XVIII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 644 di mercoledì 23 febbraio 2022
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANDREA MANDELLI
La seduta comincia alle 9,30.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
ALESSANDRO AMITRANO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul processo verbale l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO (PD). La ringrazio, Presidente. Intendo riferirmi al processo verbale della giornata di ieri, nella quale ella presiedeva, e mi riferisco, con grande rispetto sia per il suo lavoro che per quello degli uffici che la coadiuvano.
Lei, Presidente, rispondendo al collega Raduzzi, il quale protestava - diciamo - in merito alla avvenuta dichiarazione di inammissibilità del suo ordine del giorno, riferiva, a verbale: “Faccio presente altresì che l'ordine del giorno - volto a impegnare il Governo a non emanare alcun disegno di legge di ratifica del nuovo Trattato internazionale sul Meccanismo europeo di stabilità - interviene su materia che risulta del tutto estranea a quelle oggetto del provvedimento” - la pregherei di ascoltarmi, se fosse così cortese - “né interviene in materia di proroga di termini previsti da provvedimenti di rango legislativo”. Questo è lo speech che lei ha letto.
All'ordine della discussione del successivo ordine del giorno, n. 9/3431-AR/154, io le contestavo il fatto che, in ordine a questi due criteri ineccepibili della declaratoria di inammissibilità, l'ordine del giorno de quo, il n. 9/3431-AR/154, non presentava nessuna delle due caratteristiche, giacché l'argomento della cannabis è estraneo a qualsiasi articolo del provvedimento in esame: a qualsiasi articolo del provvedimento in esame! Sfido - con rispetto, stima e amicizia - lei e gli uffici che la coadiuvano a trovare la parola “cannabis” in una delle righe del provvedimento cosiddetto Milleproroghe.
In secondo luogo, l'ordine del giorno n. 9/3431-AR/154 non reca alcuna proposta di proroga di termini, i quali… Presidente, io parlo a lei. Capisco che lei debba ascoltare…
PRESIDENTE. Io la sto sentendo, onorevole Fiano.
EMANUELE FIANO (PD). Ma io non sto protestando; aspetto che finiate…
PRESIDENTE. Ha notato che non ho distolto l'attenzione dal suo intervento?
EMANUELE FIANO (PD). …aspetto che finiate; gliel'ho fatto notare. Le feci notare che i due giusti elementi sull'inammissibilità dell'ordine del giorno del collega Raduzzi non erano presenti nell'ordine del giorno n. 9/3431-AR/154. Ovviamente, qui prescindiamo totalmente dal merito e stiamo parlando solamente di procedura, di ammissibilità e di inammissibilità, e io non potrei essere stato più d'accordo con lo speech che lei ha fatto.
Allora, lei ha controreplicato con un altro speech. “Al riguardo, desidero precisare che l'ordine del giorno (il n. 154), nel prevedere l'introduzione di un quadro normativo in materia di cannabis al fine di generare un indotto (…)” è un'affermazione priva di fondamento, perché nel testo non si dice che si vuole generare un indotto. Si dice che potrebbe - potrebbe! - la fiscalizzazione, ma non è scritto così nell'ordine del giorno. Nell'ordine del giorno si chiede la liberalizzazione della produzione e della vendita di cannabis; non si propone la normativa fiscale (primo). In secondo luogo: “(…) è chiaramente volto ad impegnare il Governo ad intervenire in materia sotto il profilo della tassazione di tale prodotto (…)” è un'affermazione falsa, signor Presidente. Io le chiedo di mettere a verbale che qui è stata fatta un'affermazione non veritiera. “Il provvedimento in esame prevede, oltre a proroghe di termini, norme eterogenee”; qui dobbiamo stabilire insieme cosa vuol dire norme eterogenee. Altrimenti verrebbe falsata la sua affermazione in ordine all'ordine del giorno del collega Raduzzi, perché vorrebbe dire che quel provvedimento non contiene solo proroghe di termini, ma contiene tutto (le norme eterogenee sono il tutto), alcune specificatamente vertenti sulla materia della tassazione. Mi riferisco, in particolare, alla norma, introdotta in sede referente, volta a ridurre l'imposta di consumo sui liquidi da inalazione. Ma scusate: nell'ordine del giorno n. 9/3431-AR/154 non si parla dei liquidi da inalazione!
Concludo, signor Presidente. Io le chiedo di affermare a verbale che quanto ieri è avvenuto non costituisce precedente, altrimenti vorrebbe dire che, in spregio al contenuto di merito del provvedimento de quo e in spregio al contenuto dell'ordine del giorno, qui si può presentare qualsiasi ordine del giorno. Lei peraltro, Presidente, è un emerito dottore farmacista. Sa che se si parla di cannabis non stiamo parlando di liquidi da inalare. Quindi, c'è una divergenza totale tra quello che lei ha detto a proposito dell'ordine del giorno del collega Raduzzi e quello che ha affermato - quello che ha letto - per permettere l'ammissibilità dell'ordine del giorno n. 9/3431-AR/154. Il merito non mi interessa per niente; se fosse di qualsiasi altro gruppo per me sarebbe la stessa cosa. È la necessità che qui dentro le regole siano chiare, trasparenti e uguali per tutti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Trano. Sempre sul verbale, onorevole? Prego.
RAFFAELE TRANO (MISTO-A). Sì, Presidente, anche perché a me fa molto…
PRESIDENTE. Una precisazione. Questi interventi non sono sul verbale, ma sull'ordine dei lavori a questo punto…
RAFFAELE TRANO (MISTO-A). Sì, sull'ordine dei lavori, allora.
PRESIDENTE. …perché il verbale è quello che è mentre l'ordine dei lavori, invece, è un'altra prospettiva. Giusto? Quindi, anche il suo intervento, onorevole Fiano, lo intendo più sull'ordine dei lavori che sul verbale in sé.
EMANUELE FIANO (PD). Io chiedo di modificare quanto lei ha detto nello speech a verbale.
PRESIDENTE. Onorevole Trano, prego.
RAFFAELE TRANO (MISTO-A). Presidente, io invece sono di segno contrario rispetto a quello che ha detto Fiano e gradirei che non fosse modificato, invece, il processo verbale per le ragioni che le indicherò.
Partiamo dall'emendamento a prima firma Buratti - collega onorevole Fiano - Bitonci e Lega, ovvero quello da cui è partito un po' tutto questo casus belli, composto da ben 16 commi di cui solo il primo ammissibile, in quanto si riferiva alla sterilizzazione per 8 mesi dell'accise sui liquidi da inalazione, su cui già in legge di bilancio era previsto l'aumento al 15 per cento.
Quindi, per otto mesi a decorrere dalla conversione di questo “decreto Milleproroghe” resta al 10 per cento. I successivi commi, dal 2 al 16, sono completamente inammissibili. Quindi, il collega Fiano, come il suo amico collega Buratti e il Partito Democratico, dovrebbero sapere che è completamente estraneo per materia: estraneo per materia! Dicasi altrettanto anche per l'emendamento sul romanzo italiano, a prima firma dell'onorevole Pella, con cui si stanzia la cifra di 300.000 mila euro per l'Università Tor Vergata di Roma: non c'è né una proroga né un'urgenza, all'interno di quell'emendamento, che renda ammissibile siffatto emendamento. Possiamo anche proseguire, perché ne abbiamo ancora un altro. Abbiamo l'emendamento Noja, con i 50.000 euro che sono stati stanziati dalle casse dello Stato per un fabbricato che è andato a fuoco a Milano, con tanto di indirizzo; siccome anche quell'emendamento non aveva né una proroga né aveva i termini per l'urgenza, anche quell'emendamento, teoricamente, è inammissibile; ma, più che teoricamente, c'è anche un fatto, che è avvenuto in Commissioni riunite, bilancio e affari costituzionali. Infatti, nel marasma che si era creato quel pomeriggio, il presidente Brescia aveva sospeso i lavori perché aveva dichiarato questi emendamenti - gli ultimi due - inammissibili, salvo poi vedere le proteste da parte dei proponenti, che hanno in qualche modo fatto cambiare idea al presidente Brescia. L'emendamento Noja stanzia 50.000 euro, che potevano tranquillamente essere messi dal comune di Milano, dalla provincia di Milano o dalla regione Lombardia, mentre invece li paghiamo noi: paga Pantalone, paga lo Stato; poi faremo anche un accesso agli atti, così andremo a vedere questi 300.000 euro dove vanno a finire, a Tor Vergata, a chi vanno a finire, a Tor Vergata. Il presidente Brescia ha quindi dichiarato nuovamente ammissibili questi emendamenti! Allora, se è vero, come è vero, quanto dice Fiano, di voler modificare un processo verbale perché si appella all'oggetto della materia, perché la cannabis non è all'interno del fascicolo “Milleproroghe”, lo stesso principio deve valere per quello che è successo in Commissione. Allora, siccome questo è un decreto omnibus e dentro le forze di maggioranza ci hanno infilato di tutto per restare unite e creare un punto di equilibrio, io non trovo assolutamente corretto andare a fare una verifica al processo verbale, perché non c'è: non c'è! Questo è un decreto omnibus, sono saltati tutti i parametri, sono saltati tutti gli schemi di ammissibilità. Allora, quello che è successo in Commissione, vale anche per quello che è successo in Aula, anzi, magari non fosse stata posta la questione di fiducia! Avremmo discusso nuovamente di questi emendamenti e, probabilmente, staremmo ancora qui a discutere sull'articolo 3, quello molto ampio che aveva decine di commi. Quindi, Presidente, sostanzialmente, la richiesta che le faccio è che resti tutto così immutato.
PRESIDENTE. Allora, io ho ascoltato con interesse tutti gli interventi che si sono succeduti in questa prima parte della mattinata. Il primo punto che devo fare presente all'onorevole Fiano è che il processo verbale riporta solo le deliberazioni e gli atti della Camera, secondo quanto prevede l'articolo 11 del Regolamento. Vi è in esso, per prassi, anche la mera menzione degli interventi, che peraltro non è essenziale e potrebbe quindi finanche essere omessa. In nessun caso, però, il verbale riporta il contenuto degli interventi, che risulta dal resoconto stenografico. Le precisazioni riferite al suddetto contenuto non possono peraltro dare luogo a rettifiche o integrazioni del processo verbale. Quindi, il suo intervento sul processo verbale è riferito a interventi contenuti nel resoconto stenografico, quindi si è trattato di un intervento sull'ordine dei lavori, invece che sulla approvazione del verbale, che rimane da approvare. Quindi, adesso, se non c'è nessun'altra obiezione, approviamo il verbale, dopodiché daremo risposta sulle obiezioni che lei ha sollevato.
Quindi, se non vi sono osservazioni sul predetto processo verbale, si intende approvato; procedo alla firma del verbale. Così rimane stabilito.
(È approvato).
Per quanto riguarda, invece, quanto da lei osservato, confermo quanto già precisato nella seduta di ieri, nel senso che l'ordine del giorno n. 9/3431-AR/154, presentato dall'onorevole Sodano, è stato ritenuto ammissibile dalla Presidenza in quanto, nella parte dispositiva - da leggere insieme alle premesse e all'ordine del giorno n. 9/3431-AR/142 Trano -, reca un contenuto riconducibile alla materia della tassazione, come già ieri avevamo evidenziato, ed è una materia che è ricompresa nell'ambito del provvedimento.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Baldelli, Butti, Cabras, Caretta, Casa, Cavandoli, Colletti, D'Uva, Daga, De Maria, Delmastro Delle Vedove, Ehm, Gregorio Fontana, Giachetti, Liuni, Losacco, Magi, Mura, Perantoni, Serracchiani e Viscomi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente 117, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Modifica nella composizione dell'Ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 22 febbraio 2022, il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, Davide Crippa, ha reso noto che l'assemblea del medesimo gruppo ha eletto vicepresidenti i deputati Iolanda Di Stasio e Luigi Gallo, in sostituzione dei deputati Cosimo Adelizzi e Filippo Scerra. Buon lavoro.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,46).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sospendo, pertanto, la seduta, che riprenderà alle ore 10,06.
La seduta, sospesa alle 9,46, è ripresa alle 10,20.
Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore. (A.C. 3434-A)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3434-A: Conversione in legge del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore.
Ricordo che, nella seduta di ieri, si è conclusa la discussione sulle linee generali e la relatrice e la rappresentante del Governo hanno rinunciato a intervenire in sede di replica.
(Esame dell'articolo unico - A.C. 3434-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione e degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge (Vedi l'allegato A).
La V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A), che è in distribuzione.
(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 3434-A)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per i Rapporti con il Parlamento, deputato Federico D'Inca'. Ne ha facoltà
Invito i rappresentanti di Alternativa a sgomberare i banchi del Governo.
FEDERICO D'INCA', Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome del Governo, autorizzato dal Consiglio dei Ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge n. 3434-A: Conversione in legge del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore, nel testo della Commissione. (Deputati del gruppo Misto-Alternativa occupano i banchi del Governo ed espongono cartelli con le scritte: “ Draghi contro salute e lavoro” e “Draghi toglie il lavoro a milioni di italiani”, gridando all'indirizzo del rappresentante del Governo: “Stai zitto!” e “Fai schifo!”).
PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è immediatamente convocata presso la Sala della Regina.
Sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 10,25, è ripresa alle 11,15.
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Comunico che, secondo quanto stabilito nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, a seguito della posizione della questione di fiducia sull'approvazione dell'articolo unico del disegno di legge n. 3434-A, di conversione del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore, la votazione sulla questione di fiducia avrà luogo nella seduta di domani, giovedì 24 febbraio, a partire dalle ore 10,25, con dichiarazioni di voto a partire dalle ore 8,45.
Dopo il voto di fiducia, si passerà alle fasi successive di esame del provvedimento. Dalle ore 14 alle ore 15 la seduta sarà sospesa per procedere alla sanificazione.
Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 14 di oggi, mercoledì 23 febbraio.
Estraggo, quindi, a sorte il nominativo del deputato dal quale inizierà la chiama.
(Segue il sorteggio).
La chiama inizierà dal deputato Del Barba.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferro. Ne ha facoltà.
WANDA FERRO (FDI). Grazie, Presidente Mandelli. Noi siamo reduci da questa conferenza dei presidenti di gruppo dove , ancora una volta, abbiamo voluto sottolineare al Presidente Fico la situazione di grande tensione che si registra in Aula, dovuta a tutte le volte che sui tanti decreti-legge viene posta la fiducia; credo che con il Governo Draghi siamo alla quarantesima. Questo è da stigmatizzare per chi, come noi, rappresenta la politica, rappresenta voci importanti, soprattutto perché l'istituto della fiducia, benché venga utilizzato in casi di emergenza, ormai è diventato una consuetudine su tutti i decreti-legge e si comprime qualunque possibilità, da parte del Parlamento, di contribuire, attraverso gli emendamenti, a migliorare tutto ciò che si va a mettere in campo, per poi passare agli ordini del giorno.
Questo significa, per quanto ci riguarda, ancora una volta, una forma di debolezza da parte del Governo stesso, che viene dimostrata puntualmente rispetto anche al 95 per cento di quest'Aula che ne rappresenta la maggioranza, una maggioranza che probabilmente ha visioni diverse, come più volte abbiamo sottolineato e come andiamo a sottolineare di nuovo anche con un appello al Presidente Mattarella che, nel suo discorso, ha parlato di una centralità del Parlamento che non c'era ieri e continua a non esserci oggi.
Questo significa, per quanto ci riguarda, che c'è un clima che non soddisfa l'opposizione di Fratelli d'Italia, che più volte ha denunciato e che più volte ha chiesto al Presidente Fico - lo faccio nuovamente in quest'Aula, per suo tramite - di intervenire, con quello che deve essere un atto di democrazia, soprattutto per dare la possibilità di espletare in questo scorcio di legislatura che rimane - anche se, devo dire, sempre più debole e, per quanto ci riguarda, sempre più vicino, auspicheremmo, alle elezioni - un dibattito aperto, un dibattito che non veda puntualmente il Ministro D'Inca' mettere in Aula la sua formula magica.
Quell'istituto servirebbe a blindare, ma a blindare cosa? Parlando, nel momento del COVID, di un' emergenza, che per quanto ci riguarda andrebbe affrontata in termini e con strumenti totalmente differenti da come è stato fatto fino ad oggi - pensiamo al green pass o a tutto quello che il gruppo di Fratelli d'Italia da tempo denuncia - credo che, anche dopo quello che è avvenuto stamani e dopo le varie sollecitazioni, forse la vera emergenza di questo Paese continui a rimanere questo Governo. Credo che, con questa posizione di fiducia, il Governo abbia ancora una volta dimostrato debolezza ma, soprattutto, poco rispetto per i gruppi parlamentari - il gruppo Fratelli d'Italia e i gruppi di opposizione - e per tanti italiani. Non saremo numericamente molti qui in Aula, ma siamo certamente tantissimi fuori e chi ci guarda da fuori non vede sicuramente il miglior spettacolo di questo Parlamento e di questa politica, che dovrebbero dare risposte attraverso l'impegno di ognuno di noi, le nostre idee, le nostre passioni ma soprattutto le nostre proposte. Lo dico con una sottolineatura di amarezza ma, nello stesso tempo, chiedendo a lei di riproporre al Presidente Fico e, per suo tramite, al Governo, quello che abbiamo più volte sottolineato, denunciato e proposto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 12 per lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sull'incremento dei costi dell'energia e sulle misure adottate per contrastarne gli effetti.
La seduta, sospesa alle 11,20, è ripresa alle 12.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FABIO RAMPELLI
Informativa urgente del Governo sull'incremento dei costi dell'energia e sulle misure adottate per contrastarne gli effetti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sull'incremento dei costi dell'energia e sulle misure adottate per contrastarne gli effetti.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi - per sette minuti ciascuno - e delle componenti politiche del gruppo Misto - per due minuti ciascuno - in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica.
(Intervento del Ministro della Transizione ecologica)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.
ROBERTO CINGOLANI, Ministro della Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Buongiorno a tutti, innanzitutto vorrei ringraziarvi per l'opportunità di questa informativa in un momento che è assolutamente delicato e che diventa sempre più delicato per l'evoluzione dei prezzi dell'energia e, in generale, per il cosiddetto energy landscape, il paesaggio energetico della Nazione e del continente.
L'informativa che vorrei presentarvi segue questo schema. Sono tre punti: il primo è un'analisi della recente evoluzione dei prezzi energetici; il secondo riguarda le misure già adottate dal Governo e, in particolare, quelle che sono state mosse da proposte del Ministero della Transizione ecologica; infine, alcuni elementi di riflessione sulla possibile evoluzione degli scenari.
Quindi, parto con un'analisi dell'evoluzione dei prezzi energetici. Dopo la forte diminuzione che è avvenuta nel corso del 2020, determinata prevalentemente dalle conseguenze della pandemia, l'aumento dei costi dell'energia è stato assolutamente vertiginoso.
Per quanto riguarda il mercato del gas naturale, il prezzo, dal punto di scambio virtuale del gas naturale in Italia, il cosiddetto PSV, è passato da 20 euro per megawattora, a gennaio dell'anno scorso, sino a 87 euro per megawattora - quindi, un fattore 4 abbondante nel gennaio del 2022 -, con punte giornaliere che hanno raggiunto valori record di 180 euro per megawattora, quindi stiamo parlando di un fattore 9 in alcuni momenti.
Per quanto riguarda i prezzi dell'energia elettrica all'ingrosso, il prezzo unico nazionale, il cosiddetto PUN, ha registrato anch'esso valori record: nel mese di dicembre del 2021, ha raggiunto la media mensile più elevata da quando la Borsa italiana è stata costituita, superando i 280 euro per megawattora, rispetto ai 61 euro per megawattora del gennaio 2021; quindi, anche qui, vedete, stiamo parlando di un fattore 4 nell'arco di un anno. Negli ultimi giorni questi valori si sono attestati intorno a 180-190 euro per megawattora, quindi il triplo di quello che avevamo all'incirca un anno fa.
Sia ben chiaro: non è un processo o un fenomeno italiano, solamente italiano, andamenti simili si sono riscontrati in quasi tutti i Paesi europei, con un'incidenza diversa in funzione delle specificità nazionali, come, per esempio, il mix di generazione - cioè, quante sorgenti diversificate ha ogni Paese -, i contratti di approvvigionamento e via discorrendo. Non ho modo di presentarvi dei grafici molto utili, molto esplicativi, però vi posso dire che, se prendo i Paesi Italia, Germania, Spagna e Francia, essi hanno degli andamenti del costo dell'energia, nell'ultimo anno, che sono paralleli - adesso parlo, soprattutto, di elettricità -, con uno spread, una variazione che è contenuta intorno al 20 per cento. Quindi, più o meno, tutti abbiamo un problema - chi più, chi meno - abbastanza serio. Le ragioni di questo aumento sono di natura diversa, alcune sono certamente contingenti, altre sono di natura assolutamente strutturale e riguardano la domanda, l'offerta e i meccanismi di mercato. Sono tre pilastri su cui dobbiamo fare una riflessione.
Per quanto riguarda la domanda, c'è stata oggettivamente una ripresa economica globale più rapida del previsto, che ha trainato la domanda di costi di tutte le materie prime energetiche, a partire dal gas; e questo è un fatto, per certi versi lo potremmo quasi definire positivo, perché c'è stata una ripresa, soprattutto nella fase discendente della pandemia. Comunque, è un fatto che incide sui costi dell'energia in maniera rilevante.
Poi c'è un altro aspetto, che è l'accelerazione della transizione da carbone a gas per la decarbonizzazione che è imposta dagli impegni internazionali in alcune aree geografiche. In particolare, vi cito l'esempio della Cina che, nel 2005, consumava 86 miliardi di metri cubi di gas - l'Italia ne consuma 74, quindi la Cina era più o meno come l'Italia come consumi - e nel 2021 è passata a 370 miliardi di metri cubi, quasi quanto tutta l'Europa, proprio perché sta accelerando il processo di decarbonizzazione da centrali a carbone a centrali a gas.
È evidente che continuerà a crescere perché il processo è iniziato, tra l'altro abbiamo una maggiore ambizione internazionale di tenerci a 1,5, quindi la Cina sarà un gasivoro importante; si stimano, al 2030, oltre 570 miliardi di metri cubi, e crescenti. Capite bene che questo è un elemento che, dal punto di vista delle quantità totali, gioca un ruolo.
Per quanto riguarda l'offerta, le difficoltà sono occorse nelle filiere di approvvigionamento, inclusa la dipendenza di alcune rotte di approvvigionamento, le cosiddette pipeline, i gasdotti, che, a livello europeo, sono diventate sempre più determinanti. In particolare, la riduzione delle produzioni nazionali di gas naturale in Nord Europa - è stata proprio ridotta la quantità di gas prodotta -, la contestuale riduzione dei livelli di stoccaggio e dei volumi di gas russo.
Aggiungo che, in Italia, abbiamo ridotto la produzione da 17 miliardi di metri cubi nell'anno 2000 a circa 3 miliardi, poco più di 3 miliardi, di metri cubi nell'anno 2020. Quindi, in vent'anni, siamo scesi da 17 miliardi a poco più di 3, a fronte, però, di un consumo globale che è rimasto grossomodo costante, oscillante fra i 70 e gli 89 miliardi di metri cubi. Abbiamo ridotto moltissimo la nostra produzione, però a parità di gas totale consumato, quindi importato, quindi, non avendo un beneficio ambientale, ma sicuramente avendo un disinvestimento dal punto di vista dell'industria nazionale.
Altro punto è il mercato, come vi dicevo prima, il terzo pilastro di queste considerazioni. Un disegno dei mercati che francamente non sempre riduce i prezzi al consumatore in modo proporzionale al costo dell'energia. Questo lo avete visto in molti ambiti, compreso il costo alla pompa di benzina in tempi passati. Vi ricordo che noi abbiamo crisi da dipendenza energetica dagli anni Settanta, in cui puntualmente ci ritroviamo a riflettere sul fatto che dipendiamo troppo dall'import e siamo un po' succubi di queste fluttuazioni importanti. La remunerazione delle rinnovabili, legata a quella della generazione termica a gas, è un altro problema. Noi diamo il prezzo di un megawattora di rinnovabile fissato alla produzione termica di elettricità prodotta dal gas. Un sistema a maggiore penetrazione di energia rinnovabile ovviamente garantirebbe costi di sistema più bassi di quelli oggi registrati sui mercati e anche prezzi, in caso di opportuno disegno di mercato, più accessibili, più vantaggiosi per i consumatori.
Il 70 per cento di energia elettrica rinnovabile, che noi vogliamo raggiungere sull'intero pacchetto elettricità italiano con il PNRR - questo è uno dei target principali del PNRR -, è proprio pensato per questo. Inizialmente, comincerebbe a incidere fortemente sul prezzo dell'elettricità, e poi, con un'opportuna rimodulazione del mercato, su cui stiamo facendo una discussione in Europa molto importante, questo dovrebbe avere un riflesso proporzionale, altrettanto positivo, in bolletta, però questa è una cosa che ci richiede anni.
Stiamo lavorando - lo vedremo adesso, vi dirò alcune delle misure - per ottenere questo risultato che ovviamente non è a due mesi; è un risultato importante, è una sfida importante da portare avanti nei prossimi anni.
Aggiungo che i prezzi del gas sono sostanzialmente determinati dai prezzi marginali dell'hub olandese, il Title Transfer Facility, e anche questo non è proprio un meccanismo che aiuta molto per avere una quantificazione dei costi realisticamente proporzionale al costo reale dell'energia, come viene prodotta, estratta e così via. Quindi, domanda, offerta e mercati sono tutte cose su cui bisogna mettere mano.
Attenzione: alcune cose le possiamo fare noi, altre dipendono molto dalle negoziazioni internazionali. Ci stiamo lavorando in Europa, è un mercato globale.
Ricordiamo che, affinché questo aumento e questa instabilità dei prezzi energetici non minaccino il percorso della transizione ecologica e della transizione energetica, gran parte dell'aumento dei prezzi dipende dalle questioni che vi ho appena esposto. Solo una parte minoritaria è attribuibile all'aumentato costo della CO2, quindi non usiamo questo argomento per dire che è la transizione ecologica che sta impattando sul costo. Ci sono, come vi dicevo, analisi diverse su diversi fattori (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).
L'effetto degli aumenti dei prezzi all'ingrosso sui costi finali sostenuti dalle famiglie è importante. Una famiglia tipo, in regime di tutela, ha visto aumentare i costi dell'energia elettrica del 55 per cento e del gas del 42 per cento nel primo trimestre del 2022. Questo rispetto all'anno precedente. Analoghi aumenti, con un impatto importante, vi sono stati anche per le imprese; però questi aumenti sono stati in parte mitigati da una serie di interventi straordinari adottati da Governo e Parlamento e che sintetizzerò nella seconda parte del mio intervento, che riguarda le misure adottate e quelle in corso di adozione.
Il Governo e il Parlamento sono intervenuti, negli ultimi trimestri con importanti misure. In primo luogo, per attutire l'impatto dei rincari per 29 milioni di famiglie e 6 milioni di imprese, con una mistura di misure per un valore superiore a 15 miliardi di euro in tre trimestri e che ARERA ha attuato per le componenti regolate, che hanno permesso di annullare transitoriamente gli oneri di sistema in bolletta per tutti i clienti, anche mediante destinazione del gettito delle quote di emissioni di CO2 e impiegando fondi di bilancio per finanziare oneri non afferenti al sistema energetico.
In secondo luogo, si è intervenuti con il potenziamento del bonus sociale alle famiglie che versano in gravi difficoltà economiche, che, in virtù di tale provvedimento, hanno visto completamente compensato l'aumento tariffario. Sono 2,5 milioni di famiglie che hanno diritto ai bonus sociali elettricità e 1,54 milioni di famiglie che hanno diritto al bonus gas.
In terzo luogo, si è disposta una riduzione dell'IVA sul gas destinato a usi civili e industriali, riduzione pari al 5 per cento.
In quarto luogo, si è intervenuti sull'elettricità prodotta da impianti rinnovabili con potenza superiore a 20 kilowatt, senza intervenire sugli impianti domestici o, comunque, di autoconsumo per famiglie e piccole imprese, al fine di contenere la maggiore redditività dei produttori di energia da fonti rinnovabili, maggiore redditività che deriva dalla circostanza che, a fronte di un innalzamento del prezzo dell'energia offerta sul mercato, questi produttori, alcuni dei quali beneficiano di incentivi fissi, non hanno subito maggiori costi per la produzione. Però, voglio specificare che nell'ultimo decreto, quello della settimana scorsa, questa misura è stata specificatamente limitata a impianti pre-2010 con incentivo fisso. Quindi, non vi è alcuna volontà di disincentivare e scoraggiare gli investimenti, però è chiaro che, con un incentivo fisso a 300 euro a megawattora più un costo dell'energia come quello che vi ho esposto, a parità di costo di produzione, si tratta di un piccolo contributo, per un anno. Pertanto, è stato fatto in maniera, penso, ragionata, evitando anche, con l'ultimo intervento, di penalizzare chicchessia. Nei mesi finali del 2021 la comunità internazionale attendeva gli esiti dell'evoluzione della vicenda Nord Stream. Era quasi un'altra epoca; pochi mesi fa io stesso ho riferito a quest'Aula, dicendo “Gli analisti pensano che probabilmente dopo marzo, con le vicende Nord Stream chiarificate, riusciremo ad avere una stabilizzazione dei costi”. Sino a quel momento, un po' tutti in Europa abbiamo applicato misure contingenti alla mitigazione delle bollette.
Le ragioni che vi ho illustrato sinora, che rimangono valide e sono quelle di cui abbiamo parlato sino a poche settimane fa, sono state aggravate dalla rapida evoluzione della situazione geopolitica, della questione Russia-Ucraina, che conoscete benissimo, e questo, se volete, ha accelerato anche la necessità di ulteriori interventi strutturali, anche perché temo che il prezzo del gas comunque rimarrà abbastanza alto; difficile fare una previsione in questo momento, ma certamente difficilmente potrà ritornare ai valori di un anno fa, tenuto conto anche delle considerazioni che ho fatto prima sullo spostamento dei flussi, e così via.
A questo punto, gli interventi strutturali non fanno riferimento solo alla mitigazione dei prezzi, ma anche alla quantità di sorgenti energetiche disponibili, gas e rinnovabili. Il Governo, su proposta del Ministero della Transizione ecologica, ha quindi avviato un percorso di riforme e iniziative più strutturali per far fronte all'evoluzione dello scenario energetico, incluse quelle introdotte venerdì scorso nell'ultimo decreto-legge Energia. Le ricordo all'Aula: alcune sono quelle del precedente “decreto Semplificazioni”, quindi vado un po' indietro e arrivo a quelle degli ultimi giorni.
In primis, abbiamo accelerato lo sviluppo delle fonti rinnovabili, che, come già menzionato, devono contribuire a ridurre e a stabilizzare i costi di sistema. Questa è una strada obbligata, non è procrastinabile, per motivi sia ambientali che di sostenibilità del comparto energia. Con il decreto-legge Governance del PNRR e Semplificazioni del 2021, è stata, per esempio, istituita una Commissione VIA PNRR-PNIEC, che è dedicata a tempo pieno alla valutazione ambientale dei progetti strategici, che, come sapete, hanno un cronoprogramma molto stringente con l'Europa. Sono state introdotte: semplificazioni procedimentali per favorire la realizzazione di progetti rilevanti ai fini del raggiungimento degli obiettivi nazionali di efficienza energetica e promozione delle energie rinnovabili; semplificazioni per gli impianti di accumulo, fotovoltaici, biogas e biometano, repowering e revamping di impianti a fonti rinnovabili.
Con il recente decreto-legge Energia, in cui si sta introducendo una poderosa semplificazione per le rinnovabili, abbiamo cercato di facilitare al massimo l'espansione del fotovoltaico su superfici di edifici, prevalentemente a fini di autoconsumo, per impianti fino a 200 kilowatt - 200 kilowatt sono una quantità importante, non esclusivamente “da famiglia”, come potete intendere - e la misura è accompagnata anche da un piccolo fondo dedicato, da parte del MiTE, per agevolare le pose in opera.
Inoltre, vi è una regolamentazione per l'accesso agli incentivi per gli impianti fotovoltaici in area agricola, con configurazioni variabili, da quelli a terra, a quelli intermedi, a quelli verticali di ultima generazione, sotto cui possono passare anche le macchine agricole di grandi dimensioni, e comunque tali da occupare una contenuta e limitata porzione del terreno dell'azienda agricola, tutelando la vocazione agricola dei suoli. Questo è stato assolutamente concordato con le categorie principali e con il Ministero dell'Agricoltura, quindi crediamo di aver fatto un lavoro molto accurato.
Abbiamo accelerato il percorso delle aste sulle rinnovabili, sul nostro sito trovate l'andamento per i prossimi 5 anni, quindi, come dire, è una promessa di continuità, in linea per il raggiungimento dei nuovi obiettivi di penetrazione delle rinnovabili elettriche, che devono arrivare al 70 per cento, secondo quanto sviluppato nel PNRR. E vi do una buona notizia: a fronte del fatto che le ultime aste, nell'ultimo anno, avevano accumulato 0,2-0,3 gigawatt di applicazioni, pur avendo messo all'asta 2 gigawatt e mezzo, quindi erano andate un po' deserte, nei primi mesi dell'anno, fra gennaio e febbraio, abbiamo aggiudicato già 1,5 gigawatt. Non siamo ancora al buon risultato, che speriamo di raggiungere presto, ossia fare un'asta da 3 gigawatt e ottenere offerte per più di 3 gigawatt, però è molto incoraggiante il trend. Questo è il primo tangibile segnale che le semplificazioni sulle procedure VIA stanno cominciando a dare effetti, perché queste sono VIA rilasciate, per fortuna, più rapidamente, si comincia ad accumulare il cosiddetto backlog, la coda positiva, e quindi contiamo che si vada nella giusta direzione. D'altro canto, se in un mese e mezzo abbiamo fatto 1,5 gigawatt, contro una media di 0,4-0,5 negli anni passati, questo va nella giusta direzione. E contiamo anche che, fra agro-fotovoltaico, energy community, l'accelerazione indotta dal nuovo “decreto Energia” e questa semplificazione che accelera le VIA, il target dei 7-8 gigawatt annuali da mettere a terra sia realistico, per portarci dove vogliamo arrivare nei prossimi anni.
Abbiamo, poi, introdotto - e questa è una seconda missione importante - un nuovo paradigma nello sviluppo delle risorse gas nazionali, che punta a incrementare la produzione nazionale sui giacimenti esistenti - nulla di nuovo, su quelli che ci sono già -, così da ridurre la dipendenza dall'estero, e a introdurre meccanismi semi-regolati per contenere l'impatto sui prezzi. In particolare, il recente decreto-legge Energia prevede un incremento della produzione nazionale di 2,2 miliardi di metri cubi su aree quali Cassiopea, Canale di Sicilia, Marche, consentendo di arrivare a una produzione nazionale globale di circa 5 miliardi di metri cubi. Mi direte: su 70 e rotti miliardi non è un granché, però intanto si recupera parzialmente lo sbilanciamento nel rapporto fra gas importato e gas prodotto, tenuto conto che la somma è costante, e quindi il nostro impatto ambientale è sempre quello, almeno così alcune cose ce le teniamo in casa.
Abbiamo introdotto meccanismi di ritiro della produzione nazionale da parte del gruppo GSE a prezzi equi, in modo tale che questi 5 miliardi nazionali possano essere assegnati in primis ad aziende energivore e a piccole e medie imprese, per ridare un po' di competitività in un momento in cui, in altri Paesi, le accelerazioni sono molto forti. Questo è possibile perché è gas nazionale, non avremmo potuto farlo importandolo da fuori.
