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Comunicati stampa

23/06/2015
Relazione annuale Garante per la protezione dei dati personali - Saluto Presidente Boldrini
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Un cordiale benvenuto a tutti e a tutte. Siamo lieti di ospitare qui alla Camera la presentazione dell'annuale Relazione del Garante per la protezione dei dati personali. Saluto e ringrazio il Presidente, Antonello Soro, che tra poco ascolteremo, gli altri membri dell'Autorità e tutte le personalità che sono oggi con noi, a partire dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Le materie oggetto dell'attività del Garante sono, con sempre maggiore evidenza, questioni di importanza decisiva per la vita quotidiana di ognuno di noi e per la qualità stessa della nostra democrazia. Se quasi vent'anni fa, al momento della sua nascita, parlare di privacy sembrava una sorta di "lusso" caro ad alcuni giuristi, oggi è chiaro che occuparsi di tutela dei dati personali significa difendere un elemento costitutivo del nostro essere cittadini, in tutte le ore della nostra giornata. E' l'esperienza - per citare l'esempio più recente e comune che mi viene in mente - che tutti noi facciamo quando davanti al computer, entrando in un sito, ci vediamo chiedere se vogliamo far usare o no le informazioni raccolte sui siti che stiamo visitando per ricevere pubblicità mirata. Un click dietro il quale si celano i giganti mondiali della raccolta dati, che da ogni nostra scelta traggono indicazione per profilare con crescente precisione i nostri desideri di consumatori. Parto da qui per ringraziare il Garante, parto dalla determinazione con la quale - lo sentiremo nel dettaglio dal Presidente Soro - sta affrontando una competizione assolutamente ìmpari, che all'apparenza ha tutte le caratteristiche della mission impossible: la sfida - meglio: la chiamata di responsabilità - lanciata a Google e alle altre mega-aziende dell'era digitale. Per difficile che sia, è un confronto che non può essere eluso, se vogliamo che parole come "libertà" e "democrazia" conservino un valore sostanziale nelle nostre società.

E' lo stesso tipo di preoccupazione che ha portato la Camera dei Deputati, in questa legislatura, a dotarsi per la prima volta di un strumento di lavoro che prova a rispondere alle grandi questioni dell'età digitale. Per questa ragione, un anno fa, è nata qui a Montecitorio la Commissione per i diritti e i doveri in Internet. La vecchia distinzione tra "reale" e "virtuale" ormai fa sorridere, perché la Rete interseca tutti gli aspetti della nostra vita concreta. Così come mostra la corda l'idea che regolamentarla significhi mettere il bavaglio alla spontanea "libertà" del web. In assenza di regole - i cookies lo insegnano, ma lo ha detto a tutto il mondo anche Edward Snowden - a prevalere sono gli interessi, e talvolta gli abusi, dei soggetti più forti. I soggetti più forti politicamente, come alcuni Stati e le loro Agenzie per la Sicurezza; o i soggetti più forti economicamente, dotati come sono di fatturati che fanno impallidire i bilanci di molti Stati-nazione. Proprio chi tiene alla libertà della Rete e dei cittadini che la abitano, chi vuole che Internet sia efficace strumento di partecipazione, deve esigere che vengano fissati alcuni principi, e che a farlo siano le rappresentanze democratiche della società. La Commissione costituita nel luglio 2014, composta da esperti del settore (coordinati dal professor Rodotà) e da deputati di tutti i gruppi, ha lavorato a delineare un insieme di principi basati su un corretto bilanciamento dei diversi interessi in gioco. Abbiamo prodotto una prima bozza, sulla quale sono state ascoltate molte voci rilevanti in materia: a gennaio scorso è venuto in audizione anche il Presidente Soro a fare le sue osservazioni. Poi sul testo si è aperta una consultazione in Rete, che è servita a raccogliere nuovi suggerimenti da gruppi sociali organizzati e singoli cittadini. Ora puntiamo a chiudere il lavoro in Commissione: ho fiducia che entro il mese prossimo la Dichiarazione assuma forma definitiva, per diventare - questa l'ambizione - nel successivo passaggio in Aula un atto di indirizzo che impegni il Governo a promuovere in tutte le sedi internazionali i principi contenuti nella Carta e a sostenere la necessità di definire una cornice di tipo "costituzionale": naturalmente in un senso diverso da quello classico, perché non si tratta di elaborare un testo fisso per i prossimi decenni, ma norme in continua evoluzione, come lo è il mondo al quale vogliamo applicarle.

C'è bisogno quindi di una visione sovranazionale, e anche in questo caso c'è bisogno di più Europa. Spero dunque che si possa presto arrivare in seno all'Unione a quella riforma della protezione dei dati personali avviata dalla Commissione già nel 2012 - e sulla quale proprio in queste ore prenderà il via la trattativa con il Parlamento europeo - che mira a stabilire un unico insieme di norme valide per tutti i 28 Stati e a vincolare alle nostre regole le società che hanno sede al di fuori del continente. C'è bisogno di un'Europa che, anche in questo settore, non smarrisca la propria identità, si ricordi di rimanere fedele a quei valori e a quei diritti per i quali è stata e continua ad essere un punto di riferimento nel mondo. Un'Europa che, anche di fronte all'attacco terroristico, sappia far valere le fondamentali ragioni della sicurezza senza snaturarsi, senza intaccare la sfera dei diritti dei propri cittadini. Sarebbe una sconfitta se ai gruppi dell'orrore concedessimo lo stravolgimento dei nostri principi di civiltà.

Tra i diritti che stiamo imparando a tutelare nell'età digitale c'è il diritto all'oblio. Un diritto che in Europa è più saldo da quando l'anno scorso la Corte di giustizia si è pronunciata con l'importante sentenza Google Spain, in cui si stabilisce che il gestore del motore di ricerca è obbligato a sopprimere non solo dati inesatti, ma anche "non adeguati, non pertinenti o eccessivi", o anche "dati conservati per un arco di tempo superiore a quello necessario". Ci dirà tra poco il Presidente Soro cosa abbia prodotto in Italia quella sentenza, come stia procedendo la sua applicazione: come si stia comportando Google, e quale sia il ruolo che compete al soggetto pubblico, nella tutela di un diritto che non può essere lasciato alle determinazioni di un soggetto privato quale è un motore di ricerca. Un diritto che deve anche essere contemperato con un altro fondamentale diritto, quello dei cittadini a conoscere le notizie, ad essere informati. Un bilanciamento che abbiamo adottato anche nella bozza di Dichiarazione elaborata dalla nostra Commissione, a garanzia del lavoro giornalistico.

Infine, sempre in tema di privacy, un accenno alla questione che ha animato il dibattito politico-sindacale negli ultimi giorni. Mi riferisco allo schema di uno dei decreti attuativi del Jobs Act varati dal governo la settimana scorsa, quello riguardante l'uso di strumenti di lavoro come personal computer, smartphone, tablet. Anche su questo tema sentiremo tra poco il punto di vista dal Garante. Mi auguro che nelle prossime settimane, durante l'esame parlamentare, ci sia la possibilità di aprire un confronto che faccia chiarezza sui dubbi emersi.

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