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Resoconti stenografici delle audizioni

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XVII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 22 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 

Seguito dell'audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle iniziative in corso per la definizione del nuovo Patto per la salute: (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 3 
Burtone Giovanni Mario Salvino (PD)  ... 3 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 5 
Cecconi Andrea (M5S)  ... 5 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 6 
Grillo Giulia (M5S)  ... 6 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 8 
Lenzi Donata (PD)  ... 8 
Monchiero Giovanni (SCpI)  ... 8 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 8 
Lorenzin Beatrice (NCD) , Ministro della salute ... 8 
Vargiu Pierpaolo , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: FI-PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Nuovo Centro-destra: NCD;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Per l'Italia (PI);
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero-Alleanza per l'Italia: Misto-MAIE-ApI;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) - Liberali per l'Italia (PLI): Misto-PSI-PLI.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PIERPAOLO VARGIU

  La seduta comincia alle 8.50.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sulle iniziative in corso per la definizione del nuovo Patto per la salute.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro della salute Beatrice Lorenzin – che ringrazio per la presenza e saluto a nome di tutti i commissari – sulle iniziative in corso per la definizione del nuovo Patto per la salute.
  Ricordo che, nella scorsa seduta, dopo l'intervento introduttivo del Ministro, hanno posto quesiti e interrogativi diversi deputati.
  Do ora la parola a chi desidera svolgere ulteriori interventi, ai quali replicherà infine il Ministro Beatrice Lorenzin. Erano già iscritti a parlare i deputati Burtone, Cecconi e Grillo.
  Iniziamo dall'intervento del collega Burtone, al quale do la parola.

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor presidente, ho apprezzato la relazione del Ministro, nella quale è stato innanzitutto messo in evidenza che un nuovo Patto per la salute non è soltanto un insieme di risorse. Non ci può essere, infatti, soltanto una visione economicistica, in quanto il tema vero rimane il benessere dei cittadini e, quindi, la qualità dell'assistenza che deve essere assicurata.
  Tuttavia, non sfugge a tutti noi che la questione delle risorse rimane fondamentale. Come è stato giustamente più volte ribadito e anche sottolineato in questa sede, nel nostro sistema sanitario nazionale, in rapporto al PIL, il finanziamento pubblico risulta inferiore rispetto a tanti altri Paesi europei. Non solo, ma alcune regioni sono nella morsa dei piani di rientro, con un percorso per alcune sicuramente virtuoso. Ho seguito in modo particolare la vicenda della Sicilia, che continua a lavorare lungo il solco di recuperare i ritardi e di allinearsi rispetto ai compiti che le sono stati affidati.
  In questo quadro così difficile, tutti noi affermiamo, insieme al Ministro, che il sistema sanitario è all'altezza della sfida. Non è qui necessario riprendere elementi che vengono sottolineati dall'Organizzazione mondiale della sanità. Il nostro continua a essere un sistema universalistico e solidale. Tuttavia – ed è questo il tema che voglio richiamare – non ci si può adagiare rispetto a quello che oggi abbiamo. Dico ciò in relazione alle realtà in cui viviamo.
  Non c’è dubbio che, se si vuole portare avanti un'azione propositiva, si deve partire dalle esperienze quotidiane ed evitare di fare discorsi di carattere generale che non ci danno il quadro della situazione, anche perché una delle questioni che va ulteriormente rimarcata è che abbiamo un Pag. 4quadro della sanità piuttosto disomogeneo. Alcune regioni hanno fatto grandi passi in avanti, alcune sono all'altezza delle sfide sia sul piano professionale sia sul piano del contenimento della spesa, altre regioni invece arrancano.
  La modifica del Titolo V della Costituzione è, quindi, indispensabile perché, rispetto alla riforma costituzionale del 2001, la forbice si è allargata, non si è ristretta.
  Le autonomie che sono state riconosciute ad alcune regioni non sono state impiegate al meglio, mentre si è seguita una strada che, purtroppo, ha portato alla situazione che conosciamo.
  Ritengo che non ci dobbiamo adagiare perché oggi le regioni affrontano il tema di ulteriori riforme, sottoposte anche alle indicazioni derivanti dall'ultima legge che abbiamo approvato, ossia la legge cosiddetta Balduzzi, che riguarda, tra l'altro, una riorganizzazione della rete ospedaliera e l'impegno a deospedalizzare.
  Anche su questo, però, dobbiamo essere seri: gran parte di ciò che quella legge prevedeva in alcune regioni è rimasto sulla carta. In particolare, l'impegno a riorganizzare le cure primarie, per cui ogni intervento era collegato alla presa in carico del paziente, al tentativo di farlo uscire dall'ospedale e soprattutto di seguirlo nel territorio, evitando che in ospedale arrivi sempre e comunque la domanda di salute da parte del cittadino, non è stato per nulla mantenuto.
  Credo che ci troviamo davanti a una fase di passaggio perché potrebbero acuirsi ulteriori problemi, primo tra tutti l'emergenza-urgenza, signor Ministro. Credo quindi che abbiamo il dovere di dire che, su questo piano, è necessario mettere mano a una riorganizzazione, partendo anche dall'esigenza di istituire un collegamento più stretto tra il Ministero della salute e il Ministero dell'istruzione. Infatti, una delle cose che affiora chiaramente è che non ci sono neppure le professionalità disponibili, se si tiene conto che le università ancora oggi danno un peso rilevante ad alcune specializzazioni e sempre meno, ad esempio, alla rianimazione e all'anestesia, che sappiamo essere una frontiera fondamentale a livello di emergenza-urgenza.
  Allo stesso modo, in alcune regioni c’è una grande carenza di unità terapeutiche neonatali, non nei piccoli centri – tutti abbiamo fatto il discorso dei punti nascita da chiudere perché registravano meno di cinquecento parti all'anno – ma in aree metropolitane che sono così sguarnite di strutture fondamentali, che sono alla base di una garanzia di salute, soprattutto nella fascia pediatrica.
  Quanto alle lunghe liste d'attesa, su questo piano sono stati fatti tanti tentativi. Signor Ministro, tale questione si intreccia con l'utilizzazione dell’intramoenia. Sappiamo quanto tale riforma, che apprezziamo e che richiamiamo più volte, sia stata importante, tuttavia anche su questo tema è necessario affrontare un discorso di moralizzazione e di regolamentazione. È intollerabile quello che avviene in alcuni ospedali, dove, se c’è un canale privilegiato nell'utilizzazione dell’intramoenia, un intervento può essere fatto, altrimenti si va in coda alle liste d'attesa su una frontiera assolutamente delicata.