Il terzo punto è l'incremento della sicurezza del sistema, in particolare rafforzando i meccanismi di stoccaggio: in primo luogo, ottimizzando il ciclo di iniezione di gas negli stoccaggi per portare ad un livello di riempimento di almeno il 90 per cento, ad inizio stagione, delle capacità di stoccaggio nazionali a partire dall'anno in corso, 2022-2023 (quest'anno, ricordo a tutti, siamo partiti da circa l'85 per cento, meglio dei nostri colleghi europei, però un po' peggio rispetto a quello che normalmente eravamo in grado di fare come stoccaggio); in secondo luogo, attribuendo ai venditori l'obbligo di assicurare la modulazione invernale delle forniture - un obbligo che è già presente nell'ordinamento - mediante una quota obbligatoria di stoccaggio in Italia (anche questo è un aspetto importante, perché se no finiamo per stoccarlo e poi se lo prende qualcun altro); promuovendo la re-iniezione di ulteriori volumi di gas “in contro-flusso”, cioè, in un periodo dell'anno in cui normalmente si osserva erogazione da parte degli stoccaggi, ci sono momenti in cui il tiraggio è più basso e si può quindi fare il cosiddetto refill e questo garantisce che non si scenda mai sotto una soglia di scarsa sicurezza energetica; infine, consentendo l'importazione aggiuntiva di volumi di gas naturale, attraverso i gasdotti non interconnessi alla rete europea dei gasdotti (quindi importazioni da Algeria, Libia e attraverso il TAP) e nei terminali di rigassificazione del gas naturale liquefatto importato dall'estero.
Fatemi fare una piccola considerazione: siamo totalmente dipendenti dall'import del gas, nei fatti. Uno dei pochi punti di forza è che siamo riusciti a differenziare le sorgenti, ossia prendiamo da diverse sorgenti. Ora, sapete anche però che, prevalentemente, dalla Russia noi importiamo una quantità che, a seconda del periodo, varia dal 43 al 45 per cento, e ci sono anche delle punte più alte. È chiaro che, in un momento come questo, la questione è un po' delicata e quindi la futura sicurezza energetica dovrebbe prevedere un bilanciamento delle forniture del gas da diversi fornitori, in modo da non dipendere in maniera monocromatica, unica o prevalente, da un solo fornitore.
Infine, abbiamo proposto di aumentare la quota di biocarburanti in purezza, tramite l'inserimento di una quota crescente negli anni futuri - carburanti che consentano di abbattere in maniera sostanziale l'emissione di gas serra - e abbiamo anche istituito un fondo ad hoc per sostenere gli investimenti necessari a queste nuove produzioni innovative.
Passo alla terza ed ultima parte della mia riflessione con voi oggi, ossia agli elementi di riflessione sulla possibile evoluzione degli scenari, su cui, come capite, possiamo fare delle ipotesi e condividere delle idee.
È ipotizzabile - e dobbiamo farci trovare pronti - che permangano tensioni e volatilità dei prezzi sui mercati internazionali, per i motivi che vi ho detto prima (e che quindi non sto a ripetere), e dovute al permanere di spostamenti di flussi di gas a est e tensioni geopolitiche in primis, nonché a possibili, eventuali, nuovi elementi di discontinuità, che oggettivamente non sono prevedibili adesso, prevalentemente quelli di natura geopolitica, che in questo momento stiamo seguendo anche con una certa apprensione, ai confini dell'Europa.
Per quanto riguarda il mercato italiano, all'inizio dell'inverno è risultato essere in una situazione migliore rispetto a quella riscontrabile in altri Paesi europei, potendo godere di un sistema infrastrutturale con un certo livello di diversificazione delle fonti di approvvigionamento, di una buona capacità di stoccaggio (noi abbiamo 18 miliardi di metri cubi di stoccaggio, di cui circa 4 sono riserva e gli altri possono essere utilizzati) e di un livello di riempimento degli stoccaggi che aveva raggiunto il 90 per cento all'incirca alla fine del mese di ottobre 2021, mentre gli altri Paesi europei viaggiavano intorno al 75 per cento. Quindi, la situazione era discretamente promettente e comunque ben sotto controllo.
Attualmente, dai dati a consuntivo, emerge che gli stoccaggi sono stati finora utilizzati a pieno ritmo e che, nel mese di febbraio 2022, hanno raggiunto il livello che in genere hanno a fine marzo. Attenzione: anche la Germania, per fare un esempio illustre, a febbraio dichiarava un livello preoccupante di riserve gas; è un problema comune di molti, lo avete sentito anche con riferimento ai Paesi del Nord per la minor produzione di eolico nel Baltico; quindi, il problema è stato abbastanza sentito ovunque in Europa. Occorre, pertanto, uno sforzo maggiore se si vuole assicurare, nel corso della nuova fase di iniezione di gas degli stoccaggi che avrà inizio il 1° aprile, un adeguato livello di riempimento dello stoccaggio per l'inverno 2022-2023, sia perché si parte, diversamente dagli anni passati, da un livello prossimo a zero, sia perché anche in primavera i prezzi di acquisto del gas resteranno sopra la media degli anni passati.
Allora, qui lo sforzo è evidente e lo dovremo fare perché, comunque, producendone pochissimo, dovremo comprarlo. Però, vi ricordo che ci stiamo muovendo in questa direzione a livello europeo. Infatti, ci sono state tre “ministeriali” che sono già state fatte sul tema e si sta discutendo in Europa sia dello stoccaggio comune che del joint procurement.
Ricordo anche che in queste ore sono in corso delle consultazioni rapide da parte della Commissione, che annuncerà - ci dicono che dovrà annunciare - anche alcune misure contingenti per questo periodo. Quindi, è chiaro che quanto stiamo raccontando e discutendo adesso sono cose che possiamo in qualche modo spingere e cercare anche di accelerare, ma c'è un panorama europeo nel quale ci integriamo e dobbiamo anche vedere come queste cose verranno inserite nella cornice europea. Però, c'è grande attenzione sul tema, come vi dicevo.
In questo contesto, seguiamo l'evoluzione della crisi in Ucraina e - in coordinamento con le strutture dell'Unione europea - analizziamo le situazioni e i possibili scenari per gestire eventuali evoluzioni negative sui volumi, cioè sulla quantità di gas disponibile, e sui prezzi delle importazioni di gas naturale dalla Russia, che oggi, come vi dicevo poc'anzi, esporta circa il 45 per cento in Italia.
Al momento la situazione è di monitoraggio costante, in coordinamento con le istituzioni europee. A livello nazionale si è già riunito diverse volte il Comitato di emergenza gas per regolamentare, monitorare e analizzare i dati operativi e gli scenari possibili.
Come sapete - queste sono regole che già esistono - le possibili misure del piano di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, interrompibilità nel settore industriale e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico, dove pure esistono misure di riduzione del carico in modo controllato. Giusto per darvi un'idea, normalmente non si lavora sulla riduzione dell'uso del gas, perché non si chiude come con un interruttore; si riduce normalmente il consumo elettrico, che in parte utilizza gas per la produzione. Quindi, diciamo che sono delle misure indirette e ci sono dei protocolli nel piano di emergenza che seguono delle regole abbastanza codificate.
Poi, vi sono misure di contenimento dei consumi negli altri settori e non necessariamente solo in quelli energy intensive (energivori); è previsto l'aumento del gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come, per esempio, il gas naturale liquido americano, tenendo conto, però, nell'immediato, dei reali spazi che possono essere resi disponibili dai rigassificatori in esercizio. Al momento ce n'è un numero limitato. Quindi, questi possono produrre gas trasformando il gas liquido, però ne abbiamo un numero limitato e ciò richiederà probabilmente una riflessione in futuro. Inoltre, sono comprese misure per il completo utilizzo della capacità di trasporto contrattualizzata e la massimizzazione dei flussi da gasdotti non a pieno carico (TAP da Azerbaijan, TransMed da Algeria e Tunisia, GreenStream dalla Libia), compatibilmente alle quantità di prodotto disponibile. Quindi, qui c'è anche un intenso lavoro che viene fatto dal Paese rispetto a Paesi vicini sulle forniture che a questo punto potrebbero essere incrementate, sfruttando il fatto che i gasdotti non sono utilizzati al 100 per cento della capacità di trasporto. L'obiettivo in generale è quello di ridurre la dipendenza così forte - circa il 45 per cento - dell'import dalla Russia che, soprattutto in questo momento, ovviamente va a detrimento della indipendenza e della sicurezza energetica nazionale.
Più in generale, la crisi in corso porta all'attenzione la necessità di ulteriori riflessioni per il futuro sull'evoluzione del mix energetico (cioè quel menu di fonti e rotte di approvvigionamento) e delle regole di market design, come vi accennavo prima, sia a livello europeo che nazionale, perché, purtroppo, qui il problema non è uno: il problema è molto ampio e molto complesso e va da come si stabiliscono le regole internazionali, a come si fanno i prezzi, dalle scelte in materia energetica del Paese, alle condizioni geopolitiche e alla domanda attuale di certe zone del mondo rispetto ad altre. Quindi, come capite, non c'è una soluzione digitale, non abbiamo un pulsante da spingere per risolvere le questioni, ma, molto attentamente, queste cose vanno calibrate e messe insieme.
È imprescindibile continuare ad accelerare ulteriormente lo sviluppo di fonti rinnovabili. Io credo che per il 2030 questa sia una cosa che non dobbiamo nemmeno più ripetere e va solo accelerata. Tramite questo l'Italia potrebbe contenere l'impatto sui prezzi, ma anche avvantaggiarsi in competitività relativa rispetto ad altri Paesi europei. Però, come vi dicevo prima, attenzione: non basta averla, perché c'è un problema anche di proporzionalità fra il costo attuale dell'energia prodotta e come questo poi si riflette sul prezzo in bolletta. Questo è un problema di mercato internazionale e non è solo una cosa che possiamo fare noi indipendentemente.
In parallelo, data l'inevitabilità del gas come combustibile di transizione per i prossimi anni, si dovranno esplorare tutte le opportunità per diversificare ulteriormente il mix dei Paesi di approvvigionamento (via gasdotto, via gas naturale liquido trasportato dalle navi e gassificato), incluso il rafforzamento del corridoio Sud e la capacità di rigassificazione anche tramite terminali galleggianti, oltre al già citato incremento di produzione nazionale a scapito delle importazioni.
Il mio algoritmo è semplicissimo: se si mantiene costante la quantità di gas totale - quindi, si ha lo stesso impatto ambientale e, nel tempo, questo dovrà diminuire, come previsto dagli Accordi di Parigi - meglio che ne produco in casa mia anziché importarlo, perché almeno è più gestibile (Applausi).
Infine, le scelte sopra descritte dovranno essere accompagnate da un'evoluzione del disegno di mercato per abilitare questa evoluzione in modo efficiente e sicuro per i consumatori, quindi fornendo i giusti segnali di prezzo allo sviluppo di rinnovabili e intervenendo sulle eventuali distorsioni ed extraprofitti di tutti i produttori, e su questo noi dobbiamo vigilare attentamente. Ripeto, è una partita che si gioca nel Paese, ma soprattutto all'estero e qui la credibilità dell'Italia in materia di misure energetiche è molto importante.
Concludo con una mia osservazione, del tutto personale, perché non avrò tempo di farvi una proposta su questo, perché qui parliamo di futuro un po' più di medio-lungo termine. La riflessione sull'energy mix è molto importante, ripeto, è molto importante. Non possiamo, dopo 50 anni, continuare a lamentarci di aver scelto di importare tutto e di non essere autonomi. Acceleriamo le rinnovabili, siamo tutti d'accordo. Facciamo uno sforzo totale, ma non basterà nemmeno questo. Noi, sull'energy mix - e quando dico “noi” intendo dire noi italiani, voi e il prossimo Parlamento qualunque sia; io potrò lasciare 5 pagine di memoria su questo - abbiamo l'obbligo di pensare e di simulare tutti gli scenari possibili, senza precludercene qualcuno.
I parametri sono tre: quale PIL avremo nel 2050 e nel 2030, quindi, supponendo una crescita media; quale demografia avremo, che probabilmente sarà quella di oggi, perché non credo che raddoppieremo come popolazione; quale consumo energetico avremo, al netto dell'efficientamento che stiamo facendo, della circolarità che stiamo migliorando e delle sorgenti che abbiamo. Dopodiché, con questi tre parametri, come si fa in climatologia, in economia, eccetera, dovremo sviluppare modelli che ci consentano di fare previsioni. Io temo che pensare a un energy mix “monocromatico”, con una o due sorgenti, non sarà sufficiente. Allora aprite, voi che potete, una riflessione e lasciamo che questa riflessione corra, perché, in questi 7-8 anni, sappiamo cosa dobbiamo fare. Quindi, è importante e urgente, ma non è per domani. Però, per i prossimi dieci anni dobbiamo trovare qualcosa che valga sino al 2050 o al 2060. Se il Paese non comincia a pensare long term - veramente long term -, noi periodicamente rischiamo, ogni 4-5 anni, di trovarci in affanno e la soluzione, essendo sempre in affanno, è sempre un po' una toppa; dobbiamo cominciare a pensare che ai prossimi turni non ci deve essere una toppa, messa con urgenza, ma ci deve essere un piano - o più piani -, da aggiornare in tempo reale.
Questo lo farete voi. Io ho espresso una posizione più che altro da cittadino e da scienziato (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente e Coraggio Italia).
(Interventi)
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare il deputato Davide Crippa. Ne ha facoltà.
DAVIDE CRIPPA (M5S). Grazie, Presidente, grazie Ministro. Parto dalla sua ultima considerazione: troverà sempre, all'interno di questo dibattito, la capacità e la volontà di discutere e di fare modelli previsionali su quali saranno i nostri consumi, su quale sarà il nostro modello di società e su quale sarà la nostra modalità di produzione energetica. Chiedo a tutti, su questo, di fare uno sforzo nell'immaginare anche quali sono, oggi, le tecnologie realmente disponibili e quali, investendo in ricerca, potranno esserlo. Ma - lo dico adesso - le scelte di adesso non devono tenere conto dell'ipotesi che forse, tra 10-15 anni, potremo avere il Paese di Bengodi sulla base di una ricerca avanzata, che noi continuiamo a sostenere e cerchiamo ovviamente di sostenere anche convintamente, per la produzione energetica. Attualmente i modelli sono ben lontani da questo auspicio, ma su questo, ovviamente, la ricerca può, e deve, andare avanti.
Tornando al tema dell'informativa di oggi, la lotta al caro energia non è assolutamente una questione che si è conclusa. Purtroppo, stiamo segnalando da settembre dello scorso anno che saremmo arrivati a questa situazione e anche le misure messe in campo dal Governo, che sono esose - perché 15 miliardi sostanzialmente non sono mai stati messi, fino ad oggi, sulle bollette dei cittadini e delle imprese italiane -, rappresentano, però, nemmeno il 20-25 per cento del costo, ossia i 60 miliardi che oggi gravano su famiglie e imprese e che, come ci diceva anche lei, Ministro, continueranno a gravare, considerato il rischio costante, anche nei prossimi mesi, di aumento dei prezzi.
Siamo davanti a una situazione che abbiamo segnalato più e più volte sul tema dei rincari. Lo ha detto anche il Presidente Draghi: dovranno compartecipare tutti coloro che hanno tratto benefici da questa misura di solidarietà, per contribuire, nel prossimo anno, ad abbassare le bollette di cittadini e imprese.
Ministro, io nel “decreto Energia” non l'ho vista questa parte. L'ho vista minimale, l'ho vista legata soltanto al tema delle rinnovabili e ben venga il correttivo che lei oggi ha annunciato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) rispetto a una misura. Infatti, segnalo che il mercato dell'energia, come lei ci ha rappresentato oggi, ha una produzione energetica non tipicamente rinnovabile. Quindi, c'è qualcuno che ha ricavato benefici e profitti stellari. I dati di bilancio delle compagnie energetiche, pubblicati le settimane scorse, rappresentano quello che sto dicendo: bilanci stellari. Sono anche società di produzione energetica, sia rinnovabile che fossile, sono soprattutto i trader e i venditori di energia. In questo noi ci siamo dimenticati di questa filiera.
Allora, io credo che l'impostazione debba essere diversa: serve un contributo di solidarietà di queste aziende sui bilanci del 2021 rispetto, ad esempio, al triennio precedente, per fare un fondo e abbassare i costi energetici di famiglie e imprese. E qui dobbiamo dirlo tutti, perché chiaramente è una misura straordinaria. Noi stiamo bruciando i soldi del PNRR per l'aumento dei costi dell'energia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
La misura, ovviamente, non deve essere tipicamente italiana, perché, considerando i 200 miliardi di scostamento sulla pandemia energetica che abbiamo messo in campo in questi mesi e i miliardi che sono arrivati dall'Unione europea sul PNRR per la ripresa, credo che, se oggi siamo già a 60 miliardi come costi, forse serve davvero chiedere all'Unione europea di fermarci tutti per cercare di comprendere se non è il caso di parlare di energy fund, ossia di un sistema uguale a quello della gestione pandemica, perché stiamo parlando di una pandemia energetica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), è un problema serio, a livello europeo. Serve un approccio comune, un fronte comune, non solo sull'approvvigionamento e sullo stoccaggio.
Ministro, lei ha rappresentato come l'Italia ha, sì, una diversificazione, però, poi, nei numeri abbiamo il 45 per cento dei contratti di importazione dalla Russia. Questo è frutto del fatto che i contratti sono tutti a spot. I contratti di approvvigionamento del gas non possono esserlo, per ragioni di dinamiche di mercato. Infatti, poi, ogni volta che si fanno misure per cui uno dice: “No! Devi importare almeno il 20 o il 30 per cento da questo gasdotto”. “No! Devi importato dall'altro”. Allora, interviene l'Unione europea che dice: “No! Tu devi creare delle libertà di concorrenza, lo devi importare da dove più ti conviene”. E, poi, arriviamo in condizioni analoghe a quelle odierne, in cui, a un certo punto, ci chiediamo: ma se ci manca da una parte, da dove lo prendiamo? Perché i contratti non li abbiamo fatti e chi una volta ce lo vendeva probabilmente era direzionato, con contratti, da un'altra parte. Allora, davvero, serve un approccio sistematico europeo sul tema, per capire le modalità anche di approccio a questo sistema, diversificando, sulla base dell'Europa, anche in questo caso, l'approvvigionamento del gas.
Passo al tema del consumo domestico. Non possiamo, ogni tre mesi, pensare di dovere inserire la norma sugli extragettiti da CO2, che deve andare ad abbassare le bollette ai cittadini italiani. È strutturale ormai, lo stiamo facendo da trimestre a trimestre. Possiamo immaginare di far sì - considerati gli scenari di prezzo che anche lei ha rappresentato oggi in Aula - che l'extra-quota di CO2, debba essere già oggi destinata, anche per il trimestre prossimo e per quello ancora, ad abbassare le bollette di cittadini e imprese? Sì o no? Secondo noi, sì e l'avevamo già proposto in diversi emendamenti. Forse, è il caso che anche il Governo si faccia carico un attimo di ciò, evitando di andare avanti a singhiozzo e, soprattutto, in modo prospettico anche dal lato impresa, per avere una certezza di quelli che potranno essere i costi.
Passo a trattare di un altro tema.
Lei oggi ha rappresentato la misura della gas release, cioè questo sistema che consentirà di abbassare i costi delle imprese energivore dal lato del gas.
Ecco, perfetto! Perché non riusciamo a fare altrettanto sulla produzione di energia elettrica del Paese, magari da fonti rinnovabili, chiedendo ai produttori di rinnovabili, oggi, se siano in grado di fare un sistema analogo, prevedendo un contratto di lungo termine per la produzione di energia elettrica e di accedere direttamente alle imprese e al mercato? Perché non possiamo farlo? Noi presenteremo emendamenti in questo senso. Le dico, inoltre, che i segnali di prezzo, di cui lei diceva poc'anzi, delle aste rinnovabili, hanno parlato di 65 euro a megawattora. Caspita! Stiamo a 200! È evidente che quella è la soluzione e la direzione corretta su cui dobbiamo andare! Quindi, acceleriamo i percorsi, facilitiamo anche la pubblica amministrazione, con Consip affinché faccia prioritariamente contratti di lungo termine da energie rinnovabili. Ma non tra 2 anni: domani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Questo non dipende da lei, deve avvenire all'interno Governo.
Presidente, concludo con un dato che è stato pubblicato da Terna proprio stamattina, un comunicato stampa che rappresenta: capacity market in Sardegna ha dato 500 su 550 megawattora disponibili. Attribuibili a che cosa? Agli stoccaggi, ovvero a stoccaggi a batteria. In quel caso, è direttamente…
PRESIDENTE. Deve concludere, deputato Davide Crippa.
DAVIDE CRIPPA (M5S). …una misura chiara, per cui il processo di transizione energetica in Sardegna passa dagli accumoli e non passa più da risorse fossili. Questo lo diciamo da dieci anni a questa parte! È evidente che bisogna continuare a lavorare su questo, chiedendo all'Europa di intervenire sin da subito, con un processo comune, per aiutare questi tipi di investimenti immediati, non tra un anno o un anno e mezzo. Quindi un Energy Fund che guardi alle risorse rinnovabili e crei un percorso di abbassamento di costi a cittadini e imprese a livello europeo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Patassini. Ne ha facoltà.
TULLIO PATASSINI (LEGA). Grazie Presidente. onorevoli colleghe e colleghi. rappresentanti del Governo, Ministro Cingolani, è evidente, come noi già diciamo dal 2021, che quella relativa all'energia e alle bollette, è una questione strategica per il futuro dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier). Già, su questo, il nostro segretario federale, Matteo Salvini, si era impegnato, insieme al dipartimento energia, proprio per evidenziare che la questione sarebbe esplosa da lì a poco. Addirittura, da qualche parte, qualcuno aveva detto che dovevamo continuare in maniera imperterrita - mi riferisco chiaramente ai precedenti Governi - su alcune vie. È evidente che noi siamo per una crescita sostenibile, non per una decrescita felice, come qualcuno, in quest'Aula, auspica più di una volta. Abbiamo bisogno, come il Governo sta facendo in maniera efficace, di soluzioni reali e tempestive. Noi non possiamo pensare a quello che sarà il modello tra 15-20 anni. Gli imprenditori, le famiglie, gli artigiani e i commercianti hanno bisogno di risposte oggi, non tra 10 anni! Questa è la cosa fondamentale. Su questo, importante è stato l'intervento del Governo in questi mesi. Lei ha già elencato, in maniera chiara, le misure adottate già dal “decreto Bollette” e, tornando indietro, con la legge di bilancio e il “decreto Sostegni-ter”: 16-17 miliardi sono stati impiegati per calmierare il costo delle bollette. Certo, sono misure importanti, ma non sufficienti. Anche l'ultimo “decreto Bollette”, attraverso cui sono stati investiti dal Governo quasi 7 miliardi, reputiamo sia una misura purtroppo ancora non adeguata, ma apprezziamo l'impegno che c'è stato e che si è sviluppato. Certamente, questa soluzione deve coinvolgere tutti i settori, e nessuno deve essere lasciato indietro.
Faccio un esempio. Noi abbiamo apprezzato l'abbattimento dell'IVA sul gas al 5 per cento. Questa misura va ampliata anche al mondo dell'autotrasporto, che sta portando merci in tutta Italia. Qualche difficoltà nasce, perché noi non possiamo permetterci che una parte degli autotrasportatori, che si è già avviata prima di altri sul percorso della transizione ecologica, rimanga indietro. Bisogna intervenire sul costo del gasolio alla pompa, perché bloccare oggi il trasporto nazionale significa bloccare l'Italia.
Poi, tra le misure, apprezziamo il fatto che il bonus energetico venga riconosciuto - e lo ricordo a quest'Aula -, in maniera automatica, a 3 milioni di famiglie. È un aspetto fondamentale, soprattutto per coloro che vivono in povertà energetica, soprattutto per coloro che utilizzano strumenti salvavita, purtroppo, per le loro mansioni quotidiane. Questo non deve farci dimenticare, nei prossimi provvedimenti, di avere un grande pensiero nei confronti delle amministrazioni comunali, dei comuni, degli ospedali e delle RSA, che sono i primi terminali dell'attività amministrativa di questo Paese nei confronti dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
Andiamo velocemente alle questioni di prospettiva. Certamente, come lei ha evidenziato, non si risolverà domattina il problema del gas, vista anche la maggiore richiesta da parte di Paesi che sono più inquinatori del nostro. Io ricordo a quest'Aula che l'Italia incide solo ed esclusivamente per l'1 per cento nell'ambito delle emissioni di gas climalteranti; altri Paesi per 20 o 30 volte tanto. Quindi, quando viene chiesto a questo Paese un extra sforzo, facciamo bene attenzione, perché, come lei ha evidenziato, Ministro, la questione energetica e del clima o la risolviamo tutti insieme o non si risolve, perché è inutile che facciamo efficientamento energetico e, in altri Paesi, si inquina il doppio. Questa è una cosa che va a svantaggio e a danno del nostro sistema economico ed imprenditoriale (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), perché l'energia è una sorta di dumping commerciale.
Per questo è importante la diversificazione del mix energetico, come lei ha evidenziato. Rimaniamo un po' stupiti del fatto che la Commissione europea abbia bocciato il raddoppio del TAP, che è una fonte di diversificazione importante, quindi, la nostra attività, anche in Europarlamento, sarà focalizzata su quello, sull'utilizzo sempre di più di fonti energetiche diverse, che vengano da GNL via nave, che vengano dal TAP, che vengano da altre condotte, perché avere un unico fornitore, in qualunque sistema economico, è poco salutare e lo vediamo in questo periodo, purtroppo, con i recenti venti di guerra che ci sono in Ucraina.
Apprezziamo con grande vigore, il PiTESAI, perché in quest'Aula ancora non ho sentito parlare di sviluppo della produzione nazionale. Ricordo che l'Italia è diventata grande nel dopoguerra proprio per la scoperta dei pozzi di gas e petrolio in Emilia-Romagna e in Sicilia e, su questo, apprezziamo molto e vorremmo un'accelerazione sul fatto che si possano, non solo riattivare i pozzi esistenti, ma ripartire finalmente con l'attività di prospezione e ricerca di nuovi giacimenti. Infatti, signor Ministro, è inutile che noi utilizziamo e mettiamo in atto moratorie, quando, in altri Paesi al di là dell'Adriatico, iniziano e continuano a ricercare. È un assurdo nei termini: o la moratoria è per tutti o non è per nessuno, altrimenti, sa cosa succede e i cittadini dovrebbero saperlo? Che i greci o i croati scavano, trovano il gas e ce lo rivendono ed è il nostro gas (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)! Siamo chiari su questo, è il nostro gas, è il gas italiano.
Da qui, un'attenzione particolare deve essere dedicata a tanti settori e ne vorrei citare un altro; qualche impresa purtroppo ha bloccato la produzione, ma esistono settori in Italia che non possono bloccare la produzione, pensiamo a tutti coloro che hanno gli allevamenti bovini, ovini, volatili, alla pescicoltura; non possiamo distruggere il patrimonio zootecnico italiano per la questione del caro energia. E di questo credo che il Governo si debba fare carico il prima possibile. Abbiamo soluzioni, perché è giusto dare anche soluzioni su questo: incremento del mix energetico, diversificazione delle fonti, una grande attenzione a ogni fonte energetica, anche al nucleare, non possiamo permetterci di non avviare un dibattito, in questo Paese, serio e concreto sul nucleare pulito e sicuro di quarta generazione.
PRESIDENTE. Concluda.
TULLIO PATASSINI (LEGA). Vorrei richiamare un altro esempio, e mi avvio a concludere, signor Ministro: incentiviamo le comunità energetiche dei cittadini, perché, in alcune zone d'Italia, penso ai nostri centri storici, è difficile realizzare un impianto fotovoltaico su un bene storicamente importante (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); non ci nascondiamo, non tutti i tetti sono uguali, non tutti i borghi sono uguali…
PRESIDENTE. Deve concludere.
TULLIO PATASSINI (LEGA). Concludo, Presidente. Ma se questo diventa l'occasione per realizzare comunità energetiche a vantaggio dei cittadini, delle imprese e delle pubbliche amministrazioni, questo è l'obiettivo che dobbiamo porci.
Caro Ministro, e concludo, il gruppo Lega è sempre in prima linea a difesa di famiglie ed imprese, perché da questa crisi energetica o ne usciamo tutti insieme o non ne usciamo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gianluca Benamati. Ne ha facoltà.
GIANLUCA BENAMATI (PD). Grazie, Presidente. Intanto, ringraziamo il Ministro per questa informativa e il Governo, perché chiaramente questa crisi è pericolosa, è una crisi grave per questo Paese. Lei nella sua relazione ne ha già descritto le dimensioni, però noi sappiamo che nel nostro Paese questo sistema di prezzi così elevati significa crisi del settore industriale, possibilità di arresto di molte filiere, una battuta di arresto nella crescita del PIL che, con quello che è successo in questi anni di pandemia e un debito così accresciuto, sarebbe un problema per il domani nostro e dei nostri figli.
Tengo a precisare che sono molto d'accordo con lei sul fatto che questi prezzi dell'energia, a volte anche prodotti da meccanismi di formazione che andrebbero rivisti, creano difficoltà anche al processo di transizione ecologica che non servono.
Allora, la risposta congiunturale che il Governo ha dato nell'ambito delle iniziative europee - quella di ridurre il carico fiscale e parafiscale sulle bollette delle famiglie, con particolare attenzione ai fragili, ai clienti domestici in difficoltà, ma anche alle piccole e medie imprese e alle imprese con grandi consumi energivori - deve continuare. Certamente, si va nella direzione giusta, però, la stessa dimensione dell'investimento che lei ha sottolineato, 15 miliardi, sino ad oggi, ci dice che non sarà possibile continuare per molto. Stiamo spendendo in pochi mesi molte più risorse di quante ne abbiamo messe sulla riforma fiscale.
Quindi, da questo punto di vista, oltre ad una giusta pulizia della bolletta per togliere tutti gli oneri impropri che ancora vi gravano e un ricorso alla fiscalità sugli obiettivi della transizione, serve andare su quelle misure strutturali che sono state più volte evocate e che lei ha richiamato.
Il nostro sistema energetico si basa sulle rinnovabili e sul gas come elemento di transizione e questo, per una scelta Paese, fino al 2030 e al 2035. Noi abbiamo uno dei migliori sistemi energetici d'Europa a cui altri Paesi tendono, partendo da posizioni più arretrate. È chiaro, però, che in questo caso, come veniva già detto da chi mi ha preceduto, se il cliente finale non vede differenza di prezzo nell'energia elettrica fra l'energia verde che si può produrre a 50 o 60 euro al megawattora e l'energia da termoelettrico a 200 euro per megawattora, non si capisce quale sia la convenienza.
Allora, qui, c'è un tema importante: bisogna proseguire con l'installazione delle fonti energetiche rinnovabili, soprattutto quelle elettriche, e bisogna attuare dei meccanismi che permettano di riversare questi risparmi produttivi, di questa fonte ad alto capitale investito ma a bassa volatilità di prezzo delle commodity coinvolte, verso i consumatori.
Una misura simile a quella ipotizzata per il gas - quindi, contratti a lungo termine sull'investimento e contratti a lungo termine per il rilascio a prezzi controllati - è quanto ci serve, come si diceva anche nel dibattito. Da questo punto di vista, avremo il 60 o 70 per cento della nostra energia elettrica da rinnovabili nel 2030, potremo utilizzare il vantaggio di questi prezzi e non essere ancora incollati al marginal price che, oggi, fa andare tutto il mercato elettrico sui prezzi degli impianti termoelettrici.
Da questo punto di vista, anche le misure messe in campo sul gas vanno nella direzione giusta, quella che anche noi, come gruppo del Partito Democratico, nelle risoluzioni che abbiamo presentato, auspicavamo, perché si inizia a parlare non di una impossibile indipendenza energetica del Paese, ma di un'autonomia; cioè, come lei ha affermato, rafforzare le acquisizioni di gas da Paesi che siano affidabili è quello che ci consente la geografia, è il grande vantaggio dell'Italia rispetto al Nord Europa.
Quando diciamo che incrementare di alcuni miliardi di metri cubi la produzione nazionale, raddoppiare la TAP e, forse, implementare i nostri sistemi di rigassificazione ci permette di dimezzare e poi azzerare la dipendenza dalla Russia nel giro di qualche anno, non diciamo una cosa sbagliata. Questo è il primo grande vantaggio che abbiamo.
Il secondo: qui veramente penso che la misura di gas release inserita nell'ultimo decreto sia importante. Infatti, anche noi riteniamo che all'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili debba essere accoppiato questo meccanismo che vede il GSE attore di una politica di sfruttamento delle risorse nazionali mediante contratti a medio termine che coinvolgono anche investitori nazionali e l'impresa, e rilascia a prezzi calmierati e definiti dall'inizio questa stessa materia prima al sistema economico nazionale. Questo è giusto e deve essere replicato anche per l'energia elettrica.
Così come, mi consenta, anche il tema degli stoccaggi, e vado a concludere, Presidente. Un uso più dinamico degli stoccaggi, un caricamento più elevato, un'entrata-uscita più dinamica, servono a contenere non tanto il problema annuale della formazione dei prezzi, ma il problema dei mercati giornalieri che, a volte, creano delle fiammate di prezzi non comprensibili. Se a tutto questo uniamo l'efficienza energetica, al di là delle polemiche sul “110”, quella industriale e quella negli usi domestici, se inseriamo il tema delle comunità energetiche, avremo fatto un buon lavoro.
E, poi, mi perdoni, concludo su una cosa. Lei ha fatto un esame della situazione attuale: questo Piano energetico ha una validità che sarà fino alla metà degli anni Trenta, ma sarebbe sbagliato non cominciare oggi a pensare a cosa c'è dopo quegli anni, perché la ricerca e lo sviluppo per le soluzioni energetiche che ci porteranno alla decarbonizzazione finale, al secondo pezzo di strada che dovremo fare, si studiano oggi. Non ha senso parlare di nucleare oggi, ha senso fare ricerca per le soluzioni energetiche che saranno in atto nel mondo, non in questo Paese, fra gli anni Quaranta e gli anni Cinquanta di questo secolo, per garantire quello che diceva lei prima - mi scuso per la mascherina, concludo -, cioè un PIL e una ricchezza sufficienti ai nostri figli e una tenuta di questo Paese dal punto di vista dell'industria, della manifattura e del benessere dei suoi cittadini anche fra 30 anni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cattaneo. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CATTANEO (FI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, noi abbiamo apprezzato la sua relazione, ci rispecchiamo nel modo pragmatico guidato dai numeri, dalle evidenze scientifiche e da una realtà industriale da cui non possiamo prescindere quando si parla di temi energetici e della transizione che abbiamo davanti. Seguirò la sua traccia nel mio intervento, perché, condivido, c'è qualcosa che dobbiamo fare ora, subito, e qualcosa che possiamo e dobbiamo mettere in campo per una strategia e pianificazione di medio-lungo periodo.
Ora e subito dobbiamo stare vicino alle famiglie e alle imprese, perché con questi rialzi dei prezzi non ce la fanno. Abbiamo messo 8 miliardi l'anno scorso, tutti sulle famiglie, abbiamo ora questi miliardi a disposizione. Noi diciamo chiaramente: bene dare un sussidio alle famiglie che non ce la fanno, ma ora la priorità sono le imprese, le grandi imprese e le piccole imprese, perché non possiamo permetterci, sottovalutando questo problema, di trovarci, tra qualche mese, con una crisi economica, industriale, con posti di lavoro che sono scomparsi, perché questo è il pericolo reale che abbiamo davanti.
Quindi, noi dobbiamo ascoltare ciò che arriva dalle imprese: le nostre aziende italiane ora pagano 37 miliardi di euro di bollette, l'anno scorso ne pagavano 8. Non hanno ancora chiesto nulla allo Stato, non hanno ancora riversato gli aumenti all'utente finale, vuol dire che stanno, però, drenando la loro capacità di fare utili, stanno drenando al loro interno tutto ciò che possono per sopravvivere.
Allora, io credo sia lì che dobbiamo insistere. Le iniziative che ha elencato, secondo noi, sono quelle giuste: un accordo di lungo periodo con i soggetti energivori con il nostro gas nazionale. Evviva, finalmente torniamo a parlare di raddoppio dell'estrazione del gas nazionale.
