Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 2
Seguito dell'audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle linee programmatiche del suo dicastero:
(ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 2
Baroni Massimo Enrico (M5S) ... 2
Capelli Roberto (Misto-CD) ... 5
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 5
Capone Salvatore (PD) ... 5
Lorenzin Beatrice , Ministro della salute ... 5
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIERPAOLO VARGIU
La seduta comincia alle 13,15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Seguito dell'audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del Ministro della salute Beatrice Lorenzin, che auspicabilmente dovrebbe concludersi con la seduta odierna. Abbiamo ancora gli ultimi due interventi degli iscritti a parlare, onorevoli Baroni e Capelli, che pregherei di essere il più possibile sintetici in modo da lasciare il maggior spazio possibile alla replica del ministro, prima dell'inizio dei lavori dell'Aula.
Nel ringraziare a nome dell'intera Commissione il Ministro Lorenzin per la presenza, do quindi la parola all'onorevole Baroni.
MASSIMO ENRICO BARONI. Gentile ministro, colleghi deputati della Commissione, vorremmo innanzitutto ringraziare il ministro per essere tornata per la quarta volta ad ascoltare e a rispondere in merito al suo programma in materia di salute. Tra le molte questioni sollevate dal ministro nel suo discorso programmatico troviamo diverse vulnerabilità a cui vorremmo, però, dare il nostro contributo in qualità di forza politica di opposizione più numerosa e più importante in termini di innovazione e ricostruzione culturale.
Non abbiamo forza ideologica alle nostre spalle, ma solo cittadini coinvolti. Vediamo, quindi, insieme a lei, ministro, se esistono punti potenzialmente condivisi dalle altre forze politiche. Al termine del suo discorso, lei ha auspicato una governance forte ed autorevole, con l'auspicio di potersi avvalere di un ampio confronto per individuare risposte condivise sulle questioni da affrontare.
Non so se ciò comprenda anche una funzione di controllo rispetto ai diversi assetti ben radicati che lei avrà trovato all'interno del suo ministero. È inutile ricordarle che le lobby e gli stakeholder sono permanentemente insediati nella filiera di fondazioni, società specializzate di medical device, associazioni di categoria, federazioni e consulenze e che sono molto abili a resistere ai cambiamenti che potenzialmente comporteranno un'inversione culturale nelle abitudini di spesa, che lei ammette come inevitabile e che noi, invece, auspichiamo come metodo sistematico.
Le chiediamo, quindi, di mettersi in una posizione di ascolto e di disponibilità in merito a questioni primarie come la trasparenza. Tra i vari stakeholder che i cittadini e gli operatori del settore sanitario e sociosanitario desiderano monitorare ci sono tutte le consulenze esistenti all'interno del ministero e di altri enti di rilevanza pubblica in materia di sanità che, ammantati a volte di carattere scientifico, raggruppano dati per giustificare capitoli di spesa in odore di convenienze.Pag. 3
È ovvio che la finalità di tutti questi attori è quella di creare visioni che occultano falsi bisogni di salute e di sanità. Sappiamo bene che gli stakeholder riescono a creare e a potenziare i bisogni di salute e di sanità. Vorremmo citarle il famoso fenomeno del consumismo farmaceutico, con le grandi case farmaceutiche che investono due terzi dei loro bilanci nel marketing e solo un terzo nella sperimentazione di nuovi farmaci. Che bisogno abbiamo che venga fatta pubblicità ?
Questo è il fenomeno del disease mongering, ossia della commercializzazione delle malattie, come il caso dell'ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) nel quale il successo del Ritalin venduto negli Stati Uniti ha permesso un successo analogo anche in Germania. A questo proposito, la campagna «Giù le mani dai bambini» e il giornalista Luca Poma denunciano che alcune case farmaceutiche stanno facendo pubblicità su farmaci per bambini prima ancora che abbiano avuto l'autorizzazione da parte dell'AIFA (Agenzia italiana del farmaco). Il marketing di farmaci non autorizzati è, però, pratica vietata dalla legge.
Quando ribadisce la sua forte intenzione di contrastare il binge drinking, il gioco d'azzardo e il fumo, vorremmo ricordarle che qualsiasi libro di carattere divulgativo sul tema della salute mentale è in grado di spiegare che tali patologie sono il sintomo di un disagio esistenziale e sociale più profondo, introiettato attraverso l'uso di modelli culturali che non sono bullistici, ma muscolari, meccanicistici e individualistici.
La mia stessa professione, la psicologia clinica, ha tradito il suo mandato iniziale di portare una cultura dell'indagine e una corretta analisi della domanda nei contesti organizzativi complessi, facendosi corrompere dalle sirene della medicalizzazione e della professione. Troviamo psicologi ospedalieri che vestono il camice bianco per evocare un potere piuttosto che mettere a disposizione una competenza in tema di sofferenza e di supporto a essa.
Tutti noi, negli ultimi giorni, abbiamo reso tramite bonifico dai 10 ai 18.000 euro a testa come restituzione delle eccedenze. Anche questo è uno spunto di riflessione in termini di salute. Credo che il nostro sistema immunitario ed endocrinologico rimarrà a prova di bomba per tutta la durata della legislatura. Tali gesti, infatti, fanno bene alla salute mentale, all'anima e ai cittadini che ci osservano e su cui esercitiamo un potere di attivazione perché manteniamo forte il nostro mandato sociale.
Interpretiamo in pieno la presa in carico del dolore e della sofferenza di chi vorrebbe, ma a causa della crisi economica e – ripetiamo – culturale non può, e si trova ingolfato in un sistema di risorse malato e asfittico. Anche le pubblicazioni dei collaboratori di cui lei si avvale, come i professori della scuola di specializzazione della Bocconi, coautori del rapporto OASI (Osservatorio sulla funzionalità delle aziende sanitarie italiane) 2012, auspicano in maniera imprescindibile un'inversione culturale in merito ai due parametri che concorrono a creare una buona sanità: una medicina ospedaliera per acuti ad alta e altissima specializzazione tecnologica, supportata da una medicina di comunità, multidisciplinare, di iniziativa, a gestione ambulatoriale e domiciliare, in cui finalmente troviamo il personale sanitario che entra in casa del paziente, che mantiene viva la programmazione con un progetto terapeutico individualizzato, che fa meno politica nei palazzi della casta e più politica professionale, cioè politica della salute, della prevenzione primaria e terziaria, e che si assume totalmente il mandato sociale, non quello politico e di interessi che non sia la salute del paziente.
Oggi abbiamo chiesto, in merito alle audizioni possibili da svolgere presso questa Commissione, un'audizione di rappresentanti del gruppo tematico «Decrescita e salute». In tempi in cui il PIL sta scendendo, la nostra capacità predittiva risulta la più adatta rispetto all'inevitabile riallocazione delle risorse a cui lei, ministro, sarà chiamata a rispondere; una riallocazione che sarà ancora una manovra di lacrime e sangue perché negli ultimi anni avete usato ancora un modello di crescita Pag. 4esponenziale, prima iperbolico. Ora state tentando di farci credere che sia possibile un modello di crescita logaritmico. Sappiamo bene che non ci crede più nessuno e che lei deve usare l'espressione «universalità mitigata» per la semplice ragione che, con i suoi consulenti, vecchi e legati allo status quo di molti stakeholder, non avete una visione alternativa di reductio ad simplicitas.