  Infine – e mi avvio alla conclusione – con riguardo alla questione della farmaceutica, lei ha ribadito che si sono fatti tagli importanti. Bisogna continuare su questa strada. Signor Ministro, credo che lei abbia il compito importante di guardare sempre più a un processo di moralizzazione in questo settore, avendo cura però che la ricerca continui a essere sostenuta.
  Oggi continueremo a svolgere il dibattito sulla questione relativa alla sperimentazione, quindi all'utilizzo degli animali da laboratorio. Si tratta di una problematica complessa che deve porre come centrale il tema della ricerca. L'Italia su questo non può andare indietro, né rispetto all'Europa né rispetto al mondo.
  Ministro, credo che debba essere affrontato anche il tema della governance, garantendo una riduzione sempre maggiore dell'invadenza della politica. Credo che questo sia un tema molto avvertito dai cittadini. Oggi il cittadino, quando sta Pag. 5male, non cerca il medico con la tessera di partito, ma cerca il medico più bravo.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Burtone, in particolare per quest'ultima considerazione che credo ci trovi veramente tutti d'accordo, anche da pazienti, oltre che da politici.

  ANDREA CECCONI. Grazie, presidente. Cercherò di essere conciso e di porre qualche domanda specifica al Ministro, anche perché, da quando è venuta a dicembre per l'esposizione della prima parte della relazione sul Patto per la salute ad oggi, si sono verificate, a livello sanitario, alcune vicende che hanno comportato un aggiornamento della questione.
  Devo dire francamente che non ritengo che il Patto per la salute sia un atto risolutivo. I Patti per la salute in passato sono stati applicati poco e male – al 40 o al 50 per cento – ed è notorio che le regioni si comportano come pare a loro. Credo che il Ministro, come tutti i ministri quando sono nel loro dicastero, voglia fare qualcosa per lasciare un segno del proprio operato. Forse, però, non è il Patto per la salute che risolverà la questione, perché credo che questo avrà la stessa identica sorte di tutti gli altri Patti per la salute: sarà applicato poco e male. Le regioni virtuose l'applicheranno e lo sposeranno e le altre faranno diversamente.
  A questo punto, vorrei capire dal Ministro cosa si sta facendo per porre rimedio a una serie di problemi che effettivamente interessano la sanità. Il collega che mi ha preceduto ha accennato, in conclusione, che il management della sanità rappresenta un problema fondamentale. È un problema fondamentale da decenni. Chi è in Parlamento da diverse legislature sa che si tratta di un problema che non è mai stato risolto.
  Il Ministro Balduzzi, nell'ultimo Governo, ha cercato in parte di risolvere questo problema, ma con un'efficacia lieve, perché la politica «ci mette sempre il becco». Anzi, la situazione è rimasta esattamente come prima, anche se si è cercato di alleviare alcune questioni.
  A mio parere, sia il management sia il problema della corruzione – o, piuttosto, il problema della trasparenza, che manca in sanità o che non è sufficiente per consentire al cittadino di effettuare un controllo esterno al fine di impedire un malaffare diffuso – sono poco citati dal Ministero, quando invece sappiamo benissimo che essi rappresentano i problemi di fondo che non sono mai stati risolti.
  Se consideriamo ciò che è stato fatto dal Ministro, dalla nomina ad oggi, e gli atti di sua iniziativa presentati in Parlamento, ritengo che di veramente concreto abbiamo visto poco, a parte il disegno di legge sul riordino degli ordini professionali, che dovrebbe arrivare a breve e che francamente mi lascia un poco preoccupato, visto che il presidente dell'Ordine dei medici è un senatore del Partito Democratico, il presidente dell'Ordine dei farmacisti è un senatore di Forza Italia e il presidente del Collegio professionale degli infermieri è una senatrice del Partito Democratico. Affrontare il riordino degli ordini professionali sapendo che al Senato ci sono queste tre persone che potrebbero sì portare un contributo, ma che ho paura possano fare ostruzionismo a una riforma efficace degli ordini professionali, mi preoccupa.
  Pochi giorni fa è stato pubblicato un rapporto dell'Università Bocconi, secondo cui la sanità è al tracollo, nel senso che, se si va avanti così, forse dal punto di vista economico torneranno i conti, ma dal punto di vista sociale non sarà in grado di offrire un servizio.
  Riguardo alla diatriba che c’è stata in prossimità delle feste natalizie in merito alla professione infermieristica e all'aumento delle sue competenze, vorrei avere, da parte del Ministro, soprattutto in Parlamento, una presenza maggiore, perché facciamo veramente fatica a capire quello che sta succedendo.
  Vanno bene i costi standard, ma non sappiamo come sono applicati e come verranno applicati. Va bene il Patto per la salute, ma al riguardo abbiamo notizie un po’ frammentarie. Tutti gli altri aspetti, che sono affrontati dal Ministero ma di cui Pag. 6noi leggiamo soltanto sui giornali, non ci permettono effettivamente di sapere come stanno andando le cose e quanto celermente si potrà arrivare alla conclusione di alcune problematiche.
  La domanda generale che voglio quindi rivolgere al Ministro è la seguente: qual è, oltre al Patto per la salute, il panorama in cui intende muoversi il Ministero da qui a breve ?

  PRESIDENTE. Ringrazio il collega Cecconi, che ha posto sul tappeto alcuni degli argomenti più importanti che saranno oggetto della replica del Ministro Lorenzin.

  GIULIA GRILLO. Buongiorno, Ministro, ci rivediamo dopo il nostro incontro a Catania. Rileggendo la sua relazione, il primo punto di cui vorrei discutere è quello relativo alla parte in cui lei scrive che al nuovo Patto per la salute si sta già lavorando con le regioni.
  A tal riguardo, vorrei dire che la nostra Commissione, purtroppo, a quanto pare a causa di quanto prevede la normativa vigente, non viene informata e coinvolta in questi passaggi. Per quanto mi renda conto che cambiare tali modalità non è una sua stretta o precipua possibilità, ritengo comunque importante sottolineare, in questo contesto, che questa Commissione, a mio avviso, anche come semplice uditore o con relazioni anche settimanali, eventualmente inviate per e-mail, dovrebbe essere coinvolta nei lavori che si concretizzano tra lo Stato e le regioni. Purtroppo noi siamo arrivati a giochi fatti: esiste questa riforma del Titolo V della Costituzione, esiste questa Conferenza permanente Stato-regioni ed esiste anche il dato che le Commissioni XII della Camera e 12a del Senato non vengono coinvolte in questi lavori.