Siamo convinti che ci debba essere una strategia più efficace sugli stoccaggi; siamo convinti, per esempio, che autorizzare l'acquirente unico a sottoscrivere contratti di lungo termine sia una cosa giusta, così come ridurre o azzerare, possibilmente, gli oneri di sistema e le accise. Aggiungiamo che in Europa si può fare molto. Proprio ieri, il nostro gruppo, guidato da Antonio Tajani al PPE, ha fatto un intervento, chiedendo all'Europa acquisto di gas con appalti congiunti per le nostre riserve strategiche e anche uno stoccaggio europeo. Oggi ho letto un'intervista, anche Alverà evoca questa strategia per poter acquistare gas in estate, stoccarlo a livello europeo e averlo a disposizione, poi, quando i prezzi sono più alti. E, ancora, un Fondo sociale per il clima di 72 miliardi di euro, che sono a disposizione della nostra transizione energetica.
Un altro elemento che oggi non è ancora stato evocato è, comunque, il contesto geopolitico in cui ci troviamo, perché il gas è aumentato non per motivi tecnici o scientifici; di fatto, è aumentato per le tensioni geopolitiche. E, allora, permettetemi solo una battuta: sorridiamo, noi di Forza Italia, quando gruppi che hanno avversato i Governi Berlusconi adesso ne chiedono l'intervento sul Presidente Putin, per allentare tensioni internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente) che, oggi, certo, sono ancora più gravi del solo fatto energetico. Noi l'autorevolezza dei nostri Governi l'abbiamo sempre messa in campo e i benefici, evidentemente, tutti li vorremmo avere ancora oggi.
Ma il tema più importante è quello, che lei ha toccato, sull'energy mix del nostro Paese. Diciamolo con chiarezza, l'Italia ha un energy mix anomalo, inadeguato per un grande Paese industrializzato. E se tutti, in quest'Aula, oggi, evocano la necessità di guardare avanti, però permetteteci almeno, guardando indietro, di trarre il monito che ci arriva dagli errori che sono stati commessi. E nel passato c'è qualcuno che era dalla parte giusta della storia, con un disegno industriale che aveva una sua razionalità, e c'è qualcuno che, oggi la storia lo dimostra, stava dalla parte sbagliata. È stato detto “no” al nucleare, “no” ai termovalorizzatori, recentemente “no” al carbone, ai rigassificatori, alle trivelle; “no” a tutto, qualcuno voleva dire “no” anche al TAP, e ne avremmo pagato un prezzo ancora più caro. Scelte scellerate. Noi siamo stati il Partito dei “sì”, noi siamo quelli che, quando c'è stato da assumersi le responsabilità, lo abbiamo fatto. I valori più alti di estrazioni di gas naturale erano quelli negli anni del nostro Governo, così come non abbiamo avuto mai dubbi anche a spingere su un mix energetico adeguato e l'ultimo tentativo autorevole sul nucleare è stato fatto dal Governo Berlusconi, terminato, poi, con un referendum che ha incrociato drammaticamente l'incidente di Fukushima e, nel 2011, ha avuto un esito, purtroppo, negativo. Ma un mix energetico oggi è ciò che questo Paese deve mettere in campo per affrontare il futuro in maniera più solida.
E veniamo al tema delle rinnovabili. Noi non abbiamo dubbi: il futuro, nel lungo periodo, sarà delle energie rinnovabili, ma diciamo con chiarezza agli italiani che, oggi, anche quelle sono ferme. Ci sono i soldi del PNRR, degli investitori internazionali, ci sono gli imprenditori italiani pronti a farle, c'è il know-how, abbiamo i progetti, non ci sono i permessi. In troppe occasioni mancano i permessi per poter sbloccare le energie rinnovabili: parliamo di eolico, parliamo di solare. E, allora, ancora, il partito del “no” sta bloccando perfino le energie rinnovabili. Da parte del nostro gruppo avrà, Ministro, tutta la forza per sbloccare questi investimenti, perché noi, lo ribadisco, siamo figli di una storia dei “sì” e non dei “no”.
Un'altra sottolineatura riguarda quali energie rinnovabili utilizzare. Per esempio, si parla troppo poco delle bioenergie. I biogas, i bioliquidi, le biomasse oggi rappresentano il 45 per cento del totale delle rinnovabili italiane, tale quota non può scendere. In una pianificazione abbiamo letto che c'è l'intenzione di portarle al 18 per cento e, invece, no, noi crediamo che ancora, attraverso le bioenergie, abbia uno spazio l'endotermico, il full electric sia un miraggio, secondo noi, troppo legato a un'ideologia e non a una realtà industriale, e, poi, gli investitori vogliono soprattutto regole certe. Insomma, signor Ministro, noi, per un patto industriale che veda ambiente e sviluppo insieme, ci siamo e ci saremo. Noi non ci saremo, invece, per un ambientalismo da salotto, per la politica dei “no”, e ribadisco, in Forza Italia troverà massimo sostegno per andare avanti secondo una logica industriale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Zucconi. Ne ha facoltà.
RICCARDO ZUCCONI (FDI). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, abbiamo apprezzato il suo intervento e anche alcuni indirizzi, che ci vedono perfettamente concordare con lei, però le segnaliamo subito che gran parte della maggioranza che sostiene questo Governo non potrà sicuramente supportarla.
Noi ci saremmo aspettati a questo punto un atto concreto, complessivo da parte del Governo, ma, ascoltando gli interventi particolarmente polemici che sono venuti proprio dai gruppi che compongono la maggioranza, capiamo le sue difficoltà, le comprendiamo appieno. Ci sarebbe bisogno di interventi strutturali, soprattutto per ridare all'Italia un Governo veramente coeso e omogeneo sulle scelte.
Fratelli d'Italia, invece, non fa polemiche; fa proposte, le abbiamo fatte in passato e le abbiamo ripetute anche di recente a fronte di una situazione internazionale particolarmente grave. La prima domanda che c'è da porsi, secondo noi, è: chi si accolla i costi dello scontro con Putin, per esempio? Chi si accolla, in Europa, questi costi? Abbiamo ascoltato le dichiarazioni del Presidente del Consiglio, che ha detto che le sanzioni sicuramente non ricomprenderanno il settore dell'innovazione e dell'energia, ma abbiamo sentito la von der Leyen dire esattamente il contrario, qualche ora dopo, e non sappiamo a questo punto a chi credere. Banalmente, la domanda che ci poniamo in questo momento è cosa possiamo fare per fare intraprendere all'Italia la strada, in una certa misura, dell'indipendenza energetica, e quindi politica (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Sono direttrici che riguardano la politica estera, sulle quali, mi permetta, non ci sentiamo molto tutelati, e la politica interna. E allora, a livello di politiche internazionali, considerato che noi dipendiamo in gran parte per gli approvvigionamenti proprio dall'estero, ci chiediamo cosa ne è stato del gasdotto Nord Stream 2, perché noi abbiamo bisogno di diversificare le fonti di approvvigionamento. Quel gasdotto è stato osteggiato, in qualche modo, per ragioni geopolitiche; a farne le spese sono i Paesi come l'Italia, che devono approvvigionarsi di gas. Cosa è stato, per esempio, del gasdotto EastMed, quello che veniva gestito da Israele? Era un'altra fonte di approvvigionamento, non ci risulta che, in questo momento, ci siano contatti con Israele per far ripartire questo progetto. Cosa è stato dei giacimenti in Egitto che l'ENI aveva trovato e che sicuramente potevano rappresentare ancora un'altra fonte di approvvigionamento? Sulla tematica delle centrali idroelettriche torno un'ennesima volta, perché in questo caso, Ministro, lei mi ha un po' deluso: a fronte del fatto che la Francia ha prorogato le sue concessioni idroelettriche fino al 2041, lei ha detto “vedremo di prorogare quelle italiane fino al 2024”. Non è così che si può procedere secondo noi; dobbiamo mettere in sicurezza una fonte di produzione dell'energia elettrica che è fra le più rinnovabili, ma è anche fra le più gestibili, perché è di tutta evidenza che l'acqua può essere regolata, può essere facilmente stoccata e, quindi, dimostra una duttilità importante. Lei deve prendere l'impegno, in mancanza di una direttiva europea e prendendo atto che tutti i Paesi europei si stanno tenendo ben strette le proprie concessioni idroelettriche, che anche l'Italia vada su questa strada. Sul principio di reciprocità le potrei anche citare il caso di Total, che detiene un giacimento petrolifero in Basilicata. Solo noi consentiamo questo, ma, quando andiamo a chiedere all'estero di poter acquisire asset importanti, scatta il golden power e noi le mani non ce le mettiamo. Quindi, sul fronte estero, ci consenta, la politica italiana, ancora oggi e dei Governi passati, è stata estremamente fallimentare. Sul fronte interno non mancano soltanto le fonti energetiche, manca anche un modello di sviluppo complessivo del Paese. A fronte della mancanza di un piano industriale, manca anche un piano di sviluppo energetico, di fabbisogno energetico. Noi dobbiamo stabilire ciò di cui abbiamo bisogno, per cercare di attivare le fonti di energia. Questo non c'è, è una grave mancanza. Le proposte di Fratelli d'Italia ci sono state: noi volevamo una politica innanzitutto rivolta al risparmio energetico.
Deve diventare una cultura, quella del risparmio energetico. Sono felicissimo di vedere anche queste logge illuminate da qualche giorno, ma mi augurerei che le Aule della Camera fossero illuminate dal lavoro dei deputati più che da qualche punto luce in più. È un segnale, è una sciocchezza - per l'amor di Dio - però, insomma, a fronte di questo manca anche un'iniziativa forte per eliminare le pastoie burocratiche. Le aziende sono in ginocchio anche per questo; non si può dare per acquisito quello che acquisito non è. Al momento noi riceviamo sollecitazioni continue da parte delle aziende che ci dicono che non riescono a dotarsi di fonti di produzione energetica propria perché le pastoie burocratiche prevedono una sequenza infinita di documentazione, di certificazioni. Cosa ci vorrebbe ad agire in deroga, in un momento così grave come questo, andando a interessare dei poli industriali, delle zone industriali che sono presenti in tutti i comuni italiani e che potrebbero - sì - garantirci delle fonti di approvvigionamento senza andare a consumare il suolo, altra grande problematica? Non possiamo risolvere i problemi ambientali andando a consumare suolo in questo modo. Manca, poi, una politica che agevoli la creazione di micro impianti: quello potrebbe essere un contributo di solidarietà per i gestori, per i maggiori operatori, cioè attivare una politica che faciliti i micro impianti. Ancora, la Germania ha destinato, nel Recovery, 8 miliardi soltanto per il settore dell'idrogeno; le nostre risposte in questo senso sono enunciazioni di principio, ma non sono concrete. Dobbiamo smettere di essere il Paese dei “no”, quindi “sì” alle rinnovabili, ma senza rinunciare ad altre fonti, come quella del gas. Le ricordo che nel 1991 noi producevamo 20 miliardi di metri cubi; nel 2021 siamo arrivati a 3,3 miliardi di metri cubi. Il nostro gas ci costa circa 5 centesimi al metro cubo; quello che acquistiamo, come ha detto prima lei, decuplica, praticamente. Dobbiamo smettere di essere il Paese dei “no”, ma certamente questa maggioranza è una maggioranza composta in gran parte da quelli che hanno detto di no a tutto; non soltanto alle trivellazioni, ma anche al TAP, per esempio.
PRESIDENTE. Concluda.
RICCARDO ZUCCONI (FDI). Lo volevo dire al collega Battelli, ma vedo che sui banchi dei Cinque Stelle non c'è nessuno, a dimostrazione di una sensibilità particolare di quel gruppo nei confronti di queste tematiche (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Concludo dicendo che non dovremmo guardare al futuro soltanto usando i verbi “faremo”, “dovremo”, “guarderemo”, “vedremo”, perché il futuro è ora e le risposte questo Governo le deve dare subito (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Moretto. Ne ha facoltà.
SARA MORETTO (IV). Grazie, Presidente. Signor Ministro, la ringraziamo per la dettagliata informativa di oggi, che, alla luce dell'escalation dei fatti al confine russo-ucraino, assume oggi ancor più importanza. L'inaccettabile atto unilaterale di Vladimir Putin ci preoccupa, in primis per le possibili ripercussioni di un conflitto sulla popolazione, per la sopraffazione che calpesta i principi di democrazia, per gli equilibri geopolitici mondiali, ma anche - è inutile negarlo - per le conseguenze sui nostri approvvigionamenti energetici. È evidente che di fronte al rischio di una guerra deve esserci compattezza europea, senza esitazioni e divisioni nei confronti del Presidente russo. Nel tavolo che sta valutando le eventuali sanzioni deve essere, però, altrettanto chiaro che le situazioni dei Paesi europei dal punto di vista energetico non sono tutte uguali. La dipendenza italiana dalle forniture russe è - ahinoi - purtroppo ancora elevata.
La situazione, quindi, è molto delicata, ma siamo certi che il Governo sia impegnato per tenere insieme tutte queste esigenze. Proprio per l'evidenza di questa dipendenza, il nostro Paese è oggi di fronte ad una sfida storica, una sfida che riguarda l'immediato, ma che deve essere proiettata necessariamente al futuro: una transizione energetica possibile e sostenibile. Italia Viva, dall'inizio di questa crisi, sostiene che le strade per ridurre il costo dell'energia siano due: pagarla meno, ma anche consumarne meno. Parto da quest'ultima, in quanto l'efficienza energetica è una sfida strategica, e ovviamente non passa solo per il superbonus, che ha dimostrato alcune debolezze, ma richiede un vero e proprio impegno nella pianificazione urbanistica, nelle costruzioni e nei processi produttivi.
Accanto a questa c'è la sfida, altrettanto importante, sulle fonti energetiche, di cui lei ha lungamente parlato. L'emergenza in corso ci ha costretti tutti ad aprire un dibattito su questi temi e ci ha costretti a farlo, finalmente, senza ideologie. Oggi la principale preoccupazione degli italiani è il caro energia. Preoccupano bollette, in alcuni casi più che raddoppiate, sia nelle famiglie, anche in quelle in regime di maggior tutela - e quindi non aggiungo ulteriori valutazioni sull'opportunità di andare a completare il processo di liberalizzazione del mercato -, ma bollette raddoppiate anche nei comuni, primo presidio delle istituzioni e dei servizi pubblici, e nelle imprese, soprattutto le più piccole, che spesso non rientrano nella categoria delle imprese energivore. È davvero difficile e in alcuni casi impossibile far tornare i conti di fronte ad incrementi così imponenti, con un'incertezza sulla durata di questa emergenza e con effetti che si stanno già traducendo in un generale aumento dei prezzi di beni e servizi, ovvero in inflazione. A ciò aggiungiamo il rischio, già evidenziato da Italia Viva in quest'Aula la scorsa settimana e ora oggetto di manifestazioni da parte delle principali associazioni del mondo agricolo, dello stop di produzioni primarie, che possono portare alla carenza di prodotti agroalimentari negli scaffali già nelle prossime settimane.
Il caro energia si riflette, poi, anche nel caro gasolio, che sta mettendo in difficoltà l'intero sistema dell'autotrasporto. In alcuni territori, la legittima preoccupazione si è trasformata in protesta e, in alcuni casi, in episodi violenti, che noi fermamente sentiamo il dovere di condannare anche qui, oggi, in quest'Aula. La Vice Ministra Bellanova, in questo momento caldo e delicato, sta facendo un lavoro straordinario; ha convocato un altro tavolo permanente proprio per ascoltare le posizioni e le preoccupazioni delle parti in gioco, ma è evidente che non può essere lasciata da sola. Tutto il Governo deve sentirsi impegnato (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva). Questo problema riguarda i trasporti e, di conseguenza, l'intero sistema economico che rischia di fermarsi, ma a questo punto anche l'ordine pubblico. È necessario che il Governo pensi ad un intervento d'urgenza per il settore, utilizzando tutti gli strumenti disponibili: lo si faccia con uno sguardo d'insieme, non come risposta alle proteste più violente, ma come esigenza nazionale dei tanti onesti e laboriosi autotrasportatori e delle imprese che attendono le loro consegne.
Questa fotografia che lei, Ministro, certamente ben conosce, ha già portato il Governo, anche su sua proposta, ad intervenire in più occasioni, stanziando nel complesso, fino ad ora, circa 15 miliardi. Diversamente non si poteva fare; servivano risorse emergenziali per compensare il caro bollette e molto è stato fatto, anche in riferimento alle persone più fragili e al meccanismo dei bonus sociali. Mi consenta, però, di evidenziarle come questo sforzo, noto ai cittadini nelle dimensioni totali, poco viene percepito nei casi singoli. L'assenza di una indicazione chiara in bolletta della riduzione ottenuta anche grazie alle misure governative, non consente spesso al cittadino di comprendere che questi miliardi sono già serviti a ridurre oneri e IVA. Se l'emergenza dovesse continuare più del previsto, come sembra, non è però pensabile risolverla trovando 5 miliardi ogni trimestre.
Un piccolo cambio di passo è stato compiuto con l'ultimo decreto e noi lo apprezziamo. Qui si è posta la base della svolta. Alle soluzioni tampone - ripeto, necessarie - si sono aggiunte misure di più ampio respiro, che riguardano le scelte energetiche del Paese, tra cui il riavvio delle estrazioni del gas e la semplificazione delle procedure per le rinnovabili, che ancora scontano macchinosi e lenti processi autorizzativi. È su questo che, noi di Italia Viva, insistiamo da tempo. Nella pianificazione delle scelte energetiche del Paese, compatibili con gli obiettivi climatici, è necessaria una rivoluzione.
Dopo aver assistito a violente opposizioni al gasdotto TAP, trasformatesi improvvisamente in “sì” al raddoppio del TAP, e dopo aver ascoltato urlanti accuse contro le estrazioni di gas già autorizzate, che però ora stanno ripartendo, questa emergenza ci sta dimostrando che il populismo, anche sui temi energetici, ha le gambe corte (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva) e costa caro, perché i ritardi e le mancate scelte li paghiamo oggi in bolletta, ma anche nel prezzo del pane; non ci sono scorciatoie per il consenso che portino anche buoni risultati per il Paese. Alla dipendenza del nostro Paese dal gas di altri Paesi, non possiamo rispondere proponendo agli italiani esclusivamente lo slogan dello scostamento di bilancio o lo slogan ‘tassiamo i cattivi' (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva): non è solo ed esclusivamente un problema di risorse, è un problema di scelte. Se vogliamo ridurre la dipendenza dall'estero e produrre energia più green, dobbiamo innescare investimenti e aprirci alle nuove tecnologie, tutte: dalle rinnovabili, al gas, ai biocarburanti, dall'idrogeno al nucleare di ultima generazione. Il famoso mix di fonti dev'essere ampio e diversificato.
Noi di Italia Viva, Ministro, la invitiamo a proseguire con coraggio, sulla strada del pragmatismo, del realismo, degli obiettivi perseguibili, delle soluzioni che vanno alla radice e non alla coda del problema (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Daniela Ruffino. Ne ha facoltà.
DANIELA RUFFINO (CI). Grazie, signor Presidente, Ministro e colleghi. Signor Ministro, ho ascoltato con attenzione il suo intervento e convengo che l'azione di Governo sia stata proattiva, sia stata costante. Lei, signor Ministro, ha parlato di ragioni contingenti, di domanda e di offerta, di ragioni di mercato, di una crisi, di una dipendenza energetica - e penso che ce lo ricordiamo bene tutti - che risale agli anni Settanta. Ha anche detto che il PNRR inciderà, ma che ci vorrà del tempo, e anche di questo ovviamente siamo coscienti. Per quanto tempo, c'è da chiedersi, le misure di Governo tamponeranno gli aumenti? Lei ha parlato di numeri importanti: 25 milioni di famiglie e 6 mila imprese, che sono già state sostenute. A tutto questo si aggiunge oggi la crisi geopolitica, che sicuramente aggrava una situazione già complessa.
Nell'estate scorsa e nell'autunno sono stati stravolti i budget delle spese domestiche. Anche in quell'occasione, il Governo ha mobilitato risorse che sicuramente hanno attenuato il peso dei rincari, con interventi rivolti soprattutto a tutelare i nuclei meno abbienti. Il quadro che emerge, però, è sicuramente desolante e preoccupante, soprattutto perché, una volta di più, evidenzia come a pagare gli aumenti delle bollette siano le famiglie meno abbienti. E sono proprio i nuclei con più fragilità a subire il contraccolpo peggiore dei rincari degli ultimi mesi e a rischiare di scendere sempre di più sotto la soglia della povertà. Io credo che questo Parlamento non possa accettare questa situazione e debba agire con assoluta rapidità. Certamente non ci rincuora sapere che Francia, Spagna e Germania vivano più o meno la nostra stessa situazione.
Signor Presidente, Ministro, il Governo dovrà gestire gli effetti dell'instabilità dei prezzi energetici ed evitare che l'inflazione si rimangi la ripresa economica. Questo è quanto accade oggi: siamo a parlare di una stangata di 1.400 euro a famiglia. E, come ho detto prima, il caro energia investe le famiglie, ma non risparmia le aziende, nessuno si salva, però ci sono dei settori che, inevitabilmente, sono più penalizzati di altri: parlo del settore delle costruzioni, dei trasporti, della logistica; e poi della filiera del turismo: un settore che per 24 mesi è rimasto annientato dal COVID. Per l'anno in corso le prospettive sono di nuovi vistosi rincari, considerando che i prezzi del primo trimestre mostrano un balzo del 112 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. E nuovamente, ribadisco, è a rischio la ripresa.
E poi c'è un settore che deve assolutamente attrarre l'attenzione del Governo: quello degli enti locali. Io ho una stima, che può essere presunta: per le amministrazioni comunali in tutta Italia stiamo parlando di un aggravio di almeno 550 milioni di euro, su una spesa complessiva annua per l'energia elettrica che oscilla tra gli 1,6 e gli 1,8 miliardi di euro. I grandi costi diretti partono dall'illuminazione stradale: possiamo rinunciare a questa? No, perché rinunceremmo alla sicurezza e anche alla sicurezza sociale, che è certamente sempre più a rischio. E poi ci sono i costi indiretti, quelli che si ripercuotono sui nostri concittadini. Deve essere anche chiaro a tutti che chi si rivolge al comune, lo fa perché ha dei bisogni, per richiedere dei servizi essenziali che non possono e non devono in alcun modo essere ridotti. Poi possiamo parlare delle attività commerciali, degli impianti sportivi, soprattutto delle piscine, che stanno vivendo un periodo di grande crisi proprio in questo momento che dovrebbe essere di rilancio dopo lo stop.
Allora, noi riteniamo che deve proseguire l'assunzione di responsabilità da parte del Governo e Coraggio Italia è molto consapevole dell'impegno del Presidente Mario Draghi, ma anche del suo, signor Ministro, però riteniamo che ci debba essere un ulteriore, ennesimo cambio di passo (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).
Ad esempio, è fondamentale che ci sia un'attenzione - e ritorno agli enti locali - per compensare le maggiori spese sostenute per l'incremento dei costi di energia elettrica e gas; stiamo parlando di scuole e credo che sia un elemento molto, molto importante. Devo anche dire che, per far fronte all'aggravio dei costi dell'energia, non basteranno le variazioni di bilancio; si rischia di tagliare i servizi in corso d'anno e questa situazione sarebbe veramente insostenibile. I comuni hanno investito in energie rinnovabili, hanno sicuramente risparmiato e questa è una formula che fa bene all'ambiente e, in qualche modo, permette anche ai comuni di contrastare il caro bollette. Però, signor Ministro, ne abbiamo già parlato in quest'Aula, c'è un nemico molto importante che dobbiamo riuscire ad abbattere, ed è la burocrazia. In questi giorni, un imprenditore, Alberto Balocco, è intervenuto in una nota trasmissione televisiva e ha detto che - sì, certo - potrebbe contrastare il caro bollette attraverso gli investimenti, ma ci sono dei tempi e delle lungaggini che impediscono di raggiungere gli obiettivi importanti in tempi brevi o perlomeno accettabili.
Concludo riprendendo un tema caro a Coraggio Italia, quello del superbonus. Noi abbiamo chiesto una proroga e siamo coscienti che il 30 per cento dei lavori a giugno è un traguardo che poche villette - chiamiamole così - riusciranno a raggiungere. Sappiamo bene che, da nord a sud, quelle strutture, quelle case hanno una grande necessità di rinnovamento. Parliamo di caldaie, parliamo di infissi che certamente non rispondono ai nuovi standard. Avremmo auspicato che in quel contesto ci fosse una grande, una maggiore attenzione, perché avremmo dato in tema di energia una forte spinta propulsiva (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia). Non è stato così; in parte possiamo comprendere le ragioni, però riteniamo che ci sia un tempo in cui è fondamentale osare. Questo è il tempo, questo è il tempo del coraggio, perché questo è quello che ci chiedono gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Stefano Fassina. Ne ha facoltà.
STEFANO FASSINA (LEU). Grazie Presidente, grazie Ministro, per la sua esposizione. È davvero difficile sottovalutare l'importanza delle questioni che affrontiamo oggi e che - riteniamo - debbano essere assolutamente prioritaria nell'agenda del Governo e nell'agenda del Parlamento, a cominciare dalle Commissioni competenti, ma ovviamente andando oltre le Commissioni competenti perché è davvero una questione di carattere sistemico.
Vorrei fare una considerazione: a me pare che anche l'ambito dell'energia sia uno di quegli ambiti che sono rimasti vittime, dopo l'89, dell'illusione della fine della storia, per cui oramai vivevamo in un grande mercato globale dove la politica era sostanzialmente al margine, dove gli interessi nazionali erano finiti e dove, con un rapporto tra domanda e offerta, magari organizzato sulla base di mercati spot, si poteva continuare verso un futuro radioso. Gli eventi degli ultimi mesi ci hanno richiamato alla realtà. La storia non è finita, i mercati, per quanto possano essere potenti, sottostanno alle scelte politiche, gli interessi nazionali contano; non solo gli interessi nazionali dei players più grandi, ma anche gli interessi nazionali che vediamo nell'Unione europea, e l'ambito dell'energia lì rileva in modo molto evidente.Quindi, si tratta di archiviare un paradigma, una visione, quella sì, ideologica della fine della storia, per tornare con i piedi nella realtà, quella dura realtà che, in queste ore, ci ricorda quanto rilevano gli interessi nazionali, quanto rileva la politica, quanto rileva la geopolitica.
A me pare che siamo davvero in un passaggio di fase, dove si misurerà anche la capacità dell'Unione europea di costruire le condizioni per quella autonomia strategica che, più volte, è stata sottolineata e invocata, anche dalla Presidenza di turno dell'Unione europea, dal Presidente francese. Rileva, innanzitutto, sulla vicenda ucraina, laddove noi dobbiamo riconoscere che non c'è una perfetta coincidenza di interessi tra l'Unione europea e gli Stati Uniti, e una delle ragioni per cui gli interessi non coincidono perfettamente sta proprio sul versante energetico. Le scelte che facciamo in queste ore - ieri, appunto, il Governo tedesco ha sospeso le autorizzazioni per il gasdotto Nord Stream 2 -, alcuni ritengono che non siano sempre una parentesi, ma una scelta strategica: vedremo, ma, certamente, è una scelta che ha implicazioni, in un senso o nell'altro. Allora, a me pare che il versante dell'Unione europea sia un versante imprescindibile: a seconda delle scelte che si faranno su quel versante, noi possiamo definire la nostra strategia; ci sono questioni di prospettiva, ci sono questioni immediate.
Di quell'approccio ideologico che ricordavo prima, è anche frutto una direttiva europea del 2003 sul mercato energetico che, di fatto, ha messo fuori gioco o marginalizzato i contratti take or pay, che sono così rilevanti ai fini della programmazione della politica energetica. Siamo rimasti schiacciati su quei contratti spot, che determinano le oscillazioni che lei prima ha ricordato. Quindi, sarebbe importante che sul tavolo dell'Unione europea si mettessero in discussione e si modificassero direttive che sono frutto di un'altra stagione, di un'altra lettura della storia; che ci si rimettesse, appunto, con i piedi per terra e si consentisse ai produttori di energia europei di avere quell'orizzonte per la programmazione necessario per le attività di cui parliamo.
Poi, c'è il capitolo - è stato citato prima - dell'approvvigionamento energetico comune. Un'area, una entità con 500 milioni di persone ha una capacità di mercato straordinaria nel momento in cui mette a frutto quelle dimensioni per poter fissare i prezzi, per poter diversificare le fonti di approvvigionamento. In questo quadro - ora ho pochi minuti e i temi sono davvero tanti -, vengo ai punti che lei ha più sottolineato e che riguardano noi, il nostro profilo, dove i temi da affrontare sono molti. Mi ha colpito, nel suo intervento, Ministro, l'assenza di ogni riferimento alle nostre grandi aziende nazionali pubbliche: all'ENI, all'ENEL. Che ruolo hanno nella strategia che lei ha prospettato? L'ENI va avanti nello stoccaggio di CO2, come in alcuni programmi evidenzia, oppure quelle aziende pubbliche possono concorrere a raggiungere quegli obiettivi? Questo non è chiaro, però stiamo parlando di realtà molto rilevanti, che hanno una dimensione rilevante in termini economici, occupazionali. Non è che possiamo lasciarle fuori da questo panorama e fare finta che ci siano solo i piccoli produttori di energie rinnovabili.
Su questo, il Governo deve assumere una posizione.
PRESIDENTE. Concluda.
STEFANO FASSINA (LEU). Vado alla conclusione, perché il Presidente mi richiama. Leggeremo, appena sarà pubblicato, il “decreto Energia”, che il Governo ha approvato la settimana scorsa. Però, ci sono alcuni punti che meritano un approfondimento. Uno di essi riguarda il risparmio energetico: dai testi che abbiamo letto, non mi pare vi sia un'attenzione sufficiente su questo. Un altro riguarda la tassazione degli extra profitti. Qualcuno, in questi mesi, ha fatto enormi extra profitti che sono misurabili, sono quantificabili e possono essere una fonte importante per sostenere famiglie e imprese. Non mi riferisco solo alle imprese energivore, perché una pizzeria deve affrontare il problema dell'energia, che incide sui suoi costi per il 30. Quindi, è un problema diffuso che riguarda anche le piccole realtà produttive.
PRESIDENTE. Concluda, per favore.
STEFANO FASSINA (LEU). Ministro, abbiamo bisogno di una strategia, ma abbiamo bisogno anche di passi, l'uno dopo l'altro, che affrontino le condizioni materiali delle famiglie e delle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Liberi e Uguali).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Vianello. Ne ha facoltà.
GIOVANNI VIANELLO (MISTO-A). Grazie, Presidente. In soli 2 minuti non avrò modo di illustrare a lungo; perlomeno, cerchiamo di fare una piccola sintesi. Ministro, io ho apprezzato il suo intervento, seppure più passaggi sono alquanto discutibili. Riconosco - e tutti dovremmo riconoscerlo - che non è né colpa né colpa del Governo Draghi se sono aumentate le bollette in tale misura. La situazione italiana attuale non dipende da lei direttamente, dipende forse dalla politica energetica degli ultimi vent'anni in cui noi abbiamo perso molto tempo dietro a chimere che, ancora oggi, ho sentito addirittura da alcune formazioni politiche. Abbiamo perso tempo nei primi 10 anni del 2000, sentendo parlare di carbone pulito; oggi ci viene da ridere, però quello era un tema sul tavolo. Abbiamo perso tempo dietro al nucleare: ad esempio, la Francia, nel 2008, iniziava a costruire un reattore nucleare; ora siamo nel 2022 e non l'ha ancora terminato e i costi sono raddoppiati. Quando arriverà anche in Finlandia, vedremo. E nessuno ha ancora risolto il problema delle scorie, perché poi questo è il problema principale. Oggi scopriamo anche che il costo del kilowattora nucleare è di 4 volte più alto rispetto a quello del kilowattora prodotto da rinnovabili e perciò non conviene, nonostante la propaganda di alcuni. Poi siamo andati anche sulla questione dell'hub del gas; è arrivata questa idea che l'Italia doveva essere l'hub del gas, pur non avendo gas. Come ben sa, infatti, le nostre riserve accertate sono all'incirca di 45 miliardi di metri cubi di gas e abbiamo un consumo annuo – come ha detto pure lei - tra i 70 e gli 80 miliardi di metri cubi, per cui l'indipendenza con il gas italiano è impossibile.
Vengo, quindi, alla questione. Se dobbiamo andare verso una transizione energetica ed ecologica, il problema dell'aumento delle bollette è proprio il gas, che è la fonte fossile che noi importiamo. Lo importavamo da 8 Paesi nel 2009, ora lo importiamo da 15 Paesi, perché abbiamo diversificato, come la propaganda ha voluto. Ora abbiamo questo problema, siamo legati. Dovremmo, invece, aumentare la qualità della vita dei cittadini, diminuendo il consumo di gas. Rispetto al 2008, signor Ministro, nella distribuzione, noi consumiamo 10 miliardi di gas in meno rispetto al 2008, perché il termoelettrico ha diminuito il consumo, ma sulla distribuzione è rimasto analogo. Ciò significa che, in questi ultimi 12 anni, si è investito poco sulla riqualificazione energetica che è la strada per arrivare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Muroni. Ne ha facoltà.
ROSSELLA MURONI (M-MAIE-PSI-FE). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, per le informazioni che ci ha dato. Esiste però, Ministro, una relazione tra i costi delle bollette e la transizione ecologica ed è esattamente il ritardo che stiamo accumulando da vent'anni a questa parte. Le rinnovabili in questo Paese sono ostacolate e finiscono sul banco degli imputati. Basta vedere il provvedimento sulla tassa sugli extraprofitti. Contemporaneamente, però, chi ci vuole tenere ancorati alle fonti fossili, l'ENI, dorme sonni tranquilli. Non si tratta di diversificare l'approvvigionamento del gas, perché questa dipendenza ci costringe, peraltro, non solo dal punto di vista climatico, a fare battaglie in ritardo, ma anche a sussurrare sui diritti umani, proprio perché abbiamo questa dipendenza. Penso alla Russia, ma l'Egitto è un altro caso importante. Ministro, che fine ha fatto il taglio ai sussidi ai fossili? Lei ha un comitato che sta lavorando, anche ottimamente, su questo fronte.
Ugualmente, come mai non si possono aumentare gli importi delle royalties alle compagnie che estraggono in questo Paese? Poi, Ministro, basta dire che aumentare la produzione e l'estrazione del gas italiano abbasserà le bollette! Questa è una vera e propria fake news e non va detta.
La invito anche a evitare di buttare la palla in tribuna. Non è che lei, qui, fa il tecnico e noi, però, ci preoccupiamo per i prossimi vent'anni. Lei ha uno strumento in mano, il Piano nazionale di energia e clima con cui questo Paese deve dire come produrrà energia, ma soprattutto come la risparmierà, da qui ai prossimi vent'anni; va pubblicato ora, perché ora ci serve.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Lapia. Ne ha facoltà.
MARA LAPIA (MISTO-CD). Grazie, Presidente. Ministro, oggi devo rinunciare al mio intervento perché mi sento di dare una risposta a un collega che è intervenuto prima di me, il collega Crippa, capogruppo del MoVimento 5 Stelle, e mi dispiace che non sia presente alcun collega del MoVimento 5 Stelle sardo in Aula.
PRESIDENTE. Si rivolga, comunque, alla Presidenza.
