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Comunicati stampa

10/04/2014
Intervento della Presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini alla presentazione del rapporto dell'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza
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"Do il benvenuto al Garante per l'infanzia e l'adolescenza, dottor Vincenzo Spadafora. Saluto tutti voi che avete scelto di partecipare a questo incontro e, con particolare calore, le ragazze e i ragazzi che sono in questa sala. Ci sono tra loro anche i ragazzi dei "Braccialetti Rossi", che recentemente ho conosciuto sul set della fiction e che saluto. La presentazione del Rapporto dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza è un'occasione preziosa per fare il punto sui tanti temi che riguardano i minori, ma anche per riflettere sulla condizione generale del nostro Paese. L'Autorità garante è stata istituita nel 2011 con un atto che considero di grande civiltà da parte del Parlamento. Un atto di civiltà perché ha dato vita ad uno strumento fondamentale per una sempre più efficace garanzia dei diritti delle persone di minore età. Gli interventi a favore dei minori riguardano, come sappiamo, una molteplicità di aspetti che interessano i profili educativi, dell'assistenza, della tutela penale, del diritto di famiglia. Per questo è importante il ruolo di un'istituzione come il Garante che possa fare da sintesi e offrire un quadro compiuto della condizione del minore nel nostro paese. In neanche due anni di attività il Garante ha saputo mettere a punto un patrimonio significativo di analisi e di proposte che costituiscono l'indispensabile premessa per passare ad azioni concrete. Il numero crescente di segnalazioni che giungono all'Autorità sono la testimonianza di un disagio diffuso, della presenza di problemi che rimangono ancora in gran parte sommersi e ai quali è urgente dare una risposta. In Parlamento l'Autorità ha come naturale interlocutore la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza che è stata ricostituita pochi mesi fa, e che ha già avviato una attività conoscitiva sui temi della povertà, del disagio sociale dei minori e della prostituzione minorile. A queste istituzioni si aggiungono le autorità di tutela costituite in molte regioni italiane: ho appena incontrato alcuni dei Garanti regionali. Sono convinta che solo facendo concorrere gli sforzi di tutte le istituzioni ai diversi livelli possiamo migliorare in concreto le condizioni dei minori nel nostro paese. La relazione che tra poco verrà illustrata mette in evidenza le novità di alcune problematiche che interessano oggi la condizione minorile. Mi riferisco ad esempio alla natura dei conflitti all'interno dei nuclei famigliari, alla crescente presenza nel nostro territorio di minori stranieri privi di genitori (specialmente gli afghani, che partano ragazzini e fanno viaggi terribili, che possono durare anche anni e nei quali subiscono ogni forma di abuso), ai rischi provenienti da un'utilizzazione distorta dei nuovi media. Sono fenomeni che per essere affrontati con efficacia richiedono strumenti adeguati e un aggiornamento del diritto, perché non basta la buona volontà dei tanti operatori - dai magistrati agli assistenti sociali agli educatori - che ogni giorno si impegnano per assicurare il benessere fisico e psichico di giovani e giovanissimi in difficoltà. Lo sviluppo sereno e libero dei minori è oggi minacciato da fattori che hanno origini diverse. Pesano innanzitutto le dinamiche della esclusione sociale che in tempi di crisi si dispiegano in forme particolarmente gravi. Com'è noto, in Italia gli indici della diseguaglianza sono in peggioramento e con essi anche quelli della povertà. Abbiamo sempre più poveri, una classe media in difficoltà e i ricchi sempre più ricchi. L'Atlante dell'infanzia a rischio di Save the Children (che riprende i dati Istat) sottolinea come dal 2007 al 2012 sono raddoppiati i minori che non possono permettersi molti beni essenziali (da 500 mila a più di un milione) e che solo nel 2012 il loro numero è cresciuto del 30% rispetto all'anno precedente. Le situazioni di disagio sociale sono più pesanti per le famiglie numerose e per quelle che vivono nell'Italia meridionale. Le risorse destinate ai servizi diretti alla prima infanzia, tra i quali gli asili-nido, sono largamente insufficienti e questo comporta una diminuzione della capacità di sostegno pubblico ai nuclei famigliari in difficoltà. E' qualcosa che fa riflettere. Purtroppo negli ultimi anni si sono ridotte anche le fonti di finanziamento al mondo dell'associazionismo e del volontariato che svolge nel nostro paese un'opera insostituibile nel sostegno ai minori svantaggiati. Basti pensare ai tanti volontari che prestano la loro opera nelle case famiglia. Persino un settore nel quale l'Italia era ai primi posti nel mondo come paese di accoglienza - le adozioni internazionali - presenta oggi segni di regresso. Questa tendenza va invertita. Dobbiamo assolutamente fare di più per assicurare a tutti i bambini e alle bambine che vivono in Italia una tutela effettiva dei loro diritti fondamentali e una vera eguaglianza delle opportunità, perché oggi dal Rapporto si evince che l'ascensore sociale si è fermato. Bisogna investire sui nostri giovani per spezzare quel ciclo dello svantaggio sociale che rischia di penalizzare proprio le energie che sono indispensabili per il futuro del nostro Paese. E si tratta di un investimento indubbiamente vantaggioso perché ha l'obiettivo di prevenire fenomeni di devianza giovanile e l'abbandono scolastico che comunque richiederebbero l'intervento pubblico. Un intervento che però arriva spesso quando il danno è ormai compiuto. Ma oltre all'esclusione, l'altra grande questione da affrontare è il rapporto fra l'infanzia, l'adolescenza e le altre età della vita. Un rapporto sempre più sbilanciato. In che senso? Nel senso che da un lato, assistiamo ad una compressione della durata dell'infanzia. I nostri bambini sono sollecitati a diventare sempre più in fretta adolescenti, accorciando quella fase fondamentale dell'esistenza legata alla dimensione del gioco e del fantastico. Dall'altro, l'adolescenza rischia di prolungarsi all'infinito, dando vita a generazioni di giovani che, pur proiettati verso i bisogni e i desideri degli adulti, non riescono ad assumere le relative responsabilità. Gli oltre due milioni di NEET, di giovani cioè tra i 15 e i 29 anni che non stanno lavorando, non stanno facendo attività di formazione, o studiando sono un indice molto preoccupante di questa condizione. Una intera generazione che rischia di perdersi. Questo rischio è peraltro drammaticamente evidente quando si osservano i tristi e odiosi episodi di cronaca legati allo sfruttamento della prostituzione minorile, alla pedopornografia e al cyberbullismo: esempi agghiaccianti di una realtà purtroppo molto diffusa nel nostro Paese come in altri. Ecco perché occorre garantire la compiutezza, la pienezza di ogni fase della vita. Per raggiungere questo obiettivo, gli interventi da attuare riguardano una pluralità di azioni in campo educativo, sociale, giuridico, come ben evidenziato dalla relazione del Garante. Credo tuttavia che la prima esigenza sia quella dell'ascolto. Dobbiamo ascoltare di più i nostri figli, dobbiamo parlarci di più, dedicare a loro più tempo. Giustamente la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza prevede il diritto dei bambini a essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni. Capito, ragazzi? Avete il diritto di farvi ascoltare. Invece, secondo un antico pregiudizio non serve ascoltare i bambini, perché gli adulti sanno certamente qual è il loro bene. La stessa parola infanzia rimanda al latino in-fans, colui che non ha la parola. Ecco, credo che dobbiamo invece ridare la parola ai nostri giovani e giovanissimi e ascoltare quello che hanno da dirci. Costruire una società che tenga più in conto le loro aspettative e le loro opinioni significa lavorare per un paese che sia più aperto al futuro".

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