  A pagina 3 della relazione leggo di questo sforzo titanico di ridurre il numero dei posti letto per abitanti; addirittura siamo arrivati a 3,7 per 1000 abitanti, comprensivo dello 0,7 posti letto. Tutto questo poi mi fa un po’ ridere, perché non capisco a quanto corrisponda lo 0,7.
  Parlo della mia terra, la Sicilia, che ha un numero di posti letto nel pubblico che è inferiore rispetto a quello che dovrebbe avere già per numero di abitanti e che ammonta a circa 3-4 mila. Non capisco, quindi, come dobbiamo ancora ridurre i posti letto, cosa che di fatto sta avvenendo, visto che stanno chiudendo diversi ospedali, con conseguenti gravi disagi per la mia terra.
  A pagina 4 della relazione si sottolinea come il fabbisogno sanitario nazionale standard debba essere determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Si è appena conclusa una settimana in cui abbiamo portato in Aula la mozione sul MES e sul Fiscal Compact e siamo stati presi per pazzi o per ignoranti perché abbiamo contestato la firma di questi due Trattati e abbiamo chiesto al nostro Governo di rimetterli in discussione.
  Saremo pazzi, saremo ignoranti, però dal 2014 dobbiamo trovare 50 miliardi di euro da versare nella prima rata del Fiscal compact. Noi ci chiediamo – visto che lei dice che dobbiamo rispettare i vincoli di finanza pubblica imposti anche da questi Trattati – quale sarà la ricaduta sul servizio sanitario nazionale, perché da una serie di indizi si può presumere che quello sarà uno dei comparti maggiormente penalizzati. Lo stiamo già vedendo perché – lo ripeto – non c’è una provincia in Sicilia dove non si stia chiudendo un ospedale importante, che veniva usato dalla popolazione.
  Ho sottolineato anche altre cose che riguardano sempre questo tavolo Stato-regioni, nel quale appunto noi non siamo stati coinvolti – lo ripeto – sulla base di quanto previsto dalla normativa vigente. Si tratta, tuttavia, di una normativa che contesto, perché le norme si possono pure cambiare.
  A pagina 10 della relazione, con riguardo alla dismissione di strutture ospedaliere, nell'ambito di una serie di elementi che servono a far comprendere come avverrà questa riduzione, si afferma che verrà realizzata la dismissione di quelle strutture ospedaliere che in questo Pag. 7momento non conviene mettere a norma perché necessitano di notevoli interventi di adeguamento sia alla normativa antisismica sia alla normativa antincendio.
  Mi chiedo se queste valutazioni, su quali siano le strutture da dismettere e quali no, siano state precedute da perizie e, se queste perizie ci sono, se esse siano in qualche modo pubbliche. Naturalmente lei mi dirà che ogni regione le ha fatte. Benissimo, allora voglio capire se almeno il Ministro della salute sa se le regioni hanno effettuato tali perizie e se esiste un sito Internet sul quale esse sono visionabili.
  Si afferma che, per stare nei costi, si prevede, tra i vari punti, una dismissione di quelle strutture ospedaliere che in questo momento non conviene mettere a norma. Conoscendo la Sicilia, ovviamente accadrà che, per fare i soliti favori agli amici – visto che comunque decide la giunta e decidono i direttori generali –, chiuderanno ospedali buoni per aprire magari strutture private accreditate. Questo, infatti, è quello che già sta succedendo.
  A pagina 12 della relazione si fa riferimento al tema delle reti territoriali. Le chiedo di specificare esattamente a quali reti si riferisce perché io non lo so. Magari è solo un mio vulnus, ma sarebbe molto gentile se ci chiarisse questo punto.
  Concludo dicendole, come ho fatto anche a Catania, che, a mio avviso, continua a essere cruciale il problema dei controlli delle gestioni delle ASL. L'organismo che dovrebbe controllare le gestioni delle ASL è il collegio sindacale. Ho presentato un'interrogazione con la quale ho chiesto al Ministro della salute e al Ministro dell'economia e delle finanze quali sono i nominativi dei membri dei collegi sindacali delle ASL, indicati dai predetti Ministeri, essendo questi gli organi preposti alla vigilanza dei costi sostenuti dalle ASL stesse.
  In secondo luogo, ribadisco per l'ennesima volta in questo contesto, così come ho fatto in tutti gli altri, che il problema è quello delle nomine dei direttori generali. La Sicilia è la prova – il Lazio non l'ho seguito perché non è la mia regione, ma penso che sia la stessa cosa – che la cosiddetta riforma Balduzzi purtroppo non è stata utile, perché alla fine in Sicilia è stata stilata una graduatoria in cui sono stati ripescati, con artifizi assurdi, soggetti che erano stati bocciati dall'Age.Na.S. in quanto il loro operato non aveva superato il vaglio sulla base della gestione del patrimonio economico delle ASL. La graduatoria, che, tra l'altro, è pubblicata sul sito della Regione siciliana, non ha neanche un numero che indichi il punteggio, ma è riportata in ordine alfabetico.
  Il presidente Crocetta sceglierà proprio in questi giorni quelli che, secondo loro, sono i geni della sanità, ma l'abbiamo visto quali sono i geni della sanità siciliana. Come ho detto, la Sicilia – così lo sapete tutti – ha 4,5 miliardi di euro di debiti. Voglio vedere come intendono agire, visto che, secondo me, non sono assolutamente in grado o, comunque, sappiamo come vengono spesi questi soldi.
  Quanto all'adeguatezza dei manager che vengono scelti e alla modalità della scelta – e mi avvio alla conclusione perché non voglio dilungarmi –, va bene che la sanità è stata aziendalizzata e ci siamo dovuti prendere questa mannaia dal passato, però la salute non è una merce, quindi bisogna mettersi in testa questo concetto: non si può mercificare il bene salute. Quando nominiamo chi gestisce questo bene salute – perché, di fatto, chi gestisce i soldi gestisce questo bene –, misuriamo la qualità del servizio sanitario nazionale non su un parametro di tipo economico, ma su un altro parametro, cioè sulla salute della popolazione. Se qualcuno è in grado di trasformarlo in soldi, per me è veramente «Mago Merlino».
  Dunque, quando vengono nominate le persone che gestiscono il bene salute, dire che queste persone devono essere nominate da una giunta regionale, perché ne devono seguire la linea politica, mi sembra un fatto assurdo. Tra l'altro, la giunta regionale non dura in carica tre anni quanto il direttore generale, quindi non c’è neanche una coincidenza temporale tra la durata dell'incarico del direttore generale Pag. 8e la durata della giunta regionale. Non ha senso dire che, poiché c’è una nuova giunta, questa ha un rapporto fiduciario, perché il rapporto fiduciario scavalca tutti gli altri parametri. Quindi, a mio avviso, chi ha concepito questa norma l'ha concepita in maniera imprudente e anche incompetente, perché ha confuso l'azienda sanitaria con un'altra qualunque azienda produttrice di un reddito, e sta minando gravemente la sostenibilità dello Stato sociale italiano, ottenuta con grandi sacrifici di risorse umane, di risorse economiche e di competenze che sono state messe a disposizione della società tutta.