MARA LAPIA (MISTO-CD). Certo, Presidente. Penso che sarebbe stato doveroso che avessero risposto i colleghi sardi a quanto detto dal collega Crippa, che vede come virtuosa la Sardegna, per quanto riguarda le energie rinnovabili, e auspica anche che le altre regioni e l'intera Nazione prendano esempio dalla Sardegna. Dio non voglia, Ministro, che accada quello che sta accadendo in Sardegna. Vedo che sorride e ci siamo già capiti, abbiamo capito quello che sto dicendo! Ho presentato qualche giorno fa un'interrogazione perché in Sardegna sta succedendo che i grandi investitori, italiani ed esteri, stanno colonizzando energeticamente la mia isola, stanno devastando interi territori sardi. Ministro, non ascolti quello che è stato detto in Aula, blocchi questo scempio! La Sardegna - informo il collega Crippa – ha le bollette più alte d'Italia. Qualche giorno fa, sono scesi i pastori sardi nelle strade della Sardegna, bloccando giustamente le strade, perché si sta bloccando il comparto produttivo più importante della Sardegna, proprio per il caro bollette. Che cosa succede? Noi non vogliamo diventare la batteria del Nord! Se il collega Crippa auspica che altre regioni diventino questo, una non sarà certamente la mia terra. La invito a questo, Ministro, blocchi questo scempio per quanto riguarda le rinnovabili in Sardegna. Glielo chiedo da sarda, l'unica presente in quest'Aula, e chiedo anche al collega che si informi su quanto sta avvenendo in Sardegna. Ne sta ampiamente parlando la stampa sarda in questi giorni, con reportage importanti, forse il primo è stato quello che ha fatto il giornalista Mauro Pili in questi giorni, dati alla mano, Ministro. La ringrazio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lupi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO LUPI (M-NCI-USEI-R-AC). Grazie, Presidente. Signor Ministro, la sfida che abbiamo davanti è pensare il domani e questo domani ce lo siamo traguardato, col Governo, col Parlamento, al 2026, non perché il 2026 sia il domani ma perché è l'inizio del futuro che vogliamo costruire. Per costruire il domani - ed è la relazione che lei ha fatto - o si parte dalla testarda realtà e si capisce la realtà che abbiamo davanti oppure neanche il domani costruiremo. Lei ha fatto una fotografia corretta, la testarda realtà è di chi pagava la bolletta energetica, un'impresa della Brianza che pagava 700.000 euro al mese e che oggi paga un milione e mezzo al mese di bolletta energetica. La testarda realtà è che la risposta a questa famiglia o a questa impresa non è solo continuare a fare debito pubblico, cioè intervenire nell'immediato, giustamente, con i 13 miliardi, ma creare le condizioni perché la realtà che abbiamo vissuto ci insegni a non ripetere gli errori. Il primo errore è che la transizione tecnologica è una transizione. Allora, se noi abbiamo risorse le dobbiamo utilizzare al meglio e senza ideologia. I numeri dati da Zucconi sono sotto gli occhi di tutti, l'ha ripetuto più volte. Se nel 1991-1994 producevamo 21 miliardi di metri cubi e nel 2021 ne produciamo 3 miliardi, qualche problema c'è stato! Se la produzione del nostro mare è di 90 miliardi di metri cubi, come giacimenti, e abbiamo un fabbisogno di 70, e possiamo, con rispetto dell'ambiente, riattivare, non i 5 miliardi che lei ha proposto, ma, nel giro di breve tempo, produzioni fino a 17 o 15 miliardi di metri cubi, questa è una realtà da seguire, non per fermarci ma per arrivare a quella transizione ecologica.
Allora, nella transizione ecologica non abbiamo neanche il problema quasi psicologico e quasi ideologico di non pensare che quella tassonomia di cui in Europa si sta discutendo, quella possibilità di arrivare a emissioni zero sta anche nell'essere alleati della scienza, nell'essere alleati della realtà…
PRESIDENTE. Concluda.
MAURIZIO LUPI (M-NCI-USEI-R-AC). …e anche di pensare a quel nucleare che non è una bestemmia, che è quello che ti fa pensare alla Francia - indipendentemente da quello che può pensare il collega prima - che ha il 70 per cento di autonomia di produzione interna…
PRESIDENTE. La ringrazio.
MAURIZIO LUPI (M-NCI-USEI-R-AC). …e che oggi può affrontare - concludo, signor Presidente - anche i problemi internazionali con forza - e lo vedremo oggi pomeriggio - e con quell'autonomia che allora le permette di andare insieme a ricercare quel nucleare di terza generazione e di quarta generazione…
PRESIDENTE. Grazie…
MAURIZIO LUPI (M-NCI-USEI-R-AC). …perché il compito che abbiamo - e concludo - è pensare il domani e non continuare a rimanere sui nostri pensieri.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Devis Dori. Ne ha facoltà.
DEVIS DORI (MISTO-EV-VE). Grazie, Presidente. Quando qualche giorno fa abbiamo avuto la notizia che mercoledì 16 febbraio di buon mattino l'amministratore delegato di ENI, Claudio Descalzi, è stato ricevuto a Palazzo Chigi - pare abbia incontrato i Ministri Cingolani e Franco e il sottosegretario Garofoli - per un attimo - ripeto: per un attimo - ci eravamo illusi che l'incontro potesse essere finalmente l'occasione per ENI di illustrare al Governo come poter calcolare esattamente i suoi extraprofitti, in modo da procedere poi a un'equa tassazione degli stessi e recuperare, quindi, quei fondi necessari a rendere meno impattante il caro bollette su piccole e medie imprese, artigiani e famiglie senza dover pesare così fortemente sulle casse statali.
Evidentemente l'obiettivo dell'incontro era l'opposto rispetto a quanto da noi auspicato e il Governo in realtà, due giorni prima di varare il decreto contro il caro bollette, aveva la necessità di rassicurare ENI che i suoi interessi non sarebbero stati toccati, anzi il vero Ministro della Transizione ecologica di questo Governo, cioè Claudio Descalzi, è riuscito in pochi minuti a togliere dal tavolo il tema delle tasse sugli extraprofitti delle compagnie energetiche e a ottenere contratti a dieci anni sul gas nazionale, incrementi di estrazioni, l'incentivazione per i biocarburanti che ENI gestisce in Centrafrica e chissà cos'altro ancora scopriremo tra le righe del provvedimento o di qualche emendamento governativo, che arriverà in qualche tarda ora della notte in Commissione, da far approvare nel silenzio generale.
Fonti governative hanno affermato che sarebbe impossibile tassare gli extraprofitti perché è difficile determinarne l'entità. Eppure pochi giorni fa lo stesso amministratore delegato di ENEL, Francesco Starace, ha dichiarato che cercare gli extraprofitti non è neanche difficile: basta provare.
Allora, invito il Governo a non prendere in giro i cittadini. Il tema degli extraprofitti se si vuole si può affrontare, anzi si deve affrontare subito perché altrimenti le misure adottate…
PRESIDENTE. Concluda.
DEVIS DORI (MISTO-EV-VE). …saranno solo dei palliativi che prima o poi andranno a incidere sulle tasche dei cittadini.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Albrecht Plangger. Ne ha facoltà.
ALBRECHT PLANGGER (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Signor Ministro, il caro energia e il peso delle bollette sono un problema enorme per famiglie, imprese ed enti locali, che provano a ripartire dopo la quarta ondata della pandemia. È assolutamente necessario che vengano supportati i comuni e le imprese energivore con opportuni stanziamenti e che venga ulteriormente rafforzato il bonus sociale elettrico e gas per le famiglie, eventualmente integrato da apposite misure da parte delle regioni e delle province autonome.
A medio o lungo periodo è assolutamente necessario: semplificare e ridurre i tempi di autorizzazione degli impianti piccoli e piccolissimi di produzione di energia rinnovabile; promuovere una comunità energetica in ogni comune e valorizzare le cooperative elettriche già esistenti; in ogni valle dei territori montani una green community e realizzare nuovi impianti a biomasse forestali ad alta efficienza e a bassa emissione. Poi programmiamo un piano invasi combinato con centrali di accumulo e pompaggio, valorizzando le risorse idriche e l'uso plurimo della risorsa; riduciamo le accise e gli oneri di sistema sulle bollette elettriche, adeguandoci agli standard europei; utilizziamo le risorse del PNRR e agevoliamo enti locali, imprese e famiglie che vogliono investire.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Nunzio Angiola. Ne ha facoltà.
NUNZIO ANGIOLA (MISTO-A-+E-RI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, apprezziamo molto il lavoro che lei svolge. Tuttavia, oggi vogliamo fare qualche considerazione su ciò che lei ha detto. Ci saremmo aspettati qualche riferimento anche ai proventi delle aste ETS, anche per eliminare e azzerare gli oneri generali di sistema per tutto il 2022. Le famiglie si attendono risposte e vogliono essere tranquillizzati al riguardo.
Nel nostro programma, che le è stato trasmesso, abbiamo anche ipotizzato di mettere a disposizione le riserve strategiche di gas, che ammontano a ben 5 miliardi di metri cubi, proprio per alleggerire il carico del costo delle bollette sulle imprese. Abbiamo anche - noi per primi, e lo possiamo dimostrare - suggerito di tassare gli extraprofitti delle imprese, stiamo parlando di 10 miliardi di euro. Proponevamo come percentuale l'80 per cento e si tratterebbe di 8 miliardi di euro, che potrebbero essere destinati ad alleviare il caro bollette.
Ma, ancora, non troviamo grandi riferimenti a decisioni prese per quanto riguarda gli interventi strutturali. Il suo intervento è stato molto timido, per quel che ci riguarda, da questo punto di vista. Noi, con Carlo Calenda - il partito Azione -, abbiamo proposto di snellire le procedure. Cosa ne pensa, signor Ministro, della dualità tra regioni e comuni rispetto alle autorizzazioni nella materia delle rinnovabili? Ancora, per quanto riguarda l'aumento della produzione di gas, abbiamo la necessità di capire il Governo come intende porsi rispetto alla costruzione e al raddoppio dei gasdotti EastMed e TAP, nonché rispetto agli impianti dei rigassificatori, signor Ministro. Nessuno ne parla e anche lei non ne ha parlato, ma vogliamo anche rivedere il meccanismo di attribuzione del prezzo per le energie rinnovabili…
PRESIDENTE. Concluda.
NUNZIO ANGIOLA (MISTO-A-+E-RI). …tenendo conto della curva dei costi, signor Ministro, di talune imprese. Inoltre, le suggeriamo di rivedere anche le aliquote, le royalty che le società del gas naturale pagano, che sono più basse di quelle europee.
Infine, arriva anche il momento - e magari è veramente la volta buona - di parlare seriamente del nucleare in Italia.
PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente all'ordine del giorno.
Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 15.
La seduta, sospesa alle 13,55 è ripresa alle 15.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno la Ministra dell'Interno, Il Ministro dell'Economia e delle finanze, il Ministro della Transizione ecologica e il Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale.
Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.
(Iniziative di competenza volte a promuovere l'estensione al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco dell'istituto previdenziale della cosiddetta “finestra mobile” – n. 3-02771)
PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno.
La deputata Ruffino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02771 (Vedi l'allegato A).
DANIELA RUFFINO (CI). Grazie, signor Presidente. Signora Ministro, di ieri è la buona notizia del rinnovo del contratto per i Vigili del fuoco, che riguarda oltre 36.600 unità. È per questo che sono oggi a formulare questa interrogazione, su quanto indicato dal decreto legislativo n. 139 del 2006, nonché dal decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004. In tali provvedimenti viene, per l'appunto, riconosciuto al personale volontario il trattamento economico identico a quello personale permanente e, pertanto, assoggettato alla contribuzione obbligatoria da parte dell'ente previdenziale. Al personale volontario sono applicati i limiti di età previsti per il personale di ruolo per il collocamento a riposo, ma non è riconosciuta quella che viene definita “finestra mobile”. Sarebbe assolutamente necessario e importante un anno in più di servizio volontario, che consentirebbe di mantenere, per un periodo limitato, personale altamente qualificato e importante per il servizio volontario.
Le chiedo, quindi, signora Ministro, quali iniziative intenda adottare per sollecitarne l'estensione.
PRESIDENTE. La Ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, ha facoltà di rispondere.
LUCIANA LAMORGESE, Ministra dell'Interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'onorevole interrogante chiede di estendere ai Vigili del fuoco volontari quel particolare istituto previdenziale, definito “finestra mobile”, che consente di differire il pensionamento, per il personale di ruolo, dal momento di raggiungimento del requisito anagrafico, a quello di maturazione del requisito contributivo.
Premetto che il decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, nel distinguere il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in personale di ruolo e personale volontario, prevede che per quest'ultimo si instauri un semplice rapporto di servizio, con il beneficio della conservazione del proprio rapporto di lavoro, pubblico o privato. Preciso, inoltre, che al personale volontario, chiamato in servizio temporaneo, spetta il trattamento economico iniziale del personale di ruolo di corrispondente qualifica, quello di missione, nonché i compensi inerenti alle eventuali prestazioni di lavoro straordinario, con versamento, da parte dell'amministrazione, della relativa contribuzione presso l'INPS. Pertanto, i contributi versati dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco all'assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti confluiscono, attraverso gli istituti del cumulo e della ricongiunzione nel trattamento pensionistico – e, dunque, incrementandolo - che ciascun volontario percepisce in relazione all'attività lavorativa svolta, conservando il regime previdenziale e assicurativo riconosciuto dall'ultimo datore di lavoro.
Tornando all'applicabilità al suddetto personale, del regime di decorrenza della cosiddetta “finestra mobile”, va sottolineato come la relativa disciplina previdenziale non sia volta a prevedere un'ulteriore modalità di accesso al pensionamento, bensì a differire la cessazione del rapporto di lavoro all'atto della maturazione del requisito contributivo. Tale differimento, per i Vigili del fuoco volontari, viene applicato laddove previsto dalle gestioni previdenziali di appartenenza di ciascun assicurato.
In conclusione, sebbene i contributi versati dall'amministrazione concorrano alla prestazione pensionistica finale, sono le gestioni previdenziali di appartenenza di ciascun Vigile del fuoco volontario a determinare i requisiti di accesso al pensionamento e l'attribuzione del trattamento pensionistico, secondo lo specifico quadro normativo di riferimento.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la deputata Ruffino, per due minuti.
DANIELA RUFFINO (CI). Grazie signor Presidente, grazie Ministra. Il tema che ho rappresentato è assolutamente importante e fondamentale. Io ricordo - ma sono certa non ci sia neppure necessità di farlo - l'importante ruolo dei nostri Vigili del fuoco volontari, che spesso operano nelle zone più impervie del nostro territorio e in ogni regione. È noto quanto sia complicato, soprattutto in questi anni, per i Vigili del fuoco volontari, ad esempio, accedere alle visite mediche. Mi riferisco al libretto sanitario di rischio. Cosa succede? Che, giustamente, vengono assegnate le visite mediche ai Vigili del fuoco permanenti e, poi, ai volontari. I distaccamenti si stanno svuotando, perché i nuovi ingressi sono impediti da queste lungaggini burocratiche. I Vigili del fuoco volontari, per riuscire a intervenire comunque sul territorio, spesso si costruiscono associazioni di appoggio, per non perdere l'esperienza maturata dai “vecchi” Vigili del fuoco, ovviamente attraverso informazioni che vengono date. Io credo che sarebbe assolutamente importante riprendere in considerazione quanto oggi le ho chiesto, tenendo conto dell'attività dei nostri Vigili del fuoco per la sicurezza dei nostri territori e anche per la grande capacità che hanno di essere vicini ai cittadini. Penso sia un tema, quello della sicurezza, particolarmente importante. Ne avevamo parlato in autunno, in quest'Aula, in relazione agli incendi che hanno devastato il Sud. Oggi il Nord vive la stessa complessità e sono proprio questi interventi che salvano case, territorio e persone. Stamattina, con il Ministro Cingolani, abbiamo parlato di ambiente. Questo ovviamente è un tema molto importante, che passa anche da queste figure, che debbono essere tutelate e salvaguardate.
(Iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a garantire il pieno ed efficiente utilizzo delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Fondo complementare destinato alle regioni del Mezzogiorno – n. 3-02772)
PRESIDENTE. Il deputato Conte ha facoltà di illustrare l'interrogazione Fassina ed altri n. 3-02772 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.
FEDERICO CONTE (LEU). Grazie, Presidente. Illustre Ministro, sin dalle prime battute, in quest'Aula abbiamo rappresentato a lei, nel marzo del 2021, e poi allo stesso Presidente Draghi, nel successivo aprile, la nostra preoccupazione che l'insufficienza strutturale delle amministrazioni territoriali del Sud le rendesse non idonee e spendere la mole ingente di risorse finanziarie messe a disposizione del PNRR. Purtroppo, a un anno dal varo di questo Piano, questa preoccupazione appare ancora più concreta, facendo apparire le pure apprezzabili misure di assistenza tecnica ai modelli di sostegno predisposti nel piano inadeguate a far fronte a questa emergenza.
Allora ci chiediamo, e le chiediamo, se e quando il Governo ha intenzione, ha programmato e ha messo in conto di intervenire, anche con l'esercizio dei poteri sostitutivi assegnatigli dalla legge, per garantire che le risorse nel Mezzogiorno vengano spese tempestivamente ed efficacemente.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Daniele Franco, ha facoltà di rispondere.
DANIELE FRANCO, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie. Il riequilibrio territoriale è uno degli obiettivi fondamentali del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Da alcuni decenni, infatti, la convergenza del prodotto pro capite delle regioni meridionali, rispetto a quello del Centro-Nord, non registra progressi. Questa finalità si è tradotta nell'obbligo, a carico delle amministrazioni centrali titolari di interventi del Piano, di destinare alle aree del Mezzogiorno almeno il 40 per cento delle risorse ripartibili su base territoriale. Dai dati relativi ai provvedimenti di riparto già adottati, risulta che al Mezzogiorno è stato destinato complessivamente il 45 per cento circa delle risorse già allocate territorialmente.
Le risorse sono state ripartite avendo piena consapevolezza che uno dei temi più critici sul quale è costante l'attenzione del Governo è quello della capacità di utilizzo delle risorse da parte degli enti territoriali. A tale riguardo, sono state adottate norme specifiche, volte al rafforzamento della capacità di spesa degli enti locali. Alcune norme riguardano la possibilità di reclutare esperti e personale specializzato da destinare alle attività tecniche di progettazione ed esecuzione degli interventi, nonché di monitoraggio, rendicontazione e controllo; altre norme prevedono la possibilità di mettere a disposizione degli enti territoriali i servizi specialistici di supporto tecnico operativo erogati da società a prevalente partecipazione pubblica.
Presso le amministrazioni centrali titolari delle linee di intervento del Piano sono state già istituite tutte le unità di missione per l'attuazione del Piano. Il MEF ha sviluppato e messo a disposizione delle amministrazioni il sistema informatico ReGiS che consentirà, tra l'altro, di intercettare tempestivamente eventuali ritardi rispetto alle scadenze ed eventuali disallineamenti rispetto agli obiettivi, incluso quello relativo alla componente territoriale degli interventi. Come è noto, in caso sia a rischio il conseguimento degli obiettivi del Piano, sono previste, anche, la revoca dei finanziamenti e l'applicazione dei poteri sostitutivi.
In conclusione, il raggiungimento degli obiettivi riguardanti la destinazione dei fondi alle aree del Mezzogiorno rappresenta per il Governo una priorità cruciale per assicurare una crescita sostenibile e duratura al Paese, pertanto, sarà oggetto di una costante azione di monitoraggio e dell'adozione di ogni ulteriore misura si renda necessaria per superare difficoltà e problematiche attuative.
PRESIDENTE. Il deputato Stefano Fassina ha facoltà di replicare.
STEFANO FASSINA (LEU). Grazie, Ministro. Noi abbiamo voluto fare questo ulteriore intervento perché siamo molto preoccupati e siamo molto preoccupati per l'effettiva allocazione del 40 per cento delle risorse, come previsto dalla legge, nel Mezzogiorno. Vi sono, come immagino lei sappia, Ministeri che incominciano a derogare a questo criterio, è il caso del Ministero dell'Università, lo abbiamo anche sottolineato la settimana scorsa in un question time alla sua collega, professoressa Messa, ma siamo preoccupati per la sua attuazione. Sappiamo che vi sono stati interventi importanti, riteniamo però che la situazione nel Mezzogiorno, per le ragioni note (la carenza di personale, di personale laureato, di personale giovane), ne metta seriamente a rischio l'attuazione.
A nostro avviso, e lo diciamo consapevoli anche della gravità dell'affermazione, è necessario che quei poteri sostitutivi, che lei prima ha richiamato nel finale del suo intervento, incomincino a essere concretamente predisposti, perché le assunzioni arriveranno, ma in tempi tali che non consentiranno di raggiungere i risultati attesi. L'assistenza tecnica è importante, ma richiede, dall'altra parte, un soggetto in grado di utilizzarla fino in fondo. Sono necessari i poteri sostitutivi. Lo diciamo – ripeto - con la consapevolezza della gravità dell'affermazione, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà, altrimenti il programma che è nato per riavvicinare i territori del nostro Paese finirà per allontanarli, perché quelle risorse a un certo punto dovranno essere spese, perché altrimenti, come è noto, verranno perse e le spenderanno le amministrazioni che hanno maggiore capacità di spesa, che sono quelle che, ovviamente, hanno minore bisogno, oggi, di quelle risorse.
Quindi, la nostra invocazione - e torneremo su questo punto regolarmente nei prossimi mesi - è quella di predisporre al più presto i poteri sostitutivi di intervento.
(Posizione del Governo in merito alle modifiche del Trattato che regola il Meccanismo europeo di stabilità e tempi di presentazione del relativo disegno di legge di ratifica alle Camere – n. 3-02773)
PRESIDENTE. Il deputato Massimo Ungaro ha facoltà di illustrare l'interrogazione Marattin ed altri n. 3-02773 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.
MASSIMO UNGARO (IV). Grazie, Presidente. Ministro, nel 2012 è stato istituito il MES, il Meccanismo europeo di stabilità, una organizzazione che deve fornire assistenza finanziaria ai Paesi dell'Eurozona che si trovano in grave difficoltà. Da alcuni anni si parla di una riforma che prevede una modifica della sua governance, l'introduzione di linee precauzionali di credito, di clausole di azione collettiva e anche il sostegno al Fondo di risoluzione unico per le banche. Lei sa che anche queste Camere, nel 2019, hanno approvato due risoluzioni che chiedevano al Governo di coinvolgere il Parlamento in ogni fase del negoziato e di escludere meccanismi automatici di ristrutturazione del debito pubblico. A oggi, l'Unione europea si aspettava l'approvazione di questa ratifica della modifica del MES entro il 2021, ma, oggi, il nostro Paese è l'ultimo Paese dell'Unione europea a non aver ancora approvato queste modifiche, dopo la Germania che è in attesa di un pronunciamento della propria Corte costituzionale.
Le chiedo, allora, Ministro, quale sia la posizione del Governo sulle modifiche previste dalla riforma del MES e in quali tempi il Governo si propone di presentare il disegno di legge di ratifica del MEF per la sua approvazione alle Camere.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Daniele Franco, ha facoltà di rispondere.
DANIELE FRANCO, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, Presidente. In riscontro alle osservazioni e alle richieste formulate dagli onorevoli interroganti, si osserva che l'accordo modificativo al Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità è stato firmato il 27 gennaio 2021 dai rappresentanti di ciascun Paese con pieni poteri di firma e sottoposto al processo di ratifica. Esso incorpora l'introduzione di un dispositivo di sostegno comune, cosiddetto backstop, al Fondo di risoluzione unico, a partire dal 2024, con un'introduzione anticipata al 2022, maturata alla luce dell'avvenuta valutazione positiva di alcuni obiettivi di riduzione del rischio bancario.
Il dispositivo di sostegno comune fornisce una rete di sicurezza finanziaria per le risoluzioni bancarie nell'Unione bancaria e contribuisce a proteggere la stabilità finanziaria dell'area dell'euro. Inoltre, l'accordo introduce una procedura semplificata per accedere alla linea di credito precauzionale e chiarisce la ripartizione dei ruoli tra la Commissione europea e il MES. La riforma del MES rientra nel più ampio processo di completamento dell'unione economica e monetaria, avviato con la presentazione di un pacchetto di proposte da parte della Commissione europea a fine 2017 e muove dalla decisione del Consiglio europeo del dicembre 2018 di assegnare al MES la funzione di backstop.
Il tema è stato oggetto di discussioni parlamentari sin dal 2018, in diversi momenti, in Assemblea e nelle Commissioni parlamentari, sia alla Camera sia al Senato. Tra gli ultimi interventi, si segnalano le comunicazioni del 9 dicembre 2020 del Presidente del Consiglio dei Ministri in vista del successivo Consiglio europeo, seguite da risoluzioni parlamentari che ne accoglievano favorevolmente il contenuto. Ad oggi, 17 su 19 Stati membri hanno già completato le relative procedure di ratifica. Ratificare l'accordo emendativo del MES darà seguito agli impegni assunti dall'Italia nei confronti dei partner europei. Il Governo conferma l'intenzione di presentare il disegno di legge di ratifica alle Camere.
PRESIDENTE. Il deputato Marattin ha facoltà di replicare.
LUIGI MARATTIN (IV). Grazie, Presidente. Signor Ministro, in questa legislatura, in quest'Aula, si sono sentite cose inenarrabili su questo argomento. È stato toccato il punto più alto del populismo che tanto male ha fatto al nostro Paese e ancora in parte sta facendo e il punto più basso del dibattito pubblico. Non solo qui a dire il vero; in quei mesi, in quei momenti, i principali leader di questo Paese andavano in prime time nella rete pubblica nazionale a dire che il MES è una banca privata; si susseguivano riunioni al Ministero dell'Economia e delle finanze e a Palazzo Chigi dove tutto veniva bloccato da colleghi deputati che a stento sanno che cos'è l'acronimo MES, tutto sull'onda di un populismo che ha fatto danni a questo Paese, non solo in campo economico, ma anche nel tessuto che ci tiene insieme come nazione.
La ratifica di questo trattato è urgente, perché contiene cose favorevoli al nostro Paese. Il cosiddetto backstop, cioè il paracadute, in caso di gravi crisi bancarie a livello europeo, così come la riforma delle linee di credito qualora un Paese dovesse finire nei guai sono cose utili e pertanto noi riteniamo insieme a lei che debbano essere ratificate in fretta. Ogni incertezza e ogni esitazione danneggeranno la reputazione di questo Paese nell'ambito del dibattito che è in corso sulla riforma delle regole fiscali europee, un dibattito cruciale per i prossimi anni; ma, soprattutto, signor Ministro, la fine della stagione populista che tanti danni ha fatto a questo Paese - una stagione multiforme, un populismo multiforme, non solo da un lato - passa anche attraverso la chiusura di questa pessima pagina del dibattito pubblico e attraverso la ratifica veloce del trattato del MES.
Italia Viva è con lei e col Presidente Draghi su questo processo e, in generale, sulla chiusura della stagione populista di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).
(Iniziative di competenza in relazione alla situazione del Monte dei Paschi di Siena – n. 3-02774)
PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Lollobrigida ed altri n. 3-02774 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.
WALTER RIZZETTO (FDI). Grazie, Presidente. Buongiorno Ministro, come lei sa, la Banca centrale europea ha inviato a Monte dei Paschi di Siena la decisione finale, fondamentalmente, riguardante i requisiti patrimoniali da soddisfare a partire dal 1° marzo prossimo. Ora, Monte dei Paschi di Siena, come lei sa, inevitabilmente dovrà ricorrere al mercato per chiedere gli altri 2 miliardi e mezzo che consentiranno allo Stato di uscire dalla banca, in un momento in cui lo Stato è azionista principale della stessa al 64 per cento. Questa proroga è stata accordata, rispetto allo Stato, sino alla scadenza del mese di novembre, cioè, mentre Monte dei Paschi di Siena sta negoziando con l'Unione europea l'approvazione del suo piano industriale.
Noi vorremmo chiederle, con parole chiare, che cosa succederà a Monte dei Paschi di Siena da qui ai prossimi mesi, da qui alle prossime settimane, perché pare evidente conoscere le strategie del principale azionista di Monte dei Paschi di Siena, lo Stato, in un momento così delicato e così importante per il futuro della stessa.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Daniele Franco, ha facoltà di rispondere.
DANIELE FRANCO, Ministro dell'Economia e delle finanze. Come riferito nelle audizioni parlamentari del 4 agosto e del 2 novembre, nel corso del 2021, l'Amministrazione ha posto in essere le iniziative necessarie per dare esecuzione, in conformità con quanto disposto dal DPCM del 16 ottobre 2020, all'impegno, preso dalla Repubblica italiana nel 2017, a dismettere la partecipazione detenuta nella banca Gruppo Monte dei Paschi di Siena attraverso un'operazione di mercato. A tal fine, in seguito all'apertura, nel gennaio 2021, di una data room rivolta alle controparti interessate, nel luglio del 2021 è stato firmato un accordo quadro con il gruppo UniCredit per l'avvio di una due diligence per l'identificazione dei principi che avrebbero governato l'eventuale realizzazione dell'operazione.
Le trattative con il gruppo UniCredit si sono, tuttavia, interrotte il 24 ottobre, per le ragioni e circostanze già illustrate nell'audizione del 2 novembre. In conseguenza della comprovata impossibilità di dare attuazione all'obbligo di dismissione della partecipazione dello Stato in MPS, l'Amministrazione ha potuto avviare le interlocuzioni con la Commissione europea per ottenere una congrua proroga del termine originariamente previsto per la dismissione della partecipazione - termine che non è stato ancora definito - e per concordare la revisione degli ulteriori impegni assunti nel 2017, che non sono stati pienamente rispettati dalla banca; tra questi ultimi, rilevo, in particolare, la riduzione del rapporto tra costi e ricavi.
Le interlocuzioni con la Commissione europea sono in corso e in questo contesto si colloca anche la valutazione del piano industriale della banca 2022-2026, approvato il 17 dicembre scorso. Il piano prevede un importante rafforzamento della struttura patrimoniale della banca, ivi stimato in 2 miliardi e mezzo. Detto aumento di capitale dovrà essere conseguito a condizioni di mercato, sulla base di un piano convincente per gli investitori, che dimostri che la banca saprà cogliere le opportunità che deriveranno dalla revisione degli impegni. Alla luce di questi impegnativi traguardi, lo scorso 7 febbraio, il consiglio di amministrazione della banca ha deciso, all'unanimità, che fosse necessario individuare una nuova guida per la gestione della banca stessa.
Siamo impegnati nel seguire da vicino e con estrema attenzione i prossimi sviluppi del gruppo MPS, auspicando strategie di rafforzamento del modello di attività economica e di consolidamento, che consentano non solo la valorizzazione della partecipazione statale, ma anche la salvaguardia della storia della banca, del suo marchio, del suo rapporto con il territorio e dei suoi livelli occupazionali. In occasione dell'audizione parlamentare in programma per il 28 marzo dinanzi alle Commissioni finanze riunite, potrò tornare con adeguato approfondimento sui profili qui trattati.
PRESIDENTE. Il deputato Rizzetto ha facoltà di replicare.
WALTER RIZZETTO (FDI). Grazie, Presidente. Grazie, signor Ministro, lei non ci ha detto nulla, nel senso che lei, di fatto, ha ripercorso la nostra interrogazione qui, oggi, in Aula. La domanda era semplice e chiara, cioè, che cosa il Governo sta facendo per conoscere, in questo caso, le strategie verso il principale azionista di Monte dei Paschi di Siena, lo Stato. Lei qui avrebbe dovuto dirci un'altra cosa. L'unica cosa che ha ricordato - e la ringrazio - è che, il 7 febbraio 2022, sono state tolte le deleghe dell'amministratore delegato Bastianini e sono state date nuove deleghe, al suo posto, al dottor Luigi Lovaglio; tra l'altro, Luigi Lovaglio ha una carriera tutta interna a UniCredit, questo ha scordato di dircelo.
In ogni caso, noi avremmo chiesto, e abbiamo chiesto, fondamentalmente, quello che in questo momento lei vuole fare su Monte dei Paschi di Siena, stante il fatto che lo Stato, prima o poi, deve uscire da Monte dei Paschi di Siena, perché, Ministro, il conto preciso del disastro del Monte dei Paschi di Siena si potrà avere soltanto alla fine di questa vicenda. Se e qualora dovesse chiudersi la vicenda e la trattativa con l'azionista di riferimento, soltanto allora il Ministero dell'Economia e delle finanze e UniCredit, quando avranno un quadro preciso, andranno a certificare il quantum. Presidente, soprattutto negli ultimi 10 anni, Monte dei Paschi Siena, quella banca, è riuscita a sfiorare i 30 miliardi di euro, tra aumenti di capitale bruciati e contributi pubblici iniettati in eventuale e sempiterna emergenza.
Qui non stiamo più scherzando, signor Ministro, io la ringrazio, per la sua presenza qui, oggi, in Aula, ma avrebbe dovuto essere molto più chiaro, perché noi siamo memori di quanto molte altre banche hanno subito - poi, bisognerà capire quanto e cosa UniCredit andrà ad acquisire in pancia a Monte dei Paschi di Siena -, siamo memori di quanto accaduto a molti istituti bancari illustri e non vorremmo, evidentemente, ritrovarci nelle stesse condizioni.
Lei oggi non ha risposto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
(Chiarimenti circa gli effetti sui costi delle bollette derivanti dal prospettato aumento della produzione nazionale di gas – n. 3-02775)
PRESIDENTE. Il deputato Trano ha facoltà di illustrare l'interrogazione Vianello n. 3-02775 (Vedi l'allegato A), che ha sottoscritto in data odierna.
RAFFAELE TRANO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Ministro Cingolani, su un articolo pubblicato su il Fatto Quotidiano si mette in evidenza che ENI avrebbe comunicato i risultati preliminari di bilancio del 2021 con gli utili più alti degli ultimi 10 anni, pari a 4,7 miliardi, mentre Edison avrebbe prodotto, nel corso del medesimo anno, un utile che sfiorerebbe il miliardo. Sempre sullo stesso quotidiano, si imputa tale situazione ai contratti a lungo termine della russa Gazprom che, secondo le dichiarazioni rese dallo stesso Presidente Putin, venderebbe il gas alle società italiane a un prezzo di favore, consentendo a queste ultime di beneficiare di grandi profitti, derivanti dalla differenza tra il prezzo d'acquisto ed il maggior prezzo in fase di vendita.
A fronte di tale situazione, il Governo italiano punterebbe al raddoppio della produzione da 3 a 6 miliardi di metri cubi di gas, attraverso un aumento delle concessioni e delle coltivazioni di gas metano, a fronte di un consumo annuo che si aggira annualmente sui 76 miliardi di metri cubi, rispetto a 45 miliardi di metri cubi di riserve accertate. Tale soluzione è stata criticata sia per il forte impatto ambientale sia perché l'aumento della produzione domestica italiana, così esigua rispetto al mercato di riferimento, non produrrebbe immediati e verificabili vantaggi in termini di riduzione del costo delle bollette.
Quindi, Ministro, le chiediamo di riferire sui tempi e le modalità della diminuzione dei costi delle bollette (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).
PRESIDENTE. Il Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha facoltà di rispondere.
ROBERTO CINGOLANI, Ministro della Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Nell'ambito del pacchetto governativo di disposizioni per fronteggiare con misure più propriamente strutturali l'aumento dei costi delle materie prime ed energetiche, è prevista un'azione diretta che rafforzi il livello della sicurezza e dell'approvvigionamento di gas naturale, mantenendo i prezzi a un livello accessibile.
Nel decreto-legge Energia si prevede un incremento della produzione nazionale di 2,2 miliardi di metri cubi stimati, su aree quali Cassiopea, Canale di Sicilia, Marche, consentendo di arrivare ad una produzione nazionale sino a circa 5 miliardi di metri cubi; l'introduzione di meccanismi di ritiro della produzione nazionale da parte del gruppo GSE, a prezzi equi, da assegnare, in primis, ad aziende energivore e piccole e medie imprese. Quindi, non è un “provvedimento bollette”, è un provvedimento che riguarda la competitività delle nostre aziende; il provvedimento sul costo delle bollette è un'altra parte del decreto.
La quota incrementale di risorse energetiche che scaturirà è finalizzata a valorizzare la produzione nazionale attraverso l'utilizzo delle concessioni disponibili e l'ottimizzazione dei campi esistenti, definendo altresì un meccanismo di assegnazione della nuova produzione ai consumatori industriali, quali soggetti massimamente colpiti dal fenomeno del caro energia (aziende e PMI). Si precisa che la misura è volta ad incrementare e valorizzare la quota di gas nazionale sul consumo interno, a spese della quantità importata, per contrastare l'aumento del prezzo internazionale del gas, rendendola disponibile, in tempi brevi, al settore produttivo, al fine di sostenere la ripresa economica attraverso contratti di medio termine e condizioni svincolate dalle quotazioni spot, pur mantenendo ferma la traiettoria di uscita dalle fonti fossili. Quindi, siccome la quantità totale di gas si conserva, non c'è impatto ambientale, come dice lei e, secondariamente, penso di essere stato chiaro su cosa serva.
