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Comunicati stampa

31/05/2016
Intervento Boldrini a inaugurazione mostra “1946 l’anno della svolta. le donne al voto” Sala della Regina, Montecitorio
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"Saluto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e lo ringrazio di aver accettato il nostro invito ad essere qui oggi, in una giornata importante per questa istituzione.
Ringrazio e saluto le autorità presenti, così come ringrazio i giornalisti Aldo Cazzullo e Concita De Gregorio che illustreranno la mostra che andremo a visitare al termine di questo incontro.
Come sapete, infatti, oggi dopo quattro anni di restauri riapriamo la Sala della Lupa, chiusa nel 2012 in seguito al crollo di una parte dell'affresco della volta.
E ho ritenuto che non ci fosse modo migliore per inaugurarla che attraverso una mostra sul tema del voto alle donne. Meglio, sulla lunga strada che portò alla storica conquista di quel due giugno del '46. Una strada a ostacoli, fatta di battute d'arresto e di successi, come accade spesso per le grandi conquiste. E il voto alle donne, 70 anni fa, è stato di certo una grande conquista, così come la battaglia per ottenerlo è stata la madre di tutte le battaglie.
Da parte mia solo qualche annotazione sui passaggi significativi nel percorso che ci condusse al grande giorno.
"1946, l'anno della svolta. Le donne al voto", abbiamo scelto questo titolo per la mostra, perché non c'è dubbio che il '46 fu uno spartiacque : c'è un prima e un dopo il 1946.
Quel voto "fu un colpo di fucile", dice una delle "ragazze del '46" nel filmato che abbiamo visto in apertura, realizzato da Rai Storia per la nostra mostra. Perché così fu, "un colpo di fucile", che svegliò il Paese da un lungo letargo, durato vent'anni. Gli anni della dittatura in cui le donne vennero estromesse dal mondo del lavoro per essere relegate esclusivamente al ruolo di mogli e madri.
E' a partire da quel due giugno, invece, che le donne diventano soggetto sociale e politico. Nella mostra abbiamo voluto mettere in evidenza l'emozione di quel giorno, con testimonianze video e documenti.
Sarebbe però un errore sottovalutare l'impegno e la mobilitazione avvenuti prima di quel 1946. Ecco perché nella mostra siamo partiti da fine '800, da quando cioè iniziò il cammino che portò al suffragio universale.
Una conquista alla quale, mi piace ricordarlo, contribuirono anche alcuni uomini. Penso, ad esempio, al deputato mazziniano Salvatore Morelli che, già nel 1867, presentò un disegno di legge sul tema dell'"abolizione della schiavitù domestica con la reintegrazione giuridica della donna, accordando alle donne italiane i diritti civili e politici che si esercitano dagli altri cittadini del Regno".
Il disegno di legge non ebbe alcun seguito, anzi non venne nemmeno preso in considerazione da parte della Camera. Valse però a Morelli l'appellativo di "deputato delle donne". Deriso e incompreso, veniva dipinto dalla satira dell'epoca con ritratti offensivi, oppure vestito da donna.
Dai resoconti delle sedute parlamentari, il dileggio di Morelli è evidente. Che parlasse del diritto delle donne a testimoniare negli atti pubblici, del diritto al voto o addirittura del diritto al divorzio, viene spessissimo interrotto dagli schiamazzi e le risate dei colleghi. Nei resoconti dell'epoca si legge: "ilarità", "viva ilarità", "Si ride", "Movimenti diversi", eccetera eccetera.
E' proprio di quel periodo un carteggio tra Morelli e Giuseppe Mazzini - carteggio che troverete nella mostra - nel quale lo stesso Mazzini, deciso sostenitore del suffragio universale scrive testualmente: "Noi non l'avremo che dalla Repubblica".
In quella fine secolo l'Italia ha le sue suffragette, a cominciare da Anna Maria Mozzoni. Anche la sua è una figura poco ricordata: autodidatta, giornalista e attivista è una delle donne più importanti del panorama politico italiano e internazionale tra la fine dell'800 e l'inizio del '900.
E' lei che presenta una prima petizione per il voto politico femminile appena 10 anni dopo la proposta Morelli. Ma bisogna aspettare il 1906 per avere un vero e proprio Comitato pro-suffragio femminile. Ed ecco arrivare una seconda petizione per il voto politico e amministrativo delle donne, ancora una volta prima firmataria è Anna Maria Mozzoni. La petizione del 1906 è un documento di particolare valore simbolico e politico, in quanto costituisce il primo atto elaborato da un gruppo di donne, di varia estrazione sociale, politica e culturale.