  Ora, siccome noi passeremo, mentre il servizio sanitario resterà, mi auguro che lei, signor Ministro, visto che ha dimostrato in alcune occasioni di avere una certa sensibilità su questi argomenti, incida su questo. Alcuni colleghi hanno detto che abbiamo perso due anni per la riforma cosiddetta Balduzzi. Io rispondo che, purtroppo, per la nomina dei direttori generali la riforma non è servita a nulla, ma se non possiamo intervenire su quella, Ministro, almeno dobbiamo farlo sui controlli.
  Mandate commissari, mandate chi volete, ci andiamo noi, facciamo quello che volete, però mi si risponda che attribuire incarichi intuitu personae significa che è un sistema clientelare, un sistema fallace, un sistema che ci sta distruggendo. È un sistema che non può andare avanti.

  PRESIDENTE. Se qualcuno dei colleghi che non è ancora intervenuto nella sessione di oggi e in quella precedente volesse aggiungere il suo intervento, siamo ancora in tempo.

  DONATA LENZI. Pongo una domanda veloce, approfittando della presenza del Ministro. C’è qualche speranza di vedere approvato il decreto di aggiornamento dei LEA ?

  GIOVANNI MONCHIERO. Cercherò di essere breve. Signor Ministro, vorrei riprendere il concetto espresso prima dal collega Cecconi. Il rapporto OASI (Osservatorio aziende sanitarie italiane), quest'anno, anziché analizzare soltanto aspetti organizzativi, contiene una parte introduttiva piuttosto forte, che mette in risalto come dai dati economici risulta che il servizio sanitario nazionale è arrivato al limite della sostenibilità.
  Poiché il rapporto OASI presenta anche alcune criticità, vorrei sottolinearle la necessità di incidere almeno su alcuni dettagli delle logiche di gestione del nostro sistema, che sarebbero misure urgenti – nella direzione ovviamente indicata dal rapporto OASI –, misure applicabili abbastanza facilmente e misure che probabilmente consentirebbero di ottenere risultati più efficaci di quelli che abbiamo ottenuto negli ultimi anni.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Lorenzin per la replica.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Innanzitutto grazie delle domande, che sono sempre molto puntuali e mettono il dito dove fa male.
  Parto da alcune risposte che non erano state date nella scorsa audizione, a cominciare dalla domanda dell'onorevole Lenzi sulla tempistica per l'adozione del nuovo Patto per la salute. Nel frattempo sono accadute alcune cose: è finita la fase consultiva del lavoro delle dieci commissioni messe in campo dalla Conferenza Stato-regioni; abbiamo avuto un incontro programmatico, ma anche di indirizzo condiviso, con le otto regioni che sono state selezionate per fare una trattativa ristretta sul Patto per la salute; abbiamo concordato un timing di date. Essendo dieci capitoli, abbiamo stabilito di trattarli in dieci giorni, divisi in due o tre appuntamenti per settimana, da qui al 14 febbraio, per cercare di chiudere il Patto nei vari capitoli che erano stati definiti.
  A questo proposito, vorrei aggiungere che alcune delle obiezioni sollevate anche dall'onorevole Cecconi, dall'onorevole Grillo, e un po’ da tutti, io stessa le ho sollevate all'interno della riunione con gli assessori alla salute e con i governatori, anch'essi presenti. Il concetto è questo: Pag. 9fino a oggi, come voi giustamente avete detto, i precedenti Patti sono stati applicati per circa il 40 per cento; la disapplicazione del restante 60 per cento ha impedito, di fatto, un'implementazione dei modelli di assistenza sanitaria che ci eravamo prefissati.
  I motivi di disapplicazione sono tantissimi, come potete immaginare: dalle difficoltà dei vari territori nel realizzare i programmi di rete a problemi di tipo sindacale e di tipo economico, perché ovviamente fare riconversioni durante l'applicazione della spending review non è stato semplice. È chiaro a tutti, però, che così non si può andare avanti, altrimenti il Patto rischia di non svolgere la sua funzione essenziale, quella di un raccordo tra la Conferenza e il Governo per una missione comune e per cercare di uniformare verso il meglio il sistema sanitario, eliminando le criticità che tuttora ci sono, e sono anche molto forti.
  Inoltre, se vogliamo essere un po’ più pragmatici, le regioni hanno avuto l'opportunità – così rispondo anche a un'altra domanda – di compiere un'azione di pianificazione a budget certo. Noi sappiamo benissimo che è impossibile avere un'azione di programmazione efficace se non si ha una certezza economica all'interno della quale lavorare. Non si può pianificare se non si ha un budget su cui pianificare. Cambi continui di marcia, in questo senso, comportano un'impossibilità di realizzare le azioni programmatiche. Questa è stata, per molti versi, una scusa o una giustificazione adottata negli ultimi anni per dire che alcune cose che venivano annunciate non si potevano fare.
  A questo proposito, noi abbiamo un budget certo fino al 2017. Ho qui la tabella perché la domanda mi viene riproposta più volte, dal momento che non si riesce a capire. Molti pensano che lo stanziamento del sistema sanitario sia dato soltanto dalla legge finanziaria; in realtà vi sono, invece, diversi capitoli, iscritti nelle leggi di bilancio, che portano alla sommatoria. Noi, quindi, abbiamo, per il 2014, la cifra di 109,902 miliardi di euro, per il 2015 di 113,452 miliardi di euro, per il 2016 di 117,563 miliardi di euro e per il 2017 di 122 miliardi di euro. Questo è il bilancio del servizio sanitario nazionale, certo fino al 2017. Questi sono i fondi disponibili a budget. Vi lascio la tabella, un elemento prezioso, secondo me, per fare calcoli e per comprendere le fonti di spesa.
  A differenza degli anni precedenti, quindi, noi abbiamo vincolato il budget del sistema sanitario, per i motivi che sapete: per i tagli che sono avvenuti, per la spending review tuttora operante, per i calcoli per popolazione, per il momento sociale che stiamo vivendo. Con le regioni, la proposta di base, al di là degli aspetti tecnici, cioè del piano, così come si svolge dal punto di vista dei LEA, della realizzazione delle reti ospedaliere, della realizzazione su hub and spoke e via dicendo, pone alcuni punti.