Si può dare un prezzo equo perché è la produzione nazionale; se fosse importato, non potremmo farlo, credo che sia molto semplice. Sarà il gruppo GSE, su direttiva del Ministero, a gestire l'espletamento delle procedure necessarie alla concreta attuazione della misura in oggetto. I volumi di gas saranno destinati al mercato nazionale, ed in particolare ai clienti finali industriali, con riserva di almeno un terzo alle PMI, a condizioni e prezzi definiti con apposito decreto del Ministero dell'Economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della Transizione ecologica e sentita ARERA.
Quindi direi che c'è massima attenzione al problema delle bollette, e concordo con lei che sia un'emergenza formidabile, però questa specifica misura va su una questione di PMI-industrie e minimizza l'impatto ambientale, perché, ripeto, la quantità di gas che verrà bruciata è uguale. Cambia il rapporto import-produzione nazionale, questi erano i due pilastri della misura.
PRESIDENTE. Il deputato Vianello ha facoltà di replicare.
GIOVANNI VIANELLO (MISTO-A). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, per avere dato lei la spiegazione che questo aumento di produzione di gas nazionale dai giacimenti del nostro Paese non avrà un effetto sulla diminuzione delle bollette, quindi sono due argomenti distinti. Questo è utile dirlo, perché la propaganda che sta girando è che bisogna aumentare le estrazioni di gas nazionale per diminuire il costo delle bollette, e lei giustamente oggi ha ovviamente detto un'altra cosa. Quello che non va, però, Ministro, in questo contesto in cui i cittadini e le piccole imprese soprattutto stanno vedendo degli aumenti mostruosi, forse mai visti prima, sulle bollette elettriche, è che c'è una relazione tra l'aumento delle bollette e gli incredibili utili, profitti ed extraprofitti che stanno facendo le multinazionali del gas e del petrolio (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). ENI 4,7 miliardi, Edison sfiora un miliardo, c'è ENEL ancora, eccetera, eccetera, eccetera.
Quindi loro stanno facendo extraprofitti e i cittadini italiani stanno pagando di più le bollette. Nel vostro provvedimento, perlomeno dalla bozza del decreto sulle bollette, non c'è un solo comma, una sola frase, una sola parola che induca queste multinazionali a pagare, a tassare gli extraprofitti per calmierare il costo delle bollette (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa). Non solo, Ministro, perché il Governo, tramite le disposizioni, fa scaricare sulle bollette dei cittadini già i costi degli energivori: un miliardo e 600 milioni di euro all'anno dei costi delle bollette delle grandi aziende come la Marcegaglia, come la Caffaro, vengono scaricati sulle bollette dei cittadini perché gli aiuti agli energivori già ci sono e sono tantissimi, così come sono tantissimi i sussidi ambientalmente dannosi che gravano sulle tasche dei cittadini italiani, alimentano fonti inquinanti e industrie inquinanti e non risolvono il problema della transizione ecologica.
Ministro, ma si può dire che è una transizione ecologica se aumentiamo le estrazioni di gas? Se il PiTESAI, di fatto, si è rivelato una farsa perché permette nuove trivelle nel nostro territorio (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa - Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)?
È questa la transizione ecologica? Ministro, qui stiamo facendo pagare ai cittadini italiani e alle piccole imprese i profitti delle grandi multinazionali. Non è cambiato nulla, con i partiti che agevolano questo servizio. Non sono al servizio dei cittadini, ma al servizio delle multinazionali. Per questo, Ministro, sarebbero auspicabili il prima possibile le sue dimissioni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa - Commenti dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
(Compatibilità dell'incremento dell'estrazione nazionale di metano con il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee e con gli indirizzi e le linee guida per il monitoraggio della sismicità – n. 3-02776)
PRESIDENTE. Il deputato Federico ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02776 (Vedi l'allegato A).
ANTONIO FEDERICO (M5S). Grazie Presidente e grazie signor Ministro. Le abbiamo chiesto di rispondere a questa interrogazione perché siamo preoccupati. Dopo la pubblicazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, il cosiddetto PiTESAI, con il decreto dello scorso 18 febbraio il Governo ha deciso di rafforzare l'approvvigionamento di gas naturale dai giacimenti nazionali sui quali già insiste un impianto di estrazione. Subito dopo alcune imprese del settore hanno iniziato a fare pressioni affinché si deroghino le prescrizioni del PiTESAI e la riperimetrazione restrittiva che esso prevede. Da qui la nostra preoccupazione, signor Ministro: non si possono sacrificare i nostri territori e i nostri fondali per nuove trivelle, questo per il MoVimento 5 Stelle è fuor di dubbio. Lo dobbiamo ai nostri cittadini, alla nostra Costituzione, appena rinnovata nei suoi principi fondamentali, e dunque alle future generazioni.
Le chiediamo, quindi, di chiarire in quest'Aula se gli obiettivi di incrementare l'estrazione di gas dagli impianti già in essere siano o meno compatibili con le prescrizioni del PiTESAI e soprattutto di impegnarsi ad una rigorosa riperimetrazione, senza deroghe di sorta, e al rispetto delle linee guida del MiSE per il monitoraggio della sismicità.
PRESIDENTE. Il Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha facoltà di rispondere.
ROBERTO CINGOLANI, Ministro della Transizione ecologica. Grazie, Presidente. Allora, con il decreto del 28 dicembre 2021 è stato adottato il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, il famoso PiTESAI, che era atteso da molto tempo. Questo è uno strumento nazionale di pianificazione e razionalizzazione delle attività in materia di idrocarburi in cui sono state determinate le aree a terra e a mare ove è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, stabilendo anche le aree potenzialmente idonee per dette eventuali attività future, definendo le compatibilità delle attività esistenti con il territorio interessato. Tutto ciò è sviluppato in ottica di sostenibilità certamente ambientale ed economico-sociale delle stesse aree rispetto ai territori interessati. Avrete notato che è stata fatta una grossa scrematura delle aree e sono rimasti sostanzialmente tre poli tradizionalmente rilevanti, il resto è stato tolto, com'era idoneo.
Per quanto riguarda la disposizione che il Governo ha adottato nel Consiglio dei Ministri della scorsa settimana relativamente all'incremento della produzione nazionale di gas, si ribadisce che l'aumento di gas proviene solo da giacimenti esistenti. In ogni caso, fermo restando che qualunque aumento di concessione di produzione di gas nazionale dovrebbe essere verificato secondo le risultanze effettuate in esito all'applicazione del PiTESAI, questo è evidente, la misura approvata nell'ultimo “decreto Energia” riguarda i titolari di concessioni di coltivazione i cui impianti ricadono in aree considerate idonee, non c'è altro. A breve si apriranno le manifestazioni di interesse per l'aumento della capacità, e quindi avremo un quadro aggiornato della situazione e dei numeri fino ad oggi prospettati per l'aumento di produzione di gas.
Resta inteso, anche per quanto concerne le possibilità di incrementare la produzione nazionale nel breve periodo, che il giacimento deve essere condotto secondo principi di buon governo e rispetto di tutte le misure di sicurezza attualmente richieste e applicate al settore, comprese le linee guida per il monitoraggio della sismicità.
Per cortesia, però, un punto fondamentale su cui continuo a ribattere: non stiamo aumentando la quantità di gas, sta cambiando la quota che in questo momento verrebbe estratta in casa allo scopo di poterla, via GSE, darla a prezzi equi, per poter aiutare chi in questo momento è in difficoltà, ovviamente cambiando il rapporto di ciò che è prodotto a livello nazionale e di ciò che è importato.
Quindi non c'è un impatto ambientale, una maggiorazione del gas totale. Questo è importante perché altrimenti sembra che stiamo contraddicendo il modello di Parigi. E invece no, il punto è che la somma è costante, cambia di un pochino quello che possiamo gestire noi dandolo a prezzo equo. Questo è importante anche per la narrazione che se ne fa. Poi è chiaro che le piccole aziende e quelle che sono in crisi in questo momento vedranno, grazie a questo abbassamento del costo equo, seppure di una quantità abbastanza marginale, sui 70 miliardi, un beneficio in bolletta. Questo è il pezzo che stiamo trattando in questo momento.
PRESIDENTE. Il deputato Sut ha facoltà di replicare.
LUCA SUT (M5S). Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, per le informazioni che ci ha dato. Per il MoVimento 5 Stelle ci sono alcuni punti fermi che vorrei ribadire quest'oggi in quest'Aula. Il caro bollette, che sta pesando così tanto su famiglie e imprese, si deve per un'eccessiva dipendenza dalle fonti fossili, in particolare per quanto riguarda il gas, e anche in virtù degli impegni assunti a livello internazionale dovremmo essere tutti concordi in quest'Aula nel ritenere che il ricorso al gas vada progressivamente abbandonato, con tempi chiari e certi, in ragione di un contestuale aumento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Fatta questa premessa, viene da sé che vada tassativamente esclusa ogni ipotesi di apertura di nuove attività estrattive, oltre a quelle già in funzione.
Siamo lieti che lo abbia chiarito oggi in Aula. A tal fine è fondamentale emanare in tempi rapidissimi i decreti attuativi che adesso attendono di essere emanati, previsti dal PiTESAI, per riperimetrare le aree idonee alla coltivazione di idrocarburi, riducendone al massimo l'estensione, vale a dire senza contemplare alcuna possibilità di deroghe o eccezioni di sorta. Ricordo che la crisi climatica mette a rischio la sopravvivenza stessa della specie umana.
A questo proposito, signor Ministro, se è vero che l'articolo 17 prende in considerazione i giacimenti già esistenti che ricadono, in tutto o in parte, in aree idonee del PiTESAI, è altrettanto vero che non definisce quanto e dove estrarre per raggiungere questi 2,2 miliardi di metri cubi all'anno aggiuntivi di gas estratto.
PRESIDENTE. Deputato Ungaro, deputato Ungaro…
LUCA SUT (M5S). Grazie, Presidente. Per arrivare a potenziare i giacimenti in via di esaurimento e riavviare quelli chiusi servono dai dieci mesi ai tre anni. Questo significa - e qui dobbiamo sottolinearlo - che il decreto appena approvato non contribuirà alla riduzione dei rincari, se non a partire dal prossimo anno, sempre che questa operazione si confermi essere economicamente vantaggiosa.
Chiudo, Presidente, ribadendo che la via maestra è già tracciata e dobbiamo concentrare sforzi e attenzione per raggiungere al meglio gli obiettivi che ci siamo posti. Quella via si chiama efficienza energetica, si chiama energie rinnovabili e, in prospettiva futura, idrogeno verde e biocarburanti, per i settori cosiddetti hard-to-abate. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
(Iniziative per lo sviluppo del settore idroelettrico nazionale, nell'ottica di tutelarne il carattere strategico in termini di sicurezza energetica – n. 3-02777)
PRESIDENTE. La deputata Porchietto ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02777 (Vedi l'allegato A).
CLAUDIA PORCHIETTO (FI). Grazie, Presidente, grazie Ministro, questa mattina lei ci ha già dato una informativa esaustiva e ritengo anche molto lungimirante rispetto a quello che dovremmo fare, e con grande chiarezza anche di quello che il Governo potrà fare.
Lei ha già sottolineato come da qualche parte occorra iniziare e non si possa pensare di rimandare sempre e reiterare nel tempo. È chiaro che stiamo parlando di interventi che non possono avere un immediato beneficio, ma dobbiamo iniziare; la strategia è questa. Proprio in merito a quanto lei ha già evidenziato questa mattina e anche per una serie di interventi che ci sono stati, le chiederei gentilmente di soffermarci su un tema dirimente, che anche i colleghi, in precedenza, sottolineavano, vale a dire quello delle fonti rinnovabili. Noi tra le fonti rinnovabili abbiamo l'ambito idroelettrico - tra l'altro, siamo una Nazione con montagne alpine e appenniniche – e sappiamo che, insieme agli altri Paesi, abbiamo la possibilità comunque di investire molto. Gli investimenti negli ultimi 15 anni non ci sono stati, per vari motivi, tra cui le infrazioni europee che, chiaramente, ci hanno messo del loro, ma anche forse per una mancanza di volontà e una normativa molto frammentata, che oggi vede, tra l'altro, in competizione le regioni insieme allo Stato. Sappiamo che è molto difficile in questo momento, ma sappiamo anche che altri Paesi - Francia e Svizzera - negli ultimi dieci giorni, ad esempio, hanno fatto scelte molto responsabili. Hanno deciso di allungare i termini delle concessioni, ma a patto di nuovi investimenti; la Svizzera ha deciso di concentrare comunque la proprietà di queste concessioni. Noi vorremmo capire cosa possiamo fare noi, cosa vuole fare il Governo, qual è la strategia che vuole mettere in campo su questo tema, in questo momento, stante che lei, proprio pochi giorni fa, in audizione, ha detto che va difeso il settore idroelettrico italiano. Così come anche il Copasir ha evidenziato come non c'è reciprocità nei vari Stati…
PRESIDENTE. Deputata Porchietto deve concludere.
CLAUDIA PORCHIETTO (FI). Noi chiediamo quale reciprocità possiamo mettere in campo. Grazie, Presidente, per la pazienza.
PRESIDENTE. Il Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha facoltà di rispondere.
ROBERTO CINGOLANI, Ministro della Transizione ecologica. Presidente, dunque, confesso che questo è un work in progress ed è una situazione estremamente complessa, quindi io non sarò in grado di dare una risposta perfettamente definita, ma sono contento di potervi informare su come stiamo procedendo. È evidente che il comparto energetico e idroelettrico in questo momento è fondamentale sia nel mix nazionale che per il potenziamento della nostra capacità di produrre energia rinnovabile; per gli obiettivi di decarbonizzazione ciò è fuori discussione.
Ora, in ambito di Unione europea, si è più volte discusso circa l'opportunità di arrivare a una disciplina armonizzata con procedure di assegnazione delle concessioni idroelettriche, che in qualche modo siano uguali per tutti. Questo dibattito è molto sentito nel nostro Paese, anche perché per noi è un asset strategico più che altrove, data anche la ristrettezza del nostro mix energetico. Dunque, fra gli obiettivi del PNRR - cominciamo a trattare delle basi che sono chiare - è contemplata una revisione della normativa in materia di concessioni idroelettriche che deve favorire un'assegnazione trasparente, su base competitiva. Questo è un dato acquisito e lo abbiamo negoziato anche con la Commissione europea. Tenuto conto di tale obiettivo del PNRR, il recente disegno di legge in materia di concorrenza, attualmente in discussione al Senato, reca specifiche disposizioni in materia di aggiudicazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche. In questo ambito, però, dobbiamo cercare di trovare la sintesi fra i diversi problemi che abbiamo in questo momento; siccome credo che sia da concludere per giugno, stiamo proprio lavorando su questo adesso.
Allora, in primo luogo: la Commissione europea, come sapete, aveva avviato una specifica procedura di infrazione nei confronti dell'Italia in materia di concessioni idroelettriche, che però è stata a un certo punto archiviata, effettivamente ammettendo che il nostro comparto idroelettrico era così vario, così complesso, che forse non si poteva applicare una regoletta algoritmica in maniera semplificata, sia come assetto istituzionale – regioni, province autonome, eccetera - sia anche come tipo di infrastrutture, e così via. Dunque, mentre succede questo, lo avrete letto pochi giorni fa, la Francia ha unilateralmente rinnovato le concessioni sino al 2041, il che è oggettivamente un'azione piuttosto importante. Ora noi aspettiamo anche di capire qual è l'orientamento della Commissione europea, perché qualunque cosa noi decidiamo, in qualche maniera deve essere compliant, cioè resa compatibile con le regole europee, ed è ovvio che questo caso della Francia crea un po' un precedente a cui stiamo guardando; quindi, questo è parte del lavoro di questi giorni.
Oltre a operare in sede europea per arrivare a una normativa uniforme con tutti gli Stati membri, ricordiamo anche che noi abbiamo una situazione delle concessioni piuttosto variegata: alcune sono già scadute da tempo, altre sono in imminente scadenza, altre hanno un profilo con una scadenza al 2029, addirittura. Quindi, qualunque operazione si facesse adesso, senza neanche aver considerato il contesto europeo, rischierebbe di danneggiare chi ha la scadenza al 2029 e chi ha concessione già scaduta, e, su questo aspetto stiamo facendo un lavoro abbastanza accurato.
Per quanto attiene al profilo squisitamente ambientale, sottolineo che lo svolgimento della procedura di aggiudicazione, che si pone anche a garanzia di valutazione sull'impatto della risorsa idrica, assicurerebbe la tutela dei corpi idrici interessati, quindi anche il rispetto delle norme in materia di deflusso minimo vitale. Quindi, siamo tutti d'accordo che questa è una cosa strategica, che è una fonte di rilevante importanza per il Paese, però, in questo momento, finché non abbiamo chiaro l'asset europeo verso la situazione italiana, che è più chiara, ma dipende da questi scopi, dobbiamo anche ascoltare un po' le parti interessate e aspettare soprattutto le decisioni in ambito europeo, appunto. Io, da questo punto di vista, confermo che, per quanto riguarda le piccole e medie derivazioni d'acqua, daremo comunque continuità alla politica incentivante intrapresa sinora, con l'ultimo DM del 4 luglio 2019 (Fer 1), e che, nei tempi previsti, adotteremo il nuovo “decreto Incentivi” che terrà in particolare considerazione questa fonte di produzione di energia elettrica rinnovabile. Spero, nelle prossime 12-16 settimane, di poterle dare una risposta più definitiva, però gli elementi sono tutti chiari; adesso bisogna lavorare su questo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la deputata Porchietto, per due minuti.
CLAUDIA PORCHIETTO (FI). Grazie Ministro, anche per l'onestà intellettuale, quando ha detto che, chiaramente, è un work in progress; sappiamo anche noi che è così, ma ritenevamo fosse opportuno comunque mettere sotto la lente di ingrandimento questo tema specifico, perché noi abbiamo una serie di investimenti, come lei sa bene, per miliardi di euro, che potrebbero portare anche nuova occupazione, che sono fermi. Da un lato, noi chiediamo piani straordinari di intervento, dall'altro, i concessionari ci dicono: sì, ma diteci quanto e se ci darete la possibilità di mantenere le concessioni, perché logicamente stiamo parlando di investimenti importanti. D'altra parte, vi è un tema dirimente: alcuni Paesi europei hanno già deciso di andare oltre le attenzioni sulla procedura di infrazione; lei, correttamente, ci sta dicendo di vedere che cosa farà l'Europa, ma io mi permetto di dire di non aspettare soltanto l'Europa, perché la Francia non lo ha fatto, e, come sempre, è andata avanti. Ciò è già accaduto qualche mese orsono, quando noi decidemmo di indennizzare, ad esempio, gli impianti di risalita dello sci: la Francia aveva già indennizzato, noi attendevamo la notifica, mentre loro erano già andati avanti. Quindi, io mi permetto di dire che forse, ogni tanto, bisogna buttare anche il cuore oltre l'ostacolo, per cercare di portare a casa comunque alcuni risultati.
Detto questo, credo che sia anche importante sottolineare come stiamo parlando della principale energia rinnovabile, perché, anche in termini di percentuali, essa raggiunge il 40 per cento del totale, e sappiamo benissimo che con adeguati investimenti potremmo incrementare ulteriormente i terawattora che vengono prodotti con l'idroelettrico.
Ministro, io mi permetto solo di sottolineare un fatto: lei, giustamente, questa mattina diceva che il mix energetico deve essere derivato da molte fonti; guardiamo a quello che abbiamo in casa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Io credo che ciò sia estremamente importante, quindi grazie e attendiamo, fra qualche mese, un'ulteriore informazione da parte sua (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
(Iniziative di competenza per rendere più efficienti le procedure relative alla conversione digitale del certificato di esenzione da vaccino COVID-19 – n. 3-02778)
PRESIDENTE. Il deputato Capitanio ha facoltà di illustrare l'interrogazione n. 3-02778 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.
MASSIMILIANO CAPITANIO (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, secondo l'Osservatorio delle malattie rare, in Italia tra 1 e 5 milioni di cittadini potrebbero chiedere l'esenzione vaccinale per motivi di salute. A questi cittadini, prima del 7 febbraio, veniva rilasciata una dichiarazione cartacea di esenzione. Con l'ultimo decreto questa procedura è stata digitalizzata ma chi era in possesso, prima del 7 febbraio, della certificazione cartacea sarà costretto, in questi giorni, ad andare da un medico di base per farsi convertire manualmente la certificazione da cartacea a digitale. Altrimenti, tra poche ore, esattamente alla mezzanotte del 27 febbraio, potenziali milioni di cittadini non potranno circolare, prendere i mezzi pubblici, entrare nei pubblici servizi. Abbiamo già assistito a molti servizi di popolari trasmissioni televisive che hanno denunciato questi disagi. Quindi, chiediamo al suo Ministero cosa intenda fare o cosa abbia fatto per favorire la trasmissione diretta a questi cittadini del certificato in forma digitale, ricordando anche che purtroppo moltissimi medici di base non sono stati informati della corretta procedura per il caricamento del codice CUEV nella piattaforma dedicata alla tessera sanitaria.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO COLAO, Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Grazie, Presidente. Ringrazio gli interroganti per aver sollevato un tema riguardante la sanità digitale, settore nel quale stiamo concentrando molti dei nostri sforzi tesi a digitalizzare e, quindi, a migliorare i servizi al cittadino. Il nostro compito è quello di supportare le amministrazioni pubbliche nella digitalizzazione dei processi di rispettiva competenza e in quest'ottica si inquadrano anche gli interventi tecnologici, oggetto della vostra interrogazione, tesi a consentire il rilascio, l'esibizione e la verifica in digitale delle certificazioni di esenzione dal vaccino anti COVID-19. La digitalizzazione a cui si riferiscono gli interroganti è infatti un servizio reso ai cittadini che, per ragioni di salute, non possono sottoporsi al ciclo vaccinale. Grazie al lavoro svolto dal Ministero della Salute, con il supporto tecnologico del mio Dipartimento e della tessera sanitaria, che fa capo al Ministero dell'Economia e delle finanze, del 7 febbraio il medico che si trovi ad attestare, con una certificazione, una esenzione del vaccino la caricherà direttamente sull'apposita piattaforma. Questo consentirà poi al cittadino di ricevere sullo smartphone, tramite i canali FSE, le App IO e Immuni o il Portale, che ormai tutti conosciamo, la certificazione utile per il green pass e questo sarà, tramite questi canali, molto agevole. Questo processo vale per tutti i certificati che verranno rilasciati a partire dalla messa in funzione del sistema tecnologico, che è avvenuta con il DPCM del 4 febbraio.
Con riferimento più specifico alla richiesta degli interroganti di una completa automazione anche del processo di conversione delle certificazioni già rilasciate, io devo rivelare che, purtroppo, come succede in altri casi si è intervenuti su un processo, quello delle certificazioni di esenzione, che è esclusivamente analogico e, quindi, non ci sono i registri, c'è un'assenza dei registri, presso i medici di base o anche presso le strutture sanitarie, che sono necessari a verificare l'esistenza e l'autenticità dello stato. In assenza di registri contenenti il dato dello stato di esenzione, il processo di conversione della certificazione da cartaceo a digitale non può essere automatizzato. In sostanza - questa è una cosa succede non solo in questo caso ma anche in altri casi - noi scontiamo il fatto di essere intervenuti su un processo che, fino a oggi, è stato solo cartaceo e che da oggi, quindi, rendiamo digitale, facile e sicuro. Naturalmente, come chiarito anche dal DPCM, si è cercato comunque di semplificare al massimo. I soggetti esenti, qualora in possesso di un'esenzione permanente dal ciclo vaccinale in corso di validità, non dovranno recarsi dal medico – lo ripeto, non dovranno recarsi dal medico - e sottoporsi a una nuova visita ma sarà sufficiente che chiedano al medico che ha rilasciato la certificazione cartacea originale di riemetterla in formato digitale, di renderla quindi disponibile attraverso i vari canali conosciuti. Quindi, non si deve rifare la visita medica, si deve chiedere al medico semplicemente di trasformare un certificato che è cartaceo, e che noi non possiamo automatizzare, in una certificazione digitale.
PRESIDENTE. Il deputato Capitanio ha facoltà di replicare.
MASSIMILIANO CAPITANIO (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Ministro, le informazioni che ci ha trasmesso sono fondamentali ma, innanzitutto, suggerirei al Governo, a questo punto, di aggiornare le pagine e le FAQ del sito ufficiale del Ministero, che riporta testualmente che il 27 febbraio i cittadini che non l'abbiano convertita, recandosi personalmente dal medico di base, vedranno scadere la certificazione.
Questa informazione è in possesso sia dei medici di base sia dei cittadini. Noi abbiamo sottoposto al Governo questo quesito, non tanto perché vogliamo tornare periodicamente sul green pass, perché crediamo che il 31 di marzo quest'epoca di privazione della libertà, in alcuni casi necessaria, vada naturalmente a terminare, ma perché le notizie che lei ci ha trasmesso testimoniano, ancora una volta, come la mancata digitalizzazione del Paese si ripercuota, prima di tutto, sui cittadini e, poi, come ha stimato il Politecnico di Milano, causa ogni anno allo Stato una perdita di 25 miliardi di euro, pari a quasi 2 punti percentuali di PIL.
Quindi, l'auspicio è che queste informazioni che ha trasmesso a noi vengano immediatamente pubblicate sul sito Internet, vengano informati i medici di base, tramite le associazioni di categoria, e possibilmente si coinvolga anche il servizio pubblico, per dare una corretta informazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
(Tempi di realizzazione della piattaforma digitale per l'erogazione di benefici economici pubblici – n. 3-02779)
PRESIDENTE. La deputata Bruno Bossio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02779 (Vedi l'allegato A), per un minuto.
VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, in questi anni abbiamo visto il proliferare di canali e strumenti diversi per riconoscere i bonus, una complessità molto gravosa per le amministrazioni e dispersiva per le persone. Ogni volta, un'amministrazione si ritrova costretta a costruire un meccanismo specifico di erogazione e ogni volta le persone sono obbligate a districarsi tra le diverse modalità, spesso farraginose, per poter esercitare un diritto.
Grazie alla approvazione di un emendamento del Partito Democratico, nell'ambito della conversione in legge del decreto-legge per l'attuazione del PNRR, abbiamo permesso la realizzazione di un sistema digitale semplificato per l'erogazione e la gestione dei programmi di welfare che prevedano bonus per l'acquisto di beni e servizi. Il nostro obiettivo era ed è quello di mettere a disposizione delle amministrazioni e dei cittadini, attraverso questo nuovo sistema, la possibilità di utilizzare una piattaforma digitale che permetta, in modo semplice, di erogare e accedere ai programmi di welfare. Abbiamo chiesto che questa implementazione fosse affidata a PagoPA. Chiediamo al Ministro di indicare i tempi certi entro cui sarà sviluppata e messa in esercizio la piattaforma, considerato che il nuovo sistema permetterebbe di assorbire l'attuale complessità, rendendo possibile un'erogazione più semplice, diretta e inclusiva.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO COLAO, Ministro per l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Grazie, Presidente. Innanzitutto, voglio ringraziare sinceramente l'onorevole interrogante per aver affrontato un tema a cui stiamo dedicando grande attenzione. Francamente, ritengo personalmente che sia una delle cose più innovative e anche internazionalmente più avanzate che stiamo facendo. Come ha ricordato nell'interrogazione, nel corso dell'iter di conversione del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, recante misure di attuazione del PNRR, è stato introdotto l'articolo 28-bis che ha istituito la piattaforma digitale per l'erogazione dei benefici economici concessi dalle amministrazioni pubbliche. L'obiettivo è la progettazione e la realizzazione di una piattaforma, che abbiamo chiamato IDPay, che consenta di standardizzare e digitalizzare esattamente i processi di erogazione dei benefici a cui si riferiva, consentendo l'immediato accesso all'agevolazione al momento dell'acquisto di un bene o di un servizio con strumenti di pagamento elettronico. In pratica, si prevede che i bonus, come li chiamiamo normalmente, vengano riconosciuti direttamente al cittadino al momento in cui paga un bene o un servizio mediante o terminali fisici o terminali virtuali, grazie all'utilizzo di questa piattaforma e grazie all'intermodalità tra le diverse pubbliche amministrazioni. Questo contribuisce alla semplificazione dell'esperienza del cittadino ma anche all'immediatezza e alla sicurezza del sistema di riconoscimento dei bonus, con grandi vantaggi anche di governo e di gestione. Come è stato ricordato, il sistema è stato affidato a PagoPA. I numeri dei pagamenti elettronici verso la pubblica amministrazione in Italia e, in generale, i risultati del processo di digitalizzazione sono in costante crescita. Questa iniziativa rappresenta veramente un ulteriore pilastro di innovazione e di grande efficienza nel rapporto tra amministrazioni e cittadini e, io penso, anche un motivo di orgoglio di questo Paese.
Vengo alla risposta relativa alla tempistica ed alle implementazioni. Siamo partiti con le analisi tecniche, le concludiamo entro la prima decade del mese di marzo. Il decreto attuativo con cui definiremo tutte le modalità di colloquio tra i sistemi per la gestione contabile della spesa, le modalità standardizzate di erogazione, la fruizione dei benefici e le modalità di remunerazione del servizio sarà adottato entro maggio. Ovviamente, dobbiamo fare i necessari passaggi al Ministero dell'Economia e finanze ed al Garante della privacy. Dopodiché, lo sviluppo della piattaforma si concluderà in 6 mesi, il che vuol dire che, entro la fine dell'anno, contiamo di arrivare alla concreta messa in esercizio della piattaforma IDPay, con almeno una amministrazione per volta. Di nuovo, la ringrazio perché ritengo che sia una delle cose più promettenti tra quelle che abbiamo in cantiere.
PRESIDENTE. La deputata Bruno Bossio ha facoltà di replicare.
VINCENZA BRUNO BOSSIO (PD). Grazie Ministro, sono convinta di questo, infatti, ringrazio il Governo per l'appoggio che c'è stato nella presentazione e nell'approvazione del nostro emendamento. Credo che l'obiettivo condiviso di arrivare entro il 2026 all'80 per cento dei cittadini italiani che possano utilizzare servizi online della pubblica amministrazione con questa nuova piattaforma, che però è collegata alle piattaforme PagoPA, l'App IO e il Centro Stella, possa effettivamente aiutarci a raggiungere questo risultato. Sono convinta che, lavorando insieme Parlamento e Governo, possiamo fare cose importanti per l'innovazione di questo paese
(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico ).
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 16,10. La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 16, è ripresa alle 16,10.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente 117, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Informativa urgente del Governo sulla crisi tra Russia e Ucraina.
(Intervento del Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla crisi tra Russia e Ucraina.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per dieci minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
Ha facoltà di parlare il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Di Maio. Prego Ministro.
LUIGI DI MAIO, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, signor Presidente. Colleghi, a due settimane dalla mia ultima informativa al Parlamento, torno a riferire, oggi, in quest'Aula, della crisi ucraina, una crisi che ha subito una forte e preoccupante accelerazione, che mette a rischio la stabilità e la prosperità del mondo e, soprattutto, minaccia l'ordine internazionale e la libertà.
La questione sul tavolo non può essere limitata ad una mera disputa territoriale. Ad essere in gioco non è solo il pur importante quadro di sicurezza europeo, in discussione sono i nostri stessi valori fondamentali. Mostrarci arrendevoli oggi significherebbe pagare un prezzo molto caro domani. La nostra volontà di dialogo nella fermezza si basa proprio su questo convincimento.
Nelle ultime settimane, i principali leader occidentali hanno profuso ogni sforzo per raggiungere una soluzione diplomatica. Lo dimostrano l'incontro e le telefonate tra Biden e Putin, i diversi contatti del Presidente Draghi con Putin e Zelensky, la missione del Presidente Macron in qualità di Presidente di turno dell'Unione europea e la più recente visita del cancelliere Scholz a Kiev e a Mosca.
Nonostante i vari tentativi testimoniati da questi sforzi e che hanno interessato un notevole periodo di tempo, al termine della tregua olimpica, il Presidente della Federazione russa ha deciso di violare l'integrità territoriale dell'Ucraina. Stamattina, ci siamo coordinati con il Presidente Draghi circa i prossimi passi da compiere per favorire una soluzione diplomatica. Siamo impegnati al massimo nei canali multilaterali di dialogo. Riteniamo, tuttavia, che non possano esserci nuovi incontri bilaterali con i vertici russi, finché non ci saranno segnali di allentamento della tensione, linea adottata, nelle ultime ore, anche dai nostri alleati e partner europei. Riassumerò, quindi, gli ultimi sviluppi, le reazioni dell'Italia e dell'Unione europea e degli altri partner e attori internazionali.
Cercherò di spiegare la direttrice della nostra azione e le prospettive verso cui continuiamo a lavorare. Come sapete, in un clima già caratterizzato da fortissime tensioni, la crisi fra Russia e Ucraina ha registrato un'ulteriore drammatica tappa nella serata di lunedì, quando il Presidente Putin, accogliendo un appello della Duma, ha firmato un decreto di riconoscimento delle autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk in Ucraina orientale. Il provvedimento del Cremlino ha seguito, di poche ore, la riunione del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa russo che aveva approvato all'unanimità lo stesso appello.
La mossa era stata anticipata dal Presidente Putin al Presidente Macron e al Cancelliere Scholz, in quanto rappresentanti del Formato Normandia, di cui fanno parte Ucraina, Russia, Francia e Germania, principale quadro negoziale per l'attuazione degli Accordi di Minsk. La decisione di Mosca mina gravemente proprio gli Accordi di Minsk, che prevedono che le autorità di Donetsk e Lugansk siano subordinate a quelle di Kiev, seppur con ampie autonomie decisionali. Riconoscere l'indipendenza delle autoproclamate repubbliche separatiste lede l'integrità territoriale e la piena sovranità dell'Ucraina, già messa in discussione nel 2014, con l'annessione illegale della penisola di Crimea. Condanniamo la decisione di Mosca di inviare nei territori delle due repubbliche separatiste un contingente di truppe con sedicenti funzioni di peacekeeping. È un gesto che rischia di esacerbare una situazione già molto tesa. Ricordo che si stima una presenza russa lungo i confini con l'Ucraina tra le 170 mila e le 190 mila unità militari. Inoltre, in questo contesto desta molta preoccupazione la decisione delle autorità di Mosca e di Minsk di proseguire le esercitazioni congiunte, che avrebbero dovuto concludersi domenica. Sono circa 30 mila le unità delle Forze armate russe impegnate in queste attività.
Altrettanto preoccupante in prospettiva è la tenuta in Bielorussia, il prossimo 27 febbraio, del referendum confermativo di una nuova Costituzione. L'articolo 18 di questo progetto di riforma non prevede più il concetto di neutralità internazionale della Bielorussia e, in più, apre le porte anche all'eventuale dispiegamento di armi nucleari sul territorio bielorusso.
Su richiesta del Presidente Putin, ieri il Consiglio della Federazione russa ha concesso l'autorizzazione ad inviare forze militari all'estero. Inoltre, sempre ieri, in conferenza stampa Putin ha affermato di riconoscere le pretese di Donetsk e Lugansk sul territorio di tutto il Donbass, ben oltre la componente russofona presente nella regione e, quindi, includendo zone attualmente sotto il controllo delle Forze armate ucraine, chiedendo per giunta il riconoscimento dell'annessione illegale della Crimea.
Questo duplice sviluppo rischia di aprire la strada ad un'operazione militare su larga scala della Russia in Ucraina, che potrebbe essere preceduta o accompagnata da azioni ibride soprattutto incentrate su eventuali attacchi cibernetici, analisi confermataci da fonti interne all'Alleanza. Resta, inoltre, elevata la preoccupazione di Kiev per le esercitazioni navali in corso nel Mar Nero e nel Mar d'Azov. Si tratta di esercitazioni senza precedenti, anche per via del blocco del traffico marittimo che impedisce i flussi verso i porti ucraini.
