro il 30 marzo; ma, appena arrivati, voi l'avete spostato al 30 ottobre e adesso lo spostate al 31 gennaio.
PRESIDENTE. Collega, deve concludere.
LUIGI MARATTIN, Relatore di minoranza. Noi diciamo: il decreto è pronto, lo facciamo entro il 30 settembre; e poi diciamo: il fondo di 100 milioni lo aumentiamo a 175 milioni, perché le risposte vanno date con i fatti, coi soldi e non con gli slogan. Queste sono quattro scelte sbagliate - ne avevo promesso cinque, ma devo concludere, avremo modo di parlarne più avanti -, e sono il motivo per cui il Partito Democratico si oppone a questo decreto; non per ragioni ideologiche, non per ragioni politiche, ma perché contiene quattro scelte sbagliate per la nostra vita pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Felice Maurizio D'Ettore.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE, Relatore di minoranza. Presidente, vista anche la vastità del tema e la complessità del “milleproroghe” così come è stato consegnato dalla maggioranza e dal Governo, chiedo l'autorizzazione alla consegna della mia relazione scritta, che è evidentemente più ampia dell'intervento che potrò svolgere in questa sede.
Innanzitutto, la prima questione che deve essere posta è quella che riguarda il contenuto del tutto eterogeneo di questo provvedimento. Potrebbe essere normale, perché la pluralità di proroghe in ambiti diversi è sostanzialmente il contenuto tipico del cosiddetto milleproroghe, ma questo contenuto eterogeneo confligge - lo abbiamo già detto in sede di esame delle questioni pregiudiziali, ma anche in sede di relazione di minoranza non può che essere evidenziato - con la specificità, omogeneità e corrispondenza al titolo del provvedimento, perché molti ambiti di questa disciplina sono del tutto singolari. È un provvedimento asistematico per definizione, ma sono elementi singolari che sono stati inseriti e che rendono totalmente non definibile il contenuto in molti aspetti, in molte parti, anche perché ci sono interventi settoriali che via via richiamano ad altra normativa non esclusivamente con il differimento dei termini, ma anche con l'organizzazione e l'organicità degli interventi. È emerso questo in sede di dibattito in Commissione, è stato in parte anche ammesso dal relatore di maggioranza (questo provvedimento è un “milleproroghe” anticipato) e abbiamo sentito anche in Commissione che, proprio per l'eterogeneità, la particolarità, la specificità di questo “milleproroghe”, che rientra in un contesto completamente diverso dei precedenti, è un “milleproroghe” che potremmo dire estivo, rispetto alla sostanziale presentazione del “milleproroghe”, che è un momento successivo.
Ma in maniera del tutto singolare presenta anche degli aspetti che sono estranei alla normale procedura che porta alla necessità di una pluralità di proroghe in ambiti diversi; basti pensare che addirittura il decreto-legge del 25 luglio di quest'anno comporta il differimento di termini contenuti nella legge 24 luglio 2018, n. 89. Cioè, una legge del 24 luglio 2018 è sottoposta, il 25 luglio, per decreto-legge, a un differimento; i termini che sono contenuti in quella norma sono riportati in differimento in quest'altra.
In genere con il “milleproroghe” si interviene per una manutenzione della legislazione corrente; in questo caso, come diceva prima Sisto, i dubbi di costituzionalità, essendo la proroga inserita all'interno di un decreto-legge, ci lascia alquanto perplessi, perché addirittura si interviene su una norma che è stata fatta il giorno prima, il 24 luglio.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI (ore 17,35)
FELICE MAURIZIO D'ETTORE, Relatore di minoranza. Nel merito, ci sono alcuni punti che possono essere trattati, così come ha fatto il relatore di minoranza, collega Marattin, il primo è quello dei vaccini. È evidente che la vicenda dei vaccini ha trovato anche in sede di Commissioni congiunte una serie di elementi che hanno dimostrato come queste norme, soprattutto la norma che è stata portata dalla maggioranza in modifica alla precedente formulazione, non abbiano soddisfatto non solo le minoranze ma, penso, nessuno. La prima formulazione della norma prevedeva un differimento - in particolare in riferimento agli obblighi vaccinali - al prossimo anno rispetto al requisito di accesso, per i servizi educativi e dell'infanzia, agli obblighi scolastici. Questo requisito d'accesso per via dell'obbligo vaccinale era differito.
La norma successiva, la riformulazione che è stata presentata, comporta una modifica anche questa del tutto incomprensibile, e si dice con questa nuova norma che l'obbligo vaccinale in astratto è confermato; in realtà, l'obbligo vaccinale è soggetto non più a un requisito di accesso, perché il requisito d'accesso non è dimostrato dalla certificazione dell'avvenuta vaccinazione, ma è sostituito, non da un'autocertificazione, ma da un'autodichiarazione, da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, che è un'altra cosa. E dove si fa la dichiarazione sostitutiva di atti di notorietà? Di fronte al dirigente scolastico, al segretario della scuola abilitato a ricevere le dichiarazioni sostitutive con allegato il documento di riconoscimento.
È ovvio che la dichiarazione sostitutiva può essere fatta solo così, non si fa in nessun altro modo, e ha ad oggetto, la dichiarazione sostitutiva, una certificazione medica; questa certificazione medica significa che si è già in possesso di una certificazione.
Quindi, la ratio normativa - poi vediamo la ratio scientifica inesistente - sarebbe quella per cui un soggetto che è in possesso di una certificazione medica di avvenuta vaccinazione del minore, che è un requisito di accesso rispetto al servizio educativo e per l'infanzia, cosa fa? Va a fare la dichiarazione, si presenta alla scuola, dopodiché tiene a casa il certificato e torna il 10 marzo 2019 a consegnarlo. Se qualcuno mi fa comprendere la ratio normativa… non è comprensibile e noi abbiamo chiesto più volte di far capire qual è il vero scopo di questa norma.
Ai sensi dell'articolo 83 del Regolamento, comma 1-bis, è possibile che i relatori chiedano e propongano specificamente al Governo di spiegare in questa sede, in Aula, quali sono gli obiettivi e quali sono le iniziative che intendono proporre rispetto a norme che determinano una perplessità, anche per il relatore di minoranza. Quindi, spero che il Governo voglia rispondere a ciò in base all'articolo 83, comma 1-bis; è la prima domanda che faccio, visto che non abbiamo avuto risposta in Commissione.
La ratio scientifica, poi, è assolutamente inesistente, perché abbiamo avuto audizioni che ci hanno dimostrato che non esiste alcuna ratio scientifica, nessun substrato scientifico che sostenga un differimento di questo tipo, perché, di fatto, è un differimento o una sostituzione della certificazione mediante una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che, tra parentesi, non dovrebbe avere ad oggetto certificazioni mediche. Infatti, uno non si può autocertificare uno stato medico, tra parentesi, in questo caso, i genitori rispetto a un terzo, al figlio.
Quindi, anche dal punto di vista tecnico-scientifico, oltre che giuridico, la norma è priva di ogni fondamento e di ogni razionalità e ragionevolezza. E presenta, da questo punto di vista, anche dei profili di incostituzionalità.
La vecchia norma, la norma del decreto “Lorenzin”, aveva una giustificazione in quanto era la prima applicazione della disciplina, perché riguardava l'ordinamento e l'organizzazione delle scuole in ordine al processo che portava, poi, all'autocertificazione e alla consegna della certificazione. Su tale certificazione, se consegnata entro il 10 marzo 2019, la domanda che facevamo in Commissione, in particolare il nostro capogruppo, l'onorevole Mandelli, era: ma cioè, che vuol dire, cosa faranno i dirigenti scolastici nel marzo 2019, se nessuno gliele consegna? Intanto, qualcuno è entrato a scuola e può non essere vaccinato, questo è poco, ma sicuro; ma cosa fanno non si sa, perché la norma non ce lo dice. Cosa fa, gli contesta che l'autocertificazione è falsa, se qualcuno ce l'ha falsa? Deve andare a ricontrollarle tutte o a campione? Sì, così come diceva la circolare. E dopo che l'ha fatto, che cosa fa? Che cosa succede? Ebbene, qualcuno subirà un processo penale per autocertificazione falsa, e qual è la conseguenza? Non è che perde la potestà genitoriale il soggetto che lo ha fatto, non c'è una sanzione grave, non c'è praticamente nulla. Quindi, uno può fare l'autocertificazione, poi, si va a campione e si vedrà quello che succede. Si presume che tutti rispettino la legge, ma non è detto che ciò avvenga.
Ricordo che, da questo punto di vista, riguardo all'epidemia di morbillo, che poi è l'ipotesi epidemica più importante e più preventivabile, nello scorso anno sono stati coinvolti nei Paesi dell'Unione europea quasi 15 mila casi, nel 2017, con 10 mila casi solo tra Italia e Romania e 30 decessi che potevano essere evitati. Altri due morti si sono registrati nel 2018 in Sicilia e anche in questo caso potevano essere evitati. Lo sa benissimo, qui, a fianco, il Ministro Lorenzin, ma al di là delle parti politiche qui non è una questione politica, e lo dico nell'Aula del Parlamento, nel tempio della democrazia, non è una questione di democrazia la determinazione del substrato scientifico, della ratio scientifica di una norma, quando i medici e tutti coloro che abbiamo ascoltato – tutti - ci dicono che non c'è alcuna razionalità nel fare questo tipo di norma, non c'è alcuna razionalità scientifica né alcuna razionalità normativa. È irragionevole ed è una norma che contrasta con tutte le evidenze scientifiche.
Quindi, spero che il Governo, da questo punto di vista, ci dia almeno una risposta in Aula e ci spieghi qual è il significato, la ratio scientifica e normativa di una norma di questo tipo che ad oggi non è individuabile e su cui non abbiamo avuto alcuna risposta nelle Commissioni.
L'altro punto, l'altra questione che è più che rilevante riguarda le province. Sulle province avevamo detto: almeno interveniamo sulle province, facciamo qualcosa, visto che questo decreto è milleproroghe e “mille tutto”, allora vediamo di inserire qualcosa sulle province con riguardo alla riforma Delrio, perché l'articolo 114 della Costituzione ancora non è stato modificato dalla riforma costituzionale che non ha passato il vaglio del referendum costituzionale e, oggi, le province fanno parte dello Stato, della forma Stato, dell'organizzazione dello Stato.
Allora, bisogna, in qualche modo, far fronte a questa situazione e determinare quali sono anche le risorse che possono essere utilizzate dalle province. Non c'è stato niente di tutto questo, neppure la norma in ordine all'election day, cioè all'elezione di secondo grado del presidente della provincia e dei consigli provinciali; ci troveremo in un marasma assoluto perché si voterà il 31 ottobre per i presidenti e si potranno avere maggioranze diverse, almeno per qualche mese, fino a che non saranno votati, poi, i consigli provinciali. Comunque, questa norma era oggetto sicuramente di differimento nel milleproroghe, ma non è stata affrontata.
Sul bando periferie, anche qui, sempre ai sensi dell'articolo 83, comma 1-bis, chiedo una risposta che il Governo dovrà dare o, almeno, dovrà motivare perché non dà una risposta, lo chiedo formalmente come relatore di minoranza, in ordine al fatto che qui abbiamo una norma che ci dice, in ordine alle convenzioni stipulate, cioè patti stipulati fra gli enti locali, i comuni e la Presidenza del Consiglio, patti stipulati che hanno creato un affidamento reciproco tra parti pubbliche - un affidamento fra parti pubbliche - che sono realizzati gli effetti con convenzioni perfette; e la Presidenza del Consiglio dei ministri, tramite la Segreteria generale, in data 7 agosto 2018, ha comunicato ai comuni, quindi, nel pieno vigore di questo Governo, che le convenzioni, che ancora erano efficaci, dovevano essere eseguite presentando i progetti entro il 15 settembre.
Vorremmo sapere dal Governo, visto che il sottosegretario Castelli ha detto che chi presenterà i progetti esecutivi in un termine idoneo… penso che il termine adeguato fosse quello comunicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, chi di più, visto l'affidamento fra parti pubbliche e la convenzione perfetta che ha determinato i suoi effetti, vogliamo sapere se questo termine del 15 settembre sarà inserito da qualche parte, in qualche circolare esplicativa, sarà detto da qualcuno, sarà data certezza ai comuni in ordine alle convenzioni già stipulate. Lo ripeto, convenzioni perfette.
Non si è mai vista una norma che sospende e differisce gli effetti di un atto negoziale perfetto e già eseguito. In genere, la norma va a differire un termine su un'altra norma, non su un atto negoziale, interviene dall'alto con un atto negoziale; in genere, si dice che il fatto sopravvenuto può in qualche modo determinare la risoluzione di un rapporto contrattuale, ma in questo caso non determina una risoluzione, ma un differimento sine die, perché poi non si sa fino a quando è differito, viste le norme successive dell'articolo 13, primo comma, e, via, via quello che c'è scritto; non si capisce questi quattrini e questi fondi dove sono stati destinati, perché, poi, i fondi per lo sviluppo e la coesione non possono essere toccati, quegli ottocento milioni, perché hanno un vincolo di destinazione e, quindi, rimangono lì.
Allora, quelle convenzioni rimangono valide, perché nessuno ha avuto il coraggio di dire che sono invalide, almeno quello; sono valide, perché stipulate fra enti pubblici, fra lo Stato e gli enti comunali, sono valide, e l'efficacia è sospesa, differita, a quando (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? Si dice al 2020, cioè, che vuol dire? Ma quelli che hanno già realizzato gli effetti delle convenzioni? È un principio giuridico, se una convenzione è stipulata e ha prodotto un effetto, quell'effetto non può essere rinviato, perché si è già prodotto, si è già eseguito; non si può più rinviare. Ma cosa si rinvia, l'atto negoziale per norma? Creerete un contenzioso gigantesco su questo.
Allora, dite qualcosa, fate capire cosa devono fare i comuni, esplicitate la volontà del Governo, finalmente, su questo tema che è un tema semplicemente di buonsenso, perché c'erano somme già allocate; non ci fate la novella degli avanzi di amministrazione che non ci crede più nessuno a questi avanzi di amministrazione, perché non abbiamo tempo, ma sul piano tecnico se non metterete la fiducia discuteremo di questo tema e vi faremo capire che sono argomenti inesistenti quelli dell'avanzo d'amministrazione da reimpiegare, queste sono risorse aggiuntive, non avanzi di amministrazione.
E questo è il tema del bando periferie. Parliamo, qui, lo voglio dire, di ben 96 enti beneficiari diretti, 87 comuni capoluogo di provincia, nove città metropolitane, 1.625 interventi che riguardano un totale di 326 comuni, che coinvolgono 19 milioni e 800 mila persone, cittadini, cioè quasi venti milioni di cittadini rispetto all'effetto di questo provvedimento. Lo ha fatto il PD? Bene, avrà fatto una cosa buona, può capitare, no (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)? Allora, a quel punto andiamo avanti e facciamolo e seguiamolo.
E poi qual è il principio che passa in questi casi? Che qualsiasi Governo succede, anche quando i patti sono stipulati e la leale collaborazione fra gli enti è completata, allora si reinterviene e si rimuove tutto? Compresi gli atti negoziali? Compresi gli accordi? Compresi gli atti esecutivi? E chi ridà l'anticipazione del 20 per cento che hanno chiesto alcuni comuni anche alla Cassa depositi e prestiti per fare i progetti, chi glieli dà quei soldi a quei comuni? Per norma creiamo il danno erariale? Cioè, io vorrei capire in che modo - e qui una risposta ci vuole da parte del Governo - chi presenta i progetti del 15 settembre, sulla base di disposizioni comunicate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, avrà dei progetti esecutivi e, quindi, potrà realizzare ed utilizzare queste risorse, sì o no?
L'ANCI oggi si va a incontrare col Presidente Conte. Io parto sempre dalla buona fede, dalla volontà del Governo, dalla volontà di fare ciò che è la cosa migliore in quel momento. E la cosa migliore, la ragionevolezza dice: andiamo avanti almeno su chi i progetti li ha resi esecutivi e ha già realizzato le opere o ha fatto i progetti, almeno quello! Anche perché non lo dico io, l'avete detto voi, perché è il vostro segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, quindi dite che è così, almeno ce lo dite e qualcosa abbiamo capito. In Commissione non è venuto fuori, in Commissione devo ammettere che i rappresentanti del Governo sono venuti, hanno dato le spiegazioni, ma non in questo campo, era presente anche l'onorevole Guidesi; su questo campo la sottosegretaria Castelli ha solo detto: faremo, vedremo, ci sarà forse in legge di bilancio, è uscito poi fuori - ma non l'ha detto in sede di Commissione - sulla base di riprese giornalistiche, ma aveva detto che, se i progetti erano esecutivi, le convenzioni erano perfette e quindi la nostra interpretazione, in particolare quella data da Forza Italia, era corretta.
L'altro punto, la Bolkestein: come ho detto, solo alcuni temi possiamo trattare. Anche il tema della Bolkestein è un tema fondamentale per una serie di imprese, non solo per i soggetti che svolgono attività commerciali sulle spiagge italiane o per gli ambulanti, che utilizzano aree pubbliche, ma è perché, pensiamo per esempio soprattutto agli ambulanti, in alcune regioni si tratta di un giro di affari, ad esempio solo in Toscana, di più di miliardo di euro. Allora, per gli ambulanti, per gli spazi pubblici e le aree pubbliche, la norma attualmente presente, il comma 1089 dell'articolo unico dell'ultima legge di bilancio, prevede un meccanismo un po' complicato, che ha bloccato un po' le gare e le assegnazioni; prevede che si possa svolgere attività in aree pubbliche in base a un reddito prevalente di sussistenza, cioè l'unico reddito deve essere quello che nasce dall'attività di ambulante, faccio uno degli esempi, e quindi se io ho altre attività o in famiglia qualcun altro fa qualche altro lavoro, non può avere lo spazio pubblico, perché è considerata risorsa naturale che deve essere diversamente allocata. No, le aree pubbliche, i mercati, gli spazi non sono risorse, sono beni che fanno parte di un altro tipo di valutazione secondo la legge; non sono risorse naturali, sono beni, che sono le aree mercatali in particolare destinati, storicamente e tradizionalmente in Italia, a un vincolo ben preciso, che è quello dello svolgimento dei mercati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Le fiere e i mercati erano già previsti nel vecchio articolo 117, prima formulazione, dalla Carta costituzionale, perché è una specificità italiana, c'è addirittura nel dibattito costituente il tema delle competenze regionali sulle fiere e i mercati. E quindi l'area mercatale non è altro che un bene destinato già, non è una risorsa naturale indisponibile. E lo stesso vale per le spiagge, perché noi avevamo detto: almeno proroghiamo le convenzioni, manco quello! Quindi, anche sulla Bolkestein… però in campagna elettorale io ho sentito dire di tutto, in particolare dal MoVimento 5 Stelle, in ordine al fatto: toglieremo subito la Bolkestein per gli ambulanti, lo faremo: proclami tanti, tweet non ne finiscono mai, in queste Aule io sto vedendo che, però, il comportamento è esattamente contrario a quello che viene detto fuori da quest'Aula.
L'altra questione: noi avevamo anche fatto alcune richieste con riguardo alle banche, in particolare. La norma è stata modificata, riformulata, e questa norma non tiene conto di tutti gli emendamenti che avevamo proposto, dice semplicemente che con riguardo ai ricorsi che sono pendenti di fronte all'arbitro per le controversie finanziarie, fino a che non sarà emanato il decreto relativo al Fondo ristoro per i risparmiatori, previsto dal precedente Governo e ancora questo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non è stato emanato, si potrebbe, in base a questa norma, ottenere un anticipo del 30 per cento. Solo questo. Noi abbiamo detto: vabbè, meglio di niente il 30 per cento.
Noi avevamo proposto, però, non un mero anticipo per alcuni, sulla base dei fondi già accantonati, ma una riforma organica che avrebbe fatto rispondere sulle banche in maniera totale alle esigenze di tutti risparmiatori e investitori, compresi gli azionisti, indicando anche le coperture…
PRESIDENTE. Collega, deve concludere.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE, Relatore di minoranza. Ho finito. …dettando coperture specifiche. Anche questo tema è stato tema di campagna elettorale, per il centrodestra è un impegno specifico nel programma di Governo del centrodestra, perché si chiama programma, non contratto, programma si chiama (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)! E nel programma di Governo era previsto che noi avremmo dato subito una risposta. Questa risposta non c'è stata. Per queste ragioni abbiamo fatto anche altri emendamenti su Genova, sul ponte Morandi, sugli eventi sismici…
PRESIDENTE. Collega, deve concludere.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE, Relatore di minoranza. Ne parleremo, se avremo modo, nonostante la fiducia oltre che in sede di replica, perché i relatori in sede di replica alla fine della discussione generale possono sempre intervenire, anche se si mette la fiducia, quindi lo dirò dopo. E concludo dicendo e ribadendo una valutazione fortemente contraria sul provvedimento in esame. E spero ancora che ci siano queste risposte da parte del Governo, almeno su quei due punti: obblighi vaccinali e l'altro punto dei bandi periferie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Chiedo, in base alle richieste avanzate, ai sensi dell'articolo 83, comma 1-bis del Regolamento, dal relatore di minoranza, se il Governo intenda rispondere immediatamente o chiedere di differire la risposta al momento della replica o chiedere, altresì, che la seduta o l'esame del progetto di legge siano sospesi per non più di un'ora, ovvero dichiarare di non poter rispondere, indicandone il motivo.
Prego sottosegretario, in fase di replica?
GUIDO GUIDESI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo risponderà in fase di replica, tenendo conto che la discussione su alcuni dei temi evidenziati dal relatore di Forza Italia è già stata, dal nostro punto di vista, molto approfondita in Commissione.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE, Relatore di minoranza. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE, Relatore di minoranza. Rispetto alla replica, non ho capito se il sottosegretario - la richiesta è in base all'articolo 83, comma 1-bis, che io ho citato e continuo a citare - ha già motivato il rifiuto alla risposta o si è riservato…
PRESIDENTE. Non ha rifiutato la risposta, collega, si è riservato di intervenire in fase di replica.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE, Relatore di minoranza. Bene, grazie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pietro Carlo Padoan. Ne ha facoltà.
PIETRO CARLO PADOAN (PD). Grazie, Presidente. Chi mi ha preceduto ha già dimostrato ampiamente perché questo decreto sia molto brutto e debba essere respinto. Ci sono varie ragioni per cui ciò avviene. Io vorrei occuparmi solo di un aspetto, che è stato già citato e descritto in particolare dal collega Marattin, che riguarda il decreto periferie, non perché sia l'unico che merita un'analisi approfondita, ma perché, oltre ad essere in sé molto dannoso, è anche emblematico di un metodo di fare Governo che mi preoccupa assai, soprattutto in prospettiva della legge di bilancio che ci aspetta.
Sulle periferie è stato deciso dalla maggioranza di Governo di definanziare risorse destinate alle periferie, in alcuni casi, in molti casi, risorse già impegnate e tali da mettere in moto meccanismi di investimento virtuoso da parte di comuni ed enti locali. Si propone di riallocare queste risorse ad altri scopi, peraltro con criteri ancora tutti da definire, che impediscono di fare una valutazione completa di questo procedimento e di ridurre meccanicamente le risorse destinate alle periferie.
Ci sono tre ragioni per cui si tratta di un meccanismo negativo: una ragione di processo o di metodo, una ragione di sostanza e una ragione politica più generale.
Sulla questione del processo e il metodo, è stato già detto da chi mi ha preceduto, ma permettetemi di insistere di nuovo: si interrompono meccanismi di spesa, meccanismi di investimento da parte degli enti locali, e si introduce quindi non solo un danno possibile da verificare, ma un forte elemento di incertezza, che mina la fiducia tra enti locali e Governo, che si è costruita in molti casi negli ultimi anni con fatica ma con successo. Questo, come dire, lascia perplessi oltre che preoccupati: lascia perplessi in prospettiva di quello che ci aspetta nelle prossime settimane, visto che, cominciando a parlare di Nota di aggiornamento al DEF e di legge di bilancio, esponenti autorevoli di Governo ci fanno sapere che, a differenza di quanto contenuto nel contratto di programma, ci sarà un'introduzione graduale delle nuove misure, non ci saranno shock fiscali, salvo uno shock positivo da investimento, uno shock positivo da investimento teso a mobilitare risorse in parte già esistenti, in parte da allocare, ma che comunque dovrebbero rimettere in moto l'economia. Si tratta di un principio che io condivido: c'è una carenza di investimenti pubblici e privati in questo Paese, che negli anni passati è stata affrontata e rimessa in moto. Mi chiedo, chiedo al Governo e alla maggioranza come decisioni come queste, legate alle risorse per la periferia, siano coerenti con l'idea di avere uno shock positivo sugli investimenti pubblici; mi chiedo come possa essere credibile, al di là di questa misura, qualunque altro programma di ampio respiro, perché la legge di bilancio ha una valenza pluriennale, e gli stessi esponenti di Governo hanno detto che i risultati si vedranno a fine legislatura, tra cinque anni. Gli investimenti, lo sappiamo tutti, richiedono un orizzonte temporale medio-lungo, la fiducia per farli deve essere contenuta ma anche mantenuta in questo periodo, e la fiducia si conquista con le azioni, con le decisioni, con le scelte: questa scelta di riallocare le risorse va esattamente nella direzione opposta. Quindi, una prima domanda di metodo, se volete, di procedure, è questa: come pensa il Governo di mantenere la fiducia delle imprese, dei cittadini, di chi li ha votati, se si contraddice in modo così lampante un meccanismo costruito sulla fiducia, cioè si rinnegano meccanismi e si riallocano risorse in modo tale da rallentare, se non interrompere, fondamentali flussi di investimento?
Secondo punto: quali sono le priorità? Il contratto di programma fa intravedere controluce, o magari in modo esplicito, che la lotta all'esclusione sociale, il sostegno dei più deboli, il sostegno di chi è lasciato fuori dal meccanismo di sviluppo debba essere un obiettivo positivo prioritario, e questo riguarda il centro e le periferie delle città, il Nord e il Sud, i ceti più deboli rispetto a quelli che lo sono meno e sono più protetti. Qui ci troviamo di fronte a una colossale smentita di quelle priorità, quindi è un giudizio sulla riallocazione delle risorse che è tecnico in primo luogo, ma è anche e soprattutto politico. Come ci si può fidare di un Governo che in modo così palese, quando si tratta di mettere i soldi là dove contano, le risorse, il compito primario di una politica di bilancio, che è quella di allocare le risorse in base alla priorità del Governo e della maggioranza, come ci si può fidare di un meccanismo del genere, che è palesemente in contraddizione con questi principi così solennemente incorporati nel contratto di programma?
Terzo punto: si fa intravedere, nel giustificare questa misura di definanziamento, l'idea, tutta da verificare, e il Parlamento avrebbe diritto di saperlo in modo molto più esplicito, si fa intravedere l'idea che ci penserà la legge di bilancio a sanare i problemi creati dal modo di gestione di questo decreto-legge. Ma in che modo? Ognuno è libero di farsi la sua idea in assenza di numeri, e in assenza di numeri non commento sui numeri, perché questa è la mia abitudine; quindi aspetto la Nota di aggiornamento al DEF per capire i numeri come funzionano.
Però già si può intravedere il comportamento: bisogna fare cassa, bisogna dire “riallochiamo le risorse da qui a lì”, in base ai criteri che ho appena ricordato, ma se le risorse non ci sono ci penserà la legge di bilancio. Questo - come dire - fa sorgere un sospetto, il sospetto che il problema di risorse e di vincoli di bilancio sia più serio di quanto certe affermazioni che abbiamo ascoltato nelle settimane addietro da parte degli esponenti autorevoli del Governo, il sospetto che quelle affermazioni non siano poi così fondate. In questi giorni, si celebra sulla stampa il fatto che il Governo sta dando un po' più di fiducia, con affermazioni rassicuranti da parte di molti, se non tutti i suoi esponenti; questo è riflesso anche nei mercati finanziari, che cercano di capire con un po' di ansia quali siano le linee di indirizzo del Governo. C'è quindi un problema di fiducia, c'è un problema…Ma io direi qualcosa di più: di un Governo che deve ancora capire qual è la sua strategia di politica economica. Perché questa è la sensazione: che questi comportamenti siano comportamenti dettati dall'angoscia, dalla disperazione di trovarsi con dei buchi di bilancio non sostenibili; e quindi tagliamo là dove si può tagliare, perché la maggioranza ce lo consente, per racimolare un po' di risorse, indipendentemente dal danno che si fa in termini di cattiva allocazione e di rinnego dei compiti o degli impegni già presi.
Logica vorrebbe che là dove le risorse sono state allocate avendo in mente una linea strategica si lascino dove sono, e si preservino o magari si accelerino i meccanismi di spesa; ma se si ritiene che ci sono altre priorità, dare più soldi ai comuni in base a criteri non molto chiari fino ad ora, si cerchi allora, se veramente quelle sono la priorità, si cerchi in legge di bilancio, quando tutte le risorse disponibili saranno sul tavolo, questa allocazione, e non far finta di trovare soldi stanziati anche magari dai Governi precedenti per coprire buchi che altrimenti non si saprebbe coprire.
Tutto ciò desta molta preoccupazione, ripeto, e concludo: per le ragioni oggettive, i danni effettivi che si fanno agli investimenti dei comuni e degli enti locali, alla cosiddetta priorità contro l'esclusione sociale, e quindi le priorità che dovrebbero essere al centro del contratto di programma, i meccanismi di utilizzo della legge di bilancio in modo chiaro e trasparente, e soprattutto sostenibile. Tutto ciò mi dà un'indicazione preoccupante sul lavoro che ci aspetta nelle prossime settimane. La legge di bilancio che ci aspetta ha molti aspetti problematici: la sua sostenibilità di medio termine, non solo nell'anno prossimo, ma negli anni successivi, soprattutto, ripeto, se il Governo dice di voler restare qui per cinque anni, quindi di dover garantire la governabilità della finanza pubblica, oltre che delle altre cose, per questo periodo; e non bisogna illudersi che se si raggiungono risultati per l'anno prossimo questi siano sostenibili per gli anni successivi.
Ma la politica di bilancio non è fatta solo di grandezze aggregate, di andamento del deficit, dell'indebitamento, del debito; certo, queste sono importanti, ma c'è anche la dimensione allocativa. Ripeto una cosa banale: il bilancio pubblico è il più potente meccanismo di allocazione delle risorse di cui lo Stato dispone. Quello che sta succedendo adesso mi preoccupa assai, in parte per gli obiettivi che non condivido, in parte per i danni che si creano al meccanismo di allocazione e al rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Magi. Ne ha facoltà.
RICCARDO MAGI (MISTO-+E-CD). Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, di solito abbiamo visto il “milleproroghe” presentato a fine dicembre; quest'anno, con il Governo giallo-verde, abbiamo questo debutto in versione estiva.
Poi, come sappiamo, dopo l'approvazione da parte di quest'Aula il provvedimento dovrà tornare al Senato per l'approvazione definitiva e, stando a quanto ha affermato il Viceministro Garavaglia, che non vedo più e ce lo potrà confermare, di lì a poco avremo un nuovo “milleproroghe” di fine anno.
E pensare, Presidente, che il MoVimento 5 Stelle e la Lega hanno sempre tuonato contro i decreti omnibus, ritenendoli una schifezza. Pensate che era il 23 febbraio 2017 quando Luigi Di Maio scriveva su Facebook: si legge “milleproroghe” ma si scrive “mille marchette ai partiti”. Ma si sa che un conto è fare opposizione per il cambiamento, un conto è governare autodefinendosi Governo del cambiamento.
Da un punto di vista normativo e della certezza del diritto, provvedimenti come questo hanno effetti devastanti, soprattutto quando non hanno più una funzione residuale, ma diventano connotanti rispetto all'azione di Governo e questo è il caso. Hanno effetti devastanti sulla certezza del diritto per i cittadini e per le amministrazioni locali, come abbiamo sentito poco fa, per le imprese e per la credibilità anche agli occhi delle istituzioni europee e dei mercati. Appariamo, infatti, come un Paese che pone termini che già sa che probabilmente saranno prorogati e quindi sono percepiti come non tassativi: è così che la legge perde il suo ruolo di porre norme e di essere norma cogente.
Ma il disegno di legge “milleproroghe” non si limita a prorogare i termini in scadenza, ma arriva a modificare norme sostanziali, cambiando in corsa le regole del gioco, ledendo i principi cardine del nostro ordinamento posti a presidio dell'attività di impresa e del libero gioco concorrenziale per difendere i micro-interessi particolari, andando in aperta contraddizione con la normativa europea. Spesso, ad essere prorogati sono termini che dovremmo rispettare in base a tale normativa e così seguiranno procedure di infrazione che costeranno al nostro Paese ogni anno milioni di euro.
Da un punto di vista politico, provvedimenti come quello in esame sono lo strumento con cui vengono rinviati ad un futuro indefinito, perché come sappiamo la proroga può essere seguita da una nuovo proroga di anno in anno e per decenni e farò degli esempi, vengono rinviate riforme essenziali per la crescita del nostro Paese, ma come si sa le riforme scontentano sempre qualcuno, che chiederà un anno in più in cambio del proprio voto.
Vediamo solo alcuni aspetti nel merito del provvedimento e qualche esempio concreto di norme contenute nel decreto-legge che confermano quanto affermato finora. Il provvedimento, all'articolo 3 comma 1-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, proroga dal 1° luglio 2019 al 1° luglio 2020 la cessazione del regime di maggior tutela nel settore del gas naturale e dell'energia elettrica, novellando la legge annuale per il mercato e la concorrenza, la legge n. 124 del 2017, che pure era costata molta fatica.
Su questo punto ho presentato un emendamento soppressivo, che spero venga preso in considerazione da quest'Aula. Ma perché è giusto opporsi a questa proroga delle tariffe di tutela dell'energia e completare la liberalizzazione della vendita di energia prevista dalla legge sulla concorrenza? Anzitutto, perché le tariffe di tutela nell'energia sono monopolio di gestori delle reti locali - Enel, Acea, A2A - che, guarda caso, si oppongono al loro superamento: evidentemente sono tariffe che permettono una rendita non contendibile, oltre a vantaggi informativi. Il secondo motivo è che mantenere una falsa dicotomia tra tutela e mercato è un modo per frenare la concorrenza a svantaggio dei clienti.
Uno studio dell'Istituto Bruno Leoni ha esaminato gli schemi di protezione dei consumatori in vigore nei diversi Stati membri dell'Unione europea, mostrando con chiarezza che i Paesi con una regolamentazione meno pervasiva si distinguono per una maggiore mobilità della domanda, che, a sua volta, determina pressioni verso la riduzione dei prezzi. Quindi, è un falso affermare che, con tale proroga, si avvantaggiano le tasche dei cittadini e questo è quello che è avvenuto in altri mercati complessi, come la telefonia o i servizi bancari. È chiaro che ogni mercato è tanto più dinamico quanto più sono attivi e informati i clienti. Invece di mantenere tariffe amministrate, si dia a tutti i clienti un'informazione completa su come scegliere, in sicurezza e risparmiando, un fornitore sul mercato. Tra l'altro, questo è un provvedimento già previsto dalla convenzione Rai e lo prevede la legge della concorrenza: perché lo Stato non fa la sua parte? Perché su questo il Governo interviene, invece, con tale ulteriore proroga?
Altro esempio: il milleproroghe contiene l'ennesima proroga della possibilità per i medicinali omeopatici di essere mantenuti in commercio senza autorizzazione dell'AIFA. Anche su questo punto ho presentato un altro emendamento soppressivo: siamo di fronte a una serie incredibile di proroghe che il Parlamento ha adottato nell'arco di oltre vent'anni. Nel 1995 il decreto legislativo n. 185, in attuazione di una direttiva europea di molto risalente, stabilì che i preparati omeopatici, messi in commercio senza autorizzazione dopo il 1992, lo rimanessero fino al 31 dicembre 1997. Al 31 dicembre di quest'anno, dopo 21 anni di proroghe (per citare solo le ultime dal 2003 al 2008, dal 2008 al 2015, dal 2015 al 2018), si sarebbe dovuto mettere fine a questa storia. Qual è l'urgenza di prorogare per un altro anno, per il ventiduesimo anno, tale disposizione? Delle ragioni e della necessità di un'ulteriore proroga non ho trovato traccia pubblica da parte delle autorità sanitarie. Lo chiedo quindi al Governo, soprattutto lo chiedo al Ministro Grillo, che esercita la direzione e la vigilanza su AIFA: perché? Davvero, come ha scritto il presidente di Omeoimprese, la proroga si è resa necessaria proprio per consentire all'Agenzia del farmaco di esaminare attentamente i dossier di quei medicinali che hanno fatto richiesta di autorizzazione all'immissione in commercio? Se così fosse, perché la norma del disegno di legge non era nel testo proposto dal Governo, ma ci si è appoggiati a un paio di senatori della Lega per inserirla nel corso dell'esame parlamentare? E se di questo si tratta, pur nell'assurdità per un'autorità del farmaco di non saper gestire un processo che si trascina da decenni, il Parlamento non ne dovrebbe essere messo a conoscenza dalle autorità competenti? Ovviamente, se dovesse arrivare da parte del Ministro e o per conto del Governo nel corso dei lavori un riconoscimento che tale norma è richiesta direttamente dal Ministero e c'è stata una svista nella prima stesura del decreto-legge, sono pronto a ritirare l'emendamento soppressivo.
In una corrispondenza nata dopo la presentazione dell'emendamento con il presidente di Omeoimprese, il presidente si è premurato di spiegarmi che, anche qualora non vi fosse la proroga, i 3.500 farmaci che hanno fatto richiesta di rinnovo di autorizzazione all'immissione in commercio ad AIFA, in attesa di autorizzazione, comunque rimarrebbero in commercio, con l'argomentazione curiosa che, se non si prorogasse il termine di un anno, tali prodotti rimarrebbero in commercio ad libitum fino al rilascio di autorizzazione all'immissione da parte di AIFA. Peccato che i medesimi effetti si avranno al dicembre 2019. Dunque, perché procedere alla proroga se non per lasciare in commercio anche quegli altri 7.500 prodotti che usciranno dal mercato perché non interessati dalla procedura di registrazione?
Passando ad un piano più di merito, dalla Grillo Ministra della salute, al Grillo garante capo politico del MoVimento 5 Stelle, come conciliare le parole di fuoco che sull'omeopatia quest'estate sono state scritte sul blog di Beppe Grillo, tra l'altro sbagliando il bersaglio, poiché non si può chiedere ai farmacisti di sospendere le vendite dei preparati omeopatici con norme come queste, che strizzano l'occhio proprio al mercato degli omeopatici? Il post di Beppe Grillo voleva dimostrare qualche forma di resipiscenza sulla scienza e sul metodo scientifico o era solo una mossa estiva disperata per accreditare il MoVimento 5 Stelle come sensibile alle evidenze della scienza e alla medicina basata sulle evidenze scientifiche?
E veniamo così ai vaccini, su cui le scelte scellerate del Governo hanno finora creato solo caos. L'ultimo emendamento del Governo sembra avere lo scopo di rimediare alla figuraccia della circolare ministeriale che voleva fare autocertificare uno stato di salute, nonostante, come è ormai tristemente noto a tutti e come hanno dovuto e sono stati costretti ad eccepire i presidi italiani, la legge generale sull'autocertificazione lo escluda.
Ma, se l'intervento legislativo intende dare una soluzione in extremis per l'apertura dell'anno scolastico, dopo una serie di giravolte che hanno solo disorientato le scuole, creato caos da un punto di vista amministrativo e disorientato anche le ASL e i genitori, non si capisce perché la documentazione, che prova ciò che viene scritto nell'autocertificazione, debba essere presentata addirittura a marzo 2019 e non in un termine molto più vicino quale quello posto con alcuni subemendamenti che, con altri colleghi, abbiamo presentato in Commissione, termine più vicino sufficiente perché le ASL possano produrre la certificazione necessaria. Non è forse che porre un termine così lontano serva, anche in questo caso poi, a poter prorogare in modo indefinito e, tra l'altro, in un momento in cui ci si avvicinerà inesorabilmente verso la fine dell'anno scolastico? Né rassicurano le affermazioni del Governo in Commissione, ovvero che l'obbligo vaccinale permarrà fino a che non verrà approvato uno specifico ddl governativo già presentato al Senato che si basa - udite, udite - sull'obbligo flessibile per le vaccinazioni. È un ossimoro con cui torniamo al punto della certezza del diritto oltre che della politica che, anziché ascoltare il mondo scientifico, per qualche voto in più strizza l'occhio ai no vax.
Presidente, questi sono solo alcuni degli aspetti peggiori di questo decreto. Altri sicuramente emergeranno con forza nel corso della discussione ed emergeranno anche nel corso dell'esame degli emendamenti, se vorrete e se sarete in grado di affrontare questa discussione senza porre la questione di fiducia. Purtroppo, la mancanza di capacità e di volontà di ascolto di questo Governo non fa ben sperare sul fatto che possano essere recepiti al fine di migliorare il provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-+Europa-Centro Democratico, Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Migliore. Ne ha facoltà.
GENNARO MIGLIORE (PD). Grazie, signora Presidente. Signori del Governo, colleghe e colleghi, avrete notato, scorrendo l'elenco degli interventi previsti nella discussione sulle linee generali, che il Partito Democratico ha iscritto 82 colleghi e colleghe per illustrare le ragioni per le quali noi avversiamo questo provvedimento, il decreto di proroga termini cosiddetto “mille proroghe”. Vi sarete chiesti - spero che vi sarete chiesti - il motivo di questa scelta. Ebbene, in sintesi vi potrei innanzitutto dire che questa scelta è stata motivata dal cercare di riempire di contenuti, di parole e anche di senso il vostro vuoto totale nella gestione non solo di questo provvedimento ma dell'intera attività governativa nel corso dei poco più di 100 giorni che sono ormai trascorsi dall'avvio della legislatura, un vuoto che si conferma anche nell'incapacità di rendere uno strumento che dovrebbe essere ordinario, uno strumento reale di proroga termini al termine dell'anno ma che è intervenuto in corso d'opera e qui vorrei dire anche che la tempistica non è affatto casuale per cercare di impedire - e questo in un'Aula parlamentare dovrebbe far rabbrividire le coscienze non solamente di chi è in contrasto con la linea politica di questo Governo ma anche i colleghi e le colleghe che sono a sostegno di questa maggioranza - l'efficacia di determinate disposizioni normative.
Chi mi ha preceduto, il collega Magi, il collega Padoan, il nostro collega relatore di minoranza Marattin nonché il collega D'Ettore, hanno indicato alcuni - e ci verrò anche io successivamente - tra i punti che in maniera saliente fanno precipitare la credibilità di questo Governo rispetto all'opinione pubblica. Però, io vorrei che fosse chiaro che la tempistica con la quale avete deciso di affrontare il tema delle proroghe ai termini ha a che vedere con una precisa intenzione, ossia non solamente di smantellare ciò che è stato fatto di buono - dico io - dal precedente Governo ma anche di manipolare lo strumento legislativo a vostro piacimento.
Certamente è stato così per i vaccini.
Avete realizzato una specie di capolavoro politico, una piroetta che non si registrava da molto tempo, perché prima avete cercato di dare forza di norma e forza di legge ad una circolare che ovviamente andava a sbattere con quella che era la norma prevista ed entrata in vigore della cosiddetta “legge Lorenzin” sull'obbligo dei vaccini, sull'obbligo della tutela dei nostri figli, sulla necessità di avere quell'immunità di gregge che altrimenti sarebbe messa in discussione da una bizzarra pretesa di far valere il diritto di chi non si conforma sulla base semplicemente di uno scambio politico-elettorale, che è quello che la comunità molto ristretta dei no vax ha stabilito con il partito attualmente di maggioranza relativa, ma credo anche ormai con la Lega, viste le sue posizioni.