  Il primo punto è che il Patto va scritto in modo tale che ci siano elementi autovincolanti per le regioni. A Titolo V invariato, è un fatto che le regioni devono autovincolarsi, ma è un elemento, poiché lo stiamo concertando insieme, che credo possa da loro stesse essere accettato, nel senso che ci sono impegni che vanno assunti anche nei confronti dei cittadini, con una tempistica.
  Il secondo punto riguarda un nuovo modello dei piani di rientro e un nuovo modello dei commissariamenti, che interviene con una maggiore forza del Ministero della salute, dal punto di vista della gestione dei livelli essenziali di assistenza, immaginando, come vi avevo già detto, una task force che interviene direttamente nelle aziende non quando la crisi è già conclamata e ha prodotto spesso risultati nefasti, sia dal punto di vista economico sia dal punto di vista sanitario, ma prima, ossia ai primi allarmi di disfunzioni forti.
  Ovviamente si segue un modello in base al quale si avvisa che ci sono delle cose che non vanno, che i dati non corrispondono ai parametri e agli obiettivi dati, che c’è un crollo dei livelli di assistenza, dopodiché arriva un gruppo – già previsto, tra l'altro, dalla norma, ma mai applicato – che è quello del SiVeAS (Sistema nazionale di verifica e controllo sull'assistenza Pag. 10sanitaria), con il ruolo di entrare all'interno delle aziende non per anni, ma per un tempo molto circoscritto, e cercare di correggere quei processi che hanno dato vita a una disfunzione, che poi si risolve di solito nel tempo in una disfunzione molto onerosa per il sistema sanitario regionale, quindi nazionale, e dal punto di vista dei LEA.
  Nel Patto, quindi, c’è una ricentralizzazione in capo al Ministero della salute del controllo dei livelli essenziali di assistenza – scusate il gioco di parole – a tutti i livelli; controllo che, badate bene, c’è sempre stato, nel senso che è sempre stato previsto dalla normativa, che però in questa parte è stata disapplicata per anni a favore di una maggiore capacità di incisione del Ministero dell'economia e delle finanze, fosse anche soltanto perché quelli di bilancio sono ovviamente i problemi più visibili, quelli che presentano un epifenomeno maggiore, nonché per la capacità di reazione della struttura. Ma oggi, dopo quel modello di commissariamento, che è stato un modello rozzo, dovuto anche alla necessità di implementarlo in quel modo, abbiamo bisogno di un'azione più raffinata.
  Inoltre, sempre con le regioni, poiché viviamo accanto alla necessità di procedere ad una revisione della spesa pubblica, il mio ragionamento è stato molto chiaro: occorre porsi degli obiettivi di revisione della spesa interna, il che non significa tagliare, ma risparmiare e reinvestire.
  Questi obiettivi vanno però quantificati e non possono essere lasciati al mero decorso del dibattito, quindi è necessario procedere ad una quantificazione degli obiettivi di risparmio, i quali concernono anche la centrale unica degli acquisti, dal momento che si va molto di più verso i beni e i servizi. Conosciamo già la quantificazione dei costi standard a regime e bisogna riutilizzare queste risorse per investimenti assolutamente necessari al servizio sanitario nazionale, al fine di fronteggiare le sfide che ci aspettano nei prossimi anni: mi riferisco non solo all'organizzazione della rete ma anche alle infrastrutture, soprattutto al finanziamento dell'articolo 20 ed alla parte che riguarda la ricerca e la sperimentazione.
  Vi cito alcuni punti che sono stati sollevati in sede di tavolo. In proposito, abbiamo discusso molto chiaramente anche di ciò che concerne il management. Il problema principale è infatti la governance, come ci siamo già detti, non solo la governance dei direttori generali, ma – permettetemi – anche quella dei direttori sanitari. Spesso le strutture non funzionano perché non vanno i rispettivi direttori sanitari, quindi c’è un tema grande quanto una casa e su questo tema bisogna agire con un sistema di controlli puntuali.
  Noi non possiamo oggi intervenire sul sistema di reclutamento delle regioni a normativa vigente, perché c’è una legge che prevede una selezione. È certo tuttavia che, se si comprende che uno degli elementi di valutazione è rappresentato dagli obiettivi delle performance – nel senso di fissare determinati obiettivi e remunerare gli stessi qualora siano ottenuti, e viceversa non remunerare gli obiettivi che non siano stati conseguiti – questo è quello che avviene normalmente nelle aziende e non si comprende perché non si possa applicare anche all'interno di un'azienda ospedaliera.
  Questi sono tutti temi all'ordine del giorno, ma c’è un'altra questione più rilevante, di tipo culturale, ossia il livello e la capacità di selezione del management sanitario. Noi abbiamo quasi un deficit formativo e per rispondere a questo deficit formativo sul management sanitario, per cui si ritiene che tutti possano fare i manager sanitari, trattandosi invece di una competenza che richiede conoscenza e capacità di incisione all'interno di strutture estremamente complesse, noi abbiamo immaginato – ed ovviamente è una cosa che non avrà una ricaduta nel brevissimo termine, tuttavia bisogna pur cominciare a progettare anche quello che avviene nel medio termine – la realizzazione, attraverso mezzi già in possesso dello Stato e quindi non bisogna inventarsi niente, di strutture di qualificazione e di selezione del management sanitario, come può avvenire per altre professioni, quindi Pag. 11con una specialistica ad hoc e con una capacità di riqualificazione professionale e di aggiornamento. All'interno del Patto, lo Stato ha già un Centro di formazione e ci sono accordi con le università, anche dal punto di vista della formazione dei manager sanitari e soprattutto della loro selezione.
  Un'altra domanda che mi è stata rivolta riguarda la necessità di affrontare gli investimenti nelle strutture sanitarie: concordo e vi ho già detto che questa parte viene prevista nel Patto, ma noi abbiamo ancora un residuo dell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988 che deve essere speso.
  Una richiesta, indirizzata al Ministro Trigilia, è stata anche quella di entrare nel settore ospedaliero, nell'ambito dei fondi per gli interventi di sviluppo e coesione, per quanto riguarda l'ammodernamento del patrimonio immobiliare e tecnologico. Ciò dovrebbe far parte del prossimo decreto, in quanto le infrastrutture ospedaliere sono infrastrutture tecnologiche, così come le altre.
  Tra l'altro, considerando la sfida del transfrontaliero e considerando il fatto che oggi la medicina si basa su due fattori principali, risorse umane e tecnologie, le due cose devono andare di pari passo.