I dati epidemiologici Istat 2011 sulle patologie croniche dicono che i residenti in Italia diagnosticati con una patologia cronica sono il 38,6 per cento del totale. Più di un terzo degli italiani soffre di patologia cronica, e il dato è ovviamente in aumento.
Nel momento in cui il secondo modello, quello di sanità di iniziativa, dovesse funzionare a pieno regime, il primo, quello di sanità di attesa e di prevenzione secondaria, verrebbe diminuito in senso quantitativo, innalzandone il livello di specializzazione perché con un modello di primary health care, promosso e sostenuto dall'OMS (Organizzazione mondiale della sanità) come ottimale per i nostri Paesi, si andrebbe proprio a drenare quella domanda di ospedalizzazione per subacuti e post-acuti ciclicamente destinati a ritornare in ospedale a causa dell'abbandono sociale successivo alla dismissione. L'assenza di una continuità progettuale domiciliare multidisciplinare successiva alla dismissione ospedaliera è un fattore chiave in termini di possibilità di occupazione e diminuzione degli sprechi.
Nel leggere il suo testo troviamo uno strabismo, che ci auguriamo sia di Venere e non voluto. Vogliamo credere che sia mal consigliata e che chi la consiglia sia in buona fede. Se, infatti, a quanto ci risulta, vuole difendere la scelta dei suoi predecessori di deospedalizzare l'offerta sanitaria, le ricordiamo che non è possibile farlo se contemporaneamente non si scopre che l'ospedalizzazione del territorio è frutto di politiche di medicalizzazione spinta dei bisogni essenziali, in primo luogo di semplici bisogni culturali, come l'autocura e la prevenzione da stress correlato.
È sintomatico, infatti, che per mantenere il budget del sistema sanitario nazionale siano state tolte risorse – come è ben noto – al comparto scolastico e dell'istruzione. Quando parla di difendere gli ospedali, luogo principe deputato alla cura delle acuzie, speriamo che abbia ben chiaro l'abuso che i politici hanno sempre fatto di questi luoghi: potenziandoli, hanno creato veri e propri bacini di clientele. Per esempio, solo nel Lazio nel territorio dei Castelli Romani abbiamo tre ospedali a breve distanza l'uno dall'altro perché ogni sindaco, in accordo con consiglieri regionali, deve avere il proprio ospedale, come una specie di spilla da appuntarsi alla giacchetta.
Passiamo a qualche altro tema sintomatico. Ogni anno si laureano circa 10.000 nuovi infermieri che di fatto rimangono inoccupati. Vorremmo sapere cosa intende fare per quei 30.000 infermieri professionali disoccupati e precari formati nelle università italiane, a fronte di molti infermieri impiegati con formazioni inferiori venuti da altri Paesi e usati da cliniche private convenzionate per abbassare il costo del lavoro in strutture come le RSA (residenze sanitarie assistenziali), spesso veri manicomi travestiti da strutture per lunga degenza, con un terzo settore usato per la creazione di cooperative che nascono nella stessa orbita di controllo e di massimizzazione del profitto della clinica privata convenzionata.
Per terminare il nostro intervento, ricordandole che una buona offerta sanitaria crea come aspetto bias anche un aumento della domanda stessa e che il correttivo che suggeriamo è la capacità di sfruttare il cambiamento delle asimmetrie informative tra medici e pazienti, diciamo che il potenziamento di servizi di cura primaria e terziaria passa anche attraverso la capacità di sfruttare in senso progettuale queste asimmetrie informative, di cui, se vuole, potremmo parlare.
Solo la riattivazione di un potenziale umano coinvolgente, chiaro, condiviso, lontano da logiche lineari e causali della medicina allopatica tout-court e più vicino a modelli di progettazione di media e Pag. 5lunga durata, con modelli biopsicosociali e olistici, porta a delle modifiche nelle abitudini di pazienti cronici e al potenziamento della bassa e media specializzazione, con il rafforzamento del senso di comunità e dell'appartenenza territoriale da cui la salute dell'Italia dipende.
ROBERTO CAPELLI. È passato talmente tanto tempo che non ricordo più cosa dovevo chiedere. Preferisco ascoltare il ministro.
PRESIDENTE. Approfitterei per dare la parola al collega Capone, che era stato dichiarato decaduto perché la scorsa volta non era presente in Commissione.
SALVATORE CAPONE. Cedo volentieri la parola al ministro.
BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Grazie. Siccome sono state sollevate molte questioni, se non riuscirò a esaurirle tutte, fornirò una risposta per iscritto ai colleghi. Inoltre, da quando abbiamo cominciato, alcune iniziative sono già entrate in una fase di attività operativa da parte del Governo, quindi alcune questioni potrebbero avere necessità di una piccola correzione nell'esposizione.
Cominciamo, raggruppando le domande, con le risposte agli onorevoli D'Incecco, Calabrò e Gelli, che hanno segnalato la rilevanza delle iniziative finalizzate all'informatizzazione del sistema sanitario, nonché all'attivazione del sistema della medicina elettronica. Questa è una domanda di grande attualità perché, come sapete, abbiamo l'agenda digitale, il fascicolo sanitario elettronico e l'anagrafe sanitaria, quindi siamo in una fase di elaborazione di attività. Comunque, il patrimonio informativo attualmente disponibile nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) è costituito da un insieme di flussi informativi relativi sia ad aspetti gestionali, organizzativi ed economici delle strutture del servizio sanitario nazionale, sia all'assistenza erogata, cioè quella dei LEA (livelli essenziali di assistenza) da parte della struttura dello stesso servizio.
I flussi informativi raccolti dall'NSIS relativamente alle prestazioni erogate dal servizio sanitario sono centrati sull'individuo per consentire il monitoraggio delle prestazioni erogate nei diversi setting assistenziali e, quindi, la riconoscibilità dei percorsi assistenziali seguiti, nonché il monitoraggio dell'utilizzo delle risorse del servizio sanitario.
I contenuti informativi dei flussi costituiscono, inoltre, un prerequisito fondamentale per poter determinare i costi e fabbisogni standard regionali inerenti al comparto sanitario. Il ministero ha completato la realizzazione di un'apposita metodologia a supporto del monitoraggio dei LEA e del bilanciamento LEA-costi denominato «bilancio LEA». Tale strumento permette di misurare la quantità di prestazioni sanitarie erogate nel territorio di ciascuna regione per ciascun ambito assistenziale.