Si è data, quindi, una forma e una veste di forza di legge ad una circolare che non aveva alcun significato rispetto a quello che era il senso di responsabilità che veniva espresso innanzitutto dai dirigenti scolastici. Successivamente si è pensato diversamente, nella frenesia di voler intervenire per sanare quello che era un errore: perché siete intervenuti, dopo il passaggio del Senato, con un intervento emendativo proposto nella Commissione affari sociali che ritornava indietro, riconoscendo un errore. Sappiate che per fare dei lunghi percorsi bisogna sempre partire da piccoli passi e se ci si avvia male non è un delitto tornare indietro, soprattutto se questo viene fatto in nome di un interesse superiore. Dunque, voi avete fatto un emendamento, peraltro sollecitato non solo dal partito di maggioranza all'interno dell'opposizione, cioè dal Partito Democratico, ma da tutte le forze responsabili e sane di questo Paese, che avete ascoltato, perché noi abbiamo insistito nel richiedere la possibilità che vi fossero delle audizioni all'altezza e che vi fosse una verifica di quale fosse la tutela, non solo giuridico-normativa ma anche di carattere sanitario, rispetto a questo tipo di intervento.
Ebbene, avete sentito le rappresentanze più autorevoli del mondo scientifico e medico, avete sentito l'Istituto superiore di sanità, avete sentito gli ordini dei medici e dei chirurghi, avete sentito l'ordine dei medici di medicina generale, avete sentito ricercatori che hanno dedicato tutta la loro vita a salvare quelle vite che inopinatamente alcuni di voi hanno detto che potevano rientrare nella casistica negativa di morti accidentali quando, invece, c'è stata un'impennata nel nostro Paese - e lo voglio ricordare a coloro i quali ci ascoltano anche fuori da quest'Aula - di malattie, come il morbillo, che hanno portato - e lo ha detto anche più di uno dei vostri rappresentanti, dei vostri portavoce - alla morte di bambini che non erano stati protetti dall'immunità di gregge per l'irresponsabilità di chi ritiene di avere una formazione scientifica senza avere l'onere di studiare, di approfondire e di verificare con l'esperienza qual è la sua attività reale nel mondo.
Io, per esempio, sono rimasto basito nel corso di questa discussione in Commissione, che è stata istruttiva anche per conoscere l'atteggiamento delle nuove leve del MoVimento 5 Stelle e della Lega che sono in maggioranza e copiose all'interno di questa Commissione. Sono rimasto stupito, dicevo, del fatto che due colleghi, due medici del MoVimento 5 Stelle, che hanno espresso con chiarezza il dissenso rispetto all'atteggiamento ottuso della maggioranza, ad un certo punto siano spariti dalla Commissione.
Non hanno più avuto l'agibilità politica, perché penso sia stata ovviamente una loro scelta, ma non hanno avuto l'agibilità politica di essere messi in condizione di contribuire ad una discussione così importante. Mi è dispiaciuto, perché quei contributi, come quelli di tutti gli altri colleghi e delle colleghe, penso siano fondamentali per formare un'opinione, al di là di quelle che sono le maglie strette nelle quali vi ritrovate ogni volta che entrate in una difficoltà. Poi è bastato un articolo di la Repubblica, i giornali che mettevano in prima pagina la retromarcia, il retro vax, è stato detto, del Governo e della maggioranza, per fare un'altra marcia indietro. Ma scusate, quando si reintroduce la facoltatività per quanto riguarda le certificazioni che devono essere garantite, vi sono risuonate nella testa le parole del responsabile, del coordinatore dei presidi nazionali, che ha detto: noi su una cosa del genere non facciamo interventi a campione, non facciamo controlli a campione, facciamo controlli a tappeto. E quindi avremmo compreso, come era stato anche proposto da alcuno, che ci fosse una proroga di un mese nell'entrata in vigore. C'è bisogno di produrre una documentazione, non siamo drastici, aspettiamo un mese.
Voi neanche quello avete voluto. Avete imposto che ci possa essere qualcuno che ha vaccinato i propri figli, sempre perché vale la presunzione di buona fede, e dopodiché possa intervenire dopo un anno per produrre queste certificazioni. Va bene, ho capito che la macchina pubblica, da quando è nelle vostre mani, funziona un po' peggio, però un anno mi sembra troppo per produrre dei certificati. Noi abbiamo bisogno di certezze; noi cittadini, non noi del Partito Democratico, noi genitori, perché sappiamo anche che la diffusione nelle scuole produce quegli effetti che sono stati ricordati da immunologi, medici, persone che si sono impegnate su questo settore, che ampliano la fascia della possibile diffusione della malattia anche ad altre fasce di età. Il contagio esiste ed è stato veicolato, innanzitutto per malattie che sembravano essere scomparse, anche e soprattutto attraverso i bambini.
Quindi, noi non abbiamo rappresentato in questo caso un'esigenza di carattere meramente politico, di collocazione politica. Abbiamo detto: saremo con voi, fatelo l'emendamento, e voi lo avete fatto, per ritornare indietro, per assumervi la responsabilità di essere responsabili, e non lo avete voluto fare. A me sinceramente è dispiaciuto moltissimo, perché lo so che così il danno sarà maggiore per voi, ma siccome a me del danno politico che vi arriverà per questo tipo di scelta importa molto poco rispetto al possibile danno per la salute dei nostri bambini e della nostra popolazione, avrei preferito avere torto, avrei preferito essere messo in minoranza dal vostro buonsenso piuttosto che dalla vostra avventatezza. E, invece, avete perseguito un'altra strada: quella del puntiglio, quella di non farvi cogliere con le mani nel sacco. Invece, ovviamente, quel sacco era vuoto, perché erano vuote le vostre proposte rispetto ad una cosa molto semplice, molto lineare: chi è malato ed è immunodeficiente non può vaccinarsi. La responsabilità della collettività rispetto a queste persone, che sono le prime, perché le più fragili, è quella di avere un atteggiamento di conservazione e di cura dell'ambiente in cui vivono. Da qui l'obbligo vaccinale.
Allora, vedete, se su questo tema voi l'avete presa così alla leggera, come posso immaginare io e come possono immaginare i cittadini di questo Paese che voi prendiate sul serio tutta un'altra serie di argomentazioni, che hanno certamente una densità importante, ma che non sono così urticanti e così urgenti rispetto anche alle scelte che devono essere fatte? Quando il collega Padoan ha parlato della fiducia, mi appello a voi per dire, come responsabili di questo Paese, come persone temporaneamente con la responsabilità di assumervi l'onere di governare questo Paese, se non avete la fiducia delle persone che possono in questo momento essere messe a rischio, come pensate di avere la fiducia di tanti italiani? Avete conquistato il consenso, ma il consenso va difeso e, soprattutto, va onorato; e noi non vorremmo mai speculare su cose di questo genere, se ci fosse la disponibilità da parte vostra ad assumervi ciò che non è né di destra né di sinistra, perché la salute e la protezione delle persone dovrebbero essere un interesse realmente comune.
Qui, invece, voi avete fatto, esattamente come denunciava il vostro capo politico, un favore - perché io certi termini non li uso -, un piacere, uno scambio con una piccolissima comunità no vax - 0,7 per cento, questo è il dato dell'Istituto superiore della sanità -, che ha un'influenza, però, sulle persone incerte, su coloro i quali non hanno ancora deciso, perché questa, ovviamente, si spande a macchia d'olio e il dubbio che si insinua, inseguendo, magari, una camera dell'eco su Facebook, diventa poi un argomento del quale anche vantarsi, come accaduto recentemente con una donna che, poverina, pensava di essere rappresentante del costume italico della furbizia, dicendo che aveva falsificato i documenti, non pensando, invece, che in questo modo si metteva contro la sua comunità, e per questo motivo è stata perseguita.
Quindi, il senso di mancanza di fiducia - lo dico sinceramente - intorno a questa vicenda dei vaccini non può farvi dormire sonni tranquilli, perché sarete voi i responsabili, lo capite o no? Lo capite che sarete voi i responsabili nel momento in cui succedesse una tragedia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Questo è il senso che vi voglio comunicare: avere delle responsabilità di Governo significa sempre prendere le misure di quello che succederà attraverso i propri atti; e penso che, se voi lasciaste liberi e se noi chiedessimo - cosa che non possiamo fare per Regolamento - il voto segreto sul nostro emendamento abrogativo, molti vostri colleghi lo voterebbero, molti, moltissimi, forse anche chi siede in questo momento in quest'Aula.
Quindi, questo provvedimento diventa un provvedimento politico, non più un provvedimento di proroga termini, perché vi faccio notare che c'è una serie di scelte che sono assolutamente incomprensibili.
Chiuderò con la parte relativa alla relazione con gli enti locali, ma, siccome se ne è parlato pochissimo, vorrei sottoporre all'attenzione di quest'Aula gli elementi di proroga termini in materia di giustizia, poiché me ne sono occupato per un certo periodo come esponente del Governo precedente.
All'articolo 2, comma 1, nella frenesia di dare una risposta di segno opposto a quella che intendevamo noi - ma adesso cercherò di spiegare qual era il senso della nostra azione di Governo -, avete prorogato in materia di intercettazioni le disposizioni che dovevano entrare in vigore il 26 luglio del 2018.
Badate bene, le date sono importanti. Voi avete fatto questo decreto perché bisognava intervenire sui vaccini e sulla giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non è vero che è stato innocente. Il 26 luglio scorso sarebbero entrate in vigore le nuove disposizioni sulle intercettazioni. Bene, anzi male! Gli articoli 1 e 6 non sono stati prorogati. Ma voi che cosa avete sottratto a quello che doveva essere il nuovo ordinato senso della garanzia all'interno di questo Paese, peraltro per una riforma ben fatta, che è stata ampiamente discussa, anche con i livelli della giurisdizione, l'avvocatura, la magistratura e le procure? Voi avete fatto una serie di proroghe relativamente, per esempio, alla riservatezza delle comunicazioni dei difensori nei colloqui con l'assistito, perché noi avevamo disposto che se ne evitava la trascrizione anche sommaria. Non so se vi ricorda qualcosa la parola Costituzione e diritto alla difesa, essendo quella dell'avvocato l'unica professione presente all'interno della nostra Costituzione citata per il suo valore fondamentale. Se qualcuno di voi pensa veramente che possano essere intercettate le comunicazione tra il difensore e l'assistito, ma dove vogliamo arrivare?
Io ho capito che il film preferito del Ministro Bonafede è “Le vite degli altri”, quello delle spie della DDR (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), che si informavano attraverso i delatori, attraverso gli agenti provocatori, attraverso le persone che stavano dentro questo meccanismo perverso, che era uno Stato autoritario, di che cosa dovevano o non dovevano fare le persone. Però, voi prorogate cose che noi avevamo stabilito per evitare che ci fosse quel circuito politico-mediatico, che non ha aiutato a risolvere nessun processo, ma ha solo fatto dei processi sommari a persone che venivano assolutamente spiate. Perché, quando venivano pubblicati stralci di intercettazioni, che spesso non erano stati neanche depositati agli atti, in alcune situazioni che non avevano nessuna valenza di carattere penale, voi mi spiegate perché? Oppure, forse, ce lo spiega la dichiarazione in qualche intervista del Ministro Bonafede, che ha detto che i cittadini hanno diritto di sapere come si comportano i politici. E no, caro Ministro: i cittadini hanno il diritto di avere difesa la loro privacy fino a prova contraria, cioè nel momento in cui commettono un reato e, quindi, quella disposizione di intercettazione si trascrive ed è a disposizione delle parti perché bisogna perseguire i reati, non la libertà, perché noi siamo dei persecutori dei reati, non della libertà delle persone (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Io penso anche a tutta una serie di norme tecniche, che magari non sto qui a dettagliare, ma come quella dell'archivio riservato. Però lo voglio dire, perché magari qualcuno ci sta ascoltando, che è anche del ramo. Le intercettazioni sono tutte a disposizione nella forma audio. Questo era quello che dicevamo noi. Sono nell'archivio riservato e sono a disposizione delle parti, possono andare ad ascoltarle. È la trascrizione che deve essere fatta sulla base di indizi di reato e, quindi, deve essere circoscritta a quello che è penalmente rilevante. Però, non è vero che si buttano le intercettazioni, non è assolutamente vero, perché le intercettazioni ci sono e sono a disposizione. Sono a disposizione di quelle parti che ne facciano richiesta.
Potrei parlare ancora a lungo, anche del fatto che si vuole cambiare la normativa sui trojan; se non sapete esattamente di che cosa si tratta, sono dei dispositivi molto moderni, che consentono un'intercettazione ambientale a larghissimo spettro e che possono, di fatto, simulare la nostra stessa presenza su un dispositivo elettronico. Cioè, mentre noi stiamo su un telefono, c'è un'altra persona, che contemporaneamente a noi o su un computer sta facendo le stesse cose nostre e, magari, utilizza anche questo dispositivo. Cosa giustissima, se si tratta di intercettare mafiosi, terroristi, ma con un senso della misura, anche perché sennò le procure sarebbero inflazionate da questo tipo di attività investigativa. E noi dobbiamo - ricordiamocelo sempre - perseguire i reati e perseguirli per quello che dice il nostro codice.
Ma poi c'è un'altra cosa, sempre nell'articolo 2, rispetto alla quale io non so come sia stata data la possibilità politica che ciò accadesse ed è relativa alle cosiddette videoconferenze. Anche in questo caso è un elemento molto interessante, dal punto di vista di una sospensione dei termini dell'applicazione di questo procedimento. Si dice procedimento penale a distanza con il sistema del collegamento audiovisivo.
Nella sostanza, di che cosa si tratta? Fino ad oggi i detenuti al regime di 41-bis comparivano nel processo, anche per ragioni di sicurezza, anche attraverso una videoconferenza. Noi che cosa abbiamo fatto? Abbiamo esteso - avremmo inteso estendere - anche ad altri detenuti in regime di massima sicurezza, per evitare che vi sia quella che viene chiamata la “traduzione”, che spesso si risolve nella traduzione - come sapete, le carceri di massima sicurezza non sono necessariamente, anzi spesso sono lontane dalle sedi del processo, quindi, se si è a Parma e il processo si svolge a Palermo - che comporta un onere significativo dal punto di vista finanziario, dell'impiego di uomini e, ovviamente, può anche ridursi nel fatto che si arriva, si compare o si rinvia il processo. Quindi, abbiamo pensato ad un'ottimizzazione ed una razionalizzazione.
Ma voi che avete fatto? Questo non è un fatto politico - lo voglio chiarire - è un fatto tecnico e a me non è chiaro perché l'abbiate fatto. Voi avete sospeso l'efficacia della disposizione di legge n. 103 del 2017 fino al 15 febbraio 2019. Io mi chiedo, Presidente, e lo chiedo per suo tramite agli uffici e a chi lei ritenga: si può sospendere con un decreto di proroga termini l'efficacia di una legge? Questa cosa cos'è? Che proroga è? È la sospensione della validità di una legge. Come se domani, a un certo punto, nel decreto proroga termini, sospendiamo la validità, che ne so, dell'obbligo del casco. Visto che a voi non piacciono gli obblighi, sospendiamo la validità dell'obbligo casco fino all'estate prossima, così stiamo tutti con la capa più fresca. Ma mi spiegate come si fa - lo chiedo per mia conoscenza personale - a sospendere l'efficacia di una legge in vigore? Perché io ancora devo capire. E che cosa ha di attinente con il termine “proroga”? Io onestamente questo non lo capisco.
Poi nella motivazione - questo è molto interessante - voi dite che si deve sospendere un attimo l'efficacia di questa norma - che peraltro vale ancora ovviamente per i detenuti del 41-bis dell'ordinamento penale - perché comporta la revisione organizzativa e informatica di tutta la precedente architettura giudiziaria, con necessità di aumento dei livelli di sicurezza informatica. Meno male che nella relazione illustrativa ci avete detto che ci sono dei problemi di sicurezza informatica, perché adesso si tratta solamente di audire i detenuti del 41-bis, cose di secondaria importanza. Ma dove le scrivete voi queste relazioni illustrative? Mi chiedo, avendo frequentato quel Ministero: ma veramente c'è qualcuno che oggi scrive quella procedura, che è sottoposta alla massima sorveglianza?
E, anche in questo caso, che c'entra la politica? Che c'entrano le parti politiche, rispetto alla sicurezza, che deve essere garantita ed è stata fino ad oggi garantita al 100 per cento, dal punto di vista informatico per il 41-bis, figuriamoci se non può essere garantita anche per detenuti di altra natura e di altro spessore criminale certamente inferiore. Che c'entra la politica? Io su questo sono d'accordo con la Lega, sono d'accordo con Forza Italia, sono d'accordo con il MoVimento 5 Stelle, sono sicuro che siamo tutti d'accordo, con Fratelli d'Italia, con LeU, non voglio dimenticare nessuno, perché immagino che l'elemento della costruzione della macchina repressiva del nostro Paese nei confronti di questi reati sia assolutamente prioritario, e anche qui, boh, non è che si è capito molto per quale motivo abbiate fatto questa proroga.
Infine, e concludo…quanto tempo ho ancora? Un minuto?
PRESIDENTE. Un minuto e quindici secondi, collega.
GENNARO MIGLIORE (PD). Grazie. Concludo, visto che su questo tema si intratterranno anche gli altri 81 nostri iscritti a parlare, sul fatto che in questo momento a Palazzo Chigi è in corso una riunione alla quale noi abbiamo attribuito una grande importanza. Noi abbiamo visto ieri una Viceministro, la Viceministro Castelli che, a un certo punto, ci ha comunicato, con enfasi, che ci sarebbe stata una discussione. Abbiamo chiesto: o lo anticipate oppure posticipate la discussione degli emendamenti, perché così noi avremo contezza di che cosa si stanno dicendo. Ma vi chiedo, e soprattutto vi assicuro, voi siete sicuri che, facendo in questo modo, cioè prendendo in giro gli amministratori locali di questo Paese, facendoli venire qui, voi sarete capaci di convincerli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Perché, il Viceministro Garavaglia – e ho concluso, davvero ho concluso – ci ha spiegato la verità, e lo ringrazio per averci detto la verità, ci ha detto che qui non si cambierà niente e che, quindi, quei fondi sono stati persi e quei fondi non saranno recuperabili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Manzo. Ne ha facoltà.
TERESA MANZO (M5S). Grazie, Presidente. Colleghi, a pochi mesi dall'insediamento del nuovo Parlamento, ci ritroviamo ad affrontare il decreto «milleproroghe». Non appartiene al nostro modus operandi procedere di rinvio in rinvio come accaduto per anni, tuttavia siamo costretti ad ereditare dai precedenti Governi una serie di questioni continuamente rinviate e mai risolte, le quali ci apprestiamo ad affrontare con grande decisione. Sappiamo bene che in passato il «milleproroghe» è stato utilizzato dai partiti come mezzo per favorire, direttamente e indirettamente, clientele e gruppi di interesse. Prassi comune era, infatti, inserire nel decreto nefandezze di ogni genere per ingraziarsi lobby e avvantaggiare gli amici degli amici. Il «mille proroghe», negli scorsi anni, è stato il simbolo di una visione miope della politica e di una grave carenza di progettualità che ha penalizzato in modo sistematico il Paese.
In questo decreto abbiamo cercato di affrontare le pesanti eredità del passato, cominciando a valorizzare le esigenze dei cittadini, raccogliendo le loro istanze e facendo prevalere l'interesse pubblico su quello di parte. Non dimentichiamo, anzi non possiamo dimenticare, i provvedimenti vergogna che le precedenti maggioranze hanno portato avanti attraverso questo decreto, pensiamo all'ormai lontano 2013, quando il MoVimento 5 Stelle riuscì a scongiurare l'approvazione di un emendamento della maggioranza che avrebbe salvato il primo dei tanti privilegi che invece siamo riusciti ad eliminare, e mi riferisco agli affitti d'oro, cari colleghi miei. Mentre loro difendevano gli affitti d'oro, noi colpiremo le pensioni d'oro, i vitalizi, anche al Senato, e tutti i privilegi della casta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Pensiamo ancora alle proroghe del salva Equitalia, approntato proprio da coloro che oggi, all'opposizione, si dichiararono a difesa degli imprenditori e quando erano al Governo non hanno fatto altro che vessarli. Oppure – come dimenticare? –, nel «milleproroghe» del 2017 il PD rinviava di tre mesi la presentazione del piano ambientale dell'Ilva; dal giugno spostarono il termine al 30 settembre 2017. Loro, i competenti, presero tre mesi, posticipando decisioni vitali per i tarantini, mentre Luigi Di Maio, in solo tre mesi, ha risolto una situazione complessa e portando a casa il miglior risultato possibile nelle peggiori condizioni, cari miei (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo sì che è un bel cambiamento, e lo confermo, è nostra ferma intenzione prendere le distanze dal modo di operare del passato, agendo in netta discontinuità rispetto a chi ha utilizzato questo decreto come mangiatoia.
Uno dei temi che andremo a discutere riguarda il miliardo di euro destinato ai comuni italiani, che abbiamo sbloccato fin da subito. Il Governo è intervenuto per consentire ai sindaci italiani di utilizzare risorse che altrimenti sarebbero rimaste congelate in modo improduttivo. Non potevamo permetterci di tenere fermo oltre un miliardo di euro nelle condizioni economiche in cui versa il Paese anche a causa delle politiche dei precedenti Governi. La procedura con la quale era stato creato il fondo periferie è stata inoltre dichiarata incostituzionale rendendo persino urgente il nostro intervento, che è stato in linea con quanto sancito dalla Consulta. Peraltro, il fondo periferie non è stato affatto smantellato, come sostenuto strumentalmente dalle opposizioni, dato che la maggioranza si è impegnata a finanziarie sia i progetti esecutivi già approvati che quelli in corso. Nel frattempo con lo stesso emendamento i comuni in avanzo di bilancio potranno investire sul territorio da subito le risorse che hanno in cassa; parliamo di centinaia di milioni di euro, che già nel 2019 saranno messe al servizio di una maggiore qualità di vita per i cittadini.
In un'ottica più generale, in effetti, il nostro obiettivo è di rendere questo provvedimento sempre meno necessario nel corso della legislatura, perché ciò vorrà dire che alle logiche emergenziali degli scorsi governi avremo sostituito una logica di razionale pianificazione delle politiche pubbliche. Ci impegneremo, quindi, a porre fine alla cattiva abitudine del passato, per cui si vedeva in questo decreto la cinica opportunità per inserire surrettiziamente tutto e il contrario di tutto. Non è nostra intenzione rimandare continuamente questioni che il senso di responsabilità politica impone di affrontare con immediatezza e decisione. Risolvere il nodo «milleproroghe» sarà il primo passo per utilizzare al meglio le risorse dei contribuenti, spostandole da voci di spesa inefficienti ad altre di riconosciuta utilità sociale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Pollastrini. Ne ha facoltà.
BARBARA POLLASTRINI (PD). Grazie, signora Presidente. Signori del Governo, le colleghe, anzi i colleghi, in questo caso, del mio gruppo – altre colleghe interverranno – hanno poc'anzi illustrato con serietà e merito e, avete sentito, con passione le ragioni di una bocciatura di questo decreto, una bocciatura severa e cioè senza l'indulgenza del rimando, un tempo si sarebbe detto della riparazione, di un provvedimento che potrebbe, esso sì, avere come titolo il decreto del rinvio, del non fare oggi ciò che non farete, ahimè, meglio domani, e con esiti gravi, lo abbiamo detto nei contenuti e io aggiungo persino eticamente discutibili, quando passiamo al capitolo vaccinazioni. Un opinionista di rango, molto ascoltato in questo Paese, ha definito il comportamento dell'attuale Governo dinamismo immobile. Scriveva, l'altro giorno, più o meno così: dopo proclami roboanti, promesse folgoranti, annunci, fa capolino la cruda realtà dei conti, delle contraddizioni in quel contratto sventolato, tanto sventolato, e delle scelte.
Forse quell'opinionista di rango ha peccato in generosità, perché, nel vostro profilo, fatico a definirlo ostile, io vedo sì l'immobilismo ma, insieme, un disegno davvero allarmante; penso a quel disegno, inneggiato dal Ministro dell'Interno, di ricollocazione dell'Italia a fianco del nazionalismo e della destra del continente.
Leggo, con inquietudine, l'adesione a TheMovement del signor Bannon, o dell'incontro in prefettura - sì, in prefettura - con il Primo Ministro Orban e l'abbraccio con i Paesi di Visegrad. Signori del Governo e signora Presidente, non sto parlando d'altro, anche se ci sarà presto il momento per affrontare una materia così decisiva e inquietante; vi ho fatto cenno, solo un cenno, perché il cosiddetto dinamismo immobile si regge in realtà su una campagna elettorale martellante e continua, che ha un obiettivo nello spartiacque delle elezioni europee, a cui tutto viene sacrificato: persecuzione del migrante, denigrazione generica delle ONG, e oggi scienza e modernità, terremotati, giustizia, una legge di bilancio che dovrà contenere tutto e il contrario di tutto. Il “milleproroghe” è in sintesi un piccolo primo campioncino, l'anticipo di un film difficilmente a lieto fine. Allora mi rivolgo alle colleghe e ai colleghi dei Cinquestelle: per quanto tempo potrete non sentire, non sapere, non vedere un'indiscutibile egemonia della destra nazionalista nel Governo? Io non credo che ve la caverete con le battute di distinguo di un vostro esponente dal Guatemala. Per quanto tempo chiuderete gli occhi? La partita in corso ha già un protagonista, che ha occupato la metà del vostro campo in Italia, e sapete di chi parlo.
Presidente, insieme a queste cose è doveroso anche da parte mia aggiungere due valutazioni di merito. La prima è sui contenuti appunto, e sceglierò solo alcuni esempi di passaggi del provvedimento, che anche personalmente ho sofferto di più. Un titolo lo ricordava con passione il collega Migliore: mentre il Ministro Bonafede annuncia proposte radicali, avviene che si cancelli la possibilità di estendere la partecipazione al procedimento penale mediante la videoconferenza per reati gravissimi; e cosa avete da dire sulla modifica inserita improvvisamente sul tema delle intercettazioni? Perché? Qual è la ratio? Quando si sarebbero sveltiti i processi, diminuiti i costi, aumentata la sicurezza, avviato quel processo di garanzia e insieme di rispetto della magistratura? L'altro titolo è sulle proposte migliorative da noi avanzate, sempre con la vostra opposizione monotona e continua, sulle zone terremotate, che vivono dolori e paure. Tanti “no”, dicevo. No a emendamenti sul prolungamento della verifica della vulnerabilità sismica di edifici scolastici o delle risorse per personale dei comuni interessati alla ricostruzione: perché? No alla proposta di programmazioni mirate; credo che al proposito interverrà con competenza e una grande esperienza l'onorevole Stefania Pezzopane. Ma intanto e innanzitutto, come è stato ricordato, lo scandaloso balletto sui vaccini. In Commissione, ore e ore dei nostri interventi, senza sentire una nostra risposta, se non l'atto burocratico della presidenza, che ripeteva le parole “al prossimo intervento”, senza mai dire una parola in risposta. Lo stesso silenzio - mi spiace, sottosegretario - che sentiamo ora; la stessa risposta: “in replica, in replica” e mai.
In sintesi, colleghe e colleghi, giornate passate nella seduta congiunta con un sottofondo del tutto prevedibile. Era facile avere quella malizia, è facile oggi avere quella malizia. La parola era “fiducia”, la parola è “fiducia”. Perché votare sui vaccini di notte per voi era ed è meno imbarazzante che in un dibattito in questa Aula alla luce del sole.
Ma non illudetevi: genitori, scienziati, medici, presidi, insegnanti, la loro testa e i loro riflettori li hanno tenuti e li terranno accesi. D'altronde, i rappresentanti delle associazioni ve lo hanno detto nell'audizione, fino a quella che è stata una vera e propria implorazione: vi auguriamo che non succeda a un bambino ciò che noi medici e operatori abbiamo visto succedere, cioè il dramma di una vita rovinata o strappata alla vita. Nel sentire, come ci è capitato in Commissione, l'emozione fino alle lacrime di alcune colleghe, ho riprovato il senso profondo di altre battaglie per il riconoscimento dei diritti, dei diritti alla persona, dei diritti alla sicurezza e al rispetto della persona, in questo caso di bambini; e ho pensato ancora una volta quanto ogni regressione sia storicamente frutto di mescolanza tra paura e denigrazione della scienza, e con essa della democrazia.
Avete voluto prorogare fino a marzo 2019 l'obbligatorietà: Dio non voglia sia vero quanto ipotizzato da un collega in Commissione, cioè di un rinvio così lungo voluto da avvicinare il termine dell'anno scolastico prossimo futuro e produrre a quel punto l'urgenza di un altro rinvio. Con questa proroga voi mettete a rischio bambini di intere classi e fate degli immunodepressi una sorta di untorelli da indicare e tenere distanti, mettete in difficoltà dirigenti scolastici, trasformate legittime domande di informazioni e di conoscenza in un incubo. Il tutto perché? Per un titolo sui giornali. Il giorno dopo quella che al mondo intero era sembrata una scelta di saggezza - persino la vostra capacità, per una volta, di mettervi sopra le querelle interne, mi riferisco al vostro emendamento sull'obbligo di vaccinazione per quest'anno scolastico, peraltro già aperto -, per un titolo sui giornali che non vi è andato a genio avete fatto una giravolta vergognosa, smentendo voi stessi in poche ore, o perché per interi mesi avete strizzato l'occhio a qualche medico allo sbaraglio.
Ma vi ricordate del caso Di Bella? Sapete che l'Italia si distingue invece nel mondo per ricercatori onesti e avanzati? Sapete che abbiamo insegnato al mondo l'idea di una scienza seria e libera. E poi, ultimo, ma non per ultimo, il taglio al fondo per le periferie. Mi chiedo: lo avete voluto per ripicca verso i Governi precedenti o per fare cassa e ridistribuire forse - e sottolineo forse - con nuove regole e una legge di bilancio ciò che era previsto oggi, cioè per intitolarvi un successo previsto oggi, utile oggi e non rinviabile, secondo il vostro interesse? Con un colpo di mano avete cancellato un contratto, quello sì, vero, con i sindaci e le amministrazioni comunali, 96 progetti dal Nord al Sud: a Milano, con il prolungamento della tramvia 7 e la scuola del quartiere Adriano, a Varese, Pavia, Cremona, Napoli, Livorno, Campobasso, Palermo, Torino, che vuol dire Scampia, Brancaccio, Corviale, Genova, con la ferita che sta vivendo quella città! Vergogna davvero, su questo punto, vergogna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
E poi aggiungo una cosa: un Governo non dovrebbe togliere mai la certezza del diritto! Un tempo sarebbe bastata una stretta di mano, adesso non è bastato un contratto stipulato con gli amministratori locali, che prevedeva gare, che prevedeva progetti, che prevedeva intelligenze, con conseguenze anche economiche e nell'indotto. Credo che avete dato già una prova di quello che sarà questo Governo, e a proposito aggiungo: in questo modo, altro che referendum sull'autonomia delle regioni del Nord, altro che sussidiarietà! Siamo in attesa dell'andamento del colloquio fra il Premier, il Presidente del Consiglio - chiamiamolo col nome previsto dalla Costituzione -, e gli amministratori, i sindaci, l'ANCI.
Non so che esiti avrà, ma questo a dimostrazione di quanto cercavamo di dire, cioè che, a un certo punto, le Commissioni congiunte si sono trovate a dover agire al buio, senza sapere, in realtà, quale sarebbe stato l'esito di questo incontro e, quindi, ancora una volta qual era l'arrière-pensée, l'idea vera che, intanto, avreste messo la fiducia, obbligando un vostro “sì” che non invidio, credetemi, non invidio, e un nostro evidente, dovuto e responsabile “no”. E, allora, per finire io credo che, dopo avere visto queste giornate e immaginando le successive che dovremo vedere nel corso di questi mesi, quello che è un insegnamento, almeno personalmente, per me, è una domanda a cui io e tutti noi dobbiamo una risposta e cioè quali sono gli errori e i limiti nostri, lo voglio ridire, errori e limiti nostri, per i quali questo Governo ora è affidato a tali mani. Vedete, capire i nostri limiti ed errori - e lo dico in quest'Aula - e capirli presto è il modo migliore per reagire, perché l'Italia, lo ripeto, l'Italia ha bisogno di un'alternativa sociale, culturale e di classe dirigente, di un'alternativa che nasca da un'opposizione che, vi garantisco - al di là di quello che viene scritto, dichiarato o verificato in sondaggi più o meno realistici - già esiste, esiste nella società chi si indigna, tra associazioni, sindaci, cultura, che vive nei conflitti sociali di chi reclama diritti nel lavoro, insomma di quel civismo che sarà ed è già l'antidoto potente a ogni regressione culturale, prima ancora che politica.
Voi avete la necessità di una democrazia svuotata, illiberale, di un Parlamento piegato, noi, invece, della democrazia, per dare voce a chi voce non ha, per rispettare persone e equilibrio fra le istituzioni; voi per inseguire imbonitori nella scienza e nella politica, noi per difendere studio, lavoro e, persino, quel diritto alla complessità, sì, il diritto alla complessità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), noi, per rammendare quelle periferie che sono l'avamposto di una vera sicurezza, della cultura, della realizzazione dell'obbligo scolastico, della coesione, appunto, di una sicurezza vera. Cercheremo, dunque, di fare la nostra parte, perché a una nuova Europa e a un'Italia mescolata e aperta noi dobbiamo una risposta. Vedete, a quel “prima gli italiani”, a me piace rispondere una cosa: prima, viene una cosa meravigliosa, la dignità per ogni essere umano, quella dignità a cui le italiane e gli italiani, quando capiranno che così viene calpestata, vorranno ricorrere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico- Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Rostan. Ne ha facoltà.
MICHELA ROSTAN (LEU). Grazie, Presidente. Il modo con il quale la maggioranza ha affrontato nel “milleproroghe” la vicenda delle vaccinazioni obbligatorie per la frequenza scolastica è il simbolo più compiuto della confusione politica e culturale che regna in queste forze politiche. Intanto, contesto la scelta di utilizzare un provvedimento come il “milleproroghe” per intervenire su un tema che riguarda la salute delle persone, in particolare dei bambini nell'ambito scolastico, una proroga dell'obbligo vaccinale come se fosse una mera questione di certificazione, un elemento centrale della costruzione di una comunità responsabile trattato come un adempimento burocratico, un mero passaggio formale inserito in una sequela di comma e postille per un tema che, invece, merita un ragionamento più ampio, serio, con fondamenta scientifiche, con riferimenti certi. Un modo di legiferare e intervenire sui nodi cruciali della convivenza civile che segnala innanzitutto una profonda insensibilità e una totale confusione politica e culturale. Una confusione che, di per sé, è il problema, su un tema che, invece, si declina su certezze scientifiche, su ricerca, su dati oggettivi, su tentativi, certo anche di nuove certezze, di messa in discussione di se stessa, ma dentro la dimostrazione scientifica dei risultati, dentro procedure oggettive e riconosciute, non certo su opinioni, parole al vento, supposizioni, dubbi o complottismi.
La materia dei vaccini, in Italia, come in nessun Paese occidentale, è diventata oggetto di cabaret; se non avesse rischi di implicazione tragica ci sarebbe davvero da ridere a leggere i deliri improvvisati di gente senza cultura che balbetta nozioni di cui non ha cognizione, mentre bacchetta e zittisce chi, su questi temi, ha costruito una vita di studi, di ricerche e, soprattutto, di approfondimenti.
La conoscenza, Presidente, non è un accessorio, la cultura, la ricerca, i dati oggettivi, la letteratura scientifica, il metodo, la comunità scientifica non sono orpelli di cui si può fare a meno, in nome di una malintesa democrazia della scienza, per cui tutti devono poter parlare di tutto, mettendo ciascuno sullo stesso piano, a prescindere dagli studi fatti, dalle proprie credenziali. Non è così e non può essere così, esiste nella conoscenza una gerarchia e nella gerarchia della cultura e del sapere chi più ne sa, più ha parola, chi meno ne sa, meno ha parola. Invece, stiamo allevando questa illusione paritaria per cui tutti, chi sa e chi non sa, pensano di poter parlare di tutto, con l'approdo a un relativismo pericoloso, per cui non si è più certi di nulla e ognuno fa per sé. Così sparisce, però, una comunità, così si trasforma una società in una somma ignorante di individualità.
Nulla come la salute ha bisogno di sicurezza, nulla come la salute dei nostri figli, e la sicurezza arriva dalla scienza, non dai ciarlatani, la sicurezza arriva dalla dimostrazione delle proprie affermazioni, non dalle parole in libertà; la sicurezza arriva dalle comunità di studiosi, non da improvvisati manipolatori; la sicurezza arriva dalla conoscenza, dalla cultura e dagli studi, non dal pensatore solitario che senza titoli, senza percorsi, senza riconoscimenti, senza validazione, si autodefinisce esperto e pensa di indicare la strada, ma per sventura arriva poi un giorno al Governo e proietta tutta la sua improvvisazione sulla vita vera delle persone, con risultati poi drammatici.
Noi siamo esattamente a questo snodo, dilettanti allo sbaraglio su un tema complesso e delicato come la salute, la salute di tutti, la salute dei nostri figli. È intollerabile e inaccettabile questo livello di improvvisazione, quello che avete creato in termini di dubbi, confusione, paure collettive, sospetti su un tema così delicato e fuori dal mondo. Prima, al Senato, con un colpo di mano, cancellate di fatto l'obbligo vaccinale, consentendo la frequenza scolastica anche a chi i vaccini non li ha voluti fare, esponendo i bambini non vaccinabili per proprie patologie a rischi enormi per la loro stessa sopravvivenza e costringendo le famiglie di questi ultimi a lasciare la scuola per salvare la vita ai loro figli. Pur di consentire questa malintesa libertà di vaccinare o no i vostri figli, vi arrogate il diritto di fare ammalare chi non può vaccinarsi, facendogli correre un rischio enorme; come si chiama questo se non folle egoismo?
Per un attimo, poi, nel passaggio dal Senato alla Camera avete avuto un ripensamento, dentro la confusione che agita voi stessi, le vostre linee contraddittorie, le vostre spine interne, avete cominciato uno sconcertante balletto di emendamenti. Prima, dite di voler ripristinare l'obbligo vaccinale per la frequenza scolastica, poi lo legate ad un'autocertificazione che sarà sottoposta a verifica, addirittura entro marzo 2019, togliendo di fatto qualunque certezza ai genitori dei bambini non vaccinabili che, così, dovrebbero mandare i loro figli a scuola, facendogli correre dei rischi. Voi lo fareste? Se vostro figlio, per una difficoltà del proprio stato di salute, non potesse vaccinarsi e per questa stessa difficoltà potrebbe avere danni letali da malattie virali, voi lo mandereste a scuola con altri bambini che non sono stati vaccinati per scelta? E ha senso non vaccinarsi per scelta, perché tutto sommato quella malattia la possiamo prendere e pazienza se la mischiamo a chi invece non se lo può permettere? Io credo di no, ma mi pare che si sia smarrita perfino la capacità di mettersi nei panni degli altri. Siamo di fronte ad una totale deriva dell'irresponsabilità, dentro la quale quello che più colpisce è lo smarrimento di senso però della vicenda stessa.
Ci si vaccina, Presidente, non solo per proteggere i propri figli da malattie che potrebbero anche affrontare e superare senza vaccini, ma per proteggere i figli degli altri, quelli che hanno la sfortuna di altre patologie che quelle malattie, magari, non possono affrontarle. Ci si vaccina come gesto di altruismo verso la comunità per debellare un ceppo virale che non tutti sono in grado di sconfiggere, un ceppo che potrebbe uccidere qualcuno, un bambino immunodepresso, un adulto con altre patologie.
Ci si vaccina per togliere dalla convivenza civile un'arma carica come un virus che non si sa chi potrebbe colpire e che a qualcuno potrebbe fare molto male. Ci si vaccina, innanzitutto, per gli altri, prima che per se stessi. Per questo si parla di immunità di gregge, di soglie, e per questo scatta un obbligo al di sotto di alcune soglie, obbligo di cui una società civile non dovrebbe neppure sentire il bisogno, perché la protezione della comunità, dei soggetti deboli della comunità, utilizzando uno strumento innovativo, sicuro e documentato come il vaccino, dovrebbe essere un'urgenza morale prima che un obbligo.
Ma per l'urgenza morale bisogna avere una morale, che in questa giostra impazzita di individualismi, di egoismo e di ignoranza elevata a conoscenza sembra definitivamente smarrita, aprendo la riflessione sulla vera emergenza, che non sono i vaccini, signor Presidente, ma lo smarrimento della conoscenza e della coscienza, a cui il Governo e la maggioranza stanno contribuendo in maniera decisiva.
Lo vediamo in tutto il corpo normativo di questo provvedimento e dell'azione più complessiva del Governo: sono passati oltre cento giorni dall'insediamento dell'Esecutivo; in genere la scadenza dei cento giorni contiene una suggestione, ci si misura su questo primo obiettivo: cosa ha fatto il Governo nei suoi primi cento giorni? I numeri messi in fila da alcuni quotidiani e da alcuni giornali sull'attività svolta dal primo giugno a settembre sono impietosi, non si è mosso nulla, un immobilismo pressoché complessivo, molti annunci, è vero, molta propaganda, molti tweet, molti post. La trasformazione nel racconto comunicativo del programma elettorale in proposte di legge come cose fatte, mentre in realtà non si sono attivati neppure percorsi parlamentari.
La propaganda allora diventa una scatola vuota, la chiusura dei porti senza la chiusura dei porti, la revoca della concessione alla società Autostrade senza la revoca della concessione alla società Autostrade, il cambiamento radicale sull'Ilva senza il cambiamento radicale, una sostanziale continuità nella gestione dei principali dossier e nessuna proposta reale, concreta, che si sia poi materializzata, che sia andata oltre l'annuncio rumoroso.
Lo stesso decreto dignità, unico provvedimento legislativo condotto al termine, è apparso un atto sbiadito, senza coraggio, che si è limitato a sfiorare le questioni, lasciandole però senza risposte. Questo milleproroghe, per insipienza e vacuità, somiglia totalmente al colore di questo Governo. A parte il tema dei vaccini, su cui mi sono soffermata a lungo per la sua cruciale importanza, ci sono segni di insufficienza negli altri interventi, di parzialità o di risposte sbagliate anche sul fronte delle risposte alle esigenze delle periferie, per esempio.
Distrarre i fondi destinati originariamente alla riqualificazione delle aree di marginalità e degradate, congelare i progetti già individuati significa non volere realmente intervenire sulle questioni vere del Paese.
Si urla sui migranti, si alzano cortine fumogene o di propaganda sui negozi da chiudere la domenica, ma poi si congelano miliardi di euro già indirizzati per la riqualificazione delle zone periferiche e si assesta un ulteriore colpo ferale alle zone più degradate del Paese, dove, peraltro, si annida maggiormente la rabbia popolare e dove, paradossalmente, proprio partiti di Governo hanno preso più voti, negando poi i fondi.
Bisognerebbe dirlo agli abitanti delle periferie quello che hanno fatto con questo milleproroghe Lega e 5 Stelle: togliere ai poveri e dare ai ricchi. Si dirà che con questi soldi si salvano le finanze di alcuni comuni e che questa era una priorità anche sul fronte dei servizi territoriali: vero, ma le cose andavano fatte insieme, salvare i comuni senza togliere alle periferie. Un furto con destrezza, lo ha definito anche il Presidente dell'ANCI, questa sparizione dei fondi per le periferie, ma non è l'unico.
Pensiamo alle novità preoccupanti contenute in questo provvedimento sul fronte della scuola: impedire l'ingresso di quanti erano in possesso di abilitazione nelle graduatorie provinciali, inclusi i diplomati magistrali e gli ITP, preclude delle opportunità a tantissime persone. Nelle gare non entrano nuovi abilitati, viene eliminata in sostanza la possibilità, per i docenti che hanno conseguito l'abilitazione entro l'anno scolastico 2017-2018, di inserirsi nella fascia aggiuntiva alle graduatorie ad esaurimento, e la stessa possibilità viene negata anche ai docenti in possesso del diploma magistrale di insegnamento tecnico-professionale conseguito entro il 2001-2002, cosa che era invece necessaria per sanare un problema che si trascina da tempo, da troppo tempo.
Al Senato un emendamento di Liberi e Uguali aveva, invece, aperto delle opportunità, suscitato aspettative che ora invece vengono definitivamente stroncate. Ricordiamo che i diplomati magistrali aspettano da tempo una soluzione, che adesso rimane collegata al solo parziale, insufficiente decreto dignità: il mantenimento della nomina in servizio fino al termine del corrente anno scolastico; troppo poco, non c'è coraggio, non c'è iniziativa.
