Il 3 settembre del 1982 il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie, Emanuela Setti Carraro e l'agente della Polizia di Stato, Domenico Russo, furono trucidati per mano mafiosa.
Il tempo non potrà mai cancellare il ricordo del turbamento unanime suscitato da quell'evento.
Il generale Dalla Chiesa fu uno dei primi a comprendere pienamente la necessità di combattere la mafia in modo globale, affiancando all'azione investigativa e repressiva una capillare azione culturale. Ciò lo portò nelle scuole e nei luoghi di lavoro a parlare di legalità e di onestà, di senso dello Stato e di lealtà verso le Istituzioni: era un modo per comunicare con la Sicilia più illuminata e sensibile, per convincerla che un nuovo modello civile e culturale, distante dalla logica dell'omertà e della rassegnazione, fosse non soltanto auspicabile ma anche possibile.
Tutti noi italiani abbiamo il dovere di custodire e di mettere in pratica quotidianamente questo insegnamento, ciascuno nei propri ambiti di competenza e di responsabilità. Ciò non risponde soltanto ad un imperativo morale, ma anche, e soprattutto, all'esigenza di consolidare, nel codice genetico della nostra collettività, quei tratti di integrità e di affidabilità necessari ad un Paese civile.
E' questo un impegno ineludibile che dobbiamo assumere anche in memoria di tutti coloro che, come il generale Dalla Chiesa, hanno dedicato la loro vita al progetto di un' Italia più libera e più giusta.