  Sulla questione degli ospedali e della loro riconversione e chiusura – non ricordo chi mi aveva posto questa domanda – il decreto-legge cosiddetto Balduzzi è rimasto fermo all'esame della Conferenza Stato-regioni per quanto riguarda la redistribuzione dei posti letto. Diversi sono stati i motivi per cui è rimasto bloccato in Conferenza, tra i quali il fatto che in alcune realtà territoriali il modello non si sposava perfettamente con le esigenze strutturali e morfologiche delle realtà stesse. Tale situazione è in via di soluzione, anche perché non possiamo uscire dal Patto senza aver risolto il problema dell'assegnazione dei posti letto.
  Nel Patto per la salute viene assegnato anche un ulteriore ruolo, cosa che non è mai avvenuta fino ad oggi, al Piano nazionale sanitario, che diventa quindi lo strumento principale, come modello e azione per tutte le regioni, nonché alle linee guida nazionali, che non possono costituire semplici linee di orientamento culturale ma devono avere, invece, un impatto molto più stringente sulle azioni delle singole regioni.
  L'onorevole Amato mi chiedeva se, all'interno del Patto per la salute, c’è spazio per le problematiche dei bambini: questa, nella sua specificità, non è materia del Patto. Ricordiamoci infatti che il Patto riguarda le linee macro delle azioni di programmazione, di prevenzione e di gestione del personale per quanto riguarda le regioni e il Governo. Invece, in sede di Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) abbiamo previsto una cifra ah hoc nel Fondo sanitario. Inoltre, per quanto riguarda le misure che fanno capo direttamente al Ministero della salute, sono state focalizzate tre linee di azione – salute della donna, fanciulli e anziani – intese come linee di criticità e di intervento.
  Un altro tema sollevato è quello del Fiscal compact, che rappresenta un tema di politica generale ma che ha un impatto estremamente interessante, che noi non possiamo non calcolare, anche sulla spesa pubblica e, soprattutto, sulla spesa per il welfare e sanitaria. Stiamo dunque immaginando di porre in essere una seria di misure, attraverso il Patto e attraverso una razionalizzazione e un efficientamento della spesa, insieme ad altre che si stanno pensando e che abbiamo discusso anche presso questa Commissione: mi riferisco alla terza gamba della sanità integrativa, al problema delle assicurazioni, al problema del Fondo per la non autosufficienza e di come garantire la non autosufficienza da qui ai prossimi trent'anni, al tema delle demenze in aumento, determinate dalla longevità della popolazione.
  Questa analisi – che è un'analisi non solo sanitaria, ma socio-sanitaria – sulla popolazione non può non fare i conti col fatto che noi saremo tenuti a una riduzione del debito assai significativa, se gli accordi non cambieranno, che inciderà in maniera molto rilevante sulla spesa pubblica Pag. 12italiana: 50 miliardi di euro all'anno rappresentano infatti una cifra molto consistente.
  Il tema vero è come mantenere sostenibile il nostro sistema sanitario per le prossime generazioni, e non per uno, due o tre anni. È questa la vera sfida. Il Patto, se viene interpretato a normativa vigente, certamente potrebbe fare la fine degli altri Patti. Diversamente, occorre che vi sia la consapevolezza, da parte tanto delle regioni quanto del Governo centrale, che siamo in una fase dirimente di grandi trasformazioni; come già accadde per il sistema previdenziale quindici anni fa, o capiamo ora come mettere in sicurezza il sistema sanitario oppure sarà difficile reggere non solo al Fiscal compact, ma anche alla sfida demografica e al cambiamento in atto dei modelli di cura.
  Un tema – continuerò a dirlo in questa Commissione finché avrò fiato – che non viene affrontato, che viene posto oggi soltanto in piccoli tavoli tecnici ma che non è ancora diventato patrimonio di tutti, è quello della medicina personalizzata. Noi andiamo sempre di più verso una medicina personalizzata a cui tutti vorranno avere accesso e il tema di oggi, tra farmaci generici e farmaci innovativi, è quasi, per così dire, «giurassico» rispetto a un sistema della ricerca e dell'innovazione che ci porta a modelli di cura one-to-one, che costeranno non più 7-8 mila euro, come accade oggi per i farmaci chemioterapici, bensì 150-200 mila euro.
  Un sistema universalistico come il nostro dovrà quindi chiedersi in quale misura e come garantire l'accesso a questi farmaci, come pagare il resto, e credo che sarà un tema di dibattito non indifferente, anche con riferimento al profilo della compartecipazione della spesa.
  Lo dico in modo molto laico in questa sede, perché oggi non stiamo prendendo delle decisioni su questo, ma dobbiamo porci il tema di come stiano cambiando la medicina, l'accesso alla medicina e l'accesso alle cure, e di come noi vogliamo garantire ai nostri cittadini la possibilità di avere il meglio che c’è, affinché non soltanto chi ha un'assicurazione privata o disponibilità economiche proprie abbia accesso a cure che oggi, se applicate a livello di massa, sarebbero difficilmente realizzabili.
  Questo è un tema che si sta ponendo anche il mondo della ricerca e dell'industria, perché evidentemente ci si rende conto che non si può pensare a modelli di pagamento come quelli attuali, in cui tutto va a carico dei sistemi statali, perché anche il mondo industriale dovrà metterci una parte. Si tratta, tuttavia, di una questione su cui dobbiamo cominciare a riflettere perché si evolverà velocemente, in quanto non è un elemento che arriverà tra trent'anni, ma arriva già adesso. Dovremo, quindi, immaginare come poter rendere compatibili tali questioni.
  Passiamo adesso a un'altra domanda che mi è stata rivolta, quella relativa alla spesa farmaceutica che, in seguito agli interventi nella scorsa legislatura, ha avuto in Italia un abbattimento di diversi miliardi di euro, molto consistente. Oggi la spesa farmaceutica in Italia è la più bassa rispetto ai livelli europei; è talmente bassa che i tetti dei nostri farmaci hanno costruito un mercato parallelo. Si tratta di un tema difficilissimo, ma, anche se ciò è consentito dalla legge, non possiamo ignorare che si vendono i farmaci all'estero in un mercato parallelo e le farmacie non sono rifornite dei farmaci di cui hanno necessità. Questo è un problema addirittura delle forniture, cioè del livello intermedio, e sollevo questo tema in una Commissione parlamentare permanente perché è di primaria importanza.