Sempre sul fronte scuola, a differenza delle tante promesse fatte, non c'è sul tema dell'alternanza scuola-lavoro quella spinta al cambiamento tante volte annunciata e auspicata.
E allora nel complesso, come ho rilevato all'inizio, questo provvedimento assume su di sé il carattere simbolico di un'incapacità di governare che in questi primi giorni è apparsa evidente. Non si è in grado di fronteggiare emergenze, se non con la propaganda, non si è in grado di dare risposte attese, come per ricostruzione post sisma o progetti per le periferie, ma al contrario si distraggono fondi e si rallentano interventi. Non c'è visione organica, non c'è progetto complessivo, non c'è la politica del respiro lungo.
Ci sono emergenze, frettolosità, parzialità e insufficienza. La vicenda della scuola, delle periferie e quella incredibile vicenda dei vaccini dicono complessivamente, ciascuna per il suo pezzo, una sola verità: la propaganda è una cosa, governare è un'altra cosa. Il passaggio dalla prima alla seconda, per questa maggioranza, non è ancora avvenuto. Il Paese attende ancora un Governo (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Madia. Ne ha facoltà.
MARIA ANNA MADIA (PD). Grazie, Presidente. Colleghi, come ho avuto modo anche ieri in Commissione di sottolineare, io penso che tra i diversi fallimenti di questo Governo ce ne sia uno che rischia di diventare un primato curioso, perché di solito il milleproroghe è uno strumento normativo importante, che viene usato dai Governi per risolvere dei problemi oggettivi e contingenti: per risolverli, se si riescono a risolverli, oppure al più per rimandarli. A me non era mai capitato, in un milleproroghe, di vedere invece dei problemi che venivano creati. E almeno su due temi importanti io credo che il Governo avrebbe potuto rimanere fermo, non far nulla, e avrebbe evitato di determinare dei problemi che poi diventeranno dei problemi molto negativi per i cittadini del nostro Paese.
Il primo tema, che è già stato sollevato da diversi interventi prima del mio, è quello che riguarda i vaccini: ecco, sui vaccini la maggioranza che sostiene il Governo ha dimostrato proprio emblematicamente tutto ciò che racchiude. È una maggioranza prima di tutto ideologica, è una maggioranza incerta, è una maggioranza vittima della rete, dei social, dei like, è una maggioranza alla fine incapace di assumere una decisione. Voi, infatti, siete partiti con una posizione ideologica, antiscientifica, per me medievale, una posizione che, ovviamente e naturalmente ce lo aspettavamo e così è stato, ha destato molte preoccupazioni nella comunità scientifica, tra le famiglie, nel mondo della scuola - e le audizioni in Commissione da questo punto di vista sono state molto esaustive – e, oltre che queste preoccupazioni, ha suscitato anche per il nostro Paese diverse prese in giro sui giornali internazionali, come se grazie a voi l'Italia fosse diventato un Paese a rischio sanitario.
Quindi, da una parte, in modo netto, inequivocabile, la comunità scientifica del mondo evoluto e, dall'altra, le posizioni della senatrice Taverna, con i rimedi della nonna o, no, mi sbaglio, della zia; cioè voi, tra la comunità scientifica compatta e la zia della Taverna, avete optato in modo ideologico per i rimedi della zia della Taverna (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Poi però avete fatto marcia indietro, vi siete resi conto e noi vi abbiamo detto “menomale, per fortuna”, perché io credo che, quando si cambia idea, quando si corregge un errore, si meriti sempre il rispetto. Tutti noi sbagliamo e, soprattutto su un tema delicato come quello dei vaccini che riguarda la salute dei più deboli, non c'era dubbio che una marcia indietro fosse un fatto positivo. Il problema, però, qual è stato? Che la storia non è finita qui, perché voi, forse per qualche protesta che abbiamo avuto di gruppi sparuti sui social che forse hanno mandato in allarme gli algoritmi, insomma, non sappiamo, però avete cambiato per la terza volta posizione.
E l'emendamento che oggi è, di fatto, nel testo che ci proponete e stiamo discutendo, è vero che ripropone l'obbligo, ma, insieme all'obbligo, associa l'autocertificazione. Allora, qui noi ci dobbiamo chiarire su che cosa è l'autocertificazione: perché l'autocertificazione, che è uno strumento importante di semplificazione burocratica e amministrativa, serve al cittadino quando, per evitare di doversi recare in un ufficio a chiedere un documento che attesti una situazione di fatto o una condizione giuridica, può utilizzare questo strumento di semplificazione per evitare magari di perdere del tempo ad andare a chiedere quel documento. Quindi l'autocertificazione non è uno strumento per eludere le norme! In questo testo invece sembrerebbe quasi utilizzato come un garbato invito dello Stato ai cittadini a frodare la legge: perché io ho due figli, ma potete chiedere a tutti coloro che in questi anni hanno portato i loro bambini a fare le vaccinazioni, se il bambino è vaccinato, nel momento in cui il bambino viene vaccinato, nello stesso momento in cui la vaccinazione è effettuata, viene timbrato il libretto vaccinale. Quindi non si capisce che cosa le famiglie dovrebbero autocertificare: dovrebbero solo, se lo hanno vaccinato, e quindi se non vengono spinte a dichiarare il falso, portare un libretto vaccinale che già hanno. Quindi, non si spiega proprio in questo specifico caso l'utilizzo dell'autocertificazione. L'unica cosa che emerge da questa posizione, che oggi, e spero ancora che possiate cambiare idea, sembrerebbe la vostra posizione definitiva, è la vostra irresponsabilità, cioè il fatto di aver soppesato da una parte i vostri calcoli elettoralistici, i gruppi che anche vi hanno sostenuto dei no vax in campagna elettorale, dall'altra invece la salute, in particolare la salute dei bambini e dei bambini più deboli, e di aver scelto alla fine di dar conto ai vostri calcoli elettoralistici. Per questo io ritengo che questa posizione sia una posizione irresponsabile e che vi state assumendo una gran bella responsabilità con questa scelta.
C'è poi il secondo tema su cui io credo voi state creando un problema con lo strumento del “milleproroghe”, che è quello, anche questo già sottolineato in diversi interventi prima di me anche dal collega Padoan, delle periferie. Ecco, io da cittadina e parlamentare romana non posso tacere su questo punto, perché questo punto si sta rivelando (anche alla luce del fatto che fra poco ci sarà un incontro alla Presidenza del Consiglio con l'ANCI, con l'Associazione nazionale dei comuni italiani) ancora una volta frutto di una scelta nata da un ideologismo senza senso, che, attraverso un pasticcio normativo, rischia anche di diventare un caos amministrativo, e quindi di determinare incertezza nei comuni. Altro che risorse che si possono spendere più velocemente: risorse invece che verranno in qualche modo imprigionate nell'incertezza attraverso questo caos normativo e amministrativo. Provo a spiegarvi rapidamente perché io penso questo.
Vedete, c'erano delle risorse stanziate, delle risorse stanziate dai Governi precedenti, ma delle risorse stanziate per i comuni e su progetti che i comuni e i sindaci di tutti i partiti politici avevano scelto per le loro comunità, in particolare per riqualificare nelle loro comunità e nei loro territori le periferie, quindi le zone dove c'è il disagio sociale e l'emarginazione sociale più grande: ecco, con quelle risorse erano stati avviati dei progetti concreti e utili per i cittadini e per quei territori. Quindi bastava stare fermi, bastava non fare nulla per fare bene. Ma siccome voi - ed è qui l'ideologismo senza senso - volete per forza dimostrare di essere più bravi di quelli di prima, avete deciso di bloccare queste risorse: con il risultato sicuro che progetti utili alle città verranno fermati, e con invece la totale incertezza di come e se mai queste risorse verranno usate per altri progetti. Ecco, da questo punto di vista la posizione del Partito Democratico, che è stata una posizione netta e chiara dall'inizio, vedo che si sta diffondendo anche in alcuni parlamentari della maggioranza. Qualche giorno fa il senatore Paragone, del MoVimento 5 Stelle, ha detto: attenzione, a Varese, nella mia città, si rischia di bloccare il progetto più importante che in questo momento sta partendo per la riqualificazione delle periferie di Varese.
E nella mia città invece, che come dicevo prima è Roma, io penso sia un delitto tagliare risorse per gli spazi verdi di San Basilio, di Settecamini, di Collina della Pace, per il progetto sperimentale su nuovi alloggi di Tiburtino III, per la rigenerazione delle aree dei forti (penso a Boccea, a Trionfale), gli oltre 8 milioni per Massimina, i quasi 5 milioni che devono incentivare le microimprese nelle periferie. Ecco, io penso, e - come dire? - non credo che la sindaca di Roma possa pensare il contrario, che bloccare la riqualificazione di queste zone, che peraltro sono zone seriamente compromesse anche dal fatto che in questi anni Roma è una città sofferente, dove i rifiuti sono per strada e gli autobus prendono fuoco, penso che almeno portare avanti la riqualificazione di queste periferie dovrebbe essere davvero un interesse collettivo fuori da spirito di parte o da etichette politiche.
Vorrei chiudere poi su un terzo tema, che è quello del pubblico impiego. È il tema su cui in questi anni ho avuto l'onore e la responsabilità di prendere delle decisioni, e sto apprezzando molto (anche qui lo dico senza spirito di parte) le scelte della Ministra Bongiorno, che, almeno nelle interviste che ha rilasciato, sta dimostrando di voler agire in assoluta continuità con le scelte che abbiamo compiuto negli anni precedenti. Io credo che bisogna confermare lo sblocco del turnover delle assunzioni, che con i nostri anni di governo abbiamo introdotto, e spero davvero, così come ha detto la Ministra Bongiorno, che non ci sia un ripensamento nella prossima legge di bilancio, cioè che non si usino le risorse per le assunzioni nella pubblica amministrazione che noi abbiamo previsto per coprire altre misure. Così come penso che, come previsto dalla riforma della pubblica amministrazione, che abbiamo approvato negli anni scorsi, bisogna poi assumere nella pubblica amministrazione, seguendo i fabbisogni, quindi seguendo le professionalità, che servono davvero alle diverse amministrazioni: anche questo è stato ribadito dalla Ministra Bongiorno, e penso che sia un bene, a maggior ragione in un settore come la pubblica amministrazione, non interrompere dei progetti di riforma, ma attuarli fino in fondo. E proprio in considerazione di questo, credo che non si possa non considerare che, gli anni dopo il 2008, di blocco delle assunzioni, hanno generato tanti vincitori di concorso non assunti; solo nelle amministrazioni centrali erano migliaia. Noi nei nostri anni di Governo ne abbiamo assorbiti molti, ma ancora ne rimangono qualche centinaio, e parlo delle amministrazioni centrali; e non è giusto che queste persone nel limbo rischino di rimanere deluse dal fatto che le graduatorie vanno a scadenza. Sottolineo anche che in futuro non si genererà più il paradosso del vincitore di concorso non assunto, perché, con la riforma della pubblica amministrazione, abbiamo abolito la doppia autorizzazione a bandire e ad assumere, oggi c'è un'unica autorizzazione; però è importante che chi già era intrappolato in questi meccanismi possa essere assunto. Per questo io avevo presentato un emendamento per la proroga delle graduatorie. Penso e spero che, siccome il Governo ha già annunciato che presenterà un altro “milleproroghe”, ci possa essere spazio per questo emendamento nel prossimo “milleproroghe”. Non c'è una scadenza immediata: va benissimo farlo alla fine dell'anno, non è un problema come i vaccini e le periferie che avete creato e che potevate non creare, ma è un tema importante e per questo volevo sottolinearlo insieme agli altri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Ribolla. Ne ha facoltà.
ALBERTO RIBOLLA (LEGA). Signor Presidente, signori membri del Governo, onorevoli colleghi, il decreto “milleproroghe” oggi in discussione rappresenta un provvedimento legislativo che contiene svariate misure urgenti e necessarie.
Vorrei, quindi, in via preliminare, fugare tutti i possibili dubbi sull'opportunità dell'intervento normativo: non si tratta di un decreto-legge approntato per porre qualche proroga qua e là, ma di un provvedimento che il Governo ha deciso di adottare già in questa finestra estiva poiché esistevano precise esigenze che richiedevano un intervento immediato. Basta dare un'occhiata ai contenuti fortemente innovativi e rivolti direttamente a risolvere esigenze e problemi dei cittadini, innanzitutto sulla questione delle crisi bancarie e dei risparmiatori truffati a causa dei fallimenti delle banche. Mi riferisco ai tanti risparmiatori di Veneto Banca, Popolare di Vicenza, Banca Etruria e degli altri tre istituti risolti dal Governo Renzi, risparmiatori che hanno visto svanire i risparmi di una vita, i risparmi che avevano tenuto da parte per un investimento, per la vecchiaia, per i figli, a causa di una dissennata gestione in certi casi di qualcuno vicino al PD.
A questi risparmiatori verrà immediatamente concessa, tramite una richiesta Consob, una prima tranche pari al 30 per cento dell'importo truffato e questo, evidentemente, è solo il primo passo, perché auspichiamo che con la legge di bilancio importi e platea possano essere estesi.
Dopo la latitanza del Partito Democratico questo Governo dopo pochi mesi dà una prima soluzione concreta e tangibile mantenendo le promesse elettorali. Già questo importante intervento è solo un esempio di norme che impatteranno in maniera positiva sui cittadini.
Voglio poi spendere qualche parola su un altro tema fortemente dibattuto: il bando periferie. Secondo alcuni il Governo avrebbe concesso agli enti locali lo sblocco della spesa per investimenti congelando, però, fino al 2020 alcuni fondi già stanziati per 96 tra città e aree metropolitane.
Facciamo chiarezza: il bando periferie è stato finanziato dal Governo precedente per metà dell'importo complessivo con le risorse stanziate sulla base di una norma, il comma 140 della legge di bilancio 2017, sulla quale è intervenuta lo scorso marzo - quindi, con il Governo precedente in carica - una pronuncia di illegittimità costituzionale (la sentenza n. 74 del 2018). Dobbiamo dircelo: alcuni dei progetti finanziati che hanno ottenuto punteggi anche molto bassi non sono riqualificazioni ma evidenti marchette di un Governo PD ad amministratori PD (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).
Il nuovo Governo ha perciò deciso, politicamente e giuridicamente, di utilizzare le risorse stanziate per le convenzioni negli anni 2018 e 2019 non solo per alcuni enti locali ma per tutti, al fine di consentire a chi avesse avanzi di utilizzarli immediatamente per investimenti in opere pubbliche, con un criterio di premialità e di equità. In ogni caso, il bando periferie, tolti i 24 progetti immediatamente esecutivi che sono già garantiti oggi e ferme rimanendo le risorse complessivamente stanziate, viene solo posticipato, con il rinnovo delle convenzioni e con la verifica puntuale dei progetti. Già in legge di bilancio, come ha assicurato il Viceministro Garavaglia, verranno poi risolti i problemi tecnici.
Infine, vorrei citare anche il tema delle province. Anzitutto, il decreto prevede che le elezioni provinciali si svolgano nella giornata del 31 ottobre 2018, realizzando, quindi, una sorta di election day. A tal fine, si prevede che il mandato dei presidenti di provincia e dei consigli provinciali in scadenza tra la data di entrata in vigore del decreto-legge e il 31 ottobre sia prorogato fino a tale data.
Si tratta di una misura opportuna che pone per quanto possibile un rimedio ad un problema generale della riforma delle province approvata nella scorsa legislatura, una riforma di transizione negli obiettivi della maggioranza di allora, ma che di transizione non è stata, perché le province fortunatamente non sono state poi soppresse. Ed ecco che nei prossimi mesi si sarebbe dovuti tornare continuativamente al voto per rinnovare il mandato di 47 presidenti e di numerosi consigli provinciali. La decisione di fissare una data unica per tutti semplifica, quindi, notevolmente le cose e consente di avere un rinnovo contemporaneo di molti enti.
Sempre sul tema vorrei segnalare un aspetto di cui non si è tenuto conto: la “legge Delrio” prevede, infatti, che le elezioni per gli organi provinciali avvengano in un'unica giornata, presso un unico seggio elettorale dalle ore 8 alle ore 20. Ebbene, il 31 ottobre però è mercoledì, quindi giorno lavorativo nel quale molti aventi diritto avranno difficoltà ad esercitare il voto per via di impegni lavorativi. Per tale ragione, credo sia opportuno consentire di esprimere il voto sino a tarda sera ed ho appunto presentato un ordine del giorno che impegna il Governo ad apportare le necessarie modifiche normative al fine di consentire che lo svolgimento delle operazioni elettorali, previste per il 31 ottobre, sia protratto sino alle ore 23, in modo, quindi, da permettere la partecipazione di tutti gli aventi diritto.
Per concludere, posso affermare, quindi, che il provvedimento che votiamo oggi in quest'Aula è un esempio di come questo Governo e di come la Lega siano già al lavoro per i cittadini e di come si intende operare per il futuro al fine di introdurre dei veri cambiamenti, quei cambiamenti che tutti i cittadini aspettano da tempo e che mirano a semplificare la burocrazia, ad abbassare il carico fiscale, a creare posti di lavoro e a rendere, insomma, il sistema Paese più equo e competitivo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).
EMANUELE FIANO (PD). Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO (PD). Presidente, non so se lei, come me, ha ascoltato con attenzione l'intervento del collega Ribolla (non gialla). Io vorrei chiedere a lei, ai sensi dell'articolo 8, come esattamente lei interpreti questo articolo, se cioè la responsabilità che lei ha di tenere l'ordine dei lavori in quest'Aula comprenda il fatto che “marchette”, riferite ad un finanziamento di 1,6 miliardi per progetti presentati da sindaci di tutti i colori delle nostre città, corrisponda al fatto dell'erogazione di fondi per le amministrazioni comunali delle nostre città, tant'è vero che una delegazione dei sindaci di queste città, che con un colpo di spugna si sono visti togliere questi 1,6 miliardi, non considerandole “marchette” ma soldi per lo sviluppo delle loro comunità, stanno protestando a Palazzo Chigi.
Se lei considera che si possa chiamare “marchetta” il finanziamento di una legge approvata da questo Parlamento nel quale anche lei sedeva, allora noi possiamo ovviamente, in qualsiasi intervento che si riferisce alla Lega, iniziare l'intervento col dire: “I nostri colleghi ladri e truffatori, già condannati da un tribunale della Repubblica” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), di Genova per l'esattezza, “e oggetto, il loro partito, di un sequestro obbligatorio di beni per la modesta cifra di 49 milioni dei cittadini italiani, che devono rendere”. Ce lo dica, Presidente, perché allora tutti i nostri interventi saranno infarciti di questi simpatici commenti, visto che il collega in questione ritiene che i soldi per i cittadini, che noi abbiamo dato e che loro e voi avete tolto, si chiamano “marchette”. Se quelle sono “marchette”, loro sono “ladri” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Su che cosa? Richiamo al Regolamento, ai sensi dell'articolo 8? Prego, ne ha facoltà.
CRISTIAN INVERNIZZI (LEGA). Sul medesimo argomento, Presidente. È evidente, con tutta chiarezza direi, che in quest'Aula si usa il termine “marchetta” - e devo dire che non ho una grandissima esperienza, ma cinque anni e qualche mese possono essere considerati una piccola, breve esperienza - dato che ho già sentito utilizzare il termine “marchetta”.
È evidente che è una valutazione politica e rientra nella assoluta competenza di un parlamentare esprimersi in quest'Aula utilizzando il termine “marchetta”.
Non vi rientra, a mio avviso, signora Presidente, riferirsi nei confronti di colleghi appartenenti a un altro gruppo politico con il termine “ladri”, perché vorrei ricordare comunque al collega Fiano che innanzitutto stiamo parlando, se si riferisce, come ha chiaramente sottolineato, alla questione dei 49 milioni di euro, di una sentenza di primo grado e non vorrei insegnare ai garantisti per eccellenza che siamo al primo grado (dunque, aspettiamo il terzo).
Vorrei anche ricordare che il sequestro dei 49 milioni è preventivo - preventivo! -, per cui il riferirsi (e lo dico perché non mi aspettavo un intervento di questo tipo dal collega Fiano) a dei colleghi definendoli “ladri”, circondato dall'entusiasmo degli altri colleghi del Partito Democratico, lo considero non offensivo nei nostri confronti - per carità, perché siamo convinti che, da qui al terzo grado di giudizio, cambieranno tante cose - però, lo considero un insulto nei confronti dal Parlamento. Perché se noi volessimo cominciare una discussione di questo tipo, noi avremmo potuto infarcire i nostri discorsi dei miliardi di euro di Monte dei Paschi, dei miliardi di euro di Banca Etruria, eccetera (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).
Evitiamo, perché se loro hanno intenzione di continuare su questa strada si divertano tranquillamente. Noi continuiamo con un provvedimento che è quello del “milleproroghe” e soprattutto - fatevene una ragione - noi continuiamo ad essere al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier).
PRESIDENTE. Colleghi, dato che ogni collega in quest'Aula ha una sensibilità diversa, invito tutti a un linguaggio più consono, di modo che le sensibilità diverse non vengano urtate.
È iscritto a parlare il collega Rampelli. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI (FDI). La ringrazio, Presidente. Colleghi deputati, rappresentanti del Governo, preliminarmente, piaccia o meno al Partito Democratico, che, secondo il mio modestissimo avviso, non è che stia riuscendo a interpretare al meglio questa fase difficile della propria storia, arrogante è sembrato nei cinque anni in cui ha governato e arrogante ritiene di volersi manifestare anche nella stagione dell'opposizione; almeno così pare, anche a giudicare, Presidente, da come è stata composta la lista di chi deve intervenire (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché è, a mio giudizio, vergognoso - è la prima volta che capita, a memoria d'uomo - che ci sia una sorta di monopolizzazione del dibattito da parte dell'opposizione dal lato di un solo partito.
Si è sempre (Commenti del deputato Enrico Borghi)… Stai calmo! Abbiamo ascoltato pazientemente. Se hai qualcosa da dire c'è una Presidenza, alzi la manina, ti iscrivi e dici quello che pensi (Commentidei deputati del gruppo Partito Democratico) …
ENRICO BORGHI (PD). A me “stai calmo” non lo dici!
PRESIDENTE. Collega Borghi!
FABIO RAMPELLI (FDI). Nella consuetudine dei lavori parlamentari si fa sempre un giro, non tra le principali, ma tra tutte le forze parlamentari e si offre la possibilità di parlare a tutti, maggioranza e opposizione, mentre vediamo che c'è una monopolizzazione della lista da parte del Partito Democratico riscontrabile facilmente (Commentidei deputati del gruppo Partito Democratico). Per cui, qualcuno ha parlato con il favore del circuito mediatico, qualcun altro parlerà la notte, finché non si spegneranno le luci, perché a mezzanotte i lavori mi pare di capire che termineranno, e non mi pare comunque una scelta appropriata e giusta.
PRESIDENTE. Collega, ovviamente la situazione era già stata sottoposta alla Presidenza e credo che sia risolta, se non sbaglio.
FABIO RAMPELLI (FDI). No, non è risolta. Non ho capito perché…
ENRICO BORGHI (PD). Lui sta parlando su vostra richiesta!
PRESIDENTE. Collega Borghi, ci sono problemi?
ENRICO BORGHI (PD). Sì, ci sono problemi!
PRESIDENTE. Mi dica, se vuole intervenire può alzare la mano. Collega Borghi, adesso sta parlando il collega Rampelli, quindi non la posso fare intervenire. Non appena conclude il collega Rampelli, la faccio intervenire.
FABIO RAMPELLI (FDI). Io pazientemente ho ascoltato tutti…
MAURO ROTELLI (FDI). Borghi, non ti agitare, stai calmo!
LUCIANO NOBILI (PD). Stai calmo a chi? Fascista! Stai seduto (Commenti dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)!
PRESIDENTE. Collega!
FABIO RAMPELLI (FDI). Ho pazientemente ascoltato tutti…
PRESIDENTE. Collega Rotelli, collega Nobili! Collega Rampelli, vada avanti.
CLAUDIO BORGHI (LEGA). Presidente, ogni tanto ricordi che è Borghi Enrico, perché non si sa mai venga associato il mio nome (Applausi dei deputati del gruppo Lega-SalviniPremier)…
PRESIDENTE. Collega Rampelli, vada avanti.
FABIO RAMPELLI (FDI). Comunque, resta il fatto che, dopo una decina di interventi del Partito Democratico, si è anche avuta l'imprudenza di effettuare richiami al Regolamento pretestuosi, a cui giustamente qualcun altro ha risposto, perché ci sono stati degli attacchi, per cui non sono bastati dieci interventi in discussione sulle linee generali da parte del PD, abbiamo dovuto pure sorbirci la morale sul richiamo pretestuoso al Regolamento da parte del collega Fiano.
Detto questo, la digressione cessa qui, perché noi non cadiamo nel tranello e vogliamo fare il nostro lavoro di forza di opposizione, vogliamo parlare del milleproroghe e vogliamo dire quello che pensiamo rispetto a quanto è stato elaborato dalla maggioranza, dal Governo pentaleghista, come si dice e si definisce in gergo. Ci sembra, diciamo così, più che un milleproroghe, un mille-retromarce, questo provvedimento; e lo dico anche perché, diversamente da altri gruppi parlamentari, Fratelli d'Italia ha condiviso con il MoVimento 5 Stelle e con la Lega la stagione dell'opposizione nella XVII legislatura.
Abbiamo avuto la possibilità di misurarci, di ascoltarci, talvolta di condividere delle battaglie, non soltanto qui in Parlamento, dove, tutto sommato, è abbastanza facile, si è in qualche maniera obbligati, tra virgolette, a prendere delle posizioni, ad assumersi delle responsabilità, a stabilire, con una decisione finale, un voto favorevole o un voto contrario, e quindi anche assumersi queste responsabilità fuori da qui, ma c'è stata anche una condivisione nelle piazze.
Abbiamo talvolta calpestato gli stessi palchi, ci siamo passati il megafono gli uni con gli altri, per parlare ai commercianti su aree pubbliche, per parlare ai gestori di arenili piuttosto che ai tassisti piuttosto che agli insegnanti della scuola pubblica piuttosto che a tante altre categorie… Penso ai terremotati: siamo stati anche a dormire, a condividere notti sulle dorsali appenniniche tra i sopravvissuti dei terribili eventi sismici che si sono abbattuti sulla parte centrale del nostro territorio nazionale. Abbiamo effettuato le nostre incursioni nelle aree più povere, maltrattate, degradate, dimenticate delle nostre città, le cosiddette periferie. Abbiamo addirittura istituito una Commissione speciale di inchiesta per indagare anche sulle responsabilità, sulla ragione per la quale, da un certo punto di vista, quelle città fossero cresciute a dismisura, in maniera disordinata, a macchia d'olio, e poi trascurandole, perché quelle città si trovassero a patire anche i problemi dell'insicurezza, oltre a quelli del degrado.
Lo abbiamo fatto prendendo impegni; nel caso delle periferie, addirittura, lo abbiamo fatto concludendo i lavori della Commissione speciale di inchiesta con un maiuscolo convegno alla presenza di autorevoli personalità. E oggi ci troviamo, appunto, di fronte a un provvedimento che poteva essere un anticipo del Governo del cambiamento oppure poteva essere un anticipo del Governo del fallimento. Tutti sanno qual è la posizione di Fratelli d'Italia: noi speriamo che il Governo possa fare bene; intimamente sono convinto che ciascuno di noi, anche dall'altra parte dei nostri banchi, spera che un Governo possa fare bene il proprio lavoro per portare ristoro ai cittadini, alle famiglie, alle imprese, ai lavoratori, ai nuovi poveri e quant'altro. Però, noi più di altri ci auguriamo che questo esperimento possa funzionare, perché vediamo comunque l'Italia in una situazione di enorme, gigantesca difficoltà.
Quindi, le nostre non sono critiche pretestuose, distruttive. Non ci auguriamo giammai che le cose possano andare male; siamo in maniera equilibrata in una posizione di opposizione, ma anche in una posizione di osservazione. Siamo stati chiamati a sostenere dei provvedimenti che abbiamo condiviso e, ogni volta che arriveranno qui in Aula provvedimenti ispirati alla cultura di riferimento di Fratelli d'Italia e del centrodestra,, con il quale ci siamo presentati al giudizio del popolo il 4 di marzo, saremo qui a fare la nostra parte e a sostenerli.
Così come saremo impietosi nel maltrattare politicamente il Governo e la maggioranza che lo sostiene quando ci si discosterà e, più questa distanza sarà significativa, maggiore sarà la nostra forza nel cercare di imprimere un segno al dibattito parlamentare e a marcare la differenza rispetto a coloro i quali, pur avendo delle responsabilità di Governo, rischiano di tradire le aspettative dei cittadini.
Abbiamo, dal nostro punto di vista - questo è il nostro giudizio -, potuto assistere già a una clamorosa retromarcia sulla vicenda dell'Ilva. Non sta nel milleproroghe, ma sempre retromarcia è. Laddove ci saremmo aspettati magari un piglio diverso, ci saremmo aspettati una consequenzialità rispetto ai fumi di guerra che erano stati lanciati per aria nel corso della campagna elettorale, oggi ci troviamo più o meno con la conferma del quadro precedente, ma senza garanzie particolari, senza garanzie stringenti in ordine alla salvaguardia degli interessi deboli e diffusi dei cittadini tarantini.
Da un lato, siamo ben felici che possano essere salvaguardati i posti di lavoro degli operai, dei lavoratori dell'Ilva di Taranto; dall'altro siamo felici perché questa era la nostra posizione, che l'Italia non vada a perdere, come qualcuno oggi al Governo si augurava, un suo asset strategico nella parte produttiva.
In particolare, le acciaierie sono un'industria che denota la credibilità di un sistema Paese.
Ritengo che ci siano assai scarse garanzie in ordine alla capacità di procedere a passi veloci verso la bonifica degli impianti dell'Ilva, e quindi a garantire la salvaguardia della salute dei cittadini anche attraverso la realizzazione di quelle strutture sanitarie - quanti ordini del giorno abbiamo approvato e mai nulla si è visto di rilevante in tal senso? - necessarie per prevenire e, quindi, prevenendo, tutelare la salute dei cittadini.
Abbiamo visto - e qui entro invece nel milleproroghe - la retromarcia sulla scuola: clamorosa. Non mi avventurerò sul linguaggio tipico, che contraddistingue soprattutto gli addetti ai lavori nel mondo della scuola, che risulta di difficile comprensione per il genere umano, tra i mille pasticci e le mille sovrapposizioni che ci sono state nel corso di decenni, tra i tanti, troppi ministri, che hanno tentato di utilizzare e di sfruttare il mondo della scuola per crearsi dei pacchetti elettorali. E a questi pacchetti elettorali davano dei nomi, degli acronimi, per cui ogni graduatoria porta il nome di un Ministro della pubblica istruzione, che varò quella iniziativa. E le varie graduatorie tra loro, poi, hanno finito per non dialogare, per sovrapporsi, per creare le classiche guerre tra precari.
Oggi siamo in presenza di un milleproroghe e siamo in presenza della possibilità di porre rimedio a questo pasticcio. Nella scorsa legislatura io ricordo il senatore, attuale Ministro Centinaio. Quante volte, per parlare agli amici leghisti, ci siamo trovati, appunto, sui palchi ad assumerci responsabilità nei confronti di quei precari, che noi riteniamo e valutiamo e qualifichiamo innanzitutto come servitori dello Stato? Insegnanti, che hanno garantito con il loro lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), che le scuole potessero essere aperte. Hanno garantito il servizio alle famiglie e ai bambini, agli studenti, agli alunni! Quante volte abbiamo cercato di mettere in evidenza questo aspetto, sfuggendo dalla tentazione di cavalcare anche sindacalmente una categoria piuttosto che un'altra?
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO (ore 20,05)
FABIO RAMPELLI (FDI). E non l'abbiamo fatto da soli. Non lo abbiamo fatto da soli! A fianco a noi, è vero che c'era il Ministro Centinaio, ma c'erano anche Di Battista - chi l'ha visto? - c'erano autorevoli esponenti del MoVimento 5 Stelle, c'era il Vicepresidente del Consiglio in persona, Luigi Di Maio. E oggi, che ci si presenta la possibilità, attraverso questo strumento, questo provvedimento, questo decreto - perché si tratta di un decreto-legge -, di offrire giustizia sociale a chi ha sopportato e sofferto l'insensibilità del Partito Democratico in questi cinque anni, oggi, ci si volta dall'altra parte. Addirittura si viene qui alla Camera dei deputati a cancellare un emendamento della maggioranza, un giusto emendamento, non di Fratelli d'Italia, ma che Fratelli d'Italia condivide, sostiene e ha replicato, approvato a Palazzo Madama, nel Senato della Repubblica. Non si è avuta neanche la sensibilità di tentare comunque di approfittare di quella svista, per costruire qui alla Camera una giusta soluzione al problema del precariato.
Per cui noi stiamo condannando - voi state condannando - attraverso la definizione di questo milleproroghe migliaia di insegnanti a rischio licenziamento. Rimarranno per un anno a bagnomaria e poi, comunque, il percorso che voi avete deciso e determinato è un percorso che li vedrà estromessi dal circuito produttivo della pubblica istruzione.
Noi siamo dispiaciuti, proprio perché abbiamo ritenuto che il Governo del cambiamento non cambiasse opinione rispetto a delle battaglie sociali fondamentali, che non riguardano questioni di carattere ideologico, ma che entrano nel corpo vivo del tessuto economico nazionale.
Quando ci siamo trovati - anche lo abbiamo fatto in quest'Aula, ma fuori da quest'Aula abbiamo trovato una grande capacità d'ascolto - al cospetto di maestre e maestri, diplomati magistrali, piuttosto che le altre categorie, che comunque altrettanto rivendicano il proprio diritto al lavoro, abbiamo detto: conservate la vostra opinione, non vogliamo certamente strumentalizzare il vostro disagio, per portare la mobilitazione verso Fratelli d'Italia e trasformarla in un voto per un partito, piuttosto che un altro. Ognuno la pensi come vuole. Ma è successo tante volte in passato, anche in quest'Aula, sulle battaglie sociali ed è un appello che facemmo anche al Partito Democratico, dall'opposizione, quando il Partito Democratico esprimeva il Presidente del Consiglio, il Consiglio dei ministri e buona parte dei ministri e dell'Esecutivo. Sulle più grandi battaglie sociali, la destra, il centro, la sinistra si sono sempre trovati dalla stessa parte. Quando c'erano a rischio, come in questo caso, migliaia, decine di migliaia, di posti di lavoro, non c'è stata differenza. Magari, l'epoca degli scontri di piazza non consentiva che si salisse, come è accaduto invece qualche anno fa, sugli stessi palchi, a parlare alle stesse piazze, ma c'è sempre stato rispetto e collaborazione a distanza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Di fronte alla giustizia sociale e ai diritti dei lavoratori c'è sempre stato rispetto e volontà di costruire le soluzioni!
Questo avrebbe dovuto determinare il Governo del cambiamento, un'inversione di rotta rispetto all'insensibilità che abbiamo dovuto apprezzare e constatare nella precedente legislatura. Questo ci saremmo aspettati, relativamente al dramma dei diplomati magistrali. Lo farete più tardi? Interverrete nella legge finanziaria? Troverete un escamotage, un modo, un motivo? Sarete capaci di scuotere il poco ricettivo, fin qui, Ministro della pubblica istruzione? Sarete capaci di scuotere e anche di riformare l'intero impianto del Miur? Non so se ce la farete. Certo è che questa storia di rinviare a data da destinarsi il momento in cui agire su un determinato problema, su un'area tematica di riferimento che vede coinvolte migliaia e migliaia di persone, questa tecnica non è convincente. Infatti, se si può risolvere un problema nel milleproroghe, non si capisce la ragione per la quale bisogna prorogare, appunto, ad altra data il momento in cui un determinato argomento verrà affrontato.
È il Governo che mette in campo il decreto “mille retromarce” sulla Bolkestein, che è clamoroso, perché è proprio la fattispecie più appropriata che doveva cadere dentro questo decreto, di fronte al quale, al contrario, non solo chi governa e chi sostiene l'Esecutivo non ha proposto emendamenti e non ha inserito all'interno del decreto la vicenda della proroga della Bolkestein, ma c'è stata anche l'improvvida iniziativa di contrastare gli emendamenti che sono stati presentati da altri gruppi parlamentari. Fratelli d'Italia lo ha fatto, ma non è stata l'unica forza politica a farlo. Ci siamo trovati con altre opposizioni, con cui abbiamo fino a pochi minuti fa bisticciato per questioni di posizione in campo, ma comunque ci siamo trovati dalla stessa parte. Come è possibile? Per cinque anni abbiamo discusso del diritto dei nostri commercianti su aree pubbliche di esercitare il proprio lavoro, abbiamo criticato gli eurocrati, piuttosto che la classe dirigente di ogni ordine, specie e colore, che non ha avuto la capacità di intuire quali fossero i rischi, i pericoli e le minacce, rispetto al via libera, al disco verde, dato all'Europa su questa materia. Abbiamo dovuto ascoltare - perché voi non ci credevate, voi della sinistra - lo scorso anno addirittura il signor Bolkestein in persona, che è venuto qui, a tenere una conferenza nell'Aula dei gruppi parlamentari, e ci ha detto che abbiamo sbagliato ad applicare qui in Italia in maniera distorta il suo pensiero, perché lui mai e poi mai avrebbe immaginato che questa potesse essere l'applicazione.
Io dico, scusate, anche ai più liberali e ai più liberisti, ma in quale parte del mondo questa ideologia prevede delle capacità di competizione così diverse? Noi abbiamo firmato la Bolkestein, l'abbiamo fatta nostra, la dobbiamo rinegoziare, spero che questo Governo avrà la capacità di farlo, spero che questo Governo avrà la capacità di estromettere intere categorie dalla Bolkestein, però, allo stato attuale, ci troviamo in buona sostanza la possibilità, quando metteremo a bando i mercati rionali, che le aziende ricche del nord Europa possano fare avanzare delle proposte più convincenti, più ricche appunto; possano magari immaginare di poter risistemare il plateatico di un mercato, cosa che un'azienda italiana, men che meno un artigiano che viene con il suo furgone, possono garantire. Le piazze per questi mercati, mercati ortofrutticoli prevalentemente. Quindi, non soltanto mercati di altri generi, perché quando ho polemizzato qualcuno mi ha detto: ci sono mercati anche nel nord Europa, ma una certa tipologia di mercati rionali è prevalentemente presente nei Paesi del sud Europa, quindi noi quando consentiamo ad aziende del nord Europa di partecipare alla gestione di questi mercati ci dovremmo anche porre il quesito: che cosa abbiamo in cambio, che cosa possiamo andare a gestire con le nostre aziende, noi, nel nord Europa? C'è anche un pezzo di identità che passa per il nostro commercio, per le nostre attività produttive e che dobbiamo farci carico di difendere e promuovere.
Stessa cosa vale, ovviamente, per le coste, gli arenili; difficile poterne gestire in Austria, difficile poterne gestire anche per quei Paesi leggermente più fortunati che comunque affacciano nei freddi mari del Nord. Noi mettiamo a disposizione un'opportunità che è tutta italiana, che è tutta dell'Europa meridionale, noi offriamo una possibilità alle aziende del nord, più ricche, che possono fare offerte migliori e non abbiamo praticamente nulla in cambio.
E la tempesta perfetta si manifesta addirittura nell'applicazione della Bolkestein sulla gestione dei monumenti, sulla gestione dei monumenti! Guide turistiche o associazioni o imprese possono partecipare, secondo la Bolkestein, e venire qui, in Italia, a fare la loro concorrenza sleale, per poter poi caso mai offrire una visita culturale guidata a turisti di varie nazionalità, spiegando, loro, stranieri – che so? – la fattispecie architettonica del Duomo di Milano piuttosto che la cupola del Brunelleschi a Firenze e il Rinascimento intero piuttosto che le realtà pelasgiche, o preromane o romane che abbiamo sparse praticamente non solo in tutta Italia, prevalentemente in Italia, ma addirittura in tutta Europa e anche in un pezzo del Nord Africa. Cioè, vi rendete conto? Sicuramente c'è stata una distrazione da parte del legislatore, sicuramente abbiamo avuto una classe dirigente poco puntuale e poco attenta, però se oggi ci si prospetta la possibilità, colleghi leghisti, colleghi grillini, di buttare la palla in calcio d'angolo e quindi di passare a una proroga della Bolkestein dal 2020 al 2030, per quale motivo voi la bocciate, di grazia? Perché? Se ci avete fatto la campagna elettorale sopra, se avete arringato folle di commercianti su aree pubbliche, se avete fatto tavole rotonde e colloqui e punti d'ascolto con le confederazioni sindacali, con quale faccia, oggi, né mettete nel dispositivo il rinvio, la proroga dalla Bolkestein, né date la possibilità di far passare, assumendovi solo una parte di responsabilità, gli emendamenti di Fratelli d'Italia e di altri partiti che li hanno proposti? Questo è un problema. È per questo che noi, scherzosamente, neanche troppo, definiamo questo decreto non «milleproroghe», ma «mille retromarce» perché sulla Bolkestein voi avete fatto un'altra terribile, incredibile, ingiustificabile retromarcia. Certo, non è che avete dichiarato all'universo mondo di averci ripensato, sarebbe stato clamoroso, in così poco tempo, è difficile folgorarsi sulla via di Damasco; ancora una volta avete detto: ne parleremo, ci lavoreremo, presenteremo un provvedimento ad hoc, abbiamo tempo per farlo; e intanto chi ci parla con quegli artigiani, con quegli imprenditori, piccoli, piccolissimi imprenditori che comunque hanno affrontato delle spese, hanno fatto degli investimenti e hanno soltanto un anno e mezzo davanti per poterli ammortizzare? Un anno e mezzo anche una persona che digiuna di imprenditoria capisce perfettamente che non è un tempo idoneo per poter vedere ammortizzati i propri investimenti. E che cosa gli raccontate a questi signori? Che siete in attesa di fare un provvedimento?
Era così difficile approvare una proroga al 2030, al 2025, al 2021? Dare altro respiro a questa categoria? Evidentemente sì, se non l'avete fatto o evidentemente no, perché forse eravate soltanto invidiosi o, molto semplicemente, desiderosi di accaparrarvi un comparto, un settore, un certo numero di lavoratori e di imprenditori e di artigiani, come si usava nei peggiori periodi della storia repubblicana, quando non gliene fregava praticamente niente a nessuno degli interessi dei cittadini e si cercava solo e soltanto di strumentalizzarli, di prenderli talvolta per il collo, e quando stavano lì lì per morire di stenti, sfiatati, di dargli l'ossigeno. Non è questo il nostro stile. Il nostro stile appunto parla di velocità, di capacità di essere efficienti, di capacità di risolvere i problemi, magari un pezzo alla volta, ma comunque con tempestività, sulla scuola sulla Bolkestein, sui vaccini, sulle periferie. Che significa togliere la metà dell'investimento sulle periferie? Che cos'è, un dispetto fatto a chi? Fatto a Renzi che, sbagliando, e noi lo avevamo più volte sottolineato, ha praticamente gestito in maniera, diciamo così, molto accentratrice su Palazzo Chigi materie che erano evidentemente di competenza prevalente delle autonomie locali? Ce lo ha detto anche il Consiglio di Stato. Bene, ma a una sentenza del Consiglio di Stato, diciamo così, ci si può lavorare sopra, si può rendere proprio con una correzione legislativa diciamo meno impattante rispetto alla soluzione di estromettere la metà dei finanziamenti che, tardivamente, nel corso degli anni, sono stati comunque immaginati e previsti per porre rimedio e dare ristoro a dei pezzi di città e a milioni di cittadini in sofferenza, in situazione di disagio evidente. Non è comprensibile, cari colleghi del MoVimento 5 Stelle e della Lega, non è comprensibile far parte di una Commissione d'inchiesta sulle periferie, andare a Genova, a Palermo nel quartiere Zen, a Scampia, a Tor Bella Monaca, passo passo, visitare tutte le periferie più disgraziate, assumere impegni e poi trovarsi in posizione di comando esprimendo un Presidente del Consiglio e un intero Consiglio dei ministri dimenticandosi di quegli impegni. Abbiamo incontrato comitati di cittadini, persone perbene, persone deboli, fragili ci hanno raccontato storie assurde, abbiamo fatto scoprire addirittura alle forze dell'ordine l'esistenza di situazioni di illegalità, attraverso anche quei blitz all'interno dei campi nomadi e oggi, che arriva il momento del riscatto, voi distogliete la metà dei finanziamenti con una partita di giro, dicendo che comunque ci sarebbe stato il rischio della mancata spesa e quindi quei soldi li siete andati a postare altrove, ma altrove quei soldi devono arrivare comunque, e li avreste dovuti prendere da un'altra posta.
