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Comunicati stampa

17/03/2016
Boldrini ricorda Antonio Cederna: "Pioniere di un’idea sostenibile di sviluppo e di progresso"
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Quello che segue è l'intervento della Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, in occasione dell'incontro promosso dall' "Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli" in ricordo di Antonio Cederna:

"Saluto Vezio De Lucia, Presidente dell'Associazione Bianchi Bandinelli, il Senatore Walter Tocci, i famigliari e gli amici di Antonio Cederna e tutti i presenti a questo incontro.

Ho accolto volentieri l'invito ad intervenire in questa iniziativa perché Antonio Cederna è stato un parlamentare autorevole e impegnato e soprattutto una delle figure più illustri della cultura italiana. Un uomo del futuro, che nella sua attività di studioso, di giornalista, di militante ecologista, si è continuamente ispirato a valori e principi di interesse generale e ad essi è sempre rimasto fedele, con lucidità e coerenza.

Le sue battaglie per la tutela del territorio, del patrimonio naturale e culturale del nostro paese, iniziarono negli anni cinquanta e sessanta, quando l'Italia si lasciava alle spalle gli orrori e le rovine della guerra e si lanciava verso il "boom economico": l'industrializzazione che non andava tanto per il sottile, strade e autostrade un po' ovunque senza calcolare il danno ambientale, i consumi di massa senza farsi troppe domande. Anni in cui si diffondeva ottimismo e fiducia nel futuro, e non eravamo disposti a capire che non c'è nulla che non abbia una fine, nulla che non si esaurisca. E Cederna, in quel periodo, andando controcorrente, come capita spesso alle persone coerenti e coraggiose, cominciava a dire: attenzione, tutta questa spinta allo sviluppo e alla modernizzazione non può e non deve compromettere ulteriormente il bene più prezioso dell'Italia che è rappresentato dal suo patrimonio archeologico, dalle sue bellezze naturali, dai centri storici delle sue città. Un bene già pesantemente violato nel passato, ad esempio nella città di Roma per costruire l'Altare della Patria - stamattina ero lì per le celebrazioni dell'Unità d'Italia: come non pensare a Cederna? - via dei Fori Imperiali e via della Conciliazione.

Capita a tutti coloro che prendono posizione e che esprimono con chiarezza il proprio punto di vista, di essere destinatari di consenso ma anche di critiche molto aspre. Ed è capitato anche a chi, come Antonio Cederna, non condivideva un'idea di progresso che considerava come semplici danni collaterali l'inquinamento, la cementificazione delle aree verdi, il dissesto idrogeologico. Quelli che la pensavano come lui venivano spesso indicati come persone che volevano frenare lo sviluppo e come nostalgici della vecchia Italia rurale e arretrata. Niente di più falso. Per lui la salvaguardia del patrimonio storico e naturale non era un ostacolo ma era una condizione dello sviluppo, uno sviluppo che oggi abbiamo imparato a chiamare "sostenibile". Aveva capito che l'unico sviluppo possibile era quello compatibile con l'uomo e con la donna, che non era rapace, che non fagocitava tutto il resto; che bisognava aver attenzione alla salute e rispetto della bellezza, perché è la bellezza che ci pone in una condizione di forza; che bisognava rispettare i diritti delle generazioni future.

Oggi più di ieri si può apprezzare la modernità del pensiero di Cederna, perché il suo modo di vedere le cose, un tempo appunto controcorrente, oggi è condiviso da tanta parte della popolazione. C'è più consapevolezza del fatto che, per usare le parole di Cederna, "La lotta per la salvaguardia dei valori storico-naturali del nostro paese è la lotta stessa per l'affermazione della nostra dignità di cittadini".

Avete scelto di concentrare questo ricordo di Cederna sulle sue politiche per la città di Roma. Una scelta che considero giusta perché tutto il suo lavoro è stato contrassegnato da un grande amore per la Capitale, un amore che talvolta si trasformava in rabbia nei confronti di quanti invece questa città l'avevano usata e deturpata per trarne profitto, come negli anni della grande speculazione edilizia, o per esibizione di potere, come fu durante il ventennio fascista.

