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Comunicati stampa

23/05/2016
Intervento Boldrini a Conferenza Presidenti dei Parlamenti Europei
3175

Lussemburgo, 23 maggio 2016

Presidente Di Bartolomeo, Vice Presidente McGuinness, Presidente Kuchcinski, Presidente Bartolone, onorevoli colleghi, è un piacere ed un onore intervenire in questa sede, ad un anno dalla Conferenza dei Presidenti di Parlamento dell'UE che si svolse a Roma.
Oggi, 23 maggio, è una data importante per l'Unione europea. Oggi ricordiamo infatti il trentesimo anniversario della morte di Altiero Spinelli, uno dei padri ideali - se non dei padri fondatori - dell'Unione europea. Un uomo che, da giovane antifascista detenuto nella piccola isola di Ventotene, contribuì, assieme ad altri oppositori politici - Eugenio Colorni, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann - a scrivere il documento che gettò le basi della nostra Europa libera e democratica. Il sogno evocato in quel documento - il 'Manifesto di Ventotene' - settantacinque anni fa, mentre milioni di europei morivano in una guerra fratricida, era quello di unire l'Europa. Un sogno che all'epoca sembrava assolutamente irrealizzabile. Un sogno che invece prese corpo proprio sulle macerie della Seconda Guerra mondiale, permettendoci di vivere in pace e prosperità per decenni. Non era mai accaduto prima, nella storia del nostro continente.
Tanta strada, colleghi, è stata fatta in questi settant'anni per costruire l'Europa. Tanto lavoro, tanti negoziati, tanti momenti di euforia, ma anche alcune battute d'arresto. E' stato il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, a ricordarci recentemente i nostri straordinari risultati. "Gli Stati Uniti, ed il mondo intero",ha affermato il Presidente, "hanno bisogno di un'Europa forte, ricca, democratica ed unita. Forse avete bisogno di un estraneo, di qualcuno che non sia europeo, per ricordarvi l'importanza di quello che avete conseguito".
Eppure, oggi, l'Europa è in crisi. Vive in momento difficile, forse il più difficile da quando l'Unione europea è stata costituita. I nostri cittadini, preoccupati per la perdurante stagnazione economica in molti Stati, ci chiedono: "Quale sarà il futuro dei nostri figli?" E, con rabbia crescente, ci domandano: "Perché i nostri figli devono essere condannati ad una vita peggiore?"Osservano con angoscia i conflitti alle nostre porte, in Ucraina, in Siria, in Libia. Assistono sgomenti all'incapacità di gestire i flussi migratori in maniera coordinata e solidale. Hanno paura quando vedono le immagini di fanatici assassini che uccidono persone innocenti per le strade delle nostre città.
Perfino nel mio Paese, l'Italia, tradizionalmente europeista, quasi due terzi dei cittadini ormai dichiara di non sentirsi attaccato all'Unione europea.
E' evidente - evidente a tutti - che lo status quo non funziona e che, se non agiremo con prontezza, finiremo tutti travolti: sul piano interno, da chi propone ricette semplicistiche e demagogiche, predicando il ritorno agli Stati-nazione ottocenteschi; sulla scena mondiale, dove le superpotenze emergenti già ora rischiano di schiacciarci. Non ci possiamo più permettere di ignorare la situazione e di continuare come se intorno a noi non stesse accadendo nulla. Non è più il tempo del 'business as usual'.
Ritengo che, proprio in quanto Presidenti di Assemblee elettive, espressione della volontà popolare, abbiamo una responsabilità aggiuntiva nel rompere la situazione di stallo in cui ci troviamo. Come uscirne? Dobbiamo rafforzare l'Europa e renderla di nuovo attraente, non solo per i Paesi terzi, molti dei quali aspirano ancora a fare ingresso nell'Unione, ma anche per i nostri cittadini.
L'Europa è attualmente come una macchina d'epoca, una macchina bella e gloriosa il cui motore però procede ormai a singhiozzo. Quest'automobile, questo motore, sono vecchi e vanno dunque sostituiti con un modello nuovo, sostenibile, più competitivo, in grado di portarci lontano e di suscitare la passione delle nuove generazioni.