E questa è la differenza: voi avete puntato la materia della riqualificazione delle periferie, del recupero urbanistico, del tentativo di offrire maggiore sicurezza a questi pezzi di territorio e avete fatto un'operazione di sottrazione, che noi abbiamo criticato e tentato di emendare con la nostra iniziativa politica ogni momento in cui si è celebrato il lavoro delle Commissioni congiunte.
PRESIDENTE. Concluda.
FABIO RAMPELLI (FDI). Concludo - sono andato lungo, quindi non svilupperò questo argomento per intero - facendo solo un accenno, direi una citazione, al terremoto, alle aree disagiate per antonomasia, quelle che sono state colpite dagli eventi sismici.
Io ringrazio tutto il gruppo di Fratelli d'Italia, perché ogni deputato ha marcato un pezzetto. In particolare, su questo aspetto del terremoto, abbiamo potuto esibire il sindaco di una località terremotata che ha puntato in modo particolare il tema centrale che sta flagellando letteralmente le popolazioni, le imprese e rischia di non far ripartire più il Centro Italia: la guerra contro il tempo. Il milleproroghe era proprio lo strumento idoneo, come per la Bolkestein, come per le scuole, come per i vaccini, come per le periferie, per poter porre rimedio.
Ecco, queste sono le argomentazioni per le quali noi ci appresteremo, oltre che a proseguire questa battaglia in Aula, anche a contrastare questo provvedimento. Abbiamo due preoccupazioni…
PRESIDENTE. Onorevole, riuscire a superare i trenta minuti è veramente…
FABIO RAMPELLI (FDI). È difficile, sì, però mi sono rifatto rispetto a quel piccolo problema che si è manifestato appunto al principio di questa discussione, dove Fratelli d'Italia è stato catapultato in fondo alla classifica degli interventi. Concludo dicendo che doveva essere un milleproroghe, è un mille-retromarce, questa è una delle ragioni più convincenti per contrastare questo provvedimento del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Rampelli. Colgo l'occasione anche per dirle che lei aveva posto una questione, che ha un suo fondamento, rispetto all'ordine degli interventi, per la quale la Presidenza si era adoperata per giungere a una soluzione concordata; grazie alla disponibilità dei gruppi, in particolare del gruppo del Partito Democratico, la cosa è stata risolta. Io andrei avanti. E' iscritto a parlare il collega Mollicone, che mi sembra abbia una comunicazione di quindici secondi. Prego, onorevole Mollicone.
FEDERICO MOLLICONE (FDI). Anche dieci, Presidente. Visto l'andamento dei lavori, volevo rinunciare ad intervenire e chiedere l'autorizzazione a consegnare l'intervento.
PRESIDENTE. È autorizzato. E' iscritto a parlare l'onorevole Russo. Ne ha facoltà.
PAOLO RUSSO (FI). Presidente, milleproroghe e zero fatti. Anzi, devo dire, nemmeno fatti, ma rifatti. Avete avuto la capacità di cambiare idea - e questo è tipico delle persone intelligenti - più volte nel corso dell'iter di questo provvedimento, quindi siete più volte intelligenti, stavolta. Da cosa vogliamo cominciare, dai vaccini?
PRESIDENTE. Onorevole Russo, chiedo scusa. Se cortesemente i colleghi possono collaborare consentendo al collega di parlare… Prego, onorevole.
PAOLO RUSSO (FI). Grazie, Presidente. Tutti gli auditi che sono giunti nelle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio congiunte vi hanno spiegato, anche quelli da voi indicati, che qualunque modifica nella normativa che venisse percepita come un indebolimento della strategia vaccinale avrebbe alimentato quella che in termini scientifici si chiama esitazione vaccinale. Avete fatto marcia indietro, ma poi, chissà da quale divinazione colti, avete fatto un passo di lato, un ballo comico tra Twitter e Facebook, tragico e macabro, che coinvolge la salute di migliaia di bambini, non solo degli immunodepressi, ma anche, oserei dire, e soprattutto di quei bambini che non hanno deciso per loro volontà, che non hanno scelto da soli di non vaccinarsi, ma quella condizione si è determinata a causa di sciagurati, invasati, malati o sprovveduti genitori.
Ed è stata loro sottratta un'opportunità di tutela e di protezione da rischi mortali o esiti gravissimi per patologie che, viceversa, una corretta strategia vaccinale potrebbe considerare addirittura debellate. Non una parola, anzi avete garantito la bocciatura di un nostro emendamento, un emendamento di buonsenso suggerito da tutti gli autorevoli auditi in Commissione: tutti ci hanno detto che, anche alla luce delle recenti statistiche epidemiologiche, che hanno registrato picchi di malattia proprio tra il personale scolastico e quello sanitario, sarebbe stato necessario prevedere una misura ad hoc che obbligasse alla vaccinazione anche il personale scolastico e il personale sanitario, che peraltro ne avrebbe avuto un beneficio duplice, in quanto da una parte avrebbe corso meno rischi e, d'altra parte, avrebbe rappresentato meno rischi per i bambini. Per quali bambini? Abbiamo detto per gli immunodepressi, ma anche per quei bambini che non sono vaccinati a causa di sciagurati genitori.
Avete preferito, da quel che ho capito, una strada diversa: avete preferito interpretare ciò che ha compreso la collega Taverna dalla sua zia e non la scienza. Avete fatto una scelta di campo dalla parte della Taverna e della zia e non degli studi, non la scienza e non la storia della medicina! Mi taccio su questo e ragiono di un altro pasticcio.
Non credevo che potesse essere possibile peggiorare la condizione della “legge Delrio”, perché il peggio in assoluto della normativa degli ultimi anni per me è ascrivibile alla “legge Delrio”. Ebbene, modificatela come volete, tanto viene sempre meglio, ma siete riusciti a peggiorare anche quella norma. Siete riusciti addirittura a determinare una condizione che sarà straordinaria, strepitosa, la ricorderanno negli anni: vi ricordate di quando si elegge il presidente di provincia, ma non si elegge il consiglio provinciale? Si diceva dopo quattro mesi, poi si elegge il consiglio provinciale, forse, poi vedremo, ci sarà un'altra normativa. Insomma, confusione superiore ai danni della “legge Delrio”.
Ma c'è una sorta di macumba sulle province, per cui chiunque prova a intervenire sulle province fa pasticci disastrosi? Chiunque prova a mettere mano fa peggio di quanto non potesse essere immaginabile e peggio di quanto potesse essere possibile. Ci siete riusciti! Avete cancellato la tragedia della “Delrio” assumendo in proprio quella responsabilità e complicando ancor di più non soltanto il sistema elettorale, ma addirittura gli elementi di rappresentanza.
Ma poi non manca lo strabismo, lo strabismo lassista e giustizialista. Spiegatelo voi ai magistrati della Corte dei conti, spiegate a quei magistrati che tutte le loro analisi, tutte le valutazioni, tutte le ordinanze sono carta straccia e i comuni potranno continuare a scialacquare tra debito storico e nuovi piani di rientro, che non tengono minimamente in conto di un'essenziale attività di monitoraggio sulla parte recente per verificare se nel pezzo recente ci fosse una conduzione di buona amministrazione. No, non consentite tutto questo: i comuni potranno spalmare il debito nei successivi decenni - e ben venga -, ma parimenti potranno continuare a governare in deficit.
Avete annullato i controlli e le sanzioni. Rappresentate con questa iniziativa normativa un pessimo esempio per i comuni veramente virtuosi, per le amministrazioni accorte: state dicendo “non fate così, tanto alla Corte dei conti ci pensiamo noi, con il bavaglio alla Corte dei conti”. È un errore strategico che state commettendo: ve lo abbiamo detto, ma voi siete tetragoni, sordi a queste sollecitazioni.
Non avete nemmeno tenuto in conto qualche puntuale e motivata osservazione che veniva, non da questi sciagurati dell'opposizione, che si oppongono a prescindere, ma dalle Commissioni presiedute da vostri uomini e da vostre donne, da Commissioni nelle quali siete in maggioranza. Faccio due esempi, uno di merito e uno di metodo.
Quello di merito: la Commissione agricoltura vi ha detto che state lasciando che un pasticcio si celebri. Vi era la necessità di prorogare i termini per l'entrata in vigore di quella norma assurda che comporta necessaria la certificazione antimafia: non l'autocertificazione modello una volta sì e una volta no, la certificazione antimafia anche per piccoli pagamenti. La Commissione agricoltura tutta vi ha detto una cosa di buonsenso: non ingolfate le prefetture, lasciate che le prefetture facciano il loro lavoro, non ingolfate con centinaia di migliaia, centinaia di migliaia di richieste che ingolferanno il lavoro serio delle prefetture, che ovviamente sarà distratto, per rilasciare certificati a poveri agricoltori. Altro che sburocratizzazione, altro che semplificazione: il Governo del cambiamento è il Governo della complicazione, in quella condizione strabica permanente: giustizialisti per alcuni, innocentisti per altri.
E poi, quando si pretende di controllare tutto, caro sottosegretario, non si controlla nessuno. Io escludo che questo sia il desiderio: è evidente che quando si vuole moltiplicare l'azione di controllo e non si è in condizioni di esercitare quel controllo, è una buona scusa per non controllare più le cose vere, per non controllare più quelle aziende che sono davvero ai limiti e necessitano di un approfondimento ai fini della certificazione antimafia.
E poi un appunto di metodo. Ve lo ha detto anche il Comitato per la legislazione: se continuate a modificare con norma ordinaria fonti secondarie, domani, non dopodomani, non si saprà più, laddove fosse necessario modificare di nuovo quella norma, se sia necessario utilizzare lo strumento di una norma primaria o di una secondaria. State complicando il Paese: non ve ne accorgete, ma noi ve lo diciamo.
E allora provate a consigliarvi con qualcuno che ne sappia un po' più di voi, in modo tale che proviate a dare una misura di accortezza quando mettete le mani sul sistema normativo del Paese.
E poi l'ostinazione a non rendere uguale questo Paese, a renderlo diverso: il terremoto può essere trattato, ma, se è quello del Centro; non può essere trattato se riguarda l'isola d'Ischia. Guardate, per noi valgono i principi. I principi sono: ogni cittadino deve essere uguale nei confronti dello Stato e la norma deve essere uguale per ogni cittadino. Abbiamo provato a suggerirvi ripetutamente le medesime norme. Non cose diverse, non una particolarità, non una specificità, non un atteggiamento - come dire? - pietistico tipicamente meridionale di richiesta, no: vi abbiamo solo detto, trattateci, peraltro, come avete promesso nelle vostre passerelle estive. Io non vorrei che quella giostra, quella sorta di transumanza tra sole e macerie, tutti, ministri, viceministri, vicepresidenti del Consiglio, Presidenti del Consiglio a veleggiare verso Ischia e pronti a mondarsi la coscienza con un passaggio verso le macerie, pronti ad assumere qualsiasi impegno, e prontamente tutti smentiti: proclami e poi nulla.
E poi abbiamo provato in questo provvedimento a dare una mano al Governo: più volte lo abbiamo fatto, proviamo a farlo anche stavolta. A noi interessa che facciate bene per il Paese. Proviamo a correggervi; devo dire, è complicato anche correggervi, ma ci interessa che facciate del bene.
Il Ministro Lezzi ha detto a più riprese, anche recentemente: io garantirò una clausola di salvaguardia del 38 per cento delle risorse; anzi, ha detto: non basta solo che sia il 38 per cento di tutti i Ministeri, andremo oltre, ANAS, Ferrovie, bla bla bla, bla bla bla, Cassa depositi e prestiti, tutto, garantiremo il 38 per cento. Hic Rhodus, hic salta: abbiamo proposto e sollecitato immediatamente con degli emendamenti le condizioni che ella chiedeva e, in tutti i riparti che in queste proroghe ci sono, abbiamo suggerito la clausola di salvaguardia. Come ha risposto la maggioranza giallo-verde? Bocciando tutti gli emendamenti! E allora vorrei comprendere: perdonatemi, ma è stata smentita il Ministro, avete voluto far fare una figuraccia al Ministro, volete che il Ministro in qualche misura si si senta ridicolizzata, che sia considerata una bugiarda? Qual è l'idea per cui ad una sua proposta, che noi abbiamo concretizzato in atto, poi avete risposto in questo modo nelle Aule della Commissione e del Parlamento? Ci sembrava buonsenso aiutare il Ministro in questo senso!
I riparti riguardavano la scuola, gli istituti scolastici, le strade e anche gli spazi finanziari. E guardate, c'è la riprova: vedete il testo, andate a guardare il testo, per gli spazi finanziari ci sono due tabelle! Andate a vedere, ci sono due tabelle! E provate a fare un po' di conto, e vedete in quei conti quanto è riservato al Mezzogiorno: Presidente, il 28 per cento. In quel 28 per cento risiede il 38,5 per cento della popolazione, è una vergogna! Vi dovete vergognare! È una sottrazione di risorse al Sud per essere destinate altrove, e voi siete protagonisti e complici: è protagonista chi lo fa e complice chi non si oppone.
Abbiamo suggerito anche qualche norma sulla scuola. Pace fiscale, ogni tanto sento dire “pace fiscale”: condono, no? Pace fiscale. A noi piace. E quando proviamo a fare pace nella scuola? Quando proviamo a fare pace con quanti hanno studiato per poter insegnare e hanno fatto concorsi, e sono con un piede dentro e un piede fuori? Quando riaprite le graduatorie? Quando consentite ai vincitori di concorso, ai ricorsisti, quando date una speranza concreta, quando se non ora? Sempre in un prossimo provvedimento, come ci avete detto sul terremoto di Ischia al Senato? Poi venite alla Camera, poi prossimamente abbiamo appurato che ci sarà un altro “milleproroghe”. Quindi sono 2 mila le proroghe, o diventa ogni “milleproroghe” cinquecento proroghe? Dovremo anche capire: questo è un cambiamento, questo davvero è un cambiamento, il Paese sappia che finalmente c'è un cambiamento riscontrabile anche negli atti, non più un “milleproroghe”, due “milleproroghe”.
E veniamo (e così concludiamo) al bando per le periferie. Intanto, serviva? È evidente che sì. Serviva riallacciare il senso delle comunità? Senza dubbio. Se c'è una delle poche cose buone fatte da quel Governo, forse era proprio questa. Avete differito l'efficacia al 2020 e quindi dove sta l'accelerazione? Se c'è una cosa da fare nel 2018 dov'è l'accelerazione, se la posticipate al 2020?
È una decelerazione, è una semplice, nella migliore delle ipotesi, decelerazione: un miliardo e 600 milioni. Vi vorrei ricordare che 800 sono fondi di infrastrutture e 800 sono, per capirci, i vecchi fondi FAS. Dite che rimodulate a vantaggio dei comuni che hanno un avanzo di amministrazione. Ora io non voglio fare una polemica qui se sono virtuosi o non son virtuosi. Non so se un comune è virtuoso quando non ha speso le risorse che avrebbe potuto spendere per i propri cittadini e non le ha spese. Ma, comunque, io vi inviterei a smentire questo dato perché - fonte ANCI - l'89 per cento di questi comuni risiede al nord. Quindi, fate un'altra bell'operazioncina, un altro saccheggio, perché non solo rendete complicata la vita a tutti gli enti e a tutti i comuni che erano beneficiari di un'attenzione derivante da un bando pubblico, ma provate, in modo surrettizio, a spostare questi finanziamenti dal sud al nord e lo fate attraverso un meccanismo semplice: “Ma voi non avete avanzi di amministrazione”.
No, caro sottosegretario, questo è un atteggiamento intollerabile, furbesco, che non può essere consentito e non può essere consentito da ogni parlamentare del Mezzogiorno. Non c'entrano le bandiere; c'entra la finzione nella quale vi siete posti, cioè una sorta di Robin Hood a testa in giù. Alimenterete il contenzioso e genererete null'altro che la paralisi. Questo provvedimento è scritto male e non mi meraviglio, devo dire. Ve lo abbiamo detto in tutti i modi e ve l'ha detto anche il Comitato per la legislazione. Contiene norme e proroghe raffazzonate ed imprecise, svicola rispetto a questioni centrali che pur potevano e dovevano essere affrontate. Voi dite che ci sarà un'altra occasione. È questo ormai il refrain che ascolto da più parti: “Ma non ora; ora non abbiamo tutte le condizioni; poi lo faremo; a presto; poi vedremo”. Noi vi inseguiremo.
L'unico cambiamento che fate, quindi, è i due cinquecento: cinquecento e cinquecento proroghe. Frena la spesa, blocca lo sviluppo, trasferisce risorse dal sud al nord. È l'ennesima beffa che dovrete raccontare tra un selfie e una diretta, provando a dire a Cosenza e ad Avellino, a Palermo e a Caserta, a Scampia, a Qualiano, a Grumo Nevano e a Frattamaggiore, che quelle risorse, che erano destinate per importanti opere pubbliche, sono state - come dobbiamo dire? - rimodulate. Sono state semplicemente cancellate per protervia, per arroganza. Si chiama bottino di guerra, non piccola botte ma il frutto di un saccheggio. Avete ottenuto un importante risultato elettorale e ora passate all'incasso come in una guerra, come nel Medioevo: l'emolumento che spettava ai misuratori di sale per la riscossione della gabella. Nessun altro comune forse riuscirà a spendere quelle risorse. Avete fatto solo uno sfregio al Paese e di più al Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente – Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Boschi. Ne ha facoltà.
MARIA ELENA BOSCHI (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il decreto che stiamo discutendo è l'ennesima prova della contraddittorietà di questo Governo, prima ancora che per il contenuto del provvedimento per la scelta stessa di presentare un decreto-legge “milleproroghe” dopo aver passato i cinque anni della scorsa legislatura ad attaccare, dai banchi dell'opposizione e costantemente indignati, i precedenti Governi per analoghi provvedimenti.
Ma la contraddittorietà sta anche, ovviamente, nelle scelte assunte dal Governo e dalla maggioranza che sostiene questo Governo con riguardo a singole disposizioni che abbiamo discusso in Commissione bilancio non soltanto per quanto risulta approvato nel decreto-legge ma anche per l'atteggiamento tenuto dalla maggioranza in Commissione durante l'esame di alcuni emendamenti che sono stati respinti dalla maggioranza e che hanno rappresentato, negli anni passati e nei mesi di campagna elettorale, promesse ribadite dal MoVimento 5 Stelle e dalla Lega nei confronti dei cittadini. Cito alcuni esempi: semplicemente, abbiamo prima parlato della “Bolkestein”, e quindi del rinvio che era stato proposto da alcuni emendamenti anche del nostro partito ai fini di una migliore elaborazione dei criteri per l'assegnazione delle aree demaniali da parte delle regioni e che è stato respinto dal Governo dopo che i leader del MoVimento 5 Stelle, quali l'onorevole Di Maio, l'ex onorevole Di Battista, l'ex deputato Di Battista e lo stesso Salvini, si sono fatti portavoce delle istanze di quegli ambulanti partecipando alle loro manifestazioni e dimenticando, nel caso della Lega, che era proprio la Lega al Governo col centrodestra quando la “Bolkestein” è stata recepita con queste modalità nel nostro Paese. Ma pensiamo anche agli emendamenti respinti sulla ulteriore proroga della rateizzazione delle cartelle esattoriali o, ovviamente, ad emendamenti non presentati dal Partito Democratico e che il Partito Democratico non condivide ma che proponevano nuovamente l'introduzione dell'elezione diretta dei presidenti di provincia e che la Lega e la maggioranza hanno respinto, venendo meno, quindi, a tutti gli impegni e a tutti gli slogan che durante la campagna elettorale hanno portato avanti.
Difficile un esame approfondito di un decreto-legge che tiene insieme argomenti così vari, dagli animali esotici all'edilizia scolastica, dalle graduatorie alla patente nautica passando per il terremoto. Sicuramente però, complice la confusione e la complicazione di questo decreto così eterogeneo, in Senato alcuni emendamenti della maggioranza hanno ulteriormente peggiorato la situazione e sono riusciti a far passare, forse sotto silenzio, anche alcune norme che, a mio avviso, hanno un rilievo significativo, per quanto apparentemente secondarie. Ne cito solo una, perché è l'occasione anche per parlare dell'Agenda digitale, del commissario nominato dal Governo per l'Agenda digitale del nostro Paese. Un emendamento della maggioranza al Senato ha previsto l'introduzione di un emolumento per il commissario straordinario per l'Agenda digitale pari a 160.000 euro l'anno, a fronte della gratuità dell'incarico attualmente ricoperto dal commissario - voluto dal Governo Renzi e confermato dal Governo Gentiloni - Diego Piacentini. Questo è il segno evidente che la maggioranza e il Governo si stanno predisponendo ad un avvicendamento e, quindi, alla sostituzione del commissario Piacentini a breve e, quindi, a prevedere uno stipendio per il prossimo commissario che verrà scelto. Ecco, questa è l'occasione per ringraziare il commissario Piacentini e la sua squadra per il lavoro che hanno svolto in questi anni a servizio del Paese gratuitamente. Io mi auguro che il Governo possa scegliere una figura che forse non riuscirà ad avere la competenza e l'autorevolezza internazionale di Piacentini, già vicepresidente di Amazon e uno dei principali manager della Silicon Valley. Spero almeno che non ci troveremo commissario all'Agenda digitale - in grado, quindi, di conoscere anche le strategie e i dati del Paese - un dipendente magari di una società privata vicino ad uno dei partiti di maggioranza, magari un dipendente della Casaleggio Srl lautamente retribuito per guardare i dati del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ma tra i tanti temi affrontati o non affrontati o rinviati o utilizzati come pretesto per poi affrontare una disciplina diversa rispetto ad una semplice proroga termini, uno degli argomenti che più sta a cuore al Partito Democratico e che sicuramente è stato centrale nel dibattito tra maggioranza e opposizione nei lavori in Commissione - e l'abbiamo sentito anche nella discussione sulle linee generali quest'oggi - è il tema del congelamento o definanziamento delle risorse previste dal bando periferie, che il Governo ha sostanzialmente sostenuto e approvato in Senato. Ebbene, in questi momenti è ancora in corso l'incontro a Palazzo Chigi tra la rappresentanza dell'ANCI e il Governo. Vi sono, dunque, della difficoltà, che abbiamo anche ieri espresso in Commissione, di poter lavorare serenamente e con cognizione di causa in quest'Aula sapendo per bocca del Governo che esplicitamente in Commissione ha annunciato che non avrebbe assunto alcuna decisione fintanto che non si fosse tenuto questo incontro a Palazzo Chigi e, quindi, la difficoltà di presentare emendamenti, di discutere emendamenti, di parlare del tema nel corso della discussione sulle linee generali sapendo che le scelte sono prese altrove e non in quest'Aula, non nel Parlamento.
Penso, quindi, che sia difficile credere alle parole della maggioranza, che sbandiera la centralità del Parlamento, la necessità di riportare in quest'Aula le discussioni, i buoni intenti del Presidente Fico, al momento del suo insediamento, sulla centralità di questo Parlamento, quando sappiamo che le scelte vengono prese a Palazzo Chigi e che, forse, soltanto in un secondo momento verranno riportate in quest'Aula e sapremo che cosa dovremo fare in quest'Aula. L'esito dell'incontro non è ancora noto, mi auguro comunque che si possa trovare un accordo tra l'ANCI e il Governo, che il Governo posso tornare sui propri passi, e quindi rivedere le decisioni assunte con questo decreto, ma le prime dichiarazioni degli stessi rappresentanti del Governo non fanno ben sperare. Allora, forse, prima di cancellare risorse stanziate per i comuni, per le città metropolitane, le città capoluogo di provincia, dobbiamo anche ricordarci perché è nato quel bando, perché il Governo Renzi ha stanziato 2 miliardi e 100 milioni per le periferie. Quella scelta venne all'indomani degli attentati al Bataclan a Parigi. Stavamo discutendo, proprio in quest'Aula, la legge di stabilità, e il Governo Renzi, allora, il Presidente del Consiglio decise di rispondere come Italia a quello che era stato ovviamente il dolore, la preoccupazione degli attentati, con una strategia, delle politiche che tenessero insieme necessariamente la sicurezza, ma anche un progetto culturale, educativo, di integrazione, che è stato poi riassunto in modo molto efficace dallo stesso Presidente del Consiglio con la frase: un euro in sicurezza, un euro in cultura.
Quindi, accanto agli stanziamenti che mettemmo in quella legge di stabilità per le forze dell'ordine, per l'acquisto di automezzi, per una implementazione delle risorse sulla cyber sicurezza nel nostro Paese, quindi cercando di garantire, ovviamente, l'integrità e la sicurezza dei nostri cittadini, mettendo le Forze armate e le forze dell'ordine in condizione di avere risorse appropriate e strumenti appropriati, lo stesso stanziamento venne previsto per interventi di carattere culturale, tra cui la card per i diciottenni, e investimenti sulle periferie, perché pensavamo che la risposta del nostro Paese dovesse partire proprio dalla integrazione, proprio da quelle parti delle nostre città, quelle aree delle nostre città dove maggiore poteva essere la difficoltà, il disagio; non soltanto, ovviamente, di persone straniere nel nostro Paese, ma anche dei nostri concittadini.
Spesso è la distanza fisica, la difficoltà infrastrutturale di alcune aree delle nostre città che rendono quelle persone, le persone che vivono lì, in gran parte magari anziani e donne, ancora più sole e ancora più fragili. Allora era proprio lì che era necessario intervenire con delle risorse aggiuntive. Per questo venne deciso nella legge di stabilità di stanziare 500 milioni di euro e predisporre un bando aperto alle città metropolitane e alle città capoluogo di provincia; un bando che potesse servire non soltanto alla rigenerazione, alla riqualificazione urbana, ma anche a dei progetti sociali, dei progetti culturali in quelle aree, e, comunque, anche a garantire maggiore sicurezza e legalità in quelle zone delle città. Quindi, tenendo insieme la sicurezza con l'idea che ci si può sentire più sicuri nelle proprie città, si può essere invogliati a uscire dalla propria casa e fare vita di comunità, magari in una piazza, magari in un centro per gli anziani, se vivi in un quartiere che è più bello, in un quartiere in cui non ci sono edifici abbandonati, in cui l'illuminazione di notte è garantita, in cui ci sono dei punti della città che possono accogliere le persone e fare incontrare le persone; magari, come hanno scelto di fare alcune città, tenendo le scuole aperte durante il periodo estivo o magari nel pomeriggio, per avere ulteriori progetti, per tenere insieme i ragazzi in aree in cui magari la scuola è l'unica alternativa alla strada. E allora, proprio per far fronte a queste esigenze, abbiamo stanziato quei 500 milioni.
La risposta è stata subito entusiasta da parte di chi amministrava quelle città, a prescindere dall'appartenenza politica, a prescindere dal partito al quale potevano essere o non essere iscritti i sindaci e quelle amministrazioni comunali. Il risultato della partecipazione, la qualità dei progetti presentati è stata talmente tanto elevata da indurre il Governo ad ampliare lo stanziamento su richiesta dell'ANCI stesso. Durante l'assemblea annuale, alla presenza del Presidente del Consiglio, l'ANCI chiese di ampliare le risorse per il bando periferie, di scorrere tutta la graduatoria e consentire a tutte le città che avevano partecipato di vedersi finanziare i progetti.
Questo lo ribadisco perché ho sentito dire in quest'Aula che è stato il Governo centrale a scegliere i progetti, che forse dovevamo cambiare e intervenire per dare maggiore autonomia agli enti locali. Non è assolutamente vero, i progetti sono stati presentati dai comuni, i progetti non sono stati imposti dallo Stato; lo Stato si è limitato a verificare la fattibilità di quei progetti, la sostenibilità economica, anche perché, accanto ai 2 miliardi e 100 milioni messi a disposizione dallo Stato, complessivamente sono 2 miliardi e cento milioni quelli messi a disposizione dallo Stato e integralmente finanziati fino all'ultimo centesimo, si sono aggiunte altre risorse o di altri enti pubblici o del privato. Quindi, complessivamente il bando periferie ha un volume, uno stanziamento di risorse di 3,9 miliardi, integralmente finanziate in parte dallo Stato in parte da altri soggetti pubblici o privati, ma nessuno può venire a dire in quest'Aula in buona fede che non sia stato integralmente finanziato il bando delle periferie.
Quindi, non è quello il problema per cui c'è la necessità di intervenire. Il bando periferie è integralmente finanziato e tutte le amministrazioni delle città capoluogo di provincia e città metropolitane che hanno aderito hanno ottenuto una risposta positiva rispetto ai loro progetti. Non è stata una scelta da campagna elettorale, non è stata una scelta di partito; è stata una scelta nell'interesse di quei territori e di quelle comunità, perché, trattandosi, peraltro, di progetti che richiedono alcuni anni dal momento del bando sino alla consegna definitiva, non è nemmeno escluso che nel frattempo ci siano elezioni in quelle amministrazioni comunali, che possa cambiare la maggioranza, che possa cambiare il colore di quel comune. Certo non è sulla base di queste valutazioni che il Governo Renzi, e il Governo Gentiloni poi, hanno deciso di confermare e accelerare sul bando periferie, mettendo queste risorse a disposizione dei comuni.
Le risorse stanziate nella seconda fase, per correttezza il miliardo e seicento milioni dello scorrimento della graduatoria, che sono andate a finanziare i 96 progetti di cui oggi stiamo discutendo in questo decreto-legge, sono state ottenute attraverso uno stanziamento in legge di bilancio attraverso il Fondo investimenti e attraverso risorse proveniente dai fondi sviluppo e coesione, attraverso una delibera del CIPE. Bene, dire che in questi passaggi non ci sia stata una condivisione ampia tra lo Stato e i comuni e gli enti locali di qualunque colore fossero non corrisponde alla realtà di incontri che ci sono stati a Palazzo Chigi per le cabine di regia doverosamente tenute per i fondi sviluppo e coesione, la presenza al CIPE quando si è dovuto discutere della delibera che ha stanziato queste risorse. Quindi, costantemente il lavoro è stato svolto in sinergia e in sintonia tra lo Stato centrale e gli enti locali; motivo per il quale oggi, in modo indistinto, i sindaci di quelle stesse città stanno chiedendo all'attuale Governo di fermarsi, perché bloccare quelle risorse, congelare quelle risorse significa mettere a rischio quegli investimenti e quei progetti, e significa metterli a rischio prima di tutto perché i sindaci e le amministrazioni comunali, con il lavoro straordinario anche degli uffici che hanno dimostrato la loro competenza per poter far fronte a dei bandi e a dei progetti così ambiziosi, hanno già predisposto dei progetti e hanno già iniziato alcune opere preliminari per la realizzazione di quei progetti.
Ci sono sindaci che hanno proceduto a degli espropri, ci sono dei sindaci che hanno iniziato delle bonifiche. Che cosa diciamo a quei sindaci: che lasciano dei cantieri aperti, che lasciano dei buchi in mezzo alla città, che tutto quello che hanno fatto finora non potrà essere completato perché il Governo Lega-Cinquestelle ha tolto loro le risorse? Ci sono dei privati che hanno investito, ci sono dei soggetti privati, che hanno vinto delle gare, che stanno già realizzando le opere: verranno pagati o non verranno pagati quei privati? Potranno o non potranno pagare gli stipendi ai propri dipendenti, magari anche a quelle persone in più che hanno assunto per la realizzazione di quelle opere? Penso a Bolzano, la città in cui sono stata eletta: una parte dei progetti che riguardano la riqualificazione dell'intera area vicino alla stazione è già in corso di realizzazione. La consegna lavori è il 4 novembre di quest'anno, sono i primi lavori per un importo di 3 milioni e mezzo e ci si chiede se ci saranno le risorse o meno per pagare quei lavori.
E non è un caso che gli stessi sindacati siano altamente preoccupati dagli esiti che può avere questo definanziamento.
La preoccupazione vera è che questo congelamento annunciato dal Governo in realtà non sia una semplice posticipazione dei progetti, una semplice posticipazione dei trasferimenti di risorse, ma sia - come ha detto giustamente anche in audizione il presidente dell'ANCI - un vero e proprio furto con destrezza, una modalità del Governo per definanziare in via definitiva, in più step, quegli stessi progetti. Oggi si racconta ai comuni e ai sindaci che sono semplicemente congelate per un anno o due. Poi, magari tra qualche mese o magari tra qualche settimana, già nella legge di bilancio, scopriremo che il Governo si rimangia la parola e che, in realtà, quelle risorse verranno sottratte definitivamente a quei comuni, perché magari il Governo avrà bisogno di utilizzare quelle risorse per coprire altre misure, che ha annunciato ovunque, o semplicemente per ridarle in altre forme, secondo altri criteri, a quegli stessi comuni, ma facendo credere che sono iniziative del tutto autonome e distinte.
Questa è la preoccupazione vera che hanno oggi i sindaci. E quando un sindaco viene a Palazzo Chigi e firma con la fascia tricolore, con il Presidente del Consiglio, Renzi prima Gentiloni poi, dei veri e propri contratti, delle vere e proprie convenzioni, che sono valide e efficaci a tutti gli effetti, e l'arrivo del nuovo Governo fa carta straccia di quelle convenzioni e di quegli accordi scritti, come può un sindaco continuare ad avere fiducia nel Governo Di Maio-Salvini? Come può continuare ad avere fiducia nello Stato? Io mi chiedo anche con quale fiducia nel Governo che hanno di fronte oggi i sindaci si sono seduti a Palazzo Chigi, a discutere con il Presidente Conte, perché di fronte ad un Governo che fa carta straccia dei propri impegni - perché l'impegno assunto da Renzi e Gentiloni non era un impegno personale, era un impegno per il Governo italiano, per lo Stato italiano -, come possono fidarsi della parola di un Governo che magari li rassicura, dicendo che in un prossimo provvedimento troveranno una soluzione?
La soluzione, se c'è, deve esserci ora, in questo provvedimento, in questo decreto-legge. Si chiama milleproroghe, ma non può essere un mille rinvii, rispetto ai danni che voi avete causato con questo intervento, definanziando quei progetti. E, anche laddove non si trattasse di un definanziamento definitivo, ma semplicemente di un congelamento, di una posticipazione di un anno o due, con che coraggio voi potete andare da quei sindaci, ma soprattutto da quelle comunità e da quei cittadini, che complessivamente sono 20 milioni - questa è la popolazione complessiva dei comuni toccati da questi interventi - a dire che, per avere quella strada nuova o la ristrutturazione di quell'edificio, che stava cadendo in quella piazza e che magari era previsto potesse diventare una biblioteca, o per avere la scuola aperta il pomeriggio o il centro anziani, devono aspettare un anno o due di più? Che non è un problema il fatto che debbano aspettare per avere un servizio in più, che non è un problema, se purtroppo non avranno il wi-fi magari i piccoli artigiani, i professionisti e i commercianti per poter lavorare in quella zona: non è un problema, aspettino un anno o due anni in più. Che differenza fa? Forse non fa differenza per il Governo, forse non fa differenza per voi un anno o due (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) ma, nella vita delle persone, nella quotidianità, nel lavoro di quelle imprese e soprattutto in quelle comunità, potere avere fiducia o meno nel loro Governo e nello Stato è una grossa differenza.
Io credo che abbiano già aspettato abbastanza, proprio per questo siamo intervenuti sulle periferie. Tornare indietro sarebbe un segnale drammatico, rispetto a delle speranze che abbiamo acceso e delle aspettative che abbiamo generato in quelle comunità e in quei territori. Io ho avuto la fortuna, nei ruoli di Governo che ho ricoperto, di potere incontrare in giro per l'Italia i sindaci di alcune di queste città e con loro organizzare delle iniziative, in cui parlavamo di progetti con i cittadini. In alcune città - posso citare Bergamo, posso citare Bologna - l'occasione del bando periferie non è stata semplicemente l'occasione per aggiustare un edificio o per risistemare una strada o per fare una ciclabile in più. È stata l'occasione per fare una discussione su che cosa fare con quelle risorse in quella determinata area della città. È stato un progetto di cittadinanza attiva dal basso. È stato un modo per rigenerare anche un rapporto tra l'amministrazione e quella comunità. Come fa adesso il sindaco, dopo che magari è riuscito ad ottenere la fiducia dei suoi concittadini, garantendo che quello che hanno deciso insieme, le opere che hanno deciso di fare con quei soldi in quel quartiere, non si faranno più, perché qualcuno a Roma, al Governo, ha scelto che quei soldi andavano cancellati? Perché? Perché erano stati voluti dal Partito Democratico. E, allora, non si guarda in faccia ai cittadini, si guarda in faccia soltanto a chi quelle norme le ha pensate, le ha volute e le ha approvate in quest'Aula.
Io credo che si crei un precedente drammatico, perché oggi andate a mettere le mani in tasca ai sindaci, poi passerete ai pensionati, poi passerete ad altre categorie. Come facciamo a fidarci di uno Stato che non mantiene la parola, nemmeno con i propri sindaci, che sono l'avamposto dello Stato stesso? Io spero che nessuno del Governo voglia andare ai prossimi incontri ANCI, all'assemblea, e magari parlare di quanto il Governo è vicino ai comuni, di quanto, a differenza degli Esecutivi precedenti, farà per i comuni, come abbiamo sentito in queste settimane già da autorevoli illustri esponenti del Governo, perché sono soltanto bugie. Alla prova dei fatti, quello che siete stati capaci di fare è stato togliere soldi ai nostri comuni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
E non ci venite a dire che l'avete dovuto fare, per utilizzare quelle risorse e per consentire ai comuni di utilizzare gli avanzi di amministrazione. Avreste potuto trovare altre coperture, altre risorse, per ottemperare, non ad una vostra scelta, ma a una sentenza della Corte costituzionale, senza toccare il bando periferie. Un Governo capace, un Governo che è davvero accanto ai sindaci, fa così.
E, attenzione, a non dovere scoprire poi, alla prova dei fatti, che c'è stato un grande trasferimento di risorse dal sud, dal Mezzogiorno, verso il nord, perché credo che di fronte alle ennesime promesse del Vicepremier Di Maio, del Governo e di questa maggioranza sull'importanza del sud, sarebbe veramente il danno, oltre alla beffa, scoprire che queste risorse dal sud vengono ad essere trasferite al nord (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Allora, io so che è quasi inutile chiedervi un ripensamento. Mi auguro che possa esserci dopo l'incontro con ANCI, magari i rappresentanti dei comuni sono più efficaci di noi, nel rappresentarvi i loro problemi e nel rappresentarvi le loro difficoltà e l'esigenza che il Governo faccia marcia indietro. Io mi auguro che in queste ore, la nottata che ci separa dalla discussione degli emendamenti prevista per domani, dalla votazione degli emendamenti - sempre che il Governo ovviamente non intenda mettere la fiducia - ci possa essere un passo indietro del Governo. Siete così bravi a cambiare idea in poche ore, che io vi do fiducia. Mi immagino che lo possiate fare anche stavolta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), magari una volta in positivo, anziché in negativo.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARIA EDERA SPADONI (ore 21,10)
MARIA ELENA BOSCHI (PD). Io continuo a crederci fino alla fine, perché mi baso sui vostri precedenti. Se siete in grado di cambiare idea sui vaccini, tre volte nell'arco di diciotto ore, sulla base della lettura dei giornali, io mi auguro che i giornalisti siano talmente bravi, con le aperture domani mattina e con gli editoriali, da convincervi a tornare indietro sulle periferie. Ne va veramente della credibilità dello Stato, non soltanto di questo Governo, che per me non ne ha nessuna, ma dello Stato. E, allora, se qualcosa può essere fatto in queste ore, cercate di tornare indietro, ma di farlo in modo coraggioso, senza “accordicchi”, senza pasticci e senza creare ulteriori confusioni, perché soluzioni alla meno, soluzioni che servono solo ad evitare la protesta sacrosanta dei sindaci, ma che non risolvono i problemi e creano magari figli e figliastri tra i comuni, tra coloro che sono in uno stato più avanzato dei lavori e coloro che invece sono in una fase meno avanzata dei lavori, sarebbero ulteriormente un danno per la credibilità dello Stato, ma soprattutto per il lavoro dell'amministrazione comunale sul territorio.
Non lo volete fare per il Partito Democratico? Non lo volete fare per le altre opposizioni, che hanno chiesto la stessa cosa? Presentate un emendamento dei relatori, un emendamento del Governo, intestatevelo come maggioranza. Guardate, noi non abbiamo bisogno di piantare una bandierina. Abbiamo bisogno di risolvere dei problemi concreti a dei sindaci e alle loro comunità. Se all'incontro a Palazzo Chigi sono venuti tutti i sindaci, anche i sindaci del MoVimento 5 Stelle, anche i sindaci della Lega in questi giorni si sono espressamente e pubblicamente dichiarati contrari a questa norma, è perché non sono “marchette”, come le ha definite qualcuno, ma sono progetti seri, voluti dai nostri sindaci per le loro comunità.
E se l'intenzione del Governo, preannunciata dal Viceministro Garavaglia in Commissione, dovesse rimanere quella di un intervento nella legge di bilancio, io vi dico che sono sicura che voi reinterverrete su questo punto, se non lo fate nel milleproroghe, semplicemente perché non ne potrete fare a meno, perché arriveranno talmente tanti ricorsi da parte dei comuni - ricorsi che vinceranno, perché voi state facendo un atto illegittimo -, tanto che sarà un obbligo per voi intervenire nuovamente, per riparare e rimediare al caos che avete generato.
Non vorrei però che il rinvio della soluzione del problema del bando periferie alla legge di bilancio fosse un'arma che il Governo vuole tenersi in mano nella trattativa più ampia che solitamente si fa con gli enti locali durante la fase della legge di bilancio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questa è la preoccupazione che io ravviso, non vorrei che la scelta di definanziare oggi servisse all'avere un'arma per una negoziazione migliore da parte del Governo quando si siederà con ANCI a discutere le misure della legge di bilancio. Spero di sbagliarmi, spero di essere smentita dai fatti e spero soprattutto che in legge di bilancio una soluzione al problema la si possa trovare, visto che dubito che la notte possa portare consiglio, visto che il Governo ha ritenuto, peraltro, di non partecipare nemmeno all'audizione dell'ANCI quando è venuta in Commissione bilancio. Io so perfettamente che il Governo non è obbligato a partecipare alle audizioni; quando vengono in rappresentanza dell'ANCI circa quaranta sindaci delle città più importanti d'Italia forse il Governo potrebbe avere l'umiltà di stare ad ascoltarli e forse se il Governo li avesse ascoltati in sede di audizione la settimana scorsa avrebbe avuto tempo per rimediare ai propri errori, anziché convocare in fretta e furia un incontro questa sera a Palazzo Chigi, togliendo qualsiasi centralità al Parlamento che, bene che vadano le cose - bene che vadano le cose - cioè che si trovi l'accordo, si troverà a dover semplicemente certificare, come un notaio, un accordo fatto altrove. Se questo, però, non dovesse avvenire, se l'incontro dovesse essere infruttuoso, il Partito Democratico continuerà a fare quello che ha fatto anche in Commissione bilancio, a opporsi a questo provvedimento; lo farà discutendo i numerosi emendamenti che abbiamo presentato per ogni singola città toccata dal bando periferie e, quindi, depauperata dall'intervento del Governo e lo farà tenendo a mente che quelle che possono sembrare semplicemente parole in una legge, commi, in realtà, per quei cittadini sono una pista ciclabile, un sottopassaggio, una strada, un nuovo centro culturale, una biblioteca, la rete wi-fi gratuita, sono possibilità, sono opportunità, sono speranza per quella comunità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Lorenzin. Ne ha facoltà.