  Quindi, nel ridurre al minimo la spesa farmaceutica, abbiamo conseguito un buon obiettivo e ora dobbiamo considerare due elementi: in primo luogo, il mercato parallelo e, in secondo luogo, il problema della tenuta del sistema industriale. Sulla tenuta del sistema industriale, che vuol dire mantenere in Italia i livelli di innovazione e di ricerca, siamo intervenuti, grazie anche a voi, con una serie di emendamenti nell'ultima legge di stabilità, che ha quantomeno controbilanciato, dando la possibilità di mantenere linee di investimento.Pag. 13
  Quello che riguarda il budget dello Stato e del sistema vale anche per gli investimenti, quindi o si dà una certezza regolatoria, una certezza normativa, una certezza comunque di spesa, oppure è difficile che vengano fatti investimenti nel Paese. Per noi la cosa principale è dare regole certe – buone, belle, brutte e cattive, ma certe – e, nell'ambito di quella certezza regolatoria, realizzare politiche sia di tipo industriale sia di tipo sanitario. Nel nostro caso le due cose ovviamente coincidono.
  La spesa farmaceutica però ha un dato. Siamo riusciti ad avere un contenimento della spesa farmaceutica territoriale – e questo vuol dire che noi abbiamo oggi, sulla rete dei territori, un controllo della spesa – mentre quella ospedaliera è fuori controllo e ha sforato il budget in misura pari all'8 per cento.
  Bisognerà poi capire se la spesa ospedaliera ha sforato il budget perché i tetti erano troppo bassi o perché hanno sbagliato. Probabilmente le due cose vanno insieme e questo è un altro tema che stiamo cercando di riportare in equilibrio, perché qualcuno comunque deve ricoprire il disequilibrio in campo. Questo per darvi anche qualche buona notizia, visto che alcune cose stanno andando a regime.
  Sul tema della trasparenza – cui, come sapete, teniamo particolarmente –, se potessimo fare le cose con la velocità con cui le pensiamo, tutto sarebbe molto più semplice. Possiamo dire, però, che il Portale della salute è in dirittura d'arrivo ed è realizzato da Age.Na.S. per legge, una legge approvata precedentemente.
  Nel Portale della salute potremo avere accesso a tutti i dati in modo integrato: i dati che riguardano il Piano nazionale degli esiti, i dati che riguardano la tenuta contabile e, infine, il dato incrociato, azienda per azienda.
  Il pressing è nel senso di avere l'accesso alle informazioni.
  Oggi abbiamo una mappatura – come avviene per tutto, in ambito sanitario – «a macchia di leopardo». Ci sono regioni che ci danno in modo tempestivo e in tempo reale l'informazione, azienda per azienda, e altre regioni che non lo fanno. Teniamo conto che c’è una parte dell'Italia che fino a pochi anni fa riferiva i bilanci in modo orale, quindi è un salto culturale forte, ma ci stiamo arrivando.
  Paradossalmente, le regioni in piano di rientro, che sono commissariate, stanno rispondendo in tempi molto veloci. Si tratta di tempi velocissimi rispetto allo stato di partenza, ma vediamo un'implementazione, anche perché i commissari tendono a comunicarci i dati.
  Ho visto la prova del «TripAdvisor della salute», quello di cui ho parlato dandogli questo nome terribile, e devo dire che funziona, è anche piuttosto di impatto e, a breve, lo vedremo sul sito del Ministero, almeno per quanto riguarda gli IRCCS, quindi le realtà ospedaliere che sono sotto il nostro controllo e la nostra vigilanza.
  Come vedrete in modo molto semplificato, con il rispetto dei dati della privacy, perché ovviamente la gestione dei dati sanitari è estremamente delicata e sensibile, per ogni singola struttura l'utente può sapere cosa viene fatto oppure, digitando il nome della patologia e della propria città, viene visualizzato l'elenco delle strutture in cui quella patologia viene trattata, insieme al piano esiti, quindi con l'esito delle prestazioni, dunque è possibile ricavarne una valutazione e, in più, esprimere un commento.
  Quanto al disegno di legge sugli ordini professionali, sarei un po’ più fiduciosa sulla capacità del Parlamento di legiferare. Si è deciso di intervenire con un disegno di legge perché non si può riorganizzare la materia a colpi di decreti, dal momento che ci sono anche dei vincoli. Il disegno di legge non riguarda solo gli ordini professionali, ma la riorganizzazione completa della veterinaria e del sistema agroalimentare: è una materia di cui parliamo poco, ma vi ricordo che rappresenta il 60 per cento dell'attività del Ministero della salute e riguarda una fetta non poco importante del prodotto interno lordo italiano. Il predetto provvedimento riguarda altresì la legge delega sulla ricerca scientifica e la Pag. 14sperimentazione clinica, il tema delle specializzazioni, il tema della prevenzione e altri argomenti.
  Questa sarà un'occasione importante per rivedere nel complesso alcune norme, quindi potremo agganciare a questo vagone alcune questioni che sono state sollevate. Spero che il Parlamento gestisca tutto in modo veloce, così da avere una normativa attesa – molte delle norme contenute nel provvedimento sono attese da tanto tempo – e una riorganizzazione complessiva di alcune materie.
  Per quanto riguarda i decreti relativi ai LEA – non ho dimenticato tale questione, onorevole Lenzi – il Patto per la salute deve revisionare i LEA. Una delle ragioni della stabilizzazione è proprio questa. Abbiamo stabilizzato il budget per poter assegnare una quota e in tre anni revisionare i LEA, che tra l'altro verranno anche sfoltiti. Non è soltanto un nuovo costo, è anche un aggiornamento: aggiornando i LEA, si riesce anche a eliminare alcuni elementi che oggi ormai non sono più attuali e vanno riattualizzati.
  Abbiamo la necessità di focalizzare la nuova fase del servizio sanitario nazionale sui livelli essenziali di assistenza, sulla qualità della cura e sulla sostenibilità finanziaria. Bisogna ripartire anche dai livelli essenziali, soprattutto nelle regioni in piano di rientro, altrimenti non risolviamo né il problema delle liste d'attesa, né il problema dei pronto soccorsi, né la riorganizzazione dell'urgenza. Si tiene tutto insieme.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro. Mi sembra che dalla sua audizione siano emersi, sui profili che erano di interesse di questa Commissione, elementi di grande interesse.
  Credo di poter certificare, anche nel futuro, ossia nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, l'interesse specifico di questa Commissione relativo agli aspetti che oggi sono in fase di trattazione presso l'organismo congiunto tra il Ministero della salute e la Conferenza Stato-regioni, che ci aiuta a capire come le cose procederanno.