In considerazione di questi possibili scenari, abbiamo chiesto ai connazionali di lasciare immediatamente l'Ucraina con i mezzi commerciali disponibili. Ad ogni modo abbiamo deciso, in coordinamento con i nostri partner europei, di lasciare la nostra ambasciata a Kiev pienamente operativa.
Appena appreso del provvedimento adottato dal Presidente Putin nella serata di lunedì, il Governo ha espresso pubblicamente la più ferma condanna in quanto questo passo costituisce un grave ostacolo per la ricerca di una soluzione diplomatica alla gravissima crisi in corso. A fronte della decisione del Cremlino, abbiamo ribadito il sostegno dell'Italia all'integrità e alla piena sovranità territoriale dell'Ucraina nei suoi confini internazionalmente riconosciuti e rivolto un appello alle parti perché tornino al tavolo negoziale nei formati appropriati. Iniziative unilaterali allontanano il raggiungimento di condizioni di stabilità e sicurezza nella regione.
Ieri l'Alto rappresentante dell'Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza con il nostro attivo sostegno ha rilasciato una dichiarazione, a nome dei 27 membri dell'Unione europea, di forte condanna della decisione russa di riconoscere due repubbliche separatiste. Ha inoltre invitato Mosca a riconsiderare la decisione e sedersi al tavolo negoziale nell'ambito del Formato Normandia e del gruppo trilaterale di contatto dell'OSCE. L'Unione europea ieri ha adottato un pacchetto di misure restrittive nei confronti della Russia che includono tre tipi di sanzione: quelle che colpiscono gli individui; quelle che colpiscono entità responsabili della violazione dell'integrità territoriale dell'Ucraina; nonché lo stop a qualsiasi tipo di interscambio con le repubbliche separatiste.
Sempre ieri il Presidente Biden ha firmato un ordine esecutivo che vieta nuovi investimenti, scambi e finanziamenti da parte di soggetti statunitensi verso, da o nelle regioni separatiste. Questo tipo di ordine conferisce l'autorità per imporre sanzioni a qualsiasi persona determinata a operare in quelle aree dell'Ucraina. Nell'intervento pubblico di ieri sera il Presidente americano ha posto l'accento sulla compattezza degli alleati e ha confermato il pieno sostegno all'Ucraina a fronte di quella che Washington ritiene una minaccia di attacco imminente.
Il Regno Unito ha esteso alle repubbliche separatiste il regime sanzionatorio applicato alla Crimea. Londra ha sanzionato quattro banche russe coinvolte nel finanziamento dell'occupazione, nonché tre individui ritenuti molto vicini al Cremlino.
In questa situazione, che può cambiare rapidamente, è importante mantenere lo stretto coordinamento già in atto con i partner dell'Unione europea e con gli alleati della NATO. Lo dimostrano, da ultimo, il Consiglio affari esteri straordinario dell'Unione e la riunione tra i Ministri degli Esteri dei Paesi G7, cui ho partecipato ieri a Parigi.
Sul piano NATO, il Segretario generale ha condannato, la stessa sera del 21 febbraio, la decisione russa, qualificandola come un'ulteriore erosione della sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina e una violazione degli accordi di Minsk. Ha, inoltre, invitato Mosca a scegliere il percorso del confronto diplomatico e a ridurre il proprio dispositivo militare nell'area. Stoltenberg ha poi convocato, ieri mattina, una riunione straordinaria del Consiglio atlantico, per un confronto tempestivo tra alleati sugli ultimi sviluppi, a pochi giorni dalla ministeriale Difesa della NATO della scorsa settimana, cui ha partecipato il Ministro Guerini, e in vista di possibili ulteriori riunioni internazionali.
Anche il Segretario generale delle Nazioni Unite ha espresso la sua preoccupazione per la decisione russa relativa allo status di alcune aree delle regioni ucraine di Donetsk e Lugansk, chiedendo una soluzione pacifica del conflitto nell'Ucraina orientale, in coerenza con quanto indicato dal Consiglio di sicurezza nella risoluzione n. 2202 del 2015 che invitava tutte le parti ad attuare integralmente gli Accordi di Minsk.
La crisi russo-ucraina è naturalmente al centro dell'azione internazionale del nostro Paese. Ne ho discusso lunedì al Consiglio affari esteri di Bruxelles, a margine del quale abbiamo incontrato anche il Ministro degli Esteri ucraino Kuleba. In qualità di Presidente del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, ho espresso pubblico sostegno alla dichiarazione della Segretaria generale del Consiglio d'Europa Burić, condannando con forza la decisione delle autorità russe di riconoscere le due entità separatiste e sottolineando che le iniziative unilaterali non sono una risposta alla crisi.
Ieri pomeriggio ho preso parte alla riunione dei Ministri degli Esteri del G7 dedicata agli sviluppi della crisi, durante la quale, con gli alleati, abbiamo coordinato le misure restrittive da adottare in risposta alle azioni della Russia.
La riunione straordinaria dei Ministri degli Esteri dell'Unione europea, cui ho partecipato, sempre a Parigi, ha poi avallato un articolato pacchetto di misure restrittive che, come ho ricordato, include un bando a importazioni, esportazioni e investimenti nei territori delle entità separatiste, sanzioni economiche e finanziarie alla Russia e designazioni individuali di esponenti politici, dei media, militari e operatori economici.
Ulteriori misure restrittive potrebbero essere adottate in caso di altre azioni da parte della Russia. Al riguardo, ricordo che l'Italia sta lavorando da mesi, in ambito europeo e insieme agli Stati Uniti, per adottare un impianto di possibili sanzioni di varia natura e intensità che siano improntate a efficacia e fermezza nel segnalare a Mosca gli elevatissimi costi e le conseguenze che una sua offensiva recherebbe. Per esempio, per essere efficaci, le sanzioni devono fungere da deterrente contro ulteriori azioni militari ed essere, quindi, sostenibili, proporzionate, graduali e direttamente collegate a sviluppi concreti e oggettivi sul terreno.
Sappiamo che i nostri imprenditori dal 2014 ad oggi hanno sofferto pesanti perdite come conseguenza delle sanzioni e lavoreremo per contenere il più possibile l'impatto sui nostri interessi strategici ed economici. Consapevoli di pagare un prezzo importante per la tutela di valori e princìpi comuni non negoziabili, siamo anche consci del valore deterrente delle misure restrittive, volto a impedire che la Russia alimenti ulteriormente la tensione sul terreno. Ciò comporterebbe un prezzo ancor più alto per tutti gli attori in gioco. È fondamentale, in questa fase storica, alla luce delle ultime vicende, mostrare la compattezza di un'Unione europea che non subisce condizionamenti rispetto ai suoi valori, come dimostra anche la decisione, di ieri, della Germania di sospendere il progetto Nord Stream 2. Ieri, a Parigi si è anche discusso della possibilità di organizzare una riunione del Consiglio affari esteri a Kiev e abbiamo poi deciso di convocare gli ambasciatori russi nelle capitali europee per trasmettere un messaggio di fermezza.
In questa situazione, che potrebbe degenerare, con gravissime conseguenze per la sicurezza del nostro continente, ritengo necessario continuare a compiere ogni sforzo possibile per preservare gli spiragli esistenti per una composizione pacifica della crisi. Dobbiamo evitare una guerra nel cuore dell'Europa. Come ha detto il Presidente Draghi, la via del dialogo resta essenziale.
Con questo senso di urgenza e con l'obiettivo di tenere aperta la porta del dialogo, mi sono recato, la settimana scorsa, a Kiev e Mosca. Ho incontrato il Ministro degli Esteri ucraino, Kuleba, il quale ha espresso apprezzamento per la concreta testimonianza della nostra solidarietà, in un momento così delicato per il suo Paese. A lui ho ribadito il nostro convinto sostegno all'integrità territoriale e alla piena sovranità dell'Ucraina. L'Italia respinge il tentativo russo di ristabilire, nel continente europeo, sfere di influenza e sottolinea la validità del principio della porta aperta della NATO. Allo stesso tempo, ho ricordato come la posizione italiana nei confronti della Russia è anche volta a preservare un giusto equilibrio fra le esigenze di deterrenza e fermezza e la disponibilità a un dialogo costruttivo e genuino, volto a negoziare seriamente temi di comune interesse, per disinnescare le tensioni.
Le autorità ucraine fanno affidamento sui rapporti che il nostro Paese ha saputo tessere con la Russia, malgrado le gravi tensioni fra Mosca e la comunità euro-atlantica. Kiev chiede all'Italia di continuare a svolgere un'incisiva azione nei confronti del Cremlino, nella direzione di una soluzione pacifica della crisi.
Come seguito concreto della mia visita a Kiev, è in via di definizione lo stanziamento di un contributo finanziario del valore di circa 110 milioni di euro, volto a sostenere la popolazione e l'economia ucraina in settori da concordare con le autorità di Kiev. Intendiamo, inoltre, stanziare un contributo per il Comitato della Croce rossa internazionale per interventi nel settore umanitario. Sono anche allo studio misure di sostegno alle Forze armate ucraine, attraverso la fornitura di materiali non letali, come - ad esempio - quelli per lo sminamento.
L'Italia ha sostenuto, e continua a sostenere, attività umanitarie di assistenza alla popolazione civile nel Donbass. Forniamo il nostro contributo agli organismi internazionali impegnati sul terreno.
Vorrei, qui, inoltre, richiamare il nostro ruolo nell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Sono fiero dei 15 italiani che continuano a prestare servizio nella missione speciale di monitoraggio dell'OSCE, dislocati anche in aree di conflitto in corso e di scambi di fuoco tra le parti. A loro va il mio ringraziamento, e di tutto il Governo (Applausi).
Abbiamo, a più riprese, espresso l'impegno dell'Italia a continuare a sostenere il mandato della missione che, come sapete, svolge attività di rilevazione e trasparenza sul terreno. Gli osservatori individuano, ad esempio, le violazioni alle intese da entrambe le parti e monitorano eventuali provocazioni sotto falsa bandiera, che potrebbero esacerbare il conflitto; rilevano i danni a infrastrutture critiche e civili essenziali, i pericoli ambientali e l'impatto sulla popolazione di attività condotte dalle parti; forniscono, per quanto possibile, un quadro credibile e neutrale di quel che accade in un contesto caratterizzato da una contrapposizione di narrative.
Il 17 febbraio, poi, mi sono recato a Mosca per incontrare il Ministro degli Affari esteri, Lavrov. Nel corso dei colloqui, abbiamo affrontato in dettaglio le questioni di più stringente attualità legate alla crisi in corso, all'architettura di sicurezza e alla stabilità strategica dell'Europa. Ho fatto presente al mio interlocutore la necessità di compiere ogni possibile sforzo per arrivare ad una soluzione diplomatica.
Ho, inoltre, incoraggiato, con forza, la prosecuzione del dialogo tramite nuove riunioni del Consiglio NATO-Russia, dopo quella del 12 gennaio e di altre riunioni in ambito OSCE e a livello bilaterale con gli Stati Uniti.
Con riferimento alla possibile adesione dell'Ucraina alla NATO ho ribadito la validità della politica della porta aperta come uno dei tratti fondamentali del Trattato di Washington, inclusa la libertà dell'Ucraina di compiere le proprie scelte di politica estera e sicurezza nazionale. Ho ricordato al mio interlocutore la natura essenzialmente difensiva della NATO e la prospettiva di una sicurezza continentale, alla quale la Russia ha tutto l'interesse a partecipare in modo costruttivo, attraverso i meccanismi istituzionali esistenti, come, ad esempio, il Consiglio NATO-Russia e l'OSCE. Si tratta di concetti toccati anche nel corso dei colloqui telefonici dei giorni scorsi tra il Presidente del Consiglio Draghi e i Presidenti Putin e Zelensky.
L'Italia vuole continuare a dare un contributo concreto ed efficace alla ricerca di una soluzione diplomatica della crisi in corso, in cui sono in gioco nostri interessi vitali. L'architettura di sicurezza in Europa è l'oggetto principale di alcune proposte avanzate dalla Russia a Stati Uniti e NATO, Stati Uniti e NATO che, a loro volta, hanno risposto, prospettando proprie proposte, messe a punto nel quadro di un importante coordinamento tra le due sponde dell'Atlantico. Un coordinamento cui l'Italia ha dato un convinto contributo, affinché venisse colta una possibile opportunità di confronto diplomatico e di dialogo con Mosca. Sui media russi è stato diffuso un testo con le risposte di Mosca alle controproposte statunitensi. Auspichiamo che da Mosca giungano risposte anche alle proposte della NATO e che su tali basi, come ho già accennato, possa proseguire, nonostante le forti divergenze di principio, un confronto serio e costruttivo sugli importanti e concreti temi della sicurezza.
Con il nostro sostegno, l'Unione europea realizzerà programmi di capacity building per le forze di sicurezza ucraine, come concordato al Consiglio affari esteri di lunedì.
In ambito NATO, l'Italia sta facendo la propria parte per rassicurare gli alleati del fianco est, dal Baltico al Mar Nero, e consideriamo di contribuire ulteriormente all'andamento della postura della NATO, di cui occorre mantenere salda l'unità e la credibilità sul piano politico-militare.
In particolare, oggi, siamo presenti in Lettonia, con un contingente di circa 200 unità dell'Esercito, nell'ambito della enhanced forward presence, e svolgiamo attività di enhanced air policing in Romania con circa 130 unità di personale. Partecipiamo, inoltre, alla forza navale NATO di reazione immediata con importanti assetti marittimi nazionali per esercitazioni e attività di sorveglianza nel Mediterraneo e nel mar Nero.
All'ultima Force generation conference del 17 gennaio abbiamo offerto ulteriori apporti, in particolare al gruppo marittimo permanente della NATO nel Mediterraneo. Questo impegno - insieme al nostro apporto alle missioni NATO in Kosovo e Iraq - fa dell'Italia attualmente il primo contributore di truppe dell'Alleanza. Siamo pronti a considerare nuove misure di rassicurazione per gli alleati sul fianco Sud-orientale e sono stati stabiliti contatti tecnici preliminari con Bulgaria e Ungheria.
L'attuale scenario di crisi si inserisce in un contesto di forte dipendenza sul piano energetico, come ho già sottolineato. Unione europea e Regno Unito importano complessivamente il 40 per cento del gas dalla Russia, ma anche Mosca dipende fortemente dagli introiti dell'export di energia e l'Europa è, appunto, il suo miglior cliente. Il gasdotto Nord Stream 2 offrirebbe alla Germania una rotta alternativa rispetto alla via ucraina, ma sempre legata alle forniture russe. Come sapete e come ho ripetuto, ieri il cancelliere Scholz, in risposta all'aggravarsi della crisi, ha sospeso le procedure autorizzative del nuovo gasdotto. Il gas russo che arriva in Italia transita interamente per i gasdotti ucraini; una ragione in più per evitare il conflitto.
Disinnescare la minaccia sull'approvvigionamento via ucraina, che finora è stato per l'Italia regolare, significherebbe anche allentare le tensioni dei mercati, tensioni che, come ben sappiamo, hanno riflessi sui prezzi del gas. L'attuale impatto di questa crisi sui prezzi ci conferma l'esigenza di un coordinamento europeo non solo nella fase di stoccaggio del gas - iniziativa cui abbiamo già dato seguito negli ultimi mesi - ma soprattutto nella fase di formazione dei contratti di fornitura. Una crisi del genere dovrebbe portare l'Europa, oltre ad aumentare gli sforzi sulle energie rinnovabili, anche ad accelerare il varo di una energy union. L'Italia sarà protagonista nel realizzare questo progetto; la sicurezza energetica del nostro continente passa attraverso la libertà e la sovranità di tutti gli attori europei.
In conclusione, dobbiamo essere realisti; il susseguirsi degli eventi sta aggravando una situazione già di per sé delicata. È per questo che dobbiamo rimanere vigili, reattivi e pronti a fornire risposte efficaci da individuare e mettere in campo di concerto con i nostri partner europei e alleati.
Malgrado la gravità del momento e gli ultimi sviluppi cui stiamo assistendo in queste ore, vogliamo continuare a concentrarci su ogni iniziativa diplomatica che possa scongiurare una guerra; una soluzione che riteniamo ancora possibile anche se con margini che si riducono di giorno in giorno. Occorrerà, innanzitutto, compiere una valutazione approfondita soprattutto con Francia e Germania sulle reali prospettive del Formato Normandia e del gruppo trilaterale di contatto, alla luce del duro colpo inflitto dalla Russia agli Accordi di Minsk, con il riconoscimento delle Repubbliche separatiste. Non faremo mancare il nostro contributo al negoziato e al confronto con la Russia sull'Ucraina e, più in generale, sulla sicurezza europea attraverso NATO e OSCE. Garantiremo, inoltre, un sempre maggiore coinvolgimento dell'Unione europea in un contesto di crisi che chiama in causa la sicurezza e la stabilità del nostro continente. Sosteniamo la ripresa di un'interlocuzione fra Unione europea e Russia a un livello adeguato alla gravità della crisi, valorizzando il ruolo dell'Europa, ruolo - voglio ribadirlo - che non può comprendere solo la definizione delle sanzioni, ma deve anche tradursi in una forte iniziativa politica.
Come ha osservato il Presidente Mattarella, in occasione del recente discorso di insediamento, da molti decenni i Paesi europei possono godere del dividendo di pace concretizzato dall'integrazione europea e accresciuto dal venir meno della guerra fredda. Non possiamo accettare che ora si alzi nuovamente il vento dello scontro in un continente che ha conosciuto le tragedie della Prima e della Seconda guerra mondiale (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Lega-Salvini Premier, Partito Democratico, Forza Italia-Berlusconi Presidente, Italia Viva, Coraggio Italia, Liberi e Uguali e di deputati del gruppo Misto).
(Interventi)
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare il deputato Davide Crippa. Ne ha facoltà.
DAVIDE CRIPPA (M5S). Presidente, grazie, Ministro, colleghe e colleghi, i fatti che riguardano le tensioni tra Russia e Ucraina gettano un'ombra inquietante sulla pace, bene prezioso e, purtroppo, molto fragile oggi nella nostra Europa. Purtroppo non sono mancati i conflitti, non sono mancate le tragedie nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale e i fatti di questi giorni, che allargano i propri effetti ai rapporti con istituzioni internazionali come la NATO e la stessa Unione europea, suscitano grande preoccupazione. Anche per questo motivo ringraziamo lei, Ministro, e tutto il Governo per aver accolto celermente la richiesta di informativa di questo Parlamento sulle operazioni militari, sul rischio di un conflitto tra le due nazioni, che potrebbe rappresentare oggi, evidentemente, una tragedia di dimensioni epocali per tutto il continente europeo e non solo.
Ma per capire lo scontro in atto e trovare, quindi, una soluzione diplomatica dobbiamo un attimo risalire alle radici del conflitto ovvero alle manifestazioni pro-europee iniziate in Ucraina nella notte tra il 21 e 22 novembre del 2013. Le proteste hanno raggiunto l'attenzione della comunità internazionale il 30 novembre del 2013, quando più di 100 mila manifestanti ucraini hanno marciato verso la piazza dell'Indipendenza, sfidando il divieto dell'allora Governo. La risposta assurda verso quelle istanze e il riprovevole uso della violenza da parte delle autorità ha portato a un acuirsi e a un aggravarsi degli scontri, con la morte di più di 100 manifestanti e, da ultimo, poi, la deposizione del Presidente di allora, considerato filorusso.
Da quel momento nasce una nuova fase per l'Ucraina, con la democratica elezione dei Presidenti più vicini ai valori occidentali. Di tutta risposta, il 18 marzo del 2014, Mosca incorpora formalmente la Crimea e Sebastopoli come due soggetti federali all'interno della Federazione Russa, generando così una crisi internazionale. Il mondo intero protesta e siamo nel 2014, fatti molto simili a quelli che oggi stiamo vivendo nel Donbass. Sì, perché, se la politica dell'allargamento della NATO, da un lato, ha portato molti vantaggi ai membri dell'Alleanza atlantica, dall'altro, ha contribuito notevolmente a peggiorare nel relazioni internazionali con la Russia e acuire la lotta geopolitica tra Russia e Occidente.
La dichiarazione del Presidente russo Vladimir Putin, che ha riconosciuto l'indipendenza delle repubbliche separatiste ucraine del Donbass, non è in linea con gli Accordi di Minsk e non può che essere condannata con fermezza, come hanno fatto tanti esponenti governativi del nostro Paese e di tutti i Paesi europei. Questa azione rischia di farci sprofondare in un conflitto bellico dalle conseguenze varie e troppo estese. Dobbiamo sempre tener presente che l'Ucraina è un Paese dove la presenza di diverse nazionalità e minoranze obbliga ad evitare atti unilaterali da parte di ciascuna delle parti coinvolte nel conflitto.
Su un punto non si può certamente mostrare alcuna incertezza: va assicurata la piena sovranità dell'Ucraina nei suoi confini internazionalmente riconosciuti. Ed è una buona notizia, anche in queste ore delicatissime, che là risposta dei nostri partner europei sia stata immediata e decisa. Abbiamo preso atto delle sanzioni decise dai Ministeri degli Affari esteri dei Paesi dell'Unione europea contro la Russia, un'iniziativa probabilmente inevitabile, alla luce dell'escalation in atto proprio in queste ore. In questo senso, è da sottolineare la compattezza delle istituzioni europee, che sono intervenute prontamente: iniziative unilaterali, infatti, avrebbe rischiato solo di rinfocolare le tensioni, un rischio che va assolutamente evitato ed è l'Europa che può e deve svolgere, in un contesto come questo, un ruolo da protagonista, l'attore principale di un'operazione che spenga l'escalation in atto.
Le sanzioni sono doverose, quindi, ma potrebbero non bastare. Per essere efficaci, le sanzioni devono fungere da deterrente contro ulteriori azioni militari, ma essere anche sostenibili, proporzionate e graduali. Il rischio in questo momento è, infatti, che il nostro Paese paghi più di altri le conseguenze di questa nuova escalation di violenza. Ciò assolutamente non possiamo accettarlo, dato i potenziali effetti economici e sociali per tutta l'Europa, non solo per gli interessi in ballo, ma anche, ad esempio, sul tema dell'approvvigionamento energetico, a cominciare dal gas e, quindi, per spostarci, nel quadro geopolitico, alla vita quotidiana di tanti italiani, che già oggi sono strattonati dai costi dell'energia e dalle bollette.
Come sappiamo il gas è ancora la nostra principale fonte energetica, coprendo il 41 per cento del consumo del nostro Paese. Ricordiamo che il 40 per cento del nostro consumo di gas proviene direttamente dalla Russia e l'Ucraina per noi è fondamentale per la sicurezza energetica, perché, di fatto, ci passa quel 40 per cento di gas russo. Abbiamo con essi anche dei rapporti di scambio internazionali molto efficaci.
Dmitrij Medvedev, ex Presidente della Russia e attuale consigliere per la sicurezza, ha già scritto su Twitter “Benvenuti nel nuovo mondo coraggioso, in cui gli europei pagheranno molto presto 2.000 euro per 1.000 metri cubi di gas naturale” ovvero il doppio dei prezzi attuali. Questo, purtroppo, Ministro, Presidente, è lo scenario in cui ci muoviamo.
Aggiungiamo anche che il Cancelliere tedesco ha sospeso le procedure autorizzative al Nord Stream 2? Una scelta, a mio avviso, che sarebbe, forse, stato meglio intraprendere all'interno di un percorso europeo, perché, di fatto, crediamo che il suo appello alla energy union sia veramente da portare avanti in maniera complessiva e, quindi, anche questo tipo di scelte e di iniziative devono essere condivise. Il Nord Stream 2 non portava un metro cubo in più di gas attualmente, ma in molte relazioni presentate anche a questo Parlamento si dava atto che avrebbe potuto portare una quantità di gas che avrebbe consentito un abbassamento dei prezzi futuri.
Quindi, cerchiamo di ragionare tutti insieme, a livello europeo, a un processo di energy union. Serve un approccio energetico chiaro, servono degli energy fund, già oggi, prima di questa crisi, per mettere quantomeno in salvaguardia tutto il sistema Paese Europa, perché oggi, con questi costi energetici, ci stiamo giocando qualsiasi intervento di PNRR e di ricostruzione dei sistemi Paese. Serve un percorso di stoccaggi comuni, di acquisti comuni dell'energia e, ahimè, di ristori comuni, perché, di fatto, per quando andiamo a diversificare gli acquisti, servirà anche andare incontro a maggiori costi e, quindi, il fronte europeo deve aiutare e solidarizzare rispetto anche a questi passaggi.
Cito rispetto ai dati di rischio rispetto alle sanzioni economiche: nel 2021, l'interscambio tra i nostri Paesi con la Russia è stato di 21,6 miliardi di euro, le esportazioni sono aumentate a 7,7 miliardi, le importazioni a 14 miliardi. Occorre, tuttavia, ricordare che l'interscambio già oggi risente di sanzioni imposte nel 2014 e quelle sanzioni hanno messo in ginocchio diversi settori produttivi di tutto il sistema Paese, dall'agroalimentare, alla trasformazione del lattiero-caseario e, soprattutto, anche alla produzione agricola, alla pelletteria, nonché al comparto del lusso.
Cerchiamo anche di capire, a questo proposito, come l'Europa unita, che si sta muovendo compatta - questo siamo convinti che sia necessario - nel sanzionare la Russia debba prevedere un meccanismo di condivisione del rischio economico di quelle sanzioni. Non possiamo lasciare, come nel 2014, che le sanzioni siano accollate a ogni singolo Paese in base ai rapporti commerciali che, più o meno, può avere con la Russia. Noi siamo uno dei Paesi più esposti - forse non siamo il primo, ma siamo il secondo - ed è evidente che, a un certo punto, dal punto di vista della solidarizzazione, se siamo solidali, 27 Paesi votano all'unanimità le sanzioni alla Russia, 27 Paesi si accollano il rischio che queste sanzioni hanno sull'economia di tutto il sistema europeo, in maniera proporzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). A tal proposito, quindi, serve veramente ragionare in quest'ottica e comprendere come queste misure devono essere veramente misurate, calibrate e condivise a livello europeo nel rischio, non nell'imposizione di una sanzione in sé.
A questi motivi si aggiungono quelli, certamente primari, di evitare che l'inasprimento delle tensioni produca vittime e disastri proprio nel cuore del nostro continente. L'Unione europea dovrà svolgere il complicato compito di lavorare per fare riaprire un negoziato tra Mosca e Kiev, l'unica strada possibile rimane, come ha detto lei, Ministro, quella della diplomazia.
Il nostro impegno deve essere improntato alla ferma volontà di mantenere aperto un dialogo tra le due parti, lavorando per ricucire il rapporto tra Russia e Ucraina. Dobbiamo scongiurare a tutti i costi il rischio di una nuova guerra, quindi; fin quando ci sarà uno spazio, un terreno per il dialogo, dovrà essere tentata ogni azione diplomatica. E in questo siamo certi che il ruolo del nostro Governo sarà positivo e orientato a quel risultato. L'approccio però, Ministro, mi consenta, deve essere integralmente europeo, sia sull'aspetto sanzionatorio sia sull'aspetto della condivisione dei rischi economici, che, specie in questo momento e specie sulla materia energetica, possono avere dei risvolti drammatici per il nostro sistema produttivo e il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), e quindi rammentiamo la necessità che ci sia un approccio sistematico europeo, che possa mettere in atto un meccanismo di solidarizzazione dei rischi economici soggetti a queste sanzioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Volpi. Ne ha facoltà.
RAFFAELE VOLPI (LEGA). Presidente, carissime colleghe, carissimi colleghi, signor Ministro, rappresentanti del Governo, innanzitutto vorrei iniziare con un ringraziamento - è già stato fatto, ma mi sembra doveroso - al nostro corpo diplomatico e alle nostre Forze armate, anche quelle che da giorni sono molto vicine ai teatri di crisi. Credo che non solo gli vada riconoscenza, ma gli vada vicinanza, perché ci rappresentano tutti in un momento difficile, in una situazione difficile (Applausi). La fermezza e la capacità delle nostre Forze armate, insieme alle altre, sarà quella di saper evitare qualsiasi incidente che possa causare provocazioni che potrebbero essere pericolose. Mi permetto anche un ringraziamento: Ministro, questo è un momento difficile, molto difficile, questo è un momento greve per il Paese, ma nel momento greve, come si dice, bisogna usare due parole. Lei ne ha usata una, che è stata realtà, io ci aggiungo consapevolezza. E di questa consapevolezza mi permetto di ringraziare la Commissione esteri, il suo presidente e tutti i componenti perché supplisce da molto tempo ad un dibattito sulla politica estera generale che ormai da anni non c'è.
Penso che quello che stiamo affrontando oggi sia un tema contingente, ma è un tema contingente legato a delle problematiche che si sono anche un po' accumulate in questi anni. Dobbiamo diventare consapevoli di due cose, secondo me: dello stato generale delle alleanze e di quello che è diventato in questi giorni un elemento centrale, lo hanno citato i colleghi. Stamattina ho sentito parte del dibattito al Senato. Non ho ambizioni di fare considerazioni così alte, cerco di dare un mio minimo contributo, ma mi sembra che le tematiche espresse siano quelle centrali. Si chiama interesse nazionale, si chiama sicurezza nazionale, perché evidentemente quella che una volta era racchiusa all'interno dei confini nazionali era anche sicurezza nazionale, e la forma di globalizzazione ci porta a guardare a teatri più o meno vicini o più o meno lontani in quella che è più ormai una situazione di variabilità geo-economica che non geopolitica. Mentre prima la geopolitica era quella che interrelazionava i Paesi, oggi il dato economico è quello centrale, l'interesse delle risorse, a partire dal gas, le terre rare, tutto quello che è importante per la futura economia.
Siamo contenti di quello che sta succedendo? No, perché evidentemente la preoccupazione c'è, però voglio, colleghi e colleghe, togliere subito un dubbio, visto che si legge di tutto del mio partito, la Lega. Vi dico qual è la posizione della Lega, è molto semplice: l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. È abbastanza chiaro oppure devo aggiungere altro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier)? Credo che questa sia la posizione nostra, perché nel dibattito di oggi non ho sentito una volta il richiamo alla nostra Costituzione. Ebbene, noi siamo legati a quella Costituzione, siamo legati all'atlantismo, fermamente legati all'atlantismo. Siamo legati all'atlantismo non per caso, ma perché inevitabilmente ci sono delle condizioni valoriali che ci tengono all'interno di un contesto che è l'Occidente, e forse dovremmo anche riprendere un po' di più quell'orgoglio dove l'Occidente, prima di essere dall'altra parte dell'Atlantico, nasce in questa parte del mondo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
I nostri non sono valori aggiunti, sono valori consolidati. La consapevolezza, signor Ministro, però, secondo me, passa anche da altri ragionamenti, che si sono indubbiamente trascinati nel tempo. Noi siamo stati remissivi, purtroppo, e remissivo vuol dire avere abdicato a posizioni che dovevano essere più consolidate, dovevano essere ritenute precipue all'interno anche del contesto europeo. Penso che ci sia stato, purtroppo, negli ultimi anni, un fallimento del sistema multilaterale, e questo lo dico a lei perché lo sa meglio di me. Noi abbiamo ripreso in questi giorni l'unità dell'Europa, ma fino a qualche mese fa azioni bilaterali tentate da qualche nostro alleato non è che abbiano giovato molto, per esempio, alla pacificazione della Libia oppure alla situazione in Libano. Ben venga, oggi, la consapevolezza che forse insieme si può raggiungere qualche obiettivo di più, e la mancanza del dibattito è ben più ampia rispetto alla questione dell'Ucraina.
Mi permetta di citare cose che voi ben conoscete tutti. Abbiamo consegnato il Mediterraneo, che dovrebbe essere il nostro specchio d'interesse nazionale, alla Russia e alla Turchia. Abbiamo la Penisola balcanica, dove non mi sembra che ci sia tranquillità, ma facciamo finta di non vederla, è qui. L'Ucraina sappiamo dov'è, ma la Penisola balcanica è qui, è molto vicina. Vi è la questione del Mali: penso che non possiamo, colleghi, leggere sul giornale o guardare la televisione la sera per sapere qual è lo spostamento, eventuale, delle truppe dal Mali in un altro Paese. Le farei una domanda accademica, se mi è consentito: ma in Mali la Russia è presente unicamente con Wagner o ci sono anche truppe regolari? È una domanda accademica perché forse potrebbe essere, altrimenti, provocatoria. Sono presenti in Egitto? O vogliamo parlare di come abbiamo abbandonato il Corno d'Africa, anche quello, in mani turche?
Credo che tutte queste azioni non giovino all'interesse nazionale, perché l'elemento strategico generale o c'è come obiettivo oppure diventa un dato marginale, per un Paese. Allora, in questo momento di dibattito, le direi: qual è la nostra posizione, dopo averle declamato la nostra Costituzione? Di attenta fermezza, perché l'attenta fermezza, oltre a quella citato anche dai colleghi stamattina, ed ora dal collega Crippa, è chiaramente legata a un nostro interesse nel fatto che le sanzioni siano declinate in modo che non ci siano di danno. Ma mi permetto di dire, attenzione: perché, se Eurasia si unisce ad Asia, poi il problema diventa molto serio; e l'esposizione diretta nello spingere troppo potrebbe portare a un blocco che diventerebbe difficilmente gestibile per il nostro Paese.
Le pongo tre questioni.
La prima - non a lei, ma al Governo -; credo che il Parlamento debba conoscere di più della bussola strategica europea, perché, se la bussola strategica europea corrisponde, nei suoi quattro pilastri a: gestione crisi, capacità di difesa, resilienza e partnership, c'è tutto, però vogliamo sapere cosa stiamo trattando, con riferimento alla bussola europea. Non è che siamo qui a fare il dibattito e poi non sappiamo qual è il mandato che il Governo, la nostra diplomazia e le nostre strutture hanno.
La seconda; è evidente che il disimpegno statunitense, che ormai va avanti da tre Amministrazioni, legittimo, su determinati teatri ci porta a una nuova necessità di individuazione degli obiettivi della NATO. Bene, abbiamo un gruppo di riflessione nella NATO, dove mi sembra ci sia una nostra autorevole rappresentante? E, se è vero come è vero che la NATO si trasferisce, nella sua proposizione, sempre di più da una dimensione militare a una dimensione politica, mi piacerebbe sapere che mandato abbiamo dato alla nostra rappresentante nel trattare la futura proposta, per i prossimi anni, in merito a cosa sarà la NATO.
Inoltre - mi pare, Ministro, che lei abbia citato il fatto che siamo ampiamente titolati per domandare -, le farò un'altra domanda, ma la rivolgo a tutta l'Assemblea. Io sono un ottimista, quindi mi permetto di fare la domanda a tutta l'Assemblea, guardando, però…
PRESIDENTE. Concluda.
RAFFAELE VOLPI (LEGA). Ho già finito…? Dicevo che mi permetto di fare la domanda a tutta l'Assemblea, guardando, però, con attenzione ai colleghi dall'altra parte dell'emiciclo. È in scadenza il mandato del Segretario generale della NATO. Io penso che una comune consapevolezza e la necessaria concertazione debbano porre questo elemento come un obiettivo Paese: non può essere appannaggio di una parte, deve essere appannaggio di tutta la politica del Paese, se vogliamo contare (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier), e, insieme, si può fare. Finisco, Presidente, perché, come sempre, il tempo è tiranno.
L'interesse nazionale è qualcosa di più grande di ogni singolo ed è più grande di qualsiasi partito: esercitiamolo. Farò una sola citazione, ma perché ho una particolare attenzione per un personaggio della storia, che è Winston Churchill. C'è una frase che mi colpiva, in questi giorni: “Il prezzo della grandezza è la responsabilità”. Oggi, per il Paese, tutti insieme, è il momento della responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fassino. Ne ha facoltà.