BEATRICE LORENZIN (MISTO-CP-A-PS-A). Presidente, onorevoli colleghi, colleghe, siamo alle nove e quindici dopo una lunghissima serata e penso che ci attenderà ancora una lunga notte, e siamo qui a discutere di un decreto «milleproroghe» dopo circa una decina di giorni di dibattito in Commissione di cui sugli organi di stampa italiani, sui circuiti web abbiamo visto soltanto alcuni cenni. C'erano due discussioni: una che sta venendo fuori, quello che qualcuno chiama il Paese reale (come se questo, quello dove noi assumiamo le decisioni che riguardano la vita dei cittadini, fosse invece irreale o virtuale), quindi la discussione che stiamo facendo noi qui, su un pezzo delle leggi che riguardano il presente e il futuro di questo Paese; e, poi, tutto il dibattito che viene fatto nei talk, nelle feste, nel pellegrinaggio dei leader di questo Governo o di anche noi esponenti dell'opposizione, che sembra quasi concentrato su altre cose che riguardano un futuro futuribile, in una lunga, lunghissima, permanente campagna elettorale. Ma noi, qui, oggi, in quest'Aula stiamo invece discutendo della realtà, cioè di quello che si fa oggi e che interviene oggi nella vita delle persone, tutte, quelle che hanno votato il Governo del cambiamento e quelle che si sono permesse di votare quella che oggi è l'opposizione. Lo dico perché poi, a un certo punto, le campagne elettorali finiscono e mi piacerebbe vedere dai banchi della maggioranza interventi diversi, non come quelli a cui ho assistito oggi, qui, durante il dibattito e in Commissione, nei vari interventi che ci sono stati, che sono stati tutti interventi su cose che non avevano nulla a che fare con il provvedimento di cui stiamo discutendo. Quindi, non so, la prima notizia che ci possiamo dire alle nove e quasi venti è che la campagna elettorale è finita. Non voglio parlare di quello che è stato fatto negli ultimi cinque anni, l'abbiamo fatto in campagna elettorale; parliamo oggi di quello che questo Governo, MoVimento 5 Stelle e Lega, stanno facendo ora, lo state facendo voi, non lo sta facendo un ectoplasma, una realtà virtuale che si trova sui social, su Facebook, qualcuno da cui prendete le distanze: siete voi che assumete le decisioni, ma siete anche voi che vi fate complici delle vostre decisioni, nel silenzio assordante di un'Aula nella quale da parte dei deputati onorevoli della maggioranza non ho sentito una parola, una parola nel merito, una parola, nel lunghissimo dibattito avuto in Commissione; non mi è mai capitato, nella mia esperienza politica, che non ci fosse un dibattito su questioni che riguardano la vita - la vita - e poi vedremo perché e come dei nostri cittadini, davanti a scelte che riguardano il futuro, il futuro del Paese in cui membri della maggioranza, tutti, un'intera Commissione, le Commissioni Affari costituzionali e Bilancio, le due Commissioni regine di quest'Aula, nessuno aveva il desiderio di dire la propria opinione o di giustificare la propria scelta di fronte al Parlamento, alle istituzioni. Sapete perché? Perché non eravamo in diretta viaFacebook, non c'era una diretta in Internet, non eravamo nel mondo virtuale/reale, quindi questo Parlamento non meritava una parola! I comunicati si fanno fuori, le notizie non si danno al Parlamento, si danno a margine dell'Aula, della Commissione, dove casomai si è stati sette ore a dibattere su un punto perché il parlamentare non ha nessuna dignità, può essere eletto a sorteggio, può essere scelto a caso, intanto quello che è, quello che pensa, la sua storia non significa nulla! E allora, signori, non ci stracciamo per la Costituzione, non ce la portiamo in giro, non parliamo di libertà, non ci riempiamo la bocca citando attori del passato e non parlo di attori cinematografici, cioè parlo di persone che sono state protagoniste della vita del Paese, e questo è un dibattito permettetemi che prescinde quasi da questo «milleproroghe» perché riguarda il futuro della nostra democrazia, il modo in cui noi decidiamo di stare insieme.
Io ho rispetto per la maggioranza - ho rispetto per la maggioranza - perché è stata votata dagli italiani, esigo però il rispetto della minoranza, perché è il check and balance della democrazia, serve la minoranza, servono le opposizioni, serve a stare in Aula a parlare, a esprimere il proprio pensiero su tematiche che riguardano la vita di tutti. E, guardate, serve anche essere capaci, avere l'umiltà di tornare indietro sulle decisioni quando si fanno degli errori, è importantissimo, è più importante saper sbagliare, saper comprendere l'errore che avere l'arroganza delle proprie posizioni. Tocca fare questo piccolo suggerimento considerando l'atteggiamento che noi abbiamo visto dall'inizio di questo «milleproroghe» e cominciamo con l'oggi, col presente, così entriamo nel vivo del dibattito e mi sono sentita di fare comunque un cappello un pochino più vario, perché i temi che stiamo affrontando non sono semplicemente se pagheremo una cartella quindici giorni prima o quindici giorni dopo, che pure ha importanza, se affronteremo un provvedimento disciplinare di qualsiasi tipo un mese dopo o un anno dopo; stiamo parlando di altre questioni che si discutono in questo «milleproroghe».
E qui veniamo alla giornata di oggi. Leggo sul Gazzettino del Veneto: trapianto riuscito, ma scuola vietata, ci sono bimbi no vax. Treviso, leucemia, a otto anni a rischio per la presenza di alunni non vaccinati. Ha otto anni, ma da domani mentre tutti i suoi amici affronteranno il primo giorno di scuola, lui dovrà restare a casa. Già, perché Andrea - nome di fantasia -, dopo aver sconfitto la leucemia non può essere in classe con gli altri alunni. Il motivo? Alcuni di loro non sono vaccinati, una situazione che potrebbe compromettere la sua salute. Questo non è un articolo, e lo dico al sottosegretario che qui rappresenta, con grande pazienza, il Governo, non è un articolo di due anni fa, quando è cominciata l'epidemia, è un articolo di oggi, di stamattina.
Ebbene, io ho sentito tante cose, mi metto dalla vostra parte: adesso voi avete responsabilità di Governo, ma quando vi sono le epidemie, quando succedono delle cose e non ci sono fake, non ci sono like, non c'è cosa che tenga: non c'è che tu perdi dei voti in un comune o un tuo assessore regionale decide di non votarti più perché la pensa diversamente da te. Quando hai l'assunzione di responsabilità, la responsabilità te la devi prendere, è questo l'onere del Governo. Te la devi prendere, anche quando sai che ti troverai, a ogni tuo passo, decine di persone che ti fanno l'agguato, che ti minacciano i figli, che ti minacciano la famiglia, che ti invadono con insulti, violenze verbali di qualsiasi tipo la tua pagina Facebook. Te la prendi, e non ti spaventi, perché questo Paese non ha bisogno di politici che si spaventano, che hanno paura, che tentennano, hanno bisogno di persone, esseri umani che ascoltano con umiltà e che poi decidono e si assumono fino in fondo l'onere della decisione, e che mentre formano la decisione, se c'è un errore, lo correggono, perché siamo tutti esseri umani. Tutti! Quando la posta in gioco è così grande - così grande! -, signori, ci si ferma un attimo e si riflette. Quello che è accaduto in questi mesi - due, tre, quattro mesi, in realtà - è incredibile.
Noi abbiamo fatto un provvedimento - ed è l'unica cosa di cui voglio parlare del passato - di cui sono molto fiera, al di là di tutto, perché in questo momento bambini come questo sarebbero in sicurezza, perché dobbiamo pensare non solo a quanti bambini sono stati vaccinati quest'anno, quanto abbiamo recuperato rispetto a un'epidemia, ma che cosa succederà fra dieci anni, per non trovarci come ci siamo trovati noi in questi anni, noi Italia, dopo che nel 1999 abbandonammo l'obbligo vaccinale per entrare a scuola convinti di aver raggiunto la maturità culturale nel nostro Paese, la maturità scientifica. Nessuno poteva immaginare che la gente avrebbe smesso di vaccinare i propri figli, andando in giro appresso uno radiato da un albo smentito da tutta la comunità scientifica. Tutta! E nessuno avrebbe mai potuto pensare che queste sarebbero diventate tesi sposate da maggioranze di Governo in Paesi del primo mondo, in un Paese come l'Italia, parte del G7, un Paese principe dal punto di vista scientifico. I danni sono stati fatti perché anche tutto un lavoro faticosissimo di costruire una cultura vaccinale e nello stesso tempo di tamponare un'epidemia, cioè di mettere almeno degli elementi che ci permettessero di correre in avanti e di lasciare un'eredità migliore nei prossimi anni è stato vanificato. Cosa è accaduto? Che cosa possono pensare i cittadini rispetto al fatto che hanno sentito in questi mesi che vaccinare è inutile, dannoso e in alcuni casi potrebbe anche provocare dei danni, e che dieci vaccini sono troppi? Scusatemi, ma nessuno si è messo a dire qual è il troppo. Che cosa è troppo? L'Haemophilus influenzae di tipo b? Il tetano? Il morbillo? La rosolia? Cosa togli? Togli il vaccino contro l'epatite, che ha salvato migliaia di vite e ha eradicato in una regione come la Puglia una malattia terribile? Cosa è troppo? Chi lo decide? Chi? Vi posso dire, io ho fatto il Ministro: mica l'ho deciso io! Lo hanno deciso le autorità sanitarie, in base a un andamento epidemiologico. Ho letto dichiarazioni che il provvedimento ha aperto una guerra tra no-vax: no, scusatemi, la guerra di religione è stata aperta da chi ha deciso di sposare le posizioni antiscientifiche. Noi possiamo stare nel mezzo su tante cose, ma sulla scienza, se sei pro o contro, non stai in mezzo: il metodo scientifico è uno, è solo quello. Noi siamo in questa meravigliosa Aula, in Italia, a Roma, e in una piazza qui vicino c'è la statua di un signore che è stato bruciato su una piazza per aver affermato il valore del metodo scientifico. Fa parte della nostra storia, in un certo senso ce lo siamo inventato noi, e ci stiamo dimenticando la nostra stessa origine, da dove veniamo come cultura, quello che abbiamo lasciato al mondo, che non è solo la grandissima bellezza, ma anche la capacità di ragionamento.
Stiamo abdicando al ragionamento, questa è una cosa molto più importante di chi vince un'elezione. In Italia si sono vinte e perse le elezioni per tantissimi anni, alternando delle forze politiche che se ne sono dette di tutte i colori in quest'Aula, è stato detto la qualsiasi. Adesso sono tutti diventati puristi, ma il motivo per cui gli scranni dei nostri seggi sono chiusi è perché se li tiravano dietro. Ci sono stati momenti storici forti, dove la tensione del Paese era forte, ma mai - mai! - si è messo in dubbio un pilastro della civiltà moderna come l'oggettività scientifica che deriva dal metodo scientifico come base di analisi critica del progresso che abbiamo raggiunto, che è il motivo per cui viviamo una media di 83-84 anni e arriveremo probabilmente più in là. È il motivo per cui ci sono i farmaci; è il motivo per cui abbiamo accesso a terapie. È questo, non altro! E alla base di questo, del nostro modo di vivere, ci sono le vaccinazioni. A un certo punto ce ne siamo scordati, le abbiamo date per certe. È un po' quello che succede con la libertà: l'abbiamo data talmente tanto per scontata che potremmo rischiare di perderla. Così abbiamo dato per scontato di essere in un posto e in un mondo sicuro e stiamo rischiando e abbiamo rischiato di mettere in sicurezza la nostra salute.
Di morbillo sono morte otto persone in Italia: scusatemi, ma secondo voi quante ne devono morire? C'è un numero per impressionare (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica e Partito Democratico)? Due bambine neonate sono morte di pertosse il giorno prima che la senatrice Taverna firmasse insieme a un altro collega l'emendamento, approvato al Senato dalla maggioranza, che di fatto aboliva l'obbligatorietà. Il pensiero sulle vaccinazioni di questi colleghi lo conosciamo, basta guardare i resoconti del dibattito in Senato - che è durato più di un mese - sulla legge dei vaccini, ma non esauriscono la maggioranza, fortunatamente. Voi avete adesso l'onere di rappresentare non più una parte dell'opposizione al Governo precedente, perché rappresentate l'Italia tutta. È una responsabilità che va oltre qualche migliaio di voti no-vax (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica e Partito Democratico). È qualcosa che trascende! Rappresentate anche la sicurezza mia, dei miei bambini, di tutti! Prendetene atto: state governando, siete dei Ministri della Repubblica, non dei turisti! Di fronte a un dibattito come quello che c'è stato nelle Commissioni Bilancio e Affari costituzionali, in cui sono venuti i massimi esponenti del mondo scientifico e delle istituzioni sanitarie italiane, i presidi, il mondo dei comuni, tutti vi hanno detto “fermatevi”, perché questa norma - come era uscita dal Senato - è dannosissima, ma anche l'autocertificazione non serve, è pericolosa, è una proroga pericolosa. È stato detto, e se ne sono assunti la responsabilità, che capita raramente, nel nostro Paese, anche da parte di chi in qualche modo dipende dalle istituzioni. Secondo me c'è stato veramente un grande momento di senso dello Stato, delle cose in cui si crede. La scienza è venuta, cioè il mondo sanitario, e ha dato un contributo alto, libero, scevro da qualsiasi pregiudizio politico, spiegando nelle Commissioni Bilancio e Affari costituzionali - che, si comprende, non è il luogo dove si dovrebbe discutere di un tema come quello delle vaccinazioni, di come le componi; stiamo scherzando? - a spiegare perché si stava facendo un grandissimo errore.
Abbiamo appreso, come membri della Commissione, che c'era una grande tensione in Commissione, e c'era una tensione palpabile fuori, anche nel Paese, perché era uno di quei momenti in cui c'è una vibrazione e si capisce che sta avvenendo qualcosa che quando hai saltato quella linea cambia qualcosa per sempre, non semplicemente per un momento, una legge, un provvedimento: è un cambiamento di un'epoca! E quando abbiamo saputo che la maggioranza giustamente sopprimeva quell'emendamento, noi abbiamo tutti tirato un sospiro di sollievo. Io sono stata felice. Ma non, come qualcuno può pensare, perché la mia legge, che porta il mio nome, viveva in modo fulgido nel firmamento delle leggi italiane: io mi sono sentita liberata. Perché sa cosa ho pensato? Che in questo Paese ci sono dei check and balance che funzionano, che non c'è bisogno di votare Tizio o Caio, bianco, nero, giallo o verde, perché ci sono delle cose che sono patrimonio di tutti, e che sappiamo autodifenderci, e che se un parlamentare qualsiasi fa una sciocchezza e gli altri sono distratti, non importa, perché c'è un sistema di una democrazia matura che sa reagire. E mi sono sentita al sicuro, mi sono sentita una cittadina di una democrazia moderna, matura, avanzata, una cittadina dell'Italia. Sono stata contenta!
Ero veramente felice. E aveva vinto la mamma di questo piccolo Andrea, e avevano vinto le mamme di “IoVaccino”: che non sono delle mamme uscite fuori da chissà quale partito, sono venute qui… Abbiamo pianto tutti quando le abbiamo ascoltate: ascoltatele, 300 mila firme hanno raccolto, senza essere organizzate, messe in campo da nessuno. Parlano delle loro storie, di che cosa significa avere un figlio che ogni giorno quando esce di casa si può ammalare e prendersi qualcosa, che ti muore davanti. Ed è un bambino piccolo, e hai paura a portarlo al parco, e hai paura a portarlo a giocare alla festa degli amici, e se sei in treno ti spaventi, e se sei in aereo hai paura, e non ti puoi fare le vacanze, e lui ti chiede: perché non posso andare a giocare con quei bambini, mamma? Perché non posso andare a scuola? E l'unica risposta che tu gli dai è: perché non c'è l'immunità di gregge.
Ma noi siamo in grado di avere un Paese sicuro per tutti questi bambini, sicuro, sicuro per le persone anziane, che non sono state vaccinate per queste malattie e che se si prendono una di queste malattie, quando saranno più avanti negli anni - quando noi saremo anziani come tutti questi ragazzi che oggi hanno 15, 16 anni ne avranno 70 - moriranno. O per i ventenni, i ventiquattrenni che non sono stati vaccinati dai loro genitori perché nessuno gliel'ha detto più, e che sono insieme ai bambini piccoli l'altra massa che abbiamo avuto negli ospedali: non solo quelli che sono morti, ma quelli che sono ricoverati, che si sono fatti 3, 4, 5 mesi in terapia intensiva, in rianimazione, col polmone d'acciaio, che hanno rischiato di perdere la vista, che avranno complicanze per tutta la vita, per il morbillo! Il morbillo! È un dibattito assurdo, inutile in un Paese come il nostro! Non ce lo possiamo permettere un dibattito così! Nel “milleproroghe”: ma siamo fuori? Ma parliamo di economia, parliamo di periferie, parliamo di tasse; ma stiamo parlando del morbillo, nel “milleproroghe”? Ci dobbiamo mettere tutti una mano sulla coscienza! Ci siamo impazziti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica, Partito Democratico e Forza Italia-Berlusconi Presidente)?
Però io capisco anche che ad un certo punto ci si può mettere in un cul de sac. Io non so perché ad un certo punto questa circolare è diventata l'emendamento che doveva un po' dare un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Non lo so. Non lo voglio sapere. Voglio pensare che la mia collega Ministro è stata consigliata male. Allora, non mi permetto di darle un consiglio: mi permetto di indicare una strada, che permette al Governo di rimanere fermo sulla circolare, sul provvedimento che ha emanato, che può essere un provvedimento che può sanare alcune situazioni ancora in bilico, ma di evitare oltre al danno anche la beffa. Vogliamo dare una soluzione al piccolo Andrea? Vogliamo dare una soluzione alle mamme di “IoVaccino”? Vogliamo dare una soluzione ai presidi, che ci hanno detto chiaramente che posticipare la presentazione del certificato al 10 marzo crea due cose: primo, non dà loro nessuna sicurezza riguardo la composizione delle classi, e quindi non dà la sicurezza ai genitori.
Ma non solo i genitori dei bambini non vaccinati, che non possono essere vaccinati, ma soprattutto per la scuola dell'infanzia, scusatemi, ma se il bambino di dieci mesi che deve andare all'asilo nido, e che ancora non può essere vaccinato per il morbillo, la rosolia e la varicella, si trova insieme ad un bambino di un anno e mezzo non vaccinato che lo contamina, e questo bambino ha una complicanza, di chi è la responsabilità? Scusate, ma io genitore mi devo accontentare di sapere che la responsabilità è di un altro genitore che ha fatto una stupidaggine? Ma a me che interessa? Io voglio che lo Stato mi tuteli, voglio che le scuole siano posti sicuri, dove innanzitutto sia garantita la salute dei miei bambini. E poi siano sicuri nelle infrastrutture, e poi abbiamo bravi insegnanti, e non circoli droga: è questo il minimo che mi aspetto quando mando a scuola un mio figlio, qualsiasi età esso abbia. I presidi allora ci hanno detto che questa circolare osì a loro complica solo la vita; non solo: crea un escamotage, che io… Posso dire? Conosco la Grillo: sono convinta che lei voglia l'obbligatorietà vaccinale. Poi non so se non vuole le sanzioni, non so come si possa fare, non lo so: aspetterò di leggere la legge; ma voglio credere alla buona fede del Ministro, ci voglio credere. Allora se tu vuoi l'obbligatorietà vaccinale, non mi puoi fare una “roba” dove anche gli iscritti del prossimo anno si possono presentare con un'autocertificazione, dopo due anni dall'entrata in vigore di una legge: ma quando li porti a vaccinare questi bambini, scusatemi, quando hanno fatto la comunione? E no, perché c'è qualcosa che non quadra!
Allora scegliete voi la data, scegliete voi una data prima del 31 dicembre. Se vi dovessi dare un… questo sì un suggerimento pratico, sceglietela in un tempo tale che possa permettere ai genitori di essere sicuri e ai presidi di avere la possibilità di essere certi che quella classe sia composta bene, che se uno deve sanare la situazione perché non è andato a vaccinare il figlio, ha ancora qualche giorno per farlo. Se sei in Toscana, ti danno l'appuntamento dopo due giorni: quindi, insomma, tante cose sono state risolte.
Io lo dico chiaramente: signori, questa proroga crea un danno. Crea un danno, crea ancora confusione, e non risponde alle esigenze reali di chi oggi ha problemi di salute. Qualcuno potrebbe dire: eh, ma prima... Infatti il prima non c'è, c'è l'ora; e oggi è ancora in vigore una legge che permette di avere più sicurezza rispetto alla malattia, più sicurezza rispetto al futuro, che garantisce la certezza di un rapporto sano tra scienza e politica. Perché se non diamo retta alla medicina su tematiche come queste, scusatemi, ma noi a che cosa diamo retta? In base a che cosa noi costruiamo la nostra opinione? In base a quali criteri ci diamo un metodo per scegliere se il decreto-legge “periferie” va bene o no, se i numeri che ci daranno sul bilancio sono giusti o sbagliati, se il decreto-legge “dignità” ha provocato più o meno licenziamenti? Se le pensioni “più uno” o “più due” creeranno una nuova fonte di esodati oppure no? Come ci orientiamo, noi che siamo chiamati qui ad assumere delle decisioni in scienza e coscienza, in base a quali criteri? Questo vale per maggioranza e opposizione: se non abbiamo almeno le tabelline da condividere, diventa un mondo schizofrenico, in cui poi ci pentiremo di queste scelte, se saremo in grado di rendercene conto. E questa è la prima parte dell'oggi, di questo decreto-legge “milleproroghe”, perché è una parte essenziale della scelta che sta facendo questo Governo.
L'altra parte è stata detta molto bene da chi mi ha preceduto, secondo me è la parte sulle periferie. Perché anche qui ci troviamo di fronte ad una scelta: condivisibile o meno, ma è una scelta.
Quindi non stiamo più parlando di passato, non stiamo più parlando delle azioni dei Governi che vi hanno preceduto, cattivissimi, bruttissimi, che non sono stati capaci di affrontare la più grande crisi del mondo, perché loro l'avrebbero fatto meglio, la politica; ma siamo di fronte ad una scelta concreta e, cioè, io intervengo sulle periferie oppure no? La scelta è stata chiara. È stato definanziato il programma sulle periferie italiane, un programma che non è stato fatto vent'anni fa, quindici anni fa, dove ci sono quelle cose incredibili di cui ancora uno aspetta la realizzazione, con la gara d'appalto di cui si parla da vent'anni, cioè quelle cose singolari che succedono come con alcuni cantieri a Roma. No! È una cosa che è stata decisa nel 2015, sono stati messi i soldi e poi è stata avviata nel 2016-2017. Dunque, sono stati messi i soldi, è partita la parte negoziale ed è stato fatto tutto. Quindi, perché definanziare questo provvedimento - scusatemi - per coprire gli avanzi amministrativi dei comuni? Ma scusate: avete la cassa piena e dunque utilizzatela. Quanto vi serve? Cinquecento, seicento, ottocento milioni? E cosa fate? Andate a definanziare 1,6 miliardi di progetti già operativi con 2 miliardi sopra di investimenti privati che riguardano - e questa per me è una cosa schizofrenica incredibile - le parti più marginali della nostra società e, cioè, le periferie e, cioè, i nostri quartieri. I nostri quartieri non sono una vita virtuale. Tu puoi anche camminare chattando su Facebook e facendoti la “foto fica” su Instagram, ma se hai il “topolone” che ti sta dietro, quello sempre lì sta quando ti giri! Se sei in un posto dove non funzionano le fogne, non illuminato, dove non ci sono servizi, dove il parco pubblico c'è ma non ci puoi andare perché è rotto, ci sono le zecche e l'erba è alta, allora il tuo bambino te lo tieni a casa davanti a Rai Yoyo. Questa è la realtà; questa non è una fiction.
Allora, io sono intervenuta su questi due punti ma ci sarebbe molto altro da dire. Però, questo è l'inizio di questo nuovo Governo. È questo! Avete ancora qualche ora per dirci se abbiamo la possibilità di costruire insieme una società, chi sarà la minoranza, chi la maggioranza, chi l'opposizione, chi farà dire al suo, come è giusto che sia, ma dove condividiamo le fondamenta della nostra cultura (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica e Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega De Filippo. Ne ha facoltà.
VITO DE FILIPPO (PD). Signora Presidente, rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, anche nella ripetitività di questo dibattito credo che sia molto utile, sia molto utile non solo perché, come dicevano i latini, speriamo che anche nelle ultime ore di questo nostro discorso - repetita iuvant - si possa, alla fine di questa corsa, trovare qualche elemento di ragionevolezza. Senza interpretare necessariamente, signora Presidente, il ruolo che spetta in molti casi alle opposizioni che vengono segnalate come quelle che rappresentano i cosiddetti scoraggiatori militanti, vorrei dire a quest'Aula che questo decreto di proroga termini da qualsiasi parte lo si legga e lo si interpreti, pure per chi è non dico esperto ma almeno ha frequentato come viandante a corto quest'Aula e anche questo Parlamento, è veramente una summa illogica che, come ha fatto notare il collega Ceccanti nel suo intervento, anche da un punto di vista numerologico ha qualche parte oscura, perché nelle statistiche e nelle esperienze che abbiamo conosciuto in questi anni mai si era avuta una crescita di articoli e di commi come abbiamo visto in quest'ultima fase. Uno zibaldone astratto, senza prosa e men che mai poesia. Veramente a tratti nella discussione è apparso addirittura esilarante!
Io ho frequentato in questi giorni le Commissioni che hanno approfondito questo documento e abbiamo tentato invano e strenuamente, con un dibattito che è stato soprattutto di merito, di introdurre elementi di logica e di chiarezza. Nulla, Presidente, nulla.
Vedevamo e ascoltavamo due film, e io solo su questo punto mi vorrei soffermare: un film che era quello della propaganda, della dichiarazione di Ministri, di sottosegretari, di rappresentanti autorevoli anche della maggioranza che si avvicendavano anche in una discussione pubblica. Vedevamo questo film e in alcuni momenti questo film ci incoraggiava per gli elementi che produceva e anche per le notizie e i riferimenti alcune volte, come riferirò, anche puntuali da un punto di vista scientifico che venivano immessi nella discussione pubblica. Questo film era però totalmente contraddetto ed era travolto dai toni invece esoterici per molti aspetti che anche alcuni commi e alcuni articoli di questo provvedimento sicuramente trasmettono. E siamo arrivati ad una discussione nella quale, come nuovo capitolo di una sorta di trattato di semiotica, nel nostro Paese c'è stata l'interpretazione anche della parola: la obbligatorietà flessibile, la obbligatorietà rinviabile, la obbligatorietà, come dire, che dobbiamo far maturare nella comunità con meccanismi che sono assolutamente assurdi. E dagli enti locali al sud, dal terremoto ai vaccini abbiamo assistito in alcuni momenti sbigottiti e a tratti smarriti alla discussione (lo dico con molta convinzione). Eppure, si parlava di salute pubblica.
Le audizioni, come vi è stato riferito, che abbiamo ascoltato di medici, pediatri, rappresentanti di istituti scientifici del nostro Paese hanno travolto in un sol colpo questa sequenza di atti che erano stati approvati negli ultimi tre o quattro mesi. Mai una sequenza così micidiale, così depistante e così disorientante su una materia straordinaria che è quella della salute pubblica. Dunque, siamo passati da una circolare che tendeva a superare la forza della legge ad un emendamento, quello approvato al Senato da Taverna, proposto dalla senatrice Taverna, a un altro emendamento finalmente che dava un po' di luce a questa discussione travolto, anche quest'ultimo, il giorno dopo da una notte di cattivi consigli con i quali sono stati probabilmente informati i capi di questa maggioranza.
Questo era il film - diciamo - che vedevamo all'esterno, signora Presidente. Invece, in Commissione il sottosegretario alla salute - e basterebbe prendere il resoconto di quella Commissione - dichiarava in quella Commissione, in maniera solenne, che questo Governo voleva difendere a tutti i costi, per ragioni scientifiche e di sicurezza in termini di sanità pubblica, l'obbligatorietà della copertura vaccinale nel nostro Paese e addirittura il sottosegretario alla salute, con nostro grande sbalordimento, in quella circostanza citava per la prima volta puntualmente riferimenti dell'Organizzazione mondiale della sanità, strumenti che sono stati approvati anche in altri Paesi europei e segnalava che l'Italia era purtroppo nella topten dei Paesi negativi soprattutto sul morbillo, come gli era stato segnalato. Ma nonostante ciò il film è stato il secondo emendamento. Quindi, una circolare, un emendamento al Senato, un primo emendamento e poi un secondo emendamento e come vi è stato segnalato - e io voglio con molta ostinazione riferirlo in questa circostanza - il secondo emendamento non è nient'altro che la copertura legislativa di una procedura messa in campo con una circolare che era apparsa immediatamente - e lo dico con molta forza - illegittima, impropria e che sconfinava evidentemente dallo strumento, che era quello della circolare, tentando addirittura di cambiare una norma.
Una caparbietà e un'ostinazione veramente patologica, che non ha misura e non ha veramente nessuna ragione, ed è per me quasi impossibile capire l'interpretazione di questa sequenza di un doppio film dei rappresentanti, molte volte, del Governo in Commissione, che dichiaravano, e di una smentita plateale, clamorosa, veramente fuori dalla grazia di Dio, che abbiamo ascoltato in tanti momenti di queste decisioni. Devo concludere, signora Presidente, anche sulle periferie, ma devo fare soltanto un riferimento. Ovviamente, sono stati utilizzati per questi progetti aggettivi e termini irriguardosi; penso che un consiglio comunale, un sindaco, un'amministrazione locale decida sul destino del proprio territorio sulla base di valutazioni e di programmi assolutamente seri, e quindi non mi permetterei mai d'interpretare e di utilizzare toni irriguardosi rispetto a queste scelte.
Novantasei sindaci hanno deciso coscientemente, mettiamo a rischio i bilanci di tanti comuni. La cosa simpatica l'ho vista in questi giorni proprio nella mia regione. Potenza e Matera hanno presentato due progetti, che sono da ritenere, secondo la mia esperienza di quel territorio, storici. Uno, quello di Potenza, che prova a risolvere un problema abitativo che è nato in quella città addirittura dal terremoto del 1980; il secondo, quello di Matera, capitale della cultura, che, sulla base di una delle più memorabili storie urbanistiche del nostro Paese, quella del secondo dopoguerra, che ha visto la delocalizzazione di quella città, la città dei Sassi, vedeva un progetto di ricucitura proprio delle periferie e di animazione dell'attività culturale in quella che nel 2019 sarà la capitale della cultura, la capitale europea della cultura.
È simpatica la storia di questo finanziamento: tredici, mi pare tante sono state, tredici visite della Ministra Lezzi, tredici milioni in meno per Matera (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Accompagna, diciamo, un fato e un destino assolutamente negativo. Spero che la riunione in corso dia consigli al Governo e al Presidente del Consiglio, ma, se dovessi stare all'esperienza di questi giorni, all'esperienza delle Commissioni, all'esperienza del dibattito, abbiamo visto di tutto nella discussione. Emendamenti che portavano alla valutazione del Governo e dei relatori elementi che erano molte volte comuni, erano del tutto affini, erano addirittura sovrapponibili in termini di merito: su uno c'era il sì e sull'altro c'era il no, in un pregiudizio che nella vita istituzionale dovrebbe scomparire nella nostra discussione. Quindi, sono molto scoraggiato e prevedo che anche questa riunione sarà negativa. Noi faremo la nostra battaglia fino in fondo, perché su periferie e vaccini l'avete fatta veramente grossa, e credo che questo vostro atto e questo vostro gesto porterà fatti nefasti e negativi per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Carnevali. Ne ha facoltà.
ELENA CARNEVALI (PD). Presidente, Governo, colleghe e colleghi, è andata in scena la peggiore rappresentazione teatrale in tre atti in questi 60 giorni che ci hanno accompagnato nella discussione, in particolare per quel che riguarda la questione dedicata ai vaccini. E la cosa che mi colpisce anche oggi è la totale assenza nella discussione di quest'Aula di componenti della maggioranza; non perché non siamo abituati a un'Aula vuota durante le discussioni generali, ma perché, anche durante la discussione in Commissione, molti colleghi, devo dire anche i giovani, i nuovi colleghi, devo dire in particolare del MoVimento 5 Stelle, erano anche rimasti stupiti, totalmente, non conoscevano soprattutto la storia che ha riguardato la vita parlamentare dello scorso anno. E qui voglio riprendere alcune questioni che, secondo me, sono significative, emblematiche.
Nel 2013, una delle prime gatte da pelare, forse tra le più dure che abbiamo dovuto affrontare in quest'Aula, è stata la questione Stamina. La questione Stamina, anche in quel caso, rappresenta il segno che, di fronte alla difficoltà, alla disperazione di chi ha malattie, soprattutto e in particolare per quel che riguarda i bambini, i genitori sono disposti a credere, a credere che sia sufficiente, in quel caso, una pozione magica, di cui peraltro il fautore è stato condannato, e che ha ingannato una quantità incredibile di genitori, di famiglie, dando una speranza che non c'era; anzi, mettendo a rischio, anche in quel caso, la salute di molte persone. Dico questo perché anche in quella circostanza ci siamo trovati esattamente in quel contesto antiscientifico dove affidarsi alla scienza, affidarsi ai professionisti non era più il punto di riferimento della popolazione italiana, ma ci si riferiva ai giudici, cui si chiedeva, attraverso le sentenze, di poter prorogare delle cure che non avevano nessuna evidenza scientifica.
Bene, nel luglio dello scorso anno, il 28, noi abbiamo approvato in quest'Aula, in una condizione quasi da guerriglia urbana, il decreto vaccini, una legge di cui, con tanta passione, anche l'ex Ministra Lorenzin ci ha parlato prima; e noi lo abbiamo fatto qui, lo abbiamo anche difeso e abbiamo dovuto uscire da queste Aule scortati, mentre, durante la discussione nella Commissione e nell'Aula, molti dei colleghi che sono qui e alcuni che non ci sono si facevano paladini di quello 0,7 per cento che rappresenta attualmente la popolazione no vax, venendo poi ad essere particolarmente subdoli. Sì, noi siamo anche per l'obbligo, però dieci vaccini sono troppi.
Guardate, un dibattito che ha minato alle fondamenta quel lavoro faticoso di costruzione di cultura, soprattutto di affidamento alla scienza, a cui abbiamo cercato di riparare in particolare dal 2013 fino a quel momento. Lo voglio ricordare qui perché spesso un grande collega, a nostro giudizio, che abbiamo qui, che si è battuto, si batte ancora oggi, il collega Siani, e io sono particolarmente concorde con l'opinione di Paolo, perché non è che noi siamo per l'obbligo vaccinale perché vogliamo una cultura o ci piace la coercizione. Noi, che veniamo da figure sanitarie, alle quale anche io appartengo, siamo convinti che si debba passare in particolare da un'alleanza terapeutica, si debba passare, innanzitutto, magari dal rafforzare il personale nelle strutture sanitarie, magari anche consentendogli di operare al meglio, ma di certo di non essere sbeffeggiati, come abbiamo sentito dire dalla Vicepresidente del Senato Taverna che vacciniamo i bambini come se fossero bestie.
Come se quel personale sanitario che, con fatica, con dedizione, con un rinnovo del contratto che è atteso - adesso sentiamo che qualcuno sta pensando anche di incrementare, si agisce per contratto, gli stipendi degli infermieri, ben vengano, vediamo - ma proprio quel personale lì, che ha fatto fronte, soprattutto medici e personale, è stato veramente attaccato e avvilito nella sua professione sanitaria. Perché l'obbligo e perché allora avevamo agito con decreto? Tra l'altro, guardate, in una condizione in quest'Aula, vi assicuro, proprio perché avevamo scelto di fare un decreto su una legge, non perché avevamo cambiato una legge in un decreto milleproroghe, come stiamo facendo adesso, hanno ribaltato, urlato in queste Aule parlamentari, come se noi stessimo facendo una sorta di rivoluzione.
E in questo clima, quell'urgenza era dettata in particolare da una responsabilità pubblica e anche dalla necessità di mettere in campo il più grande intervento di sanità pubblica, quali sono i vaccini, dove abbiamo dovuto spiegare e dovremo spiegare, e ci troveremo ancora nella condizione di spiegare, che ci si vaccina per prevenire le malattie, ci si vaccina per prevenire le epidemie.
Ci si vaccina per fare in modo che la maggior parte della popolazione non abbia la possibilità di contrarre malattie infettive, e non di agire quando le epidemie sono già in corso o quando ci sono delle emergenze, come per esempio leggiamo nel progetto di legge, che è già depositato al Senato e che, francamente, lascia anche molto allibiti, perché noi sappiamo che quel progetto di legge ha il consenso anche della Ministra Grillo.
Un Paese, guardate, che da quel momento aveva bisogno di pacificazione, aveva bisogno di dire: stop, basta, per un po' di tempo non solleviamo più la questioni dei vaccini; facciamo in modo, come peraltro saggiamente i genitori hanno fatto, di lasciare il tempo di sedimentare quella legge, che ha obbligato peraltro i genitori ad andare finalmente a contatto con il personale medico, con il proprio medico di famiglia, con il proprio pediatra, per confrontarsi e, quindi, non solo per convincere, ma per combattere quella reticenza nei confronti dei vaccini, che purtroppo si è dimostrata in particolare con quegli esiti, che noi abbiamo avuto, di casi di morbillo e di mortalità nel nostro Paese.
Ecco, di quella pacificazione - e ne avevamo bisogno - la risposta è stata invece esattamente nel fronte inverso. A quella pacificazione abbiamo risposto esclusivamente per motivi di carattere elettorale, esclusivamente perché in qualche modo bisognava contraccambiare a quella cambiale, che è stata fatta durante la campagna elettorale. Quindi, dovevamo in qualche modo certificare e dare un segnale. Ebbene, quel segnale è avvenuto con quella circolare, quella circolare che anche qui - guardate bene - proroga l'autocertificazione fino a marzo del 2019. Ma in quest'Aula ci badiamo bene dal dire che l'autocertificazione temporanea, che era stata prevista nella legge Lorenzin, chiedeva comunque l'obbligo nel momento di frequenza delle nostre scuole, perché noi abbiamo la necessità di garantire e di tutelare tutti i bambini, compresi i bambini che sono in condizioni di maggiore fragilità e di esposizione alla malattia, fino a mettere a rischio la propria vita.
In questo quadro, in questa fatica, in questa difficoltà, in questa contraddizione, in questa scena messa in campo, dopo l'emendamento presentato dalla “ministra” Taverna, si presume, perché qui anche i relatori non è che agiscono in funzione - chi è stato nelle Aule parlamentari lo sa bene - non è che i relatori in maggioranza presentano gli emendamenti, facendo finta che il Governo non lo sappia.
Ebbene, qui siete riusciti a fare il dietrofront della retromarcia e con quella saggezza che era durata l'arco delle 24 ore, in quella rappresentazione. Finalmente quel parere e quella proposta di parere, che arriva in Commissione affari sociali e che finalmente riporta una condizione, non solo di pace, e rasserena la comunità scientifica, rasserena le professioni sanitarie, rappresenta le associazioni, rasserena le professioni dei medici e, soprattutto, rasserena la scuola e le famiglie. Bene, l'ultimo spiraglio - e soprattutto un momento, come dire, di saggezza - dura l'arco delle 24 ore.
Vedete, colleghi, noi da subito ci siamo battuti e abbiamo reso pubblico il fatto che quella circolare era insidiosa per molte ragioni. Insidiosa perché è un'evidente volontà di trovare un modo per circuire l'obbligatorietà vaccinale.
La seconda, l'abbiamo spiegata. Non si modifica una legge nazionale con una circolare, che era illegittima, tant'è vero che i presidi non l'hanno applicata e che, peraltro, ha generato caos, perché fuori di qui nessuno ha capito e sta capendo che cosa sta succedendo e che cosa bisogna fare nel momento in cui iscriviamo i nostri bambini, ai servizi dell'infanzia o alle scuole materne.
La terza ragione, perché c'è qualcosa che ha solo il segno del pilatesco dentro quella circolare, perché sia il Ministro Bussetti che la Ministra Grillo si sono preoccupati di spiegarci che la responsabilità delle autocertificazioni false è ovviamente di chi le presenta.
Noi la legge la conosciamo bene, l'abbiamo detto da subito. Ma il punto non è solo quello di scaricare le responsabilità delle autocertificazioni, che magari sono anche in buona fede, oppure perché, chi si ricorda che certificazioni magari ha fatto anche il nostro bambino? Ecco, quelle responsabilità, fino a due anni di reclusione, con gli eventuali danni, peraltro a cui bisogna rispondere, cadono sulle responsabilità dei genitori e cadono sulle responsabilità dei presidi. Perché i presidi ve l'hanno detto, l'hanno detto in audizione: loro hanno il dovere di garantire la sicurezza e sono titolari della sicurezza di quei bambini che frequentano la scuola. Ed è per questa ragione che vi hanno implorato, vi hanno detto che era sconcertante l'idea di nuovo di ritornare a ripristinare l'autocertificazione.
In questo balletto, in questa - devo dire - irresponsabilità, che voi state prendendo, in questa assurdità, in questa afasia, perché siamo di fronte a un momento di afasia totale della maggioranza, un'afasia che abbiamo visto anche durante la discussione in Commissione, afasia quando, in un silenzio che era tombale, abbiamo fatto le audizioni, dove la totalità degli auditi che hanno in particolare rappresentanza, non quelli che rappresentavano se stessi, vi hanno detto che era un errore clamoroso quello di andare ad abolire l'obbligatorietà, che è una obbligatorietà che già la legge Lorenzin prevede che venga abolita nel 2020.
Ma c'è un disegno scientifico, che però non ha niente di scientifico, rispetto al rapporto con la scienza, ma è dato invece dal fatto che avete una sorta di pervicace volontà in qualche modo di arrivare, questa pervicace volontà di smontare quello che viene fatto da altri, che si è rappresentata plasticamente, nel momento in cui, il giorno stesso, anzi la notte, perché le cose meno trasparenti e meno belle si fanno di notte, ecco, in quello stesso giorno-notte, in cui abbiamo - avete peraltro - approvato e confermato l'emendamento che è stato proposto dalla maggioranza, nello stesso giorno, viene presentata la proposta di legge al Senato.
E lì, come dire, finalmente la maschera è stata svelata, perché io non lo so quale sarà la tempistica dell'approvazione di quella legge. Ho sentito dire dalla Ministra che dovrebbe essere imminente, insieme all'anagrafe vaccinale. Ma i casi sono due: o voi in qualche modo avete la presunzione e la speranza di potere pensare che quel disegno di legge, presentato al Senato per mano ovviamente di chi sta al Dicastero della salute, possa essere calendarizzato il prima possibile ed essere approvato prima della fine del marzo del 2019, così passiamo dal definitivo a autocertificazione – e, come si legge lì, non ci sarà nessun obbligo - oppure la cosa che dovete spiegare è: nel marzo del 2019, quando avremo bambini che non sono vaccinati nelle scuole, che cosa faremo di quei bambini? Li manderemo a casa? Gli diremo che ci siamo sbagliati? E intanto non abbiamo dato la possibilità e non abbiamo dato la garanzia di tutelare quella comunità di minori e di bambini, che nel frattempo hanno frequentato quegli asili e quelle scuole materne. Anzi - perché sta succedendo così - quanti casi volete? Non vi basta quello che sta avvenendo in questi giorni nel Veneto, un bambino guarisce di leucemia, ma non può tornare a scuola? Non vi basta quello che sta avvenendo in Piemonte?
Non vi bastano le dichiarazioni che vi hanno fatto i pediatri napoletani, dove vi hanno detto che sta avvenendo il crollo del morbillo, della parotite, della rosolia, malattie che noi vorremmo debellare? Ma di che cos'altro avete bisogno? Ma perché, perché questa ostinazione che non ha nessuna razionalità? Che, peraltro, non vi paga dal punto di vista neanche del consenso, perché la maggior parte degli italiani hanno capito qual è l'importanza e perché è necessario vaccinare e hanno capito quell'obbligatorietà, e lo dimostra il fatto che i NAS hanno trovato un numero minimo di autocertificazioni false, tranne il fatto che questo determina una cosa: in quel mondo, il mondo contrario alla scienza, il mondo contrario all'importanza delle vaccinazioni facciamo anche i post, i tweet in cui spieghiamo come si possono fare modelli falsi di autocertificazione.