Il bilancio LEA consente di mettere a disposizione in modo trasparente informazioni oggettive in merito alle prestazioni erogate ai cittadini nei principali setting assistenziali e di analizzare tali informazioni sia nel tempo sia in comparazione tra le diverse realtà regionali e aziendali; permette, inoltre, di rilevare gli impatti in termini di domanda soddisfatta che possono derivare sia da manovre di governo finalizzate, ad esempio, a rivedere le politiche di compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini, sia da interventi attuati sui servizi sanitari regionali delle varie regioni, con particolare riferimento a quelle in piano di rientro. Il bilancio LEA consente altresì, attraverso l'analisi comparativa della quantità di prestazioni sanitarie erogate nelle diverse realtà regionali, di supportare l'individuazione di ambiti di intervento per le azioni mirate e di contenimento della spesa pubblica.
I setting assistenziali attualmente ricompresi nel bilancio LEA sono relativi sia ai LEA ospedalieri che territoriali. Anticipo che già entro la fine del mese il Ministero della salute renderà disponibile, a beneficio anche delle regioni, il bilancio LEA relativo a tutte le prestazioni per i Pag. 6diversi setting assistenziali erogate dalle regioni nell'anno 2012. Entro il mese di ottobre renderà disponibile, invece, il bilancio LEA per il primo semestre del 2013.
A questo proposito, ho dato seguito a diversi incontri tecnici per interventi sulla trasparenza. Infatti, la trasparenza, la correttezza, l'appropriatezza e l'analisi dei costi sono legate a un elemento fondamentale, ovvero alla fruizione immediata dei dati. Attualmente abbiamo un sistema impostato su una fruizione semestrale dei dati; oggi, invece, basta scaricare qualche App dei sistemi americani, disponibili sulle maggiori testate giornalistiche, con le quali si possono monitorare in tempo reale i dati sui livelli essenziali di assistenza o sugli esiti dei singoli ospedali. Credo che questa sia un'evoluzione informatica che, tramite agenda digitale, potremmo mettere in campo, quindi ho chiesto di valutare se c’è la possibilità di rendere maggiormente fruibili i dati sia per le regioni che per il ministero, ma anche per coloro che sono interessati, ovviamente con diverse classi di accesso rispetto alla privacy e alla normativa italiana. Ciò che conta è che dobbiamo avere la possibilità di avere un riscontro immediato anche sugli esiti.
È per noi fondamentale per tante ragioni – per motivi di efficienza, ma anche per motivi di sostenibilità economica – tutto il settore legato all’e-health, che è una vera e propria strategia a cui l'Italia partecipa a livello nazionale, europeo e mondiale, per rendere efficace ed efficiente il nostro sistema attraverso (non leggo tutte le normative che abbiamo disposto perché le troverete nella risposta scritta) la realizzazione di due obiettivi: il fascicolo sanitario elettronico (infatti presto avremo l'anagrafe sanitaria, il libretto sanitario e la ricetta elettronica) e soprattutto la possibilità di far parlare con lo stesso linguaggio i sistemi oggi operanti in Italia. Pertanto, abbiamo avuto una prima fase relativa all'accesso e al processo di informatizzazione dei sistemi sanitari nella quale si è riscontrato che spesso non solo ogni regione ha il proprio linguaggio informatico, ma addirittura nelle stesse aziende o tra un'ASL e l'altra si parlano linguaggi diversi. Per contro, l'obiettivo è quello per cui, se occorre mandare una lastra da Reggio Calabria a un ospedale di Milano o degli Stati Uniti, non occorrerà più spedirla, ma sarà sufficiente farla viaggiare attraverso un sistema improntato allo stesso linguaggio.
La stessa cosa riguarda la ricetta e il fascicolo. Su questo abbiamo dato una data più stringente alle regioni, cioè entro la fine del prossimo anno, per mettere a sistema ciò che è già previsto dalla legge, ma che va ovviamente attuato. Riteniamo che, una volta che il sistema dell’e-health sarà a regime, avrà un impatto sulla sostenibilità dei costi, con un risparmio diretto di 7 miliardi e indiretto di 14 miliardi di euro.
Si tratta di cifre enormi che sono recuperabili attraverso una messa in efficienza del sistema. Ovviamente, non è un calcolo che ho fatto io, ma statistici ed esperti del Ministero dell'economia e delle finanze, dei costi standard e della Conferenza Stato-regioni. È stata, quindi, quantificata questa cifra. Ora, che siano 6, 7 o 8 miliardi di euro, soltanto da questo punto di vista, che tocca indirettamente gli aspetti più propriamente di salute, il dato fondamentale è che abbiamo un margine molto alto di recupero in efficienza che credo debba essere reinvestito – questa è la filosofia del nuovo Patto della salute – all'interno dello stesso Fondo sanitario nazionale, ma con una spending review, quindi all'inglese.
Si tratta di un investimento sull'infrastruttura tecnologica del Paese, ma tutti quelli di voi che sono medici sanno anche quanto di ritorno c’è nella capacità di appurare la correttezza delle prescrizioni di alcuni pazienti critici e di alcune patologie o di sapere quanti farmaci vengono effettivamente consumati. Insomma, ha un impatto molto forte.
Per quanto riguarda, invece, la domanda sui dispositivi medici, devo dire che si tratta di un altro settore strategico che presenta delle specificità di rilievo quali l'eterogeneità tra i prodotti, la rapida obsolescenza, i livelli di complessità tecnologica altamente differenziati e la variabilità Pag. 7degli impieghi clinici, spesso strettamente correlata anche all'abilità e all'esperienza degli utilizzatori, fattori che richiedono efficaci azioni di governo. Pertanto, già da alcuni anni diversi livelli di governo effettuano un monitoraggio stringente di questo settore, con specifico riguardo anche all'impatto di natura finanziaria. Tale esigenza è stata realizzata, tra l'altro, attraverso l'adozione del decreto del Ministro della salute dell'11 giugno 2010, recante «Istituzione del flusso informativo per il monitoraggio dei consumi e dei dispositivi medici direttamente acquistati dal Servizio sanitario nazionale», che ha regolamentato le modalità di raccolta dei dati da parte delle strutture del servizio. La banca dati ha consentito la costituzione di un patrimonio conoscitivo unico per il settore; tale patrimonio sta progressivamente raggiungendo un livello quantitativo e qualitativo che lo rende strumento efficace per le analisi integrate e complete, al fine di un efficace monitoraggio e controllo della spesa pubblica e dei consumi a livello nazionale, regionale e aziendale riferite ai dispositivi medici.
La disponibilità di questo strumento ha reso possibile l'introduzione di misure di contenimento della spesa riferita a un tetto programmato per i dispositivi medici pari al 4,8 per cento per il 2013 e al 4,4 per il 2014, per cui è necessario sviluppare politiche appropriate.
Aggiungo, inoltre, che la Commissione unica dei dispositivi medici ha predisposto un documento contenente la proposta di un atto di indirizzo con l'obiettivo di favorire il possibile processo di consolidamento e sviluppo di logiche e strumenti per il governo dei consumi dei dispositivi medici, sviluppare le azioni proposte dalla spending review del 2012, valorizzare le migliori esperienze delle regioni italiane, coordinandole in una logica di sistema, pur nel rispetto delle prerogative di governo assegnate a ogni livello istituzionale e nella piena esplorazione delle potenzialità garantite dalla libertà di mercato.