PIERO FASSINO (PD). Grazie Presidente, grazie Ministro. Noi concordiamo con l'illustrazione che lei ci ha fatto. Non c'è alcuna ragione che giustifichi l'aggressione della Russia alla integrità e alla sovranità dell'Ucraina; per questo, la nostra condanna non può che essere netta, senza se e senza ma. Un'aggressione con cui Mosca ha violato accordi che pure aveva sottoscritto, come gli accordi di Helsinki, che stabiliscono la intangibilità dei confini e il rispetto dell'integrità territoriale della sovranità di ogni Stato; ha violato gli accordi di Minsk, che affidano al negoziato la soluzione del contenzioso tra Kiev e Mosca; ha violato i principi fondamentali su cui si reggono le relazioni tra gli Stati. Una scelta tanto più grave perché esercitata mentre vi era una fitta attività diplomatica tesa a ricercare una soluzione politica alla crisi.
Il Presidente Putin ha giustificato la sua decisione invocando la tutela della sicurezza del suo Paese, manifestando quella sindrome da accerchiamento che è una costante delle classi dirigenti russe. Certo, se si guarda alla storia, nel passato, le principali minacce alla sovranità della Russia sono venute da Ovest, ma oggi non vi è nessuno che minacci la sovranità di Mosca. Non certo l'Ucraina, ai cui confini è la Russia ad aver schierato oltre 150 mila uomini armati; né l'Europa e gli Stati Uniti hanno manifestato una volontà di isolamento o accerchiamento di Mosca. Ricordo che da circa vent'anni opera un Consiglio di cooperazione NATO-Russia; ricordo che quando si allargò l'Unione europea ai Paesi dell'Europa centrale, che Mosca non voleva, nello stesso momento si sottoscrisse il primo accordo di partenariato UE-Russia per dimostrare che l'allargamento non era un atto di ostilità. In tutte queste settimane di crisi ucraina, tutte le capitali europee, e Washington, hanno manifestato reiterata disponibilità ad un accordo. La stessa questione dell'adesione di Kiev alla NATO è, in realtà, questione non all'ordine del giorno, stante che Kiev non ha presentato finora domanda di adesione e, allo stato, non c'è un consenso unanime dei Paesi membri. In ogni caso, deve essere chiaro che le relazioni tra Kiev e la NATO, così come le relazioni tra Kiev e l'Unione europea, possono derivare soltanto da libere scelte dell'Ucraina e non da imposizioni o veti altrui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Insomma, non c'è un solo argomento che giustifichi l'aggressione, così come non è accettabile che, in nome della sicurezza, la Russia metta in causa la sovranità e l'integrità territoriale dei suoi vicini. Lo ha fatto in Georgia, sostenendo i separatisti dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud; lo ha fatto in Moldavia, sostenendo i separatisti della Transnistria; lo ha fatto annettendo unilateralmente la Crimea; lo ha fatto vincolando a Mosca il regime illegittimo di Lukashenko in Bielorussia, e lo fa oggi in Ucraina. Insomma, Mosca ci ripropone una dottrina della sovranità limitata, figlia di altri tempi. Ma oggi non siamo nel tempo della Guerra fredda, né in quello dell'equilibrio bipolare, che riconosceva a Mosca e a Washington aree di influenza.
Viviamo un tempo di multipolarismo e il mondo è oggi caratterizzato da nuove potenze e nuovi attori, e tutti rivendicano il diritto alla piena sovranità. Noi vogliamo dire a Mosca che l'unico modo per garantire sicurezza, anche a se stessa, non è il ricorso alle armi, né la creazione di antistorici protettorati. La strada giusta - la strada giusta - non può che essere la costruzione di un sistema di sicurezza comune, così come si fece con gli accordi di Helsinki del 1975, negoziati e sottoscritti tra Washington, Mosca e tutte le capitali europee, stabilendo princìpi che dessero certezza di sovranità a ogni nazione e creando un'organizzazione - l'OSCE - per darvi attuazione. Certo, sono passati cinquant'anni; l'Europa e il mondo sono cambiati, ma il metodo deve essere quello. Allora, lavoriamo a mettere in campo una Helsinki 2 che, partendo dai principi della Helsinki 1, ridefinisca regole e strumenti per un'architettura di sicurezza in cui tutti si riconoscono e ognuno sia garantito nella sua sovranità. Ciò vale per l'Ucraina, per la Russia e per ogni altro Paese.
In questo quadro, l'Italia, in quanto Presidente del Consiglio d'Europa che ha come finalità di garantire che tutti i 47 Paesi del continente - Russia compresa - ottemperino al rispetto dello Stato di diritto e degli standard democratici, ha anche il dovere di sollecitare le autorità russe a comportamenti diversi da quelli manifestati nel caso Navalny e nella decisione di sciogliere Memorial, l'organizzazione per i diritti fondata dal premio Nobel Sakharov.
In ogni caso, anche in queste ore non ci si deve rassegnare alla ineluttabilità della guerra e si deve ancora perseguire la strada di una soluzione politica, scongiurando che ai fatti drammatici di questi giorni si aggiungano ulteriori tragedie, anche se, per dialogare bisogna essere in due. La risposta di qualche ora fa del Ministero degli Esteri russo alla nostra richiesta di misure di de-escalation come condizione per riaprire il dialogo, è preoccupante e deludente. Non per questo rinunciamo a percorrere ogni spazio per una interlocuzione, nel solco della tradizione del nostro Paese, che, saldamente radicato nella NATO e nell'Unione europea, ha sempre cercato occasioni di dialogo con Mosca, anche nei tempi più duri. Voglio ricordare qui la missione che nel 1960 il Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, in piena Guerra fredda, decise di compiere per andare a dire ai dirigenti russi che bisognava uscire dalla Guerra fredda e passare alla coesistenza pacifica.
Questa nostra scelta di percorrere ogni spazio di dialogo non contraddice la decisione di Stati Uniti e Unione Europea di adottare sanzioni, di cui nessuno, naturalmente, sottovaluta la portata e dunque la necessità di una loro gradualità e selettività, ed è giusto non ignorare le preoccupazioni per il loro impatto sulla nostra economia, sulla vita delle famiglie, sull'attività delle imprese e occorre prendere tutte le misure necessarie per diminuire la dipendenza energetica dalla Russia, diversificando, con determinazione e in tempi rapidi, le fonti di approvvigionamento. Tuttavia, io vorrei ricordare qui che l'analisi dell'esito delle sanzioni adottate verso la Russia dal 2014, e rinnovate per ben tre volte dal Governo “Conte 1”, rivela che chi ha subito di gran lunga le conseguenze negative maggiori è la Russia, largamente dipendente per investimenti e interscambio commerciale dall'Unione europea, che è il primo partner economico di Mosca.
Di fronte a decisioni russe che fanno strame di principi e valori fondamentali, un atteggiamento di fermezza è non solo moralmente e politicamente necessario, ma è anche uno strumento funzionale alla riapertura di un percorso negoziale, a cui non si può andare con il cappello in mano. Fermezza e dialogo non sono scelte alternative, ma sono scelte complementari e reciprocamente interagenti. Peraltro, anche l'evocazione di un rapporto più organico tra Mosca e Pechino appare un altro strumento di pressione sull'Occidente, stante che anche Putin sa che in quell'alleanza il dominus non sarebbe la Russia ma sarebbe la Cina. Per l'efficacia di questa linea è naturalmente, come ha sottolineato il Ministro, indispensabile una piena intesa tra Washington e Bruxelles, e una piena consonanza di linguaggio di azione tra gli europei, come è stato in queste settimane quando i Primi Ministri europei e i dirigenti dell'Unione hanno parlato la stessa lingua, trasmettendo a Mosca gli stessi messaggi. Di fronte all'aggressione, l'Unione europea si assuma la responsabilità di farsi garante della sovranità ucraina, favorendo la partecipazione di Kiev alle politiche europee.
A chi ha sottolineato una insufficiente visibilità dell'Unione vorrei ricordare che questo limite si supera con un salto di qualità nel dotare l'Unione di una politica estera e di sicurezza comune più forte e incisiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), scelta però che è nelle mani degli Stati nazionali, perché sono gli Stati nazionali i soci e gli azionisti dell'Unione europea. Le debolezze dell'Unione quando si manifestano non sono intrinseche ma figlie della gelosia delle Nazioni che, spesso, sono poco disposte a riconoscere all'Unione gli strumenti e la titolarità per dare efficacia alle politiche comuni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Comunque, lasciatemi dire che non è davvero credibile chi in questi giorni invochi un'Europa più forte chi ogni giorno agisce per demolirla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Con questo spirito, il Partito Democratico condivide e sostiene l'azione fin qui seguita da lei, signor Ministro, e le iniziative che oggi lei ci ha proposto. Gratitudine esprimiamo alla Farnesina e ai nostri diplomatici operanti sul campo, così come il nostro apprezzamento va al Ministro Guerini, ai nostri contingenti militari operanti sul terreno e - come anche lei ha sottolineato - agli operatori italiani delle strutture di monitoraggio dell'OSCE.
In conclusione, stiamo vivendo la più grave crisi tra Europa e Russia dall'agosto del '61, dalla costruzione del muro di Berlino. Servono fermezza e dialogo che saranno tanto più efficaci in quanto, anche in questa occasione, l'Italia e soprattutto le sue istituzioni, noi, il Parlamento insieme al Governo, saremo capaci di esprimere coesione e responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Italia Viva).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Perego di Cremnago. Ne ha facoltà.
MATTEO PEREGO DI CREMNAGO (FI). Grazie, Presidente. Credo che, mai come in queste ore, l'articolo 11 della Costituzione italiana sia un modello di condotta del nostro Governo. Per cui, ci uniamo alla ferma condanna della violazione dell'integrità territoriale dello Stato ucraino e lo facciamo da una posizione di forte aderenza all'Occidente e alla NATO, di cui ricordo che l'Italia è uno dei dodici Paesi fondatori e il primo contributore in termini di personale. Permettetemi un sentimento di vicinanza e di riconoscenza ai militari italiani impegnati in questi teatri complessi, penso alla Brigata “Taurinense” in Lettonia, agli Stormi impiegati nell'air policing in Romania, al personale della Marina militare impiegato nelle unità navali nel Mediterraneo. A loro ma anche alle loro famiglie, per le tensioni che stanno vivendo in queste ore concitate, va il nostro profondo senso di riconoscenza, oggi così come in tutti i giorni dell'anno in tutti i teatri in cui i nostri militari sono impegnati. Un'altra riconoscenza va all'Ambasciatore d'Italia in Ucraina, al personale diplomatico ma, io penso, anche ai 2.000 cittadini italiani che, nonostante la paura di un conflitto, ancora sono in Ucraina perché credono in una soluzione pacifica e perché vogliono difendere quello che hanno acquisito in quel Paese e che rappresentano al meglio l'Italia.
Noi siamo atlantisti. Ricordo le parole pronunciate dal Presidente Berlusconi nel 2006 al Congresso degli Stati Uniti, con cui, rinsaldando l'amicizia fra Italia e Stati Uniti, rivendicava come questa avesse portato alla sconfitta dei totalitarismi, durante la seconda guerra mondiale, poi all'uscita dell'Italia dalla fame e dalla povertà, col Piano Marshall, e infine alla difesa dell'Italia dall'invasione sovietica. Queste parole credo che oggi siano di monito e siano importanti. Crediamo altresì nell'importanza della diplomazia. Il Ministro Di Maio ha parlato del Formato Normandia e del Trilaterale OSCE, anziché delle iniziative unilaterali.
Forse oggi, per la prima volta, abbiamo visto un'Europa unita nel determinare una posizione univoca di condanna dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Osserviamo, però, con grave preoccupazione le manovre militari - le cosiddette esercitazioni - condotte in questo momento dalla Federazione Russa; penso ai 30.000 uomini schierati in Bielorussia, accompagnati dai missili Cruise Iskander, penso ai 190.000 uomini sul confine ucraino. Per questo, io, e noi di Forza Italia crediamo fermamente che le sanzioni applicate, chiamiamole sanzioni modulari, diano il senso di una porta lasciata aperta, di uno strumento di diplomazia e, allo stesso tempo, di deterrenza. Credo che questo sia stato un segnale molto chiaro di compattezza dell'Unione europea, dell'Occidente e degli Stati Uniti, che hanno voluto dare un segnale forte a Putin e hanno voluto mettere in campo sanzioni, sì, aggressive ma non così tanto aggressive, per far pensare che ci sia ancora un margine per arrivare a una soluzione pacifica. Questa, però, è anche la grande occasione per l'Europa, di ridefinire un'agenda sulla propria sicurezza, non soltanto per quello che accade all'interno dei confini europei, ma per quello che accade anche fuori dai confini europei. In futuro, per riprendere un dialogo - penso alla NATO, che si era proposta di costruire un dialogo con la Russia sulla non proliferazione delle armi –, credo che queste iniziative non vadano mai abbandonate. Lo dico perché fra l'Europa e la Russia esiste una relazione di interdipendenza e di interscambio dal punto di vista commerciale, e penso che i numeri abbiano un valore, pure in queste circostanze. L'Italia ha una bilancia commerciale di 22 miliardi con la Russia e dipende fortemente per le risorse di gas, per il 40 per cento, dalla Russia. Questa non deve essere certo una scusa, anzi, deve essere un motivo per essere fermi sui nostri principi, sui nostri valori, ma anche per ragionare di interesse nazionale e di interesse europeo, affinché venga definita un'agenda europea dell'energia con una diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Domani si potrà parlare di transizione ecologica, ma noi dobbiamo accendere la luce delle aziende oggi, quindi oggi bisogna negoziare e trovare una soluzione pacifica, perché la guerra sarebbe una catastrofe (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Non possiamo pensare solo alle rinnovabili, solo al futuro, perché questa è un'agenda per i prossimi 10 o 15 anni, ma noi dobbiamo avere la responsabilità politica di dare una risposta ai cittadini italiani oggi, nel febbraio 2022, non nel 2030 o nel 2050.
Accompagniamo, quindi, un'azione diplomatica che noi sosteniamo fermamente. Fino all'ultimo secondo la porta deve essere lasciata aperta, pur nella ferma condanna di quanto ha fatto la Federazione Russa in un Paese amico come l'Ucraina, un Paese che rivendica la propria possibilità di aderire all'Unione europea. Noi rivendichiamo anche il principio della porta aperta della NATO: sono gli Stati che determinano se stessi e la propria volontà di entrare nella NATO e nessun altro può dire se uno Stato possa entrare o meno a far parte della NATO.
Concludendo, Presidente, signor Ministro, noi sosteniamo fermamente l'azione del Governo, l'azione diplomatica. Credo che l'Italia giochi, all'interno dell'Europa, un ruolo fondamentale per una storica amicizia con la Federazione russa e debba rivendicare - per questo sosteniamo le sue iniziative e quelle del Presidente Draghi - la capacità di far desistere la Russia. Ho sentito parlare anche della volontà russa di occupare i territori del Donbass filorussi. Questa è la definizione. In realtà, si dice che siano russofoni, ma non è detto che siano filorussi perché, se chiediamo ai cittadini del Donbass che pure parlano russo, se intendano o meno aderire alla Federazione Russa, la risposta sarà, invece, negativa. Questo credo che sia un punto saliente e se ne è parlato pochissimo. È su questo punto che noi dobbiamo insistere perché la difesa dell'integrità e della sovranità nazionale passa anche per i territori non occupati, oggi, del Donbass. Questo credo che sia un punto fermo nei dialoghi e nella diplomazia.
Perciò, Presidente, questo è il nostro auspicio, quello di Forza Italia, da sempre, con il nostro leader, il Presidente Berlusconi, che è stato capace di dirimere le contese tra Occidente e Russia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), anzi di metterli insieme, nel dialogo. Certo, era un'altra epoca. Crediamo di dover difendere, fino in fondo, la pace e la diplomazia, perché da una guerra ne perderemmo tutti, ne perderebbero i nostri cittadini, sarebbe una catastrofe inimmaginabile e, certo, l'Italia non se lo può permettere, per le ragioni che ho detto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Delmastro Delle Vedove. Ne ha facoltà.
ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). Grazie, Presidente. Innanzitutto, è bene precisare che, per Fratelli d'Italia, l'inviolabilità e la sacralità dei confini ucraini è fuori da ogni discussione, come l'inviolabilità e la sacralità dei confini di ogni Nazione indipendente.
Allo stesso modo, per Fratelli d'Italia non vi è dubbio alcuno in ordine alla salda e irretrattabile appartenenza dell'Italia al blocco delle democrazie occidentali e al destino geopolitico atlantico. Ancora, siamo intimi fautori del diritto internazionale come strumento di risoluzione giuridica dei conflitti, un diritto che non può e non deve essere violato e calpestato per il tramite di unilaterali operazioni di carattere militare. Siamo conseguentemente convinti che qualsivoglia violazione del diritto internazionale necessiti di risposte immediate da parte della comunità internazionale. Siamo anche contenti, forse per la prima volta, di notare che, apparentemente - ma in questo avverbio, apparentemente, c'è tutta la drammaticità dell'Unione europea –, l'Europa abbia una sola voce, e siamo però preoccupati del fatto che l'unanimità riguardi solo l'adozione delle sanzioni, non la scala delle sanzioni: quali sanzioni adottare, quando adottare quelle sanzioni, quale sia il riflesso economico delle singole sanzioni sulle singole economie dei Paesi europei. Possiamo affidarci, Ministro Di Maio, a un genio della fatta e della statura di Borrell che, di fronte a uno scenario apocalittico e di guerra, imbraccia, tetragono e impavido, Twitter e, con la statura internazionale di un opossum, minaccia la Russia al grido stentoreo di “niente più shopping a Milano”? Ma siamo oltre il macchiettistico, ce lo lasci dire, siamo oltre il macchiettistico (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Ci sembra di poter dire, sconfortati, che siamo ancora di fronte ad un'Unione europea caratterizzata da tutta la sua fragilità e debolezza geopolitica, un gigante burocratico, un nano geopolitico. E se questo è il quadro, come potremmo non essere critici nei confronti di un Governo che non ha avvertito il dovere e la necessità di confrontarsi con il Parlamento, dopo essersi spellato le mani per l'intervento di Mattarella? Non si è confrontato con il Parlamento per decidere, codecidere una road map precisa delle sanzioni, una precisa posizione dell'Italia sulle sanzioni. L'Italia dipende - e non lo sa solo Fratelli d'Italia - per il 40 per cento dalla Russia, per il suo approvvigionamento energetico. L'attuale shock energetico che sta inginocchiando famiglie e imprese potrebbe essere drammaticamente una inezia rispetto a quello che potrebbe accadere per la deprecata ipotesi che la crisi russo-ucraina, con il suo irrefrenabile corollario di sanzioni, non si raffreddasse immediatamente. Si tratterebbe di uno shock energetico di tali vastità e proporzioni da pregiudicare la ripresa determinata dai fondi del PNRR per l'Italia.
E, se questo è il quadro, non possiamo nuovamente che denunciare quanto sia confusa la risposta dell'Unione europea, che vagheggia di lunari alternative, in termini di approvvigionamento energetico: il Qatar? Dio ce ne scampi e liberi! Oppure il gas naturale liquido americano, i cui costi di estrazione sono 3 volte tanto, di trasporto sono 3 volte tanto, di rigassificazione sono 3 volte tanto e mancano gli impianti di rigassificazione. Siamo preparati a questo scenario? L'Europa è preparata? L'Italia è pronta?
Ancora, sappiamo quale possa essere il quadro apocalittico per l'ipotesi che vi sia un conflitto, anche a bassa tensione, fra Russia e Ucraina, che comporti l'interruzione della coltivazione del grano, con Russia e Ucraina che sono produttori per un terzo mondiale del grano, sfamando il bisogno del continente africano? Il continente africano andrebbe incontro a una crisi alimentare senza precedenti, con fatali migrazioni, per non dire esodi di massa, rispetto alle quali temo che l'Italia sarebbe lasciata incredibilmente sola a gestire la catastrofe umanitaria, da parte di un'Europa più solerte nella - pur sacrosanta - difesa dei confini ucraini rispetto ai confini italiani.
Siamo preparati, Ministro? A queste domande lei ci deve rispondere. L'Italia è pronta? E sa perché noi gliele facciamo?
Perché non lo sappiamo, perché il Governo è andato in Europa a fare la cosiddetta lista delle sanzioni, senza avvertire minimamente la necessità di confrontarsi con il Parlamento! Siamo passati dalle telenovele del suo sodale Conte a ogni DPCM, al non vedo, non sento e non parlo, perché, se vedo, se sento e se parlo, la mia maggioranza è così dilaniata che non posso neanche più esprimere una posizione sulla politica estera (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia). Forse, oltre alle divisioni interne - è vero - anche i complessi e articolati aspetti economici e geopolitici dalla vicenda hanno indotto il Presidente Draghi ad una posizione molto sottotraccia e attendista. E', però, ora del contrario. Ora, consentiteci di verificare, fino in fondo, lo standing internazionale di Draghi. L'Italia ha due modi di approcciare la crisi russo-ucraina, due posture internazionali da assumere: farsi piccina, attendista, prudente, nella speranza di non essere colpita dalle contro-sanzioni o dalle ritorsioni economiche russe, e drammaticamente sembra che lei abbia scelto quella strada, nel momento in cui è venuto candidamente in quest'Aula ad ammettere: noi non avremo più i rapporti bilaterali, perché io, senza la copertina di Linus della diplomazia europea, non sono in grado di dialogare con la Russia per offrire una soluzione italiana, fino ad essere sfregiato…
PRESIDENTE. Colleghi, colleghi, per favore…
ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). …noi la difenderemo sempre, ma fino ad essere sfregiato financo dal Ministro degli Esteri russo che le ha ricordato che fare il Ministro non significa andare a fare viaggi, per assaggiare piatti esotici in giro per il mondo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia); oppure, l'alternativa è giocare una partita in un ruolo che la tradizionale politica estera italiana, financo la sua collocazione geografica, le hanno assegnato, quello di player di primo piano nella crisi, non già per disponibilità belliche, ma per la sua abilità diplomatica, per la sua geografica vocazione ad essere cerniera di civiltà.
In altri termini, mai come in politica estera è possibile oggi dire che esistano due Italie, Ministro; esiste un'Italia, quella di Pratica di Mare, che giganteggiava fra NATO e Russia, consentendo l'avvicinamento di NATO e Russia, ed esiste un'Italia che, negli appuntamenti della storia, non crede mai in se stessa, un'Italia che si inabissa, un'Italia che si adagia al motto “Ha da passà 'a nuttata”. Quell'Italia è candidamente rappresentata da chi dice: sono un Ministro degli Esteri, ma non farò incontri bilaterali con nessuno, perché sono sotto tutela da parte di qualcun altro.
La verità è che a noi piace più la prima Italia, quella che giganteggia, quella che ha una vocazione, una missione nel mondo. La verità è che oggi quell'Italia serve al mondo, la verità è che quella Italia, la prima Italia, ha una missione da svolgere, in nome e per conto dell'Occidente, perché è l'Italia capace di far cessare il crepitio delle armi, è l'Italia capace di far parlare la diplomazia, è l'Italia capace di raccogliere gli elementi che uniscono, prima ancora di quelli che dividono Occidente e Oriente. E la domanda che dobbiamo porci, oggi, in quest'Aula, drammaticamente è se sia davvero un destino ineluttabile quello dello scontro fra Russia e Occidente. E, ancora, se sia vantaggioso lo scontro fra Russia e Occidente, se sia vantaggioso solo per Russia, o solo per l'Occidente, o se sia svantaggioso per entrambi. Noi crediamo di no: è svantaggioso per tutti. Noi crediamo e lo crediamo col Dipartimento di Stato americano epoca Trump, che si riprometteva di strappare la Russia all'abbraccio mortale cinese, per recuperarla e ingaggiarla alle ragioni delle democrazie occidentali.
Voglio ricordare a me stesso - non a lei, perché lei, dall'alto della sua consapevolezza dei fattori geopolitici, già certo lo sa - che l'epoca in cui Bush e Putin discutevano di un possibile approdo della Russia all'interno della NATO, non è il Paleozoico. L'epoca in cui a Pratica di Mare Bush e Putin si stringevano le mani, coinvolgendo l'Europa in una nuova dinamica delle relazioni internazionali, non era il Mesozoico; non erano sedicenti migliori, quelli, erano semplicemente protagonisti e leader politici che consegnavano il verdetto alla storia sul fatto che fossero o non fossero i migliori; ma avevano tracciato una strada: difendere, senza se e senza ma, come chiede Fratelli d'Italia, la sacralità e la sovranità dell'indipendenza di ogni Nazione, oggi dell'Ucraina e domani di ogni Nazione, che esca dallo scomposto quadro della disgregazione post sovietica, e anche sottrarre la Russia dall'abbraccio mortale della Cina e contrarre con la Russia una pace secolare che la guadagni alle ragioni delle democrazie occidentali.
Le sanzioni sono una risposta giusta e legittima, ma sono e devono rimanere l'ultima risposta, consapevoli che potrebbero essere foriere di catastrofi energetiche e umanitarie che si abbatterebbero, con formidabile violenza, sull'Italia, vanificandone la ripresa. La pace secolare con la Russia, nel contesto del rispetto di tutte le sovranità nazionali, garantirebbe all'Occidente un'epoca di nuove relazioni internazionali, una risposta efficace all'espansionismo cinese, un enorme mercato finalmente pacificato, dotato di quella autonomia strategica, economica, energetica, industriale e di materie prime di cui tutti ci sciacquiamo la bocca ma che non sappiamo neanche immaginare…
PRESIDENTE. Concluda.
ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE (FDI). …perché abbiamo ammesso in quest'Aula che non abbiamo più una politica estera, se non sotto tutela.
Noi di Fratelli d'Italia - e termino - non sappiamo se questa sia la strada intrapresa dai sedicenti migliori, fra i quali, per ironia della sorte, è annoverato anche lei, ma abbiamo la certezza che chi giocherà questa partita sarà il migliore rispetto a chi eventualmente si volesse sottrarre a questa missione che è stata assegnata all'Italia per motivi storici, culturali, caratteriali e financo geografici, ponte di civiltà che è capace di ingaggiare una pace secolare con la Russia, riconquistare le relazioni con l'Occidente e difendere la sovranità di tutte le Nazioni che escono dallo scomposto quadro ex-sovietico (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Colaninno. Ne ha facoltà.
MATTEO COLANINNO (IV). Onorevole Presidente della Camera dei deputati, onorevole Ministro, colleghi, dopo due anni di una terribile malattia, una pandemia che ha portato morte e sofferenze, che ha ferito e piegato l'economia, l'industria, il commercio, il lavoro, dopo questi due anni, ora che il mondo ricominciava a vedere la luce ci troviamo, invece, nell'assurda e incredibile circostanza, nell'incubo inaccettabile del rischio, sempre più concreto, di una guerra al confine della nostra casa dell'Unione europea.
Il gruppo di Italia Viva intende manifestare pieno apprezzamento e sostegno all'azione del Governo che lei, Ministro Di Maio, ha oggi rappresentato in quest'Aula sulla drammatica crisi tra Russia e Ucraina. Anzitutto, vorremmo ringraziare tutti gli italiani operativamente coinvolti e impegnati (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva), dai contingenti militari agli operatori, dalla Farnesina a tutti i diplomatici che con lei, signor Ministro, collaborano.
Nel suo intervento, Ministro, abbiamo sentito echeggiare le dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Consiglio Draghi che, in poche parole, ha tratteggiato la complessità della situazione e i gravi rischi a cui anche noi siamo esposti. Voglio prima di tutto esprimere la mia più ferma condanna per la decisione del Governo russo di riconoscere i due territori separatisti del Donbass. Si tratta di una inaccettabile violazione della sovranità democratica e dell'integrità territoriale dell'Ucraina.
“La via del dialogo resta essenziale ma stiamo già definendo, nell'ambito dell'Unione europea, misure e sanzioni nei confronti della Russia”: lo ha detto il Presidente Draghi. Non possiamo che esprimere fiducia e speranza per gli sforzi che si stanno compiendo sul piano diplomatico per trovare una soluzione pacifica. Allo stesso tempo, non possiamo nascondere tutta la nostra preoccupazione per la grave escalation in atto. Il riconoscimento delle repubbliche secessioniste ucraine Donetsk e Lugansk, seguito dall'invio di truppe russe sul territorio, ha in un colpo solo violato l'integrità territoriale ucraina e reso nulli gli accordi di Minsk, a cui si era pervenuti dopo l'attacco in Donbass nel 2014.
Una mossa, insomma, che rischia seriamente di segnare un punto di non ritorno nei rapporti tra la Russia e l'Occidente. Infatti, dell'Occidente siamo parte anche noi, con tutta l'Europa geograficamente confinante con l'Ucraina e, quindi, fortemente interessata agli sviluppi dello scenario che investono quell'area. Un'evoluzione che dipenderà quasi interamente dalla strategia russa espressione delle volontà del Presidente Putin.
Come ha ricordato stamane il presidente Renzi, il punto politico drammatico è che c'è un tema di nuovo ordine geopolitico mondiale che ha bisogno di una ridefinizione e l'Europa unita e gli Stati Uniti dovranno fare un lavoro difficile.
La speranza è che il dialogo prenda il posto dei carri armati, ma credo che l'Ucraina sia solo un pezzo di una strategia più grande. Quale possa essere, in realtà, tale strategia è il tema cruciale oggi all'attenzione della politica e degli analisti, che in larga parte mettono in luce l'approccio e le future alleanze del Presidente Putin e le rinnovate ambizioni russe di diventare una potenza globale, ripercorrendo le orme della vecchia Unione Sovietica.
Per quanto ambizioso o persino anacronistico possa essere considerato un simile disegno strategico, appare comunque saggio e prudente non sottovalutarne le potenziali implicazioni e conseguenze. Nell'eventualità in cui la Russia decidesse di aumentare il livello dello scontro, uno scenario ad oggi plausibile, l'Europa dovrebbe, suo malgrado, fare i conti con una situazione estremamente complessa, quella di una vera guerra, e con i costi inevitabili che essa comporterebbe, quelli più alti in termini di vite umane in caso di avvio di un'invasione profonda fino a Kiev. Resta da capire se i russi intendano spingersi fino alla zona controllata dalle truppe separatiste, più piccola delle due province del Donbass, oppure se in tutte le province del Donbass, in parte sotto il controllo delle truppe ucraine.
Nelle cancellerie europee e in seno all'Alleanza atlantica vi è graduale consapevolezza dei rischi a cui andiamo incontro. Per questa ragione sono assolutamente da evitare le debolezze e le divisioni emerse nel 2014 dopo l'invasione della Crimea. Al contrario, a guidare la nostra azione devono essere unità e fermezza, come è parso evidente ieri con l'approvazione di un primo pacchetto di sanzioni a carico della Russia, che ha visto raggiungere l'unanimità tra i 27 Paesi europei.
La magnitudine e la progressione delle sanzioni, su cui non ci potranno essere ambiguità, dovranno essere condivise con i nostri partner e alleati, e avere il vincolo di efficacia e deterrenza per impedire escalation non accettabili. Non si tratta, naturalmente, delle misure più pesanti, da extrema ratio, discusse dal blocco dei Paesi occidentali nelle settimane scorse, che scatterebbero nell'ipotesi di un'invasione dell'Ucraina su vasta scala. È stata presa la decisione, da parte del Cancelliere tedesco Scholz, di sospendere la licenza a Nord Stream 2 - lo ha ricordato, signor Ministro degli Affari esteri -, il secondo gasdotto che collega la Germania alla Russia e che, dunque, accrescerebbe il potere, non solo economico, di quest'ultima nei confronti dell'Europa. Quello della dipendenza energetica è un tema di drammatica attualità. L'esplosione dei prezzi dell'energia rappresenta un ostacolo enorme sulla strada della crescita che il nostro Paese ha brillantemente intrapreso a partire dallo scorso anno, dopo il crollo del PIL dovuto alla pandemia.
La crisi tra Russia e Ucraina si presenta, dunque, per l'Unione europea come una sfida da affrontare a più livelli e che, ancora una volta, evoca l'urgenza di dotarsi di un'autonomia strategica soprattutto sul piano dell'energia e della difesa. In attesa dei prossimi passi in questa direzione, vanno nel frattempo moltiplicati tutti i possibili sforzi sul piano del dialogo e della diplomazia, anche contemplando, naturalmente, tutte le iniziative possibili con la relativa gradualità, nel tentativo di impedire ulteriori passi verso il conflitto da parte russa, per i risvolti di una possibile tragedia umanitaria e, nel tempo stesso, cercando di difendere, come lei ha ricordato, Ministro - e noi lo condividiamo - gli interessi economici italiani.
Gli impatti delle misure in corso stanno già determinando shock sui costi energetici, sulle materie prime, sulle commodity - il grano, in primis - e sui livelli inflattivi. Signor Presidente della Camera, signor Ministro degli Affari esteri, Italia Viva considera l'informativa di oggi una prima importante occasione di confronto tra il Governo e il Parlamento, che dovrà necessariamente mantenersi costante anche in funzione dell'evoluzione della crisi in atto. Queste Aule del Parlamento sono il punto più alto, il punto più estremo della nostra democrazia; sono la forza della libertà, della prosperità e della pace. Perciò, da qui chiediamo che l'Italia, attraverso il Governo, possa e debba interpretare un ruolo fondamentale, perché la strada della diplomazia, del dialogo, della ragione e della pace prevalga sul conflitto e sulle armi (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Napoli. Ne ha facoltà.
OSVALDO NAPOLI (CI). Grazie, Presidente. Desidero ringraziare, a nome di Coraggio Italia e del suo capogruppo Marco Marin, il Presidente Draghi e il Ministro Di Maio - quindi, tutto il Governo - per le iniziative di chiarezza tenute in questi momenti così drammatici. Per la prima volta, 77 anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale, le democrazie occidentali si trovano di fronte allo spettro della guerra, che rischia di materializzarsi, come nel 1939, nel cuore dell'Europa. Le decisioni prese dal Presidente russo, Vladimir Putin, con la ratifica della Duma e del Senato, di riconoscere le autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Luhansk, e siglare con loro e i sedicenti presidenti un patto di amicizia e cooperazione, hanno riscosso il biasimo e la condanna unanime delle democrazie occidentali. La decisione russa, e il fatto ancora più grave di siglare un accordo di cooperazione, riportano alla memoria la tragica stagione degli aiuti fraterni che l'URSS prestava all'Ungheria nel 1956 e a Praga nel 1968. Aiuto fraterno - devono sapere i giovani - significava l'invasione e l'occupazione di quei Paesi.
Il Presidente russo, con un crescendo di minacce, ha detto di considerare carta straccia gli Accordi di Minsk del 2014 e ha invitato l'Ucraina a rinunciare spontaneamente a chiedere l'adesione alla NATO. Tralascio ogni commento sulla cinica ironia di Putin, che pretende decisioni spontanee dal governo di Kiev dopo aver ammassato oltre 140 mila soldati alle sue frontiere. Si tratta, con tutta evidenza, di atti che formalizzano la guerra, fino a ieri a bassa intensità, destinata, in assenza di una ripresa dei negoziati, a sfociare in un tragico scontro fra i due Stati.
Il mondo libero ha condannato in modo risoluto e senza distinzione la grave violazione del diritto internazionale compiuta dal Presidente Putin, con il sostegno del Parlamento russo. La pressione militare messa in atto da alcune settimane sull'Ucraina e denunciata come intollerabile dall'Unione europea e dalla NATO, si è rivelata per quello che nessuno di noi avrebbe mai auspicato essere: una pressione volta non a favorire il lavoro della diplomazia, ma finalizzata a preparare il terreno per un'aggressione militare. I soprusi non devono passare, come ha detto il Presidente Draghi. Voglio credere che siano infondati gli allarmi del Presidente Biden sull'imminente estensione del campo d'azione militare in Ucraina. Temo, però, che la risolutezza mostrata da Putin nel suo discorso alla Nazione abbia drammaticamente chiuso la porta a questa speranza. La Russia sta dicendo al mondo, all'Europa e alle democrazie occidentali che la lunga stagione di prosperità e di convivenza pacifica tra gli Stati e i popoli non è una conquista raggiunta una volta per sempre; essa può essere messa in discussione e traballare, scossa dal risveglio improvviso dei demoni del nazionalismo e del revanscismo.