E allora, voi e noi abbiamo l'esigenza di rispondere a una domanda, la domanda principale, la domanda, come dire, primaria che dobbiamo fare in quest'Aula, la domanda che vi ha richiesto la Federazione italiana dei medici: qual è il diritto primario che dobbiamo garantire in quel Paese, qual è il diritto primario che dobbiamo garantire in particolare a tutta la comunità italiana e in particolare ai bambini? Il diritto alla salute, che deve essere uguale per tutti, con lo stesso principio di uguaglianza degli altri e dobbiamo garantire lo stesso per i bambini che non si possono vaccinare, lo stesso per i bambini che sono immunodepressi, con i bambini che invece hanno la possibilità di difendersi perché sono vaccinati. Questo è il punto al quale state rinunciando con questa scelta, scellerata a mio giudizio.
Mi chiedete, ho fatto un intervento sì, vero, molto partecipato, commosso in Commissione, per molte ragioni. La prima perché, guardate, nella mia esperienza sanitaria io ho provato a vedere morire un paziente malato di tetano, vi auguro di non vederlo mai un corpo rigido, che aveva la possibilità di parlare, una rigidità inamovibile, un pezzo di non so qual è il metallo che abbiamo nella nostra terra che praticamente non si può piegare, che lentamente moriva perché i suoi muscoli diventavano tutti paralizzati. Nella mia esperienza professionale ho lavorato in patologia neonatale, provate a andare a chiederglielo a quei genitori. Nella mia esperienza e anche dove vivo. Guardate, anche qui è stato portato questo caso, l'abbiamo ricordato, guardate quelle due famiglie, quelle due mamme che, nell'arco di 24 ore, nel nostro ospedale a Bergamo, hanno perso due bambini, perché i genitori non erano vaccinati, non l'hanno perso perché quelle mamme erano contrarie ai vaccini; quelle mamme hanno perso quei figli perché non sapevano che potevano vaccinarsi contro la pertosse e quei bambini sono morti. E, allora, ma perché contribuire, ma perché solleticare, ma perché incoraggiare, ma perché lisciare il pelo a questa cultura antiscientifica? Ma perché, che cosa vi spinge, che cos'è che vi trattiene dal fare in modo che sarebbe bastato anche un minimo, un gesto, quello che avete avuto per 24 ore, per fare in modo che ci fosse ancora credibilità nelle istituzioni, credibilità in quello che rappresentiamo, che non rappresentiamo solo qui, che rappresentiamo anche perché siamo titolari dei dicasteri e siamo titolari della salute pubblica e rappresentiamo soprattutto il bisogno più grande che abbiamo, che è quello di continuare a garantire di operare, perché in questo Paese, in questo mondo la scienza non venga subordinata alla politica.
Ecco, qui sta tutto il senso della nostra battaglie, dalla nostra fatica, di quello che faremo anche qui domani, di quello che faremo fuori, nel Paese, esattamente come abbiamo fatto, come tanti di noi hanno fatto in questi mesi, cercando di coltivare, insieme alle comunità scientifiche, ai professionisti e non smettere mai di spiegare perché i vaccini sono importanti, perché in questo momento questo obbligo vaccinale è necessario, perché il primario bisogno che abbiamo in questo Paese è di fare in modo di non ritornare nel Medio Evo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Pagano. Ne ha facoltà.
UBALDO PAGANO (PD). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, ormai da diversi anni siamo costretti ad assistere al macabro spettacolo dell'assurdo, per la miseria dei profitti elettorali di una rilevante componente della politica italiana. Un tema serio e delicato come quello delle vaccinazioni è stato oggetto, in maniera sempre più incalzante, di una strumentalizzazione cinica e spregiudicata. Il dibattito politico degli ultimi anni ha dovuto subire le incaute violenze intellettuali di chi, per evidenti ragioni di consenso, non si è fatto scrupolo di utilizzare i timori ingiustificati di una piccola, ma rumorosa parte dell'opinione pubblica a proprio favore, e così le ragioni dell'evidenza scientifica hanno dovuto confrontarsi con le ragioni della percezione e la sfrontatezza della ignoranza, e con questo non si vuole affermare che la scienza non commette errori, tutto il contrario; con ciò vorrei solo ribadire il sacrosanto principio secondo cui la fallibilità della scienza può essere accertata solo dalla scienza stessa, perché solo essa dispone dei fatti per poter dare giudizi sul proprio operato e, in tal modo, correggersi e migliorare, ampliando la sfera delle conoscenze umane, le stesse conoscenze che consentono a ciascuno di noi di vivere in condizioni migliori anche solo rispetto a qualche decina d'anni fa. Questa è la verità incontestabile che ognuno, dentro e fuori quest'Aula, non può ignorare. Eppure, come è noto, c'è chi ha preferito affidarsi agli oscurantisti del nuovo millennio e dare voce al baccano, ha preferito le argomentazioni basate sull'emozione, le opinioni prive di validità all'evidenza del sapere scientifico.
Nel corso di questa campagna del non senso sono state avanzate fantasiose opinioni, dagli ipotetici effetti nefasti delle vaccinazioni sui bambini ai grandi interessi di Big Pharma, le prime smentite prontamente dai più autorevoli centri di ricerca e istituti di sanità ed esperti, i secondi sconfessati da semplici fatti di cui è interessante fare menzione. Sì, è interessante proprio perché il complotto si risolve in un geniale paradosso: infatti, partendo dal presupposto che i vaccini sono i farmaci più sicuri ed economici di cui disponiamo, basterà citare e confrontare appena tre dati; nel 2015 la spesa sanitaria per la totalità dei vaccini acquistati è stata di 318 miliardi di euro, l'1,4 per cento della spesa sanitaria nazionale, a fronte di oltre un miliardo speso per farmaci per ulcera o gastrite, ovvero 1,7 miliardi di euro spesi per la cura dell'epatite C, patologia per cui ancora non esiste un vaccino; in sintesi, un euro speso in vaccini ne fa risparmiare venti in cure, e quindi è curioso notare come proprio i principali fautori delle battaglie anti spreco, sempre in prima linea nelle lotte, nel taglio ai costi inutili non si rendano conto del fatto che curare invece che prevenire sia, oltre che estremamente pericoloso per la vita di molti, anche particolarmente oneroso per lo Stato, probabilmente perché escludono dai loro chiacchiericci i complicatissimi calcoli di ospedalizzazione di un soggetto malato e i costi delle cure necessarie a guarirlo, tutte a carico del Servizio sanitario nazionale e, di conseguenza, del contribuente italiano. Dunque chi ha cavalcato l'onda rumorosa del fanatismo no vax ha probabilmente guadagnato qualche voto, ma di certo ha reso evidente la sua totale mancanza di responsabilità sociale nei confronti della nostra comunità; ha lasciato che decisioni che dovrebbero essere fondamentalmente appannaggio degli scienziati fossero prese in base a reazioni umorali; ha lasciato che il diritto all'ignoranza di alcuni prevalesse sul diritto alla salute di tutti.
Insomma ha permesso che lo scetticismo di pochi pregiudicasse la libertà dell'intera comunità e l'ha fatto sulla pelle dei più deboli; ha autorizzato l'esercizio incosciente della libera scelta di qualcuno, a scapito di chi una scelta non ce l'ha o non se la può nemmeno permettere: parliamo dei soggetti affetti da immunodepressione, bambini troppo piccoli per essere vaccinati, persone affette da patologie che impediscono la somministrazione di vaccini. Non numeri, ma persone, che necessitano di cure e di attenzioni particolari, soggetti fragili che meritano considerazione e protezione, esattamente il contrario di quello che questo provvedimento garantisce loro.
Sono parti fondamentali della nostra comunità, gente che non possiamo permetterci di escludere, di trascurare e di ignorare. Parliamo, insomma, della sicurezza e della salute pubblica che abbiamo il dovere giuridico e morale - soprattutto morale, in questa sede - di tutelare sopra qualsiasi modo. Ma alcuni dati forse potranno spiegare meglio delle parole: nel nostro Paese, l'alto livello di copertura vaccinale osservato fino al 2012 ha permesso di debellare alcune delle più letali patologie conosciute, sono difatti totalmente scomparse la poliomielite, il vaiolo e la difterite, due delle principali malattie causa di morte infantile; come pure abbiamo assistito ad una significativa riduzione di malattie prevenibili mediante la vaccinazione come l'epatite B, la pertosse, la parotite e le infezioni invasive da Haemophilus influenzae di tipo b.
Nonostante questi ottimi successi, la diffusione di movimenti di opposizione ai vaccini ha contribuito in modo determinante ad un progressivo e preoccupante calo del ricorso alle vaccinazioni, abbassando il livello di copertura al di sotto della soglia del 95 per cento, quota raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità per garantire l'immunità di gregge, ossia per proteggere indirettamente tutti coloro che non rispondono ai vaccini o che non possono vaccinarsi per motivi di salute. Ciò che evidentemente non immaginano i protagonisti del movimento “no vax” è che non possiamo dare per acquisite queste conquiste. Se infatti la percentuale di vaccinati riprendesse a diminuire, il ricomparire di alcune malattie sarebbe molto più che una semplice eventualità. Ma probabilmente nemmeno ricordano le ragioni per cui le riteniamo conquiste. Di certo non sanno che, fino a poco tempo fa, migliaia di neonati e bambini ammalati di polio sono deceduti o sopravvissuti con gravissime disabilità. E allora, dal 2013 al 2016, si è assistito ad un calo pericolosissimo delle vaccinazioni obbligatorie antidifterica, antipolio, antitetanica, antiepatite B, sia di alcune vaccinazioni raccomandate. I dati inerenti la copertura vaccinale per morbillo e rosolia, ad esempio, sono passati dal 90 per cento del 2013 all'85 per cento del 2015, rimanendo spaventosamente lontani dal raggiungimento della quota del 95 per cento. Per operare una comparazione molto esplicativa: la copertura del morbillo in Italia per l'anno 2015 era inferiore a quella del Ghana e pari a quella della Namibia. Lo stesso morbillo, in particolare, si attesta come una malattia estremamente contagiosa, e per tale ragione non da sottovalutare. I dati diffusi dall'Istituto superiore di sanità ci informano della grave situazione attuale del nostro Paese, sebbene l'OMS avesse previsto e chiesto l'eliminazione della malattia nei Paesi europei entro il 2015, ma ancora nel 2017 e nell'anno corrente assistiamo a forti ondate epidemiche. Ad esempio, nel 2017 si sono registrati quasi 5.000 casi di morbillo, con ben quattro decessi, e oltre 2.300 casi dal 1° gennaio al 1° settembre di quest'anno. Nel 40 per cento di questi ultimi, si sono presentate gravi complicanze, che hanno reso necessaria l'ospedalizzazione, e, come specifica lo stesso Istituto, in alcuni casi solo il tempestivo ricovero in terapia intensiva pediatrica ha impedito l'esito nefasto per i bambini ricoverati. Bene, solo grazie alla “legge Lorenzin” oggi possiamo felicitarci di un'inversione di tendenza: quel trend è ridiventato discendente. Come comunicato dal Ministero della sanità, la copertura nazionale è aumentata in tutte le fasce considerate: a 24 mesi, a 36 mesi, a 48 mesi.
Come si evince dall'analisi dei dati a disposizione, la “legge Lorenzin” ha portato a risultati significativamente positivi. Il provvedimento e i susseguenti interventi di comunicazione al pubblico, ma soprattutto la grande resilienza dei servizi territoriali deputati all'erogazione delle vaccinazioni, sono riusciti ad arrestare il trend in diminuzione delle coperture vaccinali.
Oltre ciò, e peraltro in linea con le disposizioni della stessa legge - lo voglio dire con chiarezza - ci siamo sempre - sempre! - detti favorevoli a voler rivalutare l'obbligatorietà vaccinale nel prossimo futuro, in seguito al raggiungimento di una soglia di copertura che possa fugare dubbi e preoccupazioni, e questo è scritto già nella norma che oggi voi state modificando. Dunque, oggi più che mai è necessario proseguire quest'impegno nei confronti della comunità. Continuare a lavorare nella stessa direzione per garantire coperture vaccinali ancora più efficaci, anche al fine di garantire chi non può permettersi le vaccinazioni.
Abbiamo sperato, qualche giorno fa, sfortunatamente per poche ore, che la maggioranza di questo Parlamento si fosse avveduta dell'errore commesso nel non prorogare l'obbligatorietà vaccinale, nostro malgrado non è stato così: con un atto incoerente e maldestro, quello che facevano il pomeriggio del giorno prima veniva sconfessato la mattina dell'indomani. E in tutto questo frangente assistevamo a silenzi non spiegati e a richieste avanzate al nostro gruppo di procedere speditamente all'approvazione di un parere, salvo poi doverci subire le battutine di qualche collega di maggioranza che in realtà ci diceva che la discussione si sarebbe prorogata almeno al giorno successivo.
Insomma, rispetto a questa vicenda, per cui noi vogliamo rinnovare con forza il nostro appello alla responsabilità e l'invito a ripensarci, per garantire la libertà, tutelare il diritto alla salute e il bene della comunità, siamo certi che anche in questo caso la notte porti consiglio, e se la notte non dovesse portare consiglio, vi invito a farvi un giro su quei socialmedia, di cui sembrate essere schiavi e prigionieri, per andarvi a rivedere tutte quelle immagini che ci raccontano del dramma che viene vissuto quotidianamente per l'oscurantismo portato avanti da chi immagina che le vaccinazioni siano semplicemente un grande complotto.
Ma in questo provvedimento vi è anche tutta la parte, di cui hanno parlato diffusamente molti colleghi in quest'Aula, che riguarda i finanziamenti del cosiddetto bando periferie. Ebbene, parlo dopo che ci sono giunti gli echi di quello che è avvenuto in queste ultime ore a Palazzo Chigi, dell'incontro tra il Governo la rappresentanza dell'ANCI, e, devo essere sincero, mi posso ritenere soddisfatto, perché evidentemente mi pare di capire che ci si sia resi conto dell'errore di bloccare questo finanziamento. Ma se è vero che ci si è resi conto dell'errore del blocco, per quale ragione, invece di attendere un decreto tra 8, 10 giorni, domani non ci fate il sacrosanto piacere di fare un maxiemendamento su cui magari porre la fiducia e andare a modificare la bruttura che avete fatto sull'obbligo vaccinale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), e anche andare a salvare i finanziamenti per quei 96 progetti che invece dal provvedimento, stanti oggi le cose, da quanto è depositato, verrebbero persi?
Questo emendamento priva di notevoli risorse i comuni, perché revoca la copertura finanziaria su investimenti già programmati per opere necessarie e strategiche. Nella mia regione, la Puglia, mi sono preso la briga di vedere quante risorse saranno perse. Ebbene, sono circa 45 milioni di euro stanziati dai Governi Renzi e Gentiloni per la riqualificazione dei quartieri delle nostre città: Taranto, 9,3 milioni, la stessa città che dite, dopo averla sedotta e presa in giro, di farne oggetto di un decreto per poter finanziare una fantomatica legge speciale; Brindisi, 17,4 milioni; Foggia, quasi 18 milioni di euro.
Insomma, solo poco meno di quanto la Lega di Salvini deve restituire allo Stato italiano in virtù di una truffa già conclamata.
Finora nessuno è riuscito a spiegare come si possa fare marcia indietro su un bando pubblico come quello per le periferie, per il quale i sindaci peraltro hanno già firmato una convenzione ufficiale a Palazzo Chigi con il segretario generale della Presidenza del Consiglio, e i consigli comunali in molti casi hanno dato il via libera a progetti e a molte delle varianti legate a quei progetti. Insomma, un furto che danneggia i cittadini.
Vi citerò solo quello che avverrà in una città della mia regione, Brindisi, in cui entro il 2020 avevano previsto la riqualificazione dei capannoni del Parco del Cillarese, con la realizzazione, tra le altre opere, di un centro ambulatoriale e ricreativo per bimbi affetti da autismo. I lavori sarebbero partiti a inizio 2019, grazie ai fondi dei Governi PD; con lo stop del Governo di Di Maio e Salvini, sebbene il comune abbia già approvato i progetti esecutivi e cofinanziato l'opera, ora rischia di bloccarsi tutto.
Ecco perché noi ci stiamo esercitando in questa opera di persuasione, facendo anche le ore piccole: non semplicemente perché siamo mossi da spirito di rivalsa, ma perché, quando ci rendiamo conto che l'interesse in gioco non è semplicemente quello di una parte politica, ma quello dei cittadini, che rischiano di vedere deluse aspettative per cui hanno lavorato tanto e per cui hanno impegnato, molto spesso in un'opera quasi esclusiva, i propri uffici, noi su questi presupposti non abbiamo la benché minima voglia di segnare il passo.
Insomma, in tutta questa vicenda vi è qualcosa che ci è stato detto e qualcosa che ci verrà raccontato forse tra qualche giorno, o qualcos'altro che invece sembra passare attraverso menti illuminate che ne sanno più della scienza. Insomma, abbiamo assistito alla commedia dell'assurdo, per cui ogni cosa che proveniva dalla minoranza o dall'opposizione, come ci state considerando in queste prime settimane di legislatura, veniva cestinato e rubricato con il vecchio. Bene, io che sono nuovo in quest'Aula, vi dico che se vecchio significa salvare i fondi già destinati delle periferie o rispettare quanto previsto dalla normativa vigente sull'obbligo vaccinale, allora mi sento vecchio anch'io (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Toccafondi. Ne ha facoltà.
GABRIELE TOCCAFONDI (MISTO-CP-A-PS-A). Presidente, dopo cento giorni di Governo è ormai palese, ormai chiaro, che manca del tutto a questo Governo una linea programmatica che consenta di affrontare le emergenze del Paese. Questo atto di proroga termini ne è l'ennesima dimostrazione. E dopo il decreto-legge “dignità” adesso arriva il proroga termini; e devo dire, due indizi fanno quasi una prova e la prova è che volete andare spediti, veloci, verso quello che il MoVimento 5 Stelle ha sempre definito come uno dei pilastri, ovvero quello della decrescita felice.
Il bando periferie, quel miliardo e 600 milioni di euro destinati alle città metropolitane e ai comuni, sono un esempio della mancanza di idee per il Paese, della mancanza di idee per risolvere i problemi del Paese; anzi, come vi siete comportati sul bando periferie è la dimostrazione che non volete risolvere i problemi, semmai volete aumentarli: vi siete e vi state impegnando a creare problemi.
Eravamo tutti molto speranzosi di questo vertice a Palazzo Chigi, terminato pochi minuti fa: ebbene, non possiamo non notare che sono uscite solo parole generiche, futuri decreti-legge e la possibilità di spalmare in tre anni quel miliardo e 600 milioni, mentre ci sono procedure in corso, opere in cantiere o che stanno per partire.
Vedete, la graduatoria del bando fu pubblicata nel maggio 2016, il DPCM è del 29 maggio 2017. Poi ci sono state le delibere del CIPE, le convenzioni firmate; siamo a settembre 2018 e le risorse sono sostanzialmente sparite. E nel vertice a Palazzo Chigi non si è trovata una soluzione chiara per problemi invece molto chiari e attuali.
Altro esempio della confusione e della mancanza di idee e di prospettive per affrontare i problemi reali del Paese riguarda la scuola: vaccini (se n'è parlato molto), ma non solo. Sembra che manchi proprio una linea programmatica, un'idea, un concetto da sviluppare sul tema della scuola. Allora, è bene una volta ancora ribadire un concetto, ovvero che la scuola è fatta per i ragazzi, per i giovani. Sarà un concetto ovvio, naturale, scontato, ragionevole; però, guardare quello che avete prodotto o non prodotto in questi primi cento giorni di Governo, ribadendo anche i concetti astratti e strani nel “milleproroghe”, dimostra che così ovvia, scontata e naturale questa affermazione, ovvero che la scuola è fatta per i ragazzi, non è.
Nel proroga termini voi avete approvato, articolo 6, comma 3-quinquies, al Senato un emendamento che prevede - anzi, prevedeva, perché siete ritornati indietro con un emendamento diametralmente opposto qui alla Camera - prevedeva che i docenti che avevano conseguito l'abilitazione entro l'anno accademico 2017-2018 potevano inserirsi nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento, le GAE, e che tale facoltà era consentita anche ai diplomati magistrali entro l'anno scolastico 2001-2002. Avevate sempre detto di non voler riaprire la graduatoria ad esaurimento e al Senato l'avete fatto. Avevate sempre detto di voler trovare soluzioni che rispettassero la sentenza definitiva sui diplomati magistrali e invece al Senato non l'avete fatto. È una confusione dettata dalla mancanza di un'idea sui temi della scuola, ma è una confusione confermata anche alla Camera: perché tornare indietro rispetto all'emendamento del Senato è stato possibile grazie ad una motivazione che avete dato in Commissione, e la motivazione del dietro front è stata quella dell'incidente di percorso. Cioè spiegateci: al Senato un emendamento è stato pensato, scritto, valutato, presentato, esaminato, discusso, ha ricevuto il parere favorevole del Governo, infine è stato votato, e tutto questo sarebbe un incidente di percorso? Un episodio che la dice lunga sulla non idea di come affrontare e risolvere i problemi.
Ma ancora: con due emendamenti distinti avete posticipato di un anno, da giugno 2019 a giugno 2020, la possibilità di inserire come parte integrante dell'esame di Stato sia le prove Invalsi sia la possibilità per i ragazzi di raccontare l'esperienza rispetto all'alternanza scuola-lavoro. E guardate, sono stati due fulmini a ciel sereno: mai il Governo e il Ministro Bussetti sono venuti in Parlamento e in Commissione o hanno fatto dichiarazioni su questo tema.
Allora, tutto è lecito, ma la domanda è sempre la stessa: quale idea di riforma della scuola avete? Quale idea sull'alternanza scuola-lavoro avete? Qual è la vostra volontà sul tema della valutazione e delle prove Invalsi?
Dico questo anche perché è strano trovare questi rinvii nel proroga termini. Sì, sono delle proroghe di termini. Si sposta di un anno il tema Invalsi in esame in maturità e il tema dell'alternanza. Ma non c'erano problemi tecnici, quindi tutto questo è dovuto a una precisa volontà politica. Ma, allora, se così è diteci qual è questa volontà politica precisa di riforma anche del tema della scuola. Tutto è migliorabile e figuriamoci se non è migliorabile il tema della valutazione del test Invalsi che oggi valuta solo gli apprendimenti ma potrebbe valutare anche le competenze, le soft skills per esempio. Ma un conto è migliorare e altra cosa, invece, è rimandare di un anno e magari in questo anno eliminare sia il tema dell'alternanza scuola-lavoro e non solo come esperienza in maturità, sia il tema della valutazione e del test Invalsi.
Il Ministro Bussetti, due giorni fa, in un'intervista ha avuto modo di dire la sua - non in Parlamento, ma su un giornale - sul tema della valutazione dell'Invalsi e ha detto: “L'Invalsi non basta. Cambiamo le prove per valutare i ragazzi”. Ora l'analisi della frase mi sembra e ci sembra chiara: la valutazione è utile, è utile per i ragazzi e, dunque, modifichiamo, ma non eliminiamo. Ma l'assurdo è che uno debba cercare, leggere una frase di un Ministro, analizzarla e cercare di comprendere quale possa essere la volontà del Governo. Anche questo dimostra la non volontà di affrontare bene i problemi.
E in ultimo vi è il tema dei vaccini. È stato detto molto e giustamente. Se c'è un tema che riguarda la scuola, l'educazione e i giovani su cui la confusione genera o può generare problemi di salute, come è il caso dei vaccini, non è possibile non essere chiari. Le 290 mila firme consegnate dall'associazione “IoVaccino” in questi giorni sul tema dei vaccini e dei bambini immunodepressi ne è la dimostrazione e la conferma. Ma ancor prima dell'emendamento, il Governo dovrebbe dire, una volta per tutte, cosa pensa dei vaccini, perché ci sono causa e effetto. L'effetto, ovvero l'emendamento e la confusione, è dato dalla causa, cioè dal non avere chiarezza sul tema dell'utilità dei vaccini. Però, l'appello, ancor prima di sbrogliare la matassa dell'emendamento dell'autocertificazione e altro, è di dire una volta per tutte in maniera definitiva cosa pensate dei vaccini.
Devo dire che l'idea che avete sui vaccini l'avevamo chiara e l'avevamo chiara già durante il dibattito sul “decreto Lorenzin”: siete contrari. Però, una volta arrivati al Governo, avete tentato prima di tranquillizzare e poi improvvisamente, ai primi di luglio, il Ministro dell'istruzione e il Ministro della sanità hanno firmato una circolare che prevedeva l'autocertificazione anche dopo il termine del 10 luglio. Di fatto, con questa decisione avete minato l'obbligatorietà dei vaccini e avete lasciato i dirigenti scolastici, le scuole e le famiglie nel caos.
Che una circolare vale meno di una legge approvata dal Parlamento ve l'hanno dovuto dire e ricordare i presidi. Dei dipendenti pubblici per due mesi hanno dovuto chiedere al Governo chiarezza, perché volevano rispettare la legge. Questo è ciò che è successo in questi giorni.
Per affrontare i problemi che il Paese ha non basta la parola “cambiamento”, che di per sé è una parola e, quindi, come tutte le parole è vuota. Serve ascolto, serve buonsenso, serve ragionevolezza, azioni concrete e un dibattito reale e non sui social. Per ora sono tutti elementi assenti e quanto abbiamo visto, ascoltato e letto nel proroga termini conferma questa tragica assenza (Applausi di deputati del gruppo Misto e del deputato Donzelli).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Prisco. Ne ha facoltà.
EMANUELE PRISCO (FDI). Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, questo decreto interviene su molti temi e non ha di per sé una vocazione prettamente ideologica, ma è uno strumento e potrebbe essere uno strumento per rimediare e andare incontro ad interessi concreti di cittadini e categorie.
Vi sono anche aspetti positivi e non li nego: penso all'emendamento introdotto ieri sull'integrazione degli strumenti sociali nei confronti dei lavoratori, soprattutto nelle zone di crisi aziendale, che riguardano anche la regione da dove provengo e, su tutte, la vertenza Tagina, che lasciava di fatto i lavoratori privi dello strumento della cassa integrazione.
Ma vi sono anche molti pasticci: c'è la questione aperta, di cui molto si è parlato, delle maestre diplomate, che oggi abbiamo incontrato e abbiamo portato loro la nostra solidarietà e continueremo questa battaglia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); c'è il bando periferie, sul quale molto si è detto e su cui poi tornerò con una maggiore precisione. Inoltre, non ci sono molte cose che Fratelli d'Italia ha proposto anche in sede di emendamento e in sede di Commissione, come, per esempio, la cedolare secca sulle locazioni, che rischia di far tornare l'Italia indietro verso gli affitti in nero o, peggio, continuando le pratiche di “tartassazione” più che di tassazione nei confronti dei proprietari degli immobili. Non c'è lo strumento facile di rinvio dell'applicabilità della fatturazione elettronica, che molte difficoltà porta a chi lavora realmente ogni giorno, come i lavoratori autonomi e le piccole imprese. Non ci sono molti provvedimenti che questo Parlamento si era assunto come impegno di prendere in tema di terremoto e di ricostruzione, perché il “decreto terremoto” è finito, ma il terremoto sta ancora lì, la ricostruzione è ancora ferma, non parte, le persone sono ancora fuori di casa e le aziende ancora non hanno ripreso a pieno a lavorare.
Noi abbiamo approcciato questo provvedimento come molti altri, senza pregiudizi ideologici, e io non sono certamente tra quelli che hanno un atteggiamento ostile nei confronti di questa esperienza di governo, però veramente, qualche volta, come sulla questione del bando periferie - e lo dico ai colleghi di maggioranza -, fate anche rimpiangere i Governi precedenti, perché delle robe come quelle che si sono viste in questa e in altre materie credo che lascino davvero a desiderare e vi assicuro che io dei Governi precedenti, soprattutto quelli a targa PD, non ho condiviso praticamente niente.
Torniamo al bando periferie. In Senato si è verificato un grande pasticcio. Io continuo a sperare e a vederlo in buona fede, con la volontà di chi l'ha proposto e del Parlamento di dare delle risorse a chi voleva fare, ma anche quei comuni che, nel patto siglato con lo Stato e con il Governo si erano presi l'impegno di produrre dei progetti, nell'ambito del piano periferie in fondo volevano fare, tant'è che hanno fatto.
Nel mio comune, tra gli altri, vi erano i progetti esecutivi e addirittura abbiamo sospeso nel corso dell'estate i decreti di esproprio e, quindi, stavamo andando non avanti, ma “avantissimo” rispetto agli impegni che ci eravamo presi con quel contratto nei confronti del Governo. Poi, ci sono anche quegli enti locali che avrebbero voluto fare - penso al caso di Terni e di Potenza -, ma non potevano fare per legge, perché governi precedenti della città hanno lasciato una situazione di grave dissesto in queste amministrazioni.
È stato fatto un pasticcio.
Si poteva rimediare e cancellare quello che si era fatto e, invece, qualcuno si è avventurato in professioni a lui o a lei non proprio consone, cercando di fare il costituzionalista. Altri hanno parlato di svolte epocali, con provvedimenti che, di fatto, consentivano semplicemente di garantire ai comuni in avanzo la possibilità di fare degli investimenti. Provvedimenti che anche altri Governi hanno fatto in precedenza, quindi nulla di nuovo, forse di normale, che andrebbe sempre fatto. In realtà si fa cassa sulle città, sui capoluoghi di provincia che hanno partecipato a questo bando e che si sono preclusi, per partecipare a questo bando, la possibilità di partecipare ad altri bandi. Penso a quelli sulla scuola.
Ma, in realtà, si penalizzano anche quei comuni più piccoli, quelli che si volevano in realtà beneficiare; lo spiega bene, lo ha spiegato bene ieri in un articolo il Sole 24 Ore, perché dice, sì, ci sono queste risorse a disposizione, ma queste risorse a disposizione debbono essere impegnate e per impegnarle bisogna fare le variazioni di bilancio, il parere dei revisori dei conti, modificare in molti casi i piani triennali delle opere, bisogna ripassare dal consiglio comunale, bisogna approvare i progetti definitivi. Un po' troppe cose da qui a fine anno.
In realtà, molte di quelle risorse torneranno alla cassa dello Stato. Si poteva dire - perché tutti noi capiamo, nessuno ha pregiudizi rispetto alla verità - che non ci sono le risorse per fare altre azioni che immaginavamo di fare, facciamo questa scelta. Vorrei evitare di parlare di questo tema sui tecnicismi, sulla Corte costituzionale, sul parere che in realtà dà una soluzione rispetto alla sentenza della Corte costituzionale offerto dal Consiglio di Stato. Vorrei provare a raccontarlo, racconto l'esempio che conosco meglio, che ho curato personalmente, che è quello della mia città, in cui si è intervenuti in un quartiere, ma che, di fatto, racconta la storia di tutte le città che hanno partecipato al bando periferie. Quello di Fontivegge era vent'anni fa un quartiere borghese, benestante, vivibile, servito, che, per scelte urbanistiche sbagliate, per dimenticanza dei governi cittadini, è stato lasciato a se stesso. Dei problemi si è fatto finta di non vederli, sono cresciuti di giorno in giorno e il degrado e, in molti casi anche per la vicinanza alla stazione, personaggi loschi e della criminalità hanno preso il posto delle persone perbene.
Poi abbiamo deciso di intervenire con forza, intervenendo su questo quartiere con risorse proprie dell'amministrazione comunale, con finanziamenti vari, tra cui anche quello del bando periferie, ma non solo. Abbiamo lanciato una scommessa alla città, in un quartiere popoloso che ha raccolto la sfida delle categorie, che hanno deciso di investire lì, di rimanere lì; delle imprese, che ci hanno accompagnato investendo e aprendo lì, nella speranza che vi fosse quel contratto firmato con il Presidente del Consiglio dei ministri in sede, in loco, quindi dal sindaco con la fascia tricolore e dal Presidente del Consiglio. Nessuno avrebbe mai immaginato che quel contratto sarebbe stato cancellato per legge. E ci hanno scommesso soprattutto i cittadini che ci chiedevano sicurezza. Ma non ve lo dico da parlamentare, non ve lo dico da amministratore locale; lo dico da chi pensa, da uomo della strada, che dalla riqualificazione urbana passi anche la vera lotta alla criminalità e al degrado.
Certo, ci sono stati interventi importanti; non nego che si è visto il cambio di marcia sul Ministero dell'interno anche in quel quartiere, anche nella nostra città, per fortuna, e a questo ovviamente plaudiamo, ma questo, come sappiamo tutti, non basta.
Non basta perché, insieme alla repressione, serve anche e soprattutto la riqualificazione e quei cittadini che ho incontrato prima di venire a discutere in Commissione il decreto milleproroghe, il lunedì, mi sono fatto un giro proprio in quel quartiere, perché era giusto riguardarlo bene, riguardare negli occhi le persone. Ho rivisto i volti preoccupati per le notizie che si aggiravano rispetto alla cancellazione di quello che è diventato un tema, una speranza. Ho visto e ho ricordato gli occhi lucidi di quelle persone che avevano scommesso in questa rinascita, quando abbiamo presentato questi progetti. Noi non abbiamo fatto solo un progetto, non è solo un progetto di riabbellimento della città, ma è molto di più; ci sono dentro grandi opportunità di lavoro, di innovazione, ci sono grandi opportunità per i giovani. Ho incontrato i commercianti, Bruno, ho incontrato Fabio, un amministratore di condominio, che ha fatto molto di più dei conti di un ragioniere. Ho incontrato Claudio, un artigiano. Ho incontrato le categorie, ho incontrato le forze dell'ordine che in quell'area hanno operato da anni, facendo molto di più - e va reso onore a quelle divise - di quello che era il loro compito per garantire maggiore sicurezza ai cittadini.
Ho incontrato quei commercianti che non hanno tirato giù le saracinesche, anche quando gli occupavano gli spazi gli afro market, che poi le inchieste giudiziarie hanno visto essere gestiti - ricordo un'altra discussione in tema - proprio dalla mafia nigeriana. Ricordo e ho incontrato quei cittadini che sono rimasti lì a vivere e che non hanno cambiato casa, perché quel posto era casa propria e non potevano vincere quelli che se ne stavano impossessando di giorno in giorno. E non ci sono, quindi, solo le telecamere, non ci sono solo delle storie delle ragazze infastidite da certi balordi che ci tornano alla mente, ma credo che lo dobbiamo a tutte quelle persone che ci hanno chiesto di non essere lasciati soli. Lo hanno chiesto all'amministrazione comunale e lo hanno chiesto allo Stato per tramite dell'amministrazione comunale.
In realtà - è arrivata la notizia in Aula che, probabilmente, pare, il Presidente Conte abbia preso un impegno per recuperare parte di questi fondi con l'associazione dei comuni, poi verificheremo se e come; ovviamente lo auspichiamo, perché non siamo qui a fare una opposizione a prescindere, ma ci interessa tentare di risolvere i problemi dei cittadini - se l'effetto fosse quello di avere cancellato quei fondi, quella speranza, avrebbero vinto loro, avrebbero vinto gli spacciatori, avrebbero vinto gli speculatori, avrebbero vinto quelli della rassegnazione.
Noi, probabilmente, interverremo lo stesso con risorse anche proprie. Certo, ci servivano quelle risorse per fare un'opera organica e importante in quell'area che era stata storicamente dell'innovazione, sociale e tecnologica, l'area della Perugina, dell'innovazione sociale di Luisa Spagnoli. Proprio da lì ripartivamo, dalla storia, per rilanciare verso il futuro opportunità per i giovani. Ma penso che quella che ho raccontato sia esattamente la storia di ognuna delle città che hanno partecipato a questo bando; quindi, se c'è modo di correggerlo, facciamolo, perché, altrimenti, questo risulterebbe un provvedimento contro il popolo. È forse il metro più semplice di giudizio di un provvedimento di legge: quando è contro il popolo, è sicuramente un provvedimento eticamente sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Giorgis. Ne ha facoltà.
ANDREA GIORGIS (PD). Presidente, onorevoli colleghi, Governo, con l'articolo 1, commi 974, 975, 976, 977 e 978 della legge n. 208 del 2015, lo Stato, il Parlamento, avviò il cosiddetto Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, e, con uno stanziamento iniziale di 500 milioni, successivamente ampliato con due stanziamenti di circa 800 milioni di euro ciascuno, per complessivi circa 2 miliardi e 100 milioni, chiamò i comuni e le città metropolitane ad elaborare progetti di riqualificazione e migliorare la sicurezza delle periferie, coinvolgendo privati e altre istituzioni.
In attuazione di tale previsione, il 25 maggio 2016 fu adottato il relativo DPCM, contenente il bando che stabiliva i criteri e le modalità per la presentazione, selezione e valutazione dei progetti, le modalità di presentazione delle relative domande e le procedure per la valutazione dei progetti. Alla luce di tale programma e tale normativa, la città metropolitana di Torino e, in particolare, i comuni di Beinasco, Borgaro, Collegno, Grugliasco, Moncalieri, Nichelino, Orbassano, Rivoli, Settimo Torinese, San Mauro e Venaria Reale hanno presentato un progetto Top metro, comprendente 120 interventi. Questi interventi, la gran parte dei quali prevede un cofinanziamento privato per un complessivo di circa 38 milioni, hanno superato positivamente la valutazione e sono stati ammessi al finanziamento.
Con DPCM 29 maggio 2017 e le relative delibere CIPE n. 2 e n. 72 è stato infatti perfezionato il percorso di messa a disposizione delle risorse e il 18 dicembre 2017 sono state firmate le convenzioni con la città metropolitana di Torino e con tutti i 96 i soggetti che hanno aderito al bando e hanno presentato progetti, valutati meritevoli di realizzazione e, quindi, di finanziamento. Lo schema convenzionale - va sottolineato - prevede che l'efficacia della convenzione decorra dalla registrazione della stessa da parte della Corte dei conti, registrazione che è avvenuta per tutte entro marzo 2018. Da marzo 2018, dunque, le convenzioni hanno acquisito piena e immediata efficacia.
Ora il Governo, con il decreto-legge n. 91 del 2018, il cosiddetto milleproroghe 2018, e in particolare con la disposizione di cui all'articolo 13 (commi 02, 03 e 05) differisce al 2020 l'efficacia delle convenzioni riguardanti i progetti finanziati a 96 comuni e città metropolitane, in attuazione appunto del cosiddetto bando periferia. La norma in oggetto di quell'articolo 13 prevede, infatti, il differimento al 2020 dell'efficacia delle convenzioni sottoscritte da 96 comuni capoluogo e città metropolitane, sulla base di quanto disposto ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 maggio 2017, nonché delle delibere del CIPE n. 2 del 3 marzo 2017 e n. 72 del 7 agosto 2017, adottate ai sensi dell'articolo 1, comma 141, della legge 11 dicembre 2016, n. 232. Conseguentemente, le amministrazioni competenti provvedono, ferma rimanendo la dotazione complessiva loro assegnata, a rimodulare i relativi impegni di spesa e i connessi pagamenti a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione. Fine della citazione della lettura dell'articolo 13.
Bene: 1.625 interventi, che riguardano un totale di 326 comuni e che coinvolgono circa 20 milioni di cittadini, da nord a sud, da Torino a Napoli, da Milano a Palermo, senza dimenticare Roma, Firenze e molte altre città, per un valore complessivo di 2,7 miliardi di investimenti, vengono bloccati. Perché e con quali conseguenze il Governo ha deciso ciò? Individuare le ragioni di interesse generale non è facile, mentre è evidente il danno che simile scelta produce sul piano economico e sul piano sociale. Bloccare la realizzazione di opere di riqualificazione urbana, di ricucitura del tessuto infrastrutturale e sociale, di contrasto dei fenomeni di criminalità e di marginalità, significa bloccare investimenti che possono contribuire - e talvolta in maniera importante - a sostenere processi di crescita economica e occupazionale. Abbandonare al loro destino aree disagiate e insicure è infatti ingiusto, fonte di insicurezza e al tempo stesso economicamente dannoso per il Paese. Il danno che la revoca dei finanziamenti produce, peraltro, non è solo un danno immediato, ma di prospettiva, perché mina la fiducia dei cittadini, degli operatori economici e dei livelli istituzionali locali nello Stato e negli impegni che esso dichiara di volersi assumere. Revocare impegni finanziari e così bloccare l'attuazione di progetti, che si era chiesto agli enti locali di definire insieme ai cittadini e ai soggetti economici del territorio, rischia infatti di compromettere anche ogni possibile futuro impegno di questi ultimi.
I progetti che il Governo ha deciso di bloccare, revocando il proprio impegno finanziario, sono progetti che avevano ottenuto cofinanziamenti privati e pubblici per circa 1 miliardo e 100 milioni di euro e sono progetti nati dal dialogo con i cittadini e le associazioni attraverso un percorso dal basso. Un dialogo, un percorso, che il Governo ha deciso di non rispettare e di rendere vani, contribuendo a generare sfiducia e incertezza, una incertezza che purtroppo il Governo, con il presente decreto, rischia di ingenerare anche su un altro terreno, altrettanto delicato e importante per i cittadini, qual è quello dell'obbligo vaccinale.
La comunità scientifica e lo stesso sottosegretario alla salute, Bartolazzi, in Commissione hanno detto con chiarezza che è opportuno, nell'interesse della salute dei bambini e della collettività, prescrivere l'obbligo vaccinale. Sebbene la vaccinazione sia considerata uno strumento straordinariamente efficace e sicuro per la prevenzione delle malattie infettive, dal 2013 al 2016, nel nostro Paese, le coperture vaccinali sono diminuite, scendendo al di sotto della soglia del 95 per cento, raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità per ottenere, oltre alla protezione dei singoli soggetti vaccinati, anche la cosiddetta immunità di gregge. Se il 95 per cento della popolazione è vaccinata, si proteggono infatti indirettamente anche coloro che per motivi di salute non possono sottoporsi alla vaccinazione. La vaccinazione è un fondamentale diritto di ogni bambino a non ammalarsi di una malattia, che si può prevenire con i vaccini medesimi, appunto, e al tempo stesso è interesse della collettività. La vaccinazione è un diritto fondamentale di ogni bambino, di coloro che possono essere vaccinati e di coloro che non possono per ragioni di salute essere vaccinati. Vaccinarsi è, insomma, un diritto fondamentale e al tempo stesso un dovere inderogabile di solidarietà.
Orbene, il Governo, come ricordavo, ha dichiarato, attraverso il sottosegretario alla salute, di condividere le preoccupazioni della comunità scientifica e dell'Organizzazione mondiale della sanità sul calo della copertura vaccinale e, dunque, di condividere la necessità di prevedere l'obbligo vaccinale. Facendo un'incomprensibile marcia indietro, il Governo ha però fatto proprio un emendamento dei relatori, che reintroduce il meccanismo dell'autodichiarazione, procrastinando al marzo 2019 il termine entro il quale presentare la documentazione delle AASSLL, che attesta l'adempimento dell'obbligo. Il rischio, come è evidente, è quello di allentare la cogenza dell'obbligo e così ingenerare dubbi sulla necessità di sottoporsi a vaccinazione.
Presidente, onorevoli colleghi, Governo, siamo ancora in tempo: evitiamo ai nostri concittadini una disciplina così confusa e così dannosa. Il Governo dia parere favorevole agli emendamenti che abbiamo presentato. Garantisca ora, con questo provvedimento, la realizzazione dei progetti per la riqualificazione e la sicurezza delle periferie. Se ci ha ripensato, se si è convinto che i progetti per la riqualificazione e la sicurezza delle periferie debbano essere portati a termine, se corrisponde al vero quell'impegno, che parrebbe essere è stato dichiarato dal Presidente Conte, allora subito si convochino le Commissioni competenti e si provveda, attraverso una apposita modifica, ad assicurare con certezza e con serietà l'attuazione dell'impegno che lo Stato si è assunto con gli enti locali e con i cittadini che hanno partecipato al bando delle periferie. Altrimenti ci viene il sospetto che il Governo, al di là di tutte le dichiarazioni che può fare, non abbia nessuna intenzione di riconsiderare quanto è contenuto nell'emendamento che è stato approvato al Senato e che ha messo in discussione - violando il fondamentale principio di tutela dell'affidamento - la certezza che il lavoro svolto dagli enti locali e il coinvolgimento dei privati vada davvero a buon fine. Al tempo stesso, il Governo assicuri piena ed effettiva protezione alla salute dei cittadini, di tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Rizzo Nervo. Ne ha facoltà.