  Credo però che nell'audizione di oggi abbiamo ascoltato alcune considerazioni estremamente importanti. La prima è la certezza del budget da qui al 2017. Il Ministro ci lascerà la tabella, che sarà mia cura distribuire a tutti i componenti della Commissione, che consente già di avere un'ipotesi di ragionamento, dal punto di vista del profilo economico, che aiuta.
  Credo che il Ministro abbia apprezzato il lavoro svolto anche da questa Commissione, quando è stato presentato il disegno di legge di stabilità per il 2014, volto a dire non che la sanità non era disposta a lavorare sui contenimenti della spesa, laddove la spesa era inappropriata, ma che la sanità richiedeva che ogni risparmio sulla spesa inappropriata venisse investito nella sanità, in modo da poter garantire le due sfide fondamentali, quella della cronicità e quella dell'innovazione tecnologica, senza le quali un sistema sanitario non cresce.
  Mi sembra che ci sia sostanziale sintonia tra ciò che il Parlamento, almeno come indicazioni generali, vuole realizzare e quanto il Ministero sta proponendo. Credo che siano state estremamente puntuali le precisazioni che il Ministro ha svolto sugli aspetti legati alla farmaceutica, e quindi al contenimento dalla spesa in questo settore, che ovviamente rischia di creare criticità. Mi sembra che uno degli elementi più importanti, ricordato anche da Giovanni Monchiero, sia quello relativo alla riflessione su nuove domande a cui il sistema non è del tutto abituato a rispondere.
  In particolare, mi ha colpito la riflessione che il Ministro ha svolto sul nuovo approccio farmacologico one-to-one, che nel futuro sarà un approccio possibile dal punto di vista terapeutico, ma forse anche dal punto di vista diagnostico, non soltanto per quanto riguarda la farmacologia, ma probabilmente anche per quanto riguarda gli approcci terapeutici più generali.
  Questo introduce senz'altro delle criticità di sistema e pone una riflessione che mi sembra sia presente anche nel sommario del rapporto OASI, presentato ieri alla stampa: al di là della certezza dei conti che iniziano a essere più a posto del Pag. 15solito, anche per lo sforzo immenso fatto dalle regioni in piano di rientro, inizia a presentarsi il problema della garanzia dei LEA sul territorio nazionale.
  Ieri mi è capitato di avere un confronto con il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, sul tema dell'assistenza sanitaria. Mi sembra che o gli italiani vanno tutti a curarsi nelle regioni che fungono da benchmark per i costi standard, oppure abbiamo il problema che esiste una sanità a ventuno diverse velocità e che alcune delle velocità sono incompatibili con i livelli civili con cui deve essere garantita l'assistenza sanitaria nel nostro Paese.
  È evidente che non vogliamo avere i centri di trapianto di fegato in ogni comune d'Italia, ma è altrettanto evidente che non è possibile che ci siano regioni, province o ASL italiane in cui i livelli essenziali di assistenza cominciano a essere percepiti dal cittadino, e probabilmente anche erogati, a un livello che non è più qualitativamente adeguato a quello che gli stessi LEA proporrebbero.
  Mi sembra molto importante e credo che sia uno sforzo fondamentale verso la full disclosure, quella conoscenza che aumenta l’empowerment del cittadino. Ed è un empowerment virtuoso quello realizzato attraverso il Portale, che il Ministro ha definito – usando un'espressione che lei stessa ha detto potrebbe essere criticabile, ma a me piace molto – «TripAdvisor della sanità», cioè una sede informatica nella quale può essere immediatamente percepito dal cittadino quale sia la struttura di riferimento più vicina a lui dal punto di vista geografico e più idonea ad accogliere la sua patologia, con la possibilità di avere un'esplosione degli esiti sul web, quindi una capacità di percepire immediatamente sia la qualità dell'assistenza che viene fornita dalla struttura sia gli esiti a distanza rispetto al trattamento della patologia.
  Credo che questo sia un elemento che fa veramente compiere un salto di qualità al sistema e che aiuta anche nell'azione di riduzione della risposta sanitaria inappropriata, pensando a quella selezione che spesso non si riesce a fare sulla base di una programmazione nazionale e qualche volta neanche regionale. Sono d'accordo con la collega Grillo sul fatto che il più delle volte si rischia di avere dei parametri di riferimento, nella definizione della vita futura di piccole o anche di grandi e medie strutture ospedaliere, che non sono legati tanto all'efficacia, all'efficienza e all'appropriatezza della prestazione prodotta in queste strutture, quanto più spesso a elementi che niente hanno a che fare con la buona sanità.
  Credo che la full disclosure ci aiuti molto da questo punto di vista, perché, una volta che i dati diventano oggettivi, comunicabili, pubblici e di libera circolazione, è difficilissimo che non ci sia, da parte del cittadino stesso, la distinzione tra ospedali finti e ospedali veri, tra reparti finti e reparti veri, tra risonanze magnetiche che operano con campi a 0,2 tesla e risonanze magnetiche che operano con campi a 2 o 3 tesla.
  Per chi si occupa anche di rischio clinico – e questa Commissione ha iniziato a farlo in maniera approfondita –, un tema che viene posto sempre più spesso dai tribunali è l'adeguatezza della struttura che genera la prestazione. Teoricamente, quindi, tutto quello che è elezione, cioè libera scelta del paziente di rivolgersi alla struttura più adeguata rispetto alla sua patologia, dovrebbe essere guidato dalle strutture che, invece di accaparrare un paziente in una struttura che non ha i parametri migliori per trattare quella patologia, dovrebbero reindirizzarlo a strutture che ovviamente, a questo punto, non possono essere così capillarmente distribuite nel territorio, come il paziente ritiene possano essere, e che però siano in grado di risolvere la patologia.
  Come diceva il collega Burtone – e mi sembra la chiosa finale più adeguata – non è più tempo di chiedere tessere di partito, non è più tempo di chiedere voti alle elezioni a chi si occupa di sanità, ma è tempo di chiedere che venga garantita la migliore prestazione sanitaria possibile, convincendo anche il cittadino che Pag. 16un'opera di razionalizzazione del sistema non è contraria ai suoi interessi, ma anzi è il primo dei suoi interessi.
  La difesa di strutture che non garantiscano la prestazione diventa oggi una difesa residuale, che non è né nell'interesse del paziente, né nell'interesse del sistema, né nell'interesse della sostenibilità economica del sistema stesso.
  Colleghi, è ora di andare in Aula. Vi ringrazio vivamente per la vostra presenza e ringrazio il Ministro Lorenzin per la disponibilità che ha mostrato nel confrontarsi con noi. Sono convinto che questo sia uno dei tanti momenti in cui il Ministro viene volentieri a interloquire con la Commissione di temi che riguardano la sanità. Grazie.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.55.