Il Presidente Putin è per ragioni anagrafiche e per formazione professionale, uno degli ultimi figli di quell'Unione Sovietica che ha tenuto sotto il tallone della dittatura comunista, per quasi mezzo secolo, centinaia di milioni di persone e decine di Stati. La fine di quella drammatica stagione e la liberazione di quei popoli hanno portato la Russia ad una dimensione mai prima conosciuta nella sua storia, alimentando momenti di sorda frustrazione e di cupo risentimento per la fine di un impero, non più zarista e non più comunista.
Nulla di ciò che è stato, ci insegna la storia, può tornare a essere nelle forme e nei modi in cui è stato; l'Europa è morta una prima volta a Monaco nel 1939, quando i rappresentanti di democrazie esauste e vuote di energie si arresero per viltà e non per convinzione alle menzogne di Hitler; si trovarono a dover scegliere tra il disonore e la guerra; avete scelto il disonore - fu la facile profezia di Churchill - e avrete la guerra. Quel tempo, per fortuna nostra, è lontano e nessuna persona ragionevole, e tanto più in quest'Aula, pensa che possa ripetersi, ma la lezione di Monaco è viva più che mai e parla alla coscienza nostra e dei nostri cittadini. Guai ad assopire lo spirito di libertà, guai, signor Presidente e Ministro Di Maio, a farci cogliere con la coscienza assopita o distratta. Qualcuno nel 1939 si interrogava se valesse la pena morire per Danzica; poche settimane dopo la violenza della Wehrmacht, con l'occupazione della Cecoslovacchia, diede la risposta: sì, valeva la pena morire per Danzica e non solo.
Nessuno pensa, oggi, che possa e debba ripetersi la stessa domanda per Kiev; troppo diverso e troppo meglio codificato è il sistema delle relazioni internazionali; lo stesso può dirsi per i meccanismi di coordinamento all'interno delle istituzioni internazionali, come pure dei sistemi di alleanza. L'Europa è entrata nella crisi ucraina e sta fronteggiando la sfida di Putin con un dinamismo politico e una velocità concertativa mai prima sperimentati - e bene l'incontro di domani a Bruxelles -, con ciò confermando che se ieri era necessario morire per Danzica, oggi è possibile per l'Europa vivere grazie a Kiev, perché Kiev, lo dico per qualche collega distratto, da lunedì 21 febbraio 2022, è diventata la frontiera est dell'Europa.
Il tema delle sanzioni, si sa, ha spesso portato l'Europa in passato su un terreno scivoloso, in cui la divisione era spesso dietro l'angolo, con i Governi nazionali pronti a difendere gli interessi indisponibili del proprio Paese. Vorrei sgombrare il campo da un equivoco: le sanzioni non sono mai una scelta indolore, Ministro, tanto per chi le applica, quanto per chi le riceve; esse possono e devono essere graduate alla luce di valutazioni complessive. Il punto di fondo, però, riguarda il loro uso, perché comprendo bene chi è tiepido sulle sanzioni, temendo conseguenze gravi per la nostra economia, è un timore che condividiamo; rimane da chiedersi: esiste un'alternativa migliore e più efficace? La Germania ha bloccato la certificazione del gasdotto Nord Stream 2, la Gran Bretagna ha bloccato l'attività finanziaria di cinque importanti istituti di credito russi, gli Stati Uniti hanno scelto di agire sul mercato dei titoli del debito russo, togliendo ossigeno prezioso all'economia di Mosca. L'Europa nel suo complesso ha scelto come primo step di sanzionare i parlamentari della Duma che hanno votato per il riconoscimento delle due autoproclamate Repubbliche del Donbass, ne hanno bloccato i passaporti e impedito la libertà di movimento in Europa. Si è scelto giustamente – bene, Ministro - un approccio progressivo da graduare sulla base dell'evoluzione della situazione sul terreno, senza precluderci le azioni più dure e incisive nella sciagurata ipotesi che Putin dovesse allargare l'azione militare ad altre porzioni del territorio dell'Ucraina.
So bene, come tutti i colleghi, che l'Italia ha problemi di approvvigionamento energetico più gravi e condizionanti di altri Paesi europei, ma di questo - lasciatemi dire - a chi altri possiamo far torto se non a noi e all'insipienza di chi avrebbe dovuto, con un pizzico di lungimiranza e qualche pregiudizio ideologico in meno, accrescere l'autonomia energetica del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia)? Io vivo, Presidente, a 70 chilometri da una centrale atomica in Francia, cambia forse qualcosa? È sufficiente un cartello con scritto, prima del comune, comune denuclearizzato? Ebbene, il passato chiama in causa la nostra dignità nazionale, l'onore di una storia repubblicana scritta con i sacrifici dei nostri padri. Il Governo ha tutti gli strumenti e dal Parlamento avrà tutto il sostegno necessario per affrontare un momento drammatico della storia europea e trovare le soluzioni sulla questione energetica del nostro Paese. Dico “europea” - e vado verso il termine -, perché, per la prima volta dal 1945, l'Europa può vedersi riflessa nello specchio della propria storia e riconoscersi le comuni paure, le comuni attese e le comuni speranze dei suoi cittadini e trovare una risposta unitaria, perché la sfida che abbiamo davanti, Presidente, non prevede più la salvezza di alcuni a danno di altri.
Concludo. Con il dramma ucraino, gli europei si trovano per la prima volta davanti al proprio comune destino (Applausi dei deputati del gruppo Coraggio Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.
ERASMO PALAZZOTTO (LEU). Grazie, Presidente. Ministro, colleghe e colleghi deputati, è doveroso - e bene ha fatto lei e il Governo italiano - condannare senza esitazioni il riconoscimento unilaterale delle repubbliche separatiste di Donetsk e di Lugansk e l'invio di truppe in quei territori, in quanto decisioni arbitrarie, in violazione del diritto internazionale, dell'integrità territoriale di uno Stato sovrano e, quindi, degli Accordi internazionali di Helsinki e di Minsk, che la stessa Russia aveva sottoscritto. Giusto, quindi, in questo momento, avere come priorità l'unità e la compattezza dell'alleanza atlantica ed in particolare dell'Unione europea. È, quindi, corretto, come richiamato dal presidente Fassino, mantenere una postura ferma, ma costantemente orientata al dialogo e alla diplomazia.
È naturale, quindi, a queste considerazioni, far seguire l'adesione alla politica sanzionatoria comune dell'Unione europea, che rappresenta l'unico strumento non militare a disposizione per rispondere alla minaccia che la scelta di Mosca rappresenta per la stabilità e per la pace della regione. Bisogna sapere, ovviamente, che le sanzioni hanno delle conseguenze, le hanno nei confronti del sanzionato, ma le hanno anche nei confronti del sanzionatore. Ma bisogna sapere che anche la nostra controparte ha messo in conto questa risposta e che, quindi, questa è una risposta formale, dovuta, ma che non può essere considerata - e faremmo un errore -, uno strumento, una risposta adeguata a quella che è la portata della crisi.
Fatte queste premesse, vorrei però, signor Ministro, colleghe e colleghi deputati, provare ad affrontare questo dibattito portandolo sulla giusta dimensione che merita. Sarebbe un errore enorme da parte nostra considerare la crisi in atto come una questione legata al riconoscimento dei confini o a una tensione regionale legata, appunto, a mire espansionistiche ed egemoniche di uno Stato, in questo caso della Russia. Nel discorso alla nazione del Presidente Putin si definisce una strategia egemonica che punta a ridefinire un ordine geopolitico mondiale ed i rapporti di forza determinati dalla caduta del muro di Berlino. Una sfida di questa portata non può essere affrontata come una questione regionale, non può essere affrontata sul piano militare, ma va affrontata sul piano politico e, in primo luogo, sul piano politico dell'Unione europea. Lo dico perché l'Europa è il terreno di questa crisi, è il terreno di questo conflitto ed è il luogo dove, verosimilmente, un'escalation militare e delle tensioni diplomatiche in atto avranno le ripercussioni più grandi. E, quindi, in questo, serve uno scatto da parte dell'Unione europea in termini di unità, in termini di costruzione di una politica estera comune, in termini di costruzione di un'iniziativa che ha ragioni fondanti, sostanziali e che pongono noi in una posizione diversa, anche rispetto ai nostri alleati e alle scelte della NATO.
Abbiamo bisogno di comprendere che da questa crisi non si esce come siamo entrati: usciremo da questa crisi con un nuovo ordine e con un nuovo equilibrio geopolitico. Abbiamo bisogno, quindi, di prendere atto di quelli che sono anche i fallimenti delle strategie che noi abbiamo messo in campo.
Non mi interessa qui discutere delle responsabilità, che ho già richiamato, della Russia rispetto alla condizione e al contesto in cui noi ci troviamo, al fallimento degli Accordi di Minsk e al punto storico in cui noi ci troviamo. Penso che però abbiamo bisogno di guardare dentro casa nostra alle sfide che abbiamo fallito, alle strategie che non hanno funzionato. In particolar modo, penso a quella della deterrenza, che ha visto nel corso degli ultimi vent'anni una militarizzazione estenuante del fronte orientale, come se il confronto militare potesse essere una soluzione nella definizione dei rapporti tra Europa e Russia, tra NATO e Russia. Abbiamo votato in quest'Aula costantemente, ogni anno, il rafforzamento delle missioni militari nel Baltico e nel confine sudorientale dell'Alleanza proprio in ottica di deterrenza rispetto a una minaccia sul confine orientale che era rappresentata in termini strategici dalle possibili mire espansionistiche russe.
E allora penso che proprio su questo noi dovremmo discutere per ridefinire una strategia che non può vedere l'opzione del confronto militare come una possibilità. Questo è il punto in discussione, se noi siamo in grado di dire che l'Italia si schiera senza se e senza ma a favore della pace, se siamo in grado di dire che noi rifiutiamo qualunque soluzione che porti a un confronto militare. Non è un'opzione possibile per il mondo in cui viviamo oggi senza conseguenze catastrofiche. L'interconnessione non riguarda soltanto la questione energetica: riguarda l'interconnessione tra le nostre società; riguarda le comunità italiane e europee che vivono in Russia e quelle russe che vivono in Italia e in Europa; riguarda l'interconnessione delle nostre economie, che verrebbe messa in discussione da qualunque confronto di questo tipo; riguarda le migliaia, i milioni di vite umane che sarebbero in gioco se si ripresentasse ancora una volta lo scenario di una guerra di queste proporzioni nel cuore dell'Europa dopo oltre 70 anni. E allora penso che noi dovremmo avere un ruolo nel contesto dell'Alleanza atlantica, nel contesto dell'Unione europea, che ci pone in condizioni di riaprire una discussione, che non è stata aperta, compiendo un errore, per esempio sul ruolo, sulla funzione e sulla natura dell'Alleanza atlantica. Infatti. è evidente che noi oggi ci confrontiamo in questo contesto con strumenti, quelli dell'Alleanza atlantica, che sono legati a un mondo che non esiste più, all'idea della guerra fredda, e non invece a un contesto multipolare, come è stato definito e richiamato in questa discussione anche dal presidente Fassino e dal collega Volpi. Penso che, se questa è la strategia che noi dobbiamo seguire, dobbiamo provare ad avere un confronto franco con i nostri alleati e, in particolar modo, in seno all'Unione europea, per dire che bisogna cercare con forza un luogo del confronto e che l'Europa, da questo punto di vista, deve svolgere una funzione nell'individuare la figura, le figure che possono essere il punto di interlocuzione tra Mosca e Washington per la risoluzione di questa crisi. Penso che abbiamo bisogno di restituire forza ai luoghi del confronto multilaterale e aprire una discussione perché questo confronto e il ruolo di chi sarà incaricato a tessere la tela di questo dialogo venga riconosciuto e si torni ad avere una discussione in seno all'Organizzazione delle Nazioni Unite, che in questo momento è immobilizzata dal continuo gioco dei veti, in particolar modo di quelli russi, non solo nell'assumere una decisione, ma anche nello svolgere il ruolo principale che quell'organizzazione ha, che è quello della mediazione dei conflitti.
Penso che dobbiamo ragionare se accettare o meno la sfida che Putin oggi lancia all'Occidente, all'Europa, alle democrazie e, se la accettiamo, con quali strumenti rispondere a quella sfida, compreso il fatto che, se la posta in gioco è la ridefinizione di un equilibrio geopolitico globale, è su scala globale che va definito. E forse è arrivato il momento di coinvolgere anche altri attori dentro questo tavolo di discussione, a partire dalla Cina e da altre potenze globali, che devono assumersi la responsabilità di evitare un nuovo conflitto che avrebbe la natura di un conflitto mondiale, perché questa è la partita di cui stiamo discutendo, non la questione del confine delle repubbliche del Donbass, né la questione dell'integrità dell'Ucraina, che sono un pretesto per una sfida ben più ampia che il Presidente Putin ha lanciato e che sono il punto di arrivo di una tensione che, in questi anni, ha avuto ripercussioni in diversi scenari regionali, a partire dal Medioriente, dal conflitto in Siria, dal Nord Africa, dall'Egitto, dalla Libia. Abbiamo, quindi, la necessità di affrontare questo livello della discussione, se vogliamo affrontare il cuore del problema. È per questo che penso che noi - e concludo Presidente - abbiamo oggi il dovere di assumerci la responsabilità di una posizione chiara come Paese e di fare riecheggiare, nelle aule di questo Parlamento ma anche nei consessi internazionali, la parola pace come priorità. La nostra priorità non è semplicemente riaffermare il diritto internazionale, non è semplicemente rispondere con fermezza e difendere l'orgoglio dell'Europa, della NATO, dell'Ucraina rispetto all'aggressione russa, ma è quella di garantire la stabilità e la pace, perché è su questo che è nata l'Europa ed è su questo che l Europa ha fin qui avuto il più grande successo dalla nascita delle sue istituzioni. È, quindi, questo il ruolo che l'Italia deve richiamare per l'Europa e mettere in campo una strategia che abbia misure e politiche di pace. Io penso che oggi più che mai si è rivelato falso un antico modo di dire: si vis pacem para bellum, noi abbiamo preparato la guerra e stiamo ottenendo la guerra. Oggi è il caso di dire: si vis pacem para pacem! Grazie signor Ministro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Corda. Ne ha facoltà.
EMANUELA CORDA (MISTO-A). Grazie Presidente, ringrazio il Ministro per la sua relazione, ovviamente. Non concordo su alcuni punti da lui esposti, soprattutto non concordo con l'atteggiamento che ha avuto l'Italia in questo frangente. In particolar modo, mi riferisco al fatto di negare degli incontri bilaterali con le autorità russe. Questo lo trovo un atteggiamento abbastanza superficiale in un momento come questo, anche perché sono proprio i momenti più difficili e più critici, quando si combatte sul territorio, che ci richiamano comunque ad un lavoro attento di diplomazia e di confronto. Quindi, credo che la cosa più sbagliata sia, a fronte di una provocazione, di reagire con una provocazione ancor maggiore, anche perché - ahimè - non ce lo possiamo neanche permettere. Dobbiamo comunque tener conto della situazione nella quale si trova l'Europa in questo momento, per la crisi energetica, in particolar modo l'Italia. L'Italia attraversa anche una fortissima crisi politica, con una leadership, quella di Mario Draghi, che è stata totalmente appannata anche dai recentissimi eventi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa), che hanno riguardato l'elezione del Presidente della Repubblica. È inutile nascondersi dietro le chiacchiere, dietro il fatto che il Presidente Mattarella si sia rimesso a disposizione per ripercorrere un altro mandato, tra l'altro da noi ex Movimento 5 Stelle, con i nostri ex colleghi, criticato fortemente, quando allora ci fu l'esempio di Napolitano. Quindi, io dico che è possibile che l'Italia si trovi in una situazione di debolezza così forte, in un momento dove invece occorrerebbe una reazione che sia, a livello diplomatico ma anche di strategia, lucida, attenta e soprattutto mirata; non confusa e slegata dalle altre strategie degli altri Paesi. Qualcuno lo ha detto: la Germania ha chiuso la possibilità di aprire il gasdotto il Nord Stream 2, l'Inghilterra ha messo delle altre sanzioni, gli Stati Uniti stanno pensando di colpire le oligarchie, gli esponenti della Duma, le banche e tutto quello che vi pare, però, alla fine, la Russia pare che avesse già previsto tutto questo. Non mi pare che si siano scomposti dinanzi a questa minaccia di sanzioni da parte sia degli Stati Uniti, sia dell'Europa, e questo preoccupa ancora di più, perché significa che abbiamo le armi spuntate, o meglio, che stiamo gestendo questa crisi forse nella maniera più sbagliata. Forse, come diceva giustamente il collega che mi ha preceduto, non abbiamo valutato attentamente quello che è successo in questi anni, negli ultimi vent'anni; forse non abbiamo valutato la direzione degli Stati facenti parte del Patto atlantico. Se, infatti, è vero che noi facciamo parte della NATO, che abbiamo degli obblighi - e anche dei doveri, oltre al fatto di poterne trarre dei benefici - però è anche vero che questo Patto era nato sotto l'egida della difesa; era nato con una funzione di difesa, tant'è vero che chi entrava in quel Patto si sarebbe dovuto sentire protetto. Invece, poi, cosa è accaduto?
È accaduto che la NATO è diventato uno strumento anche di offesa e questo non lo può negare nessuno, perché molte missioni che sono nate come di peacekeeping poi si sono trasformate in tutto il contrario. Non sto neanche a elencare la serie di esempi che ci sono, perché sono stati già citati in precedenza. Però, di fronte a questa evidenza un ragionamento più profondo andrebbe sviluppato. Attenzione, non sto assolvendo Putin o la sua decisione di riconoscere questi Stati che hanno proclamato la loro indipendenza; non sto dicendo questo. Sto semplicemente dicendo che noi dobbiamo cercare di interloquire con tutti, in particolar modo con la Russia, perché noi siamo i loro vicini di casa. Noi dobbiamo assolutamente interloquire e dobbiamo valutare il fatto che la NATO, negli ultimi anni, ha avuto un'espansione ad Est fortissima; qualcuno ha parlato di blocco occidentale, di democrazie occidentali. In realtà, a questo blocco poi si sono annesse le ex Repubbliche baltiche e i Paesi del Patto di Varsavia. È una realtà molto variegata ed è unita da interessi diversi. Quindi, è chiaro che la Russia, in questo contesto, manifesti la necessità di avere un'area di neutralità intorno a sé. Queste sono le richieste del Presidente Putin che, ripeto, non sto giustificando per questa azione nei confronti di uno Stato sovrano. Però, allo stesso tempo, dico di non far finta che la storia non abbia avuto un certo corso, cerchiamo di guardare i fatti e cerchiamo di dialogare con serietà, senza chiuderci nelle nostre pretese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tasso. Ne ha facoltà.
ANTONIO TASSO (M-MAIE-PSI-FE). Grazie, Presidente. Saluto il Ministro Di Maio e il sottosegretario Amendola. Non credo che in molti abbiano pensato a una disputa territoriale, come lei ha opportunamente sottolineato, Ministro. È vero che, quando non riguarda il nostro giardino, ogni vicenda ci appare lontana, ma quando c'è di mezzo una grande potenza militare ed economica la ricaduta non potrà mai essere solo territoriale. Di certo, l'azione del Presidente Putin, che ha riconosciuto le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, in Ucraina orientale, costituisce un grave ostacolo al rispetto del Protocollo di Minsk, che non può essere in alcun modo mitigato dal fatto che lo abbia comunicato preventivamente al Presidente Macron e al cancelliere Scholz. Rappresenta anche una violazione della Dichiarazione di Helsinki. Naturalmente, nessuno di noi desidera un'escalation dello stato di tensione che porti a un irreparabile e disastroso conflitto, perché sarebbe terrificante in tutti i sensi, in termini di vite umane, in primis, e di sofferenza dei popoli coinvolti. Nella sofferenza, guardate, includo anche quella derivante da una crisi economica ulteriore, che andrebbe ad aggravare quella già, perniciosa, in atto.
Per quanto riguarda l'Italia i danni sono facilmente inquadrabili. Consideriamo che nel 2021 l'interscambio tra Italia e Russia era tornato ai livelli precedenti al COVID e, anche se Mosca non è il primissimo partner commerciale dell'Italia, l'export italiano non ha mai recuperato i livelli toccati prima delle sanzioni del 2014. Mosca è importante per l'export dei nostri prodotti di consumo, mentre l'Italia è il nono mercato di sbocco della Russia, mercato costituito per oltre il 50 per cento da petrolio e metano. Dal 2014, il blocco russo all'import dei prodotti italiani è costato all'Italia oltre un miliardo e mezzo nel comparto agroalimentare e, oltre al danno delle mancate esportazioni, abbiamo subito anche la beffa delle imitazioni russe, che hanno preso notevole campo. Vorrei ricordare anche la presenza massiccia di Stellantis e Pirelli, che non è da meno di quella delle altre aziende presenti in Russia. Non è da meno neanche il danno economico che potrebbe derivare ai nostri istituti di credito. È utile ricordare che gli istituti bancari italiani, al pari di quelli francesi, sono quelli maggiormente esposti con la Russia. Pertanto, la domanda che l'Unione europea dovrebbe porsi, e che certamente si è posta, è: possiamo permetterci di inasprire le sanzioni a Mosca, tenendo conto di quanto non solo l'Italia, ma tutta l'Unione europea, dipenda dalle forniture di gas dalla Russia? Ora, al di là delle valutazioni, che, sono certo, verranno effettuate con molta cautela e attenzione, andrebbe, prima di ogni azione restrittiva e sanzionatoria, stipulato un patto di mutualità tra gli Stati membri dell'Unione europea, in modo che le ripercussioni e i danni, sia politici che economici, sia sul piano della ripresa in corso, sia nei confronti dell'opinione pubblica e anche della coesione stessa dell'Unione europea, danni derivanti da un'azione sanzionatoria, vadano affrontati insieme, uniti, con una ripartizione delle conseguenze economiche, sociali e politiche negative tra tutti gli Stati membri, secondo i criteri proporzionali che andranno a stabilirsi.
Ritengo - e concludo Presidente - che il Presidente Putin sia abbastanza temerario da pensare davvero a un'invasione dell'Ucraina, ma anche abbastanza intelligente per non farlo, perché da una cosa del genere non si esce vittoriosi, perché la soddisfazione del proprio orgoglio non è, e non sarà mai, una vittoria, ma una diversa sconfitta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Ermellino. Ne ha facoltà.
ALESSANDRA ERMELLINO (MISTO-CD). Grazie, Presidente. Colleghi, signor Ministro, innanzitutto la ringraziamo, anche a nome di Centro democratico, per essere qui, oggi, ad aggiornarci su una crisi che tutti speravamo di non commentare certo in questi termini. C'è un principio, quello dell'integrità territoriale, che risuona forte in riferimento all'Ucraina, un Paese che, in queste ore, sta pagando lo scotto della sua posizione geopolitica, essendo precisamente collocato alla frontiera, anche se vogliamo ideale, di due Weltanschauung, di due visioni di mondo, molto diverse fra di loro. Di integrità territoriale si è parlato soprattutto in Europa, decisa nel condannare l'ultimazione della Russia, più timida, passatemi il termine, fino a poche ore fa, sia sugli obiettivi degli interventi che sugli strumenti da utilizzare. Era il 20 gennaio quando, pubblicamente, affermavo che l'allora situazione di stallo, a seguito dell'allargamento del fronte delle esercitazioni militari russe ai confini europei, in territorio bielorusso, avrebbe offerto lo spazio necessario all'Europa per prendere preventivamente una posizione unanime, parlando finalmente con una sola voce. Un mese è trascorso per arrivare, in Europa, all'unanimità degli Stati membri sulla risposta all'esercizio di forza, promosso dalla Russia, eppure ben prima le forti tensioni in Ucraina avrebbero potuto già beneficiare, in maniera maggiormente incisiva, della rete internazionale intessuta dall'Europa. Credo ancora fortemente che, solo attraverso l'univocità e, quindi, tramite la costruzione di un reale e concreto multilateralismo, l'Europa possa essere non solo una testa d'ariete contro il sopruso, ma anche un forte alleato della diplomazia parlamentare e tra Governi. In questo senso, ho apprezzato le dichiarazioni di Borrell che ieri, in conferenza stampa, ha detto che l'Europa ha coordinato la sua azione con gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada. Del resto, non credo sia azzardato affermare che, anche sulla risoluzione della crisi in Ucraina, si possa giocare il futuro dell'Unione europea e il traguardo di una politica estera e di difesa comune. Sono, infine, felice di apprendere che, come Paese, stiamo vagliando la possibilità di aiutare finanziariamente il popolo ucraino e che, inoltre, l'Italia è impegnata per l'organizzazione di una seduta del Consiglio degli affari esteri a Kiev. È, altresì, importante il mantenimento dell'ambasciata italiana sul territorio, perché, come già sottolineato, essa è simbolo di quel dialogo e di quella diplomazia, unica via che serve a ritrovare l'equilibrio fra tutte le parti coinvolte e a mantenere la necessaria pace e stabilità, perché sappiamo bene che da una crisi, in questo momento, gli unici a beneficiarne potrebbero essere Paesi che non condividono il nostro stesso orizzonte di valori e perché non ci si ritrovi domani, come preconizzato da un gustoso testo di Fukuyama, davvero di fronte alla fine della storia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Tondo. Ne ha facoltà.
RENZO TONDO (M-NCI-USEI-R-AC). Grazie, Presidente. Ho ascoltato con attenzione l'intervento del Ministro. Ho apprezzato l'equilibrio, assolutamente necessario in questo momento, e ho apprezzato di più la sua presenza, fino alla fine del dibattito; lei è impegnato, sottosegretario, da stamattina, prima al Senato e poi alla Camera, e mi fa piacere che abbia voluto ascoltare anche chi, come noi, ha meno tempo rispetto ai partiti più grandi. Grazie, Ministro.
Come sottolineato da più parti, il rischio di una grande confusione, di un grande conflitto, purtroppo, è reale, la pace e la sicurezza sono in grave pericolo.
L'operazione di Putin, che egli ha definito di pace, cioè inviare truppe nel Donbass, oltre ad essere assolutamente illecita, è profondamente non veritiera. Abbiamo, ahimè, già visto nel corso della storia come vanno a finire queste finte e false operazioni di pace. Putin oggi si assume nei confronti del mondo una grande responsabilità e noi lo condanniamo con grande fermezza.
Ovviamente, signor Ministro, nessuno di noi è in grado di conoscere realmente quali spazi di mediazione negoziali siano ancora possibili, ma ciascuno di noi ha la piena consapevolezza, oltre che la massima speranza, che esistano ancora degli spiragli che vanno utilizzati fino all'ultimo.
Sappiamo per esperienza pregressa che le sanzioni, per quanto necessarie, non sono, ahimè, mai sufficienti. Le vicende dell'annessione della Crimea, anch'essa illegale come ha detto lei, lo stanno a dimostrare. Bene ha fatto la Germania ad annunciare lo stop al gasdotto Nord Stream 2, bene ha fatto l'Alto rappresentante Borrell a prevedere sanzioni nei confronti dei 351 membri della Duma che hanno votato a favore del provvedimento e bene hanno fatto a prendere provvedimenti restrittivi, rispetto a ciò, nei confronti degli oligarchi e di alcune banche russe. Sono sanzioni importanti ma, purtroppo, non saranno sufficienti a portare a compimento un'operazione di pace.
Va anche detto, con lealtà, che in Europa in questo momento - credo di avere tre minuti, vero? - è assente, purtroppo, una politica comune e una politica militare comune. Dobbiamo prenderne atto e muoverci quanto prima per ripristinare questo.
Oltretutto, va considerato oggettivamente che l'Europa in questo momento è in estrema difficoltà e va detto che - e io credo sia onesto dirlo - anche gli Stati Uniti qualche responsabilità ce l'hanno, perché aver spinto, soprattutto con le amministrazioni Obama e Biden, l'Ucraina a chiedere l'adesione alla NATO credo non abbia aiutato nessuno.
Se vogliamo cercare la pace ognuno deve fare un passo indietro e deve cercare di riconoscere le proprie responsabilità, anche chi in questo momento cerca di fare di tutto per rinegoziare una posizione di pace. Negare questi errori sarebbe, a sua volta, un errore. Il nostro atlantismo non è mai stato in discussione, ma atlantismo non significa necessariamente asservimento alla politica estera statunitense. Quando Craxi schierò i carabinieri a Sigonella io credo che non fosse in discussione la nostra collocazione atlantica, ma era in discussione la nostra sovranità statuale. Dunque, se i negoziati possono essere ancora intrapresi lo dobbiamo fare fino in fondo e con la massima responsabilità.
Concludo con una considerazione, Presidente. Lo dico senza polemiche e con il sorriso sulle labbra. Mi dispiace che il collega Fassino sia uscito dall'Aula, ma fa un certo effetto ascoltare esponenti di lungo corso di un partito che ha omaggiato Breznev e Cernenko esprimere giudizi così duri verso il Presidente Putin, che è il figlio di quel regime che hanno molto spesso omaggiato nei congressi a cui hanno partecipato. Ma oggi è il momento della verità e dell'unità, non della divisione. Il Parlamento è unito attorno al Governo e attorno a un'Europa che deve assumere una responsabilità sempre più ampia per consentire…
PRESIDENTE. Concluda.
RENZO TONDO (M-NCI-USEI-R-AC). …che anche i più piccoli spiragli di negoziato siano percorsi sino in fondo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Sarli. Ne ha facoltà.
DORIANA SARLI (MISTO-M-PP-RCSE). Grazie, Presidente. Ministro, “se vuoi che l'Ucraina non sia membro della NATO e dell'Unione europea ma sia un Paese amico dell'Europa e un ponte con la Russia devi avere una politica coerente con questo obiettivo. Se l'obiettivo è portare l'Ucraina nella NATO allora crei tensioni irreversibili”. Queste le parole di Romano Prodi in un'intervista al Corriere della Sera nel 2015. Dovrebbero ricordarle coloro che hanno fatto dell'atlantismo e dell'allineamento alla NATO una religione.
Se il riconoscimento dell'indipendenza del Donbass da parte della Russia può portare il mondo a un passo dalla guerra, il continuo allargamento della NATO a Est, vissuto da Mosca come una crescente minaccia, è l'innesco delle tensioni delle ultime settimane, mentre lei, Ministro, nel suo intervento le responsabilità della NATO sembra averle rimosse.
In Ucraina, Ministro, si gioca una partita molto più grande e lei lo sa sicuramente meglio di me. Se si vuole evitare una guerra, che porterebbe nella sola Ucraina, secondo le stime degli esperti, fino a 50 mila vittime tra i civili, bisogna impegnarsi non solo contro l'allargamento della NATO a Est ma anche sulla smilitarizzazione e sul disarmo. Un esempio molto antico è la crisi cubana del 1962 che fu risolta da un abile compromesso: l'Unione Sovietica accettò di rimuovere i suoi missili a Cuba e gli Stati Uniti accettarono di rimuovere i loro missili in Turchia.
Sia la Russia che gli Stati Uniti usano il militarismo e l'aggressione per interessi economici e mire espansionistiche e l'Italia e l'Europa dovrebbero smarcarsi da tutto ciò per lavorare seriamente ad un processo di pace.
Basta con la NATO, perché è tutt'altro che l'alleanza difensiva di cui ha parlato lei, Ministro. Costruiamo alleanze non militarizzate, non divisive. L'Europa non può e non deve essere la piattaforma delle guerre statunitensi, con le armi nucleari a casa nostra. Si deve negoziare un nuovo trattato che chieda la smilitarizzazione del continente, ma, soprattutto, chiedere nuovi accordi per ulteriori tagli alle armi nucleari prima che scada il nuovo Trattato di riduzione delle armi strategiche nel 2026.
Vogliamo che Putin ritiri le truppe dal Donbass: non sarà possibile attraverso una guerra né con sanzioni, ma solo se sarà garantita la neutralità dell'Ucraina e si riusciranno a rispettare gli Accordi di Minsk, mai rispettati.
L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: non dimentichiamolo, mai, neanche quando seguiamo le strategie statunitensi.
Essere dalla parte della pace tra i popoli e contro la guerra, Ministro, richiede coraggio, altrimenti gli scenari futuri saranno militarismo, guerre e lutti. Noi non siamo schierati dalla parte di Mosca, Washington, Putin o Biden, ma per la pace tra i popoli e contro la guerra (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Manifesta, Potere al Popolo, Partito della Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente all'ordine del giorno.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Passiamo agli interventi di fine seduta.
Ha chiesto di parlare la deputata Flati. Ne ha facoltà.
FRANCESCA FLATI (M5S). Grazie, Presidente. Vorrei portare all'attenzione di quest'Aula un tema che è stato ripreso ed è stato mandato in onda dal programma Rai PresaDiretta. Infatti, è stato sottolineato e anche dimostrato, attraverso un'inchiesta, come esista, purtroppo, un traffico illegale di cuccioli in Europa, cuccioli di cane nello specifico. È un tema di cui troppo spesso ci dimentichiamo e di cui troppo poco si parla. Non è un tema da prima pagina ma, di certo, bisogna trattarlo e prendere dei provvedimenti.
Ci tengo, quindi, a ringraziare gli autori e i dipendenti Rai che lavorano a PresaDiretta proprio per essersi occupati di questa tematica. Il servizio, in particolare, mostra una pratica disumana, che va avanti indisturbata da anni e, quindi, credo davvero che sia arrivato il momento di stroncare questo business che frutta a persone senza scrupoli ben 300 milioni di euro l'anno e a farne le spese sono, poi, sostanzialmente, gli animali, molti dei quali muoiono, sia per le condizioni in cui sono tenuti durante i lunghi viaggi sia per gli stessi stenti non appena arrivano in Italia.
Come MoVimento 5 Stelle siamo da sempre in prima linea nella battaglia per la tutela dei diritti dei cani e degli animali in generale e, quindi, ribadiamo con forza che adesso occorrono più controlli sulle rotte, con regole e sanzioni severe, anche per chi acquista animali domestici illegali.
È necessario, Presidente, fare un salto in avanti su questi temi, non è possibile che, ancora oggi, gli animali siano considerati alla stregua di oggetti. Noi dobbiamo farci carico di puntare al pieno riconoscimento dei diritti degli animali e all'abolizione della vendita di esseri senzienti. In questo caso, soprattutto, è ferma in Parlamento una proposta di legge che serve proprio a superare queste criticità, quindi chiedo che venga subito calendarizzata.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Giovedì 24 febbraio 2022 - Ore 8,45:
1. Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 7 gennaio 2022, n. 1, recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore.
(C. 3434-A)
Relatrice: CARNEVALI.
2. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
D'INIZIATIVA POPOLARE; ZAN ed altri; CECCONI e MAGI; ROSTAN ed altri; SARLI ed altri; ALESSANDRO PAGANO ed altri; SPORTIELLO ed altri; TRIZZINO: Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita. (C. 2-1418-1586-1655-1875-1888-2982-3101-A)
Relatori: BAZOLI, per la II Commissione; PROVENZA, per la XII Commissione.
3. Seguito della discussione delle mozioni Molinari ed altri n. 1-00572, Porchietto ed altri n. 1-00580, Benamati ed altri n. 1-00582, Chiazzese ed altri n. 1-00583, Lollobrigida ed altri n. 1-00587 e Moretto ed altri n. 1-00595 concernenti misure a sostegno del comparto automobilistico .
4. Seguito della discussione delle mozioni Villani ed altri n. 1-00543, Siani ed altri n. 1-00584, Noja ed altri n. 1-00585, Panizzut ed altri n. 1-00589 e Versace ed altri n. 1-00593 concernenti iniziative per la diagnosi e la cura dei disturbi dello spettro autistico .
5. Discussione della proposta di legge:
ORLANDO e FRANCESCHINI: Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato). (C. 893-B)
Relatrice: PALMISANO.
6. Seguito della discussione delle mozioni Bologna, Carnevali, Boldi ed altri n. 1-00211 e Mandelli ed altri n. 1-00559 concernenti iniziative per la prevenzione e la cura delle malattie reumatiche .
La seduta termina alle 18,20.