LUCA RIZZO NERVO (PD). Grazie, Presidente. Colleghi, con la discussione odierna, la discussione di questo decreto, c'è una novità purtroppo amara come le abitudini precedenti, da cui però voglio partire. Dopo avere assistito, dalla campagna elettorale ad oggi, che poi è sempre campagna elettorale, ad una pervicace e continua semplificazione, fino alla banalizzazione delle complessità che pur esistono e che è il vero elemento unificante che accomuna le forze di maggioranza, oggi vediamo, in una giravolta, questa maggioranza sperimentare un nuovo genere letterario, che è la complicazione delle cose semplici, di quelle che funzionano, di quelle che stanno dando effetti positivi, per farle funzionare di meno, per indebolirle. Incredibile, ma vero. Il «milleproroghe», lo ricordava prima la collega Madia, normalmente serve per allungare la portata positiva di alcune scelte, al limite, assecondando un tipico vizietto italico, per prendere del tempo. Mai si era visto un decreto «milleproroghe» che crea problemi che prima non c'erano, che toglie opportunità, possibilità che prima c'erano.
Ed è questo ciò che accomuna almeno due delle principali questioni su cui mi concentrerò, cioè la proroga della possibilità di autocertificazione dell'avvenuta vaccinazione per l'accesso a scuola e la distrazione dei fondi del bando periferie, due questioni che sono accomunate dal fatto di riferirsi alla tutela delle fragilità, siano esse fragilità sociali o fragilità sanitarie, di riferirsi alla popolazione più debole, ai contesti più difficili.
Con questo decreto si è persa la straordinaria occasione di smentire un'abitudine nefasta, che tiene da tempo spesso l'Italia al palo: scambiare la virtuosa dinamica dell'alternanza democratica con il vizio di far ripartire il Paese sempre dal via, non sapendo più riconoscere, in termini condivisi, l'interesse nazionale, sottraendolo alla parzialità nella valutazione politica. Vi è, al contrario, la furia ideologica che spinge a demolire tutto ciò che ha fatto chi è venuto prima di te, come spesso unico modo per l'affermazione di sé.
Ancor più grave è non riuscire ad enucleare, a sottrarre all'agone politico quotidiano l'interesse generale, quando si parla di salute, quando si parla di salute dei bambini, in particolare quando si parla di bambini che non possono essere tutelati se non attraverso l'esercizio di una responsabilità collettiva, se non attraverso il prevalere della solidarietà comunitaria rispetto all'egoismo dei singoli. Perché, vedete, colleghi, quando si parla di salute pubblica non è vero che uno vale uno, che la responsabilità si limita a se stessi, e parto quindi dal tema vaccini, in un sentimento che mischia imbarazzo, stupore, preoccupazione che già ho testimoniato dentro la XII Commissione. Imbarazzo, signora Presidente, perché la forma è sostanza e noi ci troviamo a discutere di un tema tanto importante, tanto delicato, tanto dibattuto nella comunità civile, meno nella comunità scientifica che, come dirò, è unanime invece, e ci troviamo a discutere di questo dentro un provvedimento rituale di proroghe, che nulla c'entra, che derubrica la dignità di una discussione piena, organica, consapevole su questo su questo argomento, che questo Parlamento ha il diritto di fare e il dovere verso chi su questo tema muove preoccupazioni, timori, incertezza e verso i tanti operatori sanitari che quotidianamente offrono il loro sapere e la loro abnegazione al lavoro. E, invece, no. La XII Commissione, dentro la quale vi sono esperienze e professionalità sanitarie importanti, in una funzione meramente consultiva, di una scelta centrale di prevenzione primaria qual è il calendario e la copertura vaccinale, una scorciatoia sbagliata che sottintende l'obiettivo di banalizzare questa scelta ad una mera scelta organizzativa, e non ad una scelta impattante sugli esiti di una obbligatorietà vaccinale, come tutta la comunità scientifica ci ha detto, in un imbarazzante, per voi, coro unanime durante le audizioni.
E qui subentra lo stupore, lo stupore di quanto l'obnubilazione ideologica non trovi alcun limite di fronte alla scienza, non la scientocrazia, come l'ha sprezzantemente definita il collega Borghi della Lega, perché in quelle audizioni non abbiamo sentito l'opinione di singoli medici, abbiamo ascoltato le evidenze scientifiche consolidate della comunità scientifica internazionale dei medici italiani e tutti, tutti, all'unisono, mi hanno detto la stessa cosa: fermatevi, non fate tornare indietro il Paese in questa difficile battaglia, non fatelo fuori da un intervento organico, come già fu la scelta dell'obbligo vaccinale dentro la strategia complessiva del piano nazionale vaccinale. Non singole opinioni, signora Presidente, ma l'Istituto superiore di sanità, la Federazione nazionale dell'Ordine dei medici, che rappresenta tutti i medici italiani, la Società italiana di pediatria, che rappresenta 12 mila pediatri italiani, la Federazione dei medici di medicina generale, che rappresenta gli oltre 55 mila medici di famiglia italiani, i presidi, il mondo dalla scuola, che si è detto preoccupato, disorientato da questo continuo cambio di strategia, ce lo ha detto il principale centro di ricerca farmacologica italiano, attraverso la voce autorevolissima del professor Garattini.
Che altro vi serve per abbracciare le ragioni del buonsenso? Ci hanno detto cose importanti, la necessità della continuità e della certezza dell'obbligo vaccinale, la necessità di un calendario vaccinale nazionale uniforme, che almeno in questo ambito attenui le diseguaglianze di salute territoriali; conseguentemente ci hanno spiegato l'inefficacia e la loro preoccupazione rispetto all'annunciato obbligo flessibile, un ossimoro che immagina di attivare e disattivare l'obbligo a seconda del raggiungimento della copertura a livello regionale, non tenendo conto che dopo le gesta unitive di Garibaldi, dopo Schengen, dopo la globalizzazione è assurdo parlare in termini differenziati da regione a regione e all'interno di esse. Il collega Siani mi fa spesso l'esempio di una assoluta differenza nella copertura se si parla di Secondigliano, se si parla del Vomero, eppure sono nella stessa nella stessa regione.
Ci hanno anche dato delle risposte, unanimi, alle domande preoccupate dell'uomo comune, in un dibattito che spesso crea confusione e disorientamento. Ci hanno detto, in ogni evidenza scientifica, come non vi sia alcuna correlazione fra le vaccinazioni e l'autismo, nessuna percentuale maggiore di autismo in chi è vaccinato, nessuna evidenza di correlazioni. Ci hanno smentito la sciocchezza dei rischi di una multi-somministrazione, di vaccini che sono troppi, anche un po' in qualche modo prendendoci in giro, dicendoci che un raffreddore, una puntura di zanzara, stimola reazioni immunitarie ben maggiori e generiche rispetto ad una singola risposta puntuale che i vaccini danno.
Ci hanno dato elementi rispetto alle reazioni avverse, che sono come quelle di tutti i farmaci e non sono certo preventivabili da esami pre-vaccinali. Ci hanno detto che la vaccinazione attiene alla prevenzione primaria, quindi non si può immaginare di attivarla quando si è già generato il problema. Ci hanno detto che questo, quando avviene, costa enormemente al bilancio sanitario dello Stato; si pensi a quanto la Toscana ha dovuto spendere quando si è dovuto, davanti a una pandemia, intervenire sul tema della meningite.
Ci hanno detto, soprattutto, Presidente, che la legge n. 119 del 2017, il decreto Lorenzin, sta funzionando che la copertura con il piano vaccinale sta aumentando e certo anche grazie alla obbligatorietà. E ci hanno detto che non vi è nessuna ratio, a loro avviso, di questa proroga.
Una scelta di sanità pubblica che funziona dovrebbe essere motivo di soddisfazione per tutto il Paese. E allora perché andare avanti, perché alimentare una divisione, il disorientamento di mamme e di papà, perché continuare a metterli uno contro l'altro, perché alimentare una falsa battaglia fra sostenitori dell'obbligatorietà e sostenitori della libertà di scelta?
Noi vogliamo condivisione, alleanza terapeutica fra i pazienti e i medici, consapevolezza e cultura condivisa sui vaccini, sull'utilità dei vaccini, per sé e per gli altri.
Noi siamo affezionati e rispettosi delle norme che tutelano la libertà nelle scelte di cura, tutelate dall'articolo 32 della Costituzione. Noi siamo quelli che abbiamo provato il testamento biologico, le disposizioni anticipate di trattamento, in ossequio a quella libertà di scelta, ma siamo anche responsabili, e sappiamo che la salute pubblica ha una primazia che può chiedere misure straordinarie, quando rischia di essere messa in discussione. Tre anni di obbligatorietà, non un incrostatura ideologica, non una scelta estemporanea, ma esattamente ciò che indica l'Organizzazione mondiale della sanità: l'obbligatorietà contro l'esitazione vaccinale. Purtroppo, contro l'esitazione dei Governi, invece, non c'è ancora un vaccino e un'obbligatorietà che sia efficace. Finiamo questo periodo di sperimentazione e poi vediamo qual è la situazione, non interrompiamo anticipatamente. E se non volete ascoltare noi, se davvero non potete e non volete rinunciare ad un dibattito ideologico, ascoltate almeno le mamme che si sono trovate intorno racconta alla campagna #IoVaccino: 300.000 firme, consegnate l'altro giorno a questo Parlamento, che chiedono di non indebolire la legge sull'obbligo.
Spesso abbiamo ascoltato dai banchi della Presidenza, dal Presidente Fico, della necessità di fare entrare di più e meglio la voce dei cittadini in quest'Aula, di dare spazio e dignità alle leggi di iniziativa popolare: ebbene, fate entrare quelle voci in quest'Aula. Voci di buonsenso, che pur esprimono oggi rabbia, confusione ed incertezza rispetto a questo continuo cambio di scelte e le incertezze che appunto provocano, che evidenziano l'impossibilità di controllare tutte le autocertificazioni, esponendo, per un altro anno scolastico, i bambini che non possono vaccinarsi al rischio di contagio. Avete cambiato opinione molto volte in questo periodo, abbiamo visto pareri in Commissione cambiare in un paio di giri di lancette, siete ancora in tempo a cancellare quell'emendamento, a far vincere non il PD ma il buonsenso, la scienza, l'interesse generale della salute pubblica. Lo Stato non può essere titubante, lo Stato deve stare dalla parte della scienza, deve stare dalla parte dei tanti operatori, dei tanti uomini di scienza che si sono anche esposti personalmente in questi mesi e in questi anni per affermare le ragioni della scienza. E mi permetto da quest'Aula di esprimere la solidarietà e la vicinanza al professor Burioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) - mi dispiace che non l'abbiano fatto il Governo e la maggioranza -, che è stato oggetto in queste settimane di minacce. È stato scritto che era morto, ucciso dalle BR, tanto per intenderci; ha dovuto cambiare sede della località delle vacanze, perché gli è stato detto che sapevano dov'era la sua casa di villeggiatura; e tutto questo per la sola colpa di aver portato le ragioni di verità che derivano da 35 anni di studio e di lavoro sul campo.
C'è tempo per cambiare, potete cambiare, potete far prevalere le ragioni del buonsenso, così come le ragioni del buonsenso, a maggior ragione dopo ciò che leggiamo in questi minuti nelle agenzie, dovrebbero prevalere per quanto riguarda i fondi del “bando periferie”. Presidente, io vengo da un territorio, l'Emilia Romagna, abituato a fare le cose sul serio; un territorio abituato a mantenere la parola data, a valorizzare l'autonomia dei territori. È stata fatta dai Governi precedenti una scelta importante, una scelta strutturale sulle periferie, una scelta condivisa dalla comunità delle autonomie locali, dai sindaci di ogni colore, come le proteste di queste ore stanno dimostrando. Per la mia città, Bologna, vogliono dire 18 milioni di euro in interventi sulle periferie della mia città. Io ho fatto per sette anni l'assessore al welfare di quella città, conosco quelle periferie non per sentito dire ma nel dettaglio.
Conosco la loro voglia di riscatto, le dinamiche virtuose, positive, che si sono innescate e che oggi possono avere un'ulteriore spinta da quelle risorse. Non parliamo di idee confuse, non parliamo di qualche schizzo su di un foglio, parliamo di progetti definitivi pronti ad essere messi a bando di gara, progetti che riguardano due quartieri importanti, il Pilastro e il quartiere Navile, figli di una coprogettazione fatta coi cittadini, perché questo abbiamo imparato a fare. Progetti che riguardano le biblioteche, una casa della comunità, la fermata del servizio ferroviario metropolitano e la mobilità sostenibile, ma su due di questi progetti mi soffermo per segnalare anche il paradosso rispetto alla retorica securitaria che spesso sentiamo dal Vicepresidente del Consiglio, Salvini. Cari colleghi, uno dei principali interventi dal bando periferie per Bologna, 8 milioni di euro, servono - voglio ancora dire servono e non servivano - per una nuova caserma dei Carabinieri, da costruire in mezzo ai caseggiati di edilizia popolare di quel quartiere di periferia. Un presidio di sicurezza per i cittadini, che lo chiedono da tempo, in più un fatto simbolico, perché, Presidente, quella nuova caserma dei Carabinieri Bologna la vuole dedicare alla memoria di Otello Stefanini, Andrea Moneta e Mauro Mitilini, gli agenti dei Carabinieri barbaramente uccisi il 4 gennaio 1991 proprio in quel luogo, al Pilastro, dalla banda della Uno bianca (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), voi con questa scelta scellerata glielo impedirete. E ancora, un progetto che prevede la nascita di un grande polo culturale, in una zona popolare, per il restauro e la conservazione delle pellicole cinematografiche da parte della cineteca di Bologna. Un luogo, oggi abbandonato, sede di spaccio e prostituzione, che domani diventerà un luogo di cultura. Spiegheremo in queste ore, nei prossimi giorni, a tutti i cittadini, casa per casa, porta a porta, là dove voi avete cercato ed ottenuto la speranza e la fiducia dei cittadini italiani, che, dietro la retorica securitaria, dietro agli slogan sul fatto che nessuno rimarrà indietro, dietro all'outfit, alle felpe con il nome di ogni territorio, c'è la rottura di un patto fra lo Stato e le sue articolazioni territoriali, c'è la truffa ai cittadini italiani. Non so se fa parte della strategia di rimozione della Lega che fu fervente federalista e che oggi si fa protagonista di una sottrazione indebita centralista che più centralista non si può. Presidente, abbiamo letto le agenzie sull'esito dell'incontro, ma a noi non bastano le pacche sulle spalle, non bastano i pagherò, non bastano le promesse fatte da chi, in questi mesi, ha dimostrato di non saperle mantenere le promesse. Le istituzioni - mi hanno insegnato i sette anni d'amministratore - parlano con gli atti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), e c'è il tempo e il modo di parlare con gli atti. Noi vogliamo risposte qui ed ora, vogliamo i fatti. Il Presidente del Consiglio, Conte, commentando l'esito dell'incontro, ha detto che nel primo decreto utile affronterete e risolverete le questioni giuste poste dall'ANCI: bene, il primo decreto utile è il “decreto milleproroghe” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Siamo alla discussione generale, basta riportarlo in Commissione e togliere l'articolo inserito al Senato. Semplice, no? Altrimenti sono fiumi di parole, ulteriori fiumi di parole consegnati a questo Paese, consegnati e destinati a far crescere la disillusione. Noi saremo lì con una proposta alternativa per questo Paese, quando la speranza che avete suscitato si dimostrerà purtroppo una grande disillusione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Ceccanti. Ne ha facoltà.
STEFANO CECCANTI (PD). Presidente, si dà il caso che io sia nato e cresciuto in una delle periferie che viene più danneggiata da questo decreto: il quartiere San Marco-San Giusto della città di Pisa, che è il quartiere dell'aeroporto internazionale “Galileo Galilei”.
La città di Pisa doveva avere, sulla base del bando periferie, 43 milioni; erano previsti interventi in tre quartieri: edilizia popolare, sicurezza idraulica, rifacimento urbanistico, integrazione sociale della zona della stazione, il progetto che si chiama “Binario 14”, l'ultimo binario della stazione che si affaccia su Via Quarantola, la zona che va verso l'aeroporto. E siccome la democrazia italiana è una cosa articolata, bella, proprio in questo momento un'altra assemblea elettiva, il consiglio comunale di Pisa, è riunito: è riunito appositamente per votare delle mozioni che intervengono su questo taglio al Piano periferie. Io penso che dobbiamo rispettare, prendere sul serio: alcune assemblee elettive comunali sono già intervenute, hanno chiesto il ripristino di questi fondi, che si basano su un principio di leale affidamento, di leale cooperazione tra i livelli di governo, che nessuno dovrebbe mai mettere in discussione in questo modo.
Lo diceva bene prima il collega Rizzo Nervo: in Parlamento si discute di atti, di testi, non di semplici dichiarazioni. Ora noi abbiamo ascoltato ieri il Viceministro Garavaglia, persona equilibrata e documentata, che però ci è venuto a dire che il testo andava bene così, che non c'erano problemi. Il Presidente Conte fa delle dichiarazioni dopo gli interventi; ma domani il Viceministro Garavaglia verrà a confermarci quello che ha detto in Commissione, o a nome del Governo cambierà posizione con un nuovo emendamento sulla base delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Conte? Noi lo vogliamo vedere il Viceministro Garavaglia che smentisce se stesso, saremo contenti di vederlo; ma saremo contenti soprattutto di vedere il testo del possibile emendamento del Governo, perché il Governo ha il diritto di emendare: può cambiare posizione non con generici proclami per il futuro, ma con testi. Finché il testo non cambia, noi saremo qui e continueremo a chiedere il cambiamento di questo testo. Quindi, in solidarietà con la parte di opinione pubblica che ha protestato, con le assemblee elettive comunali che hanno una dignità non inferiore alla nostra, anche se noi siamo il Parlamento della Repubblica, insistiamo su questo necessario cambio. Questo era il primo punto che volevo sottolineare.
Il secondo punto è relativo a quello che voi avete combinato in relazione ai vaccini, perché in questi giorni inizia l'anno scolastico. Che cosa abbiamo detto noi ai cittadini? Ai cittadini, alcuni anche maggiorenni che frequentano il nostro sistema scolastico, ma prevalentemente minorenni e ai loro genitori. Prima di questo intervento normativo, prima della forzatura inserita c'era un obbligo che subentrava e che chiudeva una fase transitoria; poi è stata prodotta una circolare, e si è voluto dire che questa circolare poteva derogare alla legge: un atto palesemente illegittimo. Per riparare all'illegittimità di questo atto si è poi cercato di prendere il testo della circolare e di trasformarla in norma primaria, con tutta una serie di confusioni, su cui in molti siamo intervenuti nel corso del dibatto, anche nel corso del dibattito sulle pregiudiziali; ha fatto bene anche il collega Sisto a sottolineare questa assurdità, che noi consentiamo ai cittadini di dire che al posto del foglio che già loro possiedono, se non vogliono ingannare la legge, dell'avvenuta vaccinazione, possono nascondere questo foglio e produrre un foglio di autocertificazione: una cosa palesemente insensata nella sua materialità! Ecco, quindi noi abbiamo trasmesso nel corso di pochi giorni tre messaggi diversi agli utenti del sistema scolastico: prima l'obbligo, poi la possibilità di aggirare l'obbligo con una circolare che violava la legge, poi l'inserimento di questa possibilità di aggirare l'obbligo spostando i contenuti di una circolare in una norma di una legge di conversione di un decreto-legge.
Cosa avranno capito i cittadini che iniziano l'anno scolastico per sé o per i loro figli? Si inizia in un clima palesemente di incertezza, di confusione, e non c'è niente di peggio della confusione per creare nei cittadini un ulteriore discredito rispetto alle istituzioni parlamentari.
Due conclusioni finali di sistema. Una è cosa rivela questa vicenda di questo decreto-legge, che si è rigonfiato, che è diventato sempre più eterogeneo, e che probabilmente voi chiuderete, come esito finale di questo percorso, per evitare problemi interni alla maggioranza nella votazione di emendamenti, magari per evitare qualche votazione segreta possibile in materia di diritti dei cittadini con un voto di fiducia. Quando si è svolto il dibatto sulla riforma costituzionale si era insistito, al di là della concreta formulazione delle norme, sull'idea di uno scambio, una corsia preferenziale per i disegni di legge legati al programma di Governo, in cambio di limitazioni serie sui decreti-legge. Non avendo introdotto una corsia preferenziale ragionevole comunque congegnata su disegni di legge, quindi su norme non ancora entrate in vigore, a differenza dei decreti-legge, voi, che pure avete vinto la campagna referendaria sostenendo che di queste riforme non c'era nessun bisogno, avete riprodotto nel funzionamento di questi primi mesi, nei due atti fondamentali che si ricordano di inizio legislatura, il cosiddetto decreto-legge dignità e questo decreto “milleproroghe”, esattamente lo stesso meccanismo: la centralità dei decreti-legge e delle leggi di conversione nei meccanismi di produzione normativa, e poi anche il voto di fiducia. E poi c'è l'altro elemento, il rapporto centro-periferia che era legato alla riforma del Titolo V: le periferie, l'intervento di scippo alle periferie si inseriscono a partire da due sentenze della Corte costituzionale sul conflitto centro-periferia che non è stato sanato; e quindi anche qui voi vi trovate a fare i conti con gli esiti paradossali del vostro successo.
Infine, che cosa dire in termini generali? E qui viene una riflessione con un'altra assemblea parlamentare che vota domani, il Parlamento di Strasburgo: voi sapete trovare nella eterogeneità interna alla vostra maggioranza elementi di coesione solo contro, solo contro altri, contro nemici esterni. Domani voi vi dividerete al Parlamento di Strasburgo su una votazione importante di rispetto dello Stato di diritto a proposito dell'Ungheria. Ma poi al Consiglio europeo ci sarà solo il Presidente del Consiglio Conte; e allora lui dovrà decidere se voterà pro o contro il Governo ungherese, se sceglierà l'una o l'altra componente della sua maggioranza, perché non sempre, come nel caso di questo decreto-legge, vi è consentito di trovare l'unità contro gli altri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Pella. Ne ha facoltà.
ROBERTO PELLA (FI). Presidente, carissimi colleghi, rappresentanti del Governo, siamo ancora in tempo per riparare a questo errore grave, che non trova alcuna plausibile motivazione se non una sola e unica ragione: questo Governo trascura i sindaci, quel pezzo fondamentale della nostra Repubblica che ogni giorno sta in trincea per cercare di dare risposte ai bisogni dei nostri concittadini. Questo Governo ha l'ardire di stracciare degli impegni formali assunti pur di trovare delle risorse andando contro i sindaci, contro quindi 20 milioni di cittadini rappresentati dagli oltre 340 comuni coinvolti. Ammettete di aver sbagliato?
E io credo che, dopo l'incontro di questa sera che ANCI ha avuto con il Governo, in parte il Premier Conte abbia preso una linea diversa rispetto a quella discussa in queste tante ore all'interno della Commissione bilancio. Ve l'hanno chiesto tante persone di tutti i gruppi parlamentari, i sindaci e anche un uomo straordinario come Renzo Piano, in una bellissima intervista che ha parole toccanti in modo particolare sul tema del rammento. E io aggiungo poi che c'è un danno che dovremmo tutti combattere, che è insinuare quel germe di sfiducia fra le istituzioni, il venir meno della parola data, alimentare il messaggio che le regole non contano, che i contratti si disattendono. Quindi, è in gioco qualcosa che è alla base della vita democratica: la lealtà istituzionale, la leale collaborazione, il principio cardine delle relazioni istituzionali. I sindaci di tutti i comuni capoluogo della nostra Italia con la fascia tricolore hanno sottoscritto un contratto - obblighi e impegni - con la Presidenza del Consiglio e su questa base hanno lavorato, hanno speso delle risorse pubbliche e oggi voi dite che avete cambiato idea e che ne riparliamo nel 2020.
Considerate, poi, che molti sindaci proprio per aver aderito al bando periferie non hanno in qualche modo utilizzato altre forme di finanziamento in oggetto e paradossalmente sono andati anche esclusi dalla possibilità di partecipare alla ripartizione del Fondo per gli investimenti in sicurezza e manutenzione del territorio, di cui all'articolo 1, commi 853 e seguenti, della legge di bilancio 2018, che, appunto, prevede la distrazione di risorse, nel triennio 2018-2020, per un importo complessivamente pari a 850 milioni ai soli comuni non beneficiari delle risorse di cui al programma straordinario per le politiche di periferia.
Presidente, mi rivolgo a lei perché sia garante della legittimità e della correttezza istituzionale delle decisioni che sono votate in quest'Aula. Eserciti tutti i poteri che il Regolamento le attribuisce per evitare questo errore. Parli con i sindaci come, appunto, è stato fatto questa sera -ma ci ritornerò - e ascolti le loro ragioni. E poi mi rivolgo al Governo e alle forze politiche che lo sostengono, che contraddicono platealmente ciò che spesso hanno detto in campagna elettorale e ciò che hanno promesso ai cittadini. Avete fatto una campagna per dire che si era fatto poco per le periferie e, invece di rinnovare per i prossimi anni il finanziamento, lo bloccate? Avete parlato con i vostri sindaci? Lo chiedo, in particolare, ai deputati del MoVimento 5 Stelle e, in modo particolare, anche ai due relatori. Chiedo se sindaci come Appendino, Raggi o Nogarin siano contenti o quale posizione hanno espresso questa sera nella riunione in ANCI e poi successivamente col Premier Conte. Avete chiesto quali progetti realmente sono in stato di avanzamento e quali realmente si possono realizzare? Avete un cronoprogramma reale di quella che è la situazione di stato avanzamento di questi progetti nei comuni, oppure è solo una scelta per mortificare il valore e l'impegno che è stato fatto?
Sono progetti - e lo voglio sottolineare - che sono stati condivisi di gestione dei beni comuni e, come ha detto anche Appendino molte volte, che sono stati anche coinvolgenti in quella che è la realtà, in modo particolare per le città metropolitane su tanti piccoli e medi comuni che ne fanno parte e che oggi sicuramente incorrerebbero in gravi difficoltà oltre al fatto che si creerebbe un danno al comune capoluogo stesso. Sono progetti per favorire l'aggregazione sociale, la costruzione insieme del senso di comunità, che nascono dal dialogo con i cittadini e le associazioni, progetti che sono stati scritti con i cittadini, frutto anche dell'esercizio concreto di una democrazia partecipata.
Lo dico a voi, in modo particolare del MoVimento 5 Stelle, perché in questo Paese c'è chi non usa le piattaforme e i social media ma c'è chi parla con la gente e si confronta con loro con delle domande, cerca delle risposte possibili, fa vivere l'idea di partecipazione e non la usa solo come vessillo da agitare, ma la trasforma con atti concreti di cui il bando periferia ne è testimonianza.
E poi, cari colleghi, c'è un paradosso. Abbiamo ascoltato prediche e lezioni sul fatto che i comuni devono ritornare a programmare, a progettare e a investire. Tutto sacrosanto. Abbiamo sentito che lo sviluppo passa dalla ripresa delle economie locali. Bene! E, allora, che si fa? Facciamo la politica del gambero e diciamo ai sindaci: “Bravi, avete programmato, progettato, state investendo ma fermatevi e aspettate” demolendo delle regole contabili e impegni con terzi, perdendo finanziamenti privati. E stasera si è avuta una discussione con il Premier Conte, il quale, essendo anche un costituzionalista, ha compreso bene il rischio che oggi si avrebbe nel caso in cui i comuni ricorrano in questi bandi, con quello che non solo sarebbe un confronto complesso tra le varie istituzioni ma anche quello che è il danno che si andrebbe a creare.
Questa Italia che avete in mente, cari colleghi di maggioranza, è di portarla allo scontro e alla contrapposizione, ad un conflitto purtroppo anche tra le istituzioni stesse bloccando i 2,7 miliardi di opere e investimenti, perché questo è il valore complessivo degli investimenti. Voglio ricordare, infatti, che oltre un milione sono investimenti privati e soprattutto l'indotto che questi investimenti produrrebbe è pari ad oltre nove milioni di euro. Sono cifre importanti, così come lo sono i 42 mila posti di lavoro in un momento di grave difficoltà che stiamo attraversando e questi posti non potrebbero partire e sicuramente sarebbero importanti per tante persone che aspettano quelle risposte - e lo dico in modo particolare ai colleghi del MoVimento 5 Stelle - che molte volte rivendicate.
Quindi, non bloccate la rigenerazione di questi spazi sportivi, la messa in sicurezza delle scuole, il recupero delle piazze, degli spazi pubblici dal degrado, quei posti dove c'è anche tanto spaccio. Non tradite, quindi, i sogni di tanti cittadini.
In queste settimane avete cercato di scalare un piano inclinato, cercando di trovare delle motivazioni le più disparate ma con nessuna che regge alla prova dei fatti. Avete sostenuto che quota parte del finanziamento, pari a circa 800 milioni a valere sullo stanziamento previsto dall'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio per il 2017, è venuta meno in seguito alla pronuncia della illegittimità contenuta nella sentenza della Corte costituzionale. Premetto che la registrazione delle convenzioni da parte della Corte dei conti, organo di controllo contabile, è avvenuta successivamente alla sentenza richiamata e, pertanto, pare strano che la Corte dei conti abbia registrato convenzioni senza copertura, come avete detto e come hanno detto autorevoli esponenti del Governo.
Voglio ricordare anche che la Corte costituzionale si limita ad esprimere un giudizio di illegittimità parziale della norma, in quanto non prevede un'intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti proprio i settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale. Ciò detto e considerato che non è pacifico che il settore finanziato con il programma di bando periferie rientri nelle competenze regionali, il vizio potrebbe essere risolto, come già è stato richiesto dal presidente dell'ANCI, con un'apposita Conferenza unificata, che è già stata convocata la settimana scorsa e che è in programma questa e la prossima, nella quale si potrebbe sanare sicuramente il vizio e far ripartire quello che è sicuramente un aspetto fondamentale e importante per i comuni.
Ma io vi invito ancora a leggere quello che stabilisce l'articolo 12 che per ovvie ragioni di tempo non mi metto a leggere ma in tutti quei punti indicati nei commi 1 e 2 e nei sottocapitoli a), b), c), d) e f) non c'è nessuna motivazione valida da parte vostra a cui ci si potrà rifare per escludere i comuni che hanno già firmato le convenzioni da quello che l'articolo 12 prevede e che sicuramente il Premier Conte questa sera ha guardato con grande attenzione, anche per il suo lavoro non tanto come Presidente ma soprattutto per quello che ha svolto fino a qualche mese fa.
Allora, cari colleghi, io ritengo che su questo sicuramente è importante fare qualcosa e perché è importante? Perché voglio fornire un dato che probabilmente non è emerso in questi giorni e che è stato portato all'attenzione del Premier Conte, che dà una stima e che è stato fatto sulla base, appunto, di una stima del bilancio disponibile. Considerate che ben 40 enti non hanno avanzi di amministrazione spendibili e 39 dispongono di avanzi inferiori al finanziamento bloccato. Quindi, soltanto quindici enti, dodici comuni e tre città metropolitane, mostrano un valore dell'avanzo superiore al finanziamento in questione, che ci è stato più volte sollecitato in Commissione stessa. Il Governo ha affermato che molti progetti dei comuni assegnatari non erano validi, ma anche su questo abbiamo richiesto di avviare quella commissione, di cui fa parte anche il segretario generale dell'ANCI, alla quale molti sindaci hanno chiesto, da marzo, delle proroghe e a cui non hanno ancora oggi ricevuto risposte e nella quale sicuramente si può lavorare per l'interesse generale e complessivo.
Vado a terminare per lasciare ancora alcuni minuti a chi mi seguirà mettendo in luce un aspetto. Io credo che oggi voi avete due possibilità: la prima è che - e mi rivolgo ai due relatori - se domani non c'è la fiducia si può tranquillamente accettare uno degli emendamenti che il gruppo di Forza Italia come il PD e come tanti altri gruppi di opposizione hanno presentato e sicuramente questo provvedimento potrebbe essere già incardinato immediatamente e recuperato rispetto a quello che è successo.
La seconda, anche se è una prassi consolidata, di porre la fiducia sul testo licenziato dalla Commissione, ma avendo tutti i partiti di opposizione che sicuramente sarebbero disponibili a supportare un maxi emendamento che in qualche modo faccia seguito a quelle parole che il Premier Conte questa sera ha voluto dire e che voglio lasciare agli atti, come sicuramente un'agenzia ha riportato, dove dice il Presidente: lo inseriremo nel primo decreto utile dopo il milleproroghe, si parla di un decreto sicurezza che dovrebbe arrivare nei prossimi quindici giorni. Ho ascoltato con grande disponibilità le istanze dell'ANCI e con i sindaci presenti ho condiviso l'obiettivo di avviare un percorso per giungere alla migliore soluzione possibile nei tempi più rapidi. La soluzione che intendiamo adottare è quella di inserire nel primo decreto utile successivo alla conversione una norma che di fatto dia la possibilità di recuperare la realizzazione dei progetti già in fase avanzata.
Ecco, allora mi domando, se dopo l'incontro di questa sera con il Premier Conte, che in qualche modo ha completamente rivisto quella che è la posizione che in questi giorni è stata discussa dall'Aula, credo che quest'Aula possa tranquillamente rivedere la propria posizione domani, accettare queste proposte che sono state avanzate e approvare l'emendamento presentato, e in qualche modo condividere una posizione del Premier Conte che vediamo se poi nella realtà si trasformerà in fatti concreti di ascolto e di volontà di risoluzione del problema; non vorrei che sia solo una promessa, ma che si trasformi in atti concreti, anche perché, come ho detto inizialmente, tanti comuni stanno aspettando delle risposte e sicuramente, da quello che emerge questa sera, dopo l'incontro, non c'è la certezza nel ritornare allo stato d'origine, prima di quell'emendamento approvato da parte del Senato e che la Camera non ha voluto correggere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Navarra. Ne ha facoltà. Abbiamo ancora tre minuti, quindi se il collega Navarra non ha intenzione di intervenire, prego collega Pezzopane.
STEFANIA PEZZOPANE (PD). Grazie, Presidente. Sono ore che discutiamo…
PRESIDENTE. Scusi un attimo, collega, scusi un momento. Collega, ha quattro minuti, più o meno; dopo dovrò interrompere la seduta. Quindi, se vuole intervenire adesso, altrimenti chiudiamo e passiamo a domani. Comunque, non l'avevo nella lista in questo momento, collega. È stata chiesta un'inversione? Magari se lo si comunicasse alla Presidenza, faremmo un grande piacere. Collega, cosa vuole fare? Se vuole intervenire, le do tre minuti. Prego.
STEFANIA PEZZOPANE (PD). Grazie, Presidente. Sono ore che discutiamo e per noi questa discussione è importante, forse lo è di meno per chi ha ritenuto di dover abbandonare il campo. Mi rivolgo ai rappresentanti del Governo, mi rivolgo a voi con molta nettezza. In questo milleproroghe ci avevate promesso degli interventi, degli interventi importanti rivolti alle popolazioni terremotate. Ce lo avevate non solo promesso, non solo a parole; lo avevate scritto negli ordini del giorno che abbiamo approvato in quest'Aula. Ci avevate detto che nel prossimo milleproroghe avremmo avuto le risposte alle questioni che nel decreto terremoto avevamo introdotto nel dibattito. Non solo queste risposte non sono venute, ma non ci avete nemmeno detto, nel dibattito in Commissione e men che meno in questo dell'Aula, come intendete affrontare l'emergenza delle aree terremotate e la ricostruzione conseguente.
Già qualche collega lo ha detto: da domani la ex sottosegretaria commissaria Paola De Micheli ha finito il suo mandato. Chi seguirà queste questioni non ce lo dite; non lo dite a noi, ma non lo dite nemmeno ai sindaci. Abbiamo presentato numerosi emendamenti che andavano proprio nella direzione di applicare quello che negli ordini del giorno ci avevate detto che voi avreste fatto, ma nulla di quello che serve viene fatto. Solo un emendamento avete approvato, un emendamento del Partito Democratico. Siamo orgogliosi di averlo presentato e ce lo portiamo a casa con altrettanto orgoglio; un emendamento che va nella direzione di portare 5 milioni di risorse per la ripresa delle attività produttive per il danno indiretto. Ma avete detto troppi “no”, troppi “no” li avete detti a quella gente a cui siete andati a raccontare le frottole. Vi siete sperticati in campagna elettorale a dire che avreste detto, fatto, concluso e risolto; e invece avete detto no a tutto. Avete detto no alla proroga del personale: dal 31 dicembre non ci saranno più gli addetti della ricostruzione, si fermeranno gli uffici, si fermeranno le pratiche che servono ad andare avanti nei lavori.
Avete detto di no alla proroga dei mutui, di no alla sospensione delle tasse e alla ripresa…
PRESIDENTE. Concluda.
STEFANIA PEZZOPANE…delle restituzioni con i tempi dovuti. Avete detto di no al finanziamento della ricostruzione, avete detto di no alla zona franca, alla vulnerabilità degli edifici scolastici. Avete detto molti “no”; su questi “no” noi continueremo a lavorare affinché negli altri strumenti e in Aula domani si possa trasformare qualche “no” in “sì”, perché le popolazioni terremotate non hanno il bisogno delle vostre chiacchiere, delle vostre illusioni e delle vostre promesse. E noi che ci viviamo sappiamo bene che non aspetteremo più un solo giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Essendo giunti alle ore 24, interrompiamo lo svolgimento della discussione sulle linee generali, che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 9,30.
Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che la deputata Valentina Barzotti, proclamata in data odierna, ha dichiarato, con lettera pervenuta in pari data, di aderire al gruppo MoVimento 5 Stelle.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Fatuzzo. Ne ha facoltà per due minuti.
CARLO FATUZZO (FI). Finalmente una buona notizia per gli inabili, perché la Corte di cassazione pochi giorni addietro, esattamente il 22 agosto 2018, sentenza n. 20819, ha dichiarato che scatta il diritto alla indennità di accompagnamento per chi, a causa di patologie o degli acciacchi del tempo, è a rischio di cadere, se non assistito adeguatamente da qualcuno che lo aiuta a non avere il passo malfermo, quando anche la vista non è più un alleato di cui fidarsi. Per cui, la previdenza sociale è stata condannata a pagargli la indennità di accompagnamento. Mi auguro che - tramite lei, Presidente, lo chiedo ai colleghi - si faccia conoscere agli interessati questa importante sentenza, finalmente favorevole all'inabile grave, che ha bisogno di assistenza. Viva i pensionati, pensionati all'attacco!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Quartapelle. Se non è presente, si intende che abbia rinunciato.
Ha chiesto di parlare il collega Romaniello. Ne ha facoltà.
CRISTIAN ROMANIELLO (M5S). Presidente, colleghi, l'11 settembre del 2001 avevo tredici anni. Ricordo con esattezza i dettagli dell'immagine che avevo di fronte, mentre tutti i canali trasmettevano una tragedia che ha visto la morte di quasi 3 mila persone. Ero distante migliaia di chilometri dal cuore dell'America che stava subendo un attacco senza precedenti. Così come nella mia memoria si è impressa quell'immagine, nella memoria dei superstiti di quel dramma ne sono rimaste di orrende, nel corpo di queste persone le emozioni peggiori che si possano provare, che hanno loro tolto il sonno.
Nel ricordo di queste persone c'è la terra che trema, il rumore di un grande boato, il calore che percepivano dal basso; e poi un aereo che si schianta e trapassa un palazzo, simbolo della grandezza dell'America. Un'infinita nebbia di polvere che si solleva, il fumo, le fiamme, le grida e il pianto, l'immagine di persone che si gettano nel vuoto, la morte a un passo.
Poi la corsa per la sopravvivenza, le sirene delle forze dell'ordine e dei vigili del fuoco, quei vigili del fuoco che hanno dato la vita per cercare di salvarne quante più possibile.
Sono passati diciassette anni e ancora una volta un pensiero, un ringraziamento, va a quegli eroi, che hanno messo la vita degli altri davanti alla propria. Un pensiero va ancora a quelle vittime del terrorismo. E diciassette anni dopo, però, c'è un'altra immagine, questa volta di speranza. È stata riaperta oggi la storica fermata di Cortland Street, proprio la fermata della metro delle Torri gemelle. Questa immagine è simbolo di pace e speranza. È un simbolo di rinascita, quella rinascita di cui l'umanità è capace. In questa notte, l'auspicio più bello che possiamo fare è legato a questa capacità di rinascere, di crescere e di prospettare nella pace (Applausi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Pezzopane. Ne ha facoltà.
STEFANIA PEZZOPANE (PD). Grazie, Presidente. Mentre noi siamo qui, ci sono 53 dipendenti dell'ipermercato ex Simply Sma di Piano d'Accio a Teramo che protestano per difendere il loro posto di lavoro. A loro è dovuto un mio saluto e un mio impegno, come quello di tutto il Partito Democratico.
Solo pochi giorni fa hanno ricevuto una lettera da parte dell'azienda, in cui l'azienda dice che a fine mese, il 30 settembre, chiuderà il punto vendita e che per loro l'unica strada è quello di un eventuale trasferimento. Sono donne di una certa età, lavorano in quel presidio da 20-25 anni. Spostarsi dalla città di Teramo, per donne e persone che hanno uno stipendio attorno agli 800 euro, diventa effettivamente una proposta unica di licenziamento, ovvero il benservito da un'azienda a donne e uomini che hanno sacrificato e che si sono impegnati per anni per il buon nome dell'azienda stessa e dell'attività, che all'interno di quell'azienda si compiva.
Si sta creando un tavolo istituzionale. Io chiedo al Governo e al Presidente, che possa fare da mediatrice, per intervenire nei confronti di questo grande gruppo, che si comporta in maniera odiosa e sprezzante nei confronti dei diritti dei lavoratori. Nel decreto dignità, da poco approvato, non c'è nulla per aiutare questi lavoratori. E, quindi, credo che sia necessario un intervento netto da parte del Ministero del lavoro, così come sta già facendo la regione e il comune, per salvare queste lavoratrici e questi lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Testamento. Ne ha facoltà.
ROSA ALBA TESTAMENTO (M5S). Presidente, colleghi, intervengo brevemente per sollecitare la risposta del Governo a tre mie interrogazioni, che riguardano il territorio molisano.
La prima è l'interrogazione n. 5-00131, indirizzata al Ministro dei Beni ed attività culturali, Alberto Bonisoli, in cui si chiede di riferire quali iniziative il Mibac intenda adottare per rendere nuovamente accessibile la biblioteca Albino ai cittadini di Campobasso e a tutti i molisani e se e con quale tempistica è previsto un piano di restauro, conservazione e valorizzazione delle cosiddette attrattive culturali minori.
La seconda è l'interrogazione n. 4-00933 indirizzata al Ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli, inerente i continui guasti che si verificano gli impianti di illuminazione delle gallerie presenti sulla strada statale n. 158 Valle del Volturno. Nello specifico si chiede quali iniziative ritenga opportuno prendere, affinché siano ripristinati un'adeguata illuminazione nelle gallerie e, di riflesso, gli standard di sicurezza.
L'ultimo atto di sindacato ispettivo che riguarda il Molise, di cui sollecito una risposta, è l'interrogazione n. 4-00755, indirizzata anche questo al Ministro Bonisoli, in cui si chiede se intenda attivare un tavolo di confronto con la regione Molise e con la competente soprintendenza archeologica alle belle arti e al paesaggio, al fine di definire un programma di recupero e valorizzazione del Verlasce di Venafro, anfiteatro romano risalente al I secolo avanti Cristo e da tempo abbandonato, nonostante il suo inestimabile valore storico, artistico e architettonico.
Mi rivolgo, quindi, direttamente alla Presidenza, affinché segnali questo mio intervento al Governo e possa aggiungere quanto prima un riscontro a queste mie iniziative, che riguardano sicurezza, tutela e valorizzazione del Molise e la cultura molisana (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Mercoledì 12 settembre 2018 - Ore 9,30:
(ore 9,30 e ore 16)
1. Seguito della discussione del disegno di legge (per il seguito della discussione sulle linee generali e il seguito dell'esame):
S. 717 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (Approvato dal Senato). (C. 1117-A)
Relatori: BALDINO (per la I Commissione) e BUOMPANE (per la V Commissione), per la maggioranza; MARATTIN e D'ETTORE, di minoranza.