Per quanto attiene alla riduzione della spesa sanitaria relativa al settore e i prezzi di riferimento, il Ministero della salute è impegnato in iniziative di collaborazione con gli altri organismi centrali, offrendo disponibilità di dati e competenze. D'altra parte, le esperienze fino ad ora maturate in Italia e il bagaglio di competenze, dati e informazioni disponibili a diversi livelli di governo possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi di spending review solo attraverso il gioco di squadra che la specificità e complessità del settore richiedono.
Ciò vuol dire che nel predisporre le misure, per esempio, per le centrali uniche di acquisto o per misure orientate ai costi standard per i dispositivi medici, essendoci delle differenze a volte molto particolari tra un dispositivo e l'altro, il Ministero della salute ha a disposizione, nelle sue articolazioni, una banca dati particolarmente completa e complessa per i singoli dispositivi, ma sa anche individuare le diverse specificità.
Uno dei temi che stiamo affrontando è proprio quello concernente l'obiettivo di far dialogare bene le necessità che vengono dalle diverse specificità dei dispositivi con l'esigenza di attuare forme di centrale unica di acquisti e di rendere la spesa più omogenea e più efficiente. Da questo punto di vista, il Ministero ha un impulso molto forte perché l'obiettivo è non tanto quello di effettuare tagli, quanto di eliminare sprechi laddove questi si vanno ad annidare. Stiamo lavorando, quindi, in questo senso, anche in stretta collaborazione con le regioni e con il Ministero dell'economia e delle finanze.
So che ognuna di queste risposte richiederebbe un dibattito. Credo, però, che avremo tempo per farlo in modo approfondito anche in altre occasioni.
Passo, quindi, alle domande che mi hanno posto gli onorevoli Binetti, Sbrollini e Grillo circa la necessità di un approccio interdisciplinare alla problematica della lotta alle dipendenze.
A tal riguardo assicuro che questo metodo è in uso già allo stato attuale. Personalmente, credo, tuttavia, che queste strategie vadano rafforzate. Il Ministero della salute collabora con il tavolo istituito presso il Dipartimento delle politiche antidroga Pag. 8della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nel quale sono presenti gli attori istituzionali interessati alla materia con riguardo alle autorità regionali. Lo stesso metodo è esteso anche alle iniziative che muovono dal Ministero della salute, come il caso del SIND (Sistema informativo nazionale dipendenze), che vede un tavolo di confronto e collaborazione anche con i rappresentanti delle amministrazioni locali.
Sempre in materia di dipendenze e nel rispetto dell'approccio multidisciplinare e del principio della tutela della salute in tutte le strategie di policy e del whole of government approach, che prevede la partecipazione ai piani d'azione e alle iniziative anche degli stakeholder della società civile, merita di essere ricordato l'Osservatorio sul gambling, cioè la dipendenza da ludopatia, istituito presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, dove oltre al Ministero della salute sono rappresentate anche le famiglie che convivono con la dipendenza da gioco patologico.
A tale proposito ricordo che, a norma dell'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, la ludopatia costituirà parte dell'aggiornamento dei LEA. Auspico a breve l'adozione finale del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, cui rinvia la predetta disposizione, anche per poter garantire prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione per i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro.
Ora, poc'anzi il deputato Baroni – cito lui perché è l'ultimo che è intervenuto – parlava giustamente della necessità di un approccio più profondo rispetto al disagio che le dipendenze (non solo da gioco, ma anche da droga, da tabagismo, da alcol e così via) provocano. Ecco, io sono estremamente d'accordo. È ovvio che c’è un problema molto più profondo all'interno della nostra società, anche di modelli culturali dell'educazione, crisi di valori e altri fenomeni di cui tutti noi abbiamo contezza. Credo, quindi, che non sarà mai troppo poca l'attenzione rivolta all'approfondimento di questi temi, che spesso sono sottovalutati ovvero evidenziati solo quando si verifica un fatto di cronaca, mentre poi diventano marginali nel dibattito, anche per quanto riguarda la salute o i temi della socioassistenza.
Questo è uno dei motivi per cui ho voluto fortemente che si parlasse di dipendenze all'interno di una relazione programmatica che non può che essere, di per sé, ovviamente riduttiva, altrimenti occorrerebbe scrivere un manuale di tutto ciò di cui c’è bisogno.
Le dipendenze e il loro impatto sulla nostra società e sui nostri giovani sono un problema che non possiamo dimenticare, né lasciare a marginali manifestazioni o campagne di prevenzione con qualche spot. Credo che occorra fare un lavoro molto forte, a cominciare sicuramente da LEA. Per quanto riguarda ciò che è di nostra competenza in tema di salute, bisogna insistere sul recupero e sulla prevenzione, ma è necessario anche mobilitare l'opinione pubblica su questi temi che coinvolgono la famiglia, l'educazione all'interno delle scuole, i luoghi di aggregazione e quant'altro. Per esempio, qualche anno fa si parlava tantissimo di uso di droghe, invece oggi se ne parla sempre meno. Per questo, adottando un approccio olistico o integrato, vorrei dedicare a questo tema un'attenzione particolare nei prossimi anni.
L'onorevole D'Incecco mi aveva fatto una domanda sul potenziamento della medicina di base. Credo che sia una questione che si è ripetuta in tutti gli interventi che si sono susseguiti, per esempio quando abbiamo parlato delle professioni e non solo di quella medica, ma anche infermieristica, dei tecnici e degli operatori sanitari. Tra l'altro, nel programma che ho presentato non si può parlare di hub & spoke se non si ha attenzione nel valorizzare e nel rimettere al centro la medicina di iniziativa, anche nella prospettiva di centrare un focus particolare sulla prevenzione, con l'obiettivo di far stare bene le persone più a lungo possibile, oltre che di curare quelle che sono malate.
Conosciamo tutti il decreto-legge n. 158 del 2012, che ha previsto la riorganizzazione dell'assistenza territoriale, apportando Pag. 9alcune modifiche all'articolo 8, comma 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. La riforma ha l'obiettivo di favorire e implementare una maggiore integrazione di tutte le categorie professionali operanti nel Servizio sanitario nazionale e di migliorare i collegamenti tra queste ultime e le aziende sanitarie, sulla base di quanto in parte già delineato dagli accordi collettivi nazionali.
In estrema sintesi, nel nuovo Patto per la salute intendo rivedere e completare l'attuale sistema relativo alle aggregazioni funzionali territoriali e alle unità complesse di cure primarie per renderlo più coerente alle disposizioni normative intervenute. Inoltre, voglio introdurre e disciplinare nell'accordo collettivo nazionale della medicina generale il nuovo istituto del ruolo unico della medicina generale; prevedere anche per la pediatria di libera scelta che l'accesso alla graduatoria per titoli predisposta annualmente dalle regioni avvenga secondo un rapporto ottimale definito nell'ambito degli accordi regionali; prevedere le modalità e i criteri di partecipazione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta ai programmi di prevenzione di cui alle intese sul piano nazionale della prevenzione in vigore.