Roma sta attraversando anni difficili. Va sulle prime pagine dei giornali per quello che non vorremmo, lo eviteremmo volentieri. Eppure c'è anche molto altro, che non si vede e attende di essere valorizzato: questa città ha ancora risorse civili, intellettuali ed economiche di grande livello che non si sono arrese al malcostume e al malaffare. Ma c'è bisogno di fare tesoro di questa forza, di essere ambiziosi, di avere un'idea di futuro sostenibile per la Capitale. C'è bisogno, insomma, di ricominciare a pensare in grande. Come faceva, appunto, Antonio Cederna.

Il futuro di Roma va costruito anche collocandolo sulla scena internazionale. Abbiamo ospitato qualche tempo fa, qui a Montecitorio, la sociologa Saskia Sassen e abbiamo ascoltato le sue riflessioni su quelle che definisce "le città globali". Le grandi metropoli del pianeta, secondo la Sassen, hanno ormai per tanti aspetti caratteristiche comuni. Si somigliano l'una con l'altra, dal punto di vista dei fenomeni sociali che si determinano al loro interno. E sono al tempo stesso luoghi nei quali si concentrano le principali contraddizioni del mondo attuale e il terreno privilegiato per progettare e sperimentare nuovi modelli di sviluppo.

Una di queste contraddizioni sociali comuni a tutte le grandi città, in Italia e nel mondo, è a mio avviso la condizione delle periferie urbane. Sono il luogo in cui vive la maggioranza - l'80 per cento - degli abitanti delle città, dove abita il più alto numero di giovani e dove più gravi sono gli indici di povertà, di dispersione scolastica, di disoccupazione e più diffuse sono la solitudine e il degrado. Dove mancano le piazze, i bar, i circoli. Dove non c'è modo di stare insieme, e allora si sta a casa, ognuno nella propria solitudine.

Ma anche in quei contesti ci sono persone che decidono di reagire, di associarsi, di interloquire con le istituzioni locali per risolvere i problemi dei cittadini e del quartieri. Quasi sempre donne: donne che si aggregano, che fanno associazioni, cooperative, che non accettano che i loro figli vengano portati via dalla criminalità. Lo dico all'indomani di una visita che ho fatto in un quartiere difficile di Palermo, lo Zen. Qualche settimana fa ero a Scampia, e fra qualche tempo andrò a Corviale. Penso che sia dovere delle istituzioni farlo, e credo che chi non lo fa si perde qualcosa, perché in quelle periferie c'è la gran parte dei cittadini delle grandi città.

Ma la condizione in cui si vive a Scampia, allo Zen o a Corviale, non è soltanto un problema di Napoli, di Palermo e di Roma. E' una grande questione nazionale, che merita una risposta nazionale in grado di coadiuvare gli sforzi degli amministratori locali. Per questo ho detto, nei giorni scorsi, che la prima grande opera di cui l'Italia ha bisogno non è un ponte, un'autostrada, o un passante ferroviario. La prima grande opera è la riqualificazione delle periferie. Non possiamo prescindere da come si vive in questi luoghi, se ci vogliamo riconciliare con l'opinione pubblica. Se la politica vuole dare senso a quello che fa, deve ricominciare dalle periferie. E bisogna sostenere quelle amministrazioni che si spendono perché ci sia più lavoro e più crescita. Riqualificare non vuol dire soltanto fare qualcosa di eticamente giusto, ma anche dare lavoro, dare alle famiglie qualcosa di pulito su cui contare per vivere.

Gentili ospiti, cari amici. Oggi la sensibilità ecologista è più diffusa rispetto al tempo in cui Cederna iniziò le sue battaglie. Oggi c'è più interesse dei cittadini verso la tutela dei centri storici e degli spazi verdi, la lotta all'inquinamento, verso le scelte di mobilità alternativa o la raccolta differenziata dei rifiuti (che fino a qualche anno fa ci sembrava una scocciatura insopportabile). C'è ancora tanto da combattere, lo so bene, ma la difesa dei beni comuni comincia ad entrare nel DNA della popolazione italiana. Anche di questo siamo debitori ad Antonio Cederna e a pionieri come lui che, in anni ormai lontani, ci hanno indicato la strada verso un'altra idea, sostenibile, dello sviluppo e del progresso.

Lungo quella strada l'Italia deve riprendere il cammino".

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