E sempre in quell'anno, il 1906, mi piace ricordare anche la figura di un altro uomo : il giudice Lodovico Mortara, presidente della Corte d'Appello di Ancona, unico magistrato in tutta Italia ad essersi pronunciato in maniera favorevole per l'iscrizione nelle liste elettorali di 10 maestre marchigiane. Maestre che, grazie a questa decisione, verranno ricordate come le "prime 10 elettrici" della storia italiana, anche se la loro condizione durò ben poco.
Ma il problema delle donne all'epoca non era certo rappresentato soltanto dalla questione del suffragio. Basti pensare che le italiane erano soggette alla cosiddetta autorizzazione maritale : avevano cioè bisogno del consenso del marito anche per disporre del proprio patrimonio, o per poter stare in giudizio su questioni relative ai propri beni.
Certo molte cose cambiarono dopo la prima guerra mondiale, dato il ruolo svolto dalle donne in quegli anni. Un ruolo attivo e produttivo, grazie al quale le famiglie poterono sopravvivere mentre gli uomini erano al fronte.
Ed infatti, all'indomani del conflitto, le donne si adoperarono per far approvare una legge che abolì l'autorizzazione maritale.
Il fascismo, come ho accennato all'inizio, limitò al massimo lo spazio sociale e pubblico delle donne riaffermando il principio della superiorità maschile e della sua supremazia.
Con la resistenza e la caduta del regime le donne vollero liberarsi della condizione di sudditanza alla quale erano state sottoposte e con sempre maggiore insistenza chiesero di veder riconosciuti i loro diritti.
Ne è prova un bellissimo carteggio del 20 gennaio 1945 tra Togliatti e De Gasperi, che vedrete in una delle teche all'interno della Lupa : due uomini tanto diversi per pensiero e azione politica che però convengono su un punto: inserire immediatamente -"già al prossimo consiglio dei ministri" - il voto alle donne.
Ed infatti il diritto al voto per le italiane venne previsto con decreto del febbraio 1945, ma bisognerà aspettare ancora un anno, il 7 gennaio 1946 perché un altro decreto dia alle donne anche il diritto ad essere votate. Da questa data le donne poterono considerarsi cittadine con pieni diritti.
Non voglio dilungarmi oltre, perché di questo articolato percorso vi parleranno Aldo Cazzullo e Concita De Gregorio. Saranno loro ad illustrare la mostra più dettagliatamente e a fare una riflessione sulla condizione delle donne oggi.
E proprio a questo proposito vorrei concludere ponendo un interrogativo.
A 70 anni dal suffragio universale si può veramente affermare che nel nostro paese vi sia parità tra uomo e donna?
Mi sento di dire che, nonostante i tanti passi avanti, di strada da fare ce n'è ancora molta.
Fino a quando la percentuale delle donne occupate resterà al 47%, fino a quando continueranno a guadagnare meno, molto meno degli uomini a parità di ruolo e funzioni, fino a quando le donne ai vertici delle aziende o nei ruoli decisionali del Paese continueranno ad essere mosche bianche, ci sarà strada da fare. Fino a quando saranno poco rappresentate in politica e avranno bisogno delle cosiddette quote rosa per essere elette, ci sarà strada da fare. Fino a quando si dovrà faticare per declinare al femminile ruoli di vertice, per vedersi quindi riconosciuto il lungo percorso fatto, per essere chiamate al femminile ministre, magistrate, avvocate, sindache, ci sarà strada da fare.
Ma soprattutto, fino a quando la violenza travestita da amore, come quella che due sere fa ha ucciso Sara qui a Roma, continuerà a mietere vittime fra le donne, ci sarà strada da fare.
Fino a quando, insomma, non verrà riconosciuto alle donne ciò che è delle donne, dovremo continuare il nostro cammino.
Questa mostra è un contributo per far capire alle nostre figlie che i loro diritti arrivano da lontano, non sono caduti dal cielo, né sono frutto di una gentile concessione.
I loro diritti nascono dall'impegno, dalla lotta, dalla tenacia e dalla perseveranza di tante donne che si sono spese generosamente per dare alle future generazioni una vita migliore.
Donne alle quali, con questa mostra, vogliamo rendere omaggio.
Ed è per questo che andare a votare non solo è un diritto ma anche un dovere".

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