L'estate scorsa, quando si discuteva apertamente dell'espulsione di un Paese membro - la Grecia - dall'eurozona e mentre migliaia di persone - uomini, donne e bambini - morivano in mare nel tentativo di raggiungere l'Europa, decisi che, da Presidente di una Camera di un Paese fondatore dell'Unione europea, non potevo rimanere a guardare. Presi contatto con alcuni dei colleghi qui presenti, i Presidenti Di Bartolomeo, Bartolone, Lammert. Proposi un'iniziativa congiunta, un contributo dei Parlamenti nazionali al dibattito per rendere più forte l'Europa. Dalla nostra intesa scaturì la Dichiarazione di cui discutiamo oggi - 'Più integrazione europea: la strada da percorrere' - firmata dai quattro Presidenti originari in una cerimonia solenne a Roma, il 14 settembre 2015, e sottoscritta sinora da ben quindici Presidenti di assemblee nazionali, di tredici Paesi membri dell'UE, che vorrei ringraziare nuovamente per aver aderito. Un'iniziativa che è comunque aperta a nuove firme.
La Dichiarazione riflette il nostro convincimento che la risposta alla crisi europea deve necessariamente passare attraverso una maggiore integrazione. Attraverso più, non meno Europa.
Come possiamo pensare di sconfiggere il terrorismo, se ognuno dei nostri servizi di sicurezza agisce per conto proprio? Come possiamo assicurare un futuro migliore ai nostri figli, senza un grande sforzo congiunto per la crescita e l'occupazione? Come possiamo fronteggiare il cambiamento climatico da soli, illudendoci che un piano per le energie rinnovabili all'interno dei nostri confini possa compensare le centrali a carbone al di là della frontiera? E come possiamo pensare di continuare a scaricare i costi - materiali, umani, sociali - della gestione dei flussi migratori su una manciata di Paesi europei? E, infine, come possiamo pensare di giocare un ruolo nello scacchiere geopolitico mondiale, se non lo faremo parlando con un'unica voce?
Mi sembra evidente - ci sembra evidente - che in tutti questi ambiti la risposta debba essere più, non meno Europa. In questo cammino tutti - governi, Parlamenti, cittadini - devono fare la propria parte. In uno sforzo per coinvolgere questi ultimi, io ed altri Presidenti qui presenti abbiamo infatti voluto lanciare delle consultazioni pubbliche online sullo stato e le prospettive dell'Europa. Anche i cittadini devono dire la propria. Dobbiamo animare i nostri giovani e farli sentire parte attiva della famiglia europea e dei suoi ideali.
Gli esiti della consultazione pubblica online in Italia ancora in corso, verranno valorizzati nell'elaborazione di future proposte.
Gentili Presidenti, a questo punto permettetemi di porvi alcune domande. Che cosa ha spinto i nostri Paesi a stare insieme, a costruire questo percorso comune, a realizzare un tale progetto? E' solo un interesse economico, l'accesso ad un mercato unico o c'è anche dell'altro? Tutti dobbiamo riconoscere che c'è molto di più. Le fondamenta di questa nostra casa comune sono i valori, come sottolineato stamane anche dal Presidente Lammert, valori senza i quali la casa stessa è destinata a crollare. Libertà, rispetto della dignità umana, difesa dei diritti fondamentali, solidarietà. Tutto è partito da questi principi, senza i quali oggi noi non saremmo qui.
Sono consapevole del fatto che alcuni di voi non saranno d'accordo con quanto da me affermato e con quanto io ed i colleghi promotori e sottoscrittori della Dichiarazione abbiamo voluto ribadire nel nostro documento.
Chi non condivide l'urgenza di procedere verso una maggiore integrazione europea non sarà, ovviamente, costretto a farlo. Chi ritiene invece che la sola risposta possibile alle grandi sfide del presente sia un'Europa più unita e più forte, deve poterlo fare.
Tra qualche anno, non vorrei raccontare ai miei nipoti, se mai ne avrò, una triste favola che inizia così: "C'era una volta l'Europa, uno spazio di 500 milioni di abitanti dove i cittadini potevano viaggiare, lavorare e studiare liberamente in ventotto Paesi sentendosi a casa propria. Un luogo di pace e di prosperità che ora però non c'è più".
Mi auguro che faremo in modo che quello spazio continui ad essere una realtà.

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