I pediatri di libera scelta svolgono un ruolo fondamentale sul territorio, insieme ai medici di medicina generale, e questo ruolo va sicuramente coordinato meglio e valorizzato. L'integrazione del personale convenzionato consentirà di coinvolgere in maniera stabile i professionisti in programmi sviluppati per una migliore qualità e sicurezza delle cure, come il Piano regionale di formazione per la gestione del rischio clinico e il Piano regionale di prevenzione.
Per quanto riguarda i registri per i tumori – rispondendo a un'altra domanda interessante che mi è stata posta dall'onorevole Grillo – sono fermamente convinta che la raccolta di informazioni epidemiologiche sull'incidenza e sulla prevalenza, anche differenziata per aree del Paese per tutte le patologie, con riguardo anche alle patologie oncologiche, nonché la disponibilità di altri dati essenziali per conoscere la storia clinica di un paziente, costituisca un elemento indispensabile ai fini della tutela della salute pubblica. La valutazione dei dati raccolti, infatti, sta alla base delle scelte di politica sanitaria perché consente di esaminare in modo aggregato i fenomeni patologici e gli esiti degli interventi di prevenzione e delle cure.
In quest'ottica, e come prospettiva ormai prossima, vanno valutate le innovazioni normative introdotte in materia con specifico riguardo al già citato decreto-legge n. 179 del 2012, che reca misure normative volte all'istituzione dei registri di mortalità per tumori e altre patologie e di sistemi di sorveglianza.
Peraltro, questa vicenda ci viene puntualmente sollecitata dai vari territori che si trovano in condizioni di maggiore fragilità o più esposti. Quindi, nel nome non solo di una correttezza di approccio all'appropriatezza delle cure, ma anche di quella trasparenza che viene spesso invocata, dobbiamo avere la possibilità di dare dati certi e testati, non generati dall'emotività o da approcci non propriamente scientifici, senza, tuttavia, trincerarci dietro l'opacità di alcune situazioni. Sicuramente, questo è un passo importante per il Servizio sanitario nazionale e per la pubblica amministrazione nel suo insieme.
Sotto questo aspetto, abbiamo avviato una ricognizione dei registri e delle sorveglianze esistenti per arrivare a una sistematizzazione organica del flusso di dati che attraverso tali registri possono essere raccolti, sempre nel rispetto del principio di riservatezza e di tutela dei dati sensibili.
Gli onorevoli Binetti e Miotto mi hanno fatto diverse domande riguardanti l’intramoenia, quindi relative all'attività libero-professionale dei medici. Per tale specifica questione, ricordo che nella seduta della Conferenza Stato-regioni del 7 febbraio scorso le regioni hanno subordinato l'intesa sullo schema di decreto ministeriale recante «Modalità tecniche per la realizzazione delle infrastrutture di rete e di supporto alle attività di libera professione Pag. 10intramuraria» a un impegno politico volto a garantire una dilazione di sei mesi per la sua applicazione.
L'Osservatorio nazionale per l'attività libero-professionale intramuraria, che ha visionato le relazioni pervenute dalle regioni e dalla pubblica amministrazione, ha avuto modo di valutare che gran parte delle regioni hanno concluso o comunque avviato le procedure per l'adeguamento alla legge. L'ulteriore passaggio del lavoro dell'Osservatorio consisterà in una comunicazione agli assessori relativa allo stato di attuazione nella propria regione o pubblica amministrazione in maniera tale da assicurare il rispetto dei tempi concordati.
Con particolare riferimento alle preoccupazioni sollevate circa la possibilità di esercitare nello studio privato, ricordo che la disposizione vigente prevede tali ipotesi in via sperimentale, previo collegamento informatico, in modo tale che sia consentito all'azienda sanitaria di appartenenza di gestire l'agenda degli appuntamenti e riscuotere direttamente tramite pagamento POS la relativa parcella.
Gli onorevoli Binetti e Calabrò mi hanno posto una domanda in merito alle scuole di specializzazione, che, come sapete, costituisce il «tema dei temi» che a me sta particolarmente a cuore, come anche all'intero Governo e a tutti noi. Particolare importanza assume, infatti, l'attività di formazione che è propedeutica all'assunzione. I giovani medici devono essere formati; il possesso del titolo di specializzazione o dell'attestato di formazione in medicina generale è un requisito indispensabile per l'ingresso nel sistema sanitario nazionale e, come sapete, anche per esercitare la professione in ambito internazionale.
Quest'anno il numero di contratti di formazione specialistica finalizzati direttamente dallo Stato è sceso da 5.000 a 4.500 per il primo anno di corso. Ciò è una conseguenza dell'innalzamento da 4 a 5 anni della durata dei corsi previsti dalla riforma delle scuole di specializzazione di area sanitaria del 2005. Il tutto ha comportato un anno aggiuntivo di permanenza di tutti gli specializzandi e, conseguentemente, un maggior numero di contratti finali da finanziare con il medesimo stanziamento annuale.
Ricordo, comunque, che per tale specifica materia l'interlocuzione con il MIUR (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) è essenziale in quanto la competenza primaria è affidata a questo dicastero. Da parte nostra, abbiamo avviato da subito un costruttivo confronto su questo tema con il MIUR, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con le regioni per trovare soluzioni idonee al fine di assicurare un adeguato numero di contratti già a partire dal prossimo anno accademico. Abbiamo avuto diversi incontri con il Ministro Carrozza e stiamo studiando delle misure da attuare immediatamente per cercare di risolvere il più rapidamente possibile la situazione.
Non facciamo un comunicato sul punto perché, come mia abitudine, lo faccio quando il problema è risolto, non per annunciare che stiamo cercando di risolverlo. Spero, comunque, di aver predisposto una proposta sul campo che sia condivisa e che possa essere risolutiva del problema. Per questo motivo, non facciamo comunicati o annunci di misure che ancora non sono scritte nero su bianco. Poi, quando saranno scritte, si potrà giudicare o chiedere di apportare cambiamenti. Tuttavia, sappiate che è un impegno che ho preso fin da subito. Proprio ieri ho avuto un ultimo incontro con il Ministro Carrozza per cercare di risolvere il problema. D'altra parte, se la questione ha avuto una maturazione così lenta, è evidente che qualche difficoltà c’è. Stiamo cercando, tuttavia, di trovare la soluzione.
A questo riguardo, mi aggancio anche all'altra domanda dell'onorevole Miotto. Dobbiamo, infatti, prevedere anche la «gobba pensionistica». Tra breve avremo una fuoriuscita molto forte di medici e infermieri, quindi dobbiamo essere pronti a immettere nelle fila di tali professioni il numero giusto di personale, anche a seconda del fabbisogno reale che abbiamo sui vari territori. Infatti, un'altra questione che stiamo cercando di capire è se è possibile una parametrazione oggettiva del Pag. 11numero di specializzazioni necessarie da qui ai prossimi 15-20 anni, in base all'invecchiamento della popolazione, rispetto ad alcune specificità territoriali e ai reali fabbisogni del territorio, in modo da non trovarci come altri Paesi, che hanno dovuto chiamare medici da fuori oppure specializzare in alcune professioni giovani che potrebbero essere, invece, dirottati su altre di cui c’è un effettivo e reale bisogno sul territorio.