(ore 15)
2. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .
La seduta termina alle 00,10 di mercoledì 12 settembre 2018.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MAURIZIO LUPI (MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AD IMPLEMENTARE IL REDDITO DI INCLUSIONE); MAURIZIO FELICE D'ETTORE, FEDERICO MOLLICONE (A.C. 1117-A)
MAURIZIO LUPI (MISTO-NCI-USEI). (Dichiarazione di voto su mozioni concernenti iniziative volte ad implementare il reddito di inclusione). Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, cercherete invano un intero capitolo dedicato alla famiglia nel contratto di Governo, la parola famiglia vi compare qua e là con proposte sporadiche e disarticolate tra di loro. È oggettivamente un passo indietro, nella legge di stabilità per l'anno 2017 invece, per la prima volta nella storia delle leggi di bilancio della Repubblica italiana, un intero capitolo era dedicato alla famiglia, con una politica di incentivi organica e conseguente, dal bonus bebè al bonus asilo nido eccetera. Perché una cosa è dire parole che la famiglia è il nucleo centrale della società, un'altra tradurre questa intenzione in, fatti, in atti normativi, dimostrando così che non si tratta di mera retorica o di demagogia per scopi elettorali. È questo il motivo per cui Noi con l'Italia come primo atto di questa legislatura ha depositato una proposta di legge denominata Family act. Una proposta organica, come dicevo, di politiche spesso pensate in modo disarticolato tra di loro e che invece vanno sintetizzate in un'unica norma che abbia al centro la famiglia e sappia armonizzare politiche sociali, di welfare, del lavoro e soprattutto che abbia il coraggio di importanti innovazioni fiscali come ad esempio il fattore famiglia.
La nostra in difesa della famiglia non è una posizione ideologica a priori, ma una constatazione documentata dalla storia, anche quella recente del nostro Paese. È indubbio che in questi ormai dieci lunghi anni di crisi la famiglia si sia dimostrata il principale ammortizzatore sociale che a questa crisi ha fatto fronte, per la sua capacità di risparmio, per la sua capacità di accoglienza, di sostegno non solo economico ma anche affettivo e motivazionale.
È ora di restituire alla famiglia quello che ha abbondantemente dato alla nostra società, alla sua residua solidità, e conseguentemente anche alle nostre istituzioni.
Anche perché molte famiglie sono ormai da tempo sulla soglia dell'insostenibilità del vivere dignitosamente. Se leggi e decreti c'entrano con la dignità delle persone, io penso che la dignità del nostro agire politico dipenda molto dalla responsabilità che noi ci sapremo assumere di sostenere veramente la famiglia. L'ISTAT, di cui vi prego - ditelo al sottosegretario Caselli che sogna un istituto di statistica più consono ai desiderata del governo - di conservare e salvaguardare l'indipendenza, ha da tempo documentato come in Italia si siano aggravate le diseguaglianze sociali. Come nei dieci anni che decorrono dalla grave crisi finanziaria ed economica del 2008 si è determinato un forte aumento della povertà. Nel 2017, in crescita sul 2016, si stimano in povertà assoluta I milione e 778 mila famiglie, nuclei in cui vivono oltre 5 milioni di persone. È cresciuta anche la povertà relativa, che nel 2017 riguarda 3 milioni 171 mila famiglie e 9 milioni e 368 mila individui. L'incidenza di povertà relativa si mantiene elevata soprattutto per le famiglie di operai, quegli operai di cui spero vogliate salvare il posto di lavoro invece di farli passare nelle liste del reddito di cittadinanza che verrà come purtroppo la gestione della vicenda Ilva fa con preoccupazione pensare.
Ora, nel 2016 come misura di contrasto della povertà è stato varato il reddito di inclusione (REI). Non siate distruttivamente ideologici, non pensate che tutto quello che vi ha preceduto è il male assoluto dì cui fare tabula rasa
come ad esempio lasciate supporre dagli ultimatum del Ministro Toninelli sulle grandi opere. La saggezza del governo e anche nel conservare e migliorare quanto di positivo è stato fatto prima di noi. 11 reddito di inclusione è tra queste cose. Funziona. Va implementato, non serve spremersi le meningi per cercare nuove norme, miglioriamolo, assegniamogli più risorse. Sarebbe un gesto concreto a favore delle famiglie.
Proviamo invece qui sì a pensare e ad attivare un fisco che introduca misure più favorevoli per le famiglie con più figli a carico e che si trovano in stato di marginalità sociale in modo da coniugare l'incremento del reddito di inclusione a una riforma fiscale che abbia al centro la famiglia.
Proviamo anche a creare le condizioni per attivare una politica che possa conciliare in modo pieno lavoro e vita familiare.
Proviamo, inoltre, ad aiutare chi una famiglia la vuole formare, a sostenere le giovani coppie con bassi livelli di reddito nel problema casa in modo da facilitare loro l'accesso all'abitazione, sia essa di proprietà o in affitto
Proviamo infine, invece di buttare soldi a pioggia in centri per l'impiego che hanno trovato lavoro solo al 3 per cento dei disoccupati che si rivolgevano a loro, a intervenire per riformare i servizi per l'impiego nella prospettiva di una rete integrata pubblico privato volta ad assicurare una efficiente ed efficace azione su tutto il territorio nazionale.
Ecco, credo che accogliere queste proposte, e le altre che sono contenute nel nostro Family-Act potrebbe permettere di associare la parola dignità alle politiche per la famiglia che saremo in grado di attuare.
FELICE MAURIZIO D'ETTORE, Relatore di minoranza. (Relazione - A.C. 1117-A). Onorevoli colleghi! - Il provvedimento al nostro esame, nonostante l'impegno profuso in sede parlamentare dai deputati delle Commissioni nel corso dell'esame in sede referente, si conferma come l'ennesimo provvedimento di questa legislatura che di cambiamento non ha nulla, perché la proroga dei termini, o quello che viene più banalmente e popolarmente definito provvedimento « mille-proroghe », in realtà altro non è che una consuetudine tipica delle legislature passate e dei Governi passati, oggi redatta in versione estiva, che tuttavia, in questo caso, si arricchisce di norme che, oltre a non avere nulla a che vedere con i contenuti propri di un decreto-legge recante proroga di termini, appaiono di portata oltremodo grave e inaccettabile.
Un esempio per tutti è la norma sui vaccini contenuta nell'articolo 6 del provvedimento, su cui il Governo e la maggioranza sembravano aver fatto un passo indietro rispetto a quanto introdotto dal Senato, per finire poi a contraddirsi per l'ennesima volta con l'approvazione di una norma che, senza alcuna logica e ratio scientifica, consente alle famiglie di autocertificare le vaccinazioni obbligatorie dei bambini fino al marzo 2019.
In questo caso, onorevoli Colleghi, gli esponenti della maggioranza e i rappresentanti del Governo hanno dimostrato di non aver neanche letto i pareri degli esperti che nell'ambito del ciclo di audizioni hanno sempre sostenuto la necessità e l'importanza delle vaccinazioni, creando ulteriore inevitabile confusione nell'ambito delle famiglie e delle scuole.
Chiediamoci perché un genitore munito della certificazione di avvenuta immunizzazione dovrebbe presentare prima un'autocertificazione e poi, entro sei mesi, ritornare a scuola per consegnare un documento che già oggi è in suo possesso? E ancora, come si comporteranno i dirigenti scolastici che alla fine della proroga non avranno ottenuto la regolarizzazione di qualcuno?
La certezza è che nei prossimi sei mesi vivremo un clima di dubbi e di sospetti, perché nessuno sarà in grado di impedire che nelle aule possano entrare anche studenti non vaccinati e questo non farà certo bene alle comunità scolastiche.
Discrasie, queste, che imporrebbero una seria riflessione da parte del Governo e della maggioranza.
Al riguardo, il gruppo parlamentare di Forza Italia sottolinea con forza che un'offerta vaccinale basata sull'incertezza e sulla sola raccomandazione comporta, come già ampiamente provato prima dell'introduzione dell'obbligo, il progressivo calo delle coperture vaccinali, mettendo in pericolo la salute dei bambini e di tutta la popolazione, specialmente dei soggetti più fragili e vulnerabili, ovvero di coloro che per particolari condizioni di salute non possono essere vaccinati e che, invece, sarebbero protetti dalla cosiddetta « immunità di gregge ».
Si pensi al riguardo all'epidemia di morbillo che dallo scorso anno coinvolge i Paesi dell'Unione europea: quasi 15.000 casi nel 2017, con 10.000 casi solo tra Italia e Romania e, purtroppo, 30 decessi che potevano essere evitati; altri due morti si sono registrati nel 2018 in Sicilia e anche in questo caso potevano essere evitati.
Si tratta, pertanto, di una scelta irresponsabile che calpesta pesantemente evidenze scientifiche consolidate, finalizzata alla mera ricerca del consenso, ed è ovvio che il gruppo parlamentare di Forza Italia non sarà mai d'accordo con chi gioca con la salute degli italiani.
Su un altro punto del provvedimento, abbiamo cercato di venire incontro al grido di dolore lanciato dagli enti locali e alle questioni urgenti da loro sollevate, ma non c'è stato niente da fare.
Con riferimento alle province non è accaduto niente di particolarmente significativo per cercare di superare la riforma Delrio, che tanti problemi ha creato, nella considerazione che le disposizioni previste in questo provvedimento confermano, anche per il 2018, le modalità di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio a favore delle province e delle città metropolitane, confermando una disorganica e dannosa sovrapposizione fra le competenze affidate a tali enti. Con riferimento ai comuni si è fatto ancora peggio, se solo si considera la norma approvata al Senato che differisce al 2020 l'efficacia delle convenzioni riguardanti i progetti finanziati in favore di 96 comuni e città metropolitane, di fatto intervenendo su rapporti convenzionali in corso sulla cui base sono stati assunti oneri, effettuate gare e avviati lavori.
Una perdita immane di risorse, onorevoli Colleghi, che minerà profondamente lo sviluppo economico e sociale del Paese, trattandosi di risorse destinate alle periferie che sono, come noto, le zone più degradate della nostra Italia.
Parliamo di 96 enti beneficiari diretti, 87 comuni capoluogo di provincia, 9 città metropolitane, 1.625 interventi che riguardano un totale di 326 comuni e che coinvolgono 19.803.099 cittadini per un valore complessivo degli investimenti bloccati pari a 2,7 miliardi di euro.
Senza contare che, in esecuzione degli obblighi convenzionali e a seguito dell'invio dei progetti esecutivi, molti comuni hanno già chiesto l'anticipazione del 20 per cento dell'importo dovuto e ammesso a finanziamento, senza ricevere riscontro, e che molti comuni, per il solo finanziamento delle spese iniziali di progettazione, hanno usufruito dell'apposito fondo rotativo costituito dalla Cassa depositi e prestiti.
Quindi, i comuni, facendo legittimo affidamento sulla piena ed effettiva titolarità del finanziamento e dell'efficacia degli obblighi convenzionali, hanno già provveduto a bandire gare di appalto per i lavori da realizzare e in alcuni casi hanno realizzato lavori.
Veramente non si comprende la superficialità con cui è stata affrontata tale questione, anche alla luce del fatto che il taglio di risorse colpirà principalmente i comuni del Sud, che in assenza di risorse aggiuntive saranno costretti a rimodulare quelle già previste a legislazione vigente dal Fondo per lo sviluppo e la coesione: il che significa spendere necessariamente meno per fare altre cose.
Come ben evidenziato dall'ANCI, in sede di audizione presso le Commissioni riunite, era stata adottata una misura di ampiezza nazionale, il cosiddetto bando periferie a favore dei comuni capoluogo di provincia e delle città metropolitane, con l'obiettivo di realizzare interventi nelle periferie, intese come aree più disagiate, insicure e degradate delle aree urbane; risanare, rigenerare porzioni del territorio, spazi pubblici e infrastrutture e dar vita a progetti condivisi di gestione dei beni comuni, coinvolgendo in particolare i giovani, con progetti complessi capaci anche di creare occupazione; restituire pienamente alla comunità, contrastando il degrado e l'abbandono, spazi pubblici per innalzare il senso civico e la qualità della vita nelle nostre città, per favorire l'aggregazione sociale, la costruzione insieme del senso di comunità, la possibilità di guardare con occhi nuovi l'ambiente intorno a noi.
Idee e azioni che nascono dal dialogo con i cittadini e le associazioni e attraverso un percorso dal basso, dal territorio, che vede il comune e il sindaco protagonista e decisore responsabile di cosa è giusto fare, secondo un rapporto trasparente con i propri cittadini e l'esercizio concreto di una democrazia partecipata.
Non investimenti sul territorio decisi dai Ministeri, ma proposte avanzate in autonomia dai sindaci.
Ma tutto questo l'attuale Governo, evidentemente, non lo ha considerato, mostrandosi analogamente disinteressato ad altre importanti questioni relative ai comuni medio-piccoli, rispetto alle quali il gruppo parlamentare di Forza Italia è intervenuto in Commissione.
E ancora, abbiamo proposto di porre rimedio ai guasti che la direttiva Bolkestein sta provocando ai tanti esercenti attività commerciali sulle spiagge italiane o sulle aree pubbliche. Ma anche in questo caso non c'è stato nulla da fare.
Abbiamo cercato di sensibilizzare il più possibile la maggioranza e il Governo ad affrontare con questo decreto questioni della massima urgenza legate al crollo del ponte Morandi di Genova avvenuto il 14 agosto scorso.
Ma anche in questo caso, con profondo rammarico, abbiamo dovuto constatare l'assenza di qualsiasi apertura e sensibilità, mentre latita la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ad hoc che il Governo ha annunciato per Genova.
In particolare avevamo proposto, in considerazione della straordinaria necessità e urgenza di intensificare gli interventi volti a favorire la ripresa e lo sviluppo delle attività imprenditoriali direttamente e indirettamente interessate dai danni conseguenti al crollo del ponte Morandi di Genova, che le disposizioni di cui all'articolo 4 del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, in materia di istituzione di zone economiche speciali (ZES) si applicassero anche in relazione all'intero perimetro portuale e retroportuale del comune di Genova, fino a comprendere gli inter- porti di Rivalta Scriva, Alessandra e Piacenza.
E ancora la costituzione di una zona franca urbana, interventi per la viabilità, misure di sostegno immediate per la popolazione e le imprese operanti su quel territorio.
Ma nulla da fare.
Sono tante altre le questioni delle quali ci siamo occupati durante l'esame di questo provvedimento.
Abbiamo cercato di venire incontro soprattutto alle esigenze delle vittime del terremoto, nei cui confronti si è consumato un vero e proprio tradimento da parte di questo Governo.
Con l'articolo 9 del provvedimento in esame, infatti, solo parzialmente viene presa in considerazione l'esigenza di andare incontro alle tante imprese per le quali era stata sospesa l'erogazione dei tributi nel periodo del terremoto, perché sono state messe in ginocchio centinaia di imprenditori, ai quali abbiamo il dovere di dare risposte.
Su questo articolo abbiamo proposto una serie di altri emendamenti coerenti con la proroga di termini e, quindi, con la competenza per la quale erano stati presi in considerazione i nostri terremotati, ritenendo assolutamente prioritario venire incontro alle loro esigenze, alle esigenze di chi in questo momento sta soffrendo per un evento naturale che lo ha messo in ginocchio, lo ha piegato, gli ha sottratto la casa e la possibilità di lavoro.
Eppure quel che risulta in modo evidente è che nel 2009, col Governo Berlusconi, quando c'è stato il terremoto dell'Aquila, che ha causato tanti morti e tanti danni, c'è stata una risposta dell'esecutivo assolutamente efficiente, efficace e al fianco delle popolazioni terremotate, e invece oggi non si è riusciti neanche ad approvare un nostro emendamento sulla proroga della gestione commissariale e l'ampliamento dei benefìci previsti in favore della popolazione colpita dal terremoto di Ischia dello scorso anno.
Abbiamo cercato anche di intervenire sulla questione degli investitori coinvolti nelle crisi bancarie, ma non abbiamo ricevuto risposte concrete.
Eppure oggi, nonostante gli annunci, ad oltre sei mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio 2018 con la quale si è introdotto un fondo di ristoro finanziario per quei risparmiatori che hanno subìto un danno ingiusto a seguito delle crisi bancarie, non è ancora stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri necessario a consentirne l'operatività.
Anzi, con l'approvazione del decreto cosiddetto milleproroghe al Senato, il termine ultimo per la sua emanazione è slittato a fine ottobre.
Si tratta di una situazione che abbiamo a più riprese denunciato e, per fare fronte all'esigenza concreta dei risparmiatori, il nostro gruppo parlamentare ha presentato emendamenti specifici in favore degli investitori coinvolti nella crisi delle banche e che versano in condizioni d'indigenza o comunque di vulnerabilità economica o sociale conseguenti all'azzeramento del valore dei titoli posseduti, considerato in ogni caso il diritto all'integrale rimborso. Il nostro gruppo parlamentare, come sempre e anche in questa circostanza, ha dimostrato la consueta attenzione e sensibilità nei confronti dei cittadini che si sono visti danneggiati nei propri diritti.
Concludo, onorevoli Colleghi, ribadendo una valutazione fortemente contraria sul provvedimento in esame.
FEDERICO MOLLICONE (FDI). (Intervento in discussione sulle linee generali - A.C. 1117-A). Prima di esprimere le nostre valutazioni su alcuni articoli del decreto “mille-proroghe”, ritengo necessario fare una considerazione generale su questo strumento legislativo.
Esso era nato nel 2005 in via eccezionale, per coordinare e disciplinare una serie di lacune legislative: ma poi è diventato un atto ordinario, che si ripete puntualmente ogni anno, provocando anche una rincorsa delle varie lobbies a inserire rinvii o nuove normative.
In realtà, un decreto siffatto dimostra due cose, alternative o convergenti: che la normativa base, su cui si applica la proroga, è stata scritta male e necessita di un rinvio per approfondirla, chiarirla, eliminarla o più semplicemente renderla attuativa; che si tratti di un alibi dei governi i quali, per motivi contingenti o propagandistici, approvano una norma lasciandola però incompleta e inattuata, perché già sanno che non è necessaria o corretta.
Inoltre, bisogna anche considerare che – al di là della responsabilità dei governi e delle forze politiche – spesso queste proroghe sono dettate dal fatto che l'apparato burocratico ministeriale, ma a volte anche regionale, non è in grado di applicare tempestivamente e compiutamente le prescrizioni legislative: ma questo è un grosso problema, che inceppa il funzionamento della macchina dello Stato, e che dovrebbe essere all'attenzione dei singoli ministri e della riforma della pubblica amministrazione.
In questo caso, ci troviamo di fronte a provvedimenti dei passati governi Renzi e Gentiloni, che questo nuovo governo deve definire in qualche modo. E ci rendiamo conto dello sforzo che è stato fatto per sistemare – con i rinvii o con riformulazioni – normative delicate e contestate, quali la riduzione dei finanziamenti agli Enti Locali, la sistemazione rimasta sospesa dei docenti necessari per il prossimo anno scolastico, la complessa e pericolosa normativa sulle intercettazioni, la retromarcia sulle vaccinazioni prima demonizzate e ora di fatto reintrodotte, la tutela delle tariffe energetiche, l'assetto delle Banche popolari e cooperative, il Fondo per il risarcimento ai risparmiatori truffati, e altro ancora.
I miei colleghi hanno svolto un lavoro egregio, anche notturno nelle Commissioni, presentando molti emendamenti per migliorare il testo o eliminare quei punti che apparivano in modo evidente suggerite da qualche ambiente interessato. Decine di emendamenti migliorativi frutto del lavoro di confronto con le categorie e il territorio spazzato via dallo sbarramento delle commissioni congiunte. Di tutto il lavoro fatto, compresa la difesa dei docenti precari, non è rimasto nulla. Tutto azzerato, polverizzato a colpi di maggioranza. È questa la democrazia della Casaleggio & co? Avete per anni straparlato e urlato nelle piazze che “uno vale uno” che la democrazia è dei cittadini e poi quando arrivate maldestramente al governo trattate i rappresentanti del popolo, quali sono anche i deputati dell'opposizione, come se fossero ultronei. Come se la democrazia fosse un fastidio. Una perdita di tempo. Per ricordare Orwell stracitato nei vostri blog “In un momento di inganno, dire la verità è un atto rivoluzionario”. Ecco ora dobbiamo dirla la verità: non rispettate il parlamento e quindi gli italiani.
L'auspicio che facciamo, quindi è che questo governo, che si autodefinisce del cambiamento, possa cambiare anche questa modalità di legiferare a colpi di decreto e si dice di fiducia , che lascia in sospeso molte questioni importanti perché non si ha il coraggio o la forza politica di renderle immediatamente operative, creando danni ai cittadini e alla finanza pubblica.
Ma entriamo nel merito dell'articolato…
L'articolo 1 e seguenti tratta dei finanziamenti agli Enti Locali, prima bloccati poi in parte rifinanziati, poi sospesi per mancanza dei piani d'investimento e via dicendo: tutto questo andirivieni è legato, certo, alla politica di austerità instaurata dal governo Monti, su indicazione dell'Europa. Ora è il momento di porre un punto fermo: gli Enti locali, e in particolare le Province improvvidamente soppresse (a parole, ma che devono continuare a funzionare) hanno bisogno di risorse finanziarie per provvedere alla manutenzione di strade e scuole da mettere anche in sicurezza sia per l'invecchiamento degli edifici sia per i rischi sismici e alluvionali. Ci auguriamo che questo Governo prenda in seria considerazione questa questione e sappia sia razionalizzare i finanziamenti che rafforzarli complessivamente.
Un'attenzione particolare poi va data alle Città Metropolitane, in particolare Roma quella che era la capitale d'Italia il cui degrado – certo per responsabilità della vostra Raggi- il peggiore sindaco della storia di Roma- ma anche per l'assenza dello Stato – è crescente, con danni d'immagine internazionali incalcolabili.
Per quanto riguarda le province, comunque, siamo favorevoli all'election day previsto per il 31 ottobre prossimo, anche in via anticipata: le elezioni comunali dell'ultimo anno hanno modificato la “geografia politica” dei territori ed è quindi opportuno farla emergere.
I commi 1/bis e 1/ter dell'articolo 3 riguardano il rinvio fino al 2020 della cessazione del regime di “maggior tutela” nelle forniture di gas ed energia elettrica. Questo è giusto, perché in vista dell'abolizione negli ultimi mesi i procacciatori delle Imprese fornitrici giravano per le case a chiedere la sottoscrizione di nuovi contratti, lasciati al cosiddetto “mercato libero” con proposte favorevoli all'inizio ma appesantite in seguito, come sempre capita in questi casi. La norma è fatta per tutelare solo i consumatori domestici e i piccoli consumatori industriali.
Ci sembra anche opportuno che al comma 2 dell'articolo 6 si preveda l'attribuzione degli incarichi a tempo indeterminato agli insegnanti di formazione artistica e musicale già presenti in graduatoria. Ciò al fine di non interrompere quelle attività didattiche, limitate e specialistiche ma fondamentali per la patria delle arti.
Ma è proprio sulla scuola che avete dato il peggio di voi stessi a partire dal decreto dignità, che poi a chiamarlo così ci vuole coraggio. l'articolo 6, comma 3-quinquies, introdotto dal Senato, prevede che i docenti che hanno conseguito l'abilitazione entro l'anno accademico 2017/2018, nonché i docenti in possesso di diploma magistrale o d'insegnamento tecnico-professionale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, possano inserirsi nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento (GAE);
(Governo) sulla questione dei diplomati magistrali – apertasi per effetto della sentenza del Consiglio di Stato n. 11 del 2017, con cui è stato stabilito che il possesso del solo diploma magistrale, anche quando conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, non costituisce titolo sufficiente per l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento (GAE) del personale docente – è già intervenuto, con altra e preferibile soluzione, l'articolo 4 del decreto-legge n. 87 del 2018,
il che è vero in parte, perché di fronte a 5000 sentenze di merito positivo, non appellate dall'Avvocatura di Stato, non si può certo affermare che non possa essere considerato titolo di accesso. Se è vero che queste sentenze sono state emesse precedentemente alla Plenaria, è pur vero che l'avvocatura di stato aveva 6 mesi per appellarle e non lo ha fatto. I meriti favorevoli, 3000 del 2014 avute dallo stesso consiglio di stato che poi ha cambiato idea, e gli altri successivi a macchia di leopardo, sparsi in tutta Italia, non possono considerarsi errori perché se questi errori dovessero avvenire anche in ambito penale, come evidentemente accade, sarebbe gravissimo.
(Governo) come modificato dal Parlamento in sede di conversione, il quale per un verso ha disposto che il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca può trasformare i contratti di lavoro con i docenti diplomati che dovessero decadere a seguito di provvedimenti giurisdizionali in linea con la decisione del Consiglio di Stato in contratti di lavoro a tempo determinato con termine finale non posteriore al 30 giugno 2019; anche su questo punto c'è da discutere perché non si può trasformare nessun contratto al 30 giugno se non c'è sentenza di merito negativa, quindi anche questo passaggio risulta essere ambiguo. Come si fa a stabilire se un contratto debba essere trasformato al 30 giusto 2019? Se una sentenza di merito negativa arrivasse nel 2020 cosa accadrebbe? E' un altro pasticcio senza fine e per l'altro verso ha autorizzato una procedura concorsuale straordinaria per la copertura di parte dei posti vacanti e disponibili nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria riservata agli stessi docenti diplomati magistrali, nonché ai laureati in scienze della formazione primaria in possesso di requisiti minimi di servizio presso le scuole; copiare il decreto legislativo 59 del PD utilizzato per il reclutamento della scuola secondaria, che ha 80% di cattedre libere e quindi in tutta Italia vanta Gae e Gm esaurite, e attuarlo per i maestri, non è per loro una possibilità, ma è un modo per danneggiarli ulteriormente. Paradossalmente, con questo decreto, i più lesi saranno i docenti che insegnano davvero da anni perché il loro servizio verrà rivisto in una tabella di valutazione titoli. Il che significa ritrasformare in precari i veri precari storici, senza contare che per il sud sarà l'ennesima condanna, se pensiamo poi che anche le precarie presenti nelle Gae a pieno titolo potranno partecipare, nonostante abbiano già una graduatoria a scorrimento per il ruolo, viene da sul serio da piangere. Sarebbe stato meglio far fare loro un corso di aggiornamento del titolo e procedere in altro modo, senza ledere nessuno, esattamente come molti della categoria chiedevano. In pratica cambiano le leggi, ma sempre a favore degli stessi.
(Governo) va pertanto valutato favorevolmente l'emendamento 6.60 al decreto-legge in esame, presentato dai relatori nelle Commissioni competenti in sede referente (Affari costituzionali e Bilancio), volto a sopprimere dal testo il citato comma 3-quinquies dell'articolo 6;
Ecco se c'è un verbo che fa rabbrividire , per quanto d'uso comune nel lessico burocratico è proprio questo: sopprimere. State sopprimendo i diritti e le speranze di decine di migliaia di docenti la cui unica colpa è quella di amare l'insegnamento e voler fare questo bellissimo lavoro purtroppo sottopagato.
Per questa ragione abbiamo presentato diversi emendamenti ma siccome gira la voce che chiederete la fiducia ma non otterrete certo la nostra li presentiamo qui e ora.
Il primo è l'equivalente migliorato della norma inclusa per errore e poi soppressa che vado a leggere:“3-quinquies. Al decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, sostituire il comma 2-ter dell'articolo 14, con il seguente:"2-ter. I docenti che hanno conseguito l'abilitazione entro l'anno accademico 2014/2015 possono inserirsi nella fascia aggiuntiva delle graduatorie ad esaurimento di cui all'articolo 1, commi 605, lettera c), e 607, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive modificazioni, ivi inclusi i docenti in possesso di diploma magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 e d'insegnamento tecnico-professionale purché conseguito tramite la frequenza dei percorsi abilitanti speciali come da decreto direttoriale n. 58/2013 . Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono fissati i termini per l'inserimento nelle predette graduatorie aggiuntive a decorrere dall'aggiornamento previsto nell'anno scolastico 2017/2018 per il successivo triennio"».
Al di là del decreto legislativo 59 che riguarda solo la scuola secondaria e che ha in questi giorni prodotto già una graduatoria di merito regionale che ha condotto al ruolo centinaia di professori, riteniamo possa essere utile un canale provinciale di assunzione per consentire ai docenti abilitati con TFA e PAS, di poter lavorare anche nella loro provincia e non dove capita. La graduatoria aggiuntiva poteva essere considerata come una possibilità in più, perché le GMR ( Graduatorie di merito regionali ) sono state comunque soggette ad una valutazione che ha riformulato il punteggio e leso i precari abilitati tramite PAS e con servizio.
Per i maestri, invece, viste le 5000 sentenze di merito passate in giudicato, previa salvaguardia dei ruoli, riteniamo possa considerarsi anch'essa una possibilità, come per la secondaria.
L'altro emendamento di bandiera è sul ripristino delle tre fasce gae:“2-ter. I docenti in possesso del diploma magistrale entro l'anno scolastico 2001/2002 e laurea in scienze della formazione primaria posso inserirsi nelle tre fasce delle graduatorie ad esaurimento rispettando gli obblighi della legge n. 124 del 3 maggio 1999 e legge n. 296 del 27 dicembre 2006, di cui all'articolo 1, commi 605, lettera c), e 607 e successive modificazioni. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono fissati i termini per l'inserimento nelle predette graduatorie aggiuntive a decorrere dall'aggiornamento previsto nell'anno scolastico 2017/2018 per il successivo triennio"».
Avrebbe avuto costo zero per lo Stato.
Garantito alle gae storiche la precedenza sulle assunzioni in quanto sarebbero stati collocati nella prima fascia avendo, loro, dei titoli in più.
In seconda fascia gae sarebbero stati collocati i docenti abilitati con 3 anni di servizio, non in possesso dei titoli per accedere alla prima fascia.
La terza fascia gae, invece, sarebbe toccata a chi, pur essendo in possesso di abilitazione, non ha avuto modo di maturare servizio.
Ovvio che sarebbe necessaria una modifica del testo unico.
In questo modo non ci sarebbero stati malcontenti perché sarebbero stati inseriti, in ordine di precedenza, tutti gli aventi diritto.
Il Governo non ha preso in considerazione nemmeno le richieste della categoria che avrebbe anche voluto aggiornare il proprio titolo con un corso universitario specifico. L'estensione del decreto legislativo 59, copiato dal Pd, lede profondamente chi realmente ha investito sulla scuola perché, nonostante la prova orale non sia selettiva, la categoria interessata sarà soggetta ad una rivalutazione del punteggio a causa della tabella titoli che verrà immancabilmente prodotta. E' molto realistica la preoccupazione di chi insegna da una vita, non solo di poter perdere tutto il servizio, ma anche di finire in coda a una graduatoria regionale.
Un concorso straordinario aperto anche agli storici delle Gae che avranno tripla possibilità: poter accedere ai ruoli da gae, poter fare un concorso riservato e poter accedere ai concorsi ordinari. I dm e sfp non dovranno accontentarsi di ciò che rimarrà e delle solite briciole alle quali sono state abituati.
Per altro tema, al di là degli emendamenti, sarebbe stata opportuna, inoltre, la trasformazione della seconda fascia di istituto in graduatoria provinciale a scorrimento, visto e considerato che la scelta delle scuole nelle quali svolgere supplenza è limitata a 20 scuole per la secondaria e 10 per la primaria.
Un grande dibattito, all'interno delle Commissioni, si è acceso anche sulla questione degli insegnanti di lingua italiana all'estero (articolo 6 comma 3 e seguenti). Questa è una funzione molto importante che in genere viene sottovalutata dai governi: l'insegnamento dell'italiano è molto richiesto (è la quarta lingua più studiata al mondo!), però i ministeri competenti, Istruzione ed Esteri, non la incentivano adeguatamente, non la finanziano e non la tutelano. Sono stato a Riga in Lettonia di recente e ho scoperto che per far arrivare un docente di italiano all'Università la nostra ambasciata, a cui va dato merito di promuovere la cultura e la produzione italiana, ha dovuto fare salti mortali. Un solo docente.
E l'incentivo non è solo sostegno e apertura delle scuole d'italiano all'estero, ma anche la formazione e la selezione degli insegnanti. Invece spesso il lavoro all'estero è stato preso dal personale come un'attività paraturistica e lucrosa, perché ben retribuita.
La Commissione ha giustamente proposto di sopprimere i commi 3/bis, 3/ter, 3/quater dell'art. 6 che prevedono proroghe dell'incarico all'estero che raggiungono i 14 anni complessivi, prevedendo per di più solo tre anni di servizio in Italia.
La questione va attentamente ridiscussa nell'ambito della Commissione Cultura, per cui mi riservo di predisporre appositi documenti di sindacato ispettivo, ma intanto lasciamo le cose come stanno.
L'Articolo 7 estende al 2018 la famosa “card 18 app” di 500 euro, che tante perplessità e critiche aveva suscitato quando fu avviata. Anche da parte dei 5 stelle e della lega e ora che anche il Consiglio di Stato ha sollevato delle eccezioni di natura legislativa su questa estensione, sarebbe opportuno eliminare quest'articolo con l'impegno a valutare adeguati ed effettivi strumenti di reale accesso alla cultura per i giovani.
Passiamo alle “Universiadi” indette a Napoli per il prossimo mese di maggio che hanno suscitato molte critiche nei confronti dell'amministrazione comunale della città e in genere sull'organizzazione. L'articolo 10 del decreto interviene ratificando l'incarico di Commissario Straordinario ad una persona nominata dalla Regione Campania al posto di un Prefetto e modifica la composizione della “Cabina di coordinamento” delle attività relative allo svolgimento di questa manifestazione: così però ha eliminato di fatto la presenza dello Stato, perché vi sono i rappresentanti della Regione (che ha nominato anche il Commissario), dei Comuni ma non dei ministeri. Abbiamo avuto dirette testimonianza dello scetticismo del Sottosegretario Giorgetti che in audizione congiunta al Senato ad Agosto ha fatto trapelare alle Commissioni sport riunite che l'esito del grande evento sportivo è tutt'altro che scontato. Ma almeno il MIUR, che si occupa delle Università, dovrebbe esserci formalmente. Ricordo che le Universiadi non sono un fatto locale, ma sono le olimpiadi studentesche, e quindi l'interesse nazionale per la riuscita della manifestazione è fondamentale.
Siamo certamente favorevoli alla modifica, proposta dalla Commissione all'art. 11, affinché sia rapidamente avviato il Fondo di ristoro per i risparmiatori danneggiati dal fallimento di alcune banche.
Un'ultima osservazione riguarda l'art. 11/quater dove si rinnova la partecipazione, sia pure con entità modesta, alla “Banca Africana di Sviluppo”. Considerato che tale istituto internazionale è attivo dal 1963, e vista la situazione dei Paesi africani che viene rappresentata come critica anche per giustificare l'immigrazione, sarebbe allora opportuno che il Ministero degli Esteri – che si chiama anche della “Cooperazione Internazionale” – e quello dell'Economia, che finanzia, svolgano una relazione sui risultati delle iniziative della Banca Africana. Ci dicano cosa è accaduto in questi ultimi anni di cooperazione che avrebbe dovuto scongiurare , o almeno provarci, parte del flusso immigratorio indotto.
Il famigerato articolo 13 sulla rigenerazione urbana e sui bandi delle periferie. Battaglia accesissima in commissione. Mi appassiona facendo parte dell'intergruppo sulla rigenerazione urbana e seguendo il tema da anni.
Nei giorni scorsi il presidente dell'Anci, Antonio Decaro, a nome di tutti i sindaci che contavano sulle risorse del bando periferie, anche dei nostri Trancassini, Prisco e De Carlo che hanno condotto una battaglia in commissione, ha scritto al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, chiedendogli di intervenire per “evitare che tale scellerata decisione dispieghi in toto i suoi effetti nefasti” e per “ripristinare un importante, e strategico per il Paese, vincolo di solidarietà tra istituzioni”.
L'Anci ha esaminato lo stato di avanzamento dei progetti di 39 delle 96 amministrazioni locali coinvolte. L'importo complessivo dei 39 progetti è di 1.218.483.706 euro. Le amministrazioni hanno contrattualizzato impegni per 42.717.919 euro. Le spese certificate dai soggetti affidatari ammontano a 12.381.058 euro, mentre pagamenti sono stati effettuati per 8.832.529 euro. Nel 33% dei casi sono già state attivate le procedure di gara per l'esecuzione dei lavori, per un importo complessivo vicino ai 65 milioni di euro, mentre nel 9% dei casi i cantieri sono già stati aperti. Molti Comuni hanno già chiesto l'anticipazione del 20 per cento dell'importo dovuto e ammesso a finanziamento, senza ricevere riscontro, e altri Comuni, per il solo finanziamento delle spese iniziali di progettazione, hanno usufruito dell'apposito Fondo rotativo costituito da Cassa depositi e prestiti.
I Comuni e le Città Metropolitane hanno dunque già sostenuto, a decorrere dalla data di efficacia delle convenzioni, spese, oneri amministrativi e gestionali, inserito nelle programmazioni triennali delle opere pubbliche tali investimenti, nei bilanci triennali le previsioni di spesa, convocato le conferenze dei servizi per l'acquisizione dei necessari pareri e autorizzazioni paesaggistiche, avviato procedure ad evidenza pubblica, assunto specifiche obbligazioni contrattuali. Insomma i Comuni sono in fase avanzata nell'attuazione della misura.
E ancora…
“La condizione delle periferie dovrebbe essere al centro delle politiche sociali, ambientali, energetiche, sulla sicurezza e per lo sviluppo economico: non c'è formazione politica che non l'abbia affermato in campagna elettorale.
Eppure la Camera nelle prossime settimane potrebbe confermare l'emendamento già approvato al Senato che sospende i fondi per la riqualificazione delle periferie in cento città italiane, a progetti avviati o approvati, tutti co-finanziati da privati.
Parliamo di strade, risanamenti edilizi, sicurezza idrogeologica e sismica, giardini, parchi giochi, scuole, infrastrutture indispensabili a ridare decoro ai luoghi più poveri e abbandonati in città grandi, medie e piccole. Al nord, al centro, al sud indipendentemente dal colore politico di chi li governa. Parliamo della rottura di accordi che erano garantiti dallo Stato e nei quali gli Enti Locali e i privati si sono impegnati con risorse umane, tecniche ed economiche. La rottura unilaterale degli accordi non può che avere pesanti conseguenze immediate e future, con un'ulteriore perdita di fiducia di tutti verso i progetti di collaborazione tra pubblico e privato nella rigenerazione delle nostre città.
ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Italiani), ANCI (Associazione Nazionali Comuni Italiani), Fondazione RIUSO per la rigenerazione urbana, Legambiente, AUDIS (Associazione Aree urbane dismesse)
Siete riusciti nel mettervi tutti contro persino su un tema condiviso e sostenuto come la rigenerazione urbana. Potevate trovare sistemi di controllo se non vi piacevano i progetti o chi li realizzava, ma così rendete persino lo Stato un soggetto inattendibile. E dopo Genova non solo avreste dovuto confermare gli investimenti ma non perdere un istante e forsennatamente realizzare un piano straordinario per la rigenerazione urbana della nazione. Vi suggeriamo anche il nome, in fondo è il nostro mestiere, “Rigenera Italia” Fondi europei e nazionali per rimettere in moto l'economia, l'edilizia, la creatività, la bellezza al posto del grigio delle periferie.
Il tema della rigenerazione urbana sostenibile è una questione centrale che deve diventare prioritaria nelle politiche di sviluppo dei prossimi anni. Per gli architetti italiani la questione urbana, infatti, è e sarà il principale problema dei governi di questi e dei prossimi anni. In Italia come nel mondo, la città e l'habitat sono a rischio “default” a causa dell'esaurimento delle risorse energetiche e delle pessime condizioni del patrimonio edilizio costruito nel dopoguerra.»
Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti (CNAPPC)
Insomma volevate cambiare l'Italia e portare discontinuità e noi in fondo lo abbiamo sperato dopo i miasmi ammorbanti dei governi sinistri, come i milioni di italiani che vi hanno votato, e invece in 100 giorni avete fatto solo 865 minuti di consiglio dei ministri, 17 sedute soltanto, 6 decreti di cui il maggiore è il decreto dignità. Il primo decreto “omeopatico” che usa la precarietà per curare la precarietà.
Dovevate cambiare e avete prorogato il bonus cultura dei 500 euro, la mancetta elettorale di Renzi, dovevate cambiare ed eliminare l'invalsi e lo avete solo differito; dovevate cambiare e sui vaccini avete rasentato l'inesprimibile applicando il principio palindromo di Escher. “Vaccini obbligatori, Aboliamo i vaccini, obbligatori i vaccini”, ma neanche subito. Dovevate cambiare E sulla scuola avete confermato una sentenza, la plenaria del 2017 riaffermando che il potere giudiziario prevale su quello politico anche se ci sono 3000 sentenze inappellate che dicono il contrario di una sola.
Ma certo siete stati umani avete lasciato finire l'anno al 30 giugno ai docenti precari da anni prima di licenziarli. L'ultima sigaretta del condannato.
Ma tranquilli noi e le migliaia di docenti licenziabili, il 1 luglio 2019 saremo qui. In commissione, in aula e in piazza. E non vi daremo tregua".
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):
nelle votazioni nn. 4 e 5 la deputata Tartaglione ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 7 la deputata Papiro ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;
nella votazione n. 8 il deputato Cataldi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;
nella votazione n. 17 la deputata Bonomo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 17 il deputato Iovino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nominale | Moz. Gelmini e a 1-00010 p. I | 498 | 392 | 106 | 197 | 114 | 278 | 58 | Resp. |
2 | Nominale | Moz. Gelmini e a 1-00010 rif. p. II | 496 | 484 | 12 | 243 | 483 | 1 | 59 | Appr. |
3 | Nominale | Moz. D'Uva e a 1-00017 | 500 | 299 | 201 | 150 | 299 | 0 | 59 | Appr. |
4 | Nominale | Moz. Lucaselli e a 1-00019 rif.p. I | 500 | 500 | 0 | 251 | 396 | 104 | 58 | Appr. |
5 | Nominale | Moz. Lucaselli e a 1-00019 p. II | 504 | 504 | 0 | 253 | 121 | 383 | 56 | Resp. |
6 | Nominale | Moz. Moretto e a 1-00025 rif. p. I | 506 | 493 | 13 | 247 | 469 | 24 | 56 | Appr. |
7 | Nominale | Moz. Moretto e a 1-00025 p. II | 505 | 492 | 13 | 247 | 96 | 396 | 56 | Resp. |
8 | Nominale | Moz. Carnevali e a 1-00009 n.f. | 514 | 420 | 94 | 211 | 112 | 308 | 65 | Resp. |
9 | Nominale | Moz. Rostan e a 1-00012 p. I | 519 | 516 | 3 | 259 | 109 | 407 | 65 | Resp. |
10 | Nominale | Moz. Rostan e a 1-00012 p. II | 518 | 518 | 0 | 260 | 518 | 0 | 65 | Appr. |
11 | Nominale | Moz. Rizzetto e a 1-00016 p. I | 518 | 518 | 0 | 260 | 120 | 398 | 65 | Resp. |
12 | Nominale | Moz. Rizzetto e a 1-00016 p. II | 521 | 410 | 111 | 206 | 410 | 0 | 65 | Appr. |
13 | Nominale | Moz. D'Uva e a 1-00018 | 521 | 520 | 1 | 261 | 290 | 230 | 65 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 17) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nominale | Moz. Lupi e a 1-00020 | 522 | 522 | 0 | 262 | 210 | 312 | 65 | Resp. |
15 | Nominale | Moz. Aprea e a 1-00023 | 522 | 422 | 100 | 212 | 121 | 301 | 65 | Resp. |
16 | Nominale | Moz. Magi e a 1-00029 | 523 | 418 | 105 | 210 | 9 | 409 | 65 | Resp. |
17 | Nominale | Ddl 1117-A - quest. preg. nn. 1, 2 e 3 | 502 | 502 | 0 | 252 | 221 | 281 | 65 | Resp. |