In questo contesto, si inserisce anche l'altro grandissimo tema, cioè quello dei precari del mondo della sanità e del blocco del turnover. Prima di rispondere alla domanda specifica, vorrei dire che il tentativo che stiamo cercando di mettere in campo nel nuovo Patto della salute, che dovrà trovare tutti il più possibile concordi (per questo si chiama «patto»), è anche di cercare di immaginare un nuovo modo di concepire i piani di rientro. Infatti, invece di chiamarli «piani di rientro», al livello a cui siamo arrivati potremmo chiamarli «piani di rilancio del servizio sanitario». Mi riferisco, in particolare, alla possibilità di superare, al loro interno, alcune rigidità, senza che per questo siano un modo per aprire una nuova fase di «allegra» spesa pubblica che nessuno si può permettere, tantomeno il Fondo sanitario nazionale o le regioni.
Come sapete, lo sblocco del turnover può essere disapplicato in alcuni casi oltre il limite del 15 per cento in correlazione alla necessità di garantire i livelli essenziali di assistenza, là dove i tecnici dei piani in atto lo possano verificare. È importante che il Ministero della salute giochi un ruolo più forte anche di indirizzo su questo punto, ma per farlo dobbiamo essere in grado di fare delle proposte sostenibili e che abbiano – mi riallaccio a quanto diceva poc'anzi il deputato Baroni il quale ha sollevato il problema – una visione di governance più dinamica e meno ancorata ad alcune rigidità, come invece è stato nel recente passato.
Abbiamo bisogno di entrare in una nuova fase che abbia una visione complessiva del sistema sanitario che punti alla sostenibilità economica, alla qualità del servizio, all'efficienza e al collegamento con il sociosanitario, che è l'altra gamba importante, e che sappia tenere conto anche delle prospettive e delle problematicità che si apriranno nei prossimi anni a fronte dell'invecchiamento della popolazione.
Per quanto riguarda il blocco della contrattazione – questione sollevata sempre dall'onorevole Miotto che però non vedo in aula; so che è impegnata in una cosa seria, non perché questa non lo sia, ma l'Ufficio di presidenza è notoriamente luogo rigoroso – colgo l'occasione per comunicare che ho già incontrato le organizzazioni sindacali della dirigenza del Servizio sanitario nazionale, le quali hanno chiesto di riaprire la contrattazione a invarianza di risorse, per ridiscutere degli aspetti normativi e della gestione dei fondi contrattuali disponibili.
Aggiungo, però, che, siccome tutte le organizzazioni hanno dimostrato un grandissimo senso di comprensione e responsabilità rispetto al momento storico che stiamo vivendo, credo sia doveroso immaginare non solo convenzioni a costo zero, ma anche elementi di valorizzazione delle professioni mediche, che in questi anni non sono state sufficientemente valorizzate rispetto al lavoro svolto sul campo e al carico di professionalità che quotidianamente esplicano.
Sempre l'onorevole Miotto, insieme ad altri colleghi, ha sollevato il tema degli ordini professionali. Su questo non posso che concordare con quanto rappresentato dall'onorevole Miotto, appunto, e colgo l'occasione per segnalare che la tematica è all'attenzione della 12 Commissione del Senato che, come è noto, ha avviato proprio in questi giorni l'esame di quattro iniziative parlamentari di vari gruppi, finalizzate a riordinare la disciplina degli ordini e dei collegi delle professioni.
Attesa la rilevanza della materia e l'interesse che da sempre il Ministero della salute assegna alla medesima, sono in procinto di elaborare un disegno di legge di iniziativa governativa che conto di sottoporre Pag. 12all'esame del Consiglio dei Ministri la prossima settimana. Avrete, quindi, moltissimo materiale su cui lavorare.
L'onorevole Fucci ha toccato un altro «tema dei temi», cioè la questione della responsabilità professionale, in merito alla quale importanti novità sono state introdotte a livello normativo dal decreto-legge n. 158 del 13 settembre 2012, convertito dalla legge 8 novembre 2012, n. 189. Sono, tuttavia, consapevole del fatto che le iniziative normative non risolvono completamente il problema. Ho dato indicazioni ai miei uffici di perfezionare lo schema di regolamento sulla copertura assicurativa con i ministeri competenti, ovvero con il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze, nel rispetto della procedura prevista dall'articolo 3 del citato decreto-legge n. 158 del 2012. Conto di perfezionare tale iniziativa prima della pausa estiva, nella consapevolezza che essa può rappresentare una risposta concreta al fine di preparare la strada per possibili futuri ulteriori interventi. Parallelamente, è stata avviata una riflessione per riconsiderare il tema della responsabilità professionale e della colpa medica anche ai fini di una nuova proposta legislativa condivisa.
Per quanto riguarda i criteri di nomina dei direttori generali e dei primari – tema sollevato dall'onorevole Grillo e non solo – l'articolo 4 del decreto-legge n. 158 del 2012 ha fissato regole più stringenti per le nomine dei direttori generali e dei primari, anche se rimane un margine di discrezionalità più o meno ampio a seconda di come le singole regioni attueranno le norme.
Per i primari, in particolare, è ormai imminente la conclusione dell’iter per l'approvazione dell'elenco nazionale degli idonei agli incarichi di direzione di struttura complessa, che costituisce un ulteriore elemento di imparzialità e trasparenza. Oltre all'elenco, sappiamo che molte regioni stanno attuando la norma, quindi nei prossimi mesi potremo vedere come si sono comportate le varie regioni. Rispetto a questo tema, la Commissione affari sociali sarà sicuramente il luogo più idoneo per fare delle valutazioni e verificare come sta procedendo questa nuova metodologia sul campo, là dove si sta applicando.
L'onorevole Iori mi aveva fatto una domanda sull'equipollenza fra i due titoli di educatore professionale che esistono nell'ordinamento universitario. Per tale specifico argomento comunico che è già stato avviato dalla competente direzione generale del ministero un tavolo di confronto allargato alla presenza dei rappresentanti regionali, per individuare delle soluzioni condivise.
All'onorevole Amato rispondo in merito alla domanda relativa alla medicina d'urgenza/emergenza, che è particolarmente rilevante. Presso il Ministero della salute sono in corso le attività del gruppo di lavoro per rivedere i percorsi di triage e OBI (osservazione breve intensiva). In particolare, al gruppo è stato assegnato il compito, per quanto riguarda la revisione del triage, di definire una proposta di aggiornamento delle linee guida con l'individuazione di un modello di valutazione uniforme a livello nazionale che garantisca la presa in carico del paziente e delle sue problematiche; per quanto attiene, invece, alla revisione dell'OBI, di definire una proposta di linee guida nazionali per l'organizzazione delle modalità di osservazione breve intensiva nell'ambito delle strutture di emergenza.
L'esito di tale lavoro dovrà costruire una proposta di linee-guida da sottoporre alla Conferenza Stato-regioni. A ciò si aggiunga che è in corso di perfezionamento una convenzione con l'Associazione Italian Resuscitation Council per la realizzazione della settimana di sensibilizzazione dedicata all'arresto cardiaco, prevista con la dichiarazione del Parlamento europeo del 14 giugno 2012, finalizzata a migliorare la sensibilizzazione e la formazione della popolazione dei medici e del personale sanitario nell'ambito della campagna nazionale di informazione sull'utilizzo dei servizi di emergenza, favorendo la promozione dell'iniziativa presso gli assessorati regionali, nonché il progetto di raccolta delle informazioni sull'organizzazione ospedaliera.Pag. 13
Inoltre, è in corso di revisione la proposta di accordo tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano concernente l'organizzazione e l'assistenza sanitaria negli eventi e nelle manifestazioni programmate e nelle esercitazioni di emergenza territoriali.
Da ultimo, vi anticipo che è mia intenzione apportare, sempre nel Patto per la salute, alcune innovazioni in ordine alla riorganizzazione dell'assistenza sanitaria di emergenza in relazione ai seguenti argomenti: revisione del numero delle centrali operative territoriali del 118, accreditamento dei servizi di trasporto e soccorso sanitario, attività di triage e di osservazione breve intensiva di cui ho già riferito, reti clinico-assistenziali tempo-dipendenti, formazione e aggiornamento delle attività di emergenza sanitaria intra ed extra ospedaliera.
Per quanto riguarda lo screening – mi riferisco alla domanda posta dall'onorevole Amato – intendo confermare, come ho già riferito il 4 giugno esponendo le linee programmatiche del mio dicastero, la mia ferma volontà a sostegno di ogni iniziativa volta a garantire la diagnosi precoce delle malattie come misura di tutela della salute dei singoli individui e, contestualmente, a sostegno di un più efficace utilizzo delle risorse finanziarie.
È evidente che spendiamo molto poco in prevenzione (solo lo 0,5 per cento della spesa sanitaria complessiva). È anche evidente, però, che investire in screening sanitari, quindi in prevenzione, ci fa risparmiare molto di più nel medio-lungo termine. Quindi, questa sarà una delle questioni fondamentali non solo di programmazione, ma anche di riallocazione delle risorse e di trattativa con le regioni. Difatti, è un modo di approcciare la sanità più moderno e finalizzato al raggiungimento dell'obiettivo di mantenere in salute le persone, non solo di curarle. Insomma, è un approccio che – utilizzando un'espressione che piace a questa Commissione – definirei olistico.
Ora, per quanto riguarda le iniziative per contrastare l'obesità, che mi ha segnalato l'onorevole Amato, voglio dire che è un tema a cui tengo moltissimo da parecchi anni, ancor prima di fare il ministro, perché è veramente fondamentale per la prevenzione della maggior parte se non di tutte le malattie che causano la mortalità, non solo in Italia, ma nel mondo. Questa, infatti, è una delle strategie globali poste dall'OMS e dall'Unione europea.
Abbiamo un programma che si chiama «Guadagnare salute», che promuove la salute come bene pubblico attraverso l'integrazione tra le azioni che competono alla collettività e quelle che sono responsabilità dei singoli individui. Esso si caratterizza per l'approccio trasversale ai fattori di rischio e la definizione di strategie intersettoriali tra loro coordinate per poter agire anche su fattori ambientali e sui determinanti socioeconomici che condizionano l'insorgenza delle malattie croniche, secondo i principi della health in all policies.
Per dare attuazione al programma, è stata istituita presso il Ministero della salute la piattaforma nazionale sull'alimentazione, l'attività fisica e il tabagismo, composta da rappresentanti delle amministrazioni centrali interessate, dalle regioni, dall'ANCI, dai medici di medicina generale, dai pediatri e dai farmacisti, nonché delle associazioni di categoria della filiera alimentare, delle associazioni dei consumatori e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale firmatarie di protocolli di intesa con il Ministero della salute.
Va anche segnalato che l'attiva partecipazione delle regioni è uno degli elementi fondamentali per l'attuazione di politiche intersettoriali di promozione della salute. Si è, infatti, consolidata anche a livello regionale l'interoperatività tra scuole e salute, attraverso accordi formali tra il settore sanitario e gli uffici scolastici regionali, che sta consentendo di sviluppare una programmazione condivisa su alcune principali aree tematiche (alimentazione e attività fisica, fumo e dipendenze, igiene orale), con l'obiettivo di evitare interventi una tantum, sviluppando, invece, programmi di lunga durata.Pag. 14
Anche il Piano nazionale della prevenzione 2010-2013, nell'ambito della macroarea sulla prevenzione universale, ha previsto il consolidamento di partnership e alleanze con la scuola, l'attuazione di programmi volti all'incremento del consumo di frutta e verdura nella popolazione in generale, la promozione dell'allattamento al seno, il miglioramento e i controlli della qualità nutrizionale dei menu delle mense scolastiche e aziendali, lo sviluppo di interventi di promozione, facilitazione e prescrizione dell'attività motoria attraverso interventi intersettoriali e multidisciplinari.
Tutte le regioni hanno sviluppato nei propri piani regionali progetti per la prevenzione di comportamenti e stili di vita non salutari e delle patologie a essi correlate, per un totale complessivo di 153 progetti che prevedono l'approccio metodologico trasversale e intersettoriale proposto da «Guadagnare salute».
Riguardo a questi progetti di prevenzione, il tentativo è di realizzarli non «a macchia di leopardo», ma di avviare un'azione continuativa. È evidente che per fare questo dobbiamo mettere a regime alcuni elementi che ho citato durante questa mia risposta e durante lo svolgimento della relazione programmatica, ovvero individuare i soggetti che costantemente devono monitorare la loro popolazione di riferimento, quindi il medico di medicina generale che, essendo più un medico di iniziativa, deve non soltanto aspettare che il paziente, di qualsiasi età sia, vada a farsi curare, ma anche sollecitarlo verso un'attività di prevenzione e una cultura più corretta degli stili di vita.
In questo senso, un ruolo fondamentale ricoprono i pediatri proprio perché prendono il bambino in carico nella fase in cui si previene l'obesità e in cui si educano i genitori a una corretta alimentazione fin dai primissimi mesi di vita.
L'altro soggetto, oltre ovviamente alla famiglia, è la scuola, che è il luogo dove i bambini passano la maggior parte del tempo, dove mangiano nelle mense e fanno la merenda, spesso portandola da casa, quindi è necessario interagire con gli insegnanti e con i genitori per trasmettere stili di vita corretti e informazioni sull'igiene e sulle vaccinazioni. Stiamo, infatti, riscontrando una diminuzione delle vaccinazioni in età infantile, su cui stiamo aprendo diverse campagne informative.
Un'altra metodologia molto interessante che si sta applicando, anche se non proprio nella scuola elementare, è quella di formare bambini e ragazzi che, a loro volta, formano i loro compagni di scuola, cioè che si fanno loro stessi leader di piccoli gruppi in cui trasmettono dei corretti stili di vita, utilizzando un linguaggio spesso più abbordabile e accattivante e, soprattutto, sentito meno distante dal proprio coetaneo. Su questo ci stiamo muovendo con diversi progetti, ovviamente non su tutti i temi.
I temi dell'igiene sono molto importanti, anche e soprattutto per combattere non solo l'obesità, ma altre patologie virali che si possono sconfiggere semplicemente lavandosi le mani o prestando una corretta attenzione all'igiene personale. Da questo punto di vista, dobbiamo integrare le campagne di prevenzione sui bambini e sui ragazzi nelle scuole con una corretta educazione all'attività fisica fin da giovanissimi, ma anche per gli adulti. Per esempio, c’è un bel programma intrapreso con l'ANCI, quindi con i comuni, per combattere il diabete di tipo alimentare. Ovviamente, nei comuni più piccoli è più facile da attuare. In sostanza, si tratta di creare gruppi per camminare e fare attività fisica all'aria aperta perché, come sapete meglio di me, sono sufficienti trenta minuti al giorno per avere un'arma davvero micidiale contro il diabete alimentare, oltre ovviamente a una corretta alimentazione.
Ho esaurito quasi tutte le domande. Rispondo a qualche altra che forse è rimasta nell'aria dalla seduta precedente.
Una delle domande che tutti, anche al Senato, mi hanno posto più volte riguarda il finanziamento del Patto della salute e di tutte le altre cose dette. In realtà, il programma che vi ho presentato non è enormemente costoso e ambizioso dal punto di vista economico, ma della vision, Pag. 15perché è stato calibrato sull'idea che stiamo attraversando una fase di crisi, quindi cerco di lavorare con l'esistente, cioè con quello che ho a disposizione dal Fondo sanitario nazionale.
La vision è, invece, quella di attuare immediatamente le best practices. Non ci siamo inventati niente di particolarmente rivoluzionario; semplicemente intendiamo lavorare su un processo di messa in efficienza dei territori, che peraltro sta avvenendo già in alcuni ambiti regionali, anche con modelli differenti per cui alcune cose andranno uniformate, altre accorpate, altre riprodotte dalle Alpi alla punta estrema della penisola.
Ecco, intendiamo fare questo. Perciò si chiama Patto della salute. Da un parte, gli attori principali sono le regioni; dall'altra, abbiamo l'altro grande interlocutore che è il Ministero dell'economia e delle finanze. Dobbiamo cercare di tenere insieme due cose che fino a oggi non sono andate d'accordo, e cioè la sostenibilità economica e i livelli essenziali di assistenza, prevedendo anche dei meccanismi virtuosi che ci permettano di far reggere il sistema nei prossimi anni, a fronte di una domanda crescente di sanità.
Ci sarà una domanda crescente – per rispondere a un'altra questione che mi è stata rivolta – perché una popolazione che tende a invecchiare chiederà di più, quindi dobbiamo approcciarci a questa sfida, che è soprattutto di efficienza. Occorre anche capire che bisogna sbrigarsi perché non c’è tempo da perdere, per cui bisogna rendere immediatamente operativi degli elementi in molti casi sviluppati con una certa lentezza dal punto di vista organizzativo e amministrativo.
Dico questo per sottolineare che il sistema è sostenibile. Certo è – come ho detto in tutte le salse, credo che non mi si possa accusare di non essere stata chiara – che il sistema non può più sostenere dei tagli lineari, ma richiede azioni di spending al proprio interno, cioè di misure organizzative sul medio-lungo periodo, e di riprogrammazione della governance.
Poc'anzi ho citato una cifra che è possibile recuperare sull’e-health, ma potremmo aprire moltissimi fronti relativi soltanto ad azioni marginali da cui si possono recuperare miliardi che potrebbero essere reinvestiti laddove c’è veramente bisogno; penso, ad esempio, a cure che sono sempre più costose e tecnologiche, alla necessità di spostare risorse anche su altri capitoli che sono più attinenti alla necessità di avere l'eccellenza sul nostro territorio.
Insomma, avremo un dibattito interessante, anche su come si prospetterà nei prossimi anni il sistema sanitario nazionale.
PRESIDENTE. Penso che la disponibilità che il Ministro Lorenzin ha garantito anche nella seduta odierna testimoni la sua innata indole al confronto e al dialogo che noi sicuramente apprezziamo e valorizzeremo. Credo, quindi, che avremo occasione di averla ospite, anzi padrona di casa, altre volte nella nostra Commissione.
Desidero sottolineare, per tutti i colleghi, che il Ministro Lorenzin ha detto che ci sarà un'iniziativa legislativa del Governo – se non ho capito male – sul tema degli ordini professionali, tema che è in discussione presso la 12a Commissione sanità del Senato, e che il Governo ha intenzione di fare qualcosa anche sul tema del rischio clinico e della responsabilità professionale medica, che invece questa Commissione ha all'ordine del giorno dei suoi lavori.
Al ministro Lorenzin, a nome di tutta la Commissione, ricordo che presso questa Commissione, insieme alla Commissione bilancio della Camera, è in corso un'indagine conoscitiva proprio sul tema della sostenibilità perché – proprio come lei – siamo convinti che neanche un euro di ciò che oggi è destinato al sistema sanitario nazionale debba prendere una destinazione diversa, anche perché siamo su livelli di finanziamento in rapporto al PIL del 7,1 per cento, uno dei più bassi rispetto agli altri Paesi europei. Quindi, pensiamo – ripeto – che nessuna risorsa economica debba essere spostata dalla sanità.
D'altra parte, come lei siamo convintissimi che il modo migliore per difendere Pag. 16questo finanziamento, e per cercare magari anche di ampliarlo, è fare dei ragionamenti sull'inappropriatezza della spesa, che consentano di liberare risorse che possano essere poi utilizzate per i bisogni emergenti. Ciò significa che migliori prestazioni nei confronti del cittadino si possono offrire anche – come si dice – a isorisorse, se si riesce a capire quali sono i posti dove vanno a finire fondi che non sono appropriati rispetto alla risposta sanitaria da offrire al cittadino.
Credo che, in questo senso, il lavoro che la Commissione sta facendo sia proattivo rispetto all'iniziativa ministeriale perché vorremmo essere utili al fine di aiutare il ministro a capire in che modo si possa fare al meglio quel lavoro che, come lei ha sostenuto, non deve essere più di tagli lineari, cosa che sulla sanità non sarebbe in alcun modo tollerabile perché da tutti gli auditi arrivano grida di dolore che indicano che tagli ulteriori comporterebbero una diminuzione del livello delle prestazioni erogate.
Nel ringraziare il Ministro Lorenzin della presenza, sicuri di ospitarla anche in altre occasioni, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14,45.